Pollyanna

di tbhhczerwony
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** — quello che non ti aspetti (preludio) ***
Capitolo 2: *** — la cosa giusta da fare ***
Capitolo 3: *** — Don Amour ***
Capitolo 4: *** — ❝Stai crescendo troppo in fretta❞ ***
Capitolo 5: *** — Ricordi di un inverno estivo [parte 1] ***
Capitolo 6: *** — Ricordi di un inverno estivo [parte 2] ***
Capitolo 7: *** — La bellezza ***
Capitolo 8: *** — Il limite ***
Capitolo 9: *** — Riunione [parte 1] ***
Capitolo 10: *** — Riunione [parte 2] ***
Capitolo 11: *** — E alla fine arriva papà ***



Capitolo 1
*** — quello che non ti aspetti (preludio) ***


sto facendo tutto tranne quello che dovrei fare davvero. ecco come è nata questa fic (la continuo, giuro). prima di questa avevo pubblicato un'altra long, dove mirton e la stessa oc che c'è qui, jenna, vanno ad alola; se devo essere onesto l'ho finita (alleluja), ha 15 capitoli (quindi è anche abbastanza corta per i miei standard, devo dire) ma devo editare alcune /molte/ cose, sia in inglese che in italiano. questa qui invece l'ho iniziata in italiano, non so se la tradurrò mai in inglese (il contrario di quello che faccio di solito, praticamente) ma intanto c'è. il titolo "pollyanna" viene ovviamente dall'omonimo romanzo, ma anche perché in inglese "pollyanna" si usa per indicare una persona sempre felice ed ottimista (e fa finta di esserlo), infatti la pollyanna del romanzo mi ricorda abbastanza jenna, lo ammetto. questo capitolo infatti è più introduttivo che altro, nonostante il tema sia praticamente quello di un primo capitolo effettivo, anche perché l'ho pensato proprio così—è solo che non sapevo che titolo mettere, mi succede sempre (e l'allenatore di questo capitolo, sì, è praticamente uscito da uno spokon anni settanta, sorry not sorry). piccola nota: "chun" è il cognome del doppiatore inglese di mirton, che si chiama greg chun, siccome ogni tanto mi servono cognomi ho pensato di fare così. ma ora vi ho anche torturati abbastanza con il mio sproloquio, vi lascio al capitolo. buona lettura! <3 edit 08/02/2022 (è importante): ho cambiato il cognome perché mi è venuta in mente una cosa. help.
 





 
Pollyanna
quello che non ti aspetti (preludio)





 

Vivere in quella famiglia non era affatto facile.

Jenna si ricordava poco della sua infanzia, ma ciò che era rimasto impresso nella sua mente era indelebile e fatale. I ricordi che riguardavano sua madre erano pochi, visto che la donna aveva deciso di abbandonare lei e suo padre Blanchard al loro destino. I ricordi che riguardavano la nonna, quando era tornata per breve tempo alla villa di Spiraria dove ancora viveva lo zio Mirton—in quel periodo liceale—non erano molti, ma erano rimasti quelli in cui abusava pienamente dei suoi figli, specialmente dopo la morte del marito.

Se papà non fosse morto, lei avrebbe potuto provare a cambiare,” diceva Mirton, “Se papà non fosse morto, io avrei potuto condurre un’adolescenza normale”.

Jenna aveva quattro anni in quel periodo, ma si ricordava della nonna dare uno schiaffo in pieno volto al figlio più giovane perché questo non voleva frequentare un college privato. Odelia era una donna spietata, che metteva da parte il volere e la felicità dei figli, ecco cosa si ricordava. Nonostante ciò, Jenna era una ragazza sempre sorridente e ottimista.

Ci aveva ripensato quando dialogando con Mirton, era uscito fuori un argomento riguardante il college—nonostante lei avesse comunque tempo per pensarci. Aveva solo quindici anni, in fondo.

«Se vuoi diventare membro dei Superquattro devi anche studiare molto, sai?» le disse, «Essere Superquattro non vuol dire solo essere forti con le lotte Pokémon: è molto di più»

«Lo so, zio. Ma io vorrei andare in una scuola che mi permetta di non allontanarmi da casa, per tornare quando voglio»

Mirton scoppiò a ridere, facendo roteare una carta del suo mazzo tra le dita, «Hai una fervida immaginazione, signorina. Andrai a un college, non a un altro liceo»

Jenna poggiò i gomiti sul tavolo, guardando appena in basso per grattare il tavolo con l’unghia dell’indice destro, «Ci penserò» poi sorrise, «Per il momento voglio pensare ad entrare nella squadra di basket a scuola!»

«Ma non accettano persone da un metro e ottanta e più?» domandò lui, mescolando le carte.

«E allora? Cinque centimetri in meno non faranno la differenza» la ragazza scrollò le spalle, «L’importante è che sappia giocare. Ogni tanto fanno anche le partite con i Pokémon, Mightyena potrebbe partecipare con me quando è possibile»

Mirton distolse lo sguardo dal mazzo di carte per guardare il Mightyena di Jenna, che era crogiolato nella sua cuccia mordicchiando il suo giocattolo.

«Ma chi, lui?» chiese, indicandolo, «Ti abbandonerebbe dopo due secondi»

«Io non credo» controbatté lei, «A lui piacciono questi giochi»

Il ragazzo più grande sospirò, «Comunque… è tardi e domani devi andare a scuola»

«Ma io non ho sonno»

«Purtroppo lo so, infatti ho lasciato le pastiglie sul tuo comodino»

Jenna assottigliò appena gli occhi, «Quelle sì che mi stancano, però»

«L’obiettivo è quello, no? Dai, su, poche storie»

Lei sospirò, «E va bene, anche se mi fanno svegliare male la mattina» disse, alzandosi successivamente dalla sedia, «Ma se mi addormento come si deve, devi promettermi che eviterai di uscire stasera»

«Secondo te perché mi sono preparato il mazzo? Gioco a solitario»

La ragazza fece un sorriso soddisfatto, «Bene! Buonanotte, zio»

«Buonanotte»

Eppure, quella promessa era sempre stata infranta a sua insaputa.

 

***

 

«Ciao, Jenna!»

La ragazza sentì una voce femminile da lontano e si voltò a vedere chi fosse dal finestrino della macchina aperto. Quando scese e chiuse la portiera, Mirton la salutò velocemente e se ne andò, mentre Jenna raggiunse l’amica vicino all’edificio scolastico. Era una ragazza dai capelli lunghi e verdi, legati in due odango e una coda di cavallo dietro che andava lungo la sua schiena, gli occhi color nocciola e vestita principalmente con sfumature di giallo, quel giorno.

«Diana!» esclamò.

«Non puoi immaginare che cos’è successo ieri,» iniziò Diana, avvicinandosi a lei, «Sicuramente non lo troverai eccezionale con la vita che conduci, però ho potuto parlare con Silvestro vicino al Pokéwood!»

«Dici davvero?!» Jenna la guardò con gli occhi che brillavano dall’ammirazione, «Che tu ci creda o no, è raro che io lo incontri. E poi chi ti ha detto che non lo avrei trovato comunque eccezionale? È fantastico!»

Il suono della campana fece accelerare il passo delle due, che arrivarono in classe in poco tempo. Le prime due ore, nonostante fossero di letteratura, erano stancanti per Jenna; si consolò alla terza ora con matematica e, passata quell’ora, uscì dalla classe di corsa. Diana la raggiunse dopo poco con un panino in mano, fortunatamente il suo Cottonnee la aiutò a non farlo cadere.

«Dove vai così di fretta?» le chiese.

«In palestra!» rispose Jenna, «Oggi fanno le selezioni per la squadra femminile di basket»

«Il fatto che ci entri tu mi farebbe venire voglia di provare, ma non credo di essere alta abbastanza» Diana assottigliò appena gli occhi, pensierosamente, «Ma tu non sei un metro e settantacinque? Non credo che possano prenderti»

«Ci voglio provare comunque, dopotutto conta partecipare!»

«Vorrei avere il tuo stesso ottimismo…»

Le ragazze scesero le scale per andare in palestra, che si era rapidamente affollata di persone che partecipavano alle selezioni. A destra fecero quelle di pallavolo e a sinistra quelle di basket. Jenna corse dall’allenatrice nel lato sinistro del campo, seguita da Diana e Cottonee. Poté notare la donna alta, con dei muscoli accentuati, la pelle scura e i capelli legati in una coda alta, che prendeva appunti su un foglio sopra una cartelletta blu.

«Buongiorno!» la salutò.

«Buongiorno. Posso esserti utile?» domandò la donna, distogliendo lo sguardo dalla cartella.

«Vorrei partecipare alle selezioni, se è possibile! Mi chiamo Jenna Mars, del secondo anno sezione A»

L’allenatrice squadrò la ragazza dall’alto in basso, osservandone l’altezza e la corporatura. Abbassò lo sguardo verso gli appunti che aveva preso, tra cui l’elenco delle ragazze già prese.

«Nelson, puoi venire qua un secondo?» esclamò la donna, verso il campo.

Arrivò una ragazza poco più alta di Jenna, con i capelli biondi e gli occhi castani, «Mi ha chiamato, coach?»

«Puoi metterti affiancarti a questa ragazza?»

La bionda annuì, avvicinandosi a Jenna tenendo le spalle e la schiena dritte. L’allenatrice analizzò i suoi appunti e confrontò le due. La ragazza bionda pareva la più bassa della squadra, notò Diana.

«Sei più bassa di un metro e ottanta, ma posso farti provare» 

Jenna la guardò sorridendo e giungendo le mani, Diana sospirò e si avvicinò al suo orecchio.

«Attenta, ha detto “provare”, non ti ha accettato» sussurrò.

«Lo so, ma non vedo l’ora!»

Diana tirò un sospiro esasperato, ma guardò l’amica giocare con il fiato sospeso. Sapeva già che era brava, ma a quanto pare riusciva a tenere testa alle ragazze più grandi, nonostante le tante cadute e inciampi. Anche l’allenatrice rimase stupita, ma sapeva bene che non avrebbe potuto accettarla comunque.

«Sei stata davvero brava, hai sicuramente un talento» le disse una volta finita la partita di prova, «Ma mi dispiace, non potrò prenderti in squadra»

«Oh…» Jenna si grattò la nuca, «Peccato, ma almeno ci ho provato!»

La donna indicò il campo di pallavolo dietro di lei, «Perché non provi a vedere se ti prendono nella squadra di pallavolo? Dei salti come i tuoi farebbero comodo alla loro squadra»

Jenna spostò lo sguardo verso il campo alla destra della palestra. Sì, in fondo non aveva nulla da perdere, se non forse tutta l’ora di pranzo. Così le due ragazze si diressero dall’allenatore di pallavolo. Questo rivolse loro un sorriso, era alto e piuttosto muscoloso, con i capelli corti e neri e delle sopracciglia che avrebbero fatto invidia alle ali di un Wingull.

«Posso fare qualcosa per voi?»

«Salve, purtroppo non ho passato le selezioni di basket e mi chiedevo se potessi provare ad entrare nella vostra squadra» spiegò la ragazza, «Mi chiamo Jenna Mars, secondo anno sezione A»

L’uomo annuì, guardando i suoi appunti, «Puoi andare dalle altre ragazze» e abbassò lo sguardo verso Diana, «E tu?»

«Oh, no, grazie» disse la ragazza dai capelli verdi, «Io sono già impegnata con il Pokémon Fan Club»

«Come vuoi, ma se cambi idea fammelo sapere, okay?»

Diana annuì e si voltò lentamente a guardare Jenna giocare. Non sembrava male, l’allenatore cercava di guidarla solamente dove sbagliava, ma in complesso si era trovata bene e anche altre ragazze, comprese quelle già in squadra, la aiutavano. Ciò sembrava aver convinto abbastanza l’allenatore.

«Mi hai colpito molto, brava» le disse, una volta che lei si avvicinò, «Saresti perfetta come schiacciatrice, ma per il momento dovrei metterti nella seconda squadra. Ti va bene comunque?»

«Sì, assolutamente!» esclamò lei, «La ringrazio tanto! Lei è…?»

«Mi chiamo Clark Healey» si presentò lui, «Inizieremo domani pomeriggio, dopo gli orari scolastici»

Jenna annuì, «Per me va benissimo, non vedo l’ora!»

 

***

 

Mirton non era ancora tornato dai suoi impegni alla Lega Pokémon, così Jenna si ritrovò a casa da sola per qualche ora fino a tarda sera. Fortunatamente lei riuscì a preparare la cena prima che lo zio arrivasse, così riuscirono a mangiare insieme.

«C’è qualcosa che ti preoccupa, zio?» chiese lei.

«No, è solo che ho avuto uno sfidante un po’ insistente, prima di andarmene» il giovane sospirò, prendendo in mano la forchetta, «Ma dimmi, a te com’è andata? Sei riuscita ad entrare nella squadra di basket con il tuo affidabilissimo Mightyena?»

«Oh…» lei gonfiò una guancia, «Lo sai che se riuscisse a mettersi d’impegno, Mightyena mi terrebbe il passo. Comunque no, non sono entrata nella squadra di basket alla fine; sono in quella di pallavolo!»

Mirton stava per portare la forchetta con il boccone di insalata bollita alle labbra, ma si bloccò e la guardò stupito, «Hai detto di pallavolo? Ma è completamente diverso dal basket»

«Lo so, ma sempre meglio di niente. L’allenatrice della squadra di basket mi ha detto che sono brava, ma non che non avrebbe potuto prendermi per via dell’altezza» spiegò Jenna, «Domani inizieremo gli allenamenti di pallavolo dopo la scuola»

«Davvero? Non stancarti troppo, però. Conoscendoti, potresti farti un sacco di lividi cadendo» scherzò lui. 

Jenna sbuffò e gli mise il broncio, guardandolo ridere, «Ridi pure! Però l’allenatore si fida delle mie capacità, altrimenti non mi avrebbe presa»

«E dai, piccola, stavo solo scherzando» le disse, «Sono molto contento che tu sia riuscita ad entrare in questa squadra, anche se non era quello che volevi all’inizio. Perché non chiami tuo padre per farglielo sapere, più tardi?»

La ragazza annuì, «Era proprio la mia intenzione! Mi chiedo che cosa ne penserà, spero che sia contento anche lui»

«Ne sono certo»

Quando finirono di cenare, Jenna decise di lavare i piatti, così Mirton le porse anche il suo per metterlo insieme agli altri. La ragazza era in chiamata con il padre in vivavoce, mentre il membro di tipo Buio dei Superquattro andò ad adagiarsi sul divano. Si era deciso di rompere quel ciclo infinito di promesse infrante, non voleva più deludere le aspettative della nipote—nonostante non ne fosse molto convinto lui stesso—dato che anche lei si stava impegnando a sua volta. Per lei era leggermente più facile, non aveva—o almeno, non ce l’aveva più—una madre che le impediva di fare ciò che la rendeva felice.

Era un sollievo, soprattutto dopo quel difficile divorzio. Mirton prese il mazzo di carte appoggiato sul tavolino tra le mani e si coricò sul divano a mischiarle. Non osava paragonare sua madre con quella di Jenna, ma in certi aspetti si assomigliavano, in quanto entrambi rendevano la vita difficile sia al marito che ai figli con i loro comandi a bacchetta. Sembrava quasi una maledizione, e quando Jenna ci pensava sperava di non diventare come loro da adulta.

Mirton si ricordava ancora quando Jenna e Blanchard erano tornati in quella stessa casa, dove ancora vivevano lui e la madre Odelia. Discutevano in continuazione, soprattutto sulla scuola e il lavoro, perché Mirton avrebbe dovuto frequentare il college. Odelia voleva che lui frequentasse un college privato e diventasse avvocato, mentre Mirton voleva inseguire i suoi sogni ed andare in un college che gli avrebbe permesso di imparare abbastanza sui Pokémon, per diventare Superquattro.

Sia lui che il fratello si ricordavano dello schiaffo in pieno volto che si era preso dalla madre, che lo fece cadere per terra dallo sgomento e da quanta forza ci aveva messo la donna—e tra l’altro era uno dei tanti, ed uno dei più “leggeri”. Persino Jenna se lo ricordava, nonostante lei avesse solo otto anni. La madre le dava trattamenti simili, e vedere che anche la nonna era così l’aveva scioccata. Quella era di sicuro l’ultima rivelazione che si aspettava di ricevere.

Ma Mirton non era tanto preoccupato per quello, quanto per il fatto che l’allenatore della squadra di pallavolo l’aveva accettata troppo in fretta. Certo, era anche vero che lui non ne sapeva molto di sport, lo praticava ma non stava in una squadra fissa—non lo faceva in quel periodo, ma tantomeno quando era adolescente—l’unica “squadra” in cui stava era in realtà una band, sciolta subito dopo finito il college.

Non sapeva perché, ma il fatto che fosse stata presa subito gli incuteva un po’ di timore. 

«Zio, dal momento che stasera non esci, perché non guardiamo qualcosa?» sentì la voce della ragazza dalla cucina e alzò lo sguardo.

«Ah, va bene» disse lui, il suo tono sembrava ancora pensieroso da poco prima.

«Io direi di finire la terza stagione di MiroMiro!»

«Non facciamo in tempo, tu devi andare a scuola domani, e io devo tornare alla Lega»

Jenna sbuffò, sedendosi a fianco a lui, «Ci mettiamo un attimo, la finiamo come niente»

Mirton ridacchiò, «Se lo dici tu…»

 

***

 

Il giorno dopo, Jenna trascorse la giornata di scuola, non aspettando altro che gli allenamenti di pallavolo. Si portò Lilligant e Mightyena con sé fuori dalle loro Poké Ball e salutò le amiche che sarebbero uscite prima di lei da scuola, dopodiché si diresse velocemente in palestra. L’allenatore Healey diede le varie divise ai membri nuovi della squadra, compresa lei, e andarono tutte allo spogliatoio per cambiarsi.

Le ragazze che erano con lei erano due del primo anno, tre del secondo e una del terzo, non le conosceva bene se non di vista dal giorno precedente. 

«Le ragazze della squadra non sembrano contente che abbiamo passato le selezioni» disse una del primo anno.

«Alcune sono dell’ultimo anno, no? Magari sanno che la squadra dovrà cambiare e sono preoccupate» rispose la seconda ragazza.

«Io non credo che sia per questo» intervenne la ragazza del terzo anno, «Magari ce lo diranno dopo»

Jenna non si voltò a guardarle mentre ascoltava la loro conversazione, preferì origliare senza farsi notare. Effettivamente le ragazze della prima squadra sembravano avere un’espressione amara in volto. Che fossero un po’ gelose? Oppure c’era un’altra motivazione dietro? Jenna vide le ragazze uscire con i loro Pokémon, l’ultima fu quella del terzo anno con il suo Dragapult. Così si alzò anche lei dalla panca, non appena finì di mettersi la divisa; fece rientrare Lilligant nella Poké Ball e portò Mightyena al campo con sé, dove si ritrovò insieme alle altre ragazze e l’allenatore.

«Bene, cominciamo con gli allenamenti della squadra di riserva» disse l’uomo, «Visto che siete nuove, dovete tenere il passo delle ragazze della prima squadra» con occhio attento, guardò tra le ragazze, «Garvey?»

«Sì, signore» 

Una ragazza alta, dai capelli neri legati in una coda alta, fece un passo avanti.

«Affianca Mars»

Jenna sgranò gli occhi al sentir nominare il suo cognome. “Di già?” pensava tra sé e sé, ma se non fosse stata lei, sarebbe stata un’altra di loro. Le due ragazze andarono all’interno del campo, Mightyena guardò attentamente ciò che facevano. Il Pokémon Morso si voltò a guardare gli altri, il Gabite di una ragazza della prima squadra sembrava particolarmente teso.

«Smith, tu invece affiancherai Mendoza»

Le due ragazze, una leggermente più bassa con i dreadlocks viola e un’altra con i capelli corvini legati in due code basse, andarono dall’altra parte del campo.

«Cominceremo con un allenamento a quattro per fare una dimostrazione»

L’allenatore lanciò la palla a Garvey, che la prese in mano facendo scattare appena gli occhi; fortunatamente la prese in tempo. Jenna si fece scappare una piccola risatina, la ragazza le rivolse un malosguardo.

«Qui non c’è proprio niente da ridere, matricola» sussurrò lei.

Il sorriso di Jenna si cancellò dal suo volto e la guardò con gli occhi sgranati, «Eh?»

«Cercate di tirare più forte che potete» 

«Sì, signore» Garvey annuì.

Non appena l’allenatore fischiò, Garvey lanciò la palla verso l’altro lato del campo con forza. Smith corrucciò le sopracciglia, saltando per respingerla. Le due ragazze, per qualche ragione sembravano avere una certa ansia nel fare tutto bene. Mightyena guardò l’allenamento da fuori dal campo, c’era qualcosa che non andava. L’atmosfera non era per niente piacevole.

«Tirate con più precisione!» esclamò improvvisamente l’allenatore a gran voce, quando la palla andò in mano prima a Jenna e poi a Mendoza dall’altra parte del campo.

«Signore, loro sono appena arrivate, devono imparare…» disse Smith.

L’allenatore Healey entrò in campo, mettendosi in mezzo tra lei e Mendoza, «La battuta dev’essere fatta in questo modo,» e indicò la sua stessa posizione, «Non dovete aspettare!»

L’uomo lanciò la palla dall’altro lato del campo, ma Jenna non fece in tempo a prenderla. Invece, la ricevette in volto. L’impatto improvviso la fece barcollare e subito dopo cadere all’indietro, Garvey non osò nemmeno avvicinarsi per vedere come stava.

«Te l’avevo detto» sussurrò semplicemente.

Mightyena invece non poté fare a meno di correre da lei e assottigliò gli occhi guardando l’allenatore. Ringhiare sarebbe stato inutile, sentiva che questo era solamente l’inizio. 

 

***

 

Mirton arrivò per primo a casa quella sera, e sapendo che Jenna stava ancora a scuola, si mise all’opera lui per preparare la cena. Prese una confezione di uova dal frigo, chiudendolo subito dopo per poggiarla sul marmo vicino alle piastre. Proprio mentre mise a cuocere due uova dentro la padella, sentì dei rumori provenire dalla porta d’ingresso, successivamente dei passi che si avvicinarono al bancone della cucina, sia umani che artigli di Pokémon—molto probabilmente di Mightyena.

Jenna si avvicinò al bancone, sorridendo. Non si sarebbe aspettato di trovarla com’era vestita quella stessa mattina con la felpa nera e jeans, di solito lei si dimenticava di cambiarsi d’abito quando usciva dalla palestra—anche perché preferiva fare la doccia a casa piuttosto che nei bagni degli spogliatoi—perciò questo lo colse di sorpresa. Soprattutto perché portava gli occhiali da sole dentro casa.

«Ciao, zio» lo salutò, avvicinandosi a lui per dargli un piccolo bacio sulla gote sinistra.

Mirton le pizzicò la guancia destra con la mano, con un sorriso. Jenna strizzò appena l’occhio, ridacchiando.

«Allora, com’è andata?» domandò lui.

«Oh, bene» rispose quasi sbrigativa lei, «Che fai per cena?»

«Uova, anche perché mi sono dimenticato di fare la spesa, non ne ho avuto il tempo» Mirton si voltò nuovamente verso di lei, «È andata bene, quindi? E che avete fatto?»

Jenna fece spallucce, iniziando ad apparecchiare il tavolo, «Allenamento, normale»

«Solo quello?»

«Beh, sì, che altro dovremmo fare?» la ragazza si mise nuovamente a ridacchiare.

Quell’atteggiamento velatamente passivo aggressivo fece corrucciare le sopracciglia al Superquattro di tipo Buio, non lo convinceva per niente.

«Perché non ti togli gli occhiali da sole? Le luci non sono così accecanti» 

«Perché mi piacciono, li ho comprati l’anno scorso e ci sono affezion—»

«Jenna. Togliti gli occhiali da sole.»

Jenna rimase in silenzio, lo guardò solamente.

«Adesso.» continuò lui con tono apprensivo.

La ragazza si portò lentamente le mani sugli occhiali, per toglierli velocemente, facendo cadere dei ciuffi di capelli sugli occhi. Distolse lo sguardo dallo zio, che iniziò ad avvicinarsi a lei.

«Fammi vedere»

«Che cosa?»

«I tuoi occhi. Voglio vederli»

Lei ridacchiò nuovamente.

«Non c’è proprio niente da ridere, signorina. Sistemati i capelli e fammi vedere i tuoi occhi»

Jenna abbassò lo sguardo. Ma per quale ragione si stava nascondendo in quel modo? Mirton le mise una mano sulla fronte, per alzarle i capelli dagli occhi. L’occhio destro era nero. La ragazza gli porse un sorriso.

«Non è niente di grave, è solo che l’allenatore ha tirato troppo forte e—»

«L’allenatore ha tirato troppo forte» ripeté lui, «Cos’è questa giustificazione? Ti ha fatto qualcos’altro?»

«No, non c’è niente di cui preoccuparsi»

I due rimasero in silenzio per qualche secondo. Mirton tolse la mano dalla sua fronte e Jenna alzò lo sguardo verso di lui, sistemandosi un ciuffo vicino all’occhio destro.

«Mi stai dicendo la verità?» domandò lui, incrociando le braccia.

La ragazza si morse il labbro inferiore, cominciando successivamente a mordicchiarsi le unghie della mano sinistra.

«Rispondimi» comandò lui.

Lei si tolse la mano dalle labbra, «No, ma non volevo farti preoccupare troppo» successivamente sospirò, «Dà lo stesso trattamento anche alle altre ragazze. È… violento, vuole che facciamo tutto in modo perfetto e se non lo facciamo ci colpisce con i palloni. E dire che non sembrava così la prima volta che l’ho conosciuto…»

«Non si può mai sapere»

Mirton provò ad accarezzarle il livido sull’occhio, lei soffiò appena dal dolore.

«Allora…» mormorò lei, «Vado a farmi un bagno, prima di cenare»

«Sì, credo sia la scelta migliore»

Mirton tirò un sospiro e spense il fuoco, le uova non sembravano nemmeno ancora pronte. Jenna invece si diresse in bagno, con Mightyena che la seguiva preoccupato—e lei che gli diceva di non farlo—e allo stesso tempo, lo zio la seguiva con gli occhi. Il giovane sentì successivamente un leggero peso sul ginocchio, quando abbassò lo sguardo notò Liepard che gli si strusciava contro con il muso, miagolando leggermente e facendo le fusa.

«So cosa pensi» disse, «Dovrei lasciarla perdere perché ormai se la può cavare da sola, vero?» e fece una pausa, sospirando e inginocchiandosi davanti a lei per accarezzarle la testa, «So che Mightyena si avventerebbe su quell’uomo con Sgranocchio quando è necessario, però se non è già successo vuol dire che devo occuparmene io»

Liepard miagolò in risposta, guardandolo. Mirton ridacchiò.

