E se finissimo per innamorarci davvero?

di Sia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

E se finissimo per innamorarci davvero?
Prologo

 

C’è chi crede ancora nei miracoli, nelle piccole magie che possono arrivare a cambiare un momento. Fred crede che i miracoli – perché ci crede – siano in grado di tingere i colori delle stanze fino a farli diventare tutti variopinti e di trasformare i suoni in melodie mai sentite. 

Fred crede ai miracoli perché i miracoli gli sono sempre capitati tra le mani o sotto gli occhi: la nascita di Ginny, per esempio. L’essere nato nella famiglia giusta, l’aver trovato prima George e poi Lee. Se si mette a contare per bene, non gli bastano le dieci dita di cui è provvisto: servono quelle del gemello e forse arriva a riempire anche quelle. Fred crede ai miracoli perché si è risvegliato su un letto dell’ospedale dopo la guerra e perché non ha mai smesso di respirare. 

Avvicina il bicchiere ripieno di vino alle labbra e sorride, mentre gli occhi di Hermione sono fissi su di lui e il vociare degli altri, riuniti al tavolo del salotto della Tana, si fa meno intenso. Fred ai miracoli ci vuole credere. Sorride, alza un sopracciglio e lei scuote il capo. “Stai bevendo troppo.” 

“Tu stai bevendo troppo poco.” Le fa notare invece, appoggiando il calice alla tovaglia e lisciando una piega del tessuto con il palmo della mano. Le dita di Hermione sono talmente vicine che potrebbe sfiorarle, eppure si limita a far ricadere gli avambracci sui pantaloni. “Un comportamento che ti si addice tremendamente." 

Lei sorride e si scansa all’indietro per permettere a Harry di recuperare il piatto di contorni. Un breve sguardo di intesa all’amico e i suoi occhi nocciola tornano sul gemello: è da un po’ che sente di non volerlo perdere di vista. “Sembra che tu mi conosca molto bene.” 

È solo per la presenza di Molly dall’altro lato della tavola che Fred non si piega in avanti. “Non quanto vorrei” le dice e quello basta a farla arrossire leggermente sulle guance. 

Hermione ci mette qualche secondo per riprendersi dall’attacco sleale del gemello: cerca di dissimulare l’imbarazzo addentando il pezzo di patata che le è rimasto nel piatto da prima. “Potrei quasi giurare che le tue parole nascondano secondi fini.” 

Fred, che non ha smesso di guardarla, annuisce. “È così: ho bisogno della strega più intelligente della sua età per risolvere un intricato problema.” 

Hermione ora sorride, le tremano le dita al pensiero di rimettersi a giocare nel laboratorio dei gemelli come è spesso capitato dopo la fine della guerra: lì dentro ha sperimentato cosa volesse dire la magia vera, fatta di risate, di paure e di successi. Ci è andata per qualche tempo a mo’ di terapia d’urto ai mesi passati in giro come clandestina. Ci torna poco ultimamente, il lavoro al Ministero le porta via molto del tempo che ha. Non risponde però, lascia che sia lui a riempire il vuoto. 

“Non è una cosa che posso risolvere da solo e George non è molto paziente.” 

“George è molto più paziente di te.” Si affretta a commentare lei, riempiendo il bicchiere con la brocca d’acqua. 

“È successo una sola volta che mi spazientissi, ma a mio favore posso dire che nessuno, nessuno, ci ha mai messo così tanto a sbucciare le bacche di vischio.” 

“Starei attento a quello che dici: sembra che tu abbia bisogno della sbucciatrice di bacche di vischio più lenta del mondo magico.” Hermione appoggia i gomiti al tavolo, dopo aver preso un sorso dal suo calice. “Di cosa si tratta?” 

Il gemello si mordicchia il labbro superiore, “Non ridere.” L’avverte poi, inclinando il capo verso sinistra. Hermione sorride, si sporge ancora un po’: sembra essersi dimenticata di essere al tavolo di Capodanno con tutto il resto della famiglia Weasley. Non che ci sia niente di male a mostrarsi così intimi, lei e Fred sono amici da tanti anni, è che certi gesti e confidenze preferiscono tenerli per i momenti in cui sono solo loro due. 

“Non rido.” Promette, serrando le labbra con un movimento delle mani. 

“L’altro giorno mi è capitato di leggere…”

Una curiosa fossetta fa capolino sulla guancia di Hermione, mentre lei cerca di fermare i muscoli e di non scoppiare a ridere. “Vai avanti, ti prego.” 

Fred alza gli occhi al cielo, ma sorride anche lui. “L’altro giorno mi è capitato di leggere un curioso articolo di Rita Skeeter, Le 36 domande che portano all’amore, sapevi che esistono cose del genere?” 

Hermione non indietreggia e annuisce. Il suo è un respiro più lungo del previsto: ad ascoltarlo parlare di queste cose, si sente sempre come se stesse camminando sull’orlo di un precipizio. 

“Ho passato due anni a confessarti il mio struggente amore per te a Hogwarts, ricordi? E tu hai passato due anni a rifiutare la povera carcassa che è ora il mio cuore… smettila di ridere, non è divertente.” 

“Non far passare i tuoi blandi tentativi di evitare di perdere punti come passionali confessioni d’amore, non è nel personaggio.” 

Il gemello prende un sorso di vino, aspetta qualche secondo per rispondere all’ennesima provocazione. “Che fossero vere o meno, il risultato non è mai cambiato.” 

Hermione punta i suoi occhi nocciola in quelli di Fred: non le riesce di dire niente perché il baratro è spaventosamente vicino. “L’esperimento?” 

È Molly a interromperli, facendo sparire i piatti con uno schiocco di dita e invitando gli ospiti a servirsi una fetta di dolce. L’hanno preparato lei e Fleur il pomeriggio e l’occhiata finale intima che è impossibile sottrarsi all’assaggio. 

“Trentasei domande per innamorarsi.” Fred le prende il piatto e lo porge a George per riempirlo. Hermione trattiene il respiro mentre gli occhi seguono la piega del collo del gemello e il braccio tirato lontano. Ne assapora la posizione delle vene e la forma delle dita. “Ti va di rispondere con me?” chiede, quando torna rivolto verso di lei. 

La strega non dà peso alla torta che adesso è nascosta tra i suoi gomiti e che non troverà mai spazio nel suo stomaco. “Voglio solo assicurarmi che la vendita di filtri d’amore non sia compromessa da un articolo della Skeeter: il mio ego ne risentirebbe.” 

“E se finissimo per innamorarci davvero?” Hermione torna a parlare, ha le guance arrossate e il cuore che batte più veloce nel petto. Dopo numerosi e disastrosi primi appuntamenti alle spalle, è arrivata a credere che non ci possa essere un lieto fine per lei. Persino chi ha raggiunto i secondi e i terzi appuntamenti, non le è sembrato variopinto al punto giusto. Per un po’ c’è stato qualcuno che si incastrava tanto bene: ha abbandonato la possibilità tra le mura di Hogwarts, dopo averlo visto volare via sulla sua Scopalinda. 

“Allora dovremmo dare ragione a Rita Skeeter e, soprattutto, ti vedrei cambiare idea per la prima volta nella vita: due cose che ho imparato a considerare impossibili.” Fred infila la forchetta nel dolce, lo porta alle labbra e lo mastica. Non ha mai smesso di credere nei miracoli: forse Hermione si innamorerà finalmente di lui. Riesce ancora a delineare alla perfezione i suoi ultimi mesi a scuola, resi ancora più spumeggianti dalla presenza di lei, e il tempo trascorso insieme dopo la guerra gli ha raccontato una realtà in cui possono essere veramente felici insieme. 

