Quando siamo morti

di elenabastet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedicesimo ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassettesimo ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciottesimo ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannovesimo ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventesimo ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventunesimo ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventidueesimo ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Prologo

Edgar Hoover Building, Washington DC

“Mulder, Skinner ci vuole da lui con una certa urgenza”, disse Scully appena entrata nell’ufficio dove lei e il suo collega passavano le loro giornate quando non erano in giro a indagare.

“Cosa avremo combinato? Vorrà rimproverarmi?”, rispose Mulder ricomponendosi e seguendo la collega. No, Scully non era la sua collega, non solo almeno, era qualcosa di più, era molto di più, la sua ombra, e non riusciva più a pensare alla sua vita senza di lei. Ma poi cacciò via quell’idea, le aveva già rovinato troppo la vita.

Mulder e Scully entrarono nell’ufficio di Skinner e videro che non era solo: con lui c’era un uomo suo coetaneo, in uniforme militare.

“Buon giorno agenti, vi presento il generale Jack O’Malley, mio amico di lunga data e compagno d’armi in Vietnam quando eravamo giovani”.

Mulder tremò per un attimo: voleva mica mandarli in Vietnam a indagare su qualche maledizione? Jack O’Malley sembrava una persona come si deve, ma come dicevano i Lone Gunmen non bisognava fidarsi di nessuno.

“Jack, vorresti dire tu ai miei due agenti qual è la questione?”

Jack O’Malley guardò i suoi due interlocutori con curiosità, aveva sentito parlare di questi due agenti specializzati in casi strani, e forse potevano fare al caso suo.

“Agenti, mia figlia Camilla si trova a Parigi”

Parigi, già meglio del Vietnam, pensarono all’unisono Mulder e Scully.

“Mia figlia Camilla è adulta ed è una storica, sta svolgendo delle ricerche in Francia sui giovani che nel XVIII secolo si arruolarono per venire a combattere nella nostra Guerra d’Indipendenza”.

Oh, sì, era una cosa che Mulder e Scully avevano sempre trovato interessante, ma non era certo un loro campo d’interesse.

“Qualche giorno fa Camilla è scomparsa per un paio di giorni mentre era impegnata in una ricerca.”

La cosa cominciava a diventare di loro competenza, e Mulder e Scully ascoltarono con attenzione.

“Una sua amica e collega, Angélique Grandy, l’ha poi ritrovata in stato confusionale dove si era recata e da allora ha iniziato a dire e fare cose strane, come se non fosse più lei”.

“Potrebbe essere rimasta vittima di un sequestro alieno o qualcosa del genere?”, chiese Mulder, mentre Scully sentiva freddo nella schiena.

“Dovreste indagare, vi prego anzi di farlo”, disse Jack O’Malley, e Mulder e Scully videro in lui un padre disperato, che non potevano non aiutare e non solo perché l’aveva chiesto loro Skinner.

“Agenti, io vorrei venire con voi. Ho un debito con Jack, mi ha salvato la vita, e sua figlia è la mia figlioccia”, aggiunse Skinner, preoccupato.

Mulder si sentì rinfrancato, capiva quanto quella cosa fosse importante per il suo capo. O forse era una situazione senza speranza, che solo chi era fuori dagli schemi poteva risolvere.

“Accettiamo il caso”, disse Scully, “voglio sapere cosa è successo a questa ragazza”. Si sentiva coinvolta e poi non poteva non andare con Mulder, ormai i loro destini erano legati.

“Partiremo domani, se riusciamo già”, disse Skinner, “ora andate a casa e preparate i bagagli. Spero di avere in mano qualcosa da darvi da leggere durante il viaggio”.

 

Skinner scese nel garage e si avvicinò all’auto. Sapeva benissimo chi c’era nel buio ad aspettarlo, e non poteva evitarlo.

Alex Krycek uscì dall’ombra guardandolo con un sorriso enigmatico.

“E così fate un viaggio in Francia...”

“Giuro che se ci metti i bastoni tra le ruote ti tolgo di mezzo, fosse l’ultima cosa che faccio, nanotecnologie in tua mano o meno”.

“Sai che io sono un vostro alleato, in fondo”.

“Sì, e quanto in fondo dobbiamo andare?”

Krycek si allontanò dicendo:

“Vi terrò compagnia, senza infastidirvi, tanto credo che il Consorzio non c’entri proprio e neanche nessun altro di mia conoscenza. Ma magari avrete bisogno di una mano..”

“Da te proprio no”, aggiunse Skinner e tornò a casa, anche lui aveva dei bagagli da fare.

 

Parigi, Quartiere del Marais, Place des Vosges

Angélique Grandy mise i croccantini nella ciotola di Tristan, il gatto suo e di Camilla. Lei era di là, non faceva che dormire e quando era sveglia diceva cose strane… forse qualcuno sarebbe venuto ad aiutarla, aveva dovuto avvisare la famiglia di Camilla a casa.

Sentì un fruscio, si girò e vide Camilla che la guardava con aria preoccupata.

“Come ti senti Camilla?”

“Vi prego, smettetela di chiamarmi Camilla. Io devo fare in modo che loro due si ritrovino per potersi amare per sempre...”

Di nuovo questa storia… Cosa era successo a Camilla, alla sua Camilla quando era andata in quel dannato posto, in quella cittadina a fare ricerche? Cosa le avevano fatto? Non era riuscita a scoprire niente di quei due giorni di buio totale in cui aveva pensato il peggio.

“Camilla, io...”

“No, mademoiselle, io non sono Camilla. Io sono Rosalie, Rosalie Lamorlière Chatelet e ho una missione da compiere”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo primo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo primo

Parigi. Aeroporto di Orly

Mulder, Scully e Skinner si guardarono attorno, ancora stanchi e un po’ intontiti dal lungo viaggio in aereo. Avevano dormito, avevano letto qualche rivista e visto il film Il patriota, che caso strano parlava proprio della Guerra d’Indipendenza americana, il fatto da cui era partito il loro prossimo caso.

“Sai, Mulder, ho sempre trovato interessante che questi giovani di un Paese così lontano, allora molto più di oggi, siano venuti oltre oceano per combattere per una causa di libertà facendola loro...”, aveva detto ad un certo punto Scully a Mulder.

“Anch’io, anche se dietro c’erano gli interessi politici della Francia che voleva indebolire l’Inghilterra. C’entravano senz’altro la voglia di avventura, di evasione, di avere nuove opportunità in un mondo dove viaggiare era molto più difficile che oggi… del resto è una cosa che torna nel corso dei secoli, questa di andare a combattere in guerre lontane, basti pensare ai giovani che si arruolarono per l’indipendenza della Grecia o contro il franchismo in Spagna. Chi studia la Storia non può che trovare interessanti questi fatti”, aveva risposto Mulder.

Era bello scambiarsi pareri con Scully anche non legati al loro lavoro, non avrebbe mai potuto fare a meno di lei, lei era davvero unica, e quello che provava per lei non l’aveva mai provato per nessun altra, era più dell’amicizia, più dell’amore, più di tutto, ma a volte preferiva farlo tacere, pensando a tutto quello che era successo a Scully per colpa sua.

Skinner era taciturno, senz’altro preoccupato, anche se Mulder e Scully non sapevano tutti i motivi delle sue preoccupazioni, non solo legate a Camilla.

Quando sbarcarono dall’aereo, videro subito chi li stava aspettando, una giovane donna dai capelli bruni e dagli occhi azzurri, con in mano un cartello con sopra scritto Agents Mulder et Scully.

“Buon giorno e benvenuti a tutti e tre”, disse la giovane, “sono Angélique Grandy e sono molto felice che abbiate accettato di darmi una mano”.

“Dovere”, disse Skinner, mentre Mulder e Scully risposero:

“Noi ci occupiamo di questo tipo di casi, ma abbiamo bisogno di conoscere più elementi sulla situazione di Camilla”.

“Vi dirò tutto quello che so, non preoccupatevi”.

Angélique fece accomodare Mulder, Scully e Skinner su una bellissima Due Cavalli d’epoca di colore argento e partì in direzione di Parigi.

“Vi ho trovato tre stanze, secondo le vostre istruzioni, in un albergo nel Marais vicino a casa nostra… devo dirvi innanzitutto una cosa, Camilla ed io siamo… beh siamo una coppia, voglio chiarire subito questa cosa”.

“Non vedo che problema ci sia”, disse Skinner, parlando a nome di tutti, “noi dobbiamo aiutarvi a capire cosa sta succedendo e se qualcuno ha fatto del male a Camilla, o cosa comunque le è successo.”

“Grazie, io tengo molto a lei”, disse Angélique, con un tono di voce che non nascondeva preoccupazione e commozione. Poi iniziò a parlare.

“Allora, poco più di una settimana fa Camilla è partita dicendo che sarebbe andata ad Arras a fare alcune ricerche su uno di questi militari che partirono per l’America intorno al 1778, tale Henri Perrier. Mi ha detto che sarebbe tornata in serata, io le ho consigliato di cercare una pensione per eventualmente pernottare lì, Arras non è lontana, sono poco più di due ore di viaggio, ma se le ricerche si allungavano troppo poteva essere un’idea. Tra l’altro, Arras è una cittadina carina, con un bel centro storico, posti belli dove mangiare, negozi, insomma è un bel posto dove passare del tempo e fermarsi più del previsto. Lei mi ha detto che mi avrebbe avvisata se tardava...”

Angélique si fermò per un attimo e Mulder percepì la sua angoscia, un’angoscia che lui conosceva bene, da quando era bambino con sua sorella Samantha, sparita nel nulla. Poi lei riprese.

“Camilla chiama sempre, è molto precisa, molto più di me. Ho iniziato a preoccuparmi alle nove e mezza di sera, non avevo avuto sue notizie, avevo avuto una giornata intensa al lavoro, presso la Biblioteca del Musée de Cluny, ma non avevo trovato chiamate perse da lei, solo un messaggio in tarda mattinata in cui mi diceva che era arrivata e che andava a visitare un archivio che era vicino al vecchio cimitero. Ho passato ore di vera angoscia, telefonando ad ospedali, chiamando la polizia, che però non voleva intervenire, essendo adulta volevano aspettare, pensavano ad un allontanamento volontario. Sono andata ad Arras appena ho potuto, ma di lei non c’era traccia. Poi, il mattino del secondo giorno da quando era partita, mi hanno chiamata, l’hanno trovata ad Arras che vagava senza meta, aveva in tasca il cellulare con le mie chiamate perse, il mio numero e tutti i suoi documenti...”

Scully sentiva di dover fare una domanda, una domanda dura e imbarazzante, ma necessaria. Ma Angélique la prevenì:

“Non ha subito nessun tipo di violenza, né è stata derubata di niente, aveva la sua catenina d’oro, il cellulare, il portatile, i soldi, tutto a posto. Veramente… aveva delle ferite, superficiali, come dei graffi, fatti credo con delle piante. Da allora non è più lei, racconta cose strane, dice di chiamarsi in un altro modo...”

Scully e Mulder avevano letto la documentazione su Camilla O’Malley, non si parlava di problemi psichiatrici e nemmeno di strani eventi nel suo passato.

“Non è violenta?”, chiese Mulder.

“No, però si arrabbia se la contraddico o la ostacolo, si è lasciata portare a casa, dicendo cose strane, che quella non era la sua Parigi. Vi sembrerà strano, ma è come se… beh, è come se fosse una donna di un’altra epoca, precisamente del tempo della Rivoluzione”.

Mulder e Scully si guardarono, non avevano mai avuto a che fare con casi di quel genere, ricordavano mutanti che si ibernavano e si risvegliavano per nutrirsi ogni trent’anni, sequestri alieni, sette… c’era stato quell’uomo che diceva di essere immortale, e quell’altro uomo che ringiovaniva, ma una storia del genere era nuova per loro…

“Camilla mi ha anche detto il suo nome, Rosalie Lamorlière. Ogni tanto è lei, ha riconosciuto i nostri gatti, ma poi quell’altra prende il sopravvento, dice che deve fare in modo che loro due tornino insieme...”

“Dove ha capito che parla dell’epoca della Rivoluzione francese?”, intervenne Skinner, che aveva ascoltato pensieroso. Per caso quello era un periodo che l’aveva sempre affascinato, forse perché in Francia si erano ispirati a cosa era successo negli Stati Uniti per portare avanti una nuova battaglia per la libertà.

“Parla dei personaggi di quell’epoca, Maria Antonietta, il re, Robespierre, Saint Just, come se li conoscesse e vivesse quei giorni.”

“Se ne intende?”, chiese Mulder.

“Camilla è un’esperta di Storia del Settecento, io sono specializzata in Storia medievale, su cui è incentrato il Musée de Cluny”.

“Quindi lei conosce bene quell’epoca...” continuò Mulder.

“Ma di colpo è come se lei vivesse nell’epoca rivoluzionaria, ben diverso da un semplice interesse. Per quanto possiamo conoscere e aver studiato un periodo storico lontano dal nostro, non sarà mai come se ci avessimo vissuto, ma Camilla ragiona come se fosse in quel tempo. E c’è un’altra cosa: Rosalie Lamorlière è un personaggio realmente esistito, era una giovane rivoluzionaria, pare di nobili origini, che accudì la regina Maria Antonietta negli ultimi giorni della sua vita...”, disse Angélique.

“Camilla conosceva la sua storia prima di questi fatti?”, chiese Mulder.

“Non me ne aveva mai parlato, è un personaggio pare misterioso e considerato minore. Comunque la vedrete e sentirete, questo è qualcosa di veramente strano...”

Erano intanto arrivati alla loro destinazione, e Mulder, Scully e Skinner ammirarono la bella Place des Vosges, centro dello storico quartiere del Marais. L’appartamento dove vivevano Camilla e Angélique era su un lato della piazza, all’ultimo piano di un palazzo storico a cui era stato poi aggiunto, per fortuna, l’ascensore.

Entrando nella casa delle due giovani, Scully ci trovò qualcosa di sua sorella Melissa: tanti libri, due o tre gatti che giravano, oggetti particolari, tra l’etnico e il vintage. Fu presa dalla nostalgia e dalla tristezza.

Angélique fece loro strada dalla stanza in cui erano entrati fino ad uno studio con le pareti piene di libri, dove Camilla era seduta vicino alla finestra con in grembo un gatto bianco e nero.

La giovane sentì entrare della gente e si voltò, trasalendo dopo aver visto Mulder, Scully e Skinner.

“Siete tornati, finalmente… Ora vi ho ritrovati e vi aiuterò, non vi lascerò più che vi uccidano… miei amati Oscar e André!”

 

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo secondo

Parigi. Appartamento di Angélique Grandy

Mulder e Scully si guardarono stupiti. Poi, Scully si avvicinò a Camilla.

“Buon giorno, Camilla, ci ha mandati tuo padre, siamo qui per aiutarti, vogliamo capire cosa ti è successo in quei due giorni che sei scomparsa...”

Mulder ammirò come quella che tutti chiamavano il ghiacciolo, e che lui sapeva non essere così, riusciva ad essere empatica con una persona appena conosciuta. Solo lui conosceva la sensibilità e la fragilità di cui era capace Scully.

Camilla non aveva l’aria di essere sotto sostanze stupefacenti, sembrava lucida, ma cosa diceva era tutto un altro discorso, era qualcosa a cui lui non sapeva dare una spiegazione, né razionale, né irrazionale.

“Mio padre è morto tanti anni fa, io ero appena nata, non lo ricordo. Rimanemmo sole mia madre, mia sorella ed io”.

Mulder e Scully sapevano che Camilla era orfana di madre, morta in un incidente stradale quando era bambina. Suo padre aveva da alcuni anni una nuova moglie, anche lei vedova con un figlio che lavorava nel settore dei computer, che era stata accolta bene da Camilla.

“Camilla...”, esordì Mulder.

“Non chiamatemi così, io sono Rosalie, la vostra Rosalie e stavolta vi devo salvare, non posso lasciare che moriate, non come quel giorno!”

Mulder e Scully si guardarono perplessi. Poi Mulder abbozzò una frase a fior di labbra a Scully:

“Assecondiamola!”

Scully annuì e si avvicinò a Camilla, e notò che aveva una mano e un braccio graffiati.

“Rosalie, ti sei fatta male?” La osservò, all’apparenza non era niente di grave, sembravano graffi provocati da qualche pianta, l’importante è che non si infettassero.

“Sono state le vostre rose madamigella, le rose che ricordano voi...”

“Dove sono queste rose, Rosalie?”, chiese Mulder, mentre Scully conveniva che quei graffi potevano essere stati procurati da delle rose.

“Sono là, sulla vostra collina, dove riposate in eterno, ad Arras...”

Mulder guardò Camilla e le disse:

“Ci puoi dire tutto su quando siamo morti e cosa siamo stati per te?”

“Voi siete la mia famiglia… mi accoglieste in casa vostra, dopo che mia madre era stata uccisa a Parigi da quella nobildonna che poi scoprimmo essere la contessa de Polignac. Io vi conoscevo già prima, Oscar, vi incontrai quella sera che giravo disperata dopo che mia sorella mi aveva fatto cacciare da casa sua, e io mi offrii a voi per una notte. “

Mulder e Scully si scambiarono uno sguardo, poi lei chiese:

“Dove abitavi con noi?”

“Già, è vero, voi non vi ricordate ancora tutto, ma succederà, deve succedere. Ero nel favoloso palazzo della vostra famiglia, vicino a Jossigny. Ricorderò sempre quella sera che arrivai da voi, dopo aver camminato per miglia e miglia, credendo che fosse la reggia di Versailles. Mi nascosi dietro una siepe, e vidi arrivare la vostra carrozza, c’eravate sopra tutti e due e c’era vostra madre, Oscar. La scambiai per la contessa e mi scagliai addosso con un coltello e voi mi fermaste e li capii il mio sbaglio. La vostra buona madre, anche lei contessa, fece tanto per me, così come fece tanto per me tua nonna Marie, André, che tutti chiamavamo Marron Glacé per gli ottimi dolci che faceva, mi viene l’acquolina in bocca solo a pensarci.. morì di crepacuore dopo le vostre morti, la trovai io addormentata nel letto, con un sorriso dolce e una lacrima che cadeva dal suo occhio, come era capitato a suo nipote in punto di morte...”

Mulder e Scully erano perplessi: Camilla era angosciata, forse a tratti confusa, ma era anche precisa nei dettagli.

“Ho passato con voi anni meravigliosi, mi avete insegnato a duellare con la spada, e lì non sono mai stata brava, mentre ho imparato a sparare e ad andare a cavallo. E le lezioni di Storia, di Geografia, di Letteratura, le volte che mi avete portato all’Opera, e poi le vacanze, da vostra sorella, Oscar, in Vandea, con la vostra nipotina Loulou e nella vostra meravigliosa casa in Normandia...”

Era come se Camilla raccontasse un passato che le apparteneva e di cui aveva molta nostalgia.

“Poi però la maledetta contessa de Polignac mi ricattò, lei era la mia madre naturale, e, mentre voi dovevate arrestare Jeanne de La Motte evasa di prigione, minacciò di dire che io ero cresciuta con lei come mia sorella e che quindi voi la proteggevate. Ma io poi scappai e voi mi ritrovaste, e stetti ancora un po’ con voi, finché non arrivò Bernard, che io già conoscevo e diventò mio marito...”

“Quante peripezie!”, disse Mulder, “ma eravamo vivi, a quando stai dicendo Rosalie...”

“Voi, Oscar, lasciaste la Guardia di palazzo e diventaste comandante dei Soldati della Guardia, e quando arrivò l’ordine infame di sparare sulla folla passaste dalla nostra parte e ci salvaste dagli uomini del principe di Lambesc. Ma poi André rimase ferito da una pallottola che prese al posto vostro e morì.. e a quel punto voi Oscar guidaste l’assalto della Bastiglia perché senza il vostro amore non potevate vivere..”

Cos’era, la storia di una coppia gay? Comunque commovente, ma non era quello che colpì Mulder e Scully.

“La presa della Bastiglia, Rosalie?”, chiese Mulder. Parlava di un fatto di oltre duecento anni prima, un fatto storico, eccezionale, noto a tutti.

“Certo. Voi siete morti in quel giorno, André qualche ora prima e Oscar proprio davanti agli spalti della fortezza. Foste forse fortunati, non vedeste gli orrori della Rivoluzione, ma non dovevate morire così, voi dovevate vivere felici, vi amavate… Madamigella Oscar...”

Ah, allora erano un uomo e una donna. Che nome strano per una donna Oscar, si disse Mulder.

“Ma ora voi dovete vivere insieme e non dovete più morire, quel giorno non deve più ripetersi”, disse Camilla, coprendosi il volto.

Mulder e Scully si allontanarono un attimo.

“Non ho mai visto o sentito una cosa del genere”, disse Mulder, “potremmo tentare con l’ipnosi, bisogna capire cosa le è successo”.

“Direi che è il caso di andare ad Arras”, disse Scully, “senz’altro è successo qualcosa lì che l’ha sconvolta.”

“Non credo sia colpa delle rose che l’hanno graffiata”, rispose Mulder.

“Ma è importante indagare”, disse Scully e Mulder annuì.

Angélique si era avvicinata a loro e intervenne:

“Non so come aiutarvi, posso lasciarvi il cellulare di Camilla e un taccuino con degli appunti suoi su quel giorno. Non ha fatto foto quel giorno, solo questa” e fece loro vedere l’ingresso di quello che sembrava un vecchio cimitero.

“Che lei sappia, ci sono mai state segnalazioni di fatti strani ad Arras, tipo sparizioni e simili?”

“No. Arras ha dato i natali a Maximilien de Robespierre, uno dei capi della Rivoluzione, artefice del Terrore, durante la Rivoluzione ci fu un boia particolarmente sanguinario, ma non ci sono storie strane legate lì”.

“La Rivoluzione...”, disse Mulder, “Camilla ne è ossessionata, parla di fatti avvenuti allora e di persone vissute in quell’epoca. Mi sa che dovremo farci un ripasso per capire meglio di cosa sta parlando”.

“Vi metto a vostra disposizione un po’ di libri della nostra biblioteca di storiche. Capite il francese, vero? Un momento… mi è venuta in mente una vecchia storia con fantasmi e simili che raccontavano su Arras, dicono che ci sono due amanti morti prematuramente, forse proprio durante la Rivoluzione, che sono rimasti per sempre legati ad una collina che c’è lì, ma sapete, sono quelle storie che scrivono su France Dimanche, non so se avete presente a che tipo di giornali mi riferisco...”

“Conosciamo”, disse Mulder, “ma comunque andremo ad investigare. Lei cosa farà?”, disse rivolto a Skinner che aveva seguito la loro discussione preoccupato.

“Rimarrò qui e voi cercate di tornare in giornata”, rispose lui.

“Magari ci torneremo più volte”, disse Scully. Voleva capire cosa stava succedendo.

 

Era sera tardi, e dopo una cena in un bistrot che in un altro momento sarebbe sembrata loro deliziosa, Mulder, Scully e Skinner si diressero verso l’albergo.

Vicino all’ingresso, Skinner disse:

“Quel vino era ottimo, ma vorrei smaltirlo facendo ancora due passi. Buona notte!”

Mulder e Scully lo salutarono e si ritirarono ognuno nelle loro stanze, con in mano un paio di libri a testa sull’epoca rivoluzionaria.

Skinner fece due passi e andò verso il giardino che c’era al centro di Place des Vosges, notando poi Krycek che lo aspettava.

“Allora cosa mi racconti?”

“Non c’è niente per uno come te qui. Domani Mulder e Scully vanno ad Arras a capire cosa è successo, tu levati dalle palle che è meglio!”

“Arras… magari ci farò un giro anch’io, ma magari hai ragione anche tu. Potrei godermi un po’ Parigi, cercandomi altro da fare e magari poi correndo in vostro aiuto se ne avete bisogno. Ma ti aspetto domani per gli aggiornamenti, Walter”, disse Alex Krycek allontanandosi.

Walter Skinner si chiese cosa lo tratteneva da sparargli alle spalle, ma poi temeva ritorsioni, su lui e su Mulder e Scully. Scuotendo la testa, si diresse verso l’albergo.

“La vendetta non è mai una buona consigliera, e il rimorso è il peggiore compagno, ricordatevene sempre”.

Skinner si girò verso quella voce e vide un uomo anziano, all’angolo della strada. Era abbigliato in maniera strana, con un paio di pantaloni e una giacca di taglio antico. Dai modi, Skinner intuì che era un militare, sicuramente in pensione. Notò negli occhi dell’uomo una disperazione che non aveva mai visto in nessun altro.

“Non vi sentite bene?”, chiese all’uomo, pensando che forse aveva bisogno di aiuto, anche solo economico. Non era il massimo per una persona anziana essere in giro a quell’ora.

“Non mi importa più di me stesso, ormai”, disse quello avvicinandosi. Walter Skinner si guardò attorno, c’era qualcosa che lo tratteneva lì, anche se sentiva il dolore di quel poveretto. O forse proprio perché sapeva di dover anche solo ascoltarlo.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo terzo

Parigi. Place des Vosges, quasi l’una di notte

Walter Skinner rimpianse per un attimo che Mulder, laureato in psicologia, non fosse lì con lui, e temette che quell’uomo che aveva di fronte potesse essere innanzitutto pericoloso per se stesso, un potenziale suicida da dissuadere dal portare avanti il suo proposito.

“Voi siete un militare, vero?”, gli chiese l’uomo, parlando bene l’inglese ma con una chiara cadenza francese.

“Lo sono stato, ho servito in un corpo scelto in Vietnam e ora faccio ancora parte delle Forze dell’Ordine...”

“Vietnam...”, l’uomo sembrava dubbioso, poi capì, “ah, già le Indie orientali, l’Indocina, mi dimentico sempre i nomi...”

Skinner sapeva che in Francia gli appartenenti alle generazioni più anziane preferivano chiamare in quel modo un po’ desueto il Paese asiatico in cui aveva combattuto, che prima della famosa guerra era stato una loro antica colonia.

“Siete solo, anche voi vedovo?”, disse l’uomo, con un tono comunque non indiscreto o maleducato.

“No, sono sposato, mia moglie Sharon si trova negli Stati Uniti, io sono qui per una missione di lavoro dell’FBI...”

“Gli Stati Uniti… già le Colonie d’oltreoceano, combatteste una bella guerra contro gli inglesi e noi vi aiutammo… Ah, l’FBI, una cosa di oggi, mi confondo sempre con questi nomi moderni.”

Era anche lui uno storico, oltre che un militare? Era curiosa questa sua conoscenza del passato e questa scarsa memoria del presente. In fondo l’FBI c’era da decenni e da generazioni. Certo che stavano succedendo troppe cose curiose, ma magari quell’uomo che aveva davanti faceva solo parte di quei movimenti di nostalgici, presenti in tutti i Paesi occidentali.

“Mia moglie è morta, è morta di crepacuore, ed è come se l’avessi uccisa io. La mia adorata Marguerite...”

“Non dite così”, disse Skinner, pensando a che problemi poteva aver avuto il suo interlocutore. Doveva aver sofferto molto, ma non sembrava certo un assassino.

“Lei era così bella quando la conobbi e mi innamorai di lei. Ma poi il nostro amore si avvelenò nella mia ricerca di un erede maschio a tutti i costi.”

Skinner conosceva abbastanza storie di matrimoni iniziati sotto i migliori auspici e poi finiti tra tradimenti e recriminazioni per non fare obiezioni. Lui e Sharon non avevano mai avuto tra le loro priorità quella di avere figli, erano troppo presi dalle loro carriere, ma ora si chiedeva a volte come sarebbe stata la loro vita se fossero stati genitori e soprattutto se nella sua non paternità c’entrassero qualcosa tutte quelle iniezioni e sostanze che gli avevano dato come soldato in Vietnam. Non si era mai posto il problema, e forse era meglio non porselo, per non scoprire altri lati oscuri del governo, oltre che quelli su cui indagava Mulder.

“Io non ho avuto figli, è andata così, a volte mi dispiace...”, si sentì in dovere di dire.

“Già, oggi ci sono altri valori, e mostri come me almeno qui in Francia forse non ce ne sono più. Poi, per fare figli e farli soffrire, come feci io con lei, con loro… Mi nacquero cinque figlie, una più bella dell’altra, e non le considerai quasi perché non erano il maschio che volevo, e come le ho rimpiante dopo. Ma poi arrivò lei...la mia sesta figlia, la più bella di tutte...”

Urca! Pensò Skinner, sei figlie erano un bel numero, ma del resto sapeva che c’erano persone e famiglie molto tradizionaliste in Occidente, aveva giusto letto qualche tempo prima un articolo sul Washington Post in cui si parlava di questo aspetto meno noto della Francia.

“Feci di lei un soldato, il migliore soldato di tutti...”

Una storia interessante, ma Skinner realizzò che questo poveraccio gli stava parlando in piena notte, era anziano, solo e non poteva lasciarlo così in una città ormai vuota.

“Signore...”

“Chiamatemi Augustin, solo questo nome mi è rimasto, o meglio ho il diritto di usare solo questo nome. Non ho più altro, non ho più moglie, non ho più le mie figlie, ho distrutto tutto e non merito altro.”

“Ah, perfetto, io sono Walter, Walter Skinner. Sono americano, ma i miei nonni erano uno scozzese e l’altro russo...”

“Ho visitato le terre dei vostri nonni, durante la mia giovinezza, e ne ho un bel ricordo, soprattutto della Scozia, gente fiera, non certo piegata dalla sconfitta di Culloden...”

La sconfitta di Culloden? Quel fatto del Settecento? Aveva creato dei problemi enormi agli scozzesi, ma ormai erano fatti lontani, anche se in Scozia c’erano movimenti in tal senso, così come in Francia esistevano ancora i monarchici.

“Augustin voi abitate qui vicino?”

“No, abito fuori Parigi, ma tanto sono solo e nessuno mi aspetta. Io devo restare solo per sempre, dopo tutto il male che ho fatto devo solo espiare… Quel mattino, di fronte al ritratto di lei, della mia adorata ultima figlia, quel meraviglioso ritratto, quando Marie mi lesse la sua ultima lettera, io la maledissi, le urlai che non l’avrai mai perdonata, che non le avrei mai permesso di allontanarsi da me. E quando il giorno dopo arrivò la notizia della sua morte iniziò la mia espiazione.”

