A pinky Christmas Carol

di cassiana
(/viewuser.php?uid=29360)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Heaven from hell? ***
Capitolo 2: *** Your heroes for ghosts? ***
Capitolo 3: *** How I wish you were here ***



Capitolo 1
*** 1. Heaven from hell? ***


Disclaimer: ovviamente non possiedo nessuno dei Pink Floyd (sob). Questo è un lavoro di finzione e nulla di quanto raccontato è realmente accaduto. Nessuna diffamazione o calunnia è intesa. I personaggi sono la mia rappresentazione di fantasia delle persone reali, ma non c’è nessuna pretesa di verità dei dati biografici o storici.


Titolo: A pinky Christmas Carol
Fandom: Pink Floyd
Rating: G
Personaggi: Roger Waters, Nick Mason, David Gilmour, Rick Wright, Syd Barret
Note: Questa storia partecipa all’iniziativa CALENDARIO DELL’AVVENTO 2022@Fanwriter.it
Warning: missing moment, slice of life, introspettivo
Sinossi: Sono diverse notti che Roger non riesce a dormire bene, convinto che sia per lo stress e la stanchezza del suo ultimo tour e un po’ anche per l’aspettativa del 50° anniversario dell’uscita di Dark Side Of The Moon, decide di non darci troppo peso. Se non fosse che alcuni vecchi amici vengono a fargli compagnia e gli daranno l’occasione di riflettere sulla sua vita passata, presente e futura.




1. Heaven from hell?




Roger si ravviò i capelli bianchi e controllò il volto stanco allo specchio, sogghignò con indulgenza nello scorgere le nuove rughe intorno alle labbra e le profonde linee violacee sotto gli occhi. Come cantava tutte le sere il sole era lo stesso e lui era sempre più vicino alla morte. Scrollò le spalle e si infilò la maglietta bianca che usava per dormire, strinse il cordino intorno alla vita dei pantaloni del pigiama e fece uno sbadiglio. Era stanco, non vedeva l'ora di andare a dormire, gli ci voleva sempre più tempo per recuperare tra un concerto e l'altro ed essere tornato in UK dopo tanti anni di lontananza lo aveva messo in un curioso stato d'animo tra il nostalgico e il malinconico. Doveva chiamare Nick e organizzare un incontro decise mettendosi sotto le coperte. Spense la luce, le ossa dolenti scricchiolarono e Roger sospirò.
Sobbalzò svegliato da un rumore di stoviglie infrante. Per un momento Roger pensò di essere a casa sua a New York e che Kamilah si fosse alzata, poi ricordò che era solo nella lussuosa suite dell’albergo londinese in cui l'aveva sistemato il suo management. Pensò di chiamare la sua guardia del corpo, ma un canticchiare sommesso lo bloccò con un piede fuori dalle coperte. Roger scosse la testa incredulo e la sua bocca si spalancò nello scorgere la figura appoggiata allo stipite della porta: il volto aperto in un sorriso divertito, i riccioli scuri che ondeggiavano morbidi alla brezza, una mano che portava un bicchiere di whiskey pregiato alle labbra. Mugolò un verso di apprezzamento.

"Syd…Syd ma come cazzo?!"
"Sono venuto a trovarti, amico. Ti tratti bene vedo."

Roger aveva così tante domande e questioni, ma per una volta non riusciva a trovare le parole e rimase lì ammutolito. Syd scoppiò in una risatina:

"Sembri un pesce!"
"Cosa ci fai qui? Dovresti essere…morto. Lo sono io?"

Roger si toccò freneticamente le cosce e il petto. Syd si avvicinò a lui e Roger cadde a sedere sul letto:

"Sei venuto a perseguitarmi?"

Piagnucolò con il terrore nella voce, la sclera degli occhi biancheggiò nella penombra. Syd scoppiò a ridere:

“Mi sa che l’ho già fatto abbastanza, no? Vieni con me.”
“Ma devo, devo mettermi le scarpe…”
“Non servono dove ti porterò.”

