I mille colori dell'amore

di desigra2005
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giallo ***
Capitolo 2: *** Ocra ***
Capitolo 3: *** Ambra ***
Capitolo 4: *** Crema ***
Capitolo 5: *** Beige ***
Capitolo 6: *** Avorio ***
Capitolo 7: *** Bianco ***
Capitolo 8: *** Platino ***
Capitolo 9: *** Argento ***
Capitolo 10: *** Ardesia ***
Capitolo 11: *** Grigio ***
Capitolo 12: *** Cenere ***
Capitolo 13: *** Talpa ***
Capitolo 14: *** Cachi ***
Capitolo 15: *** Sabbia ***
Capitolo 16: *** Rame ***
Capitolo 17: *** Seppia ***
Capitolo 18: *** Ruggine ***
Capitolo 19: *** Mogano ***
Capitolo 20: *** Terra di Siena ***
Capitolo 21: *** Castano ***
Capitolo 22: *** Borgogna ***
Capitolo 23: *** Bordeaux ***
Capitolo 24: *** Marrone ***
Capitolo 25: *** Ametista ***
Capitolo 26: *** Glicine ***
Capitolo 27: *** Indaco ***
Capitolo 28: *** Lavanda ***
Capitolo 29: *** Lilla ***
Capitolo 30: *** Fucsia ***
Capitolo 31: *** Malva ***
Capitolo 32: *** Magenta ***
Capitolo 33: *** Melanzana ***
Capitolo 34: *** Orchidea ***
Capitolo 35: *** Pervinca ***
Capitolo 36: *** Viola ***
Capitolo 37: *** Vinaccia ***
Capitolo 38: *** Terra Cotta ***
Capitolo 39: *** Sangria ***
Capitolo 40: *** Scarlatto ***
Capitolo 41: *** Rubino ***
Capitolo 42: *** Cremisi ***
Capitolo 43: *** Ciliegia ***
Capitolo 44: *** Castagno ***
Capitolo 45: *** Carminio ***
Capitolo 46: *** Amaranto ***
Capitolo 47: *** Corallo ***
Capitolo 48: *** Rosso ***
Capitolo 49: *** Rosso Mattone ***
Capitolo 50: *** Rosso Cardinale ***
Capitolo 51: *** Rosso Tiziano ***
Capitolo 52: *** Rosso Valentino ***
Capitolo 53: *** Rosso Veneziano ***
Capitolo 54: *** Aragosta ***
Capitolo 55: *** Salmone ***
Capitolo 56: *** Arancione ***
Capitolo 57: *** Mandarino ***
Capitolo 58: *** Zucca ***
Capitolo 59: *** Albicocca ***
Capitolo 60: *** Pesca ***
Capitolo 61: *** Carota ***
Capitolo 62: *** Gommagutta ***
Capitolo 63: *** Melograno ***
Capitolo 64: *** Vermiglione ***
Capitolo 65: *** Rosa ***
Capitolo 66: *** Rosa Shocking ***
Capitolo 67: *** Rosa Fenicottero ***
Capitolo 68: *** Rosa Incarnato ***



Capitolo 1
*** Giallo ***


Ci sono amori che nascono per magia quando gli sguardi si accarezzano e le pelli si sfiorano, che non conoscono limiti, distanze e religioni, amori incondizionati, puri.
Ricordo ancora il profumo di menta che si respirava durante la sagra paesana, i gridolini gioiosi dei bambini sulle giostre, lo sfavillare delle lucciole, anno dopo anno, l’innocenza della fanciullezza dissolversi lungo il tortuoso sentiero della quotidianità.
Questa è la storia di Loredana, giovane fisioterapista, che vive con suo padre, due sorelle e l’adorata nonna nella campagna romana. Un posto fiabesco dove i colori delle stagioni penetrano nella pelle, in estate il calore del sole riscalda le mandrie e fa risplendere le coltivazioni di grano mentre in inverno la neve abbraccia e culla la vallata. Loredana ha sempre amato vivere lì, poter vedere l’alba accompagnare un nuovo giorno, sentire il profumo dei fiori appena raccolti dal padre prima di andare in campagna, salutare affettuosamente la nonna Amelia già intenta a sfornare la sua famosa torta di mele, lamentarsi con le sorelle per il ritardo. Nonostante gli studi prima e il lavoro dopo l’avessero portata a stare tanto tempo in città, Loredana non vedeva l’ora di poter tornare nella sua tanto amata fattoria.
“Sai dovresti scrivere un libro di fiabe, le tue storie sono davvero bellissime”. Nel riaprire gli occhi rimasi prigioniera in quello sguardo profondo “continuerò a raccontarti le favole solo se terminerai tutti i tuoi esercizi”. Le sorrisi dolcemente massaggiando quei piccoli, delicati e gelidi piedini. “Era una nevosa mattina durante le vacanze natalizie e una paffuta bambina, con il naso sulla finestra, attendeva impazientemente il ritorno del suo papà che era andato a scegliere il più bell’albero di natale mai visto. Sua sorella Beatrice, la maggiore delle tre, era così immersa nelle riviste di moda da non accorgersi che la neve aveva smesso di cadere, la piccola Giada invece si divertiva a giocare con le bambole e la nonna Amelia vicino al camino era intenta a cucire le calze che avrebbero appeso per ricevere i doni della befana”.
Un rumore improvviso ci riportò alla realtà. “Pensavo fosse finito il tempo in cui romanzavi la nostra infanzia”. Non c’era bisogno di voltarmi, avrei riconosciuto quel tono mieloso tra milioni: mia sorella Beatrice era poggiata pigramente allo stipite. “Scambio quattro chiacchiere con questa guastafeste e poi riprendiamo da dove siamo state interrotte”. Lasciai la stanza posandole un leggero bacio sulla fronte. “Quale buon vento ti porta qui, Bea? Pensavo fossi a New York impegnata su qualche set fotografico”. Beatrice, perfetta nel suo metro e ottanta mi guardò sorniona “non sei contenta di vedermi? Quest’anno ho lavorato tanto e ho deciso di prendermi qualche mese di vacanza. Vieni qui e fatti abbracciare”. Mi strinse a sé nonostante ci separassero quasi trenta centimetri: le ho sempre invidiato la sua fisicità, la sua sicurezza e l’eleganza che mostrava in ogni circostanza. Alzai le mani in segno di resa “va bene, va bene, per il momento farò finta di crederci. Il mio turno finirà tra un paio di ore perché non fai un giro in centro e poi passi a prendere Giada a scuola? Sarà felice di vederti. Vi aspetto alla stazione dei treni così torniamo a casa tutte insieme come ai vecchi tempi”.
Rimasi ad osservarla mentre lasciava la struttura ancheggiando e ammiccando ai giovani inservienti, che colti in castagna tentavano invano di celare l’imbarazzo abbassando lo sguardo. Erano passati già sette anni dalla sua ultima visita eppure non era cambiata minimamente.

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Capitolo 2
*** Ocra ***


Il treno giunse in ritardo in paese e per fortuna papà e Marco, il suo fidato aiutante, erano già lì per aiutarci con i bagagli. Il ritorno a casa di Beatrice non era di certo passato inosservato, per tutto il pomeriggio ci fu un vero e proprio via vai di persone che vennero a salutarla ed altre che passeggiavano lungo la grande cancellata nella speranza di carpire qualche pettegolezzo o qualche dettaglio da poter raccontare l’indomani. Neanche Gauss, un adorabile pastore dell’asia centrale, con i suoi latrati riuscì a scoraggiare i più curiosi e così ben presto l’arrivo dell’americana fu sulla bocca di tutti. In poche ore mia sorella era riuscita a riunire a tavola un discreto numero di persone tutte ammaliate dai suoi racconti sulla vita oltreoceano e sulle incredibili avventure che la grande mela riservava ogni giorno; come un fiume in piena ci travolse riuscendo a farci immergere nel ritmo frenetico, nei colori, nel rumore e in quell’aroma caratteristico che porta in sé diversità, integrazione, speranza ed emozioni. “Quanto pensa di fermarsi signorina?”. Marco fu l’unico ad esprimere a voce alta un pensiero condiviso da tutti. Beatrice lo inchiodò con lo sguardo e con sufficienza lo apostrofò “Massimo, mi dispiace che i miei racconti ti annoino ma al momento non ho programmato una data di rientro, penserò solo a godermi la mia famiglia e a riposarmi. Dopo tanti anni all’estero sento proprio la necessità di fermarmi e di ripartire. Comprendo che quello che sto dicendo è difficile da digerire da chi non è mai andato oltre il proprio naso. Non sentirti obbligato a star qui, anzi sono sicura che tu sappia dove siano le docce per i braccianti, il tuo odore è nauseante”. Strattonandola per un braccio cercai di farla tornare in sé “Bea, hai per caso lasciato le buone maniere a New York? E tu Giada non ridere, non lo trovo affatto divertente, questa è maleducazione, senza contare che non si possono calpestare così i sentimenti di una persona con battute superficiali e fuori luogo”. Beatrice diede una scrollata ai suoi lunghi capelli neri e con aria civettuola prese sottobraccio Giada, che faticava a trattenere le risate “vieni, andiamo ad aiutare la nonna con l’arrosto. Questa è la cosa che più mi mancava di casa: la mia condotta sopra le righe contornata dai commenti moralistici di nostra sorella”. Marco non rispose alla provocazione, si limitò a farmi un cenno col capo e poi alzò il boccale di birra esclamando “al grande ritorno della signorina Beatrice”. Nonostante la giovane età fu una dimostrazione di grande maturità. Marco era un bravo ragazzo e un gran lavoratore; troppo presto era rimasto senza padre e per aiutare la sua famiglia aveva abbandonato lo studio e si era dedicato anima e corpo al lavoro. Erano due anni, ormai, che aiutava il papà durante i trattamenti delle vigne e nella gestione quotidiana della fattoria; in ultimo, non era un uomo che passava inosservato, in estate poi assumeva un’aria selvaggia: capelli dorati, lunghi e ricci a fatica contenuti in una coda, la barba folta incorniciava un viso squadrato, nei suoi occhi si potevano ammirare i colori del bosco. Il resto della serata trascorse tra risate e spensieratezza, le cicale sembravano accompagnare le nostre voci, il vento ci accarezzava la pelle ed io seduta in un angolo mi limitavo ad essere testimone di questo capolavoro ancora una volta grata alla vita per poterne farne parte.

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Capitolo 3
*** Ambra ***


La giornata in campagna inizia molto presto, poco importa che sia domenica o lunedì. Il papà si sveglia prima del sorgere del sole quando ancora luce e tenebre sono fuse in un unico abbraccio; la nonna con la sua adorabile vestaglia inizia poco dopo a preparare la colazione, il pasto più importante della giornata. Quando non dovevo andare al lavoro cercavo di dare una mano anche io: delle volte mi dilettavo in compagnia della nonna nelle faccende domestiche ed altre volte invece preferivo andare con Marco e papà. Quella mattina fui svegliata dal cinguettio di un uccellino che cercava rifugio sotto la grondaia, mi rigirai nel letto un paio di volte e decisi di alzarmi non appena capii che non avrei ripreso sonno: feci una doccia veloce, legai i capelli in una semplice coda di cavallo e andai in cucina dalla nonna. Nello scendere le scale fui avvolta dal profumo della torta di mele appena sfornata; appena entrai nella stanza, con mio grande stupore, vidi Beatrice seduta a tavola intenta a guardare fuori dalla finestra, assorta nei suoi pensieri. “Buongiorno nonna e buongiorno cara sorella”. Beatrice piegò leggermente il viso e mi rispose con un cenno della mano. “Loredana, con tutto il trambusto di ieri mi sono dimenticata di dirti che hanno chiamato i De Barbieri per confermarti l’appuntamento di oggi pomeriggio”. Non riuscii a rispondere perché proprio in quel momento entrò anche Giada che esclamò: “Buongiorno a tutte! Nonna, non posso iniziare la giornata se non mangerò prima un bel pezzo della tua deliziosa torta”. Tra tutte e tre, Giada era sicuramente la più intelligente: nonostante frequentasse solo il primo anno di liceo vantava già innumerevoli primati nelle gare di matematica e aspirava a partecipare a competizioni di maggior rilievo. Nella paura che si allontanasse troppo da casa, papà era stato molto astuto e l’aveva coinvolta a pieno regime nella gestione della casa: nel tempo libero si occupava dell’aggiornamento del sito web e dei canali social della fattoria. Già, perché tra le altre cose, la più piccola di casa era considerata una vera e propria nerd. Beatrice mi trafisse con lo sguardo: “E così ti fai ancora sfruttare da quei ricconi! Quando deciderai che vali di più?”. Bevvi un sorso di caffè amaro nella speranza che il discorso prendesse un’altra piega. Fu Giada a spostare l’attenzione: “Loredana, se oggi vai da Edoardo ti do una chiavetta con dei file. Digli pure che mi faccia sapere se riesce a risolvere il problema che mi dà noia”. I De Barbieri era una famiglia molto facoltosa, trasferitasi in campagna diversi anni fa dopo un incidente accorso ad uno dei loro figli. Mi recavo due o tre volte a settimana nella loro tenuta per fare fisioterapia ad Edoardo, rimasto paralizzato in circostanze pressoché misteriose; le voci in paese su quanto accaduto si sono rincorse per anni, ma nessuno concretamente ha mai saputo cosa fosse successo. Ad essere sincera, non l’ho mai capito neanche io: le cartelle cliniche riportano genericamente la parola incidente senza mai soffermarsi sulle dinamiche e, nel momento in cui fui assunta, mi fu espressamente chiesto di non far domande che non fossero strettamente riconducibili al quadro clinico del ragazzo; il signor De Barbieri fu molto chiaro quel giorno. Successivamente, nel conoscere Edoardo, non ho mai avuto il coraggio di toccare l’argomento: da bambino timido ed insicuro con l’avanzare dell’adolescenza era diventato anche facilmente irascibile e sempre più solo. A questo proposito non ho mai compreso a pieno la scelta dei genitori di ritirarlo dalla scuola e di farlo studiare in casa, limitando così anche la poca vita sociale che aveva. Il signor De Barbieri era un uomo tutto di un pezzo, un facoltoso imprenditore sempre in giro per il mondo. Le volte che l’ho incontrato possono davvero contarsi sulle dita di una mano. La signora De Barbieri invece era una donna bellissima e di un’eleganza invidiabile, ma anche lei poco presente nella gestione familiare, essendo troppo impegnata in eventi di beneficenza e in serate mondane. Della famiglia inoltre facevano parte la piccola Caterina, figlia minore della coppia, attualmente in un collegio in Svizzera; e poi c’era lui… Andrea, il maggiore dei tre. In tutti questi anni lo avevo visto solo nelle poche fotografie presenti in casa, dire che fosse bello mi sembrava essere riduttivo: aveva dei capelli neri come la notte e degli occhi blu come il mare in tempesta; tramite Edoardo avevo scoperto che suo fratello si era laureato brillantemente in economia e stava seguendo le orme paterne. Finii il mio caffè, mi alzai e andandomene dissi: “Va bene Giada, darò la chiavetta ad Edoardo e gli riferirò il tuo messaggio. Nonna, sto andando al mercato a fare la spesa, tornerò il prima possibile per aiutarti con il pranzo. E… Beatrice… quello che mi danno i miei pazienti non è stimabile”.

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Capitolo 4
*** Crema ***


Villa De Barbieri era maestosa. Superato l’ingresso principale si poteva ammirare l’enorme parco con labirinti di siepi che sembravano abbracciare l’imponente fontana raffigurante San Giorgio in lotta con il drago; una rampa di gradini conduceva all’entrata principale mentre nelle antiche facciate era possibile scorgere stemmi papali e cardinalizi. Nel retro della villa l’attrazione principale era sicuramente l’enorme giardino che accoglieva molteplici specie di fiori e piante e fontane in pietra, ormai logorata, dalle quali indimenticabili giochi d’acqua allietavano le serate estive. Sulla destra, recentemente, furono realizzati degli edifici moderni, per espressa volontà della signora De Barbieri e finalizzati principalmente alla riabilitazione di Edoardo. “Loredana non vedevo l’ora di iniziare, Mark mi stava facendo impazzire con le sue lamentele familiari”. Trasalii, non li avevo sentiti arrivare. “Sono contenta di trovarti di buon umore oggi”. Sorrisi a mia volta e salutai Mark, l’infermiere personale di Edoardo, che velocemente si allontanò lasciandoci soli nell’enorme palestra. “Prima che mi dimentico, ti ho portato una chiavetta. Giada ti chiede di aiutarla nel risolvere il problema, ovviamente se possibile”. Edoardo si rabbuiò e guardò l’oggetto come se fosse pericoloso. “Sta bene? Non si è fatta più sentire dall’ultima volta che è stata qui alla festa di primavera”. Rimasi interdetta, Giada aveva omesso questo particolare. “Si si, è molto presa con gli ultimi esami prima della fine dell’anno scolastico e poi papà nel weekend la riempie di impegni. Che dici iniziamo?”. Profondamente a disagio cercai di spostare l’attenzione. “Non si direbbe dal suo profilo instagram. Non preoccuparti Loredana, darò un’occhiata ai file e vedrò il da farsi”. La seduta fu molto silenziosa, nonostante non volesse darlo a vedere Edoardo era rimasto turbato dalla scelta di Giada; la loro amicizia era iniziata subito dopo il loro arrivo in paese e nonostante l’inesistente deambulazione di Edoardo nulla sembrava poter scalfire la complicità creatasi. Gli ultimi mesi erano stati complicati: Giada aveva iniziato un noto liceo capitolino e questo significava alzarsi molto presto la mattina, prendere il treno e tornare a casa solamente nel tardo pomeriggio mentre Edoardo era rimasto qui. I suoi genitori, infatti, hanno preferito attivare un’istruzione a casa limitando al minimo gli spostamenti nonostante il parere contrario dei medici. “Loredana, verrete alla festa d’inizio estate organizzata dalla mamma?”. Odiavo con tutta me stessa quel genere di eventi: una marea di gente vestita in maniera impeccabile che sorrideva incessantemente pur non vedendo l’ora di potersene tornare a casa. L’unica nota positiva era che spesso venivano raccolte delle belle somme di denaro da destinarsi ai più bisognosi e ad essere sincera era anche l’unico motivo che mi faceva stringere i denti e parteciparvi. “Certamente, quest’anno dovremmo esserci tutte. Avrai certamente sentito del ritorno di mia sorella Beatrice!”. Scorsi un’ombra dietro la finestra spostarsi velocemente, un brivido mi attraversò la pelle, poco dopo Mark entrò dalla porta. Un lungo sospiro liberatorio si fece largo in me, finalmente il mio lavoro era giunto al termine e la voglia di fuggire via era tanta. “Ovvio, non si parla d’altro in paese. Anche i miei fratelli quest’anno saranno a casa per le vacanze estive. Dai Mark andiamo che avverto la tua voglia di aggiornarmi sulle novità”. Inforcai la bicicletta e mi lasciai alle spalle la villa, il vento tra i capelli e il calore del sole mi fecero ben presto dimenticare i molteplici pensieri che attraversavano la mia mente: cosa stava succedendo tra Giada ed Edoardo? Avrei finalmente visto Andrea quest’estate?

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Capitolo 5
*** Beige ***


La biblioteca in paese si affacciava direttamente sulla via principale. Molto spesso il sabato pomeriggio sceglievo un buon libro, mi sedevo vicino alla finestra, sorseggiavo un buon caffè e mi immergevo nella lettura, lasciando vagare, ogni tanto, lo sguardo tra la folla che man mano riempiva la strada. Eravamo rimasti in pochi a frequentare quelle vecchie sale ed ognuno aveva il suo posto preferito. Dall’altra parte della strada, nell’unica boutique rimasta, c’era un via vai di donne intente a fare shopping mentre i loro compagni si tenevano compagnia scambiandosi aneddoti divertenti. Il desiderio di sprofondare nel libro aumentava al sol pensiero di dover scegliere un abito non solo per l’annuale sagra paesana ma anche per la festa di inizio estate a villa De Barbieri. Non è che non amassi un bel vestito ma trovavo una gran perdita di tempo provarne diversi, lasciarsi prendere le misure per eventuali modifiche, abbinarci gli accessori. Inoltre, non amavo seguire le mode, cercavo sempre qualcosa che mi rappresentasse ed infatti non ho mai indossato un vestito semplicemente perché fosse popolare. Il mio pomeriggio di relax terminò ben presto con l’arrivo delle mie due sorelle; la vecchia macchina del nonno guidata da Marco suonò diverse volte prima che vi prestai attenzione: dall’auto Beatrice e Giada si sbracciavano facendomi segno di raggiungerle. “Ciao ragazzi, non pensavo di vedervi qui”. Beatrice spalancò lo sportello. “Lory, sali. Abbiamo poco tempo e dobbiamo andare in città. Io e Giada dobbiamo prendere qualche vestito per sopravvivere a quest’estate super impegnata”. Sentii Marco sbuffare. “Come ti hanno convinto queste due a portarle in giro? Non andremo a Roma con la Uno del nonno vero?”. Marco sogghignò e fu il più veloce a rispondermi. “Diciamo che tuo padre ha fatto leva sul mio senso di responsabilità verso tre ragazze bisognose di acquisti che devono recarsi per forza in città per trovare qualche abito che indosseranno forse una sola volta nella loro vita. Salta a bordo, prima partiamo e meglio è: come avrai già notato non posso assicurare che l’auto del nonno regga un simile sforzo”. Nonostante le premesse il viaggio fu piacevole: Marco e Beatrice continuavano a punzecchiarsi e spesso i loro battibecchi erano piuttosto comici e Giada canticchiava anche se la musica non era proprio il suo forte. Bea ci portò direttamente in un noto negozio adducendo che fosse il migliore di tutta la città; Marco si sedette su una poltroncina, vistosamente a disagio dagli sguardi indagatrici delle commesse. Giada fu la prima a trovare quello che cercava mentre la scelta si fece molto più ardua per me e Beatrice; fortunatamente essendo le uniche clienti del pomeriggio si dedicarono completamente a noi. Mandai avanti Bea nella speranza di aver ancora un po' di tempo per capire cosa effettivamente stessi cercando. “Vorrei qualcosa di morbido, semplice ma allo stesso tempo elegante”, Bea stupì tutti con quest’affermazione. Marco non si lasciò sfuggire l’occasione. “Deve aver preso un colpo di calore durante il viaggio. Avete un bicchiere d’acqua? Ha parlato la stessa Beatrice che indossa vestiti attillati con taglio inguinale?”. Mia sorella gli fece la linguaccia e rispose: “mio caro non vorrei farti sfigurare ogni volta, mi adatto al tuo stile”. Dopo un paio di ore finalmente uscimmo soddisfatte dal negozio, ognuno era riuscita a trovare quello che cercava. Decidemmo di fermarci a fare un aperitivo prima di rimetterci in viaggio verso casa. Il bar era molto affollato, fortunatamente sulla terrazza esterna la musica era meno assordante e permetteva di scambiare quattro chiacchiere. Incontrai alcuni colleghi dell’ospedale e mi fermai a chiacchierare con loro mentre Giada si fece raggiungere da alcune compagne di scuola, Beatrice flirtava con sconosciuti e Marco li metteva in fuga. All’uscita del locale una ragazza bellissima ci venne incontro, ci squadrò tutti e si rivolse a Giada: “Se non ricordo male tu devi essere la compagna di classe del mio Edoardo”. Non riuscii a nascondere il mio stupore anche perché vidi che la ragazza/angelo increspò il bordo delle labbra. “Sono una sua amica, non andiamo più a scuola insieme, dovresti sapere che il tuo Edoardo studia a casa”. La risposta tagliente di Giada arrivò velocemente a spezzare la mia incredulità. “Pensavo che anche tu studiassi con lui, non parliamo mai della scuola, siamo sempre così impegnati a far altro”. L’angelo incrociò le braccia in segno di difesa. “Immagino… così impegnata a far altro che non sai nemmeno chi frequenta il tuo Edoardo. E’ stato un piacere vederti, ora dobbiamo proprio andare”. Giada strattonò il braccio di Beatrice che a sua volta tirò Marco, ci allontanammo con passo veloce ma fu comunque ben udibile la risposta dell’angelo: “Non posso dire altrettanto, di solito non perdo tempo in chiacchiere da bar”. Il viaggio di ritorno fu decisamente silenzioso, Giada guardava fuori dal finestrino e aveva tagliato corto ogni richiesta di spiegazione formulata da me e da Beatrice. Fu Marco a mettere fine alla discussione: “ragazze io credo che Giada sia abbastanza grande da valutare al meglio la situazione. Al momento non è pronta per parlarne, lasciatele il suo spazio. Quando vorrà sarà lei a venire a cercarvi”. La Uno del nonno ci abbandonò a pochi km dall’arrivo. Marco chiamò il papà spiegando la situazione e chiedendogli di venirci a prendere mentre lui si sarebbe occupato del carroattrezzi. Il sole stava velocemente tramontando quando una macchina scura di grossa cilindrata ci affiancò e si fermò. “Se è di nuovo Barbie giuro che gliene dico quattro”. Beatrice come al solito non riuscì a trattenersi. Dall’auto però scese l’ultima persona che mi sarei mai aspettata di incontrare quel giorno: Andrea era di fronte a me in tutto il suo splendore. “Serve aiuto?”. Come si faceva a resistere a quel sorriso perfetto?

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Capitolo 6
*** Avorio ***


Il tramonto era sempre stato magico per me, il gioco di luci e colori mi faceva sentire protetta: il giorno accoglieva la notte. Quel sabato non ero certamente pronta ad incontrare Andrea: non era così che avevo immaginato la prima volta che i nostri sguardi si sarebbero sfiorati. Non riuscivo a distogliere il viso dall’orizzonte, la paura di rimanere delusa da quello che ormai era diventato un sogno ad occhi aperti mi aveva paralizzato. Alle mie spalle si udiva un vociare frenetico: proprio oggi che ero accaldata, stanca e nervosa dovevo vederlo? Il tempismo non era mai stato il mio forte. “Edoardo mi aveva avvisato del tuo amore per la natura ma non pensavo fino al punto di mimetizzarsi”. La sua voce calda e profonda risuonò nella mia testa, odiavo questa mia debolezza. Respirai profondamente e mi costrinsi a girare il viso. “Ce…ce…cercavo di godermi questo spettacolo e non pensare a quanto successo”. Il tono era decisamente più stridulo di quanto volessi. Andrea increspò il labbro. “Suvvia non vorrai dirmi che hai paura del buio?”. Scattai in piedi, stavo decisamente facendo la figura dell’imbranata. “Sono nata in queste campagne, non c’è niente che non conosca”. Sentivo il bisogno di allontanarmi, cercai di passargli accanto con disinvoltura ma ovviamente la fortuna non era dalla mia parte: quella che doveva sembrare una camminata da passerella si trasformò in una caduta da oscar. “Loredana, ti sei fatta male?”. Piano piano misi a fuoco i visi preoccupati delle mie sorelle. “Sto…sto…bene”. Marco mi aiutò ad alzarmi ma un dolore lancinante colpì la mia caviglia. “L’accompagno in ospedale, è meglio che controllino: non mi piace il livido che le si sta formando sulla tempia”. La vergogna e l’indolenzimento generale mi fecero abbandonare tra quelle forti braccia mentre un odore muschiato inebriava i miei respiri. “Grazie e tienici aggiornate, vi raggiungeremo non appena nostro padre verrà a prenderci”. Quando riaprii gli occhi mi ritrovai in un letto di ospedale, tentai di alzarmi ma una forte vertigine mi convinse a rimanere sdraiata; l’unica fonte di luce che penetrava nella stanza era quella proveniente dal corridoio. Poco dopo il mio risveglio la porta si aprì ed Andrea entrò nella camera. “Finalmente ti sei svegliata, pensavo stessi aspettando un mio bacio”. Avvampai ed un allarme risuonò nella stanza, Andrea scoppiò in una fragorosa risata. Cercai immediatamente di staccarmi dalle macchine ma prontamente mi bloccò la mano. “Aspetta Loredana, vado a chiamare il dottore, tu, stai ferma qui e cerca di non combinare altri danni per oggi”. Un sospiro di sollievo uscì dalle mie labbra non appena varcò l’uscita, non vedevo l’ora di mettere distanza tra noi: quella che per anni aveva accompagnato le nostre strade senza mai farle incrociare. Il dottore arrivò in breve tempo. “Loredana, per fortuna non hai riportato danni nonostante la bella caduta. Potresti avere mal di testa per qualche giorno, ti prescriverò degli analgesici. Per quanto riguarda la caviglia abbiamo una leggera distorsione, anche qui, ti raccomando riposo e antidolorifici al bisogno. Ora le infermiere ti toglieranno il tutto e potrai andare a casa”. Finalmente le mie orecchie avevano udito una bella notizia. “Gr…gr…grazie dottore”. Il medico sorrise e si allontanò accompagnato da Andrea. “Sei fortunata ad avere un compagno così premuroso, è stato tutto il tempo al tuo capezzale aspettando l’esito degli esami e parlando con i medici. Ha rassicurato la tua famiglia, insomma è un uomo da tenersi stretto”. Guardai distrattamente la giovane infermiera che stava parlando; bene, ora ero anche in debito con lui: la sensazione di disagio dentro di me stava crescendo a dismisura. Andrea, bello come il sole nonostante la camicia sporca e stropicciata ed i capelli disordinati, si affacciò sorridendo. “Dai bella addormentata, se sei pronta ti riporto a casa”. Per tutto il viaggio cercai di pensare a qualcosa di intelligente da dire, musica rilassante accompagnava il nostro ritorno. Fu Andrea a parlare per primo. “Ho chiamato tuo padre e l’ho rassicurato sulle tue condizioni di salute; giustamente dopo ho dovuto rispondere al suo interrogatorio ma penso di essergli piaciuto visto che mi ha permesso di riportarti a casa e non è venuto lui personalmente a prenderti”. Quando sorrideva delle piccole rughe gli solcavano il volto. “Mio padre è molto premuroso. Conosce bene tuo fratello, avrà solo voluto accertarsi che fossi un bravo ragazzo”. Andrea strinse il volante e le sue nocche si fecero bianche. “E tu cosa pensi Loredana? Merito quell’appellativo oppure ti stai lasciando suggestionare dalle voci che circolano sul mio conto?”. In un lasso di tempo brevissimo quella che doveva essere una banale conversazione era invece diventata una lama a doppio taglio; il suo sguardo era rigido e fisso sul manto stradale, i lineamenti del viso si erano induriti. “Io…io…non penso nulla. Sono molto stanca e non vedo l’ora di farmi un bel bagno”. Nonostante la mia intenzione iniziale fosse quella di rassicurarlo non ci riuscii, qualcosa dentro di me mi fece rimanere sulla difensiva. Le luci della fattoria erano ancora accese nonostante l’ora tarda in cui varcammo il cancello; la mia famiglia era tutta fuori dalla porta ad aspettare. Mio padre ci venne subito incontro, aprii la portiera e mi abbracciò calorosamente; tutti gli altri fecero subito altrettanto. “Bambina mia, come è successo? Mi sono spaventata tantissimo quando me lo hanno detto. Andiamo in casa, ti ho preparato un buonissimo brodo di pollo”. Mia nonna non smetteva di accarezzarmi i capelli e baciarmi il viso. Andrea con le braccia appoggiate sulla sua auto sportiva osservava cupo la scena. Vidi mio papà avvicinarsi a lui seguito da Marco, gli strinsero entrambi la mano e scambiarono qualche parola che non riuscii a sentire visto le continue domande da parte delle donne della famiglia. Non feci nemmeno in tempo a ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto per me perché fui letteralmente trascinata via da Giada e Beatrice. Sdraiata nel letto quella notte, non riuscivo a prendere sonno; quelle ultime ore a casa erano state molto stressanti: tutti mi erano stati con il fiato sul collo chiedendomi in continuazione se stessi male e se avessi bisogno di qualcosa. Nemmeno il dolore pulsante alla caviglia sembrava distogliere i miei pensieri dal ricordo del disastroso primo incontro con l’uomo che negli ultimi anni aveva dolcemente animato i miei sogni. Il cellulare si illuminò, un messaggio era appena arrivato: "Di solito quando le donne cadono ai miei piedi non finiscono in ospedale! A parte scherzi, bella addormentata, spero tu possa riprenderti presto e capire che in fondo sono un bravo ragazzo!". Sorrisi e strinsi forte il telefono mentre finalmente la stanchezza stava prendendo il sopravvento.

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Capitolo 7
*** Bianco ***


Mi svegliai per il gran caldo, il sole doveva essere già bello alto e questo voleva dire che avevo dormito fino a tardi. Scesi con cautela e mi recai in cucina dove mi attendeva un gustoso profumo di pasta al forno: la nonna era indaffarata tra i fornelli mentre le mie due sorelle erano impegnate in un duello verbale. “Non penso che dovrebbe dargli corda. Lui non è il tipo per Loredana, sono due mondi diametralmente opposti. Ci avete pensato a come potrebbe finire? Io sì ed in tutti gli scenari che ho ipotizzato il finale è sempre uno: nostra sorella con il cuore spezzato”. Beatrice sembrava preoccupata ed ovviamente aveva espresso con fermezza la sua contrarietà ad una mia frequentazione con Andrea. “Ma ti ascolti quando parli? Mi sembra di sentire la voce della signora De Barbieri. Due persone, prima di iniziare a frequentarsi, dovrebbero scambiarsi la dichiarazione dei redditi?”. Giada, invece, sembrava decisamente favorevole. “Giada, alla tua età la pensavo come te. Quando crescerai ti renderai conto che il detto due cuori ed una capanna nella vita reale non è sufficiente. Conosci bene la famiglia De Barbieri, sai che tipo di vita conducono, hai visto le loro frequentazioni ed hai partecipato ai loro eventi. Pensi davvero che Loredana sia pronta per tutto ciò? Ed anche se lo fosse pensi davvero che potrebbe essere a lungo termine?”. La nonna posò lo strofinaccio in modo brusco attirando l’attenzione su di sé. “Bambine mie, da una parte è ammirevole il senso di protezione nei confronti di vostra sorella ma dall’altro mi lascia perplessa la scarsa di fiducia che riponete nel suo buon senso. Sarà lei a valutare la situazione e decidere se intraprendere o meno una frequentazione con questo bel ragazzotto e dovrebbe essere sempre così; non dovete mai lasciare che gli altri condizionino le vostre scelte perché nessuno vi conosce meglio di voi stesse”. La saggezza della nonna era stata certamente una pietra miliare di questa casa. “Sono d’accordo con la nonna, state parlando del nulla. Andrea è stato solo molto gentile con me, ciò non dimostra alcun interessamento nei miei confronti; sapete bene che è stato la mia prima cotta adolescenziale e forse lo è tuttora, non posso dirlo con certezza, ma ciò non offuscherà il mio giudizio. Apprezzo davvero il vostro interessamento ma vi prego di non farne un caso di stato anche perché davvero credo proprio che non ci sarà un seguito”. Le ultime parole sembrarono molto malinconiche, il dolore alla caviglia cominciava a farsi più intenso e zoppicando raggiunsi una sedia sulla quale mi sedetti sospirando. Beatrice mi passò accanto, il suo sguardo sembrava vitreo. “Sono tutte belle parole dettate dalla lucidità del momento, quando davvero ti troverai di nuovo di fronte il bellimbusto vedrai che tutti i tuoi buoni propositi andranno in fumo ed in poco tempo ti ritroverai in una prigione dorata che ti logorerà da dentro”. Rimanemmo un minuto buono a guardare la porta dalla quale era uscita fino a che non arrivò mio padre con Marco. Mi accarezzò i capelli e con un gran sorriso ci comunicò l’arrivo di ospiti per il pranzo. “Famiglia, non ho ancora visto la tavola apparecchiata per il pranzo. Tra poco ci raggiungeranno delle persone che ho invitato al nostro consueto pranzo domenicale. Io e Marco abbiamo finito di lavorare prima apposta per darvi una mano”. Vi starete chiedendo come sia possibile che nessuno abbia chiesto chi fossero i commensali dell’ultimo minuto; semplicemente perché capitava spesso che qualcuno si aggiungesse alla nostra tavola: delle volte erano dei collaboratori di papà che si fermavano per il pranzo dopo aver visitato la fattoria, altre volte erano delle amiche della nonna che con la scusa di una partita a briscola tentavano in tutti i modi di carpire i segreti della sua famosa torta di mele. Capitava spesso, inoltre, che ci fossero delle amiche di Giada e quindi per tutto questo nessuno pose delle domande indagatrici. Quando dalla finestra vidi arrivare una grande auto blu cominciai ad agitarmi. “Papà credo che i tuoi invitati siano arrivati. Quell’auto mi sembra familiare”. Mio papà si avvicinò, diede un’occhiata e chiese a Marco di andare ad accoglierli mentre lui sarebbe andato in cantina a prendere del vino. “Dovevamo aspettarcelo che lo avrebbe invitato per ringraziarlo; di certo non mi sarei mai aspettata che avrebbe portato anche Edoardo”. Rimanemmo a guardarci impietrite: nessuna delle due era pronta per incontrare di nuovo i fratelli De Barbieri. Dall’alto della scala Beatrice rise sguaiatamente. “Ora sono proprio curiosa di vedere come le mie due leonesse in un batter di ciglia si trasformeranno in due conigliette spaventate. Per fortuna che ci sono qua io”. Il primo round se lo era ovviamente aggiudicato lei, aveva ragione quando diceva che con la lucidità i buoni propositi ci sembrano dei veri e propri punti fermi ma trovarsi di fronte a quelle che erano le nostre debolezze rimescolava completamente le carte.

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Capitolo 8
*** Platino ***


I nostri ospiti sembravano essere veramente deliziati dalla cucina della nonna che arrossiva ad ogni complimento. Papà era molto cordiale e tutto sommato il pranzo stava procedendo meglio di quanto avevamo previsto. “Loredana come ti senti oggi?”. Andrea posò la forchetta e con il tovagliolo si pulì la bocca in modo impeccabile; tutto del suo aspetto lo era. Giada mi diede una gomitata che mi riportò bruscamente alla realtà, con le guance in fiamme cercai di sembrare più naturale possibile. “Molto meglio, grazie”. I suoi occhi continuavano a fissarmi ed anche gli altri mi guardarono stupiti probabilmente dalla mia risposta corta ed evasiva. “Quanto pensi di fermarti qui?”. Beatrice entrò nella conversazione a gamba tesa. “Era tanto che non tornavo a casa ed ho proprio voglia di godermi la mia famiglia ed i miei amici. Credo perciò che mi fermerò per un po’”. La risposta di Andrea non la convinse oppure non era quella che voleva sentirsi dire; prima che potesse aggiungere altro fu messa a tacere da Marco. “Mi sembra di sentirti parlare Beatrice. Anche tu nella sostanza hai detto la stessa cosa, non trovi?”. Per fortuna il resto del pranzo si mantenne su toni neutri: il papà impegnò gli uomini in una conversazione d’affari mentre io e le mie sorelle ci osservavamo silenziosamente. Subito dopo il dolce cercai di svincolarmi. “Scusatemi, ma sono molto stanca. Credo proprio che andrò a sdraiarmi. Giada, potresti aiutarmi per piacere?”. Pensai di esserci riuscita ma il papà tagliò corto. “Tesoro, potrai riposarti più tardi. Perché non tieni compagnia ad Andrea? Io e Marco dobbiamo andare in paese. Giada, hai più risolto il problema che ti affliggeva? Visto che Edoardo è qui potreste discuterne di persona. Ah, non preoccupatevi della nonna, sono sicuro che Beatrice sarà più che sufficiente”. In men che non si dica papà andò via con Marco, Beatrice si mise ad aiutare la nonna ed una riluttante Giada si appartò con Edoardo. “Riesci a fare due passi appoggiandoti al mio braccio? Mi piacerebbe vedere la fattoria”. No, avrei voluto gridare, non voglio starti vicino! Mi appesi al suo bicipite abbronzato, la mia mano era gelida nonostante le temperature estive cominciavano ad essere roventi. “Mi dispiace che ti sia sentito in dovere di partecipare a questo pranzo. Mio papà è molto protettivo con noi, vorrebbe sempre che tutto andasse per il meglio. Il non poter controllare ogni particolare spesso lo logora e quindi ti ringrazio per esserti prestato a tutto ciò”. Andrea mi guardò sbiecamente. “Abbiamo accettato l’invito perché lo volevamo e non perché dovevamo. Aggiungici anche che sembra essere l’unico modo per parlare con le donne di questa famiglia. Sto ancora aspettando una risposta al messaggio che certamente avrai letto, bella addormentata”. La sua risata genuina fece sorridere anche me. “Ah, quindi sei stato tu a scrivermi? Non c’era nessuna firma e nei miei pensieri il mittente poteva essere chiunque. Stavo giusto aspettando qualche altro indizio per depennare dalla lista qualche nome”. Il buon umore sembrava aver spazzato via ogni imbarazzo. “E così la bella addormentata mi vuole far sapere che al suo cospetto ci sono molti pretendenti e la scelta non solo non è scontata ma è anche ardua. Mi piacciono le sfide”. Di sicuro il mio intento non era quello di attirare ancora di più l’attenzione su di me, cercai quindi di riportare il discorso su un terreno meno scivoloso. “Tra poco ci sarà la sagra e poi la festa di tua mamma. Ci sarete? Noi non abbiamo ancora accettato ufficialmente l’invito, o meglio Beatrice sarà la fotografa dell’evento ma io e Giada non abbiamo ancora deciso se partecipare o meno. Non è proprio il genere di manifestazione alla quale partecipiamo volentieri anche se abbiamo già preso anche i vestiti! Ovviamente con ciò senza nulla togliere nulla a chi li organizza; non è per nulla semplice e gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo”. Andrea posò la mano sopra la mia. “Non preoccuparti, ho capito cosa volessi dire. Edoardo ci sarà sicuramente, mia madre ci tiene che spicchi la sua intelligenza: terrà anche il discorso di apertura. Io presenzierò ma non ti nego che alla prima occasione cercherò di andarmene. Di solito mi succede di essere aggredito da una marea di madri che vogliono presentarmi le loro figlie nella speranza che io decida di sposarmi e mettere su famiglia. Forse anche per questo non torno spesso a casa: mia madre ama buttarmi nella fossa dei leoni. Però se deciderai di partecipare sarò onorato di essere il tuo cavaliere, non ci annoieremo di certo. Anzi, bella addormentata vuoi essere la mia accompagnatrice per la festa di mia madre?”. Le ultime parole furono dette in ginocchio proprio vicino due grandi ciliegi ed anche in prossimità del grande cancello principale; alcuni passanti si fermarono ad osservare la scena. Con le guance in fiamme cercai di far alzare Andrea. “Cosa stai facendo? Alzati per piacere, stiamo dando spettacolo. Io non sono una persona da palcoscenico anzi sono una da tappezzeria. Mi dispiace ma dovrai trovare qualcun’altra. Ti dispiace se rientriamo?”. Feci un cenno di saluto verso il piccolo gruppetto che si era radunato: il panettiere ed il macellaio ricambiarono sorridendo; perfetto, sarei stata il pettegolezzo della settimana. Andrea non parve farci caso oppure era così abituato a far parlare di sé che non se ne interessò. Sorridente e di buon umore invertì la direzione di marcia. Quando arrivammo vicino casa trovammo Giada ed Edoardo alla macchina, il loro umore era decisamente a terra. “Giada, sei riuscita a sistemare?”. Cercai di essere il più neutrale possibile. “Si si, vi stavamo aspettando. Andrea vorrei andare a casa ora, qui non sono gradito”. Il tono glaciale di Edoardo mi colpì profondamente, mia sorella teneva lo sguardo a terra. Andrea mi guardò perplesso ma iniziò le procedure per aiutare suo fratello ad entrare in auto. “Cosa è successo?”. Sussurrai a mia sorella. Giada non mi guardò, alzò le spalle e l’unica risposta che ottenni fu che non lo sapeva. La conoscevo molto bene e stava cercando in tutti i modi di non scoppiare a piangere.

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Capitolo 9
*** Argento ***


Roma è magia quando il velo della frenetica corsa quotidiana cala per lasciare il posto ai mille colori delle luci accese, quando la gente osserva innamorata la luna abbracciare il passato, condividere il presente e illuminare il futuro, quando tante etnie diverse si fondono in un vortice di risate e spensieratezza. Il turno pomeridiano era uno dei miei preferiti, una volta terminato mi permetteva di godermi appieno la bellezza di una città eterna: spesso prima di tornare a casa mi concedevo un salto in centro oppure passeggiavo in uno dei tanti giardini. Dopo una settimana trascorsa a casa, quella sera non vedevo l’ora di potermi dedicare completamente a me stessa; mi cambiai velocemente e salutai le mie colleghe che invece preferivano il caos alla tranquillità e che spesso trascorrevano le loro serate tra drink e cocktail nella movida romana. Andrea aveva continuato a cercarmi, all’inizio assiduamente con chiamate e messaggi e poi via via il tutto era andato scemando probabilmente visto anche il mio scarso entusiasmo verso il suo interesse. Prima di incamminarmi verso il centro guardai il telefono: qualche email promozionale, Giada che mi comunicava di essersi iscritta ad una gara di scacchi, diversi messaggi di Beatrice che si lamentava di Marco ed infine anche un messaggio di Andrea nel quale mi scriveva che sarebbe passato a prendermi. No! Lo lessi due volte per appurarmi di non aver capito male, guardai l’orario, forse ero ancora in tempo per declinare gentilmente il suo invito; risposi velocemente che lo ringraziavo per il pensiero ma che avrei dovuto fare gli straordinari e che mi ero già accordata con una collega per il ritorno. Fiera di me lo inviai, sistemai la borsa e sentii un bip familiare… non poteva avermi già risposto! In quel preciso istante un brivido mi percorse la schiena, mi girai lentamente e lo vidi seduto sul muretto. Andrea lesse il messaggio, si guardò attorno e con calma mi venne incontro. “E così la bella addormentata ha iniziato a dirmi le bugie. Cosa devo fare con te? Ho promesso a tuo papà che ti avrei accompagnato a casa questa sera e non intendo infrangere ciò. Ti lascio scegliere se passare una piacevole serata in mia compagnia oppure chiamarmi quando sarai pronta per tornare”. Mi sentivo terribilmente in colpa, non ci avevo pensato due volte a liquidarlo. “Da quando tu e mio padre siete così in sintonia?”. Andrea mi sorrise. “Da quando siamo diventati soci; te lo spiegherò davanti ad un calice di vino. Conosco un locale qui vicino che è la fine del mondo”. Accettai l’invito, una parte di me era estremamente lusingata dalle sue attenzioni e stargli lontano mi costava un grandissimo sforzo di volontà. Il posto che aveva scelto era decisamente di lusso: la sala interna aveva pochi tavolini ma il patio esterno era molto grande, l’arredamento non era lasciato al caso e rispecchiava uno stile sofisticato. Ci fecero accomodare su degli sgabelli trasparenti a forma di grappolo d’uva mentre il tavolino era una grande botte in rovere, la vista su Roma era mozzafiato; sopra di noi tra il pergolato c’era un bellissimo gioco di luci che rendeva l’atmosfera intima e romantica. Andrea ordinò per entrambi, io ero ancora rapita dalla magia del posto. “Sono felice che ti sia piaciuto, finalmente sono riuscito a catturare la tua attenzione”. Gli feci la linguaccia. “Siamo qui per affari, non dimenticartelo. Cosa stai combinando con mio papà?”. Andrea rise di gusto. “Andiamo subito al sodo vedo, immagino di non poterti tenere sulle spine tutta la serata. Va bene, ho deciso di investire in un progetto di tuo papà; me ne ha parlato quando siamo stati alla fattoria e mi è piaciuto molto sia il prodotto che il potenziale. Ora se stai pensando che l’ho fatto per far colpo su di te stai denigrando il lavoro di tuo papà. Quando si tratta di lavoro sono integerrimo”. Lo guardai perplesso. “Non sapevo che mio padre stesse cercando finanziatori. La nostra è un’attività principalmente a conduzione familiare; certo negli ultimi anni gli affari sono andati molto bene ed ha iniziato, anche grazie a Marco, un’esportazione nazionale ma non pensavo volesse fare altro”. La conversazione fu brevemente interrotta dall’arrivo dei calici di vino. “È stata un’idea maturata nell’ultimo periodo ed io credo che valga la pena di provare; ho preso la palla al balzo ed eccomi qui: sono il vostro primo finanziatore. Vedrai che una volta pubblicizzato il prodotto come si deve i risultati non tarderanno ad arrivare”. Era sincero, credeva davvero in quello che stava dicendo. “Ho pienamente fiducia nel tuo giudizio, a questo punto proporrei un brindisi alla nostra unione lavorativa”. Ridemmo entrambi; quella che sembrava dovesse essere una serata piacevole mutò velocemente con l’arrivo di alcuni amici di Andrea. “Guardate qui la nostra vecchia volpe che si diverte con la sua nuova fiamma”. Si susseguirono abbracci, pacche sulle spalle, ammiccamenti, risatine e commenti poco piacevoli. “Ragazzi fate i bravi, lei è Loredana la fisioterapista di mio fratello Edoardo”. Non so sinceramente cosa mi diede più fastidio se le insinuazioni dei suoi amici, se il rendermi conto di essere considerata una delle tante o se l’aver sminuito la nostra serata inquadrandomi semplicemente in un rapporto di lavoro. Mi limitai ad un cenno con la mano, erano tutti molto eleganti e le loro compagne sembravano delle modelle: perfette nello stile e nelle movenze. Mi sentii improvvisamente inadeguata come cenerentola quando si rende finalmente conto che non è l’abito a fare il monaco; presi la borsa ed approfittando di un momento di distrazione mi incamminai verso l’uscita.

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Capitolo 10
*** Ardesia ***


La stazione era quasi deserta, le ultime corse della giornata erano in procinto di partire. La banchina ferroviaria era illuminata fiocamente e nel cielo limpido si potevano ammirare tante stelle. Non mancava tanto all’arrivo del treno che mi avrebbe riportato a casa, decisi di aspettare comodamente seduta su una panchina. “Mi scusi è lei che ha perduto una scarpetta?”. Non c’era bisogno di voltarmi, avrei riconosciuto la voce di Andrea ovunque. “No, avrei bisogno di un cavallo però”. Andrea rise. “Se fosse stata più paziente avrebbe avuto oltre cinquecento cavalli, non starebbe qui al buio da sola considerata anche l’ora e avrebbe una compagnia decisamente migliore degli annunci registrati”. Mi irrigidii. “Forse avresti dovuto offrire da bere al giardiniere o alla cuoca o a qualsiasi altro dipendente di tuo padre”. Andrea si sedette sulla panchina mantenendo lo sguardo fisso sul binario. “E’ dunque questo il problema? Ti sei sentita offesa perché ti ho presentato come la fisioterapista di Edoardo?”. Mi alzai in piedi e non riuscii a contenermi. “Si! No!”. Feci un bel respiro e proseguii. “Andrea, prima o dopo avremmo dovuto affrontare l’argomento. Tra noi due non può esserci altro che un’amicizia, apparteniamo a due mondi totalmente differenti. E’ inutile negarlo, tu mi piaci, mi sei sempre piaciuto; anche prima di conoscerti avevo una cotta per te. Non posso permettere che si vada oltre però; lo devo a me stessa, a te e alle nostre famiglie”. Andrea si alzò in piedi e mi guardò negli occhi. “Mi sembra di sentir parlare mia madre. Ti credevo diversa e per questo mi avevi colpito; mi sbagliavo: non sei quella margherita in un campo di papaveri che tanto sto cercando. Non tornerai a casa da sola a quest’ora ma provvederò a chiamarti un taxi. Stammi bene”. Le ultime parole erano già lontane, Andrea con il telefono in mano si stava dirigendo a passi spediti verso l’uscita; calde lacrime iniziarono a bagnare il mio volto. Il taxi impiegò un’eternità per giungere alla fattoria. Marco venne ad aprirmi il cancello. “Non pensavo fossi ancora qui, ora che mio padre ha iniziato a giocare all’imprenditore ha deciso di farti fare gli straordinari?”. Marco increspò il sopracciglio. “Buona serata anche a te; dal tuo sarcasmo deduco che fossi in compagnia di Andrea. In realtà ho appena accompagnato tua sorella, non si è sentita bene e siamo stati in ospedale”. Il panico si impadronì di me, lasciai la borsa e corsi velocemente verso casa; spalancai la porta e li trovai tutti ancora in piedi. “Cosa è successo? Perché nessuno mi ha avvertito?”. La nonna mi poggiò una mano sulla spalla ma fu il papà a rispondermi per primo. “Tesoro, fortunatamente, è stato solo un piccolo malore già risolto. Non c’era bisogno di correre a casa. Ti sei divertita con Andrea?”. La rabbia accumulata mi fece esplodere. “Dovevate dirmelo! Avrei scelto io se tornare o meno. Sono io che decido della mia vita, non gli altri! Pensate tutti di sapere come sono e cosa è meglio per me!”. Beatrice sorrise. “Loredana, sto bene. Grazie per l’enfasi che hai messo. Ho chiesto io di non dirti nulla anche se vedendoti ora forse era meglio troncare prima la serata”. Borbottai qualcosa sull’essere stanca e velocemente me ne andai nella mia stanza mentre mio padre attonito chiedeva a mia nonna se sapesse cosa mi fosse successo. Decisi di regalarmi un bagno caldo e scrivere il mio primo messaggio ad Andrea. “Sono arrivata. Beatrice è stata male, ma ero così agitata che mi sono dimenticata di chiederle cosa avesse avuto. Ora sta bene, non preoccuparti”. Poco dopo l’invio nelle mie mani schiumose il telefono vibrò. “Mi dispiace, non lo sapevo. Sono contento che si sia tutto risolto”. Ogni parola era una coltellata gelida, probabilmente mi aveva risposto solo per cortesia; aveva già espresso chiaramente il suo pensiero. Avevo pensato che mettendo distanza tra noi le cose sarebbero diventate molto più semplici, se ci fossimo mantenuti su un cordiale rapporto di amicizia nessuno ne avrebbe sofferto. Eppure, in quel momento sentivo una morsa allo stomaco e non riuscivo a smettere di piangere. “Non posso essere la margherita che stai cercando. Io voglio essere scelta perché reputata il papavero più bello di tutti; una volta raccolto però deve essere curato altrimenti appassirà”. Inviai la risposta, ma davvero mi ero paragonata ad un fiore? Stavo diventando ridicola. Andrea mi rispose immediatamente. “Dovrebbe esserci un manuale per apprendere la mentalità femminile. Ti ringrazio per i consigli botanici ne farò tesoro e se mai dovessi averne bisogno chiederò consiglio al giardiniere di mio padre”. Immersi la testa sotto l’acqua, aveva ragione. Ero completamente impazzita, Andrea era ancora risentito dalla nostra discussione. Lanciai il telefono sugli asciugamani e mi sciacquai, con la speranza che un sonno profondo potesse far svanire il malumore e riportare la tranquillità in entrambi.

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Capitolo 11
*** Grigio ***


La tanto attesa sagra paesana era arrivata. Mancava solo una settimana al solstizio d’estate e l’aria era decisamente carica. Quest’anno il programma era molto ricco, l’organizzazione si era data molto da fare: il giovedì, giornata inaugurale, si sarebbero svolti i popolari giochi tra contrade, concludendosi con la premiazione dei vincitori; il venerdì ci sarebbe stata la rievocazione medievale terminando in serata con un banchetto sotto le stelle; il sabato era dedicato ai più giovani infatti numerosi erano gli eventi a loro dedicati sia sportivi che ludici ed in serata il parco centrale sarebbe stato trasformato in una grande discoteca all’aperto; in ultimo la domenica veniva proposta la degustazione dei prodotti tipici concludendo la manifestazione con uno dei più bei spettacoli pirotecnici di tutta la regione. La mia famiglia da sempre era molto attiva durante questo periodo, non si faceva altro che parlare di strategie di gioco, di spettacoli, di dimostrazioni e di divertimento. Dopo un breve discorso di apertura furono dichiarati aperti i giochi: le cinque contrade si sfidavano in diverse attività, dal tiro alla fune alla caccia al tesoro, da gare di scacchi all’albero della cuccagna. Mio papà, definendosi ormai troppo anziano, aveva deciso di non partecipare personalmente quest’anno ma in sua vece aveva iscritto Marco il quale aveva preso il tutto molto seriamente. Beatrice si era offerta come fotografa di tutto l’evento ottenendo così l’esonero. Io e Giada avevamo deciso di partecipare ai giochi intellettivi non essendo minimamente portate per le prove fisiche. Con mio immenso stupore appena arrivammo notai che anche i fratelli De Barbieri erano presenti ed essendo nostri vicini il comitato ci assegnò la caccia al tesoro ponendoci nella stessa squadra. L’imbarazzo era palese, nessuno osava avvicinarsi all’altro. “Io vado a ritirarmi, cara sorella spero tu riesca a portare alto il nome della famiglia”. Fermai Giada bloccandole il polso. “Smettila. Ora sorridi, metti da parte qualsiasi incomprensione ci sia stata tra voi e comportati da persona adulta. E’ soltanto un gioco che durerà meno di quanto ti aspetti, evitiamo pettegolezzi”. Beatrice ci raggiunse seria. “Ho appena saputo, avete bisogno di una mano? Posso delegare il mio stagista e farmi inserire in squadra”. Guardai mia sorella dolcemente. “Da quando hai uno stagista? Non preoccuparti per noi, come spiegavo a Giada finirà tutto prima ancora di iniziare”. Beatrice ci diede una pacca sulla spalla e si allontanò con un ragazzino poco aggraziato e carico di attrezzatura. Mi feci coraggio e mi avvicinai ad Andrea. “Ciao, hai già ricevuto il primo indizio?”. Mi guardò sorridendo. “Si si, né stavo giusto discutendo con mio fratello. Il biglietto recita: sono colorati e profumati e alle donne vanno regalati. Fanno sbocciare l’amore e di ogni donna conquistano il cuore. Chi se non un’esperta botanica come te può risolvere l’enigma?”. Tolsi il biglietto dalle mani di Andrea e guardai Edoardo supplichevole. “Non dirmi che tutto il giorno sarà così!”. Mi sorrise. “E’ facile per voi, vi è concesso fare il bello e il cattivo tempo; lasciateci almeno lamentarci un po'. Giada, mi aiuteresti a cercare in quell’aiuola lì?”. Mia sorella sussultò, per un minuto rimase immobile a guardarlo negli occhi. “Certo. Direi che possiamo dividerci così saremo più veloci nel trovare il prossimo foglio”. La guardai incredula mentre si allontanava spingendo Edoardo, beata gioventù e la facilità con la quale ci si riesce a lasciarsi i problemi alle spalle. “Siamo rimasti noi due, preferisci quindi cercare tra le margherite o tra i papaveri?”. Gli diedi una gomitata, la situazione era già abbastanza comica di suo e non occorreva aggiungere altra ironia. Trovammo facilmente gli indizi successivi e rispetto alle altre squadre eravamo messi bene. Durante la caccia al tesoro non erano concessi contatti con persone esterne ed anche allontanarsi senza motivo costava la squalifica diretta. “Ragazzi questo dovrebbe essere l’ultimo: vengo tagliata ma non sanguino mai, ho i denti ma non mordo, vengo messa su un anello ma non sono un diamante e vengo girata ma non sono una pagina”. Edoardo e Giada si guardarono complici ed esclamarono all’unisono: “la chiave!”. “Vero, andate a chiedere nel negozio di ferramenta. E’ l’unico posto dove di chiavi ce ne sono in abbondanza”. I ragazzi colsero al volo le mie parole ed insieme vi si recarono, in poche ore tra loro sembrava essere tornato il sereno. “So che non sono affari che ci riguardano, ma tu hai la più pallida idea di cosa sia successo tra quei due? Erano mesi che non li vedevo così affiatati come oggi”. Andrea mi poggiò un braccio sulle spalle e li osservò allontanarsi. “Se pensi che tradirò le confidenze di mio fratello ti sbagli. Purtroppo, sono adolescenti che stanno entrando velocemente nell’età adulta e questo non aiuta. Aggiungici anche le preoccupazioni, gli errori, i problemi quotidiani, i pareri esterni. Se pensi a quanti errori facciamo noi come possiamo pretendere che loro non li commettano? Io, ad esempio, non ho ancora capito perché se ci piacciamo non possiamo frequentarci”. Mi spostai velocemente dalla sua piacevole morsa. “Giada non ha voluto dirci nulla ed io sono molto preoccupata. Sei molto bravo a spostare il fulcro del discorso sai? Mi dispiace per l’ultima volta che ci siamo visti, in ogni caso abbiamo troppo da perdere qualora la storia tra noi non funzionasse e prima che tu aggiunga altro ti vorrei ricordare che sei in affari con mio padre e che io sono una dipendente del tuo. I nostri fratelli sono teneri amici e sinceramente io al momento non me la sento di mettere a repentaglio tutto ciò per la mia libidine”. Andrea mi guardò sarcastico. “Non so se sentirmi lusingato od insultato, per te sono solo un impulso sessuale? Pensi che soddisfatto il tuo appetito non ci sia niente in me che valga la pena di essere scoperto?”. Abbassai gli occhi. “Non riusciamo a comunicare, finiamo sempre per discutere. Sai bene che non intendevo quello che hai appena detto, ho sognato anni come sarebbe stato poterti parlare ma allo stesso tempo non posso non rimanere con i piedi per terra. Devo pens…”. Avete presente quando uno schiaffo vi colpisce in pieno viso? Descriverei esattamente così il nostro primo bacio: stupore e calore, rabbia e passione, dolore e frustrazione. Tutto intorno a noi era magicamente sparito: in quel momento come due parti inscindibili della stessa materia ci cercavamo e ci completavamo.

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Capitolo 12
*** Cenere ***


Quando anche l’ultimo respiro fu consumato la magia terminò e tornammo velocemente alla realtà. Nei suoi occhi potevo scorgere il mio riflesso: un viso arrossato, una coda spettinata e la bocca gonfia. Mentre il bacio aveva avuto il potere di sconvolgere ogni fibra del mio essere Andrea era perfetto. Mentre lo guardavo sorridere gli passai una mano sul viso cercando di togliere via centinaia di minuscoli brillantini che nella foga del momento si erano sparsi sul suo volto; di rimando prese il palmo della mia mano e se la portò alle labbra ed un brivido percorse entrambi. “Bis, bis”. Mi allontanai bruscamente e mi guardai intorno, in pochi minuti quasi tutto il paese si era radunato nelle nostre vicinanze. Il viso di Beatrice era di pietra, i suoi occhi ridotti a due fessure; Giada teneva lo sguardo basso mentre Edoardo cercava, invano, di distogliere l’attenzione mostrando a tutti la chiave che avevano trovato e che significava la fine della caccia al tesoro. Più il mio sguardo vagava tra la folla e più emozioni contrastanti mi giungevano: c’era chi come la sarta si sentiva scandalizzata da una manifestazione di affetto pubblica, chi come il fornaio non faceva altro che ridere ed incitare Andrea dal riprovarci e chi come il macellaio sminuiva il tutto sottolineando la giovane età. Marco, che mi aveva sempre visto come sua sorella, mi venne incontro e con tono iperprotettivo mi disse che mi avrebbe riaccompagnato alla fattoria. Andrea probabilmente pizzicato nel suo orgoglio si intromise nella conversazione prima che potessi rispondergli. “Se davvero il suo desiderio è quello di tornare a casa sarò io stesso ad accompagnarla”. Seguì un momento di forte tensione, lo stereotipo del maschio alfa si stava materializzando sotto i miei occhi; a rendere il tutto meno semplice anche le urla di persone disinteressate. “Dai Marco, digliene quattro”. “Marco lascia perdere non sei il padre”. “E’ grande abbastanza lasciate scegliere lei, non viviamo più nel Medioevo anche se il contesto di questi giorni non aiuta”. Decisi di prendere il toro per le corna, posai una mano sul braccio di Marco e mi girai a guardare Andrea negli occhi. “Vi ringrazio, ma posso tranquillamente badare a me stessa. La giornata non è ancora terminata e sarebbe sciocco andare a chiudersi in casa, inoltre dobbiamo andare alla premiazione perché i ragazzi hanno trovato la chiave”. Marco fece un cenno di assenso e tenendo lo sguardo fisso su Andrea riprese il suo posto accanto a Beatrice mentre io cercai velocemente di allontanarmi con Giada nella speranza di tornare al più presto alla normalità. Il resto del pomeriggio cercai di tenermi il più lontano possibile dai fratelli De Barbieri: seguii Beatrice e Marco nel tiro alla fune, poi nella lotta nel fango, dopo nella gara di torte di mele ed infine nell’albero della cuccagna. “Non posso credere che la mia sorellina abbia dato spettacolo. Hai già pensato ai titoli del giornale di domani? Giovane dottoressa accalappia scapolo d’oro. Sarà vero amore oppure una breve fiamma estiva?”. Le diedi una leggera spinta. “Smettila. Non avevo programmato che succedesse e soprattutto non davanti a tutti. Ora vorrei riuscire ad arrivare a sera e sperare che domani si siano già dimenticati dell’accaduto”. Beatrice rise di gusto. “Lo vedi quanto sei ingenua? Parleranno mesi di questo bacio da telenovelas. Nulla potrà insabbiare le chiacchiere da bar. Mi chiedo papà dove sia finito, non l’ho più visto”. Mi guardai intorno a disagio, qualcuno mi sorrideva ammiccando, qualcuno distoglieva lo sguardo non appena incontrava il mio e qualcuno palesemente mi rivolgeva espressioni disgustate. “Dovrebbero finirla di farmi sentire in colpa. Quanto retrograda è ancora la mentalità umana?”. Beatrice mi abbracciò. “Tesoro non hai nulla di cui rimproverarti, non hai fatto nulla di sbagliato. Purtroppo, le persone cercheranno sempre di giudicarti e di indirizzare la tua vita ma tu devi procedere a testa alta per la tua strada”. Giada si avvicinò a noi con passo felpato. “Ragazze abbiamo un problema. Papà è al bar ed è alticcio. Non sono riuscita a portarlo via dalle sue bionde”. Alzai le mani al cielo, quest’anno il fato sembrava averci preso di mira. “Vado a chiamare Marco, ci aiuterà lui. Voi due intanto andate da papà e assicuratevi che non dica o non faccia qualcosa di cui domani si pentirà. Per fortuna che la nonna è impegnata in cucina e non possa assistere a tutto ciò, le prenderebbe un colpo”. Per la prima volta ero completamente d’accordo con Beatrice, la nonna non sarebbe stata contenta di vedere né sua nipote alimentare pettegolezzi né suo figlio dar fondo alla riserva di birra. La situazione era peggiore rispetto a quanto preventivata, mio padre decisamente ubriaco ciondolava con un boccale semivuoto intonando canzoni popolari; la sua camicia in parte bagnata ed in parte sbottonata tralasciava vedere la totale frustrazione di un uomo che nonostante fosse ancora giovane aveva dedicato la sua intera vita alla famiglia e al lavoro. “Gu…gu…guarda amico, sono…sono…sono…arrivate le mie principesse. Ragazzi un brindisi alle mie donne! Oh no, il mio bicchiere è rotto, non c’è più nulla dentro. Datemi un’altra birra!”. Mi avvicinai e cercai di sostenerlo mentre si girava verso il bancone, un odore di alcol e acido mi colpì violentemente. “Papà dovremmo tornare a casa ora. Si è fatto tardi. Appoggiati a me e a Giada”. Mio papà ci guardò e rise. “Hai sentito Bob? Vogliono tornare a casa…già, loro non si sentono oppresse da me! Non vogliono scappare via inseguendo i loro sogni. Dillo a tutti che non le tengo in prigione le donne”. Il boccale ormai vuoto sbatté violentemente sul bancone. Ero troppo stupita per razionalizzare quanto stava accadendo: per la prima volta stava parlando di mia madre. “Propongo un altro brindisi. Alle donne che scelgono di essere libere rimanendo fedeli ai loro valori. Cin!”. Marco arrivò proprio in quel momento, scambiò due parole con papà e lo convinse a farsi aiutare per tornare a casa. Mi accostai a Beatrice e le rivelai tutta la mia incredulità. “Ha iniziato a parlare della mamma, ti rendi conto? Pensi che sia il momento giusto per saperne di più?”. Mia sorella divenne di ghiaccio, la sua bocca assunse la forma di una sottile linea dura. “Non credo che delle domande sulla mamma possano giovare al suo stato attuale. Se dopo tutti questi anni ne parla solo mentre è sbronzo girare il coltello in una ferita ancora aperta non mi sembra essere il caso. E poi sinceramente, cosa dobbiamo sapere? Ti devo ricordare che la signora ha abbandonato tre figlie, Giada praticamente neonata, per sentirsi una vera artista?”. Entrambe guardammo nostro padre salire a fatica sul furgone: un uomo che nonostante le difficoltà e le sofferenze della vita come una fenice era pronto, per l’ennesima volta, a resuscitare dalle proprie ceneri.