Walter Skinner fu colpito da quelle parole. Un ritratto? Poi pensò che sicuramente si trattava di un ritratto fotografico e il suo spirito pratico gli ricordò che aveva noleggiato un’auto ed era normale offrire una cosa a quell’uomo distrutto, in qualsiasi condizione fosse la sua mente.

“Volete che vi dia un passaggio in auto? Ormai è notte, siete solo, può essere pericoloso, ho una piantina dei dintorni, vi accompagno...”

“Io non ho paura, devo stare solo… sapete, vi dicevo di mia figlia, lei era un soldato, la migliore di tutti, la migliore lama di Francia...”

“Vostra figlia era una schermitrice?”, chiese Skinner, pensando che forse in certi corpi francesi si usava ancora la spada. Lui non era così informato sui corpi militari francesi, c’erano donne ed era un dato di fatto, ma forse da qualche parte usavano ancora armi antiche, come le spade. Curioso.

“Sì, era bravissima, ma era anche molto abile con la pistola. Comandava un intero battaglione, e io vidi che razza di uomini aveva ai suoi ordini. Sapeva anche condurre una battaglia con i cannoni, mi dissero che fu strepitosa...”

I cannoni? Skinner sapeva che non venivano più usati, se non per rievocazioni o eventi particolari. La questione cominciava ad essere interessante ma inquietante, come prima la storia del ritratto.

“E come vi ho detto io in un primo tempo la maledissi per cosa aveva fatto, aveva disertato.. ma era la sua battaglia, combattuta per amore. E lei e il suo lui sono morti da eroi, perché questo erano, due eroi, e gli eroi sono cari agli dei e muoiono sempre giovani...”

“Mi spiace per il vostro dolore”, disse Skinner, sincero. Quest’uomo aveva sofferto molto, forse non era del tutto lucido, ma c’era qualcosa di straziante nel suo animo.

“Lo sconterò per l’eternità vivendo e ricordando. Del resto, ho perso tutto quello che amavo, mia moglie, tutte le mie figlie e chi mi era fedele, come la buona Marie e suo nipote, l’uomo amato dalla mia guerriera. Devo pagare per tutto, per aver perseguitato degli eroi, per aver maledetto un amore, per aver impedito a chi mi doveva essere più caro di essere felice”.

Mulder gli sarebbe stato utile davvero, certo che era proprio una storia strana questa. Non sembrava violento, ma meglio parlargli, per evitare magari di leggere il giorno dopo dell’ennesimo suicidio.

“Mi spiace, Augustin. Non avete quindi più nessuno? Non posso accompagnarvi a casa vostra? Permettetemi di insistere.”

“Va bene, ma solo per rendervi felice, visto che non sono stato capace di rendere felici le persone che mi erano care. Non saper vegliare su di loro, non saper benedire il loro amore, non dare loro l’affetto che gli era dovuto.. e ora le ho perse per sempre. Abito a Jossigny, a due passi da Versailles.”

Skinner fece salire Augustin in auto, chiedendosi per un attimo se non stava facendo un’imprudenza, di notte, con uno sconosciuto. Ma sentiva che poteva fidarsi.

“La prima ad andarsene dopo la morte eroica di mia figlia e del suo lui fu la mia fedele Marie, la mia governante, la nonna del ragazzo che non seppi accogliere come mio genero. Si addormentò nel sonno, dopo aver pianto tutte le sue lacrime. Poi mia moglie si spense giorno dopo giorno, finché non la trovai davanti al ritratto di mia figlia, e so che si rimproverò di non essersi opposta alle mie follie. Le mie altre figlie morirono una dopo l’altra nel corso degli anni...”

Chissà che età aveva questo Augustin, si chiese Skinner, uscendo di fretta da Parigi. Certo che doveva aver vissuto davvero una tragedia a perdere tutti i suoi familiari, la moglie e le sei figlie. Mentalmente, cercò di pensare a cosa potesse essere successo: un incidente, magari aereo, un attentato, o cosa? Augustin però parlava di cose successe nel corso degli anni, sopravvivere a tutti era una sfortuna, tenendo conto che aveva avuto una famiglia numerosa.

“In loro due c’era l’amore più eterno e puro, impedire che si realizzi mi ha condannato alla dannazione”, disse ad un tratto l’uomo, “non auguro a nessuno questo, ma del resto essere come me è impossibile.”

“Forse non doveste tormentarvi così, ho qui con me un mio ottimo collaboratore, si è occupato nella vita anche di alleviare le sofferenze degli altri, potreste parlare con lui...” Poi Skinner pensò che Mulder forse non sarebbe stato molto felice di questo paziente procuratogli da lui, certo che diceva cose così strane, ma anche curiose.

La strada era a mala pena illuminata da qualche lampione e Augustin disse a Skinner:

“Sono arrivato, vi ringrazio di avermi ascoltato. Siete un buon uomo, molto migliore di me e potrete fare cose diverse dalle mie”.

“Non tormentatevi Augustin. Non siete responsabile di tutti i mali del mondo….”

“Voi non sapete l’abisso che c’è dentro di me”, disse l’uomo scendendo dall’auto, “ero un generale, avevo onori, ero ricco, e ho distrutto tutto per colpa della mia rigidità, della mia follia, del mio egoismo. E ora eccomi a scontare per sempre cosa ho fatto..”

Skinner lo vide che si inoltrava in una strada fiancheggiata da alberi. Poi sbatté gli occhi e si ritrovò in Place des Vosges, a due passi dall’albergo. Oh quella sì che era una cosa strana, quella, doveva parlarne con Mulder.

 

Fox Mulder stava sfogliando un libro in francese sulla Rivoluzione francese, essenzialmente un prontuario di date ed eventi, indubbiamente un ottimo modo per ripassare. Cominciava ad avere sonno, ma ad un tratto, in un paragrafo sulla presa della Bastiglia, una frase attirò la sua attenzione: Per la conquista della fortezza da parte del popolo parigino fu determinante l’aiuto dato dal reggimento dei Soldati della Guardia di stanza tra Parigi e Versailles, comandato da una figura avvolta dalla leggenda, la donna combattente di origini nobili Oscar François de Jarjayes, che peraltro perì ferita gravemente durante questa battaglia, seguendo nella morte suo marito, uno dei suoi sottoposti ucciso negli scontri del 13 luglio.

Una storia che sembrava quello che diceva Camilla. Fox Mulder si mise a letto, pensando per un attimo a Scully, nella stanza vicino alla sua, separata da lui da una parete… Scully, quanto era importante per lui. Ma poi il sonno lo avvolse.

 

Dana Scully stava leggendo qua e là un libro in inglese sulle donne durante la Rivoluzione francese, ripromettendosi di soffermarsi meglio, perché era davvero interessante. Tanti nomi, noti come la regina Maria Antonietta, o che non conosceva, come Olympe de Gouges e Madame Roland. Aveva sonno, stava per chiudere il libro, ma ad un tratto il titolo di un capitolo attirò la sua attenzione: Donne combattenti. E l’esordio del capitolo diceva Le donne non guadagnarono molti diritti, anzi, dalla Rivoluzione francese, ma parteciparono attivamente alle varie sue fasi, combattendo sul campo, rimanendo anche ferite e uccise. Accanto a Theroigne de Mericourt, pasionaria dei moti rivoluzionari, poi impazzita, merita una menzione Oscar François de Jarjayes, donna che comandava il reggimento dei Soldati della Guardia di Parigi che si unì al popolo il 13 luglio, e che guidò i cannoni durante l’assalto della Bastiglia, perendo tragicamente, seguendo di poche ore la sorte del suo sposo.

Sembravano i racconti di Camilla, una storia affascinante su cui forse bisognava sapere di più, pensò Scully mentre il sonno la avvolgeva.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo quarto

Un altro luogo, in un salotto mentre fuori piove

Guardava la pioggia cadere, mentre sentiva addosso ancora il dolore per i colpi ricevuti. Li avevano aggrediti, avevano dato alle fiamme la loro carrozza e li avevano divisi per sopraffarli meglio. Ma non era stato il pestaggio a farle più male, ma vedere lui trascinato via, lui che non era un odiato aristocratico, e che per colpa della sua imprudenza rischiava adesso la vita, come se non avesse già sacrificato abbastanza per lei.

Poi, ricordava poco di quello che era successo, doveva essere svenuta, mentre quegli energumeni si accanivano sopra di lei, ma probabilmente per poco, perché si era risvegliata tra le braccia dell’altro… il bellissimo conte svedese, che un tempo aveva sognato che un giorno potesse amarla.

Ma ormai quel sentimento faceva parte del passato, il suo presente era con quel suo compagno di una vita, adorabile, discreto, simpatico, che la amava per quello che era, e che mai le avrebbe detto di cambiare, ma solo di non rinnegare la sua natura più intima e sensibile. Per questo si era divincolata dalla stretta di una persona che in fondo voleva solo aiutarla e portarla al salvo, e aveva urlato:

“Il mio André è in pericolo, devo correre a salvare il mio André!”, stupendosi poi per prima delle sue parole. Certo, ma come poteva chiamarlo se non il suo André?

E ora lo sentiva dietro di lei e si girava a guardarlo, prendendo coscienza per la prima volta in maniera razionale di quanto lo amava, da sempre, solo lui, amico, compagno d’armi, fratello e ora se avesse voluto anche suo amante. Era conciato male, con un braccio al collo e pieno di lividi, ma trovava la voglia di scherzare, le dava notizie di quell’altro, ma lei voleva solo stare con lui. “Vuoi una tazza di cioccolato?”, gli diceva, e quanto voleva che rimanesse con lei a parlare, di modo da iniziare una nuova vita insieme.

Ma lui abbassava il capo, contrito per qualcosa che lei aveva ormai superato, perdonato, capito e mai giudicato.

“No, grazie” e si allontanava, e lei voleva corrergli dietro, doveva farlo, perché sapeva che sarebbe venuto un giorno in cui l’avrebbe rimpianto, come avrebbe rimpianto di non essersi comportata in maniera diversa in mille e mille altre occasioni, compresa quella famosa sera che faceva ancora soffrire lui. Voleva corrergli dietro, abbracciarlo, tenerlo stretto, dirgli cosa provava, abbandonarsi a lui e stavolta non l’avrebbe respinto, non si sarebbe divincolata, non gli sarebbe scoppiata in lacrime davanti umiliandolo e trattandolo come un criminale...

Lo doveva chiamare, lo doveva chiamare e doveva correre…

Fox Mulder aprì gli occhi di colpo, guardandosi attorno confuso per un attimo. Poi si ricordò, era a Parigi, Scully era nella stanza di fronte nel corridoio e avevano un caso su cui indagare. Certo che il jet lag faceva brutti scherzi, e si sentiva tutto dolorante, come se qualcuno lo avesse davvero picchiato. Quel sogno era molto realistico e strano. Guardò l’ora, era mattina, un’altra giornata iniziava.

 

Un altro luogo, confuso e buio

Camminava a tentoni, singhiozzando. Aveva fatto qualcosa di irreparabile, lo sapeva. Aveva giurato a se stesso di proteggerla sempre, di sostenerla, di rassicurarla. Ma non poteva stare zitto di fronte a lei che si faceva del male in quel modo, che voleva distruggere il suo essere per cosa, poi? Per una delusione cocente, per un amore mai corrisposto e nato da un’infatuazione senza speranza. Ma la sua reazione l’aveva ferito nel suo orgoglio, quello schiaffo gli faceva ancora male sulla guancia, crudele e feroce, e poi come lei gli aveva afferrato la camicia era stato qualcosa che gli aveva fatto perdere la testa…

Doveva farle capire che una rosa non può essere un lillà, ma la cosa gli era sfuggita di mano, e quel bacio era stato un punto di non ritorno, e come avrebbe voluto che fosse stato diverso, per anni aveva sognato tenerezza e romanticismo per un momento come quello. Il suo corpo l’aveva tradito, si era eccitato mentre la stringeva, era caduto in un abisso senza fine e si era ritrovato con in mano la camicia strappata di lei. Vedere le sue lacrime, la sua rassegnazione a quel punto a non reagire più perché teneva a lui e non poteva certo odiarlo, l’aveva fatto rinsavire, ma ormai aveva distrutto tutto.

Beveva, beveva, beveva come una spugna, lontano dalla luce in quel buio in cui era caduto.

Lei gliel’aveva detto sotto quel porticato, mentre partiva a cavallo, dove splendeva il sole ovunque tranne che nel suo cuore:

“Per quello che è successo l’altra sera non ce l’ho con te ma preferisco dimenticare...”

Ma i complessi di colpa lo distruggevano più del vino, e c’erano le parole di quel musicista ambulante, quello della fisarmonica, che risuonavano nel suo animo:

L'uomo può vedere due tipi di luce a questo mondo. Una è la luce del sole e questa può essere facilmente vista dagli occhi dell'uomo. L'altra luce è il cuore, la fiamma interiore della speranza. E per nutrirsi di questa luce gli occhi non servono, mio giovane amico. Ed è questa la luce più importante. Anche se un uomo ha sbagliato, questa forza interiore gli darà sempre la possibilità di ritrovare la vera felicità. Non perderti d'animo, non perderti mai d'animo, mio giovane amico.

E poi decideva di arruolarsi anche lui in quella caserma, non l’avrebbe lasciata da sola, e quando lei arrivava lui la guardava negli occhi, a ribadire che comunque l’avrebbe amata per sempre. Non si sarebbe mai allontanato da lei, l’avrebbe seguita ovunque. E quel fai come vuoi lo rendeva felice…

Scully si guardò attorno. Ma che razza di sogno aveva fatto? Assurdo. E intanto le si era appannata la vista, che strano, si mise gli occhiali, pensando di nuovo a Camilla e al suo problema.

Chissà se ad Arras avrebbero scoperto qualcosa, ormai era ora di alzarsi.

 

Alex Krycek voleva arrivare ad Arras prima di Mulder e Scully. Aveva dormito non lontano da dove stavano loro, in un appartamento di proprietà del Consorzio, e ora si stava preparando ad uscire, quando suonò il cellulare.

Non conosceva quel numero, un numero francese, in teoria quasi nessuno sapeva che era lì. Non aveva voglia di rispondere, ma il telefono continuava a suonare.

“Pronto?”

“Ah, quale onore, parlo finalmente con il grande Alex Krycek. Ma credevo che lei fosse più reperibile...”

Era una voce giovane, mai sentita prima, di un francese.

“Non so chi lei sia, ma ho da fare”.

“Certo, capisco” e la chiamata fu chiusa.

Krycek aprì la porta dell’appartamento e si trovò di fronte un uomo poco più giovane di lui, corpulento, dai capelli castani. Aveva un’aria familiare, anche se non sapeva dargli un nome.

“Alex Krycek, suppongo. Del resto, sapevo che era qui, conosco bene le proprietà del Consorzio. Sono Henri Louis de Bouillet, mio padre è stato un membro dell’organizzazione...”

Oh sì, sapeva di chi si trattava, un uomo pericoloso anche per lo stesso Consorzio, con una visione del mondo delirante, da signorotto feudale, ma non per gioco, davvero. Infatti se ne era andato, li riteneva troppo molli e lontani dalle sue mire ambiziose.

“Mio padre non c’è più, ma devo portare avanti il suo lavoro, e mi servono uomini validi, da ricompensare profumatamente. Bisogna distruggere queste società che partono dai regicidi e arrivano ad oggi, a cominciare da questo Paese, e ho giusto un paio di lavoretti da affidarle...”

“Ho altro da fare!”, disse Krycek cercando di uscire.

“Ah, sì, dare la caccia agli alieni con quei due debosciati di americani e con il loro capetto. Non li avessimo aiutati allora in quella loro stupida Guerra d’indipendenza la monarchia francese avrebbe regnato per mille e mille anni...”

Krycek sbuffò, ma cosa diceva, questo parlava di cose di secoli prima, non sapeva che il mondo era cambiato?

“Ho per lei un acconto, ma si tenga libero”, disse Henri Louis, tirando su una valigetta e aprendola. Era piena di dollari.

“Le ho detto che ho da fare...”, disse Krycek scendendo dalla scala.

“Occhio che la prossima volta non sarò altrettanto gentile, e intanto le farò vedere molto presto di cosa sono capace”, disse con voce melliflua.

“Ci pensi e vedrà che mi risponderà presto”.

Alex Krycek fece un gesto eloquente con la mano e raggiunse l’auto che aveva noleggiato e si mise in viaggio per Arras, ma avrebbe poi dovuto mettersi in contatto con Skinner per parlargli di questo simpaticone, meglio tenerlo d’occhio. Ogni tanto vide che il cellulare continuava a lampeggiare con quel numero, e decise per ora di ignorarlo.

 

Skinner si guardò attorno nell’atrio dell’albergo. Chissà se quel poveretto, Augustin, era arrivato poi a casa, meglio indagare su chi fosse, magari qualcuno lo conosceva.

Si avvicinò al portiere e disse:

“Ieri sera ho incontrato qui fuori un uomo anziano, mi ha detto di chiamarsi Augustin, era molto solo...”

“Parigi è piena di poveracci...”

“Ma non era un senza fissa dimora, sembrava un militare in pensione...”

“Faccia attenzione, ci sono anche tanti truffatori che raccontano storie strappalacrime...”

“Ma non lo conosce? Non l’ha mai visto?”, chiese Skinner, preoccupato.

“No, provi a chiedere al bistrot”.

Skinner si ripromise di farlo, ma nel frattempo venne raggiunto da Mulder e Scully in partenza per Arras. Sarebbe rimasto a Parigi per vegliare su Camilla, sperando che i suoi due sottoposti trovassero una spiegazione a cosa le era successo. Ma voleva anche scoprire qualcosa su Augustin, quell’uomo l’aveva coinvolto profondamente e nemmeno lui sapeva perché. C’era qualcosa in lui che lo inquietava ma anche che lo toccava nell’intimo, e del resto lui aveva giurato di proteggere gli innocenti e le persone in difficoltà, e Augustin, chiunque fosse, era così.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo quinto

Arras, 9,30 AM

Forse era riuscito a precedere Mulder e Scully ad Arras, ma ora Alex Krycek non sapeva davvero cosa fare e dove andare.

Skinner non gli aveva dato tutte le indicazioni utili su questa loro indagine, forse la cosa migliore era cercare l’archivio e la biblioteca dove forse era andata Camilla. E poi, l’incontro con quel De Bouillet lo aveva davvero infastidito, doveva avvisare qualcuno, sapeva che era una testa calda e non gli sarebbe dispiaciuto farlo arrestare. Ma ci volevano prove, poteva denunciarlo per corruzione, ma lui non era un pubblico ufficiale e non avrebbe ottenuto niente, se non probabilmente mettersi lui nei guai.

Ad un tratto notò l’Archivio di Stato, in un palazzo antico, probabilmente rinascimentale: ecco un posto da dove iniziare, sempre sperando che Mulder e Scully non arrivassero nel frattempo. Certo che era una storia ben strana, questa Camilla che credeva di essere una donna dell’epoca della Rivoluzione, i suoi due amici nemici dell’FBI avevano di solito casi diversi, e magari leri era solo impazzita per qualche problema suo. Chissà poi perché proprio il Settecento e la Rivoluzione.

Alex Krycek entrò nell’Archivio e decise che non avrebbe chiesto di Camilla, ma delle cose di cui si occupava.

“Buon giorno, vorrei sapere di più sui francesi che partirono nel Settecento per combattere per gli Stati Uniti...”, disse ad un’impiegata anzianotta, che gli rispose:

“Vuole dire per le colonie durante la Guerra d’Indipendenza?”

“Certo...”

“Guardi su quello scaffale, sono libri tutti in francese, lei è straniero...”

“Non ci sono problemi”, rispose Alex. Sopra lo scaffale c’era una bella finestra, inondata dalla luce del mattino, e Alex notò una collina vicina, tutta verde, con statue in mezzo all’erba e alle piante. Era bella, ma anche leggermente inquietante, come avvolta da una sorta di malia, anche in pieno giorno.

“Cos’è quel bel posto?”, chiese all’impiegata.

“Ah, il vecchio cimitero, dove è stato sepolto chi è morto fino alla Rivoluzione. Il cimitero con i caduti delle due guerre mondiali con il memoriale è invece dalla parte opposta, vicino a quello più moderno. Suggestivo, vero? Ma dicono che sia maledetto, capitano cose strane”.

Alex Krycek avrebbe voluto gridare Bingo! ma si trattenne: ecco una cosa che poteva interessare a Mulder, e anche parecchio.

“Davvero, e di che tipo?”

“Io non ci credo”, disse l’impiegata, “ma parlano di fantasmi e fatti strani, comunque pare che una ragazza americana abbia dato di matto dopo esserci stata qualche giorno fa!”

Oh, non era possibile, era sulla strada giusta… Questa era fortuna.

“Lei c’è mai stata?”, chiese Alex Krycek.

“Oh sì”, disse la donna, che aveva voglia di parlare, “fu molto eccitante.. beh insomma, ero molto giovane, ero con il mio fidanzatino di allora e ci andammo per…. Lei capisce, no? Era la notte tra il 12 e il 13 luglio e ad un certo punto eravamo avvolti da una nuvola di lucciole, mai vista una cosa così, me lo ricordo ancora come fosse adesso. Era tutto strano, però, mai vista una cosa simile. E la notte dopo ci andò mia cugina con il suo lui per fare la stessa cosa, ma scappò perché disse che sentiva qualcuno che piangeva e urlava di dolore. Eravamo giovani, ma quelle lucciole erano meravigliose...”

Alex Krycek era tentato di chiedere a quella simpatica impiegata se lei, la cugina e i loro fidanzatini non avessero per caso esagerato con vino e canne, ma si trattenne. Un giretto nel cimitero se lo sarebbe fatto volentieri, comunque.

“Si raccontano storie, si dice che siano sepolti due eroi della presa della Bastiglia, due amanti caduti lì, due combattenti...”

Alex Krycek stette in silenzio, si parlava della Rivoluzione, la stessa epoca con cui era ossessionata Camilla O’Malley, e l’impiegata aggiunse:

“Non erano due uomini, erano una donna, un’aristocratica, mentre lui era del popolo. Ma è una storia, però c’è un’atmosfera strana lassù”.

“Sa una cosa, madame? Io sono appassionato di questi misteri. Mi faccio un giro e magari torno, buona giornata!”

Alex si diresse verso il cimitero, c’era un cancello mezzo aperto ed entrò. Il sentiero principale era abbastanza battuto, era chiaro che ogni tanto qualche coppietta aveva l’abitudine di farci un giretto come ai suoi tempi l’impiegata dell’archivio. Notò le vecchie lapidi, molto particolari, a volte coperte dalla vegetazione, e per questo ancora più suggestive. Vide un paio di gatti ben nutriti, e capì che quel luogo era frequentato anche da gattari e gattare. Salì il sentiero andando verso la cima, ammirando comunque un posto particolare, ma non c’era niente che facesse diventare matti, ed essendo giorno non c’erano nemmeno le lucciole.

Poi ad un tratto, sulla cima della collina, vide qualcosa di unico, che lo lasciò senza fiato. C’erano due croci, o meglio dovevano esserci, con due lapidi di pietra sotto, con parole incise sopra. C’erano, ma erano ricoperte da una pianta di rosa selvatica, con il tronco ormai robusto cresciuto negli anni se non nei secoli, e tanti fiori, bianchi, cangianti, ovunque. Non aveva mai visto uno spettacolo del genere, non era uomo da rimanere colpito da certe cose, ma quell’angolo lo avvinceva come una magia. Si avvicinò alle lapidi e cercò di leggere qualcosa in quelle lettere scolpite nella pietra.

Su questa collina sono sepolti… e poi le rose avevano invaso la lapide e non si leggevano i nomi. Il testo continuava sotto:

caduti il 14 luglio 1789

aggiungendo il loro nome a quello di tutti coloro che,

donando la loro gioventù alla causa della Rivoluzione,

con il bianco della lealtà, con il rosso del coraggio,

con l'azzurro acciaio delle loro spade,

hanno contribuito a tessere

il tricolore della Francia libera e repubblicana.

Allora qualcosa della storia della simpatica impiegata era vero, del resto Mulder insegnava che i misteri non erano mai campati in aria. Alex Krycek allungò la mano per scostare una rosa dall’alto della lapide, voleva leggere i nomi di chi era sepolto lì, e una spina nascosta gli punse il polso. Imprecò, aveva solo quella mano buona, ci mancava solo di trovarsela fuori posto. Si allontanò, scuotendo la testa, e la mano gli bruciava pure, era andata bene a fondo quella dannata, fottuta spina, aveva rovinato quel giro interessante e insolito che stava facendo, ma forse era meglio andare da qualche altra parte, in fondo non c’era niente che lo aiutasse a capire cosa era successo.

Ma di colpo, fu come se una luce abbacinante lo avvolgesse e lo portasse altrove…

 

Caserma dei Soldati della Guardia di Versailles, 12 luglio 1789

Se ne stava disteso sulla branda, anche se faceva caldo. Gli altri giocavano a carte, ma senza nessun entusiasmo.

Jean Moreau disse, forte:

“È tutta gente che si batte per cose sacrosante, se ci danno l’ordine di sparare sulla folla che facciamo?”

Pierre Hulin rispose:

“Una scelta ce l’abbiamo, toglierci l’uniforme e unirci a loro. E comunque, io ho fiducia nella nostra comandante, sappiamo come la pensa su certe cose...”

“Già”, intervenne Jean Cigné, “ ma lei è comunque un’aristocratica e se le ordinano una cosa deve farla, ha già rischiato troppo e per noi”.

“In ogni caso”, disse Gerard La Salle, “D’Agoult Testa-di-Legno dice che cento ad uno non ci manderanno a Parigi, ci sono già gli altri soldati… E tu, Alain, cosa ne dici?”

“Che non ci resta che aspettare...”, disse lui, inquieto. Alain, già, questo era il suo nome.

Uno scalpicciare di cavalli annunciò che era arrivato qualcuno, qualcuno che era stato ricevuto dal colonnello D’Agoult. Lui uscì dalla camerata con gli altri suoi compagni, cercando di darsi tutti un tono, e videro D’Agoult che diventava scuro in volto mentre leggeva il dispaccio. L’uomo che l’aveva portato era uno dei fidi di Bouillet e se ne andò subito dopo essere scattato sull’attenti in segno di salute. Ignorò i Soldati della Guardia.

Il colonnello D’Agoult entrò in caserma e vide gli uomini della compagnia.

“L’ordine atteso è arrivato. Domani mattina, 13 luglio, la Compagnia dei Soldati della Guardia deve recarsi a Parigi a soffocare i disordini, con ogni mezzo, collaborando con gli altri reggimenti, francesi e stranieri. Arriva dal Quartier generale. Come sapete, la nostra comandante è a casa sua con il soldato André Grandier: bisogna avvisarla…”

“Vado io”, disse lui, “Hulin, Moreau, venite con me!”

“Questa è una vendetta di quel dannato figlio di puttana di Bouillet!”, disse Gerard La Salle.

“Certo!” rispose lui.

 

Bouillet… oh sì, c’era un Bouillet da fermare, doveva avvisare Mulder e Scully, e anche Skinner, ma quel luogo lo travolgeva di nuovo, non riusciva ad uscirne, c’era qualcosa che doveva impedire anche lì…

 

Le ombre diventavano più lunghe, ma faceva ancora caldo, quando arrivarono nel palazzo dove viveva lei. La vide affacciarsi alle scale e scendere, con dietro Grandier, che la amava da sempre. Non aveva mai visto un simile amore, e non l’avrebbe più visto, ne era certo. Lei era così bella e fiera, non era solo da ammirare, e lui l’aveva ormai capito. Era anche da amare e venerare, aveva ragione Grandier.

“Comandante de Jarjayes, purtroppo l’ordine che attendevamo è arrivato”.

Alain si mise sull’attenti e recitò:

“Domani alle 8 dobbiamo andare a Parigi e usare ogni mezzo per soffocare i disordini”. Sapeva cosa voleva dire, sparare sulla folla, sparare sui civili, e lo sapeva anche lei, era tutto nel suo sguardo il dolore che provava, e la consapevolezza dell’atroce vendetta di Bouillet e dei suoi verso il suo reggimento, per quello che avevano fatto fuori dall’Assemblea nazionale.

Forse aveva troncato qualcosa tra lei e Grandier, sapeva che la comandante si stava facendo un ritratto, e sapeva che aveva chiesto esplicitamente che quello che era stato il suo compagno di una vita tornasse a casa insieme a lei in attesa di ordini.

Erano talmente uniti da sembrare una cosa sola, e di colpo desiderò, anche se quel desiderio gli faceva male, che si fossero amati, e che fosse arrivato appunto a disturbarli, e che si amassero anche dopo. Li immaginò in un lampo, abbracciati, uniti, nelle coltri di un letto, come i protagonisti di una leggenda.

Lei gli disse:

“Vi raggiungeremo più tardi in caserma”.

Lui si diresse verso l’uscita, e pregò di non vederla più, pregò che con il suo André scappassero, fuggissero altrove, si rifacessero una vita. Né lui né gli altri avrebbero mai obbedito a quell’ordine. Doveva andare così, dovevano salvarsi, fosse l’ultima cosa che lui, Alain de Soissons, avrebbe fatto.

 

Sì, doveva fare così, doveva ritrovarli e salvarli. Chiunque fosse adesso e dovunque fosse, e si allontanò pian piano dalle due tombe.

 

Mulder e Scully scesero dall’auto, che avevano parcheggiato in una piazza di Arras, e tirarono fuori alcuni appunti di Camilla.

“Dobbiamo andare all’Archivio”, disse Mulder.

“Certo”, disse Scully, “carina questa Arras, ma chissà se nasconde qualche mistero… oh Mulder, guarda quanto è bella quella collina, suggestiva...” e anche Mulder annuì. Poi si diressero verso l’Archivio di Stato.

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo sesto

Arras, 10,30 AM

“Signora, dobbiamo farle alcune domande, siamo agenti federali, stiamo svolgendo un’indagine...”, disse Mulder all’impiegata dell’archivio, cercando di sfoggiare al meglio il suo francese e di non spaventarla. Del resto, sapeva che poteva anche rifiutarsi di rispondergli, essendo lui appartenente ad una forza dell’ordine straniera.

Però la donna lo guardò gioviale, lusingata, in fondo era il secondo bel ragazzo che vedeva in poco tempo, anche se il nuovo arrivato non lo sapeva. Carina la sua accompagnatrice, chissà se erano fidanzati o amanti, lo sembravano a prima vista.

“Mi dica, se posso esserle utile”.

