Il diario del licantropo

di ChristopherCavaliere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Caccia selvaggia ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Due giorni di buio ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - La luna piena ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Il primo licantropo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Alla radice dell'insegnamento ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Attacco e difesa ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - La vita è una corda sottile ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Incontri di una terra conosciutà per metà ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Caccia selvaggia ***


Londra, 16 settembre 1538


Erano passati tredici giorni esatti dal mio compleanno, 16 anni esatti, e come disse mio padre, Thomas Langdon appena mi vide quando rientrò a casa la sera del tre settembre: "Noah, figlio mio, ora sei un uomo, e come tale tra due settimane verrai con me e lord Silverwood a caccia."
Be eccomi qui, nei luoghi selvaggi del Chedworth, dove un tempo abitavano i coloni romani che alla caduta dell'impero, avevano lasciato edifici in mattone, statue dei loro dei ormai distrutte dal tempo.
Non faceva nemmeno tanto freddo, o meglio appena scesi dalla carrozza di Lord Silverwood, in cui eravamo stati per 9 ore, poi il mio viso venne pizzicato dall'umidita del luogo misto a un po di fresco.

«Noah, siete pronto a portare a casa una bella pelliccia di volpe per vostra madre?»

«Lord Silverwood,  si signore, spero solo di non fare danni ulteriori alle statue presenti nella zona»

L'uomo mentre prendeva dei Moschetti dal baule, si fece una piccola risata.

«Ahaha, mio caro ragazzo, le statue presenti in questa zona, sono già inutili di per se, soprattutto per il fatto che quei pagani romani hanno deciso di avere un solo e unico Dio.»

In effetti aveva ragione, da quasi 1200 anni anche Roma aveva praticamente preso sotto di se totalmente la religione Cristiana, ma non si poteva sapere se tutti, ad oggi fossero cristiani o fosse rimasto del vero paganesimo.
Appena mi vene dato in mano il moschetto, dovetti sorreggerlo con entrambe le mani al meglio o me lo sarei tirato direttamente sui piedi.

«Allora Noah, io e vostro padre andremo nella parte boschiva, voi andate nella zona delle rovine, magari qualche volpe si è fatta la tana da quella parte»

«Ma signore, non ho mai praticato la caccia, tantomeno l'uso del moschetto,non dovrei andare io  con uno di voi?»

«Ma no, come avete detto poc'anzi al massimo potreste distruggere qualche statua»

Dopo avermi dato anche una sacchetta con all'interno una ventina di pallettoni, e una sacchetta di polvere da sparo, mio padre e Lord Silverwood si voltarono per raggiungere la zona a est di dove ci eravamo fermati, in una parte di bosco fitto.
Io invece, mi diressi verso la zona delle rovine, se gia prima avevo agitazione per dover sparare per la prima volta nella mie breve vita, ora si aggiunse un senso di agitazione per tutte le statue che avevano ancora la testa e lo sguardo rivolto verso di me e forse anche altro dato che sicuramente qualche volpe si stava muovendo da una parte all'altra di quel luogo ancora piu umido di prima.
Camminai almeno per cento metri o anche di più, alle mie spalle sentii due colpi di moschetto, segno che sicuramente mio padre e Lord Silverwood avevano visto la qualche animale.
Quel boato fece spaventare degli uccelli che mi fecero guardare in cielo quando si alzarono in volo, ma le mie orecchie sentirono altro, dei passi, e non leggeri come quelli di una volpe, ma molto più pesanti che si sentivano sul fogliame secco dell'erba , e si muoveva abbastanza veloce che non sapevo dove dovevo puntare il moschetto.
Ad un tratto mi fermai, di fronte a me si ergeva quello che doveva essere il tempio di Marte, ma non era un dettaglio che ora mi serviva sapere a chi appartenesse, quello che aveva attirato la mia attenzione ora era un'altra cosa.. Un respiro.
Nel buio all'interno dell'edificio, si senti respirare in modo pesante e a tratti sembrava un ringhio.
Un secondo dopo, dal centro del tempio, dato che mi stavo avvicinando pensando ci fossero delle volpi, due occhi ambrati e luminosi, mi guardarono.
Ero fermo sulla soglia dell'edificio, forse la paura o l'adrenalina mi fecero alzare il moschetto e puntarlo in quella direzione, e senza pensarci in più, premetti il grilletto, uno scoppio che fece eco all'interno del tempio, ma sicuramente l'animale l'avevo mancato, perché gli occhi sembrarono diventare piu alti, io che ero un metro e sessanta, l'animale che era diventato di almeno due metri.
Fu come l'attimo in cui un fulmine appare nel cielo, mi ritrovai la bestia addosso, che mi spinse fuori dall'edificio e mi atterò sopra, un lupo, occhi gialline zanne aguzze che mi fiatava sulla faccia e in quel momento persi i sensi per il colpo alla testa nella caduta e infine il buio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Due giorni di buio ***


Londra, 18 settembre 1538

Aprii gli occhi, la luce del sole toccava le pareti in mattone della mia camera da letto, ero a casa, e l'ultimo ricordo che avevo era quella bestia che mi saltava addosso.
La testa non mi faceva male, al contrario invece, il fianco destro bruciava, e peggiorò nel momento in cui mi provai a sedere e gemetti di dolore talmente tanto che nella stanza entrò mia madre, Juliette Moura, una donna dai capelli castano chiaro e gli occhi color smeraldo.

