Ritornarono
nel presente,
dove sembrava non essere accaduto nulla all’infuori del fatto
che le
prospettive sul futuro di Midge erano cambiate totalmente. Non
ricordava molti
dettagli di quello che aveva appena vissuto. Provava solo
un’intensa,
inspiegabile, nuova consapevolezza.
La
prima cosa che avvertì
una volta ripresi i sensi fu il premuroso braccio di Lenny dietro la
schiena e
poi il calore del suo corpo, così vivo e presente vicino a
lei.
«Ehi,
come stai?»
Nonostante
la
preoccupazione, Lenny non poté trattenersi dal ridere.
Soltanto Midge era in
grado di ribaltare i ruoli, rendendo credibile e dannatamente tenero
che fosse
lei a chiedergli come si sentisse.
«Dovresti
dirmelo tu,
tesoro. Mi hai fatto morire dallo spavento.»
«È
stata una
preoccupazione reciproca.»
Si
sistemò i capelli come
meglio poteva senza l’ausilio di uno specchio.
Dopodiché, sentì lo spirito
comico ritornare a scorrerle nelle vene. Lenny era rimasto
accovacciato, seduto
sui calcagni, per mantenere un contatto ravvicinato con lei.
«Non
sapevo che in
ginocchio fossi ancora più alto di me. Sarà quel
terribile cibo cinese di cui
ti nutri dopo aver fatto sesso? Probabile. Ma allora perché
gli scienziati non
ci hanno ancora convinti a rivoluzionare le nostre abitudini
alimentari? Così
non dovrei chiedere a mio figlio di aiutarmi con gli scaffali del
supermercato.
È davvero un’umiliazione se lo fai indossando i
tacchi!»
Lenny
la guardò con il
solito ghigno intrigante, «Sì, sei decisamente
tornata in te.»
Susie,
d’altro canto, riprese
colore quando anche Alfie diede segni di recupero. Lenny si stava
occupando di
Midge, mentre la manager provava a farlo con il mago, cercando
contemporaneamente di evitare la sua morte per soffocamento, vista la
notevole
differenza di mole fra i due.
«Ma
cosa diavolo è
successo? Non sapevo che tu e Alfie foste sincronizzati. Svieni tu e
sviene
pure lui?»
«Se
mi avessi concesso
almeno una tazza di caffè prima di correre come una pazza
fin qui, non saremmo
arrivati a questo punto.»
«Non
sarebbe cambiato
molto. Tu sei normalmente svitata, Miriam. Non solo quando non bevi il
caffè. E
poi, sono anni che io salto la colazione e non ricordo di aver mai
avuto questo
tipo di conseguenze.»
Alfie
ridacchiò sotto i
baffi.
«E
tu cosa hai da ridere?»
«No,
è solo che io ricordo
diversamente. Hai presente quella volta che sei entrata in apnea
durante il
sonno? Cos’era? Ah, sì quando tu e Midge eravate
in tour a Washington.»
Susie
sgranò gli occhi,
«E tu come cazzo fai a saperlo?»
«Non
è per questo che mi
hai preso come cliente?»
«Sì,
cazzo. E per giunta
senza referenze.»
«Oh,
beh. Per quelle puoi
chiedere a Midge.»
Si
voltarono tutti verso di lei, come aspettandosi una battuta che
però non
arrivò. Annuì soltanto e chiese a Lenny di
accompagnarla a casa.
«Comodo
questo taxi! È
così spazioso, e…giallo.»
Si
sforzò di trovare un
altro aggettivo per evitare di pensare alla parola
“intimo”. Non che non
avessero mai condiviso un taxi, o qualcosa di ancora più
personale, ma Midge
non sapeva come rompere il ghiaccio alla luce di ciò che era
appena accaduto.
«Vieni
pagata per fare
pubblicità al servizio mobile privato, per caso?»
«Cosa
ne pensi?»
«Non
è diverso da tutti
gli altri taxi, mi pare. Vuoi?» Lenny le offrì una
sigaretta, ma lei la
rifiutò.
Si
appoggiò sulla sua
spalla e chiuse gli occhi, rilassandosi all’ascolto della
regolare espirazione
di fumo dai suoi polmoni. Lenny le accarezzò il dorso della
mano appoggiata sul
suo ginocchio.
«Cosa
direbbero se ci
vedessero così?»
«Che
siamo due
fottutissimi romantici. E che finiremo per vendere dolciumi in una
fatiscente
bancarella vicino a Central Park.»
Midge
lo guardò
divertita, «A me non dispiacerebbe.»
«Neanche
a me. Anzi,
forse riscatterebbe le mie mancanze come padre. Kit adora tutto
ciò che
contiene dello zucchero.»
«Già,
allora tua figlia deve
volerti molto, molto, bene.»