«Sì, certo. Verrai anche tu, ovviamente»

 

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Capitolo 2
*** — la cosa giusta da fare ***


finally, il secondo capitolo! mi scuso tremendamente per il ritardo, avrei dovuto postarlo molto prima e invece è quasi passato un mese, rip. però purtroppo credo che per questa storia l'attesa stimata per i capitoli sarà così, anche perché avevo scritto il primo capitolo molto a mente fresca, mentre invece per il secondo ci ho messo un bel po', 1) per farmelo venire in mente e 2) per scriverlo, quindi si può chiaramente vedere sia per la qualità che per la lunghezza che il blocco mi sta facendo veramente male. ho cominciato a scrivere fanfic per altri fandom (tra cui uno di cui non mi sarei mai aspettato, il me del 2015 sarebbe sicuramente fiero) e di conseguenza ho idee per altri fandom e non tantissimo per pokémon, quando in teoria dovrei riscrivere tutto l'au di pokémon e tutto il mio au di yu-gi-oh che è stato abbandonato quando ancora ero in seconda superiore, ripperoni proprio. purtroppo sono un po' lento sia per questi motivi che per altri, ma spero comunque che vi piaccia/vi stia piacendo, in caso ringrazio sia i lettori silenziosi che quelli che magari la mettono tra le seguite etc. ;; questa fanfic è più seria rispetto alla long precedente che stavo postando (e che sto ancora revisionando prima di ripostare di nuovo) quindi leggete con cautela, in caso i tag sono tutti lì sopra! ;; detto ciò buona, lettura!
 
 



La cosa giusta da fare



 

Forse Mirton aveva ragione. Jenna non avrebbe dovuto giustificare le azioni dell’allenatore, ma cos’altro avrebbe potuto fare in quel momento? Avrebbe rischiato di prendersi altre pallonate. Fortuna che non aveva chiamato in campo il suo Zangoose, la situazione sarebbe precipitata in un baleno. Mightyena era ancora arrabbiato dal giorno prima—non si poteva di certo biasimare, pensava Mirton—ringhiava prima ancora di aprire gli occhi per alzarsi dalla cuccia. Lilligant, d’altro canto, non sapeva nemmeno come esprimersi, ogni tanto lei e Liepard si scambiavano qualche sguardo ma nient’altro. 

Jenna non era ancora uscita dalla sua stanza, non riusciva ad alzarsi dal letto e, oltre il dolore fisico del giorno prima, non sapeva come sentirsi mentalmente. Avrebbe dovuto chiamare qualcuno, un altro docente, probabilmente l’allenatrice della squadra di basket. Avrebbe dovuto chiamare subito Mirton e dirgli tutto, ma aveva paura della sua reazione. Ma ormai era inutile darsi colpe per qualcosa che era già successo, doveva alzarsi dal letto e smetterla di pensarci.

«Buongiorno, zio!»

Mirton fu colto di sorpresa dal solito tono gioioso della nipote, che si era appena preparata. Indossava la sua felpa nera e rossa, la gonna e i collant colorati, quindi probabilmente non aveva nessun allenamento quel pomeriggio. Le sorrise e si voltò nuovamente verso la cucina, prendendo la caffettiera per versare la bevanda amara dentro la sua tazza.

«Buongiorno, Jen» le rispose semplicemente, «Sei sicura di stare bene? Vuoi davvero andare a scuola?»

«Non vedo perché no. E poi oggi devo consegnare il mio tema sulle Gare Pokémon, era una ricerca importante» disse lei, sedendosi al tavolo per addentare una Baccarancia presa dal cestino, «Tu che fai? Hai altri sfidanti che ti attendono?»

«Beh, ieri scarseggiavano, quindi spero di sì» Mirton si sedette di fronte a lei, sorseggiando il suo caffè, «Ma sappi che se vuoi che ti prenda prima da scuola puoi chiamarmi ad ogni momento»

Jenna ridacchiò nervosamente, «Zio, sul serio, non devi preoccuparti» tentò di rassicurarlo, «Sono come un Geodude, vedi? Mi rialzo molto in fretta!»

«Peccato che i Geodude rotolino, signorina» scherzò Mirton, scoppiando a ridere.

Jenna gonfiò una guancia, corrucciando le sopracciglia, «Uffa, hai capito che cosa intendo!»

«Dai, stavo solo scherzando!» esclamò lui, finendo il suo caffè, «Su, finisci di mangiare. Ora ti porto a scuola»

 

***

 

Nonostante le proteste da parte di Mirton, Jenna decise di tenere gli occhiali da sole anche dopo essere uscita dalla macchina. Pensava di poter fare in tempo a escogitare qualcosa per quell’occhio nero, magari prima che iniziassero le lezioni. Non c’era nemmeno Diana ad aiutarla, dato che Jenna stessa le aveva detto di andare avanti senza di lei.

Così si rifugiò in bagno, prese uno specchietto dalla tasca esterna del suo zaino e prese un copri occhi che solitamente usava per appisolarsi in macchina. Prese delle forbici dal suo portapenne e tagliò la fascia a metà, unendo l’elastico con dello scotch. In tutta fretta, lo indossò come una benda sopra l’occhio destro. Avrebbe comunque ricevuto molte domande a riguardo, ma perlomeno poteva nascondere quel livido—che era l’unico scoperto, dato che gli altri li aveva coperti facilmente con i vestiti.

Sentendo il suono della campana, corse subito in classe e andò a sedersi vicino alla sua amica, che la guardò un po’ confusa.

«Ehi, quella benda non ce l’avevi prima…» sussurrò Diana.

«Ho dovuto metterla adesso, ti spiegherò più tardi» rispose evasiva Jenna.

La ragazza dai capelli verdi scrollò le spalle, poggiando le braccia conserte sul banco. La professoressa entrò in classe qualche minuto dopo, iniziando subito la lezione. Jenna non riusciva a pensare ad altro che agli allenamenti del giorno prima; quelle ragazze sapevano a cosa sarebbero potute andare incontro le nuove arrivate, eppure non avevano detto niente. Ma Jenna sapeva che non era colpa loro, se avessero detto qualcosa probabilmente Healey gliel’avrebbe fatta pagare, in un modo o nell’altro.

Strizzò gli occhi, guardando in basso e stringendo i pugni. Non voleva pensarci. Solo immaginarlo la faceva stare male.

«Jenna?» la voce della professoressa la riportò alla realtà, «È il tuo turno, hai fatto la ricerca?»

«Ah… sì,» la ragazza si alzò dalla sedia e prese in mano il suo raccoglitore bordeaux con motivi gialli appoggiato sul banco. Dalla tasca della gonna prese successivamente la sua chiavetta usb fuchsia, che inserì nel portatile sulla cattedra. Si sentiva osservata, probabilmente l’intera classe aveva notato la benda intorno al volto che le copriva l’occhio, ma non era certo quello il momento di parlarne.

«Ieri sera ho preso parte agli allenamenti di pallavolo, ma fortunatamente sono riuscita a correggere delle sviste in tempo,» spiegò Jenna, aprendo uno dei tanti file. Alzò successivamente lo sguardo per vedere quest’ultimo proiettato alla lavagna interattiva, «Dunque, le Gare Pokémon. Quest’oggi esporrò diversi argomenti a riguardo, tra cui le differenze tra i Coordinatori, i Performer e gli Allenatori stessi»

La professoressa annuì e si sedette sulla sedia davanti alla cattedra, ascoltandola in silenzio. Nonostante ciò, mentre la ragazza parlava poté sentire alcuni degli studenti bisbigliare tra di loro e sbatté la mano sul tavolo, guardandoli con le sopracciglia corrucciate. Questi smisero di parlare, ma si scambiavano comunque delle occhiate. Jenna però cercò di non farci caso e continuò ad esporre la sua ricerca.

«I Performer partecipano ai Pokémon Showcase, prevalentemente tenuti a Kalos, e sono principalmente Allenatrici, anche se di recente stanno cominciando a emergere anche artisti uomini ed è stato implementato il titolo di Re di Kalos, insieme a quello della Regina. Tuttavia, il titolo va solamente a chi merita la vittoria, di conseguenza non ci possono essere un Re e una Regina insieme» continuò, «Le Gare Pokémon, invece, si tengono prevalentemente a Hoenn e Sinnoh e in quel caso ci sono sempre stati partecipanti di tutti i generi. Le Gare Pokémon sono un’alternativa alle Palestre, invece di ricevere Medaglie, i Coordinatori ricevono dei Fiocchi»

La docente annuì nuovamente, «Hai dimenticato qualcosa?»

«Mmh?» Jenna diede una sbirciata al suo stesso documento, «Ah, sì!» ridacchiò nervosamente, «Anche i Performer ricevono dei premi, ma nel loro caso si tratta delle Chiavi, che servono per qualificarsi alla Master Class per diventare Re o Regina di Kalos»

«Molto bene»

«Si può anche includere il Teatro Musical che abbiamo qui ad Unima,» continuò Jenna, «Ma invece di Medaglie, Chiavi o Fiocchi, si vincono oggetti in premio per i futuri Musical»

Diana continuò ad ascoltare l’amica che parlava, ma non riusciva a togliersi dalla testa il possibile motivo per il quale stava indossando quella benda all’occhio. Conoscendola, probabilmente potrebbe essere caduta da qualche parte, pensava. Ma sarebbe proprio dovuta andare in un postaccio per farsi male ad un occhio.

«Puoi andare a sederti» le disse la professoressa, «Chi posso chiamare ora… Anthony?»

 

***

 

«Allora, si può sapere cosa ti è successo?»

Diana incrociò impazientemente le braccia, sedendosi sul water chiuso. Jenna chiuse la porta della cabina e si tolse la benda, mostrando il livido scuro sull’occhio all’amica. La ragazza dai capelli verdi si alzò e si avvicinò al suo volto, tentando di toccarlo con sicurezza.

«Santo Arceus… chi è stato a conciarti così?»

«Perché non provi a indovinare? Dove sono stata ieri tutta la sera?»

Diana sgranò gli occhi, «Le ragazze ti hanno bullizzata?»

«Ma no,» la ragazza sospirò, «Poverine, loro non c’entrano niente, anzi: probabilmente sono delle vittime anche loro.»

L’amica la guardò corrucciando appena le sopracciglia, «L’allenatore…?»

Jenna annuì, «Ci ha sgridate perché non riuscivamo a fare una “battuta decente”» le disse, «Mightyena voleva attaccarlo, ma l’ho fermato»

«E non hai chiamato nessuno? Tuo zio sa che cos’è successo?» domandò Diana.

«Certo, dopo che ho provato a nascondermi lui mi ha fatto una bella lavata di capo…» rispose lei, indossando nuovamente la benda all’occhio, «Ho paura che possa venire qui… non ci sarebbe nulla di male con un professore normale, ma con l’allenatore Healey… non oso neanche immaginare» sospirò nuovamente, lasciandosi cadere per terra, abbracciando le sue stesse gambe, «Mi ha detto che avrei potuto chiamarlo in ogni momento e che sarebbe subito venuto a prendermi, ma ho paura che sia una scusa per litigare con lui»

«Ma farebbe bene! Probabilmente nessuno conosce ancora la vera natura dell’allenatore Healey,» le disse Diana, sedendosi nuovamente sul water chiuso, «Ti ricordi la prima volta che lo abbiamo visto? Sembrava un tipo normale, no? Anche quando ti ha fatto provare a giocare con le altre ragazze»

Jenna alzò lo sguardo verso di lei.

«Si comporta così davanti agli altri, ma quando è da solo con voi mostra il vero sé stesso» continuò l’amica, «So che sei in squadra da un solo giorno, ma secondo me dovresti andartene da lì»

«E come? Ora la squadra è al completo, se me ne andassi se la prenderebbe comunque con me perché perderebbe un membro, e poi la pallavolo è una bella alternativa al basket, non posso andarmene…»

«Sì, ma non puoi tornare a casa la sera piena di lividi e stremata! Non dovresti nemmeno essere qui, ma a casa a riposarti» esclamò Diana, «Devi chiamare tuo zio, magari riuscirà a fare qualcosa»

Jenna si alzò da terra, spolverandosi la gonna con una mano, «No, ha cose più importanti a cui pensare»

«E tu non sei una di quelle? Non prendermi in giro.»

«Ha degli sfidanti alla Lega, non posso farlo andare via e farli aspettare!»

Diana si alzò di scatto, «Ma non capisci che se non agite subito la cosa non si risolverà mai?!» urlò, facendola sussultare, «Dopotutto anche lui ha detto che sarebbe venuto a prenderti, no?»

Jenna restò per qualche secondo in silenzio. Non poteva sapere quanti sfidanti ci sarebbero stati quel giorno alla Lega, ma conosceva bene Mirton: lui non avrebbe accettato proteste. Ma allo stesso tempo non voleva disturbarlo durante il lavoro, e lei non poteva di certo risolvere la questione da sola—specialmente se lei e Diana fossero state le uniche a lamentarsi del comportamento dell’allenatore. 

«Senti,» Diana aprì stancamente la porta della cabina, «Fa’ un po’ come ti pare, ma io non voglio vederti soffrire» e uscì dal bagno, lasciandola sola. 

Jenna fece qualche passo avanti, tirando appena su la manica sinistra della felpa, esponendo l’Interpoké. Forse sarebbe stata la cosa giusta da fare.

 

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Capitolo 3
*** — Don Amour ***


udite, udite, popolo! *rullo di tamburi* oggi sono riuscito finalmente ad aggiornare! dopo un mese, ma proprio, letteralmente un mese, ma ce l'ho fatta! purtroppo con un altro capitolo corto, il blocco mi sta facendo abbastanza male (e probabilmente il prossimo capitolo ci metterà un po' di più a venir postato, chiedo venia!). questo terzo capitolo è leggermente più incentrato sul punto di vista di mirton, ho voluto alternare un po' i pov tra lui e la nipote, che tra l'uno e l'altro non è che se la stiano passando bene (ma quando mai l'hanno passata bene sti due?) e qua comincio anche a nominare un paio di ship che verranno più accennate che altro, ovvero la juxtapoz (artemisio/camelia) e la ajna (mirton/camilla), anche se quest'ultima non è established come lo è la juxtapoz. avrei voluto accennarne un'altra, che sarebbe la taijiquan (marzio/ciprian) ma lo vedrò quando raccoglierò meglio tutte le idee [watch jenna essere l'unica single perché le ship che ho con lei sono un po' varie, LMAO]. detto ciò, spero che vi piaccia questo capitolo, nonostante sia corto! ;;
 




Don Amour



 

Dopo l’ultima sfida, Mirton mandò l’Allenatore da Catlina e, quando questo uscì, lui si andò a sedere sul divano. Prese la moneta d’oro dalla sua tasca e iniziò a giocarci con un leggero groppo alla gola, non sapeva se fosse lo stress del lavoro oppure il fatto che Jenna fosse così noncurante della sua stessa salute; probabilmente entrambi, ma nulla che una semplice partita la sera non potesse risolvere. Ma che ne sarebbe stato della loro promessa, allora?

Controllò l’Interpoké con una certa fretta. Niente, nemmeno un messaggio. A meno che lei non stesse esponendo il suo tema, Mirton non riusciva veramente a capire che cosa la stesse facendo esitare così tanto. In fondo lui voleva solamente parlare con il docente, non era un tipo violento come alcuni genitori dei suoi compagni di classe. Notò però una notifica da Artemisio, ma non appena vide il prossimo sfidante arrivare dovette ritirarsi giù la manica della camicia, per alzarsi successivamente dal divano.

Un ragazzo poco più alto di lui, capelli viola rasati dal lato destro, l’abbigliamento suggeriva che probabilmente aveva solamente pochi anni in meno di lui. Per non parlare delle scarpe da tennis in tela piegate, portate come se fossero pantofole, mostrando i talloni scoperti, come anche le ginocchia con i jeans strappati. Di primo acchito sembrava proprio un ragazzo di strada.

«Buongiorno,» salutò il Superquattro, «Hai già affrontato Antemia, suppongo»

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, e fece un sorrisetto, «Sì» rispose, «Mi chiamo Blair, vengo da Zondopoli»

Ora si spiega tutto,” pensò Mirton, ma non poteva di certo basarsi su qualche stereotipo, non sarebbe stato corretto. 

«Bene, bene,» lui annuì, «Allora, cominciamo».

 

***

 

«Non mi risponde, probabilmente è impegnato con una lotta Pokémon»

Artemisio guardò con attenzione lo schermo del suo Interpoké, con cui stava facendo una videochiamata con Camelia. Davanti a sé c’era un quadro incompleto, infatti con la mano sinistra teneva il pennello sporco di vernice. 

«Va be’, non preoccuparti» lo rassicurò Camelia, «Lo richiamerò io più tardi»

Artemisio trattenne una risata, «Così gli fai venire un infarto»

«Esatto, mi risponderà subito» la Capopalestra di tipo Elettro si mise a ridere, «Beh, ora vado»

«Torni a casa stasera?» domandò lui.

«Non ne sono sicura, ma spero di sì»

I due si salutarono e la chiamata si concluse lì, con un veloce scambio di “ti amo” prima di chiudere definitivamente. Solo dopo poco, Artemisio notò una chiamata persa e un messaggio lasciato da Mirton, “Hai bisogno di qualcosa?”. Effettivamente, dopo aver squillato avrebbe anche potuto mandargli un messaggino. Ma ormai, era troppo tardi.

“Non importa, ho risolto”

Chissà come avrebbe reagito invece alla chiamata di Camelia. Sarebbe stato divertente.

 

***

 

Passarono altre due ore, a scuola. Jenna dovette cambiare nuovamente classe e ne approfittò per mettere alcuni libri dentro il suo armadietto. Diede un’occhiata al suo Interpoké, forse avrebbe dovuto chiamare Mirton come le era stato consigliato. Aveva ancora paura di cosa sarebbe potuto succedere, ma non poteva più esitare. Avvicinò il dito indice della mano destra al piccolo schermo, ma fu interrotta da una sonora pacca sulla schiena prima che potesse pigiare il tasto.

«Ehi, piratessa,» non appena alzò lo sguardo, notò uno dei suoi compagni di classe, Anthony, dalla chioma bionda di media lunghezza, con altri due ragazzi, «Hai fatto a botte con qualcuno?»

Jenna aggrottò appena la fronte, «Non chiamarmi “piratessa”. E comunque non sono affari che ti riguardano»

«Oh, su, mi stavo solo preoccupando per te» il ragazzo si mise a ridacchiare, «Senti, più tardi devo allenarmi per l’esame dei tipi Normale. Ci sei per una lotta nel pomeriggio?»

Lei chiuse l’armadietto con la chiave e si voltò verso di lui, «Non credo, devo chiamare mio zio, probabilmente mi porterà anche a casa prima»

Anthony sbuffò, «“Mio zio”, “mio zio”, finisce sempre così con te» i due ragazzi dietro di lui fecero finta di non ascoltare, ma il fatto che stessero sghignazzando tra di loro infastidiva Jenna, «Anche quando ti avevo chiesto di uscire l’altra volta mi hai dato la stessa risposta»

«Ho degli impegni a cui non posso proprio dire di no, non ti è chiara la cosa?» il tono di voce della ragazza si alzò leggermente, «Se me lo chiedessi in giorni in cui sono libera, ti risponderei di sì»

«Ah, beh, almeno questo è un sollievo» rispose sarcasticamente Anthony, appoggiando la mano destra su uno degli armadietti, «Quindi, ce la facciamo a lottare o no?»

«Non lo so, chiamo mio zio e te lo faccio sapere più tardi. Non fare niente che possa farmi cambiare idea, se ci tieni tanto ad allenarti con me»

Lui ridacchiò, «E va bene»

«Sarà meglio» la ragazza si voltò verso gli amici di lui, «E voi finitela di ridere.»

Lasciando a bocca aperta i due, che ripresero a ridere pochi secondi dopo, Jenna camminò per il corridoio riuscendo finalmente a chiamare Mirton. Però, lui non rispose. Un po’ se lo aspettava, dato che stava ancora alla Lega. Ma dopo la seconda chiamata, Mirton rispose quasi subito.

«Ehi,» la salutò lui, «Tutto a posto?»

«Diciamo di sì…» Jenna si grattò appena la testa, «Puoi venire? Io però dovrò lottare con un mio compagno, più tardi»

«Quindi non potrai vedere come darò una lezione al tuo allenatore, peccato»

«Zio!»

Mirton si mise a ridere, «Stavo scherzando, voglio solo parlargli. Tu sarai impegnata nella lotta o ci sarai?»

«Non lo so… ma nel caso ti avviso»

«D’accordo, io sarò lì tra una ventina di minuti»

Jenna sentì la campana suonare e guardò in alto, prima di tornare a guardare lo schermo dell’Interpoké, «Ora torno in classe»

«Ci vediamo dopo!»

La chiamata si chiuse lì, Jenna spense l’Interpoké e sistemò la benda sull’occhio, prima di correre verso la sua classe. Avrebbe dovuto lottare con Anthony poco dopo quella lezione, pensava che molto probabilmente non ce l’avrebbe fatta a vedere Mirton, ma sperava solamente che non si sarebbe cacciato in qualche guaio.

 

***

 

Nemmeno Mirton era sicuro di quello che sarebbe successo di lì a poco. Notò che qualcuno lo stava chiamando e attivò il vivavoce della macchina, senza neanche guardare la schermata.

«Arti, sappi ch—»

«Sono Camelia, ma sì, Artemisio mi ha detto di chiamarti»

Mirton sgranò appena gli occhi dallo stupore, non si aspettava di certo di trovare lei dall’altro lato della chiamata.

«E perché proprio tu? Non poteva dirmelo lui?» chiese, mentre frenava, «Uhm… qualunque cosa volesse dirmi» mormorò successivamente, guardando i semafori da lontano.

«Perché, sai… voleva che te lo dicessi io, così saresti stato più sorpreso»

«Non ci sto capendo niente,» ammise lui, «Ma che succede?»

«Camilla è venuta qui in visita»

Oh, ecco perché. In realtà, non sapeva nemmeno lui stesso perché si sentiva così nervoso a riguardo, ormai succedeva ogni volta che aveva l’occasione di incontrarla. Era cambiata tanto da quando era adolescente, si conoscevano che lui, Artemisio e Catlina erano ancora dei bambini, la vedevano solamente quando Catlina la invitava a casa sua. Anche Jenna l’aveva incontrata, ma probabilmente neanche se lo ricordava, dato che aveva solamente tre anni. Chissà se era rimasta la stessa, nonostante—

«Mirti, sei ancora vivo?» la voce di Camelia lo riportò alla realtà, e anche il suono di un clacson dietro di lui. Ripartì quindi con la macchina e tossì nervosamente.

«Sì, sì… c’era… c’era un Bouffalant che stava passando in autostrada…»

«Non ci credo neanche se mi paghi.» Camelia si mise a ridacchiare, «Va be’, ora torno in Palestra. Cerca di non imbambolarti in mezzo alla strada un’altra volta, okay?»

«Non ero imbambolato.» mentì lui, «Stavo solo guardando la strada»

«Sì, va bene» dal tono, sembrava come se la Capopalestra stesse trattenendo una risata, «Allora ci vediamo tutti a casa di Catlina stasera?»

«Come vi pare.»

«Okay, a stasera, Don Amour»

«A stasera» Mirton chiuse la chiamata, tirando un sospiro esasperato.

«Imbambolato, io. Tsk, figuriamoci» assottigliò gli occhi, «E poi che razza di nome è Don Amour?»

 

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Capitolo 4
*** — ❝Stai crescendo troppo in fretta❞ ***


è passato un altro mese, io ho scritto questo capitolo con una botta di ispirazione che avevo e spero di postare il prossimo il prima possibile, aiuto. buongiorno! siamo nel periodo delle vacanze natalizie, nonostante io non lo festeggi particolarmente, sto solo mangiando cose diverse rispetto ad altri giorni, ma ho avuto comunque molte cose da fare. questo capitolo è un po' più lungo degli ultimi due ma più corto del primo capitolo, il giorno è lo stesso del secondo ma il prossimo (che sarà il quinto? boh non mi ricordo già più) sarà la sera in cui mirton e la gang di superquattro e capopalestra (che in realtà sono tipo tre di loro, ma okay) vanno alla villa di catlina a trovare camilla. non mi piace per niente la ajnashipping, noooo. assolutamente, no, no. in ogni caso, ora vi lascio al capitolo. buona lettura!!
 


 


Stai crescendo troppo in fretta




 

Vedendo che Mirton non accennava ad arrivare, Jenna approfittò per accettare la sfida di Anthony. Dopotutto doveva solamente aiutarlo per un esame, non ci avrebbe messo molto—anche perché, avendo solamente Lily e l’unico Pokémon di tipo Normale di Anthony era Watchog, la lotta avrebbe preso massimo venti minuti, secondo qualche calcolo veloce. La ragazza raggiunse il compagno nell’aula apposita per le lotte, preparando i propri Pokémon alla sfida amichevole.

«Comincio io!» esclamò Anthony, «Watchog, usa Morso!»

Watchog si avventò su Lilligant, aprendo la bocca per preparare la sua mossa.

«Schivalo e usa Fascino!»

Lily fece come ordinò la sua Allenatrice, l’attacco di Watchog cominciò a calare. Anthony non si fece scoraggiare, e ordinò al Pokémon Sentinella di usare Iperzanna. Il Pokémon Fiorfronzolo non fece in tempo a difendersi, di conseguenza si beccò una bella batosta prima di prepararsi a lanciare Verdebufera, come ordinato dall’Allenatrice. I due erano alla pari, l’Allenatore ordinò a Watchog di usare Focalenergia, mentre Lily usò Sintesi.

Era la loro prima lotta da quando frequentavano quella scuola insieme, Jenna si rese effettivamente conto che forse non avrebbe dovuto spingersi troppo. Non conoscevano le mosse dell’uno e dell’altro, Mirton le aveva sempre consigliato di lasciare almeno gli attacchi più potenti per ultimi e se voleva azzardare, di farlo responsabilmente. Ma dopotutto, lui stesso era uno che azzardava. La loro politica era proprio quella di dare il massimo, come se fosse l’ultima lotta.

«Bene, Watchog, usa Schianto!»

Watchog si avventò nuovamente su Lilligant, ma nonostante il danno considerevolmente alto, Lily non volle cedere.

«Usa Petalodanza!» esclamò Jenna.

E fu proprio quella la mossa finale. Watchog cadde a terra, non riuscendo più ad alzarsi. Anthony sospirò e lo fece ritornare dentro la Poké Ball.

«Sei stato bravo, ora ci attende solamente il vero esame» si voltò a guardare la ragazza, «Grazie per essere venuta, alla fine. Non saprei a chi avrei potuto chiedere, altrimenti»

«Di nulla. Come mai ci tieni così tanto? In fondo è un normale esame scolastico» tentò a chiedere lei.

