Quando Cupido è bendato

di Memetchi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Fantasmi del passato ***
Capitolo 3: *** Ci vado o no? ***
Capitolo 4: *** Apparente tranquillità. ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Quando Cupido è bendato...


Premessa: Questa FanFic è nata grazie all'ispirazione tratta dalla lettura di un libro di un'autrice, haimè, ancor poco conosciuta. Alcuni personaggi esistono veramente, magari però nel racconto li sono stati sfalsati i connotati, l'età etc.
Lo scopo del racconto è quello di far capire che l'Amore, quello vero, non ha confini e può superare differenze e difficoltà.
**Ogni Riferimento a fatti, persone o cose è puramente casuale!**
Buona lettura!



Dedica:
Dedico questa FanFic ad una persona molto speciale, anche se forse non la leggerà mai...
Questa FanFic è per te Max, per te che non riesco a dimenticare. Inoltre voglio ringraziare Marco e Silvia.




Era una sera invernale come tante, tornavo esausta dall'itis. “Maledetti consigli d'istituto!” pensai. Camminavo lentamente osservando l’asfalto bagnato, di tanto in tanto rivolgevo il mio sguardo verso quel cielo stellato pensando ‘’Chissà cosa starà facendo Max… dove sarà e soprattutto con chi!’’ Ogni volta che pensavo a quel ‘’chi’’ un’immensa tristezza mi avvolgeva. Mi sembrava di entrare in un vortice oscuro senza fine. Ormai erano passati 3 anni dal nostro ultimo saluto eppure non l’avevo dimenticato; lo sognavo tutte le notti, lo pensavo in ogni momento della giornata, la mia mente era offuscata da un unico pensiero: lui. Tornai a fissare l’asfalto. Stava riprendendo a piovere. Affrettai il passo, ma qualcosa attirò la mia attenzione. Un puntino tra l’arancione ed il rosso ondeggiava lentamente nel cielo, a volte sparendo dietro le nubi, a volte mostrandosi in tutta la sua stranezza. Era un puntino, veloce, agile e dalla forma aereodinamica, simile ad un vortex, ma soprattutto era silenzioso. Dapprima mi domandai se fosse un aereo, ma quel silenzio diede la risposta alla mai domanda: non poteva essere un aereo! Pensai a quelle storie sugli ufo che mi erano state raccontate. Chissà perché in ogni storia le astronavi aliene erano rappresentate come grandi dischi volanti e silenziosi, forse perché era la verità e quest’oggetto che passò davanti ai miei occhi ne era la prova. Distaccai lo sguardo da quella strana figura e mi concentrai su un sassolino che scalciai. Ne presi un altro più leggero, quasi una noce e lo lanciai violentemente contro una pozzanghera; l’acqua di questa schizzò formando alcuni cerchi. Rimasi là, in silenzio, guardavo con immensa tristezza quello strano fenomeno. Sollevai lo sguardo in direzione delle nubi sovrastanti. La pioggia iniziò a scorrere leggermente sul mio viso e come se fosse uno scherzo del destino, l’iPod iniziò a riprodurre la magica canzone ‘’Fotografie della tua Assenza’’. ‘’Che anno era quando il temporale non voleva farci uscire più… che giorno era quale calendario se ci provo non me lo ricordo…’’ a quelle parole riaffiorarono i ricordi. Era il 21 aprile 2008. Eravamo a scuola, io guardavo la pioggia dalle porte a vetri. Lui mi fissava interrottamente da dietro: pensava a qualcosa, ma non so a cosa. Quando si accorse che lo stavo fissando mi si avvicinò. Parlammo a lungo del tempo, della pioggia e di cosa ci suscitava. Non ricordo bene ciò che mi disse, ma certo in quei minuti lo sentii a me molto più vicino di quanto non l’abbia mai sentito.
Per un attimo tornai a quei minuti di 4 anni fa. Scossi la testa. Sapevo bene che non avrei mai più avuto la possibilità di rivederlo. Mi accorsi che una lacrima salata che sapeva di tristezza attraversava lentamente il mio volto. Con la manica del mio cappotto di lana l’asciugai. Ne scese un’altra, un’altra ed un’altra ancora. Non avevo dubbi. Stavo piangendo. Piangevo a quel suo ricordo. In momenti come quelli mi sentivo sempre tremendamente piccola e soprattutto tremendamente fragile. Asciugai nuovamente, ma più svelta, le lacrime che scendevano una ad una. Mi passò un ragazzo accanto. Era buio, talmente da riuscir a malappena a distinguere la sua forma: era alto e magro. Si chinò su di me e mi guardo con lo sguardo dubbioso. Mi sorrise. ‘’Mi scusi, si sente bene? Vuole un passaggio?’’ io risposi facendo di no con la testa ‘’Mi scusi, ma secondo e dovrebbe accettarlo. È freddo, non ha un ombrello ed è tutta bagnata!’’ mi fece notare lui. ‘’Guardi che ho la macchina qui a 50metri, davvero. Per me non è un disturbo darle un passaggio’’. Lo osservai meglio. Diedi un’occhiata al mio cappotto: era tutto bagnato! Tutt’ad un tratto mi sentii debole e lasciai cadere la mia testa sul suo petto. Una mano fredda e bagnata si appoggiò sul mio collo ed una voce i sussurrò ‘’tranquilla. Mi prenderò io al momento cura di te’’. Feci un mezzo sorrisetto sforzato.
Salii a stento in macchina e mi lasciai cadere sul sedile, poi appoggiai la testa contro il finestrino. “Come ti chiami?’’ mi domandò lo sconosciuto seduto accanto a me. Finalmente lo distinsi. Era alto, magro, moro, sulla 20ina, aveva gli occhi azzurri e delle labbra carnose e rosee. Ero rimasta incantata dal suo aspetto. Poco dopo una voce irruppe nei miei pensieri ‘’Allora, come ti chiami?!’’ io risposi imbarazzata ‘’Claudia, e tu?’’ lui ‘’Luigi ed ho 19anni. Tu?’’ io arrossendo ‘’io ancora 16’’ ‘’Scusa, ma che ci faceva sola in una stradina deserta una bella ragazza come te? E per di più: perché piangeva?’’ ‘’Non stavo piangendo!!!’’ precisai. ‘’Si che stavi piangendo! Guarda sai che ti ho vista! E poi che c’è di male, scusa? Anche io spesso mi ritrovo a piangere come un bambino… è vero, un poco mi vergogno… poi beh, se non ne hai voglia di parlare allora questa è un’altra storia e ti posso pure capire!’’ In quel momento il mio sguardo ricadde sull’orologio incastrato nel cruscotto dell’auto. Erano le 19e30! ‘’Scusa, hey! Puoi fermarti? Io devo tornare a casa, i miei saranno i pensiero per me’’ ‘’Fa loro uno squillo ed avvertili che tornerai a casa un po’ più tardi! Stasera ti porto in un locale fantastico, dove fanno la pizza migliore del mondo!’’ affermò lui ammicando. Poco dopo, scocciata, composi il numero di casa. Attesi qualche minuto, poi finalmente sentii la voce di mamma ‘’Pronto’’ ‘’Ciao Mamma, senti. Ho incontrato un amico e mi ha proposto di cenare da lui. Va bene se accetto, vero?’’ ‘’Ok, figliola. Non fare troppo tardi, però!’’ ‘’Grazie mamma. Un bacio!’’. Chiusi in fretta il telefono e lo riposi nella tasca posteriore della borsa. ‘’Allora che ha detto?’’ domandò Luigi ‘’Tutto a posto. Mi fermo a cenare con te’’ ‘’ah, Claudia. Senti… per caso ho sentito dire che eri con un amico. Ma allora per te io sono un amico?’’ gli diedi una gomitata leggera ‘’Dai, scemo!’’.Ci fu una beve risata, poi il silenzio. ‘’Allora, si parte?’’ irruppe lui ed io affermai ‘’Si parte.’’