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Capitolo 13
*** Talpa ***


Gli stand gastronomici erano un vero e proprio punto di forza della nostra sagra: vi si potevano assaggiare delle prelibatezze locali godendo anche di una bella vista sulla campagna romana. La nonna aiutava in cucina con orgoglio e dedizione e la sua torta di mele terminava velocemente. Ci sedemmo lontani dal trambusto della musica e dalla calca delle persone che erano in attesa di poter scegliere i loro piatti, il tavolo era piuttosto defilato nonostante la visuale fosse ottima. “Marco è riuscito a convincere il papà a mettersi a letto. Ci raggiungerà tra poco”. Beatrice si concesse un lungo sospiro. Ben presto fummo raggiunte dai fratelli De Barbieri. “Birra per tutti?”. La domanda di Andrea fu ben accolta, la giornata si era rivelata di una pesantezza inaspettata ed in cuor nostro tutti noi auspicavamo ad un momento di riposo. Mentre il fratello si dirigeva verso le casse aiutammo Edoardo a sistemarsi a capo tavola in modo che potesse stare vicino a Giada. “Non ci fermeremo molto, purtroppo il mio coprifuoco si sta avvicinando e la mamma ha già mandato l’auto a prenderci. Abbiamo saputo di vostro padre, tutto ok?”. Edoardo era sempre stato molto empatico riusciva sempre ad immedesimarsi nelle altre persone, Giada gli fece un cenno di assenso e gli strinse amorevolmente la mano. Quella che sembrava essere una serata tranquilla fu sconvolta da un susseguirsi di incontri spiacevoli, nessuno si accorse del momento esatto in cui Barbie si avvicinò al tavolo ma tutti noi non potemmo non notare la sua entrata plateale: mise le sue piccole mani sugli occhi di Edoardo e con voce esageratamente infantile chiese chi fosse. Se non fosse per l’irritazione generale che la sua presenza aveva generato probabilmente avremmo riso di gusto all’incertezza e all’imbarazzo di un ignaro ragazzo. Edoardo dopo aver esclamato di non averne idea si tolse le mani dagli occhi e rimase interdetto quando finalmente la vide. “Angela! Non pensavo che frequentassi questi posti”. Barbie sorrise e in modo civettuolo spostò i suoi capelli. “Tesoro mio, dove vai tu vado anche io; hai ancora dubbi? Peccato che il tavolo sia troppo piccolo affinché le mie amiche possano raggiungerci, le avverto che rimarrò un po' qui con te”. Giada si era trasformata in una statua di cera. “Barbie, sei troppo gentile per deliziarci con la tua presenza ma sono sicura che le tue amiche non reggerebbero la tua assenza. Non preoccuparti per noi sopravviveremo alla tua lontananza e ti penseremo in ogni istante”. Beatrice sottolineò le ultime parole portandosi una mano sul cuore e mimando un’espressione totalmente dispiaciuta; Angela non prestò la minima attenzione a mia sorella e prosegui imperterrita per la sua strada. “Ho saputo che avete vinto la caccia al tesoro, non avevo dubbi sulla tua intelligenza! Ti hanno già premiato? Dobbiamo salire sul podio?”. Per fortuna che Andrea scelse proprio quel momento per tornare con un due vassoi carichi di birra. “Ciao Angela, non sapevo che saresti stata dei nostri! Per fortuna che ho preso delle birre in più”. Mi guardò enigmatico probabilmente cercando di carpire qualche segnale sulla situazione, mi limitai a fare le spallucce e quindi Andrea dopo aver terminato la distribuzione dei bicchieri prese posto vicino ad Angela. “Ti ringrazio Andrea per il pensiero ma non posso assolutamente bere questa bevanda. La festa di tua mamma è solamente la settimana prossima ed io devo a tutti i costi entrare nel vestito”. Io che avevo già ingurgitato un paio di sorsi come un assetato nel deserto al termine di ciò mi sentii terribilmente in colpa, posai il bicchiere e non osai alzare lo sguardo. Se pensate che le sorprese siano terminate qui, è perché, non ho ancora raccontato il momento in cui arrivò anche la signora De Barbieri. Lucia era impeccabile, il suo abito bianco di mussola lasciava intravedere un corpo tonico e curato e il grazioso chignon le incorniciava il viso nonostante la leggera brezza serale. Con passo sicuro si avvicinò al tavolo tenendo per mano la giovane Caterina, una bambina paffuta con dei tratti molto delicati. “Finalmente vi ho trovato ragazzi, vi ho cercato per quasi tutto il paese. Edoardo è ora di rientrare a casa, sarai molto stanco visto che è tutto il giorno che sei in giro e nella tua condizione non vorrei che ti sentissi male. Andrea pensavo fossi partito con tuo padre ma solo adesso ho visto il tuo reale impedimento”. Lucia mi trafisse con lo sguardo, in quel momento dovevo apparirle come un insetto da schiacciare. “Signora De Barbieri accompagnerò personalmente Edoardo all’auto, salirò con lui e mi preoccuperò che arrivato a casa si metta immediatamente sotto le coperte. Non c’è bisogno che avverta i domestici conosco benissimo dove si trovano i pigiami del mio fidanzato”. Il sorriso di Lucia verso Angela venne bruscamente interrotto dal bicchiere di Giada che si rovesciò sul tavolo; a pugni stretti si alzò e le si avvicinò pericolosamente. “Più che sapere a dove tiene i pigiami dovresti scoprire che fine ha fatto il tuo cervello!”. Edoardo prese prontamente la mano di Giada mentre Andrea velocemente cercò di far indietreggiare Angela, per fortuna anche questo momento di pathos fu velocemente dissipato dall’arrivo della nonna. “Chi vuole una fettina della mia torta? Su su provate, le mie ragazze sanno che non c’è nulla che non si possa risolvere dopo averne mangiato un pezzo. Buonasera Lucia, ne ho portato un piatto anche per lei nonostante, se la memoria non mi stia ingannando, non sia un’amante dei dolci”. Rimanemmo un po' tutti a bocca aperta mentre ci affrettammo a prendere i piatti gentilmente offerti dalla nonna: l’incontro-scontro tra matriarche era appena iniziato.

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Capitolo 14
*** Cachi ***


La lunga occhiata che si scambiarono la nonna e la signora De Barbieri mi sembrò durare un’eternità, nessuna delle due era intenzionata ad abbassare per prima lo sguardo. Nel tentativo di distogliere l’attenzione offrii la torta a Caterina che felice allungò velocemente le mani per prenderla. “Tesoro non dovresti mangiare zuccheri a quest’ora. Sai quanto possano essere pericolosi”. Lucia riprese immediatamente il comportamento audace della figlia e con altrettanta velocità le tolse il piatto dalle mani per restituirmelo. “Mi stupisco che un dottore non lo sappia”. Il suo tono era sprezzante. “Mamma, suvvia un po' di torta di mele non ha mai fatto male a nessuno”. Andrea cercò invano di ammorbidire Lucia. “Non entrare in discorsi che non ti riguardano. Dovresti essere con tuo padre oltre oceano ad occuparti degli affari familiari, invece, ti ritrovo a flirtare come uno scolaretto. Quando ti ho chiesto di passare più tempo con noi non intendevo di trastullarti dietro le gonnelle”. I toni si erano decisamente alzati ed ora erano facilmente udibili anche dagli altri tavoli, per l’ennesima volta intorno a noi si stava radunando un piccolo pubblico. “Lucia ho sempre ammirato il suo savoir-faire. Non mi faccia ricredere proprio stasera. Ragazzi, torno in cucina. Finite le vostre birre e poi credo sia ora che ognuno vada a dormire per oggi”. Con l’arrivo di Marco ci congedammo e decidemmo di farci accompagnare a casa. “Devo dire che mi sono proprio divertita e non vedo l’ora di lavorare sulle foto scattate. Per una volta posso anche urlare al mondo di non essere la pecora nera della famiglia: ho una sorella libertina, un’altra attaccabrighe, un padre ubriacone ed un cavaliere sempre pronto a correre in mio soccorso”. Dopo esserci guardate accerchiammo Beatrice ed iniziammo una battaglia di solletico all’ultimo sangue. “Ragazze, salite in auto. Vorrei andare a dormire anche io”. Ridendo io e Giada ci sistemammo sui sedili posteriori mentre Beatrice montò davanti. “Avete visto il mio valoroso difensore?”. “Non sono il tuo paladino, vorrei semplicemente farmi un bel bagno e buttarmi nel letto. E’ stata una giornata molto stancante”. Sbuffò Marco; di rimando il viso di mia sorella si illuminò e questo non era un buon segno. “Mi è venuta un’idea grandiosa. Perché non facciamo un salto al lago a fare un tuffo?”. Spalancai la bocca, decisamente questo non me lo aspettavo. “Ma hai visto che ore sono? Sarà completamente buio e poi non abbiamo i costumi!”. Mia sorella era ormai partita per la tangente, allungando la mano sulla gamba di Marco lo incitò ad accompagnarci lì. Dopo qualche tentennamento ottenne quello che voleva e ci mettemmo in viaggio verso il lago. Quando arrivammo lo spettacolo che ci trovammo davanti fu sbalorditivo: l’intero paese illuminato si specchiava nelle acque tenebrose mentre la spiaggia era illuminata solamente dalla luna. Il bagno notturno fu molto piacevole e la temperatura era decisamente perfetta. “Solo io ho avuto la sensazione che tra la nonna e la signora De Barbieri ci fosse qualcosa di irrisolto?”. Marco con una scusa banale si allontanò. “No, hai ragione, c’è qualcosa che ci sfugge. Marco vieni qui e vuota il sacco, nonostante il buio il tuo corpo non sa mentire. Non costringermi a cavarti le informazioni”. Beatrice aveva assunto un tono autoritario, Marco finì di vestirsi, si legò i capelli in una veloce coda e si sedette vicino a noi. “Non mi piace alimentare i pettegolezzi. Sia chiaro che di quello che sto per dirvi non ho mai avuto nessun riscontro dalle parti in causa. Quando iniziai a lavorare per vostro padre cercai più informazioni possibili, conoscete la mia situazione familiare e quindi dovevo accertarmi che ne valeva veramente la pena. Iniziai a fare domande in giro soprattutto quando avevo delle commissioni da fare; un giorno mi dovetti recare ad una fiera agricola nelle vicinanze, chiacchierando con un rivenditore di mangimi mi disse di conoscere bene la fattoria, che aveva frequentato per anni la compagnia di vostro padre e mi chiese se alla fine si era sposato o meno con l’ereditiera. Scelsi di essere sincero e gli dissi di non sapere a chi si riferisse. Mi fu fatto esplicitamente il nome di Lucia. Quando tornai raccontai l’accaduto a vostro padre ma lui si limitò a raccontarmi degli aneddoti sul rivenditore omettendo in toto la storia di Lucia. Se vi state chiedendo se c’è stato del tenero non so rispondervi”. Il rumore del silenzio fu assordante. Ci guardammo per lunghi istanti senza sapere cosa fare. “Che dire…wow! Questa non me l’aspettavo di certo. Non pensavo che la nostra famiglia avesse degli scheletri nell’armadio”. Giada frenò l’entusiasmo investigativo di Beatrice. “Non corriamo, come giustamente ha premesso Marco è solo un pettegolezzo quello che ha raccontato. Dovremmo parlarne con la nonna prima di trarne conclusioni”. Turbate da quanto saputo ci accingemmo a rientrare, tante domande senza risposta intrappolavano i miei pensieri: davvero papà aveva avuto una storia con la signora De Barbieri? Ed era successo prima o dopo la mamma? Perché era finita? La nonna ne sa qualcosa? E soprattutto perché a noi non è stato mai raccontato nulla di tutto ciò?

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Capitolo 15
*** Sabbia ***


In lontananza un vociare freneticò solleticò il mio udito, ero troppo stanca per prestarvi attenzione. La nonna come un elefante in una cristalliera irruppe nella mia stanza, spalancò le finestre e mi tolse il cuscino. “Buongiorno tesoro, anche oggi ci aspetta una giornata molto impegnativa. In cucina ti ho preparato della spremuta e nel caso di mal di testa sul tavolo ho messo anche una scatola di aspirina”. Aprii gli occhi, la nonna con le mani sui fianchi mi sorrideva amorevolmente. “Buongiorno anche a te. Tempo di una breve doccia e sarò dei vostri”. In cucina regnava uno strano silenzio: Beatrice indossava spessi occhiali da sole contemplando il panorama dalla finestra, Giada seduta alla tavola aveva poggiato la testa sulle braccia conserte e mio padre leggeva intensamente il giornale. L’unica allegra e piena di energie era come al solito la nonna. “Ditemi che hanno rimandato la rievocazione medievale, non ho più l’età per un programma così serrato”. Papà posò il giornale e mi sorrise. “Loredana, figlia mia, ed io cosa dovrei dire? Vado giù a vedere se tutto procede per il meglio e poi partiremo. Vi voglio pronte tra massimo mezz’ora”. Lo vidi dare un bacio sulla fronte a Bea, accarezzare amorevolmente la testa di Giada, sorridere a me e alla nonna e allontanarsi per andare a controllare che tutto fosse apposto anche senza di lui. Ne approfittai per sedermi al suo posto. “Ha detto nulla di ieri sera?”. Giada tirò su la testa e mi fece segno di no. La spremuta della nonna era deliziosa; sfogliai distrattamente il giornale, per fortuna nessun articolo riportava le vicende accadute ieri alla mia famiglia. Mi vibrò il cellulare, Andrea aveva avuto un tempismo perfetto per scrivermi. “Buongiorno bella addormentata, ho ancora il sapore delle tue labbra sulle mie e mi sembra ancora di sentire il tuo profumo, rosa? Mi sto vestendo da nobiluomo. Potrò avere l’onore di sfoggiare la mia tunica bianca con mantello e cappuccio con decorazioni floreali con la più bella dama del paese?”. Arrossii e ciò non passò di certo inosservato. “Dalla tua espressione deve esserti arrivata una richiesta inaccettabile. Dovrò riferirlo a papà in modo da difendere il tuo onore”. Il tono scherzosamente solenne di Beatrice mi strappò una risata e di rimando le feci la linguaccia. “Smettila. Non vedo il tuo cavaliere, non è strano che non sia ancora qui?”. Mia sorella fece spallucce e con disinvoltura ci rivelò la prima notizia bomba della giornata. “Dovrà ancora riprendersi dal bacio di ieri sera oppure è giù con papà che discute i dettagli della mia dote”. La guardammo con la bocca spalancata. “Hai baciato Marco? Perché? Quando? Come?”. Questa volta fu Beatrice a ridere. “Non siate scandalizzate. Devo davvero spiegarvi come accadono queste cose? Le parole attrazione, sensazioni, momento giusto non vi dicono nulla?” Loredana tu dovresti aiutarmi nella spiegazione alla nostra cara sorellina”. Fu la nonna ad interrompere la piega della conversazione. “Bambine mie, avete sentito vostro padre? Andate a prepararvi altrimenti farete tardi”. Con la promessa di approfondire il racconto andammo ad indossare i nostri costumi. “Caro cavaliere, mi rincuora sapere di esserle rimasta così impressa, non posso dire altrettanto della sua conoscenza di profumi femminili. Non crede che una semplice popolana accompagnata da un nobiluomo possa dare scandalo?”. In cortile papà ci attendeva su un carretto trainato da cavalli, Marco al suo fianco evitò deliberatamente di guardarci. Il tragitto verso il paese non fu affatto semplice, il caldo cominciava a farsi sentire in maniera importante, inoltre, nonostante il fieno le sedute erano particolarmente rigide e scomode. “Mia dolce dama, popolana o nobildonna che sia, pensa che suo padre ci dia la sua benedizione o mi sfiderà a duello? Non c’è bisogno che mi risponda, correrò il rischio in ogni caso. Grazie per farmi sentire vivo come non accadeva da tempo. Penso che questo sia l’ultimo messaggio della giornata, per le restanti ore riceverà solo lettere. A dopo”. La nonna quando si accorse del telefono divenne seria e mi fece segno di consegnarglielo, inutile obiettare. Appena arrivammo respirammo un’aria magica, in un battibaleno fummo portare indietro nel tempo: le decorazioni e gli arredi erano stati riprodotti in modo accurato, il percorso della rievocazione era stato pensato in modo che si attraversasse tutto il paese e si offrisse al visitatore una maggiore vista sugli scorci paesani; le botteghe aperte permettevano di acquistare i prodotti tipici, approfondire la vita nei borghi feudali e porre l’accento sulla tradizione a dispetto della crescente produzione seriale. In poco tempo ci perdemmo in un turbinio di profumi, colori e sapori: grandi ceste di erbe aromatiche erano poste a seccare al sole mentre quelle già pronte venivano pigiate con perizia in ciotole di legno; il rumore del fabbro intento a forgiare spade e il vociare concitato di donne e uomini che davano vita al famoso mercato medievale cercando di accaparrarsi l’attenzione dei passanti. Facevano da cornice, in questo tuffo nel passato, spettacoli ed intrattenimenti con musiche, danze, giullari, musicisti e sbandieratori. In tutto questo via vai restammo rapite ad ammirare il passato che ci spiegava il presente e ci illuminava il futuro.

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Capitolo 16
*** Rame ***


Ognuna di noi fu assegnata ad una bottega, a me capitò quella dello speziale: nel medioevo questa figura era molto importante in quanto si occupava di preparare le medicine che venivano prescritte dal medico e non solo, vendeva anche profumi, essenze, candele, carta, inchiostro e colori in generale. I turisti sembravano molto interessati a questo tipo di attività e spesso non si aveva tempo nemmeno per respirare. “Mi scusi bella dama non è che saprebbe consigliarmi qualche rimedio per un forte dolore al petto? Credo che provenga proprio dal cuore”. Alzai gli occhi e vidi Andrea in tutto il suo splendore, nonostante la tunica rendesse ridicoli la maggior parte degli uomini moderni a lui donava una luce particolare: sembrava la raffigurazione di un quadro angelico. “Bel cavaliere potrei consigliarle molti preparati ma sarebbe meglio risolvere il problema che così tanto angustia il suo spirito”. Gli sorrisi dolcemente. “Credo che l’unica soluzione sia una passeggiata che possa rinfrancare l’animo. Vorrebbe accompagnarmi?”. Risi di gusto e decisi di accettare, avevo decisamente bisogno di una pausa. Camminammo prima lungo la via principale, poi decidemmo di allontanarci dal centro per evitare la folla e ci dirigemmo verso uno scorcio panoramico. “Mi dispiace che mia madre sia stata così dura con te. Caterina soffre di un disturbo alimentare, è in cura da tanto tempo. Cerca di portare pazienza”. Guardai Andrea, i suoi lineamenti erano contratti. “Non lo sapevo. E’ più che comprensibile la sua reazione. Anzi ora mi sento una stupida”. Smise di camminare, mi voltò dolcemente e prese le mie mani tra le sue. “Stai scherzando vero? Non te l’ho detto perché tu ti senta in colpa ma solamente per tentare di giustificare un comportamento così sgradevole da parte sua. Non volevo che ti fossi fatta un’idea sbagliata sul suo conto”. D’istinto lo abbracciai, sentii proprio la necessità di trovare rifugio tra le sue braccia. La magia del momento fu bruscamente interrotta da un vivace diverbio, in pochi minuti vedemmo Marco trasportare del fieno in un carretto e mia sorella Beatrice corrergli dietro urlando. “Per quanto tempo ancora non mi rivolgerai la parola? Non pensavo che te la prendessi tanto”. Marco perse la pazienza, si fermò e le rispose in modo acceso. “Per te è tutto un gioco? Io non ci riesco. Non posso e non voglio essere il giocattolino di nessuno. Non puoi baciarmi e subito dopo dirmi che non significava nulla per te, come avrei dovuto reagire?”. Mia sorella era molto nervosa: alzò più volte gli occhi al cielo e con le mani continuava a lisciarsi la lunga gonna. “Tu non sei un gioco ma in questo momento sono molto confusa. Sei una persona troppo quadrata per me, io mi conosco, per quanto mi possa impegnare finirei per sentirmi in prigione e ad odiarti. Ho combattuto per anni per la mia libertà non posso rinunciarci”. Per la prima volta la vidi sull’orlo di una crisi di nervi, Marco dal canto suo sembrava molto fermo sulle sue idee. “Che ipocrisia! Ti sei davvero sentita libera in tutti questi anni Beatrice? Mi stai dicendo che rimpiangi New York? Credo che tu debba fare chiarezza dentro di te e non lasciarti trascinare dalle emozioni”. Seguii un interminabile minuto di silenzio al termine del quale Marco riprese il suo percorso e Beatrice scoppiò a piangere. Mi avvicinai a lei e l’abbracciai, strette in silenzio cercai di farle sentire tutto il mio sostegno; mia sorella per quanto potesse sembrare cinica, sopra le righe, sicura di sé era tutt’altro. Alla stretta si aggiunse anche Giada. “Stavo andando a farmi medicare la mano e vi ho visto. Chi mi aggiorna?”. Beatrice sorrise e si fece asciugare le lacrime. “Cosa è successo a te invece?”. Urlammo in coro non appena ci rendemmo conto della grande scottatura sul dorso della mano della nostra piccola sorellina. “E’ stata colpa mia. Non mi ha sentito arrivare e nel vedermi si è spaventata ed ha battuto contro un ferro incandescente. Mi dispiace davvero tanto”. Ci girammo a guardare Edoardo che sembrava davvero preoccupato per l’accaduto. “E’ stato un incidente, d’altronde chi ci conosce sa quanto siamo sbadate. Antidolorifico, fasciatura e sarò come nuova”. Annuimmo e decidemmo di fare tutti un salto con Giada in infermeria; nello stesso momento che ci avviamo una profonda voce maschile interruppe i nostri intenti. “Darling. My sweety darling. Sognavo questo momento da tanto tempo”. Ci girammo, un bell’uomo sulla cinquantina aspettava a braccia aperte Beatrice. Non lo avevo mai visto e dall’espressione di Giada potevo dedurre che neanche lei sapeva chi fosse. La sua presenza era visivamente molto gradevole: nonostante i capelli brizzolati i lineamenti erano giovanili, il suo abbigliamento era impeccabile e il vestito costoso fasciava a pennello il corpo tonico. Mia sorella dal suo canto sembrava non essere contenta di vederlo, era decisamente sbiancata e retrocedendo si era poggiata al muretto. “David, cosa ci fai qui?”. La domanda era stata pronunciata con un tono flebile. “Tesoro, non corri ad abbracciarmi? Non sei felice di vedermi? Ho fatto tanta fatica a trovarti in questo paesino sperduto”. Prima che fu aggiunto altro, come una furia, Marco si parò davanti a Beatrice. “Qui non c’è nulla per lei, può tornarsene in America”. I pugni serrati sembravano trattenere a fatica la rabbia, Andrea si affiancò a Marco e la visuale sull’uomo ci fu completamente coperta. “Ha sentito cosa le è stato detto? E’ meglio se si allontana da qui, come vede non è il benvenuto”. Anche Edoardo decise di rincarare la dose. Mi spostai leggermente e vidi l’americano ridere. “Darling, sto andando in albergo perché sono stanco dal viaggio e non perché questi due uomini e mezzo in gonnella mi facciano paura. Abbiamo un conto in sospeso, mi rivedrai molto presto”. Le sue parole caddero nel vuoto come grossi macigni e fecero sobbalzare Beatrice. Mentre l’uomo misterioso si allontanava velocemente Marco corse da mia sorella e l’abbracciò come se per respirare non avesse bisogno di altro. “Mi dispiace, perdonami. Ci sono io, non vi accadrà nulla. Te lo prometto”.

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Capitolo 17
*** Seppia ***


Non poteva esserci una vera e propria festa senza un banchetto! Finalmente, la sera, veniva preparata la grande tavolata dove si potevano degustare degli ottimi piatti locali accompagnati dal miglior vino delle nostre terre. Quest’anno il tutto era stato allestito sul ponte principale: una lunga processione di tavoli ornati a festa con migliaia di candele che rendevano l’atmosfera intima e magica; ad allietare le conversazioni musicisti e giullari. Beatrice si era chiusa nel silenzio, la macchina fotografica appesa al collo non era stata praticamente toccata se non ad espressa richiesta; assorta nei suoi pensieri veniva seguita come un’ombra da Marco che dall’episodio di qualche ora prima non le si era più staccato. Giada si era fatta medicare la scottatura ed era rimasta in compagnia di Edoardo decidendo di non tornare in bottega e di aiutare nella sistemazione della grande tavola. Andrea aveva si era dovuto occupare di un’urgente questione lavorativa e così io ero tornata a confezionare i preparati. Il calar del sole era vicino e tra poco l’araldo avrebbe annunciato l’appuntamento culinario. “Sapevo di aver già visto quell’uomo”. Trasalii e mi voltai. “Scusami non volevo spaventarti. Tutto bene in mia assenza?”. Andrea mi si avvicinò, mi mise un braccio sulle spalle e mi diede un bacio sulla fronte. “Si sì. Hai scoperto qualcosa?”. Mi guardò a lungo. “Volevo esserne sicuro prima di parlartene. David Smith è un famoso imprenditore newyorkese nel campo farmaceutico. Probabilmente non mi ha riconosciuto ma ci siamo spesso incontrati in cene di gala, eventi benefici ed in tante altre occasioni. Ho chiesto ai miei investigatori di avere un report dettagliato ed aggiornato sulla sua persona, ovviamente ci vorrà qualche giorno per poterlo leggere”. Lo guardai con la bocca spalancata. “Hai anche degli investigatori? Andrea De Barbieri questa notizia mi ha letteralmente sconvolto”. Cercai di sembrare il più naturale possibile ma le mie mani tremavano dall’agitazione, Andrea se ne accorse e prontamente recuperò la mia borsa e mi diede il braccio. “Non preoccuparti, vedrai che la faccenda si risolverà in men che non si dica. Un uomo della sua posizione è generalmente innocuo. Tra qualche giorno ci rideremo su. Ora non voglio vederti triste, godiamoci la serata”. Feci un lungo sospiro e raggiungemmo gli altri che nel frattempo ci avevano tenuto il posto. Il banchetto sotto le stelle aveva riscosso un notevole successo, in molti avevano aderito all’iniziativa ed in molti si erano offerti volontari per far si che riuscisse perfettamente. Come da tradizione vennero servite prima le minestre. Edoardo continuava a guardare il cellulare e Giada se ne era accorta. “Stai aspettando qualcuno?”. Diede un ultimo sguardo al telefono, lo mise in tasca e sorrise a mia sorella. Mio padre, con alcuni amici, aveva scelto di intrattenere i commensali con antiche storie locali e l’interesse mostrato nei suoi racconti era all’apice. “Pensate si narra che nonostante i dissapori famigliari che ostacolavano la loro unione i due giovani trovarono comunque un modo per incontrarsi segretamente attraverso i vari cunicoli sotterranei presenti in tutto il paese. Se non siete riusciti a visitarli oggi, potrete tornare domani”. Nessuno discuteva la sua capacità di intrattenere le persone, era sempre molto richiesto negli eventi pubblici proprio per questa sua dote. “Ascoltatelo, visitate anche la città sotterranea perché vi regalerà una giornata di meraviglioso stupore”. Lucia De Barbieri in tutto il suo splendore si affiancò a mio padre posandogli una mano sulla spalla e regalando ai commensali un radioso sorriso; la sua mise era perfettamente adatta all’occasione: il vestito rosso cupo la slanciava e la faceva sembrare una bellissima nobildonna. Mio padre le porse la mano e l’accompagnò da noi. “Ragazzi, in questi giorni siete irreperibili. Finite tranquillamente la cena e poi accompagnatemi a casa che vostro padre sta facendo ritorno”. Lucia sembrava molto cordiale. “Ti capisco, anche le mie figlie durante questi eventi diventano irrintracciabili. Cosa possiamo farci? Ti ricordi noi alla loro età quante ne abbiamo combinate? Che ne dici di quattro chiacchiere davanti ad un bel boccale di birra?”. Scattai in piedi. “Papà, mi sono dimenticata di dirti che la nonna ti stava cercando, forse dovresti fare un salto da lei. La cena non è poi un granché che ne dite se saltiamo le altre portate?”. Edoardo iniziò a guardarsi intorno, Andrea era perplesso, nemmeno le mie sorelle che erano al corrente dei pettegolezzi su papà e Lucia dissero nulla. “Tesoro, non credo che sia urgente altrimenti avrebbe smosso mari e monti per trovarmi. Non farti sentire che non stai apprezzando il menù, hai idea di quanto lavoro ci sia dietro? Rimanete pure seduti a godervi il resto della serata. Torneremo a breve”. Detto ciò, si allontanarono sorridendo. Mi guardai intorno e notai che la loro presenza aveva attirato gli sguardi della maggior parte dei compaesani, mi innervosii immediatamente. “Dovevate spalleggiare la mia affermazione”. Il tutto mi uscì dalla bocca senza pensarci, Andrea poggiò la mano sul mio braccio. “Cerca di calmarti e di spiegarmi cosa sta succedendo, solo così potrò davvero aiutarti”. In quel momento Giada si rese conto della situazione e corse ai ripari. “Niente, niente. Loredana è solo preoccupata per la nonna, quando è alla ricerca del papà e non lo trova si agita facilmente e considerando la sua età non vogliamo che la sua salute corra rischi inutili. Credo che andrò a dirle di averlo visto e di non preoccuparsi”. Le lanciai un lungo sguardo complice e finalmente anche Beatrice tornò nel mondo dei vivi. “Giada rimani qui, andremo io e Marco. Non ho molta fame e credo che fare due passi possa solo farmi bene”. Andrea continuava a guardarmi interrogativamente ma io mi limitai a concentrarmi sul piatto di minestra ormai freddo. Intorno a noi luci e colori, urla e risate, emozioni ed intrighi continuavano ad intrecciarsi mescolando storie diverse.

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Capitolo 18
*** Ruggine ***


La cena era quasi giunta al termine, erano appena stati serviti i dolci. Angela aveva scelto un tempismo perfetto per aggregarsi a noi, approfittando del posto libero lasciato da Beatrice si era seduta accanto ad Edoardo e nonostante Andrea cercasse in tutti i modi di tenere la conversazione su toni neutri l’imbarazzo che era calato era evidente a tutti. “Non vedo l’ora sia la settimana prossima, dovresti vedere come l’abito che ho scelto si sposa perfettamente con il mio incarnato. Tua madre pensa che i riflettori saranno tutti puntati su di noi quest’anno. Sono così contenta Edoardo. Oh e tu…non mi viene in mente…ah si, Gioia hai trovato qualcosa da metterti? Gli abiti larghi ti donano, forse dovresti optare per qualcosa che non ti fasci troppo considerando anche tutto quello che stai mangiando in questi giorni”. Mia sorella che si era chiusa in un religioso silenzio lasciò cadere la forchetta. Edoardo le mise una mano sul braccio e con gli occhi la pregò di mandare giù l’ennesimo boccone amaro. “Mi permetto di parlare a nome di tutti. Sono sicuro che sarai bellissima, anche stasera il tuo outfit non passa di certo inosservato. Mi sembra di aver visto una tua amica all’inizio del ponte. Non è che ti stia cercando?”. Andrea cercò di mettere in atto un diversivo per far allontanare Barbie. “Oh si hai ragione. Angela credo proprio che ti stiano aspettando”. L’ignara vittima scusandosi si alzò velocemente e si diresse verso la direzione da noi indicata. “Ragazzi che ne dite se ce ne andiamo prima che ritorni? Scrivo un messaggio a Beatrice e le dico di raggiungerci”. Presi il telefono dalla mia borsa e cercai di digitare il più velocemente possibile ma proprio quando fui sul punto di inviare la nostra serata fu di nuovo interrotta. “Ciao Giada, sei quasi irriconoscibile. Immaginavamo di trovarti alla tanto decantata sagra paesana, come stai? E’ tanto che non sei dei nostri”. Un quartetto di bei ragazzi era giunto da noi, il più alto e decisamente anche il più carino rispetto agli altri era colui che sorrideva sfacciatamente a mia sorella. “Ciao Matteo, ciao ragazzi. Non pensavo di vedervi qui. Ho avuto molto da fare con la fine della scuola però sicuramente presto sarò dei vostri. Ho già avvisato anche Camilla e le altre di organizzare una serata in modo da poterci divertire tutti insieme”. Matteo, non contento della risposta di mia sorella, non distoglieva lo sguardo da Edoardo. “E’ che mi stavo preoccupando. Non ti ho più sentita dopo gli scrutini ed anche le tue amiche mi hanno detto che eri impegnata a casa. Ho capito adesso, il volontariato ti ruba tutto il tempo libero che hai a disposizione. Non fraintendermi, ti ammiro per quello che fai ma sono anche molto dispiaciuto; dopo un anno passato quasi sempre insieme a casa mia non vederti più come prima mi sta destabilizzando”. Il tutto era stato condito da smorfie e gesticolazioni eccessive. Giada era arrossita, tentai la carta della presentazione per toglierla dall’impaccio del momento. “Eilà, io sono sua sorella Loredana. E’ un piacere conoscervi. Mia sorella è molto entusiasta della scuola e del legame che si è instaurato nella vostra comitiva, sapete per chi come noi viene da fuori è sempre un punto interrogativo l’inserimento in città”. Andrea mi mise il braccio sulle spalle ed io gli lanciai uno sguardo di fuoco. Possibile che non aveva compreso il mio tentativo di spegnere l’incendio che stava nascendo? Due ragazzi ci salutarono e si allontanarono per prendersi da bere mentre Matteo sembrava non voler mollare l’osso. “E’ un piacere anche per me conoscerti. Giada ci ha parlato moltissimo della sua famiglia, anzi mi stupisco che non ci sia anche l’altra sorella, ero proprio curioso di conoscerla di persona. Giada, volevo chiederti se avessi voglia di fare due passi ma non vorrei distoglierti dal tuo impegno sociale”. Giada si fece avanti per rispondere ma Edoardo fu più veloce. “Amico, sono io il tuo problema? Se Giada ha voglia di stare in tua compagnia può farlo tranquillamente, non sarò certo io a fermarla. Pensa che la mia migliore amica non mi aveva nemmeno detto che si fosse messa a fare volontariato! Però sono sicuro che se solo avesse avuto del tempo libero tra una giornata di studio e l’altra, tra la biblioteca, il gruppo amatori del pc, le gare di scacchi, le amiche, la fattoria e la famiglia sicuramente mi avrebbe raccontato della vostra amicizia”. Giada gli mise una mano sul braccio. “Lei lo sa di essere la tua migliore amica? Probabilmente come dici tu è solo stata molto impegnata durante tutto l’anno scolastico da non nominarti minimamente. No Gian? Se non ricordo male l’unico accenno è stato: scusate ragazzi se non potremmo vederci molto spesso ma devo fare anche compagnia ad un ragazzo del mio paese che è disabile”. La miccia esplose, Edoardo diventò paonazzo ed alzò la voce. “Pensi che non lo sappia di essere disabile? Pensi che dicendomelo in faccia cambi qualcosa? Sei solo un mezzo uomo e mi stupisco che una persona come Giada possa aver speso anche solo un secondo del suo tempo in tua compagnia”. “Basta!” Il grido di mia sorella attirò l’attenzione di tutta la tavolata, anche coloro che non si erano resi conto della discussione non poterono fare a meno di girarsi ad osservare. “Matteo, sicuramente non ti ricorderai di Edoardo ma sono certa di avertene parlato più volte e non nei termini che stai usando ora. Edo lui è il ragazzo che ho aiutato durante l’anno nello studio, io e le mie amiche andavamo a casa sua esclusivamente per studiare. E’ successo qualche volta che al termine ci siamo fermate a bere una birra oppure abbiamo partecipato a qualche evento che hanno organizzato”. Mia sorella sembrava decisamente dispiaciuta per quanto successo, le tremava la voce ed era molto a disagio. “Eccomi ragazzi, sono tornata. Non ho trovato nessuno che mi stesse cercando, probabilmente vi siete confusi. Mi sono persa qualcosa?”. Angela ci aveva appena fornito l’assist per uscire da quella brutta situazione prima che potesse precipitare. “No, ti stavo aspettando. Che ne dici di accompagnarmi a casa? Matteo, è stato un piacere conoscerti. Spero che tu, a differenza mia, possa recuperare la tua disabilità”. Giada cercò di fermare Edoardo ma lui le fece chiaramente capire di voler star da solo, Angela prese l’occasione al volo e facendo l’occhiolino a mia sorella si mise ad aiutarlo ad andare via. “Non ti preoccupare, ci penso io a lui. So di cosa ha bisogno in questo momento e vedrai che tra pochi minuti si sarà completamente dimenticato questo spiacevole episodio”. Le parole sussurrate nel vento arrivarono come coltelli, Giada con le lacrime agli occhi scappò via. Andrea aumentò la presa sulle mie spalle. “Devo andare da lei, quello che è successo è di una gravità inaudita ma sono certa che non abbia mai detto quelle cose”. Andrea mi guardò comprensivo. “Ne sono certo. Andrò a casa a parlare con mio fratello, vedrai che superato il momento di rabbia se ne renderà conto anche lui”. D’istinto lo abbracciai, per qualche secondo dimenticai tutto quanto, niente se non il suo calore poteva inebriarmi a tal punto da far passare tutto il resto in secondo piano. “Finalmente sono riuscito a trovare qualcuno della mia famiglia”. Andrea si irrigidì e piano piano si allontanò da me, non avevo bisogno di voltarmi per capire che il sig. De Barbieri era tornato a casa. “Papà, pensavo fossi ancora in viaggio”. Vittorio prese un fazzoletto dalla tasca del suo completo blu e si mise a pulire gli occhiali mentre con occhi stanchi e spenti soppesava la situazione. “Quel viaggio che avremmo dovuto affrontare insieme e che invece hai rimandato per un impegno personale. Pensavo che il tempo ti avrebbe fatto maturare, ti avrebbe insegnato le priorità e reso uomo. Dobbiamo parlare in privato ma prima accompagnami a recuperare tua madre, mi hanno detto che è stata vista bere birra in una taverna”. Vittorio sembrava decisamente contrariato sia dall’atteggiamento del figlio che della moglie. Prima che potessi aggiungere qualcosa in sua difesa Andrea mi fece cenno di lasciar perdere. “Vai da Giada, ti scriverò più tardi”. Con il calore delle sue labbra sulla mia fronte lo osservai allontanarsi con suo padre.

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Capitolo 19
*** Mogano ***


La nonna era ancora impegnata in cucina, finito il banchetto stava aiutando a sistemare e a pulire. Di Marco e Beatrice non c’era traccia, probabilmente si erano già diretti verso la fattoria. “Ciao bambina mia, cosa fai qui sola soletta?”. La nonna nonostante l’età, i primi acciacchi, le fatiche di giornate intense era ancora piena di energia. “Sono venuta a vedere come te la cavavi”. Lentamente posò sia la pentola che stava asciugando che lo strofinaccio; si asciugò le mani sul grembiule e mi guardò attentamente, nulla poteva sfuggire al suo sguardo indagatore. “Cosa ne dici se mi dai una mano a finire qui ed intanto ci facciamo due chiacchiere?”. Accettai volentieri, sentii proprio il bisogno di sfogarmi con qualcuno. “Nonna è così complicato. Sento che mi sta sfuggendo tutto di mano, c’è sempre un imprevisto a rimescolare le carte e per quanto possa pianificare nulla procede come vorrei”. La nonna mi mise una mano sulla spalla. “Tesoro mio, dobbiamo accettare che non sempre possiamo avere il controllo su tutto. Spesso le cose succedono perché devo accadere, non c’è una spiegazione e non potevamo prevederlo. Dobbiamo imparare ad accettarlo o verremo schiacciati dagli eventi”. Come sempre aveva ragione. “Nonna cosa c’è stato tra il papà e la signora De Barbieri?”. La nonna mi guardò stupita, fece un lungo sospiro e tornando ad asciugare la pentola iniziò il suo racconto. “E’ una storia lunga, non pensavo che ancora se ne parlasse. Tuo padre andava alla stessa scuola di tua sorella Giada, tuo nonno voleva dargli un futuro brillante. Sai quante volte mi raccontava di immaginarselo imprenditore? Desiderava che la fattoria fosse conosciuta in tutto il mondo, che i suoi prodotti allietassero le festività di tutti; insomma vedeva una produzione su larga scala e quindi proiettava suo figlio nel suo sogno. Purtroppo però spesso i propri desideri devono scontrarsi con la realtà. Tuo nonno si ammalò gravemente e alla sua morte tuo papà lasciò la scuola per mandare avanti la fattoria; in quel periodo l’unica cosa che contava era riuscire a pagare i debiti contratti. Durante il periodo scolastico tuo papà aveva stretto molte amicizie tra le quali c’era anche Lucia. Avresti dovuto vederli da ragazzi: due ribelli che faticavano a rispettare le regole, due sognatori ma anche due bravi ragazzi. Lei veniva spesso a trovarlo alla fattoria, era molto volenterosa ed il duro lavoro non la spaventava. Avresti dovuto vederla aiutare a far nascere l’agnellino di turno, spalare letame oppure aiutarci con la vendemmia. Tuo papà le voleva sicuramente un gran bene considerando anche il fatto che dei suoi amici era una delle poche che le era stato accanto prima durante la malattia del nonno, poi durante il funerale e successivamente anche nel duro periodo di adattamento alla nostra nuova vita. Non guardarmi così, non ho mai chiesto se la loro fosse una semplice amicizia oppure ci fosse qualcosa di più; però su un aspetto potrei darti ragione, all’epoca ero convinta che con il passare del tempo si sarebbero sposati. Però, bambina mia, come ti dicevo pocanzi, la vita spesso è imprevedibile. Un giorno Lucia portò alla fattoria una sua amica, quest’ultima rimase sconvolta dalla vita che vi si conduceva. Mi ricordo perfettamente che non si era fatta problemi nell’esclamare più volte ad alta voce che lei non avrebbe mai potuto rimanerci più di qualche giorno. Vuoi sapere come si è conclusa tutta questa storia? Semplicemente che da quelle parole sgarbate, altezzose e crudeli sono nate tre splendide ragazze. Le mie bambine!”. Rimasi a bocca aperta, non avevo idea che la mamma fosse amica della signora De Barbieri. “Credo proprio che ci siamo perse troppo in chiacchiere, dovremmo finire alla svelta ora altrimenti staremo in questo tendone fino a domani mattina”. Mille domande affollavano la mia testa, avrei voluto avere dalla nonna tanti chiarimenti ma la nostra strana conversazione fu interrotta da un arrivo improvviso. “Loredana, sei proprio tu?”. Mi girai a guardare la porta di ingresso, sull’uscio Gabriele sembrava decisamente colpito dal vedermi. Lo salutai calorosamente, era almeno dalla mia laurea che non ci incontravamo. “Sei l’ultima persona che mi sarei mai aspettata di incontrare durante la rievocazione medievale del mio paesino. Cosa fai qui? Come stai?”. Il mio amico mi abbracciò affettuosamente. “Sono venuto qui con alcuni colleghi, alloggiamo in un albergo nelle vicinanze per un importante convegno internazionale e mi sono ricordato della mia cara amica Loredana che durante le pause libere ci raccontava sempre del suo paese e di questa sagra. Ho preso la palla al balzo e sono finalmente riuscito a venirci. Non pensavo neanche io di trovarti qui, ti immaginavo a casa con tuo marito e i tuoi figli”. Mia nonna incuriosita da tutta la scena si avvicinò velocemente a noi. “Gabriele ti presento mia nonna. La pietra portante di tutta la mia famiglia nonché la cuoca della maggior parte dei piatti che si potranno degustare negli stand gastronomici in questi giorni. Nonna lui è il dottor. Alberti, noto chirurgo per gli altri ma per me rimarrà sempre il mio compagno di avventure universitarie”. I due si strinsero calorosamente la mano. “Dottor Alberti, è un piacere conoscerla, vorrebbe assaggiare una fettina della mia famosa torta di mele?”. Il mio amico sorrise e accettò volentieri. “Mi chiami semplicemente Gabriele. Le anticipo che non vedevo l’ora di ricevere una tale offerta, sono anni che sento tanto parlare di questa specialità”. Ci sedemmo nell’unico tavolo disponibile vicino alla porta di entrata. Trascorremmo le ore successive ad aggiornarci su quanto ci fosse successo in questi anni: avevo appreso che Gabriele era tornato da poco in Italia dopo essere stato a lungo all’estero, aveva appena chiuso una relazione importante e si stava completamente dedicando alla carriera. “Tu cosa mi racconti Loredana? E’ strano, nonostante tutto questo tempo, mi sembra di essere ancora un ragazzino in tua compagnia. Mi guardo intorno per assicurarmi di non trovarmi ancora nei corridoi universitari”. Risi di gusto e gli diedi un leggero buffetto. “Vediamo, cercherò di sintetizzare al massimo. Dopo la laurea ho vinto il concorso nell’ospedale nel quale avevo fatto il tirocinio, la paga non è il massimo, i turni nemmeno ma almeno sono riuscita a rimanere vicino casa. Seguo anche dei pazienti privatamente e nel tempo libero aiuto il più possibile mio padre e mia nonna alla fattoria. Come vedi non saprei nemmeno cosa raccontarti per impressionarti: la mia vita tranquilla era e così è rimasta”. Gabriele mi prese la mano tra le sue, uno strano brivido mi percorse la schiena. Per un lungo momento ci guardammo negli occhi. “Pensavo fossi tornata a casa, stavo andando lì visto che non rispondevi ai miei messaggi”. Mi alzai velocemente dalla panca e guardai Andrea varcare la soglia con uno sguardo gelido. “An…an…andrea scusami, ero venuta a cercare la nonna ed ho incontrato un mio amico. Che sbadata, non vi ho ancora presentato; Andrea lui è Gabriele”. Il mio amico gli sorrise ma Andrea rimase serio. “E’ un piacere conoscerti. Caspita, si è fatto proprio tardi, è proprio vero che quando si sta bene in compagnia di una persona non ci si accorge che il tempo vola. Ora devo proprio lasciarvi perché tra qualche ora dovrò essere sul palco a parlare di un’innovativa tecnica che vorrei proporre anche in Italia. Loredana è stato davvero piacevolmente inaspettato il nostro incontro; ti lascio il mio biglietto da visita sul quale troverai il mio numero. Spero davvero che mi chiamerai. Signora, è stato un onore conoscerla e poter assaggiare questa specialità”. Gabriele si congedò velocemente, Andrea aveva osservato ogni suo movimento. Mi girai a guardarlo e quello che vidi mi raggelò: immobile come una statua fissava un punto nel vuoto, le sue mani strette a pugno tentavano di mascherare rabbia repressa, le uniche parole che uscirono dalle sue labbra furono lapidarie. “Ti accompagno a casa”.

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Capitolo 20
*** Terra di Siena ***


Il silenzio fece da terzo incomodo durante tutto il viaggio di ritorno. “Mi dispiace di averti fatto preoccupare, ho davvero perso la cognizione del tempo”. Andrea si limitava a guardare la strada. “Ero andata dalla nonna per cercare Beatrice e Marco in modo da poter tornare a casa, di certo non mi aspettavo di incontrare un vecchio amico”. Andrea sospirò. “Quando siamo arrivati alla taverna mia madre era completamente ubriaca. Tuo padre continuava ad offrirle da bere e ad invitarla a ricordare un passato ormai remoto. Mio padre l’ha quasi dovuta trascinare via mentre lei delirava frasi sconnesse e senza senso. In tutto ciò il mio pensiero costante è nei tuoi confronti: ti chiamo, ti scrivo, incontro le tue sorelle che stanno tornando a casa e che mi dicono di non averti visto. Dopo gli eventi del pomeriggio, lo stress della mia famiglia e tutta la serata andata storta vado in panico. Comincio a cercarti per ogni angolo del paese fino a che non ti vedo serenamente chiacchierare con un uomo. Non venirmi a dire che è un semplice amico Loredana perché sono troppo intelligente per crederci, ho visto con i miei occhi come ti guardava, come ti sfiorava le mani, come ti accarezzava le braccia, come era completamente rapito dai tuoi discorsi”. La macchina attraversò il grande cancello e si fermò vicino la porta di entrata della fattoria. Dalle finestre al piano superiore una luce calda illuminava la corte segno che le mie sorelle erano ancora entrambe sveglie. “Gabriele è soltanto un amico che non vedevo da anni. Abbiamo avuto un lungo trascorso universitario e quello che pensi di aver visto è solamente il ricordo di un passato condiviso. Penso che lo stesso sia accaduto tra mio padre e tua madre: non siamo macchine e goderci qualche momento di spensieratezza non credo faccia male a nessuno. La tua reazione è stata esagerata nonostante nel profondo non posso non essere contenta del tuo interesse”. Andrea mi abbracciò. “E’ un modo contorto per dirmi che nonostante il bel completo gessato mi hai preferito? Questa tunica deve avere un potere magico”. Il bacio che scambiammo fu lungo e passionale: tra le sue braccia tutti i problemi svanirono; i nostri respiri si fondevano e il suo cuore batteva all’unisono con il mio. Entrambi sussultammo quando qualcuno bussò sul finestrino. “I vetri sono tutti appannati e non voglio sapere chi ci sia nell’auto ma è tardi ed è ora che vi salutiate. Tornerò a controllare tra dieci minuti”. Mio padre fu di parola e con passo malfermo si avviò verso la porta di casa; mi sistemai i capelli e cercai di aggiustare alla meglio il vestito. “Sorpresi in castagna come due adolescenti. Questa è l’ultima prova che mi serviva per dire ufficialmente che non è la mia serata. Cenerentola, credo che sia arrivata l’ora di salutarci prima di far arrabbiare sul serio tuo padre”. Guardai Andrea e fui contenta nel constatare che la nostra intimità non lo aveva lasciato indifferente. Scesi dalla macchina e gli mandai un bacio. Mi fermai nella camera di Giada, vedendo la porta socchiusa decisi di entrare. Seduta al centro del letto immergeva freneticamente un cucchiaio in un grande barattolo di gelato, il mascara sciolto dalle lacrime le colava lungo tutte le guance. “Tesoro, hai voglia di fare quattro chiacchiere?”. Mi avvicinai lentamente verso il letto, mia sorella fece cenno di sedermi accanto a lei. “Edoardo non risponde al telefono. Ti giuro Loredana non ho mai detto quelle frasi. Lui adesso è con lei”. Il pianto si trasformò in un vero e proprio singhiozzo, l’abbracciai forte e lasciai che sfogasse la sua disperazione, rabbia e frustrazione. “Lo so tesoro, in cuor suo lo sa anche lui ma è stata toccata una ferita profonda e mai rimarginata. Dagli tempo e sono sicura che si renderà conto che è stato tutto un malinteso”. Entrò anche Beatrice che si unì all’abbraccio. “E se non dovesse rendersene conto vuol dire che non era la persona giusta per te. Non dobbiamo annullare noi stesse per un uomo: chi ti ama davvero accetta i tuoi difetti e i tuoi pregi senza sentire la necessità di volerti diversa”. Guardai Beatrice, sembrava parlare di sé stessa. “Chi è David?”. Scattò come se fosse stata morsa da un serpente. “Un grande errore che ho fatto e per il quale sto pagando le conseguenze. Non preoccupatevi, ho tutto sotto controllo. Marco mi sta aiutando se questo può farvi sentire più tranquille”. Le sue parole non avevano avuto l’effetto sperato, il mio senso di inquietudine invece di assopirsi si era letteralmente allarmato; lo sguardo vitreo di mia sorella mi fece capire che per il momento non era pronta a raccontare altro ed insistere non avrebbe portato a nulla. Mettemmo Giada a letto ed ognuna rientrò nella sua stanza. Presi finalmente il telefono e mi trovai due nuovi messaggi, uno era di Andrea e l’altro da un numero sconosciuto. Lessi prima quello del mio cavaliere. “Ho decisamente bisogno di una doccia fredda ma ho paura di congelarmi visto il clima che c’è in casa. Hanno messo la mamma a letto con fatica e mio padre si è chiuso nello studio ma le sue urla arrivano fino alla mia camera. Puoi dire a Giada di stare tranquilla di Angela non c’è traccia in casa: ho controllato che Edoardo fosse al sicuro e da solo”. La sua ironia era linfa per il mio umore. “Sono sicura che i tuoi bollenti spiriti, nonostante la doccia fredda, non ti permetteranno di congelare. Giada era abbastanza provata ma siamo riuscite a metterla a letto, invece, da Beatrice non ho cavato un ragno dal buco”. Mi ricordai dell’altra notifica ed andai ad aprire il messaggio. “Ciao Loredana, spero che questo sia ancora il tuo numero. Sono Gabriele. Mi ha fatto così piacere vederti che non ho resistito ed ho deciso di scriverti. Nonostante l’ora tarda e l’importante impegno di domani non riesco a prendere sonno. Cosa mi hai fatto? Nella speranza di poter leggere una tua risposta ti abbraccio dolcemente”. Rimasi interdetta ed in mente mi tornarono le parole di Andrea: non poteva aver ragione. Gabriele era sempre stato una persona molto affettuosa e il legame che ci univa era semplicemente amicizia. Non dovevo lasciarmi influenzare dalla gelosia di Andrea. “Ciao Gabry, per tua fortuna sono una persona abitudinaria al 99% e quindi non ho mai cambiato numero; non pensavo di essere ancora salvata nella tua rubrica. Non vorrei essere la responsabile delle tue occhiaie, per cui ti conviene lasciarti andare ad un sonno ristoratore”. Mi feci velocemente una doccia e mi misi a letto, il telefono continuava a vibrare. “Se continuerai a far ardere i miei bollenti spiriti mi denunceranno per piromania. Non preoccuparti per il resto risolveremo tutto. Buonanotte cenerentola”. Anche Gabriele aveva prontamente risposto. “Mi piacciono le persone abitudinarie e se non ricordo male il sabato è dedicato agli amici. Cosa ne dici di un aperitivo? Se hai già preso impegni potremmo anche trovarci nel pomeriggio per un caffè”. Pensandoci bene non avevo nessun impegno per la sera. “Il programma della sagra prevede l’allestimento di una discoteca all’aperto nel parco centrale. Nonostante mi rendo conto sia un evento dedicato ai più giovani mi piacerebbe comunque farci un salto. Che ne dici di rispolverare il nostro talento nella danza?”. Per un momento, appena inviai la risposta, mi sentii a disagio ma questa sensazione fu tempestivamente seppellita: in fondo cosa poteva succedere in una banale serata tra amici? Il telefono si illuminò nuovamente. “Andata. Non vedo l’ora sia stasera e non penserò ad altro per tutta la giornata”. Decisi di non replicare e nel mentre le mie palpebre si chiudevano in lontananza il sole prepotentemente si faceva strada tra le tenebre.

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Capitolo 21
*** Castano ***


Mi svegliai di soprassalto, un rumore sordo e ritmico risuonava tra le mura. Velocemente mi recai in camera di Giada; appena mio padre mi vide alzò le braccia al cielo in segno di ringraziamento. “Per fortuna sei sveglia. Ho provato a farla ragionare ma non c’è stato verso. Sono sicuro che tu ci riuscirai. Torno a lavoro”. Più veloce di una saetta mi diede un leggero bacio sulla fronte e si diresse verso l’uscita, i suoi stivali di lavoro avevano sporcato il pavimento di terra. “Dimenticavo: la nonna è già in paese a dare una mano, in cucina ha lasciato qualcosa di commestibile; Marco e Beatrice si sono recati in città, non chiedermi il motivo perché non ne ho la più pallida idea. Ti voglio bene tesoro”. Guardai frastornata la porta chiudersi velocemente, nella stanza Giada stava dando sfogo a tutta la sua frustrazione. “Hai voglia di spiegarmi cosa sta succedendo qui?”. Nessuna risposta; l’armadio era stato completamente svuotato, diversi vestiti erano stati gettati a terra, altri lanciati sul letto e quelli che non erano stati fortunati erano sparsi in qualsiasi angolo della stanza. Dalla finestra aperta, inoltre, diversi oggetti venivano lanciati ritmicamente ed energicamente. “Non credo sia il modo migliore per allenarsi al lancio del peso e se invece hai deciso di rinnovare l’arredamento posso darti una mano”. Giada si bloccò all’istante e mi riservò un’occhiata vitrea. “Sei seria? Mi sto disfacendo di tutto quello che mi ricorda Edoardo”. Come se con ciò avesse detto tutto riprese immediatamente ciò che non aveva portato a termine. “Immagino ci siano stati sviluppi mentre ancora dormivo, perché non andiamo in cucina e ne parliamo?”. Le presi con forza la mano e la trascinai al piano di sotto. “Non c’è niente da dire, mi ha scritto di dimenticarmi di lui. Così ho cancellato il suo numero e sto gettando via la sua presenza dalla mia vita”. Lacrime copiose iniziarono a bagnarle il volto. “Tesoro mio, non è così che ci si libera delle persone. Anche se riesci a disfarti di tutti gli oggetti materiali che ti fanno pensare ad Edoardo i vostri ricordi rimarranno indelebili dentro di te. Devi dargli tempo, vedrai che gli passerà”. Giada continuava a scuotere il volto, le mani freneticamente toccavano i capelli. “Tu non lo conosci bene, quando prende una decisione è definitiva. Non vuole più saperne di me”. L’abbracciai. “E’ vero, non posso dire con certezza che tornerà da te ma crederò alle sue parole quando non saranno dettate dalla rabbia”. Fummo interrotte dall’arrivo di Andrea che si palesò con un bellissimo mazzo di fiori. Giada colse al volo l’occasione e corse via. “Sono arrivato in un brutto momento?”. L’uomo più bello del mondo mi venne incontro e mi sorrise dolcemente, mi sciolsi come neve al sole. “Piena crisi adolescenziale, spero che non continui con il suo intento di demolizione della camera. Edoardo come sta?”. Andrea si sedette sulla sedia e il suo sguardo catturò il mio. “Cenerentola, dovrai estorcermi queste informazioni. Perché non vieni a sederti sulle mie gambe?”. I miei piedi si mossero all’istante mentre continuavo a perdermi in quegli occhi profondi. “Mi hai fatto un incantesimo?”. Quando i nostri corpi si sfiorarono divampò un incendio. Non avvertivo più il controllo delle terminazioni nervose, ogni fibra del mio essere sembrava volersi fondere con Andrea. Le sue mani sul mio corpo reclamavano ogni centimetro della mia pelle. Un secco colpo di tosse mi fece scattare come una molla e solo dopo aver visto che si trattava di Beatrice tirai un sospiro di sollievo. “Papà aveva detto che eri in città con Marco”. Tentai di giustificarmi farfugliando. “Ore fa. Lo vedo che non mi stavi aspettando. Hanno sequestrato la tua camera per caso?”. Mia sorella salutò Andrea con un cenno della mano. “Scema. Ero qui che stavo cercando di consolare Giada ma non ci sono riuscita”. Beatrice rise di gusto e annusò i fiori poggiati sul tavolo. “Ci credo che sia scappata: una minore non dovrebbe assistere a queste scene, siete fortunati che non sia arrivato prima papà. E aprite le finestre: l’odore di sesso ha impregnato tutta la stanza”. Le lanciai uno straccio e le feci la linguaccia mentre la osservavo lasciare la cucina. “Cenerentola cosa dici di mostrarmi la tua stanza?”. Andrea mi si era avvicinato di soppiatto. “Credo proprio che invece dovremmo mantenere le debite distanze. Non voglio vederti finire nelle segrete con mio padre come tuo carceriere. Non mi hai ancora detto come sta tuo fratello”. Andrea rise e furbescamente mi rispose di essere venuto per un incontro di lavoro e di aver preso la palla al balzo per passare a salutarmi. “Sei stato fortunato a trovarmi in piedi, se non fosse stato per Giada e la sua furia probabilmente ero ancora tra le braccia di Morfeo”. La sua mano mi accarezzava lentamente il viso. “Credo proprio che dovrò ringraziarla altrimenti ci saremmo persi un momento indimenticabile. Edoardo è molto arrabbiato, non ha voluto parlarmi questa mattina; ci riproverò più tardi. Ora raggiungo tuo papà prima che mi dica su per l’eccessivo ritardo accumulato”. Mi salutò velocemente ed anche lui lasciò la cucina; rimasta sola mi affacciai alla finestra: il sole splendeva alto nel cielo blu ed il mio cuore era colmo d’amore. Un’ombra al cancello attirò la mia intenzione, qualcuno vi stava deliberatamente stazionando. Scesi velocemente le scale ed aprii la porta chiamando Gauss che svegliato dal suo riposino si allarmò ed iniziò a perlustrare il territorio. Mi incamminai velocemente verso il cancello seguita dal nostro cagnone che iniziò ad abbaiare e a ringhiare proprio in quella direzione: non mi ero sbagliata qualcuno era lì fuori! Man mano che mi avvicinavo avvertivo un senso di inquietudine farsi strada rapidamente, con il fiato corto arrivai alle sbarre. David Smith in giacca e cravatta, nonostante le alte temperature estive, mi sorrise. “Good Morning. Sto cercando Beatrice, sono un suo amico”. Lo guardai furente. “Non è in casa. Credo che sia meglio che se ne vada”. David sogghignò. “Darling, credo che debba essere lei a dirmelo. Perché non la chiami e la fai venire qui?”. Aprii il cancello, in quel momento non pensai alle conseguenze, la rabbia mi aveva completamente annebbiato il buon senso. “Mi chiamo Loredana. Ascoltami bene, non so cosa tu voglia da mia sorella ma se lei ha deciso di non volerti vedere devi fartene una ragione e tornartene da dove sei venuto. Se la conosci anche solo un minimo sai che non è una persona che cambia facilmente idea per cui insistere non porterà a nulla di buono”. Fiera di avergli vomitato in faccia tutto il mio disprezzo feci per andarmene ma David mi prese per un polso; potevo sentire le sue unghie entrarmi nella carne. “Ascoltami tu ragazzina, non mi importa cosa desidera o meno Beatrice. Lei ha qualcosa che è mio ed io non vi rinuncerò di certo. Ora le possibilità sono due o torna con me a New York o le farò pentire di avermi conosciuto; non cercate di mettervi in mezzo perché vi posso assicurare che vi calpesterò uno ad uno come se foste dei luridi insetti”. La sua mano gelida e la pressione sul mio polso mi provocarono un lungo brivido di paura, per fortuna i latrati di Gauss avevano attirato l’attenzione di mio padre, Marco ed Andrea che velocemente ci raggiunsero. “Lasciala andare immediatamente o ti spacco la faccia”. Il mio cavaliere dagli occhi di ghiaccio era furente, David lasciò andare la presa ma sulla mia pelle delicata si potevano facilmente scorgere i segni della sua furia. Mio padre fece cenno ai due ragazzi di calmarsi. “Salve, sono Antonio il proprietario di questa fattoria. Come posso aiutarla?”. Disse mio padre porgendogli la mano, la sua freddezza e la compostezza erano da manuale. David lo guardò per un lungo minuto poi si decise a stringergliela. “Piacere, sono David Smith. Sono il fidanzato di sua figlia Beatrice, abbiamo avuto un litigio e vorrei avere la possibilità di chiederle scusa e riportarla a casa nostra a New York”. Fummo tutti presi alla sprovvista, il più colpito sembrava Marco. Presi la parola. “E’ un bugiardo papà, Beatrice non ci ha mai parlato di lui; a me si è presentato come un amico e poi ci ha minacciato se ci fossimo intromessi tra loro due”. Sembravo isterica. Mio padre mi guardò e poi con calma gli rispose. “Signor Smith mi scuso in anticipo se posso sembrarle scortese ma devo chiederle di allontanarsi dalla mia proprietà. Quando avrò chiarito le circostanze con mia figlia Beatrice e se lei vorrà sarà il benvenuto a casa mia. Le auguro buona giornata. Ragazzi torniamo in casa, ora!”. Mi si avvicinò e mi accompagnò verso il cancello, anche Andrea venne da me. “Fammi vedere, ti ha fatto male quel verme?”. Cominciò ad esaminare minuziosamente il polso e vidi che anche mio padre osservava perplesso i segni rossi rimasti sulla mia pelle. Mentre l’attenzione si era spostata su di me un tonfo ci fece sussultare, Marco aveva assestato un bel pugno sulla mascella di David.

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Capitolo 22
*** Borgogna ***


David era caduto a terra dopo il colpo ricevuto da Marco, la polvere aveva sporcato il suo costoso vestito. Sorpreso, con la mano si massaggiava il punto esatto nel quale aveva ricevuto il pugno. Mio padre si mosse immediatamente e bloccò Marco per le braccia. “Ora calmati. Non fare sciocchezze, torna con Andrea a casa”. Anche il mio bel cavaliere si avvicinò ai due. Da terra David iniziò a gettare benzina sul fuoco. “Deduco che tu sia il suo nuovo pupazzetto. Si stancherà anche di te come di tutti gli altri, se pensi di essere speciale per lei ti sbagli di grosso. Beatrice non ha un cuore, non è in grado di amare”. Mio padre rafforzò la presa su Marco. “Non mi credi? Scommetto che ti avrà già detto che non sa quello che vuole. Ho ragione vero? Vedo la sofferenza nei tuoi occhi. Io e Beatrice siamo due parti della stessa mela, niente e nessuno ci potrà dividere. Scappa finché sei in tempo”. Andrea aiutò mio padre a trascinare Marco all’interno del cancello ed io velocemente pigiai il pulsante di chiusura mentre David con molta calma si alzava e si sistemava gli abiti. “Signor Smith le rinnovo l’invito ad allontanarsi dalle mie terre”. Mio padre tirò fuori tutta la sua autorità. David rise in modo sinistro e rimanemmo a guardarlo allontanarsi. “Torniamo alla normalità ragazzi; tesoro tutto bene?”. Mi guardai il polso ed annui. Il resto del pomeriggio passò velocemente; Andrea era andato via da poco con la promessa di rivederci alla festa serale. Il mio telefono squillò. “Ciao bellissima, se prima ci andassimo a mangiare un boccone insieme? Mi hanno consigliato un posticino che vorrei provare”. Gabriele. Mi ero completamente dimenticata di lui. Potevo declinare l’invito adducendo un imprevisto oppure accettare e godermi qualche ora di tranquillità; optai per la seconda opzione. “Va bene, dove vuoi che ci incontriamo?”. Risposi frettolosamente mentre sceglievo dall’armadio cosa indossare. “Ti passo a prendere fra un’ora. Meglio scrivere sessanta minuti, l’attesa sembra minore. A dopo”. Scelsi un vestito a spalle scoperte e smanicato color borgogna e ci abbinai dei sandali neri. Appena mi vide Bea fischiò. “Wow. Dove ti porta il signorino?”. Cercai di acconciarmi velocemente i capelli. “Veramente sto andando a cena con Gabriele, il mio ex compagno di università e solo in serata vedrò Andrea”. Mia sorella rise e mi aiutò a sistemare lo chignon. “Che brava la mia sorellina. Non sono la persona più adatta per dirti di stare attenta, la sottoscritta come avrai visto ha fatto un gran bel pasticcio”. Le sue dita fredde toccarono i segni lasciati da David sul mio polso. Le presi la mano tra le mie. “Devi sistemare al più presto la situazione prima che ti sfugga di mano. Se solo ti aprissi con me potrei aiutarti”. Mia sorella andò a sedersi sul letto. “La storia è molto lunga e complicata e non voglio rovinarti la serata”. Mi sedetti a fianco a lei e la incoraggiai a vuotare il sacco. “Per mia sorella il tempo c’è sempre, tutto il resto viene in secondo piano”. Beatrice si asciugò una lacrima. “Quando sono arrivata a New York sono stata catapultata nel mondo che pensavo di volere da sempre. Feste, sfarzo, i primi lavori ben retribuiti, conoscenze importanti. Non ti nego che per diverso tempo ho vissuto in balìa degli eventi: mi alzavo tardi, mi immergevo nel mio lavoro fino a tarda sera, feste quasi ogni sera fino a notte fonda. Ad un evento benefico ho incontrato David: da subito è stata una sfida, dicevano che lui non si impegnava, che nessuna era mai riuscita a farlo innamorare, che manipolava le persone, che prendeva senza mai dare, che era una persona senza scrupoli. Mi sentivo onnipotente, più forte di tutti e di tutto e così ho iniziato a frequentarlo. Le cose tra noi non sono andate come pensavo, non avevo tenuto conto dell’attrazione fisica e della sua bravura con la manipolazione. Ben presto mi sono ritrovata ad essere la sua amante, su di me avvertivo sguardi di compassione, nessuno osava parlarmi se non in sua presenza; anche il mio lavoro in un certo senso ne ha risentito, avevo come l’impressione che le proposte che ricevevo avessero avute tutte il suo benestare. In poco tempo ero diventata il suo giocattolo, vivevamo insieme nel suo attico di New York, trascorrevamo le serate insieme, andavamo alle feste, ci divertivamo. Non ero felice, fingevo di esserlo forse per paura di perdere tutto; un giorno ricevo una telefonata inaspettata…”. Il racconto di Beatrice fu interrotto dal mio telefono che prontamente silenziai. “Mi chiamano da una casa di cura e mi dicono che non erano riusciti a mettersi in contatto con David e che chiamandolo a casa la governante aveva dato il mio numero. Volevano sapere se fosse d’accordo nell’aumentare i tranquillanti che somministravano quotidianamente a sua moglie. Loredana, mi è crollato il mondo. Non sapevo fosse sposato, nella foga di aggiungere un trofeo alla mia bacheca non mi ero preoccupata della sua vita privata; avevo dato per scontato che fosse scapolo anche se nessuno me lo avesse detto esplicitamente”. Il telefono squillò ancora e di nuovo lo silenziai. “Andai fuori di testa, penso di avergli distrutto l’appartamento. La litigata fu teatrale, andai a stare in albergo. Avendo tanti soldi ed una certa fama David arrivava ovunque andassi, non voleva che chiudessimo la nostra storia; tante volte mi sono chiesta se questa sua ossessione nei miei confronti non fosse perché la decisione di porre fine alla nostra relazione l’avevo presa io e non lui”. Qualcuno bussò alla porta, non potei fare a meno di aprire. Davanti a me in tutta la sua eleganza mi ritrovai Gabriele con un mazzo di rose rosse. “Sei bellissima. Spero sia ancora il tuo fiore preferito. Ho provato a chiamarti per dirti che ero arrivato ma non mi hai risposto, per fortuna tuo padre mi ha fatto entrare”. Rimasi a bocca aperta, per fortuna Beatrice ruppe l’imbarazzo creatosi. “Ciao, io sono sua sorella. Tu devi essere il dottorino. Buona serata con questo bel bocconcino”. Nel superarlo volontariamente si toccò i capelli in modo da far vibrare nell’aria il suo profumo, Gabriele la seguì avidamente con lo sguardo. “La nostra conversazione non è ancora terminata. Ti avverto che non ti lascerò dormire se prima non avrai finito il tuo racconto. Scusami Gabry ma non ho sentito il telefono, io sono pronta se vuoi possiamo anche andare”. Gabriele non distoglieva lo sguardo dalla porta della camera di mia sorella. “Caspita che uscita spettacolare. E’ una modella?”. Lo presi sottobraccio e lo accompagnai verso le scale. “No, una fotografa ma sono concorde nel potenziale sprecato”. Ridemmo entrambi di gusto. Gabriele mi aveva portato in uno dei ristoranti più lussuosi di tutta la provincia, quando aveva accennato al posticino da provare mai mi sarei immaginata quel ristorante. Avete presente quando ci si immagina il primo appuntamento? Ecco questo era il luogo perfetto nel quale trascorrere una serata da ricordare. Ci avevano riservato un posto nella grande terrazza: ogni tavolo era sotto un piccolo gazebo sul quale fiori rampicanti esprimevano al mondo la loro bellezza, diverse luci colorate illuminavano fiocamente i piatti per mantenere l’atmosfera intima ed il pavimento trasparente celava timidamente un grande acquario. “Caspita Gabriele è magnifico, non mi aspettavo tutto questo”. Ero completamente rapita e come una bambina nel paese dei balocchi continuavo a guardarmi intorno estasiata.