Hermione alza gli occhi al cielo e allunga una mano nella sua direzione, “Va bene, ti aiuto.” Quando si rende conto che potrebbe essere una pessima idea, ha già finito di parlare. Le poche volte in cui prende decisioni tanto avventate, è colpa di Fred, ma ora ha la sensazione di essersi scavata la fossa da sola. Non ha mai dimenticato il modo in cui la faceva sentire lui a scuola e spesso si chiede cosa ne sarebbe di loro se solo avesse accettato le avances che un tempo le sono sempre sembrate null’altro che false promesse. 

Il gemello ride, scuote il capo, “Sapevo che avrei dovuto solo puntare alla tua integrità per convincerti.” Le prende le dita e appoggia la loro stretta al tavolo. “Merlino, come sei prevedibile, Granger.” 

 

Una sopresa persino per me tornare a scrivere. Mi mancava mettermi qui a rimuginare e cercare le parole giuste: me ne sono stata chiusa in camera, a mettere giù pensieri. Fred e Hermione ricordano tante cose della mia vita e aver ritrovato loro oggi e negli ultimi temi, vuol dire aver ritrovato qualcosa di bello che pensavo di aver perduto. Vi ringrazio per la lettura, spero di arrivare presto con il prossimo aggiornamento. Nel mentre vi abbraccio e vi faccio i cari auguri di buon anno. 
Sia ❤

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


 

Capitolo uno 

 

È quasi mattina quando i passi di Hermione sugli scalini riempiono la stanza del salotto. Lei e Fred si sono dati appuntamento lì, intenzionati ad aspettare il confortante silenzio della Tana addormentata. È arrivata per prima, come al solito. Si avvicina silenziosamente al caminetto accesso, osserva la forma della fiamma e finisce per prendere posto sul tappeto rosso davanti ai divani: le manca una pergamena mezza scritta sul tavolino e un libro sulle gambe per tornare a Hogwarts. Sorride, appoggia il capo al bracciolo della poltrona dietro di lei e pensa che quegli anni le mancano. Tornano spesso come ricordi leggeri, di un pomeriggio speso in biblioteca o di lunghe camminate sotto i portici del castello con Harry e Ron. Cerca di non pensare mai alle cose brutte. 

Sposta gli occhi sul grosso albero di Natale che riempie l’angolo sinistro della stanza: è solo grazie al riflesso sulle palline dorate che si accorge dell’arrivo di Fred. “Cominciavo a credere che ti fossi addormentato.” 

Fred le allunga una tazza di tè caldo, appoggia la sua al tavolo e le siede davanti. “La prima cosa che devi sapere su di me è che non dimentico mai un appuntamento romantico.” 

“Questo è un appuntamento romantico?” Gli domanda, con la tenera consapevolezza che allora di appuntamenti romantici ne hanno avuti innumerevoli quando ancora si trovavano la notte in Sala Comune. 

“Dipende se vuoi che sia un appuntamento romantico o meno.” Fred è carino nel maglione nuovo che gli ha regalato sua madre a Natale e nota con piacere che porta la collanina che gli ha dato lei. 

“Questo verrà decretato dal successo delle trentasei domande.” Hermione si porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e si fa vicina quando lui fa saltar fuori la rivista con un tocco della bacchetta. 

Non fa in tempo a studiare la smorfia sul volto tirato della Skeeter vicino al titolo Le 36 domande che portano all’amore – scritto in grande, in un verde color ranocchia – , che Fred la interroga. “Potendo scegliere tra chiunque al mondo, chi vorresti come ospite a cena?”

“Nobby Leach, il Primo Ministro di origine babbana.” Chiude la bocca con convinzione, per poi aggiungere, “Avrei dovuto scegliere uno dei fondatori di Hogwarts o…” 

“Ci stai riflettendo troppo.” Fred ride, lascia cadere la rivista nello spazio che li separa. 

“Mi hai presa alla sprovvista, era una domanda troppo complicata.” Si gira a guardarlo e gli punzecchia la spalla con le dita della mano libera quando sente che non è dalla sua parte. Fred si scansa e le abbassa il polso. “Tu chi inviteresti?” 

Te.” Lo dice con una calma così disarmante che Hermione per un attimo pensa di stare dormendo. Invece si è solamente dimenticata di respirare. “Visto che è semplice?” Annuisce, ma non lo sta ascoltando davvero. L’unica cosa che è in grado di fare è pensare che se l’obiettivo è non dare ragione alla Skeeter, allora sono messi male. 

“Non me l’hai mai chiesto,” commenta placida alla fine e aspetta un secondo di troppo per continuare la frase, “ho visto come ti muovi ai fornelli, sarei venuta volentieri a rubare una cena gratuita a casa tua.”  

Fred sorride, è compiaciuto del complimento appena ricevuto. “Lo terrò a mente,” dice poi, schiarendosi la gola e rompendo il momento con la prossima domanda, “ti piacerebbe essere famosa?” Hermione, di nuovo, non è abbastanza veloce e Fred le ruba le parole dalla bocca. “Questa in effetti potremmo anche saltarla.” 

La strega appoggia la tazza al tavolino, “Vedi che non hai pazienza, Fred? Abbiamo almeno cinque ore prima che gli altri si sveglino.” Sorride anche lei però, ha deciso di voler dimenticare la sensazione di avere un battito in meno. Liscia l’angolo spiegazzato della pagina e prende la rivista. “Prima di scrivere una lettera, provi mai a dire quello che stai per scrivere? E perché?” 

“Non scrivo lettere, lo sai che non è nel mio stile.” Hermione lo sa bene: lo stile del gemello è più quello di farsi vivo senza avviso fuori dalla porta di casa sua. Ha preso il vizio di suonare il campanello come i babbani, dice che gli fa ridere il suono. “Tu?” 

“Suppongo di farlo nella mia mente, ho più il controllo di quello voglio dire. Riesco a dare un'intonazione a quello che scrivo: non lo so, rende il processo molto meno impersonale… è una cosa sciocca da dire, una lettera è la cosa meno impersonale che esista…”

“La rende più tua?” Cerca di aiutarla come può, memore delle sere che l’ha vista scrivere a Viktor Krum. Gli è capitato di vederla rileggere a bassa voce prima di riprendere in mano la piuma per correggere quello che proprio le faceva storcere il naso. Chissà se anche con quelle che ha inviato a lui ha mai fatto così. 

Hermione annuisce, l’ipotesi di Fred sembra esserle piaciuta particolarmente. “Che cosa rappresenta per te un giorno perfetto?” Continua allora. 

“Una proficua giornata di lavoro in laboratorio.” Alza le spalle e gli viene in mente che Hermione aveva ragione: trovare una risposta sa essere difficile. Ha appena passato una perfetta giornata in compagnia di tutta la sua famiglia e degli amici più cari alla Tana. Ride e scuote il capo, “Che cosa tremendamente adulta, bleah.” 

Hermione sorride, “È una risposta sincera.”

Acconsente con un movimento del capo, “La tua?” 

“Non lo sai? Un buon libro, la pioggia che cade sulle finestre e una tazza di tè calda da bere.” 

Fred alza l’angolo della bocca e appoggia il gomito al tavolino per sostenere il capo con il palmo della mano. “Il gioco serve a conoscersi, non a vedere quanto ne sappiamo uno dell’altro.” 

Hermione si lascia scappare un secondo sospiro frustrato dalle labbra. “Quando avete cantato per l'ultima volta a voi stessi? O a qualcun altro?”

“Canticchiavo da solo in laboratorio l’altro giorno, a qualcun altro stasera a cena con la famiglia. Tu?” Le viene in mente la figura di Fred con le ampolle in mano che fischietta mentre lavora e un tenero calore le riempie il petto. Certamente è perché le mancano i giorni in cui si infilava anche lei nel retro del negozio, toglieva i vestiti seri della giornata e prendeva a giocare con gli ingredienti. C’è, nell’immagine di spalle del gemello che canticchia, qualcosa di familiare che sembra rinvigorirle lo spirito. 