«Noah, fermo, non vorrai peggiorare la tua situazione più del dovuto»

«Quando sono tornato a casa? Mio padre è a casa?»

«Tuo padre è al lavoro, e ti hanno portato a casa Lord Silverwood e lui, due giorni fa. Ero ferito al fianco, ma il dottor Grant ha detto che non sei in pericolo di vita, ne ci sono segni di un animale con la rabbia»

«Due giorni? Non è strano che unattacco di un animale mi abbia fatto dormire cosi tanto?»

«Avevi uno stato febbrile, e forse ti ha portato così tanta stanchezza che avevi bisogno di riposare»

Sospirai voltando lo sguardo verso il fianco su cui avevo un impacco di creme e garze in fibra vegetale e alzai quest'ultima scorgendo quello che era il segno di denti di animale, ero stato morso nell'attacco con quell'animale.
Solo in quel momento ricordai cosa mi avesse attaccato, un lupo e non una volpe, ma i lupi non si alzano in piedi, ne tantomeno arrivano ad un altezza di due metri.

«Lord Silverwood o mio padre ha saputo dirvi che cosa mi ha attaccato?»

«Tuo padre era preoccupato che morissi per il sangue che perdevi, e Lord Silverwood era corso a chiamare il dottore, quindi non c'è stato modo di chiedere cosa fosse davvero successo.
L'avevo detto a tuo padre che doveva insegnarti a sparare prima di portarti a morire»

«Suvvia madre, non esagerate»

«Torno in cucina, vedi di riposare, tra sei ore ti verrò a cambiare la garza»

Mia madre lasciò la mia stanza e chiuse la porta, io invece tornai a sdraiarmi a guardare il soffitto in legno.
Forse ero sovrappensiero, o forse no, ma mi parve di sentire il fornaio, il quale distava quasi un chilometro dalla mia abitazione, dire il prezzo del pane a una signora.
Sicuramente me lo ero immaginato, una distanza tale, solo i cani possono sentire i rumori, ma i lupi sono imparentati con i cani...No Noah, è la stanchezza ora dormi, o finirai come tua zia Katherine che è finita nel sanatorio del dottor Kolosimo solo perchè voleva avere gli stessi diritti degli uomini, quella sciocca.
Passò qualche secondo e se prima era l'udito, ora fu l'olfatto, l'odore del pane appena sfornato del fornaio si sentiva come fosse proveniente dalla cucina di casa mia.

«Madre? Siete andata a prendere del pane di codesta mattina?»

«Gli ultimi sciellini che avevamo li abbiamo usati per pagarti il dottore, mi spiace Noah»

«Non vi preoccupate, era una mia curiosità»

Una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze fanno un indizio..e il morso rischia di farmi temere che quelle storie del librario Burton siano la prova che quello non fosse un classico lupo, ma qualcosa di più, un lupo mannaro, ma no Noah, non esistono queste stupidaggini, come non esistono le sirene, i vampiri..O forse si..

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - La luna piena ***


Londra, 8 ottobre 1538

Tre settimane dopo il mio incidente con quello che mi ero detto essere un lupo di una specie mai conosciuta prima dall'uomo, mi ero lasciato tutto alle spalle riprendendo la vita quotidiana aiutando la mia famiglia con il preparare i ciocchi di legno per l'inverno che da li a due mesi sarebbe arrivato.
Fortunatamente Lord Silverwood, dopo lo spiacevole evento che mi era accaduto, aveva voluto scusarsi con i miei genitori per aver fatto sprecare loro i soldi con il dottore, e dono loro un sacchettino con all'interno 100 sterline d'orate.
Mio padre quel giorno dell'otto ottobre mi diede 20 sterline, sia come regalo di natale, dato che la mancanza di soldi era visibile in tutto il regno, sia per andare a festeggiarlo in maniera consona.

«Ormai si sta per imbrunire, va a chiamare i tuoi amici e andate a farvi una bevuta. Ma, e Noah lo dico seriamente, non andate al pub Claddagh»

«Dagli irlandesi? Figuriamoci padre, piuttosto vado a bere in mezzo ai lebbrosi, quei testa rossa sanno solo bere e non fare nulla nella loro vita»

«Vedo che mi hai capito, ora va»

Senza farmi ripetere le cose due volte, corsi nella mia stanza a mettermi dei vestiti puliti, e infine uscii dirigendomi verso Westminster, che da Lambeth distava mezzo giro d'orologio.
Tra gli slalom dei lavoratori che stavano inziano a chiudere bottega, e dei passanti arrivai all'abbazia di Westminster, dove puntualmente avrei sempre trovato un paio di miei amici, Julian Robertson, un ragazzo della mia età, dai capelli neri, magrolino e occhi verde scuro, e l'altro ragazzo Oliver Smith, di due anni più grande di noi, biondo e occhi verdi che appena mi videro mi salutarono con entrambi il cenno della mano.

«Allora che guai stavate facendo oggi?»

«Da quando sei rimasto ferito da quella volpe, io e Oliver ti abbiamo aspettato, abbiamo pure scommesso due  penny che finivi per avere la rabbia»

«Primo, non era una volpe, ma un lupo, e secondo scommettere sulla mia possibile dipartita non è una cosa bella, e poi per due penny?»

