Il corvo e il lupo

di Wenclair
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno alla Nevermore ***
Capitolo 2: *** Solo un sogno ***
Capitolo 3: *** Che cosa ho fatto? ***
Capitolo 4: *** Torna da me ***
Capitolo 5: *** Perché ho paura ***
Capitolo 6: *** Non questa volta ***
Capitolo 7: *** Cominciamo a giocare ***
Capitolo 8: *** Riportala da me ***
Capitolo 9: *** L'amore che brucia l'anima ***



Capitolo 1
*** Ritorno alla Nevermore ***


Ritorno alla Nevermore.

 

La limousine dall’aspetto funebre percorreva il viale ciottoloso, dandole gradevoli scossoni alla schiena. Mercoledì poggiò la testa sul sedile di pelle, guardando Lurch intento a guidare con la sua solita espressione assente. Intanto il fratello Pugsley, accanto a lei, era chino su una cesta ricolma di muffin intento a divorarli famelico.

“Fai più rumore di un branco di maiali” le disse col suo solito tono lapidario.

Lui si limitò a sorriderle, mostrando pezzi di muffin tra i denti e riprese a mangiare.

“Mia piccola nuvoletta di pioggia” poteva vedere il volto sorridente e brioso di Gomez riflesso sullo specchietto retrovisore “sei pronta per un altro anno alla Nevermore?”.

Lei guardò fuori dal finestrino, osservando gli alberi che scorrevano lentamente. Le tornarono in mente tutte le scene vissute in quel breve seppur intenso periodo. L’arrivo alla Nevermore, gli omicidi, e i volti dei suoi compagni con cui aveva condiviso quella strana avvventura. Rivedeva Tyler trasformarsi in Hyde, ricordava la propria morte, anche se per non più di qualche secondo. Le passarono davanti agli occhi i volti di Xavier, intento a dipingere le proprie tele. Bianca con cui si era scontrata nella prima prova di scherma. Eugene, quello strano ragazzino che aveva salvato dai bulli. Mentre vagava nei ricordi improvvisamente vide come emergere dalla nebbia una figura minuta correre verso di lei. Con un maglioncino rosa nauseante e una testolina di capelli biondi. Ricordò che non fece nemmeno in tempo a spostarsi che le sue braccia esili la circondarono in una morsa, irritandola non poco. Vide quella testolina bionda e quegli occhi azzurri. 

Enid…perchè mi torna sempre in mente quella creatura così fastidiosa e irritante?

Certo le aveva salvato la vita, anche se era morta già una volta pochi minuti prima, eppure c’era qualcosa in lei che la infastidiva. La sua voce acuta e il suo tono sempre entusiasta per qualsiasi sciocchezza, ma ancora di più la irritava la propria reazione a quell’abbraccio. Fu come se il suo corpo si fosse mosso da solo, e le sue braccia la strinsero con forza, mentre il suo viso si poggiava nell’incavo della spalla della lupa mannara. Quel fastidioso odore di vaniglia e altre dolci amenità che le provocavano l’effetto di un gas lacrimogeno, ma in senso spiacevole.

“Piccola vipera…?” fu la voce di Morticia a destarla dai suoi pensieri.

Si scosse “Un altro anno alla Nevermore…” ripetè fra sè “ho combattuto con un mostro pluriomicida e sono anche stata uccisa. Magari anche quest’anno mi divertirò”.

Lo sguardo andò oltre le spalle di Lurch mentre vedeva i cancelli di ferro della Nevermore spalancarsi all’avvicinarsi della limousine.

 

Enid si svegliò all’ennesimo scossone provocato dal terreno, la macchina era decisamente scomoda. Sentiva la voce della madre come un continuo irritante rumore di fondo mentre suo padre guidava con la solita espressione impassibile.

“Enid tesoro, mi raccomando quest’anno non cacciarti nei guai” le raccomandava col suo solito tono insistente, e cominciò di nuovo con mille raccomandazioni.

Lo sguardo di Enid era perso nel vuoto mentre ripensava all’estate appena trascorsa. La storia avuta con Ajax era durata poco, non sapeva nemmeno spiegarsi perché. Era un ragazzo dolce e affettuoso eppure sentiva che nonostante tutto le mancava qualcosa. Si erano lasciati ma era comunque rimasto un ottimo rapporto di amicizia. Non riusciva a spiegarsi cosa le mancasse, certo le mancavano i suoi compagni della Nevermore, eppure c’era qualcosa che più di tutto le metteva un senso di disagio. Un profondo vuoto allo stomaco, come una fame che non riusciva a placare.

“E mi raccomando, non farti coinvolgere di nuovo in quelle assurde avventure da quella tua compagna di stanza….come di chiama..”

Mercoledì.

I contatti con lei durante l’estate erano stati rari, forse per via del fatto che non fosse così propensa all’uso di social o della tecnologia in generale. In cuor suo sperava si sarebbero riviste, magari anche un solo pomeriggio, ma le sue aspettative furono deluse.

Non potevi aspettarti miracoli, Enid. Ritieniti onorata che ti consideri sua amica…più o meno.

Scacciò quei pensieri quando l’auto oltrepassò i cancelli della Nevermore.

 

Scese guardandosi intorno, frotte di ragazzi e ragazze che portavano le proprie valigie aiutati dai rispettivi genitori. Lurch scese e aprì il portabagagli, scaricando un paio di enormi valigie, compresa quella che conteneva il suo adorato violoncello.

“Ci siamo mio piccolo corvo” Morticia le si avvicinò col suo passo composto, mentre Gomez le teneva la mano, camminando quasi come se fosse un passo di tango.

Mercoledì li guardò entrambi.

Non sono mai stati lontani da quando si sono conosciuti, se non per qualche ora al massimo.

“Mi chiedo cosa succederà quest’anno” Mercoledì volse lo sguardo verso l’imponente edificio della Nevermore “magari morirò di nuovo”.

“So che l’idea è a dir poco eccitante piccola vipera, ma questa volta cerca di restare in vita” le rispose Morticia.

“Mio amore, la nostra nuvoletta di tempesta è qui per fare le sue esperienze” le rispose Gomez baciando la mano della moglie e continuando come al solito lungo il suo braccio affusolato.

Mercoledì li guardò con la solita espressione inorridita “Siete disgustosi, e non in senso buono” si volse verso il maggiordomo “andiamo Lurch, abbiamo delle valigie da portare”.

Lurch rispose con il suo solito verso gutturale caricando l’enorme quantità di bagagli sulle spalle. 

Il rumore di un polpastrello che batteva sul cofano della limousine la fece voltare “No Mano, non mi sono dimenticata di te, non fare l’offeso come al solito”.

Si fece passare da Lurc il proprio zaino e Mano ci saltò dentro agilmente, poi si volse e si avviò verso l’edificio scortata da quello strano gruppo di personaggi che era la sua famiglia.

 

Enid ormai non ascoltava nemmeno più le continue e incessanti chiacchiere e raccomandazioni della madre. Le sistemava fastidiosamente la divisa e i capelli mentre parlava di quanto la sua trasformazione l’anno precedente l’avesse resa felice.

Ora che ci pensava in effetti Enid si era trasformata solo quella volta, forse il suo potere doveva ancora svilupparsi al meglio. Suo padre le aveva spiegato che le forti emozioni aiutavano a sviluppare e controllare la forma da licantropo, bisognava solo avere pazienza. 

“Tuo cugino francis ha due anni meno di te e riesce già a controllare la sua trasformazione” le ricordava la madre con la sua solita delicatezza. tipica di un elefante che entra in una cristalleria.

Una voce alle sue spalle la fece sussultare “Ehi…”.

La giovane si voltò “Ajax…ciao” balbettò vedendo il giovane gorgone.

Si scambiarono un sorriso, misto tra imbarazzo e felicità di rivedersi “Ti vedo bene” disse lui grattandosi la testa “non ci vediamo da…”.

Lei annuì “Già…da quella volta” disse ricordando la sera in cui decise di lasciarlo.

Fu tutto sommato una serata tranquilla, passeggiarono e chiacchierarono tutta la notte. Inizialmente per lui fu un duro colpo, più che altro perché non se lo aspettava, tuttavia capì i sentimenti della ragazza.

Ci fu tra i due qualche minuto di imbarazzo, entrambi cercarono di buttare qualche parola per riempire quel buco nero di silenzio tipico di due ex che si rivedono dopo poco tempo. Tuttavia la situazione durò poco e i due, insieme alla famiglia di lei, si incamminarono verso chiacchierando verso l’edificio della Nevermore.

 

“Ma guarda chi è tornato” il giovane dai capelli lunghi si incamminò verso di lei sorridendo “la stella della Nevermore”

Mercoledì lo fissò col suo sguardo serio “L’unica cosa bella delle stelle è che prima o poi esplodono, Xavier”.

Lui la guardò amichevolmente, l’avrebbe abbracciata ma…beh la conosceva abbastanza bene “Sono felice di rivederti qui”.

Lei si limitò a un movimento di sopracciglio, ma a Xavier bastò a interpretarlo come un saluto caloroso.

“Allora, com’è andata l’estate?” proseguì lui.

Mercoledì alzò le spalle “Soliti passatempi dovresti saperlo, torturare mio fratello sta diventando noioso” si volse verso Xavier come se lo stesse studiando “magari con una nuova cavia potrei trarre più soddisfazione”.

Abituato al suo strano e macabro senso dell’umorismo Xavier rise “Magari prima ci prendiamo un caffè e poi pensi a come torturarmi, ok?”.

Xavier era quello con cui era rimasta più in contatto, tramite quel fastidioso aggeggio che lui le aveva regalato. Nonostante odiasse la tecnologia imparò abbastanza rapidamente a usarlo trovandolo, tutto sommato abbastanza utile. L’estate era trascorsa come al solito, lei che torturava Pugsley, gli allenamenti di scherma con padre, i racconti dei propri incubi con madre.

Incubi…da quanto tempo non ho una visione?

Ora che ci pensava in effetti non le capitò più di avere incubi o visioni dalla fine dell’anno scolastico. Doveva ancora imparare a controllare il proprio potere.

Mentre era immersa nei suoi pensieri Xavier le raccontava di come avesse ripreso la propria relazione con Bianca, informazioni non richieste di cui lui le aveva già parlato per messaggio.

Proprio la sirena si parò davanti ai due “Non faccio in tempo a tornare che già cerchi di rubarmi il ragazzo” disse guardando Mercoledì con aria di sfida.

“Non perdi mai occasione per essere ridicola?” rispose prontamente la giovane Addams.

Bianca ghignò “Ti aspetto domani all’allenamento, cerca di non scappare con la coda fra le gambe” ormai questi scambi di battute, un po’ simili a delle stoccate, erano abitudine tra le due. 

Xavier si avvicinò alla sirena e la bacio dolcemente, provocando un moto di disgusto in Mercoledì “Per favore, già devo subire i miei genitori” li guardò mentre, a qualche metro di distanza da loro erano impegnati nelle loro solite nauseanti smancerie.

I due ragazzi risero e proseguirono lungo la strada, mentre un’entusiasta Eugene li raggiungeva trafelato “Ragazzi! Ehi aspettatemi!” disse raggiugendoli di corsa. Si piegò appoggiando le mani alle ginocchia per prendere fiato.

“Eugene, il tuo entusiasmo è sempre così eccessivo” commentò Mercoledì mentre lo guardava ripredere fiato.

“Anche io…sono felice di rivedervi ragazzi” disse il ragazzo occhialuto rimettendosi in piedi.

Nello stesso momento un altro gruppetto di strani ragazzi si imbatté in loro.

“Ehi ragazzi” disse Ajax “finalmente riuniti eh?”.

Li raggiunse anche una ragazza con un paio di occhiali da sole “Bene…vedo che siamo al completo” disse con un sorriso.

“Yoko!” squittì Enid abbracciandola, le due ragazze avevano un buon rapporto, cominciato in quel periodo in cui lei e Mercoledì avevano avuto quel breve litigio.

Tutti i ragazzi si salutarono amichevolmente tra di loro, scambiandosi battute e raccontandosi qualcosa del loro periodo estivo. Poi lei la vide.

Mercoledì si trovò di fronte la giovane lupa mannara “Enid, ti si vedrebbe lontano un miglio con quel maglione arcobaleno”.

Enid sentì improvvisamente un calore nel petto e il suo viso si allargò con un sorriso ebete.

“Bene, almeno vedo che in una cosa sei migliorata e non mi inondi di chiacchiere…” ma Mercoledì non riuscì a finire la frase che subito Enid la interruppe con un abbraccio.

“Mi sei mancata” le disse.

L’altra si limitò a un rapido movimento di sopracciglia “Deve essere stata un’estate piuttosto noiosa, allora” replicò lei secca, ancora stretta in quella morsa irritante.

Enid la liberò da quella presa infernale “Sei sempre così…” la guardò negli occhi, non sapeva perché ma sentiva il suo cuore accelerare di colpo.

“Psicopatica, sì lo so che sei sempre in vena di complimenti per me” la interruppe l’altra, per evitare la sua solita ondata di parole senza senso. Aveva una parlantina così invadente.

Enid alzò gli occhi al cielo ma era troppo felice di rivederla “Ci siamo sentite poco durante l’estate…ho così tante cose da raccontarti”.

“E io ho così poca voglia di ascoltarle” rispose lapidaria lei, ma fu trascinata dall’altra che la prese sottobraccio inondandola di un fiume di chiacchiere. Le raccontò delle vacanze con i suoi parenti, e della fine della storia con Ajax. Mercoledì ovviamente si perse dopo la prima frase, disinteressata a quelle inutili chiacchiere.

Possibile che abbia sempre così tanto da parlare del nulla?

La guardava ridere, gesticolare con quelle lunghe unghie colorate, scuotere quella testolina bionda e guardare quegli occhi azzurri. Era forse la prima volta che li notava per davvero, riflettevano la poca luce del sole in quella giornata uggiosa, ma sembrava di guardare il mare.

Scosse la testa liberandosi da quegli inutili pensieri “Quindi non stai più con quel fattone?” disse indicando Ajax, che chiacchierava con gli altri, con un cenno del capo.

Lei scosse la testa “No, ci siamo lasciati però siamo in buoni rapporti comunque e..”

“Come vuoi, non mi interessa la questione” la bloccò nuovamente Mercoledì “mi hai già riempito le orecchie di chiacchiere, pensò che me le laverò con l’acido”.

Enid rise di gusto, ormai era abituata alle sue risposte “Allora…saremo compagne di stanza anche questanno…vero?”.

Mercoledì trasse un sospiro “Sei la persona più irritante e fastidiosa che io conosca” la guardò e poi alzò gli occhi al cielo “ma l’idea di dover ricominciare a socializzare con un’altra compagna di stanza mi fa inorridire”.

L’altra sorrise "Lo prendo come un sì” rispose. Nonostante il carattere freddo e distaccato di Mercoledì fosse totalmente opposto al suo, le due avevano legato in maniera molto profonda. Eppure durante l’estate i loro contatti erano stati molto limitati, ma ora che l’aveva rivista sentiva quel senso di vuoto come un lontano ricordo.

“Ehi voi due” Xavier si avvicinò “più tardi andiamo in città a prenderci un caffè, venite con noi?”.

“Preferirei pugnalarmi ripetutamente…” ma Enid questa volta la bloccò.

“Sì certo volentieri” disse sorridendo e saltellando entusiasta “dai non puoi rifiutarti dopo tutto quello che abbiamo passato insieme” disse volgendosi verso un’esasperata Mercoledì, che sbuffò per tutta risposta.

“Preferivo mille volte la compagnia di Crackstone” disse roteando gli occhi.

Gli altri si guardarono rassegnati, era il suo modo per dire sì, ormai lo sapevano bene.

Il pomeriggio trascorse nel solito viavai di bagagli e famiglie, mentre tutti si preoccupavano di mettere le stanze a posto. 

 

Mercoledì sistemò la macchina da scrivere sulla scrivania e vi mise accanto una bella pila di fogli bianchi.

“Perché ti sei fatta sentire così poco?” la voce della compagna di stanza la fece voltare.

Enid le dava le spalle mentre sistemava i suoi innumerevoli, decisamente troppi, abiti multicolore in cui abbondava quell’insopportabile rosa shocking.

“Insomma…mi aspettavo qualcosa di più che una manciata di messaggi” riprese Enid.

“Odio quell’apparecchio infernale” replicò secca lei voltandosi e mettendosi a sedere “l’ho tenuto perché non volevo farmi assillare da Xavier, altrimenti lo avrei già fatto esplodere”.

L’altra sbuffò seccata “Io…lascia perdere, preferisco non litigare il primo giorno del nuovo anno”.

Ma che diavolo le prende? Si interrogò Mercoledì voltandosi nuovamente verso di lei. Bah non mi interessa. E prese a battere a macchina.

“Senti, io vado con gli altri a prendere quel caffè, che fai vieni anche tu?” disse Enid voltandosi verso di lei.

L’altra si limitò a un cenno negativo col capo continuando a scrivere.

Seccata Enid si limitò ad uscire dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle e stringendo i pugni irritata.

Possibile che sia sempre rimasta così…fredda? Dopo tutto quello che abbiamo passato, dio quanto la odio.

 

Era riuscita a scrivere a malapena una frase, poi era rimasta con le mani su quei freddi tasti ma non si muoveva. Sbuffando prese il foglio nella macchina da scrivere e lo accartocciò lanciandolo, mentre Mano provvidenzialmente si adoperava per raccoglierlo e lanciarlo nel cestino. L’appendice si arrampicò sulla scrivania e si fermò accanto a lei battendo l’indice.

“Si può sapere che vuoi?” lo fulminò Mercoledì seccata.

Battendo freneticamente le dita col suo linguaggio, Mano la rimproverò per il suo comportamento. Le disse che non doveva trattare così le persone che le volevano bene, spronandola a raggiungerli.

“Ti sembra che mi interessi la cosa?” lo interruppe “Ho solo voglia di scrivere il mio romanzo, lasciami in pace”.

Il romanzo già. Durante l’estate non era riuscita a scriverne mezza parola, non riuscì mai a concentrarsi come durante il periodo alla Nevermore. Le mancava proprio l’ispirazione, quella scintilla che nel periodo di scuola l’aveva spinta a dedicare almeno un’ora al giorno. Forse era il brivido vissuto in quei giorni, il mistero o forse…

“Al diavolo” disse alzandosi e rivolgendosi verso Mano “andiamo a quello stupido caffè”.

 

Al tavolo tutti ridevano e scherzavano scambiandosi aneddoti e raccontandosi di vacanze e di tutto quello che avevano passato durante l’estate.

Enid continuava a girare da qualche minuto la paletta nel suo cappuccino, carico di una quantità di zucchero quasi letale.

Siamo state in camera e a malapena si è degnata di parlarmi.

“Enid..ci sei?” la scosse la voce di Yoko.

Si destò dai propri pensieri “Eh? S…si scusami”.

“Allora, tua madre ti assilla ancora con la storia della trasformazione?” la riprese Eugene sistemandosi gli occhiali.

Lei annuì “Ovviamente, ma ormai ci sto facendo l’abitudine”.

“Mercoledì non verrà, vero?” disse bruscamente Xavier, visibilmente deluso.

Enid si limitò a fare spallucce “Lo sai, non è cambiata poi così tanto” tornò a fissare la schiuma del suo cappuccino “credo fosse solo l’emozione di quel periodo così burrascoso dell’anno scorso”.

Bianca incrociò le braccia “Cosa vi aspettavate? Lei è fatta così, spero solo che non ci trascini verso la morte anche quest’anno perchè penso di averne più che a sufficienza”.

Xavier fece per riprenderla ma non le vennero le parole giuste per farlo, e forse in fondo Bianca aveva ragione.

“Magari ha solo bisogno di un po’ di tempo per riadattarsi alla Nevermore” commentò bonariamente Eugene.

Bianca sbottò in una risata sarcastica e Xavier stavolta le diede una gomitata “Non capisco per quale motivo tutti le state intorno, è sempre scostante e fredda”.

Furono interrotti dal campanello della porta del locale che risuonò tra il vociare della gente.

Enid sentì un profumo familiare nelle narici.

Crisantemo, more selvatiche e ortiche.

Si voltò e vide una figura minuta, con due trecce di capelli corvini e occhi neri come il carbone fare capolino dall’ingresso e dirigersi sbuffando verso di loro.