“L’altra sera tornata da lavoro a casa mi sono messa a cantare una canzone delle Sorelle Stravagarie, e ovviamente stasera con la tua famiglia.” 

“Sei stonata come una campana.” Hermione apre la bocca per lo stupore e di nuovo si sporge per punzecchiarlo, “No, ferma, ferma!” La mano di lui è calda quando stringe quella della strega. Lei indugia per qualche secondo, indecisa se lottare per difendere il suo onore o ritirarsi: quello che ottiene è che le loro dita rimangono sospese in aria, e l’unica risposta che trova è che vorrebbe lasciarle lì. 

“Se potessi vivere fino a novant'anni e mantenere la mente o il corpo di un trentenne per gli ultimi sessant’anni della tua vita, quale vorresti?” chiede lui allora, dopo aver sbirciato sulla rivista. La loro stretta scende verso il pavimento, si appoggia al tappeto e per un po’ non conosce altri movimenti. 

“La mente, non mi sono impegnata per imparare così tanto per poi dimenticare tutto.” 

Lui annuisce. “Anche io, se c’è una cosa che mi fa paura è cominciare a dimenticare le facce, i volti e i momenti più belli della vita.” 

Il tepore nel petto di Hermione si fa più intenso, “Credevo volessi giocare a Quidditch fino allo sfinimento.” 

Una risata scappa dalle labbra di Fred, che scuote la testa. “La mia carriera da Battitore è finita tra le mura di Hogwarts: serbo il ricordo della gloria e delle mie fan nel cuore e mi piacerebbe farlo fino a novant'anni." 

Non si sono ancora lasciati andare e Hermione pensa che l’unico modo per non sentirsi sopraffatta dal silenzio sia andare avanti con le domande. Quando legge a mente la prossima, tentenna. Fred inclina il capo e alza un sopracciglio, come a esortarla a parlare. “Hai un'idea su come morirai?” chiede allora ed è grata che la sua mano sia ancora intrecciata a quella del gemello, perché ha la sensazione che così lui non possa scappare più via. 

Oh. Fred si mordicchia un labbro. “Voglio dire, alcune delle pozioni che abbiamo nel retrobottega sono piuttosto pericolose.” 

“Spero non mortali.” 

“Pericolose, non saprei dire quanto." Il gemello si allontana per grattarsi la mascella con la mano che ora ha libera. “Non ne ho idea comunque, non ci voglio pensare.” 

“Nemmeno io.” A cosa, alla sua morte o a quella di Fred? Si sporge a prendere la sua tazza di tè e ne beve un lungo sorso: l’aroma di limone le riempie il palato. “Dimmi tre cose che sembriamo avere in comune” dice poi. 

Il gemello torna a sorridere, “Siamo entrambi molto belli alla luce del fuoco, apparentemente siamo abituati a dormire poco e siamo ancora abbastanza giovani per stare seduti a terra per ore.” 

“Ci piace anche lo stesso tipo di tè.” Nota lei, indicando la bustina immersa nella tazza del gemello. 

“Mi hai appena confermato che sono bello alla luce del fuoco?” Il sorriso sul volto di lui si fa più grande e le lentiggini si nascondono nelle pieghe delle labbra. Almeno loro saranno andate a dormire per un po’. 

Hermione arrossisce, “.” 

“È uno dei primi complimenti che mi fai, credo che la mia autostima sia appena salita alle stelle.” Fred si scosta dal tavolino e muove il polso della mano su cui era appoggiato, ora tutto indolenzito. 

“Credevo le avesse già raggiunte.” 

Il gemello ride e silenzia il suono nella sua tazza di tè. Osserva piano Hermione che, allontanata la rivista sul tappeto, si sistema l’orlo del maglione sulle gambe e che tira le maniche fino all’inizio dei palmi. “Per cosa ti senti più grata nella tua vita?” Chiede quindi, recuperando l'articolo e nascondendo il volto della Skeeter sotto il pollice. 

“Sono grata di essere una strega, di aver scoperto la magia, di essere venuta a Hogwarts. Non sarei la stessa Hermione senza tutto questo. Tu?” 

“George” dice, stringendosi nelle spalle. Senza il gemello avrebbe fatto metà di quello che ha ottenuto nella vita. Senza George lui semplicemente non sarebbe Fred. “Se potessi cambiare qualcosa del modo in cui è sei stata cresciuta, quale sarebbe?”

Hermione aggrotta le sopracciglia: è difficile pensarci, visto che per la maggior parte del tempo non è mai stata a casa. “Non ne ho idea, non ho vissuto così tanto con i miei genitori mentre crescevo, se non nelle settimane estive prima di venire qui.” Sbatte le palpebre, “Forse sono stati un po’ assenti, ma non gliene faccio una colpa: non credo sia semplice avere una figlia che ti sconvolge così tanto la vita, no?” 

Fred annuisce, “Deve essere stato strano per loro scoprire dell’esistenza del mondo magico.” 

La strega ride, ricorda ancora gli occhi del padre e l’espressione sbigottita della madre nel trovarsi una lettera di Hogwarts tra le mani. “Cambieresti qualcosa?” 

“Avrei voluto una mamma meno severa, a confronto adesso Molly sembra un panetto di burro.” Fred cambierebbe tante cose, probabilmente. “Anche se capisco il perché delle sue innumerevoli preoccupazioni… oh, la prossima domanda è noiosissima.”

Hermione si sbilancia per guardare meglio, “Riassumi in quattro minuti la tua vita? Voglio dire, cosa c’è che non sai?” 

“So disgraziatamente poco dell’Hermione tra il primo giorno di vita e i suoi undici anni, poi potrei elencare una fitta lista di cose da quando si è seduta a fianco a me al tavolo dei Grifondoro dopo lo smistamento.” 

“Sai disgraziatamente poco, perché c’è poco da dire.” Ricalca. “Del Fred prima di conoscerlo so qualcosa di più, credo che sia merito di una Molly morbida come un panetto di burro che non la smette di parlarne.” 

“Che hai scoperto di bello? Non credo di aver mai assistito a Molly Weasley che ti racconta di me.” È genuinamente colpito dalla piega della conversazione: quando è successo? Se le immagina sedute al tavolo della cucina, una tarda mattina che lui e i fratelli sono fuori a giocare a Quidditch. Si chiede se sia stata Hermione a domandare per prima, se sua madre avesse semplicemente deciso di parlare di lui o se la strega più brillante della sua età avesse accuratamente appreso, in mezzo ai racconti di sette figli, solo i suoi.

Lei sorride e il cuore di Fred ha un fremito. “Ho scoperto che hai sempre avuto poca pazienza.” 

Il gemello ride e cerca il suo sguardo per scoprire qualcosa di più, ma lei rimane placida nella convinzione di tenere per sé ancora per un po’ – insieme a tanto altro –  l’immagine di un piccolo Fred che conta gli scalini tutte le mattine per controllare che non ce ne sia uno in più. “Se domani potessi svegliarti avendo acquisito una qualità o un'abilità qualsiasi, quale sarebbe?” Domanda allora lui, inclinando il capo verso destra. 

“Sarebbe quella di cantare come un usignolo, a quanto pare so essere stonata come una campana.” Predica, incrociando le braccia al petto. 

Il gemello si avvicina e le accarezza il capo con il palmo di una mano, come a confortarla. Hermione sospira e alza lo sguardo. Si accorge che ora sono ancora più vicini di quanto lo fossero al tavolo e il cuore le si ferma nel petto. “La tua?” Si sforza di chiedere, mentre le dita di Fred la lasciano andare a malavoglia. 

Fa meno male, perché lui sta sorridendo, “Vorrei essere più paziente.” 
 



