Come sangue che scorre lento

di Dakota Blood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Ero vuota, non avevo né anima né sangue. Avevo solo un corpo che avanzava lento, tra tutta quella folla insulsa. E quegli esseri che tutto il mondo definiva umani, io non li reputavo tali, per niente. Erano alieni, anzi molto peggiori, erano talmente estranei al mio dolore, che mi davano fastidio.  

I loro occhi, le loro risate, i sorrisi forzati, gli abiti borghesi, quelle camminate troppo veloci, come se volessero per forza bruciare le tappe e mangiare il tempo, per non parlare dei discorsi assurdi, tutto di loro mi faceva vomitare. 

Ed io ero talmente empia, mi era stato succhiato via il nettare della vita, ero talmente stanca da non poterne più.  

Fu allora che lo vidi, seduto di fronte a me. Solo che mentre io lo guardavo, lui non vedeva me direttamente, era un po’ come se stesse osservando ciò che si nascondeva dietro me stessa, come se di me ancora ci fosse qualcosa di buono. 

Era il ragazzo più bello che avessi mai visto, i suoi capelli avevano una tonalità rossa e nera, erano tinti ovviamente, ma non era solo questo che li rendeva belli, no, era anche il modo in cui li toccava, come profumavano da quella debita distanza. Oppure io immaginavo che avessero un buon odore, ma comunque quando si alzò, la scia del suo profumo fu reale, come se mi avesse baciato a occhi chiusi in sogno. 

Non sapevo nulla di lui, a parte che era stupendo, che non poteva essere mio e che sicuramente era fidanzato. 

Infatti, come volevasi dimostrare, dopo cinque minuti spuntò una ragazza bionda, con un giubbotto di pelle rosa e con le borchie, tanto simile a lui nello stile ma allo stesso tempo diversa, più borghese se vogliamo affermare la verità. 

Lui la guardò nello stesso modo in cui io non ero mai stata guardata da nessuno, specialmente da qualcuno come lui. 

La guardò come il marinaio fissa la luna, con un misto di soddisfazione e protezione, ma anche timore di perdere ciò che di più caro si ha al mondo. 

Abbassai lo sguardo e mi toccai i capelli. Non solo i miei capelli non mi piacevano, erano grassi e poi non riuscivo mai a renderli lisci in una sola passata, ma in più non amavo proprio il mio colore castano. 

Li avrei potuti tingere, certo, ma a diciassette anni non potevo decidere su me stessa, perché i miei genitori mi avrebbero criticato se avessi vissuto come volevo io sotto il loro tetto. Avrei voluto due piercing sulle labbra e un tatuaggio o tre, ma non potevo. 

Mi sentivo sola, ero depressa e smarrita, e solo la musica mi salvava, assieme alla lettura. 

Passavo intere giornate chiusa in camera come una Hikikomori, per non dover guardare il buio della mia vita. 

Me ne stavo sempre in quel punto, in un angolo, sul letto oppure al computer, o con il cellulare tra le mani.  

Il cellulare che non squillava mai perché non avevo amiche, amici o parenti. 

Ecco perché quando lo vidi, rimasi a bocca aperta, perché nessuno mi aveva dimostrato che si può amare seppur platonicamente comunque per davvero. 

Lui e lei si abbracciarono, io non osai muovermi, ma strinsi i pugni fino a farmi male, perché non dovevo guardarli eppure continuavo a farlo e a prendermi le colpe del perché fossi sempre sola. 

Erano più belli di alcune statue viste in giardini bellissimi, erano il sole e la luna assieme, ed io li avrei oscurati con la mia invadenza, ne ero certa, perciò quando a un certo punto lui mi guardò aggrottando le sopracciglia, io distolsi lo sguardo velocemente e lo puntai sulle mie scarpe bianche. 

Lui rise e la sua ragazza lo imitò. Perché a diciassette anni tutto sembra essere la fine del mondo quando il ragazzo che ti piace e che hai appena visto ti ride in faccia assieme alla sua fidanzata? 

Misi la testa ancora più giù, come uno struzzo, dopodiché mi alzai e m’incamminai verso l’uscita del centro commerciale, ma le porte scorrevoli non si aprirono per niente.  

-Merda. 

Imprecai, sentendomi arrossire e avvampare come un’idiota.  

Lui si avvicinò, i suoi occhi erano verdi come il mare quando è molto agitato, non potevo accertarmi che lei non mi sentisse ma più che altro me ne fregai totalmente, a tal punto che accorciai quella poca distanza tra me e lui e gli parlai non proprio a bassa voce. 

-Potreste almeno evitare di ridere di me, no? La tua ragazza non è per niente educata. 

Lui rise di nuovo, stavolta si contorceva e si toccava la pancia, mentre mi puntava il dito contro. 

-In realtà, è la mia ex ormai da tre anni. Io sono single, e comunque piacere, Max Denver. 

Max Denver, io avevo già sentito quel nome da qualche altra parte, ma non sapevo dove. Come avrei fatto a intuire che quel ragazzo era il cantante di una band nota in tutto il mondo se la mia vita in diciassette anni era stata una vera merda in tutti i sensi? 

