Due siamo noi

di Cesca_Haibara20
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Finalmente è iniziato novembre, il tempo si fa sempre più freddo e l'atmosfera spaventosa di Halloween sta per essere sostituita da quella magica legata al Natale anche se con largo anticipo.
La giornata di Tobio è iniziata con il suo solito tran-tran, con la sua solita svogliatezza si alza e raggiunge pigramente la mensa per iniziare la sua colazione composta da una brioches vuota, uno yogurt alla fragola, una mela verde tagliata in spicchi e un bicchiere pieno di succo all'arancia.
Si siede al suo posto con un sospiro e osserva le sue pietanze con aria spenta.

«È questo che mi tocca mangiare oggi...?»

Borbotta tra sé e sé.

«Buongiorno Kageyama.»
lo saluta una ragazza sulla trentina, Shina Yamamoto, la psicologa che lo segue da quando è arrivato.
«Che succede, la colazione non è di tuo gradimento oggi?»
«Sono stufo di mangiare le stesse cose tutti i giorni.» sbuffa il ragazzo.
«Ma come? Avevi detto che ti piaceva tanto la mela e lo yogurt alla fragola.»
Lo prende in giro con un sorriso.
«L'ho detto un anno fa, non credi che sia il tempo di cambiare?»
«Va bene allora, cosa desidera dal nostro menù?»
«Dubito fortemente che ogni mia richiesta venga ascolta.»
«Sei più sveglio di quanto pensassi.»
«Perché non vai al bar e mi prendi qualcosa da lì?»
«Perché non è corretto nei confronti degli altri pazienti che mangiano le tue stesse cose. E poi, non ho il portafoglio con me in questo momento e l'unica cosa che potrei offrirti dal bar con le poche monete che ho in tasca è...» controlla le tasche. «Posso offrirti una Goleador.» sorride. «La vuoi?»
Nonostante la poca convinzione sul suo volto accetta ugualmente.
«Okay, allora io adesso vado al piano di sotto a prenderti la Goleador, però voglio che almeno mi finisci la mela e mi bevi il succo. Siamo d'accordo?»
«D'accordo...»

Appena la psicologa si alza e si allontana Tobio finisce pezzo per pezzo la mela e la brioches lasciando lo yogurt e mezzo bicchiere di succo.
Venti minuti dopo ritorna e lascia sul suo piatto due Goleador e un bicchiere di moccaccino direttamente dalle macchinette.
Alza lo sguardo confuso.

«E questo da dove viene?»
«Consideralo un piccolo extra perché hai mantenuto l'accordo.»
«Grazie...
«Allora, hai sentito i tuoi genitori stamattina?»
«Oh, perché ho dei genitori?»
Replica sarcastico e seccato.
«Tobio...»
«Guardi Shina, forse è meglio così: loro non mi cercano ed io non cerco loro. Non vengono a farmi visita da più di quattro anni, io sono qui da quando ne avevo dodici e a dicembre ne farò diciannove.»
«Non rispondono nemmeno alle chiamate?»
«Sono maggiorenne, i dottori non si disturbano più di contattarli, dicono tutto direttamente a me. Lo sai anche tu.»
«Io non intendevo le chiamate dei dottori, intendevo le tue. Ho saputo da una infermiera che ieri sera hai provato a chiamare tua madre ma lei non ha risposto.»
Rimane in silenzio per alcuni istanti.
«Sì...» libera la Goleador dall'involucro di plastica e la addenta. «Ho provato a chiamarla per sentire come stanno lei e papà ma non ha risposto, era tardi e probabilmente non ha sentito la suoneria... Succede sempre così...»
Shina gli dona un sorriso dolce e gli da una carezza sui capelli.
«Dopo provo a chiamarli io, così gli dico di rimanere in allerta per le prossime chiamate soprattutto in caso tu-...»
«In caso che io cosa? Che io muoia?»
«Smettila. Volevo dire in caso che tu riceva il trapianto.»
«È inutile raccontarsi questa storia... Ormai ho preso le speranze.»
«Tu avrai perso le speranze ma noi no.» replica decisa. «Ed ora bevi il moccaccino che se no si fredda.»

Tobio finisce la sua colazione e si dirige a passo lento verso la sua stanza ma la sua spalla finisce contro quella di un ragazzo dai mossi capelli color arancia.

«Ehi, attento dove cammini!»

Lo rimprovera Tobio sistemandosi i tubicini dell'ossigeno nel naso.

«Oddio, mi dispiace tanto!» si affretta a rispondere il ragazzo. «Non ti ho proprio visto! Ti sei fatto male?»
Nell'osservare il viso luminoso e ricoperto di lentiggini del suo interlocutore, Tobio non si sente più rabbioso come pochi secondi fa.
«No, non mi sono fatto male.»
«Oh, menomale!»
«Sembri di fretta, devi andare da qualche parte?»
«In verità, ho una visita di controllo.»
«Una visita di controllo?» inarca un sopracciglio. «Sei stato qui?»
Il ragazzo annuisce.
«Sono stato paziente qui più o meno sette anni fa, io ero nel reparto oncologia.»
"Oncologia...?" quella parola gli rimane impressa come uno stiker.
«Però credo di essermi perso.» ridacchia imbarazzato. «Ho ricevuto indicazioni molto blande e non ricordo bene dove si trova lo studio del Dottor. Abe. Tu sai dove si trova?»
«Oh... Emh... Si trova dopo la reception, tu mantieni la destra seguendo il corridoio, dovrebbe essere la terza o quarta porta.»
«Aaah, ora ho capito! Ti ringrazio-... Emh... Mi ripeti il tuo nome?»
«Non ti ho rivelato il mio nome.»
«Perfetto, allora mi presento: io sono Shoyo Hinata!» sorride porgendogli la mano. «Tu sei?»
«Tobio Kageyama.» risponde freddamente senza stringerli la mano.
«Non sei tipo da strette di mano, capisco...» mormora Shoyo. «Mi dai il tuo cellulare?»
Il ragazzo nero crinito lo osserva con un'espressione confusa.
«Che ci devi fare?»
«Ti do il mio numero, ora siamo amici io e te.»
"Amici...?" era da anni che qualcuno lo considerasse suo amico nonostante non si conoscano per niente.
Con scetticismo gli porge il cellulare e l'allegro ragazzo inserisce il proprio numero e si salva il suo.
«Bene, spero di sentirti presto per messaggio. Ora però devo correre nello studio o faccio tardi. Arrivederci Tobio!»

Senza dargli il tempo di replicare Shoyo si allontana a passo spedito per poter arrivare in tempo nello studio e fare la visita lasciando Tobio nel corridoio confuso.
Shoyo Hinata… non so nemmeno quanti anni abbia ma da come si comporta sembra un ragazzino delle medie…
Sospira e riprende il suo lento cammino verso la propria stanza mentre Shoyo ha raggiunto sano e salvo lo studio del dottore e non riesce a togliersi dalla testa l’aria stanca e sciupata del ragazzo incontrato poc'anzi ed il perché degli occhialini collegati all'ossigeno del ragazzo. Si era perfettamente reso conto che se si trovasse ricoverato lì è perché è malato ma non riesce a capire di che malattia soffre il ragazzo.

Alla fine la mattina di Tobio riprende senza alcun intoppo, con le solite premure che gli riservano le infermiere e con la speranza che arrivino dei polmoni compatibili, anche la mattinata di Shoyo riprende con la sua routine e le partite di pallavolo fino a sera insieme ai suoi amici ed ex compagni di classe.

La sera stessa il cellulare di Tobio pigola a causa di una notifica da un nuovo numero.
Ciao Tobio! Sono io, Shoyo, ci siamo incontrati stamattina!

Anche se svogliato gli risponde.

Più che “incontrati”, io direi che ci siamo “scontrati”.
Ahahah! Sì, hai ragione. Perdonami ancora!
Non fa niente. Ti sei già scusato abbastanza.
Che fai di bello?
Sono sdraiato sul letto ad annoiarmi. Tu?
Ho appena finito di cenare dopo un lungo pomeriggio passato a giocare a pallavolo. Tu ci giochi?
 
“La pallavolo… da quanto tempo che non ci gioco… per colpa di questa mia “condizione” mi è severamente vietato fare anche il minimo sforzo…” sbuffa il ragazzo.

Anni fa. Facevo da alzatore.
Che figo! Io sono un’esca!
Con l’altezza che ti ritrovi non credo che tu possa puntare più in alto.
EHI! Bada a come parli tu! Io sono stato soprannominato “L’esca perfetta”! E poi, scommetto che non mi hai mai visto giocare, non puoi giudicarmi senza conoscermi!
Okay, okay. Non c’è bisogno di scaldarsi tanto.
Voi spilungoni pensate di essere superiori solo perché siete più alti ma nessuno è agile e sa schiacciare come me.
Schiacci? Ma non sei solo una esca?
Sì, sono un’esca ma sono anche un centrale!
Tu?
Io.
Un centrale?
Affermativo. Anche se ora come ora non ho bene un ruolo definito perché non sto giocando come giocatore professionista ma passo il tempo a giocare con i miei ex compagni di classe.
Ah. Capisco. In che scuola eri?
Ero al Karasuno!
Ah, quella dove è stato “Il piccolo gigante”.
Affermativo!
Forse vi ho visti in TV anni fa ora che mi ci fai pensare…
Sì! Siamo stati ai nazionali quando ero solamente al primo anno ed abbiamo sbaragliato via tutte le squadre!
Ah, ora ricordo. Tu eri il piccoletto della veloce assurda.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


In persona! Tu quando hai smesso a giocare a pallavolo?
 
A quella domanda le sopracciglia di Tobio si raddrizzano formando sul viso del ragazzo un’espressione corrucciata. Non ama parlare del suo passato, soprattutto con un completo sconosciuto.

Ora non lo ricordo.
Posso farti una domanda?
Spara.
Stamattina ho notato che avevi gli occhialini collegati all'ossigeno.
 
Altro tasto dolente.

E quindi?
E niente, ero curioso di sapere come mai.
Non ci puoi arrivare da solo?
Intendo che vorrei sapere di cosa soffri.
 
Sbuffa seccato. Vorrebbe metterebbe via il cellulare e non rispondergli, ma non è così crudele.

Soffro di fibrosi cistica. Contento?
Oh… mi dispiace…
È una cosa che mi dicono in tanti.

Passano alcuni minuti senza una risposta e Tobio ne approfitta.

Ora posso fartela io una domanda?
Certo! Chiedimi tutto quello che vuoi!
Stamattina hai detto che sei stato un paziente in oncologia…
Sì. Tempi bui ahah!
Posso chiederti dove lo avevi?
Me lo avevano trovato alla gamba, fortunatamente sono riusciti ad operarmi il prima possibile e a rimuoverlo completamente. Ma ho dovuto fare comunque un anno in ospedale a fare la chemioterapia per ripulire completamente il mio organismo. Avevo dodici anni.
Hai rischiato di perdere la gamba…
Sì, ma immagino che non sia nulla in confronto a quello che passi tu tutti i giorni, eh?
Non sono qui a grattarmi in effetti.
Ci vuole tanto per un trapianto?
Sono ricoverato da quando avevo 12 anni, vedi un po’ tu…
Oh wow! È anche più della solita aspettativa!
Lo so.
E che fai in ospedale tutto il giorno? Io mi annoiavo a morte quando ero ricoverato, infatti ogni due per tre mi venivano a cercare per il reparto perché andavo a fare delle passeggiate ahahah!
Ho la mia routine a tenermi compagnia e spesso mi vedo con la psicologa.
È carina?
È una bomba.
E bravo Tobio ahahahah!
Per favore, chiamami Kageyama. Non mi sento ancora abbastanza in confidenza.
Oh. Okay Kageyama.
Ora perdonami Hinata, ma sono stanco. Mi riposo un po’.
Ricevuto. Buonanotte Kageyama!
Ciao Hinata.

Con un sospiro entrambe i ragazzi posano i loro cellulari sul comodino con sensazioni differenti che percorrono i loro corpi.
I giorni successivi sono veramente volati, entrambi occupati dalle loro faccende quotidiane, fino ad una fatidica e particolarmente fredda sera.
Kags?
Kags…?
Kaags?
Kaaaageeeee?
Kageyama?
Kageyama?
Oiii?
Sei lì?
KAGEYAMA?!
ODDIO NON DIRMI CHE SEI GIÀ MORTO!
GUARDA CHE IO NON CI VENGO AL TUO FUNERALE SAI?!
LA SMETTI DI MANDARMI TUTTI QUESTI MESSAGGI?! UNO NON PUÒ ANDARE A PISCIARE IN SANTA PACE?!
MI HAI FATTO PREOCCUPARE! NON FARLO MAI PIÙ!
Comunque che vuoi? Perché tutti questi messaggi dopo tanti giorni di assenza?
Mi chiedevo… hai da fare?
Ora?
Sì.
Sono in ospedale, secondo te?
Hai qualcosa in programma?
A meno che uno non fa un incidente e mi cede i suoi polmoni, no, non ho nulla in programma.
Fantastico! Che numero di stanza è la tua?
La 10, ma l’orario di visite è finito da un pezzo.

Pochi minuti dopo l’invio del messaggio qualcuno bussa alla porta di Tobio, non poteva essere nessun altro.
Questo è tutto scemo.” pensa avvicinandosi alla porta ed aprendola rivelando la piccola ed esile figura del ragazzo dai capelli color di carota.

«Buonasera Kageyama!»

Esclama Shoyo con voce allegra ed il viso luminoso.

«Che sei venuto a fare? E come hai fatto a superare la reception?» domanda Tobio confuso dalla sua presenza.
«Sono amico della figlia dell’infermiera.»
Ammicca lui nascondendo dei sacchetti dietro la schiena.
«Che mi nascondi?»
«Se mi fai entrare te lo dico più che volentieri.»
Con riluttanza si sposta lasciando lo spazio richiesto per passare e successivamente chiude la porta dietro di sé seguendo con lo sguardo ogni movimento del ragazzo che sembra essersi già ambientato.
«Cosa stai-...»
«Ssh!»

Lo zittisce Shoyo mentre svuota i sacchetti sul tavolino portatile rivelando svariate confezioni di sushi e le dispone lasciando sorpreso lo stesso Tobio che non ne aveva visto così tanto.
Appena finito di disporre tutto il minore sorride soddisfatto.

«Ta-daaa!»

Esclama battendo le mani come un bimbo.

«Perché…?»

È tutto ciò che riesce a replicare. Nessuno dei suoi vecchi “amici” ha mai avuto una idea simile, nemmeno i suoi genitori. È confuso. Perché questa gentilezza nei suoi confronti? Provava pietà?

«Voglio farmi perdonare per la mia assenza negli ultimi giorni e avevo voglia di vederti.»
«Avevi voglia di vedere me…? Ma se ci conosciamo a malapena.»
«E quindi? Siamo amici e gli amici trovano i modi di incontrarsi. Ora vieni e prendi ciò che preferisci, non sapevo cosa ti piacesse così ho preso due di tutto il menù.»
«Tu sei fuori come una mina.»
Commenta mentre si siede sul letto a gambe incrociate.
Il ragazzo avvicina una sedia al tavolino e ridacchia.
«Sai, è una cosa che mi dicono spesso. Ma ora...» prende per entrambe un paio di bacchette e divide le proprie. «… Buon appetito!»