Syd lo prese per mano e i due si trovarono a camminare per le vie di Londra, nessuno sembrava badare a loro e Roger seppur scalzo e in maglietta non sembrava avere freddo. Syd camminava con le mani nelle tasche e fischiettava. Roger non smetteva di guardarlo e sbottò:

“Quindi cosa saresti, il fantasma del Natale passato?”

Syd fece spallucce:

“Avevo solo voglia di rivederti.”
“Sei arrabbiato con me?”
“Lo sono stato, per molto tempo. Ma ora non più. Pensavo che mi avessi rubato la band, anzi che David mi avesse rubato la band. Credi, ho perseguitato molto di più lui che te!”

Roger fece una risatina, suo malgrado la vecchia ruggine col chitarrista venuta di nuovo alla superficie. Si erano fermati davanti alla porta di un locale da cui provenivano le note acide di una musica psichedelica, a Roger sembrò una canzone dei floyd. Syd lo prese per un gomito e lo portò dentro: all’interno si poteva vedere ben poco tra i miasmi del fumo, la penombra illuminata solo dai giochi di luce sul palco, i corpi sudati degli hippie si premevano contro di loro e Roger ebbe un’illuminazione:

“Oh, questo è l’Ufo Club, ma è chiuso da un mucchio di anni.”
“Guarda!”

Roger si riconobbe in uno dei ragazzi che si stavano esibendo, Gesù erano così giovani! Gli si riempirono gli occhi di lacrime, così tante possibilità, tutto quell’entusiasmo e fiducia nel futuro. E Syd tra loro ancora esuberante e più carismatico che mai. Il fantasma si allontanò da lui e si fuse col Syd sul palco. Quando la lunga session terminò Syd scese dal palco e prese per mano un Roger esilarato e stordito e lo portò fuori:

“Cazzo, ma eravamo terribili! Ma anche fantastici: hai visto Nick come picchiava sui tamburi? E Rick aveva così tante idee e anche io non ero così male, no?”

Syd rise e la sua figura brillò un poco. Le strade intorno a loro sembravano quelle di una cittadina medievale e Roger riconobbe la sua vecchia scuola. Senza farsi problemi i due uomini entrarono nell’aula dove un insegnante stava bacchettando le mani di un ragazzino. Questi si mordeva il labbro stoico senza emettere un lamento, cercava di trattenere le lacrime di umiliazione e dolore. Roger fu tentato di interrompere quel supplizio, ma poi ricordò che in quella forma non poteva fare niente.

“Cazzo, odiavo questo posto.”
“Guardati, avresti potuto piangere e nessuno ti avrebbe biasimato.”
“Ora lo so.”

Provò un’ondata di tenerezza e avrebbe voluto abbracciare il se stesso bambino: gli mancava così tanto suo padre, un dolore indicibile che ancora gli scavava nel petto nei suoi momenti peggiori. Syd gli toccò una mano:

“Cosa pensi sia meglio: non avere mai avuto un padre o averlo e non ricevere abbastanza amore e attenzioni da lui?”

Roger scrollò le spalle, conosceva quella parte della storia e non aveva intenzione di fare a gara di traumi infantili con David. Così fece spallucce e non rispose. Syd lo riportò nella sua stanza e Roger sedette sul letto e chiese:

“Cosa accadrà adesso?”
“Immagino ti lascerò qui e ci saluteremo.”

Roger si morse l’unghia di un pollice, la verità era che lui aveva voluto davvero bene a Syd, era stato il suo migliore amico e gli mancava terribilmente. Il senso di colpa per quello che gli avevano fatto ormai talmente incastrato nel suo animo da far parte della sua stessa personalità.

“Syd…mi odi?”
“Vuoi sapere una cosa buffa? Grazie a te sono più vivo ora che sono morto di quanto non lo sia mai stato da vivo. E’ talmente assurdo che mi fa sbellicare dalle risate, perciò immagino dovrei ringraziarti in realtà.”

