In Un Giorno Qualunque

di EleAB98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO I ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO II ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO III ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO IV ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO V ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO VI ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VII ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VIII ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO IX ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO X ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO XI ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO XII ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO XIII – [PRIMA PARTE] ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO XIII – [SECONDA PARTE] ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO XIV ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO XV ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO XVI ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO XVII ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO XVIII ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO XIX ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO XX — [PRIMA PARTE] ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO XX — [SECONDA PARTE] ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO XXI ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO XXII ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO XXIII ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO XXIV ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO XXV ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO XXVI ***
Capitolo 29: *** CAPITOLO XXVII ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO I ***


 

CAPITOLO I



Quel giorno di fine novembre infuriava un violento temporale. Normalmente Amanda ne sarebbe stata entusiasta, ma quella sera non lo era per niente. Non poteva restarsene bella comoda sul divano del soggiorno a sorseggiare un buon gin tonic mentre là fuori si scatenava quell'inferno che, sin da quando era piccola, l'aveva sempre affascinata?

Oddio, sempre! esclamò nella sua testa, roteando gli occhi per un istante. A dire il vero, adorava gustarsi lo scrosciante rumore della pioggia soltanto quando, appunto, se ne stava barricata in casa ad assistere a quel meraviglioso spettacolo della natura, seduta per ore dirimpetto alla finestra, gli occhi sgranati che saettavano qua e là per catturare le infinite gocce d'acqua che si posavano sui vetri per poi unirsi le une con le altre, rincorrendosi in quel gioco che tanto la incuriosiva.

Lo sguardo della ragazza continuava a perdersi tra i piccoli angoli di mondo che riusciva – seppur a malapena – a intravedere dal finestrino, mentre il taxi la conduceva a destinazione. La pioggia era talmente fitta che quasi non riusciva più a scorgere il profilo delle tante palazzine che si stagliavano nel centro della cittadina, come i passanti che inzuppavano il marciapiede. Non era mai stata a Padova, e non avrebbe mai creduto che la sua prima tappa nelle vesti di scrittrice errante sarebbe stata una città tanto diversa rispetto a Monferrato, il paesello di settecento anime in cui era nata e cresciuta.

Si strinse nel cappotto. Per un momento si chiese come sarebbe stato essere accolta da una folla urlante che, smaniosa ed eccitata, faceva di tutto per accaparrarsi un suo autografo. La cosa la spaventò ed entusiasmò nel contempo.

Amanda Benassi, sei proprio tu il nuovo fenomeno editoriale! Ce l'abbiamo fatta! Ce l'hai fatta! aveva esclamato, giusto qualche settimana prima, Alessandro De Dominicis, suo fidato agente letterario da ben cinque anni. A conti fatti, poteva ormai considerarlo un buon amico, o perlomeno Amanda lo trattava come tale. Non che si confidassero troppo, ma qualcosa le diceva che da quel momento, magari, avrebbe potuto conoscere il vero Alessandro.
D'altra parte, non sarebbe toccato a lui farsi carico di tutti gli aspetti burocratici che da quel punto in avanti gli sarebbero piovuti addosso? Come minimo gli doveva un'intera cassa di squisito vino rosso! aveva pensato, soffocando un sorriso sardonico. Alessandro era praticamente astemio. Assai raramente sorseggiava alcolici, non fumava, non si perdeva in chiacchiere inutili. L'uomo perfetto, insomma.

Un leggero tocco sulla spalla la fece sussultare. «Sei nervosa?»

Amanda si voltò di scatto. «Nervosa? Io?! Sto soltanto tremando dall'agitazione!» replicò, rabbrividendo alla constatazione di Alessandro.

L'altro sorrise. «Andrà benissimo, vedrai. Sei il nuovo astro nascente dell'—»

«Editoria italiana degli ultimi dieci anni e bla bla bla... Potresti smetterla di ripeterlo, per favore?» lo supplicò, tra il divertito e lo scocciato.

«Che posso farci se è così?» ribatté lui, scrollando le spalle. «I romanzi non li ho scritti certo io!»

Amanda tornò a guardarlo. Capelli scuri, profondi occhi verdi, labbra sottili, lineamenti delicati. Un leggero accenno di barba. E un sorrisetto che non prometteva niente di buono.

«Dico sul serio», riprese lui, senza scostare lo sguardo dalla ragazza. «Dovresti essere fiera di te stessa.»

«Se sono arrivata fino a qui lo devo soprattutto a te», replicò Amanda, scrollando il capo.

«Se sei arrivata fino a qui è perché hai talento. Accettalo una buona volta!»

«D'accordo, Ale, d'accordo», convenne Amanda. «È merito di entrambi. Contento?»

L'altro incrociò le braccia, la testa riversa all'indietro.

Amanda si trattenne dal ridere.

Sei impossibile! le aveva detto sempre lui in simili circostanze – e lo avrebbe fatto ancora se soltanto non avesse giudicato sin troppo incombente la presenza del tassista, che a quanto sembrava stava origliando con un certo interesse la conversazione tra i due.

Penserà di sicuro che siamo una coppietta in procinto di spassarcela da qualche parte, ma quanto si sbaglia! si disse Amanda con un sorriso.

D'altronde, l'uomo non aveva dato segno di conoscerla; di sicuro non immaginava neppure che fare lo scrittore potesse considerarsi un lavoro paritario agli altri, persino redditizio – per quanto fosse, ai più, un traguardo irraggiungibile.
Amanda sapeva benissimo che il talento non bastava per sfondare in un campo nel quale la concorrenza era più che spietata, e non si faceva problemi ad ammettere candidamente quanto fosse stata fortunata a ritagliarsi un posto tra "i grandi" della narrativa contemporanea. A dirla tutta, la parte più nascosta di sé pensava ancora di non meritarsi un simile titolo. C'erano tanti scrittori esordienti degni di essere scoperti, acclamati o anche solo apprezzati, e Amanda sperava, per quanto il suo fosse un pensiero alla Thomas More¹, che ognuno di loro potesse avere la sua occasione.

Dopo la laurea quinquennale in Architettura, aveva speso tutte le proprie energie per realizzarsi in quel campo lavorando per molti mesi in uno studio privato, e il più delle volte aveva quasi accarezzato l'idea di proseguire la formazione accademica passando per un dottorato di ricerca.
Ma poi, come spesso accade, la verità le era piombata dinanzi agli occhi in maniera del tutto inattesa.

Doveva scrivere un libro. Voleva scriverne uno. 

Durante gli anni universitari aveva accantonato questa forte esigenza a favore di un qualcosa di più concreto e meno favolistico – come lo definiva sempre sua madre –, ritrovandosi persino a sbattere la testa su formule astruse di Fisica e Matematica. D'altra parte... un architetto poteva considerarsi davvero tale se non conosceva a menadito le leggi più importanti della Fisica? Secondo il professor Testaccio – l'insegnante più cinico, odioso e severo che avesse mai incontrato – una persona con un simile bagaglio culturale poteva direttamente iscriversi a Storia dell'Arte o a un'Accademia di Design, dicendo addio per sempre alla Facoltà di Architettura.

Se pensate di venire a studiare qui soltanto perché vi sentite portati per il disegno, avete sbagliato strada! La Fisica, ragazzi! La Fisica è TUTTO!

Amanda rabbrividì. Per un attimo ebbe quasi l'impressione di risentire la sua voce, di rivedere quello sguardo arcigno fisso su di lei; quasi le sembrò di ritrovarsi ancora lì, rannicchiata in una delle tante aulette tristi e anguste insieme agli altri studenti, con l'aria timida e spaesata di chi non ha mai studiato Fisica sul serio perché proveniente da un liceo linguistico, con addosso la costante sensazione di non essere all'altezza, di non riuscire a superare quello scoglio che, a tutti gli effetti, le era parso assolutamente insormontabile.

Eppure ce l'aveva fatta. Aveva affrontato quel cagnaccio con coraggio e prontezza di spirito, strappandogli un misero ventidue che però ad Amanda era suonato come un vero e proprio inno alla libertà. Ma la più grande, assoluta libertà le si era presentata dal momento esatto in cui aveva ripreso in mano carta e penna. E non per abbozzare chissà quale progetto architettonico – nossignore! –, bensì per scrivere... il suo primo romanzo. Il primo di una lunga serie, avrebbe constatato dopo qualche anno.
Da quando aveva ripreso confidenza con le parole, non era più riuscita a smettere di cibarsene. E adesso, contro ogni sua aspettativa, il suo ottavo romanzo aveva scalato tutte le classifiche. Le peripezie del commissario Beltrand avevano avuto un gran successo. E a quanto pareva, erano piaciute proprio a tutti.

«Mozzafiato, Amanda! Semplicemente mozzafiato!»

Queste erano state le parole di Alessandro; parole che, non sapeva perché, le rimbombavano a più riprese nella testa, nelle orecchie e nel petto. Aveva provato una forte emozione a quell'esclamazione così sincera e naturale, malgrado Alessandro l'avesse elogiata sin dagli esordi. «Sei sempre più brava», le aveva detto solo qualche anno prima, riuscendo a stento a contenere l'entusiasmo. Come agente letterario aveva rappresentato moltissimi scrittori, ma con nessuno di loro aveva intrattenuto un rapporto di lunga data com'era invece accaduto per Amanda. «Mi piacerebbe molto occuparmi anche dei tuoi prossimi romanzi. Sempre che tu voglia concedermi questo onore e sia rimasta soddisfatta del mio servizio», aveva poi aggiunto, mentre con calma si sorbivano un caffè nero di fronte al distributore automatico dell'agenzia di Alessandro.
Amanda non ci aveva affatto pensato su. Alessandro era stato un ottimo agente, oltretutto lo trovava un ragazzo a modo, intelligente ed empatico – per certi versi anche piuttosto riservato. Non le sarebbe dispiaciuto proseguire sulla scia di una fruttuosa collaborazione che, tra le altre cose, le aveva regalato innumerevoli soddisfazioni. Proprio per questo gli aveva rifilato un entusiastico .

«Siamo quasi arrivati», proruppe Alessandro, strappandola di nuovo alle sue riflessioni.

Amanda fece un bel respiro.

OkayPosso farcela.

«Saranno in tanti?» domandò, scrutando il tassista con la coda dell'occhio. Sembrava che a quell'uomo corpulento non interessasse più granché di ascoltare cos'avessero da dirsi lei e Alessandro.
Si accasciò sul sedile, sollevata e non meno eccitata.

«Si stima che all'evento parteciperanno almeno duecento persone, se si escludono giornalisti, editori, traduttori, grafici, lettori editoriali e—»

«Qualcun altro?»

Amanda strabuzzò gli occhi. Come avrebbe gestito un simile marasma?

«Credo sia tutto», rispose l'altro, manifestando una calma invidiabile.

«Mi dici come fai a essere così tranquillo?»

Silenzio di tomba.

«Dio, sono così stupida!» riprese Amanda, fintamente scioccata. Si piazzò una mano in fronte in un gesto teatrale. «I romanzi li ho scritti io, di certo non tu!» esclamò sarcastica, parafrasando quanto aveva detto lui pochi minuti prima.

Ad Alessandro scappò un sorriso divertito. «La protagonista della serata sei tu. Cerca di goderti il momento, okay?»

Amanda non replicò e sorrise a sua volta. Nonostante la forte emozione minacciasse di non farle pronunciare neppure una sillaba, avrebbe senz'altro seguito il suo consiglio.

 

[1] Thomas More: filosofo e pensatore inglese, autore del celebre romanzo satirico Utopia, nel quale si dipinge una società ideale, completamente esente dal male e dall’opportunismo.
 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO II ***


CAPITOLO II



Furono letteralmente travolti da una cascata di pioggia. Il tassista li aveva lasciati proprio di fronte a La Feltrinelli, sgommando poi a tutta velocità per le viuzze della città incurante del fatto che una bizzarra coppia di fidanzati – ubriachi e piuttosto malconci, a giudicare dal loro sguardo allucinato e dai vestiti semi-strappati che a malapena li ricoprivano – gli avesse fatto cenno di fermarsi.
Alessandro e Amanda non fecero nemmeno in tempo a raggiungere l'entrata della libreria, che un'abbondante sferzata d'acqua li colpì in pieno. L'agente richiuse l'ombrello e imprecò sottovoce.

«Okay, stare sotto lo stesso ombrello non è stata l'esperienza più esaltante della nostra vita», se ne uscì Amanda, trattenendo a stento uno sbuffo.

«Decisamente no. Il meglio deve ancora venire.» L'agente tornò a sorridere di colpo. «Allora, sei pronta?»

Amanda si scrollò il basco dal capo, rivelando una corposa massa di capelli scuri. Si avvicinò alla vetrina della libreria fino a spiaccicarvi il naso e la fronte. Proprio in quel momento, incrociò lo sguardo affilato di un dipendente che accennò loro di entrare. Amanda provò un certo disagio. Quell'individuo sorrideva troppo e sembrava parecchio su di giri, senza contare che il viso gli si era illuminato all'istante, non appena l'aveva vista. 

Bazzecole! si disse, scostando lo sguardo da lui.

Si voltò verso Alessandro e, nel frattempo, fece un respiro profondo. «Sono pronta», graffiò sicura, mentre il sorriso dell'agente si faceva sempre più entusiastico.

Amanda spinse la porta in avanti ed entrò. Come sempre, non poté non rimanere affascinata dalla pila di scaffali che si ergeva maestosa dinanzi ai suoi occhi sbigottiti. Se avesse potuto scegliere il suo paradiso sulla terra, quel paradiso sarebbe stato, senza ombra di dubbio, una qualsiasi libreria. I suoi occhi vagarono senza sosta su quell'immensa distesa di saggi, classici della letteratura, narrativa contemporanea e libri per bambini, perdendosi nel proprio mondo fatto di sogni diventati, finalmente, pura realtà.

«Ma buonasera!»

Una voce squillante la fece immediatamente scattare sul posto. Due profondi occhi color nocciola la scrutarono dall'alto in basso, la bocca sottile piegata all'insù, in una smorfia che sembrava quella di un cecchino pronto ad arraffare il suo bottino a piene mani. Senza pudore alcuno, l'uomo in questione si soffermò per qualche secondo di troppo a guardare la lieve scollatura che si intravedeva dal cappotto in piuma d'oca di Amanda, mentre le stringeva la mano congratulandosi con lei per il suo nuovo romanzo.

Ah, quanto sono stata scema! si rimproverò la ragazza, avrei dovuto chiudere il giubbotto fin sopra al collo! Con questo freddo, poi!

Amanda gli rivolse un sorriso forzato. Trovava quel tale profondamente sgradevole, oltre che privo di qualsiasi forma di fascino o cortesia. Lo sentiva un viscido. Lo scrutò a fondo con aria di sfida. Non avrebbe dovuto provare imbarazzo per un simile individuo. Semmai sarebbe stato lui a doversi vergognare!

Fronte ampia, capelli biondi scompigliati, media statura. Aria sfacciata. Sulla trentina. Il classico tipo che crede di poter avere uno stuolo di donne ai suoi piedi semplicemente schioccando le dita. 

Montato! pensò disgustata, mentre cercava di rivolgergli un sorriso più falso del Rolex che aveva al polso.

«Buonasera a lei, e grazie di cuore per la gentile ospitalità!» gli disse, incrociando istintivamente le braccia dopo avergli stretto la mano.

L'uomo fece lo stesso con Alessandro, che però si limitò a un semplice cenno del capo ricambiando, palesemente controvoglia, il suo gesto di benvenuto.

«Hai bisogno di cambiarti?» sussurrò poi ad Amanda, non appena l'altro uomo si fu allontanato abbastanza per sistemare alcune scartoffie prima che iniziasse la presentazione. Sullo sfondo Both Sides Of The Story, una delle canzoni preferite di Amanda.

Lei scrollò le spalle. In un'altra circostanza si sarebbe messa a canticchiare con viva spensieratezza il brano del suo Phil Collins, ma in quel momento... Sospirò, cercando di nascondere il proprio fastidio agli occhi di Alessandro. Si sentiva lo sguardo di quel tipaccio addosso e il disagio che provava non accennava a scomparire. «Non avevo previsto un temporale come questo. Penso proprio che dovrò arrangiarmi, non ho nessun cambio di vestiti con me», replicò sottovoce.

«Scusami, immaginavo, non so...» Si bloccò di colpo. 

«Che cosa?»

Alessandro accennò un sorriso imbarazzato. «Non so, voi donne siete sempre così tremendamente organizzate che alle volte mi stupisco di quante cose teniate dentro a una borsa! E visto che la tua—»

«È esageratamente grande, credevi che, tra la moltitudine di ciarpame che ci ho messo dentro, ci fossero anche un bel paio di pantaloni griffati e magari anche una felpa glitterata di ricambio», completò Amanda, lasciandosi scappare un genuino sorriso. «Ma con chi caspita sei uscito, si può sapere?»

L'uomo rise alla battuta. «Meglio sorvolare su questo punto», le rispose, vago, senza smettere di guardare di sottecchi quella borsa dagli strani – e colorati – motivi rettangolari.

«Comunque non hai tutti i torti. Qui dentro ho un po' di cose che non volevo sistemare nella valigia», gli disse, indicando la borsa incriminata. «E tra queste cose, be'... ci sono un paio di thriller di Charlotte Link²».

«Vedo che non ti è passata», commentò lui con un mezzo sorriso. «Quando ti darai ai thriller storici, si può sapere? Che so... Dan BrownGlenn Cooper... ti dicono niente?»

«Ma guarda che ha scritto anche quelli!» replicò Amanda, fintamente indispettita.

«Nah, i veri thriller storici sono altri! Senza offesa per la tua bella», la schernì lui, facendole l'occhiolino. Si guardò per un momento. Era bagnato fradicio. «Cavolo, sono un disastro.» 

«Siamo un disastro», commentò Amanda, cercando di prenderla sul ridere. «Spero soltanto che la gente non faccia troppo caso a come sono conciata.» 

«I tuoi cari fans non potranno che ammirarti», rispose Alessandro, rassettandosi la giacca alla bell'e meglio. «Mi raccomando, fatti valere.» 

«Ci proverò.» Amanda ripose il basco nella borsa e, toltasi di dosso il pesante cappotto, s'incamminò verso il tipo che poco prima l'aveva importunata con lo sguardo. Non che le facesse piacere parlare con lui, ma non poteva fare altrimenti. Sperava soltanto che le cose non fossero andate troppo per le lunghe. 

«Vado io a parlarci», intervenne invece Alessandro, bloccandola delicatamente per un braccio. «Comincia pure a sistemarti, che alle questioni burocratiche ci penso io.»

Amanda gli regalò un'occhiata colma di gratitudine. «Grazie», disse soltanto, quindi lasciò che Alessandro se la sbrigasse da solo con quel dongiovanni da due soldi. Si guardò intorno ancora una volta: non avrebbe mai smesso di contemplare quell'enorme e variopinta distesa di libri che la circondava. Quando s'imbatté nello scaffale dedicato al suo nuovo romanzo, ebbe un tuffo al cuore. Il sogno coltivato sin dall'infanzia si era avverato da ormai qualche anno, eppure questa volta non riusciva a contenere l'entusiasmo. Forse perché, da quel momento in poi, scrivere sarebbe stata tutta la sua vita. Avrebbe finalmente potuto definirla – in barba a chi le diceva che il suo era uno di quei desideri destinati a rimanere tali – la sua attività principale, quella di cui non avrebbe fatto mai più a meno. Le sfuggì un sorriso emozionato. Con quali parole avrebbe accolto la numerosa platea che l'aspettava? Aveva abbozzato un discorsetto qualche giorno prima dell'evento per non farsi cogliere troppo impreparata, ma era quasi sicura che l'emozione avrebbe stravolto tutti i suoi piani. Pur avendo affrontato tanti esami all'università, non poteva certo definirsi un'esperta nel parlare in pubblico. Con tutta quella gente, poi! 

Be', perlomeno non mi ha assaltato ancora nessuno con la storia degli autografi, questa volta il maltempo ha giocato a mio favore. 

O semplicemente ti sei fatta troppe aspettative! si redarguì poco dopo, scuotendo sommessamente la testa senza smettere, però, di sorridere. 

Come sarebbe stato lavorare a tempo pieno con la scrittura? Ancora non riusciva a figurarsi immersa in una simile, fortunata prospettiva. In moltissimi le avevano suggerito di provare la strada del giornalismo, ma Amanda aveva capito molto presto che scrivere su commissione non faceva per lei. Certo, le sarebbe tanto piaciuto redigere articoli di musica inerenti alle sue band preferite, ma non poteva certamente sperare di campare scrivendo recensioni occasionali su riviste specialistiche come Prog Italia³. E con quale curriculum, poi? Molto spesso, chi vi scriveva poteva vantare un'ampia conoscenza di stili, generi musicali e, soprattutto, degli strumenti in senso stretto. Chi vi scriveva era in effetti un musicista. E per quanto Amanda adorasse il pianoforte, non aveva mai frequentato una scuola apposita per impararne il funzionamento a livello tecnico. Questa sua passione, come diceva spesso, si era sviluppata un po' "troppo tardi" perché potesse considerarsi – o diventare – un'esperta in materia. A ogni modo, era comunque certa che, presto o tardi, avrebbe soddisfatto anche il capriccio di imparare a giocare un po' con il meraviglioso pianoforte che suo zio materno le aveva regalato per la sua laurea.

Un vociare improvviso la fece voltare di scatto. La platea tanto attesa si stava rivelando, a poco a poco, ai suoi occhi ancora increduli e sognanti. Un discreto numero di giornalisti – quelle persone col taccuino semi-inzuppato tra le mani non potevano che essere loro! – e tanti altri spettatori di ogni foggia, tra cui anziani, adolescenti e qualche bambino accompagnato dai genitori, provvidero a prendere posto sull'ordinata fila di sedie che era stata approntata dall'organizzatore in vista dell'evento. Se Amanda avesse dato retta all'istinto, sarebbe scappata in bagno come un coniglio per cercare di placare il battito costante del suo cuore, che correva come un cavallo impazzito. Peccato che non sapeva dove fosse – e peccato che il pubblico l'avesse riconosciuta seduta stante, dispensandole sorrisi talmente adoranti che quasi quasi non le aveva mai regalato neppure Daniele, il suo ex ragazzo. Per quanto desiderasse che il suo corpo non tradisse la tensione, non poté fare a meno di notare che le sue gambe stavano tremando un po' troppo per i suoi gusti. 

Mi sa tanto che qui è peggio di un esame! si disse, mentre cercava di sorridere naturalmente a quelle persone che, a quanto pareva, amavano alla follia tutti i suoi libri.

Okay, com'è che diceva la mia professoressa di Arte? "Quando siete davanti a una grande platea, cercate di immaginarla in mutande. Vi assicuro che cominciare a parlare sarà molto più facile!"

Ad Amanda scappò una risatina sommessa. Troppo forte, quella donna! Okay, concentrati, Amanda. Ci siamo quasi. 

Fece un respiro profondo e si posizionò dietro la scrivania sulla quale, ne era certa, non si sarebbe seduta nemmeno per un secondo, se non a seguito della sua presentazione. Il vociare della platea si faceva sempre più concitato, mentre i giornalisti cominciavano a scattare foto a destra e a manca al nuovo fenomeno editoriale. Amanda cercò Alessandro con lo sguardo, e subito lo trovò. Un sorriso caldo ma discreto, confortante e altrettanto emozionato, le ispirò immediata fiducia. Con un leggero cenno del capo, chiuse la conversazione con il tipo che li aveva accolti e le si avvicinò. Manifestando un'invidiabile disinvoltura – ah, quanto avrebbe voluto essere lui in quel preciso momento! – richiamò l'attenzione degli astanti e cominciò a parlare: «Buonasera a tutti, appassionati lettori – e, perché no, anche scrittori! –, grazie davvero per essere qui. Immagino conosciate bene la signorina che è qui accanto a me, pertanto... andrei subito dritto al punto e lascerei la parola proprio a lei. Quest'oretta e mezzo sarà dedicata alla presentazione del suo ultimo libro – Le Pazze Indagini Di Beltrand – di cui ci parlerà più o meno nel dettaglio. Per eventuali copie autografate, vi assicuro che al termine dell'evento ci sarà spazio anche per questo, perciò non preoccupatevi. Detto questo... buon ascolto!»

Alessandro si voltò verso Amanda e, fattole di sfuggita l'occhiolino, si allontanò per poi piazzarsi in un angolino della sala. La ragazza prese il microfono e cominciò a parlare, senza manifestare troppo coraggio nello scandagliare nel dettaglio la curiosa platea, che l'accolse con un bell'applauso di incoraggiamento. Da una parte temeva di scorgere ancora quegli occhi insolenti da cui poco prima si era sentita violata, mentre dall'altra temeva che il suo amato pubblico si sarebbe annoiato a morte. Quando voleva riusciva pure a intrattenere un discreto numero di persone – anziani o, in generale, persone molto più grandi di lei, con le quali aveva un feeling particolare –, ma in quel campo minato che comprendeva, invece, persone di qualsiasi fascia d'età, si sentiva assai più esposta a un eventuale giudizio che, magari, le sarebbe apparso meno lusinghiero di quanto potesse aspettarsi. Anche se col tempo aveva imparato a fregarsene delle opinioni altrui, ammetteva che nel campo della scrittura non riusciva del tutto ad assumere un tale atteggiamento. D'altronde, il gradimento del pubblico per un romanzo permetteva all'autore di farsi strada nel campo editoriale e, in taluni casi, persino spalancargli la strada per il successo.

Amanda continuò a parlare al suo pubblico incrociando, di tanto in tanto, lo sguardo di Alessandro: la sua espressione non era mutata. Il solito, impercettibile sorriso faceva capolino sulle sue labbra e permetteva ad Amanda di proseguire quel discorso che, se lo sentiva, si sarebbe fatto più appassionante a ogni minuto che passava; tant'è che, non appena presa dimestichezza con tutto quel marasma, come da lei segretamente definito, iniziò a soffermarsi su ogni singolo sguardo cercando di farsi un'idea sul come se la stesse cavando. Quell'implicita domanda passò però in secondo piano non appena Amanda constatò che la platea contava un numero spropositato di uomini, che di certo non la stavano guardando manifestando ingenua curiosità – o almeno, non tutti –, bensì con quei tipici occhietti che lei avrebbe giudicato, in prima battuta, non tanto dissimili a quelli di un... predatore. Per un momento si chiese se la sua non fosse frutto di una suggestione momentanea. Era davvero così strano che il suo affezionato pubblico fosse composto prevalentemente da membri di sesso maschile? In fin dei conti i suoi gialli tragicomici – come lei stessa li definiva – erano stati tutti scritti dalla parte di Beltrand, lo squattrinato ma geniale detective protagonista di episodi tanto agghiaccianti quanto esilaranti. E poi... era proprio necessario dare credito a tutti quei sondaggi che dipingevano il pubblico femminile come il principale fruitore di romanzi? Amanda si morse la lingua. Non era proprio il momento di pensare alle statistiche!

Quegli sguardi, però... Tornò a fissare, con misurata discrezione, un paio di ragazzi, che non sembravano disposti a staccarle gli occhi di dosso. Uno di loro, tra l'altro, aveva stampato in faccia un sorriso vagamente impertinente e, a tratti, anche piuttosto irritante. 

Non sarà parente di quello di prima? si domandò, cercando di buttarla sull'ironia. 

Non era sua abitudine sentirsi così al centro dell'attenzione, ma d'altronde... da quel momento in poi il fiume della popolarità l'avrebbe travolta a viva forza o, perlomeno, sarebbe stato così per tutta la durata del suo tour promozionale. Poteva forse tirarsi indietro? 

Scostò lo sguardo da quel giovane biondino e si soffermò, per puro caso, su un altro uomo che la scrutava, invece, con un cipiglio piuttosto severo ma non meno interessato. Aveva tutta l'aria del tipico docente misterioso, riservato e pragmatico a cui a tutti, almeno una volta nella vita, è capitato di imbattersi. Capelli neri spruzzati di grigio, bocca sottile. Completamente sbarbato.

Amanda guardò altrove. Aveva "conosciuto" un simile individuo proprio all'università. Un uomo all'apparenza molto schivo, di poche parole ma non meno disponibile che però, durante le lezioni, ostentava un carattere piuttosto diverso da quello che lei stessa gli aveva associato. Quell'uomo, tra l'altro, le aveva fatto da relatore di tesi, e di lui Amanda conservava, tutto sommato, un buon ricordo. Ciononostante, lo sguardo di quel tale le suscitò una strana sensazione; una sensazione che, almeno sulle prime, non riuscì a spiegarsi. Decisa a non indagare oltre, scrutò con interesse gli altri membri della sala, scoprendosi più curiosa che mai. Ogni individuo aveva una sua storia alle spalle, una propria identità. Un motivo forte che li aveva spinti a essere lì in quel giorno così importante per lei. Doveva essergliene immensamente grata. Quasi senza accorgersene, arrivò al termine della presentazione del libro e si beccò, seduta stante, un applauso entusiasta da parte dell'intera platea.

Amanda sorrise. Finalmente poteva tirare un (bel) sospiro di sollievo! 

Si lasciò cadere sulla sedia e attese il momento del firmacopie. In fondo alla sala, un entusiastico Alessandro cercava di calmare la corposa platea di giornalisti che, da un momento all'altro, avrebbero assalito la sua protetta con mille (e più) domande. La ragazza prese in mano la penna e fece segno, a chiunque volesse una copia autografata del suo libro, di avvicinarsi. Sperava tanto che quel paio di individui visti poco prima non si facessero vivi ma le sue stesse speranze, come aveva immaginato, vennero prontamente deluse. Mentre stava autografando la copia del libro appartenente al "biondo ragazzo dagli occhi blu", un impudente "ti va di uscire con me?" riecheggiò nella sala, mettendola in pesante imbarazzo. Qualcuno ridacchiò, qualcun altro strabuzzò gli occhi al pari di Amanda – che a quell'uscita si era bloccata di colpo – mentre Alessandro... si era voltato immediatamente verso quel brusio tutt'altro che indistinto. 

Amanda, sin troppo educata e discreta da rispondere a tono a un individuo che comunque non conosceva per nulla, fece finta di niente e, con estrema serietà, porse il libro autografato al ragazzo in questione senza degnarlo neppure di ulteriori occhiate. Fortunatamente, il biondo capì l'antifona e sparì seduta stante, lo sguardo basso, la coda tra le gambe. 

La ragazza tornò a sorridere. Non voleva – né poteva – farsi rovinare la giornata da simili sfacciati. Rialzò lo sguardo e riprese a dispensare sorrisi a destra e a manca, mentre accoglieva con gioia, infinita soddisfazione e timidezza insieme tutti i complimenti che i lettori – i suoi lettori! – le dispensavano.

Dopo un'ora abbondante, un'Amanda a dir poco esausta si apprestò ad apporre le ultime firme della giornata. Proprio in quel momento, lo sconosciuto che poco prima l'aveva scrutata in quel modo così penetrante durante tutta la durata della presentazione le comparve davanti, il romanzo tra le mani, uno sguardo indecifrabile impresso su quel volto dai lineamenti squadrati – ma delicati al tempo stesso. Il cuore di Amanda prese a battere fortissimo. Improvvisamente, si sentì le mani così sudate da pensare che le sarebbe scivolata via la penna, se soltanto avesse provato ad apporre quella benedetta firma. Si fece coraggio e, accennando un flebile sorriso, fece per prendere il libro che l'uomo teneva debolmente nella mano destra. Ma forse non poi così debolmente come Amanda credeva, dato che lui, tutto d'un colpo, rafforzò la presa e mormorò un mi scusi che le procurò un istantaneo brivido lungo la spina dorsale.

«Mi scusi, io ho... ho dimenticato una cosa importante in macchina, me ne sono ricordato giusto adesso... Potrebbe aspettarmi un momento?» 

«Si figuri», mormorò Amanda con aria confusa. «Comunque non ci vorrà molto, posso firmarl—»

«Mi scusi davvero», insisté lui, «ma la cosa è piuttosto urgente. Un minuto e sono subito da lei.» Si voltò immediatamente e uscì, a grandi falcate, dalla libreria.

Passò il fatidico minuto, quindi ne trascorsero altri cinque. Amanda, almeno per quel giorno, non l'avrebbe più visto.



[2] Charlotte Link è una delle più celebri scrittrici tedesche della narrativa contemporanea. È nata a Francoforte nel 1963.

[3] Prog Italia: rivista bimestrale dedicata alla musica del passato, in particolare al rock progressivo italiano e straniero. Il suo fondatore è Guido Bellachioma.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO III ***


CAPITOLO III


 

«Dì la verità... ci saresti uscita volentieri, non è così?»

Amanda mollò la tazzina di caffè, la bocca piegata in una smorfia di sorpresa. «Scusami?»

«Con quel tipo», reiterò l'altro facendo spallucce, mentre la guardava di sottecchi.

La ragazza mutò espressione, quindi sorrise appena. 

È una domanda retorica? avrebbe tanto voluto dirgli, ma all'ultimo secondo si decise a stuzzicarlo un po'. 

«Se io ti dicessi che, in effetti, morivo dalla voglia di dirgli di sì?» replicò, ammiccando leggermente.

Alessandro spalancò gli occhi. «Se davvero morivi dalla voglia di farlo, allora significa che in questi anni non ho capito un accidente di te!»

Quando Amanda incrociò di nuovo il suo sguardo, nessuno dei due resistette all'impulso di ridere. «Touché!» esclamò, quindi tornò a sorseggiare il suo caffè. Avevano appena finito di cenare e si stavano godendo un po' di relax sostando nel piano bar dell'hotel, dove avrebbero soggiornato per un paio di notti.

«Dai, torniamo seri... come pensi che sia andata questa serata?»

«Credo sia andata...» Amanda finse di pensarci un po' su. Non riusciva ancora a processare ogni singola emozione che albergava dentro di lei, ma, a conti fatti, non poteva che sentirsi felice. Tremendamente felice. «Alla grande!» 

Molestatori a parte, ovvio, pensò, tenendo quella riflessione per sé.

«Mi dispiace tanto», mormorò Alessandro, come se le avesse letto nel pensiero.

«Per cosa?»

«Be'... non dev'essere stato facile per te. All'inizio, intendo.»

«Se ti riferisci a quel depravato, no. Non è stato facile. Ma ti ringrazio di nuovo per essermi venuto incontro.» Amanda gli strinse il braccio in segno d'affetto, quindi riprese a degustare la sua bevanda preferita.

Alessandro tornò a sorridere. «Era il minimo. Anche se gli avrei volentieri dato un pugno in faccia.»

«Anch'io, lo confesso. Ma c'era in ballo il mio sogno, no? E non riesco ancora a credere che tutte quelle persone fossero lì per me!»

«E siamo solo all'inizio», replicò lui. «Prossima tappa... la fantastica Milano!»

«Mamma mia...» La ragazza scosse la testa, gli occhi sognanti. «Dici che in un futuro non troppo lontano potremmo ripetere questo stesso identico tour senza tutta la pressione che, ora come ora, incombe sulle nostre teste?»

Alessandro assottigliò gli occhi, un sorriso a metà tra il malizioso e il divertito. «Sicura di volerci venire con me? Guarda che poi cominceranno a scambiarci per una coppietta smielata e priva di contegno pur non facendo una cippa, eh!»

Amanda scoppiò a ridere. «Ma va là, come sei subdolo!» gli rispose, facendo un gesto vago con la mano. «Ce l'abbiamo scritto in faccia che siamo solo buoni amici, quindi fossi in te non mi preoccuperei più di tanto. In barba alle riviste scandalistiche, certo!»

«Già...» sospirò lui, lo sguardo fisso sulla tazzina ormai vuota, da cui si era sorbito un buon tè caldo. «Buonissimi amici», sottolineò. «Amanda...» Un altro sospiro, questa volta più profondo. «A tal proposito...» Scosse per un momento la testa, la mano sinistra a giocherellare con la tazzina. «Sono davvero felice per te. Non ho mai dubitato del tuo talento.» La fissò negli occhi. «E... e sono altrettanto felice che ti sia sempre fidata del sottoscritto. Per un agente letterario significa tanto. Che lo scrittore che egli stesso rappresenta nutra fiducia in lui, intendo», precisò. «Anche se... tra me e te la questione è un po' diversa, adesso. Da un po' di tempo... ecco, considerandoti ormai come un'amica, per certi versi... non mi sento più "il tuo agente". Non so se mi spiego.»

«Ti capisco benissimo», rispose Amanda. «Ma te l'ho già detto, non voglio in alcun modo che tu mi faccia prestazioni a gratis. E il caso è chiuso, okay?»

Alessandro alzò gli occhi al cielo. «D'accordo, signorina Benassi. Ma facciamo un patto.»

«Quale patto?»

«Conosciamoci meglio», propose lui, gli occhi pieni di aspettativa. «Non so moltissimo di te – la cosa è reciproca, certo –, e se proprio vogliamo dare importanza al concetto di amicizia—»

«Ho capito», intervenne la ragazza, le mani alzate. «Sai che ti dico? Ci sto, signor De Dominicis!»

«Bene, in questo caso...» Lui inarcò un sopracciglio e allungò la mano verso di lei. Amanda gliela strinse, non senza trattenere un'allegra risata. «Benvenuta a bordo, signorina Benassi.»

Un brivido di rinnovata eccitazione serpeggiò lungo la schiena di Amanda. Dopo che lei l'aveva scelto come agente, Alessandro l'aveva accolta proprio con quelle parole. L'emozione che aveva provato in quel momento era, constatò con una certa meraviglia, proprio la stessa di allora. «Piacere di conoscerla, Alessandro», gli rispose, riportando completamente a galla quel déjà-vu.

«Ci credi? Sono già passati cinque anni», fece eco lui, la mente sintonizzata alla stessa frequenza di quella di Amanda. «E adesso... sei diventata persino una star. E io, nel frattempo... mi sono invecchiato un altro po'.»

L'altra gli diede una leggera gomitata. «Oddio, ma fai sul serio?!»

«Il prossimo gennaio si entra negli "anta", cara Amanda...» commentò lui con fare solenne, un sorrisetto indecifrabile stampato in volto.

«Mai sentito dire che "i quaranta sono i nuovi trenta?"»

Alessandro ridacchiò. «Ma sì, certamente! Con i primi capelli bianchi che ti spuntano da chissà dove, una discreta pancetta che prima non c'era, atroci mal di schiena un giorno sì e l'altro pure. Caspita, potrei davvero fare concorrenza a un aitante trentenne!» sputò, ironico.

«Non ti sembra di esagerare un po'? Il mio professore cinquantenne – quello di Costruzioni, se non erro – non aveva neanche un filo di ciccia!»

«Si vede che fumava come un turco», commentò Alessandro, trattenendo a stento un'altra risata.

«Seh, ti assicuro che non l'ho mai visto con la sigaretta in bocca neppure per sbaglio!»

«Scherzi a parte, conta lo spirito, no? E io, in barba ai tipici acciacchi dell'età, non mi sento affatto vecchio.»

«A parte il fatto che non lo sei proprio, fossi in te non considererei i trentenni così aitanti come dici.»

«Esperienza diretta?» domandò lui; Amanda colse nell'agente un cipiglio sinceramente interessato ma non meno divertito.

«Una specie», gli rispose, senza filtri. «Per me l'età non rappresenta un limite. Almeno io l'ho sempre pensata così.» Per un attimo, Amanda scostò gli occhi dai suoi. Benché non fosse per nulla imbarazzata, non era da lei abbandonarsi in simili discorsi, soprattutto con persone che non conosceva benissimo. Era sempre stata una persona discreta e, a tratti, estremamente riservata – caratteristica che in molti, a suo dire erroneamente, associavano a una timidezza spropositata e non meno nociva. Con Alessandro, però, le riusciva sin troppo facile confidarsi. Pur non avendolo constatato troppo spesso – solo in quell'istante se ne avvide del tutto –, ammetteva di sentirsi a proprio agio nel discutere con lui, persino di argomenti spinosi come quelli. La sua ultima delusione d'amore non era stata facile da digerire. Ricordava quel periodo con un'angoscia non dissimile dal terribile senso di smarrimento che l'aveva colta non appena si era conclusa la sua avventura accademica. Ricordava, d'altra parte, il tacito – quanto prezioso – sostegno che Alessandro le aveva riservato in quel momento tanto critico della sua vita, pur non conoscendo nel dettaglio i lugubri pensieri che la sua mente e, in particolare, il suo cuore, partorivano senza che potesse controllarli.

«Mi sembra giusto non partire prevenuti o porsi troppi limiti. Specie in amore», dichiarò lui, assorto in chissà quali riflessioni. «E mi sembra anche giusto levare le tende, a questo punto.» Si scostò il lembo del maglione color pesca e guardò l'orologio, quindi si allontanò di botto dal piano bar, come scottato.

Amanda colse una strana atmosfera nell'aria. Ebbe quasi l'impressione che lui volesse... scappare. «Va tutto bene?»

«Benissimo. Soltanto che è un po' tardi, e il mio spirito-da-quasi-quarantenne mi sta chiedendo disperatamente il permesso di cedere al sonno.» 

All'espressione semi-seria della giovane, che non credette comunque a una sola parola, fece spallucce e tornò a sorriderle. 

«A parte gli scherzi, domani abbiamo un incontro con la direttrice della biblioteca del paese, te ne sei scordata?»

«Certo che no. È che non ti facevo così sensibile alle ore piccole.»

«Mi sottovaluti», ribatté lui, senza aggiungere altro.

Amanda ricambiò quel sorrisetto vagamente impertinente e gli augurò la buonanotte. «A domattina.»

L'altro la salutò con un cenno del capo, ma proprio quando Amanda si stava apprestando a salire le scale per raggiungere la sua stanza, un pensiero improvviso la fece bloccare di colpo. «Alessandro?»

«Sì?» fece lui, voltandosi all'istante.

«Con quel discorso di prima... non intendevi mollarmi, vero?»

Alessandro aggrottò la fronte con aria confusa. «Mollarti?»

«Sì, insomma... vuoi ancora farmi da agente, giusto? Per sempre, intendo», si sbilanciò, quasi senza rendersene conto.

L'uomo soppesò, per un qualche momento, quelle parole. Poi le sorrise. «Caspita... Per sempre è un tempo davvero lungo, Amanda. Ma posso provarci, perché no», dichiarò infine.

Quell'affermazione le strappò una dolce risata – accompagnata a un impercettibile sospiro di sollievo. Il solito burlone, pensò. «Buonanotte, Ale. E grazie di tutto.»

«Buonanotte, Amanda», rispose lui di rimando, quindi fu subito inghiottito dalle porte dell'ascensore.

 

§

 

La biblioteca civica di Abano Terme – situata in Via Matteotti, 71 – non era poi molto lontana dall'hotel cui Amanda e Alessandro avevano pernottato la prima notte. L'edificio che la ospitava era piuttosto caratteristico. Per certi versi, somigliava a uno di quei monumenti situati nel cuore del paese che catturano, inevitabilmente, lo sguardo di innumerevoli turisti, smaniosi di conoscere quante più cose possibili in un tempo relativamente ristretto. Aveva un no so che di futuristico, constatò Amanda, che non smetteva di ammirare le semplici colonne in stile dorico che sormontavano il resto del complesso. Fu però entrando all'interno dello stesso che la sua curiosità si trasformò in completo stupore. Non aveva mai visto niente di simile. Le componenti architettoniche costituenti l'abside, anch'esso interamente in legno, erano perfettamente assemblate le une con le altre, l'aspetto semicircolare che, per certi versi, ricordava un qualche progetto del grande Leonardo Da Vinci.

Le piastrelle del pavimento in parquet – caratterizzate da rettangolini disposti obliquamente – sembravano brillare, come tutto l'ambiente circostante, di luce propria. Amanda andò quasi a sbattere contro uno dei tanti tavolini abbelliti da sedie che ospitavano un cospicuo numero di studenti impegnati a sottolineare dispense o, cosa ben più spaventosa, corposi libri di testo.

«Vedo che non ti dispiace», commentò Alessandro, che nel frattempo stava perdendosi nella silente contemplazione di uno scaffale di romanzi dedicato interamente ad Arthur Conan Doyle.

«Non mi dispiace? Ma è pazzesca!» sibilò lei, a mezza voce.

«Immaginavo che l'avresti adorata. E speriamo che la direttrice del posto sia altrettanto adorabile», sottolineò l'ultima parola con palpabile indecisione.

«Sempre molto ottimista, vedo.»

«Be', se tu fossi stata ancora una semplice esordiente, ti assicuro che piazzare qua il tuo romanzo sarebbe stato molto difficile. Non sono pochi gli autori che smettono di organizzare presentazioni a causa del fatto che ai bibliotecari importa meno di zero del loro libro.»

«Lo so bene, caro Ale. Penso che tu me l'abbia detto decine e decine di volte», lo canzonò.

Alessandro ricambiò il suo sorriso sardonico. «Dai, piazziamo queste venticinque copie e andiamocene. Questo è il massimo che mi hanno concesso, tanto ci penseranno le librerie di tutta la regione a distribuirne a iosa.»

Percorsero un corridoio parecchio stretto per poi ritrovarsi in una graziosa saletta, dove una signora dall'aria attempata – Amanda, in verità, non avrebbe saputo affibbiarle un'età precisa – stava divorando un romanzo con cipiglio estremamente attento, le labbra serrate, gli occhi sbarrati.

Alessandro tossicchiò, ma la signora non si mosse, tantomeno alzò lo sguardo dal libro. Lui e Amanda si scambiarono una breve occhiata; a quest'ultima scappò un sorrisetto.

«Dev'essere interessante», azzardò, inclinando la testa di lato per scorgere il titolo del libercolo. Cuore di Tenebra, di Joseph Conrad

Sì, decisamente interessante, confermò tra sé e sé.

La donna si portò il libro alle ginocchia. Il suo volto, da serio che era, si fece immediatamente più disteso. «Oh, finalmente!» esclamò, alzandosi in piedi. «Temevo non arrivaste più. Che poi...» sbuffò, le mani in testa. «No, non importa», continuò, quindi strinse la mano a entrambi. «Per me è un piacere conoscervi, ma soprattutto è un piacere conoscere la famosa Amanda Benassi! Ho letto il suo ultimo libro, sa? Lo devo ammettere... ci sa proprio fare con le parole. E non solo con quelle...» constatò, impressionata. E forse, un pelino sdegnata.

Amanda, che inizialmente aveva trovato divertente l'atteggiamento della signora, a quell'ultima affermazione provò un immediato senso di vergogna, tanto che il suo volto diventò cereo. 

Che cosa intende dire? avrebbe tanto voluto chiederle, ma non le uscì di bocca neanche un suono.

La signora in questione prese a sistemarsi la crocchia disordinata di capelli grigi, lo sguardo fisso su quello di Amanda, che invece aveva scostato il suo. «Oh, sappia che non ce l'ho con lei, capito? Anzi, mi scusi tanto se la mia è suonata come una provocazione, ma la verità è che mi ha molto infastidita l'atteggiamento di quei... di quei villani!»

«Villani?» ripeterono, all'unisono, Amanda e Alessandro, sconcertati.

«Non se ne rende conto, eh?» La signora sorrise e, a passo felpato, si avvicinò alla vecchia scrivania in legno massello popolata da scartoffie e libri vari. Dopo qualche secondo, estrasse una busta da un cassetto e gliela porse. 

Amanda non si mosse. 

«Avanti, la prenda. Sono tutte per lei.»

«Io non... non capisco», mormorò, spaesata.

L'altra continuò a sorridere. «Lei è una donna molto fortunata. Avessi avuto io, ai miei tempi, tutti questi corteggiatori!»

«Corteggiatori? Non mi dica che—»

«Esattamente. Me li sono ritrovati tutti qui. Una cospicua massa di ragazzi che volevano entrare a tutti i costi qua dentro! Se lo immagina il delirio, sì? Stavano facendo un gran baccano, così ho dovuto, per forza di cose, depistarli e... e dichiarare che il mio incontro con la famosa scrittrice era fissato per le tredici. A ogni modo... mi sono comunque permessa di dar loro un consiglio.» Sorrise, maliziosa. «E a quanto pare... l'hanno seguito proprio alla lettera. Ma d'altronde, come biasimarli? Lei è una bellissima ragazza», constatò con sincerità.

Amanda scosse la testa. «Continuo a non capire.»

«Letterine!» scattò l'altra, sempre più divertita. «Le hanno lasciato delle letterine!»

«Delle letterine

«Tenga», fece l'altra, porgendole la busta.

Amanda ci sbirciò dentro. Rimase esterrefatta. Non erano molte, forse una decina. Eppure si sentiva così al centro dell'attenzione che se avesse potuto scomparire con un semplice schiocco di dita l'avrebbe fatto volentieri. Non osava neppure guardare Alessandro.

«Avanti, mi dia pure le venticinque copie del libro della signorina», riprese la bibliotecaria, rivolgendosi all'agente. «Sono sicura che andranno a ruba!»

«Proprio come Amanda», commentò lui, che strinse la mano destra della ragazza in segno di conforto.

Non è divertente! avrebbe voluto ribattere, ma l'altra parte di sé non poté fare a meno di pensare: Cosa ci sarà scritto?

Conclusa la trattativa, i due si congedarono dalla direttrice, che nel salutare la giovane le sussurrò nell'orecchio: «Ah, dimenticavo! Ho trovato un bigliettino ai piedi del mio studio. Non so come sia finito lì, onestamente. Non so nemmeno cosa ci sia scritto, ma la busta in questione reca la dicitura Per la signorina Amanda – in una calligrafia piuttosto illeggibile, tra l'altro.»

Quelle parole risuonarono nella testa della ragazza per buoni dieci minuti. Percorreva i tornanti e le stradine del paese senza realmente guardare ciò che aveva attorno. Percepiva soltanto una tiepida brezza che di tanto in tanto le scompigliava i lunghi capelli, mentre un timido raggio di sole premeva a più riprese per guadagnarsi una piccola fetta di cielo. 

All'improvviso, Alessandro, probabilmente stanco di tutto quel silenzio, la sfidò: «Forza... leggiamone una.»

«Ti prego, non fare lo stupido.»

Alessandro si fermò di colpo. «Ehi... Perché sei così sconvolta, si può sapere?» 

Amanda lo guardò. No, non stava affatto facendo lo stupido. Era sinceramente preoccupato.

«Ale, io non... io non lo so.»

«Sì che lo sai», insisté lui. «Guardami.»

Lei non si mosse, lo sguardo assente.

«Amanda, guardami.»

Titubante, alzò lo sguardo. «Non sono abituata a tutto... questo», dichiarò, facendo spallucce.

«E lo capisco. Ma c'è dell'altro. Vero?»

Amanda non gli rispose.

«Non può scandalizzarti tanto il fatto che ci siano così tanti uomini a fare la fila per te. Sei una bella ragazza, è del tutto normale.»

«Già. Una bella ragazza che per quasi trent'anni è rimasta chiusa nel suo guscio e non veniva notata da nessuno. A tratti, nemmeno dal suo cane. E adesso, tutto d'un colpo... kaboom!» Ridacchiò, incredula. «Nah, quelli là non sono realmente interessati a me... dalla Amanda che sono. Loro sono attratti da Amanda Benassi, la scrittrice. E forse, cosa assai più probabile, saranno di gran lunga più attratti dal mio portafogli.»

«Ma dai! Lo pensi sul serio? Trovi così incredibile che una ragazza come te si sia guadagnata l'attenzione di molti ragazzi? La verità è che sei sbocciata, Amanda. Io per primo me ne sono accorto.» Le regalò un sorriso tenero. «La storia del denaro, per quanto verosimile, mi sembra abbastanza forzata. A meno che, come dicevo... non ci sia dell'altro.»

La ragazza sospirò, sconfitta. «Hai ragione. C'è dell'altro.» Lo guardò a malapena. «Però non sono pronta a parlartene adesso. Ti dispiace?»

«A dire il vero sì. Ma se anche decidessi di non parlarmene mai, ti assicuro che non perderai la mia amicizia in ogni caso.»

Amanda ricacciò un lamento. «Non sto rispettando il nostro patto, però.»

«No. Ma siamo appena all'inizio, quindi ci può stare... E comunque potresti benissimo indorare la pillola leggendo a voce alta la letterina di uno di quei baldi cavalieri», ritentò lui, buttandola sullo scherzo.

«Oddio, quasi quasi sembri più curioso di me!» rispose Amanda, che finalmente si concesse una risata liberatoria. Alessandro la seguì a ruota.

«Facciamo così... perché non me la leggi tu?» lo provocò, pescando una lettera a caso dalla busta.

Alessandro smise subito di ridere. «Non puoi chiedermi questo.»

«Sì, invece.» Gli porse la busta, quindi incrociò le braccia. «Prego. È tutta tua.»

L'agente aprì il foglietto piegato in due e si schiarì la voce. 

«Cara Amanda, da quando ho letto il tuo ultimo romanzo, ti sogno quasi tutte le notti», cominciò, la voce suadente. «Sarebbe scontato dirti che sei una bellissima ragazza e che la presentazione cui ho assistito ieri non mi abbia fatto venire voglia di conoscerti.» Alessandro la guardò per un momento, e Amanda stessa, sotto quello sguardo che non seppe decifrare, provò una sensazione altrettanto misteriosa. Forse, persino un leggero imbarazzo. «Una voglia che mi consuma, a dire il vero. E per quanto il mio desiderio sia destinato, molto probabilmente, a non concretizzarsi, ti lascio il mio contatto... chissà che Babbo Natale non decida di farmi un regalo in anticipo...»

Amanda rimase a bocca aperta. «Mi ha lasciato il numero?»

Alessandro si trattenne, a stento, dal ridere. «Peccato, però. Stava andando così bene!»

«Dammi qua», replicò Amanda, strappandogli di mano il bigliettino. Strabuzzò gli occhi, sempre più sconvolta. «Pensavo stessi scherzando con la storia del numero...» farfugliò, le sopracciglia appena increspate.

«Hai forse intenzione di chiamarlo?» rincarò Alessandro, ormai in preda al riso più sfrenato.

Amanda lo prese per mano, l'espressione accigliata. «Cammina!» esclamò, cercando di non lasciarsi coinvolgere troppo. In realtà, avrebbe tanto voluto ridere anche lei, ma la parte più nascosta di sé – la ragazza conosceva bene il perché – le impediva di farlo.

 

Si ritrovò nella sua stanza dopo quasi un'ora di cammino, il cuore in subbuglio. Si buttò sul letto e neanche si spogliò. Avrebbe già dovuto cominciare a preparare le valigie in vista dell'imminente partenza, ma la curiosità la stava divorando. In pochi minuti, lesse tutte le dediche che i fantomatici corteggiatori le avevano scritto quella mattina. Ognuno di loro le aveva lasciato il proprio contatto, eppure ad Amanda non interessava per nulla barcamenarsi in simili storielle. Aveva sempre sognato altro. Il tanto bistrattato colpo di fulmine, per esempio. Un incontro del tutto casuale in un caffè. O magari nell'agenzia in cui aveva lavorato per qualche anno. In effetti, aveva conosciuto il suo ex proprio lì. Spuntato da chissà dove, l'aria sbarazzina e non meno affascinante, un conoscersi abbastanza graduale che, alla fin fine, li aveva portati l'uno nelle braccia dell'altro.

Scosse la testa. Nessuno di quei bigliettini, per quanto carini – anche se, per certi versi, non meno sciocchi e banali –, aveva smosso qualcosa dentro di lei. Soltanto infinita malinconia. E sapeva benissimo perché. Decisa a non pensarci, si apprestò a scartare l'ultima busta. Per la signorina Amanda, c'era scritto. In quel momento, la ragazza si ricordò delle parole della buffa bibliotecaria. Passò le dita sopra la scritta. Una calligrafia piuttosto particolare, appurò. Inclinata verso destra. Non poi così leggibile, come le aveva detto la signora in questione. Senza ulteriori tentennamenti, aprì la busta.

 

Mi dispiace tanto per ieri sera...

Spero di farmi perdonare quanto prima.

 

Una stretta allo stomaco investì la ragazza. Di riflesso, sorrise. Quel sorriso nascondeva, però, una punta d'amarezza. 

Non è possibile! si disse. 

Il suo pensiero andò subito a quel misterioso uomo che la sera prima l'aveva piantata in asso senza un apparente motivo. Non poteva che essere lui.

Amanda si rigirò il biglietto tra le mani. Nessuna firma. Nessun contatto. Niente di niente. Contemplò il foglio incriminato per buoni cinque minuti, come se quelle informazioni potessero comparire da un momento all'altro. Rassegnata, posò la testa sul cuscino, il pollice ad accarezzare quelle parole leggermente marcate in neretto.

Chiuse gli occhi. Chissà, magari in quel modo – quant'era dolce illudersi! – avrebbe scoperto qualcosa in più. 

Magari, almeno per quella sera... l'avrebbe persino sognato.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO IV ***


CAPITOLO IV


 

«Come mai sei così silenziosa?»

Amanda si riscosse dopo qualche istante, come se un tonfo sordo non le avesse permesso di captare nell'immediato la domanda di Alessandro. Aveva passato tutta la notte ad arrovellarsi il cervello per quel tipo, e tuttora, nonostante tra poche ore avrebbe dovuto riaccogliere l'ennesima fiumana di lettori, non riusciva a non pensarci. Le parole di quell'uomo le rimbombavano costantemente nella testa. Si immaginò persino che lui le pronunciasse con quel tono di voce profondo e autoritario che le aveva provocato una sensazione di stordimento tale da non riuscire quasi più a capire dove si trovasse.

Dio, Amanda! Non ti starai facendo abbindolare da quello lì! si ammonì, gli occhi puntati sugli scorci di paesaggio che s'intravedevano dal finestrino del treno.

«L'ultima volta che sono stata a Milano ero con il mio ex», rispose lei, sputando la prima cosa che le era venuta in mente. Pensava che Alessandro l'avrebbe presa per pazza se gli avesse anche solo accennato del suo immotivato coinvolgimento per un perfetto sconosciuto – e che tra l'altro aveva visto da vicino per mezzo minuto.

Evviva la sincerità, cara Amanda.

Sospirò. Non che gli avesse detto una stupidaggine: Milano era proprio l'ultima città in cui era stata con Daniele, a pochi mesi dalla rottura definitiva. Quella breve vacanza sarebbe dovuta servire a ravvivare un rapporto che, ormai da tempo, aveva subito una forte battuta d'arresto. Senza contare che lui era diventato terribilmente geloso e non meno scorbutico, e questo non aveva affatto migliorato la loro già precaria situazione. Ma in quel momento... a tutto stava pensando, fuorché alla sua precedente relazione.

«Capisco», disse l'altro, lo sguardo fisso davanti a sé. «Non dev'essere facile convivere con un ricordo simile.»

«Direi di no. Ma alla fine ci si abitua. Solo che... alle volte è difficile non ripensare al passato.»

«O al presente...» Alessandro la scrutò con la coda dell'occhio. «Sicura che non stai pensando a uno di quegli sbarbartelli

«Io? Ovvio che no», rispose Amanda, smontando la sua congettura all'istante.

Complimenti. Stai diventando una bugiarda cronica.

Certo, quello  non era proprio un ragazzo di primo pelo, però...

Si trattenne dal sospirare di nuovo e cercò di scacciare – per l'ennesima volta – il pensiero di quell'uomo che, non sapeva spiegarsi il perché, l'aveva incuriosita oltre misura.

Come si sarebbe fatto perdonare? continuava a domandarsi, sempre più perplessa.

«D'accordo. Ma devo chiedertelo... hai trovato così seccante la storia delle lettere?»

Amanda si concesse un sorriso incerto. «Alla fine no. Diciamo pure che le ho trovate abbastanza infantili, per certi versi. Quindi, più che fastidio, direi di aver provato imbarazzo e divertimento insieme.»

«Tutte quante?» indagò lui con malcelata curiosità.

Amanda lo guardò stranita. «Perché ti interessa tanto?»

Per qualche istante, regnò un silenzio tombale.

«Tra te e il tuo ex... com'è finita?» domandò infine lui, cambiando bruscamente argomento.

Amanda, che in fondo non aspettava altro, rilassò le spalle e si accasciò sul sedile. «L'ho lasciato io. Ero arcistufa delle sue manie di controllo. E poi... tra noi due, a dire il vero, non c'è mai stata un'intesa particolare. Tuttora mi chiedo come abbia potuto starci insieme per quasi tre anni.»

«Be'... si vede che l'amavi. No?»

«Sì, anche se non sono mai riuscita a confessarglielo. C'era sempre qualcosa che mi faceva desistere. Forse perché, per molti versi, non eravamo compatibili. Nonostante tutto, ho sempre creduto che con il tempo avremmo costruito qualcosa di importante. Quando c'è il sentimento tutto è possibile, mi dicevo.» Scrollò la testa. «Ma l'amara verità è che il sentimento non basta. Si devono avere progetti e passioni comuni, altrimenti, prima o poi... tutto finisce. Io e Daniele, in effetti, eravamo troppo diversi.»

Alessandro annuì. «Non posso darti torto», si limitò a dire.

«E tu?» domandò la ragazza, gli occhi intrisi di una fervente curiosità.

«Io... cosa

«A quando risale la tua ultima relazione?»

L'agente strinse le labbra. «Devo proprio parlarne?»

«Caspita... è stata così disastrosa?»

«Abbastanza. Vedi... io e lei non eravamo sulla stessa lunghezza d'onda. Al contrario di te, sono stato io a lasciare Anna. Di punto in bianco mi sono accorto di non provare i suoi stessi sentimenti, e così... ho preferito chiudere. Lei però non l'ha presa bene.»

«Posso immaginarlo», commentò Amanda. «Non è mai bello ricevere un colpo simile.»

«E non è bello nemmeno trovarsi dall'altra parte della barricata», replicò Alessandro, lo sguardo fisso su quello di lei.

«Concordo. È sempre difficile lasciare una persona con cui si è condiviso tutto di sé.»

«Già. Ma anche questo fa parte della vita.»

«Hai ragione. Aspetta un secondo, però. Mi hai appena detto di averla lasciata di punto in bianco... in quale occasione, esattamente?»

Alessandro sorrise appena. «Qualche anno fa, sono stato vittima di un evento piuttosto particolare che mi ha fatto capire che non l'amavo abbastanza... Magari un giorno te lo racconterò.»

«Perché non ora?» domandò lei, sempre più incuriosita.

«Perché tra un paio di minuti dobbiamo scendere dal treno», si giustificò lui, facendole l'occhiolino. «Avanti, cominciamo ad avviarci.»

Senza attendere oltre, prese in mano il suo bagaglio e, più che conscio di non aver quasi per nulla soddisfatto l'interesse di Amanda, percorse in tutta fretta l'affollato vagone dirigendosi verso l'uscita.

 

§

 

«Avevo quasi dimenticato quanto fosse bello aggirarsi per le vie di Milano», commentò Amanda, lo sguardo trasognato, un travolgente sorriso impresso sul volto. Era completamente soggiogata dai numerosi negozi che l'affascinante Galleria Vittorio Emanuele ospitava. Sebbene non adorasse particolarmente lo shopping, il fascino esercitato dalle vetrine che la circondavano riusciva ad attirarla in ogni dove.

Alessandro, che stava dimostrando una pazienza infinita – di tanto in tanto sbuffava e alzava gli occhi al cielo –, la seguiva in lungo e in largo come un perfetto segugio, stando ben attento a non perderla di vista. Per certi versi, quasi incarnava le vesti di un novello maritino che, seppur annoiato, non poteva fare altro che sopportare i capricci di una consorte costantemente assoggettata all'acquisto compulsivo di una qualche cianfrusaglia che in tutta probabilità sarebbe presto finita nel dimenticatoio, come di qualche souvenir o capo d'abbigliamento che potesse sfoggiare nelle occasioni speciali.

«E io avevo quasi dimenticato quanto una donna potesse essere esigente», commentò Alessandro, le mani infilate nelle tasche del lungo cappotto invernale, scuro quanto i suoi capelli, che a causa del vento dicembrino erano più scompigliati del solito. «Non hai ancora finito con quella roba?» le chiese, notando che Amanda aveva estratto un altro vestitino dall'appendiabiti del negozio cui erano entrati.

«Allora? Come mi sta?» fece lei, ignorando il suo commento seccato, quindi gli mostrò l'abito in questione e se lo mise sopra, senza però indossarlo.

Alessandro, che per un breve istante aveva rivolto la propria attenzione al suo cellulare che si era messo d'improvviso a squillare, si ammutolì. L'aggeggio che teneva tra le mani, tra l'altro, continuava a trillare senza sosta, eppure l'agente non se ne curò. Colto di sorpresa, guardò alternativamente Amanda e la mise da lei scelta – che evidenziava, a differenza di quanto indossava la ragazza in quel momento, una profonda scollatura –, e sulle prime non seppe cosa dire. Poi, come da copione, inarcò un sopracciglio, incurvando le labbra in una smorfia che Amanda non riuscì a decifrare. «Tutta questa sciccheria non ti si addice», appurò, serio. «Ciononostante... non è malaccio», concluse, di nuovo gli occhi fissi sul telefono.

«Seriamente?» squittì l'altra. «Non potrei mai indossare un vestito così appariscente. Guarda, ci sono strass ovunque. Per non parlare della scollatura. E poi... è dorato! Io detesto il dorato!» esclamò, fingendosi scandalizzata.

«Be', si può sempre cambiare di tanto in tanto.» Alessandro ripose il telefonino nella tasca dei pantaloni. «Allora...» Tornò a guardare Amanda, le braccia conserte. Stirò le labbra in un sorriso ironico. «Hai intenzione di presentarti in libreria con quello, oppure—»

«Ma non ci penso nemmeno!» scattò Amanda, lanciandogli un'occhiata truce.

«Tranquilla, stavo solo scherzando! È che pensando a quei ragazzotti, sai com'è... se ti vedessero con quest'abito, perderebbero direttamente la via di casa.»

«Ah-ah. Non me lo ricordare.»

«C'è una cosa che mi sfugge, però... se disprezzi così tanto quel vestito, perché mi hai chies—»

«Perché è per Monica, la mia migliore amica!» rispose Amanda. «Lei ci va matta per questi vestiti. E se a me non sta così malaccio, a maggior ragione starà benissimo a lei.»

«Aaah... Questo spiega tutto», dichiarò lui, scuotendo la testa. «Dai, sbrigati. Non manca molto.»

«Sissignore

Amanda si affrettò a pagare l'abito e uscì dalla boutique. Alessandro, però, non mancò di afferrarle la mano per poi trascinarla, senza tanti complimenti, lungo il sentiero che portava a La Mondadori.

«Cos'è, hai forse il terrore che possa fermarmi di nuovo?»

«Voi donne siete imprevedibili», affermò lui, svicolando tra i passanti senza mollare la presa.

Amanda si abbandonò a un risolino sommesso. «Sì, forse un po' lo siamo. Ma pure voi maschietti, a dirla tutta.»

Senza volerlo, i pensieri della ragazza tornarono . Sospirò appena, il cuore pieno di speranze. Chissà se l'avrebbe rivisto.

 

La sensazione era sempre la stessa. Sarebbe stata sempre la stessa. Il profumo dei libri – che Amanda trovava afrodisiaco – a invaderle le narici, una cascata di storie a fare da contorno alla sua, uno sgargiante tripudio di colori che le faceva girare la testa. Quel posto, inutile dirlo, sapeva di casa. Sapeva di una passione che non sarebbe mai morta.

La giovane scrittrice era stata accolta da una cospicua massa di persone che, appostatesi dinanzi alla libreria, avevano voluto a tutti costi un suo autografo. E lei, ovviamente, non gliel'aveva negato. Aveva cercato, d'altro canto, di giostrarsi tra un gruppetto di ragazzine urlanti che le avevano chiesto un selfie e un inquieto Alessandro che aveva tentato, peraltro senza successo, di placare quell'assalto animalesco.

«Come stai?» gli aveva chiesto Amanda una volta rifugiatisi nella libreria, l'ilarità che si leggeva chiaramente sul suo viso.

«Non credevo fossi così impegnativa», aveva risposto l'altro, ancora senza fiato.

Amanda, a fronte di quella battuta, era esplosa in una sonora risata.

«Quel branco di orsi stava per uccidermi e tu ridi?»

La ragazza scosse la testa. A distanza di pochi minuti dall'inizio della presentazione, serbava ancora nella mente l'espressione torva di Alessandro, che in verità – poteva giurarlo ­– era tremendamente felice per lei.

Sorrise, emozionata e non meno impaziente. Buona parte del pubblico era già lì, seduto dinanzi a lei, gli occhi intrisi di aspettativa. Amanda li aveva guardati uno per uno. Nessuna traccia di lui.

Ma è naturale! pensò. Sarebbe una pazzia se...

Il brusco rumore della porta la fece sobbalzare. D'istinto, rialzò lo sguardo. Un altro paio di ragazzi erano entrati nel negozio e, guardandola di soppiatto, presero posto nell'accogliente Sala Lettura completa di tutto: persino di un sontuoso rinfresco che, al termine della tanto agognata presentazione, avrebbero magari consumato in tutta tranquillità.

Giornalisti permettendo, si disse la ragazza, guardando con ingordigia delle appetitose tartare di salmone, ricoperte da un sottile velo di plastica.

Scostò lo sguardo da tutto quel ben di Dio. Fame nervosa. Non poteva che essere quello. Certo, lei adorava le tartare al salmone, però...

Un altro tintinnio. Ogni qualvolta sentiva quel rumore – spiegato dal fatto che sulla soglia vi era un piccolo cimelio indiano che agiva da sonaglino –, il cuore di Amanda saltava dritto in gola.

Strinse i pugni. Doveva concentrarsi. Cercò Alessandro con lo sguardo e, nel frattempo, si apprestò a cominciare. Lui, al solito, si era sistemato nell'angolo sinistro della sala accanto a uno dei tanti dipendenti del posto. Era in piedi, dritto come un fuso, benché la gamba destra fosse leggermente piegata in avanti per via del piede che aveva appoggiato al muro. Un leggero cenno del capo la spinse a cominciare il suo sproloquio. Finalmente tornò a sorridere, gli occhi fissi sulla platea.

Era il suo momento. E questa volta, nessun ragazzo dall'aria insolente – già ne aveva adocchiato qualcuno! – gliel'avrebbe rovinato.

 

Doveva essere trascorsa una mezz'ora, al più una quarantina di minuti. Gli occhi di Amanda saettavano continuamente da un punto all'altro scrutando per benino la folla, come a voler monitorare una situazione che, tutto sommato, le sembrava stabile. Provava una certa curiosità. Si sentiva perfino coraggiosa. O forse sperava che tra i tanti volti che vedeva dinanzi a sé potesse riconoscere quel viso affusolato e l'espressione integerrima che l'accompagnava?

Amanda scosse impercettibilmente il capo. Lui non c'era! Perché ostinarsi con quell'assurda fantasia?

Non fece neanche in tempo ad ammonirsi per bene, che un familiare scampanellio le fece voltare di scatto la testa. Le mancò la terra sotto i piedi. Capelli scuri tendenti al grigio, cipiglio severo, uno sguardo che non lasciava trasparire alcunché.

Non riusciva a crederci. Lui era lì! Aveva mantenuto la promessa!

Per un brevissimo istante, i loro sguardi s'incrociarono. Amanda dovette trattenersi dal sorridere come una scema, tanta era l'emozione che, dentro di lei, si era accesa d'improvviso, come per magia. Non riusciva a spiegarselo, ma si sentiva in qualche modo attratta da lui. Non le era mai successo di provare una curiosità così fervente per qualcuno che nemmeno conosceva. Certo, alcune volte le era capitato di incontrare dei ragazzi per strada e di averli giudicati dei gran fighi, ma quell'uomo non apparteneva certo a quella categoria. Eppure, aveva quel non so che. Un suo perché; un perché che Amanda, almeno da una parte, temeva di scoprire, ma la cui conoscenza, al di là di tutto... anelava profondamente.

Qualcosa di misterioso la spingeva verso di lui, e la ragazza era certa che non si trattasse di attrazione fisica. Quella, semmai, sarebbe venuta dopo. Ovvio che lui avesse un fascino tutto suo, non si poteva certo negarlo – tantomeno essergli troppo indifferente. Ripensò per un istante al suo ex ragazzo. Certo, sin dall'inizio l'aveva trovato carino, ma la vera e propria spinta fisica verso Daniele si era scatenata in lei soltanto da quando avevano cominciato a uscire insieme. Di base c'era comunque un interesse di fondo, malgrado i primi tempi si fossero accontentati di scambiare quattro chiacchiere sul lavoro come due semplici amici. Amanda sapeva che le sue mire, in realtà, sarebbero state ben diverse, ciononostante non si era affatto premurata di sbarrargli la strada. Molto semplicemente, lo voleva anche lei. E alla fin fine, il fuoco della passione era esploso tutto insieme.

Una cosa era sicura: quell'uomo, anche solo a vederlo, le suscitava un'emozione particolare. E se avesse potuto anche solo assaggiarne l'essenza, ne sarebbe stata davvero felice. La sua voce, poi... aveva sempre avuto un debole per quel tono di voce, doveva ammetterlo.
Insomma, nel complesso lo trovava interessante. E questo, almeno al momento, sembrava persino trascendere dalle sue caratteristiche fisiognomiche.

L'uomo, guardatosi un attimo intorno, decise di rimanere in piedi. D'altronde, non c'era più nemmeno un posto libero. A braccia conserte – libro di Amanda alla mano – s'appoggiò a una colonnina posta vicino all'entrata, lo sguardo fisso su di lei. La giovane scostò il suo dopo qualche secondo, incapace di sostenere l'intensità. Ripensando al bigliettino che le aveva scritto, cominciò ad agitarsi un po', tanto che a un certo punto dovette riformulare una frase che le era uscita dannatamente male.

Alzò gli occhi al cielo.

Quant'era difficile parlare di un qualcosa a raffica mentre, sotto sotto, si stava pensando a tutt'altro! Si morse la lingua, quindi accantonò quei maledetti retropensieri e si apprestò a terminare la presentazione del suo libro. Dopo un'altra mezz'ora abbondante, calò il sipario.

 

Anche stavolta, si mise a firmare libri a destra e a manca come una disperata. Fortunatamente, a parte qualche sguardo adorante di troppo a cui Amanda decise di non dar credito, in quell'occasione non accadde nulla di eclatante.

O quasi.

A pochi minuti dalla fine dell'evento, il misterioso signore che aveva fatto ritardo si presentò dinanzi alla ragazza. Lei lo squadrò per pochissimo, la gola secca. Non le riuscì di capire se, una volta raggiuntala, stesse o meno sorridendo. Senza dire una parola, le porse il libro. La giovane lo afferrò prontamente, pregando in sordina che la biro le rimanesse ben salda nella mano. Quando Amanda aprì il romanzo alla terza di copertina, il suo cuore perse un battito.

 

Signorina Amanda, dipendo in tutto e per tutto dalla risposta che mi fornirà alla "domanda di rito" evidenziata a pag. 53.

 

Poco più sotto, a margine, c'era scritto:

 

Se la risposta è sì (e non è certo tenuta a darmela ora), mi troverà al caffè all'angolo tra una ventina di minuti.

 

Amanda era semplicemente sbigottita. Le sfuggì un ampio sorriso. Poco più sotto, un'altra frasetta che non si sarebbe mai aspettata:

 

Dimenticavo... spero che almeno mi concederà il suo autografo (le giuro che stavolta non ho lasciato proprio niente in macchina...).