Senza che se ne rendesse conto il sorrido della licantropa si allargo e sentì le guance arrossarsi “Sei arrivata” le disse.

Mercoledì guardò quel gruppo di strani ragazzi che la osservavano sorpresi, evidentemente nessuno si aspettava il suo arrivo.

Prese una sedia e si sedette “Che avete da guardare? Non volevate che venissi qui per questo stupido caffè?” disse come per togliersi quei fastidiosi sguardi di dosso.

 

“E così c’è un nuovo preside?” domandò Yoko.

Eugene annuì “Sì, anche se credo si tratti di una sostituzione temporanea”.

Mercoledì alzò lo sguardo verso il ronzatore “Si sa qualcosa in proposito?”.

“Beh, le mie madri lo conoscono” proseguì Eugene “pare che sia un…normale” disse tentennando sull’ultima parola.

Bianca sbuffò sarcastica “Un normale a dirigere una scuola di reietti? Che assurdità”.

“Magari è una persona a posto” rispose il ragazzo “insomma, dicono che sia un esperto e conosca bene noi…”.

“Come la Tornhill?” lo interruppe Mercoledì con tono freddo “Che sciocchezze, mi costa ammetterlo ma per una volta mi trovo d’accordo con te” disse indicando Bianca con lo sguardo, che ghignò compiaciuta.

“Non ci resta che conoscerlo e scoprirlo” ribatté Xavier, cercando di tenere un tono ottimista.

“Riderei se solo la cosa mi fosse possibile" lo freddò prontamente Mercoledì “abbiamo visto tutti come ci trattano i normali”.

“Pare che sia anche esperto di occulto” continuò Eugene e aggiunse con tono entusiasta “ci pensate? Un normale che potrebbe conoscere persino la magia…”.

“Appunto, mi torna in mente la Tornhill con…” Mercoledì si bloccò, le costava tanto forse troppo pronunciare quel nome “comunque lo terrò d’occhio”.

“Sì fai come vuoi” disse Bianca “basta che ci lasci fuori da…beh qualsiasi cosa tu ti metta in testa di fare”.

Enid guardava Mercoledì, la guardava sorseggiare la sua tazza di disgustoso caffè nero e amaro. Poi i loro sguardi si incontrarono per una frazione di secondo, quegli occhi neri come il carbone la fecero sussultare. Lei reagì distogliendo immediatamente lo sguardo.

“E tu Enid, che ne pensi?” le domandò Yoko “Sei stranamente silenziosa oggi”.

In effetti da quando si erano seduti aveva spiccicato ben poche parole, e la cosa per una logorroica come lei era davvero inusuale.

“Io ecco” rispose lei schiarendosi la voce “non saprei…forse sono d’accordo con Eugene”.

Mercoledì alzò gli occhi al cielo senza risponderle “non dovremmo essere così prevenuti come loro” proseguì la ragazza.

“Ecco grazie” la sostenne Eugene “visto? Dobbiamo fare capire ai normali che possiamo ancora fidarci di loro”.

“Però” riprese Xavier “anche Mercoledì ha ragione. Sarebbe meglio tenere gli occhi aperti”.

Mercoledì fissò la sua tazza di caffè scuro “Magari si rivelerà interessante questo ritorno alla Nevermore”.



 

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Capitolo 2
*** Solo un sogno ***


Gli studenti si riunirono rapidamente nell’aula magna, tra rumore di sedie spostate e il vociare concitato. L’argomento delle chiacchiere era ovviamente sempre lo stesso: il nuovo preside della Nevermore.

Eugene sedeva accanto a Mercoledì fremendo di eccitazione, dall’altra parte Enid guardava dritta avanti a sé. Tutti guardavano curiosi il palco sul quale il nuovo preside avrebbe fatto il suo noioso e inutile discorso di apertura. Xavier e bianca sedevano poco più avanti, mentre Yoko raggiungeva Enid per sedersi accanto a lei.

“Hanno già cominciato?” le chiese.

Enid scosse la testa “Siamo qui da mezz’ora ma il preside non si è fatto ancora vedere”.

“Senza contare che ci dovrebbe essere anche un nuovo professore o professoressa di botanica” rispose Eugene.

Mercoledì sentì uno strano ondeggiare nervoso della sua sedia, si voltò verso Enid che agitava una gamba nervosamente.

“Hai intenzione di continuare tutto il giorno con questo terremoto?”.

L’altra si girò verso di lei “Scusa…è che sono un po’ nervosa” ammise sommessamente.

“Non ne vedo il motivo” rispose Mercoledì “almeno non per adesso” fissava il palco col suo sguardo inquisitorio.

Enid la guardò, il suo sguardo si soffermò sui suoi capelli corvini, la sua pelle pallida e sui suoi occhi.

Quei terribili occhi inquietanti, così scuri come la notte senza luna.

Si scosse e si girò verso Yoko “Tu non sei nervosa?”.

La vampira si limitò a fare semplicemente spallucce “Che vuoi che ti dica, sono più curiosa di vedere come un normale gestirà una scuola piena di reietti”.

Improvvisamente le luci sul palco si accesero, il gruppo di insegnanti fece capolino dai lati e tutti si accomodarono ai loro posti dietro la lunga cattedra con alcuni microfoni, di cui il più grande era al centro. Una figura si avvicinò e si sedette al centro, un uomo non giovanissimo, con pochi capelli e un aspetto decisamente buffo e impacciato.

Si avvicinò per parlare “Salve…” il microfono stridette mentre tutti, tranne ovviamente Mercoledì che rimase impassibile, si coprirono le orecchie “oh…scusate” diede un paio di colpetti “ecco, ora funziona. Mi presento, il mio nome è Benjamin Bennett e sarò il vostro preside temporaneo qui alla Nevermore”.

 

La sensazione che colse tutti vedendo quel piccolo uomo impacciato e balbettante presentarsi e tenere il discorso di apertura fu generalmente di delusione. Alcuni ridacchiavano nella sua direzione, altri addirittura pensavano si trattasse di uno scherzo. Sicuramente nessuno si aspettava un personaggio così, e il pensiero di tutti riguardava come un ometto del genere avrebbe gestito una scuola come la Nevermore.

“Che delusione” ammise Eugene sconfortato “non lo avevo mai visto di persona”.

“E questo sarebbe il nuovo preside?” domandò Yoko con tono sarcastico “Spero si tratti di uno scherzo di pessimo gusto”.

“Però almeno questo non sembra pericoloso” disse Enid, voltandosi per osservare Mercoledì.

La vide osservarlo con la massima attenzione, studiava i suoi movimenti, la sua mimica, la sua voce. Sembrava un gatto pronto a balzare su un topolino.

“Non penserai mica che sia così pericoloso” le domandò “insomma guardalo, sembra inoffensivo”.

Mercoledì si girò verso di lei “Questo è il tuo problema” replicò “sei troppo ingenua”.

Enid fece per risponderle stizzita ma distolse lo sguardo incrociando le braccia sul petto.

Da quando è tornata è sempre più odiosa, ma che diavolo le prende? Sembra quasi che ce l’abbia con me.

“...e quindi spero che possiamo passare un periodo collaborativo e pacifico” continuò il nuovo preside con quella voce balbettante “vi auguro un buono anno e…impegnatevi al massimo” concluse esibendosi in un imbarazzante pollice in su.

Gli studenti si alzarono, alcuni ridevano, altri erano sconcertati o delusi.

Mercoledì continuava a fissarlo studiandolo.

Provaci. Prova a fare un passo falso, ti sarò incollata come la tua ombra ometto.

Sentì una mano poggiarsi sul suo braccio, cosa che la destò dai suoi pensieri facendola girare irritata.

“Andiamo?” Enid la guardava con quei suoi enormi occhi azzurri.

Mercoledì annuì e si alzò “Lo terrò d’occhio” disse facendo alzare gli occhi al cielo alla licantropa.

 

Il giorno seguente le lezioni si tennero piuttosto tranquille, a tratti quasi noiose. La curiosità di Mercoledì ruotava intorno al nuovo insegnante di botanica, stranamente non si era presentato al discorso del preside. Lo avrebbero scoperto direttamente in aula, dati che si stavano dirigendo proprio là, passando tra le teche e il caldo della serra. 

Le tornarono subito alla mente i momenti passati in quel posto con la Tornhill, i suoi discorsi e le false parole. Le sembrò quasi di sentire il pugnale che Crackstone le piantò senza esitare, e un brivido le percorse la schiena.

Credevo che morire sarebbe stato più divertente.

“Pare che sia una donna” irruppe Xavier materializzandosi al suo fianco.

Lei lo guardò “Sai perchè non si è presentata?”.

Xavier alzò un sopracciglio, soddisfatto dall’aver smosso la sua curiosità maniacale “Non saprei esattamente” rispose, poi con un sorrisino aggiunse “ma dicono che abbia avuto dei problemi per trasportare la sua bara”.

“Una vampira!” irruppe Yoko entusiasta “non vedo l’ora di conoscerla”.

“Beh sicuramente dopo quel…insomma il preside magari sarà una persona un po’ più interessante" Eugene che inizialmente era il più euforico di tutti, rimase anche il più deluso dal preside.

Gli studenti si accomodarono ai loro posti accorgendosi che la nuova insegnante non era ancora arrivata.

Enid si sedette accanto alla compagna di classe ma quando fece per rivolgerle la parola si accorse del suo sguardo perso nel vuoto, fisso sulla cattedra.

“Tutto bene?” le domandò col suo tono di voce delicato.

Mercoledì fissava il grosso tavolo e la sedia ma in quel momento la sua mente non era in quella stanza. O per lo meno lo era ma era tornata indietro nel tempo di qualche mese, mentre vedeva la Tornhill entrare e sedersi alla cattedra. La vedeva e la sentiva parlare con quel suo tono impacciato e all’apparenza amichevole. La vedeva mentre la incatenava, mentre la lasciava morire dopo la pugnalata di Crackstone. Un brivido le percorse la schiena e si strinse nelle spalle, come se si stesse abbracciando per darsi conforto.

No, la morte non fa per me.

Fu una mano gentile sulla spalla a scuoterla delicatamente dai suoi tristi pensieri “Ehi…ci sei?” il sorriso della giovane lupa e i suoi grandi occhi luminosi sembravano quasi emettere un calore rassicurante.

Lei annuì semplicemente, senza parlare, non le venne nemmeno da rispondere col suo solito macabro sarcasmo.

Perché sei sempre così gentile con me?

Per un attimo fissò il viso di Enid, intenta a tirare fuori quaderni e libri dal suo zaino.

Mi hai salvato la vita, mi sono fatta sentire a malapena durante l’estate eppure tu…

Fu interrotta da un rumore di tacchi che riecheggiava nella serra. Una figura slanciata, lunghi capelli neri e dalla pelle scura fece capolino e si sedette al posto dell’insegnante.

Tutti la guardavano in attesa mentre questa con tutta calma e indifferenza tirava fuori un libro e alcuni quaderni di appunti dalla propria borsa. Si sistemò gli occhiali da sole tipici dei vampiri e sollevò lo sguardo verso gli studenti.

“Sono la temporanea professoressa di botanica, mi chiamo Althea Rouge” il suo tono era secco e sbrigativo “aprite il libri a pagina…” e iniziò la sua lezione.

Perfino Mercoledì fu sorpresa dalla freddezza della donna, un approccio totalmente diverso da quello della Tornhill.

Magari questa non cercherà di uccidermi.

 

Fissava il cielo limpido, le nuvole erano rade e l’aria era più calda del solito.

Mercoledì la definirebbe una giornata orribile.

Le labbra di Enid di incresparono in un sorriso mentre si stiracchiava sul prato. Dopo quella fredda e sterile lezione di botanica aveva deciso di prendersi un’ora nel pomeriggio per riposare sotto l’ombra di un albero nel parco, per godersi un po’ di sole. Era rimasta delusa anche dalla nuova professoressa, come tutti gli altri, tuttavia questo non intaccò il suo buonumore. Da quando era tornata alla Nevermore non sentiva più quel senso di mancanza patito durante l’estate, che nemmeno Ajax suo malgrado era riuscito a far sparire.

Si alzò una lieve brezza fresca, lei ci passò in mezzo le dita mentre in cielo in lontananza vedeva una piccola nuvoletta nera.

Una figura le si parò davanti in controluce, costringendola a coprirsi gli occhi con una mano.

“Enid” disse Xavier passandosi una mano tra i capelli “sai dove si è cacciata Mercoledì?”.

La bionda si mise a sedere “Credo sia tornata in stanza, ha detto che sarebbe andata a scrivere".

 

In effetti riuscì a scrivere, cosa che non le capitava da un lungo periodo. Qualcosa riuscì ad ispirarla, battè un paio di pagine, mentre Mano sfogliava una delle riviste della compagna di stanza. Sistemò accuratamente i fogli sulla pila quando sentì bussare.

“Avanti” disse senza neanche voltarsi e sentendo la porta aprirsi.

“Detective Addams” Xavier entrò nella stanza seguito dalla testolina bionda e dal maglioncino colorato “ho delle informazioni sul preside Bennett”.

La giovane Addams si girò di scatto e lo guardò esortandolo a parlare.

“Ecco, forse non è molto ma ho sentito alcuni discorsi tra studenti e professori” disse mentre si sedeva.

“Sto ascoltando Xavier” i suoi occhi lo scrutavano in attesa della succosa notizia, spostandosi spesso su quelli azzurri di Enid.

“Avevamo già detto che Bennet è un esperto di occulto” proseguì il ragazzo “bene, pare che abbia una collezione enorme di libri…particolari”.

“Intendi libri di magia?” domandò lei ponendo l’accento sull’ultima parola.

Xavier annuì “E non è tutto, a quanto pare è talmente ossessionato dalla sua collezione da portarla ovunque si sposti…”.

Sia Enid che Xavier furono sorpresi vedendo Mercoledì accennare un sorriso “Quindi mi stai dicendo che ci sono dei libri di magia all’interno della scuola?”.

“Sì è molto probabile” replicò l’altro, poi sporgendosi verso la sua interlocutrice “dobbiamo stare attenti, i libri di magia sono pericolosi. Possono essere usati praticamente da chiunque, anche…”.

“Dai normali” concluse lei anticipandolo.

Xavier si rialzò “Ora devo andare, se riuscirò ad origliare qualcos’altro di interessante te lo farò sapere”.

“Sta attento Xavier” lo raccomandò Enid appoggiandogli una mano sulla spalla.

Lui le sorrise e salutò chiudendosi la porta alle spalle.

Mercoledì riprese a battere a macchina mentre la compagna di stanza sistemava la sua roba nell’armadio.

“Dove sei stata?” la voce di Mercoledì le arrivò senza preavviso.

Si voltò guardandola sorpresa “Davvero ti interessa?”.

“Era per chiedere” rispose continuando a battere la macchina da scrivere “non che la risposta mi interessi”.

Enid sorrise e riprese a sistemare i propri abiti “Dopo la lezione mi sono concessa un po’ di sole e ho incontrato Xavier”.

“Sole…disgustoso” replicò secca l’altra.

“Promettimi una cosa Mercoledì” il rumore della macchina da scrivere di fermò “stai attenta…qualsiasi cosa succeda”.

Ci fu qualche secondo di silenzio poi la macchina riprese a battere.

 

Bianca aspettava impaziente controllando il suo fioretto. Le costava ammetterlo ma la Addams si era dimostrata l’unica in tutta la scuola capace di tenerle testa e in fondo si divertiva quando si allenava con lei. Ovviamente sempre in modo estremamente competitivo.

“Sei in ritardo” disse vedendola avvicinarsi “che c’è Addams hai paura?”.

La giovane dai capelli corvini la ignorò mentre si avvicinava alla rastrelliera dove i fioretti erano accuratamente sistemati, quando d'un tratto qualcosa attirò la sua attenzione.

Video dal corridoio il preside Bennett, accompagnato da quattro uomini in giacca e cravatta, camminare a passo spedito. O almeno per quanto la sua età avanzata gli permettesse di camminare velocemente. Lo seguì con lo sguardo, poi decise di scoprire di più sul motivo di quella fretta.

Mentre si allontanava sentì la voce di Bianca alle proprie spalle “Oh andiamo, sul serio?” disse sconsolata mentre vedeva la Addams sparire nel corridoio.

Dove vai con quella fretta, vecchio Bennett?

 

Bennett proseguì accompagnato dai quattro uomini mentre Mercoledì li studiava stando attenta a non farsi notare, confondendosi con la folla di studenti. Il gruppo svoltò e si diresse con una certa fretta scendendo lungo le scale che portavano ai sotterranei della Nevermore, zona purtroppo proibita agli studenti. Mercoledì si arrestò a pochi metri dalle scale, quando nella testa le risuonò una voce.

Promettimi una cosa Mercoledì…stai attenta…qualsiasi cosa succeda.

Decise che avrebbe aspettato ancora un po’ per scoprire cosa Bennett stesse macchinando.

“Mercoledì Addams, dico bene?” la voce alle sue spalle la fece voltare.

Osservò la slanciata figura della nuova professoressa di botanica “Sono diventata famosa, è una cosa che odio”.

L’altra le rivolse un sorriso mostrando i canini da vampiro “Ti sei fatta un nome qui alla Nevermore, sei la ragazza che ha distrutto Crackstone e sconfitto quell’Hyde…”.

“Non sono stata io a sconfiggere…l’Hyde” replicò lei e la sua mente tornò a quella notte.

Tyler che la strangolava, che sollevava il braccio per darle il colpo di grazia. E poi una bestia che balzava addosso a quello che fino a pochi secondo prima era Tyler. Li vide rotolarsi furiosamente sul terreno. Vide il licantropo alzarsi agilmente e fissarla, con quella stramba ciocca di pelo colorata. Le sembrò di vederlo sollevare il labbro e scoprire le zanne, era certa che fosse un sorriso. Riconobbe i suoi occhi azzurri.

Enid?

Fu l’unica cosa che disse incredula, dopo di che la lotta tra i due mostri riprese, violenta e brutale. 

C’era…quando ne ho avuto bisogno lei c’era.

Si destò sotto lo sguardo curioso della Rouge, o almeno così poteva intuire dato che gli occhiali da sole nascondevano i suoi occhi “Tutto bene Addams?”.

“Si sta facendo tardi” tagliò corto, non aveva intenzione di discutere al momento “devo tornare in camera” e oltrepassò la perplessa insegnante.

 

Enid, sdraiata sul suo letto questa volta non osservava il cielo. Fissava il soffitto scuro e tetro della stanza, che aveva cercato di abbellire con i suoi amati colori. Ma la sua mente era altrove.

Le tornò in mente un pomeriggio dell’estate appena trascorsa, mentre era al lago con suo padre. Totalmente all’opposto della madre, era un uomo di pochissime parole, eppure erano sempre le parole giuste per lei.

“Perchè non riesco più a trasformarmi?” le aveva chiesto.

Lui fissava il lago e il sole che stava tramontando “Non è sempre così semplice Enid” le aveva risposto “alcuni lupi mannari impiegano più tempo degli altri”.

Poi si volse verso di lei e le sorrise, cosa che non era abituata a vedere spesso “Datti il tuo tempo, piccola mia” aggiunse cingendole le spalle con un braccio.

Lei gli poggiò la testolina bionda sulla spalla “Quando mi sono trasformata pensavo di avercela fatta…non capisco”.

“Il nostro potere si basa sulle emozioni” rispose lui “se impari a controllarle imparerai a controllare la tua trasformazione. Vedi Enid, alcune emozioni sono potenti, per esempio la paura, la rabbia o…l’amore”.

Lei lo guardò curiosa “L’amore?” ripeté.

Suo padre annuì “Sì, è l’emozione più potente ma anche la più difficile da controllare, tuttavia” fece una breva pausa “ti dà la spinta per lottare…per chi ami”.

Lottare per chi ami.

“Potrebbe anche permetterti di trasformarti senza la luna piena” aggiunse lui.

“Davvero?” domandò lei.

“Anche se ciò richiede esperienza o un’emozione molto potente. E poi si tratterebbe di una forma di licantropo particolare, diciamo un accenno di trasformazione”.

 

Mercoledì entrò trovando la propria compagna di stanza intenta a fissare il soffitto e fantasticare su chissà cosa “Devi avere tanto tempo libero se lo sprechi a fissare cieli e soffitti” commentò sarcastica.

Enid si mise a sedere sul letto “Dove sei stata?”.

