Le Bizzarre avventure di JoJo: Teen Souls

di Giuly_2_21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lacrime amare ***
Capitolo 2: *** Fiducia rinnovata ***
Capitolo 3: *** Un amico ritrovato ***
Capitolo 4: *** Maschere ladre (parte 1) ***
Capitolo 5: *** Maschere ladre (parte 2) ***
Capitolo 6: *** Una tipica giornata di scuola… o quasi ***
Capitolo 7: *** Passato oscuro (parte 1) ***
Capitolo 8: *** Passato oscuro (parte 2) ***
Capitolo 9: *** Risposte ***
Capitolo 10: *** Incontro fatale ***
Capitolo 11: *** Resa dei conti (parte 1) ***
Capitolo 12: *** Resa dei conti (parte 2) ***
Capitolo 13: *** Storia di una famiglia sfortunata (parte 1) ***
Capitolo 14: *** Storia di una famiglia sfortunata (parte 2) ***
Capitolo 15: *** Orgoglio e perdono ***
Capitolo 16: *** Piccoli passi ***
Capitolo 17: *** In trappola ***
Capitolo 18: *** Epifania ***
Capitolo 19: *** Destino ***
Capitolo 20: *** Fiducia e sospetti ***
Capitolo 21: *** La notte degli inganni ***
Capitolo 22: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 23: *** Senza paura (parte 1) ***
Capitolo 24: *** Senza paura (parte 2) ***
Capitolo 25: *** Il senso della vendetta ***
Capitolo 26: *** Confronto (parte 1) ***



Capitolo 1
*** Lacrime amare ***


AVVISI
-La storia è un seguito diretto di JoJo Vento Aureo perciò ci saranno spoiler sia della parte 5 che delle precendenti. 
-Non è collegata in alcun modo con Purple Haze Feedback (putroppo quando l'ho ideata non sapevo ancora dell'esistenza di un seguito e non mi è stato possibile integrare gli eventi di esso all'interno di questa fanfiction).
-È un prequel di Lost in The Anime Multiverse, ma non è necessario averlo letto prima (anche se consiglio di recuperarla poi e se arriverete alla fine di questa storia ne comprenderete il motivo).
Detto ciò buona lettura.

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Fin da piccoli ci viene insegnato a distinguere il Bene dal Male, la Giustizia dalla Criminalità, la Luce dalle Tenebre. Ma non sempre ci sono dei confini netti tra questi opposti. In molte storie Giustizia e Criminalità, Luce e Buio si mischiano e rimescolano, formando infinite zone di Penombra. E a quel punto si può realmente parlare di Bene e Male?? C'è realmente una Giustizia universale o è tutto relativo?? Soltanto i posteri potranno dirlo.

Questa è una storia fatta di sfumature tra bianco e nero, uno scontro tra un'entità grigia e una ancora più grigia. Ma solo una potrà vincere e far prevalere la propria idea di giustizia...

***

Roma, 31 marzo 2001

-Dai, Giorno, sbrigati!! Bucciarati ha bisogno di te!!-

La voce di Trish si propagò nell'aria di quella fresca mattina di inizio primavera, allegra e ancora ignara di ciò che le aspettava una volta superata l'entrata del Colosseo, dove la ragazza era diretta insieme a Mista e Giorno. Quest'ultimo se ne stava nelle retrovie, con in braccio la tartaruga che ospitava l'anima di Polnareff, consapevole che il suo stand, per quanto potente, non poteva in alcun modo salvare Bucciarati.

Mentre a passi lenti si avvicinava al grande anfiteatro romano, un dubbio lo tormentava: era il caso di rivelare la verità ai suoi compagni fin da subito?? Forse sarebbe stata la cosa migliore da fare.
Ma con quali parole poteva dare una notizia del genere a Mista che conosceva Bucciarati da molto più tempo di lui??
Con quali parole poteva dire a Trish che l'uomo che le aveva salvato la vita non c'era più??

Prima che potesse prendere una decisione, un uomo di mezza età dai capelli radi e grigiastri, probabilmente uno dei custodi del Colosseo, li bloccò all'entrata.

-Non potete entrare. Le visite iniziano alle 9.00- li avvertì parlando con un forte accento romano.

-Signore, la prego. C'è un nostro amico all'interno che ha bisogno di aiuto. Ci faccia entrare- lo supplicò Trish a mani giunte.

Il custode sgranò gli occhi e un po' a disagio chiese: -Il... Il vostro amico è un uomo moro con un completo bianco a puntini neri??-

-Sì. L'abbiamo lasciato perché è stato ferito. Dobbiamo aiutarlo- affermò Trish.

Il custode abbassò gli occhi, incapace di vedere la speranza degli occhi di quella ragazza, consapevole che con le prossime parole l'avrebbero spenta.

-Mi dispiace ragazza. Il vostro amico non è più tra noi-

Trish rimase confusa da quell'affermazione e anche Mista, dietro di lei, lo era.

-Cosa... Che intende dire??-

Il custode sospirò e disse: -Quando sono entrato ho visto il vostro amico a terra e sono andato a vedere se stesse bene... Il suo corpo era freddo. Non c'era né respiro... né battito. Mi dispiace-

Trish, visibilmente sconvolta, superò il custode (che non oppose resistenza) per entrare nell'Anfiteatro. Mista con il terrore degli occhi la seguì e con lui anche Giorno.

La ragazza raggiunse il corpo di Bucciarati a terra e appoggiò il proprio orecchio al suo petto, pregando che il custode si fosse sbagliato, che sotto la pelle si celasse ancora un cuore pulsante. Ma quel cuore aveva smesso di battere ormai da tempo.
Anche se Trish se ne era resa conto, tuttavia, non si diede ancora per vinta. Afferrò i lembi della giacca di Bucciarati e iniziò a scuoterne il corpo.

-Bucciarati!! Svegliati!!- urlava nel mentre -Apri gli occhi!! Ti prego!!-

Ma il corpo del povero ragazzo non reagì in alcun modo.
Mista, inginocchiato accanto a lei, gli afferrò il polso.

-Ti prego... Smettila. É inutile. Lui è... Lui è...- disse cercando invano di tenere la voce ferma e di terminare la frase. Ma infine la sua voce si spezzò e non riuscì a dire altro.

Trish riappoggiò il corpo di Bucciarati a terra continuando però a stringere tra le dita la sua giaccia e con voce spaventosamente calma disse: -Avevi detto che quei colpi non erano mortali-

Mista alzò la testa e sforzandosi di parlare senza singhiozzare, farfugliò: -Lo erano... Non... Non capisco. Non ho preso dei punti vitali e... e prima Bucciarati stava bene... io...-

-Non è colpa di Mista- affermò Giorno, fermo in piedi davanti al cadavere dell'uomo che più di chiunque altro l'aveva aiutato -Bucciarati era già morto prima ancora di arrivare qui-

Mista e Trish alzarono la testa verso di lui scioccati.

-Cosa significa??- gli chiese la ragazza per tutti e due.

Il ragazzo, consapevole che non esistevano parole per addolcire quella pillola amara, decise di raccontare la verità nuda e cruda, senza fronzoli o giri di parole.

-Bucciarati è morto a Venezia nel tentativo di salvarti dal Boss, Trish. Quando era arrivato dentro la chiesa, il suo cuore aveva già smesso di pulsare. Ho tentato comunque di usare il Gold Experience per guarirlo. Speravo in un miracolo e all'inizio pensavo di essere riuscito a salvarlo. Ma mi sbagliavo. Durante il viaggio, mi ha confessato che il Gold Experience gli aveva solo dato un po' di tempo e appena l'energia vitale del mio stand si sarebbe esaurita, lui sarebbe morto. Mi ha chiesto di mantenere il segreto, ma ormai è inutile nasconderlo-

Il discorso di Giorno non si concluse lì. Forse per lo shock causato dalla morte di Bucciarati, forse perché era pentito o stanco di tenere all'oscuro quelli che ormai erano i suoi amici, Giorno gli rivelò tutto.

-Io sono entrato in Passione per poter sconfiggere il Boss, così da poter salire ai vertici dell'organizzazione. Era l'unica via possibile per realizzare il mio sogno. Quando incontrai per la prima volta Bucciarati, lui aveva il compito di uccidermi poiché aveva fatto un torto a Passione, colpendo mortalmente uno dei loro strozzini. Inizialmente abbiamo combattuto, ma poi mi accorsi della sua bontà e lo convinsi a unirsi a me per abbattere il Boss. Quando ci hanno affidato la missione di portarti dal Boss, Trish, non credevo a un simile colpo di fortuna. Avrei avuto l'occasione di incontrare il Boss e realizzare il mio sogno. Per questo mi ero offerto di accompagnarti da lui. Col senno di poi, avrei preferito di gran lunga insistere piuttosto che lasciare a Bucciarati quel compito. Mi dispiace di avervelo tenuto nascosto, ma dopotutto quello che abbiamo passato insieme, è giusto che voi lo sappiate-

Finito il suo discorso cadde un silenzio tombale. I due ragazzi inizialmente non dissero alcuna parola, cercando di elaborare tutta quella mole di informazione che li aveva appena investiti. Dall'altro canto, Giorno rimase immobile come una statua, aspettando una qualunque reazione da parte loro.

Dentro di sé credeva di essere pronto a sopportare un loro qualunque sfogo d'ira, ma quando Trish si alzò in piedi e gli tirò un ceffone in pieno volto comprese di non esserlo affatto.

Quello schiaffo carico di rancore, benché fosse uno dei colpi più deboli che avesse mai ricevuto in vita, gli fece davvero male.

-...tua...- ringhiò lei -É TUTTA COLPA TUA!!-

La ragazza, fuori di sé dalla rabbia, gli si gettò addosso e lui, colto alla sprovvista, cadde a terra con lei. Polnareff, fino a quel momento nelle mani del biondo, scivolò via da esse finendo a terra con le zampe all'aria.

Trish iniziò a colpire Giorno in volto con tutta la forza che aveva in corpo, mentre lui non opponeva alcuna resistenza. Benché la ragazza fosse esile di corporatura, uno dei suoi pugni riuscì persino a spaccargli il naso che prese a sanguinare copiosamente. A porre fine a quel pestaggio fu Mista che, senza dire una parola, afferrò Trish per le ascelle e l'allontanò da Giorno.

-PERCHÉ LO STAI AIUTANDO?? HAI SENTITO CHE HA DETTO QUESTO STRONZO?!! HA TENTATO DI SFRUTTARCI PER IL SUO STUPIDO SOGNO EGOISTA!! É COLPA SUA SE BUCCIARATI E GLI ALTRI SONO MORTI!!- urlava a squarciagola e con le lacrime agli occhi.

Giorno si mise seduto a terra e, ignorando il sangue che gli colava dal naso martoriato, cercò di dire: -Trish, io...-

-VATTENE!!- lo interruppe lei bruscamente -SPARISCI DALLA MIA VISTA E NON FARTI MAI PIÙ VEDERE!! IO TI ODIO!! HAI CAPITO?!! VAI VIA!!!-

Il ragazzo, capendo che al momento non poteva farla ragionare, cercò un contatto visivo almeno con Mista, ma quest'ultimo si rifiutò di guardarlo.

Il biondo, allora, raccolse Polnareff e si allontanò. Mentre si allontanava sentì chiaramente Trish scoppiare a piangere e Mista cercare di consolarla. Sapendo che lì la sua presenza non era gradita, li ignorò così come ignorò anche le domande del custode, mentre attraversava il portale del Colosseo.

Il sole era ormai alto all'orizzonte e illuminava con il suoi tenui raggi il cielo limpido, ignorando quel povero ragazzo che errava senza metà per le vie della capitale e quella coppia di amici rimasta dell'Anfiteatro romano a piangere il benamato ragazzo di Napoli.

Giorno in qualche modo ritornò sulle rive del Tevere e lì decise di fermarsi. Issandosi sul muretto che fungeva da argine, si sedette su di esso e appoggiò Polnareff di lato. Quest'ultimo non aveva osato aprir bocca fino a quel momento, sapendo che nessuna parola poteva colmare quella voragine che si era creata nel petto del ragazzo.

Stette ancora in silenzio quando Giorno, portandosi le gambe al petto e appoggiando la fronte sulle ginocchia, versò tutte le lacrime che da tempo premevano di uscire.

Autrice Time
Vi do ufficialmente il benvenuto in questa fanfiction a tema JoJo. E quale modo migliore per iniziare riprendendo esattamente dove tutto è stato interrotto e mostrando la scena che nessuno voleva vedere.

Scherzi a parte, la morte di Bruno Bucciarati e degli altri membri della gang sarà uno dei temi fondanti di questa storia e il motivo principale per cui Giorno (ma anche altri personaggi) compie determinate scelte, infelici o meno che siano.

Per quanto riguarda Trish e la sua reazione "calma e pacata"... be'... sarebbe da biasimare?? Povera, in meno di anno ha collezionato una sfilza di traumi che manco Jonathan in Phantom Blood (okay, forse non siamo sullo stesso livello, ma ci manca poco).

Mista, invece, ha avuto un ruolo un po' più marginale in questo capitolo, ma nel prossimo avrà il suo spazio. A proposito oggi, il 3 dicembre, è il suo compleanno. Auguri!!

Ad ogni modo spero che il capitolo vi sia "piaciuto". Noi ci vediamo prossimamente. 

Per questo mese e (forse) il prossimo dovrei riuscire a pubblicare regolarmente. Poi a febbraio ho la mia prima sessione invernale quindi si vedrà...

Ora scusate, vado a piangere in un angolino.

Ciao, Giuly♡

PS. Se vi sentite tristi per Bucciarati, immaginate l'anima di Abbacchio che dal paradiso fa il tifo per Trish che mena Giorno in stile cheerleader. Magari vi risolleva il morale...

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Capitolo 2
*** Fiducia rinnovata ***


Roma pian piano tornò a pullulare di vita. I commercianti iniziarono ad alzare le saracinesche dei propri negozi, i panettieri a sfornare pagnotte e gli impiegati ad andare nei propri uffici. Le strade vennero affollate da automobili, moto, bici spericolate, turisti da tutte le parti del mondo e residenti. Nessuno, però, sembrò notare il ragazzo biondo in lacrime sull'argine del Tevere.

Solo una piccola creaturina gialla con un 1 segnato sulla fronte si avvicinò a lui. Vedendolo, Polnareff toccò dentro Giorno che alzò la testa e posò i suoi occhi rossi e gonfi dal pianto sulla creaturina. Immediatamente gli tese la mano affinché potesse appoggiarcisi sopra.

-N1...- scandì il biondo mentre si asciugava le lacrime con il dorso dell'altra mano.

Il piccolo stand, un po' a disagio, iniziò a parlare: -Mista e Trish hanno preso i corpi di Bucciarati e Narancia. Stanno tornando a Napoli in auto-

-Immagino non mi stiano aspettando- affermò Giorno.

-Trish non vuole vederti- confermò N1 esitante -E Mista ha bisogno di tempo per pensare-

-Capisco- disse Giorno -Collegio Giacomo Leopardi. Stanza 15 del dormitorio maschile. Se volesse vedermi, sono lì-

Lo stand annuì e lanciandosi dalla sua mano, sparì tra la folla.

Il ragazzo, con l'ausilio del proprio stand, si curò il volto martoriato; afferrò Polnareff e si diresse alla stazione della metro. Sceso a Termini, aspettò pazientemente il treno per Napoli e una volta salitoci sopra si nascose all'interno di Polnareff che si spostò sotto un sedile, lontano da occhi indiscreti.

Nella stanza-stand Giorno si lasciò cadere sul divanetto, mentre il fantasma del francese si sistemò su una poltrona.

-Polnareff, tu credi che la morte dei miei compagni sia colpa mia??- gli domandò Giorno.

L'uomo, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, disse con fermezza:
-Se non sei stato tu a costringerli a tradire o a sacrificarli per salvare te o il tuo sogno allora no, non sei affatto colpevole-

-So quello che stai pensando- continuò lui -Ci sono passato anch'io. "Se solo fossi arrivato in tempo…", "Se solo ci fossi stato io al loro posto…". Sono domande che ti perseguitano e continueranno a farlo per il resto della vita. Ma la verità è che nessuno può sapere cosa sarebbe successo se fosse andata diversamente. Non c'è la certezza che, arrivando prima o sacrificandoti al loro posto, sarebbero sopravvissuti. E anche se ce l'avessimo, comunque non servirebbe a nulla. Non esiste potere al mondo in grado di riportare indietro i morti. Perciò darsi la colpa in quel caso è solo deleterio-

-Non è così facile…- ammise il biondo.

-Lo so, ragazzo. Credimi. Lo so- sospirò il platinato.

Dopo vari minuti di silenzio Giorno scivolò in un sonno tutt'altro che piacevole. Le immagini dei compagni morti si sovrapponevano l'una sull'altra e le accuse di Trish continuavano a risuonargli in testa come un disco rotto. Si risvegliò un'oretta dopo di soprassalto, ma giusto in tempo per sentire l'annuncio dell'arrivo a Napoli.

Finalmente aveva fatto ritorno a casa. Avrebbe voluto esserne felice, ma non ci riusciva.

Scese dal treno e uscito dalla stazione si avviò al collegio. Una volta arrivato e senza salutare nessuno o dare spiegazioni, si diresse nella sua stanza, si stese sul letto e si riaddormentò.

***

Anche Trish, dopo aver esaurito sia la voce che le lacrime, si era addormentata. Mista l'adagiò sui sedili posteriori di una Panda azzurra "presa in prestito" per tornare a Napoli, mentre nel baule mise il corpo di Bucciarati e la pianta di fiori d'arancio nata dal corpo di Narancia grazie al Gold Experience. Sedendosi al posto del guidatore e atteso il ritorno di N1 (e ascoltato il messaggio), accese l'auto e si avviò.

Per tutto il tragitto rimuginò sull'accaduto. Non poteva dirsi sorpreso dal piano di Giorno e Bucciarati. Il suo istinto lo aveva avvertito fin da subito che il tradimento del Boss era già nei loro piani. Non si aspettava tuttavia che fosse Giorno la mente dietro a quella follia. Già era stata una follia, ma per proteggere gli innocenti e i propri ideali Bucciarati l'avrebbe fatto. Lui non avrebbe mai permesso a Diavolo di uccidere Trish. Lo avrebbe tradito e sarebbe morto per questo. Tutti loro lo avrebbero seguito e sarebbero morti per lui. Con o senza Giorno, non sarebbe cambiato nulla.

-Adesso che facciamo Mista??- gli chiese N5, ancora singhiozzante per la recente perdita.
-Uccidiamo Giorno o ci uniamo a lui??- domandò N3 dritto per dritto.
-Bella domanda- commentò pensoso Mista.

Una parte di lui avrebbe voluto seguire Giorno. Si era dimostrato un ragazzo di buone intenzioni e disposto a sacrificarsi per un bene superiori. Bucciarati stesso si era fidato di lui a tal  punto da sacrificarsi e lasciare tutto nelle sue mani.

Dall'altro canto, però, non poteva fare a meno di pensare a quello che aveva detto Trish. E se quella di Giorno fosse stata tutta una recita?? Se avesse sfruttato la buona volontà di Bucciarati per scopi diversi??

Esisteva un solo modo per scoprirlo e il cecchino lo sapeva bene.

Raggiunto il suo angusto appartamento nel centro storico di Napoli, scaricò l'auto cercando di non dare nell'occhio. Trasportò Trish sul suo letto e la lasciò riposare lì. Lui, invece, si sistemò come meglio poteva sul divano. Quasi immediatamente la stanchezza lo fece scivolare in un sonno profondo e privo di sogni. Dopo 8 ore di riposo uscì di casa con la sua fidata pistola nascosta nelle braghe. Arrivato al famigerato Collegio Leopardi, chiese di poter vedere Giorno Giovanna e la segretaria lo accompagnò gentilmente alla stanza 15 del dormitorio maschile.

-Signorino Giovanna. Ha visite- disse bussando educatamente.

La porta si aprì, rivelando un Giorno completamente scarmigliato e con i segni di un sonno agitato in volto.

-Possiamo parlare??- chiese Mista saltando i convenevoli.

-Prego- disse Giorno spostandosi dall'uscio per lasciarlo passare.

-Perdona il disordine. Non mi aspettavo di ricevere visite così presto- aggiunse poi chiudendo e sedendosi sul letto.

-Tu abiti qui??- chiese Mista, facendosi largo tra i libri e gli appunti sparsi sul pavimento fino a raggiungere la sedia davanti alla scrivania.

-Il mio patrigno mi ha cacciato di casa quando ho evocato per sbaglio un boa constrictor che l'ha quasi strangolato a morte*- spiegò brevemente Giorno -Ma immagino che tu non sia venuto fin qui per parlare di questo…- 

Mista si lasciò un attimo dondolare sulla sedia. Aveva molte cose da chiedergli, ma non sapeva da dove cominciare. Alla fine optò per fargli una sola domanda. La più semplice, ma anche la più importante tra tutte.

-Giorno, qual è il tuo sogno??-

-È una storia lunga, complessa e spiacevole, ma è giusto raccontarla- iniziò lui -Devi sapere, prima di tutto, che io non sono nato a Napoli, ma in Giappone, paese natale di mia madre. Mi trasferì qui, ottenendo nome e cittadinanza italiana solo 12 anni fa quando lei sposò un cittadino italiano. Ingenuamente pensai che un ambiente nuovo e una famiglia consolidata mi avrebbe garantito una vita quantomeno dignitosa. Non fu così. In un attimo divenni la vittima prediletta dei bulli del quartiere, delle cinghiate del mio patrigno e dell'indifferenza di mia madre.
Mi sono sempre chiesto il motivo di tutto ciò. Eppure prima di allora non avevo compiuto azioni malvagie o ribelli. Ero soltanto un bambino in cerca di tranquillità.
Ho sofferto molto in quegli anni. Arrivai addirittura a pensare che non valesse più la pena continuare a comportarmi bene dato che venivo odiato o ignorato lo stesso. Ma prima che quel pensiero attecchisse nella mia mente, incontrai per strada un uomo in fuga da alcuni gangster. Era la prima volta che lo vedo; non sapevo il suo nome né da dove venisse. Non lo scoprì mai. Ma era ferito e braccato proprio come lo ero io al tempo. Mentì ai suoi inseguitori, salvandogli la vita. E lui fece lo stesso, impedendo al mio patrigno e ai bulletti di farmi del male e facendomi sentire per la prima volta amato e protetto.
Da allora iniziai a vedere il mondo con occhi diversi e a rendermi conto che esisteva ancora della bontà e che non ero solo. C'erano tanti altri, oppressi dai potenti e dimenticati dallo Stato, che si lasciavano corrompere dal male o cercano di dimenticare con l'alcool, il gioco, le donne o la droga…
Sai, uno dei miei obiettivi è quello di eliminare lo spaccio. Ma non lo voglio fare tanto per la droga in sé, per quanto dannosa possa essere, bensì per togliere di torno certi pezzi di merda che si arricchiscono sulla vita degli altri, senza curarsi a chi appartiene. Ho conosciuto famiglie la cui vita è stata rovinata da persone del genere. Ho visto un mio caro amico e sua cugina piangere sulle tombe dei propri padri, la cui unica colpa era quella di essere dei poliziotti giusti e retti in un sistema corrotto fino al midollo. Ne ho visto un altro seppellire la sorellina morta di overdose e la madre suicida. E a loro ho giurato che non sarebbe più accaduta una cosa simile. Che avrei cambiato le cose, anche se questo significava andare contro lo Stato e lordarmi le mani di sangue. Ho giurato che sarei diventato un gangster che aiutava il prossimo, proprio come quell'uomo incontrato tempo fa. È questo il mio sogno, Mista. Per questo sono qui-

Giorno terminò così il suo racconto. Non sapeva nemmeno da quanto tempo stesse parlando. Aveva la gola secca e gli occhi lucidi. Alzò lo sguardo su Mista che non gli aveva staccato gli occhi di dosso per un solo istante. Non aveva aperto bocca per tutto il tempo. Persino i Sex Pistols erano stati zitti e composti sulle sue spalle.

Dopo diversi secondi di religioso silenzio il cecchino estrasse la pistola, ma non la puntò verso Giorno. Se la tenne tra le mani e guardandola disse all'altro:
-Sai, quando sono entrato qui avevo intenzione di impallinarti seduta stante. Ma ho voluto fidarmi del giudizio di Bucciarati e ti ho dato una possibilità per spiegarti… Sono contento di averlo fatto-

Mista avanzò verso il letto e inginocchiandosi di fronte a Giorno, gli prese la mano destra e gli lasciò un bacio sul dorso. Un segno chiaro e inequivocabile.

-Se lo desideri, la mia pistola e la mia vita saranno al tuo servizio. Per il tuo sogno e una Napoli migliore- 

Giorno quasi non ci credette. Nonostante tutto quello che era successo lui lo voleva ancora seguire. Si fidava di lui. Felice il ragazzo ignorò qualunque formalità e lo strinse tra le sue braccia.

-Grazie- disse contro la sua spalla -Davvero grazie-

-Tranquillo Boss. Ci pensa il buon vecchio Mista a spianarti la strada-

-Va bene. Ma non chiamarmi Boss. È un nome potente, in grado di dare alla testa…-

Mista ci pensò su.

-Allora ne servirà uno più semplice. Tipo… Tipo GioGio-

-GioGio??- ripetè il biondo.

-Sì. Sono le iniziali del tuo nome. Insieme fanno un bel suono. Non ti piace??-

-Al contrario, è perfetto- disse il biondo sciogliendo l'abbraccio.

-Ehm scusate- si intromise Polnareff che fino a quel momento era rimasto in disparte a osservare -Non vorrei sembrare indelicato, ma considerata la delicata situazione di Passione al momento, forse non è il caso di perdere ulteriore tempo-

-Hai ragione- disse Giorno -Dobbiamo metterci in contatto con i capiregime. È giunto il momento di cambiare un po' di cose-

Fu così che la sera seguente l'Italia intera venne travolta da una notizia inaspettata, lieta per alcuni e sgradita per altri. Ma tra tutte le reazioni una in particolare divenne la triste premonitrice di un disastro imminente…

Milano, 7 aprile 2001

Un uomo sulla cinquantina con un calice di vino rosso in mano stava osservando la skyline della città dal suo ufficio. Adorava vedere i raggi del sole morente illuminare di vermiglio i palazzi di vetro della città ambrosiana, ma dire che quella vista potesse eguagliare la skyline della città eterna sarebbe stata pura menzogna.
Era infatti Roma la casa natale di Giuseppe Carbonara, ultimo discendente della famiglia che fino a un decennio prima governava un gran pezzo d'Italia. E sarebbe riuscita a prendersela tutta se soltanto Passione non si fosse messa di mezzo. A causa sua ora era confinato nel Nord del Bel Paese, lontano mille miglia dai luoghi dove era cresciuto, dove era morto e sepolto suo fratello, dove avrebbe dovuto governare di diritto. 

Bussando un uomo pelato con un discutibile completo giallo canarino entrò nell'ufficio.
-Boss. Ho delle notizie che potrebbero essere di suo gradimento-

-Avete finalmente trovato i ladri di Villa Agreste??- domandò Carbonara con sguardo torvo.

Il pelato abbassò il capo e digrignò i denti, ancora memore dell'onta che il furto aveva gettato sulla sua sfolgorante carriera malavitosa.

-Direi proprio di no- si rispose da solo Carbonara vedendo la sua reazione -Allora??-

-Il Boss di Passione è stato ucciso e rimpiazzato- annunciò il pelato.

Carbonara bloccò il calice a mezz'aria incredulo.
-Sei sicuro di quello che dici??-

-La sezione droga dell'organizzazione è stata liquidata e un numero ingente di loro soldati si sono ribellati. Una cosa del genere accade solo quando un boss decade-

-Già. Me lo ricordo bene- disse Carbonara stringendo più del dovuto il calice -Un vero peccato non aver massacrato di persona quel bastardo. Quantomeno la sua morte sarà l'occasione per tornare alla ribalta-

-Gallo, chiama Cacio. Digli di rientrare. Avrò bisogno di lui per trovare informazioni…- ordinò poi al suo sottoposto.

-A tal proposito- esitò quest'ultimo -potrebbe non essere necessario…-

Carbonara lo squadrò. Odiava essere contradetto.

-Alcuni ex-soldati di Passione sono disposti a fornirci informazioni sull'usurpatore in cambio di un posto nella Carboneria. Tre di loro in particolare dicono addirittura di averlo conosciuto…-

-I voltagabbana ne raccontano di balle per salvarsi le chiappe- commentò il Boss bevendo un lungo sorso di vino -Ma in fondo perchè no. Chiama Cacio e poi tu e Diavola andate a interrogarli. Magari ne caveremo qualcosa di interessante-

Gallo si congedò con un inchino. Carbonara tornò a fissare il tramonto, stavolta con un sorriso sulle labbra.

-Un nuovo Boss di Passione- disse tra sé e sé facendo roteare il vino nel recipiente di cristallo -Spero per lui che non si siamo accomodato sugli allori troppo in fretta perchè la Carboneria sta per tornare in tutta la sua maestosa potenza-

NB (*): L'episodio in questione è stato raccontato nel flashback del capitolo 15 di Lost in the Anime Multiverse (#15: Problemi famigliari e dove trovarli - parte 1)

Autrice Time
E con questo alquanto lungo capitolo diamo effettivamente il via alla storia. Nuovi villains da affrontare, nuove sfide da superare e soprattutto un bel po' di background da scoprire.
Spero di avervi incuriosito almeno un pochino. In caso affermativo, ci vediamo al prossimo capitolo. Ciao, Giuly 

 

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Capitolo 3
*** Un amico ritrovato ***


Napoli, 6 aprile 2001

Pioveva quel giorno. Grosse gocce d'acqua cadevano dal cielo grigio lavando le strade e i tetti di Napoli e inzuppando gli abiti di chi non era riuscito a trovare riparo in tempo. In lontananza i fulmini squarciavano l'orizzonte producendo tuoni spaventosi.

Questo, tuttavia, non sembrò turbare i due ragazzi mascherati appollaiati sul tetto della casa di fronte a una villa tardo-ottocentesca.

-È questa??- chiese la ragazza del duo indicandola.
Il compare annuì.
-Sai cosa fare, ma fai attenzione- si raccomandò.
-Tranquillo. Non succederà come l'ultima volta…- gli rispose la ragazza con un velo di tristezza nella voce che il compare notò subito. Ma nemmeno il tempo di dirgli qualche parola di conforto, la ragazza era già saltata  giù dal tetto diretta alla villa di Giorno Giovanna…

***

Alle tre di quel piovoso pomeriggio primaverile tre bare di legno uscirono dalla chiesa di Santa Chiesa e caricate sui carri iniziarono il viaggio verso il campo santo. A seguirle c'era un fiume di gente, vestita in lutto e munita di ombrelli e/o cappelli. Di parenti dei morti, tuttavia, ce n'erano pochi. Solo la madre di Bucciarati insieme al secondo marito e alcuni zii di Narancia e Abbacchio erano venuti. La maggior parte della folla era composta da colleghi, conoscenti o anche sconosciuti che negli anni erano stati aiutati da quei ragazzi (a modo loro).

Ad aprire il corteo, insieme al sacrestano e ai (pochi) famigliari, c'erano anche Giorno e Mista.

Delle brutte occhiaie segnavano il volto di entrambi. Gli ultimi giorni erano stati parecchio pesanti per loro. L'improvviso cambio di Boss aveva sconvolto Passione fino alle radici. Fortunatamente lo charme di Giorno aveva convinto fin da subito quasi tutti i capiregime a dargli supporto e il suo giudizio e sangue freddo a colpire duro lì dove era indispensabile.

La situazione non si poteva dire ancora del tutto stabile, tuttavia i due non potevano assolutamente mancare a quel triste appuntamento e infatti eccoli lì, vestiti di nero, con i capelli al vento e protetti da un ombrello retto da Mista.

Arrivati al cimitero, i becchini seppellirono le bare una accanto all'altra così come le famiglie avevano stabilito di comune accordo. Pian piano i partecipanti si avvicinarono per dare omaggio ai morti lasciando fiori, lumini o dediche.

Arrivò anche Trish con indosso un tubino nero lungo fino al ginocchio, delle calze scure e dei tacchi bassi. Sulle spalle aveva uno scialle grigio, mentre un ciuffo di capelli era tenuto dietro all'orecchio da una forcina decorata con una dalia nera.
La ragazza fece un rapido cenno di saluto a Mista, ignorando completamente Giorno, prima di avvicinarsi alle lapidi. Lì lasciò dei crisantemi e si inginocchiò un momento sulla tomba di Bucciarati.

-Grazie- sussurrò -Grazie per avermi aiutata. Senza di voi non sarei qui. Ci siamo conosciuti solo qualche settimana fa e so davvero poco di voi, ma so anche che non vi dimenticherò mai… Mi dispiace… Mi dispiace di non essere stata abbastanza forte per difendermi da sola. Scusatemi…-
Un singhiozzo spezzò la sua voce e Trish cominciò a piangere.

A vederla in quelle condizioni Giorno si sentì stringere il cuore. Ebbe l'impulso di andare lì a consolarla e chiedergli umilmente perdono per ciò che era successo. Ma la sua razionalità lo bloccò, consapevole che, se l'avesse fatto, la ragazza l'avrebbe cacciato via in malo modo.

Allora sussurrò a Mista: -Vai da lei. Non ti preoccupare per la cena. Ti aspetto alla villa-
Mista gli lasciò l'ombrello e, cingendo per le spalle Trish, l'accompagnò fuori dal campo santo.

Rimasto solo, il biondo si avvicinò alle lapidi lasciando su ognuna un mazzo di fiori. Rose bianche per Bucciarati, fiori d'arancio per Narancia e denti di leone per Abbacchio.

-Il vostro sacrificio non sarà vano- annunciò -Farò in modo che questa nuova Passione diventi un'organizzazione in grado di aiutare gli altri. Custodirò la freccia affinché non cada in mani sbagliate. Non cederò all'egoismo o all'avarizia. I soldi che non mi serviranno li darò a chi ne ha più bisogno. E infine caccerò via tutti i narcotrafficanti da questo paese e non permetterò mai più sulle strade circoli quella merda. Qui lo prometto e lo giuro. E che venga maledetto per l'eternità se dovessi venir meno a queste parole-

Rinnovata la promessa fece per andarsene. Non appena svoltò l'angolo, però, notò una figura, anch'ella vestita di nero, avvicinarsi alle tombe. Nonostante la pioggia Giorno la riconobbe immediatamente.

In effetti si era chiesto se sarebbe venuto o meno, dato che era stato l'unico del gruppo a essersi tirato indietro. Immaginò che Fugo preferisse non essere visto mentre dava l'ultimo saluto ai tre ragazzi che aveva "tradito".

Lo osservò mentre veniva lavato dalla pioggia e, nonostante la lontananza e lo scrosciare dell'acqua, sentì chiaramente la sua voce.

-Maledetti voi e il vostro coraggio. Lo sapevate che era un suicidio. Perché non mi avete ascoltato?!- esordì gridando alle fredde pietre.

Si passò una mano sugli occhi e Giorno si rese conto che quella che gli bagnava il volto non era solo acqua piovana.

-E maledetta ancora di più la mia codardia- continuò -Se solo vi avessi seguiti quel giorno, ora non sareste sepolti sotto due metri di terra. Mi dispiace. Abbacchio. Bucciarati. Narancia. Vi prego. Perdonatemi-

Le sue ginocchia cedettero e si accasciò a terra in mezzo a una pozzanghera, ma sembrò non importargli.

-Dio, se esisti, ti prego. Fa che loro stiano bene nel mondo al di là di questo. Spedisci me all'inferno piuttosto, ma salva almeno loro. Ti prego- concluse tra le lacrime.

Giorno sentì l'impulso di andare lì per confortarlo e stavolta lo seguì. Trish aveva Mista, ma Fugo era solo. Si avvicinò cauto, come se fosse una bestiola ferita che temeva di spaventare, e lo coprì con l'ombrello. Accorgendosi che l'acqua non batteva più sul suo corpo, il ramato alzò lo sguardo e, vedendo l'ex-compagno di squadra, sussultò.

-G-Giorno... io… io…- balbettò colto di sprovvista.

-Non devi sentirti in colpa- lo interruppe inginocchiandosi accanto a lui -È stato il Boss a spezzare le loro vite, non tu. E non è detto che la tua presenza avrebbe cambiato le cose-

-Lo so, ma... non riesco a perdonarmelo. Continuo a sognarli. Li rivedo ogni notte in fin di vita. Mi accusano di non esserci stato per salvarli… e ho sempre le mani sporche di sangue. Del loro sangue. Non riesco a sopportarlo!!- gli rispose mettendosi le mani tra i capelli.

-Narancia avrebbe tanto voluto rivederti- disse Giorno facendogli spalancare gli occhi dallo stupore  -Anche agli altri sarebbe piaciuto. Nessuno di noi ce l'aveva con te. Nessuno ti ha mai considerato un codardo. Fugo, loro ti hanno perdonato fin dal principio. Tutti noi l'ho abbiamo fatto-

Fugo lo fissò con gli occhi gonfi dal pianto, ma anche pieni di incredulità.
-Non sto mentendo- affermò Giorno -Anzi, se lo desideri, puoi tornare a Passione e lavorare per me-

-Perché mi stai dando fiducia??- gli chiese il ramato -Vi ho già voltato le spalle una volta. Potrei farlo di nuovo-

-Non credo che lo farai di nuovo. Mi è bastato vederti qui per capirlo. E poi… se vogliamo parlare di fiducia tradita… be', ti capisco-

Vedendo il ragazzo confuso, Giorno gli raccontò tutto. Dal suo piano per usurpare il boss in combutta con Bucciarati fino al litigio con Thish e il giuramento di Mista e dei capiregime.

-Nascondendo le mie vere intenzioni a tutti eccetto Bucciarati è come se anch'io li avessi traditi. Per questo comprendo ciò che provi- concluse Giorno.

Il ramato non emise suono, ma continuò a guardarlo con un'espressione indecifrabile in volto.

-Abbacchio e Narancia sono morti prima di venirlo a sapere. Mista mi ha perdonato e ridato fiducia. Trish, invece, no. Ora voglio sapere cosa farai tu, Fugo. Prenditi pure tutto il tempo che ti serve. Ti aspetterò ogni sera al ristorante dove ci siamo incontrati la prima volta. Sappi che qualunque sia la tua scelta, non ti giudicherò. Sarebbe ipocrita da parte mia-

Il biondo fece per alzarsi, ma venne acchiappato subito per il polso.
-Se le cose stanno così, allora non c'è bisogno di pensarci troppo- disse il ramato.
Lentamente fece scivolare la sua mano dal polso alle dita di Giorno e avvicinandosela al viso, gli lasciò un bacio sulle nocche.

-Sono stanco di scappare. Sono stanco di sentirmi un codardo. Non posso riportarli in vita, ma posso onorare la loro memoria. E se loro hanno dato la vita per questo, allora voglio aiutarti a realizzarlo. Tu stai dando fiducia a me e io adesso do fiducia a te. Io credo nel tuo sogno, Giorno Giovanna- annunciò solenne.

-Non ti deluderò- affermò Giorno, aiutandolo a rialzarsi.

-Ascolta- aggiunse poi -Stasera io e Mista abbiamo una cena di lavoro. Mi piacerebbe che tu venissi. Il tuo genio potrebbe tornarci utile-

-Sei sicuro che sia una buona idea??- esitò Fugo -La presenza potrebbe risultare… sconveniente. E poi sono bagnato fradicio-

-Fugo. Tu sei un mio amico. La tua presenza non sarà mai sconveniente. Per i vestiti non c'è problema. Devo comunque passare alla villa per cambiarmi. Posso prestarti qualcosa- disse Giorno con tono che non ammetteva repliche.

-Immagino di non poter rifiutare- si arrese l'altro.

I due, stringendosi sotto l'ombrello, uscirono dal cimitero e a passo svelto si incamminarono verso la villa. Nel mentre parlavano un po' degli avvenimenti accaduti durante la sua assenza.

-Quindi adesso Mista e Trish sono coinquilini??- domandò Fugo.
-Sì. Mista le ha affittato l'appartamento accanto al suo- confermò Giorno -Gli aveva proposto di andare a vivere nella vecchia casa di Bucciarati, ma ha rifiuto. Ha detto che faceva ancora troppo male. O meglio, questo è quello che mi ha detto Mista-
-A proposito di lui- disse Fugo -Credi che mi perdonerà??-

Giorno non seppe cosa dire. Avrebbe voluto rassicurarlo, dicendogli che sì, l'avrebbe fatto, ma considerando che giorni prima Mista gli voleva piantare una pallottola in testa… non era più così tanto sicuro.
-Ecco...- incominciò a dire, ma venne interrotto da una sfilza di imprecazioni in napoletano stretto urlate ai quattro venti.

-Mista!!- esclamarono all'unisono i due allarmati. Incuranti della pioggia iniziarono a correre in direzione della voce. Poco prima della curva che conduceva alla villa di Giorno, incontrarono N5 in lacrime.

-Giorno. Fugo. Aiuto- urlò l'esserino vedendoli -Mista è in pericolo di vita-

I ragazzi svoltarono l'angolo e videro uno spettacolo agghiacciante.
Davanti al cancello in una pozza di sangue giaceva il loro amico che, pallido e imprecante dal dolore, si stringeva con la mano sinistra il polso della destra privo di mano e fradicio di sangue.
A un metro da lui c'era il suo revolver ancora stretto nella mano mozzata e maciullata.

I due si precipitarono dall'amico. Giorno riacchiappò la mano mozzata, la guarì e gliela riattaccò.

-É entrata nella villa e ha preso dei fascicoli. Ho tentato di fermarla, ma il suo compare e il loro cane-lupo mi hanno colto alla sprovvista- raccontò poi Mista.

-Un cane-lupo??- ripeté Fugo, riconsegnandoli la pistola.

-Sì. O forse un lupo vero e proprio. Non lo so. Ma è stata quella belva a farmi questo- disse Mista indicando la mano appena tornata al suo posto.

-Erano mascherati??- chiese Fugo -Una da giullare e l'altro da Anonymous??-

-Sì- rispose Mista sorpreso -Come...??-

-È una storia lunga- affermò il ramato -E se li vogliamo inseguire, non possiamo perdere altro tempo- 

-Ha ragione. Ce la racconterai per strada- intervenne Giorno -Mista, hai qualcosa che appartiene ai ladri?? Dei capelli, dei pezzi d'abito…- 

-Ho colpito la gamba della ladra durante lo scontro. Ci dovrebbe essere il suo sangue…- gli rispose Mista per poi rendendosi conto che, se c'era, era mischiato al suo -... da qualche parte-

Giorno non si lasciò abbattere. Evocando il suo stand, trasformò ogni goccia di sangue in una mosca. La stragrande maggioranza dello sciame iniziò a ronzare intorno a Mista (che protestò vivamente), mentre un piccolo gruppo si allontanò da loro.

-Andiamo- disse Giorno incitando i compagni. Fu così che tra la pioggia scrosciante iniziò l'inseguimento.

Autrice time
E così anche Fugo si riunisce al gruppo. Yeee!!
E adesso che il team Bucciarati (o meglio quel che ne resta) è completo, non ci resta che partire in quarta con la trama. Ci vediamo la prossima volta con un capitolo bello spumeggiante.

Ciau, Giuly♡ 

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Capitolo 4
*** Maschere ladre (parte 1) ***


Cibi deliziosi; monumenti storici e artistici di inestimabile valore; personalità di spicco…
L'elenco di cose che rendono l'Italia un paese unico al mondo potrebbe andare avanti all'infinito. Una tra queste è sicuramente il carnevale e le sue maschere, specie quelle di Arlecchino e Pulcinella. La prima, di origini bergamasche, è la maschera del servo stravagante e burlone; la seconda, di origini partenopee, quella del contadinotto irriverente e indolente, ma anche sagace e astuto. Nonostante siano l'una diversa dall'altra, un tratto le accomuna: l'insofferenza verso i ricchi e i potenti, oggetto infatti delle loro burla. 

Per questo motivo numerosi investigatori associarono i loro nomi alla coppia di ladri che, tra la fine del 2000 e l'inizio del 2001, ebbe l'audacia di derubare alcuni pezzi grossi della mafia italiana. Al loro operato vennero ricollegati ben 4 furti in altrettante ville del Sud Italia (una di un ex-membro dell'Ombra partenopea, due della Carboneria e una della Neo-Passione), anche se in molti sostenevano che pure l'effrazione all'archivio del palazzo di Giustizia di Napoli, caso irrisolto di inizio 2000, fosse farina del loro sacco. In tutti i casi la refurtiva non erano gioielli o soldi, bensì registri cartacei o floppy disk con varie informazioni sulle organizzazioni malavitose italiane (membri, affari illeciti, rapporti con l'estero…). 

Vennero ipotizzate fin da subito due piste. Nella prima si pensava che i ladri appartenessero a qualche organizzazione rivale e che i furti fossero blandi tentativi di raccogliere informazioni per intralciarli. Nella seconda, invece, si credeva che i ladri lavorassero in proprio per farsi giustizia privata (ma gli investigatori tendevano a escluderla in quanto assurda e masochista).

Il caso non fu affatto facile da risolvere. Per quanto la gran parte di quelle ville avesse sistemi di sicurezza all'avanguardia e molteplici custodi e guardie, i ladri erano sempre riusciti a entrare e rubare senza farsi vedere e soprattutto senza nemmeno scassinare la cassaforte. Eppure spettri non potevano essere, dato che telecamere e allarmi venivano ogni volta disintegrati da "una serie di pugni ben piazzati e dalla forza sovraumana". 

E ne ebbero conferma anche il 28 marzo 2001, quando a Villa Agreste, ex-residenza estiva della famiglia Carbonara situata nella campagna latina, tre guardie beccarono nel giardino una ragazza vestita da giullare con la refurtiva sottobraccio insieme a un compare con la maschera degli Anonymous. Purtroppo il trio non si accorse che la coppia fosse armata e in compagnia anche di uno spaventoso cane-lupo. Due di loro morirono immediatamente, uno colpito in testa da un proiettile e l'altro con la gola squarciata dalla belva. Il terzo ricevette un proiettile nel torace, ma sopravvisse abbastanza a lungo da poter riferire ai colleghi venuti in soccorso quello che aveva visto.

Nonostante quell'incontro ravvicinato e la diffusione della notizia per tutta Italia ci volle ancora diverso tempo prima che la Carboneria riuscisse a mettere le mani sui ladri. Prima di loro anche alcuni membri della Neo-Passione ebbero un incontro con i suddetti, anche se le circostanze furono del tutto casuali…

***

Una volta riaccompagnata Trish a casa dopo il funerale Mista si diresse alla villa come aveva concordato precedentemente con Giorno ed entrò per ripararsi dalla pioggia (che in qualche modo l'aveva infradiciato pur protetto dall'ombrello).

Una volta varcato l'uscio, però, l'istinto lo mise immediatamente in allarme. Si incamminò a passo felpato verso l'anticamera dove vide Polnareff cercare di risalire le scale per andare nel piano superiore. La tartaruga si accorse subito di lui, ma capì altrettanto in fretta che non era necessario dirgli nulla: entrambi sapevano di non essere soli in casa.

Mista lo afferrò e a passo felpato risalì le scale e si fermò dietro la porta della biblioteca-archivio.

Il castano con la pistola stretta in una mano e il francese nell'altra l'aprì con un calcio e puntando l'arma urlò: -Che nessuno si muova o sparo!!-

Ancora una volta il suo istinto non aveva fatto cilecca. Lì dentro c'era un intruso!!

Si trattava di una giovane donna caucasica dal fisico alto e snello fasciato da abiti alquanto stravaganti. Un corsetto, da una parte nero e dall'altra rosso, gli copriva il petto lasciando in bella mostra la parte superiore del seno florido e l'ombelico decorato da un piercing dorato. Anche le braccia erano del tutto scoperte a eccezione delle mani coperte da un paio di guanti spaiati (uno lungo fino al gomito rosso, l'altro senza dita nero). La parte inferiore era invece fasciata da un paio di pantaloncini, metà neri e metà rossi come nel corpetto (anche se la posizione dei colori era invertita), sostenuti da una cintura bianca simil pelle di serpente dalla quale pendeva la fondina di una semiautomatica. Ai piedi un paio di calze spaiate (una parigina rossa da un lato, una a rete nera dall'altro) e delle scarpe da ginnastica bianche con inserti dorati. Il suo volto era infine celato da una maschera veneziana bianca con un cappello da giullare a tre punte, la centrale rossa e le laterali nere.

La ladra nel vederlo trasalì e istintivamente alzò le mani con le quali stringeva due fascicoli.

-Ops... a quanto pare sono stata scoperta- commentò tuttavia la situazione con tono divertito.

-Chi sei?? E perché sei qui??- le chiese il cecchino a bruciapelo.

-Nulla di particolare. Ho solo bisogno di alcune informazioni che la tua organizzazione ha in suo possesso. Ma, dato per scontato che non me le avreste cedute tanto facilmente, mi sono vista costretta a sottrarvele da sotto il naso. O quantomeno era questo il piano-  spiegò tranquillamente lei -Per quanto riguarda al "chi sono"... be'… se lo volessi far sapere in giro non sarei mascherata-

Mista rimase sorpreso dalla calma serafica (per non dire strafottente) della ragazza che gli stava parlando come se fossero al bar e non su una scena del crimine. Si chiese se fosse scema oppure stesse nascondendo un'arma segreta da sfoderare al momento opportuno.

-Senti ladruncola dei miei stivali. Non sono affatto di buon umore, perciò ti conviene non farmi innervosire. Togliti la maschera e dimmi chi sei!!- le intimò.

Lei abbassò la mano sinistra e la posò sul mento con fare pensoso.

-Potrei anche farlo, ma no. Non mi va-

Quelle parole lo fecero infuriare particolarmente. Non solo era bagnato fradicio ed emotivamente a pezzi per via del funerale, ma adesso aveva pure una ragazzina esuberante e cleptomane a rompergli le palle.

-FAI MENO LA SPIRITOSA BUFFONA DA QUATTRO SOLDI. TOGLITI QUELLA FOTTUTA MASCHERA OPPURE TE LA LEVO IO E PUOI STARE CERTA CHE NON SARÒ GENTILE!!!-

La ragazza tuttavia non sembrò fare caso alla sua minaccia. Anzi, Mista ebbe l'impressione che sotto il volto da giullare la ladra stesse sogghignando.

-Be'... seci tieni così tanto, allora dovrai prima prendermi-

Così alle sue spalle apparve quello che Mista intuì essere il suo stand. Era una specie di manichino femminile argentato con i capelli platinati legati in una coda alta e gli occhi a taglio triangolare ambrati. Indosso aveva un body con ricami d'oro a forma di ingranaggi, una cintura bianca con la fibbia a forma di chiave, un paio di stivali bianchi alti fino al ginocchio e una copia di bracciali e delle spalliere dorate.

Lo stand abbracciò la ragazza che immediatamente gli ordinò: -Lithum. Portami di sotto-
Le due divennero come fatte di luce e iniziarono a sprofondare nel pavimento. Mista sparò al braccio della ragazza, ma il proiettile gli passò attraverso.

-Quello stand la può rendere intangibile- pensò mentre la ladra spariva ingoiata dalle piastrelle.

-Merda. Non deve scappare. Polnareff, resta qui mentre vado a recuperarla- disse velocemente al francese mentre lo scaricava su un tavolino lì vicino. Prima che il rettile potesse aprir bocca per protestare, il ragazzo si era già sfiondato fuori.

A metà delle scale vide la ladra attraversare il portone d'ingresso sempre con il suo potere e così sparò due colpi verso la finestra adiacente.

-N3. N2. Prendetela!!- 

I proiettili ruppero il vetro continuando la loro corsa in giardino. Le due creaturine la videro oltrepassare il cancello e non vedendola sprofondare nel vialetto intuirono fosse tornata tangibile. Velocemente indirizzarono i bossoli verso di lei che cadde a terra colpita alla gamba. Mista la raggiunse e gli puntò la pistola alla nuca.

-Merda. Anche tu hai questo potere- disse a denti stretti la ladra alludendo ai Sex Pistols che si stavano scambiando il cinque.

-Che c'è?? Non fai più la brillante??- la canzonò Mista iroso -Il tempo di giocare è finito, mocciosa. Ora rispondi alle mie domande-

Il cecchino, però, fece l'errore madornale di abbassare la guardia e si accorse troppo tardi dell'enorme lupo albino apparso alla sua destra. L'animale si avventò a fauci spalancate sulla mano con la pistola e gliela staccò con un potente morso. Il castano cadde a terra tenendosi il moncherino e bestemmiando dal dolore.

Un attimo dopo la sua visuale venne coperta da un giovane con il volto coperto da un cappuccio nero e una maschera di Guy Fawkes  che si era accovacciato di fronte a lui.

-Devo farti i miei più sinceri complimenti. Sei la quarta persona ad arrivare così vicino alla cattura della mia compare- disse con voce seria causando un brivido lungo la schiena del castano -Tuttavia hai fatto il grossolano errore di considerarla una ladra solitaria e questo ha decretato la tua sconfitta-

Mista cercò di alzarsi, ma il ragazzo lo rispinse a terra con un calcio.

-Addio. Spero che la colpa del nostro piccolo furto non ricada su di te. Sempre ammesso che tu sopravviva- disse il ragazzo afferrando la compare a mo' di sposa e correndo via con il lupo alle calcagna.

-Attento alla gamba, V. Quel bastardo mi ha colpito lì- piagnucolò la ragazza tra le sue braccia.

-Scusa Harley- gli rispose il ragazzo spostando la mano sotto il ginocchio della ragazza. 

-Per adesso non possiamo tornare a casa. Dobbiamo trovare un posto dove nasconderci fino a domani e sistemare le tue ferite- affermò poi.

Il lupo, compreso il  desiderio del padrone, si mise davanti e condusse il duo davanti a un tombino.

-Le fogne. Ma certo. Bravo bello- disse V appoggiando la compare a terra e dando una pacca in testa all'animale. Il ragazzo si calò dentro il condotto a fatica, trasportando Harley. Il lupo invece ci saltò dentro come se nulla fosse, atterrando perfettamente in piedi.

-Miseria, che puzza!!- commentò Harley tappandosi il naso. 

-Spiacente, ma questo è quello che passa in convento- ribatté V.

Dopo aver chiuso il tombino, il ragazzo si incamminò lungo il tunnel ringraziando mentalmente che ci fosse una banchina su cui poggiare i piedi. Trovò infine un anfratto asciutto dove vi appoggiò Harley, mentre il lupo stava fuori nel condotto a fare da sentinella.

-Fa vedere- disse V inginocchiandosi accanto a lei.

-I bossoli sono ancora all'interno- annunciò esaminando la gamba -Bisogna rimuoverli. Stringi i denti-

Sulla sua mano apparvero delle piccole scariche simili a piccoli fulmini color argento.

-Metal Silver Overdrive: Attrattive- pronunciò appoggiando la mano sulla ferita. Harley mugolò dal dolore, ma in compenso i bossoli fuoriuscirono e rimasero in mano a V.

Il ragazzo tentò di evocare altre scariche, ma Harley lo fermò.
-Faccio io. Tu hai la delicatezza di un elefante- disse evocando poi dei mini-fulmini, stavolta verdi, dalle sue mani.
-Evergreen Overdrive- pronunciò poi appoggiandole sulla ferita che si rimarginò in un battito d'occhio.

-Delicatezza di un elefante. Dice quella che ogni volta mi salta addosso mi pianta un gomito nelle costole- ribatté V sedendosi al suo fianco.

-Perchè non te ne sei andata subito?? Ti avevo avvertito che qualcuno era entrato nella villa- disse poi serio.

-Che importa. Alla fine li ho presi- ribatté Harley mostrando la refurtiva.
-Non è questo il punto!! Abbiamo stabilito una sola regola: prima la vita, dopo il bottino. E tu non l'ha seguita- la rimproverò V -Ti poteva uccidere oppure catturare!! Hai idea cosa fanno quelli là a chi li infastidisce?! E ai loro parenti?!-
-Certo che lo so!! Ma non potevo fallire di nuovo!!- urlò di rimando Harley.

La ragazza si tappò la bocca (o meglio coprì la parte di maschera all'altezza di essa) e abbassò lo sguardo.