«Beh, vedi…» l’Allenatore provò a spiegare, «Non so se te ne sei accorta, ma i miei voti stanno un po’ calando ultimamente. Devo aiutare mio padre con dei lavori importanti, e non ho molto tempo per studiare, posso farlo solamente qui a scuola»

«Oh, capisco» Jenna annuì, «In questo caso potrei cercare di aiutarti. Pensavo che mi stessi prendendo in giro, prima»

«Non lo farei mai!» Anthony mise le mani avanti, «Devi scusare i miei amici della quarta sezione se ti hanno dato quest’impressione. Sai, loro sanno essere un po’ inopportuni»

«Sì, l’ho notato.» Jenna corrucciò appena le sopracciglia, per tornare a sorridere, «Ora però vado, devo vedere se mio zio è arrivato»

«D’accordo—» il ragazzo camminò a fianco a lei, «Ah, se non devi uscire prima… magari più tardi possiamo fare la strada insieme per tornare a casa, se ti va»

«Non lo so, e poi sai che Diana ha la precedenza» lei gli fece un occhiolino prima di andare nella direzione opposta alla sua, «Ciao!» lo salutò per l’ultima volta.

A quel punto, poté finalmente notare due notifiche da parte di Mirton sull’Interpoké. Si trovava in palestra, poiché sicuramente anche l’allenatore Healey era lì. Jenna fece giusto in tempo a mandare un piccolo messaggio a Diana, prima di dirigersi là. Da lontano, notò le figure dell’allenatore e di suo zio. La discussione sembrava che fosse appena iniziata.

«Glielo dico senza mezzi termini, Jenna non parteciperà più alle sue lezioni» sentenziò Mirton.

«Ah,» l’allenatore Healey assottigliò leggermente gli occhi, «Mi dispiace molto, dopotutto ha iniziato solamente ieri. Posso sapere perché?»

«Credo che lei lo sappia molto bene» continuò il Superquattro.

L’uomo trattenne una risatina, «Come? Oh, mi scusi. Così sembra mia moglie quando è arrabbiata. Sa come sono le donne, “lo sai cos’hai fatto”»

«Non sono qui per ascoltare altre battute maschiliste, mi basta il mondo che c’è là fuori.» ciò che disse l’Allenatore di tipo Buio stupì il professore, «Violenza su minore. Le dice qualcosa?»

Stavolta, il docente non riuscì a trattenere una risata. «Cosa? Ma di che sta parlando?»

«Ieri sera mia nipote è tornata a casa con un livido sull’occhio che le rimarrà per i prossimi mesi»

«Questo è ridicolo, io non le ho fatto niente. Mi sta accusando senza nemmeno avere delle prove» rispose prontamente l’allenatore, «Visto com’è impacciata—e questo l’ho potuto notare ieri pomeriggio—sarà solamente inciampata provocandosi delle leggere lesioni»

Per quanto questo fosse vero, conoscendo sua nipote, Mirton sapeva bene che un livido sull’occhio non poteva essere provocato da una semplice caduta. Jenna aveva ben altre ferite completamente diverse da quella, e se le era provocate cadendo.

«Dovrebbe saperlo, visto che è sua nipote» l’allenatore Healey scrollò le spalle, «Tra l’altro, non pensa di essere un po’ troppo giovane per venire qui e tentare di discutere con un docente?»

«La mia età non ha niente a che fare con il benessere di Jenna,» Mirton assottigliò gli occhi e corrucciò le sopracciglia, tentando però di mantenere il tono calmo, «Mio fratello l’ha affidata a me, di conseguenza non vedo con chi altro dovrebbe parlare»

«Sua madre, per esempio?»

«Mi dispiace dirle che la madre di Jenna è assente da molto tempo. Quindi sono io che mi prendo cura di lei» 

L’allenatore Healey inarcò un sopracciglio, «Scusi se mi permetto, ma è venuto qui inutilmente. So benissimo come allenare la mia squadra, non ho bisogno di un Superquattro che mi insegni come fare il mio lavoro»

Mirton restò per qualche secondo in silenzio, fissandolo con un malosguardo. 

«Buona giornata» disse, prima di andarsene. Si diresse verso l’uscita della palestra, incontrandosi con Jenna dopo poco. La ragazza non sembrava aver sentito, era troppo lontana.

«Zio!» lo chiamò lei, «Che cosa ti ha detto?»

Mirton rimase nuovamente in silenzio. L’espressione di Jenna tramutò da un sorriso alle sopracciglia incurvate per la preoccupazione.

«Zio Mirton…?»

«Scusa, te lo dico dopo. In che classe sei, adesso? Vorrei dire al tuo insegnante che ti porto a casa»

 

***

 

Dopo aver parlato con la professoressa, Mirton e Jenna salirono in macchina, e il giovane la mise in moto per cominciare a dirigersi verso casa. Il viaggio sarebbe stato lungo, da Boreduopoli a Spiraria, di conseguenza decisero di mettere un po’ di musica a un volume moderato.

«Quindi… che cosa ti ha detto?» provò a chiedere lei.

Mirton scosse appena la testa, «Niente da fare»

«Mh?»

«Voglio dire che non ha neanche voluto ascoltarmi, lui dice in giro che tu sei caduta, e non che ti ha colpito intenzionalmente» sospirò, «Non ho parole, solo bestemmie.»

«Insomma, non avendo prove, lui approfitta del fatto che lo abbiamo visto solo noi della squadra» la ragazza tentò di riassumere, «Siccome lui è un docente, è logico che i suoi colleghi diano solamente ragione a lui e non a noi»

«Finché non riuscirò a risolvere questa questione, tu non andrai agli allenamenti e se hai bisogno, non andrai neanche a scuola. Con quello che ti ha fatto, dovresti solamente riposare» le sorrise, «Ma cambiamo argomento, Camilla è venuta qui»

«Davvero?»

«Sì, stasera andremo da Catlina a trovarla, ci saranno tutti» le diede una veloce occhiata prima di tornare a guardare la strada, «A meno che tu non debba uscire di nuovo con Diana»

«Oggi non lo so, ma avrei sempre voluto conoscere Camilla! La nominate spesso e sono molto curiosa, oltretutto è la Campionessa di Sinnoh!»

Mirton ridacchiò, «Ma tu l’hai già conosciuta, non ti ricordi? Beh, è anche vero che avevi tre anni e l’hai vista solo una volta… era venuta a fare uno scambio culturale con il suo liceo, parlava la nostra lingua perfettamente per l’età che aveva» sospirò, assottigliando appena gli occhi, «Ma ogni tanto Catlina la faceva parlare nella sua per non farci capire cosa si dicevano»

«Ma la nostra famiglia non è di Sinnoh?» chiese lei.

«Da parte di mia madre, ma considerando la mia voglia di scappare dalle sue grinfie, non ho imparato tanto» tossì leggermente, «Comunque fammi sapere se ci sarai, sono sicuro che a Camilla farà piacere rivederti dopo tanti anni»

«E se la salutassi e me ne andassi?»

Mirton realizzò solo dopo pochi secondi quello che gli era stato domandato, «Scusami?»

«Beh, considerando che sicuramente vorrete bere superalcolici e io sono l’unica piccola in un gruppo di persone che hanno più di vent’anni, la mia presenza è alquanto inutile» continuò Jenna, «E poi non posso di certo aiutarti io a provarci con Camilla» concluse con un sorrisetto.

Questo però fece frenare improvvisamente la macchina e attivare l’airbag per evitare di farsi male. Almeno, quella macchina aveva qualcosa di buono nonostante fosse vecchia.

«Ho detto qualcosa di male?» domandò Jenna.

«No, solo qualcosa che ci stava per uccidere» rispose Mirton.

La ragazza sghignazzò, «Stai arrossendo, quindi ho ragione?»

«No» disse evasivamente lui, rimettendo la macchina in moto, «Ora capisco perché non dovrei portarti con me, mi bastano Artemisio e Antemia a farmi gli scherzi»

«È bella, eh?»

«La smetti?»

Jenna si mise a ridere, «Scusa, è che… è così raro vederti preso per una donna, di solito sei più affezionato ai tuoi dadi o alle tue carte»

«Non sono… “preso”, e poi così la stai solamente strumentalizzando. Camilla è molto più di questo, è una Campionessa, è un’archeologa, è molto intelligente e sa dialogare con eleganza e finezza. Considerarla solo perché è una bella ragazza non la valorizza per quello che è veramente»

La ragazza restò in silenzio, per poi rispondere dopo poco, «E va bene, hai vinto tu» lo vide annuire e fece un sorrisetto, «Non sei innamorato di lei»

«No» aggiunse lui, «Non lo sono. Mi piace perché è bello parlare con lei, ma non vuol dire che sono innamorato»

«Certo» Jenna annuì leggermente, «Anche perché, se lo fossi non saresti così»

«No, infatti»

«Saresti… completamente diverso, molto più sciolto»

«Io sono sciolto.»

«Ma sì, questo lo vedo» la ragazza fece finta di dargli ragione, «Voglio dire, che se fossi innamorato diresti molto di più»

«Sì, e poi l’amore è un sentimento che viene dal cuore, il mio non batte per qualcuno da molto tempo»

Gli scherzi erano finiti. L’espressione di Jenna cadde lentamente, mentre si tolse la benda dall’occhio per riaggiustarla tra le mani. Cos’era l’amore per lui? Forse non l’aveva ancora capito, per questo negava i suoi sentimenti per Camilla. Lui non riusciva a vederli, gli altri sì.

«Beh, a me qualcuno piace» Jenna provò nuovamente a rompere il ghiaccio, «…Diana è carina. Ma non sono sicura che sia amore, forse è solo una cotta»

«Prima o poi lo scoprirai» le disse Mirton.

Il Superquattro parcheggiò la macchina nel garage, dopodiché uscirono entrambi per chiudere le portiere. Jenna sarebbe dovuta uscire con Diana anche quella sera, ma non sarebbe stato male fare un saluto a Camilla prima di andarsene, Mirton si trovava d’accordo con questa sua idea. Quando la ragazza entrò per prima in casa, lui chiuse la porta e si avviò lentamente in cucina. Forse Blanchard aveva ragione, lo stava facendo crescere troppo in fretta. Ma non era colpa sua, il fratello maggiore aveva solo avuto un posto di lavoro lontano da loro, Jenna non aveva nessun altro, tranne lui.

«Zio, potremmo giocare a Smashing Fighters prima di pranzo!» suggerì lei da lontano.

Mirton sorrise e annuì, «Va bene, preparo i controller!»

 
 

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Capitolo 5
*** — Ricordi di un inverno estivo [parte 1] ***


stavolta non è passato un mese! anche se stava per succedere. *aehm* buongiorno! devo ammetterlo, in questo periodo ho un grosso blocco sia per la scrittura che per il disegno, di conseguenza il capitolo, nonostante sia un po' più lungo, non mi soddisfa particolarmente; lo avevo pianificato in maniera diversa e poi è uscito un po' così, molto trash, molto alla "rEgazzini che giocano" (nonostante siano 22enni in presenza di una 25enne aka camilla, ma vabbè sono ragazzi), molto alla grande fratello citando una mia amica, ma in quel caso è colpa di mia madre che lo guarda. spero comunque che possa farvi strappare un sorriso nonostante passi dal trash al "che sta succedendo?" improvviso. visto come mi è uscito vi anticipo che molto probabilmente la seconda parte di questo capitolo avrà un po' più di chiarimenti, flashback a bw2 dove ghecis fa ghiacciare mezza unima a kyurem, e chiarimenti sul "statue di ghiaccio", su cui ho un vecchio fumettino ma che non credo che vedrà mai la luce dei social. ad ogni modo, vi lascio al capitolo!
 
 



Ricordi di un inverno estivo [parte 1]


 

Nonostante tutto, uscire prima da scuola non aveva avuto un risvolto negativo. Faceva bene a Jenna perché in questo modo avrebbe potuto riprendersi, ma allo stesso tempo anche a Mirton, che avrebbe potuto fare di meglio che andare al casinò quella sera. Era sicuramente più divertente scegliere che cosa fare a pranzo lanciando un D12 o facendo Testa o Croce. Alla fine, arrivati ad un pareggio, conclusero che forse sarebbe stato meglio cucinarsi il pranzo da soli, ognuno per conto proprio.

«Avevi detto “un po’” di ketchup, ne stai facendo una vasca per cinquanta persone» scherzò Mirton, guardando il piatto di patate fritte di Jenna, ormai immerso nel ketchup, «E poi le patatine non si mangiano così»

«Pensi di fare di meglio, con quell’insalata piena di salsa Aloliana? Vuoi bruciarti la lingua?» la ragazza ridacchiò.

«Ehi, questi erano gli avanzi della tua cena» puntualizzò lui, «Non la mangio se non è piccante»

Jenna abbassò lo sguardo verso la scodella d’insalata, ormai diventata rossa, «Intanto anche tu ti sei messo una fontana di salsa…» e alzò nuovamente lo sguardo verso di lui, «Non sembra neanche più insalata»

«Mangia, che dopo deve venire Artemisio»

«E Camelia?»

«Lei no, starà giù da Catlina» rispose Mirton, mentre affondava la forchetta dentro l’insalata, «Sai, magari hanno bisogno di un po’ di chiacchierate tra ragazze, come io e Artemisio abbiamo bisogno delle nostre chiacchierate tra uomini»

«Ah, ma non mi dire» disse ironicamente Jenna, prendendo una patatina per mangiarla.

«Sto scherzando, ma è così che le chiamano loro» continuò lui, portandosi alle labbra un boccone di insalata. Rimase in silenzio per qualche secondo con gli occhi sgranati, ingoiando lentamente, «Non pensavo uscisse così piccante…»

Jenna scoppiò a ridere, «Che ti avevo detto?!»

La sua risata fu interrotta dalla suoneria del citofono. Mirton lasciò la scodella di insalata sul bancone della cucina e si avviò verso la porta d’ingresso, sapendo chi stava suonando non aveva neanche bisogno di chiedere chi fosse, di conseguenza premette il tasto per aprire il cancello nel pianerottolo. Successivamente aprì la porta, accogliendo Artemisio con una stretta di mano e lo scontrarsi della spalla destra con la sinistra. Mirton lo accompagnò in cucina, dove Jenna stava mangiando le sue patatine sul bancone.

«Ehilà» salutò lei.

«Ehi,» Artemisio ricambiò il saluto. Il suo sguardo cadde proprio sulle patatine immerse nel ketchup e aggrottò appena la fronte, avvicinandosi all’orecchio di Mirton, «Perché le sta mangiando così?»

«Tu fai finta di niente» rispose il Superquattro, con una risatina.

Jenna corrucciò le sopracciglia, «Oh, ma insomma!»

Il Capopalestra e il Superquattro si misero a ridere, l’Allenatrice li guardò con gli occhi assottigliati per qualche secondo, fino a che non scoppiò a ridere anche lei.

«Ma che hai fatto all’occhio? Sei caduta?» le domandò successivamente lo specialista di tipo Coleottero.

Jenna si tolse la benda dall’occhio scuotendo appena la testa, «No… è stato durante l’allenamento di pallavolo»

«Quel bastardo dell’allenatore l’ha colpita con la palla.» concluse Mirton, con tono distaccato, mentre prendeva la sua scodella d’insalata.

«Davvero?» Artemisio si avvicinò alla ragazza, «Ma è stato un incidente?»

Prima che Jenna potesse rispondere, lo fece Mirton, «No, l’ha colpita intenzionalmente. Oggi ho parlato con lui,» continuò, affondando la forchetta nell’insalata piccante, «Ha continuato a tirare fuori scuse, che io sono troppo giovane per andare da un docente a dire la mia e che “non ha bisogno di un Superquattro che gli insegni come fare il suo lavoro”» nell’ultima parte ricalcava specialmente l’accento dell’uomo con cui aveva parlato, e dopo aver concluso si portò il boccone alle labbra.

Artemisio scosse appena la testa con indignazione, «Non ho parole» gli disse, «E Blanchard lo sa?»

«Non ancora, lo chiamo prima di scendere da Catlina»

«E… se glielo raccontassi io a papà?» chiese Jenna.

Mirton inarcò un sopracciglio, «Solo se non ometti i dettagli»

«Non ometterò nulla! Posso chiamarlo adesso, se vuoi—così aggiungi qualcosa anche tu»

«Nel frattempo io prendo una birra» disse Artemisio, avvicinandosi al frigorifero.

Il Superquattro annuì, «Sì, fa’ pure» e si avvicinò alla nipote, che prese il suo Interpoké per cliccare sul numero del padre. Il Capopalestra prese una lattina di birra e chiuse il frigo, avvicinandosi a loro. Dopo poco tempo, Jenna sorrise al vedere il volto di Blanchard comparire sull’Interpoké.

«Papà!» esclamò.

«Ciao, tesoro!» però, l’uomo non esitò a notare il livido nel volto della figlia, «Cosa ti è capitato…?»

«Oh, ecco… è successo a scuola,» iniziò lei, dando un’occhiata allo zio prima di tornare a guardare lo schermo, «Mi sono iscritta nella squadra di pallavolo e l’allenatore mi ha lanciato una palla»

«Oh, santissimo—» Blanchard si avvicinò appena allo schermo per vederla meglio, «Ma tu stai bene? Non ti ha fatto altro?»

«Fortunatamente no, oggi zio Mirton è andato a parlare con lui… ma è stato tutto inutile» Jenna abbassò appena lo sguardo, «L’allenatore non ha neanche voluto ascoltarlo»

L’uomo accennò un sospiro, «Mirton è lì con te?»

Jenna annuì, «Zio…?» lo chiamò, indicando l’Interpoké. Mirton si avvicinò, appoggiando la scodella sul bancone della cucina.

«Ehi,» salutò il fratello, «Che cos’è successo?»

«Beh, mi ha detto che avrebbe voluto parlare con uno dei suoi genitori» i suoi occhi si assottigliarono leggermente, «E aveva detto “sua madre”, non sai quanto avrei voluto strozzarlo in quel momento. Lì ho dovuto dirgli che sei stato tu ad affidarmi Jenna, ma pensa che io sia troppo giovane e non ha voluto ascoltarmi»

Blanchard scosse appena la testa e sospirò, «Questa situazione è assurda. Vorrei tornare lì il prima possibile per dirgli qualcosa io stesso» commentò, «E vediamo chi è troppo giovane, mh?»

«Già, in ogni caso ho pensato di non farla andare più agli allenamenti, se ha bisogno non andrà neanche a scuola»

Il fratello maggiore inarcò un sopracciglio e ridacchiò, «L’andare a scuola cosa c’entra con gli allenamenti?»

«No, sai, nel caso avesse bisogno di riposare»

«Lo capisco, ma è meglio che ci vada. L’importante è che non partecipi agli allenamenti,» l’uomo si voltò nuovamente a guardare la figlia, «Capito? E non agire di impulso»

Jenna accennò un sospiro, «Papà…»

Blanchard sorrise, «Su, cercherò di tornare presto. Statemi bene»

La chiamata si chiuse lì, Jenna mise il suo Interpoké in tasca e si accinse a finire il suo pranzo. Di lì a poco l’argomento cambiò, mentre Mirton tornò in cucina per appoggiare i piatti dentro il lavello.

«Ti sei spaventato quando Camelia ti ha chiamato, eh?» domandò Artemisio con un sorrisino.

«Senti,» Mirton gli puntò il dito aggrottando appena la fronte, «Ho rischiato di morire due volte oggi per colpa dei vostri scherzetti»

«Dai la colpa a noi? Non dovresti pensare a un certo qualcuno quando guardi la strada» rispose Jenna, ridacchiando.

Artemisio scoppiò a ridere, «L’hai asfaltato!»

Il Superquattro incrociò le braccia e cercò di non ridere, «Comportatevi bene quando saremo lì»

«Va bene, signor papà» il Capopalestra annuì, trattenendo anche lui una risata per sorseggiare dalla lattina di birra.

«Dico sul serio, non voglio fare una brutta figura»

«Amico, ti pare che io sia messo meglio? Le ragazze ci prendono in giro costantemente» gli disse Artemisio, «Chissà cosa starà raccontando Camelia… ultimamente in casa non abbiamo una bella situazione»

«Sepolti in casa: versione Capopalestra» scherzò Mirton.

«No, davvero, tra il fatto che il suo armadio è diventato peggio di un negozio di vestiti dopo settecento ordini, nemmeno io so più dove mettere i miei quadri» raccontò il Capopalestra, prendendo un altro sorso della sua birra, «Sì, certo, ho ancora il mio deposito a Zefiropoli, ma sta per scoppiare ormai»

«Porta della roba qui, vedo come sistemarla. Ho ancora dello spazio libero nel vecchio garage dei miei genitori» gli consigliò il Superquattro.

«Sei sicuro?»

«Ma sì»

Jenna alternò lo sguardo tra i due quando ci fu qualche secondo di silenzio, Artemisio finì la birra dalla lattina e la poggiò sul bancone, gonfiando appena la guancia pensierosamente.

«Mmh… non lo so, vediamo. Domani ci sei?»

«Domani è sabato, sì, ci sono»

«Di mattina» aggiunse prontamente Artemisio.

Mirton ridacchiò, «Sicuramente, tanto c’è Jenna che mi sveglia»

Il Capopalestra di tipo Coleottero guardò la ragazza, «Allora conto su di te» i due risero, «Poi un’altra cosa» continuò lui, «Se domani riusciremo a sistemare le cose in tempo, possiamo anche organizzarci per le live di cui avevamo parlato» 

Il Superquattro annuì, «Sì, sì. Due o tre giochi da portare tanto ce li avevamo già»

«Due, perché sono Resident Angel e quell’altro… che mi hai detto tu?»

«Your turn to live?» 

«Sì» Artemisio si alzò dallo sgabello per buttare la lattina nell’apposito bidone, «Scendiamo dalle ragazze? O aspettiamo?»

«Dai, andiamo adesso. Che dopo Jenna deve uscire con una sua amica» 

Jenna annuì, «Tanto dovrò andarci più tardi»

La ragazza si avviò verso la porta, uscendo per prima. I due uscirono dopo di lei, Mirton per ultimo, poiché doveva chiudere la porta con qualche giro di chiave. 

 

Quando i tre arrivarono alla villa di Catlina, le ragazze avevano ben altri argomenti da affrontare, piuttosto che quelli che temeva Artemisio. Il discorso però si concluse quando la padrona di casa andò ad aprire la porta per accogliere gli ospiti appena arrivati e portarli dopodiché in sala conversazione, dove c’erano anche Camilla e Antemia sedute sul divano e Camelia appoggiata alla finestra.

«Ciao ragazze, Camilla,» Artemisio salutò per primo con un sorriso, la Campionessa di Sinnoh e il terzo membro dei Superquattro si alzarono dal divano.

«Ciao, è da molto che non ci si vede» Camilla ricambiò il saluto, dando un’occhiata anche a Mirton, «Ehilà»

«Buon pomeriggio» disse lui, «Come stai?»

«Bene, grazie. Il viaggio è stato un po’ più lungo del previsto, ma fortunatamente non è successo niente di particolare» la bionda si voltò successivamente verso Jenna, «Ehi! È da tantissimo che non ti vedo, ti ricordi di me?»

«Oh, certo che sì!» rispose la ragazza, «In realtà non mi aspettavo che tu ti ricordassi di me»

Mirton le diede una leggera gomitata, «Guarda che sei stata tu a chiedermi come l’avessi conosciuta»

Jenna sgranò gli occhi, «M… ma zio…!»

Camilla si mise a ridere, «Invece me lo ricordo bene. Eri così piccola e carina, con quelle codine»

«Sì, escludiamo la parte delle codine» la ragazza spostò lo sguardo verso lo zio, assottigliando gli occhi.

Il Superquattro di tipo Buio inarcò un sopracciglio, «Non ero mica io il parrucchiere»

«Posso confermartelo» Artemisio si grattò appena la nuca e si allontanò discretamente da lei.

Jenna annuì lentamente, incrociando le braccia. In un momento di realizzazione, sgranò nuovamente gli occhi e guardò Artemisio mettersi dietro Camelia, come se fosse uno scudo umano. Jenna si voltò verso Catlina, un po’ come se volesse una conferma per qualcosa. La ragazza più grande annuì, anche perché l’avrebbe fatto anche lei al suo posto. Jenna si avvicinò al divano, Antemia le porse un cuscino che la più piccola lanciò prontamente in direzione del Capopalestra.

«No!» esclamò lui, trattenendo una risata, ma venendo contagiato da Antemia e Camilla non poté più farne a meno.

«Certo che le basi tu non le hai proprio, non puoi lasciare che le donne si coalizzino, ti ammazzano» scherzò Mirton, «E non usare la tua ragazza come scudo umano!»

«Ma zitto!» esclamò Antemia, lanciando un altro cuscino verso il collega.

Il Superquattro di tipo Buio rimase leggermente interdetto, ma riprese il cuscino in mano, «Ho un’arma!» e lo lanciò verso il Capopalestra di tipo Coleottero, ma sbagliò a calcolare la mira, di conseguenza arrivò a Camelia.

«Ma io che c’entro?!» urlò lei, rilanciandolo verso di lui.

Catlina si mise subito in mezzo, «No, ehi, smettetela immediatamente! Mi rovinate i cuscini così»

Mirton si poggiò una mano sul petto mentre raccoglieva il cuscino caduto, «Senti, stai calma perché io sono sensibile, okay?» le disse in tono teatrale, «Tutta questa violenza non era necessaria!»

«Te la faccio vedere io la violenza» rispose lei, mentre i colleghi e la ragazza più giovane scoppiarono a ridere.  

«Con i cuscini» aggiunse Jenna.

Il Superquattro si mise in guardia con il cuscino, «Stai attenta, ho un cuscino e non ho paura di usarlo!» successivamente lo mise a posto, per schiarirsi la voce, «Comunque…»

«Di che stavate parlando prima che venissimo qua?» chiese Artemisio.

«Non farmi rispondere» gli disse Catlina, andando a sedersi sul divano.

Camilla ridacchiò, «Nulla di che, Camelia ci stava raccontando un po’ della vostra situazione»

La Capopalestra di tipo Elettro annuì, lui la guardò leggermente sorpreso.

«Ah… ecco, in tal proposito,» 

Mentre i due tornarono a quell’argomento, Catlina alzò lo sguardo verso gli altri ospiti in piedi.

«Jenna, vieni a sederti» le disse.

La ragazza annuì e si sedette sull’ultimo posto libero, a fianco alla Superquattro di tipo Psico. Mirton si sedette sul bordo vicino a lei, a fianco a Camilla.

«So che di recente sono riusciti a sciogliere tutti i ghiacci a Boreduopoli e dintorni,» iniziò lei.