“Non sono certo affari che ti riguardano” replicò secca lei dirigendosi verso il proprio letto lasciando lo zaino a terra.

“Mercoledì…” voleva dirle che era preoccupata per lei, di quella stupida ossessione per Bennett e i suoi libri di magia, di…quanto avesse sentito la sua mancanza durante l’estate.

L’altra si limitò a volgere lo sguardo verso di lei in attesa che continuasse.

“Io…niente” disse girandosi nel suo letto dall’altra parte “buona…buona notte”.

 

Non riusciva a chiudere occhio, passò quella che sembrava un’eternità a rigirarsi tra le coperte. Enid sentiva di nuovo quel senso di vuoto, ma era diverso ora, una sensazione che non riusciva a spiegarsi. Era come avere qualcosa a portata di mano, quasi poterla sfiorare con le dita ma non riuscire a raggiungerla. Si rigirò per l’ennesima volta e il suo cuore si fermò quando la vide.

“Mercoledì?” balbettò spaventata vedendola ai piedi del suo letto.

La guardava con quei suoi occhi neri come la notte, che riflettevano quella poca luce della luna. La vide avvicinarsi, come un gatto nero in attesa di una mossa della propria preda. Cercò di dire qualcosa ma sentiva le corde vocali paralizzare. Nemmeno il suo corpo obbediva ai suoi ordini di muoversi, mentre la vedeva muoversi con esasperante lentezza verso di lei.

Che diavolo le prende? Ora è anche sonnambula?

In una frazione di secondo Mercoledì le si portò sopra. Ora sentiva i suoi occhi piantati nei suoi, mentre il cuore le batteva sempre più forte. Le sembrò di sentirne il rumore, anzi lo sentiva davvero assordante come un tamburo. Le tempie le pulsavano mentre fissava il suo viso, incapace di muoversi e parlare e poi…

Sentì le sue labbra. Ne percepì il tatto, il sapore, l’odore, sentiva il respiro della ragazza nella sua bocca. Non riusciva a credere a quello che stava succedendo ma si sentì ormai inerme e si lasciò completamente andare alle sue labbra. A quel bacio intenso che le fece sparire ogni preoccupazione e anche quel senso di vuoto…

Si alzò di scatto a sedere su letto. Il cuore le batteva all’impazzata, il respiro affannato come se avesse corso una maratona. Cercò lentamente di riprendere lucidità guardandosi intorno. La stanza era esattamente normale, niente di anomalo. Si voltò verso il lato della sua compagna di stanza e la vide dormire nella solita posizione cadaverica, occhi chiusi e braccia incrociate sul petto. 

Si distese di nuovo e inspirò profondamente.

Era solo un sogno, Enid. Solo un sogno.
 

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Capitolo 3
*** Che cosa ho fatto? ***


Si svegliò presto, come al solito pronta a cominciare una nuova giornata “Enid non costringermi a…” si voltò verso il lato della sua compagna di stanza ma fu sorpresa di vedere che lei non c’era.

Di solito devo prenderla a calci per svegliarla, possibile che si sia alzata prima di me?

Si alzò e sentì un familiare rumore di polpastrelli sul pavimento “Mano, hai visto dov’è andata Enid?”.

L’appendice col suo particolare linguaggio le spiegò che l’aveva vista alzarsi circa mezz’ora prima di lei, prepararsi e uscirne con molta fretta.

Che cosa le prende? Che le passa in quella testa vuota?

Si preparò con tutta calma e uscì mentre Mano si arrampicava lungo la sua schiena per saltare nello zaino.

 

Hai dei problemi seri, Enid. Dei problemi veramente seri.

La giovane lupa mannara era uscita presto e di gran fretta, voleva evitare di confrontarsi con lei per il momento. Quel sogno avuto la scorsa notte l’aveva turbata non poco e ora non faceva altro che pensarci. 

Si stava dirigendo a passo spedito verso l’aula quando una voce richiamò la sua attenzione “Enid, cos’è tutta questa fretta di andare a lezione?”.

“Yoko” disse e si schiarì la voce “volevo…ecco solo prendere un posto più vicino alla cattedra”.

La vampira corrugò la fronte “Sicura di stare bene? Non avrai mica indossato per sbaglio una collana d’argento?”.

“Sto bene” rispose secca, cogliendo di sorpresa la vampira. 

Non aveva assolutamente voglia di parlarne con nessuno, in fondo era solo un sogno.

Può capitare di fare sogni strani, Enid. Era un sogno senza nessun significato.

 

Raggiunse l’aula a passo spedito come al solito, cercando con gli occhi una sistemazione tra i propri compagni. La vide, era seduta accanto a Yoko, poi per una frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono, prima che lei distogliesse rapidamente gli occhi da lei.

Perplessa si sedette all’unico posto libero, ovvero accanto a Eugene.

“Ehi, ti sei seduta vicino a me?” disse lui quasi scioccato.

“Non farmene pentire Eugene, altrimenti prendo spago e filo e ti cucio le labbra” tagliò corto lei.

Qualcosa di leggero la colpì in testa, un foglio di carta ripiegato. Voltandosi verso la fonte vide Xavier farle un cenno indicando il foglio. 

Oggi pomeriggio al parco alle 16:00.

 

“Finalmente, è proprio da sciocchi arrivare in ritardo a un appuntamento deciso da te” lo fulminò Mercoledì.

“Sei tu che sei troppo puntuale” vedendo lo sguardo inquisitorio puntato addosso Xavier decise di cambiare discorso “ecco…abbiamo raccolto altre informazioni su Bennett”.

“Chi sono quegli uomini con cui va in giro? Si tratta della sua scorta?”

“Più o meno” si fece più vicino a lei e a voce bassa aggiunse “pare che Bennett paghi personalmente quegli uomini per…beh penso sia scontato il motivo”.

“Li ho visti scendere verso i sotterranei della scuola, tu sai cosa c’è laggiù?”.

Xavier alzò le spalle “Credo che i libri si trovino lì da qualche parte”.

“Questa storia inizia a farsi sempre più interessante” poggiò la borsa a terra “Mano, ho bisogno che tu faccia qualcosa per me”.

Mano saltò fuori “Vai nei sotterranei e cerca di capire dov’è la stanza dei libri di Bennett, poi torna da me” l’appendice rispose affermativamente alzando il pollice e corse rapida all’interno della struttura della Nevermore.

“Mercoledì” la riprese Xavier “se ci sono dei veri libri di magia potrebbe essere molto pericoloso”.

“Starò attenta” fece per voltarsi ma una vampira dalla pelle scura le sbarrò la strada.

“Addams” le rivolse un falso e irritante sorriso “il preside Bennett non vede l’ora di conoscerti”.

Lei rispose con un ghigno “Curioso, stavo pensando proprio la stessa cosa di lui”.

Il falso sorriso sul volto della Rouge si incrinò “Bene…ti accompagno più che volentieri” rispose con una lieve sfumatura di irritazione.

 

Sedeva davanti alla scrivania…quella scrivania così familiare. Passò una mano sul tavolo e poteva ricordare quante volte era stata lì a discutere, o meglio lottare con la Weems.

“Finalmente ci incontriamo” voltandosi vide quell'uomo avvicinarsi lentamente “Mercoledì Addams, la studentessa che ha salvato la Nevermore” aggiunse sedendosi.

“C’è un motivo particolare per cui mi ha chiamata, preside Bennett?” tagliò corto lei “O deve parlarmi di cosa che già tutti conoscono?”.

L’uomo sorrise con calma, poi si mise gli occhiali da lettura che portava attaccati con una catenina e lesse attentamente dei fogli. Passarono così un paio di minuti, mentre Mercoledì lo osservava intento a studiare quegli inutili fogli. Ora che lo osservava bene più che anziano sembrava soltanto portare male l’età.

“Ottimi voti, mentre brillante” sfogliò ancora “aspirante capitano di scherma” disse sollevando le sopracciglia “devo dire che hai un curriculum eccellente. Eppure la sua condotta è a dir poco…beh direi turbolenta”.

Lei incrociò le braccia iniziando a spazientirsi “Cosa vuole da me?”.

Il preside continuò a sfogliare il plico, lo poggiò con tutta calma e poi togliendosi gli occhiali la guardò “Lei è molto curiosa signorina Addams” e con un sorriso aggiunse “troppo curiosa”.

Le sue parole destarono l’effetto sperato “A cosa si riferisce esattamente, preside Bennett?”.

Lui si sporse leggermente verso di lei e sorrise ma questo era più un ghigno, quasi sinistro “Non cerchi mai più di spiarmi, è chiaro?”.

La ragazza fece per replicare ma lui aggiunse “Sono qui solo per fare il bene della scuola, non mi intralci nel mio lavoro” disse poi contraendo i denti in un sorriso forzato “sono stato chiaro?”.

Lei lo guardò impassibile ma sentì il brivido dell’adrenalina dentro di lei “Cristallino” rispose.

 

Enid sedeva insieme a Yoko nel cortile della scuola, mentre distrattamente rigirava la forchetta nello strano miscuglio di insalata e carne in scatola della mensa.

“Sei un po’ distratta ultimamente, sicura di non averne voglia di parlare?” le domandò la vampira.

Enid alzò le spalle “Ho solo dormito poco e male” si giustificò lei.

L’altra la osservava attraverso gli occhiali da sole “Sei preoccupata per Mercoledì, vero?” disse la vampira ponendo l’accento sul nome.

“Io…sì” ammise la lupa mannara e poi sospirando aggiunse “ha questa ossessione per il preside. Potrebbe mettersi nei guai”.

In quel momento catturò con lo sguardo un giovane dai capelli lunghi, in compagnia di una sirena dalla pelle scura.

“Aspetta un attimo qui Yoko” disse alzandosi e avvicinandosi ai due.

Xavier la vide avvicinarsi “Ehi Enid…”.

“Xavier, devo parlarti” lo interruppe lei e poi rivolgendosi a Bianca “in privato”.

Lei sollevò un sopracciglio “Fai pure ma non tenertelo troppo, potrei diventare gelosa” rispose guardando il suo compagno.

I due si sorrisero complici.

Sembrano stare così bene insieme, eppure Xavier è stato manipolato…come fa a fidarsi ancora di lei?

Enid si allontanò col giovane sensitivo in disparte “Cosa volevi dirmi?” le chiese lui.

“Ecco…so che tu e gli altri state passando a Mercoledì informazioni sul preside Bennett” rispose lei.

Xavier annuì e attese che la ragazza continuasse il discorso “Che c’è Enid?”.

Lei lo guardò facendo trasparire tutta la propria preoccupazione “Mercoledì è ossessionata da questa storia e potrebbe mettersi in pericolo…”.

Lui accennò una risposta “Enid io…”.

“Xavier” lo interruppe la licantropa “non metterla nei guai…ti prego”.

Il ragazzo la guardò negli occhi e le sorrise “Lo sai che si metterebbe nei guai comunque e andrebbe alla ricerca di informazioni da sola”.

Lei annuì “Sì lo so ma…” fece una piccola pausa “voglio che tu mi dica tutto quello che dici a lei”.

Lui fece per parlare ma la ragazza continuò “Xavier” aggiunse con tono fermo “non sto scherzando”.

Xavier ci pensò un istante e poi con un sorriso aggiunse “Ci tieni molto a lei, vero?.

Enid sentì improvvisamente le guance avvampare e distolse lo sguardo dagli occhi del ragazzo. 

Questi le poggiò una mano sulla spalla “Puoi contare su di me Enid” disse “non permetterò che si cacci nei guai”.

“Grazie” si limitò a rispondere prima di allontanarsi.

 

“Già Mano, mi ha messa in guardia lo so” Mercoledì, stesa sul letto e con le braccia incrociate dietro la testa stava facendo il punto della situazione.

Mano le domandò cosa volesse fare ora “Se Bennett pensa che una minaccia appena velata basti per fermarmi si sbaglia” si mise a sedere sul letto “devo scoprire cosa nasconde nella sua biblioteca personale”.

L’appendice avrebbe sospirato esasperata se avesse potuto “Voglio solo assicurarmi che non stia tramando qualcosa”.

La porta si aprì “E…ehi” la bionda licantropa entrò e si diresse immediatamente verso il suo lato della stanza.

Di solito mi sta sempre appiccicata e devo faticare per togliermela di torno. Oggi mi ha a malapena rivolto la parola.

Mano accennò di nuovo alla questione Bennett ma la giovane Addams lo fulminò con lo sguardo “Ne parliamo dopo”.

Guardò Enid mentre sistemava le proprie cose e sentì un improvviso quanto insolito bisogno di rivolgerle delle domande ma non lo fece.

“Yoko e gli altri vanno in città al centro commerciale…” disse l’altra ma poi aggiunse “so che non vuoi…”.

“Devo esercitarmi con il violoncello” la interruppe lei.

La bionda sospirò, poi annuì “Bene…ci vediamo più tardi allora”.

Appena Enid uscì Mercoledì si rivolse verso Mano “Dimmi quello che hai scoperto”.

 

Era ormai notte fonda quando si alzò con cautela dal proprio letto. Lanciò un’occhiata in direzione della compagna di stanza e la vide dormire profondamente. Senza fare il minimo rumore si rivestì, prese il suo zaino e vi infilò torcia elettrica e una scatoletta sottile di cuoio.

Fece un cenno e Mano prontamente le si arrampicò sulla spalla poi agilmente uscì dalla stanza.

Mano aveva scoperto la posizione della biblioteca di Bennett, ora non restava che entrare e controllare cosa il vecchio preside nascondesse di tanto importante al suo interno da non potersene separare mai.

Attraversò il corridoio dei dormitori furtivamente dirigendosi in direzione dei sotterranei della Nevermore. Scese lungo le scale, per ora decise di non accendere la torcia, i suoi occhi erano abbastanza abituati all'oscurità e poi avrebbe rischiato di attirare l’attenzione di uno dei guardiani. Giunse verso una lunga serie di corridoi, Mano saltò giù dalla sua spalla indicandole la direzione da seguire. Sentì dei passi e si arrestò, affacciandosi con cautela oltre l’angolo e vide uno dei guardiani camminare con la torcia accesa per farsi luce.

Mano mi ha detto che si danno il cambio per fare la guardia e fanno sempre lo stesso giro di perlustrazione.

Individuò la porta della biblioteca e rimase in attesa studiando il percorso del guardiano, così da capire quanto tempo avesse per entrare.

Tre minuti e trentacinque secondi.

Appena la guardia voltò l’angolo lei e Mano sgattaiolarono verso la porta. Trasse la piccola scatola dalla borsa e la aprì dando al suo compagno di avventure i grimaldelli per scassinare la serratura. Nel giro di pochi secondi la serratura cedette e i due entrarono. Percorsero un corridoio e giunsero finalmente al loro obiettivo.

Una sala piuttosto grande con una decina di scaffali sui quali erano sistemati libri di ogni tipo.

Mercoledì accennò un sorriso di soddisfazione, fece un cenno al suo complice e entrambi si misero all’opera. Nonostante fosse abituata a vedere al buio le fu necessario accendere la torcia per leggere i titoli dei numerosi libri.

E proprio leggendoli fu colta da un’enorme delusione. Quella che lei pensava fosse una raccolta di potenti libri di magia si rivelò un mucchio di cianfrusaglie e sciocchezze. 

Incantesimi per rendere più pulito il bucato, curare il mal di schiena, come predire il futuro usando i tarocchi…e questa sarebbe la tua collezione dell’occulto, Bennett?

Sbuffò delusa e spense la torcia sconsolata, quando sentì un dito picchiettare. Voltandosi vide Mano arrampicato su uno scaffale che indicava un libro. Si avvicinò e si accorse che era diverso dagli altri, nessun titolo e una copertina di un cuoio strano e molto più scuro del normale. Si avvicinò per afferrarlo ma sentì un rumore di passi provenire dal corridoio dal quale era entrata. Lei e Mano prontamente si nascosero dietro uno scaffale e pochi secondi dopo il guardiano si materialzzò nella stanza. Rimase completamente immobile mentre l’uomo girava tra gli scaffali, non aveva nemmeno acceso la torcia.

Deve essersi accorto della serratura, maledizione devo uscire di qui.

Approfittando di un momento di distrazione del guardiano e dell’oscurità sgattaiolò furtivamente ripercorrendo la strada fatta per entrare.

Tornerò, devo scoprire qualcosa su quel libro.

Improvvisamente una serie di passi frettolosi scendevano dalle scale nella sua direzione. Lei prontamente si nascose e sporse lo sguardo.

Bennett? Che ci fa qui a quest’ora? Il guardiano deve averlo avvertito.

Seccata fu costretta a dileguarsi mentre vedeva l’uomo varcare l’ingresso alla biblioteca. Si diresse rassegnata, almeno per il momento, verso i dormitori quando una figura le si parò davanti.

 

“Enid! Che ci fai sveglia?”.

La bionda, con indosso il suo maglioncino colorato la guardava facendo trapelare tutta la propria preoccupazione “Dove sei stata? Sei impazzita? Lo sai che non puoi…”.

Mercoledì le girò intorno seccata ma si sentì afferrare il polso, così si voltò a fronteggiarla “Lasciami” le disse.

Enid allentò la presa ma non la lasciò “Mercoledì ti prego, mi stai facendo preoccupare”.

La guardò, poteva percepire chiaramente le sue emozioni “Torna a dormire Enid” cercò di liberarsi ma lei mantenne la presa.

"Perché non mi ascolti?” le disse la lupa mannara “Se Bennett è pericoloso come pensi tu potrei…aiutarti. Non devi affrontarlo da sola”.

“Si può sapere perché mi stai così addosso?” replicò l’altra.

Enid si sentì avvampare nuovamente le guance “Mercoledì io…” senti il cuore batterle sempre più forte “non so come dirtelo”.

Lei si limitò a puntarle addosso gli occhi, facendola sentire come se le stesse scrutando l’anima. 

Trasse un respiro profondo, mentre Mercoledì poteva sentire il tremolio nella sua voce “Credo…io credo…di provare qualcosa…per te” disse tutto d’un fiato.

Ci fu un momento di silenzio mentre le due si guardavano, poi Mercoledì spalancò gli occhi “Tu…non dirai sul serio?” disse indietreggiando.

La bionda si decise a lasciare la presa “Ci penso da quando ti ho rivista e…”.

“No” la bloccò l’altra “sei tu ad essere impazzita, come ti viene un mente…questo?”.

L’altra fece per replicare ma un nodo alla gola le impedì di parlare. Sentì le lacrime agli occhi mentre vide Mercoledì fissarla sconvolta, forse inorridita, che indietreggiava.

“Mercoledì ti prego” disse tendendo la mano come se bastasse per fermarla mentre l’altra si voltava per scomparire nel corridoio.

Enid restò per qualche istante come pietrificata in quella posa. Si sentì come mancare il terreno sotto i piedi e precipitare nel vuoto.

Che cosa ho fatto?

Senza che lei se ne rendesse conto stava già correndo via, lontano da lei, lontano da quel dolore.

 

Correva Enid. Correva a perdifiato sfrecciando attraverso il cortile e poi via oltre i cancelli della Nevermore. Sentiva di non aver mai corso così tanto e con tanta forza e disperazione. Il vento gelido le sferzava il viso e gli occhi le si appannavano mentre le lacrime le scorrevano lungo le guance. Corse attraverso gli alberi e poi verso la foresta per un tempo che a lei sembrò un’eternità, quando esausta si fermò.

Sentiva come una morsa alla gola e faticava a respirare mentre cominciò a piangere ininterrottamente. Le avevano raccontato del cuore spezzato ma aveva sempre pensato fosse solo un modo di dire. Eppure ora lo sentiva, un dolore al petto talmente forte da stringerselo per cercare di alleviare la sofferenza.

Scoppiò in un pianto isterico crollando in ginocchio sul terreno, mentre nella testa le risuonavano quelle parole.

Sei tu ad essere impazzita…come ti viene in mente…questo? 

E sempre la stessa voce nella sua testa aggiungeva.

Come puoi pensare che io provi qualcosa per te? 

Si portò piangendo le mani alle orecchie per scacciare inutilmente quelle voci dalla propria testa, piangendo disperata. Poi volse lo sguardo al cielo della notte e urlò di disperazione con tutto il fiato che aveva in gola.

Che cosa ho fatto?

