broken heart

di Agueda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***
Capitolo 4: *** capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** capitolo sei ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** capitolo uno ***


    Capitolo Uno
follia


Quel sabato di metà settembre, Chiara Molero chiuse con forza dietro di sé la porta di casa, assolutamente intenzionata a non tornarci mai più.
Ancora una volta si era svegliata in un letto freddo e vuoto e sapeva bene cosa l’aspettasse. L’ennesimo weekend da trascorrere sola a deprimersi guardando film d’amore.
Ormai i suoi fine settimana erano questi, da quando il suo compagno, Daniele Fuentes, si era messo in testa di diventare il più giovane professore di Procedura Civile. Niente più romantiche cene fuori, niente uscite con gli amici, niente weekend e ovviamente niente vacanze estive. Quando non lavorava, studiava e quando non studiava, lavorava.
Anche lei trascorreva dodici ore al giorno lavorando come grafico nello studio di grafica della sua amica, eppure si sarebbe ritagliata molto volentieri del tempo libero da trascorrere insieme fuori da quelle mura.
Chiara non ricordava nemmeno più l’ultima volta che avevano fatto l’amore per quanto tempo fosse passato.
No, non era possibile vivere così. Aveva quasi ventisei anni e sua nonna di settanta aveva una vita molto più eccitante della sua.
Daniele continuava a ripeterle di avere pazienza che mancava poco alla fine della stesura della tesi e all’inizio lei lo aveva addirittura spronato ad impegnarsi anima e corpo per realizzare il suo sogno, solo che ora era arrivata veramente al limite.

Scaraventò il grande trolley nel bagagliaio della sua fiat Panda nera metallizzata e si mise alla guida.
“ E ora dove cazzo vado? ”.
Dai suoi genitori non poteva tornare.
Avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni e soprattutto sorbirsi le loro prediche. Loro volevano solo vederla sposata con minimo tre figli e non capivano cosa lei stesse aspettando dopo ben otto anni di fidanzamento di cui cinque di convivenza.
Anche Chiara voleva farsi una famiglia. Peccato che Daniele non avesse nemmeno il tempo di chiedere la sua mano, figuriamoci quello per metterla incinta!
Suo fratello William   aveva appena divorziato dalla moglie e figuriamoci se poteva stare appresso anche a lei.
Faceva caldo, ma iniziò a piovere fango. “Che tempo di merda”, imprecò contro il cielo scuro sopra di lei.

Erano anni che non si sentiva così disperata. Si era stufata anche di uscire con le amiche che puntualmente portavano i loro fidanzati, conviventi o mariti e lei era sempre sola a dare spiegazioni sull’assenza di Daniele.
Quindi erano sei mesi che Chiara usciva di casa solo per andare al lavoro, al massimo in palestra e tutt’al più a trovare la famiglia.
Alzò al massimo il volume dello stereo, e sulle note di “chandelier“ di Sia , partì a tutto a gas senza una meta.
All’improvviso sulla sinistra vide il cartello di uscita per Punta Raisi. Non ci pensò nemmeno mezzo secondo e sterzò bruscamente imboccando la rampa.
Avrebbe preso il primo aereo in partenza pur di andarsene il primo possibile da Palermo e il più lontano possibile da Daniele.
Solo che purtroppo la realtà non funzionava come nei film.
Una volta parcheggiata la macchina ed entrata alle partenze internazionali, Chiara dovette per forza decidere dove andare.
Si mise a guardare il display dei prossimi voli in partenza.
New York, troppo freddo.
Dubai, troppo caldo.
Bangkok, troppo lontano.
Amsterdam, troppo vicino e troppo freddo.
Mosca, stiamo scherzando?
Marrakech, una noia mortale
Los Angeles, forse forse…

Chiara cercò di stringere le meningi per ricordarsi quale dei suoi amici si fosse trasferito proprio a Los Angeles e l’avesse anche invitata la scorsa estate.
Peccato che con il lavoro e lo studio di Daniele, erano dovuti rimanere inchiodati a casa con l’aria condizionata a manetta.
Ma sì…Carlo!!! Come aveva fatto a non pensarci prima.
Afferrò al volo il cellulare e avviò la chiamata.

“ Elena, ciao, Chiara sono come va? ”
“Bene, bene tu invece come va?”
“Tutto ok, Senti, ma tuo fratello Carlo è ancora a Los Angeles?”
“Sì, perché?”
“Nulla, forse vado a trovarlo, ma ancora non è sicuro quindi non dirlo a nessuno. Dammi solo il suo numero, così nel caso, gli faccio una sorpresa”.
“Sicuramente sarà felice di vederti, ma avvisalo per tempo perché è sempre al lavoro”.
Non è possibile. Anche Carlo drogato di lavoro come Daniele? Da lui non me lo aspettavo proprio.
“E che lavoro ha trovato?”
“Di giorno lavora in un’azienda di marketing e grafica, e di sera fa il barista, in un locale “
“Che cosa!!??? Carlo che fa il barista!!??”
“Esatto”


Cosa?
Carlo aveva fatto svenare i genitori per frequentare una prestigiosa università americana, laureandosi a pieni voti in marketing ed era finito a lavorare come… barista di sera in un locale?
Doveva essersi persa qualche pezzo.
E doveva assolutamente andare a controllare cosa stesse combinando quel pazzoide a Los Angeles.

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Capitolo 2
*** capitolo due ***