«Non siamo tutti figli di Lord, banchieri o notai lo sai?»

«Be io sono il figlio di un assistente di un notaio, e guarda il caso Lord Silverwood ha dato una piccola parte in sterline d'oro a mio padre per quello che mi è successo»

Ad Oliver la parola sterline d'oro gli fece illuminare gli occhi.

«Be allora per oggi, tu, io e Julian ce ne andiamo a bere, per la prima volta e come veri uomini, e senza magari che un lupo mangia uomini si rubi il tuo fianco di nuovo»

«Ahah simpatico, ci sto con il bere, ma niente pub irlandese»

«Non rovinarmi la serata, andremo al Claddagh, e non ci faremo buttare fuori a pedate, per una sera voglio passarmela tranquilla con voi.»

In testa mi risuonava la voce di mio padre, non dovevo andare in quel pub piena di teste rosse, ma ero stato bloccato a letto quasi due settimane e senza nemmeno uno svago.
Nel momento in cui accettai di andare al pub e mentre ci stavamo dirigendo verso di esso, mi sentii strano, come se gli occhi di qualcuno mi stessero seguendo alle mie spalle.
Nel frattempo il tramonto era del tutto calato, e ormai il cielo era diventato nero, con le sue stelle, e la sua Luna Piena.
A vederla prima di entrare nel Pub in cui arrivammo in pochi minuti, mi venne in mente il pensiero della storia del lupo mannaro, ma i miei pensieri vennero dissolti da Oliver, che arrivato al bancone chiese per tutti e tre una pinta di birra a testa.
Il locale era particolarmente vuoto, tranne per qualche cliente sicuramente irlandese con la testa addormentata sul tavolo sicuramente ubriaco.

«Siete qui per fare danni o per fare gli uomini?»

La voce dell'uomo dietro al bancone era rivolta più a Oliver che verso di me, ma risposi con cortesia.

«La prima birra alla nostra età non si deve scordare signore, però sicuramente nemmeno vogliamo fare dei danni»

L'uomo porse ai tre i bicchieri in ferro ricolmi della birra che aveva recuperato da dei barili e cominciammo a dare piccole sorsate alla bevanda, che inizialmente a me fece sentire un brivido lungo la schiena, ma successivamente presi a bere come se non avessi mai bevuto in tutta la giornata.
Oliver e Julian cercavano ancora di pulirsi la lingua e intanto mi guardavano come se fossi un pazzo che ingollava quella bevanda che a loro a quanto pare non era piaciuta.
Ma non ero pazzo, il mio corpo si sentiva realmente strano, il petto mi scoppiava, o meglio il battito del cuore si era accelerato, e con la lingua nella mia bocca sentivo i denti strani, o meglio alcuni stavano divenendo appuntiti.
In fretta e furia lasciai tre sterline per la birra sul bancone e usciì dal locale correndo via, non sapendo nemmeno dove stessi andando e come se le mie gambe fossero autonome.
Nel correre, mi stavo rendendo conto che la zona era una di quelle paludose, in cui pochi vi si avventuravano per i balordi, quando riuscii a fermarmi, mi guardai le mani, le unghie erano praticamente allungate e appuntite, il dorso fino al braccio e più su si intravedeva del pelo crescere a dismisura.
Successivamente una voce nel bosco, non sapendo se fosse vicina o lontana mi disse qualcosa.

«Tranquillo ragazzo, la prima volta è strano per chiunque»

Le mie gambe cambiarono aspetto, si piegarono fino a obbligarmi a mettere a gattoni, e infine il mio viso prese una forma allungata, i miei occhi da celesti passarono a un giallo ambrato e prima che potessi urlare, dalla mia bocca uscì un ruggito.
Dalla poca luce che faceva passare la luna in quella zona paludosa, si intravide una sagoma, un uomo, incapucciato, e il suo sguardo, era lo stesso sguardo di quel giorno, due occhi gialli che mi osservavano.
Il resto fu tutto di confusione, era come se la mia mente vagasse da sola, il mio corpo era autonomo senza avere nemmeno la coscienza di quello che facevo.
Ma solo in quel momento, quel briciolo di coscienza che avevo, mi aveva fatto capire o percepire che non ero più un ragazzo, ma un lupo mannaro.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Il primo licantropo ***


Aprii gli occhi di scatto, era buio, forse le prime ore della notte prima del mattino, il cuore mi batteva talmente forte che avevo paura di morire di crepacuore.
I miei occhi con il passare dei secondi cominciarono ad abituarsi all'oscurità, come il mio corpo al tatto percepì qualcosa di morbido sotto di me, riconobbi in tutto ciò la mia stanza dove dormivo.
Non ricordavo nemmeno come ero tornato a casa dalla sera prima, e sicuramente una pinta di birra non mi faceva dimenticare tutto, anche se era la mia prima bevanda alcolica.
Mi alzai dal letto, lentamente per non far rumore sul legno del pavimento e cercai di andare verso la stanza accanto, ossia la cucina dove nel camino il fuoco scoppiettava, ma dei miei genitori nessuna traccia, sicuramente stavano dormendo.
Ritornai nella mia stanza per andare a prendere una coperta per uscire nel retro della casa, dove era posizionato il pozzo d'acqua, avevo la gola secca e un sapore di carne che non ricordavo di avere mangiato.
Troppi momenti di vuoto ultimamente mi stavano capitando nel giro di un mese, ma una volta lasciata casa, per recarmi al pozzo, non ero solo, una figura vi era appoggiata con il bacino, un uomo.

