Il Misterioso Caso di Merag Kamishiro

di TsukikageShawn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 53: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 54: *** Capitolo 53 ***
Capitolo 55: *** Capitolo 54 ***
Capitolo 56: *** Capitolo 55 ***
Capitolo 57: *** Capitolo 56 ***
Capitolo 58: *** Capitolo 57 ***
Capitolo 59: *** Capitolo 58 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

Il quattordici di maggio del 2012 era un giorno qualunque per tutti gli abitanti della Terra, ma non per Ryoga. Quel giorno andò in ospedale a trovare la sua adorata sorella, come ormai faceva da ben cinque mesi. Era suo fratello gemello, si sentiva in dovere di starle accanto in questo periodo molto difficile.

La giovane Rio Kamishiro giaceva su un letto di ospedale, priva di conoscenza, a causa di un brutto incidente. Un incendio doloso, di cui suo fratello conosceva l'identità del piromane, ma non poteva dimostrarlo finché ella non si sarebbe risvegliata.

Era quasi il tramonto quando Ryoga varcò la soglia della stanza. La sorella aveva le solite bende a coprirle gli occhi, la pelle cadaverica rifletteva la flebile luce rossa del sole calante. Luce che penetrava da uno spiraglio tra le grandi tende, che svolazzavano leggermente.

Il giovane si mosse con passo svelto verso la luce, scostò le tende e chiuse la finestra. Normalmente si sarebbe voltato verso il volto della sorella, ma quel giorno i suoi occhi rimasero serrati. Con gran stupore osservava la luce proveniente dalla luna piena, che s'innalzava nel cielo, illuminando Heartland City di rosso.

«Ma che succede? Da quando la luna è rossa?» si domandò confuso. Non aveva torto, la luna era sempre stata di un bianco tenue, mai di un rosso acceso.

Rimase lì ad osservare quello strano fenomeno, affascinato ed attratto da quello spettacolo mozzafiato. Ma non era il solo ad ammirare quel che accadeva in cielo. Tutti gli abitanti del pianeta parlavano tra di loro di questo fenomeno.

Ryoga ascoltava distrattamente la piccola TV appesa alla parete opposta del letto, ma dopo un po' fu colto da uno strano brivido. Subito si voltò verso lo schermo luminoso e, con il volto stranito, abbassò lo sguardo sul telecomando nelle sue mani.

«Ma come ci è finito nelle mie mani? Non ricordo di averlo preso e poi acceso la TV» disse con un filo di voce, nessuno poteva confermare di averlo visto compiere quelle azioni. Con la mente un po' confusa, si sedette sul letto accanto alla sorella ed alzò il volume per ascoltare meglio.

Nella sede della Japan News Network, era stato invitato un astronomo famoso, un certo Kesao Takamizawa, per spiegare il misterioso avvenimento.

«Questo fenomeno è causato dalla diffusione di Rayleigh della luce solare da parte dell'atmosfera terrestre e la sua percezione è amplificata dalla rifrazione atmosferica. Si verifica al sorgere o al tramontare della Luna e durante le sue eclissi1» disse il signor Takamizawa con una voce calma, evidentemente non si trattava di un fenomeno anormale per lui.

«Non ho la più pallida idea di cosa hai detto, signor scienziato» disse scherzosamente Ryoga, prendendo distrattamente con la propria mano libera quella sorella.

«Ti sarebbe piaciuto di sicuro assistere a questo fenomeno, sorellina» aggiunse voltandosi verso di lei, accarezzandole gentilmente il palmo.

Uno dei macchinari, che era collegato la ragazza, iniziò a fischiare fastidiosamente, seguito a ruota dagli altri. Su tutti si accese una spia luminosa rossa, con la scritta: ATTENZIONE.

Subito il visitatore scattò in piedi e, neanche il tempo di avvicinarsi alla porta, essa venne aperta di scatto da tre medici.

«Ha percaso toccato qualcosa?» chiese uno di loro, leggermente agitato.

«No, stavo solo guardando la TV.»

I medici si avvicinarono alla ragazza, uno di loro controllava i macchinari e gli altri due maneggiavano i vari tubi e cavi collegati. Nella stanza entrarono anche cinque infermieri. Una signora bassa e in carne intimò a Ryoga di allontanarsi dalla ragazza e di non disturbare, mentre gli altri quattro aiutavano i colleghi.

«Non è possibile» «Ci deve essere un errore» «Forse hanno avuto un malfunzionamento» erano le uniche frasi che si potevano sentire chiaramente dai bisbigli dell'equipe medica. Sembrava che nessuno di loro sapesse cosa stava succedendo in quel momento.

E come se non bastasse, Rio fu colta da un'improvvisa smania e iniziò ad agitarsi, riuscendo a staccare dal suo corpo i fili dei macchinari.

I medici cercarono di bloccarla con la forza, ma vennero sbalzati via con molta forza dalla ragazza. Gli infermieri erano rimasti pietrificati sul posto, non riuscivano a muovere un muscolo alla vista di quel che stava succedendo.

La paziente si era tolta le bende dal volto e, alzandosi di scatto, osservava con sguardo raggelante i presenti. Aveva ancora in mano le bende e le maneggiava come se fossero un'arma pronta a colpire. Passò in rassegna prima i medici e poi gli infermieri, infine puntò dritta contro il fratello avanzando di qualche passo. Ma poi si fermò e si voltò velocemente verso il televisore, che continuava a farneticare sulle ragioni per cui la luna era rossa quella sera.

«Luna rossa…» disse con un bisbiglio Rio, sembrava che il suo interesse per i presenti fosse svanito e tutta la sua attenzione canalizzata sul fenomeno astronomico.

Con passo lento, si avvicinò alla finestra ed ammirò il cielo scuro, illuminato dalle stelle. Proprio al centro si trovava l'imponente satellite.

«Cosa è successo?»

 

 

 

 

 

 

Prologo - Ryoga e la sorella maledetta dalla sfiga

 

1Dicitura copiata da Wikipedia.

 https://it.wikipedia.org/wiki/Luna_rossa_(astronomia)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


- Awakening arc / Arco del risveglio

Capitolo 1

 

La foresta infestata viene considerata uno dei luoghi più affascinanti e misteriosi della periferia di Heartland City. La leggenda narra che le streghe si riunivano in quel luogo, per loro sacro, con lo scopo di effettuare rituali e inizializzare le novizie all'arte della magia.

Kaito non ha mai creduto a queste dicerie, ma come in tutte le leggende, sapeva che c'era un fondo di verità. Per questo si trovava a vagare tra quegli alberi, probabilmente per cercare qualcosa a favore della sua tesi.

Dopo qualche ora di cammino, il giovane si ritrovò in una piccola radura su una scogliera. Il suo sguardo iniziò a vagare sul terreno, fino a posarsi in un punto preciso, dove la terra era stata smossa. Si avvicinò furtivamente, facendo attenzione che nessun occhio indiscreto lo notasse, nonostante fosse l'unico essere vivente presente in quella zona. Si accovacciò e spolverò quella zona con le mani, rivelando una lastra di uno strano metallo bianco. Schiacciò i lati della pedana con i polsi e, dopo pochi sencondi, si sentì uno scatto e la lastra si alzò lentamente.

«Non potevano mettere una scala invece di questo stupido scivolo» disse a denti stretti, saltando nell'apertura.

Kaito scivolò per qualche metro, atterrando poi su uno strano campo gravitazionale che lo teneva sospeso a pochi centimetri da terra. Si trovava in un'enorme stanza bianca, una specie di bunker futuristico.

Sul lato destro una vasta libreria costeggiava il muro, stracolma di libri di tutte le dimensioni e colori. Sul lato sinistro una serie di aggeggi meccanici, alcuni piccoli poggiati su tavoli e scrivanie ed altri enormi sul pavimento, e una lavagna appesa al muro con strane scritte e formule, con un sacco di post-it gialli incollati sui bordi. La parete frontale al ragazzo era stata sostituita da una vetrata che affacciava sull'oceano, da lì si poteva vedere la costa di Heartland City. Al centro della stanza, vi erano un tavolino basso di vetro con un tappeto beige al di sotto, un divano rosso di antiquariato collocato a pochi metri dalla libreria e due poltrone del medesimo colore e stile al lato opposto.

Sarebbe stata una stanza carina, se non fosse per la mobilia sporca di macchie rosso scuro e segnata da degli squarci. I macchinari non davano segno di vita e il tutto era illuminato da una luce ad intermittenza incastrata nel soffitto.

Ma non era solo.

Seduto sul divano c'era il suo mentore, intento a leggere un libro rattoppato, utilizzando una lampada da lettura portatile.

Kaito scese dal campo magnetico e si avvicinò con passo svelto, annunciando la sua presenza.

«Sei in ritardo» disse Five con la sua solita calma, alzando leggermente gli occhi dal libro per guardare il nuovo arrivato.

«Da quando ti interessi di divinazione? Non eri tu che dicevi che era una pratica non attendibile?» rimbeccò il biondo.

«Ma questo è diverso, è scritto in inglese. L'ho trovato nella libreria.»

«Fammi capire un attimo… Mi hai dato appuntamento solo perché tra quei libri indecifrabili ce ne sta uno comprensibile che parla di divinazione?»

Kaito si accomodò su una delle poltrone, leggermente seccato. Aveva lasciato il suo fratellino appena ricevuto il messaggio dal mentore, che diceva di aver scoperto qualcosa di importante. Come poteva quel libro dire qualcosa su quello strano bunker che avevano trovato?

Five porse il libro al suo interlocutore, guardandolo più serio che mai.

«Guarda» disse indicando la prima pagina del libro «è stato scritto in un inglese antico, dovrebbe risalire al 1300».

«E allora? Sei seduto su un divano di antiquariato, magari il proprietario è un patito delle antichità. Non ci dice niente su quegli strani macchinari… Sul perché questo bunker non è segnato sulle mappe e come mai nessuno l'ha mai trovato prima di noi… E sul perché è scritto tutto in modo incomprensibile… E non abbiamo ancora trovato l'alimentatore di quella luce del cazzo! La odio» disse scocciato, guardando verso l'alto e incrociando le braccia.

L'illuminazione non faceva altro che sfarfallare, e Kaito non la riusciva proprio a sopportare. Sperava tanto che la buona notizia riguardasse proprio la fonte energetica che alimentava il posto. Ci doveva essere di sicuro qualcosa che mancava nella loro equazione.

«Come 'e allora?' Questo libro non esiste da nessuna parte. Ho cercato ovunque, è unico al mondo. Inoltre l'ho esaminato per bene, tra il capitello e la cuffia era nascosta questa» rispose Five, estraendo dalla tasca una catenina con un ciondolo portafoto.

Kaito osservò il gioiello poggiato sul tavolino, e sbuffando disse: «Allora potevi dirmelo prima. Lo hai aperto? Chi c'è dentro, un inglese brutto del 1300?».

Una volta aperto, il biondo sentì cadere la mascella sul pavimento. Nel portafoto c'erano due foto: a sinistra un ragazzo dai capelli rossi e il ciuffo biondo, a destra un ragazzo dai capelli viola a forma di polpo.

«Chi ti ricordano? Anzi, a chi sono identici, signor so tutto io?» disse Five, un po' divertito dalla reazione del suo amico.

«Tuo fratello Four a sinistra e Shark a destra… Ma come è possibile? A chi può appartenere… Certo che sono proprio microscopiche queste foto!»

All'improvviso una piccola scossa di terremoto fece tremare l'intera stanza. Kaito indicò al suo mentore la vetrata. La luna piena stava sorgendo ed era completamente rossa.

Ma quella non fu l'unica stranezza che attirò la loro attenzione. Il led che illuminava il bunker smise di sfarfallare e inondò la stanza di una luce finalmente fissa.

I macchinari ritornarono a funzionare, ma solo uno attirò l'attenzione: una specie di tablet grande quanto lo schermo di un computer, semi-trasparente con dei piccoli bordi blu notte. Farfugliava strane parole e si illuminava ad intermittenza.

«Fantastico! Ha smesso la luce sul soffitto ed ora inizia questo stupido tablet» disse Kaito sbuffando e alzandosi dalla poltrona per esaminare l'aggeggio.

«Forse la scossa ha assestato l'aliment-»

Neanche il tempo di finire la frase che il biondo gli schiaffò il tablet a pochi centimetri dal suo naso. Con la sua solita calma, lo prese gentilmente e lo allontanò dal suo viso per osservarlo meglio. Aguzzò l'orecchio per cercare di capire cosa diceva la vocina, ma parlava una lingua sconosciuta. Allora appoggiò il device sul tavolino e pigiò con delicatezza lo schermo, ma non successe niente.

«Forse non è touch-screen… Hai visto se c'era un pennino da qualche parte?»

«Ora controllo… Che seccatura, perché deve essere sempre tutto così complicato» rispose Kaito alzandosi nuovamente.

Con poca grazia, iniziò a scavare tra i cassetti delle scrivanie costeggiate al muro, ma non trovò niente vagamente simile ad una penna. Sulla superfice neanche l'ombra di essa e dietro i macchinari c'erano solo cavi.

«Qui non c'è niente… Vorrei tanto sapere che prodotti per la pulizia usava il proprietario, neanche un filo di polvere qui dietro…»

«Ti sembra il momento di pensare alla sporcizia? Sbaglio o avevi detto tempo fa che la poltrona affianco alla 'tua' era sbilenca?»

«E allora parte due?» rispose il biondo tornando a sedersi sulla sua seduta preferita.

«Tranquillo, questa volta controllo io» anticipò Five, intuendo già che Kaito non si sarebbe scomodato l'ennesima volta alle sue richieste.

Si alzò e controllò i piedi della poltrona, trovando incastrato sotto uno di essi un pennino blu notte, con un pallino peloso del medesimo colore attaccato sopra il fondello.

Con la penna tra le mani, si risistemò sul divano e cliccò sullo schermo del tablet. La luce smise di sfarfallare e si alzò verso l'alto uno strano ologramma: un omino stickman arancione che saltellava sullo schermo agitando con la mano una busta da lettera minuscola.

«Wow» disse Kaito stupefatto.

Non aveva mai visto degli ologrammi simili in vita sua. Sembrava che l'omino avesse vita propria, appena provava a trapassarlo con la mano quello la schivava e guardava il biondo facendo le pernacchie.

«È strabiliante, il proprietario deve averlo programmato con l'intelligenza artificiale, forse la voce che sentivamo proveniva da questo omino» disse Five, lasciando passare uno spiraglio di eccitazione nella sua voce calma.

Toccò la bustina da lettera e quella scomparve, poi l'omino si tuffò nello schermo e comparvero delle scritte fluttuanti.

«Ma questo è giapponese! Il nostro giapponese, per fortuna» esultò Kaito, stufo di ritrovarsi a che fare con linguaggi incomprensibili.

Mittente: Wolfy

Data ed ora: 24 gennaio 1992 - 19:02 / misurazione terrestre

Sei in pericolo, va via il prima possibile e nasconditi dove le nuvole hanno il sapore di zucchero, lì sarai al sicuro.

I due giovani rimasero silenziosi per un bel po', quelle parole li avevano colpiti profondamente. Ecco spiegati gli squarci e le macchie sparse. Ci doveva essere stata una lotta violenta tra quelle quattro mura e non era affatto finita bene.

«Aspetta un attimo…» scattò improvvisamente Kaito, «il messaggio è stato scritto venti anni fa, e se non è stato letto significa che il proprietario del bunker…»

«È morto prima di leggerlo, deve essere stato colto di sorpresa. Inoltre, considerando che è stato specificato il modo di misurare il tempo… Significa che il proprietario era un extraterrestre» concluse l'altro, dubbioso.

«Ti odio quando mi interrompi.»

«Odi troppe cose Kaito, non ti fa bene essere sempre arrabbiato.»

Il biondo sbuffò, voltando il viso verso la vetrata. La luna rossa era alta in cielo ed illuminava la costa di Heartland con la sua luce.

Five sistemò il libro di divinazione in una borsa insieme al portafoto, con questa nuova scoperta doveva riesaminarli con più cura. Sul tablet, invece, scomparve il messaggio e ricomparve l'omino, che si sedette ad osservare il cielo notturno.

I due giovani uscirono dal bunker usando il campo magnetico come ascensore, dandosi appuntamento al giorno dopo, incoscienti di quel che era appena accaduto in una camera di ospedale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 1 - Kaito perennemente incazzato con il mondo, povero V che lo sopporta

 

Note Autrice

Salve a tutti, vi starete chiedendo di sicuro che significano Fase e Arco, almeno credo.

Questa storia è suddivisa in 4 Fasi, ed ognuna di loro è suddivisa in 3 Archi. Il tutto è chiamato "Il segreto della Luna Rossa", infatti quando pubblicherò la Fase 2 potrò creare la serie, perché prima non si può. Come potete immaginare, è una storia lunghissima.

Parlo al presente perché ho già tutta la trama pronta (16.274 parole solo di trama) e molti capitoli scritti.

Alla fine di ogni capitolo metterò un titolo riassuntivo comico perché mi va.

Con questo vi dico arrivederci al prossimo capitolo.

:D

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Gli imperatori si tenevano occupati svolgendo varie mansioni, il mondo bariano non aveva bisogno del loro costante controllo, quindi avevano trovato degli hobby.

Vector si dedicava al suo passatempo preferito, dar fastidio. La sua preda preferita, Mizael, trascorreva il suo tempo ad accudire occhi galattici, un drago imponente e molto rumoroso. La sua tana si trovava lontano dal centro abitato e, tutti i giorni, il padrone gli portava cibo e lo riempiva di coccole. Vector adorava infastidirlo, ogni volta che lo incrociava faceva battutine e sghignazzava sul suo essere una 'mamma' davvero premurosa nei confronti del suo cucciolo.

Ovviamente a Mizael quel comportamento dava parecchio fastidio, ogni scusa era buona per urlargli contro o colpirlo con qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani. Gli altri imperatori si facevano i fatti loro, avevano capito che non dovevano immischiarsi in quella faida infantile.

Arito e Girag passavano la maggior parte del tempo ad allenarsi, sia in combattimento corpo a corpo sia nei duelli. Grazie a Durbe, che sembrava conoscere ogni anfratto del palazzo imperiale, avevano trovato un'ampia terrazza dove potevano agire indisturbati.

Invece il Grigio - soprannome con cui tutti si riferivano a Durbe, per via della fin troppa materia grigia1 nel suo cervello - passava le giornate tra la biblioteca e il suo laboratorio, situato sulla cima della torre più alta del palazzo. Una piccola stanza a cui aveva proibito l'accesso a tutti, nessuno sapeva davvero cosa ci fosse dentro.

Si erano create parecchie dicerie e storie assurde riguardo quella misteriosa stanza, ma egli non aveva mai cercato di smentire le strane storie che circolavano, lo divertiva di più ascoltare quel che si inventava il popolo. In realtà era un piccolo laboratorio che conteneva solamente dei macchinari che usava Durbe quotidianamente, per delle ricerche in campo scientifico-magico-tecnologico. Aveva proibito l'accesso solamente perché odiava che qualcuno maneggiasse le sue cose, e le dicerie lo aiutavano a tener intatti i suoi gioiellini.

Quella sera osservava un marchingegno molto interessante, che mostrava tutto l'universo in tempo reale. E subito la sua attenzione fu canalizzata su l'unico satellite naturale del pianeta Terra. La luna stava sorgendo in quel preciso instante, rossa come Barian. Il Grigio si mosse per prendere una piccola agenda, ma il suo sguardo venne rapito da una sfera di cristallo posta su un cuscinetto viola. Brillava intensamente, illuminando il volto pallido dell'imperatore.

Durbe, infatti, approfittava della solitudine per restare nella sua forma umana perché, stranamente ad un bariano, la considerava più comoda. Ovviamente nessuno lo sapeva, come poteva un imperatore preferire la sua apparenza umana alla sua vera forma, il simbolo per eccellenza della sua identità?

Le sue mani raccolsero delicatamente la sfera e la avvicinarono al viso, per vedere se al suo interno mostrasse qualche immagine interessante. La nebbiolina prese la forma di un volto femminile per pochi secondi, poi scomparì in un puff e la luce si spense.

«Non è possibile… Merag… Ma allora è ancora viva!» esclamò posando la sfera sul cuscinetto.

Si concentrò sulla nuova scoperta, di sicuro molto più importante del colore che aveva assunto il satellite terrestre. Ora il suo obbiettivo primario era trovare la sua amica e constatare se il cambiamento di colore della luna centrasse qualcosa.

Riprese la sua forma bariana ed uscì di fretta dalla stanza, chiudendola con un incantesimo. Corse eccitato verso la biblioteca, urtando tutto quel che si metteva in mezzo: guardie che pattugliavano il palazzo, mobili e statue sparse qua e là, la  servitù addetta alle pulizie, e proprio davanti alla biblioteca finì tra le braccia di Mizael.

«Vedo che ogni tanto esci dal tuo covo, ma dovresti prestare attenzione a dove vai» disse Mizael facendo trapelare un po' di preoccupazione. Durbe era l'unico essere vivente all'infuori del suo drago a cui si mostrasse interessato.

«Si, scusami.»

«Cosa hai scoperto questa volta, lo so che muori dalla voglia di raccontarlo a qualcuno.»

«Veramente non è niente di ché, l'unico satellite naturale del pianeta Terra ha cambiato colore» rispose Durbe omettendo di proposito il resto, decidendosi finalmente a scostarsi dalle braccia del biondo.

Non era poi così sicuro che la sfera di cristallo avesse mostrato il volto di Merag, e neanche così sicuro che fosse ancora viva. Mizael si era ormai rassegnato che la donna fosse morta, non voleva riempirlo di false speranze, soprattutto conoscendo più di chiunque altro il loro legame speciale.

«È successo anche altre volte» aggiunse il Grigio, guardando intensamente gli occhi zaffiro che lo osservavano stranito.

«Tutto qui? Di solito parli sempre fino a far stancare le persone, anche se si tratta di cose comuni.»

Come risposta, Mizael ricevette uno sbuffo seccato. Ormai ci era abituato, al compagno non piaceva quando si faceva presente la sua parlantina esasperante, soprattutto se la si definiva in modo negativo.

Ma Durbe non pensò a trovare una risposta per quella osservazione, conosceva più di chiunque altro quel difetto e non aveva mai provato ad attenuarlo, soprattutto perché poteva essere utile in alcune circostanze.

Non piacendogli la piega che aveva preso la conversazione, tagliò corto salutando il collega ed insidiandosi nella stanza accanto.

La biblioteca del palazzo imperiale era la più vasta del mondo bariano. Enormi librerie disposte in file lunghissime creavano molti corridoi, su cui erano disposti parecchi libri, di cui alcuni non esistevano altre copie e altri che non potevano essere maneggiati liberamente. Considerati libri proibiti, nessuno poteva prenderli senza l'autorizzazione del custode, un uomo basso e minuto, dalla carnagione perlacea e sempre coperto da un mantello scuro. Durbe era l'unico di cui il custode si fidava, e non si premurava di tener segreto quel che pensava dell'imperatore, tutti sapevano che lo reputasse il più adatto a governare il pianeta.

«Vostra altezza, mio imperatore! Che piacere rivedervi… Cosa posso fare per lei? Sono a sua totale disposizione» disse il custode con voce sporca e squillante, facendo tre inchini.

«Fener ho bisogno di consultare tutti i libri sulla magia antica e gli artefatti… E quelli che parlano del pianeta Terra… E puoi darmi l'autorizzazione su quelli che parlano delle maledizioni oscure?» rispose il Grigio.

Il custode, che fino a quel momento si trovava davanti alla sua scrivania, si mosse di scatto e fece cenno all'imperatore di accomodarsi al suo posto mentre si occupava della sua richiesta. Fener scomparve dietro gli scaffali di cristallo e tornò nel giro di pochi minuti con una gran pila di libri tra le sue braccia, facendolo sembrare ancora più piccolo di stazza. Li poggiò delicatamente sulla superficie liscia e chiese all'imperatore se avesse bisogno di altro.

«Forse c'è qualcosa… La prima volta che sono venuto da te mi hai detto una specie di predizione. Non era la prima volta che facevi su qualcuno, vero?»

«Oh… sempre attento ai dettagli. Comunque si, faccio predizioni a chiunque incontro per la prima volta… Di chi vuole sapere la mia predizione? Confido nel suo silenzio mio imperatore.»

«Stia tranquillo, che predizione ha fatto a Merag?»

«È una donna speciale, l'ho capito subito… E lei sa bene che essere speciali non è sempre un bene. Le ho predetto che il suo momento di brillare sarebbe arrivato solamente quando avrebbe rinunciato al suo desiderio tanto nobile quanto fatale. Ma questo momento è ancora lontano… Non si sforzi di trovarla subito, mio imperatore. Quando sarà il momento giusto, sarà Merag a guidarlo verso la verità.»

Con quella predizione, Durbe prese i libri dalla scrivania e salutò il custode. Le enigmatiche parole si erano impresse sul suo cervello, le capiva e non le capiva. Fener gli aveva lasciato un enigma su cui lavorare.

Appena uscito dalla biblioteca, il Grigio si affrettò ad arrivare al suo laboratorio, era sicuro che chiunque lo avesse visto con il carico di libri si sarebbe offerto di portarlo al posto suo, così da poter spiare la stanza in cui si rinchiudeva la maggior parte del tempo.

Entrato nel laboratorio e poggiato i libri sul tavolo, si congelò di colpo. Nella sua mente, una voce lontana lo chiamava, una voce familiare che lo perseguitava da molti anni, ma che non riusciva ad attribuire un volto.

"Ho bisogno di te… Trovami… Salvami da quest'oscurita!"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 2 - Durbe è l'unico decente tra gli imperatori bariani

 

 

1https://www.my-personaltrainer.it/salute-benessere/materia-grigia.html    (andate direttamente alla funzione nel cervello, qui il concetto è più semplice rispetto wikipedia.)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

La sera del suo risveglio fu un evento traumatico: trovarsi lì in quella stanza bianca, circondata da estranei. L'unica cosa che poteva avere un senso in quella faccenda era la luna, di un rosso splendente che le ricordava Barian.

«Ehm… signorina Kamishiro?» disse una voce maschile alle sue spalle.

La ragazza non si mosse, continuava ad osservare la città fuori dalla finestra. Con la faccia e le mani incollate al vetro, i suoi occhi vagavano dai negozi con le insegne luminose alle persone che si fermavano un momento ad osservare il cielo stellato, prima di tornare alle loro faccende. La stessa voce riprese a parlare, avvicinandosi lentamente. Sentiva i passi cauti muoversi nella sua direzione, ma li ignorò. In quei pochi minuti aveva capito che gli estranei non presentavano una minaccia, ma davano più l'impressione di essere spaventati dalla sua figura.

«Signorina Kamishiro va tutto bene?» chiese una seconda voce, questa volta femminile.

Allora Rio si voltò e inclinò leggermente la testa a destra, come per chiedere se si riferissero a lei.

«Cosa è successo?» chiese con tono calmo.

«È stata coinvolta in un brutto incidente cinque mesi fa, un incendio… Non ricorda?» chiese il medico che si era avvicinato, trovandosi a poco più di un metro di distanza dalla ragazza.

«Io…» disse con un filo di voce. Sforzandosi di ricordare, trovò solo immagini sfocate nella sua memoria. L'ultima cosa che ricordava era suo fratello, poi il vuoto più totale fino al risveglio in quella stanza.

Si voltò nuovamente in direzione della piccola TV e la osservò con più attenzione. La prima cosa che le saltò agli occhi fu la data: 14 maggio 2012

"Sono passati venti anni… Come è possibile?"

«Non ricordo più niente» disse a bassa voce, più a se stessa che ai presenti. Abbassò lo sguardo, confusa come mai prima d'ora; quella situazione appariva assurda e inconcepibile.

«Stia tranquilla, sapevamo che sarebbe potuto succere. Vedrà che con il tempo tornerà da sé» cercò di confortarla l'infermiera accanto a Ryoga, utilizzando un tono di voce dolce e comprensivo.

Quest'ultimo era rimasto impietrito per tutto il tempo, non si era mosso neanche di un centimetro e non aveva aperto bocca. I suoi occhi erano fissi sulla sorella, così vicina ma anche così distante. Quel risveglio era forse l'unico a cui non si era preparato mentalmente in quei cinque mesi di sofferenza.

Merag continuava a tenere gli occhi fissi su i suoi piedi nudi, poggiati sul freddo pavimento della stanza, dondolandosi leggermente mentre si perdeva nuovamente nei suoi pensieri.

"Kamishiro è un cognome giapponese, le scritte sui negozi sono in giapponese… Almeno so dove mi trovo, più o meno. La Terra… l'ultimo posto in cui vorrei perdermi, come posso risolvere il mistero su questo pianeta? Spero tanto che qualcuno mi stia cercando anche se è passato tutto questo tempo."

Senza neanche accorgersene, si sedette sul pavimento a gambe incrociate e iniziò a giocherellare con l'anello di metallo che portava al dito mignolo della mano destra.

Così come Ryoga non si aspettasse quell'imprevisto, l'equipe medica sembrava fin troppo sorpresa dall'atteggiamento della loro paziente. Di solito chi ha perso la memoria è più rumoroso, fa numerose domande ed esterna i propri sentimenti. Rio, invece, aveva escluso i presenti e si era persa nel fiume di pensieri che non riuscivano a trovare delle risposte sensate.

«Signorina Kamishiro non è il caso che stia seduta per terra, può accomodarsi sul letto e porci tutte le domande che vuole» disse il terzo medico, che ora le porgeva la mano per aiutarla a rialzarsi.

La ragazza rifiutò gentilmente e si alzò da sola, sedendosi poi sul letto in modo composto, evitando lo sguardo dei presenti.

«Avete detto che ho avuto un incidente… Chi ero prima di esso?»

«Rio Kamishiro, sei sempre stata Rio Kamishiro» rispose Ryoga, risvegliatosi miracolosamente dalla sua metamorfosi in statua di pietra, «sei mia sorella gemella, abbiamo quattordici anni e viviamo con nostra zia Mariko».

«Mio fratello…» sussurrò la ragazza, alzando lo sguardo su chi aveva parlato.

"Nash. Non può essere Nash. Forse… forse ha perso la memoria come me. Se solo potessi contattare Durbe, saprebbe di sicuro come aiutarmi."

Merag si perse nuovamente nei suoi pensieri. Da una parte i medici mostravano un certo interesse verso questo modo di porsi, ma dall'altra la paura continuava a salire. L'atteggiamento di chiusura avrebbe rallentato il processo di recupero; e far vagare liberamente i pensieri, soprattutto negativi, era controproducente.

Ma, se dal punto di vista medico il tutto si mostrava come una posizione difensiva insolita, dal punto di vista 'umano' era del tutto comprensibile. Una bariana che si risveglia sulla Terra, conosciuto come il pianeta più complottista e diffidente dell'intero universo, non poteva di certo andare ad urlare ai quattro venti che era un extraterrestre, un aliena capitata lì per caso.

L'equipe medica cercò di estrapolare tutte le informazioni che potessero aiutarli per una diagnosi approfondita, ma la paziente, in evidente stato di shock, non rispose più a nessuna domanda. Dunque l'unica cosa che gli restava da fare era lasciarle il tempo di digerire gli avvenimenti accaduti con così poco preavviso.

Nella stanza rimasero solo i due gemelli.

Ryoga si sedette accanto alla sorella, la strinse in un forte abbraccio e le baciò i capelli dolcemente. Rio rimase immobile, con la testa poggiata sulla spalla robusta del fratello. Voleva tanto restare da sola per organizzare la confusione mentale che le faceva venire mal di testa. Proprio in quel momento l'infermiera in carne, che era andata via con l'equipe medica, entrò nuovamente nella stanza trasportando un carrellino.

«Signorino Kamishiro l'orario di visita è scaduto, sua sorella ha bisogno di mangiare e riposare.»

Shark lasciò la sorella con riluttanza, ora che si era svegliata avevano tanto di cui parlare. Prima del tutto si era prefissato di aggiornarla sulle novità che stava affrontando in prima linea, con le carte numero e Astral; ma in quello stato non avrebbe potuto reggere la notizia. Allora decise che il giorno dopo le avrebbe portato il loro vecchio album di fotografie, così forse qualche ricordo d'infanzia sarebbe ritornato a galla.

«Ci vediamo domani… Visto che non ricordi, mi chiamo Ryoga» disse con un sorriso, prima di uscire dalla stanza e ritornare a casa.

Rio non rispose e lo salutò con un cenno della mano, sforzando un piccolo sorriso. Poi la sua attenzione fu tutta per l'infermiera e il profumino invitante che riempiva la stanza.

«Ecco la sua cena: una bella ciotola di ramen e della frutta fresca, mi raccomando che scotta.»

«Grazie… Ehm…» rispose con un sussurro, strizzando gli occhi per leggere il nome sulla targhetta che portava sulla divisa.

«Fujiko, mia madre leggeva i manga di Lupin III quando era incinta, per questo mi ha chiamato così… Vedrò se posso recuperare dei volumi, così può tenersi occupata. Concentrarsi solamente sui pensieri negativi la farà deprimere.»

Sistemò la cena sul tavolino in capo al letto, poi andò via salutando la paziente con un inchino. Merag non potè fare a meno di pensare per un attimo che quell'infermiera le avesse letto nel pensiero, ma poi constatò che la sua deduzione fosse solo frutto dell'esperienza lavorativa. Con lo stomaco brontolante, si mosse a gattoni sul letto fino al pasto, esaminando ogni piccola parte che lo componeva e, una volta accertato che non c'era niente di cui preoccuparsi, si avventò con foga sul cibo.

Con lo stomaco pieno, si stese sul letto con il volto rivolto al pallido soffitto. La sua voglia di urlare era scemata completamente, lasciando posto ad uno strano senso di sollievo. Voltò leggermente il capo verso la porta d'uscita della stanza, dall'esterno non proveniva alcun rumore. Si disse che quello sarebbe stato il momento giusto per provarci. Si mise a sedere, con la schiena appoggiata alla spalliera del letto e le gambe incrociate. Poggiò entrambi i dorsi delle mani sulle ginocchia e fece uno sforzo enorme, tanto da arrossarle il viso.

Non successe niente.

«No, non anche questo!» esclamò con un sussurro agitato, come se fosse stata sicura che qualcosa sarebbe dovuto succedere.

«Non posso aver perso i miei poteri… Come farò ora?»

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 3 - Rio e tutto quel che conta sono i suoi poteri, la gente preoccupata per lei de meno

 

* La stessa storia è pubblicata anche su wattpad con lo stesso nome, dove potrete ammirare la bellissima copertina che ho creato. Mi sono dimenticata di segnarlo prima :D

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

Senza i suoi poteri, Rio si sentiva persa. Erano una parte di lei, una delle più importanti. La loro mancanza non poteva essere un caso, il suo trovarsi lì non poteva essere un caso.

Cosa era successo negli ultimi vent'anni?

Era questo il primo grande quesito che la ragazza aveva deciso di scoprire. Non sarebbe stato difficile, almeno credeva, bastava chiedere in giro e informarsi.

La TV era ancora accesa. I telegiornali non avevano smesso di parlare della luna rossa, tutti ne sembravano ossessionati.

«Cosa so della luna? Dovrebbe essere un satellite, una specie di mini pianeta disabitato che gira intorno alla Terra… Si, ma perché ora è rosso? Gli scienziati dicono che è un fenomeno che avviene raramente… Ma centra qualcosa con quel che mi è successo? Non può essere una coincidenza che mi sia svegliata proprio questa sera, ma la luna non dovrebbe avere poteri mistici» ragionò ad alta voce.

Al contrario del pensiero comune, per cui il parlare da soli è un brutto segno, in realtà esso rappresenta un'ottima tattica per mettere in ordine la mente. Le parole, essendo più lente dei pensieri, permettono al cervello di concentrarsi su un unico concetto alla volta, aiutando così ad eliminare il superfluo e non perdersi1. Ora che era sola, poteva parlare liberamente, poteva concentrarsi senza che nessuno la disturbasse.

«Ok, una cosa per volta… Ryoga aveva detto che abbiamo quattordici anni, quindi siamo nati sei anni dopo il mio ultimo ricordo, il nostro forse... Quel lasso di tempo meglio lasciarlo da parte per il momento, devo concentrarmi su quel che è successo dopo. Allora aspetto domani, mi ha promesso che sarebbe tornato.»

Rio si lasciò andare sul letto, stesa a pancia in su con le gambe e le braccia aperte. Fece dei respiri profondi, chiuse gli occhi e cercò di ricordare qualcosa.

Un vuoto totale. Era questo che avvertiva nel suo animo, nel suo corpo. Un vuoto freddo e cupo, che si era fatto strada già da molto tempo, non avendo trovato nessun ostacolo. Un vuoto nel suo cuore e un troppo nel suo cervello, le due cose si compensavano senza un equilibrio.

Caldi lacrime scesero dai suoi occhi, bagnandole il viso in un lamento silenzioso. Un grido di aiuto che nessuno avrebbe ascoltato, perché nessuno era lì per Merag. Venti anni, per venti anni nessun bariano si era interessato alla sorella del loro leader, il suo bene più prezioso. Venti anni è un tempo più che sufficiente per esplorare tutti i pianeti dell'universo.

Si rimise a sedere aprendo gli occhi, la vista era annebbiata dalle lacrime. Con il lembo del vestito si asciugò il viso e notò qualcosa che le tolse un altro dubbio. Non indossava biancheria intima e un piccolo tubicino di plastica si trovava tra le sue gambe. Il catetere le aveva provocato un leggero fastidio, che aveva ignorato per tutto il tempo. Lo prese delicatamente e lo gettò via infastidita.

«Spero tanto che a mettermelo sia stata una persona professionale… chissà a cosa serve» e, così dicendo, si alzò distrattamente dal letto ed attraversò la seconda porta presente nella stanza.

Il bagno era piccolo e semplice. Mattonelle bianche e azzurre ricoprivano pavimento e pareti, da un lato la doccia, dall'altro la tazza e di fronte il lavandino con uno specchio.

Lasciò la porta aperta e si avvicinò lentamente alla sua immagine, un riflesso molto più giovane, fin troppo. Le sue forme si notavano solo leggermente, il suo viso presentava ancora dei tratti infantili e le punte dei capelli volgevano verso l'alto.

«Il mio aspetto… Allora quattordici anni fa sono veramente rinata… Quindi significa che ero morta, per questo nessuno mi ha cercato, perché credevano fossi morta…»

Apparvero due figure nello specchio, un'ombra minacciosa combatteva contro una figura blu poco nitida. Alzò in cielo una mannaia oscura e assestò il colpo di grazia all'avversaria, che cadde a terra inerte.

Rio si accasciò a terra in lacrime, la sua voce le esplose in gola. Gridava più forte che poteva, scutoteva il capo, le mani che cercavano di coprire i suoi lamenti inutilmente. Sentiva mancarle l'aria, la testa che scoppiava, la vista ancora più annebbiata.

Successe tutto in un attimo.

Qualcuno la raccolse da terra, una figura che brillava di luce propria… poi il buio totale.

Lentamente aprii gli occhi. Una fioca luce le illuminava il volto, il sole stava sorgendo ad Heartland City. La testa aveva smesso di scoppiare, ma il dolore di quella scoperta bruciava più che mai nel suo spirito.

Era stesa sul letto, con le coperte rimboccate e gli occhi rossi e gonfi. Di istinto voltò il capo a sinistra, per evitare la luce che l'accecava, e lo vide di fianco a lei. Un uomo alto e muscoloso, dal viso oscurato dal cappuccio di una giacca rossa. Non lo riconobbe, ma la sua presenza la rassicurava, e per un attimo dimenticò il ricordo del suo omicidio della notte prima.

Ma senza preavviso, esso ritornò con prepotenza davanti ai suoi occhi. Il visitatore le poggiò una mano sulla guancia, asciugandole le lacrime che uscivano con prepotenza.

«Sembra successo ieri…» sussurrò, carezzando la mano dello sconosciuto.

Si mise a sedere, con la schiena leggermente ricurva in avanti e i capelli ribelli a coprirle il viso. Le gambe sotto le lenzuola tremavano, le mani si intrecciavano in una danza nervosa.

Il visitatore si alzò di scatto, si voltò verso la porta e scomparve in un attimo, in un'esplosione di particelle colorate.

Nella stanza entrò l'infermiera Fujiko con il carrellino della colazione. Come la sera prima, salutò con un inchino la paziente e sistemò il pasto sul tavolino.

«Colazione come vuole la nostra tradizione: riso al vapore, pesce alla piastra e zuppa di miso e tsukemono» disse indicando uno ad uno ogni pietanza.

«Grazie» rispose cercando di calmarsi.

«Che brutta faccia! Hai per caso deciso di fare il cosplay di una palla da basket?» aggiunse per rallegrarla un po'.

Rio sospirò e assaporò un attimo il profumo della sua colazione, prima di fiondarsi sul cibo. Da quando si era svegliata, il suo stomaco non faceva altro che brontolare. Da parecchio non veniva riempito con cibo vero, per ben cinque mesi l'avevano nutrita attraverso delle flebo. L'infermiera uscì sorridente dalla stanza, mentre Rio assaporava gli ultimi bocconi.

Tutti i suoi dubbi e incertezze non erano svaniti quella mattina, ma quell'uomo si era fatto strada con gentilezza nella sua testa.

Chi era giacca rossa?

Non poteva saperlo, non lo aveva visto chiaramente o sentito la sua voce. L'unica certezza presente, oltre al fatto che si trattava di un uomo, era quella bellissima sensazione di sicurezza che le infondeva con la sola presenza.

«Se Fujiko non fosse entrata, sarebbe rimasto con me.»

Si ristese sul letto e osservò con sguardo perso il soffitto. Quella stanza non le piaceva, quella situazione non le piaceva.

Per quanto sarebbe stata costretta a restare in quell'edificio?

Non lo sapeva, l'unica cosa che potesse fare era attendere. Attendere la visita del suo presunto fratello e iniziare a mettere insieme i pezzi, perché da sola non poteva fare niente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1Questa cosa è dimostrata scientificamente e funziona :)

 

Capitolo 4 - Rio depressa che scopre cose poco belle

 

Angolo autrice

Ed ecco un capitolo dedicato ai dubbi e le incertezze di Merag. Ho cercato il più possibile di immedesimarmi nel personaggio, per rendere meglio l'introspezione (come ho fatto e farò per tutta la storia). E qui sento che c'è bisogno di alcune spiegazioni:

- Essendo i personaggi di zexal un po' piatti e in parte trascurati, mi sono data molta libertà nel caratterizzarli/completarli. Ma con Merag/Rio, che è il pg peggio caratterizzato della serie (secondo me), mi sono data piena libertà mantenendo però alcuni tratti della sua presunta "personalità". Era da subito diventata il mio personaggio preferito, ma l'hype si è sotterrato appena visto l'episodio del suo rientro a scuola, stereotipi su stereotipi;

- Presto molta attenzione ai dettagli, perché nella scrittura sono quelli che fanno la differenza insieme alla trama. Alcuni sembreranno inutili, come il catetere, ma come dico spesso "io penso proprio a tutto", quindi aspettatevi l'inaspettato.

:D

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Quella mattina Shark aveva passato parecchie ore a cercare il vecchio album di fotografie, tra tutte le cianfrusaglie depositate un po' ovunque. Dopo la morte dei genitori, avvenuta in tenera età, non aveva più messo piede in quella villetta di periferia. Lo stato di abbandono era evidente in tutte le stanze, che aveva ispezionato minuziosamente e con una pazienza non comune ai suoi modi di fare. La zia Mariko stava ancora controllando il piano terra, la sua fissazione per le scarpe col tacco l'aveva rallentata parecchio nelle ricerche. Ryoga, invece, aveva da poco finito di controllare sia il primo sia il secondo piano, quando notò una botola semi-nascosta nel soffitto.

«Zia sapevi della soffitta? Non me la ricordo per niente! Stai ancora controllando il piano terra?» urlò il ragazzo, affacciandosi dalle scale.

«Soffitta? Reiko non ne ha mai parlato… Ho appena finito di controllare qui e non l'ho trovato!» controbattè una voce dolce e sensuale due piani più in basso.

Il ticchettio delle sue scarpe faceva un grand'eco nella villetta, gli spazi aperti permettevano al suono di rimbombare nelle orecchie di Ryoga, che si malediceva mentalmente di averle proposto di cercare insieme per fare prima.

Mariko arrivò in fretta e furia dal nipote, appoggiandosi subito sulle sue spalle per riprendere fiato. Era una donna alta e snella, dai capelli biondo platino e gli occhi azzurri, carnagione chiara e trucco marcato sul volto. Indossava un vestito a fazzoletto rosa shocking e dei tacchi alti del medesimo colore. Sembrava quasi una coetanea di Ryoga, nonostante fosse arrivata a mezzo secolo. Il ragazzo la scrollò dalle spalle delicatamente e le indicò l'apertura nel soffitto.