-Credevo farcela. Ce li avevo in mano quando lui è entrato- mormorò stringendosi le ginocchia al petto -Volevo almeno che questo colpo riuscisse senza intoppi come i primi tre. E invece successo come l'ultima volta. Anzi, almeno quella non è stato un errore consapevole. Mi dispiace. Sono davvero pessima-

-Ehi. Non abbatterti così. Capita anche a me di agire di impulso. Siamo esseri umani. È nella nostra natura sbagliare. L'importante è imparare dai propri errori e migliorare- disse V mettendogli un braccio intorno alle spalle e tirandosela vicino -E comunque non potrei mai desiderare una compagna migliore della mia cara sorellina-

-Grazie- disse la ragazza rincuorata appoggiandosi al suo petto -Ma non chiamarmi sorellina. Ti ricordo che siamo gemelli-

-Sono nato 5 minuti prima di te- ribatté V.

-Dettaglio irrilevante-

-Non lo è-

La ragazza non rispose, preferendo godere in silenzio quel piccolo momento di tranquillità con suo fratello. Purtroppo non durò a lungo.

In un attimo tre mosche iniziarono a ronzargli intorno alla gamba. Senza pensarci Harley agitò una mano per allontanarle e ne colpì una per sbaglio. Subito venne schiacciata contro la parete da un'onda d'urto arrivata chissà dove.

-Ma cosa…?!- esclamò la ragazza più sorpresa che dolorante.

Anche il fratello parve alquanto confuso. Nel medesimo istante il lupo si mise a ringhiare, rizzando il pelo. I due si guardarono reciprocamente preoccupati. Li avevano trovati!!

Autrice time
E finalmente vediamo due dei miei OC preferiti in azione!! Spero piacciano anche a voi.
Ci vediamo nel prossimo capitolo.
Ciau, Giuly♡

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Capitolo 5
*** Maschere ladre (parte 2) ***


-Certo che potevano scegliere un nascondiglio un po' meno puzzolente- commentò Fugo mentre scendeva nel tombino.

-Forse dovevano incontrare Tim Curry versione clown mutaforma*- cercò di sdrammatizzare Mista.

Al ramato scappò mezzo sorriso, sollevato che il compare non sembrava avercela con lui. Ma non c'era tempo per chiacchere futili così ripresero l'inseguimento alle calcagna di Giorno.

-Stavi dicendo, Fugo, che questi ladri potrebbero essere gli stessi che hanno derubato la Carboneria la settimana scorsa?? - chiese conferma quest'ultimo.

-È altamente probabile- rispose il ramato -Stando alle voci i ladri di Villa Agreste erano vestiti nello stesso identico modo, armati di pistola e muniti di un cane/lupo bianco. O abbiamo beccato i loro sosia o sono sempre loro-

-Inoltre lo stand della ragazza è in grado di renderla intangibile. Questo spiegherebbe cosa abbia distrutto telecamere e allarmi e perchè nelle ville non c'erano mai segni di scasso- aggiunse Mista -Dovremmo affrontare un'avversaria di un certo livello-

-Almeno da lei sappiamo cosa aspettarci; del ragazzo invece non sappiamo proprio nulla- commentò Fugo -Nel peggiore dei casi dovremmo affrontare due portatori di stand, muniti di pistole e con un lupo addestrato-

-In qualunque caso vi chiedo, nei limiti del possibile, di non attaccarli- disse Giorno.

-Cosa?!- chiesero i compari sorpresi -Perchè?!-

-Voglio prima provare a capire le loro intenzioni. Magari potremmo raggiungere un compromesso senza ulteriori spargimenti di sangue- dichiarò il biondo.

-E se, invece, volessero combattere??- chiese Mista.

-Combatteremo- rispose -Ma li voglio vivi, chiaro??-

-Ricevuto- esclamarono all'unisono Fugo e Mista.

Dopo un paio di minuti Giorno si fermò e fece cenno ai compari di fare altrettanto. A meno di cinque metri da loro, infatti, un enorme lupo dal manto candido come la neve gli bloccava la strada. Le grandi zanne, ancora sporche del sangue di Mista, erano digrignate in un ringhio ostile e gli occhi, uno azzurro ghiaccio, l'altro giallo ambrato, lampeggianti di rabbia. Nel vederlo il trio avvertì un  brivido di paura attraversargli la spina dorsale, ma al contempo non potette fare a meno di restare meravigliato dalla sua fierezza e maestosità.

Alle spalle della belva apparvero i ladri. Ebbero così modo di vedere meglio il ragazzo del duo che, a differenza della compare, era molto meno appariscente e scoperto. La maschera di Guy Fawkes e il cappuccio del felpone nero con una stampa di Lupin III celavano completamente il volto e la parte superiore del corpo. Le gambe invece erano fasciate da un paio di jeans neri aderenti, correlati da un paio di anfibi del medesimo colore. Nonostante ciò si intuiva facilmente  che avesse all'incirca la stessa età e corporatura del cecchino.

-Vedo che ti è ricresciuta la mano- disse il ragazzo mascherato rivolto proprio a quest'ultimo -E che hai portato dei rinforzi-

-Non siamo qui per uccidervi. Vogliamo solo parlare- disse subito Giorno.

-Ma davvero?? E chi dice che noi due siamo dello stesso avviso- ribatté il ladro.

-Il fatto che non gli hai piantato una pallottola in testa prima di scappare- rispose prontamente il biondo indicando Mista. 

Il ladro colto in fallo esitò e pure Mista, ripensando all'accaduto di poche ore prima, ne rimase stupito. Era vero!! Avrebbe potuto tranquillamente sparargli nella croce degli occhi e spedirlo all'altro mondo. Aveva il tempo e lo strumento per farlo. Invece aveva preferito lasciarlo in vita e nascondersi.

 -Eliminare un testimone sarebbe stata la mossa migliore per voi. L'ultima volta mi risulta che l'abbiate fatto. Mi chiedo il motivo di ciò. Non siete abituati a uccidere?? Oppure c'è altro dietro??- continuò il biondo con sicurezza -Comunque non sembrate persone di cattive intenzioni. Nemmeno io ne ho. Voglio solo proteggere gli innocenti e le brave persone; far trionfare la giustizia lì dove lo Stato non arriva. Non avete nulla da temere. Anzi, se lo desiderate, posso anche darvi una mano con il vostro obiettivo…-

Quelle parole, pronunciate con così tanta naturalezza, parvero fare breccia nel cuore del ladro. Non fu lo stesso per la ragazza.

-Sì, certo!! Poi ci preparate la minestrina calda e ci cantate la ninnananna?? Ma per favore!! Credi davvero che siamo così fessi?!- disse con tono freddo e infastidito -A voi di Passione piace tanto parlare di giustizia e credervi i buoni della situazione. Ma rimanete comunque dei mafiosi di merda che vi arricchite alle spalle dei più deboli!! Avete la più pallida idea di cosa succede nei bassifondi ogni giorno?! Cosa è costretta a fare la gente per sopravvivere?!-

-Certo che lo sappiamo!! Non siamo mica ciechi!!- intervenne Mista alzando i toni -Per questo stiamo cercando di cambiare le cose!!-

-Mista. Calmati- disse Giorno cercando di non far degenerare la situazione.

-Cambiare le cose rinunciando ai vostri facili e luridi soldi?! Come no!!- ribatté velenosa la ladra -Siete solo delle sporche sanguisughe della società. E noi vi estirperemo una per una, non importa quanto tempo ci vorrà!!-

Detto ciò estrasse la pistola e sparò un colpo alla gamba di Mista. In contemporanea provò a colpire Giorno con lo stand, ma quest'ultimo parò il pugno evocando a sua volta il Gold Experience.

-Ma possibile che avete tutti questo potere?!- esclamò lei stizzita.

Distratta dallo stand di Giorno, non si accorse che Mista avesse estratto a sua volta la pistola e gli avesse restituito il colpo. Per sua fortuna il compare si mise in mezzo e coprendosi il corpo con le medesime scariche usate per guarirla, respinse il proiettile.
-Metal Silver Overdrive. Repel- pronunciò nel mentre.

-Quindi è questo il suo stand??- ipotizzò Mista tra sé e sé -Metal Silver Overdrive. Un po' lungo come nome-

-Non osare colpire mia sorella a tradimento!!- ruggì lui estraendo una pistola da sotto la felpa.

-Ma se è stata lei la prima a farlo!!- avrebbe voluto protestare Mista, ma un proiettile che gli mancò per pochi centimetri la spalla lo fece desistere. Il cecchino rispose al fuoco e nel mentre si allontanò da lì sia per salvaguardare i propri compagni da proiettili vaganti sia per costringere il ladro a seguirlo e isolarsi.

Nel mentre Giorno ordinò al proprio stand di colpire quello nemico, tuttavia il colpo venne intercettato (sorprendentemente) dal lupo che azzannò il braccio dello stand, tranciandoglielo di netto.

-Quel lupo è in grado vedere e toccare il mio stand!!- pensò Giorno, mentre di riflesso il suo braccio sinistro cadde a terra insieme a quello dello stand -Quindi anche lui è un portatore!! Merda!!-

Intanto Fugo (non potendo usare il proprio stand per ovvi motivi) sgusciò alle spalle della ragazza e cercò di tramortirla con un bastone trovato chissà dove. Per sua sfortuna ella se ne accorse.

-Cerchi di colpire una ragazza alle spalle?? Maleducato!!- affermò schivando il colpo -Quelli come te meritano una bella lezione!! Sunlight Yellow Overdrive!!-

Delle scariche di energia gialla avvolsero il suo pugno con il quale colpì in pieno petto Fugo. Il ramato venne sbalzato via dalla violenza dell'impatto e atterrò a circa una decina di metri di distanza, in mezzo ai liquami.

Giorno rimase sbalordito da quella tecnica, ma al contempo confuso.
-Mista ha detto che il potere del suo stand è quello dell'intangibilità. Che sia un potere secondario?? Eppure non l'ha colpito con lo stand. E poi il nome è simile a quello pronunciato da suo fratello. È un estensione del suo stand??- pensò.

La ragazza si voltò verso di lui e gli disse: -Bene. Tu sarai il prossimo-

Nonostante la mente di Giorno stesse processando una mole di dati e ipotesi enorme, il ragazzo non si era lasciato distrarre neanche per un istante.

-Non cantare vittoria troppo presto. Guarda un po' i tuoi piedi- ribatté con un sorrisetto trionfante.

La ragazza abbassò lo sguardo e vide un ramo di edera avvolgersi intorno alle sue gambe e sollevarla per aria. Stessa cosa accadde al Lithum e al lupo. La ladra notò inoltre che quando il lupo si dimenava, la pianta sembrava restituirli i colpi con il doppio della forza, facendo ululare dal dolore.

Intanto il duello tra Mista e il ladro continuava. I due sparavano colpi a raffica, ma nessuno riusciva a prevalere sull'altro. I colpi del primo, nonostante l'aiuto dei Sex Pistols, non riuscivano a colpire l'avversario a causa del suo strano potere. I colpi del secondo, invece, andarono quasi tutti a vuoto grazie all'istinto eccezionale di Mista. Soltanto un paio  lo colpirono di striscio il braccio ma il castano, carico com'era di adrenalina, non sembrò farci caso. Sarebbero andati avanti fino allo sfinimento se solo Giorno non fosse intervenuto.

-Guy Fawkes. Ho tua sorella. Getta l'arma a terra e nessuno si farà male- gli intimò dopo aver rigenerato il proprio braccio.

Il combattimento si interruppe e il ladro si rese conto della brutta situazione dell'alleata.

-Ma è mai possibile, porca di quella puttana laida, che tu non riesca a stare lontana dai guai per cinque miseri minuti, Harley?!- la rimproverò furioso.

La ragazza di tutta risposta scoppiò a piangere.
-V, mi dispiace!! H-ho combinato un disastro. N-non volevo farlo. Sono una pessima sorella. Perdonami!!-

V sospirò esasperato e abbassò la Beretta.
-Mi sa che a questo punto continuare a combattere sia inutile- disse.
-Allora getta la pistola e metti le mani bene in vista- gli ordinò Mista tenendolo sotto tiro.
-Ma nessuno di noi due si è arreso- disse Harley improvvisamente calma.

-Lithum. Attiva l'intangibilità!!- disse con aria beffarda.

Lo stand nemico attivò il suo potere, si liberò dai rampicanti e toccando il lupo e la portatrice fece lo stesso anche per loro. Approfittando della distrazione degli avversari, V si gettò nel canale di scolo e si mise a camminare sull'acqua grazie a delle scariche di energia azzurra emanate dalle piante dei suoi piedi. Posizionatosi al centro del canale, fece una giravolta sfiorando con la punta dello stivale l'acqua che, a contatto con le scariche, si innalzò.

Harley e il lupo, allora, si gettarono tra le braccia del ragazzo.
-Addio- dissero i due ladri -Turquoise Blue Overdrive. Water Column-

L'acqua li scaraventò sul soffitto del tunnel che, grazie al potere di Lithum, attraversarono indenni. Il liquido infine ricadde nel canale inondando il tunnel e lavando i poveri malcapitati.

-Mista, stai bene??- chiese Giorno sputacchiando la schifosa acqua del condotto.
-Sì. Spero solo di non aver preso la peste bubbonica- gli rispose il ragazzo.
Il biondo si affrettò a curare le ferite sulle braccia del castano per poi mettersi a cercare Fugo che ritrovò poco più in là, appoggiato alla parete del tunnel e bagnato fradicio.

-Stai bene??- gli chiese raggiungendolo.

Il ramato scosse la testa.
-Quel colpo deve avermi spezzato qualche costola. Mi fa male il petto ogni volta che respiro-

Giorno allora lo curò tempestivamente. Fugo trattenne il fiato per sopportare meglio il dolore, ma una volta tornato a respirare normalmente, si accorse che esso, sebbene diminuito, non era sparito del tutto. Credendolo però un dolore fantasma generato dalla paranoia, non disse nulla al biondo.

-Sono scappati di nuovo- disse invece -Dobbiamo sbrigarci o li perderemo-

-No. Per stasera lasciamoli andare- disse Giorno.

-Cosa?!- chiese Mista che li aveva appena raggiunti -GioGio. Hanno detto che ci vogliono estirpare. Ci hanno attaccato…-

-Ma non ucciso. Nessuno dei due ha mirato a colpi vitali durante lo scontro e nuovamente hanno preferito scappare che farci fuori-

Mista ci rimuginò un attimo e realizzò nuovamente che il biondo aveva ragione.

-Non sono nostri nemici- continuò Giorno -La ragazza nutre risentimento nei confronti della mafia e dei suoi modi, proprio come noi, ma il pregiudizio e la paura l'hanno resa ostile. Parlando con lei e suo fratello con più calma e in una situazione meno stressante, forse diventerà un po' più aperta al dialogo-

Il ramato e il cecchino si guardarono, entrambi scettici.

-Non so quanto questa cosa potrebbe funzionare, ma possiamo tentare- disse Fugo -Resta un problema: come li rintracciamo??-
-Domani faremo delle ricerche più approfondite a riguardo- affermò Giorno -Adesso è il caso di uscire e darci una lavata. I capiregime ci aspettano a cena. E anche Polnareff si starà chiedendo dove ci siamo cacciati-

-V e Harley- pensò il biondo mentre usciva dal sottosuolo napoletano, venendo inzuppato nuovamente dalla pioggia, che non smetteva di battere da quel pomeriggio -Non so chi siete; non conosco il vostro volto e nemmeno la vostra storia e non comprendo a pieno i vostri poteri. Ma so che il destino ci ha voluto far incontrare per una ragione. Vi rincontrerò e la scoprirò. È una promessa-

N.d.A (*): É un riferimento alla miniserie televisiva IT dove Pennywise il clonw danzante era interpretato da Tim Curry

Autrice time

Immagino che alcuni di voi abbiamo già intuito chi potrebbero essere i misteriosi ladri.
Peccato che nessuno del trio delle meraviglie abbia mai letto il manga o visto l'anime, quindi dovrete pazientare ancora un po' per scoprire se avete ragione oppure no.

Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. Se sì, ci vediamo al prossimo e Buon Natale.

Ciau, Giuly♡

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Capitolo 6
*** Una tipica giornata di scuola… o quasi ***


Napoli, 9 aprile 2001

Quel lunedì mattina, alle 7 spaccate, Giorno venne svegliato dal trillo insistente della sveglia. Con la grazia di un elefante scostò il braccio da sotto le coperte e dopo molteplici tentativi riuscì a far tacere quel suono infernale. Il ragazzo (come un po' tutti alla mattina) avrebbe voluto far finta di niente e rimanere a letto, ma non potendo rimandare i propri impegni dovette fare uno sforzo e alzarsi.

Per prima cosa si trascinò fino alla portafinestra della stanza e scostate le tende, uscì sul balcone. Anche se abitava in quella villa da ormai una settimana, ogni volta rimaneva ammaliato quella veduta. Poteva ammirare il giardino pieno di fiori variopinti e alberi da frutto; le colorate casette della città partenopea e aguzzando gli occhi, anche il limpido mar Tirreno che scintillava sotto i raggi del sole mattutino. Il ragazzo rimase ancora qualche secondo a godersi la vista e i rumori della Napoli mattiniera prima di rientrare.

Dopo una rapida occhiata al telefono si diede una lavata; si legò i capelli nell'iconica acconciatura; indossò la camicia bianca, i pantaloni blu scuro e la giacca del medesimo colore (con l'ovvia aggiunta di spille a forma di coccinella rosse sul petto) della divisa scolastica; si infilò i mocassini marroni; agguantò la cartella e uscì di casa diretto al Collegio.

Dato il proprio lavoro e il raggiungimento di lì a pochi giorni dei 16 anni, Giorno avrebbe anche potuto mollare la scuola, ma c'erano tre ragioni che lo facevano desistere.

La prima era il suo anno e mezzo di studio matto e disperatissimo che sarebbe risultato inutile se abbandonava prima del diploma (e Giorno odiava le cose inutili).
La seconda era l'ottima copertura che il ruolo da studente offriva (chi avrebbe mai immaginato che sotto un'uniforme scolastica si nascondesse un boss della mafia).
La terza, infine, era la più banale di tutte: quel collegio gli piaceva.

Da bambino, complici i bulli e gli insegnanti svogliati, detestava la scuola e se fosse stato per il lui decenne, non ci sarebbe mai più andato. Poi, alle medie, venne iscritto al Collegio Leopardi e lì, trovatosi compagni che badavano più alla simpatia che all'aspetto, aveva anche trovato la voglia di studiare e di frequentare le superiori (sempre al Leopardi dove c'era sia il liceo scientifico che il classico). Non si poteva dire pentito della propria scelta, dato che senza le lezioni di biologia della Mazzetti non sarebbe mai riuscito a fruttare a pieno i poteri del Gold Experience.

Solo due cose erano cambiate dalla sua ascesa a Boss: primo, trasferendosi in villa, aveva finalmente lasciato il dormitorio della scuola e secondo, poteva smettere di essere economicamente dipendente dal proprio patrigno (quest'ultimo non ebbe nulla da ridire, anzi Giorno non l'aveva visto così felice nemmeno il giorno del suo matrimonio).

Dopo una decina di minuti di cammino e una fermata al bar per un caffè e una sfogliatella, Giorno raggiunse la 2^A dell'ala scientifica del Collegio. Nemmeno il tempo di oltrepassare l'uscio che un gruppo di ragazze (in preda agli ormoni) gli si fiondò addosso.

-Giorno!! Sei tornato-

-Ma dov'eri finito Giorno??-

-Giorno mi sei mancato!!-

-Giorno...-

Tra il civettare delle pretendenti Giorno provò sollievo nel sentir una voce maschile esclamare: -Segnurine!! Non stategli addosso!! Un minimo di spazio vitale!!-

Il biondo vide spuntare tra la folla il cespuglio di capelli neri e il sorrisetto da canaglia di Massimo Corrà che non si fece problemi a trascinarlo via tra le proteste delle compagne.

-Dai ragazze. I saluti in un altro momento. Sta arrivando il professore- disse autoritaria la capoclasse nonché cugina di Massimo, Elena Corrà (anche se sembravano più gemelli, data l'incredibile somiglianza fisica). Giorno ringraziò con un sorriso la moretta che, rizzandosi gli occhiali tondi sul naso, ricambiò.

-Finalmente sei tornato nel regno dei comuni mortali, Giorno- lo salutò a modo suo Massimo sedendosi al banco -Temevo di dovermi subire in eterno i sospiri e i lamenti delle tue "ammiratrici"-

-Seriamente non hanno niente di meglio da fare??- chiese Giorno seccato -Tutte queste attenzioni alla lunga danno fastidio. Ma anche se glielo dico, non demordono. Nemmeno fossi l'unico adolescente single di tutta Napoli-

-Ma sei il più appetibile- gli rispose Massimo -Senza contare che spesso più si nega qualcosa a qualcuno, più quel qualcuno vorrà possedere tale cosa-

-Questo ragionamento viene da te o è stata Elena a dirtelo??-

-Ehi. Guarda che Ely non è l'unica intelligente in famiglia. E poi devo pur far qualcosa quando non ci sei-

-A proposito, perdonami se non mi sono fatto sentire in queste ultime settimane- si scusò Giorno -Credimi, è stato davvero un periodaccio. È già un miracolo se ho trovato il tempo di mangiare e dormire-

-Tranquillo, non servo rancore per così poco- disse Massimo -Ma adesso sono curioso. Che diamine è successo??-

Resosi conto di non aver ideato una scusa decente per la sua assenza, Giorno si pentì amaramente di aver aperto quel discorso.

Fortunatamente venne salvato dall'arrivo del professor Ferrù.

-Buongiorno, ragazzi. Sedetevi pure. Prima di iniziare vi voglio presentare la vostra nuova compagna di classe-

La notizia attirò l'attenzione di tutta la classe, specie della componente maschile.

-Prego, signorina Una, entri pure- disse Ferrù aprendo la porta dell'aula.

Sentendo quel cognome, Giorno sgranò gli occhi e li puntò sulla porta pensando di aver capito male. E invece aveva capito benissimo.

A passi lenti la figlia dell'ex-boss di Passione in uniforme scolastica (uguale alla sua salvo per la gonna a pieghe blu e le collant nere sotto) entrò.

-Ciao a tutti. Mi chiamo Trish Una, ho 15 anni e mi sono trasferita qui di recente. Piacere di conoscervi- si presentò.

I suoi occhi ispezionarono la classe, soffermandosi poi all'ultimo banco a sinistra dove c'era Giorno. Vedendolo Trish storse la bocca in una smorfia di disappunto, ma si ricompose subito.

-Grazie, signorina Una. Può sedersi al primo banco con la signorina Corrà. È la capoclasse nonché la nostra miglior studentessa. Le saprà dare una mano- affermò Ferrù -Ovviamente non esiti a chiedere anche a noi professori se ha bisogno-

Trish ringraziò e le lezioni proseguirono come al solito. A mezzogiorno gli studenti andarono in mensa, uno dei pochi luoghi in comune di entrambi i licei. Giorno e Massimo presero posto a un tavolo dove vennero raggiunti da Federico Ferrù, studente del classico dai particolari capelli grigi e gli occhi azzurro ghiaccio.

-Ciao Max. Bentornato Giorno- disse sedendosi -Come va??-
-Al solito- gli rispose Max seccato.
-Mio padre ti ha cazziato perchè ti sei nuovamente appisolato durante la sua lezione- tirò a indovinare Fede.
-Cosa ci posso fare io se la sua voce è così soporifera??- si difese Max.
-Ti prego, dimmi che non gli hai risposto così??-
-L'ha fatto- rispose Giorno al posto di Max -Ed è partita la lezione di vita sull'importanza della noia e della matematica-
Fede si portò una mano sul volto e sospirò.
-Quantomeno ci siamo risparmiati mezz'ora di lezione. Comunque c'è una novità, Fede. Abbiamo una nuova ragazza in classe- disse cambiando repentinamente discorso.
-Carina??-
-Uno schianto. Ma credo mi odi in quanto compagno di banco del signorino- disse Max alludendo a Giorno -Sapessi che occhiataccia mi ha lanciato prima…-
-Non guardava te- disse Giorno senza pensarci troppo.
-E allora chi guardava scusa??- chiese Max confuso.
Poi realizzò e sgranò gli occhi.
-No. Fermo un attimo. Non è empiricamente possibile- disse sorpreso.
-Ecco...- cercò di spiegare il biondo.
-Finalmente una tipa mi ha notato!!- esultò il moro, ignorando le facce basite degli amici.
"E mo' come glielo dico che non mi stava fulminando per gelosia??" pensò Giorno.

Una stridula voce femminile riecheggiò nella mensa, posticipando nuovamente il momento delle spiegazioni.

-Ecco ci mancava solo lei- commentò seccato Fede.

Il ragazzo si riferiva a Sara Bulli, la bruna, viziata e prepotente figlia del preside, che insieme alle sue amiche/serve Rebecca e Catia si era messa a "parlare" con Trish, seduta con Elena su un altro tavolo.

-Ehi tu!!- esordì -Dato che sei nuova, mettiamo subito le cose in chiaro. Nella tua classe c'è un ragazzo bellissimo di nome Giorno Giovanna. Ebbene lui è mio perciò non osare metterti a fare la civetta con lui o te la farò pagare-

"O Dio Cristo. Eccola che riparte" pensò Giorno seccato.

Sara era la sua ennesima ammiratrice e fra tutte era quella che peggio sopportava. Non solo continuava a importunarlo nonostante i mille mila no, ma si permetteva pure di prendersela con i più deboli spesso tirandolo in ballo, proprio come in quel caso.

Elena fece per parlare, ma Trish, guardando la bruna come se fosse una mosca noiosa, l'anticipò.

-E sentiamo. Per quale motivo dovrei eseguire i tuoi ordini?!-

Gli studenti rimasero scioccati. In tutta la scuola soltanto Giorno e Elena potevano permettersi di rispondere a Sara (il primo quale suo interesse amoroso; la secondo in quanto preferita dei prof e quindi in una botte di ferro) e mai le loro risposte erano state così sfacciate.

La bulla irritata ghignò malevola.

-Razza di ritardata, io sono la figlia del preside e posso chiedergli di espellerti seduta stante se non implori ora il perdono-

Trish si alzò e fece un finto inchino galante.
-Mi perdoni se ho urtato il suo ego smisurato, miss "mio padre è il capo di 'sto cazzo". Per caso vuole anche una fetta di culo come segno del mio pentimento??- la perculò per nulla intimorita.

Max scoppiò a ridere sguaiatamente seguito a ruota libera da tutti i commensali. Persino a Giorno scappò un sorriso.

Sara, ferita nell'orgoglio, urlò:
-Smettetela oppure vi faccio espellere. E tu, razza di puttanella, ti do un'ultima possibilità. Inginocchiati ai miei piedi e chiedimi scusa oppure…-

-Preferisco venir espulsa da ogni singola scuola d'Italia che chiedere perdono a una spocchiosa che si crede Dio sceso in terra!!-

Così prese il proprio pranzo e si diresse all'uscita.

-LAIDA PUTTANA!!- gli urlò contro Sara cercando di afferrarla per i capelli, ma inciampò e cadde a terra. Per tutti gli studenti la ragazza sembra essere inciampata nei suoi stessi piedi. Giorno fu unico a notare la conca elastica formatasi sul pavimento grazie allo Spice Girl della rosa.  

Quest'ultima guardò Sara con aria fintamente pietosa e prima di andarsene, annunciò a voce alta: -Comunque non ti preoccupare. Non ho intenzione di rubarti Giorno Giovanna. Degli stronzi come voi due non me ne faccio nulla-

Basiti, tutti i presenti puntano gli occhi sul suddetto. Il biondo, invece, guardò Elena e gli indicò la porta con un cenno di capo. La ragazza colse al volo quella tacita richiesta e uscì dalla mensa alla ricerca di Trish.

-Ma sentitela quella lì- disse Sara rialzandosi -Ora gli farò vedere cosa succede a chi osa prendersi gioco…-
-Tu non farai alcunché Sara- la interruppe Giorno irritato.
La brunetta si girò di scatto e con aria fintamente innocente e civettuola, disse: -Ma, amore mio, hai sentito quante cose cattive ha detto su di me?? E ha insultato anche te…-

-Primo, non sono il tuo amore e non lo sarò mai. Secondo, le divergenze tra me e Trish sono un problema nostro, non tuo. E terzo, sei stata tu a iniziare, come sempre d'altronde- sputò acido il ragazzo -Mi sono stancato di questa situazione. Sappi che da ora in poi se minaccerai o farai espellere qualcuno ingiustamente, io non ti rivolgerò più la parola e anzi, farò in modo che sia tu quella espulsa e nemmeno tuo padre ti potrà salvare. Sono stata abbastanza chiaro, Sara Bulli??-

La brunetta, con sguardo affranto, fu costretta ad annuire e con le lacrime agli occhi scappò con Rebecca e Catia al seguito.

-E adesso, se mi volete scusate, vorrei mangiare in un posto tranquillo- annunciò Giorno in generale uscendo pure lui dalla mensa e rifugiandosi sul tetto.

-Possiamo farti compagnia??- gli chiesero Max e Fede che l'avevano raggiunto.
Lui annuì e così i tre si sedettero sul cornicione con le gambe a penzoloni nel vuoto, mangiando il pranzo in silenzio per un po'.

-Prima con Sara hai fatto la cosa giusta- disse Fede -Forse finalmente capirà come stare al mondo-
-Anche Elena ne sarà contenta- aggiunse Max -A proposito eccola là-

Il moro indicò la cugina che camminava in cortile con Trish affianco. Le due stavano parlando concitate e a giudicare dalle risatine, sembravano divertirsi. I tre ragazzi furono felici di vedere Ely andare d'accordo con qualcuno e Giorno fu lieto che quel qualcuno fosse proprio Trish.

-Giorno- disse Max a quel punto -che è successo tra te e Trish??-

Giorno non fu sorpreso dalla domanda, anche se avrebbe preferito non gli venisse mai posta.

-È complicato- cercò di sviare.

Gli sguardi insistenti del moro e di Fede però gli fecero capire che non poteva evitare il discorso in eterno. Pensò inizialmente di inventarsi una scusa plausibile sia per Trish che per la sua assenza, ma mentre ci pensava gli tornò in mente il motivo per cui uno schivo e taciturno come lui era diventato loro amico. Si rese conto che no, non poteva negar loro la verità. Non dopo aver giurato sulla tomba di Elisa, la sorellina di Fede ingannata dai pusher e morta di overdose a soli 11 anni, e della loro madre Maria, morta a causa del dolore, che nulla di ciò sarebbe mai più successo. Non dopo aver detto a Max e a Elena sulla lapide dei loro padri, gli appuntati Paolo e Gaudenzio Corrà uccisi durante una retata contro i pusher, che li avrebbe vendicati.

 A loro gliela doveva, per quanto pericolosa potesse essere.

-Vi ricordate ancora la promessa di quel giorno, al cimitero??- chiese ai due che si incupirono, ricordando le circostanze di tale avvenimento.
-Potremmo mai scordarcelo??- domandò retorico Fede -Di certo non dopo aver sepolto la propria sorella…-
-...o il proprio padre- aggiunse Max -Perchè ce lo chiedi??-

-L'ho fatto- affermò Giorno per poi raccontare in maniera rapida e concisa cosa gli era accaduto in quelle ultime settimane. Al termine Fede e Max lo guardavano sbigottiti.

-Porca puttana, l'hai fatto sul serio- esclamò Max, mettendosi le mani sulla bocca.
-Già. Anche se questo mi ha portato nuovi nemici e odiatori- disse Giorno mesto -Ma forse con Trish è meglio così. Essermi amica gli porterebbe soltanto guai e ha già sofferto abbastanza. E in realtà…-

-No. Non ci pensare neanche!!- lo interruppe il moro -So cosa stai per dire, ma no. Non ho intenzione di troncare sei anni di amicizia per una semplice paranoia-
-Max, non è paranoia. C'è in gioco la vostra incolumità- ribatté il biondo.
-Ma Napoli e dintorni sono tuoi adesso- protestò Max, avendo almeno il buon senso di tenere la voce bassa -Siamo in una botte di ferro-
-Ma...-
-Giorno- intervenne anche Fede -Capisco le tue ragioni e ti ringrazio per la tua apprensione. Ma anche troncando i rapporti ora, non saremmo comunque al sicuro. Il legame che ci unisce ha condizionato il tuo destino e questa cosa salterà fuori facilmente. Se vuoi proteggerci,  allontanarci non sarà la soluzione-

Giorno sorrise mesto, già sapendo che sarebbe andata finire così.

-D'accordo. Rimarremo in contatto. D'altronde, non avevo nemmeno l'intenzione di lasciare la scuola- si arrese -Ma se le cose rimarranno così, allora ci sono delle condizioni. Dovrete stare molto attenti, specie di notte e in strada. Non dovrete andare a ficcare il naso nei miei affari. Mai. Anche se dovessi sparire, non dovrete venirmi a cercare. E infine voi non sapete nulla. Chiaro??-

I due ragazzi si avvicinarono l'uno all'altro e si misero a confabulare.
-Accettiamo- disse Fede dopo un po' -Ma abbiamo anche noi delle condizioni. Primo, anche Elena deve sapere…-
-Va bene. Era anche mia intenzione avvisarla- accordò Giorno.
-...e secondo, devi chiarirti con Trish-
-Ma vi ho detto che…- protestò.
-Lo sappiamo, ma riteniamo che farti odiare per motivi sbagliati sia una cosa stupida- gli rispose Fede.
-Queste due- insistette Max -Prendere o lasciare-
-Io vi odio- sospirò Giorno -E va bene. Le parlerò...-

La frase venne interrotta da un tremolio proveniente dalla sua tasca. Giorno prese il telefono e vide una chiamata da un numero sconosciuto.

-Scusate un attimo- disse allontanandosi -Pronto??-

Dall'altro capo una voce sconosciuta, ma al contempo familiare gli disse in giapponese:
-Sono Jotaro Kujo e dobbiamo parlare di tuo padre, Haruno Shiobana-

Autrice time
Una pausa tra un'avventura e l'altra di tanto in tanto ci vuole. Quindi ecco qui un (lungo) capitolo slice of life di Giorno a scuola che al contempo racconta anche qualcosa in più sul suo passato e sul perchè ha deciso di diventare un gangstar.
Ci vediamo al prossimo capitolo con la telefonata tra Giorno e questo misterioso Jotaro Kujo.

Ciau, Giuly♡

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Capitolo 7
*** Passato oscuro (parte 1) ***


Dire che Giorno fosse rimasto stupito da quella dichiarazione era alquanto riduttivo. Quelle parole gli provocarono un'esplosione di mille pensieri e domande nella testa i quali si accavallavano in maniera confusionaria, cercando di prevalere l'uno sull'altro senza successo.

Chi era quel tipo??
Perchè anche se non lo conosceva, la sua voce gli suonava familiare??
Perchè anche il suo nome non gli era nuovo??
Come aveva poi ottenuto il suo numero??
Perchè voleva parlare di suo padre?? Come conosceva suo padre??
Come conosceva il suo vero nome??
Ma soprattutto perchè doveva chiamarlo in un momento del genere??
Come se non fosse già abbastanza impegnato nel guidare una rinata organizzazione criminale; nel cercare un paio di ladri fantasma; nel occuparsi della scuola e nel chiarire la situazione con i propri conoscenti!!

-Pronto?? Si sente??- chiese quel Jotaro Kujo dall'altro capo. 

Il giovane boss venne riportato alla realtà e cercando di mantenere i nervi saldi, si concentrò sulla chiamata.

-Sì, si sente benissimo- rispose in giapponese -Avevo bisogno di momento per metabolizzare. Ma adesso, signor Kujo, mi potrebbe, di grazia, spiegare come ha fatto ad avere questo numero di telefono e per quale motivo dovremmo parlare di un uomo morto dodici anni fa.
La avverto che ha solo sette minuti a disposizione, quindi le consiglio di essere il più rapido e coinciso possibile-

Dall'altro capo del telefono Jotaro Kujo rimase stupito dal sangue freddo del biondo.
Proprio come gli aveva riferito Koichi pochi giorni prima, quando un aereo della Speedwagon Foundation era andato a recuperarlo in Italia, Haruno (o meglio Giorno) gli assomigliava anche sotto quel punto di vista.

-Yare Yare daze- si ritrovò a mormorare per poi rispondere: -Non posso spiegarti tutto adesso. Ci sono diverse informazioni che potrebbero scatenare il pandemonio se i civili le venissero a sapere, pertanto devono rimanere riservate. Posso dirti solo che è una questione di sicurezza internazionale della quale la Speedwagon Foundation si sta occupando da svariati anni-

-E immagino che mio padre ovvero DIO Brando centri con tutto questo- dedusse Giorno.

Al sentire nuovamente quel nome, Jotaro avvertì un brivido risalirli la schiena. Quella missione in Egitto l'aveva segnato nel profondo anche se cercava di non darlo a vedere.

-Sì. Anzi, sarebbe più corretto dire che sia lui il fulcro di tutto- rispose sinceramente il biologo, facendo trapelare un poco la sua paura.

-E lei teme che possa rivelarmi a mia volta un pericolo internazionale per via della nostra parentela??- continuò Giorno.

-Lo temevo- confessò Jotaro -Ma poi ho sentito la bella opinione che ha di te Koichi Hirose e...-

"Koichi Hirose?? É il ragazzo giapponese a cui ho fregato la valigia alcune settimane fa. Lo conosce??" pensò il biondo per poi illuminarsi "Giusto!! È stato Koichi a citare il signor Kujo. Ecco perchè mi pareva famigliare. L'aveva descritto come una brava persona. Quindi mi posso fidare di lui?? E se invece mi stesse ingannando?? No. Non sta mentendo. Forse è un rude, ma sembra una brava persona, perciò…"

-Allora, quali sono le tue intenzioni, Haruno Shiobana??- gli chiese Jotaro.

-Se le cose stanno così, allora va bene. Incontriamoci e parliamone- affermò Giorno sicuro del suo giudizio.

-Ottimo. Allora facciamo lunedì 16 aprile a Miami. Ovviamente la fondazione si occuperà dei trasporti e delle varie spese-

-Va bene- disse Giorno per poi realizzare un particolare.

-Aspetti. Ma Miami è…- tentò di dire, ma la chiamata si interruppe prima.

Giorni rimase a fissare il display per un po', ripensando alla conversazione surreale appena avvenuta.

-Giorno, tutto bene?? È successo qualcosa di grave??- gli chiese preoccupato Max mentre addentava una sfogliatella.

-Un perfetto sconosciuto mi ha appena chiesto di andare in Florida per parlare di mio padre in quanto, a detta sua, era un "pericolo per la sicurezza internazionale"- riassunse in fretta Giorno, tornando a sedersi con loro.

-Cosa?!- chiese Max, rischiando quasi di far cadere il dolce dal tetto dell'edificio.

-Tuo padre??- gli chiese Fede altrettanto scioccato -Intendi quello morto in Egitto dodici anni fa in circostanze misteriose??-

Giorno annuì.

-Non so voi ma a me pare una stronzata- affermò Max con la bocca piena.

-Anch'io all'inizio l'ho pensato. Ma poi ho sentito il modo in cui ha pronunciato il nome di mio padre e ho capito che non stava mentendo. Sembrava sinceramente spaventato- confessò Giorno -Fino all'anno scorso non sapevo quasi nulla di mio padre e francamente non mi è mai importato alcunché di lui. Ritenevo inutile sapere che tipo di persona fosse un uomo morto e mai conosciuto. Tuttavia, quando mia madre mi parlò di come l'aveva conosciuto, mi è parsa sinceramente spaventata e non ne capivo il motivo. Diceva che percepiva qualcosa di strano in lui. Qualcosa di malvagio e pericoloso.*
E poi è arrivata questa telefonata che sembra confermare le sue impressioni. Non posso più ignorare questa cosa. Devo scoprire la verità, dovessi andare in capo al mondo-

-Be'. È letteralmente quello che devi fare, no??- disse Fede -Quando vai??-

-Il 16 di questo mese-

-Settimana prossima?!- esclamò Max -Ma è Pasquetta!!Ti perdi la grigliata… ed è pure il tuo compleanno-

-Lo so, ma voglio togliermi questo peso il prima possibile- disse Giorno -E poi mi pagano pure il viaggio-

-Un giro gratis per gli USA. Mica male come regalo per il sedicesimo- commentò Max -Allora, mi raccomando. Mandaci una cartolina. Possibilmente con la spiaggia e una bella ragazza sopra-

Giorno sorrise e annuì per poi scendere dal tetto con i due ed affrontare le restanti ore di lezione.

***

Quella sera, dato che erano venuti entrambi a cena da lui, raccontò sia a Fugo che a Mista della telefonata. Quando poi comunicò l'intenzione di incontrare Jotaro Kujo, Fugo ebbe una delle sue solite reazioni esagerate.

Scattò in piedi e scuotendolo per le spalle esclamò: -Ma che te sei rincoglionito?! Ma non hai pensato che potrebbe essere una trappola?! Ti devo forse ricordare che non sei più un signor Nessuno, ma il nuovo fottutissimo boss di Passione?!-

Giorno lo prese per le spalle e lo bloccò.

-Non ho perso il lume della ragione, Fugo. Ti posso assicurare che quell'uomo non stava affatto mentendo- affermò.
-E come scusa?!? Non dirmi che, oltre a trasformare le persone in zombie, il tuo stand rivela pure le bugie?!-
-No. È semplice istinto-

Fugo lo fissò con uno sguardo omicida e così Giorno gli spiegò anche le motivazioni che lo spingevano ad accettare.

-Io ho bisogno di sapere la verità. Devo sapere chi era davvero mio padre e perchè tutti quelli che l'hanno conosciuto ne sono così spaventati- concluse.

-GioGio. Capisco la curiosità, ma se ti considerassero davvero una minaccia per loro?? Saresti nel loro territorio…- ribatté nuovamente il ramato, ma con una certa esitazione nella voce.

-È solo un'eventualità. E poi GioGio adesso ha dalla sua lo stand più forte del mondo, no??- rispose Mista al posto del biondo -Senza contare che se non si presentasse all'appuntamento, questo Jotaro Kujo potrebbe mandare qualcun altro a cercarlo, magari qualcuno molto più forte e pericoloso di quel Koichi-

-Avete delle valide motivazioni, ma sinceramente non riesco a fidarmi- continuò a titubare Fugo.

-Allora chiediamo anche a Polnareff. Tre opinioni sono sempre meglio di due- propose allora il cecchino -L'importante è non arrivare a quattro-

Gli altri due concordarono e andarono nel salotto dove la tartaruga era intenta a mangiare dell'insalata e guardare il TG.

-Polnareff. Scusa il disturbo, ma abbiamo bisogno della tua opinione- gli annunciò il biondo.

-Figurati. Sono qui apposta a darti consigli- disse il francese spegnendo la TV -Di che si tratta??-

-Oggi ho ricevuto una chiamata da un certo Jotaro Kujo e...- incominciò Giorno.

-Jotaro Ku... coff coff coff- lo interruppe Polnareff, strozzandosi per errore con una foglia di insalata.

-Mista, porta dell'acqua- ordinò Giorno e il cecchino eseguì.

Quando il pezzo di vegetale si disincastrò dalla gola del francese e quest'ultimo riprese a respirare normalmente, il biondo gli domandò: -Tu lo conosci??-

-Sì. L'ho incontrato 12 anni fa durante un viaggio e in quello stesso periodo siamo diventati amici e colleghi al SPW. È un tipo abbastanza rude e scontroso, ma ti assicuro che ha un buon cuore… in fondo… molto in fondo- gli spiegò Polnareff -Come mai ti ha chiamato??-

-Ha detto di volermi incontrare il 16 a Miami per parlare di mio padre. A quanto pare lui era indagato dalla SPW per… non mi ha detto nello specifico cosa, ma ha affermato che era un tipo estremamente pericoloso…-

-Gio-GioGio- lo interruppe nuovamente Polnareff pallido come un cencio -Co-Come si chiamava tuo padre??-

Il ragazzo vide nei suoi occhi la stessa paura che aveva scorto nello sguardo di sua madre l'anno precedente; sentì nella sua voce lo stesso brivido di quella di Jotaro Kujo e comprese.

-Anche tu l'hai incontrato- disse -Anche tu hai conosciuto DIO Brando-

Polnareff impallidì ancora di più.
-Come ho fatto a non accorgermene prima?? Eppure gli assomigli… sotto certi aspetti- disse sottovoce -Sì, l'ho conosciuto e non è stato affatto piacevole-

Il ragazzo ebbe la tentazione di chiedergli di più, ma vedendo in quelle condizioni represse la sua curiosità.

-Tranquillo. Non è necessario che tu me ne parli- lo rassicurò - Ho solo bisogno di sapere una cosa. Devo o non devo accettare l'invito di Jotaro Kujo??-

Il francese sembrò riprendersi un poco.
-È meglio se ci vai. Non ti conviene farlo arrabbiare. È una cosa che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico-

-Bene. Il verdetto è chiaro- sentenziò Giorno.

-Io vengo con te- affermò Fugo risoluto -Non voglio correre rischi. Perciò se non posso impedirti di andare, allora lascia almeno che ti accompagni-

Giorno non ebbe nulla da obiettare.

-Forse è il caso che venga anch'io. Jotaro e io ci conosciamo da un po'. Potrei tornavi utile- aggiunse Polnareff.

-Io passo- disse invece Mista -Qualcuno deve pur restare a Napoli. E poi non voglio essere il quarto. Porta sfiga-

Fugo alzò gli occhi al cielo.
-Tu e le tue paranoie illogiche- commentò.
-Non sono illogiche!! In Oriente il 4 e la parola "morte" si scrivono nello stesso modo. Sono legati, lo capisci?? E poi anche qui da noi, il 4 è legato alla Morte- ribatté Mista.**
-Però non hai paura del 13. Anche quello sono associato alla Morte- controbatte Fugo.
-Non credo nei Tarocchi. E nemmeno in Dio-***

Giorno li osservò mentre facevano quei discorsi strampalati e sorrise sinceramente felice.

-Sapete- gli disse mettendo il braccio intorno al collo di entrambi -Non so se la fortuna venga influenzata dai numeri o meno, ma se così fosse, allora ho pescato il numero giusto per incontrare delle persone straordinarie come voi due-

-Perchè te m devi fare dei discorsi strampalati pure tu?? Ma in che gabbia di matti sono andato a finire??- disse Fugo sorridendo, però, sotto i baffi.

A Mista, invece, scappò una risata alla quale si unirono anche gli altri.

Polnareff li osservò e sorrise nostalgico, ricordando i tempi andati con gli Stardust Cruisaider e sperando che, nonostante i pericoli e le avversità, le cose, almeno per loro, andassero meglio.

NB (*): Per maggiori informazioni capitolo 15 di Lost in the Anime Multiverse.

NB (**): In giapponese il 4 si pronuncia "yon" o "shi", ma si preferisce la prima pronuncia in quanto anche la parola morte si pronuncia "shi". Anche in cinese e coreano la pronuncia delle due parole è uguale. A Napoli, secondo la Smorfia napoletana, il 4 viene associato a una bara vuota, mentre il 47 e il 48 rispettivamente al morto e al morto che parla. 

NB (***): Il 13 viene considerato un numero sfortunato e cattivo sia perchè associato alla ribellione di Lucifero (che anche quella non è stata propriamente baciata dalla fortuna) sia perchè nei Tarocchi la carta della Morte è la tredicesima.

Autrice time
L'ora della verità è vicina. Il momento che tutti noi  da inizio Vento Aureo stavamo aspettando, ma Araki non ci ha mai mostrato (se è mai accaduto, ma penso proprio di sì), è giunto.
Come reagirà Giorno alla verità sulle sue origini??
Jotaro lo considererà una minaccia come il padre??
Fugo cambierà opinione oppure sfodererà Purple Haze e farà secco Jotaro??
Scopritelo nella seconda parte. Alla prossima.
Ciau, Giuly♡

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Capitolo 8
*** Passato oscuro (parte 2) ***


Miami, 16 aprile 2001

Alle 14.30 di quel pomeriggio, dopo sedici interminabili ore di volo, un jet privato della Speedwagon Foundation atterrò all'aeroporto di Miami. Al suo interno Giorno Giovanna, Fugo Pannacotta e Jean Pierre Polnareff stavano sonnecchiando sui comodi sedili reclinabili della prima classe. La presenza di quest'ultimi due non suscitò alcuna obiezione da parte della SPW, anzi vennero accolti sull'aereo con tutti i riguardi, specie dopo che Polnareff si presentò allo staff.

Nonostante le premure e la simpatia dell'equipaggio, per le prime ore di viaggio gli ospiti non riuscirono a stare tranquilli. La tensione per l'incontro imminente gli aveva ghermito le viscere, rendendoli ansiosi, guardinghi e diffidenti. Paradossalmente fu Fugo, l'unico del trio a non avere legami con SPW, a risentirne di più di tutti. Infatti mentre Giorno e Polnareff erano capitolati dopo due ore (del resto erano partiti alle 4.00 del mattino da Napoli), il ramato erano rimasto con la guardia alta per altre quattro prima che la stanchezza prendesse il sopravvento, facendolo sprofondare in un sonno senza sogni.

Appena l'aereo toccò terra tutti e tre si ridestarono di scatto. Fugo si maledisse per essersi addormentato, ma tirò un sospiro di sollievo constatando che lui e i suoi compagni erano incolumi. Una volta scesi un uomo di mezz'età in giacca e cravatta li scortò al loro nuovo mezzo di trasporto, una limousine nera con il logo della SPW.

-Koichi?!- esclamò Giorno sorpreso una volta salito sull'auto.

-Ehilà, Giorno- lo salutò il piccolo abitante di Morio-Cho -Felice di rivederti-

-Anch'io, anche se non mi aspettavo di trovarti qui- confessò il biondo, mentre l'auto partiva -Pensavo fossi tornato in Giappone-

-In effetti era quella l'intenzione, ma Jotaro mi ha chiesto di rimanere qui un altro po' visto il vostro arrivo- spiegò brevemente Koichi -A proposito come è andato il viaggio??-

Per tutto il tragitto i due parlarono del più e del meno per ingannare l'attesa. A volte si aggiungeva anche Polnareff (la prima volta spaventando a morte Koichi che si aspettava di tutto fuorché incontrare l'ex compagno di viaggio di Jotaro e Joseph nelle sembianze di una testuggine), mentre Fugo rimase per lo più silenzioso, rispondendo a monosillabi alle domande fategli e non smettendo per un solo istante di fissare truce la nuca dell'autista, come se la volesse incenerire. 

Dopo mezz'ora l'auto si fermò di fronte a un edificio fatto interamente in vetro e acciaio in riva all'Oceano Atlantico. Koichi spiegò loro che quello era un osservatorio oceanografico fondato dalla SPW nel '73, tuttavia Giorno perse parte della spiegazione a causa di un improvviso pizzicore alla base del collo, lì dove c'era la voglia a forma di stella.

Era la prima volta in sedici anni che capitava e perciò non capiva perchè avesse iniziato ad arrecargli fastidio proprio in quel momento. Era un campanello d'allarme?? Doveva scappare?? O era solo paranoia e stress accumulato??

Decise così di perdere ulteriore tempo e si avviò a passo sicuro all'interno dell'edificio, non badando ai compagni rimasti indietro.

Superate le porte trasparenti, si ritrovò nella hall deserta. Oltre a lui soltanto un altro individuo occupava la stanza. Era un uomo gigantesco con i capelli corti e scuri seminascosti da un cappello bianco, decorato da grosse spille dorate. Anche il resto del vestiario era alquanto particolare: un lungo cappotto bianco aperto lasciava intravedere una maglia aderente color acquamarina scuro sotto, abbinata a un paio di pantaloni larghi bianchi come il cappotto e delle scarpe da uomo sempre color acquamarina scuro.

Quando l'uomo si voltò nella sua direzione e posò gli occhi azzurri e austeri su Giorno, la voglia a stella di quest'ultimo pizzicò ancora più forte di prima. Il ragazzo di riflesso strizzò gli occhi e portò la mano lì dove faceva male, accorgendosi poi che anche all'uomo aveva fatto lo stesso.

Qualcosa scattò nella sua mente e disse:
-Anche lei ha…??-

Non finì di parlare che l'uomo scostò la maglia e il cappotto all'altezza del collo quanto bastava per mostrare una voglia identica alla sua. Giorno capì allora che il pizzicore derivava dalla loro vicinanza, tuttavia un'altra domanda sorse spontanea: perchè quell'uomo aveva la stessa voglia sua e di suo padre??

Prima di poter aprir bocca Fugo lo richiamò, correndogli incontro con Polnareff in braccio e Koichi alle calcagna.

-GioGio!! Aspetta!! Dove minchia… vai??- disse il ramato tentennando poi vedendo la stazza dell'uomo in compagnia del biondo.

-Giorno. Signor Kujo. Vedo che vi siete già conosciuti- disse il ragazzo giapponese, facendo granare gli occhi ai due ragazzi italiani, quando ebbero la conferma che sì, quello era Jotaro Kujo.

-Ehi, Jotaro- lo salutò Polnareff -È bello rivederti-

-Polnareff??- chiese sorpreso Jotaro, spiaccicando finalmente una parola e spostando lo sguardo da Giorno alla tartaruga -Ma cosa?? Perchè…??-

-...sono una tartaruga?? Storia complicata. Meglio se te la racconto più tardi- gli rispose Polnareff.

-Yare Yare Daze- mormorò Jotaro risistemandosi la visiera del cappello -Già. È meglio non perdere altro tempo. Seguitemi-

Il gigante li condusse attraverso gli innumerevoli corridoi dell'edificio fino ad arrivare a una porta la cui targhetta dorata recava il nome "J. Kujo".

-La tua guardia del corpo sta fuori- affermò Jotaro con un tono che non ammetteva repliche.

-Koichi, potresti rimanere con lui??- chiese poi al suddetto ragazzo con tono decisamente più benevolo.

Koichi annuì. Fugo, invece, cercò di protestare, ma un cenno di Giorno lo fece desistere. Il ramato allora si limitò a lanciare un'occhiata al biologo, come a volergli dire "Non osare torcergli un solo capello oppure faccio strage" prima di consegnare Polnareff al biondo e appoggiarsi alla parete opposta alla porta. Koichi lo imitò, anche se un po' intimorito da lui.

Giorno e Polnareff entrarono dello studio di Jotaro, eccentrico quasi quanto il suo proprietario. Si trattava di una stanza dalle pareti giallo pastello piene zeppe di quadri, carte nautiche e conchiglie. Un enorme libreria torreggiava a destra della porta, mentre a sinistra si trovava una scrivania di mogano con intagli a forma di delfini e altri cetacei. Su quest'ultima, oltre le varie carte e una tazza di caffè ormai vuota, erano presenti due fotografie. 

La prima ritraeva un giovane Jotaro in compagnia di un anziano vestito alla Indiana Jones; un ragazzo in uniforme scolastica verde e due orecchini a forma di ciliegia; un uomo di colore vestito di rosso; un cane bianco e nero e infine un giovane dai capelli cilindrici argentei che gli parve familiare.

La seconda, invece, una donna bionda con in braccio una bambina di 5/6 anni con i cappelli blu e verdi che, sorridente, teneva un peluche a forma di farfalla tra le braccia.

Giorno tuttavia rimase colpito soprattutto dal parquet di legno della stanza dove vi era stato inciso un fondale marino pullulante di vita: c'erano Nautilus; granchi; sogliole; pesci pietra; un banco di sardine; delfini…

Il ragazzo era così concentrato nello scovare tutti quei animaletti che Jotaro dovette richiamare la sua attenzione più di una volta.

-Mi scusi. Il suo studio è molto bello- si complimentò.

-Ah. Grazie. Non ho altre sedie oltre a questa- disse Jotaro accennando alla sedia girevole rossa dietro alla scrivania.
-Nessun problema- disse Giorno appoggiando Polnareff sulla scrivania. Un istante dopo parte del pavimento si era trasformato in alcuni rami che, intrecciandosi tra loro, crearono una specie di trono sul quale il biondo si sedette.

-Lo sistemo dopo. Non si preoccupi- aggiunse poco dopo alludendo al pavimento.

-È il potere del tuo stand??- chiese Jotaro sedendosi a sua volta.
-Uno dei tanti- spiegò Giorno -Gold Experience mi permette di infondere energia vitale negli oggetti inanimati, trasformandoli in esseri viventi, come nel caso di questo albero. Può anche guarire le ferite e rigenerare intere parti del corpo-

-Interessante- commentò Jotaro -C'è altro??-

-Se colpisce un essere vivente, ne altera le percezioni. In pratica la mente va più veloce rispetto al corpo il quale non riesce a eseguire gli ordini del cervello- continuò Giorno -Inoltre gli esseri nati dallo stand respingono i colpi ricevuti con il doppio della forza iniziale. Anche se questo effetto diminuisce col passare del tempo-

Non rivelò ancora nulla del Requiem. Era un argomento troppo complesso da affrontare in quel momento. E poi era il suo asso nella manica, nel caso le cose fossero degenerate.