«Vedi,
Midge, è solo che
non dovrebbe funzionare così. Sai da dove sto tornando? Da
Los Angeles, dove
Kitty vive con mia madre a più di quattro mila chilometri da
me. Non ho molto
da offrirle e so che lei merita di più. Ci vediamo
così raramente…»
«C’è
chi non ha più questa
fortuna.»
Sembrava
che, nonostante
le ingenue rassicurazioni che le aveva fornito di fronte
all’evidenza nella sua
camera d’albergo, le antenne di Midge fossero ben
sincronizzate sulla realtà. Era
finito per diventare il burattinaio di se
stesso. In una mano aveva le redini della sua vita e
nell’altra un paio di
forbici. Spettava soltanto a lui decidere cosa farne: chiuderle in un
cassetto
oppure rischiare di far finire il gioco troppo presto?
«Cerco
di andare a
trovarla quando sono sobrio o quando non ho un processo al quale
dovermi
presentare. Sai, quando lo Stato non prova a tapparmi la bocca. Il che
non
capita spesso, come puoi immaginare. Morale della favola? Vivo alla
giornata,
senza illudermi o illuderla che domani le cose cambieranno.»
«Sono sicura che a Kitty piacerebbe che a
quella giornata tu potessi aggiungerne un’altra, e poi
un’altra e un’altra
ancora. Sai, mi ricordo di aver letto recentemente la biografia di una
donna molto
perspicace che diceva: “Lascia che le persone su cui conti ti
mostrino il vuoto
che causerebbe la tua assenza. E finiscila di essere la solita
presuntuosa del
cazzo.”»
Finalmente
ebbe la cognizione
del fatto che Midge non fosse una sprovveduta.
«Efficace.»
«Credo
che per lei non
sia stata proprio una passeggiata.»
Lenny
si prese qualche
minuto per riflettere, poi trovò il coraggio di formulare la
sua domanda ad
alta voce, «E questa persona a cui ti riferisci è
riuscita a vederlo, il domani?»
Questa
volta Midge si
ritrovò con gli occhi pieni di lacrime. Annuì
restando in silenzio.
«Allora
dovresti
prestarmi quel libro. Una cosa che ancora non sai di me è che sono un lettore piuttosto vorace.»
«Non
posso, perché non è
ancora stato scritto. Ma ti aggiornerò se ci saranno
novità.»
La
guardò con aria confusa, ma preferì lasciar
perdere. Erano dettagli irrilevanti
in fin dei conti.
Il
taxi accostò sulla
linea del marciapiede.
Quando
Midge si rese
conto che Lenny era ancora seduto nell’automobile, chiese al
tassista di
aspettare ancora. Pensava che se gli avesse detto che possedeva un
appartamento
al centro di Manhattan lo avrebbe convinto a non inveirle contro, certo
che la
sua pazienza sarebbe stata ricompensata con non modesta
generosità. E infatti
funzionò.
«Suppongo
che tu non
voglia seguirmi.»
Lenny
sembrava pensieroso,
in attesa di decidere se compiere quel passo o meno.
«Se
vuoi chiedo per te l’affitto
dell’automobile al gentilissimo signore che sta aspettando
qui vicino. Credo
che fare il tassista sia poco più di un hobby per
lui.»
«Midge,
non c’è niente
che vorrei di più di questo…» Lo disse
piuttosto seriamente, a scanso di
equivoci. Eppure, Midge sentiva che stava per arrivare un
“ma” a completamento
della frase.
«Ma?»
Lenny
scrollò
innocentemente le spalle, «Non so se hai sentito parlare del
serrato
corteggiamento da parte di Palyboy che sto
ricevendo da qualche mese a
questa parte. Vorrebbero ingaggiarmi per la rivista.»
«Beh,
non posso negare
che abbiano degli ottimi gusti. Ti faranno posare con le orecchie da
coniglio?»
Dovette
fare del suo
meglio per non ridere in maniera così indecente da farsi
sentire fino
all’ultimo piano del palazzo. Quando riprese il controllo di
sé riuscì a
continuare il discorso, «No. Non stai centrando
l’obiettivo. Intendo dire che avverto
l’obbligo di preservare la mia reputazione
nell’ “osceno” ambito di loro
competenza. Mi hanno proposto un bel gruzzoletto in cambio di qualche articolo e non sarebbe carino da parte mia rivelargli che quella del "comico promiscuo che parla sporco" è solo una leggenda. Ma in questo momento sto letteralmente... morendo
di sonno.»
Midge
gli porse la mano attraverso il finestrino aperto.
«Tranquillo,
prometto che
non lo dirò a nessuno. E, anche se sembra che io voglia con
tutto il mio cuore
che tu scenda da quella macchina il prima possibile per fare cose
turche
insieme a te alle nove di mattina nel mio appartamento, mi piacerebbe
tanto che
tu non ti senta costretto a farlo.»
La
guardò con una malizia
che dagli occhi si estese rapidamente alle labbra, «Lo vuoi
con tutto il cuore,
eh?»