«Come ci arriviamo lì? Non posso di certo farti salire sulle mie spalle Sharky.»

«Ti ho detto di non chiamarmi così… Da qualche parte ci deve essere una scala.»

Mariko diede un calcio basso con nonchalance alla parete costeggiante la botola e, come per magia, dei gradini uscirono fuori dal muro.

«Sbaglio o non sapevi come arrivarci?» domandò sospettoso Ryoga, guardando la scalinata di legno appena comparsa.

«Tesoro, vedi a cosa serve guardare i film di fantascienza? Tua madre li adorava proprio come me… Ora se vuoi scusarmi, sono curiosa di vedere cosa c'è lì dentro» rispose salendo le scale come se fossero una passerella.

"Che strano, il mio piede si è mosso da solo."

Il nipote la seguì a ruota, curioso anche lui di saperne di più del passaggio nascosto. Perse di vista per un attimo il suo obbiettivo primario, pensando se quell'edificio, che lui un tempo chiamava casa, nascondesse altri segreti.

La soffitta era buia e polverosa, come il resto dell'edificio. Sembrava essere adibita a deposito, ma non uno qualunque. Tutto era organizzato e sistemato nei minimi dettagli, e sembrava essere stato usato spesso prima di venir abbandonato.

La zia si fiondò subito verso la scrivania, dove si trovava l'unica fonte di luce, accesa chissà da quando.

«Ryoga vieni a vedere… Che mi venga un colpo!»

Il ragazzo si avvicinò alla scrivania e osservò stupefatto tutti i documenti e i vari libri disposti un po' ovunque.

«Reiko stava facendo delle ricerche sui poteri misteriosi di Rio… Guarda è la sua calligrafia… E questi disegni sono di sicuro usciti dalle mani di Eichi» disse la zia, mostrando prima dei documenti scritti a mano e poi dei fogli colorati con tonalità azzurre.

La vita di Rio era stata riportata nei minimi dettagli fino al giorno dell'incidente. Ryoga non ricordava quegli avvenimenti, probabilmente parte di essi non li aveva vissuti. C'era di tutto: registri con data e ora precisa in cui Rio aveva usato i suoi poteri, cosa aveva fatto con essi, perfino quando li scatenava involontariamente. I vari disegni mostravano gli effetti visivi dei poteri di Rio, l'ambiente prima e dopo che li usava, e lei stessa che li usava.

«Perché non fare semplicemente delle fotografie… Insomma, per disegnare tutti questi dettagli papà ci avrà messo ore intere.»

«Tesoro, ti voglio bene ma a volte non ci arrivi proprio… Se quelle foto fossero capitate in mani sbagliate, all'epoca quando non era possibile fare i fotoritocchi o gli effetti speciali, tua sorella sarebbe diventata una cavia di laboratorio o peggio! Le persone perdono la testa quando non riescono a comprendere qualcosa. Questo lavoro minuzioso è stato fatto per il suo bene.»

«D'accordo… Quindi l'album di fotografie si dovrebbe trovare qui da qualche parte. Dubito che una persona sana di mente prenda a calci il muro per trovarlo. Ma se non ci sono foto dei suoi poteri, perché nasconderlo?»

Mariko ignorò il commento di Ryoga e lasciò perdere la marea di documenti, ritornando al suo obbiettivo primario. Insieme, cercarono in ogni angolo, ma dell'album non c'era traccia.

«Non può essere evaportato nel nulla, accidenti!» urlò Shark, prendendo a calci un vecchio baule in stile piratesco.

Uno scatto improvviso attirò la loro attenzione al punto dove aveva colpito il contenitore.

«Allora nessuno dei due è sano di mente… Eccoti qui piccolo bastardo» disse la zia, recuperando il vecchio album di fotografie dal doppio fondo.

«Fantastico, altri scompartimenti segreti… Ehi, ma questo chi è?»

Mariko stava sfogliando l'album quando videro la foto di un uomo biondo con Rio e la sua bambola preferita.

«Deve essere Byron, uno scienziato amico di tuo padre. Forse li stava aiutando con Rio… Oh, dovremmo portarle anche Gwen1, erano inseparabili.»

«Byron. Ho già sentito questo nome, ma non ricordo dove… La bambola è a casa nostra, per fortuna.»

Lasciarono la villetta verso ora di pranzo. Nel pomeriggio avrebbero fatto visita a Rio, per portarle gli oggetti. Zia Mariko aveva insistito anche per portare una torta alla ciliegia e cioccolato fondente della pasticceria Sakura, il preferito della ragazza.

 

Nel frattempo, in un laboratorio della Heartland Tower, Kaito e Five stavano analizzando il medaglione portafoto e il libro trovati nel bunker misterioso. Le loro ricerche si tenevano in gran segreto per non scatenare il panico, era passato poco tempo dalla fine del Carnevale Mondiale di Duelli e il trambusto delle carte numero aveva squilibrato abbastanza la vita ad Heartland.

Five stava osservando le pagine del libro al microscopio, ispezionando nei minimi dettagli ogni particolare della carta e dell'inchiostro. Kaito, invece, stava esaminando per bene il ciondolo utilizzando il kit per le impronte digitali.

Orbital faceva da guardia alla porta, per non far impicciare quelli che lavoravano nella torre. Nessuno era a conoscenza di quel bunker e del suo contenuto, nemmeno il Dott. Faker, che gli aveva ceduto uno dei suoi laboratori senza fare domande.

Da quando Haruto stava meglio, il padre era diventato più dolce e permissivo, aveva smesso di dar loro ordini e cercava di passare più tempo possibile con i figli. Il maggiore apprezzava questo suo modo di fare, ma il suo orgoglio lo tratteneva dal mostrare la sua felicità al genitore, perché tutto quel che era successo non si poteva cancellare in un istante.

Five capiva perfettamente questo suo comportamento di chiusura, perché lui stesso si atteggiava medesimamente con il proprio padre e i fratelli minori. Per questo i due giovani si trovavano bene insieme, erano molto simili.

«Chris per fortuna hai usato i guanti per maneggiare questo affare, perché c'è una bella impronta qui sopra. La aggiungo nell'AFIS2 per trovare una corrispondenza, anche se ne dubito» disse Kaito sorpreso, rompendo il silenzio di quella mattinata tranquilla.

«Non sapevo che gli extraterrestri avessero le impronte. Buon per noi allora, magari è stata aggiunta come appartenente ad un soggetto ignoto in un caso… Confermo che questo libro è di natura terrestre e scritto circa nel 1300, non è un granché su cui lavorare. Bisogna analizzarne il contenuto, può darsi che è scritto in codice» rispose Five, staccando gli occhi dal microscopio che stava usando.

«Guardi troppo Criminal Minds3, te lo hanno mai detto?»

L'albino rimase in silenzio, ignorando la domanda. Si avvicinò al computer che stava usando il compagno, e osservò attentamente la composizione dell'impronta come se fosse un puzzle da risolvere.

«Questa impronta non è compresa nella classificazione delle impronte redatta da Edward Henry nel 1897, non presenta nessuna delle caratteristiche di un impronta comune… Vedi questa piccola ramificazione? Formano la triquetra4, il simbolo celtico che raffigura la triplice divinità femminile di fanciulla, madre e anziana, non può essere un caso» spiegò indicando con il dito lo schermo.

«Che centrano i Celti adesso? Non eri tu ad essere certo che si trattasse di alieni? Per giunta quelli sono vissuti molto tempo prima del 1300.»

«È evidente che ci manca un tassello importante in questo puzzle, la mia di ieri era una semplice supposizione. Probabilmente questo essere vivente ha una stima di vita più lunga di quella terrestre…»

Il discorso antropologico di Five venne interrotto dal bip del computer, per notificare la fine della ricerca. Kaito trasse un sospiro di sollievo e si voltò, completamente impreparato sul risultato appena uscito.

«Il nostro sconosciuto è una lei.»

 

 

 

 

Capitolo 5 - Scoperte sensazionali e faccende assai misteriose

 

1Gwen è il campione bambola di League of Legends, è troppo bella per non metterla :)

2L'AFIS è un programma utilizzato dalle forze dell'ordine per identificare le impronte digitali.

3Criminal Minds è una serie televisiva polizesca che racconta il lavoro di un gruppo di criminologi dell'FBI. Non so perché, ma Five mi ricorda molto questa serie.

4Questo simbolo lo avrete visto tutti da qualche parte, ma non ne sapevata il nome. Cercatelo su internet e vedrete.

 

Angolo Autrice

Quattro note, fantastico.

Solo un appunto. Sembra che la fanfiction stia divagando o che molto non centra niente con l'idea che vi sarete fatti, ma fidateve che alla fine torna tutto.

:D

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Il volto pallido di una donna comparve sullo schermo, messo in risalto dai grandi occhi e i capelli a boccoli stile anni quaranta. La fotografia era in scala di grigi e un po' rovinata, segno che fosse stata scattata prima dell'invenzione delle macchine digitali.

«Questa foto è vecchissima, deve essere stata scanzionata da una cartacea. Ma perché tutta questa premura?»

«Forse perché questa persona doveva essere importante all'epoca.»

Accanto alla fotografia c'era una piccola descrizione della donna, classificata come persona scomparsa.

Natasha Evans

Data di nascita: 08/10/1940

Data di scomparsa: 24/06/1980

Descrizione: Orfana dalla nascita, è cresciuta in un convento di suore di cui non si hanno informazioni, come i suoi titoli di studio. Ha lavorato per la Nasa dal 1960 fino al giorno della sua scomparsa.

Segni particolari: piccola ramificazione dell'impronta digitale del pollice destro a forma di triquetra.

«Ovviamente quel che faceva alla Nasa non è stato rivelato, ma la sua scomparsa è di sicuro più importate. La mancanza di informazioni personali era prevedibile, ma sono fin troppe poche per poterci lavorare» disse Five, assumendo la tipica posa da pensatore, con il mento poggiato sulla mano guantata.

«Ho una strana sensazione. Potrebbe essere stata lei a costruire il bunker, ma questo non spiega la tecnologia fin troppo avanzata e le fotografie» aggiunse Kaito, unendosi alle riflessioni del suo mentore.

«Infatti alla Nasa non dispongono di certo di quelle conoscenze, a meno ché…»

Orbital entrò nella stanza all'improvviso, interrompendo il flusso di coscienza dell'albino e allarmando il suo padrone.

«Capo, abbiamo un problema, un grande problema! Si tratta di Haruto!»

«Che succede?!» domandò il biondo, correndo incontro il robot.

«Era venuto a cercarti e qui fuori ha avuto una specie di visione, è andato in trance. Ha detto che una nuova minaccia incombe su Yuma Tsukumo. Recuperare le carte numero restanti è un passo importante per Astral, che insieme a una certa Natasha saranno gli elementi chiave per sconfiggere il nemico!»

«Natasha… Fai entrare il bambino, devo fargli delle domande» chiese insistente Five, anticipando Kaito.

Orbital aspettò la conferma del suo creatore, prima di correre fuori la stanza per prendere Haruto.

«Credi che si riferisse a Natasha Evans?»

«Lo spero. Se così fosse, questa donna è il punto di svolta che stavamo cercando. Dobbiamo trovarla il prima possibile, se è ancora viva.»

 

«Cosa?! Come sarebbe che è scomparsa?»

«Si calmi signora. Abbiamo mandato degli infermieri a cercarla, siamo sicuri che non sia uscita dall'edificio.»

In tardo pomeriggio, Ryoga e la zia andarono in ospedale come prestabilito, ma si trovarono di fronte un imprevisto. Rio era scappata dalla sua camera qualche ora prima, stordendo l'infermiere incaricato di portarla a fare la fisioterapia post-coma.

Nessuno era riuscito a trovarla, la ragazza poteva essere ovunque all'interno del palazzo.

«Lei non mi dica di restare calma! Mia nipote è scomparsa e non provate a fermarmi. Ryoga posiamo questa roba e andiamo a cercarla!» urlò la signora, seguendo il nipote che era partito alla carica verso la stanza della sorella.

Lasciati la bambola e il dolce sul letto e l'album di fotografie sotto il cuscino, uscirono dalla stanza dividendosi. Ryoga andò a destra verso le scale e Mariko a sinistra verso l'ascensore, percorrendo la possibile strada intrapresa da Rio.

Sul tetto dell'ospedale, una chioma blu seguiva con leggerezza la brezza primaverile. I suoi occhi rossi guardavano intensamente una figura coperta da una giacca rossa e dei jeans blu, poco distante da lei.

«Chi sei?» domandò alzando il volto verso l'alto a causa della notevole differenza di altezza tra i due.

La figura abbassò lentamente il cappuccio, scoprendo il viso sfregiato e una capigliatura dai colori del tramoto.

«Non può essere…»

«Mi dispiace per tutto il male che ti ho fatto… Credevo che non ti saresti più risvegliata» disse lui, abbracciandola.

«Di cosa stai parlando?» domandò sorpresa.

«L'incendio. Non ricordi?»

«No. Ho perso la memoria a causa del trauma cranico, dicono, però non proprio tutta… È complicato.»

La ragazza poggiò la mano sulla cicatrice, costringendo l'altro a chiudere l'occhio. Non aveva chiara la situazione, ma dentro di sé sentiva che i primi indizzi si stavano allineando.

Thomas odiava quel segno indelebile. Ogni volta gli tornavano alla mente le immagini di quel che aveva fatto, del male che aveva causato. Non riusciva a perdonarsi, sentiva di meritare tutto l'odio che Shark gli aveva lanciato contro. Ma ora che si trovava a pochi centimetri di distanza da lei, tutto quel che voleva era solo il suo bene.

«Cinque mesi fa…» iniziò a raccontare dettagliatamente.

Gli risultava così facile parlare con Rio. Ascoltava attentamente ogni parola e interveniva sempre e solo in suo favore, mostrandogli l'altra faccia della medaglia, che lui aveva sempre ignorato.

«Avevi detto che non ricordavi.»

«La tua spiegazione mi basta per analizzare quel che è successo, nella mia testa c'è una strana nebbia che mi blocca i ricordi.»

Finita la spiegazione, calò un silenzio imbarazzante, fatto di sguardi sfuggenti e rossori, che venne rotto dal cigolare improvviso della porta di ferro alle spalle della ragazza, e li fece separare dall'abbraccio.

Il vento incalzò, mentre Ryoga avanzava a passi pesanti e pugni stretti.

«Sta lontana da lei!» urlò dando uno spintone a Four, ignorando che fosse il doppio della sua stazza.

«Ehi, ma che modi sono questi?! Dovresti esseregli grato, mi ha salvato la vita!» controbattè Rio, frapponendosi tra i due.

«Ma cosa, stai dalla sua parte. Che diavolo le hai raccontato, sfrutti la sua perdita di memoria?!»

«Infatti ha perso la memoria, non è diventata scema! È questa tutta la considerazione che hai di lei? Il fratello geloso e iperprotettivo è passato di moda un secolo fa.»

Shark strinse più forte che mai i pugni, la rabbia era schizzata alle stelle. Prese la sorella per le spalle e la spostò con forza di lato, prima di buttarsi a capofitto sulla fonte del suo malessere. Thomas lo respinse a fatica, non era mai stato portato per i combattimenti corpo a corpo, e non aveva intenzione di ferirlo. Uno di fronte l'altro, con le mani alzate a mo' di combattimento tra pugili, si studiavano a vicenda in attesa della prima mossa.

Ma a farla fu il corpo di Rio, che si illuminò di bianco e si sollevò in aria di pochi centimetri, attirando la loro attenzione.

«Smettetela!» urlò con una voce più matura e profonda, che sembrava non provenire dalle sue labbra, «smettetela di scontrarvi come due stupidi!»

I ragazzi si bloccarono a quella vista, immobili come due statue di pietra. Sui loro volti si vedeva chiaramente lo stupore per quella visione, tanto bella quanto terrorizzante.

La luce scomparve e Merag atterrò con delicatezza sul cemento, osservando divertita le bocche aperte e gli occhi serrati dei due.

«Avete appena visto un fantasma?» domandò con il suo tipico tono di voce, come se nulla fosse successo.

«Ma stavi volando… E luccicavi… E…» iniziò Shark balbettando, indicando la sorella con il dito.

«Che visione…» continuò Thomas, rimasto ancora incantato dalla ragazza.

Ryoga si mosse per controbbattere, ma Rio gli lanciò contro uno sguardo omicida e un brivido lo percorse lungo la schiena. Si schiarì la gola per far rinvenire l'altro e riprendere il suo solito sguardo freddo. Four si destò dal sogno ad occhi aperti, e sorrise alla ragazza scomparendo in portale.

«Che sgarbato, non ha neanche salutato.»

«Siete simili.»

«Cosa?! A proposito, che ti è saltato in mente? Scappare in quel modo, ci hai… hai spaventato la zia a morte!»

«Volevo solo prendere un po' d'aria e rimorchiare quel bel manzo che hai appena fatto scappare.»

Senza dare il tempo al fratello di controbbattere, Rio tornò dentro l'edificio, andando dritta in camera sua. Ignorò tutti, tranne la zia che le corse incontro e la strinse forte.

«Sei tutta intera. Stai bene, vero? La zia Mariko vuole sapere tutto. E ha voglia di mangiare il dolce che ti ha comprato.»

«Sto bene, sono solo stanca di tutte queste attenzioni» rispose Merag, esasperata dalla compassione che le mostravano continuamente.

Varcarono la soglia della stanza e si sedettero sul letto. Ryoga le raggiunse poco dopo, e insieme sfogliarono l'album di fotografie e mangiarono torta per quel poco che rimaneva dell'orario di visita. Rio non riconobbe nessuna immagine e nessun ricordo le tornò. Sembrava che ci fosse qualcosa che le bloccasse la memoria.

 

 

 

 

Capitolo 6 - Visioni mistiche e dove trovarle

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

Ad Heartland City passarono dei giorni tranquilli, la cosiddetta quiete prima della tempesta.

Five aveva fatto le sue domande ad Haruto, ma il bambino non era riuscito a rispondere a nessuna perché non ricordava di aver fatto quella specie di predizione. Le ricerche si erano bloccate per mancanza di informazioni ed erano parecchio dubbiosi sul da farsi. Kaito insisteva sul tener nascosta ancora la faccenda, nonostante la posizione di Chris sul parlarne ai genitori fosse quella migliore al momento.

 

Invece, in ospedale, la situazione di Merag si era completamente inabissata. Costretta alla fisioterapia e alle sedute con una psicologa post-coma, non aveva avuto più un attimo di tregua per riflettere sul da farsi. Inoltre, non dormiva bene a causa degli incubi costanti sulla sua morte, e questo la rendeva più scontrosa e meno remissiva alle costanti richieste. E soprattutto, non riusciva a sopportare i bisogni fisiologici di quel corpo umano, che la costringevano a trascorrere tempo prezioso sulla tazza di ceramica del bagno.

L'equipe medica, ormai esausta del comportamento difficile della paziente, aveva firmato controvoglia il documento per le sue dimissioni, a patto che avesse continuato le visite mediche una volta a settimana.

Il giorno della sua uscita, Shark venne a prenderla il pomeriggio in moto. La ragazza rimase per un po' a fissare quel gioiellino all'avanguardia, ignorando gli sbuffi del fratello, infastidito da quell'esplosione di curiosità.

«Vuoi che la smonto così vedi anche il suo interno?» domandò sarcastico.

«Non sarebbe male, ma dubito che poi sapresti rimontarla senza il libretto delle istruzioni» rispose Rio, continuando involontariamente il gioco.

Ryoga accennò un sorriso, invitandola a mettere il casco e salire il prima possibile, se non voleva restare a piedi. Merag assecondò le sue richieste e partirono spediti sulla strada di casa.

Il vento accarezzava i loro volti, mentre gli edifici colorati scorrevano velocemente davanti i loro occhi. Era una bellissima giornata di sole, il cielo non aveva alcuna nuvola.

«Come è bello qui, è tutto così allegro e colorato.»

«Vedo che sei rimasta la solita sognatrice ad occhi aperti.»

La moto si fermò davanti ad un alto grattacielo nel centro di Heartland, sulla facciata frontale spiccava una scritta in oro sopra il portone.

«Complesso residenziale VIP… Che significa VIP?» domandò Rio, scendendo dal veicolo.

«I VIP sono le persone famose, zia Mariko è una modella e attrice famosa in tutto il Giappone, per questo vive qui… Vado a parcheggiare la moto, aspettami dentro» risposa Ryoga.

Merag lo guardò entrare in un sottopassaggio, poi attraversò la porta automatica, ricevendo un caloroso saluto dal portinaio in divisa, che sembrava conoscerla da molto tempo.

L'interno sembrava un palazzo nobiliare: ghirigori dorati dipinti lungo le pareti bianche, pavimento in legno di ciliegio pregiato ricoperto da morbidi tappeti rossi, mobilia in marmo e legno di nespolo, divani e tavolini in tessuto rosso, quadri dalle cornici decorate appesi ai muri insieme a enormi specchi, che riflettevano la luce dei lampadari d'oro con cascate di cristalli.

«Sembra di essere in una reggia…»

«Un castello barocco per la precisione, signorina» disse una voce alle sue spalle.

Rio sussultò, colta alla sprovvista dalla ragazza dietro di lei. Si voltò bruscamente e la squadrò da cima a fondo. Aveva lunghi capelli mossi ramati, occhi verdi, bocca carnosa, e una fisionomia curvy. Indossava una camicetta azzurra e una gonna a ruota rosa.

«Mi dispiace, non volevo spaventarla. Mi chiamo Jessica Sparrot, mi sono trasferita da poco dagli Stati Uniti.»

«Non si preoccupi… Io sono Mer- Rio Kamishiro, piacere mio… Quindi lei è famosa?»

«No… Ho lavorato per il governo americano a Washington, mi hanno dato un appartamento qui per la mia sicurezza» rispose con imbarazzo.

Mentre le due conversavano sedute su un divanetto, Ryoga entrò di corsa nella hall dell'edificio semi deserta. Si diresse subito dalla sorella e la prese per un braccio per portarla in disparte, ignorando l'altra ragazza.

«Cosa è successo?» domandò ignorando il modo in cui era stata trascinata via.

«Questa» disse Ryoga, estraendo dalla sua giacca viola una lettera molto vecchia.

Una calligrafia lunga ed elegante segnava sul retro della busta ingiallita il nome di Rio Kamishiro e la lettera era chiusa con un sigillo in ceralacca, con impresso una spada conficcata in una rosa.

«Una lettera per me?» chiese Merag, rigirandosela tra le mani. Il suo sguardo si fermò sul suo presunto nome, ma non fu quello a farla agitare.

"Questa è la sua calligrafia. Ma come è possibile?"

«Nostra madre ci diceva sempre di fidarci della Spada Rosa, credo che si riferisse a questo simbolo. Non penso sia un caso che la lettera sia arrivata oggi.»

«Spada Rosa?» domandò incredula.

Ricordava benissimo quel nome, non poteva dimenticarla dopo tutti quegli anni trascorsi con lei. Ma come poteva un umana sapere della sua esistenza? Doveva indagare anche su questo.

«Credevo fosse solo una leggenda. Meglio aprirla in privato, quella tipa con cui stavi parlando ci sta fissando.»

Rio si voltò verso Jessica, che appena incrociò il suo sguardo arrossì violentemente. Nascose la lettera nel reggiseno e corse da lei per salutarla. A primo impatto le era sembrata una persona simpatica, e aveva come l'impressione di averla già vista da qualche altra parte. Ma non diede peso alla sensazione, da quando si era risvegliata aveva la testa nel frullatore.

Si riunì al fratello e insieme presero l'ascensore per arrivare al ventesimo piano dell'edificio, dove si trovava l'enorme appartamento della zia.

Appena varcata la soglia, vennero inondati di coriandoli e quasi tutti urlarono 'sorpresa'. Mariko aveva organizzato una festa di bentornato. Gli invitati indossavano cappellini di carta e collane di fiori hawaiane, e invitarono anche i nuovi arrivati ad indossarli. Rio lo fece con piacere, ma Ryoga si rifiutò categoricamente e guardò storto la zia che lo costrinse ad indossarli. Alla festa erano presenti Yuma e il Club dei Numeri, i fratelli Arclight e Kaito.

Il salone dell'appartamento era addobbato con striscioni, palloncini colorati e luci da discoteca. Accostato ad una parete era disposto un tavolo imbandito con dolciumi, stuzzichini salati e bibite; che Yuma guardava incantato come se fossero carte di Duel Monsters, venendo sempre richiamato alla realtà da Tori.

«Lo sai che non mi piacciono le sorprese» disse Ryoga alla zia, che invitava gli ospiti a servirsi.

Il campione di duelli non se lo fece ripetere due volte e si fiondò subito sul cibo, spiegando ad Astral in cosa consistevano le feste a sorpresa.

«Lo so benissimo, ma a tua sorella piacciono quindi zitto e divertiti» rispose autoritaria, per poi sussurrare all'orecchio del nipote, «dov'è la lettera?».

«Rio l'ha messa nel reggiseno, non so perché» rispose sussurrando anche lui.

«Meglio così allora, la leggerà dopo la festa.»

Shark si servì da bere e ogni tanto lanciava delle occhiate a Four, non gli piaceva che ronzasse attorno alla gemella. Cercò di concentrarsi sulla festa, fissando lo sguardo su Rio che faceva amicizia con i presenti. Merag notò fin da subito la presenza di Astral, ma decise di ignorarlo per il momento e di godersi la festa.

Dopo un po' di conversazione, zia Mariko fece partire la sua playlist da party e aprì le danze, trascinando Kaito, Five e Ryoga a ballare con lei. I ragazzi si scatenarono tutto il pomeriggio, passando da balli movimentati a lenti con coppie improbabili. Al tramonto, tutti si accomodarono sui divani per lo scarto dei regali.

«Regali per me? Grazie» disse Rio abbracciando uno per volta i presenti.

Five e Kaito cercarono di scansarsi, ma la zia gli lanciò un occhiataccia brandendo in mano il coltello da cucina, che stava usando per tagliare la torta. Allora i due, leggermente spaventati, si lasciarono toccare controvoglia. Ricevette in totale undici regali, che variavano tra articoli di moda, accessori per duelli e peluche. Infine mangiarono il dolce e i padroni di casa salutarono gli ospiti accompagnandoli alla porta.

Ryoga si tuffò sul divano e iniziò a sfogliare la sua rivista preferita, 'Duel Monsters News',  mentre la zia ripuliva il salotto dal disordine. Merag si rintanò nella sua camera, ignorò completamente quello che la circondava e si sedette sul letto. Prese la lettera un po' spiegazzata e l'aprì, impaziente di sapere il contenuto.

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 7 - Ritorno a casa con sorpresa, come se non ce ne fossero abbastanza

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

Cara Merag,

Se stai leggendo questa lettera significa che non sei riuscita a portare a termine la tua missione, e che io non sia più tra il mondo dei vivi. Questa busta ti sarà spedita al momento giusto, nel posto giusto. So che hai tante domande e nessuno ad aiutarti, ma vedrai che con il tempo troverai le risposte e degli alleati fidati. Veglierò sempre su di te e i nostri piccoli principi,

Con affetto

Spada Rosa

 

Caldi lacrime coprirono il volto candido di Merag, bagnandole la maglietta bianca che indossava. Non aveva ancora trovato il coraggio di leggere il secondo biglietto nella busta, che l'aspettava silenziosamente su uno dei comodini bianchi ai lati del letto.

I suoi singhiozzi persero la voce nell'acquazzone, che batteva violentemente contro i vetri da un tempo indefinito. Guardando fuori la finestra, le sembrava di scogere il suo viso nei lampi che cadevano ad intervalli irregolari. Spada Rosa era stato tutto per lei: una madre, un mentore, un'amica, un'insegnante; la sua morte l'aveva scombussolata nel profondo.

«Nissa sei la solita enigmatica, mai una volta che dici chiaramente qualcosa.»

Iniziò a vagare con lo sguardo nella stanza. Con il pensiero della lettera, non aveva pensato di curiosare in giro per conoscere Rio Kamishiro. La stanza era ampia, con una vetrata sul lato sinistro e le pareti celeste pastello. Sparsi in giro c'erano alcuni peluche, che riempivano gli spazi vuoti. Al lato destro erano disposti un armadio in legno bianco e uno specchio a figura intera, con un bellissimo abito rosso in pizzo appeso con una gruccia al supporto. Il letto era accostato al centro della parete opposta all'entrata; accanto alla porta si trovava una scrivania piena di oggetti, tra cui il duel pad con le carte, libri, riviste e una macchina per cucire. Doveva essere un'appassionata, per questo gli invitati le avevano fatto quei regali.

Sospirò profondamente, asciugandosi le lacrime, ed estrasse la seconda lettera dalla busta, consapevole che sarebbe stato di sicuro un enigma da risolvere. Un vecchio foglio ingiallito accompagnava il secondo biglietto.

Questa pagina appartiene ad un libro proibito. Nessuno deve sapere della sua esistenza, si tratta di un incantesimo molto potente, pericoloso se non lanciato in modo corretto.

Fanne buon uso.

«Alítheia, l'incanto della verità. Questo incantesimo obbliga il bersaglio a rispondere sinceramente all'incantantore che ha pronunciato la formula per sempre. Non può essere annullato o rilanciato sullo stesso bersaglio. L'incantatore deve essere dotato di una gran forza di volonta e un vasto potere per poter lanciare correttamente l'incant-…»

La lettura della pagina fu interrotta da Ryoga, che entrò nella stanza senza bussare. Lo sentì abbassare la maniglia giusto in tempo per nascondere tutto sotto il cuscino e asciugarsi le lacrime.

«Mi sorprende vederti sveglia a quest'ora, andavi sempre a dormire presto» disse appoggiandosi allo stipite della porta.

«Perché, che ora sono?»

«Mezzanotte. Vuoi fare uno spuntino? È avanzato del cibo dalla festa.»

Merag si alzò ed uscì dalla stanza con il fratello, si accomodarono in cucina e discussero degli invitati. Shark le parlò dell'avventura passata con le carte numero e di Astral, non sorprendendosi quando Rio si fece scappare che aveva visto lo spirito svolazzare in giro per il salotto. Era contenta di ciò, così non doveva comportarsi in modo strano in sua presenza.

«Che storia contorta. E io pensavo di averle viste tutte» disse affondando i denti in un pasticcino al cioccolato.

«Già. Hai aperto la lettera?»

«Si, ma non posso dirti niente, Spada Rosa è stata molto insistente su questo.»

«Sei consapevole che non mi farò i fatti miei, vero?»

«Lo immaginavo, infatti ho nascosto la lettera dove non la troverai mai. E non è il mio reggiseno questa volta.»

 

Dopo la festa, Five diede un passaggio a tutti con la sua jeep bianca, a causa del temporale improvviso. Yuma fu uno degli ultimi a scendere, dato che la sua abitazione era la più lontana. Durante il tragitto aveva parlato a Three del suo amico Fuya, l'attore famoso per interpretare il supereroe ESPer Robin, appena saputo che il rosa era un fan della serie. Con la promessa di presentarglielo, scese dal veicolo e corse dentro casa.

Akali gli lanciò sulla testa un asciugamano appena varcata la soglia, perché in quei pochi metri che lo separavano tra la strada e la porta di casa, si era inzuppato.

«Yuma è meglio che ti cambi subito o rischi di ammalarti» disse con dolcezza la nonna, che sorsegiava tè insieme al maestro Roku nel piccolo soggiorno.

«Ciao Yuma, è un piacere vederti in forma.»

«Anche per me maestro. Vado a farmi un bagno» rispose il giovane correndo su per le scale, diretto in camera sua.

Preso l'occorrente, si chiuse a chiave nel bagno e riempì la vasca di acqua e sapone. Si tolse i vestiti e saltò nella schiuma.

«Yuma lo hai notato anche tu alla festa?» domandò Astral, seduto di fronte a lui.

«Cosa?»

«La sorella di Shark è in grado di vedermi, però ha fatto finta di niente. Inoltre aveva qualcosa nascosto nel décolleté, credo fosse un foglio.»

«Ehi, non ti facevo un guardone!» scherzò Yuma, schizzandolo con l'acqua anche se non poteva colpirlo.

Lo spirito sorrise, gi faceva piacere essere trattato come una persona con un corpo, invece di un fantasma. Ma ritornò subito serio, Rio lo aveva incuriosito molto e aveva la sensazione di saperne di più della faccenda.

«A cosa stai pensando?» domandò l'amico, guardandolo preoccupato.

«Ho una strana sensazione. Tra poco finisce la scuola, giusto?»

«La settimana prossima è l'ultima, poi ci saranno le vancanze estive! Potrò duellare tutto il giorno e dormire quanto voglio!»

«Bene, così possiamo recuperare i numeri restanti senza intralci.»

«Ben detto amico!»

Dopo il bagno, Yuma e Astral raggiunsero il salotto e si accomodarono per prendere tè e biscotti. Yuma rimasse in silenzio, era curioso di sapere i motivi della visita del maestro, ma non voleva domandarlo. Nonna Haru lo avrebbe informato di sicuro della festa se Roku avesse voluto incontrare l'allievo, quindi la sua presenza riguardava altro. Prese una tazza e si versò la bevanda calda, aspettando che i due anziani prendessero parola. Ma dato che nessuno aveva intenzione di iniziare una conversazione, decise che li avrebbe portati a parlare di quel che gli interessava sapere.

«Questo tè è buonissimo, nonna. Dove lo hai preso?»

«Me lo ha portato il tuo amico inglese, non ricordo come si chiama.»

«Three? Ha i capelli rosa e gli occhi verdi.»

«Si, era lui. È molto gentile ed educato, dovresti imparare da lui.»

«Conosco quel ragazzo» si intromise Roku, «è il fratello di un ex allievo del mio maestro».

«Davvero? Di chi si tratta, Four o Five?» domandò Yuma, lasciando perdere il suo piano mentale.

«Non so il suo nome, ma l'ho visto qualche volta. Alto come una montagna, capelli lunghi e carnagione chiara. L'ultimo allievo del mio maestro.»

«Five, dovevo immaginarlo. È un ottimo duellante ed è stato il maestro di Kaito» disse Astral, riflettendo ad alta voce.

«Si è fatto tardi» aggiunse Roku, «è stato un piacere rivedervi».

Il maestro lasciò l'abitazione sotto la pioggia e il ragazzo rimase solo con la nonna. La tentazione di chiedergli del maestro lo attanagliava sempre di più, non era mai stato così curioso di saperne di più. Come si erano conosciuti? Che genere di rapporto c'era tra i due?

«Nonna…»

«Il maestro Roku è stato il mio primo amore, ci siamo conosciuti da giovani. Ma la sua passione per i duelli è sempre stata più forte rispetto i miei sentimenti, quindi siamo rimasti amici e ho sposato tuo nonno» disse Haru, prevedendo la domanda che gli stava per porre il nipote.

«Ah, ho capito… Vado a dormire, buonanotte.»

Yuma salì le scale sospirando, si aspettava una storia più avvincente. Suo padre Kazuma diceva sempre che lo spirito d'avventura lo aveva ereditato dalla nonna, ma nessuno era mai stato più specifico. Si stese sulla sua amaca e cadde in un sonno profondo, sognando il maestro e Haru duellare da ragazzi.

Astral osservò la città dalla finestra, concentrandosi maggiormente sul complesso residenziale VIP, la sua imponenza si vedeva anche a chilometri di distanza. Non faceva altro che pensare a Rio, cercando di capire cosa la rendesse così interessante.

E la vide, una bellissima donna astrale dagli occhi eterocromatici, uno dorato e uno bianco, che somigliava così tanto allo spirito.

 

 

 

 

 

Capitolo 8 - Altri misteri per i detective Merag e Astral

 

 

Angolo Autrice

Mi sembra di essere Agatha Cristie, questa storia si sta trasformando in un giallo psicologico contorto, me culpa non è intenzionale. Ma che ci posso fare, mi piacciono i misteri e la succitata scrittrice è la mia preferita. Questa parte però è necessaria per la nostra bariana preferita, deve indagare per scoprire cosa le è successo. Più avanti la storia si conformerà di più con la serie, non vi preoccupate ce pensa Vector a sistemare tutto (spoiler a caso).

:D

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

«Quindi ci hai convocati qui per raccontarci questa storiella?» domandò Mizael arrabbiato, non lo riusciva proprio a sopportare.

Quella mattina Vector aveva riunito gli imperatori nella sala del trono, per un consiglio straordinario. Non si sa come, era venuto a conoscenza della presenza di un astrale sul pianeta Terra e questa cosa lo eccitava fin troppo.

«Non è una favoletta Miza-chan, è una cosa seria» ribattè il bariano alato.

«E da quando sei serio? Hai sbattuto la testa contro un pilastro di cristallo per caso?»

Mentre i due discutevano animatamente, Arito e Girag sussuravano tra di loro, chiedendosi se avessero realmente capito la spiegazione fornita dal collega.

Durbe, invece, era evidentemente preso da altro. Le sue ricerche lo avevano portato ad un vicolo ceco e le parole del custode non aiutavano affatto.

Ma non era questo che lo preoccupava.

Con i cinque imperatori, c'era una ragazzina che ascoltava da lontano la riunione. Dalla carnagione mandarino, caschetto ramato, occhi lilla e abito lungo bordeaux, guardava divertita Mizael e Vector tirarsi per i capelli. Il Grigio le lanciò uno sgardo severo e l'osservatrice si ricompose in un attimo.

«Avete finito voi due? Sembrate due infanti» disse poi, volandosi verso i litiganti, a braccia incrociate.

«Va bene, va bene» rispose Vector, allontanandosi dalla portata del biondo e, ricomponendosi, aggiunse «allora chi è con me?»

«Non prendo ordini da te» sentenziò Mizael, abbandonando la sala e maledicendo il palazzo perché al suo interno non si poteva teletrasportare1.

«Non ho ben chiaro l'utilità che potrebbero avere queste carte numero e sicuramente non potremmo utilizzarle dato che, come saprai, il potere bariano e quello astrale si annullano2. Inoltre il tuo piano ha molte falle sotto vari punti di vista, se vuoi te li spiego» spiegò con calma Durbe, stroncando la tesi di Vector.

«Devi essere per forza così, come posso dire, critico e scenziato in tutto?» si intromise la ragazzina, avvicinandosi.

«Ho solo espresso il mio parere, mi sembrava che fosse stato convocato un consiglio.»

Arito alzò la mano e tossì per attirare l'attenzione, guardando confuso i tre ragazzi davanti a lui.

«Io e Arito ci tiriamo fuori, non contare su di noi» disse Girag, uscendo con il compagno fuori la sala.

«Benissimo, tanto non ho bisogno di nessuno» urlò Vector, vedendo anche il Grigio allontanarsi dalla sala, spingendo delicatamente la ragazzina con lui.

«Se mi cercate, sto combattendo per la patria!» continuò nonostante fosse ormai da solo.

Un ombra minacciosa comparve alle sue spalle, nera come la pece. Un ghigno comparve sul viso dell'imperatore, illuminato da una luce oscura, che inghiottiva tutta la sala.

"Dobbiamo muoverci prima che torni al suo massimo, il tempismo è di vitale importanza."

«Sta calmo, ho tutto sotto controllo» sussurrò maligno.

Lontano da occhi ed orecchie indiscrete, Durbe portò la ragazzina nella sala da ballo, dove venivano organizzati i vari eventi mondani. Dalla dipartita di Nash, i vasti spazi non venivano più utilizzati, ma rimanevano splendenti come sempre.

«Cosa c'è?» chiese infastidita.

«Quante volte te lo devo ripetere, non intrometterti durante le nostre riunioni. Non potresti neanche starci lì, non sei un'imperatrice» rispose severo.

«Non so stare zitta, chissà da chi ho preso questo brutto vizio.»

«Non è questo il modo in cui ti ho educato, e lo sai benissimo cosa è successo a Merag.»

«Ancora lei? Pensavo che la tua cotta fosse passata alla sua morte… Ehm, quarant'anni fa? Dubito che il tuo amichetto Nash l'abbia lasciata andare visto i suoi trascorsi. Non ho mai capito cosa ci trovi in lei, era un'antipatica altezzosa.»

«Patrishka per favore, non rimettere in mezzo la questione. Non voglio che tu faccia la stessa fine…»

«Sei mia figlia, bla bla bla. Merag era solo un'amica, bla bla bla. Come sei ripetitivo.»

Durbe non rispose, sapeva che quello era il periodo in cui i ragazzi si ribellavano e cercavano la propria strada. Continuare quella conversazione non lo avrebbe portato da nessuna parte, e andò via lasciandole le solite raccomandazioni. Ritornò nel suo laboratorio, aggiungendo alla lista di cose da fare 'sorvegliare Vector'.

Patrishka rimase da sola e invenì contro il Grigio, chiedendosi perché gli fosse capitato proprio lui come padre adottivo.

 

Incuranti dei piani di conquista di Vector, Yuma trascorse l'ultima settimana di scuola come se fosse già in vacanza. Tutti i suoi professori avevano organizzato compiti e interrogazioni a sorpresa nelle settimane precedenti e, se non fosse stato per Astral, sarebbe andato male in tutto. Per sua fortuna, quest'ultimo aveva ascoltato con attenzione e interesse le lezioni, e gli suggerì le risposte solo per pietà.

A fine giornata scolastica, i ragazzi si incontrarono nel cortile della scuola per i soliti duelli post-lezioni. Yuma migliorava a vista d'occhio, lo spirito non aveva più la necessità di assisterlo per battere i senza-numero.

Bronk perse l'ennesimo duello, ma non se ne rattristò, vedere il suo migliore amico inventarsi strategie assurde ed efficaci lo divertiva e lo motivava a fare del suo meglio. Da quando aveva conosciuto la sorella di Shark, il suo cuore batteva solo per lei e voleva dimostrare a tutti di essere degno della sua mano, come i cavalieri nei romanzi romantici che non si vergognava di adorare.

Anche gli altri erano rimasti colpiti dalla ragazza. Rio era così diversa da come se l'aspettavano, avevano vagliato parecchie ipotesi, ma tutte alla fine portavano ad una Ryoga al femminile. Invece, si erano ritrovati una ragazza dolce e gentile, sorridente ed estroversa. Solo Astral aveva percepito una stranezza, che la rendeva diversa da tutti gli umani che aveva conosciuto. Provò a parlarne più volte con Yuma, ma il ragazzo era testardo come un muro e ripeteva sempre che la sorella di Shark doveva solo riabituarsi alla vita normale.

Lo spirito pensava anche a quella donna misteriosa che appariva ultimamente nei suoi pensieri e, pensando che fosse una persona a lui cara, cercava di sforzarsi per ricordarla. Ma il vuoto totale circondava la sua figura eterea, e così gli ritornava in mente la sua missione, recuperare i numeri restanti.

I ragazzi si incamminarono nel tramonto verso le loro abitazioni, condividendo pensieri e teorie durante il tragitto.

«Secondo voi Rio ritornerà a scuola dopo le vacanze?» chiese Bronk arrossendo.

«Certo, deve terminare gli studi» rispose Casswell.

«Ragazzi è appena finita la scuola e già parlate del nuovo anno? Siamo in vacanza!» bofonchiò Yuma.

«Non rilassarti troppo, è un miracolo che sei passato al prossimo anno» disse Tori.

La risposta del campione si perse nel rumore di una moto che sfrecciò a tutta velocità, frenando con una deparata di fronte al gruppo. Shark si tolse il casco e fissò intensamente i ragazzi, prima di aprire bocca.

«Avete visto Rio? È uscita stamattina e non è più tornata, non risponde neanche alle chiamate» chiese ansioso.

«No. Credi le sia successo qualcosa?» rispose Yuma allarmato.

«Spero solo che non sia con quell'idiota.»

«Chi?»

«Four, non riesco proprio a digerirlo. Non so come faccia a piacergli.»

«Piacergli?» si intromise Bronk, allarmato dalla scelta di parole del motociclista. Non aveva dimenticato la violenza usata dal campione asiatico nei confronti dei suoi amici.

«Lo so, è assurdo. Se la vedete chiamatemi.»

Shark si rimise il casco e partì alla velocità della luce verso il centro città, lasciando sbigottiti i ragazzi. Bastò uno sguardo per capirsi, in un attimo si separarono per aiutare l'amico nelle ricerche. Esplorarono nel giro di poche ore tutto il lato est della città e si riunirono al parco per scambiarsi le informazioni ottenute.