 

La ragazza si trattenne dal ridere e appose la propria firma sul manoscritto, quindi corse a pag. 53.

 

«Desidera forse un caffettino, Capitano mio Capitano?»

 

Amanda sorrise. L'uomo aveva scelto quella frase per invitarla a prendere un caffè. Scosse la testa, cercando di nascondere la sua incredulità. In tutti i suoi libri, il sottoposto più fidato – e non meno grottesco – del detective Beltrand aveva sempre suscitato molta ilarità nei lettori, nonché a lei stessa, che ne aveva sempre scritto ridendo di gusto. Amanda richiuse il libro e lo restituì all'uomo misterioso, che stavolta abbozzò un sorriso. Senza attendere oltre, le sussurrò un grazie e si congedò.

Amanda, dal canto suo, aveva continuato a guardarlo mentre si allontanava, senza voltarsi indietro. Ovviamente, anche se non aveva avuto il tempo di dirgli una sola parola, la risposta a quella domanda era .

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Capitolo 5
*** CAPITOLO V ***


CAPITOLO V


 

Era tutta un fremito. Se inizialmente provò un viscerale entusiasmo per l'imminente appuntamento con quell'uomo, dopo qualche minuto dovette affrontare, senza che potesse cavarsi fuori dall'impaccio, una corposa massa di giornalisti che l'avevano trattenuta anche più del dovuto, tant'è che la ragazza non ebbe nemmeno il coraggio di guardare l'ora.

Se ne sarà sicuramente andato, pensò, sconsolata. 

Con aria seccata, uscì a passo svelto dalla libreria e ringraziò il cielo che Alessandro, poco dopo le interviste, fosse scappato nel negozio accanto alla disperata ricerca di un vinile da spararsi una volta tornato in patria. Svoltò l'angolo ed entrò nel CaféNoir, il cuore che batteva forte. Si guardò intorno e, come sospettava, non lo vide. Gli avventori del locale le regalarono un'occhiata curiosa. Alcuni di questi lei li riconobbe persino, e un profondo senso di fastidio la colse non appena uno di loro – il solito maschio alpha, perlomeno secondo Amanda – le aveva rifilato l'ennesimo sorrisetto impertinente. Visibilmente delusa si trascinò, a passo stanco, verso l'angolino più remoto del bar, sperando di non ricevere ospiti sgraditi.

Un giovane barista le andò subito incontro. «Desidera?» le chiese in tono gentile.

Amanda, sulle prime, non fiatò. Una parte di sé avrebbe tanto voluto chiedergli se avesse notato un uomo alto, dall'aria integerrima e dai folti capelli grigiastri aggirarsi nei pressi del locale – o se addirittura vi fosse entrato –, ma alla fine ci rinunciò. «Un vermouth rosso, per favore», gli rispose, annoiata. A malapena lo stava guardando, concentrata com'era sul cellulare che aveva estratto dalla borsa.

«Prendo lo stesso della signorina», proruppe poco dopo una voce, che Amanda riconobbe all'istante.

Le cadde quasi lo smartphone dalle mani, quindi cercò immediatamente di ricomporsi.

«Mi scusi tanto, non volevo spaventarla», disse lui, le mani in tasca. «È che sa, non vedendola arrivare mi sono fatto un giretto nei pressi del negozio accanto.»

Amanda abbozzò un sorriso. «Quello di musica?»

«Esatto.»

Alessandro 2, pensò, divertita. 

«Trovato qualcosa di interessante?»

«Non proprio», rispose l'altro, facendo spallucce. «A dire il vero, cercavo un vinile piuttosto raro.»

Amanda notò con sorpresa che ancora non osava sederglisi accanto. 

Che uomo discreto! 

«Prego», lo invitò, indicandogli il posto libero adiacente al suo. «Non vorrà gustarsi il suo vermouth in piedi.»

«Molto gentile da parte sua, la ringrazio», rispose prontamente l'altro, accomodandosi accanto alla ragazza, rispettando comunque le dovute distanze. Si guardarono per un tempo sufficientemente lungo perché Amanda potesse captare il colore dei suoi occhi: erano di un verde intenso, proprio come i suoi. E lo rendevano ancora più affascinante.

«Grazie a lei per avermi aspettato. Sa, non l'avrei biasimata se avesse deciso di andarsene. Ma i giornalisti mi hanno praticamente assaltata.»

«Non si preoccupi», rispose lui, scuotendo la testa. «Ho immaginato. Non che fossi sicuro che lei sarebbe venuta, anzi. Però...» Fece spallucce, quindi aggiunse: «E comunque, direi che siamo pari... D'altronde ho fatto ritardo anch'io, no?»

Amanda scostò lo sguardo per un momento. Malgrado l'affermazione da lui pronunciata, il suo sorriso appena accennato non sembrava affatto allegro. Sembrava, a ben guardare, intriso di una velata – quanto palpabile – malinconia. Ma per quale motivo? La giovane arrestò quella domanda sul nascere, decidendo di non dar credito a quell'impressione. Ammetteva di sentirsi, almeno in parte, leggermente intimidita, ma dall'altra... quello sguardo, non sapeva perché, aveva il potere di catturarla completamente, e lei non voleva che lui se ne accorgesse, o almeno... non così in fretta.

«Cosa stava cercando di preciso in quel negozio?» gli domandò, tornando al "discorso vinili".

L'uomo, che nel frattempo aveva preso a fissare un punto indefinito del locale, si riscosse di colpo. «Come dice? Oh, soltanto Friendliness degli Stackridge. Vado pazzo per quel disco del '72.»

«Anch'io vado matta per gli anni '70, sa?»

Gli occhi di lui parvero illuminarsi. «Ma non mi dire!»

«Proprio così. Le dicono niente i Genesis, gli Yes, gli Emerson Lake & Palmer? La mia lista sarebbe ancora lunga, ma mi fermo qui. Ammetto, però, la mia totale ignoranza su questi... come ha detto che si chiamano?»

«Stackridge. Comunque... non la facevo così esperta.»

Amanda scrollò le spalle. «Tradizione di famiglia», gli disse, con una certa noncuranza. Quella parola le faceva ribollire lo stomaco, ma in quel momento non voleva pensarci. «Anche se negli ultimi tempi mi sono avvicinata molto alla musica di Pat Metheny. Lo conosce?»

«Se lo conosco?» ribatté lui, sempre più colpito. «Metheny è sempre stato uno dei miei chitarristi preferiti. Ma ammetto di non ascoltarlo da anni.»

Proprio in quel frangente, il barista portò loro i vermouth che avevano ordinato e, dopo averlo ringraziato, presero a sorseggiarlo con molta calma.

«Sa che le dico, allora?» riprese Amanda, il bicchierino tra le mani. «Voglio proprio ascoltare l'album di cui mi ha parlato. Mentre lei, invece, si riascolterà un classico del buon Metheny

L'altro accolse di buon grado la sfida. «Perfetto. Scelga lei quale. Così la prossima volta, sempre se vorrà, le dirò le mie impressioni e... e lei, magari, potrà dirmi le sue.»

Amanda sorrise. Quel sempre se vorrà le scaldò il cuore, la delicatezza di quell'uomo era davvero impressionante.

«Mi farebbe molto piacere», gli rispose, pregustando già la loro prossima chiacchierata.

«Benissimo, allora», fece lui, quindi si scolò l'ultimo sorso di vermouth. «Anche se forse, sa... potrebbe avere qualcosa di meglio da fare che stare qui a discutere con me. Laggiù ci sono un paio di ragazzi che la stanno guardando con una certa, come dire... insistenza.»

Amanda avrebbe voluto che un tifone la risucchiasse all'istante. «Speravo tanto che non li notasse», mormorò, sentì il suo viso letteralmente in fiamme.

«Penso che debba semplicemente abituarsi a tutto questo. Ormai è una celebrità, no? E non dovrebbe vergognarsene», le confidò.

La ragazza tornò a guardarlo. «È che... fa' niente, lasci perdere.»

«Posso capire il suo disagio», disse lui. «Ma comunque... possiamo sempre fingere di non vederli, non trova?

Quell'affermazione le strappò un sorriso. «Ha ragione. Posso... posso farle una domanda?»

«Di che genere?» replicò lui, guardandola a malapena.

Ma è davvero così timido? pensò Amanda, quasi sorpresa che al mondo esistesse una persona più riservata – e sfuggente – di lei.

In verità, anche lei stava morendo dall'imbarazzo, sebbene stesse cercando di non darlo a vedere. «Che cosa l'ha colpita dei miei libri?» domandò in un sussurro. Non era solita chiedere cose del genere ai suoi lettori, ma questa volta la curiosità ebbe la meglio.

L'espressione di lui si fece più distesa. «In primis, il suo stile di scrittura. Ha un qualcosa di non comune, non saprei spiegarglielo, però... a me personalmente ha coinvolto molto. Scrivere dei gialli non è cosa facile, e lei ci è riuscita molto bene.»

Amanda si emozionò non poco a quel commento. «Ha letto... ha letto tutta la saga?»

«Impossibile non farlo», rispose l'uomo, tornando a concentrarsi sul bicchiere di vermouth ormai vuoto.

«Be', in tal caso, devo proprio ringraziarla.»

«Ringrazi se stessa, piuttosto. Il merito è suo.»

«Caspita, mi sembra di risentire Alessandro», disse lei per tutta risposta, mentre gli occhi dell'uomo si erano di nuovo incastrati nei suoi.

«Sarebbe?»

«Il mio agente letterario. Mi dice praticamente la stessa cosa ogni volta che lo ringrazio per tutto quello che ha fatto per me.»

«E ha ragione. Certo, di sicuro lui avrà fatto bene il suo dovere, ma la penna è la sua.»

Proprio in quel momento, il cellulare di Amanda squillò. Lo estrasse appena dalla tasca della sua giacca e fu tentata di rifiutare la chiamata. Si trattava proprio di Alessandro. 

Parli del diavolo...

«Risponda pure. Non mi offendo», dichiarò l'altro, esortandola con un leggero cenno del capo.

Le labbra di Amanda si piegarono in un sorriso di circostanza. Estrasse l'apparecchio e fece scorrere l'indice sullo schermo. «Sì? Oh, giusto un caffè al bar. Anzi, un vermouth», si corresse, guardando l'uomo che gli era accanto con la coda dell'occhio. Per la prima volta, lo vide sorridere davvero

Forse perché sapeva di non essere osservato? 

Amanda ne approfittò per guardarlo meglio. Giacca scura dal taglio elegante, una polo blu scuro e pantaloni del medesimo colore. Ai piedi un paio di Timberland formato stivale, chiaramente abbinate al resto. Tutto sommato un abbigliamento semplice, che di certo non le dispiaceva. «D'accordo, Ale, ho capito», continuò. «A più tardi.»

Amanda riattaccò.

«Mi scusi davvero, di tanto in tanto il mio agente vuole assicurarsi che non mi perda per le vie di Milano», gli disse, in tono vagamente ironico. «Neanche fossi una bambina...»

«Non sia mai che perda troppo di vista la sua scrittrice preferita», commentò lui, nascondendo un sorriso. «Comunque sia, la lascio andare... lungi da me dal trattenerla troppo a lungo.»

Senza attendere risposta alcuna, si alzò dal divanetto in similpelle e Amanda fece lo stesso. Non le sarebbe dispiaciuto rimanere ancora un po' con lui, ma comprendeva che non avesse tutto il giorno. «La ringrazio tanto della chiacchierata.»

«Grazie a lei per aver accettato l'invito.»

Amanda gli porse la mano e lui, dopo aver esitato un attimo, gliela strinse. «Per me è stato un vero piacere.»

Lui sorrise appena. «A presto, allora.» Fece per voltarsi, ma proprio in quel momento ci ripensò. «Oh, dimenticavo... Federico Lapi», le disse, porgendole di nuovo la mano.

La ragazza spalancò gli occhi per la sorpresa. Ricambiò timidamente la stretta. Quanto era stata scema a non chiederglielo subito? «Piacere di conoscerla», ripeté, sorridendogli. «Whatercolors. 1977», aggiunse poi, sperando che lui potesse capire a cosa si riferisse.

Effettivamente, lui accennò un sì con la testa. «Lo riascolterò senz'altro.»

Amanda raccattò le sue cose e si preparò a raggiungere Alessandro, senza smettere di osservare Federico con la coda dell'occhio. Uscito fuori dal locale, lo vide accendersi una sigaretta.

Il sorriso di lei non scomparì. 

Be', qualche vizietto doveva pur averlo, si disse, quindi si costrinse a scostare lo sguardo.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO VI ***


CAPITOLO VI


 

«Amanda?! Pronto? Ci sei?»

Alessandro schioccò le dita, e proprio in quell'istante Amanda riprese contatto con la realtà. «Tutto a posto?» le chiese, scrutandola a fondo.

«Perché non dovrebbe?» rispose la ragazza, facendo spallucce.

«Dimmelo tu.»

Amanda gli si avvicinò, si tolse uno degli auricolari e glielo porse. «Li conosci?»

L'agente indossò la cuffietta. Ascoltò attentamente, poi fece una smorfia di sorpresa. «Interessante. Come si chiamano?»

«Gli Stackridge. E il disco che sto ascoltando si chiama Friendliness

«Li terrò a mente.» Si voltò giusto un momento per mostrarle con orgoglio il proprio acquisto. «Invece che ne pensi di questo?»

Amanda esaminò la copertina del vinile, gli occhi sbrilluccicanti. «A Curious Feeling di Tony Banks? Ma è un disco bellissimo!»

«Infatti è tuo.» Le fece un sorriso e glielo porse.

«Mio

«Su, non fare quella faccia! Mi sembra di ricordare che ti piace il pianoforte, quindi ho pensato di regalarti questo album perché, be'...» Fece spallucce. «Consideralo di buon auspicio per la nostra amicizia.»

Amanda sorrise a sua volta, quindi si tolse le cuffie e prese l'album tra le mani. «Ah, non dovevi disturbarti! Però ti ringrazio tanto per il pensiero, sei stato davvero carino.» Gli si avvicinò e gli diede, di sfuggita, un bacio sulla guancia. Per la prima volta, ebbe modo di constatare quanto fosse liscia la pelle di Alessandro, che soltanto il giorno prima, con sua somma sorpresa, si era sbarbato completamente. A quel pensiero, aggrottò la fronte e scostò subito lo sguardo da lui, la mano destra a lisciare la suggestiva copertina del vinile, che rappresentava l'ombra di una barca che sostava in mezzo al mare. Amava molto quel disco, tra l'altro era uno di quelli che avrebbe tanto voluto aggiungere alla sua collezione.

«E per te? Non hai comprato niente?»

«Scherzi?» replicò lui, increspando la fronte. Allungò la mano dietro al grosso divano in pelle nera piazzato nella hall dell'albergo ed estrasse un album da un'altra busta, avendo cura di coprirne il titolo con la mano.

«Uh! E così hai deciso di buttarti su Mike Oldfield, eh?»

Alessandro spalancò gli occhi. «Conosci Tubular Bells

«Avanti, non fare quella faccia!» lo canzonò, ripetendo le stesse identiche parole che Alessandro le aveva rifilato poco prima. «Tutti conoscono Tubular Bells

«Se parli della colonna sonora de L'Esorcista posso anche darti ragione, ma non posso pensare che tu conosca pure il musicista!»

«E perché no?» ribatté Amanda, rifilandogli un'occhiata da cui trasudava tutta la sua curiosità.

L'altro sorrise. «In effetti... non lo so. Magari ti ho sottovalutata.»

Amanda ridacchiò. «Giusto un pochino. Checché se ne dica, mi piacciono molto i dischi puramente strumentali.»

Alessandro incrociò le gambe, le mani dietro la testa. «Anche a me. Mi danno molto da pensare e, al tempo stesso, mi permettono di rilassarmi.»

«E a cosa pensi, nello specifico?»

Lui si voltò di scatto. «Non ti converrebbe conoscere quello che alberga nel mio cervello. Sono pieno di complessi, io

Lei scosse il capo. «Anche io, se è per questo. Ma magari... è proprio questo che ci rende unici, no? Il mistero... Il fatto di non conoscere cosa ci aspetti dall'altra parte, o... o cosa stia pensando una persona di noi in una certa situazione...»

«Piacerebbe molto anche a me conoscere l'opinione che hanno di me alcune persone», se ne uscì Alessandro, tornando a guardare il vinile che aveva posato sul tavolinetto situato davanti al divano. «Quello che pensano davvero, intendo. I loro... pensieri più intimi.»

«E una volta sapute le suddette opinioni... che cosa te ne faresti?»

«Non lo so. Magari una di quelle potrebbe aprirmi nuovi orizzonti.»

Amanda gli rifilò un sorriso sghembo. Avanti... chi è la fortunata? stava per chiedergli, se soltanto Alessandro non si fosse alzato di colpo dal divano.

«Dì un po'... è tua abitudine troncare in questo modo le conversazioni?»

«È ora di cena, Amanda. E devo assolutamente farmi una doccia prima di riempirmi lo stomaco con del buon pollo alla griglia.»

«C'è del pollo alla griglia?» chiese Amanda, che d'improvviso non desiderava altro che abbuffarsi di cibo.

«Così pare», disse lui, sorridendo divertito.

Amanda raccattò le sue cose e corse in camera. «Ci vediamo dopo!» esclamò, mentre la melodia di Story Of My Heart ricominciò a rimbombarle nelle orecchie.

 

Amanda era distesa sul letto a pancia in giù, le gambe a mezz'aria. «Non vedo l'ora che tu venga!» esclamò, il telefono all'orecchio. «Anche perché avrei una bella sorpresina per te.»

«Una sorpresa?» squittì Monica, dall'altro capo della linea. «E di che si tratta, eh?»

Amanda scoppiò a ridere. «Se te lo dicessi, non sarebbe più una sorpresa!»

«Lo so, è che sono così eccitata! Non soltanto per la sorpresa, eh! Sono contenta che sei finalmente diventata una scrittrice a tutti gli effetti. Te lo meriti.»

«Ti ringrazio, sei una vera amica», proruppe l'altra, quasi commossa. Con Monica aveva vissuto innumerevoli avventure e, sin dalle scuole elementari, avevano instaurato un rapporto di completa e assoluta fiducia, accompagnato da una stima reciproca altrettanto forte.

«Allora, come ti senti?»

«Tuttora mi sembra un sogno. Devo ancora abituarmi a tutto questo, a dire il vero.»

«Immagino. Io, al tuo posto, proverei un imbarazzo tale che non riuscirei nemmeno a dire un semplice buongiorno a tutti

«Dai, non essere così drastica. Mi pare che durante la discussione della tua tesi fossi piuttosto... come dire, euforica. E sei stata anche molto gagliarda! Ricordo ancora la faccia di Grossi quando gli hai fatto notare che la sua domanda non era poi così pertinente con l'argomento che avevi trattato.»

Monica rise, una punta d'imbarazzo nella voce. «Oddio, non me lo ricordare! Non so nemmeno io come abbia fatto ad avere un simile, barbaro coraggio!»

«Io sì. Quando ti ci metti, sai essere una bella spina nel fianco.»

«E io, da bella spina nel fianco... te lo devo chiedere. Come va con Alessandro?»

«Perché questa domanda?»

«Così. Sai, non vorrei che finisse come con Daniele. Andavate così d'accordo all'inizio, poi, invece...» Non terminò la frase.

«Ma io e lui non stiamo mica insieme!» rispose l'altra, esterrefatta.

«Lo so. Ma sai come la penso... alcune volte sarebbe meglio fermarsi in superficie. Capisci che intendo?»

Amanda alzò gli occhi al cielo. Non troppo tempo fa, Monica era stata vittima del solito uomo tutte-promesse-ma-niente-fatti, come spesso li aveva battezzati lei. «Ci stiamo conoscendo meglio», riprese. «Alessandro è un ragazzo d'oro, ti assicuro che non farebbe male a una mosca. E averlo come amico non mi dispiacerebbe.»

«Ah-ah. Sicura di volerlo soltanto come amico? In fondo è un bel ragazzo, e—»

«Si può sapere perché insisti tanto sulla questione?» ribatté l'altra, spazientita.

«Non penso ci sia bisogno che ti ripeta la mia esperienza.»

«No. Alessandro è diverso, però. Non ha secondi fini, te lo posso assicurare. Quanto a me—»

«Ma conoscendolo meglio, come dici tu, potresti anche cambiare idea sul suo conto. E magari—»

«Innamorarmi di lui?» Amanda scosse la testa, sempre più sbigottita dalla piega che stava prendendo la conversazione.

«O magari, odiarlo profondamente. Ho paura che tu soffra di nuovo, Am. Tutto qui.»

Ad Amanda intenerì non poco l'atteggiamento di Monica. Ma non si poteva dire altrettanto di quell'Am. «Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?» la redarguì con fare bonario, non senza, comunque, trattenere un sorriso.

«E io quante volte ti ho detto che gli uomini non sono mai quello che sembrano?»

«Tu sei troppo negativa», borbottò Amanda. «Anche se devo concordare con il fatto che alcuni di loro non è che sembrano, ma sono davvero degli idioti», rimarcò.

«A chi ti riferisci?»

Amanda sospirò. «Mi costa non poco ammetterlo, però... da quando ho cominciato a presentare il mio ultimo libro, molti ragazzi mi guardano come se volessero assaltarmi da un momento all'altro. E non puoi immaginare quanto la cosa mi provochi imbarazzo! Insomma, c'è modo e modo di guardare, no? Pensa che tanti di loro mi hanno persino mandato delle letterine, scrivendomi di volermi conoscere.»

«Be', credo sia impossibile non notarti. Sei molto carina, del resto. Ma la storia delle letterine, perdonami, mi sembra un po' una buffonata», le confessò, buttandola sul ridere.

«Lo penso anch'io.»

«Ma comuuunque... stavo giusto per chiederti se hai conosciuto qualcuno di interessante.»

Il tono della ragazza la gettò in confusione. «Scusami un attimo, ma non avevi detto di fermarsi in superficie?» le domandò, motteggiandola.

«Non ho mica detto di farlo con tutti», replicò lei, con estrema nonchalance. «Allora...» riprese, dal suo tono di voce trapelava una curiosità smisurata. «Nessuno di quei bellimbusti ha colpito la nostra talentuosa scrittrice? Non mi fraintendere, per me gli uomini sono, almeno per la maggior parte, inaffidabili, ma ammetto che sarei molto felice di vederti accanto a un ragazzo che ti ami veramente.»

«Lo sarei anch'io per te», rispose l'altra, cominciando a viaggiare con la mente. Si immaginò il prossimo incontro con Federico e, tutto d'un tratto, provò una strana sensazione.

«Lo so. Ma per il momento, preferisco pensare a me. Credo di aver sofferto abbastanza. Sai...» Monica sospirò. «Ti ho sempre ammirata, su questo punto. Nonostante la storia col tuo ex non sia stata delle più rosee, non hai mai smesso di credere che la persona giusta potesse arrivare.»

«Tornerai a crederci anche tu, vedrai. Sono tante le cose in cui ho smesso di sperare, come ben sai. Però... su questo no. Sento che c'è ancora qualcosa.»

«O qualcuno», terminò Monica. «Perché c'è qualcuno, giusto?»

Amanda sospirò. Doveva dirglielo o no? «In effetti, sì. C'è qualcuno», si arrese, lo sguardo perso nel vuoto. «Ma di preciso non so ancora cosa possa rappresentare per me questo qualcuno

«Oddio!» gracchiò l'amica, in preda all'eccitazione più fervida. «E me lo dici così? Come si chiama? Quanti anni ha? Scommetto che è un gran figo... Non è così?»

Amanda, travolta dal fiume di quelle domande, non le rispose nell'immediato. Dentro di sé, un mare di emozioni contrastanti faceva da sfondo alla viscerale curiosità che provava per quel Federico. Al fascino che trasudava dai suoi modi gentili e non meno discreti. «Si chiama... si chiama Federico», disse solo. «E no, non è esattamente... un figo», aggiunse, un sopracciglio inarcato.

«Che hai detto? Che è un figo?» replicò l'altra, piena di aspettativa.

«HO DETTO CHE SI CHIAMA FEDERICO E CHE NON È UN FIGO!» sbottò Amanda, alzando la voce di un'ottava.

«Okay, ma stai calma! Non c'è bisogno di urlare così, non sono mica mia nonna!»

«Come se tu non lo stessi facendo», osservò l'altra, che di scatto si rigirò sulla schiena, prendendo a fissare il soffitto bianco della camera.

«Touché!» ribatté Monica, lasciandosi sfuggire una risata. «Però dimmi... se non è un figo... allora com'è?»

Amanda roteò gli occhi. Possibile che la prima cosa a cui Monica pensasse fosse l'aspetto fisico?
Non siamo poi così diversi dagli uomini, dopotutto, rifletté la giovane. Non poteva negare che, quando aveva conosciuto Daniele, la prima cosa che aveva notato di lui erano state le sue spalle larghe accompagnate da un fisico altrettanto curato e robusto. Con Federico, però, non aveva certamente sperimentato un qualcosa di simile. Ammetteva anche di non essere mai stata particolarmente attratta da quegli uomini dediti in tutto e per tutto alla palestra; per lei Daniele era stata L'eccezione. «Be'... lui è... è una persona piacevole», farfugliò, poco convinta.

«Non mi hai risposto», ribatté Monica.

«Non è una di quelle bellezze che ti rapiscono lo sguardo appena le vedi, però è interessante. Ha il suo fascino, ecco», tartagliò, temendo in sordina la prossima domanda.

«Manca ancora qualcosa, però.»

Amanda prese un lungo respiro. «Non è esattamente un nostro coetaneo. Contenta?»

«D'accordo. Ha l'età di Alessandro?»

Temo di più, pensò Amanda, riportando nella mente le fattezze di quell'uomo. I suoi lineamenti spigolosi, qualche ruga leggera intorno agli occhi e alla bocca sottile, i capelli scuri spruzzati di grigio. «Non esattamente», le disse, come a rallentatore.

«Mamma mia, Am! Vuoi dirmi com'è fatto, una buona volta?»

«Come vuoi che sia fatto? Ha una testa, due braccia, due gambe e—»

«Ma lo sai che sei proprio scema? Ah, se solo fossi lì!»

Amanda si concesse un sorriso divertito.

«Avanti, dammi il suo cognome», riprese l'altra. «Lo cerco su Facebook. O magari su Instagram. Così la finiamo con questa storia.»

«Non credo abbia dei social», ribatté Amanda, che non aveva la benché minima intenzione di rivelarle troppe informazioni. «E comunque, preferisco di gran lunga che tu lo veda di persona.»

Monica sbuffò. «Ho capito, ti sei presa una scuffia per un vecchio», se ne uscì, provocando in Amanda un tacito – quanto feroce – sussulto.

La scrittrice si alzò dal letto. «Io non mi sono presa nessuna scuffia!» obiettò con forza. «Sono soltanto... incuriosita. Tutto qui.»

«Guarda che è la stessa cosa.»

«No, invece.»

«Amanda, senti... forse, il fatto che tu non—»

«No, non ti permetto di continuare. Non stavolta.»

«D'accordo. Ma devo forse ricordarti come guardavi il professor Cecconi pur essendo la quasi-fidanzata di Daniele?»

«Quella è acqua passata. Mi ero solo presa una piccola cotta, tutto qui.»

«Già. Ma forse c'entra qualcosa con—»

«No. Capita a tante ragazze di—»

«Trovare affascinanti gli uomini maturi. Su questo hai ragione. Ma ci hai mai pensato? Hai mai pensato alla tua situazione?»

Amanda si ributtò sul letto, una profonda mestizia nei suoi occhi. «Tante volte. Ma adesso non voglio farlo più. Mi sono stancata, capisci? Voglio soltanto vivere. E non penso che conoscere quell'uomo sia un male di morte.»

«Cosa ti ha attratto di lui? È simile al professor Cecconi?»

«Certo che no. Per certi versi, però, l'ho rassomigliato al mio ex relatore di tesi. E non lo so, non so di preciso cosa mi abbia attratto di lui. So soltanto che ci rivedremo presto. Anche se non so come.»

«Come sarebbe?»

«Sarebbe che non ci siamo scambiati il numero.»

«Ah», fece Monica, incapace di aggiungere altro.

«È bizzarro, sono d'accordo. Come il modo in cui mi ha approcciata. Questo, però, te lo racconterò un'altra volta. Ti dispiace?»

«Mi dispiace per quello che ti ho detto prima», rispose Monica. «Non volevo farti arrabbiare, tantomeno—»

«Sta' tranquilla. È tutto a posto. E ti prometto che, quando sarò pronta, ti racconterò altri dettagli, d'accordo?»

«Ci sarò sempre, lo sai.»

«Anch'io per te.»

Non appena si salutarono, Amanda riattaccò. Onde evitare che innumerevoli pensieri prendessero nuovamente a vorticarle in testa, estrasse le cuffie da sotto il cuscino e le indossò. Aprì YouTube dal cellulare, quindi fece ripartire Friendliness. Si addormentò poco dopo, cullata dalle dolci e spumeggianti note di quel pregevole disco.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VII ***


CAPITOLO VII


 



Fu il solito, insistente brontolio del suo stomaco a ridestarla dal mondo dei sogni. E che sogni! si disse Amanda, mentre si stiracchiava infilando i piedi nelle pantofole. Federico, Alessandro, la comparsa improvvisa – e fuori luogo! – di Monica (che tra l'altro urlava come un'ossessa), un assurdo testa a testa tra i primi due uomini, che in quella strana circostanza l'avevano trattata come fosse un soprammobile, un semplice – quanto ambito – trofeo da conquistare... «Manco fossimo tornati al Medioevo!» borbottò, a mezza voce. Si sforzò di ricordare se, per puro caso, le fossero apparsi entrambi in tenuta da battaglia. Scosse la testa, ridendo al solo pensiero di vederli con indosso un'armatura pregiata e scintillante. Lancia in resta, la spada sguainata al momento giusto. Amanda sogghignò tirando, nel frattempo, una sonora imprecazione al suo povero stomaco, che continuava a implorare pietà. O meglio, cibo da mettere sotto i denti.

Non poteva farci niente: tutte le mattine, alle otto in punto, un incredibile senso di fame la faceva quasi scattare dal letto all'improvviso e, nelle vesti di un perfetto un automa, la obbligava a prepararsi immediatamente, al ritmo di una volpe lesta e non meno astuta che tenta in tutti i modi di agguantare la preda di turno.
Amanda corse in bagno e, dopo essersi sciacquata in viso e sistemata alla bell'e meglio i capelli – fortuna che li aveva lisci! pensava spesso –, applicò un filo di eyeliner intorno agli occhi. Di solito non lo metteva mai e, anzi, odiava a morte truccarsi, ma per quel giorno fece uno strappo alla regola, pur non sapendo bene il perché. Condì il tutto a un lip gloss rosa – di quello, a differenza del resto, se ne fregiava ben volentieri – e, vestitasi come al solito, uscì dalla stanza.
Un vago sentore di caffè, accompagnato all'invitante odore delle brioches appena sfornate, la spinse ad allungare il passo lungo l'ampio corridoio e a scendere di corsa le scale. Talmente di corsa, che non fece neanche in tempo a frenarsi. Dopo qualche secondo, si ritrovò tra le braccia di Alessandro.

«Wooh! Dove vai così di corsa?» le domandò, inarcando un sopracciglio.

Ritrovarsi spiaccicata sul suo petto le fece abbassare immediatamente lo sguardo. Si scostò da lui, pregando che le guance avessero mantenuto un colorito normale. «Secondo te?»

Lui fece un mezzo sorriso. «Ah, ho capito... c'è di mezzo il buonissimo cornetto all'albicocca che ho mangiato poco fa.»

«Hai già fatto colazione?!» domandò lei, incredula.

Alessandro scrollò le spalle. «Non ho dormito molto, questa notte. Perciò ho pensato di anticiparmi.»

«Come mai?»

«Pensieri», buttò lì, vago.

Amanda capì l'antifona. «D'accordo. Ma se per caso sentissi il bisogno di confidarti, sappi che ci sono.»

«Ah, non è niente di grave, te l'assicuro. Vale lo stesso per me, comunque.»

La ragazza gli sorrise con gratitudine, quindi tornò a scendere le scale a due a due, provocando l'ilarità di Alessandro. Un delizioso cornetto all'albicocca la stava aspettando a braccia aperte, e lei non voleva certo lasciarlo in mano ad altri.
 

§

 

Presentare il proprio libro per due giorni di fila in due città diverse doveva, secondo Amanda, essere dichiarato illegale.
Il treno fischiò, la partenza imminente. Prossima meta: Torino. Doveva confessarlo, aveva proprio un debole per quella città. Da piccola vi si era spesso recata insieme ai genitori, dato che suo padre era proprio di quelle parti. Sospirò, cercando di concentrarsi sulla lettura di un libro che forse non sarebbe mai riuscito a terminare – d'altra parte, erano state almeno due le volte che si era fermata a metà romanzo –: I Segreti del Professore di Cristina Rava, a dispetto del titolo intrigante, le era parso piuttosto noioso, e a nulla era valso il tentativo di farsi piacere quello stile di scrittura che, per molti versi, reputava assai particolare (complice il gergo regionale utilizzato dalla gran parte dei personaggi). Accantonò il romanzo, rassegnandosi al fatto che avrebbe trascorso l'intero viaggio a rivangare il passato. Pur essendo molto legata a quella città non poteva negare che, accanto agli innumerevoli e bellissimi ricordi infantili, l'avvenimento più sgradevole di tutti riusciva ancora a instillarle nel petto una profonda e assoluta tristezza. Non aveva mai accettato il divorzio dei suoi genitori, per quanto negli anni si fosse sforzata di guardare a quel fatto come a un qualcosa di assolutamente ordinarioper nulla originale e altrettanto prevedibile, come ormai si usava dire.

Malgrado tutto, aveva sempre creduto nell'amore. Non sapeva spiegarsi il perché, eppure non riusciva a figurarsi come un'isola, senza avere qualcuno al proprio fianco. Qualcuno che la sostenesse in ogni sua scelta, che la consolasse nei momenti di puro sconforto, che le donasse tutto se stesso senza riserve – cosa che i suoi, purtroppo, avevano fatto solo in parte.

Amanda fu colta dalla consueta, impellente nostalgia, mentre osservava i brulli scorci di paesaggio che il finestrino del treno le presentava.

Provò l'impulso irrefrenabile di chiamare il padre, ma comunque si trattenne. L'ultima volta che l'aveva sentito al telefono era stato un mesetto prima, ma ormai da anni era abituata a quello sporadico scambio. Dopo il divorzio dalla madre, si era inspiegabilmente allontanato da lei. Si erano sentiti e visti di rado, d'altra parte lui aveva cominciato ad accampare delle scuse tutt'altro che convincenti pur di non vederla. Inutile dire quanto Amanda ne avesse sofferto. Un bel giorno, prendendo coraggio, gliel'aveva anche detto. Aveva digitato di corsa il suo numero e, invitatolo a prendere un caffè al bar del centro, si erano incontrati con la scusa di chiedergli un consiglio urgente. Amanda era andata subito al dunque: «Perché sei così distaccato, papà?» gli aveva chiesto, raggiunti i sedici anni. «Non ti ricordavo così...»

Sulle prime, il genitore non aveva pronunciato una sola parola. Ad Amanda era sembrato piuttosto combattuto, come se avesse voluto dirle chissà cosa. Poi, però, le aveva risposto solo: «Io ti voglio bene, Amanda. E ti chiedo perdono se non riesco sempre a dimostrartelo. Posso... posso fare qualcosa per rimediare?»

«Mi piacerebbe vederci più spesso. Tutto qui.»

Il suo pesante sospiro riecheggiava ancora nelle sue orecchie. «Lo sai che lavoro tanto, tesoro. E adesso che—»

«C'è un'altra donna, vero?» gli aveva poi chiesto, di getto.

Lui aveva sgranato gli occhi. «Non dire sciocchezze.»

«Certo che c'è!»
Amanda aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola, tant'è che tutti gli avventori del locale si erano subito voltati verso di loro.

«Amanda, non ti permetto di—»

«Di giudicarmi? Lei è più importante di me.»

Il tono di Amanda, di nuovo sommesso, l'aveva fatto placare all'istante.

«Io non ho mai tradito tua madre, se è questo che pensi. L'amavo più della mia vita. Non l'avrei mai fatta soffrire.»

Quell'amavo era suonato, ad Amanda, come una coltellata. «E allora perché l'hai lasciata? Perché?» aveva ribattuto, incapace di comprendere cos'avesse davvero allontanato i suoi genitori.

«A volte succede di non capirsi più», aveva tagliato corto lui. «Non posso – e non voglio – dirti altro.»

Il tono risoluto del padre non le aveva dato ulteriore coraggio per insistere. «Ma adesso hai un'altra», gli disse solo, le lacrime agli occhi.

«Anche tua madre si rifarà presto una vita. Ne sono certo. Quanto a noi due... ti prometto che cercherò di essere più presente, d'accordo?»

Amanda si accorse di avere gli occhi lucidi. Ogni volta che la sua mente richiamava quel colloquio, riusciva soltanto a pensare al fatto che lui non avesse mai tenuto fede a quella promessa.

Un'improvvisa – e non meno discreta – carezza al braccio la fece voltare alla sua sinistra.

«A cosa pensi?» le chiese Alessandro, la bocca piegata all'ingiù.

Amanda poggiò la testa sul sedile. «A mio padre», sputò, senza remore. «Alcune volte mi chiedo se sia o meno fiero di me.»

«Perché non dovrebbe esserlo?»

«Lunga storia. Ma da quando ho cominciato il tour promozionale, non mi ha chiamato neppure mezza volta. Mi ha solo inviato un brevissimo messaggio con su scritto complimenti per il traguardo

«Be'... sempre meglio che niente, no?» rispose Alessandro, non troppo convinto.

«Quello che mi dico sempre anch'io», confermò lei con un sorriso amaro.

Alessandro scosse la testa, sinceramente addolorato. «Ascolta, non so cosa sia successo tra te e tuo padre, ma una cosa è certa: io di te non sono fiero, ma fierissimo.»

Quell'affermazione le strappò un largo sorriso. «Menomale che ci sei tu, Ale.»

Lui allungò timidamente il braccio verso di lei. «Posso?» le chiese, scrutandola a fondo.

«Certo», gli rispose, lasciandosi avvolgere in un tenero abbraccio. Almeno per un attimo, voleva sentirsi importante per qualcuno. Almeno per un istante, voleva pensare a tutto tranne che a quell'uomo che, per quanto amasse, non riusciva più a considerare un vero padre.

Chiuse gli occhi, la testa sulla spalla di Alessandro. Il viaggio non sarebbe stato molto lungo, ma forse una piccola siesta le avrebbe fatto bene.

 

§

 

Nel ritrovarselo davanti, a pochi metri dalla storica Libreria Interazionale Luxemburg, Amanda rimase semplicemente a bocca aperta. Federico, che non si era ancora accorto di lei, tirò un'ultima boccata di fumo e, alzatosi dal motorino, il casco nella mano sinistra, costeggiò il profilo di uno dei tanti palazzi che abbellivano la suggestiva Piazza Carignano, situata nel cuore del capoluogo piemontese. Si avvicinò a un bidone della spazzatura e vi gettò la sigaretta.

Amanda rimase ancora più sbigottita. La stragrande maggioranza dei fumatori non esitava un solo istante nel buttare le cicche a terra, incuranti di qualsivoglia problema ambientale che le stesse continuavano a provocare. Lui, invece...
Amanda non smise di osservarlo nemmeno per un secondo, concentrandosi a fondo sulla sua espressione. Anche stavolta, ebbe l'impressione che dentro quella testa – come nei suoi occhi – regnasse una caterva di pensieri che, forse, sarebbe stato del tutto incapace di esprimere a cuore aperto. Quanto avrebbe voluto essere lui almeno per un istante! Così magari quell'aura di mistero che si portava appresso sarebbe del tutto scomparsa, lasciando finalmente posto alla luce.
Tornò a fissare il motorino. Tutto si sarebbe aspettata, fuorché che un tipo così pacato e, perlomeno all'apparenza, non certo "ribelle", potesse guidare una moto. L'apparenza inganna sempre, ormai dovresti saperlo, pensò, mentre si apprestava a raggiungerlo.

Federico la notò quasi subito, un timido sorriso che lei si affrettò a ricambiare.

«È sua?» gli chiese, indicando la moto. A dire il vero, avrebbe tanto voluto chiedergli come mai si fosse rifatto vivo così presto, ma magari la sua risposta sarebbe stata più che scontata. Probabilmente aveva "solo" voglia di rivederla.

Lui scrollò le spalle. «Pare di sì.»

«Sa, credevo che non sarebbe venuto oggi. In fin dei conti, due viaggi in soli due giorni—»

«Oh, non si dia pena. Sono di qui.»

Amanda sbarrò gli occhi. «Lei è di Torino?»

«Per molti anni ho vissuto fuori, quindi ho perso un po' la parlata del posto. Però sì», rispose lui, continuando a guardarsi intorno.

«Capisco», rispose la giovane, stringendosi nel lungo cappotto di lana, lo sguardo alternato tra lui e la piazza.

«Mi è spiaciuto molto non poter venire alla presentazione. Però sa, i turni in ospedale spesso e volentieri sono massacranti, perciò...» Scrollò le spalle ancora una volta, il piede destro che tamburellava sull'asfalto.

«Lei è un medico?»

«La cosa la stupisce?» ribatté lui, sfoggiando un sorriso enigmatico.

«Ma certo che no!» esclamò lei, scuotendo sonoramente la testa.

Lui inarcò un sopracciglio.

«Be'», ritrattò, «diciamo solo che... che no, non me lo aspettavo. Pensavo, non so...»

«Continui», la esortò lui, scendendo dal motorino e incrociando le braccia, l'espressione finalmente rilassata.

«Che so, quasi mi dava l'impressione di un diligente scienziato che se ne sta rinchiuso per ore nel suo laboratorio per cercare di studiare roba che solo lui stesso può comprendere.»

«Be', la medicina è comunque una scienza. Non è una scienza esatta, siamo d'accordo. Ma i principi su cui la stessa si basa sono comunque strettamente scientifici.»

«Non posso darle torto.»

L'uomo guardò alla sua sinistra. «Che ne dice se ci sediamo un po' lì?» le propose, indicando una delle tante panchine situate nel bel mezzo della piazza. «Se poi preferisce rintanarsi in un bar, possiamo anche—»

«Per me va benissimo. Non fa poi molto freddo oggi. E poi... questa piazza è davvero magnifica.»

«È già stata qui in passato?»

«Da piccola, sì.»

Amanda decise di non aggiungere altro. Non voleva perdersi di nuovo nel pensiero del padre, e non voleva nemmeno che quello stesso pensiero le rovinasse il momento.

«Com'è andata la presentazione?» domandò Federico, cambiando discorso.

«Non male, direi. Sto cominciando a divertirmi sul serio, sa? Ho persino ricevuto un mazzo di rose bianche da uno speciale ammiratore.»

«Che nemmeno conosce, presumo.»

«Già. I soliti, insomma.»

Presero posto sulla panchina e, per qualche secondo, rimasero in religioso silenzio. Anche stavolta, Amanda lo guardò di sottecchi. Sembrava di nuovo immerso nei suoi pensieri.

«Ho ascoltato Friendliness», dichiarò dopo un po', tentando di rompere quell'assordante silenzio.

L'uomo tornò a guardarla. «E io ho ascoltato Watercolors. Non ricordavo fosse un disco così...» Esitò un attimo. «Particolare», disse poi, annuendo appena.

«E io non pensavo che questi Stackridge fossero così talentuosi. Ho adorato il disco. E poi, quei pezzi al pianoforte! Erano semplicemente stupendi.»

«Le piace il pianoforte?»

«Moltissimo! Mi è stato persino fatto come regalo di laurea. Diciamo che mi diletto a suonare qualcosa di tanto in tanto, ma non mi sono ancora azzardata a prendere lezioni.»

«E cosa aspetta a farlo?» ribatté lui, con un pizzico di genuina ironia nella voce.

Amanda scrollò le spalle. «Chissà, magari adesso posso permettermelo. Fino a qualche tempo fa sarebbe stato impossibile. Sa, troppo lavoro da sbrigare.»

Federico annuì. «Senta... tra circa una settimana, al Teatro Erba di Torino, se non erro, faranno un piccolo concerto dedicato alle composizioni di Mozart e Chopin. Le andrebbe di accompagnarmi? Il caso ha voluto che una collega mi regalasse due biglietti – doveva andarci con una sua amica ma, purtroppo, le ha dato buca – e così... sì, insomma, se le va potremmo andarci insieme. Altrimenti, posso sempre rivenderli al miglior offerente.»

Amanda sorrise alla battuta. «Dice davvero? Sa, io invece ho come l'impressione che la sua collega volesse, perlomeno indirettamente, invitare lei a questo concerto.»

Federico corrugò la fronte. «Lei crede?»

«Perché avrebbe dovuto regalarle due biglietti, altrimenti?»

«In ogni caso, preferirei comunque andarci con lei», rispose lui, la bocca piegata in una smorfia dalla quale si denotava tutto il suo disinteresse per la suddetta collega. «Allora? Che ne dice?»

Amanda non si lasciò pregare ulteriormente. «L'accompagnerò volentieri», sussurrò, regalandogli un tenue sorriso.

L'uomo trafficò nella tasca della sua giacca ed estrasse il biglietto. «In questo caso... ecco a lei.»

Non appena lo prese, se lo rigirò tra le mani e ne lesse il contenuto. Il concerto sarebbe iniziato verso le diciassette del pomeriggio e sarebbe durato un'oretta. Avrebbe avuto tutto il tempo per tornare all'ovile. O meglio, da Alessandro.

«Se le fa comodo, potremmo sempre darci appuntamento qui per le quattro e poi andarcene con calma a teatro – tempo permettendo, ovvio. Lei è amante delle lunghe passeggiate?»

Amanda ridacchiò. «Adoro questa città, e il minimo che possa fare è percorrerne un bel tratto a piedi», gli rispose, riponendo il biglietto nella borsa.

«Allora è deciso. Lunedì alle sedici. La aspetterò proprio qui, su questa panchina.»

La ragazza non riuscì a non sorridere. «Grazie ancora per l'invito.»

«Grazie a lei per aver accettato.» L'uomo tornò a guardare l'orologio. Erano appena passate le diciotto. «Adesso mi scusi, ma devo proprio andare. Il lavoro mi chiama.»

Si alzarono entrambi e Amanda non resistette all'impulso si chiederglielo. «Di cosa... di cosa si occupa, nello specifico?»

«Mi sono specializzato in malattie neurodegenerative», rispose lui dopo qualche istante, mentre si rassettava la giacca.

Amanda rimase senza fiato. «Non dev'essere facile.»

«Non lo è mai, in effetti. E mai ci si abitua, soprattutto nei casi più disperati. Ma se è per questo, credo fermamente che la neurologia sia la disciplina più stimolante e affascinante che esista.» Le porse la mano. «A presto, Amanda. È stato un piacere.»

Amanda gliela strinse, ancora stordita dalle sue ultime parole, da tutta la passione trasudata in esse. «Anche per me. A presto, Federico», farfugliò, le gambe tremanti. Quella sua rivelazione le aveva fatto venire la pelle d'oca.

Non appena lo vide saltare in sella alla sua moto, si voltò e si apprestò a raggiungere l'hotel, che fortunatamente si trovava a pochi passi dalla libreria.

Scosse la testa, quindi riestrasse il biglietto che lui le aveva donato. Lo accarezzò con il palmo della mano, la bocca piegata in un sorriso. Inutile dire che non stava più nella pelle.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO VIII ***


CAPITOLO VIII


 



«Alla tua prima settimana da vera scrittrice!» esclamò Alessandro, la mano alzata a trattenere una Coppa Martini.

Amanda ricambiò il gesto e, all'unisono, fecero tintinnare i bicchieri abbandonandosi a un felice brindisi. «Ancora non posso credere che il signor Alessandro De Dominicis si stia bevendo un buon Martini con me! Ma quale onore!»

L'altro scosse la testa, le labbra incurvate all'insù. «Le occasioni speciali vanno festeggiate a dovere.»

Amanda sorrise. «Grazie di tutto, Ale. Il tuo sostegno è stato fondamentale.»

«Sono io che ringrazio te. Grazie davvero per essere venuta. Sai, i miei ci tenevano tanto a conoscerti.»

«A conoscere me o... la Amanda scrittrice?» domandò lei, buttandola sullo scherzo.

L'agente ridacchiò. «Un po' tutte e due. Sai, mio padre è un tuo grande fan. Non è molto espansivo, è vero, ma spesso è lo sguardo a parlare per lui. Come scrittrice ti ammira molto e, anche se non lo ammetterà mai, avrà letto il tuo ultimo romanzo almeno un paio di volte.»

«Come—»

«Come lo so? Be', il tuo libro è sparito a più riprese dalla mia libreria personale. Non può che essere stato lui; mia madre, a differenza sua, non è una grande lettrice. E io non l'ho prestato ad anima viva.»

«In tal caso, non posso che esserne onorata. I tuoi sono persone squisite.»

«Lo pensi davvero?»

«Non potrei mai mentire su una cosa simile. La famiglia è tutto», ammise, scostando gli occhi da Alessandro. Li sentì nuovamente bruciare e pregò di non piangere davanti a lui. Vedere quel bel quadretto familiare l'aveva resa felice e triste al tempo stesso.

«Ehi...» soffiò Alessandro, con tenerezza e dispiacere insieme. «Stasera niente musi lunghi, okay?» Le strinse, indugiando appena, la mano sinistra; Amanda, a quella presa di posizione, sussultò in silenzio, ma non disdegnò affatto quel dolce contatto. Ricambiò quella stretta e riuscì, seppur a stento, a ricacciare il nodo che le si era formato in gola.

«Sei un vero amico», gli disse, un sorriso dolce ad accentuarle la fossetta di destra.

«Ti sosterrò sempre, finché lo vorrai», rispose lui, strizzandole dolcemente la mano un'ultima volta. Tornò a scrutare il suo bicchiere e lo indicò con un cenno del capo. «Che ne dici, terminiamo o no questo Martini?»

«Con molto piacere», rispose Amanda, un sorriso a trentadue denti tornò a illuminarle il viso. «Comunque dev'essere davvero bello starsene qua fuori nelle notti d'estate, al chiaro di luna...» constatò, ammirando il piccolo ma fiorente giardino completo di fontanella che circondava l'abitazione di Alessandro. «Uno scenario che la tua ex avrà certo giudicato molto romantico.»

Ad Alessandro andò quasi il Martini di traverso. Si schiarì la voce. «Veramente... Anna non è mai stata qui. Io... io non l'ho mai invitata.»

«Oh», sillabò Amanda, incapace di dire altro. Bravissima, hai appena fatto una gaffe clamorosa. «Scusami tanto, non volevo metterti a disagio. Pensavo soltanto che le tue belle conquiste meritassero di vedere questo piccolo angolo di paradiso», osservò con forzata disinvoltura, lo sguardo posato su un cespuglietto di rose bianche.

«Nessun disagio. Però mi sembra che una ragazza a caso abbia avuto l'onore di vedere per prima questo piccolo angolo di paradiso», ironizzò lui, un sopracciglio inarcato e un lieve accenno di sorriso.

Ad Amanda quel "per prima" non sfuggì. «Vuoi dire che—»

«Voglio dire che di qui sono passati solo i miei più cari amici, te compresa. Anche se ci stiamo ancora conoscendo, sento che posso fidarmi di te. Condividere con te una piccola parte del mio vissuto e del mio presente.»

«Fammi capire... non hai mai coltivato amicizie femminili?»

«Ma sì, soltanto che... erano solo di passaggio, non so se mi spiego... Le ho perse praticamente di vista. Con te, invece... non so, sento che potrebbe nascere un legame ben più saldo e duraturo. Che poi... non sei stata proprio tu a pregarmi di continuare a farti da agente per sempre

Amanda alzò le mani in segno di resa. «D'accordo, hai vinto tu!»

L'altro scoppiò a ridere. «Amanda che si arrende all'evidenza! Questa cosa non riesco proprio a figurarmela! Comunque... si può sapere dove sei stata oggi pomeriggio? Credevo saresti rimasta un po' più a lungo con i tuoi cari lettori, invece sei sparita all'improvviso... Cos'è, volevi un po' di privacy?»

La giovane trattenne il respiro. E ora? pensò, spiazzata. «Sono... be', non ho resistito e sono andata a farmi un giretto per la città... Sai, mio padre è nato a Torino; da piccola ci sono stata molto spesso, e quindi... e quindi mi è venuta un po' di nostalgia, tutto qui.» Pronunciate quelle parole, si sentì immediatamente in colpa e, per un momento, si chiese perché sentiva il bisogno di mentirgli. Era o no suo amico? Non poteva provare a fidarsi di lui? La verità è che temi troppo il suo giudizio, e tutto perché hai molta stima di lui, constatò.

«Lo capisco... Verrebbe tanta nostalgia anche a me.»

«La tua storia con... con Anna non era importante?» azzardò lei, cercando di riportare l'attenzione di Alessandro all'argomento sfiorato pochi istanti prima.

«Come scusa?»

Amanda scrollò le spalle, quindi si alzò dal muricciolo che circondava la fontanella e lo sfiorò con la punta delle dita, dando le spalle ad Alessandro. «Sì, insomma... poco fa mi hai detto che la tua ex non ha mai messo piede qui. Quindi... non ha mai conosciuto i tuoi genitori?»

Alessandro si alzò a sua volta e la seguì, le scarpe che sfregavano contro l'infinita distesa di sassolini bianchi. «Proprio così. Ma non è che giudicassi la mia storia con Anna poco importante. Soltanto che... non l'ho mai pensata come possibile madre dei miei figli, ecco. Evidentemente, il mio sentimento per lei non era abbastanza forte. Avevo trentadue anni quando l'ho conosciuta e, se almeno da un lato credevo fosse l'età giusta per mettere su famiglia, dall'altro...» L'espressione di Alessandro si fece più tesa. «Non lo so, con Anna questo pensiero non mi ha mai sfiorato. Lei parlava spesso di convivenza, di progetti futuri che, pur non esplicitando direttamente, coinvolgevano anche eventuali figli... ma io tendevo sempre a cambiare argomento. Non mi sentivo pronto, o meglio... lei non riusciva a ispirarmi in quel senso. Non sono il tipo da prendere alla leggera le relazioni, sono stati comunque tre anni molto belli. Però... poi, del tutto inaspettatamente, mi sono accorto che c'era altro, là fuori. E così... tutto quello che credevo di provare per Anna ha perso d'importanza.» Si grattò la testa. «Ma adesso non voglio ammorbarti con i miei discorsi... Tra l'altro si è fatto molto tardi, dovrei riaccomp—»

«Sei veramente così fiscale con gli orari?» domandò Amanda, trattenendosi dal ridere. «Ti avrò detto almeno mille volte che mi piace sentirti parlare, e che non mi annoi affatto», continuò, decisa. «Comunque... non dubito che la ragazza giusta per te arriverà. E spero tanto possa renderti felice come meriti. Poi, se la cosa può consolarti... nemmeno io ho mai pensato a Daniele come padre dei miei figli. Ma è anche vero che, ai tempi del mio rapporto con lui, ero un bel po' più giovane di te...» lo schernì, facendogli la linguaccia.

«Ah-ah, sapevo che prima o poi saresti arrivata a questo!» rispose prontamente lui, ridendo a sua volta.

«Ma dai, lo sai che stavo solo scherzando! E poi... lo penso veramente. Spero tu possa trovare la donna giusta», gli ripeté.

Alessandro sorrise. «Impresa ardua... però chissà, la vita è piena di sorprese. In ogni caso, auguro lo stesso a te.»

Anche Amanda sorrise. Pur non sapendo cosa le avrebbe riservato l'immediato futuro, nel suo cuore sperava ardentemente che non sarebbe più stata la sola a coltivare il sogno dell'amore eterno.

 

§

 

Quella stessa sera, Amanda non sembrava volersi arrendere al sonno. Continuava a ripensare al futuro appuntamento con Federico e, se la cosa da un lato la entusiasmava, dall'altro la rendeva nervosa e piuttosto irritabile. Non voleva continuare a mentire ad Alessandro, non adesso che l'amicizia con lui stava diventando più profonda. Al solo pensiero di rivelargli tutto, però, una feroce stretta allo stomaco minacciava di farle rigettare l'intera cena. Durante l'intensa – e non meno emozionante – settimana appena trascorsa, Amanda aveva constatato quanto tenesse, in realtà, all'amicizia di Alessandro, quanto desiderasse averlo al suo fianco in ogni fase della sua carriera di scrittrice. Per molti versi, ammetteva di sentirsi simile a lui, di coltivare i suoi stessi sogni, di condividere, altresì, le sue stesse speranze. Stava cominciando a volergli bene, e questo per lei rappresentava un gran bell'ostacolo, se rapportato alla sua situazione attuale. Una situazione perlopiù indefinibile, come indefinita.

Sospirò, rigirandosi nel letto per l'ennesima volta. Federico. Era lui l'ostacolo. Era il suo nascente rapporto con lui a destare nella ragazza innumerevoli domande. 

Perché sono così curiosa di conoscere un uomo così grande? Non ho mai provato una curiosità così forte, nemmeno ai tempi della mia relazione con Daniele. Cos'avrà mai di speciale? E perché quando sono con lui mi sembra di... quasi mi sembra di essere in pace col mondo?

Con Ale, invece? Be', con lui riesco sì a essere me stessa, ma non fino in fondo. O almeno, non ancora.

Ripensò all'intera serata e le sfuggì un sorriso. Alessandro era stato così spontaneo nell'invitarla a casa dei suoi, che lei non aveva pensato certo di rifiutare. E perché mai, poi? Non si rifiuta mai l'invito di un amico!, si era sempre detta, appellandosi a questo motto. Per un attimo, il suo caldo sorriso si spense. La famiglia di Alessandro era così unita, così compatta... così perfetta.

Ma la sua? Dov'era la sua famiglia? Sorrise, amara. Semplicemente non esisteva. Aveva appena esaudito il suo sogno più grande, ma paradossalmente non poteva condividere con nessuno la sua gioia, il suo traguardo.

Affondò la testa sul cuscino e, del tutto incapace di trattenersi oltre, si abbandonò al pianto e alla malinconia che, di tanto in tanto, si prendeva la briga di distruggere la sua felicità. A cosa poteva valere il suo successo, se poi i suoi genitori non erano con lei? A cosa poteva servire indossare una maschera, fingere che la sua vita fosse completamente normale, esente da qualsiasi tipo di tristezza o problematica? A cosa poteva servire rimuginare sul fatto che il suo sogno di avere un fratellino o una sorellina non si fosse mai avverato? O coltivare la speranza che i suoi avrebbero potuto, un bel giorno, tornare finalmente insieme? Amanda continuò a singhiozzare, le mani strette a pugno. Per un breve istante, s'immaginò di avere Alessandro accanto, la sua voce calda e rassicurante che le soffiava nell'orecchio, un leggero tocco sulla spalla in segno di conforto. Si sentì subito meglio e ne approfittò, finalmente, per abbandonarsi tra le braccia di Morfeo. 

Chissà, magari stavolta sognerò Alessandro e Federico in tenuta da jogging, pensò, quindi chiuse gli occhi e forzò un altro sorriso, questa volta divertito.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO IX ***


CAPITOLO IX


 



Aveva trascorso buona parte della domenica a riempirsi la testa di album targati Stackridge pur di non alimentare l'eterno conflitto tra cuore e ragione; un acceso conflitto che minacciava, più di qualsiasi altra emozione, di farla uscire di senno. Stravaccata sul divano, una bottiglia semivuota di acqua tonica in mano, tornò d'improvviso ad arrovellarsi il cervello con l'ennesima, scomoda domanda: cosa avrebbe detto ad Alessandro? E a quale stratagemma sarebbe ricorsa per defilarsi a seguito della consueta presentazione e prendere il primo treno per Torino? Magari poteva rifilargli la solita scusa: una tremenda nostalgia l'aveva travolta come un fiume in piena, spingendola a rimettere piede "in patria" prima del previsto.

Scosse la testa, inorridita dai suoi stessi pensieri. Mr. Mick, il quinto album degli Stackridge, continuava nel frattempo a fare da sfondo a quelle tormentose elucubrazioni che, come al solito, minacciavano di distoglierla dai suoi buoni propositi. Perché bagnarsi la testa prima di piovere? Magari l'indomani avrebbe avuto il coraggio di rivelargli la verità, e... Scosse ancora la testa. Sei solo una vigliacca. Ecco cosa sei! si redarguì, le note dell'album suonavano sempre più lontane alle sue orecchie. Non sarebbe mai riuscita a dirglielo, o perlomeno non tanto presto. In fin dei conti, aveva visto Federico soltanto tre volte, e non le era nemmeno ben chiaro cosa provasse nei suoi confronti – tralasciando una grande curiosità e quella strana attrazione che la spingevano a scandagliare ogni suo singolo cambiamento di espressione, come ad analizzare ogni sua parola. Quindi... perché parlargliene subito?

Amanda sospirò. Alcune volte, incredibile a dirsi, quasi rimpiangeva quegli intensi pomeriggi trascorsi a studiare sui vari tomi universitari coltivando la segreta speranza di superare con successo i numerosi esami di profitto. Nessun problema, nessun retropensiero che non riguardasse in via esclusiva la materia in questione, nessun pomeriggio "vuoto". Adesso, invece... aveva a sua disposizione davvero tanto, fin troppo tempo per processare gli ultimi avvenimenti, per analizzare con estrema calma quella caterva di sentimenti che, pur avendo in larga parte accantonato durante quegli anni, non erano certo scomparsi. Per pensare a cosa dire ad Alessandro, a come comportarsi con quel Federico.

Si alzò pigramente dal divano, le mani in fronte. Era appena diventata una scrittrice affermata e tutto quello a cui riusciva a pensare era dannarsi sulla questione Alessandro e assimilati? «Ah, uomini!» esclamò, esasperata. Quei due le avrebbero mandato in pappa il cervello, prima o poi!

Trattenendo uno sbuffo, raggiunse la corposa libreria situata nell'angolo sinistro del soggiorno. Qualche settimana prima aveva modificato quasi completamente la disposizione dei vari libri su ognuno dei sei scaffali che la popolavano, come soleva fare due volte al mese. Se qualcuno avrebbe giudicato questa operazione a dir poco insolita – oltre che una faticaccia inutile –, per Amanda nascondeva un ben preciso significato. Inspirò a fondo, quindi chiuse gli occhi, entrambe le mani posate sul terzo scaffale. Fece avanti e indietro con i palmi delle dita almeno un paio di volte; poi si fermò, di scatto, puntando l'indice destro contro un libro a caso. Riaprì gli occhi.

La Bottega dell'Antiquario, di Charles Dickens.

Bingo! pensò, i suoi occhi si illuminarono all'istante. In tutti gli scaffali si era divertita a posizionare qualche romanzo che non aveva ancora avuto modo di leggere, e questa volta le era andata proprio di lusso. Qualche giorno prima aveva infatti pescato Il Cavaliere Inesistente di Calvino, che però aveva già letto un paio di volte, perciò aveva pensato di ritentare la fortuna lasciando passare un'altra settimana. Sì, magari era un gioco stupido, ma a lei piaceva parecchio dilettarvisi.

Estrasse il libro di Dickens e, non appena l'aprì, vi avvicinò il viso e saggiò l'odore della carta. L'aveva sempre fatto, fin da piccola. Inutile dire che, in virtù della sua forte allergia agli acari, la madre l'aveva spesso rimproverata per quel gesto, a suo dire sconsiderato. Le sfuggì un sorriso, ma subito dopo le salirono le lacrime agli occhi. Decisa a non dar credito alle solite quisquilie, richiuse lo sportelletto della libreria, si passò una mano in viso e tornò sul suo amatissimo divano. D'altronde, quando certi pensieri si facevano troppo insistenti – se non addirittura insopportabili –, per Amanda non esisteva miglior cura che la lettura di un buon romanzo.

 

§

 

Amanda non ebbe più dubbi sul fatto che la dea bendata l'avesse assistita per ben due volte non appena Alessandro ricevette, proprio al termine dell'ennesima presentazione imbastita nel primo pomeriggio di quel lunedì, un'improvvisa telefonata che, a quanto pareva, l'avrebbe tenuto occupato per un bel po', impedendogli di indagare seduta stante sul conto della ragazza, che nel frattempo ne aveva approfittato per raggiungere l'albergo e prelevare tutto il necessario per la prossima partenza. La prima botta di fortuna aveva riguardato, invece, la scelta della location: trovandosi nei pressi del capoluogo ligure, non sarebbe stato poi troppo difficile raggiungere Torino. Certo, una parte di sé ammetteva quanto la cosa potesse risultare rischiosa. Non aveva detto a nessuno dove si sarebbe diretta, d'altra parte non conosceva nemmeno così bene Federico da potersi fidare completamente di lui. Amanda storse la bocca. Non voleva rovinarsi la giornata fustigandosi a più riprese con quelle insulse paranoie. Federico era un uomo perbene, lei l'aveva constatato al primo sguardo, e benché non potesse essere totalmente certa della sua buona fede, sentiva comunque di doversi affidare al cuore e all'istinto.

Accasciò la testa sul sedile e si preparò alla partenza. Le solite cuffiette nelle orecchie, lo sguardo fisso sullo schermo del telefonino, incantata dall'ennesima performance live dei GenesisChissà se Federico conosce questo fantastico gruppo quanto lo conosco io, si chiese, incuriosita. Un trillo improvviso la fece sussultare. Nella barra delle notifiche comparve un nuovo messaggio.

Dove sei? Un giornalista di paese avrebbe voluto intervistarti...

Rabbrividì. Si trattava di Alessandro.

Amanda digitò rapidamente un messaggio di risposta. Sono in treno.

In treno?!

Sì. Sto tornando a Torino.

Nostalgia "di casa?"

Una specie...

Amanda strinse i pugni. Non voleva più mentirgli e, suo malgrado, lo stava facendo ancora.

Beh, allora ti auguro buon viaggio. Ci vediamo più tardi... Buon proseguimento.

La ragazza lo ringraziò e frullò il cellulare nella borsa, l'aria sconsolata. Tutt'a un tratto, non aveva più nessuna voglia di ascoltare della buona musica.

 

§

 

Il cielo di un azzurro limpido, un fresco venticello che l'avvolgeva, il sole splendente. Quasi sembrava una giornata d'estate. Amanda si guardò intorno. Piazza Carignano pullulava di persone, l'emozione che scorreva a fiumi nelle sue vene. Guardò l'orologio. Erano appena passate le sedici, ma non le parve di vedere Federico nei dintorni, tantomeno lo trovò seduto su quella panchina in cui aveva detto che l'avrebbe aspettata. D'altronde, quella stessa panchina era adesso occupata da una coppietta sdolcinata che non sembrava volersi schiodare da lì tanto presto – un uomo sui trent'anni stava amoreggiando con la sua dolce metà con ammirevole trasporto e, di tanto in tanto, le rifilava un sorriso adorante. A quella visione, Amanda non riuscì a trattenere un sonoro sospiro. Seppur con leggera ritrosia, non poteva non ammettere quanto le mancasse abbandonarsi a quel genere di effusioni. Non che avesse mai reputato il suo Daniele come "il ragazzo più romantico del mondo", anzi. Ciononostante, alcune volte percepiva quel tipico senso di "mancanza fisica" che spesso accompagna la fine di una relazione. Pur non serbando rimpianti, anelava come l'acqua nel deserto quel genere di affetto e di carinerie, benché facesse di tutto per non darlo a vedere, per mostrarsi forte – e a tratti imperscrutabile – agli occhi degli altri.

Scostò lo sguardo da quel delizioso quadretto e tirò fuori il romanzo di Dickens dalla borsa. Voltò loro le spalle, fece qualche passo e, raggiungendo un muricciolo posto ai lati della grande piazza, vi si accostò, quindi prese ad ammazzare il tempo leggendo qualche altra riga del primo capitolo, non mancando di scostare lo sguardo di tanto in tanto per vedere se Federico sarebbe comparso. Passarono buoni cinque minuti, o forse di più. Amanda, sempre più coinvolta nella lettura, si isolò quasi del tutto dall'ambiente circostante, entrando nella sua bolla di felicità.

«Le piacciono i classici?»

Amanda alzò di scatto la testa, ma non vide nessuno davanti a sé. Si voltò allora verso la sua sinistra e incontrò quegli occhi verdi, un breve tiro di sigaretta, l'espressione concentrata. «Mi scusi tanto, la curiosità mi ha spinto a sbirciare titolo e autore, e così...» Scrollò le spalle, lo sguardo rivolto al palazzo di fronte, la sigaretta tra le dita. Amanda notò che la stava letteralmente torturando, residui di cenere mista a tabacco stavano, a poco a poco, sparpagliandosi intorno ai suoi scarponi invernali di camoscio, totalmente neri come il resto dell'abbigliamento. Lo squadrò per un breve istante. Pantaloni classici, un lungo giaccone invernale che al di sotto lasciava intravedere un maglione in cashmere. Come sempre, non poté non trovarlo affascinante. Tornò sul suo viso e notò che la stava guardando anche lui.

La ragazza richiuse il libro, mentre il suo cuore prese a battere più velocemente. Come al solito, non le riuscì di identificare quell'intenso turbinio di emozioni che si stavano scatenando dentro di lei.

«Sospettavo sarebbe arrivata prima di me...» continuò lui, la mano sinistra a grattare la sigaretta, «Purtroppo ho avuto un contrattempo in ospedale...»

«Non si preoccupi. Ho immaginato. E comunque... sì, non mi dispiacciono i classici. Ho pescato questo libro dalla mia biblioteca personale, e devo dire che mi sta piacendo molto», disse lei, riponendolo in borsa.

L'altro annuì. «Vogliamo andare?»

«Certo.» Ancora una volta, lo scrutò con la coda dell'occhio. Le labbra serrate, lo sguardo corrucciato. Non le sembrava "il solito Federico". Senza contare che, da quando era arrivato, non le aveva elargito nemmeno un sorriso. «È forse... è forse preoccupato per qualcosa?» gli chiese, titubante.

Federico si avvicinò al secchio della spazzatura più vicino e vi gettò, dopo aver fatto un ultimo tiro, la mezza sigaretta che fino a quel momento aveva quasi stritolato tra le dita.

Davvero bizzarro, pensò Amanda. Alcuni miei compagni di università avrebbero giudicato un peccato mortale sprecarne anche una sola briciola. Erano dei grandi patiti di tabacco.

«Diciamo pure che non è stata una delle mie giornate migliori. Ma d'altronde, ogni professione ha i suoi alti e bassi.»

«Me ne vuole parlare?» gli domandò, poco convinta.

«Com'è andato il suo weekend?» le chiese lui di rimando, come se Amanda non gli avesse detto nulla.

La ragazza non insisté, lo sguardo fisso sulla strada. Lei e Federico avanzavano all'unisono ai lati della stessa e, nel mentre, Amanda stava perdendosi nell'ammirare quegli splendidi scorci torinesi di cui aveva quasi dimenticato l'esistenza. Non si sentì offesa per la sua mancata risposta, ma non poteva negare che un vago senso di disagio l'avesse colta. «Non male, direi. Ho continuato ad approfondire la discografia degli Stackridge e non posso che confermare la mia impressione iniziale: sono davvero fenomenali!» esclamò, provando ad alleggerire l'atmosfera.

«E pensare che ho fatto lo stesso anch'io con Pat Metheny...» farfugliò lui, in tono leggermente più rilassato. «Certo, nei pochi ritagli di tempo che mi sono concessi.»

Anche stavolta, Amanda avrebbe tanto voluto sapere cosa gli stesse passando per la testa. Era chiaro che un qualcosa lo stesse turbando, ma le era altrettanto chiaro che non avesse intenzione di confidarsi con lei.

«Mi scusi tanto, forse oggi non sono troppo di compagnia», se ne uscì, come se le avesse letto nel pensiero. «Ma sono pronto a lasciarmi tutto alle spalle gustandomi un buon concerto di musica classica.»

«Lo ha detto lei, tutti hanno delle giornate no. Anche se... presumo che la sua non sia ancora terminata...» Scosse la testa, convinta di aver fatto un altro passo falso. «Mi scusi davvero, non volevo immischiarmi nei suoi affari», snocciolò, cercando di nuovo il suo sguardo. «È che—»

«Non deve affatto scusarsi.» L'uomo si fermò ai lati della strada, gli occhi incastonati in quelli di lei. «Anzi, sono io che...» Sospirò. «Ho iniziato col piede sbagliato, ma le assicuro che non era mia intenzione. Può... può perdonarmi?»

Amanda osservò il primo, lieve accenno di sorriso di quel pomeriggio palesarsi sul suo volto. «D'accordo. Ma a una condizione.» Incrociò le braccia e inarcò un sopracciglio, gli angoli della bocca piegati all'insù.

«Sono tutt'orecchi.»

«Be', la scorsa volta... mi ha detto che lei è di qui... Però ha detto anche che è stato fuori per molti anni, e—»

«Vorrebbe sapere dove sono finito a esercitare», completò lui, un cipiglio pensieroso gli indurì i tratti del viso.

«È una lunga storia. Comunque, a ventitré anni ho deciso di partire per l'America. Mi sono sistemato a San Diego. E... e ci sono rimasto per buona parte della mia vita. Lì ho completato la mia formazione e ho provato a costruirmi una solida carriera. Qui a Torino ci tornavo giusto di tanto in tanto per venire a trovare i miei parenti.»

«Le è dispiaciuto partire per l'America?»

Federico si fermò di scatto. «Perché pensa questo?» le domandò, con un pizzico di severità nella voce.

Amanda trattenne il respiro per qualche secondo. «Non lo so... mi è sembrato, come dire... mi è sembrato di cogliere un guizzo di malinconia mentre ne parlava.»

Per tutta risposta, l'altro allungò il passo, il capo chino e le mani in tasca. La ragazza, ancora scossa per quel rinnovato quanto improvviso cambiamento di attitudine, provò imbarazzo e dispiacere insieme. Se da un lato – e fin dall'inizio – le era parso un tipo piuttosto riservato e, seppur discreto e gentile, poco incline alla manifestazione di un qualsiasi genere di sentimento, allo stesso tempo l'aveva giudicato estremamente interessante, e, in alcuni momenti, non meno simpatico e alla mano. Questa sua ambivalenza, però, stava cominciando a confonderla. Semplicemente non è ancora pronto a sbottonarsi, pensò, cercando di minimizzare la cosa. Senza contare che la sua giornata non è stata così idilliaca. E poi... tu saresti pronta a confidarti con un perfetto estraneo? In mezzo a tutti quegli interrogativi, si accorse che Federico si era fermato di colpo, lo sguardo rivolto verso l'alto. La Mole Antonelliana, monumento simbolo della città, si ergeva imponente mostrando a chiunque le si avvicinasse quell'eccentrica cupola a guglia che suscitava un senso di profonda maestosità.

«Era da tanto tempo che non passavo da queste parti», mormorò lui, notando che Amanda gli si era avvicinata quel tanto che bastava ad ammirare la Mole. «Di solito mi concedo sempre un giretto in moto a tarda sera, ma difficilmente degno questa bellissima città dell'attenzione che merita.»