Midge
si morse la lingua e alzò gli occhi al cielo, «So
che aspettare che la torta di
mele si cuocia mentre sferruzziamo vicino al forno non è la
tua attività
preferita, però potrei offrirti qualcosa per scaldarti e
ringraziarti dell’aiuto
di poco fa. Oppure potrei vederti dormire come un angioletto mentre
preparo il
mio prossimo numero. Ti va?»
Dopo
di Joel nessun uomo
aveva varcato la soglia della sua camera da letto, ma Lenny non era un
uomo
qualunque. Lenny poteva occupare l’altra metà del
letto senza prendere il posto
di nessuno, perché non ne aveva bisogno.
Midge
entrò per
controllare se si fosse svegliato. Dormiva ancora ed era quasi
mezzogiorno.
Zelda
era stata istruita
affinché non lo disturbasse in nessun modo e i bambini erano
usciti a fare una
passeggiata insieme ai nonni. Midge, invece, aveva avuto la
possibilità di
concentrarsi a lungo sul suo lavoro per lo show, approfittando
dell’assenza di
Susie e della tranquillità del weekend.
Così,
adesso non sapeva
come comportarsi. O meglio, lo sapeva perfettamente, ma non era sicura
che guardare
Lenny dormire fosse la mossa giusta. I vari tentativi di distrarsi non
riuscivano a distoglierla dal desiderio di stare insieme a lui.
Così, abbandonò la
guerra e gli si sdraiò accanto, mantenendosi la testa sul
gomito per poter
apprezzare meglio la visione. Passò una mano tra i suoi
riccioli spettinati
e gli accarezzò la guancia, fino a disegnare con un dito i contorni
della sua
bocca.
«Oh-Oh…
signora Maisel.
Le sue labbra sono troppo vicine alle mie.»
Midge
scoppiò a ridere, «Se
è un avvertimento, sappi che non funzionerà. Non
ho nessuna intenzione di spostarmi.»
E detto fatto, si
adoperò a ridurre
ancora di più lo spazio tra di loro.
«Beh,
allora te la sei proprio
cercata…» Le posò un braccio sulla vita
e la avvicinò a sé.
La gentilezza
del primo contatto non
tardò a trasformarsi nel desiderio sfrenato di non staccarsi
più. Tuttavia,
prima di
raggiungere l’agognato punto di non ritorno, Midge lo
convinse ad aspettare. Doveva
parlargli seriamente, anche a costo di turbarlo. Quindi, si
tirò su
convincendolo a fare altrettanto.
«Ricordi
quando mi hai
chiesto di non comportarmi come qualcuno che vuole compatirti, aiutarti
o aggiustarti,
perché non è quello che desideri da me?»
«Lo
penso ancora.»
«Ottimo.
Allora mi puoi
spiegare cosa vuoi che faccia? Vuoi che mi bendi gli occhi e mi tappi
le
orecchie per non affrontare la realtà? Vuoi che sia
l’amichetta con cui
condividere i giochi oppure un’intrattenitrice personale da
contattare solo nei
tuoi momenti migliori? No, perché mi pare che sia tu il
primo a non voler
vedere il male che ti stai facendo. Quella borsa nera nel tuo
bagno…»
Lenny
si strofinò gli
occhi abbandonandosi pesantemente contro il cuscino.
«Ok.
Sono un comico dipendente
dalla morfina e ho paura che le persone che amo soffrano per colpa mia.
Per questo
preferisco vivere lontano da mia figlia e lontano da te. Non
l’ho mai detto a
nessuno, anche se lo sanno tutti nell’ambiente.»
Midge
prese una sigaretta
dal pacchetto sul comodino e gliela offrì, chiudendogli nel
palmo il suo
accendino. Quando lui fece il primo tiro, avvertì un senso
di calma invadergli
la testa agitata.
«Sai,
anche quando
sparisci per settimane e non ti fai sentire, qui tutto continua a
parlare di
te. E io mi unisco a quelle voci per far capire a chi non sa ascoltare
quanto
siamo fortunati a poter ascoltare quello che hai da dire. Non
è semplice
lottare contro chi vuole sopprimere il dissenso per continuare a
raccontare la
solita favoletta. Abbiamo bisogno di qualcuno con le palle in questo
mondo codardo.
Vorrei che fossimo liberi di dire tutto ciò che ci pare,
anche a costo di
sembrare degli stronzi. Anche se siamo solo noi due in una stanza.»
«Meglio
stronzi che ipocriti.»
«Esatto.
Io non ho più paura
della verità. E tu?»
Lenny
ritrovò subito il
sorriso, «Ho sempre avuto un debole per le persone
autentiche. Ho sempre avuto
un debole per te.»
«Ah,
signor Buce. Questo lo
inserirò nel mio numero alla Carnegie Hall?»
«Solo
se mi riserverai il
miglior posto in prima fila.»
«Affare
fatto!» Convenne
Midge, concludendo l’accordo con un bacio.
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