Per sfortuna di Ryoga, la sua previsione era corretta. In molti avevano visto il famoso campione di duelli in compagnia di una bella ragazza dai capelli blu e una più matura dai capelli ramati quella mattina. Le fan di Four avevano pedinato il trio, perdendone le tracce verso ora di pranzo. Il club dei numeri tirò un sospiro di sollievo, per niente condiviso da Shark. Tutti sapevano che, in fondo, il ragazzo sfregiato stava facendo ammenda per il male che aveva causato, e poi c'era un'altra persona con loro. Ma il fratello di Rio non riusciva ad accettarlo.

Una chiamata improvvisa fermò la lista di imprecazioni e di parole per niente gentili di Ryoga, che rispose in malo modo senza vedere il mittente.

«Non dirmi che sei ancora con quell'idiota? Dove sei che ti vengo a prendere… Cosa? Stai scherzando spero… Rio?! Rio… Ha riagganciato.»

Shark posò il telefono nella giacca e guardò rabbioso gli amici, che aspettavano trepidanti una risposta.

«Allora?» domandò Cathy.

«Ho un problema da risolvere» concluse sfrecciando via con la sua moto.

 

 

 

 

 

1Ho aggiunto questa cosa perché sarà utile più avanti, e anche per motivi tattici. Permettere al nemico di potersi teletrasportarsi nel palazzo del governo non è una bella cosa. Ho aggiunto parecchie cose sul mondo Bariano, nella serie è stato solo abbozzato.

2Più avanti si spiegherà questa cosa per bene. Per quanto riguarda l'episodio in cui Kaito utilizza un cristallo bariano per entrare nella chiave dell'imperatore, che contraddirebbe l'annullamento dei poteri, ho una soluzione plausibile che non crea problemi. I problemi li creo già io per me XD

 

* E per quanto riguarda il telefono, me ne frego dei duel gazer che lo sostituiscono. E non lo chiamerò mai cellulare, non mi piace il termine XD

 

Capitolo 9 - Iniziano i guai

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

Dopo il fallimento dell'interrogatorio ad Haruto, Five aveva deciso di coinvolgere Tron e il Dr. Faker nelle indagini sul bunker misterioso. Questo lo portò a litigare con Kaito, che si tirò fuori dalla faccenda a tempo indeterminato. Di prima mattina, il giovane aveva portato i due scienziati nel covo sotterraneo e ammirava i loro sguardi stupefatti. Entrambi concordarono sulla teoria degli extraterrestri, ma non erano convinti che Astral centrasse qualcosa. Avendo studiato in passato il mondo Astrale e con le attuali informazioni che possedevano, esclusero il loro coinvolgimento.

Tron, dopo aver visto il medaglione, era caduto in un silenzio tombale e sedeva sul divano rosso, accanto al figlio, nella tipica posa del pensatore. Faker, invece, sfogliava interessato il libro sulla divinazione, poggiandosi sulla poltrona preferita di Kaito.

«Sapete, mia moglie adorava le pratiche dell'occulto. Le piaceva leggere i tarocchi e fare predizioni a seconda delle fasi lunari e delle costellazioni. La mia adorata Cassandra1, le sarebbe piaciuto leggere questo libro» disse lo scienziato malinconico, rompendo il silenzio.

«Cassandra, un nome adatto ad una persona del genere. Nella mitologia greca era una veggente inascoltata, che predisse la distruzione di Troia» pensò Five ad alta voce.

«Non hai mai parlato di lei durante i nostri viaggi» aggiunse Tron.

«Morì quando Haruto aveva pochi mesi, un infarto fulminante. Eravamo in Grecia a trovare i suoi parenti, da allora non ho più parlato di lei, l'ennesima scelta sbagliata.»

Ripensò a tutti i momenti trascorsi con lei, dal giorno in cui l'aveva conosciuta all'Università di Oxford fino alla sua tragica fine, non riusciva ancora a credere che tra tutti aveva scelto proprio lui.

Byron tossicchiò e si tolse la maschera, rivelando l'altra metà che non mostrava quasi mai. Faker trasalì, ritornando al presente con la mente.

«È strano, anche a me questo posto mi ricorda Ayako… Abbiamo fatto gli stessi sbagli, Shinji.»

«Padre…» sospirò Five, non potendogli dar torto.

«Chris, non credo possiamo fare molto al momento» aggiunse, riportando il discorso sul bunker misterioso, «non abbiamo la tecnologia adatta per analizzare questo posto».

«L'unica cosa che possiamo fare è provare a decifrare il linguaggio, potrebbe benissimo essere un codice e non una lingua aliena» continuò Faker.

«D'accordo, ma prima devo parlarvi della sconosciuta a cui appartiene l'impronta sul medaglione…»

Dopo la spiegazione, si crearono più domande che risposte. I due scienziati non si aspettavano una svolta del genere, così come i figli. Non erano neanche sicuri che fosse un passo in avanti, la donna misteriosa oggi avrebbe settantadue anni, e se in passato nessuno era riuscita a trovarla, come avrebbero fatto loro tre adesso? Nonostante la tecnologia che possedevano, non potevano permettersi un azzardo del genere.

Faker posò il libro sulla divinazione sul tavolo e si alzò per dare un'occhiata agli altri nella libreria. All'apparenza sembravano comunissimi volumi antichi, ma nascondevano segreti ancora irrisolti. Ne sfogliò un paio, ma l'unico risultato ottenuto fu un bel grattacapo. Come era possibile che non avesse trovato prima di suo figlio quel bunker? Lui, che da giovane aveva costruito una città intera su quelle terre; lui, uno scienziato che per anni aveva studiato i mondi Paralleli; lui che ne sapeva più di chiunque altro sulle stranezze aliene. Eppure non era stato in grado di trovare questo tesoro nascosto, fonte di conoscenze assai più grandi delle sue. Distrattamente, si poggiò sul bordo della libreria e quella scivolò leggermente a destra, facendogli perdere l'equilibrio.

«Che mi venga un colpo! Credevo che la libreria fosse fissa al muro» disse Tron, soccorrendo il compagno.

«Lo pensavo anche io. Kaito aveva provato a spostarla una volta, ma non si era mossa» aggiunse Five.

«Non preoccuparti, sto bene, ho solo perso l'equilibrio. Quando il bunker si è riattivato, deve aver sbloccato il passaggio.»

Chris chiamò subito Kaito per informarlo dell'accaduto, ma il biondo era ancora arrabbiato e rispose in malo modo al mentore. Però curioso della nuova scoperta, li raggiunse in volo in pochi minuti. Insieme, spostarono la libreria e trovarono una porta seminascosta nella parete, che scomparve al tocco. Oltre l'apertura si trovava un corridoio di pietra che pendeva verso il basso.

Percorsero il passaggio in silenzio, uno dietro l'altro a causa dello spazio ristretto. Le pareti erano state levigate accuratamente e ad intervalli regolari si trovava una luce nel soffitto, che illuminava chiaramente il percorso in discesa. Dopo un tempo che sembrava infinito, trovarono una seconda porta in metallo bianco.

Il piano inferiore era venti volte più grande di quello superiore, ma non era solo un altro laboratorio, bensì una specie di appartamento futuristico che poteva contenere ben cinquanta persone contemporaneamente. Ed era completamente intatto, segno che la battaglia non era passata per quegli spazi.

I quattro si trovavano in un open space, ammobliliato con oggetti di natura mai vista prima. Non c'era l'ombra di antichità e neanche una finestra che affacciasse chissà dove. L'aria che si respirava era di una leggerezza e purezza inumana, come se venisse da un altro pianeta.

Le pareti erano dello stesso metallo bianco del piano superiore. Alla destra dell'entrata si trovava un salottino con un divano semi circolare viola di un materiale morbido sconosciuto, con un ripiano in metallo argento fluttuante e un caminetto con delle strane fiamme azzurre. Alla sinistra dell'entrata era allestita una specie di cucina all'avanguardia, con elettrodomestici dalle forme più strane e altri ripiani volanti. Più avanti, al centro, si imponeva un enorme macchinario, che circondava un cristallo simile ad un diamante alto circa due metri. Dietro di esso si trovavano due porte, una portava ad una piccola radura fatata con un laghetto ed una cascata di acqua termale, e l'altra ad una camera da letto minimal piena di souvenir degli anni 60-80.

«Tutto fantastico, ma come c'è finita quella specie di radura da libro fantasy?» domandò Kaito, accomodandosi sul divano all'ingresso con gli altri.

«Mi sembra evidente» rispose Faker, «è qualcosa di magico».

«Magico? Ma sei serio? Non esiste la magia.»

«Sulla Terra no, ma ti devo forse ricordare il potere bariano che aveva posseduto tuo padre?» gli ricordò Five.

«Quello è l'ultimo dei nostri problemi. Partiamo prima da quel cristallo, si tratta sicuramente della fonte energetica del posto» disse Tron.

Kaito incrociò le braccia e ordinò di analizzare la pietra ad Orbital, che era rimasto vicino alla porta per tutto il tempo. Ma appena si avvicinò all'artefatto, il povero robot si illuminò di rosso e venne spinto via con forza il più lontano possibile. Il gruppo corse a controllare se avesse qualcosa di rotto e lo rimise a posto.

«Capo, il cristallo bariano nei miei circuiti si è surriscaldato e mi ha spinto via! Credo non gli piaccia l'altro cristallo.»

«Che strano, non ha mai fatto una cosa del genere. Ha reagito solo quando ha toccato il pendente di Yuma, ma in quel caso ha aperto un portale per il suo interno» informò Kaito.

«Con questo possiamo confermare che non abbiamo a che fare con il mondo astrale. Si tratta di un altro pianeta, che il potere bariano teme» setenziò Faker.

Tron si diresse dall'artefatto, ma non successe niente quando si trovò a pochi centimetri di distanza. Allora avvicinò lentamente la sua mano per toccarlo, ignorando gli altri che lo intimavano di non farlo. Appena ci fu un contatto, una luce abbagliante costrinse i presenti a coprirsi gli occhi. Durò pochi secondi e quando tutti riacquistarono la vista, rimasero sbalorditi.

Byron aveva ripreso le sue sembianze originali e il portale sulla sua faccia scomparve completamente. Lo scienziato non riusciva a credere a quel che vedeva, ormai si era arreso a restare per sempre nel corpo di un bambino.

«Come è possibile?» chiese Kaito.

«Questo cristallo deve avere un potere immenso, è stato in grado di riparare un danno del genere» rispose Faker.

Rimasero lì a guardare la felicità negli occhi di Byron e di Five, che si abbracciarono come non facevano da tempo.

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 10 - Una gioia ogni tanto fa bene, ma con doppia dose di misteri

 

1Dato che non si è mai parlato delle mogli di Faker e Tron, ho deciso di crearle. Cassandra era la moglie di Faker, che ho deciso di chiamare Shinji (un nome lo deve avere questo, mica se può chiamare veramente Imbroglione XD). Ayako era la moglie di Tron, essendo lui inglese gli ho dato un motivo per vivere in Giappone.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

In contemporanea, al complesso residenziale VIP, Rio si era svegliata all'alba con la testa fissata su un unico pensiero. Quella stanza, la sua stanza, era una miniera d'oro di informazioni. La prima cosa che fece fu spalancare le ante dell'armadio e buttare tutti i suoi capi sul letto disfatto. Una volta svuotato, tastò attentamente il legno per vedere se ci fossero scompartimenti nascosti, ma le uniche cose che trovò furono dei pacchetti di profumo per tessuti.

«Fiori di ciliegio… Ha un buon profumo a differenza mia» disse scherzosamente annusando l'involucro di carta.

Ripose i profumi al loro posto e iniziò ad esaminare i capi uno per volta, prima di riporli nell'armadio. Erano tutti confezionati su misura con il metodo artigianale, e questo lasciò un sorriso soddisfatto sul volto della bariana. Fin da bambina gradiva la compagnia del sarto personale di famiglia, aveva un modo così unico di descrivere i tessuti e i modelli che realizzava con abilità e pazienza. Di nascosto prese lezioni private dal sarto, sognando che un giorno potesse essere lei stessa a confezionare i suoi abiti.

Strinse a sé un minidress di paillettes nero, lasciandosi trasportare da una piacevole sensazione di vittoria e compiacimento. Scosse il capo, dicendosi di concentrarsi e tornare ad esaminare il disordine che aveva creato. I capi tornarono pian piano nell'armadio, nello stesso identico punto in cui alloggiavano precedentemente.

In seguito prese delicatamente l'abito rosso sullo specchio e lo adagiò attentamente sulle lenzuola. Osservandolo più da vicino, si potevano notare i numerosi spilli che facevano aderire il pizzo rosso sulla stoffa morbida del corpetto.

«Potrei sistemarlo una volta finita la mia ispezione» sussurrò sorridendo.

Era solo all'inizio e già volarono via delle ore. Il suo stomaco brontolò, ordinando alla padrona di nutrirsi. Così Merag andò in cucina per aspirare gli ultimi residui della festa. Si sedette sul divano ed accese il televisore con volume basso, facendo zapping fino a fermarsi sul canale del telegiornale mattutino. Nonostante fosse passata più di una settimana, si parlava ancora della luna rossa. Proprio quella sera erano avvenuti strani fenomeni che avevano allarmato gli scienziati: scosse di terremoto, disturbi radio, campi elettromagnetici inspiegabili e onde marine anomale. Ma la cosa più importante fu che avvennero solamente ad Heartland.

«Non può essere una coincidenza» disse addentando una fetta di torta.

«Hai ragione» rispose una voce alle sue spalle.

Zia Mariko era appoggiata con le braccia sullo schienale del divano, proprio dietro di lei. Indossava un kimono in seta gialla con dei fiori lilla ricamati finemente, e i capelli raccolti in una coroncina dorata. Rio saltò dallo spavento e le puntò contro il dolce mangiucchiato come se fosse un'arma letale.

«Scusami tesoro, non volevo spaventarti.»

«Non ti preoccupare… Mi piace il tuo kimono.»

«Lo hai cucito tu l'anno scorso per il mio compleanno. Devo incontrare un produttore cinematografico molto importante, sono la favorita a ricevere la parte da protagonista nel suo prossimo film.»

«Farai un figurone allora, faccio il tifo per te.»

«Grazie. Vedi di non commettere un fratricidio mentre sarò via, e non tornerò per pranzo.»

«Ricevuto.»

Zia Mariko stritolò la nipote in un abbraccio e le lasciò il segno del rossetto su entrambe le guance. In quel momento uscì Ryoga dalla sua stanza, con indosso un pigiama viola con degli squali stampati. Subito la donna gli corse incontro e l'obbligò allo stesso trattamento.

«Mi raccomando, voglio trovare l'appartamento al mio ritorno» disse prima di uscire.

«Dove deve andare conciata in quel modo?» domandò Shark rubando il telecomando dalla mano della sorella.

«Ehi, ridammelo!» rispose Rio allungando le mani.

Subito il ragazzo corse per la stanza, seguito dalla bariana che continuava a mangiare mentre lo inseguiva. Riuscì a raggiungerlo e gli saltò addosso a mo' di wrestler, mettendolo K.O. sul tappeto e riprendendosi il telecomando.

«Zia Mariko è andata da un tizio del cinema, non torna per pranzo. Se vuoi che ti cucino, trattami come una regina.»

Merag riprese posto sul divano e alzò il volume della TV per ascoltare le teorie sugli strani avvenimenti del 14 maggio. Ryoga aspettò qualche secondo prima di alzarsi da terra e mettersi a sedere accanto alla sorella.

«Cos'è che hai detto?» domandò sorpreso.

«Che zia Mariko è andata dal cinema tizio.»

«No, dopo. E comunque si dice produttore cinematografico.»

«Come vuoi. Ho detto che mi devi trattare bene se vuoi che ti cucino, tu non sai cucinare vero?»

«Non ci vuole niente a mettere i noodles nel microonde, i fornelli non fanno per me.»

«Meglio così allora. Guarda pure, questi scienziati sono stupidi.»

Merag lasciò il telecomando a Ryoga e ritornò in camera sua. Gli esperti terrestri spiegavano quei fenomeni come conseguenze del cambiamento di colore della luna, quando in realtà sapevano perfettamente che c'era qualcosa che non andava. Lo avvertiva nei loro atteggiamenti evasivi e nei segnali involontari del loro corpo. Stavano mentendo spudoratamente ai cittadini, e questo la infastidiva. Nash faceva esattamente la stessa cosa quando c'erano problemi su Barian. Riferiva ai suoi sudditi che tutto andava per il meglio, quando in realtà Durbe lo avvertiva ogni giorno delle conseguenze negative della guerra civile e della possibilità che la Cerchia dei Mille non fosse stata sciolta definitivamente.

Si fermò ad osservare la sua figura nello specchio. Non riusciva ad accettare quel corpicino così esile e fragile, abituata da secoli di formosità adulta. La sua età la innervosiva più di tutto, non poteva essere indipendente e libera di agire come più le piaceva. Fece dei respiri profondi e tornò a concentrarsi sulla sua camera.

La scrivania disordinata e stracolma la lasciò per ultima, concentrandosi prima sui comodini e i vari peluche sparsi. Uno dei cassetti aveva il doppio fondo, al suo interno trovò un diario dalla copertina in pelle bordeaux e una penna stilografica antica, proveniente sicuramente da un negozio di antiquariato. Subito lo aprì per sfogliarlo e il suo contenuto la lasciò basita. Non era un diario comune, ma una raccolta di ritagli, citazioni ed annotazioni. L'ultima pagina scritta parlava di Four, di come sentiva dentro di sé una forte attrazione che non sapeva spiegare. In sua presenza, provava delle emozioni che non aveva mai avvertito prima, si era presa una bella cotta per quel ragazzo.

«Provavo le stesse emozioni di allora… Le provo ancora adesso quando penso a Four» sussurrò arrossendo.

Ripose il diario nel comodino, lasciando al suo interno anche la lettera stropicciata di Spada Rosa, rimasta sotto il cuscino per tutta la notte. In un altro cassetto trovò il suo telefono con una cover bianca e un piccolo fiocco di neve appeso. Lo accese subito, presa dall'eccitazione della scoperta. Ryoga le aveva spiegato come funzionasse quel rettangolo di metallo e vetro quando si trovava ancora in ospedale, e da allora non vedeva l'ora di trovare il suo.

Una volta acceso, il dispositivo chiedeva l'inserimento di un pin di sblocco e Merag rimase a fissare lo schermo, nuovamente basita.

«Che sfiga, non ho trovato nessun appunto su questo. Non ancora…»

Alzò lo sguardo verso la scrivania, era arrivato il momento di mettere in ordine quel disastroso tentativo di conservare più oggetti possibili in quello spazio ristretto. Si mosse controvoglia verso la scrivania e prese posto sulla sedia girevole. Un cumulo di disegni ricopriva tutta la superficie e il pavimento circostante, raccoglierli fu il primo passo. Li sistemò in una cartellina fucsia uscita fuori dal disordine e la lanciò sul letto a mo' di frisbee per toglierla di mezzo. Prima avrebbe sistemato il caos, poi gli avrebbe dedicato un po' di tempo.

Raccolse le carte da duello e le sfogliò velocemente, come si aspettava erano tutte a tema neve e ghiaccio. Insieme al duel disk, le ripose in una sacchetta zaino che lasciò ai piedi della scrivania. Poi raccolse tutti i libri e le riviste, impilandoli contro la parete azzurra e poggiò la macchina per cucire accanto al duel disk.

«C'è qualcosa che non quadra.»

 

 

 

 

Capitolo 11 - Merag che esamina la scena del crimine non commesso

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

«Vedo che hai finalmente sistemato quel disastro di scrivania» disse Ryoga entrando senza bussare.

Merag si voltò verso di lui, indecisa se renderlo partecipe o meno dei suoi dubbi. Solo allora si rese conto di quanto avesse ignorato il loro rapporto fraterno, ormai abituata dell'incomunicabilità con Nash. Il ragazzo, dalla capigliatura vagamente somigliante ad un polpo, era senza dubbio la fonte di informazioni per eccellenza. Allargò un sorriso lucente e lo invitò ad accomodarsi per passare del tempo insieme. Shark si sedette sulla sponda del letto, e stese la schiena sulle lenzuola facendo attenzione al vestito e alla cartellina. Indicò il soffitto ed rimase in silenzio per qualche secondo.

«A sette anni hai disegnato questa mappa stellare, non ci hai mai detto come ci sei riuscita. Lo chiamavi Sistema Arcano1, di cui facevano parte tre galassie disposte a triangolo: a sinistra il Chaos, la galassia dominata dalla forza instabile; a destra la Myra, la galassia della conoscenza in rovina di cui fa parte la Via Lattea; e in cima l'Alch, la galassia della magia pura. Ogni sera ti lamentavi perché sui libri non veniva neanche citato.»

Merag si sdraiò accanto al fratello e osservò un disegno imperfetto, colorato con dei pennarelli. Riconobbe subito il mondo bariano, segnato con uno scarabocchio rosso nella Galassia Chaos. Il Sistema Arcano fu una dei primi argomenti che studiò all'Accademia di Magia del pianeta Hünya; l'eccentrico insegnante Jalisse le offrì volentieri delle lezioni extra, notando con piacere il forte interesse per l'astronomia. Mai si sarebbe aspettata che quell'uomo fosse un bariano, dato il suo modo di fare diametralmente opposto a quello di un comune abitante del pianeta.

«Questo posto è troppo perfetto» disse dubbiosa.

«Che intendi?»

«Ho una famiglia amorevole, una stanza tutta per me, sono nate delle belle amicizie. Mi chiedo solo dove sta la fregatura, ci deve essere per forza.»

«Ti stai concentrando troppo su cosa può andare storto, pensa invece a quello che hai adesso e goditelo.»

«Quello che ho adesso, neanche lo ricordo. Ogni giorno continuo a sfogliare l'album di fotografie, ma il vuoto non si riempe.»

«Ci vuole tempo, non essere frettolosa.»

Ryoga si mise in piedi per rispondere ad una telefonata. Merag prese la cartellina con i disegni ed iniziò a sfogliarli, cercando di ascoltare la conversazione senza farsi notare. Il fratello stava parlando con una voce femminile riguardo ad un esibizione di un gruppo rock in un locale e di provare dei nuovi pezzi. La chiamata durò poco, Shark la troncò di botto dicendo che li avrebbe raggiunti subito.

«Rio devo andare dal mio gruppo, sono riusciti ad ottenere un ingaggio e dobbiamo provare. Vuoi venire a sentirci?»

«No, grazie.»

«Ok, tornerò stasera. Mandami dei messaggi ogni tanto, così sto tranquillo» disse dandole un bacio sulla fronte.

Merag lo sentì correre per le stanze ed uscire di fretta dall'appartamento sbattendo la porta.

«Come faccio a mandargli dei messaggi se non so il pin… Almeno sono finalmente sola.»

Aspettava da giorni di poter testare appieno il funzionamento del suo corpo umano, senza avere intorno qualcuno che la disturbasse. Ignorò la porta della sua camera che Ryoga lasciava sempre aperta, e si tolse i vestiti che portava ancora dal giorno prima. Osservò la sua figura nuda allo specchio, in qualche punto aveva delle macchie rosa, segno che la pelle non si era ancora ripresa del tutto dalle ustioni. Si tastò il corpo quasi pallido, cercando di familiarizzare con le sue forme e prendere consapevolezza dello spazio che occupavano.

«Sono più bassa e non ho forme così evidenti. Guarda il lato positivo, ho il seno meno ingombrante.»

Si allontanò dallo specchio ed osservò la città dalla vetrata. Shark le aveva spiegato che i vetri riflettevano la luce del sole, quindi dall'esterno non si vedeva l'interno. Appoggiò le mani sulla superficie e le ritrasse subito, appena avvertito il forte calore. Il suo corpo iniziò a tremare e delle immagini sfocate apparvero nella sua mente. Delle fiamme altissime che la inghiottivano e il volto sanguinante di Thomas che la portava via.

Si ritrovò seduta sul pavimento, spaventata senza un apparente motivo. Continuava a tremare e riuscì a rialzarsi a fatica, un gran bisogno di freddo la spinse nel bagno sotto la doccia. Aprì l'acqua al minimo della temperatura e godè della frescura che le appagava i sensi.

«Non devo toccare le vetrata, mai.»

Chiuse l'acqua e si avvolse con un accappatoio azzurro con il suo nome ricamato. Guardò per l'ennesima volta, con orrore, i suoi capelli che violavano tutte le regole della gravità. Cercò in tutti i modi di far abbassare le punte, ma queste ritornavano sempre verso l'alto. Aprì un cassetto con rabbia, facendolo uscire dal binario, e un paio di forbici le saltarono subito all'occhio. Sistemò con facilità il carrello e richiuse lo scompartimento prendendo lo strumento di ferro. Con un colpo secco, tagliò i suoi capelli in linea orizzontale poco sotto l'orecchio. Guardò soddisfatta il suo operato, il caschetto le donava un'aria più matura. Asciugò la nuova capigliatura con il phon ed andò nel salotto. Fece varie prove di forza, resistenza, velocità e agilità; notando con dispiacere che la sua potenza era diminuita drasticamente.

Grondante di sudore, tornò nuovamente sotto la doccia fredda ignorando la stanchezza e i muscoli doloranti. Tutta profumata, ritornò in camera sua ed indossò un vestito bianco alla Marylin Monroe e delle scarpe da ginnastica, che trovò davvero comode rispetto ai tacchi alti che portava sempre su Barian. Con in spalla uno zaino di pelle, riempito da una borraccia d'acqua congelata, il diario dei ritagli, il telefono anche se inutilizzabile, la mappa della città, un kit per il cucito, una bussola e il portafogli; uscì dall'appartamento e appena fuori dal complesso, incrociò la ragazza americana.

«Buongiorno, capiti proprio al momento giusto. Mi faresti da guida, non ho intenzione di perdermi per la terza volta» le chiese gentilmente.

Merag le spiegò brevemente della sua perdita di memoria, sperando che Jessica non rispondesse con le solite frasi fatte, che non aiutavano per niente.

«Allora se vuoi andiamo a perderci insieme, così siamo idiote in due.»

Alla bariana sfuggì una risata, accettando la proposta. Durante il tragitto, iniziò a sfogarsi con la conoscente, omettendo ovviamente la sua natura aliena. Era così facile parlare con lei, come se la conoscesse da secoli. Si fermarono in un bar a mangiare uno spuntino di metà mattino e fu il turno dell'americana di sfogarsi.

«Mio padre non lo sopporto più, non fa altro che criticare tutto quello che faccio. Ho ventisette anni e vuole ancora prendere le decisioni al posto mio. Però poi mi chiama sempre quando gli si blocca il computer, studiare tecnologia e informatica diceva che non faceva per me.»

«Te la cavi con i telefoni portatili? Non ricordo il pin e non ho trovato nessun appunto.»

Jessica annuì e prese dalla sua borsa un piccolo portatile, a cui collegò il telefono tramite un cavetto. In pochi minuti trovò il codice di sblocco.

«Il pin registrato è 1612, non ringraziarmi… Perché sei arrossita?» disse riponendo tutto nella sua borsa.

Merag non rispose. Il sedici dicembre era il giorno in cui aveva conosciuto Thomas secondo il suo diario. E infatti sulla schermata home del suo telefono c'era proprio una loro foto insieme, scattata quel giorno in mezzo alla neve.

«Rio… Merag?»

«Cosa? Come fai…»

«Tempo fa un tizio dai bei capelli biondi andava in giro a chiedere di te su Hünya; peccato che quel pianeta sia stato distrutto, si trovava parecchia roba interessante e tutti erano gentili e disponibili.» 

«Mizael… Hünya è stata distrutta? Da quanto?»

«Trent'anni circa, abbiamo ospitato parecchi abitanti nel mondo astrale. Si, io sono un'astrale e tu sei una bariana. No, non ho niente contro i tuoi simili anche se ci avete attaccato senza motivo.»

«Ok, questo non me lo aspettavo proprio.»

«Quindi ora che il tuo telefono è a posto, perché non chiami il tuo fidanzato così ci fa da guida?» concluse Jessica indicando Four nella fotografia.

Merag arrossì nuovamente, negando la relazione sentimentale. Chiamò il giovane, che alla proposta accettò volentieri. Nel giro di pochi minuti lo videro spuntare da una via secondaria e insieme si incamminarono per la città.

 

 

 

 

1Dato che mi voglio veramente male, ho creato altri pianeti alieni, Hünya per esempio.

 

Capitolo 12 - Merag che trova nuovi motivi per odiare il suo corpo umano

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

La mattinata trascorse in un battere di ciglia. La presenza di Thomas alleggerì la tensione che si era creata tra Merag e Jessica. Scoprire che quest'ultima fosse un'astrale scombussolò la stabilità precaria che la bariana aveva costruito nelle due settimane dal suo risveglio.

«È già ora di pranzo? Oh dear, ho una videoconferenza da seguire. Maledetto fuso orario! Ci si vede in giro» disse Jessica, scappando via come un treno.

«Ti va di pranzare insieme, come ai vecchi tempi» domandò Four allegramente.

«Va benissimo, così mi racconti di questi tempi.»

Il campione asiatico portò la ragazza in un fast food, ignorando tutti i suoi fan che cercavano la sua attenzione. Alla fine del Carnevale Mondiale dei Duelli, aveva annunciato la sua ritirata dalla vita pubblica di duellante professionista. La fama e la notorietà non facevano per lui, stare tutto il tempo a presiedere eventi e firmare autografi non era quello che voleva della vita. Il suo sogno nel cassetto era quello di servire drink da dietro un bancone. Infatti dopo l'estate avrebbe frequentato un corso da barman e avrebbe riaperto il locale di sua madre Ayako, chiuso dopo la sua morte.

Prese le ordinazioni, si sedettero ad un tavolino lontano dalla folla di curiosi. Il loro vociferare, però, arrivava alle orecchie di Merag e non riusciva a ignorarlo. Tutti si chiedevano chi fosse e che rapporto c'era tra lei e Four, non facendosi mancare insulti e supposizioni.

«Anche se me lo portassi a letto, non sono problemi vostri!» urlò infastidita.

Il volto di Thomas prese la colorazione dei suoi capelli, mentre il tempo sembrò fermarsi tra i vari clienti e lavoratori nel locale. Il suo sguardo duro squadrava uno per volta i presenti, che cercavano in tutti i modi di evitarlo. I pettegolezzi si arrestarono completamente e il volto di Merag si addolcì quando si posò nuovamente sul suo accompagnatore.

«Scusami, certa gente non conosce proprio la parola privacy.»

La cameriera portò loro il vassoio con i panini e le bevande, scappando via non appena lo poggiò sul tavolino. La bariana osservò Four mangiare con le mani, sporcandosi il viso di maionese.

«Adoro questi panini. Mi ricordo la prima volta che siamo venuti insieme, hai la stessa espressione di "schifo regale" di allora. Devi mangiare con le mani, signorina, ti dissi.»

«Io non mangio con le mani, non posso avere delle posate?»

«La stessa risposta mi hai dato» rispose Thomas ridendo.

Merag abbassò lo sguardo sul panino grassoso e ripieno di hamburger, insalata, pomodori, formaggio e ketchup. Con le dita della mano lo sfiorò un paio di volte, poi prese un cumulo di fazzoletti per sollevarlo senza sporcarsi. Non mangiava mai con le mani, le aveva sempre irritate a causa dei lavori manuali e il cibo peggiorava solo la situazione. Però ammise che Four aveva ragione sul gusto, infatti ne ordinò un altro appena finito il primo.

«Non sei cambiata per niente.»

«Davvero? Neanche un po'?»

«No, con o senza memoria sei la solita principessa moderna che ho conosciuto l'anno scorso.»

Il giovane la osservò sorridente mentre lei mangiava il secondo panino, ripensando ai momenti passati insieme prima dell'incidente. Il fascino misterioso di Rio aveva conquistato il suo cuore fin dal primo momento e il tempo aveva solo confermato la sua cotta. Averla di nuovo accanto aveva risvegliato i suoi sentimenti assopiti, ora gli restava solo capire se l'amicizia che si stava formando sarebbe rimasta tale o sarebbe avanzata al livello successivo.

«Perché principessa moderna?» domandò Merag.

«Ci sono molte cose di te che me lo fanno pensare. Rispetti quasi sempre le regole del galateo, ti piacciono i motori e la tecnologia. Adori i lavori manuali e l'abbigliamento informale, non dici mai buon appetito e ti fissi sulle posate da usare anche se nell'intero paese si usano le bacchette. Potrei continuare per ore.»

«Non ci ho mai fatto caso.»

Quelle che per lei erano azioni automatiche, abitudini ed interessi, lo erano anche per Rio Kamishiro. Per questo nessuno aveva ancora notato la differenza. Merag non sapeva se quella fosse una cosa positiva o negativa. E i dubbi che il suo fratello terrestre non fosse Nash senza memoria continuavano ad aumentare. Se lei era sempre la stessa, il gemello era cambiato in meglio. Inoltre dopo aver conosciuto gli amici di Ryoga, spuntavano sempre più incertezze. Per non parlare della luna rossa, una coincidenza troppo improbabile essersi risvegliata quella notte.

Chi era veramente Rio Kamishiro? Era sempre lei, una versione umana senza ricordi della sua vita da bariana? O semplicemente un'umana che le somigliava, la cui coscienza aveva lasciato posto alla sua. E soprattutto, come si era ritrovata in quella situazione?

«Rio? Qualcosa non va?» domandò preoccupato Thomas.

«Scusami» rispose dopo un po', correndo verso il bagno.

Si chiuse in un abitacolo, poggiando la schiena sul muro piastrellato. Il suo petto si alzava ed abbassava velocemente, le mani e la fronte si inumidirono e brividi di freddo percorrevano il suo corpo. Le pareti giravano in tondo facendole venire un gran mal di testa, i colori si spensero e non percepì più il suo corpo.

Aprì gli occhi, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco. Si trovava in un'auto, stesa sui sedili posteriori con la testa poggiata sulle gambe di qualcuno. Alzò lo sguardo per vedere quello preoccupato di Thomas.

«Cos'è successo?»

«Sei svenuta nel bagno, non vedendoti uscire ho chiesto alla cameriera di controllare. Ti portiamo in ospedale.»

Al posto del guidatore riconobbe Jessica, che le sorrise dallo specchietto superiore.

«Non voglio andare in ospedale, sto bene» disse cercando di alzarsi.

Il suo corpo non rispondeva più ai comandi. Era esausto, aveva compiuto troppi sforzi in poco tempo e non si era ancora ripreso dai mesi di coma. La sua padrona però insisteva per farlo mettere a sedere per rassicurare i due, così da non farsi portare nuovamente in ospedale. All'ennesimo tentativo fallito si arrese, continuando però a pregare di non essere riportata in quell'edificio.

«Lo stiamo facendo per il tuo bene, tranquilla» disse Four dandole delle carezze sul viso.

«Non mi abbandonare lì dentro.»

«Non lo farò.»

Merag si calmò, lasciandosi cullare dalle carezze del giovane. Quel contatto fisico l'accompagnò per tutto il tragitto. Una volta arrivati in ospedale, l'equipe medica la fece subito ricoverare per degli accertamenti. Trascorse delle ore infernali, tra via vai di medici ed infermieri, prelievi e controlli. Thomas le rimase accanto tutto il tempo, mostrandole il suo supporto. Alla fine rimasero da soli nella stanza che avevano assegnato, i medici si erano riuniti all'esterno per fare il resoconto dei risultati e decidere sul da farsi.

«Come ci sono arrivata nell'auto di Jessica?»

«Quando la cameriera ti ha trovato svenuta è corsa a chiamarmi e ti ho preso in braccio per portarti in ospedale. Jessica è comparsa all'improvviso fuori dal fast food e ci ha dato un passaggio.»

«Mi avresti portato in braccio a piedi per mezza città… È una cosa da pazzi!»

«Mi sono buttato in un incendio per te, pensavo fosse ovvia la mia insanità mentale» concluse Thomas ridendo.

Si sedette sul letto accanto a lei, cingendole le spalle con un braccio. Merag poggiò la testa nell'incavo del suo collo sorridendo. Un medico entrò nella stanza con sguardo preoccupato, reggeva una cartella medica con il nome di Rio.

«Signorina Kamishiro, ho brutte notizie da darle. Come ben sa, eravamo contrari alle sue dimissioni. Inoltre non ha continuato la fisioterapia e le sedute psicologiche, non ha preso i farmaci che le erano stati prescritti e ha sforzato troppo il suo corpo dal suo risveglio. Questo ha portato ad un aggravamento della sua salute. Il peggio, però, è che il suo corpo sta cedendo senza un apparente motivo… Le rimangono solo sei mesi di vita. Ci dispiace molto, non possiamo fare niente per aiutarla.»

Il medico uscì dalla stanza senza aggiungere altro. Ci vollero un paio di minuti per assimilare quello che aveva appena riferito. Thomas stritolò l'amica in un abbraccio, cercando di trattenere le lacrime. Rio divenne un blocco di ghiaccio, immobile e impassibile. Dopo pochi minuti, sciolse l'abbraccio e prese il telefono dallo zaino.

«Devo avvertire zia Mariko e Ryoga» disse sospirando.

Chiamò prima la zia, che alla notizia diede di matto e mandò a quel paese un paio di persone che si trovavano insieme a lei, mentre correva alla sua auto per andare in ospedale. Neanche il fratello reagì bene alla notizia, ma stranamente non diede di matto anche lui.

"Non può essere vero, non di nuovo" pensò Merag.

 

 

 

 

 

Capitolo 13 - Sta andando tutto storto, mai una gioia

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

Negli ultimi giorni prima della sua partenza, Vector aveva studiato con cura la parte che avrebbe interpretato sul pianeta Terra. Consapevole che i tre bambocci che avevano sconfitto il Dr. Faker lo avrebbero potuto riconoscere, aveva deciso di camuffarsi nel suo opposto. Il suo alter-ego si sarebbe chiamato Rei Shingetsu, un ragazzino ingenuo e infantile, sincero ed altruista, privo di malizia e di cattiveria.

Ma, se da un lato doveva fare in modo che nessun terrestre si accorgesse dell'imbroglio, dall'altro doveva fare in modo che i suoi colleghi continuassero ad essere ignari del suo giochino 'innocuo' con i due vecchi scienziati terrestri. Durbe riuscì quasi a sgamarlo quella volta che si aprì il portale tra Barian e la Terra, ma con un colpo di genio lo convinse che il varco lo avesse creato lui per provare 'nuove esperienze' in campo femminile.

Questa volta, però, aveva dalla sua parte il famigerato Don Thousand, la divinità del pianeta. Con il suo potere sarebbe stato al sicuro; ovunque sarebbe andato, il dio lo avrebbe seguito come un'Ombra. Gli unici a sapere del misterioso patto erano la Cerchia dei Mille, una setta segreta devota all'entità divina. Il gruppo non conosceva i dettagli riguardo la sua liberazione, e non gli importava nemmeno. Tutto quel che volevano era che tornasse il periodo di terrore e distruzione, l'epoca del male.

Lontano dal centro abitato, dall'altro lato delle Rovine Maledette, Vector ripassava la prima parte del suo piano con la Cerchia.

 

Le Rovine Maledette sono sempre state un luogo oscuro e proibito. Un tempo su quei cristalli distrutti si ergeva il palazzo divino, dove Don Thousand governava con crudeltà il pianeta scarlatto. Per molti secoli i bariani avevano vissuto nella paura, senza giustizia e diritti. Fin quando, non si sa come, il dio fu sconfitto da un giovane uomo bariano di nome Nash. Venne eletto dal popolo come imperatore leader di Barian, ed egli riformò l'organizzazione e il governo del pianeta. In seguito, non riuscendo più ad occuparsi da solo dei suoi doveri, scelse altri uomini bariani che lo aiutassero. In tutto erano sei imperatori, ognuno con le proprie conoscenze e le proprie attitudini, diversi tra loro ma uniti sotto lo stesso giuramento.

Questa storia si tramanda dal giorno della dipartita di Don Thousand e tutti i bariani ne sono a conoscenza. Patrishka la ascoltò per la prima volta da bambina, ricordava benissimo le ultime parole che pronunciò Merag prima di metterla a letto quella sera: 'non avventurarti mai in quelle Rovine, è il posto più pericoloso di Barian'. Non riusciva ancora a capire come fosse riuscita a sopportare quella donna come balia, e il motivo per cui Durbe la lasciava sempre a lei quando doveva occuparsi delle faccende imperiali.

Stava esplorando quel luogo proibito da un bel po' e tutto quel che vide fu un ammasso di cristalli e animali selvatici, nulla di pericoloso o strano. Verso l'altro capo delle Rovine, sentì una voce familiare poco più avanti. Si nascose dietro un pilastro abbattuto e riuscì a  comprendere solo alcune parole della voce di Vector.

«Infiltrazione con stile… L'astrale non mi riconoscerà come bariano… Avrò quei pezzi di carta in poco tempo... Potete andare e mi raccomando, profilo basso fino al mio segnale.»

«Lunga vita ai Mille» rispose in coro una massa di uomini e donne.

Patrishka rimase nascosta, sperando che Vector non passasse proprio di lì. Ma per sua sfortuna, il bariano la trovò in un attimo.

«Ma guarda chi abbiamo qui, paparino ti ha mandato a pedinarmi o è il mio charme ad attirarti» disse con malizia.

«Nessuno dei due, zietto» rispose con lo stesso tono.

«Zietto? Neanche morto!»

«Stavi facendo uno dei tuoi soliti party tra uomini?»

«Una specie… Mmm, potrebbe unirsi come dessert. Che ne dici, Ombra?»

"Un rischio che vale la pena di compiere."

Patrishka sentì un leggero giracapo, poi cadde a terra perdendo i sensi. Si risvegliò poco dopo, tra le braccia di Vector, senza ricordi di quel che aveva sentito nelle Rovine. Il bariano alato l'aveva riportata nel palazzo nella stanza della ragazza, che le girava intorno e si sdoppiava come se niente fosse. Con gentilezza, la adagiò sul letto.

«Ben svegliata, non ricordavo di avere un effetto soporifero col solo sguardo.»

«Cosa è successo? Mi sento come se Durbe mi avesse riempito la testa di argomenti noiosi e pesanti.»

«Ti ho trovato svenuta vicino le Rovine Maledette, dovresti saperlo che è un luogo pericoloso… Mi domando come reagirà il tuo adorato padre quando lo scoprirà.»

«No, ti prego, non dirglielo. Se non mi ha ucciso quel posto, lo farà lui con i suoi rimproveri.»

«Allora terrò la bocca chiusa, a patto che tu mi darai una mano con una cosuccia. Ci stai?»

«Dimmi tutto.»

 

Nel frattempo nel laboratorio in cima alla torre, Durbe si sfogava con Mizael riguardo la figlia adottiva. L'imperatore biondo, infatti, era l'unico ad essere mai entrato nella stanza misteriosa e nessuno lo aveva mai notato varcare quella soglia. Il Grigio camminava avanti e indietro, ad ogni passo si passava le pallide mani tra i capelli. Il collega lo osservava esausto, poggiato con il fondoschiena al tavolo e le braccia guantate incrociate al petto.

«È normale che sei preoccupato, credo, ma lo hai detto stesso tu che è una fase passeggera.»

«Si, ma se le succede qualcosa? È testarda e fa sempre il contrario di quel che le si dice, sicuramente è con Vector ad organizzare piani folli contro l'astrale.»

«Ha preso da te, che ti aspettavi. Quando mai sei stato zitto e hai abbassato la testa?»

«Si, ma Vector non mi convince. C'è qualcosa sotto, lo dice il mio istinto.»

«E il mio ti dice di calmarti e di goderci questo momento di privacy, ultimamente non passiamo mai del tempo solo noi due.»

Mizael prese Durbe per i fianchi e lo tirò a sé, stringendolo forte in un abbraccio. Il Grigio poggiò la testa sulla sua spalla e si lasciò cullare dalle sue carezze. Provò a dire qualcosa, ma venne interrotto da un bacio appassionato che ricambiò con piacere.

«Non è vero, passiamo molto tempo insieme.»

«Certo certo, quel coso terrestre ti tiene occupato più del dovuto.»

«Coso terrestre? È un fenomeno astronomico che avviene raramente e ha scombussolato il naturale equilibrio della Terra, inoltre dai miei studi sembrerebbe che su quel pianeta si stiano svolgendo eventi non comuni ad esso, come per esempio la presenza di quell'astrale di cui già sapevo prima di Vector, che non rappresenta assolutamente una minaccia come crede ed è stata attivata una fonte di potere che proviene da Hünya, e come ben sai il pianeta è stato distrutto quarant'anni fa. È molto più complicato di quanto pensi!» spiegò tutto d'un fiato.

«Cucciolo non hai bisogno di convincermi, mi fido ciecamente di te. Ma se per un po' non ci pensi, non è la fine dell'universo.»

«Il mio universo è qui davanti a me» concluse il Grigio.