    Capitolo Due
Notizie
Erano quasi le cinque del mattino dall'altro capo dell’oceano e l’Elisir, la discoteca dove   Carlo Martinez lavorava, stava per chiudere.
Lui aveva già sistemato meticolosamente il bar, chiusa la cassa e stava contando le sue cospicue mance. Anche quella sera era andata di lusso.
Quanto amo questo lavoro, pensò mettendosi in tasca quasi mille dollari.
Cosa poteva volere di più dalla vita? Lo pagavano profumatamente per far divertire e far bere la gente e rimorchiare anche qualche bella donna.
Infatti, anche quell'alba di metà settembre, una mora mozzafiato lo aspettava appoggiata alla sua moto fuori dal locale.
Era stato fin troppo facile conquistarla e convincerla a proseguire la serata a casa sua.
Certe volte bastava anche solo dire che era italiano per far letteralmente cadere le donne ai suoi piedi. Sul fatto che ci sapesse fare poi non ci pioveva proprio. Come sul fatto che fosse un gran pezzo di ragazzo.
Non era assolutamente narciso, ma nemmeno cieco e quando si guardava allo specchio non poteva che compiacersi del suo aspetto.
Aveva sempre avuto un fisico atletico sin da piccolo e poi facendo nuoto a livello agonistico ancora di più. Le sue spalle erano almeno trenta centimetri più larghe del suo bacino. Gli addominali abbronzati talmente tirati da sembrare scolpiti con lo scalpello.
Si infilò la giacca di pelle nera e prese due caschi da sotto il bancone. Ne portava sempre uno in più per la ragazza predestinata.
Aveva la salute, i soldi per togliersi gli sfizi e soprattutto una figa diversa al giorno che non voleva altro da lui che il suo cazzo!
Molti uomini avrebbero ucciso pur di avere una vita come la sua, ne era certo.
Lei non voleva altro, però non si aspettava che fosse già così appassionato.
Cosa avranno mai questi maschi latini, si domandò lasciandosi trascinare in un turbine fatto di carezze audaci e baci travolgenti.
Se non fosse stato vietato dalla legge, Carlo l’avrebbe fatta piegare a novanta gradi sulla moto e presa da dietro proprio lì, per quanto era arrapato, ma forse era meglio andare a casa.
Saltò sulla sua Ducati Monster nera e mise in moto impaziente di partire. Lei si sistemò dietro di lui, cercando di non far alzare troppo la gonna, anche se in pratica stava con quasi tutto il culetto di fuori.

Solo un paio di miglia dividevano il club dalla sua villetta in affitto a Silver Lake, dove non vedeva l’ora di arrivare per assaggiare quella mora tutto pepe.
Anche se lui aveva un debole per le rosse, ogni tanto non disdegnava qualche variazione sul tema.
Sul rettilineo aprì il gas e il rombo del suo motore risuonò nell’alba silenziosa.
La tipa gli spiaccicò le tette sulla schiena e serrò le cosce intorno a lui per reggersi.
Ecco un altro validissimo motivo per adorare le moto!
Una volta a casa, riuscì finalmente ad attuare la sua fantasia
Lei gli sorrise timidamente e poi gli sbottonò i jeans impaziente, liberando la succulenta erezione di Carlo che nel frattempo le aveva già alzato il vestitino aderente.  Il perizoma della ragazza era completamente bagnato, notò lui con piacere famelico.
Fece piegare la ragazza, srotolò uno dei preservativi che portava sempre nella tasca dei jeans ed entrò prima piano per farla abituare e poi sempre più forte per farla urlare.
Quella posizione era la sua preferita perché non era costretto a guardare o baciare la ragazza in questione, poteva ammirare il suo culo, afferrarla per i fianchi per penetrarla con più forza, oppure stringere i seni durante l’atto. Davanti a uno specchio poi era il massimo, non era per niente male. Infatti appena sentì lei contrarsi per il piacere anche lui uscì fuori per venire nel preservativo emettendo un ringhio strozzato.
Mentre si richiudeva i pantaloni, il cellulare nella tasca della giacca iniziò a vibrare. Che tempismo.
Chi cavolo poteva essere a quell’ora? Qualche amico che tirava fino a tardi o qualcuno dall’altra parte dell’oceano, più precisamente in Italia, di cui riconobbe il prefisso internazionale + 39.

“Pronto” rispose allarmato, visto che in Italia aveva la famiglia
“Carlo”
“sì, chi è??”
Era una donna, ma non aveva la più pallida idea di chi fosse. Tanto più che erano nove anni che viveva all’estero e solo i parenti più stretti avevano il suo numero americano.
“Non riconosci la mia voce?”
“no “
“non dirmi che non riconosci più la voce della tua ex collega di bravate”

Spalancò gli occhi per la sorpresa.
Cazzo Chiara!”
“Ecco appunto”.
Carlo   era sconvolto da quella telefonata improvvisa e se lei lo stava addirittura chiamando, forse era successo qualcosa di grave.
“Chiara, i miei stanno bene ??”
“sì, si tutto alla meraviglia”.

 Iniziò a farsi mille pensieri sul perché lei lo stesse chiamando.  Iniziò
Ad ipotizzare, che lo stesse chiamando per annunciargli che si   sposava o addirittura che fosse morto qualcuno.
“Tra sedici ore atterro a Los Angeles. Mi vieni a prendere?”
Il ragazzo non riuscì a credere alle sue orecchie. Erano anni che invitava la sua collega e il suo fidanzato da lui in America, ma loro dovevano sempre lavorare o fare noiosissime cose da coppia e avevano sempre rifiutato.
Certo. A che ora atterrate esattamente?”
 “Perché parli al plurale Carlo?”
“Scusa, non vieni con Daniele?”
“no, sono sola soletta”
“Capito”
“Posso stare da te, o devo cercare un hotel?”

“Ovvio che puoi stare da me”, disse cercando di farla stare meglio.
Anche se avrebbe dovuto rinunciare alla sua libertà per il breve soggiorno della collega, era comunque felicissimo di rivederla dopo così tanto tempo.
“Meno male…”, la sentì rincuorarsi.

Voleva tanto sapere cosa fosse successo con Daniele e avrebbero avuto tutto il tempo per parlarne una volta che lei fosse arrivata. Sperava solo che non stesse scappando perché lui l’aveva picchiata, o l ‘avesse tradita altrimenti sarebbe dovuto tornare a Palermo per spaccargli tutte le ossa in vari punti e non gli andava un granché.

Avevano sempre trascorso le vacanze estive insieme, anche le uscite serali invernali, lui, Chiara, sua sorella Elena, quel deficiente di William il fratello di Chiara, I loro amici del bar e soprattutto quel gran deficiente di Salvo. Erano tutti felici e spensierati, non avevano pensieri, almeno così si sperava, fino all’ estate 2009 quando non si sa per quale motivo si sono divisi tutti. Salvo era sparito, cioè era partito, sua sorella Elena iniziò a lavorare, Chiara anche, e William si era sposato e quindi a lui non restò che partire per Los Angeles.

Dopo che accompagnò la bellissima mora a casa, Carlo ebbe tutto il tempo per organizzarsi per l'arrivo della sua collega.
Carlo, non aveva la più pallida idea di quanto si fermasse Chiara, qui a Los Angeles.