La serata proseguì tranquillamente. Luigi mi portò a cenare in un una pizzeria gestita da napoletani dove facevano veramente delle pizze fantastiche!
‘’Allora, ti sei divertita?’’ domandò lui all’uscita del locale. ‘’Oh! Si e poi la pizza era squisita! Grazie mille’’ Lo ringraziai dandogli un bacio sulla guancia. ‘’Era da tempo che non mi divertivo così tanto e poi Luigi è pure molto carino e gentile’’ pensai. Una voce irruppe nei miei pensieri ‘’Allora?’’ era lui, era davanti a me, mi guardava con aria dubbiosa e spazientita, non sapevo che dire o che fare. ‘’Hem scusa, stavo pensando che era da tanto che non mi divertivo così… tu invece che dicevi?’’ ‘’Nulla Claudia. Dicevo solo che visto che sono le 9, prima di tornare a casa potremo far un salto a casa mia oppure chessò alla sala giochi!’’ assunse un’aria da super-intelligente. ‘’No guarda Luigi… verrei volentieri a casa tua, ma è troppo tardi e comunque cerchiamo di non correre troppo, eh! Qu…’’ Non mi fece finire ‘’Quindi si va alla sala giochi, giusto?’’ ‘’Ecco, si va’’ ‘’la macchina però dista 15minuti da qua…Ci toccherà camminare..’’ aggiunse lui guardando spazientito un puntino rosso ‘’fa niente’’ risposi io. Camminammo lungo il marciapiede, ci fu un lungo silenzio. Sentii la sua mano gelida avvicinarsi alla mia. La stringeva a sé con forza: me la voleva solo riscaldare. Giungemmo alla macchina, lui mollò la mia mano. ‘’Avevi freddo, vero?’’ mi domandò ‘’Si, avevo freddo.’’ Risposi io in fretta. Montammo in macchina e partimmo per Fastgames, la sala giochi.
‘’Siamo arrivati’’ mi sussurrò nell’orecchio. Scesi veloce dall’auto e mi accostai a lui. Stavolta lo presi io per mano. Lui si girò verso di me e sorrise. Ci dirigemmo verso l’entrata del FastGames e correndo entrammo. ‘’Facciamo così: se io vinco a calcetto chiami i tuoi genitori e gli dici che ti fermi da un amico’’ propose lui. ‘’E se vincessi io?’’ ribattei io ‘’beh, allora nulla… decidi tu’’ ‘’Mmm… fammi pensare’’ ci fu un lungo attimo di silenzio. Stavo pensando che fare. Intanto guardavo alcuni ragazzi che ridevano e scherzavano giocando a bowling, altri sulla pista da ballo che ballavano. ‘’trovato! Se vinco io fai quello che ti dico, ok?’’ ‘’Ok… se sei così sicura di vincere’’. Luigi tirò fuori dalla tasca una pallina bianca e la lanciò all’interno del tavolo: si iniziava a giocare! Muovevo le manopole a tempo, mentre ridevo,m scherzavo con lui e così, una partita tira l’altra, feci tardi. ‘’Cavolo! Che ore sono?’’ guadai spaventata l’orologio. Erano ancora le 22. ‘’Beh, allora chi ha vinto?’’ mi guardò con un’aria di superiorità. Mi avvicinai al suo orecchio ‘’Tu. Tu’’ gli sussurrai, la mia bocca scivolò leggermente più in basso. Gli diedi un altro bacio sulla guancia. Mi prese per mano, e saltellando, mi portò vicino al bancone. Ci sedemmo. ‘’Cosa vuoi da bere?’’ ‘’Mmm… un succo di frutta’’ mi rivolsi al barman e quest’ultimo ‘’A che gusto, signorina?’’ risposi: ‘’Esotico se ce l’ha, sennò pesca’’ ‘’bene, allora per me un ginger’’ affermò Luigi. Il barman si allontano e poco dopo ricomparve con i due bicchieri per poi riandarsene, ma Luigi lo fermò: ‘’senta, mi scusi, non è che avrebbe un paio di cannucce?’’ l’uomo pelato al di là del bancone indicò un recipiente con dentro alcune cannucce colorate. Luigi ringraziò l’uomo, si alzò e ne andò a prendere due: una a testa. Mentre tornava mi guardava maliziosamente. ‘’Sai che ci famo con queste due canne?’’ ‘’hem ci beviamo la bibita?’’ risposi azzardando. ‘’Fuocherello… beviamo uno dal bicchiere dell’altro. Prima mettiamo le due canne dentro i due bicchieri, poi beviamo a turno. Per esempio tu prima dal mio, poi io dal tuo, poi tu dal tuo ed io dal mio e così via. Senza cambiare le cannucce, però! Che ne dici?’’ ‘’Ma non è come baciare qualcuno?’’ domandai ‘’Macchè! Dai! Non fare la bigotta!’’
Diedi un sorso alla sua bevanda e lui alla mia e poi esclamammo assieme ‘’BUONA!’’ e così continuammo fino a quando i due bicchieri non furono completamente vuoti.
Luigi andò a pagare il conto ed io mi diressi verso la sua 500 rossa. Lo aspettai in silenzio. Sentivo il rumore dei suoi stivali in pelle avvicinarsi. Mi tranquillizzai. Aprì la macchina, ci fu lo scatto e vi entrò. Si avvicinò a me. Era terribilmente vicino. Mi diede un bacio sulla fronte e poi mi aiutò ad allacciarmi la cintura di sicurezza. Un brivido mi percosse la schiena. ‘’Allora, chiami i tuoi genitori?’’ ‘’Non possiamo fare un altro giorno?’’ risposi scocciata ‘’No, un debito è meglio saldarlo subito’’ affermò sospirando. Tirai fuori dalla borsa il mio n95, composi in velocità il numero di casa. Rispose mia mamma ‘’Claudia, sei tu? Dove sei? Stai bene?’’ domandò preoccupata ‘’Mamma, mi fermo da un amico stanotte a dormire’’ ‘’Chi è questo tuo amico?’’ ‘’Mamma! Uff… non lo conosci!’’ ‘’Ok, solo per stavolta. Però domani chiamami e vedi di non tardare alle lezioni!’’ detto questo chiusi il telefono, lo rimisi in borsa e dissi ‘’Possiamo partire’’.
Luigi accese l’auto, accellerò. La macchina sfrecciava veloce nel buio. Ad un certo punto si fermò davanti alla vecchia casa abbandonata vicino alla spiaggia. Lui si slacciò le cinture, aprì la sua portiera, fece il girò ed aprì la mia, io mi slacciai le cinture, scesi porgendogli la mano e chiusi la portiera dietro di me. Lui mi prese per mano e mi urlò ‘’corri!’’ iniziammo a correre arrancando sulla sabbia. Per terra c’erano alcuni pezzi di legno, due pietre ed un po’ di cenere. Il ragazzo si chinò verso quelli, tirò fuori dalla tasca un accendino e fece in modo che la fiamma toccasse i pezzi di legno e la cenere. Le prime fiammelle iniziavano a comparire, un leggero venticello soffiava e le faceva oscillare qua e là. Io mi distesi sulla sabbia bagnata, pure lui fece lo stesso. Tirò fuori dalla tasca del bomber in pelle un pacchetto di sigarette, era un po’ bagnato, ma non ci fece caso: ne tirò fuori una e la accese con lo stesso accendino con cui aveva acceso il fuoco. Lo stavo guardando, lui se ne accorse e tirò nuovamente fuori il pacchetto di sigarette e l’accendino, me ne pose una che io accettai ben volentieri, poi mi passò l’accendino con cui l’accesi. Feci il primo tiro. Non avevo mai fumato in vita mia, ma in quel momento ero talmente nervosa che, non sapendo come rilassarmi, ho accettatori fumare, ciò che in altre circostanze non avrei mai fatto! Non c’erano i rumori della città, della gente. C’era il silenzio ogni tanto rotto da qualche onda che s’infrangeva sugli scogli poco più in là. Guardavo le stelle, chiudevo gli occhi e immaginavo che lì, accanto a me, ci fosse un altro uomo, ma quando li riaprivo mi trovavo sola con lui, con uno sconosciuto e m’avvolgeva un’immensa tristezza. Mi voltai verso di lui, mi stava guardando, feci un sorrisetto sforzato, poi misi la sigaretta in bocca ed inspirai per poi buttar di nuovo fuori quella sostanza che mano a mano si depositava nei miei polmoni. ‘’Sai, è proprio strano. È la prima volta che vengo qua con una ragazza… di solito amo venirci da solo quando sono giù di morale… ed invece…’’ si soffermò, fece un altro tiro e poi proseguì ‘’invece ora non ci sono venuto per tirarmi su, ma per aiutare un’amica che, anche se non lo vuol dar a vedere, dentro di lei si nasconde un’immensa tristezza… e come fare a non capirla’’. Mi prese la mano e l’appoggiò sul suo petto. Stava correndo troppo, ma stetti zitta. Il suo sguardo ricadde sul mio orologio fluorescente. ‘’Cavolo! Si è fatto molto tardi!’’ esclamò lui. ‘’Ti va se ora andiamo a casa mia? Guarda, dista a pochi minuti da qua’’ ‘’Ok, ma spero che siano POCHI minuti’’risposi io. Lui si alzò, si strofinò le mani sui jeans come per pulirli e tese la mano verso di me per aiutarmi ad alzare.
Mi prese per mano e camminammo per una decina di minuti vicino alla spiaggia.
Finalmente vidi una piccola casa illuminata, era costruita sopra una specie di piattaforma e dava sul mare, un po’ come le palafitte. Salimmo assieme le scale che conducevano alla porta principale, lui sciolse la sua mano dalla mia ed aprì quel piccolo portoncino verde. ‘’Bene. Eccoci a casa!’’ esclamò lui soddisfatto. ‘’Che figa casa tua! Cioè, è abbastanza piccola, ma molto accogliente! Sul serio, mi piace molto!’’ ‘’Eh si. L’ho ‘’ereditata’’ da un vecchio pescatore’’ dicendo così si sedette su un divano a due posti ed accese la tv a basso volume, quasi impercettibile. Io restai in piedi ad osservarlo, se ne accorse e m’invitò a sedermi vicino a lui, ma non accettai. Stava correndo troppo, in fìn dei conti lui per me era ancora uno sconosciuto. Si, è vero, mi stava molto molto simpatico, ma lui per me non era nulla e forse non lo sarebbe mai stato. ‘’Senti. Io non voglio arrecati nessun tipo di disturbo, veramente. Posso prendere pure un taxi e tornarmene a casa.’’ ‘’Ma che dici! Tu non sei d’impiccio! Anzi, tutt’al contrario! Almeno mi fai un poco di compagnia’’ sorrise e mi fece l’occhiolino, dopodiché prese un cuscino vicino a lui e me lo lanciò dicendo ‘’Ecco, questo è il tuo cuscino, portalo in camera da letto!’’ mi ordinò. Camminai lungo un corridoio stretto e mal’appena illuminato, ogni tanto aprivo qualche porta per vedere quale fosse la giusta stanza. Aprii l’ultima porta e vidi un letto matrimoniale, ma aveva un solo cuscino così appoggiai il mio vicino al suo. Mi sedetti un attimo sul bordo del letto, notai in fondo alla stanza una porticina ed un piccolo gradino, la aprii cautamente: era un altro bagno, questo più grande. Le piastrelle erano azzurre e blu, c’erano due lavandini, un water ed una vasca che volendo poteva fare pure da doccia. Sentii entrare qualcuno nella camera da letto. In fretta uscii e mi ritrovai di fronte a lui. ‘’Allora. Vedo che hai trovato la camera da letto!’’ sospirò ‘’Si, dopo un po’. Senti, ma io devo dormire con te?’’ domandai insicura. ‘’Eccerto, sennò dove vuoi dormire?’’ ‘’Ok, senti io vado in bagno a svestirmi. Sai come è. Non ho la camicia da notte..’’ Mi diressi verso il bagno e mi assicurai che la porta fosse chiusa bene. Accesi al luce ed in un batti baleno mi spoglia del tutta, successivamente aprii la porta poco poco e chiesi: ‘’Hai un asciugamano?’’ ‘’è dentro al primo cassetto sotto il lavandino’’ rispose. Tirai fuori un asciugamano abbastanza ampio da coprirmi il corpo, spensi la luce ed aprii lentamente la porta. La luce era fioca, come quella di una candela. ‘’Girati’’ dissi al ragazzo in quale immediatamente eseguì l’ordine. Mi tolsi l’asciugamano e l’appoggiai su una sedia. Poi immediatamente m’infilai sotto le coperte per non farmi vedere. Un poco mi vergognavo. Era la prima volta che mi spogliavo davanti ad un uomo. ‘’Ecco fatto’’ dissi. Lui si girò verso di me. Mi passò una mano sulla spalla sinistra e la fece scivolare giù, fino ad arrivare alla coscia. Tremavo solo all’idea di cosa potesse fare. Se ne accorse e mi strinse a sé per riscaldarmi e forse per rassicurarmi. ‘’Buonanotte Luigi’’ dissi io e mi girai dall’altra parte. Lui chiuse la luce e ne accese un’altra molto più fioca. Mi stava guardando, me lo sentivo, ma non ci feci caso così mi rilassai ed iniziai a dormire.