«Già, è così. Siccome si trattava di ghiaccio artificiale preso dal DNA di Kyurem è stato un po’ difficile, ma almeno adesso le strade sono più libere» spiegò il Superquattro, «Però è ancora estate, quindi c’è qualche speranza»

La Campionessa annuì lentamente, «Immagino che ci siano stati tanti grattacapi anche alla Lega»

Lui diede una veloce occhiata a Jenna, «Sì… un po’. Ci sono persone che ancora devono riprendersi dal congelamento»

«Ci sono stati casi di ibernazione?»

«Più che ibernazione… alcune persone sono state trasformate in statue di ghiaccio. La cosa non mi stupisce, se si ghiacciano istantaneamente i palazzi è logico che le persone abbiano un processo ancora più veloce»

La conversazione si interruppe quando Jenna si alzò dal divano, «Devo andare, Diana mi sta chiamando»

«Allora ci vediamo dopo»

Lei annuì, salutando successivamente il resto del gruppo prima di essere accompagnata fuori da Catlina. Tra Mirton e Camilla ci fu qualche secondo di silenzio, il Superquattro guardava la porta da cui erano uscite la nipote e la collega, mentre la Campionessa abbassò lo sguardo, per tornare a guardare lui dopo pochi secondi.

«C’era anche lei tra le statue di ghiaccio?» azzardò a chiedere.

Mirton rispose dopo poco, «Già, è così»

Camilla sospirò, «Mi dispiace»

«Non se ne rende conto, ma deve ancora riprendersi. A volte la sento tossire o tremare di notte» abbassò appena lo sguardo, «Non si ricorda quasi niente di quello che è successo. Lei non lo sapeva, ma anche mio fratello era stato congelato prima di lei, di conseguenza non si erano raggiunti in tempo»

Tra i due ci fu qualche secondo di silenzio. Catlina tornò in stanza mentre Antemia chiudeva il suo libretto con dentro bozze dei suoi romanzi, anche Artemisio e Camelia si voltarono a guardare la padrona di casa, insieme a Mirton e Camilla.

«Dunque, penso proprio sia arrivata l’ora del tè. Ho chiesto cortesemente a Paride di prepararlo»

«Perché, in che altro modo gliel’avresti chiesto?» scherzò Mirton, Antemia non riuscì a trattenere una risatina e neanche Artemisio.

«Stai oltrepassando il limite oggi» Catlina si mise le mani sui fianchi, «Ma ormai ci sono abituata con te»

«Dai basta, sembrate usciti da una soap opera Pasiana» li rimproverò Artemisio.

Mirton fece finta di essere scioccato, «¡¿Como te atreves a decir eso?!» esclamò, facendo scoppiare a ridere gli amici, «¡Maldito! Non conosco altre parole ma ti riempio di insulti a caso»

Il Capopalestra di tipo Coleottero ridacchiò, «Come capita sempre»

 

***

 

«Non pensavo che uscissi prima, non mi hai nemmeno avvisato»

«Scusa, me ne sono dimenticata»

Dopo l’ultima risposta, Jenna andò a sdraiarsi su una delle sedie di legno sotto l’ombrellone bianco—uno tra tanti che c’erano nella spiaggia—e Diana si sedette a fianco a lei, con solo il tavolino che le separava di qualche centimetro. La leggera brezza marina accarezzava i loro capelli, Diana chiuse appena gli occhi appoggiando un braccio sul tavolino, mentre Jenna si mise la mano destra davanti alle labbra accennando un colpo di tosse.

«Tu hai già iniziato il tema?» chiese la ragazza dai capelli verdi, voltandosi verso l’amica.

Lei scosse la testa, «No, non mi viene in mente nulla di buono. Tu l’hai iniziato?»

«Macché, con una consegna del genere, poi…» Diana sbuffò, «Uno magari è già abbastanza sconvolto di suo per capirci qualcosa»

«Eh, domani chiediamo chiarimenti alla prof, in caso» Jenna tossì nuovamente, «Andiamo dentro? Inizia a fare freddino»

«Non si sta male, ma se tu hai freddo allora andiamo»

 

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Capitolo 6
*** — Ricordi di un inverno estivo [parte 2] ***


oh, wow, early update! è incredibile ma vero, però è solamente perché sono impegnato con altre fanfic e cose ultimamente (mannaggia a me e quando mi fisso gli impegni, aiuto). ad ogni modo, buongiorno! o buon pomeriggio o buonasera, dipende dal momento in cui state leggendo. devo ammetterlo, questo capitolo non mi soddisfa per niente. ogni volta che tento di fare i flashback sembra un'accozzaglia di roba messa insieme; la mia prima intenzione era quella di fare un intero capitolo con un unico flashback, quindi praticamente solo quello, invece ho aggiunto anche quello che sta succedendo attualmente per far capire un po' cosa stanno facendo. ho un'idea di quello che farò nel prossimo (anche perché lo ha anticipato artemisio stesso nel capitolo precedente) ma non credo che lo scriverò in questi giorni, se non qualche noticina, perché devo fare un secret valentine su un'altra piattaforma e scrivere il secondo capitolo di una fanfic di encanto che ha letteralmente solo il primo e poi l'ho abbandonata perché OMG!!! anzi, OMA(rceus)!! è uscito pokémon legends arceus e sto giocando praticamente solo a quello, quindi è tornato il brainrot (ripigliati andrea, ripigliati). detto ciò, vi lascio al capitolo. buona lettura! <3 -czerwony
 
 


Ricordi di un inverno estivo [parte 2]



 

A Boreduopoli era già girata la voce a proposito di ciò che stava accadendo attualmente. La Fregata Plasma non era una nave qualsiasi, o almeno non lo sembrava più dopo che il Team Plasma—o meglio, Ghecis—era riuscito a catturare Kyurem. 

L’aria stava cominciando a farsi più fredda, nonostante fosse estate. Jenna aveva un vestito leggero indosso, alle spalle il suo zainetto nero e una cinta intorno al vestito con le sue Poké Ball. La ragazza si strinse un po’ in sé stessa, quasi come ad abbracciarsi da sola, strusciando appena i palmi delle mani sulle sue spalle appena scoperte.

«Perché fa così freddo…? L’avessi saputo prima mi sarei portata una giacca…» mormorò tra sé e sé, controllando l’orario sul suo Interpoké. Quando questo andò in standby da solo, vide un’ombra simile a una nave volante passare sul riflesso. Perplessa, si voltò e guardò in alto, il suo sguardo tramutò dallo stupore; il ghiaccio stava coprendo tutta la città. 

Cominciò quindi a correre, mentre cercava di contattare Mirton sull’Interpoké. Aumentò la velocità, ma il ghiaccio sembrava ormai raggiungerla. Mirton non rispondeva ancora.

«Andiamo, rispondi…!» esclamò dalla disperazione, «Perché non rispondi?!»

Proprio quando l’Interpoké stava iniziando a congelarsi, la ragazza realizzò solo qualche secondo dopo che non si sentiva più il braccio. Continuò a correre, finché non si ritrovò la gamba destra bloccata nel ghiaccio. Di lì a poco tutto il suo corpo si coprì di esso. Non si riuscì a vedere molto di lei all’interno, ma la paura nel volto era visibile, come il resto delle persone congelate attorno a lei, nella città.

 

 

«Non capisco perché questo raffreddore non mi passa… ormai sono passate due settimane»

Diana aggrottò appena la fronte, sedendosi davanti al bancone della cucina, «È strano, ti sei presa un raffreddore in piena estate. Capisco che stiamo per avvicinarsi all’autunno, ma… vivi a Spiraria dove c’è comunque un clima più caldo»

Jenna sbuffò e si sedette davanti a lei, «Sarà stato quando ero andata a Boreduopoli. C’era molto freddo e mi ero vestita leggera…» abbassò lo sguardo, «E poi la corsa che ho dovuto fare per non farmi prendere dal ghiaccio…»

«Ti sarai presa un colpo di freddo, nulla che possa passare in qualche giorno»

«È quello che spero anch’io» le disse, «Ho voglia di torta» cambiò improvvisamente il discorso.

Diana ridacchiò, «Possiamo farla. A Mirton non darà fastidio?»

«Nah… tanto lui è con gli amici. Comincio a prendere gli ingredienti»

Le due ragazze si alzarono dagli sgabelli, Jenna si diresse verso gli armadietti in alto dove tenevano cibo e altri ingredienti fondamentali. Diana si guardò intorno alla cucina, aprendo i cassetti in basso.

«Dove tieni le teglie?»

«Guarda nell’armadietto a destra, a fianco al forno» rispose Jenna.

Diana annuì e si chinò per aprire l’armadietto, «Sai, nonostante tutti questi anni mi fa ancora strano sapere che sono amica di una parente di un Superquattro»

La ragazza dai capelli rosa rise, «Perché ti fa strano?»

«Non lo so. Non sono abituata ad avere VIP nella mia vita» scherzò l’amica dai capelli verdi, «Conosci tante persone così e probabilmente sai molte più cose su di loro rispetto a noi comuni mortali»

«Non è detto, io conosco solo quelli che sono amici di mio zio. Hai presente Artemisio, no? È come se fosse un altro suo fratello, da quanto sono amici. Hanno lo stesso rapporto che abbiamo io e te»

«Quindi mi consideri come una sorella?» la coetanea si avvicinò all’amica con in mano una teglia di alluminio, mentre le si illuminavano gli occhi.

«Sì, una sorella separata alla nascita. Ci conosciamo così bene»

Le due risero insieme, finché Jenna non tossì nuovamente, «Accidenti. Su, mettiamo tutto sul piano»

Il bancone della cucina si riempì rapidamente con vari ingredienti che servivano per fare la torta da loro desiderata. Quattro Baccafrago, zucchero, uova non fecondate, burro, latte di Miltank e farina. Diana cercò la ricetta su internet dal suo Interpoké, in modo tale da non sbagliare. Jenna prese una pentola, riempiendola d’acqua prima che Diana potesse metterci sopra la ciotola con dentro il burro da sciogliere.

«Quanto dobbiamo aspettare?»

«Basta non fissarlo, così finisce più in fretta» consigliò Diana, ridacchiando.

Jenna si mise a ridere, «Hai ragione!» le disse, «Chissà cosa stanno facendo lì sotto…»

«”Lì sotto”?» ripeté l’amica, perplessa.

«Zio Mirton è andato da Catlina a passare la serata, perché c’è anche Camilla»

La ragazza sgranò gli occhi, «Davvero? Proprio quella Camilla, la Campionessa di Sinnoh?»

Jenna annuì, «Solo che, beh, lei non è esattamente amica di mio zio. Si conoscono da tanto ma lui non vuole fare la prima mossa» si avvicinò successivamente a lei, «Però non dirlo a nessuno, non vorrei che qualche giornalista usasse questa faccenda come scoop»

«Ho la bocca sigillata,» Diana le sorrise, «Certo che però è strano. Non credevo che tuo zio fosse un tipo romantico»

«Oh, lo è, e anche più di quello che pensi! Senti qui…»

 

***

 

Prima che potesse portarsi il calice alla bocca, Mirton starnutì, coprendosi metà del volto con una mano. A meno che Jenna non gli avesse contagiato il raffreddore, quello starnuto non era casuale per lui. Oppure c’era qualcuno che lo stava pensando, o che parlava di lui. 

«Tutto a posto?» gli chiese Antemia.

«Sì, sì… credo.» lui sospirò, cominciando a sorseggiare lo champagne dal calice.

«Qualcuno sta parlando di te» scherzò Artemisio.

«So già chi potrebbe essere,» gli rispose Mirton, assottigliando gli occhi, «Oggi stava per ammazzarmi»

«In che senso?» domandò Camelia, mentre gli altri ridacchiavano.

«Stavo guidando, Jenna mi ha detto una cosa e stavo per sbandare da qualche parte…» il volume della sua voce si abbassò verso la fine, mentre sorseggiava dal calice.

«Ma quello sei tu che non guardi la strada» disse il Capopalestra di tipo Coleottero.

La collega di tipo Elettro annuì, «Se ti imbamboli è ovvio che provochi un incidente»

«Voi due siete complici, quindi non vi ascolto neanche» 

La risposta del Superquattro li fece scoppiare a ridere, ma le uniche che non stavano capendo molto il loro discorso erano Catlina e Camilla.

«Ma è successo qualcosa?» domandò la Superquattro di tipo Psico.

«No, no… niente di che, una cosa nostra» rispose Artemisio.

«Disse quello che lo racconta ad altre persone» aggiunse Mirton, «Mi immagino già Ciprian domani “ehi, ma per caso quello che Artemisio ha detto su di te e—”» si bloccò, accennando un colpo di tosse, «Come non detto»

Catlina assottigliò gli occhi, «Mi sa che è uscito con una ragazza»

«No, e questo tu lo sai» controbatté lui.

«Certo che lo so.»

«Almeno c’è qualcosa che noi non sappiamo» Camelia alzò appena le sopracciglia.

Camilla alternò lo sguardo tra di loro in silenzio, finché non si mise a ridacchiare nervosamente, «Io non ho capito di cosa state parlando…»

La risata di Artemisio e Camelia si fece più forte. Il Capopalestra di tipo Coleottero si ricompose e sospirò, «Va bene, basta segreti. Parliamo di cose serie»

«Sì, per esempio la riunione di martedì» aggiunse Catlina.

Antemia sgranò gli occhi, «Me l’ero completamente dimenticata! Ma almeno così posso tornare a prendere uno dei quaderni che ho lasciato in sala…»

«Deve riunirsi tutta la Lega o siamo solo noi quattro con Iris?» chiese Mirton.

«Tutta, ho il segno sul calendario» Artemisio sbuffò, «Ne avrei fatto volentieri a meno»

«Voi Capopalestra ce le avete meno frequenti, noi abbiamo pure le riunioni per le pulizie. Siamo in cinque contro due templi grandi quanto una zampa di Dialga»

Camilla si mise a ridere, Mirton sobbalzò appena dalla sorpresa. La Campionessa smise di ridere, giocando con una ciocca di capelli, «Scusa, è solo che ho immaginato il paragone»

«N… no, figurati! Voglio dire, in fondo…» il Superquattro abbassò lo sguardo e scosse appena la testa, «Comunque, perlomeno non ci subiremo più le frecciatine tra Spighetto e Anemone»

«A me dispiace che Spighetto e i suoi fratelli abbiano chiuso i battenti, però c’è molta più pace» Artemisio alternò lo sguardo tra di loro, «Certo, se nessuno fa arrabbiare Rafan» e sorseggiò dal suo calice.

«Litigate spesso?» domandò genuinamente Camilla.

Camelia corrucciò appena la fronte, «Mmh… no, non tanto… ma perché, le riunioni a Sinnoh come sono?»

«Oh, sono separate. I Capopalestra stanno tra di loro, stessa cosa per i Superquattro, l’unica eccezione è quando ci sono io»

Mirton sospirò, appoggiando la schiena al divano, «Beati voi, a me dopo un po’ viene mal di testa»

«Tu hai sempre mal di testa, sei uno Psyduck» gli disse Catlina.

«Perché me lo fate venire voi, piccola»

Camelia assottigliò gli occhi e guardò Artemisio, «Dicevamo a proposito delle frecciatine?» sussurrò.

«Perlomeno loro non lo fanno durante le riunioni» mormorò lui in risposta, dopodiché alzò nuovamente il tono di voce, «Ehm! Ora basta con l’alcool, ci sta dando alla testa»

Proprio in quel momento, Mirton stava riprendendo in mano la bottiglia di champagne per versarlo nel calice, e inarcò un sopracciglio guardando l’amico, «Davvero?» chiese, portando la bottiglia sopra la sua testa.

Catlina aggrottò la fronte, «Ti odio.» e fece per andarsene, quando gli amici scoppiarono a ridere.

«No, dai, torna qui!» le disse Camelia, che successivamente si voltò verso Mirton, «Questa era carina, può quasi competere con le mie»

«Quasi?» chiese lui.

«Absol-utamente» rispose la Capopalestra.

Artemisio cercò di non sputare lo champagne dal calice su cui stava bevendo, mentre gli altri scoppiarono a ridere. Catlina assottigliò gli occhi, trattenendo un sorriso.

«Smettetela»

«Però stai ridendo» le fece notare Camilla.

«Non è vero, non sto ridendo!»

 

***

 

«Bene, è pronta!» esclamò Jenna, ammirando la torta finita con Diana. Le due iniziarono a tagliarla in fette, ma si resero conto solamente dopo che probabilmente avevano sbagliato i calcoli.

«Mmh…»

«Che c’è, Jenna?»

«Beh,» cominciò lei, «Non so se lo zio debba stare tutta la sera giù da Catlina. Potrebbero avanzare delle fette se io e te ne mangiamo una a ciascuna»

«Intanto possiamo assaggiarla, no?»

Jenna annuì, e lasciò che Diana finisse di tagliare la torta per mettere due fette in un piatto. Dopodiché presero una forchetta per dolci, assaggiando un pezzo a ciascuna. Le due rimasero in silenzio per qualche secondo, assaporando il boccone. Jenna alzò appena un sopracciglio, sembrava che qualcosa non la convincesse. Invece Diana prese un altro pezzo, portandoselo in bocca.

«Non è uscita male» commentò l’amica.

«È un po’ troppo spessa sul fondo, ma perlomeno è mangiabile e sa di Baccafrago» disse la ragazza dai capelli rosa, mentre l’altra ragazza annuiva.

Quest’ultima sgranò appena gli occhi, come se avesse appena realizzato qualcosa.

«Jen, mi è venuta un’idea! È da molto che non lottiamo io e te, vero?»

«Eh, già… ormai saranno passati mesi dall’ultima volta»

«Korinne avrebbe voglia di una sfida da settimane, ma non ho trovato nessuno disponibile che avesse voglia di fare una lotta. Lily, oppure anche Mightyena… se la sentirebbero?»

Jenna ridacchiò, «Beh, visto che si tratta di Korinne allora potrei far scendere in campo Lily» abbassò successivamente lo sguardo verso destra, «Non credo che Mightyena abbia molta voglia»

Diana guardò nella stessa direzione, notando Mightyena che dormiva profondamente nella sua cuccia.

«Già, lo vedo» rispose, «Allora andiamo fuori?»

Jenna annuì e le due ragazze si diressero verso la porta d’ingresso. Ancora prima che Jenna potesse mettere mano sul pomello, dovette posare l’altra davanti alle labbra per cacciare un colpo di tosse, leggermente più forte dei precedenti. Diana la guardò un po’ preoccupata e fece un passo indietro.

«No, se stai così male forse è meglio rimandare»

«Ma no, dai, è solo un banale raffreddore… possiamo benissimo lottare» insistette lei, aprendo la porta e tossendo ancora una volta, «S—su, andiamo!»

Diana abbassò appena le sopracciglia e sospirò, «E va bene. Ma se peggiori torniamo subito dentro»

«Sì, sì…»

 

 

Non fu difficile immaginare che le persone precedentemente congelate erano state portate d’emergenza al Centro Pokémon più vicino. Nel caso di Jenna, a Boreduopoli. Fortunatamente Blanchard era arrivato in tempo nonostante gli impegni lavorativi, invece Mirton era troppo occupato con ciò che stava succedendo alla Lega. Il maggiore non riusciva a vedere la figlia ridotta in quelle condizioni, anche dopo che il ghiaccio si era sciolto sembrava sul punto di ibernarsi da un momento all’altro. Fortuna che il Centro Pokémon era disponibile.

Blanchard si sedette su una sedia davanti al letto dove Jenna era stesa e le accarezzò affettuosamente i capelli per attirare la sua attenzione.

«P… papà… l… l’hai vista… l–la nave…? La… l–la nave volante…?» cercò di chiedere lei, con le poche forze che le rimanevano.

L’uomo annuì, «Sì, purtroppo l’ho vista»

Jenna appoggiò la guancia destra sul cuscino, «Ho… f–freddo…»

Blanchard tentò di coprirla meglio con le coperte del letto dell’ambulatorio, ma pensando che non fosse abbastanza, si tolse la giacca del soprabito per metterla sopra di esse, prima che lei potesse cacciare un forte colpo di tosse.

«Z… z–zio Mirton… sta bene…?»

«È quello che spero» rispose lui, sospirando, «Non mi ha ancora chiamato. Probabilmente è successo qualcosa anche alla Lega… non mi sorprenderebbe, è successo già due anni fa»

Jenna abbassò lo sguardo, «N… non… non s–sarei dovuta uscire… n–non mi sarebbe successo n… niente… e non… a–avresti dovuto pagare tanto…»

L’uomo sgranò gli occhi dalla sorpresa, «Non fartene una colpa, non potevamo saperlo» le disse, «Non so per quanto tempo dovrai rimanere qui, ma non appena torniamo a casa ti farò qualcosa di caldo e alzerò i riscaldamenti per farti guarire in fretta»

«G… grazie…» balbettò, prima di tossire nuovamente.

Blanchard le sorrise, tenendole la mano da sotto le coperte. Sospirò ancora una volta, abbassando appena lo sguardo. Avrebbe voluto farla pagare a Ghecis, ma non sapeva come. L’unica cosa che gli rimaneva era la speranza che Jenna potesse guarire presto.

 

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Capitolo 7
*** — La bellezza ***


stavolta non ho scuse, ho aggiornato dopo quasi tre mesi ma ho una spiegazione logica a tutto ciò. innanzitutto, buon pomeriggio! è quasi ora della mia tisana e devo dire, in questo periodo il burnout/blocco pesante come lo volete chiamare si è rivelato molto più difficile da sbarazzare di quel che mi aspettassi. sono così da... tre mesi? mi è già capitato in passato, ma durava qualche settimana e poi di botto avevo un sacco di idee e postavo ovunque (sia in ambito di scrittura che disegno, s'intende) in questo periodo, sarà anche perché probabilmente sono aumentati i contagi, sarà anche perché mi sento stanco e affaticato per qualche ragione ma quello c'è sempre stato, sta durando più del previsto e non riesco a rimettermici decentemente. solo ora sto provando a scrivere una nuova long che mi è venuta in mente e voglio scrivere prima che mi dimentichi tutto, nel caso di questa qua su pokémon invece purtroppo ho perso un po' l'idea originale di quello che volevo fare (e si vede) ed è diventata un po' una raccolta di one-shot invece che una storia... normale (?). magari non appena mi passerà questa cosa la riporterò in carreggiata, ma nel frattempo spero comunque che il capitolo vi piaccia un po', sob. anche se il titolo è completamente a caso, ma voi ignoratelo.
 
 



La bellezza



 

«Korinne, usa Vento di Fata!»

«Intercettala con Petalodanza, Lily!»

 

Da dentro la villa di Catlina, il gruppo poté sentire Jenna e Diana che facevano lottare i loro Lilligant e Whimsicott. Inutile dire che si misero tutti a guardare con curiosità, dato che si potevano vedere benissimo dalla finestra aperta del soggiorno. Dopo i bicchieri di champagne non avevano esattamente le energie per guardare tutto lo scontro, però si rivelò essere interessante.

«È migliorata tanto, eh?» chiese Artemisio.

Mirton annuì, «Certo, mi pare logico. Ultimamente non fa altro che allenarsi, ne approfitta anche a scuola»

«Vuole allenare i tipi Erba, ricordo bene?» domandò Camilla.

«Proprio così,» il Superquattro di tipo Buio poggiò il collo sullo schienale del divano, tirando un sospiro e un leggero lamento, «Ma dobbiamo mettere a posto la roba nel garage proprio domani mattina? Io sono morto»

Il Capopalestra di tipo Coleottero assottigliò appena gli occhi, «Te l’avevo detto di non bere troppo»

«Ma senti chi parla, ti sei bevuto almeno tre bicchieri!»

«Ehi, avete la finestra aperta!» 

Non appena sentirono la voce di Jenna, i due si voltarono verso di lei, che alzò una mano per salutarli. Il gruppo ricambiò il saluto dopo poco.

«State andando alla grande!» complimentò Camilla.

Diana si posò le mani davanti alle labbra, «Camilla ci ha fatto un complimento…! Quale onore!»

Jenna ridacchiò nervosamente, dopodiché si voltò a sorridere alla Campionessa, «Grazie mille! State assistendo alla lotta?»

«Siamo un po’ stanchi, ma sì» rispose Camelia, ridacchiando, mentre Catlina dietro di lei si mise una mano davanti alla bocca per sbadigliare.

«Siete stanchi?» la ragazza inarcò un sopracciglio, «Ma sono a malapena le nove e mezza!»

«Non è l’orario il problema… anche se può essere un’aggravante» si lamentò Mirton. 

Jenna sbuffò, «E va bene, finiamo la lotta e andiamo a dormire. Anche perché altrimenti domani non riusciresti a svegliarti»

Il Superquattro di tipo Buio non rispose, ma si girò nuovamente per vedere la conclusione dello scontro tra Lilligant e Whimsicott.

«Bene, Lily! Usa Verdebufera!» esclamò Jenna.

Diana sorrise, «Korinne, usa Raffica!»

Sotto lo sguardo sorpreso di tutti, lo scontro finì con il Pokémon Fiorfronzolo messo al tappeto dal Pokémon Spiffero con una mossa di tipo Volante. Whimsicott, essendo di doppio tipo Erba e Folletto aveva la possibilità di imparare più mosse rispetto a Lilligant, che le aveva quasi solamente di tipo Erba essendo un tipo puro, ma in pochi sapevano che potesse anche imparare mosse di tipo Volante. Jenna fece ritornare il suo Pokémon nella sua Cura Ball e si avvicinò all’amica con un sorriso.

«Ha imparato una nuova mossa?» domandò, «È davvero straordinario! Non me l’aspettavo proprio»

«Ci siamo allenate di recente e mi sono accorta che da un po’ di tempo non esercitava la mossa Paralizzante. Avevo chiesto a mio fratello se poteva prestarmi il suo Pokédex, e abbiamo scoperto insieme che Korinne ha imparato Raffica tutta da sola durante l’allenamento!» raccontò Diana, «Mi dispiace un po’ di aver fatto perdere Lily così, però…»

«Non preoccuparti, sicuramente è contenta anche lei dei progressi che ha fatto Korinne» Jenna fece uscire nuovamente Lilligant dalla Cura Ball e la fece avvicinare a Whimsicott, «Puoi restare per la notte oppure devi andare?»

«Purtroppo mi attendono. Magari possiamo fare la prossima volta che ne abbiamo l’occasione»

Mirton restò a guardare le due che conversavano dalla finestra, mentre Artemisio e Camelia dietro di lui si alzarono dal divano.

«Bene… è ora anche per noi di andare» il Capopalestra di tipo Coleottero attirò l’attenzione del Superquattro dandogli una pacca sulla schiena, e non appena quest’ultimo si girò gli fece un fischio. 