-Da quanto ce l'hai??- gli domandò Jotaro.
-Si è manifestato il giorno del mio quindicesimo compleanno, esattamente un anno fa- gli rispose.

Giorno esitò un attimo prima di aggiungere: -Quella stessa sera i miei capelli sono diventati biondi e... mia madre mi ha parlato per la prima volta di DIO Brando-

-E che ti ha detto??- lo incoraggiò a proseguire Jotaro.

-Ha detto di averlo conosciuto circa 16 anni fa a Il Cairo e di esserne stata ammaliata a tal punto da entrare al suo servizio. Ma non… non era una relazione sana. Sosteneva che mio padre l'aveva risparmiata solo perchè incinta di me. L'ha descritto come un demone dalle sembianze angeliche-

-Direi che Miss Shiobana ci ha visto lungo- affermò Jotaro -Haruno. Tuo padre era un vampiro-

-Un vampiro??- ripeté confuso il biondo.

-Sì-

-Tipo Dracula??-

-All'incirca. In effetti Bram Stoker ha scritto la sua opera ispirandosi ai disastri compiuti da tuo padre verso fine Ottocento…-

Vedendo il giovane ancora confuso, Jotaro decise di arrivare al sodo e iniziare a raccontare.

-DIO Brando nacque nel 1868 nei bassifondi londinesi. Dodici anni dopo venne adottato dal mio avo, George Joestar, e andò a vivere nella sua villa a Liverpool. Si finse un bravo ragazzo agli occhi di Lord Joestar con il secondo fine di prendersi tutta la sua eredità, soppiantando il figlio naturale di quest'ultimo, Jonathan.
Nel 1889 si trasformò in un vampiro attraverso un antico manufatto azteco detto "maschera di pietra", uccise George Joestar e cercò di usare i propri poteri per assoggettare l'intera Inghilterra. Jonathan cercò di fermarlo e apparentemente ci riuscì, tuttavia DIO riapparve e tentò di impossessarsi del corpo di lui, dato che il suo era stato in precedenza gravemente compromesso. Jonathan si sacrificò nel tentativo di ucciderlo. La nave su cui stavano viaggiando affondò trascinando entrambi nelle profondità dell'oceano. L'unica a salvarsi fu la sua giovane moglie incinta, Erina. È stata lei a raccontarci l'intera vicenda-

Jotaro fece una pausa per osservare il giovane di fronte a lui. Giorno era rimasto paralizzato sulla sedia con i gomiti sulle ginocchia e le mani intrecciate davanti alla bocca. I suoi occhi fissavano il vuoto, cercando di elaborare il tutto.

Prima che Jotaro potesse chiedergli qualcosa, il giovane lo esortò a continuare.

-Nel 1983 liberarono DIO Brando dalla sua prigione d'acqua. Non solo era riuscito a sopravvivere nuovamente, ma aveva anche preso il corpo di Jonathan. Si stabilì in Egitto e cercò di costruire il suo impero. Tra il 1988 e il 1989 entrò il possesso di un antico artefatto chiamato la Freccia che gli diede uno stand, The World. Avendo tuttavia il corpo del mio avo, anche noi discendenti Joestar ottenemmo uno stand. Mia madre, non riuscendo a reggere tale potere, rischiò di morire, ragion per cui io, Polnareff e altri decidemmo di partire alla volta dell'Egitto per…-

Qui l'uomo si interruppe, cercando di trovare le parole giuste per dire al ragazzo la verità.
Giorno tuttavia capì e terminò la frase al posto suo.

-Per ucciderlo...affinché smettesse di essere una minaccia per i Joestar e il mondo intero-

Jotaro annuì e la stanza cadde in un silenzio di ghiaccio.

Jotaro e Polnareff non osarono guardare Giorno negli occhi, in parte per i sensi di colpa che provavano al pensiero di aver privato un ragazzo innocente di un padre e in parte per via dei ricordi che Giorno, complice la sua somiglianza con DIO (almeno nell'aspetto), stava rievocando a entrambi.

Il ragazzo invece si passò una mano tra i capelli, stringendoseli tra le dita.
Improvvisamente tutto era diventato così maledettamente chiaro.
Quella paura che provavano tutti coloro che avevano conosciuto suo padre aveva un senso.
Quella sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in suo padre era reale.

Suo padre era un mostro. Letteralmente e metaforicamente.

E lui era la progenie di quel mostro, ma al contempo anche dall'uomo che per il bene dell'umanità tentò di fermarlo.

-Giorno- disse Jotaro rompendo il silenzio -Io non mi pento di aver ucciso tuo padre. Potrai anche odiarmi per questo, ma...-

-Perchè dovrei farlo??- affermò Giorno -Mio padre era un individuo malvagio che andava fermato, in un modo o nell'altro. Se non l'avessi fatto tu, forse sarebbe toccato a me e detto sinceramente non so se ne sarei stato in grado-

A quelle parole il moro tirò sospiro di sollievo come se si fosse levato via un peso enorme alle spalle.

-Piuttosto dovreste essere voi due a disprezzarmi. Mio padre ha tentato di uccidervi- aggiunse Giorno tenendo lo sguardo basso.

-La colpa di un padre non va addossata ai figli, specie quando non l'hanno nemmeno conosciuto- ribatté Jotaro -Tuttavia c'è un fatto che non possiamo ignorare: tuo padre era un vampiro e perciò il tuo sangue potrebbe essere stato contaminato da quel gene. Per questo avevo inviato Koichi a prelevarti un campione di pelle-

-Immagino che dopo tutto che è successo non ci sia stata occasione per farlo- commentò Giorno -Però si potrebbe fare adesso-

-Felice che tu sia così collaborativo- disse Jotaro, passandogli un recipiente di plastica con all'interno un liquido non identificato -In realtà vanno bene pure…-

Jotaro non riuscì a finire la frase che Giorno ordinò a Gold Experience di tagliarli l'ultima falange del mignolo, metterla nel barattolo e poi sostituirla.

-Scusa, ma se non l'avessi fatto subito, avrei perso il coraggio- spiegò poi -Diceva??-

-Andavano bene anche i capelli- disse Jotaro, rimasto però impressionato dalla prontezza del ragazzo.

-Oh- disse lui -Se servono posso dargliene un paio??-

-Tranquillo, va bene così- disse Jotaro prendendo il barattolo -Spero solo che a nessuna delle ricercatrici venga un colpo vedendolo-

-Sì, forse ho un po' esagerato, ma volevo levarmi il pensiero subito. L'idea di risvegliarmi un giorno con una voglia matta di sangue umano e condannato a non vedere più la luce del Sole non mi aggrada neanche un po'- spiegò mestamente.

-Personalmente ritengo poco probabile che accada- cercò di rassicurarlo Jotaro -Il tuo sangue è solo per metà-Brando. Anzi, molto meno della metà. Il corpo con cui sei stato concepito era quello di Jonathan Joestar perciò hai anche il suo sangue nelle vene. È come se fossi figlio di entrambi, biologicamente parlando. E quindi sei anche mio pro-pro-zio-

-Okay. Questo è strano- commentò Giorno sorridendo.

-Benvenuto nei Joestar, Giorno Giovanna- affermò Jotaro accennando un lieve sorriso -La nostra è una famiglia bizzarra-

Quel momento un po' più spensierato venne interrotto da un grido.

-Fugo!!- gridò a sua volta Giorno riconoscendolo.
I biondo scattò in piedi e si precipitò fuori dallo studio, seguendo il grido dell'amico e pregando stesse bene.

Autrice time
Signori/e, Jotaro ha parlato e il vaso di Pandora è stato aperto. Giorno però sembra aver reagito abbastanza bene, Avrà fatto una bell'impressione anche al nostro caro biologo??
Intanto Fugo sembra essersi cacciato nei guai. Cosa gli sarà successo??
Scopritelo nel prossimo capitolo.
Ciau, Giuly♡

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Capitolo 9
*** Risposte ***


-"La tua guardia del corpo sta fuori". Ma chi si crede di essere?!- borbottò Fugo dopo che la porta dello studio gli venne chiusa in faccia.

-Il signor Kujo non ama parlare di quella vicenda, specie di fronte a estranei. È una faccenda che l'ha colpito nel profondo, per quanto cerca di non darlo vedere- disse Koichi in difesa di Jotaro -A me l'ha rivelata solo perchè costretto dalle circostanze e non è stato affatto piacevole-

Fugo sembrò finalmente prestargli attenzione.

-Quindi sai già tutto??- gli domandò.

Koichi annuì.

-E, in base alle informazioni in tuo possesso, ritieni che Giorno possa risultare una minaccia tale da dover essere… eliminata??- domandò freddamente.

Koichi non seppe cosa rispondere. Aveva visto Giorno in azione e sapeva quanto fosse si potente, ma anche buono e giusto, a modo suo. Ma questo era adesso. E se in un futuro prossimo Giorno fosse divenuto come suo padre?? 

Il diciottenne non era un veggente e non riteneva giusto condannare una persona solo per una paranoia. Ma lui non aveva combattuto contro DIO Brando, a differenza di Jotaro. Lui sarebbe stato del suo stesso avviso??

-Immagino lo scopriremo presto- si rispose Fugo da solo, mettendosi nuovamente in allerta.

In realtà non temeva così tanto per l'incolumità di Giorno (del resto se il Gold Experience Requiem l'aveva protetto da Diavolo non vedeva il motivo per cui non dovesse salvarlo anche l' nel caso la situazione degenerasse) ma se la SPW lo bollava come nemico, avrebbero avuto un'ennesima grana da risolvere ed era proprio l'ultima cosa che avevano bisogno.

A quel punto gli tornarono in mente Harley e V. Nonostante il costante impegno nelle ricerche non erano ancora riusciti a stanarli.

Le poche informazioni racimolate non erano state di grande aiuto: sapevano essere fratelli, ma non sapevano se di sangue oppure no; supponevano che i loro nomi e outfit si ispirassero alla regina del crimine di Gotham Harley Quinn e l'antieroe anarchico V di Alan Moore e David Lloyd, ma erano personaggi troppo famosi per poter restringere il cerchio di sospettati; sapevano di altri furti, ma i rapporti tesi con la Carboneria non permettevano una collaborazione.

E poi c'era quello strano potere in grado di manipolare l'acqua e respingere i proiettili di cui non avevano la più pallida idea di cosa potesse essere.

A ripensarci sentì una fitta al petto all'altezza del diaframma. Era da quando Harley l'aveva colpito lì con quello strano potere che continua a dolergli. Eppure il Gold Experience l'aveva guarito e anche il suo medico non aveva riscontrato alcun danno fisico.

Cosa gli stava accadendo??

Il flusso di pensieri venne interrotto da un tonfo proveniente dal fondo del corridoio. Voltandosi vide un anziano avvolto in un cappotto rosso steso a terra. Senza pensarci Fugo andò da lui e lo aiutò a rialzarsi.

-Signor Joestar, si è fatto male??- gli chiese Koichi, accorso anche lui.

-Non preoccuparti, Koichi. Sto bene- disse il vecchio risistemandosi il berretto leopardato in testa e gli occhialetti tondi sul naso.

-Grazie mille…- disse poi bloccandosi quando si rese conto di non conoscere il ramato.

-Fugo Pannacotta- rispose quest'ultimo, accompagnandolo con Koichi fino alla sala d'attesa poco distante.

-Joseph Joestar- ricambiò il vecchietto sedendosi -Ah. Le mie povere gambe. Non sono più quelle di una volta. Stavate aspettando che mio nipote ti ricevesse??-

-Suo nipote??- chiese Fugo rimasto in piedi.

-Il dottor Jotaro Kujo. Eravate davanti alla porta del suo studio-

-Ah. Comunque no. Lui e un mio amico stanno parlando. Non c'ha voluti dentro- rispose Fugo con stizza.

-Tipico. Jotaro non è un tipo molto loquace o cortese. Koichi lo può confermare. Non sei il primo costretto ad aspettare fuori e mi sa che non sarai nemmeno l'ultimo-

-Wow. Che consolazione- commentò sarcastico il ramato.

In quel momento, però, il suo diaframma venne nuovamente traversato da una fitta che lo portò a storcere la bocca e portarsi una mano sul punto dolente.

-Stai bene??- gli chiese preoccupato Koichi.

-Non preoccuparti. Ho ricevuto un colpo al petto qualche giorno fa, ma non ho riportato danni. Sarà un dolore fantasma o qualcosa di simile- rispose sbrigativo Fugo.

Koichi non sembrò molto convinto e neppure il vecchio Joseph che, aggrottando le ciglia, iniziò a osservarlo attentamente, soffermandosi in particolare sul modo in cui respirava.

Dopo poco parve illuminarsi.

-Ho capito qual è il problema. E credo di poterti aiutare- disse alzandosi e posizionandosi di fronte a lui.

Senza alcun preavviso gli piantò mignolo e anulare sotto la gabbia toracica, in corrispondenza del diaframma.

-Signor Joestar, cosa sta facendo?!- urlò Koichi spaventato.

Fugo quasi non lo sentì talmente era intenso il dolore che provava in quel momento. Altre fitte scaturirono dal punto colpito e si estesero per tutto il muscolo, costringendo quest'ultimo a distendersi completamente e di conseguenza i polmoni dovettero rilasciare tutta l'aria contenuta al loro interno. Fugo sentì i muscoli tremare come gelatina a causa dell'improvvisa mancanza di ossigeno e il cervello farneticare per il dolore. Quando poi la vista iniziò ad appannarsi, temette sul serio di stare per lasciarci le penne. 

Al quel punto però, il vecchio ritirò le dite e il diaframma riuscì a contrarsi e i polmoni a ispirare. Fugo, tossendo, si accasciò a terra.

-Perdona la brutalità, ma non c'era altro modo…- cercò di dirgli Joseph.

-MI VOLEVI UCCIDERE A PIEZZ E MMERDA!?!- gli urlò contro Fugo adirato. Cercò di avventarsi sul vecchio, ma qualcosa glielo impedì.

-ECHOS ACT 3!!- urlò Koichi.

Lo stand inchiodò il ramato a terra e il ragazzo pensò fosse tutto risolto, ma uno stridore di denti lo fece ricredere. Uno stand umanoide viola con la bava alla bocca, apparso chissà quando, si stava avvicinando pericolosamente al signor Joestar che, per quanto spaventato, non indietreggiò di un sol passo.

-Fugo, hai tutte le ragione per essere arrabbiato. Ma ti prego, prima di fare qualcosa di cui potresti pentirti lasciami almeno…- cercò di dire, ma il ragazzo non volle ascoltarlo.

-Ma chella granda zompapereta e mammeta!!- urlò in preda all'ira e alla paura -Purple...-

Fortunatamente Giorno li raggiunse in quel preciso istante.

-Fugo- lo richiamò con tono calmo, ma autoritario -Fermati. Se rilasci il virus ora ucciderai tutti, te compreso. Vuoi davvero morire in questo modo?!-

Il ramato sembrò recuperare parte della sua lucidità, dato che lo stesso Purple Haze smise di muoversi.

-Qualunque cosa sia successa adesso la risolviamo. Ma prima, ti prego, ritira lo stand- continuò GioGio con tono pacato.

Calò un silenzio carico di tensione. 

Koichi tremava come una foglia e lottava disperatamente per evitare che il panico gli facesse perdere la presa su Fugo. 

Joseph era immobile come una statua, indeciso se parlare, rischiando tuttavia di scatenare nuovamente l'ira del ragazzo, o non farlo e sperare che le parole dell'amico avessero effetto.

Jotaro, appena sopraggiunto, intuì al volo la situazione e si preparò a estrarre lo Star Platinum nel caso essa degenerasse.

Lo stesso Giorno era terrorizzato. Non aveva mai gestito un attacco di rabbia di Fugo e non sapeva se le sue parole sarebbe servite a qualcosa o no. Pregava soltanto che il suo raziocinio avesse la meglio sulla rabbia.

Fortunatamente, dopo qualche attimo che parve un'eternità, il Purple Haze si dissolse in una nuvola di fumo viola.

Koichi tirò un sospiro di sollievo e si lasciò cadere a terra. La gravità di Echos venne annullata così Fugo potette rimettersi in piedi. I suoi occhi lampeggiavano ancora di rabbia, tuttavia sembrava averla sotto controllo.

-Mi auguro che abbia una valida motivazione per avermi quasi asfissiato- disse gelido al vecchio.

-Era l'unico modo per liberare il tuo diaframma- gli spiegò Joseph -Il colpo inflittoti in precedenza l'aveva sbloccato in maniera parziale e scorretta, per questo ti doleva. Adesso non dovrebbe essere più un problema-

Mentre Giorno seguiva ancora più confuso di prima il discorso, Fugo si rese conto che il vecchio diceva il vero. Il dolore sembrava essere sparito. Il suo corpo stava bene. Anzi, non era mai stato meglio.

-Adesso dirai: "In effetti ora mi sento meglio. Ma non capisco. Liberare da cosa??"- affermò Joseph.

-In effetti ora mi sento meglio. Ma non capisco. Liberare…??- ripeté il ragazzo prima di interrompersi e fissare il vecchio sorpreso.

Joseph, sorridendo sotto i baffi, gli rispose: -Dalle Onde Concentriche-

Alzò così la mano guantata e ispirando dal naso ed espirando dalla bocca, fece apparire su di essa delle scariche bianche simili a piccoli fulmini. Sia Giorno che Fugo sgranarono gli occhi e un'improvvisa sensazione di déjà-vu li stravolse.

-Avanti, prova anche tu- disse Joseph.

-Co-Cosa??- boccheggiò il ramato.

-Adesso sei in grado di evocarle anche tu. Fai come ho fatto io e vedrai- lo incoraggiò il vecchio.

Fugo, seppur titubante, eseguì e sotto lo sguardo meravigliato dei presenti (meno Joseph ovviamente) le stesse identiche scariche di energia pallide apparvero sulle sue mani.

-Credevo che i guerrieri del sole fossero ormai scomparsi- intervenne Jotaro, rimasto in silenzio per tutto il tempo.

-È stata una sorpresa anche per me- disse il vecchio.
Vedendo i giovani confusi aggiunse: -Sedetevi ragazzi. Immagino vogliate delle spiegazioni-

Quando tutti si furono accomodati il vecchio iniziò a parlare: -Le onde concentriche non sono altro che la manifestazione dell'energia vitale di un individuo. Ogni essere vivente possiede questo tipo di energia, ma solo pochi prescelti sono in grado di convertirla in onde, attraverso un'antica tecnica respiratoria e uno specifico allenamento. Le Onde hanno molteplici funzionalità: possono potenziare gli attacchi; far rigenerare le ferite; interagire con gli elementi naturali per esempio l'acqua, il fuoco o i metalli; sono letali per le creature della notte…-

-Le creature della notte??- chiese sbigottito Fugo -Intende vampiri, zombie...-

-Esatto, ragazzo. Può sembrare assurdo, ma esistono. O meglio sono esistiti fino a pochi decenni fa- disse Joseph per poi iniziare a raccontare: -Tutto ebbe iniziò nella notte dei tempi, quando quattro creature superiori, i Pillar Men, iniziarono a fare esperimenti nel tentativo di rendersi immuni al sole, loro unico nemico, e quindi immortali. Questi esperimenti denominati maschere di pietra non portarono ai risultati sperati, ma possedevano un potere collaterale spaventoso: erano in grado di trasformare gli esseri umani in vampiri. Uno dei casi più celebri, a nostro malgrado, fu quello del 1889 quando un uomo di nome DIO Brando  si impossessò di una di queste e si trasformò. Il mio antenato Jonathan Joestar insieme a un maestro delle onde concentriche, il Barone Zeppeli, tentarono di sconfiggerlo, ma non riuscirono. Dovemmo aspettare altri cent'anni per ucciderlo a colpi di stan... Ragazzi tutto bene??-

L'anziano si interruppe preoccupato quando vide Fugo con letteralmente gli occhi fuori dalle orbite dallo shock e Giorno con la faccia da funerale.

Si voltò verso il nipote e capì. Si piegò verso Giorno e gli posò una mano sulla testa con fare comprensivo.

-Mi dispiace ragazzo. Non è colpa tua- disse.

-Sto bene- rispose Giorno con un filo di voce -Che fine hanno fatto i Pillar Men??-

-Vennero sconfitti nel '39. Da me, mia madre Elizabeth e il nipote del Barone, Caesar Zeppeli- rispose cupo il vecchio -La loro sconfitta, quella di DIO nel '89 e l'avvento degli stand la tecnica delle Onde concentriche cadde in disuso. Credo che gli unici a saperle ancora evocare siamo io e te, Fugo-

-Come?? Pensavo fossero ereditarie…- si stupì il diretto interessato.

-C'è sicuramente di mezzo un fattore ereditario- intervenne Jotaro -Ma non è detto che si manifesti in tutti i discendenti. I salti generazionali non sono rari-

Riflettendoci Fugo non potette che dargli ragione. Lui stesso non sapeva dire dove potesse essere sbucata quella sua abilità (a meno che non dava per vere le storie di suo prozio ubriaco secondo le quali il fratello, ormai deceduto, riusciva a camminare sull'acqua e far crescere le arance a comando). A quel punto gli sorse un dubbio.

-Signor Joestar. Se sapeva che quella tecnica avrebbe risvegliato questo potere dormiente, perchè l'ha usata su di me?? Che garanzia ha che non la usi per scopi malvagi??- chiese al vecchio.

-Sono sicuro che un ragazzo che aiuta un povero vecchio in difficoltà e che faccia domande del genere non possa essere malvagio- rispose sicuro Joseph -E poi imparare quella tecnica potrebbe aiutarti a gestire la rabbia-

Fugo si ritrovò ad arrossire dalla vergogna.
-Le mie più sentite scuse. Ho perso completamente il controllo e ho rischiato di ucciderla, quando voleva solo aiutarmi. Io… mi impegnerò affinché non succeda più- disse chinando la testa.

-Tranquillo. È stata anche colpa mia che non ti ho avvisato. Perdonami. Non immaginavo potesse essere così traumatico- si scusò a sua volta Joseph.

-O cielo. Come si è fatto tardi- esclamò poi guardando l'ora -Devo salutarvi, ragazzi. Altrimenti chi la sente più mia moglie-

-Direi che per oggi possa bastare. I risultati del test del DNA arriveranno domani mattina, perciò se non avete altre domande, siete liberi di andare. Un autista della SPW vi porterà in hotel o in città, se lo desiderate- disse Jotaro a Giorno e Fugo -Polnareff rimarrà qui con me un altro po'-

-Nessun problema. La ringrazio per la disponibilità, signor Kujo- disse Giorno chinandosi come era in uso in Giappone -E per quanto possano valere le mie parole, le prometto che non diventerò come lui. Anche a costo di rimetterci la vita, io non diventerò come mio padre-

Con quelle parole Giorno, seguito da Fugo e il signor Joestar, uscì dalla struttura.

Rimasti soli, Koichi non riuscì più a trattenersi.
-Signor Kujo. Non capisco. I test li abbiamo già effettuati e Giorno non aveva ereditato alcun gene del vampirismo….- disse, ricordandosi del campione di sangue che era riuscito furtivamente a prelevare dal suolo dopo lo scontro con Black Sabbath.

-Volevo solo testare il suo comportamento anche in una situazione di incertezza- rispose semplicemente il moro.

-E...??- esortò il ragazzo impaziente.

-Non rappresenta una minaccia- sentenziò -Inoltre Polnareff è deciso a rimanere con lui e terrà i contatti con la SPW, quindi sono tranquillo anche per il futuro. Mi auguro solo che sia la scelta migliore-

-Sono sicuro che lo sia, signor Kujo- disse Koichi finalmente a cuor leggero  -Sì, ne sono sicuro-

Napoli, 17 aprile 2001

Mista aveva a malapena sfiorato il cuscino con la testa quando il telefono squillò nuovamente.

-Se è di nuovo il call center, giuro su Dio che strozzo il centralinista- imprecò afferrando malamente l'oggetto.

-Sono le due del mattino, quindi mi auguro sia di vitale importanza- rispose stizzito.

-Mista. Scusa. Ci siamo dimenticati del fuso orario- gli rispose Giorno dall'altro capo.

Il cecchino fu talmente sollevato di sentirlo che gli passò la rabbia.
-Giorno. Per fortuna stai bene-

-Sì, sto bene. Un po' scosso, ma vivo e vegeto. Ho bisogno di un favore-

-Dimmi tutto-

-Devi fare delle ricerche su Caesar Zeppeli. C'è una possibilità che i ragazzi dietro le maschere ladre siano suoi parenti…-

Autrice time
E con questo si conclude l'incontro tra Giorno e la famiglia Joestar (nonché il mega riassuntone delle parti precedenti di JoJo).

E sì, Fugo può usare le onde concentriche. Non vi preoccupate; ha tutto un senso (almeno nella mia testa); lo scoprirete più avanti.

Intanto sembra che i ragazzi abbiano trovato una pista. Li condurrà dalle maschere ladre??

Lo scoprirete nei prossimi capitoli che purtroppo per voi non arriveranno prestissimo. Mi spiace lasciarvi con il cliffhanger, ma dovrò mettere in pausa la pubblicazione almeno fino a marzo causa sessione invernale. Spero possiate comprendere. Nel mentre se volete lasciarmi delle recensioni, negative o positive che siano, a me fanno solo piacere.

Ci vediamo a marzo (si spera).

Ciau, Giuly♡

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Capitolo 10
*** Incontro fatale ***


Napoli, 21 aprile 2001

-É questo il posto??- chiese Giorno indicando con un cenno di capo l'edificio. Si trattava di un modesto, ma ben curato palazzetto azzurro pastello. Un'insegna di legno posta all'ingresso recava la scritta in corsivo "Mille Bolle Blu" (con tanto di una bolla di sapone al posto della O) e poco sotto la data 1934.

Il cecchino annuì deciso. Nelle ultime 72 ore non aveva fatto altro che reperire quante più informazioni possibili sugli Zeppeli finché (finalmente) non aveva trovato ciò che cercava: due fratelli gemelli, un maschio e una femmina nati nel 1983, pronipoti di Caesar, camerieri della trattoria "Mille Bolle Blu" nonché nipoti del proprietario.

-Atteniamoci al piano nei limiti del possibile- raccomandò Giorno sia a Mista che a Fugo -E ricordate: non siamo qui per minacciarli!!-

Dopo un cenno di assenso dei due il trio entrò nel locale. Si ritrovarono in una stanzetta verde acqua col pavimento in legno chiaro. Due porte simmetriche ai lati conducevano alle sale da pranzo, mentre sul fondo si stagliava un bancone dietro al quale stava un anziano dai capelli grigi, quasi bianchi, ma con una vitalità negli occhi nocciola pari a quella di un ragazzino.

"Augusto Zeppeli, classe 1921, secondo figlio di Mario e Erica Zeppeli e fratello minore di Caesar" pensò Giorno "Nonché l'unico dei cinque fratelli ad aver superato i vent'anni di vita" aggiunse con una nota di amarezza.

-Benvenuti ragazzi- li accolse l'uomo, avvicinandosi con una velocità sorprendente rispetto alla sua età -Avete prenotato??-

-Sì. Un tavolo per tre a nome Giovanna-

L'anziano annuì e spostando lo sguardo oltre loro, verso sinistra disse: -Ah, Alice, giusto in tempo. Potresti accompagnarli al tavolo??-

Voltandosi i tre potettero finalmente vedere dal vivo (e in faccia) uno dei loro obiettivi ossia Alice Ilaria Zeppeli. La suddetta era una giovane di 17 anni, piuttosto alta rispetto alla media, dal corpo snello ma formoso, stretto in una camicetta bianca sotto un grembiule nero e un paio di jeans rossi. Aveva lunghi capelli biondi, stretti in uno chignon spettinato alto che lasciava scoperto il volto ovale. Un piccolo neo era posizionato sulla guancia sinistra vicino alle sottili labbra rosa e al piccolo naso alla francese. I suoi occhi, color nocciola come quelli del nonno, scrutarono per un istante il trio con fare curioso.

-Certamente. Da questa parte, prego- disse poi sfoggiando un sorriso gentile.

"Quindi lei è Alice" si ritrovò a pensare  Mista mentre la seguiva all'interno della sala pranzo color acquamarina "Diamine, le foto non le rendono giustizia. È cento volte più carina dal vivo. Speriamo di non doverla torturare. Sarebbe un crimine contro l'umanità sfigurare una tale bellezza. Ma che cazzo sto pensando?! Svegliati Mista!! Sei in missione!! Non puoi pensare a certe cose…"

-Hai intenzione di sederti o vuoi mangiare in piedi come i cavalli??-

La voce di Fugo lo riportò alla realtà. Si accorse così che i suoi amici erano seduti al tavolo da chissà quanto tempo, mentre lui se ne stava in piedi come uno scemo.

-Jonathan Swift scriveva che i cavalli sono molto più intelligenti e nobili degli umani*. Volevo provare l'ebbrezza di essere un equino per un giorno, ma dato che suddetta cosa vi urta, mi abbasserò all'infimo livello umano- disse sedendosi.

Alice ridacchio divertita mentre gli consegnava i menù.
-Spero che il tavolo sia di vostro gradimento. Quando avete scelto, chiamatemi pure- disse per poi allontanarsi.

-Che ne pensate??- chiese sottovoce Giorno, quando fu certo che non fosse più a portata d'orecchio.
-Età e corporatura sono compatibili- disse Mista -Non sembrava sorpresa o spaventata dalla nostra presenza-
-Magari ha una bella poker face- intervenne Fugo.
-Proviamo a sondare un altro po' il terreno- propose il biondo attirando l'attenzione della bionda con un cenno della mano.

Alice fu subito da loro con taccuino e penna in mano.
-Per me spaghetti alla puttanesca- ordinò Fugo.
-Io dei cannelloni alla genovese- disse Mista mentre apriva un pacchetto di grissini.
-Spaghetti allo scoglio, grazie- annunciò infine Giorno per poi domandarle a bruciapelo: -Possibile che noi quattro ci siamo già incontrati??-

-Improbabile- disse lei senza smettere di scrivere -Mi ricorderei di tre ragazzi così carini-

A quelle parole Mista si strozzò con un grissino e Fugo dovette tirargli diverse pacche sulla schiena per evitare che morisse soffocato.

-Oddio!! Tutto bene??- chiese preoccupata Alice chinandosi verso il castano.
-S-Sì. St-Sto bene- gli rispose Mista divenuto bordeaux.
-Ti porto dell'acqua- disse Alice e sfrecciò via.

-Porca miseria. Se questa è la tua reazione a un complimento, che farai se ti darà il numero??- commentò Fugo.
-Mi è solo andato di traverso. Sono cose che capitano- farfugliò Mista facendo il vago.
-Non sei credibile- ribatté Giorno.
-Ma che avete voi due??- chiese Mista -Lei non…-

-Eccomi!!- annunciò Alice di ritorno con una bottiglia d'acqua in mano.

-Grazie mille- disse Mista -Sei stupenda. La bottiglia!! La bottiglia è stupenda!!-
-La bottiglia??- ripeté sorpresa Alice guardando il contenitore che aveva tra le mani.

-S-Sì... H-Ha una forma molto… molto… bottigliosa- farfugliò nervoso e ancora più rosso di prima. Nel mentre Giorno e Fugo osservarono la scena indecisi se mettersi a ridere o sotterrarsi dall'imbarazzo per il loro compare.

Alice, superata la confusione iniziale, sorrise maliziosa e disse: -D'accordo. Se ti piace così tanto, allora te la lascio qui. Se vuoi altro basta chiedere-

-C-Certamente. P-Per ora siamo a posto. T-Ti ringrazio- balbettò Mista.

-Okay. Allora torno dopo con le vostre ordinazioni. A dopo Mista- si congedò lei melliflua.

Una volta lontana, il ragazzo si mise le mani in faccia e supplicò: -Vi prego, sopprimetemi-

-Spiacente, ma mi servi vivo- disse Giorno dandogli una pacca sulla spalla.

-Comunque la bottiglia bottigliosa è un'ottima mossa da latin lover. Si vede che sei uno sciupafemmine- commentò sarcastico Fugo.

Mista lo fulminò con lo sguardo.
-Intanto ha salutato me e non te. Quindi…- disse per poi realizzare -Ha salutato me. Ha detto il mio nome-

-Già. L'ha fatto- disse Giorno con un sorrisetto -E bravo il nostro dongiovanni. Dopo pranzo potresti invitarla per un caffè e una sfogliatella. Così avrete tutto il tempo per contarvela su-

Il castano annuì cogliendo immediatamente il messaggio sottointeso.

Il resto del pranzo proseguì senza intoppi o altre figure di merda. Giorno fece altre domande circostanziali ad Alice che rispose sempre affabile e senza alcuna esitazione.

Quando si fece pomeriggio inoltrato e nella sala rimasero soltanto loro, Giorno decise di fare sul serio e scoprire le carte.

-A che ora finisci il tuo turno??- chiese alla ragazza.

-Voi siete i miei ultimi clienti- rispose lei, appoggiando gli espressi e le sfogliatelle al tavolo.

-Perchè ci tieni a saperlo??- aggiunse maliziosa.

-Volevamo parlare un po' con te…- non esitò a rispondergli -...Harley-

Nonostante Alice fosse preparata al peggio fin da quando li aveva visti entrare nel locale, non riuscì a dissimulare completamente la sorpresa.

-Alice. Mi chiamo Alice- disse fingendosi confusa.

-Lo so, ma è così che ti ha chiamata il tuo compare V quella sera- ribatté lui.

-Mi sa che hai sbagliato persona. Non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando…-

-Alice. Nessuno di noi oggi ha pronunciato il nome Mista, cosa che, al contrario, abbiamo fatto la sera del 6 aprile- affermò infine il biondo stanco di quei giochetti.

La ragazza rimase immobile, maledicendosi per quel piccolo, madornale errore.

-E io che speravo foste venuti soltanto per mangiare- commentò con tono gelido, facendo definitamente cadere la maschera da cameriera affabile.

Nonostante lo sguardo truce e diffidente e le braccia incrociate sotto il seno, Giorno percepiva la paura della bionda e volle rassicurarla.

-Non siamo qui per fare del male a te o alla tua famiglia. Credimi, è l'ultimo dei nostri desideri- disse ricambiando il suo sguardo con uno gentile e pacato -So che non è facile fidarsi di Passione dopo essere stati raggirati così tante volte e non ti chiedo di farlo. Ma, ti prego, dà una possibilità a noi come individui singoli. Un'ora soltanto e poi, se lo vorrai, spariremo per sempre dalla tua vita-

Alice non mosse un solo muscolo, ma nei suoi occhi apparve una tenue luce di speranza. Ma nemmeno il tempo di dire altro che un colpo proveniente dall'ingresso fece sobbalzare i presenti. Quando la ragazza con la coda dell'occhio controllò cosa fosse successo sbiancò. All'interno della trattoria erano entrati, sbattendo violentemente la porta, due uomini dall'aria tutt'altro che raccomandabile. Uno era alto e smilzo con il volto oscurato dalla tesa di un cappello grigio scuro da cui si vedeva soltanto un pizzetto nero alla Mefistofele. Era avvolto in un pastrano grigio scuro che faceva a pugni con la camicia hawaiana rossa e bianca. L'altro era basso e tarchiato con la testa tonda e liscia come un uovo e vestito con un completo giallo limone. Anche se la ragazza non li conosceva di persona, intuì il motivo per cui erano lì e con la successiva discussione ne ebbe conferma.

-Benvenuti signori- annunciò come di routine Augusto, cercando di sorvolare sull'entrata maleducata dei due.

-Si risparmi i convenevoli, vecchiaccio- lo interruppe sgarbatamente Testa d'uovo con uno strano accento a metà tra il romano e il milanese -Vogliamo quei ladri bastardi dei tuoi nipoti!!-

-Ladri?! Chiedo scusa, ma deve esserci stato un errore. Alice e Marco sono dei bravi ragazzi; non farebbero mai una cosa del genere, tantomeno a gente di un certo… rilievo come voi- cercò di spiegare il povero vecchio, pur consapevole che sarebbe servito poco o nulla.

Testa d'uovo ghignò sinistro come se non vedesse l'ora di dimostrare il contrario.

-Ma dai. Allora deve essere stato un caso se a villa Agreste, il luogo del furto, sono stati avvistati due ragazzi molto simili ai tuoi nipoti e che al collo di uno di loro c'era questa-

Tirò fuori dalla tasca della giacca una piccola medaglietta d'oro che poggiò sul bancone.
Alice si portò istintivamente la mano alla base del collo e imprecò terrorizzata.

-Medina Valsesia- lesse Testa d'uovo sul retro di essa -Riconosci questo nome??-

L'anziano rimase in silenzio con la mascella contratta e le mani tremanti.

-Ma come?? Non ricordi più il nome della donna che ha sposato tuo figlio?? La madre dei tuoi cari e bravi nipotini. La stessa donna che abbiamo fatto fuori insieme a tuo figlio 16 anni orsono- proseguì lui beffardamente -E dimmi, vecchio, a questo punto cos'è che dovremmo pensare?? Eh?!-

Augusto tremava, ma a differenza di ciò che si potrebbe pensare, non lo faceva per paura. Era furibondo. Per lui la famiglia era sacra e sentire che (ancora una volta) si sarebbe sgretolata davanti agli occhi gli corrodeva il fegato.

Così, senza pensare, ruggì: -E dimmi, cosa vi aspettavate di preciso dopo che avete distrutto la nostra famiglia e rovinato la vita ai miei ragazzi?! Che ci saremmo piegati senza combattere, sputando sulla tomba di mio figlio?!-

Di tutta risposta l'uomo a fianco di Testa d'uovo tirò fuori il ferro.

-Non prenderti troppe confidenze, vecchio!! Ti conviene abbassare la cresta se non vuoi un buco nel cervello!!- disse puntandolo sulla fronte di Augusto.

-Lasciatelo stare. Lui non c'entra niente in questa storia- disse ferma una voce maschile.

-Marco- mormorò Alice avvicinandosi alla porta, ma continuando a rimanere nascosta nella sala.

Un ragazzo era comparso all'ingresso, appoggiato allo stipite dell'altra porta laterale, a braccia conserte e con un'espressione seria in volto. Anche un estraneo avrebbe capito subito che lui e Alice fossero gemelli. Marco Antonio Zeppeli era poco più alto di lei con un fisico asciutto, corti capelli biondi e occhi nocciola. Come la sorella indossava un paio di jeans (viola scuro nel suo caso), una camicia bianca con le maniche arrotolate fino al gomito e un grembiule nero.

Nel vederlo Testa d'uovo sembrò dimenticarsi di Augusto.

-Bene, bene, bene. Uno dei bastardelli è venuto fuori- annunciò ghignando -Tu e quella zoccola di tua sorella avete preso qualcosa che appartiene alla Carboneria. Non vi hanno che insegnato che rubare è peccato-

-Sai, è da un po' che non leggo il Vangelo, ma credo che anche l'essere affiliati alla mafia ti fa entrare di default nella lista dei peccatori- disse Marco più scocciato che spaventato.

-Mi devo complimentare con voi. Ci vuole un bel coraggio a rivolgersi in questo modo alla Carboneria. Perciò vi lascerò scegliere- disse l'altro sinistramente -Le opzioni sono due. La prima: tu e tua sorella ci ridate la refurtiva di vostra sponte e noi vi assicureremo un'esecuzione rapida e indolore. Oppure la seconda: voi vi opponete, noi ci riprenderemo ciò che è nostro e verrete torturati fino a morte. E lui con voi- e indicò Augusto ancora sotto tiro.

-E no!! Voi non farete proprio un bel niente!!- esclamò GioGio uscendo allo scoperto seguito da Fugo e Mista, il quale non esitò a puntare la pistola contro l'altro uomo armato.

Testa d'uovo li squadrò un attimo sorpreso, ma si riprese in fretta.

-Sgherri di Passione, fatevi da parte. Non sono affari che vi riguardano- disse stizzito.

-Lo sono nel momento stesso in cui siete entrati nel nostro territorio- ribatté Giorno -Credevo ci fossero degli accordi tra le nostre organizzazioni-

Testa d'uovo rise.
-Ormai quei accordi sono carta straccia, moccioso. La Carboneria non si sottometterà più a nessuno. E ora lasciaci giustiziare questi ladri bastardi- disse.

-Potranno anche essere dei ladri, ma in quanto cittadini di Napoli sono sotto la protezione di Passione. Sfiorateli solo con un dito e giuro su Dio non uscirete vivi da questa città- sentenziò l'ormai sedicenne.

Gli avversari rimasero sbigottiti. Sapevano che un cambio di Boss poteva portare dei grossi cambiamenti nella gestione di un'organizzazione, ma mai si sarebbero immaginati qualcosa di così… drastico.

-Da quando in qua Passione è diventata un'organizzazione di buon samaritani?? Certo che siete caduti proprio in basso- li derise Testa d'uovo per poi aggiungere serio -Ma se ci tenete a morire in questo modo ridicolo, chi sono io per impedirvelo??-

Ma prima che potesse attaccare, qualcosa cadde dal soffitto. O meglio qualcuno. Alice, approfittando della confusione, era salita al piano superiore e si era posizionata sopra la sala d'ingresso, proprio in corrispondenza degli sgherri della Carboneria. Si era poi tolta grembiule e camicia (rimanendo con un corsetto nero sul quale erano ricamati i semi delle carte francesi) e aveva attivato il potere di Lithum, cadendo così al piano inferiore. La ragazza cadde sul braccio teso e armato di Mefistofele che si abbassò sotto il suo peso. L'uomo di riflesso sparò, ma il proiettile colpì il bancone, andando a incastrarsi nel legno.

Nel mentre la bionda lo colpì al volto con una ginocchiata e in contemporanea lanciò la camicia contro Testa d'uovo, offuscandogli la visuale. Arpionando poi le spalle di Mefistofele, fece una capriola e colpì il volto del pelato con un calcio intriso di onde concentriche dorate.

-Sunlight Yellow Overdrive!!-

Il colpo fu talmente violento che l'uomo venne sbalzato via e atterrò fuori dal locale. Alice atterrò con grazia, ma nemmeno il tempo per tirare il fiato che Mefistofele gli fu addosso.

-Dannata- urlò puntandogli l'arma contro, ma un proiettile di Mista gli colpì tempestivamente la mano armata. L'uomo dal dolore fece cadere l'arma e Marco ne approfittò per afferrarlo dal pastrano e lanciarlo fuori dal compare.

-Disposti a proteggere dei ladri… certo che siete dei tipi strani- disse Alice al trio di Passione alzandosi da terra -D'accordo. Vi ascolterò. Ma prima abbiamo dei conti in sospeso con quei tipi. Andiamo Marco-

NB (*): Qui Mista si riferisce al celebre romanzo di Jonathan Swift "I viaggi di Gulliver" e in particolare all'ultimo viaggio dove Gulliver incontra gli houyhnhnm (un nome un po' meno complicato da scrivere no, Swift??), una razza di cavalli intelligenti e dall'ottima condotta morale che disprezza gli Yahoo, uomini brutali e selvaggi considerati una razza inferiore (critiche all'impero inglese e al colonialismo ne abbiamo??).

Autrice Time

Eccomi tornata (anche se non so se c'è qualcuno che effettivamente mi aspettava) con un nuovo frizzante capitolo dove abbiamo scoperto che effettivamente i gemelli sono un pochino cleptomani e che Giorno & Co non sono stati gli unici a beccarli. Come se la caveranno i gemelli contro Testa d'uovo e Mefistofele?? Lo scoprirete nel prossimo capitolo.

Ci vediamo, Giuly♡

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Capitolo 11
*** Resa dei conti (parte 1) ***


-Signor Zeppeli. State bene??- chiese Giorno preoccupato.

L'anziano riemerse dal bancone sotto cui si era accucciato per proteggersi dal colpo.

-Il mio peggior incubo si è avverato- mormorò sul punto di scoppiare a piangere -Li hanno trovati. E adesso li uccideranno… Mi porteranno via anche loro-

-Non finché ci sarò io- affermò Giorno con determinazione -Glielo prometto signor Zeppeli-

Detto ciò si uscì dalla porta che poco prima avevano oltrepassato i gemelli seguito da Mista e Fugo. 

-Interverremo se la situazione dovesse degenerare- ordinò a quest'ultimi -Del resto è la loro battaglia- 

Il sole era ancora alto nel cielo e illuminava il lungomare e la spiaggia completamente vuota. Se prima qualcuno si trovava lì, questi se ne era andato in fretta per non rimanere coinvolto. Gli uomini della Carboneria si stavano rialzando furenti.

-Lascia a me la puttanella, Gallo- sibilò Mefistofele, sistemandosi la tesa del cappello.
-Tutta tua Diavola. Io mi prendo l'altro bastardo- disse Testa d'uovo, spolverando la polvere dal completo.

I gemelli scambiandosi una semplice occhiata decisero di stare al gioco e si posizionarono davanti ai loro avversari.

-Un uno contro uno?? D'accordo. Prepara il culo bastardo- disse Alice riestraendo lo stand.

-Quella che deve preparare il culo sei tu, zoccoletta. Yellow Submarine- disse Diavola e alle sue spalle apparve uno stand somigliante a un palombaro in tuta gialla se non fosse per il braccio sinistro sostituito da uno spara-arpioni verde fluo.

-Anche tu con questo potere??- fu il commento esasperato della ragazza -Comincio a pensare che faccia parte del pacchetto standard del mafioso-

I due così iniziarono lo scontro. Lithum cominciò a dare pugni e calci allo stand nemico che però li schivò e parò con una facilità disarmante. Quando infine uno andò a segno colpendo il casco del palombaro, la testa di Diavola si spostò di lato senza troppi danni, mentre le nocche di Alice divennero rosse e doloranti.

-Tutto qui, zoccoletta?! Persino mia nonna tirava cazzotti più forti- la canzonò lui. Nel mentre Yellow Submarine cercò di arpionare Lithum, ma questi si rese intangibile, facendo andare il colpo a vuoto.

-Non sottovalutarmi. Il tuo stand sarà anche resistente e agile, ma se non riesci a toccarmi non mi potrai mai sconfiggere- ribatté Alice.

Quello che Diavola non poteva (e non doveva) sapere era che Lithum non poteva rimanere intangibile per sempre. Dalla sua prima attivazione lo stand poteva attivare e disattivare l'intangibilità quante volte desiderasse, ma solo per i seguenti 5 minuti. Allo scadere del tempo lo stand doveva aspettarne altri 5 per poterla riusare. Se Alice voleva vincere lo scontro, doveva assolutamente farlo nel minor tempo possibile.

Per questo motivo la ragazza si avvicinò furtivamente all'avversario per cercare di sparargli colpirlo con la pistola nascosta nel corsetto. Diavola, però, se ne accorse e nonostante il dolore alla mano impugnò una pistola (a quanto pare ne aveva una di riserva) e le sparò un colpo dritto in testa. Alice lo respinse avvolgendo testa e busto in una rete di onde concentriche argentate.

-Metal Silver Overdrive. Repel- pronunciò -Spiacente, ma non ho intenzione di farmi uccidere così facil...- 

-ALLE TUE SPALLE!!- l'avvertì Mista, ma la ragazza non ebbe nemmeno il tempo di recepire il messaggio che sentì un intenso dolore alla coscia. Cacciò un urlo e si guardò la gamba dove scoprì che vi era conficcato dentro un arpione di Yellow Submarine. Diavola aveva ordinato mentalmente allo stand di spararle contro. A causa dello scontro con Lithum solo due arpioni su cinque erano andati a segno. Il primo l'aveva colpita in mezzo alle scapole, ma fortunatamente la forza repulsiva delle Onde ne aveva rallentato la velocità al punto da non riuscire a toccarne la pelle. Con il secondo, purtroppo, non ebbe la stessa fortuna.

Approfittando della distrazione Diavola gli tirò un pugno. La ragazza perse l'equilibrio e rotolò via, finendo contro il parapetto del lungomare. Nonostante il dolore ella non si arrese e gli puntò l'arma contro. Nel medesimo istante, tuttavia, scaddero i 5 minuti per Lithum che tornò tangibile. Yellow Submarine ne approfittò per ferirlo proprio sulla mano destra con un arpione. Di riflesso il taglio apparve su Alice lacerandogli il polso. La bionda, impossibilitata a usare la pistola, non ebbe altra scelta che gettarla oltre il parapetto (per evitare che il nemico la usasse contro di lei) e di ritirare lo stand per non subire ulteriori danni e per risparmiare energie sulla gabbia di Onde magnetiche repulsive, ormai la sua unica, misera protezione rimastale.

-Allora il tuo potere non è illimitato. Buono a sapersi- disse Diavola mentre Yellow Submarine lo riaffiancava.

-Alice!!- urlò Mista allarmato dalle condizioni poco ottimali della ragazza. Fece per intervenire, ma venne bloccato da quest'ultima.

-Posso ancora combattere!!- urlò lei, mentre si tirava via l'arpione dalla gamba e si rialzava, sostenendosi al parapetto.

-Ma davvero?? Anche con una gamba ferita, il polso lacerato e senza stand??- la sbeffeggiò l'avversario -Ma non fammi ridere!!-

-Come ti ho già detto prima, non devi sottovalutarmi- disse ella prima tirare un profondo respiro. Immediatamente delle onde concentriche verdi circondarono le ferite che sotto gli occhi stupefatti dei presenti iniziarono a chiudersi.

-Ever Green Overdrive-

Diavola fu rapido nel comprendere la situazione e si mosse velocemente prima di perdere tutto il vantaggio. Alice tuttavia l'aveva previsto e fu ancora più velocemente. Facendosi perno con il corrimano, fece una capriola all'indietro, atterrando sulla spiaggia sottostante. La ragazza atterrò un po' goffamente sulla spiaggia e si mise a correre verso l'acqua, iniziando poi a camminarci sopra.

-Oh, vuoi giocare con l'acqua?? Bene, giochiamo- disse Diavola atterrando sulla spiaggia e iniziando anche lui a camminare sull'acqua come se fosse la cosa più naturale del mondo.

-Sai pure usare le Onde Concentriche?? Quello doveva essere il mio asso nella manica- disse seccata Alice.

-Non so di cosa tu stia parlando, ma mi stupisco della tua lungimiranza. Non ti è passato per la testa che Yellow Submarine potesse manipolare l'acqua??- disse sarcastico l'uomo.

Sotto i piedi di Alice si formò un mulinello che la trascinò sott'acqua.

-Razza di stupida- rise l'uomo -Pensavi di poter fregare il grande Giacomo Diavola, invece mi hai servito la vittoria su un piatto d'argento. Ora nemmeno i tuoi amichetti ti potranno salvare. Yellow Submarine, annega questa…-

L'uomo non terminò la frase e mai ebbe l'occasione di farlo. Sotto i suoi piedi l'acqua esplose in un geyser che lo lanciò in aria e quando ricadde l'acqua si avviluppò intorno a lui, imprigionandolo in una bolla.

-Turquoise Blue Overdrive. Water Cage- pronunciò Alice riemergendo.

-Mi stupisco della tua lungimiranza. Non ti è passato per la testa che se riesco a camminare sull'acqua la posso anche manipolare a mio piacimento??- lo canzonò. Sfruttando le onde si rialzò in piedi sulla superficie del mare e concentrò tutta l'acqua salata che l'aveva impregnata nei palmi delle mani finché non fu totalmente asciutta.

Si prese un momento per fissare l'uomo che si dimenava disperatamente nella bolla, mentre Yellow Submarine cercava di spaccarla con i suoi poteri. Era solo questione di attimi prima che ci riuscisse e questo Alice lo sapeva. Ma non era nemmeno passato un mese dalla prima volta che aveva ucciso un uomo. 

Alla mente gli ritornò il volto di quella guardia a cui aveva sparato in testa la notte del furto a villa Agreste. Era sì un nemico che stava cercando di uccidere lei e suo fratello. Eppure quando l'aveva visto cadere a terra in una pozza di sangue, quando aveva realizzato di aver spento una vita, quella giustificazione divenne aria fritta. Era stata male quella sera, preda di un'angoscia profonda e inedita che l'aveva tenuta sveglia la notte e concessa di mangiare poco o niente. E la stessa cosa si era ripetuta di giorno in giorno, di sera in sera. Aveva cercato di tirare avanti senza pensarci troppo (del resto era sempre stata consapevole dei rischi del mestiere), ma nulla era stato più lo stesso da allora. Paradossalmente fu quel pensiero a dargli la forza. Ormai aveva le mani macchiate di sangue umano. Un'altra vittima non avrebbe fatto differenza.

La ragazza prese un profondo respiro e dalle sue mani scaturirono delle Onde violette che si impregnarono nella piccola bolla d'acqua. Immediatamente la lanciò contro la bolla più grande sia per la sua pericolosità sia per non perdere coraggio.

-Lightning Purple Overdrive- annunciò tetra.

Quando la bolla piccola venne inglobata nella grande, le Onde simili a fulmini si propagarono nell'acqua salata e colpirono Diavola che rimase fulminato e ucciso sul colpo. Yellow Submarine si dissolse, la gabbia si ruppe e il corpo privo di vita ricadde in mare, poco distante da Alice.

-Ci vediamo all'inferno, bastardo- gli disse mestamente prima di tornare a riva. Una volta al sicuro sulla battigia si lasciò cadere priva di forze. Le ferite alla mano e alla gamba, a causa degli sforzi a cui erano stati sottoposti e della mancanza di adrenalina, ripresero a dolere e sanguinare. Per fortuna non passò tanto tempo prima che qualcuno venisse in suo soccorso.

-Tu sei completamente fuori testa- fu il commento di Mista chinatosi su di lei.

-Ho anche dei difetti- ribatté lei, sorridendo debolmente.

Il ragazzo scosse la testa prima di passargli un braccio dietro le spalle e una sotto le ginocchia.

-Che stai a fa??- domandò lei mentre Mista la sollevava.

-Ti porto da GioGio. Così potrà curare le tue ferite- gli rispose.

-Sì, sì. Da GioGio. Tutte scuse per prendermi in braccio- ribatté sardonica.

Per poco Mista non la lasciò cadere per l'imbarazzo. Alice non potette fare a meno di sorridere di fronte a così tanta genuinità.

-Guarda che scherzo. Lo so che non lo fai con malizia- lo rassicurò -Grazie-

-Figurati- mormorò Mista cercando di nascondere il rossore sulle guance.

In un batter d'occhio tornarono di fronte al locale, ma subito Alice notò qualcosa di anomalo. Nonostante il cielo terso, una fitta nube di nebbia simile a una cupola era calata su una parte di lungomare, celando completamente dalla sua vista qualunque cosa ci fosse all'interno. Giorno e Fugo le stavano girando intorno freneticamente come a cercare un passaggio. La ragazza, guardandosi intorno, si rese poi conto che mancava qualcosa all'appello. O meglio qualcuno.

-Che succede?? Dove sono Marco e l'altro tipo??- chiese allarmata.

-Sono stati inghiottiti dal fumo. Deve essere opera dello stand nemico. Abbiamo provato di tutto, ma non si riesce ad entrare- gli spiegò brevemente GioGio.

A dimostrazione di ciò il ramato provò a saltare dentro il fumo, ma appenane venne a contatto venne teletrasportato dalla parte opposta, come se avesse appena saltato un metro e non dieci.

-Dannazione- imprecò Fugo subito dopo. Ci riprovò, ma ottenne lo stesso risultato.

Alice sbiancò e immediatamente i sensi di colpa iniziarono a divorarla. Suo fratello era disperso in un luogo irraggiungibile, in compagnia di un uomo che voleva la sua testa e il tutto per colpa di un suo stupido errore. Ma prima il panico prendesse il sopravvento, la nebbia si diradò. I ragazzi si allontanarono leggermente. Mista lasciò Alice a terra e sfoderò la pistola, preparandosi alla peggiore delle opzioni. Stessa cosa fecero Giorno e Fugo. La nebbia si ritirò completamente e tutti potettero constatare un fatto: lo scontro era finito e solo uno dei due contendenti era sopravvissuto.

Autrice Time
Mentre scrivevo questo capitolo ho realizzato una cosa: descrivere una scena di combattimento come si deve è un processo lungo. Molto lungo. Ora capisco perchè Araki divida sempre gli scontri in più parti.

L'idea originale era di raccontare lo scontro tra Alice vs. Diavola e Marco vs. Gallo in un unico capitolo, ma veniva un tomo unico. Perciò un capitolo per scontro uniti da un piccolo cliffhanger.

Quindi ci vediamo la prossima volta per vedere Marco in azione (e chissà se non si scopra qualcosa su suo stand… sempre ammesso che ce l'abbia).

Ciau, Giuly♡

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Capitolo 12
*** Resa dei conti (parte 2) ***


-Non pensare di cavartela così facilmente moccioso- disse Gallo guardando il giovane Zeppeli togliersi il grembiule e estrarre la Berretta da sotto la camicia -Servo la Carboneria da ben prima che tu nascessi e nessuno è mai riuscito a sconfiggermi-

-C'è sempre una prima volta per tutto- ribatté il giovane dando all'uomo il tempo di estrarre l'arma a sua volta.