“Sto svolgendo delle indagini su una cittadina americana, Camilla O’Malley, che è venuta qui a fare delle ricerche sui volontari che partirono per la Guerra d’Indipendenza americana. La persona in questione è questa...” e Mulder mostrò all’impiegata una foto di Camilla.

“Oh certo, l’ho vista… ma è lei che poi...”

Le notizie giravano in fretta in un centro piccolo, anche se Arras non era certo un villaggio sperduto.

“Signora, dobbiamo scoprire cosa le è successo mentre era qui”, disse Mulder.

“Intanto mi chiami Juliette”, rispose lei e poi continuò: “l’ho vista arrivare quel giorno, gentile, cordiale, professionale, ha passato un bel po’ di tempo a consultare materiale, prendendo appunti e ha fatto anche alcune fotocopie. Poi si era fatta ora di pranzo, noi chiudiamo per un’ora, l’ho avvisata, e lei mi ha detto che sarebbe tornata nel pomeriggio, stava bene. Mi ha chiesto se potevo consigliarle un posto dove mangiare, e io le ho suggerito il bistrot La Bonne Table, un locale storico ma alla buona e confortevole qui vicino. Dalla finestra, è rimasta folgorata dal vecchio cimitero sulla collina, lo potete vedere anche voi, ed ha detto che avrebbe fatto due passi fin lì. Mi ha salutata, prendendo tutte le sue cose e se ne è andata. Non l’ho poi vista tornare e ho pensato che magari aveva cambiato idea, una telefonata, un incontro o chissà. Ho saputo in un secondo tempo che l’hanno ritrovata in stato confusionale, ma mentre era qui stava bene, glielo posso giurare.”

“Ottimo, la ringrazio molto”, disse Mulder.

Juliette restò per un attimo perplessa e poi disse, rivolta ad entrambi:

“Sapete, forse c’è davvero qualcosa di strano in quel cimitero...” e poi continuò:

“Quel cimitero che vedete sulla collina, sapete, è stato abbandonato all’inizio dell’Ottocento, subito dopo la Rivoluzione, e raccontano storie strane...”

“Del tipo?”, disse Mulder.

Juliette gli raccontò cosa era successo a lei e a sua cugina anni addietro durante due diverse serate eccitanti, come aveva fatto con Krycek. Mulder sorrise di sottecchi, carine queste storie galanti di adolescenti arrapati, ma lontane dai sequestri alieni o dai mostri mutanti a cui era abituato di solito. Le lucciole erano una cosa così rara, ma bella e suggestiva, le urla in sottofondo potevano anche essere un brutto scherzo di qualche buontempone che voleva divertirsi alle spalle delle coppiette. Però chiese:

“Non ci sono storie di fantasmi e simili qui ad Arras?”

“Sa, agente, qui abbiamo secoli di Storia, e in questa città è successo di tutto. C’è una storia di fantasmi che si aggirerebbero sulla collina, due amanti morti troppo giovani, ma non sono molto esperta di questi argomenti, lei forse ne sa di più, però si parla di cose strane legate a quella collina, come vi ho raccontato, e io sono abbastanza una scettica...”

“Le cose strane sono la mia specialità”, disse Mulder. Potevano esserci sotto fantasmi e possessioni, Camilla non era rimasta incantata dalle lucciole o spaventata da voci strane.

“Mi vengono in mente due cose. Una, oggi ho già parlato di questo con un altro giovanotto che è andato a farsi un giro lì, credo che sapesse qualcosa, o volesse scoprire qualcosa”.

Mulder e Scully si guardarono, aggrottando le sopraciglia. Chi poteva essere?

“La seconda è che c’è una persona che sa tutto di queste leggende metropolitane locali: Florian de Girodel, ha un laboratorio di restauro tessile dall’altra parte della collina, presso il suo chateau, andate magari a trovarlo. E non dimenticate La Bonne Table, un altro buon indirizzo dove mangiare.”

“Ma grazie mille, se abbiamo bisogno ripassiamo.”

A Scully non erano sfuggiti gli sguardi che la signora Juliette, ancora piacente nonostante probabilmente fosse vicina all’età della pensione, aveva lanciato a Mulder. Una leggera punta di gelosia la aveva colpita dentro, non era la prima volta, del resto lui era talmente preso dal suo fervore di scoprire la verità da non vedere e pensare ad altro, e lei si era rassegnata a stargli accanto, a supportarlo, a proteggerlo, senza pretendere qualcosa che di più e di diverso. Ma ogni giorno capiva di amarlo sempre di più, era questa sua passione, questa sua follia lucida, questa sua lealtà, questo suo coraggio, ad averla fatta innamorare di lui.

Mulder era un eroe, e purtroppo spesso gli eroi facevano una brutta fine, ma lei avrebbe fatto di tutto per salvarlo e stargli accanto per sempre. Glielo doveva.

“Sfacciata la signora francese”, disse ad un tratto Scully.

“Un po’. Però questo cimitero mi inquieta, forse un giro ce lo dovremmo fare”, disse Mulder.

“Io lo trovo molto bello e suggestivo”, disse Scully. Era diverso dai cimiteri irlandesi, ma c’era qualcosa di quella magia, del resto alla base c’era una cultura poi non così lontana, sempre i celti erano, anche se con valenze diverse.

“Ma io prima vorrei parlare con quel Girodel o come si chiama”, disse Mulder.

“Ti interessano le storie di fantasmi di questa zona della Francia?”, chiese Scully.

“Quello che sta succedendo a Camilla potrebbe sembrare un caso di possessione spiritica, ricordati che racconta di essere una donna dell’epoca della Rivoluzione”, disse Mulder, “è un terreno che conosco poco, magari ci racconterà qualcosa di interessante questo signor Girodel”.

 

Mentre andavano in là, Scully consultò alcune notizie che aveva trovato su Arras:

“In epoca rivoluzionaria Arras diventò famosa perché diede i natali a Maximilien de Robespierre, uno dei capi, che finì poi tragicamente la sua vita.”

Superarono il fiume Crinchon e arrivarono abbastanza in fretta alla casa di Girodel, che era davvero un vero e proprio castellotto. Ma lui non c’era, purtroppo.

Un ragazzo gentile li accolse e disse:

“Mi spiace, ma dovrete ripassare: il signor Florian è a Londra, come consulente per una mostra di arazzi al Victoria & Albert Museum, tornerà tra due o tre giorni, comunque vi lascio i recapiti, se volete ricontattarci. Se volete visitare il castello e il laboratorio siete i benvenuti”.

“Grazie, tanto dovremo tornare”, disse Mulder, guardandosi attorno. Quel castello era un piccolo gioiello, ed era vivo, con stanze in cui giovani e meno giovani restauravano antichi manufatti, non solo tessili.

Accettarono comunque di fare un rapido giro, chiedendo anche al giovane se conosceva Camilla, ma non l’aveva vista. Del resto, quel posto era fuori dai giri che la ragazza aveva fatto. Ad un tratto, passando in un corridoio, Scully sbirciò con curiosità attraverso una porta socchiusa e vide un qualcosa dentro che la colpì: alla parete del salotto che era dietro la porta era appeso un quadro di una bellezza incredibile.

“Mulder, guarda questo quadro...”

Mulder si avvicinò e restò incantato: il soggetto era mitologico, un cavaliere biondo era su un destriero bianco vestito nella foggia di una divinità greca, probabilmente di Marte. Ma era unico tutto l’insieme, c’era qualcosa di potente e possente, oltre che di una bellezza senza fine.

Nelle loro vite, erano stati colpiti da tante opere d’arte, anche molto belle, ma questa era unica.

“Ah”, disse la loro guida, “questo quadro è particolare, e pensate che è una copia, l’originale pare che fosse ancora più bello.”

“Davvero?”, chiese Scully, incredula.

“Il signor Florian vi racconterà poi la storia, pare che questo quadro fu commissionato da un suo avo che si era innamorato della donna ritratta e che ne volle una copia come unico ricordo di lei dopo che l’aveva persa, allora non era facile come oggi con le foto...”

“Una donna?”, notò Scully, poi guardò meglio il dipinto e sì, anche se era in abiti maschili, era una donna, una donna incredibile, fuori dagli schemi. Una donna che era stata amata, e anche molto.

Mulder e Scully rimasero per un po’ ad ammirare il ritratto, c’era qualcosa che affascinava entrambi.

“Quante storie potrebbero raccontare questi dipinti se potessero parlare”, disse Mulder e poi aggiunse: “Scully, ci facciamo un giro al vecchio cimitero?”

“Beh, direi di sì e poi magari torniamo verso Parigi”.

 

Walter Skinner era andato a casa di Camilla e Angélique: Camilla era seduta su una poltrona, con il gatto in braccio, che canticchiava un motivo classico, come un minuetto.

“Mi sento impotente, comunque i miei due agenti vedranno di darvi una mano. Mulder è uno psicologo, potrebbe aiutare Camilla parlandole, non oso pensare cosa le sia successo...”

“So che state facendo il possibile”, disse Angélique, “comunque mi è venuto in mente che Camilla è andata spesso nel centro di documentazione Lafayette, a due passi da place de la Bastille, dove c’è molto materiale in tema, del resto è intitolato ad un eroe nostrano della vostra Guerra d’Indipendenza. Magari non sarebbe male fare un giro lì, è un posto aperto al pubblico...”

Skinner fu felice di rendersi utile, e si diresse verso quel posto. Mentre andava in là pensò a quell’uomo che aveva incontrato la sera prima, Augustin, e alla sua segreta pena, ripromettendosi poi di prendere in un momento in pieno giorno l’auto e di cercare di capire dove l’aveva lasciato.

 

Era quasi l’alba e presto sarebbe arrivato il momento che nessuno voleva arrivasse. Non aveva dormito, come nessun altro, e aveva atteso, lei non era ancora arrivata, ma non avrebbe tardato. Ed eccola, anzi eccoli, sentiva i loro cavalli che entravano nel cortile, e poi i suoi passi decisi, con dietro quelli di lui, il suo angelo custode.

Lei, la nobile che era venuta a comandarli, con l’uomo che la amava più della sua vita, entrarono nella camerata.

“Soldati della Guardia, è necessario che io vi parli...”

E lì capì che le cose sarebbero andate in maniera diversa da come avevano pensato… ma a questo punto erano in pericolo, loro due erano in pericolo e lui doveva salvarli, ovunque si trovasse adesso… Perché quello che era poi successo non doveva più succedere, mai più.

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo settimo

Arras, 3 PM

Mulder e Scully si guardarono attorno: quel cimitero era… particolare e molto suggestivo. Si vedeva che era pieno di Storia e di passato, ma anche che era ancora frequentato, i sentieri erano ben battuti e una colonia di gatti in forma suggeriva presenze costanti, per cura degli esseri viventi e dei morti, e anche magari per qualche bravata, ma innocua, non c’erano segni di vandalismo e incuria.

“Se queste pietre potessero parlare...”, disse Mulder ad un tratto.

“Probabilmente qui ci possono essere fenomeni come fuochi fatui e simili”, disse Scully.

“E senz’altro ci sarà chi fa il buontempone, tenendo conto che è un posto che piace o piaceva alle coppiette”, notò Mulder. Ma c’era qualcosa di incantevole e arcano, che aumentava man mano che salivano sulla collina.

Lacrime… c’era l’eco di tante lacrime. Del resto era un cimitero, dove tanti anni prima erano state sepolte persone amate in vita e perse per sempre. Le pietre tombali erano consumate dalle intemperie, ma si leggevano date di nascita e di morte, e con una stretta al cuore Scully notò la lapide di una Martine, una bambina vissuta tre anni, a metà Settecento, meno della sua piccola Emily, la bambina che aveva ritrovato per poi perderla.

C’erano delle ombre intorno a loro, ombre nel sole, ombre di un giorno tanto caldo, più caldo di quel giorno. Piedi che salivano quel sentiero, tra i singhiozzi, portando su due morti. Un prete, davanti a tutti, che recitava la preghiera dei morti in latino. C’erano uomini in uniforme che portavano i caduti: un uomo più anziano si era avvicinato per dare una mano, ma era stato allontanato.

Aveva sfiorato una delle due bare da cui spuntava un sudario, mentre qualcuno borbottava:

“Guarda, guarda, la tracotanza è ora sparita...”

“Ma abbiate pietà di lui”, diceva una giovane donna bionda, che sorreggeva un’anziana senza lacrime, distinta, che nessuno invece offendeva, anzi guardavano tutti con rispetto.

Salivano verso l’alto della collina…

Mulder e Scully sbatterono gli occhi, ma cosa era loro successo? Non c’era nessun funerale lì, ma era come se l’avessero visto.

Di colpo si fermarono: in cima alla collina c’era… qualcosa che non avevano mai visto, due croci con pietre tombali avvolte da una pianta di rose selvatiche, rose bianche sgargianti, che brillavano di una luce strana.

“C’è qualcosa di unico, quasi di sacro e di magico”, disse Scully e sentì come un brivido lungo la schiena.

“Già”, rispose Mulder, sentendo anche lui un brivido. Ricordò un modo di dire, sento un brivido come se qualcuno camminasse sulla mia tomba. Lì sotto era sepolto qualcuno di importante e di unico, due persone a vedere le tombe, due vite spezzate, due futuri mai realizzati, due destini che si erano infranti, distruggendo ogni altra loro possibilità.

Scully si avvicinò alle due tombe, erano toccanti, era tutto molto strano da quando era entrata in quel cimitero con Mulder, il ricordo di Emily, quella strana sensazione molto reale che aveva provato, come se stesse vedendo un funerale di oltre due secoli prima, e ora queste due tombe.

“Mulder, tu capisci meglio il francese di me, qui c’è un’iscrizione...”

Mulder si avvicinò e qualcosa lo colpì:

caduti il 14 luglio 1789

aggiungendo il loro nome a quello di tutti coloro che,

donando la loro gioventù alla causa della Rivoluzione,

con il bianco della lealtà, con il rosso del coraggio,

con l'azzurro acciaio delle loro spade,

hanno contribuito a tessere

il tricolore della Francia libera e repubblicana.

“Che caso fortuito Scully, due morti durante la presa della Bastiglia. Non si leggono più i loro nomi, sono invasi dagli arbusti delle rose...”

“Dici che potrebbe esserci un legame con Camilla?”, disse Scully. C’era qualcosa che non le tornava. Le rose, la lapide, le croci, quelle strane sensazioni che la avvolgevano.

“Probabilmente è venuta qui. Sapessimo cosa le è successo qui… Dobbiamo parlare con Girodel”.

“Le tombe, Mulder. E quel quadro, come se fosse tutto legato...”, notò Scully.

“Mi stupisci, non eri tu la scettica? C’è però qualcosa di strano in questo posto”, fece Mulder, che poi aggiunse: “ma tanto dobbiamo tornare qui ad Arras, magari sento i Lone Gunmen se riescono a scoprire qualcosa in più su questa faccenda, sono sempre più convinto che ci sia una possessione di fantasmi. Ma sai cosa? Potrei provare a usare l’ipnosi con Camilla, o cercare qualcuno che lo sappia fare.”

Si allontanarono a fatica, sotto il sole.

Il sole scaldava, scaldava tanto. Misero i due corpi avvolti in un mantello nella terra. Il prete iniziò ad alzare la mano per benedire, mentre tre uomini in uniforme, tre montagne di uomini, grandi e grossi, singhiozzavano ormai apertamente. L’anziano si avvicinò alla fossa, le guance solcate da lacrime, e guardò i due corpi esanimi. Li avevano puliti, sembrava che dormissero, due sposi uniti da un eterno legame.

“Non potete perdonarmi e io non avrò pace, anche lei l’ha detto...”, mormorò, abbassando il capo e allontanandosi.

Mulder e Scully uscirono dal cimitero e quella strana sensazione li lasciò. Non ne parlarono, come non parlarono dei sogni che avevano fatto la notte precedente.

 

Walter Skinner fece un giro al centro di documentazione Lafayette, dove trovò persone che si ricordavano di Camilla, ma che non lo aiutarono più di tanto. Il posto era interessante, con documenti simili a tanti che aveva visto oltreoceano, vicino a casa sua.

Aveva fatto una bella passeggiata, dal Marais a Place de la Bastille, ma ora era un po’ stanco, anche se notò con piacere i tanti locali e negozi che erano lì vicino, e decise di prendere la metropolitana, anche se per poche fermate. Del resto, Mulder e Scully ormai non dovevano tardare, gli era arrivato un sms da Mulder che diceva che erano sulla via del ritorno.

Guardò la colonna che sorgeva al posto della famosa fortezza, che incuteva così tanta paura e rabbia ai parigini da venire poi distrutta dopo essere stata presa: anni prima era stato con Sharon a visitare il carcere di Alcatraz, e ricordava ancora l’angoscia che aveva provato. Qui doveva essere stato peggio allora, certo che ora l’atmosfera era cambiata e senz’altro in meglio.

Skinner scese nella stazione della metropolitana, e notò con sorpresa che c’erano ancora dei muri della Bastiglia, diventati attrazione turistica. Il treno non era ancora arrivato e si guardò attorno, era senz’altro una stazione curiosa. E a quel punto lo vide.

C’era Augustin davanti a un pezzo di quel muro. Augustin a capo chino, con una mano appoggiata alla pietra.

Skinner gli si avvicinò:

“Ma buona sera, come sta? Ero preoccupato per lei...”

Augustin si girò a guardarlo e Skinner vide che aveva gli occhi lucidi:

“Oh, non merito la vostra preoccupazione, ma siete molto gentile. Dovete essere un uomo buono e nobile, non come me.”

Skinner stette zitto, a volte pensava alla follia che era stata la guerra in Vietnam e a quello che aveva fatto: no, non era un santo. Chissà cosa gli era successo.

“Sapete, io vengo spesso qui, dove l’ho persa. Mia figlia è morta qui, il suo amore è invece morto alcune ore prima… Caduta in battaglia, da soldato, come l’avevo fatta diventare, del resto non voleva più vivere senza il suo lui, me lo disse la sua protetta...”

Skinner decise che doveva dargli una mano, percepiva il suo dolore ed era davvero enorme:

“Augustin, mi ascolti, sono qui a Parigi con un mio agente, lui è anche un fine conoscitore della mente umana, ha sofferto e sa aiutare chi soffre. Sarebbe bello che vi parlaste...”

Augustin scosse la testa:

“Siete molto buono, ma non merito aiuto. Sapete, mi dissero che quel maledetto de Launay ordinò esplicitamente di sparare a mia figlia perché comandava gli insorti. Lo avrei voluto uccidere io, ma anch’io avrei meritato la sua fine, la fine che gli fecero fare una volta entrati là dentro...”

Skinner cercò di fare mente locale, di ricordare cosa era successo a Parigi in quegli anni. Un atto terroristico? Un attentato, o qualcosa di simile? Diceva cose strane quel poveretto.

“Vuole che la accompagni a casa?”

“No, grazie, oggi non è ancora finito il mio calvario...”, rispose Augustin.

Di colpo, una folla urlante, che Skinner individuò subito come tifosi calcistici, invase la stazione della metropolitana, e travolse gli astanti. Cercò di vedere dove fosse finito Augustin, ma lo aveva perso di vista e in quel momento stava arrivando il treno. Suo malgrado, fu trascinato nel convoglio, e solo quattro fermate dopo riuscì a scendere. Doveva ritrovare Augustin e doveva parlarne con Mulder, ma, mentre pensava questo, il suo cellulare squillò: era Scully, che gli comunicava che erano tornati da Arras, senza grandi novità, ma forse con una pista anche se labile da seguire.

 

Come sapete, il nostro reggimento domani sarà a Parigi. L’ordine che abbiamo ricevuto è collaborare con le altre truppe e soffocare la rivolta armata con qualunque mezzo. Questo vuol dire sparare sulla folla. Probabilmente ci saranno i vostri amici, i vostri parenti, tra la folla. Se vi dessi l’ordine di aprire il fuoco, sono certa che alcuni di voi non lo farebbero, e io questo lo capisco. Vi parlerò con molta franchezza, vi dirò quello che farò io, ma è una scelta personale.

Ho deciso di rinunciare all’uniforme e di non essere più il vostro comandante; e questo perché l’uomo che io amo, l’uomo della mia vita, forse mi chiederà di battermi insieme al popolo in rivolta. E io lo farò…

Amici, io ora sono la compagna di Andrè Grandier e come tale seguirò il mio uomo, qualunque cosa faccia. Tutto sommato, la mia è una scelta facile, per voi forse non lo sarà altrettanto, e giuro che mi dispiace.

Andrè, ora dimmi quello che devo fare. Lo sai, sono pronta a seguirti comunque.

 

Che donna che era, era davvero da amare, non solo da ammirare. Allora non sarebbero diventati degli assassini, allora avrebbero combattuto per la libertà, del resto da lei c’era da aspettarsi questo. Ma lui avrebbe dovuto liberare lei e lui dai loro obblighi, fare in modo che trovassero il loro angolo di felicità dove amarsi, buttarsi lui nella mischia con i suoi compagni. Ma non lo fece, fare l’eroe lo attirava troppo, stare sotto il suo comando anche…

E ora doveva ritrovarli e salvarli, a qualsiasi costo, perché quella giornata aveva portato solo lutto. Maledetto Bouillet, maledetti tutti. Iniziò a cercarli, qualcosa gli diceva che non erano lontani, ovunque si trovassero adesso. Non dovevano morire, non di nuovo.

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo ottavo

Parigi, 19 e 30 PM, casa di Camilla O’Malley e Angélique Grandy

“Posso provare a dare una mano a Camilla cercando di indurre una trance ipnotica, non sono molto competente, ma posso tentare”, disse Mulder e poi aggiunse: “ Ma Camilla come sta?”

“Il solito, sta seduta tranquilla in casa guardando fuori, canticchia canzoni antiche e coccola il gatto, e quando parla… non è più lei!”, disse Angélique.

“Potrebbe trattarsi di una possibile possessione di uno spirito, è la cosa più vicina a quello di cui ci occupiamo noi”, disse Mulder, notando l’espressione scettica di Angélique.

Scully batté la mano in maniera stizzita contro il tavolino che aveva di fronte alla sua poltrona.

“Mulder! Le rose!”

“In che senso Scully?”, chiese lui.

“Camilla ha le mani graffiate da quelle che sembrano ferite da spine di rosa, e lassù su quella collina tutte quelle rose… potrebbe esserci da qualche parte qualche sostanza allucinogena, magari sulle spine, dobbiamo tornare là!”

“Hai ragione, Scully. Ma tanto abbiamo in programma di andare di nuovo ad Arras, anche perché dobbiamo parlare con quel signor Girodel.” Mulder era colpito dall’intuizione di Scully, cosa avrebbe potuto fare senza di lei? Impensabile poter fare a meno di quella che non era solo una collega, era la sua ombra, l’unica persona con cui si sentiva davvero a suo agio e completo.

Tornarono in albergo, Skinner era silenzioso, non sapeva se parlare o meno a Mulder soprattutto dei suoi strani incontri con Augustin, quell’anziano che diceva cose così strane.

Mulder andò in camera sua dopo aver salutato Scully, e quando la vive allontanarsi verso la sua stanza provò una sensazione di vuoto, per un attimo ebbe il desiderio di correre dietro a lei e chiederle di rimanere insieme sempre, un pensiero folle che scacciò subito, le aveva già chiesto troppo della sua vita.

Poi fece un po’ di zapping alla televisione, soffermandosi ad un certo punto su un vecchio sceneggiato tratto dal romanzo di Alessandro Dumas padre Il cavaliere di Maison Rouge, dove si parlava della Rivoluzione francese e del tentativo di far evadere la regina Maria Antonietta. Mulder ricordò di aver letto un articolo, probabilmente in rete, in cui si parlava dell’influenza che le storie dell’immaginario possono avere sulla vita delle persone, al punto da far loro confondere realtà e fantasia, e si chiese per un attimo se a Camilla potesse essere successo qualcosa del genere. Ma l’intuizione di Scully con i graffi delle rose era senz’altro da considerare.

Mulder si sentiva stanco, il jet lag si faceva sentire ed era stata una giornata pesante… chissà come andava a finire quello sceneggiato, senz’altro non tanto bene…

 

Era arrivata a casa sotto la pioggia, quella pioggia che le stava facendo male, anche se cercava di non pensare a quella tosse e a quel rivolo di sangue che aveva macchiato il suo guanto.

Sapeva cosa aveva fatto, ma non poteva lasciare che quegli uomini che stimava venissero attaccati e trattati peggio delle bestie da un potere che non voleva riconoscerli. Aveva fermato lui, il suo ex secondo, dal fare quell’infame sgombero, facendo leva non solo sulla lealtà che aveva per lui, ma anche per l’amore che provava nei suoi riguardi, un amore infelice, e che lei non poteva contraccambiare.

Doveva ora pensare a salvare i suoi dodici soldati, che si erano rifiutati di eseguire l’ordine venuto dall’alto e che erano stati portati in prigione, ed era tornata a casa con chi stava con lei da sempre, con chi era legato a lei da una vita, con chi la amava più della vita e che ora anche lei sapeva di amare da quando aveva memoria. Ma come poteva adesso dichiararsi a lui, dopo a come l’aveva respinto e umiliato, sapendo cosa le stava succedendo? Già l’aveva seguita nella sua ribellione, ora dovevano trovare il modo di liberare i loro compagni, non doveva finire così.

Madamigella, vostro padre vi attende nel suo studio”.

Conosceva il rigore di suo padre e il suo attaccamento al re, ma lei non aveva potuto acccettare un ordine così iniquo. Doveva affrontarlo, e sapeva che questa volta sarebbe stata dura.

Il padre la attendeva in piedi, scuro in volto, immobile. Sentiva che nascondeva tutta la rabbia che lei conosceva bene per certi suoi sfoghi violenti in passato dentro.

Siediti Oscar e togliti i gradi”.

Padre, io...”

Non c’è niente da dire. Quello che hai commesso è imperdonabile, quando in una famiglia devota alla corona viene commesso un tradimento, la soluzione può essere solo la morte”.

Certo, bisognerebbe puntarsi una pistola alla tempia, ma io devo pensare ai miei dodici soldati, che sono stati rinchiusi in prigione per essersi rifiutati di obbedire all’ordine di sgomberare l’Assemblea, e loro non meritano di morire. Non temo la morte, ma non posso sopportare l’idea che la mia morte sia senza senso e senza scopo, se servisse a salvarli la accetterei volentieri...”

Non devi aggiungere altro, ormai è troppo tardi. Non devi avere paura, ti ucciderò chiedendo perdono a Dio e poi ti seguirò, tanto la mia vita non ha più senso e anch’io sono responsabile del tuo tradimento...”

Quindi causerò la vostra morte?”

Era disperata, ma rimase immobile e capì che suo padre non sarebbe mai cambiato, che il suo senso dell’onore era più importante di tutto, era una follia a cui era disposto a sacrificare tutto.

Suo padre le andò alle spalle e lei sentì lo spostamento d’aria portato dalla spada. Tra poco, pochissimo, sarebbe stata colpita e uccisa, e tutto sarebbe finito. I suoi uomini sarebbero stati giustiziati, e lei non avrebbe mai detto al suo amore quanto lo amava, non gli avrebbe mai chiesto perdono per come si era comportata… era davvero tutto finito così?

Ci fu lo schianto di un tuono, un lampo illuminò la stanza e lei sentì un urlo, mentre la porta si spalancava. Suo padre fu scagliato contro il muro da lui, il suo amore di una vita, che mai avrebbe voluto vederla morta.

Non vi permetterò di ucciderla, non vi permetterò!”

Mulder si riscosse, si era addormentato, ma cosa era quello strano sogno? Era reale, sembrava reale…

 

Scully si preparò per la notte pensando a Mulder e alla sua ostinazione, a quanto avrebbe voluto potergli stare ancora più vicino e confortarlo, ma percepiva come un muro intorno a se stesso e al suo cuore, un muro impenetrabile.

La teoria della possessione di uno spettro era affascinante, molto da Mulder, del resto L’esorcista era uno dei suoi film preferiti, ma forse poco verosimile. Una sostanza allucinogena sulle spine poteva essere una teoria interessante e forse più plausibile, anche se doveva essere ben forte da continuare a fare effetto. O altrimenti, cosa poteva esserci sotto?

Scully fece un attimo zapping sui canali televisivi e notò un vecchio sceneggiato tratto da Il cavaliere di Maison Rouge: fatto bene, avvincente, ma chiaramente un’interpretazione moderna di una storia del passato. Camilla sembrava che vivesse davvero in quel periodo. Ma lei era stanca, aveva sonno, non riusciva a seguire...

 

Cosa è successo? Il padrone aveva un’aria così dura e preoccupata”.

Le parole di sua nonna gli fecero passare un brivido nella schiena. Conosceva di cosa era capace il conte e generale, e non poteva lasciarla da sola con lui. Avevano commesso un atto forte e coraggioso, ma per molti questo era un tradimento, e si biasimò per essere tornato a palazzo con lei e non averla convinta a nascondersi da qualche parte in attesa che si calmassero le acque.

Con il cuore in gola, andò verso lo studio del padrone, si avvicinò e sentì alcune parole che lo raggelarono. Aprì di colpo la porta, in tempo per vederlo brandire la spada, pronto ad uccidere lei, la sua amata e gli si buttò addosso, portandolo lontano da lei.

André! Ma che cosa vuoi fare? Vattene, VATTENE!” Il padrone non l’aveva presa bene, ma lui non poteva lasciarlo fare.

No, non me ne vado, signor Generale, non me ne vado: non vi permetterò di uccidere Oscar...” e puntò una pistola contro di lui.

Badate: sono pronto a sparare; non vi muovete, perché io adesso andrò via insieme ad Oscar.”

Il padrone lo guardò in maniera feroce, ma anche con l’aria di chi ha capito tutto da molto tempo.

Cosa? Tu vorresti scappare con Oscar?!”

Inutile nasconderlo.

Sì.”

E magari vorresti sposarla, non è vero?”

Sarebbe successo solo se lei l’avesse voluto, non voleva forzarla, mai più ma lui rispose:

Sì.

No, sarebbe una grossa sciocchezza, perché la differenza di rango che esiste tra voi non si cancellerebbe mai!” Ah, il padrone si attaccava ancora a quello. Doveva dirgli qualcosa.

Permettetemi una domanda: che cosa significa rango? Non siamo tutti uguali forse?”