Mirton sbuffò e si alzò lentamente dal divano, «Sì…»

«Suppongo che domani saremo tutti impegnati» disse Catlina, «Ma non possiamo stancarci prima della riunione di martedì, quindi vediamo di riposarci di tanto in tanto.»

Artemisio inarcò un sopracciglio, «Tratti il dormire come uno sport competitivo, non dirmi che hai anche orari precisi e scritti…»

La Superquattro di tipo Psico aggrottò appena la fronte, «Con “riposare” non intendo per forza che dobbiamo dormire, sebbene sia importante anche quello. Sto solo dicendo che in vista di martedì dovremmo essere tutti attenti, dato che si tratta di una riunione al completo. Di certo non dobbiamo venire debosciati come lo è Mirton adesso»

«Ma perché devi sempre mettermi in mezzo nei discorsi?» chiese il collega.

Antemia si avvicinò a lui, quasi come a separarli, ridacchiando, «Dai, ragazzi! Ci possiamo vedere domenica, così il lunedì ci prepariamo, no?»

«Trovo che sia un’ottima idea» Camelia annuì.

Camilla sorrise, «Allora è deciso. Magari l’unica cosa che non porteremo sarà l’alcool, che dite? Anche a me ha stancato un po’ in anticipo»

Catlina si mise una mano davanti alle labbra per sbadigliare, «Farò in modo che Paride non lo porti»

«Buonanotte!»

 

Era una di quelle rare notti in cui Mirton andava a letto presto, senza nemmeno raccomandare a Jenna di prendersi le sue solite medicine. La ragazza ne approfittò per giocare con la console fissa in camera sua, al buio, con solo la luce dello schermo della televisione a illuminarle il volto e gli occhi mentre giocava. Lilligant le diede una leggera pacca sulla spalla, Jenna scosse appena la testa.

«Non preoccuparti, Lily, tanto domani mi sveglierò comunque presto. Finisco questo livello e prendo la pastiglia più tardi, va bene?»

Lilligant annuì, accettando il compromesso.

La ragazza sbuffò, «Avrei fatto meglio a soprannominarti “mamma”, invece di “Lily”» scherzò successivamente, continuando a giocare.

 

***

 

La mattina successiva, Jenna si svegliò intorno alle sei. Pensando che sicuramente Artemisio non sarebbe arrivato così presto, ne approfittò per farsi una colazione abbondante. Non sapeva quando si sarebbe svegliato lo zio, ma pensava che sarebbe stato meglio lasciarne anche per lui. 

Dopo aver cucinato un uovo e preso una Baccarancia, poggiò il piatto sul tavolino davanti al divano e accese la televisione con il volume al minimo. Lilligant si sedette a fianco a lei, mentre Mightyena si avvicinò davanti al tavolino, annusando il cibo. La Liepard di Mirton era qualche centimetro più lontana, che li guardava.

Jenna divise la Baccarancia per i suoi Lilligant e Mightyena, ma subito dopo voltò lo sguardo verso Liepard.

«Ne vuoi anche tu?» domandò.

Il Pokémon Sanguefreddo si avvicinò dopo poco, annusando il pezzo di bacca dalla mano della ragazza per addentarlo successivamente, facendo un po’ di fusa. Mightyena si avvicinò nuovamente, annusando la colazione di Jenna, che lei alzò con le mani.

«Eh, no, questo è mio» 

Il Pokémon Morso accennò un guaito, quasi a pregarla. La ragazza sospirò, «E va bene, ma prima ascoltami» gli disse, dividendo un pezzetto di uovo e uno di pane, «Seduto» comandò, e non appena il Pokémon obbedì, lei annuì, «Zampa» ordinò nuovamente, il Pokémon fece come gli era stato comandato e lei gli diede la ricompensa, «Bravo!»

Mightyena mangiò il cibo offerto dalla sua mano, scodinzolando felice, per poi tornare nella sua cuccia. 

Sentendo la suoneria del citofono, Jenna sussultò appena dalla sorpresa, «Ma come, è già qui?» si chiese, alzandosi dal divano per dirigersi davanti al citofono. Scosse appena la testa, «Ma no, è impossibile… è troppo presto.» mormorò, cliccando il tasto e rimanendo sorpresa dalla presenza di Artemisio, «Eh… invece no…»

Successivamente premette il tasto per aprire il cancello da fuori, e non appena lo sentì bussare alla porta, andò ad aprire.

«Non mi aspettavo che arrivassi così presto… lo zio sta ancora dormendo»

Artemisio inarcò un sopracciglio, «Ma perché, che ore sono?»

«Saranno le sette meno venti, io credevo che arrivassi almeno alle dieci»

Il Capopalestra controllò velocemente il suo Interpoké, «Ho gli orologi sfasati.» si giustificò, entrando in casa, «In ogni caso è anche meglio che sia venuto adesso, no? Prima facciamo, meglio è» continuò, raggiungendo il tavolino davanti al divano, «Stavi mangiando?»

«Sì… non ho preparato altro, come ti ho già detto non mi aspettavo che arrivassi ora» gli rispose Jenna, «Non ho neanche voluto svegliare zio Mirton, ieri sera mi sembrava uno zombie»

«Beh, lo rimetto io in riga. C’è molto lavoro da fare» 

La ragazza ridacchiò tra sé e sé, guardando Artemisio che si dirigeva verso la camera dello zio.

«Mi è chiaro che non tutti hanno le stesse reazioni dopo aver bevuto tanto alcool…»

Jenna lo seguì, rimanendo vicina allo stipite della porta. Artemisio, notando che questa era semi-chiusa, la aprì lentamente per entrare entro la stanza dell’amico. Nonostante il clima caldo, notò che Mirton era completamente coperto da un plaid in flanella. Artemisio sgranò appena gli occhi e guardò Jenna.

«Ma come fa a dormire così?» sussurrò.

La ragazza ridacchiò semplicemente, coprendosi le labbra con una mano in speranza che non si fosse sentito, mentre il Capopalestra fece un gesto a mo’ di ventaglio per dire che aveva caldo.

«Ehi,» cominciò a parlare ad alta voce, mettendo una mano sulla spalla di Mirton, agitandolo appena, «È ora di alzarsi»

Il Superquattro di tipo Buio si girò dal lato opposto, «Mmh… no…» si voltò successivamente verso il Capopalestra con gli occhi assottigliati, «Ma tu che ci fai qui…?»

«Non ti ricordi più? Sei stato tu a dirmi che mi avresti aiutato con il carico, no?»

«E ti pare il caso di venire a quest’ora? Non c’è neanche il sole!»

Artemisio sospirò e camminò verso la finestra chiusa, alzando la tapparella, «E questo che cos’è?»

Mirton sbuffò e si mise seduto sul letto, «Facciamo con calma… ho ancora mal di testa da ieri…»

Il Capopalestra di tipo Coleottero annuì, «Sì… è ancora presto, i tuoi vicini potrebbero lamentarsi»

«Ma chi, loro? Sicuramente il signor Heck comincerà a fare i suoi lavori da un momento all’altro» Sentendo il forte rumore di un trapano provenire da fuori la finestra, Mirton indicò fuori, «Che avevo detto?»

Jenna ridacchiò, «Ad ogni modo, andiamo a mangiare prima!»

 

Subito dopo la colazione—la seconda per Artemisio—i tre si organizzarono per aprire il garage e spostare alcune cose che erano rimaste lì prima di far entrare il Capopalestra con la sua macchina. C’era abbastanza spazio e sicuramente poteva metterci quello che voleva senza fare troppi sforzi. L’artista uscì dalla macchina e aprì il cofano, mostrando ai due ciò che aveva portato. C’erano vari dipinti, quadri, e persino alcuni vestiti con stand da montare, appartenenti a Camelia.

«Questi potresti lasciarli in camera mia, non ho molte cose nel mio armadio e ci potrebbero stare» commentò Jenna, prendendo in mano uno degli abiti.

«Allora lascio fare a te per quanto riguarda i vestiti di Cammi,» Artemisio annuì, guardando successivamente Mirton, «Noi due invece pensiamo al lavoro più pesante»

La ragazza corrucciò le sopracciglia, «Come se i vestiti non fossero pesanti comunque»

«Più che altro i quadri sono più pesanti perché come potete vedere ho alcuni lavori a figura intera…»

Mirton alzò le sopracciglia non appena notò uno dei dipinti più dettagliati, «Non ti risparmi, eh?»

«Ehi, Camelia ha una buona base» Artemisio voltò lo sguardo altrove con imbarazzo, «E poi anche tu dipingeresti la tua ragazza, no?»

«Sì, se sapessi dipingere e se avessi una ragazza»

Jenna ridacchiò e prese alcuni vestiti con le grucce, «Allora io vado… vi lascio al vostro lavoro» 

Non appena la ragazza lasciò il garage, i due iniziarono a portare i quadri fuori dal cofano per metterli negli angoli più spaziosi, lasciando per ultimi quelli più piccoli, fino a quando non rimasero due scatole.

«E quelle?» domandò Mirton.

«Oh, una è roba che non uso più, l’altra è sempre stata lì»

«Perché io non l’ho mai vista allora?»

«Perché è caduta la coperta» Artemisio prese il plaid in tartan rosso che era caduto davanti alle scatole.

«Ma mettiamo qui anche queste?»

«Questa sì,» il Capopalestra prese la scatola scoperta, «L’altra no, tanto non pesa molto, ci ho messo la vecchia console che si era rotta»

«Oh, okay. Mi aspettavo qualcosa di sospetto»

«Mmmh, no, ma c’è un vecchio foglio del bingo di tre anni fa se vuoi saperlo»

Il Superquattro sorrise, «Ah, me lo ricordo»

«Certo che te lo ricordi, era l’ultimo bingo del college organizzato da te»

«Ne organizzerei un altro, magari durante uno dei tornei della Lega Pokémon»

Artemisio rise, «Sarebbe fantastico! Ora però finiamo questa faccenda…»

 

***

 

Nel frattempo, Jenna finì di appendere gli abiti di Camelia nel lato sinistro del suo armadio, in modo tale da distinguerli dai suoi. Nonostante la Capopalestra fosse almeno venti centimetri più alta di lei persino senza i tacchi, le due portavano la stessa misura. Questo fece venire qualche curiosità alla ragazza. Forse avrebbe dovuto provarne uno.

No. 

Jenna ritirò la mano dal giubbino giallo. No, non era suo, doveva resistere alla tentazione. Però nessuno se ne sarebbe accorto, no? Mirton e Artemisio erano ancora nel garage, non l’avrebbero notata. La ragazza allungò la mano verso il tubino nero per ritirarla nuovamente, scuotendo la testa. 

No.

Ma la camicia bianca con i merletti l’attirava particolarmente—

No.

E quel vestito rosa con gli strass—

No.

No, neanche quel vestito verde a fiori che avrebbe tanto voluto per sé, per abbinarsi ai suoi—futuri—Pokémon da Superquattro.

No, non doveva toccarli, non ci doveva minimamente pensare. Chiuse di botto l’armadio e lanciò un grido disperato.

«Sono troppo belli! Ma non posso provarli!»

Abbassò lo sguardo tenendo le mani sulle maniglie dell’armadio, ansimando appena prima di prendere un respiro profondo.

«No, Jenna. Non sono tuoi. Sono di una modella professionista, e tu potresti sicuramente allargarli anche solo provandoli» scosse nuovamente la testa, «No, no. No.»

Sospirò, togliendo le mani dalle maniglie per camminare lentamente fuori dalla sua stanza, chiudendo la porta con forza. Sussultò non appena vide Mirton e Artemisio in cucina, che la guardavano spiazzati.

«Cos’era quell’urlo?»

«Niente! Haha! È ora di pranzo, forza mangiamo!»

 

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Capitolo 8
*** — Il limite ***


e rieccomi di ritorno! dopo un sacco di mesi, ma ce l'abbiamo fatta, blocco permettendo. ci sto mettendo una vita dopo l'altra per scrivere i capitoli, ma di tutte le mie long, non solo di questa. quindi ogni volta che aggiorno qualche fanfic è come un traguardo per me, don't mind me being happy, anche perché oggi ho avuto colpi di fortuna a caso su genshin impact. non c'entra niente, ma mi ha risollevato il morale e se non lo condivido con tutti non sono contento. questo capitolo è leggermente più lungo rispetto agli altri mi pare di ricordare, perché proprio per il blocco li stavo postando più corti, invece mi è venuta una botta di ispirazione improvvisa--che poi so come devo finire la storia, solo che il problema è scrivere tutto il resto. sto pensando anche di ripostare la vecchia long in cui jenna e mirton sono andati ad alola, è giusto da editare un po' ma ci stavo ripensando anche perché volevo scriverne un seguito (di cui sto scrivendo il primo capitolo dall'anno scorso ma dettagliii). ma ora basta, ho parlato anche troppo, vi lascio al capitolo. buona lettura!
 
 



Il limite



 

Come tutti i lunedì, Jenna ricominciò ad andare a scuola. Nonostante non le piacesse indossare la benda sull’occhio, doveva comunque tenerla per non far vedere il livido rimasto, che si stava lentamente scurendo con il tempo. Aveva comunque intenzione di tornare agli allenamenti di pallavolo, per dimostrare che avrebbe potuto giocare con o senza infortuni—e considerando che il colloquio tra Mirton e il professor Healey non era per niente andato bene, pensava che sarebbe stata la soluzione migliore.

Durante la lezione di storia si sentiva gli occhi puntati addosso da tutta la classe. I suoi compagni sapevano bene quanto lei fosse maldestra, ma erano tutti insicuri sul perché indossasse la benda sull’occhio.

“L’avranno picchiata?”

“Secondo me è inciampata come suo solito”

“O forse ha scoperto di avere una malattia”

Diana sospirò, avvicinandosi alla compagna di banco con delicatezza per non farsi sentire troppo dalla professoressa.

«Io non li sto sopportando più con questo borbottare continuo» sussurrò.

Jenna scrollò le spalle, «A chi lo dici, ma non possiamo farci niente.»

«Ma non ti dà fastidio che parlino di te in questo modo?» le chiese l’amica.

«Ormai ci ho fatto l’abitudine, parlavano prima e ora parleranno ancora di più. Contenti loro»

Jenna staccò la mano dalla penna, smettendo di scarabocchiare compulsivamente sul quaderno. Alla fine, tutto pareva inutile. Doveva solo concentrarsi su sé stessa. Quando finirono le lezioni, la ragazza uscì dalla classe insieme alla sua amica. Si diressero verso i loro armadietti, aprendoli per mettere dentro alcuni libri.

«Buongiorno, ragazze»

Una voce familiare le fece voltare, era l’allenatrice della squadra di basket, quella che Jenna aveva incontrato alle selezioni.

«Oh, buongiorno… uh…?»

«Chiedo perdono, probabilmente l’altra volta non mi ero presentata. Sono Linda Davis» le disse, con un sorriso, «Non per ficcare il naso nei tuoi affari, ma quando tuo zio era venuto al colloquio con l’allenatore Healey c’ero anche io, a guardarli»

Jenna sgranò gli occhi dalla sorpresa, «Veramente?»

Linda annuì, «Mi dispiace davvero per l’accaduto, è da tempo che sorveglio quell’allenatore perché ho sempre avuto dei sospetti sui suoi metodi di allenamento, e vedendo te… a quanto pare non mi sbagliavo.»

Diana intervenne, facendo un passo avanti, «Mi scusi, ma se aveva questi sospetti su di lui, perché non ce l’aveva detto prima di consigliarlo a Jenna?»

La donna abbassò lo sguardo mortificata, «Perché non ero sicura. Non potevo di certo accusarlo senza alcuna prova»

«Ha ragione,» concordò Jenna, «Ma ad ogni modo non si preoccupi, io sono dura come un Geodude! Continuerò gli allenamenti di pallavolo, dopotutto ho anche Mightyena a supportarmi»

«Anche dopo quello che ti ha fatto?»

Lo sguardo della ragazza dei capelli rosa si spense gradualmente.

«Se continui ad allenarti con lui, potresti rischiare di non poter giocare più a nessuno sport con i tuoi Pokémon. È questo quello che vuoi?» le domandò, «Vuoi allenarti a tutti i costi?» 

Jenna si morse le labbra con indecisione. La pallavolo era una bella alternativa al basket, ma con un allenatore del genere non ne valeva la pena—esattamente ciò che le diceva anche Mirton, che da un lato non voleva neanche farla andare a scuola per qualche giorno come protesta, e per farla riposare.

«Io veramente…»

«So quanto ti piace giocare, lo posso vedere dai tuoi occhi. Però pensaci bene»

Detto ciò, si salutarono e la donna si diresse dalla parte opposta del corridoio. Le due ragazze si guardarono in silenzio per qualche secondo, finché Diana non tirò un sospiro.

«Tu che cosa vuoi fare?»

«Non saprei, immagino che dovrò prendere questa decisione e basta…» Jenna abbassò lo sguardo, pensierosa, chiudendo il suo armadietto, «In ogni caso dovrei comunque parlarne con l’allenatore Healey, qualunque sia la mia decisione.»

«Sì, questo è vero» Diana si avvicinò a lei per posarle una mano sulla spalla, «Se vuoi, posso restare il pomeriggio per accompagnarti»

La ragazza le sorrise, «No, tranquilla. È una faccenda che spetta a me risolvere, immagino che tu abbia altri impegni più importanti»

«Sì, però…» l’amica cercò di protestare.

«Non preoccuparti! Ci vediamo domani!» esclamò, prima di correre via.

E non poco lontano da loro, Diana poté scorgere Anthony che, appoggiato su uno degli armadietti più in là, le stava osservando. Dopodiché si scostò da lì, per andare via anche lui nella direzione opposta.

 

***

 

Quel pomeriggio, Mirton era ancora alla Lega. Un Allenatore lo aveva trattenuto, la sfida si era fatta talmente accesa che durò più di un’ora. L’Allenatore non vinse, ma i due si strinsero la mano e il giovane andò via, lasciando la sala del Superquattro di tipo Buio. Proprio quando quest’ultimo si stava preparando ad andarsene, entrò un altro Allenatore. Era lo stesso che gli aveva fatto visita pochi giorni prima.

Capelli viola rasati da un lato, modo di vestirsi piuttosto sciatto con le scarpe piegate per lasciare libero il tallone; riconobbe subito l’Allenatore proveniente da Zondopoli.

«Buon pomeriggio, Blair. A cosa devo la tua visita oggi?»

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, «Lo sai, no? Devo sfidarti»

«”Devi”?» gli chiese, prima di aggiungere una risatina, «Scusami, ma io stavo per andare via… devo andare a prendere mia nipote a scuola.»

«Può tornare a casa da sola, non ha di certo cinque anni» gli rispose Blair, «Ho già battuto Antemia»

Mirton si voltò completamente verso di lui, tirando un leggero sospiro mentre stringeva la presa sulla tracolla della borsa.

«Sei uno preciso, eh? Ti capisco, anche io sono come te. Però ho degli affari da sbrigare che non possono aspettare.»

«Ripeto, tua nipote non ha cinque anni, può benissimo tornare a casa da sola» gli sorrise, prendendo in mano la Poké Ball, «Allora, lottiamo o no?»

Il Superquattro rimase qualche secondo in silenzio, la sua fronte si aggrottò leggermente.

«Senti, non so cosa ti sia preso oggi, ma stai testando la mia pazienza.» gli disse, «No, non può tornare a casa da sola, per motivi che non sto qui a raccontarti. Quindi ora spostati,» ordinò, facendo un passo in avanti, ma Blair lo precedette mettendo una gamba davanti a lui, facendolo sussultare appena dallo stupore.

«Ho bisogno di questa lotta.»

Mirton sgranò appena gli occhi, Blair inarcò un sopracciglio con uno sguardo di sfida. Non aveva altra scelta, aveva già sconfitto Antemia, e in più gli orari di lavoro di Catlina e Marzio si sarebbero estesi comunque per colpa sua. Lo specialista di tipo Buio sospirò, facendo un passo indietro.

«E va bene. Questa però sarà l’ultima volta, se lo rifarai di nuovo non esiterò a chiamare un agente.» lo ammonì, tornando al suo posto davanti al divano per lottare. Si tolse la borsa dalla spalla, lasciandola sul divano. Prese il telefono per scrivere velocemente a Jenna, prima di prendere anche lui una Poké Ball una volta che Blair si era messo in posizione sul campo.

Mirton tirò la Poké Ball, facendo uscire fuori Krookodile. Blair, invece, chiamò il suo Seviper. Non sarebbe stato difficile. Anche l’altra volta, Blair aveva solo Seviper e Garbodor. In poco tempo, Krookodile sconfisse Seviper, come la volta precedente. 

“Bene,” pensò quindi Mirton, “Butterò giù anche Garbodor e potrò andarmene”

Però, non era Garbodor il prossimo Pokémon che Blair chiamò per lottare: ma Toxapex. Mirton sapeva benissimo che Alola, per chi viveva ad Unima o regioni vicine, non era effettivamente difficile da raggiungere. Bastava semplicemente un aereo, anche un jet sarebbe andato bene. Ma d’altro canto, erano passati pochi giorni. Il Superquattro rimase incantato per qualche secondo, non riusciva davvero a spiegarsi il perché, il come, il quando.

«L’ho catturato a Spiraria mentre facevo una passeggiata, c’è stata una comparsa massiccia e ne ho approfittato» Blair ridacchiò, «A proposito, bella casa. Anche tua nipote è carina, sai?»

Sapeva che glielo stava dicendo solamente per provocarlo. Ma non doveva neanche osare guardarla in quella maniera.

«Tu, lurido pervert—»

«Ehi, dovevamo solo fare una lotta Pokémon, no? Non sei un Superquattro?» il ragazzo scrollò le spalle, «Toxapex, usa Idrobreccia.»

E in un attimo, Krookodile venne sconfitta. Mirton la fece tornare dentro la sua Poké Ball, e ne prese subito un’altra.

«Absol, vieni fuori!» esclamò, e non appena Absol mise piede sul campo di battaglia, ordinò, «Usa Psicotaglio!»

«Schivalo e usa Velenoshock!»

Alla schivata e la mossa tempestiva di Toxapex, Absol non poté reagire subito, ma resistette dall’accasciarsi a terra dopo l’immediato effetto del veleno. Mirton strinse i pugni e i denti, aggrottando appena la fronte.

“Absol, resisti…” pensò.

«Che succede? Non sei più tanto bravo, vero?» ricominciò a provocarlo.

Il Superquattro sospirò, «Non arrenderti, Absol! Usa di nuovo Psicotaglio!»

Fortunatamente, Toxapex venne sconfitto con quel colpo. Ma allo stesso tempo in cui Blair fece tornare il Pokémon nella sua Poké Ball, Mirton fece lo stesso, per far riposare Absol. Dalla reazione del ragazzo, il Superquattro poté capire che probabilmente, la Poké Ball che stava stringendo in quel momento era del suo ultimo Pokémon. Non ci pensò troppo su che fine avesse fatto Garbodor.

A quel punto, entrambi lanciarono le Ball per far uscire rispettivamente Scolipede e Houndoom. Una coincidenza che fece innervosire non poco lo sfidante. Arceus solo sapeva quanto Mirton volesse sconfiggere il Pokémon Coleottero e Veleno prima che gli venisse un colpo a guardare quelle zampette. Scolipede sembrava anche piuttosto fiducioso, in quel momento. Houndoom, invece, altrettanto innervosita, si mise a ringhiare.

«Houndoom, usa Fuocobomba. E chiudiamola qui.»

E il Pokémon Buio fece come l’Allenatore chiese, stendendo il Pokémon Megapede in un solo colpo. Blair lo fece ritornare nella sua Poké Ball, sospirando.

«Come sapevi che Scolipede era il mio ultimo Pokémon in squadra?»

«Hai dato alla tua Poké Ball uno sguardo speranzoso.» rispose semplicemente Mirton, «Cosa che sicuramente non mi aspettavo di vedere da te… ma dimmi una cosa, il tuo Garbodor?»

«Non sono affari che ti riguardano.» Blair si avvicinò minacciosamente a lui, tornando ad avere quel sorrisetto, «Sappi che un giorno ti batterò… e quel divano su cui tanto adori sederti, diventerà il mio trono.»

«Stai cercando di dirmi che vuoi rubarmi il posto?» il Superquattro fece tornare Houndoom nella sua Poké Ball, per poi prendere la borsa tra le mani e metterla in spalla, «Provaci. Vediamo quanto durerai.»

In quel momento Blair inarcò un sopracciglio, dandogli un’ultima occhiata prima di uscire dalla sua sala. Mirton aspettò qualche secondo prima di uscire a sua volta, prendendo un respiro profondo, e trovandosi poco dopo i suoi colleghi davanti alla porta.

«Ragazzi…?» alternò lo sguardo tra i tre, «Qualcosa non va?»

«Quel ragazzo ti ha trattenuto…» Antemia lo squadrò, preoccupata, «Stai bene?»

Mirton sospirò, «Non voglio mentirvi… mi ha ulteriormente sfidato. Ha detto che vorrebbe rubarmi il posto, penso che mi sfiderà finché non otterrà quello che vuole.»

«Ma che cosa frulla nella mente di quel tizio?» domandò Marzio, incrociando le braccia.

«Ah, non ne ho idea. Mi sono trattenuto dal dargli una sberla.»

«Potevi anche dargliela» commentò Catlina.

«No, lo sai bene…» il Superquattro di tipo Buio sospirò e passò davanti a loro, «Devo andare a prendere Jenna, non posso più essere sicuro.»

«Aspetta, aspetta, aspetta,» il Superquattro di tipo Lotta lo fermò mettendogli una mano sulla spalla, «In che senso?»

Mirton si voltò nuovamente verso di loro, «Quello sa dove abito. E ha anche osato… fare pensieri osceni su di lei—non fatemici neanche ripensare, mi dà il voltastomaco.»

«Ehi, se succede qualcosa di questo tipo almeno non esitare a chiamarmi. Ci metto meno di dieci minuti a venire in macchina» cercò di rassicurarlo Marzio.

«Tranquillo… per ora ci penso io.»

I tre colleghi lo salutarono, Mirton si diresse fuori dall’edificio della Lega Pokémon, tornando nella sua auto.

 

***

 

Vedendo che lo zio ancora non arrivava, Jenna ne approfittò per provare a tornare agli allenamenti dell’allenatore Healey. L’uomo sembrò contento di vederla, anche se dopo quella discussione tra lui e Mirton, Jenna decise di mettersi in guardia. Quel sorriso non la convinceva, tanto meno Mightyena che aveva già i canini esposti.

Non appena si cambiò d’abito per mettersi la sua uniforme, iniziò ad allenarsi con le altre ragazze. I loro Pokémon, altrettanto collaborativi, le aiutavano a tirare o battere, sembrava andare tutto bene e l’allenatore Healey non aveva ancora proferito parola.