Tobio divide le proprie ed inizia a mangiare insieme al suo nuovo amico che inizia a raccontargli la sua settimana frenetica e di tutti i suoi amici come se i due si conoscessero da una vita sotto lo sguardo felice e sollevato della psicologa.
Da tempo non mangiava così di gusto che le chiacchiere dell’amico gli sembravano quasi inaudibili rendendo il tutto più sopportabile. Invece Shoyo è incredibilmente gioioso nel parlare con Tobio del suo mondo; della sua famiglia, della pallavolo, della musica che ascolta, dei suoi amici, della sua vecchia squadra. È così felice che perde completamente la cognizione del tempo e, solo dopo una ventina di minuti si rende conto di aver parlato così tanto che Tobio si è addormentato.

«Oopsie...» mormora leggermente imbarazzato. «Forse è meglio che torni a casa.»

Mormora tra sé e sé ed inizia a liberare il tavolo buttando via le confezioni di sushi quando viene interrotto da una voce femminile.

«Tu sei un nuovo amico di Tobio?»

Colto alla sorpresa da quella presenza sobbalza cacciando un urletto acuto.

«È-è qui da molto…?»
«Puoi stare tranquillo, non vi stavo spiando, ma avevo notato che la luce era ancora accesa nonostante sia abbastanza tardi per i suoi standard e mi sono incuriosita.»
«È sempre stato un ragazzo di poche parole?»
La ragazza sorride donando uno sguardo amorevole al ragazzo dormiente.
«Dovevi vederlo quando era appena arrivato, le parole gliele dovevi tirare via dalla bocca con la forza ed era sempre arrabbiato con tutti.»
«Non sembra molto cambiato.»
«Forse è perché non si sente abbastanza a suo agio in tua presenza, dagli ancora qualche settimana e noterai decisamente la differenza.»
«Capisco…»
«Posso sapere il tuo nome?»
«Oh, io sono Shoyo Hinata. Lei deve essere la psicologa di Kageyama.»
«Ti ha parlato di me?»
Cazzo, Kageyama aveva ragione, è davvero una bomba!” scaccia in fretta quei pensieri libidinosi riprendendo il controllo.
«S-sì, mi ha detto che lo sta aiutando molto da quando è arrivato qui.»
La ragazza inarca un sopracciglio sorpresa dalla sua affermazione.
«Ah, sì? Avrei quasi detto che mi avrebbe nominata solamente per il mio aspetto.»
Cavolo se lo conosce davvero bene!
«Ti ringrazio, Shoyo.»
«Mh?» inclina il viso. «Mi ringrazia? E per che cosa?»
«Per aver fatto sentire Tobio uno ragazzo qualsiasi invece che un paziente. Lui è qui da anni a causa della sua condizione e col tempo ha iniziato a stargli tutto stretto, quindi questi momenti di quotidianità non possono fargli altro che bene.» porta la sua attenzione verso il suo interlocutore con gli occhi lucidi. «Ti ringrazio.»
«M-ma non c’è bisogno!» farfuglia imbarazzato. «I-io l’ho fatto per farlo svagare un po’ e con piacere, è-è mio amico e gli voglio bene.»
«Ti prego, non smettere mai di volergli bene. Me lo prometti?»
Il ragazzo sorride e si fa la croce sul cuore.
«Promesso! Ora però, mi scusi ma finisco di sistemare queste scatole e poi devo correre a casa.»
«Oh, di quelle non devi preoccuparti, me ne occupo io. Tu vai a casa.»
«Dice sul serio?»
«Certo, è incredibilmente tardi. Corri a casa.»
«La ringrazio.»
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Fa dei piccoli inchini e si affretta ad uscire dall’ospedale e a raggiungere casa sua con i mezzi.
Shina sorride guardando il ragazzo uscire, finisce di sistemare le scatole e prima di spegnere la luce da un leggero bacio sulla fronte a Tobio.

«Quel ragazzo ti vuole davvero bene, non chiudere il tuo cuore.» sussurra. «Buonanotte Tobio.»

Il mattino dopo Tobio riceve una visita totalmente inaspettata da un suo amico di vecchia data; Keishin Ukai. Era l’allenatore della sua squadra di pallavolo alle medie e successivamente è passato alle superiori Karasuno, aveva un occhio di riguardo per il ragazzo e non è insolito che gli faccia visita ogni volta che può.
Keishin lo tratta come un figlio e per Tobio è come un padre acquisito visto che il padre biologico non gli ha mai dato attenzioni. Il ragazzo stava spaparanzato sul letto a giocare con la Nintendo Switch appena sente una voce familiare.

«Come sta il mio nano malefico preferito?»

La voce dell’adulto fa abbassare immediatamente la Switch ed appena lo riconosce il ragazzo sorride e gli corre incontro pronto ad abbracciarlo.

«Keishin!»

Esclama fiondandosi tra le sue braccia.

«L’unico e il solo! Vieni qui, fatti abbracciare!»

Il ragazzo non se lo fa ripetere due volte e si perde nelle forti e possenti braccia dell’uomo che lo stringe a sé come se non si vedessero da una vita.
Appena terminato l’abbraccio Tobio alza lo sguardo verso Keishin curioso e contento di vederlo.

«Come mai sei qui a quest’ora? Hai chiesto un permesso dal lavoro?»

Domanda cercando inutilmente di trattenere l’emozione nella voce.

«In verità ho chiesto un permesso dal negozio dei miei genitori.» ridacchia. «Sai bene che la mattina io non alleno.» spiega con tono comprensivo. «Ma tu come stai? Stanno andando bene gli esami?»
«Io sto sempre uguale, ormai lo sai meglio di me… però dagli esami sembro migliorare piano piano quindi non mi posso lamentare.»
«E per quanto riguarda la questione del trapianto? Ti sei messo in quella zucca bacata che, appena sarà possibile, lo farai?»
Domanda a Tobio bloccandogli il collo con un braccio ed arruffargli i capelli con la mano libera.
«E dai! Keishin basta!» esclama il ragazzo scoppiando a ridere. «Non ho più dodici anni, non vale!»
Appena si libera dalla presa e riesce a riprendere fiato, il ragazzo sospira.
«Ormai non ci spero più...» scrolla le spalle. «Arriveranno? Non arriveranno? Pazienza.»
«Questa mentalità non ti fa affatto bene, Tobio.»
«Ma ora basta parlare di ospedali e robe simili, raccontami un po’ cosa succede fuori da queste quattro mura.»
Si avvicina al letto sedendocisi sopra ed incrocia le gambe curioso di ascoltare.
«In verità non c’è molto da sapere su quello che succede fuori.»
Keishin scrolla le spalle sedendosi accanto a lui.
«Ognuno va avanti con la propria routine senza far accadere nulla di che. Però, una cosa mi è capitata questa settimana.»
«E cosa?»
«Un paio di giorni fa, i miei nuovi alunni hanno sfidato a pallavolo la vecchia squadra del Karasuno. Ti ricordi quella che avevo portato ai nazionali?»
Nel sentire quelle parole a Tobio suonano delle campanelle.
«E, fammi indovinare: in quella squadra c’era un ragazzino basso, dai capelli arancioni e dall’energia inesauribile?»
«Esatto, Shoyo! Ma come lo sai? Te ne avevo già parlato?»
«In verità l’ho incontrato.»
«L’hai incontrato?» sul viso dell’uomo si forma un’espressione severa. «Sei uscito nuovamente senza il permesso?»
«Cosa? No!» si affretta a dire Tobio. «L’ho incontrato qui in ospedale, anche se devo dire il vero, mi è letteralmente finito addosso perché correva.»
«In ospedale? E perché si trovava qui?»
«Mi ha detto che doveva fare una visita di controllo perché è un ex paziente di oncologia...»
«Aaah, giusto.»
In quell'istante l’uomo realizza ed annuisce conoscendo bene le condizioni di Shoyo.
«Tu lo sapevi?»
«Sì, mi aveva raccontato quello che gli era successo durante l’infanzia. È un ragazzo molto forte e dal cuore sincero, ti farebbe bene frequentarlo.»
«E perché?»
«Perché a vederti così sembri uscito da qualche libro di Stephen King.» scherza facendo sorridere anche il ragazzo.
«Boo!»
«Ah, sono venuto anche per portarti qualcosa.»
«Ti prego, dimmi che è del cibo vero.»
«Purtroppo non è cibo vero, ma è qualcosa di meglio.»
Keishin apre il suo zainetto ed estrae da esso una scatola beige tenuta chiusa da un nastro arancione. Tobio lo guarda confuso.
«Emh… non è ancora il mio compleanno...»
«Lo so che non è il tuo compleanno, aprilo e basta.»
Anche se non molto convinto Tobio posa la scatola sulle gambe e lentamente scioglie il nodo del nastro. Solleva piano il coperchio e scopre una maglietta che non riconosce.
«Una maglietta da pallavolo…?»
«Esatto, ma sollevala.»
Tobio gli obbedisce estraendo la maglietta dalla scatola in modo da poterla ammirare in tutto il suo splendore. Non ci sono più dubbi: è la maglietta che indossava alle medie quando giocava a pallavolo, c’è ricamato sopra il suo cognome e il suo numero, con le uniche differenze di colori e di taglia.
«Dicevi sempre che volevi giocare al Karasuno, così ho voluto farti questa sorpresa.»
Il ragazzo stringe a sé la maglietta e gli sembra di poter sentire l’odore della palestra, dei palloni e del ghiaccio spray.
«È stupenda...»
«E non è finita qui, guarda...» Keishin estrae anche un paio di pantaloncini abbinati. «Non ricordavo bene quale fosse la tua taglia quindi ti ho fatto fare una M, spero vadano bene.»
«Sono perfetti...» sorride Tobio. «È un regalo perfetto, ti ringrazio Keishin!»

Il ragazzo si avvicina all'uomo e lo abbraccia nuovamente cercando di trasmettergli tutta la gratitudine che prova per lui.

«Che succede oggi?» scherza l’uomo. «Due abbracci in un giorno solo.»
«E ti conviene goderteli perché non accadrà nuovamente.»

Una mezz'ora dopo Keishin deve tornare al suo lavoro e Tobio alla sua routine. Prende i vestiti appena regalatagli e prende l’ascensore per scendere fino ad arrivare alla lavanderia. Lì c’è una persona che potrà dare ai vestiti nuovi di Tobio una veloce sciacquata senza doverli portare a casa, dove sarebbero finiti nella spazzatura senza nemmeno passare dal via.

«Kahori! Kahori sei qui?»

La chiama Tobio avvicinandosi alle enormi lavatrici, da dietro una cesta sbuca una signora sulla quarantina vestita da infermiera e con i capelli legati in una coda. È Kahori Matsoka, una infermiera che sta anche alla lavanderia, che ha preso Tobio sotto la sua ala protettiva sentendosi come una sorta di mamma nei suoi confronti.

«Ma buongiorno Tobio!»

Lo saluta la signora sorridente appena lo vede.

«Come mai sei qui a quest’ora? Stai scappando da Shina?»
Tobio sorride e nega col capo.
«No, non sto scappando da nessuno, ho bisogno di chiederti un piccolissimo favore.»
Kahori sorride furbescamente e si appoggia con un braccio su un'enorme cesta piena di lenzuola.
«E sentiamo, che tipo di favore devo farti, mh? Non è che devi sgattaiolare via stasera per incontrare una tua amichetta?»
Il ragazzo inarca un sopracciglio per poi negare col capo.
«Emh, no. In verità volevo chiederti se potessi dare una sciacquata a questa maglietta ed ai pantaloncini.» le porge i vestiti. «Me li ha portati stamattina Keishin, è un suo regalo per me.»
La signora prende i vestiti tra le mani e sorride nel sentire la spiegazione.
«Ti voglio proprio bene quel Keishin, eh?»
Tobio annuisce.
«E va bene, lasciali pure a me e tempo di stasera saranno asciutti, puliti e piegati sul tuo letto.» lo rassicura facendogli l’occhiolino.
«Ti ringrazio mille Kahori, sei la mia salvatrice.»
Le da un veloce abbraccio.
«Non devi nemmeno disturbarti a ringraziarti Tobiuccio mio.» gli accarezza la schiena con una mano. «Ora torna in reparto o si preoccuperanno per te.»
«Va bene, va bene, vado. Ciao Kahori e grazie ancora!»

Appena Tobio mette piede nella sua stanza riceva una telefonata dal suo nuovo amico: Shoyo.

«Buongiorno!» esclama con il suo solito entusiasmo.

«Ciao.» replica Tobio.
«Come stai oggi?»
«Sto esattamente come ieri, tu?»
«Io sto una favola!»
«Come mai?»
«Sto venendo in ospedale da te!»
A quella frase il cuore del ragazzo comincia a battere forte e veloce come un tamburo.
«I-in ospedale…?»
«Esatto!»
«D-da… me…?»
«Preciso!»
«E perché…?»
«Ci dev'essere per forza una ragione per voler andare a trovare un amico?»
«N-no...»
«Allora non farti troppe domande e vestiti.»
«Vestirmi?»
«Sì, mettiti la tuta, andiamo a giocare a pallavolo.»
«Ma sei cretino? Lo sai che non posso uscire dall'ospedale senza permesso.»
«Infatti staremo nella palestra dell’ospedale, quella ai primi piani.»
«Come fai a conoscere così bene l’ospedale?»
«Te lo sei già dimenticato? Sono stato paziente lì.»
«Ah… già...»
«Dai, vestiti che io sarò da te in dieci minuti. Ciao!»

Conclusa la telefonata Tobio si affretta ad indossare una tuta e aspettare Shoto davanti alla sua stanza che mantiene la sua promessa ed arriva in dieci minuti.
I due entrano nell'ascensore insieme e nel vedere il borsone di Shoyo, il ragazzo non riesce a trattenere la curiosità.

«Perché ti sei portato il borsone? Devi andare ad allenarti più tardi?»

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


«Dovevo allenarmi, ma alla fine l’amico che viene con me si è ammalato ed è saltato tutto.»
«Ah.»
«Però, in fondo, è stata una buona notizia.»
«E perché mai?» domanda confuso.
«Così posso passare più tempo con te!» sorride Shoyo. «Volevo già venire oggi ma sarei stato qui solo per un’ora al massimo.»
«Ma tu non frequenti nessuna università?»
«No.» nega col capo. «Mi guadagno da vivere facendo da allenatore a dei bambini e, due volte a settimana, faccio da assistente ad Ukai.»
«Prenderai una paga misera...»
«Per questo arrotondo il tutto facendo da assistente ad Ukai.»
«Ma se ti piace così tanto la pallavolo, perché non giochi come atleta professionista? Chi te lo fa fare?»
«Sai, la verità è che non ne ho la più pallida idea.» ridacchia il ragazzo. «Forse, dopo aver avuto il tumore, mi sono sentito intimorito e non ho voluto andare oltre la scuola… e devo ammettere che il me di qualche anno fa mi odierebbe.»
«Perché?»
«Perché gli avevo promesso che sarei diventato come il “Piccolo Gigante”.»
«Senti di aver fallito nell'intento?»
«Abbastanza...»
Si incupisce per alcuni istanti ma poi recupera il suo sorriso ed il suo atteggiamento di sempre.
«Oh! Siamo al piano giusto, andiamo!»