Roger sorrise, per la prima volta in vita sua sentì che il peso che gli gravava sulle spalle farsi così leggero da scomparire e un piccolo nodo dolente nello stomaco sciogliersi. Stava ancora sorridendo mentre Syd iniziava a sbiadire in una nube di pulviscolo iridescente. Roger allungò una mano come volesse fermarlo:

“Syd! Io…io ti ho sempre voluto…ti voglio bene.”

Il fantasma annuì come a fargli capire che lo sapeva e gli fece un ultimo occhiolino prima di scomparire.



Angolo Autrice:

Anche io ho avuto diverse notti in bianco nel pensare a questa storia finchè non sono stata colta da un’illuminazione notturna e allora ho pensato che per me non c’è nulla di più natalizio che il vecchio caro Canto di Natale, raccontato a modo mio!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Your heroes for ghosts? ***






Your heroes for ghosts?




Le prove per il concerto della sera successiva stavano procedendo come consueto, sebbene Roger fosse sottotono rispetto il suo solito. Non aveva dormito bene la notte prima, anzi secondo lui non aveva dormito affatto, ma chi avrebbe potuto raccontare di aver visto il fantasma di Syd senza essere preso per un vecchio rincoglionito? Così quando quella mattina Kamilah gli aveva fatto la solita videochiamata Roger si era limitato a risponderle che non aveva dormito bene. La donna si era portata una mano al viso:

"Hai la faccia così tirata! Sei sicuro di stare bene?"
"Tranquilla, non ti libererai di me così facilmente!"

Il tono avrebbe voluto essere scherzoso, ma la distanza fece sembrare la battuta una sorta di recriminazione. Roger imprecò dentro di sé e Kamilah strinse le labbra, ma fu un attimo. Si aprì di nuovo in un sorriso pieno:

"Scemo! Mi manchi 'Ger, torna presto da me."

Ora Roger sedeva nel salottino della suite e guardava fuori, verso il cielo nuvoloso pensando a tutto e a niente.

"È il rischio che si corre a mettersi con una donna tanto più giovane."

La voce morbida e leggermente arrochita da anni di fumo lo distolse dalle sue riflessioni e lo fece sobbalzare. Seduto accanto a lui Rick lo guardava e fumava. Roger quasi cadde dal divano e gemette:

"Cristo Rick! Non anche tu…"

Il fantasma di Richard fece una boccata alla sigaretta e sogghignò:

“Sono sorpreso quanto te di trovarmi qua: quanti anni sono che non ci vediamo? Dal 2005 se non ricordo male."

Roger ricordò la loro prima e unica reunion, li avrebbero ricoperti d’oro se si fossero decisi a fare un tour. Ma naturalmente lui e David erano stati troppo testardi per mettere davvero da parte le divergenze di una vita. E poi avevano entrambi i nuovi albi da solisti a cui pensare.

“Tu quale dovresti essere, il fantasma del Natale presente?”

Rick si strinse nelle spalle emanando una nuvoletta di fumo intorno a sè.

“Ne so poco anche io se questo ti consola, so che devo farti vedere una cosa.”

Si alzò e con Roger alle calcagna attraversò la soglia della stanza. Si trovarono in uno studio medico di quelli prestigiosi a quanto sembrò a Roger. David e un uomo dal camice immacolato stavano guardando delle lastre.

“Non c’è proprio altro da fare?”

David si massaggiò la mano destra con la sinistra, le dita deformate dall’artrite formicolavano e iniziavano a fargli di nuovo male.

“Gliel’ho detto Signor Gilmour, a questo stadio solo un’operazione potrebbe salvarle la mano.”
“Ma poi mi assicura che tornerò a suonare come prima?”

Il medico si mise a sedere facendo cenno a David di fare altrettanto:

"Come prima ovviamente no. Dovrà rallentare molto la sua attività e continuare con gli esercizi."
"Ma ho un nuovo progetto in corso, non posso fermarmi! E se l'operazione non andasse bene?"

La voce di David s'incrinò per la paura. Roger si voltò verso Rick:

"Mi hai portato qui per compatirlo? Beh, non lo farò, è vecchio. Lo siamo tutti e due e anche io ho le gambe che mi uccidono."
"Se sono il fantasma del presente evidentemente devo mostrarti il presente."
"Come mai non c'è Polly con lui? Di solito gli sta appiccicata senza mollarlo un secondo."