Si lasciarono trasportare dalla passione sul tavolo di cristallo, buttando per aria i libri che vi erano poggiati. Dopo ore di attività intensa si rivestirono sorridendo. Mizael aiutò a sistemare il disordine, raccogliendo i vari volumi dal pavimento. Fu allora che notò un tomo antico, aperto in un punto preciso. Una pagina era stata strappata.

«Cucciolo guarda» disse porgendogli il libro.

«Oh devo avvertire Fener, quello è un proibito.»

Mizael mollò subito il libro sul tavolo, allontanandosi.

«Tranquillo, questo non ti mangia i capelli» disse Durbe ridendo.

«Meglio così. Ti accompagno dal custode, Occhi galattici ha fatto un uovo e non so come comportarmi.»

 

 

 

 

Capitolo 14 - Sette segrete e Mizael fin troppo mieloso, cosa può mai andare storto?

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 

Merag uscì dall'ospedale accompagnata da Thomas. La ragazza si chiuse nuovamente nei suoi pensieri, mentre l'altro cercava di tirarle su il morale. Quella notizia sconvolse entrambi, ma Four non voleva che Rio vivesse gli ultimi mesi nella tristezza. Nel parcheggio incontrarono zia Mariko e Ryoga che stavano parlando con Jessica. L'avevano informata della notizia e neanche lei la prese bene.

«Tesoro vieni qui» disse Mariko, stringendo la nipote in un abbraccio.

La bariana non si mosse, ormai tutto quello che la circondava non le importava più. Non faceva altro che pensare a Barian e agli imperatori, li avrebbe abbandonati per l'ennesima volta, senza neanche avere la possibilità di spiegare.

Una parte di lei, però, non si fidava dell'esito dato dai medici. C'erano molte variabili che non potevano prendere in considerazione. Cercando di non risultare fredda e distaccata, chiese alla zia se Jessica potesse restare a cena quella sera. L'astrale capì subito il motivo dietro quella richiesta inaspettata e lanciò uno sguardo d'intesa alla bariana. Mariko acconsentì volentieri ed invitò anche Thomas, che rifiutò gentilmente.

Le loro strade si divisero. Shark, ancora sconvolto dalla notizia, disse che sarebbe tornato all'ora di cena e andò via in moto per schiarirsi le idee. Jessica accompagnò Thomas alla sua villa, mentre Merag salì in auto con la zia per tornare al complesso. Durante il tragitto Mariko accese la radio e si fermò su una stazione che trasmetteva musica disco.

«Quando eri bambina accendevi sempre la radio su questa stazione e cantavi tutte le canzoni, sei molto intonata.»

«Mi puoi parlare di Spada Rosa? Ryoga dice che i nostri genitori la conoscevano.»

«Durante gli anni della peste, circa il 1300 in Inghilterra, apparve una figura misteriosa. Nessuno sapeva chi fosse, era coperta da un mantello pesante di un tessuto sconosciuto, ed una spilla dorata raffigurante una spada conficcata in una rosa. Per questo il popolo iniziò a chiamarla così. Questa figura si dice fosse un oracolo, apparve una singola volta in un villaggio sperduto tra le montagne, poi scomparve nel nulla. Tua madre era convinta che fosse esistita veramente, e ho iniziato a crederci anche io il giorno dell'incidente dei tuoi genitori. Mi arrivò una lettera da parte sua. Diceva che nel momento in cui la stavo leggendo, ci sarebbe stato un incidente che avrebbe portato alla morte di Eichi e Reiko, e che mi sarei dovuta prendere cura di te e Ryoga. Lui o lei sapeva tutto, passato presente e futuro. Ora finalmente capisco cosa intendeva dire… Aveva predetto l'esito terminale della tua diagnosi e che tu mi avresti chiesto di lei. Diceva di non preoccuparmi e di fidarmi del tuo istinto, perché nessuno a parte te può cambiare il tuo futuro.»

Mariko parcheggiò l'auto e si tamponò il viso con un fazzoletto per asciugarsi le lacrime e non rovinare il make-up. Si guardò nello specchietto e riprese il suo atteggiamento allegro ed ottimista, sistemandosi la coroncina tra i capelli.

«Tesoro comunque ho ottenuto la parte, la settimana prossima iniziano le riprese. Non provare a sbirciare il copione, è materiale riservato» concluse scendendo dall'auto.

Merag annuì distrattamente, la sua mente era rivolta verso Nissa. Doveva immaginare che gli umani ne avrebbero creato una leggenda, quella volta era apparsa sulla Terra proprio per lei. Aveva provato a dimenticare il giorno peggiore della sua vita, ma esso non faceva altro che valorizzare i momenti felici trascorsi insieme al suo amato e la breve serenità trovata su Hünya accanto alla sua mentore. Si fidava ciecamente di Spada Rosa e del suo enorme fardello, ma non sopportava proprio il suo modo di fare enigmatico. Non aveva bisogno di altri grattacapi e misteri, una volta tanto non le costava niente essere chiara nelle sue parole.

«Rio vuoi accamparti nell'auto?» domandò la zia bussando al finestrino.

«No, scusami» rispose uscendo.

Una volta nell'appartamento, prepararono insieme la cena nel mentre Ryoga e Jessica sarebbero arrivati. Merag apparecchiò la tavola sistemando quasi tutto alla perfezione. Non si era ancora abituata alle bacchette, cercava sempre le posate nei cassetti prima che la zia le ricordasse dei bastoncini di legno.

«Tesoro assaggia» disse Mariko infilandole il cucchiaio di legno in bocca senza avvertirla.

«È buonissimo, cos'è?»

«Brodo di granchio al miso, la tua amica straniera gradirà di sicuro.»

Proprio in quel momento bussarono alla porta. Merag fece accomodare Jessica nel salotto, che appena si sedette sul divano le infilò un bracciale di pietra levigata blu con venature viola e verdi sul polso sinistro.

«È astralite, annullerà il tuo potere bariano. Tienilo per la cena, se ti crea problemi dammi un colpetto sotto il tavolo» le sussurrò all'orecchio.

«Va bene.»

Poco dopo arrivò anche Ryoga e Mariko servì la cena. Per evitare di parlare della situazione di Rio, Shark raccontò dell'ingaggio della sua band e la zia dell'incontro con il produttore cinematografico. In seguito fecero un sacco di domande alla ospite, che rispose con precisione e sicurezza. Jessica aveva preparato nei minimi dettagli la sua copertura, Merag rimase colpita da ciò. L'astrale non aveva usato alcun potere magico per aiutare la sua identità umana, si capiva chiaramente che era tutto frutto del suo studio ed esperienza sul campo.

Terminato il pasto, Ryoga scappò subito in camera sua per evitare di sparecchiare e lavare le stoviglie per l'ennesima volta.

«Non preoccupatevi, ci penso io» disse Mariko vedendo le due ragazze mettersi all'opera.

«Va bene… Ti faccio vedere la mia stanza.»

Merag portò Jessica in camera sua e chiuse a chiave la porta. Si lanciò sul letto e affondò il viso nel cuscino.

«La mappa stellare sul soffitto è piuttosto accurata» disse l'astrale sedendosi sulle lenzuola.

«Ryoga mi ha detto che l'ho disegnata da bambina.»

«Interessante. Tra gli astrali si dice che i ricordi di vite precedenti condizionano la vita presente tramite comportamenti involontari ed istintivi.»

«Ha stranamente senso.»

Jessica tolse il bracciale dal polso della ragazza e lo guardò annuendo. Ogni tanto diceva 'interessante' e 'che strano', mentre prendeva appunti su un computer apparso nel nulla.

«Merag i tuoi poteri ci sono ancora, non li hai persi. Questa astralite ha fatto il suo dovere, vi siete annullati i poteri a vicenda e ora che non siete in contatto li avete ripristinati.»

«Allora come mai non riesco ad usarli? E la mia morte è imminente?»

«Non ne sono sicura, per i tuoi poteri c'entra di sicuro la situazione che stai vivendo. La magia viene condizionata dalle emozioni quando non è utilizzata attraverso un canalizzatore, come bacchette o amuleti, quindi finché provi emozioni negative non riuscirai ad usarli oppure faranno di testa loro. E per la tua morte, il tuo corpo umano credo stia collassando perché non riesce a sopportare il tuo potere bariani, per esserne sicura devo fare dei test.»

«Capitano tutte a me. Potrei indossare l'astralite per guadagnare tempo, nel frattempo che scopriamo cosa sia successo.»

Jessica annuì e rimise il bracciale al polso di Merag, poi si stese al suo fianco. Rio si sistemò di lato per osservare più da vicino i lineamenti dell'ospite, erano così familiari ed attraenti. I loro sguardi si incrociarono e l'astrale si voltò arrossendo.

«Quale motivo ti ha spinto sulla Terra, si tratta di Astral?»

«Si e no… Amnesia da teletrasporto, non ricordo il mio incarico e tutti i collegamenti con il mondo Astrale sono stati schermati. Non posso comunicare o teletrasportarmi sul pianeta.»

«Allora potremmo aiutarci a vicenda. C'è un laboratorio hünyano sulla Terra, una mia amica lo costruì molto tempo fa. Solo che non so dov'è, lo protegge un campo magnetico che ne evita il tracciamento ed è in grado di cambiare posizione.»

«Può funzionare. Allora abbiamo un accordo?»

Jessica porse la mano a Merag, che la strinse con poca forza. Al loro contatto un filo bianco le avvolse, esplodendo subito dopo in una nebbiolina.

«Cos'è questa puzza?» esclamò la bariana agitando la mano libera davanti al naso.

«Puzza? Farò finta di non averti sentito… Devi inalarla, solo così va via. Abbiamo stretto un patto al modo degli astrali, se non lo rispetti ci saranno conseguenze non molto belle.»

Rio inalò la nebbia controvoglia, con un'espressione di disgusto dipinta sul volto.

«Ottimo, ora mi servono una provetta di sangue, campione di saliva, una ciocca di capelli, un barattolo di urina, una tua unghia e le impronte digitali.»

«Qualcos'altro?»

 

 

 

Capitolo 15 - Merag non ci sta più capendo niente

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

 

Merag si voltò verso la vetrata, la luna mostrava solo tre quarti della sua grandezza e lo spazio stellato splendeva come sempre. Tra quelle luci si nascondeva Barian, troppo lontano per essere visibile dalla Terra. Sospirò tristemente, muovendo lo sguardo prima verso il soffitto colorato, poi verso Jessica che dormiva beatamente.

La invidiava. L'astrale era così tranquilla e serena, nonostante fosse lontana dalla sua casa e senza poter contattare le persone che le stavano a cuore. Non aveva ricordi della sua missione, ed eccola pronta a crearne una nuova senza perdersi d'animo.

Ripensando a quella giornata piena di emozioni, l'unica immagine che la sua mente accettasse era quella di Thomas, ormai onnipresente nei suoi pensieri. In lei ardeva il forte desiderio di conoscerlo fino in fondo, e capire se quel giovane fosse veramente chi lei pensava.

«Merag sei ancora sveglia?» domandò l'ospite senza aprire gli occhi.

«Si… Cosa sai sulla reincarnazione?»

«Non molto, pensavo fosse uno dei limiti della magia prima di conoscerti. C'è qualcosa che ti turba?»

«Thomas. Sono così confusa quando è accanto a me, però mi sento al sicuro.»

Merag prese la sua bambola e la strinse al petto. Quel semplice gesto istintivo la fece sentire meglio, Gwen aveva una strana influenza positiva sulla sua psiche, come se fosse incantata. Sistemò il cuscino sotto la sua testa e chiuse gli occhi.

«Solo lui ti fa questo effetto?»

«No, c'è un'altra persona…»

 

Gli eventi mondani non le erano mai piaciuti. Tutti si conciavano in modo vistoso e si atteggiavano da frivoli, facendo a gara su chi fosse il più bello della serata. Purtroppo era costretta a partecipare, essendo la sorella dell'imperatore leader di Barian. Seduta su una poltrona di cristallo nella sua enorme camera, scartava tutti i capi che la sua ancella le proponeva di indossare.

«Vorrei qualcosa di meno appariscente, non sono la stella di questa serata.»

«Principessa dovete indossare un abito che valorizzi il vostro status, siete la donna più importante del pianeta.»

Sospirò reggendosi il capo con un braccio, purtroppo non poteva darle torto.

«Jeiha siamo sole, puoi darmi del tu.»

«Tua madre la pensa diversamente, non approva più la nostra amicizia.»

«Vecchia pazza, ignorala più che puoi. Ha perso la testa da quando Nash è il grande capo, essere riconosciuta come sua madre le ha fuso il cervello.»

«Ai suoi ordini grande capo donna.»

Merag non si degnò di trattenere le risate. Jeiha era l'unica vera amica che le era rimasta dalla promozione di Nash, nessuna del suo gruppo di lunga data si comportava più normalmente in sua presenza. Non riusciva a capire il senso di eccitazione che provavano nei suoi confronti; in fondo non aveva fatto chissà che salto di qualità, sempre nobildonna era - sempre con un titolo che non le si addiceva per niente.

«Va bene, torniamo serie. Che ne dici se indosso quel abito?»

«Ci condannano a morte. Lo prendo subito.»

Jeiha cacciò fuori dall'armadio di cristallo un abito dorato ricamato, modello a sirena molto aderente con una scollatura profonda, che avrebbe mostrato a tutti la sua formosità. Aiutò la principessa ad indossarlo e le acconciò i capelli, imitando le possibili reazioni di Nash quando avrebbe visto sua sorella.

Merag si avviò alla sala da ballo da sola, la sua ancella non poteva partecipare e non aveva nessuna intenzione di trovarsi un accompagnatore. Si fermò davanti ad un portone, dove Nash istruiva Arito e Girag sul comportamento da tenere al gala in loro onore.

«Buonasera imperatori» li salutò con fare ironico.

«Ciao Merag, bellissima come sempre» risposero Arito e Girag.

Nash la squadrò basito prima di riprendere l'autocontrollo e richiamare l'attenzione dei due neo-imperatori. Continuò il discorso finché un paggio oltre la porta annunciò il suo ingresso. Il leader bussò alla porta e quella si aprì su una terrazza che affacciava sulla sala da ballo. Nash varcò la soglia salutando i suoi sudditi, seguito da Arito e Girag che si sporsero eccitati sulla ringhiera. Infine entrò Merag, zittendo tutti con la sua presenza. I quattro scesero le scale per aprire le danze, invitando tre fanciulle e un fanciullo. Volteggiarono per la sala seguendo la musica, presto raggiunti da altre coppie.

«Sei davvero un bel uomo Jeiha» sussurrò la principessa al suo partner.

«Sapevo mi avresti riconosciuta, non hai idea di quanto siano comodi gli abiti maschili.»

«Ti invido, non sopporto i tacchi alti.»

«Se non li porti non ho nessuna scusa per massagiarti i piedi ogni sera.»

Merag raccontò all'amica la reazione del fratello al suo abito e insieme cercarono di trattenere le risatine. Danzarono insieme per ore, prima di doversi separare a malincuore. Nash richiamò la sorella ed insieme risalirono le scale della terrazza, dove il leader avrebbe tenuto un discorso in onore di Arito e Girag, i nuovi imperatori che lo avrebbero aiutato a guidare il mondo bariano in una nuova era di pace e prosperità. Alla fine del discorso, si unirono nuovamente alla folla per riprendere le danze. La principessa prese Jeiha per mano e l'allontanò da un gruppetto di donne che facevano a gara per corteggiarlo. Si lasciarono la sala da ballo alle spalle, scorrazzando per i corridoi del palazzo reale.

«Sei arrivata giusto in tempo, non so per quanto sarei resistita.»

«Non ti libererai così facilmente di me.»

«Non ho intenzione di farlo.»

Le due donne raggiunsero la torre più alta del palazzo, una stanza sigillata piena di roba stravagante. Merag sbloccò la porta con un incantesimo.

«Di chi sono questi oggetti interessanti?» domando Jeiha estasiata.

«Le guardie li hanno confiscati con la riforma sulla sicurezza, probabilmente non sono originari di Barian. Nash sta cercando un esperto, nessuno si è ancora fatto avanti.»

«Un posto curioso dove restare sole, non trovi?»

«Mi piace sperimentare.»

Si sedettero su un divanetto di cristallo, dove Merag si tolse subito le scarpe. Jeiha subito iniziò a massaggiarle i piedi doloranti, senza aspettare una sua richiesta. La principessa si lasciò coccolare per la prima volta dalla sua ancella, approfittando di quel momento solo per loro. Senza neanche rendersene conto, i loro vestiti finirono sul pavimento e si lasciarono trasportare dalla passione.

Il mattino seguente Merag si risvegliò tra le braccia di Jeiha, ancora incredula dell'avventura trascorsa insieme.

Si sentiva confusa, ma al sicuro da tutto e tutti.

 

Merag dormì tranquilla per la prima volta dopo il suo risveglio, senza incubi o brutti scherzi giocati dalla soggezione. Jessica si era rubata tre quarti del letto, lasciandole solo un piccolo spazio dove si era rannicchiata con la sua bambola.

L'astrale, però, non stava dormendo. Dal computer, apparso nuovamente dal nulla, esaminava i parametri vitali della bariana grazie a dei sensori attaccati al suo braccio. Sorrideva soddisfatta osservando lo schermo luminoso, prendendo appunti silenziosamente. Non aveva idea di quello che stesse sognando l'amica, ma vederla così tranquilla e serena era davvero soddisfacente. Per un giorno non avrebbe dovuto avere a che fare con i suoi incubi senza senso. Dopo aver terminato le sue analisi, ripose il materiale e iniziò a curiosare nella stanza in punta di piedi. Merag le aveva detto di averla messa sottosopra un paio di volte, ma confusa come era poteva esserle sfuggito qualcosa di importante. Infatti, spostando leggermente il suo armadio cadde sul pavimento un quaderno dalla copertina arancione. Si voltò di scatto verso l'amica, che fortunatamente non aveva sentito niente.

Lo raccolse lentamente, ma quando provò ad aprirlo le diede la scossa. Jessica lo lasciò cadere e con la pantofola riprovò ad aprirlo invano. Era protetto da un incantesimo impercettibile anche per un'esperta come lei. A malincuore dovette svegliare Merag, che alla notizia non si arrabbiò.

«Forse non le piaci» scherzò la bariana, sollevando senza problemi il quaderno.

«Può essere, molti oggetti sono protetti da incantesimi del genere.»

Al terzo tentativo di apertura, questa volta da parte di Rio, il quaderno si lasciò sfogliare senza problemi.

«Ma non c'è scritto niente» si lamentò Jessica.

«Non le vedi queste scritte?»

«Scritte? Io vedo tutto bianco… Dev'essere quell'inchiostro speciale, chi scrive può decidere chi può e non può leggere. Cosa dice?»

«Non capisco, non dovrebbe essere qui. Questi sono gli appunti di Natasha.»

«Natasha?»

 

 

 

 

 

Capitolo 16 - Non si può dormire in pace

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

 

Una volta tornato a casa, Thomas rimase a bocca aperta. Nel salone della loro ex villa di periferia si trovava Byron in carne ed ossa, non il piccolo Tron con la maschera. Suo fratello Michael lo stava stringendo in un abbraccio e piangeva dalla gioia. Perfino il maggiore non riusciva a contenersi di fronte a quella scena commovente. Il giovane sfregiato rimase immobile all'ingresso della stanza, come pietrificato.

Nessuno si accorse della sua presenza, troppo presi dalla sorprendente 'guarigione' del vecchio scienziato. Four si pizzicò una guancia, ma avvertì solo un leggero dolore, nulla cambiò davanti ai suoi occhi. E allora corse verso il padre e gli gettò le braccia al collo, stritolando sia lui sia il fratello minore.

«Com'è possibile?» chiese poco dopo.

«Prima di dirvelo, vi devo chiedere scusa per tutto il male che vi ho fatto. Quando sono diventato Tron, nel mio cuore c'era solo rabbia e angoscia. Ma grazie al figlio di Kazuma, ho ritrovato me stesso e la mia famiglia. Vi prometto che d'ora in poi ci sarò sempre per voi, come lo siete stati con me. Quindi, tutto è iniziato  questa mattina…»

Byron si accomodò sul divano e raccontò l'accaduto nei minimi dettagli ai figli minori, lasciando trasparire la sua sorpresa e il suo orgoglio alla scoperta del figlio maggiore. Four e Three, entrambi seduti di fronte al padre e a Five, ascoltavano con attenzione ed emozione il racconto, che sembrava uscito da un film di fantascienza. Al suo termine, guardarono imbronciati Chris perché non aveva detto loro nulla e Thomas scherzò su una sua possibile relazione con Kaito. A quelle battute spinte, il rosa tossì arrossendo, cercando di coprire inutilmente il suo imbarazzo.

«E dai! Non fare il timidone, sei fresco sedicenne» aggiunse il giovane sfregiato facendo l'occhiolino.

«Il problema è un altro Thomas, Michael ha qualcosa da dirci, non è vero figliolo?»

Tutta l'attenzione venne prima concentrata sul padre e poi sul fratello minore, che diventava sempre più rosso in viso. Gli enormi occhi verdi puntavano verso gli stivali alti che portava ai piedi e le mani si contorcevano in una danza senza ritmo.

«Padre che intendi?» domandò preoccupato Christopher.

«Una cosa da dire ci sarebbe…» iniziò tremante il fratello interessato.

Fece un respiro profondo e, coprendosi gli occhi con le mani urlò, «sono gay!».

Byron sorrise sollevato, contento che il piccolino si fosse tolto un peso di dosso; Five lo guardava incredulo, non aspettandosi una notizia del genere; e Four si diede uno schiaffo mentale per non aver fatto due più due con lo strano atteggiamento di Three e il suo disinteresse per l'altro sesso.

«Che idiota che sono, eppure passo più tempo di tutti con te» disse sconcertato Thomas.

«E tu non hai nessun segreto da condividere, giovane ribelle?» domandò il padre.

«Io?» rispose stupito, «adoro le parti intime femminili, credevo fosse ovvio».

«Non mi riferivo a quello, ma si vede a distanza di chilometri che sei innamorato.»

Ora fu il turno di Thomas di arrossire violentemente. Istintivamente portò una mano sulla tasca dei pantaloni dove teneva il telefono, e l'altra sul cuore che batteva più forte del normale quando pensava a lei. Con la scusa di andare in bagno, corse in camera sua per darsi un contegno.

Four si perse ad osservare il cielo stellato dal suo balconcino, ricordandosi della notte in cui la sua amata si era risvegliata. Era proprio lì a riflettere con lo sguardo verso il cielo quando vide la luna rossa sorgere inaspettatamente.

«Alla fine le mie speranze si sono avverate in parte» borbottò tra se.

Sovrappensiero, si spaventò appena sentì il miagolio di un gatto proprio vicino a lui. Un batuffolo bianco era appena salito sulla ringhiera e continuava a miagolare. Al collo portava un collarino rosso con appeso un anello d'oro con un rubino incastonato, e un rotolo di carta legato con un nastro. Thomas prese in braccio il gatto e, portandolo all'interno, notò che si trattava di una femmina. Estrasse delicatamente il biglietto e lo lesse incuriosito.

Ho saputo che avresti sempre voluto un gatto, ma tua madre ne era allergica. Questa gattina non ha una casa, sono sicura che te ne prenderai cura. Ti starai chiedendo sicuramente chi sono io, mi chiamo Spada Rosa e se stai leggendo questo messaggio significa che sono morta e non ho potuto incontrarti di persona. Ho un compito molto delicato per te. Custodisci questo prezioso anello e non parlarne con nessuno, non indossarlo e non portarlo in giro con te. Quando sarà il momento giusto capirai, mi affido a te Thomas,

Con affetto

Spada Rosa

Four rilesse un paio di volte il messaggio, osservando prima il biglietto, poi l'anello e il gatto sul suo letto. Tastò molte volte il marchio in ceralacca accanto alla firma, una spada conficcata in una rosa. Non era la prima volta che sentiva quel nome, suo padre gli raccontava sempre delle leggende inglesi come favole della buonanotte, ma non era mai stato chiaro su quella figura misteriosa.

Sentiva in lontananza le voci provenienti dal salotto, la sua famiglia stava ricordando i bei vecchi tempi prima delle ricerche sui Mondi Paralleli. Gli sarebbe bastato un attimo per portare il misterioso messaggio, l'anello e il gatto al piano inferiore e farli esaminare dai due scienziati della famiglia. Ma qualcosa lo tratteneva seduto sulle lenzuola di lino e il suo sguardo fisso sul portagioie della madre appoggiato sul piano della toeletta.

«Ho diciassette anni, non sono più un bambino. Mi tengo il gatto e questo strano anello lo metto lì dentro e me lo dimentico finché questa signora fantasma non mi dice cosa fare.»

Così fece e nascose il messaggio dietro lo specchio rotondo stile vintage, come faceva la madre con le lettere romantiche di suo padre. Ritornò in salotto a presentare il suo nuovo animale domestico. Appena varcò nuovamente la soglia, l'attenzione dei fratelli era tutta per la gatta tra le braccia di Four.

«Da dove è uscito?» domandò Five.

«Questa piccolina si era arrampicata sul mio balcone ed ora è mia.»

«Hai già deciso un nome?» chiese Michael.

«Fiocco di neve.»

«È pronta la cena!» urlò Byron dalla sala da pranzo.

«Da quanto cucina lui?» domandò Thomas, ricevendo come risposta un'alzata di spalle.

Si accomodarono all'enorme tavolo nella stanza accanto, trovando come sempre l'apparecchiatura elegante di Michael. Dalla cucina uscì loro padre con indosso un grembiule e dei guanti da forno rosa, con un enorme vassoio in mano. Lo adagiò al centro ed alzò il coperchio rivelando un arrosto di pollo farcito con salsiccia, verdure e pangrattato.

«Era da tanto che non cucinavo, spero che vi piaccia» annunciò servendo la cena.

Dopo il gradevole pasto, disturbato da Fiocco di neve che si fiondava verso i piatti degli altri dopo aver mangiato la sua porzione, ognuno tornò nelle rispettive camere.

Thomas si chiuse nel suo bagno e rimase lì per ore intere, lasciando la gatta sul letto. Neve saltò giù e una flebile luce bianca la tramutò in una giovane ragazza, con occhi azzurri, capelli bianchi e un vestito lungo beige.

Si avvicinò furtivamente al portagioie e agitò le mani su di esso, una nebbiolina avvolse il contenitore ed entrò dal buco della serratura. La ragazza si ritramutò in gatto e saltò sul letto, addormentandosi. Il suo nuovo padrone non aveva idea in cosa si stava cacciando assecondando le richieste di Spada Rosa.

 

 

 

 

Capitolo 17 - Parenti ficcanaso e gatti magici

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

 

«È il mio turno, pesco!» urlò Yuma, estraendo una carta dal deck.

Evocò sul suo terreno Mago Gagaga appena pescato e, con Golem Gogogo già presente sul suo terreno, evocò No. 39 Utopia. Shark sul suo terreno aveva Portaerei Sommergibile Squalo e una carta coperta. Se l'attacco di Yuma sarebbe andato in porto, avrebbe vinto il duello. Osservò le carte che aveva in mano e un sorriso a trentadue denti si fece largo sul suo volto. Senza indugiare troppo, attaccò il mostro dell'avversario

«Attivo la carta trappola respiro di Zeus!» annunciò Ryoga, «annullo il tuo attacco e subisci 800 life points di danno. Con questo ho vinto!»

«Non ne sarei tanto sicuro, attivo dalla mia mano la magia rapida tifone spaziale mistico! Distruggo la tua trappola e continuo con l'attacco, vai fendente spada della speranza!»

Con questa mossa Yuma si aggiudicò il duello. Corse ad aiutare l'amico, sbalzato a terra dal colpo.

«È stato fantastico! Ti ho proprio sorpreso con questa carta, è una nuova aggiunta al mio deck.»

«Lo sai che può essere usata anche sulle carte coperte? Non c'era bisogno di aspettare che attivassi la mia trappola.»

«Oh, hai ragione. L'avevo dimenticato.»

Il parco di Heartland era un ottimo luogo in cui duellare, c'era molto spazio e non si correvano rischi. Dalla sconfitta dell'entità bariana che controllava Faker, Yuma aveva iniziato ad evitare di duellare in posti pericolosi e il vasto scorcio verde in cui si trovavano era diventato il suo campo da battaglia preferito. Sovrappensiero, non si accorse di un ragazzo dai capelli arancioni che li osservava da lontano meravigliato. Con molto entusiasmo, si avvicinò saltellando.

«Che duello meraviglioso, siete davvero fortissimi!»

«Grazie» rispose distrattamente Yuma.

«Carotino sei fin troppo allegro per i miei gusti» disse Shark, squadrandolo sospettoso.

«Ehi, mi chiamo Rei Shingetsu, non Carotino!»

Rei arrossì violentemente e fece la faccia arrabbiata più buffa che Yuma avesse mai visto. Il suo entusiasmo gli era molto familiare, egli stesso lo provava ogni volta si parlasse di duelli.

«Io sono Yuma Tsukumo e lui è il mio migliore amico Shark, è un piacere conoscerti Rei.»

«Quindi tu sei il grande Yuma Tsukumo, il vincitore del Carnevale Mondiale di Duelli? È davvero un onore fare la tua conoscenza! E anche Shark, sei una leggenda nel mondo dei duelli! Oggi è il giorno più bello della mia vita!»

Vector stritolò i due ragazzi in un forte abbraccio, nascondendo il suo sorriso malizioso nella giacca di Yuma. Era appena entrato in azione e già si stava divertendo con le sue menzogne. Ma doveva fare molta attenzione a Ryoga, sarebbe stato difficile ottenere la sua fiducia.

Astral osservava da lontano la scena, il nuovo arrivato non gli piaceva, provava uno strano presentimento. Rei emanava un energia oscura che non aveva mai visto prima, doveva tenerlo d'occhio e al primo passo falso avrebbe trovato un modo per allontanarlo da Yuma.

«Non posso crederci, sono appena ritornato dopo tanti anni in Francia e vi ho incontrato subito!» annunciò entusiasta, andando a recuperare la sua valigia viola.

«Non mi piace Carotino» dichiarò Ryoga sottovoce, approfittando della sua lontananza.

«Ma dai, lo abbiamo appena conosciuto. Sono sicuro che è un bravo ragazzo.»

«Mi permetto di dissentire, questa volta sono d'accordo con Shark. Quel Rei emana una forte energia oscura, non appartiene a questo pianeta» disse Astral avvicinandosi.

«Anche tu ti ci metti? Andiamo, siete solo paranoici!» concluse Yuma, andando in soccorso del conoscente in difficoltà.

Vector era appena inciampato in un ramo sporgente ed era caduto addosso alla valigia, provando un forte dolore alla caviglia destra.

"Fai più attenzione, non vuoi che ti tolga i nuovi poteri, vero? Mi basta un attimo per trovare qualcuno di più competente, come quel Durbe che tanto odi."

«Ombra, fa parte del personaggio. Rei deve essere un imbranato deficiente, è stata una tua idea» sussurrò a denti stretti, cercando di convincere il dio che fosse caduto di proposito, e non perché aveva prestato poca attenzione a dove mettesse i piedi.

Yuma arrivò alle sue spalle, ma non appena aiutò il ragazzo a rialzarsi, egli ricadde trascinandolo con sé sull'erba.

"Ci mancava solo questa, il corpo umano è fin troppo fragile. Devo essermi rotto qualcosa."

«Ahia! Non toccare la caviglia, per favore.»

«Scusami, non volevo. Shark chiama l'ambulanza!»

Sbuffando, Ryoga si avvicinò con Astral e chiamò i soccorsi, che arrivarono in poco tempo a controllare il ferito. Per fortuna si trattava di una semplice distorsione della caviglia e sarebbe guarita nel giro di un mese.

Pieno di rabbia, Vector cercò di contenersi e di fingere ottimismo. Con l'aiuto dei due 'nuovi amici', andò nel suo nuovo appartamento in affitto in uno stabile nel centro città, proprio di fronte al complesso residenziale VIP. Shark lo portò in braccio per ben dieci piani di scale e Yuma trasportò la valigia.

«Bel tempismo per un guasto al sistema degli ascensori» sbraitò lo squalo, fermandosi davanti alla camera 2070, indicatagli dalla zavorra sulle spalle.

Yuma bussò alla porta ed ad aprirli fu una ragazza mingherlina dai corti capelli ramati e gli occhi lilla. Fece accomodare i ragazzi nel salotto e controllò la caviglia fasciata di Vector.

«Sei il solito imbranato zietto» scherzò Patrishka.

«Ti ho detto di non chiamarmi così, non è divertente» sbuffo Rei, sempre tenendosi nel personaggio.

«Ah, scusatemi. Io sono Patrishka, la coinquilina di Rei» si presentò con un finto sorriso, porgendo la mano ai due ragazzi.

Yuma la guardò stranita, mentre Ryoga la strinse con riluttanza spiegando all'amico che in Occidente è un gesto comune di presentazioni. Astral osservò attentamente la ragazza e notò con spiacere che anche lei emanava energia oscura. Sussurrò questa scoperta nell'orecchio di Shark, e quest'ultimo con una scusa trascinò via il campione. Una volta fuori dall'edificio, si fece promettere che non sarebbe mai rimasto da solo con uno dei due.

«L'astrale sospetta di noi, non avevi detto che non ci avrebbe riconosciuto? E poi com'è possibile che ti sia fatto male così facilmente?» domandò seccata Patrishka.

«Sta tranquilla, non sa che siamo bariani e non lo scoprirà. E non pensavo che la forma terrestre fosse così fragile, non sarei inciampato di proposito se una certa persona mi avesse avvertito.»

«Lo sai che è difficile ottenere informazioni da papà, soprattutto ora che sospetta che ti sto aiutando. Ha pure ordinato a quel nano della biblioteca di non darmi quegli stupidi libri che potrebbero aiutarci con il piano.»

«Il solito impiccione secchione. Non hai veramente trovato qualcosa con cui ricattarlo, nessun segreto sconvolgente e scandaloso? Tutti hanno qualcosa da nascondere.»

«Niente di niente, se ha dei segreti li nasconde fin troppo bene. Se solo quella stupida stanza in cui si chiude tutto il giorno non fosse protetta, avremmo di sicuro la carta vincente.»

«Procediamo con il piano e lasciamolo perdere quel guastafeste. Domani inizierai a lavorare nel servizio delle pulizie del complesso qui davanti, ti ricordi cosa dovrai fare?»

«Trovare l'appartamento di Shark, raccogliere informazioni su di lui e la famiglia, approfittare del momento in cui è vuoto per intrufolarmi e riferirti tutto quello che scopro. Me l'hai fatto ripetere per tre giorni!»

«Ottimo! Allora ti lascio in pace, torno su Barian e vedo se qualcuno mi aggiusta la caviglia.»

«Aspetta, agli occhi di quei due non sembrerà strano se guarisci troppo in fretta?»

«Fingerò di star male.»

Così dicendo, Vector scomparve in un portale, lasciando Patrishka da sola nell'appartamento. La ragazzina si buttò sul divano a peso morto, sbuffando e imprecando. Non sopportava proprio la parte che gli era stata affidata, la dolce e gentile donna delle pulizie. Fin troppo abituata alla vita agiata che conduceva su Barian, questa sarebbe stata un sfida tosta da affrontare. E, inconsciamente, rimpiangeva il non aver appreso da Durbe le faccende domestiche quando gliele voleva insegnare. C'erano molte cose che stava iniziando a capire ora che si doveva occupare di tutto, e ai suoi occhi il padre stava prendendo una nuova luce. Ma il suo orgoglio le impediva di vedere chiaramente l'uomo meraviglioso che la maggior parte dei bariani invidiava.

"È veramente fantastico come sembra? Ci deve essere per forza uno scheletro nell'armadio."

 

 

 

 

 

Capitolo 18 - Carotino e la sua band di cattivi fanno il primo passo

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

 

Il giorno dopo, come da programma, Patrishka iniziò a lavorare nel complesso residenziale VIP. Si aspettava che i lavori domestici fossero faticosi e consumassero parecchie energie, soprattutto per chi, come lei, non aveva nessuna esperienza. Il suo compito sarebbe stato passare l'aspirapolvere un paio di volte al giorno sui venti piani dello stabile, ma non avrebbe lavorato da sola. Il suo datore di lavoro le presentò tre donne di mezza età, pettegole e birichine. Appena il capo le lasciò da sole nella stanza sotterranea, dove erano sistemati gli attrezzi da lavoro e le divise, subito presero confidenza.

«Ciao, io mi chiamo Ai, piacere di conoscerti. Sei davvero giovane, dimmi la verità: vuoi lavorare qui perché ci abita il tuo fidanzatino» iniziò una di loro mentre si preparava.

«Così la spaventi! Non fare caso a quella vecchia pettegola, io sono Hana, è un piacere conoscere una ragazza così giovane e intraprendente.»

«Senti chi parla, non eri tu l'altro giorno che spiavi la nuova inquilina? Ah, io sono Hoshie, piacere di conoscerti. Mi potresti ripetere il tuo nome?»

«Mi chiamo Patrishka… Come funziona l'aspirapolvere?»

La bariana indossò velocemente la divisa, composta da una camicia e una gonna blu lunga al ginocchio, con un grembiule bianco. Osservava spaesata gli elettrodomestici come se fossero dei mostri tecnologici e si malediceva mentalmente per quello stupido piano. Stava iniziando a credere che Durbe avesse ragione, quando l'avvertì prima di arrivare sulla Terra che le strategie e le tattiche di Vector erano inattendibili. E subito le tornò alla mente una delle poche frasi di sua nonna che avessero un senso: 'segui il tuo istinto e sbaglia con la tua testa'.

Hana le spiegò come funzionasse l'aspirapolvere e subito si misero a lavoro. Dall'ascensore di servizio arrivarono al primo piano e le tre pettegole iniziarono subito a fare gossip su un giovane inquilino che corteggiava la receptionist del turno di giorno.

Patrishka le ignorò per tutto il tempo e approfittò della loro conversazione per leggere le varie etichette degli appartamenti, con la scusa di passare l'aspirapolvere accostata le pareti. A differenza del suo stabile, questo riportava i nomi degli affittuari sotto i numeri, quindi sarebbe stato facile trovare Ryoga Kamishiro. Non si era mai chiesta come facesse Vector a conoscerne il cognome, e non le interessava più di tanto. Voleva solamente trovarlo il più velocemente possibile così da non dover sentire più le colleghe starnazzare.

Dopo cinque ore di lavoro, arrivò al ventesimo piano stremata. Reggendosi all'elettrodomestico, camminò lentamente accostata alle porte e continuò a leggerne i nomi. Ma anche su quel piano neanche l'ombra del suo obbiettivo.

"Ci sono solo venti piani; forse non c'è il suo nome sulla porta, ma quello di qualche parente. Potrei chiedere a quelle pettegole, ma poi mi farebbero troppe domande."

«Patty abbiamo finito il primo giro, ora possiamo pranzare.»

La bariana si arrabbiò, non le piaceva che storpiassero il suo nome, ma rimase in silenzio e le seguì nell'ascensore. Ritornarono nella stanza sotterranea per posare gli elettrodomestici e si diressero poi al piano terra per uscire dall'edificio dalla porta di servizio.

Una volta fuori, aggirarono il complesso e all'entrata Patrishka incrociò Shark. Si osservarono guardinghi per pochi secondi, poi come se niente fosse successo si salutarono con distacco e proseguirono per le loro strade. Subito Ai la prese sottobraccio e iniziò a chiederle del suo rapporto con il giovane, seguita a ruota dalle altre due.

«L'ho conosciuto ieri, non è un tipo amichevole.»

«Sei interessata, non è vero? Possiamo dirti molto su di lui, lo conosciamo da quando era un bambino» disse Hana.

«Davvero?» chiese Patrishka con troppo entusiasmo.

Si morse il labro per contenersi, non voleva dimostrarsi interessata a Ryoga, ma le informazioni delle tre colleghe erano proprio quello che le serviva per velocizzare il piano di Vector.

Mentre si dirigevano ad un piccolo ristorante poco distante dal complesso, Hoshie le raccontò della tragedia avvenuta quando i due gemelli avevano solo cinque anni. Dopo l'incidente, erano stati affidati alle cure della zia, sorella della loro defunta madre. Ryoga era sempre stato un po' freddo e distaccato con tutti, tranne la sua adorata sorella Rio, malata fin dalla nascita. Nessuno sapeva spiegare il suo male, doveva essere qualcosa di estremamente raro e sconosciuto. Come se non bastasse, cinque mesi fa la giovane ragazza era stata coinvolta gravemente in un incendio e dimessa da poco dall'ospedale.

Dopo il racconto, Patrishka rimase silenziosa per tutto il pranzo e il viaggio di ritorno per il secondo giro di pulizie.

Mentre si trovava al diciannovesimo piano, incontrò una giovane ragazza che somigliava fin troppo a Merag. Appena uscita dall'ascensore con una ragazza dai capelli ramati, le rivolse uno sguardo di sfuggita e si diresse all'appartamento 1916. La bariana fece finta di lavorare ed ascoltò attentamente la conversazione.

«Tua zia Mariko è un amore, però sa essere fin troppo insistente.»

«Che ti aspettavi, avevi la tua faccia sul mio seno quando ha sfondato la porta stamattina.»

«Non l'ho fatto di proposito, mi muovo nel sonno, e non ci ha dato il tempo di risponderle. E poi tu non sei stata per niente d'aiuto, ti diverti alle mie spalle.»

«Ti ha puntato una lampada in faccia e voleva farti l'interrogatorio come nei film, scusami se non sono riuscita a trattenere le risate.»

Le due inquiline entrarono nell'appartamento e richiusero la porta alle spalle, ridendo come due bambine. Patrishka si fece prendere dall'ansia, chiedendosi se la ragazza dai capelli blu fosse veramente Merag o le somigliasse casualmente. E non poteva di certo ignorare la donna della 1916 che sembrava una sua fotocopia versione adulta.

Doveva pensare in fretta e scegliere: consultarsi con Vector o informare Durbe?

 

Una volta dentro l'appartamento, Rio si ritrovò in un salotto arredato in stile minimal in toni bianchi e neri. Accostato al muro destro c'erano due divanetti con un tavolino basso, a sinistra una piccola cucina insieme ad un tavolo e quattro sedie, e di fronte due porte chiuse. Si accomodarono nel salottino e degustarono tè e biscotti.

«La ragazzina qui fuori ha un aura molto oscura.»

«Sei sicura?»

«Al cento per cento, e ti guardava in modo molto sospetto.»

«Ah si, Patrishka è gelosa di me… È una bariana, Durbe la trovò alle porte del palazzo imperiale quando era solo una neonata. Crede che io sia più importante di lei per Durbe. Scommetto che è qui sulla Terra per punizione, è molto ribelle.»

«L'ambasciatore bariano, giusto? Mio padre ne parlava molto bene prima della guerra.»

«Si. Nash lo nominò imperatore, l'ultimo che scelse prima di impazzire.»

«Ma è perfetto, puoi contattare i tuoi amici bariani e…»

«Solo gli imperatori possono teletrasportarsi e comunicare da altri pianeti. Da come mi guardava deve avermi scambiata per una che mi somiglia e basta.»

Merag sospirò rattristandosi, pensare al mondo bariano e i suoi amici le faceva provare un forte senso di sconforto. Gli imperatori erano la sua famiglia, quella che aveva scelto. Sentiva la loro mancanza, ricordava ogni notte tutti i momenti trascorsi in loro compagnia, belli e brutti. Senza accorgersene, si ritrovò in lacrime tra le braccia di Jessica, che cercava di confortarla.

«Non li puoi contattare tu, vero?» domandò asciugandosi il volto.

«Le comunicazioni tra astrali e bariani sono state chiuse da entrambi i lati.»

«Allora non perdiamo altro tempo. Dobbiamo scoprire cosa mi è successo.»

Jessica condusse Merag attraverso una delle due porte chiuse, la sua camera da letto. Anch'essa era arredata in stile minimal, con un letto accostato alla vetrata, un armadio in legno e una libreria. Però quel che più attirava l'attenzione era la scrivania, che sembrava essere uscita da un film di fantascienza. Aveva un computer fisso tutto luminoso con dei liquidi azzurri in dei tubi, collegato a cinque schermi di varie grandezze e un tablet trasparente con bordo rosa, accoppiato ad una penna del medesimo colore con in cima un pon pon.

«Quello è un tablet hünyano, giusto?» domandò Merag estasiata.

«Si, gli hünyani sono proprio dei cervelloni.»

Rio si sedette sul letto cercando di scacciare dalla sua mentre l'immagine della sua mentore, emblema per eccellenza dell'intelligenza hünyana e sviluppatrice di quei dispositivi, mentre osservava Jessica armeggiare con i campioni che le aveva raccolto.