Mancava solo un’ora all’atterraggio e Chiara andò nel bagno dell’aereo. Non era riuscita a chiudere occhio per tutto il lungo viaggio e quando si guardò allo specchio quasi non si riconobbe. Era bianca cadaverica, con gli occhi rossi e scavati per aver pianto tutte le sue lacrime tanto si sentiva in colpa verso Daniele. Cioè era contenta di essere riuscita finalmente a prendersi una vacanza e di andare a trovare il suo amico che non vedeva da troppo tempo, solo che avrebbe preferito non dover scappare di casa di nascosto come una ladra. Certo, sarebbe stato molto più maturo parlarne come persone civili e magari prendersi una pausa di riflessione. Se lui avesse avuto il tempo di parlare forse, anzi quasi sicuramente, non sarebbero arrivati a quel punto di rottura.

Qualcuno bussò alla porta del bagno e Chiara si sciacquò la faccia in fretta.
Quando riprese posto, guardò impaziente fuori dal finestrino. Quello che vide calmò la sua impazienza.
La città degli angeli   che tanto amava lambiva la città dove la stava aspettando una persona che era sempre stata sincera con lei. Una bella persona, come raramente si incontrano nella vita.
Il suo amico e nonché ex collega Carlo, che avrebbe fatto di tutto e di più per farle dimenticare le sofferenze dell’altro capo dell’oceano. Ne era sicura.

Appena atterrata, Chiara riaccese il cellulare e fu inondata dai messaggi allarmati di Daniele, dei suoi genitori e addirittura da parte di suo fratello.

L’unico che aprì però fu quello di Carlo in cui le dava il benvenuto a Los Angeles e la avvisava che la stava già attendendo dopo il ritiro bagagli. Fece un sospiro di sollievo e trascinò le sue membra stanche sul suolo americano.
Una volta ritirato il grande trolley della fuga scrutò tutte le persone in attesa con la speranza di scorgere il volto di Carlo quando sentì una voce profonda alle sue spalle.
-Chiara?
-Sì
Appena si voltò, rimase abbagliata dal sorriso di Carlo.
“Benvenuta a Los Angeles”.






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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


Capitolo tre
Los Angeles

Gli Stati Uniti erano proprio come si era immaginata e come aveva visto in tanti film.
Tutto aveva dimensioni maggiori ed era eccessivo in qualche modo. Los Angeles in particolare, sembrava la patria dei divi, del lusso e della bella vita.

Carlo, guidava concentrato e ogni tanto la sbirciava con la coda dell’occhio. Le ragazze italiane gli erano sempre piaciute. Esuberanti, passionali e fantasiose, solo che quella era la sorella del suo migliore amico e di conseguenza intoccabile come un mostro sacro.
Certo, se fosse stata un vero mostro sarebbe stato molto più semplice starle lontano.
Chiara, voleva essere l’uomo che amava. E non il Daniele freddo e cinico   che era diventato. Bensì quello dolce e virile di cui si era innamorata anni prima.
Arrivati a casa, Carlo   gli fece vedere la casa, e gli indicò la sua stanza. Chiara si sentiva come una bambina al lunapark.
Raggiunse Carlo   nella mega cucina open space.
-Ti va di parlare???
-Dipende
-ti ha fatto male??
-Si, cioè no
-ok, ti servo un Mojito

A quelle parole Carlo contrasse la mascella, come per dire “giuro che gli spacco la faccia”
-Ti ha fatto male??
-Moralmente, non fisicamente.

Carlo, l ‘abbracciò d’ istinto.
Peccato che quell’ abbraccio durò pochi secondi, perché squillò il telefono di Carlo interrottamente.
-è mio padre. Cosa gli devo dire se mi chiede di te?
Chiara assunse di nuovo un’espressione angosciata.

Digli che sono qui con te e di avvisare i miei.

“ciao, papà”
La voce allarmata di suo padre gli chiese immediatamente se Chiara fosse insieme a lui.
“Sì, Chiara è proprio di fronte a me”
Le lanciò uno sguardo di intesa. Lei contraccambiò accennando un sorriso e per un attimo il mondo si fermò, poi però il padre iniziò a tempestarlo di domande tipo:
“Cosa è successo? Perché è scappata così? Quanto ha intenzione di rimanere? Sta bene? Perché non ha avvisato i genitori?”.
“Rimarrà quanto vuole rimanere e non rompetele l’anima pure voi”, ordinò secco Carlo e mise fine alla telefonata.

-Me ne fai un altro per favore?
-Sicura?
-Reggo anche troppo bene, tranquillo, lo rassicurò lei.
-te ne verso un altro solo, se mi dici cosa è successo
- Da quando Daniele ha deciso di diventare professore, esiste solo lo studio. Io mi sentivo tanto sola e…
-Lo hai tradito, concluse lui sicuro.
-assolutamente no! Cazzo, mi sarebbe bastata anche solo una fottuta carezza.
-allora, mi spieghi perché stai evitando anche i tuoi??
-Loro mi chiedono in continuazione quando mi sposerò o se sono incinta. Peccato che siano mesi che lui non mi sfiora nemmeno per sbaglio.

Carlo, rimase scoccato per la confessione appena fatta, e subito la prima cosa che gli venne in mente fu; “Daniele   era o gay o impotente o il presidente mondiale dei deficienti. Forse tutte e tre le cose insieme.”
-Non lo so, magari è normale dopo anni insieme avere il calo del desiderio.
-Stai scherzando spero, la bloccò subito Carlo,
Ci sono coppie che stanno insieme da trent’anni e ancora lo fanno. Certo, non con la stessa frequenza dell’inizio, ma come è possibile vivere senza? Quella domanda retorica fece rabbuiare ancora di più il suo volto già triste.
-Chissà, forse ha un’altra.
-Quello lo escluderei proprio, affermò convinto e lei rialzò la testa interrogativa.
-Perché? Gli uomini tradiscono in continuazione e non mi dire che tu non lo hai mai fatto perché non ci credo.
Forse, anzi di sicuro, sono un uomo atipico, perché sul fatto dei tradimenti la penso esattamente come te. Che senso ha impegnarsi con una persona se poi se ne cercano altre?
 -È per quello che escludi che Daniele possa avere un’altra?
Dopo qualche secondo di riflessione, Carlo le rispose.
-Per quello e anche perché un uomo normale di solito riesce a soddisfare sia la donna che l’amante, affermò esperto. Dai, non ci posso credere che tra di voi non ci sia stato proprio più nulla?
 -Diciamo che…, È come se non esistessi.