Uomo e fantasma sogghignarono, Rick rispose:

"Non lo sa. Non lo sa nessuno. Va avanti a forza di antidolorifici."

Per un momento Roger compatì davvero David, sapeva cosa doveva provare e non riusciva ad immaginarsi un giorno senza musica.

"Deve essere un tormento per lui. In fondo suonare è l'unica cosa che sa fare. Quello e sfornare marmocchi."

Aggiunse caustico. David nel frattempo aveva salutato l'ortopedico e mesto camminò fino all'ascensore della clinica. Il suo volto era solcato da profonde rughe di preoccupazione, le labbra portate in avanti nel suo broncio caratteristico. Fece qualche telefonata e Roger e Rick lo seguirono nei suoi giri.

"Spiegami una cosa: come diavolo riesci ancora a fumare?"
"Anche da morti manteniamo le abitudini che avevamo, soprattutto se queste erano particolarmente persistenti."
"Ti rendi conto che è quella merda che ti ha ucciso?"

Rick si strinse nelle spalle indifferente finalmente ai modi sgraziati di Roger e deviò la sua attenzione verso David, seduto al tavolo di un ristorante pretenzioso. Entrambi gli uomini s'illuminarono in volto quando videro la figura corpulenta di Nick avvicinarsi. Ci furono saluti, chiacchiere, scherzi e risate e Roger un po' l'invidiò: voleva assolutamente sentire Nick e organizzare un incontro con lui. Gli anziani musicisti pranzarono e Roger trovava esilarante che quelle che per milioni di fans erano icone del rock nella realtà si comportassero come due pedestri uomini qualunque. Nick agitò con delicatezza la boule di cognac pregiato e sospirò soddisfatto:

"I preparativi per il 50esimo stanno procedendo in fretta e bene. Hai pensato se vuoi preparare qualcosa?"

David si massaggiò la pancia prominente e si grattò il naso. Roger poteva dire che stava per mentire, si voltò verso Rick per commentare:

"Ora gli racconta una cazzata."
"Per essere qualcuno con cui non si parla da più di dieci anni, sei piuttosto consapevole dei suoi tic.”
"Io ricordo tutto, di tutti voi."

Asserì Roger con la sua espressione più supponente. David deviò il discorso:

"Lui che dice?"
"Non ha ancora risposto. "
"Tipico. Probabilmente ha qualche idea maestosa che mostra come lui sia stato fondatore, ideatore, paroliere, ingegnere del suono, batterista, bassista…"

Nick ghignò e bevve un sorso di liquore:

"Sai, penso si sia ammorbidito con gli anni. Forse avremmo potuto quantomeno chiamarlo per quella cosa sulla guerra."

Le sopracciglia di David si sollevarono scettiche:

"Ci avrebbe mandato a farci fottere in due secondi. Lo sai come la pensa.”
“Ma non è vero! - si ribellò Roger scompigliando la bianca capigliatura - Lo vedi come fa? Mi fa sempre passare per lo stronzo di turno quando sa benissimo che le condizioni geopolitiche sono molto più complicate in un quadro di relazioni…”
“Non devi convincere me: io sono ben oltre queste faccende.”

Lo interruppe Rick. David e Nick erano rimasti un minuto in silenzio presi nelle loro riflessioni fino a che David non parlò di nuovo, appoggiandosi pesantemente allo schienale della sedia:

“Senti, chiamami un vecchio sentimentale ma inizio a sentire la mancanza di quel figlio di puttana.”
“Oh - sobbalzò Nick - chi sei e che ne hai fatto del mio amico David?”

I due uomini sghignazzarono scompostamente e per un momento sembrarono i ragazzi di tanti anni prima. Roger sentì una fitta al cuore non seppe nemmeno lui se di nostalgia, invidia, malinconia o tutte queste cose insieme.
Più tardi Rick e Roger stavano passeggiando per il lungo fiume e scorsero lo studio galleggiante di David. Rick fece cenno a Roger di salire:

“Ecco una cosa che ho davvero invidiato a David. Deve essere stata una figata registrare qua sopra.”