 

Da quando era alla Nevermore Yoko aveva iniziato ad abbandonare l’abitudine tipica dei vampiri di dormire nelle bare, iniziava a trovare comodo dormire in un letto. Appena finì di prepararsi per andare a dormire sentì picchiettare alla porta, sbuffò ed andò ad aprire.

Restò scioccata trovandosi di fronte una ragazza bionda con un maglioncino colorato, i pantaloni sporchi di terra e gli occhi rossi di lacrime “Yoko…ti prego aiutami”.

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Capitolo 4
*** Torna da me ***


Perché mi ha messo in questa situazione?

Stesa nella sua solita posizione a braccia incrociate sul petto, Mercoledì non riusciva proprio a dormire. Nella sua testa aveva ancora vivida l’immagine di Enid davanti a lei. Vedeva i suoi occhi farsi lucidi, gonfiarsi di lacrime mentre tremava.

Credo di provare qualcosa per te.

Fu distratta dall’incessante e frenetico picchiettare di polpastrelli sul mobile accanto al suo letto.

“Mano, non ho voglia di parlarne” si girò dall’altra parte cercando di ignorarlo “non adesso, io…non sono pronta per questo”.

Perché lo ha fatto? Cos’ha in quella stupida testa vuota?

Poteva sentirla ancora singhiozzare e correre via, lontano da lei. Sapeva di averla ferita e che probabilmente le cose non sarebbero mai più tornate come prima. Sentì una strana sensazione, mai provata prima, una stretta al cuore. 

“In colpa?” si mise di scatto a sedere guardando Mano con sguardo inquisitorio “Perché dovrei sentirmi in colpa per lei? Sei veramente ridicolo”.

Mano si arrampicò sul letto e riprese a redarguirla “La colpa è sua, cosa si aspettava che le dicessi? Sono stata già ingannata una volta” continuò seria, nella sua voce traspariva una punta di rabbia “non permetterò che succeda di nuovo”.

Si alzò mentre Mano si avvicinava per seguirla “Resta qui, ho bisogno di fare due passi”.

 

“Enid” Yoko guardava l’amica seduta sul suo letto “cosa è successo?”.

La giovane lupa mannara sedeva stringendosi le ginocchia al petto, gli occhi arrossati dal pianto e tremava come un cucciolo ferito. Non avrebbe mai detto che quella fragile creatura aveva sconfitto un pericolosissimo Hyde in uno scontro.

“Enid” ripeté la vampira avvicinandosi a lei con tono quasi materno e accarezzandole dolcemente la testa bionda.

Lei sollevò tremando lo sguardo verso l’amica “Io…credo di aver combinato un casino” tirò su col naso mentre si asciugava le lacrime.

Perché gliel’ho detto? Cosa mi passava per la testa?

In effetti non si spiegava perché avesse dichiarato così i propri sentimenti, rendendosi immediatamente vulnerabile. Con Ajax aveva aspettato molto più tempo, eppure non aveva mai sentito per lui ciò che aveva sentito in quel momento per Mercoledì. O meglio lo sentiva ancora, ma in quel momento la cosa più forte era il dolore e, come era accaduto alla fine dello scorso anno della Nevermore, un devastante senso di vuoto.

Si destò sentendo la mano di Yoko accarezzarle nuovamente la testa “Hai di nuovo litigato con lei vero?”.

Enid annuì e la vampira riprese “Non so cosa puoi aver fatto di tanto grave ma sono sicura che le cose torneranno al loro posto”.

La lupa accennò un mezzo sorriso triste “Grazie Yoko” si limitò a rispondere.

Si stese ma non riuscì a chiudere occhio per tutta la notte, con fisso in testa il suo sguardo. Quegli occhi che la guardavano con quell’espressione indefinibile. 

Mi odiava? Era disgustata? Oppure…?

 

Era scappata così tante volte dalla Nevermore che ormai sapeva esattamente dove, come e quando muoversi per uscire indisturbata nel cuore della notte. Nel giro di pochi minuti Mercoledì era già oltre i cancelli e camminava attraverso il bosco, l’aria gelida le penetrava nelle ossa dandole un piacevole brivido di soddisfazione. Camminò attraverso gli alberi e il fogliame sul terreno emetteva un gradevole fruscio ad ogni passo. Aveva bisogno di un posto per pensare, non troppo lontano ma nemmeno troppo vicino dalla scuola. Oltrepassò il punto in cui Eugene fu ferito da Tyler, e poi andò oltre il capanno dove Xavier trascorreva il pomeriggio a dipingere le proprie tele. Camminò ancora per diversi minuti e finalmente trovò il luogo perfetto, dove una reietta tra i reietti come lei poteva trarre giovamento.

Era un piccolo cimitero creato intorno al periodo della febbre dell’oro, allestito nei pressi di un monastero. Ora della struttura restava solo un lugubre e tetro rudere che si reggeva a malapena in piedi e un terreno cosparso di lapidi e poche statue. Evidentemente vi erano sepolte anche persone più importanti, ma i nomi erano praticamente illeggibili poiché corrosi dal tempo e coperti anche da muschio. Ormai nessuno che potesse ricordare chi fossero quei morti era più in vita da qualche centinaio di anni.

“Credo sia sempre il momento giusto per una bella passeggiata in un cimitero abbandonato, non trovi?” una voce alle sue spalle la fece voltare di colpo.

Un uomo avvolto in un lungo cappotto nero. dalla pelle di un pallido cadaverico e la testa completamente calva sedeva su ciò che rimaneva di un angelo di pietra. 

Vedendolo la ragazza sorrise “Esiste un posto migliore, Zio Fester?”.

 

“Come faccio a capire di aver trovato il vero amore?” Enid lo aveva chiesto a suo padre.

“Vedi piccola mia” aveva risposto lui col suo tono calmo “per noi licantropi esiste un unico vero amore. Fa parte del nostro istinto”.

La ragazza parve visibilmente confusa, l’uomo le sorrise e proseguì “Noi lupi mannari abbiamo un istinto che ci porta a scegliere il nostro compagno per la vita. Ci leghiamo a questa persona con il corpo ma soprattutto con l’anima. Si tratta di un legame intenso, molto più forte di quello che possono provare i normali”.

Enid annuì “Quindi…saprò chi è la persona giusta? Ma come me ne accorgerò?”.

“Lo saprai al momento giusto” rispose lui “è una sensazione difficile da spiegare, diciamo che è come se ti bruciasse l’anima. Quando troverai una persona per cui sarai disposta a fare di tutto, anche a sacrificare te stessa, capirai che quello è il tuo vero amore”.

La ragazza abbassò lo sguardo delusa “Credo che non sia Ajax allora…mi dispiace, non voglio deludere te e la mamma…”.

Suo padre la interruppe accarezzandole dolcemente la testa “Non mi deluderai mai piccola mia. Sono già orgoglioso di te” la cinse con un braccio intorno alle spalle “e quando troverai il tuo vero amore lo saprai e sarai ricambiata”.

 

“Cosa ti turba nipotina?” Fester la guardava mentre lei si sedeva di fronte a lui appoggiando la schiena su una lapide.

“Avevo solo bisogno di schiarirmi le idee” disse evitando il contatto visivo.

Ma l’uomo la conosceva bene, forse era la persona che meglio di tutti la capiva “Fammi indovinare” disse passandosi una mano sotto il mento e scrutandola.

“Zio Fester sai che odio quando le persone mi fissano” disse sentendosi stranamente a disagio.

Di colpo lui sorrise “Oh…che mi venga un colpo” disse scendendo dalla statua “problemi ci cuore, vero?”.

Maledizione, come fa a capirlo così? Eppure mi rendo sempre impassibile in ogni modo.

La giovane addams non rispose e così lui proseguì “Mercoledì ormai ti conosco così bene” si accucciò davanti a lei “lo vedo dai tuoi occhi”.

Alzò lo sguardo verso lo zio “Tu cosa ne sai dell’amore?”.

A quella domanda Fester alzò lo sguardo al cielo, assumendo l’espressione di chi si immerge in dolci ricordi “Sai, anche io sono stato innamorato tante volte” poi tornò a guardare la nipote negli occhi.

Mercoledì sentì le guance arrossarsi e distolse lo sguardo come se invece dello zio avesse davanti un gorgone pronto a pietrificarla “Non…non sono innamorata. L’amore è pericoloso”.

Le labbra di Fester si allargarono in un sorriso “Beh nipotina mia, non Addams non scappiamo certo davanti al pericolo, non ti pare?”.

Un altro punto per te zio.

Si alzò come per fronteggiarlo “Sai bene anche tu cosa mi è successo l’ultima volta”.

“Certo che lo so” disse con un ghigno e unendo le dita, mentre delle piccole scariche elettriche le percorrevano “lui si è rivelato un maniaco omicida, avete combattuto e sei anche stata uccisa se non sbaglio”.

Lei annuì “Sì, non da lui però”.

“Oh beh che delusione” sospirò “sarebbe stato il partito perfetto”.

Mercoledì guardò il cielo, la luna era coperta dalle nuvole “Zio Fester, credo di aver ferito una persona che tiene molto a me”.

“Interessante e come?” domandò lui “Aspetta fammi indovinare…elettroshock?”.

“Non l’ho ferita in quel modo” rispose lei “credo di avere ferito i suoi sentimenti”.

Fester assunse un’espressione a dir poco stupita “Certo questo non me lo aspettavo ma ha senso” raccolse dei funghi da terra, senza curarsi di pulirli né di controllare se fossero o meno velenosi li mise in bocca “E di chi si tratta?”.

“Non è questo il punto” rispose secca lei sentendo il battito accelerare leggermente “il punto è che questa situazione mi ha infastidita e non riesco a concentrarmi per colpa sua”.

Lui la guardò divertito “So cosa senti, ma ti assicuro che non è un fastidio ma” poi si bloccò “lascerò che tu lo scopra da sola”.

Mercoledì lo guardò sbuffando “Non mi sei stato di nessun aiuto stavolta”.

“Non sono qui per aiutarti per questo, nipotina mia” rispose lui mentre masticava qualcos’altro di indefinibile “voglio sapere cosa sta succedendo dentro la Nevermore”.

 

Si svegliò da quel brevissimo sonno, si sentiva stanca e priva di forze.

“Enid dai preparati che dobbiamo andare a lezione” Yoko era già in piedi e si stava preparando.

Lei si rigirò nel letto “Oggi non vado, di che non mi sento bene”.

In effetti aveva dormito poco e male e il suo corpo ne aveva risentito pesantemente. La morsa alla gola l’aveva abbandonata temporaneamente, ma sentiva ancora quella stretta al cuore che non accennava ad andare via. 

Yoko sospirò sconsolata poi annuì “Cerca almeno di mangiare qualcosa” disse uscendo.

Passò la mattinata senza nemmeno alzarsi dal letto, rigirandosi in continuazione irrequieta.

Dovrei fare qualcosa per rimediare, forse mio padre intendeva questo. Noi lupi mannari amiamo più intensamente ma soffriamo anche più intensamente.

Si mise a sedere sul letto, poi prese il telefono e scrisse un messaggio alla sua temporanea compagna di stanza.

 

Non c’è, dove si è cacciata?

Si era subito accorta della sua assenza, appena era entrata nell’aula l’aveva cercata con lo sguardo. In cuor suo sapeva che Enid ora stava soffrendo, la vedeva tremare in lacrime, e poi correre da sola nel cuore della notte.

L’ho fatta fuggire io in quel modo disperato…è forse colpa mia?

Sentì di nuovo quell’insopportabile stretta al cuore e scosse la testa per scacciare quei pensieri.

No, non è stata colpa mia. Lei sa cosa ho passato, non avrebbe dovuto mai mettermi in questa situazione.

“Mercoledì” la voce di Eugene che la fissava curioso la fece voltare “dov’è Enid? Perché non è venuta a lezione?”.

Lei distolse lo sguardo fissando dritta davanti a sé “Non lo so, sono uscita prima e lei era ancora in camera” mentì.

Lui annuì poco convinto e riprese a seguire la lezione.

La professoressa Rouge proseguì col suo solito tono apatico e disinteressato, tipico di quegli insegnanti che sanno di essere lì solo in sostituzione di quello effettivo. Mercoledì era sempre stata attenta e interessata alle lezioni di botanica, soprattutto quando trattavano di argomenti come piante da cui si potevano ricavare veleni letali, ma in quel momento altri pensieri occupavano la sua testa. Non si trattava di Bennett e nemmeno dei suoi segreti, né tantomeno di quel particolare libro che aveva attratto in modo inspiegabile la sua attenzione.

Perché lo hai fatto, Enid?

 

Finita la lezione si stava dirigendo verso i dormitori, attraversò il cortile dove di solito gli studenti si riunivano per mangiare e chiacchierare.

“Mercoledì” la chiamò una voce, voltandosi vide Xavier al tavolo insieme agli altri “ti unisci a noi?”.

La ragazza sbuffò e suo malgrado si sedette al tavolo “Come sta Enid? Yoko mi ha detto che non si sentiva bene”.

Lei alzò lo sguardo verso il suo interlocutore “Sì, credo avesse mal di stomaco”.

Eugene la interruppe “Perché non me lo hai…” ma si ammutolì quando lei lo fulminò con lo sguardo.

Poi tornò a rivolgersi a Xavier “Avete scoperto altro riguardo Bennett e la sua combriccola di fanatici?”.

Lui scosse la testa “Non per il momento ma io e gli altri Belladonna ci stiamo dando da fare” fece una pausa guardandosi intorno e poi riprese “Bennett ci tiene d’occhio, quindi dobbiamo essere il più discreti possibile”.

Mercoledì ripenso alla sera precedente, quella in cui si era intrufolata nella biblioteca del preside e lo aveva visto a passo spedito raggiungere quella stanza così misteriosa.

Devo scoprire qualcosa in più su quel libro.

“Ieri notte sono entrata nella sua biblioteca personale” disse tra lo sguardo attonito dei presenti.

“Non posso crederci” sbottò Bianca “sei impazzita? Così rischi…”.

Ma la giovane Addams continuò “Non ho trovato nessun libro interessante, si tratta di inutile paccottiglia per dilettanti, tranne…c’è un libro che non sono riuscita a identificare”.

Ajax si fece avanti “Non avrai intenzione di tornarci? Bennett ci tiene d’occhio”.

Xavier si accodò a lui “Ha ragione, è un paranoico e sarà sempre più difficile muoversi all’interno della Nevermore senza che lui lo sappia”.

“Siamo o non siamo i Belladonna?” replicò secca lei.

Loro annuirono e continuò “Siamo noi i veri padroni della Nevermore, non certo un normale ometto senza poteri” guardò in alto verso l’ufficio del preside.

Era sicura che li stesse osservando in quel preciso momento “E poi sarò io a passare all’azione quando ce ne sarà bisogno, voi limitatevi a fornirmi informazioni” disse col solito tono che non ammetteva repliche.

Bianca strinse i denti frustrata “Non siamo i tuoi cagnolini, Addams” si sporse verso di lei, mentre Xavier le mise una mano sulla spalla ma lei proseguì “non azzardarti a darci ordini, chiaro?”.

Le due si guardarono, ma la giovane sirena notò che negli occhi della sua avversaria questa volta mancava quella luce di sfida. 

Si alzò senza rispondere e congedandosi andò verso i dormitori.

 

Raggiunse la sua camera immersa nei pensieri, nel solito viavai rumoroso e chiassoso tipico degli studenti adolescenti. Fece per entrare in camera quando si arrestò vedendo la porta accostata.

Allora è tornata.

Per un attimo sentì un fremito nel petto, una sensazione di calore salire lungo il collo e gli arti. Deglutì a vuoto sentendo la saliva mancarle e per un istante barcollò come in preda alle vertigini. Prese un profondo respiro e spalancò la porta.

“Che diavolo ci fai tu qui?” fu sorpresa di vedere Yoko.

La vampira era intenta a riempire una borsa con alcuni dei vestiti di Enid. Sentendo la sua voce si voltò per un attimo e poi riprese la sua operazione.

Mercoledì si avvicinò di qualche passo “Ti ho fatto una domanda”.

Yoko si voltò di scatto, quasi facendola sussultare “Che cosa hai combinato?”.

Davvero non si aspettava quella risposta che la lasciò senza parole così l’altra riprese “Stanotte Enid si è presentata in camera mia in lacrime. Mercoledì che cosa le hai fatto?”.

Lei si sentì quasi intimidita dal tono accusatorio della vampira “Non sono affari tuoi” rispose.

Yoko sentì un fremito di rabbia e si portò con la sua velocità a pochi centimetri dal viso della Addams “Lo sono eccome. Stammi a sentire Mercoledì” i suoi denti si contrassero mostrando i canini in modo aggressivo “Enid è mia amica, è una ragazza sensibile. Se scopro che hai fatto qualcosa contro di lei giuro che ti faccio a pezzi”.

Mercoledì rimase immobile con sguardo impassibile, almeno in apparenza. La vampira ringhiò, prese la borsa e uscì dandole una spallata.

 

“Grazie” Enid non aveva messo fuori il naso dalla stanza ma almeno aveva trovato la forza di alzarsi dal letto.

Yoko le aveva portato qualche vestito e anche un caffè caldo dalla mensa, che lei sorseggiò più che fare piacere all’amica che per un vero bisogno. Non aveva mangiato né bevuto nulla, sentiva lo stomaco sottosopra e solo l’idea del cibo la nauseava. 

“Dovresti parlarle” riprese Yoko “qualsiasi cosa sia successo tra voi due”.

“Io non…non ce la faccio” rispose lei sconsolata.

L’amica le mise una coperta sulle spalle “Enid tesoro, non puoi stare per sempre rinchiusa qui dentro, dovrai uscire prima o poi e affrontarla”.

Lei le sorrise tristemente “Yoko…sei” sentì le guance avvampare e colorarsi di rosso, ma aveva bisogno di parlarne con qualcuno “sei mai stata…innamorata?”.

La vampira le sorrise, in fondo aveva già capito la situazione “Qualche volta” rispose e sedendosi accanto a lei “é questo che ti spaventa?”.

“Mio padre mi ha spiegato come funziona l’amore per noi licantropi, a quanto pare è una cosa istintiva e molto potente” si strinse nelle spalle “amiamo in modo più intenso e soffriamo in modo più intenso”.

“Pensi che lei non ti ricambi?” le domandò l’altra.

Enid scosse la testa sconsolata “Pensavo che il mio istinto funzionasse bene, ma evidentemente c’è qualcosa in me che non funziona”.

Yoko sorrise dolcemente “Non c’è niente che non va in te” disse e le diede un bacio in fronte “magari ha bisogno del suo tempo”.

Quella frase fece quasi accendere una tenue speranza nel cuore della lupa mannara, ma cercò di non farsi false illusioni.

Non voglio soffrire di nuovo per colpa del mio istinto difettoso.

 

Strinse i pugni tanto intensamente da sbiancarsi le nocche già pallide. Non riuscì a scrivere più di una frase senza strappare i fogli dalla macchina da scrivere e gettarli frustrata nel cestino. Mano si avvicinò picchiettando sul tavolo.

“Non ho ispirazione” disse “ho perso la mia nota creativa”.

L’appendice le fece notare che c’era qualcosa dentro di lei che andava risolto, e lei sapeva benissimo cosa.

“Non darmi il tormento oppure ti chiudo dentro una cassaforte e ti getto in mare” lo fulminò secca.

Eppure ha ragione, devo una volta per tutte dirle come stanno le cosse.

Si alzò di scatto “Adesso vado e le dico esattamente cosa penso di lei, così ci penserà due volte prima di mettermi in una situazione assurda come questa” e uscì sbattendo la porta bloccando l’uscita a una mano esterrefatta.

Camminò a passo spedito nei corridoi, determinata a dirle in faccia cosa ne pensava della sua stupida e inutile dichiarazione.

Pensi di provare qualcosa per me, Enid? Ti farò passare la voglia di vomitarmi addosso i tuoi disgustosi sentimenti.

Bussò con decisione alla porta.

Sono pronta, vedrai adesso cosa si prova dichiararsi a Mercoledì Addams.

La porta si aprì e si trovò davanti quegli enormi occhi azzurri, che per un attimo la bloccarono.

“Ciao” le disse Enid con voce tremante, faticando a nascondere l’emozione.

Aveva le occhiaie e le guance arrossate, nonostante l’evidente mancanza di sonno Mercoledì non potè fare a meno di notare quanto fosse bella.

Ci siamo, colpiscila avanti! 