Dopo tre   Mojito e non so quanti altri drink, Carlo e Chiara decisero di prepararsi per andare al locale, dove Carlo lavorava.



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Capitolo 4
*** capitolo quattro ***


Capitolo Quattro

Quando salì sulla moto di Carlo, le sembrò di essere tornata proprio indietro nel tempo, quando marinava la scuola con i compagni di classe per andare fuori città con il motorino.

Quello però non era un Ciao sgangherato, ma una moto super figa che si addiceva benissimo al suo proprietario che ci salì sopra porgendole un casco nero.

“Sei pronta?”, chiese lui alzando il sopracciglio

Chiara ebbe la sensazione che lui si riferisse a qualcos’altro. Tutto in quel ragazzo la faceva pensare a qualcos’altro. Qualcos’altro riguardante il sesso. “Non correre”, rispose lei urlando.

Si sentì come se con quel viaggio avesse premuto il pulsante di accensione. Finalmente la giostra della vita stava ripartendo e lei non vedeva l’ora di montarci sopra.

 

Carlo, indossava una camicia di lino nera che svolazzava al vento. Lei cercò di reggersi ai sostegni posteriori, solo che quando accelerò sul lungo oceano, si ritrovò incollata a lui.

“Scusa”, le venne spontaneo dire, un po’ a disagio per aver appena spiaccicato le tette sulla sua schiena.

Lui si girò leggermente e rispose con un sorriso divertito:

“Scusa di cosa?”.

“È meglio se ti reggi a me”, le ordinò tornando a concentrarsi sulla strada.

Chiara obbedì molto volentieri e strinse le braccia intorno al corpo caldo e muscoloso di Carlo. Quando scese dalla moto era strafatta di testosterone e adrenalina. Quasi quasi non ce la faceva nemmeno a camminare.

Non c’ erano aggettivi   per descrivere Carlo; ma se proprio li avesse cercati, si sarebbero potuti sintetizzare tutti in uno solo e cioè selvaggiamente sexy.

Capelli spettinati con un po’ di gel, barba curata, altro che oasi nel deserto! Era come portare un drogato ad Amsterdam, un obeso in pasticceria, un bambino al luna-park. Lui era tutto questo e molto di più, solo che lei non poteva lasciar trapelare quel pensiero.

-cazzo, mi sembra natale!!

-perché???

-Chiara, sei un regalo meraviglioso, ci voleva proprio il tuo arrivo.

il suo sguardo e la sua voce erano talmente profondi che lei indietreggiò.

 

Meno male che quando aveva scelto Los Angeles pensava di essere al riparo dalle tentazioni trattandosi del suo amico e invece era finita dritta dritta nella tana del lupo. E ci stava sguazzando dentro senza ritegno!

Arrivati, all’ Elisir, le luci erano soffuse e l’ambiente esclusivo la misero per un secondo in agitazione, però quando sentì la mano di Carlo sostenerla alla base della schiena, si sentì di nuovo a suo agio, al suo fianco. Si immaginò che quella mano scendesse fino alla sua coscia nuda fino al centro delle gambe, per poi entrare decisa nella sua intimità.

“A cosa stai pensando?”, chiese lui con una faccia che non prometteva niente di buono.

“È meglio se non te lo dico”, fu la risposta inequivocabile di lei e il ragazzo si schiarì la voce spogliandola con gli occhi. Andarono incontro a Felix che coordinava i ragazzi della security all’ingresso.

 

Chiara lo salutò anche se lui mantenne la giusta distanza. Carlo e Felix si squadrarono cercando di capire cosa stesse pensando l’altro, poi Carlo decise di fidarsi, anche perché non aveva molte alternative. “Te la affido, mi raccomando”, disse lanciandogli uno sguardo d’ammonizione che non sfuggì alla ragazza.

“Carlo tranquillo. So badare a me stessa. Penso proprio che sopravvivrò, anzi spero anche di divertirmi”, gli fece un occhiolino di intesa.

Carlo tranquillo un cazzo!

Dio, quanto avrebbe voluto afferrarla per i capelli e baciarla fino a farla rimanere senza fiato.

Una bruttissima sensazione che non avvertiva da quanto si era lasciato con la sua ex, lo fece rabbrividire.

Si era sempre sentito inattaccabile in quella città, mentre da quando Chiara era arrivata, oltre a perdere il controllo di sé stesso, si era reso conto di essere vulnerabile.

Lei era sua e voleva proteggerla, peccato che lei invece volesse fare di testa sua. Magari finendo tra le braccia del primo bastardo che le capitava. Strinse i pugni. Ci voleva subito uno shot di tequila ghiacciata per digerire quel pensiero nefasto.

Mentre il ritmo di BurakYeter & Cecilia Krull - My Life Is Going On (BurakYeter Remix)

gli entrava nelle vene, si fece largo tra i primi avventori del club e prese posto dietro al bar.

Due colleghi stavano già servendo vari cocktail, ma lui in qualità di barista acrobatico e attrazione della serata, poteva permettersi di arrivare più tardi, anche perché poi sarebbe stato lui a fare i conti e a chiudere cassa come al solito. Il proprietario si fidava solo di lui. Una scossa elettrica lo colse scuotendolo da capo a piedi. Per cercare di togliersi di dosso l’eccitante sensazione della pelle di Chiara attaccata alla sua, iniziò a far roteare le prime bottiglie. Doveva concentrarsi, doveva guardare qualsiasi altra donna, tranne lei.

Mora, bionda, rossa, bianca non avrebbe fatto differenza. L’importante era distrarsi da quel fastidioso pensiero fisso che lo tormentava da quando qualche ora prima aveva accolto la sua amica nella sua nuova vita.

Le ore passavano, ed il locale era pieno di gente, davanti a lui c’era gente che si ubriacava, e che chiedeva drink, gente che ballava, gente che sniffava della meglio maniera.

Ad un certo punto si voltò verso uno dei tavoli e vide Chiara ballare con un ragazzo e fu lì che i loro guardi s’incontrarono e fu sfida a primo colpo!!!! Maledetto Felix! Come aveva potuto lasciarla al tavolo con quel playboy. A fine serata gliene avrebbe dette più di quattro. Nel frattempo sfogò la sua frustrazione nel lavoro al ritmo di Imagine Dragons - Believer.

Una ragazza, ubriaca fradicia, salì nel bancone e iniziò a toccargli i muscoli sotto la camicia, Lui stette al gioco, ma fu subito fermato da un altro braccio. Era il braccio di Chiara.