«S-Salve signore, vi siete perso?»

«Perso? No, credo di essere nel posto giusto»

Non usò un tono intimidatorio, ma la sua voce mi fece avere un tuffo al cuore, era la stessa della sera prima, di quell'uomo dagli occhi gialli che mi aveva parlato nel bosco.

«S-Siete voi..l'uomo di ieri»

«Oh davvero? Sei sicuro? Magari la birra che hai bevuto ieri ti ha fatto uno strano scherzo»

«Smettetela con questa sceneggiata. Chi siete? Cosa siete?»

«Cosa sono penso che tu l'abbia capito»

«Se intendete un licantropo, potete star certo che non ci credo, non sono reali»

«Non sono reali eh? Immagino che invece inginocchiarsi all'uomo che secoli or sono venne crocifisso bisogna credere perchè ci sono le prove di ciò? O al tuo Dio, ah si, dov'è ora? Inoltre quello che sono io, lo sei anche tu»

«Eravate voi la bestia? Perchè mi avete morso? Non sono nessuno, non sono nemmeno speciale»

«Si ero e sono io quella bestia che ti ha morso. Perchè mi chiedi? Ho visto in te qualcuno che si guarda intorno, non come quei monotoni, boriosi lord e sovrani con i loro discorsi politici, economici e quant'altro. E se me lo stai per chiedere, si ti ho pedinato per un po»

Il cuore in petto cominciò a calmarsi, ma restai sulla difensiva ugualmente, e se prima la figura dell'uomo non mi faceva capire come fosse fatto, i miei occhi ebbero come un passo in più per vedere, e lo vidi bene in faccia.
Aveva capelli lunghi fino alle spalle, neri e occhi marroni forse neri anch'essi, una barba completa che veniva legata da dei nodi di spago.

«Il vostro viso non è mi è nuovo. Assomigliate a un uomo della mitologia greca»

«La mitologia è per chi non esiste, io sono reale. Ma ti darò un indizio, molto piacere ragazzo, sono Licaone di Arcadia»

«Licaone? Colui che Zeus trasformò in lupo dopo quell'invito a cena con carne umana? Ma se fose davvero Licaone, sareste in vita da due millenni»

«Venire ricordato per una cosa così ed essere trattato come un animale e diventarlo contro un uomo che nel vostro libro del vostro Dio gli dice di sacrificare il figlio per lui, cos'è peggio?
Comunque si, per l'esatezza, 2100 anni»

«Ma com'è possibile, se prima eravate uomo, e pur diventando questa bestia, il licantropo, non dovreste morire lo stesso per esempio anche solo di vecchiaia?»

«E' questo il problema, Zeus per darmi il ben servito, mi diede il potere di trasformarmi in lupo, o uomo lupo e con esso oltre ai sensi sviluppati, mi maledì con l'immortalità»

«Maledetto? Non è quasi un piacere continuare a vivere?»

Più che stupirmi di tutte quelle cose che l'uomo mi stava dicendo, era come se avessi di fronte mio padre che mi raccontava una storia delle sue di quando era giovane.

«Dipende dai punti di vista. L'eternità è un dono per molti, una maledizione per altri, ma non ti dirò nulla. Bensì, da domani sera per ogni sera ci incontreremo nel bosco di ieri sera, comincerà il tuo allenamento»

«Allenamento? Che allenamento?»

«Trasformazione, forza, olfatto e vista. Ieri sera hai ucciso almeno sei galline e un paio di conigli, meglio evitare che diventino bambini. 
Quindi domani sera al tramonto e se non ti presenti verrò io a casa a prenderti personalmente.»

Non ebbi nemmeno il tempo di rispondere, che l'uomo si allontanò dal pozzo, si avvicinò alla casa di fronte e compì un balzo scomparendo sui tetti andandosene.

«In che guaio mi sono andato a cacciare..»

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Alla radice dell'insegnamento ***


10 ottobre 1538

La notte precedente, dopo l'incontro con quell'uomo passò veloce per tutti, ma non per me che seppur fossi finito nel mondo onirico senza problemi, i pensieri erano numerosi e trasformati in sogni, o meglio incubi.
Al mio risveglio sentii delle voci dalla cucina, mio padre, mia madre e persino Lord Silverwood.
Mi apprestai ad alzarmi dal letto, vestiti con abiti più consoni alla semplice casacca da notte ed andai in cucina.

«Ma guarda chi si è svegliato. Come stai Noah? Il fianco sta meglio?»

«Lord Silverwood, buon giorno. Sto benissimo, anche il fianco va meglio e voi come state?»

«La smetterai mai di mettere la parola Lord vicino al mio cognome? Puoi benissimo chiamarmi Abraham, dopotutto sono collega di tuo padre»

«Non vorrei sembrare irrispettoso signore. A cosa dobbiamo la vostra visita?»

Mio padre e mia madre si guardarono con uno sguardo di complicità e si sorrisero a vicenda.

«Per te sono venuto qui»

In quel momento un senso di agitazione mi colpì, e se mi avesse visto due sere prima trasformarmi? O se mi avesse visto parlare con Licaone la sera prima?