I due si guardarono reciprocamente con aria di sfida, le braccia distese lungo i fianchi e le armi in mano e poco dopo ebbe inizio un duello a colpi di pistola degno dei migliori spaghetti western. I proiettili fischiarono in aria cercando di colpire il proprio bersaglio il quale, però, riusciva quasi sempre a schivarli. In un paio di occasioni i colpi di Gallo arrivarono a colpire Marco, persino in punti vitali, ma il biondo li respinse facilmente grazie alle Onde Concentriche che gli avvolgevano il corpo in una sottile, ma efficace gabbia argentata. Lo scontro era talmente intenso che nessuno del trio di Passione osò anche solo pensare di metterci becco. In realtà non erano neppure più di tanto preoccupati: persino un cieco avrebbe capito che Marco fosse in netto vantaggio. Quando infine un colpo del biondo centrò la spalla di Gallo, facendolo mugolare di dolore e cadere in avanti, l'esito dello scontro sembrava ormai certo. Nessuno però poteva immaginare che quello era tutto parte del piano dell'uomo. Dalla ferita iniziò infatti a fuoriuscire del fumo dall'aria sinistra che mise in allarme tutti quanti.

-Allontanati da lì!!- urlò Fugo a Marco dando voce all'istinto.

-È tutto inutile. Non puoi sfuggirmi- urlò Gallo trionfante seppur a terra.

Il fumo avvolse completamente i due, tagliandoli fuori dal resto del mondo. Marco cercò di reagire, ma il suo corpo non rispondeva ai suoi comandi.

-Che c'è?? Non riesci più a muoverti??- lo canzonò l'avversario rialzandosi e pulendosi la giacca dalla polvere.

-Che cosa mi hai fatto??- domandò Marco cercando di far trasparire il panico nella voce.

-Io?? Nulla. Sei stato tu a tirarti la zappa sui piedi da solo- rispose l'altro mentre alle sue spalle il fumo si addensava fino a formare una formosa figura femminile con un vestito di veli e un sorriso divertito -Ti presento Eleanor Rigby, la mia fida guardia del corpo. Si risveglia soltanto quando il mio sangue entra in contatto con un nemico o un oggetto appartenente a esso. Una bella rottura di scatole, certo, ma offre dei vantaggi niente male. Può assumere il controllo del nemico; isolarlo dal resto del mondo... e rivelarne i segreti e i ricordi più dolorosi-

Con ampi movimenti delle mani lo stand di fumo spostò banchi di nebbia rivelando una distesa di erba verde e degli alberi. Marco granò gli occhi ricordando quel posto.

-No. No. No!!- disse disperato. Cercò di distogliere lo sguardo o chiudere gli occhi, ma Eleanor Rigby non glielo permise.

-Oh sì invece. Hai voluto sfidare la Carboneria e ora ne pagherai le conseguenze- disse Gallo malignamente. 

-23 settembre 1985. Dovevi essere molto piccolo all'epoca. Immagino che tu sia quel bambino laggiù- aggiunse facendo un cenno di capo.

Così Marco con gli occhi forzatamente sbarrati li vide.

Un bambino biondo di circa due anni stava giocando con una palla di gomma insieme a un uomo castano sulla trentina dal sorriso dolcissimo e un altro brizzolato sulla sessantina. Poco più in là una bambina bionda della stessa età stava raccogliendo dei fiori insieme a una donna dai capelli dello stesso colore.

-Che bella famigliola. Sarebbe un vero peccato se qualcosa andasse storto, vero?? Oh. Aspetta. Ma è proprio quello che è accaduto- commentò sadico Gallo, ma il biondo quasi non lo sentì.

Dopo poco i genitori presero in braccio i gemelli e si diressero verso due macchine parcheggiate lì vicino. Ma, sul punto di aprire la portiera della Panda rossa, il castano si bloccò.

-Livio, amore, va tutto bene??- gli chiese la donna preoccupata.

Il diretto interessato non rispose. Piuttosto si rivolse all'anziano e gli disse: -Papà, potresti riportare tu i gemelli a casa??-

-C-Certo. Va bene- rispose Augusto -Ma perchè??-

-Ho un brutto presentimento- gli rispose Livio -Forse è solo paranoia, ma mi sento più tranquillo se li tieni tu per il ritorno-

L'anziano sospirò, ma non ribatté. Fece per prendere il piccolo Marco tra le bracce, ma quest'ultimo si ritrasse contro il petto del padre.

-Marco, tranquillo- cercò di rassicurarlo Livio -Io e la mamma dobbiamo solo controllare una cosa. Tu e Alice, intanto, state col nonno-

-Tonnate peto (Tornate presto)??- chiese il bimbo.

-Certo che torniamo presto- disse l'uomo sorridendo. Ma per quanto si sforzasse, quel sorriso non era più dolce e sereno come poco prima, bensì carico di malinconia e consapevolezza di aver molto probabilmente mentito. L'uomo gli diede un bacio sulla fronte prima di lasciarlo andare. Lo stesso fece con Alice. Augusto e Medina li sistemarono nella Panda azzurra del primo.

-Marco. Alice. Amori miei. Vi voglio un mondo di bene. Vi prego, amatevi e proteggetevi l'un l'altro. Soprattutto tu, Marco, che sei il più grande, proteggi Alice- disse la donna. Anche lei aveva compreso la paura del marito. Diede un bacio a entrambi prima di salire sull'altra macchina.

-Fai il giro lungo- raccomandò Livio ad Augusto.

-Livio. Ti prego. Dimmi cosa sta succedendo- gli chiese quest'ultimo nel vano tentativo di capirci qualcosa.

-Te l'ho detto. È solo paranoia. Io e Medina saremo a casa in men che non si dica. Tieni d'occhio quei piccoli piantagrane nel mentre- disse lui salendo sulla Panda rossa con la moglie e mettendo in moto. 

Augusto rassegnato fece lo stesso con l'auto azzurra. Seguì le indicazioni, ma stranamente fu lui ad arrivare per primo alla trattoria. Aspettò nella sala da pranzo, dando di tanto in tanto un occhio ai gemelli mentre giocavano. Passata un'ora accese la TV per ingannare il tempo. La prima cosa che apparve a schermo fu un Tg, portatore di una notizia tutt'altro che allegra. La giornalista si mise a parlare di un incidente stradale con tanto di immagini in tempo reale. Una Panda rossa aveva sbandato e preso fuoco, uccidendo la coppia che viaggiava al suo interno. Anche se non vennero pronunciati i nomi dei morti, l'anziano capì. Aveva riconosciuto sia l'auto che la strada. Cadde in ginocchio, mettendosi le mani tra i capelli e urlando disperato. I gemelli incuriositi andarono da lui. L'anziano li strinse a sé, mormorando delle scuse che i bimbi allora non compresero, ma a posteriori le capirono fin troppo.

Marco cercò di mostrarsi forte, ma quelle immagini, sepolte da tempo nei meandri più oscuri della sua mente, lo sconvolsero a tal punto che nemmeno si accorse di aver iniziato a piangere.

Gallo intanto godette nel vederlo ridotto in quello stato. Certo, avrebbe tanto voluto che al suo posto ci fosse Cacio, che in un battito di ciglia l'aveva soppiantato nella gerarchia della Carboneria, oppure suo fratello Pepe, che l'aveva umiliato di fronte a tutti. Li voleva morti tutti e due, ma erano troppo preziosi per il boss e l'organizzazione e di questo ne era consapevole. Perciò si sarebbe accontentato di scaricare tutta la sua frustrazione su Marco. Del resto andava comunque punito per le sue azioni.

-Adesso capisco a cosa si riferiva quel bastardo prima di tirare le cuoia- commentò pregustandosi la reazione del ragazzo.

-Cosa?!- chiese a quel punto Marco con la voce spezzata.

-Eleanor Rigby. Mostraglielo- disse l'uomo con un sorriso crudele.

Lo stand si mosse nuovamente e il ricordo di Marco venne spazzato via, sostituito da un altro non suo.

Una Panda rossa viaggiava su una anonima strada diretta a Napoli. Al suo interno Livio e Medina Zeppeli cercavano di mostrarsi tranquilli per non metter angoscia l'uno all'altra. Quando però un'auto nera iniziò a inseguirli con intenti ben poco amichevoli la finzione cadde e la paura deformò il volto di entrambi. Livio accellerò per cercare di seminarli, ma fu tutto inutile. Un uomo dai cappelli rossi armato di fucile si sporse dal finestrino dell'auto nera e sparò alle ruote della Panda che sbandò colpendo il guard-rail. Marito e moglie uscirono da essa e tentarono la fuga, ma nessuno dei due andò molto lontano. Il cecchino sparò colpendo la testa della donna. Medina cadde a terra e mai più si rialzò. Livio, invece, venne colpito alla gamba poco più in là dall'autista che si rivelò essere un giovane e capelluto Gallo. Egli si avvicinò al padre di Marco che, nonostante la ferita, cercava ancora di trascinarsi via. Quando però sentì la fredda canna della pistola sulla nuca, si fermò comprendendo che era giunto al capolinea.

-Grazie al cielo. Non mi ero sbagliato- furono le sue ultime parole prima che uno colpo lo mandasse nell'altro mondo.

-Non ci sono i bambini in auto. E nemmeno il vecchio- constatò il compare di Gallo, mentre rimetteva il corpo senza vita di Medina sul sedile.

-Pace. Del resto erano loro i nostri obiettivi- tagliò corto Gallo facendo lo stesso con Livio.

I due uomini inondarono l'auto di benzina e le diedero fuoco. Infine se ne andarono via prima che arrivassero i soccorsi.

-Questo è quello che accade a chi si mette contro di noi- annunciò Gallo compiacendosi del tremore del biondo. Ma il tempo dei giochi era finito. Gallo recuperò la pistola e la puntò alla fronte di Marco.

-Oggi finirò ciò che io e Aldo Rossi abbiamo iniziato. Oggi tu, quella puttana di tua sorella e quel vecchio decrepito raggiungerete la vostra cara famiglia nell'altro mondo- proclamò Gallo -Ultime parole, Zeppeli??-

Il ragazzo batté le palpebre. Questione di un attimo durante il quale, però, la sua espressione mutò drasticamente. I suoi occhi, da prima tristi e disperati, divennero gelidi e la mascella si contrasse. Perchè c'erano poche cose in grado di alterare Marco e minacciare di morte la sua famiglia era una di queste.

-Eleanor Rigby può bloccare un solo nemico per volta, per questo cala la cupola. Affinché tu non possa essere attaccato mentre sei vulnerabile- disse con un tono fermo e serio che tradiva però rabbia repressa.

-Esattamente- confermò Gallo senza lasciarsi intimorire -Ma non illuderti moccioso. Eleanor Rigby tiene in pugno la tua volontà, perciò anche il tuo sta...-

Non finì la frase che accanto al corpo di Marco apparve un lupo dal folto pelo bianco e gli occhi lampeggianti di rabbia. Gallo indietreggiò di qualche passo col terrore in volto.

-Mi spiace deluderti, ma la mia volontà e quella di Teen Spirit non sono legate intrinsecamente. Lui fa ciò che vuole quando gli pare, ma mi è fedele e non permetterà a nessuno di fare del male a me e alla MIA FAMIGLIA- disse Marco marcando le ultime due parole.

Così Teen Spirit saltò contro il pelato e gli squarciò la gola con un sol morso. Gallo stramazzò a terra in un bagno di sangue, morendo qualche istante dopo. Eleanor Rigby con un urlo angosciante si dissolse così come la cupola di vapore. Marco cadde in ginocchio finalmente libero. Teen Spirit gli corse subito incontro per fargli le feste. Ignorando le zanne ancora sporche del sangue del nemico, il ragazzo lo strinse a sé.

-Sei stato bravissimo- mormorò con il volto affondato nel morbido pelo dello stand.

-MARCO!!-

Nemmeno il tempo di alzare il capo che la sorella gli fu addosso, soffocandolo in un abbraccio.

-Mi hai fatto preoccupare, cazzo. Temevo di perderti- pigolò lei.

-Tranquilla. Non ti libererai facilmente di me- la rassicurò lui ricambiando la stretta -Tu piuttosto stai bene??-

-Sì. Mi hanno curata- rispose lei alludendo ai tre ragazzi dietro di loro.

-Lo vedi che sono brave persone- disse compiaciuto lui.

-Odio quando hai ragione- ribatté lei gonfiando le guance.

-Su dai. Non facciamoli aspettare più del dovuto- disse Marco alzandosi.

-Immagino vogliate delle spiegazioni- disse poi rivolto a Giorno e agli altri -Venite dentro. Ve le daremo-

***

Seduti sul cornicione di un palazzo poco distante dalla trattoria due ragazzi osservarono i cinque entrare nel locale e i cadaveri dei loro colleghi abbandonati a sé stessi.

-Peccato. Avrei voluto farli fuori io- fu il commento lamentoso di uno di loro, un ragazzo sulla ventina dall'aspetto trasandato e gli abiti sgualciti e pieni di macchie di sangue rappreso.

-Erano nostri compagni Pepe- obiettò l'altro, un giovane poco più grande dall'aspetto decisamente più curato con un binocolo da una mano e una sigaretta per metà consumata dall'altra.

Guardandoli l'uno a fianco dell'altro, risultava assurdo pensare che fossero fratelli. Eppure la genetica non mentiva: stessi lineamenti, stessa carnagione, stessi capelli color grigio cenere (anche se portati con un taglio diverso e curati in modo diverso), stessi occhi color cremisi. "Gli occhi del diavolo" li chiamavano le vecchiette del loro paesino quando da bambini li vedevano per strada, a volte limitandosi a quei commenti, altre volte invece a cacciarli via malamente facendosi il segno della croce. Un comportamento esagerato certo, ma considerato quello che poi erano diventati ci avevano visto lungo.

-Mi stavano sul cazzo- si giustificò Pepe.

-Perchè?? C'è qualcuno che non ti stia sul cazzo??- domandò retorico l'altro.

-Tu non mi stai sul cazzo- rispose comunque il minore dei due -Anche se a volte vorrei prenderti a testate-

-È reciproco- disse il maggiore -E comunque stavano sul cazzo pure a me-

Spense la sigaretta a terra e si alzò.

-Andiamo a fare fuori quelle teste di cazzo di Passione??- domandò raggiante Pepe come se gli avesse chiesto di andare al parco giochi.

-Non sai quanto mi piacerebbe, Pepe. Ma saremo in due contro cinque, per giunta in territorio nemico. Tanto varrebbe gettarci giù da un palazzo- rispose lui -E poi la vendetta è un piatto che va servito freddo-

-Peccato. Mi sa che dovrò aspettare un altro po' per divertirmi- commentò l'altro -Ma tutto sommato vedere le loro espressioni dopo la loro completa disfatta potrebbe rivelarsi alquanto… appagante-

Cacio parve concordare. 

-Allora andiamo. Abbiamo molto da riferire al Boss-

Autrice time
E siamo infine giunti alla fine del primo scontro contro la Carboneria. Ma, come si suol dire, non c'è due senza tre e il quattro vien da sé (per la gioia di Mista).Tuttavia mettiamo da parte gli scontri e diamo il via a un po' di rivelazioni sui gemelli (anche se un assaggio ne avete già avuto qui). Ci vediamo al prossimo capitolo.

Ciau, Giuly♡

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Capitolo 13
*** Storia di una famiglia sfortunata (parte 1) ***


-Marco!! Alice!! Grazie a Dio state bene!!- esclamò Augusto correndo incontro ai nipoti e abbracciandoli.

-Nonno. Ci dispiace. Non dovevamo coinvolgerti in tutto questo- si scusò Marco a nome suo e della sorella.

-No. Non preoccupatevi per me. Pensate a voi piuttosto. Siete nel mirino della Carboneria- disse l'anziano per poi correre a serrare porte e finestre -Dio. Speriamo che nessuno venga a farci visita di nuovo-

-Su questo potete stare tranquilli- intervenne Giorno -Ho allertato i miei sottoposti. Pattuglieranno la zona e fermeranno chiunque sembri sospetto-

Augusto sembrò acquietarsi un poco.
-Te ne sono infinitamente grato, ragazzo. Se c'è qualcosa che posso fare…-

-Non voglio creare ulteriore disturbo. Tuttavia ho bisogno di parlare con Marco e Alice. È un problema se glieli rubo un attimo??- chiese allora.

Augusto guardò un attimo i nipoti e a un loro cenno affermativo disse: -Fai pure. Tanto per oggi resteremo chiusi-

Il quintetto si spostò nella sala da pranzo e si sedette al tavolo prenotato dal trio di Passione al quale vennero aggiunte due sedie per i gemelli. Il lupo si sdraiò sotto il tavolo tra le gambe di Marco.

-Immagino che delle presentazioni fatte come si deve siano necessarie- esordì Giorno -Io sono Giorno Giovanna. E, prima che me lo chiediate, Giorno è il nome-

-Guido Mista. Anche se già lo sapete- lo seguì Mista -E questi scriccioli gialli sono i Sex Pistols- proseguì indicando i piccoli stand a caccia di briciole. N.5 ne trovò una bella grossa, ma N.3 gliela rubò di mano, lasciandolo in lacrime. Alice intenerita gliene allungò un'altra che accettò con un piccolo sorriso.

-Carino- commentò la ragazza, mentre gli accarezzava la testolina sotto gli occhi invidiosi degli altri esserini e quelli imbarazzati di Mista.

-Io sono Fugo Pannacotta- si presentò per ultimo il ramato, non particolarmente interessato al teatrino dei Pistols.

-Pannacotta??- esclamò sorpreso Marco -Ma sei...??-

-... parente del famoso avvocato??- concluse Fugo per lui -Sì. Ma non ne voglio parlare-

Marco alzò le mani in segno di resa e si presentò a sua volta.

-Io sono Marco Antonio Zeppeli, ma chiamatemi pure solo Marco. E questa palla di pelo qui sotto è Smells Like Teen Spirit, anche se io lo chiamato semplicemente Teen Spirit-

Il lupo in risposta si alzò e appoggiò le zampe sul tavolo. Si poteva quasi scambiare per un innocuo cucciolone se non fosse per le fauci sporche di sangue.

-È un portatore di stand??- domandò Mista curioso.

-Un portatore di cosa, scusa??- contro domandò Marco confuso, accarezzando distrattamente l'animale.

-Stand. É l'emanazione fisica dello spirito combattivo di un individuo- spiegò Fugo -I Sex Pistols sono stand così come il Lithum di tua sorella-

-Ah- disse Marco -Allora no. Non è un portatore di stand. Semmai è uno stand-

Mista sgranò gli occhi e pure Giorno alzò un sopracciglio perplesso. Ne avevano visti di stand bizzarri nelle loro avventure, ma quello superava tutte le loro aspettative. Era fin troppo normale per essere uno stand!! Teen Spirit sembrava e si comportava proprio come un cane. Nulla faceva pensare che fosse in realtà più simile ai Sex Pistols e a Gold Experience che a un animale da compagnia.

-Quando l'ho visto per la prima volta- spiegò il giovane Zeppeli -pensavo fosse un cane-lupo perso da qualche turista o riccone. Ho chiesto in giro se era di qualcuno, ma non trovavo nessuno che lo riconoscesse. Poi ho iniziato a notare comportamenti anormali. Compariva e spariva anche quando gli era fisicamente impossibile farlo. Non sembrava soffrire la fame o la sete. Rispecchiava sempre il mio umore e capiva i miei pensieri. Riusciva a rintracciare cose o persone anche senza averle mai viste o annusate prima. Quando infine ho visto che riusciva a vedere Lithum, a differenza di mio nonno, e a interagirci, a differenza mia, ho fatto 2+2 e compreso che erano simili-

-Uno stand a ricerca automatica. Interessante- commentò Giorno.

-Invece il tuo può rendere intangibili oggetti e persone incluso sé stesso, giusto??- aggiunse rivolgendosi ad Alice.

-È così- confermò lei -Ma come avrete già notato, ha dei limiti piuttosto significativi. L'intangibilità dura finché Lithum rimane a contatto con l'oggetto e comunque non dura più di 5 minuti dalla prima attivazione-

-Sapessi quante volte è rimasta incastrata nelle pareti di casa- commentò Marco con tono vagamente divertito.

Alice scoccò un'occhiataccia al fratello prima di proseguire: -Ci voglio altri 5 minuti prima che possa riattivarla, ma capite bene che durante uno scontro quella pausa potrebbe essermi fatale. Per questo cerco di colmare questa mancanza con questa- e mostrò la pistola (come l'avesse recuperata nessuno lo sapeva) -e queste- e fece scaturire dalle mani delle Onde Concentriche.

-L'Hamon- disse Fugo.
-Lo conoscete??- chiese Alice stupita.

Fugo non disse nulla, ma usando la tecnica di respirazione scoperta a Miami fece scaturire delle fragili onde sulla sua mano. Ora fu il turno dei gemelli di restare stupiti.

-Anche tu le sai usare?!- esclamarono all'unisono -Come?! Da quando?!-

-Settimana scorsa. È stato un vecchio di nome Joseph Joestar a sbloccarmele. O sarebbe meglio dire che ha soltanto finito ciò che tu, Alice, hai iniziato con quel pugno nelle fogne-

-Ah okay- disse la ragazza per poi strabuzzare gli occhi ed esclamare: -Aspe'. Hai detto Joseph Joestar?!-

-Sì. Il vecchio compare di vostro prozio Caesar. Ci ha spiegato lui delle Onde e del raro fattore ereditario. È grazie a questo se siamo riusciti a trovarvi- spiegò Fugo chiarendo i dubbi dei gemelli.

-Capisco. Ma, perdonate la mia curiosità, come conoscete Joseph Joestar?? Non abita forse dell'altra parte del mondo??- chiese Marco.

Giorno trovò la domanda un po' insolita, ma decise comunque di rispondergli sinceramente. Ormai aveva capito che se voleva la loro fiducia e informazioni sincere, doveva dargliene a sua volta.

-Recentemente suo nipote mi ha contattato per discutere su certe questioni di famiglia. Così ho scoperto di essere loro parente. Anche se in modo alquanto… bizzarro. Ma è una storia decisamente troppo lunga per essere raccontata qui e ora-

Per un attimo sia Marco che Alice assunsero un'espressione strana come se avesse appena realizzato qualcosa.

-Che buffo. Sembra che le nostre famiglie siano destinate a incontrarsi ogni tot di generazioni- commentò poi Marco.

Giorno ebbe l'impressione che stesse nascondendo qualcos'altro, ma non indagò oltre. Aveva domande ben più importanti da porre. E così fece.

-Marco. Alice. Mi rendo conto che sia una questione personale e di non avere certo un'intimità tale da pretendere di sapere. Tuttavia desidero comprendervi almeno un po', quindi vorrei chiedervi il perchè. Perchè vi opponete alla Carboneria??-

In realtà Giorno aveva già una teoria in proposito grazie alle informazioni racimolate da Mista, ma voleva averne conferma da loro.

-Non serve mettere le mani avanti. Abbiamo derubato la vostra organizzazione e attirato qui dei nemici. Avete tutto il diritto di sapere il perchè. Ma vi avverto è una storia lunga- esordì Marco -Tutto ebbe inizio alla fine della seconda guerra mondiale. Nostro nonno Augusto sposò Ilaria Pastieri, figlia del proprietario di questo locale e così facendo ne divenne il titolare. Per i primi anni le cose andarono bene: gli affari erano fruttosi; la loro vita felice; loro figlio Livio, ovvero nostro padre, sano e forte… poi nel '57 arrivò lei-

Non fu necessario specificare di chi stesse parlando. Bastava anche solo nominare quell'anno fatidico per far riaffiorare nella mente dei napoletani il ricordo dell'Ombra Partenopea, la potente e spietata cosca mafiosa del clan Umbra che da quell'anno per quasi 40 anni aveva dominato il Mezzogiorno.

-L'Ombra iniziò a fare sempre più pressione sul locale per la protezione- continuò Marco -Nostro nonno cercò di accontentarli, anche se questo portò il locale sull'orlo del fallimento. Nel '65 la nonna si ammalò e non avendo soldi per curarla, morì. Questa fu la goccia che spinse nostro padre, appena quindicenne, ad agire. Seppur schifato dall'Ombra, si unì a essa e ne scalò la gerarchia per poter levare tutta quella pressione economica dal locale e salvare il nonno. Sfruttando la sua posizione e influenza, cercò di aiutare anche altri nella sua stessa situazione. In quel periodo conobbe anche nostra madre, Medina Valsesia, pure lei immischiata in quegli affari più per sopravvivenza che per vocazione. Nostro padre sperava un giorno di poter raggiungere un'influenza tale da cambiare l'Ombra dall'interno, ma poi arrivò il '72 e con lui la faida con la Carboneria-

-La guerra del Tirreno…- disse Fugo con un filo di voce.

Nessuno dei cinque l'aveva vista iniziare e quando era finita, nel '92, erano poco più che bambini. Tuttavia avevano sentito nelle voci di chi l'aveva vissuto la paura che aleggiava nelle strade in quel periodo; avevano sperimentato, seppur per poco, il terrore di ritrovarsi nel luogo sbagliato nel momento peggiore e di rimanere uccisi.

-I nostri genitori ne furono coinvolti, a loro malgrado. E purtroppo nessuno dei due visse abbastanza a lungo per vederne la fine…-

Il ragazzo si rabbuiò. Il ricordo di quel giorno, riportato a galla nel precedente scontro, era ancora fresco, troppo per riuscirne a parlare. La sorella intuì il suo stato d'animo e decise di continuare al suo posto.

-23 settembre 1985. Non avevamo nemmeno due anni. Nostro nonno lo scoprì tramite Tg. La loro auto era sbandata e una fuoriuscita di benzina aveva provocato un incendio. All'arrivo dei soccorsi non c'era più nulla da fare-

-Ci dispiace- disse Giorno.

-Tranquillo. È successo molto tempo fa- rispose Alice anche se era evidente che il tempo trascorso non aveva affatto cancellato il dolore -Fu nostro nonno a prendersi cura di noi dopo quell'incidente. Non fu facile. Nonostante gli anni di servizio dei nostri genitori, l'Ombra non fu magnanima con noi. La gente aiutata da loro un po' di più, ma questo non bastò. Fin da piccoli siamo stati costretti a rubare per strada e a lavorare nel locale. Nostro nonno avrebbe tanto voluto che andassimo a scuola; anche a noi sarebbe piaciuto, ma non fu possibile. Nemmeno nel '92, quando l'Ombra si sciolse e Passione divenne la nuova padrona di Napoli, le cose cambiarono. Nonostante Passione ci avesse promesso il contrario-

Alice pronunciò quell'ultima frase stizzita e strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche. Marco le appoggiò una mano sopra come per calmarla. Sembrò riuscirci poiché la bionda distese le dita.

-La situazione cambiò 4 anni fa quando trovammo per caso un vecchio quaderno di nostro prozio Caesar con tutti gli appunti sulle Onde Concentriche. Lo leggemmo estasiati e scoprimmo di possederle anche noi. Così iniziammo ad allenarci da autodidatti e nel giro di un paio di anni riuscimmo a padroneggiarle anche discretamente, se mi posso sbilanciare-

Si lasciò scappare un mezzo sorriso, ma durò il tempo di un soffio.

-Non passò molto tempo prima che il nonno lo scoprisse. Non ne fu particolarmente contento e considerando che lo zio è morto proprio in quanto guerriero delle Onde, be', non lo biasimo. Ci lasciò fare, a patto che fossimo prudenti. Dopo un po' decidemmo di indagare sulla morte dei nostri genitori. C'era qualcosa che non ci tornava in quella storia, specie sapendo in che tipo di organizzazione lavoravano. Per lo stesso motivo, abbiamo cercato di agire fin da subito in incognito. Non potevamo rischiare che un nostro errore decretasse la morte anche del nonno. Non se lo sarebbe meritato. Prendemmo ispirazione dai nostri cari fumetti e diventammo Harley e V. Poi gli sbirri ci scambiarono per Arlecchino e Pulcinella, ma questo è un dettaglio irrilevante.
Rubammo alla polizia i fascicoli sul caso e scoprimmo che sul posto erano stati ritrovati dei bossoli e ferite da arma da fuoco sui… corpi…-

-Omicidio camuffato da incidente. Tipico della mafia- affermò Fugo.

-É quello che abbiamo pensato anche noi- concordò Alice -Cercammo ulteriore conferma e dopo un paio di furti la trovammo: la Carboneria aveva… ordito la morte dei coniugi Zeppeli-

Alice si ammutolì e un silenzio di ghiaccio cadde sul tavolo.

I tre ragazzi di Passione ne avevano sentite tante di storie su famiglie distrutte dalla mafia, ma ciò non gli impedì di dispiacersi e al contempo indignarsi non solo per i gemelli, privati dell'infanzia per capriccio di due potenti senza scrupoli, ma anche per gli stessi Livio e Medina, che avevano perso la vita in una guerra a cui non volevano nemmeno partecipare. Gli tornarono in mente tutte quelle persone innocenti che, a causa di quelle organizzazioni egoiste, avevano perso la vita o gli era stata distrutta. Trish Una; Bucciarati e suo padre; la famiglia Corrà; i Ferrù e Dio solo sa quante altre.

-Noi sappiamo che uccidere quegli assassini non riporterà indietro né loro né la nostra infanzia. E sappiamo anche che tutto quello che abbiamo fatto sia contro le leggi di Stato- disse Marco con il muto sostegno di Alice -Ma non riusciamo proprio a stare fermi a guardare mentre la Carboneria continua a spassarsela calpestando vite innocenti. Non riusciamo e non lo vogliamo. Per questo siamo qui. Per questo noi stiamo combattendo-

Giorno osservò attentamente i due fratelli e si rese conto di un fatto a dir poco eccezionale: la determinazione nei loro occhi non era dettata dal mero rancore nei confronti della Carboneria. C'era anche quello, ma era stato messo in secondo piano. Era un preponderante senso di giustizia che illuminava i loro occhi. Non mentivano quando sostenevano di non voler solo vendicare la loro famiglia. Volevano davvero distruggere il sistema e dare giustizia a chi era stata negata. Quei due ragazzi erano puri e di buon cuore. Perciò non ebbe alcuna esitazione nel porgli quella domanda. Una domanda che avrebbe tanto voluto fargli già dal loro primo incontro.

-Marco. Alice. Che ne dite di unirvi a Passione??-

Autrice time
Un po' di background non guasta mai. Ovviamente tutta la storia sull'Ombra e sulla Carboneria è una mia invenzione così come le due organizzazioni.

Spero vi sia piaciuto il capitolo. Ci vediamo al prossimo con la risposta dei gemelli e qualche altra chicca.

Ciau, Giuly♡

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Capitolo 14
*** Storia di una famiglia sfortunata (parte 2) ***


La proposta colse totalmente alla sprovvista i gemelli che per un primo momento rimase a fissare Giorno senza dire nulla con occhi sgranati e bocche spalancate.

-Entrare in Passione?? Noi??- ripeté Alice indicando se stessa e Marco.
-Vedi altri Marco e Alice in questa stanza??- domandò retorico Giorno.
-Ma vi abbiamo derubato e attaccato…-
-Avevate le vostre ragioni-
-E siamo nel mirino della Carboneria…-
-Un motivo in più per collaborare. L'eliminazione della Carboneria rientra nei nostri piani da ben prima che arrivaste voi. E poi quell'uomo è stato chiaro: la Carboneria vuole farci fuori. O meglio ha sempre voluto farlo per avere così la strada libera per conquistare l'Italia intera. Ma la Guerra del Tirreno l'ha indebolita più del previsto e con l'emergere di Passione non ha avuto altra scelta che scendere a patti. Ora, però, le cose sono cambiate-

-Quindi ci sarà un'altra guerra??- chiese Marco. Percependo l'angoscia del portatore Teen Spirit balzò in piedi mettendosi sulla difensiva. 

-Ho paura di sì. Lo scontro non può essere evitato- sentenziò Giorno -Tuttavia Passione ha già un piano per rendere la guerra meno lunga e devastante della precedente-

La fermezza nella sua voce sembrò rassicurare sia Marco che di riflesso il lupo-stand che sebbene ancora guardingo tornò a cuccia.

-Giorno. Mista. Fugo- esordì Alice -Oggi ho avuto la conferma che siate delle brave persone con ideali nobili e per questo vi rispetto profondamente…-

-Ma...??- chiese Mista percependo del dubbio nella sua voce.

-... ma non posso dire lo stesso del nuovo boss- continuò lei -Anche la precedente Passione si è presentata come gentile e virtuosa e abbiamo visto com'è finita. Non ho la garanzia che il nuovo Boss sia diverso dal suo predecessore. Quindi mi dispiace, ma non posso proprio accettare-

-Non devi scusarti. Hai ragione- disse Giorno -Ma mettiamo caso che lo incontrassi e appurassi essere una brava persona, saresti più propensa ad accettare??-

-GioGio- lo ammonì Fugo allarmato da quelle parole.

-Be'... sì. Credo di sì- disse Alice un po' sorpresa dalla domanda -Ma dubito che il nuovo Boss si presenti qui in questo modesto locale per incontrare dei poveri comuni mortali come noi-

-L'ho appena fatto- affermò Giorno.

Alice batté le palpebre un paio di volte mentre il suo cervello processava quella risposta. Una volta realizzato sgranò gli occhi così repentinamente che Giorno temette gli sarebbero usciti dalle orbite.

-CO-COS-COSA?!! TU SEI IL NUOVO BOSS DI PASSIONE?!!- urlò incredula scattando in piedi e facendo rovesciare la sedia.

-Vuoi urlare un altro po' così che ti sentano pure a Milano, razza di idiota?!- domandò retorico Fugo, puntandogli una forchetta contro la guancia.

La ragazza si rese conto di aver un tantino esagerato e pigolò uno -Scusa-. Giorno e Mista posarono ognuno una mano sulle spalle del ramato, costringendolo ad abbassare l'arnese. Marco gli lanciò un'occhiata inquisitore, ma più che arrabbiato o preoccupato per la sorella, sembrò incuriosito da quella improvvisa reazione di Fugo.

Nel mentre Alice si ricompose un attimo prima di parlare nuovamente.
-Scusatemi. È solo che mi aspettavo qualcuno come Don Vito Corleone a dirigere Passione, non un aitante venticinquenne con il volto di un angelo-

-Spiacente, ma non sono siciliano. E comunque sono nel '85- rispose Giorno un po' divertito dalla sua reazione.

-Dell'85?? Aspe'. MA QUINDI HAI SOLO 16..?!- urlò la bionda prima che Marco gli tappasse la bocca per salvaguardarla dall'altra forchettata.

-Cosa non hai capito di non urlare come un'ossessa?!- sbottò infatti il ramato che non la colpì con le posate solo perchè Mista gliele aveva sequestrate.

-Ma perchè siete tutti così sorpresi dalla mia età??- domandò sinceramente stupito il biondo -Okay, non è la prassi. Ma tutti i Don sono stati giovani a loro tempo-

-E ti devo ricordare che avevamo la sua stessa età quando siamo diventati Harley e V- aggiunse Marco rivolto alla sorella.

Lei si tolse la sua mano dalla bocca ed esclamò (stavolta con tono contenuto): -C'è differenza tra diventare dei ladri e dirigere una cosca mafiosa-

-Come ci sei riuscito??- domandò a Giorno.

Il ragazzo allora decise di narrargli tutta la storia, dal suo sogno del cassetto fino alla sconfitta di Diavolo con di tanto in tanto degli interventi e precisazioni di Mista e Fugo. I gemelli lo ascoltarono attentamente, senza fiatare e man mano che il racconto proseguiva, i loro occhi si riempirono di meraviglia, pensando all'enorme coraggio e forza di volontà messa in campo da quel gruppo di loro coetanei per fronteggiare la mafia e il destino.

"Sono ragazzi a dir poco straordinari. Soprattutto lui" pensò Marco riferendosi a Giorno "Quindi è questo ciò che i miei avi hanno visto nei Joestar. Un cuore nobile e un'aurea gentile. Be'… se le cose stanno così, se è vero che non si può sfuggire al destino, allora…"

-Accetto- annunciò non appena Giorno smise di parlare, lasciandolo un attimo di stucco -Ero già tentato prima, ma ora ne sono completamente convinto. Mi unirò a Passione e vi darò una mano a distruggere la Carboneria e realizzare il vostro sogno-

Giorno sorrise soddisfatto, per poi voltarsi verso Alice in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.

-E va bene. Vi darò anch'io una possibilità- disse -Quindi cosa possiamo fare per voi, Boss??-

-Prima cosa: non chiamatemi Boss e non datemi del voi. Mi fate sentire vecchio. Datemi del tu e chiamatemi solo Giorno. O GioGio. Come preferite- disse Giorno -Secondariamente mi piacerebbe vedere i documenti che avete confiscato alla Carboneria-

-Certo. Sono sopra. Te li porto subito- disse Alice alzandosi. I ragazzi si aspettarono che uscisse dalla stanza per prendere le scale e invece si allontanò leggermente per poi prendere la ricorsa e usando le mani intrecciate del fratello come appoggio, saltare verso il soffitto che attraversò grazie a Lithum.

-Fate sempre così??- domandò perplesso Fugo.

-Spesso- affermò Marco -La prima volta è rimasta incastrata nell'intercapedine. Ho seriamente temuto che si spaccasse a metà, ma ha semplicemente sgambettato come una pazza e imprecato per i seguenti 5 minuti. Devo dire che è stato esilarante- concluse l'aneddoto con un sorriso divertito.

-Tu e Alice siete molto diversi, almeno caratterialmente- notò Giorno.

-Dici??- si stupì lui.

-Tu sei molto più pacato. Non sembravi nemmeno più di tanto sorpreso dalla mia rivelazione. Come se già lo sapessi…-

-Oh. Era qui che volevi andare a parare- realizzò -Be'. Più che saperlo, l'avevo intuito. Diciamo che ho una specie di talento nel "leggere" le persone e percepire i pericoli. Anche mio padre aveva questo "dono"-

Il ragazzo si intristì improvvisamente.
-Lui aveva capito che quel giorno lui e la mamma sarebbero morti. Aveva capito anche se io e Alice fossimo andati con loro avremmo fatto la stessa fine. Ma ha deciso comunque di andare incontro alla morte. Forse se non ci fossimo stati noi, avrebbe pensato in termini più egoistici e... chissà, magari si sarebbero salvati entrambi-

Giorno ebbe nuovamente la sensazione che ci fosse qualcosa sotto, ma prima che potesse chiedere qualcosa l'altro biondo esclamò: -Pacco in arrivo-

Si alzò e messosi sopra una precisa piastrella, spalancò le braccia prese al volo una scatola di cartone piena zeppa di fogli.

-Avete rubato così tanta roba??- si sorprese Mista.

-Be'... siamo per metà napoletani- ironizzò lui appoggiandolo sul tavolo -E non è nemmeno l'unico…-

Infatti dal soffitto ne cadde un altro (sempre preso al volo da Marco) seguito da Alice.

-Spero che vi piacciano le faccende burocratiche perchè qui ce n'è di lavoro da fare- disse lei.

Il quintetto trascorse il resto del pomeriggio a leggere carte (anche se di questa attività se ne occuparono principalmente Giorno, Mista e Fugo, visto che i gemelli e Marco specialmente erano in difficoltà), visionare file e confrontare le informazioni. Il buio però li sorprese a metà dell'opera, ragion per cui decisero di darsi appuntamento il giorno dopo per terminare il lavoro. Da quel giorno il destino di Giorno Giovanna, Guido Mista e Fugo Pannacotta si intrecciarono inesorabilmente con quelli di Marco e Alice Zeppeli.

***

-Quindi il ragazzo biondo è un Joestar??- domandò Augusto a bruciapelo mentre sistemava la sala da pranzo insieme ai gemelli dopo che il trio di Passione se n'era andato.

Alice e Marco non si stupirono più di tanto per quella domanda. Dopotutto Augusto Zeppeli era rinomato per l'udito finissimo.

-A quanto pare- rispose vagamente la prima.

-Però non gli avete detto niente- li incalzò il vecchio.

-Non ci avrebbe permesso di aiutarlo altrimenti- ribatté il secondo -E poi non credo che le cose sarebbero cambiate. Non importa che tu ne sia consapevole o meno. Non si può scappare dal destino-

-Già- sospirò l'anziano e i suoi pensieri andarono immediatamente indietro nel tempo fino a quel giorno, quel maledetto giorno in cui aveva scoperto la più crudele delle verità…

Napoli, 13 ottobre 1936

Augusto ne aveva visti di temporali violenti nella sua breve vita, ma quello che aveva davanti quella sera li surclassava tutti. Sembrava che il mare e il cielo fossero adirati contro la terra e la volessero percuotere con tutta la loro violenza.

-Almeno non ci potremmo più lamentare della siccità- cercò di sdrammatizzare Ilaria porgendogli un cappotto scuro e un cappello a tesa larga -Sta attento lì fuori, Augusto-

Il ragazzo annuì e imbacuccato uscì a chiudere tenda e gazebo prima che la tempesta se li portasse via.  

Nel mentre non poté fare a meno di chiedersi dove fossero suo padre Mario e suo fratello Caesar in quel momento. Un tempo la loro famiglia era numerosa e unita. Vivevano nel centro storico dove suo padre aveva una falegnameria e una bottega d'artigianato che gestiva insieme a sua madre Erica; i soldi non mancavano e lui e i suoi fratelli potevano permettersi di giocare spensierati. Ma poi suo padre scomparve misteriosamente; la tubercolosi colpì l'intera famiglia portandosi via sua madre e tutti i suoi fratelli eccetto Caesar; infine un parente li derubò, lasciando da soli per strada. Per un po' Caesar e Augusto rimasero insieme, ma la deriva violenta del primo e le diverse opinioni sul ruolo di loro padre nell'intera faccenda ne causò la separazione da quest'ultimo. Augusto ebbe la fortuna di incontrare poche settimane dopo Antonio Pastieri e sua figlia Ilaria che gli avevano offerto vitto e alloggio nel locale che avevano appena inaugurato. Da due anni a quella parte viveva e lavorava lì e se da una parte era contento di aver ritrovato una certa stabilità, dall'altra era angosciato dal non avere più notizie certe dei suoi parenti.     

-Dio, ti prego. Fa che papà e Caesar siano al sicuro e all'asciutto. Almeno tu che puoi, veglia su di loro- pregò finendo il suo lavoro. Ma mentre stava per rientrare, qualcuno gli andò a sbattere addosso. Augusto istintivamente lo afferrò prima che cadesse a terra e vide così che si tratta di una donna sulla trentina dall'incarnato scuro, i capelli mori e gli occhi verde smeraldo. Indossava un lungo abito viola sgualcito e completamente fradicio ed era anche visibilmente spaventata. Augusto, senza pensarci troppo, la portò dentro.

-Ilaria. Prendi una coperta- ordinò alla sua compagna. Nemmeno lei ebbe esitazioni, ma mentre copriva la poveretta, intravide dalla finestra degli uomini con una divisa inconfondibile.

-L'OVRA- mormorò e la donna in viola rabbrividì.

-Vi prego. Non lasciatemi a loro- bisbigliò mentre gli uomini batterono due colpi alla porta.

Augusto e Ilaria si lanciarono un'occhiata di intesa e subito la ragazza accompagnò la donna nel seminterrato mentre Augusto aprì ai poliziotti.

-Buonasera. Posso esservi utile??-

-Stiamo cercando una pericolosa criminale- disse uno di loro -Una zingara mora, completamente vestita di viola-

Augusto, esibendosi nella sua miglior poker face, fece finta di pensarci su.
-Una donna in viola… Sì, credo di averla intravista pochi attimi fa. É sparita di là- disse indicando una stradina -Mi dispiace, credevo fosse solo una poveretta che stava rientrando a casa. Se solo avessi saputo che fosse una sporca gitana, l'avrei fermata immediatamente-

-Non preoccuparti, ragazzo. Ci penseremo noi. Grazie della collaborazione- rispose l'altro e fatti i doverosi saluti se ne andarono. 

Il ragazzo chiuse la porta e sputò a terra. Odiava doversi mostrare gentile e servizievole nei confronti di quei luridi fascisti, ma se ci teneva alla pelle sua e dei Pastieri non aveva altra scelta. E poi così facendo, le possibilità che qualcuno venisse a sapere che stava aiutando i "nemici della patria" era molto limitate.

Diede l'okay a Iliara che risalì con la signora. Si spostarono in cucina dove le diedero cibo e vestiti caldi.

-Vi ringrazio di cuore. Mi auguro che non avervi messo in pericolo- disse lei dopo essersi saziata.

-Non si preoccupi. Non è la prima volta che lo facciamo- la rassicurò Augusto -La cercavano perchè gitana??-

-Non solo. Ho predetto la morte di Mussolini-

-Predetto??- ripeté stupita Ilaria.

-Sì. Discendo da una famiglia di chiaroveggenti e ho ereditato il dono di vedere nel futuro. Il nostro carissimo duce è venuto da me per sapere della sua sorte e io gli ho detto…-

Si schiarì la voce e con la stessa solennità del papà quando diceva l'angelus disse:
-"Gioisci ancora per poco, serpe portatrice di violenza, perché al quarto mese del lustro sanguinario la morte verrà a reclamare la tua lurida e nera anima e il tuo sangue verrà versato come tributo ai giovani guerrieri che hai sacrificato"-

I due ragazzi rimasero stupiti dalla serietà con cui ella pronunciò quelle parole. Inizialmente era convinti che li stesse prendendo in giro, ma quello unita a quanto quelle parole fossero pericolose da dire, soprattutto di fronte all'uomo più potente d'Italia li fecero dubitare che fosse tutta una farsa. 

-...e lui mi ha sguinzagliato contro i suoi cani come segno di ringraziamento- finì di spiegare lei con amara ironia.

-A tal proposito, meglio se me ne vada-

-Con questa tempesta??- si preoccupò Ilaria.

-Terminerà entro mezzanotte- affermò decisa lei -E prima di allora devo essere fuori dalla città-

Augusto guardò l'ora: erano le 23.45. Dubitava fortemente che il temporale finisse nel giro di 15 minuti, ma non volle contestare la donna.

-Io non ho molto da offrire per sdebitarmi- disse lei -Ma se lo desiderate, posso vedere nel futuro e dirvi cosa vi aspetta-

Ilaria e Augusto si guardano nuovamente e accettarono. Dopotutto che avevano da perdere. La donna li prese per mano e chiuse gli occhi. Quando li aprì erano passati dal verde al grigio nebbia. Predisse a entrambi un felice matrimonio e un figlio sano e amorevole, ma a un certo punto si ammutolì.

-Che succede??- chiese Augusto.

La donna si voltò verso di lui e gli chiese: -Ho visto qualcosa di terribile che riguarda te e la tua famiglia. Posso raccontartelo se lo desideri, ma se fossi in te eviterei. Certe cose forse è meglio non saperle-

Augusto, sebbene turbato, gli chiese di parlare e lei con sguardo rammaricato annunciò:

-"La tua stirpe è maledetta, ragazzo. Tempo fa il tuo avo ottenne il potere del Sole per sconfiggere l'oscurità abbattutasi sulle terre di Albione. Si immolò per un giovane con una voglia a stella, ma la Morte non fu soddisfatta e da allora reclama l'anima di tutti i primogeniti. Suo figlio morirà per salvare il nipote e quest'ultimo si sacrificherà a sua volta per l'erede della stella. E così continuerà ad accadere finché, sotto le stelle dell'animale mortale, nascerà un primogenito la cui scelta decreterà la fine della maledizione o dell'intera stirpe"-

-M-Ma cosa??- domandò spaventato Augusto, mentre gli occhi della donna tornarono del loro colore originale.

-Mi dispiace. Avrei voluto dirti parole più felici- mormorò dispiaciuta -Devo andare adesso-

Senza dire nulla Augusto la condusse alla porta sul retro. Lei uscì e scomparve nella notte e dalla vita del ragazzo. Augusto tornò poi in cucina e si sedette, tirandosi le ginocchia al petto.

-Sta tranquillo. Figurati se è vero. Sarà una di quelle fattucchiere tanto fumo e niente...- tentò di rassicurarlo Ilaria.

-Mio nonno è stato assassinato in Inghilterra dopo essere stato per un periodo in Tibet a imparare un'antica tecnica di combattimento- la interruppe lui -E poi ha smesso di piovere-

Lei guardò fuori e si rese conto che aveva ragione: erano le 23.58 e il temporale era finito.

***

-Non moriremo- affermò Alice riportando Augusto nel presente -Io e Marco siamo nati il 5 novembre, sotto il segno dello Scorpione. Uno di noi è il prescelto per spezzare la maledizione…-

-...o a causare la fine degli Zeppeli- ricordò cupo l'anziano.

Alice non potette che annuire e sprofondare nel silenzio. Augusto non voleva spezzarle così il morale, ma ormai non riusciva più a vedere una via d'uscita positiva in quella situazione. Non dopo il sacrificio di suo padre per salvare Ceasar. Non dopo la morte di quest'ultimo a favore di Joseph Joestar. E non dopo l'assassinio di suo figlio, mutamente accettato da quest'ultimo per salvaguardare i gemelli. 

La sua famiglia era condannata a non essere felice. Lui era condannato a non essere felice.

-Io non so cosa mi aspetta in futuro- disse a un certo punto Marco, rompendo il silenzio -Non so se morirò per Giorno, se condannerò tutti noi oppure no. E, sapete, non mi importa. Tutti devono morire prima o poi. È la nostra unica certezza. Ma non è una scusa per chiudersi in una bolla e non fare nulla. La vita va vissuta al meglio per quanto breve possa essere. E io voglio viverla cercando di fare qualcosa di buono e giusto. Ed è così che voglio morire-

Alice annuì e Augusto guardandoli vide nei loro occhi la stessa determinazione e fierezza di suo figlio Livio e di suo fratello Caesar. Si ritrovò a sorridere malinconicamente, ma anche a sperare che sua nipote avesse ragione. Che loro sarebbero sopravvissuti. E che quella maledizione sarebbe stata spezzata proprio da uno di loro.

Autrice Time
Questo capitolo doveva uscire ieri a Pasqua, ma me ne sono completamente dimenticata. Dannato capretto che mi ha fatto venire l'abbiocco. 

Comunque sì, una maledizione. Che originalità!! Ma si sa che gli Zeppeli hanno sfiga, quindi perchè non renderlo ufficiale. E con questo capitolo si conclude il chilometrico incontro tra il nostro caro trio di Passione (ormai è il loro soprannome ufficiale) e i gemelli. Come procederà la guerriglia tra Passione e Carboneria?? Qual è il piano di Giorno?? E i gemelli riusciranno a spezzare la maledizione?? Tutto questo nei prossimi capitoli. Ci vediamo.

Ciau Giuly♡

PS. Tra l'atro ho scoperto che i nati sotto il segno dello scorpione sono misteriosi, istintivi, tenaci, passionali, ribelli, vendicativi e con ottime capacità intuitive... Giuro che non era voluto!!

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Capitolo 15
*** Orgoglio e perdono ***


Napoli, 2 maggio 2001

Trish odiava svegliarsi presto la mattina per andare a scuola, specie se ad attenderla c'era una bella verifica di chimica da fare. Purtroppo non poteva permettersi di saltarla perciò sbuffando si alzò e si preparò.

Una volta uscita, vide la porta dell'appartamento di Mista, a pochi passi dal suo, socchiusa e decise di entrare un attimo a controllare la situazione. Come ormai era diventata l'abitudine, trovò il castano appisolato sul tavolo della cucina.  Lì accanto riconobbe la testa ramata di Fugo e poco più in là una bionda che suppose essere Alice Zeppeli, l'eccentrica ladra autodidatta di cui le aveva parlato Mista nonché una delle nuove reclute di Passione. Dovevano aver discusso fino a tarda notte di questioni riguardanti Passione, un evento che si ripeteva sempre più di frequente specie dopo lo scoppio della faida con la Carboneria.

Trish non conosceva tutti i dettagli, ma aveva scoperto che c'erano stati diversi scontri fuori regione nelle ultime settimane, specialmente in Lazio, Toscana, Sardegna, Emilia e Sicilia. Mista e Fugo le avevano spiegato che nei precedenti accordi quelle 5 regioni erano state dichiarate "neutre", perciò nessuna organizzazione doveva svolgere affari lì (almeno nella teoria). Ma con la rottura degli accordi era partita anche una "corsa al territorio". Le prime tre e la parte ovest della quarta erano cadute in mano alla Carboneria, mentre Neo-Passione si era presa la quinta e la metà orientale della quarta.

-La Carboneria controlla anche Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino e Umbria. Noi, invece, abbiamo Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria, Veneto, Friuli e Marche. È a tutti gli effetti uno scontro tra Nord e Sud, la parte industrializzata contro quella "arretrata"- aveva commentato Mista in uno dei suoi momenti da "intellettuale".

La ragazza sorrise a quel ricordo prima di scuotere il suddetto per svegliarlo.

-Ancora cinque minuti, Fugo- mugolò il castano nel sonno.

-Guarda che è Trish, deficiente- puntualizzò il ramato ridestandosi per poi dare un colpo alla spalla della bionda. 

La ragazza si svegliò stropicciandosi gli occhi e facendo un grosso sbadiglio.

-Buongiorno. Che ore sono??- chiese con la voce impastata.

-Le 7.30- rispose Trish mentre prendeva la caffettiera -Volete del caffè??-

-Anche due- rispose Mista sbadigliando -Madonna mia che sonno-

-Forse dovreste prendervi una pausa- disse la rosa -È da giorni che vi vedo fare le ore piccole-

-Siamo in guerra. Non possiamo permettercelo- ribatté Fugo.

-E come pensi di poter elaborare strategie efficaci addormentato sul tavolo??- rispose lei.

-No, ti prego. Almeno tu risparmiaci la ramanzina. Già c'è GioGio che…- la supplicò Alice prima di venire interrotta da un rumore di cocci infranti. Trish aveva rotto una tazzina.

-Scusate. L'ho stretta troppo- disse stizzita.

Alice intuì di aver toccato un tasto dolente e si acquietò. Lo stesso non fece Fugo. 

-Per quanto ancora vuoi continuare così??- domandò seccato alla rosa.

-Fugo...- lo ammonì Mista ricevendo solo un'occhiataccia di rimando.

-Così come??- chiese lei per quanto sapesse già.

-Come se fosse stato lui a rovinarti la vita- disse lui -Perchè non gli dai un'altra possibilità?? L'hai fatto con me che ti ho abbandonato al tuo destino senza pensarci due volte-

-Tu non mi dovevi nulla. Non avevamo legami e sei stato coerente. Lui invece mi ha mentito e usato!!-

-Lui ti ha protetto!! E lo sta facendo anche ora!! Possibile che non te ne sia accorta?!- 

La ragazza fece per ribattere, ma l'occhio le cadde sull'orologio, scoprendo così di essere in ritardo.

-Merda!! Devo andare!!- esclamò raccattando la borsa e uscendo tra le proteste di Fugo. 

Marciò da sola per diversi minuti prima di essere raggiunta da Mista.

-Sei anche tu qui per convincermi a fare la buona cristiana e perdonare a destra e manca??- chiese tutta irritata.

-Volevo solo accompagnarti. Napoli non è più un posto sicuro- rispose lui pazientemente.

Passò diverso tempo prima che ella si calmasse e realizzasse quanto fosse stata scortese e infantile.

-Mi dispiace per la tazzina… e per la scenata- si scusò.

-Tranquilla. Ormai ci ho fatto il callo- gli rispose il castano.

-Tu credi che dovrei dargli un'altra occasione??- gli domandò improvvisamente.

Il ragazzo ne rimase sorpreso. Non si aspettava una domanda del genere da lei. Non sapeva se rispondergli sinceramente o dirgli quello che avrebbe voluto sentirsi dire. Alla fine optò per un misto delle due.

-GioGio non è una persona cattiva, ma è un essere umano e come tale commette errori o non nota come certe azioni possono ferire gli altri. In questi casi è importante chi è nel torto se ne renda conto e cerchi di rimediare. Se ritieni che lui l'abbia fatto, allora credo che un'altra occasione se la meriti-

Trish fece per dire qualcosa ma, ormai arrivati al cortile della scuola, sentì la campanella suonare in lontananza. Imprecando si precipitò in classe. Fortunatamente riuscì a varcare la porta dell'aula nell'esatto istante in cui veniva chiamata all'appello, ma per via dell'affanno inciampò nei suoi stessi piedi. A impedirle una rovinosa caduta fu uno dei suoi compagni che l'afferrò al volo. Trish fece per ringraziarlo, ma quando lo vide in volto, si chiese come fosse possibile che su 25 presenti in aula il suo salvatore dovesse essere proprio lui.