Pian pianino aggiungo una parola dietro un'altra. Noto con piacere che Fred e Hermione hanno un sacco di cose da dirsi: le stanno recuperando con lentezza, esattamente come lentamente si sono accorti di amarsi. Cioè, alla fine Hermione per Fred è sotto un treno e lui non prova poi qualcosa di diverso: amo che siano così stupidi e che riescano a stare così bene in compagnia uno dell'altro. Vi ringrazio per il supporto: tornare a scrivere per me è stato difficile, e vedere che le mie frasi tutto sommato hanno un senso è davvero un traguardo. 
Vi abbraccio stretto e spero di rivedervi presto,
Sia 

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


Capitolo due

 

Hermione allunga le gambe verso il focolare e appoggia i palmi al tappeto rosso. Sente i muscoli che si rilassano e un caldo tepore che le arriva alle piante, oltrepassando lo spesso tessuto delle calze. “Sai che ci credo poco.” Commenta con voce piatta: il ricordo della sua crociata contro Divinazione ancora la diverte. Fred ha dovuto farsi raccontare la storia almeno tre volte, due da Ron per la precisione, per crederci davvero. 

Il gemello ride, “Ma, ascolta me, se una sfera di cristallo potesse davvero dirti la verità su te stessa, sulla tua vita, sul futuro o su qualsiasi altra cosa, cosa vorresti sapere?” 

Se potesse davvero dire la verità mi piacerebbe sapere il numero preciso di libri che leggerò prima della mia morte, in modo da battere la previsione e dimostrare una volta per tutte che le palle di cristallo non possono dire la verità.” 

“Ouch.” Anche Hermione si mette a ridere e inclina meglio il capo verso la poltrona dietro di sé: avesse avuto una macchina fotografica, avrebbe salvato l’espressione divertita di Fred. “Tu?” 

Lui si ricompone e prende un lungo sospiro: si trova di nuovo davanti a una di quelle domande per cui è difficile trovare una risposta. Cosa vorrebbe sapere? “Allora?” Hermione lo esorta e ottiene come premio che gli occhi di Fred si fermino su di lei. Cerca di leggerli, ma non c’è l’ombra di un pensiero su quelle iridi. 

“Il terzo anno, io e George abbiamo scoperto un passaggio segreto dietro la sesta statua nel corridoio dell’aula di Pozioni” dice lui, tirandosi su le maniche del maglione e scoprendo l’avambraccio fino al gomito. “Mi piacerebbe sapere se siamo stati i primi a trovarlo o se è mai stato usato da qualcuno oltre a noi.”  Naturalmente gli piacerebbe sapere anche altro: se, per esempio, Hermione abbia mai provato qualcosa per lui; se le volte che si sono accidentalmente toccati i mignoli a un tavolo anche lei abbia desiderato stringere le mani. Se, se, se. Solo che le palle di cristallo, anche lui lo pensa, sono difettose. 

“Che accadrebbe se dicesse no?” 

Fred inclina il capo e alcune ciocche di capelli si spostano verso sinistra. “Farebbe male, ma meno male di quella volta che una certa strega mi sbattuto una porta in faccia dopo averle chiesto di uscire a prendere una Burrobirra.” 

Hermione sorride, muove i piedi a casaccio. “Volevi solo recuperare le Merendine Marinare confiscate.” 

“Volevo bere una Burrobirra e recuperare le Merendine Marinare confiscate.” Ci tiene a precisare lui, alzando la mano nella sua direzione e indicandola. 

Lei scuote il capo dopo essersi allontanata dalla poltrona e i capelli le ondeggiano sulla schiena. “Fa lo stesso.” Chissà se fosse andata, pensa però. Chissà come sarebbe stato prendere una Burrobirra da sola con Fred, invece che con tutto il resto del gruppo. Dove si sarebbero seduti? Fred avrebbe scelto un tavolo appartato o quello al centro dei Tre Manici di Scopa? 

Il gemello sorride e una piccola risata gli scappa dalle labbra. Poi prende coraggio e appoggia la testa alle gambe distese di Hermione: se chiedesse, le direbbe semplicemente che gli sembravano confortevoli. La strega si limita a guardarlo dall’alto. “Ora che ti sei messo comodo, vai avanti con le domande?” 

Lui accenna di sì con un movimento della mano, prima di recuperare a tentoni la rivista all’altezza del busto. “C'è qualcosa che sogni di fare da tempo? Perché non l’hai mai fatto?” 

“Mi piacerebbe visitare Hogwarts. Dopo essere tornata per l’ultimo anno e aver concluso i miei studi, non sono più riuscita a metterci piede: sentivo di aver bisogno di una breve pausa, ma ora che sono passati così tanti mesi sento invece che ho paura di tornarci.” 

Fred ha appoggiato la rivista proprio sotto le labbra e la sta guardando. Ha le mani avvolte intorno alla carta e pensa a cosa poter dire. “Non ci sono tornato nemmeno io.” Sceglie alla fine. “Penso che sia difficile convivere con l’idea che un posto tanto bello possa essere stato distrutto da cose tanto brutte.” 

Hermione si mordicchia un labbro: quante volte ha evitato il corridoio che porta alla Sala Grande il settimo anno? O la rimessa delle barche, o la Foresta Proibita? S’è sforzata di finire gli studi, perché l’Hermione prima della guerra ci teneva particolarmente, ha detto a tutti che sarebbe tornata. E così è stato. Acconsente poi, “Per questo vorrei tornare, in modo da vederci di nuovo solo cose belle.” 

Fred sorride, “Ti ricordi la piccola aula al sesto piano, quella vicino alle scale della torre?”  

“Sì.” 

“Mi piacerebbe rivedere il panorama dalla finestra centrale, c’era una bella visuale sul lago.” Hermione ricorda i più piccoli dettagli di quel paesaggio: ha studiato le sfumature delle foglie, il sapore del vento e il freddo dell’aria per cercare di non pensare che Fred le avesse preso la mano per la prima volta con l’intento di trascinarla lì. Il suo libro, appoggiato un tavolo dietro di loro, scricchiolava per il continuo scendere e salire delle pagine e le guance di Fred s’erano fatte rosse. 

“È il tuo sogno?” 

“Il mio sogno è di tornarci con te, ma non ho ancora trovato una scusa per convincerti a venire.” 

Hermione sorride, “Potresti semplicemente chiederemelo e vedere come va.” 

Fred alza gli occhi al cielo e sospira. “È sempre andata male.” 

“È sempre andata male fino all’ultima volta che me l’hai chiesto.” Quasi sempre. Ricorda anche lei di essere stata in quell'aula, di aver acconsentito a fare di corsa le scale e di aver urlato preoccupata quando la sua tracolla era finita sulla spalla di Fred. 

Il gemello sorride, non riesce a fermare il movimento delle sue labbra perché lo diverte quando Hermione lo istiga. E quando si diverte, specialmente perché Hermione lo istiga, un leggero calore gli stritola il cuore e lo fa sorridere. “Qual è il tuo più grande traguardo?” le chiede, decidendo di ignorare la provocazione. 

“Essere stata con Harry fino alla fine.” Non serve aggiungere altro: loro sanno, specialmente Hermione sa, quanto sia stato difficile non vacillare. Quanto difficile sia stato sapere che al mondo, per un po’, erano solo loro due e nient’altro. 

“Adesso il mio ‘Aprire i Tiri Vispi’ a confronto fa solo ridere.” Si lamenta lui, ma ha lasciato andare la rivista con una mano e ha trovato le nocche di lei. Le accarezza e ogni volta che la loro pelle smette di avere un contatto, ecco che torna a pensare come siano stati i mesi della guerra senza sapere dove fosse lei. Brutti, insopportabili. 

Hermione scrolla il capo. “Perché? È solo un altro tipo di progetto.” 

“Non chiamerei cercare di sopravvivere nel nulla per mesi un progetto… lo vedo più come uno spericolato modo di vivere.” 