Shoyo prende la mano di Tobio e si fa strada verso la palestra trascinandoselo dietro.
Appena entrano nell'edificio completamente vuoto il ragazzo dai capelli arancioni fa un respiro a pieni polmoni.

«Aaah… quanto mi piace l’odore di questi posti.»

Tobio lo guardo un po’ stranito ma, in fondo, capisce bene cosa prova.
Se il suo sogno è fare tutt'altro, perché non spicca il volo e rimane bloccato qui?” si domanda. Prima che possa rimuginarci troppo sopra, il suo amico lo riporta alla realtà.

«Mentre mi cambio un attimo, ti dispiace iniziare a preparare il campo mettendo la rete?» gli domanda togliendosi la maglietta di fronte a lui. «Ci metto pochissimo.»

Appena lo vede senza maglietta volta l’attenzione da un’altra parte imbarazzato e si affretta a preparare il campo in solitaria. Pochi minuti Shoyo lo raggiunge dandogli una mano e sfoggiando un look familiare.

«Dove l’hai presa?»

Domanda riferendosi alla maglietta arancione e nera.

«Eh?» abbassa lo sguardo e realizza. «Ah, tu intendi questa! Avevo trovato un negozio dove stampano magliette e mi sono fatto fare una maglietta identica a quella che usavo alle superiori, è una specie di ricordo.»
«Quindi non te l’ha fatta Ukai?»
«Lui? Ma va! Perché lo chiedi?»
«Così, per sapere.»

Appena finito di aver montato il tutto, i due iniziano a giocare insieme, anche se i primi minuti sono stati spesi per adattarsi l’uno alla velocità dell’altro.
Subito dopo hanno scoperto di avere un’intesa molto forte come se giocassero da una vita nonostante si conoscano da poco tempo.
Per la prima volta, da quando ha messo piede in ospedale, Tobio sembra sentirsi libero e felice di poter percepire il cuoio del pallone contro i suoi polpastrelli e lo squittio delle scarpe contro il pavimento di legno. Anche Shoyo è entusiasta; dentro di sé esplode di gioia, nessuno con cui ha giocato lo ha fatto sentire così, con lui può saltare come vuole e la palla gli arriverà sicuramente. È felice di poter passare del tempo con questo misterioso ragazzo, ancora meglio se gioca a pallavolo.

«Wow Kageyama!» esclama Shoyo facendo un attimo di pausa. «Hai visto come ho schiacciato l’ultima palla?»

«In verità dovrei fartela io questa domanda, visto che avevi gli occhi chiusi.»
«Infatti!» sorride guardandosi il palmo della mano arrossata. «Non so perché ma ho avuto come la sensazione che, anche se i miei occhi erano chiusi, sarei riuscito a schiacciare la palla senza problemi.»
«Sono stupito anche io, se devo essere sincero, alle medie nessuno dei miei compagni di squadra riusciva a schiacciare così velocemente.»
«Devi ammettere che a volte alzi certi missili, all'inizio ho fatto fatica anche io.» scherza riuscendo a strappargli un piccolo sorriso.

L’intesa di questi ragazzi è qualcosa di sovrumano, un’unione che niente e nessuno potrà spezzare.
Ma il loro momento idilliaco viene bruscamente interrotto da una figura che irrompe nella palestra.

«TOBIO KAGEYAMA!» urla la figura creando un eco in tutta la palestra.

Nel sentire quella voce il diretto interessato capisce di essere in grossi guai.
Cazzo! Mi sono completamente dimenticato che avevo un incontro con Shina nel pomeriggio!
Infatti è proprio la psicologa di Tobio, giocando ha perso la condizione del tempo e si è scordato del loro incontro pomeridiano.

«Ciao Shina...»

La saluta fingendo di non sapere perché è lì.

«Ma si può sapere perché non mi rispondi? Ti avrò chiamato minimo dieci volte!» esclama avvicinandosi a lui. «Ho dovuto chiedere a tutto il reparto per capire dove fossi, ho avuto paura che fossi sgattaiolato via di nuovo!» lo rimprovera con tono preoccupato. «Lo sai ch«e anche se non rispondi alle chiamate mi basta un biglietto sul letto dove mi dici: “Shina sono a posto X, ho avvisato infermiera Y” ed io sono tranquilla!»
«Scusami, avrei dovuto avvertirti, ma mi sono completamente dimenticato...»
Fa un profondo respiro cercando di calmarsi.
«Va bene… Sai che non voglio urlare e farti spaventare, però ricordati che-...»
«È colpa mia.»
Le parole di Shina vengono interrotte da un terzo.
«Come…?»
«La colpa è tutta mia.» ripete Shoyo attirando l’attenzione su di sé. «Sono stato io a chiedere a Kageyama di giocare con me. Non mi sono preoccupato di chiedergli se aveva impegni e non avevo idea che non avesse avvertito nessuno. Le chiedo immensamente scusa.»
Conclude facendo un profondo inchino lasciando Shina leggermente in imbarazzo.
«Non-non c’è bisogno di scusarsi in maniera così formale. Ho esagerato anche io dei toni bruschi lasciandomi prendere dalla preoccupazione.»
«E lo capisco, non volevo privare Kageyama dei suoi impegni. Detto questo, mi scuso di nuovo e tolgo il disturbo.»
«Shoyo-…»
Tobio cerca di fermarlo prendendogli la mano ma il ragazzo lo ferma.
«Va tutto bene, Kageyama.» gli sorride. «Ho i miei pulcini da allenare, ricordi? Sarei dovuto andare vie comunque.»
Tobio annuisce alla sua domanda.
«Ci sentiamo appena finiti gli allenamenti o domani se sei stanco.» volta la sua attenzione verso la psicologa. «Arrivederci, le auguro una buona giornata.»

Prima di andarsene regala a Tobio un ultimo sorriso anche se con un tono dispiaciuto e, dopo aver sistemato tutta la sua roba nel borsone, esce dalla palestra e dall'ospedale lasciando il suo amico nella più cupa prostrazione.

«Spero tu sia contenta adesso.» ringhia a capo basso.

«Ascoltami tesoro, non avevo idea che sarebbe successo questo e non volevo nemmeno che se ne andasse vi-...»
«A me sembra tutto il contrario invece!» alza lo sguardo verso di lei e stringendo i pugni. «Perché hai dovuto interrompere tutto proprio quando ero al massimo della felicità? Perché devi sempre rovinare tutto?!»
«Tobio, ascolta-…»
«No!» indietreggia. «Non ti avvicinare e non osare toccarmi! L’unico amico che avevo si allontanerà da me e sarà tutta colpa tua!»

Con le lacrime che bagnano il suo viso, il ragazzo dai capelli corvini, si rifugia nella sua stanza per tutto il resto della giornata tenendosi stretto il regalo di Ukai, che ha raggiunto il suo letto come aveva promesso Kahori, ed ha evitato i pasti.
La sera stessa, prima della fine del suo turno, Shina va a parlare col ragazzo per cercare di aggiustare le cose.

«Ehi...» esordisce timidamente dopo aver bussato alla sua porta. «Ho sentito che hai rimandato indietro i piatti, sei sicuro di non avere fame?»

La visita che si para ai suoi occhi la fa sentire più in colpa di prima: Tobio è raggomitolato nel suo letto circondato da fazzoletti con ancora la tuta addosso e stringe a sé una maglietta arancione. Nel sentire la sua voce si limite a guardarla senza rispondere.

«Non ti ho mai visto con quella maglietta, è nuova?»

Sorride, si avvicina al letto del ragazzo e dopo aver buttato i fazzoletti si siede accanto a lui, cercando di attaccare bottone e sembra funzionare perché annuisce.

«È un regalo del tuo nuovo amico?»
Nega.
«L’hai comprata su Internet e te la sei fatta dare?»
Nega nuovamente.
«Mmmh… ah! Te l’ha portata Ukau, vero? L’ho visto stamattina mentre andava via.»
Finalmente ha un riscontro positivo.
«Aaah, ora capisco perché la tieni così stretta a te.» sorride. «Posso vederla?»
Timidamente Tobio allenta la presa e gliela porge in modo che possa osservarla da più vicino ed in maniera più dettagliata.
«È davvero bellissima. Sembra una maglietta ufficiale e, devo ammettere, che questi colori ti donano davvero. Ricordano quasi il colore di capelli tuoi e di quel Shoto.»
Conclude accarezzandogli i capelli, che su di lui, ha un istantaneo effetto calmante.
«… c’è ancora qualcosa da mangiare…?» mormora tirando su col naso.
«C’era quello che non hai mangiato a cena, ma ora sarà freddo e non posso chiedere di riscaldartelo perché la cucina è chiusa da un pezzo. Ti va bene se ti prendo qualcosa dalle macchinette?»

Annuisce riportandosi la maglietta contro il petto mentre Shina si allontana col sorriso in volto. Vari minuti dopo ritorna in camera con un pacchetto di M&M’s e un bicchierino contenente del latte caldo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


«Questa è la tua cena.» spiega mostrando il sacchetto giallo. «E questo ti aiuterà ad addormentarti.» mostra il bicchiere di latte.
Posa entrambe sul tavolino mentre il ragazzo si mette seduto sul letto ed inizia a consumare la sua “cena”.
«Mi dispiace tanto per quello che è successo oggi. Non volevo rovinarti la giornata e che il tuo amico se ne andasse via.»
«È stata colpa mia.» esordisce dopo alcuni minuti di silenzio. «L’ho detto anche a Shoyo… non ho avvertito nessuno e mi sono completamente dimenticato dell’incontro. Mi stavo divertendo così tanto che ho perso la condizione del tempo… mi sono arrabbiato con te, ma ero arrabbiato con me. Ho avuto paura che per colpa della mia condizione gli passasse la voglia di stare con me...»
«Non dire sciocchezze! Hinata ti ha conosciuto in ospedale, sa quello che hai ed essendo stato anche lui un paziente può capire maggiormente quello che devi fare e perché. Lui ti vuole bene per come sei ed il suo sentimento è sincero, se no, non farebbe tutto ciò.»
«Quindi non l’ho perso per sempre…?»
«Certo che no, anzi, vi avvicinerete sempre di più.»

Dopo quella semplice, ma importante frase, il rapporto tra Tobio e Shoyo ha lentamente cominciato a mutare e diventare più intenso; non riescono a stare lontani, sfruttano ogni momento per incontrarsi e se questo non accade, rimangono in contatto con messaggi e telefonate lunghe anche svariate ore.
Hanno passato ogni momento possibile insieme, come il Natale: Shoyo gli ha fatto una sorpresa presentandosi in camera sua con un sacco pieno di regali mentre lui era andato a fare una radiografia.
Quello è stato il momento più felice delle loro vite.
Anche Tobio non si è risparmiato: ha chiesto vari giorni il permesso per andarlo a trovare mentre allenava i pulcini ed ha fatto visita anche a Keishin che lo ha presentato ai suoi alunni con orgoglio. Tobio ora si sente a suo agio con Shoyo che ha dato l’ok al ragazzo di chiamarlo per nome.
Il giorno di Capodanno sono stati insieme sul tetto dell’ospedale con fette di Pandoro e Coca-Cola per poi guardare i fuochi d’artificio allo scoccare della mezzanotte e iniziare l’anno nuovo mano nella mano.
Loro forse non lo sanno ma se due persone sono fatte l’una per l’altra finiranno per ritrovarsi, a dispetto della distanza, del tempo e persino delle circostante.

Sono passati vari mesi ormai e poco prima del loro solito incontro, Shoyo chiama Tobio con la gioia alle stelle.

«Pronto Shoyo?» risponde subito lui.

«Ciao Tobio!» esclama quasi assordandolo.
«Come mai sei così contento? Ukai ti ha offerto un aumento?»
«Sarebbe un sogno.» ridacchia. «Ma no, non si tratta di questo.»
«Allora cosa è successo?»
«Te lo dico quando arrivo, a proposito, che gusto lo vuoi il bubble tea?»
«Alla mela verde con le palline al frutto della passione, come l’altra volta.»
«Ricevuto, a dopo!»
«A dopo.»

Per Tobio, sembra tutto normale, ma quello che non sa, è che da questo momento, le loro vite cambieranno per sempre.

«Allora, qual è la notizia di cui volevi parlarmi?» domanda poco dopo l’arrivo di Shoyo.

«Ah, sì!»
Beve un sorso del suo bubble tea alla fragola, lo posa sul tavolino e si mette seduto a gambe incrociate in modo da poterlo guardare negli occhi.
«Ti ricordi che una volta ti ho parlato di un mio amico di Tokyo, Kenma Kozume?»
«Sì, me lo hai anche fatto conoscere in videochiamata.»
«Benissimo. Questo mio amico ha continuato a giocare a pallavolo a differenza mia.»
«Mh-mh.»
«E un paio di mesi fa, ha saputo che stavano cercando dei giocatori per formare la squadra che rappresenterà il Giappone hai mondiali.»
«Oh.»
«Siccome avevano appena iniziato a scegliere, lui ha fatto il mio nome nonostante la mia inattività.»
«Okay...»
«Io non so perché e non so per come, ma dopo aver parlato tra di loro, hanno parlato anche con Ukai essendo il mio quasi allenatore.»
«Mh.»
«Mi hanno convocato, mi hanno fatto fare vari test, ricordi che un giorno non sono potuto venire perché avevo un impegno importante?»
«Sì...»
«Ecco, ero a fare i test ed è venuto fuori che...» sorride. «Sono idoneo!»
«Come…?»
«Tra cinque giorni parto per andare in Brasile ai mondiali!» esclama entusiasta. «Non è fantastico?»

La notizia arriva a Tobio come una secchiata di acqua gelida, probabilmente una pallonata allo stomaco avrebbe fatto meno male. Non vuole che Shoyo parta e lo lasci solo, ma non può nemmeno impedirgli di seguire il suo sogno.

«Quindi… parti…?»

La domanda sfugge dalle sue labbra come un sussurro.

«Beh, sì. Hanno detto che ci vogliono far allenare lì per farci ambientare e farci conoscere le altre squadre. Kenma mi ha anche detto che ci potrebbero essere delle mie vecchie conoscenze e non vedo l’ora!»
«Ah… capisco...»
«Sembri strano Tobio, va tutto bene?»
«Sì… è solo… solo che...» si asciuga velocemente gli occhi con la mano, non vuole che lo veda piangere. «Sono davvero felice che ti si è presentata questa incredibile opportunità. Il viaggio è anche tra pochi giorni...»
«Già, la conferma mi è arrivata stamattina, per questo il poco preavviso.»
«Comprensibile.»
«La cosa che un po’ mi spaventa è stare via da te per così tanto tempo e riprendere a giocare seriamente.»
«Non devi avere paura Shoyo.» lo rassicura accarezzandogli una guancia. «Io sarò sempre con te e sono sicuro che ti ambienterai in un batter d’occhio, ti conosco.»
«Mi guarderai giocare, vero?»
Tobio sorride.
«Non mi perderò nessuna partita ed userò tutto il fiato che ho in corpo per fare il tifo per te.»