Passò una mano sul lucido legno del parapetto, le tavole scricchiolarono sotto i loro piedi. Rick tirò una boccata dalla sigaretta:

“Si, è piuttosto divertente, anche se ho sempre preferito lo studio di casa mia, ma le onde, l’acqua mi ricordavano un po’ la mia vita di mare.”

Roger scosse la testa:

“Mi sono sempre chiesto se alla fine non ti feci un favore tanti anni fa, così ti sei potuto dedicare ai tuoi viaggi in mare.”

Non si avvide dell’occhiataccia che gli lanciò il fantasma se non per una dolorosa puntura al costato che lo fece sussultare. David era seduto alla finestra e osservava i cigni passare, le dita posate sulle corde impossibilitate a muoversi, sul suo viso passò un’espressione di dolore disperato.

“Oh, Rick aiutami!”

Invocò. Il fantasma del tastierista soffiò sulle corde del’arpa di Romany che vibrarono come accarezzate da una brezza leggera. David sorrise come acquietato. Roger schioccò con le labbra e uscì di nuovo sul ponte dell’Astoria dove fu raggiunto da Rick. Gli chiese in tono ironico:

“Vi parlate anche?”
“Certo, David mi parla tutto il tempo. Il più delle volte nella sua mente. E io gli rispondo come posso, ma ci capiamo, ancora. Dopo tutto questo tempo.”
“Blah, siete sempre stati così sdolcinati.”

Rick non rispose e accompagnò il vecchio compagno di band sul divano dove l’aveva trovato. Roger ebbe finalmente il coraggio di guardarlo nei miti occhi azzurri. Rick c’era sempre stato, sin dall’inizio del gruppo, con la sua timidezza, il suo senso del suono, le sue melodie arabeggianti che li avevano fatti uscire dall’anonimato di mille band come la loro. Roger si grattò la nuca e sospirò: non si pentiva di niente, aveva avuto le sue ragioni per fare quello che aveva fatto e pensava che fossero ancora valide. Solo, avrebbe voluto fare le cose in maniera differente.

“Io…senti mi dispiace per quello che ti ho fatto. Lo so che è troppo poco e troppo tardi, ma per quel che vale…mi scuso.”

Porse la mano al fantasma, Rick sorrise e sbiadì poco a poco.





Note Autrice:

Le chiacchiere sulle celebrazioni del cinquantenario si riferiscono ai 50 anni dall'uscita di Dark Side of the Moon che cade proprio quest'anno. Non ho idea di cosa i PF inventeranno ma stanno già alimentando un discreto hype.
Tranquilli, la malattia di David è una mia invenzione!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** How I wish you were here ***






How I wish you were here




Qualche sera dopo Roger si girava e rigirava tra le costose lenzuola del letto di una delle camere degli ospiti della signorile dimora di Nick. Forse aveva mangiato o bevuto troppo, ma si era divertito. Era da parecchio tempo che non trascorreva quasi un'intera giornata col suo vecchio amico. Avevano vagato in macchina per le stradine del Wiltshire, ascoltato i loro vecchi dischi preferiti sul sofisticato impianto stereo di Nick, ridendo e rivangando i vecchi tempi, poi Annette li aveva raggiunti per cena.

"Spero non ti dispiaccia se non abbiamo preparato nulla di più raffinato."

Nick mise la mano su quella della moglie in un gesto protettivo e Roger sorrise:

"Era tutto perfetto Nettie, sei stata magnifica come sempre." "E tu sei un adulatore! Vi lascio alle vostre chiacchiere ora… E Nick non bere troppo, che poi russi."

Annette fece un occhiolino d'intesa a Roger mentre Nick sollevava divertito gli occhi al cielo. Per un momento entrambi gli uomini seguirono la voluttuosa figura della donna farsi strada verso l'uscita della sala da pranzo. Roger sospirò:

"Sei stato proprio un fortunato bastardo a trovare una come lei."