‘’Claudia, Claudia!’’ una voce mi chiamava. Erano le 7 del mattino. Mi trovai di fronte Luigi. . Teneva in mano una tazzina di caffè e nell’altra una di cappuccino. ‘’Caffè o cappuccino?’’ mi chiese ‘’Cappuccino’’ risposi io. Me lo diede ed iniziai a sorseggiarlo lentamente e quando ebbi finito mi alzai dal letto dicendo ‘’Vado a fare una doccia’’. Solo in quel momento mi resi conto di essere ancora nuda. M’infilai dentro la vasca, a riempii lentamente e ci buttai dentro un po’ di sali da bagno trovati lì vicino. Aspettai che la vasca fosse riempita e mi ci tuffai dentro. Che sensazione piacevole. C’era pure l’idromassaggio! Lo accesi. Sembrava di stare in un sogno. Presi una spugnetta, la bagnai, chiusi gli occhi e ce la misi sopra. Al che lasciai andare tutti i pensieri, o meglio, dimenticai dove ero, che ore erano, con chi ero. Dimenticai tutto il presente e mi lasciai guidare dalla fantasia. Immaginai di essere con Max, di star correndo verso la spiaggia, felici, allegri ed innamorati. Immaginavo di distendermi con lui sul bagno asciuga, di parlargli, di accarezzarlo, di toccarlo e poi baciarlo- Già, di dargli un bacio, caldo, morbido, che sa d’amore, amore infinito, eterno, senza confini. Già, ma tutto questo era irrealizzabile, come era impossibile rivederlo. Non so cosa avrei dato per rivederlo, per urlargli in faccia tutto ciò che provavo. Stavo ancora immaginandomi con Max quando ad un tratto sentii qualcosa squillare! Il mio cellulare! Tolsi la spugna dagli occhi, riaprii quest’ultimi, mi alzai a stento, raccolsi l’asciugamano da terra, me lo misi davanti, uscii dal bagno e presi il cellulare. ‘’Pronto’’ ‘’Fiu, appena in tempo’’ pensai. ‘’pronto, chi parla?’’ ripetei io ‘’Claudia, tutto bene?’’ era mamma. ‘’Si mamma, tutto bene.’’ ‘’Oh! Grazie al cielo! Bene, ora ti lascio sennò farai tardi a lezione’’ tuuuTuu aveva riattaccato. Guardai l’orologio. Erano le 7e30! Dovevo muovermi! Mi tolsi l’asciugamano in fretta, mi vestii e mi recai alla porta, m’infilai cappotto e cappello ed uscii senza salutare il padrone di casa.
Mi recai presso la fermata dei pullman e come ogni mattina presi il 2. Il viaggio fu diverso dal solito. Ero più pensierosa, più turbata.
Arrivai alla mia fermata. Ad attendermi c’erano le mie due amiche: Giorgia ed Erika. ‘’Claudia, ma che fine avevi fatto ieri sera?’’ domandò Erika ed io imbarazzata ‘’Ragazze, scusatemi, ho avuto da fare. Molto da fare e chissà quando finirà questa storia’’ Giorgia con aria dubbiosa ‘’ma che hai combinato? Ci può sapere? Ch’è qualcuno ti ha fatto qualcosa?’’ ‘’No ragazze, nulla di grave e che provengo da casa di un tipo che ho conosciuto ieri sera e mi pare stia correndo un po’ troppo… solo che per paura di non ferirlo ho fatto finta di starci ed ora io… non so come uscirne!’’ proprio in quel momento suonò la campanella ‘’Uff ragazze! La campanella!’’ Urlò scocciata Erika. Entrammo nell’edificio e corridoio dopo corridoio entrammo in classe. Le lezioni furono più noiose del solito ed io pensavo sempre ed interrottamente a quello che poteva succedere, a quello che è successo, a come uscirne e come se non bastasse a Max.

Quando suonò la campanella di fine lezioni fui la prima ad uscire, ancora non sapevo cosa mi aspettava. Trovai Luigi ad attendermi davanti al cancello. Tentai di evitarlo, ma lui se e accorse, così m’inseguì, solo allora capii che il problema andava affrontato così mi voltai ‘’Che ci fai qua?’’ gli domandai quando mi fu vicino, ‘’nulla, volevo solo chiarire ciò che è successo’’ rispose lui. Lo guardai meglio, sembrava essere sincero. ‘’bene, allora pure io. Senti Luigi. Ho solo 16anni! Non sono pronta per affrontare una storia, né tanto meno un’avventura, specie con uno che conosco da nemmeno 24ore!’’ ‘’Si, Claudia, capisco. Ero venuto appunto per dirti la stessa cosa. Ieri mi ero lasciato solo andare perché sono uscito da una storia difficile e delicata ed avevo bisogno di capire. Capire quello che volevo, ma ho anche capito che tu sei ancora molto fragile e che per la testa hai un’altra persona e ti capisco, pertanto preferisco solo che rimaniamo amici. Almeno al momento!’’. Ero proprio sollevata di sentirmelo dire!



**Ogni riferimento a fatti, persone o cose è puramente casuale**

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Capitolo 2
*** Fantasmi del passato ***