Lei inclina il capo prima a destra e poi a sinistra, segno che acconsente. “Non ci vai troppo lontano.” Poi recupera la rivista, dando fine al tocco delle loro mani, e il volto di Fred scompare alla vista. “Cosa apprezzi di più in un’amicizia?” 

“Il tempo.” Lee gliene ha sempre dato tantissimo: è stato lui a fargli capire che per coltivare tanto un rapporto non basta crederci, che l’impegno è un fattore importante e che molto spesso l’impegno più decisivo è quello di trovare il tempo di vedersi. “Tu?”

“La sincerità.” 

Fred sorride. “Sei bella.” 

Hermione abbassa la rivista quel che basta per non mostrare al gemello le guance arrossate. “Come scusa?” 

“Sono appena stato sincero” le dice, alzando un sopracciglio. Quante volte è stato sincero con lei? Suppone e sa che è colpa sua se Hermione non l’ha preso sul serio: difficile credere che uno degli scapestrati del settimo anno dei Grifondoro si fosse preso una cotta per la prefetto-perfetto. 

Hermione prende un lungo sospiro, che si trasforma in risata. “Sei insostenibile.” 

“Vuoi che mi sposti?” 

La rivista, prontamente, cala sulla fronte di Fred con un rumore sordo. Viaggia talmente veloce che lui non riesce a prevedere il colpo e fa appena in tempo a chiudere gli occhi. “Ouch.” 

La strega alza l’angolo della bocca e, per un secondo, controlla che lui non si sposti. Poi continua, “Qual è il tuo ricordo più caro?” 

Fred alza il braccio e indica il divano alla loro destra, “Ci credi se ti dico che io e miei fratelli riuscivamo a stare tutti seduti lì? Non ho proprio un ricordo più caro degli altri, ma è caro il ricordo che ho di tutti noi lì sopra.”

Hermione segue la traiettoria del suo indice e si fissa poi sul divano verdastro del salotto: solo poche ore prima, lei, Harry e Ron se ne stavano lì a chiacchierare del tempo che passa. Se ne stavano in tre, a malapena quattro quando Ginny si è appoggiata mezza alla seduta e mezza al bracciolo. “Ci credo perché me lo stai dicendo tu.” 

Fred sorride. “Erano dei bei pomeriggi.” Rimangono in silenzio per un attimo, abbastanza affinché lei possa chiedersi quale dei fratelli preferisse stare ai lati e quali al centro. “Tu?” rilancia poi lui, guardandola dal basso. 

Ce ne sono così tanti. Si accorge che ha appena un quarto di secolo, ma ha già fatto così tanto: come scegliere? “La prima volta che ho messo piede nel mondo magico, è stato uno spettacolo che credo sia impossibile da dimenticare.” 

“Toglie il fiato, vero?” 

Lei annuisce: riesce ancora a ricordare il sapore dell’aria, ripieno di spezie e ingredienti per le pozioni. Il rumore del chiacchiericcio degli studenti accalcati fuori dalla libreria e il verso degli animali. “Qual è, invece, il più terribile?” 

“Quando mio padre è stato aggredito al Ministero, ancora non so come avrei reagito se non ce l’avesse fatta. La tua?”

Hermione ha ancora le cicatrici del suo ricordo più terribile, insieme agli incubi che qualche volta tornano a romperle il sonno. “Aver tolto la memoria ai miei genitori.” Preferisce dire, allontanando la risata di Bellatrix Lestrange dalla sua mente. 

“Fred” sussurra poi, quando entrambi hanno trovato un po’ di pace nel silenzio. 

“Mh.” 

“Anche la prossima domanda fa schifo.” 

Il gemello sorride e si tira su, così che ora la sua schiena sta aderendo alle gambe di Hermione. La guarda e allunga la mano per avere la rivista. “Vuoi fare una pausa?” domanda. 

Lei scuote il capo.

“Sapendo che tra un anno morirai all’improvviso, cambieresti qualcosa nel mondo in cui vivi ora? Perché?” 

Hermione scruta il volto del gemello, che sembra ben deciso a non staccare gli occhi dalla pagina. “Ci sono cose che cambierei volentieri, ma non se sapessi di dover morire” dice, passandosi un dito sul palmo della mano. La vita le piace così com'è adesso: le piace uscire da casa, la sua casa, per andare a lavorare al Ministero. Le piace il pensiero di essere utile a qualcuno. 

Non le piace invece avere una torre di libri non letta nella sua libreria, non le piace che ha poco tempo per intrufolarsi nel laboratorio dei gemelli a pasticciare con gli ingredienti. Non le piace che quando torna a casa Fred non sia lì, o che non sia lei ad aspettarlo. Con il dito segue una linea della pelle: è il pensiero più intrusivo che ha, questo. Ci pensa quando è notte fonda e non ha nessuno a cui dare la buonanotte. E allora si immagina Fred un po’ ovunque nelle stanze del suo appartamento. 

Il gemello ruota il collo nella sua direzione, “Se non lo sapessi?” 

Lei alza l’angolo della bocca e stacca il polpastrello dalla linea che taglia in metà il palmo, “Non è questa la domanda.” 

Fred ride, acconsente alla sconfitta con un breve movimento del capo e torna a guardare davanti a sé, “La penso un po’ come te, ho visto come è stato dopo l’ospedale.” Hermione non risponde, si limita ad allungargli una mano, che lui aggrappa un po’ scomodamente. Ruota appena il busto verso di lei e sorride. “Sono contento di non essere morto.” 

“Anche io.” 

Le dita di Fred si stringono al polso di lei e il suo pollice le accarezza la pelle. “Che cosa significa per te l’amicizia?” 

Non questo. “Sicurezza, felicità e lealtà.” 

“Per me è tranquillità, rispetto e divertimento.” La lascia andare per rimettere dritta la rivista che sta impugnando con una sola mano. Gli occhi di Hermione si fermano sul neo che lui ha sul collo. “Che ruolo hanno l'amore e l'affetto nella tua vita?”

Lei si stringe nelle spalle, “Considerando che sono alla Tana ogni volta che posso, direi che hanno un grande ruolo.” 

Fred ride, “Mamma ti costringerebbe a venire anche se non volessi e devo dire anche io che hanno un ruolo abbastanza grande.” 

“Molly mi verrebbe a prendere di persona se per sbaglio un giorno decidessi di non venire più.” 

“Manderebbe papà, ma ti ricordo che una delle volte in cui papà è stato mandato a recuperare qualcuno, e sto parlando di Harry, ha fatto scoppiare un intero muro.” 

Hermione ride e si copre gli occhi con il palmo della mano, “Il tuo avvertimento sa di minaccia.” 

“È una minaccia, ma spero che tu non sia così sconsiderata da arrivare a metterla in pratica.” Non si azzarda ad aggiungere che probabilmente non aspetterebbe l’intervento dei suoi, per andarla a recuperare. Lei alza gli occhi al cielo, segno che può continuare con le domande. “Dobbiamo condividere, alternandoci, cinque caratteristiche positive che pensiamo l’uno dell’altro.” 

“Sei divertente.” 

“Lo so, ma grazie.” Fred si gira a guardarla, “Sei diligente.” 

“Sei una persona particolarmente creativa.” 

“Sei una maga eccezionale.” 

“Lo so, ma grazie.” Hermione sorride, a vedere Fred mimare una bocca con la mano. “Mi piace che tieni molto alle cose e alle persone.” 

“Sei un’ottima ascoltatrice.” 

“Sei uno spirito libero.” 

“Hai sempre le idee molto chiare.” 

“Cucini molto bene.” 

“Sei bella.” 

Le guance di Hermione si tingono velocemente di rosso. “Due volte in una sera, non ti sembra di esagerare?” 

Fred ride, “Non è questa la domanda,” la imita e poi recita, “Quanto è unita la sua famiglia? Pensi che la tua infanzia sia stata più felice di quella della maggior parte delle altre persone?”