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Capitolo 23
*** Bordeaux ***


“Gabriele è bellissimo questo posto”. Gli sorrisi dolcemente; era difficile mantenere la concentrazione nella conversazione quando ogni particolare che ci circondava era così magnetico da rapire l’interesse. “Sono molto contento che ti piaccia. Ringrazierò i miei colleghi per il suggerimento. Hai preferenze nell’ordinazione o ti affidi a me?”. Tra i fiori iniziò a risuonare una musica rilassante. “Fai pure, mi fido ciecamente del tuo gusto”. Piano piano intorno a noi i tavoli iniziarono a riempirsi. “Come hai fatto a trovare posto? Di solito è sempre pieno, ci vogliono mesi per avere una prenotazione”. Gabriele mi fece l’occhiolino ed ordinò al cameriere due calici di vino bianco e della tartare di pesce. “Sono stato molto fortunato. Sei veramente in splendida forma; spero di non averti creato problemi con il tuo ragazzo”. Questa domanda molto personale ed alla quale non sapevo che risposta dare mi mise a disagio, cercai di smorzare il tutto giocando con il tovagliolo. “Andrea non è il mio ragazzo. Non so se ti ricordi di lui, al tempo dell’università mi prendevano spesso in giro per la mia cotta. Ci siamo visti quest’estate e ci stiamo frequentando, al momento tra noi due non c’è nulla di definito”. Gabriele si fece serio. “Lui è quel ragazzo di cui tanto si parlava? Caspita, non mi aspettavo che dopo tutto questo tempo fosse ancora oggetto del tuo interesse. Ti devo riconoscere la perseveranza. Sono stato anche sfortunato, se il convegno fosse stato prima magari ora sarebbe tutto diverso. Non ti nego che mi fa piacere sapere che non ci sia nulla di serio, temevo di finire vittima di una rappresaglia amorosa”. Arrivarono le portate e il vino. “Sinceramente dopo gli studi e l’inizio del lavoro in ospedale avevo seppellito la mia cotta per lui. Quando ci siamo visti è stato magico ed ho capito che sento ancora le farfalle in sua presenza”. Le pietanze erano ottime; il pesce si scioglieva in bocca, le spezie ed il condimento conferivano al piatto un sapore particolare ed unico. “Non dubito dei tuoi sentimenti ma i suoi? Sono sinceri? Mi dispiace doverti dire queste cose ma sono un tuo amico e mi sento in dovere di proteggerti”. Gabriele non distoglieva mai lo sguardo dal mio viso. “Ti ringrazio per questo. Solo il tempo potrà dirci effettivamente come andranno le cose tra noi. Cambiamo discorso dai. Come è andato il tuo convegno? Quanto ti fermerai?”. Il mio tentativo di spostare l’attenzione del discorso fortunatamente funzionò. “Molto bene. Volevo lasciare questa bella notizia per il dolce ma colgo il tuo assist e te la rivelo subito così risponderò anche all’altra domanda. Ho vinto un concorso e verrò a lavorare nel tuo ospedale, sarò a capo di un’unità di ricerca”. Il boccone mi andò di traverso, per fortuna con un paio di colpi di tosse ed un sorso di vino la situazione andò via via migliorare. “Scusami. Mi hai colto di sorpresa, non pensavo che un dottore della tua fama fosse interessato ad un posto in un ospedale minore. Sei un uomo dalle mille sorprese”. Gabriele allungò la sua mano sulla mia. “Diciamo che quando ho saputo che ti avrei vista ogni giorno non ci ho pensato due volte. Finalmente avrò la possibilità di dimostrarti cosa voglia dire avere qualcuno al proprio fianco”. Ritirai la mano, il mio disagio era ormai all’apice. “Che ne dici di ballare?”. Accettai sperando di ritrovare la spensieratezza e la serenità che avevo auspicato nel momento in cui avevo accettato l’invito a cena. Con mio grande dispiacere quello che doveva essere un ballo innocuo si trasformò in ulteriore imbarazzo; c’era qualcosa che non andava, possibile che Gabriele avesse un interesse nei miei confronti? Dopo tutti questi anni? La musica risuonava dolcemente, l’uomo al piano era di un’abilità esemplare ma io mi sentivo prigioniera in una morsa d’acciaio: le braccia di Gabriele mi stringevano troppo la vita e la presa mi costringeva a posare la guancia sulla sua spalla, cercai di aggrapparmi alle sue spalle per non inciampare. Mi sentivo stordita, complice probabilmente il vino; mentre io non vedevo l’ora che il brano terminasse in modo da poter riprendere aria, Gabriele sembrava a suo agio: le sue mani si muovevano delicatamente e ritmicamente come se volessero trovare il modo di rilassare i miei nervi, teneva gli occhi chiusi e sentivo il suo odore di dopo barba e muschio bianco invadermi le narici. Finalmente quando la musica cessò mi incamminai frastornata verso il nostro tavolo, ero quasi arrivata alla sedia quando Angela mi si palesò davanti. Era bellissima, anzi erano tutte meravigliose; lei e le sue amiche sembravano dover sfilare su qualche passerella internazionale. “Loredana, che piacere vederti! Devo dirti che mi hai stupito, non pensavo ti piacessero questi tipo di posti. Giustamente non è colpa tua ma mia che ti ho catalogato nella classica tipa da ristorante familiare circondata dal marito e da centinaia di marmocchi”. Risatine di sottofondo echeggiarono distintamente. Prima che potessi risponderle Gabriele si pose al mio fianco e mi strinse a lui circondandomi la vita con il braccio. “Loredana è una ragazza da mille sorprese. La sua compagnia è bella anche per questo perché si adatta facilmente a qualsiasi situazione senza troppe pretese”. Angela rimase piacevolmente colpita, i loro sguardi si studiarono per lungo tempo. “Angela ti presento Gabriele. Eravamo compagni di studi all’università. Come mai siete qui e non alla festa in paese?”. Nel rispondermi non distolse gli occhi da quello che era diventato il suo centro d’interesse. “Mangiamo qualcosa al volo e poi andiamo. Dov’è Andrea così lo saluto?”. Non pensavo di dovermi giustificare anche con lei. “Non è qui con noi, lo incontrerò più tardi”. Mi guardò come se avessi avuto due teste. “Occhio non vede, cuore non duole! E così anche la docile gattina ha tirato fuori gli artigli, d’altronde siete tutte uguali: vi tuffate a capofitto non appena vedete un portafoglio gonfio. In ogni caso riferisci pure a tua sorella di stare lontano da Edoardo, ufficializzeremo il fidanzamento alla festa di sua madre. Te lo sto dicendo solo per evitare delle umilianti scenate”. Con movenze da felino si allontanò mettendo in mostra il suo fisico perfetto. “Wow che carattere la ragazza! Mi viene da compatire quel povero ragazzo di Edoardo”. La battuta di Gabriele non mi aveva riportato di buon umore. “Ti dispiace se andiamo via? Mi accompagneresti in città?”. Mi dispiaceva sembrare sgarbata ma la serata per me poteva considerarsi conclusa. Gabriele celò velocemente la sua avversione per la mia decisione. “Certamente. Mi dispiace che ti abbia infastidito quella ragazza. La prossima volta non accadrà”. Lasciai cadere nel vuoto tutte le allusioni e ci avviammo verso l’uscita.

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Capitolo 24
*** Marrone ***


Gabriele mi accompagnò in paese. Durante tutto il viaggio cercò di occupare il mio silenzio con aneddoti risalenti al nostro percorso di studi; si era accorto del mio malumore e stava cercando in tutti i modi di farmi dimenticare lo screzio con Angela. Tacevo perché non ero sicura che il mio malessere derivasse solamente dal battibecco con barbie. Guardai più volte il telefono, era quasi mezzanotte ed Andrea non si era ancora fatto sentire. Vista anche la tarda ora, Gabriele insistette per accompagnarmi alla festa allestita nel parco centrale. Quando arrivammo rimanemmo entrambi piacevolmente sorpresi dal lavoro che era stato fatto: il lungo palco era stato allestito vicino all’entrata principale in modo da lasciare a disposizione tutto il restante spazio per ballare, il dj suonava già da qualche ora ed un discreto numero di persone ballava circondate da alberi secolari e aiuole fiorite. “Mio bel cavaliere sono arrivata ora. Mi riconoscerai con indosso un vestito più contemporaneo? Per evitare che tu commetta un errore ti aspetto vicino l’entrata”. Gabriele continuava a starmi vicino. Gli mentii. “Gabry mi ha appena scritto Andrea che tra poco arriverà qui. Ti ringrazio molto per la cena e per avermi tenuto compagnia fin qui”. Pensavo che le mie parole fossero chiare ma invece mi sorrise e di salutarmi non fece nessun accenno. Ormai stavo perdendo la pazienza e quando ero sul punto di rispondergli male finalmente Andrea arrivò. Il suo viso era molto teso, dagli occhi non traspariva nessuna emozione. Si affiancò a me e mi diede un rapido bacio sulla fronte. “Come stai piccola? Il tuo polso?”. Mi prese il braccio e verificò lo stato dei segni lasciati da David. “Cosa ti è successo? Qual è la storia di queste ecchimosi?”. Il tono di Gabriele si fece subito sospettoso e l’aria vibrò di tensione. Cercai di smorzare sul nascere la faida. “Sto bene. Non preoccupatevi andranno via tra qualche giorno. E’ stato solo un incidente”. Le ultime parole le scandii in direzione di Gabriele sperando che tranquillizzassero la sua preoccupazione. Andrea si fece avanti e gli diede la mano. “Non immaginavo di rivederti così presto, spero che la tua serata sia stata piacevole”. Il dottore strinse al volo la mano, la sua presa fu ferma. “Sì devo dire che la serata è stata molto piacevole. Ti stavamo aspettando, Loredana a cena mi aveva detto che dopo ti avremmo incontrato. Visto che mi trasferirò qui credo che dovrai farci l’abitudine al vedermi”. Un sorriso compiaciuto segnò le sue labbra, in pochi minuti era riuscito a mettere a segno diversi colpi a suo favore. “Ero l’unico, a quanto pare, a non sapere della vostra cena romantica. E cosa va a fare un dottore della tua fama in un piccolo ospedale? Lo trovo alquanto strano. Sei giovane, all’apice della carriera e già ti ritiri dalle prime linee?”. Andrea mi lanciava occhiate roventi. “Loredana mi ha fatto capire che la notorietà e il successo nella vita non sono tutto. Quello che conta veramente sono gli affetti; ho deciso così di fermarmi per un po': mi dedicherò comunque all’attività di ricerca e metterò tutta la mia conoscenza a disposizione dei più bisognosi. E tu invece quando ripartirai? Loredana mi ha detto che sei un facoltoso imprenditore”. Ad interrompere la veloce escalation furono Angela con Edoardo. “Ciao ragazzi, che bello vedervi tutti insieme! Ti è piaciuta la cena romantica cara? Siete veramente carini insieme”. La guardai in malo modo, aveva ragione mia sorella, era proprio una strega. “Come ti avevo già spiegato ma te lo ripeto in modo da essere, spero, chiara una volta per tutte, era una cena tra amici. E sì, avevi ragione, mi sono resa conto che per quanto possano essere magnifici quei posti io sono una persona da ristorante con marito e figli”. Presi Andrea sottobraccio e ci allontanammo dal gruppetto. “Dì qualcosa per favore”. Andrea mi guardò per un lungo istante, le mani sprofondavano nelle tasche dei pantaloni. “Non so davvero cosa dirti. Perché non mi hai detto della cena con il tuo amico?”. Il tono della sua voce era stranamente calmo. “Me ne ero dimenticata sinceramente. Il pomeriggio è stato molto movimentato e poi mi sono messa ad ascoltare lo sfogo di Beatrice”. Andrea fece vagare il suo sguardo tra la folla. “Penso siano tutte scuse. Non credo tu abbia accettato oggi il suo invito a cena. Di minuti nell’arco di questi giorni ne hai avuti tanti a disposizione per dirmi che saresti uscita con lui. Tra l’altro sai quanto mi dia fastidio come persona, questa finta ingenuità quando il suo scopo di portarti a letto è chiaro a tutti”. Ad enfatizzare le ultime parole calciò via una pietra. “E’ vero, non ho accettato oggi, non ho dato peso alla cosa. Fin dal primo momento ti ho detto che per me lui è solamente un amico. Non volevo che ti arrabbiassi”. Andrea mi prese tra le mani il viso. “Se tu fossi per me una qualunque non sarei così deluso ora. Quello che mi fa più rabbia non è la cena, non ti avrei detto nulla e avrei mandato giù il boccone amaro, ma il fatto che tu me lo hai taciuto mi manda in ebollizione. Immagina come mi possa essere sentito quando ho visto le foto di te avvinghiata con un altro uomo!”. Volevo tranquillizzarlo, stringerlo a me, fargli capire che per me contava solo lui ma il destino ci mise di nuovo lo zampino: Angela venne verso di noi quasi correndo. “Andrea, Andrea devi fermare Edoardo. E’ venuta una ragazza a dirgli che Matteo e Giada sono appartati in un angolo. E’ andato via di testa, non l’ho mai visto così furibondo. Ti prego, fermalo”. Corremmo nella direzione che Angela ci indicò, anche Gabriele ci seguì. Dopo diversi minuti riuscimmo a trovarli, la scena che ci si presentò davanti era sconvolgente: mia sorella era senza scarpe, con una manica sfilata e il mascara completamente colato sul viso; Matteo aveva la camicia sbottonata, i capelli arruffati e le gote in fiamme. Edoardo urlava sconnessamente. “Toglile le mani di dosso lurido maiale! Non lo vedi che è completamente ubriaca? Non ti permetterò di approfittarti di lei!”. Matteo sembrava solo infastidito da tutto il baccano che Edoardo stava creando. “Qualcuno mi toglie di torno questa pulce? E’ così piccola che riesco solo a sentire la sua fastidiosa voce ma non riesco a vederla”. Edoardo si spinse verso di lui minacciosamente. “Cosa vuoi fare? Picchiarmi? E come pensi di riuscirci senza le gambe? Aspetta per essere equi mi metterò seduto a terra così forse saremo alla stessa altezza”. Giada tentò di mettersi tra i due, ma Edoardo aveva ragione: era completamente ubriaca. Cercai di raggiungerla ma Gabriele mi trattenne per il braccio. “Non metterti in mezzo, oltre ad essere pericoloso mortificherai ancora di più Edoardo. Lascia che risolva a modo suo la questione”. Vidi il volto di Edoardo farsi paonazzo poi scoppiò in una fragorosa risata. “Vedi, mio caro, sarò io a non abbassarmi al tuo livello. In tutto questo tempo non mi ero accorto che l’unico cervello che hai è collocato in mezzo alle gambe e non vale la pena che io mi sporchi le mani per una persona del tuo calibro. Giada, ascoltami bene, hai due possibilità ora: o vieni via con me o rimani con questo essere!”. Mia sorella scoppiò a piangere, mi si stringeva il cuore a vederla così. “Mi…mi..mi…dispiace Edoardo”. Incespicò su sé stessa. Mi liberai dalla stretta di Gabriele e corsi al suo fianco. In pochi secondi anche lui arrivò vicino a me. “Spiegami ma il tuo ruolo qui qual è? Non abbiamo bisogno di un cagnolino”. Andrea aveva preso di petto Gabriele, l’attenzione che prima era su Matteo ed Edoardo si spostò su loro due. “Ragazzi per favore, non ora. Giada sta male ed Edoardo ha bisogno di suo fratello”. Gabriele annuì e ci guardò. “Lascia fare a me, in fin dei conti sono un medico. Vorrei capire quanto ha bevuto tua sorella e come sono i suoi parametri”. Il tempo sembrava essersi fermato, vedevo le persone muoversi a rallentatore, le voci mi arrivavano ovattate e il cuore mi rimbombava nel petto.

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Capitolo 25
*** Ametista ***


Circondati da un gruppetto di curiosi Giada si stava piano piano riprendendo: accovacciata su un’aiuola le tenevo la testa mentre stava rigettando l’alcol in eccesso ingerito. Gabriele che le aveva prestato i primi soccorsi nel momento in cui aveva iniziato a stare male sembrava fiducioso, i parametri sembravano buoni nonostante tutto. Andrea, Edoardo, Angela e Matteo erano rimasti con noi nonostante lo spettacolo non era dei migliori, ognuno appena poteva non perdeva tempo per lanciare frecciatine alla sua nemesi. “Hai rovinato la serata a tutti noi! Sei contenta ora? Sei un’egoista e basta! Guarda il povero Edoardo come è preoccupato per la tua salute”. La voce di Angela mi risuonava nelle tempie come un rumore fastidioso. “Prega che si riprenda in fretta e che soprattutto quando lo faccia non dica che sei stato tu a farla bere solo per approfittartene perché te ne faccio pentire amaramente. Non hai nemmeno idea di dove posso arrivare e di cosa ti possa fare”. Edoardo era una pentola in ebollizione, nonostante suo fratello cercasse di mantenerlo calmo, sembrava non volesse sentire ragioni. “Sarebbe il caso di chiamare un’ambulanza o portarla in ospedale in modo che qualcuno possa visitarla seriamente. Non possiamo fidarci di un solo parere”. Andrea insisteva mettendo in dubbio la professionalità di Gabriele. “Sono un medico. Se non ti fidi del mio giudizio non è detto che gli altri non debbano farlo, se il problema invece è un altro parliamone. Sono qui”. Gabriele era spazientito. In questo circo, con il vomito di Giada sul vestito e la preoccupazione per il suo stato di salute, persi completamente la pazienza. “Basta!”. Urlai a squarciagola. “Angela chiudi quella boccaccia; Edoardo Giada starà meglio una volta che i postumi della sbornia saranno passati; Andrea e Gabriele fatela finita, sarà Giada a decidere cosa fare!”. Nessuno osò rispondermi, probabilmente erano rimasti stupiti della mia reazione. Giada dal suo canto riuscì solamente a dire di voler andare a casa. Per non creare ancora più screzio chiamai Marco per farmi aiutare e per fortuna arrivò in tempi brevi; senza voltarci indietro andammo via velocemente. Passai quello che restava del sabato sera lavando e mettendo a letto mia sorella e poi finalmente riuscii a farmi una bella doccia anche io. Al piano inferiore trovai Marco, papà ed Andrea chiacchierare del più e del meno davanti ad una vecchia bottiglia di brandy; appena mi videro mi chiesero come stesse Giada. “Non preoccupatevi, l’ho lasciata che dormiva come un angioletto. Ricordiamoci di metterle sul comodino un’aspirina ed un bel bicchiere di spremuta d’arancia”. Mio padre tirò un sospiro di sollievo. “Domani le farò un bel discorsetto. Non si è mai comportata in modo così sconsiderato ed io mi sono sempre fidato di lei ma dopo quanto accaduto non solo la metterò in punizione ma farò molto più attenzione alle richieste che mi farà. Se solo penso a cosa sarebbe potuto accadere se non foste intervenuti”. Nel raccontare l’episodio avevamo deliberatamente omesso determinati particolari. “Ragazzi credo proprio che ora andrò a dormire anche io. Mi raccomando con le mie figlie, sono il bene più prezioso che possiedo”. Passandomi accanto mi diede un rapido bacio sulla fronte e mi fece l’occhiolino; dopo poco anche Marco si congedò. Il silenzio sembrava aver costruito un muro tra noi. “Ti andrebbe un po' di gelato? La nonna dice che i problemi assumono un altro colore dopo aver ingerito un po' di zucchero”. Si limitò ad annuire e ci trasferimmo in cucina. “Cioccolato ti va bene? Non ne è rimasto tanto, Giada negli ultimi giorni ha usato il cucchiaio come una vanga in questo barattolo!”. Servii due palline ciascuno, mentre Andrea si affrettò a terminare la sua coppetta io facevo più fatica a mandarlo giù. “Se non hai fame non ti sforzare, non vorrei che ti sentissi male. Non preoccuparti, d’altronde hai avuto una cena impegnativa e sicuramente avrai anche già mangiato il dolce”. Lo guardai negli occhi. “Non dire così, è stata solo una serata in amicizia”. Andrea perse la pazienza e sbatté il cucchiaio sul tavolo. “Loredana non prendermi in giro. Ti ho già detto quanto mi dia fastidio. Lo hai visto e lo hai sentito Gabriele, non dirmi che tutti i tuoi amici si comportano così? Ha un chiaro interesse nei tuoi confronti e non lo cela. Mi fa rabbia che non si fermi di fronte a noi due: non ha rispetto per la nostra storia! Devi mettere spazio tra voi due, non posso temere di vedere sul telefono foto di te avvinghiata a lui!”. Capivo in parte il pensiero di Andrea, che da parte di Gabriele ci fosse un interesse diverso dall’amicizia cominciava a farsi strada anche nella mia testa, avevo avvertito molto disagio in sua compagnia ed anche irritazione in alcuni momenti per i suoi comportamenti quasi invadenti; dall’altro canto però doveva imparare a fidarsi di me. “Gabriele è convinto che le cose tra noi non siano serie, ci stiamo solo frequentando d’altronde”. Le sue mani presero il mio volto. “Tu cosa pensi? E’ una frequentazione passeggera la nostra? Non abbiamo superato la fase di imporci banali definizioni? E’ importante che io dica al mondo di frequentarti o la mia concreta voglia di essere presente per te?”. A tutti questi interrogativi non avevo una risposta certa, mi sentivo molto confusa. Andrea si accorse del mio tentennamento ancora prima che la mia bocca formulasse una risposta; piccato si alzò dal tavolo e si avviò verso l’uscita. “Condannavo lui ma probabilmente il suo comportamento è giustificato dal tuo pensiero. Non voglio una risposta ora, pensaci su e quando sarai pronta mi farai sapere cosa per te è veramente importante”. A vederlo andar via mi si spezzava il cuore, corsi da lui e mi lanciai letteralmente tra le sue braccia. I nostri baci erano famelici, ognuno sembrava voler ossigenarsi con l’altro, in pochi minuti come mossi da un filo invisibile eravamo arrivati nella mia camera. Nella luce soffusa della luna, Andrea molto lentamente stava assaggiando ogni centimetro della mia pelle, era davvero quello che volevo?

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Capitolo 26
*** Glicine ***


Come un cerino senza ossigeno la passione tra noi due si smorzò velocemente. Nel ricomporsi Andrea evitava di guardarmi, i suoi gesti lenti erano una tortura per i miei sensi. “Una moneta per un tuo pensiero”. Cercai di ricostruire tra noi il filo che si era spezzato. “Credo che dovremmo prenderci una pausa e capire davvero cosa vogliamo l’uno dall’altro. L’attrazione fisica tra noi è evidente ma allo stesso modo nessuno dei due si accontenterebbe solo di quella. E’ tardi ed è meglio che vada, conosco la strada e ti chiederei di non accompagnarmi. Stammi bene”. La sua assenza in quella stanza lasciò un enorme vuoto: in ogni angolo riuscivo a scorgere immagini di noi due. Mi gettai sul letto nella speranza che la stanchezza prendesse il sopravvento sui miei pensieri: il ricordo delle sue mani sulla mia pelle era come fuoco, la smania del mio corpo sembrava non voler cedere alla consapevolezza che Andrea era andato via. Presi il telefono, Gabriele mi aveva mandato alcuni messaggi. “Ciao piccola, come state?”. “Ciao, sono ancora io. Fammi sapere se è tutto a posto. Ti penso”. “Ciao, sono davvero preoccupato; non riesco a togliermi dalla testa l’espressione di paura che avevi per tua sorella. Quando puoi fammi sapere come stai”. Dovevo prendere il toro per le corna e mettere in chiaro le cose, dirgli che da parte mia altro non avrebbe avuto se non un rapporto di amicizia che d’altronde era quello che avevamo sempre avuto fin dall’università. “Ciao Gabry, Giada è in ripresa. Io sto bene; questi ultimi giorni sono stati caotici per me, ti sono veramente grata per il tuo sostegno e la tua amicizia ma allo stesso tempo non vorrei che il mio affetto nei tuoi confronti fosse interpretato in maniera errata. Siamo amici da tanto tempo e sono convinta che il nostro rapporto sarà coltivato anche negli anni avvenire”. Inviai il messaggio e lo rilessi ad alta voce, potevo quasi sentire la voce di mia sorella Beatrice dirmi di essere stata poco diretta e troppo diplomatica; la risposta di Gabriele arrivò poco dopo. “Domani in mattinata passerò per dare un’occhiata a Giada, meglio accertarsi che sia tutto ok non conoscendo effettivamente quanto abbia bevuto. Io ti starò sempre vicino, non devi dubitarne; non so se tu ti sia sentita in dovere di precisare la natura del nostro rapporto perché costretta oppure perché ti stiano mettendo strane idee in testa. Non importa, io rispetterò ogni tua decisione”. Queste parole invece di farmi sentire meglio mi procurarono un infinito senso di tristezza: lo stavo facendo soffrire con il mio comportamento? Avrei dovuto dargli una possibilità? Ripensai a tutta la serata trascorsa insieme: la prima parte era stata davvero piacevole poi da parte mia era cambiato tutto quando Gabriele aveva iniziato a cercare un contatto fisico e le sue allusioni erano diventate troppo esplicite; ma era la paura di perdere Andrea a bloccarmi oppure Gabriele non mi piaceva davvero? Una sua frase mi rimbombava nella testa: cosa sarebbe davvero successo se fosse tornato prima di aver incontrato Andrea? Avrei accettato il suo corteggiamento o per me sarebbe comunque rimasto un caro amico? Ai tempi dell’università lui era impegnato ed io non mi sono mai avvicinata a lui con un interesse diverso dalla fratellanza, poi è stato all’estero per tanto tempo, ma se le cose fossero andate diversamente? Un rumore sordo mi fece sobbalzare dal letto. In casa le luci erano spente, la porta della camera di Beatrice era spalancata. Mi affacciai ma la stanza era vuota, scesi lentamente le scale e dalla finestra della cucina la vidi al cancello parlare con qualcuno; Marco era andato via da un po' quindi altro non poteva essere che David. Uscii velocemente e mi nascosi dietro un albero nella speranza di riuscire ad ascoltare la conversazione. “Non demordi. Pensavo di essere stata sufficientemente chiara: tra noi due è finita David; fattene una ragione e torna a New York da tua moglie”. David non si scompose. “Darling, è questo il problema? Gelosia? Una donna del tuo calibro può mai soffrire la competizione con una povera donna inferma?”. Mia sorella si coprì le spalle con uno scialle. “Non è questo e lo sai. Sei un uomo sposato David, me lo hai tenuto nascosto per tanto tempo. Hai permesso che tutti mi trattassero come una stupida, la gente quando parlava con me mi compativa. Per non parlare invece di chi provava disprezzo: avranno pensato che la pazzia di tua moglie fosse causata da me?”. David appoggiò le mani sul cancello. “Darling, mia moglie è internata da tantissimi anni; nel frattempo la gente si è abituata a vedermi con altre donne, nessuna mi aveva rapito il cuore come hai fatto tu e sono sicuro che nessuno ha mai messo in dubbio la nostra relazione né la tua persona. Lascia che possa convincerti di ciò, torna con me a New York; riprendiamo da dove abbiamo interrotto, prendiamoci cura della nostra fam…”. Pestai un ramo secco che nello spezzarsi fece rumore, Beatrice guardò immediatamente verso l’albero. “David è troppo tardi, torna a casa. Non cambierò idea, buonanotte”. Lanciò un ultimo sguardo all’uomo e se ne tornò a casa. David le urlò dietro che non avrebbe rinunciato così facilmente a loro. Appena se ne andò mi incamminai verso casa anche io, Beatrice mi stava aspettando sull’uscio. “Immaginavo fossi tu”. Come una bambina scoperta a mangiare di nascosto la marmellata tentai di giustificarmi. “Ho sentito un rumore e sono venuta a vedere cosa stesse succedendo. Ero preoccupata per te, l’ultima volta che ho visto David al cancello mi sono rimasti questi segni sul polso”. Le mostrai la mano. “Io lo conosco e so come trattarlo; vorrei che tu e gli altri rimaneste fuori da questa storia, mi sono messa io nei pasticci ed io ne uscirò. Sono già preoccupata per Marco, non vorrei doverlo essere anche per te”. Le misi una mano sulla spalla. “Abbiamo un discorso lasciato a metà ti va di finirlo davanti un bicchiere di vino?”. Beatrice mi strinse la mano ma rifiutò il mio invito adducendo che era veramente tardi e si sentiva molto stanca. Mi versai un bicchiere di latte ed iniziai a sorseggiarlo seduta vicino la finestra, il rientro della nonna interruppe i miei pensieri. “Bambina mia, sei ancora sveglia! Come sta Giada?”. La guardai negli occhi e vidi tutta la sua preoccupazione, corsi ad abbracciarla. “Sta bene, ora dorme come un angioletto. Domani passerà Gabriele a controllare che sia tutto a posto. Mi dispiace per tutte queste preoccupazioni”. Lei mi abbracciò a sua volta. “Tesoro, voi siete tutta la mia vita; qualsiasi cosa decidiate di fare io sarò sempre al vostro fianco. Sono orgogliosa di voi, non dimenticarlo mai”. Una domanda continuava a solleticare i miei pensieri. “Nonna come hai capito che il nonno era la persona giusta per te?”. Anche in questo frangente la sua saggezza mi fu di grande aiuto. “Una gran bella domanda tesoro. Posso dirti che erano altri tempi; quando ero giovane non ci si chiedeva se fosse vero amore o meno, ci si sposava una sola volta e si era consapevoli che l’impegno sarebbe durato per tutta la vita. Spesso e volentieri il sentimento nasceva molto tempo dopo aver pronunciato il sì; in molte coppie l’amore non nasceva proprio ma questo non vuol dire che tra loro non c’era rispetto, affetto e felicità. Le famiglie di oggi sono più felici di quelle di ieri? La risposta è complicata ed andrebbe valutata caso per caso. La modernità ci ha portato la possibilità di dividerci qualora la situazione diventasse insostenibile ma a che prezzo? Molte decisioni vengono prese frettolosamente e con leggerezza, probabilmente sicuri che se poi non dovesse funzionare si potrebbe sempre ricorrere alla separazione. Alla fine, oggi come ieri, se ci pensi bambina mia, non si sono fatti progressi: l’amore allora era un miraggio perché se non si indovinava al primo colpo la persona giusta si era comunque imprigionati in quel rapporto; oggi invece si è liberi di volare di fiore in fiore ma è proprio questa libertà la prigione dei nostri sentimenti perché sapendo di avere una scorciatoia nei momenti più bui le persone tendono a scappare piuttosto che affrontare le incomprensioni ed i problemi. Cos’è quindi l’amore? Per me è una semplice parola che racchiude significati diversi: ognuno a modo suo la riempie dei contenuti che crede siano più giusti. L’unico consiglio che mi sento di darti è di non focalizzarti nella ricerca di una persona che corrisponda precisamente al concetto che tu hai scelto di dare al termine amore. Sii irrazionale, passionale, istintiva ma anche scrupolosa e sincera. Ora, è meglio che vada a dormire è veramente tardi”. E con questo macigno concettuale da digerire ed assaporare mia nonna mi lasciò sola nella grande e buia cucina.

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Capitolo 27
*** Indaco ***


Da qualche anno, in concomitanza con l’ultimo giorno di sagra, mio padre invitava alla fattoria tutti i suoi collaboratori e le loro famiglie per il pranzo domenicale; un modo a suo dire per trascorrere una giornata tutti insieme e ringraziare tutte le persone che nel corso dell’ultimo anno lo avevano aiutato nel lavoro. Visto il numero sempre crescente di partecipanti mio padre aveva iniziato a stilare un programma molto dettagliato dell’evento: la giornata iniziava con un aperitivo di benvenuto a metà mattinata al termine del quale veniva effettuata una breve visita delle vigne, del frutteto, della cantina e delle stalle; nel frattempo su enormi girarrosti veniva messa in cottura la carne che avrebbe allietato anche il palato più esigente. Il pranzo di solito si svolgeva all’aperto, complice anche il bel tempo, su grandi tavoli posti sotto i pergolati rigogliosi; oltre alla carne mio padre amava sfoggiare la cucina della nonna ed ogni anno venivano proposti diversi piatti della tradizione, ovviamente il tutto accompagnato dal vino di produzione propria. Quello che inizialmente era solo un pranzo, nel corso degli anni, si era trasformato in una vera e propria maratona culinaria e così tra una chiacchiera e l’altra si arrivava velocemente a sera; dalla fattoria si aveva una vista privilegiata dello spettacolo pirotecnico che veniva effettuato a chiusura della sagra paesana e quindi tutti si fermavano per poterlo ammirare. Nessuno poteva immaginare che quest’anno sarebbe andato in scena l’ennesimo dramma familiare. Nonostante la notte passata quasi in bianco la mattina mi sentivo piena di energia, al sorgere del sole ero già pronta ed avevo preparato la colazione per tutti. Mio padre fu il primo a raggiungermi in cucina. “Buongiorno tesoro, che bello sentire l’odore del caffè già a quest’ora”. Mi diede un bacio sulla fronte, si riempi la tazza di bollente caffè amaro e prendendosi il giornale andò a sedersi a tavola; mia nonna ci raggiunse poco dopo e si mise subito all’opera per infornare delle brioches. “Ieri sera ho chiamato Camilla, l’amica di Giada. Ho invitato lei ed altri compagni di scuola qui oggi nella speranza di poterli conoscere meglio; con tutto il lavoro di quest’anno non vorrei aver trascurato mia figlia. Dopo quello che è successo ieri sera vorrei rendermi conto personalmente come stanno le cose, anche perché credo che non mi abbiate raccontato tutto”. Guardai mio padre e sospirai. “Non bastava una semplice punizione e una bella chiacchierata? Se solo me ne avessi parlato prima ti avrei detto che non mi sembra una buona idea, quasi sicuramente ci sarà anche Matteo il ragazzo con il quale ha discusso Edoardo. Mi toccherà fare da babysitter quest’anno”. La nonna mi diede ragione. “Antonio, concordo con Loredana. Giada è in un’età difficile e vive i sentimenti come dei veri e propri drammi. Dopo tutto quello che è successo ieri sera perché replicarle una giornata difficile?”. Mio padre posò il giornale, si alzò in piedi e si lisciò la camicia. “Non voglio metterla in difficoltà ma ho bisogno di capire e di conoscere le persone che frequenta. Ho allentato troppo la corda con lei e se non fosse stato per il dottore che l’ha soccorsa prontamente chissà cosa sarebbe potuto succedere. A proposito ho intenzione di invitare anche lui al pranzo, è un problema?”. Il caffè mi andò di traverso. “Gabriele? No…no…perché dovrebbe essere un problema?”. Sul volto di mio padre comparve un sorriso, nonostante l’età era ancora un uomo oggettivamente affascinante. “Sono contento. Ora devo andare che inizio a preparare le braci, Marco arriverà più tardi con la sua famiglia”. Per un minuto rimanemmo a guardarlo andare via. “Ne prevedo delle belle oggi, sarà una giornata molto movimentata. In caso di problemi chiamami immediatamente che la nonna sa come mettere in riga adolescenti con gli ormoni impazziti, uomini litigiosi e donne isteriche”. Mio malgrado mi ritrovai a sorriderle. “Per fortuna ti ho trovata”. Beatrice entrò correndo in cucina. “Hai saputo che Marco porterà qui la sua famiglia oggi? Ho pensato di andare a Roma a trovare qualche amica ma papà ci rimarrebbe male se non fossi presente, poi mi son detta dai Bea puoi fingerti malata e scendere qualche minuto solo per farlo contento ma Marco troverebbe lo stesso il modo per presentami sua madre. Loredana devi aiutarmi!”. Guardai la nonna che alzava le braccia al cielo e velocemente si allontanava. “Calma, calma. Niente panico. La mamma di Marco è una brava donna e sono sicura che le piacerai”. Beatrice si mise le mani nei capelli. “Ti ricordi che non sai raccontare bugie? Loredana tu la conosci, devi dirmi cosa dire, come vestirmi, come comportarmi. Devo piacerle tassativamente”. La accompagnai nella sua stanza e dopo un paio di ore a provare diversi outfit finalmente si decide per un vestito floreale che esaltava la sua fisicità senza renderla volgare, ai piedi mise dei semplici stivaletti di pelle ecologica e raccolse i capelli. “Santo cielo mi sento un’educanda! Ma se mettessi del rossetto rosso e un po' di tacco?”. Risi di gusto. “Non hai bisogno del trucco, sei perfetta così come sei. Hai una pelle da far invidia e più rimani naturale e più piacerai alla madre di Marco. Bocciato anche il tacco, sei un metro e ottanta a cosa ti serve?”. Beatrice in risposta mi fece la linguaccia. In quel momento dal corridoio vedemmo passare Giada o la sua ombra; ci precipitammo nella sua stanza e la trovammo seduta sul letto con in mano un bicchiere di spremuta d’arancia e un’aspirina. “Non dite nulla, non ne voglio parlare. Mi vergogno già abbastanza. Qual è la punizione inflittami?”. Mi sedetti accanto a lei. “Ti è andata bene cara sorella, papà è a conoscenza di una versione ristretta dell’accaduto per il momento; abbiamo omesso i particolari, sa solo che ti sei sentita male dopo aver bevuto troppo e Gabriele ti ha soccorso. Dopo tutto questo, fai un bel respiro: papà ha invitato i tuoi amici di scuola e credo proprio che ci sia anche Matteo”. Mia sorella si lasciò cadere sul letto. “Se rimango qui sono giustificata?”. Le misi una mano sulla gamba e cercai di incoraggiarla, fortunatamente anche Beatrice era d’accordo con me. “Via il dente, via il dolore; comunque, prima o dopo avresti dovuto affrontare la situazione. Fatti una doccia e preparati, ti voglio vedere prendere il toro per le corna”. Giada sbuffò ma le parole di Beatrice sortirono il loro effetto, si alzò ed andò in bagno. “Loredana è arrivato Gabriele”. La nonna si affacciò alla porta. “Caspita, mattiniero il bel dottore. Potrei approfittarne per farmi misurare la pressione, no?”. Lanciai un cuscino a Beatrice e scesi in sala ad accoglierlo. “Ciao Gabriele, grazie mille di essere venuto”. Non riuscii a terminare la frase che fui colta di sorpresa nel ritrovarmi tra le sue braccia. “Ero talmente preoccupato che non ho chiuso occhio. Come state?”. Lo guardai negli occhi e le sue parole mi sembrarono davvero sincere. “Nonostante tutto stiamo bene; Giada è andata a darsi una ripulita ma questa mattina mi sembra di averla trovata meglio di quanto mi aspettassi. Mi dispiace che tu non abbia dormito e soprattutto mi devo scusare per tutto quello che sta accadendo”. Gabriele mi strinse di nuovo a sé e cercò di rassicurarmi. “Loredana, non devi scusarti e non devi sentirti in dovere di darmi spiegazioni. Vorrei solo che tu fossi libera di pensare e scegliere con la tua testa senza condizionamenti esterni”. Con lui era talmente facile stare bene che sembrava naturale, potevo rinunciare alla passione e alle farfalle nello stomaco in cambio di sicurezza e certezza? “Buongiorno Dottore, la ringrazio innanzitutto per tutto quello che ha fatto ieri sera ed anche per essere venuto qui questa mattina. Con l’occasione vorrei invitarla a fermarsi per pranzo: ci sarà una piccola grigliata con tutte le persone che sono più care alla mia famiglia”. Gabriele si illuminò. “La ringrazio Antonio. Accetto volentieri il suo invito”. Si strinsero calorosamente la mano, tra loro era scattata un’intesa silenziosa. Mentre la mia coscienza affogava nei mille interrogativi che non riuscivo a risolvere Gabriele si dedicò a visitare scrupolosamente Giada.

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Capitolo 28
*** Lavanda ***


Gabriele rassicurò il papà e la nonna sulle condizioni di Giada e ne approfittò per farle una bella ramanzina sui danni che l’abuso di alcool può provocare. Mia sorella sembrava davvero mortificata per quanto accaduto mentre mio padre non si lasciò scalfire dalle sue scuse e mantenne il polso duro nei suoi confronti. “Non importa quanto tu possa sentirti dispiaciuta, ogni azione ha una sua conseguenza e diventare grandi vuol dire anche prendersene la responsabilità. Capirai bene che il mio ruolo di genitore mi impone di infliggerti una punizione per ciò che è successo; mi rendo conto di aver lavorato troppo quest’anno e di averti dedicato troppo poco tempo per cui ciò potrebbe aver influenzato la tua capacità di giudizio. Per tutta l’estate ti sarà vietato partecipare alle feste e/o serate con i tuoi amici ad eccezione che non ti accompagnino Beatrice o Loredana. Se per caso dovessi venire a conoscenza che ti sei di nuovo avvicinata all’alcool in maniera esagerata prenderò provvedimenti molto più restrittivi. Non ho piacere nel punirti, per cui tesoro, evita di farmi calare nel ruolo del padre cattivo. Gabriele vorrei ringraziarti ancora una volta per tutto quello che hai fatto per noi, non lo scorderò di certo”. L’arrivo dei primi ospiti interruppe il discorso di mio padre, si congedò da noi e andò ad accoglierli. “Mi raccomando Giada l’alcool non è mai la soluzione ai problemi”. Mia sorella che aveva indossato dei semplici jeans strappati e una canotta sbuffò. “Ho capito dottore, non sono stupida. E’ facile parlare, bisognerebbe calarsi nei panni delle persone”. Gabriele si sedette accanto a lei. “Ti racconterò una breve storia: c’era una volta un bambino che ha passato la maggior parte della sua infanzia in un istituto orfani; in quel posto si sentiva molto solo, non riceveva carezze, nessuno gli faceva complimenti, non si sentiva amato. Un giorno viene affidato ad una famiglia di medici, il bambino era ormai cresciuto ed era un adolescente, era arrabbiato con il mondo ed iniziò così un percorso di autodistruzione: si metteva in situazioni pericolose, beveva, cercava sempre la rissa e così facendo non si accorgeva che stava perdendo l’unica cosa bella che la vita gli aveva donato: la sua famiglia. Per fortuna i suoi genitori furono molto pazienti ed amorevoli e lo aiutarono a trovare la sua strada e a fargli capire che dedicandosi completamente alle altre persone poteva colmare e placare il vuoto dentro di sé. L’alcool è una bestia, non lasciare che prenda il sopravvento su di te”. Con il dorso della mano mi asciugai gli occhi, era la prima volta che raccontava del suo passato; ai tempi dell’università non aveva mai fatto mistero di essere stato adottato ma nessuno aveva mai immaginato che la sua infanzia fosse stata così difficile. Mia sorella rimase profondamente colpita, lo ringraziò con il cuore e poi andò ad accogliere i suoi amici lasciandoci soli. Andai ad abbracciarlo ma lui spostò dolcemente le mie mani. “Loredana non voglio la tua compassione. Ho raccontato questa storia solo perché Giada capisse che parlavo con cognizione di causa ma vorrei che tu continuassi a guardarmi con gli stessi occhi di prima. Te lo chiedo per favore”. Annui con la testa e lo invitai a scendere giù per partecipare all’aperitivo di benvenuto. “Vi ringrazio per aver deciso di partecipare così numerosi alla mia piccola festa. Spero che la giornata sia di vostro gradimento e che possiate godervi il lavoro che è stato svolto durante l’anno. Se oggi siamo qui è anche merito vostro e delle vostre famiglie. Non mi dilungherò troppo con le chiacchiere e direi subito di brindare a noi. Grazie”. Mio padre era un vero e proprio oratore, sapeva bene cosa dire, come dirlo e quando farlo; mia nonna spesso gli diceva che sarebbe stato un grande politico se solo avesse voluto. Intorno a noi tantissime persone si unirono al brindisi, erano già in molti ad essere arrivati. Le mie sorelle mi raggiunsero appena ci videro. “Finalmente sei arrivata. Matteo è arrivato insieme agli altri, l’ho preso in disparte e gli ho chiesto di mantenere un profilo basso soprattutto per rispetto verso papà. Gli ho anche vietato di avvicinarsi a Edoardo e di rispondere alle provocazioni. Camilla mi ha promesso che lo terrà d’occhio ma credo che si comporterà bene. Papà vuole conoscerli, ora vado con lui da loro. Speriamo in bene ragazze”. Giada stava affrontando il tutto nel migliore dei modi, Gabriele mi mise un braccio intorno alle spalle e mi fece l’occhiolino; Beatrice invece era molto nervosa, continuava a guardarsi in giro. “Tutto bene? Marco non credo sia ancora arrivato per cui puoi metterti tranquilla”. Cercai così di smorsare la tensione. “Non sono in pensiero per Marco, mi troverebbe anche se decidessi di nascondermi per tutto il giorno. Spero che non si presenti David, il cancello rimarrà aperto per permettere alle persone di entrare ed uscire; è stata un’espressa volontà di papà”. Gabriele intervenne spontaneamente nella conversazione. “Spero per lui che non si presenti perché altrimenti glieli lascio io due segni sul polso! Non so i dettagli e non mi interessano ma un uomo per essere chiamato tale deve portare rispetto ad una donna e lui non l’ha fatto”. Placai subito il suo senso di protezione. “Gabry, per piacere, quello che vorremmo è che non ci fossero scontri oggi, di nessun tipo: né verbali né fisici. Mio papà ci tiene troppo a questo giorno e se qualcosa dovesse andar male per colpa nostra non ce lo perdoneremmo mai”. Annuì con lo sguardo e proprio in quel momento ci si avvicinò la famiglia De Barbieri al completo. “Buongiorno ragazze. Siamo molto contenti di essere qui oggi. Vostro padre ha fatto un gran lavoro quest’anno e ora che è anche socio di mio figlio sono molto felice di poter toccare con mano il suo ingegno. Anche se, come ogni anno, il principale motivo per il quale sono presente è certamente la cucina di vostra nonna”. La battuta ci strappò una risata comune, lo ringraziai a nome di tutta la famiglia. “Lei deve essere il dottore che ha affittato la casa vicino la nostra, non è vero?”. Lucia squadrò Gabriele dalla testa ai piedi mentre io colta di sorpresa lo guardai interrogativamente. “Salve, per il momento sono solamente venuto a vederla ma è mia intenzione fare una proposta per l’affitto della casa. E’ molto bella e la zona mi è piaciuta molto”. Andrea non si fece scappare l’occasione per chiarire il suo pensiero. “Nessuno lo trova strano visto che lavorerà a Roma? Non era meglio trovarsi un appartamento nelle vicinanze dell’ospedale? Cos’ha di tanto speciale questo piccolo paesino da rubarti il cuore?”. L’allusione era evidente a tutti e non riuscii a fare a meno di arrossire, per fortuna Lucia calmò le acque. “Suvvia tesoro, non mettiamo in imbarazzo il dottore. Anzi, dobbiamo considerarci fortunati ad averlo come vicino di casa”. Gabriele le sorrise. “Signor De Barbieri ho saputo che è un collezionista di auto d’epoca. Io ne sono un grande appassionato, mi piacerebbe un giorno poter visionare il suo garage”. Vittorio fu conquistato immediatamente e si allontanarono chiacchierando amabilmente, il primo sospiro di sollievo della giornata uscì dalle mie labbra. Lucia ne approfittò per chiederci dove fosse nostro padre e con la scusa di salutarlo si allontanò con la figlia, Edoardo era molto taciturno mentre Andrea era decisamente contrariato. “Non pensavo di trovarmelo qui anche oggi. Se lo avessi saputo avrei gentilmente declinato l’invito. Perché lo hai invitato? Stai testando la mia pazienza?”. Beatrice intervenne in mia difesa. “Non arrabbiarti con lei, è stato nostro padre a chiedergli se volesse restare. E’ venuto questa mattina a visitare Giada per accertarsi che stesse bene. Se è così che pensi di vincere la guerra, caro mio, stai prendendo un granchio. Usa la testa e meno testosterone! E tu, se tieni un po' a lei valla a cercare e parlale; ma perché voi uomini non mettete mai da parte il vostro fottuto orgoglio?”. Mia sorella si allontanò tappandosi le orecchie e facendo smorfie proprio a sottolineare il fatto di non voler sentire repliche. “Che faccia tosta che ha tua sorella! Non so come faccia Marco a sopportarla. Su una cosa ha ragione però, Edoardo dovresti andare a cercare Giada”. Il ragazzo sbuffando seguì i loro consigli. “Dobbiamo parlare di tante cose ma non so se avremo il tempo per far tutto oggi. Sono qui anche per presentare il nuovo progetto quindi probabilmente avrò tutto il pomeriggio impegnato. So che non ti sentirai sola e questo mi fa impazzire!”. D’istinto lo abbracciai; come le nostre pelli si sfiorarono un calore ormai familiare si fece largo nel mio corpo: la passione tra noi era al culmine e prima o dopo sarebbe esplosa facendoci dimenticare di tutto e di tutti.

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Capitolo 29
*** Lilla ***


Al termine dell’aperitivo arrivò anche Marco accompagnato dalla sua famiglia. Sua madre, Anna, era molto ammirata in paese; nonostante fosse ancora giovane i suoi occhi trasmettevano tristezza, profonde ed evidenti rughe segnavano il perioculare, era di aspetto minuto ma anche di grande eleganza. Rimasta vedova si era fatta carico della gestione familiare e nonostante fossero passati anni dal tragico evento che portò alla morte dell’adorato marito, il dolore per la sua perdita era ancora vivo. Marco era il maggiore di quattro figli, aveva cercato di continuare gli studi e lavorare per aiutare sua mamma soprattutto in considerazione del fatto che i due figli più piccoli all’epoca della tragedia avevano rispettivamente quattro e sei anni; resosi conto che economicamente occorreva uno stipendio in più per arrivare a fine mese in tranquillità si era dedicato anima e corpo alla ricerca di un lavoro stabile fino a che non aveva trovato rifugio alla nostra fattoria. Tra mio padre e Marco era stato amore a prima vista, tra loro si era instaurato fin da subito un rapporto affettivo che andava ben oltre quello lavorativo; le difficoltà affrontate da Marco gli ricordavano molto quelle che aveva dovuto passare lui alla morte del nonno e quindi aveva sviluppato nei suoi confronti un senso di protezione. Trovata la stabilità economica la famiglia di Marco riuscì a trovare, piano piano, un po' di pace; oggi i fratelli più piccoli proseguono il loro percorso di studi e la sorella è riuscita, dopo aver terminato brillantemente il liceo, ad iscriversi al primo anno di giurisprudenza. La signora Anna era molto grata alla mia famiglia ed ogni anno ringraziava mio padre per tutto quello che aveva fatto per loro. Appena li vidi andai a salutarli, era l’unico giorno dell’anno nel quale si poteva ammirare Marco in veste elegante: per l’occasione aveva indossato un pantalone blu e una camicia bianca di seta lasciata volutamente sbottonata per non dover essere costretto ad indossare la cravatta; con sé aveva anche la giacca ma visto la temperatura già torrida aveva deciso di non indossarla. “Buongiorno Anna, buongiorno ragazzi”. Appena mi videro i fratelli più piccoli corsero ad abbracciarmi mentre la signora Anna mi sorrise calorosamente. “Ciao Loredana, grazie per averci invitato. Ogni anno che passa sei sempre più bella come anche tua sorella Giada. Sta diventando una donna ormai”. Le sorrisi a mia volta e ricambiai l’affetto dimostratomi. “Che bello vedervi e come siete cresciuti ragazzi, tra poco sarete più alti della sottoscritta; non che ci voglia tanto eh! Dovreste venire più spesso a trovarci, senza trascurare la scuola ovviamente”. La nostra conversazione fu interrotta da Marco. “Sai dov’è Beatrice per caso? Non riesco a trovarla”. Con la coda dell’occhio vidi sua mamma sbuffare, le premesse non erano delle migliori; gli dissi che doveva trovarsi con papà ad organizzare la visita della fattoria e Marco si allontanò velocemente per raggiungerli; anche i ragazzi lo seguirono e mi lasciarono sola con la signora Anna. “Quanto ho sperato e pregato affinché tra te e Marco scoppiasse l’amore, come avrei voluto che fossi stata tu l’oggetto del suo desiderio. Mi dispiace dirlo perché so bene che è tua sorella ma Beatrice non è la persona adatta per lui, da quello che mi ha raccontato e da quanto ho sentito in paese sono come la notte e il giorno. Non ti nascondo che sono molto preoccupata anche perché a differenza delle altre volte vedo che il mio bambino è molto preso”. L’amore materno è prezioso in ogni sua forma, come avrei voluto che anche mia madre si fosse preoccupata così. “Anna, mia sorella per quanto possa sembrare una persona sopra le righe tiene davvero a Marco. E’ vero sono molto diversi, ma se ci pensa forse suo figlio ha davvero bisogno di qualcuno che esca dagli schemi che si è creato. Beatrice ha un carattere molto forte, è indipendente e quando sono insieme lui è rilassato”. Le mie parole non riuscirono a convincerla del tutto. “Loredana da quando è tornata a casa mio figlio è stato visto sbraitare in pubblico con diverse persone, addirittura ho saputo che è finito anche in una rissa. Tutto ciò non era successo nemmeno nel periodo più buio che abbiamo attraversato dopo la morte del mio caro marito. E’ comprensibile la mia preoccupazione?”. Cercai di rincuorarla ma allo stesso tempo cominciai a guardarmi intorno cercando una via di fuga. “Certo Anna, non sono una madre ma la sua preoccupazione è più che condivisibile. Allo stesso tempo posso assicurarle che mia sorella tiene molto a suo figlio e sicuramente non è sua intenzione provocare problemi. Del resto, grandi sentimenti provocano grandi reazioni. Mi scusi Anna vado a salutare un amico”. Mi allontanai velocemente, mia sorella aveva un’altra gatta da pelare! Raggiunsi Gabriele che stava chiacchierando con Angela, non sapevo ci fosse anche lei; per la prima volta provai un vero e proprio senso di fastidio. “Ciao Angela è una vera e propria sorpresa trovarti qui, ormai sei ovunque io vada. Non c’era nessun evento più interessante oggi al quale partecipare? Nessuna sezione di Yoga? Il parrucchiere, l’estetista e il chirurgo plastico?”. Gabriele mi guardò contrariato, effettivamente avevo esagerato. “Buongiorno a te cara. Essendo la fidanzata di Edoardo ho tutto il diritto di essere qui, non trovi? Io le idee chiare le ho sempre avute e non ho mai tenuto il piede in due scarpe! Puoi dire altrettanto? Anche le tue sorelle non sono da meno, cosa troveranno in voi gli uomini? Proprio non lo capisco”. Gabriele mi prese sottobraccio e salutò Angela. “Devo ricordarti che non dobbiamo rovinare la giornata di tuo papà? Me lo hai detto tu che il motto è: respirare e non replicare”. Una risata liberatoria mi illuminò il volto. Mi guardai intorno, tantissime persone stavano chiacchierando e si rilassavano all’ombra dei pergolati; la signora De Barbieri stava accompagnando mio papà nel tour della fattoria mostrando a tutti le sue capacità nella gestione degli eventi, Edoardo e Giada erano impegnati in una fitta conversazione, di Marco e Beatrice non c’era traccia mentre Andrea era impegnato ad intrattenere dei possibili investitori. La lunga e torrida giornata era appena iniziata…

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Capitolo 30
*** Fucsia ***


“Ed infine questa è la nostra cantina; io e il signor Andrea De Barbieri abbiamo un grande progetto: porteremo il vino di questa terra in tutto il mondo, ognuno ovunque si troverà potrà degustarlo, ricordare casa, scoprire le proprie radici o semplicemente bere un buon vino. Sono consapevole che non sarà facile ma sono anche sicuro che le difficoltà non ci porteranno via il nostro sogno. Speriamo entro cinque anni di avere una grande ed efficace rete di distribuzione”. La passione di mio padre nel suo lavoro era coinvolgente, molti erano gli applausi a supporto. “Mi odia. Se avesse potuto farmi sparire lo avrebbe fatto di certo”. La voce di Bea mi fece trasalire. “In sua discolpa, da quando sei qui hai sconvolto la vita tranquilla e monotona del figlio. Devi solo farle capire che hai buone intenzioni e vedrai che ti adorerà”. Mia sorella arricciò il naso. “Una cosa giusta l’hai detta: noiosa e monotona. Io ho portato un po' di brio e felicità”. La guardai scettica. “Dimenticavo quanto tu sia umile e modesta. Cara sorella, devi rimboccarti le maniche questa volta; sempre che tu voglia davvero Marco, non si merita di essere riposto nella tua bacheca dei trofei. Pensaci bene”. Giada stava ancora animatamente discutendo in disparte con Edoardo, mi avvicinai per avvisarli che tra poco sarebbe iniziato il pranzo. “Sono stato un intero anno ad aspettarti, ad interrogarmi su cosa potesse averti fatto allontanare, se il problema fossi io od un mio comportamento. Da parte tua mai nessuna risposta, eri sfuggente, le poche parole che ricevevo erano evasive; mi sembrava di avere di fronte una sconosciuta e non la mia migliore amica. Quando ho avuto l’impressione di essere tornato alla normalità scopro che per tutto l’anno scolastico hai avuto di meglio da fare, ti sei circondata di persone mediocri che hanno pensato che la nostra amicizia fosse un tuo gesto di beneficienza! Ti sei fatta mettere le mani addosso da un ragazzo che si è ampiamente preso gioco della mia disabilità. Ma chi sei tu veramente?”. Mia sorella con la testa bassa ascoltava le dure parole di Edoardo. “Sono sempre la stessa Edo. Sono quella ragazza con la quale hai passato gli ultimi cinque anni, quella che conosce ogni tuo aspetto. Ho sbagliato ma ho perso la testa. Alla festa del raccolto di tua madre ti ho visto mentre ti baciavi con Angela, non mi avevi mai detto nulla sul suo conto ed anche quando io facevo battutine sul suo strano comportamento tu non hai mai proferito verbo. Tua madre vedendo la scena mi ha chiesto perché avessi un’espressione così stupita. Ricordo ancora oggi quelle parole: tra due fidanzati è normale che avvengano questo tipo di effusioni, Angela è la persona adatta per Edoardo, è molto bella, proviene da una famiglia di adeguato lignaggio ed è veramente innamorata di lui. Mi sono sentita una stupida, ho pensato che allontanandomi non ti avrei messo in difficoltà con lei; ero sempre in imbarazzo in tua presenza, era come se qualcosa si fosse rotto. Dopo tanto tempo, sono riuscita finalmente ad ammettere a me stessa che il vero problema non eri tu o lei ma ero io, sono gelosa di lei Edoardo!”. Decisi di concedergli qualche altro minuto di privacy fermandomi a chiacchierare con un’amica. “Se solo me ne avessi parlato subito, ci saremmo risparmiati mesi di sofferenza. Non sono fidanzato con Angela e non ho nessuna intenzione di farlo anche se mia madre non aspetta altro. Bastava una tua parola ed io non le avrei più permesso di avvicinarsi. E’ vero mi ha baciato in alcune occasioni ma ti posso assicurare che non ho provato nulla, una volta ho anche chiuso gli occhi nella speranza che nel riaprirli avrei visto il tuo viso e non il suo! Non ti sei fidata di me e piuttosto che affrontare un problema hai deciso di allontanarti scappando. Sinceramente non so se riuscirò a mettere una pietra sopra tutto questo Giada nonostante il mio amore per te sia sempre intatto”. Con la coda dell’occhio vidi Edoardo girarsi ed allontanarsi mentre mia sorella si sedeva lentamente a terra, salutai la mia amica e mi avvicinai velocemente a lei. “Hai sentito? Ho rovinato tutto, ho gettato al vento l’unica occasione che veramente avevo per essere felice”. La abbracciai. “Ho ascoltato solo l’ultima parte della conversazione, conosci Edoardo e sai che quando viene ferito nell’orgoglio ha bisogno di tempo per elaborare il tutto. Non ti ha chiuso le porte, anzi, se veramente tieni a lui penso sia un’occasione da prendere al volo per dimostrargli quanto tu lo voglia al tuo fianco. La nonna qualche tempo fa mi ha detto che non c’è un significato univoco della parola amore ma che ognuno gli attribuisce il suo. Ero venuta per avvisarti che tra poco inizierà il pranzo e papà ci vorrà lì al suo fianco; per cui asciugati le lacrime datti una bella rinfrescata e ci vediamo lì”. Giada mi sorrise e si diresse verso casa. “Ecco dove eri finita, ti stavo cercando per tutta la fattoria”. Gabriele mi aveva raggiunto con un suo amico. “Scusami ho dovuto preoccuparmi di problemi familiari”. Sorrisi ad entrambi. “Spero non sia successo nulla di grave. Volevo presentarti un mio collega nonché carissimo amico. Ha accettato di lavorare nel mio team di ricerca, Loredana ti presento Riccardo”. Gli strinsi la mano e mi persi nel suo sguardo, una strana sensazione di familiarità mi invase. “Piacere mio, Riccardo. Scusa se te lo chiedo ma ci siamo già incontrati?”. La sua voce era profonda e rassicurante. “Piacere mio. Non credo, di sicuro mi sarei ricordato di una bella ragazza come te. Non ho studiato a Roma, conosco Gabriele perché siamo stati in una casa-famiglia insieme e dopo siamo rimasti sempre in contatto”. Lo guardai attentamente, eppure i suoi lineamenti mi ricordavano qualcuno. “Loredana, papà ci sta aspettando. Wow, che bel pezzo di manzo! Le amicizie di mia sorella si stanno facendo letteralmente interessanti!”. Guardai Beatrice sarcastica e dopo le presentazioni veloci la presi sottobraccio e raggiungemmo il nostro posto. “Ma il bel dottorino è un De Barbieri?”. Feci un cenno di diniego. “Per quanto ne sappia, no. Hai notato una certa familiarità anche tu?”. Non ebbe modo di rispondermi perché mio padre diede inizio al suo discorso al termine del quale iniziarono a servire gli antipasti. I commenti erano tutti positivi, le leccornie preparate da mia nonna stavano soddisfacendo tutti. “Antonio, tua madre è davvero la migliore. Peccato che ogni anno rifiuti le mie offerte di lavoro per i miei catering, avrebbe un successone con questi piatti”. Lucia come tutti gli altri si stava godendo il buon cibo, la compagnia e la bella giornata.

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Capitolo 31
*** Malva ***


La giornata che sembrava procedere alla grande regalò il suo primo colpo di scena subito dopo la distribuzione dei secondi piatti. Nemmeno la carne più pregiata che mio padre per l’occasione aveva deciso di servire riuscì a distogliere l’attenzione dall’arrivo di David. Appena arrivò nei pressi della grande tavola calò un silenzio tombale, Marco si alzò in piedi immediatamente ma mio padre più velocemente gli bloccò il braccio e gli disse in modo perentorio di sedersi. “Signor Smith, questo è un evento privato e lei non è stato invitato. La pregherei di lasciare al più presto la proprietà, non mi costringa a richiedere l’intervento delle autorità”. David rise in maniera sinistra. “Antonio, diamoci del tu. Sono qui per tornare a casa con Beatrice, toglieremo il disturbo al più presto e se tutti collaboriamo non ci saranno problemi e lei potrà tranquillamente tornare a godersi il pranzo con i suoi amici. Darling, perché non vai a preparare la tua valigia?”. Tutti si girarono a guardarla e per la prima volta la vidi veramente a disagio nell’essere al centro dell’attenzione. “David, questa sarà l’ultima volta che ti dirò che non ho nessuna intenzione di tornare con te a New York. La mia casa è qui per il momento, sono sicura che tu sia abbastanza intelligente da capirlo e che tra qualche tempo non ti ricorderai nemmeno di me”. Marco prese la mano di Beatrice tra le sue e la strinse; la signora Anna fece un sospiro di sollievo e mio padre tornò a sedersi. “Signor Smith credo che abbia sentito le parole di mia figlia. Le rinnovo pertanto l’invito ad andarsene al più presto”. David perse la ragione, rabbiosamente si avvicinò al tavolo. “Nessuno può liquidarmi così. Io vi rovinerò, non avete idea di chi sia realmente; la mia reputazione è molto influente a New York e farò in modo che la vostra idea di esportare il vino di questa terra muoia ancora prima di prendere forma. Antonio, nessuno farà affari con lei ed anzi farò in modo che tutto quello che oggi possiede le venga strappato via. In men che non si dica vi ritroverete tutti sul lastrico”. Andrea si alzò in piedi e sfidò apertamente David. “Smith, sono Andrea De Barbieri. I miei investigatori mi hanno fornito un rapporto molto dettagliato sulle sue attività; ci sono molti punti poco chiari che probabilmente sarà felice di discutere con le autorità locali. Appena si diffonderà la notizia del suo collegamento in certi traffici credo proprio che la sua reputazione avrà un duro colpo ed anche se così non fosse sono sicuro che oltreoceano siano in grado di capire la validità o meno di un progetto”. David rise nervosamente. “Se pensi di farmi paura con la minaccia di una denuncia sappi che non sei né il primo né l’ultimo. Ti schiaccerò come uno scarafaggio. Darling, hai commesso l’errore più grande della tua vita; se pensi che lascerò che questo bracciante cresca mio figlio ti sbagli di grosso!”. Le ultime parole furono un vero e proprio schiaffo in faccia, con il senno di poi è difficile ricordarsi esattamente di tutte le reazioni anche perché la prima ad essere sconvolta fui proprio io. Inutile dire che mio padre e mia nonna sbiancarono, mentre per mia grande sorpresa sia Andrea che Marco rimasero impassibili e da ciò ne dedussi che entrambi erano già a conoscenza del segreto di Beatrice. Il resto degli invitati invece ebbe reazioni del tutto diverse: c’era chi come Gabriele era in evidente imbarazzo e cercava di distogliere l’attenzione per concedere un po' di privacy, chi come Lucia o la signora Anna guardavano mia sorella in modo accusatorio e chi come Angela che invece sorrideva furbescamente. Dal suo canto Beatrice rimase in silenzio, la mano sempre stretta tra quelle di Marco, sguardo vergognosamente basso. “David questo bambino crescerà qui con noi, Beatrice ha accettato di sposarmi. Noi saremo una famiglia e tu non potrai fare nulla per dividerci. Prima te ne fai una ragione e prima sarà meglio per tutti”. Anche questa fu una svolta inaspettata, nessuno di noi sapeva che avevano deciso di sposarsi; la signora Anna presa dal panico non riuscì a trattenersi. “Marco, bambino mio, ti rendi conto? Vuoi davvero sposarti con una donna che porta in grembo il figlio di un altro? E tu hai accettato questo? Vuoi che lui sacrifichi la sua vita per te? Antonio devi intervenire, non possiamo permettere che mio figlio si faccia carico di un errore di tua figlia”. Mio padre era ancora troppo sconvolto dall’idea di diventare nonno che non riuscì a dire una parola, fu la nonna che saggiamente pose fine alla questione. “Ora basta! Non permetterò che mia nipote venga messa alla gogna pubblicamente per questo. L’unico errore che ha fatto è stato quello di fidarsi e credere alle bugie di un uomo che diceva di amarla e nel frattempo teneva la moglie chiusa in un ospedale psichiatrico. Questo bambino ha già la sua famiglia che lo ama e di certo Beatrice non ha bisogno di un matrimonio riparatore. Signor Smith credo che ora debba proprio andare, la sua presenza in questa casa non è più gradita”. David imprecando e minacciando lasciò definitivamente la fattoria. L’imbarazzo a tavola era evidente, mio padre continuava a fissare un punto indefinito del tavolo mentre le persone cominciavano a scambiarsi sguardi interrogativi; d’istinto presi il bicchiere di vino e proposi un brindisi alla famiglia e al proseguo della bella giornata insieme, per fortuna ciò fu colto in maniera positiva ed in breve tempo si tornò alla normalità. Mia sorella si avvicinò a mio padre. “Papà mi dispiace che tu abbia dovuto saperlo in questo modo, non ero ancora pronta per dirtelo. Ti giuro che non pensavo che avrebbe fatto una scenata di queste dimensioni”. Mio padre la guardò negli occhi, le sollevò il mento e si asciugò una lacrima con l’altra mano. “Davvero diventerò nonno? State bene? E’ un maschietto o una femminuccia?”. Beatrice fece una risata liberatoria. “Si, dovrebbe nascere a metà novembre. E’ un maschietto, lo abbiamo saputo qualche settimana fa dal risultato del test prenatale”. Mio papà l’abbracciò calorosamente e poco dopo puntandole l’indice contrò l’apostrofò. “Nonostante sia contento non pensare che non sia arrabbiato per quanto successo. Mi hai messo in una posizione scomoda, non dovevi tenermelo nascosto. E dobbiamo anche parlare della tua decisione di sposare Marco ma non è questo il momento e il luogo adatto. Promettimi solo che non mi racconterai più bugie”. Mia sorella annuì e abbracciò di nuovo mio padre. La signora Anna si era appartata con i suoi figli e non aveva preso bene la decisione di Marco, la sua voce stridula continuava a ripetergli che tutto ciò era sbagliato, che sarebbe stato infelice, che era troppo giovane per assumersi la responsabilità di crescere un figlio per altro non suo. Andrea mi si avvicinò. “Tutto bene? Sei un po' pallida”. Gli poggiai un palmo sul viso. “Sto bene, grazie. Da quanto lo sapevi?”. Andrea si mise comodo. “Il rapporto è arrivato ieri. Volevo parlartene prima ma non sapevo come affrontare il discorso, speravo che lo avesse fatto prima lei. Smith è un uomo pericoloso, sua moglie è stata ricoverata per ricevere cure dopo una forte depressione a seguito di un aborto spontaneo. Dalle indagini è emerso che David abbia firmato per il suo internamento una volta appreso dai medici che probabilmente non sarebbe stata mai in grado di portare a termine una gravidanza. Non credo che tua sorella sia rimasta incinta per errore ma piuttosto credo che David volesse a tutti i costi un figlio e per questo almeno per un po' non bisognerà abbassare la guardia perché è un uomo del tutto imprevedibile. Dopo parlerò con tuo papà ma credo sia giunto il momento di modernizzare la sicurezza della fattoria eliminando le criticità”. Le parole di Andrea mi lasciarono perplessa, dovevamo davvero temere la reazione di David a tal punto da cambiare le nostre abitudini? Un suv di grossa cilindrata entrò nella corte, dalla portiera del guidatore scese una ragazza con i capelli rossi raccolti in una treccia, il suo abbigliamento era casual: jeans, scarpe da ginnastica ed una semplice t-shirt. Prese una cartellina dai sedili posteriori e si avvicinò al tavolo. “Scusatemi, ho trovato il cancello aperto e sono entrata. Sto cercando Antonio Colonnato”. Di solito ero abbastanza brava ad inquadrare le persone ma questa volta mi trovai in difficoltà, anche sull’età non avrei saputo dare una risposta. “Sono io. Signorina, questa è una festa privata, le devo chiedere la cortesia di tornare in settimana. Le lascio un bigliettino da visita sul quale troverà scritto il mio numero di telefono; potrà contattarmi in modo da accordarci sulla prossima visita”. La ragazza non si scompose minimamente. “Devo parlarle urgentemente. Non potrebbe dedicarmi cinque minuti?”. Mio padre iniziò a perdere la pazienza. “Credo che la sua urgenza possa aspettare fino a lunedì. Trovo estremamente scortese assentarmi dai miei ospiti. Non trova signorina…..?”. La ragazza iniziò a muovere ritmicamente un piede, la cartellina stretta forte al petto. “Mi chiamo Anastasia Coltri e nonostante capisca il suo impegno devo insistere per parlarle in privato ora”. Dal suv si aprì l’altra portiera e ne uscì un ragazzo con una felpa nera con cappuccio sulla testa e occhiali scuri che si avvicinò a passo svelto al tavolo. “Signorina Coltri, le prometto davanti a tutti che domani mattina la chiamerò appena sveglio e potrà palesarmi la sua urgenza. Le chiedo di rispettare la mia volontà”. La ragazza sbuffò evidentemente infastidita mentre il ragazzo raggiunto il tavolo si mostrò essere una ragazza. “Anastasia andiamo via, ti avevo detto che sarebbe stato un buco nell’acqua”. Mio padre sorrise ai suoi ospiti. “Signorina Coltri ascolti la sua amica. Non si preoccupi che mi farò sentire al più presto”. E questo fu il momento nel quale ci fu il secondo colpo di scena della giornata. La ragazza con la felpa nera si abbassò il cappuccio dalla testa e si tolse gli occhiali ponendoseli tra i folti e ricci capelli biondi. Non appena mio padre vide il suo volto cadde come un sasso sulla panca, i suoi occhi vitrei non si staccavano da quella ragazza. Sia io che Beatrice rimanemmo colpite in quanto assomigliava molto al ricordo che avevamo della mamma, Giada che era molto piccola quando lei aveva deciso di andarsene sembrava non capire e ci guardava interrogativamente. “Aurora ti avevo chiesto la cortesia di rimanere in auto. Come devo fare con te? Signor Colonnato ho ora la sua attenzione?”. Mio padre si congedò scusandosi e si appartò immediatamente con le due ragazze. Dal mio posto non riuscivo ad ascoltare la conversazione e la mia inquietudine aumentava di minuto in minuto.