Alle parole del suo amico, Shoyo si fionde tra le sue braccia in un abbraccio pieno di conforto ma anche di paura della separazione. Entrambe sono ben consapevoli che la lontananza sarà dura per loro che sono abituati a stare insieme in continuazione.

«Senti, invece che piangersi addosso, perché non vieni qui e ci guardiamo il tuo film preferito? Anche perché mancano cinque giorni.»

Propone Tobio mettendosi seduto a gambe aperte in modo che Shoyo possa sedersi tra di esse e posare la schiena contro il suo petto.

«Vuoi davvero guardare “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”?»
«Certo che voglio. Dai mettiti qui che ce lo guardiamo subito.»

Shoyo non se lo fa ripetere un’altra volta e si avvicina accocolandosi sul suo petto.

«La sai una cosa?»
«Cosa Shoyo?»
«In un certo senso mi ricordi Piton.»
«Piton?» aggrotta le sopracciglia. «Perché proprio lui?»
«All'inizio, quando ti avevo appena incontrato, pensavo che fossi incazzato col mondo e che non sarei mai riuscito ad avvicinarmi a te.»
È stata davvero questa la sua prima impressione di me? E menomale che è la prima impressione quella che conta.” pensa il ragazzo.
«Ma conoscendoti col tempo ho capito che ti comportavi così perché eri ferito e che avevi bisogno di tempo per prendere confidenza.»
«Wow...»
«Ci ho preso?»
«Decisamente.»
«Scusami se te lo chiedo ma, dove sono i tuoi genitori?»
Improvvisamente una scossa di brividi percorre tutto il suo corpo facendogli venire la pelle d’oca. È un tasto dolente per lui.
«Perché lo chiedi?»
«In tutti questi mesi non li ho mai visti farti visita, nemmeno a Natale o Capodanno, ed io sono venuto sette giorni su sette.»
«Non ho un padre perché lui un figlio come me non lo voleva.»
«Ti hanno abbandonato?»
«Più o meno, hanno deciso di non venire più, ma ho imparato a farmene una ragione. Ci guardiamo il film?»

Tobio cerca di cambiare in fretta argomento per non parlare dei suoi genitori che non hanno mai creduto in lui e che, dopo la sua maggiore età, non si sono più presentati in ospedale. Per quello che ne sa, potrebbero anche essere spariti dal Giappone senza dirgli nulla.
Per Shoyo sentire di certi legami familiari è quasi inconcepibile, in quei casi si sente fortunato nell'avere una famiglia numerosa, unita e che lo sostiene nei suoi sogni.

Stretti stretti sotto le coperte i due guardano i film più disparati; dalla saga di “Harry Potter” alla Disney, passando per lo Studio Ghibli, fino ad addormentarsi l’uno tra le braccia dell’altro. Uniti più che mai.
A svegliarli dal loro sonno ci pensa Kahori che sta facendo i sui giri di pulizia.

«Ragazzi…? Ragazzi?» li risveglia con tono dolce.

Il primo a sentire la voce della donna è Tobio che apre lentamente gli occhi per poi stropicciarsi il viso.

«Ciao Kahori.»

La saluta con la voce ancora roca e impastata dal sonno.

«Ben svegliato tesoro, si sta facendo tardi, forse è meglio se svegli il tuo amico.» sorride furbetta indicando Shoyo con un cenno della testa.
Appena realizza la loro posizione le sue guance ed orecchie si arrossano.
«N-n-no ma non è come sembra.»
«Perché, cosa dovrebbe sembrare? Siete due “amici” che stanno passando del tempo insieme.» sorride. «Io ripasso più tardi a pulire, ma vedi di non farlo tornare a casa quando fuori è buio, intesi?»
«Intesi.»

La donna esce dalla stanza lasciando i ragazzi nuovamente soli. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Tobio ne approfitta per scattare una foto a Shoyo mentre dorme come sorta di ultimo ricordo prima che parta, nonostante la sua galleria sia piena di foto e video insieme.

«Shoyo, Shoyo svegliati.»

Mormora al suo orecchio e muovendolo lentamente nel tentativo di svegliarlo.

«Mmmh...» mugola per tutta risposta.
«Svegliati o rischi di perdere l’ultimo bus come settimana scorsa.»
«Mmmh… no… no mamma non voglio andare...»
«Dai smettila di scherzare, cretino.» lo riprende con un piccolo sorriso.
Il ragazzo dai capelli color carota non riesce a sentire i richiami del suo interlocutore a causa del suo sonno profondo.
«Ma che dici Shoyo? Sono Tobio, ti devi alzare.»
«Tobio… non mandarmi via da lui...»
«Via da lui…?» sospiro. «Questo sta dormendo come un sasso.»
Si sposta lasciando che il ragazzo si sdrai completamente e si mette seduto sulle sue gambe.
«Shoyo alzati, sorgi e splendi.»
Cerca di chiamarlo ma non sembra funzionare così usa la sua ultima arma.
«Sveglia!» quasi urla scuotendo le spalle del qui amico facendolo svegliare di soprassalto.
«No! Non voglio salire!»
Farfuglia Shoyo risvegliandosi dal suo incubo e, nel vedere Tobio su di lui, arrossisce in maniera velata.
«Ora ti credo quando mi hai detto che la mattina fai fatica a sentire la sveglia, stavo per andare a prendere le bomba a mano.»
«Come sei esagerato.» minimizza mettendosi seduto correttamente. «Stavo facendo un sogno bellissimo e tu me lo hai interrotto.»
«Un sogno bellissimo?» inarca un sopracciglio. «Ma se quando ti ho detto che ero io hai mormorato: “Tobio… non mandarmi via da lui…” e continuavi a dimenarti.» lo prende in giro imitando la sua voce.
«Beh… beh, non me lo ricordo.»

Invece Shoyo se lo ricorda e molto bene. Non stava facendo un bellissimo sogno ma un incubo dove, appena salito sul bus diretto all'aeroporto, Tobio gli volta le spalle e se ne va senza salutarlo.
Quel sogno lo ha scombussolato a tal punto che, fino al giorno prima della sua partenza, non è andato a trovare Tobio per cercare di trovargli un significato.
L’ultimo giorno disponibile per stare insieme i due vanno a passeggiare nel parco vicino all'ospedale così da essere comunque vicini in caso di emergenza.

Tra i due c’è un silenzio strano dove nessuno dei sue vuole aprire bocca, ma Tobio prende coraggio.

«Shoyo...»

Esordisce con la voce quasi tremante.

«Sì?»
«Io… ecco… io voglio...»
Si passa una mano sul viso cercando di raggruppare tutte le sue idee mentre l’altro lo guarda senza capire.
«Ecco… sì, insomma… voglio darti questo!»
Fruga le mani in tasca ed estrae da essa un braccialetto con perline nere e arancioni e con un ciondolo a forma di quadrifoglio. Il maggiore tende la mano verso il minore che, appena vede il suo regalo, non sa come reagire se non arrossendo.
«Tobio...»
«So che non avrai bisogno di un portafortuna perché sei già bravo di tuo ma, volevo che avessi qualcosa fatto da me nel caso sentissi troppo la mia mancanza.»
Spiega con la punta delle orecchie arrossate.

Shoyo non dice nulla ma abbraccia stretto il ragazzo che ricambia con altrettanto affetto e calore.

«Sono così felice di averti conosciuto, Tobio. Ogni momento che passo insieme a te diventa magico e non posso stare senza di te, sei diventato come ossigeno.»

Esordisce dopo minuti di silenzio senza interrompere l’abbraccio.

«Anche tu sei il mio ossigeno, Shoyo. Da quando ti ho conosciuto hai ribaltato la mia vita sottosopra e mi hai fatto sentire importante come non mai. Sono contento che mi sei venuto addosso quel fatidico giorno.»

Si allontanano dall’abbraccio, Tobio fa indossare l’abbraccio a Shoto ed entrambi si guardano negli occhi comunicando con essi tutto quello che i loro cuori vogliono urlare.
In pochi istanti l’atmosfera tra loro due cambia facendosi calda e piena di tensione, lentamente il nero crinito abbassa il viso verso il ragazzo che si protende verso di lui mettendosi in punta di piedi. Il minore intreccia le braccia intorno al collo del maggiore senza smettere di avvicinarsi. Le loro labbra sono a pochi centimetri di distanza, l’impatto è imminente.
Ma…
Una chiamata improvvisa sul cellulare di Shoyo rovina tutta l’atmosfera facendo ritrarre entrambi come se fossero colpevoli.

«Scusami… è Ukai, devo rispondere.» unisce le mani in segno di scuse e risponde. «Pronto… No, sono fuori perché? … Oh, okay. Mi dia dieci minuti e arrivo.»

Riattacca e guarda Tobio con sguardo dispiaciuto.

«Che succede?»
«Devo tornare a casa, Ukai mi sta aspettando lì per un breve briefing in attesa di domani.»
«Ah… capisco. Allora è meglio che vai, so quanto è spaventoso se lo si fa aspettare troppo.»
«Tu sei sicuro di voler tornare a da solo? È già il tramonto, ti riaccompagno indietro.»
«No, non c’è problema.» sorride. «Vai, non preoccuparti per me.»
«Allora posso stare tranquillo?»
«Certo.»
«Fatti dare un ultimo abbraccio.»

I due si stringono nuovamente l’uno tra le braccia dell’altro dando vita ad un abbraccio più lungo e sincero del precedente. Questo è il loro ultimo abbraccio, deve essere speciale.

«Shoyo, io-...»
Tobio vorrebbe dare fiato al suo cuore ma lo interrompe.
«È tutto okay.» lo rassicura alzando gli occhi verso di lui. «So che domani mattina sei pieni di esami, quindi non c’è bisogno che ti scusi in anticipo.»
«Oh… va bene, allora non lo farò.»
Anche perché non voglio che tu mi veda andare vie in lacrime… solo il pensiero mi spezza il cuore…” pensa Shoyo con malinconia.
«Forse è meglio che vada...» mormora. «Ukai mi aspetta.»
«Dai il cento per cento in campo, okay? Non arrenderti per nessun motivo.»
Lo incita per dargli sicurezza.
«Combatterò con tutte le mie forze solo per te.»
«Così mi piaci.»

E così si allontanano dall'abbraccio e, dopo essersi salutati un’ultima volta con un cenno della mano ed un sorriso, si dirigono nelle rispettive abitazioni con il cuore confuso e la voglia di piangere che preme contro i loro petti.

Appena ritornato in ospedale Tobio viene accolto da Kahori che, vedendolo a testa bassa, si avvicina a lui preoccupata.

«Ehi.» lo saluta accarezzandogli il viso. «Cosa è successo? Hai litigato col tuo amico?»

Lei non è a conoscenza della sua partenza verso il Brazile, sa solo che va a giocare fuori, l’unica che lo sa è la sua psicologa. Alle sue domande si limita ad evitare il suo sguardo, ritrae le labbra per non crollare e nega col capo.

«Allora cosa è successo gioia mia? Per favore, guardami negli occhi.»

Con coraggio alza lo sguardo e mantiene la calma senza accennare a crollare.

«L’ho perso.. ho perso…»
«Ma cosa dici? Solo perché va a giocare fuori Tokyo non significa che non sarete più amici, su col morale mio caro Tobiuccio
«I-invece ne sono sicuro! Lui si farà un sacco di nuovi amici ed io rimarrò quello sfigato con la fibrosi cistica!»
«Smettila di sottovalutare così la vostra amicizia.» lo rimprovera con tono dolce. «Shoyo è un ragazzo vero e sincero, non farebbe mai una cosa del genere. Il vostro affetto è forte e nulla potrà romperlo.»

In quell'istante la psicologa di Tobio esce dal suo ufficio e appena lo vede si avvicina a lui per sapere come sta, ma nota qualcosa di strano.

«È successo qualcosa?» domanda.
«L’ho perso...»

Ripete nuovamente il ragazzo guardando Shina che, appena vede i suoi occhi capisce e lo avvicina a sé.

«Kahori potresti andare in cucina e chiedergli se mi preparano un po’ di tè?»
«Certo, non si preoccupi, vado subito.»
«Saremo nel mio ufficio. Vieni Tobio.»

Entrambi entrano nel suo ufficio e lei cerca di farlo sfogare fallendo perché ostinato dal tenersi tutto dentro. L’incidente della partita in palestra è stata una delle poche volte in cui Tobio abbia pianto davanti a lei; suo padre gli ha insegnato che non poteva permettersi il “lusso di piangere” e, come è solito dire: “Le cattive abitudini sono dure a morire.”.

Shoyo, invece, ha vissuto il tutto in maniera differente: è riuscito a trattenere le lacrime fino a che Ukai non se ne è andato, ma subito dopo si è chiuso in camera dando pieno sfogo ai suoi sentimenti.
Queste non sono lacrime di gioia… perché sto piangendo?” si domanda tra un singhiozzo e l’altro. “Fino a pochi giorni fa ero felice come una Pasqua ed ora mi ritrovo qui a disperare…” posa lo sguardo sul braccialetto che gli ha regalato Tobio, lo sfila dal polso e da un bacio al ciondolo come se volesse trasmetterlo al ragazzo. “Devo solo tenere duro, no? Non durerà per sempre. E poi, questa è la mia occasione di realizzare il mio sogno!

I ragazzi non si sono cercati per tutto il resto della serata, nemmeno per messaggio; finché non si danno la buonanotte, per loro la giornata non è ancora finita. Tobio ha addirittura spento il cellulare, mentre l’altro si è addormentato scrollando le foto e i video insieme.

Il mattino, purtroppo, non ha tardato ad arrivare e due sveglie hanno svegliato i rispettivi padroni costringendoli ad iniziare la loro giornata.
Il primo a mettersi in carreggiata è Tobio avendo vari esami e visite di controllo il programma, mentre il secondo è Shoyo che deve sistemare le ultime cose in valigia e prendere il pullman che lo porterà in aeroporto dove lo aspetta tuttala squadra. Ha provato più e più volte a chiamare il suo amico ma, avendolo spento, non è riuscito.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Finita la prima e la seconda colazione Shoyo saluta nuovamente i suoi genitori e sua sorella prima di raggiungere la stazione. Mentre attende manda un ultimo messaggio a Tobio per fargli sapere che lo penserà e che gli porterà un enorme souvenir.

Mentre Shoyo è diretto in aeroporto Tobio sta aspettando il suo turno per un prelievo del sangue con l’umore sotto i piedi, sembra essere tornato il ragazzo che era prima di incontrare il suo raggio di sole. Non vuole parlare con nessuno rimane seduto a braccia conserte cercando di accettare che lui sta realizzando il suo sogno e che non lo abbandonerebbe mai.