La giovane Addams aprì la bocca per parlare, ma lei stessa fu sorpresa di sentire le parole che pronunciò “Torna da me”.

 

 

 

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Capitolo 5
*** Perché ho paura ***


Non si scambiarono nemmeno una parola mentre percorrevano i corridoi che conducevano alla loro stanza. Entrambe le ragazze erano immerse nei propri pensieri.

Enid guardava in continuazione Mercoledì, stando ben attenta a non incrociare il suo sguardo, mentre questa camminava con lo sguardo puntato davanti a sé. Nella sua testa aveva mille cose da dire ma era come se le parole fossero disposte a casaccio e in maniera disordinata. Un po’ come gli schemi che gli investigatori fanno per tenere traccia dei serial killer, ma privi del loro collegamento logico.

Cosa sta pensando?

Se lo domandava con occhiate sfuggenti dirette alla ragazza dai capelli corvini ma il suo sguardo era impossibile da decifrare.

Mercoledì percepiva lo sguardo della bionda, ma era ancora incredula e stupita di ciò che aveva appena fatto. Era andata da lei con la ferma intenzione di levarle dalla testa quella stupida cotta adolescenziale, invece senza nemmeno ragionare le aveva semplicemente chiesto di tornare da lei. 

Cosa ti succede, Mercoledì Addams? Stai cedendo? Stai diventando debole?

Raggiunta la stanza entrarono e si diressero ai rispettivi lati, Enid in quello allegro e pieno di colori, Mercoledì in quello triste e in cui il colore predominante era ovviamente il nero. 

La lupa mannara si sedette sul suo letto e guardò la compagna di stanza, mentre questa si cambiava d’abito dandole le spalle.

“Mi perdoni?” le domandò d’un fiato.

La giovane Addams si fermò “No” le disse ma, mentre l’altra iniziava nuovamente a sentirsi sconfortata aggiunse “non ti perdono perché non c’è niente da perdonare”.

Enid la guardò confusa mentre l’altra si voltò a guardarla “Hai solo detto quello che pensi, io lo faccio sempre quindi non c’è bisogno che io ti perdoni per questo” disse.

La bionda licantropa la guardò e accennò un sorriso, si sentiva meglio e quel peso sul cuore era allentato ma non sparito. Si stese sul letto guardando la compagna di stanza girarsi e darle le spalle. 

Quindi mi sono sbagliata. Il mio istinto non funziona, ma se lei non prova lo stesso per me devo accettarlo e andare avanti.

Non poteva certo dire di essere felice ma se non altro credeva, o almeno sperava, che le cose fossero tornate a posto e finalmente riuscì a dormire.

 

Durante le lezioni gli studenti non poterono fare a meno di notare uno strano traffico personale scolastico e ufficio del preside. Questi infatti non si era fatto vedere fuori dal proprio ufficio, mentre di norma era solito aggirarsi tra i corridoi forse per meglio tenere d’occhio i ragazzi.

“Ma cosa sta succedendo? Cos’è questo viavai?” notò Ajax mentre il gruppo sedeva in cortile.

“Deve essere successo qualcosa di importante” sentenziò Xavier con le mani giunte davanti al viso “lo sento”.

In effetti, in quanto sensitiva, anche Mercoledì ebbe una strana sensazione, come di tensione percepibile nell’aria. 

Proprio mentre rifletteva su questo un’auto attraversò i cancelli della Nevermore, e chiaramente si poteva vedere la stella dello sceriffo sulla fiancata.

Questi scese mentre la folla di curiosi si riuniva con quella morbosa ma inevitabile curiosità di saperne di più.

“Sceriffo Galpin” la professoressa Rouge si avvicinò a lui.

Lui alzò lo sguardo e fece un cenno alla donna “Dov’è?” domandò.

“Mi segua nel suo ufficio” rispose lei e i due si avviarono sotto gli sguardi curiosi degli studenti.

La più curiosa di tutti li osservava e per un attimo incrociò lo sguardo dello sceriffo, che rispose con un cenno del capo.

“Perché lo sceriffo è qui?” domandò Eugene.

“Sono sicura che lo sapremo presto” rispose Mercoledì continuando a fissare i due che stavano raggiungendo l’ufficio del preside.

 

Enid era convinta che le cose fossero tornate come prima, eppure si erano parlate molto meno del solito. Sapeva di aver cambiato definitivamente il rapporto con la sua migliore amica, di averlo irrimediabilmente rotto.

Sei una stupida, Enid. Dovevi tenere chiusa la bocca. 

Osservava la ragazza fissare lo sceriffo e la Rouge col suo sguardo indagatore, non poteva fare a meno di concentrarsi su quegli occhi così profondi e neri. Sui suoi lineamenti delicati ma sempre contratti in quell’espressione seria e tesa. Sulla sua pelle così candida e in netto contrasto con i suoi capelli scuri.

Come ho fatto a sbagliarmi?

“Enid” la destò una gomitata da parte di Yoko “mi passi quella penna?”.

Lei annuì e le passò l’oggetto richiesto “Sarà successo qualcosa qui alla Nevermore?”.

“Non credo” rispose Mercoledì “o meglio non all’interno delle mura della scuola, ma sicuramente c’è qualcosa sotto visto che lo sceriffo è qui”.

“Di certo non è una visita di piacere” si unì Bianca.

“C’è un vantaggio in questo” disse Xavier “potremo approfittare di questo caos momentaneo per muoverci e ottenere informazioni più facilmente”.

Eugene batté le mani entusiasta “Finalmente un po’ d’azione, cominciavo ad annoiarmi”.

“Sì, spero per te che non finisca come l’ultima volta” replicò Ajax “sai, quando sei quasi morto…”.

“Sì me lo ricordo bene, grazie Ajax” rispose lui ricordando come aveva rischiato di morire per colpa di Tyler.

“Credo che stavolta si tratti di qualcosa di diverso” Mercoledì si rivolse verso Xavier “e sono sicura che il preside sia direttamente coinvolto”.

“Non penserai che Bennett abbia ucciso qualcuno?” le domandò lui.

“Non lo so, è presto per dirlo” puntò lo sguardo nella zona in cui si trovava la biblioteca privata “ma di una cosa sono certa, c’è un libro in particolare lì dentro che ha attirato la mia attenzione”.

“Mercoledì” la mano di Enid si poggiò sul suo braccio “non avrai mica intenzione di tornarci?”.

Lei la guardò un istante “Devo, ma prima dobbiamo scoprire cos’è successo”.

 

Dopo la sgradita visita alla Nevermore Galpin era tornato nel suo ufficio e si apprestava a compilare le solite scartoffie. Appena abbassò il foglio davanti al proprio viso ebbe quasi un infarto.

“Cristo santo, Addams!” la giovane si era materializzata dal nulla.

“Perché era alla Nevermore oggi pomeriggio?” domandò senza mezzi termini.

L’uomo sbuffò “No, Addams questa volta non lascerò che ti impicci di affari che non ti riguardano”.

Lei lo guardò sollevando un sopracciglio “Vogliamo davvero fare quel gioco in cui fingo di non interessarmi al caso? La trovo un’inutile perdita di tempo”.

Galpin si tolse il cappello e lo poggiò sulla scrivania “Facciamo così, io ti dirò cosa è successo" poi aggiunse in tono irritato “ma se ti azzardi ad andare oltre giuro che questa volta non te la passerai liscia”.

La ragazza mantenne il suo sguardo impassibile “Sto aspettando” disse.

Lo sceriffo respirò profondamente “Uno degli uomini che facevano la guardia alla biblioteca del preside Bennett è stato trovato morto stamattina, nei pressi del bosco”.

“Com’è stato ucciso?” chiese lei.

“E tu come fai a sapere che è stato ucciso?”  replicò lui, ma quando la ragazza si limitò a guardarlo con aria di sufficienza riprese “Comunque aveva la gola tagliata”.

“Devo vederlo” disse lei.

Lo sceriffo si alzò guardandola torvo “Non se ne parla! Non permetterò ad una ragazzina di visitare un cadavere, nemmeno se si tratta di…” fece un vago gesto con la mano “...voi”.

“So bene quanto non sopporta noi reietti” rispose “ma è importante che io veda il corpo”.

L’uomo si rimise il cappello “Fuori di qui, Addams” disse mentre due agenti la accompagnavano fuori dal suo ufficio, poi aggiunse “E non pensare di entrare di nascosto, stavolta non ce la farai!”.

In effetti uscendo Mercoledì notò che erano state installate più telecamere di sicurezza, entrare di nascosto sarebbe stato più complicato.

“Abbiamo un’altra possibilità, Mano” disse mentre l’appendice usciva dallo zaino per arrampicarsi sulla sua spalla “abbiamo un altro posto da visitare prima”.

 

“Quindi hai intenzione di tornare là dentro?” Enid era visibilmente preoccupata.

“Per ora l’omicidio deve attendere” Mercoledì era intenta a preparare il suo zaino “è troppo difficile e rischioso cercare di entrare nella camera mortuaria, ma la biblioteca potrebbe essere più raggiungibile. E devo assolutamente scoprire di cosa parla quel libro”.

“Allora vengo con te” replicò lei facendola voltare.

Mercoledì si girò di scatto pensando che stesse scherzando, ma la ragazza sembrava ferma e decisa “Non se ne parla, mi saresti d’intralcio”.

Capì di averla ferita, la vide quasi vacillare “Ma potresti aver bisogno di aiuto”.

Ebbe uno strano sussulto al cuore e decise di aggiustare il tiro “Se andiamo in due c’è più probabilità di essere scoperte. Da sola riesco a muovermi meglio”.

“Quando hai intenzione di andarci?” domandò Enid.

“Domani notte” rispose “ora c’è troppa agitazione e immagino che con la morte di uno di loro, gli uomini di Bennett siano più all’erta”.

Enid voleva dirglielo. Voleva dirle quanto fosse in pensiero e preoccupata per lei ma preferì restare in silenzio.

Ho già fatto troppi danni.

Sentiva che il loro rapporto era cambiato, probabilmente Mercoledì aveva alzato un muro nei suoi confronti. Sapeva bene cosa aveva passato l’anno precedente e dichiarare i propri sentimenti aveva probabilmente messo la giovane Addams sulla difensiva.

 

“Sempre in ritardo” Bianca la punzecchiava spesso prima di un allenamento.

Mercoledì si sistemò la tuta da scherma “Oggi non ci andrò piano”.

La sirena ghignò “Me lo auguro, almeno una volta tanto proverai a dare un colpo decente” disse calandosi la maschera sul viso.

Mercoledì si infilò il guanto ma sentì qualcosa pungerle il dito. Togliendolo vide una goccia di sangue sull’indice, infilò nuovamente le dita nel guanto e ne tirò fuori uno spillo.

“Davvero vuoi usare questi mezzucci con me, Bianca?” disse sprezzante.

Non poteva vedere il volto della sirena, ma era sicura che stesse ghignando “Cosa c’è ti hanno fatto uno scherzo?”.

Mercoledì poggiò stizzita lo spillo e indossò la maschera mettendosi in guardia. Lo scontro fu più duro del solito, Bianca inizialmente faticava a rispondere ai rapidi e decisi attacchi della sua avversaria. Mercoledì sentiva il bisogno di sfogarsi e non le risparmiò colpi molto potenti ma poco precisi, stava combattendo più per rabbia che per competizione. La sirena passò al contrattacco e, mentre indietreggiava, Mercoledì mise un piede in fallo provocandosi una storta. Strinse i denti mentre cadeva a terra di schiena, tra lo sgomento dei presenti. Mentre cercava di rialzarsi con non poca fatica sentì una mano sul braccio che la stava aiutando.

“Stai bene? Ti sei fatta male?” Enid la sosteneva con sguardo preoccupato.

Sentì dentro di sé un moto di rabbia e scostò bruscamente il braccio “Lasciami, non ho bisogno del tuo aiuto”.

La lupa mannara indietreggiò, pensava che sarebbe scoppiata in lacrime come al solito. Invece Enid la guardava, digrignando i denti e facendo trasparire la propria rabbia. Strinse i pugni talmente forte da sbiancarsi le nocche, insipirò profondamente e se ne andò nervosamente.

Mercoledì alzò gli occhi al cielo e sospirò

Maledizione, l’ho fatto di nuovo.  

 

“Sei stata proprio una stronza” sentenziò Bianca mentre si cambiavano nello spogliatoio.

Mercoledì la guardò “Cosa ti aspettavi? Te l’avevo detto che ci sarei andata pesante”.

“Non mi riferivo all’allenamento” la sirena aveva un’espressione seria “perché l’hai trattata così?”.

La giovane Addams cercò di ignorarla e di passarle oltre ma Bianca le sbarrò la strada “Si può sapere cosa vuoi?”.

“Stammi a sentire, normalmente non mi interessa ciò che fai nella tua vita, ma Enid per qualche oscuro motivo che non capirò mai ci tiene a te” l’altra rimase a fissarla impassibile e lei continuò “Hai notato qualcosa di diverso in me da quando siamo rientrati alla Nevermore?”.

Inizialmente Mercoledì non capì, poi la osservò meglio “Dov’è finita la tua collana?”.

Bianca sorrise in modo inaspettatamente dolce “Xavier credeva che io lo avessi manipolato con i miei poteri, per questo la portavo. Ma quest’estate abbiamo deciso di riprovarci, così ha deciso restituirmi qualcosa che pensavo non potesse darmi più”.

“Che cosa sarebbe?” domandò l’altra.

La sirena la guardò, ancora con quell’espressione dolce “Fiducia”.

 

Sentiva i muscoli contratti, i pugni stretti e la mascella serrarsi così tanto da farle quasi male. Enid questa volta era furiosa, si sentiva ferita di nuovo ma questa volta la colpa non era sua.

Sono stata una stupida a pensare che fosse tutto tornato come prima.

Neanche la compagnia di Mano bastava a farle sbollire quella sensazione, quella rabbia che la corrodeva dentro. La porta si aprì e Mercoledì la guardò per un istante ma, dopo aver incrociato lo sguardo furioso della giovane lupa mannara, si diresse subito verso la sua parte della stanza. 

Enid stette immobile tremando di rabbia per qualche secondo, poi scattò in piedi “Si può sapere perché che l’hai con me?”.

L’altra alzò lo sguardo verso di lei “Senti Enid, non è il momento…”.

“Si invece” la ragazza era determinata, questa volta voleva andare fino in fondo “hai detto che tra di noi era tutto a posto, invece non fai altro che ignorarmi e trattarmi come una sconosciuta”.

Mercoledì si sentì stranamente intimidita dal suo atteggiamento ma mantenne il solito tono freddo e distaccato “Ho tante cose a cui pensare”.

La licantropa rise sarcastica “Per esempio? Tormentare il preside e intrufolarti nella sua biblioteca rischiando di farti espellere?” avanzò di qualche passo verso di lei “Sono stanca, ti ho detto cosa provo per te, non provi lo stesso per me e lo accetto. Ho provato ad esserti comunque amica ma mi tratti come una sconosciuta. Perché lo fai?”.

Mercoledì iniziava a vacillare, sentì un fremito in tutto il corpo e il battito che accelerava. Si sentiva come in trappola.

“Non ho voglia di parlarne” cercava di mantenere un tono freddo ma la sua voce iniziò a tremare.

Enid avanzò ancora, sempre più determinata “Invece ne parleremo adesso, Mercoledì. Dobbiamo chiarire una volta per tutte se vuoi essere ancora mia amica”.

L’altra abbassò lo sguardo così Enid incalzò “Se vuoi che non sia più tua amica devi dirmelo” le puntò lo sguardo addosso, Mercoledì poteva sentirlo e la opprimeva come un macigno.

Sentiva il corpo irrigidirsi mentre il cuore le batteva sempre più forte ma non osava alzare lo sguardo.

“Dimmelo Mercoledì” incalzò lei “perché non vuoi più parlarmi? Devi dirmelo!”.

La giovane lupa mannara restò di sasso quando l’altra si alzò di scatto dal letto e quasi le urlò in faccia “Perché ho paura!”.

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Capitolo 6
*** Non questa volta ***


Sicuramente non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere. Non si sarebbe mai aspettata di vederla così. Mercoledì era sempre stata fredda e non lasciava mai trasparire la minima emozione, eppure ora era lì in piedi davanti a lei. Con i pugni stretti e tremava di nervosamente. La guardò rimettersi a sedere sul letto, lo sguardo basso e le mani sulle ginocchia. Il suo cuore ebbe un sussulto nel vederla così umana, così…fragile.

Mercoledì fissava nervosamente le proprie mani, il cuore le batteva all’impazzata e tremava. Sentì i passi leggeri della lupa mannara avvicinarsi con cautela, come se stesse camminando su un pavimento pronto a crollare da un momento all’altro.

Non farlo, Enid. Non avvicinarti.

Non la vedeva direttamente ma poteva percepirla sempre più vicina, finché si accovacciò davanti a lei.

“Di cosa hai paura?” le domandò, ora aveva ripreso il suo tono dolce e delicato.

Deglutì a vuoto, non riusciva nemmeno ad alzare lo sguardo verso di lei. Ormai stava cedendo e si era scoperta, ora era vulnerabile.

“Mercoledì” le mani dalle unghie colorate si poggiarono dolcemente sulle sue “guardami, sono qui” il tono era deciso ma dolce allo stesso tempo.

Non posso farlo, ti prego Enid. Non posso guardare i tuoi occhi.

Enid glielo ripeté nuovamente e la giovane Addams si trovò a fissarla. Sussultò quasi spaventata, quegli occhi azzurri sembravano entrare nella sua anima. Occhi azzurri come il cielo di giorno, contro i suoi che erano neri come la notte. Enid la guardava con dolcezza, con il suo sorriso rassicurante.

Respirò profondamente, chiuse gli occhi per un istante “L’ultima volta che mi sono lasciata andare ai sentimenti sono stata tradita. Mi sono sentita…debole”.

Sussultò sentendo la mano di Enid che le accarezzava il viso “Cosa stai cercando di dirmi?”.

Lo sai, Enid. Lo hai sempre saputo.

Per la prima volta Enid vide gli occhi della compagna di stanza farsi lucidi, la sentiva tremare come una foglia scossa dal vento. Le spostò una ciocca di capelli sorridendole con l’infinita dolcezza di cui solo lei era capace.

“Io credo…” inspirò profondamente “anche io…provo qualcosa per te”.

Enid restò a bocca aperta incredula “Avevi paura che io potessi ferirti? O avevi paura di ferirmi?”.

Come fa a sapere sempre cosa sto pensando? Possibile che siamo più simili di quanto sembri?

Mercoledì abbassò lo sguardo, sentiva gli occhi gonfi di lacrime “Mi dispiace, Enid. Mi dispiace davvero di averti trattata così”.

Enid le prese il viso tra le mani delicatamente e in una frazione di secondo annullò la distanza tra le loro labbra. La giovane Addams ebbe un sussulto, un fremito in tutto il corpo. Sentì la testa girarle vorticosamente mentre circondava il collo della lupa mannara con le braccia. Sentiva quelle labbra dolci e morbide cercare le sue mentre con dolcezza si stendeva sul letto. Si scambiarono un lungo interminabile bacio, quando sentiva le labbra della lupa mannara allontanarsi dalle sue per un breve istante, si propendeva cercandole disperatamente. Sentiva di averne bisogno, come se quelle labbra le stessero dando l’ossigeno che non aveva mai avuto. Le sentì percorrere il suo collo, il suo viso mentre tremava. Poteva sentire il suo profumo, sentire il suo corpo sul suo. Ben presto i loro vestiti diventarono un ingombro insopportabile di cui dovevano liberarsi e se li tolsero come se stessero andando a fuoco. 

E per la prima volta in vita sua, Mercoledì Addams non si sentì più sola.

 

La guardava dormire mentre le accarezzava dolcemente i capelli. La luce entrava dalla finestra illuminando la pelle candida di quella splendida creatura abbracciata a lei. Poteva vedere il suo viso, appoggiato sul suo petto e per la prima volta la vedeva dormire serena. Enid si rese conto di stare guardando la cosa più bella che avesse mai visto in vita sua. Trascorse momenti interminabili giocando con i suoi capelli sciolti e accarezzandole delicatamente il viso.

Cosa stai sognando?

Guardò l’orologio, rendendosi conto che era ora di alzarsi. Avrebbe passato l’eternità ad ammirarla dormire così pacificamente, ma suo malgrado fu costretta a svegliarla .