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Capitolo 32
*** Magenta ***


La nonna aveva preso le redini della situazione e aveva riportato il pranzo su toni neutrali, la maggior parte degli ospiti continuava a godersi il buon cibo e a colloquiare gettando qua e là occhiate furtive per cercare di capire cosa stesse realmente succedendo. Io e le mie sorelle eravamo le più spaesate e nonostante mi fossi imposta di mantenere la calma mi sentivo tesa come una corda di violino. “Avete idea di chi sia? Dalle vostre facce sembra che abbiate visto un fantasma”. Giada cercava in noi risposte che al momento non sapevamo dare. “Bambina mia vedrai che non sarà nulla di importante. Potresti andare in cucina a dire di passare con il bis? Grazie”. La nonna aveva trovato una scusa per allontanarla dalla tavola, non appena fu abbastanza lontana mi mise una mano sul braccio e parlò in modo che anche Beatrice al mio fianco potesse udirla. “La somiglianza con vostra madre è troppo palese per non far correre l’immaginazione. Giada era troppo piccola e probabilmente non se la ricorda ma voi che eravate più grandi siete rimaste sconvolte alla sua vista come noi. Non ho idea di chi sia e da quello che è successo nemmeno vostro padre ne era al corrente. Cerchiamo di mantenere la calma e di portare a termine la giornata; per quanto tutte queste persone siano quelle più vicine alla nostra famiglia sicuramente vostro padre non vorrà condividere nessuna informazione con loro per il momento, quindi, cerchiamo di evitare altri pettegolezzi”. Sia io che Beatrice annuimmo alla nonna che poco dopo si alzò in piedi per condividere con buona parte della tavola la sua ricetta dei carciofi alla giudia. Andrea e Marco ne approfittarono per avvicinarsi. “Cosa sta succedendo?”. Mantenere un profilo basso, io e Bea reagimmo facendo le spallucce lasciando intendere che non sapessimo nulla; da lontano, mio padre, che per diversi minuti era rimasto in silenzio e si limitava a fissare la ragazza, aveva iniziato a gesticolare animatamente. La signora De Barbieri si alzò dal suo posto e si sedette di fronte a noi. “Vostra madre è sempre stata una persona imprevedibile, come tutti gli artisti era perennemente scontenta; diceva che le emozioni erano il sale della vita e fino a che erano positive stare accanto a lei era la cosa più semplice del mondo, si poteva sentire sulla propria pelle tutta la passione che la circondava, ma quando i sentimenti che provava erano negativi la terra sembrava crollarti sotto i piedi. Catalina non ha mai meritato vostro padre né la dedizione che lui le ha dato ogni giorno che lei è rimasta al suo fianco; ho pregato affinché la maternità la rendesse una persona meno volubile e meno egoista ma purtroppo così non è stato. La migliore scelta che potesse prendere è stata quella di andarsene lontana da qui e spero che non abbia cambiato idea; dobbiamo essere forti soprattutto per lui”. Il discorso di Lucia era molto sentito, non si poteva non notare del risentimento e sapendo di una sua frequentazione con mio padre pensai anche ad una forma di gelosia. “La ringraziamo signora De Barbieri ma conosciamo bene nostra madre. Io e Loredana eravamo abbastanza grandi per ricordarci le sue crisi depressive: intere settimane passate a letto al buio; allo stesso tempo quando non era presa dai suoi demoni interiori era un raggio di sole e la sua presenza illuminava un’intera stanza. Tutto ciò ci ha fortificato abbastanza da affrontare a testa alta qualsiasi sfida. La ringraziamo per l’aiuto ma sono sicura che riusciremo, sempre che ce ne fosse bisogno, ad aiutare da sole nostro padre. Inoltre, non credo che suo marito sia felice di vederla così preoccupata e così disponibile nei confronti di un suo ex”. Lucia divenne paonazza e ci fissò negli occhi ed io ne approfittai per dare un leggero calcio negli stinchi a mia sorella, prima o poi la sua lingua lunga ci avrebbe messo seriamente nei guai. “Ci scusi Lucia, sono certa che capirà che mia sorella è in piena crisi ormonale. Grazie per l’aiuto ed il sostegno. Beatrice mi accompagneresti a cercare Giada?”. Con questa banale scusa ci allontanammo da quello che era diventato un possibile incendio. “Loredana aspetta, cosa voleva dire tua sorella? Mia madre e tuo padre sono stati insieme?”. Andrea ci stava letteralmente correndo dietro, Beatrice colse l’occasione per proseguire mentre io mi fermai a rispondergli. “Mi dispiace Andrea, mia sorella straparla delle volte. Sono solo pettegolezzi, nessuno di noi ne ha mai parlato con i diretti interessati. So solo che tua madre era molto amica di mio padre e frequentava molto spesso la fattoria, mia nonna mi ha detto che era convinta che prima o poi si sarebbero messi insieme anche perché lei gli è stata molto vicina alla morte del nonno. Così non è stato”. Andrea si passò una mano tra i capelli. “Perché non me ne hai parlato prima?”. Gli misi una mano sul braccio nella speranza di tranquillizzarlo. “E cosa avrei dovuto dirti? In paese girano voci che i nostri genitori siano stati insieme? Sono loro i primi che non ce ne hanno mai parlato probabilmente perché non c’è nulla da raccontare. Pensaci, se fossero stati davvero insieme come hanno fatto a rimanere in così buoni rapporti per tutti questi anni?”. Gabriele e il suo amico ebbero un tempismo perfetto per arrivare. “Ti abbiamo portato qualcosa da bere. Che ne dici di farci fare un giro e di mettere da parte per un po' tutte le beghe familiari?”. Accettai volentieri, sentivo la necessità di allontanarmi da quello che stava diventando un incubo ad occhi aperti. “Grazie ragazzi”. Le mie parole genuine colpirono Gabriele che mi abbracciò. “Non devi dirlo nemmeno per scherzo piccola. Se solo potessi mi farei carico di tutte le tue preoccupazioni”. Riccardo che fino a quel momento si era tenuto in disparte decise di dire la sua. “Dai Gabry non essere così melodrammatico. In ogni famiglia ci sono degli scheletri, ti sei forse dimenticato di quando, anche noi, speravamo di farne parte?”. Il suo sorriso nascondeva un’infinita tristezza. “Riccardo, scusa la domanda indiscreta ma anche la tua adozione è secretata?”. Mi pentii subito della mia curiosità. “Ovviamente. Non ti nego che quando ero adolescente una parte di me avrebbe voluto saperne di più. Fortunatamente ho trovato una famiglia che mi vuole bene e non sento la necessità di trovare le mie origini a differenza sua”. Guardai Gabriele negli occhi. “Stai ancora cercando di rintracciare i tuoi genitori biologici?”. Si scambiarono una lunga occhiata eloquente. “Dai non guardarmi così, pensavo che sapesse del motivo del tuo trasferimento in questo piccolo paesino”. Ancora più stupita gli rivolsi uno sguardo interrogativo. “Ho ricevuto delle informazioni e sono venuto per approfondire; non vorrei trovarmi un giorno a dovermi pentire di non averlo fatto”. La voce di Gabriele era tremolante. “Che genere di informazioni?”. Riccardo rispose per lui. “Io mi preoccuperei più della fonte: un paziente di oltre 95 anni affetto da Alzheimer in stato avanzato che guardandolo in viso durante una visita medica gli dice che è uguale a suo nonno. Secondo te poteva lasciar perdere? No, il nostro Sherlock Holmes si è messo ad indagare sulla vita del vecchietto ed anche se aveva lasciato il suo paese natio da oltre settant’anni si è fatto trasferire qui nella speranza di trovare risposte. Ti rendi conto che dovrei farlo rinchiudere per essere insano di mente?”. Gabriele gli sorrise e gli diede un buffetto sulla spalla. “Quando ti ho proposto questa nuova avventura però non ci hai messo più di due minuti a fare i bagagli e a raggiungermi! Ti stavi annoiando ed avevi bisogno di nuovi stimoli, vogliamo la verità!”. Risero entrambi di gusto. “Caspita che storia. Gabriele non mi aveva detto che poteva essere un papabile compaesano! Posso dirti in tutta franchezza che quando ti ho visto, Riccardo, mi sei sembrato familiare? Non è che anche tu sei dei nostri?”. Riccardo rise ancora più forte. “Credo sia la mia bellezza selvaggia a provocare déjà-vu. A parte gli scherzi me ne basta una di pista folle da seguire e non avrei né tempo né voglia per mettermi a cercare fantomatiche connessioni con questo posto. Se poi dovessi inciampare nella mia famiglia biologica sicuramente alcune domande gliele farei, non assicuro che siano piacevoli però!”. Non ebbi il coraggio di dirgli che mi aveva ricordato i De Barbieri: infondo loro non erano nemmeno originari di questo posto.

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Capitolo 33
*** Melanzana ***


“Potrei sempre rapirti e portarti lontano da qui”. Il pensiero di Andrea mi fece sorridere, con gli occhi chiusi cercavo di rilassarmi mentre le sue mani massaggiavano energicamente le mie spalle. “Non ripetermelo perché potrei trovare l’idea allettante e mandare al diavolo le mie responsabilità”. Questa volta fu Andrea a ridere. “Mi dispiace per tutto quello che sta succedendo alla tua famiglia. Sono anche molto arrabbiato con me stesso perché non riesco a starti accanto come vorrei. Il prossimo weekend sei già impegnata? Che ne dici se mettiamo da parte tutti i nostri problemi e ce ne andiamo via per qualche giorno?”. La sua idea di fuga romantica mi sembrò la luce in fondo al tunnel e così accettai volentieri suggellando la mia decisione con un veloce bacio sulle labbra. “Andrea, ti stanno aspettando. Tuo padre è in prima fila; vedrai che il vostro progetto sarà un successone. Ci sono alche diversi possibili investitori e forse è meglio non farli aspettare”. Lucia sembrava molto orgogliosa del figlio e rimase ad osservarlo con ammirazione mentre si allontanava a passo veloce. “Loredana, non abbiamo ancora avuto modo di scambiare quattro chiacchiere da sole. Andrea è molto impegnato nel suo lavoro, passa la maggior parte del tempo all’estero con suo padre. Presto se ne andrà e non vorrei che tu ti sentissi in dovere di aspettarlo, tra tutte, ho sempre pensato che tu fossi quella più simile a tuo padre: ho sempre trovato ammirevole il tuo senso di responsabilità nei confronti della famiglia. Non essere perplessa, sono sicura che tu abbia capito che i tempi che verranno saranno difficili per tutti e che sia inutile aggiungere sofferenza. Sii obiettiva, Andrea ha bisogno di una compagna che lo segua nei suoi viaggi di lavoro, che lo accompagni agli eventi, che lo sostenga nei momenti difficili e Loredana per quanto tu possa essere convinta di poterlo fare io posso assicurarti che presto ti renderai conto di non voler lasciare queste terre, non vorrai partecipare alle feste e agli eventi, non vorrai passare la maggior parte della tua vita lontana dalla tua famiglia. Prima che uno dei due si faccia male sul serio devi mettere un punto alla vostra frequentazione”. Lucia non distoglieva lo sguardo dal mio viso. “Sa quante volte al giorno mi pongo gli stessi interrogativi? Sa quante volte ne ho discusso con suo figlio? Comprendo la sua preoccupazione, sono la prima a rendermi conto di essere totalmente l’opposto di ciò che vorrebbe per i suoi figli. Nonostante tutto e tutti non ci riusciamo a stare lontani, siamo come due calamite”. Mi passai nervosamente una mano tra i capelli, Lucia mi si avvicinò e mi abbracciò. Fu la prima volta che la sentii sincera, il calore della sua pella era quanto di più vicino riconducessi all’affetto materno; sarà stato il turbinio di emozioni vissute fino a quel momento, saranno stati i pensieri malinconici ma mi lasciai andare ad un pianto silenzioso e liberatorio. “Loredana tutto bene? Papà vorrebbe parlarci, ci aspetta in salone”. Giada sembrava preoccupata, mi asciugai velocemente le lacrime. “Non preoccuparti, penserò io agli ospiti. Andate tranquillamente”. Ringraziai Lucia e seguii mia sorella. In casa si respirava un’aria molto pesante, la tensione poteva essere tagliata con un coltello; Beatrice era seduta sul divano con a fianco Marco che le teneva le mani, mia nonna sedeva sulla poltrona, mio padre era vicino il grande camino con accanto Anastasia ed Aurora. “Bene, siamo al completo. Figlie mie è meglio se vi sedete”. Solo una volta avevo visto mio padre così sconvolto ed è stato quando ci aveva detto che la mamma se ne era andata. Prendemmo entrambe posto sul divano, tutti guardavamo le due ragazze. “Anastasia credo sia meglio che sia tu a spiegare la storia, io non credo di essere in grado di farlo”. La ragazza annuì, fece accomodare la sua amica sull’ultima poltrona libera ed iniziò il racconto più sconvolgente che avessi mai sentito. “Mi dispiace stravolgere la vostra quotidianità, mi rendo conto che quanto sto per raccontarvi cambierà la vostra vita per sempre. Mi chiamo Anastasia Coltri e sono un’assistente sociale, fino a sei mesi fa lavoravo in Venezuela. Vostra madre si è rivolta a me chiedendo aiuto in quanto aveva scoperto un cancro molto aggressivo ed i medici che l’avevano visitata le avevano prospettato un’aspettativa di sopravvivenza molto bassa. Mi raccontò di aver vissuto diverso tempo in Italia, di essersi sposata e di aver avuto tre figlie prima di andarsene; era molto addolorata nel parlare di questo spaccato della sua vita”. Beatrice si alzò in piedi e sbottò. “Balle! Tutte balle! Era una grande bugiarda ed una bravissima manipolatrice e non mi stupisce che sia riuscita ad ottenere il suo aiuto tra qualche lacrimuccia e un racconto distorto. Arriviamo al dunque e saltiamo la parte del pentimento”. Marco cercò di farla sedere e di calmarla ricordandole che nella sua condizione non le faceva bene agitarsi. Mia nonna andò a prendere dell’acqua e Anastasia riprese il suo racconto. “Ragazze non sto cercando di giustificarla né di farle ottenere il vostro perdono, anche perché vostra madre è venuta a mancare tre settimane fa”. Vi starete chiedendo cosa stessi provando in quel momento, è difficile da esprimere a parole: la maggior parte del tempo che ha trascorso con noi è stato un alternarsi di momenti belli e di lunghi periodi di depressione; quando non si chiudeva con i suoi demoni era una persona affettuosa, solare, una madre amorevole. Purtroppo, però c’erano mesi interi in cui non si alzava dal letto, la sua stanza era sempre buia e non voleva che le facessimo visita. Più di qualche volta io e mia sorella Beatrice infrangemmo la regola di non entrare nella camera della mamma quando stava male, eravamo seriamente convinte che se ci avesse abbracciato sarebbe guarita dalla sua malattia: quello che succedeva invece erano delle vere e proprie crisi isteriche che culminavano con una dose massiccia di tranquillanti ed ansiolitici. Nessuno aveva una risposta alle nostre domande fanciullesche: cosa succede alla mamma? Perché non c’è una medicina che riesca a guarirla? E come può dimenticarsi delle sue bambine tanto da urlare loro di sparire dalla sua vista e che non vorrebbe fossero mai nate? Quando nacque Giada la situazione precipitò, continuava continuamente ad accusare papà di averle tappato le ali relegandola ad una vita che non desiderava, si sentiva prigioniera in una gabbia di lusso. Tanti medici vennero a visitarla e tutti concordarono nel dichiararla affetta da una grave forma depressiva, vennero prescritti medicinali più forti ed avvertirono il papà che se fosse diventata pericolosa per sé stessa o per gli altri l’unica soluzione era quella di ricoverarla. La mattina della vigilia di tanti anni fa nostro padre ci disse che la mamma era andata via e che probabilmente non sarebbe più tornata per un bel pezzo. Io e Beatrice ci guardammo e contemporaneamente facemmo un sospiro di sollievo, l’importante per noi era la felicità della mamma e se per avere quella avessimo dovuto rinunciare ad averla accanto lo avremmo fatto; con il passare del tempo il dolore per la sua mancanza ha attraversato tanti stadi: la rabbia, la malinconia e la tristezza. Durante una recita per la Festa della Mamma Giada rispose candidamente: come si fa a sentire la mancanza di qualcuno di cui non si ha ricordo? Per fortuna abbiamo sempre avuto al nostro fianco la nonna che per noi è stata il perno che ha tenuto unita la nostra famiglia. Oggi sapere che non c’è più è doloroso perché mi rendo conto che tante domande non avranno mai una risposta mentre dall’altra parte provo anche un senso di liberazione: finalmente sarà felice e non dovrà fare più i conti con i demoni della sua malattia. Le reazioni dei miei familiari alla triste notizia furono le più disparate: dalla rabbia di Beatrice per aver chiuso un capitolo della sua vita senza aver la possibilità di controbattere, all’indifferenza di Giada che visibilmente a disagio per la situazione continuava nervosamente a giocare con i suoi capelli, al dolore visibilmente leggibile sul volto di mio padre e all’amarezza di mia nonna per non essere riuscita a fare di più. Ci vorrà del tempo per elaborare il lutto; in tutto quel trambusto il mio sguardo si posò sulla giovane ragazza che teneva gli occhi bassi: chi era?

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Capitolo 34
*** Orchidea ***


“Un’uscita di scena da star: contattare una perfetta sconosciuta per raccontarle la sua storia in modo che alla sua morte possa andare a dirlo alle sue figlie! Direi che questo spazza via ogni dubbio sul suo egoismo e su quanto possa averci voluto bene!”. Beatrice era molto agitata. “Bambina mia, bevi un altro bicchiere d’acqua. Vuoi che facciamo una pausa? Ti accompagno a prendere un po' d’aria fresca”. La nonna era decisamente preoccupata per lei, continuava a cercare lo sguardo di mio padre nella speranza che si accorgesse della situazione e l’aiutasse a distrarla. “Sto bene, non sono io quella che ha abbandonato le sue figlie perché ostacolavano la sua carriera. Chissà se è stata contenta di rendersi conto che una volta libera non ha avuto il successo sperato”. Giada intervenne nella discussione. “Anastasia, sappia che la nostra frustrazione non è rivolta a lei. Sta facendo solo il suo lavoro e lo comprendiamo. La sua amica in tutta questa storia come è coinvolta?”. Ci girammo tutti a guardarla. “Non preoccupatevi per me. Lei è Aurora, ha 12 anni, è una brava studentessa. Viviamo insieme da qualche mese ormai, è molto solare, dolce ma anche molto caparbia. Le piace la musica, adora dipingere ed ama la cucina italiana”. Le due ragazze si scambiarono un’occhiata complice e si sorrisero dolcemente. “Sembra di essere ad una televendita. Possiamo arrivare al dunque? Comincio ad avvertire una certa stanchezza”. Beatrice era spazientita. Aurora che fino ad allora aveva mantenuto un profilo basso, probabilmente stanca dei nostri comportamenti, si alzò in piedi con i pugni serrati. “Ma sei sempre così arrogante Bex?”. Il soprannome con il quale nostra madre chiamava Beatrice tagliò l’aria nella stanza come se fosse stata una sciabolata, mia sorella impallidì e si ammutolì rannicchiandosi tra le braccia di Marco. “Aurora, per favore, siediti. Quando Catalina decise di andarsene era incinta di Aurora, lo ha scoperto solamente una volta giunta in America. Mi ha raccontato di essersi sentita molto spaventata all’idea di avere un’altra figlia e dopo lunghe riflessioni ha deciso di tenerla perché sentiva che la vita le stava donando un’altra opportunità per essere madre. Hanno vissuto alcuni anni a New York per poi trasferirsi in California ed infine in Venezuela. Quello che sto cercando di dirvi è che Aurora è vostra sorella”. Nessuno osò parlare, eravamo tutti ammutoliti dalla notizia; in sottofondo l’unico rumore che si sentiva era il ticchettio del grande orologio a pendolo. Non so dire per quanto tempo rimanemmo a guardarci in silenzio. Lucia entrò nella stanza come un elefante in una cristalleria. “Scusate l’intromissione. Antonio la conferenza sul progetto di esportazione del vino è terminata, vuoi aggiungere qualcosa o faccio servire degli assaggi?”. Mio padre che era il fantasma di sé stesso cercò di riprendersi. “Arriverò tra qualche minuto, procedi pure con la degustazione di alcune nostre bottiglie. Lucia grazie per tutto quello che stai facendo”. La signora De Barbieri arrossì e gli sorrise. “Figurati. Faccio preparare il tutto. Ah, il fotografo vorrebbe scattarvi delle fotografie di famiglia mentre i giornalisti vorrebbero farvi qualche domanda per l’articolo che verrà pubblicato la settimana prossima”. Beatrice perse di nuovo il controllo. “Oh bene! Dai papà facciamoci immortalare tutti insieme! La prima foto della famiglia al completo con un bel titolo sul giornale: Antonio e la figlia ritrovata! E per la cronaca io mi chiamo Beatrice e non Bex! Non voglio sentir più pronunciare quel nomignolo”. Mia sorella lasciò la stanza seguita da mia nonna e da Marco, Lucia guardava Antonio in cerca di risposte. “Lucia, rimanda l’intervista e le fotografie, per piacere. Non siamo dell’umore adatto per parteciparvi e non voglio dare adito ai pettegolezzi. Questa è Aurora, mia figlia; Catalina era incinta quando è andata via”. La signora De Barbieri era impallidita alla scottante rivelazione. “La somiglianza con Catalina è molto evidente ed appena l’ho vista ho pensato che fosse sua figlia. E’ stato già fatto un test di paternità?”. Questa domanda fece arrabbiare Aurora. “Come si permette di mettere in discussione l’integrità morale di mia madre?”. Lucia fissò la ragazza. “Non prendertela ma nessuno conosce Catalina quanto me. E’ stata la mia migliore amica per tanto tempo e per quanto voglia crederle ha sempre tenuto un comportamento sopra le righe, non mi stupirei se non vi fosse una corrispondenza dal risultato del test”. Aurora dimostrò una grinta da vendere per la sua tenera età. “Lei deve essere Lux. Non mi stupiscono le sue parole sapendo che era gelosa di mia madre e che per tanti anni non ha fatto altro che metterle in testa strane idee. Sono però felice di constatare che non è riuscita ad intrappolare mio padre tra le sue grinfie; dov’è finito il suo sex appeal?”. Mio padre intervenne bruscamente. “Ora basta! Lucia è una cara amica di famiglia che è sempre stata presente nei momenti difficili. Non so cosa ti abbia raccontato Catalina ma aveva una visione distorta delle cose quando viveva qui. Non ho intenzione di fare nessun test sempre che non sia Aurora a volerlo; verrà a vivere alla fattoria con Anastasia per il momento e avremo modo di conoscerci meglio. Vivremo giorno per giorno e decideremo insieme il da farsi. Ora scusatemi ma gli impegni lavorativi mi chiamano, ci vediamo dopo”. Lucia lo seguì poco dopo, Giada propose alle ragazze un tour della casa e loro accettarono volentieri. Rimasta sola, tanti pensieri affollarono la mia mente. Come aveva potuto tenerci nascosta la presenza di una sorella? E perché scoperta la malattia terminale non aveva cercato di riallacciare i rapporti? “Mi avevano detto che ti avrei trovata qui. La tua espressione non mi fa presumere niente di buono. Che succede piccola?”. Gabriele si era accovacciato ai piedi del divano. “Mia madre è morta qualche settimana fa, era malata di cancro. Nonostante lo sapesse da almeno sei mesi non ha mai fatto una telefonata per avvisarci o semplicemente per salutarci. Ci ha lasciato una sorella, portata qui come un pacco postale e con la quale dovremmo imparare a convivere. Ovviamente senza tenere conto che Beatrice è incinta di un uomo pericoloso che ci ha apertamente minacciato mentre lei ha deciso di sposarsi con un bravo ragazzo che però conosce solo da poche settimane. Vogliamo anche aggiungerci la preoccupazione per Giada e la sua crisi adolescenziale? Per non parlare di Andrea, della nostra incompatibilità sociale oltre che caratteriale. Non sono abbastanza forte per affrontare tutto questo Gabry”. Calde lacrime iniziarono a bagnarmi il viso, Gabriele mi abbracciò e poco dopo senza sapere come mi ritrovai le sue labbra sulle mie. Immediatamente mi fu chiaro che in me non divampava lo stesso fuoco di quando baciavo Andrea però in quel momento la sua bocca mi sembrava l’unico porto sicuro; mettendogli le braccia intorno al collo risposi al bacio senza pensare ad altro. “Ed io che ero preoccupato per te, anzi mi scuso per avervi interrotto. Spero che in lui tu possa trovare la felicità che cerchi”. Sconvolta guardai Andrea voltarsi ed andare via, nella mia mente risuonavano le sue parole glaciali.

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Capitolo 35
*** Pervinca ***


“Gabriele mi dispiace”. Lo vidi alzarsi ed iniziare a camminare nervosamente per la stanza. “Loredana non devi scusarti, è stata una giornata molto difficile per te ed il mio comportamento non ha certo migliorato le cose. Cercherò di parlare con Andrea e gli spiegherò il tutto”. Nonostante cercai di dissuaderlo Gabriele lasciò la stanza per andare a cercare di risolvere a suo modo la faccenda. Mi lasciai sprofondare nel divano, in poche ore tutta la mia esistenza era stata messa a soqquadro, per quanto cercavo di trovare qualcosa di positivo al quale aggrapparmi mi sentivo preda di un vortice emozionale che mi risucchiava verso il baratro della sofferenza. “Bambina mia, tutto bene?”. Quella grande mano che con un semplice tocco mi donava sicurezza ed affetto giaceva inerte sul mio ginocchio, il suo sguardo segnato da una profonda sofferenza cercava di nascondersi dalla mia vena indagatrice. “Sinceramente non lo so nonna. Tutto quello che fino ad oggi pensavo di conoscere si è sgretolato sotto i miei piedi: ero così arrabbiata con Beatrice per averci tenuto nascosto una notizia così importante che pensavo non potesse accadere di peggio, ed invece poi arriva Anastasia che ci svela non solo la morte della mamma ma anche il suo grande segreto; la preoccupazione per Giada mi attanaglia lo stomaco e per finire io e Gabriele ci siamo baciati ed Andrea ha visto tutto. Ho paura anche solo ad alzarmi da questo divano”. Il vecchio braccio lentamente circondò le mie spalle ed io come un coniglietto spaventato mi accoccolai sul suo petto. “Ne abbiamo passate così tante che anche questa volta raccoglieremo i cocci della nostra famiglia e riusciremo ad andare avanti. Non ti nego che l’aver scoperto l’esistenza di Aurora mi ha scosso nel profondo, non pensavo che Catalina potesse arrivare a nascondere la presenza di una figlia; allo stesso tempo ormai non c’è più ed ogni recriminazione è inutile se non nociva. A cosa serve incolparla di ogni male? Non ci riporterà indietro nel tempo e non potrà farci rivivere tutti i momenti che ci siamo perduti dell’infanzia di quella giovane ragazza. Dobbiamo pensare anche a lei, a quanto deve essere stato traumatico venire a conoscenza di avere un padre e delle sorelle oltreoceano, a quanto abbia sofferto per la mancanza prematura dell’unico punto di riferimento che conosceva, a quanto deve essere stato difficile lasciare tutto per tornare insieme ad una sconosciuta in una terra che non sente come casa sua. Questo è quello che mi preoccupa di più bambina mia, nei prossimi mesi i nostri equilibri saranno messi a dura prova ma dovremmo essere forti. Per quanto riguarda Beatrice credo che sappia di aver commesso un errore con quell’americano e a non fidarsi della sua famiglia; la conosci, è sempre stata una donna testarda ed orgogliosa, cresciuta troppo in fretta. La sua voglia di indipendenza l’ha portata a bruciarsi le ali ancora prima di poterle mostrare al mondo intero ma sono sicura che una volta guarite le ferite tornerà a volare sopra tutti noi dimostrando quanto valga; non sono nemmeno preoccupata per Marco, a differenza di sua madre non credo che lui sia la vittima sacrificale prescelta da tua sorella. E’ un uomo con un forte senso di responsabilità che credo abbia sviluppato un sentimento forte nei confronti di Beatrice e sono certa che si prenderà cura del bambino come se fosse suo figlio. Giada è molto intelligente e saprà valutare se questi suoi sentimenti nei confronti di Edoardo valgano la pena di combattere tutte le battaglie che vi si frapporranno oppure se lasciar perdere ed infine, bambina mia, devi fare chiarezza dentro di te e capire se le emozioni che provi nei confronti di Andrea siano più forti di quelle verso Gabriele. Non lasciarti influenzare dalle favole, certo la spontaneità dei sentimenti è importante in un rapporto, la passione anche e sicuramente non possiamo non tenere conto della compatibilità caratteriale, però in una relazione duratura bisogna tenere conto anche di tanti altri meccanismi che vanno ad incidere sulla quotidianità. Devi capire cosa vuoi in questo momento: vuoi viverti il presente e non pensare al domani? Oppure vuoi costruire giorno dopo giorno un rapporto che probabilmente ti accompagnerà per tutta la tua esistenza?”. La saggezza della nonna riempiva da sempre le quattro mura della casa come l’abbraccio di una mamma verso il suo bambino. “E’ proprio questo il dilemma nonna. Oggi ho capito che un domani non è detto che ci sia o comunque non è detto che sia come te lo avevi immaginato. Gabriele è la sicurezza, con lui sento di poter costruire qualcosa di importante; Andrea è la passione allo stato puro, quando i nostri corpi si sfiorano è un caleidoscopio di emozioni, allo stesso tempo so che le nostre differenze ci porteranno alla rovina a lungo andare. Delle volte vorrei pensare meno ed essere più egoista come Beatrice, allo stesso tempo invidio la giovinezza di Giada che non ha la lancetta del tempo scandire la sua felicità. Chissà cosa mi regalerà la mia nuova sorella?”. Le ultime parole risultarono un po' troppo aspre, prese dalla nostra fitta conversazione filosofica non ci eravamo accorte che Aurora si era fermata sullo stipite della porta. “Dovresti pensare meno e lasciarti andare di più, la mamma diceva sempre che tra bianco e nero ci sono un’infinita di sfumature che andrebbero vissute a pieno”. Quanta saggezza per una ragazza così acerba! La guardai sorridendo. “Nonna qualcuno ti ruberà il posto di questo passo! Hai bisogno di una mano per i bagagli? Giada dove è finita?”. Aurora fece un passo avanti e si tolse dall’orecchio un auricolare. “Abbiamo fatto un giro della casa, mi ha detto che potevo stare nella camera libera vicino le vostre: Antonio vuole rinfrescare le pareti e farmi scegliere come arredarla. Anastasia invece per il momento starà nella cameretta al piano terra, quella degli ospiti. Per voi va bene o preferite un’altra disposizione? Non ho molto da sistemare, solo una borsa con qualche abito”. Mia nonna si alzò velocemente in piedi. “Nessun problema cara, andrò a sistemare immediatamente i letti. Hai fame?”. Aurora fece segno di no e si guardò intorno a disagio. “Che ne dici se in settimana andassimo a fare dello shopping? Possiamo recarci in paese oppure a Roma, come preferisci”. La ragazza dai bellissimi e folti capelli ricci rimase sulle sue. “Non saprei da dove iniziare, la mamma diceva sempre che l’importante era avere lo stretto necessario; non sono sicura mi piaccia passare ore e ore girando negozi, svestirmi e rivestirmi e comprare accessori inutili o che indosserò poche volte. Sai invece dove posso prendere dei buoni colori per dipingere?”. Ci pensai qualche minuto prima di rispondele. “Sinceramente non saprei, l’unica artista in famiglia è Beatrice ma si occupa esclusivamente di fotografia. Potremmo fare una ricerca su internet e vedere dove si trovano i migliori negozi in città, non sono un’appassionata di shopping per cui ti accompagno volentieri”. Il sorriso sul suo volto illuminò la stanza. “Che ne dici se ora tornassimo giù con gli altri?”. Mentre la nonna iniziava a sistemare le stanze che da oggi sarebbero state delle ragazze io e Aurora raggiungemmo il papà intento a pubblicizzare il suo progetto; di Andrea non vi era traccia: la delusione che avevo ascoltato nelle sue parole riecheggiava dentro di me come il boato di un terremoto.

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Capitolo 36
*** Viola ***


La giornata era quasi giunta al termine, sorseggiando del vino delle nostre cantine gli ospiti aspettavano con trepidazione lo spettacolo pirotecnico. Beatrice aveva fatto colpo sui fratelli di Marco che già l’adoravano mentre non era riuscita a conquistarsi il benestare della signora Anna, la quale, esprimeva solo gelide parole nei confronti della futura nuora. “Ho passato tutto il pomeriggio con lei, ho risposto sinceramente a qualsiasi domanda le passasse per la testa, l’ho rassicurata centinaia di volte sui miei sentimenti verso il figlio e nonostante tutto, se non costretta, mi rivolge a malapena la parola. Marco le ha detto che accetterà la proposta di papà di trasferirsi definitivamente alla fattoria e lei non ha saputo dire altro se non che lo stavo allontanando dalla sua famiglia per un mio sciocco capriccio. Dimmi tu, cara sorella, cosa potrei fare?”. La guardai a malapena. “Non credo di essere la persona giusta per darti consigli in questo momento, sono troppo arrabbiata. Non riesco ancora a farmi una ragione del fatto che sei tornata a casa e ci hai tenuto nascosto un segreto così importante. Siamo la tua famiglia, le tue sorelle! Le stesse persone che ti coprivano quando uscivi di nascosto, a tarda sera, dalla tua camera; quelle che ti difendevano con papà ogni volta che la scuola ti puniva per un tuo comportamento sbagliato! Non è il momento di parlarne adesso ma sicuramente prima o dopo affronteremo il discorso. Anna è solo una madre che vuole proteggere suo figlio, te ne renderai conto quando nascerà il tuo bambino”. Mi allontanai senza voltarmi a guardarla, discutere con lei mi faceva star sempre male. Nonostante fossimo all’aperto iniziai ad avvertire una sensazione di soffocamento, i battiti cardiaci aumentarono velocemente, per mia fortuna fui raggiunta da Gabriele. “Ti stavo cercando, Loredana tutto bene? Sei molto pallida”. Prendendomi il polso velocemente iniziò a monitorare le pulsazioni. “St…st…sto bene, ho solo bisogno di sedermi un attimo e prendere un bicchiere d’acqua”. Gabriele mi aiutò a prendere posto su una sedia e velocemente mi portò anche quanto avevo richiesto. “Da quando soffri di attacchi di panico? La tua famiglia è al corrente di questi episodi?”. Cercai di minimizzare il tutto. “Non preoccuparti per me, era tanto che non mi succedeva. Questa giornata è proprio da dimenticare. Perché mi stavi cercando?”. Gabriele non sembrava convinto della mia spiegazione ma decise di sorvolare per il momento. “Sono riuscito a trovare Andrea, era completamente ubriaco e suo padre lo stava accompagnando a casa. Ho provato a parlarci ma non ha voluto ascoltarmi e nel momento in cui ha iniziato ad avere comportamenti aggressivi nei miei confronti ho preferito allontanarmi. Mi dispiace davvero tanto. Sei sicura di star bene?”. Mi sentivo spossata e delusa da me stessa, cercai di tranquillizzare Gabriele e gli chiesi di rimanere sola per qualche minuto; cosa sarebbe successo ora? Nel guardarmi intorno, con la coda dell’occhio, vidi due figure in intimità. Perfetto ci mancavano solo gli adolescenti in piena crisi ormonale! Cercai di avvicinarmi facendo più rumore possibile in modo da non dover passare per una guastafeste; fortunatamente il mio intento fece centro e la coppia si allontanò immediatamente e cercò di risistemarsi alla meno peggio. Quello che non mi piacque fu scoprire che l’adolescente con l’ormone impazzito era mia sorella Giada! “Non ci posso credere! Cosa state facendo?”. Giada con il mascara colato e il rossetto sbavato si risistemò al meglio. “Mi stavi controllando? Devo davvero spiegarti cosa stessimo facendo?”. La sua risposta impertinente mi fece rabbuiare. “Spero tu stia scherzando. Ti avrebbe potuto vedere chiunque, e se fosse arrivato papà? Volevi finire di rovinargli la giornata?”. Giada iniziò a muovere il piede ritmicamente, segno che si stava innervosendo. “Pensi sul serio che per un bacio con il ragazzo che mi piace la giornata di papà sia rovinata? Sono io il male del mondo? Se mi avesse visto qualcun altro forse ora le cose sarebbero diverse”. Persi la calma. “Giada, siamo all’asilo? E tu Matteo non hai capito che mia sorella ti sta solo usando per far ingelosire un altro ragazzo? Sei così disperato da farti trattare in questo modo? Ringrazia il cielo che non sia stato Edoardo a vederti! A quest’ora avrebbe definitivamente chiuso ogni tipo di rapporto con te, possibile che non ti rendi conto che il tuo atteggiamento è completamente sbagliato?”. Matteo che fino ad ora era rimasto in silenzio decise di fare il suo ingresso trionfale nella conversazione. “Ragazze, su, non litigate per me. Giada quando vuoi terminare il discorso che stavamo facendo sai dove trovarmi, vado a bere un altro bicchiere di vino. Ah, fate i complimenti a vostro padre per la qualità del prodotto, sicuramente lo consiglierò a chi me lo dovesse chiedere”. Si allontanò velocemente. “Hai sentito? Come fai a baciare un ragazzo così? Tu meriti di meglio, tu sei migliore di loro!”. Calde lacrime iniziarono a rigare il viso di Giada. “Hai rovinato l’unico momento della giornata nel quale i miei pensieri non mi tormentavano. Perché non ti fai mai gli affari tuoi?”. Detto ciò, mia sorella se ne andò. Qualsiasi cosa dicessi oggi era sbagliata; sconsolata tornai tra gli ospiti. La piccola Aurora aveva conosciuto Caterina e tra le due sembrava essersi instaurato un certo feeling: entrambe sedute su un muretto ascoltavano musica condividendo l’auricolare. “Ho sentito che è stata una giornata difficile per la tua famiglia”. Mi voltai e trovai Riccardo a sorridermi dolcemente. “Già. Delle volte è meglio non viversi i parenti e starci lontano miglia! Scusami, ho parlato senza riflettere”. Riccardo fece cenno di lasciar perdere. “Hai già avuto modo di degustarti un buon calice di vino della tua cantina? E’ davvero delizioso”. Effettivamente non avendo ancora assaggiato nulla accettai di buon grado il suo invito. “Tra poco inizieranno i fuochi d’artificio e credo che al loro termine la gente comincerà ad andarsene via. Tieniti pronta per il congedo visto che tuo padre si è ritirato nella sua camera per una forte emicrania, tua sorella Beatrice era stanca ed è andata a stendersi e le altre sono troppo giovani per farlo. Tua nonna si sta già occupando di tutto il resto”. Lucia si era avvicinata ed osservava attentamente Riccardo. “Va bene, ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per noi oggi. Lui è Riccardo, un collega di Gabriele”. Lucia non perse tempo e gli strinse la mano. “Ci siamo già visti da qualche parte?”. Il sorriso di Riccardo si fece più evidente. “Non credo signora sono arrivato da poco in paese e non ho ancora preso servizio in ospedale. Non è la prima che me lo chiede, evidentemente devo avere un sosia nelle vicinanze”. L’ironia del bel dottore non contagiò Lucia, la quale rimase impassibile. “E’ difficile che mi sbagli. Scusatemi ma stanno richiedendo la mia presenza”. Poco dopo essersi allontanata il cielo iniziò ad essere illuminato da coreografie luminose.

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Capitolo 37
*** Vinaccia ***


Finalmente arrivò il lunedì, recarmi al lavoro e non dover pensare a tutto quello che mi lasciavo indietro mi sembrava una liberazione. I treni si erano decisamente svuotati, probabilmente, perché le scuole erano terminate e gli studenti aspettavano intrepidi la pubblicazione della pagella finale. “In tutto l’ospedale non si parla d’altro che della festa a casa Colonnato. Mi sto quasi pentendo di non essere venuta!”. Nello spogliatoio femminile Rosa, una delle mie più care amiche nonché ex compagna di scuola, mi trafiggeva con uno sguardo indagatore. “Stai tranquilla, a parte qualche dramma familiare non ho proprio idea di cosa possa alimentare il gossip. L’aver bevuto gratis? Oppure il vino di mio padre è così buono da essere rimasto impresso?”. Rosa sorrise e si sedette sulla panca. “Loredana, per quanto possa essere ottimo sono sicura che tu sia consapevole che non sia l’argomento del momento. Hai saputo che c’è un nuovo team di ricerca?”. Cercai di legarmi velocemente i capelli, il mio buon umore stava letteralmente svanendo. “Si, ho saputo. A capo del team c’è un mio ex compagno di studi universitari ed ho conosciuto anche un altro dottore che lo affiancherà. E’ questo il fulcro del gossip? Non mandarmi indifesa nella gabbia dei leoni!”. Rosa mi mise un braccio intorno alle spalle. “Amica mia, devi assolutamente presentarmeli! Su, testa alta ed iniziamo il turno”. Per fortuna durante le varie sedute di fisioterapia non ebbi né modo né tempo di incontrare e dover quindi dare spiegazioni ad altri Colleghi, il problema si presentò al momento della pausa. Nascosta vicino la macchinetta del caffè fui letteralmente presa d’assalto, ognuno voleva sapere qualcosa; non mi era mai capitato in tanti anni di lavoro di essere al centro del gossip e delle chiacchiere di reparto, la mia superiore che aveva sempre mostrato rispetto per la mia discrezione iniziò a lanciarmi delle occhiatacce. “Loredana pranziamo insieme oggi?”. Gabriele seguito da Riccardo ed altri due dottori entrarono nella sala relax come degli attori sul set; tantissimi occhi che lo avevano guardato in adorazione si girarono altrettanto velocemente per scrutare la mia reazione. “Ciao Gabriele, mi dispiace, ma ho promesso ad Aurora di aiutarla nella ricerca di un buon negozio per la pittura. Ti hanno fatto fare il giro della struttura? Dovreste avere una saletta snack/relax anche al piano terra”. Il mio disagio cominciò a farsi più evidente. “Si, ma sono finite le patatine. Siamo venuti sù principalmente per quello”. Riccardo diede una gomitata a Gabriele e si diresse verso la macchinetta seguito da diverse specializzande volenterose ad aiutarlo in caso di necessità. “Sono sicuro che Aurora dovrà ancora disfare i bagagli e non verrà in città. Finiamo il turno alla stessa ora, se vuoi, posso darti un passaggio fino alla fattoria”. Per non farsi udire da tutti Gabriele si era avvicinato molto al mio viso e questo aveva provocato un evidente rossore sulle mie guance che a sua volta aveva alimentato ancora di più il vociare. “Ti ringrazio ma preferisco tornare a casa con il treno e prendere un po' d’aria. Ci vediamo nei prossimi giorni, ora devo proprio rientrare, ho un paziente che mi sta aspettando”. Uscii dalla saletta con velocità e richiusa la porta mi ci poggiai sospirando. “Wow dal vivo sono ancora più belli di come sono stati descritti. Amica mia, torniamo dentro e fai le presentazioni ufficiali o ti torturerò fino a che non lo farai”. Rosa non aveva nessuna intenzione di mollare l’osso, per fortuna fui salvata dall’arrivo del primario di ginecologia. “Dottoressa Colonnato posso parlarle in privato cinque minuti?”. Mi congedai dalla mia amica e segui il dottore in una stanza. “Mi sono permesso di venirla a cercare perché ho visionato la cartella clinica di sua sorella Beatrice che ci è arrivata dall’ospedale dove era seguita precedentemente. Nelle ultime analisi ci sono dei valori che sono sfalsati e vorrei ripeterle; per scrupolo vorrei sottoporla anche ad un’ecografia di controllo per valutare se il feto è cresciuto”. Non sapevo che mia sorella avesse deciso di farsi seguire nell’ospedale nel quale lavoravo. “V…v…va bene, le dirò di prendere appuntamento con la segreteria. C’è qualche problema?”. Il primario scosse la testa. “Per il momento non c’è nulla di allarmante vorrei solo approfondire. Le dica di chiamare il prima possibile in modo da poterla inserire tra una visita e l’altra”. Avvertii Beatrice tramite sms e già che mi ci trovai scrissi anche ad Andrea. “Sono quasi 24 ore che non ho tue notizie; non so nemmeno cosa scriverti di preciso, hai voglia di vederci in questi giorni?”. Guardai l’orologio: la mia pausa terminava esattamente tra cinque minuti; mi lasciai cadere su una sedia libera, il telefono stretto tra le mani, lo sguardo perso nell’aspettare che il display si illuminasse. “Sono quasi 24 ore che ho scelto di non farmi sentire; visto che non sai neanche cosa scrivere credo che vederci sia decisamente inutile”. La vista mi tremò ed i piccoli caratteri sullo schermò iniziarono a confondersi, ricacciai indietro le lacrime. “Non sono brava con i messaggi, dovresti saperlo ormai; vorrei poter avere la possibilità di parlarti guardandoti negli occhi. Non saranno quattro chiacchiere a farti cambiare idea, no?”. Mia sorella, nel frattempo, rispose con l’emoticon del pollice in sù. “Loredana, sto andando in aeroporto e starò via tutta la settimana con mio padre. Saremo a New York; capisci bene che non ho né il tempo né la voglia di vederti arrampicare sugli specchi. Tornerò per la festa di mia madre perché le avevo promesso che ci sarei stato. Se vuoi vedermi mi troverai lì”. Andrea sembrava categorico, ma in cuor mio sentivo di non poter lasciare nulla di intentato; feci una breve ricerca sui voli in partenza da Fiumicino, fortunatamente avrei potuto finire il turno e poi riuscire a recarmi all’imbarco. Con una forza interiore che non pensavo di avere tornai al lavoro e attesi con ansia il momento in cui lo avrei raggiunto in aeroporto. Nonostante mille difficoltà riuscii ad arrivare con un congruo anticipo; la giornata afosa, l’ansia di non arrivare in tempo e la lunga corsa, avevano lasciato sulla mia pelle rivoli di sudore. Cercai di rinfrescarmi velocemente alla toilette, legai i capelli in una veloce coda e cercai al meglio di risistemarmi il make-up. Presi il cellulare e avvertii Giada del cambio di programma visto che non avevo ancora avuto modo di farlo. “Giada, sono in aeroporto per tentare di parlare con Andrea. Non ho idea dell’ora che farò, avvisa per piacere il papà e la nonna di non essere in pensiero per me e di non aspettarmi per la cena nel caso dovessi far tardi. A casa tutto bene?”. Uscii dal bagno e mi diressi verso il gate d’imbarco, da lontano vidi arrivare Andrea accompagnato da due ragazze bellissime; i suoi comportamenti erano inequivocabili: le ragazze gli si avvinghiavano e lui invece che allontanarle rideva e se le abbracciava. Dietro di loro alcuni domestici di villa De Barbieri procedevano a sguardo basso spingendo carrelli pieni di valigie. Calde lacrime mi offuscarono la vista, improvvisamente mi sentii impotente. Presi il telefono e d’istinto scrissi in un unico pensiero tutta la mia rabbia. “Spero che il lavoro a New York non sia troppo pesante, per fortuna hai il sostegno della bionda e della bruna! Chissà magari lì c’è anche la terza ad aspettarti e a sostenerti! Credo proprio che con oggi io non abbia davvero più nulla da dirti, addio!”. Probabilmente aveva il telefono già in modalità silenziosa o forse era così impegnato da non sentire l’arrivo del mio sms. Una mano sulla spalla mi fece trasalire. “Mi scusi Loredana, non volevo spaventarla. Dall’espressione del suo viso credo fosse qui per vedere mio figlio”. Il sig. De Barbieri rivolse lo sguardo dove fino a poco fa era rivolto il mio, un’espressione di disapprovazione passò per il suo volto. “Mi dispiace Loredana, qualsiasi cosa fosse successa tra voi non è questo il modo di affrontare la cosa. Andrea è sempre stato un codardo ed un viziato, sua madre l’ha sempre tenuto sotto la sua ala protettrice ed invece di renderlo uomo l’ha ridotto in un bambino che senza una figura di riferimento non sa affrontare i problemi della vita. Le darò la mia opinione, anche se non richiesta; Loredana lasci perdere, merita di meglio e non soffrire così”. Vittorio era stato molto duro nei confronti di suo figlio e ciò mi fece capire che non si riferiva solo alla nostra situazione ma c’era sicuramente dell’altro. “Ho sbagliato io con suo figlio, per quanto possa essere immatura la sua reazione, anche io ho le mie colpe e ne pagherò le conseguenze. Spero facciate un buon viaggio. A presto sig. De Barbieri”. Lui mi salutò con un cenno della mano ed io allontanandomi capii di aver lasciato per sempre, su quel pavimento, una parte del mio cuore.

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Capitolo 38
*** Terra Cotta ***


Si possono spegnere i propri pensieri? Al momento non ho ancora trovato un modo, un diversivo, una qualsiasi cosa non mi faccia tornare con la mente a quel momento straziante in aeroporto durante il quale il mio cuore è andato in mille pezzi. Il calendario segnava già giovedì; eppure, io ricordo poco e niente degli avvenimenti dei giorni passati. Aurora ed Anastasia avevano preso possesso delle loro rispettive camere, eravamo entrati in una fase delicata dove superato lo shock iniziale si iniziava a tastare il terreno per conoscersi meglio; durante i pasti si parlava il meno possibile per evitare di finire su argomenti tabù o di dire qualcosa di eccessivo con il rischio di innescare una lite. Giada si era chiusa in sé stessa, la si vedeva poco uscire dalla sua stanza e con la scusa dello studio cercava il più possibile di evitarci. “Una moneta per i tuoi pensieri”. La mia amica Rosa mi conosceva bene, si vedeva lontano un miglio che qualcosa mi tormentava. “Non saprei da dove iniziare, sento che tutto mi sta sfuggendo di mano”. Si avvicinò a me e mi tolse il bicchierino del caffè dalle mani. “Intanto iniziamo con il liberarci delle cose inutili, saranno dieci minuti che giri e rigiri quel caffè ed oltre ad essere freddo non farebbe altro che innervosirti. Pranziamo insieme finito il turno?”. Non avendo altri impegni e non volendo tornare a casa accettai di buon grado, le diedi un bacio sulla guancia e lasciai la stanza. Nel corridoio vidi Marco andare avanti e indietro nervosamente. “Ciao, come mai sei qui? C’è qualche problema?”. Per la prima volta lo vidi spaurito e questo mi fece spaventare. “Siamo venuti per fare la visita di approfondimento, il primario ha voluto chiamare altri Colleghi. Sembra che il bambino non cresca come dovrebbe. Beatrice è molto spaventata, mi hanno fatto uscire per essere più tranquilli durante le procedure mediche ma Loredana ho tanta paura che ci dicano che ci sia qualcosa che non vada”. Lo abbracciai cercando di fargli coraggio ma in realtà stavo cercando di farmi forza per non crollare. I minuti passavano e la porta rimaneva silenziosamente chiusa, dissi a Marco di venirmi a chiamare in qualsiasi momento appena ci fosse stata qualche novità. Terminato il turno tornai immediatamente lì, la porta spalancata e la finestra aperta, di Marco e Beatrice nessuna traccia; presi immediatamente il telefono. “Ti aspetto al bar dall’altro lato della strada. Rosa”. Non erano arrivate altre notifiche. Mi cambiai velocemente e mi recai fuori, arrivata all’appuntamento con la mia amica mi accorsi che c’erano anche Gabriele e Riccardo. Stanca e preoccupata per mia sorella ingoiai il suo tradimento e presi posto al tavolo. “Scusa se te lo dico ragazza ma non hai affatto una bella cera. Turno pesante o problemi di cuore?”. La battuta di Riccardo in un altro momento mi avrebbe fatto sorridere ma in quel frangente mi irritò non poco. “Sto aspettando una telefonata importante ed anche se avessi saputo di dover mangiare un boccone con voi due non mi sarei di certo sistemata la cera”. Gabriele gli lanciò un calcio e Riccardo alzando le mani chiese scusa. “Tutto bene? Ho visto Marco e tua sorella arrivare in ospedale”. Gabriele mi prese la mano tra le sue, cercai di concentrarmi su un punto in lontananza indefinito in modo da riuscire a ricacciare indietro le lacrime. “Non ho loro notizie al momento, qualche ora fa Marco mi ha detto che sembravano esserci dei problemi con il bambino ma quando sono tornata lì di loro due non c’era traccia. Li ho cercati in reparto ma nessuno li aveva visti, ho provato a chiamare entrambi e non mi hanno risposto, non so più cosa fare”. Un silenzio imbarazzante calò su tutto il tavolo. “Tesoro, potevi dircelo subito! Come possiamo aiutarti? Vuoi che vada in reparto e chieda alle infermiere? Dobbiamo avvisare qualcuno della tua famiglia?”. Bloccai subito Rosa. “No, no ti prego fino a che non sappiamo qualcosa di più concreto non facciamo preoccupare altre persone. Ho lasciato detto che ero qui, se ci saranno novità verranno ad avvisarmi”. Gabriele mi si avvicinò e mi abbracciò ed in quel momento andai in frantumi: un pianto liberatorio mi scosse profondamente e mi lasciò completamente svuotata. Il display del telefono squillò. “Ho saputo che eri venuta in aeroporto. Potevi salutarmi già che eri lì! Il dottore era in macchina che ti aspettava? Oppure ti trovavi lì perché vi stavate per imbarcare per un viaggio romantico? In questi giorni la bionda, la mora e la rossa mi hanno dato molto di più di quello che mi hai dato tu in settimane. See you soon!”. Gabriele lesse il messaggio e dimostrò tutto il suo disgusto verso quelle parole. “Non dovresti permettergli di trattarti in questo modo. Arrogante ragazzino viziato! Non dirmi che lo hai rincorso fin in aeroporto e lo hai trovato con altre donne?”. Il mio silenzio imbarazzato fu più esplicito di tante parole. Rosa e Riccardo si allontanarono con una scusa permettendoci di scambiare quattro parole in privato. “Mettiti nei suoi panni! Ha visto che ti baciavo, come avrebbe dovuto reagire? E’ ovvio che è arrabbiato e ferito!”. Gabriele non sembrava essere d’accordo. “Avrebbe dovuto darti la possibilità di spiegare. E’ un comportamento maturo ubriacarsi e portandosi a letto tutte le donne che gli capitano sotto tiro?”. Cercai di calmare la sua frustrazione. “Non dico che si sia comportato bene ma che lo capisco. Non so dirti come avrei reagito al posto suo, erano giorni che mi diceva che avvertiva che tra noi ci fosse altro e non solo amicizia”. Tornò a prendermi la mano, la sua voce calda e suadente. “E cosa c’è tra noi?”. Questa innocente domanda mi riportò alla realtà. “Non adesso Gabriele, ti prego, non chiedermi di darti delle risposte”. La porta del bar si aprì e un’infermiera entrò velocemente. “Loredana, dovresti venire subito in reparto. Tua sorella è stata ricoverata lì”. Mi alzai come un fulmine e corsi fuori, attraversai la strada e salii velocemente i due piani di scale che mi separavano dalla sua stanza. Entrai senza bussare né accennare la mia presenza; Beatrice giaceva pallida in un piccolo lettino, alle braccia aveva delle flebo. “Cosa succede?”. Marco seduto su una sedia si avvicinò e mi fece cenno di uscire; in corridoio ci aggiornò sulla situazione. “Le analisi ed il successivo controllo ecografico non sono andati bene. Il dottore ha detto che i percentili di crescita del feto sono molto bassi, sospettano una sindrome genetica. E’ stata fatta un’amniocentesi d’urgenza per cercare di capire di cosa si tratti. Vogliono tenerla ricoverata per le prossime ore nel caso qualcosa dovesse andar male. Non ci hanno dato molte speranze e ci hanno detto di prepararci nel caso in cui le cose dovessero precipitare. Beatrice è sconvolta, sono ore che non dice una parola, il suo sguardo è perso nel vuoto”. Gabriele ci lasciò assicurandoci che sarebbe passato immediatamente dal primario per scambiare quattro chiacchiere. Marco tornò immediatamente nella stanza per stare al fianco di mia sorella mentre io corsi fuori alla disperata ricerca di aria, mi appoggiai con tutte le mie forze al muretto che circondava la strada e cercai di respirare il più possibile nonostante qualcosa da dentro stava cercando di soffocarmi.

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Capitolo 39
*** Sangria ***


La festa a casa De Barbieri era appena iniziata, tutto era stato allestito e curato nei minimi dettagli: l’orchestra accompagnava la serata proponendo una musica soft e rilassante, ai tavoli veniva servita ogni prelibatezza ed anche le luci non erano state lasciate al caso ma donavano un’atmosfera intima ed accogliente. Beatrice era ancora ricoverata in ospedale per accertamenti, Marco ogni sera ci chiamava e cercava di spiegarci cosa stava accadendo, la situazione era molto delicata. Mio padre nonostante tutto decise di partecipare alla serata benefica organizzata dalla sua amica di vecchia data, ci disse che un po' di svago non ci avrebbe fatto male oltre che dovevamo ricambiare con la nostra presenza tutto quello che lei aveva fatto per noi nei giorni passati; indossammo il nostro miglior sorriso o almeno questo fu il proposito iniziale. Mio padre si fece accompagnare da Anastasia ed Aurora, Giada si impuntò nel voler portare Matteo nonostante il biasimo di tutti. Vi starate chiedendo e tu Loredana cosa farai? Io decisi all’ultimo minuto di chiedere a Gabriele, non per fare un dispetto ad Andrea ma solamente perché in tutto questo periodo era stata l’unica persona che avevo sentito vicina e dalla quale mi sentivo protetta. “Cari ospiti, vi ringrazio anche quest’anno di aver partecipato con tanto entusiasmo al mio evento benefico. Spero che durante questa serata la vostra generosità possa concretizzarsi in aiuti verso le persone meno fortunate e che possiate divertirvi”. Un applauso scrosciante accompagnò le parole di Lucia, questa sera era ancora più bella del solito. “Ragazzi cerchiamo di goderci la serata senza esagerare, divertitevi ma senza colpi di testa. Sono stato chiaro Matteo? Nessuna provocazione, nessuna lite”. Il ragazzo che nonostante provenisse da una famiglia facoltosa sembrava un pesce fuori dall’acqua e si guardava spaesato in giro. Giada alla fine aveva scelto un look vistoso: aveva deciso di indossare un abito nero corto fino al ginocchio sul davanti mentre dietro aveva un leggero strascico, capelli legati in uno chignon e trucco molto accentuato; l’adolescenza è davvero una brutta bestia. Il mio obiettivo della serata era quello di evitare il più possibile Andrea e per perseguire lo scopo avevo scelto un outfit più anonimo possibile, Gabriele andò a prendere da bere e io decisi di aspettarlo ai lati della sala. “Sembrate le sorellastre di Cenerentola questa sera. Non avete più specchi in casa? Non è solo una mancanza di stile ma questi vestiti vi invecchiano e vi ingrassano”. Le parole di Angela pronunciate ad alta voce fecero voltare molte teste. “Ciao Angela, mi dispiace che il nostro aspetto ti disturbi. Non dobbiamo per forza rivolgerci la parola, la casa è grande e ci sono tante persone”. Barbie che oggettivamente aveva speso tutta sé stessa nel risultare perfetta assunse un tono suadente. “Non preoccuparti, questa sarà l’unica occasione nella quale ci vedranno scambiare due parole. Volevo solo far sapere al tuo amico il mio disappunto per averti accompagnato. Spero tu non lo stia ricattando”. Prima che potessi risponderle per le rime Gabriele mi si affiancò. “Ciao Angela, ti trovo in splendida forma. Perdonami se interrompo la vostra conversazione ma devo assolutamente presentare Loredana ad un mio Collega. A dopo”. Ringraziai tra i denti Gabriele ma notai subito che il suo sguardo era serio. “Cosa succede? Siamo appena arrivati”. Mi prese il gomito e mi spinse dolcemente verso un corridoio laterale. “Devo farti vedere una cosa ma devi promettermi di rimanere calma. No scenate, no piazzate”. Annui con il capo mentre mi interrogavo su cosa potesse aver sconvolto Gabriele tanto da mostrarmelo. Quando arrivammo nei pressi di una stanza, dalla porta socchiusa, riconobbi immediatamente il vestito di Giada; dai movimenti frenetici e passionali che si intravedevano era chiaro che stava amoreggiando con qualcuno. Il sangue mi annebbiò la vista, spalancai la porta e vomitai tutta la mia indignazione. “Ma sei impazzita? Siamo arrivati da meno di mezzora e già hai trovato il modo per nasconderti ad amoreggiare con questo manichino? La porta era aperta! Avrebbe potuto vederti chiunque! Non ti è bastato quello che è successo alla fattoria?”. Gabriele prontamente chiuse la porta dietro di noi ed accese la luce, Giada iniziò a sistemarsi il vestito e lentamente si alzò dalle gambe del suo amante; con mia grande sorpresa non era Matteo come avevo ipotizzato ma era un imbarazzato Edoardo. Le mie guance divennero rosse, Gabriele prese da un angolo la sua sedia a rotelle e gliel’avvicinò, nella stanza calò un silenzio innaturale. Dopo un tempo che sembrava essere infinito Edoardo si rivolse a Giada. “Cosa è successo alla fattoria?”. Guardai il pavimento profondamente nella speranza che le lastre di marmo si aprissero e mi inghiottissero. “Mi dispiace ragazzi. Non cambia quello che penso, c’è tempo e modo per certe cose e sicuramente non è amoreggiare in una stanza semi-aperta in casa di tua madre durante un evento mondano. Posso comprendere la giovane età, la passione e tutto il resto ma datevi una sistemata e tornate tra gli altri”. La mia ramanzina non ebbe l’effetto desiderato, mentre veniva aiutato da Gabriele a sedersi, Edoardo non mollò l’osso. “Perché non mi guardi negli occhi e non mi dici a cosa si stava riferendo tua sorella? Cosa è successo alla fattoria?”. Giada mi guardò piena di rancore. “Mi ha visto mentre baciavo Matteo”. La smorfia di disgusto sul viso del ragazzo fu evidente a tutti. “Lo stesso giorno nel quale poco prima mi avevi detto che lui per te non contava nulla? Quante bugie mi hai raccontato Giada?”. Lei si avvicinò a lui e cerò di prendergli le mani ma lui prontamente si spostò indietro. “Ero ferita Edo, avevamo litigato e stupidamente ho pensato di farti un dispetto. Volevo che tu mi trovassi e mi vedessi tra le sue braccia”. Arrabbiato si avviò verso la porta. “Ma chi sei Giada? Dove è finita la ragazza con la quale ho trascorso i momenti più belli della mia vita? Bugie, bugie e solo bugie; non ci capiamo più". La porta batté violentemente e noi tutti sussultammo a quel rumore, con uno sguardo di fuoco anche Giada prese quella strada. “Ti avevo avvisata di cercare di mantenere la calma”. Gabriele mi si avvicinò ed iniziò a massaggiarmi le spalle. “Non avrei mai immaginato di vederli intimi. In ogni caso andavano fermati, se fosse entrato mio padre o i suoi genitori? Giada non mi perdonerà mai per essermi fatta scappare del suo incontro con Matteo”. La pressione esercitata da Gabriele aumentò. “Hai ragione, andava comunque interrotto questo momento ed è meglio che sia stata tu invece che qualcun altro. Le passerà, appena sarà lucida si renderà conto che non potevi saperlo”. In quel preciso istante la porta della stanza si aprì nuovamente facendoci spaventare, un Andrea bello come il sole accompagnato da due ragazze bellissime vi entrò. “Oh! Scusate! Non pensavo che fosse già occupata e sicuramente eravate le ultime due persone sulla faccia della terra che avrei pensato di trovare in intimità in casa mia! Amico, davvero la trovi così eccitante da non riuscire a tenertelo nei pantaloni? Infondo ha avuto un buon maestro, ricordo ancora l’impaccio delle prime volte”. Gabriele si mosse ma fortunatamente riuscii a mettergli una mano sul braccio e a fermarlo. “Ti auguro una piacevole serata Andrea”. Le mie uniche parole lapidarie rimbombarono nell’imbarazzo generale. “E’ l’unica cosa che sai dire? Non ti vedo soddisfatta bella addormentata, se vuoi una ripassata, ricordati che sono sempre disponibile!”. La sua cinica risata mi scivolò addosso, passammo via il trio ed aprii la porta. “Sto cominciando a pensare che gli altri non si sbaglino sul tuo conto”. La mia frase gli arrivò come uno schiaffo in pieno viso, lo vidi impallidire. “Scusami, non volevo mancarti di rispetto. Possiamo parlare in privato qualche minuto?”. Questa volta fu Gabriele a rincarare la dose. “Potevi parlarle quando ha messo da parte tutto e tutti e ti ha rincorso fino all’aeroporto oppure potevi ascoltarmi quando ho cercato di spiegarti cosa effettivamente era successo su quel divano. Credo che il tuo tempo sia finito Andrea, goditi la serata!”. Non feci obiezioni quando Gabriele mi spinse fuori dalla stanza né tanto meno quando mi riaccompagnò nella sala da pranzo ghermita di ospiti; nonostante tutto Andrea era ancora in grado di farmi sentire le farfalle nello stomaco.

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Capitolo 40
*** Scarlatto ***


L’aperitivo fu allestito nel grande e suggestivo giardino nel retro della villa; Aurora ed Anastasia erano letteralmente rimaste a bocca aperta. “Ma davvero vivono qui? Sembra di essere nelle favole!”. I grandi occhioni sognatori di Aurora contrastavano l’espressione amara comparsa sul viso della piccola Caterina. “Delle volte anche i posti più belli nascondono delle prigioni”. Mia sorella incuriosita non colse il sarcasmo. “Stai scherzando vero? Avete anche delle segrete?”. Mio padre dolcemente entrò nella conversazione tra le ragazze. “E’ una villa molto vecchia, probabilmente un tempo c’erano davvero delle stanze adibite a ciò. Ovviamente oggi credo che i misteri di questo posto siano veramente pochi e sicuramente non esistono luoghi inesplorati; Lucia qualche anno fa ha fatto una ristrutturazione profonda e posso assicurarvi che se non ha trovato nulla lei all’epoca sicuramente non c’è nulla da scoprire. E poi credo che Caterina non si riferisse ad un posto fisico ma intendesse ben altro”. La giovane De Barbieri arrossì violentemente ed abbassò lo sguardo. “Vittorio, perdonami, ma non credo che se Lucia non abbia trovato nulla di interessante voglia dire che non esista. Anche se fosse, sognare non fa mai male, dai amica mia, abbiamo finalmente dato un senso a questa serata. Che ne dici di andare all’avventura?”. Caterina si illuminò e la seguì prontamente; a poco valsero le raccomandazioni di mio padre e di Anastasia. “Mi sembra una ragazza che sa il fatto suo, carattere molto forte e che persegue le sue idee senza farsi scoraggiare. Sei stata davvero in gamba con lei, Anastasia”. La giovane assistente sociale che fino ad allora si era tenuta in disparte accettò piacevolmente il complimento. “Ti ringrazio Antonio. Vorrei prendermi tutto il merito ma sarei ingiusta, io sono stata con lei solo gli ultimi mesi; se Aurora è quello che è molto è dipeso dalla tua ex moglie”. A quelle parole il volto di mio padre si rattristò, nonostante fosse passato tanto tempo Catalina era ancora una ferita aperta nel suo cuore. “Sono contenta che siate riusciti a venire nonostante tutto quello che vi sta capitando nell’ultimo periodo. Antonio la tua presenza qui è davvero importante per me e la mia famiglia; servirò il vino delle tue cantine come aperitivo e ti vorrei al mio fianco”. Lucia De Barbieri si era aggrappata al braccio di mio padre e solamente in quel momento guardandola in tutta la sua sensualità mi resi conto che lei provava ancora un forte sentimento nei confronti di quello che era stato il suo più grande amore di gioventù. “Mi dispiace signora De Barbieri ma Antonio mi ha promesso di non lasciarmi sola nemmeno per un minuto, credo che possa benissimo rispondere alle domande dei suoi ospiti anche da sola. Anzi potrebbe chiedere a suo marito o a suo figlio di accompagnarla tra la folla, credo che siano più che felici di farlo”. Detto ciò, Anastasia prese mio padre sotto l’altro braccio; aspettate un momento, cosa stava succedendo? Si stavano davvero litigando la compagnia di un uomo che da poco aveva scoperto di essere rimasto vedovo? Per fortuna Gabriele fu fondamentale anche in questo frangente. “Posso portarvelo via per qualche minuto? Vorrei presentarlo ad alcuni miei Colleghi interessati a conoscerlo”. Sollevato di non aver dovuto dare una risposta mio padre si allontanò velocemente con Gabriele, Lucia era rimasta immobile a fissare Anastasia. “Signora De Barbieri ha qualcosa da dirmi? Lo faccia tranquillamente senza mezzi termini, sono tutta orecchie!”. Lucia sembrava impassibile, dal suo viso non trapelava nessuna emozione. “Signorina Coltri, non so cosa le abbia raccontato Catalina sul mio conto; sicuramente non deve aver speso belle parole altrimenti non comprendo tutto questo astio nei miei confronti. Io ed Antonio siamo amici da una vita, ci sosteniamo e ci aiutiamo a vicenda da un tempo immemore; le parole travisate di un’alcolista depressa non ci hanno separato a suo tempo e sicuramente non potranno scalfire il nostro legame ora”. Della mia presenza sembra non preoccuparsene nessuna delle due. “Lucia, Catalina per quanto possa aver sbagliato in passato era una brava persona, almeno lo era la versione che ho conosciuto io. Ed è vero, sul suo conto non sono state spese belle parole; valuterò io quanto considerarle veritiere o meno con il passare del tempo. Mi permetta un piccolo consiglio da donna a donna: suo marito non è cieco, né sciocco; questa sua amicizia così forte ed intima nei confronti di Antonio lo sta rendendo nervoso e sta mettendo a disagio tutti”. Lucia chiamò un cameriere e lentamente gli passò un calice vuoto. “Anastasia, so che proviene da una famiglia molto religiosa. Comprendo bene che la sua visione del mondo per quanto possa sembrarle all’avanguardia invece è molto ottusa, gli ultimi mesi alle prese con una ragazzina ed una donna in fin di vita devono averla stressata in maniera importante. E’ per questo che non ha ancora ripreso servizio in Venezuela? Si goda le sue vacanze e non pensi alla mia famiglia o alla mia amicizia con Antonio perché tra qualche mese mentre per me le cose rimarranno immutabili lei dovrà fare le valigie e tornarsene a casa!”. Direi che il primo round era stato portato a casa da Lucia, rimasi incantata nel vederla voltarsi ed ancheggiare tra i suoi ospiti. “Cerca di starle alla larga, la sua famiglia porta solo che guai. E’ ovvio che è ancora innamorata di tuo padre e prima o dopo la bomba le scoppierà in mano”. Guardai Anastasia a bocca aperta, caspita quanta franchezza! “Anastasia, è passato tanto tempo. Dalle voci che circolano lei ha sempre frequentato casa nostra ed è stata molto vicina alla mia famiglia nelle difficoltà, mio padre non ha mai ricambiato il sentimento e forse è per questo che hanno mantenuto degli ottimi rapporti. Io non mi preoccuperei, se le cose sono andate bene per tutti questi anni perché ora dovrebbero esserci dei problemi?”. La ragazza mi prese il braccio con forza. “Loredana non essere ingenua! Se ha avuto il coraggio di approfittare di una lite tra i tuoi per portarselo a letto, cosa pensi che faccia ora che sa che tua madre è venuta a mancare e tuo padre potrà finalmente sentirsi libero dal suo ricordo?”. Non so se mi sconvolse di più la notizia di mio padre a letto con Lucia o della possibilità che lei lasci suo marito per trasferirsi alla fattoria; mi sedetti sulla prima sedia libera e senza pensarci due volte bevvi velocemente tutto il primo bicchiere di vino. “Non sapevo fossero andati a letto. Abbiamo scoperto da poco che tra loro due c’era stata una sorte di relazione ma eravamo convinti fosse rimasta platonica visto il colpo di fulmine con Catalina. Sei sicura di quello che dici?”. Anastasia si sedette accanto a me. “Mi dispiace che sia io a doverti dire ciò, forse dovresti rivolgere direttamente a tuo padre tutte le domande. In questi ultimi mesi mi sono dedicata anima e corpo a Catalina e ad Aurora e abbiamo avuto modo di parlare tanto. Lucia è sempre stata un problema nella vostra famiglia e se tuo padre non si deciderà a prendere una decisione chiara ve lo trascinerete anche voi!”. Presi la mano della ragazza e la guardai negli occhi, non stava mentendo, credeva davvero in quello che stava dicendo; la pregai di raccontarmi quale fosse la versione di mia madre e fortunatamente superate le prime reticenze, Anastasia vuotò il sacco. “Il padre di Lucia e tuo nonno erano molto amici, dai tempi delle scuole fino alla loro carriera diplomatica. Nonostante il legame che li univa erano molto diversi: tuo nonno era un uomo tutto di un pezzo che teneva molto alla famiglia e non faceva un viaggio senza portarsi tutti dietro, era molto severo con tua madre forse anche perché era la sua unica figlia; il padre di Lucia invece era un libertino, nei suoi lunghi soggiorni all’estero parcheggiava la famiglia nella sua casa di campagna e spesso si dimenticava anche di provvedere al loro sostentamento. Quindi mentre Catalina ha sempre vissuto di agi, Lucia ha sempre arrancato e spesso faticavano ad arrivare a fine mese, cercava di darsi da fare il più possibile per aiutare la madre ed è anche per questo che nella vostra fattoria sapeva come rendersi utile. Loro due hanno avuto un rapporto di amicizia bellissimo, tua madre mi parlava di lunghe lettere giornaliere quando erano lontane mentre quando entrambe erano in zona vivevano in simbiosi; tua madre faceva di tutto per non farle pesare la loro differenza sociale: le regalava i suoi vestiti, le offriva pranzi e cene fuori, se la portava dal parrucchiere o dall’estetista, insomma passarono tanti anni come due vere sorelle. Il problema vero e proprio iniziò quando tuo nonno andò in pensione e si stabilì definitivamente qui; tua madre iniziò a rendersi conto che il rapporto esclusivo che aveva con Lucia era minato dalla presenza di questo giovane contadinotto che aveva rubato il cuore della giovane De Barbieri. Nonostante le rimostranze di Lucia, riuscì a farsi invitare da questo ragazzotto di campagna nella sua fattoria e quando i due si incontrarono per la prima volta, tua madre mi raccontò di essere stata vittima di un vero e proprio colpo di fulmine. Da questo momento iniziò un lungo periodo di infelicità per entrambe le ragazze: Lucia non aveva preso bene il reciproco interesse tra i due, iniziò a farle i dispetti mettendo in giro voci che Catalina fosse una ragazza strana, di facili costumi, viziata e che cercava solo di divertirsi mentre dal suo canto tua madre in un momento d’ira rivelò alla madre di Lucia che la figlia era innamorata di un fattore: puoi immaginarti una donna di nobili origini che per colpa di un matrimonio sciagurato si era ridotta a fare la fame e che aveva riposto tutte le sue speranze in un buon matrimonio dell’unica figlia come reagì! Furono mesi di litigate, capricci e dispetti reciproci, le cose trovarono un equilibrio nel momento in cui tuo padre si dichiarò a Catalina; Lucia decise di fare un passo indietro, almeno così disse a tua madre che ingenuamente le credette soprattutto perché poco dopo annunciò il suo fidanzamento con un facoltoso imprenditore. L’amore verso tuo padre però non si assopì mai, una sera durante un’accesa discussione tra loro, con la scusa delle quattro chiacchiere tra amici, Lucia lo fece bere fino a farlo ubriacare; la mattina dopo Catalina li trovò nudi avvinghiati davanti al camino ormai spento! Tua madre andò su tutte le furie e decise di rompere definitivamente con Antonio. Tuo padre passò mesi a rincorrerla, corteggiarla e dimostrarle che era lei la donna che veramente voleva al suo fianco per il resto della sua vita; fu il più bel periodo della loro storia, tua madre mi raccontava che si sentiva davvero amata e che alla fine decise di perdonarlo ed accettare la sua proposta di matrimonio. A pochi mesi dalla data che avevano fissato Lucia, della quale nel frattempo si erano perse le tracce, si presentò da Catalina e le disse di aver partorito il figlio di Antonio e che lei avrebbe dovuto farsi da parte per permettere loro di essere una vera famiglia. Tua madre fu sconvolta e ne parlo immediatamente con tuo padre, il quale si presentò a casa di Lucia; sua madre negò con forza la storia raccontata dalla figlia e gli disse mostrandogli anche delle foto che aveva mandato Lucia da una sua lontana cugina per cercare di farle dimenticare quanto era successo tra loro e che tra solo qualche settimana avrebbe sposato il fidanzato. Mentre queste parole convinsero del tutto tuo padre, lasciarono interdetta Catalina che poco prima di morire mi ha confessato di essere sicura che Lucia abbia davvero avuto un figlio da Antonio”.