«P-Per me?»

«Esatto per te. Lunedì della settimana prossima devo andare in viaggio all'università di Cambridge per portare delle documentazioni a un vecchio amico, e siccome so che li vicino c'è la biblioteca ho pensato che dato che a te piace leggere, pensavo di portarti così ti svaghi un po dall'aria del centro di Londra.»

Ero più felice non centrasse nulla delle mie condizioni da ormai mostro, che della vera motivazione, ma realizzai subito dopo ciò che aveva detto.
Manoscritti e libri di trecento almeno trecento anni da li a qualche ora sarebbero stati davanti ai miei occhi.
Mi venne in mente poi che avrei potuto benissimo andare anche nella sezione creature mitologiche per leggere di Licaone e sui licantropi, per carpirne nuove informazioni.

«Abraham, di quella ragazza trovata vicino al molo si è più saputo nulla?»

«Mi spiace Juliette, ma oltre a sapere che è stata colpita all'addome e alla gola da qualche animale non so molto»

«Prima mio figlio, e ora questa donna, e il re non mette altre guardie a guardare le città»

Una donna uccisa, e se fosse stato l'uomo con cui mi dovevo trovare in serata? E se invece c'è ne fosse un altro come noi? O meglio quanti licantropi esistevano realmente, e quante altri tipi di creature esistevano?
Passarono alcune ore, pranzammo tutti insieme, compreso Lord Silverwood, che ne se andò nelle prime ore del pomeriggio e fino all'imbrunire passai il tempo con mio padre tra il taglio della legna e la spesa di nuovi strumenti per la sistemazione del giardino e del pozzo che a giorni perdeva i mattoni di cui era fatto.
Alle prime ore serali, mi andai a cambiare seguito da mia madre, che dopo averle detto che sarei uscito con Olivier e Julian, mi continuava a ripetere di non sparire al molo, o in luoghi dove le persone erano così poche che avrei rischiato di lasciarci la vita.
La rassicurai un'ultima volta prima di uscire di casa, e mi diressi quasi di corsa verso la zona boschiva e paludosa, in cui il mio naso cominciò a percepire degli odori più forti rispetto a quando ero in città.

«S-Signor Licaone? Siete qui?»

«Quest'epoca mi da sempre più fastidio. Signore, signora, Lord...due millenni fa non c'erano tutte queste sciocchezze per parlarsi.»

Trovai l'uomo seduto addosso al tronco di un albero caduto, e nonostante fosse tranquillo mi dava un senso di agitazione che da un momento all'altro potesse scattare e venirmi addosso.

«Allora, hai tentato di uscire i tuoi nuovi poteri? La vista, l'olfatto, la velocità?»

«N-Non so come fare, non me l'avete spiegato ieri»

«Quando hai iniziato a camminare, pensi che tuo padre o tua madre fossero li a dirti di alzarti in piedi?»

«No, non credo, non lo so, non me lo ricordo nemmeno»

L'uomo si alzò e sospirò mettendosi alle mie spalle e tenendomi con la mano la testa in direzione di un punto più aperto del bosco.

«Smettila di usare la testa, usa i tuoi sensi lascia che si liberino e ti facciano davvero vedere e sentire»

Deglutii sentendo le mani dell'uomo tenermi ferma la testa e presi un lungo respiro, cercai di calmarmi, di fermare l'agitazione e lascia che vista e olfatto facessero il loro lavoro.
Non subito, ma piano a piano, il naso percepiva odori di ogni tipo, dallo sterco di cavallo all'odore di legno bagnato dell'umidità notturna, e la stessa cosa successe con la vista, dal vedere solo gli almeni che mi stavano a un passo ora potevo vedere anche oltre una decina di alberi più in la.

«Ci sto riuscendo»

«E questo è solo l'inizio ragazzo, benvenuto nel tuo addestramento da licantropo»

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Attacco e difesa ***


10 ottobre 1538

In breve tempo avevo capito come funzionavano vista e olfatto, anche se la cosa continuava a spaventarmi, insomma non ero una specie di soldato sotto le mani del re Enrico VIII, ero un licantropo,  ero l'incubo di ogni bambino si poteva dire.

«Allora, alla base della tua vista e del tuo olfatto percepirai non solo cosa e chi ti sta intorno tra animali e persone che siano vicini o distante, bensì capirai anche quando il pericolo è vicino»

Mentre pronunciava quelle parole, mi girava intorno, come se mi stesse studiando, ma nel mentre io lo ascoltavo per imparare sempre di più.
Quando mi fu alle spalle non mi accorsi che aveva colto da terra un piccolo sasso, che mi lanciò con non troppa forza dietro la nuca colpendomi.

«Ahi, ma che fa?»

«Ahi? Ma che hai cinque anni ragazzo? Inoltre ti stavo spiegando che potevi capire che il pericolo stava arrivando, e nemmeno un sassetto riuscirai a schivare»

«La stavo ascoltando, non ero pronto»

«Non eri pronto? E se in Inghilterra scoppiasse da un giorno all'altro una battaglia tra il re e un altro impero? Alla tua famiglia dirai che non la salverai perchè non eri pronto? Avanti fa dieci passi indietro e chiudi gli occhi»

Mi girai verso di lui, indietreggiai i miei dieci bassi trovandomi con le spalle contro la quercia di un abete.
Intanto l'uomo aveva raccolto da terra altri sassi.