Finché non successe effettivamente qualcosa. Il Dragapult di Garvey mirò per sbaglio all’angolo della mano destra dell’Allenatrice, che colpì la palla poco prima di cadere sulla rete, scontrandosi con Mendoza e il suo Cottonnee, per rimbalzare successivamente a terra. L’allenatore Healey si alzò, avvicinandosi alle due.

«Ma che cosa vi è passato per la testa?!» esclamò, «Siete delle incapaci, non sapete nemmeno fare una schiacciata o respingerla!» e subito dopo, quando Garvey si stava rialzando, le diede uno schiaffo sul lato sinistro del volto.

La ragazza corvina si massaggiò la parte colpita, sotto lo sguardo pietrificato di Jenna e le altre due ragazze del primo anno.

«Rimettetevi in posizione e rifatelo daccapo, non pensate di rifare errori simili.»

«Sì, allenatore!» risposero collettivamente le ragazze, da alcune si poteva sentire il tono spaventato e titubante. Per chi era già nella squadra era più che normale vedere scene simili, ma Jenna non riuscì a smettere di pensarci. Era terribile, e lui era un bruto, con delle ragazze così giovani.

“Eppure… le veterane non hanno battuto ciglio.” pensò Jenna, “Ma non pensano alle loro compagne di squadra…?”

La ragazza strinse appena gli occhi, scosse la testa e cercò di togliersi quei pensieri dalla mente. Però, non fece in tempo a prepararsi psicologicamente che si trovò un’altra pallonata in volto e cadde a terra.

«Scusa…!» urlò Smith.

Healey soffiò forte sul suo fischietto, alzandosi nuovamente dalla sedia, «Ma che vi prende oggi?! Mars, rialzati!»

«S… sì—!» Jenna annuì e cercò di alzarsi rapidamente, anche se a fatica, seguita da Mightyena. Healey la raggiunse con impazienza, stava per alzare la mano, ma qualcosa lo bloccò.

«Non ne avevamo già parlato?»

La ragazza si voltò subito, riconoscendo la voce, «Zio!» esclamò, «E c’è anche lei, professoressa Davis…!»

Healey alzò lo sguardo verso di loro, «Di nuovo tu?» si rivolse infine a Mirton.

«L’aveva detto lei che ero troppo giovane per parlare con un docente, no? Allora, ho incontrato una sua collega che faceva proprio al caso nostro.»

Linda corrucciò le sopracciglia, avvicinandosi al campo. Incrociò successivamente le braccia, guardando Healey dritto negli occhi, «Sapevo che c’era qualcosa di strano nel modo in cui si comportavano le ragazze, ma non immaginavo che le trattassi davvero in questo modo» iniziò, nervosa, «Ma non ti vergogni?!»

«Le mie allieve non hanno mai avuto nulla in contrario sui miei metodi di insegnamento. Ti consiglio di farti gli affari tuoi, Linda, e di pensare alla tua squadra.»

«Sono l’allenatrice Davis per te, Clark.» la donna calcò particolarmente sul suo nome, successivamente guardò le allieve, «Ragazze, siete libere di tornare a casa. E tu,» guardò nuovamente l’uomo, «C’è il consiglio di istituto. Ne parleremo lì.»

Dunque, le ragazze uscirono, e a loro volta i due docenti. Jenna e Mightyena si avvicinarono a Mirton, il Superquattro si mise una mano su un fianco inarcando un sopracciglio.

«Che cosa ti avevo detto? Non volevo che tornassi qui.»

La ragazza abbassò lo sguardo, «Scusami… il fatto è che volevo—»

«Sia io che la professoressa ti abbiamo detto che avresti rischiato grosso.» continuò lui, tirando un sospiro, «Torniamo a casa… hai bisogno di riposarti.»

«E l’uniforme?»

«Ti cambi a casa, non c’è problema»

Jenna annuì, prendendo il suo borsone per seguirlo fuori dall’edificio, dirigendosi al parcheggio sul retro. Entrarono in macchina insieme, e quando si chiusero le portiere passarono un paio di secondi di silenzio tra loro.

«Mi dispiace di non averti ascoltato, zio… avevi ragione tu. Però volevo vedere se si sarebbe ripetuto come l’altra volta, invece è andata anche peggio»

Il Superquattro posò le mani sul volante, «Non preoccuparti, grazie alla professoressa Davis ora si sistemerà tutto»

«Beh, grazie anche a te» la ragazza sorrise, «Mi facevano pena le mie compagne…»

Non appena la macchina si accese, Mirton partì per tornare a Spiraria. Decise di non dirle ancora di ciò che era successo quel pomeriggio alla Lega. Sarebbe stato meglio aspettare a quando si trovavano a casa, senza rischio che qualcuno potesse ascoltarli.

 

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Capitolo 9
*** — Riunione [parte 1] ***


indovinate chi è tornato? GUESS WHO'S BACK? no, ma seriamente, non ricordo neanche quando ho postato l'ultimo capitolo e questo è... non so neanche io come descriverlo. pensavo che fosse uscito corto perché appunto volevo comunque dividerlo in due parti, ma alla fine posso riassumere questo capitolo con "sogno", "not-funny-meme" e "scalinata", il prossimo devo ancora scriverlo ma spero di poterlo postare presto. non so se ho anche già accennato al fatto che vorrei cercare di finire questa "long" il prima possibile perché vorrei passare a scrivere altro, oppure ritradurre daccapo la fanfic di alola, forse sì perché sono molto ripetitivo. se no, allora lo comunico ufficialmente qui anche se non frega a nessuno, ma giusto per un reminder personale visto che mi dimentico spesso le cose. sto finendo anche il repertorio di icon di mirton, quindi devo sbrigarmi a far apparire più personaggi o perlomeno fare un'altra iconina di jenna. in ogni caso, buona lettura e buon anno!!
 
 



Riunione (parte 1)



 

Pavimento bianco e nero a scacchi, l’inconfondibile corridoio del college con gli armadietti verdi e arrugginiti, alcuni decorati, strapieni fino all’orlo tanto da essere semiaperti e altri completamente vuoti. Tra la cacofonia del viavai di studenti e insegnanti, si poteva sentire in sottofondo la melodia ovattata di Highway to Hell. Però nessuno stava suonando, Mirton aveva Artemisio e gli altri compagni di band vicino a lui, che stavano sistemando i libri e altri oggetti dentro gli armadietti.

Proprio in quel momento capì che era un sogno, non sapeva neanche lui come, ma aveva senso. Artemisio aveva ancora i suoi occhialini con lenti rosse, la camicia a fiori e i pantaloni a zampa di Copperajah. Mirton invece aveva nuovamente i suoi capelli lunghi fino al fondoschiena, le creste sui capelli fatte in modo molto più grezzo, i bracciali e il collare con le borchie e vestiti altrettanto neri. Sì, era tornato ai tempi del college quando cantava e suonava.

«Stasera sarà un grande trionfo, ragazzi!» esclamò uno dei suoi amici, biondo e con una camicia blu con teschi, «Barbie Girl piacerà a tutti!»

Barbie Girl? Non avevano mai inciso canzoni con questo titolo. Ma Mirton non si fece domande, era tutto come se fosse normale. Anche la macchina rosa che era appena entrata nel corridoio, con il tenente Surge alla guida. Il Capopalestra si tolse gli occhiali da sole, sfoggiando un sorriso smagliante.

«Salite, ragazzi!»

Prima che Mirton potesse fare un passo avanti, si sentì prendere il lembo della maglietta. Voltandosi, vide una Jenna di dieci anni, con lo sguardo appena accigliato e le mani sui fianchi.

«Zio, devi svegliarti!»

«Eh? Svegliarmi?»

A quel punto, Barbie Girl si fermò proprio all’inizio del ritornello. L’immagine davanti a lui si offuscò piano piano, venne accecato dalla luce solare della vita reale e la vera Jenna, che sospirò con le mani sui fianchi. Nella mano sinistra aveva gli auricolari che precedentemente erano attaccati alle sue orecchie.

«Zio, è tardi!» lo avvisò nuovamente lei, «Sono le sette e mezza, devi andare alla riunione!»

Mirton aveva ancora gli occhi semichiusi, ma si mise comunque lentamente seduto sul letto per stiracchiarsi.

«Ho fatto un sogno assurdo… ma perlomeno non era un incubo…»

«Io mi preparo per scuola!»

Fu quell’esclamazione da parte della nipote a farlo svegliare completamente. Si alzò di scatto dal letto e uscì dalla sua stanza, raggiungendo la ragazza nella sua.

«Non se ne parla, tu oggi a scuola non ci vai.»

«Eh? Perché no?» Jenna si voltò verso di lui con una maglietta gialla tra le mani.

Mirton sospirò, «Sai che spesso mi capita di essere trattenuto, conviene che tu venga con me»

«Secondo questa logica, non sarebbe meglio se io restassi a casa?» la ragazza gli rivolse uno sguardo confuso, inarcando un sopracciglio, «E poi non te ne sei mai preoccupato, sono sempre tornata a casa da sola, perché ora mi stai dicendo questo?»

«Perché—» il Superquattro tirò un altro sospiro. Non sapeva più quanto fosse sicuro nemmeno parlare tra le quattro mura di casa, ormai, e diede uno sguardo alla prima finestra che dava fuori, «Te lo spiego più tardi, ora vestiti»

Jenna non proferì parola sul comportamento dello zio, in quel momento pensò solamente a fare quello che aveva precedentemente richiesto. Dopodiché, una volta finito di prepararsi, si diressero entrambi alla loro auto. Jenna salì per prima, sedendosi al solito sedile a fianco al posto di guida, e notò dai finestrini che Mirton era ancora fuori, girando intorno alla macchina con certa veemenza e angoscia negli occhi. Il Superquattro salì dopo poco, chiudendo velocemente la portiera a fianco a sé con un sospiro, per poi prepararsi a partire.

I due restarono in silenzio per un po’, rimasero solamente a guardare la strada davanti a loro una volta usciti da Spiraria. Però, quel silenzio, insospettiva ancora di più Jenna che, quando si voltò a guardare lo zio, vide nuovamente quella stessa espressione di poco prima nel suo volto, con le sopracciglia aggrottate e gli occhi quasi completamente assottigliati. In quel caso probabilmente si stava solo concentrando sulla strada, però era stato troppo tempo zitto.

«Zio…» cercò di attirare la sua attenzione, «Sei un po’ strano, stamattina. Stai bene?»

Mirton tirò un leggero sospiro, «Sì… sto bene. Mi chiedo solamente di che cosa vogliano parlare oggi»

«Non ti avevo mai visto così in ansia per una riunione» affermò lei, accennando un colpo di tosse.

Il Superquattro ridacchiò con una velata ironia, «Vero? Nemmeno io mi ero mai visto così».

«E dire che avevi detto di non aver fatto nessun incubo poco fa»

«Sì, questo è vero. Ma è anche strano.» il più grande fece una pausa di qualche secondo, «Forse è meglio così».

Jenna sospirò, non ne poteva più di sentirlo mentire, «È successo qualcosa, non è vero? Avevi detto che me l’avresti spiegato»

Quando la loro auto si fermò in mezzo al traffico, Mirton si guardò intorno velocemente prima di parlare.

«Sì, siamo abbastanza lontani, te lo posso dire…»

«“Abbastanza lontani”…? Da che cosa?» ripeté Jenna, confusa.

«Da casa.» rispose lo zio, quasi evasivo, per poi riprendere parola un attimo dopo, «Non ci sono modi delicati per dirtelo… ma sono sicuro che capirai comunque. Ieri un ragazzo è venuto a sfidarmi per la seconda volta alla Lega, ma rispetto alla volta precedente ieri sembrava molto più deciso a voler vincere contro di me. Tu che stai studiando per diventare Superquattro sai benissimo che cosa voglia dire una volta che lo sfidante ti sconfigge, no?»

La ragazza lo guardò in silenzio per qualche secondo, per poi guardare la strada davanti a sé una volta che la macchina ripartì, «Non ne sono sicura, però quello che so è che dopo che sei stato sconfitto, a seconda della tua posizione, lo sfidante andrà ad affrontare il prossimo Superquattro o il Campione»

«Questo sì, ma se lo sfidante prende anche un permesso legale, può decidere di voler sconfiggerti per prendere il posto di Superquattro.» il sopracciglio destro di Mirton si alzò di riflesso mentre parlava, «Certo, il Superquattro attuale può decidere di non accettare, ma… l’esito sarà comunque lasciato al risultato di una lotta Pokémon»

Jenna si sporse leggermente in avanti nel sedile, per guardare meglio lo zio in volto, «E questo che cosa c’entra con l’essere lontani da casa?»

«Perché quel bastardo si è ossessionato a tal punto da sapere il nostro indirizzo. Ho come l’impressione che sa dove vai a scuola e ti abbia seguito fino a casa.»

Nonostante Mirton non la stesse guardando in volto, concentrato sulla strada, Jenna udì nel suo tono la stessa angoscia che poco prima presentava sul viso. Successivamente, la ragazza deglutì e abbassò lo sguardo.

«Ora hai capito perché non ho voluto farti andare a scuola oggi? Se ti avesse seguito di nuovo non me lo sarei mai perdonato, e neanche tuo padre»

Jenna rialzò lo sguardo, «Ma non posso ulteriormente assentarmi per colpa di quel tipo! Prima per via dell’allenatore Healey e ora questo? Dobbiamo trovare un modo per fermarlo… anche perché non voglio che ti faccia del male, da come ne parli sembra un delinquente…!» Questa volta tossì leggermente più forte, e si coprì le labbra con una mano.

«Mmh… non mi piace.» mormorò Mirton.

Il Superquattro approfittò dello stop per togliere le mani dal volante e posarle sulla sua sciarpa, per poi scioglierla e darla a Jenna, mettendola delicatamente intorno al suo collo.

«Perché l’hai fatto? Mi fa caldo…»

«Sì, ma è sempre meglio essere prudenti»

Sentendo l’Interpoké squillare, Mirton controllò il piccolo schermo e rispose alla chiamata che si rivelò essere di Artemisio.

«Ehiii, sei pronto per il drama?»

«Ma che drama, sicuramente sarà una riunione come tutte le altre. Non è successo nulla di particolare»

Jenna poté vedere che Artemisio aveva scrollato le spalle all’affermazione dello zio, «Sì, beh, ma potresti approfittarne per segnalare quello che mi hai scritto in chat ieri sera»

«Non c’è niente che possiamo fare, a parte ammonirlo. Non possiamo impedire a uno sfidante di farsi avanti senza delle prove, ricordi?»

«Questo sì, ma potresti almeno mettere bene la telecamera, invece di farmi vedere Jenna a testa in giù?»

La ragazza sopracitata non riuscì a trattenere una risatina, mentre Mirton realizzò che, avendo le mani sul volante, il dorso del polso destro dava a sua nipote e la telecamera dell’Interpoké era al contrario. Prima di partire, approfittò di quell’attimo per togliersi il dispositivo dal polso e metterlo al posto dell’autoradio bluetooth.

«Sei contento, adesso?» Mirton ridacchiò a sua volta e posò nuovamente le mani sul volante, «Dovevi dirmi qualcos’altro?»

«No, volevo romperti le scatole» rispose velocemente il Capopalestra di tipo Coleottero, facendo così scoppiare a ridere la ragazza a fianco al Superquattro, che ripartì una volta che il traffico si fece meno fitto.

«Oggi ce l’abbiamo onesto, secondo me deve versare il tè su qualcosa»

Artemisio rise, «Scherzi a parte… anche da voi c’è un traffico assurdo? Io sono ancora nella strada del nono percorso»

«Guardalo come si lamenta dopo che ha fatto la strada più lunga» scherzò Mirton, guardando avanti.

«Ma se te l’ho anche detto che non ero a casa ieri!» ribatté rapidamente l’amico, «E non avevo soldi per il cargo»

«Intanto mi devi ancora dire che cosa ci facevi a Ponentopoli» dopo aver detto ciò, Mirton sgranò gli occhi e guardò velocemente lo schermo, «Ma sei con Camelia?»

«Ti avrei ammazzato se ci fosse stata.»

«Allora ci ho preso, tu eri da Anemone» 

Jenna osservò la scena in silenzio, nello stesso momento in cui i due smisero di parlare per qualche secondo. Realizzando che aveva ragione, Mirton alzò le sopracciglia.

«DAVVERO?» gridò.

«Sì» Artemisio rispose a bassa voce, per poi alzarla dall’imbarazzo, «MA NON PER QUELLO CHE PENSI TU»

«Sì, sì, certo» il Superquattro annuì lentamente.

«Non prendermi in giro!»

«E chi ti prende in giro? Ho solo detto sì»

 Il Capopalestra sbuffò sonoramente, «Il tuo non era un semplice sì, era un sì sarcastico» gli disse, «Ma comunque Camelia lo sapeva già, e Anemone non è certo tipa da fare brutti scherzi ad un’amica»

«Sei comunque beato tra le donne. In ogni caso io sto arrivando, qui ci sono i fossi, quindi devo chiudere»

«A dopo!»

La chiamata finì lì, lo schermo dell’Interpoké si spense da solo. Percorsa la strada per la Lega Pokémon e trovato parcheggio—cosa abbastanza facile—Mirton e Jenna scesero dall’auto e andarono dentro l’edificio insieme. Il Superquattro toccò la statua con il suo ID, che una volta riconosciuto, permise alla statua di agire come ascensore per portare il giovane con la nipote giù, di fronte alle scale del palazzo del Campione.

Jenna sospirò rassegnata, guardando la scalinata, «Non c’è un’ascensore anche per quelle…?»

«Scherzi? Se ce ne fosse stata una l’avresti trovata affollata tra noi e i dipendenti» le rispose Mirton, «Però… io ho sempre Tyranitar.»

«Oh, sì, tirala fuori!» lo incitò la ragazza, battendo le mani.

«Sì, così si rompe la schiena a portare tutti e due»

«Oh, e dai… era un’idea carina…»

«Facciamo così» Mirton si parò davanti a lei dopo aver avanzato di qualche passo, tirando fuori la sua moneta dalla tasca destra dei pantaloni, «Testa, la cavalco io. Croce, la cavalchi tu»

Jenna ridacchiò con fare fiducioso, «Ci sto!»

Mirton lanciò la moneta in aria, per poi farla atterrare sul dorso della sua mano sinistra. Scoprì la moneta, e con evidente sorpresa vide che non era altro che croce. 

«Yippie!» esclamò con gioia la ragazza, saltellando.

Il Superquattro tirò un leggero sospiro, prendendo la Poké Ball di Tyranitar dal marsupio che indossava intorno alla vita, «Sembra proprio che sia il tuo giorno fortunato» Alzò successivamente lo sguardo verso di lei, «Però fai attenzione: le devi dire di fermarsi davanti al portone, e se non lo fa richiamala più volte. Ti potrebbe aiutare a fare un po’ di esperienza con i tipi Roccia»

«Però è l’unica di tipo Roccia che hai, no? Non puoi fare di tutta l’erba un fascio»

«A questo proposito, potresti almeno lasciarmi Lily a farmi compagnia nel tragitto?» le chiese, tirando fuori Tyranitar dalla Poké Ball, «Almeno così può curarmi la stanchezza con il suo profumino»

«Ah, certo che sei proprio furbo!» Jenna si mise le mani sui fianchi.

«Non si tratta di altro che uno scambio equivalente, signorina» Mirton scrollò le spalle con un sorriso.

«Peccato che Lily come mossa curativa abbia solamente Sintesi»

I due rimasero in silenzio per qualche secondo, con Tyranitar che li guardava spaesata.

«…Che mosse ha Lily?» domandò lui infine.

«Sintesi, Verdebufera, Petalodanza e Fascino»

Il Superquattro la guardò con delusione, «E io che mi aspettavo che al posto di Fascino ci fosse Sonnifero, che teoricamente servirebbe anche a te»

«Mi sembra che me la stia cavando benissimo anche senza quella mossa!» affermò lei, avvicinandosi a Tyranitar per salire sul suo dorso, «Comunque hai anche Krookodile, tu»

«Sei matta? Lei è più piccola di Tyranitar, le farei male» Mirton si avvicinò ad accarezzare la pancia del Pokémon Armatura, «Accompagni Jenna fino a lassù?» chiese, e notando che Tyranitar comprese quello che aveva chiesto con sguardo un po’ interrogativo, il Superquattro scosse appena la testa, «Me la caverò. Credo. Spero.»

Successivamente, Tyranitar cominciò a salire le scale con Jenna in groppa. Mirton lasciò loro un po’ di spazio per passare, per poi iniziare a percorrere lentamente la scalinata.

«Morirò.»

 

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Capitolo 10
*** — Riunione [parte 2] ***


BUONASERA- no, non urlo più, scusate. sono solo molto contento perché ho avuto questa botta d'ispirazione a caso e ho potuto finire quello che è... *rullo di tamburi* il penultimo capitolo. ci ho pensato un po' e sì, il prossimo sarà l'ultimo. e chi mi conosce mi chiederà "perché finirai con l'undicesimo e non con il decimo, visto che odi i numeri che finiscono per 1 o per 9?" la verità è che... non lo so? o almeno, lo so, sì: una ragione è che voglio scrivere almeno altre tre long che mi sono venute in mente. una è il sequel di questa, che ha mirton come protagonista nonostante jenna sia comunque presente (solo leggermente meno e scoprirete perché), un'altra è una fanfic con protagonisti spighetto, chicco e maisello (ma principalmente chi avrà più spotlight è spighetto) ed un'altra è il "sequel", tra virgolette perché è un sequel ma allo stesso tempo non lo è, con protagonista arven/pepe di scarlatto e violetto. dovrò vedere quando, come, dove scriverle ma soprattutto in che lingua perché sono abbastanza indeciso, ma il sequel di pollyanna lo posterò sempre qua per forza di cose, anche perché pollyanna non l'ho mai tradotta dall'inglese (come magari può essere resolve che forse editerò le traduzioni che avevo già fatto un paio d'anni fa) quindi anche il sequel sarà del tutto italiano. detto questo, buona lettura!

 




 
Riunione (parte 2)





 

«Evviva! Ce l’abbiamo fatta, Rannie!»

Jenna scese dal dorso di Tyranitar una volta raggiunta la cima della scalinata, il Pokémon Armatura la guardò con un’espressione visibilmente confusa e la ragazza scrollò le spalle, per darle una piccola pacca sul torso.

«Che c’è? Non ti piace il tuo soprannome improvvisato?» le chiese, ridacchiando.

Tyranitar fece uno sbuffo interrogativo, voltando lo sguardo davanti a sé. Jenna si girò a guardare nella stessa direzione, notando che Mirton stava arrivando insieme a Lilligant, stranamente senza l’affanno della stanchezza che poco prima stava prevedendo.

«Ehi, alla fine ce l’hai fatta tutto da solo!» esclamò Jenna, sorpresa, ma il sorrisetto soddisfatto dello zio non la convinceva per niente. Il Superquattro tirò fuori dalla tasca destra dei suoi pantaloni una MT, contrassegnata con “Sferapolline”. La ragazza rimase a bocca aperta, gradualmente cambiando espressione, «Che cosa?! Ma—no, non dirmi che…! Non dirmi che le hai fatto imparare quella mossa?!»

«E che altro avrei dovuto fare? Non poteva di certo curarmi con Sintesi» 

Jenna si mise le mani nei capelli, «Le hai fatto dimenticare Sintesi?!»

«Pensaci bene: l’abilità di Lily è Clorofilla, che aumenta la sua Velocità sotto la luce solare. Più velocità ha, più occasioni ha di attaccare per prima. Con Fascino diminuisce l’Attacco dell’avversario di due gradi, anche se secondo me potresti optare per Attrazione—» Mirton si bloccò, notando la ragazza cadere lentamente a terra, «Non ciondolare! Mi stai ascoltando?»

«La mia tattica è andata in fumo…» mormorò lei.

«Infatti te ne sto suggerendo una miglior—»

«Ragazzi!» 

Mirton si voltò verso la fonte della voce, che si rivelò essere quella di Artemisio, arrivato insieme a Camelia e Antemia. Jenna strisciò verso il Capopalestra Coleottero, stringendo il lembo della sua maglietta.

«Zio Mirton ha fatto dimenticare Sintesi a Lily per farle imparare Sferapolline solamente per fare le scale! Digli qualcosa!»

Il Superquattro sgranò gli occhi, «Questo è totalmente fuori contesto!»

«Amico,» Artemisio abbassò lo sguardo verso di lui con evidente delusione, «Ma davvero? Anche se io sono di parte visto che Sferapolline è una mossa di tipo Coleottero…»

Camelia alternò lo sguardo tra Lilligant e Tyranitar, «Ma vi siete scambiati i Pokémon?»

«Ecco perché è preso totalmente fuori contesto.» ripeté Mirton.

Antemia borbottò qualcosa dietro il suo blocco note, «Lo zio pigrone utilizzò una mossa infallibile con il Pokémon della nipote per fare una ripida rampa di scale…»

Appena la sentì, il collega Superquattro si voltò velocemente verso di lei, «E tu cosa stai scrivendo?!»

«Parlando seriamente, tu fai surf e davvero non riesci a farti una rampa di scale?» chiese Artemisio.

«Non ho nemmeno la voglia di vivere di prima mattina, secondo te ho voglia di fare le scale? E poi se mi aveste fatto finire, avrei suggerito una tattica di lotta migliore alla signorina qui presente»

Camelia sospirò, «Gli animi sono già ben messi, noto… io comincio ad entrare, Antemia, vieni?»

La Superquattro Spettro annuì lentamente e seguì la Capopalestra Elettro, mentre Jenna si rialzava da terra con un sospiro.

«Non avresti comunque dovuto insegnare una mossa a Lily senza il mio consenso!» esclamò, rivolgendosi nuovamente allo zio.

«Non ho di certo bisogno del tuo di consenso» rispose lui, dando uno sguardo a Lilligant.

«Su questo punto Jenna però ha ragione, non me l’aspettavo da te» intervenne Artemisio, «Quale tattica avresti dovuto suggerire?»

Jenna cercò di riassumere, «Ha cominciato dal fatto che Lily ha l’abilità Clorofilla… poi ha detto che dovrebbe usare Attrazione e mi sono persa» 

«Sferapolline è perfetta per quando lotti in doppio, visto che cura gli alleati» Mirton riprese il discorso, «E colpisce l’avversario nelle lotte in singolo»

«Sì, il ragionamento quadra… ma in questo caso ti stai solo parando il didietro perché sei pigro e non volevi fare le scale» il Capopalestra Coleottero ridacchiò, e smise una volta che il Superquattro gli rivolse un’occhiataccia, «Dai, entriamo…»

Jenna seguì Artemisio per prima, mentre Mirton li raggiunse lentamente, bofonchiando qualcosa a pochi metri dietro di loro.