«Interessante. Secondo il computer i campioni che ti ho prelevato sono interamente della specie terrestre, non c'è nessuna traccia di DNA bariano… Oh, chi abbiamo qui?»

Merag si sporse sulla spalla di Jessica, curiosa di quella reazione. Aveva appena ricevuto un email da un certo Dr. Faker, che chiedeva delle infomazioni su Natasha Evans.

«No, no, no. Questo proprio no» disse colta da un improvviso stato d'ansia.

«Fai dei respiri profondi, calma… Ecco, non ti agitare. È la Natasha del quaderno?»

«Si, non dargli niente. Ti prego, fidati di me. Nessuno deve sapere di lei.»

«Tranquilla. Ho dei vecchi file risalenti al 1980, l'FBI non è mai riuscita a trovarla o scoprire cosa le fosse successo, glieli mando così si scoraggiano.»

«Va bene, ho già troppi problemi con questa situazione, non ne voglio altri.»

 

 

 

 

 

Capitolo 19 - Natasha non ti abbiamo dimenticato XD

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

 

Dalla la scoperta del piano inferiore del bunker, Faker aveva rispolverato tutte le sue vecchie ricerche riguardanti i Mondi Paralleli. Con l'aiuto di Kaito, cercò tutte le informazioni che potessero essere utili per risolvere il mistero. Ma più scavavano nella miriade di documenti, più non trovavano niente di rilevante. Il laboratorio nella torre di Heartland, utilizzato precedentemente dai due giovani scienziati, venne coperto quasi interamente da fogli volanti. Kaito stava perdendo la pazienza, sommerso totalmente dalla pila di documenti.

«Ma perché non avete digitalizzato tutto quanto?» urlò per farsi sentire da sotto il cumulo.

«Perché non sapevamo di chi poterci fidare, la carta si può eliminare definitivamente rispetto ai file digitali. Sui computer abbiamo salvato lo stretto necessario per i vari calcoli e i confronti» rispose Faker dall'altro capo della stanza, seduto su una montagna di documenti.

Nel frattempo, Byron aveva accettato di farsi esaminare per bene da vari esperti di fiducia, impiegati della torre. Five supervisionava il tutto, osservando attentamente il lavoro e prendendo appunti su un blocco note. Dopo una mattinata intera passata tra test fisici e psicologici, ricevette i risultati delle analisi.

«Tutto nella norma, l'organismo del signor Arclight non presenta mutazioni o anomalie» disse il capo medico.

«Stessa cosa anche per il suo stato mentale, non ha subito conseguenze» aggiunse il capo psicologo.

«Non c'è stata nessuna ripercussione, insolito» disse Byron raggiungendo il figlio.

Insieme si diressero dai loro compagni        qualche piano più in basso, conversando su quello strano fenomeno. Five non era per niente rassicurato dall'esito positivo degli esami, ripensando a quanto le loro conoscenze fossero scarse rispetto al probabile bunker di Natasha Evans.

Ripensò alla loro ultima visita in quel covo scientifico all'avanguardia. Kaito aveva portato via il tablet per testare il suo massimo in un luogo più sicuro e conosciuto, ma a distanza di circa cinquanta metri dal cristallo misterioso, aveva smesso di funzionare. Così scoprirono che i dispositivi assorbivano energia da esso, e che il terremoto del 14 maggio sembrava averlo stranamente riattivato.

«Ma siamo veramente sicuri che sia stato il terremoto?» si chiese Byron, «non trovi sia una coincidenza che proprio la sera della luna rossa sia successo quel miracolo?»

«Quale miracolo?»

«La ragazzina in ospedale, Rio Kamishiro, non me lo perdonerò mai. Sono stato la causa del suo inferno, i medici volevano staccare la spina. Dicevano che non sarebbe sopravvissuta, i sistemi ospedalieri non l'avrebbero tenuta in vita per molto. E così, all'improvviso, si sveglia come se non fosse successo niente, proprio quella sera.»

«Quindi credi che il fenomeno astronomico abbia scatenato qualcosa?»

«Si, nulla sembra più impossibile ora. Per favore tienila d'occhio e riferiscimi, ma non dire niente a nessuno, soprattutto a Thomas. Ho già rovinato la sua vita sociale, se viene a sapere che ho strane sensazioni sulla sua amata, finirà per uccidermi.»

Arrivati al laboratorio, vennero anche loro sommersi dai documenti. Si misero subito a lavoro, ma la mente di Chris veniva continuamente distratta dalle parole del padre.

"I medici non avevano più speranze e proprio quella sera è successo il miracolo. Proprio quando c'è stato il terremoto, lei si è svegliata. Le fotografie nel ciondolo, uno è identico a suo fratello. Non può essere una coincidenza."

Mentre sfogliava i vari documenti, Kaito venne attratto da una fotografia cartacea. Un'incisione in inglese antico su una lastra di marmo bianco, al centro di una fontana molto vecchia e rovinata.

Memoriale di due eroi che hanno dato la loro vita per salvaguardare il popolo dagli aristocratici oppressori. Master of Blades e Frozen Lady Justice1, la vostra leggenda verrà tramandata per secoli.

Sul retro della foto era riportata una data: 1350.

«Forse ho trovato qualcosa» urlò sbucando dal cumulo di carta bianca.

I tre si avvicinarono al biondo e si passarono a turno la fotografia, non capendo però come potesse aiutarli.

«Guardate la data sul retro, 1350. Il libro che abbiamo trovato risale al 1300, ed è lo stesso inglese. Non può essere una coincidenza, vi ricordate dove è stata scattata?»

«Mi sembra fosse Londra, l'ha scattata Kazuma parecchi anni fa» rispose Byron.

«Si, ci disse che una sua amica era affascinata dalla storia di questi due eroi… Come ho fatto a non pensarci prima! Questa donna lavora con il governo americano e ha dei contatti alla Nasa, forse riesce a trovare delle informazioni su Natasha Evans!» disse Byron, ripescando una vecchia agenda in uno scatolone.

«Apparteneva a Kazuma, scriveva molto dei suoi viaggi. Non abbiamo potuto restituirlo alla sua famiglia perché contiene informazioni non divulgabili.»

Sfogliando le pagine ingiallite, trovarono pochi appunti che parlavano di lei.

8 dicembre 2003

Mi trovo a Washington con Mirai. Patrick mi ha presentato Jessica Sparrot, una donna che lavora per il governo. Non so in quale campo si occupa e non posso neanche chiedere.

11 dicembre 2003

Jessica è una donna interessante, una piacevole compagnia. A volte ha degli strani atteggiamenti, ma ha un cuore d'oro e la mia fiducia.

14 dicembre 2003

Mi dispiace molto che abbiamo trascorso solo una settimana insieme a Jessica, Mirai la adora e l'ha invitata a Heartland per Natale, non l'ha mai festeggiato.

«Gli ha lasciato la sua email, provo a contattarla» disse Faker, prendendo posto davanti al computer.

Chris prese in disparte Kaito, portandolo il più lontano possibile dai genitori. Era leggermente nervoso, e questo fece preoccupare l'amico. Si guardava intorno, accertandosi che nessuno li notasse e non proferiva parola.

«Che succede? Sai che puoi dirmi tutto.»

«Si, ma è una cosa estremamente delicate e tu sei il completo opposto.»

«Puoi farmi la predica un altro giorno, ora dimmi quello che ti preoccupa.»

«Si tratta di mio padre, mi ha chiesto di sorvegliare la sorella di Shark...»

Five spiegò tutto a Kaito, non riuscendo a rimanere serio per le strane espressioni facciali del collega.

«E io che credevo di averle viste tutte dopo la radura fatata nel bunker. Ma concordi con me che Byron non ti abbia detto tutto, vero?»

«Si ed è questo che mi preoccupa. Vedi da quando Michael aveva sette anni, spesso andava via per lavoro. Ma non i soliti viaggi che duravano mesi, solo poche ore. Doveva essere qualcosa qui ad Heartland, che si è interrotta nove anni fa.»

«Aspetta, nove anni fa sono morti i genitori di Shark, la notizia era su tutti i notiziari. Eichi Kamishiro era un famoso mangaka.»

«Per questo ti dico che è sospetto. Al momento non voglio fare niente, osserverò solamente la ragazza quando saremo insieme. Ma ho bisogno del tuo aiuto per non essere sospetto.»

«Puoi contare su di me, anche se sorvegliare un'adolescente non è di mio gradimento. Non voglio una denuncia per stalking.»

Faker richiamò l'attenzione dei due giovani, che si avvicinarono subito lanciandosi uno sguardo di intesa. L'amica di Kazuma aveva risposto alla mail, allegando i file dell'FBI sul caso della scomparsa di Natasha Evans. Non erano molti, la donna sembrava apparsa dal nulla nel 1960 e scomparsa come se non fosse mai esistita nel 1980.

Salve stranieri. Vi prego solo la massima discrezione, questi file non dovrebbero essere divulgati a nessuno. Eliminate questa email e non contattatemi più a questo indirizzo. Se avrete ancora bisogno di me, mi trovate qui ad Heartland, Complesso Residenziale VIP stanza 1916. Spedite una lettera, criptata se è possibile. Buona fortuna nella vostra ricerca.

Se neanche i federali americani erano riusciti a risolvere il mistero, come potevano quei quattro scienziati riuscire nell'impresa?

 

 

 

 

1Sono i nomi inglesi di due carte numero, non sono stati scelti a caso :)

 

Capitolo 20 - Quanto è dura la vita da scienziati

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

 

Vector correva per le vie di Heartland con il fiatone. Il sole gli bruciava la pelle, non abituata a quel calore quasi estivo delle ore di punta e il viso grondava di sudore anche a causa dello sforzo fisico. Aveva indosso solamente una t-shirt bianca con la Torre Eiffel stampata sopra e dei bermuda neri. Sulla caviglia una fasciatura fastidiosa, ma necessaria per non destare sospetti.

«Giuro che se non trovo subito quel bamboccio faccio nevicare, devo prendere qualcosa di fresco» sibilò a denti stretti, erano trascorsi molti giorni dal loro incontro.

Rifugiatosi in un bar, seduto all'ombra e con un cono gelato al limone in mano, ripensò all'incontro avvenuto la settimana prima con Patrishka. Le sue informazioni lo avevano scosso non poco ed era stato costretto a velocizzare il compito. Concentrato sul piano, non si accorse che la persona che stava cercando da giorni era proprio di fronte a lui.

«Ciao Rei, posso sedermi?» lo salutò Yuma.

«Oh ciao Yuma, accomodati pure.»

«Sei tutto sudato, immagino che in Francia il meteo è più freddo.»

«Dipende dalla zona. Ma si, a Parigi si sta più freschi in questo periodo» disse con orgoglio.

Per la sua parte studiò notte e giorno il territorio francese e la sua lingua, oltre che le usanze e le normalità umane. Aveva sviluppato uno strano patriottismo per quel paese, tanto che prima di arrivare ad Heartland trascorse qualche giorno nella capitale insieme a Patrishka.

«E come mai hai deciso di venire qui ad Heartland?»

«La mia famiglia è nata e cresciuta qui, e poi devo fare… Ma non è niente di importante.»

«Uh, cosa? Posso sapere?»

«Davvero, non è niente di ché… Ok, te lo dico. Ultimamente faccio sempre lo stesso sogno, una ragazza dai capelli blu che non conosco mi chiede di trovarla e vedo la torre di Heartland. Però ora che ci penso somiglia a Shark.»

«Davvero?! È un sogno premonitore, mia nonna dice di non ignorarli. Forse hai sognato Rio.»

«Rio? La sorella di Shark che è in ospedale? Ehm, è scritto su internet.»

«Si, ma è stata dimessa tre settimane fa. Ora sta benone, a parte i problemi di memoria. Oh, sono in ritardo per l'incontro. Vieni così ti presento i miei amici.»

Yuma caricò Vector sulle spalle e lo trascinò fuori dal bar, correndo all'impazzata per le vie affollate della città. Si fermò solamente una volta arrivato al parco, dove si era sfidato a duello con Ryoga quando si erano conosciuti. Il giovane campione presentò ai compagni Rei, ripoggiandolo sul terreno ed ignorando completamente gli avvertimenti precedenti di Astral e Shark.

Quel giorno lo spirito non era presente e solo Tori se ne preoccupò. Mentre gli altri facevano amicizia con il nuovo arrivato, la ragazza ne approfittò per chiedere spiegazioni all'amico d'infanzia.

«Tori non ne ho idea, è da quando abbiamo conosciuto Rio che Astral si comporta in modo strano. È sempre distratto, poi dice che Rei emana energia oscura. Ma guardalo, è così gentile e socievole.»

«Quel Rei? Non riesco proprio ad immaginarmelo come cattivo, lo conosco da pochi minuti e posso dire con certezza che siete simili.»

«È quello che gli ho detto, ma Astral ne è fermamente convinto. Shark concorda con lui. A proposito, dov'è?»

Yuma stava per prendere il suo telefono quando la conosciuta moto viola venne parcheggiata poco distante e i due gemelli raggiunsero il gruppo. Appena Merag vide una testa arancione di spalle, subito riconobbe Vector. Quando si voltò verso i nuovi arrivati, i loro sguardi si incrociarono, ma l'imperatore si limitò a fare uno dei suoi sorrisi falsi. La bariana ricambiò, ma avvertì subito che c'era qualcosa che non andava. Non le sembrava possibile che il suo amico di scherzi non l'avesse riconosciuta, era uno dei pochi su Barian a conoscere la sua forma umana, che era quasi identica alla sua attuale apparenza.

«Che ci fa lui qui?» domandò secco Ryoga.

«L'ho invitato io» rispose Yuma allegramente.

Shark prese il campione per la giacca e lo portò in disparte, mentre Rei si presentò a Rio.

«Ciao, io sono Rei. È un piacere conoscerti» disse porgendole la mano.

«Piacere Rio» rispose stringendogli la mano.

Subito avvertì un brivido lungo la schiena e, una volta ritratta la mano, notò che l'imperatore aveva le mani come quelle di un neonato.

"Strano, si toglie raramente l'anello e dovrebbe esserci il segno. Forse ha smesso di indossarlo o l'ha perso, e poi non ha neanche fatto il nostro gesto segreto di saluto, sarebbe passato di sicuro inosservato e mi avrebbe fatto capire che mi ha riconosciuta."

«È fantastico essere qui con voi, sono felicissimo di essermi trasferito dalla Francia.»

«La Francia?» domandò sorpresa Merag.

Vector non sopportava i francesi. Durante i loro studi su possibili scherzi da fare, l'imperatore si era imbattuto in un libro che parlava del pianeta Terra ed era rimasto affascinato dalla Russia, al contrario della Francia. Da allora ripeteva sempre che se avesse dovuto fingersi umano, avrebbe impersonato proprio un cittadino russo. C'erano molte incongruenze su quel raccontava Rei e su quello che ricordava la bariana, non riusciva proprio a spiegarselo.

«Sono nato qui ad Heartland, ma la mia famiglia si è trasferita a Parigi quando avevo un anno.»

«Dev'essere stato bellissimo vivere nella capitale dell'amore» disse Tori.

«Soprattutto se si è in compagnia della propria anima gemella» aggiunse Bronk, guardando Rio arrossendo.

«Non mi piacciono i francesi, senza offesa» rispose Merag, sperando che Vector capisse il messaggio sottinteso.

Ma il ragazzo fece il finto offeso, sfoggiando la faccia più buffa che potesse mai fare. La bariana si rassegnò all'idea che Vector credesse veramente che lei fosse un'umana e allora cercò di trattarlo come un estraneo appena conosciuto.

Nel frattempo Ryoga e Yuma ritornarono dal gruppo, il primo ancora imbronciato e il secondo saltellante dalla gioia.

«Rei ti va un duello?» domandò il campione.

«Sarebbe fantastico!»

«Allora cominciamo!»

Si disposero uno di fronte all'altro e cominciarono la sfida. I ragazzi si sistemarono di lato e indossarono il duel gazer. In Merag si riaccese momentaneamente la speranza, quasi convinta che Vector utilizzasse il suo deck Umbral. Ma si dovette ricredere quando vide un deck di attributo luce.

"Questo qui è proprio tardo allora."

«Come mai quella faccia?» domandò curioso il fratello.

L'espressione facciale di Rio era un misto di esaurimento e stupore, e Ryoga non era l'unico ad averla notata.

«Niente, niente. Stavo pensando a una cosa.»

«Hai ricordato qualcosa?»

«Beh sì, ma è qualcosa che già sapevo. Credo, spero. Il caldo non mi piace, preferisco il freddo.»

«Si, si. È per questo che ti chiamano Ice Queen, sorellina» concluse Ryoga con il tipico tono di chi ripete sempre le stesse cose.

Merag si sedette all'ombra della chioma rosa di un ciliegio non troppo distante dal gruppo, e notò qualcosa luccicare alla base del tronco. Raccolse l'oggetto misterioso e lo esaminò per bene. Aveva una forma cilindrica, lunga circa dieci centimetri e larga cinque, su una delle estremità una specie di tappo. Era di uno strano materiale simil vetro opaco freddo e leggero, dalle sfumature azzurre e venature bianche e viola. Se messo in controluce, compariva una scritta in una lingua sconosciuta.

"Questi caratteri mi sono familiari. Devo averli già visti da qualche parte, probabilmente su uno dei miei libri."

Alzò lo sguardo verso i suoi compagni, tutti osservavano attratti il duello, che stava procedendo a favore di Yuma. Il campione si stava trattenendo, cercando di far durare più a lungo la sfida e godendosela a pieno.

Allora Merag stappò il contenitore per vederne il contenuto: una pergamena bianca, di una carta morbida e liscia, con delle scritte in inchiostro blu scuro.

"Dai Merag, dove hai già visto questi caratteri? Forse in Accademia."

Ripose cautamente il foglio nel cilindro e la nascose nello zaino. Rimase per un po' ad osservarlo, pensando al ragazzo che gliel'aveva regalato. Kaito l'era sembrato un tipo interessante alla festa di bentornato. Sia lui sia il suo amico Five le ricordavano in certi versi Durbe, anche se erano più schivi e sicuramente non chiacchieroni come l'imperatore. Adorava ascoltarlo, le raccontava spesso delle scoperte interessanti ed era sempre disponibile per il prossimo.

"La mia famiglia… Mi mancano così tanto, ogni cosa mi fa pensare a loro."

Chiuse gli occhi, sforzandosi di rimanere calma. Non voleva ricevere nuovamente il terzo grado dagli amici, le era bastato quello della festa di bentornato. Cercando di concentrarsi su altro, la sua mente si fissò sull'immagine di un neonato dagli occhi zaffiro tra le sue braccia. Le piccole mani giocavano con un ciondolo argentato che pendeva sul suo volto paffuto.

Merag aprì di scatto gli occhi, nascondendo il volto dietro lo zaino. Non poteva piangere, non ora che stava con i suoi amici terrestri.

«Va tutto bene?» domandò una voce di fronte a lei.

«Si Three, ero solo distratta.»

Il giovane dai capelli rosa si sedette al suo fianco, porgendole un fazzoletto. Rio lo prese e si asciugò una lacrima che era riuscita a liberarsi.

«Non devi fingere che va tutto bene. Quello che stai passando nessuno può capirlo, ma noi siamo qui per aiutarti e supportarti. Reprimere le tue emozioni non le fa andare via.»

 

 

 

 

 

Capitolo 21 - Vector che si ridicolizza davanti a tutti e Merag che trova cose strane

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

 

«Non è così semplice… Qual è il tuo vero nome?»

Three rimase di sasso per quella domanda improvvisa. Nessuno sapeva che quello non fosse il suo vero nome, a parte la sua famiglia. Thomas, doveva essere stato per forza lui a rivelarglielo.

«Michael Arclight» rispose timidamente.

«Non è così semplice, Michael. Sento come se avessi perso me stessa, non so più chi sono e chi ero prima di tutto questo.»

Il giovane le poggiò una mano sulla spalla e, sorridendo, le disse che prima o poi avrebbe visto la luce che porta alla fine del tunnel.

Nel frattempo Yuma e Rei avevano terminato il duello, con la vittoria del primo. Lo scontro era durato ben dieci turni e, dal sorriso sui loro volti, si evinceva che il divertimento l'aveva fatto da padrone. Il campione corse verso Merag per trascinarla insieme al rosa dagli altri.

«Three lui è Rei, il mio nuovo amico.»

Rei porse la mano a Michael, che la strinse sorridendo. Rio, invece, ne aveva già abbastanza dell'ottimismo esagerato di Vector e iniziò a pensare una scusa per andarsene.

«Dove è Ryoga?» chiese poco dopo, notando la sua assenza.

«Ha ricevuto una chiamata durante il duello ed è andato via a piedi. Ti ha lasciato le chiavi della moto» rispose Tori facendole tintinnare.

«Certo che è proprio fissato» disse prendendo il portachiavi a forma di squalo, «non so guidare, come torno a casa? Il complesso è dall'altra parte della città.»

«Io ho la patente» rispose Rei senza pensarci.

Si morse il labbro, maledicendosi mentalmente per la stupidità delle sue parole. Aveva imparato a guidare in Francia nel suo breve soggiorno, usando la magia per velocizzare la pratica e ottenere il documento, su cui risultava maggiorenne. Ma ai suoi nuovi amici aveva detto di essere loro coetaneo, un errore del genere non doveva più ripeterlo.

«Rei quindi sei più grande di noi? La patente per la moto si può avere dai quattordici anni, qui ad Heartland» disse Casswell sorpreso.

Annuì rasserenandosi, per sua fortuna nessuno di loro conosceva le leggi della Francia. O almeno così credeva.

«Sei fortunata Rio, Rei abita nel grattacielo di fronte al tuo» aggiunse Yuma.

«Perfetto, allora mi puoi accompagnare. Ho un appuntamento con una persona, mi sta aiutando con i problemi di memoria.»

«Certo.»

I due ragazzi salutarono il gruppo di amici e sfrecciarono via con la moto. Durante il tragitto, Vector discuteva nella sua mente un modo con Ombra per incantare la ragazza, proprio come aveva fatto con Patrishka nelle Rovine Maledette. Sarebbe stato un ottimo piano, se dietro di lui ci fosse stata veramente un'umana. Entrambi erano completamente ignari della presenza di Merag e la sua influenza magica, che le stava provocando problemi fisici.

Una volta arrivati nel parcheggio, Vector approfittò del luogo isolato per passare all'azione. La guardò fissa negli occhi, aspettando che la magia facesse il resto. Ma con sua sorpresa e quella di Ombra, non successe assolutamente niente.

«Perché mi guardi in quel modo, c'è qualcosa che vuoi dirmi?»

«No… Ecco, veramente faccio un sogno ricorrente su di te» rispose colto alla sprovvista.

«Davvero? Ti ho appena conosciuto.»

«È una cosa strana, ci sei tu che mi chiedi di trovarti e poi vedo la torre di Heartland. Yuma pensa sia una premonizione.»

«Fidati, da quando sono sveglia ho sentito di peggio. Allora ci vediamo in giro.»

Rio prese il portachiavi dalle mani di Rei e si allontanò a passo svelto, senza guardarsi indietro. Quel ragazzo non era più il Vector che conosceva, o forse era lei ad essere cambiata in tutti quegli anni di lontananza dal pianeta rosso e gli imperatori. Svoltò un angolo e si ritrovò una mano sulla spalla, che la fece saltare come una cavalletta.

«Ti ho detto che non devi comparire all'improvviso!»

«Scusami, non ti vedevo arrivare e mi sono preoccupata» rispose Jessica mortificata.

Una volta nel salotto dell'astrale, Merag raccontò la mattinata appena trascorsa, stressante come le altre, camminando avanti e indietro con le mani nei capelli.

«Tesoro tu hai bisogno di scopare, il sesso risolve tutto1

«E dove lo trovo un uomo o donna che mi soddisfi? Però, ora che ci penso, un certo pensierino l'ho fatto su di te quando eri nel mio letto» rispose maliziosamente.

«Oh no, tua zia mi terrorizza e poi mi piacciono gli uomini. Anche se te mi fai uno strano effetto… Non guardarmi in quel modo così seducente.»

Jessica si coprì il volto che faticava a distinguersi tra i suoi capelli ramati, scuotendosi energicamente e mugugnando parole incomprensibili. Merag si avvicinò lentamente e attaccò improvvisamente dall'alto, saltandole addosso. In quel frangente il bracciale di astralite si sfilò dal suo braccio, cadendo su un cuscino. L'astrale si ritrovò stesa con la bariana seduta su di lei, che la guardava ridendo.

«Certo che sai proprio come farmi tornare su di morale. Tranquilla, non faccio niente senza il tuo consenso.»

«I tuoi capelli sono bianchi.»

Merag smise di ridere ed alzò gli occhi al cielo, notando una nuvoletta sulla sua testa fioccare.

«Adoro la neve!» esclamò eccitata.

Corse allegramente per la stanza, imbiancando il salotto. In seguito si tuffò in un cumulo di neve e rotolò sul pavimento. Ad occhi chiusi, iniziò a disegnare un angelo con il corpo, usanza che aveva imparato in una sua passata visita sulla Terra.

 

La neve fioccava dolcemente sui suoi capelli. Camminava verso la fermata dell'autobus, avvolta in un maglioncino di lana arancione e dei pantaloni larghi. Ai piedi un paio di stivali bassi che lasciavano delle graziose orme sull'asfalto bianco. Si sedette sulla panca della fermata dell'autobus al coperto per aspettare l'ultima corsa di quella sera. Il vento prese potenza in un paio di minuti e si scatenò una bufera.

«Posso?» domandò un ragazzo sbucato dal nulla indicando il posto.

«Prego.»

Lo sconosciuto si accomodò, sistemandosi il cappotto di pelliccia e il cappello con il pon pon, spazzando via la neve e lanciando occhiate furtive alla sua vicina. Non riusciva a capacitarsi della sua naturalezza e indifferenza alle condizioni atmosferiche avverse, e allo stesso tempo era rimasto colpito dal suo viso serafico.

«Scusi non ha freddo?» domandò prendendo coraggio.

«No, sono affine a questo clima.»

«Mai sentita una cosa del genere in vita mia.»

«C'è sempre la prima volta» concluse Rio sorridendo.

I loro sguardi si incrociarono per pochi secondi, lo sconosciuto notò una scintilla brillare nei suoi occhi rossi. Il suo sorriso gli scaldò il cuore più di quanto stesse facendo il cappotto e un lieve rossore gli colorò le guance. Senza rendersene conto, il fulmine invisibile dell'amore lo aveva preso in pieno.

«Sembra che il bus sia in ritardo» disse la ragazza controllando l'orologio.

«Probabilmente deve essere stato colto di sorpresa dalla tempesta.»

«Arrivederci allora.»

Rio si insinuò nella bufera come se niente fosse, e lo sconosciuto la seguì istintivamente. Voleva conoscerla, c'era qualcosa in lei che l'attraeva oltre all'alone di mistero che emanava. Sentiva dentro di sé che quella ragazza non l'aveva incontrata per caso ed era come se lei gli avesse già fatto battere il cuore in precedenza.

«Le dispiace?» domandò speranzoso.

«Mi farebbe piacere un po' di compagnia, ma non si metta in testa strane idee.»

«È una donna davvero interessante e io sono un uomo davvero fortunato.»

«Mi chiamo Rio e di certo non sono una donna, ho solo quattordici anni.»

«Se per questo neanche io sono un uomo. Mi chiamo Thomas e ho diciassette anni appena compiuti, siamo coetanei più o meno.»

«Questo mi solleva un po', la tua altezza è fuorviante.»

«Anche la tua bellezza, milady.»

Thomas prese la mano di Rio e la baciò. La ragazza arrossì ed accennò un sorriso. Per tutto il tragitto conversarono allegramente; il giovane aveva accompagnato la sua nuova amica fino al complesso residenziale VIP, dove si erano scattati una fotografia e scambiati i numeri di telefono prima di salutarsi.

 

Merag sbattè le palpebre, si trovava nuovamente stesa sul pavimento del salotto. Jessica la guardava preoccupata, stringendole il polso per sentire i suoi parametri vitali.

«Come ti senti? Ti sei paralizzata per qualche minuto.»

«Ho ricordato la sera in cui ho conosciuto Thomas. Il mio cuore batte come un terremoto.»

L'astrale si chinò e poggiò l'orecchio sul petto dell'amica, sorridendo.

«Te l'avevo detto, emozioni positive.»

«Hai ragione, non voglio passare i miei possibili ultimi mesi di vita a crogiolarmi.»

Rio prese un pugno di neve e lo schiaffò in faccia all'amica, iniziando una battaglia. Dopo aver stracciato la sua avversaria, mandò un messaggio alla zia dicendo che sarebbe rimasta tutto il giorno a casa di Jessica. Pranzarono insieme, in seguito l'astrale fece altri test sulla bariana e i suoi poteri. Anche quella notte Merag non fece incubi, decisa più che mai ad affrontare a testa alta cosa le avrebbe riservato il domani - e a farsi piacere la Terra e i suoi abitanti.

 

 

 

 

 

Capitolo 22 - Ventidue capitoli per capirlo, Merag sei molto sveglia

 

- Awakening arc / Arco del risveglio

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


- Achievements Arc / Arco della realizzazione

Capitolo 23

 

Era passato un mese  dal risveglio di Merag in ospedale. Heartland City si stava preparando per l'arrivo dell'estate, munendosi di costumi da bagno e accessori da spiaggia. Il lungomare vide i primi bagnanti rinfrescarsi e stendersi al sole per la tintarella. Tra questi c'era Mariko, che aveva trascinato con la forza i nipoti per trascorrere un tranquillo pomeriggio di relax. Shark si era subito tuffato in acqua per non stare a sentire le lamentele della zia, che imprecava il sole di scurirle la pelle per la parte da interpretare nel suo film. Rio, seduta su una sdraio sotto l'ombrellone, sentiva la mancanza della sua nuvoletta innevante, mentre Mariko si spalmava per la terza volta la crema abbronzante.

«Tesoro prendi un po' di sole, sei ancora colorito cadavere.»

«No, grazie. Sto benissimo all'ombra, sono un vampiro.»

«Chi ti ha detto una cosa del genere?»

«Ho sentito le donne delle pulizie che pettegolizzavano su di me, pensano che sia lesbica perché vedo Jessica tutti i giorni. È divertente ascoltarle.»

«Lasciale perdere, sono solo invidiose. Tre zitelle, zitelle pettegole. E poi non c'è niente di male ad amare chi vuoi tu, la zia Mariko ti vuole bene strana così come sei.»

«Grazie, lo prendo come un complimento.»

«Beh di certo non si può dire che sei normale, e grazie tante, le persone normali sono spesso monotone e noiose.»

Merag sorrise. Si stava abituando alla sua vita sulla Terra, e non poteva essere più che felice di trovarsi nella famiglia Kamishiro. Anche se metà del suo cuore era rimasto tra gli imperatori,  l'altra parte si era davvero affezionata agli umani che la circondavano. Nessuno ancora aveva notato la leggera differenza tra lei e Rio, e questo non la preoccupava più. Rovistando meglio nella sua camera, trovò molte cose interessanti che le permisero di conoscere meglio la ragazza umana. E più trovava roba, più si rendeva conto che niente le distingueva. Qualsiasi passione o interesse coincideva perfettamente, tutte le scelte prese da Rio erano le stesse che avrebbe fatto Merag. Due facce della stessa medaglia.

«Ciao Rio» salutò Vector comparso dal nulla.

«Ciao Rei, non mi presenti la tua fidanzata?» disse indicando  Patrishka.

Punzecchiarlo era ritornato il suo hobby preferito, su Barian lo faceva sempre e vedere come lui cercava di non uscire nel personaggio la divertiva più del dovuto.

«Amici, siamo solo amici, coinquilini.»

«Io sono Patrishka. Si, lo so, il mio nome è difficile. Vorrei tanto sapere cosa c'era nella testa di mio padre quando l'ha scelto.»

«Per il significato» disse Merag senza pensarci. Si morse il labbro e continuò per non destare sospetti, «è il nome con cui viene associata la dea Ptreska degli antichi popoli nomadi, divinità protettrice della famiglia e dell'amore senza componente sessuale1».

«Sei la solita secchiona» disse Ryoga raggiungendoli.

«Come mio padre» aggiunse Patrishka senza nascondere l'irritazione.

«Vi dispiace se ci mettiamo accanto a voi?» domandò Vector con una faccia da angioletto.

«Nessun problema» rispose zia Mariko sorridendo.

Shark non era per niente d'accordo, ma dovette rimanere al suo posto ed osservare i nuovi arrivati sistemarsi attorno all'ombrellone accanto al loro. Merag spostò l'attenzione verso la sabbia, che le ricordava il bellissimo vestito beige della sua ancella. Per quanto fosse una persona che non porta rancore, Merag non aveva ancora superato la volta in cui Patrishka riferì a Nash di averla vista baciare Jeiha, portando quest'ultimo ad esiliare la sua amica più cara. Fece un respiro profondo e, appena alzò lo sguardo, si trovò di fronte il faccione sorridente ed inquietante di Vector.

«Va tutto bene? Scusami non volevo spaventarti. Vuoi giocare a beach volley? Patty e Shark contro noi due, che ne dici?»

«Da quando mio fratello gioca a beach volley?»

«Beh, ecco. Abbiamo fatto una scommessa io e Patty, se vincono loro devo smetterla di chiamarla Patty. E non ho la più pallida idea di come ha convinto Shark.»

«Allora se vinciamo noi Ryoga deve smetterla di fare l'iperprottetivo nei miei confronti.»

I quattro ragazzi affittarono il campo e si misero in posizione. L'arbitro lanciò una moneta e dichiarò l'inizio della sfida. Patrishka fu la prima a battere e Rio ben presto si rese conto che non avrebbe dovuto giocare anche per Vector. Nonostante il personaggio che aveva deciso di interpretare fosse un imbranato cronico, voleva vincere la sfida e continuare a tormentare la figlia di Durbe.

Ben presto una folla di curiosi iniziò ad assistere la partita e fare il tifo. Era un match perfettamente equilibrato, ogni qualvolta una coppia faceva un punto, l'altra subito lo recuperava. Alla fine si erano trovati due set pari, quindi l'ultimo sarebbe stato il decisivo. L'aria si faceva sempre più pesante e la tensione tra gli sfidanti si notava a metri di distanza. Patrishka fece un respiro profondo e mandò la palla nel campo avversario, Rio la intercettò subito e la passò a Vector, che l'alzò in aria per permettere alla compagna di effettuare una schiacciata. Merag colpì con forza, ma il fratello riuscì a controbbattere lanciando la palla in aria per far colpire Patrishka. La ragazza saltò e con una finta colpì il pallone per mandarlo sulla sabbia a pochi centimetri dalla rete. Ma Rei capì subito le sue intenzioni ed intercettò la palla, passandola a Merag che l'alzò per farlo schiacciare. Vector colpì con un effetto, che ingannò i due avversari facendo cadere la palla sulla sabbia dopo aver curvato inaspettatamente dietro di loro. L'arbitro fischiò la fine della partita, annunciando Rio e Rei vincitori della partita.

«Ho vinto Patty» urlò l'imperatore facendo una pernacchia.

«Abbiamo vinto» lo corresse Merag, dandogli una pacca sulla spalla.

«Non ci credo, come hai fatto a far ruotare la palla in quel modo?» domandò incredula Patrishka.

«Un trucco che ho visto fare da tuo padre.»

Rio guardò stranita Vector, Durbe non era proprio il tipo da praticare sport. Era sempre stato un topo da biblioteca ed un inventore. Nel mondo bariano non si giocava a beach volley, lei stessa lo aveva imparato da poco, sapendo che Rio Kamishiro ci giocava spesso con i suoi amici.

«Da quando mio padre pratica sport?» domandò Patrishka, che evidentemente aveva fatto lo stesso ragionamento di Merag.

«Beh, le circostanze erano diverse. E non aveva lanciato una palla da beach volley.»

"Ah ora ricordo, Arito non lo lasciava in pace per la questione della stanza di allenamento che voleva sistemare con Girag. Gli ha lanciato contro una sfera luminosa e quella lo ha evitato colpendo un muro, aprendo un buco verso una terrazza naturale senza vie di accesso visibili. Nash non se l'aspettava, pensava di conoscere il palazzo reale meglio di chiunque altro. Poi ha fatto sistemare quel buco mettendo una porta."

«A cosa stai pensando?» domandò Ryoga avvicinandosi con sguardo freddo, maledicendosi per aver accettato le condizioni di vittoria della sorella.

«Pensavo a come sarebbe bello prendere la patente e guidare la tua moto su una ruota.»

«Non ci pensare.»

«Troppo tardi.»

Merag sorrise divertita e ritornò vittoriosa sotto l'ombrellone a rinfrescarsi, non sopportava proprio il caldo e non aveva intenzione di tuffarsi in mare, non sapeva perché la terrorizzasse così tanto dal suo risveglio. Svegliò Mariko che si era addormentata al sole e lei riniziò a lamentarsi. La bariana sbottò e disse alla zia di smetterla e di avere un po' di pazienza.

«Vedo che non hai perso il tuo carattere peperino.»

«Si si, sono sempre la stessa» rispose spostando la sdraio all'ombra dell'ombrellone.

«La stessa, ma più matura. Zia Mariko le nota queste cose tesoro, la tua amica americana ha una buona influenza su di te» disse facendole l'occhiolino.

Merag la guardò stranita, stava per ribattere prima di essere interrotta da Ryoga che spostò la sdraio al sole.

«Rio levati.»

«Siediti sulla sabbia» rispose riportando il lettino all'ombra.

«Non litigate di nuovo, non vi costa nulla condividerla.»

«No» urlarono insieme i gemelli.

Vector e Patrishka non si intromisero, accomodandosi sui loro teli al sole. Per risolvere il conflitto, Mariko cedette la sua sdraio, con la scusa di fare un bagno per rinfrescarsi e facendosi promettere che al suo ritorno non avrebbero più discusso. Merag spostò nuovamente la sdraio all'ombra e Ryoga si accomodò su quella lasciata libera dalla zia. Si squadrarono con sguardo di sfida per un paio di secondi e, temendo una rissa, Rei cacciò fuori dal suo zaino dei macarons e li offrì ai gemelli.

«Li ho comprati stamattina, vedi sono ancora chiusi» disse prima che Shark insinuasse di averli avvelenati o altro.

Sorridendo, li aprì con cura e ne mangiò uno per convincere il volto scettico del ragazzo. Solo allora Ryoga si convinse a prenderne uno. Anche Merag e Patrishka si servirono, gustandoli con piacere. Dopo un paio di minuti lo squalo si stese per fare un pisolino e la figlia di Durbe fece lo stesso.

«Ieri sera ha lavorato fino a tardi» disse Vector, coprendole il volto con un cappello di paglia.

«Ryoga è pigro, anche se non lo sembra. Gli piace dormire fino a mattina inoltrata.»

«Tu, invece, non lo fai un pisolino?»

«Dovrei?»

 

 

 

 

 

 

 

1Questo l'ho inventato, sarebbe la mitologia di Hünya. Sta sempre in mezzo questo pianeta, chissà perché :)

 

Capitolo 23 - Spiaggia time perché non avevo idea di come iniziare questo secondo arco

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

 

Merag guardò perplessa Vector, dal giorno in cui l'aveva reincontrato il suo atteggiamento non la convinceva per niente. Rei, dello stesso stato d'animo, fece finta di niente.

«Chiedevo solo perché non vorrei lasciarti sola.»

«Non ti preoccupare, io sto bene.»

L'imperatore fece un altro dei suoi sorrisi inquietanti e si stese sulla sua asciugamano, mettendo gli occhiali da sole. In quel modo avrebbe potuto fingere di dormire e capire come mai l'incantesimo soporifero non avesse fatto effetto. Lui era protetto da Ombra che, per un motivo sconosciuto, sembrava temere la ragazza. Il bariano non si mosse di un millimetro, Rio lo stava ancora osservando. Non sopportava proprio il modo di fare della terrestre, un essere così attento e pronto ad ogni evenienza non l'aveva mai incontrato su questo pianeta. Non lo stupiva, infatti, che il suo partner cercasse in tutti i modi di metterla fuori gioco o controllarla. Ma temerla come Durbe, quello no, non lo capiva affatto.

Passarono dei minuti e Vector, senza sapere come, subì l'effetto soporifero del suo stesso incantesimo, addormentandosi insieme ad Ombra.

«Finalmente si è addormentato» disse una voce dolce e soave.

Merag si guardò intorno, ma non vide nulla se non un gatto bianco con un collarino rosso al collo. Nessuno dei bagnanti sembrava poter sentire quella voce.

«E tu da dove sbuchi?»

L'animale le saltò addosso in cerca di coccole. Aveva dei bellissimi occhi azzurri e la bariana giurò di averli già visti da qualche parte, le capitava fin troppo spesso.

«Mi mancavano le tue carezze, principessa.»

«Jeiha?» sussurrò Merag.

«Proprio io. Era da tempo che volevo rivederti, ma Nissa mi aveva detto di aspettare. Ho molte cose da raccontarti, ora non posso. Ci vediamo stasera davanti al locale Shining's, a mezzanotte.»

Il gatto bianco saltò sulla sabbia e scomparve, senza lasciare nessuna orma sulla sabbia. Vector si svegliò di soprassalto, togliendosi gli occhiali da sole.

«Per quanto ho dormito? Che ora sono?» domandò come posseduto da un demone.

«Sono le sei.»

L'imperatore scosse Patrishka, che si svegliò mandandolo a quel paese. Le sussurrò qualcosa nell'orecchio e si prepararono per andarsene.

«Andate già via?» domandò Mariko, avvicinandosi all'ombrellone.

«Si, abbiamo un impegno» rispose Rei riprendendo il tono di voce di un angioletto.

La zia svegliò Ryoga, che reagì allo stesso modo di Patrishka.

«Arrivederci allora» li salutò allegramente.

Dopo che i due bariani si erano allontanati e Ryoga rituffato a mare, Merag prese posto accanto alla zia.

«Dove sei stata, e non dirmi che hai fatto una nuotata perché non è vero. Sei completamente asciutta.»

«Perspicace mia cara. Mentre passeggiavo sulla sabbia ho incontrato il coprotagonista del film e abbiamo provato le parti del copione. Solo quello, che peccato.»

«Zia…»

«Non ho mai avuto un marito, ma questo non significa che non devo soddisfare i miei bisogni. Magari gli uomini fossero tutti gentiluomini come tuo padre e quel bel manzo del tuo amico. Mi raccomando, non fartelo scappare.»

«Siamo solo amici.»

«È un buon inizio.»

Dopo un'altra ora il sole iniziò a calare, così la famiglia Kamishiro ritornò al complesso. Merag fu l'ultima a fare la doccia e quella che ci impiegò più tempo. Non aveva ancora assimilato la sistemazione dei prodotti da bagno e la sua mente vagava già all'imminente incontro con Jeiha. Non sapeva come comportarsi, erano secoli che non la vedeva. L'aveva cercata invano per molto tempo, perché Spada Rosa non le aveva detto che era con lei? Questa domanda la perseguitava, ora più che mai dubitava di conoscere realmente la sua mentore.

Dopo cena, chiamò Jessica e la avvertì dell'appuntamento. Per la prima volta, Merag sperava veramente di poter reincontrare gli imperatori e avere delle spiegazioni sul suo caso. L'astrale era un po' scettica, ma si fece convincere per accompagnarla.

In un lampo fu pronta per l'appuntamento. Aspettò che sua zia e Ryoga dormissero per uscire dal complesso con Jessica. Arrivarono davanti ad un vecchio locale in ristrutturazione sul lungomare, con l'insegna appoggiata al pavimento.

«Dev'essere questo, non c'è nessuno.»

Da un buco nella porta sbucò il gatto bianco, che le condusse alla porta sul  retro, lontano da occhi indiscreti. Entrarono nel locale e si sedettero sugli sgabelli del bar, gli unici intatti.

Jeiha prese le sue sembianze umane e venne travolta dalle braccia di Merag.

«Mi sei mancata.»

«Anche tu. Non mi presenti la tua amica?.»

«Mi chiamo Jessica, vengo dal mondo astrale. Sto aiutando Merag a capire quello che le è successo.»

«Bene, allora da dove inizio…»

 

Dopo essere stata esiliata da Barian, Jeiha si ritrovò in una terra a lei sconosciuta. Si era svegliata stesa su un prato di fiori bianchi, che mai aveva visto. Al suo fianco sedeva una donna all'apparenza giovane, dai capelli ricci e gli occhi argentati, con indosso un lungo vestito verde rifinito con fili dorati. Sul petto una spilla con una spada conficcata in una rosa.

«Ben svegliata Jeiha» le disse carezzandole i capelli bianchi.

«Chi sei e come fai a sapere il mio nome? Dove mi trovo?»