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Capitolo 41
*** Rubino ***


L’indiscrezione mi lasciò spossata, la vista mi si annebbiò e tutto intorno a me iniziò a vorticare velocemente; pensai di svenire ed invece ecco che iniziai a riconoscere gli ormai familiari sintomi di un attacco di panico. Cercai di aggrapparmi con tutte le mie forze al braccio di Anastasia mentre goccioline di sudore mi imperlavano la fronte e le braccia, la fame d’aria era così forte che non mi permetteva di rimanere lucida. “Andate a chiamare Gabriele il dottore, la porto nella camera al piano terra”. Forti braccia mi sollevarono e dopo alcune falcate veloci fui adagiata su un comodo divano, tutto mi sembrava così confuso che mi resi a mala pena conto di essere di nuovo all’interno della villa. “Loredana, calmati; respira lentamente per favore, ci sono io qui adesso; andrà tutto bene te lo prometto”. L’azzurro di quegli occhi fu l’ancora che mi tenne a galla dal vortice di paura che mi stava divorando dentro. “Cosa è successo?”. La porta della stanza si aprì rumorosamente e Gabriele si avvicinò a me. “Non ne ho la minima idea, era seduta su una sedia che chiacchierava con Anastasia; l’ho vista bere qualche calice di vino e poi ha iniziato a tremare, il suo volto è diventato pallido, Anastasia ha iniziato a scuoterla ma lei era in un mondo tutto suo, nel momento in cui sembrava facesse fatica a respirare sono intervenuto e l’ho portata qui! Sta bene? Pensi sia il caso di portarla in ospedale?”. Gabriele si muoveva attentamente e cercava di non trascurare nessun sintomo. “Loredana mi senti?”. Sbattei le palpebre in segno di assenso. “Benissimo, ora segui il ritmo della mia respirazione, svuota la mente da qualsiasi pensiero per favore”. Seguii alla lettera le indicazioni di Gabriele, cercai di concentrarmi sul suo respiro e piano piano finalmente riuscii a riprendere il controllo del mio corpo; solo allora mi accorsi che Andrea era accanto a me, sconvolto e con le mani tra le mie. “St…st…st… sto bene”. La voce risultò tremolante ed incerta. “Devi assolutamente fare un controllo completo per questi attacchi di panico, bisogna verificare che non ci sia una patologia dietro e se non dovesse risultare nulla sarebbe necessario l’inizio di un percorso psicologico. E’ importante Loredana, saranno sempre peggio e con il passare del tempo farai sempre più fatica a riprendere il controllo. C’è un serio rischio che tu metta in pericolo te stessa e chi ti soccorra. Capisci l’importanza di quello che ti sto dicendo? Mi avevi già promesso che ti saresti fatta vedere!”. Andrea si alzò dal divano e lo affrontò. “Sapevi già di questo problema? Perché non sei intervenuto? Dovevi accertarti che qualcuno la vedesse!”. Gabriele inizio a riporre il misuratore di pressione nella sua valigetta. “Sono un medico, non un poliziotto. Non posso costringerla se non decide spontaneamente di farsi aiutare”. Cercai di alzarmi dal divano ma le gambe malferme non me lo permisero. “A…An…Andrea, ho bisogno urgentemente di parlarti in privato”. Nonostante fossi a conoscenza della disapprovazione di Gabriele, in cuor mio ero consapevole che di Andrea potevo ancora fidarmi; rimasti soli pensai qualche minuto su come intavolare in discorso ma non trovando parole adatte al contesto cercai di essere più diretta e chiara possibile. “Quello che sto per chiederti ti sembrerà folle, se lo faccio è perché ho bisogno di sapere la verità. Devi indagare su tua madre”. La faccia perplessa di Andrea era tutto un programma. “Aspetta, ti prego ascoltami. Ho bisogno di capire cosa sia successo tra mio padre e Lucia prima del matrimonio con Vittorio”. Andrea interruppe il mio flusso di parole. “Non possiamo semplicemente chiederglielo? In ogni caso, anche se dovesse venir fuori che abbiano avuto una relazione, sono passati oltre trent’anni”. La contestazione era più che lecita. “Immagino che per procedere tu voglia da me dei motivi più che validi; Anastasia mi ha raccontato che Catalina, mia madre, prima di morire le avrebbe confidato di credere che tua madre in gioventù ebbe un figlio da mio padre”. Andrea scattò in piedi come una molla. “E’ uno scherzo? Prima che tu aggiunga altro vorrei ricordarti che si sta parlando di mia madre! Non permetterò che delle ombre minaccino la sua moralità!”. Cercai di calmarlo, mi rendevo perfettamente conto di aver sganciato una bomba. “Si, hai perfettamente ragione; ed è proprio perché non voglio che ci siano dei malintesi e che le malelingue alimentino pettegolezzi che ti chiedo di indagare nel suo passato. Se non dovesse risultare nulla, ti prometto, che sarò la prima a mettere a tacere per sempre queste voci e a sbugiardare le ultime parole di Catalina”. Andrea sembrava perplesso. “Mi stai chiedendo qualcosa di veramente difficile, non solo perché si tratta di mia madre ma anche perché dovrò fare in modo che tutto rimanga all’oscuro di mio padre; se dovesse venire fuori anche solo il minimo dubbio rischio di distruggere per sempre la mia famiglia”. Mi rendevo perfettamente conto di quello che gli stavo chiedendo, il sacrificio per la verità poteva essere un boomerang molto pericoloso. “Se non fosse davvero importante non starei qui a chiedertelo. So che non mi devi niente e se dovessi decidere di rifiutarti lo capirò e non ti porterò rancore. Pensaci”. Mi alzai lentamente ed altrettanto mi avvicinai alla porta. “Va bene, ci penserò. Prima che vada via, te la senti di parlare di noi?”. La maniglia fredda sulla mia mano calda mi diede il coraggio di essere totalmente sincera. “Andrea, in questi giorni ho capito che noi due possiamo farci tanto, troppo, male. E’ inutile negare la passione esplosiva che rischia di travolgerci ogni volta che siamo vicini ma allo stesso tempo i contrasti e gli ostacoli sono insormontabili al momento. Da parte mia non c’è più rabbia per tutto quello che è successo ma allo stesso tempo non posso dimenticare quanto puoi farmi male, credo dunque che l’unica soluzione sia quella di rimanere amici”. Andrea si avvicinò a me, il suo respiro tra i miei capelli mi scuoteva come il vento con le foglie. “Non voglio perderti, ti sento come se tu fossi una fibra del mio essere; sono stato uno sciocco perché ogni volta che ti ferivo era come se facessi male a me stesso. Rispetterò la tua decisione anche se non ti nego che resistere al tuo profumo, al tuo sorriso, alla tua pelle è la cosa più difficile che mi stai chiedendo”. Come sarebbe stato facile voltarsi e lasciarsi andare tra le sue braccia, ogni centimetro del mio corpo bramava di essere accarezzato ed esplorato dalle sue mani, ma alla fine di tutto cosa sarebbe rimasto? Un cuore infranto e tanta tristezza.

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Capitolo 42
*** Cremisi ***


Il mio ritorno al ricevimento attirò molta attenzione, diverse persone che avevano assistito al mio malore ora mi guardavano con curiosità. “Loredana come stai? Anastasia mi ha detto che ti sei sentita male, vuoi che torniamo a casa?”. Cercai di liquidare la preoccupazione di mio padre il più semplicemente possibile. “Sto bene papà, ero molto accaldata ed ho bevuto il vino troppo velocemente; probabilmente è stato quello a darmi alla testa ma non devi preoccuparti ora, come vedi, sto alla grande e per cui non c’è nessuna ragione per lasciare questa splendida festa”. Il sorriso più finto di tutto il giardino comparve sul mio viso, dovevo essere stata convincente perché mio padre lasciò cadere l’argomento e tornò a dedicarsi alla sua accompagnatrice la quale, invece, continuava a scrutarmi; probabilmente non ero riuscita a trarla in inganno. “E’ tornato il sereno tra voi due?”. La domanda a bruciapelo di Gabriele mi fece sussultare. “Abbiamo chiarito e deciso di comune accordo che tra noi rimarrà solo un legame di amicizia, gli ho detto che lo perdono ma che non posso dimenticare”. Il dottore mi guardò perplesso. “E lui ha accettato la tua decisione senza provare a farti cambiare idea? Mi sembra alquanto strano per quel poco che lo conosco”. Cominciai a guardarmi intorno, dovevo trovare un diversivo, non avevo nessuna intenzione di confessare anche a Gabriele quanto dettomi da Anastasia; meno persone erano a conoscenza della faccenda e meglio sarebbe stato. “Non è stato facile ma alla fine si è reso conto che è la cosa migliore per entrambi. Hai per caso visto Giada? Comincio ad essere preoccupata, non vorrei che si mettesse in ridicolo”. Gabriele mi disse di non averla più vista ma non ci fu tempo per andare a cercarla perché Lucia chiamò i suoi figli sul palco per dare inizio alla lussuosa cena. “Miei cari, tra poco verranno servite le prime portate di questo nostro piccolo evento benefico, ci tenevo a ringraziare un caro amico di famiglia, Antonio Colonnato, che ci ha permesso di poter degustare i vini delle sue terre che da quest’anno, grazie anche alla partecipazione di mio figlio Andrea, potrete bere ovunque voi siate”. Seguì un applauso scrosciante e diverse persone si avvicinarono a mio padre facendogli i complimenti per la qualità del prodotto. “Ora prima di deliziarvi il palato lascerò la parola ai miei due ragazzi”. Con un’eleganza felina si voltò e sensualmente scese dal palco per prendere posto affianco al marito; Andrea ed Edoardo si scambiarono uno sguardo d’intesa, in prima fila Angela non smetteva di ammiccare e darsi arie mentre in un angolo vidi Giada che continuava a bere. Avvertii Gabriele ed insieme cercammo di avvicinarsi a mia sorella discretamente, dovevamo evitare a tutti i costi una scenata. “In primis vorremmo unirci al ringraziamento di nostra padre per aver partecipato così numerosi a questa serata benefica”. Un applauso di incoraggiamento colmò la breve pausa nel discorso di Edoardo. “Ho pensato a lungo a quello che sto per dire ed interrogandomi a fondo ho capito che la cosa migliore è essere sinceri con sé stessi e con tutti voi; mia madre auspicava che questa sera avrei ufficializzato il mio fidanzamento con Angela e per un lungo periodo ho davvero preso in considerazione l’idea di farlo. Nelle ultime settimane però mi sono reso conto che non avrei potuto prenderla in giro perché quello che provo per questa splendida ragazza, che mi è stata accanto in tanti momenti difficili, è solo affetto fraterno. Il mio cuore appartiene ad un’altra persona, così come il primo pensiero quando mi sveglio e l’ultimo prima di andare a dormire; non c’è momento nel corso della giornata che io non la voglia al mio fianco nonostante negli ultimi tempi ci siano state molte incomprensioni e tante difficoltà. Giada, so che siamo molto giovani, so che la mia condizione fisica in tante occasioni per te sarà d’intralcio, so che abbiamo tantissime esperienze da fare sia da soli che insieme e per questo non ti sto proponendo di sposarci ma di viverci la nostra storia alla luce del sole. Davanti tutte queste persone io mi impegno a sostenerti nelle difficoltà, a prendermi cura di te nella malattia, a gioire per i tuoi successi e consolarti nei dispiaceri; se tu lo vorrai sarò la tua forza, la tua medicina, la tua gioia, il tuo migliore amico e il tuo fidanzato”. La dichiarazione toccante aveva emozionato tutti, tante donne cercavano di nascondere le lacrime mentre diversi uomini annuivano compiacendo l’audacia del giovane De Barbieri; Giada era rimasta sconvolta da tutto ciò, il braccio a mezz’aria con il bicchiere stretto tra la mano ne era la riprova. Nonostante il look decisamente eccessivo ed il make-up sbavato dalle lacrime e dall’alcool affascinava gli occhi e la sua bellezza ancora in fiore ammaliava gli sguardi più maturi; prima che potesse rispondere la scenata che tanto avrei sperato di evitare fu fatta da una ferita Angela. “Edo, sei impazzito?”. Il suo grido di dolore fece quasi male alle orecchie. “Davvero vuoi fidanzarti con quel manico di scopa? Lo vedi come è ridotta? Ubriaca, sporca, non curata, ed è semplicemente la figlia di un contadino. Che futuro potrai avere con lei? E poi tutte le promesse che ci siamo fatti e l’amicizia tra la nostra famiglia? Lucia, fai qualcosa, poni fine a questa pagliacciata”. La signora De Barbieri in profondo imbarazzo abbassò lo sguardo a terra e cercò sostegno nel braccio del marito che invece a testa alta guardava orgogliosamente il figlio. “So che sei ferita, lo capisco. Avrei voluto parlartene prima in privato ma tu sei stata molto impegnata nelle pubbliche relazioni; l’unica promessa che ti ho fatto e che intendo mantenere è quella che non ti sarebbe mai mancato nulla. Sono a conoscenza dei problemi finanziari all’interno della tua famiglia e so anche che ti hanno spronato affinché tu sia merce di scambio per un’indipendenza economica; per gran parte della mia vita sono stato circondato da medici ed infermieri e dalla persona al mio fianco non voglio essere considerato un paziente oppure il prezzo da pagare per la libertà, vorrei essere amato come uomo! Tra qualche tempo capirai che la mia scelta è stata la più saggia”. Mia sorella, nel frattempo, si era avvicinata al palco, Edoardo vedendola le tese la mano invitandola a raggiungerlo; lei salì velocemente i pochi gradini che li separavano e corse tra le sue braccia. Il momento fu davvero toccante: nessuno si sarebbe aspettato di assistere a questo tripudio di sentimenti; anche mio padre, che riusciva di solito a nascondere bene le emozioni, era visibilmente scosso. Andrea diede il via ad un nuovo applauso e incitò gli ospiti a brindare all’amore in tutte le sue forme, mentre scandiva lentamente queste parole il suo sguardo rimase fisso nel mio. Lucia riprese velocemente il microfono. “Bene, direi proprio che possiamo prendere posto ai tavoli e goderci il resto della serata”. Nel vedere le persone avviarsi verso la grande sala allestita per la cena un profondo sospiro di sollievo le uscì dalle labbra, si voltò verso la giovane coppia innamorata che ancora si scambiava pubblicamente effusioni e batté le mani. “Ora che sei entrata a far parte della famiglia e per tutto il tempo che vi rimarrai il tuo comportamento dovrà essere ineccepibile. Vai a darti una ripulita, una sistemata a quei capelli arruffati e cambiati quell’abito da funerale. Dirò alla sarta di adattarti al volo un abito che avevamo preparato per Angela, fortunatamente hai un fisico asciutto quindi probabilmente dovrà solo accorciarlo e restringerlo sul seno. Non ci saranno altre manifestazioni di affetto così esplicite in pubblico e dovrai venire a casa nostra diverse volte a settimana fino a che non ti avrò insegnato come ci si comporta in società. Trasformerò la selvaggia che c’è in te in una signorina rispettabile e a modo degna del cognome De Barbieri”. Quelle parole spaventarono anche me, non invidiavo minimamente quello che sarebbe spettato a mia sorella; Giada aveva una grande forza di volontà, avrebbe accettato le tante regole imposte dai costumi sociali ma sono sicura che avrebbe portato anche tanta innovazione e una bella ventata di freschezza. Mio padre ci raggiunse velocemente. “Ragazzi, congratulazioni! Sono veramente contento che siate riusciti a trovare finalmente un punto d’intesa. Direi che era ora! Edoardo per me sei stato come un figlio in tutti questi anni per cui posso solo dirti che non potevi fare scelta migliore. Mi raccomando però, il vostro prima pensiero dovrà rimanere la scuola ed il raggiungimento dei vostri obiettivi! Loredana, manchi solo tu ora visto che Aurora è decisamente troppo piccola per accasarsi!”. L’ironia di mio padre fece ridere tutti e distese gli animi. “Antonio, ti rendi conto che potremmo un giorno diventare consuoceri?”. Lucia furbescamente ne approfittò per prendere sotto braccio mio padre ed incamminarsi verso la casa, Anastasia sussurrò quello che per fortuna ascoltai solo io. “Meglio consuoceri che genitori o ancor peggio marito e moglie!”.

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Capitolo 43
*** Ciliegia ***


La cena era veramente deliziosa, Lucia non aveva lasciato nulla al caso: le portate si abbinavano perfettamente ai vini di mio padre, un connubio che potrà essere documentato per le generazioni future. “Sei silenziosa Aurora, non avete trovato nulla di misterioso tu e Caterina?”. La giovane ragazza continuava a rigirare la tartare di tonno nel piatto, aveva a malapena toccato anche i cibi precedenti. “Magari non le piace il pesce, nessuno di noi conosceva il menù prima di questa sera”. Cercai di sminuire il tutto. “Non posso darle torto se così fosse, non è da tutti mangiare il pesce crudo. Io ho avuto il coraggio di assaggiarlo soltanto dopo i venticinque anni!”. Gabriele venne in mio soccorso. “E’ vero, non ho mai assaggiato il pesce crudo né tutti i piatti prelibati che sono stati serviti prima; con la mamma vivevamo della vendita dei suoi quadri e delle volte capitava di poter fare solo un misero pasto al giorno, però eravamo felici! Tutti intorno a noi, se pur molto poveri, regalavano sorrisi genuini ed erano pronti ad aiutarsi il più possibile. Stasera mi sono resa conto che qui la situazione è molto diversa: ci sono tante donne che con i loro gioielli potrebbero sfamare intere famiglie in Venezuela, tanti uomini molto ricchi ma tutti infelici. Avete visto i loro occhi? Sono privi di emozioni e le loro anime sono vuote. Sono triste per questo, diventerò come loro?”. Il velo di lacrime celato dietro le folte ciglia aveva colpito tutti noi, ci scambiammo un’occhiata imbarazzata e nessuno trovò le parole di risponderle. Ad interrompere il momento di disagio fu l’arrivò di Giada, era splendida, sembrava una farfalla uscita dal suo bozzolo. “Ciao famiglia, come sta andando la cena?”. Sembrava totalmente un’altra persona: la sarta in poco tempo le aveva adattato un abito splendido che la fasciava come una seconda pelle e risaltava i suoi punti forti; il colore rosa antico si sposava perfettamente con la sua carnagione. “Sei veramente splendida tesoro”. Ci accodammo tutti al complimento di mio padre e con una scusa riuscii a parlare in privato. “E’ tutto ok? Matteo che fine ha fatto?”. Giada si poggiò una mano sulla fronte. “Non ne ho la più pallida idea, non l’ho più visto da quando siamo arrivati alla festa. Spero sia andato via!”. Mi guardai intorno velocemente. “Lo spero anche io, non ho più visto neanche Angela. Dopo la dichiarazione di Edoardo si è volatilizzata”. Giada si avvicinò al mio viso. “Credo che sia più che comprensibile, sarà andata via anche lei. Si sentirà umiliata e ferita”. La frivolezza con la quale liquidò la faccenda mi lasciò un senso di ansia. “Goditi la serata ma rimani vigile ed in caso di bisogno vienimi a chiamare immediatamente”. Suggellai il mio affetto fraterno con un bel bacio sulla guancia e mi avviai per tornare al tavolo, a metà strada fui intercettata da Andrea. “Vorrei aprire le danze con te se tu sei d’accordo”. Rimasi stupita e molto indecisa sul da farsi; ero un tronco di legno nel muovermi ed il senso del ritmo non faceva minimamente parte di me, aggiungiamoci anche che ci stavano e ci avrebbero guardato tutti e la voglia di dissolvermi aumentò a dismisura. “Sono una frana nel ballo, non potevi scegliere partner peggiore”. Andrea rise. “Non sono preoccupato, qualora mi dovessi far male sono sicuro che la bravissima fisioterapista che è in te saprà rimettermi in piedi in un battibaleno”. Presi la sua mano ed attesi l’inizio della musica, quando l’orchestra iniziò a suonare un lento cercai di rilassarmi il più possibile tra le sue braccia, Andrea era davvero un bravissimo ballerino. “Se solo le cose fossero andate diversamente anche io stasera avrei potuto ufficializzare un fidanzamento od una proposta di matrimonio”. Mi allontanai quel poco che bastava per lanciargli uno sguardo di fuoco. “Con la bionda, la bruna o la rossa? A proposito questa sera sono più le persone che scompaiono via via con il passare del tempo che quelle che rimangono”. Andrea mi strinse più forte. “Sono andate via, credo si siano rese conto che non c’era trippa per gatti, che sono totalmente preso da un’altra bellissima donna e che ho occhi solo per lei”. Una smorfia sarcastica spuntò sul mio viso. “Il mare è pieno di pesci: sono sicura che tra pochi minuti il tuo sguardo verrà rapito da una nuova sirena”. Andrea rise tra i miei capelli, mi teneva così stretta che avvertivo il suo respiro sul mio collo. “Mmm devo ancora capire se sottovaluti il tuo potenziale oppure è un atto di sfiducia nei miei confronti. Avresti avuto il coraggio di lasciarmi da solo su quel palco se mi fossi dichiarato a te?”. Dovevo assolutamente trovare il modo di allontanarmi leggermente da lui e da quella voce suadente. “No, sarei salita e ti avrei dato il ben servito davanti a tutti”. La mia battuta ottenne l’effetto desiderato, Andrea mollò un po' la presa ed io riuscii a stemperare i bollenti spiriti; appena la musica si affievolì Gabriele ci venne incontro. “Figurati se non arrivava a recuperarti, non preoccuparti, la tua amica è sana e salva”. Il dottore ignorò il suo sarcasmo e la sua voce preoccupata ci allarmò. “Dovete venire con me urgentemente. Abbiamo un problema”. Lo seguimmo velocemente, Gabriele dopo alcuni corridoi ci condusse al bagno delle donne. “Dentro la toilette c’è tua sorella Caterina. Ho sentito dei conati e poi delle parole senza senso; da alcuni minuti c’è silenzio. Ho pregato di aprirmi la porta ma non so nemmeno se mi abbia sentito o capito”. Andrea iniziò a bussare incessantemente alla porta. “Cate, sono io, il tuo fratellone. Aprimi ti prego. Qualsiasi cosa sia successa è risolvibile, parliamone; se stai male è importante che Gabriele ti veda. Non costringermi a buttare giù questa porta, pensa alla mamma come ci rimarrebbe. Cate, ti prego”. Dall’interno della stanza non si avvertiva nulla, nemmeno un lamento. “Caterina sono Loredana. Vuoi che facciamo quattro chiacchiere tra donne? Aprimi, entrerò solo io, te lo prometto”. Nessuna risposta, l’ansia e la paura ci stavano assalendo. “Vado a prendere la chiave di riserva, continuate a parlarle per favore”. Andrea si allontanò correndo. “Cate, per favore. Vuoi che vada a chiamare Aurora? Con lei vuoi parlare?”. Dopo poco un rantolo ci arrivò lontano e flebile. “N…n…no. Andate via, tra qualche minuto uscirò; sto bene”. Gabriele riprese a bussare più forte. “Apri Caterina, lascia che ti dica io se stai bene o meno. La tua voce non mi piace”. Dei passi trascinati si avvicinarono sempre di più e nello stesso momento in cui sentimmo girare la chiave nella toppa un sospiro di sollievo accompagnò l’apertura della porta. Caterina cadde tra le braccia di Gabriele che prontamente l’adagiò sul pavimento del bagno. Andrea arrivò proprio in quel momento e corse al fianco della sorella. “Passatemi la mia valigetta e portatemi un bicchiere d’acqua. Qualcuno bagni anche delle salviette e me le passi”. Seguimmo alla lettera le parole di Gabriele, dopo poco la sua voce divenne categorica. “Chiamate un’ambulanza, c’è bisogno di trasportarla urgentemente in ospedale!”. Andrea non perse tempo ed andò a chiamare i soccorsi, nel frattempo, qualcuno iniziò a notare il trambusto che si stava creando ed andò ad avvisare Lucia e Vittorio. “Mio Dio! Cosa è successo? Caterina? Mi senti? Caterina? Sono la mamma, rispondimi!”. La piccola De Barbieri aveva perso di nuovo i sensi, da quando era riuscita ad aprire la porta aveva alternato diversi momenti in cui riusciva a recuperare la lucidità ed altri nei quali era inerme. “Signora De Barbieri, cerchi di non starle così vicina; facciamola respirare. Non si preoccupi sta arrivando un’ambulanza, andrà tutto bene”. Gabriele supplicò con lo sguardo il marito di intervenire ed allontanare la moglie dalla figlia, Vittorio capì al volo e cercò di sollevarla. Nel frattempo, anche la mia famiglia era stata avvisata, mio padre arrivò come una furia; guardò la giovane ragazza che giaceva a terra e si girò verso Aurora strattonandola per un braccio. “Cosa è successo? Eravate insieme!”. Mia sorella che era rimasta a fissare la sua giovane amica che veniva soccorsa non si era nemmeno resa conto che nostro padre l’aveva apostrofata con foga. “Aurora, sto parlando con te! Rispondimi!”. Solamente quando il tono di voce diventò un urlo rabbioso mia sorella lo guardò sconcertata. “N…n…non lo so! Siamo andate in giro per la casa ma quando ci siamo lasciate stava bene ed era tranquilla”. Vittorio intervenne nella conversazione. “Ti ha detto qualcosa di particolare? E’ andata via con qualcuno?”. Mio padre rincarò la dose. “Eri triste durante la cena e nonostante le belle parole filantropiche credo che la tua preoccupazione derivasse da altro”. Aurora incenerì nostro padre. “Per quanto ti possa sembrare strano quello che ho detto era davvero quello che penso! E tutto ciò non fa altro che confermare che vivete in un mondo di bugie, vi sembra normale che dei genitori chiedano ad una ragazza che ha conosciuto la figlia da pochi giorni cosa possa essere successo? Non dovrebbero conoscerla meglio loro di chiunque altro?”. Anastasia che era rimasta in disparte si fece avanti e prese le difese di mia sorella. “Basta così Antonio! Credo che Aurora abbia già ampiamente spiegato di non sapere del malessere di Caterina. Accusarla per qualcosa che non ha fatto sicuramente non ci aiuterà a comprendere cosa sia realmente successo”. In poco tempo arrivarono i soccorsi che decisero di portare via la ragazza, nel mentre mio padre e mia sorella si lanciavano sguardi di fuoco.

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Capitolo 44
*** Castagno ***


Erano passate le tre di notte, seduti in sala d’aspetto attendevamo con ansia notizie sulle condizioni di salute della piccola Caterina. Lucia non sembrava darsi pace, continuava a guardare il marito e a chiedersi dove avessero sbagliato; Edoardo ed Andrea invece si erano chiusi in un doloroso silenzio; mio padre continuava a percorrere i pochi metri a disposizione nervosamente e velocemente: ogni tanto si fermava come se avesse avuto un’illuminazione sull’accaduto, lanciava un’occhiata ad Aurora e ammonito dallo sguardo gelido di Anastasia proseguiva nella sua maratona interiore. E’ buffo sentirsi sospesi mentre la vita attorno a te prosegue incessantemente ed ignara dei demoni che ti logorano interiormente; sulla finestra rivoli d’acqua attraversavano gli aloni lasciati dal mio respiro: da qualche ora l’afa estiva aveva lasciato il posto ad una pioggia rigenerativa. “Non capisco, se il suo malessere fosse riconducibile al suo problema alimentare perché questa volta i medici ci impiegano tutto questo tempo a darci notizie? La psicologa ci ha anche riferito di recenti progressi, speravo davvero di vedere la luce infondo al tunnel!”. Il perfetto autocontrollo di Lucia si stava velocemente sgretolando mostrando a tutti per la prima volta un lato di lei che nessuno aveva mai visto. Vittorio provato al suo fianco cercava di tranquillizzarla massaggiandole le spalle. “Probabilmente staranno solo facendo degli accertamenti più approfonditi. Vedrai che tra poco verranno a dirci che possiamo tornare tutti a casa”. La porta si aprì e fu Riccardo accompagnato da altri due medici a venirci incontro. “Scusate per l’attesa. Ho preferito venire io a parlare con voi piuttosto che mandare qualcuno che non conoscevate”. Il suo tono era stranamente serio e professionale, il ragazzo ironico quasi fastidioso a volte, aveva lasciato il posto al medico scrupoloso. Lucia si alzò come una saetta e si avvicinò al ragazzo. “Cosa succede? C’è qualcosa che non va?”. Riccardo la guardò e poi rivolse uno sguardo generale, Vittorio fu il primo a cogliere il motivo di tutta quell’indecisione. “Dottore non si faccia problemi, parli pure. Siamo come una grande famiglia e non abbiamo segreti l’uno per l’altro”. Ci avvicinammo a lui in una sorta di grande abbraccio. “Terremo Caterina ricoverata per qualche giorno, ha ingerito delle sostanze tossiche. Abbiamo provveduto a fare tutti gli accertamenti del caso ed avremmo dei risultati tra qualche giorno, nel frattempo monitoreremo le sue condizioni. Non possiamo ancora dichiararla fuori pericolo”. Un lungo brivido mi attraversò la schiena. “Mio Dio! La mia bambina!”. Lucia ebbe un mancamento, Vittorio la prese al volo, l’adagiò sulla prima sedia disponibile e come una furia prese Andrea per il bavero della camicia. “E’ colpa tua anche questa volta? Hai lasciato in giro la tua merda? Sii uomo per una volta ed assumiti le tue responsabilità! Vuoi ucciderci tutti?”. Mio padre intervenne per separarli e cercò di calmare le acque. “Vittorio, stai calmo! Lasciamo che il ragazzo ci dia la sua versione dei fatti; trarre delle conclusioni sbagliate ora non farebbero altro che peggiorare la situazione oltre che essere fuorviante per i medici!”. Io ero allibita, guardavo tutto quello che mi stava accadendo intorno come se stessi assistendo ad un film; non poteva essere vero! Una profonda espressione di dolore segnò lo sguardo di Andrea: i profondi e bellissimi occhi sembravano completamente svuotati della loro linfa vitale. “Mi dispiace per tutto questo e se solo sapessi qualcosa avrei parlato ore fa, non sono più un ragazzino spaventato e soprattutto ho sempre mantenuto la promessa che vi feci tanti anni fa”. Vittorio non sembrava convinto continuava a riversare sul figlio occhiate accusatorie. “Credo che sia meglio che andiate a casa, vi terremo aggiornati qualora ci fossero degli sviluppi. Rimanere qui a logorarvi per capire cosa sia successo complicherà solamente il tutto, quando Caterina si sveglierà sarà lei stessa in grado di raccontarci cosa sia accaduto davvero”. Mio padre annuì e ci disse di radunare le nostre cose, offrì ospitalità anche ad Edoardo ed Andrea in modo che così i loro genitori erano liberi di rimanere in ospedale. Il viaggio di ritorno fu molto silenzioso, nemmeno la bellezza dell’alba distrasse le anime tormentate dei due fratelli De Barbieri. Arrivati alla fattoria mia nonna, ancora sveglia, ci disse di andare in cucina perché aveva preparato una tazza di latte per tutti con dei biscotti appena sfornati: andare a letto con lo stomaco pieno e rilassato aiutava a scacciare gli incubi e a prendere sonno più velocemente, almeno lei ne era convinta. “Loredana, aspetta. Ho bisogno di darti delle spiegazioni”. La voce tremolante di Andrea mi colpì nel profondo, gli misi una mano sul braccio e cercai di trasmettergli tutto il mio sostegno per la difficile situazione che stava attraversando la sua famiglia. “Non devi giustificarti, non con me e non adesso. Sei visibilmente scosso da tutto quello che è successo, ne riparleremo quando si sarà tutto sistemato e tutto questo sarà solo un brutto ricordo”. Andrea mi guardò poco convinto ma annuì ed insieme mano nella mano entrammo in casa. Non riuscii a dormire molto quella notte, per quanto avessi cercato di rimanere obiettiva il più possibile molti dubbi avevano assalito la mia mente ed improvvisamente le spiegazioni di Andrea che mi erano sembrate inutili sul momento erano diventate necessarie. La nonna era già in cucina, seduta davanti la finestra beveva un caffè; era perfettamente in ordine e visto l’ora immaginai che anche lei non avesse chiuso occhio. “Mattiniera anche tu nonna?”. Si girò lentamente e il suo sorriso scacciò via ogni mio pensiero. “Come sempre bambina mia, con l’età che avanza purtroppo si dorme sempre meno. Come ti senti?”. Come stavo? Bella domanda! Cosa potevo rispondere senza aggiungerle delle preoccupazioni? Presi una tazza di caffè e mi sedetti accanto a lei. “E’ inutile nasconderti che sono molto inquieta in questo periodo. Ci sono novità da Beatrice? Con il trambusto che c’è stato ieri non ho avuto il tempo di chiederti”. Lo sguardo della nonna si fissò su un punto indefinito fuori dalla finestra. “Non buone purtroppo. Marco ha detto che hanno monitorato i flussi e che i percentili di crescita sono molto al di sotto della media. L’unica nota positiva è che è stata scongiurata una malformazione genetica, quindi, sembra proprio che il problema sia un malfunzionamento della placenta. Puoi immaginare come si senta Beatrice: lei che ha sempre ottenuto quello che voleva si sta rendendo conto che ci sono degli avvenimenti che sfuggono al nostro controllo”. Sospirai profondamente. “I medici cosa dicono?”. Attesi con ansia che deglutisse un altro sorso di caffè. “Non sono molto ottimisti, il rallentamento di crescita è tanto precoce. Bisogna solo aspettare e vedere cosa succede, in settimana dovrebbero dimetterla”. Quando avremmo avuto un po' di serenità?

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Capitolo 45
*** Carminio ***


La prima metà della settimana passò molto lentamente: Caterina, fortunatamente, si stava riprendendo, Lucia e Vittorio avevano trascorso ogni giorno al fianco della figlia alternandosi solamente per soddisfare i bisogni primari; non aveva ancora fatto cenno all’accaduto ed i risultati degli esami di laboratorio dovevano ancora arrivare. Quel giovedì pomeriggio la sua stanza era particolarmente affollata, complice anche il fatto che la mia famiglia aveva colto l’occasione per passare a trovare Beatrice ormai prossima alle dimissioni. “Tesoro mio, con la mamma, stavamo pensando di non farti tornare in Svizzera e di iscriverti alla scuola del paese. Cosa ne pensi?”. La giovane ragazza si sedette sul letto ed un sorriso genuino le illuminò il volto. “Aurora tu andrai lì vero? Andremo a scuola insieme!”. Le due ragazze che in un tempo brevissimo avevano stretto un’amicizia simbiotica si abbracciarono entusiaste e gridolini di felicità riempirono le fredde mura di quella piccola stanza ospedaliera. “Vedo che siamo di buon umore oggi. Sono contento di constatare che la paziente è in netta ripresa. Sono arrivati gli esami tossicologici e sono negativi mentre quelli fatti alla ricerca di altre sostanze nocive sono risultati positivi ad un particolare principio di solito impiegato nella formulazione del veleno per ratti”. Il tono di Gabriele era estremamente serio e preoccupato. “Come è possibile? Come è finito del ratticida nel tuo stomaco Caterina?”. Lucia era andata in iperventilazione. “Non lo so mamma”. La reazione stupita della ragazza mi fece subito credere nella sua sincerità. “Credo che sia giunto il momento di capire, tutti insieme, cosa sia successo quella sera. Te la senti?”. Introdussi io il discorso prima che qualcun altro potesse farlo con toni decisamente errati, Caterina si sistemò meglio sul letto e guardando Aurora iniziò a raccontare la sua versione dei fatti. “Siamo state insieme tutto il tempo, l’ho portata a vedere il sotterraneo perché Aurora pensava ci fosse ancora qualche mistero irrisolto e che vedendo i luoghi ne avremmo trovato qualche traccia. Siamo state nel locale caldaia, nella lavanderia, nelle cantine, nel garage, abbiamo girovagato come due esploratrici nelle tante stanze vuote ma non abbiamo trovato nulla. L’unico posto nel quale non siamo state sono ovviamente le camere dei domestici”. Lucia si mise una mano tra i capelli. “Cosa speravate di trovare lì sotto? Ho ristrutturato e messo mano in ogni centimetro di quella casa, se ci fosse stato qualcosa sarei stata la prima a trovarlo tanti anni fa. Ora oltre all’umidità, alla scarsa igiene e alla poca luce nei sotterranei non c’è nulla di interessante”. Mia sorella spalleggiò la sua amica e difese la sua teoria. “Signora, se lei non ha trovato nulla non è detto che non ci sia. L’ho spiegato anche ad Antonio. Abbiamo dato un’occhiata e non abbiamo trovato nulla e non c’era nessuna traccia di veleno per topi ed in ogni caso dopo il nostro tour siamo andate in bagno a lavarci le mani per cui non può esserci stata contaminazione in quel frangente. Oh, santo cielo!”. Tutti rimanemmo con il fiato sospeso a guardare Aurora nella speranza che condividesse il suo pensiero. “Hanno tentato di avvelenarci! Qualcuno di proposito voleva che ciò accadesse! Dobbiamo indagare e cercare di capire se fosse Caterina la destinataria oppure se per diverse coincidenze le è stato somministrato per sbaglio!”. Anastasia rise di gusto. “Scusatela, Aurora è appassionata di romanzi gialli e vede anche molti thriller; non mi stupisce che abbia subito colorito la faccenda con tutta la fantasia possibile. Tenete anche presente il contesto nel quale viveva fino a qualche mese fa quindi prendete con le pinze le sue affermazioni”. Mia sorella mise il muso ed incrociò le braccia sul petto. “In questi casi partirà d’ufficio un’indagine contro ignoti al momento, è la prassi. Volevo avvisarvi che potreste ricevere la visita di un ispettore che vi porgerà alcune domande su quanto accaduto, il mio consiglio è di essere sinceri il più possibile e di metterlo al corrente di qualsiasi dubbio o fantasia, sarà lui poi a giudicare e a dare credito o meno a quanto detto”. Gabriele rimase molto serio e l’occhiata che si scambiò con Riccardo mi fece riflettere. “Dopo la toilette dove siete andate?”. Mio padre incalzò le due ragazze. “Siamo tornate all’aperitivo ed abbiamo incrociato Giada che correva via in giardino e abbiamo pensato di seguirla. Era molto triste perché aveva avuto un litigio con una persona a lei cara, siamo rimaste un po' tutte insieme e poi siamo tornate al ricevimento”. Giada mano nella mano con Edoardo annuì confermando la loro versione. “Ci siamo separate quando è arrivato un cameriere a portarci delle tartine, in quel momento mangiare era l’ultimo dei miei pensieri”. Aurora scattò in piedi. “E’ stato lui! E’ stato lui! Dovevo capirlo subito!”. Ancora una volta rimanemmo tutti appesi ad un filo in attesa del proseguo. “Caterina, ti ricordi che il ragazzo ha insistito affinché prendessimo la tartina?”. La giovane De Barbieri guardò i suoi genitori spaventata. “E’ vero! Mamma, papà hanno cercato di uccidermi! Qualcuno sapeva del mio problema alimentare e che non avrei resistito ad una buona tartina alla mousse di tonno per poi pentirmene poco dopo e stare male!”. Lucia si avvicinò al letto della figlia. “Ragazze, vi rendete conto di cosa state dicendo? Sono passati dei giorni e probabilmente non ricordate bene l’accaduto ed in ogni caso nel menù non era prevista nessuna tartina con la mousse di tonno! Sono stata mesi dietro ogni particolare di questo evento e vi posso assicurare che è così”. Giada si alzò in piedi e si avvicinò anche lei al letto, il suo viso era pallido. “Hanno ragione. Credo però che l’obiettivo fossi io. E’ venuto da me ed ha insistito prima porgendomi il vassoio con queste tartine e poi al mio rifiuto ha iniziato a descrivermi come fosse stata accuratamente preparata la mousse! E sono sicura che abbia detto fosse al tonno! Non avevo fame e volevo solamente un buon bicchiere di vino così gli risposi che per quanto fosse allettante la sua descrizione con me stava solo perdendo tempo e che se fosse tornato con un vassoio pieno di bicchieri di vino sicuramente uno lo avrei accettato. Il ragazzo stava quasi per andarsene quando Aurora gli chiese se il tonno fosse crudo o cotto, non ricordo la risposta ma alla fine vidi Caterina prenderne una”. Un silenzio glaciale calò nella stanza. “Come è possibile tutto ciò? Perché tu Giada? In che guaio ti sei cacciata?”. Mio padre iniziò a dare i numeri. Vittorio che fino a quel momento era rimasto calmo si avvicinò a sua moglie e le posò una mano sulla spalla. “La situazione è molto più seria di quanto pensassi. Se le ragazze dovessero aver ragione stiamo cercando un delinquente che non si è fatto scrupoli ad avvelenare delle bambine!”. Andrea che stava cercando di tranquillizzare mio padre nel suo delirio propose di visionare i filmati di sicurezza e di capire se effettivamente all’evento benefico si fosse introdotto qualcuno non autorizzato, se nel video risultasse tutto ciò non solo propose di consegnare il tutto alle forze dell’ordine ma anche di instaurare un sistema di sicurezza. L’idea piacque immediatamente sia a mio padre che a Vittorio che colse l’occasione per scusarsi con il figlio per aver dubitato di lui. Il fervore che aveva scatenato quest’ipotesi rischiava di sovrastarmi e non riuscendo più a gestire tanta pressione mi allontanai velocemente dalla stanza in cerca di una sana boccata d’aria.

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Capitolo 46
*** Amaranto ***


E’ buffo fermarsi ad osservare come degli eventi scombussolano la tua piatta quotidianità, quando avevo iniziato, quella mattina, non avrei mai immaginato che tutto quello che reputavo certo nella mia vita sarebbe stato messo in dubbio da un’insanita mentale. La consapevolezza di dover fare i conti con la privazione della libertà mi colpì in pieno viso come un’onda che si infrange su una scogliera. La vista cominciò ad annebbiarsi ed i battiti accelerarono, dovevo assolutamente muovermi prima di rimanere paralizzata dagli ormai sempre più frequenti attacchi di panico; attraversai la strada, senza pensarci, spinta da una improvvisa ribellione alle regole sociali e fu così che accadde l’irreparabile: per un breve lasso di tempo ebbi una visione capovolta di quella strada ormai a me tanto familiare, il vento tra i capelli, l’assoluto silenzio dentro la mia testa e poi della rovinosa e veloce caduta ricordo solo il sapore del sangue sulle mie labbra. Buio. “Qualcuno chiami i soccorsi! Mi sente?”. Due spaventati occhi verdi mi fissavano, facevo fatica a capire cosa mi si diceva. “Signorina, non dorma! La prego, rimanga sveglia!”. Tenere le palpebre aperte mi costava una fatica enorme, qualcosa di caldo mi colava dalla fronte. Buio. “Avvertite immediatamente la sala operatoria, dite che stiamo arrivando!”. Questa voce mi era familiare, sembrava essere quella di Gabriele. In sottofondo urla strazianti mi solleticavano le orecchie. “La saturazione è troppo bassa, diamole dell’ossigeno! Com’è la pressione?”. Dalle luci che si divertivano a trafiggermi la vista dovevo essere stesa su un lettino e stavamo andando velocemente da qualche parte, che fosse un sogno? Cercai di muovere le braccia, poi tentai con le gambe, nulla; un rantolo di frustrazione uscì dalla mia bocca. “Loredana, stai tranquilla. Andrà tutto bene, ci sono io con te e non devi avere paura”. Mi affidai totalmente a quella promessa. Buio. “Gabriele, come sta? Ci sono novità?”. La calda voce di mio padre mi arrivò come una coccola, il tono era lo stesso che usava quando eravamo tristi perché la mamma aveva le sue giornate grigie. “Al momento no, il trauma cranico è stato molto importante. Dobbiamo vedere cosa succederà nei prossimi giorni e sperare che l’ematoma che le si è formato cominci a ridursi; operarla di nuovo sarebbe molto rischioso ma se fosse necessario per ridurre la pressione dovremmo farlo”. Stavano parlando di me? Cosa mi era successo? Ero troppo stanca per fare domande, ci avrei pensato dopo. Buio. “Loredana, non riesco a non immaginare il tuo sorriso, il tuo broncio, il tuo viso arrossato dai nostri baci. Mi manca tutto di te, perfino quando litigavamo; con te mi sentivo vivo come non mi accadeva da una vita e il solo pensiero di non poter vivere più questi momenti mi fa riflettere tanto. Lo so che non vorresti tutta questa tristezza, sei qui sdraiata in questo freddo letto e sicuramente vorresti che ti raccontassi qualcosa di bello. Mi sento in colpa anche per questo perché non ho nessuna buona novità per allietare i tuoi sogni. Voglio però che tu sappia che io sono sempre al tuo fianco e quando deciderai di riaprire gli occhi, siano settimane, mesi o anni, io sarò qui ad aspettarti”. Decisamente non mi aspettavo tutte queste belle parole da Andrea, teneva davvero a me; come avrei voluto allungare la mano e rassicurarlo: sono qui e non ho intenzione di andare da nessuna parte, questo però te lo dirò un altro giorno, ora sono troppo stanca. Buio. “Finalmente l’ematoma si sta riducendo, i parametri sono tornati buoni. Se tutto continuerà a procedere per il verso giusto tra qualche giorno potremmo tirare un sospiro di sollievo”. Mia nonna ringraziò Gabriele. “Tra quanto pensi che potrebbe svegliarsi?”. Mio padre sembrava molto preoccupato, nella stanza dovevano esserci anche altre persone perché mi arrivava un vociare confuso. “Dipende da lei a questo punto, ogni momento potrebbe essere quello giusto”. Un profumo delizioso solleticò le mie narici, avrei riconosciuto ovunque quell’odore di casa, di famiglia, di sicurezza e di felicità: era la famosa torta di mele della nonna. “N…n…no…nonna, ne vorrei anche io una fettina”. Rumore di passi veloci si fecero sempre più vicini. “Loredana, mi senti? Sono Gabriele. Riesci ad aprire le palpebre? Devo chiedervi di uscire, lasciate che la visitiamo con calma; sarò tra poco da voi”. In lontananza un misto di risate, lacrime e preoccupazioni riempirono il silenzio. “Sono tanto stanca”. Era vero, sentivo la tranquillità del buio richiamarmi a sé. “Lo so piccola. Ascoltami, ti chiedo solo un piccolo sforzo e poi ti lascio riposare serenamente: apri gli occhi e guardami. Puoi farcela”. Fino ad allora il momento più difficile era stato correre i mille metri durante l’ora di educazione fisica, voi starete pensando e cosa ci vuole? Sono d’accordo con voi, se una persona è agile o è comunque portata per il movimento non avrà nessun problema a superare la prova, probabilmente anche con un buon risultato; per una come me, l’incubo dello sforzo fisico era insormontabile. Ecco, oggi, guardare Gabriele era difficile quanto correre i mille metri. Con una forza sovraumana aprii e richiusi velocemente le palpebre nella speranza che ciò fosse sufficiente. “Bravissima. Sono davvero contento di riaverti tra noi. Ora ti lascio riposare piccola, tornerò dopo da te”. Buio. Il risveglio successivo fu decisamente meno faticoso del precedente, aprii gli occhi e cercai di abituarmi velocemente alla poca luce che filtrava dalla finestra; doveva essere l’ora del tramonto. Nella spoglia ed impersonale stanza ospedaliera, seduto su una vecchia sedia, Andrea riposava scomodamente: la sua testa era poggiata sulla mia mano. Cercai di muovermi il più lentamente possibile per non disturbarlo e solo quando girai la testa verso la porta mi accorsi di un’altra figura seduta su una poltroncina datata, l’uomo vestito elegantemente era intento a scrivere su un pc. Il leggero spostamento mi costò una fitta di dolore al braccio e l’uomo si girò a guardarmi: i suoi occhi verdi illuminarono la stanza. Il mio grido di paura riecheggiò tra le quattro mura, Andrea si svegliò di soprassalto. “E’ stato lui! E’ stato lui!”. Buio.

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Capitolo 47
*** Corallo ***


Quando riaprii gli occhi la stanza era completamente vuota, a colmare il silenzio il suono incessante dei monitor; la flebo con qualche calmante scendeva lentamente. Mi sentivo stordita e il dolore al braccio non aiutava. “Loredana, come ti senti?”. Gabriele entrò con passo felino, aveva la barba incolta e gli occhi stanchi. “B…b…bene, tu piuttosto, cosa ti è successo?”. Un sorriso comparve sul suo viso. “Sono state settimane difficili, l’importante è che tu ora stia meglio”. Una scarica di adrenalina mi percorse velocemente. “Settimane? Da quanto sono qui?”. Vedendo il mio sguardo allarmato Gabriele mi posò una mano su braccio e tentò di rassicurarmi. “Dall’incidente sono passati dodici giorni. Ti abbiamo tenuta sedata per cercare di capire l’entità del trauma cranico. Cerca di stare tranquilla e di riposare il più possibile, avrai tutto il tempo che vuoi nei prossimi giorni per fare domande”. L’incidente, vero, l’avevo quasi rimosso. “Gabriele, l’uomo che era dentro la stanza, ricordo i suoi occhi, sono quasi sicura che sia stato lui”. La sua perplessità fu evidente. “Leonardo Ricci? L’uomo che stava lavorando al pc?”. Annuii velocemente, la sicurezza su quanto accaduto stava vacillando pericolosamente. “No no, non è stato lui. E’ un avvocato e quel giorno stava venendo in ospedale per incontrarmi, è stata la prima persona che ti ha soccorso; probabilmente lo ricordi per questo”. Ed ecco che il senso di inadeguatezza si fece vivo più che mai. “No…no…non lo sapevo. Dovrò scusarmi con lui appena possibile per la scenata di poco fa e ringraziarlo calorosamente per quanto ha fatto per me”. Gabriele sorvolò sulla questione. “Fuori dalla stanza c’è Andrea. Se tu mi dici di farlo entrare te lo vado a chiamare altrimenti gli dirò di tornare un altro giorno. Loredana, prima che tu mi risponda, voglio che tu sappia che hai avuto un brutto trauma cranico e che devi assolutamente riposarti il più possibile e non devi agitarti; ora se pensi di non riuscirci con lui devi essere egoista e pensare prima a te stessa almeno per una volta nella tua vita”. Questa volta fui io a liquidare le raccomandazioni del mio caro amico, avevo la necessità di parlare con Andrea; Gabriele mantenne la promessa e poco dopo Andrea fece il suo ingresso riprendendo posto sulla vecchia e cedevole sedia. “Non sai quanto sia felice di vederti sveglia”. Il suo petto fu percosso da un singhiozzo doloroso e tutta la frustrazione accumulata si sciolse in un pianto liberatorio. “Shh shh…sono qui adesso, sto bene. Mi sei mancato anche tu”. Le nostre mani unite e i nostri sguardi carichi di promesse colorarono le fredde mura. “Non ho detto che mi sei mancata mia bella addormentata”. La sua risata e la sua ironia mi rasserenarono, nonostante avessi una voglia irrefrenabile di frivolezza la consapevolezza di dover mettere dei punti fermi prese il sopravvento. “Andrea, cosa mi è successo?”. Il suo sguardo si fece immediatamente serio. “Non lo sappiamo, inizialmente si è pensato che fosse stato semplicemente uno sciagurato incidente. L’investitore non si è fermato, le forze dell’ordine lo stanno cercando ma sono passati già diversi giorni e non ci sono dei passi avanti nelle indagini. Le telecamere di sicurezza dell’ospedale non hanno ripreso la scena e quelle del bar di fronte hanno registrato solamente il momento dell’impatto; abbiamo un frammento della targa ed alcuni testimoni. Se come ti dicevo inizialmente si pensava ad una sfortunata coincidenza, anche dovuta al fatto che ti sei gettata in strada senza guardare, qualcuno ci ha detto che la macchina era parcheggiata lateralmente e solo quando ti ha visto attraversare la strada è partita velocemente. Inoltre, secondo la ricostruzione della polizia stradale, il punto di collisione è avvenuto a cavallo della riga per cui sembrerebbe proprio che qualcuno abbia cercato di investirti di proposito. La fortuna, se così vogliamo chiamarla, è stata che partendo da ferma la velocità dell’auto è stata limitata e così i danni non sono stati ingenti”. Il mio sconcerto si rispecchiava nei suoi occhi color del mare in tempesta. “Chi può essere stato? E tua sorella come sta? E la mia famiglia? E Beatrice?”. Andrea mi chiese di calmarmi e aspettò che la frequenza cardiaca tornasse nei parametri della normalità. “Tesoro, risponderò a tutte le tue domande ma non devi agitarti. Gabriele è stato categorico sul punto e per una volta gli do ragione. Non abbiamo idea dell’identità dell’investitore e appunto come ti dicevo le indagini sono ancora in corso; io e mio padre abbiamo deciso di procedere anche privatamente dando mandato ai nostri fedeli investigatori di trovare più notizie possibili, speriamo che in qualche giorno arrivi il report. Caterina sta molto meglio, anche in questo caso si è aperta d’ufficio un’indagine contro ignoti; i filmati delle nostre telecamere collocate in giardino mostrano un taglio temporale, qualcuno si è assicurato di cancellare il misfatto. Abbiamo provveduto a licenziare tutto il personale di sicurezza, una falla del genere è inammissibile dopo quanto è successo; anche qui i nostri investigatori sono al lavoro ma non credo ricaveranno un ragno dal buco. In accordo con tuo padre abbiamo predisposto un sistema di vigilanza privato e per ridurne i costi abbiamo pensato di rimanere sempre in coppia”. La mia delusione si fece evidente. “E’ per questo che sei qui? Sei in coppia con me e per problemi logistici sei rimasto bloccato in ospedale?”. Andrea scosse il capo. “Ma che razza di collegamenti fa quella graziosa testolina? Non sono rimasto incastrato in questo posto, ho scelto io di fare coppia con te; volevo comunque starti accanto e fortunatamente anche sulla carta ero il più indicato. Ora verrà il bello, dove vai tu verrò anche io! Riuscirai a sopportarmi ventiquattro ore su ventiquattro ore?”. L’idea di essere sempre accanto ad Andrea non mi dispiaceva affatto. “E con il lavoro come farò?”. La mia preoccupazione lo fece divertire. “Tesoro, con tutti i problemi che hai avuto pensavo che il lavoro fosse infondo alla lista. In ogni caso, ci sarà una lunga riabilitazione da fare e sono sicuro che non riprenderai servizio prima di qualche mese, nel frattempo staremo sempre insieme. Potremmo fare una prova concreta di compatibilità o meno”. La sua spavalderia era quasi irritante, non sarei rimasta mesi lontana dai miei pazienti! Non era il caso di starne a discutere in quel momento, lo avrei fatto a tempo debito. “Beatrice?”. Una gelida morsa mi strinse lo stomaco. “E’ stabile. E’ a casa e viene monitorata ogni due settimane, il bambino è ancora fortemente sotto stimato ma comunque anche se poco cresce. I medici hanno imposto come primo obiettivo, visto anche la precocità dell’alterazione dei flussi, le ventiquattro settimane; se il bambino nascerà dopo cercheranno in tutti i modi di fornirgli un’adeguata assistenza medica”. Potevo solo immaginare la sofferenza che stava provando mia sorella e il non poterle stare accanto mi faceva sentire terribilmente in colpa. “Speravo avessi delle buone notizie da darmi, vorrei tanto stringerla e rassicurarla. Mi dispiace così tanto non poter far di più”. Andrea mi poggiò l’indice sulle labbra. “Appena potrai uscire di qua andremo a trovarla, anche lei sente terribilmente la tua mancanza. Dobbiamo essere ottimisti e credere nella medicina. Devo aggiornarti anche su un’altra questione che mi avevi chiesto: è arrivato il rapporto degli investigatori su mia madre”. Il tono era tornato serio, morivo dalla curiosità di sapere cosa era venuto fuori ma proprio in quel momento entrò nuovamente Gabriele nella stanza. “Andrea, devo chiederti di lasciarla riposare. Per oggi è terminato il tempo delle visite, ha davvero bisogno di tranquillità adesso”. Nonostante la mia supplica di qualche altro minuto, Andrea seguì alla lettera le imposizioni del dottore; mi diede un bacio sulla fronte e mi augurò dolci sogni. La notte tenebrosa imperversò nella stanza e mi lasciò pensierosa e stanca.

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Capitolo 48
*** Rosso ***


Erano passati pochi giorni eppure mi sembrava un’eternità, cominciavo ad essere smaniosa, stare tutto il giorno a letto era frustrante. “Devo dire che mi stai stupendo figlia mia. Questa tua strana calma e senso di ubbidienza comincia a spaventarmi, tutto bene vero? Non sei in piedi e non hai messo a soqquadro l’ospedale e te ne stai buona buona”. Mio padre si avvicinò al letto e ci si sedette sopra, la sua ironia era estremamente fastidiosa ma vedendo il mazzo di fiori di campo che si era preoccupato di raccogliere e sistemare non riuscii a rispondergli in modo sgarbato; un sorriso mi increspò gli angoli della bocca. “Sto bene, mi sto attenendo scrupolosamente alle direttive mediche nella speranza di poter essere dimessa il prima possibile e di poter tornare alla mia vita”. Un grande sospiro giunse alle mie orecchie, Aurora che era rimasta in disparte mi guardava sconfortata. “Appena avrò il permesso di uscire ti porterò a prendere tutto il materiale per dipingere, non me ne sono dimenticata”. La sua vita nell’ultimo anno era stato un continuo sconvolgimento ed essere la causa di un ulteriore squilibrio mi fece sentire terribilmente in colpa. “Non preoccuparti, so che sei stata impossibilitata. E comunque andare in giro con lo scimmione al seguito non è che mi faccia gioire; ormai non sono più libera di fare nulla, anche per andare in bagno bisogna avvisare”. Anastasia le mise una mano sulla spalla. “Vedrai che è solo temporaneo, quando scopriremo cosa sta succedendo potremmo tornare a condurre una vita normale. Porta pazienza, Aurora”. Per loro non doveva essere stato affatto facile, essere privati della propria intimità per motivi sconosciuti doveva aver messo a dura prova gli equilibri. “Anastasia ha ragione, è una misura precauzionale momentanea. E poi pensate a me che sono in coppia con la nonna! Da settimane dormo due/tre ore a notte e ho dovuto iniziare a frequentare il circolo del ricamo, quello di cucina e il mercoledì sera devo prendere il thè con tutte le sue amiche. Non ho smosso un po' di compassione in voi?”. Una risata generale rallegrò la stanza e Lucia scelse proprio quel momento per fare il suo ingresso, se l’ilarità è contagiosa posso assicurarvi che lo è anche l’austerità. “Non sapevo di trovarvi tutti qui, sono solo passata a portare un saluto a Loredana ma posso tranquillamente tornare un’altra volta”. Che tra Lucia ed Anastasia non scorresse buon sangue ormai era un dato di fatto e mio padre aveva cercato di ridurre al minimo i loro incontri. “No no, entra pure. Mi fa piacere vederti. Come sta Caterina?”. Mio padre ignorò lo sguardo glaciale di Anastasia ed alzandosi andò a prendere una sedia per far accomodare la signora De Barbieri. “Ti ringrazio Antonio. Caterina sta bene per fortuna, ha iniziato un percorso psicologico qui a Roma e l’idea di non dover tornare a scuola in Svizzera la sta facendo rinascere. Io sono molto felice di questo, e non smetterò mai di ringraziarti per il tuo prezioso consiglio al riguardo. Come stai Loredana? Salendo in reparto ho visto Gabriele che mi ha detto che ormai sei prossima alle dimissioni. Sono contenta che ti sia ripresa velocemente”. Non feci in tempo a risponderle che Anastasia mi parlò sopra. “Nonostante sia in netto miglioramento si sono raccomandati di non farla agitare”. La sua protezione quasi materna mi commosse nel profondo. Lucia non si scompose, si sistemò meglio sulla sedia ed accavallò le gambe. “Dovresti riascoltarti quando parli oppure hai malauguratamente espresso un pensiero ad alta voce?”. Questa volta fu mio padre a spegnere la fiamma. “Tesoro mio, andiamo a prendere un caffè al bar. Torniamo più tardi. Lucia, è sempre un piacere vederti”. Aspettai che uscissero e finalmente riuscii a risponderle. “Va meglio. Mi dispiace tanto per tutta questa situazione e spero che qualcuno riesca a dirci cosa stia effettivamente accadendo”. Lucia liquidò le mie parole. “A casa è tutto pronto per le tue dimissioni, ho fatto preparare una camera vicina a quella di Andrea. Ovviamente qualsiasi modifica tu voglia fare basta che me lo dica”. La novità mi colpì come uno schiaffo, non avevo ancora avuto modo di pensare cosa avrebbe voluto dire essere in coppia con Andrea in questo gioco pericoloso. “T…t…ti ringrazio. Non avevo capito che mi sarei dovuta trasferire a casa vostra”. Lucia si avvicinò ancora di più, il suo tono basso era quasi tagliente. “E cosa pensavi che sarebbe successo? Casa tua è già troppo affollata in questo periodo. Sei molto fortunata, potrai renderti conto cosa voglia dire essere una De Barbieri”. I suoi occhi erano spenti quasi vitrei. “Hai ragione, è stata una mia mancanza; cercherò di non recarvi disturbo ed in qualche modo vi ripagherò per la vostra cortese ospitalità”. Mi sentivo profondamente a disagio, ero molto imbarazzata e non sapevo cosa dire. Lucia prese la sua borsa e si alzò in piedi. “Non devi ringraziarmi, ti auguro di essere forte e di vedere oltre; solo così riuscirai a sopravvivere alla prigione dorata nella quale finirai”. Le sue parole riecheggiarono nella stanza ed il mio umore ne risentii. “E’ andata via la vecchia strega?”. Irruppero come una ventata di freschezza. “Anastasia…”. Il dolce rimprovero di mio padre mi fece sorridere. “Siamo passati solo per salutarti, ora torniamo a casa anche perché ormai il tempo delle visite è quasi scaduto. Andrea dove è finito? Non dovrebbe già essere qui?”. Spiegai che era andato a darsi una rinfrescata, che aveva alcuni impegni di lavoro, che sarebbe arrivato presto e che quindi loro potevano tranquillamente andarsene. Ero intenta a leggere quando qualcuno bussò alla porta, corrugai la fronte e diedi una rapida occhiata al telefono. “Ciao Loredana, posso entrare?”. Gli occhi verdi di Leonardo Ricci mi incantarono. “C…c…certo. Devo assolutamente scusarmi e ringraziarti di cuore per quello che hai fatto per me. Ero molto confusa quando mi sono risvegliata. Sono davvero mortificata”. Leonardo rise e mi pose un mazzo di rose bianche. “Sono bellissime, non dovevi disturbarti”. Superati i convenevoli Leonardo si sedette sulla sedia. “Ho incontrato Gabriele e ne ho approfittato per vedere come stavi. Ci hai fatto preoccupare tutti! So che per te sono uno sconosciuto qualunque ma vederti lì a terra ricoperta di sangue è stato davvero sconcertante ed in qualche modo è come se mi fossi entrata dentro”. Lo ringraziai ancora una volta. “Come conosci Gabriele?”. Volevo rompere il ghiaccio a tutti i costi. “Sono un avvocato e lo sto seguendo in alcune questioni. E’ molto legato a te, inizialmente ho pensato che fossi la sua ragazza ma poi mi ha detto che al momento non stai insieme a nessuno. Non che mi interessi, ecco, non vorrei che tu pensassi che io ci voglia provare con te”. Ecco una domanda innocua che doveva metterci a proprio agio e che si trasformò in un campo minato, non sapevo come rispondere e allo stesso tempo il rossore che colorò le sue gote mi fece capire che provava lo stesso disagio. “Loredana, volevo dirti che ho delle belle notizie da darti. Ah, Leonardo. Non sapevo fossi qui”. Gabriele entrò nella stanza e ci salvò da minuti di conversazione imbarazzante; il giovane avvocato si alzò in piedi, ci salutò e si allontanò velocemente. “Persona squisita, a cosa ti serve un avvocato Gabriele?”. La domanda lo prese in contropiede. “Non sono venuto qui per parlare di me; volevo dirti che se vuoi puoi andare a casa oggi stesso. Ti dimettiamo! Tuo padre è ancora al bar? Lo vado a far chiamare?”. Una gioia liberatoria invase i miei pensieri, misi i piedi a terra e lo abbracciai con tutta la forza che avevo. “Piccola, sono arrivato. Perdonami per il ritardo ma sono stato trattenuto con un cliente però ora sono tutto tuo, promesso!”. La voce di Andrea mi scivolò addosso come acqua gelata, mi allontanai immediatamente da Gabriele ma non fui abbastanza veloce. “Ciao Gabriele, ripasserò più tardi”. Il tono usato mi fece venire i brividi. “No, no…resta Andrea. Gabriele mi stava dicendo che mi dimettono e posso andare a casa finalmente”. Fortunatamente la bella notizia trasformò l’umore di Andrea, la mia felicità divenne anche la sua; questa volta fu lui a correre da me e ad abbracciarmi. Mi prese in braccio e mi adagiò sul letto. “Finalmente potremmo andare a casa nostra! E’ una notizia bellissima”. Gabriele si diresse verso la porta. “Prima di lasciare la struttura passate dall’ ufficio accettazione che qualcuno vi consegnerà la carta di dimissione con le terapie da seguire a casa e il calendario dei controlli da fare. Stammi bene Loredana”. Non ebbe nemmeno un tentennamento nel lasciare la camera e la sua tristezza mi contagiò. “Era proprio necessario sottolinearlo? Quando finirà questa gara tra voi due?”. Andrea mi fece la linguaccia ed iniziò a preparare le borse. “E’ passata tua mamma oggi. Non abbiamo più affrontato un certo discorso”. Dal rallentamento dei suoi momenti percepivo tutta la sua tensione. “Non è un bel periodo per lei, si sta tenendo impegnata con Caterina ed hanno iniziato molte attività insieme. Mio padre è partito il giorno dopo le dimissioni di mia sorella ed è tornato a New York, io sono rimasto per la maggior parte del tempo al tuo fianco ed Edoardo si è momentaneamente trasferito a casa tua”. Lo guardai intensamente, nessuno mi aveva detto che il ragazzo fosse andato ad abitare alla fattoria. “Si, mi ha dato l’impressione di sentirsi molto sola. Dovremmo cercare di coinvolgerla di più nelle nostre vite”. Andrea guardò la porta e poi riprese a parlare. “Credo che il vero problema sia la gelosia nei confronti di Anastasia”. Questa fu la ciliegina sulla torta che mi fece dare per certo che Andrea fosse venuto a conoscenza di altro. “Come fai ad esserne così sicuro? Cosa ti hanno detto?”. Si avvicinò a me ed iniziò quasi a sussurrare talmente era basso il suo tono di voce. “Non ho nessuna certezza. Al tuo racconto hanno trovato alcuni riscontri: mia madre all’età di diciannove anni è stata mandata da mia nonna da una sua cugina. La sua vacanza è durata qualche mese, mia nonna aveva scritto a mio nonno che lo faceva per il bene della figlia visto che era molto depressa dopo una delusione d’amore. Mio nonno le rispose sei mesi dopo vomitandole tanta rabbia e frustrazione: le scrisse che una madre era sempre in grado di prendersi cura dei figli e che quindi non capiva perché lei non ci riuscisse, che doveva provvedere lei a coprire tutte le spese perché non intendeva assecondare queste frivolezze e che, soprattutto, non voleva essere disturbato per simili sciocchezze”. Un moto di compassione mi avvolse. “Non deve essere stato facile avere un marito ed un padre del genere. Hai scoperto altro?”. Andrea scosse la testa. “Non possiamo andare a parlare con tua nonna?”. Andrea rise amaramente. “Tu non conosci mia nonna. Mia mamma in confronto è un agnellino, la terrei come ultima spiaggia anche perché se all’epoca ha voluto insabbiare il tutto dubito che confessi oggi”. Odiavo dover ammettere che Andrea aveva ragione. “E la cugina?”. Andrea annuì. “Non so chi sia né se sia ancora in vita, spero mi diano al più presto delle informazioni”. Riprese a preparare i bagagli e nel mentre avvisò che a breve saremmo arrivati a casa, nella mente mi riecheggiarono le parole di Lucia: ti auguro di essere forte e di vedere oltre; solo così riuscirai a sopravvivere alla prigione dorata nella quale finirai! Cosa avrà voluto dire?