«E comunque esiste il Ricordamosse.»

 

***

 

Come previsto, Jenna dovette restare fuori dall’ufficio dove ebbe luogo la riunione. Per sua fortuna si era portata lo zaino di scuola, semplicemente togliendo i libri per dare spazio ad un album da disegno e le solite cose che si portava in giro, anche perché non aveva altre borse. Tutti i Capipalestra, Superquattro e la Campionessa Iris si riunirono all’interno di quella stanza, sorprendentemente anche il trio di Levantopoli si era unito, nonostante si fossero ritirati da un pezzo.

«Ho deciso io di invitarli» annunciò Iris, rispondendo alle domande dei presenti, «Spighetto mi aveva contattato poco tempo fa per fare chiarezza sul Neo Team Plasma»

«Ma non è già stato sconfitto?» chiese Rafan.

«Tecnicamente sì, questo perché Ghecis non ha più controllo sul Team» Maisello decise di rispondere, guardando successivamente Spighetto per permettergli di continuare.

«Però sospettiamo che uno degli scienziati più importanti di quel Team, Acromio, stia cercando di preparare una prossima mossa» spiegò, accendendo l’Interpoké per far vedere un video registrato alla Stazione Ruotadentata di Sciroccopoli, che vedeva una delle metropolitane sparire in un fascio di luce.

«Avevamo pensato che si trattasse di una coincidenza, magari che Andy e Torn c’entrassero qualcosa, ma invece hanno da poco riportato della scomparsa di uno dei loro mezzi» concluse Chicco.

Camelia annuì lentamente, aveva già sentito parlare del caso e rimase in silenzio.

«Cosa vi fa pensare che ci sia proprio Acromio di mezzo?» intervenne Komor, «Da quel che so, si era unito al Team Plasma per continuare le sue ricerche nonostante detestasse Ghecis, ma perché avrebbe dovuto causare lui la scomparsa della metropolitana?»

«Perché era lui a gestire il Team Plasma quando Ghecis non poteva» rispose Spighetto, «E ora è sempre lui ad aver voluto tenere la Fregata Plasma dov’è ora. È rimasta ferma per diversi mesi, sembra non abbiano più intenzione di utilizzarla da dopo quello che hanno fatto a Kyurem»

Maisello si mise una mano sul mento, pensieroso, «Tra l’altro, le telecamere della nave rilevavano dei movimenti sospetti e dei rumori a noi sconosciuti. Era come se ci fosse un’altra persona con lui»

«Persona? A me sembrava qualcosa di disumano!» esclamò Chicco.

Mirton corrucciò le sopracciglia, non molto convinto da ciò che stava assistendo. Tolse i gomiti dal tavolo per appoggiare la schiena sulla sedia, mentre la gamba destra andò sulla sinistra.

«E come facciamo a sapere che voi non siete d’accordo con lui?» 

«Ci risiamo» Velia roteò gli occhi.

«È inutile negare l’evidenza, anche loro facevano parte del Team Plasma sotto il nome della Triade Oscura.» continuò il Superquattro di tipo Buio, «Vi siete dimenticati di quello scherzetto che ci hanno fatto proprio qui due anni fa? Come facciamo a sapere se non stanno facendo il doppio gioco?»

Chicco ringhiò dal nervoso, cominciando a rimboccarsi le maniche, «Senti—!»

«Calmati.» lo liquidò Maisello, «Hai ragione ad avere i tuoi sospetti, Mirton, ma ti assicuro che se fosse stato come pensi tu, il signor Aristide non avrebbe permesso alla Campionessa qui presente di darci una seconda possibilità per redimerci. Per questo motivo non siamo più Capipalestra»

Iris ridacchiò, leggermente imbarazzata, «Puoi chiamarmi anche solo Iris… ma in ogni caso,» la Campionessa si voltò verso il Superquattro Buio, «È verissimo, ho pensato che le loro abilità potessero esserci comunque utili per qualsiasi evenienza. Con tutto ciò che è successo e succederà, l’aiuto di qualche spia per la Lega Pokémon farebbe molto comodo. Sono stati i nostri Capipalestra e allo stesso tempo la Triade Oscura, ma se si sono ritirati di loro spontanea volontà vuol dire che in fondo hanno sempre tenuto al loro lavoro» 

«Grazie mille per la comprensione» Spighetto sorrise alle parole della Campionessa, «Speriamo di poter fare un buon lavoro»

«Ci riuscirete di sicuro» Iris ricambiò il sorriso e alternò lo sguardo tra i Capipalestra e Superquattro, «Mi è stato detto che qualcuno di voi doveva segnalare un problema»

Artemisio diede un leggero calcio sulla caviglia di Mirton, facendolo voltare verso di lui. Il Superquattro scosse leggermente la testa, dopo quello che aveva sentito, era come se il suo problema fosse improvvisamente meno importante. Ma allo stesso tempo, non poteva di certo non dirlo. Quel ragazzo era diventato un tormento nella sua vita.

«Sì, lui» Catlina lo indicò, il Superquattro sgranò gli occhi.

«Ma in realtà tutti e quattro…» intervenne Antemia.

«Eh?» Iris li guardò stupita, «Perché, che cos’è successo? Ho sbagliato qualcosa io?»

«No, non sei tu… c’è uno sfidante che ci dà il tormento, ma in particolare a Mirton» le rispose Marzio.

La Campionessa si voltò nuovamente a guardare il Superquattro Buio, «E chi sarebbe? Parlane! Non ho avuto modo di vederlo»

«Non ne hai avuto modo perché ha sempre perso… e ha sempre perso contro di me.» rassegnato, Mirton cominciò a spiegare, «Ma dopo l’ultima sfida mi ha minacciato, e non dico cos’altro. Sembra che si sia messo in testa di voler prendere il mio posto con la forza»

«Perché non me ne avete parlato subito? Avrei preso un provvedimento!» esclamò Iris, per poi sospirare, «Capisco che sia difficile parlarne… ma almeno posso controllare tra quelli che sono venuti di recente, mi potete dire come si chiama?» domandò successivamente, prendendo in mano il tablet dal tavolo.

«Blair»

Rafan sgranò gli occhi dallo stupore, «Un momento… quel ragazzino è venuto anche da me!»

«Sì, anche io me lo ricordo! Avrei voluto prenderlo a schiaffi, voleva provarci con me dopo aver preso la medaglia!» si sfogò Anemone subito dopo.

«Ha fatto lo stesso con me» disse Camelia, suscitando in Artemisio un’amara sorpresa.

«Cosa? Veramente?» chiese il Capopalestra Coleottero, «Però… io non ricordo di aver affrontato uno di nome Blair»

«Come no?» Mirton si voltò verso di lui, «E allora com’è possibile? Non può essere entrato qui con solo sette medaglie. Non è che forse te lo sei dimenticato?»

«No, fidati che anche io mi sarei ricordato di un farabutto simile»

«Seh…»

«Artemisio ha ragione,» disse Iris, continuando a leggere sul tablet, «Infatti Blair ha tutte e otto le medaglie, ma non ha la sua»

«Ha! Visto?» Artemisio incurvò le labbra in un sorrisetto, mentre Mirton roteò gli occhi, voltandosi verso Iris.

«D’accordo, ma come può avere tutte e otto le medaglie se non ha ottenuto la sua?»

«Vi leggo le medaglie che ha e il momento in cui le ha ottenute» la Campionessa cliccò qualcosa sullo schermo e continuò, «Le Medaglie Volt, Base e Tris le ha prese tutte due anni fa, poi ha continuato l’anno scorso con le Medaglie Sisma e Jet, e infine quest’anno ha concluso con le Medaglie Leggenda, Arsenico ed Onda»

Mirton si voltò lentamente verso Artemisio, «Eh sì, ti ha proprio skippato. Un po’ ti invidio»

«Io invece lo trovo un affronto, sicuramente non ha gusto!» esclamò il Capopalestra Coleottero, «Oltre che essere un pervertito»

«Aspettate…» l’attenzione dei presenti andò su Velia, «Ma per caso è un ragazzo con i capelli rasati su un lato, che porta i risvoltini ai pantaloni e le scarpe piegate?» 

«È proprio lui, in effetti ha detto di venire da Zondopoli, quindi non mi stupirei se tu lo conoscessi» le rispose Mirton.

«Beh, anche perché una volta suonava nella mia band… poi ha mollato tutto e ha deciso di dedicarsi alla Lega Pokémon, per qualche ragione» continuò la Capopalestra Veleno, «Diciamo che quando era venuto a conoscenza della mia Palestra ha colto la palla al balzo, ma non immaginavo vi stesse dando problemi» fece una pausa di qualche secondo, «Anche se sì, in effetti ci ha sempre provato con tutte…»

«Che cosa possiamo fare? Non possiamo impedirgli di sfidarci, ma allo stesso tempo quello che sta facendo è terribile…» Antemia provò a tornare sul pezzo.

Iris fissò lo schermo del tablet, pensierosa. Chiuse la schermata delle medaglie possedute da Blair, per poi spegnerlo e tornare a guardare i presenti, «Dovremmo parlarne con il presidente…»

«Potrei contattarlo in separata sede» propose Aristide, «In quel caso vi farò sapere una volta che ho concluso»

«Grazie mille, Aristide» Iris sospirò, «Spero che vada tutto per il verso giusto…»

 

***

 

«Non si riesce a sentire nulla… è come se la porta fosse blindata»

Jenna borbottò tra sé e sé mentre roteava la matita portamine tra le dita della mano sinistra, la curiosità di sapere di cosa stessero parlando là dentro le fece interrompere ciò che stava disegnando, e rimase a fissare la porta per un po’ di minuti. Appoggiò l’album da disegno sulla sedia vicino allo zaino, decidendo di alzarsi e avvicinarsi alla porta, sbirciando dal vetro centrale. Ma non fece in tempo a spostarsi appena una figura dai capelli rossi si apprestò ad aprire la porta, facendo così scontrare la fronte della ragazza su di essa.

«Ah!» si sentì poi Chicco, «Chi c’è?»

Jenna si mise una mano sulla fronte dolorante, per massaggiarsela leggermente, accompagnata da un flebile lamento.

«Scusami, non ti avevo vista!» il Capopalestra di tipo Fuoco si grattò la nuca, imbarazzato.

«Non importa…» Jenna gli rispose con un risolino disperato, togliendosi la mano dalla fronte per aggiustarsi la benda sull’occhio, «Di che avete parlato?»

«Oh, di cose…» la risposta di Chicco lasciò la ragazza perplessa, così continuò, «Lavoreremo ancora per la Lega ma non come Capipalestra e—» venne interrotto dalla gomitata di Maisello, «Ahi! Ma era proprio necessario?!»

«Scusaci, Jenna, ma purtroppo alcune informazioni devono restare con la riunione che abbiamo concluso» Maisello continuò per lui, come a fargli notare che stava parlando troppo, «Anche se so che probabilmente Mirton accennerà a qualcosa»

«Uhm… va bene! Posso comprendere» la ragazza annuì lentamente, confusa. Chicco e Maisello cominciarono ad andarsene dopo averla salutata, Spighetto fu l’ultimo dei tre ad uscire dall’ufficio, che fece lo stesso prima di andarsene.

«Stavi cercando di origliare, signorina?» Jenna si voltò verso la provenienza della voce di Mirton, che uscì insieme ad Artemisio e Camelia.

«Sì, ma non è andata bene… e in più ho notato che avete anche finito» rispose con sincerità, «Piuttosto, com’è andata? Di che avete parlato? Non mi aspettavo di trovare qui anche il trio di Levantopoli»

«Siamo rimasti sorpresi anche noi, dopo tutto quello che è successo pensavo che non fossero più coinvolti con la Lega, ma a quanto pare ci sbagliavamo» disse Artemisio, «Ma se tutto andrà bene, il tipo che vi sta stalkerando ha le ore contate!»

«Non ne siamo sicuri…» Mirton sospirò, «Non abbiamo prove, in più non possiamo impedire a uno sfidante di mostrarsi davanti a noi»

«Non avremmo prove, ma abbiamo tutte le testimonianze tra Capipalestra e Superquattro» lo corresse Camelia, «E come pensi di raccogliere delle prove?»

Il Superquattro di tipo Buio alzò lo sguardo, «Appunto, non lo so. A me non interessa se vince o perde contro di me, mi interessa solo che la smetta di tormentarci» concluse, per poi fare un passo avanti, «…Può anche prendersi il mio posto, se ci tiene tanto. Se è questo che vuole e che lo farà smettere, allora l’unica soluzione è che io mi ritiri.»

Jenna sussultò, sorpresa, «Zio, non parlerai sul serio?! Non puoi farlo!»

«È vero, così farai solo il suo gioco» Marzio si unì al discorso, mettendosi in mezzo a loro ma rivolgendosi principalmente a Mirton, «È chiaro che lui dica così solo per provocarti, non sa come funzioni avere il ruolo di Superquattro. Perché ti ricordo che se siamo qui, è perché è stato il maestro Nardo con l’approvazione del presidente a riunirci»

«Questo lo so bene, ma non posso continuare a vivere con l’ansia di essere inseguito ovunque vada solo per una misera sfida» gli rispose il collega, «Solo fuori dall’ambiente lavorativo potrei provare a segnalarlo alla polizia, però non si può nemmeno essere sicuri del successo»

«Vada come vada, almeno sapranno di che soggetto si tratta» commentò Camelia.

«Vi prego, non fatelo!» l’attenzione andò tutta su Velia, «Blair non è cattivo, ve lo posso assicurare… c’è una cosa che non vi ho detto…»

Mirton incrociò le braccia, «Ah, sì? Sentiamo, allora.»

«Prima ancora che Blair entrasse a far parte della mia band, ha sempre avuto problemi a relazionarsi con le persone, poiché lui non è nato a Zondopoli, bensì è cresciuto nella regione di Orre ed è venuto qui perché non voleva più vivere con i suoi genitori… ma è sempre stato molto solo» spiegò la Capopalestra di tipo Veleno, «Una volta che si è unito alla mia band si è aperto un po’ di più, solo che a un certo punto ha voluto mollare tutto… mi aveva detto di avere già tre medaglie, così ha deciso di continuare per affrontare la Lega Pokémon… ma non so che cosa gli sia preso. Forse ha solo bisogno di un po’ di tempo, e magari la smetterà!»

Ascoltando le parole di Velia, Jenna si mise una mano davanti alle labbra dallo stupore, «Oh, non ne avevo idea…»

I Capipalestra rimasti e i Superquattro, però, rimasero in un silenzio riflessivo. Per quanto quella storia potesse essere vera, Blair non avrebbe neanche dovuto pensare di fare una cosa simile. Certo, molti Allenatori sfidavano la Lega Pokémon più di una volta, però non era mai successo—o almeno, fin dove ne avevano memoria—un caso simile.

«Non mi interessa.» rispose infine Mirton, «Se si sente solo sa benissimo che cos’altro potrebbe fare, non dico cosa per non intaccare la sensibilità altrui. Ma di certo non rovinare la vita a noi, o inseguire ragazze minorenni dalla loro scuola fino a casa.»

Velia mise le mani avanti, «Ma non l’ha mai fatto prima! Sicuramente—»

«Sicuramente cosa, Velia?» il Superquattro la interruppe, il tono di voce si alzò gradualmente, «C’è una ragione? È questo che stavi per dire?!»

«N…» la Capopalestra abbassò le mani, rimanendo in silenzio.

Anche i presenti non proferirono parola, Mirton si limitò a sospirare, rendendosi conto di dove la discussione sarebbe potuta andare a finire.

«Scusa… non volevo alzare la voce»

«No, hai ragione» Velia concordò con lui, «Blair era mio amico… volevo solo indagare sulle ragioni delle sue azioni. Ma ho come l’impressione che non sia recuperabile» la Capopalestra fece successivamente qualche passo avanti, «Beh, ci vediamo. Fatemi sapere, per favore» li salutò un’ultima volta prima di andarsene.

Marzio non disse una parola, pensieroso, mentre Catlina si mostrò davanti a loro per andare dalla stessa direzione di Velia.

«Anche io ho da fare» disse, «Però fatemi sapere quando lo sbattete in galera, d’accordo? Meglio in prigione che non in ospedale»

«Sicuramente» commentò il Superquattro di tipo Lotta, «Allora vado anche io… voglio allenarmi.»

A quel punto rimasero solo Jenna e Mirton con Artemisio, Camelia e Antemia. Iris si fece aiutare da Aristide con le ultime cose, prima che potessero uscire anche loro. Il gruppo da cinque si diresse verso l’uscita della Lega, con uno dei portali verdi che erano nei dintorni di entrambi gli edifici. Jenna fece in tempo a mettere a posto l’album da disegno dentro lo zaino una volta usciti, ma l’occhio di Artemisio non tardò a cadere proprio lì.

«Era un vestito da sposa, quello?» domandò alla ragazza, indicando lo zaino ormai chiuso.

«Oh… uhm,» Jenna ridacchiò imbarazzata, «Una specie, sto ancora cercando di migliorare»

Artemisio si scambiò un’occhiata furtiva con Camelia, per poi sorridere alla più piccola, «Posso vederlo?»

«Ah, certo!» Jenna riaprì lo zaino, tirando nuovamente fuori l’album da disegno per aprirlo davanti a lui e porgerglielo un istante dopo, «In realtà avevo in mente un altro tipo di design… mi aveva ispirato vedere Froslass in TV e la Sposa Cadavere»

Camelia alzò leggermente le sopracciglia, sporgendosi per vedere il disegno, «È un bel tratto…»

«Il velo mi piace tantissimo» commentò Artemisio, che facendo per voltare pagina, diede uno sguardo a Jenna che annuì, e così il Capopalestra guardò gli altri disegni, «Che bello questo! Assomiglia un po’ a Tsareena!»

«In effetti sì» ammise la ragazza, ridacchiando.

«Mi piacciono molto, hai mai pensato di fare la stilista?» le domandò Camelia.

«Mi piacerebbe tantissimo» rispose Jenna, «Allo stesso tempo, però, vorrei anche creare io stessa i miei vestiti. Ma lì mi servirebbe—» si bloccò non appena vide quale pagina stava voltando Artemisio e presa dall’imbarazzo, riprese di fretta l’album da disegno tra le mani, «No, quello no!» esclamò, il suo volto cominciò a colorarsi di rosso.

«Eh?» il Capopalestra di tipo Coleottero rimase perplesso, «Ma…! Avevo visto più di un soggetto l—»

«No, no, no! Ecco… è… è complicato da spiegare!» Jenna scosse velocemente la testa, «Qui ci metto di tutto!»

Artemisio ridacchiò divertito, «È comprensibile»

Antemia distolse lo sguardo dal suo libretto e lo chiuse, per metterlo in borsa, «Scusate, non stavo ascoltando… cosa volete fare ora?»

«Io stavo pensando di andare al sushi, se avete tempo» propose il Capopalestra.

Mirton inclinò appena la testa per far schioccare leggermente l’osso del collo, pensieroso, «Ma sì… almeno mangiamo qualcosa per rilassarci»

Una volta che si misero d’accordo, presero le loro auto—Antemia accompagnata da Artemisio e Camelia—per andare nella stessa direzione al di fuori della Lega Pokémon. Blair, che era arrivato da pochi minuti al cancello che si chiuse davanti a lui dopo poco, li osservò da lontano.

 

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Capitolo 11
*** — E alla fine arriva papà ***


Oggi niente icon a caso del primo personaggio che appare, perché questa è la fine di un'era durata tre anni, ma che finalmente posso dire di aver concluso. Come ho già detto questa long è una dei tanti prequel di quello che è il mio effettivo AU di Pokémon, scrivo i prequel prima del rewrite dell'AU (con annessi Pokémon Opal e Pokémon Garnet che penso vedranno la luce del sole solo in forma di riassunti purtroppo) perché così ho più eventi in testa, queste sono tutte note che quando ho qualche idea mi viene da scrivere in sotto forma di long-fics. Ho dedicato molte di queste a Jenna e Mirton solamente perché... Gen 5 best Gen, no, ma a parte questo perché sono legatissimo ad Unima ed i suoi personaggi. Niente icon anche perché ho finalmente fatto una cover art che sì, sarà solo qui! Perché non so se ho voglia di metterla in tutti i capitoli. Vi voglio ringraziare tutti, sia chi è passato a recensirmi e sia chi ha letto la fanfic in silenzio fino ad adesso. Suonerò cheesy ma per me significa tantissimo, anche perché Jenna/Gem è una di quegli OC di cui non aspettavo affezionarmici così tanto come ora, visto che era nata nel 2013 come personaggio di supporto che appariva una volta su cinque, e ora è a tutti gli effetti protagonista delle Bizzarre Avventure di Mirton(TM). Grazie, e buona lettura! <3
 
 







E alla fine arriva papà



 

Il mercoledì seguente, Jenna prese la decisione di voler andare a scuola nonostante le raccomandazioni di Mirton. Il Superquattro non poteva dirle di no, anche perché era stato Blanchard stesso a raccomandargli di non farle fare troppe assenze, e che comunque la ragazza se la sarebbe cavata in un modo o nell’altro. Dunque, con la benda all’occhio nuova—sicuramente meglio di un copri occhi strappato—e la sicurezza che sarebbe andato tutto bene, uscì dall’auto dello zio per dirigersi verso il cancello della scuola.

«Aspetta un attimo!»

Sentendosi richiamata da Mirton, si voltò verso di lui.

«Ho dimenticato qualcosa?» domandò lei già a pochi metri dall’auto.

«No, solo… fai attenzione.»

Jenna accennò una risata, roteando gli occhi, «Lo stai dicendo un po’ troppo spesso ultimamente. A dopo!»

Mirton ricambiò l’ultimo saluto e partì, mentre la ragazza raggiunse la sua amica Diana vicino al portone, per entrare successivamente insieme. Anthony le aspettò sul ciglio della porta dell’aula in cui sarebbero dovuti entrare, e si misero ai loro posti insieme per seguire la lezione. La professoressa andò avanti con l’argomento precedente, sulla storia degli Ideali e della Verità, sul “Drago Originale” che tanto si vedeva nominare su tanti libri della storia di Unima. 

A Jenna infastidiva il fatto che non ci fosse un po’ più di varietà, era come se nelle scuole di Unima si parlasse solo di quello che era il continente di Alleos invece che esplorare anche altre nazioni altrettanto interessanti. Si parlava solamente delle conquiste e delle vittorie, mai di come le cose andassero veramente. Conclusa la lezione di storia dopo due ore, i tre si diressero in palestra dove li aspettava il professore, fortunatamente era solamente un’ora e dopo il riscaldamento la classe tirò a sorte per scegliere quale sport giocare per il resto dell’ora.

«Ho sentito quello che ti è accaduto con l’allenatore Healey» il docente si avvicinò a Jenna e Diana, le due ragazze si voltarono verso di lui, «Mi dispiace molto. Ma la collega Davis mi ha riferito che hanno fatto in modo che non potesse più approfittarsi della sua squadra in quel modo»

«Purtroppo non parteciperò più agli allenamenti…» rispose la ragazza, «Ma sono contenta di sapere che si sia risolto tutto per il meglio, soprattutto per le mie ex compagne di squadra»

Il professore le sorrise, «Ah, a proposito…» l’uomo fece una pausa per tirare una busta di carta fuori dalla tasca per porgerla a Jenna, «Questa è da parte dell’allenatrice Davis, mi ha detto di consegnarla a te»

«Oh, grazie» 

La ragazza prese la busta in mano, si tolse la benda dall’occhio per leggere meglio che cosa ci fosse scritto sopra. “Da Linda Davis per Jenna, per qualunque risposta contattami all’indirizzo lind4vis@klinkmail.com”.

«Se voleva che rispondessi tramite e-mail, perché te l’ha mandata su carta?» chiese Diana, sporgendosi a guardare.

Jenna ridacchiò, «Forse le piaceva di più così, a volte gli adulti possono essere molto nostalgici»

«Sarà, in effetti inviare lettere così ha un certo fascino, come se stessimo facendo un tuffo nel passato» commentò l’amica.

Sentendo l’Interpoké squillare, Jenna appoggiò la lettera sulla sua borsa per tenerla vicina e controllò lo schermo. Non appena vide il nome del padre, aprì subito la chiamata.

«Ciao, papà!»

«Ehi, Jenna!» Blanchard sorrise dall’altra parte dello schermo, «So che a quest’ora sarai a scuola, ma mi ricordavo che intorno a quest’ora hai la pausa pranzo, quindi volevo vedere se ho indovinato gli orari da qui. A giudicare da come hai preso subito la chiamata, suppongo che ci sia andato almeno vicino»

Jenna rise, «In effetti è vero! Come stai, dove sei ora?»

«Vuoi provare ad indovinare anche tu?» Blanchard non si spostò di tanto dal posto in cui stava, ma il modo in cui si mosse la telecamera per un momento, alla ragazza si accese una lampadina.

«Stai tornando a casa?!» esclamò.

L’uomo annuì, accennando una risatina divertita al vedere la figlia felice, «Esattamente. In questo momento mi trovo all’aeroporto di Leudapoli, in effetti non è stato difficile raggiungerlo dato che nell’ultimo periodo ho dovuto sbrigare degli affari nella stessa città» spiegò, «Domani vi racconterò tutto, non vedo l’ora di riabbracciarvi»

«Anche io! Hai già chiamato lo zio prima di me?»

«No, devo ancora chiamarlo… al contrario di te, lui non ha una pausa pranzo precisa, quindi dovrò sperare in un colpo di fortuna» Blanchard si grattò la nuca dall’imbarazzo, «Io ci provo. A domani!»

«A domani, papà!»

Non appena si concluse la chiamata, suonò la campanella della pausa pranzo. Jenna e Diana uscirono dalla palestra, senza aspettare Anthony che si era fermato nello spogliatoio maschile per cambiarsi. La pausa pranzo non fu tanto proficua, non c’era tanta scelta sul cibo come i giorni precedenti, quasi conveniva portarsi il pranzo al sacco. Subito dopo, le ragazze si diressero all’aula di biologia per le due ore seguenti. La giornata scolastica filò liscia come quasi ogni altro giorno, e alla fine della lezione lei e Diana uscirono dall’edificio.

Ma c’era qualcosa che non quadrava.

«Ehi» un ragazzo le salutò da lontano, alzando un braccio per farsi vedere. Alto, capelli rasati da un lato, con i risvoltini ai pantaloni e le scarpe di tela piegate con i talloni.

Vedendolo avvicinarsi a Jenna, Diana alternò lo sguardo tra i due, confusa.

«Chi è, lo conosci? È un tuo amico?»