“I miei genitori si amano molto e mi vogliono bene, considerando poi che sono figlia unica tutte le loro attenzioni erano rivolte a me. Penso che sia stata un’infanzia mediamente felice.” Hermione sorride, ricordando le sere in cui papà la stringeva sulla poltrona a leggere storie, mentre mamma improvvisava melodie al piano in salotto. 

“I Weasley sono i Weasley, mi limito a dire questo.” 

Hermione acconsente con un movimento del capo, memore di quando poco prima Fred le ha indicato il divano e si è messo a raccontare di come se ne stessero tutti lì. Bill e Charlie, adesso che ha avuto tempo per rifletterci, devono essere stati seduti alle estremità. “Qual è la prossima?” 

“Cosa pensi del tuo rapporto con tua madre?” Fred stringe i denti, “Ouch.”

La strega ride e si sporge in avanti, per posargli una mano sulla spalla. “È migliorato, però.” 

Fred sorride, “Non credere che io abbia dimenticato i giorni in cui minacciavi di scrivere a mia madre: usavi il mio punto debole per tarparmi le ali.” 

“Non mi scuserò per aver protetto Hogwarts in tempi non sospetti.” 

 

Perdonate il mio ritardo: avevo pronto metà capitolo da un po' e poi la vita ha deciso che scrivere non era nei piani per qualche settimana. Arrivo in questo angolo stanca, con il cuore spezzato e il naso che cola. Il 2023 non è il mio anno, ormai l'ho capito, ma cercherò lo stesso di trarne qualcosa di positivo. Per questo sono tornata, appena me la sono sentita, a Fred e Hermione. Loro sanno e capiscono e io vi devo ringraziare. Sapere che le loro storie sono tanto amate mi riempie di gioia. 
Un abbraccio, spero di non sparire come prima. 
Sia 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre 

 

Dev’essere stato una sera di fine inverno, quando Fred ha riso a una sua battuta seduto su una delle poltrone in Sala Comune. Le labbra gli si sono distese e una leggera fossetta ha fatto capolino sulla guancia, ombreggiando una manciata di lentiggini. E a Hermione è mancato il fiato: pensare che lo vedeva davvero tutti i giorni, ci respirava la stessa aria. E poi d’un tratto s’è accorta che Fred le si era conficcato in mezzo al petto. Una scoperta che si porta dietro anche adesso, è come le cicatrici della guerra: il momento passa, ma il ricordo resta. Fred si è impresso sulla sua pelle e ha deciso che non se ne voleva andare più.

Il polpastrello del gemello smette di accarezzarle il polso. “Dobbiamo fare tre affermazioni a testa su noi due. A esempio, ‘Siamo entrambi in questa stanza e ci sentiamo…’.” 

“Siamo entrambi in questa stanza e siamo felici.” Improvvisa lei e più che un tirare a indovinare è quello che le esplode tutto intorno. 

Fred sorride e dà le spalle al fuoco del camino, stringe le gambe al petto e la guarda in volto: ogni minuto che passa, sono sempre più vicini. “Ci piace sperimentare con le pozioni.” Qualche mese dopo la guerra, Hermione è venuta a trovarlo nel laboratorio: non era la prima volta, non sarebbe stata l’ultima. Quel giorno lei ha staccato prima da lavoro, ha già raccolto i capelli in una crocchia bassa e ha portato le maniche della camicia ai gomiti: dev’essere stato per quello che Fred ha cercato uno sgabello su cui sedersi ed evitare così di non cascare giù; è che ha sentito, molto più di altri momenti, il vuoto allo stomaco.

“Ci piace ritagliare dei momenti in cui siamo solo noi due.” 

“Ci piace mangiare la pizza fredda la mattina.” Hermione sorride al ricordo di un cartone mezzo aperto sulla tavola della sua cucina e di Fred che mangia una fetta di margherita appoggiato al frigorifero. Sono passate quasi tre ore da quando lui le ha chiesto se potesse fermarsi ancora un po’; chiudono insieme la porta dietro le spalle di Harry e Ginny e lasciano che il silenzio prenda il posto di un terzo ospite. Fred l’aiuta a portare i piatti in cucina, si scansa per farla passare in salotto. Con l’alba ritrovano le parole. 

La strega si stringe nelle spalle. “E la cioccolata a notte fonda.” 

“Abbiamo imparato a capirci con gli anni.” 

Il capo di Hermione si inclina verso sinistra, “Abbiamo smesso di cercare solamente i difetti l’uno dell’altro.” 

“Siamo entrambi in questa stanza e siamo felici” dice lui e sa meno di improvvisata ora. 

“Vale se ripeti le cose già dette?” Si informa l’altra, tirando le gambe al petto e imitando la sua posizione. 

Fred sorride, “Non credo abbia particolari ripercussioni sul risultato dell’esperimento.” L’esperimento. È buffo che a Hermione non sia tornato in mente prima: con Fred il tempo passa senza che se ne renda conto. Quanto si è consumato il ceppo da quando sono lì? Quanta pioggia è caduta sulle colline? Quanti rintocchi di orologio si è persa? 

Si sente come si sentiva anni fa. Analizza il pensiero, mentre lui dice qualcosa che non fa in tempo ad afferrare. Anni fa s’è guardata allo specchio e ha ammesso che le piacesse così com’era, con tutti i difetti e gli spigoli. E ora come gli dice che l’esperimento è fallito? “Mh?”

Fred alza un sopracciglio, “Non mi stai ascoltando.” 

“Ti sto sentendo.” Concede lei, aggrappandosi come può a quella realizzazione: è innamorata di Fred. Sorride. 

Lui la copia, poi fa cadere la rivista davanti ai piedi e lascia penzolare i gomiti dalle ginocchia. “Dobbiamo completare una frase: ‘Vorrei avere qualcuno con cui condividere…’.”

La scoperta di essere innamorata di Fred. Vorrebbe trovare qualcuno a cui raccontare come sia calma la sua voce la mattina, qualcuno a cui dire che ha le mani ruvide a causa delle polveri delle pozioni. Vorrebbe dire che ha i capelli un po’ più scuri rispetto a George e che i suoi occhi, se accecati dal sole, diventano dello stesso colore dell’ambra. Vorrebbe dire che quando l’ha visto volare via da Hogwarts, ha pensato che se ci fosse mai stato un amore perduto nella sua vita, sarebbe stato lui. 

Fred aspetta una risposta e lei invece ha solo domande. Si chiede, a esempio, se lui si sia mai girato indietro a guardarla quel giorno. Se le volte in cui la veniva a cercare a scuola fossero straordinarie e non all’ordine del giorno. Se non ci fosse stata lei, nell’aula del sesto piano, Fred avrebbe tenuto così da conto quel pomeriggio? “Vorrei avere qualcuno con cui condividere le mie ore libere.” 

“Vorrei avere qualcuno con cui ridere.” 

Hermione alza un sopracciglio. “Molto originale da parte tua.” 

Fred non si scompone, e comincia a grattarsi il dorso della mano sinistra. “Ti è mai capitato di scendere presto la mattina a fare colazione? Quando papà non è ancora uscito per andare al lavoro?” 

La strega annuisce. Tornano le sensazioni assopite di quando è stata lì alla Tana durante le estati: il frusciare di lenzuola scostate e lo scricchiolio degli scalini di una casa semi addormentata. “A me pochissime volte, però quando succedeva e li sentivo ridere… è quella la risata che ho in mente se dico di voler avere qualcuno con cui ridere.” 

Hermione preme la lingua al palato, mentre lo sguardo corre verso di lui: come fa a non capire che è sleale? Fred ricambia: si guardano in silenzio per quindici secondi, poi le labbra di lui prendono la forma di un sorriso. Sa benissimo di essere sleale. Crede nei miracoli, ma è anche convinto che si è artefici del proprio destino. 