«Mi chiamo Nissa, Merag ti parlato di me. Io so tutto. Sei su Hünya, il mio pianeta. Nash ti stava per spedire nell'Oblio, ho deviato il suo incantesimo per portarti qui.»

«Grazie.»

«Nessuno deve sapere dove sei, finché non scopri cosa è successo a Nash.»

«Ma sei sai tutto…»

«Non bisogna accelerare il futuro, ogni cosa ha il suo tempo. Diventa mia allieva e presto capirai…»

 

«Così ho passato i secoli successivi studiando su Hünya. Alla fine ho scoperto che qualcuno ha liberato la coscienza di Don Thousand e sta cercando di farlo uscire dalla sua prigione.»

«È terribile, chi mai farebbe una cosa del genere?» domandò Jessica, rimembrando tutto il male che aveva causato.

«Non lo so ancora. Dopo la distruzione di Hünya, io e Spada Rosa ci siamo nascoste e abbiamo continuato le nostre ricerche. Non posso dirvi altro al momento.»

«Non puoi contattare Durbe?» chiese Merag speranzosa.

«No, mi dispiace. Se i bariani sapessero che sono ancora viva, proverebbero ad esiliarmi una seconda volta. Lo sai, Nash non è mai stato discusso. Ha liberato il pianeta e migliorato le sue condizioni, gli abitanti lo venerano come un eroe.»

Le due bariane recuperarono il tempo passato, raccontandosi le proprie avventure dalla loro separazione. Jessica le guardava contenta, Merag aveva bisogno di più normalità che poteva. La sua vita era stata un disastro dopo l'altro.

A malincuore dovette separarle. Uscirono dal locale lasciandosi la gatta bianca alle spalle. Le vie principali erano affollate dagli abitanti notturni, che andavano per bar e locali a divertirsi. Merag non gradiva l'euforia data dall'alcol, soprattutto le persone che si comportavano in modo selvaggio giustificandosi con il loro istinto animale.

«Andiamo via di qui il prima possibile» chiese a Jessica, prendendole la mano per non perderla tra la folla.

Jessica strinse la mano Merag e le sussurrò parole di conforto, non poteva permettere che le sue emozioni scatenassero una bufera di neve. Nonostante avesse il bracciale al polso, l'aria si era raffreddata e una leggera brezza innaturale soffiava sui loro volti.

«Ma guarda chi abbiamo qui» disse un signore di mezza età, bloccando la strada alle due ragazze.

Presto venne raggiunto da un gruppetto di uomini e donne, con sguardi soddisfatti.

«La principessa astrale, con una stupida umana» aggiunse un giovane al loro fianco.

«Cosa volete?» domandò Jessica con calma disarmante.

«Giocare un po' con te, prima di vendicarci di tuo padre che ci ha tolto i poteri ed esiliato su questo pianeta noioso.»

«Nei vostri sogni» così detto, un black-out si verificò in tutta Heartland.

Jessica approfittò del buio, che lei aveva causato, per mettere al tappeto il gruppo ed allontanarsi con Merag. Corsero senza voltarsi indietro, facendo un giro assurdo per tornare al complesso alle tre del mattino. Solo quando si insinuarono nell'appartamento dell'astrale, tirarono un sospiro di sollievo ed abbassarono la guardia. Dopo pochi secondi, tornò la corrente in tutta la città.

«Ce la siamo vista brutta. Per Zamek, quei teppisti astrali mi hanno riconosciuta» disse buttandosi sul divano.

«Ti hanno chiamato principessa» rispose Merag sedendosi al suo fianco.

«Già, come se poi lo fossi veramente. Dopo l'ultimo scontro con Barian, il nostro imperatore Zamek si è ritirato temporaneamente dal comando, per essere guarito dalla custode Imotek, mia sorella maggiore. Da allora non li ho più rivisti e mio padre Eliphas governa il pianeta, dato che era il suo primo consigliere. L'imperatore non ha ancora un erede.»

«Siamo simili dopotutto, ci hanno affidato dei ruoli che non ci appartengono. Per fortuna mi hanno scambiato per un'umana comune.»

«È meglio che torni a casa, prima che Mariko si accorga della tua assenza e mi sfonda la porta dell'appartamento.»

Le due ragazze si salutarono e Merag tornò di soppiatto nella sua camera. Entrò in punta di piedi nella stanza, indossò il pigiama e si stese sulle lenzuola.

«Teppisti astrali… Ogni popolo ha i suoi problemi dopotutto.»

Nonostante quello spiacevole imprevisto, Merag si addormentò serena. Aver ritrovato Jeiha era tutto quello che contava.

 

 

 

 

 

Capitolo 24 - Nissa che sa tutto, ma non dice niente perché ci vuole male

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

 

Dopo il pomeriggio in spiaggia, Vector spariva dalla circolazione come al solito, lasciando Patrishka sola nell'appartamento. La bariana non ci faceva più caso ormai, troppo presa dalla stanchezza delle giornate lavorative e quelle libere che potevano considerarsi peggiori, l'imperatore le dava un sacco di faccende da svolgere.

Per puro caso, qualche giorno prima vide uscire Shark da una porta al ventesimo piano, intestato a una donna chiamata Mariko Matsuda. I gemelli Kamishiro persero i genitori da bambini, quindi la signora doveva essere di sicuro una loro parente. Per sua sfortuna, non era riuscita ancora a penetrare nell'appartamento, sia perché c'era sempre qualcuno all'interno sia perché le tre pettegole con cui lavorava non la perdevano mai di vista. Le ripetevano sempre "a noi è concesso di entrare negli appartamenti solamente se richiesto un nostro servizio alla reception, ovviamente a pagamento. Solo chi abita negli appartamenti o la reception può farci entrare".

L'unica soluzione era progettare un modo per far allontanare tutti per lavorare indisturbata, fortunatamente per un motivo a lei sconosciuto non c'erano telecamere di sicurezza in tutto il complesso. Per questo tutte le sere, nonostante la stanchezza, lavorava a una bomba innocua che avrebbe simulato un incendio e i suoi effetti: calore, fumo e sensazione di difficoltà respiratorie. Le istruzioni le aveva trovate in un vecchio libro del padre, intitolato "Diversivi e meccanismi di difesa Volume I". Si era fatta rimediare l'occorrente da Vector, ma la costruzione si rivelò più difficile del previsto. Non era per niente portata con l'ingegneria e di magia conosceva solo le basi apprese alla scuola bariana. Certe volte invidiava Durbe, che aveva ricevuto una borsa di studio per imparare le arti magiche nella famosa Accademia del pianeta Hünya, la migliore dell'universo a detta di molti. La sua preparazione batteva di gran lunga quella delle menti più brillanti di Barian, che avevano studiato come lei sul pianeta rosso. Come giustificazione, si ripeteva sempre che aveva seguito solo il corso obbligatorio di sette anni introdotto da Nash nella riforma sul sistema scolastico.

«Cosa darei ora per avere quel cervellone dalla mia parte. Papà, sei il solito. Una volta che i tuoi regali servono a qualcosa, sono io il problema» sbuffò lanciando il libro contro il muro.

Spinse la sedia all'indietro, facendo una mezza giravolta. Era quasi mezzanotte e si mosse nel buio alla ricerca del volume. L'unica fonte di luce era la lampada appoggiata sulla scrivania da cui stava lavorando, ultimamente si trovava più a suo agio nell'oscurità. Ripose il tomo sul piano e lo riaprì alla pagina che stava consultando, notando delle scritte comparse dal nulla. Si potevano vedere solo in controluce. Erano delle note che consigliavano come costruire la bomba più efficacemente, eliminando i rischi di fabbricazione.

«Ti odio quando fai così, non potevi scriverlo in bella vista così non mi esplodeva il congegno in mano per ben cinque volte! Maledetto te e la tua passione per gli enigmi!»

Patrishka mandò un messaggio a Vector, per chiedergli le due sostanze specificate nella nota. Non sopportava chiedere aiuto, lo vedeva come un atto di debolezza. Voleva e pretendeva di cavarsela sempre da sola, non faceva mai squadra con nessuno. Ma questa volta era diverso, si sentiva in dovere di aiutare l'imperatore nel suo piano.

Lasciò tutto sulla scrivania e si buttò sul letto, esausta e innervosita. Più passava il tempo, più non riusciva a comprendere e sopportare di essere messa da parte. Quando era bambina, Durbe trovava sempre del tempo da dedicarle, mai aveva permesso al suo ruolo da imperatore di dividerli. Gliel'aveva promesso, il Grigio manteneva sempre le promesse. Almeno credeva fino ad allora, il giorno in cui scomparve Nash. Da quel momento in poi il pianeta faceva affidamento soprattutto al suo intelletto per le questioni burocratiche e amministrative, nonostante non godesse di particolare popolarità tra i piani alti. Gli aristocratici non sopportavano la sua umiltà e modestia, la gentilezza e il voler essere considerato come pari a chiunque. Mentre tra i comuni cittadini era il preferito, per qualsiasi cosa bastava chiedergli udienza, avrebbe ascoltato pazientemente e trovato una soluzione a tutto. Perché lui era la voce del popolo, più di quanto Nash lo sia mai stato.

Si rimise a lavoro, scacciando quei pensieri dalla mente. La distraevano solo dal suo obiettivo, ottenere le carte numero.

Passò la notte in bianco, ma ne valse la pena. La bomba venne ultimata e fu pronta ad essere usata, doveva capire solo come agire. La lasciò sulla scrivania e si preparò per andare a lavoro. Quel giorno iniziò ad ideare un piano per introdursi nell'appartamento, calcolando il tempo che impiegava a fare le pulizie. Al ventesimo piano arrivò circa a mezzogiorno, orario scomodo perché tutti erano nelle proprie abitazioni per preparare il pranzo. Riprovò nel pomeriggio, visto che avrebbe rifatto lo stesso percorso. Le sei in punto, un orario perfetto. La ragazza identica a Merag passava tutti i pomeriggi nell'appartamento al piano inferiore, Shark usciva spesso e la padrona di casa non era un problema ora che aveva iniziato le riprese di un film, di cui le sue colleghe provavano ad indovinare la trama.

Calcolò la distanza in piedi dalle scale all'appartamento e ipotizzò la grandezza dell'abitazione a seconda della distanza con le porte adiacenti.

I suoi strani comportamenti non passarono inosservati tra le sue colleghe di lavoro, ma non gli diede peso. Si era beccata il titolo di "stramba cotta di Shark" e appena si allontanava le pettegole iniziavano a discutere del suo interesse per il ragazzo. All'inizio le dava sui nervi, ma col passare dei giorni si rese conto che non era nulla di importante e che erano solo dei pensieri insignificanti.

Continuò con i suoi calcoli, mentre nella sua mente prendeva forma un piano bizzarro che avrebbe potuto funzionare. Doveva solo trovare il momento giusto.

 

Nel frattempo nel mondo bariano, gli imperatori continuavano la loro vita ignorando Vector e il suo operato. L'unico a preoccuparsi era Durbe, preso costantemente dalla ricerca di Merag e il suo ruolo improvvisato di leader degli imperatori.

Arito e Girag stavano combattendo come al solito nella terrazza, quando un rumore sordo lì interruppe. Corsero all'interno e trovarono il Grigio accasciato sul pavimento di cristallo. Lo soccorsero senza esitare e l'imperatore riprese conoscenza.

«Come ti senti?» domandò Girag reggendogli le spalle con le sue mani enormi.

«Sto bene» rispose incerto.

«No no, c'è qualcosa che non va. È da un po' che stai male, Grigio» disse Arito preoccupato.

«Non è niente, davvero. Lavoro troppo, tutto qui.»

Si rimise in piedi a fatica, cercando di riprendere la sua strada, ma i due imperatori lo bloccarono.

«Non vai da nessuna  parte in queste condizioni» disse Girag prendendolo in braccio a mo' di sposa.

«Lascia che ti aiutiamo, tu lo hai sempre fatto con noi. Ti portiamo nella tua camera» aggiunse Arito.

«Va bene, però non ditelo a nessuno.»

I due bariani scortarono il collega nelle sue stanze, era notte inoltrata, il castello dormiva profondamente. Una volta arrivati, Durbe prese la sua forma umana. Gli altri due lo guardarono perplessi e, sentendosi a disagio, presero anche loro sembianze umane.

«Guarda che bell'uomo che sono!» esclamò Arito specchiandosi in un cristallo.

«Puoi dirlo forte, il verde mi dona!»

Quella non era la prima volta che i due cambiavano forma, ma era passato così tanto tempo che avevano dimenticato il loro aspetto. Per un attimo tutto ciò che li circondava perse importanza. Un colpo di tosse del Grigio li riportò in sé, facendoli correre subito al suo fianco.

«Che ti sta succedendo? Grigio siamo dalla tua parte, sempre. Puoi fidarti di noi.»

«Lo so, ma non voglio creare problemi. Nessuno deve saperlo, dimenticate che sia successo» sussurrò stendendosi.

«D'accordo, ma per qualsiasi cosa chiamaci, va bene?»

«Sarete i primi.»

Arito e Girag stavano decidendo se lasciare solo il bariano, ma neanche il tempo di riflettere che vennero travolti da Mizael. Sorpresi della sua apparizione improvvisa, andarono via per non disturbare.

«Li hai quasi lanciati in aria.»

«Non è il momento di scherzare. Lo so quando stai male.»

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 25 - Patrishka contagiata da Vector e Durbe malaticcio

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26

 

Patrishka era riuscita finalmente a penetrare nell'appartamento dei Kamishiro e lo aveva perquisito insieme a Vector. L'imperatore aveva insistito per occuparsi personalmente della camera di Rio, e lei non aveva fatto obiezioni. In mezz'ora avevano controllato tutte le stanze, senza trovare niente di utile. Era una semplice abitazione terrestre. Per non destare sospetti, Vector aveva usato il teletrasporto per portare Patrishka fuori dall'edificio, che raggiunse subito le sue colleghe. La informarono che i sistemi di allarme avevano avuto un malfunzionamento e avevano rilevato un incendio inesistente. La bariana celebrò mentalmente la sua piccola vittoria, fiera di sé anche se il piano non aveva portato a nulla di utile.

La sera stessa, Ombra ordinò al suo 'accompagnatore' di proseguire con il prossimo passo, e di non perdere di vista il suo obiettivo finale. Così il bariano sviluppò la sua finta amicizia con Yuma e i suoi amici, riuscendo ad entrare nelle loro grazie ed essere messo al corrente della situazione Astral e carte numero.

In quel momento si trovava in una specie di salotto in cima alla Torre di Heartland con i succitati. Aspettavano curiosi il motivo per cui Kaito li aveva fatti radunare, facendo delle ipotesi. Vector era un po' scettico, non pensava di ricevere delle informazioni interessanti; per sua esperienza i piani strategici si sviluppavano in privato tra pochi intimi.

La porta si aprì improvvisamente ed entrarono i Tenjo, gli Arclight e i gemelli Kamishiro, accompagnati da una donna sconosciuta con una valigia rosa.

«Scusate l'attesa» annunciò Byron, che si aspettava l'esplosione di domande sul suo aspetto.

«Ragazzi calma, non è questo il motivo per cui siete qui. Ma la risposta è semplice, la magia esiste e mi ha ridato il mio corpo. Tutto qui» continuò sorridendo.

«Vi abbiamo convocato per parlarvi di un piano che abbiamo sviluppato per recuperare le carte numero restanti. Ascoltate Rio, è una sua idea» disse Faker.

«Inizio subito con il presentarvi la mia amica Jessica, è un'esperta di antichità e sovrannaturale e lavora per il governo americano. Si è trasferita qui da poco e mi sta aiutando con i problemi di memoria.»

I ragazzi salutarono entusiasti la nuova arrivata, soprattutto Yuma, che appena venne a sapere che conosceva i suoi genitori, subito gli si illuminarono gli occhi.

«Jessica quanti anni hai?» domandò Casswell confuso.

«Ventisette. Si, sembro più giovane, no, potete darmi del tu. Questo 'bagel' lo fa tranquillamente» rispose indicando Rio.

Non era la prima volta che l'astrale chiamava Merag con il nome del pane che si mangiava negli USA, aveva preso questa abitudine mentre sviluppavano il piano per introdurla ai suoi amici e farla avvicinare ad Astral.

Parlando dello spirito, era rimasto molto colpito dalla donna americana, sentiva nell'animo di conoscerla e di potersi fidare senza saperne il motivo. Invece, Vector non nascose la sua sorpresa nel vederla. Credeva che Patrishka esagerasse nel dirle che l'amica di Rio fosse la sua fotocopia, ma si ricredette appena la vide entrare.

«Rei perché sei tutto rosso?» domandò Yuma all'orecchio del bariano.

«Sono rosso?» rispose sorpreso, osservando la sua immagine riflessa nello schermo del suo telefono.

«Ti piace Jessica, non è vero?» aggiunse Tori sottovoce.

«Cosa… Si, è molto bella.» disse cogliendo la palla al balzo.

Adorava giocare con le menti di chi lo circondava, soprattutto fregarli con le loro stesse parole. Fingere una cotta per la donna misteriosa gli avrebbe dato una giustificazione in più per girarle intorno.

Merag richiamò di nuovo l'attenzione dei presenti e iniziò ad illustrare il piano che aveva ideato, mentre Jessica sistemava su un tavolo il suo computer e un grosso aggeggio silime ad un'antenna.

«Questo macchinario è in grado di rilevare le frequenze, isolarle e compararle. Abbiamo fatto dei test con la carta numero di Ryoga ed è qui che entri in gioco tu, Yuma. I numeri emanano una frequenza unica, impercettibile se non si usano gli strumenti giusti. Questo radar, impostato per rilevare la frequenza del numero di Ryoga, ha indicato l'area geografica di Heartland in tutti i test. Ma singolarmente la carta non ha abbastanza potenza per essere più preciso, così abbiamo aggiunto i numeri di Thomas e i suoi fratelli. Il radar ha rilevato i luoghi in cui in passato c'è stato un ampio numero di carte, per esempio le zone dove si sono svolti i duelli del Carnevale. Quindi se aggiungessimo tutti i numeri in tuo possesso, il radar dovrebbe fornirci delle indicazioni molto precise per localizzare i numeri restanti.»

Dopo un paio di secondi di shock, il salotto si riempì di entusiasmo. Yuma consegnò subito le carte numero a Jessica, che le appoggiò sullo schermo luminoso del radar e fece partire il programma di ricerca.

«Ora non ci resta che aspettare, più la ricerca è precisa più tempo impiega.»

Vector si chiuse nel bagno, grondante di rabbia. Chiamò Patrishka e le ordinò di effettuare subito il primo attacco, quello era il momento giusto che stavano aspettando. L'imperatore non poteva permettere che una sconosciuta comparsa dal nulla rovinasse i suoi piani, doveva distruggere quell'apparecchio. Se lo avesse rubato, tutti avrebbero sospettato di lui, quindi metterlo fuori gioco era la soluzione ideale. Il problema era come.

«Peccato, uno strumento del genere ci avrebbe fatto comodo. Ombra, non puoi incantare quella donna?»

"No. Sembra che alcuni esseri terrestri hanno una forza mentale potente, l'incanto non fa effetto."

Vector si ricompose in un attimo, riprendendo la sua faccia da ebete iper-allegra e si riunì con gli altri nell'attesa. Ci vollero alcune ore prima che il radar desse segni di vita. I ragazzi avevano pranzato insieme, un pic-nic sul pavimento.

Con la pancia piena, Jessica annunciò che la ricerca aveva avuto ottimi esiti.

«Il programma ha rilevato sei luoghi in cui sono presenti le stesse frequenze delle carte…»

Non riuscì a terminare la frase che una palla rossa luminosa sfondò la finestra e si fermò a mezz'aria. La massa prese la forma di una piccola figura non definita e una fragorosa risata malvagia riempì la stanza.

«Salve terrestri. Vi ricordate di me? Mi chiamo Vector e sono un bariano. Si, proprio quello che ha giocato con voi tempo fa. Oggi mi sento generoso, quindi vi faccio un offerta. C'è un gruppo di meteoriti che sta precipitando sul vostro stupido pianeta, se non volete un impatto disastroso venite a consegnarmi le carte numero a queste coordinate. Avete due ore di tempo prima dell'impatto» disse una voce inumana, proveniente da quella massa sconosciuta.

«Ed ora cosa facciamo?» piangucolò Rei, che si era nascosto dietro al divano.

«Non possiamo accettare le sue condizioni» disse Bronk prendendo coraggio.

«Ma non possiamo neanche permetterci lo schianto. I meteoriti sono reali, il web in tutto il mondo sta impazzendo. Gli scienziati stanno allertando tutti i telegiornali» rispose Four osservando il suo telefono.

«È un pessimo segno» aggiunse Byron preoccupato.

Merag e Jessica si lanciarono uno sguardo di intesa. Quello non era il vero Vector, perché era proprio nella stanza a prendersi gioco di loro.

«Andiamo dove ci ha detto» disse Rio, sicura di se, «il tempo stringe, non dobbiamo perderci in chiacchiere inutili. Escogitiamo un piano di azione».

Tutti guardarono la ragazza, chi stupito e chi motivato. Insieme organizzarono una tattica da effettuare una volta sul luogo. Dopo un'ora di orologio, varie auto si allontanarono dalla torre di Heartland e dalla città, dirette verso uno spiazzale isolato e desertico. Sembrava il set cinematografico di un film western, senza le strutture di legno e i cowboy.

Il gruppo aspettò per tutto il tempo restante, ma nessuno si fece vivo. D'altro canto le televisioni mondiali annuciarono che i meteoriti avevano deviato improvvisamente rotta, risparmiando la Terra, ed annunciando il misterioso allarmismo degli scienziati come isteria di massa. Non c'erano prove che i meteoriti si trovavano proprio in rotta di collisione con il pianeta.

I ragazzi tornarono dubbiosi alla Torre, per ragionare sul da farsi. Jessica aveva segnato a mano in dei fascicoli i risultati di ricerca e li aveva consegnati a Faker, prima di cancellarli dal dispositivo. Il Club dei Numeri discuteva curioso di quello che era appena successo.

«Non capisco, perché non si è presentato?» domandò Rei.

«Era un test» disse Rio.

«Un test?»

«Si Rei, un test per vedere la nostra reazione. Ci ha dato appuntamento in un luogo troppo aperto per un imboscata, sapeva che non gli avremmo consegnato i numeri e che non può prenderli con la forza. Vuole vedere le nostre reazioni, cosa siamo disposti a fare per il nostro pianeta. Abbiamo accettato la sua condizione, anche se poteva essere rischiosa, è un informazione in più che ora ha. Sfrutta il suo vantaggio alieno. Di sicuro era lì con noi, solo che non l'abbiamo visto, come succede nei film» concluse soddisfatta.

«Sei molto intelligente, ragazza» disse Byron sorridendole.

«Non avete ancora visto niente, proprio niente» rispose Jessica con il tono di chi la sa lunga.

 

 

 

 

 

Capitolo 26 - Vector esce allo scoperto, più o meno

 

Note autore:

Non sono molto soddisfatta della scrittura di questo capitolo, ma non saprei come renderlo meglio. Spero che fino ad ora sia tutto chiaro, e se qualcosa non è chiara spero che siano le parti volute.

Ringrazio quella ventina di persone che sta leggendo con constanza su efp e quelle due persone che la stanno leggendo su wattpad, che differenza XD.

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27

 

Vector si rinchiuse nuovamente nel bagno. Ora iniziava a capire i timori di Ombra, quella ragazza umana era una minaccia da eliminare.

«Una volta, una volta che provo una strategia degna di quel cervellone, Rio scopre subito il mio piano. Ombra non c'è un modo di farla fuori senza destare sospetti… Che ne so, mandala in coma o qualcosa del genere.»

"La mia magia non funziona. C'è qualcosa che la protegge, forse un amuleto. Scoprilo!"

Appena uscì dal bagno, si ritrovò il faccione preoccupato di Yuma ad un centimetro dal naso. Il ragazzo era in pensiero per l'amico, non abituato a situazioni difficili ed insolite come quella che stavano vivendo. E dopo essersi accertato delle sue condizioni, chiese a Jessica di parlargli dei luoghi misteriosi trovati dal radar prima dell'attacco.

«Yuma è meglio di no. Questo alieno è sulle nostre tracce, non possiamo portarlo dritto dalle carte numero. Dobbiamo aspettare, condurremo delle ricerche private su quei luoghi. È più sicuro se al momento noi adulti ce ne occupiamo.»

«Jessica ha ragione, non siete al sicuro» rispose Faker.

«Ma…»

«Lasciate fare a noi. Siete così giovani e inesperti, avete tutta l'estate libera per divertirvi. Noi ci occupiamo di questo contrattempo» concluse Byron.

Delusi, i ragazzi vennero cacciati gentilmente dalla stanza; al suo interno vi rimasero Tron, Faker, Chris, Kaito e Jessica che si spostarono in un laboratorio per iniziare le ricerche sulle misteriose coordinate.

Nel frattempo, i più giovani si trovavano nella piazza fuori la torre di Heartland e discutevano di quello che era appena successo.

«Non è giusto, divento adulto tra soli tre mesi e mi hanno cacciato via lo stesso» si lamentava Thomas, seduto su una panchina con le braccia e le gambe incrociate.

Il giovane indossava un berretto e degli occhiali da sole per camuffarsi; nonostante avesse fatto numerose richieste ai suoi fan di lasciarlo in pace, alcuni di loro continuavano ad importunarlo. Quel semplice travestimento, per quanto banale potesse essere, funzionava alla perfezione insieme ad un abbigliamento più casual.

«Siediti composto» lo ammonì Rio al suo fianco.

Four sbuffò abbassando le gambe, ma senza muovere le braccia o modificare la sua espressione arrabbiata. Continuò ad invenire contro il padre e il fratello maggiore, quando ricevette una chiamata.

«Pronto, che succede? Si, si arrivo. Ristrutturare un bar è più difficile del previsto.»

«Quale bar?» domandò Ryoga curioso.

«Shining's. Era di mia madre, ho intenzione di riaprirlo» rispose allegramente.

«Lo conosco, è il locale dove si sono conosciuti i miei genitori» esclamò Yuma eccitato.

«Anche i nostri si sono conosciuti lì» rispose Michael sorpreso.

Merag, invece, non condivideva il loro entusiasmo; Jeiha le aveva dato appuntamento quella stessa notte nel locale. La sua ancella lo utilizzava come campo base, non poteva permettere che qualcuno la scoprisse.

«Visto che gli adulti non ci vogliono in giro, perché non ce la spassiamo un po'? Devo scegliere il nuovo arredamento e mi servono dei pareri» propose Thomas cogliendo l'occasione.

Ryoga e Rei rifiutarono per vari impegni personali, così al locale si diressero gli altri. Rio finse per tutto il tragitto di non sapere niente del posto, ormai le risultava la cosa più facile dell'universo visto che lo faceva tutti i giorni. Una volta arrivati, vennero accolti dal capo dei lavori che iniziò a mostrare i vari cambiamenti che stavano effettuando alla struttura. In seguito li condusse in un magazzino a qualche chilometro di distanza, dove potettero vedere e toccare liberamente i mobili.

I ragazzi persero ore intere a giocare allegramente in quelle enormi sale. Thomas approfittò del momento per avvicinarsi all'amica, ultimamente non avevano avuto molte occasioni per parlare e il ragazzo voleva chiarire una volta per tutte i suoi sentimenti.

«Rio tutto bene?» le domandò vedendola distratta.

«Smettetela di chiedermelo. Sono stufa di tutte queste attenzioni, non ho bisogno di balie!» sbottò la bariana.

«Scusami, non volevo. Ma è quel periodo del mese?»

«Non ho il ciclo, ho le ovaie danneggiate a causa tua» rispose arrabbiandosi maggiormente.

Merag aveva scoperto questa cosa da poco e la faceva imbestialire. Zia Mariko l'aveva portata a fare un controllo qualche giorno prima, preoccupata per la nipote. Inizialmente sospettava un ritardo, ma mai qualcosa del genere. Anche il ginecologo si sorprese, la ragazza era stata in ospedale per cinque mesi e nessuno aveva notato i danni alle sue ovaie. Rio Kamishiro rischiava di diventare sterile a causa del grave incidente che l'aveva mandata in coma. Per non parlare di tutte le ripercussioni sul suo fisico, già indebolito dai suoi poteri soprannaturali.

Thomas sentendo quelle parole, si sedette su un divano in pelle nera e affondò il viso nelle sue mani. Non riusciva a crederci, non voleva crederci. Per troppo tempo non aveva fatto altro che causare danni. Four era un mostro e lui gli aveva permesso di prendere il controllo.

«Scusami, non è colpa tua» disse Merag abbracciandolo.

«Si invece, ho creato un mostro che tutti non fanno altro che venerare. Sono costretto ad andare in giro mascherato per avere un po' di pace, ho perso me stesso e solo ora me ne rendo conto» rispose asciugandosi il volto dalle lacrime.

«So cosa si prova. Nonostante sei circondato da persone che ti vogliano bene, ti senti continuamente solo e incompreso. Non importa quello che fai, tutti vedono solo quello che vogliono vedere.»

«È per questo che mi piaci, con te posso essere me stesso. Mi capisci solo con uno sguardo, fai uscire il mio lato migliore.»

«Ehm grazie? Comunque alla fine che importanza ha il ciclo, tanto tra cinque mesi non ci sarò più.»

Thomas ricambiò l'abbraccio, poggiando la testa nell'incavo del collo di Rio. Non voleva pensarci, perderla di nuovo sarebbe stato troppo per lui. Deviò la conversazione sulle forniture per il suo bar, chiedendo all'amica che ne pensasse del divano su cui erano seduti.

«È molto comodo, però nero non mi piace. Ci vorrebbe qualcosa di più colorato.»

Four non rispose, completamente distratto dal movimento delle piccole dita sul suo fianco. Lo trovava così rilassante e piacevole, desiderava fosse infinito. Stare tra le sue braccia era la sensazione più bella che avesse mai provato.

«Mi stai ascoltando, vero?» domandò tranquilla.

«Si si, sono così rilassato che potrei addormentarmi. Fai questo effetto a tutti o sono fortunato?»

«Sei molto fortunato, solo una persona ha ricevuto questo trattamento… Che coincidenza, avete lo stesso nome.»

Thomas si alzò di scatto, allontanandosi un po' dal corpo della ragazza. Suo fratello era appena sbucato da dietro una credenza e si avvicinava allegramente.

«Ho interrotto qualcosa?» domandò osservando lo sguardo imbarazzato del fratello.

«Niente, stavamo solo parlando.»

«I ragazzi hanno trovato un set di sgabelli vintage identici a quelli che hai già, il venditore te li fa a buon prezzo se li prendi oggi.»

«Ottimo, allora vado a controllare. Spero che abbia anche questo divano in altri colori, ci vorrebbe qualcosa di più colorato.»

Detto ciò, si fece accompagnare dal fratello per concludere l'affare e far spedire i mobili al locale.

Merag rimase seduta lì a contemplare il vuoto. Le batteva forte il cuore, sentiva ancora il dolce respiro del giovane sul suo collo. Neanche lo aveva notato che lo stava coccolando come faceva sempre con lui. Nonostante fossero passati secoli, dopo averlo conosciuto non aveva mai più provato sentimenti così forti per qualcun altro. Neanche per Jeiha, che le aveva insegnato che l'amore non guarda in mezzo alle gambe di nessuno.

«Rio tutto bene?» domandò Yuma alle sue spalle.

«Ancora?! La volete finire di chiedermelo, sto benone!» urlò.

Il campione si nascose dietro al divano, spaventato. Ryoga lo aveva pregato di non far innervosire la sorella, perché a detta sua 'non ne usciresti vivo per raccontarlo'. Il ragazzo si era fatto suggestionare un po' troppo, soprattutto a causa delle faccende aliene. Inoltre era l'unico dei suoi amici a conoscenza dei poteri speciali di Rio, perché sempre Shark gli aveva detto di fare attenzione e prevenire catastrofi nel caso in cui perdesse il controllo.

«Scusami, mi altero facilmente» disse dispiaciuta.

«Non mi trasformi in una statua di ghiaccio?» domandò preoccupato, affacciandosi appena dallo schienale del divano.

«Saresti un pessimo pezzo di arredamento, senza offesa» rispose ridendo.

I due ragazzi raggiunsero il resto del gruppo, chiacchierando allegramente. Astral li osservava distrattamente dall'alto, la sua attenzione era completamente sulla donna misteriosa conosciuta quella mattina. Jessica, sentiva di conoscerla, di avere una sorta di legame con lei. Inoltre, il fatto che stesse aiutando Rio con i suoi problemi di memoria gli interessava molto. Se fosse stata in grado di vederlo, chissà, avrebbe potuto aiutare anche lui.

 

 

 

 

 

Capitolo 27 - Merag che riflette sulla sua vita sentimentale, quando c'è Vector che organizza piani di distruzione di massa per delle stupide carte da gioco

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28

 

In tarda serata, a casa Tsukumo, Yuma stava comodamente steso sulla sua amaca e osservava con sguardo stanco la chiave dell'imperatore che teneva in mano. Le diede una carezza, un bacetto e chiuse gli occhi pensando al suo amico all'interno.

Astral, da quando aveva intravisto quella donna misteriosa nei suoi ricordi, rifletteva nell'astronave con i numeri. Quella visione lo aveva turbato profondamente e pensieri, a lui insoliti, riempivano la sua testa. Due occhi grandi, uno dorato e l'altro bianco, capelli ciano e un viso familiare. L'astrale non sembrava avere troppi dubbi, si trattava di sua madre. Chi altro poteva mai essere? Gli somigliava fin troppo per non essere un familiare. Se solo Astral sapesse come tornare nel mondo astrale, lo farebbe seduta stante. La sua voglia di conoscenza cresceva ogni secondo, voleva sapere di più su di lei, la sua famiglia e le sue origini.

Una volta chiese a Yuma come nascessero i bambini terrestri, con uno sguardo così innocente da far sorridere l'amico imbarazzato dalla domanda. Il campione cercò di spiegarglielo nel modo meno strano possibile, anche se era una frana in quel campo. Così si ingegnò con il suo libro di scienze e dei disegni che bruciò subito dopo, sia mai che qualcuno li avesse trovati, Yuma si sarebbe dato alla macchia per evitare la vergogna.

Certi pensieri Astral non li riusciva proprio a decifrare, con la mente sempre fissata alla raccolta dei numeri non si era mai posto la domanda più importante.

Come?

Come ci era finito sulla Terra? Come mai i suoi ricordi si sono tramutati in carte di duel monsters? E come è legato alla chiave dell'imperatore?

Le risposte erano proprio davanti a lui, ma non riusciva ancora a vederci chiaro. Le carte numero gli giravano attorno come al solito, ma questa volta era come se volessero dargli un indizio. Accerchiarono l'astrale, girando due volte in tondo e poi si avvicinarono al suo corpo semi-trasparente e si allontanarono come se nulla fosse successo.

«Cosa significa?» si domandò allarmato.

«Stando qui dentro non risolverò niente, dobbiamo trovare gli altri numeri.»

Uscì dalla chiave e si ritrovò di fronte ad uno Yuma addormentato. Aveva uno sguardo così tranquillo e felice. Probabilmente stava sognando di duellare, vincere e fare amicizia con il suo sfidante. Perché era quello che adorava fare di più, oltre a mangiare le prelibatezze preparate da nonna Haru e passare del tempo con i suoi amici. Si affacciò alla finestra ed osservò il cielo stellato di Heartland, la luna era coperta da nuvole passeggere. Ricordò la sera del 14 maggio, quando vide sorgere il satellite colorato di rosso per la prima volta insieme al suo amico umano. Capitava spesso che si ritrovassero a conversare sul tetto della casa ed ammirare il cielo. Yuma gli raccontava storie interessanti sullo spazio e le sue costellazioni, che l'astrale non conosceva affatto. Tra i ricordi che aveva ritrovato, solo qualche frammento riguardava il suo pianeta e da lì lo spazio appariva molto più vicino.

Astral non potè fare a meno di posare gli occhi sull'enorme grattacielo in lontananza, dove abitavano i gemelli Kamishiro. Si sentiva stranamente legato a Rio, forse perché era l'unico a poter comprendere realmente quel che stesse passando in questo periodo. Sapeva benissimo cosa significava essere una presenza anonima nell'universo e tutto il malessere che causava. Neanche la vicinanza con Yuma e la certezza delle carte numero potevano alleviare quel vuoto nell'anima, che lo avrebbero perseguitato fin quando la memoria non sarebbe tornata del tutto. Ma con la minaccia dei bariani, non poteva correre rischi che avrebbero messo in pericolo Yuma e i suoi amici. Avevano già sofferto troppo a causa sua, non se la sentiva di spronarli per farsi dare le informazioni ottenute da Jessica. Forse, proprio lui avrebbe potuto ottenerle. Gli scienziati erano in grado di vederlo, poteva farsi dare le coordinate e trovare un modo per viaggiare separato da Yuma, per tenerlo al sicuro. Rientrò nella chiave, volgendo prima un ultimo sguardo al suo amico addormentato. Non avrebbe permesso ai loro nemici di fargli del male, questa volta sarebbe stato Astral a proteggerlo.

 

Invece, nella villa di periferia degli Archlight, erano rimasti solamente Michael e Thomas con Fiocco di neve. Chris li aveva informati che lui e il padre non sarebbero tornati a casa per un po' di tempo. Era troppo rischioso viaggiare con le informazioni preziose sulle carte numero, mentre i bariani erano in giro a creare guai. I due fratelli non riuscivano a prendere sonno, troppo in pensiero per la nuova minaccia, quindi si ritrovarono nel salone a giocare a scacchi. Four aveva iniziato a giocare solo da pochi mesi e Three era stato così gentile da fargli da insegnante. Ma quella sera muovere i pezzi sulla scacchiera non risultava per niente facile. La gatta bianca saltava ogni due secondi dal divano alla scacchiera, poi sul ripiano del camino spento e sulla testa del padrone. All'inizio era divertente, ma in seguito la situazione divenne pesante e Thomas si vide costretto a tenere in braccio l'animale e coccolarlo per poter giocare tranquillamente una partita.

«Ma che batterie ti hanno messo, non stai mai ferma» disse al gatto, incurante che non potesse rispondere.

«Fortuna che ho spostato tutti i soprammobili, se no li avrebbe già distrutti.»

«Per alcuni non mi sarebbe dispiaciuto, sai. Certi erano orribili.»

«Hai ragione, quanti ne ho rotti "per sbaglio" durante le pulizie» rispose Michael ridendo.

«A proposito, Yuma quanto ti presenta il supereroe della TV, quello lì con parecchio gel per capelli.»

«Domani pomeriggio a casa sua, così non siamo sommersi dai fan. Mi ha detto che Robin non vede l'ora di conoscermi, non ha molti amici.»

«Hai conquistato il suo cuore già prima di conoscerlo, fratellino.»

Four tirò verso sé il rosa e gli scompigliò energicamente i capelli. Three cercò di togliersi di dosso la mano enorme del fratello, ma qualsiasi tentativo risultò vano.

«E tu che mi dici di Rio? Oggi pomeriggio avevi gli occhi a forma di cuoricino e le guance rosse di Heidi.»

«Siamo solo amici, amici credo. Non lo so, nessuno mi ha mai fatto battere il cuore come lei, e sono uscito con parecchie ragazze prima di conoscerla. Prima era più facile, tutti mi trattavano come una persona qualunque, ora ovunque vada non ho più privacy.»

«Invitala qui allora.»

«Qui? Con te e papà che siete due pettegoli? Neanche morto!»

«Non è colpa mia se ci piace discutere di gossip. E comunque dovresti preoccuparti di più di internet, hanno aperto un thread su Reddit per scoprire il nome della tua amata1

«Ci faccio un pensiero.»

«Mi raccomando non farmi diventare zio, sono troppo giovane» concluse Michael, correndo lontano dal fratello ridendo.

Thomas lo inseguì solo dopo un minuto, non avendo afferrato subito l'affermazione. Si rincorsero per tutta la villetta, ridendo e scherzando come due bambini.

 

Fiocco di Neve approfittò del momento per sgattaiolare via ed incontrare la sua principessa nel locale in ristrutturazione. Era già lì quando arrivò, seduta su uno sgabello, persa nei suoi pensieri.

«Buonasera principessa» la salutò riprendendo le sue sembianze umane.

«Ciao» rispose Merag distrattamente.

«Ho saputo di questa mattina, il tuo piano non ha funzionato.»

«Vector non scherza, è peggio di quanto pensassimo. Ha perso la testa come Nash.»

«Qualcosa ti distrae, e non c'entra niente con i bariani.»

«Sono sempre stata un libro aperto per te… C'è una persona che è sempre nei miei pensieri, non so come comportarmi. Mi manda in tilt.»

«Thomas, gli fai lo stesso effetto. È il mio nuovo 'padrone', secondo te perché ci incontriamo qui?»

«Mi nascondi qualcosa, non è una coincidenza.»

«Ogni cosa ha il suo tempo, principessa. Devi avere pazienza, presto capirai tutto.»

Jeiha strinse la bariana in un abbraccio e le baciò i capelli. Merag si lasciò coccolare, ma non si spinse oltre. La sua ancella si sorprese, non le era mai stato negato un rapporto intimo, anzi era proprio Merag che li cercava appena avevano dei momenti come quello.

«Scusami, sono cambiate molte cose, io sono cambiata. Non sono più la principessa che conoscevi.»

«Sei più matura e anche segnata. Cosa è cambiato? Non sono Nissa, io non so tutto.»

«Mi sono resa conto che per me sei solo un'amica speciale, nulla di più. Era solo un gioco, un modo per ribellarmi. Credevo di amarti, ma non sapevo cosa fosse realmente l'amore finché non l'ho conosciuto.»

«Chi?»

«Il mio Thomas.»

 

 

 

 

1Perché no, in fondo lo fanno nella vita reale. Per chi non conoscesse Reddit, lo cerchi su internet. Non ho voglia di spiegarlo.

 

Capitolo - 28 Famigliole allegre, di sangue e non, che non sanno cosa li aspetta

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29

 

Yuma si svegliò di buon umore e di prima mattina, si cambiò e scese in cucina per fare colazione. Appena incrociò lo sguardo della sorella, Akari si immobilizzò e le caddero le bacchette dalle mani.

«Buongiorno sorellona» disse allegramente, sedendosi a tavola.

«Sono le sei del mattino, Yuma, le sei.»

«Oh davvero? Sarà perché ieri sera ho dormito come un ghiro.»

«Ti senti bene?» domandò allarmata.

«Benissimo. Oggi pomeriggio vengono i miei amici, te ne ho parlato qualche giorno fa.»

«Si, mi ricordo. Starò via tutto il giorno per un servizio e la nonna nel pomeriggio va a trovare la nonna di Tori.»

«Ok.»

Yuma fece colazione con calma, ignorando le strane occhiate della sorella, che uscì di casa poco dopo. Dopo mangiato sparecchiò la tavola e lavò le stoviglie. La robottina della casa era via per la manutenzione, quindi si rimboccò le maniche per fare le pulizie, così da fare bella figura con Fuya e Three.

Spazzò il pavimento e spolverò i mobili del salotto con calma e precisione, ascoltando le repliche della serie TV di ESPer Robin1. Non voleva farsi trovare impreparato per quando Michael avrebbe fatto delle domande all'attore, e gli sarebbe piaciuto partecipare attivamente alla conversazione.

Dopo qualche ora, nonna Haru arrivò in salotto per fare colazione e quasi pianse vedendo suo nipote occuparsi della casa.

«Era ora, Yuma» disse accomodandosi al tavolo.

«Ora di cosa?» domandò il campione spostando il divano per passare l'aspirapolvere.

«Che iniziassi ad occuparti della casa. Un buon marito non è quello che porta solamente il denaro in casa.»

«Sono troppo giovane per sposarmi!»

«Lo so, ma spero per te che un giorno troverai l'amore della tua vita. Che sia femmina o maschio non ha importanza» concluse sorseggiando tè verde.

Yuma si fermò un attimo a riflettere su quell'affermazione. Non aveva mai pensato all'amore, figurarsi al sesso del suo futuro partner. Eppure quella precisazione lo colpì nel profondo. Aveva già affrontato l'argomento una volta con la sorella, prima di conoscere Astral. Anche lei non dava importanza a questa cosa e si ritrovò a pensare a quanto fosse fortunato ad avere una famiglia dalla mentalità aperta. Gli era capitato di sentire distrattamente conversazioni tra i corridori della scuola, studenti che venivano denigrati e rinnegati dai loro parenti perché non potevano essere liberi di amare. Ancora non riusciva a credere che esistessero situazioni del genere.