Non aggiunse che anche lui avrebbe voluto una relazione come la loro. Nick si adagiò più comodo nella poltrona e sorrise compiaciuto:

"Hai una bellissima nuova moglie, ho visto le vostre foto e lei sembra molto presa…e anche tu."

Roger si strinse nelle spalle suo malgrado, dopo poco più di un anno dal loro matrimonio e cinque di convivenza non riusciva quasi più a credere che le intenzioni di Kamilah fossero del tutto sincere. Si lasciò scappare:

"Eh, ha vinto alla lotteria."
"Oh, andiamo Rog! Piuttosto come sta andando la tua autobiografia, quanta merda ci butterai addosso?”

Il tono di Nick apparentemente leggero non nascondeva tuttavia una leggera apprensione. Roger si erse sulla poltrona:

“Dico solo la verità. Comunque ho quasi finito, penso che per la fine dell’anno potrebbe essere in uscita.”
“Giusto in tempo per il cinquantesimo…cos’è il tuo modo di festeggiare?”
“A questo proposito… Ho finito di scrivere le note per il cofanetto nuovo.”

Nick sollevò le sopracciglia sperando che non si ripetesse il casino accaduto per Animals che era uscito tre anni dopo il previsto a causa delle impuntature di quei due testoni. Roger stava proseguendo:

“...e penso di presiedere l’inaugurazione di Their Mortal di New York. Ma vorrei fare qualcosa di più. David come sta?”

Roger lo sapeva bene, ma voleva sapere quanto Nick fosse consapevole dei problemi del chitarrista. Infatti lui rispose:

“Credo bene, sta lavorando a quel suo nuovo progetto e credo che anche quello sarà in uscita per la fine dell’anno. Perchè, vuoi fargli una macumba?”

Nick ridacchiò, ma Roger si masticò le labbra:

“Era ora che smuovesse quel suo culo grasso. Ma stavo pensando che sarebbe bello, sai… non so, fare qualcosa insieme?”

Nick sussultò sorpreso:

“Davvero? Ti senti bene o cosa? E’ la seconda volta in pochi giorni che sento te e David fare gli stessi discorsi. Se non fossi ateo penserei che c’è una strana magia nell’aria.”
“Nooo, è solo che siamo vecchi e forse stiamo diventando più saggi.”
“Vecchi si, saggi… ne dubito!”

Entrambi scoppiarono a ridere, ma Roger non smetteva di pensarci mentre si agitava nel letto. Aveva persino fatto una ricerca tra i migliori ortopedici specializzati nella microchirurgia della mano, ovviamente tra di loro c’era il nome del dottore che aveva visitato David, ma Roger voleva il migliore se riusciva a trovarlo. Sbuffò, tutto quel parlare di passato e relazioni vecchie e nuove gli aveva messo una strana malinconia addosso, aveva sempre pensato che fosse stato sfortunato con le sue donne: aveva amato le sue mogli con tutto sè stesso, sempre. Ma poi ognuna si era rivelata una delusione, come se non fosse stata all’altezza del sentimento da lui provato e così iniziavano le recriminazioni, i tradimenti, i silenzi in una giostra perversa che finiva sempre col rompersi in mille pezzi. Quando aveva scritto quel commento alle foto del suo matrimonio, che aveva finalmente trovato qualcuno che si prendesse cura di lui, non aveva voluto lanciare frecciate verso le sue precedenti mogli, anche se ovviamente qualcuno l’aveva letto in quel modo. Ma si sentiva vecchio e stanco e sempre meno combattivo, voleva solo essere amato e non ci riusciva mai.

“Non ci riesci perchè sei un egocentrico egomaniaco.”

La voce di Judy seduta in fondo al letto lo fece sussultare:

“Cristo Raggio di Sole, mi hai quasi fatto venire un infarto!”