Amanda avrebbe tanto voluto chiedergli il motivo, ma s'impose di tenere a freno la lingua. L'espressione dell'uomo si era fatta ancora più severa; a tratti malinconica.

«Sono tanti i ricordi che mi legano a questa città», continuò, un sospiro impercettibile riverberò nell'aria. «Ed essendo tornato qui da poco tempo, be'...» Scrollò le spalle. «Lei, invece? Conserva altrettanti bei ricordi di questo posto?» le chiese, guardandola di sottecchi.

Chissà cosa l'ha spinto a ritornare su questi lidi, si chiese Amanda, le sue parole ancora a vorticarle in testa.

Altrettanti bei ricordi. Sorrise appena. Federico le aveva fornito un indizio sottile senza neanche accorgersene. «Sì», gli rispose. «Dopo che i miei si sono trasferiti, siamo tornati qua a Torino molto raramente. Però... tutte le volte che papà mi riportava qui affinché stessi dai nonni per un po'... era sempre una festa», sussurrò, il cuore in gola.

«Posso immaginare. Ma... dalla sua biografia mi pare di aver letto che è nata e cresciuta nella città di Monferrato. Quindi... perché questo profondo attaccamento verso Torino?»

Amanda spalancò gli occhi. Non si aspettava che lui ricordasse un simile particolare, tra l'altro nemmeno riportato su tutte le quarte di copertina dei suoi romanzi. E di certo, non si aspettava una simile domanda. Arricciò le labbra. «Me lo sono sempre chiesta anch'io, sa? E ammetto di non sapermi spiegare del tutto quello che provo nelle rare occasioni che mi capita di fare un salto qui. È come se...» Increspò la fronte. «È come se ogni volta stessi tentando di afferrare un qualcosa che non ho mai sentito davvero mio. Mi sento come un cercatore d'oro. Forse qualcuno direbbe che sono costantemente À La Recherche Du Temps Perdu. Sì, magari si tratta soltanto di questo.»

«E così è anche una fanatica di Proust», osservò lui, con uno strano sorriso.

Ad Amanda quasi scappò da ridere. «Oh, non proprio in realtà. Ho letto solo i primi due libri del grande Marcel. Tanto tempo fa li ho scovati nella casa dei nonni, nella vecchia soffitta. Li ho praticamente divorati.»

«E non le è venuta la curiosità di cibarsi degli altri cinque?»

«Lei... lei li ha letti tutti

Federico riprese a camminare, un leggero cenno del capo rivolto ad Amanda affinché lo seguisse. «Forse ne resterà delusa, ma no. Non ho letto neanche mezza parola di quell'opera», ammise candidamente.

Il modo in cui lo disse scatenò in lei una risata divertita.

«La mia poca costanza mi spingerebbe prima di subito ad abbandonare l'impresa», sogghignò, tra il serio e l'ironico.

«Come lo conosce? Proust, intendo.»

«Alle magistrali ho studiato francese. Ai miei tempi, l'inglese non era contemplato.»

Amanda rifletté un momento. Cavoli, allora è proprio così! Ha più o meno l'età di mio padre! «Però conosce anche Dickens», gli rispose, mentre nella sua testa cercava di scacciare la figura del genitore.

L'uomo fece spallucce. «Andiamo... Chi non ha mai visto Il Canto di Natale in televisione?»

Amanda abbassò lo sguardo, un'improvvisa, feroce morsa alla bocca dello stomaco. Si fermò di scatto, un profondo respiro per cercare di placare quello stato di terribile agitazione che l'aveva appena colta in fallo.

«Si sente bene?» domandò Federico con viva apprensione.

«Sì», farfugliò lei, lo sguardo vacuo e il respiro sempre più affannoso.

«No che non sta bene. Ha una pessima cera.» Le tastò la fronte con il palmo e scosse la testa. Le si avvicinò leggermente, quindi la sostenne con dolcezza per le spalle. «Cerchi di mantenere la calma, respiri a fondo. Sente qualche dolore, una qualche—»

«La prego, non si preoccupi», reiterò Amanda, mentre una lacrima sfuggì al suo controllo. Gli voltò le spalle giusto in tempo, il respiro ancora leggermente irregolare. Non agitarti, continuava a ripetersi. Non agitarti.

Con delicatezza estrema, Federico si riavvicinò alla ragazza e, nuovamente, posò entrambe le mani sulle sue spalle, avvolte da un caldo giaccone di lana. «Stia tranquilla», le sussurrò. «Faccia dei respiri profondi e cerchi di pensare a qualcosa di bello.»

Amanda tentò di concentrarsi sulle sue parole. Qualcosa di bello. Aver rivisto Federico era stata senz'altro una piacevole emozione, per lei. Inspirò a fondo, le mani a stringere la borsa. A poco a poco, anche il solito mal di pancia che la coglieva nei momenti più ansiogeni cessò.

«Brava. Così.»

La ragazza permise che il confortante suono della sua voce, parimenti a quel tocco tanto impercettibile quanto solido, la avvolgesse come la più sublime delle carezze.

«La ringrazio», riuscì a dirgli, gli occhi lucidi.

«Le succede spesso?» Federico si scostò da lei, ma alcuni tratti del suo viso tradivano ancora una forte preoccupazione.

Amanda scosse la testa, quindi represse l'impulso di piangere. «No. Cioè... non ho mai sofferto di attacchi di panico, ma alcune volte mi assale una terribile ansia. Era da mesi, però, che non ricapitava.»

«Spero di non essere stato io a turbarla. Forse ho detto qualcosa che—»

«Ma no, non lo pensi nemmeno.» La ragazza sorrise debolmente. «A volte mi coglie di sorpresa, tutto qui. Lei non c'entra niente.» Solo... un ricordo piuttosto sgradito, appurò, la sofferenza che lo stesso le provocava non le permise di buttarlo fuori.

«Se non se la sente più di venire al concerto, posso riaccompagnarla in stazione immediatamente.»

«Non è necessario. Dico davvero, mi sento già molto meglio. Proseguiamo pure.»

«Ne è sicura?»

«Quanto è vero che mi chiamo Amanda Benassi!» esclamò lei, rassicurandolo con lo sguardo. Non voleva più pensare a ciò che era stato.

Federico sorrise. «D'accordo. Però veda di non farmi più scherzi del genere, eh!»

«Ah, questo non glielo posso garantire, ma... ma d'altra parte devo confessarle di non aver mai visto Il Canto di Natale in televisione.»

Federico spalancò gli occhi. «Spero vivamente che lei stia scherzando.»

«No. Purtroppo non scherzo affatto.» Amanda cercò di pronunciare quella frase con tutta la naturalezza possibile. Senza contare che il cipiglio sorpreso di Federico – fino a quel momento sconosciuto – l'avrebbe indotta, in circostanze normali, a sbellicarsi dalle risate.

«Be', mi permetta di dirle che deve assolutamente rimediare», rispose lui. «Senta... lo so che magari la proposta che sto per farle le sembrerà un po' insolita. Ma...» Federico analizzò a fondo la sua espressione. «Non so, se io la invitassi a guardare questo film insieme, magari un sabato pomeriggio, cosicché possa tornare subito ai suoi impegni... potrebbe farle piacere?»

Amanda rimase senza parole. Se da una parte quella proposta l'aveva spiazzata, dall'altra si chiedeva se potesse riuscirle una simile impresa. Perché per lei, a tutti gli effetti, non poteva trattarsi d'altro. Sarebbe stata una impresa da Dio ritrovarsi faccia a faccia – e di punto in bianco – con un passato le cui tracce aveva tentato, in bilico tra l'amarezza e la speranza più fervida, di cancellare con tutte le sue forze. Sarebbe stata una sfida che avrebbe potuto anche perdere. Ma chissà che la vicinanza di Federico non avrebbe potuto mitigare quel sentimento così malevolo e avvilente. Amanda ripensò al tocco delicato di Federico. Si era sentita protetta, in quel momento. Quasi come se, dopo aver vissuto per anni in mezzo alla tempesta, avesse attraccato in quel porto sicuro che anelava da tanto, troppo tempo. Federico riusciva a trasmetterle una calma e, a tratti, una spensieratezza impressionanti. In barba al fatto che avesse anche lui i suoi momenti. E in barba al suo carattere che, per alcuni versi, le sembrava abbastanza spigoloso. «Posso... posso pensarci un attimo?»

«Ma certamente. Non mi deve rispondere subito, ci mancherebbe.» Federico inarcò un sopracciglio e si morse di sfuggita labbra. «Avrei una richiesta da farle, però.»

«Quale?»

«Me lo fa un sorriso? E, badi bene, questa è l'unica condizione che le impongo per poter procedere spediti verso la meta.»

Amanda si lasciò sfuggire una risatina sommessa. Spigoloso un corno, pensò, sbigottita. «Mi dica un po'... si sta vendicando per prima?»

«Chissà... forse», decretò lui, sorridendo sotto i baffi. «Ma almeno sono riuscito nel mio intento.»

La ragazza apprezzò molto il suo tentativo. Tra l'altro, Federico non sembrava più avvolto da tutta quell'aura di fredda riservatezza che aveva ostentato fino a qualche minuto prima. Avanzando più speditamente, di tanto in tanto continuavano a concedersi la tacita, appassionata visione di alcuni dei più suggestivi angoli della città. «Comunque, tornando a Proust...» fece Amanda a un certo punto, «Mi ero proposta, in effetti, di continuare a leggere La Recherche, ma ora per un motivo ora per un altro non ne ho mai trovato il tempo... Penso che prenderò in prestito i romanzi successivi in biblioteca... Magari ci riuscirò prima del prossimo Natale», sogghignò.

«Glielo auguro. Posso chiederle quando le è frullata per la testa l'idea di scrivere un romanzo?»

Ad Amanda piacque molto quella domanda. D'altronde, la scrittura sarebbe sempre stata il suo oggetto di discussione preferito. Soprattutto perché le permetteva di fuggire, per un qualche momento, dalla realtà. «Ho sempre scritto. Sin dalle scuole elementari, le maestre mi dicevano che avevo una fantasia davvero fervida. Il mio primo, vero tentativo risale, però, a quando ho compiuto sedici anni. Avrei voluto scrivere una storia d'avventura, ma presto ho capito che la mia vocazione erano i gialli. Soltanto che mi ci sono voluti un po' di anni per scriverne di decenti.»

«Be', direi che la serie sul commissario Beltrand ha ottenuto un gran successo.»

«A quanto pare sì. In tutti i miei libri ho inserito un pezzo di me. Quel commissario mi assomiglia parecchio», rivelò.

«Credo sia inevitabile inserire qualcosa di sé quando si scrive. È come se questo ci aiutasse a esorcizzare determinate questioni.»

Amanda corrugò la fronte. «Anche lei scrive?»

«Scrivere è una parola grossa. Diciamo che di tanto in tanto mi diletto a scribacchiare, questo sì. Però non sono certo bravo quanto lei.» Rise appena. «Certe volte l'ispirazione mi spinge a farlo persino di notte.»

«Pensi che io scrivo quasi sempre di notte! Comunque... le confesso che mi piacerebbe un sacco leggere qualcosa di suo.»

L'altro fece una smorfia. «Gliel'assicuro, i miei scritti la annoierebbero a morte.»

«Caspita... ha un'opinione così alta di se stesso?» ironizzò Amanda, pensando a quanto, nella veste di uomo timido, apparisse decisamente più dolce di quanto non fosse in realtà.

«Di me sicuramente no. Ma del bellissimo teatro qui di fronte ho un'opinione più che lusinghiera. Siamo arrivati giusto in tempo», sentenziò lui, guardando l'orologio.

«Allora sarà meglio affrettarsi», completò Amanda mentre si avvicinava, a grandi passi, all'entrata del celebre Teatro Erba.

 

§

 

Il concerto l'aveva lasciata senza fiato. Il musicista che avevano ingaggiato possedeva un talento unico e raro. Pur non essendo una patita di musica classica, Amanda si era lasciata catturare fin da subito dalle sublimi note di Chopin e Mozart, e Federico non era stato da meno. Raramente le aveva lanciato qualche sguardo, tra l'altro l'aveva fatto soltanto per assicurarsi che lei si stesse godendo lo spettacolo, o perlomeno la sua espressione le aveva suggerito questo. Non aveva tentato alcun approccio differente dal semplice – e flebile – sorriso che già raramente si concedeva, ma d'altra parte Amanda non si era sentita per nulla a disagio.

«La ringrazio ancora per avermi accompagnato», le disse lui, appena usciti dal teatro. «Spero che le sia venuta voglia di prendere lezioni, adesso che ha sentito suonare quel bravissimo pianista.»

«Bravo davvero!» concordò Amanda. «Non c'è di che, comunque. Mi ha fatto molto piacere venire. E devo dire che sì, ora come ora mi metterei a strimpellare il piano come se non ci fosse un domani!»

«Lo faccia, allora. D'altronde, cosa glielo impedisce?»

Amanda sorrise. In effetti, non ci sarebbe stato niente che gliel'avrebbe impedito. «Al termine del tour promozionale lo farò sicuramente.»

Federico strabuzzò gli occhi per un momento. «Ops, che sbadato! Non le ho nemmeno chiesto com'è andata oggi...»

«Oh, non si preoccupi. È andato tutto come al solito, anche se...» Non terminò la frase, ammonendosi mentalmente.

«Anche se?» la incalzò lui, un sopracciglio inarcato e le mani in tasca.

«Niente, solo che...» Amanda lo guardò a malapena. «La sua mancanza l'ho percepita», sparò, tutto d'un fiato. Poco dopo aver detto quelle parole, la ragazza avrebbe voluto sprofondare. Con quale coraggio le aveva pronunciate? Lei, che aveva sempre fatto fatica ad esprimere i suoi veri sentimenti, si era appena affidata al primigenio istinto di confidare un qualcosa di così personale a un uomo che conosceva appena. Devo essere impazzita, pensò, cercando di capire cosa l'avesse spinta a un passo del genere.

Amanda si decise a rialzare lo sguardo. Federico aveva abbozzato il solito sorriso, poi la serietà si era di nuovo impadronita della sua persona. No, non era affatto imbarazzato, ma forse la sua ammissione l'aveva un po' stordito. «Spero di rivederti presto», rispose lui, il suo tono sostenuto contrastava col barlume di speranza che per qualche istante gli illuminò il viso. «Non ti dispiace se ci diamo del tu, vero?»

«Certo che no», lo rassicurò Amanda, tornando a respirare. Sulle prime, aveva quasi creduto che lui si sarebbe nuovamente chiuso a riccio, e che magari l'avrebbe lasciata lì davanti a quel teatro, salutandola in modo scostante e frettoloso.

«Be', allora... alla prossima.» Federico frugò nella tasca della giacca ed estrasse un bigliettino. «Tieni. Così, se ti va, potrai farmi sapere cosa hai deciso», le disse, alludendo alla proposta che le aveva fatto qualche ora prima.

Amanda allungò il braccio e prese quel foglio stropicciato, su di esso un numero di cellulare. Quasi le uscì il cuore dal petto. «Grazie mille. Le farò...» Scosse la testa. «Ti farò sapere senz'altro.»

«Benissimo. Allora a presto.» Si avvicinò e le strinse la spalla a mo' di saluto, quindi si ritrasse subito dopo.

«A presto, Federico.» Gli rivolse un ultimo sorriso e si girò, la punta delle dita a ricalcare le dieci cifre impresse sul foglietto.

«Amanda?» la richiamò lui, causando nella giovane un lieve sobbalzo. Quando si voltò, non le sfuggì il particolare che si stesse rigirando un'altra sigaretta – questa volta spenta – nella mano destra. «Conto di tornare quanto prima a vedere qualche altra tua presentazione, impegni permettendo», le assicurò, guardandola intensamente.

Amanda si limitò a sorridergli ancora, trattenendo un moto di profondo stupore. Nella sua vita c'erano state sin troppe persone che l'avevano illusa con delle promesse che poi erano finite nel dimenticatoio. Eppure, malgrado la razionalità continuasse a dirle di non fidarsi più delle parole altrui, il suo cuore aveva già deciso. Il suo cuore pretendeva che lei confidasse in Federico, in quegli occhi penetranti dall'aria sfuggente ma, a tratti, rassicurante. «Allora ti aspetto, e... e grazie ancora per questa giornata», gli rispose, quindi prese a incamminarsi in direzione della stazione. Dopo qualche secondo, però, non resistette all'impulso di girarsi di nuovo. Anche stavolta, vide Federico compiere quel rito che per lui doveva essere quotidiano: accesa la sigaretta, ne aspirò infatti la solita, lunga boccata e, a poco a poco, scomparve tra la folla.

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Capitolo 10
*** CAPITOLO X ***


CAPITOLO X


 



Amanda scese dal treno. Il suo orologio da polso segnava le otto in punto, il fastidioso vento dicembrino a scompigliarle i capelli. Il cielo ormai scuro. 
Giusto in tempo per la cena, pensò, dirigendosi stancamente verso l'uscita della Stazione di Genova Bignole. Sbadigliò. Nonostante il doppio viaggio l'avesse privata di ogni energia, non era comunque riuscita ad appisolarsi nemmeno per un istante. Aveva combattuto con troppi pensieri. La stanchezza, però, stava cominciando ad avere la meglio. Aguzzò la vista. «Eccolo là», bisbigliò. Agitò leggermente la mano e Alessandro la notò quasi subito, quindi rispose al saluto e le corse incontro. Aveva insistito così tanto perché andasse a riprenderla in stazione, che Amanda non aveva potuto fare altro che assecondarlo.

«Brrr, qua si gela!» esclamò Alessandro appena la raggiunse. Si fregò le mani. «Dai, questa dalla pure a me», le disse, offrendosi di portare al suo posto la grossa busta che la ragazza teneva sotto braccio.

«Tranquillo, non è necessario.»

«Be', sarai stanca. Dai, la porto io. Anche perché ho il vago sospetto che sia mooolto pesante.»

«Non hai tutti i torti, mio caro detective», ammise Amanda, ridendo insieme a lui.

Alessandro gliela sfilò con dolcezza dalle braccia e prese a incamminarsi. «Cos'è, adesso sono finito dentro ai tuoi romanzi?»

«Chissà. Magari un bel giorno potresti finirci davvero», lo prese in giro lei, facendogli la linguaccia.

«Aspetterò con ansia il giorno in cui diventerò famoso anch'io, allora», le diede manforte lui, l'aria falsamente impettita.

Amanda rise ancora di più. «Dovrei prima vedere cosa ne pensa Beltrand. Sai, non vorrei che mi diventasse geloso», gli rispose, tra una risata e l'altra.

«Lui geloso? Nah, non è proprio il tipo. Anzi, credo sarebbe orgoglioso di condividere le sue brillanti congetture con un collega. Comunque, a parte gli scherzi... cosa diavolo hai comprato? Questa busta pesa davvero un quintale!»

«Attento a quello che dici, o il tuo regalo potrebbe finire sulle rive della spiaggia di Camogli», lo avvertì lei, tutt'altro che seria.

Alessandro la guardò stranito. «Il mio regalo?»

La ragazza strizzò l'occhio. «Prima la cena, e dopo il regalo.»

L'altro scosse la testa, allibito. «Dio, sei incredibile.»

«Lo so.»

«Mi dici come faccio ad aspettare adesso?»

«Semplice. Aspetti e basta.»

«D'accordo, farò il bravo bambino», borbottò lui, sospirando.

Amanda gli lanciò un'occhiata soddisfatta. «Così ti voglio.»

Non appena svoltarono sulla destra percorrendo l'ultimo tratto di strada che li avrebbe condotti a destinazione, però, Alessandro provò comunque a ficcare il naso dentro la busta.

«Aleee... cosa ti ho appena detto?» lo redarguì Amanda, dandogli una piccola spallata.

L'altro sbuffò. «Andiamo, stavo soltanto—»

«Cercando di indovinare il mio regalo», completò lei, sempre più divertita. «Ma credi sul serio di capire cosa c'è dentro fissando quel marasma di pacchetti?»

Alessandro scrollò le spalle, l'aria smarrita. «Be', magari a forza di guardarli...» Lasciò cadere la frase nel vuoto.

«Sì, ti viene l'ispirazione», lo canzonò Amanda.

Nello stesso momento, si scambiarono uno sguardo d'intesa e scoppiarono a ridere.

«Sono felice di vederti così rilassata, comunque. Mi sembri di gran lunga più spensierata rispetto ai giorni scorsi. Questo viaggio a Torino deve averti fatto molto bene», proseguì lui, sollevato.

«Be', diciamo che... non è poi così facile lasciarsi alle spalle certi ricordi. Ma ci sto provando.»

«E non è nemmeno facile scrollarsi di dosso certe illusioni», se ne uscì lui, un pesante sospiro a squarciare il silenzio della sera.

Amanda assottigliò gli occhi. «Illusioni?»

Alessandro non rispose, rabbuiandosi di colpo.

«Ehi! Che ti succede? Lo sai che puoi dirmi tutto, no?» La ragazza gli strinse la spalla destra e lo costrinse a fermarsi.

«Dai, siamo arrivati», le fece notare Alessandro, indicando l'insegna dell'hotel dove avrebbero pernottato per un paio di notti. «Andiamo, o la cena si raffredda.»

«Ale?» insisté lei, cercando il suo sguardo. «Si può sapere cosa ti turba?»

L'uomo sorrise debolmente. «Niente di serio, davvero. Solo che...» Scostò gli occhi da lei.

Amanda storse le labbra, sospettosa. «Sicuro sicuro che non ci sia proprio nessuna nei tuoi pensieri?» gli domandò, fiutando al primo colpo l'oggetto dei suoi tormenti.

Lui la guardò sorpreso; un attimo dopo le sorrise con rassegnazione. «D'accordo, hai vinto tu. Una ragazza ci sarebbe, a dire il vero», farfugliò, riluttante.

«Ma allora cosa aspetti a dichiararti?» gli chiese lei, a bocca aperta.

Lui alzò le spalle. «È... è complicato.»

«È già fidanzata?»

«Non esattamente.»

«E allora? Cosa ti frena, si può sapere?»

Alessandro sospirò. «Lei è così...» Ridacchiò, nervoso, un cenno di diniego con la testa. «Forse lei è troppo per me.»

«Troppo? È il sentimento, quello che conta.»

«Posso avere il mio regalo?» rincarò lui, speranzoso.

Amanda alzò gli occhi al cielo. Gli strappò la busta di mano e vi estrasse un piccolo pacchetto.

Fece per darglielo ma, proprio quando Alessandro stava per afferrarlo, la giovane ritrasse il braccio. «Dopo cena, ho detto. E solo se mi prometti che mi aggiornerai su questa storia.»

L'agente alzò le spalle. «Mi pare di averti detto tutto quello che c'era da dire», osservò, per nulla infastidito dal tono perentorio di Amanda.

«E invece no!» replicò l'altra. «Non mi hai nemmeno detto come si chiama!»

«Che differenza fa? Tanto non sarà mai mia», ribatté Alessandro, quindi prese a incamminarsi verso l'hotel.

Amanda scosse la testa. «Non ti facevo così pessimista», commentò, stupita. Non l'aveva mai visto così abbattuto. Ripose il suo regalo nella busta e lo rincorse. «Ma la conosco, almeno?»

Alessandro si voltò verso di lei, l'angolo della bocca rivolto all'insù. «E io non ti facevo così curiosa.»

«Non mi hai risposto», reiterò lei, dandogli un colpetto sul braccio.

L'agente stirò le labbra in un sorriso furbo. «Facciamo così. Tu mi dai il regalo prima di cena, e io ti prometto che al termine del tour te la faccio conoscere. Ci stai?»

«Non mi stai prendendo in giro, vero?»

Alessandro le rifilò un altro sorrisetto e allungò il braccio. «Affare fatto?»

«Mano sul cuore?»

L'agente imitò la ragazza e, con un gesto solenne, posò la mano sinistra sul suo petto. «Mano sul cuore.»

Amanda gli consegnò il regalo. «D'accordo.» I lineamenti del suo volto si addolcirono. «Questo è per te. Spero ti piaccia.»

«Ti ringrazio tanto per il pensiero. Non dovevi disturbarti, però. A cosa devo questo slancio

«Non lo so. So solo che appena l'ho visto ho pensato a te, e così... così l'ho preso.»

Alessandro ne saggiò da fuori la consistenza. «Non ho proprio idea di cosa possa esserci dentro», ammise, senza smettere di scrutare il pacchetto con viva curiosità. A tratti, Amanda ebbe l'impressione che lo stesse trattando come fosse una reliquia. Le dita di Alessandro che sfioravano i bordi della carta, cercando di sbarazzarsi del nastro adesivo con grande premura, l'adorabile fossetta sulla guancia. Quella visione fece sorridere Amanda più del dovuto. E lei, mai come quella sera, sentiva di averne proprio bisogno.

Appena Alessandro tirò fuori una scatolina nera e ne lesse l'incisione, spalancò la bocca e il suo sguardo, se possibile, si ravvivò ancora di più. «Ma non mi dire... una penna stilografica? Come hai fatto a sapere che sono la mia passione?» le chiese, i suoi occhi ripresero immediatamente colore.

«Be', ci conosciamo o no da cinque anni? Non pensare che mi sia sfuggito il fatto che ogni mese, quando mi capitava di passare nel tuo ufficio, lavoravi sempre alle tue scartoffie tenendo tra le mani una stilografica diversa.»

Alessandro fece scorrere la penna tra le dita e la rivoltò per più di una volta, analizzandola come avrebbe fatto un perfetto scienziato. «È bellissima», disse lui, senza smettere di guardarla.
La meraviglia impressa nel suo sguardo impressionò Amanda a tal punto che, per qualche secondo di troppo, rimase imbambolata anche lei. Non appena l'uomo si apprestò a riporla – con estrema cura – nella custodia, la giovane si riscosse.

«Ah, comunque c'è anche—»

«Un biglietto?» fece lui, sempre più esterrefatto. Sulle prime non si era accorto che lo stesso si trovava incastonato nella parte superiore – ma interna – della scatola. Estrasse anche quello, in evidente stato di impazienza.

«Esatto. Sai, volevo testare il tuo grado di attenzione, così l'ho un po' nascosto», confessò Amanda, del tutto incantata dai suoi movimenti. Non sapeva perché, ma nel vederlo stava provando una sensazione di totale appagamento.

Alessandro scartò l'altra bustina in un gesto febbrile e ne lesse ad alta voce il contenuto.

Al miglior agente letterario che potessi desiderare, auguro un futuro brillante e ricco di soddisfazioni.
Grazie di tutto.

Con stima e (tanto) affetto,
Amanda.

Rialzò il capo. Era senza parole. Ma i suoi occhi lucidi parlavano per lui. «Amanda, io... io non so cosa dire.»

«Credo che un semplice grazie sia più che sufficiente», suggerì lei, facendogli l'occhiolino.

«Un solo grazie non basta», disse Alessandro scuotendo la testa.

«Be', allora... potrebbero bastarmene anche due.»

«Che vuoi dire?»

Amanda fece un passo in avanti e la porta dell'hotel si aprì in automatico.
Gli accennò di entrare e Alessandro la seguì, ancora in estasi per il regalo appena ricevuto. «Ti ricordi quando abbiamo parlato di The Snow Goose

«L'album strumentale dei Camel³

«Esattamente. Ecco, non molto tempo fa ti avevo detto di aver letto la novella di Paul GallicoLa Principessa Smarrita.» Posò la grossa busta piena di regali sul pavimento e prese a trafficare nella borsa. Estrasse un libretto dalla copertina rigida e glielo porse. «Vorrei che lo leggessi anche tu. È una storia che, nella sua infinita malinconia, trovo meravigliosa.»

Alessandro ripose il primo regalo dentro la bustina originale e prese il libro tra le mani. «Lo farò senz'altro. Magari anche ascoltando l'album dei Camel in sottofondo.»

«Poi mi farai sapere, allora. Ah, comunque puoi tenerlo. Io ne avevo due.»

«Doppio grazie, allora!»

«Non dimenticare la tua promessa, però», gli ricordò Amanda, tra il serio e il faceto.

«Sai che ti dico?» rispose lui, fingendo di pensarci un po' su. «Penso proprio che la manterrò», le disse, non mancando di rifilarle uno di quegli sguardi enigmatici che confondevano tanto Amanda.

 

§

 

«Andiamo, Am! È così evidente! Ti stai innamorando di quel tipo, né più né meno», sentenziò Monica dall'altro capo della linea.

«Non ne sono sicura», mormorò Amanda, le gambe incrociate sul letto, la testa sul cuscino. «Quando sono con lui, io... non lo so, provo un qualcosa che non riesco a spiegarmi. Sento che... da una parte percepisco una connessione molto forte tra noi due, che non penso di aver mai sperimentato con nessuno. Mentre dall'altra...» Quella frase cadde nel vuoto.

«Magari è vero amore, stavolta. D'altronde, con Daniele è finita, quindi—»

«Non lo so», ribadì Amanda. «Lui mi incuriosisce tanto. Forse perché la sua è una personalità complessa, dalle mille sfaccettature. Però... è anche vero che di lui non so quasi nulla.»

«Proprio per questo ti affascina. Lui rappresenta l'ignoto, e tu vuoi capire cosa c'è dietro quella maschera di apparente freddezza.»

«Apparente?»

«Be', da quello che mi hai raccontato, lui sembra piuttosto interessato a te. Ti ha dato o no il suo numero?»

«Sì, ma—»

«Niente ma. Un uomo non investe il proprio tempo libero per niente. Ed essendo lui un medico affermato, è ovvio che ne avrà davvero pochissimo.»

«Questo sì. Ma non so proprio dove tutto questo ci porterà.» Amanda tornò a fissare il foglietto con su impresso il numero di Federico.

«Ascolta, è molto semplice», riprese Monica. «Cosa provi quando sei con lui?»

«Mi sento... bene.»

«Solo questo? Io posso stare bene anche insieme a un amico, a un parente o persino col mio cane – effettivamente apprezzo molto più la compagnia di Bobby che non quella delle persone, ma questa è un'altra storia.»

Amanda soffocò una risatina. Di Monica apprezzava proprio questo. Non soltanto la sua discreta parlantina, ma anche la sua schiettezza, spesso accompagnata a quella vena di comicità che rendeva tutto più leggero e, perlomeno in apparenza, meno problematico.
«So soltanto che non voglio smettere di vederlo», ammise. «Nemmeno se questo significa rivangare il passato.»

Amanda si girò su di un fianco, il bigliettino ancora tra le mani. Stava disperatamente cercando di reprimere l'immagine di lei e suo padre nel soggiorno di casa sua, a pochi giorni dalla Vigilia di Natale. Non avrebbe mai dimenticato tutta l'indifferenza che il genitore aveva mostrato nei suoi confronti.

«Quindi ti attrae. Nel senso... hai voglia di baciarlo? Vorresti, dalle parole, passare ai fatti?»

Amanda tornò in sé. «Molto delicata, come sempre», commentò, inarcando le sopracciglia. «Mi attrae, sì. Però... è un'attrazione diversa, che non riesco neanche a definire. Lui è molto affascinante, è vero. Ma non so proprio cosa potrebbe succedere se lui dovesse prendere l'iniziativa. O come potrei reagire.»

«Am, forse non vuoi ammetterlo a te stessa perché hai semplicemente paura di innamorarti di nuovo. Ma è palese che non riesci a pensare ad altro.»

«Non so cosa fare», si lamentò lei, sempre più confusa.

«Forse devi solo vivertela. Prova a farti trascinare dall'istinto.»

«Mi sa che hai ragione.»

«Dai, ti lascio riposare. Poi fammi sapere che hai deciso, okay?»

«Certo. Come sempre, grazie per esserti sorbita i miei deliri.»

«Non dirlo nemmeno. A presto, allora.»

Amanda rispose al saluto e riagganciò. Se non fosse che stava morendo dal sonno, si sarebbe messa a leggere qualcosa per tentare di distrarsi almeno un po'. Perché se da una parte la stanchezza le impediva di pensare, un angolino del suo cervello era ancora lì.
Si alzò dal letto e scostò le coperte. Proprio quando stava per mettersi a dormire, però, il telefonino squillò. Amanda sobbalzò. Quando lesse il mittente della telefonata, il suo cuore prese a battere fortissimo. Non poteva credere ai suoi occhi. Fece scorrere immediatamente il pollice per accettare la chiamata, la gola secca.

«Pronto? Papà? Papà?»

Nessuno rispose. Amanda sospirò, quindi sbatté un pugno sul materasso. «Cavolo!» squittì. Ricompose velocemente il numero, il fiato corto per l'agitazione. Attese in linea e sperò vivamente che lui si facesse di nuovo vivo.

L'altro rispose quasi subito. «Pronto?» mormorò, la voce impastata.

«Papà?»

«Oh, ciao Amanda. Come mai questa chiamata? A quest'ora, poi?»

«Ma... veramente l'ho ricevuta io da te poco fa», disse lei, completamente smarrita.

«Ah. Dev'essermi partita, scusami.»

Amanda provò l'irrefrenabile impulso di buttare a terra il cellulare e mettersi a frignare come una bambina. Aveva ricevuto l'ennesima delusione.

«Come... come stai?» si sforzò di chiedergli, gli occhi appannati.
Sei proprio una stupida. Cosa credevi, eh? Che ti avesse chiamato perché gli mancavi?
Strinse lo smartphone in preda al nervosismo, al dolore e a chissà cos'altro. Non riusciva più a capire neanche lei cosa stesse davvero provando.

«Non mi lamento, dai. Tu, piuttosto? Come sta andando il tour?»

«Molto bene, ti ringrazio», disse Amanda. Ma se almeno una volta tanto venissi a una mia presentazione, mi faresti davvero felice. «Scusami tanto se ti ho svegliato, non volevo disturbarti.»

«Svegliato no. Diciamo che ero sul divano, in un perenne stato di dormiveglia. Comunque... ancora congratulazioni. Sono felice che ti sia realizzata nel campo della scrittura.»

Ad Amanda spuntò un sorriso. Alle volte le bastava davvero poco perché le tornasse il buonumore. Sapeva che, malgrado tutto, le sue parole erano sincere. «Grazie di cuore, papà.»

Ma a seguito di quel ringraziamento, la fastidiosa vocina interiore tornò a farsi sentire, sempre più prepotente.
Però... non hai mai mantenuto quella promessa. E io ci tenevo così tanto... Amanda si rattristò. Anche se stava tentando di non lasciarsi dominare troppo dai sentimenti, la sua mente continuava a prospettarle un episodio riaffiorato proprio durante l'appuntamento con Federico.

«Come sta Grazia?» gli chiese poi, senza pensarci. Non amava affatto nominare la sua "matrigna" – se così poteva definirla –, ciononostante avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di prolungare, seppur di qualche minuto, quella conversazione a lungo desiderata.

«Mi sorprende la tua domanda», disse infatti il padre. «Comunque abbastanza bene, ti ringrazio. Anzi... anche lei è molto felice per te, a dire il vero.»

Amanda non proferì parola. La parte più meschina di lei pensava: Certo, prima si prende la briga di rovinare la mia famiglia, e poi si dice felice per me! Brutta ipocrita!
Alcune volte, invece, si diceva: Chi ti dice che il rapporto tra i tuoi genitori non sia naufragato ben prima che arrivasse lei?
Se il primo pensiero aveva fatto germogliare in lei un profondo disprezzo per Grazia, era anche vero che la seconda eventualità, cui aveva pensato sempre in giovane età, non la consolava affatto. Per anni aveva cercato una possibile spiegazione al divorzio dei suoi genitori – perché si sa, nessun tipo di rapporto finisce per caso –, e per Amanda l'entrata improvvisa di Grazia nella vita del padre era stata l'unica possibile.
Oppure... è semplicemente finito l'amore. D'altro canto, anche mia madre...

Amanda si costrinse ad abbandonare quella linea di pensiero. Ma innumerevoli voci continuavano a rincorrersi, senza sosta, nella sua testa, senza lasciarle un attimo di tregua.

Papà, ti ricordi di quella volta che mi avevi promesso di vedere Il Canto di Natale insieme?

Era questo, quello che avrebbe voluto sputar fuori. Ma poteva forse chiedergli di vedere quel film con lui a ventotto anni suonati?

Non posso proprio, Amanda. Ho cose molto più urgenti da fare, scusami tanto. Però ci rifaremo, okay?

Erano queste, le precise parole che lui le aveva rifilato quella volta.
Aveva cose più urgenti da fare.
Perché passare del tempo con la propria figlia è per molti un'inezia. O forse, una grande seccatura.

Dopo il suo rifiuto, Amanda aveva riprovato ad avanzare quella richiesta, ma poi ci aveva rinunciato. Per suo padre, ogni scusa era buona per trascorrere con lei il minimo indispensabile. Così, alla fine, aveva gettato via quella videocassetta dentro al primo cassonetto che le era capitato a tiro. E tutte le volte che la TV proponeva quel celebre film, lei cambiava immediatamente canale. Anche il solo vederne una scena le avrebbe ricordato la mancata promessa del padre. Ergo, conosceva soltanto la trama di quel breve racconto di Dickens.

«È lì con te?» riprese Amanda, lo sguardo perso nel vuoto.

«No, è andata a dormire qualche oretta fa. E noi dovremmo fare lo stesso. Buonanotte, Amanda. E in bocca al lupo per le prossimi presentazioni.»

«Papà?» disse subito Amanda, che non era affatto pronta a riagganciare.

«Sì?»

«Verresti a vedermi la prossima volta?» gli domandò, prima che il coraggio venisse meno. «Se vuoi, puoi portare anche Grazia», aggiunse, cercando di suonare convincente. In tutti quegli anni l'aveva vista sì e no un paio di volte, anche solo pronunciare il suo nome la faceva cadere in un vortice dove soltanto la rabbia e la tristezza più profondi trovavano terreno fertile. Eppure, avrebbe fatto la qualsiasi pur di rivedere suo padre, anche se solo per pochi minuti.

«Sicura che non ti darebbe fastidio?»

La giovane strinse con forza la federa del lenzuolo. «Sono cresciuta, papà. I tempi sono cambiati», mentì, sperando che lui credesse alle sue parole.

L'altro borbottò qualcosa che Amanda non comprese. «Non ti prometto nulla», le fece, nessun accenno di dolcezza nella voce.

Amanda scrollò le spalle, per nulla sorpresa della risposta. Almeno una cosa l'aveva imparata, appurò. Era da anni che non si sperticava nelle solite, allettanti promesse che, di fatto, non avrebbe mantenuto.

«In ogni caso, ti ringrazio per l'invito. Lo riferirò a Grazia.»

«D'accordo. Allora buonanotte, e... grazie a te», gli rispose, un poco sollevata. La voce del padre le era parsa leggermente più affabile.

Appena riattaccò, Amanda provò un grande senso di vuoto. Il solito, fastidioso vuoto che sempre la coglieva a seguito di un contatto più o meno (in)diretto col genitore.
Si buttò sul letto e, questa volta, comandò a se stessa di non piangersi addosso. Non era più da lei costruirsi castelli in aria, non quando si trattava di lui.
Ciononostante, un piccolo rimasuglio del suo cuore non riusciva a non sperare che lui e Grazia – magari poteva essere lei il suo passepartout, no? – si facessero vivi.
Riafferrò il bigliettino che Federico le aveva donato. Non sapeva ancora se avrebbe accettato la sua proposta ma, tutto d'un colpo, quella forza e quell'ottimismo che sembravano mancarle si rifecero strada in lei permettendole, incredibile a dirsi, di cadere in un sonno privo di mostri.

 

³ (Music Inspired By) The Snow Goose, album del 1975 puramente strumentale dei Camel, gruppo progressive britannico.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO XI ***


CAPITOLO XI


 



Nell'ultima settimana, Amanda aveva continuato a ricevere una caterva di messaggi, mazzi di fiori freschi e occhiate furtive da parte dei suoi pretendenti. La sua popolarità cresceva di giorno in giorno, tant'è che persino i giornali locali non si risparmiavano di dedicarle almeno un trafiletto, se non addirittura un'intervista completa.

«Mi tolga una curiosità: il suo cuore è sentimentalmente libero in questo momento?» le aveva chiesto, piuttosto sfacciatamente, un giornalista.

Amanda aveva tirato fuori un sorriso di circostanza. Il suo cuore non era mai stato libero. Sin dall'infanzia, si era sempre concessa d'immaginare che all'interno di quel delicato contenitore vi fosse depositato tutto quell'amore che da sempre aveva sperato di poter regalare a chicchessia, nonché ricevere. Ma d'altra parte, quel suo stesso cuore aveva accumulato, a distanza di anni, anche tanti sentimenti negativi che nel tempo avevano esacerbato il suo dolore per quel senso di solitudine che da tempo l'accompagnava.

«No. Attualmente sono single. Anzi, singleissima», aveva risposto Amanda con aria tranquilla.

«Nutre una simpatia per qualcuno in particolare?» aveva insistito però l'altro, palesemente insoddisfatto.

Amanda aveva negato anche stavolta. Certo, ogni qualvolta che la sua mente tornava a Federico, non era sicura di essere stata del tutto sincera. Ma la natura del suo rapporto con lui le era tuttora estranea. Le arrecava infinita, assoluta confusione.
A ben guardare, l'unica persona che in quel periodo riusciva a dargli la giusta stabilità non era altri che Alessandro. Giudicava il suo sostegno come un qualcosa di assolutamente prezioso, un qualcosa a cui lei non avrebbe mai potuto rinunciare. Il loro legame si stava evolvendo, facendosi portavoce di una perfetta corrispondenza di amichevoli sensi che Amanda aveva instaurato ben poche volte nel corso della sua vita. Alessandro non le chiedeva praticamente nulla in cambio. Aveva a cuore la sua serenità, il suo prestigio come scrittrice – appellativo che, di settimana in settimana, diventava sempre più impegnativo da portare –, come i suoi stati d'animo, che spesso cambiavano in modo assai repentino.

«Ennesima letterina stucchevole?»

Amanda si volse di scatto. Alessandro era appoggiato allo stipite della porta della stanzetta dell'ennesimo hotel – in quel momento deserta – adibita ai giochi da tavolo, un sorrisetto a metà tra il divertito e il pensieroso. «Da quanto tempo sei lì?»

L'altro fece spallucce. «Dal tempo necessario per capire che qualcosa non va. Cos'è quella faccia triste?»

«Niente di che. Sul serio.»

Alessandro entrò nella stanza, estrasse una sedia dal tavolinetto e le si sedette accanto. «Potresti essere più convincente?»

Lei sospirò. «So che dovrei essere al settimo cielo per tutto quello che mi sta capitando nelle ultime settimane. Però... questa cosa non riesco proprio ad accettarla», gli rivelò, indicando il foglio di carta che teneva tra le mani. «Per tanti anni ho – letteralmente – elemosinato l'affetto di mio padre. Ho cercato in tutti i modi di attirare la sua attenzione, di diventare per lui una figura di spicco. Insomma, ho cercato in tutti i modi di riportarlo da me

«Mi stai dicendo che volevi diventare una scrittrice professionista soltanto per farti ammirare da lui? Perché lui fosse fiero di te?»

«Certo che no, anzi! Io ho sempre adorato la scrittura, e ti confesso che non avrei mai pensato che potesse diventare un vero e proprio lavoro. Ma da quando è successo...» Strinse la bustina tra le mani. «Non lo so, forse inconsciamente ci speravo. Speravo che mio padre potesse cambiare del tutto atteggiamento, che mi lodasse come non ha mai fatto. Quindi sì, magari... magari ce l'ho messa sempre tutta in ogni campo anche per questo motivo. Cioè, non so se puoi capirmi... Ma il fatto che io abbia tutti questi ammiratori non fa altro che aumentare il mio risentimento verso quell'amore mancato. Dai miei non ho ricevuto nemmeno la metà dell'attenzione che sto invece riscuotendo da questi sconosciuti.»

«Anche l'atteggiamento di tua madre era freddo e scostante?»

Amanda si sforzò di non fargli vedere quanto la facesse soffrire parlare ancora di lei. «Veramente no. Ci è diventata a poco a poco, e tutto a seguito del divorzio da papà.»

Alessandro annuì, le sopracciglia inarcate. «Hai mai provato... che so, hai mai provato a capirci qualcosa?»

«Gliel'avrò chiesto almeno un'infinità di volte. Tutti e due reticenti e non meno risoluti nel portare avanti le pratiche per il divorzio. Quello che non mi spiego è come mai, al netto di tutto, non li ho visti comunque felici. Ricordo ancora la faccia di papà. Sembrava distrutto, era pallido come un cencio... In quel periodo era persino dimagrito. Non lo so, quasi mi ha dato l'impressione di non volersi davvero separare dalla mamma, ma che per qualche motivo non avesse avuto scelta. Quando stava uscendo di casa con la sua valigia, mi ha rivolto un debole saluto e io sono scoppiata a piangere. Mi sono rinchiusa in camera mia per giorni interi.»

«Be', la fine di una qualsiasi relazione non è mai facile da digerire, figurarsi un matrimonio che va in pezzi. Si tratta pur sempre di un fallimento», osservò Alessandro. «Quindi è normale che i tuoi fossero tristi. Mi dispiace soltanto che ci sia andata di mezzo tu. Posso solo immaginare il tuo dolore.»

Amanda fece una smorfia. «Sai, mi costa molto doverlo ammettere, però... papà è tornato davvero felice quando ha conosciuto Grazia, la sua compagna attuale. A dirla tutta non so se quando si è lasciato con la mamma la conoscesse già, se avesse già intrecciato o meno una relazione con lei. Ripensando allo sguardo che aveva quando se ne è andato di casa, mi viene spesso da pensare che sia entrata nella sua vita parecchio tempo dopo. Fatto sta che il merito di quei sorrisi che di tanto in tanto vedevo spuntargli sul viso in quelle rare occasioni che lo vedevo non era affatto mio. Non è mai stato merito mio.» Strinse con rabbia il pugno sinistro.

«Non dire così. Sono sicuro che lui, seppur a modo suo, tenga molto a te. Non tutti riescono a dimostrarlo con le parole, tantomeno con i fatti, però... credo sia impossibile non volerti bene. Hai un cuore grande, Amanda. Io l'ho visto tante volte.»

La giovane rimase a bocca aperta. Negli occhi di Alessandro si evincevano una trasparenza, un'ammirazione e una sincerità senza eguali.

«A uno sguardo più attento, chiunque lo capirebbe. Anche leggendo i tuoi bellissimi romanzi.» Le sorrise appena. «Dai, fatti coraggio. È un periodo bellissimo per te. E hai tutto il diritto di godertelo.»

Amanda non ci pensò due volte e gli si fiondò tra le braccia. Alessandro era sempre stato più che un semplice agente, ma soltanto in momenti come quelli riusciva ad avvedersene completamente.
Si staccò da lui dopo qualche istante, quindi gli chiese, con piglio vagamente ironico – e sventolandogli in faccia una delle tante letterine ricevute: «La vuoi leggere?»

«Ti ringrazio, ma questa volta passo», rispose lui con un mezzo sorriso. «Non sia mai che mi spunti un coniglietto pasquale o un altro Babbo Natale.»

«Peggio per te», ridacchiò lei lasciandogli intendere, in realtà, quanto avesse ragione. Quel messaggio, proprio come gli altri ricevuti, non sprizzava certo originalità da tutti i pori. «Comunque... qualche sera fa ho sentito papà al telefono.»

«Ti ha chiamata lui?»

«Fiu, magari... No, gli era partita la chiamata. Ma già che c'ero gli ho chiesto se potesse venire a una delle prossime presentazioni. Magari anche portando Grazia, per quanto non mi faccia piacere vederla.»

«Pensi che verrà?»

«Non saprei. Però non nutro molte speranze al riguardo.»

«Non si è nemmeno congratulato con te?»

«Sì, diciamo che l'ha fatto. Ale, posso farti una domanda?»

«Spara.»

«Se tu dovessi scegliere tra un qualcosa che ti spaventa o ti suscita sensazioni perlopiù spiacevoli – ma che forse alla fine potrebbe portare a qualcosa di bello – o restare nella tua comfort zone... cosa faresti?»

Alessandro ci pensò su. «Di norma sono abbastanza coraggioso, ma alcune volte mi comporto da perfetto codardo. Soprattutto quando discuto dei i pro e dei contro nella mia testa. Insomma, dipende da cosa c'è in gioco.»

«Quindi ti sei spesso ritrovato a combattere tra, come direbbe la cara Jane Austen, ragione e sentimento?»

«Costantemente, direi.»

«E per quella ragazza? Intendi usare ancora il cervello, o... o finalmente ti sei deciso ad ascoltare il cuore?»

Alessandro sorrise. «E chi lo sa? Magari alla fine del tuo tour promozionale avrò le idee più chiare. O almeno me lo auguro. Adesso scusami tanto, ma devo proprio tornare in stanza per sistemare alcune questioni burocratiche. Ci vediamo a cena più tardi, okay?»

Amanda annuì, non mancando di ringraziarlo di nuovo. Parlare con lui le faceva dannatamente bene. Ammetteva, però, che il desiderio di telefonare a Federico si faceva sempre più dirompente. Soltanto un dubbio la tormentava: sarebbe mai stata pronta a guardare Il Canto Di Natale con lui? Avrebbe dovuto fingere che tutto fosse normale, cercare di spegnere il suo cuore in barba alle emozioni contrastanti che avrebbe di sicuro provato, oppure confidarsi con lui a ruota libera? Estrasse il cellulare, indecisa sul da farsi. Di sicuro, a quell'ora Federico si trovava in ospedale, ma magari poteva inviargli un messaggio. Consultò la rubrica e selezionò la voce corrispondente.

Ciao, Federico, sono Amanda. Ti posso chiamare stasera? Buona giornata e scusa il disturbo.

Senza pensarci più del dovuto, inviò l'SMS e si alzò dal tavolino. Raccattò le letterine, uscì dalla saletta e si avviò verso l'ascensore, così da riporre tutto nella sua stanza. Anche se d'istinto avrebbe voluto gettarle via, le sembrava quasi un atto di scortesia indulgere in quel pensiero. Dopo qualche minuto, il suo telefono vibrò.

Lo estrasse dalla tasca e, non appena vide il mittente, le si asciugò la gola.

Buongiorno, Amanda. Nessun problema, possiamo sentirci tranquillamente staseraAdessocome immaginerai, sono alle prese con i miei pazienti... A più tardi, e buona giornata.

Le spuntò un sorriso. Allora aspetterò la tua chiamata, non voglio certo disturbarti! digitò. Buona giornata a te.

Entrò nella stanzetta d'albergo e frullò le missive dentro il borsone da viaggio. Tutta quella tristezza che l'aveva colta poco prima era già stata – perlomeno momentaneamente – dimenticata.

 

§

 

«Pronto?»

«Amanda, sono io. Scusami tanto se ti chiamo a quest'ora, ma purtroppo il mio turno è terminato poco fa. Se preferisci, posso anche richiamarti domani... magari a un orario più consono.»

La ragazza si rimboccò nelle coperte. Malgrado fossero quasi le ventitré, si era dedicata alla lettura fino a quel momento e non aveva per nulla ceduto al sonno. «Tranquillo, immagino sia stata una lunga giornata. Anzi, se sei stanco p—»

«No, non preoccuparti. Mi fa piacere risentirti.»

Amanda sorrise. «Anche a me. Cosa... cosa stai facendo?»

«Niente di che, un po' di zapping col telecomando. Ma come al solito, non c'è niente di interessante da vedere. Penso che più tardi mi farò un bel giretto in moto. Tu?»

«Stavo leggendo Dickens. Comunque, mi auguro che la tua settimana sia stata migliore di quella passata», gli disse, sperando in una reazione positiva da parte sua.

«Diciamo di sì. Ultimamente io e il mio team ci stiamo dedicando a delle ricerche sempre più complesse. E il tempo sembra non bastare mai.»

«Gestisci un team?» gli chiese lei, affascinata.

«Sì. Quando ero a San Diego sono stato nominato caporeparto della Sezione di Neurologia. Adesso mi accontento di essere soltanto il leader di un piccolo gruppo di persone molto motivate quanto preparate. E mi va benissimo così.»

Chissà perché ha rinunciato a un ruolo di così alto prestigio, pensò Amanda. D'altra parte, fare ricerca qui è abbastanza deprimente. «Posso... ti posso chiedere quando sei tornato nella tua Torino? Se non sono indiscreta, ovvio.»

Dall'altra parte della linea calò il silenzio. «Da circa un annetto», disse poi lui, senza alcun accenno di fastidio nella voce.

«Non... non eri più felice in America?»

Altro momento di silenzio, questa volta decisamente più prolungato. Amanda pregò di non averlo irritato troppo. «Diciamo che non sempre le conquiste che si fanno possono impedirci di cambiare rotta. Negli ultimi due anni, l'esigenza di tornare in Italia si era fatta sempre più forte. Certo, non tutti hanno accettato di buon grado la mia decisione di partire, però... credo che nella vita sia importante non accumulare troppi rimpianti.»

«Sono d'accordo», rispose Amanda, trattenendosi ancora una volta dal chiedergli perché avesse lasciato il certo per l'incerto. Per quanto si sforzasse, non riusciva a spiegarsi appieno la sua reticenza. Aveva ormai compreso l'estrema riservatezza di Federico; per certi versi, su quel fronte le assomigliava persino. Il solo pensiero di parlargli della sua famiglia, in effetti, non la entusiasmava per nulla. Troppi punti deboli da scoprire, troppi tasti dolenti da premere.
Proprio per questi motivi, la paura la dilaniava. La dilaniava al punto tale da accantonare quella fervente curiosità che in un'altra occasione l'avrebbe spinta dritta dritta a casa di quell'uomo senza se e senza ma. Magari vedendo il suo appartamento avrebbe potuto carpire qualche indizio in più riguardo al suo carattere, nonostante si sentisse, almeno in parte, piuttosto intimidita all'idea. Eppure, di lui si fidava. Non riusciva a pensare che Federico, in qualche modo, potesse approfittare della situazione per soddisfare un suo capriccio, sempre ammesso che ne avesse qualcuno. Fino a quel momento, si era comportato in modo ineccepibile.

«Sai, in questi giorni ho pensato molto al nostro ultimo incontro», riprese lui. «Ammetto che... sì, insomma, la tua compagnia mi ha fatto davvero bene. Ero parecchio giù di corda all'inizio, ma poi mi sono sentito rigenerato.»

Amanda si emozionò non poco a quelle parole. «Ne sono felice», gli disse, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Conoscendolo, non doveva essergli stato facile abbandonarsi a quell'ammissione.

«Era da tanto che non mi sentivo così. E penso che... penso che non ti ringrazierò mai abbastanza.»

«Non mi devi ringraziare. Mi ha fatto piacere accompagnarti, te l'ho detto.»

«Lui lo sa?» chiese poi Federico, causando in Amanda un altro sussulto.

«Lui chi?»

«Il tuo agente. Per caso sa che quel giorno eravamo insieme a Torino?»

Amanda incurvò le labbra in una smorfia. «Dovrebbe saperlo?»

Sulle prime, l'altro non fiatò. «Scusami tanto, non so perché avevo l'idea che ci fosse una certa confidenza tra voi due.»

«In effetti c'è. Stiamo diventando molto amici. Ma se anche lui sapesse che siamo usciti insieme... sarebbe un problema per te?»

Lui rigirò la domanda. «E per te? Lo sarebbe per te?»

Amanda si trovò in evidente difficoltà. Il fatto che non avesse ancora detto nulla ad Alessandro avrebbe potuto, in effetti, lasciare intendere a chiunque che nel profondo considerasse la sua frequentazione con Federico come un qualcosa da nascondere, se non addirittura proteggere.

«Se devo essere sincera, vorrei che la cosa restasse tra me e te. Almeno per il momento», sputò alla fine, optando per una mezza verità. D'altra parte, soltanto Monica ne era a conoscenza.

«A me sta bene», rispose Federico. «Penso sia giusto procedere per gradi in qualsiasi campo, no?»

La ragazza annuì. Che cosa intendesse dire davvero Federico non le era dato saperlo, ma comunque intuiva che lui volesse continuare a vederla.

«Anzi, a tal proposito... quella dell'altra volta era, appunto, solo una proposta. Non sentirti in dovere di accettarla. Mi offenderei se, pur non essendone convinta, decidessi di venire a casa mia. Se trovi la cosa un po' affrettata possiamo anche rimediare un I-pad e guardare Il Canto Di Natale in macchina. Oppure, in alternativa, possiamo fare tutt'altro; eventualmente appena riesco a venire a un'altra tua presentazione possiamo – se vuoi – passare un po' di tempo insieme.»

Amanda rimase quasi stordita dal flusso di quelle parole. Il fatto che lui non fosse per niente invadente e la stesse lasciando libera di scegliere non era certo scontato. «Tu cosa preferiresti?» azzardò. Le sembrava giusto conoscere anche la sua opinione.

«A me va bene qualsiasi cosa. Mi basta conoscerti un po' meglio.»

Amanda sorrise. A quel punto, poteva forse dirgli di no? Almeno per questa volta, avrebbe rischiato. «Penso che a casa tua sarebbe perfetto», disse di getto. «Così potremmo gustarci il film in tutta tranquillità.»

«D'accordo, allora. Però ti avviso, a fare i pop-corn sono sempre stato una frana. L'ultima volta che ci ho provato sono riuscito a salvarne soltanto uno. Quindi non aspettarti altro che patatine o dolcetti pre-confezionati.»

Amanda scoppiò a ridere. «Ah, se è per questo, io invece me la cavo piuttosto bene. Se vuoi posso prepararli io. Senza bruciarne neanche uno», sottolineò, tra una risatina e l'altra.

Federico rise più sommessamente. «Non so a te, ma a me quelli confezionati non piacciono granché. Sarò quindi felice di cederti la mia cucina.»

«Concordo. Quelli fatti in casa sono un'altra storia. Non te ne pentirai, comunque.»

«Lo spero bene!» la motteggiò lui. «A parte gli scherzi, la cosa non mi dispiace. Magari puoi insegnarmi qualche trucco.»

«Fidati, è più facile di quanto pensi. Sarà che vivendo da sola da qualche anno sono ormai abituata a preparare un po' di tutto.»

«Prima vivevi con i tuoi?»

Ad Amanda si mozzò il respiro. No, non era ancora pronta a parlargliene. «Una... una specie», gli rispose, sperando che lui non insistesse troppo sulla questione. «Invece tu? Hai sempre vissuto da solo a San Diego?» gli chiese subito.

Anche stavolta, calò il silenzio. «Fino ai trentacinque, sì», rispose infine, Amanda ebbe l'impressione che si fosse irrigidito d'un tratto. «Sin da subito mi sono buttato a capofitto nello studio, quindi il tempo per pensare ad altro era piuttosto limitato. Conquistare una ragazza non rientrava nei miei canoni...» specificò, con un briciolo d'ironia. «O meglio, per tanti anni ho preferito accantonare l'idea.» Sospirò. «A dire il vero, nel mio cuore c'era già un'altra persona, soltanto che non è andata... diciamo che sono rimasto un po' scottato. Quindi ecco, mi sono dedicato anima e corpo alla neurologia.»

«Quindi hai vissuto per conto tuo per più di dieci anni?»

Federico rise appena. «Ti assicuro che non è così terribile. Perlomeno a me non ha pesato moltissimo. Certo, non ho vissuto nel più totale ascetismo», continuò, lasciandole intendere che qualche ragazza di passaggio ci fosse stata. «Qualche anno dopo, ho conosciuto una collega, e...» Non terminò la frase.

«Capisco», rispose Amanda, ormai quasi sicura del fatto che lui avesse convissuto con la suddetta collega almeno fino a... fino a quando, in effetti?

«Non mi sono mai sposato, se per caso te lo stai chiedendo», l'anticipò Federico.

Ad Amanda sfuggì un sorriso. «E io non ho mai convissuto», rincarò lei.

«Be', tu sei ancora giovanissima. Nel mio caso, l'unica donna che avrei voluto sposare era... sì, ecco, era già impegnata.»

Amanda colse un guizzo di profonda amarezza nella sua voce.
«Oh... mi dispiace molto che tu abbia dovuto affrontare una situazione del genere.»

«Che ci vuoi fare... Al cuore piace spesso andare per conto suo. Forse un po' troppo.»

«Hai ragione. Ma cosa saremmo senza i nostri sentimenti? Voglio dire... lo so, alcune volte l'amore è una completa fregatura, ma d'altra parte non credo esista un sentimento più forte di questo.»

«È giusto che tu abbia questa visione così... così favolistica dell'amore, per certi versi. La condivido, eh! Soltanto che io, perlomeno in questo campo – e no, non accetto proteste di sorta! – sono ormai piuttosto arrugginito.»

Anche stavolta, ad Amanda scappò da ridere.

«Sai, era da anni che non parlavo della mia vita privata così a cuor leggero. E mi sa tanto che la colpa è tua. O forse stasera ho bevuto un bicchiere di troppo. Anche se oddio, di solito un quartino di vino rosso in più non ha mai fatto male a nessuno, poi non lo so... Magari oggi è soltanto il mio giorno buono.»

«Qualche successo al lavoro? Comunque sia, adoro anch'io il vino rosso! Lo preferisco mille volte al bianco.»

«Un bel brindisi sarebbe d'obbligo, allora. Quanto al resto... ebbene sì. Oggi con il mio gruppo abbiamo testato un nuovo approccio all'utilizzo di un paio di chemioterapici, e devo dire che il riscontro è stato perlopiù positivo. I miei pazienti hanno risposto alle cure nel migliore dei modi.»

«Ma è fantastico!»

«Di sicuro lo è. Abbiamo ancora molta strada da fare, ma è pur sempre un punto di partenza. Tu, invece?»

«Anche l'ultima presentazione è andata piuttosto bene. Poi con Alessandro abbiamo piazzato qualche copia del mio libro in varie biblioteche del Nord Italia, ma sono state perlopiù toccate e fughe. Purtroppo abbiamo dei ritmi piuttosto serrati da rispettare.»

«Be', nulla vi vieta di ripetere l'esperienza in futuro. Magari vivendola con più spensieratezza.»

«È quello che gli ho detto anch'io, pensa», rispose Amanda, piuttosto sorpresa.

«Sono sicuro che a lui farebbe piacere. Viaggiare è sempre bello. Specie in compagnia.»

«Concordo. Col mio ex ho visitato diverse città.»

«Mi dispiace che sia finita», rispose Federico dopo qualche istante.

«Nah, non era la persona giusta per me. Eravamo troppo diversi. Ma non rinnego niente, rifarei tutto quanto.»

«Meglio così. Ah, dimenticavo... non ti ho chiesto come va sul fronte ansia. Hai più avuto qualche crisi?»

La giovane si strinse nelle spalle. «Per fortuna no. E spero proprio che non ricapiti più. Ti ringrazio per l'interessamento, comunque.»

«L'altra volta mi sono un po' spaventato, lo confesso. Ma l'importante è che sia tutto risolto.»

Amanda sospirò. «Mi dispiace tanto, ti assicuro che non era mia intenzione.»

«Non dispiacerti. Difficilmente queste cose si possono controllare, ma posso dirti che, una volta individuata la causa scatenante, farlo diventa molto più semplice.»

«Sembri parecchio esperto in materia.»

«Be', ho avuto davvero tanti pazienti, e molto spesso mi sono trovato, per quanto possibile, a dover tranquillizzare non solo loro, ma anche i relativi familiari. Certo, non che gli si possa nascondere la verità, ma perlomeno si cerca di rendere più dolce un qualcosa che... un qualcosa che di dolce non ha assolutamente niente.»

«Immagino. È che... molto spesso non basta la semplice forza di volontà. E così ci si ritrova a fare i conti con un passato che non si riesce del tutto ad accettare o, peggio, con un male fisico che ci debilita del tutto. O quasi.»

«Proprio così. Ma direi che possiamo anche evitare discorsi tanto tristi. Preferisco mille volte concludere la nostra conversazione con la promessa di rivederci presto. Mi farò vivo io, d'accordo? Eventualmente, poi mi dirai se sei disponibile o meno.»

Amanda tornò a sorridere. «D'accordo. Ti ringrazio tanto della chiacchierata.»

«Figurati. Anzi, grazie a te. Buonanotte, Amanda.»

«Buonanotte, Federico.»

Non appena riagganciò, la ragazza si girò sul fianco sinistro e spense l'abat-jour. Chiuse gli occhi e si addormentò quasi subito, un flebile sorriso impresso sulle labbra e una montagna di speranze che germogliavano nel suo cuore.

 

N.d.A: Ci ho messo un'infinita di tempo per scrivere questo capitolo (a mio avviso il capitolo "più debole" mai scritto finora di questa storia!)... In effetti, non mi convince quasi per nulla, però vabbè... Alla fine l'ho lasciato andare. Come al solito, a voi l'insindacabile e inappellabile giudizio!

Un abbraccio forte (e come al solito grazie per il sostegno!),

Eleonora.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO XII ***


CAPITOLO XII


 


«Amanda, ti vuoi sbrigare o no? Guarda che perdiamo il treno!»

«Arrivo subito!» esclamò la ragazza, quindi mollò il telefonino e riafferrò il borsone da viaggio, correndo a perdifiato verso di lui. Ancora una volta, Alessandro le fece cenno di sbrigarsi, gli occhi sgranati e un accenno di muto rimprovero nel suo sguardo. Quando Amanda lo raggiunse, lui arraffò prontamente il suo bagaglio, non mancando di trascinarla dentro con decisione. Dopo qualche secondo, le porte del treno si chiusero.

«Uh, appena in tempo!» esclamò Alessandro. «Si può sapere dove hai la testa?»

«La mia migliore amica verrà alla presentazione di domani! Verrà DOMANI, ti rendi conto?»

«Ah. Molto interessante», rispose lui, indicandole il posto a sedere.

«Potresti anche fingere un minimo di entusiasmo, no?»

Alessandro alzò gli occhi al cielo. «Evviva!» sputò, senza la benché minima euforia.

Amanda scosse il capo. «Ma che ti prende? Negli ultimi giorni mi sei sembrato un po', come dire... un po' scontroso – e altrettanto silenzioso.»

Lui sospirò. «Hai ragione, scusa. Non è giusto che per un mio malumore ci vadano di mezzo gli altri. Men che meno tu. Ma passerà, te lo garantisco. Eccome, se passerà!» Estrasse un paio di cuffiette nere e accese il suo mp3, ma proprio quando stava per ascoltare un brano a caso della sua amata playlist, Amanda gli posò la mano sul braccio. Lui trasalì.

«Avanti, dimmi cos'è successo.»

Alessandro si tolse di malavoglia gli auricolari, un impercettibile sbuffo ad accompagnare l'azione. «C'entra lei, okay? Nient'altro.»

«Okay. E...?»

«Sospetto che stia uscendo con un altro», mormorò, l'umore sotto le scarpe. «Me lo sono sempre detto, devo cercare di togliermela dalla testa, ma... ma purtroppo non è così semplice.»

Amanda spalancò gli occhi. «Ma... da cosa nasce questo tuo sospetto? L'hai per caso vista insieme a qualcuno quando siamo tornati a Monferrato per il weekend?»

«Non è questo», disse lui, sconsolato. «Certe cose si sentono. Capisci che intendo?»

Amanda annuì. Lo capiva sin troppo.

«Negli ultimi giorni è stata piuttosto sfuggente. E vedo che la cosa, con il passare delle settimane, si acuisce sempre di più.»

«Ma non faresti prima a chiederglielo? Cioè, se sta frequentando qualcuno potrebbe dirtelo chiaro e tondo, no?»

«È molto riservata», rispose l'altro, sorridendo con velata amarezza. «Come me, del resto.»

«D'accordo. Ma potresti comunque provarci, giusto? Tutt'al più negherà.»

Alessandro fece spallucce. «Per queste cose, io... Ecco, ti ricordi quando ti ho detto che per certe cose sono un codardo?» ribatté, il tono vagamente pungente. «Un conto è sospettare che la ragazza dei tuoi sogni stia uscendo con un altro, ma sentirselo dire è...» Scosse la testa.

«È piuttosto avvilente. Lo so. Non posso darti torto.»

L'agente diede un'altra alzata di spalle, il disagio impresso nei suoi occhi. «Scusami tanto. Non avrei voluto coinvolgerti nei miei piccoli problemi di cuore

Amanda colse all'istante la citazione e le spuntò un sorriso. «Oddio, non mi dire che anche tu vedevi quel bellissimo cartone! Io lo adoravo, era uno dei miei preferiti!»

«Io personalmente no. Ma mia sorella più piccola ci andava matta, tant'è che alla fine ho persino imparato la sigla a memoria. Una sigla che tra l'altro mi si addice parecchio.»

«Quella canzone è stupenda!» Amanda riversò la testa sul sedile, gli occhi sognanti. Cominciò a canticchiare con fare sommesso. «Che cosa c'è, che cosa c'è... Guardo fuori e penso a te. Chissà se tu, chissà se tu... mi stai pensando ancora di più... Insieme noi, insieme noi... per specchiarmi negli occhi tuoi; ma non lo so, io non lo so... se un giorno o l'altro ci riuscirò...»

Proprio in quel momento, Alessandro prese la parola, gli occhi incastonati in quelli di Amanda. «Perché dei giorni tu sei distante più che mai, poi mi prendi per mano e ancora te ne vaiperciò mi chiedo e richiedo se c'è un posticino nel tuo cuore per me.»

E quindi insieme: «Sono piccoli problemi di cuore nati da un'amicizia che profuma d'amore... Sono piccoli problemi di cuore dove un bacio rubato è qualcosa di più...»

«Mamma mia, ma canti benissimo!» esplose Amanda, senza smettere di sorridergli.

«Tu non sei da meno. Quasi quasi potremmo fare un duetto», scherzò lui, tornato di buonumore.

«Sarebbe un onore. Che avessi questo talento nascosto non me l'avevi mai detto, però», lo redarguì bonariamente Amanda.

«Grazie», disse Alessandro, con tutta la semplicità del mondo.

«Per cosa?»

«Be', mi sento molto più leggero adesso. E un pelino più ottimista.»

«Cantare fa sempre bene. Quando sono triste lo faccio spesso, anche se ammetto di preferire – ma va? – la lettura. Non ti devi scusare, comunque. L'altra volta sei stato tu ad ascoltare me. Quindi, in caso di bisogno, non esitare a confidarti.»

«Lo farò. Quindi questa... questa tua amica verrà a trovarti domani?»

«Proprio così. Da qualche mese è partita per la Spagna per fare un master, e trovo fantastico che abbia approfittato della sua settimana di riposo per venire a vedere una mia presentazione. Così posso pure regalarle il vestito che le ho comprato.» E chissà che non possa indossarlo la sera stessa, pensò, assottigliando gli occhi.

«Vi conoscete da molto?»

«Praticamente dai tempi dell'asilo. Sappiamo tutto l'uno dell'altra.»

«Dev'essere bello avere un amico o un'amica del cuore. Io non sono mai stato fortunato al riguardo.»

«Ma lo sei stato in altri ambiti. Sai, a me sarebbe piaciuto moltissimo avere un fratellino o una sorellina. Fin da piccola, è stato il sogno della mia vita. Mi ricordo che già a quattro anni non facevo altro che assillare mamma e papà. Con l'avvicinarsi delle festività natalizie, come se non bastasse, scrivevo persino una letterina a Babbo Natale con la speranza che dal nulla sarebbe spuntato un pargoletto. A quanto ne so, i miei ci hanno effettivamente provato per qualche tempo; mio padre, nello specifico, era davvero entusiasta all'idea... desiderava tantissimo un altro figlio. Questo me l'ha confidato mamma, tra l'altro non troppo tempo fa.»

«Ma allora... cosa potrebbe essere andato storto? Cosa – o chi – li avrà allontanati?»

«Non saprei. Me lo chiedo tutti i giorni. Forse è semplicemente finito il sentimento. Si sono separati quando avevo solo nove anni. Fino a quel momento, mi hanno sempre dato tanto amore e altrettanto sostegno. Mio padre mi aiutava persino a fare i compiti. Soprattutto gli esercizi di Matematica – in cui, per inciso, ero un'autentica frana. Quando insistevo nel chiedergli un fratellino o una sorellina mi sorrideva sempre con tenerezza, quindi mi abbracciava forte e mi confidava che lui e la mamma stavano facendo tutto il possibile.» Amanda si commosse a quel ricordo. «Soltanto qualche annetto dopo ho capito davvero cosa intendesse dire con quella frase. Non sempre un bambino arriva facilmente, tantomeno può regalartelo Babbo Natale. Anzi, alcune volte non arriva nemmeno, per cui...» Scrollò la testa.

«Quindi tuo padre non ha avuto altri figli? Con la sua attuale compagna, intendo.»

«No. Ma ti confesso che era una delle cose che più temevo. Temevo che con Grazia avrebbe potuto costruirsi una nuova famiglia, magari avere un'altra figlia, e... e scordarsi per sempre della mia esistenza. Sarò egoista ma, al netto di tutto, sono contenta che non sia successo. Stanno insieme da anni, ormai. Quando si sono messi insieme erano ancora piuttosto giovani, perciò non mi sarei meravigliata se fosse accaduto.»

«Chissà, magari non ci hanno nemmeno provato.»

«Nah. Conoscendo mio padre, sono sicuro che ci avrà fatto almeno un pensierino. Poi non lo so, magari a Grazia andava bene così.»

«Sai se lei ha figli?»

«Sì. Due maschi, se non ricordo male. E no, non so nemmeno che faccia abbiano», l'anticipò Amanda, scuotendo la testa.

«E tua madre, invece? Lei non... lei non ha trovato un nuovo compagno? Scusami tanto, lo so che per te questo argomento è piuttosto delicato, e se non vuoi parl—»

«Non preoccuparti. Sto imparando a conviverci, te l'assicuro», lo interruppe Amanda, ostentando una sicurezza che di certo non le apparteneva. «Diciamo che nel caso della mamma è stato un completo, assoluto disastro. A qualche anno dal divorzio da papà, ha cominciato a frequentare una caterva di uomini. Ogni tanto, a casa nostra si presentava il bellimbusto di turno che la portava a cena, presumo in qualche ristorantino di lusso. Quindi lei mi parcheggiava dai nonni e io me ne restavo lì, seduta sullo squallido divano del soggiorno a guardare la televisione con loro, fingendo più interesse di quanto non provassi in realtà. Non facevo altro che pensare a lei. All'ennesimo uomo con cui magari si sarebbe divertita per qualche nottata insignificante, mentre io quelle serate le passavo a piangere. Un paio di settimane, al più un mese, e la storiella giungeva al capolinea. Insomma, a quanto pare non gliene andava bene neanche uno.» Fece una smorfia. «Non ho mai approvato il suo modo di fare. All'epoca avevo soltanto quattordici anni, tante cose non potevo ancora capirle. Ma adesso... Non lo so, mi sembra assurdo che ogni singolo uomo che ha frequentato in passato cercasse soltanto un'avventura. Okay, ci può stare che sia stata particolarmente sfortunata, però... sarò crudele, ma secondo me anche lei ha avuto una parte di responsabilità. Se da un lato speravo che tornasse con papà, era pur vero che provavo tanto scetticismo. Spesso mi dicevo: okay, se più nessuno riesce a conquistare il suo cuore, allora sarà ancora innamorata di lui. Ma forse questa era soltanto una delle tante storie che mi raccontavo per cercare di giustificarla. Alcune volte, e non lo dico con piacere, mi è sembrata un tantino superficiale. Sin troppo affannata nel voler cercare qualcuno a tutti i costi.»