Solo dopo averlo guardato bene e aver visto la sua collana con il lucchetto piccolo argentato capii tutto: cantava nella band americana: “A Ghost Story”, un gruppo pazzerello che avevo sempre rifiutato di ascoltare solo perché il cantante mi stava antipatico nonostante fosse molto carino e affascinante. 

La band era rock ma mischiava anche il suono del pop.  

-Max Denver, io mi chiamo Savannah Smith. È un piacere conoscerti, credimi.  

-Allora, vogliamo andare sì o no? 

L’ex di Max mi guardò malissimo, come avesse visto un insetto orribile, dopodiché mi squadrò dalla testa ai piedi e tossì nel pugno della sua mano. 

-Ho detto A N D I A M O? 

Max sorrise e mi guardò in modo tenero, per questo mi sciolsi un pochino e subito dopo caddi dalle nuvole letteralmente quando alcune ragazze gli si fiondarono addosso.  

Volevano un suo autografo, la sua attenzione, mentre lui le liquidava facilmente schivandole e non tenendo conto del fatto che loro stessero morendo a causa sua. 

-Che stronzo che sei Max Denver. 

-Sarà anche uno stronzo, ma a letto è una vera bomba. 

Deglutii, perché la biondina che era la sua ex mi aveva appena dato uno schiaffo talmente forte moralmente parlando, che al suo posto io non avrei mai avuto il suo stesso coraggio. 

Se io ero davvero una Hikikomori da sempre, beh lei comunque restava pur sempre una vera stronza.  

 

 

 

                                                                                        *** 

 

Una volta uscita dal centro commerciale, vidi in lontananza Max prendere il tram e decisi di seguirlo, non potevo far finta che i suoi occhi verdi non mi avessero trafitto nell’intimo del mio cuore, perciò allungai il passo e salii sul mezzo, cercandolo come una matta, in più approfittai del fatto che la sua ex stranamente non era più nei paraggi. 

Le persone erano tante e quando lo riconobbero, urlarono il suo nome come forsennate. 

Alcune ragazzine disperate si misero a piangere quando lui non le degnò nemmeno di uno sguardo, e non capivo come mai si muovesse libero senza bodyguard. 

Era famosissimo, cazzo.  

Ed io, per una volta che mi muovevo di casa dopo dieci mesi di solitudine e vuoto dentro l’anima, lo avevo incontrato sulla mia via. 

Inghiottii a vuoto quando mi resi conto che mi aveva visto, perché iniziò a sorridermi e ad avvicinarsi pericolosamente, per poi parlarmi all’orecchio, mordendosi un labbro. 

Le sue labbra erano grosse, e presumevo morbidissime, calde e languide.  

Baciarlo sarebbe stato il biglietto per il paradiso. 

-Scendiamo, adesso! 

Il tram si fermò e finimmo a terra, per poco non caddi sul marciapiede rischiando di rovinare pericolosamente, ma lui mi afferrò per mano e la sua stretta fu liberatoria e armoniosa. 

Lo guardai e sorrisi. 

-Stai attenta a non innamorarti di me perché non sono il classico bravo ragazzo, non devi fidarti di me. Sono uno da una notte e via, preferisco l’avventura, sai?  

Abbassai la testa e mi sentii morire. 

Ero rossa?  

Molto probabilmente stavo impazzendo per colpa della vergogna che stavo provando in quel momento, ma non potevo esimermi dal non provare qualcosa. 

-Credo che tu ed io dovremmo andare via da qui, stanno arrivando dalle parti del Grant, mi darebbe fastidio se ti punissero a causa mia. 

Ridacchiò e il viso iniziò quasi a splendere come se fosse trasfigurato. Un angelo ribelle, forse. 

Qualunque cosa fosse, in quel momento io sentivo di appartenergli. 

-Punissero? Perché dovrebbero farlo? 

-Beh, tutte vorrebbero essere te adesso. E tutte desidererebbero avere la tua mano nella mia, oppure un bacio come questo. 

Mi zittì togliendomi il respiro, totalmente. 

Il suo bacio fu intenso, caldo e languido, per niente volgare. Le labbra erano proprio come le vedevo e come immaginavo il loro tocco sulle mie più sottili e non allenate a quel tipo di strasporto emotivo e passionale. 

Un bacio assurdo. 

Aprii gli occhi e respirai, mentre lui rise togliendomi le mani dal viso. Mi aveva incorniciato il volto con le sue dita perfette, inanellate e dalle unghie smaltate di nero in stile punk. 

Il suo odore buono, il suo bacio, le carezze e quel perdermi dentro i suoi occhi erano già sinonimo di pace e lui non lo sapeva. 

Le ragazze che ci videro rimasero senza parole e un paparazzo ci fotografò. 

Non potevo credere a ciò che mi stava capitando. Poteva essere un sogno, e invece era la realtà, io non potevo chiedere di meglio e ciò che mi stava accadendo era tutto ciò che le persone in questo pianeta avrebbero desiderato senza troppi giri di parole: un tocco di fortuna. 