Un nobile prima di sposarsi con qualcuno di rango inferiore deve chiedere il permesso a Sua Maestà il Re!”, disse il conte e generale. Ma il re e la regina avrebbero approvato, ne era certo e comunque aggiunse:

Bisogna forse chiedere il permesso per amare?”

Il padrone gli fu addosso, lo schiaffeggiò, maledetto occhio che l’aveva tradito, e lo insultò, e lui sentì chiaramente lei che sussultava dietro.

Basta, André! Mi dispiace: non posso perdonarvi!” E a questo punto, visto che tutto era perduto, c’era solo una cosa da chiedere:

Allora se ci dovete uccidere, uccidete prima me, perché se mi uccidete dopo sarò costretto ad assistere alla morte della donna che io amo.”

La sentì che si commuoveva dietro di lui, non doveva finire così.

Il padrone e generale disse:

Farò come vuoi: ti ucciderò per primo, André.”

Lo vide alzare la spada, doveva alzarsi, doveva girarsi verso di lei e stringerla, sarebbero morti insieme, per sempre uniti… ci furono un lampo e un tuono…

Scully aprì gli occhi: era come se avesse vissuto davvero quel momento. Ma che sogno era?

 

Skinner controllò sul cellulare, non c’erano state chiamate di Krycek. Poi scrisse un messaggio a sua moglie Sharon e fece un po’ di zapping televisivo, beccando la partita di calcio che aveva attirato quei tifosi che l’avevano diviso da Augustin. Ne doveva parlare con Mulder, più per solidarietà che per altro. Non aveva sonno, c’era quel nome, de Launay, che gli era tornato in mente. Decise di scendere un attimo nella sala dell’albergo dove c’erano a disposizione dei computer con Internet per i clienti (NdA la storia è ambientata a fine anni Novanta, Internet era meno facile da usare), voleva capire cosa c’era di vero in quei racconti e cosa era questa tragedia di cui parlava quel poveretto.

Digitò de Launay e quando venne fuori il risultato della ricerca sussultò:

Bernard de Launay era il comandante della guarnigione di stanza alla Bastiglia il 14 luglio del 1789. Impopolare da tempo presso il popolo parigino, esacerbò gli animi puntando i cannoni della fortezza contro la città nella notte tra il 13 e il 14 luglio e minacciando di far esplodere la polvere da sparo conservata all’interno di uno dei torrioni che avrebbe raso al suolo interi quartieri. Ma l’odio degli assedianti verso di lui fu soprattutto esacerbato dal fatto che ordinò esplicitamente di colpire il comandante degli insorti, la nobile di nascita Oscar François de Jarjayes, che capitanava un reggimento di Guardie francesi che si erano uniti ai rivoltosi. Quando i parigini, con i sottoposti della comandante, mortalmente ferita poco prima, riuscirono ad entrare nella fortezza, sfogarono la loro rabbia sull’uomo, che non mostrò nessun pentimento, e lo linciarono, mettendo la sua testa poi su una picca, prima di una serie di macabre esecuzioni.

Skinner restò immobile a leggere quelle frasi. Ma come poteva essere possibile tutto questo? Ma chi era Augustin?

 

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Capitolo 10
*** Capitolo nono ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo nono

Parigi, 8 e 45, Hotel Lanclos, Marais

“Così oggi tornate ad Arras?”, chiese Skinner.

“Certo”, disse Scully, “ci sono quelle spine di rose da esaminare, ho già preso contatto con il laboratorio scientifico della Polizia a Saint Denis o altrimenti proverò alla Sorbona a Medicina”.

“E poi dobbiamo vedere se è tornato Monsieur Girodel da Londra, anche se mi sa che arriverà domani o dopodomani”, disse Mulder, “anche se incontrarlo è più una curiosità che altro.”

“Ottimo. Io starò qui a Parigi nel caso Angélique e Camilla abbiano bisogno di qualcosa.” E poi voglio chiarire una certa cosa, ma questo Skinner lo tenne per sé, anche se sentiva che era legato in qualche modo con la loro indagine. Forse Augustin era solo un pazzo, ma voleva capirci qualcosa di più.

Mulder e Scully si misero in viaggio per Arras: quello strano sogno che avevano fatto entrambi li aveva lasciati perplessi, nessuno dei due ne parlò, ma ognuno per conto proprio pensò che fosse un effetto collaterale del jet lag, con qualche influenza del caso su cui stavano lavorando.

 

Skinner passò a casa di Camilla e Angélique.

“Come state?”

“Guardi, i suoi colleghi sono tornati ad Arras, vero? Forse ho un contatto con uno psicologo forense che potrebbe indurre una trance a Camilla, anche se non so più cosa pensare e non voglio che corra rischi.”

“Come sta?”, disse Skinner e di colpo sentirono dei rumori provenire dal salotto. Arrivarono lì e videro che Camilla aveva preso una tela da pittura, l’aveva messa su un cavalletto e ci stava disegnando sopra.

Skinner notò che Angélique aveva l’aria perplessa e anche un po’ spaventata.

Camilla si girò per un attimo verso di loro e disse:

“Il povero visconte mi ha chiesto di fare una copia del suo ritratto...” e poi continuò il suo lavoro.

Skinner disse ad Angélique:

“L’arte può aiutare chi ha disagi emotivi e psichici, se ci fosse qui Mulder glielo direbbe meglio senz’altro.”

“Ma lei non capisce… quella tela e quei colori erano in casa perché un nostro amico, un artista, voleva venire a fare un ritratto ai nostri gatti, come regalo per noi. Camilla non sa disegnare...”

Skinner si girò a guardare Camilla che, con un carboncino in mano, percorreva con linee e curve la tela:

“Si direbbe proprio il contrario...”

 

Walter Skinner prese l’auto a nolo e ripercorse di giorno la strada verso Jossigny che aveva fatto un paio di sere prima con Augustin. Man mano che andava avanti le case si diradavano, passò accanto ad un capannone, ad un paio di centri commerciali e poi a varie villette, finché non si trovò in un viale alberato senza costruzioni in vista. Ricordava alcune cose che aveva notato, appunto le insegne degli ipermercati, e qualche luce delle case, e poi che Augustin si era fatto lasciare in mezzo agli alberi. Doveva essere più o meno nel posto giusto: parcheggiò l’auto e scese e cominciò a guardarsi attorno. Lì per lì gli sembrò che ci fossero solo alberi, e anche se aveva rivisto Augustin il giorno precedente, si rimproverò per aver lasciato un uomo anziano da solo in un posto così fuori mano e poco frequentato.

Poi, però, Skinner notò una strada secondaria, nascosta dagli alberi e dalle siepi, e la percorse, fino ad arrivare di fronte ad un antico cancello di ferro battuto. Oltre al cancello sorgeva un castello, bello ma dall’aria decisamente un po’ in disarmo. Forse Augustin abitava lì, un un posto così isolato e scomodo?

Proteggere gli innocenti… questo aveva giurato Walter Skinner quando era entrato nell’FBI, e pensava che questo comprendesse anche un uomo come Augustin, che dava l’aria di soffrire davvero tanto per le sue pene segrete. Il cancello era aperto e lui percorse il viale verso il palazzo, notando due fontane che non zampillavano più e un edificio più basso, probabilmente la stalla. Senz’altro, questo posto aveva conosciuto tempi migliori e anche di grande splendore, ma ora non era più così, anche se qualcosa gli diceva che non era disabitato.

Skinner arrivò davanti al portone, ammirando l’architettura del palazzo, notò che non c’era un campanello, alzò il battacchio e bussò, ma la porta si aprì da sola. Entrò nel palazzo, notando la muffa su alcune pareti, ma anche la bellezza di alcune decorazioni e mobili e iniziò a girare per le stanze, non trovando nessuno. Capì presto che in quel palazzo non esisteva la corrente elettrica, si viveva come duecento anni prima. In una stanza in cui entrò vide che c’erano mobili rotti, un tavolo di legno con le gambe segate, due poltrone sventrate, dei vetri per terra, atti di vandalismo, ma che avevano l’aria di non essere recenti, ma di essere avvenuti molti anni prima, secoli prima.

Ad un tratto, entrò in un’altra sala e si arrestò di colpo. Sulla parete c’era un quadro, un quadro antico, del XVIII secolo probabilmente, che raffigurava un cavaliere biondo su un destriero bianco, nei panni di una divinità classica, probabilmente il dio Marte. Raramente Skinner aveva visto qualcosa di così bello, e si chiese come si fosse salvato da razzie e vandalismi, e anche dai possibili furti. Era anche in ottimo stato e non era impolverato come altre cose che c’erano lì dentro, belle magari, e del resto la guerra contro la polvere era persa in partenza. Era come se qualcuno lo continuasse a curare, perché era una cosa importante, viva. Chissà chi era raffigurato lì. Skinner guardò il cavaliere ed ebbe un’intuizione, anche se in panni maschili quella raffigurata era una donna. Le parole di Augustin e quello che aveva scoperto su quel de Launay… e se fosse stato tutto collegato? Inoltre, quel ritratto aveva qualcosa di familiare.

In quel momento, il cellulare di Skinner suonò.

 

Scully si chinò sulla lapide in pietra della collina di Arras, tirò fuori un paio di forbici dopo aver indossato i guanti e tagliò una spina, a fatica, e per un attimo sentì un dolore acuto, che dal petto si irradiava in tutto il suo corpo. Anche Mulder gemette. Facendo attenzione a non pungersi, Scully mise la spina, grossa, con un paio di foglie della rosa in un sacchetto per le prove: durante il viaggio verso Arras le era arrivata comunicazione dal laboratorio della Polizia scientifica di Saint Denis che erano disponibili a fare gli esami richiesti. Cercò di non toccare e danneggiare altro, quell’insieme di fiori era qualcosa di unico.

Ad un tratto notò che era visibile un altro pezzo della lapide: c’era un nome, Oscar… un nome che le era familiare, le ricordava il suo sogno. Non vi permetterò di uccidere Oscar, ed era stato come se l’avesse detto lei stessa.

Mulder la guardava perplesso, poi di colpo rispose al telefono che era squillato in quel momento:

“Scully, mi ha richiamato monsieur Girodel, è tornato da Londra e ci riceve volentieri quando possiamo passare”.

“Allora andiamo”. Scully guardò quelle due tombe e provò uno struggimento incredibile, come se là dentro ci fosse qualcuno che lei conosceva bene da sempre, e anche un pezzo della sua vita. Non sapeva che anche Mulder stava provando la stessa cosa.

 

Skinner rispose al telefono, una voce di uomo gli si rivolse prima in francese e poi in inglese.

“Signor Walter Skinner?”

“Sono io, chi parla?”

“Sono il commissario di polizia Marcel Giraud, di Arras.”

Skinner tremò, pregando che non fosse successo niente a Mulder e Scully.

Giraud continuò:

“La chiamo perché con i miei colleghi abbiamo trovato il suo nome e numero in tasca ad un uomo che si trova qui ad Arras in stato confusionale. Il suo numero di telefono è l’unica cosa identificativa che aveva addosso.”

Skinner capì che doveva essere Krycek, e chiese:

“In che senso è in stato confusionale?”

“Dice cose strane, come quella ragazza che abbiamo trovato qui in zona qualche giorno fa. Dice di chiamarsi Alain e di essere un Soldato della Guardia e di dover fare qualcosa alla presa della Bastiglia, il 14 luglio 1789...”

Skinner vacillò: un altro caso come quello di Camilla.

“Vedrò di venire al più presto!” Forse era davvero tutto collegato.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo decimo

Skinner imprecò: non appena mise in moto l’auto a nolo per allontanarsi dal viale di Jossigny, si accese la spia del carburante. Poi si ricordò che non lontano aveva notato un distributore di benzina e cercò di raggiungerlo.

Una coppia di anziani che sembravano usciti da un film noir con Jean Gabin degli anni Cinquanta gli vennero incontro affabili: riuscivano a spiccicare anche qualche parola di inglese, di sicuro se la cavava meglio lui con la lingua di Molière, ed avevano anche voglia di scambiare due parole.

“Monsieur, fa piacere avere ogni tanto un cliente, da quando hanno aperto quel monstre di centre commercial più avanti qui non viene quasi più nessuno”, gli disse lei.

Skinner pensò per un attimo che avrebbero potuto essere due assassini e farlo sparire, ma poi scacciò quell’idea.

“Come mai da queste parti?”, gli chiese l’uomo.

“Ho voluto fare un giro in cerca di una persona che ho aiutato l’altra sera, per capire dove viveva”, disse Skinner.

I due si guardarono e poi dissero all’unisono:

“Ah, Augustin gira ancora.”

“Certo, è proprio il signor Augustin la persona di cui parlo, ho trovato un palazzo bello ma in disarmo e senza luce elettrica..”

“Lui vive lì da tanto”, disse la donna, “del resto non ha altre possibilità..”

“Ma bisognerebbe che qualcuno lo aiutasse!”, disse Skinner, che sapeva quanto fosse efficiente lo stato sociale francese. Possibile che nessuno lo potesse aiutare? D’accordo, non viveva per strada, ma era anziano e stava da solo in un castello senza luce né riscaldamento.

“Nessuno può aiutarlo, è il suo destino vivere o meglio non vivere così”, disse il benzinaio con un sorriso triste.

“L’ho anche incontrato a Parigi, poveretto, è anche pericoloso che un uomo così anziano vada in giro da solo...”, continuò Skinner. Se sapevano che c’era, perché non chiamavano gli assistenti sociali o qualche altra figura del genere? Aspettavano che lo trovassero morto da giorni nella sua casa, per poi piagnucolare dopo e rimarcare l’indifferenza del mondo di oggi?

“Ma non può farle altro che così”, disse la donna, “vive così da anni, ogni tanto si fa vedere, e poi sparisce.”

Skinner ebbe un’illuminazione: i due benzinai pensavano mica che Augustin fosse un fantasma?

“Mi state dicendo che è uno spettro?”, disse ridendo.

“Ah, questo nessuno lo sa”, disse il benzinaio, “era già anziano quando lo intravedemmo, noi eravamo ragazzi, eravamo andati nella foresta per.. beh, ci siamo capiti, era una sera d’estate e c’erano tante lucciole. Ma non credo sia un fantasma, è vivo ma chissà da quanto, è tipo quella storia, sa quella dell’Ebreo errante, deve vagare in eterno senza riposo per quello che ha fatto...”

“Ma no, vi sarete sbagliati”, disse Skinner. Ecco, ci sarebbero voluti Mulder e Scully, questo era pane per i loro denti.

“Comunque non è pericoloso, vuole solo che qualcuno lo ascolti”, concluse la donna.

Skinner ripartì, scuotendo la testa. Era tutto sempre più strano.

 

“Gli agenti Mulder e Scully! Quale onore ricevervi, so di cosa vi occupate, sapete il paranormale è una mia passione, e seguo le vostre imprese!”, disse monsieur Girodel, stringendo la mano ai suoi interlocutori.

Mulder e Scully si guardarono sorridendo, faceva sempre piacere essere apprezzati.

“Ah, io sono Clement Florian de Girodel, chiamatemi Florian, so che è un nome buffo, ma in casa mia si usa da secoli...”, continuò.

“Io mi chiamo Fox e di nomi buffi sono esperto!”, disse Mulder, gioiale.

Scully pensò per un attimo che quell’uomo che aveva davanti era di un’età indefinibile. In certi momenti sembrava loro coetaneo, anzi persino più giovane, in altri sembrava vecchissimo.

“Ci hanno detto che siete voi l’esperto di cose paranormali qui ad Arras!”, disse Mulder, che sentiva una certa simpatia per quello strano ma affabile e affascinante uomo. Era un po’ malinconico e senz’altro solitario, pur occupandosi di tante cose.

“Di sicuro, voi avete molta più esperienza di me sul campo, io sono un dilettante che coltiva tanti interessi, sapete, le giornate sono lunghe da far passare, soprattutto qui in provincia. Conosco una storia del posto, anche se non è solo legata a qui...”

Mulder prese l’amo al balzo:

“Riguarda mica il vecchio cimitero sulla collina?”

Girodel guardò i due agenti con un sorriso triste:

“Certo… In cima alla collina è sepolta… la donna che amava il mio avo, il visconte Victor Clement Florian de Girodel, con il suo innamorato.”

“Che era il vostro avo?”, chiese Mulder, mordendosi poi le labbra di fronte allo sguardo triste di Florian.

“No, sapete, è una storia che sembra uscita da una leggenda, mi sembra che ci hanno fatto anche un fumetto in tema, o qualcosa del genere. Lei si chiamava Oscar, era la sesta figlia del nobile generale e conte de Jarjayes, che decise di darle un’educazione maschile per destinarla a diventare la guardia personale della regina Maria Antonietta, non so se ce l’avete presente...”

Scully trattenne il fiato e notò che Mulder faceva lo stesso. I suoi sogni… ma come era possibile?

“Oscar era legata fin dall’infanzia ad André Grandier, ufficialmente il suo attendente, in realtà credo molto di più. Il mio avo la affrontò in duello per aggiudicarsi il titolo di capitano della Guardia reale, e lei lo sconfisse, era davvero valorosa e coraggiosa, oltre che bella...”

Mulder notò che sembrava che Florian stesse parlando di qualcosa successo a lui.

“Il mio avo la amò in silenzio per anni, anche se all’inizio era perplesso che una donna potesse assumere un incarico militare. Poi lei abbandonò il suo posto, per motivi oscuri, e chiese di venire trasferita alle Guardie francesi, un reggimento di popolani rozzi, e fu seguita dal suo attendente..”

Scully notò come Florian aveva detto la parola attendente, con gelosia repressa e un po’ di stizza.

“Allora Victor de Girodel chiese la sua mano al padre e alla diretta interessata, ma fu respinto. Ma non smise di amarla, e si ribellò all’ordine di sgomberare la Sala dei Menus Plaisirs dai deputati del Terzo Stato per amore suo il 23 giugno del 1789. Ma poi le cose precipitarono...”

Era indubbiamente una storia avvincente, e sia Mulder che Scully cominciarono a sentire delle familiarità con i racconti di Camilla, oltre che con i loro sogni.

“Il 13 luglio arrivò l’ordine anche per i Soldati della Guardia o Guardie francesi o Milizia urbana, o come volete chiamarli, di collaborare a soffocare i moti rivoluzionari a Parigi. Ma Oscar si unì al popolo in rivolta con il suo reggimento: le notizie sono confuse, comunque lei e André furono uccisi durante gli scontri, in particolare Oscar cadde davanti alla Bastiglia il 14 luglio...”

Mulder e Scully notarono una lacrima in un angolo dell’occhio di Florian.

“E riposano qui su quella collina, anche se c’è chi dice che le loro anime continuino a vagare!”, concluse in maniera teatrale Florian Girodel.

“Una bella storia”, disse Mulder, un po’ perplesso.

“Come mai vi interessa?”, aggiunse Florian.

“Un caso su cui stiamo indagando sembra collegato...”, disse Scully.

“Ah, vi faccio vedere Oscar”, disse Florian e guidò i suoi due ospiti nel famoso salotto, di fronte al ritratto che li aveva colpiti.

“Questa è Oscar, è una copia del quadro originale, il mio avo chiese alla protetta di madamigella Oscar, Rosalie, di dipingerglielo...”, disse con tono grave Florian.

“Avete detto Rosalie?”, chiese Scully perplessa.

“Sì, era una ragazza del popolo che Oscar aveva accolto in casa sua. Diventò poi una rivoluzionaria, sposata con uno di quei macellai che tagliavano la testa a chiunque stava loro antipatico...”, rispose Florian, stizzito.

“Che fine fece poi il suo avo?”, chiese Mulder, curioso.

“Dopo aver perso la sua amata si buttò nella difesa della famiglia reale e cadde il 10 agosto del 1792, durante l’assedio dei rivoluzionari al palazzo delle Tuilieries. Una fine tragica, come fu tragica la fine del padre della sua amata, ucciso in Vandea dai rivoluzionari mentre appoggiava la rivolta dei contadini. Ma non vorrei intristirvi, e sono lusingato che questa storia interessi due persone come voi, di cui conosco il valore e la dedizione alle cose in cui credete.”

“Quindi è come se ci fosse una maledizione?”, disse Mulder.

“Maledizione… è una storia d’amore e di morte, e certe cose rimangono e non muoiono, e ogni tanto ritornano. Non ci sono maledizioni, solo cose eterne, rimpianto, amore, morte...”

Mulder e Scully ringraziarono Florian Girodel per la sua gentilezza e si accomiatarono.

“Quando volete io sono a vostra disposizione, mi ha fatto molto piacere parlare con voi”, disse lui.

“Sapete molto bene la nostra lingua”, notò Scully.

“Certo, ho avuto e ho tempo da dedicare a certe cose, poi vado spesso a Londra”, rispose lui.

“Sembrava quasi che parlasse di se stesso invece che del suo avo”, disse Scully a Mulder mentre, da soli, percorrevano il corridoio che li portava all’uscita del palazzo.

“Non dirmi che non hai mai conosciuto da noi pronipoti di reduci della Guerra civile che hanno lo stesso atteggiamento, come se avessero vissuto davvero la battaglia di Gettysburg!”, disse Mulder.

“Certo, ma c’era qualcosa in più in lui. Però è simpatico”, disse Scully.

“Decisamente, e anche un po’ galante con te”, notò Mulder. Poi si fermò. Vicino alla porta di uscita c’era un ritratto di un giovane in panni settecenteschi. Nella targa sotto c’era scritto Ritratto di Victor Clement de Girodel, 1786.

“Certo che è proprio identico al suo avo”, disse Scully, “ma a volte, per strani giochi della genetica capita. A me da ragazzina dicevano che ero identica ad una mia prozia, sorella di una nonna di mia madre, che io per ovvie ragioni non ho mai conosciuto.”

 

Girodel guardò uscire i suoi ospiti: era lusingato dall’aver conosciuto Mulder e Scully… ma quanto somigliavano a loro due. Era raro vedere un simile attaccamento, un simile amore, una simile dedizione, era come rivederli davanti a sé, dopo tutto questo tempo. Si sentì stringere il cuore.

Accese il computer, scorse le mail in arrivo, complimenti da Londra, una proposta per un sopralluogo artistico a Tolosa, e poi vide un messaggio che non li piacque. Oh, no, di nuovo quel cretino di Bouillet, proprio non capiva niente con i suoi deliri. Tanto nessuno poteva ridargliela, mai, in nessun modo e in nessun luogo.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo undicesimo

“Grazie di essere venuto, non sappiamo chi possa essere quest’uomo, è in stato confusionale, ma ha tre passaporti in tasca e aveva il suo recapito”. Il tono del tenente di polizia Giraud di Arras era cortese e lievemente preoccupato.

“Lo abbiamo portato nella nostra infermeria, non è violento, ma sragiona”, aggiunse.

Giraud aprì la porta a Skinner, che vide il paziente e lo riconobbe: certo, era lui, Alex Krycek, ma era come se fosse diverso, non fosse più lui.

“Lo conosco fin troppo bene, si chiama Alex Krycek, ed è un agente segreto, credo che su di lui pendano diversi mandati d’arresto”, disse però Skinner.

Alex Krycek alzò lo sguardo verso il suo interlocutore, era agitato, ma non perché lo avesse riconosciuto.

“Cosa hai combinato stavolta Krycek?”, gli disse Skinner con tono concitato.

“Io non vi conosco, non so chi siate… io non sono Krycek, mi chiamo Alain de Soissons.”

Lo stava fregando? Da Krycek c’era da aspettarsi qualsiasi cosa. Skinner afferrò la sua nemesi per il bavero e lui si divincolò e gli tirò un pugno con una forza davvero imprevedibile, come fosse un uomo molto più grosso e in forma.

“Non voglio farvi del male, non costringetemi. Ma io devo salvarli, stavolta non devono morire, stavolta non devono morire, tutta quella sofferenza non deve succedere mai più...”

Skinner capì che doveva giocare d’astuzia, magari per smascherare l’inganno di Krycek e la sua recita.

“Ah, un bel destro, complimenti… Ma come è che si chiama...”

“Alain, Alain de Soissons. Io devo salvarli, perché non deve succedere di nuovo, non devono morire. Non riesco mai, quella dannata sera sotto il Pont Saint Martin...”

 

Era stata una giornata tragica… la gloria che avevano sentito tutti quel attino, la voglia di combattere per la libertà guidati dalla loro valorosa e splendida comandante si era scontrata con la minaccia dei soldati nemici, che li braccavano da tutte le parti. La gioia che aveva provato per loro due, finalmente uniti… ad un certo punto, in mezzo a quell’inferno che era diventata Parigi, era corso in soccorso di lui, che non ci vedeva più, aveva abbattuto quel dannato cecchino che stava per sparargli. Non era riuscito a salvare La Salle, lui si era esposto perché potessero fuggire e quei bastardi l’avevano crivellato di colpi. Doveva tornare a recuperarlo e restituirlo ai suoi nonni e ai suoi fratellini.

Ora erano lì, sotto quel dannato ponte, quelli di loro che erano rimasti. Lei aveva parlato:

Dobbiamo unirci di nuovo a Bernard e ai suoi, altrimenti ci uccideranno uno per uno.”

Era vero, avevano cercato di portare via quei macellai del Royal Allemand che massacravano i civili, ma ora dovevano riunirsi. Tutti approvarono.

Lui, l’uomo amato e finalmente ricambiato, si era messo al riparo con gli altri, ma stava dietro a lei, era la sua ombra. Per un attimo, vedendo il suo amico così, pensò alla loro prossima notte insieme, avrebbe vegliato su di loro, avrebbe fatto tutto perché fossero al sicuro ad amarsi.

Dai, André, tutto bene? Presto saremo via di qui!” gli disse dandogli la mano. Ma lui si allontanò, voleva stare con lei.

Accadde tutto troppo in fretta: c’era un altro dannato cecchino sopra, a sorvegliare il ponte e il fiume. Lei, fulminea, era pronta a colpirlo. Ma quello fu più veloce e sparò a chi la proteggeva da sempre prima di cadere ucciso.

 

Skinner sbattè gli occhi. Quella storia era lucida, ma nello stesso tempo non aveva senso.

“Non mi sono messo in mezzo, non ho sparato io per primo, e sapevo che André le sarebbe andato dietro, non poteva vivere senza di lei, doveva stare con la sua donna per sempre.. la sua Oscar!”

“In guerra capita”, aggiunse Skinner, tanto valeva stare al gioco si disse. Sempre che un gioco fosse.

“No, non doveva succedere, non doveva andare così. Lei urlò, un urlo come non ne ho mai più sentiti di altri, e André si accasciò a terra. Corremmo per portarlo alle Tuilieries, dove c’erano Chatelet e gli altri, lo avrebbero curato, André era a cavallo con me, e io tenevo il mio foulard da collo sulla sua ferita, ma quella dannata pallottola era andata nel suo cuore...”

Due lacrime scorsero sule guance di Alex Krycek.

 

Era orribile avere così vicino lui, il più nobile degli uomini, mentre lei rischiava per tutti, passando dentro le linee nemiche per portarlo in salvo in quella cavalcata disperata e necessaria. Doveva succedere come nelle leggende, gli eroi devono vivere, gli eroi sono eterni. Arrivarono alle Tuileries e lei corse da Bernard, chiese aiuto per il suo amore e arrivarono i medici.

 

“Io capii tutto da come lo guardavano mentre lo visitavano. Dopo li vidi avvicinare a quel giornalista con aria cupa e seppi cosa stavano dicendogli, non c’era niente da fare, quella maledetta pallottola era dentro al suo cuore e aveva perso troppo sangue… Ma non ci volevo credere, non doveva morire, non lui...”

“Mi spiace per l’accaduto”, disse Skinner, sempre più inquieto per questo racconto angosciante e partecipato, “ma quando è successo tutto questo?” Cos’era, un ricordo di Krycek oppure qualcos’altro?

“Era il 13 luglio, di sera, quei maledetti del Royal Allemand e gli altri avevano messo a ferro e fuoco Parigi.”

No, era qualcosa che Skinner non conosceva, sapeva degli attentati in Francia, ma qui si raccontava qualcosa di diverso.

“E poi lei teneva le mani al suo André e gli parlava di sposarsi ad Arras...”

 

Per un attimo, aveva visto un futuro possibile. La sera prima del matrimonio di loro due, lo avrebbe trascinato per l’ultima volta all’osteria, anche se sapeva che ormai loro due erano una cosa unica e che dopo lui si sarebbe infilato nella stanza di lei, per stare insieme. E poi sarebbe stato il loro testimone, li avrebbe sempre protetti, e un giorno avrebbe tenuto la mano sulla spalla di lui, mentre lei dava alla luce il frutto del loro amore, anche se era così pallida e magra a tossiva… ma era stato tutto solo un sogno, lui se ne era andato e lei urlava…

 

“Lei piangeva e urlava di fronte al suo amore morto e io non ho potuto fare niente… sono andato fuori dalla chiesa dove lo vegliava, lei mi ha detto che non voleva più comandarci e io invece l’ho spronata a combattere per costruire quel mondo migliore in cui entrambi credevano e non sapevo cosa stavo per fare… le dissi che André era felice, era morto felice, figuriamoci che consolazione”, continuò Krycek o chi era convinto di essere adesso, o meglio questo fu il pensiero di Skinner.

Una storia straziante e toccante, e per un attimo a Walter Skinner passò per la mente un pensiero: ma a chi poteva giovare tutta questa commedia, sempre che una commedia fosse? Voleva fregare lui? Ma in che modo?

 

Era sparita per tutta la notte e si era messo a piovere. Lui era sicuro che sarebbe tornata, sapeva che l’avrebbe fatto. E l’aveva ritrovata il mattino dopo, sotto quel nuovo sole di luglio, in quel vicolo, da sola. E quello che lei gli aveva chiesto, di piangere sulla sua spalla, prima di combattere per l’ultima volta era l’unica cosa che poteva fare per lei…

 

“L’ho tenuta tra le mie braccia, avevo detto ad André che era una donna da ammirare e non da amare, ma l’ho capito, sapete? Era meravigliosa, era da amare. Ci ha comandati con coraggio, ma io dovevo fermarla, non dovevo lasciarla esporre così davanti a quella maledetta fortezza, con quel bastardo che aveva puntato i cannoni su Parigi per distruggerci.”

Ma cosa stava raccontando? Quella storia era sempre più strana ma nello stesso tempo familiare. Quando era successo questo?