“Ehi dormigliona” disse poggiando le sue labbra sulla fronte “è ora, dobbiamo prepararci per la lezione”.

Mercoledì si svegliò quasi di soprassalto, poi la guardò “Quanto abbiamo dormito?” disse mentre le sue guance si tingevano di rosso.

“Un po’ più del solito” rispose lei.

L’altra si alzò coprendosi con il lenzuolo “Non voglio fare tardi a lezione” era visibilmente in imbarazzo e Enid adorava vederla così.

La guardava sorridente “Abbiamo abbastanza tempo per prepararci se ci sbrighiamo”.

Mercoledì si rivestì e si diresse verso il bagno, ma prima di entrare si arrestò “Enid…”.

Lei alzò lo sguardo “Si?”.

L’altra si schiarì la voce “Grazie”.

Enid rimase a fissarla con un sorriso mentre lei chiudeva la porta alle sue spalle, tanto bastò per scaldarle il cuore.

 

“A quanto pare quelle due sono tornate amiche” constatò Bianca facendo un cenno in direzione di Enid e Mercoledì, che camminavano verso di loro.

“Oh per la miseria” Eugene rimase a bocca aperta “ragazzi…sta…”.

Tutti rimasero esterrefatti “Sta…sorridendo? Mercoledì Addams sta sorridendo!” affermò Xavier.

Per un attimo tutti videro la sua bocca incresparsi in un sorriso mentre camminava e parlava con Enid, che intanto aveva ripreso il suo vecchio entusiasmo.

“Salve ragazzi” disse la lupa mannara con uno splendido sorriso raggiante.

Mercoledì tornò ad assumere la sua solita espressione impassibile dandosi un contegno, mentre entrambe le ragazze si sedevano al tavolo della caffetteria.

Conoscendo bene la giovane Addams, gli altri evitarono di puntualizzare la situazione per non indispettirla e finsero di non essere sorpresi da ciò che avevano appena visto.

Fu Enid a sedersi per prima mentre l’altra si allontanò verso il bancone per prendere due caffè.

Xavier decise che era il momento giusto per andare all’attacco “Quindi voi due…?”.

Enid sorrise sentendo le guance avvampare e annuì “Credo di sì” guardò Mercoledì intenta a ordinare al bancone.

“Devo ammetterlo, Sinclair” disse Bianca “tu hai qualche potere speciale. Sei riuscita a renderla quasi umana”.

Tutti al tavolo scoppiarono a ridere mentre Mercoledì si avvicinava con due tazze di caffè “Che avete da ridere?”.

“Niente tranquilla” disse Enid accarezzandole il braccio mentre si sedeva.

Tutti al tavolo ebbero un fremito “Si lascia persino toccare” commentò Eugene a voce troppo alta, ricevendo prontamente una gomitata da parte di Ajax.

“Avete scoperto qualcosa di nuovo?” domandò Mercoledì.

Xavier e gli altri scossero la testa “Per ora niente da fare, le informazioni sul conto di Bennett sono sempre più limitate. Credo che il suo livello di paranoia sia alle stelle”.

Mercoledì giunse le dita fissando in modo vacuo davanti a sé “Stanotte tornerò alla biblioteca”.

Enid la riprese “Ma non hai sentito quello che ha detto Xavier? Potrebbe essere ancora più pericoloso e se pensi che il preside nasconda qualcosa potresti correre dei rischi enormi”.

“Lo so bene” replicò lei “ma se è come credo, quel libro c’entra qualcosa e devo assolutamente scoprirne di più”.

“Allora ti aiuteremo” si propose Eugene.

Mercoledì scosse la testa “No, se andiamo in troppi potremmo essere scoperti e rischiereste troppo tutti quanti. Andremo io e Mano”.

 

“Non mi piace per niente questa tua idea” Enid era sempre più preoccupata “rischierai di farti espellere…o peggio”.

Mercoledì si fermò mentre preparava la sua borsa “Lo so ma devo farlo” si volse verso la compagna “potremmo essere tutti in pericolo se non facciamo subito qualcosa”.

L’altra le si avvicinò accarezzandole il viso “Allora vengo con te”.

“Enid non…” ma la lupa mannara la interruppe.

“Non te l’ho chiesto” disse decisa “e poi sicuramente potresti incontrare più sorveglianza. E sicuramente potrei esserti d’aiuto” disse sorridendo e allungando gli artigli.

“Certo che sei testarda come un mulo” commentò Mercoledì ben sapendo di non poterla far desistere.

Enid sorrise e si portò ancora più vicina al suo viso “Farai bene a ricordartelo, Addams”.

Furono interrotte da un colpo di tosse, entrambe si voltarono e la giovane lupa mannara quasi urlò.

“Zio Fester!” disse la giovane Addams rossa in viso “che ci fai qui?”.

Fester le guardava con un enorme sorriso “Scusatemi se ho rovinato il vostro momento speciale” disse mentre la sua figura emergeva dalle ombre “ma non ho potuto fare a meno di sentire il vostro piano e forse potrei darvi una mano”.

Enid si sedette ancora attonita guardando quello strano individuo “Ah sì Enid questo è mio Zio Fester”.

“Piacere” balbettò la ragazza.

Lui le sorrise in modo dolce ma la lupa mannara non era ancora abituata al suo aspetto così inquietante e strambo “Tu devi essere la sua…”.

“Zio!” tagliò corto Mercoledì che iniziava a sentirsi in imbarazzo “Il piano!”.

“Giusto si…” rispose l’uomo “dunque, sappiamo che il tuo preside ha intensificato i controlli e ti sarà molto difficile entrare in biblioteca senza essere scoperta. Tuttavia non ha tenuto in conto la presenza del sottoscritto”.

Mercoledì ascoltò con attenzione “Quindi hai intenzione di aiutarci mettendo fuori combattimento le guardie di Bennett?”.

Fester annuì soddisfatto “Sei perspicace nipotina mia, così voi due potrete entrare tranquillamente in biblioteca e cercare…beh qualunque cosa voi stiate cercando”.

Enid annuì “In effetti sembra un buon piano, senza le guardie intorno sarà tutto molto più facile”.

L’uomo applaudì entusiasta, come un bambino che ha appena ricevuto un giocattolo “Bene! Cosa stiamo aspettando?”.

 

“Mi sento ridicola con questa cosa in faccia” Mercoledì non gradiva particolarmente l’idea di Enid di indossare dei passamontagna ma doveva ammettere che bisognava evitare di essere riconosciute nel caso fossero state scoperte.

“Ringrazia tuo zio che ce li ha dati piuttosto, è un tipo strano ma simpatico” rispose l’altra.

Mentre percorrevano il corridoio, Mercoledì si arrestò bloccando anche lei e le fece segno di fare silenzio. Sporgendosi intravide le due guardie intente a sorvegliare il corridoio che portava verso la scalinata. 

Bene, Zio Fester, questo è il momento giusto.

Nello stesso istante una risata riecheggiò nel corridoio, allarmando le due guardie “Chi é?” disse una estraendo subito una pistola.

Sono anche armati, certo che Bennett non scherza proprio.

Una figura si stagliò dall’altra parte del corridoio ridendo ancora più forte, mentre le due guardie si avvicinavano puntandole contro le armi “Fermo!” intimarono, prima di vederla sparire oltre l’angolo. Subito corsero nella sua direzione con l’intento di raggiungerlo.

Buon divertimento, Zio.

Appena le guardie si allontanarono le due ragazze sgattaiolarono verso le scale e scesero stando attente a non fare nessun rumore. 

Raggiunsero rapidamente la porta “Mano, dacci una mano” disse la giovane Addams mentre l’appendice saltava rapidamente giù dalla borsa per scassinare quella serratura che conosceva già bene.

In pochi secondi erano già dentro la biblioteca, muovendosi con cautela.

“Di preciso cosa stiamo cercando?” Enid si guardava intorno con circospezione.

“Questo posto è pieno di inutile paccottiglia” rispose l’altra “ma c’è un libro in particolare che ha attirato la mia attenzione”.

Finalmente raggiunsero lo scaffale interessato “No…il libro è sparito” Mercoledì si sentì frustrata.

Di colpo Enid si bloccò, c’era qualcosa che non le quadrava e iniziò ad annusare l’aria “Che ti prende?” le domandò l’altra.

La lupa mannara chiuse gli occhi e inspirò più profondamente.

Odore di carta…di stantio ma sento anche…prodotti per la pulizia…e…

Si volse verso la giovane Addams “Sento odore di sangue”.

“Sangue” ripeté l’altra “non sarà mica…”.

Iniziò a guardarsi intorno illuminando con la torcia, mentre la lupa mannara continuava a seguire possibili tracce usando il suo fiuto.

Indicò uno scaffale “Mercoledì là, guarda!”.

Non era molto visibile ad un primo impatto, ma c’era una piccola traccia di sangue sullo scaffale. Evidentemente non era stato pulito a dovere. Mercoledì si avvicinò e la sfiorò con la punta delle dita. In quel momento sentì il corpo irrigidirsi dolorosamente, i suoi muscoli si tesero e crollò di peso, mentre sui suoi occhi scese l’oscurità.

 

Si svegliò di soprassalto, sentiva il respiro pesante e una forte emicrania “Enid?” chiamò ma non udì risposta. La biblioteca era vuota.

Una visione…è troppo tempo che non ne ho una.

Non aveva usato più da molto tempo il suo potere, doveva essere fuori allenamento. Si alzò barcollando mentre le tempie le pulsavano, quando sentì poco lontano delle voci. Si tirò su appoggiandosi a uno scaffale e alzò lo sguardo. Anche se lo vedeva di spalle poteva riconoscerlo perfettamente.

Il guardiano che ho incontrato quando sono entrata qui la prima volta.

Lo vedeva discutere animatamente con un’altra persona, che a sua volta gli dava le spalle “...ho capito il tuo piano, bastardo!” tuonò la guardia contro l’uomo.

Sentì l’altro sospirare, una voce che gli risultava familiare “Ah, devo ammetterlo siete furbi” disse alzando le mani in segno di resa.

La guardia portò lentamente la mano sotto la giacca “Adesso tu verrai con me e non ti conviene fare scherzi!”.

L’uomo rise “Certo, ma prima lasciami fare una cosa” e, con un rapido e ampio movimento del braccio, si voltò di scatto.

La guardia sussultò, poi fece un paio di passi indietro. Mercoledì poteva vederlo mentre con una mano si teneva la gola insanguinata e cadeva in ginocchio.

L’ultima cosa che la ragazza vide prima di crollare nuovamente fu un pugnale che gocciolava sangue e il volto sorridente del preside Bennett.

 

“Mercoledì svegliati!” aprì gli occhi e vide Enid che la teneva tra le braccia.

Scosse la testa per riprendersi dallo stordimento e si alzò sostenuta dalla ragazza.

“Cos’hai visto?” le domandò la lupa mannara.

La guardò cercando di articolare le parole “Bennett…è stato Bennett!”.

Lo stupore di Enid fu interrotto da due mani che la agguantarono e la scaraventarono via, mentre uno degli uomini di Bennett emerse dalle ombre.

Afferrò Mercoledì dal polso “Chi cazzo siete? Che ci fate qui?”.

La ragazza cercò di liberarsi ma era ancora troppo stordita per via della visione quando, a un certo punto l’uomo fu afferrato alle spalle. Due mani dalle unghie colorate lo presero con forza e lo scaraventarono violentemente contro una libreria.

“Andiamo via di qui!” disse Enid prendendola da un braccio e trascinandola via lungo il corridoio, mentre la guardia imprecava cercando di rialzarsi.

Le due ragazze corsero a perdifiato lungo il corridoio e salirono rapidamente le scale, mentre correvano lungo il corridoio incrociarono le altre due guardie a terra.

Ottimo lavoro, Zio Fester.

Si lanciarono immediatamente in camera chiudendo a chiave la porta e ripresero finalmente fiato.

“Stai bene?” le domandò Enid.

Mercoledì annuì e si mise a sedere sul letto “Credo di sì, era da tanto che non avevo una visione e non ero più abituata”.

La lupa mannara si accostò alla porta “Abbiamo distanziato la guardia facilmente, non credo sia riuscita a seguirci”.

La giovane Addams la guardava con un sorriso di soddisfazione “Grazie…non ce l’avrei fatta senza di te”.

Enid le sorrise e si sedette sul letto con lei “Siamo una squadra, ci copriamo sempre le spalle, no?”.

Ancora una volta si era rivelata una persona piena di sorprese, quella licantropa era incredibilmente pericolosa e imprevedibile…un vero mistero.

“E adesso che facciamo? Abbiamo un preside assassino nella nostra scuola” domandò Enid.

L’altra scosse la testa “Non lo so ancora, dobbiamo pensare a un piano” si fece pensierosa “anche se ci sono cose che non mi tornano. Ora però ho bisogno di riposare”.

 

Si svegliò ancora, ma questa volta non era nel letto insieme alla sua compagna. Sentiva il terreno coperto di fogliame e la brezza gelida sul volto. Guardandosi intorno Mercoledì vide diversi alberi intorno a sé, non riusciva a capire dove si trovasse. Camminando notò diverse pietre dalla forma particolare che spuntavano dal terreno.

Non sono pietre, sono lapidi.

Si voltò di scatto sentendo delle voci e di avvicinò verso la fonte. Non poteva vedere chiaramente, era tutto confuso come succede spesso nei sogni. I dettagli erano sfocati ma le vide, due figure chinate a terra. Si avvicinò in punta di piedi e riuscì ad identificarle meglio.

Una ragazza minuta dalla pelle pallida e i capelli neri raccolti in due trecce era inginocchiata a terra e sussultava in preda a un pianto isterico.

Ma quella…

Il suo sangue si gelò quando vide che la ragazza stringeva al petto un’altra persona. Vide un maglioncino rosa sporco di terra. Vide una testa bionda e vide il suo viso sporco di terra e sangue. 

Poteva sentire chiaramente la propria voce urlare e piangere eppure non era lei a parlare ma la ragazza che era inginocchiata davanti a lei.

Sentì la ragazza, che aveva la sua stessa voce e il suo stesso identico aspetto che urlava, con la voce rotta dal pianto “Enid! Enid, ti prego rispondimi!”.

 

Si svegliò di soprassalto e per poco non urlò. Il cuore le batteva come se stesse per esploderle nel petto e aveva il fiatone, come se avesse corso per chilometri.

La testolina bionda che era teneramente accoccolata sulla sua spalla si sollevò mugugnando “Ehi…che succede?”.

Mercoledì sentiva la gola secca e deglutì a vuoto mentre riprendeva fiato “Io ho…avuto un incubo credo”.

Enid la guardò curiosa mentre si stropicciava gli occhi “Di solito ti piacciono gli incubi…e cosa hai sognato?”.

Guardò quegli splendidi occhi azzurri, fece per formulare una risposta ma le parole le si bloccarono in gola.

No! Deve rimanere fuori da questa storia. Non posso rischiare, non adesso che…

Deglutì di nuovo sentendo il cuore rallentare “Non…non me lo ricordo”.

Enid poggiò di nuovo la testa sulla sua spalla “Sarà stato lo stress della visione di prima” le accarezzò il viso e la abbracciò “torna a dormire dai”.

Mercoledì si stese di nuovo ma non fu in grado di chiudere occhio.

Non rischierò di perderti, Enid. Non questa volta.

 

 

 


 

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Capitolo 7
*** Cominciamo a giocare ***


“Cosa?!” Xavier e gli altri erano esterrefatti, poi lui aggiunse a bassa voce “Bennett? Sei sicura?”.

Mercoledì annuì “L’ho visto nella mia visione e le mie visioni non sbagliano mai” guardò in direzione di Enid che stava poco lontana "...purtroppo".

Xavier si guardò intorno “Cosa possiamo fare?”.

“Non lo so ancora” la ragazza era pensierosa “ma c’è qualcosa che non mi torna. Perché Bennett avrebbe dovuto uccidere uno dei suoi uomini? Questa cosa non ha senso”.

Il sensitivo annuì “Sì hai ragione ma hai detto tu che le tue visioni sono totalmente attendibili, dobbiamo scoprirne di più”.

“Riuniamo tutti i Belladonna, abbiamo bisogno di tutti i mezzi possibili” dalla voce Mercoledì lasciò trasparire una certa tensione.

Xavier annuì e si congedò insieme a Bianca, mentre Enid le veniva incontro “Quindi? cosa si fa adesso?” le domandò.

Mercoledì fece per rispondere ma improvvisamente le piombò davanti agli occhi la visione di quel terribile incubo avuto la notte precedente. Enid non doveva essere coinvolta assolutamente.

“Enid…devo dirti una cosa” furono interrotti dall’arrivo della professoressa Rouge che camminava nella loro direzione.

“Vi prego gentilmente di seguirmi” disse col suo solito falso sorriso.

 

Bennett aveva per la prima volta uno sguardo teso. Quell’uomo anziano sembrava sul punto di esplodere da un momento all’altro.

“Non avete niente da dirmi, quindi?” domandò puntando il suo sguardo accusatore sulla giovane Addams.

Lei lo fissava negli occhi impassibile “Dipende dalla domanda, preside”.

Di scatto l’uomo si alzò sbattendo le mani sulla scrivania, Enid sussultò mentre Mercoledì non fece una piega “Adesso basta! So che voi due siete entrate nella mia biblioteca!”.

Mercoledì incrociò le braccia fissandolo con aria di sfida “Io e la mia compagna di stanza eravamo in camera a dormire, non può dimostrare il contrario”.

Il preside digrignò i denti come un animale pronto ad attaccare, ma si rese conto che la ragazza aveva ragione.

Si rimise a sedere “Che cosa stai cercando Addams?”.

La ragazza sollevò un sopracciglio “Me lo dica lei, preside. C’è qualcosa che dovrei cercare?”.

“Non è il momento per questi giochetti” l’uomo inspirò profondamente per poi apparentemente calmarsi “uno dei miei libri è sparito, se lo avete preso voi devo saperlo assolutamente”.

“Di che libro si tratta?” dal tono della ragazza poteva trasparire un minimo di curiosità.

“Non sono affari vostri” rispose secco il preside cercando di mantenere il controllo “ma devo assolutamente riaverlo”.

“Quindi la guardia le stava rubando il libro? Ed è per questo che l’ha uccisa?” disse la giovane Addams accentuando l’ultima domanda.

Enid la guardò a bocca aperta, incredula.

Mercoledì sei impazzita? O forse vuoi provocarlo in modo che commetta un errore…

Bennett la guardò a occhi sbarrati “Cosa…Addams non scherzare!”  disse ricomnciando ad innervosirsi.

Mercoledì ebbe un fremito di soddisfazione, certa di aver colpito nel segno “Forse dovrebbe scegliere meglio tra i suoi uomini, così non sarebbe costretto ad ucciderli”.

Il preside strinse i pugni con forza mentre una vena sulla tempia pulsava di rabbia “Fuori di qui” disse cercando di mantenere la calma come poteva.

 

“Mercoledì sei fuori di testa?” Eugene era terrorizzato “Il preside…è un omicida che cosa hai in mente?”.

“Lo terremo d’occhio” replicò lei “sono assolutamente certa che nelle prossime ventiquattro ore al massimo commetterà un errore. E sarà lì che saremo tutti pronti a colpire”.

“Ma potrebbe metterti in pericolo” replicò il giovane ronzatore, poi rilfetté un attimo “non mi dirai…Mercoledì, vuoi fare da esca?”.

La ragazza annuì “Il mio piano è questo, così scopriremo chi ha rubato quel libro”.

“Una cosa non mi è chiara” disse Ajax grattandosi la testa “perché Bennett ha ucciso uno dei suoi uomini? Non credo avesse bisogno di rubare uno sei suoi stessi libri”.

Per quanto non fosse particolarmente arguto Ajax aveva colpito nel segno. Questa storia sembrava non avere alcun senso, tuttavia era certa che quel libro avesse un ruolo centrale.

“Terremo d’occhio anche i suoi uomini” disse Xavier, poi aggiunse “sappiamo dove alloggiano e controlleremo anche i loro spostamenti”.

“Ci faremo ammazzare tutti” sospirò Bianca alzando gli occhi al cielo.

“Stanotte farò irruzione nell’ufficio di Bennett” dichiarò Mercoledì tra lo sgomento generale.

“Non se ne parla, è troppo rischioso” sbottò Xavier preccupato.