«Capisco cosa vuoi dire. Nemmeno io avrei preso bene la cosa.»

«Per me è sempre difficile raccontare questi particolari. Ma di te mi fido, perciò...» Amanda gli rivolse un tenero sguardo.

Come al solito, lui ricambiò il suo sorriso, ma poi scostò gli occhi dalla ragazza. «Sono contento che ti fidi abbastanza di me da raccontarmi tutte queste cose. Sto cominciando a... a sentirmi davvero parte della tua vita», ammise, con un filo di voce.

«Lo sei», gli rispose Amanda. «Di questo non dovrai mai dubitare.»

«E tu non devi mai più dubitare di te stessa.»

«Lo so. So bene che non si dovrebbe ricercare l'approvazione di nessuno, nemmeno se si tratta dei propri genitori. Anche se devo riconoscere che mia madre mi ha sempre spronato a pubblicare i miei scritti. Lei è stata la mia primissima fan.» Amanda sorrise con nostalgia. 

Proprio in quel momento, Alessandro le sfiorò la mano, racchiudendola dolcemente tra le proprie. «E lo è ancora. Puoi starne certa. Anzi, meriterebbe un ringraziamento speciale per il solo fatto che, anche grazie a lei, ho avuto modo di conoscere una scrittrice eccezionale.»

Amanda ricambiò la stretta. Il tocco di Alessandro riusciva sempre a rassicurarla, oltre al sincero affetto che lo stesso gli trasmetteva. «Scusami», mormorò, dispiaciuta. «Non volevo tornare ad assillarti con i miei problemi irrisolti, ma sembra proprio che non possa farne a meno.»

«Non ti devi scusare. Non con me. Che ne dici se ascoltiamo un po' di musica?» le chiese, riafferrando gli auricolari dal sedile accanto.

«Molto volentieri», gli rispose Amanda, quindi si sedette vicino a lui e indossò una cuffietta, mentre l'altro faceva lo stesso.

L'agente cliccò sul tasto PLAY e fece partire Dusk.

Amanda spalancò gli occhi. «Oddio, ma...» Si girò verso di lui, estasiata. «Ma sono i—»

«Proprio così. Qualche mese fa ho avuto modo di conoscere Trespass⁵, e devo ammettere che questi Genesis non sono niente male.»

L'altra sorrise. «Aspetta di conoscere Foxtrot⁶ e Selling England By The Pound⁷, e ti assicuro che non li mollerai più!» lo avvertì, lasciando che le note di quella e altre canzoni la trasportassero in un mondo parallelo e fantastico almeno per qualche ora.

 

§

 

«Sei stata fenomenale!» squittì Monica, stritolandola in un abbraccio.

Amanda aveva appena terminato di presentare il suo romanzo e, tra il cicaleccio del pubblico e i tanti sorrisi che l'amica le aveva rivolto dalla propria postazione, la scrittrice non riuscì a non provare la consueta emozione che faceva da sfondo, assieme a mille altre, a quei bellissimi momenti.

«Non ti facevo così disinvolta!» proseguì, entusiasta. «E avresti dovuto vedere Alessandro, praticamente non ti ha staccato gli occhi di dosso. Sei ipnotica, Am.»

Lei scrollò le spalle. «Ale è giusto il mio angelo custode, la mia costante. E sa benissimo che se non lo becco a guardarmi lo strozzo», aggiunse sarcastica. Si guardò intorno e lo cercò con lo sguardo, ma sembrava che si fosse volatilizzato.

«Nah, sta' pur certa che ti guarderebbe comunque. Chiunque lo farebbe, perché sei troppo...» Monica annaspò, come cercasse nella mente le parole giuste da dirle. «Sei troppo appassionata quando parli dei tuoi capolavori. Sono fiera di te.»

«Grazie di cuore, davvero», rispose Amanda. Sebbene il papà non fosse venuto ad assistere, lei si sentiva comunque al settimo cielo. «Mi sei mancata un sacco», disse poi, tornando ad abbracciarla.

«Anche tu a me. E mi era mancata pure la splendida Bologna! E pensare che l'ultima volta che sono venuta qua è stato per il test di ammissione in Architettura. Un fiasco completo, se ti ricordi.»

«Be', ti ho fatto compagnia anch'io, mi sembra», sghignazzò Amanda.

«Vero. Ma comunque lasciamo perdere questi discorsi. Programmi per stasera?»

«In realtà sì. Sai, stavo pensando... che ne diresti se io, tu e Alessandro uscissimo fuori a cena? Mi farebbe molto piacere presentartelo.»

«Andata. In fondo sei tu la star del momento, quindi è giusto che sia tu a decidere», rispose l'altra, facendole l'occhiolino.

«Ah sì? Allora non disdegnerai nemmeno sfoggiare il mio regalo stasera stessa.»

«Un regalo? Per me?!»

«Ovvio! Dai, torniamocene in albergo,  che per oggi il mio compito qui è finito.»

«Mamma mia, sono troppo curiosa adesso!»

Amanda rise. «Proprio per questo ti sto portando in hotel. Aspetta un momento però, chiamo un attimo Alessandro per sapere dove si è cacciato.» Si allontanò di qualche passo e compose il numero. Lui le rispose dopo un paio di squilli.

«Oi, Amanda... Scusami tanto, mi sono dovuto assentare un attimo. Torno presto, però.»

«Va tutto bene?» gli chiese, sospettosa.

«Tutto bene, sta' tranquilla.»

«Ne sei sicuro?»

«Sicurissimo.»

«D'accordo», rispose Amanda, non troppo convinta della sua risposta. «Ehm, senti Ale... Stavo pensando... Ti andrebbe di cenare con me e Monica stasera? Così con la scusa te la faccio conoscere.»

«Per me va bene. Allora a stasera. Vi aspetto fuori dall'hotel.»

«Okay. Ci vediamo verso le otto.»

Alessandro mormorò un flebile , poi riattaccò.

Amanda richiuse il cellulare. Nel profondo era convinta che qualcosa fosse successo, ma non era certo quello il momento giusto per indagare sulla questione.

 

«Oddio, ma è stupendo!» Monica non riusciva proprio a smettere di guardare la sua figura slanciata attraverso lo specchio della camera di Amanda. Il vestito che la giovane amica le aveva regalato le calzava a pennello. Il leggero scollo a V lasciava intravedere parte del suo décolleté, leggermente più prosperoso e definito rispetto a quello di Amanda, mentre le paillettes dorate contribuivano a risaltare la sua bellezza mediterranea. La scrittrice aveva sempre ammirato il suo bel viso, dalla forma affusolata e dai tratti delicati, quasi principeschi; le labbra sottili, gli occhi di un marrone intenso, profondamente espressivi e dal taglio sporgente. Per non parlare del suo nasino all'insù, che assieme al resto le conferiva un'aria simpatica e affascinante al tempo stesso. Soltanto sul fronte capelli, lei e Amanda potevano dirsi somiglianti. Anche quelli di Monica erano infatti lisci e corposi, di un intenso castano scuro.

«Tu sei bellissima», le disse Amanda, ammirandola da capo a piedi. «Appena ho visto quel vestito ti ho subito immaginata così.»

«Troppo bello», ribadì l'altra. «Devo indossarlo per forza stasera. Non mi importa un fico secco se non ho un appuntamento.»

«Mai dire mai», sogghignò Amanda, dandole le spalle.

«Che vuoi dire?» domandò Monica di rimando, la fronte aggrottata.

«Che ne dici di questo completino?» cambiò discorso Amanda, con la speranza di distrarla. Prese una camicetta turchese con annessi jeans e li mostrò a Monica.

L'altra alzò gli occhi al cielo. «Ma un vestito no? Esigo che anche tu ne indossi uno, e non mi dire che non te lo sei portato dietro perché non ti credo!»

Amanda sbuffò. «E se io non volessi?»

«Allora non lo indosserò nemmeno io.»

«Ma questo è un ricatto bello e buono! E poi... così mi offendi!» replicò Amanda, le braccia incrociate.

Monica sorrise, sorniona. «Prendere o lasciare», le rispose, senza farle sconti.

«Sei tremenda!» osservò Amanda, nascondendo a sua volta un sorriso.

«Lo so, non per niente è una delle mie qualità migliori.»

Amanda scosse la testa e si avvicinò all'armadio semiaperto, tirando fuori un elegante tubino azzurro con scollo a cuore. «Che ne dici di questo?»

«Così si ragiona!»

«Il Sole e la Luna», commentò l'altra, notando quanto il suo vestito fosse diverso da quello dell'amica.

Monica scrollò le spalle. «De gustibus. Per me sono entrambi—»

«Bellissimi», completò Amanda. «Concordo, però mi viene da sorridere. Per certi versi siamo così diverse, eppure così simili.»

«Proprio per questo siamo migliori amiche, no? In un modo o nell'altro, riusciamo sempre a compensarci. Comunque... non mi hai più parlato di Federico. Com'è andata a finire tra voi?»

«Dovremmo vederci in uno dei prossimi giorni. E ti confesso che ho un po' di paura.»

«Paura di lui?»

«Ma no, ci mancherebbe. Vedi...» Amanda tornò a sedersi sul letto, lo sguardo pensieroso. «Quando ci siamo visti l'ultima volta, lui mi ha invitato a guardare un film insieme.»

«E allora? Non ci trovo niente di male», rispose Monica, sedendosi accanto a lei.

«Non è questo. Dovremmo vedere Il Canto Di Natale. E non so se...» Sospirò. «Insomma, io gli ho detto di sì, ma a essere onesta non so se ci riuscirò. Se riuscirò a guardarlo senza versare neppure una lacrima. Da piccolina, avevo spesso sognato di vederlo insieme a papà. In quel periodo la mamma lavorava tanto, e quindi mi ritrovavo il più delle volte da sola con lui. Questo qualche mese prima che avvenisse l'effettiva separazione. Nell'aria già sentivo che qualcosa non quadrava, però... l'ho percepito ancora di più quando anche lui, guarda caso, ha cominciato ad assentarsi spesso da casa, fino a vederlo sempre più di rado. A poco a poco, è diventato un uomo freddo, tremendamente distaccato e non meno sfuggente. Per lui ogni scusa era buona per non vederci. La morale della favola? Ho praticamente buttato la videocassetta inerente al film nella spazzatura.»

Monica le strinse la spalla destra, cingendola in un dolce abbraccio. «E quindi non hai mai visto Il Canto Di Natale», sentenziò, con uno sguardo triste.

«Proprio così. Lo so, è una cosa stupida, però—»

«Non lo è. Fidati, non lo è. Hai sofferto molto, lo so. Nessuno lo sa più di me. Ma forse... forse adesso la vita ti sta offrendo un'altra opportunità. Guardati! Sei diventata una grande scrittrice!» affermò l'amica, strappandole un sorriso. «Sei una bella ragazza, intelligente e, almeno per quanto mi riguarda, in gambissima. Questo è il tuo momento. Se il tuo cuore propende per Federico, be'... devi andare fino in fondo. Soltanto in questo modo potrai davvero capire cosa rappresenta per te.»

«Hai ragione. Non è giusto tirarsi indietro.»

«Così si parla! E adesso via, corriamo a prepararci. Non vorrai far aspettare troppo il nostro bel principe azzurro!»

«Fossi in te sarei meno ironica. Guarda che Alessandro è un bel pezzo d'uomo!» dichiarò, strizzandole l'occhio.

«Ma senti senti la nostra Amanda!» replicò Monica, ammiccando in sua direzione. «Sento odor di—»

Amanda le tappò la bocca. «Non aggiungere altro, o ti giuro che puoi dire addio al tuo bel vestito», la minacciò, tra il serio e il faceto.

L'altra allungò la mano dietro di lei per afferrare un cuscinetto, che poi gettò in faccia ad Amanda.

La scrittrice la tranciò con lo sguardo, ma subito dopo scoppiò a ridere, l'amica al seguito. Riprese il cuscino da terra e lo ritirò verso Monica, che però schivò il colpo. Per una buona mezz'ora, sghignazzarono e risero come due pazze, come da tempo non accadeva, un'accesa lotta a colpi di cuscini.

 

§

 

Alessandro stava armeggiando con il cellulare quando le due amiche gli si presentarono davanti, l'espressione del suo viso che da concentrata si fece subito sbigottita. «Ma come siamo eleganti!» commentò dopo qualche secondo, alternando fugacemente lo sguardo tra la mise di Amanda e quella di Monica. «Ma che per caso mi volete far passare per il vecchio di turno?»

Amanda diede una leggera gomitata all'amica, la bocca piegata in un accenno di sorriso. «Arieccolo che ricomincia! Non farci caso... A lui piace scherzare.»

«Guardate che non scherzo mica se vi dico che proprio adesso avrei bisogno di scolarmi un bel bicchiere di acqua tonica», rincarò Alessandro, incrociando appena lo sguardo di entrambe.

Amanda quasi si sciolse di fronte al suo evidente imbarazzo.

«Io invece mi scolerei una bella birretta», commentò l'amica, palesemente divertita. «Comunque molto piacere. Mi chiamo Monica», disse poi, allungando la mano verso quella dell'agente.

Lui ricambiò la stretta. «Alessandro», le rispose. «Piacere di conoscerti. Comunque davvero, se avessi saputo che vi sareste vestite così bene, avrei fatto modo e maniera per non farvi sfigurare», ammise, quasi a mo' di scusa.

«Ma guarda che neanche tu sei niente male, vero Monica?» gli disse, cercando di smorzare il suo disagio. «Anzi, sei più casual del solito stasera.» La ragazza lo rimirò da capo a piedi, e non poté non constatare quanto quella giacca di pelle nera che lo ricopriva gli stesse bene, abbinata a un paio di pantaloni altrettanto scuri e non meno raffinati.

L'amica la guardò stranita, seppur di sottecchi. «Amanda ha ragione, malgrado io non conosca per nulla i tuoi gusti in fatto di abbigliamento», replicò, buttandola sul ridere. «Comunque non so voi, ma io ho una fame da lupi. Vogliamo andare?»

«Certamente», replicarono gli altri due, all'unisono.

 

Il ristorante Darcy sorgeva a pochi metri dalla suggestiva e affascinante Piazza Maggiore, popolata da un ricco complesso di storici edifici, quali la maestosa Basilica di San PetronioIl Palazzo dei NotaiIl Palazzo D'AccursioII Palazzo del Podestà e Il Palazzo dei Banchi. Tutti monumenti riconoscibili l'uno dall'altro, ognuno con una propria specificità, una propria anima. La città pullulava di vita, quella sera pareva avvolta in una bolla portatrice di gioia e di belle speranze.

«Che dire... ottima scelta», commentò Alessandro, mentre tra una smorfia e l'altra sorseggiava quel poco di vino bianco che Amanda gli aveva versato contro la sua volontà. «Davvero carino il ristorante, poi questo roast beef con salsa è buonissimo. Tra l'altro, non mi è sfuggito certo l'omaggio al tuo caro Fitzwilliam Darcy», disse ad Amanda, nascondendo un sorrisetto.

«Come fai a sapere che ho scelto questo ristorante soltanto perché portava il nome del magnifico personaggio della Austen?» ribatté lei, sbigottita.

Lui alzò le spalle. «Perché tu sei così. Non riesci a staccarti del tutto dalla vita libresca, nemmeno quando stai vivendo la tua, di vita.»

«Alessandro ha ragione», intervenne Monica, mentre addentava un pezzetto di filetto in crosta. «Sei una vera sognatrice. E questo non è un male, ci tengo a sottolinearlo.»

«Concordo», le diede manforte Alessandro. «E poi scusami, non sei forse stata tu a dirmi che vai pazza per la zia Austen

Amanda alzò le mani e non riuscì a trattenersi dal ridere. «D'accordo, d'accordo, mi avete beccata. Adesso possiamo parlare d'altro, please

Gli altri due si unirono alla risata, per poi riprendere a gustarsi la cena.

«Amanda mi ha detto che vi conoscete dai tempi dell'asilo», disse Alessandro a un certo punto, gli occhi puntati su quelli di Monica.

«Eh già. Un'amicizia bella lunga.»

«E non meno solida. Si vede che siete molto legate.»

Amanda si ritrovò a scrutare Alessandro più del dovuto. Stava cercando di capire se, in un certo qual modo, potesse essere interessato alla sua amica, ma dal suo sguardo non riusciva a captare alcunché di significativo, se non in alcuni momenti, in cui dal suo viso sembrava trasparisse una certa preoccupazione, o forse una velata malinconia. Starà pensando a quella ragazza, disse tra sé.

«È vero. Comunque ho una curiosità: in cosa ti sei laureato?»

«Filosofia.»

Monica sbarrò gli occhi.

«Incredibile, reagiscono tutti allo stesso modo quando lo dico», sogghignò lui.

«Sarà che non è mai stata il mio forte», confessò Monica. «Amanda aveva dieci, invece. Era un portento in Filosofia.»

«Adesso non esagerare!» esclamò l'altra, scuotendo la testa. «È Alessandro l'intellettuale, non certo io.»

L'altro sorrise. «Ho sempre sognato di entrare a far parte del mondo dell'editoria. Sapevo che non sarebbe stato facile, però scegliere Lettere Moderne mi avrebbe limitato. Andavo pazzo per la Filosofia, e quella ho fatto. Finita la specialistica ho deciso di frequentare un Master in Editoria. Dopo anni di gavetta, eccoci qui.»

«A rappresentare una caterva di aspiranti scrittori», concluse Monica, visibilmente affascinata dal suo racconto.

«Non così tanti, in realtà. Senza contare che Amanda ha catalizzato quasi tutta la mia attenzione, in questi ultimi anni.»

«E ci credo! Amanda è troppo brava.»

«La volete finire? Mi state facendo vergognare», li rimbrottò, imbarazzata.

Monica ci rise su. «Sei sempre la solita. Non ti si può fare un complimento che subito ti lamenti.»

«È quello che le ho detto sempre anch'io. Ma temo che su questo non cambierà mai.»

Amanda stava per replicare quando il suo telefonino prese a squillare. Era in bella vista sul tavolo e lo prese subito, come se al suo interno ci fosse una bomba che sarebbe scoppiata da un momento all'altro. Lesse il mittente e si alzò dal tavolo. «Scusatemi un momento, devo proprio rispondere.» Si allontanò dal forte cicaleccio che aveva intorno e uscì fuori dal ristorante, il cuore a mille. «Pronto?» esordì, accostando il telefono all'orecchio.

«Ciao, Amanda. Spero tanto di non averti disturbata. Sei a cena?»

«Ciao, Federico. Non disturbi affatto, sta' tranquillo. Sono a cena, sì. Insieme ad Alessandro e alla mia migliore amica, che oggi è venuta ad assistere alla presentazione. Ma comunque abbiamo quasi finito.»

«Capito. Mi è dispiaciuto non esserci stato. Fino all'ultimo ho sperato di poter venire, ma poi sono sorti degli imprevisti e—»

«Non devi giustificarti con me. Il mestiere del medico è impegnativo e comporta enormi sacrifici. Non mi devi spiegare niente.»

L'altro sospirò. «Mi mancano le nostre chiacchierate», sputò. «Dal vivo, certo», aggiunse dopo qualche istante, ridendo appena.

Amanda sorrise. In effetti, non si vedevano da quasi tre settimane e ammetteva a se stessa che quel rituale era mancato molto anche a lei. «Ti capisco. Nemmeno a me piace troppo parlare al telefono. Ma gli impegni non aiutano, si sa.»

«Nemmeno la distanza, se è per questo. Ma mi farò perdonare, promesso.»

Ad Amanda quelle parole ricordarono tanto il bigliettino che lui le aveva lasciato settimane prima presso la biblioteca di Abano Terme. «Dove ho già sentito queste parole?» gli disse infatti, riportando a galla quell'emozione che quasi non l'aveva fatta dormire.

«Sono un tipo originale, non c'è che dire», rispose lui, strappandole una risata. «Comunque non ti trattengo oltre, volevo solo chiederti se fossi libera questo venerdì.»

Amanda sussultò. «Questo venerdì hai detto?»

«Sì. Cos'è, hai già un impegno? Se così fosse, possiam—»

«No no, nessun impegno», si affrettò a rispondere l'altra, prima che potesse elaborare una scusa convincente per rimandare l'appuntamento. Perché se il suo cuore voleva buttarsi e affrontare la sua più grande paura, la sua mente continuava a sussurrarle che non sarebbe riuscita a fingere davanti a lui. Non durante la visione di quel film.

«Benissimo, allora. Ti andrebbe bene per le diciassette?»

«Mi va bene, sì», farfugliò lei. Tra due giorni. Mancano solo due giorni.

«Credo che stavolta potrò venire anche alla tua presentazione», la informò lui.

«Mi fa molto piacere.»

«Quindi è tutto a posto?» domandò Federico, quasi avesse captato l'improvviso turbamento di Amanda.

«Certo. Sono solo un pochino stanca, sai com'è... Mettere firme a destra e a manca a volte ti stressa», si giustificò lei, stringendosi nelle spalle.

«Ah, su questo ti capisco benissimo. Allora ti lascio andare, ci vediamo presto. Okay?»

«Okay. A prestissimo, e... e buona serata.»

«Grazie, anche a te.»

Amanda ripose lo smartphone in borsa, abbandonandosi a un lungo sospiro. Sperava tanto che la sua eccessiva emotività non avrebbe rovinato tutto.

 

Terminata la cena, Amanda e Alessandro si ritrovarono soli soletti sul terrazzino dell'hotel, la fredda brezza notturna che sferzava il viso di entrambi.

«Dovremmo proprio rientrare», le disse Alessandro. «È già molto tardi, non pensi?»

«Hai ragione. Non per niente, Monica è andata subito a dormire, il viaggio dalla Spagna deve averla stancata parecchio. Anzi, a proposito di lei...»

Alessandro incrociò le braccia, le sopracciglia inarcate in segno di aspettativa.

«Come ti è sembrata?»

«Molto simpatica», rispose lui, senza battere ciglio.

«Non intendevo questo. Ti sto chiedendo se—»

«È carina, sì», l'anticipò Alessandro. Stessa espressione, nessun guizzo particolare negli occhi.

Amanda increspò la fronte. «Solo carina? Diciamo pure che è bellissima», sottolineò lei, dandogli una leggera spallata.

«Non più di te. Siete molto belle entrambe.»

«Seh, lei è una dea!» ribatté Amanda, come volesse convincerlo del contrario.

Lui rise appena. «Ma senti un po', per caso stai cercando di impersonare la parte di Cupido?»

«Vorrei soltanto che cercassi di guardarti un po' intorno. Tutto qui. Io... vorrei solo il meglio per te.»

«Ti ringrazio per la premura, ma non c'è bisogno di ricorrere a questi mezzucci. E poi... io "la mia ragazza" ce l'ho già», replicò lui, in tono morbido. «In barba al fatto che nemmeno mi considera.»

La scrittrice annuì. Nel profondo aveva sempre immaginato che ad Alessandro non sarebbero bastate un paio di belle gambe e una bellezza fuori dal comune perché potesse perdere la testa per una donna. L'aveva conosciuto come un ragazzo che preferisce di gran lunga badare alla sostanza, piuttosto che alla forma, e tale era rimasto. «Questa fantomatica ragazza dev'essere molto speciale per te.»

«Lo è», disse lui.

«Vabbè, io ci ho provato», replicò Amanda, una leggera alzata di spalle. «Ma ci sarebbe un'altra cosa.»

«Dimmi.»

«Quando oggi ti ho chiamato al telefono mi sei sembrato strano. E anche durante la cena, a dirla tutta.»

Alessandro abbassò il capo. «Oggi pomeriggio mi ha chiamato il tuo editore. Mi ha fatto una proposta. Sai, una di quelle che "nessuno che abbia un minimo di sale in zucca si azzarderebbe a rifiutare"», disse, tra il serio e l'ironico. «Mi avrebbe chiesto di raccattare qualche altro aspirante scrittore per poi portarlo alla pubblicazione. Sempre con la sua CE, ovviamente. Mi ha persino promesso un doppio compenso.»

Amanda rimase a bocca aperta. Gli occhi di Alessandro dicevano più di mille parole. «Tu...» farfugliò, incredula. «Non mi dire che hai rifiutato la sua offerta!»

«Non ho rifiutato la sua offerta. Gli ho solo detto – anzi, sono stato categorico – che non sono disposto a farmi carico di altri scrittori fino a nuovo ordine. O almeno non fino a quando il tuo tour non sarà terminato.»

«Ma stai scherzando? Sarebbe un'opportunità unica per te, arricchirebbe anche il tuo curriculum.»

«Quello che sto vivendo adesso mi basta e mi avanza. Ti ho portata al successo, o meglio, ti ho solo dato una piccolissima spintarella, e voglio godermi appieno questo momento», le rivelò, senza filtri. «Assistere alle tue presentazioni è per me un'esperienza quasi mistica. E sono certo che una cosa del genere non mi ricapiterà in futuro. Se accettassi la proposta di Galeazzi, sarei costretto a seguire quegli aspiranti scrittori per buona parte della settimana. E a me non va.»

«Cioè, tu... mi stai dicendo che hai rinunciato a quella ghiotta opportunità soltanto per... per seguire me?»

«Chiamami pazzo, ma è quello che ho fatto», rispose Alessandro. «Per me conta tanto il legame che si sta creando tra di noi. E penso che sia giusto dimostrartelo.»

«Dovrei farlo anch'io», replicò Amanda, senza pensarci. Le parole di Alessandro avevano sortito in lei uno strano effetto. Il suo cuore aveva sussultato all'improvviso, e per un momento quasi se ne spaventò. «Ammetto che senza di te non sarebbe la stessa cosa», gli disse, sincera. «Ma non dovevi farlo. Sei sempre in tempo per cambiare idea. Se tu accettassi, sarei felicissima per te. Mi devi credere.»

«Io ti credo. Ma ho già fatto la mia scelta.»

E lui ha scelto me, si disse Amanda, improvvisamente emozionata. Lui ha scelto me. Scosse la testa. «Ale, io... io questo venerdì me ne torno a Torino.» Si morse le labbra. L'aveva detto. L'aveva detto proprio a lui.

L'agente sospirò. «Amanda, stamattina mi hai detto chiaramente che ti fidi di me.» Le prese la mano e gliela strinse appena.

Stavolta la ragazza provò una sensazione particolare, ma si convinse che fosse dovuta soltanto al leggero stato di ansia che stava dilagandosi in lei.

«Quindi puoi anche dirmelo. Torni a Torino per vedere lui, non è così?» le chiese, perfettamente neutrale. Non traspariva più alcuna emozione dal suo sguardo.

Amanda rialzò il capo, il cuore prese a galopparle furiosamente. «Come... come fai a sapere che—»

«Che stai frequentando qualcuno?» Lui fece un sorrisetto.

Come sempre, Amanda non comprese se fosse ironico o meno.

«Per la cronaca, non sei l'unica in grado di capire cosa si nasconde dietro uno sguardo.»

Amanda scosse la testa, del tutto presa in contropiede. La stretta di Alessandro si fece più salda, e lei si ritrovò a ricambiarla con estrema naturalezza. «È una cosa molto recente», gli rivelò. «Io e lui non siamo fidanzati», si affrettò a chiarire, il palmo sinistro a sfiorargli la guancia d'istinto, senza pensare davvero a cosa stesse facendo. Si ritrasse quasi subito, intimidita dal suo stesso gesto, la mano ancora stretta nella sua. Non sapeva perché avesse avuto bisogno di specificare ad Alessandro che con Federico non fosse accaduto nulla, eppure l'aveva fatto. D'altra parte, l'espressione di lui non era mutata – salvo forse un barlume di sincera sorpresa nell'istante in cui gli si era avvicinata –; tradiva una serietà frammista a quel non so cosa che le suscitava delle sensazioni ancora indefinite, dai confini profondamente sfumati. Da tutto quel tramestio, Amanda ne dedusse che avesse ancora molto da imparare dai suoi sguardi. E forse anche da se stessa.

«Sta' tranquilla, non pretendevo tanto», rispose Alessandro, dando un'ultima, fugace carezza sul dorso della sua mano prima di staccarsi del tutto da lei. «Volevo solo dirti che anche tu puoi fidarti di me.»

«Ale, io... non smetterò mai di dirti grazie.»

Finalmente, lui le sorrise. Le strinse la spalla con tenerezza. «Buonanotte, Amanda», disse in un sussurro, per poi allontanarsi fino a sparire dietro la grande finestra a vetri che dava sul terrazzo.

«Buonanotte, Ale», mormorò lei quando se ne fu andato, un vuoto improvviso nel suo cuore.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma una grossa parte di lei, anziché sentirsi sollevata, percepiva tutto d'un tratto il fastidioso retrogusto di una tristezza a cui non seppe dare un nome.



 

Trespass: album progressive del gruppo Genesis (1970)

⁶Foxtrot: album progressive del gruppo Genesis (1972)

Selling England By The Pound: album progressive – sì lo so, sono ripetitiva! – del gruppo Genesis (1973)

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Capitolo 13
*** CAPITOLO XIII – [PRIMA PARTE] ***


CAPITOLO XIII – [PRIMA PARTE​]


 

«Federico mi ha chiamata proprio ieri, nello specifico durante la cena. Quando ho lasciato soli te e Alessandro, in pratica. A proposito di lui», indagò Amanda, «come ti è sembrato?» La ragazza le rivolse quella domanda cercando di mettere a tacere in via definitiva l'inaspettato turbinio di sensazioni che si era agitato dentro di lei durante la loro ultima conversazione – e che a malapena l'aveva fatta dormire.

«È senz'altro molto carino, però non è il mio tipo», puntualizzò Monica, mentre si apprestava a richiudere il pesante borsone che aveva gettato sul letto. «E poi, anche se mi interessasse non avrei proprio speranze. Questo perché è palesemente cotto di un'altra ragazza. E quella ragazza, per inciso, non è di certo una qualsiasi.»

Amanda sospirò. «Te ne sei accorta, allora. Pensa che lui mi ha confidato la stessa cosa.»

L'altra strabuzzò gli occhi, la bocca semiaperta deformata in un ghigno che tradiva assoluta sorpresa. «Te l'ha detto? Cioè, Alessandro ti ha detto che—»

«Sì. Mi ha detto – testuali parole – che lui la sua ragazza ce l'ha già, a dispetto del fatto che nemmeno lo considera.»

Monica sorrise sotto i baffi. «Ahhh be'... questo spiega tutto.»

Amanda inarcò le sopracciglia. «Questo spiega... cosa, esattamente?»

«Be'...» tentennò Monica, «si vede lontano un miglio che è innamoratissimo di...» Scosse la testa e richiuse il borsone con un colpo secco. «Sì, insomma, il suo sguardo la dice lunga. Lo capirebbe chiunque che si è preso una sbandata.»

«E bella grossa», convenne l'altra. «Spero tanto che quella ragazza si decida ad aprire gli occhi. Alessandro è un uomo straordinario.»

«Ah be', me lo auguro anch'io», sottolineò Monica, soffocando a stento un risolino. «Sai cosa c'è? Il vero problema è che alle volte siamo così ciechi di fronte all'evidenza, oppure cerchiamo così strenuamente di negarla, che finché quella stessa evidenza non ci viene servita su un piatto d'argento, noi non ne osserviamo neppure la più piccola traccia.»

«Wow, ma che pensiero filosofico! Cos'è, ti sei fatta contagiare da Alessandro?»

L'amica scosse la testa. «A me sembra il contrario, onestamente. Guarda che ti ho vista, eh! Ieri sera lo guardavi un pochino troppo per i miei gusti.»

«Che?! Cercavo solo di capire cosa avesse! Lo vedevo pensieroso, e così—»

«E così hai pensato bene di squadrarlo a più riprese dalla testa ai piedi. Amanda, a me non la racconti. Dì che ti piace, piuttosto. Ci faresti più bella figura!»

«Non ti racconto cosa?! Io e lui siamo soltanto amici!»

«Be', ti posso assicurare che, perlomeno in alcune occasioni, il tuo sguardo non è stato propriamente quello che potrebbe rifilargli una semplice amica. E se proprio la vuoi tutta...» Monica si bloccò di colpo un'altra volta, quindi riprese con la sua arringa: «Insomma, c'è una connessione particolare tra voi due! Questo non puoi negarlo! Vi ho osservati molto bene durante la cena e, nonostante avessi bevuto almeno quattro bicchieri di vino, ero perfettamente lucida.»

Amanda assottigliò gli occhi, mentre il suo cuore sussultò ancora una volta. «Dì un po', non stai cercando di spingermi tra le braccia di Alessandro... Vero?»

«Non hai forse provato a fare lo stesso con me? Guarda che non sono stupida!»

«Volevo soltanto che si svagasse un po'!»

«E nel frattempo volevi accasarmi con lui.»

Amanda sbuffò. «Okay, okay. Scusami tanto, va bene? Ma ti lamenti sempre del fatto che non trovi nessun ragazzo serio con cui iniziare una frequentazione, e Alessandro mi sembrava perfetto. Tutto qui.»

Monica le sorrise con tenerezza. «Senti, Am, non pensare a me, d'accordo? Io al momento sto benissimo così. E poi... tu e Alessandro avete un rapporto fantastico. E non sarò certo io a rovinarlo.»

«Ma... perché dici così? Tu non rovineresti proprio niente, anzi! Io e lui siamo molto amici... niente di più, te lo posso assicurare. Altrimenti pensi davvero che ti avrei lasciato campo libero qualora avessi provato per lui un interesse di altro tipo?»

Monica si apprestò a ribattere, ma poi ci ripensò. Sembrava volesse dire molto più di quello che le sue parole avevano effettivamente espresso, ma alla fine rispose solo: «D'accordo. Comunque... il vostro dev'essere un rapporto molto profondo. Non pensavo che foste così legati.»

Amanda fece spallucce. «Mah, in realtà ci siamo avvicinati molto da quando è cominciato il tour. E ieri sera mi è sembrato strano... più sfuggente del solito. Poi mi ha spiegato il perché. Praticamente ha rifiutato una succulenta proposta da parte del mio editore soltanto per... soltanto per starmi vicino durante il tour.»

«Caspita! Ammetto che se un ragazzo facesse la stessa cosa per me, be'... gli chiederei immediatamente di sposarlo.»

Amanda sorrise. «E io ti confesso che la cosa mi ha parecchio emozionata.» E anche un po' turbata, aggiunse in sordina la sua coscienza. «Non pensavo che tenesse così tanto alla nostra amicizia.»

«Ma qui non si sta parlando di amicizia», si affrettò a chiarire Monica. «Qui si parla di ma-tri-mo-nio!» cantilenò, con il preciso intento di punzecchiarla.

Amanda la prese sul ridere. «Seh, in un'altra vita!»

«Come come? Non pensi di sposarti, un bel giorno?»

La giovane si lasciò ricadere sul materasso, accompagnando il tutto a un sonoro sospiro. «Non lo so. Io credo fermamente in quel sacramento. Ma non sono sicura che possa capitarmi una simile fortuna. È vero che, ottimisticamente parlando, la vita è lunga, però... per il momento preferisco non pensare troppo al futuro.»

«Mi sembra giusto», concordò Monica. «Comunque, a parte gli scherzi... Il tuo agente mi sembra davvero un bravo ragazzo. Anzi, sei stata proprio tu a dire che è straordinario, no? Quindi... tienitelo stretto.» Le rifilò un'ultima, tenera occhiata, quindi la salutò in fretta e furia e uscì dalla stanza di Amanda per tornare nella sua, così da ultimare i preparativi per l'imminente partenza.

L'altra cominciò a perdersi in un mare di riflessioni. Non poteva non ammettere che la compagnia di Alessandro stava diventando indispensabile, ma figurarselo al suo fianco nelle vesti di fidanzato... Decise di arrestare sul nascere quegli strani pensieri. Avevano entrambi stipulato un contratto lavorativo che stava ormai sfociando in una bellissima amicizia, quindi perché doveva soffermarvisi più del dovuto? Ciononostante, le parole di Monica continuavano a vorticarle nella testa. Aveva davvero guardato Alessandro con altri occhi? Non che potesse negare di non essere rimasta del tutto indifferente alla sua voglia di restarle accanto nonostante la proposta ricevuta. Ma prima della cena...

Dì che ti piace, piuttosto. Ci faresti più bella figura!  

Scosse la testa. Monica doveva aver scambiato la forte ammirazione e l'infinita stima che provava nei suoi confronti per un qualcosa di più intenso, non c'era altra spiegazione. D'altra parte, non poteva comunque negare che l'avesse sempre trovato un ragazzo piacente. I suoi occhi di un verde profondo, quei tratti mascolini ma al contempo delicati, il naso dritto e la fronte ampia, le labbra sottili e dal taglio gentile; senza contare che, nel complesso, tutta la sua persona tradiva un'intelligenza, un'arguzia e una sensibilità non comuni. Con lui si sentiva del tutto libera di esprimere se stessa, di confidarsi o meno sulle sue turbe personali. E lei – adesso più che mai poteva dirlo – gli voleva davvero bene.

Quanto alla sera prima, di un'altra cosa era sicura: non si sentiva per nulla sgravata dal peso della confessione che gli aveva fatto. Quando si era decisa a dirgli di Federico, si era sentita come se le si fosse spezzato un qualcosa dentro, e non riusciva proprio a capirne il perché.

Due leggeri tocchi alla porta la fecero sobbalzare seduta stante. «Amanda! Ci sei?»

Il suo cuore prese a battere più forte. Si alzò dal letto e si apprestò ad aprirgli. Era già vestita di tutto punto, ma per qualche motivo pensò di specchiarsi per un momento per vedere se avesse qualcosa fuori posto. Alzò gli occhi al cielo. Ho una pessima cera, constatò, quindi si avvicinò alla maniglia della porta. La spinse all'ingiù e si ritrovò davanti Alessandro con il suo solito, mezzo sorriso, un'espressione che non sembrava sottintendere alcunché riguardo alla sera prima.

«Buongiorno, Ale», farfugliò, accennando anche lei un sorriso contratto.

«Non mi pare tu sia scesa a fare colazione, giusto? Mi sono un attimo preoccupato e ho deciso di vedere a che punto eri... Sono le nove passate, e tu se non erro—»

«Sì. Sono solita farla alle otto in punto. Soltanto che mi sono trattenuta più del dovuto con Monica, ecco perché non sono ancora scesa di sotto.»

Il volto di Alessandro si fece immediatamente più disteso. «Meglio così. Per un momento ho pensato che...» 

Amanda assunse un'aria interrogativa e lui scosse il capo. 

«Ah, non importa. Ecco a te», disse poi, cacciando fuori una bustina che teneva dietro la schiena. «Sai, stavano andando un po' troppo a ruba.»

«Oddio, mi hai preso un bel cornettazzo all'albicocca?» domandò lei, che al solo pensiero di assaggiarlo aveva già l'acquolina in bocca.

«Proprio quello.»

Gli occhi della giovane si illuminarono. «Grazie, Ale, sei il migliore!» esclamò, quindi prese la bustina di plastica e, d'istinto, gli si fiondò tra le braccia. Alessandro rimase con le mani sospese a mezz'aria per qualche secondo, dopodiché ricambiò l'abbraccio. Soltanto in quel momento, quando la punta delle dita di Alessandro le sfiorarono timidamente la schiena adagiandovisi appena, Amanda si ricordò della discussione avuta con Monica e, dopo che le fu salito un leggero brivido, si scostò di colpo da lui, senza che avesse il coraggio di sostenere il suo sguardo.

«Lieto di saperlo», aveva intanto risposto lui, con un tono di voce che avrebbe suggerito a chiunque che non avesse smesso di sorridere nemmeno per un istante.

A quel punto, la giovane si rilassò. «Ci vediamo tra poco. Okay?»

Alessandro mimò un gesto assimilabile a un sissignore! e si apprestò a richiudere la porta. «Amanda...» farfugliò poi, richiamando la sua attenzione. «Sei sicura che è tutto a posto?»

Amanda ebbe l'impressione che quella domanda ne nascondesse altre mille e, perlomeno sulle prime, la colse piuttosto impreparata. Lo sguardo dell'agente si era fatto ben più serio, un velo di profonda insicurezza aveva ammantato i suoi begli occhi.

«Intendi... tra noi due?» trovò il coraggio di chiedergli lei, seppur con un filo di voce. «Certo che è tutto a posto», rispose dopo qualche istante, ostentando una maggiore convinzione. «Siamo sempre stati una squadra, no?»

Alessandro annuì, ma la sua espressione non mutò, seppur dalle sue labbra fuoriuscì un leggero sospiro. «Volevo soltanto chiederti scusa. Insomma, io... non volevo obbligarti a confidarmi della tua frequentazione. In fondo è la tua vita, e... e io sono solo il tuo agente.»

«Non sei solo questo, o almeno non più. E lo sai bene», sì affrettò a rispondere Amanda, reprimendo l'impulso di afferrargli la mano e stringerla nella sua.

«Non avevo comunque il diritto di intromettermi», obiettò lui. «Spero tanto che tu non ce l'abbia con me. Non sopporterei vederti fingere», le confessò, con un barlume di terrore negli occhi.

«Pensi davvero che possa fingere con te? Dopo tutto quello che abbiamo condiviso?»

Lui arricciò le labbra contratte, che si rilassarono nello stesso momento in cui quelle di Amanda si piegarono in un dolce sorriso. «No. Ma se mai dovessi uscirmene con qualcosa di inappropriato—»

«Prenderò senz'altro dei sonori provvedimenti», lo schernì lei, strappandogli finalmente un sorriso a trentadue denti.

«Dai, ti lascio mangiare in santa pace», disse infine Alessandro, quindi si decise ad accomiatarsi dalla ragazza.

Non appena richiuse la porta, Amanda rimase a fissarla per qualche secondo di troppo. A tratti, sentì che il suo stomaco aveva iniziato a contorcersi sin dal momento in cui Alessandro le aveva rivolto la domanda incriminata. Trasse un lungo sospiro e si avvicinò al comodino, prendendo una bella sorsata d'acqua dalla bottiglietta di plastica che vi era sopra. Per quanto stravedesse per il cornetto all'albicocca, avrebbe aspettato che il suo stomaco, ormai attorcigliato su se stesso, fosse più ben disposto ad accogliere una simile delizia.

 

§

 

La consueta presentazione stava per cominciare, e come al solito Amanda non stava più nella pelle. Questa volta era toccato a un elegante caffè letterario, situato nei pressi del centro storico di Rimini. Per la ragazza era stato davvero un piacere tornare in quella bellissima città – dov'era nato e cresciuto suo nonno paterno. Certo, già le mancava un sacco la sua migliore amica, ma era più che giusto che fosse ripartita per Monferrato per andare a trovare la sua famiglia.

Amanda scrutò con vivo interesse quanto la circondava. Se era vero che uno dei barman – un ragazzo dai folti capelli rossi e una cascata di lentiggini sul viso pallido – le rivolgeva un timido sguardo di tanto in tanto suscitando in lei un vago senso di tenerezza (finalmente non il solito sfacciato! si era detta), dall'altra parte la attiravano parecchio le antiche mura in pietra di cui era composta la stessa struttura, assieme a un bel soffitto a volta e al pavimento dallo stile rustico e non meno raffinato.
Quando il suo sguardo si posò sulla finestra – mentre nel frattempo un cospicuo numero di avventori prendeva posto nei vari tavoli ordinando chi un aperitivo, chi una cioccolata calda e tante altre piccole prelibatezze –, un sorriso ancora più ampio le si dipinse sul volto. Affilò lo sguardo, constatando seduta stante che si trattasse proprio di lui.
Federico se ne stava solo soletto lì fuori, parte del busto sostenuta dal muricciolo che costeggiava il locale, lo sguardo pensieroso, il solito, breve tiro di sigaretta. Pantaloni beige, giacca scura dal taglio leggermente allungato, una pashmina che gli ricopriva parte del collo. Sneakers nere con un paio di strisce bianche ai lati.
Non si poteva certo dire che non avesse buon gusto, osservò Amanda. Di sicuro ci tiene più di me, constatò, mentre lo vide gettar fuori una corposa nuvola di fumo. Quando si mosse, sparì per un momento dal suo campo visivo ricomparendo a tratti, la sigaretta che teneva tra le dita continuava a bruciare. Anche stavolta, ne aveva consumata poco più della metà.
Sparì di nuovo, quindi se lo immaginò mentre gettava quel mozzicone nel secchione per poi entrare nel bar. Cosa che però non avvenne. Trascorsero un paio di minuti; ne passarono altri cinque.

Che strano, pensò Amanda, mentre Alessandro richiamava con un cenno la sua attenzione. «Si comincia tra trenta secondi», le sussurrò nell'orecchio, mentre Amanda annuiva meccanicamente, lo sguardo ancora fisso sulla porta del bar in attesa che Federico vi entrasse.

Poteva essersi sbagliata? Poteva aver avuto le traveggole? Decise di concentrarsi sulla platea che le stava dinanzi e che pendeva – letteralmente – dalle sue labbra. Proprio quando stava per aprir bocca, il flebile cigolio della porta del locale le fece dirottare la testa verso l'entrata. Federico la scrutò di sottecchi, una busta tra le mani e un'andatura composta, mentre svicolava tra i tavolini alla ricerca di un posto libero. Non appena lo trovò, fece un gesto silenzioso al barman, che subito gli si avvicinò riscuotendo la sua ordinazione. Quando i suoi occhi si rituffarono in quelli di Amanda, lei accennò un sorriso e cominciò a presentarsi.

Federico non si perse una sola parola del suo discorso. Aveva ricambiato a malapena il suo sorriso, forse perché non voleva catalizzare troppo l'attenzione su di sé, ma il suo sguardo sembrava dicesse più di mille parole, non era mai stato più limpido come in quel particolare momento. Si vedeva lontano un miglio che moriva dalla voglia di ascoltarla, di bersi tutto d'un colpo la presentazione al pari del suo cocktail al limone, che prese a ingurgitare con gusto e altrettanta ingordigia.
Amanda ricercò più volte il suo sguardo: assieme a quello di Alessandro, lo stesso le trasmetteva una certa sicurezza, pur conservando sempre una certa rigidità nei tratti, a differenza dell'altro che, invece, celava in sé infinita delicatezza e altrettanto conforto. Era concentrato; forse, a momenti, persino estasiato. Nei suoi occhi così penetranti sembrava trasparisse una luce totalmente nuova, un fugace quanto persistente brillio di cui Amanda aveva visto solo qualche sprazzo. Non appena smise di parlare, molti avventori si alzarono persino in piedi, condendo il tutto a uno scrosciante applauso. Il sorriso di Federico – seppur accennato – era un tutto dire: sembrava davvero orgoglioso di lei.

«È stato molto bello tornare ad ascoltarti», le disse infatti, non appena si ritrovarono fuori dal bar dopo essersi scambiati un veloce saluto – la consueta stretta di mano. Come sempre, aveva atteso pazientemente che la ragazza terminasse di autografare le tante copie del suo libro per poi chiederle, tra un breve tiro di sigaretta e l'altro, se avesse piacere di partire con lui. «Avrei il treno tra una mezz'ora... Non so, se per caso ti sei organizzata diversamente—»

«Sta' tranquillo, come vedi ho soltanto un piccolo borsone con me, quindi direi che è perfetto», rispose Amanda.

Federico smorzò la sigaretta sbattendola sul grosso portacenere che gli stava di fianco. «Sarà meglio andare, a questo punto.»

Amanda rimase a bocca aperta. Soltanto in quel momento si accorse che sull'anulare della sua mano destra campeggiava una fedina argentea. Chissà se nasconde un qualche significato, si chiese, mentre presero a incamminarsi verso la stazione, il passo sostenuto accompagnato dalla solita espressione corrucciata di Federico. Non mi sembrava che i primi tempi la portasse, pensò ancora, sbirciandogli la mano con la coda dell'occhio. Certo, magari quell'umile gioiello non rappresentava nulla per lui, ma la folle curiosità che imperversava nel cuore e nella mente della ragazza era sempre difficilmente controllabile, quando si trattava di Federico. Il mistero che fin dall'inizio aveva rapportato alla sua figura non era affatto scomparso, anzi. Ogni volta pareva arricchirsi di nuovi, imperscrutabili particolari, si impreziosiva di un cospicuo numero di dettagli che in ogni caso non riuscivano a intaccare quella smania di conoscere più cose possibili sul suo conto. Tuttavia, non riusciva ancora a comprendere perché, pur trovandolo estremamente affascinante nel suo essere così introverso e affabile al tempo stesso, non le riusciva di percepire la consueta scintilla legata all'attrazione fisica, che di norma avrebbe dovuto spingerla a coltivare delle fantasie molto meno innocenti, se rapportate a una tranquilla passeggiata o a un ordinario appuntamento. Era pur vero che i suoi tempi erano sempre stati un po' diversi rispetto a quelli della sua migliore amica o di altre sue coetanee; perché dentro le si scatenasse quel desiderio doveva esserci quel quid, alias ammirare intensamente un qualche aspetto caratteriale della persona in questione (e solo a quel punto le fatidiche farfalle avrebbero fatto il loro ingresso cominciando a invadere ogni singolo anfratto del suo stomaco), però... che provasse infinito interesse per quell'uomo era ormai cosa certa, quindi un qualcosa doveva pur esserci! D'altronde, già il solo pensiero di non vederlo più scatenava in lei una miriade di sensazioni che non le arrecavano alcun sollievo. Stava bene con lui: per qualche oscura ragione, si sentiva al sicuro in sua presenza, sentiva di potersi davvero fidare. E non riusciva ancora a intuire quale direzione avrebbe preso il loro rapporto. Forse perché il suo ex ragazzo aveva minato tutte le sue certezze. O forse perché negli ultimi tre anni si era talmente chiusa in se stessa da aver persino sigillato il cuore a doppia mandata senza che se ne rendesse conto. Per tanto tempo, niente e nessuno l'aveva più smossa – a eccezione della scrittura. E l'improvvisa comparsa di Federico – come il profondo legame che si stava creando con Alessandro – aveva arrecato in lei un'emozione davvero forte; tanto forte quanto destabilizzante.

«A cosa stai pensando?»

Amanda quasi incespicò sulle sue stesse scarpe. «Stavo per farti la stessa domanda», ammise, stringendosi nelle spalle. «Pensavo al fatto che... sì, insomma, sono contenta che tu sia tornato ad assistere a una mia presentazione.»

Federico si girò a guardarla. «Sei migliorata moltissimo rispetto a quando ti ho vista la prima volta. Non che all'inizio non riuscissi a coinvolgere la platea, ma oggi mi sei sembrata diversa. Molto più disinvolta.»

«Be', è soltanto la forza dell'abitudine. Ma a proposito di prima volta» – quelle due paroline avevano fatto scattare in Amanda un'impellente curiosità e non poteva proprio esonerarsi dal chiederglielo –, «c'è una cosa che mi sono sempre domandata. Quando volevi farti autografare il mio libro... Ecco, quella sera, come nei giorni seguenti, mi sono spesso chiesta perché tu sia sparito di punto in bianco. Mi avevi detto che saresti tornato subito, invece—»

«Avevo scordato il cellulare in macchina», ribatté lui, scostando di colpo lo sguardo. «Quel giorno ero venuto con la mia auto, e solo dopo qualche ora mi sono accorto di non averlo con me. Insomma, capisci che per un medico questo non è cosa da poco. Avrei potuto avere una qualche emergenza—»

«Certo, ti capisco. E... quindi quel giorno avevi effettivamente un'emergenza e sei scappato via, giusto?»

Federico si fermò di scatto; nello stesso momento ad Amanda salì il cuore in gola.

Lui si morse appena le labbra e si guardò intorno, come se stesse cercando una via di fuga. Si lasciò scappare un brevissimo sorriso di circostanza, e quella reazione tanto inaspettata suggerì alla ragazza che fosse in seria difficoltà. «Scusami tanto, non volevo essere indiscreta. Mi è uscita così, io non—»

«Sarebbe più semplice risponderti di sì e tirarmi fuori dall'impaccio. Ma non sarebbe la verità, come forse hai già intuito», sputò fuori lui, un sospiro impercettibile. «La verità è che...» Serrò la mascella. «Ho sentito il bisogno improvviso di stare da solo, e così...» Scrollò le spalle.

«Capita anche a me», gli venne in soccorso Amanda. «Anche se adoro la compagnia, ci sono momenti in cui stare da soli è la scelta migliore. Sia per non appesantire troppo chi mi sta intorno, sia per ritrovare se stessi.»

«Mi dispiace averti lasciata appesa lì», rispose Federico, riprendendo a camminare.

«Be', mi pare che tu ti sia fatto subito perdonare. Ho trovato molto carina l'idea del biglietto.»

«In realtà, non è mai stata mia consuetudine fare cose del genere. Capisco che, perlomeno da un lato, il mio gesto potesse magari apparirti inquietante, ma non sapendo bene come rintracciarti ho pensato che fosse giusto provarci. Chiederti scusa mi sembrava il minino. E devo ammettere che mendicare scuse non è esattamente il mio forte. Nemmeno quando sono proprio io a sbagliare.»

«Quindi sei un tipetto piuttosto orgoglioso», lo schernì Amanda, non riuscendo a trattenere un sorriso.

«Estremamente orgoglioso», sottolineò Federico, annuendo suo malgrado.

«Se la cosa può consolarti, lo sono anch'io. Detesto perdere e detesto ancor di più non avere ragione. Anzi, alcune volte sono assolutamente insopportabile.»

L'altro inarcò un sopracciglio e cacciò fuori una risata non poi così espressiva. «Mi viene difficile crederlo.»

«Prova a frequentarmi un altro po', e vedrai se non ci ritroveremo a discutere furiosamente almeno una volta.»

Lui fece spallucce. «Be', se proprio dovessimo ritrovarci a battibeccare furiosamente almeno una volta, spero proprio che l'intera discussione possa vertere sull'assoluta superiorità della pizza margherita rispetto a quella all'ananas», un accenno di sorriso a condire quella battuta, che quasi fece sbellicare Amanda dalle risate.

«Oddio, hai mangiato la pizza all'ananas?» gli chiese, gli occhi sgranati.

«Concordo, è veramente pessima. Mi è bastato assaggiarla una volta quand'ero giovane per capire che non mi sarei mai azzardato a ripetere un'esperienza così aberrante.»

Questa volta, Amanda non si trattenne e rise di gusto. Restarsene seria di fronte all'espressione tanto nauseata quanto buffa che si era dipinta sul volto di Federico non le sarebbe stato possibile. A primo impatto, non si sarebbe detto che un tipo come lui fosse capace di lasciarsi andare con tanta naturalezza allo scherzo, come pure mettersi a parlare di frivolezze. Dietro al suo sguardo così serio, a tratti integerrimo, si nascondeva un lato decisamente più goliardico che, almeno per alcuni versi, le ricordava tanto il suo.

«Sembra che tu conosca questo posto alla perfezione», osservò Federico, notando che Amanda non tentennava sui propri passi nemmeno per un istante.

«Non ti sbagli, in effetti», gli rispose lei. «Mio nonno paterno è nato proprio qui.»

Federico si limitò ad annuire, mentre Amanda ebbe l'impressione che un pensiero tutt'altro che irrilevante stesse attraversandogli la mente. Quella rughetta che gli si forma in mezzo alla fronte può significare solo quelloArgh, cosa darei per entrare nella sua testa!

«Qualcosa non va?» gli chiese, scrutandolo profondamente.

«Come dici? No, è tutto a posto», tagliò corto lui riscuotendosi dopo qualche istante, senza nascondere l'intransigenza che trapelava dai suoi occhi. Guardò l'orologio e affrettò il passo, del tutto incurante di lasciarsi indietro la ragazza. «Avanti, sbrighiamoci o faremo tardi», esalò, gelido, senza più degnarla di uno sguardo.

Amanda non batté ciglio, quindi si apprestò a seguirlo. Come al solito, non sapeva perché Federico avesse, ancora una volta e tutto d'un tratto, preso d'aceto, ma di una cosa era certa: in quel misterioso uomo coesistevano luci e ombre, e lei non sapeva se un giorno le avrebbe scoperte una per una – tantomeno se ciò le sarebbe convenuto.

Perché se tutto quell'arcano che nascondeva la sua persona l'attraeva come non mai verso di lui, dall'altra parte le scatenava un coacervo di domande e sensazioni talmente disorientanti al punto che, per la prima volta da quando aveva fatto la sua conoscenza, non riuscì a non chiedersi: avrò fatto bene ad accettare il suo invito?

 

N.d.A. Lo so benissimo, non aggiorno questa storia da quasi due mesi e non ci sono scusanti. So soltanto che ultimamente ho perso un po' (un bel po', a dirla tutta) lo smalto con la scrittura, e di sicuro lo studio costante che mi si richiede all'università non aiuta a trovare il giusto tempo, né tantomeno la voglia di scribacchiare in tutta regolarità, e con il consueto entusiasmo che fino a qualche anno fa contraddistingueva il mio spirito durante la stesura dei vari capitoli. Semplicemente mi sono arenata, lasciando che il famigerato "blocco dello scrittore" mi avvolgesse sempre più nella sua spirale di apatia e distruzione. Non sono riuscita a fermarne il corso, e nemmeno ci ho provato più di tanto. Posso solo dire che, pur non essendo costante come un tempo, sono sempre felice quando riesco a pubblicare, quindi... quindi magari questo è già qualcosa, no? In attesa che quell'entusiasmo di cui sempre mi sono fatta portavoce possa tornare a risplendere in toto dentro di me, posso solo augurarmi che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie di cuore, come sempre, a chiunque si sia preso la briga di arrivare sin qui.

Un abbraccio!

Eleonora

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Capitolo 14
*** CAPITOLO XIII – [SECONDA PARTE] ***


CAPITOLO XIII – [SECONDA PARTE​]


 


 

In perfetto silenzio, Amanda e Federico raggiunsero la stazione. Mancavano poco più di dieci minuti alla partenza, un cospicuo numero di passeggeri che si muoveva in lungo e in largo cercando il proprio vagone, fior fior di valigioni che rumoreggiavano sull'asfalto.

«Sta per arrivare», si decise a dire Federico, senza alcuna sfumatura particolare nella voce.

Amanda non sapeva se il suo intervento sarebbe stato o meno gradito, quindi si limitò ad annuire, senza però smettere di osservarlo di sottecchi. I tratti del suo viso non accennavano ad ammorbidirsi, la mano sinistra a giocherellare di continuo con un pacchetto di Chesterfield. Alla ragazza sembrò che si stesse trattenendo non poco dall'estrarre un'altra sigaretta da potersi fumare all'istante, probabilmente per scaricare tutta quella tensione che il suo corpo stava tradendo al pari del suo volto, di quelle labbra sempre più contratte che, pur gentili nella forma, assumevano contorni dal taglio sempre più enigmatico.

«Tu sei sicuro che sia un buon momento per... Sì, insomma, sei sicuro di non voler rimandare l'appuntamento?» Le costò uno sforzo enorme pronunciare quelle parole, come coinvolgere gli occhi in quelli – imperscrutabili – di lui.

«Hai cambiato idea?» le chiese di rimando Federico.

Proprio in quel momento, il treno giunse a destinazione e si apprestò a fermarsi davanti a loro e alla miriade di persone che l'aspettavano. Ad Amanda mancò la terra sotto ai piedi, mentre nella sua testa stava disperatamente cercando una risposta da dargli, possibilmente senza irritarlo.

«Avanti, sali pure», riprese lui, addolcendo per un momento lo sguardo. «Anche perché avrei una cosa da darti.»

La ragazza si riscosse e, anche questa volta, non riuscì a non fidarsi del proprio istinto. In quegli occhi verdi vi lesse una sincera speranza. Senza fiatare, montò sul treno, Federico al seguito, quindi presero posto nel vagone che era stato loro assegnato. Con aria impacciata, l'uomo le porse quella bustina che aveva tenuto per tutto il tempo tra le mani sin da quando era arrivato per assistere alla sua presentazione. «Tieni, è per te», le disse, poco convinto.

Amanda trasalì. Non appena vi sbirciò dentro, rialzò la testa, scioccata. «Un regalo per me?» domandò, a mezza voce.

Lui scrollò le spalle. «Mi sono giusto permesso di facilitarti il reperimento di quei volumi. Non è niente di eccezionale», le disse, sfregandosi la tempia destra con l'indice.

Amanda capì al volo. «Non dirmi che...» Con aria eccitata, estrasse il grosso pacco-regalo completo di coccarda e si apprestò ad aprirlo, le mani che le tremavano leggermente. Lo sguardo inquisitorio di Federico aveva lasciato spazio a un'espressione che lei, perlomeno sulle prime, non riuscì a decifrare. Sembrava un miscuglio di tenerezza e curiosità, timore e altrettanta aspettativa. E chissà cos'altro.

Non appena vide Proust in copertina, il suo cuore sussultò. «Oddio, ma sono tutti e sette i volumi!» esclamò, completamente rapita. La copertina rigida, le pagine così sottili e quel piacevole rumore che le stesse producevano nell'essere sfogliate... Questi piccoli dettagli la mandarono in estasi. «Ma... ma dove l'hai preso, si può sapere?»

«Mmh... Forse in libreria?» ribatté lui retoricamente, lasciando appena intravedere il suo sorriso.

«Non credevo ne avessero fatto un'edizione così nuova.»

«Nemmeno io pensavo di trovarlo, a dire il vero. Stavo cercando un saggio di Sacks¹, quando mi sono imbattuto in questo librone gigantesco.»

«È bellissimo», disse Amanda, come ipnotizzata. Non riusciva proprio a smettere di guardare quella sorta di volume enciclopedico, scrutandone con meraviglia ogni singolo dettaglio.

«Il tuo amore per i libri è veramente sconfinato», commentò Federico. «Non credo di aver mai visto gli occhi di qualcuno illuminarsi così per qualcosa del genere.»

«Questo qualcosa del genere è la mia passione, però. Tutto qui», rispose lei, lo sguardo scintillante.

Lui sorrise. «Lo so. Non parlavo in negativo della cosa, sia chiaro. Non mi permetterei mai. Dico solo che, molto spesso, l'amore per la cultura è un optional. Anche a me piace molto leggere, ma di tempo a disposizione non ne ho molto, come immaginerai. Senza contare che la mia vita è cambiata un po' improvvisamente, e quindi...» Anche stavolta, Federico si fermò di colpo. «Scusami, non farci caso», riprese, tentando di correggere il tiro. «Spero di averti fatto cosa gradita». Con un cenno del capo indicò il librone.

«Ti ringrazio di vero cuore. Per me non c'è regalo migliore che ricevere un buon libro – in questo caso dei buoni libri – da leggere durante queste fredde giornate d'inverno, magari davanti al caminetto.»

Federico annuì. «Non c'è di che. Ma dimmi... davvero non ci sarebbe nient'altro che desideri di più? Cioè... c'è un qualche cosa che vorresti con tutta te stessa che si realizzasse?»

Amanda smise di colpo di accarezzare la copertina del libro. «Perché me lo chiedi?» gli domandò, quasi sulla difensiva.

«Non saprei, pura e semplice curiosità, suppongo. Ma stai tranquilla, non devi rispondermi per forza. Non sono il tipo che se la prende per così poco», le disse, rassicurandola con un velato accenno di sorriso.

Amanda spostò lo sguardo verso il finestrino. Per un paio di minuti, regnò il silenzio più totale, il sordo procedere del treno a fare da sfondo. «Sai cosa vorrei?» gli disse dopo un po', gli occhi lucidi ma ancora rivolti al vetro. «Sarebbe da stupidi desiderare che la propria mamma possa tornare in vita, come sperare di vedere un padre assistere alla presentazione letteraria di una figlia a caso che per tanti anni non ha aspettato – né aspetta – altro che di essere considerata da lui. Di essere amata da lui. Sì, lo so che è da stupidi. Ma è esattamente quello che vorrei.»

La ragazza rimase sconcertata dalle sue stesse parole. Non sapeva neanche lei perché le avesse pronunciate, tra l'altro senza nemmeno pensarci troppo. «Scusami tanto, io...» Ricacciò indietro le lacrime e lo pregò di non far caso a quanto aveva appena detto.

Federico scosse la testa. «Non devi scusarti di nulla. Anzi, forse sono io che devo farlo. Mi... mi dispiace molto per la tua perdita, Amanda. So bene cosa si prova, te lo posso assicurare.»

«Ancora non mi sembra vero di averlo detto a voce alta. Fatico così tanto ad accettarlo, che... che molto spesso cerco persino di fingere che non sia successo davvero. Anche... anche tu l'hai persa?»

«Sì», borbottò lui. «Qualche anno fa.» D'istinto, le si avvicinò e, avvolgendo con garbo la mano della giovane nella propria, ne sfiorò appena il dorso. «Sono davvero dispiaciuto, credimi. Anche per la questione di... di tuo padre», esalò, non riuscendo più di tanto a sostenere il suo sguardo contrito. «Ma non devi parlarmene adesso, okay? Non devi farlo, se non te la senti. Parliamo d'altro, d'accordo?»

Amanda si lasciò confortare da quel tocco così impercettibile e, al tempo stesso, così saldo e gentile. Ebbe appena il tempo di accorgersi della ruvidezza delle sue mani – al contrario delle sue unghie corte e ben curate – e della consistenza di quell'anellino argenteo che indossava, che Federico si riaccomodò al proprio posto, le braccia conserte e una tensione profonda, ben palpabile, che circondava tutta la sua persona.
Si era fatto nuovamente rigido, e non soltanto per la postura che aveva assunto. La schiena dritta, le labbra deformate in un ghigno assolutamente indecifrabile. Il piede sinistro che, a intervalli regolari, batteva sul pavimento, gli occhi che saettavano da un punto all'altro. Quell'improvviso moto di premura nei suoi confronti doveva, forse, avergli fatto ricordare un qualche evento del suo passato – sicuramente spiacevole.

«D'accordo», rispose Amanda con un sussurro – proprio in quel momento, Federico riallacciò lo sguardo a quello di lei, forzando un sorriso.

«Mi puoi scusare un attimo?» le chiese, alzandosi in piedi senza attendere risposta.

«Certo», concesse Amanda, tornando a stringere il libro che aveva ricevuto. Dopo quel breve, inatteso scambio che c'era stato tra loro, il conforto di quel dono era tutto ciò che le rimaneva. Ma voleva concedergli il giusto spazio, come lui, forse, stava facendo con lei.

«Torno subito», le assicurò, quindi si allontanò; probabilmente raggiunse i servizi.

Amanda lasciò ricadere la testa sul sedile, gli occhi che le bruciavano. Non aveva tempo di piangere sul latte versato, pensò di sfuggita, mentre con lo sguardo tornava ad accarezzare la copertina di quel nuovo malloppone che teneva fra le mani. «È stato un gesto davvero carino, il suo», bisbigliò, il grande vuoto che aveva dentro stava lasciando spazio, a poco a poco, a qualcos'altro. Non si può tornare indietro, si disse ancora. E non puoi addossarti tutta la colpa. Sospirò.

«Come va?»

Amanda si riscosse dai propri pensieri. Federico era tornato prima del previsto, l'aria visibilmente preoccupata.

«Molto meglio, davvero. È stato solo un momento di debolezza.»

«Tutti ne abbiamo. Ma di tanto in tanto dobbiamo pure avere il coraggio di far entrare almeno qualche raggio di sole nella nostra vita. Non credi?»

«Questa frase non mi sembra da te», lo punzecchiò Amanda, concedendogli un breve sorriso.

«In effetti lo diceva sempre mia nonna, non è farina del mio sacco.»

«Davvero?»

«Davvero», confermò lui.

«Ma dimmi un po'... alla fine hai trovato il saggio che cercavi?» gli chiese Amanda, cercando di riportare la conversazione su argomenti decisamente più leggeri.

«Per fortuna sì. Ho acquistato L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello. Spero di iniziarlo a breve.»

«Non ho mai letto nulla di Sacks, ma i suoi libri devono essere molto interessanti.»

«Lo sono», confermò lui. «Tra l'altro è stato un famoso neurologo, quindi capisci che sono un pochino di parte.»

Amanda stirò le labbra in un sorriso. «Deformazione professionale, quindi.»

Lui ridacchiò. «Proprio così. Comunque, da qualche parte ho letto che sei laureata in Architettura. Come mai questa scelta?»

«Mi piaceva l'idea di progettare un qualcosa che potessi considerare soltanto mio. Un po' come quando mi dedico alla progettazione di un romanzo. Certo, ho dovuto scontrarmi anche con la Fisica e la Matematica – materie che non mi sono mai state troppo simpatiche –, ma al di là di tutto non ho mai pensato di arrendermi senza lottare. Anche oggi, rifarei probabilmente la stessa scelta. Ho sempre pensato alla letteratura come a un interesse che è possibile coltivare in ogni momento della propria vita, più o meno approfonditamente. Non ho mai avuto l'esigenza di prendere Lettere o simili, all'università.»

«Lo stesso è valso per me. Molte persone – familiari compresi – hanno scoraggiato il mio proposito di fare il medico, tanto che spesso mi consigliavano di puntare su altro. Ma non avevano fatto i conti con la mia sconfinata determinazione», sottolineò con orgoglio Federico. «L'idea di poter studiare un sistema complesso come il cervello umano mi affascinava tantissimo. E ancora adesso riesco a provare quel brivido che mi fa sentire vivo e che, al tempo stesso, tiene viva quella speranza di riuscire a progettare delle cure sempre più all'avanguardia.»

Amanda non poté non rimanere ipnotizzata da quegli occhi. Quegli occhi dai quali trasparivano una sincera – e smisurata – passione. Aveva sempre ammirato quel genere di persona. Avere in mente un unico obiettivo o una motivazione forte necessari al raggiungimento di un qualcosa non era una caratteristica poi così scontata, dato che in molti – troppi – preferivano di fatto accontentarsi, adattandosi ai ritmi di una vita piatta e monotona che, alla lunga, avrebbe spento qualsiasi tipo di scintilla.

«I tuoi genitori devono essere stati molto fieri di te, non appena hai conseguito il titolo.»

«Lo sono stati, sì. Anche se mi sarebbe tanto piaciuto condividere quel traguardo con una persona alla quale dare tutto me stesso.»

«Ti riferisci a quella donna?» domandò Amanda, in un sussurro appena udibile.

Federico le lanciò un sorriso obliquo. «L'ho amata moltissimo. Anche se... anche se per lei non è stato che un gioco.»

«Sapevi già che era impegnata, quando—»

«No. Ma ti confesso che, seppure lo avessi saputo, non credo avrei desistito. Sono un uomo molto leale, ma quando una passione mi scoppia dentro all'improvviso, be'... spesso fatico a controllarmi. Con questo non voglio dire di essere un tipo che si lascia andare tanto facilmente, anzi. Dopo di lei, non mi sono più innamorato in quel modo così... così travolgente. Negli ultimi anni ho imparato a gestire determinate emozioni, ma quando ripenso a quella donna... In realtà non riesco a decifrare del tutto quello che provo. Una parte di me ce l'ha a morte con lei, ma l'altra parte...»

«Non riesce a disprezzarla», completò Amanda.

«È stata molto importante, sì. Ma poi, in un modo o nell'altro, ho deciso di lasciarmi tutto alle spalle e dedicarmi completamente alla mia professione. Ed è stato in quel momento che ho trovato il senso della mia vita.»

«È bellissimo quello che hai detto.»

«Per me il Giuramento di Ippocrate è sacro. In tanti la considerano una formuletta banale, una pura e semplice formalità. Ma da quando ho cominciato a esercitare, ne ho compreso davvero il significato. Quel Giuramento, a tratti, mi sembra quasi una poesia.» Si lasciò sfuggire un sorriso. Un sorriso vero, questa volta. Dovevano essere piuttosto rari i momenti in cui vi si abbandonava.

«Non dubito che i tuoi pazienti siano molto fortunati.»

«Ma non sarei nessuno senza la mia équipe. Ognuno – a proprio modo, certo – cerca sempre di contribuire e di dare il massimo.»

«È stato difficile ambientarti in un nuovo ospedale dopo il trasferimento da San Diego?»

«Non così tanto. C'era molto lavoro da fare, il Reparto di Neurologia è stato del tutto rimesso a nuovo soltanto grazie ai numerosi sforzi dei colleghi più giovani. Ho imparato molto da loro.»

«Anche loro avranno imparato molto da te. Insomma, con la tua esperienza sul campo...»

«A volte l'esperienza non basta a curare le peggiori malattie, ma diciamo di sì. Sono bravi ragazzi, sempre ben disposti alla formazione continua.»

«Ripensi mai a... a quello che hai lasciato a San Diego?»

Federico non rispose subito, stava chiaramente soppesando quelle parole. «Molto di rado, perché di fatto il mio posto è a Torino.»

Amanda annuì. La sua risposta così risoluta non ammetteva repliche di sorta. La conversazione morì in quel momento, il tenue rumore del treno che procedeva, spedito, verso la meta. Se da una parte la ragazza non sapeva cos'aspettarsi, la parte più profonda del suo essere continuava a chiedersi cosa l'avesse mai spinta a confidarsi con quell'uomo su un argomento tanto delicato come la sua famiglia.

 

§

 

Non appena scesero nella stazione di Torino Porta Nuova, Federico e Amanda presero una viuzza che in pochi minuti li condusse al cospetto di una bella moto grigia metallizzata che la ragazza riconobbe immediatamente. Senza tanti preamboli, l'uomo estrasse un mazzo di chiavi dalla giacca e aprì il piccolo portabagagli posteriore. Vi estrasse un casco rosso fiammante e lo porse ad Amanda.

«Dai, monta su.»

«Che?» replicò lei, esterrefatta.

«Non pensavo che un viaggetto in moto ti spaventasse così tanto», la canzonò lui, non riuscendo a trattenere un sorriso divertito.

«Non è che mi spaventa, è che... mi hai colta di sorpresa, tutto qui. E poi... con questo borsone che ci faccio?» gli chiese, maledicendosi mentalmente per averlo portato con sé.

«Come non detto. Vorrà dire che ti riaccompagnerò alla stazione più tardi, dopo la visione del film.»

«Mi dispiace, io non pensavo che—»

«Ma figurati», la rassicurò lui. «Anzi, avrei dovuto pensarci io non appena ti ho chiesto di prendere il treno insieme. Già che ci sei, dallo pure a me.» Allungò il braccio e glielo sfilò di mano.

Amanda lo ringraziò e lo seguì, il cuore in subbuglio. Ormai non mancava molto alla visione di quel film: sperava soltanto che, almeno stavolta, sarebbe riuscita a controllarsi.

 

L'appartamento di Federico era al secondo piano, all'interno di un complesso residenziale piuttosto distinto. Quando Amanda fece il suo ingresso nel soggiorno, catturò in un solo sguardo quanto la circondava, meravigliata e incuriosita al tempo stesso. Il pavimento in parquet, perfettamente tirato a lucido, le quattro pareti intrise di quadri e ritratti di ogni genere, una grande scrivania popolata da pile di scartoffie disposte ordinatamente ai lati della stessa. Un divano angolare in pelle bianca posto al centro della stanza, accompagnato da una manciata di cuscini. Volgendo gli occhi alla sua destra, trovò ad attenderla una corposa raccolta di libri inerenti ai più svariati argomenti – mitologia greca compresa. La ragazza, manco a dirlo, ne rimase veramente affascinata. 