Tornò a lavorare, riponendo il divano al suo posto e spazzando i gradini delle scale fino alla sua camera. Appena entrò si rese conto della presenza di Astral, che gli svolazzava sulla testa, con il tipico sguardo pensieroso.

«Cosa intendeva tua nonna con la distinzione maschio e femmina?» domandò incuriosito.

«In poche parole, gli importa di più che io sia felice rispetto alla famiglia tradizionale.»

«Famiglia tradizionale?»

«Si, quella composta da un uomo e una donna, solo la loro unione permette di avere dei figli in modo naturale tra terrestri, come ti ho già spiegato. Solo che questo non implica che due uomini o due donne non possano amarsi, ma molti non lo accettano perché appunto va contro al 'presunto' valore della famiglia tradizionale. Secondo me le persone devono essere libere di scegliere come vivere la propria vita, tanto se due uomini o due donne si amano, non è la fine del mondo e io non ci rimetto la pelle.»

«Per citare William Shakespeare, l’amore non guarda con gli occhi ma con l’anima. Lo hai studiato a scuola.»

«Esattamente.»

Yuma cambiò le lenzuola del suo letto, sistemò il disordine e passò l'aspirapolvere. Poi fece la stessa cosa nella soffitta dove dormiva di solito. Infine passò al bagno, approfittando del momento per un bagno rilassante.

«Le pulizie sono stancanti» affermò dopo una mezz'ora passata a sonnecchiare tra le bolle.

«Posso immaginarlo» rispose Astral al suo fianco.

«Stanotte ti ho sognato. Avevamo raccolto tutti i numeri, e ci siamo sfidati a duello prima che tu tornassi nel mondo astrale. È stato bello, mi avevi promesso che saresti tornato a trovarmi.»

«Lo farò di sicuro.»

«Meglio così, non sono pronto per dirti addio e mai lo sarò.»

«Anche io ti ho pensato questa notte. Ti ricordi della donna misteriosa di cui ti ho parlato?»

L'astrale spiegò nei minimi dettagli le sue riflessioni, le sue domande senza risposta e l'analogia che aveva la sua situazione attuale e il caso di Rio.

«Pensi che c'è un collegamento tra te e la sorella di Shark?»

«Ne sono sicuro, ho ricordato mia madre dopo averla conosciuta. E poi, come ha detto la TV, è raro che la luna sia rossa e guarda caso Rio si è svegliata proprio in quel momento. Non voglio allarmarti, ma penso che il mondo bariano sta combinando qualcosa, me lo sento dentro. Il loro potere si manifesta con un'aura rossa.»

«Il mondo di quell'essere che ha posseduto Faker, Vector? Potrebbe avere un senso, insomma, non sono bravi alieni. Dobbiamo recuperare le carte numero, solo loro ci possono dire di più.»

Yuma poggiò la mano sull'acqua sorridendo, e Astral la sua su quella dell'amico. Una forte luce azzurra li colpì, trasportandoli in un luogo buio. Il portone del potere Zexal comparve davanti a loro e il campione si coprì le parti intime, arrossendo. Sia mai che la visione gli avesse messo i vestiti addosso, troppo impegnativo.

«Aprite questa porta e otterrete un nuovo potere, ma sappiate che un tale potere comporta un grande rischio. Perderete voi stessi se non sarete pronti. Quando sarà il momento che ritenete giusto basterà invocare il mio nome, ma siete avvertiti, se non aprite questa porta in quel momento, non vi sarà data una seconda possibilità.»

Il portone scompare e i due tornarono nella vasca da bagno, come se nulla fosse successo. In quel momento, Yuma avvertì uno strano calore proveniente dalla sua mano, sentiva una presenza sopra la sua. Si voltò e vide nuovamente la mano di Astral, che stringeva la sua, ma questa volta avvertiva il loro contatto. Poggiò la mano libera sopra e non la oltrepassò come sempre. Un sorriso a trentadue denti gli illuminò il volto.

«Riesco a toccarti!»

«Anche io» rispose sorpreso Astral.

Lo spirito provò a toccare gli altri oggetti nella stanza, ma come al solito li oltrepassava. Poi poggiò le mani sulle spalle di Yuma e avvertì il suo corpo, non passandoci in mezzo.

«Funziona solo su di te. Come è possibile, non abbiamo aperto la porta.»

«Non lo so, ma è fantastico!» esclamò abbracciando per la prima volta l'amico.

Astral ricambiò il contatto, capendo finalmente il motivo di quel gesto che vedeva sempre compiere dagli umani. Si sentiva felice, più di quanto raccoglieva i numeri. Era una sensazione bellissima che non riusciva a descrivere. Si abbandonò completamente a quella stretta, godendosi ogni secondo di quel tanto agognato contatto.

Una volta sciolto l'abbraccio, Yuma prese tra le mani gli orecchini dell'astrale e avvertì il metallo e la pietra. Quei gioielli lo avevano colpito fin dalla prima volta, si era sempre chiesto di che materiale fossero fatti e come mai uno spirito li portasse.

«Li portava anche la donna della mia visione» disse Astral sorridendo.

«Pensare a lei ti rende felice. Mi succede la stessa cosa quando penso ai miei genitori, vorrei tanto che fossero qui con me.»

«Sono sicuro che ovunque siano, sono fieri di te come lo sono io.»

«Non fai altro che farmi piangere, smettila!»

Yuma strinse nuovamente il corpo dell'astrale, affondando il viso nell'incavo del suo collo. Quando aveva incontrato Astral per la prima volta, mai si era aspettato che lo spirito sarebbe diventato la presenza più importante della sua vita, il suo migliore amico. Senza neanche rendersene conto, entrambi si erano affezionati l'un l'altro e avrebbero fatto di tutto per il loro bene.

 

 

 

 

 

1Il Passero, nome nel doppiaggio italiano, è davvero ridicolo. Mi rifiuto di usarlo.

 

Capitolo 29 - Yuma che palpeggia Astral nella vasca da bagno

 

Note autore:

Come avete notato, ho iniziato a pubblicare più spesso. Visto che sono arrivata a scrivere un capitolo in circa due ore, penso di riuscire a mantenere questo ritmo senza far trascorrere troppo tempo da un capitolo all'altro, università permettendo.

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30

 

Come da programma, Yuma rimase da solo nella sua abitazione. Fuya lo aveva informato del suo ritardo a causa delle riprese e Michael non sembrava dare segni di vita. Il campione si era steso scialbo sul divano, con il telecomando in mano e gli occhi semichiusi. Dopo ore intere trascorse vedendo le avventure di ESPer Robin, inizialmente emozionanti, si era stufato ed aveva spento il televisore. Stava quasi per chiudere occhio quando il campanello trillò. Si destò e corse subito alla porta, facendo accomodare Three nel salotto.

«Scusami tanto per il ritardo, è già arrivato? Da quando sta aspettando? Sono così in ansia!»

«Tranquillo. Lo hanno trattenuto sul set, arriverà tra poco.»

«Meglio così, non volevo arrivare in ritardo. Four non mi lasciava più andare, si è preso una bella cotta per Rio e non fa altro che chiedermi consigli. Come se poi avessi esperienza in amore.»

Michael si sedette rigidamente sul divano, tenendo i pugni serrati sulle ginocchia e sbattendo fin troppo le palpebre. Yuma, invece, si lasciò cadere sulla superficie soffice.

«Tutto bene?» domandò preoccupato l'ospite.

«Non sono più abituato ad attività impegnative.»

«Oh posso fare qualcosa? Magari del tè, ho portato un pacco per tua nonna» disse cacciando una scatola dalla sua tracolla.

Three scattò velocemente verso la piccola cucina e preparò con calma la bevanda, suscitando una sensazione strana nel padrone di casa.

«Ti sei calmato in un attimo» osservò Yuma.

«Preparare il tè mi rilassa» disse Michael poco dopo.

Versò la bevanda in due tazzine, porgendo una all'amico e sorseggiando l'altra. Il campanello suonò una seconda volta e il campione fece accomodare il suo secondo ospite.

«Ciao Yuma, grazie per l'invito. Three è un vero piacere conoscerti» disse Fuya accomodandosi sul divano.

«Tè?» domandò il rosa.

«Volentieri.»

Michael prese la terza tazzina che aveva già preparato, e la porse con la mano un po’ tremante al suo idolo. Robin poggiò le sue mani su quelle di Three e gli sorrise timidamente, poi prese la tazzina che aveva smesso di muoversi.

I tre ragazzi rimasero in silenzio per un po'. Yuma osservava la scena spaesato, aspettandosi che uno dei due prendesse parola, ma visto che non avvenne fece lui il primo passo.

«Allora Fuya, come stanno procendendo le riprese?»

«Benissimo, stiamo registrando gli ultimi episodi. Non vedo l'ora che finisca, sono riuscito finalmente a dire a mia madre che non voglio più continuare.»

«Come mai?» domandò Michael.

«Fare l'attore è fantastico, ma essere un supereroe non è così emozionante come sembra. Dopo aver conosciuto Yuma ho capito che non devo tenermi più tutto dentro e voglio essere libero di esprimere appieno me stesso. Mi piacerebbe tantissimo un ruolo in una serie avventurosa e cavalleresca, magari nei panni di Lancelot. La sua storia mi affascina fin da quando ero bambino.»

«Fantastico! Anche Three adora le storie di Re Artù, avete una cosa in comune.»

«Davvero? Ho sempre desiderato un compagno con cui parlare delle mie passioni.»

«Compagno?» domandò Michael arrossendo.

«Sì, un amico. Yuma è l'unico che ho, ma non abbiamo molto in comune.»

I due ospiti iniziarono a discutere delle vicende della Tavola Rotonda. Il padrone di casa tirò un sospiro di sollievo, contento della riuscita dell'incontro, e soprattutto della felicità stampata sul volto dei suoi amici. In quel momento non gli pesò proprio di essere il terzo incomodo, anzi poteva finalmente rilassarsi dopo il duro lavoro svolto quella mattina. Si alzò lentamente e, senza fare rumore, li lasciò soli e andò in camera sua per riposarsi. Aprì la porta e subito crollò sul letto morbido in un sonno profondo. Astral, che aveva osservato il tutto dall'alto, rinunciò alla sua posizione favorevole e si porse al livello di Yuma. Passò una mano tra i suoi capelli e avvertì la loro morbidezza e il profumo dello shampoo sotto il naso. Il campione chiamò il suo nome nel sonno, non era la prima volta. L'astrale sorrise, stendendosi accanto al suo amico. Non aveva la necessità di dormire per ricaricare le energie, ma ora che poteva sentire su di sè la presenza fisica di Yuma, non voleva perdersi niente. Non sapeva se quella possibilità sarebbe durata in eterno.

Dopo il lungo pisolino in compagnia di Astral, Yuma scese in salotto a controllare come andasse l'incontro tra i due amici.

Fuya e Michael stavano ancora discutendo allegramente, come se non fossero passate ore dal loro arrivo. Andavano d'amore e d'accordo, come il campione aveva sperato. Si avvicinò trionfante e, con petto in fuori e sguardo deciso, prese posto sul divano.

«Mi dispiace interrompervi, ma tra poco tornano mia nonna e Kari. Se volete potete rimanere qui a dormire.»

«Sarebbe bellissimo, non sono mai stato ad un pigiama party» disse fantasticando Fuya.

«Io li facevo tutte le sere con i miei fratelli, non avranno nulla in contrario» rispose Three.

«Aggiudicato allora. Vi presto i miei pigiami, abbiamo la stessa taglia.»

Yuma fece strada verso il piano superiore. Nella sua stanza sistemò il letto singolo per farci entrare due persone e un sacco a pelo sul tappeto per lui. Prese dall'armadio il suo solito pigiama, composto da una t-shirt bianca con le maniche rosse e un pantalone grigio, e ne passò altri due ai compagni. Si cambiò come se nulla fosse insieme a Fuya, che indossò il pigiama a righe bianco e blu. Michael, d'altro canto, divenne rosso in viso e si coprì gli occhi con le mani, voltandosi verso il muro.

«Michael sei tutto rosso, qualcosa non va?» domandò ingenuamente il supereroe.

«Non sei abituato a cambiarti con qualcuno in stanza? Hai due fratelli maschi» disse Yuma stranito.

«Con loro è diverso, siamo cresciuti insieme. Vedere altri nudi e farmi vedere nudo mi imbarazza» disse un po' tremante.

«Potevi dircelo prima, non volevamo farti sentire a disagio» rispose gentilmente Fuya.

«Infatti. Puoi andare nella soffitta a cambiarti, non c'è problema.»

Three prese il pigiama verde e corse verso la scaletta, salendo alla velocità della luce. I due amici lo aspettarono preoccupati, discutendo a bassa voce un modo per fargli passare l'imbarazzo.

Astral nel frattempo si era rintanato nella chiave dell'Imperatore, ripensando alla piacevole sensazione avvertita durante la pennichella. Svolazzava distrattamente tra gli ingranaggi dell'astronave, immaginando se stesso come un terrestre. Non riusciva a concentrarsi con la presunta scoperta di non essere mai stato un fantasma per la Terra, ma uno spirito dotato di un corpo solido che fino a qualche ora prima non poteva toccare niente di quel pianeta.

Si fermò di botto davanti alla sezione con i numeri. Le caselle delle carte mancanti si illuminavano ad intermittenza, come se stessero cercando di comunicare. Astral osservò la sequenza concentrato, la luce appariva e spariva di botto o rimaneva fissa, in maniera apparentemente casuale.

«Allora dovrebbe essere scatto, fisso, scatto, pausa; scatto, fisso fisso...»

Annotò nella mente la sequenza, non riuscendo a percepire il messaggio che gli stavano dando i numeri. Così uscì dalla chiave e si ritrovò in cucina, dove la famiglia Tsukumo e i due ospiti cenavano allegramente.

Aspettò impaziente di trovarsi da solo con Yuma per informarlo del messaggio in codice, ma si ritrovò a fine pasto con il suo amico e i due ragazzi nella camera del campione. Non poteva aspettare fino al giorno dopo, quando sarebbe rimasto da solo con Yuma, così lo richiamò e gli raccontò con precisione il comportamento dei numeri, in fondo poteva fidarsi di Fuya e Michael.

«Messaggio in codice?» domandò sorpreso.

«Si, deve essere qualcosa di importante. Ora te lo detto.»

Yuma prese carta e penna e segnò il codice così come lo dettò Astral, scrivendo le parole 'scatto' e 'fisso' fino a sentir la mano dolorante. Rese partecipe anche Fuya, l'unico non in grado di vedere e sentire l'astrale.

«Potrebbe essere codice morse» disse il Three, «se sostituiamo un punto alla parola scatto e una linea alla parola fisso potrei decifrarlo.»

Il ragazzo trascrisse il messaggio come appena spiegato.

«Ora non ci resta che decifrarlo.»

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 30 - Quattro uomini molto intimi, dipende tutto dalle prospettive

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31

 

«Rimani concentrato, completa la tua missione il prima possibile. Una forza oscura, pericolosa e molto vicina ci sta minacciando» disse Michael, traducendo il codice in parole.

«Astral, abbiamo già rimandato abbastanza, dobbiamo recuperare i numeri restanti.»

«Si, domani avvertiamo gli altri. Più siamo meglio è, come dite voi umani.»

«Ma cosa sta succedendo?» domandò Fuya spaesato.

«Riassumendo…»

Yuma spiegò tutto quel che era successo, dalla comparsa di Astral e le carte numero al risveglio di Rio il mese scorso e l'attacco di Vector. Dentro di sé sentiva che l'amico non doveva più essere all'oscuro delle vicende che si stavano svolgendo ad Heartland, ma che ne doveva prendere parte. Le sue conoscenze e la sua fama sarebbero state di grande aiuto per la causa, oltre al fatto di essere un ottimo duellante. Si, perché non avrebbe dovuto più combattere da solo. Il suo fisico non poteva reggere tutti quegli scontri ed era anche fuori forma. Si era concesso una bella vacanza dopo il Carnevale, mettendo su qualche chilo ed eliminando lo stress del vincere sempre per salvare Astral.

«Wow, sembra la trama di un film sci-fi! Potete contare su di me, sono carico e pronto per la sfida.»

«Ben detto, puoi contare anche su di me e i mei fratelli.»

«Ragazzi vi adoro!»

Yuma tirò a sé i due amici per stringerli in un abbraccio, ma la forza applicata gli si ritorse contro, facendoli cadere sul pavimento. Scoppiò una battaglia di cuscini e una confusione mista a fragorose risate, sfinendo lentamente le loro forze, che crollarono a notte inoltrata. Alla fine si ritrovarono a dormire sul pavimento: Yuma steso a pancia in giù e con un cuscino sulla testa, che russava come se non ci fosse un domani; Michael steso di lato con la testa appoggiata sull'addome di Fuya, stringendo un cuscino tra le braccia e uno tra le gambe; e il supereroe che dormiva come se fosse steso al sole per l'abbronzatura, con le braccia dietro la testa e una gamba piegata sull'altra.

Astral si sistemò tranquillamente sul letto e iniziò a pensare ad un piano di azione per il recupero dei numeri, sul come coinvolgere il gruppo e soprattutto come fare a convincere Yuma che di Rei e la sua amica non si potevano fidare. Quell'energia oscura non proveniva dalla Terra, ne era certo. L'aveva già avvertita nel passato di cui aveva perso memoria.

La memoria. Spuntava fuori ogni volta, come i funghi selvatici. Una costante nella vita delle persone, ciò che li rendeva diversi e superiori agli animali e alle piante. La sua memoria si divise e prese la forma di novantanove carte numero, per un motivo ancora sconosciuto.

Come poteva coinvolgere gli amici di Yuma nella sua missione? Come avrebbero affrontato gli avversari muniti di numeri?

La risposta era semplice, così semplice che Astral non ci arrivò quella sera.

Il mattino seguente, Three portò il campione del carnevale e Fuya alla sua villa senza preavviso e insieme spiegarono la situazione a Thomas, concordando sull'abitazione come punto di incontro sicuro e grande abbastanza per far entrare tutti. Così contattarono loro padre e Chris, che non fecero questioni. Poi Yuma inviò un messaggio a tutti i suoi amici.

"Appuntamento alla villa Arclight appena possibile."

 

Merag si svegliò di prima mattina, a causa del suono della notifica. Non si era ancora abituata a quel dispositivo elettronico, era fin troppo semplice e obsoleto in confronto alla tecnologia di cui era abituata. Lesse il messaggio sbadigliando, uscendo dalla stanza per fare colazione. Ryoga uscì dal bagno nello stesso momento, accomodandosi in cucina.

«Lo hai ricevuto anche tu?» domandò Rio, mettendosi ai fornelli.

«Si. Cosa vuoi fare?»

«Le omelette, è un problema?»

«No, fanne un paio anche per me… Per favore.»

I gemelli fecero colazione discutendo dell'imminente incontro. Shark cercava in tutti i modi di nascondere la sua preoccupazione per l'amico, ripetendo che sarebbe andato solamente perché Yuma lo avrebbe supplicato fino allo sfinimento.

A mattina inoltrata, il gruppo di giovani e non si ritrovò nel salone della villetta di periferia, tutti tranne Rei. A malincuore, Yuma dovette lasciarlo da parte perché non voleva farlo immischiare in situazioni pericolose - e anche perché ad un certo spirito non piaceva. Chi sedeva sui divani, chi si guardava intorno estasiato dall'arredamento e chi non aveva la più pallida idea di cosa ci facesse lì. L'unica certezza era Fiocco di Neve che si aggraziava i presenti, chiedendo coccole e facendo le fusa.

Yuma richiamò l'attenzione dei presenti, posizionandosi di fronte a loro con Astral.

«Scusatemi se vi ho fatto venire qui senza preavviso, ma abbiamo un problema. Astral ha ricevuto un cattivo presagio dai numeri, dicono che una forza oscura li sta minacciando e quindi dobbiamo recuperare quelli che restano il prima possibile. Per questo siete qui, ho bisogno del vostro aiuto. Siamo convinti che la minaccia è questo bariano, Vector» disse lasciando di stucco i presenti.

«Cosa possiamo fare?» domandò Casswell.

«Ecco, Astral ha un piano… Credo.»

«Yuma non ho un piano, ci ho pensato tutta la notte ma non sono riuscito a capire come coinvolgerli.»

«Molto rassicurante, Astral, davvero» rispose Shark sarcastico.

«Qualcuno ha qualche idea?» domandò Michael, affiancando l'amico in difficoltà.

Merag alzò la mano timidamente, aspettando che le dessero l'ok per parlare. Certe abitudini erano dure a morire. Sapeva benissimo che non aveva più bisogno dell'autorizzazione, ma con un numero così grande di persone in un'unica stanza, le sembrava irrispettoso prendere parola come se niente fosse. Si erano meritati il suo rispetto il quel mese trascorso insieme.

«Si Rio, parla pure» disse Yuma sorridendo.

«Beh ecco, non sono preparata sull'argomento, so solo quel che mi ha detto Ryoga. Stavo pensando, visto che i numeri possono essere sconfitti solo da altri numeri, possiamo utilizzare delle carte che annullano questo effetto oppure ci prestate una carta numero da utilizzare contro gli avversari.»

«La soluzione era così semplice… Ne stavo cercando una più complicata. Però darvi dei numero è molto pericoloso, diventereste bersagli e inoltre la carta proverà a soggiogarvi» spiegò Astral.

Byron concordò con il punto di vista dello spirito, proponendo a sua volta di applicare entrambe le proposte di Rio. Quindi gli Arclight, Faker e Kaito ricevettero una delle carte numero appartenute a loro in precedenza.

Yuma porse Regina Galattica a Fuya, che esitò nel prenderla.

«Non posso, se provasse di nuovo a possedermi?» domandò incerto il supereroe.

«Non lo farà, ne sono sicuro. Sei più forte di quanto credi» rispose con sguardo fiero.

Il ragazzo prese la carta e una luce color cobalto lo avvolse, svanendo poco dopo. Sorrise estasiato, mostrando la carta al suo nuovo amico.

«Dovresti darne una anche a Rio» disse Byron, attirando su di se gli sguardi di tutti.

«Non se ne parla!» rispose Shark in un misto di rabbia e preoccupazione.

«Perché lo pensate?» domandò Merag, avvicinandosi con in braccio Fiocco di Neve, ignorando Ryoga che la guardava sorpreso.

«Un'intuizione, chiamiamola così.»

Yuma mostrò il mazzo all'amica, che appena lesse la parola fortuna sul numero 7, lo scelse senza neanche pensarci. Un'aura arcobaleno la circondò, ma subito si infranse accecando i presenti.

"E io che speravo in un po' di fortuna"

Tutti la fissavano, curiosi e sorpresi di quel che era appena successo.

«Credo di non piacere alla carta» disse con voce seccata.

«Non sei tu il problema, numero 7 ha deciso di non concedere più la sua fortuna» disse Astral tranquillo.

«La carta fortunata che è stata rubata tempo fa dal museo di Heartland? Ma la polizia non sta lavorando al caso?» domandò perplessa Jessica, che fino a quel momento era rimasta in disparte.

«Lo hanno archiviato sotto mie pressioni, hanno l'ordine di non intervenire se la vedono» rispose Faker.

«Scusate, quindi noi che facciamo?» domandò Bronk parlando a nome del Club dei numeri.

«Vi presto le mie carte, il mio deck è specializzato nell'annullare gli effetti avversari. Scegliete quelle che volete, ne ho parecchie di riserva» disse la donna americana porgendo loro le sue carte.

«Bene. Ci organizzeremo in questo modo: non andate in cerca dei numeri, non ora. Aspettiamo che si calmino le acque, non possiamo farci scoprire da Vector. Se vi capita di duellare, non utilizzate il numero se non lo fa prima l'avversario. In questo caso, portate appena possibile la carta conquistata a Yuma. Tenete un profilo basso e non date nell'occhio» conclude Five, ponendo fine all'incontro.

I ragazzi lasciarono l'abitazione a scaglioni, così come erano arrivati. Dovevano fare molta attenzione, non sapevano quasi niente dei bariani e la prudenza non era mai troppa. Riguardo alle informazioni del radar del giorno prima, il gruppo non ebbe nessuna risposta. L'argomento divenne un tabù.

Alla fine rimasero alla villa solo Three, Four, Fuya e Rio.

Michael portò il suo nuovo amico nella sua camera per mostrargli la sua collezione di libri ed artefatti antichi, mentre Thomas rimase in salotto con Merag. La bariana teneva ancora in braccio Fiocco di Neve, che faceva le fusa alle sue coccole.

«Credevo non ti piacessero i gatti» disse il giovane, sedendosi rilassato sul divano.

«Davvero?»

 

 

 

 

 

 

Capitolo 31 - I numeri prendono il controllo della situazione, come avrebbero dovuto fare nella serie

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32

 

Thomas spiegò a Rio il suo strano comportamento nei confronti dei gatti. Quando uscivano insieme, la ragazza li evitava come la peste. Sembrava terrorizzata da quegli animali a quattro zampe, ma lui non ne sapeva il motivo.

«Ed ora eccoti qui con Fiocco di Neve, le piaci più di me che sono il suo padrone» concluse offeso.

«Non ho intenzione di rubartela, sono più un tipo da cani.»

A quella affermazione, il gatto bianco saltò via dalle braccia di Merag e si rifugiò nella massa di capelli di Four, scompigliandolo affettuosamente.

«Molto divertente» disse al gatto, consapevole che le sue parole le avrebbe capite.

Thomas la invitò ad accomodarsi, cambiando argomento. Le chiese come mai suo fratello non avesse fatto nessuna scenata quando era andato via da solo. La bariana le rispose che aveva perso una scommessa e che quindi aveva smesso di fare l'iperprottetivo, come lei aveva chiesto. Non si aspettava, però, che facesse fede alla parola data, quasi sempre.

Merag poggiò la testa sulla spalla di Four, sospirando.

«Ti va di parlarne?» domandò il giovane comprensivo.

«È passato più di un mese e mi sento sempre un pesce fuori dall'acqua. Non è per voi, siete davvero fantastici, ma la me di prima dell'incidente mi sembra così lontana dalla realtà. Questa pelle non sento la mia, questa vita non è la mia.»

«Al fast food ti ho mentito, mi dispiace. Non ti ho detto niente perché non volevo scombussolarti. La verità è che sei cambiata, ma non come credi tu. Ora sei più matura, più adulta, è successo così in fretta. Sei sempre tu, però, nessuno lo può cambiare.»

«Non sono più sicura di sapere chi sono io.»

Fiocco di Neve tornò tra le braccia della bariana, facendo le fusa per consolarla. Merag chiuse gli occhi, lasciandosi coccolare dal gatto e da Four, che la avvolse tra le sue braccia.

 

Nel frattempo al piano superiore, Michael e Fuya continuavano a scoprire i loro punti in comune. Oltre alla passione per i romanzi cavallereschi e la storia antica, entrambi praticavano scherma, adoravano duel monsters e avevano paura dei ragni.

«Non è incredibile? Sembra siamo fatti l'uno per l'altro. Amici cavalieri, suona bene» disse Fuya eccitato.

Three annuì arrossendo, sentiva un gran calore nel suo petto che non sapeva spiegare. Da quando aveva conosciuto il suo idolo, si reso conto che era un ragazzo meraviglioso. La sua felicità si percepiva nell'aria e lo contagiava.

«Ti andrebbe di provare una vera armatura da cavaliere?»

«Sarebbe un sogno.»

Così i due ragazzi scesero al piano inferiore, passando per il salotto in punta di piedi. Rio e Thomas si erano addormentati abbracciati. Del gatto non c'erano tracce, ma Michael non se ne preoccupò, la villa era un parco giochi a sua disposizione.

Uscirono dalla porta seminascosta in cucina e si infilarono nella cantina tramite un'enorme botola di legno. Si trattava di una stanza spaziosa e ben illuminata, piena di roba antica. Accostate ad una parete, scintillavano due armature d'argento su dei supporti che impugnavano entrambe spada e scudo.

Le infilarono senza perdere tempo, aiutandosi a vicenda dato il loro peso considerevole. Nonostante fosse la prima volta, si sentirono straordinariamente a loro agio, come se la protezione fossero degli abiti comuni. Fuya scattò molte fotografie di loro due che giocavano come dei bambini, ridendo allegramente e immaginando scenari da interpretare. Michael, scherzosamente, modificò la storia di re Artù e Lancelot, facendoli diventare amanti segreti. E il supereroe preso troppo dalla gioia e dal gioco di ruolo, diede un bacio a stampo al suo nuovo amico e lo immortalò in una foto.

Three non riuscì a descrivere la sensazione che aveva provato al contatto con le sue labbra, era la prima volta che baciava qualcuno. Ma non ebbe il tempo di metabolizzare quel che successe, l'urlo fragoroso di Thomas raggiunse le sue orecchie e subito corse a controllare munito di spada e scudo. Fuya lo seguì a ruota, anche lui armato.

Arrivati in salotto videro un'ombra minacciosa accanto al corpo dormiente di Rio, sospeso a mezz'aria e Four accasciato sul pavimento con il braccio tutto rosso e gonfio.

«Lasciala subito!» urlò Michael.

Corse verso l'ombra e con un balzo assestò un fendente che la divise in due. Essa però si ricompose, ridendo a crepapelle con una voce tuonante e spaventosamente inumana.

Fuya allora scattò anche lui, gettando la spada e lo scudo sul divano. Il suo obiettivo non era l'essere, infatti prese tra le braccia il corpo inerme di Rio e cercò di tirarlo a sé. Three lo affiancò subito, ma la ragazza sembrava un blocco di cemento irremovibile.

Ecco che, senza preavviso, la finestra alle loro spalle venne infranta da Jessica che si buttò a capofitto sull'ombra maneggiando una sciabola di pietra azzurra. Al contatto dell'arma, una luce intensa e accecante bruciò la figura misteriosa, che scomparve con un terribile gemito che fece raggelare il sangue ai presenti.

Fuya e Michael riuscirono a smuovere Rio, portandola sul divano. L'astrale corse da un Thomas paonazzo e impietrito.

«Cosa è successo?» domandò la donna, mentre fasciava il braccio del giovane.

«Stavo dormendo, Fiocco di Neve mi ha svegliato graffiandomi e ho visto quell'ombra cercare di portare via Rio. Ho provato a fermarlo, ma qualcosa mi ha immobilizzato. Ho urlato per chiamarli e sono arrivati conciati in quel modo» rispose indicando i due ragazzi in armatura.

«Stavamo giocando in cantina e siamo corsi subito. Jessica come sei…» disse Fuya, venendo poi interrotto dall'americana.

«Ispezionavo il perimetro della villa, non lascio mai Rio da sola. Il gatto mi ha chiamato, quell'ombra non l'ho vista entrare.»

Detto ciò, i due ragazzi in armatura si cambiarono alla velocità della luce e portarono Four in ospedale, mentre Jessica rimase alla villa per vegliare sull'amica.

«Puoi aprire gli occhi, se ne sono andati» disse l'astrale dando un buffetto affettuoso sulla guancia dell'amica.

«Fingermi priva di sensi mi riesce bene» rispose mettendosi a sedere.

«Lo sapevo che avrebbe attaccato, Vector è impaziente» affermò Jeiha, trasformandosi.

«Questo gioca a nostro favore, sta commettendo degli errori. Per fortuna che ho sempre con me la mia sciabola di astralite.»

«Mi ha preso di mira perché pensa sia la più debole, soprattutto con la sentenza che mi ha dato l'ospedale. Si è sparsa la voce, sicuramente Yuma non ha saputo tenere la bocca chiusa.»

«Bene, dobbiamo farlo uscire allo scoperto. Alla fine siamo riuscite ad attuare il piano programmato per ieri, un po' in ritardo ma ha funzionato. Ottima pensata Jessica.»

Jeiha prese la forma da gatto giusto in tempo. Infatti aveva fatto scattare il sistema di allarme per avvertire Chris e Byron, il primo si era precipitato in ospedale dopo la chiamata dei fratelli e il secondo era corso subito alla villa. Si accertò personalmente delle condizioni di Rio, e quest'ultima non poteva fare a meno di notare l'interesse dello scienziato nei suoi confronti.

E ricordò qualcosa di molto importante…

 

Adorava le bambole, erano così belle e portavano dei vestiti così eleganti. Ogni volta che poteva si fermava ad osservare le vetrine dei negozi che le avevano esposte. Quel pomeriggio una anziana signora, proprietaria di un negozio di antiquariato, la invitò a vedere la sua collezione. Si trattava di antiche bambole di pezza cucite da mani esperte, le più belle che avesse mai visto. Pregò sua madre di comprarne una, così tornò felicemente a casa con Gwen, la sacra ricamatrice. Non era un caso che la bambina avesse scelto proprio lei: aveva la pelle candida, i capelli azzurri e gli occhi rossi, proprio come lei. Inoltre incarnava il suo sogno, diventare una sarta esperta e cucirsi gli abiti meravigliosi che ammirava sulle bambole.

Appena tornata a casa, corse subito da suo padre e suo fratello per mostrare la sua nuova amica. La adorava, le si leggeva negli occhi e nelle sue parole. La bambina si sedette sul tappeto davanti al camino, era inverno e la neve imbiancava la città. Sua madre la osservava giocare allegramente con la bambola, ma mai si sarebbe aspettata di vedere quello che successe dopo.

 

 

 

 

Capitolo 32 - La villa dei misteri, non quella di Pompei però XD

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Capitolo 33

 

Inizialmente pensava di averlo immaginato, era troppo assurdo per essere vero. La fantasia di sua figlia doveva averla suggestionata.

Le bambole non parlano! Si disse decisa, ma quella voce che aveva sentito non era di sua figlia. Forse stava modulando la voce, ma era troppo piccola per riuscire in un'impresa del genere. Aveva solo quattro anni compiuti da poco e una fervida immaginazione, davvero contagiosa.

Però la bambola parlò di nuovo, questa volta muovendo la bocca. La madre, preoccupata, si sedette accanto alla figlia e vide qualcosa che la lasciò di stucco. Gwen saltò giù dalle gambe di sua figlia e si presentò alla signora facendo una riverenza.

«Salve, sono Gwen, la sacra ricamatrice. È davvero un piacere fare la vostra conoscenza» si presentò allegramente.

«Ciao Gwen, io mi chiamo Rio» rispose la bambina sorridendo.

La signora Kamishiro, chiamò suo marito alla svelta, sperando che quello fosse solo un brutto sogno. Ma l'espressione dell'uomo la convinse che era tutto reale. Il signor Kamishiro corse subito al telefono di casa e compose alla svelta un numero. Porse la cornetta al suo orecchio e parlò con qualcuno all'altro capo, di cui si fidava ciecamente.

Dopo un ora di tempo, in cui Eichi mise a letto suo figlio Ryoga, all'oscuro della situazione, e Reiko che non perse di vista Rio, qualcuno bussò alla porta. Il signor Kamishiro fece accomodare un uomo alto e robusto, dai capelli biondi legati in una treccia, abbigliato in modo strano.

«Grazie mille di essere venuto Byron, non sapevo chi altro chiamare. La bambola parla e si muove come una persona reale.»

L'ospite saltò i convenevoli e si chinò verso la bambina, che chiacchierava allegramente con Gwen. Lei non si accorse subito della nuova presenza, silenziosa osservatrice della situazione. Reiko chiese a suo marito delle spiegazioni, preoccupata per la sorte della figlia.

«Sta tranquilla, Byron è uno scienziato esperto in misteri del genere. Mi fido di lui, sa quello che fa. Dobbiamo scoprire cosa sta succedendo e proteggere nostra figlia.»

Rio finalmente notò il signore che la osservava a debita distanza, e ricambiò gli sguardi curiosi. Gwen, invece, si presentò come aveva fatto in precedenza. Byron si avvicinò alla bambina, prendendo posto sul tappeto.

«Ciao, mi chiamo Byron. Sono uno scienziato, il mio lavoro è studiare fenomeni insoliti. Gwen, potresti dirmi per piacere come mai sei viva? Le bambole non dovrebbero avere una propria coscienza.»

«È stata la mia nuova padrona a darmi la vita. Non so dirle come è successo, so solo che è successo.»

«Io? Ma non ho fatto niente, ho solo pensato che sarebbe bello se tu eri viva.»

«Molto interessante. Rio ti capitano cose strane ultimamente? Ti succedono cose che non sai spiegare?»

«Si, per esempio mio fratello un giorno mi ha fatto arrabbiare e allora ho sbattuto il piede per terra e il pavimento si è ghiacciato, Ryoga è scivolato. O anche quando questa estate ero sulla spiaggia a fare i castelli di sabbia con papà, le onde del mare lo distruggevano sempre, così ho detto al mare di non farlo e sono scomparse le onde.»

«Ne hai mai parlato con qualcuno oltre a me?»

«No, nessuno mi avrebbe creduto. Mi accadono da quando sono nata credo, non sempre però.»

«Capisco. C'è uno schema in tutto ciò. Le situazioni che mi hai raccontato sono legate a specifiche emozioni che provavi in quei momenti, rabbia e in questo momento felicità. Ti andrebbe di fare qualche esperimento insieme?»

«Si, che bello.»

Byron fece sedere la bambina su una sedia e le bendò gli occhi con il suo foulard bianco. Reiko prese carta e penna per segnare tutto quello che sarebbe successo, mentre suo marito decise di disegnare quello che i loro occhi avrebbero visto. Lo scienziato si posizionò dietro la bambina e iniziò a sussurrare vari scenari in cui Rio avrebbe provato rabbia. I primi tentativi fallirono, al quinto Rio strinse fortemente la sedia tra le dita e quella si congelò all'istante.

Byron si allontanò per precauzione e i genitori guardarono la scena increduli. La loro bambina era speciale, ma questo non era sempre un bene.

Da allora lo scienziato fece visite regolari alla villa dei Kamishiro, cercando di scoprire la causa di quel dono assai insolito. Ma alla tragica morte dei genitori della bambina, avvenuta qualche anno dopo, interruppe misteriosamente gli incontri…

 

«Rio tutto bene? Ti sei incantata di nuovo» disse Jessica, riportandola alla realtà.

Merag sbatté un paio di volte le palpebre, concentrando lo sguardo su Byron.

«Perché alla morte dei miei genitori non è più venuto?»

Tron si sorprese a quella domanda improvvisa, ma sorrise constatando che la sua memoria stava tornando un po' per volta.

«Tua zia Mariko era a conoscenza dei nostri incontri, e più che d'accordo a continuarli. Però fui costretto ad allontanarmi, ricevetti delle minacce da parte di un gruppo misterioso. Si faceva chiamare La Cerchia dei Mille… Uccisero mia moglie. Mandai in collegio Thomas e Michael per proteggerli mentre io e Chris iniziammo ad indagare, così sono venuto a conoscenza dei Mondi Paralleli. Il resto lo conosci.»

«Mi dispiace.»

«Non è colpa tua. Ora come ti senti, stai bene?»

«Si, grazie per tutto.»

Byron prese scopa e paletta per rimuovere i frammenti di vetro sul pavimento, mentre Rio si fece accompagnare nel bagno da Jessica e il gatto.

«La Cerchia dei Mille, ho sentito bene?» sussurrò Merag a Jeiha, che per precauzione rimase nella forma animale.

«Si, credevo che fosse stata sconfitta definitivamente» rispose allarmata.

«Scusate, chi sono questi?» domandò Jessica.

«Un gruppo al servizio di Don Thousand, sono peggio delle belve selvatiche. Godono della sofferenza altrui, adorano incutere terrore e distruggere ogni cosa o persona che hanno di fronte. Odiavano mio fratello perché aveva sconfitto il loro dio, ripristinato l'ordine e la pace su Barian. Spero tanto che Vector non sia caduto così in basso da allearsi con loro.»

«Ma perché prendere di mira Rio Kamishiro?»

«Meglio discuterne stasera al solito posto.»

Uscirono dal bagno, trovando i fratelli Arclight nel salone con Fuya. Thomas aveva il braccio fasciato e già pieno di scritte e disegni.

«Stai bene?» le chiese preoccupato.

«Si. È stato come un lungo sonno, nulla di grave. Come va il braccio?»

«Niente di rotto, devo stare a riposo e si sistema tutto. Vuoi autografarmi il braccio anche tu?»

Merag prese una penna colorata dalla borsa e gli disegnò dei cuoricini rossi intorno al nome di Rio, scritto in blu. Four arrossì senza fare commenti, coprendosi il volto con la folta chioma di capelli.

Salutò le ragazze, che tornarono al complesso in auto. Jessica guidava fischiettando allegramente.

«Cos'è tutta questa gioia?» domandò Merag al suo fianco.

«Sento amore nell'aria, chissà quando Cupido scaglierà la sua freccia decisiva.»

«No. Decisamente no. Ho già troppi problemi, non voglio altri pensieri per la testa. E poi Thomas è interessato a Rio, non Merag.»

«Dimentichi un dettaglio, siete la stessa persona.»

«Non ne siamo sicure al cento per cento, non voglio illuderlo.»

Arrivate al complesso le loro strade si divisero. Merag tornò al suo appartamento, trovando zia Mariko e Ryoga cucinare insieme. Non era la prima volta che li vedeva così tranquilli, il fratello era all'oscuro degli avvenimenti successi alla villa Arclight e Merag non voleva dargli altre preoccupazioni. Apparecchiò la tavola ripensando alla conversazione avuta in auto. Non poteva innamorarsi, non ora che inconsapevolmente aveva creato un disastro interplanetario.

E più il tempo passava, più sentiva la mancanza degli imperatori.

 

 

 

 

Capitolo 33 - L'autore ha trovato una spiegazione macabra alla mancanza della signora Archlight

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Capitolo 34

 

Non solo Merag sentiva la mancanza degli imperatori, anche loro avvertivano il vuoto che lei, e forse Nash, lasciarono nei loro cuori. Arito e Girag avevano anche altri pensieri per la testa, il loro amato Grigio stava male e si rifiutava di ammetterlo.

«Dovremmo fare qualche ricerca in biblioteca» propose il più robusto, mentre sollevava due enormi cristalli grezzi.

«Si, il custode può darci qualche libro sulle malattie e confrontare i suoi sintomi» rispose l'altro spostando una carriola piena del materiale rosso.

I due imperatori mettevano sempre a disposizione la loro forza per aiutare gli abitanti. Quella mattina Durbe accolse a palazzo un uomo saggio molto stimato, capo dei lavori pubblici. Gli propose un nuovo progetto per vari siti culturali, dove gli abitanti potrebbero riunirsi e studiare la storia antica attraverso delle sculture di cristallo. L'imperatore accettò volentieri e la voce raggiunse anche i due forzuti, che subito si misero all'opera.

«Adoro i lavori pubblici, sono un'ottima fonte di allenamento e sono utili a tutti» disse Arito, portando il carico ad uno dei lavoratori.

«Merag avrebbe adorato questo progetto»  rispose Girag rattristandosi.

«Si, manca molto anche a me. In fondo è grazie a lei che siamo diventati imperatori, ha visto in noi qualcosa di speciale.»

«Secondo te è… morta?»

«Chi può dirlo, sicuro mi dispiace più per lei che per Nash. Era diventato insopportabile.»

Girag lo zittì con una forte pacca sulla spalla. Si guardò attentamente intorno, constatando fortunatamente che nessuno aveva sentito quella affermazione.

«Ma sei matto? Regola numero uno, mai parlare male di quella persona davanti alla gente. Sai come si irritano, hanno costruito in suo onore una statua alta cento me al centro della città.»

«E niente per Merag… Scusami, solo che dopo quello che ha fatto a Jeiha. È stato davvero crudele. E non lo dico perché avevo una cotta per lei, sia chiaro.»

I due imperatori tornarono a lavorare, cercando di tenere la mente occupata per evitare brutti pensieri.

Nel frattempo, nella torre più alta del palazzo reale, Durbe sonnecchiava tranquillo con la testa appoggiata sul tavolo. Ultimamente gli capitava spesso di addormentarsi mentre lavorava alle sue ricerche, essere arrivato ad un punto morto gli faceva questo strano effetto.

Qualcuno bussò alla porta, facendolo saltare e cadere all'indietro dallo sgabello di cristallo. Sentendo l'urto, la persone oltre la porta si allarmò.

«Padre tutto bene?» domandò Patrishka.

«Si, non ti preoccupare» rispose alzandosi.

Riprese le sue sembianze da bariano e uscì dalla stanza alla velocità della luce, chiudendola subito.

«Ma si può sapere cosa ci tieni lì dentro?»

«Niente di importante. Ti serve qualcosa?»

«Non vedi tua figlia da un mese e questo mi chiedi?»

«Ti conosco troppo bene, vieni da me solo per tue esigenze. Non per salutarmi e sapere come sto.»

«Ovviamente, sai sempre tutto.»

Durbe condusse la figlia nelle sue stanze, accomodandosi con lei sul letto. Si poggiò alla testiera e chiuse gli occhi, preparandosi mentalmente ad una richiesta tanto assurda che, sicuramente, proveniva da Vector.