Se prima di quel giorno nella mia vita c’era stato solo un vuoto incolmabile, adesso quella stessa empietà si stava pian piano riempiendo di gioia. 

 

L’unica cosa che non avevo capito o che non volevo accettare era che di lì a pochi mesi la mia vita sarebbe cambiata come sangue che scorre lento su una ferita già aperta.  

Non avrei potuto disinfettare quel dolore d’amore, perché c’ero già dentro fino al collo, proprio come accade con la solitudine. 

 

 

Angolo autrice: 

 

La storia è stata scritta da me medesima ispirandomi alla figura (che adoro incredibilmente tanto), del cantante e musicista Yungblud.  

Se vi ha fatto piacere il primo capitolo, per favore lasciate pure un commento. Grazie e buone feste. 

 

Dakota.  

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** 2. ***


Con Max non dovevo preoccuparmi se evitavo di frequentare la scuola perché il panico mi assaliva sempre ogni volta che pensavo di varcare quel maledetto cancello, oppure se le canzoni che ascoltavo o il modo in cui mi piaceva vestire agli occhi del mondo mi facessero sembrare strana e anche matta.

Lui era la libertà fatta a persona e presto mi ero abituata.

Da quando stavo con lui non vedevo più i miei genitori, e finalmente non li sentivo più litigare per qualsiasi stupidaggine.

Ero una ragazza nuova di zecca e non mi sentivo più insicura, finalmente avevo abbandonato da un mese la mia comfort - zone della mia camera e uscivo ogni sera con lui.

 

Camminavamo per le vie di Los Angeles sentendoci una coppia, e anche se un mese non è nulla per conoscere una persona, io sentivo per lui un bruciore al cuore che a volte di notte persino mi spaventava.

Mi faceva ridere, litigavamo spesso ma poi facevamo pace a letto, sentendoci come se fossimo stati uniti da sempre, da molto prima che esistessimo.

Era un qualcosa di trascendentale, surreale, era un sangue giovane che confluiva nel veleno malato del mondo, restando comunque bello e puro.

In un mese avevo avuto la mia prima volta con lui ed era stata una ventata d’aria fresca.

Capii che avrei fatto sesso in poco tempo quando lui mi portò in albergo e mi disse di chiudere gli occhi.

Avevo paura, il cuore mi balzava dal petto, era una sensazione fresca, nuova, ero agitata e costretta a non poter fuggire, ma non volevo andare via perciò era tutto ok.

Dopo aver tolto le sue mani dai miei occhi chiusi rimasi a bocca aperta nel vedere con quanta cura aveva preparato il nostro letto… ovunque c’erano dei petali di rose nere e bordeaux sparse un po’ dappertutto e anche delle Tea Candles molto raffinate con dei cuori disegnati sopra.

-Ti piace?

Mi chiese, abbracciandomi da dietro.

-Mhmh.

Riuscii solo a mugugnare qualcosa di incomprensibile, perché stavo impazzendo di gioia e anche di paura.

-Senti, non devi avere alcun timore. Non faremo nulla che non ti piaccia. Ok?

-Va bene.

Gli sorrisi, e lui mi baciò prontamente.

Sapeva sempre come acchiapparmi mentalmente, riusciva a rendermi schiava dei suoi baci assurdi, delle sue labbra carnose e vogliose.

Era la brama di vita che ardeva dentro di lui a renderlo in quel modo.

E io lo amavo davvero.

 

Quella sera mi spogliò piano, lasciò che i miei jeans neri scendessero giù fino a terra e poi li accantonò da una parte della stanza, io non badai molto a quel fatto ovviamente.

La maglietta dei Guns mi fu tolta in meno di un secondo, così come il reggiseno e le mutandine.

Ero imperfetta tra le sue braccia.

-Mi sento una cretina, credimi.

-Shh, non  dire nulla.

Pensai al fatto se avesse con sé un preservativo ma mi lesse nel pensiero ed estrasse dal comodino un condom alla ciliegia.

Era il mio gusto preferito e con lui sarebbe stato perfetto.

Sentii un dolore molto forte all’inizio, come se qualcosa mi stesse dando fastidio ma anche piacere e quando mi lasciai andare sotto consiglio di Max, tutto divenne magico e quasi non volli che smettesse.

-Sav, che fai, ci prendi gusto adesso?

Risi di gusto e ci baciammo.

Ero la ragazza più invidiata del pianeta.

 

                                                                                                                  ***

 

Ciò che a diciassette anni non sapevo minimamente era che un ragazzo di vent’anni compiuti da poco come Max, non scherzava affatto quando diceva di non dovermi affezionare troppo perché lui “non era un bravo ragazzo”.

Ciò che non sapevo inoltre era che di lì a pochi giorni avrei conosciuto di nuovo la solitudine, il dolore… ma cosa ancora peggiore di tutte la sua migliore nemica: la droga.

 

 

 

Angolo autrice:

 

Secondo capitolo, più breve del primo certo, ma spero vi sia piaciuto lo stesso.

 

Buon Santo Stefano a tutti ♥


Dakota.