-Tutto bene??- le chiese Giorno preoccupato mentre la raddrizzava.

Trish non seppe cosa dire. Una parte di lei voleva semplicemente annuire e ringraziare; l'altra parte, invece, lo voleva mandare a fanculo. Rimase lì impalata e muta finché la Mazzetti non li mandò entrambi al posto e iniziò a distribuire la verifica.

Le successive due ore trascorsero nel silenzio totale. Ma mentre la testa (della maggior parte) dei suoi compagni era concentrata sulla verifica, quella di Trish faceva ping-pong tra le domande e Giorno Giovanna.

Una parte di sé sapeva che Fugo avesse ragione. Aveva visto con i suoi stessi occhi quanto Giorno tenesse al gruppo e quanto fosse addolorato per la morte dei compagni. Aveva visto il suo impegno e la sua risolutezza nel salvarsi, arrivando addirittura a tagliarsi entrambe le mani per eliminare Notorius BIG o a trafiggersi con la freccia, non certo che sarebbe sopravvissuto al processo. L'aveva visto, eppure non riusciva a perdonargli tutte quelle menzogne, di aver approfittato di lei per avvicinarsi a suo "padre" (se mai si potesse chiamare un uomo come Diavolo padre), di aver convinto Bucciarati a compiere quella follia che l'aveva ucciso. Ma soprattutto (e di questo se ne rendeva conto pure lei) non voleva ammettere di essere lei nel torto. Per questo non l'aveva ancora perdonato.

Con la coda dell'occhio lo guardò. Era chino sul banco, la treccia bionda poggiata sulla spalla, gli occhi verdi trasudanti di concentrazione e la mano destra intenta a scrivere incessantemente. In quel momento sembrava un ragazzo come altri, non un ex- ladruncolo di strada e tantomeno un boss mafioso.

"E pensare che è un bel ragazzo" si ritrovò a pensare "Ma che stai dicendo, Trish?! Concentrati. Vuoi mica prendere 2?!" e tornò sulla verifica.

Al termine dell'ora tutti consegnarono (o furono costretti a farlo) e si spostarono in palestra per l'ora di educazione fisica.

-Com'è andata??- chiese Elena Corrà a Trish. Le due, nonostante il carattere schivo della prima e gli atteggiamenti un po' snob della seconda, avevano sviluppato una bella intesa, alimentata dall'essere le uniche in classe (e nella scuola) a non sbavare dietro Giorno.

-Bene... credo- le rispose la rosa con lo sguardo impegnato altrove. La moretta lo seguì e vide che era puntato su Giorno che stava entrando nello spogliatoio maschile insieme al cugino Max.

-Forse dovresti parlargli- azzardò lei entrando in quello femminile.

-Non ho niente da dirgli- le rispose Trish seguendola.

-A me sembra il contrario- insistette lei.

-Non... non voglio affrontarlo- ammise infine la rosa.

Elena si risistemò gli occhiali sul ponte del naso, mossa che faceva ogniqualvolta iniziava un discorso importante.

-Sai, quando ho perso mio padre e mio zio, ho provato diverse cose. Dolore, tristezza, rabbia, ma soprattutto impotenza. Me li avevano portati via e io non avevo potuto fare nulla per impedirlo. Per colmare quella frustrazione iniziai a odiare anche il collega poliziotto che era con loro al momento della sparatoria. Ricordo che ai funerali gli avevo urlato che era tutta colpa sua, che doveva esserci lui in quella bara. Solo col tempo mi resi conto di quanto fossi stata ingiusta e immatura. L'anno seguente lo rincontrai al cimitero. Abbiamo parlato. Lui mi ha chiesto scusa e io ho fatto altrettanto. E mi sono sentita meglio. Più libera e serena…-

Trish l'ascoltò, rimanendo stupita dalla fermezza con cui parlava di quegli eventi, come se ormai non facessero più male. Sapeva quanto fosse dolorosa la perdita di un proprio caro. Lei stessa non riusciva ancora a parlare di sua madre senza mettersi a piangere. Da mesi non cantava più perchè farlo le ricordava lei e le faceva male. Si chiese se mai un giorno ci sarebbe riuscita.

Mentre raggiungevano il campo dove un gruppo di ragazzi giocava a calcio, la rappresentante continuò: -Io non so cosa sia successo tra te e Giorno e non so nemmeno se quello che è accaduto a me varrà pure per te. Ma so che affrontare una situazione sia mille molto meglio che evitarla. Trish, il rancore nuoce più del lutto. Perciò te lo chiedo per il tuo stesso bene. Chiudi i conti con il passato, perdona se puoi e vai avanti-

La rosa si fermò frastornata dalle parole di Elena. La conosceva abbastanza da sapere che non diceva le cose quasi mai cose a caso o prive di logica. Ma lei poteva davvero farlo? Rimase a rimuginare su quella domanda così intensamente che quando sentì l'avvertimento di Elena fu troppo tardi.

Una palla di cuoio le arrivò dritta sul naso, facendola barcollare e gemere dal dolore. 

-Oddio!!- esclamò Elena cingendole le spalle con il braccio per sorreggerla mentre ella si teneva il naso con entrambe le mani.

Il prof accorse e, una volta assicuratosi che non ci fosse nulla di rotto, chiese a Elena di portarla nel ripostiglio e dargli del ghiaccio. Poi si voltò verso Massimo, autore del misfatto, per dargli una sonora strigliata.

Arrivate nella stanzetta, Trish si sedette e una volta ricevuto il ghiaccio vi affondò la faccia alla ricerca di sollievo.

-Speriamo non si gonfi- disse Elena.

-Già. Altrimenti sarà la volta buona che ammazzo tuo cugino- mugolò Trish in risposta.

-Povero lui. Già Vecchi non ci andrà giù leggero. Se ti ci metti pure tu dovrò raccoglierlo da terra con un cucchiaino- cercò di sdrammatizzare lei. 

Ciò nonostante Trish intuì essere preoccupata per il cugino. Del resto se Massimo era famoso a scuola non era certo per accettare le strigliate dei professori senza ribattere.

-Vai prima che si faccia sospendere!!- le disse. Vedendola esitante la rassicurò: -Non ti preoccupare. Me la caverò- 

Elena la ringraziò e uscì dalla stanzetta. Non passò tuttavia molto tempo che qualcun altro vi entrò.

Trish alzò la testa e subito sputò acida: -Che ci fai qui?!-

-Volevo solo prendere una palla…- affermò Giorno -...e vedere come stavi-

-Come se ti interessasse davvero- 

-Certo che mi interessa-

-Non è vero!!- sentenziò lei alzandosi e puntandogli un dito contro -Smettila di nasconderti sotto quella maschera da buon samaritano!! Sappi che non mi farò più infinocchiare da te!! Quindi vattene!! Ora!!-

Nonostante l'ordine furente il biondo non si mosse di un millimetro.

-Se così fosse non sarei qui-

Bastarono quelle poche parole a cogliere la ragazza in contropiede e ammutolirla. Giorno colse la balla al balzo.

-Trish- esordì -Mi dispiace. Non era mia intenzione coinvolgerti in quell'impresa suicida. Né tanto meno sfruttarti per i miei scopi…-

-Ma alla fine l'hai fatto- lo interruppe Trish con una calma preannunciatrice di tempesta.

Stavolta fu il ragazzo a essere colto alla sprovvista. Provò a rispondere, ma le parole gli morirono in gola.

-Come pensavo- affermò lei -La verità è che a te non frega nulla degli altri. Parli tanto di non voler coinvolgere gli innocenti, di volere il loro bene, ma non fai altro che farli soffrire. Hai lasciato morire Narancia e Abbacchio!! Hai permesso a Bucciarati di morire per te!! E per cosa?? Per scatenare una cazzo di guerra civile!! Ci hai mai pensato, Giovanna, a quanti morti ci saranno?! Che Mista, Fugo, Elena, Max sono in pericolo per causa tua?! Ma a te che te ne importa?? Proprio…-

Un colpo sordo interruppe quello sproloquio delirante. Giorno aveva colpito la parete con un pugno talmente forte che si era scorticato le nocche.

-Pensi sul serio che non ci abbia mai pensato?! Che ci sarebbero stati dei morti?! Che tu saresti rimasta orfana?! Che questa guerra mette in pericolo tutti quanti?!-

La rabbia gli aveva annebbiato la mente. Si era ripromesso di stare calmo e di non alzare la voce. Ma era stanco di discutere con una che non voleva sentir ragione. Le avrebbe detto quello che doveva anche a costo di urlarglielo in faccia.

-C'ho pensato in ogni singolo fottuto giorno da allora!! E ci ho sofferto!! Per Abbacchio, Narancia e Bucciarati!! Per te, Elena, Max e Fede che meritavate una vita serena, non questa fottutissima merda!! Tu credi che mi stia divertendo a mandare a morire delle persone?! Credi che mi metterei a ridere se qualcun altro moriste per colpa mia??-

Sentì gli occhi inumidirsi e i muscoli tremare, ma non smise di parlare.

-Non volevo questa guerra. Non volevo che loro morissero. Non volevo privarti della felicità, Trish. Volevo solo creare un posto sicuro, dove nessun genitore, fratello o amico dovesse piangere la morte di una bambina ingannata e sfruttata dai venditori di droga, dove nessun figlio dovesse soffrire per l'omicidio ingiusto del proprio padre, dove… anche uno come me non dovesse sentirsi più solo…-

Non si era mai esposto così prima. Non aveva mai rivelato a nessuno di quanto in realtà avesse sofferto in quei primi anni di vita a causa della solitudine e del bullismo. Non sapeva perchè lo avesse fatto proprio con lei. Forse era perchè era l'unica a non considerarlo un superuomo. Forse perchè nel suo atteggiamento orgoglioso, ma riservato ci si rispecchiava in minima parte. Forse per entrambe. Ma, in realtà, il motivo non era così importante.

-Ho paura, Trish. Ho così tanta paura che tutto vada in malora. Che Napoli non sia al sicuro. Che abbia mandato a morire degli uomini per nulla. Che la Carboneria prenderà il controllo e che sarà stato TUTTO… FOTTUTAMENTE… INUTILE!!-

Non ce la fece più. Si lasciò cadere in ginocchio e si coprì il volto con le mani iniziando a singhiozzare.

Trish rimase impietrita mentre lo sfogo la colpiva come una secchiata di acqua gelida. Nemmeno il suo orgoglio poteva più smascherare la realtà dei fatti: Giorno voleva solo aiutarla o tentare di farlo e lei l'aveva ringraziato, usandolo come bambolotto anti-stress finché non era riuscita (o quantomeno aveva contribuito) a romperlo. Di fronte a quella scena si sentì sprofondare per la vergogna di essere stata così cieca e superficiale. A quel punto tuttavia capì che c'era solo una cosa che poteva fare per rimediare (o quantomeno limitare il danno). Così prese coraggio, si inginocchiò di fronte a Giorno e umilmente lo ammise.

-Non è vero. Tutto quello che ho detto non è vero. Non hai causato tu la guerra e nemmeno le loro morti. Sono solo una marea di menzogne che mi ero messa in testa pur di non accettare che nulla sarà più come prima. Ma così facendo ti ho fatto soffrire. Non devi chiedere scusa perchè non è mai stata colpa tua. Sono io che ti devo delle scuse per averti trattato così. Mi dispiace. Giorno, ti prego, perdonami. Ho sbagliato. Ho…-

Si interruppe quando sentì le braccia del biondo avvolgergli le spalle e stringerla in un abbraccio che mai si sarebbe immaginata di ricevere da uno come lui.

-Solo per un attimo- lo sentì supplicare contro la sua clavicola. Lei non glielo negò. Anzi, non ebbe alcuna esitazione nel ricambiare la stretta. Perchè conosceva il significato di quell'abbraccio: era stata perdonata. Quel diverbio era finito.

Autrice time
Oggi è il compleanno di Giorno quindi quale modo migliore per festeggiarlo se non con un capitolo in parte dedicato a lui. Oddio, forse dedicargliene uno in cui ha un crollo psicologico non è il massimo, ma se guardate oltre forse potrete scorgere la dedica che ho voluto fargli con questo capitolo e con questa ff in generale. 

Ho sempre considerato Giorno un personaggio molto più profondo e sfaccettato di come Araki ce l'ha presentato. É un ragazzo rimasto vittima di abusi domestici e del bullismo dei suoi coetanei a causa dei quali sarebbe potuto diventare un individuo oscuro e pieno di rancore (proprio come suo padre) salvo aver trovato la forza, grazie a un minimo gesto di bontà, di andare oltre e sfruttare la sua esperienza, il potere e la sua astuzia per aiutare gli altri. Questo tuttavia non significa che sia diventato un superuomo che ha smesso di soffrire, anzi. É proprio questo che lo spinge ad andare avanti. Quindi buon compleanno, Giorno Giovanna e grazie di lottare anche per chi non può farlo.

A parte ciò vi devo confessare che scrivere la bozza di questo capitolo è stato un parto. Mai mi era capitato di metterci così tanto a scrivere un capitolo. 3 Mesi!! 3 MESI!! Però almeno questa sottotrama l'abbiamo chiusa. Giorno (e Fugo) hanno dovuto sbroccare, ma alla fine Trish ha tolto la provola dagli occhi.

Ora però bando alle ciance e ci vediamo al prossimo capitolo (ossia domenica prossima. Sì, ho deciso di rinunciare alla pubblicazione ogni 5 giorni a fare di una settimanale perchè è giusto un filo più comoda).

Ciao, Giuly♡

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Capitolo 16
*** Piccoli passi ***


Napoli, 13 maggio 2001

-Andiamo Fugo. Mancano solo 4 metri. Non vorrai arrenderti proprio ora??-

Mai Fugo aveva desiderato mandare a fanculo qualcuno come Marco Antonio Zeppeli in quel momento. Peccato non era nè il luogo nè il momento adatto per farlo.

Bloccato su quella parete rocciosa a strapiombo sul mare da ormai 7 (o forse 8) ore, si maledisse di aver accettato la proposta del giovane Zeppeli. 

Eppure all'inizio gli era pure sembrata una buona idea. Lui spendeva qualche ora del suo tempo a insegnargli italiano, inglese, ecc. e l'altro ricambiava aiutandolo a padroneggiare le Onde Concetriche. Non sembrava nulla di così difficile, ma ben presto si era dovuto ricredere.

Marco era un ragazzo sveglio, questo era innegabile, ma quando si trattava di leggere e scrivere sembrava di parlare con un somaro. Ci metteva un'infinità di tempo e faceva un mucchio di errori stupidi come ripetere le parole o inventarle. 

 Le prime volte lo aveva scusato (dopotutto non aveva mai frequentato scuola), ma ben presto aveva esaurito la sua già poca pazienza e aveva sfoderato l'argenteria. Tuttavia il biondo non demordeva: era stufo di farsi leggere le cose da altri; voleva farlo lui di persona.

Al contrario, gli allenamenti davano frutti spesso soddisfacenti, ma erano piuttosto pesanti e spesso anche al limite del suicidio come in quel caso.
Marco gli aveva chiesto di scalare quella parete di roccia liscia alta 14 metri usando solo le Onde Concentriche. Lo scopo, pensò Fugo, era quello di imparare a ben distribuire e dosare le Onde in modo da aumentare la resistenza e controllare meglio gli attacchi. Ma a quel punto della scalata, sudato e con i muscoli doloranti, si chiese se non esisteva un altro modo per ottenere il medesimo risultato senza rischiare di infilzarsi come un kebab sugli scogli sottostanti dopo un volo di 10 metri.

-Ehi- urlò a Marco -Devo considerarla una vendetta per averti conficcato la forchetta della mano ieri?!-

Il ramato vide il biondo sporgersi dal parapetto sopra di lui con in mano un fumetto che dedusse essere V per Vendetta (gli aveva consigliato lui stesso di iniziare da quello visto che ormai conosceva la storia a memoria). Anche se distante lo vide chiaramente sogghignare mentre esclamava in risposta un -Forse- che sapeva più di un -Sì-.

Fugo sentì la bile ammontare. Credeva che fosse Alice la più irritante del duo, ma pure Marco non scherzava. L'unica differenza era che lui era spesso molto più sottile e implicito. Si ripromise di fargliela pagare. Così strinse i denti e dopo un'ulteriore ora finalmente riuscii a issarsi sul parapetto. Sfinito ci si sdraiò sopra mentre Teen Spirit si avvicinava per leccargli il viso.

-Tu... sei… morto- pronunciò tra un ansimo e l'altro.

-E pensare che sono stato gentile- commentò Marco sedendosi al suo fianco -Mio pro-zio Caesar ha dovuto scalare un pilastro di 24 metri, completamente ricoperto d'olio, che man mano diventava sempre più ripido. C'era pure una trappola che sparava olio a una velocità tale da tagliare chiunque ci passasse attraverso-

-Quindi ti dovrei ringraziare per avermelo reso più semplice??- domandò irritato Fugo.

-Non c'è di che- rispose lui.

Il ramato era già al limite della sopportazione e quando notò che quel bastardo si era mangiato la SUA porzione di gelato lasciata per fine allenamento, non ci vide più. Cercò di afferrarlo per il collo, ma lui rapido sgusciò via. Fugo lo inseguì, urlandogli contro ingiurie in napoletano.

-Non sembri più così stanco- commentò Marco, ormai sceso alla spiaggia sottostante in compagnia di Teen Spirit. Di tutta risposta ricevette un -Ti ammazzo, razza di scimmia pulciosa-

Marco raggiunse l'acqua sulla quale continuò la fuga. Questo non demorse Fugo che fece altrettanto. Un sorriso soddisfatto apparve sul volto dell'insegnante quando constatò che l'allievo non sprofondava più fino al polpaccio, bensì camminava a filo con l'acqua. Rimase ancora più soddisfatto quando egli utilizzò le Onde per manipolare il liquido e bloccargli i piedi.

-Che cazzo ti ridi coglione?!- esclamò Fugo notandolo.

-Sei stato bravo- rispose lui spalancando le braccia per mostrargli il suo operato.

Solo allora il ramato realizzò.

-Lo stavi facendo apposta??- 

-Corretto- rispose il biondo -Tu sei una persona facilmente irascibile. Molti potrebbero pensare che questo sia una cosa negativa. Be'. Io credo invece che se sfruttata nel modo giusto, la tua rabbia possa diventare una grande risorsa. Ma per sfruttarla bisogna prima saperla controllare. Ed è quello che voglio provare ad insegnarti. Che ne dici?? Me lo lascerai fare??-

Il ramato lo guardò storto per un paio di minuti, indeciso se affogarlo, riempirlo di cazzotti oppure accettare la sua ennesima, stramba proposta. 

Era una cosa a cui pensava da tempo. La rabbia era la matrice del suo potere, ma spesso risultava più un intralcio che un beneficio. Se fosse riuscito a tenerla sotto controllo, però, non solo sarebbe stato utile ai suoi alleati, ma avrebbe anche migliorato la sua percezione di sé stesso.

-Perchè no. Possiamo provare- cedette infine.

-Perfetto. Allora iniziamo subito- disse Marco entusiasta -Mi puoi liberare??-

Il ramato di tutta risposta lo tirò sott'acqua.

-Questo è per il gelato- disse quando lo vide riemergere. Egli alzò le mani come a dargli ragione e nuotò verso riva seguito da Fugo. I due si sedettero a gambe incrociate sulla spiaggia l'uno di fronte all'altro.

-La respirazione concentrica aiuta a gestire le emozioni- esordì Marco -Ma in questo caso servirà fare anche un po' di terapia ad urto…- 

Fugo ascoltò curioso di dove volesse andare a parare.

-Prima però, un po' di yoga- disse invece il biondo lasciandolo sulle spine. Il ramato decise comunque di chiudere gli occhi, distendere le braccia e concentrarsi sulla respirazione. Quella era la parte che più apprezzava dell'allenamento. Niente fatica, niente azioni suicide. Solo lui, il suo respiro e il silenzio.

-Pronto??- gli chiese diversi minuti dopo Marco.

Lui annuì deciso.

-Bene. Estrai lo stand-

-Cosa?!- esclamò spalancando gli occhi di scatto per controllare se il suo interlocutore si fosse bevuto il cervello.

-Evoca Purple Haze- ripeté invece serio.

-Te lo puoi scordare- protestò -È troppo pericoloso-

-Fugo. É parte di te. Se non impari a conoscerlo non riuscirai mai a controllare né lui né la rabbia-

-Non si può controllare!! Non c'è modo di farlo!!- esclamò sentendo l'ira crescere in lui.

-Questo perchè tu ne hai paura. Non vuoi affrontarlo per paura. Ma rinunciare a priori un confronto non risolverà il problema, lo peggiorerà solo. E dimmi. Come farai a combattere gli altri se non riesci nemmeno ad affrontare te stesso?? Come pensi di onorare la memoria dei tuoi compagni se…??-

Marco non concluse mai quella domanda poiché ricevette un destro che lo stese a terra. Subito venne sovrastato da Fugo che lo guardava con i denti digrignati e gli occhi iniettati di sangue. Cercò di colpirlo di nuovo, ma Teen Spirit lo investì e lo inchiodò a sua volta a terra. Il ramato urlò frustato e riuscii a levarselo di dosso e rialzarsi. 

Guardò nuovamente il biondo e gli disse irato: -Tu non sai niente di me e Purple Haze!! E comunque non ho motivo di starti a sentire se tu sei il primo a non impegnarti!!-

Così lo abbandonò lì, prese le sue cose e marciando con un espressione che farebbe paura a Jotaro Kujo tornò a casa. Lì sfogò tutta la sua rabbia sull'armadio di mogano. Lo prese a pugni finché le nocche non iniziarono a sanguinare copiosamente e non contento, prese pure a testate lo specchio sull'anta fino a romperlo e a tagliarsi con i frammenti.

Dopo un'oretta si accasciò a terra tra i cocci infranti. Ci guardò attraverso e provò pena per il sé stesso riflesso, rosso in viso, affannato e con rivoli di sangue che gli scendevano lungo i lati del volto.

Era bastato così poco per fargli perdere la testa.
Un semplice ragazzo appena conosciuto, di nemmeno così tanti anni più grande, che aveva capito tutto quello che lui non era mai riuscito a confessare neppure a se stesso.

Perchè Marco aveva ragione su ogni cosa. Lui era terrorizzato da Purple Haze. Era spaventato dalla sua stessa rabbia e da ciò che poteva arrivare a fare in balia di essa.

Quando era ancora un bambino pressato dalle alte aspettative dei genitori, aveva pensato che provare frustrazione fosse normale e non ci aveva prestato attenzione più di tanto. Fu solo quando, divorato da essa, era quasi arrivato a pugnalare il proprio padre che aveva capito che c'era qualcosa che non andava. Tuttavia non sapeva a chi chiedere aiuto. A parte i suoi parenti non aveva nessuno e loro puntavano solo sull'immagine della loro famiglia. Mai si sarebbero sognati di rovinarla mandando il figlio dallo psicologo, anche se ne aveva effettivamente bisogno. Così Fugo era andato avanti sperando di poterla controllare, ma quando quel viscido maiale del suo professore aveva provato a mettergli nuovamente le mani addosso non ci aveva visto più. A quel punto la sua famiglia lo disconobbe e lo lasciò solo, ma a Fugo non era dispiaciuto da ciò e nemmeno di aver colpito quel pervertito. Bensì era spaventato di come la rabbia l'aveva reso cieco e l'aveva portato quasi a uccidere una persona. 

La situazione era poi degenerata quando aveva ottenuto lo stand. Si era inizialmente illuso che sarebbe stato utile a lui e Bucciarati, ma poi l'aveva usato e aveva visto l'orrore che aveva causato senza che lui potesse fermarlo. Così dal suo primo utilizzo in poi aveva deciso di usarlo solo in caso di emergenza. SI era detto che era la cosa più razionale da fare, ma la verità era che per paura che non l'usava. 

Ed era stata quella stessa paura a fargli decidere di rimanere a terra quel giorno a Venezia. Non era stato solo per quello, certo. Era stata una scelta detta anche dalla razionalità, dal fatto innegabile che il nemico era molto più potente di loro (e infatti solo in tre erano tornati per raccontarlo). Ma non poteva negare che a tenerlo ancorato sul molo era stato anche il timore di essere solo un intralcio per via del suo stand.

E alla fine cosa aveva ottenuto?? Aveva perso il suo primo benefattore; un compagno di avventure che, sebbene scorbutico, era stato anche suo mentore di vita... e il suo primo vero amico.

Iniziò a piangere senza nemmeno rendersene conto e si diede del patetico. Altro che temuto gangster di Passione! Era solo un ragazzino patetico e capriccioso che, incapace di incassare un giusto schiaffo morale, aveva colpito e insultato una delle poche persone che si era offerta di aiutarlo pur cosciente di quanto fosse pericoloso.

Fugo quella notte non riuscì a chiudere occhio per l'angoscia che illusoriamente credeva di aver cestinato quando GioGio gli aveva offerto un'occasione e lui l'aveva accettata, sperandoin un cambiamento che ancora non era arrivato.

***

Napoli, 20 maggio 2001

Il sole era alto nel cielo, splendente e radioso come non mai. Non c'erano nuvole a minacciarne la luminosità né vento a disperdere il calore primaverile. Era una giornata meravigliosa. Ma non per Fugo.

Con indosso il completo ben stirato e un mazzo di fiori in mano, varcò le soglie del campo santo e seguendo un percorso che ricordava a memoria, arrivò di fronte alla tomba. L'amico gli sorrise attraverso la foto affissa alla lapide dove erano incise a caratteri cubitali le seguenti date: 20/05/1983 - 31/03/2001.

Quel giorno, se fosse sopravvissuto, Narancia Ghirga avrebbe compiuto 18 anni.

-Buon compleanno, Narancia- mormorò Fugo poggiando i fiori accanto ad altri (Giorno, Mista e Trish dovevano essere passati prima).

-Sai, sono successe molte cose dall'ultima volta che sono venuto qui…- disse e prese ad elencare tutti i s/fortunati eventi da allora. Era stupido parlare con quella pietra, dubitava che Narancia lo potesse sentire, ma parlare lo faceva sentire meglio.

-Il piano sembra funzionare. Li ho convinti, ma è difficile. Non so se riuscirò ad andare fino in fondo. Ma per te, per loro ce la metterò tutta. Anche se questo significa doverlo affrontare-

E quasi come se li avesse invocati, accanto alla tomba apparvero Teen Spirit e il suo padrone. Era la prima volta che si incontravano dopo quella litigata.

-Cosa... cosa ci fai qui??- chiese genuinamente sorpreso e anche un po' imbarazzato Fugo.

-Accompagnavo il nonno dalla nonna. Oggi è l'anniversario della sua morte. Poi Teen Spirit mi portato qui da te- rispose Marco tranquillamente.

Non gli pose la stessa domanda. Gli bastò leggere la data sulla lapide per capire.

-Eravate molto legati??- chiese.

Fugo abbassò lo sguardo verso la lastra di pietra.

-Lo incontrai mentre rovistava nella spazzatura alla ricerca di cibo- iniziò a raccontare -Era macilento, sporco e con una grave infezione all'occhio. Non era diverso da altri ragazzi dei bassifondi. Eppure qualcosa mi spinse ad aiutare proprio lui. Lo portai da Bucciarati e gli chiesi di dargli un piatto di pasta. Lui accettò e anzi, si prodigò per farlo guarire. Pensavamo che non l'avremmo più incontrato; Bucciarati stesso gli aveva proibito di seguirlo. Ma Narancia, testardo come era, si unì comunque a Passione e alla nostra squadra. Non so come facessimo ad andare d'accordo. Eravamo due teste calde dal grilletto facile. Non era raro che ci minacciassimo di morte a vicenda. Ma paradossalmente questo ci ha reso uniti. Poi è arrivato quel giorno. Lui ha scelto di seguirli, mentre io sono rimasto lì a guardarlo allontanarsi. E me lo sentivo fin dentro le ossa che non l'avrei più rivisto. Ho pregato che mi stessi sbagliando, ma poi…- Non proseguì la frase; non ce ne era bisogno.

-Narancia non era certo un genio della matematica, non sapeva il codice penale a memoria e nonostante fosse di un anno più grande, sembravo io il maggiore dei due- proseguì -Ma era dotato di un coraggio incredibile ed era un combattente straordinario. Io non voglio che questo si perda con la sua morte-

Si voltò verso il biondo e annunciò: -Io voglio farmi carico della sua eredità. Ma per farlo ho bisogno del tuo aiuto. Ti prego; so che sono di non essermi comportato bene l'ultima volta e di questo mi dispiace molto…-

-Fugo. Tranquillo. Non ce n'è bisogno- lo frenò Marco -Anzi, sono il primo a doversi scusare. Avrei dovuto spiegarti fin da subito quello che volevo fare e perchè ero e sono tuttora sicuro della sua riuscita-

Al sopracciglio alzato di Fugo con fare interrogativo Marco aggiunse: -Io so cosa significa aver paura del proprio stand. Per un primo periodo ero terrorizzato a morte da Teen Spirit. Sembrava così grosso, pericoloso e aggressivo. Temevo potesse fare del male a me e alla mia famiglia. Cercavo di stargli lontano, ma più ci provavo più me lo ritrovavo tra i piedi. Poi, esasperato, ho deciso di affrontarlo e ho compreso: anche lui era spaventato come me. Lui era me. Così ho iniziato ad avvicinarmi, a conoscerlo e adesso… be'… siamo diventati migliori amici-

Dicendo ciò iniziò a grattare il lupo dietro le orecchie che scodinzolò contento.

-Non è vero, Teen?? Chi è un bravo cagnolone?? Ma chi è un bravo cagnolone?? Sei tu- disse tutto contento Marco.

Quella scena fece scappare un sorriso a Fugo.

-Be'. Se la metti così, allora direi che è davvero il caso di tentare. Chissà, magari anche Purple Haze si farà dare dei grattini dietro le orecchie-

-Comunque, a proposito di nuove terapie, credo di aver capito dove sta il tuo problema nello studio e come risolverlo- aggiunse attirando l'attenzione del biondo.

-Davvero??- chiese speranzoso.

Fugo annuì.

-Inizialmente, lo ammetto, pensavo lo facessi apposta. Ma non aveva senso. Se non volevi imparare, allora perchè perseveravi?? Ho riflettuto sui vari errori che facevi, così mi sono ricordato di un capitolo del manuale dei disturbi mentali e...-

-Aspetta, vuoi dire che sono pazzo?!- si spaventò Marco.

-No. Solo dislessico- lo tranquillizzò Fugo.

-Dis... lessico??-

-È il più comune tra i disturbi specifici dell'apprendimento. Circa il 20% della popolazione ne presenta dei sintomi. Per farla breve, chi ne è affetto ha difficoltà a leggere. Spesso confonde certe lettere con le altre, specie se scritte in minuscolo o in corsivo, oppure gli risulta automatico leggere le prime lettere e inventare il resto. Questo porta, in molti casi, ad avere anche delle difficoltà nello scrivere o nel pronunciare le parole. Di solito lo si nota a scuola o viene diagnosticato da uno specialista, ma tu non sei andato da nessuno dei due, quindi non potevi saperlo-

-E si può guarire??- 

-Non proprio. Ma con le giuste tecniche anche i dislessici possono imparare a leggere. In questo caso è meglio se vai da uno specialista. GioGio non si farà problemi del pagarti le sedute…-

-A me piacerebbe essere aiutato anche da te. A fianco dello specialista- lo interruppe Marco.

-Ti piace così tanto essere preso a forchettate??- chiese Fugo alquanto sorpreso.

-Mi piace la tua compagnia. Per quanto tu possa essere una testa calda permalosa- disse Marco con una genuinità tale da farlo arrossire.

-Non sono permaloso- sibilò, cercando di non farsi notare.

Per tutta risposta lui rise e Fugo dubitò che potesse esistere una risata più cristallina e piacevole della sua. Si ritrovò anche lui a pensare che, tutto sommato la sua compagnia fosse piacevole, nonostante i suoi modi strambi ed esuberanti.

Fu così che quel giorno Marco e Fugo rinnovarono il loro accordo: a piccoli passi ognuno con il sostegno dell'altro avrebbe superato le proprie difficoltà e sarebbe diventato una persona migliore.

Autrice time
Ho sforato la scadenza di 15 minuti. Ma porc. Comunque rieccoci.

Piccoli momenti per far sviluppare i rapporti tra i personaggi e dare un inizio di evoluzione a Fugo, dato che in questa storia non mi è stato possibile includere le vicende di Purple Haze Feedback. Mi auguro di non aver detto delle castronerie sui DSA; nel caso ditemelo.

Detto questo ci vediamo al prossimo capitolo. Ciao, Giuly♡

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Capitolo 17
*** In trappola ***


ATTENZIONE: in questo capitolo si affronteranno tematiche delicate quali (tentata) violenza sessuale e victim blaiming. Saranno inoltre presenti scene di violenza fisica che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni.   

Mignano Montelungo, 31 maggio 2001

-Non pensavo ti piacesse così tanto la montagna- commentò Mista vedendo con quanta minuzia e curiosità Alice osservava il paesaggio.

Quest'ultima si girò sul posto e sorridendogli disse: -Mio nonno mi ha raccontato molte volte di questo posto. Nell'inverno del '43 è stato qui a combattere i tedeschi-

-Vero. Qua è stata combattuta la battaglia di Montelungo, una delle prime dopo il cambio di fronte dell'Italia- ricordò lui.

-In effetti da qui si possono tenere sotto controllo tutte le vie per il Lazio ed è anche un'ottima barriera naturale. Non mi stupirebbe se un giorno tornasse ad essere un campo di battaglia- disse un terzo con loro.

Questi era Amerigo Caruso, un ragazzo siciliano di appena vent'anni che, nonostante si fosse affiliato a Passione da poco più di un mese, si era fatto notare in fretta per tre motivi. 

Il primo era il suo aspetto considerato da molti esotico. La pelle bronzea, i capelli neri con diverse ciocche bianche e gli occhi ambrati come quelli dei gatti gli conferivano una bellezza peculiare, risaltata ancora di più dai semplici vestiti indossati (solitamente una canotta corta bianca, una camicia a scacchi legata in vita, dei jeans strappati e delle sneakers rosse), che gli aveva permesso di far breccia nei cuori di molte e di molti.   

Il secondo era la straordinaria lealtà verso Passione. Aveva spesso raccontato di come nel suo paese natale nessuno si interessava alla gente non abbiente e di quanto fosse onorato di poter servire un'organizzazione con nobile intenti.

Il terzo, ma non meno importante motivo era la sua versatilità in battaglia dovuta sia alla rapidità nell'agire sia allo stand capace di far apparire qualunque oggetto egli desiderasse, a patto che sapesse bene cosa richiedere e che non superasse l'altezza di 185 cm e gli 80 kg di peso.

Proprio per quest'ultimo era stato inviato con Mista e Alice per quella missione. Nelle ultime settimane Passione stava indagando su varie compravendite di informazioni e stupefacenti tra la Carboneria e alcuni traditori. Dopo numerose ricerche avevano avuto una soffiata: un grosso scambio sarebbe avvenuto sulle pendici di Monte Lungo, a Mignano, alle ore 16 del 31 maggio. Perciò i tre avevano ricevuto l'ordine di sventarlo, catturare il/i voltagabbana ed estorcergli quanti più informazioni e nomi possibili.

Nulla di difficile si potrebbe pensare; ma Mista, ormai abituato a quel tipo di missioni, sapeva che l'imprevisto era sempre dietro l'angolo, ragion per cui voleva agire con cautela. Avevano così deciso di fingersi degli ignari turisti impegnati in una scampagnata, con tanto di zaino e coperta da picnic dietro.

Alle 15.30, dopo un'oretta di cammino, si fermarono a uno spiazzo per "fare merenda" e con la scusa di dover andare in bagno, Alice si inoltrò nel bosco.  Subito la sua espressione spensierata mutò in seria. Si tolse la tuta rimanendo in corsetto e pantaloncini da Harley, strinse la coda, prese la maschera e la legò alla cintura. Tanto la Carboneria sapeva già chi era; indossarla sarebbe stato solo d'intralcio.

Si arrampicò poi su un albero e spostandosi di ramo in ramo raggiunse un prato incolto dove sorgeva il rudere di una vecchia baita. Non si vedevano sentieri battuti, ma a giudicare dai fili d'erba spezzati qualcuno doveva essere stato lì. O forse era ancora lì. 

Rimase in attesa, stando ben attenta a non fare rumore e a rimanere coperta dalle foglie.  Il suo corpo era immobile, ma lo stesso non si poteva dire della sua mente, agitata da mille pensieri e paranoie. Temeva di commettere errori fatali, di fallire, di deludere le aspettative di chi le aveva dato fiducia e di chi provava rispetto. Era sollevata al pensiero che, nascosti e pronti a scattare, ci fossero degli alleati, ma al contempo se ne vergognava perchè pareva significare che da sola non poteva nulla. 

Forse era davvero così. Dopotutto era sempre lei nella coppia Harley-V a commettere errori che il fratello doveva riparare per poi portare in salvo entrambi. L'aveva fatto a villa Passione, a villa Agreste e anche durante quella dannata sera del '97...

Un rumore assordante interruppe i suoi miseri pensieri. Alzò gli occhi e vide atterrare sul prato un elicottero da cui uscirono due uomini in giacca e cravatta (decisamente non membri della forestale) con una valigetta. In contemporanea, dal rudere, uscì un ragazzo di circa la sua età coperto da una felpa verde lime con il cappuccio calato.

-Deve essere lui il traditore- affermò una vocina al suo orecchio che quasi la fece cadere dall'albero.

-Scusa. Non volevo spaventarti- pigolò N5 in compagnia di N1 -Mista ci ha diviso in modo da comunicare senza usare la radio-

N1 annuì e aggiunse: -Mista ti chiede se riesci a manomettere l'elicottero con le Onde-

-Ovvio che sì. Ma ho bisogno del vostro aiuto- affermò lei e mentre spiegava ai Pistols cosa fare, estrasse la pistola e caricò due proiettili di onde violette. Li rimise a posto con dentro i Pistols.

-Pronti??- gli chiese (e di riflesso anche a Mista e Amerigo) e al loro cenno positivo sparò urlando: -Purple Lightnight Overdrive-

I due proiettili fendettero l'aria ed entrarono della cabina dell'elicottero. Uno andò a colpire la plancia mandandola in corto circuito, mentre l'altro prese alla nuca il pilota e gli scaricò addosso la scarica elettrica, uccidendolo all'istante.

Nel mentre Alice saltò giù dall'albero e corse verso i bersagli. I tre uomini, distratti dai rumori anomali del veicolo, la notarono tardi. I due della Carboneria le spararono addosso, ma i proiettili, grazie a Lithum, la trapassarono senza arrecarle danno.
I due (forse per stupidità, forse per panico) continuarono e Mista e Amerigo, acquattati nel bosco, ne approfittarono per crivellarli di colpi.

Il traditore per tutto il tempo era rimasto immobile a fissare Alice. Nemmeno il brutale assassinio degli alleati sembrò scalfirlo. La bionda, incurante del comportamento anomalo, tornò tangibile, spiccò un salto e gli atterrò addosso cadendo sull'erba insieme a lui. Stava per esultare, soddisfatta di come erano andate le cose, ma il suo sorriso si spense rapidamente alla vista del volto nemico. 

Era un viso roseo dai tratti dolci, quasi femminei, incorniciato da lunghi capelli biondo oro, che risaltavano anche gli occhi verdi e le labbra sottili piegate in un ghigno orripilante ma che tempo addietro aveva ritenuto bellissimo.

Un misto di emozioni e ricordi contrastanti invase la sua mente paralizzandola. A nulla servirono i richiami di N1 e N5, apparsi accanto a lei, così come quelli in lontananza di Mista. Solo la sua voce derisoria riuscì a udire.

-Ma guarda chi si rivede. Ciao Alice- 

-Luca...- mormorò più come constatazione che come saluto.

-Che c'è?? Pare che hai appena visto un fantasma…- disse stridulo -Eppure qui il fantasma sei tu. Quella sera non hai salutato né me né i miei amici. Ci sono rimasti male, sai?? Ci tenevano a conoscerti a fondo…-

La ragazza venne trapassata da un brivido e in preda al disgusto tentò di levarsi dal ragazzo, ma era troppo tardi. Dei rovi scuri, usciti dalla manica destra della felpa di Luca, l'avevano avvolta e le loro spine le si erano conficcate nella pelle, aprendole numerosi tagli.

Anche i due Pistols fecero la medesima fine, causando di riflesso la comparsa sul corpo di Mista di alcuni tagli. Capendo che la situazione stava degenerando, il castano tentò di raggiungerli. 

-In compenso tuo fratello e quel dannato cagnaccio hanno ben pensato di farmi un regalo- disse nel mentre Luca con rabbia mal celata mostrando, sotto la manica destra, il polso privo di mano sul quale si avviluppavano i rovi -Peccato non siano qui. Avrei tanto voluto restituirgli il favore-

Accorgendosi di Mista, stritolò ancora di più i Pistols, facendogli perdere l'equilibrio data la mancanza di fiato e la cassa toracica compressa. Vedendo però che non mollava, Luca sfoderò l'arma definitiva. Dai rovi spuntò un fiore cremisi, a metà tra una rosa e una venere acchiappamosche, con al centro una strana pipetta di liquido rosa.

-Guns & Roses Venom- pronunciò mentre il fiore nebulizzava la sostanza che Alice e i Pistols inevitabilmente inalarono. La loro vista si tinse di rosa e delle scritte incomprensibili di colori sgargianti iniziarono a danzargli attorno a un ritmo frenetico e confusionario. Al contempo i loro corpi vennero completamente paralizzati e la percezione del dolore si quintuplicò, facendogli urlare a causa delle spine.

Anche Mista ne sortì gli effetti e sebbene erano in minima parte, furono sufficienti per addormentargli braccia e busto, impedendogli quindi di rialzarsi.

-Che patetico- commentò Luca vedendolo in quello stato. 

Si alzò in piedi lasciando Alice a terra dolorante e inerme, le prese il mento con forza e la costrinse a guardarlo. Sebbene stordita dal veleno, la ragazza sapeva bene cosa quel bastardo aveva intenzione di farle e per questo aveva iniziato a tremare.

-Ti prego…- lo supplicò.

-Se voi due speravate di fottermi, vi è andata male. Ucciderò lui e poi tu lo seguirai- disse lui per poi lasciare vagare il suo sguardo viscido sul corpo di Alice -Ma prima finiamo ciò che abbiamo iniziato quella sera-  

-No!! Ti prego!! Tutto ma non quello!!- urlò lei con le lacrime agli occhi.

Questo non impietosì Luca che, anzi, le diede un violento schiaffo.

-Non hai diritto di darmi ordini lurida troia!! E smettila di fare la vittima!! Sappiamo tutti che qui la colpa è tua!! Solo una cosa volevo e nonostante tutto quello che ho fatto per te non me l'ha voluta dare. Adesso però mi prenderò quel che è mio di diritto- le sputò contro mentre allungava la mano verso il corsetto con l'ovvio intento di strapparglielo via.

Fortunatamente il ragazzo non fece in tempo a toccarla di nuovo che venne colpito da qualcosa di metallico. Cadde a terra stringendosi l'orecchio sanguinante.

-Mi sa che devi fare tornare a scuola. Si vede che non sai contare- sentenziò Amerigo al fianco di Alice con una mazza di metallo in mano e la voce ovattata da una maschera anti-gas.

-BASTARDO!!- urlò Luca -GUNS & ROSES!!-

-SKILLET!!- urlò di rimando Amerigo. 

Sulla mano libera si materializzò un grumo che assunse la forma di una boccetta di liquido trasparente. Senza esitare il ragazzo la lanciò sui rovi che lo stavano circondando. Essa esplose e il liquido si sparse provocando dei buchi nel vegetale e il suo conseguente ritiro. Luca cacciò un urlo di puro dolore e togliendosi la felpa scoprì con orrore che in diversi punti la sua pelle si era corrosa e aveva preso a sanguinare copiosamente.

-Che cazzo mi hai fatto!?- urlò lui contorcendosi.

-Mai sentito parlare dell'acido muriatico??- rispose Amerigo -Ottimo per la pulizia, ma estremamente pericoloso per gli esseri viventi. Può corrodere la pelle umana fino all'osso-

-Sei un stronzo, lurido…!!- provò a urlare lui, ma un colpo di mazza ben assestato lo fece cadere a terra.

-Eppure sei in Passione da più tempo di me- disse Amerigo chinandosi -Dovresti sapere che per i traditori non esiste pietà. E ora, se vuoi che tutto questo finisca in fretta, dimmi i nomi dei tuoi compagni-

Nel mentre gli effetti del Guns & Roses erano svaniti. Mista fu il primo ad alzarsi e corse subito da Alice per assicurarsi delle sue condizioni. Quest'ultima tuttavia si ritrasse di istinto e lo guardò terrorizzata.

Il castano, compreso quello che doveva comprendere, sentì la rabbia ammontare dentro di lui. Fece dietrofront, andò dal traditore e iniziò a pestarlo senza pietà.

-Fermati, ti prego!! Ho detto tutto!! Non so altro!! Per favore, fa male!!- piagnucolò lui.

-TACI LURIDO PEZZO DI MERDA!!- sbraitò Mista -NON HAI ALCUN DIRITTO DI AVANZARE PRETESE!!-

Il pestaggio andò avanti per una decina di minuti al termine dei quali il biondo era più morto che vivo. Mista si voltò verso Amerigo e gli chiese se aveva fatto nomi. A un suo cenno affermativo estrasse il revolver e sparò due colpi a Luco, uno ai testicoli  e uno in testa, mandandolo all'altro mondo.

Dopo il massacro Mista sembrò finalmente calmarsi.

-Amerigo- ordinò -Prendi il corpo. Lo portiamo a Napoli così i nostri colleghi ci penseranno due volte prima di tradire. Gli altri due li lasciamo qui e la Carboneria saprà-

Si rivolse poi ad Alice  e con tono calmo, ma risoluto le disse: -È finita. Non ti farà più del male. Torniamo a casa. Ce la fai a camminare??-

La ragazza, sebbene tremante, annuì e accettò la mano che gli aveva offerto.

I tre scesero dalla montagna, tornando al parcheggio dove avevano lasciato le macchine. Amerigo ne prese una, portandosi dietro il cadavere. Mista, Alice e la valigetta, invece, presero l'altra.

Per un primo momento del viaggio non volò una mosca. Mista, in realtà, aveva tanto da chiederle, ma temeva di risultare invadente, se non addirittura molesto. Fortunatamente fu Alice dopo un po' a rompere il silenzio.

-Mi dispiace- disse -Stavo per rovinare tutto-

-Non ti devi scusare. Non hai commesso errori- ribatté lui.

-Mi sono lasciata distrarre mettendo in pericolo sia te che Amerigo. Se non è questo un errore...-

-Un imprevisto- la corresse -È stato un imprevisto. Succede-

-Ma se l'avessi stordito, non...-

-Senti- la interruppe seccato -Il rimanere imbambolata di fronte all'uomo che ha tentato di violentarti non è un errore. È umano. Al tuo posto neppure io avrei saputo reagire lucidamente-

-Co-Come lo sai??- domandò sbigottita lei.

Mista si morse la lingua per quelle parole dette di getto e senza tatto, ma ormai il danno era fatto.

-Marco mi aveva avvertito che il tuo primo e unico ragazzo ti ha trattato in modo orribile. Non mi ha detto nello specifico come, ma poi ho visto chi fosse e ho fatto due più due-

-Conoscevi Luca Ghira??- 

-Non di persona, ma tra i membri di Passione girava voce che lui e i suoi compari Alessio Guido e Leonardo Izzo avessero abusato di molte ragazze, di cui alcune non si è mai più avuto notizia-

Alice annuì assente e solo dopo un altro istante di silenzio ricominciò a parlare.

-Anch'io conoscevo queste voce, eppure quando l'ho incontrato per la prima volta ho subito pensato fossero solo calunnie di invidiosi. Non volevo credere che una persona che si era mostrata così gentile e affabile potesse essere un tale mostro. Persino mio fratello mi disse di stare attenta, ma non l'ascoltai. Avevo completamente perso la testa per lui-

Si rannicchiò sul sedile portandosi le ginocchia al petto e stritolando il tessuto delle calze tra le mani. 

-Una sera mi condusse fuori città con la scusa di un appuntamento. All'arrivo però c'erano i suoi amici ad aspettarmi. Non ebbi nemmeno il tempo di chiedere che ci facessero là che mi bloccarono a terra. Ho sperato che si trattasse di uno scherzo, ma poi ho visto i loro occhi spiritati e affamati come se io fossi un topino finito tra le grinfie di un gatto… Non mi sono mai sentita così stupida e spaventata in tutta la mia vita. Non so se fu per miracolo o istinto di sopravvivenza, ma quando quei porci allungarono le mani sui miei vestiti non riuscirono ad afferrarli. Vi passarono attraverso. Presto non sentii più pressione sui polsi e sulle caviglie. Con quel poco di lucidità mentale rimastami corsi via. Mi rifugiai nelle fogne e attraverso di esse tornai a casa. Ancora non lo sapevo, ma era stato Lithum a salvarmi. La mattina dopo si presentarono tutti tronfi in trattoria. Teen Spirit li aggredì, mozzando loro una mano. Marco li minacciò che avrebbe fatto di peggio se non ci avessero lasciato in pace. Non tornarono più, ma da allora giurai non mi sarei più lasciata ingannare da nessun uomo, anche a costo di ingannarli a mia volta o di rimanere sola a vita-

-Io... Mi dispiace per quello che ti è successo. Non lo meritavi. Nessuno si meriterebbe qualcosa del genere- disse Mista. Erano parole ovvie, banali, ma che altro poteva dire?

-Sai qual è la parte peggiore, Mista??- continuò lei -É che me l'avevano detto. Io lo sapevo che sarebbe finita così. Non mi sarebbe mai capitato nulla di tutto ciò se solo…-

-Ehi. Ehi- la interruppe subito lui -Non è colpa tua. Okay, dare fiducia a Ghira è stato un errore, ma tutti li commettono. Non è  però una scusante per fare queste porcherie-

-Il problema è che io non imparo mai- sbottò Alice -Per quanto ci provi ho sempre l'impressione di essere sempre bloccata, di non riuscire a migliorare mai. Io vorrei solo riuscire a cavarmela da sola senza dover essere sempre salvata da Marco o dalla fortuna. Non voglio vedere le persone che amo rischiare la vita per me. Io... Io non voglio più essere la causa della morte di qualcuno-

Si stringe tra le dita la medaglietta con il nome di sua madre, di colei che per prima insieme a suo padre aveva dato la vita per lei. Sapeva bene che all'epoca non avrebbe potuto fare nulla per impedire quello che era successo, ma ciò nonostante il senso di colpa l'aveva divorata. Aveva sperato che questo, unito alla voglia di riscatto, sarebbe stato sufficiente a vendicarli e a riparare il proprio debito. Invece sentiva soltanto di aver fatto più danni che altro.

-Non è stato Marco o la fortuna a sconfiggere Diavola e a sabotare l'elicottero. Sei stata tu, Alice. Tu e la tua capacità di adattamento. Sei fatta così. Sai navigare nel presente, sai improvvisare quando il piano va a rotoli. É una qualità che pochi possono vantare. Non devi sprecarla. E ricordati che l'essere salvata non è segno di debolezza. Essere compagni di squadra significa anche questo. Tu salvi uno e lui salva te. Avrai la tua occasione per ricambiare tutti i salvataggi di Marco. Ma per farlo, secondo me, dovresti smettere di pensare così tanto al passato e agli errori. Sono andati; non torneranno più. Concentrati sul presente, Alice-

-Credi davvero che possa funzionare??- chiese lei con la voce rotta.

-Be'. Io ho passato quasi 19 anni che lo faccio. E sono ancora vivo e vegeto, no??- rispose il cecchino rivolgendole un sorriso a trentadue denti. 

A quel punto lei non riuscii più a trattenersi. Fregandosene del contegno e del fatto che Mista stesse guidando, Alice lo abbracciò e scoppiò a piangere sulla sua spalla. Per fortuna il castano mantenne il controllo del veicolo. Si fermò a lato della strada prima di stringere a sé quella ragazza così forte e determinata eppure adesso così fragile e pensò a quanto fosse stato fortunato a incontrarla. 

***

Napoli, 31 maggio 2001

-Quella puttana io l'ammazzo!!- urlò il giovane quasi scaraventando il telefono contro il muro -Maldetta bastarda!! Come ha osato uccidere Luca?!-

-Non è stata lei a ucciderlo. L'informatore è stato chiaro- disse con tono atona l'altro ragazzo nella stanza -E anche se fosse lei l'assassina direi che Luca se lo meritava eccome. Anche noi ce lo meriteremmo- 

-Da quanto è che sei diventato così umile Leo?- sputò il primo sarcastico.

-Non è questione di umiltà. É semplice realtà dei fatti. Di cui non me ne fotte un emerito cazzo, ma lo è- disse il secondo iniziando a muoversi per la stanza tra giri e saltelli -Piuttosto dovremmo andare via dalla città. Luca ha fatto i nostri nomi per di morire. Questione di minuti e ci verranno a prendere. I traditori non fanno una bella fine-

-Non ho intenzione di scappare lasciando gli assassini di Luca in giro-

-Quindi vuoi vendicarlo?? Che caro. Peccato che non potrà mai ringraziarti. Sempre che tu riesca nell'intento-

-Ulysses non ha mai sbagliato un colpo prima d'ora-

-C'è sempre una prima volta. E poi non ti dimenticare che sarai nella tana dei leoni. O forse dovrei dire delle coccinelle?? Comunque se ci tieni così tanto, non sarò io a fermarti. Io però non ti aiuterò-

Detto ciò l'apatico ragazzo giunse alla porta, ma prima di uscire diede un ultimo sguardo al compare di mille scorribande e disse: -Salutami Luca all'inferno, Alessio Giudo-

-Saranno loro a salutarlo per noi, Leonardo Izzo-

Autrice time

Scrivere questo capitolo è stato complicato. Non sapevo proprio cosa raccontare!! O meglio, avevo degli obbiettivi da raggiugere (approfondire un po' Alice, stringere il suo rapporto con Mista; introdurre Amerigo e gli altri...), ma non sapevo come farlo.

Ho cambiato la trama almeno 3 volte prima di trovare qualcosa che mi soddisfacesse (o che mi stancassi). Sarà quantomeno accettabile?? Come dice Manzoni "ai posteri l'ardua sentenza".

Per oggi mi congedo. Ci vediamo al prossimo capitolo.

Ciao Giuly♡

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Capitolo 18
*** Epifania ***


Napoli, 8 giugno 2001

-E anche quest'anno niente debiti!! Daje!!- esclamò trionfante Max uscendo da scuola insieme a Giorno, Elena e Trish.

-Con matematica però l'hai rischiata grossa- lo rimproverò la cugina.

-Madoi!! Come sei pesante, Ely- si lamentò lui -Tanto per diventare un poliziotto mica servono le equazioni di 2° grado…-

-Non si sa mai, Corrà. Metti caso che dovrai indagare su un serial killer amante della matematica- disse una voce alle sue spalle che lo fece trasalire e nascondere dietro Giorno. Ma a parlare era stato solo il professor Ferrù in compagnia del figlio Federico.

-Se questo è il livello di coraggio dei nuovi poliziotti siamo messi bene- commentò sarcastico quest'ultimo.

-Ehi!! Non sono un codardo!! Volevo solo… ehm… mostrare a Gio quanto fosse bella la cravatta del prof...- cercò di difendersi il moro indicando l'accessorio violetto decorato con pi greco dorati -...e quanto fossero brutti i tuoi capelli- aggiunse vedendo l'amico continuare a sghignazzare.

-Ha parlato quello con la siepe in testa- ribatté il brizzolato -Ci credo che Leopardi non riusciva a guardarci attraverso-

-Eh?!- esclamò Max confuso.

-"Sempre caro mi fu quest'ermo colle e la siepe che all'ultimo orizzonte lo sguardo esclude…". L'Infinito di Leopardi. La Zarini ce l'ha fatto studiare in terza media- intervenne Elena.

-Ma se manco mi ricordo cosa ho mangiato stamattina!!- protestò Max -Stupidi sapientoni!!-

-Leopardi è argomento del 5° anno. Per un po' puoi stare tranquillo- lo rassicurò il professore.

-Bene, io vi lascio. Mi raccomando, sfruttate questo pomeriggio e i prossimi mesi per divertirvi e rilassarvi- disse e soffermò lo sguardo su Giorno. 