Sanno di star giocando a carte più scoperte del solito: Hermione è più consapevole di quello che ha sempre provato per il gemello e il gemello è semplicemente stanco di vedersela camminare a fianco senza riuscire ad afferrarla. Con te, se proprio volesse essere sincero, mi piacerebbe ridere così. In effetti, Hermione, non pensi che lo facciamo già? Hermione lo pensa, per questo la lingua è ancora tirata verso l’alto e non sa cosa dire, rubando al sonno altre ore libere da passare con lui. 

“Che cosa chiede dopo?” 

Fred allunga il collo per vedere che c’è scritto sulla rivista posata a terra. “Se dovessimo diventare amici intimi, qual è la cosa più importante che vuoi che sappia di te?” 

La strega sospira, lancia lo sguardo dall’altra parte della stanza e lo incastra tra una pallina di natale blu e una rossa. “È barare, noi siamo già amici intimi.” 

Fred ride, si morde il labbro inferiore con gli incisivi. “Qual è la cosa più importante che vuoi che sappia di te?” 

Le piacerebbe che sapesse quanti passi ci mette la mattina dal letto alla cucina, che si interessasse così tanto a lei come quando da bambino contava gli scalini della Tana per vedere se ci fosse qualcosa in più. “Voglio che tu sappia che sono Hermione, che sarò sempre Hermione.” 

“Lo so.” Il gemello sfrega lentamente i palmi delle mani. “E io sarò sempre Fred.” 

Lei annuisce e il cuore le fa bene nel petto, mentre osserva il corpo di lui farsi vicino. Le loro ginocchia si toccano: la sensazione di calore che le provoca quel contatto è molto più di quella che emana il fuoco dal camino. Fred si tira indietro con la schiena, tenendosi su con le mani. “Leggi tu le altre?” 

Tira la rivista, facendo pressione con i polpastrelli. “Dimmi onestamente cosa ti piace di più di me.” 

“La tua ciocca di capelli più scura, il neo che hai sulla guancia sinistra vicino all’orecchio, la forma delle tue dita.” Fred ha lo sguardo puntato verso l’alto: sta andando a memoria. “Mi piace che sei coraggiosa anche se hai tante piccole paure, mi piace che sei forte, mi piace che ci sono giorni in cui capisci che non ce la fai più e decidi di non alzarti dal letto. Mi piace che se ti metti in testa di fare qualcosa, poi la fai.” 

Hermione arrossisce. “E anche questo.” La prende in giro lui, alzando l’angolo della bocca, “Tocca a te.” 

Ha la gola secca però, deve trovare un modo per tergiversare. Prende un lungo respiro e abbandona il confortante sostegno del ginocchio di Fred, per incrociare le gambe e mettersi più dritta con la schiena – la rivista viene abbandonata sul tappeto a qualche centimetro da loro. Un piccolo slancio e la sua tempia è appoggiata dove prima c’era la sua rotula. “Mi piacciono le vene sulle tue mani.” Gliele accarezza con l’indice. “Mi piace il neo che hai sul collo, la fossetta che ti spunta quando ridi, il colore dei tuoi occhi.” Sorride. “Mi piace che se ti metti in testa di fare qualcosa, poi la fai. E mi piace che sei molto meno egocentrico di quanto gli altri pensino, mi piace che lavori per far ridere le persone e che ce l’hai talmente in testa da perderci il sonno.” 

“Sai…” 

“Mi piace che sei vivo e che anche se ha fatto tutto schifo per un sacco di tempo, tu vivo ti ci senta davvero.” 

“Credevo di starti molto più antipatico.” Le dita di Hermione lo lasciano andare e recuperano il volto di Rita Skeeter. 

Sorride. “Sono brava a nascondere quello che provo.” Glielo concede, non del tutto, ma glielo concede. Se non fosse stata brava, non avrebbe esitato tanto a lungo. “Raccontami un momento imbarazzante della tua vita.” Continua lei: non sa da quanto sono seduti lì, ma sente che il tempo deve ricominciare a scorrere in qualche modo. Lo stanno intrappolando loro in quella stanza?

“Li conosci tutti.”

“E il mio preferito rimane quello di quando sei diventato un vecchio in Sala Grande.” Lo stuzzica, chiudendo le palpebre un secondo: è sveglia, vuole solo sapere com’è la sensazione di avere gli altri sensi più stimolati, mentre lui ride. 

“Tu sei diventata un gatto.” 

Li riapre e tutta la sua vista è piena di Fred. “Un incidente di percorso con la Pozione Polisucco, mai più ricapitato.” Gli è grata per non averle rinfacciato quella partita di Quidditch alla Tana durante l’estate del suo sesto anno, quando è precipitata dalla scopa in una pozzanghera di fango.  

“La cosa che trovo più incredibile è la calma con cui mi confessi di aver usato la Pozione Polisucco più volte nella tua vita.” 

Hermione si stringe nelle spalle e si sistema meglio alla gamba per non sentire troppo male alla testa. “La cosa che trovo più incredibile è che tu l’abbia usata una volta sola.” 

Lui inclina il capo a destra e sinistra. “C’è stato George, finché abbiamo potuto: funzionava bene anche senza bere una schifosissima miscela.” Le stanno ancora care le sere in cui uno cercava di convincerla di essere l’altro: sono riusciti a ingannarla per qualche tempo. Fino quando, almeno, Fred e Hermione hanno creato una falla nel sistema. 

“Mi hai fatto ricordare che ho sete” dice lei, bagnandosi le labbra con la lingua. 

“Vuoi che vada a prendere altro té?” 

Scrolla il capo, “Sono molto comoda, mi addolorerebbe perdere il mio appoggio.” Fred riesce a sentirla sorridere contro il ginocchio. Ha sete anche lui, ma dubita di riuscire ad alzarsi. 

“Cosa si è inventata ancora la Skeeter?” 

“Qual è l’ultima volta che hai pianto da solo? E davanti ad altri?” Hermione si lascia scappare uno sbadiglio. “Onestamente, speravo che le domande tristi fossero finite.” 

Fred soffia un ciuffo di capelli dal volto, “Mi sembra di aver star facendo una sessione di terapia, non che mi dispiaccia mettere insieme i pezzi stracciati della mia anima.” 

“Hai pianto a causa dei pezzi stracciati della tua anima?” 

“Ho pianto, ma non ricordo quando o come o chi ci fosse.” 

Hermione non ha mai visto Fred con le lacrime agli occhi. Chissà come deve essere: è abituata a vederlo ridere, a vederlo serio e concentrato e persino triste. Al contrario, il gemello è stato un aiuto costante nei pomeriggi in cui il vuoto dei suoi genitori sembrava annegarla prima di lasciare la Tana. “Mi dispiace che tu abbia l’anima stracciata.” 

Lui sorride, si tira su flettendo gli addominali. A separarli c’è una manciata di centimetri adesso, “Ce l’abbiamo tutti, no? Se così non fosse il negozio non andrebbe bene.” Le sposta una ciocca dietro l’orecchio. “Lo rendi più sopportabile” sussurra poi. 

Un brivido le percorre la schiena e la costringe a spostare gli occhi sul colletto della maglietta del gemello. “Fred.” 

“Dimmi.” 

“Mi sta chiedendo di dirti, ancora una volta, cosa mi piace di te: è troppo ripetitivo. Nel caso volessi mandare qualche appunto alla Skeeter, potresti dirle che a furia di domandare sempre le stesse cose, ci si annoia.” 

“Non mi annoio a sentirti dire che ti piacciono i miei occhi, o le vene delle mie mani o…”

Lo ferma, “Esiste qualcosa di troppo serio su cui non si può scherzare?” 