Mercoledì ovviamente non si lasciò influenzare “Devo agire in fretta, voi cercate di distrarre le guardie. In quell’ufficio sono sicuro che nasconda qualcosa e devo assolutamente sapere di cosa si tratta”.

Bianca la squadrò “Perché sei così impulsiva? Sembri avere troppa fretta”.

In quel momento le tornò di nuovo la terribile immagine di quell’incubo. La sua mascella si serrò così come i suoi pugni. Voleva dirlo agli altri ma doveva assicurarsi se quella avuta la notte precedente fosse una visione o un semplice, per quanto terrificante incubo.

“Io…per ora non posso dirvelo” disse.

La sirena ebbe un fremito di rabbia “Maledizione, Addams! Rischiamo la vita per te e le tue assurde teorie!” poi abbassò la voce avvicinandosi a lei, con aria minacciosa “Se per colpa ci rimettiamo noi giuro che ti uccido…sempre se non lo farà prima Bennett”.

 

Il gruppo dei Belladonna aveva fatto un ottimo lavoro, praticamente Bennett e i suoi uomini erano stati monitorati con scrupolosa attenzione nei loro movimenti. ll preside non aveva quasi mai abbandonato il suo ufficio e le sue guardie giravano in continuazione tra i corridoi, sempre con aria guardinga. 

Mercoledì aveva preso Xavier in privato “Devo chiederti un favore…Enid deve restare fuori da questa storia” gli aveva detto.

Senza fare altre domande il giovane sensitivo aveva acconsentito e aveva smesso di passare informazioni alla lupa mannare, che di conseguenza si era insospettita.

“Cosa?” aveva esclamato Enid sconvolta “Non avrai intenzione di entrare nel suo ufficio di nuovo? Non ti permetterò di andarci da sola, è troppo rischioso! ”.

Mercoledì guardava la sua compagna, era decisa e testarda come un mulo, ma lei era altrettanto ferma nel non coinvolgerla “Ho detto di no!” quasi urlò sentendo i nervi a fior di pelle. La licantropa la fronteggiava, non si sarebbe mai lasciata intimidire così. 

La giovane Addams assunse un tono meno duro “Enid…ascoltami. Devo prima assicurarmi di una cosa, ma devi fidarti di me” disse prendendole il viso tra le mani.

“Mi fido di te” rispose lei “ma quell’uomo è pericoloso e imprevedibile. Promettimi che mi chiamerai se dovessi averne bisogno”.

“Enid io…” ma la lupa mannara la bloccò.

“Promettimelo!” disse con tono fermo e deciso.

L’altra annuì “Ti chiamerò se avrò bisogno” rispose con un sorriso malinconico.

Finì di preparare la solita borsa mentre Mano saltò come sempre al suo interno, poi si voltò verso la sua compagna “Starò attenta, lo prometto”.

 

Fu molto difficile muoversi nei corridoi, le guardie erano ancora più all’erta del solito, soprattutto le due che erano state messe fuori combattimento dallo zio Fester. Vedeva spesso le luci delle torce, come gli occhi di mostruose creature che si aggiravano nelle tenebre. Andò molto vicina all’essere scoperta, fortunatamente il suo istinto e il suo intuito riuscirono a salvarla, quando finalmente giunse davanti all’ufficio del preside.

Si avvicinò alla porta “Mano, è il tuo momento”.

Questi saltò fuori dalla borsa, ma quando si appoggiò alla porta per arrampicarvisi sopra questa si aprì lentamente.

L’ha lasciata aperta? Questo non è un comportamento tipico di un paranoico come Bennett.

Con Mano che la precedeva entrò silenziosamente, quasi senza respirare nell’ufficio. Evitò di accendere la torcia, le guardie erano troppo vicine e rischiava di essere scoperta. Si accorse che stava persino trattenendo il respiro mentre il cuore le batteva forte e l’adrenalina le scorreva nelle vene. Acuì i senti al massimo, pronta al minimo segnale di pericolo e a fronteggiare chiunque le si fosse parato davanti. Tuttavia non era pronta allo spettacolo che si trovò davanti.

Vide un corpo riverso a terra, che copriva una pozza di sangue ed ebbe un sussulto.

Bennett!

L’uomo giaceva a terra a faccia in giù e, a giudicare dalla zona da cui usciva la pozza di sangue, doveva essere stato colpito all’addome. Si avvicinò col cuore in gola al cadavere, e con cautela lo rigirò. Non rimase nessun dubbio, era proprio lui. Poi il suo sguardo scorse sulla mano del cadavere, stretta in un pugno. Lentamente afferrò le dita e cercò di aprirle.

Non è ancora in pieno rigor mortis, deve essere stato ucciso da poco tempo.

Una volta aperta la mano del preside Bennett, vide che stringeva un piccolo pezzo di carta. Non appena lo sfiorò il corpo le si irrigidì e, come successo il giorno precedente nella biblioteca crollò mentre la vista le si oscurava.

 

Questa volta il risveglio fu meno doloroso, lentamente si stava riabituando alle visioni e si alzò meno a fatica della volta precedente. Li vide discutere, Bennett e…

Cosa sta succedendo? Non può essere lui!

Davanti al preside c’era proprio la guardia che lui stesso aveva ucciso qualche giorno prima tagliandole la gola.

Inizialmente non capì bene di cosa stessero parlando, poi il suo udito si fece più chiaro “Non te lo permetterò!” urlò Bennett in direzione del suo interlocutore.

La guardia sorrideva diabolica “Troppo tardi, ormai so già tutto quello che mi serve. Mio caro Bennett mi sei stato davvero molto utile”.

Il preside fece per afferrare un fermacarte, con il chiaro intento di pugnalare l’altro, ma questi fu molto più veloce e il riflesso del pugnale balenò davanti agli occhi della giovane Addams. Lo pugnalò più volte, fino a quando Bennett non crollò a terra gemendo nei suoi ultimi istanti di vita. 

 

Tornò in sé alzandosi di scatto, quasi con violenza. Sentiva il corpo tremare in modo incontrollabile e frenetico e si guardò intorno temendo l’arrivo delle guardie. Fortunatamente non arrivò nessuno ma ora sapeva esattamente dove dirigersi, non poteva perdere un secondo.

Mano le domandò freneticamente cosa avesse visto “Dobbiamo…dobbiamo raggiungere immediatamente l’alloggio della guardia!”.

I due attraversarono i corridoi, con molta meno prudenza di prima ma per fortuna non incrociarono le guardie. Giunsero davanti all’alloggio e Mano rapidamente violò la serratura. 

Mercoledì aveva quasi abbandonato la prudenza di prima e iniziò freneticamente a cercare in ogni punto della stanza, rivoltando letto, cassetti e armadio, mentre Mano era rimasto in allerta davanti la porta per fare da palo.

Afferrò un fermacarte sulla scrivania e lo piantò in un cuscino aprendolo.

Niente! Maledizione dove può essere?

Si sedette sconsolata sul letto, quando notò un oggetto particolare che nulla aveva a che fare con il resto della stanza. Un quadro, raffigurante un paesaggio montano. Si avvicinò per esaminarlo meglio quando notò che c’era qualcosa di strano.

La cornice…sembra troppo spessa.

Lo sollevò e constatò che il pesava poco più di quanto avrebbe dovuto. Mano si girò di scatto quando sentì un rumore secco di legno e vetro che si infrangevano sul pavimento. Mentre freneticamente correva e picchiettava per attirare l’attenzione della Addams, questa lo ignorò e con forza aprì la cornice spaccandola.

Il libro!

Finalmente lo teneva dalle mani, come un glorioso trofeo. Quel misterioso libro dalla copertina di cuoio, un colore scuro e intenso quasi come un fegato fresco. Lo aprì.

Liber daemonum!

“Libro dei demoni…è latino” disse rivolgendosi a Mano.

Era un libro antico, mentre scorreva le pagine vide disegni di creature mostruose, formule e simboli. 

"Serve per evocare demoni” constatò.

Mano le picchiettò su un piede e le porse il foglietto trovato nella mano di Bennett. Non lo aveva ancora letto, era rimasta confusa dalla visione. Lo prese e leggendolo vide che c’era scritta una sola parola.

Vixi…in latino vuol dire ho vissuto…

Continuò a sfogliare il libro, doveva avere qualcosa a che fare con i morti ma non trovò niente che fosse assimilabile alla necromanzia, quando ebbe un’illuminazione.

Vixi…è un anagramma!

Ricordò l’antica storia per cui il numero diciassette era considerato nefasto nell’antica Roma, proprio perché si indicava con le lettere XVII, ovvero anagramma di VIXI. Le sue dita corsero febbrilmente alla diciassettesima pagina del libro.

Wendigo!

Ricordò quando suo padre le raccontava storie su creature e demoni infernali e tra queste le parlò del Wendigo. Si trattava di un demone il cui scopo di vita era la caccia, veniva anche detto il cacciatore della notte. Lesse quello che c’era scritto sul libro.

Per evocare il Wendigo è necessario recarsi nel luogo dove riposano morti dimenticati…e bruciare tra le fiamme una goccia di sangue della preda a cui questi darà la caccia fino alla morte.

“Morti dimenticati…” disse tra sé e sé “Il cimitero nel bosco!”.

Chiuse il libro, infilandolo nello zaino e abbandonò rapidamente la stanza. Appena girato l’angolo fu sorpresa da una figura che si protendeva minacciosa verso di lei. Mentre si mise in guardia si accorse che questa era immobile, quasi…pietrificata.

“Siamo arrivati appena in tempo” voltandosi vide Ajax, seguito da Xavier e Bianca.

“Ti abbiamo salvato ancora una volta le chiappe” ghignò la sirena.

“Allora dove si va?” domandò Xavier.

Mercoledì si avvicinò a loro “Ho scoperto il piano di chiunque ci sia dietro questa storia” disse e spiegò tutto quello che aveva scoperto sulla creatura.

“Vuole davvero…evocare un demone?” domandò Ajax con voce tremante.

“Ma a chi diavolo deve dare la caccia?” disse Bianca.

Xavier di fece pensieroso “Qua dice che ha bisogno di una goccia di sangue della vittima…”.

Sangue…

Mercoledì ebbe un sussulto ricordandosi della spilla che qualcuno le aveva messo nel guanto e con cui si era punta prima dell’allenamento con Bianca.

Sono io! La preda sono io!

“Ehi volevate andare senza di me?” Eugene sbucò dall’angolo del corridoio mentre portava in spalla una sacca che emetteva un flebile ronzio.

“Che diavolo hai li dentro?” domandò Ajax.

Il ragazzo occhialuto sorrise “Amici” rispose.

Mercoledì guardò quelli che ora poteva definire suoi amici. Erano lì per aiutarla, era ben consapevole che, nonostante il suo carattere difficile loro erano lì per darle aiuto.

Non posso coinvolgere loro, non devono rischiare per me.

“La preda sono io” disse, spiegando come avrebbe funzionato il rituale per evocare il demone.

“Quindi qualcuno vuole darti la caccia usando questo…Wendicoso?” domandò Ajax.

Mercoledì annuì “Chiunque sia vuole me, non posso coinvolgere anche voi”.

Xavier si fece avanti e solo allora lei si accorse che portava con sé una borsa, da cui tirò fuori il proprio arco e una faretra “Beh…direi che è troppo tardi, non credi?”.

Bianca si appoggiò al muro, e la giovane Addams notò che portava in spalla una vera e propria spada, molto più spessa e pesante di un fioretto da allenamento “Quel mostro potrebbe farti a pezzi” disse “e non vorrei perdermi lo spettacolo”.

“Penso di esservi utile” disse Ajax indicando con lo sguardo la guardia che aveva pietrificato poco prima.

“Bene, i Belladonna sono al completo” disse Eugene ansioso ma euforico “manca solo Enid…”.

“No!” lo seccò Mercoledì “Non…Enid non può venire”.

Bianca sbottò e le si avvicinò a pochi passi “Noi possiamo rischiare la vita per te e la tua ragazza no?”.

Eugene disse timidamente “Beh…in effetti bisogna dire che Enid è più forte di tutti noi…”

Mercoledì ebbe un fremito di rabbia “Lei non…” fece un profondo respiro per calmarsi e poi aggiunse “io…ho avuto una visione su di lei”.

Gli altri si guardarono tra loro, poi Xavier domandò “Cosa hai visto?”.

Mercoledì quasi rivide quell’incubo per un istante.

Devono saperlo, stanno rischiando la vita per me.

Prese coraggio e raccontò del sogno. 

Tutti si guardarono come storditi “Quindi se non viene con noi non rischierà di…morire?” domandò Xavier.

“Lo spero” rispose Mercoledì “è l’unica cosa che mi viene in mente per evitarlo”.

“Verrò con voi” una voce alle loro spalle fece voltare il gruppo. 

“Enid!” la giovane Addams le si avvicinò, poi diede un’occhiata agli altri che si allontanarono di qualche metro, lasciando le due ragazze in disparte “Non posso coinvolgerti in questa cosa, ho visto…” deglutì guardandola negli occhi “ti ho vista morire”.

La lupa mannara fece per rispondere ma lei continuò “Se tu non ci sarai non potrai essere uccisa, me lo sento”.

“Non posso lasciarti andare da sola” Enid era quasi sul punto di piangere ma si trattenne.

Mercoledì si voltò verso gli altri, poi di nuovo verso la ragazza “Ho chi mi proteggerà” disse mentre un sorriso amaro le dipinse il volto.

La licantropa si sentì fremere “Fai attenzione ti prego, ritorna da me”.

 

Il gruppo camminava attraverso il bosco, torce in pugno e tutti all’erta pronti a cogliere il minimo segnale di pericolo. Avevano a che fare con un maniaco omicida e con…un demone. 

Eugene rabbrividì e cercò di mostrare meno paura di quanta ne avesse “Quanto manca a questo cimitero?”.

“Siamo vicini” rispose Mercoledì scrutando attraverso gli alberi “qualunque cosa sappiate fare, preparatevi a farla”.

Il gruppo si arrestò vedendo in lontananza, oltre ciò che rimaneva del muro che un tempo doveva circondare quella vecchia struttura decadente, una flebile luce. Avvicinandosi sentirono il crepitare della fiamme.

Il fuoco! Spero solo non sia troppo tardi.

Appena giunsero in prossimità di quel falò allestito tra le tombe una voce giunse dall’altra parte, oltre le fiamme.

“Finalmente” Bennett emerse dall’oscurità con un diabolico e inquietante sorriso “iniziavo quasi a pensare che non saresti venuta, Mercoledì Addams”.

La ragazza si fece avanti, con il suo ombrello in pugno ed estrasse la lama in esso contenuta “Chi sei? Qual è il tuo piano, farmi uccidere da quel Wendigo?”.

L’uomo rise, in modo folle sguaiato “Sarà divertente vedrai.

Poi passò dall’altra parte del falò, che si trovava tra lui e il gruppo di ragazzi, ma quello che videro emergere dall’altra parte non era più Bennett, bensì la guardia che lui aveva ucciso.

“Un mutaforma” Ringhiò Bianca estraendo la spada e portandosi al fianco della giovane Addams.

Il mutaforma batté le mani “Brava la mia sirenetta! Un punto per voi” poi tirò fuori un pugnale e qualcosa nell’altra mano.

Mercoledì aguzzò la vista.

Una spilla…la spilla col mio sangue!

Più rapida che potè si lanciò contro di lui ma qualcosa le passò alle spalle a circa mezzo metro dall’orecchio. Il mutaforma urlò tenendosi una spalla e cadde a terra.

Xavier incoccò un’altra freccia pronto a dargli il colpo di grazia, quando tutto successe in una frazione di secondo. Un attimo prima di essere colpito il mutaforma aveva lanciato la spilla nelle fiamme, che esplosero con violenza investendo tutti i presenti di ceneri incandescenti. Ci fu un momento di silenzio assordante e, mentre tutti cercavano di riprendersi la terra inizò a vibrare. I ragazzi si guardarono l’un l’altro e poco dopo vi fu un’esplosione da un punto del terreno poco lontano da loro. Ne seguì un’altra e poi un’altra ancora. Mucchi di ossa e resti si sollevarono in aria e iniziarono a vorticare intorno alle fiamme, sempre più velocemente ed emettendo un fischio assordante, che in modo orribile ricordava un grido. Quel vortice di ossa e terra girò sempre più velocemente fino a riunirsi intorno al falò, sgretolandosi in un fumo nero che emetteva un nauseante puzzo di zolfo. L’enorme colonna di fumo iniziò gradualmente a compattarsi assumendo una forma quasi umana, finché rivelò cosa vi era nascosto dentro. Scomparso il fumo il gruppo di ragazzi fu colto dal terrore vedendo una creatura, alta oltre i due metri, dalla testa simile a quella di un cervo ma dalla pelle orribilmente essiccata e senza labbra. Il corpo era slanciato ma incurvato in avanti, con due braccia sproporzionatamente lunghe e orribili dita artigliate. Stava in piedi su solide gambe che avevano zoccoli al posto dei piedi e fissava il gruppo con i suoi occhi che emettevano un’orrida luce verdastra.

Il mutaforma si alzò tossendo e ridendo folle “Bene, ragazzini” puntò il suo sguardo su Mercoledì “Cominciamo a giocare!”.


 

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Capitolo 8
*** Riportala da me ***


Enid camminava nervosamente avanti e indietro nella stanza, mentre Mano la seguiva cercando di calmarla come poteva. 

“Non posso” ripeteva “è in pericolo, non posso restare qui mentre lei rischia di morire”.

Mano cercò di spiegarle che sarebbe andato tutto bene, che Mercoledì era insieme agli altri, anche se nemmeno lui era convinto di quello che diceva.

Le ho promesso che sarei rimasta qui…ma non posso farlo.

Si fermò di colpo e per poco Mano non andò a sbatterle contro i talloni “Mano…devo andare!”.

L’appendice fece per replicare, ma lei la interruppe “Tu sai dov’è il cimitero, vero?”.

Mano tentennò, ma poi confermò a modo suo “Dobbiamo andare, non la lascerò affrontare quel mostro o chiunque sia senza di me”.

Uscì dalla stanza, mentre Mano si affrettava ad inseguirla, sapeva benissimo che quella cocciuta lupa mannara non si sarebbe fatta mai convincere a tornare indietro.

“L’istinto di noi lupi mannari è quello di proteggere il nostro compagno” le aveva detto suo padre.

Accelerò il passo, mentre Mano le si arrampicò sulla spalla e,, senza rendersene conto, si ritrovò a correre a perdifiato oltre i cancelli della Nevermore. Questa volta non correva via da lei. Questa volta correva per lei. Dopo aver attraversato gli alberi sentì una fitta al petto.

Cosa mi sta succedendo?

Il dolore si fece più intenso, tanto da farla piegare in due a terra, mentre Mano le girava intorno preoccupato. Sentì i muscoli e le ossa provocarle dolore e serrò violentemente i denti gemendo. Guardò il cielo.

Non c’è la luna piena. Non posso trasformarmi ora!

Si irrigidì ringhiando di rabbia mentre sentì ossa e muscoli che si tendevano e allungavano dolorosamente. Le unghie divennero artigli, ben più solidi e minacciosi del normale, mentre il viso iniziò ad assumere connotati ferini. Sentì anche i canini allungarsi e un’improvvisa scarica di adrenalina che le fece emettere un grido di dolore e rabbia. Si guardò le mani e capì di essersi trasformata ma solo in parte.

Quindi questo è il potere di cui mio padre mi aveva parlato?

Il suo sguardo puntò nell’oscurità, dove Mano le aveva detto trovarsi il cimitero.

Sto arrivando Mercoledì!

 

La bestia avanzò lentamente, studiando tutti i presenti con il suo terribile sguardo senz’anima. Annusò l’aria mentre i ragazzi tremavano terrorizzati, poi si bloccò di colpo e puntò i suoi occhi sulla sua preda. Emise un orribile verso, a metà tra un grido umano e un ruggito e, con velocità mostruosa si avventò proprio contro Mercoledì.