 

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Capitolo 3
*** 3. ***


Tre giorni dopo, lui iniziò a trattarmi malissimo, come se avesse un disturbo di personalità.

 

Mi rispondeva male, non mi accarezzava e pensava di essere superiore a me.

 

Non capivo, non gli avevo fatto niente, non c'era stato neppure uno screzio tra me e lui eppure era addirittura distante, nonostante fosse ad un passo da me.

 

Seduto sul letto di una stanza d'albergo a Los Angeles, in un hotel a cinque stelle a dir poco fantastico, scriveva dei messaggi sul suo cellulare, ma non sapevo a chi li stesse mandando.

 

-Cazzo, non dovevo portarti qui, non dovevo proprio. D'altronde sei solo una ragazzina, come potevo pensare che avresti capito!

 

Che cosa dovevo capire? Perché non parlava in modo più semplice così da poterlo magari aiutare?

 

In realtà il ragazzino in questione era solo lui, visto che si comportava come tale, senza darmi alcuna spiegazione del perché mi stesse evitando e trattando di merda.

 

Provai ad avvicinarmi ma mi scostò bruscamente, mentre nel frattempo iniziava a ridacchiare come un matto.

 

-Tu non stai bene, Max. Dovresti farti vedere da uno bravo, non sto scherzando. Mi spaventi.

 

-Ti ricordo che quella che ha paura di affrontare il mondo sei tu, non io. Non sei sempre stata chiusa nella tua cameretta forse? Ti ho liberato io dalle tue paure, ma stai solo perdendo il tuo tempo, perché io non ti amerò mai, MAI, hai capito?

 

Mi si bloccò il cuore, e l'anima perse un colpo. Caddi sul letto, come peso morto, e non ebbi il tempo di vedere i suoi occhi verdi che mi scrutavano con attenzione perché chiusi i miei, grigi, e sprofondai in un'ansia incredibile.

 

Il malumore prese il sopravvento, non mi sentivo così sola e depressa da quando lo avevo conosciuto, perciò da qualche settimana prima, e ora che il tormento si rifaceva presente nella mia testa e nella mia vita, pensai di morire.

 

-Va' via, adesso. Ti prego, fallo per te stessa. Torna alla tua stupida vita di merda, con i tuoi genitori.

Io ho altro a cui pensare.

 

Si accese una Marlboro e mi mandò il fumo addosso.

 

-Non credere voglia fare sesso con te, non vorrei rimetterci.

 

Mi mancò talmente tanto di rispetto che la voglia di sputarlo in faccia era incredibile, ma non lo feci perché non volevo abbassarmi al suo stupido livello.

 

Presi la giacca nera, il suo telefono squillò e lui rispose con un “Ciao amore”, dopodiché le lacrime mi scesero spontanee e mi maledissi per essermi lasciata andare con quell'essere strafottente e a mio parere anche misogino.

 

-Stronzo. Sei soltanto un pezzo di merda. Non ti amerei mai, nemmeno sotto tortura.

 

-'Fanculo, Savannah Smith. Addio.

 

Mi salutò, come se niente tra noi fosse stato bello, come se non si fosse preso tutto quello che di bello c'era in me.

Me ne andai correndo giù per le scale e la concierge mi guardò sconcertato.

 

-Signorina, tutto bene?

 

-No, non va bene per nulla.

 

Sparii come il vento ad agosto, dopodiché guardai in alto in direzione della finestra della “nostra camera”, ma mi venne la nausea nel fissare quell'imposta e sapere che LUI era in quella stanza e sicuramente aspettava la sua amante.

 

Piansi silenziosamente, cercando di coprire le lacrime e il rossore alle guance e al naso con i capelli e con il bavero della giacca che spesso mi rassicurava, ma la gente attorno a me si rendeva conto che stavo soffrendo.

 

Per una volta le persone si erano accorte che esistevo, eppure come al solito avrei voluto essere trasparente come un fantasma.

 

 

 

 

Arrivai a casa, trafelata. Non vedevo mio padre e mia madre da un mese e mezzo quasi, e non mi accolsero a braccia aperte. Piuttosto mi fissarono come se fossi un'aliena, come se avessero visto un impostore o un ladro.

 

-Chi non muore...

 

Esordì mia mamma, con uno sguardo duro e serissimo, seguito da quello di mio padre che avrebbe potuto anche uccidermi seduta stante.

 

-Non sono perdonabile, lo so, ma dovevo tornare.

 

-Certo, non hai un posto dove andare e qui credi che ci sia un albergo, no?

 

Abbassai gli occhi, mi morsi un labbro e pensai a Max.

 

Lo stavo odiando.

 

Lo avevo lasciato io, o mi aveva lasciato lui? Ci eravamo lasciati a vicenda forse, eravamo due stupidi, senza cervello, senza alcuna maturità.

 

Non avremo potuto essere nulla insieme.

 

Non saremo andati avanti, saremmo stati sempre due stupidi che retrocedevano come gamberi, su una spiaggia fatta di sole illusioni.