“Bellezza, scendi e vattene, ora è il mio turno.”

Dopo quelle parole, salì sul bancone e disse una frase all’ orecchio di Carlo.

“Facciamo come ai vecchi tempi, facciamogli vedere chi sono Chiara e Carlo”

“Cosa hai in mente??”

“Fidati e vedrai”.

Cazzo era ubriaca, ma restava sempre la donna più sensuale che lui abbia visto. Si sdraiò sul bancone, aprendo la bocca provocante.

Nel frattempo la clientela davanti al bancone era diventata per lo più maschile e quando videro il barista lanciare due bottiglie in aria per poi versare il liquido di entrambe direttamente in bocca alla sventola sul bancone, scoppiarono in un boato di eccitazione facendo il doppio delle ordinazioni. Gli occhi di Carlo, iniziarono a brillare come non mai alla vista della sua amica che dimenava il fondoschiena a ritmo di musica proprio sopra di lui. Erano un’accoppiata molto pericolosa che portavano scompiglio raccoglievano centinaia di dollari di mance. Lei lo provocava con il suo corpo e con lo sguardo. Lui la assecondava non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso. Aveva bisogno di un altro shot di tequila e di ghiaccio nelle mutande.

Basta. Devo smetterla di bere, altrimenti finirò per scoparmela qui sopra il bancone.

Ordinò a sé stesso completamente stregato dalla sensuale bellezza di quella donna, che la sfiga aveva voluto fosse la sorella del suo amico e quindi intoccabile.

Ma più si imponeva di non toccarla e più la voleva afferrare per quei fianchi sinuosi e farla sua in un unico gesto urgente. Gli tornò in mente la sua confessione come un flash. Quel coglione del fidanzato non se la scopava da una vita. Cazzo, una donna così lui se la sarebbe scopata come minimo tre volte al giorno, se non di più.

Un grave problema si era sollevato nei suoi jeans appena l’aveva vista uscire dalla camera degli ospiti. Era di una bellezza totale e paralizzante. Sperò con tutte le forze che passasse, invece la sua eccitazione non faceva che crescere e a stento riusciva a lavorare senza correre al bagno a farsi fare un servizietto dalla prima ragazza disponibile.

I clienti applaudirono eccitati come lui all’ennesima prodezza di Chiara che si muoveva esperta, come se avesse ballato su un bancone chissà quante volte. La serata volgeva al termine e i clienti erano impazienti di avere i loro ultimi drink, quindi Carlo riprese in mano la situazione al bar, mentre Felix accompagnava Chiara nello spogliatoio.

Ormai non si reggeva più sui tacchi e barcollò. Quella serata era un incubo che sperava solo finisse al più presto, anche se era sicuro che il peggio dovesse ancora arrivare.

Il locale si stava svuotando e lui prima di iniziare a fare i conti alzò lo sguardo per controllare dove fosse Chiara

-Ti sta aspettando fuori, cercò di tranquillizzarlo Felix ottenendo l’effetto contrario.

-È là fuori da sola e ubriaca? Amico, stasera giuro che ti ammazzo, lo minacciò saltando fuori dal bar con una bottiglia ancora tra le mani per andare a cercarla. La trovò appoggiata al muro vicino alla sua moto con tre ragazzi più ubriachi di lei che cercavano di farla salire sulla loro macchina. Lei gli rivolse uno sguardo di aiuto e lui vide rosso.

In un nanosecondo ruppe la bottiglia sul muro e prese alle spalle uno dei tre puntandogliela alla gola.

Per fortuna anche Felix li raggiunse, costringendoli con le cattive ad andarsene.

Chiara sembrava spaventata a morte.

 

-Tutto bene? le chiese protettivo.

 -Sì però adesso portami a casa, ti prego.

 

Carlo l’avrebbe voluta immediatamente accontentare, peccato dovesse ancora chiudere la cassa e in più non era sicuro che lei ce l’avrebbe fatta in moto.

-Forse è meglio se torni con Felix in macchina. Io finisco qui e ti raggiungo, ok?

Lei era delusa ma acconsentì.

“Fai presto”.

 

A Carlo non era piaciuto per niente il comportamento di Felix quella sera, solo che non aveva alternative migliori.

 

-Non la lasciare nemmeno un secondo, comandò all’amico e scomparì all’interno per finire il suo lavoro. Contò rapidamente le mance. Cristo, aveva fatto il doppio del solito grazie alla folle idea di Chiara.

Montò sulla Monster ansioso di tornare a casa e volò sulla strada pregando di non incontrare nessuna pattuglia della polizia. Con tutto l’alcol che aveva in corpo e a quella folle velocità, lo avrebbero sbattuto in galera e buttato la chiave.

Arrivato a casa trovò Chiara distesa nel divano.

Lei dorme beata mentre fuori c’è la terza guerra mondiale, pensò Carlo portandola nella camera nella camera, dove alloggiava lei. Aveva sognato tutta la notte di sbatterla sul letto, però di sicuro non in quello stato. Le tolse le scarpe e la giacca, sperando che lei si risvegliasse nel frattempo, invece nulla.

Avrebbe potuto anche lasciarla dormire così, solo che magari non gli sarebbe più capitata l’occasione di vederla nuda e si sa, l’occasione fa l’uomo ladro. Le sfilò piano la canotta e il reggiseno. Trattenne il respiro e iniziò a sfilarle gli shorts sotto i quali si trovava un delizioso perizoma azzurro che lui avrebbe tanto voluto strappare per farle sentire quanto la desiderasse. Sotto si intravedeva una sottile striscia di corti peli pubici.

 

“Carlo “, lo chiamò nel sonno.

“Chiara”, le rispose subito lui alzandosi e ricoprendola con il lenzuolo.

Per un attimo i loro occhi rimasero agganciati, poi lei li richiuse e allungò una mano verso i bottoni tirati dei suoi jeans.

“Ti voglio”, biascicò mentre la bloccava a malincuore.

Non gli era mai capitato di dire di no a una donna, però non gli piaceva assolutamente farlo con un’ubriaca. La voleva da morire, solo che voleva che lei fosse lucida mentre se la scopava. Era chiedere troppo?