Prima che Jenna potesse rispondere, il ragazzo fece per lei, scuotendo leggermente la testa con un sorriso, «Sono il suo ragazzo, mi chiamo Blair»

Jenna non riuscì a proferir parola dallo shock. Diana sgranò gli occhi dalla sorpresa, per poi scrutarlo con le mani sui fianchi, «Ah, sì? Non sembri il suo tipo»

Proprio in quel momento, Mirton arrivò davanti a scuola con la sua auto. Appena frenò per guardare dove fosse la nipote, spalancò gli occhi alla vista di Blair insieme a Jenna e Diana. Voleva fare qualcosa, la sua mano sinistra fremeva dall’aprire la portiera per uscire subito dalla macchina, ma voleva anche vedere perché era uscito allo scoperto davanti a lei provando addirittura a parlarle.

«Che ne dici se ti accompagno a casa io per oggi?»

Blair fece per prendere la mano di Jenna sulla sua, la ragazza corrucciò le sopracciglia e d’istinto la respinse. Prima che lui potesse prenderle l’altra mano, lei la alzò velocemente per tirargli uno schiaffo sulla guancia sinistra, facendolo quasi girare dall’impatto. Tutto questo davanti agli occhi ingenui e sorpresi di Diana, e quelli di Mirton che non poteva fare a meno di esprimere la sua gioia con un pugno vittorioso ed un sorriso.

«Ma che ti prende?!» esclamò lui, massaggiandosi la guancia dolorante.

«Cosa prende a me? Cosa prende a te!» Jenna alternò lo sguardo tra Blair e Diana, indicandolo con tono accusatorio, «Lui non è il mio ragazzo, è uno scemo che mi viene appresso per arrivare a mio zio!»

«Eh?!» l’amica si mise una mano davanti alle labbra.

«Che parole pesanti… proprio come le tue mani.» commentò lui, togliendosi infine la mano dalla guancia.

«Lo farei un’altra volta se è necessario. Ho sentito parlare di te, sai? Se non te ne vai chiamo subito l’Agente Jenny!»

Blair non si fece scomporre dalla minaccia di Jenna. Al contrario, tirò fuori una delle sue Poké Ball dalla tasca e la fece rimbalzare sulla sua mano in silenzio.

«E se ti sfidassi, qui e ora?»

Jenna alzò le sopracciglia, «Davanti alla scuola? No, qui passa troppa gente. Se vuoi davvero sfidarmi, andremo al campo sul retro.»

Blair sfoggiò un altro sorrisetto, «Va bene, allora»

«Seguimi»

Jenna cominciò ad andare per guidarlo, Diana la raggiunse correndo per non rimanere indietro. Il loro muoversi da un’altra parte insospettì il Superquattro che era ancora dentro la sua auto, dunque decise di uscire per seguirli senza farsi vedere—nonostante, comunque, fosse in bella vista. Conoscendo Jenna, sembrava talmente accecata dalla rabbia di ciò che aveva dovuto ascoltare il pomeriggio precedente, che non poteva accorgersi se altre persone li stessero guardando. Così, Mirton andò a sedersi sulla panchina al lato del campo, a fianco a Diana che fu sorpresa di vederlo.

«Mirton! Non pensavo che fossi già qui» commentò stupita.

«Ho visto tutto, però ho preferito non intervenire» il Superquattro assottigliò gli occhi, «Voglio vedere come se la cava»

Nel frattempo, Jenna e Blair andarono a posizionarsi agli estremi del campo. 

«Quali sarebbero le condizioni della tua sfida?» domandò la ragazza, «Oppure è solamente un tappabuchi perché non hai potuto sfidare mio zio?»

«Ti sbagli, piccola, delle condizioni ci sono. Come ogni sfida che si rispetti, dopotutto» le rispose Blair, «Poco fa mi hai ricattato dicendo che avresti chiamato la polizia»

«Non era un semplice ricatto.» Jenna aggrottò la fronte, «Lo farebbe chiunque con uno stalker»

«Addirittura?» Blair lasciò scappare una risatina e si mise un dito in fronte, per poi usarlo per indicare lei, «Se vinco io, mi permetterai di allenarmi con te per sfidare nuovamente la Lega Pokémon. Se vinci tu, sei libera di decidere quello che vuoi. Non sono così stupido da obbligare una ragazza a fare qualcosa per me indipendentemente dal risultato»

«Oh, ma che bravo, quasi mi commuovi» rispose lei con ironia, «Ci sto. Allora, iniziamo? Sarà una sfida due contro due. Ho solamente due Pokémon con me, quindi non sarebbe leale farla in altro modo»

«Certamente, è comprensibile. Allora io scelgo te, Toxapex!»

Toxapex uscì dalla Scuro Ball lanciata da Blair. Jenna rimase a fissarlo per qualche secondo, allenando prevalentemente tipi Erba, contro i Pokémon di tipo Veleno non avrebbe avuto la meglio, ma era anche vero che in quel momento possedeva solamente Lilligant e Mightyena. Ricordandosi che Toxapex era anche di tipo Acqua, forse sarebbe stato meglio mandare subito Lily per essere sicura al prossimo turno con Mightyena.

«Lily, sboccia per me!» esclamò, lanciando la Cura Ball per far uscire fuori la sua Lilligant.

«Sei proprio sicura di voler utilizzare un tipo Erba? Non farti ingannare dal tipo Acqua di Toxapex» la avvisò Blair con un sorrisetto soddisfatto.

«Sono sicurissima di quello che faccio. Un Allenatore deve anche sapersi arrangiare con ciò che ha» rispose prontamente lei.

«Davvero? Allora lascio a te il primo turno»

«Con piacere! Lily, usa Fascino!»

«Astuto, ma è un peccato. Toxapex, usa Velenoshock!»

Difatti, utilizzando Fascino, Lily fece in modo di diminuire l’Attacco di Toxapex di due gradi. Però, Jenna non riuscì a calcolare che Velenoshock era una Mossa Speciale, e dunque non sarebbe stata affetta da Fascino. Il Pokémon Fiorfronzolo subì seri danni dalla mossa precedente, ma non volendo arrendersi, si alzò lentamente da terra davanti agli occhi del Pokémon Stellatroce.

Diana rimase con una mano davanti alle labbra, aveva già paura di sapere l’esito della lotta. Mirton, invece, continuò a guardare estremamente concentrato. 

«Non potrà andare avanti così a lungo» commentò.

«Che intendi dire?» domandò Diana, voltandosi verso di lui.

«Fascino diminuisce l’Attacco delle Mosse Fisiche di un Pokémon. Conoscendo questo fatto, Blair continuerà ad usare Mosse Speciali per assicurarsi la vittoria»

Non appena Lily si rialzò, Jenna pensò alla prossima mossa, «Usa Energipalla!»

Lilligant fece come richiesto e lanciò la sfera carica di potere proveniente dalla natura contro Toxapex, che sorprendentemente si ritrovò anche con la Difesa Speciale leggermente abbassata.

Diana sussultò leggermente dallo stupore, «Energipalla? Non aveva quella mossa prima!»

«Ieri sera ne abbiamo discusso un po’» spiegò Mirton, «Sono stato io a suggerirle di sostituire Petalodanza con Energipalla.»

«Ma… se non ricordo male Energipalla è meno potente rispetto a Petalodanza, no?»

«È vero, ma Petalodanza dura per almeno due o tre turni. È anche vero che di solito la usava per ultima per questo motivo, ma in casi come questo non sarebbe stata utile, anzi, le avrebbe impedito di trovare una strategia migliore»

A quel punto erano quasi pari, sebbene Lily fosse ancora un po’ scossa dal primo attacco.

«Toxapex, ora Velenpuntura!»

Jenna sapeva che quella mossa sarebbe stata fatale, «Lily, schivalo e usa Verdebufera!»

Toxapex cercò di inseguire Lilligant con il suo tentacolo carico di Velenpuntura, mentre il Pokémon Fiorfronzolo fece del suo meglio per evitare l’attacco e lanciare Verdebufera. Nell’esecuzione, però, venne avvelenata, mentre Toxapex cadde a terra esausto dopo poco.

«Com’è possibile?!» Blair riprese in mano la Scuro Ball del Pokémon Stellatroce, facendolo rientrare.

Jenna sorrise soddisfatta, avvicinandosi successivamente a Lilligant per farla cadere sulle sue braccia, «Hai combattuto alla grande,» la rassicurò, «Ora riposati» le disse poi, facendola rientrare dentro la Cura Ball.

Blair assottigliò lo sguardo, dopo essere stato sconfitto un paio di volte da Mirton non sopportava l’idea che anche una ragazzina potesse riuscirci. Ma una gran parte di sé era comunque convinta di vincere.

«Tutta fortuna. Ma non riuscirai a battermi così facilmente! Scolipede, vai!»

«Io non credo proprio… Mightyena, è il tuo turno!»

Dalla seconda Scuro Ball di Blair uscì Scolipede, mentre Jenna lanciò la sua ultima Poké Ball da cui uscì Mightyena. Diana strinse lo zaino tra le sue braccia, ormai presa nella lotta.

«Cavolo… Jenna è comunque in svantaggio, visto che Scolipede non solo è di tipo Veleno, ma anche di tipo Coleottero, e Mightyena è un tipo Buio… di conseguenza non sarà affatto facile» si voltò a guardare Mirton, «Tu come pensi che se la caverà?» domandò, realizzando solo dopo che il Superquattro non era più a fianco a lei, «Eh? Ma dove sei?!» Lo cercò velocemente con lo sguardo, per poi vederlo dietro ai cespugli nel retro della panchina.

«Non lo voglio vedere, dimmi tu che cosa succede.»

«Ah!» Diana sussultò sorpresa, per poi alzarsi per guardarlo indignata, «Ma insomma, non è nemmeno così tanto vicino a noi! E poi anche tu possiedi un Drapion!»

«È diverso! È completamente diverso! Sono due specie diverse!» Mirton incrociò le braccia, ma si dovette togliere delle foglie di dosso, «E me lo sento ripetere sempre.» Ma allo stesso momento, un Joltik scese dai rametti dei cespugli per atterrare sulla sua spalla, facendolo dimenare in panico. Diana si limitò a sospirare rassegnata.

Anche Jenna stessa si ritrovò a pensare che era puntualmente di nuovo in svantaggio, ma in fondo Blair aveva sei Pokémon con sé, mentre lei ne aveva solamente due. Non poteva di certo farsi apparire un altro Pokémon a portata di mano come per magia. Ma le mosse giocavano comunque a suo favore.

«Se non ti dispiace, comincio io. Scolipede, Coleomorso!»

«Mightyena, usa Fossa!»

Proprio mentre Scolipede si stava avventando su Mightyena per attaccarlo con Coleomorso, Mightyena scavò velocemente per andare sottoterra. 

«Non mi farò ingannare facilmente da questa mossa… Fielepunte!»

A questo punto il Pokémon Megapede si apprestò a lanciare delle punte velenose sul terreno che avvelenarono Mightyena non appena quest’ultimo colpì Scolipede da dietro. Il Pokémon Morso ritornò nella sua posizione, ormai avvelenato.

«È combattuta…» commentò Diana, «Mightyena è in vantaggio, ma se venisse colpito di nuovo da Coleomorso o da un’altra mossa dello stesso tipo…»

«Non ci sarebbe comunque pericolo, perché l’incontro finirebbe in un pareggio» le rispose Mirton, «Se dovesse succedere, faremo in modo di interromperli in tempo per far sì che non venga loro in mente di lottare una seconda volta»

Nonostante ciò, il Superquattro aveva difficoltà a credere che Jenna lasciasse finire il loro scontro in un pareggio. Scolipede aveva meno energie di Mightyena, ma il Pokémon Morso era stato avvelenato da Fielepunte, di conseguenza avrebbe comunque preso danno.

«Mightyena, vai con Provocazione!»

Mightyena sorrise all’ordine dell’Allenatrice, facendo come richiesto. Lo Scolipede di Blair assottigliò gli occhi, per poi guardarlo con rabbia accennando un ringhio.

«Accidenti! Scolipede, usa Missilspillo!»

Jenna strinse un pugno dallo stupore, per poi stringere anche l’altro, «Mightyena, tu non mollare! Cerca di schivare più che puoi e usa Rogodenti!»

Mightyena scattò velocemente in avanti mentre Scolipede continuava con Missilspillo. Non riuscì ad evitare tutte le punte che il Pokémon Megapede tirava verso di lui, ma una volta arrivato al bersaglio, aprì la bocca che si circondò di fiamme calde intorno alle gengive, per attaccarlo con Rogodenti. Scolipede non poté più fare nulla, e cadde per terra privo di sensi.

«Non posso crederci…!»

Mirton uscì dal cespuglio non appena Blair fece tornare Scolipede dentro la sua Scuro Ball, «Poteva evitare di utilizzare Provocazione verso la fine… ma ero sicuro che sarebbe andata così»

Diana lo squadrò con le sopracciglia abbassate, vedendo le foglie che si erano andate a impigliare sui suoi vestiti, «Davvero?»

A quel punto anche Jenna fece tornare Mightyena dentro la sua Poké Ball, mentre Blair si avvicinò battendo lentamente le mani per simulare un applauso.

«I miei complimenti, hai combattuto bene»

Jenna si alzò da terra, in modo tale da essere faccia a faccia con lui, «Non c’è bisogno che ti sforzi di complimentarti solo per cortesia.»

«Ti sbagli, sono sincero. Non mi aspettavo davvero che tu vincessi» le disse Blair, «Beh, hai vinto tu, ciò significa che non devi allenarti con me»

«Mi sarei rifiutata anche se avessi perso» la ragazza mise una mano su un fianco, «Accettare di allenarmi con te sarebbe stato stare dalla parte dell’oppressore… non potrei mai fare un torto del genere a mio zio.»

Blair rimase in silenzio per qualche secondo, voltandosi altrove. Fu a quel punto che notò che Diana non era sola, ma che Mirton era a fianco a lei a guardarli.

«Allora è così.» rispose semplicemente, «Certo che avete un legame strano… sembrate più fratelli che non zio e nipote» accennò una risatina, per poi tornare a guardarla per salutarla con un cenno di due dita sopra la testa, «Io farò comunque a modo mio»

«Hai detto che come condizione di vittoria sarei stata libera di decidere quello che volevo, no?» Jenna aggrottò nuovamente la fronte, «Smettila di seguirci, non lo dico solamente per noi, ma anche per te. Tu non mi sembri veramente il tipo da fare certe cattiverie, e se fosse così… perché vuoi sprecare la tua vita in questo modo? Hai ancora delle persone che ti vogliono bene!»

Blair si limitò a ridacchiare, «Si vede che sei una ragazzina del liceo, con tante speranze e sogni. Hai ancora tanto da imparare» e fece qualche passo avanti per uscire dal campo, fermandosi solamente davanti alle siepi, «Ah, già.» si voltò a guardare Mirton, «Tornerò la prossima settimana. Fatevi trovare pronti tutti e cinque, d’accordo?» disse un’ultima volta, prima di avviarsi definitivamente per andare via.

Jenna prese lo zaino da terra per avvicinarsi all’amica e lo zio, guardando principalmente quest’ultimo, «E tu da dove salti fuori?»

Mirton abbassò lo sguardo verso Diana, «Visto? Era talmente accecata dalla rabbia che non si era minimamente accorta della mia presenza» ripeté ciò che aveva detto in precedenza come conferma.

La ragazza ridacchiò, «Eh, sì… ho notato»

Jenna si mise le mani sui fianchi, alternando lo sguardo tra di loro, «Allora, mi dite che cosa sta succedendo qui?»

«Calmati, calmati!» Mirton mise le mani avanti, «Ora ti spiegheremo tutto, Diana, tu verrai con noi. Ti accompagniamo a casa»

«Eh?» Non aspettandosi una proposta simile, Diana sussultò appena dallo stupore, «Va… va bene!»

 

Durante il viaggio in auto, Mirton e Diana raccontarono a Jenna che erano rimasti lì a guardare la lotta tra lei e Blair. Si fermarono a Boreduopoli per accompagnare Diana a casa sua, per poi procedere verso il Percorso 11 per dirigersi a Spiraria nella loro villa.

«Papà tornerà domani!» esclamò la ragazza appena entrata a casa, «Ha chiamato anche a te alla fine?»

«Sì, mi ha chiamato prima che venissi a prenderti» le disse il Superquattro, appendendo la borsa nell’appendiabiti, «Ha detto che tornerà domani mattina»

«Che bello! Però… questo significa anche che dovrò fare le valigie» 

Mirton ridacchiò, scrollando le spalle, «Suppongo proprio di sì. Ma alla fine non ti porti mai via tutto, la camera di tuo padre ormai è praticamente diventata tua con tutti quei poster, i fumetti, i libri…»

«Tutte queste cose ce le ho anche a casa, devo fare un po’ di spazio certe volte!» ammise Jenna con imbarazzo, «Non sono così disordinata.»

«Meno di Artemisio di sicuro, devo ancora capire come riordinare decentemente il garage dopo che mi ha dato tutta la sua roba» il Superquattro si diresse in cucina per aprire il frigo.

«Senza contare i vestiti di Camelia nel mio armadio… ogni mattina cerco di non cedere alla tentazione di provarne uno. Sarà più facile tornare a casa e non vederli!»

Mirton si voltò nuovamente verso di lei con una lattina in mano e una finta espressione offesa, «Cosa stai cercando di dirmi? Che non ti mancherò?»

«Ma no, cosa dici?» Jenna si mise a ridere, «Anche se, beh, è un po’ difficile sentire la tua mancanza dato che anche quando sono con papà ci sentiamo praticamente sempre ed ogni tanto veniamo a trovarti»

«Stavo facendo il drammatico, ma se la metti su questo piano ha senso» A quel punto si misero a ridere insieme.

Jenna prese una delle merendine dal frigo e andò a sedersi sul divano, «Secondo te Blair smetterà davvero di seguirci? O di dare fastidio a voi alla Lega?»

«Io non credo» Mirton andò a sedersi a fianco a lei, sorseggiando la birra dalla lattina, «Però deve averlo sorpreso sentirti dire quelle cose. Forse non si aspettava che glielo dicessi, probabilmente sapeva anche che ti riferivi a Velia»

«Era così ovvio?» domandò lei un po’ delusa.

«Tesoro, Velia è l’unica della Lega Pokémon che lo conosce più di tutti noi e non solo come sfidante» rispose il Superquattro, accendendo la TV, «È ovvio che anche lui lo sappia»

«Forse hai ragione… giochiamo un po’ a Drampa Ball prima di andare a dormire? Devo finire una quest ma sembra impossibile»

«Sì, anche io sto avendo un po’ di difficoltà»

«Allora vado ad accendere la mia Switch» la ragazza si alzò con ancora la merendina in mano, per poi guardare per un secondo il vuoto, ricordandosi qualcosa, «Ah, già!»

«Mh?»

Jenna andò a rovistare nel suo zaino poggiato sul tavolo, per tirare fuori la lettera che le era stata consegnata la stessa mattina, «Il prof mi ha dato una lettera dell’allenatrice Davis stamattina! Mi stavo quasi per dimenticare, devo leggerla e devo risponderle per e-mail»

Mirton accennò un sorriso ricordandosi della docente, «Allora aspetterò, nel frattempo farò qualcos’altro» le disse, accendendo la console davanti alla TV, per tornare a sedersi sul divano con il controller in mano. Quando Jenna tornò a sedersi sul divano con il suo portatile tra le mani, il Superquattro invece prese gli occhiali che di solito utilizzava per stare davanti agli schermi illuminati, in questo caso per giocare. Quasi si lasciò scivolare il controller dalle mani quando Jenna si mise ad urlare mentre leggeva la lettera, fortunatamente lo riprese al volo in tempo.

«Ma sei impazzita? Che ti prende?» le chiese, tirandosi su gli occhiali sul volto.

«L’allenatrice Davis ha detto che posso entrare nella sua squadra! Non importa se mi mancano cinque centimetri all’altezza prestabilita… ha detto che per lei basta che io giochi come piace a me, quindi entrerò nella squadra di basket con Mightyena!» spiegò con gioia la ragazza, stringendo la lettera tra le mani, «Sono così elettrizzata, non vedo l’ora di cominciare!»

Mirton ridacchiò intenerito, «Beh, sono contento per te, alla fine ha fatto la scelta migliore. In effetti mi aveva detto che stava considerando l’idea di prenderti comunque»

Jenna si voltò verso di lui, incuriosita, «Davvero? Intendi quando eri con lei quel pomeriggio in cui sono andata a fare pallavolo?»

«Già» il Superquattro annuì e fece una pausa per premere start nella schermata iniziale, «E poi non disperare per l’altezza, hai solo quattordici anni e sei già più alta della media adolescenziale femminile. Non ci metterai molto a raggiungere il tuo zietto, con certe scarpe mi superi anche» Si fece scappare un’altra risatina, «Onestamente non mi stupirei se finissi anche per raggiungere Artemisio e Camelia, considerando l’altezza di tuo padre»

«Così si rasenta l’esagerazione! Magari arriverò solo al metro e ottanta come te, o forse un metro e ottantadue… ma se devo essere sincera, sto anche bene così, essere alti ha i suoi pregi come i suoi difetti» 

«Uno di quei pregi è stato dare uno schiaffo a Blair appena l’hai visto, giusto?» le domandò, iniziando a muovere il personaggio da una parte all’altra nel gioco.

«Cosa? Ma quindi c’eri dall’inizio, hai visto proprio tutto!» esclamò Jenna, per poi gonfiare una guancia, «Un po’ te ne sei approfittato sapendo che non potevi farlo tu per via della reputazione alla Lega, eh…?»

«Mmh, forse sì, forse no… chissà» Mirton indicò la lettera tra le mani della nipote, «Sbrigati a rispondere, altrimenti gioco senza di te e si fa ora di andare a letto»

«Ah, già! Devo farlo subito»

 

***

 

Blanchard bussò alla porta della villa di famiglia la mattina dopo, proprio come aveva detto il giorno precedente. Erano circa le sei, quindi l’unica sveglia in casa era Jenna che, nonostante avesse preso la melatonina prescritta per la notte, non era riuscita a dormire per via dell’emozione che si era andata a creare tra l’incontrare il padre dopo quasi un anno di assenza e la più recente notizia dell’essere stata finalmente presa come membro della squadra di basket della scuola. Sapendo per certo che fosse lui, la ragazza andò subito ad aprire la porta e si buttò tra le braccia del padre con felicità, Blanchard fece lo stesso stringendola a sé con una risata.

«Piano, piano! Così mi butterai per terra!» l’uomo si lasciò scappare un’altra risata nel loro abbraccio, notando che anche Mightyena si era unito nella commozione saltellando da una parte all’altra, rispecchiando le emozioni della sua Allenatrice.

«Oh, papà, devo dirti un sacco di cose! Anche tu devi raccontarmi tutto!» disse la ragazza tutta d’un fiato.

«Certo che ti sei svegliata proprio bene, hai dormito almeno?» le chiese.

«Un po’… mi sono svegliata tante volte durante la notte perché ero troppo agitata! Sono successe tante cose, sai?»

Uno sbadiglio proveniente dal corridoio a pochi passi da loro interruppe la loro conversazione, si voltarono a guardare quello che era Mirton appena uscito dalla sua stanza ancora assonnato.

«Sei arrivato in anticipo…» mormorò ancora assopito, sbadigliando un’altra volta, «Pensavo arrivassi in tarda mattinata…»

Blanchard ridacchiò, «Un bentornato così da te me lo aspettavo, non sei mai stato mattiniero» alternò successivamente lo sguardo tra la figlia e il fratello minore, «Beh, prima che ve ne andiate a scuola e a lavoro abbiamo un po’ di tempo, e stasera a cena mi racconterete di più. Jenna, se vuoi ti accompagno io a scuola, così Mirton non dovrà fare due viaggi già da oggi»

«Ne sei sicuro? Sei appena arrivato, non preferisci riposarti un po’?» gli domandò Jenna, un po’ preoccupata.

«Stai tranquilla, e poi almeno così mi dirai un po’ che hai fatto in questi giorni» le rispose, accarezzandole il livido ancora visibile sull’occhio, dal vivo era ancora più sconvolgente da vedere.

La ragazza gli sorrise, «Va bene, allora! Vado a prepararmi»

Mirton fece qualche passo avanti seguendo Jenna con lo sguardo, che si diresse in camera sua. Il Superquattro si avvicinò a suo fratello, i loro sguardi si incrociarono con un’immediata intesa.

«Posso solo dire che la metà dei problemi è stata risolta» disse il più giovane, «Una di queste cose, tra l’altro, l’ha risolta da sola»

Blanchard sgranò gli occhi dallo stupore, «Stai dicendo sul serio?»

Mirton annuì, «Anche se non può sembrare, sta maturando lentamente. Ieri pomeriggio ha lottato come non l’ho mai vista prima. Non posso nascondere che sono rimasto sorpreso»

Il fratello maggiore sorrise a sentirlo, «Questo però è anche merito tuo, te ne rendi conto?» il minore rimase in silenzio e così continuò, «Sei tu che stai costruendo questa ragazza. Mi duole ammettere che… nonostante tu condanni tanto Lulu per essersene andata, non sono così diverso da lei. Sono un padre assente, a mio modo, per via del lavoro che mi porta via tempo da trascorrere con Jenna che è mia figlia… e con te che, beh, sei pur sempre il mio fratellino anche se ormai sei diventato adulto, e voglio aiutarti come posso» fece una pausa di qualche secondo per poi continuare, «Jenna ti vede come un modello, spera di essere come te in futuro. Io non posso che esserne contento, la mia bambina sta diventando grande…»

Mirton non proferì parola per tutta la durata del discorso di Blanchard. Voleva dirgli che Lulu, la sua ex moglie, era diversa da lui. Lulu li aveva abbandonati, non voleva più saperne di loro. Blanchard invece stava mantenendo non solo la figlia, ma anche Mirton stesso che dopo aver superato i vent’anni avrebbe dovuto essere autosufficiente. Non poteva fare a meno che provare un senso di colpa. Per scacciare via questi pensieri lasciò scappare una risatina maliziosa, una delle sue solite.

«Di’ un po’… ma ieri sera hai bevuto con i tuoi colleghi prima di tornare a casa?»

Blanchard corrucciò le sopracciglia, gli si arrossarono le guance dall’imbarazzo, «Ma questo che cosa c’entra con tutto quello che ti ho detto?! Almeno una soddisfazione potresti darmela invece di prendermi in giro!»

«Oh, beh, chi tace acconsente. Alla fine non hai detto di no» Mirton voltò lo sguardo altrove, ridacchiando.

«Io non—» Blanchard tirò un sospiro rassegnato e sorrise, «Sei davvero incredibile, lo sai?»

Rimasero in silenzio per qualche secondo, per poi incrociare nuovamente lo sguardo e scoppiare a ridere insieme. Jenna uscì dalla sua stanza con in mano i vestiti che avrebbe dovuto mettere quella giornata, e li guardò confusa.

«Ma che gli prende a quei due ora?»



Pollyanna — FIN.

 

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