La fredda e nebbiosa mattina passa tra silenzi e attese e, poco prima di pranzo, Tobio finisce gli esami e si rintana nella sua stanza senza aver acceso il suo cellulare.
Ma lui non sa che quello che sta per accadere, sarà un momento importante per entrambe.

Dopo aver evitato nuovamente il pranzo, una infermiera va a bussare alla sua porta.

«Kageyama, sei sveglio?» domanda vedendolo con la coperta fin sopra i capelli.

«Sì...» mugugna dopo pochi minuti.

«C’è una persona all’entrata che desidera vederti.»
«Digli di andarsene. Non ci sono per nessuno.»
«Ne sei proprio sicuro? Questa persona mi sembra molto vogliosa di vederti.»
«Sì, ne sono sicuro. Voglio stare da solo.»
«Allora perché non vai a dirglielo tu?»
Tobio si scopre dalla coperta seccato, senza rendersi conto di sembrare un pulcino tutto spettinato, rivolge uno sguardo di dissenso all’infermiera che, invece, lo guarda sorridente.
«E va bene, sto arrivando.» sbuffa indossando le ciabatte.

La donna lo accompagna all’ingresso dove lo aspetta l’ultima persona che si sarebbe mai immaginato di vedere di fronte ai suoi occhi: Shoyo Hinata.
Il ragazzo, infatti, è sceso dal pullman alla prima occasione ed ha raggiunto l’ospedale correndo come un disperato.
Tobio nel vederlo a pochi metri di distanza col fiatone, non sa come reagire rimanendo con una espressione sconvolta in volto.

«Ma si può sapere quando avevi intenzione di accendere quel dannato cellulare?!» lo rimprovera recuperando un po’ di fiato. «Ho cercato di chiamarti un milione di volte.»

Al ragazzo non ci vuole molto per riprendere il controllo della situazione.

«Che diavolo ci fai tu qui? Dovresti prendere l’aereo, vattene!»
«Non preoccuparti, sanno già che non vado più.»
Alla sua frase, il cuore gli salta un battito.
«Che cosa…?!»
«Mi ci è voluto un po’ per convincerli, in effetti, ma credono che abbia una forte intossicazione alimentare e che sono stato costretto al ricovero in ospedale.»
Il ragazzo dai capelli color clementina sorride lasciando disarmato il suo amico che si sente come se gli stessero per cadere le braccia.
«Tu sei pazzo Shoyo...» quasi sussurra.
Per tutta risposta lui continua a sorridere e si avvicina sempre di più.
«Sì, io sono pazzo ma pazzo di-..»
«Tu non puoi restare qui.» lo zittisce. «Richiamali e digli che stavi scherzando, sbrigati.»
«Cosa…? No, non lo farò. Dammi ascolto Tobio.»
«No, tu ascolta me.» prende le mani del ragazzo facendo intrecciare le dita. «Dimmi perché, perché  hai rinunciato al tuo più grande sogno?»
«Perché non sarei mai riuscito a sopportare l’idea di starti lontano per così tanto tempo. Senza di te io non sono nessuno, non-...»
«Ma che stai dicendo? Tu sei un bravissimo giocatore e saresti andato alla grande anche senza di me.»
«Sai cosa mi piace di te?» sorride. «Che mi fai finire le frasi.»
«Che intendi dire?»
«Posso parlarti senza che mi interrompi?»
«Va bene, parla.» sospira.
«Quello che sto per dirti è molto importante, delicato e devi ascoltare bene.»
«Sono tutto orecchie.»
Posa le mani sui fianchi in attesa di risposte. Shoyo fa un profondo respiro cercando di accumulare tutto il coraggio necessario.
«Come potevo giocare serenamente sapendo che sarei stato lontano dalla persona di cui mi sono innamorato perdutamente?»
Tobio rimane in silenzio per alcuni secondi per metabolizzare ciò che gli ha appena detto.
«Cosa…?»
«Eh, sì. Io sono innamorato, sono innamorato e non ci posso fare niente Tobio.»
Il ragazzo di capelli corvini si passa una mano sul viso interdetto.
«E c’era bisogno di mettere a repentaglio tutto per amore? Gli chiedevi di venirti a trovare almeno una volta e pace!»
«Non posso chiedergli una cosa del genere, non può prendere l’aereo!»
«Cos'è, soffre l’aereo o cose simili?»
«Cose simili...»
«Ma si può sapere chi è il pirla che ti ha convinto a mandare tutto all'aria?»
«Lo vuoi conoscere?»
«Certo!»
«Benissimo.»

Alla sua risposta il ragazzo sorride, prende il suo viso tra le mani e lo attira a sé in un bacio che aspettata di dargli da tanto tempo. Tobio rimane bloccato per alcuni seconda ma successivamente chiude gli occhi, posa le mani sui fianchi di Shoyo tenendolo stretto a sé e ricambiando il bacio con foga e passione.
Pochi minuti dopo il minore si allontana dal bacio per riprendere fiato e sorride.

«Ti amo, Tobio Kageyama.»
«Ti amo anche io, Shoyo Hinata.»
Entrambi si sorridono a vicenda e commemorano il momento con un ulteriore bacio a stampo.
«Ora hai finalmente capito?»
«Ora sì, ho finalmente capito. Ho anche compreso che non posso starti lontano, come ti ho detto ieri, sei il mio ossigeno.»
«Da quando sei così sdolcinato?» scherza. «Cosa hai fatto al mio Tobio?»
I due scoppiano a ridere sotto gli sguardi amorevoli degli altri pazienti e si abbracciano a cuor leggero, nonostante le loro gote ed orecchie arrossate.

Non è passato molto tempo prima che Ukai sia venuto a sapere del forfait di Shoyo e, conoscendolo bene, Tobio sa che deve nascondere Shoyo il tempo necessario per farlo calmare. Sono stati insieme venti minuti prima di nasconderlo.
Ukai, infatti, è arrivato in ospedale nel primo pomeriggio. Sa che è lì, non ci sono altri posti in cui andrebbe a cercarlo; la sua rabbia è alle stelle e si dirige a passo spedito verso la stanza di Tobio.

«Lui dov'è?»

Esordisce appena mette piede all'interno dell’abitacolo.

«Buongiorno anche a te, eh.»

Lo saluta il ragazzo alzando lo sguardo dal suo manga.

«Non fare il finto tonto con me, dimmi dov'è.»
«Di chi stai parlando?»
«Lo sai benissimo a chi mi sto riferendo. Tiralo fuori dal suo nascondiglio o ribalto questa stanza da cima a fondo.»
«Ma chi dovrei nascondere?»
«Per favore Tobio.» fa un sospiro. «Non sono idiota: stai leggendo il manga alla rovescia, dal rossore della pelle posso dedurre che quei succhiotti sono nuovi e continui a a guardare l’armadietto. Tiralo fuori, prometto che non gli faccio niente.»
Ukai si fa una croce sul cuore che convince il ragazzo a scendere dal letto, si avvicina all'armadietto dandogli tre colpetti.
«Va tutto bene.»
«Posso uscire…?»
«Sì, non preoccuparti.»
«Dal tono di voce mi sembra parecchio arrabbiato, forse è meglio se aspetto dieci minuti.»
«Fidati di me, non ti fa niente.»
Sblocca l’armadio e da lì esce Shoyo lasciando Ukai a domandarsi su come abbia fatto ad infilarsi lì dentro.
«Ciao...»
Esordisce dopo essersi sistemato i vestiti.
«Ciao? Ciao?! IO TI SPEZZO LE GAMBE!»
Si fionda con rabbia verso il ragazzo che, impaurito, comincia a scappare come un cerbiatto dal cacciatore.
«NO! NON FARMI MALE! FARÒ GLI STRAORDINARI SENZA CHIEDERTI UN SOLDO, PROMESSO!»
«EHI!»
Tobio si intromette tra i due a spada tratta e nascondendo dietro di sé Shoyo con un braccio.
«Hai promesso di non fargli male, se ti avvicini chiamo la sicurezza.»
Ukai rimane sorpreso dalla presa di posizione del ragazzo, non lo aveva mai visto difendere con così tanta sicurezza nessuno prima d’ora.

Rimangono tutti fermi per svariati minuti dando il tempo ai bollenti spiriti di raffreddarsi.

«Ora ci calmiamo tutti, okay?»
«Io sono calmissimo, è lui che è andato in modalità Terminator!»
«Non farmi sembrare il cattivo della situazione, Shoyo! Hai buttato nel cesso un’occasione d’oro! Per cosa poi?»
«Per stare con Tobio!»
«Ma perché?! Non stavi partendo per la guerra, lo avresti rivisto appena tornato!»
«E se avesse avuto il trapianto mentre ero via? Gli ho promesso che gli sarei stato accanto e non mi sarei perdonato se avessi mancato alla mia promessa.»
Alla rivelazione del ragazzo Ukai rimane sorpreso ma per un motivo ben preciso.
«Hai ripreso a pensare in maniera concreta al trapianto? Non avevi detto che avevi perso la speranza?» lo stuzzica.
«Beh… con Shoyo accanto mi sono convinto che la speranza è l’ultima a morire.»
Confessa avvicinando a sé il ragazzo posando un braccio intorno alle sue spalle. L’uomo li osserva per alcuni minuti per poi sospirare in segno di resa.
«Ormai la frittata è fatta, non si può tornare indietro.»
I due si guardano tra di loro con un sorriso trionfante.
«Ma ciò non significa che non posso punirti.» precisa. «Farai gli straordinari per tutto il resto del mese ma non te li pagherò, come hai detto proprio tu mentre scappavi per la stanza come una lepre impazzita.»
«No, ma io scherzavo.» ridacchia. «La prego, la scongiuro, mi dia il minimo per gli straordinari! Ho il mio fidanzato malato da mantenere!»

Nonostante Shoyo ci abbia provato con tutte le sue forze, non è riuscito a spillare nemmeno un centesimo ad Ukai che è rimasto fermo sulla sua posizione per tutto il resto del mese.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


La buona notizia è che, finalmente, Shoyo e Tobio hanno deciso di rendere ufficiale la loro frequentazione.
La famiglia di Shoyo sono andati a fare visita a Tobio in ospedale, il quale gli ha raccontato la sua storia, inclusa la sua fibrosi cistica. Shoyo avrebbe voluto conoscere la famiglia del suo amato ma, dopo vari tentativi falliti di mettersi in contatto, ha rinunciato e se ne è fatto una ragione.
Anche Tobio ha cercato di chiamarli ricevendo lo stesso trattamento. Questa per lui è la goccia che fa traboccare il vaso e ha preso la drastica decisione di cancellare il numero ed ogni foto che ha con loro, anche se risalgono solo a quando era un bambino felice.

Alcune settimane dopo Shoyo porta una persona speciale in ospedale con lui.

«Ciao amore!»

Esclama entrando nella stanza senza bussare, ormai è diventata la sua seconda casa.

«Ehi.»

Replica lui finendo di indossare la maglietta mentre l’infermiera che gli ha controllato il battito esce.
«Sei arrivato prima di quanto aspettassi.»
«Sì, pensavo che lei finisse più tardi.»
«Lei chi?»

Il ragazzo sorride e si volta verso la porta.

«Vieni pure Natsu!»

Pochi secondi dopo, dalla porta fa capolino una piccola figura dai capelli arancioni tirati su con due codini ed un mare di lentiggini sulle sue guanciotte paffute. La bimba è Natsu Hinata, la sorellina di cinque anni di Shoyo.

«Ciao Natsu.» la saluta Tobio con un sorriso. «È da un po’ che non ci vediamo.»

La piccola si limita a nascondersi dietro le gambe del fratello e accennare un timido saluto con la mano.

«Dai Natsu, non essere così timida.» la sprona il fratello prendendola in braccio. «Prima continuavi a dire che non vedevi l’ora di venire perché Tobio ti piace tanto.»
La stuzzica con fare scherzoso.
«Non è vero!»
Piagnucola lei nascondendo il viso rosso nel collo di Shoyo che se la ride.
«Perché hai ancora i pantaloni del pigiama?» domanda al suo ragazzo osservando il suo abbigliamento. «Siamo arrivati mentre ti stavi cambiando?»
Tobio ritrae le labbra; oggi dovevano uscire e portare Natsu al parco a giocare, ma a causa di una leggera febbre, la dottoressa non gli ha firmato il permesso di uscire.
«Ecco… so che ci eravamo prefissati di uscire oggi, ma io non posso...»
Il suo interlocutore rimane in piedi inclinando solo la testa di lato.
«Perché?» in quell'istante, un pensiero balena nella sua testa. «Stai per ricevere il trapianto?»
«No, è la solita febbre e la dottoressa non mi ha firmato il permesso, e poi...» volta i suoi occhi color blu notte verso la finestra scrutando il cielo. «… sembra che pioverà da un momento all'altro.»
«Che pizza!» lamenta come una cantilena. «E dire che mamma si era raccomandata di portare l’ombrello.»
«E tu, ovviamente, non lo hai fatto.»
«In mia difesa posso dire che c’era un sole che spaccava le pietre quando sono andato a prenderla all'asilo. Vero Natsu?»
La piccola annuisce assecondando il suo amato fratellone facendo sospirare Tobio.
Prega che non scoppi il diluvio universale.” pensa.
«Ma non c’è nessun problema se non possiamo uscire, mi sono preparato anche a questa evenienza.»
Posa la sorella a terra che si affretta a salire sul letto e lui svuota lo zaino sulla piccola scrivania.
«Ho portato: la Nintendo Switch con vari giochi da fare a squadre, un quaderno e varie matite per giocare a “Nomi, cose, città”, il tablet per vedere qualche film, le carte di “Uno” e… ah! Ho portato i pastelli, i pennarelli e lo Shangai. Insieme a qualche panino e succo per mia sorella.»
«Ma che ti sei portato?» è a dir poco sorpreso dalla quantità di roba che stava all'interno di quello zaino. «Facevi prima a portarti tutta casa.»
«Amore mio, alleno dei bambini dai quattro agli otto anni e vivo con una sorellina di cinque, tutto questo è il minimo sindacale.»
«L’esperto sei tu.»

Contagiati dall’entusiasmo della bimba, i due la assecondano ritrovandosi a fare tutte le attività portate in un sono pomeriggio: torneo di “Uno”, torneo di “Nomi, cose, città”, torneo con la Switch, torneo a “Chi disegna meglio la parola” e Shangai, dove ha vinto, casualmente, sempre Natsu, concludendo il tutto guardando vari film di Barbie.
Durante la visione di “Barbie e le dodici principesse danzanti”, la sorella di Shoyo si è accoccolata tra le braccia di Tobio che la tiene stretta a sé.

«Io vado a prendere qualcosa da bere alle macchinette, voi avete bisogno?»

Domanda Shoyo scendendo dal letto di Tobio.

«Effettivamente io ho voglia di qualcosa, mi prendi una cioccolata calda? Ti do i soldi, prendi il mio portafoglio.»
Tobio fa per allungarsi ma Shoyo lo ferma.
«No, no, non preoccupati.» sorride. «È il minimo che possa fare.»
«Ma-...»
«Insisto, voglio farlo. E poi è una cioccolata, che vuoi che sia!» ridacchia.