«La cosa buona è che finché ti attaccano degli umani, le tue ferite si rimargjnano facilmente dato che non hanno armi pericolose per noi»

«Sbaglio o c'è un ma?»

«Non sbagli. Come noi e altri licantropi, ci sono vampiri e altre centinaia, se non miglaia di creature.
Ma i più pericolosi per noi sono gli stregoni, le streghe, i wendigo, e qualunque cosa possa darci fuoco, un bel morso letale o degli artigli più lunghi»

«Ah, fantastico, una gioia letale per le mie orecchie»

«Zitto e preparati, chiudi gli occhi»

Come un soldato del re, obbedii e chiusi gli occhi.
L'udito e l'olfatto si svilupparono grazie all'insegnamento di Licaone e oltre a sentire il suo odore, sentii il suo respiro, ma non i suoi movimenti, o meglio sentii i sassi che aveva in mano cadere
Difatti era una specie di trappola, sentii solo all'ultimo il suo respiro a pochi centimetri dal mio viso e subito dopo mi mancò l'aria.
Si era avvicinato velocemente e silenziosamente a me, e mi aveva tirato un pugno nello stomaco cosi forte che sentivo persino di svenire, ma non so come una quache forza dentro di me mi tenne in piedi.

«Regola numero uno, mai fidarsi di chi sta davanti, amico o nemico»

«Era.. Meglio... Dirle prima.. Le regole»

Aprii gli occhi, che intanto erano cambiati in gialli ambrati e il mio respiro affannoso e piu caldo fece capire che la mia parte di lupo era davvero arrabbiata.

«Controllo ragazzo, controllo»

«

Come faccio a controllarmi se sono una bestia da neanche un mese»

«Quando qualche ragazzo ti passa vicino, ti prende in giro, o un tizio a casa ti tratta di merda, gli salti addosso massacrandolo o sai trattenerti dal picchiarlo?»

La voglia di saltare addosso alle guardie del re quando per strada maltrattano qualcuno direi di si che gli salterei addosso a massacrarlo, ma dall'altra parte mio padre diceva sempre che era inutile arrabbiarsi o quelli che sarebbero finiti male saremmo stati noi, nelle prigioni o peggio impiccati.
Feci un lungo sospiro nonostante l'addome mi facesse male e lentamente riuscii a calmarmi.

~Più tardi~

Forse era passata un'ora o due, di notte era difficile capire come passasse il tempo in una foresta.
Riuscii quasi sempre a schivare i colpi dell'uomo, e viceversa a sferrare qualche attacco che andò a buon fine ma non scalfendo l'uomo minimamente.
Mi lasciò andare, dicendomi di rivederci nello stesso momento stesso luogo il giorno successivo.
Tornai a casa dove trovai mia madre a sistemare i piatti della cena e chiedendomi come fosse amdata la serata con i miei amici.
Fortuna che con tutte le botte che avevo preso, non si vedevano grazie alla rigenerazione da lupo.
Mangiai un pezzo di pane e mi recai a letto crollando nel mondo di morfeo per la gran stanchezza che mi era saltata addoso.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - La vita è una corda sottile ***


Londra, 12 dicembre 1538

Erano passati due mesi dall'inizio dei miei allenamenti con Licaone, e molte cose erano cambiate.
Ora riuscivo a controllare sia le zanne, che i miei artigli, come riuscivo a percepire molto meglio gli odori, e l'uso della vista era migliorato nel buio, i dettagli erano migliorati molto.
Nel combattimento con un avversario come Licaone era molto difficile vincere anche solo mezza volta, ma nel difendermi ero diventato abbastanza bravo.
In quel momento mentre passeggiavo accanto all'uomo, proprio di giorno, il mio udito mi portò all'attenzione di urla in lontananza, che mi fecero voltare verso l'uomo che a sua volta mi guardò.

«Pare a me, o non sono urla di paura?»

«Per niente ragazzo, sembrano più di esaltazione»

Senza farci vedere da nessuno, ci introducemmo in un vicolo da cui poi abbiamo scalato alcune casse poste vicino a un muro di una casa, della quale salimmo sul tetto, da cui vedemmo una lunga coda di gente che camminava verso il porto.

«Di solito tutta questa gente si muove verso il porto per le esecuzioni»

«Esecuzioni su un porto? E che fanno li buttano ai pescicani?»

«Sarebbe troppo lenta come morte. Hanno messo un capestro, per impiccare la gente sul Tamigi, in modo che se qualcuno facesse qualcosa di sbagliato mentre è a bordo di un'imbarcazione, sappiano che cosa li aspetta se vengono catturati»

Decidemmo di andare verso il porto  saltando da un tetto all'altro, e la brezza mi porto odore di paura, ma anche un odore che conoscevo fin troppo bene quello di mio padre, e i due odori coincidevano.
Superai Licaone con il cuore in gola, qualcosa non andava e le mie paure divennero reali quando arrivai sul tetto del magazzino portuale da cui si vedeva il punto d'impiccagione e li lo vidi.
Mio padre legato con le mani dietro la schiena e mia madre che urlava di lasciarlo andare perchè era innocente.
Poco dopo mi raggiunse anche Licaone che vide la scena.