Tiziano Ferrù si era accorto, infatti, di quanto ultimamente quest'ultimo sembrasse stanco e provato. Giorno sosteneva che fosse solo insonnia, ma l'istinto gli suggeriva che nascondesse qualcosa a partire dal vero motivo della sua prolungata assenza di marzo-aprile. Purtroppo il professore aveva le mani legate: Giorno non voleva essere aiutato; ai suoi genitori non gliene fregava nulla e così come ai servizi sociali. Perciò non poteva fare altro se non mettersi da parte e salvaguardare se stesso e quel poco di famiglia che gli era rimasta.

-Ah. Federico- disse rivolto al figlio -Ti voglio a casa entro mezzanotte. Non un minuto di più-

-Okay- accettò lui, ma appena il padre sparì dalla visuale aggiunse: -Tanto si addormenterà davanti alla TV e non si sveglierà fino alle 2...-

-Hai capito il figlioletto modello...- ridacchiò Max mettendogli un braccio intorno alle spalle -Dai!! Che stiamo aspettando?! Tutti al mare!!-

Così si precipitarono alla spiaggia, affollata da centinaia di studenti con la loro stessa idea. Max, tuttavia, non si lasciò scoraggiare  e facendosi largo a spallate, riuscì a a tuffarsi in acqua… completamente vestito.

-I vestiti!! Si impregnano di sale!!- gli urlò dietro Elena.

-Sì, mamma. Adesso li tolgo- e così iniziò a spogliarsi in acqua e a lanciare gli indumenti sulla battigia.

-Certo che Max è un personaggio- commentò Trish mentre raccattava una scarpa.

-Già- sospirò Elena -Quanta pazienza ci vuole…-

-Non sarebbe Max- disse Fede mentre strizzava l'uniforme.

-É una persona molto diversa da voi- osservò Trish -Eppure siete molto legati- 

Giorno annuì.
-Quando ero piccolo non ero ben visto a scuola. Ero il classico ragazzino emarginato perchè troppo silenzioso e "diverso". Max è stato il primo a rivolgermi la parola, a insistere per essere mio amico. Se non fosse stato per lui, non credo che sarei dove sono ora- spiegò.

-Lui è fatto così- aggiunse Ely -Non è capace di lasciare qualcuno solo o triste. È una cosa che non è mai cambiata, nemmeno quando la zia l'ha abbandonato o mio padre e il suo sono morti-

-Chissà, forse è proprio per questo che non vuole abbandonare nessuno- intervenne Fede -Sa cosa vuol dire, perciò cerca di non farlo provare a nessun altro-

-Allora sono sicura che diventerà un bravo poliziotto- sentenziò Trish.

-Sì- confermò Giorno -Il migliore di tutti-

***

-E mo' che facciamo??- chiese Max sdraiato sull'asciugamano dopo un lungo e rifrescante bagno.

-Voi volete andare da qualche parte??- domandò rivolto alle ragazze.

-Be'... ci sarebbe una boutique di vestiti sul lungomare che...- propose Elena.

-No. Ti prego. Ci metti troppo a fare shopping e io non voglio morire di vecchiaia- la bloccò subito -Perchè invece non andiamo alla sala giochi??-

-Uffa! Per una volta che propongo qualcosa tu la bocci in tronco. Sei crudele- protestò lei.

-E se ci dividessimo??- propose allora Trish -Io e Ely andiamo alla boutique; voi alla sala giochi e ci rincontriamo per cena alla trattori-

L'idea venne approvata all'unanimità, così il gruppetto si separò e i tre ragazzi salirono sulla Panda azzurra di Giorno.

-Tu ed Ely non siete affatto male come attori- si complimentò Fede.

-Lo so- si vantò Max -Ma, a onore del vero, bisogna anche ringraziare Trish che ci ha facilitato il lavoro-

-Sperando che non si sia insospettita- pregò Giorno mentre guidava da tutt'altra parte rispetto alla sala giochi.

Parcheggiò, infatti, davanti al Mille Bolle Blu dove i tre entrarono e vennero subito investiti dagli ordini di un esasperato Fugo.

-PIÙ IN ALTO!! NON LO VEDI CHE È STORTO?!-

-NO CHE NON LO VEDO PER QUESTO TI HO CHIESTO AIUTO!!- urlò di rimando Mista in precario equilibrio su una sedia mentre cercava di appendere uno striscione. 

Vedendo il biondo entrare, subito lo salutò -Ciao GioGioooooo...- però perse l'equilibrio e finì a terra seguito dallo striscione.

-Ah- sospirò Fugo stringendosi il ponte del naso tra le dita e ispirando nervosamente -Possibile che debba incazzarmi pure per organizzare una festa a sorpresa?!-

-No che non devi!!- gli urlò Marco dalla cucina -Ricordati gli allenamenti!!-

Sospirò e poi salutò i nuovi arrivati -Ciao GioGio. Non ti ho sentito entrare. Voi dovete essere Federico e Massimo- 

-Io sono Max- rispose il moro stringendogli la mano vigorosamente.

-Io Fede. Piacere di conoscerti- fece altrettanto l'altro.

-Piacere mio. Sono Fugo. E quell'idiota lì dietro è Mista- disse Fugo indicando il povero cecchino a terra.

-Sarò anche idiota, ma almeno sono simpatico- ribatté lui.

Fugo stava per cantagliene quattro, ma venne subito interrotto.

-Dagli tregua, povero. È da ore che lo fai lavorare come un mulo- lo difese Alice entrata in sala con una teglia di pizzette in mano.

Il buon profumino fece rialzare immediatamente il cecchino, ma prima che potesse allungare le mani su quelle delizie, Alice le tolse dalla sua portata.

-Non con le mani luride. Va a lavarle- ordinò lei.

-Guai se torno la trovo vuota o con 4 pizzette- ammonì tutti mentre si allontanava verso il bagno.

-Perchè 4??- domandò Fede.

-Crede che porti sfiga, quindi lo evita come la peste- rispose Alice -Oh, non mi sono presentata. Alice Zeppeli. Piacere-

-Federico Ferrù. Fede per gli amici- fece altrettanto il grigio per poi dare una gomitata al compare rimasto incantato a fissarla.

-Max- squittì lui per poi schiarirsi la voce e ripetere con tono più suadente: -Massimo Corrà. Ma per te solo Max-

Giorno lanciò un'occhiata allarmata all'appena tornato Mista che, a sua volta, ne lanciò una infastidita a Max della quale lui non se ne accorse, ma Alice eccome.

-Attento. Così farai ingelosire il signorino laggiù- disse sorniona.

-Geloso io?! Ma che minchia vai a pensare?!- protestò lui diventando bordeaux.

-Mica mi riferivo a te. Parlavo del mio fratellone- si difese lei indicando il gemello, appena uscito dalla cucina.

-Io non sono affatto geloso. Anzi, non vedo l'ora che te ne vai di casa così non dovrò più vedere la tua brutta faccia in giro- la prese in giro dandole un tenero pizzicotto sulla guancia e rubandole una pizzetta.

-E non essere così tirchia di sale nell'impasto. Mica siano in Toscana- aggiunse addentandola.

-Ma va in cucina a guardare la torta, brutto antipatico che non sei altro- lo allontanò lei con una mano.

-Di solito sono le donne a stare in cucina- ribatté scherzosamente lui.

-Allora va mettere la gonna- contro-ribatté lei scatenando una risata generale.

Terminata la merenda tutti si rimisero a lavoro. Fortunatamente Max aveva capito l'antifona e saggiamente deciso di non fare più il cascamorto con Alice.

-Non voglio rischiare di morire per una ragazza che conosco da meno di due minuti- si era giustificato con Fede e Giorno mentre sistemavano i tavoli -Ci sono modi migliori tirare le cuoia-

Alle 19, quando ormai era tutto pronto, videro Elena e Trish, cariche di borse, entrare nel locale.

-Spegnete le luci e nascondetevi. Veloci- ordinò Fugo.

-Bentornata Trish- sentirono Augusto salutare la ragazza calorosamente -E benvenuta anche a te, signorina-

-Sei già stata qui??- domandò Elena sinceramente sorpresa.

-Diverse volte- le rispose lei -Sua nipote e io abbiamo amici in comune. Una ragazza eccentrica, ma simpatica e con buon gusto in fatto di vestiti-

-Ma le luci...??- si domandò entrando nella sala buia.

Venne interrotta dall'improvviso accendersi delle suddette, seguito dalla comparsa dei ragazzi che, lanciando coriandoli in aria, esclamarono in coro: -Sorpresa!! Buon compleanno!!-

Trish rimase un attimo frastornata, ma poi sorrise felice e disse: -Io... Credevo ve ne foste dimenticati-

-Con una memoria di Ely?- domandò retorico Max.

-Mi pareva strano che ti fossi interessata così improvvisamente alla moda- si rivolse allora Trish alla ragazza citata.

-Be'. Qualche vestito per l'estate mi serviva comunque. Quindi ne ho approfittato per rendere il tutto più credibile… e per passare del tempo con un'amica- si difese lei arrossendo e tirandosi su gli occhiali.

-Allora grazie di esserlo- disse Trish stringendola in un forte abbraccio.

-E grazie a voi per tutto- aggiunse andando ad abbracciare tutti.

Dopo di che si sedettero a tavola dove era stato imbastito un banchetto da re. La cena trascorse in allegria. Gli argomenti di conversazione non mancarono mai specie grazie alla vivacità di Mista e Max che, nonostante le iniziali divergenze, stavano legando, così come Fede, Elena e Fugo grazie al loro interesse comune per la letteratura.

Arrivò poi il momento dei regali. I gemelli le donarono un vestito rosa confetto con lo scollo a cuore e la gonna a campana; Fugo e Mista un orologio da polso con il cinturino di pelle rosa pallido; Elena il primo libro de "L'amica geniale"; Max e Fede un paio di pendenti, uno con il segno + e l'altro con il segno -, che si premurò di indossare subito insieme all'orologio. Fu però l'ultimo regalo, quello di Giorno, a colpirla più di tutti. Non tanto per il contenuto, alla fine si trattava di una semplice boccetta di profumo alla rosa canina, quanto per il ricordo che l'odore risvegliò.

Si trovò improvvisamente al gennaio di quell'anno in una stanza dell'ospedale di Reggio Calabria. Il profumo dei fiori che aveva portato riusciva ad alleviare l'odore pungente del disinfettante, ma non era in grado di fare altrettanto con il dolore che provava nel vedere la donna che l'aveva cresciuta, sostenuta e amata nonostante le difficoltà arrendersi al cancro e spegnersi lentamente. A distanza di mesi sentiva ancora nei suoi peggiori incubi il suo ultimo respiro e il fischio lugubre delle macchine quando il suo cuore aveva smesso di battere.

Ma poi alzò lo sguardo, vide i suoi amici e si ricordò di non essere sola. Anche loro conoscevano quel dolore eppure non si erano lasciati abbattere. Inseguivano i loro sogni, non lasciandosi influenzare dal passato. Se loro ci erano riusciti, poteva farlo anche lei.

-Trish, tutto bene??- le chiese preoccupato Giorno -Se non ti piace, posso andare…-

-"Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra una stella…"-

La sua voce era lieve come un soffio, ma limpida e melodica come quella di un usignolo. Le parole danzarono in aria allietando le orecchie e il cuore dei presenti che, sebbene perplessi, non si domandarono cosa l'aveva spinta a cantare, ma pregavano invece che non smettesse.
Tuttavia Trish tentennò alla strofa successiva, sopraffatta dai ricordi e sull'orlo del pianto. Fortunatamente qualcuno le diede man forte.

-"Sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta…"-

Giorno non era mai stato bravo a cantare e si vergognava a mettersi in mostra in quel modo, ma aveva capito che era stato il suo regalo a farle scattare qualcosa dentro di doloroso che doveva essere tirato fuori e perciò voleva aiutarla come poteva.

Funzionò. Trish continuò e la sua voce, strofa per strofa, divenne più sicura. Nemmeno Giorno smise. Non si era mai sentito così connesso a un'altra persona e non voleva assolutamente interrompere quella bella sensazione.

-"Bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue l'aquilone"

[…]

-"Questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose"-

Dopo l'ultimo verso nessuno disse nulla. Mista singhiozzava come un bambino sulla spalla di Fugo che, incredibilmente, non era infastidito. Addirittura, gli dava delle pacche per confortarlo. Max e Fede, invece, erano a bocca aperta. Mai si sarebbero aspettati uno spettacolo simile da parte di Giorno. Dov'era finito il ragazzo timido e schivo con le ragazze di qualche tempo prima??

Quest'ultimo, sentendosi un po' troppo osservato, andò fuori con la scusa di aver bisogno dell'aria. Non passò molto tempo che la festeggiata lo seguì.

-Mia madre adorava De' Andre- esordì appoggiandosi alla ringhiera del lungomare -Aveva un vinile a casa che metteva in loop ogni sera. Quando è stata costretta a ricoverarsi, ero io a cantare per lei. La canzone di Marinella è stata l'ultima che… Non canto più da allora. Credevo che non ci sarei mai più riuscita. Invece, eccomi qui. L'ho fatto e senza nemmeno piangere troppo. Ed è tutto merito tuo-

-Mi fa piacere, ma non era intenzionale. Cioè, non che non ti volessi aiutare, ma non ho preso quel regalo sapendo di fare qualcosa di più cioè…- farfugliò lui, non riuscendo a capire perchè era così in ansia.

-Non potevi saperlo. Non l'ho mai raccontato a nessuno- ridacchiò lei -Però non ti sei tirato indietro quando ne avevo bisogno. E di questo te ne sarò sempre, immensamente grata-

Lo abbracciò. Non c'era nulla di diverso rispetto quello di inizio serata eppure Giorno sembrava sul punto di svenire. Le orecchie gli andavano a fuoco; il cuore batteva all'impazzata; il respiro era incontrollabile e il cervello non riusciva di elaborare una spiegazione logica. Che cavolo gli stava succedendo?!

-Trish!! Giorno!! Ma dove diavolo…?!- fece per ribeccarli Fede uscito a cercarli, ma appena li vide si bloccò.

-Oh. Scusate. Me ne sono andata senza dire nulla. Alla faccia dell'educazione- disse Trish sciogliendo l'abbraccio e in maniera inspiegabilmente rapida tornò dentro.

-Giorno. Stai bene??- chiese l'amico notando il rossore sulle sue guance.

-Sì. No. Non lo so- rispose lui.

-Lo sapevo. Ecco perchè la osservavi con così tanta attenzione in spiaggia- affermò trionfante Max, quasi facendogli venire un infarto.

-Chi?? Trish?? No!! Ma che ti passa per la testa?!- si difese lui, ma il tentativo non fece altro che far sogghignare ancora di più il moro.

-Giorno. Hai le palpitazioni e sei rosso come un peperone. Questo dopo che sei stato abbracciato da una ragazza con cui sei già molto in sintonia; la stessa per cui sei stato disposto a cantare di fronte a tutti per la prima volta in sei anni che ti conosco. Se questa non è una cotta, allora io sono biondo platino-

Il biondo maledisse mentalmente l'amico e il modo con cui era riuscito a smascherarlo così facilmente.

-Proprio l'ultima cosa che mi serviva- sospirò smettendo di negare l'evidenza.

-Che c'è di male a essere innamorati??- domandò Fede -Be' certo. Bisogna vedere prima se lei ricambia, ma...-

-Non è quello il punto. Non posso stare con lei. Già così sta correndo un bel rischio, figurarsi cosa succederebbe se diventasse la mia ragazza…-

-Deve essere lei a scegliere- gli rispose risoluto Fede -Capisco che la vuoi proteggere, ma non può negarle il libero arbitrio-

-E poi, Giorno, dovresti dare una possibilità anche a te. Non devi sempre sacrificarti per gli altri. Anche tu hai il diritto di essere felice- intervenne Max.

Il biondo non reagì, allora il moro lo afferrò per le spalle e lo costringe a guardarlo.

-Giorno- disse serio come non lo era mai stato -Promettimi che ti darai una possibilità con lei. Promettimi di essere felice-

Lui non rispose. Non fece in tempo. Avvertì un'orribile sensazione e poco dopo sentì Max spingerlo via. Cadde, ma riuscì comunque a vedere la tragedia consumarsi di fronte ai suoi occhi: il dardo dorato trapassare la testa dell'amico, il sangue fuoriuscire, il corpo cadere. Poi un urlo ovattato (forse il suo, forse quello di Fede) giunse alle sue orecchie.

-MAAAAAXX!!!!!-

Autrice time
In principio il capitolo doveva essere molto diverso. Prima di tutto non doveva essere così lungo, ma ormai il dono della sintesi che avevo in "Lost in the Anime Multiverse" l'ho perso e mai più lo ritroverò. Secondariamente doveva essere un semplice slice of life con Giorno che realizzavs di essere innamorato di Trish dopo averla sentita cantare. Invece, niente. Il mio cervello si rifiuta di scrivere un capitolo tranquillo dall'inizio alla fine. Spero comunque che vi sia piaciuto e che abbiate colto l'omaggio a James Joyce e Fabrizio De' Andre (se non conoscete la canzone, correte ad ascoltarla. ORA). 

Mi scuso per l'enorme ritardo, ma maggio è sempre un mese pieno di impegni. Purtroppo mi duole informarvi che dal capitolo prossimo (che cascasse il mondo, pubblicherò domenica prossima) la storia tornerà in pausa per via della sessione estiva e non so quando tornerò di preciso (entro la fine settembre sicuro; voglio chiudere la storia entro la fine dell'anno). 

Detto ciò alla prossima. Ciao, Giuly

P.S. Bello come mi lamento dell'insensatezza delle ship tra personaggi che si odiano o non hanno chissà quale rapporto per poi mettermi a shippare Trish e Giorno che si sono parlati appena due volte in tutta l'anime 🤡. No, sul serio. Io voglio capire esattamente cosa abbia visto il mio cervello per dire "Sì, loro formeranno una bella coppia". L'unica potrebbe essere che Trish abbia risvegliato lo stand proprio per aiutare Giorno, ma boh. Misteri della vita.

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Capitolo 19
*** Destino ***


I suoi occhi sembravano aver perso la capacità di mettere a fuoco l'ambiente circostante e le sue orecchie di udire altri rumori se non un lungo e lugubre fischio. Giorno riuscì in qualche modo ad alzare la testa e mettersi seduto. Solo allora un'immagine nitida e crudele gli si parò davanti. 

Max era a terra, le braccia molli sul corpo, la testa circondata da un'aureola di sangue, gli occhi vitrei. Si precipitò da lui, estraendo il Gold Experience che appoggiò le mani sul foro sanguinante nel disperato tentativo di richiuderlo, di guarirlo, di salvarlo. Era tutto vano, questo lo sapeva già. Non era la prima volta che riusciva a guarire qualcuno in tempo. Eppure non riusciva ad accettarlo.

-Max!! Svegliati!! Ti prego!! Non può finire così!! Non ora!! Non qui!! Max!!- urlò percuotendolo.

Una mano tremolante gli afferrò la spalla, riportandolo alla realtà. Voltò la testa appena per vedere il volto di Fede, ancora troppo scosso per piangere. E infine poco più in là, incastrato nei sanpietrini, stava un oggetto simile a un lungo ago dorato coperto di sangue e cervella. Solo allora realizzò a pieno cos'era successo e quando lo fece, un nuovo dardo venne scagliato. Ma, a differenza di prima, Gold Experience si tramutò in Requiem e rimandò indietro il colpo sotto gli occhi confusi di Fede e Giorno.

I due sentirono poi una porta sbattere improvvisamente e una voce femminile urlare angosciata -Max!-. Si voltarono per vedere Elena cercare di avvicinarsi, nonostante i tentativi di Mista di tirarla indietro. 

Fede, sebbene sotto shock, aveva capito la gravità della situazione e quindi le urlò terrorizzato: -Elena! No! C'è un cecchino!-

Un altro colpo venne scagliato diretto alla ragazza che si girò di 180 gradi giusto in tempo per vederlo, ma non per evitarlo. Giorno rivide davanti a sé lo scenario di poco prima, ma a differenza di Max, lui era troppo lontano per spingere via Elena e salvarla. Gli salirono le lacrime agli occhi al pensiero che fra pochi istanti avrebbe assistito impotente alla morte di un'altra persona a lui cara. Ma poi un grido gli ridiede speranza.

-EXUVIA!! SHIELD!-

Una strana figura somigliante a un uomo con un'armatura a forma di coleottero verde smeraldo si mise in mezzo e deviò il colpo. Elena cadde, ma venne presa al volo da un ragazzo dalla pelle scura e una voluminosa chioma di capelli crespi nero pece. In contemporanea Giorno e Fede vennero raggiunti da una ragazza dai folti capelli rossi accompagnata da un'altra figura simile a un guerriero greco con il capo coperto da un elmo con due enormi corna di cervo dorate e un giavellotto in mano. 

Giorno li riconobbe subito. Il ragazzo si chiamava Michele Panzerotto, di anni 22, proveniente da una famiglia immigrata dalla Puglia, mentre la ragazza, coetanea di Michele, era di origine ligure e si chiamava Marinella Creuza. Entrambi erano tra le nuove reclute di Passione a cui era stato affidato il compito quella sera di pattugliare la zona insieme ad Amerigo Caruso e Sibilla Focaccina.

 -Creuza. Cosa sta succedendo?- chiese a quel punto alla rossa.

-Stavamo pattugliando la zona quando abbiamo visto qualcuno aggirarsi per i tetti e prima che ce ne rendessimo conto, aveva già colpito gravemente Amerigo e Sibilla. Lui è in ospedale e lei è...- spiegò lei, interrompendosi quando notò con orrore che la sua compare di ronda non era stata l'unica vittima di quella sera.

A quel punto anche Elena e Michele li raggiunsero e dovettero constare anche loro della morte del ragazzo. La prima si accasciò accanto al corpo e scoppiò in lacrime, mentre il secondo puntò lo sguardo su un punto imprecisato sopra i tetti con un'espressione furente in volto.

-Dannato codardo figlio di puttana! Non ti bastava la vita di Sibilla, pure quello di un innocente ti sei portato via?! Tira fuori le palle e fa vedere la tua faccia del cazzo!- urlò e per tutta risposta partirono altri due colpi che Exuvia parò, estendendosi come una lunga barriera protettiva su tutti loro.

-Dobbiamo colpirlo! Mari, usa il giavellotto- ordinò il ragazzo.

-Geordie non può lanciarlo senza sapere dov'è di preciso. Ed è l'ultimo colpo rimastogli- disse la ragazza.

-Ci penso io!- intervenne improvvisamente un'altra voce femminile. Alice era uscita dalla locanda con la pistola in pugno e sfruttando l'intangibilità e le onde concentriche saltò, arrivando a un'altezza superiore a quella del tetto. Individuò il cecchino e gli puntò la pistola contro, ma quando realizzò chi era perse la presa e la concentrazione.

-Alessio- riuscì a dire prima di venir colpita da due dardi. Fortunatamente non la colpirono in punti vitali, ma furono abbastanza gravi da impedirle di atterrare come si deve e infatti all'impatto la gamba si storse facendola urlare dal dolore. Mista e Marco cercarono di andare da lei, ma Fugo li bloccò consapevole che se fossero usciti sarebbero stati colpiti e quasi sicuramente uccisi. Non riuscì tuttavia a bloccare Trish. Il cecchino cercò di colpire anche lei, ma Space Girl fu rapida nell'ammorbidire la strada e modellarla, creando una specie di tettoia di sanpietrini lunga abbastanza da difendere sia la rosa che la bionda.

Il tutto avvenne davanti agli occhi di Giorno che, superato il momento di shock, era stato invaso da una rabbia viscerale dovuta al dolore e al senso di impotenza. Gli occhi vagarono da un punto all'altro della strada, in cerca di qualcosa che potesse tornargli utile per uccidere quel bastardo finché non si ricordò del dardo. Lo prese, lo ripulì dal sangue e lo trasformò in edera.

-Creuza. Dammi il giavellotto- ordinò freddamente. La ragazza, seppur confusa, eseguì. Il biondo vi avvolse intorno l'edera, glielo riconsegnò e le ordinò: -Lancialo-

-Ma...- cercò di protestare.

-L'edera gli darà da guida. Fidati, fallo- disse lui.

La ragazza riconsegnò l'arma a Geordie che, messosi in posizione, tirò. L'asta sibilò in aria, puntando a un punto preciso del tetto. Alcuni dardi cercarono di colpirla in volo, ma vennero respinti dall'edera. Infine raggiunse il tetto e colpì qualcuno che cacciò un urlo agonizzante. Un corpo cadde giù dal tetto e l'urto con il terreno gli fracassò la testa, ma visto che il giavellotto l'aveva centrato in mezzo al petto era probabile che fosse morto prima. 

Space Girl ed Exuvia abbassarono le difese e Giorno si avvicinò al corpo del nemico. Era vestito completamente di nero con un cappuccio calato in testa da cui tuttavia si potevano intravedere delle sottili ciocche argentate. Gli occhi viola, ormai vitrei, erano sbarrati e il suo viso esprimeva ancora la paura che doveva aver provato nel vedere l'arma arrivargli addosso. Spostando lo sguardo notò la ferita fatale e il braccio destro privo di mano. Solo allora capì perchè Alice non era riuscito a colpirlo. Era Alessio Guido, uno dei traditori di Passione rivelati da Luca Ghira, nonché autore insieme allo stesso Ghira e a Leonardo Izzo del tentato stupro di Alice.

Avrebbe voluto essere sollevato di aver levato di torno un soggetto così tanto rivoltante e dannoso per l'organizzazione, ma a prendere posto della rabbia fu una disperazione sorda e totalizzante. Le sue ginocchia cedettero e se non fosse stato per Mista sarebbe crollato a terra accanto al cadavere. E infine pianse.

***

Non ricordava molto di quello che era accaduto in seguito. Mista l'aveva caricato in macchina e portato alla villa, mentre Fugo e gli altri erano rimasti lì a sistemare il disastro. Una volta lasciato al sicuro in camera sua in compagnia di Polnareff, era tornato indietro.

Da allora erano passati forse una trentina di minuti durante i quali Giorno era rimasto sdraiato sul letto a guardare il soffitto mentre il francese cercava come poteva di consolarlo. Aveva smesso di piangere, ma non si sentiva affatto meglio. Non riusciva a smettere di pensare all'accaduto e più ci pensava più sentiva il cuore dilaniarsi.

Com'era potuto succedere? Perchè non era riuscito a proteggere Max?

Alzò il busto dal materasso e pronunciò: -Requiem-

Polnareff sobbalzò, ma fu l'unica risposta che ottenne.

-Gold Experience Requiem- riprovò irritato. Nessuna manifestazione.

Aprì allora il cassetto dove conservava la Freccia Stand. 

-GioGio. Cosa vuoi fare?- si allarmò Polnareff.

Ignorandolo Giorno afferrò la freccia, evocò il Gold Experience e cercò di colpirlo, ma il Requiem si manifestò prima e lo bloccò.

-Così rischi di ammazzarti- lo ammonì.

-Dov'eri quando Max stava morendo?!- urlò adirato Giorno -Perchè non hai fermato il dardo?!-

-Così doveva accadere- rispose secco lo stand.

-Così doveva accadere?! Stai scherzando?!- urlò afferrandogli le spalle e scuotendolo.

-Ti pare che sia tipo da scherzi?- domandò retorico Requiem, facendolo irritare ancora di più.

-No! Non doveva andare così!- sbottò Giorno iniziando a percuotere di pugni il petto dorato di GER -Max doveva vivere, diventare un appuntato come suo padre, sposarsi, avere figli, morire di vecchiaia! Dovevo essere io a morire, non lui!!-

-GioGio- sussurrò Polnareff rammaricato.

-No, invece- ribatté lo stand afferrandogli i polsi -Massimo Corrà doveva morire oggi, sacrificandosi per salvare il suo migliore amico da morte certa. Questo era il destino che avete scelto e io non potevo in alcun modo cambiarlo-

-Il... destino che avete… scelto??- boccheggiò confuso Giorno.

Il Requiem annuì.

-La morte è un destino ineluttabile a cui nessun essere vivente può scampare. A ognuno, però, è concesso decidere il come, il dove e il quando.
Ogni azione e decisione, consapevole o meno, comporta delle conseguenze le quali giocano un ruolo importante nel destino di una persona insieme ai fenomeni casuali e le conseguenze delle scelte altrui.
Perciò dire che l'uomo sia fautore del proprio destino è corretto, solo che non è l'unico, ma uno dei tanti-

-Quindi è anche a causa della mia scelta di non allontanarlo se Max è morto??- chiese Giorno a testa bassa e con voce carica di angoscia.

-Sì- confermò lo stand -È dovuto a questo, ma anche alla sua decisione di rimanerti accanto pur consapevole del pericolo, di essersi messo in mezzo tra te e il dardo, della volontà di Alessio Guido di ucciderti quel preciso momento e in quel preciso luogo. Come ho detto, il destino non si può ridurre tutto a una singola scelta-

-Ma... non è giusto- protestò debolmente il ragazzo.

-Il destino non è né giusto né sbagliato, Giorno Giovanna. È e basta-

-E qual è il mio? Perchè non sono morto a Roma con Bucciarati e Narancia? O in Sardegna con Abbacchio? Perchè sono ancora qui?-

GER gli prese delicatamente il volto tra le mani e gli disse: -Perchè tu hai scelto di lottare e immolarti per una causa superiore, Giorno Giovanna. L'ha scelto quando hai deciso di emulare il gangster che ti ha salvato; l'hai scelto quando hai fatto quella promessa davanti alla tomba dei parenti di Massimo, Elena e Federico; l'hai scelto quando sei entrato in Passione con l'intenzione di cambiarla e l'hai scelto quando ti sei pugnalato con questa freccia per avere il potere di sconfiggere Diavolo.
Io sono il naturale risultato delle tue scelte ed è mio preciso compito fare in modo che il destino da te costruito passo dopo passo faccia il suo corso.
Tu sei destinato a fare grandi cose per gli altri, Giorno Giovanna, ma per farle purtroppo non ti sarà concessa sempre una vita pacifica e serena-

-E ne varrà la pena?- chiese Giorno con voce affranta.

-Quando arriverà il momento lo saprai- rispose enigmatico lo stand.

Il biondo si divincolò dalla sua presa e si portò le ginocchia al petto, chiudendosi a riccio.

-Se le cose stanno così, allora puoi andare- ordinò sommesso.

GER allora ripose nuovamente la Freccia nel cassetto e scompare così come era apparso.

Per diversi minuti la stanza rimase in assoluto silenzio. Le parole dette da GER erano state chiare e totalizzanti. In un altro contesto, forse, il fatto che le scelte individuali potevano veramente cambiare il corso del destino sarebbe stato confortante, ma adesso sembrava solo un altro modo sadico con cui gli uomini si precludevano qualunque altra strada.

Polnareff, riflettendoci su, si rese conto di quanto le sue scelte avevano influenzato e continuassero a influenzare il suo destino anche a distanza di anni.

Aveva scelto di uccidere l'assassino di sua sorella per vendicarla e così aveva fatto. Aveva scelto di continuare a seguire gli Stardust Crusaider per sconfiggere DIO Brando e così aveva fatto. Ma quando era tornato al suo paese natale, si era reso conto che nulla sarebbe stato come prima. L'assassino di Sherry, l'incontro con i Joestar, lo scontro con DIO e la morte di Abdul, Iggy e Kakyoin gli avevano lasciato un segno profondo nel suo animo che non poteva essere ignorato. Per questo non aveva esitato quando la SPW Foundation l'aveva chiamato per cercare le frecce. Per questo era deciso di continuare a collaborare con la SPW e Giorno nonostante le numerose ferite. Non poteva più stare fermo a guardare. Non lui che era sopravvissuto a DIO e Diavolo a discapito di tanti altri. Non lui che aveva ancora il potere di fare qualcosa. Lui doveva raccogliere l'eredità dei caduti.

Un bussare improvviso interruppe quel flusso di pensieri. Giorno si asciugò gli occhi e andò ad aprire. Erano Mista e Fugo di ritorno dal Mille Bolle Blu.

-Federico, Elena e Trish sono stati scortati a casa; i gemelli, Panzerotto e Creuza stanno pattugliando la zona, ma sembra essere tutto tranquillo. E Amerigo sembra essersi ripreso- disse Mista -Mi dispiace molto, GioGio. Era un bravo ragazzo-

Il giovane boss annuì appena.

-GioGio- esordì Fugo -Quello che è successo è stato orribile e non oso immaginare quanto sia doloroso per te, ma ti prego non mollare. Non è ancora finita. La Carboneria continuerà a tornare e a minacciare di distruggere tutto ciò che abbiamo costruito in questi ultimi mesi. Non puoi lasciare che...-

-Non ho mai avuto intenzione di mollare- lo interruppe Giorno.

Alzò la testa e i suoi compagni si resero conto che la fiamma di determinazione nei suoi occhi non era stata scalfita dal dolore. Anzi, si era fatta ancora più luminosa di prima.

-Non starò fermo a guardare mentre l'organizzazione che ha ucciso Max e Dio solo sa quanti altri innocenti continua a vivere. Le mie intenzioni non sono cambiate- continuò deciso -Però non posso più commettere lo stesso errore, perciò...-

Un groppo in gola gli impedì di finire. Come un fiume in piena, venne invaso dai ricordi dei bei momenti passati insieme ai suoi amici e sentì una dopo l'altra le loro parole.

-Deve essere lei a scegliere. Capisco la vuoi proteggere, ma non puoi negargli il libero arbitrio-

-Non devi sempre sacrificarti per gli altri. Anche tu hai diritto di essere felice-

-So che cosa vuoi dire, ma no. Non troncherò sei anni di amicizia per una semplice paranoia-

-Se vuoi proteggerci, allontanarci non sarà la soluzione-

-Promettimi che ti darai una possibilità con lei. Promettimi di essere felice-

Non voleva farlo. Non voleva, ma doveva.

-Perciò...??- insistette Mista.

-Ho bisogno di un favore- affermò Giorno.

***

Napoli, 10 giugno 2001

-Che cazzo significa che non vuole avere più a che fare con noi?!- sbraitò Fede sbattendo violentemente le mani sul tavolo del bar dove lui, Elena, Trish, Mista e Fugo si erano seduti per parlare.

Era sempre stato un ragazzo pacato e riservato, ma questo era troppo. Prima la morte di Max, poi la notizia da parte di suo padre che Giorno si era ritirato da scuola e infine la scoperta che quest'ultimo, al posto di stare vicino a lui, Trish ed Elena, voleva tagliare i ponti con tutti loro. E la cosa peggiore era che manco si era degnato di dirglielo di persona.

Mista e Fugo non si scomposero.
-Giorno ritiene che per la vostra sicurezza sia meglio che non abbiate più contatti con lui- ripeté con calma Mista.

-Per la nostra sicurezza. Certo, come se smettendo improvvisamente di stare con noi la Carboneria non ci toccherà più- ribatté lui irritato.

-Faremo in modo che non possa toccare né voi né le vostre famiglie- lo rassicurò Fugo, ma non bastò a calmarlo.

-Non ha alcun cazzo di senso. Se ci proteggerete allora la Carboneria saprà che siamo importanti. La nostra posizione non migliorerà di certo-

-Vuoi morire allora?- domandò Fugo, iniziando a irritarsi.

-No. Voglio che il mio amico non si nasconda dietro un dito e affronti la questione faccia a faccia- ribatté Fede.

-Peccato ne abbia altre ancora più vitali di cui occuparsi-

-Se Passione è più importante, allora tanto valeva tornare a scuola da noi- affermò cercando di nascondere gli occhi lucidi. Si alzò di scatto dal tavolo e prima di andarsene aggiunse: -Sapete che c'è?! Se le cose stanno così, allora che se ne vada a fanculo lui e tutta 'sta storia-

-Ehi. Dove vai?- disse Fugo. Non ottenendo risposta, imprecò un -dannazione- e si alzò per raggiungerlo.

Elena, rimasta in silenzio per tutto il tempo con lo sguardo spento e senza toccar cibo, si alzò anche lei.

-So cosa sta pensando. Comprendo le sue azioni e le accetto, per quanto facciano male- disse e rivolgendosi in particolare a Mista aggiunse: -Dagli solo questo messaggio da parte mia. Altruismo non significa abnegazione. E curarsi nella propria salute mentale non significa essere egoisti-

Infine raggiunse anche lei Fede per cercare di farlo ragionare.

Trish la guardò andare, ma non disse nulla continuando a tormentare il braccialetto che aveva al polso.

-Stai bene?- le chiese Mista.

-Sono stata meglio- rispose vaga lei -Non è che mi puoi riportare a casa?-

Lui annuì e dopo essersi accordato con Fugo salì in macchina con lei. Non parlarono molto durante il tragitto, immersi com'erano nei propri pensieri.

Una domanda in particolare continuava a tormentare Trish. GioGio si era allontanato per proteggerli e questo lo capiva benissimo. Del resto Fede ed Ely non avevano stand o poteri particolari. Non erano nella posizione di proteggere nessuno, nemmeno loro stessi.

 Ma lei che era una sopravvissuta e una portatrice di stand capace di salvare sia sé stessa che gli altri, quale scusa aveva, invece, per stare in disparte mentre i suoi amici rischiavano la vita?

Certo, quella battaglia non era un affare che la riguardava nello specifico, eppure il senso di colpa la divorava ogni volta che vedeva Mista rientrare in casa sporco di sangue, Fugo allenarsi con gli Zeppeli oppure il volto stanco o triste di Giorno. Le si strinse nuovamente il cuore al pensiero di non poter fare nulla quel ragazzo che tante volte l'aveva aiutata e verso il quale provava qualcosa che ancora non aveva il coraggio di definire. Cosa doveva fare, quindi? Doveva scappare, lasciando da parte tutto e tutti oppure intervenire in qualche modo? Qual era il suo destino?

Autrice time

All'inizio Massimo Corrà doveva essere un semplice personaggio di contorno, nato al solo scopo di dare un nome a qualche compagno di classe di Giorno. Ma scrivendo il capitolo 6, dove lui, Elena e Fede apparivano per la prima volta, ho pensato di sfruttarli in altri modi. Il primo era quello di dare un po' di spessore alle motivazioni di Giorno nel diventare il Boss di Passione, ma poi anche per evidenziare come la sua vita sarebbe cambiata dallo scontro con Diavolo in poi. Nessuno ha mai detto che sarebbe stata tutto rosa e fiori e la morte di Max  ne è la dimostrazione. Credete che la decisione di GioGio di tagliare i ponti con gli amici sia una buona idea?Cosa pensate farà d'ora in poi? E Trish?

Purtroppo per le risposte dovrete tendere più a lungo del previsto. La sessione estiva è alle porte e io devo studiare. Spero con tutto il cuore di tornare entro la fine di settembre. Intanto fatemi sapere cosa ne pensate della storia fino a questo punto. 

Ci vediamo prossimamente. Ciao, Giuly♡

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Capitolo 20
*** Fiducia e sospetti ***


Principato di Monaco, 21 luglio 2001

Marco Zeppeli era per natura un ragazzo curioso che fin dalla più tenera età aveva sviluppato un interesse genuino per i viaggi, che si trattasse di un weekend fuori Napoli o una semplice passeggiata lungo la spiaggia. Purtroppo non aveva mai avuto grandi opportunità di muoversi da un posto all'altro ma sperava un giorno di poter girare il mondo e vedere di persona le grandi metropoli statunitensi, le esotiche città orientali ma più di ogni altro luogo Londra, palcoscenico del suo amato V per Vendetta. Non c'era quindi da stupirsi nel vederlo con i gomiti appoggiati sulla balaustra del terrazzo della sua suite, intento ad ammirare estasiato la skyline della città di Monaco, i rigogliosi colli verdi che la circondavano e il limpido Mar Mediterraneo, tinto di sfumature arancio-rosse del sole morente che ne lambiva le coste e punteggiato da navi non troppo diverse da quella da quale era sceso quella mattina con Alice. 

Mai avrebbe immaginato di vedere un panorama simile o di alloggiare all'Hotel de Paris nel quartiere di Montecarlo, uno dei più costosi dell'intero principato. Quando lo aveva visto per la prima volta era rimasto a bocca aperta. Pareva un castello uscito dalle fiabe che suo nonno gli raccontava da piccolo talmente erano brillanti le pareti bianche riccamente ornate da stucchi e alte le guglie blu oltremare che ornavano il tetto. Sarebbe rimasto a osservarlo per ore se non fosse stato per Alice che lo aveva trascinato a forza nella hall. -Certe volte non capisco perchè stai con il naso per aria, Lorenzo. Non è la prima volta che vediamo qui- gli aveva detto con aria scocciata. Una frase che poteva suonare normale detta dalla giovane figlia di papà che Alice fingeva di essere quando in realtà era un avvertimento. In quel momento Marco non era un ragazzo di periferia costretto a lavorare fin da piccolo per portare il pane a casa e lì a Montecarlo per una missione per conto di Passione, bensì Lorenzo Ghibellini, un ragazzo della Napoli bene ricco sfondato e andato lì in vacanza con sua sorella Chiara solo perchè si annoiava. Così ammonito si era limitato, seppur con estrema difficoltà, a dare una sola occhiata alla sfarzosa hall e trattenere lo stupore quando il facchino aveva aperto la suite dove avrebbero alloggiato. 

Solo quando l'uomo si era congedato i gemelli si concessero di lasciarsi andare. Alice si era subito tolta dai piedi "gli aggeggi infernali di 12 cm" (così lei definiva i tacchi) e li aveva lanciati via. -Dannati cosi! Chi li ha inventati doveva essere un vero sadico!- aveva esclamato prima di sparire in bagno per farsi una doccia. Avevano poi trascorso il resto del giornata a godersi gli agi che l'hotel offriva (spa, piscina, ristorante…) mentre aspettavano che calasse la sera. A quel punto erano tornati in camera per cambiarsi.

-Serviranno la cena nel loro ristorante di lusso. Questo significa che devo rindossare quei cosi- affermò scocciata Alice andando dal fratello con una bottiglia di champagne in una mano e due calici di cristallo nell'altra -Ma come fanno le ragazze snob a indossarli sempre?- 

-Boh. Forse sono tutte nane e hanno bisogno di quei 12 cm per squadrare i plebei dall'alto al basso senza risultare ridicole- commentò Marco in tono scherzoso -E comunque se indossassi un abito lungo fino a piedi nessuno potrà vedere se indossi dei tacchi oppure delle scarpe da tennis-

La ragazza appoggiò calici e bottiglia sulla balaustra e si portò una mano sul mento con fare pensoso. -Sai non è una cattiva idea- disse infine -Quasi quasi potrei...-

L'abbaiare improvviso di Teen Spirit fece sobbalzare i gemelli. Il lupo-stand da sdraiato che era scattò in piedi, appoggiò le zampe anteriori sulla balaustra e iniziò a ringhiare.

-Che succede?- si allarmò Alice.

-Ehi, Teen. Che hai?- domandò Marco cercando di calmarlo e al contempo capire la causa del suo disagio. Gli accarezzò il morbido collo e abbassò la testa vicino all'orecchio provando a guardare dove guardava lui. -Sono arrivati alla piazza del Casinò- affermò cupo.

-Dove?- scattò Alice estraendo la semiautomatica da sotto la gonna.

-Non lo so. Da qui Teen non riesce a indicare con precisione- affermò il ragazzo cercando comunque di provare a scorgere nella piazza affollata qualche figura sospetta -E anche se fosse non riusciresti a colpire nulla da questa distanza con quella-

-Merda- imprecò la ragazza abbassando l'arma.

-Mi sa che non abbiamo altra scelta. Possiamo risolvere la questione solo stasera- affermò Marco.

Lo sguardo di tutti, compreso quello di Teen Spirit, si spostò verso lo sfarzoso edificio del Casinò, set di numerosi film famosi nonché luogo dell'imminente scontro e forse (ma nessuno se lo augurava) della loro tomba.

***

Napoli, Villa Passione, 21 giugno 2001

-Vogliono allearsi con la Triade?!- trillò N2 in preda al panico.

-Moriremo tutti- pianse disperato N5.

-Dobbiamo farli fuori subito!- sentenziò N3, menando calci e pugni sul tavolo della sala riunioni per poi cercare di colpire anche N5. Mista lo acchiappò prima che facesse danni. -Buoni tutti. Niente panico- cercò di calmare le acque -Per adesso la Carboneria non ha fatto alcuna alleanza e noi gli impediremo di farne-

-In realtà ne hanno già fatta una- lo corresse subito Alice aprendo uno dei fascicoli rubati da lei e Marco a Villa Agreste -Nel '71 Luigi Carbonara, padre dell'attuale boss, stipulò un accordo commerciale con una banda della Triade che aveva sede a Hong Kong. Sembra anche che fosse molto redditizia; nei mesi successivi la Carboneria ha guadagnato milioni-

-E poi...?- chiese Mista impallidito.

-Con la guerra del Tirreno non sono più riusciti a stare dietro ai termini dell'accordo e l'hanno rescisso nel '76- rispose Alice facendo scorrere il dito sul documento -Hanno provato a siglarne un altro nel '92, subito dopo la tregua con Passione, ma sembra che la Triade abbia rifiutato-

-Ha rifiutato anche la proposta di Passione fatta due anni dopo- lesse Polnareff su un altro fascicolo, stavolta preso dall'archivio di Passione -A quanto pare nessuna delle due all'epoca aveva abbastanza influenza o territorio per la Triade. Ma adesso gli assetti sono cambiati e continueranno a farlo-

-Ma allora quanto converrà questa proposta alla Triade?- intervenne Marco -Insomma, la Carboneria potrebbe acquisire territori così come perderli. Senza contare che il precedente patto ha avuto delle ripercussioni negative proprio a causa della guerra-

-Forse vogliono giocare in anticipo, prima che lo facciamo noi- azzardò Alice.

-Certo, come se noi ci alleassimo con gli spacciatori- ribatté Marco sarcastico.

-La questione non è cosa noi faremo in realtà, ma cosa loro pensano che noi faremo- rispose Mista. Lanciò uno sguardo a Giorno, rimasto in silenzio ad ascoltare. Non aveva un bel aspetto. La morte di Max e il successivo isolamento gli avevano scurito ancora di più le occhiaie, scavato le guance e reso i capelli una matassa informe di riccioli biondi. Eppure quando parlò la sua voce era ferma e decisa. -Non so se la Triade accetterà o meno di scommettere la Carboneria, ma so che se decidesse di farlo, per noi si metterà veramente male. Non possiamo permetterci di correre questo rischio-

-Allora suppongo che dovremmo impedire a priori l'incontro- suppose Marco -Quando e dove sarà?-

-Alle dieci di sera del 21 luglio al Gran Casinò di Montecarlo- affermò Giorno.

-Un incontro in un territorio vicino, ma non interessato al conflitto e per giunta nel bel mezzo del G8 di Genova che, stando ai precedenti, potrebbe sollevare un tale polverone da far passare in sordina eventuali disordini- constatò Mista.

-Mi sembra giocare un po' troppo a nostro favore. E se fosse una trappola?- chiese giustamente Alice.

-Ne dubito. Anche la nostra talpa nella Triade conferma la notizia e dubito che la Carboneria proporrebbe un incontro con gente del genere per poi non farlo o farlo per tendere un agguato e rischiare di incappare nelle loro furie- negò Giorno -Ma ciò non significa che dobbiamo aspettarceli impreparati-

-Inoltre, come hai detto tu, bisognerà fare attenzione a non arrecare danno alla Triade altrimenti corriamo il rischio di ritrovarcela contro- aggiunse Polnareff.

-Una missione complicata insomma. Serviranno gli uomini migliori di cui disponiamo- suggerì Fugo.

-Per questo pensavo di affidare a voi il comando- affermò Giorno rivolto ai quattro -Siete forti, avete esperienza, sapete quanto è alta la posta in gioco e soprattutto siete le persone di cui più fido. Sono sicuro che sceglierete un team adeguato per portarla a termine...- ma qui si interruppe torcendosi le mani con fare nervoso.

-Ma...?- lo invitò a proseguire Alice.

-I-Io non potrò venire con voi. Se io dovessi morire o venir catturato, per Passione sarebbe la fine. E poi ho una cosa importante da fare con Polnareff- parlò piano mentre la tartaruga dava piccoli cenni di capo per confermare -Mi terrò in contatto con voi e vi darò dei portafortuna, ma comunque non sarò lì per curarvi o proteggervi. Perciò vi prego, vi scongiuro, non morite. Io... non voglio perdere nessun altro-

Aveva gli occhi lucidi e le mani tremanti nonostante cercasse di non farglielo notare. Alice non rimase indifferente così, silenziosa come un'ombra, aggirò il tavolo e lo abbracciò. -Non ti preoccupare. Non è mia intenzione morire. Né prima di sconfiggere la Carboneria né dopo- affermò.

-Fidati di noi. Torneremo tutti a casa e approfitteremo della missione per portarti le teste di quei bastardi- disse Marco avvicinandosi e mettendogli un braccio intorno alle spalle.

-Ehi. Me la sono cavata per un anno intero prima che tu entrassi in Passione. Non vedo perché adesso dovrebbe essere diverso- affermò Mista mettendogli una mano sulla spalla -E poi anche i numeri sono dalla nostra. Se fosse stato il 4 luglio forse avrei rifiutato ma è il 21, non è nemmeno un suo multiplo, quindi apposto- Quell'ultima affermazione fece scappare un sorrisetto divertito al giovane Boss.

-Andrà bene- disse infine Fugo limitandosi a sorridergli -Vedrai-

-Grazie ragazzi- disse lui -Grazie di cuore-

***

Alice si rigirò tra le mani il piccolo oggetto consegnatole da Giorno pochi giorni prima, una spilla a forma di coccinella laccata di rosso con puntini neri e zampette dorate. Non sembrava avere nulla di speciale così come quella di Marco (laccata di viola con i puntini bianchi) eppure doveva averlo se Giorno aveva così tanto insistito di fargliele portar.

-Tu pensi che ci sarà anche Giuseppe Carbonara all'incontro?- le domandò all'improvviso Marco.

-Non è da escludere. Potrebbe voler siglare l'accordo di persona e se non lui qualcuno di importante in sua vece- rispose lei -Se riuscissimo nell'impresa per la Carboneria sarebbe devastante-

-Ma se fallissimo...-

-Non falliremo. L'abbiamo promesso-

-C'è sempre la maledizione...-

-Non è detto che si riferisca a oggi-

-E poi potrebbe esserci anche lui...-

-Lo so!- lo interruppe Alice bruscamente -Non serve che me lo ricordi. Già bastano queste e ciò che me le provoca a farlo- e si indicò le borse sotto gli occhi, conseguenza del sonno agitato che aveva dal ritorno dalla missione a Mignano.

Marco tacque mordendosi il labbro e Alice si pentì subito di quella esternazione. Anche se non glielo avrebbe mai confessato, era ovvio che suo fratello si sentisse in colpa per i suoi incubi notturni e la morte di Massimo Corrà. Certo non era lui il diretto responsabile ma poteva solo immaginare quanto si fosse pentito di non aver tagliato la gola (e non la mano) a quei bastardi quando ne aveva avuto l'occasione. -Mi dispiace. Non volevo essere così dura. Io sono consapevole di quanto sia rischiosa questa missione. Per questo voglia cercare di non pensarci fino a quando non sarà il momento- si scusò.

-No. Scusami tu. Non dovevo insistere così tanto- rispose Marco -È solo che... ho paura-

-È normale. Sarei sorpresa del contrario- disse lei stringendogli le mani tra le proprie - Anch'io ho paura. Per te, per me, per Mista, per Fugo e per tutti i soldati di Passione qui con noi. Ma proprio perché non siamo soli che possiamo stare un po' più tranquilli. Il peso della riuscita di questa missione non grava più solo sulle nostre spalle. Facciamo il meglio che possiamo. Quello che non possiamo se ne occuperanno gli altri-

Marco fu felice nel constatare che Alice avesse ricominciato ad aprirsi e a fidarsi molto di più degli altri, fatto che non accadeva più da Ghira, tuttavia quelle belle parole non riuscirono a tranquillizzarlo. "Sì. Nella teoria" pensò "Ma nella pratica, sorellina mia, ho paura che..."

-Be'. Di chi ci possiamo fidare- aggiunse lei lasciando Marco nuovamente di stucco.

-Quindi anche tu sospetti...- cominciò lui.

-...che almeno uno dei nostri compagni non ce la stia raccontando giusta. Sì- finì lei -Mi auguro di sbagliarmi ma non sono una sprovveduta. Anzi, credo che anche Giorno sospetti. Forse per questo ha voluto che tutti noi giungessero in città in modi e tempi diversi senza che l'uno sappia dove siano gli altri-

-Del resto negli ultimi mesi sono entrate tante nuove reclute. Non è improbabile che tra esse sia riuscita a nascondersi una spia della Carboneria, sempre ammesso che non ce ne sia una già da anni- constatò Marco.

Alice annuì. -Tu hai dei sospetti?- chiese al fratello. Marco pronunciò due nomi che la turbarono molto. -Sei sicuro?- gli chiese.

-Non ho prove. Sono solo sospetti dettati dall'istinto e da alcune situazioni un po' ambigue-

-Il tuo istinto non ha mai sbagliato prima d'ora-

-Vero. Ma c'è sempre una prima volta. Comunque è inutile arrovellarci ora. Come hai detto tu pensiamoci quando sarà il momento- concluse Marco stappando la bottiglia di champagne e versandone un po' nei calici -Un brindisi prima di cena?-

Alice accettò un calice di buon grado. -Allora alla vittoria nostra e di Passione- disse.

-Alla nostra e a Passione- ribatté Marco facendo tintinnare il cristallo contro l'altro. Poco dopo aggiunse: -Comunque Mista ha proprio avuto una bella influenza su di te. Vi vedo bene sull'altare- 

Se il suo intento era di cogliere di sprovvista la gemella ci riuscì eccome. La ragazza quasi si strozzò con il liquido e divenne più rossa del suo costume di Harley Quinn. -Ma-Ma cosa stai dicendo?! Tu voli troppo con la fantasia!- balbettò sulla difensiva -Lui non mi piace in quel senso. Sì, mi dà ottimi consigli; è gentile e simpatico; ha degli occhi da sogno; il fisico di una statua greca... ma questo non vuol dire che...- Vedendo tuttavia il sorriso sornione del gemello e consapevole che non se la sarebbe mai bevuta vuotò il sacco. -E va bene. Mi piace Mista. Contento?- confessò tutto a un fiato.

-E glielo dirai?- la incalzò lui. Vedendo l'esitazione della sorellina aggiunse: -Se posso darti un consiglio da bravo fratello maggiore, ti conviene dirglielo finché ne hai l'occasione o in futuro potresti pentirtene-

-Allora ci penserò- disse lei per poi stuzzicare a sua volta il fratello. -Tu invece? Hai intenzione di dirglielo prima o poi?-

-Non so di parli- fece il vago lui.

-Non fare questo giochino con me. Sai benissimo di chi parlo- ribatté lei.

-No. Davvero, non lo so-

-Eddai. Io ho vuotato il sacco. Devi farlo anche tu!-

-Dovevi mettere in chiaro le regole del gioco prima di cantare. Adesso io non sono obbligato a dirti nulla-

-Stronzo. Dimmelo- Alice lo martellò per tutto il tempo che impiegarono a cambiarsi ma Marco non gliela diede mai vinta.

Autrice Time

I'M BACK... Sì, lo so, è passato molto troppo tempo dall'ultimo aggiornamento e credetemi non avrei voluto lasciare in pausa la storia per così tanto tempo ma tra gli esami universitari, l'ennesimo blocco dello scrittore, il dover ripubblicare tutto su Wattpad perchè si era sminchiato l'ordine dei capitoli ecc. ecc. sono riuscita ad aggiornare solo adesso. Ma la buona notizia che ho fatto scorta di capitoli a cui manca solo una piccola revisione quindi avremo un appuntamento fisso per i prossimi mesi e se Dio vuole riuscirò a finire questa storia.

Passando al capitolo in sé, è stato molto più tranquillo del precedente visto che doveva preparare il terreno per lo scontro imminente. Nuova missione; nuova ambientazione (ovviamente, non essendo mai stata a Monaco, mi sono dovuta basare sulle foto per descrivere i luoghi); nuovi membri della Carboneria da affrontare e nuovi misteri. Chi saranno mai i sospettati di cui parla Marco? Avrà ragione? Chi sopravvivrà e chi perirà? Scopritelo nei prossimi capitoli. A settimana prossima, Giuly

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Capitolo 21
*** La notte degli inganni ***


Il sole era  già tramontato quando tutto ebbe inizio. Le luci dei lampioni si accesero lungo la piazza del Casinò inondando lei e l'imponente edificio che le dava il nome di un bagliore dorato. Una visione che avrebbe incantato chiunque. Chiunque eccetto Fugo Pannacotta. Fasciato da un completo celeste con chiazze violette, stava davanti all'edificio guardando l'ora sul proprio orologio e battendo al contempo il piede a terra con così tanta intensità che c'era da stupirsi che non avesse scavato un solco. -Ma quanto ci mettono? Dovevano già essere qui!- si lamentò per l'ennesima volta.