Il fantasma della donna sorrise:

“Non te lo meriteresti un infarto, quasi.”
“Sei ancora arrabbiata con me…”

Roger si passò la mano tra gli ancora folti capelli bianchi e si stropicciò la faccia. Per un momento gli sembrò che Judy volesse allungare la mano ad accarezzarlo. Invece lei si alzò e gli fece cenno di seguirla. Dietro la sua figura c’era un codazzo di gattini siamesi e Roger sentì gli occhi riempirsi di lacrime:

“Mi farai vedere la mia morte? Sarà orribile?”
“Non essere melodrammatico. Non è della tua morte che dovresti preoccuparti.”

Raccolse uno dei gatti e lo introdusse in un’ampia camera che Roger riconobbe come il salotto di casa sua a Manhattan. Suo figlio Harry incanutito e corrucciato stava parlando con la sorella che si torceva le mani:

“Non sono sicura…”
“E’ l’unica soluzione, ti dico: ormai è fuori controllo.”

Roger guardò interrogativo Judy che stava accarezzando il gatto e gli fece cenno di ascoltare. I suoi figli gli sembravano invecchiati e sfiniti e gli fece male sapere che molto probabilmente era lui la causa dei loro dolori. Jack entrò sbattendo la porta e sedendo pesantemente sul divano accanto a India.

“Io non lo sopporto più: continua a blaterare di azioni legali, tagliare fondi… la sua demenza sta peggiorando sempre di più.”

Incrociò le braccia, stringendo le labbra. Poco dopo si sentì riaprire la porta e un Roger visibilmente più anziano si fece avanti sorretto da un deambulatore, la voce querula che minacciava:

“Oh eccola qua, la mia prole, le mie grasse sanguisughe! Ho chiamato i miei avvocati: siete fuori dall’eredità. Tutti e tre!”

India si sollevò dal divano e andò verso il padre cercando di calmarlo:

“Dai, papà. Ti riporto in camera tua: sei stanco.”
“Credi che sia un vecchio rincoglionito? Lo so a cosa puntate: volete farmi internare, ma io non ci sto! Judy, diglielo tu che non possono farlo!”

Il Roger del presente guardava sgomento il sè stesso del futuro completamente fuori di sè, si voltò verso il fantasma della prima moglie chiedendole:

“Può vederti?”
“Ovviamente no. “
“Come ho fatto a ridurmi così? Cristo, preferisco tirarmi un colpo in testa prima.”

Judy si strinse nelle spalle come a dire che forse avrebbe potuto farlo, o l’avrebbe fatto. Roger sbiancò e osservò con pena il se stesso portato via e blandito dalla figlia. Sedette accanto a Harry, ormai calvo e la sua bella barba rossa ridotta a un pizzetto grigio.

“E’ iniziato tutto da quel maledetto libro. Vorrei aver potuto bruciare tutte le copie.”

Stava dicendo Jack con voce stanca, ma ancora bellicosa.

“Più che cercare di farlo ritirare non possiamo fare molto.”
“Beh, tra querele, azioni legali e polemiche varie ci è venuto a costare una fortuna!”

Roger non potè evitare che un sorrisetto compiaciuto strisciasse sul suo viso: quello voleva dire che aveva colpito nel segno!
Harry si grattò la pelata e andò a prendersi un bicchiere di cognac e il fratello lo avvertì:

“Fà che non ti veda papà o dirà che stai sperperando il suo patrimonio. Com’è che ti ha definito, un incapace senza arte nè parte? ”
“Per la precisione le sue parole sono state: un inetto di poco talento.
“Già l’incapace dal dubbio gusto musicale sono io. Dio, non posso credere che abbia anche avuto la sfacciataggine di dedicarci quella porcheria.”

Roger giocherellò con gli anelli alle dita, forse era stato troppo duro con i suoi figli; in fondo era vero che lavoravano solo grazie a lui, ma poteva essere orgoglioso di aver trasmesso loro il suo amore per la musica e parte del suo talento. Si mordicchiò le labbra ascoltando ancora i due figli parlare:

“Per non parlare di quello che ha scritto delle nostre madri.”
“L’unica che si è salvata sembra India.”
“E’ sempre stata la sua preferita.”

Bofonchiò Jack.

“Non lo so…sembra che alla fine nessuno sia il suo preferito. A parte se stesso.”

