Il regno sepolto

di Atreyu95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Si dice che tutti abbiano una storia da raccontare, eppure non avrei mai immaginato che anche io avrei potuto un giorno narrare la mia. Quella mattina, quando tutto ebbe inizio,sembrava essere un giorno come tutti gli altri, un pallido giorno d'autunno che sembrava volersi susseguire come quelli che lo avevano preceduto. Soffiava un forte vento, tanto da far tremare i vetri instabili delle finestre della cucina. Me ne stavo seduta su di una comoda poltroncina, sorseggiando del tè, una miscela irlandese deliziosa che mi era stata regalata da un mio amico tempo prima. Sul davanzale della finestra, un piccolo passerotto venne ad abbeverarsi, approfittando delle goccioline d'acqua che lo pioggia aveva lasciato dietro di se. A quel passerotto se ne aggiunse un altro e poi un altro ancora;di tanto in tanto, lasciavo loro da mangiare. Erano circa le sette e trenta, quando il telefono a muro squillò, facendomi sobbalzare e distogliendomi dai miei pensieri. «Pronto?» Risposi, domandandomi chi potesse essere a quell'ora. «Buongiorno Dee, sono la signora Williams. Ti ricordi del nostro appuntamento, vero? Ho assolutamente bisogno della sua consulenza e non posso attendere oltre. » Sospirai e mi maledì per aver dato ai miei clienti la possibilità di potermi contattare oltre l'orario di lavoro. Era stato il mio capo a convincermi: «Suvvia Dee, sono certo che nessuno sarà così invadente. Si tratta solo di business. Devi convincerli che non esista al modo qualcuno che sia meglio di te. » Così aveva detto. «Buongiorno signora. Certo che lo ricordo. Stavo giusto uscendo per recarmi in agenzia. Quindi, se vuole scusarmi, adesso dovrei andare. » Mentii. L'agenzia non avrebbe aperto prima delle nove ma non avevo alcuna intenzione di parlare con la signora Williams. Kate Williams era una persona deliziosa ma decisamente logorroica; non avrei augurato a nessuno diintrattenere una conversazione con lei di prima mattina. Kate mi salutò cordialmente per poi sbattermi il telefono in faccia. Lavoravo come wedding planner per una prestigiosa agenzia ai tempi e su di me gravavano enormi responsabilità; il mio capo era davvero uno stronzo e se anche una minima cosa non fosse andata per il verso giusto, mi avrebbe licenziata senza pensarci su due volte. Afferrai il cappotto e lo zaino ed uscì di casa, chiudendo la porta alle mie spalle. L'aria era fredda e i deboli raggi del sole si facevano strada a fatica fra la coltre di nuvole grige che ricoprivano il cielo quel giorno. Sul marciapiedi di fronte a me, si ergeva un cartello sporco di terra ed escrementi di uccello sul quale compariva la scritta,ormai a malapena leggibile: “Benvenuti a Carmarthen”. Montai in sella alla mia bici e iniziai a pedalare svogliatamente verso l'agenzia. Imboccai come al solito il tragitto che tagliava attraverso il bosco;amavo il silenzio che contraddistingueva quella strada. Il cinguettio degli uccelli mi metteva di buon umore e l'odore degli alberi e della terra bagnata,riusciva a farmi dimenticare la puzza di smog che invadeva la città. Adoravo osservare gli scoiattoli grigi che saltavano da un ramo all'altro, alla ricerca di cibo. Si narrava inoltre,che fra qui boschi dimorassero creature fantastiche che si palesavano solo la notte, quando tutti dormivano;mio nonno era solito trascorrere qui i pomeriggi autunnali, perché diceva che con un pizzico di pazienza sarebbe stato possibile incrociare il loro sguardo. «Piccola Dee, la notte cala prima in autunno. Sono certo che non dovremmo attendere al lungo. Ti va di aspettare il crepuscolo qui con me?» La voce calda di mio nonno riusciva sempre a tranquillizzarmi e a farmi sentire al sicuro. Non c'era persona al mondo che amassi più di lui. Dopo la sua morte continuai a recarmi in questi boschi di nascosto, fino a quando la fanciullezza non mi abbandonò ed io non fui costretta a mettere da parte la fantasia. Quel giorno era l'anniversario della sua morte...e il mio compleanno. Compievo ventotto anni. Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Uscita da quel sentiero iniziai a pedalare velocemente per allontanarmi il più velocemente possibile dai quei boschi. Arrivai all'agenzia dopo circa venti minuti e seduto ad aspettarmi su una panchina, con mia grande sorpresa, vi era Gareth, il mio unico vero amico. Stringeva un piccolo sacchetto fra le mani. Alcune ciocche di capelli, di un color biondo cenere gli ricadevano morbide sul volto, incorniciando il suo volto. L'aria fredda faceva apparire il suo volto più pallido, mettendo in risalto il colore dei suoi occhi, che brillavano di uno splendido azzurro. La barba stava diventando man mano sempre più folta. Mi venne in contro e non appena fui scesa dalla bici, mi strinse forte a se e mi sollevò leggermente:«Buon compleanno Dee!» Ricambiai quell'abbraccio, stringendolo a mia volta:«Grazie. Hey, cosa hai lì?»Chiesi curiosa, cercando di strappargli il sacchetto dalle mani «Hey, questi sono per la pausa pranzo! Ho preso dei dolci speciali solo per te.»Disse ridendo, mentre teneva il sacchetto sollevato sopra la sua testa;aveva un sorriso dolcissimo. «Guastafeste.»Risposi, sorridendo. Gareth era molto più grande di me, aveva poco più di quarant'anni ai tempi e da quando ci eravamo conosciuti, mi aveva presa sotto la sua ala protettrice. «Stasera pizza a casa mia?» Chiese lui, prendendomi sotto braccio. «Assolutamente si.» Risposi, poggiando la testa sulla sua spalla. «Perfetto.» Replicò, scompigliandomi i capelli. Io a Gareth entrammo in agenzia e ci recammo dei rispettivi spogliatoi, per indossare le nostre divise da lavoro. Osservandomi allo specchio, non potei fare a meno di notare quanto col passare del tempo, quel completo stesse iniziando a starmi sempre più stretto. Inarcai un sopracciglio e senza perdere ulteriormente tempo uscì dallo spogliatoio e raggiunsi la mia scrivania. Mi accomodai goffamente sulla sedia e mi preparai ad accogliere tutti coloro che si sarebbero presentati in agenzia quel giorno.

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Quella giornata trascorse serenamente, eccezion fatta per la lunga ed estenuante conversazione con Kate Williams;non voleva assolutamente celebrare il suo matrimonio in Galles, bensì in Irlanda. Credevo ormai avesse preso una decisione, dato che mancavano solo sei mesi al matrimonio ma mi sbagliavo. «A proposito di questo...» Aveva detto, non appena ebbi iniziato a mostrarle le chiese più belle di Belfast e Derry:«Ho cambiato idea Dee. Credo proprio che celebrerò il mio matrimonio qui, in Galles. E..» Proseguì«Avrei anche cambiato idea sulle decorazioni e avrei qualche dubbio anche sul catering. Lo so che ne abbiamo parlato a lungo ma io voglio che quel giorno sia perfetto. Mi capisci, vero?» Kate era una donna minuta, con folti capelli ramati sempre raccolti in una morbida treccia e due grandi occhi color nocciola, che in quel momento traboccavano di lacrime;era timida e credo si sentisse in colpa anche per il semplice fatto di esistere. Sebbene fossi innervosita dalla sua volubilità, non avrei mai potuto farglielo notare. «Certo che capisco. Cominciamo da capo.» Risposi, sfoggiando un grande sorriso. A fine giornata andai nuovamente nello spogliatoio e sfilai la divisa da lavoro,notando