-Rilassati Flavio. Siamo comunque in tempo- disse Mista mettendogli un braccio intorno alle spalle. Anche lui aveva abbandonato gli stravaganti abiti comuni per entrare meglio nella parte del riccone in vacanza. Questo tuttavia non gli aveva impedito di sfoggiare con orgoglio una camicia color rosso accesso sotto un completo giacca e pantalone blu cobalto decorato con bande oblique bianche; un accrocchio di colori che avrebbero fatto sembrare ridicolo chiunque ma non Guido Mista.

-Non è comunque una scusa per fare ritardo, Giulio- rispose Fugo liberandosi e guardandolo storto attraverso le lenti tonde degli occhiali dorati.

-Aspetta. Tu porti gli occhiali? Da quando?-

Il commento sorpreso arrivò da Marco che li aveva raggiunti. 

-Alla buon ora...- disse Fugo infastidito. Si voltò verso di lui con tutta l'intenzione di dirgliene quattro ma all'improvviso si ammutolì.

-Tutto bene?- chiese il biondo -Ho sbagliato abito? Dovevo essere più elegante?-

Fugo era tentato di dirgli che dubitava potesse esistere qualcosa di più elegante di lui con la camicia bordeaux attillata sotto il completo nero che aveva indosso quella sera. -É... più che accettabile- si limitò a dire invece con voce strozzata. Alcuni secondi dopo si riprese (domandandosi cosa gli stesse passando per la testa) e disse acido: -Comunque no, non va bene. Ho perso le lenti a contatto quindi devo usare questi stupidi occhiali. E voi siete in ritardo di 5 minuti nonostante alloggiate a 500 metri da qui. Ma quanto ci hai messo a infilarti il completo?-

-Io nulla. È Chiara che ci ha messo una vita- disse indicando dietro di sé.

-Be'. Non posso mica apparire scialba e trasandata- protestò Alice spuntando alle sue spalle.

Fugo di solito non badava agli eccentrici outfit della ragazza, ma quella volta non poteva negare che stesse bene. I capelli erano raccolti in una crocchia di trecce tenuta ferma da numerosi fermagli decorati con i semi delle carte francesi; il corpetto dell'abito era nero con lo scollo a cuore e le spalline abbassate di tulle rosso mentre la gonna, lunga fino ai piedi, era a balze rosse e nere alterne; un paio di pendenti d'oro e la collana con il ciondolo di sua madre completavano il tutto donandole un aspetto principesco. 

Inutile dire che Mista ne rimase fulminato. -C-Ciao. È fantastico... quel vestito... cioè tu sei fantastica con il vestito. Non che senza tu non lo sia. Anzi... Cioè... Insomma...- balbettò cercando di non andare in iperventilazione.

-Gr-Grazie. Anche tu non stai affatto male... cioè il completo ti sta molto bene- rispose lusingata lei abbassando lo sguardo per nascondere il rossore.

-Sì. Tutto molto bello. Ora andiamo- li interruppe spazientito Fugo trascinandoli verso l'ingresso. Marco li seguì scuotendo la testa ma al contempo sorridendo divertito.

Entrarono nella hall dove, una volta esibiti i documenti (ovviamente falsi) e ricevute le fiches, vennero accompagnati al salone dedicato al gioco. Fu come entrare in un film talmente quel posto sembrava surreale. Era immenso, un trionfo di giallo oro intervallato dal rosso dei tendaggi, che facevano da cornici alle alte vetrate che davano sulla piazza e i giardini interni, e dal bianco degli stucchi che decoravano i pilastri e i soffitti dai quali pendevano splendenti lampadari di cristallo. La sala era ghermita di uomini e donne dagli abiti più eccentrici, quasi come se fosse una gara a chi dava più nell'occhio, impegnati a giocare, parlare di frivolezze o sorseggiare champagne offerto dai camerieri dalla semplice ma non meno elegante divisa bianca.

-È...È...- cercò di dire Alice senza riuscire a trovare le parole adatte.

-...incredibile- concluse al posto suo Marco. Lei annuì.

-Che ne dici Chiara? Andiamo a fare un giro?- le offrì il braccio il fratello.

-Buon idea. Non vedo l'ora di fare una partita a poker- accettò lei -Ci vediamo dopo ragazzi-

Iniziarono a guardarsi intorno, in apparenza per cercare un tavolo libero, nella realtà qualche esponente della Carboneria o della Triade. Ricerca tutt'altro che facile visto che potevano essere chiunque e ovunque. Dopo un quarto d'ora di giri a vuoto Marco sbuffò frustrato. Teen Spirit li avrebbe individuati subito ma non poteva farlo apparire lì nella sala senza destare sospetti. Come se non bastasse stava anche iniziando a sentirsi a disagio. Quel luogo, seppur bellissimo, era totalmente estraneo e distaccato dal mondo dove aveva sempre vissuto; tutto quel lusso, quelle persone (che se avessero voluto, avrebbero potuto comprare casa sua e la trattoria dieci volte) lo facevano sentire inadeguato.

-Questo posto sta iniziando a non piacermi più- diede voce ai suoi pensieri.

-Meno male che non sono l'unica a pensarlo- concordò la sorella.

-Lorenzo! Chiara!-

Dalla folla spuntò Marinella Creuza con un lungo abito da sera blu scuro e un paio di guanti bianchi.

-Anastasia! Da quanto tempo. Come stai cara?- la salutò Alice andandole incontro.

-Tutto bene- la salutò con un paio di baci sulle guance -Appena tornata da Venezia. Veramente deliziosa, peccato per la folla. A momenti Raffaele si imbarcava con un gruppo di coreani-

-A proposito dov'è?- chiese Marco.

-Laggiù con Antonio, Giulio e Flavio- rispose lei puntando il dito alle sue spalle con aria fintamente scocciata -Ogni volta sta sempre con loro. A volte mi chiedo chi sia la signora Guerinoni tra io e loro-

Alice e Marco videro il gruppetto chiacchierare poco più in là. Non che fosse difficile non notarlo visto il completo verde fluo sfoggiato da Michele Panzerotto (AKA Raffaele Guerinoni). Amerigo Caruso (AKA Antonio Toscani) aveva optato per un completo bianco panna, colore decisamente meno appariscente ma gli enormi sbuffi sulle maniche e sull'orlo dei pantaloni, la collana d'oro e la camicia fucsia ben visibile dallo scollo della giacca lo rendevano tutt'altro che ordinario.

-Voi per caso avere visto Ludovico o Alberto?- chiese Marinella -Io e Raffaele li cerchiamo da un po'-

-Che coincidenza. Li stavamo cercando anche noi ma non li troviamo- rispose Alice.

-Non resta che chiamarli al telefono. Ma ho bisogno di un luogo tranquillo. Qui c'è troppo casino- intervenne Marco.

-Buona idea. Ti accompagno fuori- si offrì Alice.

-Vado a salutare gli altri. Aggiornatemi poi- li salutò Marinella mentre i gemelli si avviarono verso l'uscita. L'idea era semplice: sfruttare il giardino che circondava l'edificio per usare Teen Spirit (AKA il telefono) per individuare gli esponenti della Carboneria (AKA Ludovico) o della Triade (AKA Alberto). 

Purtroppo (o per fortuna, chi può dirlo?) le cose presero una piega drasticamente diversa. A dare il via al disfacimento del piano fu una giovane cameriera castana con un vassoio di calici in mano che, urtando la spalla di un signore, perse l'equilibrio e perse la presa del vassoio. Marco istintivamente le cinse con una mano la vita per non farla cadere e con l'altra recuperò il vassoio e tutti i bicchieri prima che si infrangessero a terra. La pronta reazione suscitò lo stupore dei presenti e qualche educato applauso che vennero tuttavia sovrastati da una voce famigliare.

-Quindi lavorare in quella topaia serve a qualcosa, Zeppeli-

Le reazioni dei gemelli furono diametralmente opposte. Marco divenne rosso dalla rabbia e strinse i pugni mentre Alice sbiancò e conficcò le unghie nel braccio del fratello. Entrambi tuttavia volsero lo sguardo in direzione della voce (così come molti ospiti confusi) e i loro sospetti ebbero conferma. 

Seduto con le gambe a penzoloni su una slot machine, vestito con un body bianco panna a maniche lunghe pieno di spille dorate a forma di cuore e un paio di pantaloni della tuta grigi a vita bassa e spaccati ai lati, c'era un ragazzo sulla ventina mora e con un ghigno tutt'altro che rassicurante. Subito i suoi occhi azzurri e luccicanti come pezzi di ghiaccio si spostarono da Marco ad Alice con fare languido. -Ehilà. È da un po' che non ci si vede- la salutò.

-Hai un bel coraggio a palesarti dopo tutto quello che le hai fatto, Izzo- disse Marco non preoccupandosi di nascondere il disprezzo. Teen Spirit lo affiancò senza essere stato evocato digrignando le fauci e spaventando ancora di più gli ospiti.

-Ehi! Si può sapere che cosa sta succedendo qui?!- esclamò una nerboruta guardia facendosi largo tra la folla -Chi ha fatto entrare quella bestia? E tu, scendi subito...-

L'uomo non completò la frase né ebbe più il tempo di farlo. Qualcuno gli saltò addosso da dietro e con una lama argentata gli aprì la gola da parte a parte, talmente in profondità da quasi decapitarlo. Il disgraziato cadde sul pavimento in un bagno di sangue.

Si scatenò il panico e un fuggi fuggi generale nel quale gli ospiti del Casinò tra urla, pianti e imprecazioni spinsero, scalciarono e investirono oggetti o altre persone per scappare il più in fretta possibile da quella che in un attimo si era trasformata in una scena da incubo. Solo i ragazzi di Passione e altre guardie del Casinò cercarono invece di avvicinarsi ma quel fiume di gente glielo impediva. 

-Dannazione. Non riesco a passare- imprecò Mista. In quel momento credeva che la situazione non potesse peggiorare ma presto cambiò idea quando dei proiettili sfondarono una finestra. Due colpirono delle guardie uccidendole sul colpo e altri due si stava dirigendo verso di lui. "Pure un cecchino? Cazzo! Non riesco a muovermi. Mi prenderà" pensò.

-EXUVIA! SHIELD!-

Lo scudo-stand di Panzerotto apparve tra lui e i proiettili deviandoli verso una colonna. Mista riuscì a intravedere i suoi voluminosi riccioli neri affiancati dallo chignon rosso di Marinella. Sebbene fosse sollevato che fossero ancora vivi la preoccupazione continuava a tormentarlo. Dov'erano i gemelli? Urlare i loro nomi era inutile; muoversi impossibile. Come li trovava? Gli venne in mente la soluzione e si diede dello stupido per non averci pensato subito. In qualche modo estrasse la pistola, sparò in aria e ordinò: -Numbers, trovate Marco e Alice- I piccoli omini si divisero e scivolarono tra la folla. 

N1 e N3 trovarono Marco che si guardava intorno con aria disperata.

-Dov'è Alice?- gli chiese N1 avvicinandosi.

-La calca ci ha separati. Non la trovo più!- disse lui provando invano a nascondere il panico nella voce.

-Qualcuno ci ha tradito! Non è possibile che abbiano messo due assassini in sala e un cecchino all'esterno se non sapevano del nostro arrivo! Qualcuno glielo deve aver detto! Dobbiamo trovarlo e ucciderlo- trillò N3 furioso.

Quella supposizione, detto più per impulso che per un ragionevole sospetto, sembrò far tornare Marco in sé. Gli tornarono subito alla mente i sospetti sorti a seguito di due situazioni ambigue. La prima era stata la confessione di Luca Ghira e la scomparsa di Alessio Guido e Leonardo Izzo nello stesso giorno. Vero, erano solo due dei sette nomi usciti di bocca da Ghira a scappare ma erano anche gli unici due ad avere uno stand. La seconda era stata l'attacco di Alessio Guido al Mille Bolle Blu o meglio di come era arrivato fin lì. Dal rapporto di Amerigo Caruso era emerso che erano stati lui e Sibilla Focaccina ad avvistarlo e attaccarlo per primi e che durante la colluttazione Sibilla aveva perso la vita mentre lui era rimasto ferito gravemente. E alla domanda perchè non avessero chiamato subito Panzerotto e Creuza, aveva risposto che non c'era stato tempo. Ma non c'erano altri testimoni (almeno non in vita) dell'accaduto quindi non potevano né confermare né smentire quelle parole. E infine la terza, quella appena espressa da N3. E di nuovo c'era anche lui in mezzo. Non poteva più essere una semplice coincidenza.

Una serie di brividi gli percorsero la schiena. Percepiva un pericolo imminente ma non lo vedeva. Izzo e un altro assassino nella stanza; un cecchino fuori che li puntava a destra; i suoi alleati al momento irraggiungibili; un traditore che si nascondeva tra loro pronto a danneggiarli di nuovo. Non sapeva a cosa dare la priorità, sapeva però di non avere più tempo. Così si affidò all'istinto sperando che non lo traesse in inganno.

-N1. N3. Cercate Alice. Al resto ci penso io- disse prima di attivare l'Hamon e saltare. Riuscì a spingersi abbastanza in alto per vedere la folla da sopra. Notò Mista a sinistra, poco distante Creuza e Panzerotto e infine ecco Amerigo Caruso che proteggeva se stesso e Fugo dai proiettili di destra con uno scudo di kevlar. Di fronte a tale scena nessuno avrebbe sospettato di lui e pure Marco per un istante si chiese se non si fosse sbagliato ma poi notò il braccio sinistro del ragazzo dal quale fuoriusciva un sottile filo d'argento che sembrava propagarsi a sinistra verso Mista, Panzerotto e Creuza. Marco allora sparò due colpi. 

Amerigo se ne accorse ma non riuscì a evitarli. Il primo lo prese alla spalla sinistra e dal dolore dovette spezzare il filo di metallo interrompendo il tentativo di trapassare Mista con la punta affilata che cadde alle sue spalle. Il secondo lo prese in volto ma accadde qualcosa che lasciò increduli sia Marco che Fugo giratosi a guardare cosa stava succedendo. La testa del ragazzo sembrò sdoppiarsi: da una parte era rimasta la faccia di Amerigo con gli occhi ambrati vitrei e il foro di proiettile ben visibile sulla croce degli occhi; dall'altra invece ne era apparsa un'altra coperta da pelle tesa come se quello si trattasse di un costume su misura e chi lo indossava non avesse trovato il punto giusto per la testa facendola invece spuntare in un altro. Marco non ci mise molto a capire che quello non sembra un costume, lo era. Del resto se Skillet riusciva a creare oggetti talmente perfetti da sembrare reali perchè non avrebbe potuto creare anche un costume talmente realistico da sembrare vero? 

Cercò di sparare ancora ma non ne ebbe il tempo. Una catena nera si attorcigliò al lampadario e qualcuno la usò come liana per spostarsi. Un'altra catena avvolse il corpo di Amerigo trascinandolo verso lo sconosciuto e infine entrambi atterrarono su un tavolo da biliardo. Marco atterrò. Fortunatamente la folla di civili si era dispersa, alcuni uscendo dalla porta principale, altri nascondendosi nei corridoi o nelle stanze attigue e altri ancora, purtroppo, rimanendo a terra colpiti dai proiettili o schiacciati dalla calca.

-Sai, quando ti sei scontrato contro quel coglione di Gallo avevo visto quanto fossi agile ma constatarlo di persona è tutt'altra storia. Se fossi saltato un istante dopo avresti fatto la sua fine- si rivolse a lui il ragazzo delle catene indicando la guardia sgozzata con un oggetto argenteo che Marco riconobbe essere un bisturi.

Ora che Marco lo poteva vedere meglio un nuovo brivido di terrore gli corse lungo la schiena. Quella sensazione non era provocata dalla corporatura del ragazzo, bassa e robusta coperta da un paio di rovinati pantaloni della tuta viola e un gilet pieno di graffi di pelle nera aperto davanti né dalla pelle olivastra nei punti dove non era macchiata e nemmeno dai capelli unti grigio cenere rasati sulla nuca e ai lati. No. A mettergli paura erano la luce sinistra nei suoi occhi cremisi dalla sclera nera e il sorriso gioioso mentre guardava il sangue sul pavimento come se non desiderasse altro che versarne ancora. -Chi siete voi?- chiese cercando di non far trapelare emozioni.

-Forse se chiedi al tuo amico cecchino ti saprà rispondere- rispose il ragazzo delle catene con una certa rabbia mal celata nella voce.

Nel mentre la pelle di quello che un tempo era Amerigo si sciolse in un liquido argenteo rivelando il vero aspetto del traditore: alto e slanciato, dalla pelle liscia e olivastra, lunghi capelli grigio cenere tenuti in una coda bassa, occhi cremisi con la sclera nera. -Ma sai, Zeppeli, se fossi in te non presterei troppa attenzione a noi...-lo avvertì -...quanto piuttosto chi non è qui con te oltre alla tua cara sorellina- La sua voce era molto diversa da quella che aveva nei panni di Amerigo, più suadente ma al contempo sinistra così come il messaggio che lanciava. 

Solo allora Marco si rese conto che mancava un'altra persona all'appello oltre ad Alice Zeppeli ed era Leonardo Izzo.

Autrice Time
Scrivere questo capitolo è stato un parto. In generale scrivere tutto questo arco narrativo a Montecarlo non è stato facile: molti eventi da narrare, molti combattimenti articolati, stand un pelo complicati, plot twist di un certo spessore che devono essere trattati con il giusto merito... non proprio una passeggiata. Spero che questo capitolo non abbia annoiato sebbene ho voluto prendermi il tempo per introdurre (almeno in parte) il luogo dello scontro e gli avversari di Passione specie i fratelli Cacio e Pepe che posso essere definiti i veri villain di questa storia e presto scoprirete il motivo. Quindi ci vediamo al prossimo capitolo. Ciao, Giuly♡

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Capitolo 22
*** Vecchie conoscenze ***


-Forse se chiedi al tuo amico cecchino ti saprà rispondere- disse il ragazzo delle catene ma se Marco avesse effettivamente chiesto a Mista chi fossero quei due lui non avrebbe affatto saputo cosa rispondere. 

Era sicuro di non averli visti prima, nemmeno incrociati per caso per strada (e dei volti così particolari se li sarebbe ricordati bene). Ma allora perchè avevano qualcosa di famigliare? Il ragazzo delle catene gli lanciò uno sguardo, di quelli che scrutano fin dentro l'anima, amplificato dai suoi occhi neri come la morte e rossi come il sangue. Nella mente di Mista allora si palesò un fugace ricordo e finalmente capì a cosa si riferiva. Non aveva mai incontrato quei ragazzi prima ma quegli occhi sì. Vitrei, spenti così come l'uomo a cui appartenevano, martoriato dai proiettili di Areosmith e abbandonato su una spiaggia della Costa Smeralda.

-Ma sai, Zeppeli, se fossi in te non presterei troppa attenzione a noi quanto piuttosto chi non è qui con te oltre alla tua cara sorellina- disse quello che un tempo era Amerigo Caruso a Marco.

Nello stesso istante tornarono i Sex Pistols a mani vuote e il terrore lo prese alla gola. Alice, la sua Alice, non era lì e non c'era nemmeno il ragazzo che aveva cercato di farle del male. Anzi, era probabile che ci fosse proprio il suo zampino dietro alla sua scomparsa. Da una parte voleva avere fiducia in Alice, che furba e forte come era se la sarebbe cavata, ma dall'altra ricordava bene come era rimasta paralizzata di fronte a Ghira e Guido e come ciò le era quasi costato la vita. E se fosse accaduto di nuovo?

La paura non gli impedì tuttavia di notare come il ragazzo delle catene ne stesse lanciando proprio una in direzione di Marco. Un attimo prima il biondo l'avrebbe evitata di sicuro ma il terrore per la sorte della sorella lo aveva paralizzato. Anche Teen Spirit, troppo impegnato a guaire e annusare l'aria, non si era reso conto del pericolo imminente. 

Mista allora agì e lo spinse via appena in tempo. Caddero entrambi e rotolarono sul pavimento per diversi metri. Marco, sotto di lui, lo guardò confuso. Per Mista fu la goccia che fece traboccare il vaso della sua irritazione, motivo per cui non si fece problemi a tirargli un ceffone in pieno volto. -Che cazzo fai?! Ti sembra il momento di distrarti? Hai intenzione di morire?!- gridò.

-A-Alice- balbettò il biondo -Devo trovarla. Devo salvarla...-

-Non puoi salvare lei se nemmeno riesci a salvare te stesso. Pensi che sarebbe felice se morissi in maniera così stupida?!- ribatté il castano -Lei non si arrenderà, combatterà con le unghie e i denti per portare a casa la pelle. L'ha promesso a tutti noi così come hai fatto tu. Vedi di mantenere la parola data e abbi fede, Marco Antonio Zeppeli- 

"E abbi fede anche tu, Giudo Mista" disse a se stesso. Era difficile mantenere quella linea di pensiero, specie quando tutto sembra andare a rotoli ma a volte era l'unica cosa che rimaneva da fare. Mista era in quel senso un uomo di fede. Non badava troppo al passato; aveva invece fiducia nel presente, che la fortuna prima o poi sarebbe stata dalla sua. Fino a quel momento non era mai stato deluso e così decise di credere ancora, per se stesso, per i suoi amici e per la ragazza che aveva imparato ad amare.

Sentì uno schiocco metallico e qualcosa fendere l'aria ma con sollievo sentì anche Marco urlare: -Teen Spirit, bloccala-

Il lupo-stand si lanciò sulla catena nera, la prese tra i denti, girò di scatto la testa e la mollò facendola finire contro una colonna. Subito dopo tuttavia guaì dal dolore e dalle fauci fuoriuscì un rigolo di sangue.

In contemporanea Marinella aveva evocato Geordie e lanciato un giavellotto con l'obiettivo di colpire "Amerigo" ma qualcosa lo bloccò prima che potesse sfiorarlo. Un braccio coperto da un'armatura di metallo nero lucido piena di aculei e catene attorcigliate su tutta la sua lunghezza fuoriuscì dal braccio del ragazzo delle catene e afferrò l'asta che subito divenne nera e piena di crepe per poi ridursi in cenere. Di riflesso sul braccio di Marinella apparvero delle bruciature a forma di mano.

-Ma come?- domandò Panzerotto scioccato -Non è possibile. Il giavellotto di Geordie una volta lanciato non può essere fermato...-

L'avversario rise, una risata rauca eppure allegra, talmente fuori luogo da far gelare il sangue, mentre la creatura a cui apparteneva il braccio di ferro si palesò. Era umanoide completamente rivestita da un'armatura nera piena di aculei e catene attorcigliate. Dalle giunture fuoriusciva del vapore come se all'interno stesse ardendo del fuoco vivo. Un elmo dal mento acuminato con due corna appuntite e una cascata di catenelle che sembravano formare una specie di chioma copriva interamente il volto se non per due sottili fessure al posto degli occhi, rossi come braci ardenti. Il portatore smise di ridere e rispose: -A Iron Maiden non fotte un cazzo delle regole dei vostri stupidi stand. Colpitelo pure ma non lo sconfiggerete. Nessuno c'è mai riuscito. Anche se...- Si rivolse a Marco e sorrise. -Anche il tuo stand non sta alle regole. È riuscito ad aggirare lo stand di quella palla di lardo di Gallo e ha deviato la catena di Iron Maiden senza lasciare su di te delle bruciature. Davvero notevole. Mi piace-

Di tutta risposta il biondo si alzò, si tolse giacca e camicia rimanendo con solo un corsetto da uomo viola con ricamate sopra delle maschere di Guy Fawkes ed estrasse il revolver. Teen Spirit si mise al suo fianco pronto a colpire nonostante la ferita alla bocca, anzi, sembrava averlo solo fatto infuriare ancora di più. -Vuoi combattere con me? Bene, accomodati. Sono pronto- disse Marco con tono calmo ma gli occhi pieni di ira.

L'avversario applaudì compiaciuto. -Bravo, questo è lo spirito ma non illuderti. Non esiste vittima di Pepe Nero che abbia più rivisto la luce del giorno-

Anche Mista si era alzato e aveva estratto il revolver ma Marco lo bloccò. -Lascia che qui me ne occupi io. Qualcuno deve completare la missione-

-Non fare l'eroe di sto cazzo. Non puoi affrontare due portatori di stand da solo- protestò Mista.

-Non sarà solo. Ad Amerigo ci penso io- affermò Marinella. Rivolse uno sguardo di fuoco verso quello che un tempo era stato suo compagno e sputò con rabbia: -Sibilla era con te quando siete stati attaccati. Hai permesso che venisse uccisa, non è così?-

-Ti sbagli. Non l'ho permesso, l'ho uccisa direttamente- confesso lui con leggerezza -Vorrei dirti che non è stato nulla di personale ma mentirei. Per quanto mi riguarda chiunque aiuti l'organizzazione che ha protetto l'assassino di uno dei miei fratelli, che è responsabile della morte dell'altro e che ora vuole distruggere tutto ciò che ho conquistato negli anni deve morire. Io, Cacio Nero, avrò la mia vendetta su tutti voi soldati di Passione e tu sarai la prossima, Marinella Creuza-

-Se le cose stanno così, allora sappi che anch'io ho intenzione di vendicarmi. Tu morirai stasera. Per Sibilla- disse la rossa. Si tolse i guanti, strappò la gonna del vestito per potersi muovere con più libertà e afferrò un giavellotto. Rivolse un ultimo sguardo agli alleati e disse: -Andate. Qui ci pensiamo noi- 

Infine con un urlo di battaglia e lo stand al fianco partì all'attacco nello stesso istante di Marco e Teen Spirit. I fratelli Nero si scambiarono uno sguardo e poi andarono incontro ai loro avversari.

Cacio creò con Skillet una mazza di ferro e una calibro 22. Con la prima bloccò il giavellotto di Creuza, mentre con la seconda cercò di spararle ma la rossa con un calcio deviò la pistola mandando il colpo a vuoto e tirò una testata al ragazzo. Geordie cercò di infilzarlo con un altro giavellotto ma Cacio balzò indietro e lo evitò.

Pepe invece saltò e attorcigliò una catena di Iron Maiden intorno al lampadario per tenersi in aria. Così, mentre lo stand cercava di colpire Marco e Teen Spirit, potette scagliargli addosso una pioggia di bisturi. Nonostante l'attacco su due fronti Marco non si lasciò scoraggiare. -Metal Silver Overdrive Repel- urlò e si avvolse in una gabbia di onde argentate che bloccò i bisturi a mezz'aria e li fece cadere innocui a terra. Nel mentre Teen Spirit schivò le catene e riuscì a raggiungere lo stand nemico e a graffiarlo in volto. Il lupo atterrò ma non riuscì ad appoggiare la zampa a terra a causa della bruciatura causata dal contatto con il metallo rovente, quindi allontanò zoppicando. Pepe, la cui catena oscillava come una liana usata dalle scimmie per muoversi nella giungla, si toccò la guancia dove erano apparsi di riflesso tre graffi. Si guardò la mano, sorrise e la mostrò a Marco. -Nemmeno una goccia di sangue. Spero che non sia tutto quello che sai fare- disse.

"Teen Spirit non è abbastanza forte per abbattere quella macchina di tortura ambulante, anzi, rischia solo di farsi ammazzare. Non ho altra scelta. Devo far fuori lui" pensò il ragazzo "Ragazzi, spero che abbiate più fortuna di me"

***

Mista, Fugo e Panzerotto erano riusciti a uscire dal salone e raggiungere il cortile interno del Casinò, un quadrato di prato all'inglese decorato da diversi cespugli di azalee e rose colorate. Quattro sentieri ciottolati e illuminati da piccoli lampioni conducevano alla fontana centrale, simile a quella della piazza ma più piccola.

-Devono essere nell'altra ala dell'edificio- disse Fugo ai compagni -Sono le 21.50. Siamo ancora in tempo...- Si bloccò e i compagni lo imitarono. A catturare l'attenzione era stato un uomo dai capelli arancioni e la canotta rosa seduto sul bordo della fontana. Panzerotto non lo riconobbe ma Fugo e Mista sì.

-Com'è possibile?- esclamò quest'ultimo sbigottito puntandogli contro il revolver -Ti avevo colpito in testa. Eri andato in coma. Nessuno ti dava più di due giorni-

-Magari fosse andata così- disse lui rivolgendogli appena lo sguardo. Non c'era rabbia o tristezza nella sua voce. Era inespressiva così come il volto. -Quello colpo mi ha devastato- disse picchiettando il dito sulla cicatrice lasciata dal proiettile di Mista -Non riesco più a provare niente. Ho pensato di finire il lavoro ma con voi. Sì, voglio che voi veniate con me. Zucchero, mi aiuterai?- 

-Ma cosa diavolo..?- domandò Mista confuso da quel discorso prima che Fugo afferrasse lui e Panzerotto dall'ascella e saltasse in aria con l'aiuto delle onde concentriche. Guardando indietro si accorse (e si diede dello stupido per aver abbassato la guardia in quel modo) che nel punto dove si trovava prima era spuntato un famigliare braccio bianco armato di punteruolo.

-Dannazione Sale- esclamò Zucchero tornando alla sua forma originale -Dovevi distrarli, non metterti annunciare la mia presenza. Avrei potuto prenderli-

-Scusa- disse l'altro senza mostrare effettivo pentimento mentre Mista, Fugo e Panzerotto atterravano poco più in là.

-Che problema c'è? Tanto moriranno comunque- disse una terza voce che sembrava provenire dal tetto. Nello stesso istante un colpo mandò in frantumi il lampione vicino ai ragazzi di Passione.

"Merda. Il cecchino. Deve essersi spostato per inseguirci" pensò Mista mentre il resto dei lampioni venne fatto esplodere lasciando il giardino nella semioscurità.

-Ma cosa fai? Così non vediamo niente- protestò Zucchero.

-Avete avuto la vostra occasione e l'avete sprecata- affermò dura la voce del cecchino -Ora ci penso io e voi o mi aiutate o vi fate da parte. Non ho intenzione di sprecare altro tempo per le vostre stupide voglie di vendetta. E ritenetevi fortunati che Help! è in grado di distinguervi o non mi sarei fatto problemi a sparare alla cieca, voltagabbana-

Capendo dove il nemico stesse per andare a parare Panzerotto evocò Exuvia e creò una barriera appena in tempo per parare una serie di colpi provenienti dal tetto.

-Sembrava troppo facile- commentò Mista seccato -Ecco perchè i fratelli Nero non hanno battuto ciglio quando ce ne siamo andati. Sapevano che c'erano loro qui-

-Ma chi sono?- chiese Panzerotto -Sembrate conoscerli-

-Sale e Zucchero. Facevano parte della vecchia Passione ma erano stati messi sulla lista nera dopo aver tentato di impossessarsi del tesoro dell'ex caporegime mio e di Fugo. Pensavo fossero morti ma a quanto pare sono riusciti a fuggire a Nord e si sono uniti alla Carboneria per ripicca- spiegò in breve Mista -Sono portatori di stand. Sale può bloccare gli oggetti in un punto compresi i proiettili, Zucchero invece può sgonfiare oggetti e persone-

-Quindi non da sottovalutare- commentò Panzerotto -Suppongo che anche il cecchino lo sia. Ha parlato di un certo Help!-

-Probabilmente è grazie a lui se può riconoscerci e colpirci senza luce- disse Fugo -Dobbiamo farlo fuori oppure non riusciremo mai a...-

Un agghiacciante rumore gli impedì di finire la frase. I presenti abbassarono gli occhi al suolo e si accorsero con orrore che non solo Zucchero e Sale avevano sfruttato Soft Machine per assottigliarsi e passare sotto la barriera di Exuvia ma anche che il punteruolo dello stand aveva trapassato il piede di Panzerotto.

-No!- esclamò Mista mentre il compagno si sgonfiava davanti ai suoi occhi. Cercò di sparare a Zucchero e Sale ma quest'ultimo bloccò i proiettili e sgusciò via insieme al compagno e l'ostaggio. La barriera scomparve lasciando Fugo e Mista allo scoperto. Zucchero e Sale si rigonfiarono a qualche metro di distanza, il primo tenendo stretto a sé il corpo sgonfiato e privo di sensi di Panzerotto e puntandogli il punteruolo al cuore. -Un passo o uno sparo e lui muore- li minacciò.

Mista avrebbe voluto urlare dalla frustrazione. Sapeva bene che, anche seguendo quelle indicazioni, Panzerotto era spacciato. Nessuno dei nemici aveva motivo di tenerlo in vita. Ma lui non voleva che morisse. -Pensa, Mista. Pensa. Ci deve essere un modo...- borbottò ma non gli veniva in mente nulla e la presenza del cecchino alle spalle non lo aiutava affatto. Lanciò uno sguardo a Fugo appoggiato al palo del lampione ma anche lui sembrava a corto di idee. Il castano sentì chiaramente un fucile venir caricato e capì di non avere più tempo. 

In quell'istante però notò l'occhio di Panzerotto (tutt'altro che svenuto) aprirsi e richiudersi in un veloce occhiolino mentre con la mano gli indicò un punto preciso. Mista capì e sparò un colpo verso la fontana. Manovrato dai Numbers, il proiettile centrò l'impianto dal quale fuoriusciva l'acqua. -Ma cosa...?- esclamò Zucchero prima che un getto lo colpisse in pieno volto. Quella piccola distrazione bastò a Mista per sparare un colpo a Sale e  scattare in avanti, sia per evitare il colpo del cecchino della Carboneria sia per strappare dalle braccia di Zucchero il corpo di Panzerotto. "Ci siamo" pensò con l'adrenalina a mille "Adesso devo solo uccidere Zucchero e poi potrò occuparmi del cecchino. Un ultimo colpo..."

Sentì il rumore di uno sparo e a seguire l'urlo angosciato di Fugo. SI girò a guardarlo credendolo ferito ma quando incontrò il suo sguardo notò che stava fissando il suo petto, lì dove teneva stretto Panzerotto. Abbassò gli occhi e vide una macchia scura propagarsi sotto la veste verde fluo del ragazzo, in corrispondenza del petto. Non fece in tempo ad aprir bocca che un dolore lancinante lo costrinse a lasciarlo e portarsi le mani al suo petto. Solo allora si rese conto che la sua camicia era bagnata da un liquido caldo e denso.

-Te ne sei dimenticato, Mista?- disse Sale con una mano tesa in avanti e Craft Work alle spalle -Energia cinetica. Posso respingere i proiettili-

"Ma certo" pensò Mista mentre le ginocchia cedevano e si accasciava accanto a Panzerotto "Non è stato distratto dall'esplosione della fontana perciò è riuscito a notare e fermare il proiettile. Poi l'ha scagliato verso di me grazie all'energia cinetica. Ha preso in pieno Panzerotto, l'ha trapassato come se fosse un velo e ha preso anche me"

-Peccato. Se ti avessi preso in testa forse avresti capito- proseguì Sale con un sorriso rotto -Ma non importa più-

Sentì appena le parole del rosso. Un forte ronzio riempiva le orecchie del cecchino di Passione. "É finita" si ritrovò a pensare mentre la vista iniziava ad annebbiarsi "É finita ed è colpa mia. Dovevo limitarmi a salvare Panzerotto e invece ho voluto anche scagliare il proiettile che sta per uccidere entrambi. Che razza di stupido sono stato. Però..." Spinse la mano nella giacca e strinse l'amuleto a forma di coccinella blu, rossa e bianca che gli aveva donato Giorno prima di partire. "Posso ancora salvarlo. Basta che metto questa sul suo petto e la ferita sarà guarita" proseguì il flusso di pensieri mentre tirava fuori l'amuleto e lo tendeva verso il compagno "Mi dispiace Giorno. Ti avevo promesso di tornare vivo ma non voglio che le conseguenze delle mie azioni vengano pagate da qualcun altro. Alice, Marco, Fugo, Trish, Polnareff, perdonatemi anche voi" 

La sua mano era ormai a cinque centimetri dal petto di Panzerotto si frappose una piccola barriera di Exuvia, molto più debole delle solite ma sufficiente per bloccare Mista.

-Non pensare a me- sussurrò debolmente Panzerotto -Anche se mi rimettersi in sesto sono comunque sgonfio. Non potrò aiutare Fugo. Tu invece sì-

-Toglila- ordinò con un soffio Mista sputando un grumo di sangue -Coglione, così morirai-

-Non ho nulla da perdere. Non ho più una famiglia o una casa dove tornare. Sibilla è morta. E pensare che volevo invitarla a uscire- ammise lui -Ma meglio così, no? Almeno se esiste un mondo al di là di questo potrò rimediare- Girò appena la testa verso il castano e aggiunse: -La ragazza che ami tu invece è qui. La tua famiglia è ancora qui. Non li puoi abbandonare. Hanno ancora bisogno di te-

-Sì, ma tu...- mormorò Mista con voce incrinata -Non devi morire per colpa mia-

-No. Ho sovrastimato la forza di Exuvia e mi sono lasciato catturare. Avrei dovuto proteggerti, invece ti ho esposto. Ma posso ancora proteggerti un'ultima volta...-

-Stupido. Sono il tuo superiore. Sono io che salvo te, non il contrario-

-Diglielo ad Alice-

La piccola barriera di Exuvia si dissolse. Per un folle attimo Mista credette che avesse ceduto e si sarebbe fatto aiutare ma quando posò gli occhi sul suo volto vide solo una maschera immobile, pallida come la luna e gli occhi vitrei e spenti.

Autrice Time
Infine tutti i nemici (o quasi) si sono rivelati. Alcuni sono delle vecchie glorie (oddio, glorie... se non avessi riletto Vento Aureo prima di scrivere questa storia nemmeno mi sarei ricordata i nomi di Zucchero e Sale) altri invece sono inediti ma con qualche parente di un certo rilievo (non vedo l'ora di raccontarvi meglio la storia dei Nero). Gli scontri sono iniziati e purtroppo per Passione qualcuno c'ha già rimesso la vita. Se volete scoprire come gli scontri continueranno ci vediamo al prossimo capitolo. Ciao, Giuly♡

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Capitolo 23
*** Senza paura (parte 1) ***


Sale avrebbe voluto essere felice, soddisfatto o quantomeno sollevato nel vedere l'uomo che gli aveva rovinato la vita cadere a terra, colpito fatalmente dal suo stesso proiettile. Si sarebbe accontentato anche solo di provare pena per lui oppure rabbia perchè gli stava concedendo una morte troppo misericordiosa. Invece nulla. Dentro di lui c'era sempre solo un noioso e grigio vuoto, una voragine che lo privava di qualunque emozione o stimolo.  

Apatia, così l'avevano chiamata i medici che lo avevano curato, una condizione che capitava a chi riceveva gravi danni al lobo frontale. Quando Zucchero aveva domandato quanto ci avrebbe messo a guarire, i medici erano stati dolorosamente chiari: il danno era irreversibile; sarebbe stata sua compagna per il resto della vita. 

In principio aveva provato ignorare quel vuoto annichilente nella speranza di sopportarlo meglio ma era stato invano. Aveva così iniziato a rifugiarsi nei ricordi,  rimpiangendo i sorrisi di felicità genuini, le lacrime, persino gli sfoghi di rabbia contro Zucchero e la paura di morire. Man mano che il tempo passava però i suoi pensieri divennero sempre più cupi. Pensava a Mista e si domandava perchè non lo avesse ucciso sul colpo; pensava ai sicari che lo avevano perseguitato dopo il tentato furto del tesoro di Polpo e si domandava perchè non avevano portato a termine il loro lavoro; pensava a Zucchero, a tutto l'impegno che ci aveva messo per salvarlo e a tutto quello che ci metteva per coinvolgerlo nei suoi piani di vendetta e si domandava perchè non lo avesse semplicemente lasciato andare (che si sentisse responsabile per non aver ucciso Mista quando ne aveva avuto l'occasione?). 

Spostò lo sguardo verso il compagno che si stava rialzando dopo che il getto dell'acqua l'aveva fatto cadere al suolo. Lo seguiva ovunque da quando si era risvegliato, come se fosse la sua ombra. Non glielo aveva mai chiesto ma aveva capito il motivo: aveva paura di ciò che sarebbe successo se lo avesse lasciato solo. Se avesse avuto ancora dei sentimenti avrebbe provato affetto, gratitudine ma anche tanta rabbia e frustrazione verso di lui, tutte e quattro per lo stesso motivo.

-Bel colpo, Sale- si complimentò lui passandosi una mano tra i capelli verdi e bagnati -Ormai abbiamo...- Si interruppe notando qualcosa di strano con la coda dell'occhio. Si girò per guardare meglio e Sale lo imitò. 

Paura e sbigottimento sarebbero state le emozioni che avrebbe normalmente sentito ma Zucchero le aveva impresse sul volto per entrambi. -Ma... Ma cosa...?- tentò prima di sputare con rabbia un: -Cosa hai intenzione di fare?! Vuoi ucciderci tutti?!- 

Ad averlo così tanto sconvolto era stato Fugo Pannacotta in piedi con i pugni serrati e la mascella rigida ma soprattutto una creatura viola con la bava alla bocca e gli occhi gialli pieni di rancore alle spalle. -Non ti preoccupare- disse il ramato guardandolo dietro allo scintillio sinistro degli occhiali -Farò esattamente ciò che devo fare- Nonostante la sicurezza con cui pronunciò quelle parole, dire che fosse spaventato sarebbe stato riduttivo. Cercò di respirare a fondo, far rallentare il battito del cuore che correva all'impazzata, distendere la mente e liberarla dalla paura. Un ricordo gli venne in aiuto...

Napoli, 21 maggio 2001

Quando Fugo arrivò in spiaggia Marco Zeppeli era già lì, intento a guardare il mare con i piedi a mollo e l'orlo dei pantaloni tirato su fino alle ginocchia. Teen Spirit, invece, correva come un pazzo fermandosi solo di tanto in tanto per annusare qualcosa. Appena avvertì il suo odore gli corse incontro a fargli le feste. Fugo lo accarezzò domandandosi per l'ennesima volta come era possibile che una creatura così bella e solare potesse anche essere una macchina di morte e rancore.

-Buongiorno Fugo- lo salutò Marco uscendo dall'acqua per rimettersi le scarpe -Dormito bene?-

Fugo era tentato di dirgli che era da giorni, da quando aveva litigato con lui proprio su quella spiaggia, che non si sentiva così riposato ma il suo orgoglio gli impedì di esternare una frase del genere e si limitò ad annuire.

-Agitato?- domandò ancora Marco.

Fugo esitò un attimo prima di rispondere. -Vuoi la verità? Ho una paura fottuta di quello che potrebbe succedere- confessò con un filo di voce -Io non ti voglio sulla coscienza e a questo proposito...- Mentre parlava appoggiò lo zaino per terra e tirò fuori una fiala di liquido verde e la porse a Marco. -So che tu credi che riuscirò a controllarlo però per le prime volte mi sentirei più tranquillo se abbiamo entrambi l'antidoto. Giorno è riuscito a creare un prototipo un paio di mesi fa e mi ha distillato alcune fiale di una versione migliorata. Basta gettarlo sulla zona infetta per fermarlo. Ti prego, prendilo-

Si sarebbe aspettato qualche sorta di protesta invece Marco annuì e mise la fiala in tasca. -Bene- disse poi -Credo che sia meglio toglierci subito il dente, se te la senti-

Fugo si irrigidì. Una vocina nella sua testa incominciò a insinuare che stava perdendo tempo, che non ci sarebbe mai riuscito, che era meglio rinunciare fin da subito e tornare a casa. Tuttavia un'altra ancora più forte ( e stranamente somigliante a quella di Marco) gli ricordò dei due giuramenti che aveva fatto sulla tomba di Narancia, uno dei quali compiuto appena il giorno prima e gli impose di rimanere fermo sulla sua decisione. Così il ragazzo tirò un profondo respiro e pronunciò quel maledetto nome:-Purple Haze- 

Il pacato rumore delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga venne sovrastato dallo stridore di denti e dai bassi lamenti dello stand. Fugo si girò e lo vide seduto sulla sabbia a gambe incrociate con la bava alla bocca e gli occhi spiritati. Colto dal panico fece un balzo indietro cercando di allontanarsi e al contempo di non staccargli gli occhi di dosso.  

Marco al contrario gli si avvicinò con calma e gli si accovacciò accanto. Teen Spirit teneva la situazione sott'occhio da lontano ma non dimostrando troppa preoccupazione. 

-Ma che stai facendo?! Sei forse impazzito?!- squittì spaventato il ramato -Stagli lontano!-

Un istante dopo Fugo vide ciò che temeva succedesse: il braccio di Purple Haze scattò mandando a stendere il ragazzo e al contempo rompendo una delle capsule e sprigionando del fumo viola. Nel vedere la pelle del biondo riempirsi di bolle Fugo scattò in avanti con una fiala di antidoto in mano. Il terrore gli faceva battere il cuore talmente forte da sembrare sull'orlo di un collasso, il panico gli aveva artigliato la gola impedendogli di urlare e il terrore si era impadronito della sua mente facendoli pensare a una sola cosa: Marco non doveva morire o sarebbe stata tutta colpa sua.

-Sunlight Yellow Overdrive- Il corpo del biondo venne interamente coperto di onde giallo oro di un bagliore talmente intenso che Fugo per un attimo ne rimase accecato. Quando riaprì gli occhi quello che vide lo lasciò a bocca aperta. Le onde si erano concentrate intorno alle bolle sul corpo di Marco e le stavano sgonfiando e facendole rigettare fuori il fumo pieno di virus. Una volta la prima bolla venne sgonfiata del tutto le onde risalirono a spirale lungo il pennacchio di fumo fino alla cima e lo stritolarono fino a distruggerlo completamente. La stessa sorte toccò a tutte le bolle e i loro pennacchi a parte l'ultimo che, pur circondato dalle onde dorate, rimase immobile nella mano di Marco. -Per fortuna avevo ragione- disse quest'ultimo sollevato.

Fugo in qualche modo riuscì a ritrovare l'uso della parola. -S-Scusa? In che senso avevi ragione?-

Marco si alzò e gli disse: -Devi sapere che un giorno, quando avevo circa 5-6 anni, mi sentì malissimo e sul mio corpo iniziarono a spuntare tantissime bolle rosse. Mio nonno all'inizio pensò che avessi avuto una reazione allergica e mi portò di corsa all'ospedale. Per fortuna era solo varicella. I medici ci dissero che sarei guarito nel giro di 7-10 giorni senza bisogno di medicinali particolari ma che dovevo stare isolato perchè ero contagioso e visto che Alice era sempre con me bisognava tenerla d'occhio perchè probabilmente l'aveva contratta anche lei...-

Fugo non capì perchè gli stesse raccontando quell'aneddoto. Quasi tutti avevano contratto la varicella da piccoli; non era mica un fatto straordinario.

-La cosa straordinaria è che la mattina dopo ero già guarito. Niente febbre, nessun segno delle bolle o che le avessi avute. Nulla. E la stessa cosa accadde anche a mia sorella tre giorni dopo. Le apparvero sul corpo le stesse bolle ed ebbe la febbre ma la mattina dopo era già guarita. Da quel giorno quando io o Alice prendevamo l'influenza o il raffreddore, guarivamo nel giro di appena un giorno. L'unica volta in cui siamo stati male più a lungo è quando abbiamo contratto la polmonite ma anche lì siamo completamente guariti in 5 giorni e non in 2 settimane come di norma. E da quando abbiamo sbloccato le Onde concentriche che non siamo stati più malati...-

-Aspetta. Stai forse cercando di dirmi che le Onde Concentriche hanno effetto sui virus e batteri del nostro corpo?- lo interruppe Fugo. Ora ci pensava poteva essere il motivo per cui anche lui in 16 anni si è ammalato sì o no cinque volte.

Marco annuì e continuò a esporre: -Le Onde permettono di manipolare le cose inanimate e colpire gli esseri viventi. Ma i virus non sono propriamente esseri viventi, per questo le Onde sembrano avere più effetto sulle malattie virali. I batteri sembrano invece essere solo più indeboliti da esse e...- Qui esitò un attimo per poi riprendere con un sorriso mesto. -Sai, non l'ho mai detto a mio nonno ma credo che sia anche grazie a questo potere se lui e Caesar sono sopravvissuti alla tubercolosi-

-Giusto. É pur sempre generata da un batterio. Secondo questa teoria nel corpo di un guerriero delle onde concentriche risulterebbe solo indebolita- disse Fugo per poi rendersi conto che non poteva più definirla teoria. Marco gli aveva appena dimostrato che fosse vera. -Quindi era questo il tuo piano fin dall'inizio. Volevi vedere fin dove era possibile manipolare un virus con le Onde- realizzò.

-Non solo- disse Marco -Guarda Purple Haze-

Fugo senza pensarci troppo eseguì e la sorpresa fu di gran lunga superiore a quella provata prima. Il suo stand aveva smesso di fare lamenti sinistri e si era accucciato di fronte a Marco con la testa inclinata leggermente di lato e gli occhi spalancati. Sembrava al contempo confuso e incuriosito proprio come lo era lui. Lo stand girò la testa verso di lui che per tutta risposta scattò all'indietro. Purple Haze imitò il gesto emettendo un basso lamento.

-Lo vedi? É confuso quanto lo sei tu, si spaventa quado ti spaventi tu e reagisce di conseguenza. Tu mi hai chiesto di stargli lontano e lui mi ha spinto via. Non è una bomba a orologeria per natura. Sei tu a renderlo tale- disse Marco -Se un giorno smetterai di considerarlo una minaccia e imparerai a usarlo in maniera razionale lui ti seguirà. E le Onde concentriche ti aiuteranno-

Con quelle ultime parole scagliò il pennacchio di fumo che aveva in mano contro una pianta lì vicino. Le onde che lo circondarono gli impedirono di sprigionarsi fino al raggiungimento dell'obiettivo che marcì in un attimo. Subito dopo il virus sembrò scomparire.

Fugo guardò il tutto con ammirazione e l'unica cosa che seppe dire fu: -Allora iniziamo subito-

***

Erano passati appena due mesi da quando aveva cominciato quella nuova fase di allenamento. Non si poteva negare che di risultati ce ne erano stati ma non poteva di certo affermare che la nuova tecnica fosse priva di rischi per sé e per i suoi alleati. Tutte le volte che l'aveva provata era in un ambiente isolato, con presenti persone capaci di respingere il virus grazie alle Onde ma soprattutto non in un vero e proprio scontro. In quel momento invece era tutto diverse. Se perdeva il controllo non solo rischiava di avvelenare sé stesso, Mista e Panzerotto ma poteva persino colpire qualche civile innocente rimasto bloccato nel Casinò. 

Posò gli occhi sullo stand dietro di sé. Emetteva lamenti lugubri, la bava ribolliva e i pugni erano serrati ma non sembrava intenzionato a muoversi. Rivolse uno sguardo al ramato e Fugo capì che stava solo aspettando un ordine. Non avrebbe fatto nulla di più o di meno della sua volontà. 

Allora non esitò più e scattò di corsa verso il duo. A pochi passi da loro urlò -Purple Haze- e lo stand scagliò un pugno che entrambi evitarono facilmente.

-Davvero una mira pessima- commentò Zucchero.

-Non stavo mirando a voi- gli rispose Fugo.

Il pugno infatti aveva colpito il suolo e la violenza dell'impatto fu sufficiente per rompere una delle capsule. Fiotti di fumo tossico iniziarono a fuoriuscire dalle crepe ma prima che si potessero espandere il pugno di Fugo intriso di onde dorate e li colpì. Immediatamente le onde si espansero lungo le scie avvolgendole completamente e plasmarle fino a trasformarle in un unico ammasso dalla forma simile a una lancia.

Zucchero da prima stupito da quel potere anomalo si spaventò. Cercò di correre via ma qualcosa lo tirò per la caviglia facendolo cadere a terra. Girandosi per guardare si rese conto che fosse una specie di catena d'acqua.

-Fortuna che Mista ha fatto esplodere la fontana prima. Avere l'acqua direttamente sul sentiero e sul tuo corpo mi ha facilitato nel bloccarti- disse Fugo dal cui piede partivano una serie di onde blu-azzurre che attraverso l'acqua arrivavano fino a Zucchero. Subito dopo scagliò la lancia verso di lui gridando: -Sunlight Yellow Overdrive: Killer Virus Spears-

-Craft Work- urlò però Sale mettendosi in mezzo e bloccando la lancia a mezz'aria con i suoi poteri. 

Fugo rimase spiacevolmente sorpreso. -Come? Avevo bloccato anche te con l'acqua...-

-Peccato che io posso fermare qualunque cosa in un punto preciso, virus e acqua compresi- rispose Sale -Mi deludi. Mi aspettavo che nel fare un gesto così avventato lo avessi tenuto in considerazione. O forse pensavi che avessi il cervello talmente fuso o che volessi così tanto morire che mi sarei arreso senza combattere. Se fossi stato solo non nego che l'avrei fatto. Morire sul campo sarebbe una degna fine alla mia sofferenza. Ma se ciò significa lasciar morire anche l'unica persona che non mi ha mai abbandonato nonostante fossi diventato un peso, allora no. Lotterò per farlo sopravvivere. Non permetterò che distruggiate la sua vita come aveva fatto con la mia-

-E io non ti permetterò di uccidere un altro mio compagno-

Sale sentì una fredda bocca di ferro appoggiarsi sulla tempia e subito dopo un proiettile trapassargli la testa con talmente tanta violenza da uscire dall'altra parte. Mentre cadeva di lato vide un revolver sporco di sangue accanto a un volto furibondo e rigato di lacrime e il suo ultimo pensiero fu: "Avresti dovuto farlo molto tempo prima così avresti risparmiato diverse sofferenze a due vite, Giudo Mista".

Mista abbassò il revolver. L'urlo di dolore di Zucchero ruppe la notte ma prima che potesse articolarsi in una serie di ingiurie contro gli assassini la lancia di fumo ormai libera lo colpì. L'uomo continuò a urlare, stavolta anche per il dolore fisico, finché la sua gola non marcì al punto da impedirglielo. E così anche il suo corpo o quello che ne rimaneva giacque al suolo.

Fugo lo guardò per un po' poi spostò lo sguardo su Sale e infine su Mista. -Sei vivo- constatò con sollievo -Allora anche Panze...- Quando si girò e vide il corpo del ragazzo di nuovo gonfio ma privo di vita le parole rimasero sospese in aria.

Mista si lasciò cadere sulle ginocchia. -Mi dispiace- disse mentre le lacrime gli colarono dal mento -Volevo salvarlo. Volevo usare l'amuleto di Giorno per salvarlo ma me l'ha impedito. Voleva che vivessi io. Ma non sarebbe stato necessario se solo fossi stato più attento-

-Anch'io ho fatto degli errori. Non hai più colpe di quelle che ho io- disse Fugo -Adesso però non buttarti giù. Non abbiamo ancora finito. É il minimo che possiamo fare per onorare il suo sacrificio è portare a termine il compito che ci è stato assegnato-

-Giusto- disse il castano rialzandosi e asciugando le lacrime.

-Emh, scusate...- esordì N1 uscendo dal revolver con il resto dei Numbers al seguito -Ma non c'era anche il cecchino?- E come se fosse stato richiamato in quell'istante da una finestra una persona cadde a peso morto nel giardino. Un'altra lo seguì ma al posto di cadere scomposta come la prima atterrò con un'elegante capriola. 

Mista puntò la pistola in avanti guardingo ma la riabbassò quando notò che la persona in questione era affiancata da uno scintillante stand argentato e indossava un vestito lungo da principessa.

-A-Alice?- domandò incredulo abbassando l'arma.

-Mista. Fugo- chiamò di rimando lei correndogli incontro per abbracciarlo -Vi ho visti dalla finestra mentre eravate all'angolo così mi sono scagliata sul cecchino. Grazie al cielo state bene-

Mista con grande gioia ricambiò la stretta. -Questo lo dovrei dire a te. Ci siamo spaventati a morte quando sei sparita nel nulla- disse lui -Cosa è successo? Stai bene? E... oddio, sei ferita?- chiese preoccupato vedendola imbrattata di sangue soprattutto ad altezza petto.

-Non ti preoccupare. Non sono ferita, non più almeno. Quello che è successo... è una lunga storia e non abbiamo tempo per raccontarla. L'unica cosa che dovete sapere è che non dovrete più preoccuparvi di lui. Nessuno dovrà più farlo- rispose cupa indicando il punto dove c'era il cecchino.

Mista per un attimo pensò che si riferisse al cecchino ma quando aguzzò la vista si rese conto che a fianco del corpo c'era qualcos'altro che gli fece accapponare la pelle: era la testa decapitata di Leonardo Izzo.