Il ragazzo si allontana con un sorriso lasciando il suo amato e la sorella da soli.
Proprio mentre sta aspettando che si prepari la cioccolata, incontra Shina, psicologa.

«Ciao Shoyo.»

Lo saluta avvicinandosi.

«Oh, buon pomeriggio. Come sta?»
«Sto bene, ti ringrazio per l’interessamento. A te come va? Tutto bene?»
«Beh, sì, non mi posso lamentare anche se ogni tanto Ukai mi fa correre.» ridacchia.
«Immagino.»

Tra i due cala un silenzio imbarazzante scandito solamente dalla macchinetta che annuncia di aver finito. Poco prima di allontanarsi, si ferma accanto a Shina, spalla contro spalla.

«C’è una speranza?»

Il suo tono è preoccupato e con una punta di paura mista a tristezza.

«Come...?» domanda confusa.
«C’è una speranza che Tobio si salvi?»
«Tobio è un ragazzo combattivo, ce la farà senza ombra di dubbio.»
«La febbre è normale?»
«Sì, ma non è letale.»
Quella rassicurazione riesce ad alleggerire il cuore del ragazzo.
«La ringrazio.»

Appena torna in camera, la visione che gli si para davanti lo fa sorridere: Tobio e Natsu si sono addormentati con lui che la stringe da dietro a cucchiaio. Gli occhi di Shoyo si fanno lucidi e dopo aver scattato una foto ai due, spegne il tablet e si sdraia insieme a loro mettendosi alle spalle di Tobio e lo stringe da dietro.

Alcune ore dopo vengono svegliati dalla suoneria di Shoyo.

«Mmmh…»

Borbotta Tobio con voce roca e tenendo gli occhi chiusi.

«Spegnila Shoyo...»

Con gli occhi ancora chiusi Shoyo cerca di recuperare il cellulare ma i suoi movimenti sono così lenti che non fa in tempo a rispondere.

«Ma cosa hai, cinque anni? Come puoi avere “Crazy Frog” come suoneria?» ringhia stropicciandosi gli occhi.
«Di cosa ti lamenti tu che hai “90 Min” di Salmo?»
«Salmo è sacro e non si tocca.»
«E lo stesso vale per “Crazy Frog”.»
«Comunque chi era?»
«Ah...» prende il cellulare e controlla. «È mia mamma, mi ha appena scritto: “Esci, siamo qui sotto.”.»
Scende dal letto, si affaccia dalla finestra accanto ad esso e sorride.
«C’è la macchina dei miei qui sotto!» esclama entusiasta. «Devono essere venuti a causa della pioggia.»
«Anche perché sarebbe da mostri far stare una bambina di cinque anni sotto il diluvio universale.» lo stuzzica sarcastico.
«Ah ah ah, che ridere.» replica offeso. «Avrei cercato un ombrello in giro.»
«Ti sto solo prendendo in giro, scemo.»
Si alza e lo raggiunge da dietro circondando il suo bacino con le braccia e posa la testa contro la sua schiena.
«Questa febbre mi uccide...» mugola a denti stretti.
«Vuoi che ti vado a prendere un tè?» si volta lentamente verso di lui e prende le sue mani. «Ti può aiutare a stare meglio.»
«Lo prenderò dopo averti accompagnato dai tuoi. Dai, mettiti le scarpe che io cerco di mettere la giacca a tua sorella senza svegliarla.»
«No Tobio, ce la posso fare anche da solo.»
«Ma ce la-...»
«Niente “ma”, non ti devi sforzare troppo.»

Nonostante i suoi sbuffi non ha potuto ribattere perché Shoyo lo zittiva con un bacio, e non essendo ancora abituato, lo lasciavano senza parole e con il cuore che batteva con forza contro la sua cassa toracica.

«Ci sentiamo appena arrivo a casa, va bene?»

Domanda a Tobio che annuisce lentamente.

«Appena tua sorella si sveglia dille che mi sono divertito molto.»
«Lo farò sicuramente.»
Lo rassicura tenendo la bimba in braccio e gli sorride.
«Ci vediamo domani, ti amo.»
«Ti amo anche io Shoyo.»

I due si scambiano un dolce bacio a stampo e Tobio saluta ulteriormente il ragazzo con la mano mentre lo guarda entrare frettolosamente in una macchina e sparire lentamente nel traffico.
Si trova nuovamente solo.
Lui e la sua malattia.
Lui e i suoi tubicini a naso.
Lui e il suo cuore che grida “Shoyo” ad ogni battito.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Con un sospiro nasconde le mani dentro le tasche della sua felpa e, con passo lento e trascinato, si avvicina alla macchinetta più vicina per prendere un tè caldo.
Torna in camera sentendola estremamente vuota dopo il pomeriggio trascorso. Appena si siede sul letto, intento a girare il suo tè con uno stecchino, arriva Kahori col sorriso in volto.

«Buonasera tesoro.»

Esordisce dopo aver bussato un paio di volte.
Tobio alza lo sguardo e ricambia il saluto con un sorriso tirato.

«Ciao Kahori.»
«Sono venuta a portarti la Tachipirina per la febbre.»
«Grazie.»
La donna avvicina amorevolmente una mano verso il viso del ragazzo per poi posarla sulla sua fronte per controllare la sua temperatura.
«Non si è ancora abbassata da stamattina. Prendila, su.»
Lo sprona con tono dolce e liberando la pastiglia ruvida e bianca dal blister. Con un sorrisetto blando ingoia la pastiglia insieme ad un sorso di tè.
«Oggi ho visto che Shoyo ha portato la sua sorellina, eh?»
«Sì, è stata qui tutto il pomeriggio. Dovevamo portarla al parco ma a causa della febbre siamo dovuti rimanere dentro.»
«Beh, da come si è evoluto il meteo non sareste potuti uscire comunque.»
«Già… anche se Shoyo sembrava tenerci particolarmente. Mi è dispiaciuto non poter farlo felice.»
«Allora riposa tanto oggi e domani potrete stare fuori tutto il tempo che vorrete.» lo rassicura con tono materno. «Tra un’oretta ti chiamerò per la cena, se te la senti vieni alla sala comune oppure puoi mangiare in camera. Okay?»
«Okay.»

Dopo averlo salutato con un bacio sulla fronte Kahori lascia da solo Tobio che, dopo aver bevuto tutto il tè, si sdraia chiudendo gli occhi.

Appena apre gli occhi Tobio comprende di trovarsi sul marciapiede, di notte, e lontano dall'ospedale.
Come diamine ho fatto ad allontanarmi così tanto senza che nessuno mi fermasse?” si domanda confuso ed osservandosi intorno.
Le strade sono deserte, non c’è anima viva, l’unica illuminazione è quella donategli dai neon dei negozi e dai lampioni.
Che ore sono? Possibile che non c’è nessuno?
Con le mani tasta il suo corpo per cercare il cellulare e si rende conto di non indossare il suo solito pigiama di pile con tanto di felpona ma vestiti differenti. Abbassa lo sguardo sul suo corpo corrucciando le sopracciglia e nota: un bomber lucido nero, dalla zip leggermente aperta si intravede un cardigan di lana pesante dello stesso colore del cielo notturno, jeans larghi e Converse nere nuove di zecca.
Il sentore che qualcosa non va gli allarma il cuore mentre avvicina una mano tremula al naso per constatare che non sia un’allucinazione.
Si volta lentamente e sfrutta una lastra di vetro di un negozio buio per specchiarsi. La visione di fronte a lui gli fa sgranare gli occhi: la sua pelle ha un colore roseo e sano invece che pallida e leggermente grigia, non porta gli occhialini al naso per respirare, i suoi vestiti sono all'ultima moda e, solo ora, nota un borsone da palestra sulla spalla sinistra.
Lo posa a terra, apre la zip per cercare qualcosa che lo aiuti a capire e lì scopra una tuta che non riconosce. Estrae una felpa rossa che cita “Japan National Teams”, le sue mani iniziano a tremare nel leggere quella scritta.

«Ma che significa…? Io ho smesso di giocare sette anni fa.» sussurra tra sé e sé.

Mentre ripiega la felpa pronto a metterla a posto nota una maglietta, dello stesso colore della felpa, col numero 20 e un paio di ginocchiere.

«Che sta succedendo…?»

Rimette frettolosamente la felpa nella borsa chiudendo la zip e col cuore ansioso cerca nuovamente il cellulare, trovandolo in una tasca della giacca.
Accende lo schermo trovando una sorpresa.

«Perché il blocco schermo è una foto di un pallone da pallavolo sul palmo della mia mano? Fino a stamattina c’era Shoyo.»

Tobio non fa in tempo ad assimilare queste nuove informazioni che il cellulare inizia a vibrare; il nome sullo schermo luminoso provoca una scossa di brividi lungo tutto il corpo e il nome del contatto è “Mamma”.
Con un profondo respiro prende coraggio e risponde.

«Pronto?»

La sua voce risulta più tremante di quanto volesse e per questo si maledice mentalmente, ma la sua interlocutrice non sembra essersene accorta.

«Tobiuccio mio!»

La voce squillante ed estasiata della madre fa sobbalzare Tobio preso alla sprovvista.

«Come sta il mio alzatore preferito? Sono andati bene gli allenamenti?»
Con la testa ancora frastornata si limita a mormorare un “”. È la prima volta che sua madre lo chiama di sua spontanea volontà e che dimostra interesse per la pallavolo.
«Non hai idea di quanto io e tuo padre siamo fieri di te per essere stato selezionato per giocare nel Japan National Team!» continua lei entusiasta. «Affrettati a venire a casa che ti ho preparato il tuo piatto preferito!»
«Il curry al maiale con uovo?»
«Esatto! Ti aspettiamo.»

La chiamata si conclude e Tobio si dirige a passo spedito verso casa con le strade ancora vuote.

Anche se sono passati anni non può dimenticare quella via, quel cancelletto in ferro battuto con al centro un cerchio ed un’enorme “K”. Il suo cuore batte con forza contro il suo petto impaurito e pare spingerlo ad abbassare quella maniglietta e camminare sul vialetto composto da piastrelle bianche che sembra spaccare in due il giardino tanto curato che circonda la casa.
Si ferma di fronte alla porta e si posa una mano sul petto sentendo la sua pelle fremere curiosa ma allo stesso impaurita dalle strane vibrazioni che aleggiano nell'aria. È come se ci fosse qualcosa che non va.
Allunga la mano verso la maniglia ma qualcuno lo precede aprendo la porta dall'interno.

«Eccoti Tobiuccio

Ad aprire è proprio la mamma che appena lo vede gli sorride e lo abbraccia.

«Eccoti finalmente!»
«Ciao mamma...»
Balbetta stordito da quella ventata di affetto da parte sua.
«Vieni dentro tesoro, tuo papà ci aspetta a tavola.»

Scioglie l’abbraccio e lo fa entrare mentre lei percorre il piccolo corridoio che porta verso il salotto. Tobio si toglie con cura le scarpe e nota una scarpiera trasparente con un nome di ogni membro della famiglia per ogni scomparto, posiziona le scarpe sotto il suo nome trovando le sue ciabatte. Posa il borsone accanto ad essa, appende la giacca e raggiunge il salotto ansioso come non mai.
Il primo che incrocia il suo sguardo è suo padre che gli sorride con occhi ricolmi d’orgoglio, gli stessi che non lo avevano mai guardato in quel modo, almeno fino ad ora.

«Bentornato a casa figliolo.»

La voce così felice di vederlo fa insospettire ulteriormente Tobio che si avvicina lentamente alla tavola.
Dove diamine sono capitato, in qualche universo parallelo o simile?!” pensa mettendosi seduto.

Tobio rimane con gli occhi bassi per tutta la cena confuso e disorientato mentre i suoi genitori parlano allegramente e lo riempiono di complimenti. È tutto fuori posto. Persino il curry ha un sapore differente.
Tutto questo è assurdo. Io ho smesso di giocare a pallavolo da anni, questi abiti non li sento miei, i miei genitori non si sono mai comportati così con me, nemmeno prima di sapere della mia malattia. E soprattutto: PERCHÉ IO SONO SANO E DOVE È SHOYO?!
Una voce angosciata lo strappa dai suoi pensieri.

«Tesoro stai bene? Hai mangiato a malapena.»

Il ragazzo alza velocemente il viso ritornando alla stramba realtà.

«O-oh… scusa mamma è che...»

Balbetta cercando di formare una scusa convincente.

«Non è buono abbastanza? Se vuoi ti preparo qualcos’altro.»
«No! No! È solo… solo che… s-sono un po’ stanco e vorrei andare in camera a riposare.»
«Oh, allora aspetta che ti mostriamo il nostro regalo.»
«Regalo? Per cosa?»
«È ovvio, no? Per essere stato selezionato.»
«Ma non dovevate...»
«Dovevamo eccome, invece.»
Insiste il padre posando una mano su quella della moglie e volta la sua attenzione altrove.
«Vieni pure!»

Dal corridoio da dove era arrivato Tobio, una piccola figura si avvicina ed il suo cuore salta un battito: Shoyo entra nella stanza con la pelle grigia, gli occhi spenti, gli occhialini a naso ed un pigiama sgualcito addosso.
Quella immagine lo devasta, il suo corpo si trasforma in un tremore unico e non riesce a staccare gli occhi, sgranati, da lui.

«Ti piace tesoro?»
«I-i-io… non… capisco...»
«Abbiamo comprato il tuo amico dall’ospedale, quello con la fibrosi cistica. Ne parlavi così tanto che pensavamo ti avrebbe fatto piacere.»
«Lo avete comprato…?»

Domanda con un soffio di voce.
Si alza in piedi e si avvicina al ragazzo con le gambe tremanti, prende le piccole e fredde mani di Shoyo tra le sue e le scalda. Cerca il so sguardo ma appena i loro occhi si incontrano, Tobio rabbrividisce: gli occhi di Shoyo sono spenti, privi di emozioni, vitrei. Sembra finto.

«Shoyo, amore mio, che ti è successo?»

Gli domanda addolorato osservando la sua figura.

«Perché hai lasciato che mi comprassero…?»

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


«Perché hai lasciato che mi comprassero…?»

È tutto quello che dice Shoyo con la voce indebolita e stanca.
Il respiro di Tobio si fa corto costringendolo a boccheggiare per cercare disperatamente aria.
Il cuore batte con forza e agitazione facendolo sentire come un pesce fuor d’acqua.
Le pareti intorno a lui si stringono sempre di più facendolo sentire piccolo e impotente.

«No.»

Si guarda intorno cercando una via d’uscita.

«No! No! NO! NO! N-...»

Proprio sul culmo di urlare Tobio apre gli occhi trovandosi col respiro affannato, sudato e nella sua stanza d’ospedale.

«Ehi, ehi...»

Kahori, che era tornata per avvisarlo della cena, gli accarezza i capelli aiutandolo a calmarsi.

«Respira Tobio, respira con me.»