«Questa è il mio piccolo gioiello», le disse lui, riferendosi proprio alla libreria.

«Dovevi immaginare che sarei rimasta a fissarla più del dovuto», rispose Amanda, non resistendo alla tentazione di passare le dita su una pila di romanzi dalla copertina semi rigida.

«Spero ti piaccia anche la cucina, a questo punto. O ti sei scordata che devi insegnarmi a fare i pop-corn?»

«Non potrei mai. Allora forza, mettiamoci al lavoro!»

E in un lampo si diressero in cucina.

 

Federico l'aveva guardata trafficare con i vari utensili per tutto il tempo. Non un momento di distrazione, nessuna occhiata o commento di troppo. Amanda non si era per nulla sentita a disagio, tantomeno infastidita dal fatto che lui avesse ammirato ogni sua mossa, seguendola alla stregua di un segugio. I pop-corn avevano assunto, a preparazione ultimata, un aspetto a dir poco invitante: croccanti al punto giusto, dallo spessore e dalla colorazione perfetta. La giovane si stupì di se stessa. Si aspettava che avrebbe combinato un qualche disastro o che, perlomeno, potesse andare storto qualcosa. Essere al centro dell'attenzione non faceva per lei, e le era parso che Federico attribuisse alla sua presenza un'importanza vitale. Sembrava felice di averla intorno, affascinato come nessuno. E non lo si capiva soltanto dagli sguardi che lanciava di tanto in tanto a quella pentola ricolma di pop-corn. Quei movimenti bruschi cui la ragazza era stata testimone prima del viaggio in treno, erano ormai un lontano ricordo.

«Ammetto che non vedo l'ora di assaggiarli», le disse, mentre estraeva il DVD incriminato da un piccolo mobiletto situato al di sotto del televisore. «Sembrano buonissimi.»

Amanda pregò con tutta se stessa di non perdere l'appetito. «Infatti lo sono», confermò, avendone già arraffato qualcuno.

Federico le andò incontro, l'acquolina in bocca. «Posso?» le chiese, prima di immergere la mano dentro la ciotola di plastica.

«Prego», gli rispose, piena di aspettativa.

Lui ne afferrò una manciata e se li portò in bocca. «Sono i pop-corn più buoni che abbia mai mangiato», constatò, impressionato. «Non pensavo fossi così brava a prepararli.»

«Quando la smetterai di sottovalutarmi?» lo prese in giro lei, visibilmente soddisfatta del risultato.

«Non l'ho mai fatto», rispose lui, con tutta la serietà di cui fu capace.

«Devo forse ricordarti di quella volta in cui mi hai detto che non ti aspettavi fossi una patita di rock progressivo?»

«Ma in quel caso il mio iniziale scetticismo era per via della tua giovane età, non di certo per altri motivi!»

«Come no, usate tutti la scusa dell'età!»

Federico scosse la testa sorridendo. «Dai, prendi pure posto sul divano.»

Amanda obbedì, mentre lui la raggiunse poco dopo. «Allora... sei pronta?»

La ragazza fece un profondo respiro. «Una volta...» esordì, sperando di non pentirsene, «Ecco...» Scosse la testa. «Tantissime volte ho pregato papà di guardare questo film insieme. Lui non mi ha mai accontentata. Questo è il motivo per il quale mi sono rifiutata di vederlo per tanti anni.»

Federico abbassò la testa, l'aria smarrita. Sembrava non sapesse cosa dire. «E... sei sicura che sia giusto vederlo ora?» le chiese poi, con palpabile indecisione.

«In tutta sincerità no. È stato per questo che non ho detto subito di sì al tuo invito. Ma adesso... sento che è il momento di affrontare la cosa.»

«D'accordo. Allora procediamo. Vedrai, ti piacerà molto.»

Amanda cercò di rilassarsi e si comandò di spegnere il cervello almeno per un paio d'ore. S'impose persino di sorridere: il tono di voce di Federico era stato così rassicurante, che la ragazza aveva subito pensato che forse, tutto sommato, non avesse fatto male a confidarsi, almeno in parte, con lui.

Durante la visione di quel film, furono davvero tanti i momenti commoventi e pregni di significato che impressionarono Amanda al punto tale da estraniarsi quasi del tutto dalla realtà. Per sua fortuna, era riuscita a dominarsi e a non farsi salire troppo il magone nell'istante in cui il signor Scrooge aveva deciso di cambiare la propria vita.

«È stato bellissimo», gli aveva detto Amanda durante la visione dei titoli di coda.

Federico aveva sorriso. «Speravo lo dicessi. Avrò visto questo film almeno una dozzina di volte, tra i grandi classici è il mio preferito. Soprattutto perché si fa portavoce di un grande messaggio di speranza. Tutti quanti commettiamo degli errori più o meno grandi, ma possiamo cercare comunque di trarre del buono da quello che, perlomeno in apparenza, ci sembra in tutto e per tutto negativo.»

«È quello che hai fatto tu?» gli chiese Amanda, profondamente colpita da quelle parole.

Lui annuì appena. «Non ci sono sempre riuscito, in realtà. E adesso più che mai vorrei cercare di dare un senso a tante di quelle cose... Cose che sono successe nella mia vita, ma...» Scrollò le spalle. «Non è così facile», concluse.

«Per me è lo stesso. Ma forse affannarsi non serve a niente. Bisogna solo vivere.»

«Su questo hai ragione.»

«Una cosa voglio dirla, però: non mi pento di nulla. Magari avrei potuto gestire meglio certe situazioni. Quello sì. Ma non mi sono mai azzardato a rinnegare il mio passato. Si dice che il dolore ci renda più forti. Non ci credo del tutto, però...» D'improvviso, si batté il palmo della mano su una coscia e si rialzò, di scatto, dal divano. «Allora... vieni o no a fare un giro? Poi torniamo qua, prendiamo il tuo bagaglio e ti riaccompagno in stazione.»

«Ci sto», rispose Amanda, che nella testa non riusciva a non chiedersi a cosa stesse pensando Federico nello specifico. Ci penserai più tardi, adesso goditi il momento e basta! si ammonì, pregustando il giretto in moto che Federico le avrebbe fatto fare.

L'uomo estrasse il fatidico mazzo di chiavi dalla tasca e si avviarono verso il portone. Costeggiarono un vialetto e raggiunsero un affollato parcheggio. Amanda non era mai salita su una moto, e per la prima volta si ritrovò a chiedersi se le sarebbe piaciuto o se, magari, si sarebbe spaventata a morte. Federico le porse il casco e lei lo indossò, eccitata e intimorita allo stesso tempo.

«Mettiti comoda e stringiti a me», le disse lui, mentre si apprestava a inserire la chiave nel quadro.

Amanda sperò con tutta se stessa di non arrossire troppo per quella richiesta. Menomale che indosso il casco, pensò. Sapeva che nelle parole di lui, in ogni caso, non si celava alcuna malizia. Sembrava davvero impaziente di farle provare il brivido di una piccola corsetta su quel veicolo. La ragazza allungò le esili braccia e le avvolse, con delicata fermezza, intorno al busto di Federico. Okay, è fatta, si disse. E adesso goditi il viaggio.

Non appena Federico mise in moto e partirono alla volta di chissà dove, ad Amanda sfuggì un sorriso. Era una bella sensazione. Il vento che le sferzava parzialmente il viso, il leggero senso di calore che emanava il corpo di Federico, l'adrenalina che cresceva di minuto in minuto.

Avrebbe urlato a squarciagola per la felicità. I vicoli, i vari monumenti, la storica Piazza Carigagno e tante, tantissime persone che si dirigevano a destra e a manca mentre Federico sfrecciava con la sua moto senza mostrare neanche un filo di insicurezza.
E Amanda si sentiva, per la prima volta dopo tanto tempo, così viva ed emozionata che, se solo fosse dipeso da lei, non sarebbe mai più scesa da quella moto.

«Come va lì dietro?» le chiese lui a un certo punto, mentre svoltava verso sinistra.

«A meraviglia!» gridò lei, sempre più in estasi.

Quando il piccolo viaggio terminò, Amanda riuscì, a stento, a contenere l'entusiasmo. «Non ero mai salita su una moto prima d'ora. Mi sono divertita tantissimo», gli confessò, mentre si avviarono ancora una volta verso il portone di casa.

«Ne sono contento. Vorrà dire che faremo tanti altri giri insieme... se lo vorrai, ovvio.»

«Ovvio che sì!» esclamò lei.

Non appena riprese il suo bagaglio, si avviarono a piedi verso la stazione e conversarono ancora un po'. Questa volta, gli argomenti furono decisamente più leggeri: si misero persino a parlare del tempo.

«Ti ringrazio tanto per avermi accompagnata. Anzi, grazie di tutto.»

«Non mi devi ringraziare. È stato un piacere, lo sai. E... sono stato benissimo», le disse lui, lo sguardo sfuggente ed espressivo al tempo stesso.

Il treno arrivò in perfetto orario, proprio nel momento dei saluti. «Allora... ci vediamo alla prossima», gli disse lei, ostentando un sincero sorriso.

«A presto, Amanda.»

La ragazza riprese il proprio bagaglio da terra e si preparò a salire sul treno quando, del tutto all'improvviso, fu colta da uno strano impulso.

«Federico?»

Lui si era già voltato per andarsene e, perlomeno sulle prime, non sembrò accorgersi del fatto che la giovane l'avesse richiamato.

Dopo qualche istante, si fermò. «Dimmi pure.»

Amanda rigettò il borsone a terra e, in un impeto di coraggio frammisto a follia, gli corse incontro e gli diede un abbraccio. Federico, con sua grande sorpresa, lo ricambiò seduta stante. Rimasero così, perfettamente immobili per un tempo che nemmeno loro seppero quantificare.

Amanda, dal canto proprio, non avrebbe mai più dimenticato la miriade di sensazioni scatenatesi dentro di lei durante quel tenero abbraccio.


¹Oliver Sacks (1933 - 2015): neurologo e scrittore britannico.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO XIV ***


CAPITOLO XIV


 



«E in tutto ciò, non vi siete scambiati nemmeno un bacio?»

«Sarò sincera, io personalmente non ho sentito il bisogno di baciarlo. E forse, a dirla tutta... nemmeno lui», sentenziò Amanda, scrollando le spalle.

«E la cosa non ti disturba?» le chiese Monica dall'altro capo della linea.

«Perché dovrebbe? Ci stiamo ancora conoscendo, e—»

«Am, ascoltami. Ti sei guardata allo specchio? Sei una bellissima ragazza. Trovo impossibile che quell'uomo non sia attratto da te!»

«Che ti devo dire, magari gli è venuta l'ansia da prestazione», la schernì Amanda, lasciandosi sfuggire un risolino.

«A cinquanta e più anni? Sbaglio, o mi avevi detto che più o meno ha l'età di tuo padre? Fa' un po' meno la spiritosa e, piuttosto, dimmi cosa vi siete detti! Ah, comunque... ti confesso che una parte di me vorrebbe tanto sapere come ci si sente a uscire con un uomo tanto più vecchio. Chissà, magari questi bellimbusti potrebbero cominciare ad affascinarmi sul serio.»

Amanda alzò gli occhi al cielo. «Potresti mettere da parte il tuo solito sarcasmo, per piacere?» la pregò, scuotendo la testa.

«E tu sapresti dirmi perché continui a uscire con quel tale

«Ebbene... No. A questo non so risponderti, purtroppo. Ma una cosa la so: quell'abbraccio che ci siamo scambiati è stato bellissimo. È stato come se... come se non fosse stato il primo, capisci? In un certo senso, mi è sembrato che ci conoscessimo da sempre.»

«E questo non ti dice niente?»

«Non ho provato imbarazzo, se è questo che stai insinuando. Mi sono emozionata, questo sì. Ma è stato un gesto talmente naturale, così spontaneo, che... che lo rifarei almeno altre mille volte.»

«Okay. Ma lui? Come ha reagito lui

«All'inizio era un po' sorpreso e si è un pochino irrigidito, ma comunque è stato solo un momento. Ha ricambiato quasi subito, e... e mi ha tenuta stretta a lui per un po'.»

«Un po' quanto?»

Amanda aggrottò la fronte. «Be'... non saprei dirlo con esattezza. Forse almeno per mezzo minuto. Ho perduto la cognizione del tempo, in quel momento. Credo anche lui, a dirla tutta.»

«Ma non ne sei innamorata», sottolineò Monica, l'aria sardonica.

«Sai, a dire il vero... quell'abbraccio mi ha riportato indietro nel tempo. A quando papà non perdeva occasione per abbracciarmi e coccolarmi alla stregua di una bambinetta che tiene sempre con sé il proprio peluche preferito. Mi sono sentita leggera come una piuma. Come avvolta in una bolla. Ho percepito una strana energia, se così si può dire. In quel preciso momento, era come se avessi smesso di fare a pugni col mondo.»

«Quindi è stato piacevole. Anzi, ben più che piacevole. E dopo? Cosa ti ha detto?»

«In realtà nulla. Ci siamo scambiati un ultimo sorriso e siamo andati ognuno per la sua strada.»

Monica se ne restò in silenzio per un momento, tant'è che Amanda pensò che fosse caduta la linea.

«Ci sono, ci sono», la rassicurò lei. «Stavo riflettendo un attimino, tutto qua. Senti, Am... davvero non ha tentato di baciarti? Non c'è stato un momento, che so, in cui lui ti si è avvicinato e—»

«Ti ho detto di no!» reclamò l'altra, sbuffando appena.

«Te lo dico francamente, questa cosa non mi convince. E se fosse già sposato? Magari si sta prendendo gioco di te e, prima di arrivare a fare qualsiasi cosa, vuole essere sicuro che tu ci stia.»

Amanda spalancò la bocca. «Ti rendi conto della stronzata che hai appena detto?»

«E perché mai? Di uomini bugiardi ne è pieno il mondo. Basti pensare a tutti i miei ex.»

«I tuoi ex non rappresentano la totalità del mondo maschile.»

«Ma devi ammettere che i tipi così vanno per la maggiore.»

Amanda si fiondò sulla poltrona del salotto di casa sua. «Trovi così incredibile che un uomo non possa – o non voglia – andare subito al dunque, sempre ammesso che siano queste le sue intenzioni?»

«Questo no. Ma trovo molto strano che il tuo Federico si faccia così tanti viaggi in treno per assistere alle tue presentazioni, quindi uscire con te per un paio d'ore per poi tornarsene bel bello dalla passeggiata a casa sua senza averti sfiorata nemmeno per sbaglio

«Cos'è, ultimamente ti stai rileggendo I Promessi Sposi

«Ah-ah. Molto divertente. E comunque, tanto per la cronaca, non ho mai letto I Promessi Sposi

«E hai fatto male», la redarguì bonariamente Amanda.

«Il buon Manzoni non si rivolterà certo nella tomba, se è questo che temi. Mi è bastato sbirciare qualche riga inerente a quel cuor di leone di Don Abbondio per decidere seduta stante che ne avevo abbastanza.»

Amanda sorrise. «Lui sicuramente no. Ma potrei farlo io qualora tu, mia cara, continuassi a dire cavolate. E, purtroppo per te, lo farei da viva.»

«Ho soltanto paura che tu ci stia male», si difese lei. «Tutto qui. Anche se non provi ancora niente per Federico, la scintilla potrebbe scattare da un momento all'altro. D'altronde, avete parecchie cose in comune, no?»

«Questo sì. Sull'altra questione, non saprei dirti. Quando lo vedo sono molto felice, è vero. E sento di potermi fidare. Gli ho persino confidato che il rapporto con mio padre è praticamente inesistente.»

«Ah, be'! Ma allora questo spiega tutto!»

«In che senso?» le chiese Amanda, sempre più confusa.

«Come potrebbe farsi avanti con te se inconsciamente l'hai indotto a pensare che l'oggetto del suo desiderio sia affetto dal Complesso di Elettra

Amanda arricciò le labbra. «Punto numero uno, io non sono un oggetto. Punto numero due, non ho niente a che fare con Freud

«Su questo non c'è dubbio. Però due domandine se le sarà fatte, no?»

«Pensi che anch'io non me ne faccia qualcuna?»

«Siamo arrivati al dunque, finalmente! Allora dimmi... che idea ti sei fatta di lui?»

Amanda ci pensò su. «Federico è un uomo tanto riservato quanto misterioso. E piuttosto silenzioso, in alcuni momenti. Ma al tempo stesso non è così introverso, quando ci si mette sa essere molto simpatico. Insomma, non è un tipo facilmente inquadrabile, però ci sto bene in sua compagnia.»

«Dev'essere lo stesso per lui. Ma forse si sente in difetto per via dell'età e non riesce a farsi avanti.»

«O magari vuole soltanto stringere amicizia.»

Monica schioccò la lingua. «Lo pensi sul serio? No, gli uomini non sono interessati a fare amicizia. Loro vogliono ben altro.»

Amanda sospirò. «D'accordo, signorina so-tutto-io. Mi sta tastando il polso. Sei contenta?»

L'altra rise. «Per adesso me la faccio bastare. Con Ale, invece? Come procede?»

«Tutto come sempre. Perché me lo chiedi?»

«Così. Non ti ha detto più nulla di quella ragazza? Sai, quella per cui si è preso una sbandata.»

«No. In realtà è stato piuttosto taciturno, negli ultimi giorni.»

«Mmh, capisco. Non dev'essere facile per lui.»

«Di sicuro no. Magari gli passerà, però.»

«Magari, sì. Scusami tanto, ma adesso devo andare. Ormai mancano solo due settimane a Natale, e devo cominciare a fare acquisti o mi ridurrò all'ultimo come sempre.»

«Allora buono shopping!» esclamò l'altra prima di riagganciare, cercando di non lasciarsi trasportare troppo dalla malinconia. Era ormai da un paio d'anni che non doveva più occuparsi di comprare dei regali ai suoi familiari – a dirla tutta, per l'occasione acquistava qualcosa soltanto per sua madre. Nonostante il papà l'avesse invitata per Natale a casa di Grazia per festeggiare tutti insieme, lei non se l'era mai sentita di far parte di quell'allegra tavolata. Aveva di gran lunga preferito trascorrerlo con i suoi zii materni, malgrado entrambe le volte si fosse sentita morire dentro.

E quest'anno? Con chi avrebbe passato il Natale? Sua zia sarebbe partita per la Norvegia e non le aveva offerto di unirsi a lei. Avrebbe dovuto accettare la proposta di suo padre?

Chiuse gli occhi e trasse un lungo respiro. In barba al fatto che Natale fosse alle porte, non era ancora giunto il momento di pensarci.


 

Solitamente, ogni volta che se ne tornava a Monferrato, ad Amanda piaceva tantissimo passeggiare per i meandri del Parco Fluviale del Po e dell'Orba. Un luogo immerso nella natura e che, nel silenzio della sera, si fregiava di una magia tutta sua. Amanda ne percorse i principali anfratti con la stessa meraviglia di sempre: le grandi distese di alberi secolari che tracciavano i vari sentieri, il laghetto che vi si affacciava, i piacevoli odori che emanavano le varie specie floreali, il grazioso canto degli uccellini. In quell'oasi paradisiaca vi si perdeva spesso, e altrettanto spesso sfruttava la magnificenza di quel posto per leggere e scrivere. Immersa nel suo mondo, le cuffiette nelle orecchie – questa volta era toccato ai The Police –, cominciò ad addentrarsi in uno dei tanti sentieri che costituivano quella riserva di ben quindicimila ettari. Il silenzio che l'avvolgeva tutt'intorno costituiva per lei un potente balsamo contro i soliti pensieri intrusivi. Ormai erano quasi le sette e mezzo di sera, e il parco era semi deserto.
Si tolse le cuffiette. Il fruscio degli alberi accompagnava il sordo rumore dei suoi passi, finché d'un tratto si fermò. Aveva appena raggiunto la panchina cui era solita fare una piccola sosta, ma in quel momento era occupata da un'altra persona, che riconobbe all'istante.

Non può essere, pensò, il cuore cominciò a tamburellarle forte nel petto.

Per un istante, pensò di tornare indietro, magari fingendo di non averlo visto. Ma l'altra parte di sé avrebbe tanto voluto avvicinarsi a lui. Non si vedevano da almeno due mesi. L'ultima volta, si erano scontrati per caso in un supermarket e avevano parlato per qualche minuto, il solito discorsetto elementare condito dal consueto "Ciaocome stai?-Mi fa piacere vederti-Adesso devo andare".
Amanda se ne restò immobile, nel bel mezzo del sentiero. Suo padre non aveva dato segno di averla vista, stava fissando un punto imprecisato del lago che gli stava di fronte. Tra l'altro indossava gli occhiali da vista, cosa parecchio insolita visto che, generalmente, preferiva le lenti a contatto.

Prima che potesse decidere se avvicinarsi o meno, il padre roteò la testa in sua direzione. Spalancò appena gli occhi, di sicuro neanche lui si aspettava di incontrarla. Amanda si costrinse ad avanzare di qualche passo, le gambe tremanti.

«Ciao, papà», soffiò, alternando lo sguardo tra le sue scarpe da ginnastica e quegli occhi scuri, neri come un pozzo senza fondo. «Non credevo che... che anche tu bazzicassi da queste parti.»

Lui scrollò le spalle. «Lo faccio spesso, ultimamente.»

«Io da sempre. La mamma mi portava spesso qui, dopo che...»
Non terminò la frase.

Il papà le fece cenno di sedersi accanto a lui. «Dopo che io e lei ci siamo separati?»

«Esatto», farfugliò lei, prendendo posto vicino a lui. «Come... come stai?» gli chiese, tornando finalmente a guardarlo. Quegli occhiali avevano una montatura spessa e gli conferivano un'aria da intellettuale. I suoi capelli già brizzolati, rispetto all'ultima volta che si erano visti, avevano guadagnato qualche ciuffo bianco in più. Le consuete rughette di espressione erano un filino più marcate, le labbra contratte in una smorfia indecifrabile, le guance e il mento ricoperti da un leggero strato di barba puntellata di bianco.

«Si va avanti», le rispose lui, senza alcun accenno di sorriso. «E tu? Hai già terminato di presentare il tuo nuovo romanzo?»

«No. Mancherebbero ancora un altro paio di città», gli rispose, fingendosi tranquilla. «Per adesso siamo in pausa. Sai, in vista delle prossime vacanze natalizie.»

«Capisco. E... ti sei divertita? Sei partita da sola, o—»

«C'è sempre stato Alessandro con me. Lui non mi ha dato forfait neppure mezza volta. È stato praticamente la mia ombra», sputò, quasi contro la sua volontà. Strinse le labbra e focalizzò l'attenzione sul laghetto che le stava dinanzi. Gli aveva appena lanciato una frecciatina senza volerlo. O forse, voleva pungerlo davvero sul vivo?

«Sono contento per te. Non sta bene viaggiare da soli», rispose lui, non dando segno di aver colto l'allusione al fatto che non fosse mai venuto a trovarla durante il tour.

«E perché mai? Sono perfettamente in grado di prendere un treno o un aereo senza che ci sia qualcuno a sorvegliarmi dall'alto. In fondo, ho quasi trent'anni, e—»

«Non dico che non si possa farlo da soli», specificò il padre. «Ma farlo in compagnia è senz'altro più gratificante.»

«Lo dici per esperienza personale, immagino», commentò Amanda, perdendosi di nuovo in quello sguardo tanto incolore quanto, per certi versi, malinconico.

«Sì. Io e Grazia abbiamo viaggiato molto, ma non credere che lo abbia fatto solo con lei.»

Amanda inarcò le sopracciglia. «Anche tu e la mamma l'avete fatto?»

Lui sorrise appena. «Sì. Avevamo appena ventiquattro anni quando abbiamo cominciato a toglierci qualche sfizio viaggiando in lungo e in largo per l'Italia. Per tre anni abbiamo vissuto la nostra favola d'amore girovagando un po' ovunque. Io guadagnavo molto bene; poi, purtroppo per noi, l'azienda dove lavoravo ha dovuto far fronte a un mucchio di debiti. Mi sono dovuto reinventare e non è stato facile. Soltanto un anno prima, io e tua madre ci eravamo sposati. E dopo un paio di anni sei nata tu. Per fortuna che nel frattempo sono riuscito a trovare un altro lavoro.»

Amanda rimase a bocca aperta. «La mamma non mi ha mai raccontato questi particolari. Delle difficoltà economiche che avete attraversato, intendo.»

L'altro non se ne stupì. «Tua madre amava tanto il lusso, e non le piaceva far sapere agli altri che per qualche tempo avessimo tirato la cinghia. Di questo te ne sarai accorta.»

Ad Amanda quel tono semi canzonatorio non sfuggì, ma s'impose d'indagare più a fondo. «Sì. Di certo teneva all'aspetto molto più di me. Ma è sempre stata così?»

«In realtà no. Quando l'ho conosciuta era una ragazza molto semplice. Genuina, direi.»

«E di carattere?»

«Non aveva un carattere facile, però ci sapeva fare. È sempre stata una donna intelligente, intrigante e anche molto bella.»

Amanda sorrise. Lui e sua madre dovevano essersi amati molto, nonostante l'amara conclusione della loro storia. Chissà qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, si chiese, lasciando morire all'istante quella domanda. Conoscendo suo padre, sarebbe sicuramente scappato a gambe levate senza darle una risposta.

E di lei? Cosa pensava di lei?

Anche quella domanda finì nel dimenticatoio.

«Tutto bene con Grazia?» gli chiese, in un maldestro tentativo di metterlo a proprio agio.

«Sì. A quest'ora si starà chiedendo dove sono finito, ma poco male. Alcune volte ho bisogno anch'io di concedermi degli spazi. In questo caso aperti», precisò, sorridendo alla sua stessa "battuta".

Amanda si limitò a guardarlo, un lampo di sorpresa negli occhi. Da troppo tempo non lo vedeva sorridere in quel modo.

«Come... come vi siete conosciuti?»

Non riusciva a credere di avergli fatto quella domanda. Per tanti anni l'aveva tenuta nascosta dentro di sé, incapace persino di pronunciarla a bassa voce.

Lui increspò la fronte. «A questa domanda non potrei risponderti senza evitare che tu ti faccia un'idea sbagliata di me, ma ormai sei una donna fatta, quindi correrò il rischio.»

Questo lascialo decidere a me, avrebbe tanto voluto rispondergli lei, che si limitò a un vistoso cenno del capo.

«Io e Grazia ci siamo conosciuti sul lavoro. Avevo appena compiuto trent'anni, ed ero già sposato con tua madre. Da quasi quattro anni, per essere precisi. Il resto lo lascio immaginare a te.»

«Tu mi hai detto di non aver mai tradito la mamma», disse Amanda, guardandolo profondamente negli occhi.

Lui ricambiò lo sguardo senza scostare i propri, le labbra piegate all'ingiù. «Infatti è così. Ma ho sempre avuto il sospetto che tu non mi abbia creduto.»

«Io ti credo, invece. Ci ho sempre creduto», precisò l'altra. Allungò la mano verso la sua e gliela strinse.

L'uomo sussultò, ricambiando a malapena il suo gesto. Il cuore di Amanda prese a battere fortissimo, la gola secca. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché lui l'abbracciasse in quel preciso momento.

«Mi sono innamorato di lei soltanto quando ho rotto con tua madre. È successo un bel po' di tempo dopo, però. Grazia nel frattempo si era anche sposata, ma dopo un paio d'anni il suo matrimonio è andato a rotoli.»

Amanda annuì. «Io l'ho vista poche volte insieme a te, e mi costa ammettere che, ogni volta che ti guarda, i suoi occhi brillano di felicità. Forse ti ha sempre amato.»

«In effetti, è quello che mi ha detto quando mi sono deciso a concedermi un'altra possibilità. All'inizio ci sono partito con i piedi di piombo, è vero. Ma alla fine della fiera... non è andata poi così male.»

Le diede un'ultima stretta e lasciò la sua mano. «Credo sia meglio tornare a casa, a questo punto.»

Amanda si alzò, emozionata e confusa allo stesso tempo. Aveva chiacchierato con suo padre per almeno una ventina di minuti senza che lui si chiudesse a riccio come suo solito. «Okay. È... stato bello parlare con te», gli disse, sorridendogli quel tanto che bastava a far piegare all'insù gli angoli della bocca.

«Anche per me.» Quando stava per voltarsi, ci ripenso e la richiamò a sé. «Amanda... lo sai che la mia proposta è sempre valida, no? Puoi passare questo Natale con noi, visto che la zia Elvira non ci sarà.»

«Grazie dell'offerta. Ci penserò e ti farò sapere.»

«Perfetto. Arrivederci, Amanda.»

«Ciao, papà», sibilò l'altra, gli occhi lucidi.

E mentre l'uomo si allontanava da lei e scompariva tra le fronde degli alberi, Amanda, lungo il tragitto verso casa, cercava di trattenere, seppur a stento, un copioso e gioioso flusso di lacrime.

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Capitolo 16
*** CAPITOLO XV ***


CAPITOLO XV


 

 

«Fossi in te accetterei. Sarebbe un'ottima occasione per affrontare le tue paure. E poi vi siete parlati dopo tanto tempo. È già qualcosa, no?»

«Sì, ma—»

Alessandro le strinse appena la spalla. «Provaci. Dagli una chance», le disse, lanciandole un sorriso incoraggiante.

Amanda sospirò. «Non ho mai parlato con Grazia, ho sempre cercato di evitare il confronto con lei.»

«Magari è arrivato il momento di affrontare la realtà.»

«Forse. Sai, qualche settimana fa ho parlato con papà al telefono e... gli ho mentito. Non penso riuscirò mai ad accettare il fatto che si sia messo con lei. Anche se avrà avuto le sue ragioni.»

«Sicuro. Da quello che mi hai raccontato, era davvero innamorato di tua madre. Ma alcune volte l'amore non basta. Se non erro l'hai detto anche tu.»

Amanda ringraziò di trovarsi di nuovo nei pressi del grande giardino che circondava la casa padronale dei genitori di Alessandro. Quel posto meraviglioso le ispirava una calma e una ragionevolezza impressionanti. «È vero. Anche se... all'improvviso ho percepito una certa stizza nel suo tono di voce. Come se non gli facesse piacere rimarcare il fatto che lei, a differenza sua, amasse vivere in condizioni di agio assoluto.»

«Mmh. Pensi sia stato questo ad averli allontanati?»

Amanda scosse la testa. «Non credo. A seguito di quella maledetta crisi economica sono nata io, quindi le cose si sono risistemate. Anche se tutto è riprecipitato dopo nove anni. Papà guadagnava bene, però. Non ha mai abbandonato il suo lavoro e, anzi, ha fatto carriera.»

«E se fosse stato questo il motivo della rottura? Sai, quando stavo con Anna mi è successa più o meno la stessa cosa. Nell'ultimo periodo, poco prima che ci lasciassimo, l'ho trascurata parecchio, complici i pressanti impegni lavorativi. Magari tua madre ha deciso di chiudere perché tuo padre vi trascurava troppo.»

«Non lo so. Mi sembra un motivo troppo "banale". Ho sempre pensato che dietro ci fosse qualcosa di grosso.»

«Come ad esempio una terza persona?» intuì Alessandro, che riprese a camminare a passo sostenuto di fianco a lei.

«Esatto. Ma sono convinta che papà non c'entri niente con tutto questo. Però è anche vero che mamma non è uscita allo scoperto con nessun uomo in particolare, non appena è stata validata la sentenza di divorzio. In quel periodo non aveva nessuno, io sono stata tutto il suo mondo.»

Lui scrollò le spalle, sinceramente dispiaciuto. «Allora il motivo è più semplice di quanto pensiamo. Forse non si amavano più.»

La bocca di Amanda si deformò in un ghigno di totale amarezza. «Probabilmente hai ragione. E tu? Passerai il Natale con i tuoi?»

«Come sempre, sì. A tal proposito... se non hai niente in contrario mi piacerebbe invitarti a casa mia per la Vigilia di Natale. Sempre che tu non abbia altri impegni.»

Amanda sorrise, entusiasta. «Me lo stai chiedendo davvero? Ma certo che accetto!» Gli si buttò addosso e si lasciò avvolgere dal calore del suo abbraccio. La proposta di Alessandro l'aveva resa felice come una bambina. Monica soleva trascorrere quella giornata con i suoi parenti australiani e non aveva mai potuto invitarla a casa propria, quindi Amanda aveva passato le ultime due vigilie accanto al fuoco e con un paio di libri tra le mani. In quelle occasioni, il peso della solitudine si faceva sempre più forte. Era straordinariamente vivo e lo sentiva sin dentro le ossa.

Alessandro la tenne stretta per qualche secondo, un genuino sorriso e un'allegra risata. «Almeno con la scusa avrai anche la ghiotta opportunità di vedere come me la cavo ai fornelli», buttò lì, staccandosi da lei. «Non me la cavo tanto male, sai?»

Amanda si unì alla risata. «Molto modesto, il signorino

«Checché se ne dica, in ambito culinario lo sono eccome», rilanciò lui, facendole l'occhiolino.

«Vedremo cosa sai fare, allora.»

«Contaci. Cominciamo col primo, allora. Pasta allo scoglio o tortellini in brodo?»

«Ma i tortellini si mangiano a Natale!» squittì Amanda, dandogli un pugnetto sul braccio.

«Ahia!» sbottò Alessandro, che nel frattempo continuava a ridere sotto i baffi. «Non te l'ha detto nessuno che anche picchiare un uomo è un reato?»

«Sarebbe un reato non rispettare le tradizioni, per quanto mi riguarda», ribatté l'altra, le braccia conserte e lo sguardo divertito.

«Oh, ma quanto sei fiscale! Io ti sto concedendo di scegliere tra le migliori pietanze del mio menù esclusivo, e tutto quello che sai fare è criticare? Bel ringraziamento!» sbuffò, ilare.

«Mi scusi tanto, Mr. Cracco. Le assicuro che non era mia intenzione offenderla», proruppe Amanda con fare solenne.

«Però si sta prendendo gioco di me. Non mi pare molto corretto... signorina

Le si avvicinò lentamente e Amanda, avendo intuito le sue intenzioni, iniziò a correre – non senza prima avergli fatto una mezza linguaccia.

Alessandro la seguì a ruota e rise di gusto. «Che fai, adesso scappi? Non è così che si tratta un quasi-quarantenne con la passione per la cucina. Dovresti vergognarti!»

Amanda batté con più forza i piedi sull'asfalto intriso di sassolini bianchi e continuò a ridere badando, però, che l'agente non la raggiungesse. «Qualcuno ha sempre detto che la miglior difesa è la fuga!» si giustificò lei, quindi si avviò verso il retro della casa.

L'altro scosse la testa e continuò a seguirla, svoltando alla propria sinistra. Allungò il braccio e, dopo qualche secondo, afferrò quello di Amanda e la attirò a sé, il fiatone che fuoriusciva dalla bocca di entrambi. «A me, invece, hanno sempre detto che la miglior difesa è l'attacco. Forse mi sono perso qualcosa?» le sussurrò, mentre con delicatezza estrema le scostava un ciuffo ribelle dalla fronte.

Il cuore di Amanda accelerò, involontariamente, i propri battiti. Lo sguardo di Alessandro era così intenso e luminoso che, per un breve attimo, fu di nuovo tentata di buttarsi tra le sue braccia. E non solo.
Una sensazione dai caratteri semi-sconosciuti si fece strada alla bocca dello stomaco, le dita di Alessandro che indugiavano appena sulla sua guancia. Lui buttò giù uno strano sorriso, ma non si mosse di un millimetro. Smise di accarezzarla, ma non di stringerla quel tanto che bastava a non lasciarla andare. E lei, seppur contro la sua stessa volontà di rimanere abbracciata a lui, storse la caviglia destra di proposito e simulò un lamento. Non sapeva cosa diamine le stesse succedendo, ma d'altra parte non si sentiva ancora pronta ad approfondire la strana questione.

Alessandro si allarmò all'istante e la sorresse. «Ehi, ti sei fatta male?»

Amanda lo scrutò con la coda dell'occhio, piegandosi appena. Sembrava davvero preoccupato per lei. Incrociò nuovamente il suo sguardo e si lasciò scappare un risolino, quindi si rialzò e riprese a correre, liberandosi dalla sua flebile stretta. «Sei un credulone!» gli rinfacciò, mentre nel petto continuava ad agitarsi un nugolo di emozioni a dir poco contrastanti.

Alessandro scosse la testa, incredulo. «E tu sei solo un'imbrogliona!» gridò, tornando alla carica.

Amanda sogghignò. Per quanto non le piacesse giocare al gatto col topo, per la prima volta dopo tanto tempo si stava divertendo un mondo.

 

Quel pomeriggio trascorso in compagnia di Alessandro l'aveva resa più spensierata che mai. Al tempo stesso, però, una domanda sottaciuta faceva capolino di tanto in tanto nella sua testa, agitandola più del solito. C'era stato un momento in cui si erano ritrovati particolarmente vicini, e un'emozione piuttosto intensa aveva preso corpo all'improvviso, senza chiederle permesso.

Mi sono fatta suggestionare, pensò. Non devo dare troppo peso alla cosa.

Estrasse il cellulare dalla tasca e il suo pensiero andò a Federico. Dall'ultima volta che si erano visti era passata quasi una settimana. L'uomo le aveva promesso che sarebbe stato lui a telefonarle, impegni permettendo.

La ragazza si accomodò sul divano e non fece nemmeno in tempo ad aprire Instagram, che lo smartphone cominciò a squillare. Come suoneria aveva impostato Gli Uomini Celesti di Lucio Battisti, un brano di brevissima durata che riproduceva una sorta di canto tribale con annesse percussioni. Non appena vide il mittente sussultò: era proprio Federico.

Amanda fece scorrere il pollice verso destra e rispose. «Pronto?»

«Ciao, Amanda. Come stai?»

Le sfuggì un sorriso. «Abbastanza bene. Mi fa piacere sentirti. Tu come stai?»

«Incasinato, come sempre.»

«Sei ancora in ospedale?»

«Sì. Termino il turno tra poco, però.»

Amanda annuì. «Giornata pesante?»

«Abbastanza. Ma ci sono giorni peggiori, quindi non mi posso lamentare.»

«Come procedono le tue ricerche?»

«A rilento, a dire il vero. Ultimamente sono un po' distratto. Menomale che ci pensa il mio team a darmi una strigliata quando serve.»

«C'è forse qualcosa che ti preoccupa?» domandò l'altra, con discrezione e curiosità insieme.

Federico sospirò. «Non so se è giusto dirtelo, ma la mia ex mi ha tempestato di telefonate, negli ultimi tre giorni.»

«Okay. E... cosa voleva?»

«Che ritornassi in America. Mi ha praticamente implorato.»

«Forse ti sembrerò indelicata, ma... perché fra voi due è finita?»

Come sempre, l'altro rispose dopo qualche secondo di troppo. «Sono stato io a chiudere. Ho sempre saputo che non sarei mai riuscito ad amarla al pari dell'altra donna cui ti ho accennato vagamente qualche volta, ma ho comunque voluto darmi la possibilità di ricominciare. Il ricordo di quell'altra, però, ha cominciato a tartassarmi così tanto, che mi sono visto costretto ad affrontare la realtà. Dovevo lasciarla andare o avrebbe sofferto più del dovuto.»

«La vostra relazione è durata molto?»

«Quasi quindici anni.»

Amanda rimase a bocca aperta. Possibile che tutto d'un tratto, e proprio al pari di Alessandro – benché la sua storia con Anna fosse durata solo tre anni –, si fosse accorto che andare avanti da solo sarebbe stata la scelta migliore?

«Così, di punto in bianco... l'hai lasciata? E in nome di una donna che tra l'altro mi hai detto di non aver più visto?»

«Lo so che è difficile da capire, ma è andata proprio così. Sono voluto tornare a Torino per svariati motivi, e da quando ti ho incontrata... sono più che certo di non voler tornare a San Diego. Come ti ho già detto, il mio posto è qui.»

Amanda non sapeva cosa pensare. Le parole di Federico le avevano fatto piacere e l'avevano anche emozionata, ma una parte di lei cominciò a sospettare che qualcos'altro aleggiasse nell'ombra. «Tieni così tanto al nostro rapporto?» gli chiese, con un filo di voce.

«Sì», rispose lui, senza esitare.

«Ci siamo visti così poche volte...» farfugliò lei, confusa e lusingata al tempo stesso. Anche lei stava cominciando a provare affetto per lui, ma non sarebbe comunque riuscita a dirglielo tanto presto.

«Non ha importanza. È la qualità del tempo trascorso insieme, a fare la differenza. E io sento di volerti conoscere sempre di più. Ovviamente se anche a te fa piacere. Non devi sentirti obbligata in niente. Okay?»

«Okay», rispose l'altra, incapace di dirgli altro.

«A tal proposito... ti piacerebbe passare la Vigilia di Natale con me?»

Amanda spalancò gli occhi, il cuore in gola.

E adesso?

«Se la cosa non ti crea troppo disagio, ti potrei ospitare e riaccompagnarti in stazione la mattina dopo. Casa mia è grande, e la camera degli ospiti è sempre a disposizione. Oppure, non so, potrei prenotarti una stanza in un hotel qua vicino. Sei sempre tu a decidere.»

«Io... credevo che questa giornata l'avresti trascorsa insieme ai tuoi familiari», ammise lei, completamente smarrita dinanzi a quella proposta.

«Con mio padre ci passerò il Natale, è vero. Ma avevo pensato di liberarmi per la Vigilia, e—»

«Ascolta, mi dispiace moltissimo doverti scombinare i piani, ma sono già stata invitata da un amico a casa sua, quindi purtroppo non posso accettare», gli confessò, sperando che non se la prendesse troppo.

«Fammi indovinare», rispose subito lui – il suo timbro di voce tradiva assoluta tranquillità – «Per caso questo tuo amico è Alessandro?»

«Come hai fatto a—»

«Semplice esperienza. Diciamo pure che ho fatto due più due.»

Prima che Amanda potesse replicare alcunché, Federico riprese a parlare. «E comunque la cosa mi fa piacere. Non preoccuparti, vorrà dire che ci rifaremo con una bella cenetta. Ci stai?»

Amanda sorrise, sollevata. «Perché no. Decidi tu quando.»

«Ti farò sapere, allora. E Natale? Con chi lo passerai?»

«Non lo so ancora», tartagliò Amanda. «Papà mi ha invitato a casa sua, però... non saprei se accettare o meno.»

«Vive da solo?»

«No.»

«Immaginavo.»

«Lui e la mamma si sono separati quando avevo solo nove anni. E non ho mai capito il perché.»

Dall'altra parte della linea calò il silenzio.

«Quindi lui si... si è rifatto una vita?» le chiese infine Federico.

«Sì. Ma a parte me non ha avuto altri figli.»

«Capisco. Dev'essere stata dura per te.»

Gli occhi di Amanda divennero lucidi. «Durissima. Papà è diventato improvvisamente un uomo freddo e distaccato e ho cominciato a vederlo sempre più di rado. Sono anni che ci rivolgiamo a malapena la parola.»

«E questo ti ferisce», completò lui.

«Più di quanto vorrei, sì.»

«Ciononostante, ti ha invitato a casa sua per Natale.»

«In realtà l'ha sempre fatto. Sono due anni che è morta la mamma, e da ben due anni prova a comportarsi da padre "modello" – soltanto in quell'occasione, ovvio. Ma il solo fatto di dovermi scontrare con la sua compagna non mi alletta per nulla.»

«E tua madre... aveva un compagno anche lei?»

«No. Lei era un disastro ambulante nello scegliersi gli uomini. E spero vivamente di non fare la sua stessa fine.»

«Forse questa ti suonerà una frase fatta, però ti auguro di trovare il grande amore, Amanda», soffiò Federico. «Per quanto sia difficile, posso assicurarti che esiste.»

«E cosa... che cosa si prova una volta trovato

«Ti sembra di volare. Di toccare il cielo con un dito e... non vorresti mai scendere da quel treno in piena corsa. Descrivere a parole tutto quello che si prova è impossibile, ma credo di averti reso l'idea.»

Amanda sorrise appena. «Certo che quella donna ti ha proprio stregato», commentò.

«L'ho sempre detto anch'io. Allora... be', ci vediamo presto.»

«A presto», gli rispose Amanda, quindi riagganciò e si preparò per andare a dormire, conscia del fatto che non avrebbe chiuso occhio.

 

 

«Eccola qua. Spero sia di tuo gradimento», le disse Alessandro, porgendole un bel piattone di spaghetti alla marinara.

«Mi pare che abbia un bellissimo aspetto», commentò Amanda, che aveva già l'acquolina in bocca.

L'altro si sedette di fronte a lei. «Mai giudicare un libro dalla sola copertina», l'avvertì, prendendo in mano la forchetta. «Avanti, assaggiala.»

Amanda non si fece pregare e infilò la propria nella pasta, quindi si riempì la bocca di spaghetti. Quando si trattava di cibo, non si poteva certo dire che fosse la ragazza più raffinata sulla piazza. «Diciamo che la pasta la sai fare», gli disse infine, senza aggiungere altro.

«Tutto qui? Caspita, quando ti ci metti sei molto peggio di quel fanatico di Galeazzi!» la redarguì lui, prendendola sul ridere.

«Ci sono editori peggiori», si difese lei, scrollando le spalle. «Comunque, a parte gli scherzi, è davvero squisita!»

Alessandro increspò le labbra, orgoglioso. «Così va meglio.»

«A proposito di Galeazzi... Non ti ha più detto niente?»

«No. Si è arreso al fatto che in questo momento mi voglio dedicare solo a te. Non senza avermi prima mandato a quel paese, s'intende.»

L'altra strabuzzò gli occhi.

«Sta' tranquilla, non si sbarazzerà facilmente del sottoscritto. Gli ho fatto intascare sin troppo denaro, non avrebbe il coraggio di mandare tutto a rotoli.»

La ragazza scosse la testa. «Cosa non si fa per i soldi», commentò, sprezzante.

«E cosa non si fa per amore», aggiunse Alessandro. «Non ti ho chiesto come va con la tua nuova frequentazione, in effetti. Tutto nella norma?»

Amanda sussultò e smise, seduta stante, di mangiare. «Non troppo male. Ci stiamo conoscendo. A dire il vero, mi aveva anche invitato a casa sua per festeggiare insieme questa giornata. Ma gli ho dato forfait. L'amicizia prima di tutto, no?»

Stavolta fu Alessandro a rimanere paralizzato per la sorpresa.

«Lo so, forse non te l'aspettavi. Ma sento di doverti ringraziare per tutto quello che hai fatto e stai facendo per me. Anche se, voglio specificarlo, per me non è un sacrificio essere qui oggi. Anzi.»

«Sono io che ti ringrazio», farfugliò lui. «Mi considero molto fortunato ad averti come amica.»

Amanda gli sorrise. «Per me è lo stesso. E comunque... c'è una cosa che non riesco a spiegarmi. Federico, alias l'uomo che sto frequentando ultimamente, ha subito indovinato che l'amico di cui stavo parlando eri tu. Ha detto che ha fatto due più due e che immaginava che fossi stato tu a invitarmi.»

Alessandro corrugò la fronte. «Gli hai parlato di me?»

«Qualcosa gli ho detto, sì. Sa che sei il mio agente e che stiamo diventando molto amici. Tra l'altro, mi ha persino detto che gli faceva piacere che trascorressi la Vigilia con te.»

L'altro annuì con fare distratto.

«A cosa stai pensando?»

«Be'... io al posto suo non sarei così tranquillo. Non mi fraintendere, però se  sapessi che la donna che a me interessa si è vista tutta sola con un suo amico, non riuscirei a contenere la mia gelosia. Ma forse io sono troppo sentimentale.»

«Mi stai dicendo che se io, per assurdo, fossi la tua ragazza, mi impediresti di andare a trovare anche un semplice amico?» indagò Amanda, che tutto d'un tratto iniziò a sentirsi stranamente a disagio.

Che razza di discorsi stavano facendo?

«Questo no. Ma se per caso stessi lottando per averti, è chiaro che sarei piuttosto geloso. Anche se magari non lo darei a vedere.»

Alessandro riabbassò gli occhi, concentrandosi sugli spaghetti.

«Ti devo dire la verità», rispose Amanda, una sfumatura di dubbio nella voce. «Non so se lui sia effettivamente interessato a me come donna

Anche stavolta, Alessandro si immobilizzò.
«Stai scherzando? Non ti manca nulla!» sbottò, scuotendo la testa. Riabbassò la forchetta nel piatto e prese un'altra manciata di spaghetti.

«Non saprei. Ultimamente mi sto facendo tante domande.»

L'altro scrollò le spalle. «Presumo che il tempo ti darà tutte le risposte. Però ti prego di stare attenta. Non potrei mai perdonarmi se ti accadesse qualcosa.»

D'istinto, Amanda allungò il braccio per stringergli la mano. «Nemmeno io se dovesse accadere a te.»

Alessandro ricambiò la sua stretta e intrecciò con decisione le proprie dita a quelle di lei che, improvvisamente turbata, scostò lo sguardo, incapace di sostenere troppo a lungo quello di lui.

Il suo stomaco era tornato ad agitarsi; ciononostante, indugiò in quel contatto più di quanto avesse previsto.

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Capitolo 17
*** CAPITOLO XVI ***


CAPITOLO XVI


 



«Papà? Riserva un posto a tavola anche per me, per favore. Ho deciso di festeggiare questa giornata con voi», sentenziò Amanda, il cuore e lo stomaco prigionieri di un'ansia profonda. Dopo l'ennesima nottata in bianco, aveva deciso di passare all'azione e affrontare una situazione dalla quale per tanti, troppi anni, era fuggita come un coniglio.

Dall'altra parte della linea calò un silenzio dai connotati agghiaccianti. Senonché, dopo mezzo minuto buono, il genitore proferì di nuovo parola. «Va benissimo. Sono contento che tu abbia deciso di venire.»

Amanda sorrise. «Anch'io lo sono. Allora... allora a più tardi.»

«A più tardi», rispose l'altro, che subito riattaccò.

Amanda si concesse un respiro profondo. Erano soltanto le otto e mezzo del mattino e, solitamente, la sua famiglia soleva riunirsi a tavola per le tredici. O perlomeno, era sempre stato così quando i suoi stavano ancora insieme. Ricordava alla perfezione il momento in cui il papà, non appena lei e la sua amata consorte si fossero alzati dal letto, si sperticava in sorrisi entusiastici e nel consueto "Buon Natale" completo di teneri baci sulle guance alla sua unica figlioletta e un dolcissimo bacio sulle labbra alla moglie. Amanda non avrebbe mai dimenticato il modo in cui le guardava. Per lui, erano entrambe le sue principesse. Lo aveva detto loro talmente tante volte, che la ragazza non lo avrebbe mai scordato. Nemmeno fra cent'anni.

Buttò giù un paio di lacrime, che si affrettò a scacciare seduta stante. A Natale non erano concessi piagnistei di sorta. Non quando tantissime persone, là fuori e sommerse dal freddo, avrebbero pagato oro per essere al suo posto. Con un tetto sopra la testa, accompagnata dal confortante tepore del caminetto, le cui fiamme dai toni straordinariamente caldi zampillavano euforiche, in una danza dai tratti affascinanti e non meno selvaggi.
Doveva comunque essere grata alla vita, e non soltanto per il successo che aveva ottenuto con la scrittura. Poteva comunque contare sulla certezza di avere un padre, malgrado il suo non-rapporto con lui. Dentro di sé, era convinta che nel momento del più estremo bisogno ci sarebbe stato, e che magari... l'avrebbe stretta in uno di quegli abbracci che non conoscono il fluire incessante del tempo, ma che bensì sconfinano nella più assoluta, sublime dolcezza.

Si asciugò il viso, di nuovo cosparso di lacrime. Era davvero bello lasciarsi cullare dal piacere vano delle illusioni, di tanto in tanto. Così diceva il grande Giacomo Leopardi. Appellarsi a quel solido piacere, alcune volte, era di importanza vitale per Amanda, benché fosse del tutto consapevole che sin troppo spesso è il dolore a cambiare le persone.

E suo padre, per qualche oscuro motivo, era cambiato. Si era trasformato in quello che non era perché, forse, non aveva trovato il barbaro coraggio di affrontare a viso aperto quello stesso dolore che tanto l'aveva annientato. Forse nemmeno con l'ausilio di Grazia ci era riuscito. La separazione doveva avergli fatto più male di quanto credesse. Non poteva biasimarlo, se aveva scelto di tornare a credere nell'amore. Probabilmente avrebbe fatto lo stesso anche lei. Perché suo padre, in fin dei conti, non era che un sognatore. Sua madre, invece, era assai più razionale e altrettanto pragmatica. Due poli opposti che, in un certo qual modo, si erano attratti l'uno con l'altro rimanendo saldamente uniti per qualche tempo. Amanda abbandonò la cucina e si rifugiò in camera. Avrebbe indossato il solito vestito rosso con annesse calze invernali e stivaletti in pelle, insieme a un elegante giacchetta in cashmere per coprirsi le spalle. Avrebbe poi aggiunto un filo di trucco e aspettato fino alle tredici, l'ora fatidica in cui si sarebbe avviata a casa del genitore.

Cos'avrebbe fatto nel frattempo? Amanda recuperò il romanzo di Dickens che aveva mollato sul divano il giorno prima e cercò di proseguire con la lettura. E, tanto per scongiurare il rischio del troppo silenzio – che per la prima volta la metteva in forte agitazione, anziché tranquillizzarla –, aprì l'mp3 dallo smartphone e mise su qualche composizione strumentale di Keith Emerson, uno dei suoi pianisti preferiti.

 

Rimase immobile sulla porta per un'infinità di minuti. Di tanto in tanto, le pareva di sentire qualche voce, sebbene non riuscisse a distinguerle in modo netto. Immaginava che ci sarebbero stati anche i figli di Grazia, e il solo pensiero riusciva a metterla a disagio. Chissà cos'avrebbero pensato di lei. Arricciò il naso. La loro opinione non doveva interessarle. Allungò il braccio e, prima che il coraggio potesse mancarle, suonò il campanello. Dopo qualche secondo, un ragazzo dai capelli scuri le aprì la porta.
Accennò un sorrisetto e la squadrò da capo a piedi.

«Francesco non mi aveva detto di avere una figlia così carina», commentò, la voce profonda. «Ti avevo vista in qualche foto, a dire il vero, ma non ti rendono troppa giustizia.»

Amanda studiò, per un qualche momento, la sua espressione. Bocca sottile, i cui angoli erano piegati all'insù in una smorfia pregna di impertinenza, profondi occhi verdi, un accenno di barba. Doveva avere più o meno la sua età, o forse si avvicinava ai trentacinque. Le spalle larghe e il fisico ben piazzato le fecero pensare che nel tempo libero frequentasse la palestra.

Amanda ignorò deliberatamente il suo commento. «Buongiorno. Posso entrare?»

«Cos'è, sei suscettibile ai complimenti?» rilanciò lui, le braccia conserte e la spalla destra poggiata a lato della porta.  «Te ne avranno fatti una montagna, da quando sei diventata una scrittrice di tutto rispetto.»

Ad Amanda, in quelle ultime parole, sembrò di percepire una velata punta di sarcasmo.

«Per caso il mio apprezzamento vale meno degli altri?» continuò il ragazzo, l'aria sfacciata.

L'altra sospirò. Odiava a morte quel genere di uomini. E quel bellimbusto era talmente pieno di sé da darle sui nervi.

Non fare scenate, si ammonì, mentre nella sua testa cercava le parole giuste da dirgli senza irritarlo.

«Questo tuo fare provocatorio attirerà senz'altro molte donne nella tua rete», proferì Amanda, il tono sostenuto.

In tutta onestà, l'avrebbe volentieri mandato a quel paese.

Lui sorrise ancora di più. «Ma non te, immagino. E comunque, sono sempre le donne a tessere la tela. A noi non resta altro che cadere nella vostra trappola.»

Amanda rise appena. Non riusciva a credere a quelle parole. Ma che razza di mentalità aveva?

Da troglodita, rispose qualcun altro nella sua testa.

«Quindi voi sareste le vittime», gli concesse, ironica. «E noi le prede.»

«Ci sarà un motivo se in natura la maggior parte delle femminucce fa fuori il maschietto dopo aver fatto i propri comodi, no?»

«La prossima volta allora dovresti pensarci molto bene, prima di finire tra le grinfie di una mantide. O potrebbe staccarti la testa a morsi», gli rispose Amanda, con tutta l'ironia di cui era capace. «E comunque... non hai mai sentito parlare dell'Harpactea Sadistica

Lui aggrottò le sopracciglia. «Della che?»

Amanda estrasse il cellulare dalla tasca, quindi aprì Google e digitò il nome di quel ragno – a suo giudizio spaventoso. Poi glielo porse.

«Tieni. Fatti una cultura su come questi esserini trattano le femmine durante l'accoppiamento», gli disse, lasciandolo di stucco.

Entrò in soggiorno e aspettò con pazienza che il papà comparisse. Riusciva a sentirne la voce dalla cucina, ma non osava oltrepassare la graziosa porta che aveva di fronte, decorata con qualche adesivo natalizio. Il salone era particolarmente accogliente: un bell'albero di Natale posizionato accanto al caminetto acceso, un paio di librerie posizionate sul fondo della stanza, un divano di camoscio a tre posti con annesso tappetino raffigurante un paio di renne e altri gingilli sparsi qua e là; il pavimento in cotto perfettamente tirato a lucido. Lo spirito del Natale era più vivo di quanto si aspettasse.

«Puoi anche entrare di là in cucina, non ti mordono», intervenne il ragazzo di poco prima, che aveva ancora tra le mani il cellulare di Amanda.

L'altra sussultò. «Ti ringrazio, ma preferisco aspettare qui.»

Non fece neanche in tempo a terminare la frase, che Grazia e suo padre uscirono dalla porta incriminata, un mezzo sorriso a contornare i loro volti.

«Ciao, Amanda. È un piacere per noi averti qui», le disse Grazia, avvicinandosi appena a lei.

Amanda si costrinse ad andarle incontro e a stringerle la mano, forzando un sorriso amichevole. «Il piacere è mio. Buon Natale.»

La squadrò quel tanto che bastava ad appurarne l'effettiva bellezza. Occhi azzurri, capelli biondicci conditi da qualche ciocca più scura, i lineamenti delicati. Le guance imporporate da un blush dai toni leggeri, un rossetto color malva. Nel complesso, il suo sguardo tradiva dolcezza e altrettanta simpatia. Indossava, tra l'altro, un vestito dal taglio piuttosto simile al suo.

Be', era inevitabile che riuscisse a conquistare mio padre, se si è sempre conciata in questo modo tanto semplice quanto elegante.

«Buon Natale a te», rispose lei.

Anche il papà si fece avanti e le andò incontro, schioccandole di sfuggita due baci sulla guancia. Il cuore di Amanda fece mille giravolte.

«Buon Natale, Amanda.»

«Buon Natale a te, papà.»

«Il pranzo è quasi pronto», sentenziò Grazia. «Ma lascia che prima ti presenti i miei due figli.»

Proprio in quel momento, alle spalle della donna comparì un altro ragazzo, palesemente più grande rispetto al fratello. Era in compagnia di una giovane molto attraente, che doveva essere la sua fidanzata.

«Questo è Vittorio» – e con una mano indicò il figlio più piccolo, che mise su il solito sorrisetto saccente –; «lui, invece, è Gabriele.»

Amanda strinse la mano di entrambi. «Molto piacere.»

«Io sono Chiara», intervenne l'altra. «La ragazza di Gabriele. Anche se molto presto diventerò sua moglie. Non è vero, amore?» rimarcò, orgogliosa.

Amanda colse in Gabriele un leggero imbarazzo, e pensò di tirarlo fuori dall'impaccio complimentandosi con entrambi. «Siete una bella coppia, vi auguro tutta la felicità possibile.»

Quella ragazza era piuttosto appariscente, indossava un vestito argentato con tutte paillettes – che tra l'altro risaltava in modo pressoché perfetto le sue forme veneree –, ed era truccata in maniera piuttosto pesante. Ai piedi un bel tacco dodici, che Amanda non avrebbe calzato neanche sotto tortura. Gabriele, d'altro canto, si era vestito in modo semplice; aveva anche lui i capelli scuri – seppur con qualche accenno di bianco –, ma a differenza del fratello era completamente sbarbato, mettendo ancor più in evidenza la mascella squadrata che, assieme al viso dalla forma allungata, gli conferivano una bellezza particolare. I suoi occhi erano azzurri, proprio come quelli di Grazia.

«Ti ringrazio», rispose Chiara, mentre Gabriele accennava un sorriso.

«Vieni pure in cucina, così ti faccio vedere quello che ho preparato», intervenne Grazia.

Amanda acconsentì, cercando di nascondere il proprio disagio agli occhi di tutti. Malgrado fosse stata ben accolta – se escludeva il siparietto messo in piedi da Vittorio –, non riusciva a dichiararsi del tutto tranquilla. Inoltre, si sentiva anche un po' in imbarazzo, dato che si era sempre rifiutata di conoscere meglio Grazia. «Forse non dovresti essere così gentile con me», le sussurrò infatti, prendendo coraggio.

L'altra si bloccò seduta stante, nel bel mezzo della cucina.

«E perché no? Ti conosco da quando eri piccola, anche se non abbiamo mai avuto modo di confrontarci. E non posso biasimarti per questo.»

«Papà mi ha raccontato un po' la vostra storia. E non posso non ammettere che spesse volte ti ho creduto la causa primaria del divorzio dei miei. Ma stavolta ho scelto di fidarmi di lui, quando mi ha detto che tu non c'entri niente.»

Lei accennò un sorriso triste, e Amanda si affrettò a rimediare. Per quanto non l'amasse alla follia, non se la sentiva di rovinare quel giorno tanto speciale. «Scusami tanto, non volevo ricordarti cose spiacevoli. Posso vedere cos'hai preparato, allora?» Forzò un sorriso e il viso dell'altra riprese immediatamente colore.

«Sta' tranquilla. Al tuo posto avrei fatto la stessa cosa. Comunque ho preparato un po' di stufato di coniglio, tortellini in brodo e pollo con patate al forno.»

Amanda diede un'occhiata alle pietanze: sembrava tutto buonissimo. Il suo stomaco, però, non sembrava poi molto propenso affinché lei mettesse sotto i denti qualcosa. Doveva fare uno sforzo, però. Doveva almeno farlo per suo padre.

«Mi sembra un pranzetto delizioso», le disse infatti.

«Lo spero davvero. Forza, aiutami a portare qualcosa in sala da pranzo. Ti faccio strada.»

Amanda acconsentì, cercando di mettere a tacere la spinosa domanda che avrebbe tanto voluto porgerle – e che era emersa a seguito del loro breve scambio di battute.

 

Il pranzo procedette senza particolari intoppi, benché Amanda fosse stata tenuta un po' sotto scacco dai figli di Grazia – da Vittorio in primis. Probabilmente la loro era semplice curiosità, dato che avevano spesso accennato alla sua vita da scrittrice. Nessuno di loro aveva letto i suoi romanzi, però, se si escludevano il padre e Grazia. Quest'ultima, nello specifico, le aveva rivolto un sacco di complimenti – e ad Amanda era costato ammettere quanto le fosse sembrata sincera. Il papà era stato decisamente più taciturno, benché lei avesse comunque tentato di coinvolgerlo facendogli domande inerenti al suo lavoro. Con Grazia, invece, non aveva parlato molto, limitandosi ad ascoltare i suoi aneddoti. Al termine del pranzo, il cellulare di Amanda squillò all'improvviso, e solo in quel momento si ricordò che ce l'aveva ancora Vittorio.

«Chi è, il tuo fidanzatino?» la schernì, notando il nome di Alessandro sul display.

Amanda ringraziò il fatto che il resto della "comitiva" si fosse recato in cucina, quindi gli andò vicino e gli strappò di mano il telefonino. «Fatti gli affari tuoi, okay?» gli disse, quindi rispose alla chiamata. «Ale? Tutto a posto, sì. Ti dispiace se ti richiamo tra poco?»

Interruppe la telefonata e tornò su Vittorio. Un sorriso canzonatorio gli contornava ancora le labbra. «Non volevo farmi gli affari tuoi, sta' tranquilla. E comunque mi sono informato su quel terribile ragno. Non credevo fosse tanto crudele nel fecondare la femmina», le disse, un alone di profonda serietà investì i tratti del suo viso.

«Come vedi, non siete gli unici a soffrire come cani in campo amoroso.»

«Già. Tu hai sofferto molto per amore?»

«Non particolarmente, a dirla tutta. Ho sofferto per cose ben peggiori.»

«Se ti riferisci al divorzio dei tuoi, so cosa si prova. Anche mio padre si è rifatto una vita, e non è stato facile per me da digerire.»

Amanda spalancò gli occhi. Era stata talmente egoista, da non aver pensato subito che, in effetti, anche lui e Gabriele avessero dovuto far fronte a una situazione di quel tipo. «Mi dispiace molto», gli disse lei, stringendo appena le labbra.

L'altro fece spallucce. «Che ci vuoi fare, sono cose che capitano. Più frequentemente di quanto pensiamo, purtroppo. È anche per questo motivo che sono contrario al matrimonio. Ci si sposa facendosi delle promesse che poi, molto spesso, si rivelano sin troppo difficili da mantenere.»

Amanda increspò la fronte. «E quindi preferisci le avventure?»

L'altro scosse appena la testa, accompagnando l'azione a un ghigno da cui tradudava tutta la sua amarezza. «Non è esatto. Forse la sto cercando, la "donna giusta". L'unico problema è che sono io a non sentirmi giusto per loro, non so se mi spiego.»

«Quindi, se ho capito bene, non credi nell'amore», concluse Amanda, arrivando al punto cruciale.

«Perché, tu ci credi? Mi dici come potrei credere nel per sempre quando il novanta per cento delle coppie sceglie la separazione come soluzione ai problemi?»

Ad Amanda colpì moltissimo il tono che usò. Dietro la maschera del macho man si nascondeva un uomo pieno di fragilità e altrettante insicurezze. «Be', tuo fratello sta per sposarsi, però.»

Lui storse la bocca, disgustato. «E quindi dovrei prendere esempio da lui? Nah, Gabriele è un caso perso, si è fatto abbindolare da quella là e non riesce a vedere a un palmo dal suo naso. Sono sicuro che se ne pentirà.»

«E se invece le cose gli andassero bene?»

«Ovviamente glielo auguro. Ma io non mi farò fregare, puoi starne certa.»

Amanda sorrise. «Fossi in te non canterei vittoria tanto presto... signorino Vittorio

Al ragazzo scappò un sorriso. «Cominci quasi a starmi simpatica, lo sai?»

«Non pensavo di dirlo, ma la cosa è reciproca. Comunque, assomigli un sacco alla mia migliore amica. Nemmeno lei crede più nell'amore, e non fa altro che mettermi in guardia.»

«Direi che non ha tutti i torti. Ci sono un sacco di stronzi in giro.»

«E di stronze», completò Amanda, sospirando.

Si guardarono per un momento e, del tutto inaspettatamente, scoppiarono a ridere.

«Comunque... sì, insomma, mi spiace molto per prima,» si scusò lui. «Ero un pelino scazzato e—»

«Tranquillo, conosco la sensazione. Sei perdonato.»

L'altro allungò la mano verso di lei. «Amici?»

«Mmh, se la mia amica Monica fosse qui mi direbbe subito che gli uomini non sono alla ricerca di amicizie femminili. Che non siano di letto, ovviamente. E comunque, non ti starai allargando un po' troppo?»

Vittorio sbuffò. «D'accordo. Allora... Quasi-amici?» ritentò, facendo fiorire sulle labbra della ragazza un altro sorriso.

Amanda contraccambiò la sua stretta. «Hai visto quel film, per caso?»

«Esatto. Non mi hai risposto, però», le fece notare lui.

«Mi sembrava che il mio gesto parlasse da solo.»

«Preferisco sentirlo dalla tua bocca. I messaggi cifrati non fanno per me.»

Amanda alzò gli occhi al cielo. «Quasi-amici», soffiò, ilare. «Adesso scusami, ma credo sia d'obbligo aiutare tua madre in cucina. Lungi da me dal passare da perfetta nullafacente!»

Gli diede le spalle e si preparò ad affrontare Grazia – benché non sapesse come liberarsi degli altri. Doveva vederci chiaro, e non se ne sarebbe andata da quella casa fino a quando non le avessero detto almeno parte della verità. Il caso volle che in cucina ci fosse solo Grazia, alle prese con la pulizia delle stoviglie. Gli altri se l'erano svignata raggiungendo il balcone, appurò Amanda, avendone colto il perenne cicaleccio.

«Oh, Amanda», esordì Grazia non appena la vide entrare. «Spero tanto che tu abbia passato un buon momento in nostra compagnia.»

«Sì, e vi ringrazio molto per l'invito. Ma mentirei se ti dicessi che sono qui soltanto per aiutarti a pulire i piatti», le disse, quindi ne afferrò uno e iniziò a lavarlo.

Grazia soppesò a lungo quelle parole. «Di cosa vorresti parlarmi?» le domandò, quasi sussurrando.

Amanda andò dritta al punto. «Perché mamma e papà si sono lasciati? Lo so che è una storia vecchia, e che magari non ho il diritto di chiederlo a te. Ma loro non hanno mai voluto parlarmene. E io sono stanca di recitare la parte della stupida. Non fraintendermi, non ce l'ho con te», le disse, anche se dentro di lei sapeva benissimo che non le stava dicendo tutta la verità. «Voglio solo sapere.»

Grazia ripose uno dei piatti nella credenza. «Non credo spetti a me dirtelo, Amanda.»

«E perché no? C'entri anche tu in questa storia, oppure mi sbaglio?»

«Non direttamente», si difese lei, sostenendo il suo sguardo di fuoco.

Amanda chiuse gli occhi per un momento, pregando che nessuno oltre a lei l'avesse sentita. «Scusami tanto, non volevo aggredirti. Ma... per caso i miei non si amavano più? Perché se si trattasse di questo, ti assicuro che finalmente potrei mettermi il cuore in pace. Ma c'è dell'altro, non è così?»

«Amanda, io—»

«Ti prego, ho bisogno di saperlo», la implorò, sull'orlo delle lacrime.

Grazia sospirò. «Ti assicuro che, se solo dipendesse da me...» Si bloccò di colpo. «Tuo padre non c'entra.»

«E questo me l'aveva già detto lui», rispose Amanda, lo stomaco attorcigliato. «Forse la colpa è... mi stai dicendo che la colpa è di mia madre?»

L'altra non proferì parola.

«È stata lei a chiudere? Era lei che forse non l'amava più?»

«Amanda», sibilò una voce alle sue spalle.

La ragazza rabbrividì. Suo padre aveva appena rimesso piede in cucina. Anche Grazia si immobilizzò, un'espressione di puro terrore impressa sul volto.

«Grazia, potresti lasciarci soli, per piacere?» le chiese lui, senza alcun accenno di dolcezza nella voce.

L'altra acconsentì senza nemmeno fiatare e uscì dalla cucina.

Il compagno si avvicinò subito alla figlia. «Amanda, non hai il diritto di fare certe domande a Grazia.»

«E tu non hai il diritto di nascondermi la verità. Sono anni che mi domando perché tra te e la mamma sia tutto finito. Ti chiedi perché saperlo sia così importante per me? È così importante perché per anni non ho fatto altro che rivedere te e la mamma tubare come due piccioncini innamorati in ogni angolo della casa. Tutti i giorni mi chiedo dove possa essere finito tutto quell'amore che professavate l'uno per l'altra. Perché diavolo è finita? Ogni santa mattina mi sveglio cercando quel fottutissimo perché dentro la mia testa, e la mia stessa testa mi restituisce il nulla.»

«Incomprensioni, Amanda. È finita per questo, d'accordo?» scattò Francesco, quasi senza guardarla.

Amanda scosse il capo, furente. «Non ti credo! Tu non avresti mai lasciato la mamma per delle semplici incomprensioni. Sei sempre stato tu a dirmi che delle volte si deve lottare per quello che si vuole. E tu... e tu non l'hai fatto?»

«Pensi che tua madre l'abbia fatto, invece?»

«Quindi è stata lei? È finita per colpa sua?» gli chiese Amanda, cercando di mantenere una parvenza di controllo. Stava per esplodere.

«Non ho detto questo», sottolineò l'altro, lo sguardo deciso.

«Ma non l'hai neppure negato», gli fece notare Amanda. «Papà, la mamma ti ha forse—»

«Basta così!» riprese lui. «Non sono disposto a tollerare altre domande al riguardo. Io e Valeria ci siamo amati tantissimo, ma tutto – e sottolineo tutto – ha una fine.»

«Già. La mia famiglia è stata ridotta in cenere. Complimenti, avete fatto un ottimo lavoro! Soprattutto tu. E io come una stupida sono ancora qui, a ricercare un sostegno e un affetto che non avrò mai più!»

A quel punto, il suo volto fu invaso dalle lacrime.

«Io non c'entravo niente, eppure hai sempre cercato di evitarmi come la peste. Anziché starmi vicino nonostante il divorzio, hai preferito separarti anche da me. E adesso? Vorresti forse l'applauso? L'applauso per avermi invitata qui a Natale dopo che mamma è passata a miglior vita, dopo che—»

«Amanda, ascolta—»

«No!» sbraitò lei, sempre più addolorata. «Sono stanca di ascoltare! Sono stanca delle solite scuse, e sono stanca della tua indifferenza. Dimmi solo una cosa, e poi... e poi sparirò per sempre dalla tua vita.»

Francesco spalancò gli occhi. Era visibilmente provato e sembrava che anche lui stesse facendo appello a tutte le proprie forze per non scoppiare in lacrime.

«Hai sofferto quando la mamma ci ha lasciati?»

«Più di quanto tu creda», le sussurrò, a testa bassa. «La penso spesso, e non lo dico tanto per dire.»

Amanda annuì, mentre dei violenti conati di vomito stavano cominciando a sconquassarle lo stomaco. Doveva andarsene. «Okay. Addio per sempre, papà. Non sarò mai più un peso per te. Ti auguro il meglio.»

Uscì a grandi passi dalla cucina e a nulla servirono i suoi costanti richiami. Forse aveva esagerato, sicuramente si era lasciata prendere dal momento e l'ansia aveva fatto il resto, ma non le era proprio riuscito di tenere la bocca chiusa. Le era sfuggita di mano l'intera situazione.

E gli aveva persino detto addio.

Lei, che nel segreto l'aveva sempre invocato nel momento del bisogno, gli aveva appena detto addio per sempre.

Non era più disposta a lasciarsi trattare come un avanzo. Doveva andare avanti da sola. E anche se questa volta era stato lui a richiamarla, Amanda non si sarebbe lasciata impietosire.

Questa volta, sarebbe stata proprio lei a non rispondere alla sua chiamata.

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Capitolo 18
*** CAPITOLO XVII ***


CAPITOLO XVII


 



Le guance arrossate, gli occhi imbevuti di pianto. Un pianto che, di lì a poco, s'era fatto sempre più disperato.
Quel castello di carte che tanto aveva faticato a costruirsi negli anni era crollato in un attimo. Era bastato un 'nonnulla' per farne tremare le fondamenta fino a distruggerle.