 Porca troia, erano appena ventiquattro ore che lei era qui a Los Angeles e già gli aveva sconvolto la vita, i piani e tutto il resto. Stava scoppiando quasi una terza guerra mondiale. Era un uragano in continua evoluzione. Era l’apocalisse per eccellenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** capitolo cinque ***



Capitolo Cinque


Il giorno dopo Chiara aprì gli occhi cercando di ricordare il suo nome e soprattutto dove diavolo si trovasse.

Oh Dio sono a Los Angeles, esclamò mentalmente mentre si alzava dal letto con solo il perizoma addosso.

Dire che i ricordi della notte precedente fossero confusi era usare un grande eufemismo.

Non ricordava di essersi spogliata prima di andare a dormire, però evidentemente lo aveva fatto.

Indossò l'accappatoio e uscì a cercare Carlo. Nulla.

Entrò nella sua stanza con la speranza di trovarlo ancora addormentato, invece trovò solo un letto bianco disfatto e vuoto.

Lui non c'era e un brivido di freddo la scosse.

Si sentì in colpa per aver esagerato la scorsa notte

Per fortuna ritrovò il cellulare nella borsetta nera e avviò subito una chiamata.

"Pronto", rispose una voce distante anni luce.

"Ciao, dove sei?"

"Indovina?", chiese con un tono sarcastico che la lasciò senza parole. "Sono al lavoro"

"Posso venire?"

"Come vuoi".

Avrebbe tanto voluto ricordarsi cosa avesse fatto di sbagliato, peccato che la nebulosa nella sua testa continuasse a intensificarsi sempre di più.

Devo assolutamente riprendermi e andare a controllare di persona, pensò mentre apriva il getto d'acqua della doccia. Aveva un disperato bisogno di caffeina, quindi chiamò un taxi e si fece portare alla caffetteria più vicina.

Infatti, sorseggiando una strana bevanda al sapore di caffè, piano piano i ricordi cominciarono a riaffiorare.

Carlo che roteava le bottiglie incredibilmente sexy e lei invidiosa marcia della sua libertà.

Quelle puttanelle che se lo mangiavano con gli occhi e lui che stava al gioco facendo di tutto per farle impazzire ancora di più. Insomma più era attratta da lui, più beveva, e più beveva e più lo desiderava con tutte le forze.

Come era possibile che in un solo giorno con Carlo avesse già dimenticato gli anni trascorsi con Daniele?

Quel ragazzo gli era entrato dentro come un fulmine o forse era sempre stato in un posto particolare del suo cuore e il rivederlo non aveva fatto altro che far risvegliare tutto quello che era sopito.

Quando arrivò in studio, si avvicinò subito per salutarlo, mentre lui mantenne le distanze fingendosi occupato e a stento mormorando un ciao.

Caspita. La situazione doveva essere più grave di quanto immaginasse.

Chiara si incamminò pensierosa verso l'uscita dello studio. Non voleva girarsi verso la scrivania, non voleva sentire quel bisogno assurdo di vederlo. Si mangiò nervosa l'unghia del pollice, poi non ce la fece più e si voltò per guardarlo storto.

Lo trovò con la testa appoggiata sulle braccia incrociate sopra la scrivania. Stava fissando lei o lo skyline? Di sicuro aveva un'espressione tutt'altro che felice e serena.

Ottimo. In un solo giorno era riuscita a trasformare la quintessenza della solarità fatta uomo in un musone intrattabile. Quindi non era colpa degli altri, era sempre e solo lei che rovinava tutto quello che aveva tra le mani.

Sentì il bisogno impellente di piangere e si precipitò fuori per non farsi vedere da nessuno. Carlo la rincorse subito fuori, prendendola per le spalle gli diede un bacio sulla fronte.

- Se ieri sera ho fatto qualcosa di male, mi dispiace, però almeno dimmi cosa cavolo ho combinato perché io non mi ricordo un tubo

- Certo, magari se avessi bevuto meno, ci avresti evitato un bel po' di rogne anche se forse non avresti ballato sul bancone del bar.

-Cosa?"

Per poco Chiara non cadde sul marciapiede.

-Mi state veramente dicendo che ho ballato su quel bancone?

-Sì, fu la risposta laconica di Carlo che sembrava non credere che lei non si ricordasse nulla.

-Scusa. Non mi dire che ti ho fatto perdere il lavoro perché non me lo perdonerei mai.

-Grazie alla tua follia ho anche fatto mille dollari in più.

-Forse è meglio per tutti che io me ne vada da qui il prima possibile

Concluse mortificata, maledicendo se stessa e il momento in cui aveva deciso di mettere piede a Los Angeles.

A quelle parole Carlo sembrò scuotersi e si infilò di nuovo gli occhiali da sole per guardarla.

Evidentemente non voleva che leggesse i sentimenti nei suoi occhi.

-tu non te ne va da nessuna parte che sia chiaro!!!

- no! ti ho stravolto la vita, come cazzo faccio a stare qui, se ti creo casini!!

-tu non mi crei casini, sei solo la mia Apocalisse personale.

Carlo, l'abbracciò e la strinse sul suo petto, dandogli un lieve bacio sulla tempia, e lei gli sussurrò leggermente

"Scusa"

E di rimando lui gli disse

"scusa, anche io ti voglio bene, anche io non riesco a stare lontana da te."

Rientrarono a casa, pranzarono insieme.

Carlo, dopo quella nottata assurda, aveva combattuto all'ultimo sangue con sé stesso per levarsela dalla testa, però a quanto pareva, aveva perso miseramente.

Avrebbe voluto fingere indifferenza, peccato che non facesse che ripensare a quella fantastica donna che si dimenava seducente sopra di lui con la bocca aperta per farsi schizzare la vodka in gola.

La stessa donna che aveva cercato di sbottonargli i jeans e che lui aveva rifiutato. Deficiente.

Continuava a pensare ai consigli che gli aveva dato Felix, venuto appositamente a trovarlo al lavoro per dirgli: "Amico, fallo e basta".

"Fai cosa?", gli aveva chiesto con lo sguardo perso nel vuoto.

"Ti sei visto? Da quando è arrivata stai andando fuori di testa. Devi andare là e farla finita".

Lui stava cercando di farla finita con Chiara, però evidentemente ignorarla non era il modo corretto per togliersela dalla testa.

"Se non assecondato, un desiderio può trasformarsi in un incubo", furono le ultime parole di Felix e lui capì.

Solo se l'avesse posseduta, si sarebbe liberato da quell'ossessione dalle gambe affusolate, dal viso dolce e dal seno prorompente.