2o Capitolo: Fantasmi del passato


L’indomani , come ogni altra mattina mi alzai presto.
‘’Buongiorno, mamma!’’ esclamai sbadigliando. Ero ancora molto assonnata: ieri sera ero andata al pigiama party di Erika ed avevo fatto tardi. Mi strizzai gli occhi e mi guardai allo specchio vicino. ‘’Sono proprio uno zombi’’ pensai. Salii lentamente le scale, soffermandomi ogni tanto a contare i gradini mancanti. Arrivai in cima e m’infilai veloce in bagno.
Aprii il rubinetto della vasca da bagno e, dopo essermi spogliata, mi c’infilai dentro. Allungai il braccio verso l’esterno della vasca, afferrai il vasetto di sapone liquido odorante di mirtilli e lo spalmai prima sulle braccia e poi lungo le gambe, poi presi la pezza appoggiata sul rubinetto della vasca e l’immersi più volte nell’acqua fino a che non fu completamente bagnata e profumata, dopodiché l’appoggiai sugl’occhi come ero solita a fare. Ripensai al sogno di stanotte che, come ogni notte, era lui: Max. Ripensai a tutte le cose fatte, a tutte le cose, se pur inutili, raccontatici. Sorrisi. Tolsi dagli occhi la pezza imbevuta e la lasciai cadere dolcemente sul fondo della vasca. Mi spruzzai un po’ di sapone liquido sulle mani con cui massaggiai delicatamente il mio corpo magrolino. Mi immersi completamente nell’acqua e poco dopo emersi massaggiandomi i capelli. Aprii gli occhi, afferrai il primo accappatoio, mi alzai e me lo infilai. Piegai la testa a destra e chiusi dolcemente gli occhi. Qualcuno mi strinse forte. Aprii gli occhi e non vidi nessuno. Per un attimo pensai che lui mi stesse abbracciando, ma non c’era nessuno. La stanza era vuota e tremendamente silenziosa. Sbloccai lo scarico della vasca e l’acqua, formando un vortice, sparì risparmiando la pezza ancora imbevuta, ma portando con sé la schiuma del sapone liquido.
In un batter d’occhio mi vestii e sgusciai fuori dal bagno. Entrai in camera mia, mi infilai la giacca nuova in pelle, presi lo zaino, uscii dalla stanza di corsa e feci altrettanto con le scale fino a ritrovarmi in giardino. M’incamminai verso la fermata dei bus e m’infilai in uno di questi.
Salì a bordo pure l’autista il quale si affrettò a mettere in moto il mezzo. Cercai un posto dove sedermi. Perfetto! Guarda questo vicino all’entrata! pensai. Mi sedetti ed infilai le cuffiette dell’iPod dentro le orecchie. Osservavo silenziosamente le case oltre quel finestrino domandandomi su cosa facesse la gente. Un uomo portava a spasso il suo cane e si fermò a parlare con un motociclista. ''Quanto desidererei avere un cane'' pensai. I miei dicono sempre che è un onere in più. Doverlo portare a spasso, accudirlo, lavarlo… Ma io sarei disposta a tutto pur di aver un amico fedele come può esserlo solo un cane! Distolsi lo sguardo dal finestrino e guardai l’orologio. Ad un tratto il pullman frenò, facendomi sbattere contro il parapetto dinnanzi a me. ‘’Alla terza scendo io’’ pensai guardando il tabellone delle fermate. Il pullman si era fermato, salì qualcuno: due uomini di colore ed una signora sul biondo. ‘’Ma quella signora l’ho già vista!’’ dissi a bassa voce ‘’È la prof di tedesco!!!’’ Si accostò alla macchinetta per timbrare il biglietti affianco alla mia postazione. ‘’Buongiorno Prof!’’ salutai, ma lei mi guardò storto, quasi fossi un alieno! ‘’Scusa, chi sei? Non mi pare di averti mai vista prima d’ora’’ borbottò lei con il suo accento tedesco ‘’Prof. Non si ricorda di una certa Claudia, Claudia Brunelli?’’ ‘’Si, ma lei aveva i capelli più lunghi e più scuri!’’ obiettò ‘’Prof, si fidi. Sono io quella Claudia’’ affermai sicura di me ‘’Ah Claudia! Ma sei tu?! Ma che hai fatto ai capelli?’’ Domandò curiosa lei. ‘’I capelli? Li ho tagliati!’’ risposi io ‘’Ah. Ma non ti sei fatta più vedere da fine giugno!?’’ ‘’No prof … è che farebbe male ritornarvi... i troppi ricordi … ’’ ‘’Ah! Capisco … Questioni di cuore?’’ ‘’Si, prof, ma non e voglio parlare’’ ‘’Comunque dovresti farci un salto alle tue vecchie scuole medie anche per rivedere i tuoi vecchi prof …’’ ‘’Si prof. Senz’altro’’ ci fu un attimo di silenzio ‘’Scusi prof, ma questa è la mai fermata’’ ‘’ok, allora ci sentiamo per email, tanto ce l’hai, no?’’ domandò lei ed io ‘’sisi, allora arrivederci’’. Scesi in fretta dal mezzo e m’infilai nel cortiletto della scuola.
‘’Driiin’’ era la campanella che segnava l’inizio delle lezioni. Tirai su lo zaino e mi diressi verso l’entrata e poi verso la mia classe. Alle lezione non riuscii ad applicarmi, nemmeno a quella di sistemi dove di solito riuscivo meglio. L’incontro con la prof di tedesco riaccese molti, forse troppi, ricordi. ‘’Dovevo tornare il quel luogo? Ero veramente pronta a rivedere Max?’’ queste erano le domande che mi assillavano. Non sapevo che fare. Era come una strada chiusa con diverse traverse che portavano tutte allo stesso luogo però ognuna di queste comportava alcuni pericoli che io non riuscivo a distinguere.