 

Urlava fuoco e scatenava ogni volta l’inferno. Ma era troppo in vista, con quell’uniforme blu e i capelli biondi. Lui sapeva che c’era qualcosa di sbagliato, che sarebbe successo qualcosa, ma non aveva fatto niente, come intontito, avrebbe dovuto dirle di mettersi al riparo, obbligarla a stare al riparo. Finché, in un attimo di calma era arrivata la risposta dai bastioni, l’avevano crivellata di colpi, come una rosa colpita dalla grandine…

 

“Le spararono, quel bastardo di de Launay ordinò che facessero fuoco su di lei, me lo confessò dopo, quando prendemmo la fortezza, e allora io lasciai che lo linciassero… “

Skinner rimase a bocca aperta. Krycek stava parlando anche lui della presa della Bastiglia e della Rivoluzione francese.

“Qual è il suo nome? Non l’ho capito”, gli chiese.

“Alain de Soissons. Soldato della Guardia, sotto il comando di Oscar François de Jarjayes, fedele alla mia comandante caduta durante la presa della Bastiglia...”

Anche lui. C’era qualcosa di strano, Camilla, Alex e poi c’era il mistero di Augustin… Skinner pensò che era tutto stranamente collegato.

Uscì dalla stanza e disse a Giraud:

“Lo potete tenere qui? Non capisco se è tutta una finta o se fa sul serio...”

“Per un po’ senz’altro”, rispose l’altro poliziotto.

“Intanto io mi metterò in contatto con due esperti in queste cose”, disse Skinner e compose il numero di Mulder.

Il suo agente gli rispose subito.

“Signore, dov’è? Noi siamo vicino a Parigi, dobbiamo portare alcuni reperti al laboratorio della Scientifica. Ad Arras non abbiamo scoperto niente di particolare, solo sentito una storia toccante e affascinante, da farci un film”.

“Io sono ad Arras, hanno trovato Krycek.”

“Krycek? Cosa vuole? Le ha fatto del male?”

“Mulder, stanno succedendo cose molto strane. Ma molto strane, ne dobbiamo parlare.”

 

Angélique arrivò dietro a Camilla, che erano ore che disegnava, con dei colori improvvisati. Restò a bocca aperta: la sua compagna aveva ritratto una splendida figura, in abiti mitologici, su un cavallo bianco, con i capelli biondi sparsi al vento.

“La devo fare, lui me l’ha chiesta, è la mia Oscar, bisogna ricordarla per sempre...”, mormorò.

Angélique restò immobile: ma cosa stava succedendo?

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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo dodicesimo

“Per capire se Krycek ci sta mentendo oppure no, l’ho lasciato fino a domani in consegna alla polizia di Arras”, disse Skinner a Mulder e Scully, appena tornato a Parigi.

“Mi sa che è molto probabile che ci stia ingannando”, rispose Mulder.

“Senz’altro, ma anche lui ha iniziato a raccontare storie sulla Rivoluzione, su due persone amate da salvare e sulla loro morte, e sembra per molti aspetti la storia di Camilla raccontata da un altro punto di vista”, aggiunse Skinner. Certo, non c’era da fidarsi di Krycek, ma tutto era sempre più strano.

“Motivo in più per sospettare che ci sia lui, con magari altri complici, dietro a questa storia, con chissà quali secondi fini”, disse Mulder. Però non era convinto fino in fondo di questo, stava pensando a Girodel, quell’uomo garbato e solitario che parlava di fatti di oltre due secoli prima come se li avesse vissuti in prima persona. Ma forse anche lui non era in buona fede come poteva sembrare a prima vista, magari era coinvolto. E poi c’erano quei sogni strani che faceva, ma erano probabilmente una forma di suggestione. Anche perché cosa c’entravano loro con due amanti vissuti all’epoca dello scoppio della Rivoluzione francese?

“Credo che dobbiamo continuare ad indagare, magari partendo dal materiale raccolto sulla collina di Arras”, disse Scully. Mulder annuì, dandole ragione di nuovo, come sempre.

“Angélique Grandy ci aspetta a casa sua e di Camilla, dice che deve parlarci e farci vedere una cosa”, aggiunse Skinner.

 

Angélique li accolse perplessa e agitata:

“Non riesco a capire cosa stia succedendo… Camilla oggi si è messa a disegnare e venite a vedere cosa ha fatto...”, incominciò.

“Beh, giudicate voi!”, aggiunse e li condusse nella stanza dove Camilla aveva disegnato tutto il giorno.

Mulder, Scully e Skinner trasalirono: conoscevano il quadro che Camilla aveva dipinto. Il cavaliere vestito da Marte sul cavallo bianco, che in realtà era una donna…

“Conosciamo questo quadro”, disse Mulder, “lo abbiamo visto da Girodel, un uomo d’affari di Arras da cui siamo andati per parlare di fatti paranormali legati ad Arras… Anche se Camilla sapesse disegnare, è oltremodo strano che possa riprodurre un quadro di questo tipo senza un modello davanti.”

“Il quadro in questione raffigura in realtà una donna, la donna amata pare da un avo di monsieur Girodel e morta durante la presa della Bastiglia”, disse Scully.

“Oh certo, la mia amata madamigella Oscar”. Era Camilla ad aver parlato.

“Lui venne da me, io lo conoscevo solo di vista, era un uomo gentile, mi dissero che l’avevano poi ucciso quando attaccarono le Tuilieries nell’agosto del 1792, ma io non ci credo, anche perché c’è chi sostiene che andava ogni anno il 14 luglio ad Arras ad omaggiare la sua amata perduta, e ci va ancora, sempre giovane...”

Mulder e Scully si avvicinarono a Camilla e lei continuò:

“Ero andata ad Arras a dare l’ultimo saluto alla mia Oscar e al mio André, esaudendo il loro desiderio di essere là per sempre come marito e moglie, uniti su quella collina. Non ero sola, c’erano anche mio marito Bernard e i Soldati della Guardia, e i genitori di lei, anche se tutti li evitavano, tutti tranne me, c’era un odio per il signor conte e generale, un odio anche cattivo verso un uomo che stava soffrendo così tanto. Ma poi c’era lui, non venne sulla collina con noi, salì dopo e ci restò tutta la notte. Al mattino venne a supplicarmi di dipingere una copia del quadro di madamigella fatto da mastro Armand. Io andai per vari giorni a palazzo Jarjayes, a copiare il quadro, e tutto era così triste, Marie, la buona Marie era morta, e i signori conti erano chiusi nelle loro stanze, ma io trovavo nel salotto dove c’era il quadro le tracce del padrone, i suoi fazzoletti intrisi di lacrime. Ma feci quel quadro e glielo diedi. Poi non lo vidi più, ma so che lui la pensa ancora, la penserà per sempre perché non può avere pace… Ora ne devo dipingere un altro, l’altra versione del quadro...”

Scully prese da parte Mulder e gli chiese:

“Tu parli di possessione, ma è ben strana...”

“Scully, lo so che L’Esorcista è uno dei tuoi film preferiti, sai, è piaciuto tanto anche a me, però se si leggono un po’ di articoli scientifici in tema si scopre che le cosiddette possessioni possono essere anche molto diverse da quella della piccola Regan del film..”

“Ma certo, Mulder, quello è un film. Però...”

“Guarda, io vorrei tentare l’ipnosi con Camilla, ma domani, stasera mi sembra davvero esausta.”

Camilla continuava a ripetere: “Io devo fare l’altro quadro, io devo fare l’altro quadro...”

Poi recuperò un foglio di carta e iniziò a dipingerlo, anche se era stanchissima.

Angélique guardò Mulder e Scully disperata:

“Cosa posso fare?”

Mulder rispose:

“Temo che bisogna lasciarla fare...”

Scully intervenne:

“Forse potrei provare a farle un’iniezione calmante, con un sonnifero leggero, ma devo cercarlo in farmacia.”

Si girarono e videro che Camilla era caduta come addormentata in un sonno profondo sul foglio, ma che continuava a disegnare nuove forme con un senso compiuto sul foglio.

“Mi sento impotente, Mulder, e non credo che sia tutto un inganno di Krycek, come potrebbe essere così? Devo arrendermi, è difficile trovare una spiegazione razionale”, disse Scully.

Skinner si era avvicinato a loro, con aria perplessa:

“Ho bisogno di parlarv, riguardo a quel quadro. Voi l’avete visto il dipinto di Camilla?”

“Beh, abbiamo visto la copia fatta per l’avo innamorato della donna morta alla Bastiglia”, disse Mulder.

“E io forse ho visto l’originale”, disse Skinner.

Uscirono dalla casa di Camilla e Angélique e si diressero verso l’albergo e Skinner raccontò ai suoi agenti del suo incontro con il misterioso Augustin.

“Signore, mi permetta, ma lei ha rischiato non poco”, disse Mulder, “non credo sia stata una buona idea avvicinarsi così tanto ad una persona potenzialmente pericolosa, già solo per lo stato di alterazione psicofisica in cui si trova.”

“Lo so, ma quell’uomo mi faceva pena, probabilmente ha seri problemi psichiatrici, credo che lei Mulder potrebbe dargli una mano, ma c’era qualcosa in lui che mi ha convinto. E poi ho trovato il palazzo dove risiede e c’è quel quadro...”

“Il mistero si infittisce”, disse Scully, “saprebbe ritrovare quel palazzo?”

“Probabilmente sì, magari ci potremmo andare insieme. E magari dare una mano a quel poveraccio, pare che nessuno si interessi a lui”, disse Skinner.

 

Dopo aver cenato si ritirarono perplessi ognuno in camera propria. Skinner provò ad accendere la televisione, ma non trovò niente che lo interessava, nemmeno nei canali satellitari in lingua inglese. Ad un tratto, si affacciò dalla finestra e ad un tratto trasalì.

Augustin era sul marciapiede sotto l’albergo, guardava verso di lui ma anche verso le due finestre buie di Mulder e Scully, con un’aria molto addolorata. Skinner si rivestì in fretta e scese in strada, ma non lo vide più. Era come sparito, ed era lì poco prima. Pensò che si fosse nascosto, magari lo stava guardando, avrebbe voluto parlargli, ma non lo trovò.

Ad un tratto, vicino a dove aveva visto Augustin in piedi, tra il lampione e una panchina, Skinner notò al buio che c’era una busta. Si chinò a raccoglierla, e capì che era qualcosa di antico, di quell’epoca che li stava ossessionando tutti. La aprì, era una lettera, e quel po’ di francese che conosceva gli fece comprendere il senso.

Signor marchese de Bouillet,

mi perdonerete se rinuncio alle espressioni solite con cui mi rivolgevo a Voi, ma dopo quello che avete affermato non posso più essere Vostro amico.

Voi avete accusato mia figlia, la mia adorata figlia, di essere una traditrice per quello che ha fatto. Siete arrivato nella mia dimora, provata già da due lutti a cui se ne era aggiunto un terzo, senza nessun rispetto per me e la mia Marguerite, e mi avete detto che meriterei che la colpa di mia figlia ricada su di me, su mia moglie, sulle mie altre figlie e le loro famiglie. Avete approfittato di un padre distrutto dal dolore, a cui nessuna parola di conforto può essere più di sollievo, per ferirlo ulteriormente. Ho visto che razza di uomo siete, ho capito, pur essendo nobile, perché mia figlia ha fatto quella scelta che a voi e agli altri dà così fastidio, per amore, certo, qualcosa che voi non potrete mai capire, e perché certe cose non debbano essere più dette e fatte. Il marchese de Lafayette, presente per fortuna in casa mia, ha messo fine alla Vostra tracotanza, e del resto Voi sapete meglio di me che non ci saranno conseguenze per il gesto di mia figlia, basta quello che le è successo. Resto fedele a Sua Maestà, ma non voglio avere niente a che fare con un mostro come Voi. Ho perdonato mia figlia, malgrado quello che le dissi quel giorno, ho perdonato lo sposo di mia figlia, ma Voi no. Darò la vita per le Loro Maestà e i loro figli, se necessario, ma Vi intimo di starmi lontano. Il resto ve l’ha detto il marchese de Lafayette.

Augustin

La data in calce fece trasalire Skinner: 16 luglio 1789. Due giorni dopo la presa della Bastiglia.

 

Doveva andare via da quel posto e provare a salvarli, ora ricordava, c’era di nuovo di mezzo quel dannato Bouillet, era tornato e li avrebbe uccisi di nuovo.

Si alzò, accorgendosi per la prima volta che quell’uomo dentro cui era non aveva un braccio. Ma sembrava capace di fare quello che gli serviva, e ora doveva per la prima volta uscire da lì, c’era poco tempo, presto tutto sarebbe precipitato.

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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo tredicesimo

Faceva caldo, tanto caldo, ed era stato faticoso posare di nuovo per il quadro, ma doveva farlo, doveva lasciare qualcosa di sé in questo mondo, perché si ricordassero di lei quando non sarebbe più stata lì presente, in un modo o nell’altro. Non voleva morire, non poteva morire, ma la vita le stava fuggendo via dalle dita.

Mastro Armand, che la ricordava giovane e piena di vita in quel giorno lontano che anche lei ricordava, anche se non voleva ammetterlo, aveva lavorato alacremente, ed ora il quadro era finito. Le aveva rubato il colore degli occhi, quegli occhi incredibili, con le ultime pennellate.

Erano anni che non lavoravo con tanto entusiasmo ad un quadro, se non vi piace lo terrò io” Forse poteva essere una buona idea in fondo, cosa sarebbe stato di quella casa e dei suoi? Sapeva cosa stava per arrivare, una tempesta senza pari, che avrebbe travolto tutti.

Ma è meraviglioso… Rappresenta Marte, il dio della guerra.” Era suo padre, da cui presto avrebbe dovuto prendere le distanze. Non voleva cambiare, non voleva capire.

Certo, perché il desiderio della battaglia brucia dentro di lei come un fuoco senza fine.”

Non poteva essere altro che un soldato, ma ora voleva essere anche altro, un qualcosa per cui forse era troppo tardi.

Siete stato bravissimo a catturare entrambi gli aspetti di Oscar.”

Ma lei era anche tanto altro, non solo una macchina per uccidere.

André, vieni a vedere questo bellissimo quadro! Anche madame ne sarà entusiasta!” La dolce Marie, con la sua voce chioccia…

Ora lui era arrivato accanto a lei, sorridendo timidamente:

Sono senza parole, questo quadro è bello al di là di ogni immaginazione. Il tuo sorriso è luminoso, e quella corona di alloro nei tuoi capelli è qualcosa di davvero prezioso. E poi, è pieno di rose, come ad Arras, nei luoghi dove andavamo da ragazzi, quanto vorrei tornarci con te, ho dei ricordi meravigliosi e felici.”

Le lacrime cadevano copiose dai suoi occhi: lei non sorrideva, non aveva nessuna corona di alloro e le rose che vedeva André erano Cesar, il suo meraviglioso destriero. Si sforzò di avere un tono di voce fermo:

Sai, anche mastro Armand è di Arras...”

Davvero, ma quanto è piccolo il mondo! Non dimenticherò mai la bellezza di questo quadro, così come la tua vera bellezza...”

La amava, continuava ad amarla, la avrebbe amata per sempre, ad ogni costo, ma lei doveva fare in modo di salvarlo, fare in modo che non si trovasse più in mezzo alla battaglia. Non poteva perderlo, lui era la sua anima. E avrebbe voluto però stare con lui per sempre, come sua compagna di vita, perché ora sapeva cosa provava per lui…

Un rumore di cavalli al galoppo la scosse…

Mulder aprì gli occhi e sentì che erano umidi di lacrime. C’erano lacrime anche sulle sue guance, e un languore che lo avvolgeva tutto, una voglia di stringere a sé la persona amata, Scully…

Ma che effetto gli aveva fatto la storia del quadro? Era solo suggestione? Il traffico che proveniva dalla strada gli fece capire che era ormai praticamente mattino e quindi bisognava alzarsi.

 

Doveva dire qualcosa a lei, era così eccitata per quel quadro, anche se sentiva un triste presagio in questa scelta di farsi ritrarre, come se sapesse che tutto doveva finire per sempre, un qualcosa che non poteva accettare. L’aveva voluto a casa con sé, con una scusa, e lui ne era stato felice.

Era ormai tutto confuso davanti ai suoi occhi, ma il quadro era davvero stupendo. Glielo iniziò a descrivere, lei sembrava una creatura ultraterrena, una ninfa guerriera, con quel sorriso birichino, come quando erano piccoli. E le rose, tutte quelle rose, come ad Arras, quanto avrebbe voluto tornare là con lei, ma c’era qualcosa che glielo impediva ora. Se solo avessero potuto buttarsi tutto alle spalle...

Sentiva che era commossa.

Non dimenticherò mai la bellezza del tuo quadro, così come la tua vera bellezza...” Era così vicina e così lontana da lui, dopo quello che era successo, ma ora era sicuro che si era alzata dalla poltrona e gli si era avvicinata, la sentiva dietro di sé.

Arrivarono i cavalli di gran carriera, c’erano tre dei loro, tra cui il suo migliore amico e sapeva perché erano venuti.

L’ordine che aspettavamo è giunto, domani dobbiamo andare a Parigi e collaborare a soffocare la rivolta con ogni mezzo...” Era dispiaciuto, e loro erano devastati, e lui lo sapeva, ma anche lei non accettava quest’ordine. Non doveva succedere questo, doveva esserci un modo per scamparla, doveva salvarla a qualsiasi costo, e ora c’era quel rumore strano, ma non erano i cavalli o gli spari…

Scully aprì gli occhi, era come se quel quadro del sogno fosse davanti a lei. Era tutto appannato, e dovette mettersi gli occhiali. Inoltre, stava suonando il suo cellulare e notò che erano circa le sei e mezzo del mattino.

Ora ci vedeva meglio e rispose al telefono: non erano né Mulder né Skinner.

“Pronto?”

“Mi scusi per l’ora agente Scully, sono Michaud del Laboratorio scientifico qui di Parigi. Volevo contattarla, appena può venga perché… beh non ho mai visto una cosa del genere!”

 

Mulder e Scully decisero di andare insieme fino al Laboratorio: Scully pensava che lui volesse andare a tentare di fare un’ipnosi leggera a Camilla, ma, appena sentì che la sua collega era stata contattata dai tecnici, la volle seguire.

“Hai dormito bene questa notte Mulder?”, chiese Scully ad un tratto mentre si dirigevano verso il laboratorio. Era curiosa, quei sogni erano strani.

“Tutto sommato sì, certo che questo caso ci sta coinvolgendo davvero, non l’avrei mai detto, ho accettato di occuparmene per lealtà verso Skinner”, disse Mulder e non aggiunse altro.

Il dottor Michaud del laboratorio era perplesso ed eccitato allo stesso tempo.

“Dunque, da un primo esame non c’è nessuna sostanza psicotropa nota in questa pianta...”

“Una pista in meno”, commentò Mulder.

“Ma per il resto… potrebbe essere uno scherzo, ma mi pare impossibile fare qualcosa del genere. Guardi lei, agente Scully!”

Scully guardò nel microscopio e poi sullo schermo più grande del computer. Mulder osservò lo schermo, c’era davvero qualcosa di strano,non era il suo campo, ma qualcosa capiva..

“Un ibrido”, disse Scully, “tra cellule vegetali e animali… umane direi!”

“E credo che con la prova del DNA ne scopriremo delle belle, ma cosa può essere?”, chiese Michaud, “di base ha una struttura cellulare tipica delle rose selvatiche, ma in mezzo ci sono cellule umane mescolate...”

“La vedo dura che possa essere uno scherzo”, disse Scully, “ma è qualcosa che c’è allora su quella collina, o meglio al suo interno, sotto questa pianta di rose. Ma non possiamo certo mettere all’aria tutto!” Non poteva né voleva farlo e Mulder era d’accordo con lei. C’era qualcosa di unico in quel posto, di magico e di struggente, da preservare a tutti i costi.

“Beh abbiamo un apparecchio che possiamo prestarvi, un rilevatore sperimentale del sottosuolo, con una sonda che può entrare nel terreno senza fare danni e uno schermo su cui potete vedere cosa c’è. Un apparecchio che permette di fare una specie di ecografia del terreno, se capite il concetto. A questo punto, può essere importante da capire cosa sta succendendo”, disse Michaud.

Mulder e Scully annuirono e decisero di dirigersi verso Arras con il macchinario, che fu loro affidato con mille raccomandazioni.

“Ma Skinner oggi cosa fa?”, disse ad un tratto Mulder.

“Credo che andrà da Camilla e Angélique e poi ci raggiungerà ad Arras, dobbiamo capire anche cosa sta succedendo a Krycek”, disse Scully.

“Quello ci sta fregando di sicuro”, rispose Mulder. Ma non ne era convinto.

 

Skinner non era andato né da Camilla né si stava dirigendo verso Arras: voleva trovare Augustin e parlargli. Poi avrebbe pensato al resto dell’indagine.

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo quattordicesimo

“Buon giorno tenente Giraud, io sono l’agente Fox Mulder e lei è l’agente Dana Scully, collaboriamo all’indagine con il nostro vicedirettore Walter Skinner che lei ha incontrato ieri: vorremmo vedere Alex Krycek.”

Mulder voleva vederci chiaro in attesa dell’arrivo di Skinner. Giraud guidò lui e Scully nell’infermeria dove c’era Alex Krycek.

Fox Mulder era pronto a menare le mani, ma appena entrò e guardò Krycek di colpo gli venne in mente Camilla, perché la situazione sembrava davvero simile. Era lui ma non era più lui, era tranquillo, ma si agitò vedendoli arrivare.

“Oh no, non può succedere di nuovo, devo fare qualcosa… quando hanno sparato a lui sotto il ponte, io dovevo intervenire prima, dovevo fare fuoco su quel dannato cecchino prima della nostra comandante… e poi non dovevo lasciare che lei ci guidasse così all’assalto della Bastiglia, davanti ai cannoni, era chiaro che l’avrebbero uccisa… io devo salvarli...”

Mulder deglutì, non poteva dimenticare chi aveva davanti e andò addosso a Krycek, forse la sua era soltanto tutta una finta.

“Piantala con queste stronzate, non ti crediamo di certo”, disse prendendolo per il bavero. Krycek si divincolò con una forza inaspettata e spinse Mulder da parte. Poi iniziò a singhiozzare.

“Mi spiace, non volevo, non volevo… non volevo prendere in giro lui per il suo amore, ero solo tanto invidioso. E quella volta, come mi sono odiato poi per aver pensato che lei avesse tradito La Salle… l’ho picchiata come un vigliacco, l’ho trascinata sotto l’acqua, ero furioso… ma poi ho capito che non avrebbe mai fatto una cosa del genere, lei era la creatura più pura e meravigliosa che avesse mai calcato la terra. Non le ho mai chiesto perdono, e avrei dovuto farlo. Non dovevo lasciare che morisse, dovevo fermarla, quando si buttò tra le mie braccia per piangere, dovevo stringerla e non lasciarla mai più, farla vivere con me...”

Mulder guardò Scully perplesso, e lei si avvicinò e guardò Krycek più da vicino. Notò subito un particolare.

“Cosa si è fatto alla mano?”, chiese.

“Aveva dei graffi”, disse Giraud, “sembravano una ferita inferta da una pianta. Niente di grave, ma l’abbiamo disinfettato, abbiamo messo un antistaminico e l’abbiamo medicato.”

“Graffi da una pianta di rosa, immagino. Mulder, qui possiamo fare poco, andiamo a vedere cosa c’è sulla collina.”

Mulder e Scully si diressero verso l’uscita, ma di colpo la voce di Krycek li fermò:

“Stavolta le cose cambieranno, fosse l’ultima cosa che faccio, non moriranno, non morirete...”

“Ma quando mai hai fatto qualcosa per noi?”, disse Mulder, “andiamo Scully!”

Lei non se lo fece ripetere, e quando ormai erano fuori dalla stanza, lui disse ancora:

“I vostri sogni sono una storia vera, già successa… ma tutto questo cambierà!”

Mulder e Scully si guardarono perplessi e spaventati: ma come faceva a sapere dei loro sogni? E ognuno di loro capì che c’erano anche per l’altro dei sogni inquietanti e avvolgenti.

 

“Quindi bisogna inserire nel terreno il sondino vicino alla pianta di rosa e vedere sullo schermo cosa ci fa vedere?”, chiese Mulder a Scully.

“Ci vorrebbero i Lone Gunmen ma come medico ti dico che il principio è questo, un po’ più di un’ecografia. Cerchiamo di infilarlo il più possibile vicino alla pianta e alle tombe”, rispose lei.

“L’importante è che non lo rompiamo, mi spiacerebbe e non per il fatto che magari chiederanno un rimborso”, disse Mulder, che lasciò che fosse Scully a inserire con delicatezza il sondino nel terreno. Sentì per un attimo come un dolore acuto, come se qualcuno lo stesse ferendo, e vide che anche Scully trasaliva. Per lei la sensazione era stata come di qualcosa di improvviso che entrava dentro il suo corpo, sensuale ma anche imbarazzante.

Sullo schermo cominciarono a comparire immagini abbastanza nitide, c’erano radici, radici possenti.

“La botanica non è il mio forte”, disse Scully, “ma credo che questa pianta di rose sia qui da molto tempo, da secoli...”

“Magari l’ha piantata l’antenato di monsieur Girodel”, disse Mulder.

“Vero… Mulder, aspetta, guarda bene!”

Il sondino era come impazzito di colpo e si stava immergendo di suo nel terreno. Entrambi percepirono una strana sensazione, tra dolore e languore.

Le radici erano sempre più profonde, e sulle radici crescevano boccioli di rosa, sotto terra, una cosa che non avevano mai visto, scientificamente impossibile, eppure c’erano rose.

Mulder tentò di fare una foto con il cellulare…

Poi il sondino si fermò, doveva essere ormai andato molto a fondo sotto terra, vicino alle tombe.

“Mulder, dovrebbero esserci le bare...”, disse Scully, rimproverandosi di non sapere granché sulle abitudini funerarie nel Settecento.

Le radici partivano da un posto… non c’erano due bare, o quello che poteva restare di loro. In mezzo agli arbusti, ai boccioli di rosa, c’erano due corpi umani, parte della pianta di rose.

“Ma cosa sono...”, disse Mulder, che nemmeno quando aveva assistito all’autopsia dell’alieno aveva mai visto qualcosa di simile.

Le radici della pianta di rose, unica, da cui si diramavano poi due arbusti, avvolgevano due corpi, ma non con ferocia e distruggendoli, ma come fossero in un bozzolo protettivo, l’origine di tutto, la loro fonte di vita.

Erano un uomo e una donna, le due creature più belle che Mulder e Scully avessero mai visto, lui dai capelli folti color dell’ebano che gli velavano in parte il volto e dal corpo muscoloso come una statua classica, lei biondissima e evanescente, quasi una fata da leggenda. Erano giovani, forse più giovani di loro due, ed erano nudi, ma non c’era nulla di lascivo, volgare e sbagliato. Erano abbracciati in un eterno amplesso, come addormentati, e Scully notò che dei germogli, da cui partivano poi le radici, uscivano sia dai loro petti, all’altezza di dove c’erano i loro cuori, intrecciandosi da subito, che dai loro sessi uniti nell’abbraccio.

“Mulder, il ritratto… lei è la donna del ritratto, anche se ha gli occhi chiusi è lei”, disse Scully. Era una donna di scienza, razionale, aveva dovuto fare l’abitudine a tante cose inspiegabili, ma quello che aveva appena visto era al di là di tutto l’immaginabile.

“Certo, sono loro due, Oscar e André, ho visto tante cose strane, ma questa le batte tutte”, disse Mulder. Nessuno dei due disse niente, ma quello che avevano davanti era la personificazione di un amore eterno, di un amore che alimentava una vita dopo la morte.

Di colpo il sondino iniziò a tremare e lo schermo si oscurò. Scully, preoccupata, si chiese come avrebbe fatto a tirarlo fuori dalla terra, perché era andato molto a fondo sotto, ma quando si avvicinò al terreno, di colpo fu risputato fuori. Ma sembrava ormai tutto guasto, era spento, e non si accendeva più.

“Forse abbiamo visto troppo Scully”, disse Mulder.

“Lo credo anch’io”, rispose lei.

Mulder si riscosse, non si era mai sentito così, quell’immagine dagli abissi lo aveva colpito, eccitato e anche commosso.

“Forse è il caso di sentire Skinner, dovrebbe raggiungerci presto. E poi dovremo sentire i tecnici del laboratorio, non saranno molto contenti”, disse Mulder.

Scully rimase in silenzio: cosa era quella vita oltre la vita sotto terra? Ma come era possibile?

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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo quindicesimo

Walter Skinner ritrovò facilmente la strada per il palazzo abbandonato, la casa di Augustin, o come si chiamava. Era difficile per lui pensare che potesse essere un truffatore, o parte di un complotto più ampio, ma nel dubbio era meglio continuare a percorrere ogni strada. Anche solo per aiutare una persona in difficoltà e Augustin gli sembrava quello.

Si introdusse nel cancello mezzo aperto, e pensò a quanto fosse precaria e pericolosa la situazione di quel poveraccio: viveva da solo ed era anche molto anziano, in una dimora che in tempi migliori era stata sontuosa, ma che era senza riscaldamento, elettricità, acqua calda. Skinner si chiese che passi bisognasse compiere in Francia per segnalare una persona in difficoltà, facendo intervenire aiuti validi, senza ferire la persona da aiutare, o far sì che facesse magari pazzie.

Augustin non era in precarie condizioni fisiche, si spostava in maniera agile, ma era comunque un uomo da aiutare e soccorrere. Oltretutto, vivere da solo in quel posto presentava anche pericoli per la sua incolumità, di malintenzionati era pieno il mondo, e Skinner si chiese come si procurasse da mangiare. Tra l’altro, aveva un tetto sulla testa, anche se molto diroccato, ma come era la sua situazione economica? Doveva aiutarlo, sempre che non fosse tutta una montatura.

Quel parco in cui si trovava ora doveva aver avuto dei momenti di grande gloria e splendore: Skinner notò una costruzione più bassa, troppo grande per essere un ripostiglio, e qualcosa gli disse che potesse essere la scuderia dei cavalli, per secoli mezzi di trasporto.

Si avvicinò con fare circospetto e notò che la porta era socchiusa: si introdusse e vide Augustin al centro dello stanzone, ancora pieno di paglia, mentre gli animali non c’erano più.

“Ah, siete tornato signor Skinner. Mi fa piacere rivedervi”, disse in tono sommesso.

Skinner si avvicinò porgendogli la busta.

“Avete perso questa.”