Prende entrambi le sue mani e fa dei profondi respiri aspettando che il ragazzo la segua. Ce lo ha scritto in faccia che quell'incubo lo ha turbato.

«Cosa stavi sognando?»
«Si notava che era un incubo…?»
«Ti muovevi di continuo nelle coperte, respiravi affannosamente, eri tutto sudato e ti contorcevi la faccia. Sono sicura che non stavi sognando unicorni e arcobaleni.»
«… Scusa...»
«Vuoi raccontarmelo o preferisci mangiare prima?»
«Posso scegliere l’opzione dove mangio senza parlarne?»
Kahori lo guarda con una punta di dissenso negli occhi.
«Andiamo, non dargli peso. Sarà stato uno di quegli incubi febbrili che fanno tutti.» minimizza.
«Sei sicuro? Magari ha un significato.»
«Naah, gli incubi non hanno mai senso.»

Anche se poco convinta Kahori non insiste ed accompagna Tobio a cenare dove lo attende un delizioso piatto di… pastina in brodo con tanto di formaggino.
Belli i tempi in cui Shoyo portava il sushi…” pensa con un sospiro osservando il suo piatto.
Prende il cucchiaio ed inizia a mangiare senza accorgersi che una persona si è seduta di fronte a lui a tavola.

«Che sorpresa. Il misterioso e tenebroso Tobio Kageyama si è finalmente unito a cenare con noi comuni mortali.»

Una voce altezzosa rompe il silenzioso che si era appena calato fingendo di dare un annuncio.

«Come mai si è unito a noi? Il suo amato fidanzatino l’ha lasciata come un’animale abbandonato?»

Non ci sono dubbi.
Non può essere altri che lui: Kei Tsukishima.
Kei è un ragazzo della stessa età di Tobio, occhi ambrati circondati da occhiali stretti, corti capelli biondi e con perenne tono disinteressato.
Si trova in ospedale da un anno perché soffre di autolesionismo, era stato portato d’urgenza dalla donna delle pulizie che lo aveva trovato svenuto sul pavimento del bagno e con le braccia ed i polsi pieni di tagli. Lo hanno preso per i capelli, se la donna avrebbe tardato di qualche minuto, non si sarebbe salvato.
Shina aveva provato a convincere Tobio a fare amicizia con Kei, e sembrava aver funzionato, ma dopo qualche mese hanno smesso di colpo di parlare a causa di un litigio.

«Che cosa vuoi?»

Domanda Tobio senza alzare lo sguardo.

«Sono solo curioso.» finge innocenza mangiando dal suo piatto. «Non succede spesso che mangi alla sala comune.»
«Stronzate. Mangio qui tutti i giorni.»
«Sì, ma non da quando hai il “piccoletto” tra i piedi.»
Tobio alza i suoi occhi blu incontrando quelli ambrati di Kei.
«E lui cosa c’entra adesso?»
«No niente, dico solo che da quando lui è entrato nella tua vita, mangi sempre in camera e state sempre appiccicati. Sembrate uniti con la colla.»
«Ti rode così tanto che, dopo anni di sofferenza, possa essere felice? Se Tadashi po-...»
«No…!» lo interrompe duro. «Non osare nominarlo mai più...» conclude con la pelle d’oca.
«Ti da ancora fastidio che qualcuno prova a nominarlo? È per questo che abbiamo litigato, Kei, non riesci ad andare avanti.»
«Non sei nella posizione di farmi la predica, Tobio. Se perdessi Shoyo in un incidente saresti devastato quanto me.»
«Lo so e ti do ragione ma non puoi continuare a tormentarti, non l’hai investito tu.»
Per qualche minuto cala il silenzio e nessuno dei due sembra voler proferire parola.
«Lo so…»
La voce di Kei interrompe il silenzio rivelando i suoi occhi lucidi.
«Lo so che non è colpa mia ma di chi guidava il camion...» fa un profondo sospiro. «Ma sono stato io a consigliarli quella strada per venire prima da me… aveva appena vinto una borsa di studio e volevamo festeggiare.»
«Incolparti non ti farà stare meglio, ti logorerà dentro.»
«Io voglio solo che questo dolore passi.»
«Devi solo pazientare, combattere con tutte le tue forze e vedrai che il dolore della ferita passerà e ti lascerà una cicatrice.»
Il biondo ragazzo alza una manica del pigiama scoprendo i segno dei tagli e ci passa lentamente una mano sopra.
«Saranno come queste?»
«Sì, con la differenza che rimarrà sul tuo cuore e ti ricorderà che ti sei piegato, ma non ti sei spezzato.»

Kei chiude gli occhi facendo un profondo sospiro ed incassando il colpo.

«Da quando sei diventato così filosofico?» domanda con tono sarcastico.
Tobio alza gli occhi iniziando a mangiare la sua cena.
«Lo sono da quando ho capito che la vita non fa poi così schifo.»
«E bisogna ringraziare qualcuno suppongo.»
«Perché non lo fai domani? Viene nel primo pomeriggio, magari ti farebbe comodo un amico in più.»
«Ma senti da che pulpito viene la predica.» sorride. «E comunque, non me la sento di fare la candela a due piccioncini come voi.»
«Andiamo. Non stiamo così appiccicati.»
«No, no, infatti.»
Lo prende in giro con tono sarcastico.
«È Shoyo che ha la fissa del contatto fisico...» borbotta leggermente imbarazzato.
«Io dico davvero Tobio, non mi va di interferire tra di voi. Siete un duo perfetto, non avete bisogno di un terzo.»
«Se proprio non ti va...»

Dopo quella insolita chiacchierata i due, appena finita la cena, si sono diretti nelle loro camere per passare il resto della serata.
Tobio cerca di distrarsi dall'incubo di prima leggendo o provando qualche nuovo videogioco ma tutti i suoi pensieri tornano lì e su Shoyo senza anima. Quell'immagine gli fa venire i brividi.

«Certo che non mi faccio mancare niente.» sospira. «Pure gli incubi febbrili mi perseguitano adesso.»
Si passa una mano sul viso cercando di scacciare dalla sua testa quella visione.
«Forse è meglio che me lo scriva prima che me ne dimentichi.»

Scende dal letto, si avvicina all’armadietto e dopo averlo aperto estrae da esso un quaderno ad anelli nero con la scritta “Think outside the box” insieme ad un astuccio a tubo nero. Avvicina il tavolo mobile al letto, poggia il quaderno insieme all’astuccio e lo sfoglia fino a trovare delle pagine bianche da riempire con un nuovo sfogo.
Da quando è in ospedale ha come hobby scrivere i suoi sfoghi o avvenimenti importanti su dei quaderni; è stata Shina a dargli il suo primo quaderno un mese dopo il suo arrivo. Fino ad ora ha completato dieci quaderni e li conserva tutti in uno zaino dentro l’armadio. Qualche mese prima di incontrare Shoyo aveva smesso perché sentiva che la sua vita era incredibilmente grigia e monotona.
Prende la prima matita che gli capita, fa partire una playlist di musica lofi dal cellulare, indossa le cuffie e dopo un lungo sospiro inizia a scrivere dimenticandosi dell’ambiente circostante.

Svariato tempo dopo, una nuova infermiera che sta facendo il turno di notte, nota la luce accesa nella sua stanza e va a controllare.

«Permesso…? Va tutto bene?»

Domanda bussando prima di entrare e, appena lo vede concentrato a scrivere, sorride.
Si avvicina a lui e gli picchietta delicatamente la spalla facendolo sobbalzare.

«Scusami, scusami, non volevo spaventarti.»

Si affretta a dire mentre il ragazzo sfila le cuffie.

«No, è tutto okay. Ero un po’ sovrappensiero.» chiude il quaderno portando l’attenzione su di lei. «È successo qualcosa? Stavo dando fastidio?»
«Oh no, certo che no. Stavo facendo il mio giro notturno, ho visto la luce accesa e volevo accertarmi che fosse tutto okay.»
«Giro notturno...»
Interrompe la musica controllando l’orario e rimane sorpreso della quantità di ore che ha passato a scrivere.
«Porca-…! È già l’una e mezza?!»
«Da quanto tempo sei piegato a scrivere su quel quaderno?»
«Più o meno quattro ore e mezzo...»
«Ti sei proprio lasciato andare, eh?»
«Non me ne sono nemmeno accorto.» sbadiglia.
«Forse è anche ora che riposi.»
«Già, domani mattina ho un po’ di esami da fare.»
Concorde riponendo la matita nell'astuccio e chiudendolo.
«Allora ti do la buonanotte.» gli da un bacio sulla fronte. «Buonanotte Kageyama.»
«’Notte.»

Prima di addormentarsi imposta la sveglia e risponde al “Buonanotte amore<3” di Shoyo ricevuto qualche ora fa.

Sono passati vari mesi e finalmente la primavera sta indietreggiando per lasciare lo spazio al caldo dell’estate.
La stagione di lavoro per Shoyo è terminata ed ora può organizzare meglio la sua settimana inventando anche degli appuntamenti fuori dall'ospedale con Tobio.
Oggi Shoyo ha la sua solita visita di controllo ma non ha detto nulla a Tobio per fargli una sorpresa ed attenderlo in camera.

«Grazie Dottor. Abe, arrivederci e buona giornata.»

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Saluta il dottore con un piccolo inchino poco prima di uscire dal suo studio.
Apre la porta e come mette un piede fuori sbatte contro il busto di qualcuno che stava passando. Il ragazzo carotino fa un passo indietro massaggiandosi la fronte.

«Ahi… ahi… che botta che ho dato...» mormora tra sé e sé.

«Tu sei Shoyo Hinata?»

Domanda l’altra persona.

«Sì, perché?»
«Tu non mi conosci, ma io conosco te.»
«Eh…?»

Shoyo alza gli occhi verso il ragazzo contro cui è sbattuto e si trova di fronte un affascinante ragazzo dai corti capelli biondi, occhi ambrati incorniciati da sottili occhiali neri e labbra piegate in un sorriso saccente. Il ragazzo lo torreggia essendo molto più alto di lui.
Wow…! So che non dovrei pensarlo, però, è davvero affascinante.” pensa rimanendo incantato dalla sua presenza.

«Permettimi di presentarmi: io sono Kei, Kei Tsukishima. Sono un amico, se così si può dire, di vecchia data di Tobio. Non mi aspetto che tu mi conosca, so che lui non parla di me.»
«Effettivamente...» ridacchia imbarazzato. «E tu come fai a conoscermi?»
«Impossibile non conoscere il raggio di sole che illumina questo grigio ospedale.»
Il tono adulatorio di Kei ha fatto così colpo su Shoyo che lo fa arrossire.
«Davvero mi vedi così? Non ho fatto nulla di che…»
«Non fare il modesto piccolo Shoyo.» sorride. «Hai riportato il sorriso a quella pentola di fagioli di Tobio.»
«Sì… penso di esserci riuscito.»>> mormora imbarazzato. <<«Ha decisamente bisogno di qualcuno che gli sta accanto. Perché tu e lui non siete più amici? Sono sicuro che gli manchi!»
«Oh, tu dici? C’è stato un piccolo screzio tra di noi, ma forse è meglio così.»
«Perché dici una cosa del genere?»
«Perché, anche se siamo stati amici per poco, ho capito come è fatto.»
«Ah, capisco… credo...»
«Ma non parliamo di questo.»
Kei tenta di sviare il discorso e posa una mano sul fianco di Shoyo.
«Io ho una visita da fare ora ma, se sei libero più tardi, potremmo bere qualcosa al bar del piano terra. Che ne dici?»
«Dico che ha molto da fare. Per tutto il giorno.» ringhia qualcuno da dietro.

Il biondo si gira lentamente per poi sogghignare soddisfatto e mettersi di fianco a Shoyo in modo da liberargli la visuale.

«Ma guarda chi si vede. Buongiorno Tobio, vedo che ci siamo svegliati dalla parte sbagliata del letto stamattina.»
Lo saluta fingendo un tono cordiale.
Il viso di Tobio non sembra trasmettere alcuna emozione, tiene lo sguardo Kei mentre Shoyo lo saluta con un timido cenno della mano.
«Togli subito la mano di dosso dal mio ragazzo.» ordina duro.
«Woah, buono, buono.» ridacchia spostando lentamente la mano. «Siamo proprio di cattivo umore.»
«Non hai di meglio da fare?»
Il ragazzo prende Shoyo per il polso e lo avvicina a sé con uno strattone.
«Stavamo solo facendo due chiacchiere, perché scaldarsi così tanto?»
«Gli hai appena chiesto di andare al bar con te.»
«E quindi?» sorride. «Era solo per bere un caffè o un succo in compagnia.»
Si giustifica fingendo un tono innocente e alza le mani.
«Non oserei mai interferire in una coppia.»
«Voleva solo offrirmi un succo, puoi stare tranquillo.» lo difende Shoyo con tono calmo.
«Non insistere, e sappi che sono arrabbiato anche con te.»
«Perché? Cosa ho fatto?»
«Dopo te lo spiego.»
Kei apre bocca pronto a dire qualcosa ma viene interrotto dalla sua dottoressa che lo chiama dalla porta del suo ufficio, costringendolo ad allontanarsi dai due.
«Sembra proprio che io debba andare. Non fa nulla Shoyo, berremo qualcosa la prossima volta.» gli arruffa i capelli. «Stammi bene.»
«Ciao ciao.»

Senza dire nulla Tobio torna in camera sua portandosi dietro Shoyo che lo segue silenziosamente. Arrivano e Tobio lo spinge dentro con poca delicatezza e si affretta a chiudere la porta.

«Ehi! Ma si può sapere che ti prende?! Per poco non mi staccavi il braccio!»

Esclama Shoyo mentre si massaggia il polso strattonato.