Finalmente arrivò l’ora x per tornare a casa. Fui la prima ad uscire e per la fretta non salutai neppure Erika e Giorgia. Mi diressi verso la fermata e m’infilai nel primo bus che passava, cercai un posto e, trovato, mi sedetti silenziosa. Un ragazzo si accostò a me per timbrare il biglietto e poi si sedette vicino a me. Io aprii lo zaino per tirare fuori l’iPod ed il cellulare, poi infilai le cuffiette nelle orecchie. ‘’Perfetto. Va in riproduzione Tiziano Ferro’’ dissi tra me e me ironicamente. Chiusi gli occhi ed appoggiai la testa al finestrino. M’isolai dal resto del mondo, non vedevo niente e non sentivo nulla. Ero sola, sola con me stessa, sola con la mia anima. ‘’E ti amerò più in là di ogni domani più di ogni altro di ciò che pensavi. Non m’importa nulla di fingere il mio sguardo lo sai leggere’’ sorrisi appena sentii quelle parole. Già, chissà se il mio sguardo lo sapeva leggere. Chissà se aveva capito quanto lo amavo. Quante volte ho evitato di farmi guardare negli occhi per nascondere la mia anima. Quante volte ho indossato quella maschera scura e gelida e nessuno mai ha provato a farmela gettare. Mi lasciai andare. La voce di Tiziano Ferro suonava non solo nelle mie orecchie, ma anche nella mia mente e nell’anima. Finalmente ebbi il coraggio di aprire gli occhi e togliermi l’iPod. Il bus era vuoto. ‘’Ormai ho finito di ascoltare l’intero album di Tiziano Ferro, perché non sono ancora arrivata a casa?’’ pensai. Mi alzai pigramente e riposi l’iPod in tasca. Mossi qualche passo e mi avvicinai al conducente: un uomo grasso e pelato che ti saresti aspettata tutto, ma tranne che fosse un conducente di autobus! ‘’Mi scusi, lei sa dirmi dove siamo?’’ domandai all’uomo il quale rispose ‘’Si. Questo è il nuovo capolinea’’ mi rispose alzando il sopracciglio. Ringraziai e scesi dal mezzo.
Imboccai via ValGardena e poi la sua via. La via dove abitava Max. Quante volte c’ero passata facendo finta di nulla, facendo finta di non sapere dove abitava, ma in realtà lo sapevo benissimo, forse fin troppo bene! Camminavo a testa bassa scalciando i sassolini che c’erano sul marciapiede finchè non mi trovai di fronte ad un uomo sulla trentina, alto poco più di me e con la barba. Era lui! ‘’Mi scusi se le sono venuta addosso ’’ mormorai ‘’Ah! Nulla. Ma noi ci conosciamo? Mi pare di averti già vista…’’ rispose toccandosi la barba ‘’ma no, ma che dice! Io non l’ho mai vista prima’’ affermai io ‘’Mmm. Eppure io sono sicuro di averti già vista!’’ mi squadrò meglio e poi riprese ‘’Si… quegl’occhi a mandorla, quell’espressione del volto, quelle labbra … ’’ ‘’Scusi. Ma ora ho molta fretta. Devo proprio andare!’’ dissi io riprendendo a camminare speditamente ‘’Arrivederci allora … ’’ mi urlò lui alzando la mano sinistra e chiudendola a mo’ di pugno ‘’Arrivederci, Massimo… forse…’’ mormorai. Lui non mi sentii, ma una cosa era certa: mi stava guardando sconsolato. Affrettai il passo, mi voltai , quasi volevo tornare indietro e saltargli al collo. Lui stava lì, mi seguiva con gli occhi domandandosi se fossi stata veramente io quella ragazza che gli finì accidentalmente addosso.
Arrivai a casa, aprii la porta sbuffando, buttai lo zaino per terra, salii le scale ed aprii la porta di camera mia. Vidi un uomo, vidi lui. ‘’È impossibile Claudia. Avrai le allucinazioni’’ mormorai. Mi strizzai gli occhi per vederci meglio. Era ancora lì. Non era un sogno. Li chiusi ancora. ‘’Claudia. Conta fino a tre e questo sogno finirà. Uno… due… tre!’’ li riaprii di colpo. Non c’era nessuno. ‘’Ecco, era solo un’allucinazione’’ sbottai. Ripensai a quella sera del 26maggio 2009, quando, tornata a casa dalla gita a Milano lo sentivo e lo vedevo da tutte le parti, ma anche in quel caso deve essere stato frutto della mia fantasia o, quanto meno, del mio subconscio. Mi distesi sul letto. Era più morbido, più caldo, profumava di lui! ‘’No Claudia, eh! Mo basta! Questa storia deve finire. Lui non è stato qua e tu devi smettere di pensarlo’’ mi dissi. Odorai di nuovo il cuscino. Era il suo profumo o era, sempre, il frutto della mia fantasia? Chiusi gli occhi e ripensai a ciò che era accaduto poco fa; ripensai pure all’incontro con la prof di tedesco. Come un lampo mi alzai e mi ricordai di accendere il pc. Veloce lo accesi, avviai Firefox e digitai sulla barra degli indirizzi ‘’Facebook.com’’ effettuai il login e poi sulla barra di ricerca digitai nome e cognome della prof. La pagina si caricò, era l’unico risultato, così andai sul sicuro e cliccai ‘’Aggiungi agli amici’, poco dopo mi arrivò la notifica di richiesta accettata. Si aprì la finestra di chat. ‘’Ciao’’ mi scrisse lei ‘’Ah! Salve, prof!’’ ‘’Come va?’’ domandò ‘’Bah insomma. Oggi mi sono scontrata con Massimo’’ risposi io ‘’Come con Massimo. Ma Massimo il professore?’’ ‘’Si, sennò chi altro!’’ chiarii ‘’Ah già. Embè, che ci fa?’’ ‘’Ci fa, ci fa. E tanto ci fa! Scusi, mi stupisco di me. Sto parlando con la persona meno indicata a cui raccontare certe cose’’ le feci notare ‘’Claudia. Non siamo più prof ed alunna. Con me ne puoi parlare tranquillamente’’ ‘’Si, prof. Ma è una questione molto delicata. Ho solo 16, quasi 17anni e sono passati 872giorni da quando ho lasciato la scuola media’’ ‘’E con questo che vuoi dire? Claudia. Io so molto di più di quello che tu credi, ma non sta a me parlare’’ mi scrisse lei ‘’Ok. Prof, ma vede. Non pensavo di essermi affezionata a lui così tanto da farmi battere ancora forte il cuore!’’ ‘’Claudia. Io so molto più di quello che credi, ma non penso sia giusto che io te ne parli. Scusa, ma non posso dire nulla e di più’’ ‘’Ok. Allora non mi dica nulla tanto le cose non cambierebbero’’ ‘’Cambierebbero. Cambierebbero, fidati. Scusa, ma ora vado a preparare la cena. Semmai un dì ci troviamo per bere qualcosa. Fammi sapere, eh!’’ ‘’Ok prof. Allora … ci sentiamo!’’. La chat si chiuse. L’interlocutrice si era appena disconnessa. La conversazione mi rese ancora più pensierosa di quel che ero! ‘’Ma cosa sapeva veramente quella donna? Dio. Ci risiamo… ancora quelli stupidi pensieri… Ancora con quei stupidi sogni dove Max si confidava con la prof e diceva che mi amava! ‘’ Pensai. Quelli erano solo sogni infantili. Nulla di più, ma almeno nella fantasia avevo bisogno di sentirmi amata. Cliccai su ‘’Home’’. Si aprii la facciata principale di Facebook ed in basso a destra la notifica ‘’Hai una nuova richiesta di amicizia’’ Cliccai sul link che mi portò alla pagina di un certo ‘’Luigi De Fabris’’. Notai l’immagine personale ed era lui: Luigi, quel Luigi! Accettai immediatamente e chiusi subito al pagina web, non avevo nessunissima intenzione di chattare con lui! Accedetti alla mia casella di posta Hotmail. Rilessi quella bozza, quella poesia scritta solo per lui, quella poesia che non avevo mai avuto il coraggio di inviare e quell’indirizzo email, quell’indirizzo recuperato dopo mesi e mesi di ricerche e forse, a questo punto, dopo anni, non più esistente.
Guardai l’orologio che stava appeso alla parete, vicino alla lavagnetta magnetica. ‘’COOOSAAA?! Le 17e3?!’’ urlai. Scesi le scale di corsa, acchiappai il libro di Sistemi e me ne tornai su in camera mia. Lo aprii ed inizia a studiare. Leggevo, leggevo, come se in quelle pagine potessi trovare lui. Avevo sempre la strana sensazione che lui mi stesse accanto, ma non era così!
Passarono le ore, chiusi il libro, scesi le scale e trovai tutti lì, in cucina e la tavola colma di vivande. Quella sera, nonostante mamma avesse cucinato pasticcio, non mangiai quasi nulla e per tutta la serata non parlai con nessuno e soprattutto di quel che era successo!
Feci in tempo a finir di cenare che il telefono squillò. ‘’Pronto’’ domandai dubbiosa ‘’Oh. Ciao Claudia. Sono Tobia’’ ‘’Si, il cane’’ scherzai io ‘’Vabbè, senti. Ti va di uscire domani con me e Leo che andiamo a bere qualcosa alle ‘’Scuderie’’?’’ domandò lui, dal tono di voce sembrava imbarazzato ‘’Si, sarò dei vostri’’ risposi io cautamente ‘’Ok, perfetto. Allora porta con te pure Erika. Mi raccomando, eh! Non fare come l’ultima volta!’’ ‘’Ok. Ciao e buonanotte! A domani!’’ lo salutai e riattaccai. In verità non avevo nessuna voglia di uscire e poi c’era compito d’informatica e dovevo studiare, ma si sa: l’amicizia è come una pianta: se non l’innaffi muore… ed era proprio così! Lo comunicai a mamma e tornai di sopra. Mi sedetti di fronte al pc ed inizia ad attaccare musica, poi mi connessi su Messenger. C’era Erika in linea. ‘’Clo’’ salutò lei ‘’We. Ciao. Come va?’’ domandai cortesemente ‘’Tutto bene, tu?’’ ‘’Insomma. Oggi è stata una giornata ‘’movimentata’’, ma scusa se non ne voglio parlare’’ misi le cose in chiaro ‘’Ok, va bene. Allora che si dice?’’ ‘’Nulla. Domani sera vieni alle Scuderie?’’ riferii io ‘’Ok. Ma chi viene?’’ ‘’Ah. Siamo io, te, Tobia e Leo’’ ‘’An ok. Mi passi tu a prendere per le 8?’’ ‘’Sisi, passo con il motorino, quindi ricordati di portare il casco e di metterti pantaloni comodi!’’ ‘’Ok’’. Continuammo a chattare per un’altra oretta, poi mia mamma fece irruzione nella stanza ‘’Claudia. Spegni e vai a letto’’ mi riproverò lei ‘’Si, ok. Mo chiudo’’ ‘’Claudia, ma è possibile che a 17anni ti fai ancora pregare?’’ domandò lei ‘’Si mamma, ok. Chiudo!’’ esclamai semiarrabbiata. Tirai fuori dalla sacca di peluches il mio pigiama rosa con i cagnolini e lo indossai, poi m’infilai sotto le coperte, presi l’iPod ed iniziai ad ascoltare musica. Ripensavo ancora a quello che era successo. ‘’Chissà Max se starai già dormendo… in ogni caso buonanotte’’ pensai. Sorrisi stupidamente. Che stupida che mi sentivo. Lui non poteva ricevere la mia ‘’buonanotte’’ ed in ogni caso chissà con chi sarebbe stato.



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Capitolo 3
*** Ci vado o no? ***


3o Capitolo: Ci vado o no?