“Già, grazie di avermela riportata. Sapete che quel bastardo di Bouillet, ora lo definisco così senza problemi, me la restituì dicendomi che non avevo diritto di dire niente perché ero il padre di una traditrice. E mi disse che era stato per suo preciso ordine che i Soldati della Guardia erano stati incaricati di reprimere i disordini a Parigi, per punirli della loro insubordinazione a favore dell’Assemblea nazionale di qualche settimana prima.”

Skinner pensò a quanti capi militari spietati c’erano stati in Vietnam, da ambedue le parti, che mandavano i loro uomini a morire: ma nello stesso tempo, cominciò a cercare una spiegazione razionale per i racconti di Augustin.

Si ricordò che, qualche tempo prima, aveva partecipato a un convegno sul profiling a Quantico, dove uno dei relatori era stato lo stesso Mulder, che quando non parlava di alieni e simili riusciva ad essere molto brillante e stimato. Mulder aveva parlato del potere che ha l’immaginazione sulla mente umana, al punto di far credere come cose vere e accadute a se stessi fatti in realtà appartenenti a storie di fantasia. Senz’altro il caso di Augustin poteva essere qualcosa di simile, tutto magari partiva da storie della sua famiglia che aveva sentito tante volte al punto di credere che fossero successo a lui. Ma allora sarebbe stato utile capire se era manipolato da qualcuno senza scrupoli.

“Sapete, li vidi qui l’ultima volta, la sera del 12 luglio. Era quasi il tramonto, io volevo parlare con i miei due ragazzi, e trovai lui, André, che stava sistemando i loro cavalli, Cesar e Alexander, splendidi come i padroni. André viveva in casa mia da quando era un bimbetto, dopo la tragica morte dei suoi genitori era stato accolto da sua nonna d’accordo con me. Sua nonna, la brava Marie, che chiamavamo Marron Glacé per quanto era brava a fare i dolci, non ho più assaggiato dolci buoni come i suoi, e non solo i dolci si intende.”

Augustin raccontava storie di grande fascino, anche se improbabili, e se non fosse che era in una situazione di così grave disagio, sarebbe stato interessante consigliargli un’attività da scrittore. Ma aveva comunque bisogno di aiuto, e tanto.

“Sapevo che André amava mia figlia più della stessa vita e sapevo anche quanto lei tenesse a lui, anche se ho sempre pensato che fossero amanti da tempo e scoprii che probabilmente lo diventarono poco prima di morire, forse quella stessa notte. Non potevo accettare un matrimonio tra di loro, non in quel momento, mia figlia nobile e lui un uomo del popolo, ma quanto avrei voluto dare invece la mia benedizione. Dissi ad André che se fosse stato nobile avrei caldeggiato un’unione tra lui e mia figlia perché era un giovane capace di sentimenti veri, la adorava e l’avrebbe resa felice… l’ha resa felice per tutta la vita e oltre. Il reggimento dei Soldati della Guardia aveva ricevuto l’ordine di soffocare la rivolta a Parigi e la paura che potesse succedergli qualcosa c’era. Gli augurai ogni bene e lo abbracciai, e pochi giorni prima stavo per ucciderlo quando si era frapposto tra me e mia figlia accusata di tradimento. Avrei dovuto chiedergli perdono per quello ma non lo feci.”

Il racconto di Augustin era commosso e partecipato, come se fosse davvero convinto di quello che diceva.

“Intravidi anche mia figlia, che mi guardò abbracciare André e ne fu felice. Dovevano andare e io rimpiansi di non essermi fermato lì, di non aver preso le mani dei miei due ragazzi e averle unite. Partirono, e io rimasi a contemplare il quadro, fino al mattino dopo, quando Marie mi portò il messaggio che mia figlia mi aveva lasciato: Padre, vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me, perdonatemi se vi ho dato dei dispiaceri, vi ringrazio di avermi amata e esservi preso cura di una figlia come me. Urlai che non l’avrei mai perdonata, e in quel momento capii che non l’avrei più vista...”

Skinner sentì molta tristezza, c’erano cose che gli ricordavano il suo periodo come soldato in Vietnam, le frasi scherzose ma a volte anche commosse di compagni d’armi poi morti pochi giorni dopo, la foto della fidanzata di un marine della sua compagnia poi rispedita a casa con i pochi effetti personali dopo la sua morte. C’era del vissuto doloroso in quell’uomo, doveva convincerlo a cercare aiuto e fare in modo che lo avesse.

“Nei due giorni successivi da Parigi arrivarono notizie contraddittorie, dicevano che i Soldati della Guardia avevano disertato gli ordini sotto il comando di mia figlia e si erano uniti ai rivoltosi, e che era tutta una carneficina. Io ricevetti l’ordine esplicito da Sua Maestà il Re di non muovermi di casa, e dopo rimpiansi di non essere andato a Parigi a tirarli fuori da quell’inferno. Mia moglie stava chiusa nelle sue stanze, non parlammo, Marie stava in cucina e aspettavamo. Ad un tratto, la sera del 14 luglio giunse un messo che urlava La Bastiglia è caduta!”

Skinner cercava ancora di cercare una spiegazione logica, ma quel racconto lo stava appassionando, qualunque cosa fosse.

“Il mattino del 15 luglio era caldissimo e io mi affacciai dalla torre del mio palazzo. Vidi in lontananza della polvere, la polvere che alzano i cavalli mentre arrivano. Mi dissi che se erano loro li avrei rimproverati aspramente, poi però avrei preso dei soldi e dei documenti e avrei detto loro di scappare via e di sposarsi… Le figure diventarono più nitide e io capii che lei non poteva esserci, non c’erano i suoi meravigliosi capelli biondi al vento. Solo lei aveva quei capelli di quel colore, non ho mai più visto nessun altro. Vidi il colonnello D’Agoult, un brav’uomo che conoscevo di vista, che stava arrivando insieme ad un altro uomo, che riconobbi come il marchese de Lafayette. Li vidi entrare nel viale e arrivare vicino alla mia casa, andai loro incontro, con un presagio oscuro dentro. Forse avevano notizie, per un attimo pensai che forse mia figlia e i suoi uomini fossero stati arrestati… Uscii fuori, e c’erano già Marie e mia moglie...”

Skinner ricordò che ci era passato: lui aveva fatto parte di due delegazioni che erano andate ad annunciare le morti dei soldati sul campo alla famiglia. Era stato congedato dal Vietnam dopo la sua ferita, ma era rimasto ad occuparsi degli affari militari e dei contatti con il fronte. La prima volta era andato in un quartiere popolare di Chicago, da una famiglia di origine ecuadoregna, per dire loro che Diego non sarebbe mai più tornato, e lì il padre gli era venuto incontro, capendo tutto. La seconda era in aperta campagna, una famiglia di contadini della Virginia, ed era Stuart che se ne era andato per sempre.

Ricordava quanto aveva odiato ogni chilometro con cui si avvicinava a quelle case, il momento in cui aveva parcheggiato l’auto, i passi mentre si avvicinava, lo sguardo dei familiari, genitori, nonni, fratelli, sorelle, fidanzate, un bambino in arrivo che non avrebbe mai conosciuto suo padre. E con la morte ingiusta e prematura aveva continuato ad averci a che fare come agente dell’FBI, anche se certi strazi erano spariti, forse.

“Lafayette e D’Agoult si misero sull’attenti e dissero Siamo spiacenti di annunciarvi che vostra figlia, la comandante dei Soldati della Guardia, è caduta in battaglia durante l’assedio della Bastiglia colpita dal fuoco degli assediati. Mia moglie emise un gemito soffocato, Marie gridò Dove era mio nipote André? D’Agoult, sull’attenti sempre, disse Dalle notizie che ci sono giunte, il sottotenente dei Soldati della Guardia André Grandier è deceduto la sera del 13 luglio dopo essere stato colpito da un cecchino mentre cercava di difendere la sua comandante. Sono desolato. Mia moglie si coprì il volto con le mani e si ritirò nelle sue stanze, Marie si afflosciò a terra come una bambola di pezza e ci lasciò una manciata di ore dopo. Io volevo occuparmi di mia figlia e di André, dare loro un ultimo saluto, ma quei rivoltosi avevano deciso di farne ormai il loro simbolo. Per fortuna, la sua protetta, Rosalie, decise di rispettare i suoi ultimi desideri, di seppellirla con André ad Arras… Io avrei voluto che riposasse nella cripta di famiglia, ma poi capii che il suo posto era con il suo amore eterno...”

Tutto stava tornando al suo posto, come un puzzle, ma un puzzle inspiegabile.

Skinner sbattè gli occhi, perplesso.

“Voi non mi credete vero? Vi chiedete come possa essere possibile la mia storia, immagino.”

Skinner ricordò un intervento di Mulder sul come relazionarsi con le persone in stato di disagio psichico, basato sulla sua esperienza con Duane Barry, una delle peggiori che avesse mai vissuto. Non bisognava contraddire, ma bisogna provare a far ragionare e a capire.

“Io non voglio giudicare ma voglio aiutarvi...”, aggiunse.

“Mi ascoltate, ed è già molto. Io non merito aiuto, sono dannato da allora. Certo, come si può credere che un uomo vissuto nel Settecento in Francia sia ancora vivo? Forse perché nemmeno la morte mi vuole e devo vagare in eterno… Cosa può esserci di normale in un padre che sopravvive a sua figlia e che ogni giorno è condannato a ricordarla, per sempre. Ma questa è la mia punizione, anche se sembra irreale. Voi siete un buon uomo, l’ho capito, ho visto come guardate i vostri ragazzi, che mi ricordano tanto mia figlia e il suo André. Loro erano eroi, io sono un mostro.”

Il telefono di Skinner iniziò a suonare e interruppe quella rivelazione toccante.

“Rispondete”, disse Augustin e si allontanò dalla scuderia, andando verso casa.

Skinner riconobbe il numero di telefono di Angélique Grandy e rispose:

“Non so dove siate, lei e i suo colleghi, ma vi pregherei di venire da me, Camilla ha dipinto un altro quadro e adesso sta molto male.”

“Non sono insieme a loro, adesso li contatto e arrivo appena possibile.”

Skinner si guardò attorno e vide che Augustin era sparito. Lo avrebbe cercato di nuovo per aiutarlo, ma doveva ritornare a Parigi.

Si diresse verso l’auto e, ad un tratto, vide un uomo con una sporta di viveri che veniva verso il castello. Lo salutò e gli chiese:

“Venite a dare una mano ad Augustin?”

“Sono anni che i miei familiari ed io portiamo periodicamente un po’ di viveri a quell’uomo, sono pagati da un suo amico o parente alla lontana, credo.”

“Mi saprebbe dire da quanto fate questo?”

“Io da una trentina d’anni buoni.”

“Ma non ha senso, come può ancora essere vivo o essere la stessa persona?”

“Signore, non so chi lei sia, pagano e io porto il cibo, non ho mai visto il signor conte e non mi pongo il problema. Mi limito ad aiutare qualcuno in difficoltà, chiunque sia. Un lavoro retribuito.”

Era tutto misterioso, ma almeno Augustin aveva qualcuno che si occupava di lui negli aspetti più pratici. Skinner tornò verso Parigi e mandò un messaggio a Mulder e Scully, aveva bisogno di loro. Somigliavano davvero a quei due ragazzi di cui parlava Augustin, la figlia perduta e il suo amore?

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Capitolo 17
*** Capitolo sedicesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo sedicesimo

Mulder guardò Michaud con aria contrita:

“Guardi, mi si è rotto l’apparecchio mentre facevamo le rivelazioni...” e gli porse, sotto gli occhi di Scully, il corpo del reato, risultato di un guaio che era convinto di aver fatto.

Michaud lo prese in mano, lo girò e poi provò ad accenderlo. E ripartì.

“Ma cosa dice? Qui è tutto a posto, ho visto subito che non c’era niente di rotto.”

“Ma le giuro che non funzionava, si è spento e non andava più avanti”, disse Mulder, incredulo.

“Ogni tanto fa le bizze come les ordinateurs e i telefonini, ma poi va a posto”, rispose Michaud, ridendo.

Mulder guardò Scully: meglio così, ma era tutto sempre più strano.

 

Skinner entrò nell’appartamento di Camilla e Angélique e fu guidato da quest’ultima verso il salotto. Una volta entrato, trattenne a stento un grido di sorpresa dolorosa, Camilla era in un angolo tutta raggomitolata e tremante. Sussurrava solo:

“Non dovevano morire, non dovevano morire!”

Sul pavimento, c’era un altro quadro che aveva fatto in trance, con lo stesso soggetto dell’altro dipinto, quella donna soldato uscita da una leggenda: stavolta non era a cavallo, ma saltava in un mondo fantastico, vestita come una valchiria della foresta, con in testa una corona di mirto, un sorriso radioso, circondata da rose, con sullo sfondo un cavallo bianco. Se non fosse che la situazione era assurda, Skinner avrebbe notato quanto era bella quella composizione, sembrava suggerita da un amore assoluto.

“Lo farò vedere ai miei due agenti, non so cosa stia succedendo. Senta, Angélique, forse non è il momento giusto per chiederglielo, ma è un’altra cosa urgente. A chi devo segnalare il caso di una persona anziana in difficoltà?”

Angélique ci pensò un attimo e poi disse:

“Alla polizia, soprattutto se è possibile che ci siano o ci possano essere atti criminali contro questa persona, ci sono assistenti sociali e psicologi o possono indirizzare.”

“Grazie”, rispose Skinner. Voleva aiutare Augustin.

 

Mulder e Scully arrivarono poco dopo e capirono che la situazione stava precipitando. Ma Scully impallidì quando vide l’ultima opera di Camilla.

Quel quadro lei lo conosceva. Lo aveva visto nel suo sogno, identico, quella testimonianza di un amore eterno e incondizionato, un quadro che non esisteva nella realtà, ma con come modella la stessa donna che da quando erano in Francia era entrata nelle loro vite, malgrado fosse morta oltre due secoli prima.

Mulder notò il suo pallore e le si avvicinò.

“Scully, cosa hai?”

“Mulder, se te lo dico non mi credi… io questo quadro l’ho visto in sogno!”

Mulder stette zitto e poi aggiunse:

“Ma anche tu Scully fai sogni strani da quando sei qui a Parigi? Sogni in cui sei qualcuno vissuto tanto tempo fa?”

“Sì, Mulder. Ma cosa ci sta succedendo?”

“Non riesco a trovare una spiegazione, né razionale, né guardando all’esperienza che ho accumulato in questi anni. Il sogno è una risposta ad una domanda che non sappiamo ancora che dobbiamo porci, ma in questo caso quale può essere?”

“Confrontiamo i nostri sogni Mulder? Mi sembra tutto assurdo...”

“Aspetterei ancora un attimo...”

 

Il cellulare di Skinner suonò e lui rispose, riconoscendo dal numero chi c’era dall’altra parte. Era un onore senza dubbio, oltretutto inatteso.

“Vicedirettore Skinner? Sono James Bradley, dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Parigi, so che è un po’ tardi per dirlo, ma domani sera partecipiamo ad un ricevimento in onore del 14 luglio alla Galleria delle Battaglie a Versailles, se volesse venire magari con i suoi agenti sarebbe il benvenuto. So che siete qui per lavoro, ma una serata di svago ve la meritate tutta.”

Non era il momento migliore per andare ad una festa, ma poteva essere un piacevole diversivo. Skinner accettò l’invito e ne parlò anche con Mulder e Scully.

“Chissà a che punto saremo con questa indagine domani”, disse Scully. Ma con Mulder accettarono l’invito.

 

L’avevano ferito sotto i suoi occhi. Era accaduto tutto in un attimo, doveva sparare al soldato che stava di guardia al ponte sopra il canale per fare in modo che potessero andare a raggiungere gli altri.

Certo, gli aveva sparato, un unico colpo, lo aveva preso di sopresa, ma quel maledetto non era solo, ce ne era un altro, e quello era stato più veloce, prima di venire abbattuto da Alain. E lui si era preso la pallottola al suo posto, mettendosi in mezzo, in pieno petto. Non doveva morire, doveva portarlo in salvo, l’avrebbero curato e sarebbe guarito.

Corse come una matta per Parigi al comando dei suoi uomini, c’erano soldati ovunque, non erano lontanissime le Tuilieries dove si trovavano Bernard e i suoi, ma era come se fossero in un altro mondo per tutti i pericoli che c’erano in mezzo.

Ma alla fine, lei e i suoi uomini arrivarono là. Lo avrebberero curato, lo avrebbero fatto guarire.

Gli vennero incontro e lei urlò:

André è stato ferito, bisogna curarlo, c’è bisogno di un medico!”

Non era stato sul cavallo con lei, era stato con Alain, che l’aveva protetto, tenendogli su quella dannata ferita il suo foulard da collo. Corse ad aiutarlo a metterlo su un giaciglio improvvisato, in modo che i medici potessero visitarlo.

Avrebbero dovuto estrargli la pallottola, lei gli avrebbe tenuto la mano e pregò che ci fosse abbastanza alcool da disinfettare il tutto e anche per stordirlo e non fargli sentire troppo dolore.

Bernard aveva radunato una decina di medici che lo esaminarono, lei gli teneva la mano… e vide che nessuno di loro cercava un bisturi, chiedeva una fiaschetta con l’alcool o di mettere a bollire l’acqua. Si allontanarono neri in volto, e con la coda dell’occhio notò uno dei medici che si avvicinava a Bernard e scuoteva impercettibilmente la testa.

No, non poteva essere vero.

Strinse le mani al suo uomo:

André, voglio che tu mi prometta che diventerò tua moglie.”

Lui non riusciva quasi più a parlare, il suo sangue era sparso per tutte le vie di Parigi, ma le sorrideva.

Certo che lo diventerai, è la cosa che desiderò di più al mondo. Ora anche l’amore ci unisce e vedrai che vivremo in un mondo migliore”.

Piangeva a calde lacrime, sperando in un miracolo:

Quando tutto questo sarà finito, portami lontano da qui, portami in una piccola chiesa dove ci sarà una semplice cerimonia...”

Ma certo, Oscar, ma perché piangi, non starò mica per morire...”

No, André, ma cosa dici...”

Infatti, la nostra felicità è appena cominciata, non posso morire adesso, proprio non posso...”

Lei continuava a parlargli:

André, io voglio tornare ad Arras con te, a vivere di nuovo quei momenti stupendi di quando eravamo ragazzi, ma sarà tutto più completo, perché ci amiamo ora e questo rende tutto più bello. Voglio vedere mille e mille albe con te, ricordando la fortuna di averti incontrato, di amarti , di stare per sempre con te… André...”

Era immobile, ormai, non rispondeva, e una lacrima era fissa vicino al suo occhio, in eterno. Se ne era andato, e lei urlò e pianse, mentre anche la sua vita la abbandonava, perché senza di lui non era nessuno. E il volto di André diventò un altro volto, una donna, con i capelli rossi e gli occhi azzurri spalancati, la sua Scully, persa per sempre…

Mulder aprì gli occhi: questa volta il sogno era stato devastante, aveva sentito angoscia e dolore, e paura di perdere la persona amata, a cui non aveva mai detto niente…

 

L’avevano ferito, aveva sentito un grande calore, e ora sentiva il suo cuore che batteva sempre più lento, mentre il sangue scorreva fuori. Alain l’aveva stretto a sé a cavallo, aveva premuto il suo fuolard sopra la ferita. Ora erano arrivati da Bernard e dai suoi, lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvarlo.

Quanto era bella, la sua Oscar, gli teneva la mano, lo aiutava ad adagiarsi sulla branda… Se non fosse che la situazione era quella che era, avrebbe pensato che era così bello averla così vicina a lui, sopra di lui, come ad un certo punto la notte precedente quando erano diventati una cosa sola.

I medici lo visitavano, sapeva che lo attendeva una prova dura, non era uno scherzo estrarre una pallottola, ma se Oscar fosse stata con lui sarebbe andato tutto bene. Quanto voleva baciarla di nuovo, sentire la sua pelle vicino, il suo respiro…

I medici non facevano niente e si allontanavano, cosa aspettavano, forse dovevano far bollire l’acqua e preparare i ferri.

Oscar gli teneva le mani:

Promettimi che diventerò tua moglie”.

Ma lo era da sempre e per sempre e ora lo sarebbe diventata davvero.

Certo, Oscar, lo diventerai, è la cosa che desidero di più al mondo.”

Lei piangeva, e non erano lacrime di gioia, come quelle della sera precedente nel bosco, o di tensione rilassata, come ad un certo punto la notte prima, quelle lacrime che lui le aveva asciugato con i suoi baci, sentendo anche quel suo sapore. Era disperata, e lui di colpo capì, ma non poteva essere vero, non poteva succedere questo, non ora che si erano trovati, non ora che si erano amati.

Sto forse… per morire...”

Lei continuava a parlargli, e lui sentì un’ultima lacrima che gli usciva dagli occhi, no, non doveva andare via, doveva rimanere lì con lei, il destino non poteva essere così crudele… Non poteva più consolarla, non poteva calmare le sue urla che gli straziavano il cuore, non poteva più prendersi cura di lei, portarla via di lì, amarla come la notte prima… e in un lampo, vide che quel volto disperato e bellissimo diventava quello di un uomo, di Fox Mulder...

Scully si svegliò, sentiva male al petto come se l’avessero colpita. Stavolta il sogno era stato devastante oltre che inquietante. Si era sentita morire, aveva sentito il dolore di qualcuno che piangeva la sua morte. Ma cosa c’entravano lei e Mulder con tutto questo?

 

Una bella festa in onore del 14 luglio, la festa che ricordava l’evento che aveva portato al potere quei regicidi e blasfemi. Oh si sarebbe divertito, e sarebbe stato il primo di molti gesti, e altri lo avrebbero seguito. Altro che quei dilettanti fissati con il Corano e roba simile. Lui aveva in mente qualcosa di meglio, altrimenti non si sarebbe chiamato Bouillet, doveva tenere alto l’onore della famiglia, il suo avo sarebbe stato orgoglioso di lui.

Henri Louis de Bouillet guardò con aria compiaciuta le armi di fronte a lui: certo che se il suo avo e i suoi soldati avessero avuto quelle per fronteggiare la marmaglia rivoluzionaria, compresi quei traditori dei Soldati della Guardia con quella donna contro natura al loro comando, non ci sarebbe stata storia. Beh, era ora di riscriverla la Storia e in maniera nuova, e di fare giustizia.

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassettesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo diciassettesimo

Il poliziotto guardò Skinner con attenzione, apprezzando che quel pezzo grosso dell’FBI si fosse precipitato così di buon mattino in ufficio da lui per denunciare una cosa che riteneva importante.

“Credo di aver conosciuto un uomo che ha bisogno di aiuto, potrebbe trovarsi in pericolo. Quest’uomo, anziano, con problemi di depressione e forse anche di Alzheimer, vive da solo in un palazzo in rovina senza corrente elettrica a Jossigny...”

“Monsieur Skinner, le fa onore interessarsi alle persone in difficoltà, ma vivere in un palazzo senza corrente elettrica non è un reato. Nemmeno essere soli. L’uomo in questione è denutrito?”

“No, non direi. C’è un uomo più giovane che gli porta da mangiare. Ma è solo ed è in uno stato di delirio mentale molto pericoloso.”

“Le sembra violento o vittima di azioni violente?”

Skinner rifletté un attimo, sentendosi quasi in colpa per aver parlato di Augustin come di un possibile malato di Alzheimer, ma non era certo lucido. Come poteva esserlo?

“Violento no, ma ha una forma di depressione molto grave, racconta di aver perso una figlia tragicamente e di sentirsi in colpa per questo. Ci vorrebbe un supporto psicologico. Riguardo ad essere vittima di violenze, non posso escluderlo, lei sa meglio di me come certe persone siano prede ideali per truffatori e delinquenti.”

“Ovviamente sì. Lei parla di Alzheimer, da cosa lo deduce?”

Skinner esitò, Augustin era lucido, ma tutta la sua storia non aveva senso.

“Racconta di aver perso una figlia il 14 luglio del 1789, durante la presa della Bastiglia, una cosa assurda e irreale, e racconta anche particolari e episodi della vita in Francia di quel periodo. Il mio collaboratore, l’agente speciale Fox Mulder, esperto in Psicologia comportamentale, sostiene che in certi casi si possono sviluppare in persone molto sole e di una certa età dei falsi ricordi, provocati da gravi dolori e confusione mentale, o magari anche dal plagio di un altro soggetto.”

“Capisco. Segnaleremo questo caso a chi di dovere, lei potrebbe chiedere un aiuto all’agente Mulder?”

“Certo, senz’altro.”

“Purtroppo, se non ci sono condotte violente e reati manifesti, non possiamo fare molto, se l’uomo in questione per esempio non accetta consigli o cure non possiamo costringerlo.”

L’idea di forzare Augustin ad un trattamento sanitario non piaceva nemmeno a Skinner. Ma non voleva lasciarlo solo in quel palazzo a struggersi per qualcosa con cui era stato suggestionato. Magari, non sarebbe stato male indagare su chi gli aveva fatto il lavaggio del cervello con quella storia tragica, magari c’erano dei secondi fini sotto, e c’entrava pure Krycek.

“Mi scusi”, continuò l’agente di polizia, “mi ricorda bene dov’è il posto?”

“Certo, ho incontrato Augustin, così dice di chiamarsi, a Parigi, ma sta o dovrebbe stare in un palazzo del Settecento, verso Jossigny, non lontano da Versailles.”

“Il nome e cognome di quest’uomo lei lo conosce?”

Skinner ci pensò un attimo e disse:

“Credo sia Augustin de Jarjayes!”

Il poliziotto guardò Skinner con interesse e perplessità.

“Guardi, è una storia strana, e forse ci sarebbe da indagare, ma io devo dirle una cosa che mi è venuta in mente in questo momento. Un po’ di anni fa ci arrivò una segnalazione di una coppia che aveva incontrato un uomo, più o meno in quel posto, educato, ma completamente in delirio, raccontava di fatti capitati durante la Rivoluzione e di una figlia morta il 14 luglio 1789. Anche loro volevano aiutarlo, ma poi dall’alto qualcuno disse che era meglio insabbiare tutto e lasciar perdere. Me lo raccontò un mio collega, dispiaciuto per non averlo potuto aiutare, dicendomi che forse su quest’uomo che racconta storie così fuori dal tempo c’erano già altre segnalazioni in passato. Tutto molto strano, che ne dice?”

Decisamente, era una storia per Mulder e Scully. Skinner ringraziò per l’attenzione e uscì sul Quai des Orfevres, a due passi dall’Ile de la Cité, con davanti la cupa sagoma della Conciergerie, l’antico castello medievale diventato poi prigione durante il Terrore, dove era stata tenuta prigioniera tra gli altri la regina Maria Antonietta. Tanti anni prima, ed era senz’altro tutto collegato a cosa stava succedendo a Camilla, o qualcuno aveva fatto in modo che lo fosse.

Il cellulare di Skinner squillò, era l’ambasciata statunitense.

“Ah, ci siamo dimenticati di dirle che la festa di stasera è in costume da epoca rivoluzionaria, potete affittare anche cose molto semplici in loco o passando da noi.”

“Può essere divertente”, disse Skinner, mandando subito un sms a Mulder e Scully per avvisarli della novità e dando loro un appuntamento in albergo.

Mulder gli rispose:

“Carina l’idea del travestimento, comunque andiamo poi insieme a casa di quell’Augustin, potrebbe venire anche Scully, che è medico.”

Poco dopo arrivò un’altra telefonata, da Arras, era Giraud.

“Alex Krycek è scappato e ha preso un’auto, abbiamo diramato l’allarme, non sappiamo che intenzioni abbia. Credevamo che fosse fuori combattimento e invece ci ha fregati. Stia attento con i suoi colleghi, noi lo stiamo cercando!”

Skinner avvisò subito Mulder e Scully.

“Mi sa che i nodi stanno venendo tutti al pettine”, disse Mulder, “ma restano troppi misteri!”

 

No, non doveva succedere più. Quel dannato proiettile che l’aveva colpito, la corsa in cerca di un medico, la sua agonia, lei che urlava e poi spariva per ore perché non riusciva a reggere quel dolore così atroce. L’aveva ritrovata distrutta in quel vicolo, con quella frase Posso ancora piangere un poì? e quelle lacrime. E si era messa in prima fila per farsi uccidere, per farsi colpire da quei maledetti comandati da quel vile, che aveva avuto poi la fine che meritava, anche per mano di loro Soldati della Guardia.

Stavolta doveva salvarli, ad ogni costo, e correva su quel veicolo tanto comodo ma un po’ pericoloso, se l’avesse avuto quella sera lui si sarebbe salvato, correva verso il palazzo dove non aveva mai messo piede, lui con i nobili non voleva averci niente a che fare.

 

Skinner si guardò allo specchio, aveva optato per un completo da uomo sobrio del Settecento, tutto scuro, simile, diceva l’etichetta, a quello che indossava il signor Franklin in visita a Versailles, ma anche a quelli indossati dai deputati del Terzo Stato durante la processione del 5 maggio 1789. In fondo, era una cosa simpatica.

A Mulder, l’idea del ballo in maschera non era dispiaciuta, voleva svagarsi un po’. Non gli era mai capitato, in tutta la sua vita, di provare una fascinazione così forte per un capo di abbigliamento, un’uniforme blu scura militare, e solo dopo averla indossata aveva letto che era simile a quella delle Guardie francesi di fine Settecento, come il famoso reggimento che si era unito al popolo di Parigi per assaltare la Bastiglia. Un’altra coincidenza come quei sogni inquietanti e dolorosi?

“Mulder!”

Si girò, curioso di vedere Scully in crinolina e abito lungo e rimase a bocca aperta. Anche lei aveva un’uniforme blu da soldato.

“Gli abiti lunghi non fanno per me, troppo scomodi, capita che succede qualcosa è meglio essere liberi di muoversi!”

Rimasero in silenzio a guardarsi, erano proprio come loro, i due amanti che popolavano le loro notti.

“State bene!”, disse Skinner sorridendo, ma poi pensò anche lui a tutta quella storia in cui erano immersi. I due amanti morti dovevano somigliare proprio a Mulder e Scully in quel momento...

Di colpo, il cellulare di Mulder suonò: era Angélique.

“Agenti, è successa una cosa terribile! Camilla è sparita, dormiva da ore, ero distratta a fare da mangiare in cucina, ho sentito sbattere una porta, ma c’era vento, non ci ho fatto caso, solo dopo ho capito che se ne era andata e aveva preso l’auto. Non so dove sia!”