Autrice Time

Lo scontro del giardino si chiude qui. Zucchero e Sale sono stati uccisi e Alice è rientrata in scena. Ma cosa le è successo? E come se la stanno cavando il suo gemello e Marinella? Lo scoprirete nel prossimo capitolo. 

Buona Pasqua (in leggero ritardo) e buona pasquetta a chi festeggia e ci vediamo lunedì prossimo. Ciao, Giuly

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Capitolo 24
*** Senza paura (parte 2) ***


ATTENZIONE: in questo capitolo si affronteranno tematiche delicate quali violenza sessuale e victim blaiming. Saranno inoltre presenti scene di violenza fisica che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni. Procedere a vostro rischio e pericolo.

Quando la guardia venne sgozzata, tra gli ospiti del casinò si scatenò il panico e a causa della calca i gemelli si separarono. In qualche modo Alice riuscì a raggiungere una parete e si appiattì contro di essa cercando di calmarsi.

Sapeva bene che Leonardo Izzo facesse parte della Carboneria e che la possibilità di rincontrarlo c'era eccome, ma ritrovarselo davanti con quel sorriso languido e gli occhi spiritati era tutt'altra storia. A differenza dei suoi compari Izzo non gli era mai piaciuto. Fin da subito il suo sesto senso le aveva urlato che era pericoloso e nemmeno le belle parole di Ghira l'aveva convinta del contrario. Anzi, era quasi arrivata a lasciare quest'ultimo pur di stare alla larga da Izzo ma poi Ghira le aveva assicurato che aveva smesso di frequentarlo e lei, come una sciocca, gli aveva creduto. Solo quando quella sera maledetta del '97 se l'era ritrovato davanti, aveva capito di essere stata ingannata.

Una mano fredda e metallica le si strinse intorno al gomito e all'improvviso una voragine le si aprì sotto i piedi. Il buio la circondò mentre precipitava nel vuoto. Tentò di urlare ma un vento gelido le strappò la voce. Dopo un tempo che le parve infinito le gambe urtarono contro una superficie dura e una di esse si ruppe. Imprecando per il dolore se la strinse tra le mani per poi mettersi seduta e guardarsi intorno per cercare di capire dove fosse finita.

Una luce bianca, simile a quella di un faretto, illuminò una sezione quadra di un pavimento marmoreo, formata da 64 quadrati larghi un metro i cui colori si alternavano tra bianco e nero. Il resto del luogo era nascosto da una velo di oscurità così fitta da sembrare una tenda. Alice si trovava sopra una casella nera, alla seconda riga della quinta colonna a partire da sinistra. Di fronte a lei, a quattro righe di distanza, era stato abbandonato un manichino femminile con gli abiti sgualciti.

Prima che la ragazza potesse indagare oltre, si udì uno squillo di tromba seguito da una voce baritonale che ordinò: -Che l'esercito di Alice Ilaria Zeppeli si disponga sul campo di battaglia-

Udendo dei cigolii alle proprie spalle, l'appena citata si voltò e vide 15 cavalieri dall'armatura vermiglia emergere dall'oscurità. Sette di loro, armati di semplici spade, si disposero sulla riga di Alice, occupando i restanti quadrati. Due di loro, con indosso degli elmi a forma di torrione medievale, presero posto agli estremi della prima riga. Altri due, con elmi decorati con una testa di cavallo li affiancarono, seguiti da altri due che sventolavano degli stendardi strappati. Gli ultimi due infine, con la testa cinta da una corona d'oro, misero due sedie sugli ultimi quadrati liberi e vi si sedettero. Nonostante quelle piccole diversità le loro condizioni fisiche erano pressoché identiche: erano tutti sporchi, zoppicanti, con pezzi di armatura mancanti e l'aria sconfitta.

Si udì un secondo squillo e la voce baritonale diede un secondo ordine: -E ora, che l'esercito di Leonardo Izzo si disponga sul campo di battaglia-

Agli antipodi del campo apparvero 15 cavalieri, simili a quelli rossi se non per la lucida armatura nera e l'aria sana. Una volta disposti Alice si rese conto che i cavalieri con la spada erano 8 mentre ne mancava uno con la corona, sebbene fosse state portate due sedie.

-Cosa diavolo...?- sussurrò, anche se a causa dell'assoluto silenzio le parole rimbombarono per tutta la stanza.

-Sapevo che fossi una poveraccia ma addirittura non saper riconoscere una scacchiera... quanta ignoranza, Alice- disse una voce familiare e strafottente. 

Dall'oscurità apparve infine Leonardo Izzo con una corona d'oro in testa, la mano metallica in bella mostra e un ghigno di trionfo a deformargli il volto.

Alice avvertì l'impulso di scappare ma il dolore alla gamba gli impedì di alzarsi. Cercò allora di strisciare via ma appena provò a oltrepassare la linea che divideva i quadrati una forza la respinse indietro. Riprovò svariate volte da tutti lati con il panico che le dilagava nel petto. Cercò anche di evocare Lithum, prima a mente poi ad alta voce ma lo stand non apparve.

-Sai, mi sono sempre piaciuti gli scacchi- raccontò Izzo nel mentre andando ad accomodarsi sulla sedia vuota -Ci giocavo sempre con il mio istruttore. Peccato siamo morto prima che risvegliarsi Funeral of Queen Mary. Scommetto che gli sarebbe piaciuto fare una partita su un vero campo di battaglia. In compenso ho invitato qui diverse ragazze. Pensa che gli è piaciuto così tanto questo gioco che non sono più uscite. Infatti chi ti ha preceduto è ancora qui- e con un gesto indicò il manichino.

Alice ci mise un attimo a capire e quando ci riuscì dovette portarsi le mani alla bocca per non urlare.

-Oh, non ti preoccupare. Adesso la spostiamo così avremo il campo tutto per noi- disse lui schioccando le dita. Due cavalieri neri presero il corpo senza vita e lo portarono via sotto gli occhi sgranati da Alice la quale si sforzò di non notare gli abiti strappati all'altezza dei fianchi e del seno e l'espressione di terrore congelata sul volto della disgraziata.

-Dubito che tu conosca le regole ma non ti preoccupare. Sarà il tuo re a guidarti- proseguì Izzo una volta che i cavalieri tornarono a posto -Limitati a fare la brava pedina e se vinci potrai andartene. L'esercito bianco non ha mai vinto una battaglia prima d'ora ma questa potrebbe essere la volta buona-

Alice avrebbe voluto fargli notare che il suo esercito era rosso ma, osservando attentamente il cavaliere al suo fianco, si accorse che quella sulla sua armatura non era vernice ma sangue, fatto che non la incoraggiò minimamente.

-Che la 35esima battaglia di Leonardo Izzo abbia inizio- annunciò la voce baritonale -La prima mossa all'esercito bianco-

Il re bianco biascicò qualcosa e il soldato al fianco della bionda avanzò di due quadrati. Izzo ordinò a un soldato nero di fare lo stesso. Il soldato bianco infilzò con la spada il corrispettivo nero che si accasciò a terra. Se lo caricò sulla spalla e lo gettò fuori dalla scacchiera per poi tornare a posto. 

Alice avrebbe voluto esultare ma, pur non conoscendo il gioco, immaginava che quello scontro non aveva un gran significato; era solo una cortesia da parte di Izzo che infatti qualche mossa dopo uccise il soldato bianco/rosso.

Il gioco proseguì. Altri cavalieri vennero mossi e uccisi in un contorto piano che Alice cercava invano di comprendere. Il tempo sembrava essersi dilatato e contratto allo stesso tempo. Lei stessa era in conflitto, divisa tra il desiderio che quella stupida farsa finisse in fretta e al contempo che non finisse mai. Dopo quelli che potevano essere anni oppure pochi secondi il re le ordinò di avanzare.

-Che stai aspettando, Alice? Non è così difficile. Devi solo trascinarti fino al quadrato successivo. Non rischi nemmeno di essere mangiata- la incitò Izzo vedendola immobile.

Lei non rispose, non lo guardò nemmeno. Continuò a tremare invece con gli occhi fissi a terra.

 -MUOVITI! ORA!- urlò allora Izzo. Una forza invisibile la spinse in avanti facendola cadere di faccia sul quadrato successivo.

-Mi deludi, sai?- disse Izzo schernendola -Pensavo che ti saresti ribellata un po' di più visto la fama che ti precede, invece sei così docile... Cavolo, se fossi stata così anche quella sera a quest'ora non saresti qui a rischiare la vita. Ma il passato è passato e quello che non ho ottenuto allora, lo otterrò adesso… sempre che vinca-

Alice aveva affrontato diverse situazioni spiacevoli, ma mai non si era sentita così frustrata, umiliata e spaventata. Agognava la fuga ma era intrappolata; sperava che qualcuno la venisse a salvare ma nessuno sapeva dov'era e anche se fosse Izzo non li avrebbe mai lasciati interferire. La sua fine era vicina; ormai non riusciva a pensare ad altro. Sarebbe stata violentata e uccisa in quel luogo ostile per mano di un ragazzo orrendo e folle che nel mentre giocava con lei, illudendola di poter evitare un destino tanto crudele. Forse lo faceva per vendicarsi di esserle sfuggita tempo prima o forse lo divertiva umiliare e torturare psicologicamente le sue vittime prima di passare alle violenze fisiche. Ma qualunque fosse la verità poco poteva fare. Forse doveva solo arrendersi, chiedergli di interrompere il gioco e farle quello che voleva. Almeno tutto sarebbe finito prima...

"Ma che stai dicendo?!"

Una voce le risuonò in testa. Alice era sicura che non si trattasse di un suo pensiero ma non capiva da dove provenisse. Forse stava solo impazzendo o forse era un'altra perversa tortura di Izzo.

"Non sono frutto della tua pazzia né di una macchinazione di Izzo. Non è importante. É importante invece quello che stai facendo e farai in futuro"

Che cosa voleva che facesse? Era condannata.

"Mi meraviglio di te, Alice. Perchè ti stai facendo umiliare così? Vuoi davvero arrenderti a questo mostro? Lasciare che faccia di te quello che vuole? Vuoi essere usata come prossimo corpo per spaventare un'ennesima vittima?"

Certo che non voleva! La sola idea di stare al suo gioco le faceva ribollire il sangue. Ma era bloccata. Non poteva scappare da nessuna parte.

"Non puoi scappare ma nemmeno devi. L'ultima volta ho lasciato che accadesse perchè eri solo una ragazzina che non sapeva delle sue capacità. Ma dal passato non si può scappare per sempre e infatti eccolo. É tornato a tormentarti, a strapparti via quello che crede suo di diritto e sta certa che non avrà pace finché non ci riuscirà. Non esiste distanza che possa mettere tra te e lui che ti possa salvare. Se vuoi sopravvivere lo devi affrontare"

Affrontarlo? Se non fosse stata una tragedia si sarebbe messa a ridere. Nemmeno poteva muoversi senza che lo stand nemico la autorizzasse, come diavolo faceva a combatterlo?

"Da quando in qua tu ti devi far autorizzare? Da quando in qua Alice Ilaria Zeppeli, la cocciuta ladra che ha sfidato da sola la Carboneria, segue le regole? Soprattutto quelle fatte da un imbecille che ti vuole solo svilire perchè ti sei rifiutata di sottometterti a lui. Se ti sentisse Mista ne rimarrebbe deluso"

Mista! Il suo ricordo la rassicurò. Era stato lui stesso a definirla come una ragazza che faceva dell'improvvisazione il suo punto di forza e della capacità di adattarsi qualcosa da ammirare.

"Ma per fare ciò non devi pensare agli errori nel passato che continuano a farti dubitare di te. Tu sei forte, Alice, altrimenti mai mi avresti risvegliata. E sei coraggiosa, talmente tanto che quando la situazione va male tu hai la forza di andare avanti e contrattaccare. É questo ti rende formidabile. E non sarà certo un viscido pidocchio del tuo passato a farti credere il contrario. Rompi le regole e già che ci sei rompigli il culo"

-Pedone numero 4. Va avanti- ordinò il re bianco riferendosi a lei. Alice guardò davanti a sé, realizzando che con la prossima mossa sarebbe stata sulla diagonale di uno degli alfieri neri.

-Oh, sembra che tu stia per perdere- disse Izzo con aria fintamente dispiaciuta -Un vero peccato. In teoria la mia prossima mossa ideale sarebbe farti mangiare dall'alfiere, ma visto che sono generoso voglio offrirti una possibilità di salvarti: lasciati fottere da me e dal mio esercito e la tua vita verrà risparmiata. E se mi pregherai gentilmente eviterò anche di farti troppo male. Che ne dici? Non mi sembra male. Anzi, hai pure da guadagnare-

Alice rimase in silenzio, soppesando quelle parole. Più ci pensava più la paura iniziò a lasciare posto alla rabbia. Quindi era sempre stato quello il piano. Voleva che fosse lei a concedersi, ad auto-umiliarsi in cambio della salvezza. Anzi, probabilmente nemmeno quella. Del resto quanto valore poteva avere una promessa fatta da uno mostro senza rispetto come lui? Forse era proprio così che era morta la ragazza di prima. Anzi, forse era quello l'esito di tutte e 34 le partite precedenti. Al solo pensiero strinse i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nei palmi.

-Allora, Alice. Che cosa vuoi fare?- la incitò Izzo. 

-Evergreen Overdrive- disse Alice e sotto lo sguardo stupefatto del moro la sua gamba spezzata si ricoprì di onde verdi e si raddrizzò. La bionda si mise in piedi e guardò il ragazzo. -Cosa voglio fare?- disse con una voce sorprendentemente calma -Te lo mostro direttamente- Spiccò una corsa e superò non solo il suo quadrato ma anche quello successivo.

-Ma che cazzo?!- esclamò Izzo -Fermate quella troia!-

Tutti i pezzi sulla scacchiera, compresi quelli rossi/bianchi, la circondarono ma Alice usò le onde per saltare in aria. -Scarlet Overdrive- urlò e con un piede infuocato assestò un calcio volante a un pedone che prese fuoco e lasciò cadere la spada. Alice la afferrò e andò alla carica. 

Izzo la guardò mentre falciava le pedine a colpi di spada e fulmini gialli, rossi e alle volte viola. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Nessuna delle 34 precedenti giocatrici era mai riuscita a ribellarsi e soprattutto nessuna di loro era mai riuscita a usare lo stand. Perchè con Alice era diverso?

-Quello non è il suo stand, padron Izzo. É una tecnica diversa, antica, che non posso fermare- gli disse la voce baritonale.

-Allora ferma lei su una casella!- ordinò Izzo urlando -L'hai fatto fino un attimo fa!- 

-Io posso fermare solo chi prova terrore e desideri fuggire da qui, padron Izzo- disse la voce -Sono sempre state queste le condizioni, motivo per cui vi ho sempre consigliato di portare qui solo persone su cui eravate sicuro di avere il controllo-

Izzo rimase a boccheggiare irritato finché un silenzio agghiacciante gli fece alzare lo sguardo. Alice era ferma in mezzo alla scacchiera, circondata da quel che restava delle pedine. Aveva la spada grondante di sangue e un'espressione feroce in volto. Per la prima volta dopo tanti anni Izzo provò paura. Cercò la fuga ma scoprì di essere bloccato. -Desolato, padron Izzo. Ma le regole valgono per tutti- disse la voce baritonale.

-No!- urlò lui in ginocchio mentre batteva i pugni sul muro invisibile. 

-E pensare che fino a poco fa ero terrorizzata da te- disse Alice mettendosi di fronte a lui. Izzo alzò gli occhi e si ritrovò di fronte a quell'espressione feroce. In qualche angolo remoto della mente ricordò che non fosse così tanto dissimile da quella che gli aveva rivolto suo fratello prima di tagliarli la mano 3 anni prima.

-Ecco qui il grande Leonardo Izzo, il re caduto vittima del suo stesso gioco- disse la ragazza -Mi ricordi tanto la regina Maria Stuarda. Anche lei si è fregata con le sue stesse mani e sai che fine ha fatto?- E senza lasciargli il tempo di rispondere Alice lo colpì al collo con la spada intrisa di onde gialle. Il corpo cadde di lato mentre la testa rotolò diversi metri più in là. 

Alice crollò a terra e fissò a distanza la testa con occhi increduli. L'aveva fatto sul serio. Aveva ucciso Izzo. Aveva eliminato l'ultimo dei suoi quasi-stupratori.

-La 35esima partita di Leonardo Izzo termina con la sconfitta definitiva. Congratulazioni Alice Ilaria Zeppeli- annunciò la voce baritonale prima che la stanza, i resti dei pedoni e la spada che aveva usato un attimo prima si dissolvessero per sempre. 

Alice con il corpo di Izzo si ritrovò in un corridoio del casinò. Avvertì a sinistra i rumori della battaglia. -Mista! Marco!- esclamò. Scattò in piedi e si precipitò verso la fonte dei suoni. Quasi inciampò sulla testa grondante di sangue di Izzo e senza pensarci troppo la prese con sé. Non sapeva bene il motivo, ma era convinta che le sarebbe tornata utile.

Corse a perdifiato finché il corridoio non si aprì in mille finestre che si affacciavano su un giardino interno. Affacciato a una di queste un uomo sulla quarantina con uno strano visore viola sugli occhi stava caricando un fucile e lo puntava all'esterno. La ragazza si affacciò alla finestra più vicina a lei e quello che vide le fece gelare il sangue: due tizi tenevano in ostaggio Panzerotto mentre Mista e Fugo erano bloccati con il cecchino alle spalle!

Alice cercò la pistola ma si rese conto di non averla con sé. Izzo doveva essersene sbarazzato prima di rapirla. Così, avendo i secondi contati, prese la ricorsa e attaccò. Il cecchino ebbe appena il tempo di voltare la testa che Alice gli fu addosso. Il proiettile partì ma  finì per colpire la finestra. Quel rumore non passò inosservato. Fugo da sotto alzò lo sguardo e incrociò per un breve istante quello di Alice prima che questa scomparve dalla sua vista. 

La ragazza e il cecchino caddero a terra. La prima strappò il fucile di mano al secondo e lo gettò via. Fece lo stesso con quello strano visore ma appena tornò a posare lo sguardo sull'uomo rimase di sasso. Il suo viso era spigoloso con il naso e la bocca sottili e gli occhi piccoli e marroni. Una marea di ricci rossi incorniciavano il tutto come un'inquietante aureola vermiglia. 

-Aspetta. Ma tu...- disse. Ma tra le mani del nemico riapparve il fucile e un colpo partì.

Autrice Time

Finalmente ho potuto raccontare lo scontro tra Alice e Izzo. Non ho una grande conoscenza degli scacchi quindi non mi sono cimentata a descrivere tecniche particolari o l'andamento della partita (d'altronde non era nemmeno quello il punto). Ho preferito concentrarmi piuttosto  mostrare i sentimenti di Alice in quel momento. 

In realtà in questo capitolo avrei voluto includere anche lo scontro con il cecchino ma ho preferito spostarlo quasi tutto al prossimo capitolo, non solo per una questione di lunghezza, ma anche perchè temo che compattando i due eventi in unico capitolo rischi di fare perdere entrambi importanza. Quindi per leggere il proseguo ci vediamo al prossimo capitolo.

Ciao, Giuly

PS. La voce che parla ad Alice (quella tra virgolette) non sono io, non è il narratore, non è la coscienza della ragazza ma Lithum stesso. Forse l'avevate capito ma per evitare qualsiasi fraintendimento lo specifico.

 

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Capitolo 25
*** Il senso della vendetta ***


ATTENZIONE: in questo capitolo sono presenti scene di violenza fisica crude e grafiche. Procedere a vostro rischio e pericolo.  

Alice non sentì dolore quando il proiettile le trapassò il petto. Era più una sensazione di freddo e stanchezza che mano a mano si propagava dentro di lei allo stesso ritmo con cui perdeva sangue. Cercò di usare la respirazione concentrica per riparare il danno ma non ci riuscì, anzi nel tentativo si ritrovò a tossire sangue. "Merda. Deve aver preso il polmone" pensò mentre si portava una mano al petto nel disperato quanto inutile tentativo di tamponare la ferita.

L'uomo la spinse di lato senza che potesse opporre resistenza. -Sarò sincero. Non avrei voluto che andasse così ma purtroppo non mi aspettavo diversamente- disse guardandola dall'alto. Alice non riuscì a vederlo in volto ma dal tono di voce sembrava al contempo seccato e dispiaciuto. -Tu sei Aldo Rossi, l'uomo che ha ucciso mia madre quel giorno, non è così?- disse con la voce ridotta a un sussurro.

-Medina Valsesia in Zeppeli, soldatessa dell'Ombra Partenopea, sì. Mi è stato ordinato di farlo e io ho eseguito. Una donna molto bella che si è messa dalla parte sbagliata nel momento peggiore- rispose lui -Le assomigli molto. Avrei preferito che la vostra somiglianza si fermasse al fisico, invece hai deciso di condividere la sua stessa miserabile fine e per un motivo così stupido-

La ragazza avvertì qualcosa muoversi sotto la gonna, come se si fosse risvegliato all'improvviso. Intuì subito cosa fosse e un'idea le passò per la testa. Se avesse funzionato sarebbe stata salva ma aveva bisogno di tempo e soprattutto che l'uomo non se ne accorgesse.

-Stupido?- ribatté allora con l'ennesimo sussurro -Che cosa ci sarebbe di stupido nel vendicare la loro morte distruggendo gli uomini e l'organizzazione che li ha uccisi?- 

L'uomo scosse la testa e disse: -Vendetta. Negli anni ho visto molte persone desiderarla per vari motivi. Per l'onore ferito, per una caduta in disgrazia, per saziare la voglia di sangue nei confronti di assassini di amici o parenti. Alcuni lo facevano da sé, altri invece pagavano la Carboneria per farlo. Io stesso sono stato pagato per essere uno strumento di vendetta. Ma sai alla fine cosa ne hanno ricavato dalla vendetta: la morte o il nulla. Perchè la vendetta non potrà mai restituire ciò che perdi. É solo uno spreco di tempo che ti rovina il resto della vita o in molti casi te la toglie direttamente...- 

Alice lo ascoltava sdraiata prona mentre il sangue macchiava il pavimento. Era immobile, con il respiro affannoso e le lacrime sul volto. Si era imposta di piangere per mostrarsi patetica e debole. Lui non doveva sospettare che in realtà era ancora abbastanza forte per comandare Lithum. Lo stand scivolò sotto il pavimento per non farsi vedere, allungò la mano intangibile verso la gonna, afferrò l'oggetto semovente e lo spostò sulla ferita. 

-Guarda Alessio Guido per esempio. Ha cercato di vendicare l'amico morto e l'unica cosa che ha ottenuto è stato raggiugerlo subito dopo. Oppure Leonardo Izzo. Voleva una rivalsa verso di te e nel rendere la tua morte più sadica possibile, non solo non ha ottenuto ciò che voleva, ma ha perso la testa... letteralmente- continuò prendendo per i capelli il capo del ragazzo in questione, ancora grondante di sangue. -E infine parliamo di te. Quel giorno tua madre e tuo padre non hanno portato con loro né te né tuo fratello e non ci vuole un genio a capire che non volessero vedervi morti. E noi vi abbiamo lasciato vivere in pace perchè non avevamo motivi per uccidervi. Ma voi avete deciso di ostacolarci, di mettervi nel nostro mirino solo per vendicare due persone che a mala pena avete conosciuto, benché sangue del vostro sangue. Avete sputato sulla generosa offerta dei vostri genitori e adesso tu sei qui, prossima alla morte, e sta pur certa che tuo fratello ti raggiungerà a breve, sempre che non ti abbiamo già preceduta. Sedici anni di vita che potevano essere ottanta se solo fosse stati al vostro posto. Spero tu sia contenta del risultato raggiunto, Alice Zeppeli-

La ragazza non gli rispose. Il suo respiro si arrestò e i suoi occhi rimasero fissi. Aldo Rossi si abbassò e le mosse una mano davanti al volto. Non vedendo reazione, sospirò e le chiuse le palpebre. Rialzandosi si diresse alla finestra e fece apparire il visore e il fucile di Help! sugli occhi per finire il lavoro. Ma appena posò lo sguardo sul giardino si irrigidì. -Ma cosa sta facendo?!- esclamò sbigottito -Dannato bastardo!- 

Infuriato come non mai fece per sparare ma qualcosa gli si avviluppò intorno al corpo. Guardando con attenzione si rese conto che a bloccarlo era una specie di corda fatta di sangue, resa compatta dalle strane onde azzurro-blu.

-Turquoise Blue Overdrive: Blood Chain- 

Aldo Rossi si voltò e si rese conto con orrore che, non solo Alice era in piedi e stava bene, ma che dalla sua mano partiva la corda. -Come hai fatto?!- ruggì.

-Seppur in minima parte, il sangue è composto da acqua, quindi riesco a manipolarlo con...-

-Non mi interessa quello! Come fai a essere ancora viva con una ferita del genere e senza poter usare la tua tecnica di respiro?!-

-Il mio capo ha pensato bene di lasciarmi un portafortuna molto utile- disse lei scoprendo quel tanto di pelle che bastava per mostrare l'amuleto a coccinella che stava finendo di trasformarsi in cellule umane per sanare la ferita.

-Comunque sia, voglio che tu lo sappia- disse, afferrando con la mano libera la testa di Izzo -Tutto quello che hai detto è giusto tranne una cosa: io e mio fratello non vogliamo vendetta. Noi vogliamo giustizia. Per i nostri genitori, per nostro nonno e per tutte quelle persone che per colpa di organizzazioni come la tua hanno vissuto l'inferno. E se lo Stato non ce la può dare, ce la prendiamo da soli, con le nostre mani.  Perchè è questo che gli Zeppeli fanno da generazioni. William, Mario, Ceasar, Livio, Medina hanno lottato per la giustizia e io, Alice Ilaria Zeppeli, non sarò da meno!-

Il capo di Izzo venne circondato da onde violette prima di venire lanciato contro l'uomo al grido di -Lightning Purple Overdrive-. Rossi tentò di spararle ma stavolta la ragazza era pronta e attivando Lithum il proiettile la attraversò senza far danno. Nello stesso istante smise di alimentare la corda e il sangue ricadde addosso all'avversario che fece da perfetto conduttore per le onde viola. Rossi non ebbe nemmeno il tempo di gridare che venne fulminato a morte. Il corpo cadde all'indietro e sparì oltre la finestra insieme alla testa. Alice senza pensarci troppo si lanciò dalla finestra e atterrò nel giardino con un'elegante capriola.

-A-Alice?- le domandò una voce famigliare. La ragazza alzò gli occhi e fu travolta dal sollievo quando vide sia Mista che Fugo illesi mentre i nemici a terra sconfitti.

-Mista. Fugo- li chiamò correndo incontro al primo per abbracciarlo -Vi ho visti dalla finestra mentre eravate all'angolo così mi sono scagliata sul cecchino. Grazie al cielo state bene-

Il cecchino di Passione ricambiò la stretta. -Questo lo dovrei dire a te. Ci siamo spaventati a morte quando sei sparita nel nulla. Cosa è successo? Stai bene? E... oddio, sei ferita?- chiese preoccupato.

Al ricordo degli eventi appena passati Alice si incupì ma non si permise di cedere alla marea di sentimenti che provava. Non era il momento. -Non ti preoccupare. Non sono ferita, non più almeno. Quello che è successo... è una lunga storia e non abbiamo tempo per raccontarla. L'unica cosa che dovete sapere è che non dovrete più preoccuparvi di lui. Nessuno dovrà più farlo- rispose indicando il punto dove c'era la testa.

Alice lo sentì irrigidirsi tra le braccia e ne rimase turbata. Mista era in Passione da molto più tempo di lei e ne doveva aver viste di tutti i colori eppure le sue azioni erano riuscite a sconvolgerlo. Lei era riuscito a sconvolgerlo, forse a farlo inorridire. E se a causa di ciò l'avesse allontanata? Eppure...

-Non avevo la pistola con me. Non ho avuto altra scelta- sussurrò. Ma era vero? Decapitare Izzo e fulminare a morte Rossi erano gli unici metodi che aveva a disposizione per vincere oppure quelli più sadici per ucciderli? 

-Lo so- le rispose Mista -Non ti giudico per questo-

-Alice. Mista- li chiamò Fugo -Abbiamo un minuto. Dobbiamo muoverci-

I due sciolsero l'abbraccio e con il ramato rientrarono nell'edificio.

***

Marco e Pepe balzarono lontani l'uno dall'altro per riprendere fiato. Erano passati appena venti minuti dall'inizio dello scontro eppure entrambi avevano l'impressione di star combattendo da giorni. 

Marco non si era risparmiato un solo istante assaltando l'avversario con tutte le forze. Purtroppo Iron Maiden era riuscito a intercettare la maggior parte di onde, proiettili, morsi e artigliate (quest'ultime da parte di Teen Spirit) prima che colpissero Pepe. In alcune occasioni (poche per fortuna) era riuscito a prendere direttamente lui o Teen Spirit, lasciandoli brutte bruciature sul corpo. Inoltre Marco e lo stand dovevano fare i conti con i tagli causati dai bisturi di Pepe che, seppur poco profondi, bruciavano da morire.

Dall'altra parte Pepe era stato colpito da un proiettile alla spalla destra, graffiato da Teen Spirit al fianco e colpito allo stomaco da un pugno intriso di onde dorate. Nonostante ciò continuava a sorridere.

-Riconfermo la mia opinione. Mi piaci molto, Zeppeli. Sei il primo che è riuscito a resistere così tanto- disse Pepe con gli occhi spiritati -Nonostante il dolore la luce nei tuoi occhi, la tua voglia di lottare sia così viva. Oh, non sai quanto mi piacerebbe vedere fin a quanto puoi resistere prima di spezzarti- C'era qualcosa di perverso nella sua voce, qualcosa che mise i brividi a Marco e gli fece desiderare la morte piuttosto che finire nelle sue mani.

Ripartì all'attacco con i pugni carichi di onde rosse. Saltò e mentre Iron Maiden era alle prese con Teen Spirit, lanciò un pugno a Pepe al grido di -Scarlett Overdrive- Pepe evitò con facilità la prima lingua di fuoco ma non vide la seconda. Il contraccolpo lo spinse all'indietro mentre la sua giacca prese fuoco. Ringhiando il ragazzo si rotolò a terra per spegnerla. Marco tentò di sparargli ma venne intercettato da Iron Maiden che, usando una catena a mo' di frusta, lanciò lui e Teen Spirit contro la parete. Gemettero entrambi sia per la bruciatura sia per lo schianto. Tentarono di alzarsi in fretta ma per loro fortuna qualcun altro aveva attirato l'attenzione di Pepe. 

A poca distanza anche Cacio e Marinella si davano battaglia. 

-Perchè quanto continuerai così? Muori dannazione!- affermò con odio la rossa con i capelli sfatti, un occhio nero e diversi tagli sul viso.

Cacio non era messo meglio. Marinella gli aveva infilzato un piede con il giavellotto, motivo per cui zoppicava e con l'asta gli aveva spaccato il labbro. Nonostante ciò sorrise beffardo e non rispose.

Marinella gli si lanciò contro. Cacio brandì la mazza, pronto a respingere l'ennesimo assalto, ma stavolta la rossa lo colse impreparato: riuscì effettivamente a fermare il giavellotto, ma un altro spuntò dal nulla e gli trapassò la spalla con tale violenza da farlo cadere a terra. La mazza cadde mentre Marinella fu sopra di lui con sguardo carico di odio. -Questo è per mia cugina, stronz...-

-Che cosa fai? Perchè mi vuoi uccidere, Mari?- disse una voce femminile e in un istante sotto di lei c'era una ragazza dalla pelle olivastra, i capelli neri e gli occhi viola pieni di lacrime. La rossa la riconobbe subito e rimase immobile per un'istante di troppo.

Una catena nera avvolse il suo corpo, bloccandola e bruciandola. La falsa Sibilla piegò le labbra in un sorriso raccapricciante prima che Marinella venisse lanciata in aria. Per un attimo rimase sospesa e guardò la sala. Vide Cacio/Sibilla ancora a terra, Marco e il suo stand cercare di rialzarsi doloranti e infine Pepe, in piedi con un bisturi in mano e Iron Maiden alle sue spalle. Precipitò verso quest'ultimi. 

Sentì Marco gridare angosciato, il lupo ringhiare disperato e il loro tentativo di correrle incontro ma Marinella aveva già capito di non avere più scampo. "Sibilla. Perdonami. Non sono riuscita a vendicarti". Fu il suo ultimo pensiero prima di venire infilzata allo stomaco al bisturi. Pepe senza pietà alzò il braccio aprendole un taglio dall'ombelico fino al mento. Il sangue e le viscere uscirono fuori investendo Pepe, fatto che però sembrò gasarlo di piò. La afferrò per la nuca, estrasse il bisturi dal collo e con una furia agghiacciante le tempestò di colpi il viso.

Marco, se prima stava correndo verso Marinella, adesso era ricaduto e guardava paralizzato e tremante quel massacro insensato. La sua mente si ritrovò a pensare a tutto e a nulla. Cosa stava succedendo? Perchè stava succedendo? Perchè lui era lì? Perchè, per quanto si sforzasse, non riusciva mai a impedire che accadessero quelle atrocità?

Di fronte a tanto orrore nemmeno si accorse che Cacio gli si era avvicinato. Quando se ne rese conto, un giavellotto creato con Skillet gli aveva già trapassato un polmone con tale violenza da fuoriuscire dal petto e impiantarsi nel pavimento sottostante. Marco gridò finché la sua bocca non si riempì di sangue. Teen Spirit cercò di intervenire ma venne bloccato dalle catene di Iron Maiden. Pepe infatti aveva finito di seviziare il corpo di Marinella e guardava Marco sofferente con il solito sorriso inquietante.

-Che fine atroce ha fatto la tua compare- constatò Cacio con la calibro 22 in pugno -E pensare che mi avrebbe ucciso se solo non si fosse distratta vedendo la mia perfetta imitazione di Sibilla-

Marco si sentì invadere dalla rabbia. Quei due le avevano ammazzato l'unica parente rimastale, l'avevano torturata psicologicamente, rimostrandole Sibilla sul punto di morire per mano sua e infine l'avevano torturata fisicamente dandole una morte atroce e immeritata. -Mostri! Siete dei mostri! Siete i figli del diavolo!- urlò con rabbia e odio.

-Lo siamo. Nessuno ci ha mai impedito di diventare così- rispose Cacio con una strana espressione sul volto. Marco vide nei suoi occhi fastidio, risentimento ma anche dispiacere. Per un istante si chiede cosa era successo nelle loro vite per ridurli così.

-Forza, Cacio. Non perdere tempo. Fai saltare il cervello a questo coglione, sempre che ne abbia- disse impaziente Pepe. 

Cacio allora sollevò la pistola e mirò alla testa di Marco. -Addio, Zeppeli- lo salutò beffardo.

-Lightning Purple Overdrive-  

Due teste dai capelli rosa vennero lanciate contro Cacio. La prima venne evitata, ma la seconda colpì la pistola, motivo per cui fu costretto a lasciarla cadere, avendo visto di persona il devastante effetto di quel potere. Un istante dopo Alice Zeppeli sbucò dal pavimento e gli assestò un montante intriso di onde dorate. -Sunlight Yellow Overdrive- disse mentre Cacio volò dall'altra parte della stanza ed evitò una rovinosa caduta solo perchè Pepe lo afferrò per tempo. 

I due fratelli studiarono la situazione: davanti a loro c'erano Alice, Mista e Fugo in compagnia di una ragazza asiatica con due chignon simmetrici e un abito tradizionale cinese color lime. Si accorsero inoltre che le due teste lanciate da Alice appartenevano a Pancetta e Guanciale, la coppia incaricata di trattare con la Triade. 

-Ma cosa è successo?- domandò Pepe sorpreso.

-Come fate a essere ancora vivi?!- esclamò Cacio sbigottito e furioso.

Alice sorrise. -Ammetto che sia con Izzo che con Rossi mi avete preso in contropiede, ma per vostra sfortuna non sono stati sufficienti a fermarmi- disse.

-E poi avete peccato un po' troppo di presunzione a mandare a trattare qualcuno privo di stand- affermò Mista indicando le due teste.

-Ammetto che un po' mi dispiace per loro. Erano venuti convinti che la mia organizzazione gli avrebbe dato una mano contro Passione, senza sapere che Giorno Giovanna avesse convinto il mio capo a stare fuori da questa faccenda- affermò l'asiatica mostrando loro un ciondolo con tre spade incrociate, simbolo della Triade.

-Cosa?!- esclamò Cacio sbigottito -Giorno Giovanna si alleato con la Triade?- 

-In realtà ha semplicemente stretto un accordo non belligeranza che il mio capo ha accettato tranquillamente- spiegò in breve la ragazza -Nel resto non avevamo nulla da perdere-

-Sì, è stata una bella sorpresa anche per noi- affermò Fugo.

I due fratelli trasalirono rendendosi conto di essere stati ingannati. Avevano creduto di sapere già i piani di Passione e di tendere a loro un'imboscata per uccidere i membri più influenti mentre guadagnavano un accordo con la Triade. Invece era successo tutto il contrario!

Cacio scoppiò in una risata isterica che lasciò tutti perplessi. Subito dopo riformò con Skillet una pistola e la puntò. Mista fece lo stesso. Entrambi erano pronti a farla lì, ma Pepe aveva in mente altro. Usò una catena di Iron Maiden per tirarsi via dalla traiettoria mentre con un'altra lanciava loro contro il corpo di Marinella. Quel gesto distrasse i soldati di Passione abbastanza per permettergli di gettarsi da una finestra e scomparire nella notte.

Mista afferrò il corpo per poi rendersi conto delle sue condizioni orribili. Adirato lo adagiò e si precipitò alla finestra. 

-Mista, aspetta. Sei troppo debole. I Sex Pistols non ce la faranno mai a inseguirli e nemmeno tu- lo bloccò Fugo. Mista fece per ribattere ma ebbe un capogiro e Fugo lo dovette sostenere. 

Nel mentre il giavellotto si era disfatto a causa della lontananza del portatore, così Alice si precipitò verso il fratello, strappò il suo amuleto a coccinella dalla cintura e lo pose sulla ferita. Immediatamente l'oggetto si trasformò e Marco guarì. La ragazza gli passò un braccio sulle spalle e lo sollevò.

-Andiamocene. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare. Almeno non sono morti invano- disse guardando con tristezza il cadavere di Marinella.

Quando la polizia monegasca riuscì a entrare nel Casinò qualche minuto dopo dei superstiti di Passione e della ragazza della Triade non c'era più alcuna traccia.

Autrice Time

Infine ho pubblicato. In ritardo, ma ce l'ho fatta. Scusate, ma la scorsa settimana è stata impegnativa. 

Eccoci (quasi) alla fine dell'arco narrativo di Montecarlo. Che dire, un capitolo alquanto sanguinolento e crudo ma con anche qualche sorpresina. Spero vi sia piaciuto e noi ci vediamo all'epilogo della missione, dato che ci sono un po' di cose da chiudere e diversi aspetti da chiarire. Ci vediamo settimana prossima, Giuly  

PS. Ma secondo voi, oltre agli avvisi pre-capitolo, dovrei mettere il rating rosso?  

 

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Capitolo 26
*** Confronto (parte 1) ***


Nizza, 22 luglio 2001

Nessuno dei soldati superstiti di Passione dormì a Monaco quella sera. Attraverso le fogne arrivarono al confine della città dove li aspettavano due macchine preparate in precedenza. Le presero entrambe e guidarono fino a un isolato bungalow sulla spiaggia di Nizza dove avrebbero potuto lavarsi e dormire prima di andare, la mattina seguente, all'aeroporto per poter tornare a Napoli senza passare per territori ostili.

La notte era serena, la temperatura mite e il mare calmo eppure Alice non riusciva a chiudere occhio. Dopo un'ora passata a rigirarsi nel letto, si alzò e uscì sulla veranda per prendere una boccata d'aria.

-Insonnia?- le chiese qualcuno facendole prendere un colpo. Si tranquillizzò subito vedendo che era solo Mista, seduto sugli scalini della veranda. Si era messo i soliti vestiti, a eccezion fatta del berretto rosso e bianco. La ragazza osservò i corti capelli del castano chiedendosi se e quanto fossero soffici. Forse se glielo avesse chiesto... "No, sarebbe imbarazzante" pensò.

-Vedo che non sono l'unica- constatò invece.

-Succede. Specie se devi nutrire queste piccole canaglie golose- affermò lui indicando i Numbers che stavano mangiando con voracità delle fette di salame. Come al solito N3 rubò la fetta di N5 che si mise a piangere. Mista fu costretto a tagliargliene un'altra e a sgridare il bulletto.

-Sai, mi piacciono i tuoi Numbers. Sono così piccoli e teneri- disse Alice sedendosi accanto a lui -Quando non uccidono, certo-

Un'ombra le attraversò il volto e Mista se ne accorse. -Stai bene?- le chiese.

La ragazza esitò. Avrebbe tanto voluto esternare tutte le paure che le pesavano sul cuore e sulla mente, ma verbalizzandole temeva che sarebbero diventate più concrete e aveva paura di affrontarle. Era tentata di mentirgli ed evitare il discorso, ma poi si ricordò, con amarezza, era inutile sfuggire ai problemi. Il passato tornava sempre a bussare alla porta, spesso nel momento meno opportuno. Meglio quindi affrontarlo subito che farsi cogliere impreparati.

-Hai visto cosa ha fatto quel bastardo a Mari?- domandò. Mista si irrigidì e strinse i pugni con rabbia. Come poteva dimenticare un fatto tanto atroce?

-Marco ha detto che quel... tipo aveva sia il tempo che l'occasione di darle una morte rapida e "umana". Invece l'ha massacrata senza alcuna esitazione- continuò rabbrividendo -É spaventoso vedere quanto in là possa spingersi un essere umano. E io ho paura che...-

Sentì un groppo alla gola e le mani tremare incontrollate, ma proseguì: -All'inizio, quando ero costretta a uccidere qualcuno mi dispiaceva, stavo male, a volte esitavo. Poi, man mano che facevo vittime, meno provavo queste sensazioni e con Izzo… non ho esitato un solo istante, non ho vagliato se c'erano altri modi e quando l'ho ucciso, ho provato sollievo... Mista, io ho paura di quello che sto diventando. Ho paura che se continuerò così, finirò per fare del male a qualcuno di voi. Io ho paura di diventare un mostro come...-

Mista le afferrò le mani bloccandone il tremolio. -L'ho provato anch'io- disse -Una sera di due anni fa ho colpito un uomo che stava massacrando una donna nella sua auto. Lui e i suoi compari hanno iniziato a spararmi, così rubai loro una pistola e li uccisi. Senza alcuna esitazione, senza alcun rimorso. Venni arrestato e imprigionato in una cella buia con cibo scadente e acqua sporca, ma la parte peggiore non è stata quella. Ciò che ha reso quell'esperienza un vero inferno è stato il dubbio che quello che avevo fatto non fosse stato un atto di difesa legittima mal valutato dai giudici, bensì un atto malvagio di cui non mi vergognavo o pentivo. Iniziai a pensare che marcire lì non fosse solo una cosa che meritavo, ma la miglior cosa per tutti perchè temevo che se fossi tornato fuori avrei ucciso di nuovo e forse quelli che avrei colpito sarebbero stati degli innocenti. Nel resto se ero riuscito a uccidere la prima volta con così tanta leggerezza, forse era il mio destino diventare un malvagio che uccide per il gusto di farlo-

A quel punto un piccolo sorriso gli illuminò il volto. -Ma un giorno venni liberato da un ragazzo di nome Bruno Bucciarati. Quando ci incontrammo la prima cosa che mi disse fu che credeva che la mia fosse stata legittima difesa. Era sincero, lo capì con uno sguardo. Mi venne da ridere a pensare che un perfetto sconosciuto che mi conosceva solo per sentito dire avesse più fiducia in me di quanta ne avessi io. E ci aveva visto lungo. Bucciarati ci vedeva sempre lungo...-

Alice avvertì della tristezza nella sua voce. Chiunque a Napoli conosceva Bruno Bucciarati. Era sempre stata scettica a riguardo, ma sentendo Mista parlarne con così tanta tenerezza e nostalgia ebbe nuovamente conferma di essersi sbagliata.

-Mi sono sempre chiesto cosa aveva visto in me per convincersi che non ero un mostro. E adesso, guardando te, l'ho capito. Non è qualcosa di visibile; è puro e semplice istinto e il mio dice che tu sei diversa da Pepe Nero e non diventerai mai come lui- continuò stringendole le mani -E poi pensaci. Perchè hai ucciso Izzo? Cosa ti ha spinto a farlo?-

Alice si ritrovò a ripensare all'accaduto: il gioco perverso, gli insulti e le umiliazioni mascherate da favori, la ragazza morta con gli abiti strappati... La rabbia ritornò prepotente come prima. -Ha umiliato, violentato e ucciso altre ragazze. Una trentina, forse di più. Mi ha mostrato il corpo di una di loro e mi ha fatto capire che voleva fare lo stesso con me- rispose non riuscendo a mascherarla -Era un mostro senza possibilità di redenzione. E io l'ho ucciso perchè non volevo che facesse del male a me o ad altre- 

-É proprio questo che distingue noi da loro- disse Mista -Non uccidiamo solo per sopravvivere o per fini personali. Lo facciamo anche per chi non può farlo da sé. L'hai fatto tu con Izzo, l'ho fatto io con quegli uomini e l'hanno fatto anche Fugo, Marco e Giorno. Questo è il nostro obiettivo; è la nostra ancora per evitare di perderci in questo mare di malvagità. Finché ce l'abbiamo, finché ricordiamo perchè siamo qui e perchè lo facciamo, resteremo umani-

-E tu... mi puoi aiutare a stare aggrappata?- chiese Alice -Mi aiuterai a non annegare?- Lo guardò con gli occhi lucidi e le guance arrossate. Mista non l'aveva mai vista più bella di così. Le ultime parole di Panzerotto gli tornarono alla mente e capì che quello era il momento giusto. -Io ci sarò sempre. Te lo prometto. Non potrei mai abbandonare la ragazza di cui sono innamorato- confessò prima che il coraggio gli venisse meno.

Alice lo guardò confusa, poi capì e scoppiò a piangere. Mista andò in panico. -No, scusa, ho sbagliato tutto. Ah, ma perchè faccio sempre disastri? Per favore, dimentica...- farfugliò prima che Alice lo prendesse per il colletto e gli stampasse sulle labbra un bacio a lungo atteso da entrambi. 

-Idiota, sei stato perfetto- disse staccandosi -Piango perchè sono felice che tu vuoi stare con me nonostante tutto, che mi ami anche tu come ti amo anch'io-

-Oh. Scusa, io...non sono bravo con le ragazze- confessò lui.

-Lo so. Ma ti amo anche per questo- disse lei -Però... ecco io... dopo tutto quello che è successo con Izzo e gli altri, non so se...-

-Non ti forzerò a fare nulla di più di quanto vorrai- disse Mista capendo dove volesse andare a parare -Non lo farei di principio, ma ancor meno sapendo quale è stato il tuo primo... "approccio", se così la possiamo definire. Aspetterò fino a quando non sarai pronta a venire a letto con me... se mai vorrai ovviamente-

Alice sorrise e si avvicinò al ragazzo per dargli un altro bacio con molta più calma e dolcezza. Lui ricambiò mettendogli una mano tra i capelli e lei fece lo stesso, affondando le mani nei suoi soffici capelli castani. 

Passione, la missione, gli eventi passati, i dubbi... tutto sparì dalle loro menti. Rimasero solo loro e il rumore delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga.

***

Marco si svegliò sudato e con il respiro affannoso. Aveva sperato che la stanchezza fisica e mentale gli avrebbe garantito un sonno privo di sogni, invece gli incubi gli avevano fatto visita, attingendo alle orribili immagini viste poche ore prima. L'unica differenza era che a subire l'efferato trattamento di Pepe non era più Marinella, bensì sua sorella Alice. 

Si voltò per assicurarsi che fosse nel letto a fianco al suo, ma lo trovò vuoto. Il panico prese il sopravvento. Scattò in piedi, prese la pistola appoggiata sul comodino e si diresse alla porta. Fece per uscire, ma Teen Spirit, apparso senza che lui lo chiamasse come la maggior parte delle volte, gli tirò il lembo del pantalone. Lo stand, una volta ottenuta l'attenzione del portatore, andò alla finestra della cucina e mise le zampe sul davanzale. Marco lo seguì e sbirciò dietro le tendine. Con enorme sollievo vide che Alice era sulla veranda insieme a Mista. A un tratto la ragazza attirò a sé il castano e gli diede un bacio sulle labbra. Marco si sentì improvvisamente di troppo e si allontanò. 

Andò a sedersi al tavolo e si mise le mani sul volto. "Ma cosa diavolo mi è preso?" si chiese "Perchè ho perso la calma così? Non è da me" Ma il motivo, in realtà, lo già sapeva. 

Dall'estate del '97 Marco si era ripromesso che avrebbe protetto sua sorella da chiunque e qualunque cosa minacciasse di farle del male, che sarebbe stato con lei nella buona e nella cattiva sorte e che mai si sarebbe permesso di abbandonarla non sapendola al sicuro. Ma quella sera lei era di nuovo caduta nella grinfie di Izzo e lui non era lì a proteggerla. Aveva rischiato di perderla per sempre, senza che potesse fare nulla per impedirlo. Nonostante si era sempre impegnato al massimo era successo di nuovo, era di nuovo venuto meno alla promessa. 

Tuttavia quella sera Alice aveva fatto qualcosa di straordinario. Era riuscita a uccidere uno dei suoi persecutori, aveva salvato lui da morte certa, aveva aperto il cuore a un altro ragazzo. Era felice e orgoglioso che fosse successo. Aveva atteso quel momento da anni. Eppure una parte di lui si chiedeva se ora sarebbe stato messo da parte. 

Scosse la testa, cercando di scacciare quel pensiero poco realistico. Il legame che aveva con Alice era unico e non sarebbe stato distrutto da una promessa venuta meno (per altro nemmeno per colpa sua) o dall'arrivo di un altro uomo. Forse avrebbero trascorso meno tempo insieme, ma prima o poi sarebbe successo. Era naturale che a un certo punto avrebbero preso delle strade diverse. Lei avrebbe seguito la sua, probabilmente quella sera aveva già fatto il primo passo. E anche lui doveva fare lo stesso.

-Ma cosa? Marco. Che è successo?-

Il ragazzo alzò la testa e vide Fugo guardarlo preoccupato. Aveva i capelli sparati e gli occhiali messi storti come se si fosse appena svegliato (ed era così).

-Nulla. Ho fatto un incubo e mi sono agitato per nulla- rispose.

Fugo alzò un sopracciglio, ma fu la sua unica reazione di fastidio. -Mista e Alice, sai dove sono?- chiese.

-Fuori a pomiciare- rispose tranquillo -Alla buon ora direi-

-E a te sta bene?- chiese Fugo appoggiando le mani sulla sedia libera e guardando la pistola appoggiata al tavolo -Non andrai fuori a sfidare Mista a duello per difendere l'onore di tua sorella?-

-Perchè mai? Mista è un bravo ragazzo. E poi stasera Alice ha ampiamente dimostrato che il suo onore se lo sa difendere da sola- disse lui sereno.

-Già. É stata incredibile- disse Fugo guardando la finestra sebbene chiusa dalle tendine -Non è facile... non con così tanta lucidità almeno. A voltare pagina poi...- 

Marco notò subito che Fugo aveva qualcosa di strano. Parlava in maniera distaccata ma non come se non gliene importasse nulla, bensì come se si riferisse a qualcosa che solo lui sapeva. Un ricordo passò nella sua mente come un fulmine e senza pensarci disse: -É successo anche a te. Parli come Alice prima che loro ricomparissero-

Fugo non disse nulla, ma le sue mani si strinsero sulla sedia in un gesto improvviso. Marco si pentì all'istante di non aver tenuto la bocca chiusa. -Scusami, io...- disse.

-Avevo tredici anni- lo interruppe Fugo con voce stranamente ferma -Mi venne offerta una borsa di studio in una prestigiosa università e i miei mi costrinsero ad accettarla. Frequentai per un semestre e tanto mi bastò. Non riuscì a relazionarmi con nessuno vista la mia giovane età. Anzi, mi guardavano tutti male per via della mia presenza eccezionale. Solo un professore si rivolgeva a me con gentilezza e mi aiutava... Una sera mi invitò a casa sua per una cena con altri studenti, io accettai, ma quando arrivai a casa sua scoprì che non c'era nessun altro. Mi disse che sarebbero arrivati dopo e che noi potevano iniziare nel mentre... Capì che c'era qualcosa che non andava e che forse era meglio scappare però... era l'unica faccia amica in quel posto di merda e non volevo inimicarmelo per una stupida paranoia, così restai...-

 Fugo strinse ancora di più le mani sullo schienale fino a farle diventare bianche.

-Mi bloccò sul divano, mi minacciò di farmi espellere se non facevo quello che voleva lui e... ha fatto male... mi ha fatto un male- fu tutto quello che riuscì a dire. 

La cucina piombò nel silenzio assoluto interrotto solo dal rumore delle onde. Marco non riuscì ad aprir bocca. Probabilmente se l'avesse fatto non sarebbe riuscito a trattenere i conati per il disgusto. Sentiva gli occhi umidi, non sapeva se fosse per tristezza o rabbia. Forse per entrambe.

-Ma sai qual è la parte peggiore?- terminò Fugo con voce carica di amarezza -Qualche giorno dopo cercò di rifarlo, così gli sfondai la faccia con un dizionario. Mi arrestarono per questo e quando cercai di raccontare loro cosa era successo prima, non mi credettero. Dissero che non c'erano prove a sostenere la mia versione, quindi non lo potevano arrestare. L'unico motivo per cui non mi condannarono fu grazie a mio padre che corruppe la giuria per far cadere le accuse, ma non spese altro tempo e denaro per portare a processo quel bastardo. Anzi, mi disconobbe e mi cacciò di casa. Del resto chi se ne frega se tuo figlio sta male, l'importante è tenere pulita l'immagine della famiglia!-

Battè il pugno sul tavolo in un impeto di rabbia. Gli ci volle qualche secondo per calmarsi e concludere: -Da quel giorno non ho più rivisto né i miei genitori né quel viscido maiale e finalmente potei vivere libero ma...non sono mai riuscito ad abbracciare o baciare una ragazza, figurarsi a fare altro... Mi chiedo se mai ci riuscirò...-

-Ce la farai- affermò subito Marco con tono sicuro -Hai superato la paura di Purple Haze. Riuscirai anche in questo. Io ci sono e ti sosterrò come meglio posso-

Fugo si lasciò andare a uno dei suoi rari sorrisi sereni e disse: -Grazie. E grazie di avermi ascoltato-

-Quando vuoi. Siamo amici, no? Ci aiutiamo a vicenda- disse Marco. 

Fugo annuì e aggiunse: -Forse dovremmo tornare a dormire. Tra cinque ore dovremo essere all'aeroporto-

-Giusto. Allora bonne noit mon ami- convenne Marco alzandosi dalla sedia. 

C'erano molte cose in realtà che Marco avrebbe voluto dirgli ancora, in primis quello che realmente provava per lui. Ma come poteva dichiararsi dopo che lui gli aveva rivelato di aver subito una violenza sessuale, per giunta da un altro uomo? E poi c'era sempre quella pulce nell'orecchio di Marco, quel dubbio sulle vere intenzioni di Fugo. Con Amerigo ci aveva visto giusto, ma con Fugo? Forse poteva parlarne con lui e sperare di venire rassicurato, ma non disse nemmeno quello.

L'ultima cosa che gli disse prima di lasciare la cucina fu: -Sai, ti stanno bene gli occhiali. Dovresti indossarli più spesso-

Autrice Time
Ecco a voi la prima parte dell'epilogo della missione. La Mista x Alice (la Mistice? la Alista?) è divenuta realtà. Ye!! Ammetto che l'idea iniziale era lasciare intendere che i due quella sera avessero avuto un rapporto, ma considerando tutto quello che ha passato Alice, che ha dovuto riaffrontare dopo la riapparsa dei suoi tre "quasi-stupratori" e soprattutto che appena qualche ora prima uno di loro ha minacciato di stuprarla... non mi sembrava il caso. Quindi, per ora, ci limitiamo a qualche bel bacino. Per l'altra coppia (la Margo? la Furco?) invece bisognerà pazientare un po'. Ci sono alcune grane da risolvere.

Ci vediamo alla seconda parte dell'epilogo che spero di far uscire lunedì prossimo (questo lunedì ho avuto da fare). Ciao, Giuly

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