‘’Sabato!’’ urlai scendendo le scale. Erano le 9 della mattina. Il sole penetrava dalle finestre colorate. La cucina era vuota, ma non silenziosa. Nello stanzino accanto c’era qualcuno sotto la doccia. Mi avvicinai al fornello: c’era la caffettiera con il caffè appena fatto. Sollevai la caffettiera, presi una tazzina e me ne versai un poco. Riappoggiai la caffettiera e lo bevvi tutto d’un fiato. Mi girò un po’ la testa, barcollai e caddi sulla sedia vicino. Aprii il frigo e presi una mela. Iniziai a mangiucchiarla. Accesi, come ogni mattina, MTV. C’era la pubblicità delle Scuderie. ‘’No! Oggi mi tocca uscire con Tobia e Leo!’’ pensai. Salii di corsa al piano di sopra. Aprii l’armadio e diedi un’occhiata. Appoggiai un dito sotto al mento. Non sapevo proprio che mettermi! Avevo bisogno di un consiglio, possibilmente da parte di un ragazzo. Era l’unica volta che avrei voluto avere Luigi vicino a me. Lui aveva buon gusto un po’ in tutti i settori, dall’abbigliamento all’arredo, dalla pittura al profumo! Richiusi l’armadio e, sconsolata, mi sedetti sul mio letto ancora disfatto. ‘’Che mettermi?’’ era questa la domanda che mi assillava. Non avevo nulla che si adeguasse a quella sottospecie di pub! Si, solo la mia camicia a quadri stile punk, ma era a maniche corte! Avevo urgente bisogno di fare un po’ di compere! Proprio in quel momento entrò mia mamma in camera sistemandosi i capelli. ‘’Di già in piedi?’’ domandò lei incredula ‘’Eh si, mamma … senti, oggi mi dai 50euro che devo trovare qualcosa da mettermi? Sai, stasera … ‘’ m’interruppe ‘’Lo so, stasera devi uscire con Tobia e Leonardo’’ fece cenno di no con la testa mi misi quasi in ginocchio con le mani giunte e gli occhi dolci, quasi scendevano lacrime. ‘’Uff. Va bene, va bene … ‘’ si recò nella stanza accanto, prese un rotolino di banconote tenute da un elastico, tolse l’elastico, srotolò quei pezzetti di carta e me ne pose uno in mano ‘’Ecco, e per questo mese null’altro!’’ ‘’Grazie mamma, Grazie … Grazie!’’ ‘’Si si, ora piantala. Io vado a lavarmi e tu vedi di bere l’Actimel che è in frigo!’’ annuii. In verità non lo bevvi affatto. Presi il cellulare dalla tasca e composi il seguente messaggio: ‘’Sei libera oggi? Devo andare ad una specie di festa e non ho nulla da mettermi. Mi accompagni a far shopping?’’. Lo inviai alla Jo. Poco dopo rispose ‘’Eccerto! Tu non hai gusto!’’ tirai un sorrisetto ironico. Si erano fatte quasi le 10 da quando mi ero svegliata. Mi diressi verso il bagno. Spinsi un attimo la porta. Nulla da fare: c’era qualcuno. Bussai. ‘’Claudia, ci sono io!’’ una voce soffocata rispose che, poi, era quella di mia mamma. Sconsolata abbandonai l’impresa. Accesi il router e poi il computer. Terminato il caricamento del bios e completata la visualizzazione delle icone sul mio desktop, avviai Firefox e, come al solito, entrai in Facebook. Persi un po’ di tempo a cazzeggiare in giro per i forum o, comunque, in giro per internet. Finalmente la porta del bagno si aprì! Vi sgattaiolai di corsa. Come al solito feci il bagno e mi vestii. Avevo fretta: dovevo prima studiare elettronica, pranzare ed uscire, il tutto entro le 7 di sera!
Mi sedetti sul letto, con la testa appoggiata al muro. Aprii il libro ed iniziai a studiare. Restai così per un’oretta abbondante, finchè mia madre non mi chiamò ‘’Claudia. È pronto!’’ ‘’Si, mamma. Mo arrivo!’’ esclamai io. Scesi di corsa le scale: avevo una fame … Trovai già tutti seduti a tavola. Mi sedetti pure io. Sul mio piatto una porzione abbondante di riso con zucca che finii in poco tempo. Mi avvicinai al frigo, lo aprii e ne tirai fuori un contenitore di vetro abbastanza grande, conteneva del Tiramisù! Tirai fuori la lingua appena lo vidi. Mi appoggiai sul ripiano accanto e me ne misi un poco sul mio piattino. Presi una forchetta, mi sedetti ed iniziai a mangiarlo. Era squisito! Ne presi un’altra fetta, mangiai pure questa e poi salii le scale che conducevano al piano superiore. ‘’Ci vediamo alle 3, ok?’’ composi il messaggio e lo inviai a Joana, la quale rispose ‘’si, per me va bene’’. Ripresi in mano il libro di elettronica e studiai qualche altra paginetta per poi fare gli esercizi di fine capitolo. Studiai per altre due orette: ci tenevo a prendere bei voti! Non vedevo l’ora di prendere la maturità, così poi mi sarei iscritta in medicina veterinaria. Lo so, informatica non c’entra nulla con medicina, ma allora non potevo mai immaginare di innamorarmi così tanto degli animali.
Riposi il libro. ‘’Claudia, ma non dovevi uscire con quella tua amica …?’’ domandò mia mamma da dietro la porta. Portai violentemente la mano alla fronte. Aprii l’armadio e spulciai cosa avevo da mettermi. Ero indecisa tra un maglioncino nero con sotto una maglietta senza maniche oppure una camicia con sopra un pullover senza maniche. Alla fine optai per la prima. Mi vestii, presi la borsa e fuggii in giardino. Corsi fino alla fermata dell’autobus. Ero preoccupata. Avevo il cuore che mi batteva a mille. Non riuscivo a controllarmi. Avevo paura di incontrare Max. No, non ci dovevo pensare. Salii sul pullman, mi sedetti vicino ad una nonnina con un bimbo seduto sulle sue ginocchia rovinate dall’età. Aspettavo silenziosa la mia fermata, ascoltando i discorsi degli altri passeggeri. Due ragazzi seduti in fondo al pullman si baciavano. Ognuno si apparteneva: si leggeva nei loro occhi che erano innamorati. Per un attimo m’immaginai fare lo stesso io con Max. Scossi la testa. Non poteva essere vero. Se Max fosse stato veramente innamorato di me non mi avrebbe di certo fatto fuggire tanto facilmente … Mi alzai dal sedile e feci pressione sul pulsantino alla mia destra: quello per prenotare la fermata. Scesi di fronte l’Auchan. Joana era già là. ‘’Buh!’’ le urlai dietro le spalle, lei fece un piccolo salto e cacciò un urlo. ‘’Mi hai spaventata!’’ esclamò lei portandosi la mano al petto. ‘’Scusami. Non ho resistito …’’ sorrisi ‘’Ok, però ora diamoci una mossa che poi devo passare dal centro estetico per la solita manicure’’ disse lei guardandosi le unghie ‘’Si, certo! Anche perché io alle 8 devo passare a prendere Erika, una mia amica’’. Iniziammo ad incamminarci verso l’entrata del centro commerciale. Di fronte a noi stava Oviesse, ci avvicinammo per dare un’occhiata ai vestiti: la maggior parte di questi erano troppo leggeri. Entrammo comunque. Adocchiai subito un paio di jeans strepitosi, con una cintura altrettanto strepitosa! La cintura era borchiata ed attaccata aveva una catena che scendeva fino ad arrivare poco sopra del ginocchio. Li presi dall’appendino e chiesi alla mia accompagnatrice ‘’che te ne pare? Non sono strabelli!?’’ domandai io con gli occhi luccicanti. ‘’Non sono poi così belli, ma per stasera, se devi andare alle Scuderie, penso vadano più che bene! Magari poi, se puoi, attaccaci qualcosa di luccicante … farai sicuramente colpo’’intimò lei. Guardai il prezzo prima di prendere qualsiasi decisione: costavano 27euro! Decisi di prenderli comunque. Mi recai verso il reparto maglie. Non c’era nulla che facesse al caso mio … quando … una maglia, una sola, stava là, su un manichino di legno. Era color lilla, aveva paiette sparse qua è la un po’ di tutti i colori. Proprio in quell’istante passò accanto a me una commessa. La fermai e domandai: ‘’Mi scusi, sa dove posso trovare una maglia come quella che indossa quel manichino?’’ ‘’Guarda, mi spiace, ma credo di averle finite, semmai prova a Jennifer al piano superiore’’ rispose lei, ringraziai e tornai delusa dall’amica, la quale era concentrata a provarsi una minigonna nera. ‘’Uffa, ma è possibile che non mi venga nulla?!’’ sbuffò lei. Io mi godevo la scena ridendo. Joana non è mai stata una ragazza molto magra, ha sempre portato taglie dalla 46 in poi, lei pesava il doppio di quello che pesavo io, per questo m’invidiava. Si voltò ed osservò il sorriso ebete stampato sul mio volto. ‘’Che hai da ridere, denti a coniglio?’’ domandò lei con tono seccato ‘’Oh, io? Nulla … Stavo solo pensando che devi dimagrire’’ mi diede un pacca sulla spalla. Poi piegò la gonna e me la diede ‘’Tieni, provala tu! Voglio vedere come ti sta e se ti sta bene te la regalò!’’. Mi fece entrare nella cabina. Mi tolsi i miei jeans strappati ed indossai quella minigonna. Tirai la tenda della cabinetta ed uscii ‘’Oh si! Guarda che bene che ti sta!’’ esclamò Joana. Aveva gli occhi che le luccicavano e la bava che le fuoriusciva. Rientrai dentro, indossai di nuovo i miei vecchi jeans strappati. Squadrai meglio quella figura robusta … era ancora con la bava fuoriuscente dalla bocca. Le diedi una scossa ‘’Scusami Jo, andiamo da Jennifer a comprare i leggings adatti a questa minigonna’’ dissi. Lei mi seguii verso al cassa, come fossi un Dio. ‘’La mia visione la deve proprio aver shockata ‘’ pensai. Arrivò il mio turno. Un commesso pelato prese i miei vestiti e li passò uno ad uno sotto uno scanner, poi controllò tasche e quant’altro. ‘’Sono 48euro, signorina’’ gli diedi la banconota da 50 e lui il resto. Ringraziai e mi avviai verso l’uscita. ‘’Tieni, questi sono i soldi della minigonna!’’ disse Joana porgendomi banconote e monete. Afferrai ciò che mi doveva e li riposi dentro il mio portafoglio. Imboccammo le scale mobili e ci trovammo davanti Jennifer. Entrammo di corsa: alla mia sinistra la maglia che avevo visto poco prima all’Oviesse! Portai le mani davanti la bocca e cacciai un urlo di meraviglia. L’afferrai, poi afferrai la mano di Joana e la trascinai verso le cabine di prova, vi entrai ed incominciai a togliermi la maglia, misi quell’altra ed uscii. ‘’Come sto?’’ domandai sorridendo ‘’Bene… certo, magari prova a mettere questa sopra!’’ mi passò una giacchetta in pelle che mi arrivava poco sotto il seno. Era bellissima! Controllai il prezzo: costava 20euro più la maglia che era 8, perché in sconto. Mi restavano 23euro! Non ce la facevo. Aprii il portafoglio: racimolai qualche spicciolo, frugai nella borsa e trovai qualche altro centesimo. Mi recai alla cassa per pagare. Appoggiai l’abbigliamento sul bancone e chiesi alla commessa ‘’Mi scusi, sarebbe possibile avere un’ulteriore sconto sulla maglia di qualche euro?’’ lei fece cenno di no la supplicai ulteriormente: ‘’la prego, solo di 5euro!’’ Feci gli occhioni dolci, ma non funzionarono stavolta! Un ragazzo in coda dietro di me, mi si avvicinò e mi porse una banconota da 5euro. Lo ringraziai stupita e pagai. Uscii dal negozio assieme a Joana. Aspettai il ragazzo uscire, lo vidi. Stava uscendo, lo fermai e lo ringraziai ulteriormente ‘’Grazie, sa! Come posso ricambiare questa gentilezza?’’ domandai, lui mi sorrise e se ne andò scuotendo la mano, come mi stesse salutando. Lo guardai stupita andarsene. Che tipo strano … ‘’Senti, Cla … che ne dici di andare al centro benessere prima di uscire?’’ mi chiese Joana ed io risposi ‘’Si, ma paghi tu, eh! Io non ho un centesimo di più!’’ lei sorrise e scosse la testa. Si mise a correre in direzione del centro benessere, per un attimo rimasi perplessa, poi capii e la seguii. Ci fermammo davanti l’entrata del centro benessere. All’entrata una signora indossante una specie di kimono rosa, stava seduta dietro una grande scrivania. ‘’Buongiorno’’ ci salutò ‘’cosa desiderate?’’ ‘’Buongiorno, vorremo chiedere se è possibile farsi fare dei massaggi shiatsu e tui na e poi prenotare le 10 sedute per il massaggio rolfing’’ domandò Joana con il suo povero italiano. La tipa si alzò e sparì dietro una porta, poi riapparve e ci fece cenno di seguirla. Obbedimmo senza fiatare. Ci fece entrare in una grande sala annebbiata da vapore acqueo. Era fresco, ma non troppo. La tipa parlò con due ragazzi mori sui 20 anni e poi si allontanò a passi spediti. Il Ragazzo più alto iniziò a parlare :‘’Salve ragazze. Siamo Mario e … ‘’ l’altro riprese ‘’Davide. Sappiamo tutto. Ora spogliatevi e mettetevi questi intorno alla vita’’ ci lanciò due asciugamani rosa e poi riprese a parlare Mario ‘’lo spogliatoio per cambiarvi è in fondo a quel corridoio stretto’’ io a Joana ci avviammo spedite, senza guardare indietro. Entrammo e cacciammo un urlo di sussulto. ‘’ma ti rendi conto?! Quei due figoni là dietro saranno i nostri massaggiatori!?’’ domandò lei ancora incredula ‘’Si, me ne rendo conto!’’ in verità a me la cosa non m’importava molto. Avrei tanto sognato che al posto di quel Mario ci fosse stato Max. ‘’Claudia, ma mi stai ascoltando?’’ scossi la testa ‘’eheh si… cioè, volevo dire no’’ risposi ‘’dicevo che quel Davide è mio, capito?!’’ mi urlò nelle orecchie. Scossi le braccia. Mi spogliai, riposi tutto dentro un armadietto e mi legai alla vita l’asciugamano come ci aveva detto Davide. Uscimmo dalla porta, io cercavo di coprire con le mani il mio corpo magrolino e sussurrai a Joana ‘’Non puoi dir loro di girarsi o di chiudere gli occhi?’’ ‘’Ok’’ rispose lei. ‘’Ragazzi, siccome la mia amica è timida, potreste chiudere gli occhi?’’ loro eseguirono l’ordine. Ci avvicinammo ognuna ai suoi rispettivi lettini. Loro riaprirono gli occhi. Mi distesi supina sopra il mio lettino. Mario iniziò a toccarmi l’addome fino a scivolare giù per i fianchi. Si distolse un attimo e tirò la tendina verde che separa il mio lettino da quello di Joana. Ricominciò a toccarmi. Prima le tempie, poi la mandibola, il collo, fino a sciolare per il seno e sui fianchi. Poi affermò ‘’Perfetto. Ora mettiti a pancia in giù che inizio con i massaggi. Aprii le gambe e le portai ai lati del lettino, lui si mise in ginocchio sulla base di questo ed iniziò a sfiorarmi le spalle, prima con mano leggera, poi iniziando a premere sempre più e così per un’altra ora e mezza. Si stava da Dio. Mi pareva di sognare. Poi una campanella interruppe Mario e Davide nel loro lavoro. Io e la mia accompagnatrice ci alzammo a stento. Ci dirigemmo verso lo spogliatoio e ci raccontammo come era andata etc. Uscimmo dalla stanza, ring razziammo i ragazzi e camminammo fino alla scrivania di quella tipa di poche parole. Fissammo gli appuntamenti per il massaggio rolfing e le segnò i nostri nominativi. Uscimmo ancora un poco intontite, come se ci fossimo appena scegliate da un sogno, un sogno bellissimo. Uscimmo pure dal centro commerciale. Ci salutammo ed ognuna andò per la sua strada. Erano le 7e15: dovevo sbrigarmi! Presi l’autobus per tornare a casa. Scesi al ‘’nuovo capolinea’’, ripassai sotto casa di Max, c’era qualcuno sul balcone, ma evitai di osservare meglio. Entrai a casa. Non salutai nessuno, salii in camera mia, chiusi la porta a chiave, tirai fuori i vestiti dalle buste del negozio, li indossai in due e due quattro. Solo allora mi accorsi che mi ero dimenticata di prendere i leggings da Jennifer! Indossai comunque i miei jeans nuovi, la maglia con le paiette ed il giubbotto in pelle. Mi guardai allo specchio dubbiosa: volevo uscire ancora, si o no?’’Massì, Claudia, vacci!’’ dissi a me stessa. Mi recai in giardino, presi il casco da dentro il baule posto sul motorino, me lo infilai, accesi il mezzo e partii sfrecciando nell’oscurità della notte. Mezz’ora dopo finalmente arrivai a casa di Erika! Lei era affacciata alla finestra della cucina, mi vide arrivare ed in un attimo scese. Indossò il suo casco della Hello Kitty, si sedette dietro di me e ripresi a correre nella notte. Avevo la mente affollata da un pensiero, sempre lo stesso: ‘’Claudia, vuoi veramente entrare in quella sottospecie di pub sapendo o comunque immaginando ciò che ti aspetta?’’ Io ed Erika arrivammo all’entrata del pub, fuori c’erano alcuni ragazzi che fumavano. Mi tranquillizzai ‘’Massì, Claudia! Vacci che magari poi ti diverti!’’. Così entrai, senza sapere cosa potesse succedere in seguito a quella decisione.