Mulder guardò Scully e Skinner e disse:

“Mi sa che dobbiamo andare al ricevimento alla Galleria delle Battaglie. Forse scopriremo qualcosa là, me lo sento.”

 

Quando lei era arrivata alla testa del suo reggimento in place Vendome, dove gli invasori del Royal Allemand li avevano bloccati, il suo cuore si era riempito di gioia. Lei li aveva difesi e aveva rinunciato al suo nome e al suo titolo per abbracciare la causa rivoluzionaria con i suoi soldati, e, in mezzo alla folla, si erano finalmente abbracciate di nuovo, dopo tanto tempo. Ma poi era partito un nuovo attacco dei realisti, e lei si era messa al comando dei soldati per salvare lei e tutti i civili. La giornata era stata lunga, lunghissima, si erano asserragliati alle Tuilieries riconquistate, finché non era tornata, con metà soldati e con lui ferito, il suo amore. Ed era morto lì, tra i pianti della sua amata, che poi era sparita per tutta quell’eterna notte di luglio.

Ma il giorno dopo aveva comandato l’attacco alla Bastiglia, e si era esposta davanti a tutti, così che la vedessero, per volare da lui, e lei non era riuscita a fermarla, ad un tratto aveva avuto la percezione che doveva portarla via da lì, ma in quel momento avevano esploso quella grandinata di colpi sulla sua adorata e fiera rosa. Era caduta a terra, ferita mortalmente, e poi era volata via, e lei aveva pianto tutte le sue lacrime, prima di buttarsi nella mischia per fare giustizia di quei vili che l’avevano uccisa…

Ma non sarebbe più successo, ora sapeva come fare, e correva verso quel palazzo in cui aveva vissuto alcuni momenti, di gioia e di dolore. Stavolta tutto sarebbe stato diverso, lei lo sapeva, a qualsiasi costo.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo diciottesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo diciottesimo

Skinner si voltò a guardare Mulder e Scully che entravano nella Galleria delle Battaglie dietro a lui: certo che era strano vedere un uomo vestito da militare del Settecento impegnato a mandare messaggi sul cellulare, ma era in contatto costante con Angélique, che stava cercando Camilla, senza risultato.

“Angélique ha parlato con una signora del chiosco dei fiori vicino alla fermata della metropolitana, che sostiene di aver visto Camilla entrare nel sottopassaggio verso i treni. Da lì, però, può essere andata ovunque. Lei sta provando a ricostruire il suo percorso, vuole farlo da sola.”

Scully e Skinner annuirono, e cercarono di rilassarsi e godersi la serata, in fondo era tutto abbastanza piacevole e divertente, tra musica, atmosfera, cibo e luogo.

Ospite d’onore era il Ministro della Cultura, che fece un discorso di circostanza civile anche se un po’ retorico sui legami di amicizia che c’erano tra Francia e Stati Uniti, e ad un tratto ricordò:

“La sede principale del nostro ricevimento è la Galleria delle Battaglie, ma vi invitiamo a raggiungere l’Opera, dove si potranno ascoltare musiche in tema, tra Ancient Regime e Rivoluzione, dove c’è un altro buffet e un banco dove è in corso una vendita di beneficenza di oggetti e libri a tema Versailles e Storia.”

Mulder e Scully annuirono, poteva essere interessante. Notarono poi che qualcuno aveva chiamato Skinner al telefono.

“Giraud sta dando la caccia a Krycek, sono tutti allertati da Arras, ma sembra scomparso nel nulla. Ha rubato l’auto insieme ad un’uniforme da poliziotto e si è allontanato.”

Poco dopo, Mulder ricevette un messaggio da Angélique:

“L’edicolante di una stazione della metropolitana successiva alla nostra ha riconosciuto Camilla, dice che l’ha vista passare e dirigersi verso la piattaforma da cui partono i treni RER che vanno nelle città vicine a Parigi. Da lì parte tra gli altri un treno per Versailles.”

Mulder guardò verso Scully:

“Godiamoci la serata, divertenti questi abiti che abbiamo addosso, ma teniamo gli occhi aperti, Camilla potrebbe essere venuta qui.”

“Mulder, ascolta. Questa storia sta mettendo a dura prova il mio scetticismo. Tutto è iniziato con un aiuto che dovevamo dare ad una persona in difficoltà per cause misteriose, Camilla. Ma poi, questa storia ci ha coinvolti sempre di più, come se fosse parte di noi. Anche Skinner ha incontrato quell’Augustin con cui dovremo anche noi parlare, c’è anche monsieur Girodel che è strano, anche se sembra simpatico e collaborativo. E poi Krycek… può essere tutto un inganno ordito da qualcuno, magari dallo stesso Krycek, ma non capisco a che pro. E poi ci sono quei sogni ogni notte, come se fossimo davvero qualcuno vissuto secoli fa, come se fossimo i protagonisti di questa storia, ricostruendo quando sono morti...”

Mulder restò in silenzio. Certo, poteva essere tutto un inganno. Ma come e fino a che punto?

“Scully, forse dovremmo svagarci adesso e pensare solo a questo, ma ci sono alcuni punti di questa storia che mi lasciano perplesso, e io sono uno che non vuole fermarsi ad evidenze e spiegazioni razionali. Primo, cosa è successo a Camilla ad Arras, che mi sembra una persona limpida e a posto prima che andasse là, la cosa inspiegabile è che non ha mai saputo disegnare e ha dipinto nel suo stato alterato due quadri bellissimi nello stile del Settecento, uno dei quali esistente davvero. Seconda cosa, quella di Krycek può essere tutta una sceneggiata, ma racconta qualcosa di molto simile a Camilla, anche se da un altro punto di vista e non ci sono prove che si siano mai incontrati per accordarsi per esempio. Poi cosa abbiamo visto sulla collina di Arras, non ho mai visto qualcosa come quello che c’era sotto terra e di cose strane ne ho viste tante. Augustin può essere un poveraccio sconvolto dal dolore, gli vorrò e dovrò parlare, ma anche lui racconta una parte di questa storia in cui siamo tutti coinvolti, Victor è un individuo strano, ma potrebbe anche nascere tutto da lui, sai come è, ma allora siamo da capo e mi chiedo perché. I nostri sogni… è normale venire influenzati dalle proprie attività diurne, e del resto il sogno è una risposta a una domanda che non sappiamo ancora formulare, ma è come se fossimo davvero quelle due persone, Oscar e André. No, Scully, io non ho mai visto simili casi di possessione, non ho mai sentito di sogni così vividi, di persone che vivono oltre duecento anni, di ricordi così presenti ancora nel mondo di oggi e poi su cosa abbiamo visto sulla collina di Arras preferisco sospendere il giudizio. Certo, può essere un inganno, ma è talmente lontano dai soliti maneggi del Consorzio e di Krycek da lasciarmi perplesso.”

Restarono a guardarsi per un po’, c’era qualcosa di cui non riuscivano a parlare, l’enormità dell’amore che univa i due eroi morti oltre duecento anni prima era qualcosa di toccante, che li faceva soffrire come fossero parte di loro e che li faceva interrogare su cosa li legava. E su questo non c’era nessuna spiegazione logica.

“Mulder, andiamo a vedere questa sala di teatro e a fare magari i filantropi?”

“Volentieri”.

 

Si era appostato in alto, nel palco reale, dove era riuscito ad entrare senza grandi problemi, fingendosi un inserviente. Ora stava là, doveva fare qualcosa di plateale, per poi scappare, contava sull’improvvisazione, voleva che lo ricordassero.

Lì in basso, c’era fervore di gente, tra banco e buffett, e dire che avevano attaccato la famiglia reale a suo tempo proprio per questo, chi l’aveva sostituita era peggio. Doveva attendere il momento giusto e colpire qualcuno, magari un americano.

Si sporse leggermente dalla balaustra e ad un tratto li vide. Un uomo e una donna, in abiti militari del Settecento, come certa gente di cui narravano ancora le gesta, sì, la storia di quella nobile che aveva tradito e che il suo avo aveva quasi messo davanti al plotone d’esecuzione… tanto poi aveva pagato il suo tradimento con la vita, abbattuta fuori dalla Bastiglia. C’era pure con loro un uomo più anziano conciato come quei maledetti deputati del Terzo Stato.

Massì, sarebbe stato divertente vederli morire e poi scappare.

 

Era arrivata alla Reggia, era tutto uguale e diverso da come lo ricordava. Era entrata grazie alla tessera della vita dell’altra, quella che apriva le porte dei tempi del sapere, non avevano nemmeno controllato più di tanto, probabilmente adesso si usava così. Vide che in tanti si dirigevano verso l’Opera, doveva andare lì per vedere che fosse tutto a posto, erano quasi tutti vestiti come allora ma non era più allora. Entrò dentro e si guardò attorno, c’era tutta gente festante, un buffet non tanto dissimile da quelli del Settecento pieno di buon cibo, un banco con libri e oggetti. Voleva avvicinarsi.

Ad un tratto, il suo sguardo incrociò quello di quell’uomo giunto da lontano, il più anziano, quello che diceva di conoscere l’altra.

 

Skinner si allontanò dal buffet con ancora in mano un paio di salatini e il bicchiere di champagne e si avvicinò di corsa a Mulder e Scully, che stavano sfogliando un libro sui soldati nella Francia prerivoluzionaria, giusto per restare in tema.

“C’è Camilla, è riuscita ad entrare!”

“Dove?”, disse Mulder. Qualunque cosa succedesse, andava aiutata. Mandò subito un messaggio vocale ad Angelique, chiedendole di cercare di arrivare al più presto a Versailles e poi pian piano con Scully si avvicinò a dove era chi dovevano comunque proteggere.

 

Quell’uniforme che aveva preso in prestito insieme all’auto, appartenente ad un soldato di quello strano presente, gli aveva aperto tante porte, ed ora era dentro il ricevimento. Aveva cercato quella sala di teatro dove era successo quel fatto tanti anni prima, tre mesi dopo la loro morte, quando avevano dato quel banchetto vergognoso che aveva fatto arrabbiare le donne di Parigi. Aveva applaudito al loro coraggio, ma poi tutto era degenerato e non gli era piaciuto.

Doveva vegliare su di loro. L’uomo di quel tempo stava curiosando in mezzo ai libri con la sua lei, quando di colpo alzò lo sguardo e lo vide…

 

Mulder e Scully si guardarono: c’era anche Krycek, non solo Camilla, che avevano forse individuato, facendo finta di niente, e non allontanandosi dal bancone dei libri. Si irrigidirono.

 

Era ora di fare una bella scena. Si sporse dal palco reale con in mano un fucile, modello simile a quelli usati dai Soldati del Re per combattere i rivoltosi, perfettamente funzionante e devastante, e urlò:

“Morte alla feccia rivoluzionaria di ieri e di oggi!” puntando per fare fuoco, proprio su quei due tipi con l’uniforme delle Guardie traditrici.

 

Lei non aveva potuto fare niente per salvare i suoi benefattori, Oscar e André, che l’avevano portata via dalla miseria, le avevano dato una casa e un’istruzione, ed erano stati insieme alla sua madre adottiva la cosa più simile ad una famiglia che aveva avuto. Ma ora, stava per succedere qualcosa, sapeva che la stavano cercando, ma si accorse anche di quell’uomo che puntava un fucile contro di loro di nuovo.

No!!! urlò.

 

Mulder e Scully sussultarono, così come Skinner, di fronte a quell’urlo venuto fuori pochi decimi di secondo prima di quel proclama dall’alto del palco.

 

Lo aveva notato, era come quel bastardo che aveva sparato ad André al Ponte Saint Martin, e lui non era riuscito a fermarlo. Non aveva potuto prevedere tutto, e dire che sarebbe bastato buttarsi davanti e proteggere André, a costo di rimetterci lui. Tutta quella notte orribile non sarebbe accaduta, e il giorno dopo Oscar non si sarebbe esposta così.

Ma era anche come i maledetti cecchini della Bastiglia, quelli comandati da quel bastardo a cui era stato poi riservata quell’esecuzione giusta e sanguinaria, non aveva potuto fermarli, non era riuscito a toglierla dalla linea di mira, e dire che ci aveva pensato ad un certo punto Non devo lasciarla così esposta, adesso la porto via da davanti ai cannoni, adesso lo faccio…

Ma ora tutto poteva cambiare. Dopo quell’urlo di assalto, lui si lanciò in mezzo, corse verso i due da proteggere e si frappose tra loro e il piombo del loro assassino, che era già partito per giungere a destinazione.. stavolta era diverso, questo era quello che avrebbe dovuto fare allora...

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Capitolo 20
*** Capitolo diciannovesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo diciannovesimo

Molti anni prima, quando era soldato in Vietnam, Skinner stava attraversando un villaggio che sembrava disabitato con alcuni suoi commilitoni. Di colpo, aveva avuto come un presagio, quel silenzio era troppo inquietante, un fruscio l’aveva fatto sussultare e gli aveva fatto percepire un cecchino nascosto su un tetto, troppo tardi per un suo amico, Diego, che era stato colpito a morte. Ma poi non c’erano state altre morti, perché era riuscito a mettersi in salvo con i sopravvissuti.

Ora era successa una cosa simile: in un contesto tranquillo, anche se opposto, di colpo era emerso un pericolo, ma quell’urlo improvviso lo aveva messo sull’avviso e si era accorto dove era l’aggressore. Anche qui, non era riuscito a impedire che il cecchino sparasse, ma poi l’aveva colpito.

Solo che non erano in un villaggio nella giungla vietnamita, ma nel teatro della reggia di Versailles dove c’era appena stato un attentato, e c’erano urla e agitazione tra una folla che fino a pochi attimi prima era festante.

Il servizio di sicurezza della festa si era già attivato e si era diretto verso il palco reale, mentre altri cercavano di capire se c’erano altre minacce.

“Mulder, Scully, tutto bene?”, disse Skinner dirigendosi verso i suoi ragazzi. Erano i suoi ragazzi, e lo sarebbero sempre stati, le persone con cui aveva avuto il rapporto più lungo e duraturo a parte sua moglie. Non poteva sopportare che capitasse loro qualcosa.

“Sì, malgrado la situazione!”, rispose Mulder. Malgrado tutti i guai in cui si era cacciato non era mai andato così vicino alla morte.

Scully mandò un gemito e si diresse verso una giovane donna svenuta per terra, che si rivelò essere Camilla. Si accorse subito che era ferita solo di striscio ad una spalla, ma aveva perso i sensi, per lo choc e senz’altro per la situazione particolare in cui si trovava.

“Scully, Skinner...”, la voce di Mulder mescolava afflizione e stupore mentre si avvicinava al poliziotto che si era frapposto tra loro e i colpi sparati, in maniera fatale per lui, notando chi era.

“Krycek...”, disse Skinner, basito. Si era sacrificato per loro, lui non ce l’avrebbe mai fatta a sparare in tempo da fermare la prima raffica di colpi.

Alex Krycek stava perdendo sangue in maniera copiosa, ma aprì gli occhi:

“Dovevo salvarli allora… non mi misi in mezzo sotto al ponte per prendermi il colpo destinato ad André. E non tolsi lei dalla linea di tiro della Bastiglia, la mia amata comandante Oscar. Ora è come se l’avessi fatto, ora è come se avessi saldato quel debito di quando sono morti...”

Mulder urlò:

“Soccorsi, presto, quest’uomo è gravemente ferito.”

Krycek gli doveva tante spiegazioni, e non solo su quello su cui stavano indagando. Non poteva certo morire così.

“Mulder, Scully, è meglio che sia andata così, per chi c’era allora e per voi oggi...”, mormorò ancora Krycek.

Erano arrivati i soccorsi medici e lui allora aggiunse:

“Siete identici a loro due, ma stavolta è andata bene, stavolta tutto è cambiato e non sono morti come quel giorno maledetto, come in quei due giorni maledetti...” e poi girò il volto e rimase immobile.

 

Camilla O’Malley era illesa ma aveva perso conoscenza e fu caricata in ambulanza per essere portata in ospedale: nel frattempo, era arrivata Angélique, che la seguì in ospedale.

“Avete fatto molto per lei, per noi, ora vi aggiornerò io. Ma dite che è ferita solo in maniera superficiale?”

“Da quello che ho visto io sì”, disse Scully, “coraggio, se la caverà.” Ma come sarebbe tornata indietro?

Mulder con Scully e Skinner videro il corpo di Krycek messo su una barella coperta e portato via. I poliziotti dissero loro:

“Ci spiace, ma ci sono alcune domande che dobbiamo farvi.”

L’aggressore, colpito a morte da Skinner, era solo, e aveva con sé i suoi documenti: si chiamava Louis Henri de Bouillet e dagli occhi dei poliziotti Mulder capì che era un uomo già noto alle forze dell’ordine.

 

Le domande non furono molte. Sì, conoscevano tutti e tre Alex Krycek, un agente deviato e un killer, ma non sapevano spiegarsi perché li avesse salvati, né perché avesse dato segni di squilibrio negli ultimi giorni, raccontando di essere un altro uomo, oltretutto vissuto oltre due secoli prima. Skinner svelò che Krycek teneva d’occhio le indagini di Mulder e Scully, ricattando anche lui, ma questo era tutto, ed era antecedente ai fatti di quel periodo, senza nessun nesso apparente.

Nessuno di loro aveva mai sentito parlare di Louis Henri de Bouillet, un esaltato, erede di una famiglia nobile di idee a dir poco discutibili, su cui presto sarebbero emerse informazioni in più.

 

Mulder e Scully uscirono: di notte, la reggia di Versailles aveva un fascino incredibile, si sentivano da una parte sfiniti, ma dall’altra non avevano voglia di andare a riposarsi.

“Ce la siamo vista brutta… se non fosse stato per l’urlo di Camilla, per quello che ha fatto Krycek e per la prontezza di Skinner saremmo morti”, disse Mulder.

“Oggi sarebbe stato il giorno di quando siamo morti, ma non è andata così”, aggiunse.

“Vero, è proprio questione di un attimo… come in guerra, come nelle rivoluzioni”, disse Scully. Avevano ancora addosso i vestiti della festa, ma erano macchiati di sangue. Ma non davano loro fastidio, era come se fossero una seconda pelle.

“Dovremmo andare a cambiarci...”, aggiunse Scully.

“Dimmi che non conosci le abitudini non proprio pulite che c’erano qui a Versailles!”, disse Mulder, “una volta ho visto un documentario e non sapevo se schifarmi o ridere...”

“Ho presente, anche se pare che Maria Antonietta fosse più pulita del Re Sole..”, disse Scully, “forse è il caso che torniamo in albergo a Parigi...”

“Io voglio stare con te, Scully, dopo quello che è successo stasera più che mai”, e le prese le mani. Scully non si sottrasse, c’era qualcosa nell’aria, la paura della morte, lo spavento, ma anche l’amore, l’amore che arrivava da tanti anni prima, da Oscar e André, che si erano infilati nelle loro vite diventandone parte, per uno strano gioco del destino che non era ancora chiaro a loro due.

Salirono in auto vestiti da Settecento e partirono verso Parigi. Le luci di Versailles si allontanavano da loro, ad un tratto non videro un bivio verso la capitale, e si trovarono in una strada di campagna in mezzo ai boschi, con poca illuminazione.

Ad un tratto, l’auto si fermò.

Mulder guardò Scully con aria scocciata e spaventata: erano in mezzo al nulla, era buio, l’auto era ferma e non sapevano dove andare.

Scesero dall’auto e si guardarono attorno.

“Mulder, guarda in quel prato verso il bosco...”, disse Scully.

Sbatterono gli occhi: era pieno di lucciole, lucciole ovunque. Scully ricordava di aver visto qualche lucciola anni prima, vicino ad una base militare dove aveva vissuto da bambina con la sua famiglia. Mulder aveva visto qualcuno di quegli strani e magici animali durante una gita in montagna da piccolo, un ricordo lontano, con Samantha piccolissima, tanti anni prima di quella maledetta sera in cui aveva perso per sempre sua sorella.

Ma non avevano mai visto così tante lucciole tutte in una volta sola, era tutto irreale e magico. Per un attimo, Scully pensò ad un articolo che aveva letto su una rivista, su cosa significavano le lucciole nella cultura giapponese, i guerrieri caduti, la reincarnazione, ma anche l’amore carnale e sensuale.

Mulder e Scully scesero nel prato e iniziarono a percorrere il sentiero, entrando poi nel bosco: le lucciole li avvolgevano con la loro danza, incredibile, sensuale, vibrante. No, non avevano paura, sarebbero andati avanti insieme come sempre, verso quello che li aspettava. In fondo, somigliavano ad Oscar e André, anche se speravano in un destino diverso.

Del resto, dopo aver rischiato di morire quel giorno, cosa potevano ancora temere?

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Capitolo 21
*** Capitolo ventesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo ventesimo

Ad un tratto, Mulder e Scully arrivarono in una radura in mezzo al bosco, c’erano solo loro due, erano vivi, erano scampati alla morte, erano insieme e sapevano che non dovevano più dividersi. Era come se fossero in un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, un luogo magico e unico, tutto per loro, lontani da ogni pericolo e dolore.

Ad un tratto Scully disse:

“Mulder, non ho mai visto la morte così da vicino, non l’ho mai sentita così… era come nel sogno...”

“Hai ragione… io ho capito una cosa… ti amo Scully, ti amo da sempre!”

Erano anni che la amava, da quando era entrata nella sua vita, per ostacolarlo secondo le intenzioni dei capi dell’FBI, ma in realtà per aiutarlo. Aveva sacrificato tanto, troppo per lui, rischiato troppe volte ogni cosa, fino all’ultimo pericolo scampato poche ore prima.

Scully guardò Mulder, sorridendo dolcemente:

“Anch’io...”

Era vero, quel collega che tutti deridevano, quel collega che lei doveva mettere in difficoltà, era diventato la persona più importante per lei che ci fosse al mondo. Quello che faccio per te non lo farei per nessun altro, gli aveva detto una volta, ed era così.

Si avvicinarono sempre di più e iniziarono a baciarsi, prima timidamente e poi con sempre più passione.

Le lucciole illuminavano il mondo attorno a loro, palpitanti come i loro cuori, i loro esseri, i loro corpi, quando si liberarono di quegli strani abiti di un’altra epoca, sporchi del sangue di una morte scampata, e caddero sull’erba avvinghiati, diventando una cosa sola.

Non era certo la prima volta per nessuno dei due, ma fu come se lo fosse, meraviglioso, indimenticabile, unico, eccitante, romantico, il compimento di un destino che era iniziato quel giorno in cui Scully era entrata nell’ufficio di Mulder nel sotterraneo, e che si era delineato in mille avventure, mille pericoli, mille dolori.

Dopo essersi amati, giacquero appagati sotto le stelle e tra le lucciole, e per un attimo la loro mente fu attraversata da un pensiero, come era folle quella situazione, senza auto vicina, isolati, senza nessuna delle comodità a cui erano abituati, dalla televisione via cavo all’acqua corrente, travolti dalla passione e senza che nient’altro importasse per loro.

Mulder baciò i capelli di Scully, che si stava appisolando sul suo petto, e poi fu attirato da uno stormo di lucciole particolarmente denso, che stava posandosi vicino a loro.

Si girò, con anche Scully che lo seguiva tra le sue braccia e di colpo il cuore gli balzò in gola: non erano più solo lì.

 

Non c’erano alieni, mutanti, killer o criminali: accanto a loro, nell’erba, si erano come materializzati altri due amanti, abbracciati e appagati dopo l’amore come loro, lui dai capelli scuri come l’ebano, lei bionda. Mulder capì chi erano, ma non erano due fantasmi evanescenti, erano di carne e sangue come lui e Scully, diversi da quello che c’era sotto terra ad Arras, ma assomigliavano a quello, due esseri insieme per sempre.

“Oscar e André, suppongo”, disse Mulder rivolto a loro, con un sorriso. No, non c’era da aver paura, per un attimo pensò che la situazione poteva sembrare a quella di una scena di uno di quei film che guardava nelle sue sere solitarie, ma era in realtà diversa, era quasi mistica.

Loro due li guardavano con simpatia e curiosità e poi lei parlò:

“Già… agente Mulder, vi chiamate così, vero?”

“Eh sì. Ma voi, come è possibile, cosa è successo, ma allora non era una truffa o uno scherzo che qualcuno ci ha fatto...”

“Agente Mulder”, disse André, “quando siamo morti è successo qualcosa… ci siamo ritrovati subito, perché il nostro amore era così grande, ma nello stesso tempo è stato come il mondo intero piangesse la nostra morte, c’era il rimpianto di non aver vissuto appieno le nostre vite… e siamo rimasti qui, insieme, come eravamo vissuti, nelle tombe dove ci hanno messi a riposare per l’eternità, ma anche in giro, come sospesi tra due mondi, tra ricordi, gioia e dolore...”

“Ma come è possibile, tutto quello su cui abbiamo indagato...” intervenne Mulder.

“Ma siete voi gli esperti di cose paranormali!”, disse Oscar, “sapete, andavano di moda anche nella nostra epoca, c’erano dei romanzi divertenti in tema e non solo, ma noi non seguivamo questo mondo e noi non sappiamo cosa è successo davvero, perché è successo questo. Siamo insieme, siamo nell’eternità fuori del tempo ma siamo rimasti legati qui, a questo e ad altri luoghi...”

Mulder avrebbe voluto fare tante domande a questi due viaggiatori del tempo venuti da un’altra epoca, che giacevano abbracciati accanto a loro, come lui e Scully. Ma l’emozione era davvero troppo tardi.

“Mi sarebbe piaciuto se ci fossimo conosciuti, saremmo diventati amici anche se siamo di due tempi diversi”, aggiunse Oscar, “ci piacete molto, vero André?”

“Oh sì. Ma un giorno ci rivedremo”, disse lui baciando dolcemente la sua amata, in un modo che spinse Mulder a fare altrettanto con Scully, “per voi sarà tra tanto, tanto tempo, dopo tutta una vita che passerete insieme. L’eternità insieme è meravigliosa, intensa e travolgente come quello che proviamo, ma avremmo voluto avere più tempo per noi da vivi. Non sprecatelo!”

Mulder sentì un nodo in gola, avrebbe voluto chiedere spiegazioni a quelle due personificazioni dall’amore.

“Il mio unico rimpianto è di non aver amato André come mio compagno prima”, disse Oscar, “ho vissuto gli anni che mi sono stati dati da vivere, ma ora sono in pace, siamo in pace insieme. Con quell’unico rimpianto, e forse è solo quello che ci tiene legati qui, ma non stiamo male, siamo insieme ed è questo che conta.”

“Siete eroi”, disse Mulder. Quella era una storia da raccontare, sembrava un’antica leggenda di coraggio, aveva conosciuto tante persone, anche sgradevoli nella sua carriera, ma Oscar e André sarebbero rimasti nel suo cuore e in quello di Scully.

Si accorse che Scully era ben sveglia e vigile e aveva assistito a tutto lo scambio di frasi.

“Anch’io avrei voluto essere vostra amica, credo che avremmo avuto tante cose in comune”, disse, guardando Oscar e André, e mettendo da parte il suo scetticismo.

“Oh sì, anche vostro padre era un generale, vero?”, disse Oscar, “lui ora è in pace, mentre il mio non l’ha trovata, ditegli che sono felice e che lui non ha niente da rimproverarsi, era destino e basta, ero come una rosa, me l’ha sempre detto André, l’unico mio rimpianto riguarda il mio amore per lui e null’altro. Ah, Mulder, non fate arrabbiare Scully come facevo io con André...”

“Ma se non l’hai mai fatto...”, disse André, abbracciando Oscar e baciandola con passione.

Oscar si sottrasse ai baci di André ridendo e disse:

“Certo, sarebbe stato bello essere amici con voi, in un altro tempo, in un altro mondo che non ci sarà mai. Certo che con quel nome, Fox Mulder, Fox, come Renard o Volpe, ci saremmo fatti tutti delle risate pazzesche. Te li immagini Alain e gli altri, André?”

“Oh sì”, disse André.

“Io mi sarei fatto chiamare Mulder, come mi chiama la mia Scully...”, disse Mulder, pensando che i tempi cambiano, le epoche si succedono, ma il suo nome avrebbe fatto sempre ridere tutti.

“Certo, ma avremmo riso lo stesso”, disse Oscar, “e un giorno rideremo insieme del vostro nome, tra tanti e tanti anni per voi. Per noi sarà un battito di ciglia...”

Il sole cominciava a sorgere e le lucciole stavano svanendo. Mulder e Scully videro i due amanti pian piano sparire, mentre loro dicevano:

“Noi siamo parte del tutto, e siamo sempre noi...”

Alla fine, rimasero soli, mentre il sole sorgeva:

“Mulder, cosa è stato?”, chiese Scully.

“Forse la cosa più bella che ho visto...”, rispose lui.

Di colpo, la musica della canzone dei Queen No One but You, che Mulder aveva messo come suoneria del cellulare qualche settimana prima e che ora gli sembrava perfetta per Oscar e André, li riscosse. Non erano lontani dalla civiltà dopo tutto e Skinner li stava chiamando. Dovevano lasciare quel posto e tornare al loro lavoro, ma ora tutto era davvero cambiato per loro, e per sempre.

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Capitolo 22
*** Capitolo ventunesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo ventunesimo

Walter Skinner non fece commenti quando Mulder e Scully arrivarono da lui nella hall dell’albergo, di corsa, dopo essere passati in camera a farsi una doccia e cambiarsi, e aver dato gli abiti sporchi alla lavanderia dell’albergo perché cercassero di sistemarli.

“Devo aggiornarvi sugli ultimi sviluppi dell’indagine: da un esame del cellulare di Bouillet, è emerso che era in contatto con Krycek, lo aveva contattato più volte e probabilmente si erano incontrati.”

“Quindi”, disse Mulder, “Bouillet era legato al Consorzio?”

“Non ci sono elementi per stabilirlo, era noto alle forze dell’ordine e ai servizi segreti per essere un esaltato con manie di grandezza, molto ricco, discendente di una famiglia di nobili realisti. Un suo antenato era un certo generale de Bouillet che si distinse per varie azioni repressive all’inizio della Rivoluzione. Era in contatto con vari gruppi estremisti non solo francesi, ma si pensa che la sua azione sia stata solitaria, forse per fare qualcosa di eclatante.”

“Perché Krycek ci avrebbe salvati?”, chiese Scully.

“Per una volta la sua capacità di tradire ci è stata utile”, disse Mulder, “ma resta un altro segreto che si è portato nella tomba.”