«Ragazzo che succede? Che ha fatto tuo padre?»

Io ero pietrificato, il cuore batteva così forte che a momenti il petto mi faceva male, e successivamente una delle guardie reali cominciò a dare la sentenza.

«THOMAS LANGDON, NATO IL 10 SETTEMBRE 1500, SIETE ACCUSATO DI OMICIDIO DI LORD SILVERWOOD, NOTAIO E VOSTRO SOCIO. PER QUESTO SIETE CONDANNATO ALL'IMPICCAGIONE DA RE ENRICO VIII»

La rabbia e lo sgomento in me si fusero in una cosa sola, iniziavo a respirare in un altro modo, le mie unghie stavano divenendo più lunghe e i le mie zanne stavano uscendo, segno che stavo perdendo il controllo e l'uomo con me lo aveva capito fin tanto che dovette prendermi dalle spalle e tenermi fermo prima che potessi fare qualche movimento sbagliato.
Circondarono il collo di mio padre con il cappio, i piedi poggiati su uno sgabello in legno e senza dargli il tempo nemmeno di parlare, spinsero via lo sgabello lasciandolo appeso a muoversi per cercare di prendere aria, e più si muoveva più la rabbia in me saliva, fino a non vederci più.
Ci volle meno di uno scatto d'orologio tra un minuto e l'altro prima che il battito cardiaco di mio padre che ero riuscito a percepire cessasse indicando la sua morte.
E purtroppo nemmeno la forza appresa in due millenni di Licaone riuscì a trattenermi, mi lanciai giù dal magazzino tra la folla, completamente trasformato alla luce del giorno, ero diventato un licantropo, di almeno due metri che stava correndo a quattro zampe verso le guardie che avevano appena ucciso l'uomo che mi aveva messo al mondo, e con un balzo raggiunsi il primo uomo, non più grande di vent'anni al quale squarciai la gola e ruggii contro mentre cercava di dimenarsi e con la vita che lo stava lasciando a poco a poco, con la gente che scappava urlante da tutte le parti, alcuni cadevano altri ne spingevano per salvarsi la vita.
E poi subito dopo il secondo, il terzo e ne arrivavano di altre guardie, più armate di una semplice spada, con dei moschetti che cominciarono a caricare.
Io ormai avevo perso la ragione, e mi trovavo sul cornicione del molo che dava sul tamigi che ruggivo a chiunque avessi davanti, potevano essere pure conoscenti, ma al momento ero emotivamente e fisicamente fuori controllo.
Dopo qualche momento, un esplosione e un bruciore al petto, un'altra esplosione e un colpo al braccio.
Le guardie con i moschetti mi stavano sparando, almeno quattro colpi mi presero, e forse ancora debole per sopportare il dolore, il quinto colpo, quello decisivo mi colpì nuovamente al petto all'altezza del cuore, e senza più forza caddì indietro, nelle acque del Tamigi, come fossi un tronco galleggiavo a pancia in su, lentamente perdendo i sensi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Incontri di una terra conosciutà per metà ***


14 dicembre 1538

Aprii gli occhi sentendomi come fossi stato colpito da una palla di cannone, il corpo mi faceva male e dopo qualche secondo cominciai a guardarmi intorno una volta seduto.
Il soffitto era quello di un tendone, come le pareti, ma era grande quanto due stanze da letto, c'era un tavolino con sopra delle candele e vari fogli disegnati, da un lato di quella che si poteva definire come stanza, un manichino con sopra degli abiti rosso fuoco con delle piume che fungevano da finte ali e varie casse e bauli messi qua e la.

«Oh, ti sei svegliato»

Una voce femminile e giovane fece capolino dall'entrata della tenda e venne verso di me.
Una ragazza forse della mia stessa età, capelli rossi e occhi verdi si avvicinò a me con un sorriso cordiale.

«D-Dove mi trovo?»

«Ora siamo fermi nella foresta di Lisnabreeny»

«Siamo in Irlanda? Come ci sono arrivato?»

Prima di spiegarmi il tutto, mi fece stendere e cominciò a sfilarmi le garze che avevo intorno al petto e sull'addome vedendo solo delle lievi cicatrici.

«Io e la mia famiglia stavamo passando con le nostre barche all'altezza di Wapping, dove stavano processando un uomo, e qualche momento dopo abbiamo visto...te, o meglio il tuo corpo colpito da almeno dieci colpi di moschetto e poi sei finito nelle acque del Tamigi, e abbiamo recuperato il tuo corpo.»

Mi rivenne in mente quell'esecuzione, mio padre e la mia rabbia scatenata poi il buio, sicuramente avevo perso i sensi.

«G-Grazie. Ma ora è meglio che vada, l'Irlanda...»

«Non è un posto per uno di Londra?»

Un uomo sul metro e novanta o poco più entrò nel tendone, capelli neri e occhi quasi neri.

«Nemmeno a me piace l'Irlanda, ma non bisogna prendere i racconti veritieri su ogni popolo di questa terra, anzi, sei stata salvata da una persona irlandese, e ti sta curando ancora, un grazie è il minimo, ma scappare è una brutta cosa»

Sicuramente non era irlandese quell'uomo che ora si era messo a parlare con la ragazza vicino all'entrata della tenda.
In effetti non mi è saltata alla gola come diceva mio padre, o ha cercato di rubarmi i vestiti come spesso raccontava.
Mi rimisi seduto con le gambe giù da quel letto improvvisato e mi alzai in piedi barcollando, come se avessi le gambe addormentate.