«Che diavolo ci fai qui? Eh? Mi avevi detto che stamattina andavi a fare colazione con un tuo amico di infanzia!»
Lo aggredisce facendolo indietreggiare di qualche passo dalla paura.
«Lo so che ti ho detto una bugia ma l’ho fatto a fin di bene. Stamattina ho fatto un’altra visita di controllo ma non ti ho detto nulla perché volevo farti una sorpresa.»
«Credimi, ho visto che bella sorpresa che mi hai fatto.»
«Ascolta, Kei l’ho incontrato per caso appena sono uscito dallo studio e abbiamo iniziato a fare due chiacchiere. Non capisco che c’è di male.»
Il ragazzo non riesce a comprendere perché il suo amato è di così cattivo umore. Tobio conosce bene Kei e sa che, nonostante lui soffri ancora per la perdita di Tadashi, non si lascia sfuggire chi cattura la sua attenzione, anche solo per fare un dispetto a Tobio.
«Tobio ma tutto bene?»
«No, non va bene! Sono fuori di me ed è tutta colpa tua!»
Shoyo allarga gli occhi shockato dal tono del suo ragazzo e dalle sue accuse.
«Colpa mia? Non vedo minimamente come possa essere colpa mia.»
«Scherzi, vero Shoyo?»
«Ascoltami, io non so da dove sbuca tutta questa tua improvvisa gelosia ma vedi di darti una calmata. Io sono venuto qui per farti una sorpresa e migliorarti la giornata, ma a quanto pare, sembra che tu voglia rovinare la mia.»
«Ripeto: che bella sorpresa! Figuriamoci se volevi farmi un dispetto, cosa facevi. Te lo scopavi davanti a me?»
«La vuoi smettere?! Abbiamo solo parlato!»
Tobio chiude gli occhi e fa dei respiri profondi nel tentativo di calmare non tanto la sua rabbia ma la paura che Kei potrebbe portargli via l’unica gioia della sua vita.
«Shoyo… me lo vuoi fare un favore?»
Anche se indispettito, il ragazzo annuisce. In fondo lo ama ugualmente.
«Vattene a casa. Non ti voglio vedere.»
Ordina con un tono di voce ferito, si volta dandogli le spalle e si avvicina alla finestra osservando l’esterno.
La richiesta del suo ragazzo lascia Shoyo di sasso; è la prima volta che Tobio lo manda via perché è arrabbiato, non era mai successo neanche una volta.
«Come…?» sussurra frastornato.
«Voglio che te ne vai da qui. Vattene. A. Casa.»
Aggiunge più enfasi ad ogni parola.
Allora avevo sentito bene…” pensa Shoyo abbassando lo sguardo sulle sue mani e stringendo l’orlo della maglietta tra le dita.
«Va bene…» accetta annuendo lentamente. «Ti accontento… me ne vado…»

Il ragazzo si dirige lentamente verso la porta della stanza, si gira un’ultima volta, nella speranza che lui lo fermi ma non accade. Il ragazzo carotino esce dal reparto e dall'ospedale con l’umore a terra ed una ferita nel cuore. Tobio lo guarda camminare verso la fermata del bus dalla sua finestra anche lui ferito.
Forse mandarlo via così non è stata una buona idea…” pensa con un sospiro.

Nei giorni successivi Shoyo non è andato a fare visita a Tobio, è ancora ferito dai suoi modi bruschi per potergli fare da supporto morale. E non è ancora disposto a perdonarlo per averlo accusato ingiustamente di averlo tradito con Kei. Ha comunque contattato la sua psicologa per sapere come procedevano le cure e se c’erano novità sul trapianto di polmoni, ma sembra ancora una realtà lontana.

È sabato, Shoyo si trova nel giardino nel retro di casa sua e si allena a palleggiare con la palla quando  una voce femminile attira la sua attenzione mentre apre la porta per farsi vedere dal ragazzo.

«Shoyo, ma hai litigato con il tuo ragazzo? Perché non rispondi a tutte queste chiamate?»

È sua madre. Il ragazzo ferma la palla e si volta lentamente verso la donna.

«Abbiamo discusso…» aggrotta le sopracciglia. «Chiamate? Quali chiamate?»
«Hai lasciato il cellulare in camera e continua a squillare da un cinque minuti. Immagino sia lui che ti cerca.» spiega lei porgendogli il cellulare.
Il ragazzo prende il cellulare, lo sblocca sorridendo nel vedere una foto di loro due come sfondo schermo, controlla le chiamate perse e nota che non sono di Tobio, ma bensì di Shina, la sua psicologa. Improvvisamente il suo cuore inizia a battere sempre più velocemente.
È il momento! È finalmente arrivato il giorno dell’operazione!
Compone il numero con le mani tremanti, aspetta un paio di squilli, per poi sentire la voce dall'altro capo del cellulare.

«Pronto? Qui parla Yamamoto Shina.»

Esordisce lei con il suo tono pacato e professionale.

«Pronto Shina…? Sono io, Shoyo.»
In pochi secondi, il suo tono pacato e professionale svanisce come una nuvola di fumo.
«S-Shoyo…? Sei tu…?»
Sussurra quasi sollevata che lui l’abbia chiamata. Quel tono lo fa sussultare.
«Sì. Scusa se non ho sentito le chiamate, ero uscito a prendere qualcosa da mangiare vicino a casa mia e non avevo il cellulare.» mente.
«Ah, capisco…»
«È successo qualcosa a Tobio?»
Shoyo non resiste più, deve sapere.
«Ascolta Shoyo, devi venire immediatamente qui in ospedale.»
«Gli faranno il trapianto…?»
La donna sta un attimo in silenzio prima di rispondere alla sua domanda.
«Nelle sue condizioni attuali non si sa nemmeno se supererà la notte.»
Il cuore del ragazzo non accenna a rallentare, anzi, aumenta.
«Che… che significa…?»
«Io non so cosa sia successo tra di voi, ma ora Tobio ha bisogno di te più che mai per riacquistare le forze.»

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


«Ma perché? Cosa è successo?»
«Vieni su e lo scoprirai.»
«No, me lo dici adesso; cos’ha Tobio?»
«Ha bisogno di te.»
«Shina, che cos’ha Tobio?»
La donna rimane colpita dal tono di voce del ragazzo, autoritario ma disperato allo stesso momento.
Shina fa un profondo respiro e spiega la situazione a Shoyo che si spaventa a tal punto che, quasi, gli cade il cellulare dalla mano.
Tobio ha la febbre molto alta e non accenna a scendere, nelle sue condizioni, è molto grave che lui non riesca a migliorare. Per la sua patologia, la fibrosi cistica, avere la febbre può risultare pericoloso. Non è raro che gli capiti qualche episodio febbrile, ma durano poco, questa persiste da quattro giorni. È molto alta e non accetta a migliorare nonostante i medicinali. Tobio ha bisogno di Shoyo.

Grazie alla madre che lo porta d’urgenza in macchina, Shoyo raggiunge l’ospedale in quindici minuti. Si affretta a prendere l’ascensore e a raggiungere il suo reparto. Quando arriva alla sua stanza trova alla porta Shina che lo aspetta.

«Come sta?»

È la prima domanda che proferisce lui, col fiato corto.

«È molto debole, tu sei la nostra unica speranza.»
«Cosa devo fare esattamente?»
«Lui si rifiuta di prendere le medicine che sono sul tavolino, gli abbiamo dato medicinali simili in forma di flebo, ma non sono abbastanza. Devi convincerlo a prendere quelle pastiglie o saremo costretti ad utilizzare misure drastiche.»

Con il cuore che batte all’impazzata, Shoyo fa un profondo respiro prima di entrare lentamente nella stanza di Tobio. Appena lo vede si sente morire: il ragazzo è sdraiato a pancia in su nel letto con attaccate svariate flebo e gli immancabili occhialini al naso; è pallido e sudato mentre sulla fronte ha un panno fresco, il suo corpo trema a causa dei brividi di freddo che prova.
Shoyo si avvicina al suo ragazzo, prende delicatamente una sua mano e la scalda tra le sue.

«Ciao Tobio.» sussurra con voce tremante. «Sono io, Shoyo.»

In quel momento Tobio muove lentamente la testa portandola nella direzione in cui si trova il ragazzo.

«Shoyo… perché…?»

È tutto ciò che riesce a dire con un filo di voce.

«Shh… shh…» lo zittisce con tono delicato. «Adesso andrà tutto bene ci penso io a te.»
Shoyo protende un braccio verso il tavolino e lo avvicina a sé, riempie un bicchiere d’acqua.
«Ho bisogno che tu beva un po’ d’acqua, riesci a sollevare la testa?»
Anche se indebolito e febbricitante, il ragazzo alza lentamente la testa e, con l’aiuto di Shoyo, riesce a bere l’acqua, un sorso alla volta.

Il ragazzo rimane ad assistere il povero Tobio fino all’arrivo della sera, dove sembra migliorare anche se molto lentamente. Il panno non è più necessario ma deve tenere le flebo anche per reintegrare i liquidi persi a causa del sudore e deve ugualmente prendere le medicine finché la febbre non scende del tutto.
Approfittando del fatto che Tobio non può rimproverarlo, Shoyo spiega cosa è successo tra lui e Kei, spiegandogli che ha fatto il gelosone inutilmente e anche in maniera molto aggressiva. Tobio, ovviamente, si è scusato con lui e si è anche scusato per non averlo cercato subito dopo il litigio ma sapeva che Shoyo aveva bisogno di tempo per riprendersi.

Finito l’orario di visita, il carotino è stato mandato a casa in modo da lasciare il suo amato alle cure sapienti delle infermiere che lo conoscono da anni.
Appena arrivato a casa, il ragazzo ha ricevuto un messaggio da Tobio che lo ringrazia per le sue premure e che gli promette di non farsi più sopraffare dalla rabbia e dalla gelosia, cosa che rincuora il piccolo Shoyo.

Nei giorni successivi Tobio è migliorato a vista d’occhio; ha ripreso il suo solito colorito e recuperate le forze consumategli dalla febbre. Infatti, oggi Shoyo ha organizzato un piccolo appuntamento dove vanno a prendere il bubble tea insieme, volevano anche andare al cinema ma gli orari non erano accessibili con il blando permesso di Tobio che gli permette di stare fuori fino alle cinque di pomeriggio e di rimanere nei pressi dell’ospedale.
Shoyo è all'entrata dell’ospedale che sta aspettando che Tobio lo raggiunga.
”Vieni cinque minuti prima” diceva, “Così quando arrivi sono già pronto e devo solo prendere l’ascensore” diceva.” pensa il ragazzo con uno sbuffo. “Sono le due e venti… che gli sia successo qualcosa?
Proprio mentre estrae il cellulare dalla tasca per mandargli un messaggio, Tobio lo raggiunge con in spalla lo zaino che ha all’interno la bombola d’ossigeno.

«Eccomi Shoyo! Perdonami se ti ho fatto aspettare sotto al sole ma non si trovava nessuna infermiera che mi potesse dare una mano con i tubi degli occhialini e con la bombola da mettere nello zaino.»

Si scusa ulteriormente dandogli un bacio a stampo.

«Non fa niente. Mi stavo preoccupando e stavo per chiamarti ma sono sollevato nel sapere che non era nulla.»
Shoyo prende per mano il suo ragazzo facendo anche intrecciare le dita.
«Pronto per mangiare pokè e bubble tea?»
«Non è proprio la mia idea di pranzo ideale, però, per una volta posso fare un’eccezione.»
«Non è la tua idea di pranzo ideale? Questo è un pranzo che il Re Carlo e la Regina Camilla ci invidiano!»
«Oh, su questo non ho dubbi.» scherza Tobio. «Allora, dove si trova questa pokèria?»
«Me l’ha consigliata Nishinoya, un mio caro amico e mi ha anche detto che è vicino al parco giochi dove andiamo di solito, quindi è perfetto.»
«Nishinoya è quel tuo amico del Karasuno, giusto?»
«Esatto». sorride. «Mi sento ancora con i miei amici delle superiori, se ti va, un giorno di questi ci organizziamo e andiamo a mangiare fuori tutti insieme. Che ne pensi?»
«Non lo so, Shoyo…»
«Perché?»
«Non so se mi sentirei a mio agio, e poi sono i tuoi amici, magari non vogliono nemmeno conoscermi.»
«Ma che dici? Sono sicuro che ti adoreranno! E poi,  potremmo parlare di pallavolo.»
«E di come hai mandato a fanculo un’occasione d’oro per stare insieme a me?»
«Eddai, smettila con questa storia!»
«Potevi vivere il sogno di chiunque giocatore di pallavolo e hai preferito fare da balia a me. Ancora mi sembra assurdo…»
«Ti sembra poco? Pensaci: ti ho preferito alla pallavolo, nessuno è mai riuscito ad essere più importante.»
«Se la vogliamo vedere in questo modo, effettivamente è molto lusinghiero.»
Shoyo sorride soddisfatto.
«Comunque senti, che c’è dentro ‘sto pokè di solito?»
«Non c’è una ricetta tipica, da quello che so l’ingrediente principale è il riso e ci puoi aggiungere frutta, verdura e pesce a tuo piacimento.»
«Tu ci sei già stato?»
«Io no, però dei gusti di Nishinoya mi fido quindi sono sicuro che questo poké sarà buonissimo!»

Una ventina di minuti a piedi dopo, raggiungono il parco giochi e, a pochi metri più in là, si trova un locale dove si può mangiare pokè e bubble tea.
All’esterno del locale si trovano tre tavoli neri dove sono seduti dei ragazzi che sorseggiano un bubble tea.
Il piccolo locale ha una grande vetrata che mostra l’interno, ha due tavoli rettangolari neri accanto alla vetrata e dietro ad essi tre tavoli quadrati di legno con le gambe nere con sedie coordinate. Il bancone occupa quasi tutto lo spazio dove si trovano tutte le pietanze per il pokè, il bubble tea e frappè.
Appena i ragazzi entrano, la ragazza dietro al bancone li saluta con un sorriso cordiale in volto.

«Buon pomeriggio, cosa posso fare per voi?»

Domanda indossando i guanti in lattice.

«Salve, siamo qui per mangiare del pokè.»

Prende parola Shoyo per entrambe.

«Bene, volete una bowl piccola, media o grande?»
A quella domanda, il ragazzo si volta verso il suo fidanzato.
«Quanta fame hai?»
«Abbastanza, tu?»
«Io ho sempre fame.»
«Allora prendiamone due medie, dai.»
Shoyo annuisce e si volta verso la ragazza.
«Prendiamo due bowl medie, grazie.»
«Due bowl medie.»
Ripete prendendone due dalla mensole dietro di lei e si sposta di pochi passi verso destra dove si trovano gli alimenti del pokè.
«Ditemi pure, cosa ci volete all’'interno?»
I ragazzi rimangono in silenzio per alcuni minuti ad osservare la varietà di pietanze e scegliere cosa desiderano.
Dopo un silenzio che sembrava infinito, il primo a prendere parola è Tobio.
«Io desidero riso, salmone, edamame, avocado e semi di sesamo bianchi e neri.»
«Perfetto.» la ragazza porta l’attenzione su Shoyo. «E lei?»
«Oh…! Io lo prendo uguale, grazie.»

La ragazza annuisce e prepara le bowl per entrambi mentre loro si siedono su un tavolo all'interno del locale.

«È proprio carino, vero?»

Domanda Shoyo osservandosi intorno.

«È un po’ piccolino però ha anche spazio fuori, quindi ci sta.»

Commenta Tobio mentre sistema lo zaino tra i piedi del tavolo.

«Vero. Poi è vicino al parco quindi, bene o male, ci sono sempre persone.»
«Hai ragione. Stamattina avevi accennato ad un video che volevi farmi vedere, di che si tratta?»
«Ah, sì! Il coach Ukai ha trovato una registrazione di una vecchia amichevole che avevamo fatto col Nekoma.»
Spiega mentre estrae il cellulare dalla tasca.
«Si possono filmare le amichevoli?»
«Non proprio, ma siccome eravamo un po’ messi maluccio, il coach aveva chiesto il permesso.»
«Eravate messi così male?» scherza.
«Avevamo solamente bisogno di un po’ di idee, nulla di che.»

Poco prima che Shoyo possa appoggiare il cellulare sul tavolo, arriva la ragazza che posa le bowl di pokè in fronte ai ragazzi con annesse bacchette.

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