 

Lui mi aveva tradita mentalmente, e forse anche fisicamente. Non volevo vederlo, non volevo sentirlo.

 

Era cambiato talmente nel profondo che quando espressi le mie incertezze su di lui ai miei genitori e cercai di non piangere per non mostrarmi debole ai loro occhi, specialmente mia madre mi guardò dalla testa ai piedi e mi chese se avevo L'AIDS.

 

-Ma che cosa vai a pensare? Non sono drogata e lui non si droga.

 

Stavo mentendo a me stessa. Lui si drogava, era dipendente da alcune droghe leggere ma anche pesanti e per fortuna l'unica volta in cui avevo fatto l'amore con lui aveva usato il preservativo...

 

(alla ciliegia)

 

Ricordai per un breve attimo il sapore dei suoi baci, il calore del suo corpo sul mio, il modo in cui mi aveva penetrata con semplicità e con dolore, ma poi con un piacere infinito e sincero.

 

(la droga e il dolore)

 

Mia madre mi disse di andare via di casa, non voleva assolutamente che una drogata rimanesse lì con lei e mio padre rimase in silenzio con le lacrime agli occhi.

 

-Papà almeno tu, io non so dove andare, vi prego!

 

Lo guardai negli occhi, in quegli occhi così uguali ai miei e vidi un cielo plumbeo poetico e malinconico da far venire i brividi.

 

Ero stanca, perciò non implorai ulteriormente.

 

-Non hai sentito cosa dice tua madre?

 

Non potevo credere che mio padre fosse soggiogato da quella donna, la persona che lo aveva sempre allontanato da me con i suoi gesti iperprotettivi e malati.

 

 

Lasciai perdere e fuggii di casa.

 

Il mio cellulare squillò nell'esatto momento in cui abbandonavo quello stupido nido, quel mondo che mi aveva sempre fatto sentire incompleta e insicura.

 

Forse tutto questo succedeva per farmi diventare una farfalla, per non relegare il mio corpo ad un semplice bruco verdastro e strisciante ma esplodere invece in un esemplare stupendo, colorato e voglioso di risplendere.

 

Avrei volato via molto probabilmente per sempre, se solo non avessi ricevuto quella chiamata.

 

 

Era Max, che mi implorava di tornare.

 

Angolo autrice:

Che ne pensate di questo terzo capitolo? Spero apprezzerete ♥



Dakota. 
 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** 4. ***


Non potevo andare. Ma non potevo nemmeno fare finta di nulla. 

Sentii freddo, non pensavo che quel giorno al centro commerciale mi avrebbe reso così vulnerabile, così strana e innamorata. Mi sentivo strana, come se il mondo fosse più nemico di quanto non lo fosse mai stato. 

Era colpa di Max, era colpa sua se mi sentivo agitata, se il mio cuore bruciava velocemente e la mia anima si sentiva spoglia di tutto.

Ero una foglia al vento, che tremava di continuo.

Quando mi disse di andare al Centoventi d'Avenue Street, vicino alla pasticceria italiana, mi sentii bene e male al contempo. 

Lo vidi da lontano, era trasandato e anche a quella distanza potevo sentire il puzzo di ubriacatura che si portava dietro. 

Aveva bevuto un sacco. Birra. 

-Che diamine combini, eh? 

Aveva gli occhi colmi di lacrime, rossastri. Del verde bellissimo che avevo conosciuto un tempo, sembrava non essere rimasto nulla se non uno stupido ricordo. 

Ora assomigliavano più ai miei, grigi, come se fosse piovuto all'interno delle sue iridi stupende.

Era irriconoscibile, a parte per i capelli bicolore.

E a parte per il fatto che il mio cuore stava saltando via a causa sua. Tutto in lui era magia e delirio allo stato puro.

Non capivo perchè mi faceva stare così bene e male, non capivo perché avesse tutto quel potere su di me, un'ascendente criptico e surreale. 

-Sav, aspetta a giudicarmi. Non volevo trattarti così ieri. Sono un coglione, ma un coglione che senza te è perso.

Non potevo credergli, non volevo. Non poteva fare di me ciò che voleva, ma allo stesso tempo era impossibile stargli lontano, essere indifferente a quel dolore che comunque sembrava reale, vero più che mai.

Mi si avvicinò, distruggendo quella distanza minima che ci separava e mi prese le mani, sicuro che io gliele avrei strette. Quella sicurezza tipica degli uomini che sanno quanto noi dipendiamo da una loro carezza o anche dalla loro presenza.

Non dovevo cedere, eppure...

-Ti sto chiedendo perdono, Sav. Cazzo non puoi fare così in eterno con me. Non con me, merda! Nessuno può amarti come ti amo io, non sei forse rinata grazie a Max Denver?!

Era pazzo o cosa? 

-Tu stai male, te l'ho detto ieri e te lo ripeto oggi, non stai bene per niente. Dovresti farti curare.

-La mia cura sei tu, Sav. Prendi la mia mano e ricominciamo, dobbiamo scrivere la nostra storia, riscrivere tutto ma in meglio. Voglio scrivere una canzone per te. Ho già mille idee, credimi. E poi la porterò in giro per il mondo, e tu verrai con me. Tutto il mondo ti conoscerà.