Solo se avesse saccheggiato il suo corpo, prendendolo in tutti i modi possibili, avrebbe riacquistato la sua razionalità annebbiata da tonnellate di testosterone. Forse. anche lei lo voleva, ne era sicuro.

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Capitolo 6
*** capitolo sei ***


Capitolo sei

emozioni e sensazioni


Erano distesi sul prato, ad ammirar le stelle, quanto ad un certo punto il viso di Chiara si accigliò. Stava squillando il suo cellulare.
Lo fissò per qualche istante indecisa sul da farsi, poi prese un profondo respiro e rispose.

"La smetti di chiamarmi per favore? Quando avrò qualcosa da dirti ti telefonerò io", disse acida cercando di evitare lo sguardo di Carlo che nel frattempo avrebbe tanto voluto strapparle quel maledetto affare dalle mani per gettarlo in piscina.

"Tu adesso devi parlarmi? Dopo un anno in cui mi hai ignorato?".
Che testa di cazzo, pensò Carlo. Solo ora si accorge di che donna straordinaria avesse al suo fianco.

"Ora devo andare", concluse brusca la telefonata, però dopo poco il cellulare squillò nuovamente.
"Cosa c'è ancora?"
Quell'essere inutile non riusciva proprio a farsene una ragione di averla persa. Peggio per lui.

Il problema era che però stava rovinando la serata anche a loro due.
"Ciao mamma scusami, pensavo fosse Daniele", alzò gli occhi al cielo appoggiando la testa sul petto di Carlo

"Non lo so quando torno, credo la settimana prossima. Ho bisogno di pensare".
Carlo per porre fine a quella situazione snervante, le prese il cellulare dalle mani

"Buonasera, signora Molero come sta?" si sorbì un po' delle sue paturnie e cercò di rassicurarla mentre Chiara lo fissava con una strana luce negli occhi.
Sembrava tutto e il contrario di tutto. Felice e infelice allo stesso tempo, tentata e spaventata da lui, accelerata e frenata da se stessa.
Anche i muri si erano accorti che lo voleva, però era combattuta come lui dalla loro stramaledetta situazione e da chissà quale altra paranoia.
Al diavolo tutto, pensò lui, ponendo velocemente fine alla telefonata e iniziando a massaggiarle i piedi.

Necessitava di un contatto fisico, peccato che ancora non avesse trovato il coraggio di baciarla.
Per la prima volta Carlo Martinez aveva una paura fottuta. Di quello che provava per lei, della sua reazione e delle conseguenze.

Lei distolse lo sguardo ritraendo i piedi spaventata come se avesse veramente toccato quel fuoco.
Non era ancora pronta, quindi nel frattempo bisognava trovare il modo per alleggerire quella tensione, altrimenti lo avrebbe di sicuro rifiutato. L'alcol era escluso, quindi tentò la via classica.

- Guardiamo un film??
Chiara si illuminò battendo addirittura le mani dalla gioia.

Cavolo, e lui che pensava di aver fatto la figura del ragazzino.
- E se invece guardassimo una serie tv??
- Best !! non è male come idea

Andarono in soggiorno e Carlo accese la TV via cavo e l'Home Theatre lasciandola a bocca aperta.
Lei, osservò impressionata scorrendo la lunga lista dei telefilm.

-Gli americani stanno avanti con queste cazzate.
-La casa de Papel, lo hai visto?

A lui venne spontaneo ridere.
-Di solito mi piace un altro genere di telefilm, però se va bene a te, va bene anche a me.

Tanto quella era solo la scusa per averla a fianco per un paio d'ore e cogliere il momento giusto per abbracciarla.

Stava solo morendo dalla voglia di prenderla, magari anche su quel divano, sul letto, per terra e in ogni centimetro quadrato della sua casa. Lei aveva talmente tanti arretrati che se non se la scopava lui, lo avrebbe fatto di sicuro con chissà chi, magari ubriaca.
Non lo avrebbe mai permesso. Più la sentiva ridere durante le puntate de La casa di carta, più la sua voglia cresceva, quindi durante una scena romantica la prese istintivamente tra le braccia pregando Dio che non si ritraesse o lo bloccasse. Anche lui aveva una dignità da qualche parte.

Lei dapprima si irrigidì trattenendo il respiro come lui.
Poi però si abbandonò stremata sul suo petto.

Sarebbe stato impossibile nasconderle il suo battito accelerato e soprattutto la sua consistente erezione perché lei c'era seduta proprio davanti. Eppure sembrava non accorgersene o fare finta di niente.
Carlo, affondò il viso tra i suoi capelli, che profumavano di fresco quasi più della sua pelle. Chiuse gli occhi e ispirò profondamente. Basta, non ce la faceva più. Doveva assolutamente assaggiare quella pelle divina e invitante, doveva tentare il tutto per tutto, pensò scostando i capelli e appoggiando le labbra tremanti sul suo collo.

Ti prego fatti baciare, fatti toccare. Implorò dentro di sé.
Anche il sapore creava decisamente dipendenza. Era meglio di tutti i gelati del mondo messi insieme.
Sapeva di pulito, di fresco. Sapeva di casa e avrebbe voluto continuare a baciarla per ore.


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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Il suo cuore non aveva mai battuto così forte come durante quell'abbraccio. Il battito era così furioso da offuscarle la vista e non riuscire più a vedere nemmeno l'episodio del telefilm.
Lui la cingeva da dietro con la bocca appoggiata sulla testa e anche il suo respiro sembrava essere più veloce di prima. Quello non era l'abbraccio innocente di un amico, ma di un uomo che la voleva.

E Chiara voleva lui, era inutile ormai negarlo. Durante quel provocante massaggio ai piedi avrebbe tanto voluto aprire lentamente le cosce e farsi baciare proprio là sotto dove ne aveva più bisogno. Chissà come avrebbe reagito lui, si chiese, immaginando quelle fantastiche labbra sul suo clitoride. Lei avrebbe intrecciato le dita tra i suoi capelli per spingerlo ancora più a fondo gemendo senza ritegno. Ma non poteva cedere alla tentazione. La vita si stava proprio facendo beffe di lei.

Fino al giorno prima avrebbe pagato oro per vedere un film abbracciata al suo fidanzato e ora si ritrovava tra le forti braccia di Carlo, devastata dall'eccitazione più forte che avesse mai provato. Doveva trovare un modo per tirarsi fuori da quella pericolosissima situazione.