con non poco dispiacere che uno dei bottoni della giacca fosse saltato via. “Dovrò comprarne una nuova, suppongo.” Quando uscii dall'agenzia, Gareth mi stava già aspettando appoggiato al suo pickup grigio;a tracollo portava una bellissima macchina fotografica, credo fosse una Yashica. «Allora, Dee Dee, pronta per la serata?» Chiese, iniziando a salire in auto. «Sono pronta ma non chiamarmi mai più così.» Risposi, accomodandomi sul sedile accanto a quello del guidatore. «Grazie.» Dissi, indicando la bici riposta sul retro del pickup. «Di nulla, Dee Dee.» Replicò, ridendo sotto i baffi. «Sei davvero un cretino.» Non potei fare e meno di ridere. «Ti voglio bene.» Disse lui. «Anche io.» Risposi. Casa di Gareth distava molto dal nostro luogo di lavoro, ed era ubicata in un luogo abbastanza tranquillo, non troppo lontano dal fiume Tiwy. Durante il tragitto Gareth mi raccontò di aver lavorato tutto il pomeriggio, ad alcune foto che aveva scattato al matrimonio di un nostro affezionato cliente,il quale aveva richiesto i nostri servizi per celebrare tutti i suoi cinque matrimoni. Si chiamava Wallace Jones, un ricco imprenditore, un tipo strano ad essere sincera. Aveva dichiarato il suo amore a cinque diverse donne nel giro di sette anni e non sembrava volersi fermare;avevo saputo da fonti certe che stesse già frequentando un altra donna. «Suppongo che le foto non siano ancora pronte.» Dissi, sporgendomi leggermente dal finestrino. «No ma posso mostrarti delle foto che ho scattato la settimana scorsa nella foresta, se ti va?» «Scherzi? Certo che mi va!»Risposi con entusiasmo. Gareth sorrise: «Perfetto.» Quando arrivammo a destinazione, Gareth parcheggiò l'auto all'interno del garage stracolmo di cianfrusaglie e vecchi scatoloni riempiti fino all'orlo. Salimmo una piccola rampa di scale e finalmente entrammo in casa; l'appartamento di Gareth era piccolo ma decisamente accogliente;cucina e soggiorno erano state accorpate in un unico ambiente e poi vi erano, naturalmente, una spaziosa camera da letto e un bagno. Non appena fummo entrati, fui pervasa da un piacevole odore di incenso, che aveva impregnato ogni singolo oggetto in quella casa. All'ingresso, non troppo distante dalla porta, vi era un piccolo divano ricoperto da un lenzuolo arancione sul quale erano stati posizionati in un ordine quasi maniacale, sei cuscini di diverse dimensioni; di fronte ad esso compariva un ingombrante televisore che poggiava su di un tavolo basso e scheggiato. La cucina di quell'appartamento era particolarmente spoglia;un frigo blu alto poco più di un metro, un tavolo circondato da quattro sedie pieghevoli e un piano cottura. «Ti piace?» Chiese Gareth, notando con quanta attenzione stessi osservando il suo appartamento. «Si, molto.»Risposi.«Hai apportato diverse modifiche dall'ultima volta.»Proseguii, continuando a guardarmi intorno e notando, solo in quel momento,che accanto alla porta d'ingresso vi fosse una grande tavola da surf, leggermente sporca di sabbia. Sgranai gli occhi e sorrisi:«Hai ripreso a surfare?» Chiesi con entusiasmo. Gareth mi cinse le spalle con un braccio. «E bene si, Dee Dee e si, ho anche dato una sistemata a questo bugigattolo che mi ostino a definire appartamento.» Risi e gli pizzicai delicatamente un fianco: «Sono felice.» «Per il bugigattolo?» Chiese scherzosamente. Sbuffai divertita: «Per il surf.» Risposi. Poco dopo ordinammo le pizze, che divorammo stando seduti in maniera scomposta sul suo divano. «E ora arriva il pezzo forte!» Gareth si alzò, portando via con se i cartoni delle pizze. «Sarebbe?» Chiesi ma non ricevetti risposta. «Chiudi gli occhi Dee.»Disse. «Okay. Certo che sei