-Non me ne frega nulla del tuo mondo di merda. Non voglio essere la ragazza di un drogato!

Il gelo e il silenzio si impossessarono di noi. 

Forse avevo esagerato, ma forse la verità comunque va sempre detta, fatto sta che lui tirò su col naso e mi guardò, il labbro tremante e il freddo nelle mani rosse.

Era bellissimo, avrei voluto baciarlo ma non potevo cedere. 

-La droga non può separarmi da te. Sai perché?

Non risposi, mi limitai a voltare la faccia verso la pasticceria da cui uscì un signore vestito in modo elegante e immaginai mio padre comprare qualcosa per me. Non sarebbe mai successo, perché io non ero nulla per lui.

-Sai perché?

A quel punto mi girai verso di lui.

-Perché la mia droga preferita sei tu, Sav.

Mi lasciò senza parole non tanto per quello che aveva detto, ma per il modo in cui l'aveva fatto, senza imprecare e senza porsi troppi problemi. 

Mise da parte l'orgoglio e mi disse ciò che pensava. Eppure non cercai di sciogliermi, non se lo meritava affatto.

-Ti prego, risparmiami queste parole. Non mi fa nessun effetto.

-Dillo che mi ami, che mi vuoi, che vorresti che adesso ti baciassi.

-Mai! Non lo dirò mai.

-Dillo, Sav!

-Preferisco stare sola piuttosto che stare con una persona deviata come te.

-Non mi arrenderò mai, e sai perché? Perché io... ti amo.

Lo disse così, come se fosse palese, come se il giorno prima non mi avesse praticamente detto in faccia di sparire dalla circolazione. Ovviamente era matto, ne ero sempre più certa.

Vidi il suo giubbino nero in pelle con le borchie ancora più logoro di prima, e lo smalto nero sulle unghie delle mani quasi consumato del tutto.  

Non si era trattato per niente bene in quei giorni, era depresso e io non stavo facendo nulla per aiutarlo.

Ma cosa avrei dovuto fare?

-Io non ti amo invece.

-Non farmi questo, Sav. Ieri è stato un giorno di merda, oggi anche ma domani potrei essere incasinato se tu non ci sarai. Potrei stare malissimo, semplicemente perché la mia felicità sei tu. Sei così delicata e bella, e voglio fare l'amore con te, stasera stessa.

Un brivido mi percorse da capo a piedi, e tremai. Lui se ne accorse e capì che in realtà io lo amavo molto più di quanto non volessi ammetterlo a me stessa.

Lo amavo talmente tanto da odiarlo.

-Tu mi ami, ma non vuoi dirlo.

-Io non lo dirò mai. 

-Vieni con me, Sav. 

Mi prese la mano, desideroso di farmi sua per la seconda volta, una volta che sarebbe valsa per un'eternità.

Abbassai lo sguardo e quando poi lo sollevai e vidi dove mi stava portando, il mondo mi crollò all'istante e i demoni del passato tornarono all'improvviso.

Non volevo crederci, eppure era vero: il diavolo aveva mille facce e quando decideva di mostrare il suo lato angelico, il bastardo ti baciava il collo, i polsi e le labbra,senza guardarti mai negli occhi. 

Era assolutamente vero: il diavolo si nascondeva nei dettagli. 




Angolo autrice:

Sto scrivendo come un fiume in piena, davvero, questa storia per me è molto importante e mentre butto giù frasi e idee a non finire, ascolto tantissima musica ♥

Al prossimo capitolo.



Dakota.


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Capitolo 5
*** 5. ***


Non mi importava se il diavolo un tempo era stato l'angelo più bello di tutti, perché per me restava comunque soltanto e sempre un gran traditore da cui stare alla larga.

Me ne resi maggiormente conto quando incontrai gli occhi di Matt High, il batterista della band il cui leader era Max, colui che mi stava rovinando la vita e allo stesso tempo mi stava regalando il paradiso sulla terra.

Matt era strano, c'era qualcosa in lui che non mi convinceva e non c'entravano i numerosi tatuaggi in vista, anche perché non avevo nulla in contrario con i disegni permanenti sul corpo. 

Era il suo sguardo da ammaliatore, non mi piaceva per niente e cercai di evitare di guardarlo.

Lui smise di suonare e mi prese la mano, per baciarla senza sfiorare la pelle, ma io desistetti.

-Non è poi così tanto carina la tua amica, non è come ce l'avevi descritta.

Rise e Max rimase in silenzio. 

Avevo paura di Matt, guardarlo era come vedere il demone che sosta nei tuoi pensieri di notte e che quando sei piccola pensi viva sotto il tuo letto o dentro il tuo armadio. 

-Lasciala stare, lei è preziosa. Lei è mia.

-Io non sono di nessuno, precisiamo questo dettaglio.

Un oggetto, ecco cosa mi sento e la cosa mi dà tremendamente fastidio. Non appartengo a nessuno, a parte a me stessa.