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Capitolo 49
*** Rosso Mattone ***


Come vi immaginate la serata perfetta con l’uomo che vi fa battere il cuore? Le risposte probabilmente sono infinite. La prima sera a villa De Barbieri fu magica, difficile esprimere tutte le emozioni provate. Le prime sicuramente furono accoglienza ed affetto: non solo la famiglia ma anche tutti i collaboratori dei signori De Barbieri vennero a darci un caldo benvenuto. Timore: è inutile negarvi che per quanto sia felice di essere stata dimessa, trovarmi ospite lì non mi faceva sentire a mio agio. Preoccupazione: un pensiero costante era sempre rivolto alla mia famiglia e alle vicissitudini che ci avevano travolto nell’ultimo periodo. Felicità e gratitudine: nonostante tutto il pregresso poter passare del tempo con Andrea mi emozionava. La camera era molto grande e comunicante con quella di Andrea, il quale aveva riempito ogni spazio vuoto con tante rose rosse e candele. “Sei stranamente silenziosa, spero ti piaccia”. I miei occhi lucidi credo esprimessero tutta la mia commozione. “E’ bellissima, grazie davvero”. Lucia si fece carico di snocciolare alcune informazioni. “Come ti dicevo oggi, possiamo apportare qualsiasi cambiamento tu voglia. Questo è il tuo armadio, gli abiti all’interno sono stati confezionati dalla nostra sarta che apporterà anche le modifiche necessarie. Domani mattina faremo colazione presto, io e Caterina ti accompagneremo in ospedale per i controlli di rito, pranzeremo fuori e poi torneremo nel pomeriggio”. Mi sentivo grata per l’ospitalità e non sollevai proteste su quanto appena detto, ci sarebbe stato il tempo per dirle che non avrei mai indossato nessuno di quegli abiti costosi né che avrei passato tutte le giornate con loro; per il momento mi limitai a ringraziare tutti. “Ora ti lasciamo riposare, se dovessi aver bisogno basta che mi chiami ed arrivo. Non allontanarti da questa stanza senza aver detto a Mauro dove devi andare; è per la tua incolumità”. Annuii e salutai lo scimmione, come li aveva soprannominati mia sorella, con la mano; un colpo di tosse mi fece tornare alla realtà, Lucia velatamente mi stava rimproverando per un comportamento che a suo dire trovava inopportuno. Non avevo mai avuto un bagno tutto mio, avevo dovuto imparare a condividerlo con le mie sorelle e ad adattarmi anche alle loro esigenze e questo significava che tante volte ero costretta a saltare la doccia oppure a lavarmi in orari improponibili. Potete immaginare, quindi, il mio sbigottimento quando mi trovai a dover scegliere se fare una rapida doccia o riempirmi la vasca! Optai per un lungo bagno, una coccola ogni tanto non poteva di certo farmi male. I primi minuti lasciai che il calore dell’acqua ed il profumo dei sali inebriassero la mia pelle, poi recuperai il telefono e decisi di scrivere alcuni messaggi. “Gabry, sono arrivata a casa di Andrea. Tutto bene, sono in debito con te. Fammi sapere quando posso offrirti un pranzo! Ah, non mi hai ancora detto a cosa ti serve un avvocato?”. Attesi trepidante per qualche minuto ma la risposta tardava ad arrivare, guardai l’ora, il turno dovrebbe essere finito da un bel po'. “Ciao Bea, vi penso sempre; come è andata la giornata oggi? Io sono stata dimessa ed ora mi trovo a casa di Andrea in ammollo in un bel bagno caldo. Spero vivamente di poter passare a trovarti nei prossimi giorni”. Durante il tragitto verso casa Andrea mi aveva raccontato di aver parlato con Marco il quale era veramente preoccupato per la salute mentale della fidanzata; da quando avevano scoperto i problemi di crescita del bambino, Beatrice si era chiusa in sé stessa, era sempre triste e faceva sempre più fatica a coinvolgerla in qualche attività; anche la fotografia, che da sempre è la sua passione, sembrava non provocarle nessuna emozione. “Cara sorellona, ho saputo da papà la bellissima notizia! Siete già arrivati a casa? Domani possiamo venire a trovarvi?”. Il telefono vibrò, non era la risposta che aspettavo ma comunque ero felice di sentire Giada. “Si, la camera è bellissima e pensa ho anche un bagno tutto mio. Sai da dove ti scrivo adesso? Pensa che posso starci tutto il tempo che voglio senza paura che qualcuno venga a bussare per chiedermi di uscire. Vorrei davvero vedervi ma Lucia ha già organizzato tutta la mia giornata, che ne pensi se passassi nel weekend? Volevo comunque venire per salutare Beatrice”. Non so bene cosa successe successivamente, probabilmente nell’attesa mi appisolai; terribili incubi disturbarono i miei sogni, continuavo a visionare l’incidente, mi vedevo immersa in una pozza di sangue. Iniziai ad urlare e solo quando Andrea entrò velocemente nel bagno mi resi conto di essere ancora immersa nell’acqua, ormai gelida. “Loredana, stai bene? Ti ho sentito gridare e sono arrivato di corsa”. La mia nudità mi fece arrossire fino alla radice dei capelli. “St..st..sto bene. Potresti passarmi un asciugamano, per favore? Mi stavo rilassando e devo essermi addormentata e dopo ho avuto degli incubi”. Un’espressione furba comparve sul viso di Andrea, probabilmente stava trovando divertente la posizione raccolta che avevo assunto per cercare di coprirmi il più possibile. “Non credo che in questa casa si usino degli asciugamani. Mia bella addormentata credo che tu debba uscire da lì e prenderne uno dei tuoi oppure dovrai adeguarti ai nostri usi e lasciare che l’acqua sul tuo corpo si asciughi lentamente all’aria. Il pigiama invece è già sul letto”. Lo incenerii con lo sguardo e rinnovai la mia supplica, fortunatamente rinunciò all’allettante idea di vedermi scivolare fuori dal bagno per raccogliere un asciugamano e me ne porse due. Recuperai anche il telefono. “Che fortuna che hai! Noi stiamo dividendo un bagno in sei perché quello del piano terra è stato adattato per Edoardo. Va bene, mi manchi e aspetterò con trepidazione la tua visita. Ho diverse novità da raccontarti, buonanotte”. Giada sembrava essere tornata la ragazza solare e con la testa sulle spalle che era sempre stata, la sua breve parentesi di ribellione dovuta soprattutto alla sua travagliata storia con Edoardo sembrava essere solo un lontano ricordo. “Come ieri. Cerca di non compatirmi anche tu perché non so se sono in grado di reggerlo. A presto”. Beatrice nella sua di risposta era stata molto fredda ma da lei non mi aspettavo niente di più, quello che invece mi stupì fu il messaggio di Gabriele. “Ho fatto solo il mio dovere di medico. Se sei riuscita a rimetterti in piedi così presto lo devi tutto a te stessa, alla tua tenacia e alla ripresa del tuo corpo. Sto lavorando tanto, i turni sono massacranti. Ci sentiamo presto e riguardati”. Nessun sentimento, testo totalmente inespressivo, sembrava inviato per cortesia; rimasi molto perplessa, che non avesse preso bene la notizia della mia convivenza forzata con Andrea non mi stupiva ma non si era mai comportato in modo così freddo con me. “Andrea, posso farti una domanda?”. Il bel De Barbieri che aveva atteso pazientemente che mi vestissi e mi asciugassi i capelli annuii. “Hai conosciuto Leonardo Ricci?”. Andrea mi guardò perplesso, forse non si aspettava un tale quesito. “Sì. L’ho conosciuto in ospedale, so che è stato il primo a soccorrerti dopo l’incidente; è venuto spesso a trovarti durante la tua degenza in ospedale, mi è sembrato un tipo apposto”. Iniziai a svuotare la borsa e a riporre i pochi abiti che avevo. “Si si, è passato anche oggi e l’ho ringraziato per tutto. Mi ha detto che è un avvocato e che sta seguendo Gabriele in alcune questioni personali. Ho provato a chiedere a Gabriele ma è stato molto vago anzi ha sempre sorvolato sull’argomento e questo lo trovo molto strano; la mia è semplice curiosità”. Andrea si sedette sul letto. “Prima che tu mi chieda qualcosa posso assicurarti che è pulito, è davvero un avvocato. Non ho idea del perché stia seguendo Gabriele ma sinceramente non mi informerò al riguardo, credo che se vorrà te ne parlerà direttamente lui”. Lo guardai esterrefatta, aveva indagato sul suo conto? Avevo quasi timore nel sentire la risposta. “Hai preso informazioni anche su di lui?”. Andrea iniziò a giustificarsi. “Ho dovuto. Subito dopo il tuo incidente ci è crollato il mondo addosso, eravamo completamente sconnessi dalla realtà. Immagina quando abbiamo saputo che poteva essere stato doloso e non accidentale! Ho iniziato a dubitare di tutto e di tutti e ho chiesto agli investigatori di controllarlo, dovevo accertarmi che fosse in buona fede soprattutto perché veniva spesso a trovarti ed io dovevo sapere che tu fossi al sicuro in sua compagnia”. In queste brevi parole percepii tutta la sua frustrazione e la paura che aveva provato in quel frangente, corsi ad abbracciarlo. L’odore di muschio bianco mi invase le narici, il calore del suo corpo attraversava il mio pigiama; Andrea iniziò a baciarmi la guancia e nel mentre mi accarezzava i capelli, sentivo la mia autorevolezza disgregarsi velocemente. “Tesoro, credo che sia meglio che vada nella mia camera; il mio autocontrollo sta vacillando”. La sua voce roca e gli occhi velati di passione mi fecero capitolare, ero stata ad un passo dalla morte e questo mi aveva in qualche modo cambiata: non avrei rimandato a domani quello che avrei potuto fare oggi.

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Capitolo 50
*** Rosso Cardinale ***


Appena i raggi del sole iniziarono a filtrare dalla tapparella e a riscaldare la mia pelle nuda mi svegliai, accanto a me il letto era vuoto. Allungai d’istinto il braccio quasi a voler sentire ancora una volta il piacevole calore del corpo di Andrea che mi aveva abbracciato per quasi tutta la notte. Il freddo delle lenzuola di raso cozzava con il mio sentimento e con quanto avevamo condiviso solo qualche ora prima. Decisi di tirarmi su e accanto al comodino trovai un semplice foglietto ricavato chissà da dove, due semplici righe d’inchiostro frettoloso lo riempivano ed il messaggio era totalmente impersonale: “mi sono dovuto alzare presto, ci vediamo stasera. Buona giornata”. Un magone improvviso mi attanagliò la bocca dello stomaco, con rabbia aprii il soffione della doccia e lasciai che l’acqua calda non solo lavasse via l’odore della sua pelle ma che portasse via anche i dolci ricordi dei nostri corpi intrecciati, delle passionevoli parole sussurrate all’orecchio, delle tante aspettative che avevano iniziato a stuzzicare la mia fantasia. Non mi pentivo di quanto successo, la scelta di liberare i nostri istinti primordiali era stata consapevole seppur dettata dall’ attrazione reciproca; ora che mi ero concessa a lui ero diventata un altro trofeo da esporre in vetrina? Il riflesso nello specchio mostrava lo stesso corpo minuto di sempre; eppure, io mi vedevo e mi sentivo diversa, qualcosa in me era mutato. Mi vestii velocemente recuperando gli ultimi abiti puliti che avevo a disposizione nella mia borsa, legai in fretta i capelli ed uscii da quella stanza. “Signorina Colonnato l’accompagno alla sala colazione”. Per un momento mi ero dimenticata della guardia del corpo. “Buongiorno Mauro. Non sei con il signor De Barbieri?”. Il ragazzotto, sulla quarantina, si guardò intorno quasi a volersi accertare che non ci fosse nessuno nei paraggi ad ascoltare la nostra conversazione. “No signorina. Oggi rimarrò con lei e con la signora De Barbieri”. Perfetto, non solo Andrea era sparito chissà dove ma non si era neanche preoccupato di portarsi qualcuno dietro che gli guardasse le spalle. La sala da pranzo era arredata con mobili antichi, al centro una grande tavola mostrava tutta la sua maestosità; sedute compostamente e perfettamente in silenzio da un lato c’era Lucia intenta a leggere il giornale locale e dall’altra parte la figlia Caterina che scorreva annoiata il dito sul tablet. “Buongiorno, spero di non essere in ritardo”. Mi bastò l’occhiata corrucciata di Lucia per capire di aver già commesso il primo errore della giornata. “Nessuno degli abiti all’interno dell’armadio ti andava bene? Non possiamo uscire così, dopo la colazione aspetteremo che la sarta avrà apportato le modifiche necessarie per rendere vestibile almeno un completo”. Era giunto il momento di intavolare la prima discussione, presi posto affianco a Caterina, mi versai della spremuta d’arancia ed osservai tutto il ben di dio riposto su quella tavola. “Non dovevi disturbarti a far preparare tutte queste cose, mangio quello che capita la mattina”. La mia battuta se da una parte fece ridere la giovane De Barbieri dall’altra indispettì la matriarca. “Non lo abbiamo preparato per te, tutte le mattine la nostra tavola prevede sia portate dolci che salate; non faccio mai mancare la frutta e tutto ciò che può apportare benefici al nostro corpo, ad esempio, vuoi assaggiare questa ottima centrifuga di carote e pomodori?”. Il colore del liquido all’interno della caraffa non era invitante, declinai gentilmente l’offerta e di nuovo una risatina ironica accompagnò il mio rifiuto. “Lucia, volevo dirti che non sarà necessario sistemare il guardaroba; per quanto apprezzi il pensiero che hai avuto e per quanto siano bellissimi gli abiti all’interno non posso accettare la tua offerta”. La compostezza della signora De Barbieri delle volte faceva davvero paura, non si riusciva mai a decifrare quale sarebbe stata la sua reazione; per qualche minuto pensai anche che non mi avesse sentito fino a che non la vidi piegare il giornale in un perfetto rettangolo, bevve l’ultimo sorso di caffè e poi mi inchiodò alla sedia con il suo sguardo severo. “Fino a che rimarrai ospite in questa casa dovrai mantenere un dress-code. Chiunque ti guarderà o ti rivolgerà la parola è come se lo facesse ad un membro di questa famiglia, se il tuo abbigliamento o il tuo comportamento non sarà adeguato le persone a noi vicine cominceranno a porsi domande e a darsi risposte sbagliate e questo metterà a disagio l’intera famiglia. Non credo che per te sia un problema tenere un basso profilo per qualche tempo, no? Puoi vederla come un modo per ripagarci dell’ospitalità che ti stiamo offrendo”. Nonostante non capissi questi ragionamenti mi resi conto che per lei era davvero importante e che mettere in difficoltà delle persone che si erano prodigate per aiutare me e la mia famiglia era l’ultima cosa che volevo. “Va bene, andrò a cambiarmi. Andrea ci raggiungerà più tardi?”. Cercai di essere il più disinibita possibile nel porre la domanda, Lucia mi guardò interdetta. “Pensavo che ti avesse avvertito. Aveva un impegno di lavoro fuori città, è partito molto presto questa mattina ed è stato accompagnato dalla sicurezza che di solito segue me e Caterina. Rimarrà con noi Mauro perché Andrea pensa che tu ti senta di più a suo agio con lui visto che già lo conosci”. Questo era il primo gesto affettuoso che ricevevo da Andrea dopo la notte di passione che avevamo trascorso. “V…v…va bene”. Finii frettolosamente la mia spremuta e la fettina di torta che avevo preso, non riuscii ad assaggiare altro. Scelsi un completo blu elettrico, tolsi via il cartellino senza nemmeno dare uno sguardo al prezzo, mangiarsi il fegato dalla rabbia non aveva alcun senso in quel momento; lasciai anche che una ragazza mi sistemasse i capelli e il trucco, quando il lavoro fu finito e riuscii a guardarmi allo specchio quello che vidi non mi piacque per niente. Per carità, sembravo una bambola, ma non ero io; mi sentivo una marionetta ed essere consapevole che qualcun altro stava muovendo le redini della mia esistenza mi fece provare disprezzo verso me stessa. Il viaggio di andata fu abbastanza silenzioso, Caterina si era rintanata nella musica mentre Lucia evitò qualsiasi tipo di conversazione troncando sul nascere ogni mio tentativo di intavolare un discorso. Arrivata in ospedale e salita in reparto trassi un sospiro profondo e liberatorio. Gabriele arrivò poco dopo nella stanza, il suo aspetto era sempre più trasandato. “Lor…Wow. Se ti avessi incontrata per strada probabilmente non ti avrei riconosciuta! Ti trovo in splendida forma, il soggiorno a casa De Barbieri ti fa bene”. Diedi un buffetto sul braccio di Gabriele e lanciai la costosa borsa su una sedia. “Non aggiungere altro, sono consapevole di sembrare una barbie! E pensare che ho sempre promesso a me stessa di non diventarlo! Spero che oltre all’aspetto fisico non mi rimbambisca come Angela”. La mia risata riecheggiò all’interno della stanza, Gabriele si sedette sulla scrivania e vi poggiò sopra la mia cartellina, quando mi guardò notai che la mia ironia non lo aveva divertito. “Noto con dispiacere che velocemente stai assumendo anche un atteggiamento sprezzante verso persone che in fin dei conti non conosci minimamente. Angela è una ragazza che ha tanto sofferto e che non merita di essere messa al rogo solo perché nella sua vita ha scelto l’apparire all’essere; tutti possiamo sbagliare e se non siamo disposti a concedere seconde possibilità nessuno ci aiuterà quando saremo noi quelli ad averne bisogno. Detto ciò, tra poco verrà un’infermiera a prenderti i parametri e a farti delle analisi, ti spiegherà anche come si svolgerà il tuo processo di riabilitazione e controllerà che il gesso al tuo braccio stia bene. Pensa a chi vuoi essere e non lasciare che qualcuno decida per te”. Rimasi a bocca aperta e lo vidi allontanarsi dalla stanza, mi sentii terribilmente in colpa e mi lasciai andare su una poltroncina. Fu così che mi trovò Riccardo quando fece capolino. “Wow! Loredana sei proprio tu?”. Lo salutai con la mano e cercai velocemente di ricacciare indietro le lacrime. “Non una parola Riccardo, sono già stata ampiamente ripresa dal tuo Collega. Sei qui per me o perché cercavi lui? Sappi che è stato qui meno di cinque minuti e poi si è dileguato come se fosse stato morso da una tarantola”. Riccardo entrò e si chiuse la porta dietro. “Cerca di metterti nei suoi panni, è stato un periodo molto duro per lui”. La rabbia che a fatica avevo cercato di tenere in me esplose. “E come faccio se non mi parla? Sono giorni che gli chiedo cosa stia succedendo e lui rimane vago oppure si nasconde dietro al lavoro. Non sono scema, sono consapevole che ci sia altro ma non posso neanche costringerlo ad aprirsi con me”. L’infermiera di turno interruppe la nostra conversazione, Riccardo con la scusa di non alterare il parametro della pressione mi lasciò in quella stanza con tanti dubbi e poche certezze.

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Capitolo 51
*** Rosso Tiziano ***


Il pranzo non fu quello che mi aspettavo: Lucia ci portò in un noto ristorante romano per un brunch veloce con le sue amiche, Andrea non si era ancora fatto sentire. Più mi guardavo intorno e più mi sembrava di essere nel posto sbagliato e il mio intento di non protestare stava mettendo a dura prova la mia pazienza. “Lucia, hai visto che delizioso questo tovagliato? Si abbina perfettamente ai fiori!”. Risatine finte come una banconota da un euro si diffusero alla tavola. “Scelgo sempre questo posto perché hanno un ottimo gusto”. Vi risparmio i commenti successivi perché oltre a trovarli noiosi sinceramente non me li ricordo nemmeno tutti, Caterina si era rintanata nella sua musica ed io non vedevo l’ora di tornarmene a casa. “Loredana?”. Mi guardavano tutte in attesa di una mia parola ed io non avevo ascoltato la domanda; avrei potuto fingere e rispondere vagamente oppure avrei potuto essere sincera e mandarle al diavolo. “Scusatemi, devo ancora riprendermi del tutto dall’incidente”. La mia mezza frase raccolse consensi e compassione. “Cara, hai ragione. Dovresti pensare solo a riposare ora”. Sorrisi nella speranza di essere lasciata in pace per tutta la durata del pranzo. L’incontro fu più lungo di quanto previsto e non sopportando più quel chiacchiericcio frivolo decisi di fare tappa in bagno, avvertii Mauro e velocemente mi diressi verso la toilette. “Ho saputo che il tuo turno finiva prima della pausa pranzo, che ne dici di mangiare qualcosa insieme? Ho veramente bisogno di parlare con una persona amica”. La vana attesa della risposta di Gabriele mi lasciò più frustrata che mai, tutto intorno a me sembrava così perfetto che la sensazione di essere sbagliata crebbe a dismisura. L’immagine riflessa allo specchio di donna sicura di sé e curata nel suo aspetto fisico non mi rappresentava, la mia vera natura nascosta in un involucro perfetto scalpitava per prendere il sopravvento. Dovevo assolutamente trovare il modo di scacciare tutti questi pensieri dalla mente o non sarei riuscita ad arrivare sana a fine serata, mi rinfrescai velocemente e decisi di tornare al tavolo. Soprappensiero e accidentalmente, nel percorrere il tragitto di ritorno, mi scontrai con qualcuno e solo nel finire a terra riuscii a mettere a fuoco l’ostacolo contro il quale ero finita. “Mi dispiace, non l’avevo vista. Loredana? Sei tu?”. Quegli occhi verdi li avrei riconosciuti ovunque. “Ciao Leonardo, non preoccuparti. Ero distratta, se c’è qualcuno da recriminare sono io”. Presi al volo la mano che mi porgeva con la speranza che il cicaleggio generato dalla mia caduta si assopisse il prima possibile o almeno prima che potesse giungere a Lucia, la quale sicuramente avrebbe avuto da ridire anche su questo piccolo contrattempo. “Non immaginavo che frequentassi questi ambienti, non ti ho mai vista prima d’ora in questo locale. Io lo consiglio più che volentieri, cibo raffinato e locali d’effetto. Non trovi?”. Un’altra conversazione sull’arredamento del ristorante, sul suo tovagliato o sulla composizione dei suoi piatti non sarei riuscita a sostenerla. “E’ la prima volta che vengo, ho accompagnato Lucia”. Proprio al momento giusto per congedarmi da Leonardo vidi quello che non avrei mai voluto vedere, non riesco ancora a spiegarmi cosa abbia provato davvero in quel momento: Gabriele, l’uomo che nell’ultimo mese aveva speso la maggior parte del suo tempo in mia compagnia, varcava la porta d’ingresso con la donna che nell’ultimo periodo avevo disprezzato più di tutti. Angela con indosso un semplice vestito estivo si muoveva con eleganza e disinvoltura, dall’ultima volta che l’avevo vista il suo fisico sembrava più asciutto ma ciò non andava ad intaccare la sua eterea bellezza. L‘intesa tra loro era evidente a tutti, continuavano a sorridersi e a scambiarsi occhiate complici; presero posto ad un tavolino vicino la finestra. Leonardo aveva seguito il mio sguardo e si era accorto di come ci fossi rimasta male alla vista della loro uscita insieme, il suo tentativo di sdrammatizzare fu un buco nell’acqua. “Wow, oggi sono tutti clienti di questo locale, speriamo di non incontrare anche il mio commercialista!”. Nonostante fu veramente difficile girare il volto non volevo dargli l’impressione del cucciolo ferito. “Probabilmente la colpa è la tua e della pubblicità positiva che hai fatto a questo posto! Ormai vedi Gabriele sicuramente più di me, no?”. Leonardo cominciò a guardarsi intorno probabilmente nell’intento di trovare una via di fuga. “Non sono bravo con le parole, come avrai notato anche tu; sono sicuro che se non fosse stato per una causa di forza maggiore il suo tempo lo avrebbe passato con te e non con me. Mi dispiace Loredana ma non posso entrare nei dettagli della faccenda, comprendi la posizione scomoda di amico e libero professionista?”. Un cameriere arrivò in suo soccorso e dopo avergli indicato il tavolo prenotato Leonardo mi salutò velocemente e si diresse dai suoi ospiti. Per quanto mi riguarda mi erano rimaste due possibilità: raccogliermi la coda tra le gambe e tornare al tavolo da Lucia ingoiando il boccone amaro oppure avrei potuto salutare la coppia; l’ago della bilancia indicò la seconda opzione nel momento in cui vidi Gabriele prendere il telefono, soffermarsi qualche minuto sul display e poi metterlo via come se niente fosse. Non meritavo almeno un cortese rifiuto? Sicuramente la rabbia che mandò in frantumi il mio autocontrollo non fu di aiuto, come una furia arrivai al loro tavolo. “Potevi almeno scrivermi che avevi di meglio da fare in questi giorni, lo avrei capito. Invece non hai perso occasione per criticarmi e farmi sentire in colpa di una situazione che di certo non ho voluto io”. Il tono della mia voce era decisamente alterato nonché stridulo, un silenzio curioso si creò nella sala, nonostante le spalle riuscivo a percepire i tanti sguardi intenti a seguire la mia sfuriata. “Loredana, possiamo parlare in privato?”. Il vano tentativo di Gabriele di sedare la mia ira mi fece innervosire ancora di più. “Potevamo farlo ogni volta in cui ti ho pregato di dirmi cosa accadeva. Ora è tardi, non voglio più ascoltare una parola uscire da quella bocca bugiarda”. Angela che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi bassi tentò di giustificarlo. “Trovo inadeguata la tua reazione nei nostri confronti. Qual è il tuo problema? Ti da fastidio che sia uscito con me o che per una volta tu sia stata messa in secondo piano? Non puoi continuare per sempre a tenere i piedi in due scarpe, prima o dopo dovrai decidere da che parte stare ed anzi guardandoti bene credo che tu una scelta l’abbia già fatta per cui devi essere onesta con te stessa e lasciarlo andare!”. Fatto in un altro momento, a mente lucida, probabilmente le avrei anche dato ragione ma l’astio che provavo nei suoi confronti e dopo ciò che avevo visto mi fece perdere l’ultimo briciolo di lucidità che mi era rimasto; in un batti baleno presi, con l’unica mano libera, il bicchiere d’acqua e le lanciai in faccia il contenuto. Un gridolino di sorpresa fece eco al mio gesto, Gabriele si alzò in piedi e mi accusò di essere impazzita; Lucia mi raggiunse e tirandomi per un braccio mi apostrofò. “Non posso lasciarti andare al bagno da sola che ti recupero nel fare scenate isteriche? Credo che tu debba imparare ad avere più contegno! Angela, mi dispiace per l’accaduto; Loredana ha avuto un grave incidente dal quale ancora non si è ripresa del tutto”. Mi liberai dalla sua stretta. “Ti stai giustificando con lei o con tutti questi sconosciuti che hanno assistito alla scena?”. Mi girai verso la sala e allargando le braccia lanciai frasi ironiche. “Si è vero, sono quasi morta ma per fortuna o sfortuna, a seconda di chi lo stia pensando, sono ancora tra voi. Non sono pazza e né isterica ed odio profondamente tutta l’ipocrisia che vi circonda da mattina a sera; io non sono questa, non lo voglio essere!”. Buio. Quando riaprii gli occhi ero di nuovo sdraiata in un freddo letto d’ospedale, Riccardo entrò poco dopo il mio risveglio. “Bene, vedo che ti sei ripresa finalmente! Cosa devo fare con te? Ora ti darò un ultimatum da medico per cui ascoltami bene: voglio che tu inizi un percorso psicologico che ti aiuterà non solo nella gestione degli attacchi di panico ma anche nelle emozioni improvvise; se ti rifiuterai, segnalerò a chi di competenza la tua inidoneità a riprendere il lavoro e sai bene che dopo un’indagine preventiva verresti sospesa. Non guardarmi con quell’espressione, quello che è successo al bistrot è stato sbagliato oltre che poco salutare per te. Ho provveduto personalmente ad avvisare la tua famiglia, tuo padre sarà qui a breve”. L’idea di perdere i miei pazienti mi fece desistere da qualsiasi risposta velenosa, annuii e accettai di farmi aiutare; guardai il telefono, di Andrea ancora nessuna notizia: per colpa sua avevo quasi perso tutto quello a cui tenevo!

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Capitolo 52
*** Rosso Valentino ***


Le analisi avevano dato buoni risultati per cui non c’era nessun motivo per tenermi sotto osservazione e questo fu davvero un motivo di sollievo, non solo per me ma anche per la mia famiglia. Non appena Riccardo ci consegnò la lettera di dimissione mio padre iniziò la sua ramanzina. “Non capisco cosa vi stia succedendo, stento a riconoscervi. Ho parlato con Lucia e sono venuto a conoscenza della tua scenata al ristorante; non posso credere che tu abbia potuto lanciare dell’acqua ad Angela! Sei sempre stata la più razionale tra le tue sorelle, neanche durante il periodo dell’adolescenza mi hai mai dato motivo di preoccupazione. Cosa succede ora? Non me ne andrò via senza che tu mi dica la verità”. Con le mani sui fianchi mio padre aveva assunto una posizione autoritaria. “Saranno ancora i postumi dell’incidente papà”. Evitai il suo sguardo severo e continuai a raccogliere le mie cose. “Balle! Non prendermi in giro Loredana; Riccardo mi ha informato dei tuoi ricorrenti attacchi di panico, perché non me ne hai parlato? Cosa stavi aspettando? E chissà quante cose ancora non ci hai detto!”. Anastasia cercò di calmarlo ma io ero stanca di sentirmi sempre dire cosa fare o non fare, la vita era la mia e avrei smesso di essere quello che le persone volevano che io fossi. “Non avrebbe dovuto metterti a conoscenza del mio problema medico, in ogni caso non dovrai preoccuparti perché ho accettato di iniziare un percorso psicologico che mi aiuterà a superare il tutto. Sono umana anche io, papà; Angela nell’ultimo periodo si è comportata male sia nei miei confronti ma soprattutto verso Giada e vederla ora approfittarsi anche di Gabriele mi ha fatto perdere la testa. Lucia avrà gonfiato l’episodio come è solita fare; posso assicurarti che un po' d’acqua sul viso non ha mai ucciso nessuno”. La risata di Anastasia le fece acquistare punti ai miei occhi. “Antonio, perdonami ma sono d’accordo con Loredana. Credo che si stia esagerando, dobbiamo lasciare lo spazio a questi ragazzi ed imparare a fidarci di loro”. Mio padre non sembrava convinto ma per la prima volta mi resi conto di come tenesse in considerazione il pensiero di Anastasia ed avrei anche approfondito il discorso se dalla porta non fosse entrato come un uragano Andrea. “Come stai?”. Si avvicinò e mi abbracciò, sentivo il suo cuore battere velocemente; non ricambiai l’abbraccio né gli risposi mi limitai a rimanere passiva ed aspettai che mi lasciasse. “Pensavo fossi impegnato fino a tarda sera”. Rimasi sulle mie. “Si, dovevo esserlo. Ho lasciato una riunione importante perché mia madre mi ha chiamato e mi ha detto che ti eri sentita male e ti stavano di nuovo portando in ospedale. Cosa è successo?”. Mio padre alzò le braccia al cielo. “Vorrei saperlo anche io!”. Una sinistra calma mi aveva pervaso. “Ho avuto un momento di nervosismo. Non hai avuto un minuto libero in tutta la giornata per chiedermi come stessi o dove fossi? Credo tu possa tranquillamente tornare alla tua riunione io me ne tornerò a casa mia questa sera; non sarò un peso o un disturbo per nessuno”. Andrea tentò di abbracciarmi di nuovo ma più si avvicinava e tentava di toccarmi e più mi infastidiva. “Tesoro, hai solo bisogno di riposarti; andiamo a casa e vedrai che tutto si sistemerà”. Non so quale fosse la goccia che fece traboccare il vaso ma ancora una volta in questa interminabile giornata persi la pazienza. “Ho detto che a casa con te non ci torno! Ora lasciatemi in pace”. Mi allontanai da quella stanza e da tutta la pressione che mi circondava, quando uscii dall’ospedale ritornai con la mente al giorno dell’incidente; come se stessi vedendo un film vidi me stessa smarrita attraversare la strada e poi essere travolta come un birillo. “Loredana? Stai bene?”. Leonardo ancora una volta mi aveva salvato da un nuovo attacco di panico. “S…s…si sto bene; ho avuto un déjà-vu. Mi dispiace se oggi ti ho messo in imbarazzo”. Andrea ci raggiunse. “Ti stavo cercando ovunque, non dovresti allontanarti senza la sicurezza. Buonasera Leonardo”. Lo scambio di convenevoli durò giusto il tempo per farmi scorgere un uomo vestito elegantemente con occhiali da sole, lo avevo già visto; interruppi la conversazione tra loro due ed espressi i miei dubbi. “Sei sicura? E’ meglio se torniamo all’interno della struttura ospedaliera, avviserò immediatamente Mauro”. Quando l’uomo si accorse del nostro spostamento verso l’interno cominciò ad allontanarsi a passo veloce, questo fece ulteriormente insospettire Andrea che avvisò la sicurezza. “Se volete posso accompagnarvi io a casa. Non importa se allungo un po' con la strada, possiamo anche fermarci a mangiare qualcosa lungo il tragitto di ritorno”. Andrea valutò la situazione e senza chiedermi cosa volessi fare accettò l’offerta di Leonardo. La cena forzata non andò nemmeno così male, il posto era stato scelto casualmente seguendo il consiglio di non recarsi in posti abituali per evitare di essere maggiormente esposti. I due uomini mantennero la conversazione su toni neutri, Andrea propose a Leonardo di occuparsi di alcune questioni riguardanti il progetto di esportazione del vino e lui accettò di buon grado. “Spero che tu stia meglio, mi è dispiaciuto tanto vederti in quelle condizioni. Non volevo essere duro con te ma allo stesso tempo non riconosco più la mia amica; Angela è una brava ragazza e spero che tu un giorno possa capirlo e mettere da parte tutti i pregiudizi sul suo conto”. Il messaggio mi aveva colpito più di quanto immaginassi, il vero problema è che non mi sentivo abbastanza né per Andrea né per Gabriele e forse in primis non lo ero stata per mia madre. Come potevo pretendere che qualcuno rimanesse al mio fianco e mi apprezzasse se la prima che non lo aveva fatto era stata proprio colei che mi aveva messo al mondo? Dovevo assolutamente uscire da questo tunnel di pensieri nefasti, Riccardo aveva ragione prima avrei iniziato la terapia e prima sarei riuscita a riprendere le redini della mia vita. “Tesoro, sei stata silenziosa tutta la sera. Il problema sono io? Ti sei pentita di quello che è successo tra noi?”. L’atrio di villa Barbieri sembrava più freddo che mai, le luci erano spente in gran parte della casa. “Si il mio problema è il tuo comportamento. Dopo tutto quello che abbiamo condiviso come puoi avermi liquidato con mezza riga frettolosa e sparire per un’intera giornata?”. Andrea si guardò intorno, salutò Mauro e ci dirigemmo verso le nostre stanze. “Non ti ho liquidato e non sono sparito. Ho semplicemente dovuto lavorare e ti posso assicurare che anche se non ho avuto un minuto di tempo per poterti chiedere come stavi, sei sempre stata presente nella mia testa ed il ricordo della notte appena trascorsa l’ho custodito dentro di me come un tesoro importante”. Queste erano le differenze caratteriali e sociali che tanto mi spaventavano e che per un breve periodo avevo pensato di poter mettere da parte: il vero amore non conosce ostacoli mi ripetevo come un mantra. Ad interrompere la nostra conversazione fu Mauro che arrivò di corsa dalle scale centrali, Andrea mi spostò dietro di lui per protezione. “Signor De Barbieri, ho appena parlato con il sig. Colonnato. E’ successo un fatto increscioso alla fattoria”. Il nostro ritorno o il trambusto che si era generato aveva svegliato anche Lucia che in accappatoio e con indosso una maschera di bellezza ci raggiunse nel corridoio; le parole di Mauro mi avevano raggelato, non ebbi neanche il coraggio di chiedere a Mauro cosa fosse successo; mi aggrappai al braccio di Andrea nel tentativo di non sentirmi male per l’ennesima volta. “E’ stato recapitato alla signorina Beatrice un pacco con all’interno una bambola con la testa staccata. Il plico non è stato spedito ma in qualche modo è pervenuto all’interno della casa, ovviamente il mittente è sconosciuto”. Ad ogni imprecazione di Andrea i miei nervi sussultavano, Lucia si avvicinò a noi. “Andrea è giusto che tu ti occupi della faccenda, dovresti mettere a conoscenza anche tuo padre dei nuovi sviluppi. Non preoccuparti per Loredana, penserò io a lei”. Andrea annuii, mi diede un rapido bacio sulla fronte e mi disse di non essere in pensiero e che sarebbe tornato presto. Come potevo non esserlo quando intorno a me tutto continuava ad andare a rotoli?

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Capitolo 53
*** Rosso Veneziano ***


Andrea rientrò a tarda nottata, nonostante i miei buoni propositi di rimanere calma non ero riuscita a rilassarmi a tal punto da addormentarmi. Bussai alla porta che divideva le nostre due camere ed una voce stanca mi disse di entrare: Andrea con la giacca buttata sul letto e la camicia sbottonata si stava togliendo velocemente le scarpe. “Va tutto bene?”. Avevo pronunciato quelle parole quasi sussurrandole, forse per paura di sentirmi rispondere con brutte notizie. “Sì, sono appena tornato da casa tua. Stanno tutti bene per fortuna, un po' di spavento generale ma ora la situazione sembra di nuovo essere sotto controllo. Tuo padre domani approfondirà come sia potuto accadere che quel pacco sia entrato in casa senza nessuna supervisione. Ho parlato anche con mio padre che è concorde con il mio pensiero, crediamo che tutto quello che ci stia capitando nell’ultimo periodo sia un vero e proprio attacco verso la vostra famiglia”. Lo avevo pensato anche io, prima il mio incidente e poi Beatrice, l’unica cosa che non tornava era l’avvelenamento a Caterina ma molto probabilmente era stato un errore perchè la destinataria di quella tartina doveva essere Giada. “Non ho proprio idea di chi possa avercela con noi e mi dispiace che tutto questo si stia ripercuotendo anche su di voi”. Mi sedetti sul letto accanto a lui, Andrea si voltò e mi abbracciò. “Non devi neanche pensarlo, la nostra è solo un’ipotesi al momento e fino a che non ne avremo la certezza nessuno di noi può considerarsi al sicuro. Domani hai controlli in ospedale?”. Mi rannicchiai tra le sue braccia. “No, fino a martedì sono libera; nel weekend avevo promesso a Giada di fare un salto a casa in modo da poter vedere anche Beatrice”. Andrea annuii e mi scostò. “Va bene, allora sabato mattina andremo a casa tua e dopo partiremo per andare a conoscere la cara cugina di campagna. Sono riusciti a rintracciarla, ora vive a Londra ed è un’insegnante. Le ho parlato al telefono e mi ha detto che sarebbe molto felice di incontrarci, non le ho accennato però il motivo della nostra visita. Dobbiamo concordare prima della partenza cosa raccontare senza sollevare scandali o dubbi di sorta”. Questa volta fui io ad annuire. “Va bene, solo una cosa: non lasciarmi più da sola con tua mamma! Siamo completamente agli antipodi, posso passare sopra al fatto che mi vesta come una bambola, che mi trascini ad un brunch dove il tema principale sia l’arredamento del locale scelto, che mi costringa a comportarmi in modo composto ma non posso sopportare l’idea di dovermi mettere del cetriolo sugli occhi! Io lo odio! Solo la vista mi provoca nausea”. Andrea rise di gusto. “Domani vuoi venire con me? Se sei sopravvissuta ad un’intera giornata con mia mamma penso che potresti sopportare anche qualche noiosa riunione di lavoro. Ora, vista anche l’ora tarda è meglio se fili a letto. Io mi farò una doccia veloce”. Mi diede un rapido bacio sulla fronte e si chiuse la porta del bagno alle spalle. Non so se sia stata la consapevolezza che Andrea tenesse a me e che non mi stava evitando dopo quello che c’era stato tra noi oppure se l’incidente mi aveva cambiato davvero e mi aveva reso più audace fatto sta che iniziai a spogliarmi e lo raggiunsi sotto la doccia. Non appena le mie mani sfiorarono il suo petto Andrea rabbrividì. “Non pensavo che lo avresti fatto ma ci speravo, sei sicura? Non voglio correre con te, non voglio che tu pensi che sia solo una storia di sesso tra noi”. Lo feci voltare e gli posai l’indice sulla bocca, dopo di che lasciai che la passione ci travolse entrambi. Quel venerdì mattina la noia non voleva proprio abbandonarmi, non era stato sufficiente farmi accomodare su un divano di pelle posizionato vicino un’ampia finestra dalla quale poter osservare indisturbati la bellezza dei fori imperiali, tutti i tentativi che avevo cercato di fare per concentrarmi nella lettura erano stati vani. Dovevo tenermi impegnata per non pensare e rimanere chiusa in una stanza, per quanto bello potesse essere il contorno, non era certo l’ideale; Andrea si muoveva sicuro nella presentazione dei profitti che la sua società avrebbe ricavato dall’essere investitrice nel progetto di mio padre, venivano snocciolati un’infinità di numeri che a mio parere erano solo dei banali caratteri che risaltavano su uno schermo. Come si poteva davvero prendere decisioni su ipotesi verosimili? E come si riusciva a definire quanto un imprevisto poteva davvero incidere sulla riuscita o meno di un investimento? Inutile dirvi che la matematica non era il mio forte, anzi, per me era davvero un’opinione! Il vestito che avevo scelto di indossare quella mattina non mi permetteva molte libertà di movimento: il tubino blu notte mi fasciava l’addome e sembrava togliermi il respiro, i tacchi alti invece mi torturavano i piedi da sempre amanti della comodità. Andrea si accorse della mia inquietudine e con maestria mi coinvolse nella discussione. “Loredana, se dovessi scegliere un solo prodotto del vostro vigneto sul quale puntare tutto, quale indicheresti?”. La domanda improvvisa mi provocò una vampata di calore e dieci teste si voltarono in attesa di una mia risposta. “Io…io…non mi intendo di vino, quindi, sono totalmente inutile alla vostra causa”. Cercai di sembrare disinvolta nel rispondere. “E’ proprio questo che stiamo cercando: il parere di un consumatore. Tra tutti i vini di tuo papà qual è il tuo preferito?”. Mi sentivo osservata come se avessi avuto due teste; la questione era semplice, eppure, io non riuscivo a formulare una risposta sensata. “Non saprei scegliere, sinceramente ogni vino di mio papà è molto buono. C’è il bianco frizzantino che in questa stagione calda è un vero e proprio bagno di freschezza per il palato, poi c’è il rosso fermo che è secco ma armonico e così via. E poi Andrea com’è che si dice? De gustibus…”. Andrea sorrise e sfruttò la mia risposta incerta a suo favore. “Grazie. E’ proprio questo quello che volevo farvi capire, con il vino della fattoria Colonnato si casca sempre in piedi”. Non ascoltai il resto della discussione, cercai di sprofondare il più possibile nel divano e di mostrarmi impegnata nella lettura. “Ciao sorella, vi aspettiamo per pranzo. Non importa se finirà tardi la riunione, la nonna ha preparato così tante cose che potremmo sfamare un intero reggimento”. Il messaggio di Giada mi sollevò l’umore e le risposi immediatamente dicendole che saremmo venuti molto volentieri. L’incontro si protrasse per un’altra ora abbondante ma poi finalmente andammo alla fattoria; è inutile negarvi come mi sia sentita nel varcare quel grande cancello. Finalmente mi sentivo a casa, libera da pressioni sociali, da regole di bon-ton e potevo essere me stessa senza nessuna preoccupazione. La mia famiglia ci accolse calorosamente e ci dimostrarono tutta la loro felicità nell’averci di nuovo a casa. “Bambina mia, ti fermerai per il fine settimana?”. Mia nonna era, forse, la più emozionata di tutti. “Purtroppo, no signora; già nel pomeriggio partiremo per Londra. Loredana mi accompagnerà in un viaggio di lavoro, le prometto che la settimana prossima farò in modo che sua nipote trascorra più tempo in sua compagnia”. Andrea aveva detto una mezza verità indicando dove saremmo andati ma aveva mentito sulla motivazione del nostro viaggio. “Ci conto, giovanotto. Ora sedetevi tutti a tavola altrimenti si raffredderà tutto quello che ho preparato”. Mi avvicinai a Beatrice e le chiesi come si sentisse, lei mi guardò per un lungo momento poi mi prese il braccio e mi portò in disparte. “Sono quasi emozionata sorella, ti osservo e vedo una donna. Non sto parlando di abiti o di acconciature, credo che tu sappia benissimo a cosa mi riferisco. Quando avete deciso di portare la vostra relazione ad un livello successivo?”. Per un momento dimenticai la tragedia che stava vivendo e nei suoi occhi vidi la stessa scintilla maliziosa che l’aveva sempre accompagnata. “Non vorrai parlare di questo ora! Sei sempre la solita!”. Beatrice accennò un sorriso ma quel barlume di luce che aveva illuminato i suoi occhi per un breve istante scomparve del tutto. “Sono frustrata, mi sento totalmente impotente perché non posso fare nulla per migliorare la situazione e mi sento terribilmente in colpa nei confronti di questo bambino. Credo che meriti di avere una madre migliore di me”. Le afferrai il braccio e cercai di spronarla. “Cosa dici? Non hai nessuna colpa in tutto quello che ti sta accadendo! E sarai una madre meravigliosa, devi solo avere pazienza e seguire scrupolosamente le indicazioni mediche”. Beatrice non sembrava convinta, il dolore che stava provando era così intenso che potevo quasi toccarlo. “Loredana, non essere ipocrita come tutti gli altri. Le donne portano avanti gravidanze e partoriscono da millenni ed io invece sono una terra arida, una casa ostile, il pericolo più grande per la vita di mio figlio. Come posso accettare tutto questo? Ogni giorno mi guardo allo specchio e mi chiedo cosa non vada nel mio corpo”. Velocemente si asciugò una lacrima. “Questo tono arrendevole ed accusatorio non è da te. Cosa stai cercando? Vorresti che ti compatissi? Invece no, devi combattere perché noi siamo sempre state delle guerriere e non ci facciamo abbattere dagli ostacoli”. Marco si avvicinò e ci disse che la nonna aveva iniziato a servire i primi, Beatrice si allontanò e si sedette vicino mio padre. “Dovrebbe iniziare un percorso psicologico che l’aiuti a superare questo momento difficile. Per quanto le vogliamo bene non abbiamo le competente per aiutarla e più si aspetta e più ho paura che cada nello stesso baratro depressivo della mamma. Lunedì ti manderò il contatto della professionista alla quale mi sono affidata, prova a convincerla ad incontrarla”. Marco annuì ed insieme raggiungemmo gli altri. “Aurora, mi hai aspettato per andare a prendere il materiale per dipingere?”. Mia sorella era concentrata a scrivere su un quadernino mentre in un orecchio aveva il solito auricolare, Anastasia vedendo che non rispondeva le toccò il braccio e le chiese di mettere via tutto oltre che le ripropose la mia domanda. “Certo. Organizziamo per la settimana prossima?”. Non aspettò la mia risposta che tornò ad annotarsi qualcosa. “Aurora, pensavo che Anastasia fosse stata già abbastanza chiara nel dirti di abbandonare qualsiasi attività tu stessi facendo per dedicarti a questo momento familiare”. Mio padre assunse un tono severo, dall’incidente di Caterina avevo notato che tra loro erano nati parecchi contrasti. “Ho risposto, devo sostenere una conversazione sul tovagliato o più genericamente sul tempo? Vuoi che finga di interessarmi ai problemi o alle vicissitudini della tua famiglia?”. Mentre mio padre arrossì fino alla radice dei capelli un silenzio spettrale cadde sulla tavola. “Aurora, questa è anche la tua famiglia. Non devi fingere di essere una persona che non sei ma allo stesso tempo è mancanza di rispetto verso coloro che gentilmente ci ospitano in questa casa comportarsi in questo modo. Non voglio sentirvi litigare oggi per cui mettiamo un punto alla discussione”. La pacatezza con la quale Anastasia intervenne riuscendo a non rovinare il pasto a tutti fu provvidenziale. “Antonio, ci sono novità sul pacco di ieri?”. Andrea portò il discorso su un altro tema scottante per tutti noi, dovevamo assolutamente andare a fondo della questione mettendo a loro posto tutti i pezzi del puzzle e capire chi stesse cercando di farci del male.

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Capitolo 54
*** Aragosta ***


La grande tavola imbandita, il calore delle risate, le tante chiacchiere e noi tutti riuniti per il solo piacere di trascorrere un meraviglioso pranzo in famiglia mi fecero dimenticare per qualche ora tutti i problemi che nell’ultimo periodo si erano riversati su di noi con la stessa forza ed imprevedibilità di una valanga. “Questa mattina ho scambiato quattro chiacchiere con tutte le persone che erano in servizio ieri. Nessuna ha visto il pacco entrare e per di più finire nella stanza di Beatrice; ho visionato anche i filmati delle telecamere ma sinceramente non ho trovato nulla di interessante. Ho saputo da tuo padre che vogliono archiviare sia l’incidente di Caterina che quello di Loredana per mancanza di prove”. La forchetta mi cadde dalle mani provocando un suono sinistro nel momento in cui toccò il piatto, mia nonna mi rivolse uno sguardo molto preoccupato. “Non possono farlo! Lasciano che un potenziale omicida se ne stia a piede libero? Come possono pensare che torneremo alla nostra quotidianità se non trovano chi ci sta privando della nostra libertà?”. Il tono della mia voce dovette sembrare disperato perché Andrea, al mio fianco, mi prese la mano e cercò di tranquillizzarmi. “Tesoro, le indagini sono giunte ad un punto morto. Non credo ci siano molte possibilità che si vada avanti nonostante la nostra opposizione, dovremmo imparare a convivere con la realtà che ci circonda”. Mio padre sembrava demoralizzato, anche lui, come tutti, sentiva questa pressione metterlo a dura prova. “Ovvio, stanno cercando in modo errato e per questo non hanno trovato ancora nulla”. La nostra attenzione si rivolse tutta su Aurora che candidamente continuava a scarabocchiare sul suo piccolo quadernino. “Cosa vorresti dire? C’è qualcosa che non ci hai detto?”. Ecco che di nuovo mio padre si mise sulla difensiva, non riuscivo proprio a capire perché tra quei due ogni minima parola doveva essere considerata un affronto dall’altro. “Quello che ho detto. Le indagini sono state portate avanti per tentato suicidio per quanto riguarda Caterina ed invece per Loredana si è cercato un pirata della strada. Io credo che dietro i due episodi ed ora anche quello di Beatrice ci sia lo stesso mandante; è evidente che qualcuno ha preso di mira la famiglia. Chi può voler far del male a Giada, Loredana e Beatrice? Perché io non sono stata presa di mira?”. Anastasia che meglio di tutti noi conosceva la più giovane di casa tentò di smorzare il suo spirito investigativo. “Tesoro, non siamo in Venezuela. Conosco la vita che hai fatto, le persone che ti circondavano; qui è diverso, dovrai imparare ad essere meno sospettosa e a pensare che non tutti quelli che ti circondano vogliono farti del male”. Edoardo che fino ad ora aveva taciuto chiese ad Aurora di proseguire nella sua teoria. “E’ vero quello che dici Anastasia ma è anche vero che non credo a tutte queste coincidenze. Agli interrogativi che ho posto prima io mi sarei anche già risposta; non mi verrà fatto del male perché il mandante non sa della mia esistenza! Non mi guardate con quella faccia sconvolta, possibile che a nessuno venga in mente un nome?”. Fu Beatrice la prima a mettere in ordine il puzzle. “David! Ti riferivi a lui vero?”. Aurora applaudì e guardò l’ora. “Non male, visto le premesse pensavo di dover aspettare la mezzanotte prima che qualcuno arrivasse a lui. Credo sia ovvio no? Lui è partito poco prima che io arrivassi e a quanto mi è stato riferito ha minacciato di vendicarsi, i mezzi li ha e la malvagità anche”. Come una fitta nebbia che improvvisamente si dissolve ci rendemmo conto che il ragionamento della piccola Aurora poteva essere una pista più che concreta, Beatrice iniziò a piangere e Marco cercò subito di calmarla ma non ottenne altro che ulteriore isteria. “Mio Dio! E’ tutta colpa mia! Non solo sto mettendo in pericolo la vita di mio figlio ma ora anche la vostra. Devo pagare per tutti gli errori e le leggerezze che ho commesso in passato ma ciò non doveva ricadere anche su di voi, non so come scusarmi. Mi dispiace così tanto”. Il dolore di mia sorella era il nostro, sapevamo benissimo che lei non era colpevole ma allo stesso tempo nessuno riuscì a formulare una frase per consolarla o allievare il peso che minacciava di schiacciarla; con molta compostezza si scusò e si diresse verso la sua camera seguita da Marco che sembrava desolato per non riuscirle a dare ristoro. “Brava! Hai raggiunto il tuo scopo? Non potevi tenere le tue teorie per te e condividerle con me in un altro momento?”. La reazione di mio padre mi lasciò allibita, invece di prendersela con quel farabutto aggredì Aurora che altro non aveva fatto se non illuminarci con il suo brillante ingegno. Si alzò in piedi e strinse i pugni, lo sguardo di ghiaccio lo inchiodò alla sedia. “Dovresti ringraziarmi, se non fosse per loro probabilmente ti avrei lasciato vittima di quel delinquente! Non vedi l’ora di chiamare il medico e di farmi imbottire di farmaci come la mamma, vero? Sappi che ti combatterò fino alla fine”. Detto ciò, anche lei lasciò la tavola tra le proteste di Anastasia, che rivolto un ultimo sguardo inceneritore a mio padre, la rincorse. “Qual è il vostro problema? Perché non riuscite a trovare un punto di incontro? Sono giorni che vi osservo e papà non ti riconosco, ogni scusa è buona per darle contro”. Mio padre provato per la discussione decise di evitare di darmi spiegazioni, con il tovagliolo si pulì la bocca ed anche lui si ritirò nel suo studio con la scusa di una questione di lavoro dimenticata. “Nonna, ti prego, almeno tu dimmi cosa sta succedendo in questa casa”. La nonna era stranamente silenziosa. “Bambina mia, non sarò io a parlarne. E’ un momento molto difficile per tutti noi ma vedrai che ne usciremo più forti che mai. Ora continuate a mangiare almeno voi e rimanete a fare compagnia ad una povera vecchietta”. Il resto del pranzo proseguì velocemente, Edoardo si mise a parlare fitto fitto con suo fratello mentre io rimasi a scambiare quattro chiacchiere con Giada. “Ora che siamo rimasti soli, cosa andate a fare a Londra? Non raccontatemi la bugia del lavoro perché parlando con papà ho saputo che non c’è nessun impegno lì. I segreti stanno sgretolando le nostre famiglie, ve ne rendete conto?”. Edoardo era intenzionato a scoperchiare il vaso di pandora mentre io ed Andrea non eravamo ancora pronti a condividere i nostri dubbi. “Grazie fratello! Hai rovinato la sorpresa che volevo fare a Loredana!”. Arrossimmo entrambi, io perché consapevole della menzogna ed Edoardo perché si sentiva in colpa. “Che bello! Dai, anche se ora mia sorella ha compreso che non sarà un viaggio di lavoro non sa cosa l’aspetta per cui non è tutto rovinato. Sono sicura che non stia più nella pelle dalla felicità, non è vero Loredana?”. Questo fu il primo momento in cui mi resi davvero conto di essere molto cambiata, la vecchia Loredana non sarebbe mai riuscita a mentire, sarebbe arrossita, avrebbe balbettato e le mie sorelle avrebbero capito subito; oggi invece la mia voce risultò sicura, a tratti emozionata e nessuno ebbe da obiettare sulla veridicità del racconto. Salita in auto mi soffermai a guardare dal finestrino, in poche settimane erano cambiate così tante cose che era difficile ricordarsi chi eravamo prima; le difficoltà fortificano o disintegrano ed io non ero più così certa che la nostra casa fosse una fortezza inespugnabile.

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Capitolo 55
*** Salmone ***


Devo ammettere che in tutta la mia vita non ero stata una gran viaggiatrice, anzi, escludendo le gite scolastiche le poche volte che mi ero recata in visita da qualche parte potevano contarsi sulle dita di una mano: il viaggio di maturità e la vacanza post-laurea. Entrambi erano stati organizzati da Rosa e per ovvie ragioni non riuscii a sottrarmi dall’accompagnarla; il primo fu un bellissimo tour delle isole greche mentre nel secondo visitammo la spagna, sia chiaro che conoscere una nuova cultura, scoprire posti nuovi ed ammirare le bellezze del passato mi ha sempre affascinato, quello che contesto è la concezione diversa di svago che avevamo entrambe. Rosa è una persona molto energica sempre pronta a cogliere l’attimo per divertirsi, la sua giornata ideale non dovrebbe iniziare prima di mezzogiorno ed ovviamente terminare ballando fino a notte fonda nelle più rinomate discoteche; ecco, io sono l’opposto: una mattiniera che spesso prima del sorgere del sole è già pronta ed elettrizzata per iniziare la giornata, trascorrerei gran parte del tempo tra cultura e avventura e relegherei il divertimento ad una cena ristoratrice per terminare la serata vedendo tramontare il sole. Il viaggio con Andrea era una completa incognita, si sarebbe rivelato più simile a me o a Rosa? Presto lo avrei capito. “Tesoro, ti vedo nervosa? Tutto bene?”. Il mio silenzio era stato notato. “Si, si. Stavo giusto ricordando le poche volte che mi sono allontanata da casa. Saper di dover andar via lasciando la mia famiglia in quella precaria situazione mi angoscia”. Andrea mi prese la mano tra le sue. “Staranno tutti bene, è solo per un weekend. Questa chiocciolina prima o dopo deve imparare ad uscire dal guscio nel quale troppo spesso vi si rifugia ed osservare il mondo con i suoi occhi. E pensare che ero convinto che tu avessi paura dell’aereo”. Gli diedi un buffetto sulla spalla ed insieme superammo i controlli aeroportuali. “Hai pensato a come giustificare la nostra visita alla cara cugina di campagna? A proposito, non mi hai ancora detto il suo nome”. Andrea mi guardò pensieroso. “Ci ho riflettuto a lungo e sono giunto alla conclusione che sia meglio vedere come si imposterà la conversazione in modo da rimanere il più naturali possibili e non destare sospetti, ho paura che un discorso pre-impostato risulti troppo fittizio e che poi sorgano innumerevoli domande. Si chiama Sandy, non è sposata, vive a Londra, lavora come insegnante ed ha accudito sua madre fino a che quest’ultima non è deceduta. Conduce una vita piuttosto tranquilla, al termine delle lezioni la maggior parte delle volte torna diretta a casa tranne il mercoledì e il venerdì che si reca in un club di lettura; poche amicizie note. Speriamo che non sia un tipo diffidente e si sbottoni un po' con noi”. Il mio sguardo allibito fissava il suo volto. “Non pensavo che i tuoi investigatori riuscissero a ricavare tutte queste notizie”. Andrea rise. “Li paghiamo profumatamente per questo e per tenere tutto all’oscuro dei miei genitori questa volta ho dovuto sborsare il doppio! Se non ne sarà valsa la pena sappi che è solo colpa tua se finirò sul lastrico. Ora goditi il volo e cerca di riposare”. Il buon umore di Andrea rilassò i miei nervi, sprofondai nel sedile ed ammirai dall’oblò il panorama. “Qual è la prima tappa del nostro tour?”. Il volo era durato poco più di due ore. “Il programma è questo: stasera cena in un bel posticino, domani mattina visiteremo Londra e nel pomeriggio faremo visita a Sandy; per domenica mattina non ho ancora organizzato nulla, anzi, se hai suggerimenti sono ben accetti. Dovrò fare visita anche ad alcuni amici ma cercherò di organizzarmi senza togliere del tempo a noi”. Sebbene non avessi avuto voce in capitolo annui accondiscendendo, infondo non aveva parlato di intrattenersi fino all’alba in un piccolo e chiassoso locale agitando tutto il proprio corpo e inspirando fumo e sudore! Dopo una breve tappa in hotel, con una vista mozzafiato sul Tower Bridge, ci recammo al ristorante per la cena. “Spero ti piaccia, ho pensato che avresti voluto degustare qualcosa di tipico. Purtroppo, siamo in ritardo per il thè ma spero che il resto sia di tuo gradimento”. Un punto per Andrea, aveva intuito la mia smania di conoscenza e si era assicurato di farmi immergere nella vita londinese; il posto scelto era molto piccolo ma veramente accogliente, i tavoli al suo interno, curati nel minimo dettaglio, erano disposti in modo da poter concedere intimità alle persone che vi si sedevano. “E’ veramente magnifico, l’illuminazione con le candele poi credo sia quel tocco in più che renda l’atmosfera ospitale e magica. Credo che anche tua mamma approverebbe la tua scelta, forse suggerirebbe una modifica alla disposizione floreale ma non credo che a noi interessi”. Ridemmo entrambi e ci accomodammo al nostro posto, il lungo vestito nero con profondo spacco sulla schiena, che avevo deciso di indossare per la serata, mi provocò un lungo brivido. “Andrea, sei proprio tu? Che sorpresa! Quando sei arrivato?”. Un uomo affascinante dagli occhi color nocciola si avvicinò e lo salutò calorosamente. “Mattia, che piacere vederti! E’ passata un’eternità dall’ultima volta che ci siamo incontrati, noi siamo arrivati questo pomeriggio e ci fermeremo fino a domenica; sto cercando di conciliare lavoro e cuore in un weekend”. L’uomo mi squadrò e mi sorrise. “Non ci presenti?”. I suoi occhi continuavano a guardarmi come se volessero trovare qualcosa. “Hai ragione, Mattia questa è la mia fidanzata Loredana”. A quelle parole il mio corpo sussultò, non avevamo ancora capito cosa eravamo in realtà o almeno era quello che pensavo fino a quel momento. Mattia porse la mano ed io avvicinai la mia, prima che riuscii a rendermene conto al posto della classica stretta di mano l’uomo si piegò in avanti e sfiorò il dorso con le labbra. “Incantato. Avrei scommesso su tutto ma non che Andrea trovasse una ragazza da presentare come la sua compagna”. Entrambi risero anche se mi accorsi di una leggera nota di disagio sul volto di Andrea. “Piacere mio. Se non sono troppo indiscreta, come mai?”. Credo sia oggettivo che la curiosità sia donna. “Siamo stati compagni universitari, di dottorato ed infine anche di master. Credevo di conoscerlo bene questo ragazzo ed invece stasera mi ha stupito. Credo tu sappia quanto si sia divertito in passato soprattutto dopo la rocambolesca chiusura della storia con Rebecca! Ecco non avrei mai sognato di rivedere quegli occhioni da pesce lesso”. Mattia diede una pacca sulla spalla ad Andrea, la situazione, a mio avviso, si stava facendo imbarazzante. Mi considerava la sua ragazza tanto da dirlo ai suoi amici ma allo stesso tempo non aveva mai fatto accenno al suo passato, della sua gioventù non conoscevo nulla. “Mio caro amico, i tempi passano e le persone cambiano. Rimarresti stupido dallo scoprire quanto io sia diventato serio e noioso. E tu invece cosa mi racconti? Hai trovato qualcuno che ti metta in riga?”. Mattia mi rivolse un altro sguardo di fuoco. “Con me è una causa persa, credo che la ragazza che mi metta definitivamente un cappio al collo debba ancora nascere. Forse esigo troppo dalla vita, oggi sperare di trovare una persona che sia intelligente, solare, con carattere e di bella presenza è un’utopia. Nel frattempo continuo a divertirmi conservando il mio cuore intatto per il magico incontro, anzi, dovete scusarmi ma l’amica del venerdì mi sta aspettando. Spero di rivederti prima che parti, amico mio e Loredana è stato un onore conoscerti, qualora cambiassi idea e vorresti un po' di brio nella tua vita mi trovi aldilà della stanza”. Andrea lo salutò lanciandogli il tovagliolo. “Perdonami, non pensavo che qui ci avrebbe trovato qualcuno”. Dopo che Mattia si era allontanato, Andrea sembrava aver ritrovato il buon umore sbarazzandosi della nota di disagio. “Figurati. Ovviamente, ora, la tua fidanzata non potrà sorvolare sul chiederti chi sia Rebecca”. Posi l’accento sulla parola fidanzata ma Andrea sembrò non faci caso. “Immaginavo. Ci conosciamo poco io e te ma a prova della mia serietà nella nostra relazione risponderò minuziosamente ad ogni domanda che deciderai di pormi. Parlare di Rebecca non è mai stato facile per me, fino a qualche tempo fa credevo fosse stato il mio primo amore; ci siamo conosciuti a scuola, ragazza brillante, figlia di un noto imprenditore, era di una bellezza ammaliante. Sua mamma era indiana e da lei aveva ereditato dei tratti inconfondibili e rari, i suoi occhi verdi contrastavano i lunghi capelli rossi. Ovviamente era anche molto intelligente, sapeva il fatto suo e non si faceva mettere i piedi in testa ma allo stesso tempo sembrava avere una dote innata per sembrare sempre perfetta in ogni occasione. Fui immediatamente rapito da lei, la nostra relazione durò tre anni e finì in modo burrascoso. Dopo l’incidente di Edoardo mi chiusi in me stesso, iniziai a bere e a fumare, capitava sempre più spesso di risvegliarmi in luoghi nei quali non ricordavo di essere andato o con persone estranee nel mio letto. Rebecca sapeva tutto eppure decise lo stesso di starmi accanto e più lei mostrava il suo lato compassionevole nei miei confronti e più io alzavo il tiro. Quando ormai la situazione divenne insostenibile mio padre decisi di portarmi in Svizzera per curare le mie dipendenze e Rebecca mi seguì abbandonando gli studi. Un giorno guardandomi allo specchio vidi soltanto l’ombra di me stesso e mi resi conto che non avrei potuto portarla con me all’inferno, l’affrontai e le dissi che non provavo più nulla per lei e che la sua indole da crocerossina poteva impiegarla con chi voleva effettivamente essere aiutato. Rebecca incassò il colpo ma ribadì la sua intenzione di voler rimanere al mio fianco, persi la pazienza e cominciai a distruggere la stanza nella quale eravamo e solo quando ogni oggetto era stato vittima della mia rabbia le urlai di andarsene e di non farsi più vedere. Non dimenticherò mai i suoi occhi spaventati. Ci siamo rivisti all’università, lei ha sempre rappresentato una pagina del mio passato che volevo solo dimenticare e quindi quando i miei amici facevano a gara per accaparrarsi un appuntamento con lei io cercavo di starle il più lontano possibile; non fu così perché nonostante tutti i miei buoni propositi l’attrazione che ci legava era molto forte. Rebecca era molto cambiata dai tempi della scuola ed oggi non posso non sentirmi in colpa per averla resa quello che è: una donna cinica, caparbia ed egoista. Non vorrei entrare nei particolari della nostra tresca universitaria perché sarebbe solamente un accanirsi sulla sua persona, ti basti sapere che fu una frequentazione non monogama e che in quell’occasione ci facemmo del male a vicenda”. Solo in quel momento mi resi conto di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo del racconto, come potevo immaginare che l’angelo biondo che avevo davanti in passato fosse andato e tornato dall’inferno?