A suo padre non importava nulla di lei. Adesso, ne aveva avuto la piena conferma. Dopo quella piazzata a casa sua, non si era neanche preso la briga di telefonarle. Ma d'altronde, gli aveva forse lasciato anche soltanto uno spiraglio per dire la sua?
Amanda era più che consapevole di non averlo fatto. Aveva perso il controllo, e quel comportamento non era da lei. C'era soltanto una spiegazione a quell'accesso di rabbia e delusione cocente: la speranza aveva lasciato il posto alla più completa amarezza. Durante il pranzo, Francesco – doveva sforzarsi di non pensarlo più come a suo padre – non l'aveva quasi degnata di uno sguardo. Alcune volte, Amanda aveva persino l'impressione che fosse stata proprio lei, la causa di tutto. Della distruzione di quella famiglia che in ogni singolo aspetto le era sembrata perfetta.
Dalle parole di Grazia (come dalla reticenza del padre), aveva d'altronde maturato un profondo sospetto, a cui però non si azzardava a dare un nome. Con grande fatica, si era trattenuta dal richiamare Alessandro perché non voleva di certo rovinargli il Natale. Per come lo conosceva, avrebbe senz'altro preso fin troppo a cuore la questione, precipitandosi in tutta fretta da lei. Sentiva, però, la strana esigenza di telefonare almeno a Federico. Senza pensarci troppo, compose il numero. Erano ormai scattate le otto di sera, quindi magari non l'avrebbe disturbato troppo.

L'uomo le rispose dopo un paio di squilli. «Amanda! Mi fa davvero piacere sentirti, spero tu abbia trascorso un buon Natale.»

Amanda affondò la testa sul cuscino, era quasi immersa nel buio totale della sua stanza e riusciva a carpire ben poco. Ma non voleva accendere la luce: avrebbe senz'altro visto qualcosa che non le sarebbe piaciuto, incrociando di sfuggita la propria figura davanti allo specchio. Non si era mai sentita così devastata come in quel preciso momento.

«Io spero tanto che l'abbia passato tu», pigolò. «Perché il mio è stato un disastro.»

«Che intendi dire? Amanda, per caso... per caso hai pianto?» aggiunse Federico dopo un po'.

Amanda tirò su col naso. «La mia voce è così orribile?»

«Ti prego, dimmi che è successo.»

«Io e mio padre abbiamo litigato. O meglio, sono stata io a sbottare. E gli ho detto addio per sempre. Sì, lo so cosa stai pensando», chiarì Amanda, a fronte del silenzio dell'uomo. «Che non dovevo agire così avventatamente. Che avrei dovuto permettergli di spiegarsi, anche se di sicuro non mi avrebbe mai detto il vero motivo per cui lui e mamma si sono separati. Avrebbe taciuto e si sarebbe inventato l'ennesima scusa. Cosa che tra l'altro ha fatto anche oggi.»

Federico non rispose nell'immediato al resoconto della ragazza, sembrava proprio che l'avesse lasciato senza parole. «Io penso che chiunque al posto tuo si sarebbe arrabbiato, Amanda», le disse poi. «Ormai sei una donna, e... avresti tutto il diritto di sapere cos'è successo.»

«Mio padre non la pensa così. E non capisco se lo stia facendo per proteggermi, oppure...» Scosse la testa. «Non riesco a pensare che la colpa sia di mamma, capisci? Lei avrà fatto anche parecchie cose discutibili in vita sua, però... No, mi rifiuto di credere a qualsiasi allusione sul suo conto.»

Federico sospirò. «Ti capisco. Ma tutti quanti possono commettere errori, e magari ritrovarsi in situazioni talmente ingarbugliate da non sapere più come uscirne.»

«E con questo? Abbiamo una coscienza e, per nostra fortuna, anche un cervello.»

«Che in molti non riescono a far funzionare, però. Pensa alle questioni di cuore, ad esempio. Lì si usa tutto, tranne che quello. O perlomeno se ne usa davvero pochissimo, specialmente i primi tempi.»

«Io, invece, credo di essere sempre stata piuttosto razionale col mio ex», rifletté Amanda, cercando di trovare un senso alle parole di Federico.

«E allora non ti sei mai innamorata, Amanda. Forse hai creduto di esserlo, ma ti assicuro che, in circostanze come queste, si perde del tutto la ragione. Non si pensa ad altro che a passare più tempo possibile con quella persona; ci si fanno persino le domande più sceme. Le piaceranno di più le orchidee o qualche fiore di campo? Preferisce l'estate o l'inverno? I tramonti o i crepuscoli?»

Ad Amanda, incredibile a dirsi, sfuggì un sorriso. «Non credevo che dietro quella scorza dura e impenetrabile indugiasse un'anima così romantica.»

«Tutti possiamo essere romantici», ribatté lui in tono morbido. «Basta incontrare la persona giusta e si diventa dolci come il miele. Anche se, per parte mia, detesto il miele.»

Il sorriso tirato di Amanda si tramutò in una breve risata, quindi scrollò le spalle. «Il mio ex non era proprio la persona più coccolosa che esista al mondo, ma chi lo sa... magari con un'altra si comporterebbe alla stregua di un gattino bisognoso di attenzioni.»

«Be', ci sono sempre le eccezioni, ovviamente. Ma in linea di massima è così.»

«Papà era una persona dolcissima. Sia con me che con la mamma. Peccato che non sia durata per sempre.»

«Il per sempre, di per sé, è un concetto molto aleatorio. Purtroppo bisogna accettare che anche l'amore possa finire, e che non sempre tutto dipende da noi. O perlomeno, non in via esclusiva. Ci sono una miriade di fattori esterni – spesso incontrollabili – che non esitano a buttarci fuori strada.»

«E a metterci K.O

«Amanda, io... io sono ancora a Torino e, se lo desideri, potremmo cenare insieme. Anzi, in realtà sono a metà strada e potrei raggiungerti a breve. Certo, lo so che non sei dell'umore giusto, però saperti a casa tutta sola... Insomma, mi piacerebbe che la nostra fatidica cena fosse stasera.»

La ragazza spalancò gli occhi. Quella proposta tanto improvvisa l'aveva presa in contropiede. «Forse sarebbe la scelta migliore, piuttosto che restarmene qui a piangere fino a domani mattina», gli rispose, senza pensarci troppo. «D'accordo, vada per stasera. Ma dove ci vediamo?»

«Dimmi tu. Conosci qualche ristorante carino?»

Amanda gli propose il primo che le venne in mente. «La Torre è ottimo, e non è nemmeno troppo lontano dal centro.»

«Se mi mandi la posizione, direi che posso arrivarci senza problemi», le rispose Federico.

«Lo faccio subito. Allora a più tardi, okay? E grazie per avermi invitata.»

«Grazie a te. A più tardi.»

Amanda riattaccò e si rialzò di colpo dal letto. Doveva subito correre a prepararsi.

 

Non appena lo vide, provò immediatamente un senso di sollievo, che d'altra parte s'intensificò non appena lui si precipitò ad abbracciarla. Amanda si strinse a lui e chiuse gli occhi. Per quanto giudicasse quel gesto inaspettato, era contenta che Federico non si fosse fatto problemi nel manifestarle la propria vicinanza.
Il rumore del traffico cittadino, come la confusione che regnava attorno a loro, sembrava ben poca cosa rispetto al pesante tumulto che turbinava il cuore e la mente di Amanda. Tutto, ma proprio tutto, passò in secondo piano, mentre i palmi di lui le accarezzavano con dolcezza la schiena ricoperta da un pesante cappotto.

Amanda sorrise. Nella giacca di lui percepì nuovamente quell'odore non troppo intenso – ma assai caratteristico – che assomigliava tanto all'acqua di colonia, accompagnato a qualche traccia di tabacco. Stava cominciando a riconoscerlo persino da quel dettaglio così infimo. Non c'era stato alcun bisogno di parlare. Federico le aveva elargito un triste sorriso e si era precipitato immediatamente da lei, che aveva ricambiato l'abbraccio seduta stante.

Quando se ne staccò, entrarono al ristorante e vi presero posto. Amanda ordinò una semplice insalata mista, dato il suo poco appetito, mentre Federico optò per un merluzzo gratinato, saltando direttamente primo e antipasto. Nemmeno lui doveva avere molta fame.

«Eviterò di chiederti come ti senti», cominciò Federico, la mascella contratta e un sorriso spento. «Ma se nel caso volessi ancora sfogarti, sono pronto ad ascoltarti.»

Amanda gli regalò un'occhiata piena di riconoscenza. «È difficile che al giorno d'oggi qualcuno si prenda l'onere di ascoltarti. Di solito ognuno parla delle sue cose ed è talmente tanto egocentrico da scordarsi che tutti quanti hanno dei problemi. Per quanto mi riguarda, non sono stata la prima e non sarò neppure l'ultima. Il divorzio, ormai, è diventata una consuetudine. Una semplice formalità. E io sto ancora qui a piangerci come una stupida. Dovrei smetterla di credere nelle favole.»

«E invece non devi», la rimbrottò Federico. «Puoi ancora avere la tua favola.» Allungò la mano verso la sua e gliela strinse con decisione, lo sguardo penetrante. «Puoi avere tutto, Amanda. Non devi lasciarti prendere dallo sconforto.»

«Tu come hai fatto?» gli chiese Amanda, beandosi del calore sprigionato da quel tocco così spontaneo.

Lui increspò la fronte. «A fare cosa?»

«Come hai fatto a... sì, insomma, come hai fatto a rinunciare al tuo grande amore?»

Federico scostò lo sguardo per un istante, quindi tornò su di lei. Nei suoi occhi, s'era fatta strada una terribile nostalgia; un dolore sottile sembrò attraversarli, raschiandoli alla stregua di un coltello. «Non credo di averci mai rinunciato davvero. Sì, alla fine ho dovuto lasciarla andare, però... una parte di me si sente ancora legato a lei. È come se lei, nonostante tutto, mi avesse seguito in tutti questi anni come un'ombra. Alcune volte mi capita persino di sognarla ancora. E altrettante le volte mi sento patetico. Mi piace indossare la maschera dell'uomo distaccato e serioso, e in parte mi si addice anche, ma...» Scrollò la testa, mentre con un'ultima stretta abbandonò la mano di Amanda. «Quando rientro a casa, sento che quella stessa maschera non mi calza più tanto bene.»

«Però con me non la stai indossando, questa maschera», gli fece notare lei, incrociando di nuovo il suo sguardo.

Lui sorrise. «Che dirti, pare che con te mi venga facile non farlo.»

A differenza delle prime volte che abbiamo parlato, pensò Amanda, relegando quella considerazione per sé. «Federico, perché... perché stai uscendo con me?» sparò, prendendo coraggio. Ultimamente se l'era chiesto spesso, ma non avrebbe mai pensato di domandarglielo.

Federico si immobilizzò, lo sguardo fisso in un punto imprecisato del tavolo. Dopo qualche secondo, lo riportò su di lei. «Mi hai incuriosito dalla prima volta che ti ho vista, Amanda», sputò alla fine, accennando un sorriso che alla giovane sembrò vagamente imbarazzato. «Sei una ragazza semplice e pulita, e... ci crederesti se ti dicessi che grazie a te sto ritrovando delle parti di me stesso che pensavo distrutte?»

Ad Amanda colpirono molto le sue parole, tanto più che il suo viso si era completamente illuminato. Quello stesso viso, i cui tratti erano spesso pregni di una forte enigmaticità, era appena stato colpito da un raggio di sole.

«Perché non dovrei?» gli disse, accennando un sorriso. «E comunque... anche tu mi hai incuriosita sin dall'inizio. Ricordo benissimo come il tuo sguardo mi seguiva attento durante la mia prima presentazione, bevendosi ogni singola parola con vivo interesse.»

«Te l'ho detto, sai attirare l'attenzione molto bene», confermò lui, prendendo un sorso d'acqua.

«Già. L'attenzione di un miliardo di sconosciuti, tranne quella di mio padre», specificò lei con grande amarezza. «Per lui, il lavoro viene sempre prima di tutto. Anzi, che sto dicendo... Qualsiasi cosa viene prima della sottoscritta.»

L'espressione di Federico si fece corrucciata. «Tuo padre non sa quello che si perde», le disse, sinceramente dispiaciuto.

Amanda alzò le spalle. «Evidentemente preferisce fare il consulente con annessi straordinari, pur di non trovare del tempo per me. La cosa buffa, se vogliamo, è che quando ero piccola lo trovava eccome. Certo, fino ai nove anni, perché poi... Fiu, lasciamo perdere. Il tempo per rifarsi una vita l'ha trovato, però.»

«Non credo tu debba condannarlo per questo. Chiunque, al posto suo, ci avrebbe riprovato.»

«Ma tu non l'hai fatto», gli fece notare lei. «Tu non ti sei nemmeno sposato, e—»

«Solo perché non mi sono innamorato un'altra volta, Amanda. Non sempre abbiamo una seconda chance. Certo, tengo ancora molto a Roxanne, e... e penso di averla comunque amata, anche se non di quell'amore folle che ho provato in gioventù.»

Amanda arricciò le labbra. «Come fai a essere sicuro che niente sarebbe cambiato, se fossi rimasto insieme a quella donna? Mi hai detto di non averla più vista, no?»

Lui sospirò. «Certe cose si sentono a pelle. E io non l'ho mai dimenticata. Ma non posso certo condannare tuo padre per essersi riaccompagnato.»

«Lo so. Ma... di solito i figli vengono sempre al primo posto, no?»

«Questo sì. Ma non penso di essere la persona più adatta per discutere di questi... particolari. Ciò che più mi dispiace è aver tenuto Roxanne legata a me per così tanti anni. Forse si aspettava che un bel giorno l'avrei sposata, che mi sarei deciso a darle un figlio e...» Federico sorrise amaramente. «E tanto altro, magari. Penso che lo desiderasse più di ogni altra cosa.»

«Hai pensato spesso di lasciarla?» gli chiese Amanda, incuriosita.

«In realtà no. Forse perché temevo che lo spettro del passato si sarebbe ripresentato all'improvviso. E io non ero pronto ad affrontarlo. Al netto di tutto, con lei ho vissuto momenti bellissimi, e sono contento di averla conosciuta. Non so se lei sia dello stesso avviso, però, visto com'è finita.»

Questa volta fu Amanda a stringergli la mano. «Sono sicura che nel cuore conserverà un bel ricordo di te. Mi sembri una persona che, quando ama qualcuno, dona tanto di sé.»

Lui scrollò le spalle, carezzandole piano il dorso della mano. «Abbastanza. Ma so che adesso non vorrei essere in nessun altro posto se non qui con te, e che... darei qualsiasi cosa per vederti di nuovo sorridere.»

Ad Amanda salirono le lacrime agli occhi, il cuore pieno di emozione. Doveva ammettere che era lo stesso anche per lei. «Il fatto che tu sia qui è già un buon motivo per sorridere», gli rispose lei, rilassando i muscoli del volto.

Quando sbarrò gli occhi di colpo, anche Federico sobbalzò e si girò verso la finestra che gli dava le spalle.

«Oddio, ma sta nevicando!» esclamò la ragazza, lo sguardo intriso di meraviglia.

«Mi sembra che la neve ti piaccia molto», osservò Federico, un guizzo divertito e in parte preoccupato negli occhi.

«A te un po' meno, vero? Aspetta, però...» rifletté, «Tu sei venuto con la tua macchina, quindi per te sarebbe un problema grosso se continuasse a nevicare.»

«Be', in effetti lo sarebbe. Ma per fortuna c'è sempre qualche hotel a portata di mano», le rispose Federico, senza battere ciglio.

Amanda si strinse nelle spalle. «Se non fosse che casa mia è un buco, ti ospiterei volentieri ma—»

«No problem», fece lui, un gesto secco della mano. «Spero comunque che non sia necessario fermarmi qui per la notte, magari tra poco smetterà.»

«Credo sia meglio andare, a questo punto», suggerì Amanda, alzandosi dal tavolo.

«Forse hai ragione», concordò Federico.

Pagato il conto, si ritrovarono fuori dal ristorante e i fiocchi di neve, per fortuna, erano già diminuiti.

Amanda stette a guardare il cielo per qualche istante. «Direi che questo Natale non si è concluso poi tanto male», sussurrò. «Grazie di cuore per questa serata», aggiunse, rivolgendosi a Federico.

«Grazie a te», rispose lui. «Sono contento che la mia compagnia ti abbia risollevato un po' il morale.»

«Spero ci saranno altre occasioni.»

Federico le fece l'occhiolino. «Contaci. Ma devo accompagnarti a casa o—»

«Non è necessario», si affrettò a rispondere lei. «Casa mia è a pochi metri da qui. Sai, mi basta svoltare l'angolo.»

«D'accordo, allora vado. Ma non appena arrivi mandami un messaggio, okay?»

Amanda sorrise appena. «Sai... questa frase me la diceva sempre la mamma.»

Federico si rabbuiò di colpo. «Scusami tanto», farfugliò, «io non volevo—»

«No. Non devi scusarti.»

Amanda gli sfiorò la mano, poi gliela strinse. L'impulso di riabbracciarlo si ripresentò quasi subito nella sua mente, ma non fece neanche in tempo a maturarlo del tutto, che Federico si gettò su di lei, attirandola a sé. Anche stavolta, percepì in quell'abbraccio il sapore di una dolcezza speciale. Quella dolcezza che tanto le era mancata.

Non appena arrivò a casa, Amanda scrisse subito a Federico.

 

Tornata sana e salva. Puoi dormire sonni tranquilli.

Un abbraccio,
Amanda.

 

Dopo qualche minuto, le arrivò un messaggio di risposta; corredato, però, da un link che la dirottò su YouTube. Strabuzzò gli occhi. Federico le aveva allegato Era di Lucio Battisti. Una canzone che lei aveva sempre trovato stupenda – e che d'altra parte conosceva sin da quando era bambina. Estrasse le cuffiette dalla tasca della sua giacca e cominciò a canticchiarla.

 

Era Aprile, era Maggio,
Era chi lo sa...

Era bella, oh, era bella,
Solo la sua età...

Non ricordo se sorrise, quando se ne andò.

Io la amavo, io la amavo, solo questo so.

Io credevo tante cose che non credo più,
Non per questo sono triste.

Ora ci sei tu.

Ho paura, ho paura, quando penso che...

Era, era, era, era, era...

Come te.

 

Al termine della canzone, una strana emozione le si agitò nel petto. Cosa significava quel messaggio? E quell'ultima frase? E quell'ora ci sei tu? Si trattava forse di una dichiarazione d'amore?

Amanda si lasciò ricadere sul divano. Tra i tanti pensieri che sin dal mattino le si erano accavallati dentro la testa, avrebbe appena dovuto aggiungervene un altro.

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Capitolo 19
*** CAPITOLO XVIII ***


CAPITOLO XVIII


 



«Avresti dovuto chiamarmi!» la rimbrottò Alessandro, visibilmente dispiaciuto per quanto Amanda gli aveva appena raccontato.

«Sai, ero tentata, ma non volevo rovinarti la giornata. Ti preoccupi troppo per me, te l'ho sempre detto.»

Lui sospirò. «Sei sempre la solita testona. Siamo amici o no? Mi sembra ovvio che tenga a te», le fece notare Alessandro. «Quindi hai passato l'intera serata a deprimerti?»

«In realtà...» Amanda si morse le labbra. Come aveva previsto, non aveva chiuso occhio per tutta la notte, incapace di scrollarsi dalla testa il messaggio di Federico. «Sono uscita con Federico», biascicò poi, scrutandolo di sottecchi.

Alessandro annuì quasi a rallentatore, l'espressione indecifrabile. «Ah», le rispose, incrociando finalmente i suoi occhi. «E com'è andata?»

Amanda sospirò. «Molto bene. Ma a fine serata... be', ecco, lui mi ha inviato questa canzone.»

Gli consegnò il cellulare e fece partire subito il brano.

Alessandro fissò lo schermo, completamente inebetito. Al termine della musica, si riscosse e fece spallucce. «Be', mi sembra ovvio che il nostro uomo sia cotto a puntino», sentenziò, una smorfia divertita accompagnata da un tono di voce che ad Amanda suonò leggermente seccato.

«Tu dici? Eppure non è successo niente, non—»

«Mi sembra che il testo della canzone parli molto chiaro», rilanciò lui, alzandosi di scatto dal divano. Si avvicinò alla finestra e ne scostò le tende. Un leggerissimo strato di neve ricopriva il giardinetto circostante la casa di Amanda, mentre un tiepido sole contribuiva al suo imminente scioglimento. «Vi... vi siete baciati?» le chiese, senza degnarla di uno sguardo.

«No, ti ho detto che non c'è stato niente!» puntualizzò l'altra, l'espressione confusa.

Per quale motivo Alessandro non la stava più guardando?

«Ma lo avrai senz'altro incoraggiato», intuì lui, continuando a voltarle le spalle. Dopo qualche istante le tornò vicino, un alone di profonda serietà nascondeva il verde dei suoi occhi. «Amanda, dimmi la verità... Ti sei innamorata di quell'uomo?»

La ragazza lo scrutò appena. Non riusciva a comprendere perché si sentisse così in imbarazzo di fronte a lui. «No, non lo sono», soffiò alla fine, decisa. «Ma non posso negare che ogni volta che lo vedo provo una sensazione particolare.»

Alessandro annuì, dando segno di aver capito. «Che intendi fare, quindi? Gli hai dato una risposta?»

«Tu credi che lui se l'aspetti?»

«Secondo te? Non vorrei essere al suo posto. Perché al posto suo diventerei matto.»

«Lo dici a me? Te l'ho detto com'è finita con mio padre, no? E tutto perché ho aspettato quel qualcosa che non sarebbe mai arrivato.»

Alessandro si perse nei suoi pensieri, fino a quando uno strano suono non lo ridestò. Amanda estrasse il proprio cellulare e, sbloccato il display, rimase a bocca aperta.

 

Ciao, Amanda. Come stai? Mi scuso in anticipo per essermi appuntato il tuo numero senza il tuo consenso, ma non ho resistito. Spero tanto che tu stia meglio.

V.

 

«Qualcosa non va?» le chiese Alessandro, notando la sua espressione sbigottita.

«Il figlio di Grazia mi ha appena inviato un messaggio», farfugliò, scuotendo la testa.

«Quindi hai conosciuto anche loro», commentò Alessandro, l'aria smarrita.

«Non è come pensi», si affrettò a chiarire Amanda. «Gli avevo dato un attimo il cellulare per fargli vedere una cosa perché la sua impertinenza mi stava dando sui nervi, ed evidentemente ne ha approfittato.»

«Già. Non ha perso tempo, in effetti. E...  lui ti piace?» le chiese, guardingo.

Amanda gli regalò un'occhiata truce. «NO. La vuoi smettere di farmi il terzo grado?»

«Scusami tanto se ho il cuore tenero e mi preoccupo per te!» ruggì Alessandro.

All'ennesima occhiata indagatrice di Amanda, sospirò e si affrettò a correggere il tiro. «Perdonami, non..
non volevo alzare la voce. È che mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare questa situazione con tuo padre, per giunta proprio a Natale. Pensavo che stavolta avreste parlato come due persone civili, e invece...»

«Per una volta non sono riuscita a controllarmi. E adesso ci si è messo pure Federico. Dio, sono così confusa!»

Alessandro sospirò. «Sapessi io. Non saprei come aiutarti, Amanda. Questa è la tua vita, e non dico che tu debba sbrigartela da sola, però... non credo di essere la persona più adatta a dare consigli. Non stavolta.»

Amanda sbuffò, quindi sbloccò lo smartphone e cliccò sul messaggio di Federico.

È una canzone bellissima, scrisse di getto. La ascoltavo molto spesso quando ero piccola.

Senza pensarci troppo, inviò l'SMS e si preparò a rispondere anche a Vittorio.

Ciao. Diciamo che si va avanti. Cercherò di non disturbarvi più e, ti prego, porgi un mare di scuse a tua madre da parte mia. Non meritava che scappassi in quel modo senza salutarla.

Amanda premette sulla freccia di invio e richiuse il telefono. Non pensava che avrebbe mai "supplicato" Grazia di accettare le sue scuse, eppure l'aveva fatto. Il suo sguardo tornò su Alessandro, un mezzo sorriso e un barlume di speranza nel cuore. «Menomale che ci sei tu», soffiò, rivolgendosi a lui.

Lui alzò le spalle. «Non sto facendo niente, Amanda.» Le si sedette accanto e, finalmente, accennò anche lui un tenue sorriso. «Anzi, ti confesso che... che mi piacerebbe tanto fare di più. Poterti dare di più...»

Le sfiorò appena la guancia, e proprio in quel momento la ragazza si rese perfettamente conto di quanto fossero vicini – il suo tocco era gentile, quasi timido. Anche stavolta, si soffermò ad analizzare le labbra sottili di Alessandro più del dovuto, una sensazione di intorpidimento improvvisa. Forse era una completa follia, magari le stava salendo qualche linea di febbre, ma tutt'a un tratto trovava quelle labbra così straordinariamente invitanti, che d'istinto le avrebbe...
Scosse appena la testa, mordendosi le proprie. Colmare le sue mancanze d'affetto per mezzo di Alessandro non era per nulla corretto. Lui non si meritava un simile trattamento.

E poi... non era forse innamorato di un'altra?

Quel pensiero le fece scostare lo sguardo. «Il... il mio tour è quasi finito», sussurrò. «E tu dovresti farmi conoscere quella ragazza, te lo ricordi?»

Alessandro smise di accarezzarle la guancia seduta stante, l'espressione indecifrabile. «Non potrei dimenticarlo neppure se lo volessi, Amanda. Checché se ne dica, sono abituato a mantenerle, le promesse. La conoscerai molto presto», le disse, accennando un sorriso. «Comunque sia... la nostra è stata un'avventura bellissima. E non smetterò mai di ringraziarti per avermi permesso di viverla nelle vesti di agente, e... e di amico.»

«Magari ce ne saranno altre», rispose Amanda, concordando con lui.

«Magari, sì. A tal proposito, è ancora valida la proposta che mi hai fatto un mesetto fa?»

Amanda gli diede un pugnetto sul braccio, quell'alone di tensione profonda che si sciolse d'un colpo. «Lasciatelo dire, sei un furbacchione!»

«Eh certo!» stette al gioco lui. «Quando mi ricapita di giracchiare per l'Italia sottobraccio a una scrittrice talentuosa e bellissima come Amanda Benassi?» – fece un gesto teatrale con entrambe le mani e ci rise su.

«La vuoi smettere?» lo pregò l'altra, le guance in fiamme. Se non fosse che era fermamente convinta del fatto che Alessandro fosse sotto a un treno per la misteriosa ragazza che avrebbe conosciuto tra qualche settimana, avrebbe quasi sospettato che le stesse – più o meno velatamente – facendo il filo. Non le aveva mai detto che la trovava bellissima in un modo così diretto. Tra l'altro, qualche minuto prima sembrava quasi che lui fosse un pelino geloso di Federico e Vittorio. Scacciò seduta stante quei pensieri dalla testa.

Stai delirando, Amanda.

«Allora, sei pronta per l'ultima tappa del nostro grande viaggio? »

Amanda fece spallucce. «Mi dispiace aver dovuto rimandare a così tanti mesi il penultimo incontro con i miei fans. Ma non vedo l'ora che questo tour finisca, perché... perché per quanto sia stato bello, non mi sento così in vena di parlare in pubblico.»

Alessandro torno al suo fianco. «Ti capisco. E non preoccuparti, ci parlo io con Galeazzi. Vedrai che non farà una piega.»

«Spero di non crearti troppi casini. Mi dispiacerebbe un mondo.»

«Nah, sappi che il vero casino è dentro la mia testa da ben cinque anni.»

Amanda aggrottò la fronte. «Quindi... da quando mi hai conosciuta?»

«Precisamente, sì. Ma adesso forza, andiamo a fare due passi», si affrettò ad aggiungere, prima che Amanda potesse pretendere ulteriori spiegazioni. «La neve ormai si è sciolta del tutto, e io vorrei offrirti una bella cioccolata calda al bar del centro. Sei con me?»

Gli occhi della ragazza luccicarono al pari di quelli di una bambina. Tra le tante cose che adorava, la cioccolata calda era proprio il suo must.

 

§

 

Non sapeva spiegarsi bene il perché si sentisse così nervosa. Certo, in quelle occasioni la solita ansia da prestazione l'aveva sempre accompagnata a braccetto, senza lasciarla un attimo. Questa volta, però, percepiva un qualcosa di diverso nell'aria. Come se, da un momento all'altro, dovesse succedere qualcosa.
Dopo l'ultimo messaggio inviato a Federico, lui non le aveva risposto né, tantomeno, telefonato. Non sapeva se l'avrebbe nuovamente visto varcare la soglia di quella porta che ora stava fissando con preoccupazione e aspettativa insieme.

Il loro ultimo incontro era stato decisamente particolare. In Federico aveva captato un qualche cosa di profondamente diverso. Nel suo tocco un profondo affetto, più nessun alone di freddezza nello sguardo, una dolcezza nuova nella voce e nei lineamenti di quel viso sempre accarezzato da una cieca – quanto squisita – malinconia. Quel viso tanto affascinante e nel contempo pregno di una misteriosità accattivante, testimone, tra le altre cose, di un grande amore vissuto a metà.
E poi, quella dolcissima canzone di Battisti. Al solo ricordo, lo stomaco di Amanda si attorcigliava tutto. Le sensazioni che quel gesto le suscitava erano a dir poco contrastanti.

Consultò l'orologio da polso. Il chiacchiericcio di alcuni avventori contribuiva ad acuire la sua ansia, soprattutto perché in tanti continuavano a mormorare senza spostare lo sguardo dal suo, che invece vagava per la grande libreria alla ricerca di un porto sicuro che, in quel momento, sentiva tremendamente lontano. Persino nel luogo che tanto amava; quel suo rifugio fatto di sogni e felicità, dove niente e nessuno poteva scalfirla.

Per un momento, il suo pensiero andò al padre. Chissà come se la stava passando?

Non devi interessartene, si redarguì, mentre pensava che ormai Federico non sarebbe venuto.

Passato qualche altro minuto, proprio quando stava per prendere fiato ed augurare il benvenuto alle tante persone che già avevano preso posto di fronte a lei, sulla scena comparve l'ultima persona che si sarebbe mai aspettata.

Il suo cuore fece mille giravolte, la gola secca.

Questa volta, aveva indossato il suo completo migliore. Era davvero molto elegante, e non indossava nemmeno gli occhiali. Incrociando il suo sguardo, aveva accennato un triste sorriso e si era seduto, non senza timore, in uno dei pochi posti vuoti rimasti.

Amanda cercò immediatamente Alessandro con lo sguardo, un leggero cenno di diniego con la testa. Imbarazzata, confusa ed emozionata al tempo stesso, fece un bel respiro e farfugliò: «Vi prego di scusarmi un attimo, torno subito.»

Si voltò e corse su per le scale, mentre Alessandro si apprestava a seguirla, non senza aver prima rassicurato tutti i presenti che l'interruzione sarebbe stata breve.

Salì di corsa le scale e trovò Amanda davanti a uno scaffale pieno di libri. Le si avvicinò piano, quindi prese ad accarezzarle le spalle con tenerezza. «Amanda, va tutto bene?» le chiese, visibilmente preoccupato.

L'altra sussultò appena. Si asciugò un paio di lacrime dal volto e si girò verso di lui. «È appena successo un miracolo», farfugliò, un sorriso istantaneo le sorse sulle labbra.
Avrebbe dovuto odiarlo per tutto quello che non aveva fatto per lei, eppure l'iniziale repulsione che aveva provato si era trasformata quasi subito in una splendida felicità. «Di là c'è mio padre!» esclamò, cercando di non farsi sentire, malgrado l'insistente chiacchiericcio che proveniva dal piano di sotto. «MIO padre

Alessandro sorrise a sua volta e la prese subito in braccio, facendola volteggiare più e più volte. «Allora dobbiamo festeggiare», le sussurrò, mentre Amanda – pur colta di sorpresa – se la rideva insieme a lui.

Non appena la mise giù, le loro labbra si ritrovarono ancora una volta a pochi centimetri l'una dall'altra. Amanda trattenne il respiro. La tentazione di catturarle nelle sue non era affatto scomparsa. E quando lui posò la fronte contro la sua, un brivido intenso le trapassò la schiena. Alessandro non sorrideva più, i palmi di entrambi sui fianchi dell'altro. La stava guardando così intensamente che faticò non poco nel restare lucida.

«Forza, torniamo giù», riprese Alessandro, scostandosi da lei, un'ultima stretta incoraggiante. «E fai vedere chi sei.»

«Lo farò, Ale», rispose la giovane, che mentre si avviava giù per le scale pensò a quanto si sentisse frastornata e confusa per quell'avvicinamento improvviso.

Quando tornò al cospetto del suo amato pubblico, si ripromise che il suo discorso sarebbe stato indimenticabile. Perché malgrado una parte di lei ce l'avesse ancora con suo padre, nel profondo del suo cuore non poteva essere più felice della sua presenza.

Come se non bastasse, dopo circa cinque minuti dall'inizio del suo discorso, anche Federico fece il suo ingresso in libreria. Il cuore di Amanda triplicò i battiti.

Molto probabilmente, se non le fosse preso un colpo nel corso di quella giornata, non le sarebbe successo mai più!

Federico le sorrise e si accomodò a poca distanza dal papà, ma comunque dietro di lui. Amanda fece appena in tempo a ricambiare il suo sorriso, che l'uomo parve irrigidirsi di colpo. Credendo si trattasse soltanto della solita, erronea impressione, focalizzò l'attenzione su suo padre, che sembrava ascoltarla con  interesse e abnegazione totali.

Quanto tempo aveva aspettato perché lui la guardasse in quel modo? Perché quell'ammirazione che vedeva impressa nei suoi occhi perdurasse ben più di un fugace attimo?

L'emozione le salì più volte dritta in gola. Per sua fortuna, il buon Alessandro l'aveva rifornita di acqua fresca e, di tanto in tanto, Amanda non resisteva dall'afferrare la bottiglietta che teneva sul tavolino per centellinarne un qualche sorso. Non riusciva proprio a credere che lui fosse lì: le pareva soltanto un bellissimo sogno. Di tanto in tanto, le capitava di incrociare anche lo sguardo di Alessandro, estasiato tanto quanto il suo.

Avrebbe voluto che quel momento non avesse mai fine.

Quando la solita presentazione giunse al termine, tutto il pubblico proruppe in un applauso scrosciante, alzandosi persino in piedi. Anche suo padre e Federico, che l'avevano ascoltata completamente rapiti, non mancarono di unirsi a quella standing ovation.

Amanda ringraziò tutti i presenti con sincero trasporto e, quando arrivò il momento degli autografi, un'ulteriore ondata di emozioni la sopraffece quasi del tutto. Suo padre aveva il suo ultimo romanzo tra le mani, lo sguardo speranzoso e un lieve accenno di sorriso.

«So che forse non ne ho più il diritto, ma posso ancora sperare in un tuo autografo?» le domandò non appena fu il suo turno.

Amanda ricambiò il suo sorriso. «Non riuscirei mai a negartelo», gli confessò.

Prese il proprio libro tra le mani e sussultò non appena vide che al suo interno c'era un bigliettino.

Ti aspetto al caffè all'angolo. Se vuoi, quando hai finito, possiamo vederci e parlare un po'. Non devi sentirti obbligata, peròL'ultima cosa che voglio è rovinarti il momento.

Amanda prese la penna tra le mani e, distrattamente, appose la consueta firma in quarta di copertina. Si ripose il fogliettino in tasca e restituì il libro al genitore che, facendole un ultimo sorriso, scomparì dalla sua vista senza aspettarsi una qualsivoglia risposta. Amanda aveva colto nel suo sguardo un guizzo di timore misto a una profonda insicurezza. E lei non poteva certo biasimarlo. Fino a due giorni prima gli aveva detto che sarebbe uscita dalla sua vita per sempre, e adesso reclamava la sua presenza.
Se era vero che alla sua ultima chiamata – alias poco prima che fuggisse da casa sua – non aveva risposto, questa volta era invece sicura che non gli avrebbe detto no.

Non appena ebbe finito con le solite interviste e gli altrettanti, noiosissimi convenevoli che le stesse comportavano (quando si trattava di confabulare con i giornalisti, Amanda non era per nulla contenta), uscì fuori dalla libreria e si ritrovò dinanzi Federico.

«Com'è andata?» le domandò, senza accennare il benché minimo sorriso.

«Molto bene, ho appena finito di "parlare" con i soliti avvoltoi

«Bene. Ti andrebbe di andare a bere qualcosa con me?» le chiese poi, speranzoso.

Amanda strinse le labbra. «A dire il vero... Sai, proprio oggi è venuto anche mio padre. Era seduto davanti a te, e non puoi immaginare la sorpresa e la felicità che ho provato. Io... io sono al settimo cielo. Non ci speravo più, pensa che, dopo avermi chiesto l'autografo, mi ha persino invitato al bar del centro per fare due chiacchiere, quindi non pos—»

«Ho capito», rispose Federico. «Non devi aggiungere altro.» Sospirò pesantemente, un consistente alone di tristezza e delusione negli occhi. «Amanda, io... io penso che sia meglio chiuderla qui.»

Amanda scosse la testa, un sorriso nervoso e lo stomaco in subbuglio. «Che... che cosa intendi? Scusami tanto, ma non ti capisco.»

«Io e te non dobbiamo vederci più», puntualizzò lui, guardandola a malapena.

«Ma... ma che diavolo stai dicendo? Perché?» domandò l'altra, in preda al panico.

Che cosa aveva fatto di sbagliato? Che fine aveva fatto il Federico di due giorni prima?

«Ho forse detto qualcosa che—»

«No. Tu non hai fatto niente», la interruppe lui. «Ma dobbiamo finirla qui. È la cosa più giusta per entrambi.»

«Sei tu che stai decidendo per entrambi», rilanciò Amanda. «E non riesco a capire il perché.»

Era forse geloso?

Nah, si disse Amanda. Come poteva essere geloso di suo padre?

«Ti prego, spiegami perché di punto in bianco ti stai comportando in questo modo», lo implorò Amanda, cercando, invano, di incrociare i suoi occhi.

Lui estrasse una sigaretta dalla tasca dei pantaloni e, del tutto incurante della sua presenza, se l'accese facendo subito un tiro.

Amanda provò una sensazione di estraniamento totale. Si trovava davvero insieme a Federico? A quel Federico?

«Rispondimi!» esclamò, infastidita e delusa allo stesso tempo. «Forse ti dà fastidio che ti abbia detto no

Federico tornò a guardarla, un ghigno divertito e amareggiato al tempo stesso gli si disegnò sulle labbra. «Non cercarmi più, Amanda. Te lo dico per il tuo bene», le disse, in tono duro.

Riprese a torturarsi con la sigaretta e fece per andarsene, ma Amanda lo bloccò per un braccio. «Federico, io... io mi sto affezionando molto a te», gli confessò, prendendo coraggio. «Mi devi credere. Perché mi fai questo?»

Lui non oppose resistenza e si voltò. Aveva gli occhi lucidi, benché si ostinasse a ricacciare tutto indietro. «Per me è lo stesso. Dal momento in cui ti ho conosciuta, sei il mio primissimo pensiero non appena mi alzo la mattina, e... e rimani l'ultimo persino quando decido di arrendermi al sonno. Ed è proprio per questo che non dobbiamo vederci più. Finirei per farti del male. Anzi, finiremmo per farcelo entrambi. E tu non meriti questo. Buona fortuna per tutto, Amanda.»

Si voltò nuovamente e, a grandi passi, si allontanò da lei.

Amanda rimase pietrificata, incapace di replicare alle sue parole. Non riuscì a muovere un muscolo, tantomeno si abbandonò all'impulso di seguirlo come una disperata per cercare di fargli cambiare idea. Qualcosa le diceva che non sarebbe servito a niente. Nonostante quella tristissima (e inspiegabile) scenata, però, un barlume di speranza continuava a farle tremare il cuore.

Suo padre Francesco la stava aspettando e, per quanto le fosse dispiaciuto che Federico avesse troncato i rapporti in quel modo così drastico e infelice, il genitore sarebbe sempre venuto prima di tutto.


 

N.d.A: Finalmente, sono riuscita ad aggiornare nonostante i numerosissimi impegni (al solito universitari) cui ho dovuto far fronte. Cosa sarà mai passato per la testa di Federico? Avete ipotesi? E di Ale e Amanda? Che ne pensate?

Ne approfitto per ringraziare tutti voi lettori che siete arrivati fin qui, il vostro sostegno è stato e sarà sempre fondamentale! Come sempre, spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto! :)

Un abbraccio,

Eleonora.

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Capitolo 20
*** CAPITOLO XIX ***


CAPITOLO XIX


 

 

Amanda si apprestò a raggiungere il bar più vicino, un'accozzaglia di pensieri che si intervallavano nella testa. Il suo turbamento interiore non accennava a diminuire e, anzi, aumentava esponenzialmente di minuto in minuto. Per alcuni versi, aveva rassomigliato il comportamento di Federico proprio al suo e, tutto d'un tratto, comprese appieno cosa dovesse aver provato suo padre il giorno di Natale. A quanto pareva, però, quella sua sceneggiata aveva portato i frutti sperati, dato che stava per incontrarsi con lui.
Certo, non poteva sapere come sarebbe andata, ma in cuor suo sperava in un chiarimento definitivo.

Raggiunse Il Colosseo e attraversò la strada. Proprio lì di fronte c'era un bar all'aperto. Si guardò intorno per un momento e lo intercettò quasi subito. Immerso nei suoi pensieri, lo sguardo basso, la gamba destra che ciondolava qua e là.

Era nervoso, constatò Amanda, che d'altra parte non poteva dirsi meno tesa di lui.

Si avvicinò quel tanto che bastava perché Francesco la vedesse. «Siediti pure», la pregò. «Mi... mi sono permesso di ordinarti un succo alla mela. È rimasto ancora il tuo preferito – dopo la cioccolata calda, ovviamente –, giusto?»

Amanda accennò un sorriso. Nonostante tutto, suo padre ricordava alla perfezione i suoi gusti, e questo la commosse nel profondo. «Sì, hai indovinato», gli rispose, prendendo posto di fronte a lui.

«Se desideri qualcos'altro, basta chiedere», le disse Francesco, tamburellando le dita sul proprio bicchiere contenente un goccio di acqua tonica.

«Mi è bastata la tua presenza in libreria», soffiò Amanda, leggermente imbarazzata. «Grazie davvero per essere venuto. Ci tenevo molto.»

Suo padre sospirò. «Mi sono perso così tanto, in questi anni», ammise, alternando lo sguardo tra la figlia e il bicchiere semi-vuoto. Ingollò un altro sorso. «Sei stata bravissima. Anzi, superlativa», le disse poi, nei suoi occhi tristi un barlume di sincera soddisfazione.

Amanda provò un'emozione fortissima. Forse l'ultima volta che le aveva detto quelle parole era stato quando aveva finalmente risolto senza alcun aiuto il suo primo problema di geometria. «Mi dispiace tanto se l'altro ieri sono scappata da casa tua senza salutare nessuno. Grazia è stata così gentile con me, che—»

«Non devi rimproverarti niente», la interruppe Francesco. «Lei non ce l'ha con te. L'unico che ha sbagliato sono io.»

L'altra scosse la testa. «Non solo tu. Io non... nemmeno io ho cercato di capirti, papà. Alcune volte, ho... ho odiato Grazia con tutte le mie forze, senza rendermi troppo conto che è stata proprio lei a farti tornare l'uomo felice che eri, prima che...» Sospirò. «Mi ricordo molto bene quando tu e la mamma vi siete separati. Eri praticamente distrutto.»

Francesco strabuzzò gli occhi.

«Sì», proseguì Amanda. «Non pensare che non me ne fossi accorta soltanto perché avevo nove anni. Ti ho sentito tante volte piangere per lei. Sapevo che piangevi per lei. Tutte le volte che mi mettevi a letto, io non riuscivo a dormire perché nella stanza accanto c'eri tu. I muri di casa nostra erano quasi di cartapesta, lo sai.»
Un sorriso amaro contornò le labbra di Amanda. «Mentre la mamma era costretta a fare i turni di notte per badare a nonno, io dall'altra parte ti sentivo piangere. Ma comunque... non potevo farci niente. Non mi avresti mai permesso di dormire con te. Forse perché alla fine avremmo finito per piangere insieme. Però... io avrei tanto voluto che lo facessimo, se soltanto fosse servito ad alleviare il nostro dolore.»

Francesco si affrettò a scacciare un paio di lacrime che sfuggirono al suo controllo. «Io ci ho creduto tanto, Amanda. Ho creduto tantissimo nel matrimonio con tua madre, come nel nostro sentimento, però...» Deglutì a fatica. «E per tanto tempo ho creduto anche che...» Scosse la testa. «Niente era più come prima, ormai. E il mio rimorso più grande è che ci sia andata di mezzo tu. Io non volevo che soffrissi, ma sia io che tua madre non siamo riusciti a evitarlo.»

Amanda si morse le labbra. Era tremendamente difficile trattenersi.

«Vorrei che sapessi che comunque non ho mai smesso di volerti bene. Te ne ho sempre voluto. Però... la rottura con tua madre mi ha segnato e... non sono più riuscito a vedere il bicchiere mezzo pieno, come si suol dire. Avevo ancora te, eppure ho fatto di tutto per perderti per sempre. E forse è proprio quello che è successo. Spero soltanto che un giorno riuscirai a trovare la forza di perdonarmi.»

Amanda gli strinse la mano. «Devo sapere che è successo, papà. Per favore», lo implorò, mentre delle calde lacrime le solcavano le guance.

«Per me è difficile dirtelo. Mi sono ripromesso che non mi sarei mai abbassato a tanto, però... forse arrivati a questo punto non posso negartelo.» Si stropicciò gli occhi e riprese a parlare. «I sentimenti di Valeria erano cambiati», mormorò. «Forse un po' è stata colpa mia. In quel periodo lavoravo tanto... Troppo, forse. Però ho cercato comunque di essere presente almeno tramite telefono. Tornavo spesso a tarda sera, ed evidentemente c'è stato un punto in cui lei non lo ha più sopportato, e quindi...»

«Ti ha lasciato per questo?»

Francesco strinse forte il bicchiere. «Non è andata proprio così. Lei... lei mi ha tradito», confessò, le parole gli morirono quasi in gola. «Una storiella senza importanza, per lo meno a suo dire, ma... io comunque non sono riuscito a perdonarla. Ero ancora profondamente innamorato di lei, ma per me è... per me è stato troppo.»

Ad Amanda si bloccò il respiro. Altre lacrime le rigarono il viso e l'impulso di distruggere qualunque cosa le capitasse a tiro si fece talmente potente, che per un momento pensò di scappare a gambe levate. Aveva appena scoperto una verità devastante, che fra l'altro non aveva mai considerato.

«Mi dispiace avertelo detto solo adesso», soffiò il papà con aria contrita e addolorata. «Grazia mi ha pregato spesso di dirti la verità, ma io non le ho mai dato ascolto. Distruggere l'immagine che ti eri fatta di Valeria era l'ultima delle mie intenzioni.»

A fronte del silenzio e del palese turbamento di Amanda, Francesco le regalò un'occhiata comprensiva. «Avresti preferito non saperlo, vero? Be', non ti biasimo.»

«Ho sempre creduto che fra voi due ci fossero stati problemi di tutt'altra natura», rispose lei, cercando di farsi forza. Il pensiero che sua madre avesse fatto una cosa così riprovevole le provocava delle fitte lancinanti allo stomaco. «Non posso credere che lei si sia spinta a tanto. Eravate... eravate così belli insieme.»

Francesco abbassò il capo, un'altra scia di lacrime che soffocò dietro a un mesto sorriso. «Valeria è sempre stata uno spirito libero. Magari il matrimonio non faceva davvero per lei.»

Amanda ripensò alle innumerevoli frequentazioni della madre, al suo entusiasmo iniziale che, dopo appena poche settimane, si tramutava in completa apatia. «Dopo di te, la mamma è uscita con tantissimi uomini», sibilò, malcelando il proprio disgusto. «A te è bastata Grazia, invece. A questo punto, mi sembra ovvio che il più equilibrato della coppia fossi tu.»

L'altro scrollò le spalle. «Non è semplice trovare la propria metà. Delle volte bisogna letteralmente sopportarsi a vicenda, quindi tienilo a mente qualora un domani – e te lo auguro – dovessi sposarti. Però... io di tua madre ho sempre amato tutto, eccessi compresi. Lei adorava circondarsi di capi costosi e altrettanto alla moda, di borsette firmate e di tante altre cose che per me erano di scarsa importanza... Ma non devi pensare che sia stata una donna superficiale. Lei ti ha cresciuta, e di questo devi esserle grata.» Francesco allungò di nuovo il braccio e catturò la mano della figlia, racchiudendola nella sua.
«Non devi odiarla, Amanda. Promettimi che non lo farai. Non se lo merita.»

La ragazza scostò lo sguardo. Come poteva chiederle di fingere che non fosse successo niente?

«Sai, quando ho conosciuto Grazia...» riprese Francesco, con un filo di indecisione nella voce, «Io non volevo più saperne niente di donne. Mi ero completamente chiuso in me stesso, e... per me non esisteva altro che il lavoro. Lei, però, non sembrava molto d'accordo con me.» Scrollò le spalle. «È stata molto tenace. E il resto lo sai. A poco a poco, la sua presenza è diventata indispensabile. Ma ti confesso che tua madre resterà per sempre il mio più grande amore. Nonostante tutto», esalò, sorridendo amaramente.

Amanda non ce la fece più, quindi scoppiò in lacrime. «Mi dispiace tanto, papà», farfugliò tra i singhiozzi, mentre lui si alzò subito dalla sedia per stringerla in un forte abbraccio.

«Dispiace più a me», balbettò lui, cercando di non perdere del tutto il controllo. «Mi dispiace di essere stato un pessimo padre. Mi dispiace essermi allontanato così tanto da te.»

Amanda non riuscì a rispondergli. Si aggrappò alle sue spalle e continuò a singhiozzare. Non sapeva se, da quel momento in poi, avrebbe riallacciato davvero i rapporti con il genitore, ma forse, nel profondo del suo cuore, era proprio quello che sperava.

 

Aveva raccontato tutto ad Alessandro qualche giorno dopo, incapace di tenersi dentro una verità che, di minuto in minuto, le faceva sempre più male. Si era sentita tradita. Del tutto annientata da un qualcosa che lei aveva sempre reputato agghiacciante: il tradimento fisico – e soprattutto emotivo – ai danni della persona amata.
No, Amanda non credeva affatto che la squallida avventura extraconiugale della madre fosse da considerarsi un episodio senza alcuna importanza. Malgrado non le riuscisse di immaginarla nelle vesti di una donna cinica e senza scrupoli, non poteva comunque giustificarla in alcun modo. Aveva sbagliato, e non biasimava certamente Francesco per la sua decisione di chiudere una relazione cui lei, evidentemente, non aveva conferito il benché minimo valore. Nonostante Amanda avesse sempre rifiutato l'idea che l'uno o l'altra si fosse abbandonato al più classico dei cliché, doveva ammettere che, per l'ennesima volta, la vita le aveva giocato un gran brutto tiro. Negli ultimi due anni, sua madre le era mancata come l'aria, ma da quando aveva scoperto quel terribile retroscena...

Inspirò a fondo, mentre Alessandro continuava a stringerla a sé. Non aveva resistito dall'andare a trovarlo nel suo appartamento, e tutto perché non aveva più intenzione di rimuginare in solitaria sulla questione. L'impulso di confidarsi con lui era stato più forte di tutto, aveva prevaricato persino sul desiderio di provare a contattare Federico – sempre ammesso che l'uomo le avesse risposto. Su quel fronte non si sarebbe certo arresa; ma, in quel preciso momento, il conforto e la presenza di Alessandro erano quanto di più bello potesse attendersi.

Peccato che si sentisse confusa su tutto. Da una parte, non comprendeva nemmeno l'atteggiamento scostante del padre. Perché mai aveva deciso di allontanarsi così drasticamente da lei? Non potevano continuare, a dispetto del divorzio, a vedersi come il padre e la figlia che sempre e comunque sarebbero stati?

A quanto pare, Francesco aveva deciso di chiudere tutti i ponti – o quasi – con lei, benché non potesse attribuirsi alcuna colpa.

Malgrado l'incessante turbinio di emozioni che l'aveva investita non appena l'uomo era comparso alla presentazione del suo romanzo di punta – e nonostante gli volesse ancora un bene dell'anima –, Amanda non poteva comunque sorvolare sul fatto che lui l'avesse praticamente ignorata per quasi vent'anni.

«Nessuno mi ha mai amata. Non veramente, almeno», se ne uscì, mentre quella dolorosa consapevolezza le provocava l'ennesimo squarcio nel petto. «Se la mamma mi avesse voluto bene, ci avrebbe pensato mille volte prima di fare quello che ha fatto. Il tradimento è una scelta», sottolineò, lasciando che un altro paio di lacrime le sgorgassero dal viso. «E lo stesso vale per papà. Lui non mi ha degnato di uno sguardo per anni. E adesso... come può pensare che tutto possa tornare immediatamente alla normalità soltanto perché si è degnato di venire alla presentazione – peraltro solo a seguito della sceneggiata che gli ho fatto a Natale – ? Sì, una parte di me lo vorrebbe, però... però non riesco nemmeno a dimenticare quanto ho sofferto per causa sua. A causa della sua maledetta freddezza.»

«Non dire così, Amanda. Non devi pensare che—»

«Cosa? Che nessuno dei due mi abbia realmente voluto bene? E invece lo penso!» esclamò Amanda, incrociando i suoi occhi intristiti. «Sono stata solo un peso. Per entrambi.»

Alessandro la scrollò dolcemente per le spalle, obbligandola a voltarsi. «No!» ribatté, un tono di voce che non ammetteva repliche. «Non devi neanche pensarlo. Okay, hanno sbagliato entrambi. E ci sta assolutamente che tu non riesca a perdonare tuo padre nell'immediato, ma vedrai che con il tempo—»

«Non lo so, Ale. All'inizio ero tanto felice, ma adesso... non lo so nemmeno io, quello che provo. Mi sento soltanto...»
Sbuffò, incapace di dare forma a tutti i suoi pensieri.

«Posso immaginarlo. Ti senti come se nessuno ti avesse mai amata. Ma non è così, te lo posso assicurare. Ci sono tante persone che ti vogliono bene. Che si sentirebbero perse, senza di te. Prendi Monica, per esempio. Lei ti adora. E poi... e poi ci sono io, che farei qualsiasi cosa per te», le confessò, carezzandole con dolcezza la guancia. «Qualsiasi

Amanda si scontrò nuovamente con quel concentrato verdognolo testimoniato dalle sue iridi – e che tanto l'affascinava, benché faticasse tuttora ad ammetterlo a se stessa.

«Sei speciale, Amanda. Io l'ho capito sin dal primo momento», le sussurrò, quasi a fior di labbra.

La ragazza gli si avvicinò, mentre Alessandro si premurava di asciugarle le lacrime. Quel gesto così tenero la spinse ad abbandonarsi una volta per tutte a quel desiderio. Un desiderio che forse, a ben guardare, aveva ignorato per tanto – se non troppo – tempo. Prendendo coraggio gli sfiorò le labbra, quindi le catturò nelle sue. Alessandro non si fece pregare e rispose al fuoco immediatamente, stringendola appena a sé. Il cuore di Amanda iniziò a battere più forte. Lui la stava baciando con una passione, una dolcezza e un'accortezza del tutto inaspettati. Quel sublime contatto non le era per nulla familiare, anzi.
Il sapore delle sue labbra stava iniziando a stordirla, tanto da non riuscire a staccarsene. Senza che se ne rendesse conto, approfondì il bacio e venne colta da un brivido non appena Alessandro riprese ad accarezzarle le guance arrossate.

Un tocco a malapena percettibile, eppure così ardente.

Così traboccante di parole non dette.

A poco a poco, Alessandro addolcì il ritmo di quel bacio tanto agognato, che nel frattempo s'era fatto sempre più frenetico. Stavano consumandosi le labbra l'uno con l'altra saggiandone la morbidezza e i contorni in una lotta che, vista dall'esterno, poteva sembrare priva di grazia e di virtù.
Magari l'impazienza di scoprirsi finalmente per davvero li stava conducendo a solcare orizzonti del tutto inesplorati, nonché intrisi di un qualcosa che nessuno dei due aveva mai sperimentato prima di allora.

Amanda gli cinse il collo con le braccia, lasciandosi cullare dalle effusioni sempre più discrete di Alessandro, che ormai si appropriava della sua bocca sottile con rinnovata calma.
La ragazza tracciò il profilo del suo viso con la punta delle dita e, quando posò entrambi i palmi su suo petto, provò l'irresistibile impulso di concedersi a lui; di rendere manifesta quella forte attrazione che il suo stesso corpo stava tradendo. Con un'audacia che non sapeva di avere, si staccò dalle sue labbra e le posò appena dietro la nuca di Alessandro, schioccandogli un bacio languido e dolce allo stesso tempo.

L'altro sospirò profondamente, gli occhi chiusi, le mani strette intorno alla vita di Amanda. La sollevò di colpo dal divano e quindi si alzò anche lui, continuando a stringerla a sé. La giovane gli saltò in groppa e gli si avvinghiò. Proprio in quel frangente – mentre lui s'accingeva a trasportarla verso quella che probabilmente era la camera da letto – constatò che il desiderio di Alessandro non era affatto dissimile al suo. Entrati nella stanza incriminata, continuarono a baciarsi e ad approfondire il contatto fisico, scoprendosi ogni volta di più, i vestiti ancora indosso.

Quando la ragazza lo strinse più forte, Alessandro si scostò appena, il fiato corto e la voce roca.
«Amanda, forse dovremmo—», tentò, ma venne subito zittito dalle calde labbra della giovane, che saccheggiarono le sue in una danza proibita, facendogli perdere completamente la testa. Senza più remore, Alessandro si arrese, gettandosi nell'incavo del suo collo per poi mordicchiarlo, mentre la voglia di confluire l'uno all'altra si faceva sempre più pressante.
Ciononostante, presero a spogliarsi lentamente, accompagnando il tutto a una caterva di baci e di teneri abbracci che Alessandro, a differenza della ragazza, ricercava di continuo.

Amanda non voleva fermarsi. Magari era tutto sbagliato, o magari si stava facendo prendere troppo dal momento. Sapeva soltanto che, almeno per una volta, voleva sentirsi davvero speciale per qualcuno. Per quel qualcuno che forse la conosceva più di quanto lei conoscesse se stessa.

Alessandro la guidò verso il letto e cominciò a tempestarle i seni di morsi leggeri e di altrettante, timorose carezze. La stava trattando alla stregua di un cristallo, come se avesse paura di romperla. Di tanto in tanto, l'accarezzava persino con lo sguardo. I suoi occhi scintillavano di gioia, permeati da un guizzo di sconfinata passione. Da un'ammirazione a dir poco profonda, che ad Amanda tolse quasi il respiro. Nessun ragazzo l'aveva mai guardata in quel modo. Ebbe come l'impressione che stessero già facendo l'amore; era come se... come se, per certi versi, avessero cominciato a farlo da molto tempo prima. Perché se davvero Alessandro le aveva lanciato, pur con misurata discrezione, quegli sguardi così penetranti e amorevoli sin dal principio, lei, per lo meno fino a quel momento, non se ne era affatto avveduta. Perché amarsi con gli occhi – ancor prima che con il corpo – era quanto di più intimo potessero sperimentare un uomo e una donna. Al tempo stesso, però, poteva non consentire all'uno, come all'altra, una visione totalmente limpida delle cose.

Amanda fremette d'impazienza non appena il suo corpo si avvinghiò a quello di lui; labbra contro labbra, una disperata voglia di appartenersi. La ragazza si spinse contro Alessandro, le mani affusolate ad accarezzargli continuamente la schiena, ricercando un contatto sempre più spinto. Ben presto, quell'abbraccio tanto elettrico si trasformò in completa fusione, i movimenti di Alessandro sempre più febbrili e concitati, i consueti mugolii di piacere che si mescolavano ai pesanti sospiri di lui. Dopo qualche minuto, del tutto presa dal momento, Amanda lo trascinò dall'altro capo del letto tornando a riempirlo di baci e carezze leggere. Gli si sistemò a cavalcioni e, aumentando progressivamente il ritmo, lasciò che Alessandro continuasse a guidarla verso di lui.

Si sentiva più donna che mai. E se da un lato la cosa la spaventava, dall'altro le suscitava delle sensazioni tanto forti da non riuscire a definirle con estrema – e assoluta – chiarezza. Alessandro si premurava di stuzzicare il suo corpo con una gentilezza e una bramosia che la lusingavano e la facevano impazzire, amplificando a dismisura il desiderio di essere completamente, indiscutibilmente sua.

Amanda, dal canto proprio, non riusciva proprio a staccarsi dalle sue labbra. A fronte di quel continuo punzecchiarsi, il piacere più intenso li avvinse e li fece crollare, del tutto esausti, sul cuscino, ritrovandosi l'uno accanto all'altra.

E mentre Alessandro stringeva a sé quella piccola donna, non mancando di lasciarle un tenero bacio sui capelli umidi, quella stessa donna si scoprì del tutto sconvolta. Il cuore di Amanda non accennava a placare i propri battiti.

Aveva appena fatto l'amore con il suo agente letterario, che per inciso – e fino a pochi giorni prima – si era sempre ostinata a definire un semplice amico.

 

 

N.d.A: Okay, scrivere questo capitolo è stato un parto, e non dico altro. Posso solo sperare che vi sia piaciuto almeno un po'!

Un abbraccio e, come sempre, vi ringrazio per l'infinito sostegno! 💕

Eleonora

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Capitolo 21
*** CAPITOLO XX — [PRIMA PARTE] ***


CAPITOLO XX – [PRIMA PARTE​]


 



«Come stai?»

Il dolce bisbiglio di Alessandro le arrivò dritto al cuore. Una domanda semplice, la sua. Eppure così sentita, così... così foriera di altrettante belle parole che, forse, si stava trattenendo dal pronunciare con l'unico scopo di non metterla in seria difficoltà. Per quasi tutta la notte, lui l'aveva tenuta stretta a sé nel più assoluto silenzio, dispensandole giusto qualche carezza di tanto in tanto, il suo respiro leggero che s'infrangeva sul suo viso. Amanda aveva chiuso occhio a malapena, pur essendosi sentita in perfetta armonia con il mondo. Adesso, invece, si ostinava persino a voltargli le spalle, scoprendosi del tutto incapace, per la prima volta dacché lo conosceva, di scontrarsi con le sue bellissime iridi. Di parlargli con estrema sincerità, senza un briciolo di vergogna; un senso di profonda vergogna – mescolato a un persistente velo di disagio – cui non riusciva proprio a sbarazzarsi. Dentro di lei, continuavano ad agitarsi un'accozzaglia di sensazioni appartenenti a un passato non troppo lontano coadiuvato a un presente del tutto inatteso, e che non aveva proprio idea di come affrontare.
Con sua grande sorpresa, Alessandro non si era preso la briga di verificare se le fosse piaciuto o meno rifugiarsi tra le sue braccia – malgrado pensasse che quella domanda tanto banale non fosse affatto da lui. Non le aveva detto quanto fosse stato meraviglioso fare l'amore con lei (era certa che per lui lo fosse stato), tantomeno l'aveva gettata in pasto a un pesante imbarazzo, che forse d'istinto l'avrebbe spinta a scappare a gambe levate dall'assurda situazione in cui si trovava. No, lui non aveva affatto preteso di parlare immediatamente dell'accaduto, tantomeno sembrava esigerlo in quel momento.

Soltanto un semplice come stai.

Un come stai che richiedeva una risposta che però, a conti fatti, non era poi così semplice da formulare. Amanda lasciò che un altro paio di lacrime le solcassero le guance. Non poteva negare che per lei fosse stato davvero bello lasciarsi andare, per di più con un uomo che aveva sempre dimostrato di tenere a lei più di quanto, forse, tenesse a se stesso. Non si era mai sentita così speciale come quella notte. E quella sensazione tanto bella e disarmante le era sempre stata estranea, come estraneo era quel guazzabuglio di sentimenti che aveva iniziato a nutrire, del tutto inaspettatamente, nei suoi confronti. Nelle ultime settimane, si era sentita sempre più attratta da Alessandro, ma allo stesso tempo pensava che non fosse giusto rischiare di rovinare per sempre un'amicizia che si stava rivelando tanto solida.

Perlomeno fino a quel momento.

Mi sa che invece ho rovinato proprio tutto, si redarguì Amanda, chiudendo gli occhi per un solo istante. Ed è successo tutto così in fretta. Sin troppo in fretta.

Amanda sospirò, quindi trovò finalmente il coraggio di affrontare il suo sguardo. Girato di fianco, la testa riversa sul cuscino, Alessandro non si mosse di un millimetro, un leggero accenno di sorriso. Un sorriso preoccupato e per nulla rilassato. Nei suoi occhi chiari, un garbuglio di emozioni confuse che la scuotevano a più riprese, sia di fuori che di dentro.

«Alessandro, io... Per me è stato tutto bellissimo, ma non deve più succedere», farfugliò, l'aria contrita.

«Ti ho chiesto solo come stai», precisò lui sollevandosi appena, la sua voce vibrava di un sottile dispiacere che aveva tentato, invano, di nascondere sotto il tappeto. Ma Amanda sapeva bene che l'indifferenza non gli apparteneva. «Anche se ci sarebbero tantissime cose che vorrei dirti. Ma puoi stare tranquilla. Ti basti sapere che per me non si è trattato di un semplice passatempo. So che è superfluo specificarlo, però—»

«Nemmeno per me lo è stato», si affrettò a puntualizzare Amanda, con un pizzico di coraggio. Riuscire a sostenere quello sguardo tanto ferito fu come essere colpita in pieno petto da una serie di dardi appuntiti. Fu come stramazzare a terra, del tutto esanime, dopo essere stata trafitta da una sfilza di proiettili.

«Però hai appena detto che non deve più succedere», constatò lui, scuotendo le spalle senza guardarla. «Ma non importa. Mi basta che tu risponda alla mia domanda. Dico davvero.»

Anche Amanda si sollevò dal cuscino, avendo cura di coprirsi con il lenzuolo. Sapeva quanto quel gesto fosse ridicolo, soprattutto dopo aver trascorso una notte da sogno con lui, senza inibizioni di sorta. Del tutto in balia di un piacere e di una beatitudine assoluti. Eppure, in quel frangente stava morendo per l'imbarazzo. «Sei l'amico più caro che conosca, Ale. La tua vicinanza è sempre stata un toccasana, per me. E ieri sera mi sentivo talmente vuota, talmente vulnerabile, che—»

«Che hai pensato bene di venire a letto con me per tentare di riempire quel vuoto», completò lui, sempre più amareggiato. Nessun tono accusatorio o sguardo carico di ostilità, soltanto tanta delusione. «Ho capito. Ti chiedo scusa se non sono riuscito a frenarmi. Sapevo che, perlomeno razionalmente, avrei dovuto farlo al posto tuo. Eri troppo fragile, in quel momento.»

Non è così, Ale. L'ho voluto anch'io. Non mi sono mai sentita tanto desiderata e tanto al sicuro come questa notte. Circondata dal tuo profumo, sostenuta dalle tue carezze ammalianti, dolci e decise allo stesso tempo. Cullata dai tuoi amorevoli abbracci. Non mi sono mai sentita così apprezzata. Così... amata.

«Ascoltami, io non volevo farti soffrire», gli disse, incapace di spingersi oltre. «Non è colpa tua. Sono io che ho sbagliato, e se potessi tornare indietro—»

«Ti prego, non aggiungere altro. Non so se potrei sopportarlo.»

Lei cercò la sua mano e gliela strinse appena.

Alessandro, però, non ricambiò quella stretta.

«Ti prego, lasciami finire. Tu mi piaci, Ale, e anche molto. Sei un uomo straordinario. Sei intelligente, brillante, simpatico, affidabile... Sei un uomo d'altri tempi. Ma io non sono la ragazza giusta per te. Finirei per farti soffrire più di quanto non abbia già fatto, perché io non...»

Perché io non riuscirei a corrispondere ai tuoi sentimenti allo stesso modo, pensò, mentre lo stomaco le si attorcigliava sempre di più. So che non ci riuscirei. Con nessuno.

Amanda represse l'impulso di scoppiare in lacrime. Come poteva dirgli che, non essendo per nulla abituata a tutto l'amore di cui lui si era fatto, seppur in silenzio, portavoce, non era poi così sicura di poterlo rendere felice? Ripensò al suo sorriso, alla gentilezza e alla dolce passione con cui si era fatto strada in ogni angolo del suo corpo a suon di baci, sorrisi entusiastici e altrettante carezze. Ai suoi abbracci, come a tutte le volte che le aveva tirato su il morale, strappandole una risata divertita. E quella notte, lei aveva provato un'emozione fortissima; con Daniele, invece, non aveva mai sperimentato un'intesa simile, una complicità tanto forte. Erano stati insieme per tre anni, e per tre anni erano stati quasi estranei l'uno per l'altra. Prima di Alessandro, non sapeva nemmeno cosa significasse realmente il piacere fisico; un sublime piacere che tuttora la scombussolava dall'interno, diffondendosi in ogni anfratto del suo corpo, che adesso quasi tremava per il timore di perdere Alessandro. E, forse, per l'incipiente consapevolezza di un sentimento che, a tutti gli effetti, era sorto nel suo cuore all'improvviso. Quello che provava per lui era molto diverso dalle sensazioni che le aveva scatenato Federico.
Se avesse indagato un po' più a fondo dentro se stessa, Amanda avrebbe senz'altro scoperto che la voglia di baciare di nuovo Alessandro – come magari sentirsi di nuovo sua – era quanto di più intenso potesse anelare il suo cuore.
Ciononostante, non le riusciva di lasciarsi trasportare da quella tempesta di sentimenti, tantomeno di rifilargli un "ma sì, proviamoci pure. Frequentiamoci e vediamo come va".

Si sentiva del tutto inadeguata, del tutto indegna delle piccole attenzioni che l'agente le aveva dispensato durante gli anni. No, non meritava decisamente il suo affetto, e lei non avrebbe mai dovuto approfittarsene.

Io, invece, credo di essere sempre stata piuttosto razionale col mio ex.

E allora non ti sei mai innamorata, Amanda. Forse hai creduto di esserlo, ma ti assicuro che, in circostanze come queste, si perde del tutto la ragione. Non si pensa ad altro che a passare più tempo possibile con quella persona; ci si fanno persino le domande più sceme. Le piaceranno di più le orchidee o qualche fiore di campo? Preferisce l'estate o l'inverno? I tramonti o i crepuscoli?

Amanda ripensò, senza volerlo, alle parole di Federico. Anche in quel momento, si stava facendo portavoce di una razionalità che la notte prima, in barba al suo carattere piuttosto riflessivo, aveva subito gettato alle ortiche.

Poteva forse significare qualcosa? Cosa provava realmente per Alessandro? Lei, soltanto qualche ora prima, aveva perso del tutto la testa. Si era affidata a lui, gli si era concessa con una sicurezza e un desiderio tali da stordire entrambi. Aveva fatto l'amore con lui. Non era stata un'avventura; dentro di lei lo sapeva benissimo. Eppure...

Eppure continui a sentirti un'eterna irrisolta.

«Amanda, quella ragazza di cui ti ho parlato ultimamente... non eri altro che tu», sputò lui, strappandola alle sue profonde riflessioni. «Io non sono sicuro di riuscire a fingere che fra noi due non sia successo niente. Sai, sarebbe troppo riduttivo dirti che mi piaci. Perché io sono innamorato di te», le confessò, gli occhi lucidi. «E lo sono profondamente.» Fece una breve pausa, un sorriso sconsolato e al tempo stesso arrendevole. «Lo so, avevo promesso di tenere a freno la lingua, ma ormai non avrebbe più senso nascondere quello che provo per te. Non dopo quello che è successo. Sono innamorato di te da quando hai messo piede per la prima volta nella mia agenzia. Sin dal primo momento che ti ho vista, io... ho sentito come un fuoco, dentro di me. Non mi era mai capitato prima di allora. All'inizio ho cercato di non farci troppo caso, ma con il passare del tempo ho capito che non c'entrava un fico secco l'attrazione fisica. O almeno non solo. Mi affascinava tutto di te. La tua semplicità, il tuo essere riservata ma non troppo, i tuoi sorrisi... Persino i tuoi silenzi. Tutto

«È stato quando sei entrata nella mia vita che ho capito che con Anna non poteva esserci futuro. Già lo pensavo da un po', ma tu sei stata quella conferma che mi ha spinto ad affrontare la dura realtà. Così mi sono fatto forza e ho troncato una relazione che non riusciva a darmi più alcuno stimolo. Ho affrontato questi anni in solitaria, o quasi. Non che non abbia provato a dimenticarti uscendo con qualche altra ragazza, ma...» Scrollò le spalle, interdetto dalle sue stesse parole. «Ma non è servito a niente. Con me non funziona la tattica del chiodo schiaccia chiodo. Sì, con alcune di loro sono anche andato oltre, però... Nella mia testa c'era sempre la stessa persona. Non c'è stato niente di particolarmente significativo con quelle ragazze – al di là di qualche affinità sul fronte caratteriale. Niente a che vedere con quello che riuscivi a scatenarmi tu.
Questa notte... è stato tutto talmente bello che mi è sembrato di vivere in un sogno. Non facevo davvero l'amore con una donna da tanto tempo, e non credo di averlo mai fatto con così tanto trasporto. Non che io ricordi, almeno. E... magari ti risulterò patetico, però... però non ho mai provato per nessuna tutto quello che, in questi ultimi cinque anni, ho provato – e continuo a provare – per te. Scusami tanto se ti amo. E scusami anche per tutto quello che ti ho appena detto.»

Amanda rimase senza fiato, il cuore che le batteva a mille. Lui l'aveva amata in segreto per ben cinque anni? Ed era stata proprio lei la causa della rottura tra lui e la sua ex? Come cavolo aveva fatto a essere così cieca?

Scusami tanto se ti amo.

Da quando in qua ci si doveva scusare di amare la persona sbagliata?

Proprio così. Lei si sentiva sbagliata. E, come se non bastasse, con lui aveva sbagliato tutto fin dal principio.

«Ale, tu non sei assolutamente patetico, anzi! Io—»

«No. Non dire niente», la pregò lui. «In questo momento hai ben altre priorità, e ti assicuro che lo capisco. Devi cercare di recuperare il rapporto con tuo padre, com'è giusto che sia. Io, puoi stanne certa, non ti ostacolerò. Ma d'altra parte, non credo di...» Sospirò, affranto. «Ascolta, potrei provare a cercare un altro agente che sia disposto a farsi carico di—»

«No. Per favore, non lasciarmi», lo implorò lei, afferrandogli di nuovo la mano per poi racchiuderla nella sua, in una morsa di infinita disperazione.

Alessandro le regalò un sorriso amaro. «Non credo di poter proseguire. Come potremmo continuare a vederci come se niente fosse, quando...» Balzò fuori dal letto e raccattò i propri vestiti, la voce incrinata. «Non ce la faccio, Amanda. Perdonami, se puoi.»

Prima che Amanda potesse replicare alcunché, Alessandro uscì dalla stanza e si rifugiò in bagno.