Matt era deviato, me lo sentivo nell'anima, mentre mi trapassava gli occhi, il mio sguardo fragile reso ancor più debole dal contatto con i suoi occhi ferini e tutt'altro che ingenui.

Era un demone da cui dovevo stare distante, per il mio bene.

-Perché mi hai portato qui?

Mi rivolsi a quello che era stato il mio ragazzo fino a poco tempo prima e che adesso mi stava facendo schifo, ma lui inclinò la testa di lato, spaventandomi. 

-Davvero non capisci, Sav? Andiamo, dopotutto non sei così stupida, anche se hai passato tutto quel tempo chiusa nella tua camera. Poverina, deve esserti andato in pappa il cervello.

Matt e lui risero sguaiati. 

Solo allora capii che il suo amico, il batterista degli "A ghost story", sapeva che io ero fragile, era a conoscenza delle mie debolezze e ne traeva beneficio come solo i mostri sapevano fare.

-Che cosa cazzo dovrei capire?

-Non essere maleducata, oppure saremo costretti a ricorrere alla violenza e non sarebbe bello rovinare quel tuo bel faccino, sai?

Era stato Matt a parlare, e nel frattempo si era alzato dallo sgabello che utilizzava come postazione per la sua stupida batteria. Ma chi credeva di essere?

Solo perché era uno dei musicisti più in voga del momento, questo non significava che poteva fare tutto ciò che desiderava, distruggendo la vita delle altre persone.

Le parole potevano fare malissimo, molto più dei pugnali e in quel momento me ne accorsi, ma mi resi conto anche che la mia vita era in pericolo quando vidi Matt e Max guardare alle mie spalle e salutarmi con dei gesti sfrontati. 

Aprirono le mani e fecero "ciao ciao", dopodiché sentii solo un dolore leggero ma pungente sulla base del collo e poi tutto divenne nero. 





                                                                                                                                     ***


Mi risvegliai sudata e stanchissima. Ero a letto. Max mi guardava e mi accarezzava il viso, come un angelo dannato.

I suoi occhi verdi erano contornati da un nero intenso. Aveva messo il kajal che lo rendeva ai miei occhi assolutamente perfetto.

-Si è svegliata, ragazzi. 

Era stato proprio Max a parlare, rivolgendosi a Matt e ad altri due ragazzi alternativi e davvero bellissimi, stravaccati in delle poltrone dai mille colori.

Non solo mi sentivo strana fisicamente, senza forze, ma sentivo un capogiro incredibile, perciò non cercai nemmeno di sollevarmi dal letto su cui giacevo.

-Stai giù e stai calma. Non puoi andartene, non ora perlomeno.

-Che cosa... che cosa volete da me?

-Ragazzina, noi non siamo come ci dipinge il mondo. Siamo molto di più. Siamo un piccolo esempio di criminalità, ecco cosa siamo. Non siamo solo la band più influente degli ultimi vent'anni, non siamo solo attorniati dalle groupies di tutto il mondo, siamo questo e altro. Non ti conviene muoverti.

Max mi baciò sulle labbra, arse. 

Mai avevo sentito un sapore tanto dolce e disgustoso allo stesso tempo. Era il sapore del mostro che c'era in lui e che aveva preso possesso della sua anima.

-Ho molta sete, mi sento k.o. 

Risero.

Max bevve dalla bottiglia di birra con avidità e poi cantò un motivo che io ancora non conoscevo, la sua voce era stupenda ma su di me era una tortura quando si avvicinò alle mie orecchie e sospirò soffiando.

-Ti daremo da bere, ma dovrai stare zitta dopo che avrai bevuto. Altrimenti ti inietto una dose massiccia di sonnifero e non ti svegli più, nemmeno se preghi in mille modi.

-Perché mi state facendo questo?

-Lo scoprirai molto presto.

-Io mi fidavo di te, Max. Io lo so, non sei un ragazzo cattivo. Lo so che non sei malvagio, tu devi solo guarire ma ce la farai.

Matt e gli altri due mi fissarono sbalorditi.

-Hai sentito, Max? 

Un ragazzo biondino, che teneva la chitarra vicino a sé, e l'altro con un piercing sul sopracciglio sinistro, risero e poi si alzarono dalle poltrone.

Si avvicinarono a me e io temetti per la mia vita.

Max non permise che mi succedesse nulla, non capivo perchè non mi uccideva seduta stante. Perchè farmi soffrire in quel modo?

Era assolutamente frustrante essere trattata come un oggetto, avrei preferito morire piuttosto che essere sottomessa al loro sadico gioco.

Erano quattro contro una, assurdo.

Quando il ragazzo biondino cercò di baciarmi e io mi indispettii e cercai di sputarlo, Max gli intimò di lasciarmi stare e ringraziai il cielo per quel gesto gentile. 

Perché ero su quel letto? Ma soprattutto che cosa mi avevano fatto?

Mille domande iniziarono a frullarmi in testa ma non seppi darmi le risposte, perciò iniziai a piangere come una bambina, non potevo farne a meno e Matt cominciò a prendermi in giro, ridendo.