«Non vi assomigliate per niente»

«Come scusa?»

«Siete diversi, non sembrate imparentati»

L'uomo fece un cenno della testa alla ragazza e se ne uscì, mentre l'altra venne verso di me aiutandomi a reggermi.

«Potevi startene seduto, due giorni a letto non aiutano le tue gambe. Comunque non siamo imperantati infatti, semplicemente lui è il capo di questa banda di artisti e io sono una delle tante che ha salvato dalla strada, mi chiamo Scarlett comunque.»

«Due giorni? Ultimamente sto perdendo tempo con gli svenimenti. Artisti da strada? E che fate? Io sono Noah»

«Ognuno fa una specie di spettacolo a modo suo, chi sta su un cavallo in piedi, chi sputa fuoco, chi mangia le spade, ognuno fa del suo, e ci reputiamo una famiglia. L'uomo che hai visto prima si chiama Daniel. Ma posso chiederti una cosa?»

«Ah, ora ho capito. Certo chiedi pure.»

«Che creatura sei? E non spaventarti, lo siamo tutti qui»

Più che spaventato direi che ero un misto di agitazione e sorpresa, però poco dopo ne sentivo anche la felicità, di non essere strano solo io.

«Un..lupo mannaro, e tu?»

«Una leprecauna, e no non siamo folletti alti un ginocchio umano vestiti di verde, ma sull'oro la leggenda è vera a metà. Non abbiamo un calderone piccolo pieno d'oro, ma una moneta»

Mi mostrò un doblone d'oro con sopra incisa una lettera in una lingua che non conoscevo.

«Be in verità non ti stavo per dire che dovreste essere dei folletti bassi. Oltre a te, che creature ci sono?»

«Abbiamo una coppia di vampiri, un goblin, una sirena, degli gnomi, una wendigo, e qualche mannaro, ma il lupo ci manca. Dai vieni, sicuramente avrai fame.

A piccoli passi per far recuperare le gambe, seguii Scarlett fuori da quella che alla fine capii era la sua tenda.
Al di fuori di essa vi erano altre tre tende, e altre cinque che stavano mettendo in piedi.
Mi portò fino ad un falò su cui era messo un pentolone in cui bolliva forse della zuppa.
In quei pochi metri ero riuscito a contare almeno una ventina di persone e sei bambini.

«Da quanto siete in giro a fare questo genere di spettacoli di cui mi parlavi?»

«Be il nostro capo, Daniel per l'appunto creò la compagnia sei anni fa, nel tempo si unirono a lui gli sputafuoco, e le altre creature, io sono con loro da tre anni dopo che mia madre umana è morta per un'influenza e mio padre leprecauno come me ha deciso di scapparsene per cercare altro oro.»

La ragazza mi porse una ciolota in terracotta con della zuppa dentro e un cucchiaio cominciando a mangiare mentre li ascoltavo.
L'aria irlandese mi accarezzava il viso, ma al tempo stesso era più fredda di quella di Londra a cui ero abituavo forse perchè eravamo più a Nord.

«E..sarebbe un problema se volessi unirmi? Anche come tuttofare basterebbe, non credo che un mio ritorno a casa renderebbe le guardie meno allerti dopo tutto il casino che è successo al porto delle esecuzioni.»

«Puoi chiedere a Daniel, ma sicuramente non ti dirà di no. Abbi solo pazienza se a volte ti sembrerà un po' burbero è fatto così.»

Circa verso l'imbrunire, sotto indicazione di Scarlett e dopo essermi presentato un po con tutti i presenti, che a quanto pare erano tutti gentili e si aiutavano fra loro in qualunque modo, raggiunsi il tendone principale quello, dove Daniel era solito riposare.

«Entra ragazzo, non stare li a fissare la soglia, non mordo»

«Ma come?»

Entrai nel tendone, e trovai l'uomo radersi verso un piccolo specchio dal quale scorsi il suo sguardo spostarsi verso di me.

«Ho il dono della prescienza, per questo so che stavi venendo già a chiedermi qualcosa, ma voglio sentirlo da te»

«Oh...be ecco, mi chiedevo...si mi chiedevo se potessi unirmi alla vostra compagnia»

L'uomo sorrise e posò il coltello tendro la bacinella in cui vi era dell'acqua, prese uno straccio e si ripuli il viso.

«Sarai pronto ad aiutare in qualunque momento? E non dico a fare lo sguattero, perchè qui tutti fanno tutto, e soprattutto dovunque si vada dovrai tenere nascosto il tuo lupo. 
Non si ruba quando arriviamo in una città, non cerchiamo di creare danno a oggetti e persone, ne tantomeno uccidiamo.
Se accetti entrerai nella famiglia dei Magicae artifices.»

«Ci sto signore, e sicuramente non la deluderò.»

«Daniel, non signore Noah, il voi si da a quei spendaccioni nei grossi centri cittadini.»

«Va bene, Daniel. E grazie per tutto quello che farà per me»

Uscii dal tendone per andare da Scarlett che stava mangiando insieme agli altri e da quella sera cominciò una nuova vita, in giro per il mondo, e con persone che avrei iniziato a conoscere man mano.

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