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Capitolo 4
*** Apparente tranquillità. ***


4o Capitolo: Apparente tranquillità.


All'entrata uno strano personaggio biondo e con occhiali scuri mi venne incontro sfiorandomi il braccio sinistro. Ballava e sembrava divertirsi molto. M'avvicinai sempre più ad Erika, la quale mi diede una piccola spinta seguita da una pacca sulla guancia e mi sussurrò all'orecchio ''Ogni volta che vengo Alle Scuderie questo posto diventa sempre più figo!'' Si guardò attorno con aria sperduta e, così, violentemente, spalancò di colpo gli occhi. Si voltò verso di me. Aveva gli occhi lucidi. Stavolta fui io a darle una pacca sulla guancia, come per farla tornare con i piedi saldi a terra. ''Allora, vuoi stare qua cercando d'acciuffare qualche ragazzo oppure hai intenzione di accompagnarmi da Leo e Tobia?'' Lei mi squadrò meglio e sorrise. Con un gesto delicato, ma allo stesso tempo violento, mi prese la mano e mi trascinò per la sala. Si fermò vicino ad un tavolino distante pochi passi dal bancone del bar, accanto al primo v'erano quattro sedie: due occupate da due ragazzi, Leo e Tobia ed altre due libere. ''Ciao, Leo! Ciao Tobia'' salutai io accompagnando le mie parole con un gesto di mano, lo stesso fece Erika poco dopo. I due ragazzi sembravano molto seri e molto nervosi, come se il nostro arrivo gli fosse poco gradito... forse stavano parlando di qualcosa di serio che a noi non era permesso sapere, un po' come facciamo noi ragazze quando parliamo del sesso opposto: facciamo allontanare i maschi nei paraggi e poi possiamo conversare senza troppe preoccupazioni. I due ragazzi ci salutarono. Tobia sembrava felice di vederci, Leo un po' meno.
Erika s'accomodò sulla sedia posta vicino al bancone. Io m'accostai vicino a lei. Iniziai a dialogare con Leo controllando, di tanto in tanto, Erika ed il barman. Dall'inizio della serata Erika restò girata verso l'omino dietro al bancone. Era un ragazzo sui vent'anni, aveva un fisico abbastanza magro, ma i pettorali erano scolpiti quanto bastava per attirare l'occhio di una femmina, aveva capelli neri e sparati in aria. Dall'aspetto chiunque l'avrebbe scambiato per un modello! Era praticamente PERFETTO e non riuscii a dare tutti i torti ad Erika per come lo guardava! Ad un tratto Leo, evidentemente spazientito, mi diede una pacca sul braccio e mi sussurrò in un orecchio ''Basta guardare cosa fa Erika! Tanto io non posso competere con quello!'' Diede un ultimo sguardo sconsolato alla ragazza, scosse la testa e si portò le mani alla fronte. Guardò il cellulare e chiese ''Qualcuno qua vuole un drink?'' io risposi ''Oh, grazie Leo! Ci vorrebbe proprio... a me piacerebbe un succo di frutta alla pesca'' diedi un colpettino a Tobia il quale si schiarì la voce e rispose ''Per me invece prendi un bicchierino di Wodka alla pesca... lo sai che mi ci vuole!'' All'udire di quelle parole gli sferrai un colpo alla nuca '' Ma sei scemo? Ti pare che con la wodka si risolvano tutti i tuoi problemi? No, mio caro! I problemi vanno affrontati di petto! Quindi ordinerò io per te...'' ripresi fiato e rivolgendomi a Leo dissi ''Anche per lui un succo di frutta, però gusto ACE''. Guardai Tobia soddisfatta di ciò che avevo appena ordinato. Aveva la faccia sconsolata e dovetti chiedergli scusa. Poco dopo Leo s'alzò dal tavolo e s'accostò vicino al barman. ''Allora... vorrei un bicchiere di succo di frutta gusto pesca ed uno gusto Ace e poi... un thè alla pesca!''. L'uomo gli porse i tre bicchieri, il mio amico pagò e tornò al tavolo. Ad un tratto Erika si girò. ''Vergognati, Leo! Perchè hai offerto a loro e non a me!'' si rivolse al ragazzo con tono severo, il quale aprendo le braccia disse ''mi dispiace Erika... ma mi sembravi così occupata... il drink te lo prenderai da sola con i tuoi soldini!'' La ragazza prese la borsa e si recò al bancone. Guardò il barman con aria seducente, come di chi vuol qualcosa di più oltre che un semplice drink. Tra i due ci fu un lungo susseguirsi di sguardi, sorrisi accennati, sfioramenti. Finalmente il ragazzo moro aprì bocca ''Ciao... hem... allora, cosa desideri?'' e lei sottovoce affermò sicura ''Te. Voglio te!'' Il ragazzo non capì ed avvicinò l'orecchio alla bocca della ragazza la quale disse ''No, nulla... dicevo che volevo del thè!'' Il ragazzo compiaciuto tirò fuori da sotto il piano un bicchiere ed una bottiglia di plastica contente quanto richiesto e la porse alla ragazza la quale pagò in fretta e sculettando tornò al tavolo. La serata continuò tranquilla tra il susseguirsi di chiacchiere e risate.
''Ma... ma... che ore sono?'' domandò Leo dando un'occhiata all'ora. Io risposi ''sono le undici in punto''. Lui s'alzò di scatto dalla sedia. Sembrava agitato e poi balbettò un qualcosa che non riuscii a capire. Lui si passò una mano sul volto e balbettò ''come ho fatto a dimenticarmene? Dovevo essere a casa per quest'ora!'' Sorpresa lo squadrai confusa, lui se ne accorse e riprese ''dovevo essere a casa per quest'ora! I miei genitori sono via per qualche giorno. Conferenze di lavoro... sai com'è? Dovevo mettere a letto mia sorella!'' Tirò fuori dalla tasca dei jeans il suo Lg Tribe azzurro e compose il numero della sorella. L'aria si stava facendo molto tesa. ''Ciao, Sara!'' ''Sisi, sono io'' ''Ok. Allora mi fermo un'altra mezz'oretta con i miei amici. Va bene?'' ''Ok. Baci. Ciao. Hey, sorellina, non dimenticare che ti voglio bene.'' e riagganciò. Tutti ci avvicinammo di più a lui, eccetto Erika che ogni tanto puntava gli occhi ancora sul ragazzo moro che stava dietro al bancone. ''Allora, che ha detto?'' mi affrettai a domandare io... ''ha detto che va tutto bene'' rispose Leo con un sorrisetto appena accennato. Mi strusciai su di lui e ridendo gli chiesi ''allora, mister, mi concedi questo ballo?'' lui prese la mia mano e mi disse ''ma certo, mia lady''.
Ci dirigemmo verso la pista da ballo. Mille luci dei più svariati colori illuminavano la stanza e, combinandosi tra loro, davano origini ad effetti spettacolari. Grandi casse addobbavano le pareti, la strobosfera* ruotava su se stessa e rifletteva il colore delle luci, mentre sembrava osservarci... decine e decine di ragazzi e ragazze ballavano a ritmo di musica, il dj giocava con la sua console eseguendo mix perfetti. Partii la mia canzone preferita. Feci una giravolta su me stessa ed iniziai a saltare, a battere le mani verso l'altro ed a canticchiare! Leo mi guardava confuso. Mi accorsi del suo sguardo, gli presi la mano e cercai di coinvolgerlo nella mia strana danza. Finalmente si lasciò andare ed iniziò a muoversi attorno a me. Un ragazzo di colore con i dreads** mi si avvicinò, toccandomi il bacino e successivamente le natiche. Mi girai di scatto pestandogli uno dei piedi, e lui si girò e con un cenno mi chiese scusa. Tornai a fissare Leo che continuava a ballare e così ripresi anche io. Non mi fermai un solo secondo.
Sulla porta della sala comparve Tobia, che avanzò verso di me facendosi spazio tra la folla. Si tappò le orecchie ed iniziò a parlare ''Dii a Leo di venir via perchè si sta facendo molto tardi e la mezzanotte è scoccata da un bel po'!''
Afferrai per un braccio Leo e lo trascinai nuovamente al tavolo. ''Leo, sbrigati, devi tornare a casa da tua sorella!'' urlai io. Erika stava bevendo dello spritz e mi fece cenno con la mano di andarmene ed accolsi il suo suggerimento. ''Bene, ragazzi. Io torno a casa. Se vuoi tornare con me Erika, avvertimi subito!'' Lei fece cenno di no con la mano, scosse la testa e l'appoggiò sul tavolo. Ringraziai Leo raccomandandogli di portare a casa Erika, gli porsi qualche spicciolo, in realtà era tutto quello che avevo, e mi diressi rapida verso la porta. Mi scontrai con un gruppo di motociclisti, ma proseguì con passo deciso verso la mia Vespa verde, tirai fuori dal baule il mio casco personalizzato, salii in sella al mio mezzo di trasporto, l'accesi e sfrecciai nel bel mezzo della notte.
Tornai a casa. Le luci erano spente, forse erano le due di notte. Tolsi il casco e liberai i capelli al vento. Non feci in tempo a riporre il caso nel bauletto che il telefono vibrò. Avevo appena ricevuto un messaggio... vuoto! Era da parte di Leo. Rimasi sorpresa. Era strano. Leo, come Tobia, era un tipo sveglio e pignolo, non era mai successo in tre anni che m'inviasse un messaggio privo di contenuto! Gli feci uno squillo. Rispose lui. Balbettò qualcosa che io non riuscii a capire. Era meglio andare a dare un'occhiata a casa sua, specie se Erika era con lui!
Aprii nuovamente il cancello, portai fuori la mia Vespa, chiusi il cancello, m'infilai il casco, misi in moto il motorino ed iniziai a correre più veloce di quanto potessi.
Ecco, questi erano quei momenti in cui mi pentii di aver letto poco o nulla circa i motori, se avessi modificato la mia Vespa, forse, sarei riuscita a raggiungere anche i 100km/h! Tra un pensiero e l'altro mi accorsi di esser vicina alla casa di Leo.
Spensi la Vespa e l'appoggiai vicino ad un palo all'angolo della strada privata dove abitava il ragazzo. Non mi tolsi nemmeno il casco, ma quando mi accorsi di ciò ero già giunta all'entrata della casa. Dalla finestra della cucina si poteva notare la luce fioca di una torcia, molto probabilmente. Alzai gli occhi al cielo, un tuono squarciò quello spaventoso silenzio.
Scavalcai, senza pensarci due volte, la siepe che divideva la strada dal giardino. Mi avvicinai alla finestra della cucina, l'unica finestra dalla quale proveniva un po' di luce. Notai due uomini. Il loro volto era coperto da passamontagna, entrambi erano vestiti di nero ed indossavano dei guanti di cotone. Spaventata mi diressi verso l'entrata secondaria, proprio dove si affacciava la stanza di Leo.
Mi bloccai. Non so per quanto rimasi là in attesa di un'idea. Nella mia mente vi erano solo domande.
Come facevo ad attirare l'attenzione di Leo? Chi erano e cosa facevano quei due uomini in casa sua? Come dovevo reagire? Dovevo chiamare il 112? Non sapevo davvero che fare e quelli che potevano sembrare secondi si tramutarono in millenni. Stavo sudando, ma rimasi là, accucciata, in attesa di un'idea.



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Note:
* Strobosfera: palla specchiata.
** Dreads: rasta


Note dell'autrice No. Non aggiornerò molto la FanFic.
Questa è stata creata soprattutto come sfogo.
Scrivo perchè mi va.
Scrivo senza un scopo o obiettivo da raggiungere
Ho sospeso per oltre un anno la scrittura della Fanfic, a causa prima della cancellazione di questa dall'hd in seguito ad una formattazione, poi a causa di impegni scolastici e vari progetti a cui ho partecipato ed infine per una crisi di ispirazione.
Mi scuso ancora con coloro che hanno avuto la gentilezza di seguirmi in passato. ~ Mem
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**ogni riferimento a cosa o persona è puramente casuale**

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