Una freccia si piantò nella spalla del Wendigo, ma questi non sembrò neanche accorgersene, poi spiccò un balzo per atterrare sulla giovane Addams. Questa si spostò solo all’ultimo istante, rotolando lateralmente, mentre la creatura affondò gli artigli nel terreno. Volse di scatto la testa verso di lei pronto ad aggredirla nuovamente, quando uno sciame di api la avvolse girandole vorticosamente intorno. Per un attimo il mostro ruggì e iniziò ad artigliare furiosamente l’aria nel tentativo di colpire lo sciame di insetti. Tanto bastò a Mercoledì per rifilargli una rapida stoccata tra le costole. Tuttavia il mostro non sembrò nemmeno accusare il colpo e, afferrata la lama, la strappò via dalle mani della ragazza. Con una facilità disarmante la spezzò in due e la gettò a terra. Mentre si avventava sulla sua preda la bestia sussultò ed emise un ruggito, si girò furiosa mentre alle sue spalle Bianca vibrava un secondo colpo con la sua spada, ferendola con un taglio all’addome. Un’altra freccia raggiunse il Wendigo, questa volta in testa, piantandosi le suo cranio. Il mostro la prese e la spezzò, poi si volse verso Xavier e ringhiando si avvicinò a lui.

“Ehi!” gridò una voce alle sue spalle, questi si girò e si trovò davanti Ajax che lo fissava con tono di sfida. 

Il gorgone si sfilò il berretto “Adesso guardami, stronzo!” ringhiò.

Dai suoi capelli si sollevarono dei serpenti che sibilarono minacciosi verso la creatura. Questa si portò furiosamente a pochi metri dal ragazzo ma qualcosa la bloccò. Il mostro abbassò lo sguardo vedendo una gamba che lentamente iniziava a coprirsi di uno strato di pietra, poi guardò il braccio che stava subendo la stessa sorte. Con un urlo di rabbia fece un rapido e ampio movimento con l’altro braccio e colpì Ajax, che tentò di parare quel colpo inaspettato. Il ragazzo sentì l’osso dell’avambraccio incrinarsi dolorosamente, poi fu sbalzato brutalmente di diversi metri. Mercoledì corse per afferrare ciò che rimaneva della sua lama ma, quando vi portò sopra la mano per afferrarla, un piede gliela schiacciò a terra con violenza.

Alzò lo sguardo “Bene, vorrà dire che sarò io a farlo” il mutaforma ghignò e sollevò il suo pugnale, pronto a colpire.

Poi iniziò ad agitarsi sempre più furiosamente, dando sferzare al vento, mentre le api lo assalivano, pungendolo senza sosta. Fu costretto a togliere il piede dalla mano della ragazza e corse via urlando. Avrebbe dovuto inseguirlo e finirlo, ma Mercoledì ora aveva un avversario ben più pericoloso da affrontare. Vide Xavier che disperatamente scagliava frecce, Ajax che si rotolava a terra tenendosi il braccio e Eugene che dirigeva il suo sciame contro la creatura. Questa, tuttavia, si volse verso di lei e avanzò ringhiando, quando una voce alle sue spalle la fece arrestare. Un canto, per la precisione.

La giovane sirena stava tenendo a bada il Wendigo con il suo canto ipnotico, infatti la creatura sembrò arrestarsi e iniziò a dondolare la testa come in trance. Mercoledì si avvicinò per colpire, quando la creatura con un furioso ruggito scosse la testa e si voltò furiosa verso Bianca. Questa, capendo che il suo stratagemma aveva fallito, fece per sferrare un colpo con la sua spada, ma il Wendigo fu più veloce e la colpì per primo, sbalzandola come aveva fatto con Ajax. La sirena rotolò più volte a terra facendosi male alla caviglia e urlando di dolore. Il Wendigo ora sembrava persino ignorare le api di Eugene e le frecce scagliate da Xavier. Si voltò di scatto verso la sua preda e con un paio di salti le fu addosso. Nonostante la parziale pietrificazione la bestia era comunque troppo potente e rapida per tutti loro e Mercoledì non ebbe neanche il tempo di schivare la sua enorme mano. Sentì la stretta sulla gola e il terreno che si allontanava dai suoi piedi mentre si dibatteva. La creatura stringeva sempre più forte, facendole mancare l’aria. La vista della ragazza iniziò ad oscurarsi, mentre riusciva a malapena a sentire le grida di disperazione dei suoi amici. Intravide il Wendigo puntare i suoi artigli, pronto a darle il colpo di grazia. E poi la carne si squarciò.

 

Non fu la carne della giovane Addams, bensì quella del Wendigo a squarciarsi con violenza. La bestia urlò di dolore mentre due braccia le spuntarono dalle spalle artigliandole il collo e ferendola ancora. Il Wendigo barcollò andando a sbattere contro ciò che rimaneva di un muro, facendolo crollare sotto il suo peso. Dopo aver riacquistato quasi totalmente i propri sensi Mercoledì la vide. Aveva un aspetto familiare, un maglioncino rosa e una testa di capelli biondi, ma il suo aspetto era a metà tra un essere umano e un qualche tipo di bestia ferina.

“Enid” emise con un filo di voce.

La giovane lupa mannara si acquattò sul terreno, come una tigre pronta a balzare sulla propria preda, mentre il Wendigo si rialzava ringhiando di rabbia.

“Non la toccare, brutto pezzo di merda!” ruggì la licantropa, poi si voltò verso Mercoledì incontrando per un istante il suo sguardo. I suoi occhi azzurri brillavano di una furia omicida.

Si volse verso il Wendigo, pronta a fronteggiarlo “Ora te la vedrai con me!”.

La creatura urlò di rabbia e con inaudita violenza si lanciò contro Enid che saltò di lato evitando l’attacco. Agilmente la ragazza saltò nuovamente sulle spalle del mostro artigliandolo furiosamente, mentre questi si dibatteva cercando di togliersela di dosso. La lotta tra i due fu brutale e inizialmente Enid sembrò in vantaggio. Il Wendigo cercò più volte di colpirla ma lei fu più veloce e contrattaccò rapidamente e con violenza. Lo sguardo di Mercoledì fu attirato da un dettaglio, la pietra che copriva la gamba e il braccio della creatura si stava rapidamente sgretolando. Inoltre Enid sembrava più lenta e meno agile nei movimenti, tenere quella trasformazione la stava affaticando. Mentre la lupa mannara stava per schivare un ennesimo attacco sentì un dolore lancinante alla gamba e tale distrazione le fu fatale. Sentì un colpo raggiungerle violentemente la testa e la vista offuscarsi, mentre rotolava per quella che le sembrò un’infinità di tempo sul terreno. Cadde a faccia in giù e cercò a fatica di rimettersi in piedi, quando sentì una morsa intorno alla caviglia. Vide il terreno allontanarsi, poi il cielo della notte, poi il violento impatto della schiena e la testa con la terra e i suoi occhi si spensero.

 

Mercoledì, per la prima volta in vita sua, era pietrificata dall’orrore. Enid giaceva inerte, il mostro l’aveva sbattuta a terra e continuava a tenerla dalla caviglia. Poi, come se stesse tenendo una bambola di pezza la sollevò in aria e la lanciò. Con orrore tutti i presenti videro il corpo della lupa mannara attraversare quasi tutto il cimitero, per poi schiantarsi contro il muro di ciò che restava del monastero e piombare con un tonfo a terra. La giovane Addams sentì il cuore fermarsi mentre osservava impotente quella scena agghiacciante. Incontrò lo sguardo vitreo del demone e sentì il suo corpo irrigidirsi. Bianca si sollevò a fatica appoggiandosi a una lapide mentre con l’altra mano usava la spada come fosse un bastone. Mercoledì guardò il corpo di Enid, poi sentì il calore, il sangue le ribollì nelle vene insieme all'adrenalina provocata dalla rabbia. Strinse i pugni con forza e si lanciò con un grido di rabbia e disperazione contro la creatura. Questa, ritrovato il proprio vigore si preparò a lanciarsi contro di lei ma un dolore la fece arrestare. Xavier aveva scagliato la sua ultima freccia, il bersaglio era la ferita provocata dalla spada di Bianca. Il Wendigo per un attimo perse la sua terribile forza e si inginocchiò ruggendo. Mercoledì correva furiosa verso di lui, lo avrebbe fatto a pezzi a mani nude.

“Mercoledì!” gridò Bianca lanciandole la spada.

La giovane Addams la vide con la coda dell’occhio e, senza nemmeno voltarsi, la afferrò.

Il demone si stava rialzando, e lei era a pochi metri da lui. Diede l’ultimo scatto, l’ultima spinta per raggiungerlo. L’anfibio si poggiò sul ginocchio del mostro, permettendole di darle un primo slancio, poi l’altro piede spinse su una lapide. Mercoledì saltò portandosi più in alto della creatura, poi con rabbia e un urlo sollevò la spada e la calò sul collo del Wendigo con tutte le sue forze. La testa del mostro cadde con un tonfo, mentre il resto del corpo capitolò a terra iniziando subito a disgregarsi come se fosse fatto di sabbia. Nel giro di pochi secondi del Wendigo non rimase più nulla. Mercoledì si poggiò sulla spada per prendere fiato, poi vide ciò che non avrebbe voluto mai vedere. Enid era ancora a terra immobile, corse subito verso di lei.

“No no no no!” continuava a ripetere ossessivamente.

Si inginocchiò sul corpo voltantolo e la prese tra le sue braccia.

Non respira! Il suo cuore non batte più!

Le sosteneva la testa mentre le toglieva sangue e terra dal viso “Enid! Enid, ti prego rispondimi!”.

Vide il volto della lupa mannara bagnarsi, poi si rese conto di stare piangendo. Piangeva senza riuscire a fermarsi, e urlava disperata.

“Non lasciarmi Enid ti prego! Ho bisogno di te!” le lacrime le rigavano il viso.

Le mie visioni…non sbagliano mai.

 

Corse barcollando per il bosco, fiducioso che il piano avrebbe avuto successo. Sentiva il viso e le mani gonfie per colpa di quelle maledette api e la ferita provocata dalla freccia faceva un male cane. Inciampò e cadde pesantemente a terra, restando senza respiro per l’impatto. Mentre si rialzava, il mutaforma vide davanti a lui una figura. Un lungo cappotto nero e un cappello che nascodevano parte di quel volto bianco cadaverico. 

Si tirò su a fatica e puntò il pugnale verso quell’individuo  “Levati di mezzo!” gli urlò.

L’altro ghignò sadicamente e sollevò lo sguardo verso di lui “Mi spiace, non credo che lo farò” disse unendo le dita e facendo crepitare delle scariche elettriche.

 

Cosa posso fare? Devo salvarla!

Mercoledì si sentiva completamente impotente, stringeva Enid tra le sue braccia in preda a un pianto isterico e disperato. La cullava come fosse una bambina.

Volse uno sguardo furioso e, in preda alla frustrazione, urlò verso gli altri “E voi che fate lì impalati? Aiutatemi! Fate qualcosa, vi prego!” gridò con la voce rotta dal pianto.

Tutti erano immobili e sotto shock. Eugene teneva gli occhiali in mano e piangeva come un bambino, asciugandosi inutilmente le lacrime con il dorso della mano. Ajax si teneva il braccio piangendo. Xavier era in lacrime e si teneva istericamente le mani tra i capelli, mentre Bianca si appoggiava a lui con gli occhi lucidi e una mano sulla bocca. Nessuno riusciva a muovere un muscolo.

Mercoledì tornò a rivolgersi alla sua compagna “Ti prego, non lasciarmi da sola!” le prese il viso poggiando la fronte sulla sua “Ti porterò a fare quello stupido picnic in quel lago che ti piaceva tanto, te lo ricordi? Avevi detto che mi ci avresti trascinata per forza, ti prego Enid! Resta con me!”.

Se la strinse al petto e gridò, sfogando tutto il suo dolore.

In quel momento Fester comparve sbucando dagli alberi e si paralizzò quando vide la nipote in lacrime e disperata, come non l’aveva mai vista prima. 

Questa sollevò lo sguardo verso di lui “Zio Fester…aiutami, ti prego…riportala da me!”.

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Capitolo 9
*** L'amore che brucia l'anima ***


Aprì gli occhi lentamente. Sentiva una forte emicrania e le tempie che pulsavano, la schiena e le gambe intorpidite. Si guardò intorno e inspirò profondamente, cosa che le provocò un leggero dolore alle costole. Provò a muovere il braccio sinistro, ma si accorse che era bloccato da un gesso, mentre sentì qualcosa nell’altra mano. Volse lo sguardo e vide una testa di capelli scuri, raccolti in due trecce, appoggiata di fianco a lei, la ragazza le teneva la mano mentre dormiva. La strinse con le poche forze che le erano rimaste.

La testa dai capelli corvini si sollevò lentamente e, riprendendosi dal sonno, incrociò il suo sguardo. Sul suo volto si dipinse immediatamente lo stupore più puro e i suoi occhi neri come la notte si fecero lucidi, mentre una lacrima le scorreva sulla guancia.

“Enid…” disse con la voce rotta dall’emozione, e in una frazione di secondò la abbracciò.

Per la lupa mannara fu come risvegliarsi da un lungo sonno senza sogni.

“Sei…tornata da me” disse Mercoledì mentre le teneva il viso tra le mani.

Enid sorrise “Pensavi che sarebbe bastato uno stupido demone per tenermi lontana da te?”.

La giovane Addams le baciò teneramente la fronte e si asciugò le lacrime col dorso della mano “Sei stata in coma per due settimane”.

“Cosa mi sono persa?” domandò l’altra.

Mercoledì le raccontò tutto, le disse che dal mutaforma non ottennero alcuna informazione poiché, poco prima che Fester potesse metterlo fuori combattimento, aveva bevuto una fiala contenente, ironia della sorte, del veleno di belladonna. 

“Ricordami di ringraziare quel tuo zio strambo per avermi fatto ripartire il cuore” disse Enid con un dolce sorriso.

Mercoledì annuì “Glielo farò presente”.

“Quindi non sappiamo nemmeno chi era quel mutaforma e nemmeno perché voleva ucciderti?” le domandò la licantropa.

Mercoledì scosse la testa “No, devo battere un’altra pista” le accarezzò la mano “ma per ora credo che le indagini possano attendere”.

“Ti ho sentita sai?” disse l’altra “Mentre mi parlavi dopo avermi soccorsa…mi hai promesso quel picnic”.

La giovane Addams sbuffò alzando gli occhi al cielo “Dovrei tagliarmi la lingua”.

Enid rise ma il dolore alle costole la fece tossire “Non farmi ridere, fa male!”.

“Si è svegliata!” Eugene, senza troppa discrezione, aveva fatto irruzione nella stanza d’ospedale.

Xavier e gli altri entrarono e tutti, persino Bianca, abbracciarono la paziente. Anche Yoko li raggiunse e scoppiò in lacrime quasi stritolando l’amica con la sua forza da vampira.

“Sai, Enid, Mercoledì è stata sempre con te” disse Xavier.

Eugene si aggiunse “Sì, era sempre qui in stanza, dormiva e mangiava qui, e noi le portavamo compiti e appunti sulle lezioni. Pensa che ti leggeva le tue riviste di gossip e guardava con te i programmi…” si ammutolì quando Mercoledì lo fulminò con lo sguardo.

Bianca guardò le ragazze appoggiandosi alla stampella, per via della caviglia ancora infortunata “Devi avere un dono speciale, Sinclair. Hai reso Mercoledì Addams una persona quasi sopportabile” disse tra le risate generali.

Mercoledì sentì un lieve rossore sulle guance e incrociò le braccia “Preferivo farmi sbranare viva dal Wendigo, sarebbe stato meno imbarazzante di tutto questo”.

 

“Quindi è la tua…cioè voi state…?” la madre di Enid sembrava a dir poco scioccata.

La licantropa annuì “Sì mamma, immagino di averti delusa di nuovo”.

La donna fece per rispondere ma suo padre la fermò e poi, rivolgendosi alla figlia “Lei ti rende felice?”.

Enid guardò in direzione di quella che ora poteva definire la sua ragazza, era fuori dalla stanza e parlava con Xavier “Sì…sì mi rende felice” disse mentre sorrideva.

“Quindi l’hai trovato?” domandò l’uomo.

Enid annuì “Sì…ne sono più che sicura”.

L’ho trovato…l’amore…l’amore che brucia l’anima.

Suo padre si avvicinò e la baciò sulla testa “Sono così orgoglioso di te, piccola mia”.

La madre sospirò “Bene…in fondo te l’ho sempre detto Enid, l’unica cosa che vogliamo è che tu sia felice. Spero solo che non ti faccia ammazzare”.

Enid non era pronta a parole così gentili da sua madre, le ci volle qualche secondo per realizzare.

 

Morticia guardava la figlia con un enorme sorriso di orgoglio “Sono così terribilmente felice per te, mia piccola vipera”.

“Non è grande l’amore?” disse Gomez baciando, come sua abitudine, la mano della moglie.

Mercoledì li guardò disgustata “Siete raccapriccianti” poi si voltò verso Enid e di nuovo si rivolse ai suoi genitori “ma grazie per averle pagato le cure”.

“Penseremo noi a tutto e ci occuperemo di qualsiasi cosa le serva” disse Morticia.

“Allora? Quando ce la farai conoscere?” Pugsley era spuntato alle sue spalle.

“Sì è appena risvegliata, Pugsley. La tua vista potrebbe provocarle uno shock” replicò lei.

Fece per entrare di nuovo nella stanza di Enid quando un uomo alto e barbuto le si parò davanti “Tu devi essere Mercoledì”.

“E lei è il padre di Enid” rispose lei.

La guardò e con un sorriso le disse “Grazie per esserti presa cura della mia bambina”.

Mercoledì guardò verso la ragazza “Sono io a dover ringraziare lei, mi ha salvato la vita…ancora una volta”.

“È l’istinto dei lupi mannari” rispose lui “è nella nostra natura proteggere chi amiamo”.

 

Enid si riprese quasi completamente nel giro di un mese e ricominciò subito a frequentare le lezioni alla Nevermore. La guarigione rapida era uno dei vantaggi di essere un lupo mannaro.

“Posso togliermi la benda?” domandò mentre avanzavano con la limousine, sobbalzando sulla strada.

“Non ancora” disse Mercoledì, poi si sporse in avanti verso l’autista “Lurch, siamo arrivati”.

L’uomo emise un verso verso e accostò, lasciando scendere le due ragazze. Enid sentì la mano sulla schiena che la accompagnava lungo una strada erbosa mentre fremeva di curiosità.

“Ecco, adesso puoi toglierla” disse la giovane Addams.

Appena la tolse Enid rimase a bocca aperta “Il lago!” si voltò verso la sua compagna e la vide con un cestino per mano.

“Le promesse le mantengo sempre” disse Mercoledì poco prima di essere quasi buttata a terra dall’abbraccio della lupa mannara.

Il pomeriggio trascorse tranquillo, le ragazze riuscirono finalmente a godersi un po’ di pace e tranquillità, niente omicidi, niente demoni, solo loro due.

“Facciamo rimbalzare i sassi sull’acqua!” Enid sembrava una bambina in un parco giochi.

Doveva ammetterlo, vederla così felice era la sensazione più bella e piacevole che avesse mai provato nella sua vita. Mercoledì lanciò con precisione il primo sasso, facendolo rimbalzare ben quattro volte, mentre Enid usò troppa forza e il suo affondò all’impatto con l’acqua.

“Usi troppo la forza, devi concentrarti sulla giusta angolazione” disse Mercoledì alle sue spalle, mentre le guidava la mano spiegandole il movimento giusto.

Anche il secondo sasso affondò come il primo “Devo fare un po’ di allenamento" disse Enid scoppiando a ridere.

La giovane Addams sentì qualcosa muoversi nella sua tasca e ne tirò fuori il telefono con lo schermo illuminato “Credo sia mia madre, vado a risponderle” disse allontanandosi.

Sbloccò lo schermo e si accorse che le era arrivato un messaggio, il numero era sconosciuto.

“Ti è piaciuto giocare con i demoni?” diceva.

Mercoledì scorse la chat…e vide che non era il primo messaggio che riceveva da quel numero misterioso.

Lo stalker!

Tra l’estate trascorsa e tutte le vicende successe ultimamente se ne era proprio dimenticata. Guardò in direzione di Enid, poi sentì un fremito che le fece stringere i pugni.

Digrignò i denti e digitò la risposta “Sto venendo a prenderti…la caccia comincia adesso!”.



 

Note finali.

Un grazie di cuore a chi ha seguito e recensito la storia, spero che vi siate divertiti a leggerla come io mi sono divertita a scriverla. Probabilmente ci sarà una seconda “stagione” di questa storia, devo vedere se farla uscire prima o aspettare che esca la seconda stagione della serie Netflix. Grazie ancora a tutti.

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