D'altra parte era evidente che Carlo non fosse più un ragazzino, il ragazzino che usciva spesso con suo fratello. Era diventato un uomo ed era solo colpa sua e di tutti i segnali che gli aveva mandato se lui adesso, invece di trattarla come la vecchia conoscenza, la vedeva come una donna da soddisfare. Avrebbe tanto voluto allontanarsi, però non era possibile. Doveva esserci una specie di enorme calamita tra di loro che li faceva avvicinare appena si allontanavano l'una dall'altro e che li costringeva a incollarsi quando erano a distanza ravvicinata.

Chiara si stiracchiò imbarazzata immaginando Carlo sopra di lei mentre le dava quello di cui lei aveva estrema necessità. Se solo non fosse stato lui. Se solo lei non fosse stata fidanzata, invece di temere quell'abbraccio si sarebbe voltata per strusciarsi su quella invitante erezione che sentiva dietro di sé. Cazzo, era proprio il caso di dire, quando si rese conto di quanto il fantastico uomo che aveva alle spalle fosse eccitato. Una parte di lei voleva scappare il più lontano possibile, oppure dargli uno schiaffo per la sua insolenza, invece continuava a rimanere tra le sue braccia come paralizzata.

Sentì le labbra bollenti scivolare sulla base della testa e poi tornare indietro come una dolce tortura a cui lei non poteva proprio sottrarsi. Piano piano raggiunse il suo orecchio e iniziò a mordicchiarlo all'esterno, prima di penetrarlo incredibilmente provocante.

Lei chiuse gli occhi pensando che lui sapeva usare la lingua troppo bene e che l'avrebbe voluta da morire in ben altri posti. Dentro la sua bocca, sui suoi capezzoli e ovviamente proprio là sotto. Ormai la scossa elettrica si stava diffondendo per tutto il suo corpo e se lui avesse continuato con quel preliminare eccitante, avrebbe goduto senza nemmeno raggiungere le parti intime.

"No, ti prego", lo implorò liberandosi dal suo abbraccio e guardandolo con occhi famelici.

Anche lui sembrava completamente stravolto dalla passione e per questo ancora più sexy, se possibile, non aveva mai visto nulla di più bello e invitante.

Chiara, ti faccio una domanda, e vorrei che mi rispondessi sinceramente

OK, dimmi
Ricordi cosa mi hai detto ieri sera, mentre ti traportavo dal divano al letto??

L'immagine di loro due a letto insieme la colpì come un fulmine a ciel sereno. Purtroppo aveva bevuto così tanto che anche se lo avessero fatto, non si sarebbe ricordata nulla.
Mi hai spogliata tu? chiese con un filo di voce e lui le sorrise impertinente.
Sì, ma non è questo il punto, minimizzò in imbarazzo, ti prego dimmi che non l'abbiamo fatto, ti prego!

tu volevi, ma io me ne sono andato subito, ma non è questo il punto.

Chiara lo fissò esterrefatta per quella rivelazione e l'unica cosa che riuscì a balbettare fu:

E qual è il punto? Il punto è questo!!!

Gli prese il viso fra le mani e guardandola negli occhi gli disse:

-Tu mi vuoi e io ti voglio. Il resto non conta.

Poi la baciò.

Non fu un bacio dolce, né tanto meno tenero. Solo carico di tale impeto che lei si dovette reggere ai suoi bicipiti per non soccombere.

Sublime, semplicemente sublime.

Quel contatto era urgente come una voglia repressa troppo a lungo che trova finalmente sfogo. Anche lei infilò le dita tra i suoi capelli selvaggi per baciarlo con più forza.

Mentre le loro lingue si intrecciavano nella danza più antica del mondo, le loro mani si esploravano vogliose e incontenibili. Lui dapprima le accarezzò il viso e il collo per scendere sempre più giù dove la temperatura si stava alzando a livelli inverosimili.

Dio, come lo voleva. Aveva ragione e non poteva più negarlo. Voleva tutto di lui il prima possibile.

Con un movimento veloce, Carlo gli sfilò la maglietta ed in incominciò a baciargli il seno, facendola fremere dal piacere. Anche lei gli sbottonò la camicia di lino bianca, desiderosa di toccare quei muscoli che aveva contemplato da lontano per un tempo breve che però sembrava infinito. La sua pelle era liscia, tesa e stramaledettamene attraente.

Con il minimo sforzo Carlo la sollevò per metterla a cavalcioni su di sé e lei finalmente riuscì a trovare un po' di sollievo strusciando le parti intime sui suoi jeans rigonfi. Fantastico, pensò, mentre anche lui emetteva un suono di sollievo fissandola negli occhi famelico. Poi con un'abile mossa le slacciò il reggiseno per affondare il viso sulle sue tette.

Ogni carezza, ogni bacio la portava in paradiso per poi ricacciarla all'inferno quando realizzava chi fosse l'uomo sotto di lei che le succhiava e mordicchiava i capezzoli fino a farla impazzire.

Se durante l'abbraccio il suo cuore aveva battuto furioso, adesso stava decisamente per avere un infarto. Soprattutto quando lui iniziò a procurarle piacere muovendo ritmicamente le dita dentro di lei. Pazzesco.

Più la toccava e più lo voleva dentro di sé. Al solo pensiero ansimò molto vicina al picco del piacere e istintivamente gli sbottonò i pantaloni per farsi penetrare, però prima anche lei voleva toccarlo, quindi fece scivolare le dita dentro gli slip mentre lui la procurava un godimento infinito.

Mentre per la stanza si diffondevano le note di My Life Is Going On di Cecilia Krull, Chiara si Fermò di colpo.

non possiamo farlo;

Lui guardandola negli occhi le disse

perché??
sei il migliore amico di mio fratello e poi perché io sto ancora con Daniele.

Chiara è solo sesso
gli disse con tono sprezzante fingendo noncuranza, poi la superò senza nemmeno degnarla di uno sguardo e se ne andò nella sua camera sbattendo la porta.

Anche lei corse nella sua stanza per sfogare la frustrazione in un pianto disperato. Ancora sentiva il corpo bruciare per tutte quelle focose carezze, il suo basso ventre richiedere imperioso le attenzioni che aveva presagito.
L'oggetto del suo desiderio era proprio a un passo da lei. Solo che non lo poteva prendere, e più era proibito, più non poteva arrivarci e più lo voleva con tutta se stessa, come non aveva mai voluto nessuno.


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