Concluse con amarezza Harry sollevando il bicchiere in aria in una sorta di ironico brindisi. Roger appoggiò i gomiti alle ginocchia e si prese la testa fra le mani: che cosa aveva fatto?
Quando si risollevò era di nuovo seduto sul letto, circondato da gatti fantasma. Judy lo guardava e Roger sentì il cuore stringersi:

“Mi sei mancata sai? Mi è mancata la nostra amicizia … eravamo speciali io e te. Avrei voluto che le cose tra noi andassero diversamente.”
“Davvero? Il fatto che tu mi abbia sputtanata nel tuo disco non ha aiutato, sai?”
“Dio, ero così ferito e arrabbiato. E per la storia di Pink funzionava davvero bene. Lo fa ancora.”

Judy fece un gesto come a sottolineare l’ovvio e proseguì:

“Credi di essere stato tanto furbo a scoprirmi così, forse non ti è mai venuto in mente che ero lì e che io ho voluto che rispondesse lui?”
“Volevi farti scoprire, ma perchè?”
“Forse volevo renderti pan per focaccia, forse volevo farti capire che non ero così scontata. Ma tu come al solito invece di riflettere hai preferito gettarmi addosso tutte le colpe della fine del nostro matrimonio. Usandomi, usandoci.”

Roger allargò le braccia:

“Ma sono un’artista, è così che lavoro. E non dirmi che non sapevi a cosa andavi incontro mettendoti con me.”
“Basta, ho ascoltato fin troppo e non sono venuta qui a recriminare sulla fine della nostra amicizia e del matrimonio. Mi fai compassione Roger: hai solo un’immenso amore dentro di te e non sai come darlo. E’ così triste.”

Finalmente Judy si alzò e gli fece una carezza, Roger sentì la pelle della guancia formicolare al tocco del fantasma.

“No, aspetta Raggio di Sole!”

Ma Judy era scomparsa accompagnata dall’eco di un delicato miagolio.
Roger si svegliò boccheggiante e corse ad aprire la finestra, l’alba stava colorando d’oro rosa le campagne del Wiltshire e lui si affrettò a preparare i bagagli e salutare Nick e Nettie.
Aveva fretta di tornare alla sua suite, sedette al laptop e richiamò le bozze della sua autobiografia. Ci mise quasi l’intero pomeriggio nel finire la lettura e man mano che andava avanti si sentiva sempre più nauseato. Il suo libro era spazzatura, lo sfogo di un uomo amareggiato e rancoroso che non si faceva scrupolo nel gettare fango su tutto e tutti, persino sui suoi figli. Non sembrava migliore deningrando gli altri, solo più meschino. Si masticò l’interno della guancia e si mise in contatto col suo agente letterario:

“Si, voglio fare dei cambiamenti sulla bozza. Sì, su quasi tutto in realtà…Sì mi serve aiuto, come si chiama quel giornalista … esatto lui. Chiamalo e chiedigli se per favore può aiutarmi col casino che ho combinato. Sì, certo che mi sento bene!”

Chiuse la chiamata e tambureggiò sul piano del tavolo, lo sguardo gli cadde sul foglio dove aveva trascritto i recapiti degli ortopedici, osservò i numeri pensieroso. Prese il cellulare e lo guardò assente: doveva avere il suo numero in rubrica. Chissà se funzionava ancora, richiamò il numero e rimase con il polpastrello sospeso sullo schermo per un momento. Fece un lungo sospiro poi si decise a premere sul simbolo della chiamata. Mentre dall’altra parte il telefono squillava a vuoto dentro di sè si disse che era ancora in tempo, che poteva chiudere la chiamata e non pensarci più. Stava per farlo quando la voce che ricordava bene rispose e Roger chiuse gli occhi e si buttò:

“David? Sono Roger.”





Angolo Autrice:

Judy Trim è stata la prima moglie di Roger nonchè sua migliore amica e amore di gioventù ed è morta nel 2001 di cancro.
Roger sta davvero scrivendo la sua autobiografia in cui ha già annunciato sarà scritta la verità su come sono andate le cose… o almeno la sua verità.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4043180