La ragazza scoppiò subito in lacrime. Aveva appena perduto un grande amico.

O forse... un potenziale grande amore.


 

Non ebbe nemmeno il coraggio di raccontare all'amica quanto accaduto con Alessandro. Era trascorso già qualche giorno da quel fatto tanto straordinario, e Amanda percepiva, dentro di sé, un vuoto che man mano si faceva sempre più consistente. Quasi insopportabile. Si erano lasciati in un modo del tutto inconsueto. Quando Alessandro si era chiuso in bagno, Amanda l'aveva aspettato in salotto coltivando la segreta speranza che lui potesse cambiare idea. Ma come poteva pretenderlo? si era detta poi, sempre più agitata. Non poteva comportarsi da egoista: per quanto la prospettiva l'atterrisse, doveva lasciarlo andare.

«Non ti obbligherò a starmi vicino, se non è quello che vuoi. Ma non posso negare che sentirò molto la tua mancanza. Averti conosciuto è stata la mia più grande fortuna. Grazie di tutto», gli aveva detto, sull'orlo di un'altra crisi di pianto.

Alessandro aveva provato a sorriderle, ma gli era sorta sul viso una smorfia pregna di rassegnazione. E altrettanto dolore. «Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiamarmi», farfugliò, sfiorandole dolcemente la mano.

Amanda, a fronte di quel contatto, aveva provato un brivido intenso. Ma anche questa volta, si era decisa a ignorare i segnali inequivocabili del suo corpo. Nonché di mettere il proprio cuore in stand-by.

«Prometto che, nonostante tutto, cercherò di starti accanto come posso. Magari telefonicamente. Ho bisogno di staccare un po', spero che tu possa capirmi. In questo momento difficile, però, potrai comunque contare su di me.»

Amanda pensò che non si sarebbe mai più imbattuta in un uomo del genere. Malgrado tutto, lui non le stava voltando completamente le spalle, e la ragazza non era certa che, a parti invertite, sarebbe riuscita a fare lo stesso.

Ecco perché non ti meriti un fidanzato simile.

Fidanzato.
Per un istante, quella deliziosa parola riecheggiò negli anfratti più nascosti del suo cuore, facendola sussultare.

«Qualcosa non va?» le aveva chiesto lui, con un filo di voce.

Una voce dolcissima, aveva appurato Amanda, sempre più in combutta con la voglia di stringerlo forte a sé e di chiedergli del tempo per metabolizzare quanto accaduto e, magari, confessargli maldestramente di provare un qualcosa di molto intenso – seppur, nel contempo, ancora indefinito – nei suoi confronti, e il desiderio di sfidare i propri demoni senza aggrapparsi a lui. Sapeva di doverli affrontare da sola, sebbene la prospettiva le arrecasse terrore. «Non smetterò mai di ringraziarti. So di non meritare il tuo sostegno, e—»

«Non è così. Anzi, sono io che forse non ti merito abbastanza. Magari sarà proprio quel Federico a meritarti. E se così fosse... non posso che augurarvi tutto il bene possibile.»

Amanda sospirò. Aveva appena preso il primo treno per Torino e, per nulla sorpresa, non riusciva proprio a non richiamare nella sua mente quel momento tanto triste. Dentro di sé, aveva percepito tutto come un grande addio.

«Ale... Io e Federico abbiamo chiuso. Non c'è mai stato nulla tra me e lui. Ma non posso nasconderti che ho bisogno di parlargli, anche se – questo devo dirtelo – non sono innamorata di lui. Tantomeno lo amerò mai.»

Alessandro le si era avvicinato appena, sfiorandole la guancia con il palmo delle dita. «Fa' pure quello che ti senti.» La sua voce suonò poco più che un sussurro. «Ma se per caso si azzarda a farti soffrire, fammi pure un fischio. Che poi me la vedo io.»

Amanda, in un'altra circostanza, avrebbe riso a crepapelle per quella minaccia velata. Ma quel tocco tanto delicato l'aveva ipnotizzata ancora una volta.

«Ma ti prego di non piangere. Non sopporto vederti triste. Okay?»

La ragazza aveva annuito, seppur con poca convinzione.

«Me lo fai un ultimo sorriso?»

Amanda scoppiò di nuovo a piangere. Alessandro le mancava già moltissimo.

Ultimo.

Lui aveva preteso un ultimo sorriso. Quindi... quindi non si sarebbero visti mai più?

Estrasse un fazzoletto dalla borsetta e se lo passò più volte intorno agli occhi e sulle guance. Immaginare i prossimi anni senza di lui non era che uno straziante, insopportabile tormento. Non avrebbe più rivisto il suo sorriso, quell'adorabile fossetta sulla guancia destra. Quella rughetta che gli si formava in mezzo alla fronte nei momenti di più estrema concentrazione. La sua genuina risata, che nell'ultimo periodo gli riempiva sempre il cuore. I suoi occhi, vivi testimoni di una verità che lei aveva sempre ignorato. O che forse, a ben guardare, si era semplicemente imposta di ignorare. E tutto per il sentito timore di affrontare i possibili risvolti tragici di un'amicizia che, entrambi lo sapevano, possedeva tutti i requisiti giusti per trasformarsi in un grande amore.

Sì. Forse era stata proprio la paura ad allontanarlo da lei. Amanda, però, non ne era ancora del tutto sicura. Magari si era talmente abituata alla presenza di Alessandro, che gli si era aggrappata più del dovuto tutte le volte che aveva potuto, arrivando a confondere il semplice affetto che provava per lui con il sentimento amoroso. O stava succedendo l'esatto contrario?

Dio, non sono mai stata così confusa!

Cercò di farsi forza e di pensare al suo prossimo incontro con Federico. Dopo aver provato a telefonargli per l'ennesima volta, si era convinta ad andare a trovarlo direttamente in ospedale. Se fosse andata a casa sua, lui non le avrebbe certamente aperto la porta. Doveva presentarsi da lui a sorpresa, in modo tale che non potesse fuggire dal confronto che si aspettava. Nei giorni precedenti, malgrado si fosse sentita sempre più a pezzi, aveva compiuto delle ricerche sul suo conto ed era riuscita a localizzare la struttura ospedaliera nella quale lavorava. Ne aveva approfittato anche per leggere il suo curriculum. Era stracolmo di esperienze all'estero: escludendo la città di San Diego, nella quale aveva esercitato per anni, si era spesso recato anche a Malaga e Parigi per delle conferenze, sempre in ambito neurologico e psichiatrico. Un altro particolare la colpì a viva forza: Federico aveva scritto un libro. Un saggio, per essere precisi, inerente alla relazione tra malattie neurodegenerative e questioni genetiche.

Chissà perché non gliel'aveva detto, pensò, esterrefatta. Per non parlare del primo posto conseguito al concorso letterario Elogio della Follia, con il racconto Foliè à deux.

Quindi è pure uno scrittore, in barba al fatto di aver detto che non era un granché.

Amanda scrutò attraverso il finestrino. La solita, infinita distesa di pascoli erbosi e di alberi ormai spogli offriva ai più uno scenario tanto desolante quanto rilassante. Non uno spiraglio di sole, il freddo pungente che le penetrava sin dentro le ossa. Stava tremando vistosamente, malgrado si trovasse al calduccio. S'impose di calmarsi, quindi fece un respiro profondo. Non doveva agitarsi per niente: avrebbe parlato con Federico e si sarebbe risolto tutto. Quanto ad Alessandro...

Non pensarci ora. Una cosa alla volta, si disse, mentre cercava di controllare la sua ansia. Tra poco meno di un'ora, sarebbe arrivata a destinazione.

 

Il centro neurologico dove Federico esercitava periodicamente non era poi così lontano dalla stazione ferroviaria. Amanda aveva percorso un breve tratto a piedi per poi svoltare in Via Cherasco, 15, una zona piuttosto raccolta e altrettanto tranquilla. Si era perciò trovata di fronte al Dipartimento di Neuroscienze e Salute Mentale, la cui facciata era piuttosto antica, il portone dalle tinte marroni circoscritto da una spessa "cornice" laccata in marmo bianco. Amanda spinse il grosso portone in avanti ed entrò nella struttura. Accese la luce e salì due rampe di scale, quindi suonò il campanello dello studio.

Una donna di mezza età, un paio di occhiali spessi sul naso adunco, un breve sorriso di circostanza, le aprì la porta e la fece accomodare.

«Ha un appuntamento?» le chiese poi, un filo di sospetto nella voce.

«Avrei bisogno di parlare urgentemente col dottor Federico Lapi», enunciò Amanda, in evidente stato di imbarazzo.

«E... lei sarebbe?»

Amanda ci pensò su. «Un'amica di famiglia», sputò, allarmata dalle sue stesse parole.

«D'accordo. Sarebbe disposta ad aspettare un momento? Il dottore sta visitando, adesso.»

Amanda annuì, non del tutto certa che la donna stesse dicendo la verità.

E adesso? Se va a dirglielo è finita!, pensò la ragazza, che nel frattempo aveva preso a guardarsi intorno. La sala d'attesa non era poi così gremita di persone, era piuttosto spoglia e per nulla accogliente. Soltanto una grossa pila di giornali a popolare un tavolinetto dalle tinte scure al centro della sala, abbellita con numerose poltroncine dallo stile altrettanto anonimo.

All'improvviso, un uomo alto, sulla cinquantina, si palesò davanti alla donna e la richiamò a sé. «Stefania, ci sarebbero alcuni verbali da firmare, ma vorrei che te ne occupassi tu. Sai com'è, dopo l'ultima volta...»

«Certamente, dottor Conti», rispose lei. Si mise subito in marcia e, dopo aver preso tra le mani la corposa pila di fogli che le spettava, la sorpassò senza degnarla di uno sguardo e sparì dalla sua vista, richiudendosi la porta del suo studio alle spalle, che si trovava proprio alla sua destra. L'altro dottore, dal canto proprio, non le riservò nemmeno mezza occhiata e la sua figura, dal piglio elegante ma imponente, sfumò oltre il corridoio che le stava dinanzi.

Amanda si decise ad approfittarne. Accertandosi che nessuno la vedesse, attraversò la saletta e fece il suo ingresso in quello stesso corridoio. Analizzò le varie porte e, non trovando ciò che cercava, salì la rampa di scale che portava al primo piano. Per sua fortuna, era deserto. D'istinto, scelse di svoltare alla sua destra e controllò ogni singola porta. Il suo cuore si fermò non appena trovò quella incriminata. Si fece coraggio e bussò un paio di volte, la gola completamente secca. Non sarebbe stato per niente facile parlare con lui.

«Entra pure, Vittorio», scandì una voce dall'interno.

La sua.

Amanda trattenne il fiato ed entrò nel suo studio dopo qualche secondo. Federico era a capo chino dietro la scrivania, indossava un paio di occhiali da vista e analizzava, con scrupolosa concentrazione, una consistente pila di scartoffie, il piede destro che batteva a più riprese. Un sigaretta semispenta giaceva abbandonata sul piccolo portacenere in ceramica.

D'istinto, la ragazza chiuse la porta a chiave, e fu proprio in quel momento che lui rialzò la testa; i suoi occhi tradirono grande sorpresa e altrettanto sgomento.

«Amanda, ma che... che cosa ci fai qui?» le chiese, sbigottito e infastidito al tempo stesso. «E poi... si può sapere perché hai chiuso la porta a chiave?»

«Ho bisogno di parlarti. E non me ne andrò da qui finché non mi avrei detto che ti succede. Non puoi sparire così da un giorno all'altro», gli fece notare Amanda, facendo appello a tutto il proprio coraggio.

Lui sospirò. «Ascolta, ci siamo già detti tutto. IO ti ho già detto tutto.»

«Perché fai così? Dov'è finito l'uomo gentile che ho conosciuto i primi tempi?»

Lui la scrutò dall'alto in basso, la solita espressione indecifrabile. «Ho molto lavoro, Amanda. E ho capito che non posso concedermi nessun tipo di distrazione.»

Amanda scosse la testa. «Distrazione... Sì, certo, come no. E io dovrei crederti?»

«Perché non dovresti? Siamo usciti insieme, abbiamo condiviso dei bei momenti—»

«Ma tu non sei mai stato interessato a me. Non in quel senso, giusto?»

Di colpo, Federico smise di armeggiare con la penna a sfera che teneva tra le dita, lasciandola cadere sul tavolo. Tirò fuori la consueta scatolina di sigarette da un cassetto e fece per estrarne una, ma Amanda gli bloccò prontamente il polso. «Ti prego, non adesso. Parla con me.»

L'uomo annuì appena e se la ricacciò in tasca. «Come va con Alessandro?» gli chiese lui, del tutto inaspettatamente.

Amanda spalancò gli occhi. «Perché mi hai inviato quella canzone? Che cosa significa?» rilanciò lei, per nulla desiderosa di parlarne.

L'altro si alzò in piedi, prendendo a girovagare per la stanza. «Lui è follemente innamorato di te. L'ho sempre saputo. Il suo sguardo mi ricorda tanto...» Si bloccò di colpo. «Non importa.»

«È a causa sua se non desideri più frequentarmi?» gli chiese lei, per nulla convinta.

«No», ammise Federico, tornando a guardarla. «Io... io ti auguro tutta la felicità di questo mondo, Amanda. E sarei molto contento se tu e lui vi metteste insieme. Mi sembra proprio un bravo ragazzo.»

Se avesse potuto, Amanda avrebbe subito infilato la testa sotto la sabbia. I suoi sospetti, fra l'altro, erano più che fondati.

«Amanda, io...» Federico tornò a sedersi di fronte a lei, il pollice e l'indice a giocherellare con la fedina argentea della mano destra. «Ho già avuto modo di dirti quanto mi sia affezionato a te. E quella canzone... Semplicemente, l'ho ascoltata e mi sei venuta in mente. Così ho voluto dedicartela.»

«Non hai risposto alla mia domanda, però. Perché volevi conoscere proprio me?»

Lui scrollò le spalle. «Non avrei mai pensato di trovarmi in una situazione del genere, Amanda. Conoscerti è stato un privilegio, però... hai ragione sul fatto che non avessi mai avuto intenzione di corteggiarti.»

Lui estrasse la fedina argentea dall'anulare e vi passò le dita più volte, dando voce al proprio nervosismo.

«Sei proprio uguale a lei», esalò sconfitto, lo sguardo alternato tra lei e l'anello.

«Uguale a chi?» mormorò Amanda, un tuffo al cuore.

Lui accennò un timido sorriso, che sfociò in una smorfia piena di tristezza. «A tua madre», tartagliò. «Io... la conoscevo, Amanda. Conoscevo Valeria Mandelli.»

Amanda pensò di aver capito male, uno strano ronzio le si diffuse nelle orecchie, un brivido di paura lungo la schiena.

Lui conosceva sua madre. E quindi, conseguentemente... aveva sempre conosciuto anche lei.



 

N.d.A: Finalmente, eccomi qui. Mi scuso sentitamente con voi se non sono stata presente nell'ultimo mese e mezzo, ma ho sostenuto un esame importante all'università e non ho potuto scrivere! Posso assicurarvi, però, di non aver mai dimenticato questa storia, e andrò fino in fondo per sviscerare una matassa bella corposa. Siamo arrivati a un punto molto delicato della storia, in effetti, e quindi non preoccupatevi se talvolta sono lenta negli aggiornamenti! Grazie di cuore, come sempre, per essere arrivati fino a qui, spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto (in ogni caso, fatevi sentire :) )! Il vostro sostegno è fondamentale! ❤

Un caro abbraccio,

Eleonora.

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Capitolo 22
*** CAPITOLO XX — [SECONDA PARTE] ***


CAPITOLO XX – [SECONDA PARTE​]


 



«Tu... tu conoscevi mia madre?» gli chiese, improvvisamente spaventata. Chi era quell'uomo? E per quale motivo l'aveva cercata? Perché, ormai le era chiaro, non l'aveva di certo abbordata tanto per.

Federico diede segno di aver notato la scintilla di paura che investì gli occhi di Amanda. «Ho paura anch'io, Amanda. Farti del male non sarebbe neanche l'ultima delle mie intenzioni, ed è stato per questo che ho deciso di troncare i nostri rapporti.» Il tono della sua voce tradiva un nervosismo e un'apprensione tali, che pure il suo viso non riusciva più a nascondere un simile stato d'animo. Balzò in piedi e prese a camminare lungo la stanza, la mente persa nei ricordi. «Ho conosciuto Valeria all'università», esordì. «All'epoca ero al terzo anno di Medicina, e avevo appena compiuto ventidue anni. Lei aveva scelto Scienze Politiche, e... e un bel giorno ci siamo incontrati in mensa. In realtà, più che incontrati, ci siamo scontrati», precisò, mettendo su un leggero sorriso. «Non appena mi sono girato a guardarla e mi sono scusato, ho sentito il mio cuore balzarmi dal petto. Ho subito pensato che quella ragazza fosse bellissima. Il suo sorriso appena accennato, i lineamenti delicati del suo viso, la sua espressione smarrita e divertita allo stesso tempo. Io... io penso di essere rimasto imbambolato a fissarla per quasi mezzo minuto, mentre lei stessa era scoppiata a ridermi in faccia. 

Mio malgrado, ci siamo scambiati solo due parole, le sue amiche l'aspettavano al tavolo e io, da quel giorno, non ho fatto altro che pensare a lei. Ho quindi cercato di incontrarla di nuovo, di scoprire chi fossero le fantomatiche amiche che presumevo frequentassero la sua stessa facoltà. Il caso ha voluto che un mio caro amico fosse iscritto a Scienze Politiche e che un giorno, quando ho fatto per accompagnarlo a un esame che lui reputava il più difficile del suo corso, Valeria si trovasse proprio là, insieme ad altri esaminandi. Non riuscirei a descrivere a parole la forte emozione che mi colse in quel momento. L'avevo ritrovata senza volerlo, proprio quando avevo gettato la spugna. In quel frangente, ho deciso che "doveva essere mia".»

Federico continuava a camminare in lungo e in largo per la stanzetta, e Amanda ebbe l'impressione che si sentisse come un animale in gabbia. Delle volte accennava un sorriso, che infine sfociava nella più assoluta malinconia. Lui non aveva l'ardire di incrociare i suoi occhi, come Amanda non riusciva a placare quel vespaio di sensazioni negative che crescevano, di minuto in minuto, dentro di lei.

«Ho attaccato bottone e le ho fatto in bocca al lupo per l'esame; ovviamente sono rimasto fino alla fine per sapere come sarebbe andata a finire. Prese un bel ventotto. Per festeggiare, mi sono offerto di accompagnarla in caffetteria per offrirle qualcosa. Lei ha accettato, così abbiamo cominciato a conoscerci meglio. In realtà, lei è sempre stata piuttosto schiva sul suo passato. Con me si comportava in modo strano. A momenti sembrava dolce e disponibile al dialogo, mentre in altri mi pareva che cercasse di evitarmi in tutti i modi. Se da un lato trovavo affascinante questo suo essere sfuggente, dall'altro ho cominciato a nutrire il sospetto che magari avesse già qualcuno. Così glielo chiesi. Lei mi rispose di no.»

«E... ed era vero?» balbettò Amanda, ormai del tutto conscia della rete di bugie intessuta da sua madre. Se aveva omesso a lei la verità, perché avrebbe dovuto essere onesta con Federico?

Lui smise di gironzolare per lo studio, immerso nei suoi pensieri. «L'ho amata moltissimo, Amanda. Forse più di quanto fosse lecito. Per me è stato un colpo di fulmine. L'ho corteggiata a lungo, ho sognato spesso di essere suo, e... e anche se lei non mi dava nessuna certezza, ero convinto che prima o poi l'avrebbe fatto.» Buttò fuori una risata amara, mentre fra le ciglia si faceva largo una leggera scia di lacrime. «Quando si è giovani, non si pensa mai troppo al fatto che le nostre speranze potrebbero non realizzarsi. Scoprire che tua madre fosse già sposata, per me, è stata una delle disgrazie più grandi che mi siano mai capitate nella vita.»

Amanda spalancò gli occhi. Non pensava di aver mai visto tanta vulnerabilità negli occhi di una persona che a malapena conosceva.

«Sì», proseguì lui. «Valeria era già sposata», calcò sull'ultima parola e strinse con forza la fedina argentea che aveva in mano. «Questo però, non le ha affatto impedito di giocare con me. Se mi sono chiuso all'amore per tanti anni, è stato proprio per causa sua. E la cosa che più mi fa rabbia è che non sono mai riuscito a odiarla. E non ci riesco neanche oggi.»

Ad Amanda cominciò quasi a mancare l'aria. «E... e che cosa c'entro io?» gli chiese, a mezza voce.

Federico tornò a sedersi di fronte a lei, il pollice e l'indice a giocare con la fedina. «La vedi questa?» le disse, porgendogliela.

L'altra la prese timidamente fra le sue mani.

«Me la sono fatta fare dopo la prima – e unica – volta che siamo stati insieme», le rivelò. «Lei non l'ha mai saputo, però... però, dopo quella bellissima notte, ho pensato che saremmo rimasti insieme per sempre.»

Amanda lesse l'incisione interna dell'anellino. C'era scritto il nome di sua madre.

«Sì, lo so che è ridicolo. Ma non ho più amato nessun'altra allo stesso modo. E lei... e lei mi ha ripagato spezzandomi il cuore. La mattina dopo, quando mi sono risvegliato nel mio appartamento, lei non era già più con me. Mi ha lasciato una lettera sul cuscino, nella quale mi intimava di non cercarla più. Quindi mi ha rivelato di essere sposata da un paio d'anni, e che quanto successo tra noi non era stata che una parentesi. Un terribile errore. Ho provato a cercarla all'università, perché detestavo il fatto che non me l'avesse detto in faccia. Il risultato? Ho saputo che Valeria aveva lasciato gli studi. Le sue amiche non hanno voluto dirmi dove si fosse trasferita, ma nonostante questo... non credo di essermi mai rassegnato all'idea di averla perduta. Anche se io non ero mai stato davvero suo.»

«Tu... Sei stato tu l'amante di mia madre?» farfugliò Amanda, stordita e sbigottita da quel racconto.

«Sì. Ma la nostra "storia" è stava brevissima. E per lei non ha significato proprio niente. Se solo avessi saputo dove si era trasferita, magari avrei cercato di...» Fece spallucce. «Riconquistarla? Darle il ben servito? Non lo so nemmeno io. Ancora oggi, non so cos'avrei fatto se l'avessi rivista. O perlomeno, non lo sapevo fino a un paio di anni fa.»

«Che cosa intendi dire?»

Lui sospirò. «E qui arriva la parte difficile», ammise. «Fatico ancora ad accettare tutto quello che è successo, soprattutto dopo quello che ho saputo.»

Amanda sentì la paura crescerle dentro. E la cosa peggiore, era che non ci fosse nessuno accanto a lei. Federico era un perfetto estraneo e, come se non bastasse, aveva distrutto la sua famiglia. O meglio, era stata sua madre a permettergli di farlo, e senza che lui ne sapesse niente. Avrebbe fatto lo stesso anche sapendo che lei era già impegnata? Per sua stessa ammissione, probabilmente lui non si sarebbe tirato indietro, ma in ogni caso era andata diversamente, quindi era del tutto inutile pensarci.

«Ho rivisto Valeria dopo tantissimi anni. E l'ho rivista su di un letto d'ospedale.»

«Non puoi dire sul serio», ruggì Amanda, sulla difensiva. «Ti stai inventando tutto!»

«E invece no, te l'assicuro», rispose lui, sperando ardentemente che non se ne andasse. «Che motivo avrei, me lo spieghi? Arrivati a questo punto non posso più tirarmi indietro, però... però se non vuoi sapere la verità, allora ti prego di uscire da quella porta, e di tornare alla tua vita di sempre. Io lo accetterò.»

«La verità su cosa?» sbottò lei, stringendosi nelle spalle. Una parte di lei la teneva ancorata lì, aspettando chissà che cosa.

«Su cosa siamo io e te, Amanda.» 

Allungò la mano verso la sua, che la ritrasse prima ancora che potesse stringergliela. 

Federico si tirò indietro, rassegnato. «Quando Valeria ha deciso di rompere con me, io non ce l'ho fatta più a rimanere a Torino. Ogni angolo dell'università mi ricordava quei fugaci momenti trascorsi insieme, così ho insistito tanto affinché papà mi mandasse in America, ma non c'era verso di convincerlo. Così ho smesso di implorarlo e sono passato ai fatti. Ho dato quattro esami in soli sei mesi e, una volta ottenuta la borsa di studio, si è convinto che potevo benissimo proseguire in una qualsiasi università americana. Così ho scelto una delle migliori, e sono approdato a San Diego. E il resto lo sai. Dopo tanti anni, ho ricevuto una telefonata dal direttore dell'ospedale di Torino, che mi pregava di raggiungerlo lì per impartire qualche lezione extra a dei giovani tirocinanti. Un mio vecchio amico doveva aver fatto il mio nome, visto che poi ho saputo che lavorava proprio là. Sulle prime ero un po' riluttante, poi ho pensato di accettare la sua offerta. Non mi dispiaceva tornare a trovare papà, come qualche parente, visto che non lo facevo da un po'. Durante quel breve ciclo di lezioni, ho rivisto tua madre.

In quel momento, ho capito che non avevo mai smesso di amarla. Allo stesso tempo, però, mi sono informato sulle sue condizioni, e ho scoperto che non le restava più molto da vivere. Sono corso in bagno e ho pianto tutte le mie lacrime. Dovevo farmi forza, ma allo stesso tempo non riuscivo a farmene una ragione. Malgrado per lei avessi sofferto come un cane, non le ho mai augurato alcun male e, anzi, ho sempre sperato che con suo marito potesse essere felice. Vederla in quel modo, priva di forze, senza quella caparbietà e quell'insolenza di ragazza che aveva dimostrato all'epoca, mi tolse quasi il respiro. Quel malore improvviso l'aveva trasformata. Era pallida come un cencio, respirava a fatica, e... e continuava a sussurrare il tuo nome, Amanda. Quando si risvegliò – e questo successe poco prima che morisse –, le domandai chi fosse quell'Amanda, e lei mi rivelò che tu eri sua figlia. Mi strinse forte le mani e mi chiese perdono. Mi chiese perdono per il modo in cui mi aveva lasciato, per avermi illuso e per... per non avermi detto che quella notte aveva lasciato un segno indelebile dentro di lei. Però non l'aveva scoperto subito, anzi.»
Federico si rituffò negli occhi di Amanda, come ad attendersi una domanda che non arrivò. La ragazza era rimasta pietrificata, e non riusciva a ragionare lucidamente. Nel suo sguardo aleggiava l'ombra di un indefinito sospetto, lo stomaco che a più riprese si contorceva per l'agitazione, la sorpresa e il terrore. Il suo cuore batteva all'impazzata, la gola era secca, gli occhi prossimi alle lacrime.

«Quando l'altra volta ti ho visto insieme a tuo padre, eri talmente felice che ho pensato che non fosse giusto intromettermi», riprese lui. «In fin dei conti, chi ero io per farlo? Chi ero io, per distruggere il vostro rapporto? Non ne avevo il diritto, e tuttora non penso di averlo. Per quasi trent'anni, sono stato privato di una gioia che in moltissimi hanno avuto la fortuna di sperimentare. Di una gioia speciale – indubbiamente la più grande –; quella gioia che per un uomo rappresenta l'apoteosi della felicità. La nascita di un figlio. In questo caso... di mia figlia. Perché è da quella notte che sei nata tu, Amanda.»

L'altra scosse la testa, quindi si alzò di scatto perché voleva scappare a gambe levate. Non ce la faceva più a sentire quell'ammasso di stupidaggini! Federico le bloccò prontamente il polso e l'attirò a sé.

«Lasciami andare!» urlò lei, in preda agli spasmi. Cercava in tutti i modi di scrollarselo di dosso, ma Federico non intendeva mollarla. «Non ti credo, lasciami andare!» gli ripeté, mentre permetteva che le lacrime le inondassero il viso, assieme a un imprecisato numero di singhiozzi.

«Nemmeno io volevo crederci», sostenne Federico, mentre stringeva a sé Amanda. «Ti prego, ti devo dire solo un'ultima cosa, poi ti giuro che ti lascio andare, anche se la cosa non mi rende per niente tranquillo. Quando tua madre mi ha fatto questa confessione, io ne sono rimasto sconvolto quanto te.»

La ragazza smise di divincolarsi ma continuò a piangere, coprendosi il volto con le braccia. Non poteva essere vero, non stava accadendo proprio a lei.

«Sono tornato subito a San Diego, non ho avuto la forza di rimanere là. Tua madre nel frattempo era morta, e io sono tornato in America. Avrei potuto aspettare che tu ti presentassi in ospedale, ma non ce l'ho fatta. Io avevo una figlia? Non era possibile, mi dicevo. Le sue parole mi sono rimaste in testa per un intero anno. Tra me e Roxanne le cose non andavano più, lei mi sentiva distante e io non sapevo come smentirla. Sei cambiato, mi diceva. Da quando sei tornato da Torino, non sei più tu. Come potevo biasimarla? Non avevo nessuna certezza, o perlomeno non ce l'avevo prima che mi decidessi a parlare con "tuo padre". Nel frattempo, mi sono chiesto perché Valeria avrebbe dovuto mentirmi. Poco prima che morisse, mi ha confessato di averti scritto una lettera che però non ha mai trovato il coraggio di consegnarti. Quella lettera si trova a casa sua, in un piccolo scrigno la cui chiave è sotto al materasso. 

In ospedale, tra i suoi effetti personali, ho invece intravisto un tuo romanzo. Ombre Cinesi e Vecchi Merletti, se non erro. Ho memorizzato il tuo cognome senza che avessi il coraggio di indagare sul tuo conto per parecchi mesi. Poi, ho cominciato a dare credito alle parole di Valeria e... e mi sono deciso a tornare qui. Ho lasciato Roxanne, non senza averle prima confessato tutto. Volevo soltanto conoscerti un po', o perlomeno provarci. La prima volta che ti ho vista, mi è salita un'emozione talmente grande che mi sono messo a piangere come un bambino. Non era vero quello che ti dissi, non avevo dimenticato proprio niente in macchina. Solo che... non ce l'ho fatta, ho avuto paura e sono scappato. In quel momento, benché non ne avessi ancora la certezza, mi sono convinto che fossi mia figlia. E più ti vedevo, più non riuscivo a contenere l'ammirazione e l'affetto che di volta in volta sentivo crescere dentro di me, malgrado facessi di tutto per apparire distaccato. Io non pretendo affatto di sostituirmi a chi ti ha cresciuto, Amanda. Questo voglio che ti sia chiaro. Ma resta il fatto che il destino mi ha privato di te per trent'anni. E nessuno potrà mai restituirmi il tempo perduto. E forse il vecchio Proust lo sa molto meglio di me.»

A quelle ultime parole, la voce di Federico s'incrinò. Amanda aveva continuato a piangere, quindi si era scostata da lui non appena la sua presa s'era fatta meno salda. Non ebbe il coraggio di guardarlo: si sentiva confusa, delusa, voleva soltanto sparire dalla faccia della terra. Senza pensarci, si avviò verso la porta e riuscì – non seppe nemmeno lei come – ad aprirla, quindi gettò la chiave a terra e fuggì da lì, la vista appannata dal caldo flusso di lacrime che continuava a scorrerle senza posa sul viso.

La sua intera vita era stata costruita su una bugia. Poggiata sui pilastri di una terribile menzogna. E basata sul nulla, perché i suoi stessi genitori non erano stati che degli ipocriti.


N.d.A: Finalmente, si è scoperta l'amara verità. Cosa ne pensate? Al solito, grazie di cuore "ai superstiti" che sono arrivati fin qui! E tanto di cappello a Milly_Sunshine, l'ipotesi da lei partorita nella scorsa recensione non faceva una grinza! XD
Un abbraccio, 
Eleonora.

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Capitolo 23
*** CAPITOLO XXI ***


CAPITOLO XXI


 



Amanda aveva trascorso un'intera settimana quasi senza uscire di casa, e quasi sempre rannicchiata sul divano, il suo plaid preferito indosso e le sue inseparabili cuffiette nelle orecchie. Il racconto di Federico l'aveva sconvolta nel profondo, e a malapena era riuscita a confidarsi con Monica, che, preoccupata del fatto che lei non rispondesse più al telefono, era corsa subito a casa sua per sincerarsi che fosse tutto a posto. Ovviamente non lo era. L'unica cosa che riusciva, seppur temporaneamente, a instillare una calma apparente nella ragazza – nonché a darle conforto – non era nient'altro che la musica, da sempre silenziosa testimone dei suoi momenti più bui. Monica, inutile dirlo, era rimasta scioccata tanto quanto lei dall'assurda verità che Amanda stessa – con estrema difficoltà – le aveva raccontato in tutti i suoi particolari. La sua migliore amica si era quindi proposta di farle compagnia per un'altra settimana almeno, posticipando, quindi, la sua imminente partenza per Madrid. Amanda, però, non gliel'aveva permesso. Non avrebbe costretto nessuno a sopportare la sua tristezza e i suoi pianti continui, tantomeno se ci andavano di mezzo questioni importanti. Monica non poteva certo aspettare i suoi comodi e fermare la sua avanzata negli studi a causa sua.

Si rigirò per l'ennesima volta fra le pesanti coperte, gli occhi che le bruciavano. Non dormiva da giorni, continuando ad annegare in un mare di lacrime, e in più di un'occasione era stata costretta a farsi prescrivere dei tranquillanti per cercare di arrendersi più facilmente al sonno, o comunque riposare almeno per qualche ora. Le sembrava di essere entrata, di punto in bianco, in un terribile buco nero, e questo con la stessa rapidità con la quale aveva legato con Federico, tant'è che, a tratti, non si ricordava nemmeno più del grandissimo successo che aveva ottenuto come scrittrice soltanto qualche tempo prima. "Suo padre" Francesco aveva spesso tentato di mettersi in contatto con lei, e ogni singolo giorno, alla stessa ora – solitamente verso le diciassette del pomeriggio – suonava alla sua porta con la viva speranza che lei si decidesse a concedergli finalmente un nuovo confronto. Amanda, per quanto fosse conscia che non potesse evitarlo in eterno, non riusciva nemmeno a figurarselo, un altro faccia a faccia con lui. 

Un faccia a faccia con una persona che di fatto – e al pari di sua madre – reputava ormai completamente estranea.

Inutile dire con quanto fervore l'uomo la implorasse di aprirgli la porta. Ah, se soltanto quello stesso fervore ce l'avesse messo anni prima, anziché ignorarla per anni e anni, arrivando quasi a dimenticarsi della sua esistenza!

Ma poteva forse biasimarlo? D'altronde, come poteva comportarsi un qualsiasi uomo che all'improvviso veniva a sapere che quella che per anni aveva creduto sua figlia, in realtà... in realtà non lo era affatto? Amanda, ogni singola volta che lo sentiva bussare con decisione alla sua porta, si sentiva morire. Odiava il fatto che lui le avesse taciuto la verità, ma non poteva nemmeno ignorare tutto il dolore che lui stesso doveva aver provato a causa di una scoperta come quella. Ciononostante, non se la sentiva di parlargli. Non voleva parlare con nessuno.

Reputava altresì una fortuna che Federico non l'avesse contattata. Perlomeno aveva mantenuto la parola data, malgrado la promessa che le aveva elargito le fosse stata fatta sull'orlo delle lacrime. Non doveva essere stato facile nemmeno per lui.

Amanda accese la luce dell'abat-jour. Erano appena passate le diciotto e trenta. Fuori pioveva a dirotto e il cielo era impiastricciato da nubi grigie; era una perfetta giornata in stile invernale.

Ho iniziato l'anno nuovo proprio col botto, si disse Amanda, mentre con lo sguardo tornò ad accarezzare la bustina incriminata.

Non aveva ancora avuto il coraggio di aprirla. In alcuni momenti era stata sul punto di farlo, ma poi la paura e il disgusto avevano preso il sopravvento e l'avevano fatta desistere. Aveva trovato la chiave dello scrigno proprio sotto al materasso della sua vecchia casa, quindi era spuntata una missiva con su scritto un semplice Per Amanda.

Sulle prime, avrebbe tanto voluto strapparla; o magari bruciarla. Non aveva nessun interesse a conoscere i motivi che avevano spinto sua madre a prenderla in giro per anni. A prendere in giro Federico, e forse anche Francesco.

Lei aveva preso in giro tutti.

O magari... Si rigirò dall'altro capo del letto. Che Federico non le avesse detto la verità?

Ma a quale scopo? pensò, reprimendo a fatica l'ennesimo conato di vomito. Lui aveva un buon lavoro, godeva di una fama e di una rispettabilità uniche nel suo genere. Perché mai avrebbe dovuto inventarsi tutto? Per vendicarsi, forse?

Amanda scosse la testa. Non la trovava una motivazione così plausibile. D'altra parte, la storia della lettera era vera. E l'unico modo per assegnare un fondamento concreto al suo racconto sarebbe stato quello di verificarne, seduta stante, il contenuto.

Se solo ne avesse avuto il coraggio! Con Monica aveva tenuto la bocca cucita, altrimenti sarebbe stata la prima a consigliarle di prendere il toro per le corna, come d'altronde aveva sempre fatto. Per la prima volta in vita sua, si sentiva del tutto priva di difese. Un guscio vuoto, prosciugato di qualsivoglia emozione positiva. Non riusciva più a trovare alcun motivo per sorridere. Mostrarsi forte e imperscrutabile non faceva più per lei. Avrebbe tanto avuto bisogno di qualcuno con cui condividere le proprie debolezze senza vergognarsi, quel qualcuno che l'avrebbe presa per mano senza lasciarla più e, soprattutto, senza riempirla di false promesse.

All'improvviso, una strana immagine le si insinuò nella mente. Sulle prime pensò di scacciarla, ma poi si concesse di indugiarvi di più. Di lasciarsi trasportare dal senso di sicurezza che la stessa le trasmetteva. Avrebbe potuto arrogarsi quel diritto? Un pensiero fugace, cui Amanda inizialmente non ebbe il coraggio di dare voce, tantomeno assegnare una consistenza ben definita, rimase sfumato nella sua mente per giorni e giorni. Passarono così un altro paio di settimane, nelle quali Amanda fu in balia dello scoramento e dell'apatia più totale. Quasi niente era cambiato, però. Francesco continuava a tormentarla, Monica a telefonarle tutte le sere. La ragazza si sforzava di non farla preoccupare più del dovuto, ma la sua migliore amica riusciva a leggere piuttosto bene tra le righe. A leggerle dentro come nessun altro.

«Non ti azzardare a tornare qui», la intimava Amanda. «Io me la caverò, sta' tranquilla.»

«Promettimi che non farai delle mosse avventate. Sono molto preoccupata per te», ribatteva spesso lei, con un tono da cui si deduceva tutta la sua angoscia.

«Andiamo, non ti sembra di esagerare un po'?»

Quel bonario ammonimento, in realtà, non suonava affatto convincente. Gli occhi di Amanda non riflettevano più alcun barlume di speranza, in poche settimane aveva perso quasi sette chili. Si sforzava di spiluccare qualcosa, ma poi puntualmente la rigettava. Le sue giornate erano scandite da pianti ininterrotti, tremendi mal di pancia e occasionali emicranie. Stava passando le pene dell'inferno, eppure si ostinava a non chiedere aiuto. Si stava spegnendo piano piano e, mentre Francesco cercava di ottenere dai vicini di Amanda la certezza che lei stesse bene, il vortice della depressione continuava a risucchiarla senza pietà.

Una mattina, stanca di crogiolarsi nella solitudine e nella tristezza, si fece forza e arraffò un paio di biscotti al cioccolato dalla dispensa. Si preparò un tè, ve li inzuppò e tentò di mangiare. Accompagnò il tedioso processo con A Curious Feeling di Tony Banks, le cui note risuonavano delicate nei meandri del soggiorno. Le sfuggì un sorriso genuino. Contro ogni sua aspettativa, assaporò con gusto più di quattro biscotti senza che il suo stomaco prendesse a lamentarsi. Cercò di rendersi più presentabile e si decise a uscire di casa, sperando di non incontrare Francesco. A quell'ora, secondo i suoi calcoli, doveva essere al lavoro, quindi il rischio di imbattervisi era pressoché nullo. Quando fece per chiudere la porta, però, si accorse di un pacchetto regalo che sostava nell'angolo in basso a destra del battiscopa. Amanda lo prese tra le mani, un biglietto semi-spiegazzato vicino alla coccarda argentea appiccicata sopra la carta regalo.

Questo sarebbe stato il regalo di Natale che avrei tanto voluto darti quando sei venuta a casa mia per il pranzo natalizio. Non ti chiedo di perdonarmi, magari non lo merito. Ma ti chiedo almeno di non gettare via questo pensiero.

Il biglietto non aveva alcuna firma, ma era chiaro che fosse da parte di Francesco. Amanda trattenne il fiato, mentre un paio di lacrime sfuggivano al suo controllo. D'istinto, riestrasse le chiavi dal taschino della sua borsa e riaprì la porta di casa. Si accomodò in soggiorno, indecisa sul da farsi. La scatola che teneva tra le mani era piuttosto pesante, e stranamente non sentì la bruciante voglia di disfarsene, quanto di scoprire cosa contenesse. Posò i palmi ai lati e cominciò a sbarazzarsi del nastro adesivo (a suo parere utilizzato in quantità troppo ingenti), fino a estrarre una confezione scura, totalmente monocolore. Si trattava di una semplice scatola di cartone. La ragazza l'aprì, e quello che vide la spiazzò. All'interno, c'erano un paio di pupazzetti con i quali Amanda aveva dormito per anni. Erano i suoi preferiti, e si sorprese nel constatare che esistevano ancora. Per scherzare, Francesco aveva chiamato il coniglietto Mezio e l'orsacchiotto Fufezio, in onore del suo sconfinato amore per la Storia Antica (in effetti Mezio Fufezio, le aveva spiegato lui quando era piccola, era stato un leggendario dittatore albano che purtroppo aveva fatto una brutta fine, decretando così la scomparsa della città di Alba Longa a beneficio dei Latini di Roma, che invece vinsero la sanguinosa battaglia). 

Amanda li strinse fra le mani. Incredibilmente, si ricordava persino quel particolare, a testimonianza di quanto avesse sempre ammirato l'uomo per la sua cultura e intelligenza. Un copioso flusso di lacrime continuò a scorrerle lungo le guance. Era convinta che di quelle cose non fosse rimasto nulla, invece... invece, a quanto pareva, era stato proprio lui a portarle via con sé, onde evitare che venissero perdute. C'erano anche altri gingilli con cui Amanda giocava spesso, ma quello che attirò di più la sua attenzione fu la serie di CD che vi si trovava accanto, sempre dentro la stessa scatola. I CD in questione erano quattro, tutti rigorosamente numerati. 

Amanda corse a prendere il pc e, dopo averlo acceso, vi inserì il primo. Si trattava di un video che Francesco aveva girato a sua madre. In quel periodo era incinta. Le risate di entrambi la riportarono, seppur per un breve istante, dietro nel tempo, e tanto bastò perché quelle lacrime dapprima silenziose si trasformassero in pesanti singhiozzi. La felicità di Francesco si poteva toccare con mano, come pure quella di Valeria. A un occhio più attento, però, Amanda vi scorse una certa tensione. Valeria sorrideva ed era indubbiamente contenta, ma in alcuni momenti pareva che il suo stesso sorriso non arrivasse agli occhi.

Senso di colpa, pensò Amanda, di getto.

A un certo punto, sullo schermo comparve una serie di frasi che le arrecarono immenso dolore.

Cara Amanda, mi ero ripromesso che prima o poi ti avrei fatto vedere questi video che adesso sono nelle tue mani (o almeno lo spero). 

Io stesso, lo confesso, non sono più riuscito a farlo da quando ho deciso di troncare, mio malgrado, la relazione con tua madre. Troppi ricordi dolorosi sarebbero riemersi, insieme ai tanti rimpianti che ancora oggi, purtroppo, mi tengono (sgradita) compagnia. Adesso, però, ho deciso che era necessario fare di nuovo un tuffo in quel passato per cercare di dirti quello che non ho mai avuto il coraggio di tirare fuori.

Comunque... Qui aspettavamo te. Tua madre era al sesto mese, e come puoi vedere non stavo più nella pelle. Desideravo tanto un figlio da lei, fin da quando l'ho incontrata, e avevo appena realizzato il sogno della mia vita. Insomma, sentivo di non aver bisogno di nient'altro.

Le risate e le parole di entrambi risuonavano come un mantra, nelle orecchie di Amanda. Lui che la prendeva bonariamente in giro o le faceva mille complimenti, lei che si difendeva schioccandogli sguardi fintamente assassini e altrettante smorfie buffe, mentre cercava di sorridere all'obiettivo. Per non parlare delle dolcissime parole che lui rivolgeva alla futura nascitura. Non avrebbe mai immaginato che Francesco avesse immortalato quei momenti.

Quando il video terminò, Amanda passò al CD successivo, e quindi ai seguenti. Erano tutti dedicati a lei. Francesco aveva girato una caterva di video, cogliendo sul fatto la sua principessa in momenti a lei insospettabili. Come quando era super concentrata a leggere un libro o a sfogliare un giornale, come quando si inventava le storie più assurde facendo parlare i personaggi con i quali si dilettava, persino quando faceva i compiti. E poi, i momenti di gioco insieme. Quelli che più preferiva. Francesco l'aveva adorata a tal punto da conservare tutto in una meravigliosa scatola dei ricordi.

Scoprire che tu non fossi mia figlia è stato il dolore più grande della mia vita, c'era scritto in un altro foglio, associato all'ultimo CD. Avrei potuto forse sopportare che Valeria mi avesse tradito, ma scoprire questa terribile verità (di cui presumo tu ormai sia venuta a conoscenza per altra via) mi ha semplicemente devastato. Avrei tanto voluto dirti questo (e molte altre cose) di persona, ma visto che (giustamente) ti rifiuti di parlarmi, non ho potuto fare altrimenti. Certo, forse non sarei stato ancora pronto per dirti davvero tutto, però spero che tu possa capirmi almeno un po'. Per un uomo non è facile ammettere di avere dei "limiti", se così si possono chiamare. Vorrei che tu sappia che avrei davvero voluto darti un fratellino o una sorellina, e poco prima che io scoprissi che tutti i miei sforzi sarebbero stati inutili, io e Valeria ci abbiamo provato tanto. Poi, un brutto giorno, da diversi controlli ne è emerso che fossi sterile. La mia ostinazione mi ha spinto a non crederci, perlomeno inizialmente. Così ho fatto il test del DNA, che purtroppo ha confermato che non fossi figlia mia. Ero devastato. Pensavo che non sarei più riuscito a riprendermi, mi sono sentito preso in giro. La vita che fino a quel momento avevo vissuto accanto a voi due, era stata una bugia completa. Non sono riuscito a fare finta di niente, e mi sono lasciato inghiottire dal dolore fino ad arrivare a non versare più neanche una lacrima. Poi, per mia fortuna, è arrivata Grazia, e... e il resto lo sai.

Perché mi sono allontanato da te? Sappi che non è stato per questa scoperta (o, perlomeno, la ragione del mio allontanamento è molto più complicata di così). Ma di questo, be'... mi piacerebbe tanto parlartene di persona, se e quando lo vorrai.

Tuo,

Francesco

 

Amanda era annegata tra le sue stesse lacrime. Non si sarebbe mai sognata un simile risvolto. Riuscì a calmarsi un po' soltanto nel tardo pomeriggio, quando maturò finalmente che no, non poteva proprio farcela da sola. Aveva bisogno d'aiuto. Ma non di un aiuto qualsiasi.

Aveva bisogno di lui.

 

La mattina seguente, Amanda decise di prendere il primo volo disponibile per Madrid. Non sapeva se a lui avrebbe fatto piacere rivederla, ma voleva almeno tentare. Per quanto le piacesse la Spagna (malgrado non ci fosse mai stata), la ragazza si recò immediatamente nei pressi dell'hotel incriminato, senza guardarsi troppo intorno. Percorse un breve tratto di strada, parzialmente illuminato dai lampioni e dalle insegne di vari negozi di abbigliamento che contornavano la maestosa Plaza Mayor, quindi raggiunse l'Hostal verso le dieci di sera, un piccolo borsone tra le mani e un perenne senso di agitazione che le stringeva la gola. Si avvicinò, esausta, al receptionista e chiese di lui. L'uomo sulla quarantina accennò un sorriso e le fornì le informazioni richieste. L'albergo era un tre stelle e non si distingueva certamente per la bellezza o il prestigio di cui godevano altri alberghi situati nelle immediate vicinanze, ma in ogni caso si presentava bene ed era, nel complesso, molto curato. Amanda prese l'ascensore e cliccò sul tasto che l'avrebbe condotta al terzo piano. Fece poi qualche passo lungo il corridoio, le cui pareti ospitavano qualche bel dipinto inerente alla capitale spagnola, e, giunta al cospetto della camera 300, avanzò un timido toc toc sulla porta. Per un istante pensò di tornare indietro, ma la sola emozione di rivederlo la tratteneva dal farlo.

L'altro aprì qualche secondo dopo, suscitando in Amanda infinita sorpresa. Era più bello di quanto ricordasse. E le era mancato come l'aria.

«Amanda! Cosa ci fai qui?»

La ragazza mollò la valigia e gli si fiondò addosso senza pensarci. E, come se fino a quel momento si fosse trattenuta dal farlo, si mise di nuovo a piangere in silenzio, come una bambina. Lo strinse forte a sé e uno sconvolto Alessandro ricambiò immediatamente l'abbraccio, carezzandole la schiena ricoperta dal pesante cappotto invernale.

«Amanda, che hai? Parlami, ti prego.»

La ragazza si fece accompagnare da lui verso il bordo del letto e, nel frattempo, si premurò di asciugarsi le lacrime, sedendosi di fronte a lui. «Scusami tanto, ultimamente sono diventata una piagnona, e della peggior specie», gli rivelò, nel vano tentativo di sdrammatizzare. Il suo lieve sorriso, però, non suggeriva certo spensieratezza.

Lo sguardo preoccupato di Alessandro vagò sul suo volto in cerca di risposte.

«Questa mattina ho provato a cercarti a casa, però non c'eri», proseguì Amanda. «Così sono andata dai tuoi, che mi hanno confidato che eri partito per Madrid da qualche giorno. Mi sono fatta dire dove alloggiavi, e così... Mi dispiace, è che non sapevo con chi parlare, avevo bisogno di vederti e—»

«Non devi dispiacerti di niente. Dimmi come stai, piuttosto. Sei pallidissima, e... mi sembri dimagrita un po' troppo, oppure mi sbaglio?» le domandò lui, che stava cominciando seriamente ad allarmarsi.

«Scusami. Scusami tanto», gli ripeté lei. «Ti giuro che non volevo rovinarti le vacanze, non—»

«Amanda, ascoltami bene, tu non mi stai rovinando proprio nulla», le assicurò lui, scuotendola con dolcezza per le spalle. «Ti ho sempre detto che per qualsiasi cosa ci sarei stato, e intendo mantenere quella promessa. Sono partito perché ho pensato che in vista dell'anno nuovo mi sarebbe piaciuto farmi un viaggetto e staccare un po' la spina dalla solita routine, tutto qui.»

«Stavi... stavi uscendo?» gli chiese lei, imbarazzata.

«L'idea era quella, sì. Ma direi che adesso possiamo pure farne a meno. Forza, raccontami tutto.»

Amanda trasse un lungo sospiro. Cominciò dal principio e cercò di rivelargli ciò che aveva scoperto nelle ultime settimane. Alessandro stette in ascolto e più volte spalancò gli occhi, sintomo di quanto anche lui trovasse scioccante l'intera faccenda. 

«Non riesco più a dormire, mangio pochissimo e non mi sento per niente bene fisicamente. Mi costa doverlo ammettere, ma dopo l'ultima crisi che ho avuto non ce l'ho fatta più, quindi mi sono detta che dovevo dirlo a qualcuno. E io, escludendo Monica, mi fido soltanto di te», gli rivelò, di nuovo sull'orlo del pianto.

Alessandro continuò a stringerla a sé, manifestandole tutto l'affetto possibile. «Sta' tranquilla, io non ti lascio», le sussurrava a più riprese. «Ne uscirai vittoriosa, vedrai. Ti darò tutto l'aiuto necessario. Scusami se non mi sono fatto più sentire, è che pensavo che tu non—»

«Shh... Non è colpa tua», rispose prontamente lei, appoggiando appena la fronte a quella di lui. Stare tra le sue braccia le arrecò immediato sollievo, e non avrebbe voluto discostarsene per nulla al mondo. «Anzi, perdonami tu. Perdonami se ti ho fatto tanto soffrire. So che non dovrei essere qui, dopo quello che—»

«Non pensarci, adesso. Pensa soltanto a riprenderti. Avanti, sdraiati un po' e cerca di dormire. Che domani ci aspettano dei favolosi cornetti all'albicocca.»

Quella frase le strappò una leggera risata. Chiuse gli occhi e si lasciò ricadere sul cuscino, mentre Alessandro le sfilava le scarpe e la ricopriva con la coperta di lana che aveva trovato dentro l'armadio della stanza.

«Sai, ieri mattina ho riascoltato A Curious Feelings di Banks. Ti confermo che è un ottimo disco. Mi hai fatto proprio un bellissimo regalo.»

«Sono felice che ti piaccia», le rispose Alessandro. Sorridendole appena, continuò a parlarle e ad accarezzarle le guance con grande dolcezza, finché la ragazza, cullata dal dolce suono della sua voce, non riuscì a percepire più nulla e, con un sorriso appena accennato, non si addormentò.

 

N.d.A: Contro ogni mia aspettativa, sono riuscita ad aggiornare questa storia tanto intricata! E questo perché, a quanto pare, a Natale siamo tutti più... attivi nella scrittura! XD
Al solito, ringrazio chiunque sia arrivato fino a qui, a chi ha messo questa storia tra le preferite e le seguite! Nuovamente, mi auguro abbiate passato (e stiate passando) un buonissimo Natale!

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Capitolo 24
*** CAPITOLO XXII ***


CAPITOLO XXII


 

 

Quando Amanda si ridestò dal proprio sonno, si ritrovò davanti un Alessandro che, a torso nudo, si apprestava ad aggiustarsi la camicia. Con un colpo secco se la infilò, mentre le guance della ragazza andarono a fuoco. Al solo ricordo della notte trascorsa insieme, un coacervo di emozioni contrastanti le provocava una cascata di brividi in tutto il corpo. Lei l'aveva sfiorata, quella pelle. Aveva tenuto stretto a sé quel ragazzo con tutta la passione di cui era stata capace.

Richiuse gli occhi all'istante. Non poteva farsi scoprire.
Anche se lui, di sicuro, era più che consapevole di non essere visto, dato che non stava facendo il benché minimo rumore.
Lei, però, al netto del fatto che, fino a qualche minuto prima, stesse dormendo profondamente, si era risvegliata all'improvviso e... e il beffardo destino le aveva restituito l'immagine di un Alessandro semi-svestito – e, non da ultimo, del tutto inconsapevole del proprio fascino.

Amanda strinse con forza i lembi del lenzuolo. Se soltanto avesse potuto concentrarsi su quell'inezia, anziché ripensare a quanto stesse soffrendo per la sua condizione di figlia indesiderata, sarebbe stata di gran lunga più felice. D'altra parte, come poteva non considerarsi tale se Federico, fino a qualche mese prima, non sapeva nemmeno della sua esistenza? No, lei non poteva essere sua figlia. Lei non poteva concepire una cosa simile.

Strizzò gli occhi e li riaprì di scatto. Alessandro si era appena voltato verso di lei, un tenero sorriso ad addolcirgli i tratti del viso. «Finalmente ti sei svegliata», soffiò, quindi si avvicinò ai piedi del letto e continuò a sorriderle.

«Perché, che razza di ore sono?»

«Le nove e mezzo.»

«Ho davvero dormito così tanto?»

«A quanto pare... Come ti senti?»

Amanda sospirò. «Grazie ancora per avermi ospitato. Non eri tenuto a farlo.»

Lui le sorrise dolcemente. «Quando la smetterai di ringraziarmi? Te l'ho già detto, ci sarò sempre per te. Sempre

Anche Amanda sorrise. «Che programmi avevi per oggi?»

«Volevo visitare La Sagrada Familia. Dicono che sia meravigliosa. Ma non saremo soli, però. Con noi ci sarà anche un'altra ragazza.»

«Un'altra ragazza?»

Alessandro scostò lo sguardo. «Esatto.»

«E dimmi... io che cosa c'entro con voi due?» reclamò la giovane, cercando di non lasciar trapelare la sua delusione. Non si aspettava certamente compagnia.

Non fare la gelosa, adesso, si rimproverò. Ti ricordo che sei stata TU a rifiutare lui!

«Tu preparati», le ordinò lui, senza aggiungere altro, l'espressione indecifrabile. Per un momento, il suo cipiglio le ricordò quello di Federico.

Quella considerazione la fece quasi ripiombare nella disperazione, ma si decise a non darle troppo spazio.

Alla faccia della trasparenza, pensò, fuoriuscendo dal letto. Pur avendo dormito coi vestiti indosso, si sentì ugualmente nuda. E dire che Alessandro non la stava più guardando da un po'.

«La conosco?» gli chiese, incapace di tenere a freno la lingua.

Stai facendo la figura dell'idiota, le avrebbe detto Monica, se soltanto fosse stata lì con lei.

«Come mai tutto questo interesse?» replicò lui, che era girato di spalle e stava trafficando con la valigia.

Amanda fece spallucce. «Be'... mi avevi detto che eri venuto qui da solo—»

«Infatti è così», rispose Alessandro, trattenendo a malapena un sorrisetto.

«Tu mi stai nascondendo qualcosa», gli disse lei, puntandogli il dito contro.

Alessandro alzò le mani. «Non ti posso dire nulla. Almeno per il momento. Se non che questa ragazza è davvero carina. Anzi, che sto dicendo... è una dea», sentenziò, con una strana luce negli occhi.

Amanda, a fronte di quella forte considerazione, provò un'assurda fitta di gelosia. Sta' calma, si comandò, quindi mise su un sorrisetto di circostanza.

«Be', mi... mi fa piacere che tu stia cominciando a guardarti intorno», replicò, senza alcun accenno di fastidio nella voce.

Ma quanto cavolo faceva male pronunciarle, quelle parole?

Tu devi fare pace col cervello, comunque. Perché sennò, di questo passo, andrai a finire in una clinica psichiatrica. Che poi... da quando tu e lui siete stati insieme, è passato poco più di un mese, e... lui non aveva forse il diritto di provare a voltare pagina?

Alessandro le regalò uno sguardo al quale lei stessa non seppe dare un significato preciso.

Sta imparando l'arte del mistero anche lui. Di bene in meglio.

«Dai, sparati questo.»

Alessandro si voltò per un momento verso il comò e afferrò la bustina incriminata.

Questa volta, la ragazza comprese all'istante che le stava offrendo l'ennesima colazione appetitosa. Quando vi sbirciò dentro, trovò ad attenderla il solito cornetto all'albicocca. Peccato che le labbra dischiuse di Alessandro fossero di gran lunga più invitanti.

Ma cosa cavolo vai a pensare! si rimproverò, sconvolta.

Ormai era completamente fuori controllo.

Amanda si girò di spalle e diede un morso deciso al cornetto. L'attrazione per Alessandro non si era affatto placata, contrariamente a quanto si aspettava. Senza contare che, in sua compagnia, non percepiva più quel terribile senso di ansia che per molte settimane non l'aveva fatta dormire. Ciononostante, Amanda non poteva certo pensare di esserne innamorata. Lo conosceva ancora troppo poco e non poteva affatto illuderlo, facendogli vedere lucciole per lanterne. Lo aveva già fatto quella volta, e non poteva sbagliare ancora. Non se lo sarebbe mai perdonato.

«Allora? Ti piace?»

Mi piaci più tu.

«Sì, è... è buonissimo, ti ringrazio.»

Cercò di terminare in fretta la sua colazione, quindi si recò in bagno e si sciacquò la faccia. Doveva tornare in sé. E la sua mente doveva smetterla di blaterare.


§

 

 

«Ti ho detto di chiudere gli occhi!» esclamò Alessandro, mentre Amanda continuava a sbuffare.

«Ma non vedo niente!» replicò lei, che maldestramente stava cercando di appoggiarsi al marciapiede.

«Ti guido io, sta' tranquilla.»

Alessandro premette con delicatezza i palmi sulle sue spalle, e la ragazza cercò di ignorare il brivido suscitato da quel tocco. Da quando in qua il suo tocco bruciava? Da quando in qua il suo cuore tremava in sua presenza?

Amanda continuò ad avanzare, mentre Alessandro le faceva fare lo slalom tra i passanti, mormorando un mi scusi a ripetizione che la fece sorridere.

«Sei proprio un pazzo», mormorò lei, scuotendo la testa.

«Siamo quasi arrivati», le rispose lui di rimando.

«Lo spero proprio», sbuffò Amanda, sempre più impaziente.

«Fidati di me, dai! Almeno per una volta. Forza, apri gli occhi.»

La ragazza non fece nemmeno in tempo a replicare, che dinanzi si ritrovò la sua migliore amica. Sullo sfondo, la meravigliosa Sagrada Familia di Dalì. «Oddio, Monica! Non ci posso credere!»

Amanda si fiondò su di lei, che ricambiò seduta stante l'abbraccio. «Ehi, fa' attenzione o mi spezzerai!» ironizzò Monica, mettendo in luce quanto l'altra la stesse stringendo forte.

«Scusa», replicò lei. «È che sono così contenta!»

«Alessandro mi ha contattata ieri sera su Facebook. Mi ha detto che l'hai raggiunto in hotel proprio ieri, perché avevi bisogno di un po' di sostegno. Perciò eccomi qui. Non potevo certo mancare all'appuntamento», sogghignò, quindi fece l'occhiolino al ragazzo.

Amanda si voltò verso di lui. «Ma allora... hai veramente organizzato tutto tu?»

«Lo trovi così sorprendente?»

Bellissimo. Lo trovo bellissimo.

«A dire il vero no», gli rispose, con un sorriso che nascondeva più di mille parole.

«Be', allora direi di goderci questo bel tour, che ne dite?» intervenne Monica, interrompendo lo scambio di occhiate furtive tra i due.

I due si riscossero immediatamente.

«Mi pare un'ottima idea», sentenziò Amanda, le guance arrossate. Sperava tanto che Monica non si fosse accorta di niente, ma il suo sesto senso le diceva che più tardi non avrebbe potuto esimersi dal suo pedante interrogatorio.

 

La combriccola passò l'intera mattinata e buona parte del pomeriggio girovagando per la bellissima capitale spagnola. Amanda, pur non potendosi dire felice e spensierata, trascorse comunque delle piacevoli ore in compagnia di quei due pazzi scatenati. Entrambi avevano fatto di tutto per farla ridere un po', cercando di distrarla dal pesante fardello che si portava appresso. Alessandro, poi, si era persino assicurato che non lasciasse alcunché nel piatto, mentre si gustavano una paella de mariscos che il ragazzo aveva definito la fine del mondo.

«Sta' tranquillo, che se continui così recupererò molto in fretta i chili persi», gli aveva assicurato lei, non senza guadagnarsi un'occhiataccia da lui.

Ad Amanda sfuggì un sorriso. Fino a quel momento, aveva appositamente evitato di guardare il cellulare per evitare di guastarsi l'umore. Si sentiva più rilassata del solito, in barba al fatto che i suoi problemi non potessero risolversi con un colpo di spugna.

«Grazie di tutto», esalò, mentre riaccompagnava Alessandro nella sua stanza. Poco prima, Monica aveva tanto insistito perché lei dormisse nel suo appartamento preso in affitto per l'intera settimana. Amanda, dal canto proprio, aveva accettato di buon grado la sua proposta (o meglio, il suo ordine). Stare troppo intorno ad Alessandro le faceva uno strano effetto. E pure in quel momento, quando lui si voltò per guardarla così intensamente da farle tremare le gambe, Amanda non riuscì comunque a distogliere lo sguardo dal suo. Gli occhi di lui erano incollati ai suoi, un sorrisetto dai tratti vagamente indecifrabili ma, nel contempo, tremendamente dolci.

«Te l'ho già detto che farei di tutto per te, no? Volevo vederti di nuovo sorridere, e contattare la dea Monica mi è sembrata la soluzione ideale.»

In quell'istante, ad Amanda ritornò in mente la battuta che lui aveva pronunciato quella mattina: Se non che questa ragazza è davvero carina. Anzi, che sto dicendo... è una dea.

Più o meno la stessa frase che gli aveva rifilato lei quando aveva cercato di buttarlo tra le braccia di Monica. In un'altra circostanza, gli avrebbe rifilato un pugnetto sul braccio recriminandogli quanto si divertisse a prenderla in giro. E, magari, ad alimentare la sua gelosia.

«Lei è veramente una dea, come ti ho già detto

«Mai quanto te», le sussurrò lui, avvicinandosi pericolosamente a lei.

Amanda non riuscì nemmeno a indietreggiare. Era ipnotizzata dal suo sguardo, da quell'accenno di sensualità che il suo tono di voce aveva appena tradito.

Senza che le riuscisse di replicare un qualcosa, Alessandro le stampò un breve bacio all'angolo destro della bocca, quindi si ritrasse e le auguròl la buonanotte, con un sorriso che – Amanda ne era sicura – avrebbe sciolto il cuore di qualsiasi ragazza.

«Ci vediamo domani», le assicurò. «Dormi bene», riprese, richiudendo la porta dietro di sé.

D'istinto, Amanda si toccò la guancia e parte del mento, il cuore che batteva all'impazzata. Sospirò. Nemmeno quella notte avrebbe chiuso occhio.


Finalmente, nonostante le tremila vicissitudini che in questi mesi mi stanno tartassando, sono riuscita a pubblicare un nuovo capitolo di questa storia! Un grazie di cuore a chiunque sia arrivato fin qui; nello specifico, mi sento di ringraziare SwanXSong e Milly_Sunshine, che in quest'ultimo periodo mi hanno spronata parecchio nel rimettere mano a una storia che, costi quello che costi, terminerò! Ovviamente, ringrazio anche Mno3mi89, che mi ha sempre seguita con grande passione!
Un caro saluto, e alla prossima!
Eleonora

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Capitolo 25
*** CAPITOLO XXIII ***


CAPITOLO XXIII


 


 

«Tu non me la racconti giusta», sputò Monica non appena Amanda la raggiunse fuori dall'Hostal, un sopracciglio inarcato e le braccia conserte.

«A che ti riferisci?» replicò l'altra con finta nonchalance, gli occhi di Alessandro e il suo bacio innocente bruciavano ancora.

«Dai, non fare la finta tonta. Vi ho visti.»

Amanda le regalò uno sguardo assassino. «Potresti essere più esplicita, per favore?» le chiese, pur sapendo a cosa stesse alludendo.

«Tu e Alessandro», replicò Monica, assottigliando gli occhi. «Tra voi due c'è stato qualcosa, vero? Avanti, sputa il rospo!»

«E se io non volessi?»

«È successo qualcosa», sentenziò Monica, un sorriso soddisfatto a sostituire l'espressione intrisa di sospetto di qualche attimo prima.

Amanda si arrese, quindi sospirò profondamente. «Io e lui abbiamo fatto l'amore», le confessò, tutto d'un fiato. «Contenta?»

«Uuuuh! Be', vi assicuro che dai vostri sguardi non si capiva!» la motteggiò l'amica, gli occhi che le brillavano.

«Ma la vuoi smettere?!»

«Solo se mi racconti tutti i dettagli. E dico tutti

Amanda spalancò la bocca. «Te lo puoi scordare!»

«Ma è così che si fa tra migliori amiche!» ribatté l'altra, cominciando a ridere di gusto.

Amanda, nel frattempo, era diventata rossa come un peperone.

«Senti, se continui a tartassarmi così me ne torno dritta dritta da Alessandro.»

Monica le sorrise con velata malizia. «Per continuare da dove avete lasciato?»

«Ma tu da che parte stai, si può sapere?»

«Ma dalla tua! Anzi, che dico... dalla vostra!» Monica arricciò il naso. «Se proprio lo vuoi sapere, vi ho shippato fin dalla prima volta che vi ho visti insieme in fotografia. Ho sempre pensato che sareste stati una bellissima coppia, pur non conoscendo bene lui. Finalmente ti sei svegliata, amica mia.»

Amanda spalancò gli occhi. «Tu cosa

«Lo sapevo da un po', che il tuo caro agente aveva una cotta per te. Me ne sono accorta alla presentazione di qualche mese fa. Praticamente non ti ha staccato gli occhi di dosso. Però non ho voluto dirti niente perché speravo che, prima o poi, te ne saresti accorta anche tu.»

Amanda scosse la testa, sempre più incredula. «Io non... io non so esattamente quando ho cominciato a vederlo in modo diverso. Alessandro, per me, è sempre stato solo un amico.»

Gli occhi di Monica si riempirono di euforia. «Ma adesso state insieme, no? A quando le nozze? Capisco che non vogliate dare troppo nell'occhio perché tu sei diventata famosa, però—»

«No. Io e lui non stiamo insieme.»

Monica si fermò di colpo lungo il marciapiede che lei e Amanda stavano costeggiando da qualche minuto, al fine di raggiungere il suo dormitorio.

«Ma come non state insieme?»

Amanda si torse le mani. «Be', io... io gli ho detto che non sarebbe più dovuto succedere. Ci siamo concessi l'uno all'altra nel momento più sbagliato. Mio padr... Francesco mi aveva appena confessato che la mamma l'aveva tradito anni prima, anche se non mi ha detto con chi. A dirla tutta, non so nemmeno se sapesse che quella persona era Federico. Ma presumo che adesso lo sappia.»

Ripresero a camminare svicolando tra i passanti, le luci soffuse dei lampioni a illuminare il percorso, mentre Monica assumeva un cipiglio sempre più pensieroso. Per qualche minuto, regnò un silenzio carico di domande senza risposta.

«Amanda, senti... mi dispiace tanto per prima. Non volevo sembrarti superficiale, tantomeno invadente. Speravo soltanto di... sì, speravo soltanto di alleggerirti un pochino. Mi distrugge vederti così dimagrita, così... spenta. Ma con Alessandro mi sei sembrata un'altra, oggi. La sua compagnia ti fa molto bene. Non devi respingerlo.»

«Non devi scusarti. Capisco cosa intendi, però... però non mi sento pronta, capisci? Sì, io sono attratta da lui, mi piace e mi fa stare bene, ma... ma ho tanti dubbi. E ho paura di tutto. La nostra amicizia è stata solida fino a questo momento, e... e dirsi addio è stato davvero orribile. Dopo che siamo stati insieme, e dopo che io gli ho detto che non sarebbe dovuto più capitare, lui mi ha risposto che si sarebbe attivato per cercarmi un altro agente letterario. Ma che ci sarebbe comunque stato, se avessi avuto bisogno di lui.»

«Be', non lo puoi biasimare», rispose l'altra. «Ma per quale motivo hai paura? Alessandro mi sembra davvero un bravo ragazzo. Sì, d'accordo, lui ha quasi quarant'anni e tu non ne hai nemmeno trenta, però siete due adulti e, a quanto mi hai detto, avete anche parecchie cose in comune.»

«Non è per questo, che ho paura. Lo sai che non mi spaventa la differenza d'età. Non la sento nemmeno. Il fatto è che... io tengo molto al nostro rapporto. Un'amicizia può durare per sempre. Ma un'eventuale storia d'amore...» Sospirò, sconfitta. Non si era mai sentita così confusa in vita sua.

«Non puoi dire sul serio! Tu ci hai sempre creduto, nell'amore! Sono io, quella che non ci crede più da un pezzo!»

Amanda fece spallucce. «Alessandro è speciale. E già l'ho fatto soffrire una volta. Lui si merita una ragazza che sia disposta a tutto, per stare con lui. Che abbia quel coraggio che adesso a me manca.»

«Ma tu lo ami?»

Amanda non rispose nell'immediato. «So soltanto che non voglio perderlo.»

Monica le sorrise. «Questo dovrebbe dirti già tante cose. Sono sicura che non lo perderai. Tiene molto a te. Però, almeno una cosa me la devi dire... com'è stato?»

La giovane comprese subito a cosa si stesse riferendo l'amica. D'altronde, il suo sorrisetto non le mandava certo a dire.

Amanda avvampò. «Lui è... è stato davvero dolcissimo. A un certo punto, avrebbe persino voluto fermarsi, perché pensava che non fosse il momento più giusto per andare oltre. Io, però, non ho voluto sentire ragioni. In quel momento, volevo solo lui. Volevo soltanto che mi stringesse tra le sue braccia e che ci abbandonassimo al momento. E quel momento... è stato dolce e intenso allo stesso tempo. Lui si è preso cura di me. Mi ha tenuto stretta per ore. Con Daniele, tutto questo non c'è mai stato. Con Ale, invece... ho provato delle sensazioni talmente forti, che ancora adesso mi è difficile descriverle.»

«E allora perché ci vuoi rinunciare? Cioè, lo so che per te è un momento particolarmente difficile, ma Alessandro potrebbe aiutarti a superarlo.»

«Non lo so. Non sono più sicura di niente, arrivata a questo punto.»

«E allora prenditi il tuo tempo, ma non allontanarti da lui. Vedrai che, standoci insieme, riuscirai a capirci qualcosa.»

Amanda accennò un sorriso. «Ti ringrazio di cuore per l'ospitalità.»

«Non dirlo nemmeno. Anzi, dovresti ringraziare Alessandro.» Monica le fece l'occhiolino e l'altra alzò gli occhi al cielo.

«Forza, andiamo a dormire», le disse Amanda, quindi estrasse il cellulare dalla tasca.

Il display registrava quattro chiamate perse, ed erano tutte quante di Francesco.

 

§

 

«E quando pensi di parlargli? Prima o poi dovrai farlo, no? Lo so, hai tutte le ragioni del mondo per non richiamarlo, però—»

«Sì, lo so. Lui è preoccupato per me. Peccato che non si sia occupato della sottoscritta per anni. Ho aspettato così tante volte di ricevere una sua chiamata di tanto in tanto, e puntualmente mi ha sempre deluso. Forse, avrebbe fatto meglio a dirmi subito la verità. In questo modo, mi ha ferità ancora di più.»

Monica sospirò. «Sì, lui ha di sicuro sbagliato.» Si infilò i pantaloni e controllò distrattamente se all'interno del suo zaino vi fosse tutto l'occorrente per assistere alle consuete lezioni mattutine. «Ma... non credi che prima o poi dovrete cercare di chiarirvi di persona?»

«Non adesso», tagliò corto Amanda. «Poco fa, ho contattato una vicina di casa e le ho detto che soggiornerò qui a Madrid per tutta la settimana. Ci penserà lei ad avvertirlo.»

«E tu credi che in questo modo la smetterà di chiamarti?»

Amanda prese a spazzolarsi i capelli, mentre guardava di sfuggita il proprio riflesso nello specchio della camera. Quasi non si riconosceva più. Le guance scavate, gli occhi spenti, le labbra secche. Come diavolo aveva fatto Alessandro a non scappare a gambe levate non appena l'aveva rivista? «Be', è quello che spero», mormorò, mentre sentì che il suo cuore spezzato era come trafitto da migliaia di spine.