Il modo in cui Max guardò il suo amico, mi fece capire che il capo non era Max bensì proprio Matt.

Quel ragazzo... dove avevo già visto il suo volto? E soprattutto perché quando lo avevo visto all'inizio mi era parso di sentire i brividi di terrore come se stessi guardando un demone dritto negli occhi? Occhi vuoti... occhi spenti e pieni di rabbia, violenza.

Max non era così... Max poteva anche odiarmi, ma in fondo sapevo che mi amava anche se mi aveva fatto andare lì a tradimento. 

Mi aveva preso in giro, si era preso gioco di me come fossi una stupida bambina o un'oca. 

Chi gli aveva dato quel potere su di me? 

Io mi ero innamorata, merda, e la vita ora mi chiedeva il conto di quell'amore assurdo.

-A che pensi?

Max mi si fece vicino. Potevo sentire il suo profumo dolcissimo, sembrava zucchero filato. Amavo tutto di quell'essere che assomigliava a un angelo sceso dal cielo solo per farmi impazzire, ma che si comportava come un demone pronto a divorarmi il cuore e straziarmi l'anima. 

Che cosa mi sarebbe successo se avessi cercato di fuggire di lì?

Max non mi avrebbe protetto in eterno... oppure si? D'altronde in modo malsano ci appartenevamo, o almeno ci credetti fino alla fine, perché non potevo non pensare che in quello sguardo non esistesse la proiezione diretta del mio cuore. 

E nel mio cuore c'era scritto "Max Denver".

-Penso che dovrei odiarti.

-Ma non ci riesci, giusto?

Mi morsi il labbro inferiore. Stavo impazzendo. E non sapevo quando sarei rinsavita da quello stato febbrile in cui mi trovavo, era una febbre che mi consumava lenta, una pazzia d'amore che sapeva di tortura ma anche di estasi davvero sublime.

Forse ero morta ed ero in Purgatorio, e il cuore si stava lentamente corrodendo, come pena per i miei peccati più gravi, oppure ero finita dritta all'Inferno e ciò che mi spettava era decisamente peggio di tutta la solitudine che avevo provato in vita, relegata nella mia stanza per così tanto tempo.

Quello non poteva essere il Paradiso, anche se negli occhi di Max ci leggevo gli astri più belli, i pianeti più vicini, l'empireo che si disperdeva come un immenso lago o meglio come un mare fantastico in cui potermi perdere velocemente, senza paura di affogare.
 
Risposi solo quando mi sentii affondare, come fossi in apnea costante.

Ero a corto di ossigeno semplicemente perché stavo aspettando i suoi baci, niente più.  Mi stavo facendo del male, ma era un bene al contempo.

Più mi sottraevo a lui, più moltiplicavo la voglia di avere i miei occhi incollati ai suoi. Era una mania, un'ossessione continua quel suo sguardo su di me, io rabbrividivo e lui mi ricopriva di attenzioni senza nemmeno rendersene conto.

-Non posso. Sei entrato nella mia pelle, nel mio animo, hai totalmente il mio spirito. Perché ti sei imposto in questo modo?

-Non posso risponderti, Sav. Tu sei tutto per me, questo posso dirtelo.

Vidi che si mise in bocca una caramella rosa. A mio modo gli feci capire che stavo impazzendo e fremendo per avere le sue attenzioni e essere al centro di tutto. Volevo la sua bocca sulla mia.

Volevo quelle labbra carnose, il silenzio che trasmettevano i suoi piccoli sospiri mentre ci baciavamo e l'impeto con cui mi sollevava ogni volta da terra per posarmi di nuovo giù poco dopo. 

Volevo essere sua, a ogni costo.

Volevo essere una principessa, ma non una qualunque. Volevo essere la sua piccola principessa e avere la sua mano nella mia, passeggiare assieme senza paparazzi attorno o senza i suoi stupidi amici che controllavano ogni nostra mossa.

Insomma, volevo vivere una storia vera, con la S maiuscola. 

Volevo lui, e basta.

-Se sono tutto per te, come dici, allora perché mi hai fatto questo?

Si inchinò fino a raggiungermi, mi passò le mani tra i capelli da lavare di nuovo, ma lui non osò provare ribrezzo, dopodiché mi sorrise e gli occhi si inumidirono di pianto.

Stava soffrendo per qualcosa che io non potevo ancora capire. 

Era una battaglia la sua, una lotta contro i mostri del suo passato, che in qualche modo si legava alla mia stessa battaglia. 

Eravamo uniti da un filo rosso invisibile, un legame indissolubile che nessuno avrebbe potuto spezzare.

Quando mi baciò, sentii il suo sapore dentro di me, ma non era dolciastro come prevedevo, bensì amaro come la morte.

Dopodiché si staccò e disse qualcosa agli altri.

Per me iniziò l'incubo vero e proprio. 


Angolo autrice:

Quinto capitolo... la storia diventa sempre più dark secondo me, cioè ho voluto espressamente inserire dettagli particolari che credo si intensificheranno maggiormente nei prossimi capitoli.

Stay tuned.

Dakota. ♥


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