Fred le concede la mossa e torna indietro, giusto lo spazio affinché lei si possa mettere un po’ più dritta. Hermione adesso ha lo zigomo arrossato e il cuore che non riesce a stare fermo: vorrebbe che quel dolore non finisse mai. “Potremmo stare giorni a discutere su cosa sia troppo serio: siamo persone talmente diverse che sarebbe impossibile trovare un punto che vada bene a entrambi. E francamente mi piace, è bello il pensiero di essere più cauto quando sono con te o di vederti sperimentare per venirmi incontro.” 

“Potremmo finire per litigare.” 

Lui alza le spalle al cielo e incrocia le gambe. Sente le ossa della schiena che si distendono e una smorfia di dolore fa capolino sul suo volto; la nasconde in fretta, però. “Abbiamo già litigato un sacco di volte, ma siamo ancora qui… dai a me, vado avanti io.” 

Hermione gli passa la rivista, “Se siamo ancora qui è perché ci siamo molto addolciti negli anni.” 

Fred piega l'angolo della pagina e annuisce: un confronto del genere non sarebbe stato possibile a Hogwarts. “La tua casa prende fuoco: dopo aver salvato Grattastinchi, hai il tempo di salvare un solo oggetto. Quale e perché?” 

Hermione si morde il labbro inferiore e socchiude gli occhi. “Cercherei di salvare la mia copia di Storia della magia, ci ho lasciato degli appunti e degli scarabocchi che mi sono molto cari… anche se ci metterei meno a spegnere le fiamme con un movimento di bacchetta.” 

“Salveresti anche molte più cose. Se mai io mi dimenticassi di essere un mago cercherei di proteggere la mia Scopalinda, non sopporterei l’idea di perdere l'incarnazione di così tanti bei ricordi.”

Hermione alza un sopracciglio, “Ti dimentichi di essere un mago, ma non ti scordi di poter volare? Una teoria molto affascinante la tua.” 

Fred arriccia il naso. “Sono le tre di notte e… mi dispiacerebbe molto se nella mia famiglia morisse George, ma non dire agli altri sette che ho un preferito: penso che non l’abbiano ancora capito. Tu?” 

“Non lo so, non è un pensiero su cui mi sono mai voluta soffermare: ho preferito cancellare la mia esistenza dalla loro memoria pur di non metterli in pericolo.” Non è stato facile: perderli, proteggerli e provare a ritrovarli dopo la guerra. E poi, una volta trovati, vivere con la consapevolezza che non sarebbe mai stato lo stesso. 

“Hermione.” La strega sposta gli occhi su di lui. “Non  ho voglia di rispondere alla prossima domanda e non, smettila di ridere, non è perché ho poca pazienza.” 

“È una domanda che richiede una risposta intricata?” 

“È possibile.” 

Hermione sorride, “Leggimela e basta, prometto che non la prenderò sul serio.” 

“Condividi un problema personale e chiedi all’altra persona un consiglio su come potrebbe affrontarlo.” 

Ha detto che non intende rispondere, e non lo farà. Però è invitante l’idea di pensarci soltanto: come dirti che abbiamo fallito l’esperimento? Lui saprebbe trovare le parole giuste: Hermione, avanti, l’esperimento è fallito in partenza. “L’abbiamo fatto già tante volte.” A scuola, a notte fonda in Sala Comune, Fred le ha suggerito che ingrediente sciogliere dentro una pozione e di non prendersela per non esserci arrivata da sola. Hermione gli si è seduta accanto a Grimmauld Place, gli ha tenuto stretto la mano per un pomeriggio intero. Prima uno e poi l’altro. 

“Ti chiedo l’ultima,” le dice e prende un lento respiro. Lei nota che sta tergiversando e l’attesa comincia a mangiarle lo spirito. “Se dovessi morire questa sera senza avere la possibilità di comunicare con nessuno, cosa ti dispiacerebbe non aver detto?”

Oh. Lei scuote il capo, “Non è stato grazie alla Skeeter, voglio che tu lo sappia: non darò a lei il merito di essermi innamorata di te.” Fred alza un sopracciglio e reprime una risata. La fossetta sulla guancia inghiotte dodici lentiggini. “E mi dispiacerebbe morire senza avertelo detto.” 

“Posso prendermi il merito?” C’è chi crede ancora nei miracoli, nelle piccole magie che possono arrivare a cambiare un momento. Fred crede che i miracoli – perché ci crede – siano in grado di tingere i colori delle stanze fino a farli diventare tutti variopinti e di trasformare i suoni in melodie mai sentite: il rosso del camino sul volto di Hermione è sempre stato così intenso? E il crepitio della legna? Fred crede ai miracoli perché adesso lei sta sorridendo. 

“Lo faresti anche senza il mio permesso.” 

Fred appoggia la rivista dove può e le allunga le mani per tirarla a sé. “La notte che sono quasi morto ho pensato la stessa cosa: non potevo andarmene senza avertelo detto in modo talmente serio da fartelo capire.” 

Le ginocchia di Hermione sbattono contro quelle del gemello, è un dolore piacevole. “Che ne sarà ora dei tuoi filtri d’amore?” 

Lui scuote il capo prima a destra e poi a sinistra, “Li lascerò sugli scaffali del negozio e manderò una lettera alla Skeeter, suggerendo un paio di cambiamenti strutturali.” 

“Potresti cominciare dicendo che ammiri molto il suo lavoro, ma che l’hai trovato a tratti ripetitivo.” La mano sinistra di Hermione si appoggia al petto del gemello e ne ascolta il ritmo del cuore: è una sensazione nuova. Le piace. 

Fred le sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Fa un ultimo sforzo con la schiena e la bacia. Lo aggiunge alla lista delle cose che gli piace di Hermione e si appunta mentalmente di dirglielo in modo da non far passare altri mille anni. Le sue dita percorrono la guancia della strega e si fermano sul collo. Pensa che sia un bene che non se lo siano detti prima: il tempo ha creato qualcosa di bello. “Non posso dirle che ammiro il suo lavoro, sarebbe troppo perfino per me.” 

“Per te sarebbe troppo scriverle.” 

Fred ride e le bacia l’angolo della bocca. “Sei innamorata di me.” Chiude gli occhi, ne assapora l’emozione. “Da quando? Come? Perché?” 

Anche Hermione ride, mentre scappa via – ha bisogno di un secondo per rendersi conto che non sta per morire – e si alza in piedi. “Ti ho già concesso trentasei domande.” 

Il gemello scuote il capo e recupera le due tazze vuote dal tavolino. “Troverò il modo di farmelo dire. Qualcosa tipo ‘Le sette domande per rafforzare la vostra relazione’... Ti andrebbe di rispondere con me?” Fa due passi verso la cucina e si ferma a guardarla. 

“Presupporrebbe che per rispondere dovremmo essere in una relazione.” 

Fred sorride, il rumore della ceramica contro la ceramica riempie la stanza. “Trentasette domande, dammene ancora una: ti andrebbe di stare con me?” Di riempire la casa di risate, di contare quanti passi ci sono dal letto al frigorifero. Di sapere quando piangiamo e come stanno le nostre anime. Ci sono così tante cose, Hermione, che possiamo fare insieme. 

Hermione lo sa e non vuole più rinunciarci. “Mi andrebbe molto.”  

 



Eccomi qui: metto con un sorriso la parola fine a questa storia. Mi ha fatto penare: trovo che l'equilibrio tra dialoghi e descrizioni sia tenuto insieme da una corda troppo sottile. Non mi importa davvero così tanto – o sto ignorando il dettaglio, sono brava a non vedere i problemi cofcof – perché Fred e Hermione sono tanto belli. 
Rubo queste piccole frasi per ringraziare chi mi ha accompagnato in questa avventura: è stata bellissimo tornare a scrivere, tornare a leggere, tornare a Fred che importuna Hermione. Grazie per tutte le belle parole (anche quelle personali, mi hanno raggiunto e mi hanno aiutato a stare meglio), 
Sia 


 

 

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