«Mi devi soltanto promettere che non ti lascerai più abbattere. Non sopporto vederti soffrire. Ti meriti soltanto il meglio.»

«Anche tu, amica mia. Anche tu.»

Monica si gettò su di lei. Un lungo abbraccio sancì quel momento, come il fiotto di lacrime silenziose che sgorgarono dalle pallide guance di Amanda, che, nonostante tutto, non riuscì a non dichiararsi grata al destino per averle permesso di incontrare lei e Alessandro.

 

§

 

«Sono tutto tuo. Dimmi pure cosa ti piacerebbe fare oggi.»

Lo sguardo di Alessandro, come sempre, sottintendeva un fascino e una sensualità innati.

Come sempre?

Scosse la testa, mentre Alessandro le chiese a cosa stesse pensando.

«A niente di così importante», ribatté, nella sua testa la confusione più assoluta.

È davvero possibile accorgersi di qualcuno dopo anni? Provare un improvviso interesse per un ragazzo  anzi, un uomo!  che per anni hai trattato alla stregua di un semplice amico?

Ma è pur vero che, prima che tu diventassi famosa, vi conoscevate a stento. Negli ultimi mesi, invece... Siete stati quasi sempre in contatto.

Persino una cosa sola.

«Be', io credo che... e se ti chiedessi di andare a fare un po' di shopping?» Amanda mise su un sorrisetto implorante, cercando di ignorare quell'ultima considerazione.

Alessandro finse di pensarci un po' su. «Mmm... lo sai che fare shopping non è esattamente la mia occupazione preferita.»

«Dai, ti prometto che non farò l'esagerata, questa volta.»

«D'accordo, mi hai convinto. A patto che dopo, però, facciamo un salto al negozietto di musica qua vicino. Ci stai?»

«Ci sto.»

Alessandro allungò il braccio per suggellare quel "patto" e, quando lei gli strinse la mano, un brivido di pura elettricità le attraversò tutto il corpo. L'altro indugiò in quel contatto per qualche secondo, sfiorandole appena il dorso con il pollice. Il suo bel sorriso, dalle calde, dolci e rassicuranti sfumature, la ipnotizzò.

Ma è mai possibile che io lo trovi sempre più attraente?

Jeans scuri, scarpe da ginnastica, un maglioncino in cashmere di colore blu. Pur nella sua semplicità, lo trovava di una bellezza disarmante.

«Hai già fatto colazione?» le chiese lui, indurendo di colpo i tratti del viso.

Amanda annuì. «Sì, non preoccuparti. Eccoti la busta vuota come prova.» Estrasse una bustina di plastica dalla borsa e l'altro scoppiò a ridere.

«Davvero mi pensi così malfidato?»

«Giusto un pochino.»

Alessandro si apprestò a richiudere a chiave la sua stanza. «Sai, sono molto felice che tu mi abbia chiamato. Non ti avrei biasimato se avessi deciso di stare un po' da sola.»

«Non ti nascondo che è davvero dura. Scoprire dopo quasi trent'anni di essere la figlia di un altro... di quel Federico, per giunta... Io non lo so, ma non credo che riuscirò mai ad accettarlo sul serio. Federico è sempre stato tanto gentile con me. Ma avrei dovuto capire che mi stava nascondendo qualcosa. Tutti quei continui rimandi al suo passato con mia madre, le sue reticenze, i suoi sguardi indecifrabili. Insieme, incredibile a dirsi, abbiamo fatto moltissime cose che, perlomeno in linea di massima, avrebbe fatto un qualsiasi padre con la propria figlia. Abbiamo guardato Il Canto di Natale insieme, ho cucinato i pop-corn a casa sua, e senza che lui si perdesse un singolo passaggio. Mi ha fatto salire in groppa alla sua moto, siamo andati a un concerto di musica classica; mi ha regalato tutta la saga di Marcel Proust... E ha letto anche tutti i miei libri. Insomma, chiunque – me compresa – avrebbe potuto pensare che lui si stesse comportando come un uomo d'altri tempi, ma col senno di poi... la verità era un'altra.»

«Io ti ammiro moltissimo, Amanda», le rivelò Alessandro, del tutto serio in volto. «Ammiro il tuo coraggio, la tua forza... il come stai affrontando questa difficile situazione. E voglio che tu sappia che, qualsiasi decisione tu possa prendere, io sarò sempre dalla tua parte.»

Amanda ricambiò il suo sguardo con sincero affetto. «Anch'io ti ammiro tanto, lo sai. E ti sono grata per non esserti girato dall'altra parte.»

«Non avrei mai potuto. Conosco la persona che sei, e non posso che augurarti tutta la felicità del mondo.»

In quel preciso istante, mentre stavano incamminandosi verso la metropolitana, le mani di entrambi si sfiorarono. Amanda, istintivamente, intrappolò quella di lui nella sua. Si guardarono appena, mentre un timido sorriso – a tratti incerto – gli contornava le labbra.

Le loro mani, però, rimasero saldamente intrecciate.

 

§

 

«Ma dove cavolo è finita? Doveva essere già qui! Non mi risponde nemmeno al telefono.»

Dopo qualche secondo, lo smartphone di Amanda trillò. Con aria perplessa, la ragazza lesse il contenuto del messaggio appena ricevuto.

Dieci minuti e arrivo. Intanto prendete posto.

«Dice che arriva tra dieci minuti. Possiamo entrare dentro, intanto.»

Alessandro smise all'istante di battere il piede sull'asfalto. «Perfetto. Stavo cominciando a perdere le speranze», ironizzò. «Si vede proprio che siete migliori amiche.»

«Che cosa vorresti insinuare?» domandò l'altra, sull'attenti.

«Che sono già super abituato ai tuoi, di ritardi. Quindi, quello di Monica non mi stupisce minimamente», rispose Alessandro, tra l'impertinente e il divertito.

«Negli ultimi anni sono migliorata, però. Questo non puoi negarlo.»

«Sì, però... però potresti fare di più», replicò l'altro, aprendole con garbo la porta del ristorante.

Amanda fece una smorfia, ma dentro di sé stava ridendo di gusto. «Te lo devo proprio dire... sei la persona più esigente che abbia mai incontrato!»

«E tu la più testarda. Ma, forse, è proprio per questo che andiamo così d'accordo. Non credi?»

«Forse», rispose lei, fingendosi indispettita. Quando giunsero al cospetto del ristoratore, Amanda gli chiese, con un perfetto accento spagnolo, se potessero accomodarsi. Il locale in questione era molto accogliente, e il suo stile, dai tratti rustici e moderni insieme, suscitò in entrambi infinita meraviglia. 

«Monica ha veramente buon gusto», osservò Amanda.

Il ristoratore, nel frattempo, li condusse verso un'area del ristorante piuttosto appartata. Il tavolino, con tanto di candelina profumata al centro, poteva però ospitare solo due persone.

«Ci dev'essere un errore», sussurrò Amanda. «Stiamo aspettando la mia migliore amica, quindi stasera saremo in tre.»

L'altro uomo negò con forza, affermando che una certa signorina Rossi avesse prenotato solo a nome di lei e di Alessandro.

Amanda rimase senza parole. E non appena il distinto proprietario si congedò da entrambi, i due si guardarono con aria smarrita.

«Ti assicuro che non ne sapevo nulla», dichiarò Alessandro, con una punta di imbarazzo nella voce.

Amanda si accorse che, proprio al di sotto della candelina, prendeva posto una piccola letterina. La estrasse in un lampo e cominciò a leggerla, le labbra serrate.
 

Sono sicura che domani mi ringrazierete. Godetevi la serata, mi raccomando!

Un bacione,

la vostra Monica.
 

«Ma guarda un po' questa!» esclamò Amanda, rilassando i muscoli del volto. Non avrebbe mai pensato che la sua più cara amica si sarebbe spinta a tanto.

«Che cosa c'è scritto?» domandò un Alessandro sempre più confuso. «Senti, se per caso vuoi che ce ne andiamo, posso anche riportart—»

«Niente di importante», scattò Amanda, sorridendogli di colpo. «E no, noi due non andiamo proprio da nessuna parte. Vogliamo accomodarci?» gli domandò, il cuore a mille. Non sapeva che cosa le avrebbe riservato quella serata nello specifico, ma, tutto d'un tratto, dentro di sé si sentì più coraggiosa che mai. E quando Alessandro, per tutta risposta, le sorrise lasciando che ogni traccia di imbarazzo scomparisse dal suo volto, Amanda comprese di aver fatto la scelta giusta.

Anche per quella sera, il suo posto sarebbe stato accanto a lui.

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Capitolo 26
*** CAPITOLO XXIV ***


CAPITOLO XXIV


 

 

«Sai, mi sono divertito molto oggi. Fare shopping con te non è stato così terribile.»

«Cosa ti avevo detto?» gli rispose Amanda, un guizzo di assoluta fierezza nello sguardo.

Alessandro puntò l'indice in alto, accantonando per un istante la forchetta intrisa di gamberetti. «Mi auguro, però, che anche il negozietto di musica sia stato di tuo gradimento.»

«Sì, mi è piaciuto molto», gli rispose, mentre un fugace accenno di malinconia s'impadroniva dei suoi occhi.

«Qualcosa non va?»

«Non posso nasconderti proprio niente, eh?»

«Direi di no. Ma se per caso preferisci non parlarne, non preoccuparti. Non sei tenuta a farlo.»

La ragazza bevve un lungo sorso d'acqua, quindi posò il bicchiere. «Sai, io e Federico abbiamo parlato molto spesso di musica. Ci piacciono più o meno le stesse cose. E... e tra i tanti vinili che ho notato tra gli scaffali, spiccava tra gli altri quello degli Stackridge, il gruppo che ho conosciuto grazie a lui.»

«Friendliness, quindi.»

«Sì. Non saprei dirti perché ho deciso di acquistarlo. È come se una forza misteriosa mi abbia spinta a farlo senza che potessi impedirmelo.»

«Forse, in fondo in fondo, ti piacerebbe conoscerlo meglio. Credo sia normale provare curiosità, nonostante quello che hai scoperto.»

Amanda addentò un bocconcino di filetto in crosta, l'aria distratta. «Non lo so. Quando ci vedevamo, provavo sempre una strana emozione. All'inizio, non mi sapevo spiegare se provassi un qualche cosa di somigliante all'amore, ma dopo qualche tempo, ho cominciato a razionalizzare il tutto. Così, "ho deciso" che no, non poteva trattarsi di quel sentimento. Stavo cominciando a provare dell'affetto, però. Ed era così inconsueto, per me. Non riesco tanto facilmente a legarmi alle persone.»

«Nemmeno la tua infanzia è stata semplice, quindi la tua difficoltà è comprensibile.»

«Ricordo ancora la sofferenza nel suo sguardo quando gli ho detto che sarei andata a prendere qualcosa al bar con il mio presunto padre. È stato in quel momento, che mi ha detto che non avremmo dovuto vederci mai più.»

Alessandro allungò la mano fino all'altro capo del tavolo, quindi strinse quella di lei con infinita tenerezza. «Te l'ho già detto che sei la donna più forte che conosca?»

Amanda accennò un sorriso. «E a te l'ho già detto che non mi dispiace per niente essere qui con te questa sera?»

L'altro la fissò negli occhi. Stavano brillando di una luce nuova. Proprio come i suoi. «Come immaginerai, non dispiace per niente nemmeno a me. A dirla tutta, avrei tanto voluto invitarti a cena una di queste sere, ma...» Fece spallucce. «Temevo di essere inopportuno, e quindi... Insomma, non credo che ne avrei avuto il coraggio, se non fosse stato per Monica.»

«Eh già, sembra proprio che abbia voluto darci una mano», enunciò Amanda, le gote leggermente arrossate. La confessione di Alessandro aveva fatto sorgere in lei un'emozione del tutto diversa dal solito. Lui era così trasparente, così genuino! Così discreto e...

Così affascinante, sentenziò la solita vocina al posto suo.

Alessandro trattenne il palmo di lei nel proprio per qualche altro minuto, poi si ritrasse.

Amanda percepì nell'immediato un senso di vuoto.

«Vedrai che, prima o poi, si sistemerà tutto», riprese lui, tornando "all'argomento Federico".

E io spero tanto che, sia in questo "prima", che in questo "poi", tu resterai con me, pensò Amanda.

«Non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto il sostegno che mi stai dando.»

«Sono io che ringrazio te. Per tutte le emozioni che mi hai regalato in questi anni.»

Il cuore di Amanda balzò quasi fuori dal petto. «Tu ci hai sempre creduto. A differenza mia.»

«Semplice dovere professionale», rispose lui. «Pur con qualche sentimento di troppo nel mezzo», ammise, suscitando nella ragazza un improvviso crampo allo stomaco. «Ma ci tengo a dirti che, a dispetto di tutto, non ho mai cercato di favorirti in alcun modo. Sì, io ci ho messo anima e corpo perché il pubblico ti notasse, ma in primis l'ho fatto perché la tua penna è divina. Quasi magica, oserei dire. Me ne sono innamorato fin dalla prima volta che mi hai sottoposto il tuo primo manoscritto. E sono proprio felice che non sia stato l'unico a beneficiarne.»

Amanda, sulle prime, non riuscì a rispondergli. La sincerità di Alessandro riusciva a disarmarla completamente. «Quando ti ho scelto, non avrei mai immaginato di poter vivere tutto questo. Ho consultato mille pagine web che offrivano servizi analoghi al tuo, eppure nessuna di quelle riuscì a colpirmi. La tua biografia, invece, mi ha subito conquistata. Ho voluto fidarmi del mio istinto, e tuttora non mi pento di averti scelto. E... e non mi pento nemmeno di tutto il resto», gli confessò, ingoiando a stento l'ultimo boccone di quel gustoso filetto. Ingurgitò un sorso d'acqua. Quasi non credeva di averglielo detto. Se fino a qualche settimana prima non la pensava così, in quel momento credeva sul serio che abbandonarsi al desiderio fosse stata la cosa più giusta che avesse mai fatto.

«Lo pensi davvero?» le chiese lui, una sfumatura di dubbio nella voce.

«Penso che nulla possa davvero dirsi sbagliato, se quello stesso "nulla" è stato fatto con il cuore.»
Amanda stirò le labbra in un dolce sorriso e, anche se non se la sentiva ancora di dirgli qualcosa di più, sperava tanto che, almeno per il momento, quelle parole potessero bastargli.

Alessandro la guardò intensamente. «È questa, l'unica cosa che ti chiedo. Di seguire sempre il tuo cuore. Anche per la questione di tuo padre e... e di Francesco.»

«Mi fa così strano chiamarlo per nome», sospirò Amanda. «Ma d'altronde, non riesco nemmeno a chiamare diversamente Federico.»

«È perfettamente normale. Non ci riuscirei nemmeno io. Ma devi darti del tempo per capire quello che vuoi. Non devi avere fretta.»

«Forse hai ragione tu. E anche se non sopporto le questioni in sospeso, non mi resta che accettare il fatto di essermene lasciate indietro fin troppe, negli ultimi tempi.»

«Ma è stato per una giusta causa», sottolineò l'altro, orgoglioso. «Il tuo nuovo romanzo sta andando fortissimo.»

«Almeno quello», farfugliò la ragazza, che nell'ultimo periodo aveva pensato a tutto, tranne che alla sua fortunata vita da scrittrice. «Ultimamente, niente mi sembra avere più senso.»

«Mi dispiace tanto, Amanda», le rispose Alessandro, l'aria profondamente contrita. «Questo sarebbe dovuto essere il periodo più emozionante della tua vita.»

«Adesso ci sei tu. E questo mi basta.»

Alessandro sorrise appena. «Bastarti mi piacerebbe davvero tanto. Ma la famiglia è importante. Non dimenticarlo. Anche se adesso ti sembra che tutti quanti ti abbiano presa in giro – e non ti biasimo per questo –, sono sicuro che, con il tempo, riuscirai a schiarirti le idee e a capire che cosa fare. Ti prego, però, di non smettere di scrivere. Non smettere mai. Perché adesso è ufficialmente la tua vita, e... e io voglio continuare a leggerti ancora. Anzi, per sempre

Come al solito, le parole di Alessandro colpirono nel profondo la giovane. «Non mi dire che sei in crisi di astinenza! Di già?» pensò di buttarla sul ridere lei, quindi ingollò un altro sorso d'acqua.

«Mica è colpa mia se crei dipendenza», ribatté prontamente l'agente, tra il malizioso e il divertito.

Amanda si soffermò sul suo sguardo per più tempo del dovuto. Pur sapendo che si stesse riferendo alle sue opere, lei percepì l'atmosfera scaldarsi appena. Non conosceva ancora tutti i lati caratteriali di Alessandro, e lui li stava, a poco a poco, svelando tutti. E lei, incredibile a dirsi, non provava quasi il benché minimo imbarazzo. Il livello di confidenza che avevano raggiunto, unitamente alla forte intesa che condividevano da qualche tempo, ispirava in Amanda l'esigenza di raccontarsi sempre di più, dando voce alle proprie sensazioni.

Prima che lei potesse ribattere, una musica deliziosa si diffuse in tutto l'ambiente. Amanda non se ne intendeva troppo di danza, ma le pareva che quelle dolci note scandissero il ritmo di un bellissimo valzer lento.

«Che ne diresti se ballassimo un po'?» le chiese Alessandro, non troppo convinto. «Certo, non vorrei finire per pestarti i piedi, però—»

«Non hai pensato che, forse forse, potrei pestarteli io?» replicò Amanda, che al solo pensiero di ritrovarsi tra le sua braccia, provò un'intensa fitta al bassoventre.

Alessandro la prese sul ridere. «Vogliamo provarci? Male che vada, ci ritroveremo con un paio di scarpe in meno nell'armadio.»

Anche Amanda si abbandonò a una risatina. «D'accordo, mi hai convinta.»

Alessandro racchiuse con dolcezza il suo palmo nel proprio e la guidò verso "la pista". Quella sera, il ristorante era semi-deserto e, per loro fortuna, nessuno avrebbe potuto rompergli le uova nel paniere. Chiunque avrebbe potuto riconoscere "il grande fenomeno editoriale italiano" e scucirgli un autografo, e quindi rovinare il momento. Un momento bizzarro, almeno per alcuni versi, come spontaneo e familiare per altri.

Non passò molto tempo perché si ritrovassero occhi negli occhi, la fronte dell'uno posata su quella dell'altro; un sorriso discreto che rispecchiava la felicità – e l'emozione – di entrambi, nonché impreziosito di quella dolcezza cui soltanto due persone veramente affini potevano davvero godere, nella sua essenza più atavica.

«Non ti ho ancora detto quanto ti trovi bella stasera», soffiò lui, a pochi centimetri dalle labbra di Amanda, mentre volteggiavano piano, a ritmo di musica. «Anzi, bellissima.»

Il cuore della ragazza cominciò a far rumore. «Mi sono lasciata molto andare, ultimamente. Non devi dirmelo soltanto per farmi piacere», gli sussurrò, incapace di non pensare alla morbidezza di quelle labbra e al sapore dei suoi baci.

«Non lo dico per farti piacere. Semplicemente, mi togli il fiato», ribatté lui, i palmi stretti lungo i fianchi della ragazza.

Amanda provò un senso di appartenenza che ben poche volte aveva sperimentato, nell'arco della sua giovane esistenza. Si sentiva in paradiso.

L'impulso irrefrenabile di baciarlo rischiò di farle perdere la ragione, ma Alessandro fu più lesto di lei. Le sfiorò la punta del naso con le dita, quindi appena la bocca con le sue labbra, ma non catturò quelle di lei in un bacio dolce e appassionato.
Piuttosto, le riversò il proprio affetto stringendola più a sé, sbaciucchiandola, di quando in quando, sulla guancia.

Amanda chiuse gli occhi, incapace di riflettere oltre. Inspirò a fondo, cercando di placare tutte le sensazioni che, stando vicino ad Alessandro, si erano accese d'improvviso dentro di lei.
Il suo corpo era in fiamme, il cuore che le martellava incessantemente nella gabbia toracica, le cui pareti erano decisamente troppo strette per contenere tutto quel mucchio di emozioni confuse e, nel contempo, estremamente vivide.
Nessuno l'aveva mai fatta sentire in quel modo. Avrebbe voluto che quel momento durasse in eterno. Le carezze di Alessandro sulla sua schiena le provocarono brividi intensi, mentre il suo caldo respiro s'infrangeva sul suo collo, quindi di nuovo sulla sua guancia.

Dagli occhi di Amanda sgorgarono un paio di lacrime, che subito le corsero ai lati del viso. E tutto, mentre sorrideva e si beava dell'abbraccio di Alessandro.

Quando lui si scostò, la guardò con aria smarrita. «Amanda, che ti succede?» sibilò, il cuore in gola.

Lei, che nel frattempo, aveva continuato a sorridere, lo strinse di nuovo a sé. «Non lo vedi? Sono solo molto felice. Tutto qui.»

Anche ad Alessandro spuntò un sorriso radioso, quindi si tranquillizzò e riprese a far piroettare, seppur malamente, la sua Amanda, suscitando in entrambi una grassa risata.

«Ti ci vorrebbe proprio un ballerino professionista», sputò Alessandro, mentre il flusso di quelle risate si faceva sempre più intenso. «Io sono una vera frana.»

«Dovremmo proprio prendere lezioni, concordo.»

«Be', per me possiamo iniziare anche subito», rispose lui, facendole l'occhiolino.

Amanda non smise più di sorridere, nemmeno per un breve istante. Se ne restò abbracciata ad Alessandro per qualche altro minuto, eliminando qualsivoglia pensiero intrusivo dalla mente.

I due ripresero la metropolitana verso le dieci e trenta e, come previsto, era parecchio affollata. Quando Amanda atterrò nei pressi del dormitorio della sua migliore amica, l'agente l'accompagnò fino al portone, percorrendo insieme a lei un breve tratto di strada. Il silenzio della notte, in quella piccola frazione della città, inglobò entrambi nella spirale di una muta complicità a lungo cercata.

Di tanto in tanto, si scambiavano delle fuggevoli – quanto significative – occhiate, i suggestivi vicoletti che li circondavano e che dipingevano un clima dai toni serafici e altrettanto accoglienti.

«È stata una bellissima serata», esordì Alessandro, quando giunsero a destinazione.

«Splendida», concordò Amanda, mentre lui le scostava un ciuffo ribelle dalla fronte.

«Spero di averti fatto svagare un po'. Lo so che non è facile, ma—»

«Hai fatto molto di più», gli assicurò Amanda. «E... spero che ci saranno tante altre serate simili a questa. Grazie di tutto.»

Lui le si avvicinò, quindi le diede un casto bacio sulla fronte. «Grazie a te.» La strinse di nuovo tra le sue braccia per un istante che, per quanto fugace, la stessa Amanda rassomigliò allo spazio di un'eternità.

«Dormi bene», le disse. «E ringrazia tanto Monica da parte mia», aggiunse poi, con una punta di sonoro divertimento nella voce.

«Avrai senz'altro modo di farlo domani», rise lei, più rilassata e felice che mai.

«Tu, intanto, ringraziala», ribadì lui, del tutto perso nel suo sguardo.

«Lo farò. E... auguro anche a te una serena notte.»

Alessandro le rifilò un altro bacio sulla guancia, salutandola con un sorriso.

Amanda stette a guardarlo, imbambolata, fino a quando la sua figura non scomparì nell'oscurità. Sorrise di nuovo, emozionata. Non vedeva l'ora che arrivasse il giorno seguente, perché quello stesso giorno diventasse il suo nuovo oggi, il suo imminente futuro. E questo, soltanto per rivederlo ancora e ancora.

Estrasse il cellulare dalla tasca. Erano appena passate le ventitré. Aggrottò la fronte, perplessa. Entrò nel portone e si affrettò a salire le scale. Si ritrovò tre chiamate perse, e tutte quante provenivano dallo stesso numero. Un numero che lei, però, non aveva registrato in rubrica.

Richiuse il telefono, mettendo su l'ennesimo sorriso. Almeno per quella sera, avrebbe evitato di alimentare le consuete turbe mentali a favore di un qualcosa che, decisamente, reputava ben più straordinario: gli abbracci, i baci e gli sguardi del suo Alessandro.


 

N.d. A.: Come sempre, ringrazio di cuore voi preziosissimi lettori per il sostegno (anche i fantasmini silenziosi)! Anche stavolta, spero che questo capitolo un po' sdolcinato vi sia piaciuto! ❤🥰

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Capitolo 27
*** CAPITOLO XXV ***


CAPITOLO XXV


 

 

«Forza, raccontami tutto!» squittì Monica all'improvviso, visibilmente eccitata.

«Ma tu non stavi dormendo?» la rimbeccò Amanda, che aveva appena oltrepassato la soglia della sua stanza cercando di non fare il benché minimo rumore. La sua cara amichetta, invece, quasi l'aveva fatta sussultare per lo spavento.

«Mi dici come potevo dormire dopo quello che vi ho combinato stasera?» replicò lei, felice come una Pasqua. Aveva sollevato di scatto la testa dal cuscino e, una volta accesa l'abat-jour a forma di civetta che teneva sul comodino, era uscita da sotto le coperte saltellando su e giù per la stanza come una pazza.

«Sai, a dire il vero... io e Alessandro abbiamo deciso di rimanere amici», recitò Amanda, ansiosa di prendersi, almeno per una volta, gioco di lei.

Monica smise all'istante di girovagare come una trottola per la stanza. 

«Lo vedi, allora, che ci riesco a tenerti a bada?» le fece notare Amanda, soffocando a stento uno scoppio di risa.

Il volto di Monica si contrasse in una smorfia infastidita. «Sei una stupida!» esclamò, dandole un pugnetto sul braccio.

«E tu un'autentica sfacciata!»

«Non posso darti torto» , soffiò lei, serafica. «Sai, in effetti, ho pensato che tu e Ale sareste finiti dritti dritti nella sua stanza d'albergo, a fine serata.»

Amanda arrossì come un peperone. «Sei tremenda!»

«Mi sono solo presa la mia rivincita, carina. Così, la prossima volta, ci penserai bene prima di farmi prendere un accidente!»

«Sarebbe così terribile se io e Alessandro decidessimo di non approfondire oltre?» indagò Amanda, le braccia conserte.

«Avanti, che non ci credi nemmeno tu! Si vede lontano un miglio che avete trascorso una bella serata!»

Amanda sospirò, un dolce sorriso fece capolino dalle sue labbra. Si buttò sul letto, lo sguardo perso. «Non solo bella», esalò. «A dire il vero, be'... è stata magnifica. Lui è stato magnifico.»

«Lo sapevo! E quindi? Avete coronato il tutto con un bel bacio passionale, immagino.»

«Immagini male», rispose l'altra, coprendosi il viso. Se in quel momento si fosse gettata tra le fiamme, forse non avrebbe sentito alcun dolore. Tutto il suo corpo stava già andando a fuoco da sé.

«Dai, non mi dire che questi discorsi ti mettono a disagio, adesso! Quando eri fidanzata con Daniele—»

«Daniele è un'altra storia», rispose Amanda, tornando a guardarla. «Quello che sento per Ale non è minimamente paragonabile a quello che ho provato per lui.»

Monica la scrutò con aria piuttosto confusa. «Ma allora... che cosa aspetti a dirglielo?»

«Io non... io non credo di esserne capace. Sì, per lui sento qualcosa di molto forte, ma ho molta paura di—»

«Di cosa?»

«Di... di non essere alla sua altezza, per esempio. Di illuderlo di un qualcosa che magari, alla fine, non nascerà mai.»

«Senti, Am, devi darti una possibilità. Non pensarci troppo, piuttosto vivi il momento e buttati! O finirai per perderlo per sempre.»

Amanda sorrise. «Non eri tu quella che diceva di andarci cauta?»

Monica sospirò, spazientita. «Sì, ero io. Ma in questo caso, Alessandro è quell'eccezione che conferma la regola. Siete davvero belli, insieme. E non lo sto dicendo tanto per dire.»

Amanda continuò a fissare il soffitto. «Durante quel ballo, mi ha tenuto stretta a sé e mi ha coccolata un sacco, come se... come se fossi davvero il suo tesoro più prezioso.»

«Avete ballato insieme? Oddio, ma è tutto così romantico!» esclamò Monica, gli occhi sognanti.

«In effetti, lui mi ha pregato espressamente di ringraziarti per la serata.»

«Semplice dovere», rispose lei, sempre più orgogliosa.

«D'accordo, ma adesso la finisci di darti delle arie?»

«Che avevate bisogno di una piccola spintarella lo sapevano anche i muri, mia cara», continuò l'altra, sempre più infervorata. «Che ti succede?» le chiese dopo un po', notando che Amanda si era trincerata nel suo silenzio.

«Non te lo so dire. Provo una strana sensazione. Come se...» Scosse appena la testa, guardando di sfuggita il cellulare. «Non importa.»

Monica fece spallucce. «Okay. Se mai vorrai parlarmene, fammi un fischio. Per oggi, la smetterò di tediarti. Dai, andiamo a dormire.»

Quando Monica si apprestò a tornare sotto le lenzuola, gli occhi di Amanda si fecero più lucidi. «Grazie», le disse. «Grazie per esserci sempre stata, e... per avermi sempre voluto bene.»

«Siamo sdolcinati questa sera? Aww, quando non ti ostini a fare la dura ti adoro ancora di più». Si fiondò su di lei, abbracciandola forte. «Grazie a te. Sono onorata di essere piombata nella tua vita, come tu sei piombata nella mia, sin da quando eravamo piccole così.»

«Anch'io lo sono», rispose Amanda, un flebile moto di agitazione nel petto. Non sapeva spiegarsi il perché di quell'attacco di ansia improvviso, ma, in ogni caso, fu davvero felice che Monica le fosse accanto.

 

Si stava inoltrando su di un sentiero boschivo del tutto sconosciuto – nonché sommerso dai rumori e somigliante, nell'aspetto, a un piccolo angolo di mondo che nascondeva il suo lato più selvaggio. Dietro quella natura che sentiva non esserle amica.
Non era da sola, però. Un perfetto sconosciuto "trotterellava" al suo fianco, e senza perderla mai di vista.
Amanda cercava disperatamente di seminarlo; per qualche strana ragione, non voleva nessuno accanto, per quanto non fosse per niente sicura della direzione che stesse prendendo in quel momento, sempre più inghiottita dal folto del bosco.

L'uomo, o chi per lui, la richiamava costantemente a sé; la pregava di aspettarlo, di non abbandonarlo a se stesso. Amanda, però, continuava a camminare senza sosta. L'altro, che adesso le appariva sempre più affaticato, la pregò, per l'ennesima volta, di fermarsi.

Lei, però, non si fermava.

Le sue gambe si muovevano praticamente da sole, mentre il suo sguardo continuava a saettare in ogni parte di quel bosco, le cui sembianze – e i relativi contorni – diventavano sempre più sfumati. Sempre meno riconoscibili. Amanda, a un certo punto, quasi non riuscì a vedere più nulla. Ciononostante, non si arrendeva; sradicava ogni singolo arbusto che incontrava sul suo cammino e che le sbarrava la strada. Osservò delle grosse stille di sangue che pendevano dal suo palmo e dalle sue dita, insozzadola tutta. I pantaloni semi-strappati, il giubbotto invernale pieno di buchi.
Era ridotta uno straccio, ma sentiva comunque di non doversi arrendere. Doveva andare avanti.

Il suo cuore provava una tale angoscia, che per un solo istante si chiese se non fosse lo stesso anche per quell'individuo che la stava seguendo – e la cui compagnia le era assai sgradita.

Fino a quando... non percepì un tonfo secco, che subito la fece voltare di scatto.

Lo sconosciuto si era accasciato a terra, privo di forze.

Amanda smise di lottare con se stessa e arrestò il passo, tanto si sentiva stanca. O, per meglio dire, completamente esausta.
Non sapeva da quanto tempo stesse camminando per quel sentiero pieno di sterpaglie e di erbacce complete di spine, come non sapeva se chiedere aiuto o meno.

Ma qualcuno l'avrebbe forse ascoltata?

No. Ogni suo singolo grido – ne era più che certa – sarebbe rimasto inascoltato.

A passo malfermo, si avvicinò verso quell'uomo steso a terra, la vista ancora offuscata. Tremava per la paura, ma, al tempo stesso, tremava dal desiderio di scoprire di fosse.

Si chinò su di lui, mentre si sforzava di stringere gli occhi con la viva speranza di captare un qualcosa.

E un qualcosa, in effetti, captò.

L'uomo sollevò appena la testa; Amanda, per tutta risposta, si tirò istintivamente indietro, ma non così tanto da non riuscirne a distinguere i tratti.

Un viso dalla forma regolare, ma al tempo stesso importante.
Uno strano soggetto, a ben guardare. Il naso gentile e la mascella squadrata; la fronte alta, gli zigomi particolarmente pronunciati.
Degli occhi, invece, non riusciva proprio a distinguere il colore preciso. Sembravano un misto che in sé racchiudeva la limpidezza del cielo e l'oscurità della notte, o di quei campi coltivati intrisi di appezzamenti di terra scura, nei quali spuntavano, di quando in quando, dei teneri germogli.

Il suo sguardo racchiudeva in sé dolcezza e severitàpacatezza e autorevolezza.

Era decisamente sofferenteperò. Sembrava quasi che, dalla sua espressione, volesse dirle: "Perché non mi hai aspettato? Non avevo intenzione di farti del male."

Amanda continuò a guardarlo dalla testa ai piedi, ma non riusciva ancora a capire chi diamine fosse. Portava con sé dei tratti familiari, ma nessuno di quelli le permetteva di riconoscerlo.

Per non parlare delle sue guance: una metà ricoperta da una folta peluria biancastral'altra metà completamente sbarbata. Anche i capelli avevano un aspetto singolare: per metà scuri, per l'altra metà bianchi; quindi, ancora, brizzolati.

Amanda si rituffò in quegli occhi, dalle sfumature tanto singolari. Tutto d'un tratto, non ebbe quasi più paura della sua figura. Ne era, anzi, quasi affascinata.
Un qualcosa di ineffabile, se lo sentiva, la legava a lui. Poi, quando lui accennò un sorriso sofferente, Amanda ebbe un tuffo al cuore.

Quell'uomo era... No, non poteva essere. Proprio no.

Eppure, adesso sì, che riusciva a distinguerne per bene i lineamenti!

Il taglio degli occhi era quello di Francesco, ma la mescolanza di colori di cui si fregiavano richiamava, nella sua mente, anche un'altra persona – che a malapena conosceva.

Tant'è che la forma della labbra era, in effetti, proprio uguale alla sua.

Federico.

Quell'aria introversa, quella bocca, quel sorrisetto incerto e quasi indecifrabile... erano proprio i suoi.
Come la parte sbarbata del suo viso.

Tutto il resto, invece, apparteneva a Francesco.

 

Amanda si contorse per più di una volta come una forsennata, scostando le coperte da sé. Si risvegliò di soprassalto, la fronte madida di sudore. La sua migliore amica, soltanto qualche secondo dopo, era già al suo fianco.

«Oddio, ma che ti succede?» le chiese, in preda al panico.

Amanda riprese, a poco a poco, a respirare con regolarità. La parte superiore del pigiama era completamente fradicia. «Non è niente», si sforzò di risponderle. «È stato solo... è stato solo un incubo.»

«Mi hai fatto prendere un bello spavento, lo sai?» assentì Monica, tergendole la fronte con un fazzoletto che aveva preso dal cassetto del comodino.

Amanda sospirò. «Mi dispiace», le disse solo. Era mortificata.

Monica le sorrise. «Non devi esserlo. Stai vivendo un periodo difficile, quindi è normale.»

«Ho sognato Federic... no, era Francesco. Anzi, no. Ho sognato entrambi.»

«Amanda, lo so che detesti affrontare l'argomento, ma forse dovresti leggere la lettera che ti ha lasciato tua madre. Non pensi aver aspettato troppo? Magari, così facendo potresti chiarirti qualche dubbio... Oppure no?»

«Non mi sento ancora pronta. E, a dirla tutta, non so se lo sarò mai.»

Monica, questa volta, non insistette. «D'accordo. Dai, ti prendo un'altra maglietta. Questa che hai addosso la mettiamo ad asciugare.»

Amanda se la tolse subito e si rigettò sul letto, il cuore in subbuglio. Da una parte, malgrado fosse ancora notte fonda, non avrebbe affatto voluto riaddormentarsi.

 

L'indomani fu un giorno molto speciale, per Amanda. E non lo fu soltanto per lei. Per l'occasione, la sua migliore amica aveva ben pensato di lasciarle in mano la gestione dell'intera giornata, rifilandole il solito sorrisetto di chi la sapeva piuttosto lunga e che, all'occorrenza – e a differenza di tanti altri –, sapeva pure ben raccontarla.

«Mi raccomando, divertitevi!» le aveva detto, gli occhi puntati addosso.

«Oui, madame», le aveva risposto Amanda, una forte emozione a sconquassarle il petto.

Come sempre, non perse altro tempo e si avviò, a grandi passi, verso la metropolitana. Anche per quel giorno, avrebbe fatto davvero di tutto pur di non pensare a quanto accaduto la notte prima. Mentre saliva sul treno, cercò di immaginarsi la faccia che avrebbe fatto Alessandro non appena l'avesse rivista. Sapeva, in ogni caso, che il regalino che stringeva tra le mani non era certo all'altezza di un evento simile. Che, a quanto pareva, avrebbero proprio festeggiato in quel di Madrid.

Amanda scrutò con vivo interesse le tante persone che, a poco a poco, affollavano l'abitacolo, mentre l'altoparlante le assicurava che stesse arrivando a destinazione. Si sentiva spingere sempre di più verso il lato opposto del treno, e alla fine si ritrovò circondata da così tante persone da non riuscire quasi più a respirare. Ringraziò mentalmente il cielo che non soffrisse di claustrofobia.

Ci mancherebbe solo questo, pensò, il fischio del treno si fece ancora più rumoroso.

Un'ultima fermata, e sarebbe finalmente arrivata a destinazione.

Quando scese dal treno, si abbandonò a un respiro profondo. Sfoggiò il suo miglior sorriso e s'incamminò per le affollate viuzze di Madrid, quindi ammirò Plaza Mayor in tutto il suo splendore. Per certi versi, quella silente contemplazione le ricordò il momento esatto in cui un estasiato Federico aveva ammirato, qualche mese prima, La Mole Antonelliana. Ancora una volta, una strana sensazione si fece strada alla bocca dello stomaco.

Ricacciò indietro quella sgradevole percezione e si rimise in cammino. L'insegna dell'Hostal spiccava tra le altre, e Amanda si ritrovò a sperare che Alessandro fosse ancora in albergo.

Dovrebbe, pensò, avanzando speditamente verso "l'oggetto del suo desiderio". D'altronde, non sono nemmeno le otto e trenta.

Varcò la porta dell'hotel e salì di corsa le scale, fino ad arrivare al terzo piano. Dopo qualche minuto, bussò alla porta. Alessandro le aprì quasi subito, e lei gli si buttò addosso con un entusiasmo a dir poco travolgente. «Tantissimi auguri di buon compleanno!» esclamò, il cuore pieno di gioia.

«Ti ringrazio!» rispose lui, con un pizzico di incredulità nella voce. «Non credevo te ne saresti ricordata.»

La ragazza si scostò quel tanto che bastava a guardarlo negli occhi. «Be', pensavi male. Tieni, questo è per te. Non è niente di che, però—»

«Però niente. Conta il pensiero, lo sai. Anche se sono sicuro che, di qualunque cosa si tratti, mi piacerà moltissimo.»

Si sedettero sul bordo del letto e Alessandro cominciò a scartare il suo regalo, un perenne sorriso sulle labbra.

«Non credo ti sia difficile intuire di che si tratta», rispose Amanda, l'emozione che cresceva dentro di lei di minuto in minuto.

«Lo sai che leggere mi piace da matti, quindi...» Il sorriso di Alessandro si spense non appena intravide la copertina del libro, completa di nome e cognome.

«Ma... e questo da dove spunta?» le chiese, gli occhi sbrilluccicanti.

«Un po' autoreferenziale come regalo, lo so. Ma questa volta, be'... volevo che fossi tu a leggerlo per primo.»

Alessandro rimase senza parole. «L'hai fatto stampare tu?»

Amanda sorrise. «Sì. In una cartoleria qui vicino. A quanto pare, da queste parti non mi conoscono ancora troppo bene.»

«E... e quando l'avresti scritto?» Alessandro continuò ad accarezzare la copertina del libro, mentre prendeva a sfogliarne delle pagine a caso. Ne era entusiasta.

«L'ho terminato giusto qualche mese fa. Nei ritagli di tempo dal tour promozionale.»

«Dio, io non... Ti giuro, non me l'aspettavo. Mi hai fatto un regalo bellissimo. Desideravo tanto leggerti ancora, ma non avrei mai pensato che per le mani avessi già un altro romanzo.»

«Lo sai quanto mi fidi del tuo giudizio. E comunque... sulla prima pagina dovrebbe esserci scritto qualcosa.»

Alessandro non si fece pregare e ci si fiondò immediatamente.

A te, che sei una persona davvero speciale.

Alessandro posò il libro sul letto e agguantò il viso di Amanda tra le mani. Quella presa di posizione la fece sussultare. L'uomo avvicinò le proprie labbra a quelle di lei, quindi le catturò con estrema dolcezza. Amanda non riuscì a tirarsi indietro; in realtà, nemmeno lo voleva. Spalancò la bocca quel tanto che bastava affinché la lingua di lui si infiltrasse dentro di lei e prendesse a danzare, sempre più confidenzialmente, con la sua, in un impeto di passione che la fece tremare dalla testa ai piedi. Quanto le era mancato assaporare quelle splendide labbra! Alessandro, dal canto proprio, la strinse ancora più a sé. Il trasporto e l'audacia più assoluti si mescolarono a quel pizzico di dolcezza e discrezione che Alessandro le aveva sempre dimostrato.

«Era da ieri sera che desideravo farlo», le sussurrò, continuando a baciarla. «Anzi, che sto dicendo... da quando sei arrivata qui a Madrid.»

Amanda condivideva appieno il suo stato d'animo. Gli sorrise e assecondò il suo impellente bisogno di sentirla su di sé. Quasi senza accorgersene, si ritrovarono distesi sul suo letto, labbra contro labbra, una placida ondata di dolci carezze che bruciavano da sopra i vestiti. Erano ormai avvinghiati l'uno all'altra. Amanda stava di nuovo perdendo il controllo, tanto si sentiva bene tra le braccia di Alessandro. Quando gli sfiorò le guance con la punta delle dita, lui si staccò, pur a fatica.

«Scusami tanto, forse non... forse non avrei dovuto farlo», esalò, mentre cercava di riprendere fiato.

Amanda, per tutta risposta, gli rubò un altro bacio. «Ti prego, non ti fermare. Sto così bene con te», gli sussurrò, incapace di dirgli altro. Non si ricordava di essere mai stata tanto "disinibita" con un ragazzo.

Lui le accarezzò la fronte, continuando a tenerla stretta. «Amanda, come puoi vedere, o forse sentire», le confessò, l'aria indifesa, «sono ancora molto preso da te. Però... però credo sia meglio andarci cauti, questa volta.»

L'altra percepì quanto gli fosse costato pronunciare quelle parole.

«Non mi fraintendere, io... io ti desidero tanto. Fare di nuovo l'amore con te sarebbe meraviglioso, ma non voglio assolutamente che il nostro rapporto si riduca a questo. Il sesso non è tutto. Anzi, non è niente, se... se lo stesso non è accompagnato da un sentimento reale. L'ho appurato a mie spese.»

«Alessandro, io—»

«No. Non devi dire niente. Non ora.» Le sorrise, comprensivo. «Qualora, un bel giorno, ci ricapitasse di fare l'amore, voglio soltanto che tu ne sia veramente sicura. Non voglio farti pressioni, e non voglio di certo rovinare l'intesa che c'è tra noi. Né che tu ti lasci trasportare troppo dal momento, se non è davvero quello che desideri. C'è un tempo per tutto, Amanda. E questa volta, non ho intenzione di "sbagliare" niente, con te. Prendiamocela con calma, mmh?»

Amanda, in quel preciso istante, appurò quanto quell'uomo fosse incredibile. Speciale come pochi. «Scusami tanto, per quella volta.» Lo abbracciò forte, il calore del suo corpo ad avvolgerla completamente.

«Non scusarti. È stata comunque una serata bellissima, che non dimenticherò mai.»

Nemmeno io la dimenticherò, pensò Amanda.

«Posso... posso almeno continuare a baciarti?» gli chiese, il cuore in gola. Di sicuro, quella "richiesta" sarebbe sembrata, ad Alessandro, quella di una bambina capricciosa che reclamava il suo biscotto preferito, ma comunque non riuscì proprio a trattenersi dal dirglielo. Stava sperimentando, ormai da qualche tempo, un'accozzaglia di sentimenti talmente intensi da instupidirla quasi del tutto. Ciononostante, lei non voleva tirarsi indietro. E, a quanto sembrava, nemmeno lui. Era persino pronto a farsi male, con lei.

Alessandro ridacchiò. «Stavo per farti la stessa domanda», ammise, spegnendo d'un colpo tutti i suoi timori. Scosse la testa, sospeso tra l'incredulità, il desiderio e la felicità più completa. «Con te mi sento ancora un ragazzino, in barba ai miei quarant'anni.» Si rituffò sulle sue labbra e se ne restarono lì a scambiarsi tenerezze, accoccolati sul suo letto per un tempo indefinito, fino a quando, addirittura, non si addormentarono.

E fino a quando il cellulare di Amanda non prese a squillare, facendoli risvegliare di soprassalto.

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Capitolo 28
*** CAPITOLO XXVI ***


CAPITOLO XXVI


 

 

Amanda spalancò gli occhi nel momento stesso in cui lo fece anche Alessandro. La ragazza afferrò il proprio cellulare dal comodino e se ne stette a guardare il display per qualche secondo di troppo, l'espressione confusa e una strana tensione impressa sul suo corpo. Se non ricordava male, le ultime tre cifre che componevano quel numero sconosciuto erano le stesse che aveva visto la sera precedente.

Prima che potesse cambiare idea, scrollò il dito verso destra e, con aria poco convincente, sussurrò un pronto? che la fece scattare all'impiedi, gli occhi sgranati. Non riconosceva più nemmeno il suo timbro di voce.

«Sì, pronto, ehm... parlo con la signorina Amanda Benassi?» tuonò, incerta, una voce maschile dall'altro capo della linea.

«Sì, sono io. In cosa posso esserle utile?»

Sarà l'ennesimo giornalista che vuole scucirmi un'intervista via telefono, pensò, seccata. Ormai, se le inventano proprio tutte, pur di romperti le scatole.

«Ecco, credo che tu debba tornare immediatamente qui a Torino. Nella nottata di ieri, tuo padre non si è sentito molto bene, e...»

Ad Amanda prese quasi un coccolone, il cuore e lo stomaco in totale subbuglio. Non aveva nemmeno sentito le ultime parole pronunciate da quel tale. «Non mi dica che—»

«Sì. Sto parlando di Federico. L'hanno trattenuto qua, nell'ospedale dove lavora, e—»

«Non dica altro. Mi preparo immediatamente, cercherò di arrivare il prima possibile. D'accordo?»

«D'accordo. Ti aspetto, allora.»

Amanda chiuse la chiamata e scoppiò in lacrime, disperata; subito si gettò tra le braccia di Alessandro, che si agitò altrettanto e le chiese, con un filo di voce, che cosa fosse successo.

«Federico è in ospedale. Questa notte si è sentito male, ma non so che cosa... Oddio, io non... no, io non posso perdere anche lui!» farfugliò lei tra i singhiozzi, le lacrime che scorrevano a fiumi lungo il viso. Non le riusciva di ragionare lucidamente, perché un orribile senso di terrore le annebbiò completamente il cervello. In quel momento, si sentiva preda di una disperazione tanto forte da non concederle nessuna via d'uscita.

Alessandro prese in mano la situazione e si scostò da lei, costringendola a guardarlo. «Forza, ti aiuto a preparare le tue cose e ce ne torniamo subito a Torino.»

Lo strazio e il dolore, nel cuore di Amanda, diventavano sempre più opprimenti; tanto opprimenti da farle male. «Non c'è bisogno che mi accompagni, posso benissimo—»

«È fuori discussione. Ce ne andremo insieme, non mi importa un fico secco di rimanere qui. Questa volta, non ti lascerò da sola. Dai, prepariamoci in fretta e andiamo via da qui. Prenderemo il primo volo per Torino. Possiamo farcela, okay?»

«E se non dovessi più—»

«No, Amanda. Tu lo rivedrai, e ci parlerai anche. Stai tranquilla, okay?»

Amanda cercò di ripetersi come un mantra quelle parole, mentre si apprestavano a uscire dall'Hostal per poi raggiungere l'appartamento di Monica. Fecero più in fretta che poterono, quindi corsero in aeroporto e acquistarono i biglietti di ritorno. In ogni caso, non riuscirono a partire prima delle dieci e trenta.

 

Una volta saliti a bordo di quell'aereo, Amanda si era accoccolata sulla spalla di Alessandro, la mano sinistra stretta nella sua. Nell'altra, invece, le sue dita erano impegnate in una lotta all'ultimo sangue, combattendo con qualche pellicina di troppo. Era nervosa, agitata e altrettanto distrutta. Poi, come se ciò non fosse bastato, si sentiva tremendamente in colpa. Lacrime silenziose le correvano senza tregua lungo le guance scavate, e quei dolci baci che di tanto in tanto Alessandro le schioccava sulla fronte a mo' di consolazione non bastavano di certo a placare il suo tormento. Un tormento interiore che aveva già sperimentato un paio d'anni prima, quando Francesco l'aveva chiamata per dirle che sua madre era finita su di un letto d'ospedale. Su un letto che poi, soltanto dopo qualche ora, si era trasformato in un letto di morte.
Amanda estrasse il cellulare dalla tasca, ma non trovò il coraggio di richiamare a quel numero.

«Dai, fatti forza», le sussurrò Alessandro, che cercava di starle vicino come poteva. «Lo so che le mie parole non possono fare molto, in questo momento così difficile. Ma devi avere fiducia. Ti prego, fallo almeno per me. Non ti abbattere», ripeté, stringendola più a sé.

«Ti ringrazio tanto per non avermi lasciato sola», mormorò Amanda, la voce spezzata.

«Non avrei mai potuto farlo, e lo sai.»

«Io sì, però. Perché io sono soltanto un'egoista.» Lo guardò negli occhi, una tristezza e un dolore talmente grandi da tranciargli il cuore. «Io l'ho lasciata sola, invece. Io NON c'ero, lo capisci?»

«Amanda, tu non puoi—»

«Non posso addossarmi tutta la colpa? Tu dici? Quando mia madre aveva più bisogno di me, io ero a Parigi a fare la bella vita!»

«Ma che...» Lui scrollò più volte la testa, inorridito. «Tu eri andata a Parigi per il tuo avvenire, non stavi facendo la bella vita!» la redarguì, pur con un tono gentile.

«Ma non capisci?! Io non mi sono accorta che non stava per niente bene fisicamente, non mi sono per nulla preoccupata del fatto che in quelle ultime settimane era più stanca e depressa del solito, che aveva una pessima cera, e... e sono stata sempre io a non rendermi conto che, ormai da qualche tempo, non era più la stessa donna forte e caparbia di prima. Che il suo cuore non funzionava più tanto bene come una volta, eppure... eppure, ho avuto la brillante idea di partire lo stesso per quello stage maledetto, quando avrei potuto benissimo lasciar perdere tutto! Io l'ho lasciata sola, mi capisci? SO-LA!»

Alessandro la strinse tra le braccia con tutta la forza che aveva, mentre Amanda cercava di soffocare quella miriade di singhiozzi che, se non si fosse data una calmata, avrebbe persino potuto sfociare in un vero e proprio attacco di panico.

«Amanda, per favore, non agitarti. Per favore», soffiò Alessandro, gli occhi lucidi. Delle lacrime sottili sfuggirono anche a lui, tanto lo straziava vedere Amanda in quello stato. «Ci sono io qui con te, sta' tranquilla. Non è colpa tua. Non è stata colpa tua», le disse, con tutta la convinzione di cui era capace.

«Io non... io non ho fatto in tempo a dirle addio», tartagliò lei, gli spasmi continui che la facevano tremare dalla testa ai piedi. «Non ho fatto in tempo a dirle che, che...» Tirò su col naso. «Che nonostante tutto, le volevo un bene dell'anima. Che ho sempre ammirato la sua forza d'animo, il suo continuare a lottare per quelle cose in cui credeva fermamente. Non ho fatto in tempo a ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me. Sì, io non... io non potrei mai odiarla. Mai. Se è vero che certe cose non riuscirò a perdonargliele tanto facilmente, io... io, invece, non potrò mai perdonarmi di averla lasciata morire lì, su quel letto d'ospedale, senza che ci fossi io a stringerle le mani per l'ultima volta.»

Amanda aveva buttato fuori quelle parole senza neanche pensarci, continuando a piangere lacrime amare. Nemmeno Alessandro riuscì più a parlare. Erano i suoi abbracci, a parlare per lui. Era il suo respiro, erano le sue tiepide carezze. Da quei gesti tanto silenziosi e confortanti, Amanda cercò di trarre la forza necessaria per non crollare.
Doveva farlo almeno per lui.

Ma soprattutto, doveva farlo per Federico.

 

«Sai, su certe cose la mamma non era molto espansiva. A lei non piaceva mostrarsi debole, tantomeno agli occhi degli altri. Preferiva di gran lunga tenersi tutto dentro.»

«Un po' come te», constatò Alessandro, continuando a tenerla per mano. Erano finalmente arrivati a destinazione, e adesso si stavano dirigendo verso l'ospedale incriminato, un paio di valigie che rumoreggiavano sull'asfalto.

Le labbra di Amanda si piegarono in un sorriso amaro. «Già. Per alcuni versi, le somiglio anche troppo.»

La stretta di Alessandro si intensificò, e lei inspirò a fondo. La città sembrava essersi chiusa in un mutismo assoluto, come partecipe del dolore di Amanda. Il cielo grigio, qualche vettura che, di quando in quando, invadeva la carreggiata.
Erano, ormai, a pochi passi dall'ospedale, e Amanda stava pregando perché Federico non si fosse aggravato. Non aveva ben capito cosa gli fosse successo, ma sperava davvero di potergli fare visita. Aveva pianto per ore, e il suo cuore sanguinava ancora. La costante presenza di Alessandro, però, le aveva permesso di non lasciarsi troppo andare.

Quando raggiunsero la sala d'aspetto, Amanda chiese subito di Federico a un'infermiera sulla quarantina, dallo sguardo gentile e altrettanto affabile. Dopo qualche minuto, un uomo che Amanda aveva già visto tempo prima le si fece incontro, lo sguardo basso, gli occhi rigonfi di un pianto sommesso. Era lo stesso uomo che aveva visto quel giorno quando era andata, di nascosto, nello studio di Federico per parlargli.

«Tu devi essere Amanda», proruppe lui, un sorriso tirato a indurirgli i tratti del viso, che tradiva una stanchezza senza eguali. «Io sono Brando Forti, il collega di Federico, nonché suo più caro amico.»

Amanda ebbe un tuffo al cuore e gli strinse la mano. «Come sta?»

«Durante la notte, mentre faceva il turno qui in ospedale, è stato vittima di un violento attacco cardiaco. L'abbiamo ripreso per i capelli, poteva benissimo rimanerci secco.»

Proprio come mia madre, pensò Amanda, spaventata.

«Ma... ma adesso—»

«È nel reparto di rianimazione. Vieni con me, ti accompagno da lui.»

Amanda si voltò verso Alessandro, che con un breve cenno le raccomandò di seguire il medico.

«Quando ieri sera ha avuto quel brutto attacco, la prima parola che ha pronunciato è stata il tuo nome», proseguì Brando. «L'ha farfugliato di continuo... Così tante volte che, alla fine, dopo averlo portato in reparto, mi sono deciso a chiamarti. Ho cercato il tuo numero nel suo cellulare, ovviamente.»

Amanda non riuscì a soffocare il fastidioso senso di colpa che stava montando in lei. «Mi dispiace non averle risposto subito. Stavo soltanto cercando di non pensare a... sì, insomma, di non pensare al fatto che la mia vita fosse stata solo una bugia.»

«Immagino. Lui mi ha detto esattamente la stessa cosa. Quando tu sei venuta a trovarlo qui in ospedale, lui si è deciso a dirmi tutta la verità. Ormai da qualche tempo lo vedevo strano; talmente assente e distratto, che credevo ci fosse di mezzo una donna. In effetti, c'era di mezzo proprio la più importante della sua vita», aggiunse dopo qualche istante, in un tono decisamente più basso.

Ad Amanda fece più effetto del dovuto, quell'ultima frase. E non appena si ritrovò al cospetto della stanza di Federico, si accorse di come i suoi palmi fossero sudati, la pancia che le doleva per l'agitazione.

«Da qualche ora, gli è salita anche la febbre. È piuttosto alta, perciò non stupirti se dovesse delirare un po'», l'avvertì Brando. «Nelle ultime settimane, mio malgrado, si è trascurato veramente tanto. Tra l'altro, ha continuato ad ammorbarsi di sigarette fino a farsi venire un infarto. Ha fumato davvero troppo. Tante volte, ha persino saltato i pasti. A nulla sono valsi i miei consigli. Gli avevo detto di prendersi un breve periodo di aspettativa, magari gli avrebbe fatto bene, ma... quando ci si mette, è più testardo di un mulo. Mi è proprio sembrato che volesse, come dire... autodistruggersi.»

E tutto per colpa mia, pensò Amanda, sempre, stringendo i pugni. Le salirono di nuovo le lacrime agli occhi, una morsa violenta che le stringeva la gola.

«Sarà davvero felice di vederti. Ne sono sicuro.»

Detto ciò, Brando le strinse con affetto la spalla e la lasciò sola, in combutta con le sue ansie e paure. Amanda chiuse gli occhi per un momento, cancellando con la punta delle dita gli ultimi residui di lacrime che le avevano inbrattato le guance. Si affacciò alla porta semi-aperta, e vi sbirciò dentro con discrezione. Federico si contorceva, a più riprese, su di quel letto, l'aria agitata e la fronte sudata. Amanda avanzò, timorosa, osservando di sottecchi il macchinario che monitorava lo stato del suo cuore. In quella stanza, non c'era nessun altro. Un altro passo, e Federico finì per accorgersi di lei. Spalancò gli occhi per la sorpresa e li fissò in quelli tristi della figlia.

«A-Amanda...» farfugliò, un tenue sorriso, che tradiva felicità e altrettanta sofferenza. «Ma allora... ma allora, s-sei venuta...»

Alla ragazza le si strinse il cuore. Federico parlava a fatica, lo sguardo che, a momenti, sembrava perdere la sua lucidità. Gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla fronte. «Non ti sforzare, okay?»

Lei, invece, dovette proprio fare uno sforzo immane, per non scoppiare in lacrime davanti a lui.

Perché l'hai fatto, eh? Perché! pensava, senza che avesse il coraggio di dirgli altro.

Accanto a lei, c'era una bacinella con un panno imbevuto di acqua fresca. Si scostò da lui, quindi lo prese tra le mani, lo strizzò forte e, con delicatezza e altrettanta premura, glielo posò sulla fronte.

Lui aveva già smesso di divincolarsi, ma non di guardarla. Sembrava che i suoi occhi la stessero implorando di perdonarlo. Rispetto a quando l'aveva visto l'ultima volta, quasi pareva un altro Federico. Anche lui appariva molto dimagrito; le labbra secche, il volto cereo. Profonde occhiaie, un'espressione colpevole, a tratti assente.

D'istinto, Amanda gli si avvicinò, rimpiazzando quel panno di cotone con le sue labbra. Gli schioccò un altro bacio sulla fronte. Lui, nel frattempo, aveva chiuso gli occhi, mormorando un qualcosa che Amanda non comprese.

«Perdonami tu», se ne uscì lei, senza nemmeno pensarci, gli occhi che le bruciavano. «Perdonami tu.»

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Capitolo 29
*** CAPITOLO XXVII ***


CAPITOLO XXVII


 

 

Gli si sedette accanto e continuò ad accarezzargli a più riprese la fronte, come se, con quel tenero gesto, volesse cercare di calmare i tremori improvvisi che gli scuotevano il corpo. La febbre doveva essere molto alta, e questo perché, in alcuni momenti, sembrava proprio che Federico fosse del tutto disconnesso dal mondo circostante. I consueti momenti di lucidità venivano presto rimpiazzati da sguardi vacui e sorrisi incerti, il viso perennemente accaldato, il respiro che, da regolare che era, si faceva via via più affannoso. Vederlo in quello stato straziava Amanda più di quanto lei stessa riuscisse a esprimere con un semplice sguardo.

«Sta' tranquillo, okay? Ci sono qua io, adesso», lo rassicurò lei per l'ennesima volta, il groviglio del suo stomaco che tradiva tutta sua ansia.

Proprio come tu ci sei stato per me durante quel terribile attacco di panico che mi ha colto per strada, quando passeggiavamo insieme per le vie di Torino.

In Amanda, quel pensiero spuntò fuori spontaneamente, dai recessi più remoti del suo cuore. Ricordava i pochi momenti trascorsi con Federico con nostalgia e altrettanta amarezza, come gli sguardi enigmatici, i rari sorrisi e le dolci occhiate che le aveva sempre riservato. Doveva essergli costato davvero tanto affrontare una realtà che, soltanto fino a qualche tempo prima, gli era apparsa a dir poco inimmaginabile – se non addirittura assurda. Doveva essergli costato parecchio lasciare quanto aveva di più caro in quel di San Diego per ritornare nella sua città natale, e tutto pur di conoscere una figlia di cui non sospettava minimamente l'esistenza. Aveva lasciato la sua Roxanne, il suo lavoro; aveva rinunciato al suo prestigio e alle sue aspirazioni professionali pur di arrivare a lei.

Sento che il mio posto è qui a Torino, le aveva detto, giusto qualche mese prima.

Tradotto: sento che il mio posto è quiaccanto a teAccanto a una figlia la cui compagnia mi è stata privata per ben trent'anni.

A quella constatazione, Amanda provò l'irresistibile impulso di allontanarsi da lui per un momento, la vista annebbiata. Federico aveva chiuso gli occhi, quindi poteva scendere dabbasso per prendere un po' d'aria. E, magari, avvertire Alessandro di tornarsene a casa per festeggiare come si doveva il suo compleanno, assieme alla sua splendida famiglia. Fece per alzarsi e, dopo essersi liberata con garbo dalla stretta di Federico, tentò di avviarsi di soppiatto verso la porta. Lui, però, si risvegliò di soprassalto.

«N-non te ne andare», la implorò, a fatica, gli occhi fissi in quelli della figlia. «Ti prego, Valeria, resta con me», proseguì, quindi allungò il braccio e le sfiorò il polso con delicatezza. «Non mi lasciare un'altra volta

Ad Amanda si fermò – letteralmente – il cuore.

Valeria.

Federico l'aveva appena scambiata per sua madre.

«Perché mi hai lasciato, eh?» continuò lui, straziato. «Tu... tu mi amavi.» Un sorriso delirante, altresì accompagnato da una smorfia di dolore. «Oh, sì, tu mi amavi.»

Amanda non ce la fece più, e un'altra cascata di lacrime le rigò le guance. Nel mentre, riprese posto su quella sedia e continuò a guardare Federico, che adesso stava fissando, con una certa ostinazione, il soffitto della stanza. Scosse la testa, all'improvviso. «Anzi, no... Ero io. Ero io che...» Le strinse più forte la mano, ma senza farle male. «Ero io, quello che ti adorava. E che avrebbe continuato a farlo fino alla morte.» Federico chiuse gli occhi, l'espressione concentrata. Quella stretta, provocò in Amanda sonori brividi in tutto il corpo. «Dio, era così... così bella. La ragazza più bella che avessi mai conosciuto.»

Ancora una volta, Amanda rimase a bocca aperta. Sembrava che fosse appena tornato in sé. Riaprì gli occhi e li riportò in quelli di lei. In quel momento, alla ragazza parve sul serio che Federico l'avesse di nuovo riconosciuta come sua figlia. «L'ho amata più di me stesso», riprese, facendole un mezzo sorriso.

Amanda non si sforzò di nascondere le proprie, contrastanti emozioni. Sì, Federico aveva smesso di delirare.

«Non piangere, tesoro mio», se ne uscì poi, allungando appena la mano per asciugare quelle lacrime che, senza posa, le ricadevano lungo il viso. «Ti prego, non piangere», le ripeté.

Amanda, per tutta risposta, piegò la testa verso il basso e la posò sul bordo del letto, coprendosi il viso con una mano e stringendo l'altra in quella di lui. Non ce la faceva proprio, a smettere di piangere. Non dopo le parole che gli erano uscite di bocca. Non dopo che lui l'aveva chiamata tesoro mio con tutta la dolcezza di cui era stato capace, lasciandola senza fiato.

Federico prese ad accarezzarle i capelli, e, dopo qualche minuto, si addormentò, deliziato da quel gesto. Il suo sguardo sembrava sereno, per certi versi paragonabile a quello di un bambino. Ad Amanda, senza volerlo, scappò un sorriso. Gli rifilò un ultimo bacio sulla fronte e si apprestò a tornare da Alessandro, coltivando la silente promessa che sarebbe tornata a trovarlo molto presto.
 

«Come ti senti? Spero un po' meglio», s'informò Alessandro, non appena si trovarono fuori dall'ospedale.

Amanda sospirò. «Sì, mi sento molto meglio. Federico si è addormentato, per fortuna. All'inizio era molto agitato. Spero tanto che, a partire da domani, le cose migliorino. Però... però mi dispiace tanto per te. Non avrei mai voluto rovinarti il compleanno.»

Alessandro scosse la testa, un lampo di assoluta risolutezza gli attraversò gli occhi. «Ma figurati! La questione di tuo padre è di gran lunga più importante.»

«Dai, adesso ti lascio andare. Devi festeggiare insieme alla tua bellissima famiglia. Di sicuro, saranno ben felici di sapere che per colpa mia sei tornato a casa prima.»

L'altro alzò gli occhi al cielo. «Ma la vuoi smettere, di colpevolizzarti? Tuo padre è ancora vivo, ed è questo che conta.»

Amanda gli si avvicinò, baciandolo con dolcezza sulla guancia. Quando stava per staccarsi da lui, Alessandro la richiamò a sé per abbracciarla. «Fammi sapere come procedono le cose, okay? Fatti sentire, ogni tanto.»

«Cos'è, hai forse paura che sparisca?» gli chiese Amanda con serietà.

Gli aveva forse dato quell'impressione?

«Me lo prometti?» rincarò lui, l'aria preoccupata.

Amanda si rassegnò all'evidenza: a quanto pare sì, gli aveva proprio dato quell'impressione. «Non sparirò di nuovo. Te lo prometto.»

«Benissimo. Allora mi raccomando, quando hai bisogno, oppure hai anche soltanto voglia di sentirmi... alza pure la cornetta e chiamami. Ovviamente, anch'io farò lo stesso. Se la cosa ti fa piacere, certo.»

Amanda sorrise. «Come potrebbe non farmi piacere? Dai, adesso ti saluto. Per qualche giorno, penso proprio che me ne starò qui a Torino. Andrò a stare nella vecchia casa dei nonni. Per fortuna che mia madre non l'ha venduta, o sarei stata costretta ad andare in hotel.»

«Perfetto, meglio così. Stammi bene, allora. E, te lo chiedo per favore, abbi tanta cura di te. Non trascurarti, e cerca di tornare la Amanda solare e tenace che eri. Ogni tanto salirò qui a trovarti.»
Alessandro la salutò con un dolce bacio sulle labbra, che Amanda non ebbe neanche il tempo di approfondire. Ancora una volta, lui stava cercando di non pressarla e di lasciarle il pieno controllo della situazione.

«Non so cos'avrei fatto senza di te», ammise lei, sempre più riluttante al pensiero che non lo avrebbe più rivisto per qualche giorno. «Mi sei stato vicino come nessun altro, e... mi piacerebbe tanto sdebitarmi in qualche modo.»

«Ce l'avresti fatta anche da sola. Ne sono sicuro. Quanto al resto... be', ti potresti sdebitare regalandomi un bel sorriso dei tuoi. Uno di quelli che mi faranno ripartire con il cuore e la mente un po' più leggeri.»

Amanda lo accontentò subito, prima che quel sorriso lasciasse il posto alla più assoluta malinconia.

 

La casa dei suoi nonni paterni si trovava a pochi passi dall'ospedale, e Amanda ringraziò il cielo di aver portato sempre con sé le chiavi del loro appartamento. Quando vi entrò, l'avvolse un senso di profonda desolazione. Il tutto era avvolto nella semi-oscurità, gran parte dei mobili ricoperti da un telo di plastica cosparsi da chili di polvere. Non ricordava neanche quando fosse stata l'ultima volta che vi era entrata, in quella casa tanto grande quanto muta. Eppure, quel che c'era attorno parlava una lingua che per la giovane non era affatto sconosciuta. I quadri dipinti da suo nonno, raffiguranti vari scorci della città torinese, spiccavano tra le quattro pareti decorate da una sontuosa carta da parati, con dei motivi piuttosto particolari. La vecchia libreria, invece, era ormai vuota. Amanda l'aveva svuotata giusto qualche anno prima, a seguito della morte di sua madre.

Sospirò, esaminando la poca spesa che poco tempo prima aveva fatto al supermercato. Latte, uova, salumi, formaggi, qualche confezione di pasta e  del semplice condimento. Non che avesse molto appetito, ma sapeva di doversi tenere in forze, e di non poter deludere Alessandro né, tantomeno, se stessa. Fortunatamente, almeno il frigorifero funzionava ancora.

Il peso della solitudine la investì con prepotenza. Sarebbe stato bellissimo se Alessandro fosse rimasto lì con lei, ma comprendeva che anche lui aveva i suoi impegni e che non voleva affatto imporre la sua presenza, come lei non avrebbe mai voluto che lui si sentisse obbligato a stare con lei. Doveva fare prima i conti con se stessa, e con i forti sentimenti che stava iniziando a provare nei suoi confronti. Per un istante, il pensiero dei tanti baci appassionati che si erano scambiati in quel di Madrid – e nella sua stanza d'albergo, per giunta – le provocò una sensazione di immediato benessere, mista a eccitazione, che però si smorzò quasi subito. Avrebbe tanto voluto pensare a qualcosa di bello, e tutto pur di non pensare a un'altra verità: i suoi nonni paterni, quelli biologici, lei non li aveva mai conosciuti.

I genitori di Francesco, per quanto fossero stati meravigliosi, non avevano mai fatto davvero parte della sua famiglia. O meglio, era lei la mela marcia. Ma questo poteva forse importarle qualcosa? Loro le avevano voluto un bene dell'anima, e lo stesso era valso per lei.

Colta da un improvviso impeto di coraggio, Amanda estrasse la lettera incriminata dalla borsa. La tenne tra le mani per qualche minuto, inspirò a fondo l'odore della carta e si apprestò ad aprire la busta. Sua madre aveva qualcosa da dirle, e lei non poteva continuare a scappare da tutto in eterno.

Non appena iniziò a leggerla, tutto il suo corpo fu scosso da un tremito costante, che infine sfociò in un pianto disperato. Non ci poteva credere. Come poteva averglielo nascosto? E come aveva fatto a convivere con quel senso di colpa per così tanti anni?

Non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare il tutto, che il suo cellulare prese a squillare.

«Pronto?» mormorò, cercando di nascondere il proprio turbamento.

«Amanda, sono di nuovo io, il dottor Forti. Ti volevo soltanto dire che Federico sta già migliorando, e che la tua visita gli ha fatto davvero tanto piacere. Fino a poco fa stava insistendo perché potesse di nuovo parlarti, e... e anche adesso, non è diverso. Temo che non la smetterà di tormentarmi fino a quando non potrà di nuovo sentire la tua voce, malgrado gli abbia ingiunto di starsene zitto. Non è vero, Fede?»

Amanda sorrise appena e, malgrado si si sentisse ancora sconvolta, non le parve il caso di rifiutare la richiesta di Federico. «Passamelo pure», gli rispose, tirando su col naso. «Così magari la smette di fare i capricci.»

Dall'altra parte, si sentì una breve risata. «Lo spero proprio!»

Dopo qualche secondo, la voce di Federico risuonò forte e chiara nelle sue orecchie. «Amanda, ciao... Scusami tanto se ti ho disturbata.» La sua voce tradiva ancora una certa stanchezza, però suonava ben più limpida, rispetto a qualche ora prima.

«Ehi! Ma no, figurati. Non mi disturbi affatto, anzi! Stavo... sì, ecco, tra poco penso di preparami un uovo alla coque. Sono contenta che tu stia meglio. Spero che la febbre sia scesa.»

«Sì, per fortuna mi sento meglio. Ma... ma ci tengo a ringraziarti ancora tanto per essere venuta. Non eri tenuta a farlo, e... te ne sono davvero grato.»

Amanda si asciugò i residui di lacrime che popolavano le sue guance. «Non mi devi ringraziare. L'ho fatto perché... perché sentivo di volerlo fare.»

«Dove sei, adesso?»

«A qualche chilometro da te. Sono a casa dei miei nonni...» Si morse la lingua e si trattenne dal dire "paterni". Deglutì, a fatica. «Ci resterò per qualche giorno, o... o settimana.»

«Quindi... questo significa che verrai a trovarmi anche domani?» le domandò Federico, con un filo di voce.

Amanda sorrise. «Certo che sì! Non ti libererai facilmente di me, aggiunse dopo un po'.» Parlare con lui la fece sentire un po' più leggera, per quanto le parole della madre riecheggiassero tuttora nella sua mente.

«Ne sono lieto. Va... va tutto bene?»

L'altra trattenne il fiato. «Va tutto bene, sì. Perché me lo chiedi?»

«Non lo so, il tuo tono di voce—»

«Sono un po' raffreddata, tutto qui», intervenne Amanda, sperando di allontanare i suoi sospetti.

Lui non insistette oltre. «Capisco. Be', a quanto pare il mio tempo è finito. Brando sta di nuovo reclamando il suo cellulare, e il mio non vuole darmelo... E quindi—»

«Sta' tranquillo, non c'è problema. Ti ringrazio tanto per la chiamata. Io non volevo disturbarti, perciò—»

«Non preoccuparti. Anzi, ti ringrazio ancora per essere venuta. Ci vediamo domani, allora. Cerca di passare una buona serata e, mi raccomando, stai serena.»

«Ci proverò. E tu... cerca di riprenderti e non fare troppi sforzi, okay?»

«Ci proverò», la imitò lui. «Allora a domani, Amanda. Ti... ti voglio bene», sussurrò poi.

Amanda spalancò gli occhi, e poco prima che lei potesse rispondergli qualsiasi cosa, Federico riattaccò.

Nel cuore di Amanda, nel frattempo, si aprì come un varco fatto di luce. Una luce nuova dove la speranza, l'emozione e l'assoluta confusione si mescolavano insieme, in un tripudio di sensazioni meravigliose che, almeno per qualche ora, sciolsero tutta quella tensione che aveva accumulato durante il giorno, alleviando persino le sue sofferenze.

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