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Capitolo 56
*** Arancione ***


Rimasi un lungo minuto in silenzio, Andrea ad occhi bassi continuava a sbriciolare dei grissini. “Tesoro, rendimi partecipe dei tuoi pensieri, questo silenzio mi sta uccidendo”. Guardai la sua mano calda stringere la mia gelida, ero molto combattuta dopo quanto mi aveva raccontato. “Come è finita tra voi?”. Nemmeno il secondo bicchiere di vino riuscì ad alleggerire i miei pensieri. “Rebecca aveva iniziato a frequentare anche i miei amici, probabilmente per vendicarsi di quanto male le avevo fatto in passato. Ogni giorno qualcuno veniva da me e adorava raccontarmi i particolari della loro serata, non ho mai saputo se lo chiedesse esplicitamente lei oppure semplicemente erano loro che si divertivano a farlo. Un giorno venni a sapere che qualcuno le aveva messo qualcosa nel bicchiere e lei aveva perso qualsiasi freno inibitore e si era intrattenuta con diverse persone contemporaneamente. Fui molto dispiaciuto dell’accaduto, cercai di parlarne con lei, le offrii tutto il mio sostegno nel caso in cui avesse voluto sporgere denuncia ma fu come parlare ad un involucro vuoto, della Rebecca che conoscevo non era rimasto più nulla. L’accompagnai in terapia e per qualche tempo ci riavvicinammo anche se misi in chiaro fin da subito che nei suoi confronti provavo solo un affetto fraterno e non amore. La sua ossessione nei miei confronti crebbe silenziosamente di giorno in giorno senza che io me ne accorgessi: aveva ripreso i rapporti con la mia famiglia a mia insaputa, si definiva come la mia fidanzata e qualsiasi ragazza mi si avvicinasse era vittima di atti persecutori. Un giorno venne da me e mi disse di essere rimasta incinta e che il figlio che aspettava era mio. Fu uno shock, non ero pronto, avevo appena iniziato il dottorato e dovevo ancora capire cosa avrei voluto fare in futuro; mi rimboccai le maniche e le dissi di stare tranquilla perché mi sarei assunto tutte le mie responsabilità ma con ciò non intendevo sposarla e costruire una famiglia insieme a lei. Quando si rese conto che le mie intenzioni non sarebbero mutate nonostante anche le rimostranze della mia famiglia, Rebecca mi confessò che il bambino non era mio e al mio sgomento mi sventolò sul viso il risultato negativo del test di paternità. Da quel giorno non ci siamo più visti”. Cercai per diversi minuti nel suo viso un indizio che mi suggerisse che era tutto uno scherzo ma Andrea rimase serio in attesa di una mia risposta. “Non so cosa dire. Mi sembra tutto così surreale, non riesco a capacitarmi di come tu possa essere stato così crudele e di come lei abbia cercato di incastrarti in una relazione malata raccontandoti una verità distorta. E’ un mondo che non mi appartiene e ti mentirei se ti dicessi di non avere paura”. Andrea si alzò velocemente e si inginocchiò facendomi voltare e prendendomi entrambe le mani. “Tesoro, non posso cancellare il passato ma posso assicurarti che ogni giorno combatto per essere un uomo migliore di quello che sono stato. Non voglio riempirti la testa di false promesse, non posso darti la certezza che l’oscurità in me non si ripresenti ma posso invece assicurarti che sto facendo del mio meglio”. Mi sembrava sincero, il dolore che attraversava i suoi occhi era reale. “Per questo tuo padre ti ha aggredito la sera del malore di Caterina? Perché avrebbe dovuto pensare che fosse colpa tua dopo tutti questi anni?”. Andrea si alzò e si accomodò di nuovo sulla sedia, ordinò un’altra bottiglia di vino e tornò a torturare i grissini. “In parte. Ha delle buone ragioni, probabilmente al posto suo avrei fatto altrettanto. Cosa sai dell’incidente di Edoardo?”. I battiti del mio cuore accelerarono velocemente. “Poco e niente; nelle cartelle cliniche non è stato fatto alcun riferimento alla dinamica dell’incidente ed anche le voci che si sono rincorse in tutti questi anni sono state le più fantasiose”. Entrambi bevemmo l’ennesimo bicchiere di vino e liquidammo il cameriere facendo scegliere a lui cosa portarci. “Immaginavo. Questo è il più grande peso che grava sulla mia coscienza e che minaccia di schiacciarmi ogni volta che la mia mente ritorna a quella sera. E’ stata tutta colpa mia, i miei genitori hanno cercato di insabbiare lo scandalo cercando di proteggerci il più possibile da quello che ne sarebbe derivato. Per tutta la mia infanzia mi sono sentito molto solo, mio padre era quasi sempre all’estero e mia madre cercava di seguirlo il più possibile, io rimanevo a casa con la tata di turno. Voglio premettere che non sto cercando giustificazioni per quello che ho fatto ma vorrei che tu avessi un quadro completo della mia vita. Per quei brevi periodi che i miei genitori erano a casa era come se non ci fossero, all’inizio cercavo di attirare la loro attenzione rendendo noti i miei successi: cominciai a sviluppare una vera e propria sindrome dell’eccellenza in ogni attività alla quale mi dedicavo e se non vi riuscivo la rabbia era tale che alla fine iniziarono a farmi vincere, a farmi i complimenti anche se il piano non era il mio forte e così via. Loro non prestavano attenzione a ciò che dicevo o a ciò che facevo, spesso il giorno successivo mi veniva chiesto: come procedono le lezioni di piano? E ad ogni domanda del genere il mio cuore sanguinava perché voleva dire che il giorno precedente i miei racconti non erano stati degni di attenzione. Intorno ai dieci anni smisi di chiedermi il perché per loro non fossi importante e diventai un ragazzo introverso, taciturno, mi limitavo ad incontrarli il minimo indispensabile. Un bel giorno mia madre mi disse che a breve avrei avuto un fratellino e per me non ci fu notizia più bella, finalmente non sarei più stato solo al mondo e promisi a me stesso di proteggere quel bambino con tutto me stesso”. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dal viso di Andrea, il suo racconto sofferente aveva toccato dei punti scoperti del mio passato, riuscivo benissimo ad immedesimarmi nella sua sofferenza. “Io ed Edoardo diventammo inseparabili, ogni minuto libero che avevo cercavo di passarlo in sua compagnia; in qualche modo cercavo di sopperire alla prolungata assenza delle figure genitoriali. Purtroppo, non avevo considerato l’adolescenza, la scoperta della sessualità, dell’amore, delle amicizie, sia quelle buone che quelle cattive; gli ultimi anni delle superiori lo trascurai, preferivo dilettarmi con Rebecca e la banda di squinternati che ci circondava. Essendo sempre vuota, casa mia si prestava ad ogni genere d’idea folle o meno che fosse; una sera decisi di dare l’ennesima festa, solo che questa volta persi completamente il controllo della situazione sia per quanto riguarda il numero di persone che vi parteciparono sia in merito a ciò che circolava. Edoardo che doveva essere a letto da ore assunse accidentalmente delle sostanze stupefacenti, andò in garage e si mise alla guida di un’ auto di papà; non so nemmeno come sia riuscito ad arrivare ai pedali visto che era solo un bambino! A notte fonda venne a cercarmi la tata, sconvolta, qualcuno aveva cercato di forzare la serratura della porta della sua camera ed uscendo non aveva trovato Edoardo nella sua stanza. Il panico si impossessò di me, mandai tutti a casa ed alcuni rimasero con me per le ricerche; penso di aver rivoltato ogni angolo di quella casa maledicendomi ogni volta. All’alba il telefono squillò sinistramente: Edoardo era stato trovato in fin di vita infondo ad una scarpata”. Calde lacrime scesero dai suoi occhi, resi più chiari dai demoni del passato. “Rimase appeso ad un filo per mesi ed io iniziai a punirmi in tutti i modi possibili: avrei dovuto essere io al posto suo! Nulla sembrava darmi sollievo se non proseguire nella via del non-ritorno”. Questa volta fui io ad alzarmi e ad accoccolarmi tra le sue braccia, lasciai che tutto il tormento represso venne sfogato e poi accarezzandogli i capelli cercai di consolarlo. “Non puoi colpevolizzarti per tutta la vita, non potevi prevedere quello che è successo. E’ vero sei stato incosciente ma non era compito tuo badare a tuo fratello per cui, se proprio vogliamo incolpare qualcuno di sicuro non sei tu”. Andrea si asciugò il viso con il dorso della mano e mi strinse forte a sé. “Avevo giurato di prendermi cura di lui e non l’ho fatto e per quanto apprezzi che tu stia qui ad infondermi coraggio e non già in aeroporto intimandomi di non cercarti più, non riuscirò a perdonarmi né stasera né mai”. Su una cosa aveva ragione, per quanto avessi cercato di allievare quel dolore le radici di quel supplizio si erano radicate troppo in profondità. “Una mia bravata adolescenziale ha cambiato per sempre tutte le nostre vite: Edoardo si è salvato ma a caro prezzo, avrà necessità di cure ed assistenza per tutta la vita; mia madre ha smesso di seguire mio padre e si è dedicata anima e corpo a quello che rimaneva dei suoi figli portando allo sfacelo il suo matrimonio; mio padre mi disprezza e mi vedrà per sempre come colui che ha reso disabile il figlio; Caterina è stata talmente attenzionata che tutta la pressione riposta su di lei le ha provocato tantissimi disagi sfociati poi nel grave disturbo alimentare che l’affligge quotidianamente. Dimmi, Loredana, come posso perdonarmi? Come posso vivere sapendo di essere l’unico responsabile di tutta questa pena? Prima di conoscerti io sopravvivevo, mi vestivo, mangiavo, andavo al lavoro e così via ma ero un automa. Tu sei riuscita con la tua dolcezza e la tua ingenuità a mostrarmi un’altra via, c’è ancora speranza per me di essere felice in questa vita”. Non ero sicura di voler essere considerata come una salvatrice ed in cuor mio speravo che il nostro incontro fosse stato per lui un colpo di fulmine, io ero innamorata di lui da diversi anni e nonostante le ultime rivelazioni sconcertanti sentivo che insieme avremmo potuto superare qualsiasi difficoltà ci si presentasse. Questo era quello che credevo fosse un punto fermo nella nostra relazione, non avevo preso in considerazione però come gli eventi spesso si divertono a metterci davanti ad ostacoli insormontabili riaccendendo le fiamme inceneritrici della nostra coscienza.

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Capitolo 57
*** Mandarino ***


Quella notte non riuscii a prendere sonno e nemmeno Andrea riuscì a riposare tranquillo, dai tratti contratti del suo viso traspariva tutta la frustrazione che lo stava attanagliando. Nella mia testa riecheggiava ogni singola parola detta a cena, più lo osservavo dimenarsi sussurrando scuse e più immaginavo quel bambino solo che era dovuto crescere troppo in fretta e che successivamente aveva smarrito sé stesso rischiando di non riuscire a riprendere in mano le redini della sua vita. La sua lotta quotidiana contro i sensi di colpa che cercavano di riportarlo sul baratro del precipizio mi aveva colpito, sarei riuscita a farmi carico anche del suo fardello o insieme saremmo entrambi affogati? La paura di non farcela mi fece rabbrividire ed Andrea si svegliò di soprassalto. “Tesoro, sei già sveglia?”. Mi prese tra le sue braccia e mi strinse forte, l’odore di bagnoschiuma e di mascolinità mi entrò prepotentemente nelle narici. “Non sono ancora riuscita ad addormentarmi, ho tanti pensieri per la testa e poi continuavi ad agitarti nel sonno e mi sono preoccupata”. Forti mani mi accarezzavano i capelli. “Hai voglia di parlarne?”. Avrei potuto snocciolare tutte le mie paure ma cosa avrei ottenuto? Si, forse sarei riuscita a sentirmi più leggera ma certamente non avrei risolto tutti i problemi che minacciavano di schiacciarci. “Ho un’idea migliore, di tempo per parlare ne avremo a sufficienza in questi giorni”. Maliziosamente scacciai le lenzuola ed iniziai a sedurre l’uomo bellissimo e premuroso che affettuosamente mi circondava la vita. “Bella addormentata, se vogliamo fare un giro turistico prima di recarci da Sandy dovresti svegliarti e prepararti in fretta”. Nascosi la testa sotto il cuscino, ero riuscita a prendere sonno molto tardi ed ovviamente la stanchezza fisica ora aveva la meglio sul mio spirito avventuriero. “Ora mi odierai ma vedrai che tra poche ore sarei contenta che non ti abbia lasciato poltrire in questa piccola camera d’albergo. Forza, bella addormentata! Fuori c’è un bel sole caldo e sai bene che a Londra il tempo cambia velocemente”. Andrea aprì le tende e il sole penetrò prepotentemente dalle finestre, rimasta scoperta ed ormai completamente sveglia non mi rimaneva altro da fare se non alzarmi e darmi una rinfrescata. “Sappi che questa è una cosa che odio nel profondo! La mia famiglia era oggetto di una sadica vendetta ogni volta che osavano svegliarmi così bruscamente”. Il mio tono minaccioso non fece il suo effetto e mentre aprivo il soffione potevo sentire la risata di Andrea colorare la camera da letto. “Finalmente sei pronta, stavo per venire a prenderti sotto la doccia! Bene, siamo in perfetto orario per la colazione”. Avevo cercato di vestirmi più comodamente possibile ma non era stato facile trovare un abito che non fosse troppo attillato o troppo corto, per cui avevo optato per dei pantaloni color crema e una giacca verde giusto per riparare le spalle nel caso il tempo fosse davvero mutato nel corso della giornata. “Mmm se lo dici così forse è il caso che io ritorni in bagno”. Andrea mi guardò dapprima stupito e poi mi dedicò un sorriso sornione. “Stai diventando insaziabile mia cara! Per quanto la tua idea sia allettante sono certo che mi rimprovereresti di non averti fatto visitare la città, per cui, andiamo tesoro!”. Il resto della mattina trascorse troppo velocemente, rimasi letteralmente affascinata dal contrasto tra l’imponenza degli edifici storici e la bellezza dei nuovi palazzi: un perfetto connubio di epoche e stili diversi. Ci divertimmo anche ad assaporare ogni prelibatezza che la city aveva da offrici mentre allegramente esploravamo i dintorni. “Non avrei mai immaginato che potesse essere così bella! E mio caro devo anche ammettere che se me lo fossi persa te lo avrei rinfacciato per anni”. Andrea mi prese per mano. “Per questo ho insistito, altrimenti chissà cosa avresti raccontato ai nostri nipoti”. La sua battuta mi fece sussultare, lo scrutai di nascosto perché volevo capire se lo aveva detto tanto per dire oppure se in qualche maniera stava cercando di dirmi che intravedeva nella nostra coppia un futuro che ci avrebbe portato lontano. “Andrea De Barbieri non crede di aver immaginato troppo?”. La sua espressione gioviale non lasciava intendere nulla. “Perché Loredana tu non pensi mai ai tuoi nipoti?”. Avrei voluto mantenere l’animo spensierato nel dirgli che non avevo mai avuto quel tipo di pensiero ma in me scatto l’istinto difensivo. “Certo! Ne sto per avere uno da mia sorella Beatrice, ricordi? Credo che sia l’unica idea di nipote che io abbia mai immaginato”. Andrea rallentò il passo e con l’immagine mozzafiato del Tamigi alle nostre spalle mi prese le mani. “Loredana, ti ho visto con i bambini e penso che tu sia fantastica. Per non dimenticare di come tu sappia gestire perfettamente anche gli adolescenti e non mi riferisco solo a tua sorella ma anche a mio fratello. Per cui, di cosa hai paura?”. Un senso di inadeguatezza iniziò ad attanagliarmi lo stomaco, come avrei potuto spiegare che la mela non cade mai troppo lontana dall’albero senza sembrare una matta? Non volevo raccontargli una bugia ma allo stesso tempo non volevo nemmeno rovinare l’atmosfera gioiosa che si era creata tra noi. “Ho scelto il mio lavoro perché volevo rendermi utile, volevo incoraggiare le persone a ritrovare la loro forza. Tutto questo a prescindere dalla loro età. Conosci la mia storia, non voglio ingannarti dicendoti che mi sono immaginata circondata da una nidiata di bambini è un pensiero che non ho mai fatto e che sinceramente non so se sarò in grado di prenderlo seriamente in considerazione”. Andrea mi abbracciò. “Tesoro, tua madre è stata terribile nei vostri confronti ma con ciò non è detto che tu non possa essere un ottimo genitore. Capisco la tua paura più di quanto tu possa immaginare e tranquillizzati perché non è un discorso che dobbiamo affrontare ora. Si è fatto tardi dovremmo prepararci per andare a fare visita a Sandy”. L’argomento venne liquidato in poco tempo, nessuno dei due aveva voglia di incupirsi su qualcosa di futuro ed incerto. “Sono proprio contenta che sia venuto a trovarmi Andrea, l’ultima volta che ti ho visto eri poco più che un bambino. Tuo padre era a Londra per lavoro e tua madre ne aveva approfittato per salutarci, la mamma sarebbe stata contenta di vedere che bell’uomo che sei diventato. Accomodatevi pure, in vero stile british ho preparato un bel thè con qualche stuzzichino”. La casa era piccola ed accogliente, arredata con cura ma di stile sobrio. “Sandy, non dovevi disturbarti. Anche io sono molto felice di aver avuto l’occasione di rivederti, come ti accennavo al telefono questa è la mia ragazza Loredana e siamo venuti al Londra per un weekend romantico. L’ultimo periodo è stato un po' complicato per noi e sentivamo proprio il bisogno di rilassarci”. La cugina inglese si rivelò essere una persona abbastanza piacevole, non era difficile imbastire una conversazione e riusciva a metterti a proprio agio. “Non sono molto aggiornata sulle vostre vicende familiari, Lucia si è fatta sentire molto raramente dopo la morte di mia madre. Cosa si dice di bello a casa De Barbieri?”. Con Andrea avevamo concordato che sarebbe stato lui a condurre il discorso mentre io mi sarei semplicemente limitata a rispondere nel caso di domande dirette. “Mi dispiace molto per la perdita di tua madre anche se purtroppo di lei ho solo un vaghissimo ricordo. A casa tutto bene: Caterina tornerà a studiare in paese lasciando definitivamente la Svizzera, finalmente si sono resi conto che per lei era la cosa migliore; mio fratello continua i suoi studi e si è fidanzato ufficialmente annunciandolo a tutti all’evento benefico della mamma; papà è sempre in giro per lavoro, come al solito”. Andrea fece spallucce e mi chiese se stesse dimenticando qualcosa, io scossi la testa troppo tesa per proferire anche una sola sillaba. “Non è troppo giovane Edoardo per impegnarsi così seriamente? Il suo principale obiettivo dovrebbe essere quello di studiare e di crearsi un futuro proprio come hai fatto tu. Sicuramente avrà tutto il tempo che desidera per correre dietro alle gonnelle!”. La battuta infelice mi fece mordere il labbro. “E’ un ragazzo con la testa sulle spalle, sa benissimo qual è il suo dovere; allo stesso tempo siamo contenti che abbia trovato qualcuno con cui poter condividere tutti i suoi futuri traguardi”. Sandy si versò un’altra tazza di thè. “Giusto, dimenticavo che è sulla sedia rotelle; ripensandoci bene non è una cattiva idea che si sia trovato una ragazza che lo accudisca. Tua madre si sarà certamente alleggerita di un grande peso”. Se ero riuscita a sorvolare prima questa volta la risposta mi uscì spontaneamente dalle labbra. “Mia sorella non è la sua badante! Sono due ragazzi che si amano e che si sostengono a vicenda condividendo obiettivi e traguardi. E’ una cosa rara trovare l’amore, ci sono persone che rimangono sole tutta una vita no?”. Andrea mise la sua mano sul mio ginocchio e cercò di smorzare il tono. “Tesoro, ogni forma di sentimento vero va tutelata. Non concordi Sandy?”. La donna continuava a fissarmi. “Certo. E così Edoardo è fidanzato con la sorella di Loredana, interessante. Avete sempre avuto una predilezione per gli intrecci! Vedi cara, io non rimpiango di aver scelto di non sposarmi. Avrei potuto tante volte e mia madre spingeva anche perché io procedessi in quella direzione, tengo troppo alla mia indipendenza e trovarmi a dover incastrare i miei desideri con quelli di un’altra persona mi fa rabbrividire. Delle volte bisogna trovare il coraggio di rimanere soli soprattutto se non si è minimamente portati per la vita di coppia”. Andrea vedendo che il discorso stava prendendo una piega indesiderata riprese in mano la situazione. “Lo dico sempre anche io! La maggior parte delle volte è meglio lasciar stare subito piuttosto che soffrire dopo. Però, Sandy, devi anche ammettere che conoscerai tante coppie la cui storia va avanti da tantissimo tempo ormai; ad esempio, i miei genitori, ormai ho perso il conto degli anni che sono sposati”. Sandy mi passò un piattino con dei tramezzini. “Andrea, non voglio distruggere l’ideale di famiglia che hai ma posso assicurarti che tua madre non era affatto innamorata di tuo padre quando l’ha sposato e non credo che lo sia neanche ora. Io l’ho vista quando si distruggeva per amore per un giovane contadinotto e vedevo anche il ribrezzo di mia madre e mia zia per le sue pene d’amore”. Andrea sembrava soddisfatto di sé, era riuscito a condurre la conversazione al punto cruciale. “Davvero? La mamma innamorata di un contadino? Sei sicura Sandy? Non ce la vedo mica!”. La donna rimase incerta sul da farsi, chinò gli occhi sulla tazza di thè e prese tempo prima di rispondere. “Ricordo bene quel periodo, venne in visita da noi perché sua madre voleva che si distraesse e non pensasse alla delusione d’amore che aveva ricevuto. Mia madre non perdeva occasione per dirmi che non sarei dovuta finire come lei e che per questo era fondamentale che il mio matrimonio fosse combinato. Alla fine, ho tagliato la testa al toro e non mi sono sposata per niente! Ah ah ah! Lucia passò qualche mese a sfogare il suo dolore nel cibo, si era letteralmente sformata e non le importava che io le dicessi che doveva darsi una regolata, non sembrava voler sentire ragioni. Poi una notte si sentì male, mia madre chiamò il dottore che venne con un’infermiera, sentivo le urla anche dalla sala! Mia madre mi disse che non dovevo assolutamente salire in camera di Lucia, non avrei potuto aiutarla in nessun modo e che il dottore le stava pulendo lo stomaco da tutto quel cibo spazzatura che aveva ingerito. In mattinata mia madre venne da me e mi disse di andare in paese a prendere delle verdure e della carne fresca quando tornai il dottore se ne era andato e Lucia stava riposando tranquilla nella sua stanza. Devo dire che ha fatto un miracolo con lei! Dopo poche settimane sembrava un’altra persona: aveva perso peso e soprattutto non parlava più del suo amato Antonio”. Io e Andrea ci scambiammo un’occhiata complice, purtroppo il nostro sospetto era stato confermato: mio padre e Lucia avevano avuto un bambino che non sapevamo che fine avesse fatto!

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Capitolo 58
*** Zucca ***


Avete mai avuto la fortuna di vivere un sabato sera londinese? La notte con il suo caleidoscopio di luci e costumi aggiunge quel tocco di eleganza che rende l’atmosfera ancora più suggestiva; passeggiare nelle movimentate strade tra le persone festanti ti catapulta in una bolla di serenità e frivolezza, poter ascoltare ed ammirare gli innumerevoli artisti di strada ti ammalia, odori e profumi ti avvolgono e ti permettono di vivere culture diverse. “Ti piace?”. Andrea dovette quasi urlare per farsi udire, mi avvolsi al suo collo e gli stampai un leggero bacio sulla guancia. “Direi proprio di sì. Pensi che ci voglia ancora tanto?”. Andrea aveva accettato l’invito di alcuni suoi amici per una festa su un battello che avrebbe navigato le buie acque del Tamigi. “No, il punto di imbarco è qui vicino. Spero che questa serata ci regali il relax che ci meritiamo”. Per un attimo avevo dimenticato tutti i nostri problemi ed il brusco ritorno alla realtà fu doloroso; seguii Andrea a testa bassa tra i vicoli scuri e poco dopo mi ritrovai sul pontile. “Signor De Barbieri siamo lieti di darle il benvenuto a bordo, le auguriamo di trascorrere una piacevole serata. Per qualsiasi necessità non esiti a rivolgersi al nostro personale”. Andrea ringraziò velocemente e porse le nostre giacche; non potei fare a meno di rimanere ad osservare a bocca aperta tutto ciò che ci circondava, se non fosse stato per il piacevole dondolio non avrei riconosciuto le differenze con un castello fiabesco. La festa era già iniziata e la musica alta si disperdeva nella notte afosa. “Finalmente! Stavo cominciando a pensare che volevi tenerti, tutta per te, questa meravigliosa creatura”. Mattia si avvicinò a noi sorridendo, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi mi prese la mano e con le labbra sfiorò le nocche. “Amico mio, se non ricordo male, al corso di galateo che frequentavamo per accalappiare giovani donzelle, il baciamano non era così intimo”. Andrea mi avvicinò a lui in chiaro segno di possesso. “Sei proprio cotto! Ho voluto testare il tuo self-control! Non mi rimane altro che invidiarti e sperare che la tua dolce metà abbia una sorella da presentarmi”. Risi di gusto nonostante l’atteggiamento da predatore mi mettesse decisamente a disagio. “Purtroppo, non ho belle notizie su questo fronte, se fossi arrivato qualche mese fa sarebbe stato diverso. Ora ho una sorella che sta per rendermi zia ed una che si è da poco felicemente fidanzata, rimane la più piccola ma è ancora una bambina”. Mattia non si scompose. “Nessun problema, posso aspettare. Anzi magari è proprio quello che mi serve: una ragazza che possa crescere sotto le mie direttive in modo da poter plasmare il suo carattere! Ovviamente sarebbe una relazione platonica! Non guardarmi con quello sguardo scandalizzato”. Andrea mi tolse dall’imbarazzo. “Amico mio, non conosci Aurora! Nonostante la sua giovanissima età ti darebbe tanto di quel filo da torcere che scapperesti a gambe levate dopo aver fatto la sua conoscenza! E poi, essendo ormai di famiglia, è diventata off-limits per te! Gli altri sono già arrivati?”. Mattia alzò le braccia al cielo e ci condusse nel pieno cuore della festa; qualsiasi amico con il quale Andrea si fermava a scambiare quattro chiacchiere era accompagnato da una donna bellissima. “Comincio ad essere a disagio, ma come fanno ad essere tutte così perfette?”. Andrea mi guardò dolcemente. “Vuoi che ti metta davanti ad uno specchio? Cosa avresti in meno di loro?”. Un leggero rossore colorì le mie guance. “Allora Mattia aveva detto il vero! Il nostro caro Andrea ha deciso di mettere la testa sulle spalle e ha deciso di accasarsi”. Un’altra coppia si affiancò a noi, sembravano tutti appena usciti da un casting. “Già, confermo e sottoscrivo tutto. Vi presento Loredana, la donna che è riuscita a farmi vedere la monogamia come una gemma preziosa”. Iniziavo a rimpiangere di aver accettato l’invito a partecipare alla festa, non avevo mai amato essere al centro dell’attenzione ma quello che stava succedendo ora era decisamente troppo; non solo la maggior parte delle persone mi osservavano come se avessi tre teste ma ero stata posta direttamente sotto la lente di ingrandimento. Con la scusa del bagno mi sottrassi a tutta quell’attenzione indesiderata e mi allontanai velocemente; la prua si era decisamente affollata ed anche la poppa non scherzava, scesi le scale cercando di costeggiare le bianche pareti e mi diressi a testa bassa verso il bagno. Mi presi del tempo per rinfrescarmi e darmi una sistemata, l’umidità cominciava a farsi sentire. “Così tu sei la fidanzata di Andrea De Barbieri”. Ero così presa a pulire la sbavatura dell’eyeliner che non mi ero accorta della presenza della ragazza, saltai dallo spavento e lei si scusò per essersi avvicinata di soppiatto. “Già, sono io. Perdonami ma sono stata presentata a così tante persone in questi giorni che faccio davvero fatica ad associare il nome a tutti i volti che ho visto”. La giovane ragazza dai modi eleganti prese posto vicino a me, posò la sua pochette sul marmo del lavandino ed iniziò ad incipriarsi il viso. “Non preoccuparti, dovrai farci l’abitudine. Sorridere sempre come se la persona di fronte fosse il tuo più caro amico, essere colloquiale e scambiare battute generiche in modo che anche se non ti ricordi con chi stai effettivamente parlando nessuno se ne accorgerà. Sarai per qualche tempo la novità e tutti vorranno mostrarsi amichevoli ma posso assicurarti che questo breve sprizzo di notorietà svanirà presto come una piccola bolla di sapone”. Rimasi affascinata dalla sua carnagione ambrata e perfetta, il vestito bordeaux le fasciava le forme ed i capelli finemente raccolti in uno chignon le regalavano un’aria austera. “Non credo di essere portata per questo genere di eventi. Sono una fisioterapista e di persone ne vedo tante e non ho mai avuto problemi a collegare un nome al suo volto ma qui mi sembra di essere in un…, non so nemmeno come definirlo senza sembrare offensiva”. La ragazza non si scompose e proseguì nella sua opera di restauro. “Un circo? Puoi dirlo ad alta voce mia cara perché effettivamente così è. Vedrai che ti abituerai a tutta questa ipocrisia e ad un certo punto ti renderai conto che questo mondo ti è così entrato dentro che ha corrotto per sempre il tuo modo di vedere la vita. Ero curiosa di capire che cosa Andrea avesse trovato in te di tanto speciale ed ora mi sono finalmente risposta. Tu ed io siamo molto più simili di quanto pensassi solo che tu non hai ancora compreso che la fiamma che al momento ti sta facendo sentire al sicuro prima o dopo ti brucerà completamente lasciandoti sola”. Rimasi ipnotizzata dai suoi composti e lenti movimenti, la osservai richiudere il rossetto e riporlo nella borsetta; la ammirai sistemarsi la lunga collana di rubini che era coordinata con il prezioso anello che le riempiva una buona parte della mano e poi rimasi immobile quando con disinvoltura mi augurò buona fortuna e si diresse verso l’uscita. Non appena la porta si chiuse l’incantesimo si ruppe e tornai velocemente alla realtà, che sciocca dovevo esserle sembrata! Presi la mia pochette e le corsi dietro. “Eccoti! Andrea mi ha mandato a cercarti, stava iniziando a preoccuparsi”. Mattia si era messo tra me e la sconosciuta permettendole di guadagnare dello spazio utile per potersi nascondere tra la folla. “Scusami, sarò subito da voi. Devo prima scusarmi con quella ragazza per il mio comportamento”. Mattia seguito il mio sguardo mi bloccò per il polso. “Ti sei imbattuta in Rebecca?”. All’udire quel nome la mia mente iniziò a mettere i tasselli del puzzle al suo posto, mi girai verso Mattia e lo guardai sconvolta. “Lei è quella Rebecca?”. Per la prima volta da quando lo avevo conosciuto lo vidi a disagio, mi lasciò andare il braccio e si pose sulla difensiva incrociando le braccia al petto. “Pensavo lo sapessi! Anche se dovevo intuire dalle tue parole che non l’avevi riconosciuta. Non dovrei essere io a parlare di questo con te ma sì, lei è la famigerata Rebecca”. Fermai il cameriere e di getto scolai un paio di bicchieri, dovevo annebbiare le mie emozioni prima che si scatenasse l’ennesimo attacco di panico. “Se non hai ancora mandato giù un boccone ti consiglio di non darci dentro così con lo champagne. Le mie più grandi sbornie le ho avute proprio con questo fresco e dolce nettare”. L’umorismo da quattro soldi cominciava a darmi sui nervi però allo stesso tempo aveva permesso al mio cervello di immagazzinare quanto successo senza provocarmi alcun tipo di malessere. “Conosco bene le conseguenze di un bicchiere di vino con lo stomaco vuoto, anche se ti ringrazio per l’interessamento. Cosa ci fa lei qui?”. Mattia fece spallucce. “Tra moglie e marito non mettere il dito. Non so cosa ti abbia detto Andrea al riguardo quindi non farò altro che scortarti da lui in modo che tu possa metterlo sotto torchio. Ecco questi sono i momenti nei quali l’essere scapolo non mi fa rimpiangere il mio stato di perenne solitudine”. Mattia mi porse il braccio ed anche se non volevo dargliela vinta accettai il suo invito a raggiungere Andrea. “Possibile che ogni volta che giro gli occhi sei sempre a fare il filo alla mia fidanzata?”. La combriccola di amici rise ed anche loro due si unirono all’ilarità generale, solo io rimasi frastornata. “Tutto bene tesoro? Ti vedo un po' pallida”. Nonostante Andrea si fosse avvicinato al mio orecchio Mattia rispose al posto mio mantenendo un tono udibile solamente a noi. “Rebecca è qui. Ha avvicinato Loredana in bagno”. Andrea divenne una statua di cera, si scambiò un rapido sguardo con il suo amico e mi allontanò prendendomi per la vita. “Cosa ti ha detto?”. La leggera brezza che si era sollevata era decisamente un sollievo. “Niente di che in realtà, voleva solo capire cosa tu avessi trovato in me. Prima di andare via ha fatto riferimento ad una presunta somiglianza tra me e lei e su una fiamma che mi brucerà o qualcosa del genere, credo che il mio cervello fosse sotto incantesimo in sua presenza. Non sapevi che fosse qui?”. Andrea scosse il capo. “Se lo avessi saputo non avrei mai accettato questo invito”. Gli accarezzai la guancia cercando di placare il tormento che il suo nome aveva scatenato nella sua anima. “Credo si sia sposata, al dito aveva un grande rubino”. Andrea appoggiò il viso al mio palmo e socchiuse gli occhi. “Ti ringrazio per il tentativo ma sai bene che quest’informazione non riuscirà a cancellare i miei demoni. Che ne dici se salutiamo tutti e scendiamo alla prossima fermata?”.

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Capitolo 59
*** Albicocca ***


Il lunedì ti lascia sempre l’amaro in bocca: ti ricorda i bei momenti trascorsi nel weekend e allo stesso tempo ti prospetta le fatiche della settimana nascente. Andrea si era recato in ufficio mentre io ero seduta su una scomoda poltroncina posta davanti la porta dello psicologo in attesa di iniziare la seduta; mi ero recata in ospedale con sobrietà e tanta insicurezza, non perché non fossi sicura della necessità di intraprendere questo percorso ma piuttosto perché non ero ancora pronta a farmi aiutare. Il mio nervosismo aumentava con il passare dei minuti, cercavo di osservare i corridoi attraverso gli spessi occhiali scuri, non volevo dare spiegazioni ai miei colleghi né tanto meno ai miei pazienti. La porta si aprì di scatto. “Loredana Colonnato?”. Due semplici parole espresse forse a tono troppo alto. “Sono io dottoressa”. La mia voce flebile la fece sorridere, mi fece cenno di entrare e mi disse di mettermi a mio agio. “Loredana, mi permetto di darmi del tu, ho esaminato minuziosamente la tua scheda e sono stata messa a conoscenza, frammentariamente, anche degli ultimi accadimenti. Il nostro percorso prevederà inizialmente una decina di sedute e poi successivamente valuteremo insieme se proseguire o interrompere. Bene, in quest’ora di cosa vorresti parlarmi?”. L’ufficio sobrio contrastava con le pareti dai colori caldi, il divanetto sul quale eravamo sedute era stranamente comodo. “Non saprei, vuoi che ti faccia un riassunto di quanto scritto nella scheda?”. Cercai di essere il più disinvolta possibile anche se l’agitazione non voleva abbandonarmi. “Ti vedo molto nervosa, facciamo così, per rompere il ghiaccio sarò io a farti delle domande e qualora non ti sentissi pronta a parlarne salteremo l’argomento. Iniziamo. Prima domanda: ho visto che l’ultima volta che sei finita in ospedale è stato a causa di un malore dopo un litigio; tra le persone coinvolte c’era anche il Dott. Alberti, chi è lui per te?”. Rimasi colpita dalla strana domanda. “Oh dottoressa me lo sta chiedendo perché lavoriamo nello stesso posto? Posso assicurarle che il nostro rapporto non causerà nessun problema all’ospedale, anzi metta per iscritto nella sua relazione che il legame tra me e il Dott. Alberti non recherà danni. Il litigio è avvenuto in un locale ed è stato per motivi futili, le posso assicurare che non capiterà più”. La Dottoressa posò il suo blocco di appunti e si tolse gli occhiali sorridendomi calorosamente. “Calma, calma. Dammi pure del tu, liberiamoci da tutta questa formalità. Non te lo sto chiedendo per valutare la tua idoneità o meno al lavoro, tutto quello che mi dirai nel corso delle nostre sedute sarà protetto dal segreto professionale e nessuno mi ha chiesto di fare una relazione sul tuo stato mentale. Premesso ciò vorrei che ti aprissi con me come se fossi una tua amica perché solo così le nostre chiacchierate potranno arrecarti giovamento. Riprendiamo da dove abbiamo interrotto, chi è per te Gabriele?”. Tirai un sospiro di sollievo, aveva ragione dovevo permetterle di aiutarmi perché solo così avrei ripreso il controllo delle mie emozioni e sarei riuscita a sostenere la mia famiglia. “E’ difficile etichettarlo. Gabriele è stato per tanto tempo un compagno universitario, abbiamo passato insieme momenti belli, altri difficili e perfino difficilissimi. Ci siamo sostenuti, abbiamo partecipato a diverse feste e poi ci siamo laureati, lui ha seguito la sua fidanzata del tempo all’estero e io sono rimasta qui. Ci siamo ritrovati qualche mese fa quando è tornato; io ho ritrovato l’amico che si era allontanato e sono molto felice di questo”. La dottoressa non smetteva di scrivere. “Ed anche lui ha ritrovato un’amica?”. Il mio silenzio fu molto eloquente. “Credo di no. All’inizio non mi ero accorta che il suo atteggiamento nei miei confronti era cambiato, anche quando Andrea, il mio fidanzato, anzi scusa in realtà non so al momento come definirlo, mi faceva notare che l’atteggiamento di Gabriele era più che amichevole. Successivamente ho cercato di fare finta di niente, non volevo sollevare dubbi a quali dover dare una risposta; poi c’è stato un bacio e sinceramente non era quello che mi sarei aspettata, ad una parte di me è piaciuto però allo stesso tempo il mio cuore è sempre appartenuto ad Andrea. Il giorno del litigio l’ho incontrato con Angela, la persona peggiore con la quale vederlo accompagnato ed ho esagerato”. Nella stanza il ticchettio della penna accompagnava il nostro silenzio. “Quindi, vediamo se ho capito, Gabriele è stato un buon amico almeno per una gran parte della vostra conoscenza; successivamente il rapporto tra voi si è evoluto, lui ha intrapreso questo sentiero senza problemi mentre tu hai cercato di rimanere ai margini perché ti senti profondamente legata ad Andrea, che però non sai come etichettare, anche se ad un certo punto hai capito che il Dott. Alberti non ti è del tutto indifferente. Seconda domanda: ti da fastidio vederlo felice o il fatto che non sia tu a renderlo tale?”. La psicologa era molto schietta. “Non so risponderti. Gabriele sapeva del mio grande amore per Andrea, non era un mistero per nessuno. Io gli auguro tanta felicità però so già che Angela non potrà mai renderlo tale e questo mi fa rabbia, sono anche consapevole che non potrò nemmeno io dargli quello che vuole”. Lo sguardo della dottoressa era pensieroso. “Terza domanda: se fosse tornato prima il tuo presente sarebbe diverso?”. Rimasi qualche minuto a giocare con il polsino della mia giacca. “Avevo messo una pietra sopra ai sentimenti che provavo per Andrea già qualche anno fa, non avrei mai pensato che durante uno dei suoi ritorni a casa si sarebbe accorto di me. Mi sentivo libera e ci credevo veramente, quindi, se Gabriele fosse tornato prima e avesse dimostrato interesse nei miei confronti probabilmente il presente sarebbe stato differente. Ovviamente sono tutte ipotesi, alcune assurde se posso permettermi, con i se e con i ma la storia non si fa”. La dottoressa mi sorrise e mise via il suo quaderno. “Un’ultima cosa e poi ti lascio andare per questa settimana, perché devi sentirti in dovere di giustificarti? Conosco il dott. Alberti ed è un gran bell’uomo ed immagino che lo sia anche questo Andrea, ora perché non riesci a perdonarti di provare attrazione sia per l’uno che per l’altro? Sei una bella donna, indipendente, con pregi e difetti come tutte noi ed è giusto che tu possa vivere la tua sessualità come meglio credi. Non sentirti sbagliata perché hai provato qualcosa verso due uomini contemporaneamente. Ora nei prossimi giorni vorrei che tu pensassi a cosa succederebbe se provassi a riallacciare i rapporti con il dott. Alberti”. Le parole della dottoressa mi avevano lasciato pensierosa e riecheggiavano nella mia mente mentre lentamente mi dirigevo verso l’uscita, mi sentivo davvero sbagliata per aver provato attrazione per Gabriele? Era davvero il caso di parlarci o era meglio lasciare tutto così? Il destino decise per me: nel voltare l’angolo ci scontrammo. “Loredana? Tutto bene? C’è qualche problema?”. La preoccupazione di Gabriele mi fece sorridere, guardai le sue grandi mani che stringevano le mie braccia e pensai a quante volte in passato era corso in mio soccorso. “Ciao Gabriele, sto bene. Ho appena finito una seduta con la dottoressa Longhi, sto lavorando sulle mie emozioni e sugli attacchi di panico. Tu invece? Ti trovo in gran forma”. Arretrai lasciando cadere la sua presa nel vuoto, al mio comportamento notai un guizzo di dolore nei suoi occhi. “Sono davvero contento che tu ti stia facendo aiutare; io sto bene…”. L’arrivo di Riccardo e Rosa interruppe il nostro incontro. “Loredana, che piacere vederti qui!”. Entrambi mi salutarono calorosamente e solo dopo aver lanciato uno sguardo d’intesa a Gabriele, Riccardo propose di prenderci un caffè tutti insieme. Nonostante l’allettante proposta declinai l’invito, era evidente a tutti che qualcosa tra noi si era rotto e probabilmente mai si sarebbe potuto aggiustare. Li salutai velocemente e mi avviai alla porta di ingresso, nello spingere il manico vidi riflesso allo specchio il viso di mia madre; immediatamente tutto mi fu più chiaro: mi sentivo sbagliata perché permettendomi di provare sentimenti verso due persone così totalmente diverse tra loro mi faceva assomigliare alla donna che mi aveva dato alla luce. Nessuno era a conoscenza che Catalina aveva vissuto un’intensa passione con il dottore che l’aveva in cura e questo grande segreto che avevo sotterrato profondamente in me tornò alla ribalta con tutta la forza accumulata in questi lunghi anni.

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Capitolo 60
*** Pesca ***


Casa è dove poter esprimere sé stessi senza riserve, quel rifugio privato che ti dona sicurezza, quel luogo che ti accoglie sempre, quel posto che silenziosamente ti abbraccia nei momenti tristi e gioisce con te per i traguardi raggiunti. Mi feci accompagnare alla fattoria, avevo la necessità di rinchiudermi tra quelle vecchie mura per raccogliere i miei pensieri confusi e per respirare aria di familiarità. “Che buon profumo! Cosa stai cucinando di buono?”. Mia nonna non mi aveva sentito arrivare e al suono della mia voce si spaventò, ben presto la sua espressione di paura divenne di gioia pura. “Bambina mia, non sapevo che saresti venuta oggi! Sono proprio felice di vederti, vieni qui e fatti abbracciare!”. Mi lasciai coccolare per qualche minuto tra le braccia forti e rassicuranti della nonna. “Non era in programma ma sono riuscita a convincerli ad accompagnarmi qui. E’ troppo mieloso dire che sentivo la vostra mancanza?”. La nonna scosse la testa e mi fece accomodare al tavolo offrendomi un bel bicchiere di succo fresco. “Anche noi avvertiamo la tua assenza e non potendoti vedere tutti i giorni il mio povero cuore sta perdendo qualche colpo, non so mai se stai bene, se sei felice, se mangi a sufficienza. Ti sei divertita a Londra?”. Non ero mai stata in grado di mentire a mia nonna, aveva come un sesto senso nel captare quando le stavo raccontando una bugia; cercai di distogliere lo sguardo e bevvi un generoso sorso di succo borbottando che era stato tutto magnifico. “Qui come procede? Beatrice? Giada? Aurora?”. Il mio cambio repentino di discorso non convinse del tutto la nonna, nonostante aveva fiutato la menzogna decise saggiamente di sorvolare. “Oh bambina mia, qui al momento regna il caos più totale; ci sono continue tensioni ed indifferenza: piuttosto che affrontare i problemi si fa finta che non ci siano ma sono sicura che prima o dopo la bomba esploderà tra le loro mani e questa volta non so se saremo in grado di rimettere insieme i pezzi”. La guardai sconvolta, qualche giorno fa non mi ero resa conto che la situazione fosse così drammatica. “Non guardarmi così, tuo padre non vuole coinvolgerti; pensa che tu sia ancora troppo fragile per farti carico di tutti i problemi che si sono creati. Non sopporto l’idea che ci siano muri all’interno della nostra famiglia! Beatrice è molto depressa, le ultime analisi non hanno dato miglioramenti, nemmeno una piccola percentuale. I dottori hanno espressamente detto a Marco che se i flussi non dovessero migliorare dovrebbero indurre il parto e più questo avverrà prematuramente e più conseguenze negative potrebbero esserci. Nessuno di noi ha avuto il coraggio di riportare queste notizie nefaste a tua sorella, già si colpevolizza ogni minuto per la disgrazia che la sta colpendo non oso immaginare come potrebbe crollare psicologicamente. Giada è l’unica a non darmi pensiero al momento, sta dimostrando una grande forza d’animo. Aurora e tuo padre sono ai ferri corti ma sono certa che anche tu te ne sia accorta, quando si trovano nella stessa stanza l’aria è satura di recriminazioni, rancore e rabbia; ho provato a mediare, ho provato a parlare con l’uno e con l’altro e ho chiesto aiuto ad Anastasia. Non so più cosa fare, mi sento solo una vecchietta impotente”. Il peso delle difficoltà stava schiacciando anche quella roccia di mia nonna ed io non potevo permettere che ciò accadesse. “Mi dispiace per tutte queste difficoltà ma, nonna, vedrai che il momento è passeggero e tra poco tutto tornerà alla normalità. Anzi, a proposito, devo giusto scambiare quattro chiacchiere con Anastasia. E’ un problema se mi fermo per il pranzo?”. La nonna mi abbracciò calorosamente e si rimise ai fornelli mentre io mi recavo verso la stanza della giovane tutrice; bussai un paio di volte e stavo quasi per lasciar perdere quando finalmente la porta si aprì. “Loredana! Non sapevo fossi già tornata. Spero di non averti fatto aspettare troppo, avevo le cuffie con la musica alta e ti ho sentito solo adesso”. Le feci cenno di lasciar perdere ed Anastasia mi fece accomodare nella piccola ma graziosa stanzetta. “Mia nonna mi ha riferito che tra papà ed Aurora i rapporti sono più che tesi”. La ragazza a disagio iniziò a spostare degli oggetti all’interno della stanza cercando di mascherare le sue emozioni. “E’ vero. Sto cercando di fare del mio meglio e sto lavorando molto con Aurora per cercare di trovare un punto di incontro; ho anche parlato più volte con tuo padre per spiegargli la situazione ma anche se sul momento sembra comprendere quando si trova di fronte al carattere spigoloso di tua sorella sembra perdere completamente la ragione. Lei ha vissuto un’infanzia movimentata ed ovviamente quello che è ora è frutto di tante esperienze passate e noi dobbiamo cercare di venirle incontro il più possibile, deve imparare a fidarsi di noi, deve capire che siamo quel punto fermo che le è sempre mancato e soprattutto deve rendersi conto che ora siamo la sua famiglia”. Era una donna molto saggia e non potevo che essere d’accordo con lei. “Mio padre ha sempre avuto un carattere autoritario e severo ma posso assicurarti anche che è la persona più amorevole che ci sia. Sono fiduciosa che le cose si sistemeranno; in realtà sono qui per un altro argomento spinoso. Ho bisogno che tu mi dica tutto quello che Catalina ti ha raccontato su mio padre e Lucia”. Anastasia sostenne il mio sguardo. “Loredana, ti ho già riferito tutto quello che mi aveva confessato. Devo dedurre che se torni sull’argomento ora è perché le mie parole non sono cadute nel vuoto. Credo sia tu a dovermi aggiornare su quanto sei venuta a conoscenza”. Avevo commesso un passo falso nel voler chiedere maggiori delucidazioni? Questo peso mi stava tormentando e dovevo andare in fondo anche contro il parere di Andrea che invece voleva mettere un punto alla questione in quanto per lui eravamo giunti in un vicolo cieco. “Cosa sa Aurora?”. Anastasia rimase a soppesare la mia domanda cercando di stabilire quanto potersi scoprire senza provocare danni. “Non abbiamo mai parlato dell’argomento, se lei sapesse qualcosa o me lo starebbe deliberatamente nascondendo o starebbe proteggendo la memoria della madre. Vuoi che tasti il terreno? Tieni presente che tua sorella non è una sprovveduta se aprissi il vaso potresti dover dare delle spiegazioni”. Mi alzai in piedi e mi avvicinai all’uscio. “No, ripensandoci è meglio tacere per il momento. Per quel poco che la conosco se avesse informazioni diverse dalle nostre in uno scatto d’ira lo avrebbe già vomitato contro nostro padre”. Aprii la porta. “Come desideri Loredana. Per quanto tua madre ti possa essere sembrata una persona spregevole non avrebbe avuto nessun motivo per mentirmi su una cosa del genere”. Risi sarcasticamente. “Catalina era un’abile manipolatrice, se ti ha riferito ciò avrà avuto i suoi buoni motivi per farlo; non lasciava mai nulla al caso e riusciva sempre ad ottenere quello che voleva. Porta pazienza se non credo a tutto quello che le usciva da quella bocca. Ti ringrazio per la piacevole conversazione e spero di non averti rubato troppo tempo”. Forse Andrea aveva ragione, era ora di archiviare quella storia; voler proseguire a tutti costi non ci avrebbe condotto da nessuna parte. “Se ti stai riferendo al dottore che l’aveva in cura sono a conoscenza della loro tresca. Catalina prima di morire mi ha raccontato ogni minimo dettaglio; solo il tempo ci dirà le risposte Loredana e tu dovresti parlarne perché solo così potrai perdonarti per aver tenuto così a lungo nascosto il suo tradimento. La mia camera sai dove si trova, quando vorrai, la porta per te sarà sempre aperta”. Non so se rimasi più sconvolta dall’apprendere che Anastasia conosceva l’oscurità che mi portavo dentro o nel vedere Mattia uscire dallo studio di mio padre.

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Capitolo 61
*** Carota ***


E’ inutile negarvi che sono un amante dell’organizzazione, lascio poco al caso e come avrete notato odio gli imprevisti e tutto ciò che sfugge al mio completo controllo. E’ vero, quella mattina quando Andrea mi aveva salutato svegliandomi con un dolce bacio sulle labbra, non avevo programmato di recarmi a casa mia né tanto meno avrei mai immaginato di imbattermi in Mattia. Lo stupore fu reciproco e se in un primo momento l’idea che la sua presenza non fosse casuale aveva stuzzicato il mio intelletto, vedendo i suoi occhi sbarrati questo pensiero svanì all’istante. “Non pensavo di rivederti così presto”. Il suo sguardo stava soppesando la mia reazione, la mia stessa confusione aleggiava nei suoi pensieri. “Neanche io, ad essere sincero. Dobbiamo ringraziare il fato per questo piacevole ed inaspettato incontro”. Una maschera spavalda calò prontamente sul suo volto. “Visto che vi conoscete già eviterò le presentazioni. Loredana ho appena ingaggiato la sua società investigativa di svolgere ulteriori indagini sulle recenti vicissitudini che hanno colpito la nostra famiglia. Beatrice, che ha collaborato in diverse occasioni con Mattia, è fortemente convinta che sia l’unico che possa risolvere la situazione”. Soppesai le parole di mio padre, l’incontro odierno era davvero una coincidenza. “Mi fido del giudizio di mia sorella e sapendo che è anche un caro amico di Andrea, papà, non posso far altro che dirti che scelta migliore non potevi fare”. Un tonfo ci colse alla sprovvista, Aurora aveva lanciato il suo zaino nel corridoio. “Scusate, non volevamo disturbare”. Caterina, ormai inseparabile ombra di mia sorella, cercò di smorzare immediatamente lo sguardo furente di mio padre. “Vero. Non volevo interrompere l’ennesima inutile discussione. Vi chiedo solo di lasciarmi fuori da tutta questa storia, non ho voglia di perdere tempo con l’ennesimo pomposo investigatore che si crede di essere il migliore sulla faccia della terra. Sono stanca di frasi di circostanza, rassicurazioni, svolte epocali che poi si riversano in un vicolo cieco”. Aurora aveva apertamente acceso la miccia. “E’ un orecchino quello che vedo al tuo naso? E quella maglietta non è troppo piccola per te?”. Mio padre aveva raccolto il guanto di sfida, a poco servì l’intervento tempestivo di Anastasia. “Quando te lo sei fatto? E perché non me ne hai parlato?”. Con i lunghi e ricci capelli biondi, lasciati appositamente sciolti, Aurora dimostrava qualche anno in più rispetto all’età anagrafica; l’espressione ribelle ed imbronciata del suo viso era identica a quella di Beatrice in piena fase adolescenziale ma a differenza di quest’ultima Aurora fisicamente sembrava la fotocopia di Catalina. “Da non più di qualche ora visto l’arrossamento del naso. Ed anche il suo abbigliamento che potrebbe sembrare una chiara forma di protesta in realtà non è altro che un modo per attirare l’attenzione. In che guaio ti vuoi cacciare ragazzina?”. Mattia che era rimasto in silenzio ad osservarla entrò a gamba tesa nel discorso. “Wow! Arguto, almeno non ti sfuggono i dettagli! Sei sulla busta paga di Antonio ed è a lui che devi dimostrare di guadagnarti la pagnotta; io sono solo un’inutile e sciocca adolescente sbucata dal nulla ed evidentemente di troppo in questa famiglia”. Aurora entrò nella sua stanza trascinandosi dietro un’imbarazzata Caterina, le urla di mio padre ed i vani tentativi di Anastasia di calmarlo si persero tra le mura; feci cenno a Mattia di seguirmi e lui colse al volo l’opportunità di uscire da quell’inferno. “Ora ho compreso gli avvertimenti di Andrea su tua sorella! Che caratterino! E’ sempre stata così?”. Accennai un sorriso. “Non saprei dirti; ti avrà accennato mio padre al fatto che da poco abbiamo saputo della sua esistenzaa e che lei per tutti questi anni ha vissuto in Venezuela con nostra madre. E’ una situazione molto complicata”. Mattia annuì. “Non nei dettagli per il momento ma sono stato informato. Posso dirti sinceramente che è proprio lei che mi preoccupa di più? Tu, Beatrice, tua nonna, tuo padre e credo anche l’altra sorella siete soggetti facilmente gestibili. Aurora è una mina e l’ostacolo più grande è che tutti sembrano non conoscerla abbastanza da potermi dire come disinnescarla. L’esporsi in modo così plateale attira l’attenzione non solo all’interno del vostro gruppo familiare ma anche all’esterno e le parole usate per descrivere il mio lavoro mi lasciano intendere che lei non crede che io possa scoprire cosa stia succedendo. Avevo promesso a Beatrice di darvi una mano ma non posso lavorare con una variabile indefinita”. Misi una mano sul suo braccio. “Mattia, se mio padre ha deciso di affidarti la nostra sicurezza sono sicura che tu sia l’unico che possa riuscire dove altri hanno fallito. Beatrice è in una situazione molto delicata e non ha di certo bisogno di altre preoccupazioni per cui ti prometto che parlerò io con Aurora e cercherò di fare il più possibile affinché lei non sia di intralcio con il tuo lavoro”. Mattia non sembrava del tutto convinto ma decise di provare lo stesso. “Sarai la mia referente e io sarò il tuo confessore, tra noi non dovranno esserci bugie e segreti. Dovrò parlare con Andrea ed assicurarmi che non ci siano problemi affinché assuma l’incarico, è solo una semplice formalità. Tornerò qualche giorno a Londra per sistemare alcune faccende in sospeso in modo poi da potermi dedicare anima e corpo qui”. La nonna ci chiamò per il pranzo ed invitò anche Mattia a restare in modo da prendere confidenza con i membri della famiglia. “Signor Roseto o devo chiamarla Dottor Roseto? Precisamente cosa ha studiato? E che esperienze vanta?”. Seduti alla grande tavola Aurora, noncurante degli ammonimenti di mio padre, tornò alla carica. Mattia fece cennò a mio padre di lasciar stare e si rivolse a mia sorella con gentilezza. “Chiamami pure per nome. Sono sicuro che avrai già fatto tutte le ricerche del caso: ho una laurea in economia, un dottorato ed un master in marketing, successivamente ho preso un’altra laurea in psicologia criminale ed ho lavorato diversi anni a New York; recentemente ho deciso di fondare una mia società a Londra”. Aurora non abbassò lo sguardo e lo mantenne fisso sul volto di Mattia. “Mattia Roseto il giovane investigatore di origini italiane che cavalca le strade del successo in America! Mattia Roseto, il giovane imprenditore che conquista anche l’Europa rendendola un posto più sicuro! Mattia Roseto, il brillante uomo d’affari che ha a cuore la tua sicurezza! Queste sono tutte informazioni che negli anni hai fatto in modo di rendere incontestabili, parliamo invece del fallimento della società di New York oppure dello scandalo della giovane Rebecca Lal?”. Il boccone mi andò di traverso e ci vollero diversi colpi di tosse ed alcuni bicchieri d’acqua affinché riuscissi a riprendermi del tutto, perché non avevo mai pensato di fare qualche ricerca in rete anche io? In poco meno di un’ora Aurora aveva appreso più informazioni della sottoscritta in settimane. Appurato che stessi bene mio padre cercò di distogliere il discorso offrendo a Mattia un ottimo bicchiere di vino, Caterina seduta al fianco di mia sorella aveva smesso di alzare lo sguardo dal piatto e continuava a giocherellare con il cibo rimasto. “Loredana, non era mia intenzione metterti in imbarazzo e ti chiedo scusa per aver tirato fuori notizie delicate”. Anastasia mise una mano sul braccio di Aurora e le sorrise. “Finalmente ti sento dire qualcosa di sensato. Non sono uno sprovveduto come pensi, Mattia Roseto mi è stato fortemente raccomandato da Beatrice e prima di incontrarlo ho fatto le mie ricerche. E’ un bravo investigatore e soprattutto non deve giustificarsi con una ragazzina!”. Perfetto, tutti erano a conoscenza di Andrea e Rebecca? Dal viso di mio padre non trapelava nessuna emozione se non di ammonimento per il comportamento della più piccola di casa. “Antonio, non è necessario. Anzi, se sua figlia avesse una decina di anni di più le dico sinceramente che le avrei fatto una corte serrata: è molto intelligente per la sua età e il suo spirito combattivo ed intraprendente mi piace. Aurora, non è da me che devi proteggerti o nasconderti; io sono un tuo amico e con il tempo sono sicuro che lo capirai. Ti rispondo brevemente ma se vorrai maggiori dettagli sarò più che felice di condividerli con te. Bene, il fallimento della società newyorkese non è dipeso da me, anche se ero all’interno del consiglio di amministrazione: io e gli altri consiglieri siamo stati tutti assolti dopo un lungo processo. Per quanto riguarda la signora Lal il mio nome è stato associato alla sua denuncia dalla stampa, fu lei stessa successivamente a smentire pubblicamente qualsiasi tipo di coinvolgimento mio o di Andrea”. Aurora non sembrava del tutto convinta ma allo stesso tempo fu abbastanza intelligente da lasciare cadere il discorso nel vuoto. “Londra è bellissima! Ne sono rimasta ammaliata, dovremmo andarci tutti appena possibile”. La nonna con un sospiro di sollievo servì il caffè e poco dopo da tavola cominciarono ad alzarsi tutti desiderosi di allontanarsi frettolosamente. Rimasi per sparecchiare ed Aurora dopo aver salutato la sua amica decise di fermarsi a darmi una mano. “Ero sincera prima, mi dispiace averti messo in mezzo. Mattia ha detto la verità su Rebecca Lal, è stata lei stessa a smentire le voci che la stampa aveva iniziato a far trapelare; te lo sto dicendo perché non vorrei mai che tu litigassi con Andrea a causa di una mia frase ambigua detta in un momento di rabbia”. Cercai di tranquillizzarla. “Non preoccuparti, sono a conoscenza della loro storia; oggi non avresti potuto dire nulla che mi avrebbe portato a discutere con lui. Mi fido di Mattia e sono d’accordo con nostro padre che sia la persona migliore che al momento possa davvero fare un passo in avanti nelle indagini. Perché non gli racconti delle tue teorie? Anzi, se lui fosse d’accordo, visto la tua dote spiccata nel recuperare informazioni, potresti assisterlo; ovviamente dovrai promettermi che non ti caccerai nei guai!”. Il suo volto si illuminò, per la prima volta da quando l’avevo vista nei suoi occhi risplendeva un bagliore così intenso da riscaldare l’intera stanza. “Quali teorie?”. Entrambe sussultammo, Mattia si era avvicinato silenziosamente. “Non sono ipotesi ma certezze! Il mandante è David Smith che credo tu abbia incontrato personalmente almeno in un paio di occasioni. Lui è l’ex ragazzo di Beatrice nonché padre biologico del figlio che porta in grembo; ovviamente sapendo di non poter fare nulla, al momento, per riprenderseli, cerca vendetta oppure sono avvertimenti che sta lanciando a Beatrice per farle capire cosa potrebbe succedere se lei non decidesse di tornare con lui a New York”. Mattia si sfiorò la barba che stava spuntando pensierosamente. “Che prove abbiamo?”. Aurora era raggiante, dalla tasca dei pantaloni prese il suo taccuino ed io rimasi stupita ad osservarli mentre sembravano essere perfettamente sulla stessa linea di pensiero.

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Capitolo 62
*** Gommagutta ***


Avete un posto speciale tutto vostro? Il mio rifugio è sempre stato una vecchia altalena che mio nonno aveva appeso ad una grande quercia; quando ero triste, pensierosa o semplicemente dovevo prendere una decisione mi sedevo su questa piccola tavola di legno intagliata a mano e mi lasciavo trasportare dal vento tra i capelli e dal calore del sole sulla pelle. “Antonio mi ha detto che ti avrei trovata qui. E’ stata una giornata pesante?”. L’arrivo di Andrea aveva portato il sereno. “Abbastanza, hai già saputo le novità?”. Si abbassò e mi diede un rapido bacio sulla fronte. “Si si. A dir la verità avevo già pensato di coinvolgere Mattia nella nostra indagine segreta, come ultima spiaggia, e la sua presenza nei dintorni non può far altro che agevolare la situazione. Vuoi cenare qui o preferisci che andiamo via?”. Smisi di dondolarmi. “Vorrei solo stare tra le tue braccia e rimanerci per sempre”. Andrea mi guardò dolcemente e mi porse la mano. “Avremo tutto il tempo per farlo tesoro mio. Ci meritiamo una bella cenetta romantica?”. Annuì immediatamente ed andammo a congedarci dalla mia famiglia; vicino la porta di ingresso trovammo mio padre intento a discutere animatamente con Anastasia. “Antonio, non puoi reagire così ogni volta che sei in disaccordo con un suo comportamento o con una sua idea. E’ un’adolescente che ha perso l’unico punto di riferimento che aveva, ha lasciato i suoi amici, il paese nel quale è cresciuta e si è ritrovata in una realtà che fino a poco fa non le apparteneva. Dovete imparare a conoscervi e a smussare i vostri caratteri trovando un punto di incontro”. Mio padre sbuffava e gesticolava nervosamente. “Ci sto provando! Ho cresciuto tre figlie e penso di essere in grado di gestire una ragazzina ribelle ma Aurora è una continua provocazione nei miei confronti. Anche quando c’è di mezzo la sua sicurezza non riesce a comprendere che i miei no sono solo per il suo bene!”. Andrea tossì e annunciò così il nostro arrivo, mio padre smise di parlare e si girò rivolgendomi un sorriso amorevole. “Non starete già andando via vero? Vi fate vedere troppo poco”. Andrea tentò di rassicurare mio padre dicendogli che nei prossimi giorni gli avremmo dedicato più tempo; Mattia che nel frattempo ci aveva raggiunto raccolse le sue cose e ci accompagnò alla macchina. “Vecchio mio, cosa ne pensi di tutta questa storia?”. Mattia mi fece l’occhiolino. “Penso che tu sia un uomo sfacciatamente fortunato per essere circondato da tutte queste belle donne”. Andrea gli diede una pacca sulla spalla. “Dobbiamo parlarti anche di una questione molto delicata ma lo faremo quando sarai stabile qui”. Mattia raccolse l’informazione e come al solito tirò fuori il suo umorismo. “Spero che non si tratti di nulla di grave, vecchio mio, c’è ancora tempo per accasarsi, sei ancora troppo giovane! Nonostante la prigione non sembri niente male, non farti abbagliare da tutto quello che luccica”. Alzai gli occhi al cielo perché questo scambio di battute e di testosterone cominciava ad annoiarmi. “Amico mio, prima o dopo, troverai colei che ti farà desiderare di essere diverso”. Entrammo in macchina e Mattia si chinò sul finestrino aperto. “Fate attenzione in questi giorni, quando tornerò metteremo a punto un nuovo piano di sicurezza. Mi raccomando Loredana, tieni d’occhio Aurora per me. Quella ragazzina è una vera e propria forza della natura ed ho seriamente paura che vada a cacciarsi in qualche guaio; ha ottenuto informazioni di difficile reperibilità e questo vuol dire che si è già spinta troppo in là. Le sue teorie e le prove che ha raccolto hanno fondamento anche se non sono collegate tra loro”. E così, molto probabilmente, il nostro problema principale era ancora David Smith. “Me ne occuperò io in tua assenza; sto pensando di organizzare alcune attività per tenermi impegnata in questi giorni e penso proprio che alle ragazze potrebbe piacere passare un po' di tempo con me!”. Mattia si scambiò un ultimo sguardo di intesa con Andrea e poi ci lasciò andare. “Ho pensato di accompagnare Aurora a comprare l’attrezzatura per dipingere e di portarmi dietro anche Caterina. Pensi che per tua madre sia un problema?”. Andrea non distolse lo sguardo dalla strada. “Non credo, anzi, suppongo che mia sorella sarà molto contenta di non essere trascinata come una bambolina da nostra madre. A colazione mi ha raccontato che Lucia e le sue amiche sono state più di tre ore a discutere delle fattezze di un pasticcino!”. Risi di gusto, la cosa non mi stupì affatto; il telefono di Andrea squillò e mi chiese di leggergli il messaggio. “Buongiorno sig. De Barbieri, sono riuscito ad incastrare i miei impegni e a ritagliarmi un’oretta di tempo per la nostra questione. Preferisce che ci incontriamo direttamente lì per le 19.30? Leonardo Ricci”. Rimasi perplessa. “Cosa devi fare con l’avvocato?”. Andrea sembrava pensieroso. “C’è qualcosa che non va con l’auto, la sento strana. Forse è meglio se torniamo alla fattoria e la facciamo vedere. Dopo risponderò anche a lui, al momento non posso dirti altro anche perché si tratta di una sorpresa tesoro”. Sorrisi, Andrea non smetteva di stupirmi; non avrei mai immaginato di poter costruire con lui qualcosa di serio e di duraturo. “Loredana, chiama Mattia e avvertilo che stiamo tornando indietro per problemi alla macchina e che prima che vada via vorrei che rimanesse per verificare insieme il guasto: suo papà è un appassionato d’auto d’epoca e lui è cresciuto tra i motori”. Annuì e feci partire la chiamata, nel frattempo iniziai ad accorgermi che la fronte di Andrea era imperlata di sudore. “Tutto bene tesoro?”. Andrea manteneva ferma la presa sul volante, le nocche erano quasi bianche. “Loredana, devi mantenere la calma. Il tuo comportamento potrebbe essere determinante per i prossimi minuti; poco fa ho provato a frenare e nonostante il piede sia andato a fondo la macchina non ha minimamente rallentato. Penso ci sia un danno importante all’impianto frenante e per questo ti ho chiesto di chiamare Mattia. Ora controlla che la tua cintura sia allacciata correttamente ed appena risponde mettilo in vivavoce”. Rimasi a fissarlo per un lungo minuto persa nell’osservare un rivolo di sudore colargli lentamente fino all’orecchio, non mi accorsi nemmeno che in lontananza qualcuno ci stava chiamando. “Loredana, ti prego, avvicinami il telefono in modo che possa parlare con Mattia e lui possa sentirmi”. Nello stesso momento in cui mi toccò la gamba il mio cervello riprese a funzionare, sbarrai gli occhi ed eseguii alla lettera le indicazioni che Andrea mi aveva dato. “Bravissima. Mattia, non ho molto tempo, i freni sono danneggiati. Sto cercando di mantenere una bassa velocità procedendo a zig-zag, siamo circa sui 60 km/h; come posso fermarmi limitando al massimo i danni per noi?”. L’imprecazione del nostro amico arrivò forte e chiara. “Ascoltatemi bene ragazzi: accendete tutte le luci e qualsiasi accessorio elettrico, premete tutti i pulsanti, azionate l’aria condizionata alla massima velocità; Andrea cerca di scalare la marcia e portare il motore a circa 3.000/4.000 giri e poi aprite tutti i finestrini in modo da aumentare la resistenza dell’aria sull’auto. Quando avete fatto tutto, Andrea, inizia a tirare lentamente il freno a mano: devi essere molto delicato perché altrimenti rischi di bloccare le ruote e di perdere completamente il controllo della vettura. Quando vedi che la velocità è nettamente diminuita cerca di fermarti a bordo strada o contro un albero; tra poco saremo lì per aiutarvi. Mantenete la calma, è determinante in queste occasioni”. Andrea iniziò ad eseguire le istruzioni di Mattia e se in un primo momento sembrava tutto andare per il verso giusto la situazione precipitò quando ci trovammo davanti ad una discesa seguita successivamente da una stretta curva. “Loredana, al mio tre devi slacciarti la cintura, aprire lo sportello ed uscire dall’auto. Non sarei mai voluto arrivare a questo ma purtroppo tra poco con la discesa riacquisteremo troppa velocità e non riuscirò più a mantenere il controllo dell’auto; è meno pericoloso lanciarsi adesso piuttosto che affrontare il ribaltamento del mezzo. Tesoro, ti prometto che andrà tutto bene. Uno, due e…tre”. Feci esattamente come mi era stato chiesto, incapace di razionalizzare quanto stava succedendo; nel cadere al suolo sbattei il braccio ancora in riabilitazione dall’incidente e il dolore che provai fu indescrivibile. Persi la cognizione del tempo e l’incessante pulsare del dolore non mi faceva essere lucida; la macchina si ribaltò all’inizio della curva e dopo diverse capriole si fermò distrutta contro un grosso tronco. “Andrea? Andrea dove sei?”. Nessuna risposta. “Andrea? Andrea?”. La mia voce isterica si perse nel vento, cercai di alzarmi ma la caviglia sinistra cedette e mi ritrovai accasciata a terra: si stava gonfiando velocemente. Mi guardai intorno, la mia borsa era rimasta in auto ma da qualche parte doveva esserci il telefono di Andrea visto che ero saltata giù con quello in mano. Disperatamente cercai tra l’erba, la pioggia che era caduta nelle sere precedenti non stava facilitando la mia impresa in quanto aveva creato uno strato di fanghiglia sul terreno rendendolo scivoloso. “Andrea? Andrea? Mi senti? Ti prego rispondimi!”. Non sapevo se fosse riuscito a saltare dall’auto, ero all’oscuro delle sue condizioni visto che non riuscivo a muovermi per prestargli soccorso e quindi l’unica speranza era nell’arrivo tempestivo dei soccorsi. Quando ormai le mie unghie si erano consumate per cercare il telefono nel terreno fangoso vidi i fari di alcune auto sopraggiungere e con le ultime forze che mi erano rimaste cercai di sbracciarmi. “Siamo qui! Siamo qui! Qualcuno mi aiuti!”. La prima auto accostò a bordo strada ed immediatamente Mattia e Marco mi raggiunsero. “Loredana stai bene?”. Marco cercò di aiutarmi a mettermi in piedi ma nonostante gli forzi non ci riuscì; gli feci notare che la caviglia era troppo gonfia per tenermi eretta e così lui decise di prendermi in braccio mentre Anastasia accorreva in nostro soccorso con una coperta per riscaldarmi da quella gelida poltiglia che si stava asciugando velocemente su quello che restava dei miei abiti. “Non so dove sia Andrea! Non mi risponde, non sono sicura che sia riuscito a scendere in tempo prima che l’auto si ribaltasse. Vi prego cercatelo!”. Anastasia mi teneva abbracciata stretta noncurante dello sporco che avevo addosso e che così facendo stava macchiando anche i suoi abiti; calde lacrime iniziarono a lavare via le incrostazioni che via via si erano seccate sul mio viso. In lontananza sentii mio padre richiedere al telefono l’arrivo tempestivo dei soccorsi, Marco e Mattia gridavano il nome di Andrea ma l’unico suono udibile era l’eco della loro voce.