strano.» Ridacchiai ma feci quanto mi disse. Sentii dei rumori e dovetti resistere alla tentazione di sbirciare. Dopo pochi minuti avvertì la presenza di Gareth accanto a me: «Adesso puoi aprirli.» Sussurrò. Quando aprii gli occhi, Gareth era seduto di fronte a me e teneva fra le mani un piccola torta, ricoperta di cioccolato fondente e con su disegnati degli strani simboli, che credo fossero fiori. Conficcata nella torta, una candelina già accesa. «Oh, Gareth.»Dissi con voce sommessa. «Coraggio, esprimi un desiderio.» Pensai qualche secondo e poi soffiai sulla candelina. «Qualunque cosa tu abbia desiderato, mi auguro possa realizzarsi.» Disse, accarezzandomi una guancia. Arrossii. «Hai deciso di farmi piangere?» Risposi, stringendogli la mano. «No ma ho deciso di farti annoiare. Vai in cucina e porta la torta, io vado a prendere le foto.» Disse, correndo in camera da letto. Andai in cucina e poggiai la torta sul tavolo. Gareth mi mostrò le foto che aveva scattato la settimana precedente. «Sono bellissime.»Sussurrai. Mi soffermai ad osservarne alcune che aveva scattato in prossimità della foresta;erano tanto perfette da sembrare irreali. Gareth non sembrava mai pienamente soddisfatto del suo lavoro, credo avesse dei problemi nel riconoscere il suo valore ma non lo avrebbe mai ammesso. «Adesso ho un'ultima sorpresa in serbo per te. Aspettami alla macchina, andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia.» Disse, lanciandomi un mazzo di chiavi, che erano state contrassegniate con un pennarello indelebile blu. «Apri il garage e aspettami lì, arrivo tra un minuto.» «Ti adoro!»Urlai e senza dire altro, scesi le scale e andai ad aprire il garage; la serranda era vecchia e arrugginita e feci una gran fatica ad aprirla tutta. Passarono pochi secondi prima che Gareth mi raggiungesse. «Rammollita, salta su!» Disse, dandomi delle leggere pacche sulla schiena. «Vaffanculo!» Risposi, entrando in macchina. Partimmo e ci dirigemmo alla spiaggia. Le strade erano silenziose, l'aria era fresca e man mano che ci avvicinavamo alla spiaggia, il rumore delle onde del mare si faceva più forte e l'odore di salsedine più intenso. Gareth parcheggiò poco distante dalla spiaggia e non appena fummo scesi, lui chiuse velocemente l'auto per poi iniziare a correre in direzione del mare: «Forza rammollita, vediamo chi arriva prima.» Urlò. Corsi nel tentativo di raggiungerlo ma fallì miseramente. Quando lo raggiunsi fui costretta a fermarmi e a fare dei lunghi respiri profondi. «Stai diventando vecchia.» Gareth amava prendermi in giro. «Senti da che pulpito.» Replicai. «Non ti permettere di insultarmi, nanetta.» Disse, solleticandomi per qualche secondo. Risi e gli diedi un pugno amorevole sul braccio. Camminammo a piedi nudi sulla riva del mare, senza proferire parola. Stavamo per incamminarci verso casa quando in lontananza, in mare aperto, ci parve di scorgere una figura umanoide che a sua volta sembrava aver notato la nostra presenza. Un rumore alle nostre spalle ci fece sobbalzare. Entrambi ci voltammo di scatto ma non c'era nessuno. «Andiamo via Dee.» Guardammo ancora una volta il mare ma adesso quella creatura, che prima era così lontana, adesso se ne stava di fronte a noi a meno di un metro di distanza. In quel preciso istante la luna si oscurò, impedendoci di vedere bene la creatura. Quell'essere spalancò una mano, nella quale vi era una strana polvere bianca e luminosa e senza esitare la soffiò su di no. Non ricordo nulla di ciò che accadde poi. Svenimmo e la mattina seguente ci svegliammo in un luogo che non avevo mai visto prima di quel momento.

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