“Il comportamento di Krycek stupisce anche me”, disse Skinner, “mi ricattava con una nanotecnologia che mi aveva iniettato nelle vene e che mi faceva stare male a comando, voleva sapere tutto su di voi, ma non mi ha mai detto di volervi uccidere. Ma da lì a sacrificarsi in quel modo… Parlando d’altro, Camilla è in ospedale al Pasteur, continua a non riprendere conoscenza, anche se non ha nulla di grave, solo una piccola lesione alla spalla. Ho sentito Angélique ed è disperata.”

Mulder e Scully si guardarono con dolore e preoccupazione, ma anche con una nuova complicità che non sfuggì a Skinner.

“Mi sono messo a disposizione delle autorità per ulteriori domande e consulenza nelle indagini, ma vorrei intanto chiedervi di venire con me a vedere se possiamo dare una mano ad Augustin nel suo castello. Quell’uomo ha bisogno di aiuto, bisogna convincerlo ad accettarlo.”

“Certo, signore”, disse insieme Mulder e Scully.

 

Parcheggiarono l’auto vicino al viale che portava al castello di Jossigny e poi si diressero a piedi verso di lì.

Mulder e Scully sentirono una consapevolezza crescente: loro quel castello lo avevano intravisto nei loro sogni, in un momento senz’altro di gloria. Ora era tutto cadente, comunque stessero le cose aveva ragione Skinner, un uomo anziano non poteva stare da solo in un palazzo abbandonato, senza luce e riscaldamento.

Percorsero il viale fino all’edificio personale ed entrarono nella casa, dove un odore di secoli li colpì: in quel posto, niente era più cambiato da tanto tempo, le motivazioni potevano essere molto reali e indice di un grande disagio, ma era loro dovere fare qualcosa.

Mulder trovò la strada dall’atrio verso la sala principale, cadente, ma con ancora mobili e oggetti di pregio, dove una parete intera era dominata dal quadro che loro tre ormai conoscevano bene. L’originale. La splendida Oscar nelle vesti di Marte, per sempre giovane, per sempre eroica.

Rimasero tutti e tre in silenzio a ammirarla, quel caso aveva troppi punti oscuri e loro sapevano che non sarebbero riusciti a spiegarli tutti.

“Mastro Armand disse che era il quadro che gli era venuto meglio e che se non ci fosse piaciuto lo avrebbe tenuto lui. Lo sapete cosa gli fecero quei bastardi di rivoluzionari? Lo aggredirono per strada e lo bastonarono, nell’agosto del 1792, un vecchietto che non aveva mai fatto del male a nessuno. Morì di crepacuore e per il dolore mentre lo picchiavano, barbari...”

Mulder, Scully e Skinner si girarono: Augustin era entrato nella sala, probabilmente da un passaggio secondario, e si era seduto su una poltrona. Indossava un sobrio abito settecentesco.

“Ah, signor Skinner, mi avete portato i vostri due ragazzi… come somigliano a loro due, sono identici… Lo so, non sono vostri parenti, ma c’entra poco a volte questo, i legami d’affetto sono imprevedibili. Quei bestioni dei Soldati della Guardia… piangevano come bambini al funerale di mia figlia e del suo amore André, sulla collina di Arras, le volevano bene, dissero che era il più grande dei soldati e la migliore delle donne. E la povera Marie Grandier, che tutti chiamavamo Marron Glacé per come era brava a fare i dolci, si afflosciò a terra come un sacco di stracci quando arrivarono a dirci che erano morti entrambi e si spense come una candela. L’ho sepolta qui nella cripta, insieme a mia moglie. Le mie altre figlie sono in giro per l’Europa, dovettero fuggire, non le vidi più...”

Mulder interruppe questo discorso dicendogli:

“Signore, siamo venuti a vedere come stavate, siamo preoccupati per voi...” Usò deliberatamente quel tono di grande rispetto un po’ obsoleto, per entrare in contatto con lui in maniera più stretta.

“Siete gentili tutte e tre, ma per me non c’è niente da fare, non merito niente. Sapete? Lei mi lasciò questo biglietto quel dannato 12 luglio, quando partì per non tornare mai più...”

Augustin tirò fuori da una tasca un pezzo di carta ormai liso dagli anni, troppi, e lo lesse:

“Padre, vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me, soprattutto per aver amato una figlia come me. Perdonatemi se vi ho dato dei dispiaceri.”

Skinner deglutì, ricordando le ultime lettere che aveva portato dal Vietnam a compagni morti, o che erano arrivate alla famiglia poco prima della loro fine. Si parlava di quotidianità, ma anche di vite che non sarebbero più tornate ad essere le stesse, voglio restare per sempre con te d’ora in poi aveva scritto un soldato alla sua giovane moglie, mi spiace per quella volta che ti ho risposto male, aveva scritto un altro al padre.

“Io mi arrabbiai e dissi davanti al suo ritratto che non l’avrei mai perdonata. Sapevo che non avrebbe mai accettato l’ordine di quel bastardo di Bouillet, ma pensavo che avrebbe fatto qualcosa di diverso… non che si sarebbe buttata nella mischia con il suo André e i suoi uomini. E poi sono morti… già ma voi non mi credete! Mi prenderete per pazzo, come posso ancora essere in questo mondo dove non risplende più quel sole che era mia figlia?”

Mulder si avvicinò ad Augustin sorridendogli, non bisognava mai contrariare una persona in uno stato di profondo disagio, comunque fosse:

“Ci spiace per il vostro dolore, siamo contenti che stiate parlando con noi.”

“Sapete? Sono anni… secoli che mi chiedo cosa mi sia successo… sono sempre qui, ho visto morire tutto e tutti, e io non muoio. Mi chiusero in prigione a settembre del 1792, vidi cosa facevano a quella povera torinese, la principessa de Lamballe, che piaceva a mia figlia a differenza della Polignac. Io riuscii a salvarmi perché trovai una porta aperta. Cercai di far fuggire la nostra regina, ero deciso a farmi prendere, a tentare l’impossibile mentre la trascinavano su quel carro pieno di letame al patibolo, ma lei disse di non farlo e di aver cura di me. Andai in soccorso di mia nipote, che era bloccata in Vandea, affrontai la morte… ma l’oscura signora non mi voleva mai, non mi prendeva mai..”

Mulder guardò Scully e Skinner in silenzio, non sembrava un delirio.

“Ma in fondo non siete voi, agente Mulder, l’esperto di paranormale? Chi ha mai avuto interesse per quella robetta, così pensavo… Vi chiamate Fox, vero? Sareste diventato lo zimbello di tutta Versailles e dell’esercito...”, aggiunse Augustin sarcastico.

Mulder guardò Augustin e gli disse:

“Sapete, vostra figlia mi ha detto le stesse cose.”

Augustin si scosse:

“Ma come… “

“Sì, mi ha detto le stesse cose, sul mio nome e sul mio essere un esperto di paranormale che dovrebbe avere tutte le risposte ai casi strani. Ma io con Scully non abbiamo risposte a niente, ci limitiamo ad osservare e a riflettere su cosa ci accade. Siamo appena scampati ad un attentato ad opera di un Bouillet...”

“Certo, sarà il discendente di quel bastardo, lui ha avuto figli e nipoti, io sono rimasto solo, ma era quello che mi meritavo, dopo aver rinnegato Oscar e André, dopo aver causato la loro morte...”

“No”, intervenne Skinner, “è stata la guerra, sono morti da eroi in una guerra in cui credevano. Lo so, questo lascia tanto dolore, ma non li avete uccisi voi...”

“Oh, voi non sapete”, disse Augustin, alzando la voce e di colpo Mulder, Scully e Skinner ebbero paura di una reazione violenta.

“Voi non sapete cosa ho fatto loro… crebbi mia figlia come un maschio, in maniera dura e spietata. La punivo per ogni mancanza, le avevo messo vicino André ma lui doveva farle da attendente e basta, e invece si innamorò della mia Oscar. Erano come la luce e l’ombra, sempre insieme, per sempre insieme… Mia figlia disobbedì alla regina, andando in giro durante il periodo di confinamento dopo il duello con quel duca che aveva ucciso un bambino sotto i suoi occhi, e io la picchiai quando tornò a casa. Volevo ucciderla perché aveva tradito gli ordini del re, non sgomberando quella masnada di futuri ribelli dell’Assemblea nazionale, André si mise in mezzo e fermò il mio folle gesto, ma io stavo per farlo davvero. Poi, la mattina di quel 13 luglio, quando ancora non sapevo che sarebbe morta di lì a poco, le urlai che non l’avrei perdonata mai, qui di fronte al quadro… per me non c’è perdono, per me non c’è pace, solo la dannazione eterna, a vagare su questa terra, a piangere ogni anniversario a luglio, a sopravvivere per sempre a lei...”

“Vostra figlia è felice con il suo André”, intervenne Scully, “l’unico suo rimpianto è di non averlo amato prima come uomo, ma non vi odia e vi ha perdonato da sempre, non vi ha mai odiato. Io sono figlia di un generale, conosco gli uomini come voi, so del vostro senso dell’onore, ma noi figli non odiamo mai i padri come voi...”

“Vostro padre è senz’altro un uomo di altra levatura, madamigella Scully...”, disse Augustin rivolto alla rossa agente, “io non merito niente…. François Augustin, conte e generale de Jarjayes, sono un mostro, un essere che non merita né perdono, né pietà e nemmeno la pace eterna. Non posso stare con mia figlia ed André dopo quello che ho fatto loro, questo è il mio inferno e lo sarà per sempre...”

“Perdonate voi stesso”, disse Mulder, “trovate pace, vostra figlia e il suo André vogliono questo.”

Augustin si bloccò e si prese il volto tra le mani: poi alzò lo sguardo verso il quadro e sorrise con serenità.

“Mia figlia Oscar, la più bella delle donne, il più coraggioso dei soldati, era una creatura da leggenda, insieme al suo André sono venuti da noi e poi se ne sono andati… quanto l’ho amata, quanto avrei voluto dirglielo….”

“Lei lo sa, l’ha sempre saputo”, gli disse Scully.

Augustin sospirò e poi si portò una mano al petto, accasciandosi sulla sedia. Scully si precipitò in suo soccorso, con dietro Mulder e Skinner, ma capì sfiorandolo che se ne era andato.

“Mulder, signor Skinner… è morto”, disse esaminandolo con più interesse. Non c’era più battito, non c’era respiro.

“Bisogna chiamare comunque un’ambulanza!”, disse Skinner, addolorato. Chiunque fosse Augustin, era dispiaciuto, non era riuscito a salvarlo, ma forse nessuno poteva salvarlo, o forse si era salvato così, trovando pace dai suoi deliri.

Mulder compose il 115 sul cellulare, ma di colpo la voce di Scully lo scosse:

“Guardate!”

Il corpo di Augustin si era come dissolto, come se fosse fatto di sabbia. Non c’era niente dell’orrore e dello schifo della decomposizione, rimasero evidenti le ossa del teschio e dello scheletro, come ultimo ricordo di quello che c’era stato. Ma tutto il resto era sparito.

“Mulder, è come se fosse morto...”, disse Scully.

“Secoli fa”, aggiunse Mulder. Non aveva mai visto una cosa del genere.

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Capitolo 23
*** Capitolo ventidueesimo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Capitolo ventiduesimo

Mulder guardò e scosse il cellulare: in quelle antiche sale non c’era campo.

“Esco un attimo per chiamare il 115!”, disse a Skinner e Scully e si diresse fuori, sperando che la situazione fosse migliore. Bisognava spiegare ai paramedici la situazione e far loro capire come arrivare, perché quel sentiero di un antico parco non era certo percorribile da un mezzo motorizzato.

Arrivò fuori l’ingresso principale e vide una figura che veniva verso di lui. Era una sorpresa, o forse no, forse tutto tornava.

“Monsieur Girodel, come mai è qui? Sono successe un po’ di cose...”

Non l’aveva più sentito, contava magari di richiamarlo prima di partire per casa per ringraziarlo comunque della collaborazione. Ma quando vide cosa aveva in mano impallidì.

“Ma allora, c’era lei dietro a tutto!”

Girodel puntava contro Mulder una Smith & Wesson semiautomatica, con la professionalità di un militare.

“Non mi costringa ad usarla, Mulder. Dobbiamo parlare.”

 

Mulder rientrò nel salotto dove Scully stava studiando, con il piglio della scienziata ma anche con il rispetto dovuto ai morti, i poveri resti di Augustin. Skinner era senza parole.

“Mulder, ha sentito il 115? Ma chi è lei?”

“Qualcuno che ci deve delle spiegazioni, vero, monsieur Girodel?”, disse Mulder.

Scully e Skinner capirono il pericolo, mentre Girodel li teneva sotto tiro tutti e tre.

“Non fate scherzi, non è il caso”, disse Girodel, che poi si bloccò di colpo con dolore e stupore.

“No, Augustin! Non gli avete fatto del male, vero?”

“No”, disse Mulder, “si è spento serenamente. Era lei la persona che si occupava di lui, vero’.”

“Oh, sì”, disse Girodel, abbassando la pistola mentre due lacrime gli scorrevano sul viso. Guardò anche verso il ritratto di Oscar François de Jarjayes nelle vesti di Marte.

“Ne ho una copia, ma l’originale è sempre un’altra cosa. Lui… era il padre che avrei voluto avere, il mio era un debosciato, morì di sifilide, il male italiano, anche se non si poteva dire. François Augustin de Jarjayes era un uomo da ammirare, lo avrei voluto come suocero..”

“Mi scusi”, disse Skinner, sollevato per lo scampato pericolo, ma che non si fidava ancora di Girodel, “quindi è lei che in questi anni si è occupato di questo poveretto, senza pensare magari di trovargli una sistemazione più comoda, con luce e acqua corrente?”

“Io ho accettato senza problemi le comodità moderne, quando aiutano a stare meglio, per quanto si riesca, mentre a lui non andavano bene. Lui ha voluto vivere qui, nella sua casa piena di ricordi e non mi sento di dargli torto. Si faceva vedere in giro ogni tanto, facendo nascere qualche leggenda metropolitana, si chiamano così, vero? Ma questa era la sua casa. Ha trovato la pace, beato lui, anche se mi mancherà. Ci vedevamo poco da anni, ma non l’ho mai dimenticato.”

Questo Girodel era molto diverso dal colto uomo d’affari che Mulder e Scully avevano incontrato ad Arras e sembrava condividere la stessa folle visione del mondo di Augustin.

“Sapete? Ricordo ancora quel giorno… io avrei voluto sposarla, per lei avrei fatto qualsiasi cosa, ma Oscar mi disse di dimenticarla e andò incontro al suo destino. Del resto, lei amava André più di ogni altra cosa, avrei dovuto capirlo la prima volta che li vidi, o forse l’avevo capito, ma avevo sottovalutato la cosa. Ero confinato nel mio palazzo perché avevo obbedito a lei e non agli ordini del re di far sgomberare l’Assemblea, quel covo di rivoltosi, e seppi che l’avevano mandato a sedare i disordini a Parigi con il suo reggimento. Sapevo che non l’avrebbe mai fatto. Scappai di casa e corsi a Parigi a cercarla. Arrivai in quell’inferno che era il 14 luglio, in tempo per vedere la Bastiglia cadere… e mi dissero che lei non c’era più, che era in quella chiesa, accanto al suo André, immersa nel sonno eterno dei giusti. Quando li vidi insieme per sempre, come addormentati, capii che loro erano in pace, mentre per me non ci sarebbe mai stata pace né felicità in nessun posto e in nessun tempo, presente o futuro.”

Mulder e Scully si scambiarono uno sguardo: un conto era credere, razionalmente, che Augustin fosse affetto da una forma di demenza senile che gli faceva credere di vivere una vita non sua. Ma qui avevano di fronte un uomo apparentemente della loro età, colto, istruito, benestante, con una vita comunque interessante e alla luce del sole fatta di affari, viaggi, lavoro.

“Non mi credete, vero, agenti Mulder e Scully? Eppure siete voi gli esperti di paranormale, non io.”

La stessa frase che avevano detto Oscar e Augustin… Mulder sorrise tristemente.

“Sapete perché mi interessa così tanto il vostro lavoro? E non solo il vostro lavoro, ma anche quello di altri studiosi con cui sono entrato in contatto nel corso degli anni, da Arthur Conan Doyle a Gustavo Rol. Mi interessa quello di cui vi occupate, perché vorrei capire cosa mi è successo, non lo so, non l’ho mai capito, io continuo a vivere e basta. La morte non mi ha mai voluto, sono sopravvissuto a tutto, all’assedio delle Tuilieries del 1792, al Terrore, alla guerra di Vandea, alle battaglie contro Napoleone e a mille altre cose che sono venute dopo. Non sono un vampiro o uno di quegli immortali di cui parlano quei simpaticissimi film, libri e serial con cui mi sono tanto divertito nell’ultimo secolo. Di vampiro ho conosciuto solo uno dei migliori interpreti del genere, sir Christopher Lee, quando si vive tanto ogni tanto si fanno incontri interessanti, come quello che ho avuto con voi...”

“E se non le credessimo e la accusassimo di aver costruito tutto questo?”, disse Skinner, “in fondo lei ci minacciava con una pistola.”

“La pistola è scarica, se volete controllare, e non vi avrei mai fatto del male, a nessuno dei tre. Non feci del male ad André, anche se ero geloso marcio, figuriamoci a voi, contro cui non ho niente. Non sparai a quel macellaio di Bouillet, che mandò deliberatamente la mia amata verso il suo destino. Però mi godetti il linciaggio di de Launay, il comandante della Bastiglia, che seppi che aveva ordinato di sparare a lei. Purtroppo non potei partecipare, ero un nobile, non volevo correre il rischio di finire male, ma quanto godetti quando Rosalie e Alain si scagliarono per primi contro di lui, dopo che si era vantato di averla fatta colpire. Vigliacco!”

Mulder era perplesso:

“Io continuo a non capire tutta questa storia.”

“Ma come, il suo motto, agente Mulder, è I want to believe, Voglio crederci! Comunque, se vi interessa non so cosa sia successo a mademoiselle Camilla O’Malley e nemmeno ad Alex Krycek, non conosco nessuno dei due personalmente. Il secondo di fama sì e sono stupito per la fine che ha fatto. Riguardo a quel Bouillet discendente di quell’essere ignobile, ha contattato anche me per i suoi deliri e l’ho mandato a quel paese, tanto non mi avrebbe mai dato quello che volevo.. la mia amata indietro, e direi che ha fatto la fine che meritava. In ogni caso, conoscevo sia Rosalie, la protetta di Oscar, poi diventata rivoluzionaria, che fuggì e morì in esilio, credo, che Alain de Soissons, quel soldato della guardia rozzo, ma valoroso come pochi.”

Scully guardò Girodel con pena, se diceva la verità la sua era una storia tragica anche se oltre i confini della realtà, altrimenti era comunque una persona da compatire.

“Io vi invidio, agenti Mulder e Scully. Avete vissuto e vivrete insieme la vostra vita, amandovi, l’ho capito non appena vi ho incontrati. Ho rivisto loro due in voi, Oscar e André, quell’amore così raro che si incontra poche volte nel corso di una vita, anche se lunga, quell’amore che capita sempre e solo agli altri. Siete e sarete felici e un giorno sarete in pace, con gli altri eroi. Io invece non posso trovare la pace, di là non c’è posto per me e qui non mi resta che vagare...”

Scully interruppe quel toccante monologo:

“Bisogna fare qualcosa per il signor Augustin, Mulder stava per chiamare il 115…”

“Grazie, me ne occuperò io. Lo tumulerò nella cappella di famiglia, in fondo al parco, dove ci sono sua moglie e la buona Marie. Poi, terrò questo castello così, in loro ricordo, perché qui lei è vissuta, perché qui la sento ancora, anche se non è mai stata mia...”

Mulder annuì e guardò verso Scully e Skinner.

“Mi spiace non potervi aiutare di più”, disse Girodel, “vi chiedo scusa per prima. Magari, un giorno, tra un po’ di anni passerò a darvi un saluto a Washington, magari reggetemi il gioco sull’identità che avrò allora, un figlio e nipote. Mi piacerebbe rivedervi un giorno, continuerò a seguire le vostre avventure, la vostra ricerca della verità, per quello che può servire.”

Mulder, Scully e Skinner uscirono da palazzo Jarjayes e si diressero verso l’auto.

“Quanto dolore in questo palazzo!”, disse Mulder, “e davvero se queste mura potessero parlare quante ne avrebbero da raccontare...”

“Ma l’hanno fatto”, disse Scully, “e in fondo quello che colpisce è questo amore che ha attraversato il tempo fino a noi.”

“Non sei più tanto scettica”, disse dolcemente Mulder a quella che non era più certo solo la sua collega.

“Questa storia mi ha coinvolto, Mulder, e non la dimenticherò. Certo, resta il nodo di cosa è successo a Camilla.”

 

Angélique guardò per l’ennesima volta la sua amata sempre senza coscienza in ospedale. Non si muoveva, non dava più segni di vita. Le lacrime le appannarono la vista...

“Angie, cosa hai?”

Camilla aveva aperto gli occhi e la guardava con aria interrogativa e un po’ spaventata.

“Oh finalmente stai bene Camilla!”

“Ma cosa mi è successo? Ma dove sono? Io ero andata ad Arras, dovevo tornare indietro, ma come mai sono qui!”

Angélique abbracciò Camilla e le disse:

“Con calma, poi ti racconterò tutto.”

Mulder, Scully e Skinner entrarono in quel momento: forse la loro avventura era davvero finita, o forse no.

 

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Capitolo 24
*** Epilogo ***


QUANDO SIAMO MORTI

 

Rating: pubblico maturo, lutti, amori, morte, paranormale.

Fandom: Lady Oscar, con cross over con The X-Files.

Note: questa storia nacque come idea molti anni fa, da un progetto che avevo in comune con la fan Anna Paola Gini detta Sionnach. Poi ci siamo perse di vista, io ho rimaneggiato. Mi baso sulle prime stagioni di The X-Files, non ci sono Doggett e Reyes e Mulder e Scully non stanno ancora insieme. Ho voluto mettere insieme le mie due coppie preferite di sempre in una storia.

 

Epilogo

Rapporto confidenziale dell’agente Fox Mulder riguardo il caso di Camilla O’Malley

Insieme a Scully e Skinner siamo tornati negli Stati Uniti: Camilla O’Malley si è ripresa dalla brutta avventura che le è successa, se vogliamo chiamarla in questo modo, il caso si è risolto, anche se resta senza una spiegazione logica e se il nostro intervento non è stato determinante. Forse.

Camilla non ricorda niente di quello che le è successo: con la compagna Angélique Grandy si sta occupando di ricostruire la vicenda di cui diceva di far parte quando era in uno stato di coscienza alterata, trovando vari elementi che corrispondono alla realtà storica della Francia prerivoluzionaria e rivoluzionaria.

Secondo gli elementi raccolti e confermati anche da ricerche fatte dai Lone Gunmen, Rosalie Lamorlière Chatelet è una donna esistita realmente, nata in povertà, pare sorellastra di Jeanne de La Motte, protagonista del cosiddetto Scandalo della Collana:in seguito fu accolta in casa di Oscar de Jarjayes, comandante donna della Guardia reale. In seguito, sposò il rivoluzionario Bernard Chatelet, poi giustiziato insieme a Robespierre e Saint Just nel luglio del 1794. Rosalie fuggì in esilio probabilmente in Svezia, dove morì intorno al 1848, anche se ci sono fonti che dicono che tornò in Francia per passare gli ultimi anni di vita. Si occupò in prima persona della regina Maria Antonietta durante la sua prigionia presso la Conciergerie. Camilla non conosceva la sua esistenza come personaggio storico, aveva sulla Rivoluzione francese buone nozioni acquisite dai libri, ma non certo una conoscenza approfondita come ha dimostrato nel periodo di sospensione della sua coscienza. Inoltre, non ha mai saputo disegnare e dipingere quadri della complessità dei due che ha prodotto nelle ultime settimane.

Da alcuni dati incrociati, è venuta fuori anche l’identità di Alain de Soissons, militare arruolato nei Soldati della Guardia, poi Guardie francesi, una vita segnata da lutti e drammi, devoto alla comandante Oscar caduta alla Bastiglia, morto a sua volta non più giovane durante i moti rivoluzionari del luglio 1830 che portarono all’abdicazione di re Carlo X.

Ufficialmente, il conte e generale François Augustin de Jarjayes venne dato per morto in Vandea durante la guerra controrivoluzionaria: la moglie era deceduta all’inizio del 1791, abbiamo scoperto l’esistenza di discendenti delle sue figlie a Firenze, Vienna, Manchester e Montreal, con altri nomi perché nessuna di loro aveva ovviamente mantenuto il cognome paterno. La storia del castello di Jossigny infestato girava da anni, anzi da decenni, come argomento su cui fare articoli sui rotocalchi d’estate, in molti hanno giurato nel corso del tempo di aver incontrato un uomo anziano che raccontava di aver vissuto all’epoca della Rivoluzione francese, questo almeno dagli anni Trenta del Novecento.

Il visconte Victor Clement de Girodel risulta morto nell’agosto del 1792, durante l’assalto alle Tuilieries che portò alla deposizione di Luigi XVI: i Lone Gunmen hanno trovato alcune foto, una scattata alla vigilia della Prima Guerra mondiale, un’altra all’indomani della liberazione di Parigi dai nazisti, una terza a Cannes negli anni Sessanta durante il festival del cinema e una quarta negli anni Novanta, ad un party per i festeggiamenti per la vittoria della Francia ai Mondiali di calcio, in cui appare un monsieur de Girodel sempre uguale, come se fosse la stessa persona che abbiamo poi incontrato noi. Da quello che abbiamo scoperto, sono esistiti vari uomini d’affari con questo nome, impegnati di solito nel settore dell’antiquariato, che ogni tot anni si concedono un periodo sabbatico di viaggi, salvo poi lasciare tutto in mano ad un presunto figlio o nipote comparso nel frattempo. Non ci sono notizie riguardo a mogli di questa dinastia dei Girodel, sono come una presenza costante ma misteriosa.

Henri Louis de Bouillet era un esaltato fanatico, il suo gesto è stato solitario, ma aveva contatti con vari estremisti: la polizia francese sta indagando sul suo conto e sui suoi legami, con anche l’aiuto dell’Interpol. Non siamo riusciti a capire fino in fondo se conoscevano Alex Krycek, forse si è trattato di un qualcosa di saltuario subito respinto dal diretto interessato: il gesto di Krycek di sacrificarsi per salvarci la vita, resta inspiegabile, anche se è stato recuperato un suo documento in cui dichiara la sua ammirazione per me e per Scully.

Non esiste alcuna spiegazione logica e razionale di quello a cui abbiamo assistito: lo stato alterato di Camilla O’Malley e Alex Krycek, i racconti di Augustin a Skinner, la versione che ci ha raccontato Girodel, quello che abbiamo visto sulla collina di Arras, i sogni, la nostra visione nel bosco delle lucciole.

Ho sempre cercato la verità, ho sempre voluto credere e stavolta mi arrendo, chiedendomi come mai una vicenda accaduta così tanto tempo fa ha potuto influenzare oggi le nostre vite: una vicenda appassionante, toccante, coinvolgente, a tratti straziante. Ma ringrazio che abbia incrociato le nostre esistenze, soprattutto la mia e quella di Scully. In fondo, tutti cerchiamo le stesse cose, amare, essere amati, avere uno scopo nella vita, fare qualcosa di buono, essere la persona speciale di qualcun altro, l’anima gemella da ritrovare. C’è bisogno di eroi, alla faccia di chi è cinico, ed Oscar e André lo erano senz’altro e forse ci somigliavano davvero tanto. Sarò loro grato per sempre, così come l’agente Scully, e forse non è male che certe cose restino inspiegabili, impalpabili e eterne come le leggende.

Non li dimenticherò mai, così come non li dimenticherà Scully e nemmeno Skinner, che dopo questa avventura si è riavvicinato molto alla moglie e ad alcuni commilitoni del Vietnam, dopo non averli visti per anni, andando anche a trovare le famiglie di un paio di caduti. Forse dovevamo incontrare e scoprire la storia di Oscar e André, una storia che non va dimenticata e che ci ha cambiati.

Chissà se fra duecento anni qualcuno si ricorderà ancora di me e di Scully… per ora, viviamo la vita che ci è stata data, che ci sembra davvero la cosa più preziosa, insieme al nostro amore. Ed ogni tanto, di notte, verso il mattino, ci sembra ancora che Oscar e André siano con noi, per sempre insieme, per sempre innamorati, eterni come le leggende e per questo sempre affascinanti. E ovunque siano, io sento per loro solo gratitudine e rimpianto perché non hanno potuto vivere in pieno il loro amore e le loro vite, anche se voglio credere, e vuole crederlo anche Scully, che dove sono adesso siano davvero felici.

 

Aggiunta dell’agente Scully

La letteratura medica dichiara come molto improbabile che si possa verificare un caso come quello che abbiamo assistito al palazzo di Jossigny, quella repentina decomposizione: di solito, per ottenere un risultato del genere, ci vogliono decenni, o meglio secoli.

Io sono una scienziata, ma quello a cui ho assistito a Parigi è davvero oltre ogni logica, persino per l’agente Mulder: è come se due persone vissute secoli fa si siano affacciate sulle nostre vite, cambiandole e portando il loro ricordo, il ricordo di due esistenze eccezionali, come se ne leggono nei romanzi e nelle leggende.

Io sono anche una donna di fede e la loro vicenda, il loro ricordo, la loro vita unica e la loro morte gloriosa mi hanno profondamente toccata, così come voglio credere che siano in un altrove beato, in cui hanno accolto anche Augustin de Jarjayes, chiunque fosse, da cui si sono affacciati verso di noi, per motivi che non scopriremo mai, ma che ci hanno profondamente cambiati.

Questa vicenda mi ha insegnato il valore del coraggio, delle scelte e dell’amore vero, eterno, che va oltre la morte e la vince, qualunque spiegazione ci sia o non per quello a cui abbiamo assistito. Gli eventi restano senza una spiegazione logica, ma spiegabili con altri strumenti, il ricordo, la memoria, il rimpianto, la vita eterna, l’amore che dura oltre la morte, e forse bisogna a volte fermarsi, reclinare il capo e accettare l’inspiegabile, soprattutto quando colpisce i nostri cuori per sempre.

 

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