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Capitolo 63
*** Melograno ***


In poco tempo la zona si riempì di volontari e di alcuni paramedici tutti intenti a cercare Andrea tra l’erba alta, il terreno fangoso ed il fitto bosco. “Loredana, è importante che tu ci ripeta di nuovo cosa sia successo. Se riusciamo a circoscrivere l’area abbiamo più possibilità di intervenire tempestivamente”. Anastasia mi teneva stretta a sé. “I freni non funzionavano, Andrea ha provato a fermare l’auto attraverso i consigli di Mattia ma ad un certo punto abbiamo visto la discesa e mi ha detto che era meno pericoloso saltare in corsa che affrontarla perché avrebbe sicuramente perso il controllo della vettura. Al suo tre io ho tolto la cintura e sono scesa, sono caduta ed ho rotolato; ho visto l’auto ribaltarsi in curva fino a fermarsi contro quel grosso tronco ma non ho visto Andrea. Non so se sia sceso o se sia rimasto sul mezzo”. Ripresi a singhiozzare, Anastasia mi strinse con più forza. “La prego, non lo vede che è sconvolta? Non sa altro altrimenti ve lo avrebbe detto”. Erano passate ormai quasi tre ore dall’incidente e il buio stava calando velocemente; la nonna arrivò con Aurora, Giada ed Edoardo, portando delle coperte, delle torce e dell’acqua. “Come stai?”. Erano tutti visibilmente preoccupati. “St…st…sto bene. I medici hanno temporaneamente immobilizzato il braccio ma poi occorrerà fare un salto in ospedale per verificare se sia rotto o meno. Ho diverse escoriazioni e qualche contusione qua e là ma tutto sommato poteva andarmi peggio. Di Andrea invece ancora nessuna notizia, vi prego unitevi alle ricerche”. Edoardo mi mise una mano sulla gamba. “Andrà tutto bene vedrai, tra poco tutto questo sarà solo un brutto ricordo”. Mattia sporco di fango e visibilmente stanco si avvicinò velocemente. “Ho richiesto l’intervento dei cani dovremmo rintracciarlo prima che faccia notte”. Aurora lo affiancò. “Non puoi occuparti anche di gestire le ricerche, lascia il controllo ad Antonio e Marco. Chi è rimasto alla fattoria con Beatrice? Dovremmo tornare lì. Mattia, ragioniamo, quando Andrea è arrivato l’auto funzionava quindi vuol dire che qualcuno l’ha manomessa mentre lui era lì! Questo vuol dire che c’è qualcuno che riesce ad accedervi liberamente ed indisturbato! Ho installato delle telecamere sul davanzale della mia camera, forse sono riuscita a riprendere qualcosa che può aiutarci a scoprire chi c’è dietro tutto ciò!”. Rimanemmo tutti ammutoliti dall’intelligenza e dal sangue freddo della piccola Aurora. “Se un giorno vorrai intraprendere questa carriera sappi che da me troverai sempre le porte aperte. Sarei uno sciocco a farmi scappare un talento del genere! Aurora ha ragione, è meglio se torniamo alla fattoria e diamo un’occhiata lì”. Annuì e li osservai andare via. “E’ troppo guardinga per la sua età, cosa ha dovuto passare?”. Lo sguardo di Anastasia si rabbuiò. “Non ha avuto un passato facile. Il quartiere nel quale vivevano non era dei migliori, Catalina ha cercato di tenerla il più lontano possibile dalle situazioni complicate ma ancora oggi non so se ci sia riuscita o meno. Ci sono dei momenti che perfino io ho paura a chiederle cosa ha visto, cosa ha sentito e soprattutto cosa ha vissuto”. Rabbia e dolore si mescolarono dentro di me. “Con tutti i soldi che ha ereditato alla morte dei nonni perché è andata a vivere in povertà proprio lì? Perché ha permesso che crescesse in un posto del genere?”. Anastasia abbassò il tono di voce. “Non credo sia il momento di affrontare questo discorso. Forse è il caso che vada a dare una mano anche io, vuoi che ti mandi qualcuno a farti compagnia?”. Per quanto in cuor mio sapevo che buttare benzina sul fuoco non sarebbe servito a nulla non riuscii a trattenermi. “Non sarà mai il momento giusto! Che razza di madre abbandona le sue figlie piccole e ne cresce un’altra tra pericoli e povertà sapendo che se solo avesse voluto avrebbe potuto donarle una vita nettamente migliore?”. Mio padre, nelle vicinanze, rimase impietrito. “Loredana, calmati per favore. Catalina aveva problemi psicologici e tuo padre era il suo tutore; quando i tuoi nonni morirono lei non entrò in possesso della sua eredità o almeno non poteva utilizzare il denaro senza il consenso di Antonio. Non so se ne fosse a conoscenza da subito o se lo scoprì solo successivamente ma posso assicurarti che ha fatto tutto ciò che era in suo potere per dare ad Aurora un’infanzia dignitosa”. Mio padre si avvicinò. “Va tutto bene qui? Loredana ti ho visto particolarmente agitata”. Anastasia mi implorava con gli occhi di lasciar cadere il discorso nel vuoto. “Sto bene papà; l’incidente e le estenuanti ricerche di Andrea mi hanno sconvolto più di quanto pensassi”. In quel momento arrivarono di corsa Lucia e Vittorio. “Dov’è il mio bambino? Voglio vederlo!”. La voce incrinata dalle lacrime e il tono isterico riecheggiarono in tutta la valle, mio padre le andò incontro e spiegò loro la situazione. “E’ colpa tua! Hai portato solo guai da quando hai incrociato la sua strada! Se davvero lo ami come dici devi lasciarlo libero di vivere la sua vita e non costringerlo a farti da bambinaia!”. Mio padre l’abbracciò e tentò di calmarla. Quello che successe dopo fu confuso, qualcuno in lontananza iniziò a gridare “E’ qui! E’ qui”, i soccorsi raggiunsero immediatamente l’uomo: Andrea era vivo ma i suoi parametri vitali erano molto deboli e soprattutto non aveva mai ripreso conoscenza. “Possibile che vi cacciate sempre nei guai?”. Riccardo iniziò a visitarmi. “Non sono disgrazie ma atti intenzionali a nuocerci; io ancora mi stupisco che dopo tutto ciò nessuno stia facendo qualcosa di concreto per prendere questo o questi delinquenti. Hai notizie di Andrea?”. La medicazione era quasi terminata. “E’ ancora in sala operatoria, per fortuna Gabriele non aveva ancora terminato il turno. Il braccio non è rotto, dovrai fare tanta riabilitazione ma questo è il tuo campo. Questa notte rimarrai qui in osservazione ma domani potrai tornartene a casa, non voglio vederti qui per un po'!”. Mio padre tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò al letto seguito dal resto della mia famiglia. “Se solo penso che sarebbe potuto andare molto peggio mi vengono i brividi. Per fortuna Andrea ha mantenuto il sangue freddo ed ha saputo prendere il toro per le corna, non smetterò mai di ringraziarlo per come ha saputo affrontare la situazione! Ora aspettiamo che si rimetta anche lui e poi faremo una grande festa alla fattoria”. Il solo pensiero che la sua vita era ancora appesa ad un filo mi faceva mancare il respiro. “Avete novità?”. Mattia era molto pensieroso. “Non molto, la telecamera di Aurora non puntava sulla macchina di Andrea. In compenso ha ripreso un uomo, un corriere, che per consegnare un pacco si è trattenuto più di quaranta minuti; ho controllato cosa ha lasciato e nella busta abbiamo trovato delle saponette colorate, nessuno sembrerebbe averle comprate e così le ho già mandate ad un laboratorio per verificare che non ci siano sostanze tossiche o nocive”. Sapone? Effettivamente tutto ciò era altamente sospetto. “A chi era indirizzata la consegna?”. Mattia abbassò lo sguardo. “A Beatrice”. Aurora si fece avanti. “Non dovremmo stupirci se i risultati fossero atipici. Il nostro uomo si sta facendo più audace e sta alzando il tiro. Ho preso io il pacco e non è la stessa persona che ci ha offerto le tartine alla festa di Lucia, per cui abbiamo di fronte una rete criminale vera e propria; anche in questo caso non aveva la minima idea di chi fossi, totalmente ignorata mentre cercava con lo sguardo di assimilare il maggior numero di particolari. Potrei fare una ricerca sulle aziende che producono sapone nelle vicinanze e farci un salto”. Mio padre scattò immediatamente. “Aurora, non andrai da nessuna parte! Ho assunto Mattia per questo! Se proprio vuoi renderti utile lo farai senza metterti in pericolo, su ciò non ho intenzione di negoziare”. Mia sorella stava per rispondere quando la porta si aprì ed entrò Caterina, l’aspetto non era dei migliori e i suoi occhi gonfi non preannunciavano nulla di buono. “L’operazione è terminata ma non è ancora fuori pericolo; sono riusciti a fermare l’emorragia ma saranno cruciali le prossime ore”. Il silenzio che calò gelò ogni centimetro di quella spoglia stanza, Aurora andò ad abbracciare la sua amica e io rimasi a guardarle incapace di proferire verbo. Avremmo superato anche questa, il nostro amore ci avrebbe dato la forza per combattere anche questa ennesima battaglia; dovevo riprendermi in fretta e stargli accanto come aveva fatto lui nel momento in cui ero io ad averne bisogno. Raccolsi velocemente i pezzi di me che si erano frantumati al pensiero della sua perdita, ricacciai indietro le lacrime e decisi che da quel momento avrei mostrato al mondo intero tutta la mia forza e i miei artigli. “Ho bisogno del mio telefono ed anche di un pc”. Il mio tono di voce freddo e razionale lasciò perplessi un po' tutti ma visto la situazione nessuno decise di obiettare e consegnatomi il tutto mi lasciarono riposare. Ripercorsi le ultime ore e composi il numero di Leonardo Ricci. “Ciao Leonardo, sono Loredana. Non so se hai già saputo cosa è successo ma ho bisogno di vederti. Non è che riusciresti a passare dall’ospedale?”. Per prima cosa avrei cercato di capire perché Andrea aveva appuntamento con lui quella sera; Leonardo da parte sua mi rispose che lo aveva saputo alla radio e che avrebbe fatto del suo meglio per fare un salto da me. Successivamente chiamai l’infermiera e le chiesi di dire al Dott. Alberti che avevo bisogno di parlargli urgentemente; poco dopo uno stanco Gabriele entrò nella stanza: la barba incolta, il volto scavato e le pronunciate occhiaie davano prova di turni estenuanti. “Oggi ho capito che la mia scelta è sempre e solo stata Andrea. Per quanto io ti voglia bene, per quanto il mio corpo provi attrazione per te, il mio cuore non potrà mai battere per qualcun altro che non sia lui. Te lo sto dicendo perché non voglio che tu viva con il dubbio che sarebbe potuta andare differentemente e allo stesso modo voglio che tu ti senta libero di amare qualcun'altra e se questo vorrà dire accettare Angela al tuo fianco io lo farò”. Gabriele prese una sedia e la mise affianco al mio letto, con lentezza vi si lasciò cadere sopra. “Rebecca Lal mi sta ricattando”. Quella semplice frase che sputò d’un fiato mi lasciò letteralmente sconvolta.

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Capitolo 64
*** Vermiglione ***


Avete presente la frase non può piovere per sempre? Bene, io credo sia una balla colossale. “Cosa hai detto?”. Gabriele si passò una mano tra i capelli. “Rebecca Lal mi sta ricattando”. Più quella banale frase veniva ripetuta e più non riuscivo a credere che fosse vera. “Stiamo parlando della ex di Andrea? Tu come fai a conoscerla?”. Guardai quell’uomo seduto al mio fianco e facevo veramente fatica a riconoscerlo, chi era veramente? Un gran mal di testa iniziò a torturarmi. “Si. Non so nemmeno da dove iniziare”. L’atmosfera si riscaldò immediatamente. “Dal principio! Voglio ogni minimo dettaglio di questa storia!”. Feci perfino fatica a riconoscere la mia stessa voce. “Si, ne hai diritto. E’ da qualche anno che sono ossessionato dalla ricerca della mia famiglia biologica, per quanto abbia cercato in lungo ed in largo ogni strada si rivelava essere un vicolo cieco. Non immagini nemmeno quante porte in faccia ho ricevuto perché nessuno voleva o poteva darmi informazioni concrete. Un giorno nella clinica nella quale lavoravo venne ricoverato un signore molto anziano affetto da Alzheimer in stato avanzato e mi disse che ero la copia sputata di mio nonno; indagai per giorni nella cartella clinica dell’uomo ma a parte scoprire il paese natale non riuscii a trovare altre informazioni. Pensando di essere incappato nell’ennesimo vicolo cieco ero pronto a buttarmi tutta questa storia alle spalle quando si presentò questa donna bellissima dicendo di essere sua nipote e di riconoscere in me qualcosa di familiare. Inizialmente fui ammaliato dal suo modo di fare, dalla sua gentilezza, dalla premura che aveva nei confronti di colui che credevo essere effettivamente un parente; solo successivamente scoprii che ero finito tra le braccia del demonio! Rebecca Lal organizzò un party al quale vi partecipai e fu la scelta più sbagliata che potessi fare; lei mi aveva studiato, grazie all’enorme patrimonio di suo marito aveva avuto accesso a tutto il mio passato, sapeva delle mie dipendenze passate e non si è fatta scrupoli ad usarle contro di me. Credo, perché i ricordi di quella sera sono confusi e frammentari, che abbia messo qualche sostanza in un banale succo di frutta; dopo di che ha iniziato a porgermi dell’alcol ed io ne ho bevuto più che potevo: in qualche ora ha annientato tutti i sacrifici di anni ed anni ed è riuscita a distruggermi psicologicamente e fisicamente. Mi sono risvegliato in un letto, nudo, con un gran mal di testa e senso di nausea e con alcune donne, tutte ex pazienti della clinica; qualche giorno dopo, Rebecca ripresentò alla mia porta e mi fece vedere dei filmati nei quali io mi intrattenevo con queste ragazze. Il ricatto fu dei più spietati: sarei dovuto tornare qui, farti innamorare di me e tenerti il più lontano possibile da Andrea De Barbieri; se mi fossi rifiutato quei video sarebbero finiti in rete e ciò avrebbe determinato la fine della mia carriera medica. Non guardarmi così, sono consapevole di aver sbagliato, di essere stato uno sciocco e di essere un uomo meschino e spregevole, ma pensa anche a cosa sarebbe successo se sul web fosse finito il video di un medico che fa sesso con le sue pazienti? Sarei stato messo alla gogna, nessuno avrebbe creduto alla mia versione dei fatti ed avrei perso l’unica cosa che mi aveva salvato dall’autodistruzione: il mio lavoro. Ho così accettato di essere una sua pedina”. Il senso di nausea aumentò a dismisura. “Quindi era tutta una recita? Hai finto di corteggiarmi affinché io scegliessi te e rinunciassi ad Andrea?”. I suoi occhi evitavano il mio sguardo. “Si. Siamo stati grandi amici fin dai tempi dell’università e ti ho sempre visto come una sorella e il doverti prendere in giro, al solo scopo di salvare la mia carriera, mi ha logorato l’anima. Non immagini neanche il sollievo che abbia provato quando nonostante tutto il tuo sentimento per Andrea è stato più forte e hai scelto lui! Dovevo continuare a recitare la parte di cane bastonato e così ho fatto ma sono contento di essermi finalmente liberato di questo enorme peso che mi stava schiacciando”. La rabbia prese il sopravvento sul mio controllo. “Non funziona così mio caro! Non puoi sganciare la bomba e aspettarti che io ti perdoni per le tue colpe, non ho parole per esprimerti lo schifo che provo verso quello che hai fatto. Mi fidavo di te, per mesi mi sono sentita in difetto verso i sentimenti che dicevi di provare nei miei confronti; ho colpevolizzato me stessa per provare attrazione verso di te, mi sono sentita morire dentro per aver tradito Andrea rispondendo al tuo bacio! Ora ti siedi con naturalezza su questa vecchia sedia sgangherata e cosa ti aspetti che dica? Che ti dia una pacca sulla spalla, un abbraccio ed amici come prima? Per non parlare della scenata con Angela! Io pensavo che fosse lei quella che stava approfittando di te!”. Gabriele scosse la testa. “Non mi aspetto nulla da te, non te l’ho raccontato per liberarmi la coscienza ed essere perdonato. Sono pronto a prendermi tutte le responsabilità delle mie azioni, Leonardo pensa che potrò provare la mia innocenza qualora Rebecca decida di mettere in atto la sua minaccia nei miei confronti. Ti ho detto la verità perché la situazione che state vivendo sta diventando molto pericolosa ed io non voglio che qualcuno si faccia male perché sono stato un codardo e ho ceduto al ricatto di una strega!”. Sarei mai riuscita a perdonarlo? Quell’uomo stanco che un tempo era stato un mio caro amico, un bravo dottore, ora era solo un essere ripugnante. “C’è lei dietro tutta questa storia?”. Gabriele gesticolò con le mani. “Non ne ho idea. Non mi ha mai messo a conoscenza dei suoi piani ma sapendo quello che è stata in grado di fare non mi stupirebbe se arrivasse a tanto”. Non riuscivo più a guardarlo nemmeno negli occhi, volevo solo che si allontanasse il più velocemente possibile. “Chi altro ne è a conoscenza?”. Gabriele cambiò posizione di nuovo visibilmente a disagio. “Leonardo Ricci ed ovviamente Angela”. Perfetto, quindi, non era stato il solo a ridere mentre io mi tormentavo, chissà quanto dovevo essere sembrata sciocca ai loro occhi. “Loredana, non potrò mai dire nulla che scagioni le mie colpe; sono consapevole dei miei errori. Appena Andrea si rimetterà gli chiederò personalmente scusa come ho fatto con te, sperando che un giorno possiate rivolgermi ancora la parola”. Evitai di guardarlo, ogni suo vocabolo era una lama tagliente che lasciava una profonda ferita sanguinante; non sapevo cosa dire, al momento, anche solo avvertire la sua presenza nelle mie vicinanze mi suscitava un enorme disgusto. Gabriele probabilmente dopo aver percepito il mio disagio decise di andarsene in silenzio senza aggiungere altro. Rimasta sola mi lasciai andare in un pianto liberatorio dando sfogo a tutta la rabbia accumulata e repressa, questo sarebbe stato l’unico momento di debolezza al termine del quale avrei raccolto il mio orgoglio ferito, i miei sentimenti in frantumi e tutta la forza per guardare avanti. Beatrice e Marco entrarono proprio mentre stavo asciugando le ultime lacrime. “Dovremmo smetterla di finire in un letto di ospedale, non abbiamo già dato abbastanza per quest’anno?”. Mia sorella era più spenta del solito, indossava vestiti informi e di almeno una taglia più grande che nascondevano le sue annunciate forme materne. “Mi dispiace che sia io, ancora una volta, la causa di tutti i problemi”. Marco la fece sedere sulla sedia accanto al letto, le mise una mano sulla spalla e dopo averle dato un leggero bacio sulla fronte ci lasciò da sole con la scusa di andare a recuperare dell’acqua fresca. “Ti rendi conto di quanto fortunata sei ad avere accanto un uomo come lui? E poi tra qualche mese avrai un bellissimo bambino tra le tue braccia! Questo periodo sarà solo un brutto ricordo”. Mia sorella sbuffò. “Un bambino che mi legherà per sempre ad uno psicopatico! E Marco? E’ un uomo straordinario ed io non sono la persona adatta per lui, aveva ragione sua madre, sono stata egoista a volerlo intrappolare in una storia più grande di noi”. Raccolsi tutte le mie forze e cercai di spostare la mano sulla sua. “Queste sono tutte sciocchezze! Marco ti ama profondamente e ti ha scelto nonostante il tuo passato, io non mi preoccuperei neanche per Smith, non abbiamo prove che ci sia lui dietro tutto ciò. Devi pensare solo al piccolo, a proposito, cosa dicono i medici?”. In Beatrice non vidi nessuna emozione e quando mi rispose sembrava un’estranea che mi stesse raccontando la situazione di una sua conoscente. “I flussi fanno sempre schifo ma fino a che non c’è un arresto di crescita si cerca di temporeggiare per portare avanti la gravidanza il più possibile”. Nessuna carezza alla pancia, nessuna emozione. “Sei andata dalla dottoressa Longhi? E’ molto brava e sono sicura che potrebbe aiutarti”. Lentamente tolse la sua mano dalla mia e si sistemò una ciocca di capelli sfuggitole dalla coda. “Nessuno può riparare quello che è difettoso in me, dovete rinunciare a sperare che le cose cambino. Prima lo capirete e prima sarà meglio per tutti”. Non feci in tempo a rispondere alle sue idiozie che Marco tornò e Beatrice lo pregò di accompagnarla a casa perché si sentiva stanca, così li salutai promettendo di rimettermi presto; se entrambi andarono via tristi e pensierosi un agguerrito Edoardo si precipitò nella camera. “Ci sono novità di Andrea?”. Scosse il capo con vigore. “No, ma dobbiamo parlare. Abbiamo recuperato il suo telefono ed abbiamo trovato diverse chiamate provenienti da uno stesso numero, telefonate ricevute in diversi momenti della giornata; grazie ad alcune veloci ricerche io e Giada siamo riusciti a risalire all’intestatario dell’utenza telefonica: una società francese ed in particolare al suo ceo Raul Belleville. Ti dice niente questo nome?”. Per un minuto cercai di fare mente locale ma non avevo la minima idea di chi fosse. “Sinceramente no”. Edoardo si avvicinò maggiormente. “E’ il marito di Rebecca Lal. Non credo sia stato lui a contattare più volte Andrea anzi sono sicuro che ci sia lei dietro tutte queste chiamate. Ho sentito anche la segretaria di Andrea ed ha confermato i miei sospetti e cioè sono settimane che puntualmente riceve diverse chiamate in ufficio da prefisso internazionale. In tutti i casi sembrerebbe che la conversazione non sia durata più di una decina di secondi quindi o Rebecca dall’altro capo non parlava oppure appena saputo che era lei Andrea metteva giù”. Da quanto tempo questa donna ci teneva sotto scacco? La sua bellezza e l’eco della malinconia che si propagava dalla sua figura accarezzavano i miei ricordi. “Non credo che Andrea ne fosse a conoscenza perché altrimenti me lo avrebbe detto. Forse aveva qualche sospetto, non posso metterci la mano sul fuoco”. Edoardo mi studiava attentamente. “Immaginavo. Quello che mi lascia più pensieroso è un’altra questione. Cosa è successo a Londra? Abbiamo trovato alcune chiamate indirizzate ad una cugina di mia madre, Sandy, nonché dei messaggi per la conferma di un appuntamento a casa sua. Perché mai mio fratello sarebbe dovuto andare a trovare una persona che forse prima di allora aveva visto solo un paio di volte?”. La domanda mi colse a bruciapelo, rimasi a fissarlo sperando di non essere tradita dalle mie stesse emozioni. “Sei si…sicuro? Magari l’incontro è saltato!”. Lo sguardo scettico di Edoardo mi fece subito capire che non se l’era bevuta. “Quindi ti stupirà sentirmi dire che ti saluta e ti ringrazia della visita?”. Impallidì, nel momento stesso in cui mi aveva posto la domanda era già al corrente della risposta e stava solo testando fino a che punto avrei mentito. “C…come hai detto che si chiama?”. Il ragazzo si avvicinò il più possibile. “Loredana, è vero che siamo soltanto dei ragazzi e che secondo voi certe questioni possono essere risolte solo dagli adulti ma continuare a mentire dove vi ha portato? Vi avevo già detto che il viaggio a Londra era sospetto e pensare che mio fratello mi abbia fatto passare per uno sciocco mi fa ancora più rabbia. Ci state nascondendo qualcosa e se per capire chi o cosa ha ridotto mio fratello in fin di vita devo andare fino in fondo, lo farò; con o senza il tuo aiuto! Speravo che tu fra tutti non mi considerassi un incapace ed invece sapere di aver sbagliato fa male ma ne verrò a capo, come sempre”. La determinazione di Edoardo mi allarmò, dovevo assolutamente evitare che il nostro segreto venisse a galla. “Ascoltami bene, tutto quello che abbiamo fatto o detto è per il vostro bene; ci sono delle situazioni che sono molto pericolose e se lo sono per noi figuriamoci per voi! Non dovete sobbarcarvi problemi più grandi di voi, il vostro unico pensiero deve essere quello di studiare e di crearvi un futuro! Rispetta i sacrifici che abbiamo fatto, tieni al sicuro Giada e distoglila dall’idea di andare in fondo a questa faccenda; sono sicura che le mie parole ti stanno arrivando ed una volta superata la barriera dell’orgoglio capirai che quello che sto dicendo è solo per la vostra sicurezza”. Nella conversazione concitata non mi ero accorta che la porta della stanza si era nuovamente aperta ed erano entrate Aurora, Caterina e Giada. “Aspettiamo che ci bussi alla porta o prima o dopo vi deciderete a dire la verità sul nostro comune fratello?”. A posteriori non saprei dire di chi fosse lo sguardo più sconvolto ma in quel momento guardai Aurora come se fosse un drago a due teste.

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Capitolo 65
*** Rosa ***


Edoardo, ripresosi dall’iniziale stupore, iniziò a far vagare velocemente lo sguardo da me ad Aurora. “Di cosa sta parlando?”. Guardai la più piccola di casa e la pregai silenziosamente di lasciar perdere, non era quello il momento per rivelare agli altri il segreto di nostro padre e di Lucia. “Non ne ho la più pallida idea. Perché non andate a vedere se ci sono novità su Andrea? Andrei personalmente ma Riccardo è stato chiaro nel dirmi di non alzarmi dal letto”. Edoardo non mollò l’osso e si rivolse direttamente a mia sorella. “Cosa volevi dire con fratello in comune?”. Aurora mi guardò indecisa, possibile che non si rendeva conto della bomba che aveva tra le mani? Caterina, probabilmente già a conoscenza di quanto la sua amica voleva svelare, salvò la situazione. “Loredana ha ragione, è meglio se torniamo in reparto per vedere se ci sono novità sulle condizioni di Andrea. Credo, caro fratello, che tutto il resto possa aspettare”. Edoardo osservò per qualche minuto la sorella ed infine scambiandosi uno sguardo d’intesa con Giada annuì lasciando le ragazze allontanarsi dalla stanza. “Immagino che manterrai il silenzio anche ora che abbiamo chiaramente avuto la conferma che ci state nascondendo qualcosa. Non avrei mai pensato di poter essere così delusa da te, dove sono finite tutte le belle parole spese in questi lunghi anni sull’importanza dell’onestà? Bisogna essere uniti, leali ed invece oggi mi ritrovo con un pugno di mosche in mano e tante tante bugie. Andremo fino in fondo, è solo una questione di tempo, ma ciò danneggerà irrevocabilmente il nostro rapporto!”. Mia sorella era più arrabbiata che mai ed io sdraiata in quel freddo letto d’ospedale non sapevo che pesci prendere. “Ragazzi al momento non c’è nulla di cui preoccuparvi; con tutto quello che sta succedendo alle nostre famiglie stiamo percorrendo varie piste. Non abbiamo nulla di concreto in mano ed è per questo che non ne siete al corrente. Vi prego, lasciate perdere tutta questa storia e tornate alla normalità”. I due si guardarono a lungo ed io rimasi ammaliata nel vedere la profondità del loro legame. “Qualsiasi cosa stia succedendo è molto più grande di quello che vuoi farci credere, mio fratello è finito in terapia intensiva per un sospetto? Dobbiamo fare attenzione, fare finta di niente, vivere la nostra vita come se niente fosse ed allo stesso tempo proteggerci da un pericolo ignoto. Tutto ciò è assurdo, te ne rendi conto? Se fossi da solo probabilmente avrei chiuso un occhio, anzi tutti e due, continuando a mostrarmi come il ragazzo docile ed inutile che deve essere tenuto tra quattro mura ma ora che al mio fianco c’è questa ragazza straordinaria, che è anche tua sorella, non nasconderò la testa sotto la sabbia e non permetterò che le accada nulla. Per l’ultima volta, perché avete incontrato Sandy e cosa voleva dire Aurora poco fa accennando ad un fratello in comune?”. Eravamo alla resa dei conti ma prima che potessi scegliere quale strada intraprendere mio padre fece di nuovo il suo ingresso nella camera. “Credo di dover essere io a darvi delle spiegazioni”. La sua figura statuaria troneggiava sotto lo stipite della porta, un silenzio carico di attesa occupò il tempo. “E’ una lunga e dolorosa storia e non avrei mai voluto parlarne in un ospedale ma allo stesso tempo non voglio nemmeno che le mie figlie si facciano carico dei miei problemi o che tra loro nascano delle incomprensioni. Non credo che tutto questo abbia a che fare con l’incidente di Andrea, né con quello di Loredana o con tutti gli altri episodi che si sono verificati; allo stesso tempo mi rendo conto che ciò ha alterato gli equilibri familiari e quindi penso sia ora di sistemare la faccenda”. Non riuscivo a vederlo in quello stato. “Papà non credo che sia il momento giusto. Siamo tutti stanchi e sconvolti per quello che è capitato giusto poco fa, credo che Edoardo e Giada possano accontentarsi per stasera. Che differenza fa saperlo ora o tra qualche giorno?”. Nessuno mi guardò, gli sguardi erano tutti puntati su mio padre. “Tesoro, apprezzo la tua preoccupazione ma davvero procrastinare non porterà nessun giovamento. Ragazzi, è difficile per me dirvelo e qualsiasi sia la vostra reazione io la accetterò: conoscete l’entità del legame tra me e Lucia, un’amicizia forte e duratura che ha superato tanti ostacoli nel corso degli anni; per un breve periodo Lucia ha creduto che questo sentimento potesse evolversi in qualcosa di più passionale e profondo ma è stato un errore di valutazione. Dopo una serata difficile, complice la voglia di gettarsi alle spalle le difficoltà e la facilità nel bere un bicchiere di vino io e Lucia siamo diventati intimi”. Un mugolio accennato uscì dalla bocca di Edoardo. “Si lo so, abbiamo commesso un errore; sapete quante volte nel corso degli anni mi sono chiesto come abbia potuto cedere? Poteva succedere con chiunque e sinceramente mi sarei sentito meno in colpa ma il solo fatto di aver superato il limite con lei è stata la mia punizione e la mia condanna”. Giada prese una sedia e si avvicinò al suo fidanzato stringendogli la mano. “Per tanto tempo non sono riuscito a guardarla negli occhi perché mi sentivo in colpa, non potevo nemmeno perdonare me stesso per aver tradito Catalina anche se lei già allora si divertiva a prendermi e mollarmi come un oggetto, e poi c’era Vittorio, quanto mi sono odiato per aver rischiato di rovinare il loro fidanzamento. Nel preciso istante in cui Catalina ci svegliò l’indomani mattina capii che non amavo Lucia e che lei era l’unica donna che avrei voluto al mio fianco. Passai i mesi successivi a cercare di farmi perdonare e quando ci riuscii fissammo immediatamente la data delle nozze convinto di essermi liberato per sempre di quel fardello. Non sapevo che Lucia aveva bisogno di me, sua madre mi disse che aveva deciso di recarsi da sua zia per cambiare aria prima del grande passo ed io ci credetti, mi sembrava la cosa più sensata che potesse fare ed anzi mi ero ripromesso di ringraziarla, non appena fosse tornata, per non aver reso le cose più difficili tra me e Catalina. Quando ormai mancava poco al matrimonio Catalina venne da me insultandomi e rompendo la maggior parte dei regali che avevamo ricevuto come dono di nozze: Lucia le aveva detto di farsi da parte e di permetterci di crescere nostro figlio”. Mio padre fece una breve pausa nel suo racconto, Anastasia ne approfittò per porgergli una bottiglietta d’acqua. “Saputa la notizia sono corso da Lucia, la trovai provata psicologicamente e molto confusa: i suoi ricordi su quanto accaduto quella notte erano poco lucidi, per mesi le sono stati somministrati farmaci e tranquillanti, tanto da mettere anche in dubbio di aver partorito. Sua madre ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nella faccenda, era preoccupata e spingeva affinché la figlia si sistemasse il prima possibile. Abbiamo cercato di ricostruire cosa successe ma abbiamo trovato solo muri e vicoli ciechi, non sappiamo neanche se è nata una femminuccia od un maschietto e tantomeno abbiamo mai saputo che fine abbia fatto”. Calde lacrime scesero su tutti i visi; riacquisito un briciolo di controllo Edoardo si voltò verso di me. “Lo avete trovato?”. Dispiaciuta per non poter dire altro scossi il capo. “Siamo stati da Sandy sperando che potesse darci qualche informazione in più ma in concreto oltre a confermarci indirettamente che Lucia partorì non ha saputo dirci altro”. Edoardo si fece pensieroso. “Quindi quando siete andati da lei non eravate certi di questo bambino?”. Guardai mio padre e tentennai nel rispondere. “N…n…no. In paese girano da sempre voci sui nostri genitori ma non ci avevo mai dato peso fino a quando Anastasia non mi ha raccontato di quello che le aveva riferito Catalina. Non pensavo che papà lo sapesse e ho pregato Andrea di mantenere il segreto e di aiutarmi nelle ricerche in modo da poter avere un riscontro concreto prima di rischiare di rovinare delle famiglie per dei pettegolezzi”. L’attenzione di Giada si rivolse su nostro padre. “Cosa pensi che sia successo al bambino?”. L’uomo spoglio ormai del peso che lo stava schiacciando sospirò. “Crediamo che sia stato dato in adozione e speriamo che un giorno lui o lei riesca a trovarci”. Edoardo cavalcò l’onda. “Potremmo controllare i registri di nascita di quel giorno e verificare i nominativi di quelli che risultano essere stati adottati”. Mio padre scosse la testa. “Ci abbiamo già provato e già all’epoca non era risultato nulla di strano. Probabilmente la sua nascita e le sue generalità sono state rese note molto tempo dopo e dubito che analizzando ora, quello che è rimasto dei registri, troviate qualcosa che possa farci risalire all’identità del bambino. Tenete anche conto che per un uomo è diverso, nonostante io vi stia parlando con le lacrime agli occhi e con il cuore in mano, per Lucia riaprire questa ferita comporterebbe un enorme dolore. Lei non ha mai smesso di pensarci; ancora oggi, nei momenti più bui, si aggrappa al pensiero di quel bambino che non ha mai potuto vedere”. Nonostante la banalità delle sue parole dovetti riconoscergli che aveva ragione, il solo pensiero di quello che da sola aveva dovuto affrontare Lucia avrebbe messo i brividi a chiunque. “Antonio, lì fuori c’è un uomo o una donna che merita di sapere la verità; è giusto che sappia che non è stato abbandonato ma sottratto ai suoi genitori, deve sapere finalmente chi è e da dove provenga e deve essere messo nella condizione di poter scegliere se conoscerci o meno. Non sarà facile ma gli dobbiamo almeno un tentativo”. La porta si chiuse violentemente alle nostre spalle. “Non faremo nulla di tutto ciò. Ti proibisco di mettere il naso in una faccenda che non ti riguarda, ci manca solo che anche tu vada a cacciarti in qualche guaio; sinceramente mi basta e avanza un figlio in terapia intensiva! Lucia non ha bisogno di essere umiliata pubblicamente facendo sapere a tutti la sua condotta lasciva, non starò fermo con le mani in mano a guardare mentre l’opinione pubblica l’affossa dentro una buca che voi avete scavato con le vostre mani! Vi atterrete alla lettera a quello che sto per dirvi e tutta questa storia non verrà mai più menzionata: quando lascerò questa stanza farete in modo di dimenticarvi dell’esistenza di questa persona, non sconvolgerete la vita a nessuno con ricerche assurde e dolorose. Antonio, sei stato un uomo saggio per tutti questi anni, non farmi pentire della seconda possibilità che ti è stata data”. Vittorio sembrava un leone in gabbia, la sua frustrazione cercava di far capitolare la determinazione di chiunque, la sua figura imponente e il suo viso sfigurato dalla rabbia avevano messo in soggezione tutti. “E’ quello che vuole anche la mamma?”. Edoardo fu l’unico a non scoraggiarsi davanti quell’ultimatum. “Ovvio! Quando ho accettato di sposarla nonostante tutto le avevo detto che questo errore un giorno avrebbe compromesso la nostra credibilità ed allo stesso tempo lei mi promise che non lo avrebbe permesso. Ora figliolo accetterai pacificamente le decisioni che sono già state prese a suo tempo, è già difficile convivere con tutte le voci che circolano su loro due immagina cosa succederebbe se il pettegolezzo si diffondesse a macchia d’olio: Lucia perderebbe tutto quello che ha sempre avuto, verrebbe allontanata dal suo cerchio di amicizie e la sua reputazione si sgretolerebbe! Non possiamo permettercelo e sia chiaro, non ti sto chiedendo di lasciare perdere, te lo sto ordinando”. Il gelido sguardo lasciò il figlio disarmato e senza parole, il silenzio saturava la stanza. “Va bene, aspetterò la ripresa di Andrea e decideremo tutti insieme sul da farsi”. Vittorio con semplicità mise un punto fermo alla conversazione e mi lasciò più sconvolta che mai. “Andrea è d’accordo con me, ne abbiamo già discusso a lungo”. Non poteva essere vero, me lo avrebbe detto o forse no? Possibile che dopo Gabriele anche Andrea aveva tradito la mia fiducia?

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Capitolo 66
*** Rosa Shocking ***


Quella notte il tempo sembrava non passare mai: le luci dall’esterno riflettevano sulle bianche pareti filtrando attraverso le vecchie tapparelle ed ogni tanto una sirena si infiltrava nel silenzio tombale dei corridoi. Sola in quel freddo letto d’ospedale non potevo far altro che ripensare agli eventi che nelle ultime ore avevano sconvolto le nostre vite, nonostante la dose massiccia di tranquillante non riuscivo a prendere sonno e il mio sguardo era fisso sulla porta nella speranza che si aprisse e che qualcuno entrasse con buone notizie su Andrea. Malgrado una morsa di apprensione comprimesse il mio stomaco non voglio nascondervi la mia rabbia: mi aveva promesso sincerità ed invece avevo scoperto che non solo mi aveva tenuto nascosto che riceveva chiamate persecutorie ma soprattutto che aveva già deciso, in accordo con suo padre, di chiudere il capitolo sul passato comune dei nostri genitori. Quanto ancora non sapevo? Come potrò guardarlo ancora negli occhi e fidarmi di lui? Il discorso fiducia era un altro tasto dolente, anche colui che credevo essere uno dei miei migliori amici in realtà si è rivelato un essere spregevole; le parole fredde e tentennanti pronunciate vergognosamente da Gabriele rimbombavano incessantemente nella mia testa. Privata della capacità di giudizio, afflitta e sfiduciata, iniziai a vagabondare per i corridoi bui e vuoti. “Non dovresti essere in piedi. Hai bisogno di qualcosa?”. Il viso teso di Riccardo ed il suo sguardo severo mi fecero sciogliere in un pianto inconsolabile. “Su, su. Non starò qui a compatirti propinandoti belle frasi sul futuro roseo che ti aspetta né ti terrò stretta a meno fino a che non ti sentirai meglio perché tu non hai bisogno di una luce per poter brillare. Quasi mai le persone si rivelano essere quelle che noi pensiamo siano e non possiamo affidare ad altri la nostra felicità nella speranza che la proteggano. Ora, guardami negli occhi, fai un bel respiro e recupera tutta la forza che hai dentro di te e non permettere mai a nessuno di farti sentire non abbastanza per questo mondo”. Mi asciugai velocemente gli occhi. “Te lo ha detto vero cosa ha fatto?”. Riccardo abbassò lo sguardo, si guardò frettolosamente la mano e la nascose nella tasca del camice. “Sì. Forse ciò che ti ho appena detto è più per me che per te; non doveva trascinarmi in questa storia senza raccontarmi il pasticcio nel quale si era cacciato. Onestamente invece che seguirlo gli avrei stampato il mio gancio destro sullo zigomo molto tempo prima!”. Un accenno di sorriso incurvò le nostre labbra. “Per quanto cerchi di immedesimarmi nei suoi panni provo solo rabbia e sensi di colpa per non aver capito subito cosa stesse succedendo. Ho passato settimane a distruggermi perché credevo di averlo incoraggiato in qualche modo, altre a chiedermi come comportarmi con lui ed infine ho anche maledetto me stessa per essermi concessa di aver provato desiderio nei suoi confronti quando stavo con Andrea. Non so se riuscirò mai a perdonare quello che ha fatto”. Riccardo sospirò ed annuì. “E’ sempre stato ossessionato dalla ricerca delle sue origini ma mai avrei pensato che potesse succedere tutto ciò, per quanto sia forte il legame del sangue non concepisco come si possano calpestare tutti i valori che la famiglia ha tentato di impartirci, perché è così che vanno chiamate le persone che si sono spese per noi amandoci incondizionatamente!”. Non potevo che concordare con lui. “Perché tu non senti il bisogno di sapere chi sei?”. Solo dopo averlo detto ad alta voce mi resi conto che la domanda era troppo personale e che non avrei dovuto porla ma nonostante cercai di dirgli di lasciar perdere Riccardo decise di donarmi una gran perla di saggezza. “Non è il nostro DNA a dirci chi siamo né a dove apparteniamo; non ti nego che mi sono sentito, soprattutto durante l’adolescenza, fuori posto, perso e bisognoso di chiedere perché sono finito in un orfanotrofio. Sai quante volte mi sono chiesto se non potessero tenermi con loro oppure semplicemente non volevano, poi ho compreso che logorarmi con delle domande alle quali probabilmente non darò mai una risposta non aveva senso. La mia vita era già perfetta così: io credo che siano tutte quelle persone che ci amano, che ci crescono, che ci accudiscono a renderci quelli che siamo”. Stavo per ringraziarlo quando un’infermiera ci corse in contro. “Dottore, il sig. De Barbieri si è svegliato!”. Riccardo si avviò velocemente verso la sua stanza ed io con il cuore in gola lo seguii; Andrea giaceva immobile nel letto, il suo sguardo era decisamente disorientato e vagava velocemente all’interno della stanza cercando di capire dove fosse e soprattutto cosa fosse successo. Nello stesso istante in cui i nostri volti si incontrarono una lacrima scese dai suoi occhi e tentò di muovere la mano cercando il mio contatto, corsi da lui e lo abbracciai nascondendo il viso nel suo collo e cercando di imprimermi dentro il suo inconfondibile odore. “Andrea, sono Riccardo. Ora controllerò i tuoi parametri, cerca di stare tranquillo. Loredana mi raccomando non affaticarlo o dovrò chiederti di uscire dalla camera”. Annuii senza staccarmi da quel calore così familiare. “C…c…cosa è successo?”. Con la mano gli accarezzai il profilo fermandomi ad ammirare ogni sua fattezza. “Abbiamo avuto un incidente e siamo finiti in ospedale, ricordi?”. Andrea mi guardò pensieroso e poi chiuse le palpebre affermativamente, probabilmente parlare gli costava troppo al momento. “Perfetto. Meglio di quanto pensassi. Andrea nell’incidente hai battuto violentemente la testa su un masso, sei stato incosciente per ore e poi Gabriele ti ha operato per diminuire la pressione endocranica. La ripresa sarà lenta, è normale che tu ti senta stanco ed anzi più riposi e meglio sarà. Ripasserò più tardi per controllare che tutto proceda per il meglio, ora vado ad avvertire la tua famiglia. Loredana cinque minuti e poi di corsa nel tuo letto, passerò tra poco a controllare che tu mi abbia ascoltato”. Lo ringraziai silenziosamente e coccolai Andrea fino a che non crollò nuovamente in un sonno profondo. Fiochi raggi di sole iniziarono a riscaldare la stanza e così tornai verso la mia camera ma in lontananza vidi Giada. Erano da poco passate le sei, troppo presto per una visita; più mi avvicinavo e più sentivo una sensazione di disagio crescere smaniosamente dentro di me, potevo quasi udire una vocina sussurrarmi all’orecchio: scappa, scappa! Scacciai quei pensieri codardi e negli ultimi metri mi misi a correre. “C…cosa succede?”. Giada con occhi rossi e gonfi fu lapidaria. “Beatrice è in travaglio”. Uno schiaffo avrebbe fatto meno male, tutta la mia famiglia era accasciata su quelle scomode sedie in attesa di capire cosa sarebbe successo. “Come è possibile?”. Per quanto i medici siano sempre stati pessimisti nessuno si aspettava che il parto fosse imminente. “E’ caduta dalle scale”. Mia nonna non aveva neanche alzato il viso nel dirmelo. Guardai Aurora che si rintanava silenziosamente tra le braccia di Anastasia. “E’ stato un incidente?”. La mia domanda era rivolta a tutti ma il mio sguardo era fisso su di lei. “Ovvio! Era buio, avrà messo male un piede e sarà inciampata. L’importante è che vada tutto bene adesso”. Anastasia come una leonessa si era posizionata in difesa del suo cucciolo, pronta ad aggredire chiunque avesse osato lasciar intendere qualcosa di diverso da quanto detto. “Io ero giù ed ho sentito delle voci, poco dopo è avvenuta la caduta. Marco era a letto quando è successo e non sono riuscita a capire altro perché quando l’ho vista per terra con tutto quel sangue ho iniziato ad urlare e a chiedere aiuto”. Edoardo cercava di consolare un’affranta Giada. “Perché non eri nella tua stanza? Era notte fonda!”. L’aggressività di Anastasia mi lasciò pensierosa. “Basta! Dobbiamo pensare a Beatrice e al bambino, al resto ci penseremo dopo!”. Mio padre sbatté rumorosamente un pugno contro la parete e sedò l’ostilità nascente, Aurora rimaneva rintanata tra le braccia della sua tutrice ed il suo comportamento era decisamente troppo strano per il suo temperamento. “Dovremmo procedere con un taglio cesareo d’urgenza: nella caduta c’è stato un distacco di placenta. La stanno portando in sala operatoria ed abbiamo avvertito l’unità di neonatologia della terapia intensiva di prepararsi per il bambino. Appena avrò notizie vi avviserò immediatamente”. Il team di medici che si occupava scrupolosamente di mia sorella da settimane era preparato ad ogni evenienza, non potevamo essere in mani migliori, eppure, la paura ci aveva attanagliato le membra facendoci sembrare dei pulcini spauriti. Fui la prima ad accorgermi dell’arrivo di Mattia e prima che raggiungesse il gruppo lo intercettai. “Dobbiamo parlare in privato, andiamo nella mia camera”. Annuii e mi seguii discretamente. “Hai saputo di quello che è successo a Beatrice? C’è qualcosa che non mi convince nella versione dei fatti che è stata raccontata”. Mattia soppesò le mie parole. “Sei sconvolta per l’accaduto tanto quanto lo sono loro, una ricostruzione dei fatti ora è inattendibile. Ci penserò io con calma non appena le acque si calmeranno, hai avuto notizie di Andrea?”. Avete presente quando vi sentite un pesce fuori dall’acqua? Ecco, era esattamente ciò che provavo io in quel momento: stavo impazzendo, erano le medicine oppure stava deliberatamente sviando il discorso? Sentivo di dover andare in fondo alla questione e di non lasciare nulla al caso. “L’ho visto poco fa, si è svegliato. Riccardo ha detto che i suoi parametri sono buoni considerando quello che ha passato, ovviamente lo terranno monitorato nelle prossime ore per vedere come procede. Giada dice di aver sentito delle voci poco prima della caduta, probabilmente Beatrice stava parlando con qualcuno oppure stava origliando e nel nascondersi è scivolata. Aurora è stranamente silenziosa e come ho provato a chiedere se sapesse qualcosa Anastasia è scattata in sua difesa”. Mattia mi mise le mani sulle spalle. “Finalmente una buona notizia, quando ho accettato di seguire questo caso non pensavo che si sarebbe rivelato il più complicato della mia carriera. Domani passerò a salutarlo e gli raccomanderò di tenersi lontano dai guai per un po', anzi, dovresti farlo anche tu”. Il ragazzo raggiunse a grandi falcate la porta e prima di aprirla ed uscire mi guardò per un’ultima volta. “Sei vuoi davvero essere utile al momento riposati perché tutte le medicine che ti sono state somministrate stanno offuscando il tuo giudizio. Per tutto il resto non devi preoccuparti, tuo padre mi paga per questo d’altronde! Ti aggiornerò non appena avrò scoperto qualcosa e per una buona volta invece di fare di testa vostra cercate di ascoltarmi”. Rimasta sola nella stanza mi sdraiai sul letto promettendomi di riposare solo cinque minuti ed invece la stanchezza prevalse sulla mia volontà ed in men che non si dica mi ritrovai catapultata in un sonno profondo e turbolento.

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Capitolo 67
*** Rosa Fenicottero ***


Avete un incubo ricorrente? Sì, proprio quello che vi perseguita nei periodi più stressanti della vita! Il mio è quello di dovermi nascondermi per non essere mangiata dai dinosauri. State ridendo non è vero? Lo farei anche io se qualcuno me lo raccontasse ma posso assicurarvi che viverlo è tutt’altro che piacevole! Ecco, che nel preciso momento nel quale mi nascondevo sotto la grande tavola nella sala da pranzo, cercando di non farmi trovare da questi enormi bestioni che a migliaia avevano popolato la fattoria, una voce lontana piano piano mi riportò verso la realtà. “Le analisi sono buone, dovrà continuare il percorso di riabilitazione intrapreso e le sedute con la psicologa ma tra qualche ora la dimetteremo”. Sollevai lentamente una palpebra e cercai di mettere a fuoco. “Grazie Dottore, mi assicurerò che si attenga scrupolosamente alle raccomandazioni mediche”. Mio padre si accordava con Riccardo su quanto avrei dovuto fare e soprattutto non fare una volta a casa. “Non credi che dovresti discuterne con me visto che non sono più una bambina?”. Entrambi presi alla sprovvista si avvicinarono al mio letto. “Tesoro, come ti senti?”. Cercai di mettermi seduta o quanto meno di trovare una posizione più comoda. “Meglio. Che ore sono?”. Mio padre scambiò un’occhiata con Riccardo e quest’ultimo lanciò uno sguardo veloce al suo costoso orologio. “E’ ora che me ne vada a casa! I turni notturni sono infiniti in questo ospedale e soprattutto sempre movimentati”. Risi e ringraziai il labiale di mio papà che mi mimò le dieci. “Dico all’infermiera di portarti qualcosa da mangiare e poi quando sei pronta giù ti aspetta Leonardo Ricci, dice che sei stata tu a chiedergli di passare”. Annuii ed iniziai a vestirmi con l’aiuto di mio padre, notai le sue profonde occhiaie ed improvvisamente mi tornò tutto in mente. “Santo cielo papà! Beatrice? Il bambino?”. Mio padre continuò ad aiutarmi a mettere le scarpe da ginnastica, accovacciato ad occhi bassi, perdendo tempo con i lacci; tipico atteggiamento che adottava fin da quando eravamo piccole per poter pensare a come rispondere alle domande più scomode che gli rivolgevamo. “Beatrice è stata portata in reparto da poco, tutto sommato sta bene. Il bambino è in terapia intensiva”. La voce incrinata non faceva presagire nulla di buono. “Cosa dicono i medici?”. In pochi giorni sembrava essere invecchiato di anni, quello che una volta era un bel viso baciato dal sole oggi era un volto stanco e segnato dalle tante difficoltà della vita. “Bisogna attendere, le prime 72 ore sono le più critiche. Il bambino è stato rianimato alla nascita ed intubato, essendo molto prematuro il percorso sarà molto difficile. Marco sta facendo i salti mortali dividendosi tra un reparto e l’altro, è proprio un ragazzo d’oro; se non ci fosse stato lui credo che tua sorella sarebbe già crollata”. Annuii. “Papà, credo che tu debba andare a casa con la nonna e cercare di riposare un po'. Se ci saranno novità sarò la prima a comunicartelo”. Lasciai la stanza salutandolo affettuosamente. Andrea era seduto nel letto intento a fare colazione, suo padre e suo fratello gli erano accanto; la conversazione tra loro era piuttosto accesa e non si accorsero del mio arrivo nonostante il cigolio fastidioso dei cardini della porta. “Avresti dovuto dirmi cosa stavi facendo”. Vittorio si mosse irrequieto sulla sedia. “Edoardo, non è il momento. Tuo fratello è ancora debole e non devi farlo agitare; ti ho già spiegato come sono andate le cose ed il capito è chiuso”. Edoardo ed Andrea si guardavano entrambi negli occhi. “Pretendo di avere una spiegazione, non tanto da te che mi hai sempre considerato un incapace ma da lui non me lo aspettavo!”. Vittorio sbuffò, la testardaggine di Edoardo lo stava mettendo a dura prova. “Abbiamo solo cercato di proteggere la nostra famiglia, non te lo abbiamo detto perché evidentemente non era una notizia così importante da essere condivisa”. Il ragazzo sbatté un pugno sul letto ed alzò il tono della voce. “La reputi una faccenda da poca importanza? Si tratta di un bambino che è stato sottratto alla madre! Sei d’accordo con lui?”. Prima che Andrea potesse rispondere Vittorio si alzò dalla sedia ed espresse tutta la sua autorità. “E’ un bastardo! Chiamiamolo per quello che è! Non rimarrò qui a farmi insultare da un adolescente ma sappi che, se non deciderai di mettere fine a questa faccenda, tua madre sarà quella che ne soffrirà di più! Loredana, ti lascio la sedia almeno sarai più comoda nell’unirti a questa conversazione”. Arrossii fino alla radice dei capelli, Vittorio aveva colto la mia presenza. “Sc…scusate, non volevo interrompere. Ero solo passata per vedere come stava Andrea ma posso tranquillamente tornare più tardi”. Andrea aveva un’espressione impassibile. “No, no. Io ed Edoardo stavamo giusto andando via ed anzi credo che voi due abbiate molto di cui discutere”. L’occhiata che si scambiarono padre e figlio mi provocò un brivido, non appena lasciarono la stanza mi avvicinai ad Andrea che mi prese la mano. “E’ bello vederti tutta intera! Non ho fatto altro che pensare a te in queste ore e penso proprio che appena mi faranno uscire da questo posto dovremmo prenderci del tempo tutto per noi”. Il suo pollice massaggiava il dorso della mia mano. “Ho anche una sorpresa per te, a dir la verità. Puoi aspettare ancora un po'?”. Per quanto avessi voluto lasciarmi andare e dimenticare tutte le promesse infrante rimasi piuttosto fredda alle sue attenzioni ed il mio atteggiamento diffidente non gli sfuggì. “Mio padre mi ha detto che è venuto fuori il discorso di Antonio e Lucia”. Vi ho mai detto che odio le mezze frasi? Quell’ammasso di parole buttate lì tanto per tastare il terreno e regolarsi di conseguenza mi mandavano letteralmente in bestia. “Non hai nulla da dirmi a tal proposito?”. Loredana rimani calma, ricordati che Andrea è in convalescenza, avete avuto un brutto incidente. “Ti devo ringraziare per essere stata paziente con la mia famiglia. Edoardo è un caro ragazzo con uno spiccato senso di protezione verso le persone che ama”. Ci risiamo, piuttosto di scusarsi per avermi tenuto all’oscuro di quanto concordato con il padre cercava di spostare l’attenzione del discorso. “Quando pensavi di dirmi che avevi già deciso di chiudere la questione ancora prima di partire per Londra? Cosa siamo andati a fare lì?”. Andrea cambiò posizione nel letto. “Per quanto sia stato attento mio padre ha intercettato uno dei pagamenti verso gli investigatori; mi ha messo alle strette, spinto soprattutto dal fatto che non lo avevo avvisato. Ho dovuto dirgli cosa mi avevi detto e soprattutto che stavamo cercando risposte, per fortuna ha apprezzato la mia onestà e mi ha lasciato gestire la situazione. Sono stato costretto a fare buon viso a cattivo gioco e gli ho detto che era mia intenzione dimostrarti che eravamo incappati in un vicolo cieco in modo che tu ti mettessi l’anima in pace e smettessi di cercare risposte che non avresti mai trovato. Ha mangiato la foglia ma avevo la necessità che tu fossi spontanea nel comportamento o avrebbe capito che c’era qualcosa che non quadrava, non ti ho detto nulla perché sapevo che non saresti stata in grado di mentire soprattutto davanti ad Edoardo. Tesoro mi dispiace molto per non essere stato del tutto sincero con te, mi ero promesso di parlartene al più presto anche perché volevo chiedere a Mattia di prendere in mano la situazione, ricordi? Purtroppo, non ne ho avuto il tempo materiale”. Andrea mi tirò tra le sue braccia. “C’è altro che vuoi dirmi?”. Mi sollevò il mento e lentamente mi baciò, il calore delle sue labbra mi fece rabbrividire e dimenticai tutto il resto: in quel momento mi sentivo persa e mi aggrappai a lui con tutte le mie forze. “E’ meglio se torni a sederti sulla sedia o potrei non rispondere di me stesso. Il mio autocontrollo è al limite, le motivazioni per non spogliarti e farti mia in questo preciso istante sono troppo blande, aiutami!”. Quanto avrei voluto baciare ogni centimetro della sua pelle, perdermi tra i nostri gemiti e fonderci in un unico corpo. “Dicono che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere. Come faccio a mostrarmi arrabbiata quando con un solo bacio mi hai sciolto come un gelato al sole? Credo che andrò a fare visita a Beatrice così raffreddiamo i bollenti spiriti. Cerca di riposarti, tornerò più tardi e vorrei parlarti di una questione piuttosto seria”. Mi alzai con calma dal letto tenendo lo sguardo fisso sul volto di Andrea. “Se lo dici con questo tono autoritario non posso far altro che ubbidire agli ordini capitano!”. Non avevo dimenticato Rebecca Lal ma la questione era troppo delicata per essere affrontata con la mente offuscata dal desiderio. “Come sta?”. Non avevo avuto il coraggio di entrare nella stanza di mia sorella, mi ero limitata ad osservarla da fuori mentre riposava. “Si è svegliata un paio di volte ma era troppo agitata, voleva alzarsi per andare dal bambino e così i dottori le hanno somministrato un calmante. Vederla così provata ed indifesa mi sta distruggendo, ci credi se ti dicessi che mi prenderei metà della sua sofferenza se solo questo servisse per farla stare meglio? Mi sento in colpa anche solo a provare un briciolo di felicità vedendo tutta la disperazione che invece la circonda”. Poggiai un braccio sulle spalle di Giada e la strinsi a me. “Tesoro purtroppo non possiamo cambiare le circostanze, l’unica cosa che possiamo fare è starle vicino, dimostrarle tutto il nostro affetto e sperare che la ruota riprenda a girare e che torni un po' di serenità anche per la nostra famiglia. Ti va di raccontarmi di nuovo della notte scorsa?”. Giada mi guardò pensierosa. “Mattia è sicuro del fatto che i miei ricordi siano confusi, pensa che lo shock per l’accaduto abbia alterato la percezione dei momenti antecedenti e successivi”. La strinsi di nuovo a me. “Non mi interessa cosa crede Mattia, al momento, vorrei solo sapere cosa hai visto o cosa hai udito”. Giada si allontanò dalla mia presa e si sedette su una sedia, si guardò intorno sospettosa ed iniziò a raccontare la sua versione dei fatti a bassa voce. “Ero in camera di Edoardo. Noi, bè, dai, su sai come vanno queste cose. No?”. Annuii e la rassicurai dicendole di proseguire. “Volevo tornare nella mia camera prima che la nonna o il papà si svegliassero, uscendo ho visto la luce accesa nella camera di Aurora e sapendo l’ora volevo accertarmi che non fosse successo qualcosa; prima che potessi andare verso la sua stanza ho sentito delle voci provenire dal corridoio, era troppo buio e parlavano a bassa voce. Sono quasi sicura che fossero voci femminili ma non posso dirlo con certezza perché subito dopo questa riflessione ho avvertito la caduta e quando ho acceso la luce io… io… io…”. Sapevo già quello che voleva dirmi e le risparmiai questa sofferenza con un tenero abbraccio. “Pensi che Aurora stesse parlando con qualcuno nel corridoio del piano superiore?”. Giada mi guardò tentennante. “No, non credo, anzi, ne sono certa. Quando sono accorsi tutti lei è venuta dal corridoio che porta alla sua camera quindi di certo non poteva essere al piano superiore. Mattia mi ha detto che non è entrato nessuno in casa, le telecamere che ha piazzato non hanno ripreso nulla di sospetto”. Di chi diavolo potevano essere le voci che Giada aveva sentito? Se davvero Aurora non era implicata in tutto ciò perché non era in prima linea a cercare di scoprire cosa fosse successo? Ci stava sfuggendo qualche pezzo del puzzle.

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Capitolo 68
*** Rosa Incarnato ***


Marco si avvicinò silenziosamente, il suo viso pallido e stanco faceva chiaramente capire la delicatezza del momento. “Ci sono novità?”. Il ragazzo ci fece un cenno negativo e si lasciò cadere accanto a me. “Perché non vai a riposarti un po'? Rimaniamo noi qui con Beatrice”. Le sue grandi mani abbronzate strinsero forte i jeans. “Vorrei rimanere nel caso ce ne fosse bisogno”. La sua voce ci arrivò come un sussurro. “Giada mi ha detto che, quando è avvenuto l’incidente tu eri a letto mentre Beatrice si era alzata. Hai sentito qualcosa?”. Il suo cambiamento d’umore improvviso ci colse alla sprovvista, con un rapido balzo si alzò in piedi e diede un pugno alla parete. “Se solo mi fossi svegliato in tempo la situazione potrebbe essere diversa”. Il senso di colpa che lo stava logorando ci rese partecipe di un dolore straziante. “Non dire così. Non puoi colpevolizzarti di quanto è accaduto e tantomeno dovrà farlo lei, non si poteva prevedere. Fai un lavoro molto pesante e ti svegli presto; credo sia del tutto normale che tu non l’abbia sentita alzarsi ed anche se te ne fossi accorto le avresti detto di non andare al bagno? O di non andare a prendere un bicchiere d’acqua? Non credo!”. Giada condivise il mio ragionamento ed anche lei cercò di fargli capire che rimanere fermi al passato non avrebbe giovato a nessuno. “Credete che sia stato un incidente?”. Mia sorella rispose subito affermativamente mentre io rimasi in silenzio. “Loredana, cosa ne pensi?”. Sapevo che me lo avrebbe chiesto, il mio viso era un libro aperto. “Sinceramente non so cosa risponderti. Non hanno visto entrare nessuno in casa ma questo non vuol dire che non ci fosse qualcuno, le voci femminili che ha sentito Giada poco prima della caduta sono una grande incognita come anche il comportamento di Aurora. A proposito, qualcuno sa dove sia?”. Marco spalancò le braccia e mia sorella mi disse di averla lasciata al bar con Mattia; con la scusa di ritirare la lettera di dimissioni decisi di andare a controllare. Quando varcai la soglia del bar tutto mi sarei aspettata fuorché di trovare Aurora parlare con una sconosciuta: una donna con occhiali neri e fazzoletto verde militare, volutamente indossato per coprire i capelli, sorseggiava un thè mentre ascoltava la ragazza parlare in modo concitato. Se all’inizio pensai di rimanere nascosta per osservarle, successivamente, capii che avrei dovuto rischiare avvicinandomi perché solo così sarei riuscita a captare stralci di conversazione. “Non mi interessano quali siano i tuoi piani o dove tu voglia arrivare, non permetterò che altra gente si faccia del male! Questa storia deve finire oggi, ci siamo capite?”. La donna bevve con grazia l’ennesimo sorso di thè, si pulì le labbra con un tovagliolo e sorrise ad Aurora. “Tesoro, non hai capito nulla di quello che ti ho detto? Non siete voi a dirmi cosa posso o cosa non posso fare! A me non interessa se tu o quel cagnolino che ti scodinzola intorno vogliate far a pezzi quella famiglia o dilaniare il loro patrimonio, questi sono affari vostri ed io non ho intenzione di entrare nelle vostre beghe. Ti ho solo chiesto di tenerti lontana da Caterina perché lei è una ragazza fragile, sta attraversando un brutto periodo e deve ancora capire chi è e chi vuole diventare e tu con la tua presunzione e la tua arroganza la stai confondendo!”. La conversazione tra le due si stava infittendo di mistero, chi diavolo era? E perché si preoccupava di Caterina? La donna alzò lo sguardo e probabilmente mi vide, sorrise e fece un cenno di saluto nella mia direzione. Colta di sprovvista mi girai per vedere a chi potesse essere rivolto ma dietro di me i tavolini erano vuoti, quindi, sapeva chi ero! Mi girai velocemente ma Aurora era rimasta sola. “Con chi stavi conversando?”. La raggiunsi correndo. “Non so di cosa tu stia parlando”. La sua risposta vaga mi fece arrabbiare, le presi il braccio e le chiesi di nuovo chi fosse la donna in sua compagnia; Aurora mi guardò negli occhi ma non aprii bocca. Aumentai la presa, ormai le avevo quasi conficcato le unghie nella pelle dalla rabbia e proprio quando stavo per perdere la pazienza Mattia ci raggiunse. “Tutto bene qua?”. Il suo tono era sospettoso. “No, Aurora era in compagnia di una sconosciuta; non vuole rivelare la sua identità ma questa sapeva benissimo chi fossi perché quando mi ha visto ha abbozzato un saluto nella mia direzione e l’ha ammonita di stare lontano da Caterina”. La mia pazienza era decisamente al limite. “Lasciale il braccio e mettiti seduta, ordino qualcosa per tutti così intanto ci calmiamo”. Aurora non mi perse di vista per un minuto, per la prima volta mi accorsi di quanto freddo fosse il suo sguardo. “Iniziamo da capo. Aurora, sono andato a fare una telefonata e sei stata avvicinata da una donna?”. La ragazza guardò il suo bicchiere di latte freddo quasi finito e non rispose. “Si, te lo dico io. Le ho viste!”. Il mio tono doveva essere sembrato isterico perché Mattia mi ribadì di calmarmi e di lasciar parlare lui. “Aurora, io e te abbiamo fatto un patto: avremmo condiviso tutto sia che fosse stato bello o che fosse stato brutto. Se non c’è fiducia tra noi due non ha senso che continuiamo a lavorare insieme: la prima regola dell’investigatore è fidarsi del proprio partner!”. Il tono di Mattia era decisamente rassicurante e forse era proprio quello che serviva per farle vuotare il sacco. “Sì, mentre sei andato via si è seduta una donna e mi ha intimato di stare alla larga da Caterina”. Non era tutto, si era semplicemente limitata a ripetere quello che avevo già detto io. “Chi era? E perché ti ha detto ciò?”. Mattia sembrava piuttosto tranquillo, Aurora era palesemente a disagio e si vedeva che non aveva nessuna voglia di condividere con noi certe informazioni. “Non ne ho idea. Non mi ha lasciato parlare per cui non so dirvi altro”. La ragazza guardò l’ora sul telefono e suggerì di raggiungere gli altri. “Bugiarda! Quando sono arrivata non si era appena avvicinata a te!”. Nel dire ciò mi ero alzata in piedi ed avevo sbattuto i palmi delle mani sul tavolino di legno attirando l’attenzione delle persone all’interno del bar, Mattia mi impose nuovamente di mettermi tranquilla o altrimenti di allontanarmi; ovviamente decisi di sedermi di nuovo imponendomi di mantenere la calma. “Aurora, è evidente che ci stai nascondendo qualcosa. Puoi decidere di tenerti tutto per te e procedere per la tua strada oppure condividerlo e lasciare che ti aiutiamo; so che per te è difficile pensare che si possa contare su un’altra persona ma devi provarci”. Il telefono le squillò in modo provvidenziale, sul display la dolce espressione di Anastasia mi ricordò che una ragazzina in fase adolescenziale non poteva ordire un piano così articolato. “Sono al bar con Loredana e Mattia, tra poco ti raggiungiamo”. Poche parole scandite velocemente, una richiesta di aiuto? Un modo per ringraziarla di averla salvata da una conversazione scomoda? Riattaccò velocemente non consentendo una risposta alla sua interlocutrice. “Credo che dovremmo tornare da nostra sorella. Ha bisogno di tutto il nostro supporto ora; non so davvero chi sia quella donna né cosa volevano significare le sue parole di avvertimento ma è evidente che dovremmo iniziare ad indagare anche su questo”. Una maschera era calata sul suo volto, la sua espressione angelica avrebbe commosso anche il pubblico più esigente. Si alzò in piedi, raccolse il suo zaino e si allontanò velocemente senza voltarsi indietro. “Dimmi che non le credi! Anzi, ti prego, ho bisogno di sapere cosa ne pensi perché o sto impazzendo io oppure tutto ciò che mi circonda sta andando in frantumi”. Mattia si passò una mano tra i capelli. “E’ una situazione molto complicata. Quando penso di essere vicino ad una svolta succede qualcosa che rimescola tutte le carte e mi rendo conto che seguivo una pista completamente sbagliata. Non guardarmi così! Ho capito che vuoi un mio parere sul comportamento di tua sorella! Cosa vuoi che ti dica? Inizialmente ero convinto fosse una semplice ragazzina arrabbiata con il mondo per averle portato via sua madre troppo presto ed averla catapultata lontano da tutto ciò che conosceva; ho mangiato la foglia dell’adolescente incompresa e piena di fragilità, ho cercato di passare più tempo possibile in sua compagnia perché la credevo la mina vagante della famiglia: la ragazza più intelligente ma allo stesso tempo la più ingenua!”. Mattia lasciò una lauta mancia alla cameriera che si avvicinò per portarci il conto. “Dal tuo tono immagino che la tua opinione sia cambiata, no?”. Guardò fuori attraverso la vetrata come a voler celare i suoi veri sentimenti. “Sono poche le persone che in questa vita sono riuscite a prendersi gioco di me. Non lo sto dicendo per vantarmi ma perché ho sempre creduto di avere una dote innata nel saperle etichettare dopo qualche minuto. Non ci ha raccontato tutto, su quello sono d’accordo con te; credere però che abbia architettato tutto questo è troppo anche solo da pensare”. Lo osservai attentamente, non lo conoscevo abbastanza per decifrare la sua espressione ma tutta questa faccenda lo aveva toccato nel profondo. “Hai fatto qualche ricerca su Anastasia?”. Mattia tornò immediatamente presente. “No, ma ovviamente ora diventerà una delle priorità”. Annuii. “Aurora sapeva che mio padre e Lucia, in gioventù, ebbero un figlio, sottratto alla madre poche ore dopo la sua nascita. Nessuno ha mai saputo nemmeno se fosse maschio o femmina e la notizia fu insabbiata dalla famiglia di lei che la spinse a sposarsi velocemente con Vittorio e a dimenticarsi dell’accaduto. Prima dell’incidente io e Andrea volevamo chiederti di indagare anche su questa questione delicata; ironia della sorte io ho saputo il tutto da Anastasia! Non credo sia una coincidenza ma non riesco a comprendere se e come loro due siano coinvolte in questa storia. Altra informazione che devo assolutamente condividere con te riguarda Rebecca Lal: nelle ultime ore ho scoperto che non solo ricattava Gabriele ma anche che perseguitava telefonicamente Andrea!”. Mattia si concentrò su di me suggerendomi di proseguire. “Per quanto riguarda la questione del dottore è difficile per me parlarne perché mi ha ferito più di quanto immaginassi. Credevo davvero che lui fosse innamorato di me e per settimane mi sono dilaniata anima e corpo affinché il mio comportamento nei suoi confronti non lo ferisse e mi sono colpevolizzata così tante volte nei confronti di Andrea per aver provato attrazione verso Gabriele; immagina cosa posso aver provato quando pulendosi la coscienza mi ha rivelato la menzogna? Dice che lei è in possesso di video compromettenti che se fossero pubblicati potrebbero minare la sua credibilità come medico. L’altra questione, invece, mi è stata riferita da Edoardo, quindi, credo sia meglio che tu faccia due chiacchiere direttamente con lui”. Mattia si passò nuovamente la mano tra i capelli. “Se qualche giorno fa qualcuno mi avesse raccontato tutta questa storia mi sarei fatto quattro risate e gli avrei offerto un whisky invitandolo a scrivere un romanzo. Prendi questo telefono, è pulito. Lo useremo per parlare solo io e te, telefonate e messaggi brevi e solo per indicare ora e posto nel quale trovarci. Rimani con Andrea il più possibile e se ti riesce cerca di registrare i movimenti di Caterina: chi frequenta, come trascorre il tempo libero, cosa la lega ad Aurora; voglio che tu mi riferisca il più possibile”. La mia missione di spia era ufficialmente cominciata…

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