«Ti ricordi quel libro che mi hai regalato?»

«Diversivi e meccanismi di difesa Volume I, ti è stato utile?»

«Si, soprattutto le tue note invisibili. Ma non è questo il punto… Vector me l'ha rubato, non l'ho visto mentre lo faceva, ma è stato sicuramente lui.»

«Perché avrebbe dovuto, non lavorate insieme?»

«Non sono più sicura che sia quello che voglio, la vita tra gli umani è noiosa e non stiamo facendo per niente progressi. Vector si comporta come un bambino capriccioso e permaloso. Me lo ricordavo diverso.»

«Tutti lo ricordiamo diverso. Tra noi è quello che ha sofferto di più alla scomparsa di Merag, da allora è diventato così… così fanatico? Maniaco del potere.»

«Già, però c'è qualcosa in me che mi impedisce di lasciarlo andare… Vorrei solo riavere il libro, tutto qui.»

«Va bene, ci penso io» concluse il Grigio, dandole una carezza sui capelli.

Uscì dalla stanza con passo pesante, solo allora Patrishka notò che zoppicava dal lato sinistro. Lo seguì fuori con una punta di preoccupazione, ma era come scomparso nel nulla. Vagò per i corridori, sperando di trovarlo, ma l'unico che incrociò fu un Mizael nervoso ed evasivo.

«Ciao zietto, come va col drago?»

«Non chiamarmi in quel modo» rispose il biondo con arroganza.

«Va bene, Mizael. Sei più nervoso del solito, ma...»

«Torna a fare la bambina con quel decelebrato, ho cose più importanti a cui pensare» concluse andandosene.

«Tu sai qualcosa su mio padre, e come figlia anche io ho il diritto di sapere. Quindi, non te ne vai finché non mi dici tutto» disse Patrishka, bloccandogli la strada.

L'imperatore provò a spostarla, senza farle del male, ma la ragazza non si mosse di un centimetro. Questo atteggiamento lo fece innervosire ancora di più, allora si voltò e tornò indietro a passo svelto. Patrishka lo raggiunse subito, parandogli nuovamente la strada.

«Si vede proprio che ti ha cresciuto» disse rassegnandosi.

«Allora?»

«Non qui, seguimi in silenzio.»

Mizael condusse la ragazza fuori dal Palazzo Reale, teletrasportandoli a pochi metri dal Fossato Dimenticato1. Si trattava di un enorme buco in una piana di cristallo, molto lontano dal centro abitato. Quel posto non veniva considerato proibito, ma gli abitanti avevano imparato a non avvicinarsi per il rischio di cadere. Impossibile fu la costruzione di recinzioni, per motivi sconosciuti. Così da semplice fossato, divenne il Fossato Dimenticato perché nessuno era così folle da avvicinarsi a quel vuoto oscuro, tanto da rimuoverlo dalla memoria comune.

«Perché siamo qui?»

«Così nessuno ascolta. Per farla breve, tuo padre ha preso una decisione secoli fa ed ora ne sta pagando le conseguenze. Contenta?» disse sbrigativo.

«Per niente, ho detto che voglio sapere tutto» rispose Patrishka incrociando le braccia

«Allora chiedilo a lui.»

«Lo sto chiedendo a te.»

«Seccatrice… Uff. Successe tutto prima che diventassimo imperatori, sai che siamo cresciuti insieme?»

«Si, mi ha accennato qualcosa. Tua madre conosceva la nonna, siete nati a distanza di pochi anni l'uno dall'altro. Ma cosa c'entra?»

«C'entra che Durbe ed io siamo cresciuti come fratelli, e questa suo affetto nei miei confronti l'ha portato a fare quella scelta… Per salvarmi la vita. Se sono qui davanti a te è merito suo.»

A quella rivelazione, la bariana rimase immobile a fissarlo. Ora capiva molte cose, ma allo stesso tempo si creavano nella sua testa numerosi quesiti che l'imperatore non avrebbe messo a tacere. Infatti, aprì nuovamente il portale e si ritrovarono alle porte del Palazzo Reale.

«Che ti sia molto, molto, molto chiaro: non rivelare nulla a quel decelebrato» concluse prendendo la strada per il centro abitato.

Patrishka rientrò nel palazzo, meditando sulle parole appena udite. Si era sempre chiesta la natura del legame tra Durbe e Mizael, mai avrebbe pensato qualcosa di così profondo e duraturo. Quando il Grigio l'accolse nella sua famiglia, era da poco stato nominato imperatore. Quelle mura rappresentavano la sua casa, gli imperatori i suoi zietti. In profondità si celavano misteri nascosti, risalenti a prima del titolo. Era questo il motivo per cui non aveva trovato nessuno scheletro nell'armadio, perché le sue indagini si fermavano alla vita da imperatore, quella che avevano vissuto insieme.

Ora si sentiva in colpa per aver mentito al padre riguardo il libro. Vector le aveva chiesto di trovare un pretesto per avvicinare il Grigio, di fare in modo che fosse lui a volerlo incontrare. Così quell'idea banale, ma consapevole che sarebbe stata una situazione realistica. Corse per i corridori preoccupata, doveva assolutamente scoprire cosa avesse in mente Vector. Si fermò quando sentì la sua voce nella sala del trono, dalla porta leggermente aperta lo vide insieme al padre.

«Il libro di Patrishka? Si, l'ho preso in prestito senza chiederlo. È così grave da mandare papino arrabbiato?»

«Sono qui perché lo voglio indietro, tutto qui.»

«Che peccato, è stata una lettura davvero noiosa. Prendilo pure» disse lanciandolo con una risata.

Durbe aspettò che cadesse sul pavimento, prima di raccoglierlo. Allora l'altro notò con interesse il suo zoppicare. Attese qualcosa che non successe, dedusse Patrishka dall'espressione delusa dei suoi occhi.

«Dovresti avere più cura di chi è dalla tua parte» concluse il Grigio, uscendo dalla sala.

«Ricordami di non prestarti più niente. Spero che avete ricavato qualcosa di utile da questa conversazione, non sei per niente convincente» disse alla figlia allontanandosi.

Ritornato nella sua torre, sistemò il libro accanto ai volumi della stessa collana. Passò la sua mano pallida sulla copertina, domandandosi cosa avesse sbagliato con lei.

Di tutto, il ruolo di padre era quello più difficile.

 

 

 

1È il fossato dove Vector lancia Merag, e Nash si butta come uno stupido. Per dinci, spingevi lui invece di pseudo-suicidarti. Uh, un altro what if, che nessuno mi rubi l'idea, ne pretendo i diritti XD

 

Capitolo 34 - Durbe sempre in mezzo, questo povero bariano non ha mai pace.

 

 

 

Note autore:

Non sono deceduta per fortuna, ho avuto problemi con il computer e amazon ci ha messo un mese per spedirmi il pezzo di ricambio. Riprenderò il ritmo di aggiornamento che avevo prima, tanto questa fase 1 l'ho già scritta tutta.

:D

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35

 

Yuma sonnecchiava tranquillo sulla sua amaca, con la testa poggiata sulla spalla di Astral. Ogni occasione si mostrava buona per approfittare di quel contatto tanto atteso, entrambi insicuri della sua durata. L'astrale gli volgeva sguardi pieni di affetto, avvertendo un forte calore alle gote. Se fosse stato umano, da azzurre sarebbero diventate rosse. I sentimenti che provavano l'uno per l'altro si stavano  rafforzando, o forse evolvendo. Ma ancora acerbi ed inesplorati, nascosti tra dubbi e paure.

Dopo l'attacco del misterioso bariano Vector, i due amici non riuscivano più a parlare di altro. Lo spirito fallì nel tenergli nascosta la voglia di estrapolare le informazioni sui luoghi sconosciuti, dove sicuramente si trovavano delle carte numero, ricevendo il suo appoggio.

«Astral hai il respiro pesante, non l'avevo mai notato» disse Yuma in uno stato di torpore.

«La consistenza dell'atmosfera sulla Terra è più densa rispetto al mondo astrale» rispose sottovoce.

«Che strano, non ci avevo mai pensato. La Terra non somiglia per niente al tuo pianeta, vero?»

«Si, funziona tutto in modo diverso. Ripensando al discorso di tua nonna, da noi i rapporti tra lo stesso sesso sono sempre stati normali. E anche il governo, abbiamo un unico imperatore che amministra i sudditi con l'aiuto della custode.»

«E come fanno in due ad occuparsi di tutto?»

«Non è poi così difficile. Gli astrali sono tranquilli e per niente esigenti, ci aiutiamo a vicenda.»

«Sembra un paradiso» concluse Yuma riaddormentandosi.

Astral chiuse gli occhi, consapevole che il sonno non sarebbe mai arrivato. Ma quel piccolo gesto lo rendeva più vicino al suo caro amico.

Il mattino seguente, il campione si svegliò di soprassalto a causa delle urla di Akari. La sorella sbucò dal buco sul pavimento con il tipico sguardo serio.

«Un tuo amico insiste per vederti, dice di chiamarsi Rei.»

Yuma si tolse il pigiama e scese le scale sbadigliando. Si accomodò sul divano e ascoltò le preoccupazioni ragazzo mentre faceva colazione.

«Sta tranquillo, so badare a me stesso. Quell'alieno non ha chance contro me. Promettimi che non farai scelte avventate per difendermi, non voglio che ti metti in pericolo.»

«Si, certo. Fai attenzione però. Ti ho cercato ieri, ma non eri in casa.»

«Ero uscito con due miei amici.»

Rei stritolò Yuma, sorprendendo il campione che non si aspettava la sua forza muscolare. Salutò gentilmente la famiglia Tsukumo per l'ospitalità improvvisa e scomparve dietro un vicolo.

Nell'ombra di un palazzo a qualche isolato, arrestò la sua corsa e si accertò che non ci fossero occhi e orecchie indiscrete. Allora aprì un portale da cui uscirono uomini e donne, tutti con il tatuaggio indistinguibile della Cerchia dei Mille.

«È il momento di attuare il piano, sapete cosa fare. Ho preparato tutto l'occorrente, andate in questo posto e troverete tutto ciò che vi serve» disse maligno, consegnando loro delle coordinate.

Il gruppo scomparve nelle ombre di quella giornata afosa, pronto a riconquistare la vecchia gloria.

 

Nel frattempo alla torre di Heartland, gli scienziati con Jessica continuavano le ricerche sulle rovine dei numeri con scarsi risultati. L'unica soluzione decente sembrava quella di andare di persona in quei luoghi, ma la minaccia di Vector li impediva di fare il grande passo. L'astrale allora mise in mezzo l'argomento Natasha Evans, sia per sua curiosità, sia a causa delle richieste incessanti di Merag.

«Siamo ad un punto morto da tempo» disse Faker sconcertato.

«I suoi documenti della NASA sono secretati, all'epoca non disponevano della tecnologia e delle conoscenze attuali per trovare le persone. Anche se sospetto che l'FBI fosse più interessata a nasconderne le tracce» continuò Byron.

«Perché vi interessa? Se posso chiedere.»

«Ci sono alcuni dubbi che solo lei può districare» rispose tagliando corto Kaito.

Al giovane non piaceva la presenza di Jessica, era fin troppo curiosa per i suoi gusti. Cercava di non perderla d'occhio neanche per un secondo, alle volte richiamato da Chris perché si comportava da paranoico e la fissava senza sbattere le palpebre.

Quest'ultimo, invece, trovava la donna interessante, soprattutto per la richiesta del padre riguardo Rio Kamishiro. Jessica era la persona più vicina a lei, qualcuno di cui si fidava più della famiglia e dei medici per farsi aiutare. Voleva scoprire il segreto del suo successo così come Faker e Byron.

«Forse non vuole essere trovata, anche se dubito sia ancora viva» concluse la donna.

Tornarono a lavorare silenziosamente, ognuno su uno dei luoghi trovati dal radar. Jessica mandò un messaggio a Merag, chiedendole delle informazioni su Roma, la città su cui stava lavorando.

Roma? Era una bella città quando l'ho visitata ai tempi dell'impero Romano. Ho assistito a vari incontri tra i gladiatori nel Colosseo, mi sarebbe piaciuto partecipare.

L'astrale sbuffò, massaggiandosi le tempie. Sapere che l'aveva visitata non le serviva a niente. Mentre posava il telefono nella borsa, le venne l'illuminazione.

«Signori su cosa si concentrano le vostre ricerche?» domandò impilando i vari documenti.

«Sulle città… Hai un idea migliore?» disse Kaito freddamente.

«Forse. Allora io mi sto occupando di Roma, tu di Londra e una possibile isola di Camelot, Chris di San Pietroburgo, Byron di Washington e Faker di Pechino. Se invece di concentrarci sulla città in data odierna, le studiamo partendo dalle loro origini?»

«Perché i numeri sono comparsi con Astral, che è venuto sulla Terra in questo anno?»

«E allora, signor so tutto io, perché il radar indicava come ubicazione delle rovine non specificate? Per esempio Roma, la prima cosa che ti viene in mente è il Colosseo come rovina.»

«Kaito, il discorso di Jessica ha un filo logico percorribile. Non ci costa niente verificare visto che siamo in alto mare» rispose Faker mettendosi subito all'opera.

Byron chiamò la direttrice della biblioteca pubblica, sua cara amica, per farsi mandare tutti i volumi riguardanti le varie città. E in battito di ciglia si ritrovarono a sfogliare pagine su pagine, con la raccomandazione di trattarli con cura.

Jessica quasi si strozzò vedendo un libro sulla divinazione tra le mani di Kaito. Sicura che non provenisse da quelli ricevuti, le parve di intravedere la calligrafia di Spada Rosa, che ormai conosceva come i palmi delle sue mani a causa di Merag.

«Divinazione? Credevo fossi un tipo di logica» disse per giustificare la sua reazione, non passata inosservata.

«Sei troppo chiacchierona per i miei gusti.»

«Allora la prossima volta non ti sistemi alla scrivania di fronte la mia.»

«Sembrate una coppia sposata» osservò Byron ridacchiando.

Faker accennò un sorriso da dietro i documenti, tornando subito serio.

«Mi dispiace interrompervi, ho delle novità. Byron non mi linciare, ma nell'agenda di Kazuma ho trovato questo» disse mostrando ai compagni la sua scoperta.

Di nascosto stava leggendo l'agenda dell'archeologo, nonostante avesse deciso di comune accordo con il partner scienziato di non farlo. In una pagina erano elencati proprio quei luoghi con degli appunti stravaganti.

Roma I d.C. - 2 anime coraggiose 2 innovative

Camelot VI d.C. - 2 anime nobili 2 innamorate

Londra 1300 d.C - 2 anime unite 1 guardiana

Pechino 1600 d.C - 2 anime gentili

San Pietroburgo 1916 d.C. - 2 anime gemelle 1 altruista

Washington 1960 d.C - 2 anime intelligenti

«Kazuma, non ti smentisci mai» disse Jessica, trascrivendo gli appunti.

«Cosa potranno mai significare? Anime, date… Non ci sto capendo più niente» sbuffò Kaito, innervosito.

In quell'istante, la porta del laboratorio si aprì ed entrò Orbital con Haruto. Il bambino corse tra le braccia del padre, sorridendo allegramente.

«Padre ho avuto un'altra visione, questa volta la ricordo. Natasha mi ha parlato, dice che quando sarà il momento giusto verrà qui a sciogliere ogni dubbio. Però è stato molto strano, era identica alla fotografia, con i capelli biondi e gli occhi azzurri.  E aveva uno strano accento, come quello di Jessica.»

«Vi conoscete?» domandò Faker sorpreso.

«Devo ancora familiarizzare con questi lunghi corridoi, mi ha aiutato a trovare il laboratorio» rispose con una risata.

In realtà quella mattina stava curiosando in posti in cui non aveva l'accesso e Haruto l'aveva colta sul fatto. Passando molto tempo con Merag, le risultava facile imitare i suoi atteggiamenti smemorati e fingersi persa, così lo convinse a non dire niente a nessuno.

«Tornando sulle cose importanti, Natasha Evans non dovrebbe essere invecchiata?» domandò Kaito più confuso di prima.

«Haruto ha letteralmente avuto una visione e questo è quello che ti preoccupa di più?» rispose Chris alzando un sopracciglio.

«Ragazzi calma. Al momento tutte queste domande non hanno una risposta, dobbiamo concentrarci sulle poche certezze che abbiamo. Sei luoghi da studiare, iniziamo dagli appunti di Kazuma ed espandiamoci nella direzione in cui ci portano» disse risoluto Byron.

«Giusto, meglio ragionarci a mente fresca domani mattina. Arrivederci» concluse Jessica.

Mentre guidava verso il complesso, pensò alla sua amica bariana e si lasciò trasportare dai suoi pensieri.

«Perché questi sei luoghi sono così importanti per te, cosa speri di trovarci se ci andiamo? Non ti capisco. Perché hai inventato questa scusa delle carte numero… In cosa mi sono cacciata, non potevo semplicemente farmi i fatti miei e presentarmi a casa di Yuma per parlare con Astral?»

 

 

 

 

 

Capitolo 35 - Jessica, questa domanda se la stanno facendo tutti

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36

 

«Allora? Vuoi stare lì a fissare quelle scritte per tutto il pomeriggio?» chiese innervosita Jessica, sprofondando sempre di più sul divano.

Merag sedeva al suo fianco a gambe incrociate, con un foulard rosso tra i capelli. In mano reggeva gli appunti dell'amica sulle ricerche che svolgeva insieme agli scienziati nella torre di Heartland. Si soffermò sulle trascrizioni di Kazuma Tsukumo, rimandendo immobile per più di mezz'ora.

«Come ci è arrivato?» domandò ad un certo punto, ricevendo un occhiataccia come risposta.

«Uff, va bene. Te lo dico. Preferivo di no, ma a quanto pare sembra importante. Sono stata sei volte sulla Terra, prima di ora, una in ognuno di quei luoghi. Non so perché, ma sento che lì si celano le risposte a quello che mi è successo. Per questo ho inventato la farsa delle carte numero, non posso andare lì senza motivo. Non ho i mezzi, tu non ti puoi teletrasportare… Ecco. Nissa mi ha detto di fidarmi del mio istinto ed è quello che voglio fare.»

«Quindi mi hai fornito la scusa per spiare gli scienziati, anche per Natasha.»

«Si, scusami. Avrei dovuto dirtelo, ma pensavo che mi avresti preso per pazza.»

Jessica stritolò la bariana in un abbraccio, quasi soffocandola con il suo seno prosperoso. Merag ormai ci aveva fatto l'abitudine, e un po' le piacevano quelle dimostrazioni esagerate di affetto. L'astrale si ricompose, tornando seria. Ripensò alla sua vecchia visita sulla Terra, quando aveva conosciuto i coniugi Tsukumo. In loro vide qualcosa di speciale, e in certi versi sembrava che sapessero più di quanto dovrebbero.

«Non sai a cosa si riferiscono quelle cose sulle anime?»

«Ho conosciuto degli umani a cui mi sono affezionata. Gli appunti potrebbero coincidere con i loro caratteri, ma non ne sono sicura. È passato troppo tempo; ed è alquanto inquietante che il padre di Yuma sappia le date dei miei viaggi.»

«La faccenda si fa interessante.»

«Ma se Kazuma si occupava delle carte numero, forse in quei luoghi ci sono veramente. In fondo lo hai detto stesso tu che i numeri non sono legati ad Astral, ma alla vostra custode.»

«Si, mia sorella Imotek. Solo la sua magia può averle create, e forse proprio Astral è una sua creazione. Per questo solo lui può aiutarmi, la custode è l'astrale più potente di tutti, perfino del nostro imperatore.»

«Il mondo astrale è pieno di sorprese, come Barian.»

Merag salutò Jessica e tornò nel suo appartamento. La zia l'aveva convinta a fare un altro controllo dal ginecologo, visto che quella settimana il ciclo aveva bussato alla sua porta inaspettatamente. Insieme si diressero allo studio, e nella sala di attesa incontrarono Tori. Quest'ultima si sorprende della loro presenza, soprattutto conoscendo l'astio dell'amica nei confronti dei medici. Mariko si allontanò con una scusa, sicura che le due non avrebbero conversato in sua presenza.

«Cosa ti porta?» domandò curiosa Rio.

«Mio padre lavora qui, mi ha chiesto di portargli dei documenti che ha dimenticato. Tu invece?»

«Le mie ovaie mi odiano, ci mancava solo questa alla mia condanna a morte.»

«Non devi essere pessimista, vedrai che tutto si sistemerà per il meglio.»

«Sperare non porta da nessuna parte.»

La porta dello studio si aprì e un signore di mezza età con il camice chiamò il nome di Rio. Tori lo guardò sorridente e gli consegnò un raccoglitore rosso, salutando l'amica con un abbraccio. Merag si accomodò nello studio e solo allora notò che il ginecologo aveva lo stesso cognome dell'amica. Zia Mariko iniziò a parlare alla velocità della luce, spiegando senza tralasciare nessun dettaglio quello che era successo negli ultimi giorni.

«Signora si calmi. Ora visito sua nipote e troveremo una soluzione.»

Detto ciò Merag si stese sul lettino e il medico le fece un'ecografia. Per tutto il tempo tenne un'espressione sorpresa e mugugnava termini tecnici incomprensibili.

«Non riesco a crederci. Solo poco tempo fa le tue ovaie sembravano delle uova dal guscio rotto ed ora sono perfettamente intatte. È incredibile, non ho mai visto un recupero così rapido senza l'uso di medicinali.»

«Ok, quindi sta dicendo che è tutto ok?» domandò confusa zia Mariko.

«Si, signora, è tutto perfetto. Rio come ti senti? Provi qualche dolore?»

«Sto bene, molto confusa, ma bene. Nessun dolore da quando sono uscita dall'ospedale.»

Il ginecologo le congedò, ancora sorpreso e spaesato. Stessa cosa Merag e Mariko che, durante il tragitto in auto per tornare al complesso, non avevano spiccato parola. Una volta tornate l'appartamento, Rio si chiuse in camera per leggere gli appunti di Natasha. Non riusciva a capire come fossero finiti dietro il suo armadio, e sperava di trovare un modo per rintracciare il bunker sotterraneo. Era stranamente ottimista su di esso, in fondo se lei non riusciva ancora a trovarlo, le probabilità che venisse scoperto da qualche umano erano davvero minime.

Peccato che due sue conoscenze lo avevano scoperto nel modo più assurdo possibile…

 

Kaito trovava veramente stupida l'idea di Chris, ma non aveva il coraggio di rivelarglielo. Da poco terminato il Carnevale Mondiale di duelli, i due stavano riparando il legame spezzato dai spiacevoli eventi. Ma mai si sarebbe sognato che l'amico lo conducesse nella foresta infestata, affermando che degli esploratori temerari si imbatterono in una strega.

«Ecco, è qui» disse Chris, fermandosi in una piccola radura che affacciava sulla scogliera.

«Allora dobbiamo stare in allerta, sia mai che sbuchi una strega da dietro un albero» rispose ironico.

«Ti ricordo che hai sfidato a duello un alieno, magari le streghe esistono realmente.»

«Si, certo. Allora uno di questi gufi ha la mia lettera per Hogwarts.»

Notte fonda, le uniche fonti di luci erano due torce che i giovani tenevano in mano. Chris avanzò lentamente, attento a non perdere nessun movimento strano o rumore fuori luogo. Poi, improvvisamente, Kaito gli si parò davanti con un lenzuolo bianco sulla testa, urlando le maledizioni senza perdono della saga di Harry Potter. Five perse l'equilibrio per lo spavento, cadendo con il sedere sul terreno.

«Non me l'aspettavo da un tipo serio come te» disse spolverando la sua lunga chioma di capelli.

«Chris, ma che hai sotto il sedere?» chiese togliendosi il lenzuolo da dosso.

Il giovane abbassò lo sguardo dove era puntata la torcia, trovando un'ampia lastra di metallo bianca proprio sul punto in cui sedeva. Si spostò cautamente, rimuovendo il terreno circostante. Di consistenza compatta, non aveva alcun tipo di maniglia per sollevarla.

«Secondo te cos'è?» domandò Five.

«Il covo delle streghe? No, seriamente dev'essere un bunker sotterraneo. Magari risale alla seconda guerra mondiale.»

«Può darsi, dobbiamo trovare un modo per aprirlo.»

Così i due ragazzi passarono ore a smanettare sulla lastra di metallo, trovando il modo per aprirla. Una volta sollevata, si ritrovarono faccia a faccia con un buco abbastanza ampio, di cui non si vedeva il fondo. Kaito lasciò cadere un sasso e quello scomparve senza fare alcun rumore.

«Allora che facciamo?» domandò curioso.

«Semplice, andiamo a dare un occhiata» rispose Chris, dandogli una pacca sulla spalla.

«Io non mi butto lì dentro.»

Senza preavviso, Chris si lanciò, scivolando per il tubo come un bambino gioioso su una giostra.

«Kaito vieni a vedere» urlò poco dopo.

Il biondo si buttò a malincuore, atterrando su una specie di campo magnetico sospeso a pochi centimetri dal pavimento. Si trovavano in un bunker futuristico, con un arredamento antiquato e una vetrata maestosa affacciata sul cielo stellato e l'oceano.

«Ma che posto è mai questo?» domandò mettendosi in piedi accanto all'amico.

«Lo scopriremo insieme.»

Così i due giovani iniziarono le loro ricerche nel bunker, trovando macchinari stravaganti e appunti indecifrabili. Avevano molto lavoro da fare e tanto entusiasmo da spendere.

Soprattutto, lo avrebbero fatto insieme. Come i loro padri.

 

 

 

 

Capitolo 36 - Merag che si arrampica sugli specchi

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37

 

In pochi giorni, la Cerchia dei Mille aveva ultimato i preparativi per il piano. Al sicuro da occhi indiscreti, in un vecchio magazzino abbandonato, aspettavano impazienti gli ordini di Vector. L'imperatore camminava avanti e indietro nella sua forma umana, nervoso.

«Quella donna, Jessica, ha un'arma in astralite. Come può un umana esserne in possesso? Dice di lavorare per il governo americano, forse dovrei fare un giro nell'area 51.»

"È più pericolosa di quella stupida mocciosa umana, atteniamoci al piano ma con più attenzione."

«Perfetto… Patrishka tu rimani qui di guardia con la squadra gialla, squadra blu con me, squadra rossa in postazione. È il momento di entrare in scena.»

I vari gruppi si separarono esaltati, attendevano da secoli di tornare all'azione più violenta e crudele. Vector indossò una camicia arancione, dei pantaloni e un gilet neri; doveva essere impeccabile per il suo appuntamento.

 

«Che ne dici?» domandò entusiasta Merag.

«È stupendo» rispose Jessica guardandosi allo specchio.

Qualche giorno prima aveva ricevuto una lettera dolcissima, scritta a mano da Rei, in cui le chiedeva un appuntamento. L'astrale ne era rimasta inizialmente sconvolta, ma subito nella sua testa si formò l'idea di sfruttare la situazione. Merag le aveva cucito un abito sarafan rosso e bianco per l'occasione, sperando che sarebbe piaciuto a Vector. Il loro piano era quello di fargli abbassare la guardia e scoprire le sue intenzioni, meglio ancora il suo piano.

«Nella coppa destra ho inserito il microchip che mi hai dato, non lo noterà. Da qui ascolterò tutto quello che dite e saprò la tua posizione in tempo reale.»

«Ok, vedi di non distruggermi l'appartamento.»

«Si, signora.»

Jessica incontrò Rei fuori dal complesso, seduto su uno scooter nero e un tenero sorriso in viso. Da quel che le aveva raccontato Merag, Vector doveva essere un tipo interessante. Ma dopo gli eventi che lo avevano coinvolto, la bariana affermava che non era più l'amico che conosceva. Quindi doveva fare la massima attenzione e non abbassare mai la guardia.

«Ciao Rei» lo salutò allegramente.

«Ciao. Sei bellissima» rispose arrossendo.

«Grazie. Allora hai un programma o lasciamo decidere al caso?»

«Ho due biglietti per una fiera fuori città» disse passandole un casco.

Insieme partirono spediti, facendo prima un giro per le strade di Heartland e al tramonto uscirono dalla città su una superstrada. Ad un bivio, Rei svoltò verso una strada sterrata tra gli alberi, senza alcuna illuminazione se non quella del mezzo. Jessica aumentò subito la sua guardia, la via era completamente isolata.

Come si aspettava, delle persone accerchiarono lo scooter, che frenò improvvisamente. Rei venne tramortito da una mazza, e lei rimase immobile come aveva programmato. Un colpo le arrivò dietro la testa, stordendola, ma ancora capace di percepire a grandi linee quel che stava succedendo. I due vennero caricati su un furgone dai vetri oscurati, legati e bendati. Jessica si toccò subito il seno con le mani, mandando un segnale a Merag, che la seguiva sulla mappa. Dopo un lungo viaggio, vennero scaricati in un posto isolato privo di rumori.

«Sbendate la donna» disse una voce alle sue spalle.

Jessica riacquistò la vista quel che bastava per vedere un enorme struttura abbandonata, una specie di magazzino con varie stanze improvvisate. Rei venne stordito una seconda volta e portato in una di esse, dietro un tendone nero.

«Perfetto, bendatela e portatela lontano da quel pel di carota. Mi occupo prima di lui» continuò con una risata malvagia.

Perse di nuovo la vista, stordita nuovamente, sollevata come un sacco di patate e trasportata nella direzione opposta al ragazzo. Una volta in contatto con il pavimento, le lanciarono contro un incantesimo che l'avrebbe addormentata, almeno così credevano. Jessica era sempre preparata a tutto, infatti aveva un percing all'ombellico con un piccolo amuleto che contrastava incantesimi del genere. Finse di prendere sonno, così il rapitore la lasciò sola.

Con estrema calma e delicatezza, si slegò e sbendò. Gattonò fino alla tenda nera e la scostò di manco un millimetro, in modo da vedere quel che stava succedendo. Così riuscì ad ascoltare la conversazione, amplificando il suo udito con un altro incantesimo. Purtroppo l'audio del chip sarebbe stato ovattato, e inoltre era troppo distante dal gruppo. Come se non bastasse, i rapitori cambiavano lingua dal giapponese al bariano.

Nel frattempo, Merag trascriveva alla velocità della luce quel che riusciva a sentire. Seduta sul pavimento innevato, la nuvola sulla sua testa le freddava i bollenti spiriti. Conosceva l'esatta posizione, sapeva con chi aveva a che fare; le sarebbe bastato prendere in prestito la moto di Shark e sfoderare i suoi poteri glaciali su Vector e i suoi scagnozzi. Riconosceva perfettamente la sua voce e quella di Patrishka, una combinazione davvero disastrosa di guai e malefatte.

Dopo una lunga discussione, le voci cessarono e Jessica si rilegò e bendò, sdraiandosi sul pavimento nella posizione in cui era stata adagiata. Mandò un secondo segnale all'amica, rassicurandole che stava bene.

Merag ricevette una chiamata dal fratello, che le diceva di raggiungerlo subito alla torre di Heartland. La bariana prese il dispositivo che stava usando e lo mise nella tasca interna della giacca, il suo zaino e rimise il bracciale al polso. Uscì dal complesso solo dopo essersi accertata che la moto di Ryoga non era in garage e corse alla torre più in fretta che potè.

Fu l'ultima ad arrivare, nel salotto in cima alla torre c'erano tutti.

«Hai della neve nei capelli» osservò Byron che si trovava proprio vicino all'ingresso della stanza.

«Cosa c'è di così urgente?»

«Due persone di nostra conoscenza sono stati rapiti dal bariano, Vector. Ci ha mandato un messaggio come l'altra volta, ha detto che noi sappiamo chi. In cambio vuole le carte numero, ci ha lasciato una palla luminosa rossa per contattarlo. La stanno esaminando in questo momento» rispose Faker.

«Jessica» disse Merag senza pensarci.

«Jessica?»

«Si, aveva un appuntamento con Rei. È da ore che sono fuori, non risponde alle chiamate o ai messaggi.»

«Ma ha il doppio della sua età» obiettò Casswell.

«Ha accettato solo per farlo felice, non è un vero appunt...»

La ragazza venne interrotta da uno strano rumore proveniente dal divano. Dal cappuccio della giacca di Four sbucò Fiocco di Neve, che saltò sulla testa del padrone.

«Da quando stava lì?» domandò.

La gatta miagolò due volte e iniziò a giocare con i capelli di Thomas, quello era uno dei segnali che Jeiha aveva accordato con Merag e Jessica.

«Tornando al rapimento, cosa facciamo? Non possiamo consegnare i numeri al bariano» chiese Yuma preoccupato.

«Forse un modo ci sarebbe. Kaito immagino ricordi il 'crea illusioni'»  rispose Five.

«Come dimenticarlo» disse il nominato con una mezza risata.

I due giovani si appartarono per discutere, sussurrando parole non udibili. Il gruppo li guardò incuriosito, soprattutto dal gesticolare indecifrabile del biondo. Dopo lunghissimi minuti, si riavvicinarono agli altri, pronti a spiegare il loro piano.

«Cos'è il 'crea illusioni'?» domandarono in coro.

«Si tratta di una specie di macchinario che abbiamo trovato tempo fa, è in grado di creare illusioni così reali da ingannare gli occhi più esperti. Chris ci è cascato» spiegò Kaito, continuando a ridere sotto i baffi.

«Ma non sappiamo se funzionerà su Vector» aggiunse Five.

«Andiamo alla cieca allora, non possiamo lasciare quei due con gli stronzi bariani» esclamò Shark.

Rio gli diede uno schiaffo sulla guancia, lasciando il segno della sua mano. Il fratello la guardò stupito, non aspettandosi una reazione così esagerata. Sentendosi gli occhi addosso, Merag deviò il suo sguardo arrabbiato sulla finestra.

«Modera il linguaggio» disse senza voltarsi.

In realtà si era sentita offesa, essendo lei stessa una bariana. Se Ryoga fosse stato veramente Nash, il suo fare di tutta l'erba un fascio non era cambiato per niente. E allora in futuro avrebbe riso a ricordargli che si era insultato da solo.

«Facendo finta che il dispositivo funzionerà, ecco il piano…»

 

 

 

 

Capitolo 37 - Zexal e l'azione come nei film polizieschi

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38

 

Dopo aver ascoltato il piano ideato da Kaito e Chris, il gruppo iniziò varie riflessioni sul da farsi.

«Potrebbe funzionare, sempre considerando che questo 'crea illusioni' abbia effetto sugli alieni» disse Byron sistemandosi il monocolo.

«Testiamolo su Astral» aggiunse Yuma entusiasta.

«Vado a prenderlo» rispose Kaito, lasciando la stanza con Orbital.

Il Club dei numeri non gradiva molto il proprio ruolo, quindi decisero di cercare qualcosa che lo rendesse eccitante.

Michael, invece, l'opposto; avrebbe fatto coppia con Fuya ed era carico al mille. Stessa cosa per il partner, che trovava nel nuovo amico una figura su cui contare ad ogni evenienza. Però a rovinare il momento intimo tra i due ci sarebbe stato Shark, al volante del furgone da dove avrebbero lavorato1.

Yuma si dispiacque che Astral non sarebbe stato con lui ad affrontare il nemico. Ma comprendeva appieno le preoccupazioni di Chris, sarebbe stato più sicuro che l'astrale e la chiave dell'imperatore rimanessero alla torre di Heartland.

Four cercava di nascondere la sua eccitazione, finalmente avrebbe dimostrato tutto il suo valore e coraggio, soprattutto a Rio che lo avrebbe affiancato. Era arrivato il momento di mostrare al mondo la sua arte della katana, passione che gli aveva trasmesso ed insegnato la madre.

I due anziani scienziati sarebbero rimasti in quella stanza, a supervisionare l'operazione e proteggere il campo base. Erano contrari al coinvolgimento di quei giovani ragazzi, ma non avrebbero potuto creare una task force in così poco tempo e tenerla all'oscuro di tutto. Allo stesso tempo, però, erano fieri dei loro figli maggiori.

Five e Kaito avrebbero avuto il ruolo più pericoloso, quello di proteggere Yuma in prima linea. Potevano contare su un equipaggiamento avanzato e tutta la loro preparazione a qualunque evenienza.

Merag osservava la scena come se fosse la spettatrice di un film. Ogni tanto gettava un'occhiata rapida al gps di Jessica, che segnava sempre la stessa posizione. Ormai non poteva più negarlo, quegli umani erano diventati la sua famiglia, persone per cui valeva la pena combattere. E sempre più in lei nasceva il senso di colpa, mentire loro era diventata la cosa più difficile dell'universo.

I suoi pensieri estranei dalla situazione non sfuggirono ad Astral, rimasto anche lui in disparte. Le volò accanto e cercò di entrare nella sua prospettiva.

«Non deve essere facile per te. Sei stata catapultata in una guerra che non ti appartiene, in un momento difficile.»

«Non è una guerra, direi più una faida infantile. Ma si, avrei preferito di gran lunga evitare tutto ciò.»

«Ho notato che sei molto legata a Jessica.»

«Lei è l'unica che riesce a capirmi veramente, non abbiamo bisogno di parole per comunicare. Mi sta aiutando più di quanto dovrebbe e non sarò mai in grado di ripagarla abbastanza.»

«Un po' ti invidio. Yuma per quanto possa essere un ragazzo meraviglioso, non può capire o aiutare con la mia memoria perduta.»

«Neanche Jessica può. Siamo noi il problema, Astral. I nostri ricordi sono sempre con noi, quello che abbiamo perso è la volontà assoluta di averne accesso. Dopo un trauma, è comune voler dimenticare tutto il dolore e la sofferenza che si è passati. Jessica mi sta aiutando a ritrovare il coraggio per affrontare il mio trauma, e sono sicura che Yuma sia la persona più adatta a spalleggiarti per il tuo. Devi solo avere fiducia in te stesso e i tuoi amici» concluse Merag sorridendo.

Detto ciò, si sedette accanto a Thomas per discutere della loro posizione. Per la prima volta avrebbe usato i suoi poteri senza preoccuparsi di chi le stesse intorno, per combattere e proteggere i suoi cari.

Astral la fissò per qualche istante, rapito dalle sue parole. Si incisero nel suo cervello, e dopo tutto quel tempo trascorso alla ricerca dei numeri non poté che porsi una domanda. I numeri erano realmente frammenti della sua memoria; o semplicemente parte della sua zona di comfort, in cui con il loro possesso si sentiva al sicuro e invogliato a ricordare il suo passato?

Kaito rientrò nel salotto con uno strano aggeggio tra le mani. Un cubo di metallo scuro, poco più grande di una mano umana; al centro dei quadranti vi era un buco da cui fuoriuscivano dei fili luminosi d'argento e d'oro dalla consistenza eterea, che si intrecciavano in modo armonioso.

«Dove l'avete trovato?» domandò Casswell rapito dal gioco di luci.

«Area 51» tagliò corto Chris, meno sapevano del bunker, meglio era.

«Quella energia… Non è della Terra o del mondo astrale, ma familiare» disse Astral avvicinandosi al dispositivo.

«Non sembra neanche bariana» osservò Tori, ricordando le sfere rosse con cui comunicava Vector.

«Questi dettagli non devono interessarvi. Dopo l'operazione, dimenticatevi che esiste» rispose Kaito infastidito.

Merag osservava incantata il cubo come gli altri nella stanza, ma per un motivo diverso. Per la prima volta era certa al cento per cento che quel dispositivo provenisse dalle mani di Natasha, altrimenti non avrebbe avuto motivo per trovarsi sulla Terra. Il 'crea illusioni' non era altro che il Cubo degli Inganni, un'arma elusiva e pericolosa del pianeta Hünya, capace di incantare anche le menti più preparate ai sotterfugi. Se usato dalle mani sbagliate, avrebbe creato non pochi danni. Ma se quindi era nelle mani di Kaito, significava solamente una cosa: aveva trovato il bunker sotterraneo. Subito una fitta al cuore la colpì, troppo potente per essere ignorata. Si chiuse nel bagno e si sedette sulla tazza, con una mano stretta alla canotta all'altezza del cuore. Una voce riecheggiò nella sua mente, sfuggente ma gentile.

"Buonasera, sono il Cubo degli Inganni. Mia signora, cosa posso fare per lei?"

«Cosa, che sta succedendo» rispose con un filo di voce.

"Mia signora, mi sono legata alla sua traccia magica; nel raggio di trecento Xen2 è la più potente. Sono qui per servirla, come posso esserle utile?"

«Prima di tutto, non mi premere sul cuore.»

"Mia signora, non posso fare niente per questo. Il suo corpo è troppo debole. Se non trova un'altra fonte di magia, potrò solo assecondare una singola richiesta o il suo fisico crollerà."

«Va bene, ora ti spiego cosa devi fare…»

"Mia signora, la sua richiesta sarà esaudita quando sarà il momento."

Un attimo dopo, la fitta al cuore scomparve, lasciandole solo il fiato corto. In quelle condizioni non sarebbe stata in grado di combattere, doveva assolutamente trovare una soluzione. A interrompere il flusso di pensieri fu una bussata alla porta. Merag aprì uno spiraglio di pochi centimetri, quanto bastava per vedere lo sguardo preoccupato del fratello.

«Sei lì dentro da più di mezz'ora, cosa c'è che non va?»

«Niente, cose da femmine.»

«Rosso?»

«Si.»

«Vuoi che ti aspetto? Sono andati via quasi tutti. Kaito ci ha dato appuntamento domani mattina.»

«Non ti preoccupare, torno a piedi» conclude chiudendo la porta.

Shark andò via in pensiero, negli ultimi giorni l'atteggiamento della sorella era molto ambiguo. Zia Mariko gli aveva assicurato che Rio stesse bene, sapeva che fosse normale in quel periodo del mese avere movenze strane. Alla fine dedusse che fosse solo ansia per la sua amica, unito allo sbalzo di umore.

Merag rimase chiusa in bagno finché il fratello non uscì dalla stanza. Le dispiaceva allarmarlo, ma non poteva di certo rivelargli la verità. Purtroppo o fortunatamente, il discorso dei gemelli arrivò alle orecchie di Thomas, confuso da quello strano scambio di battute. Ormai era l'unico rimasto nella stanza, Fiocco di Neve scomparve dalla sua vista e la cercava in lungo e largo. Chinato sul pavimento, Rio non lo notò ed inciampò sulle sue gambe, cadendo di petto.

«Stai bene?» domandò voltandosi subito.

«Si, ma che ci fai ancora qui?»

«Fiocco di Neve, la perdi di vista per un secondo e scompare dalla circolazione.»

«È nel tuo cappuccio a fare un sonnellino» le fece notare Merag con una risata.

Four si tastò dietro la testa, avvertendo una presenza pelosa alle sue spalle. Sollevato, aiutò l'amica a rialzarsi.

«Non ti facevo così sbadata.»

«Sono solo sovrappensiero, questa settimana sono successe più stranezze del solito. Mi è venuto il ciclo, Jessica è stata rapita, quello strano cubo alieno… Avremo mai una vita normale?»

 

 

 

 

 

1E qui sorge spontanea la domanda: ma a chi è venuto in mente di mettere al volante di un furgone un ragazzo di 14 anni? Non chiedetelo a me, gli adulti hanno deciso le assegnazioni dei ruoli - e io sono una di quelli XD (la verità è che mi sono dimenticata di Ryoga quando ho creato il piano, quindi lo messo alla guida perché il posto era libero).

2I Xen sarebbero l'unità di misura del pianeta Hünya, di certo non usano i metri. In pratica si riferiva all'area della stanza.

 

Capitolo 38 - Merag filosofica che chiede troppo dalla vita.

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Capitolo 39

 

Thomas si perse negli occhi rossi di Rio, avevano una luce incantevole, che ti mozzava il fiato. Esitò per un istante, poi le prese il viso tra le mani e le diede un bacio sulla fronte, uno dei più dolci e inaspettati che Merag avesse mai ricevuto.

«Ci vediamo domani mattina, buonanotte» le disse uscendo dalla stanza, rosso in viso.

Corse per le strade affollate, incurante degli sguardi che gli rivolgevano i passanti. Aveva una meta precisa, lo Shining's. Gli operai avevano ricoperto le facciate esterne con delle impalcature, lasciando un piccolo spazio per entrare all'interno del locale. Thomas aprì la porta e si chiuse dentro, accendendo la lampada a batteria poggiata su un tavolo. Sprofondò nell'unico vecchio sofà rimasto, costringendo Fiocco di Neve a liberare il suo cappuccio.

«L'ho baciata, questa volta per davvero. Non sto sognando?»

Il batuffolo bianco gli fece le fusa e si fece accarezzare come segno che fosse tutto reale. Lo sguardo del giovane si posò su un dipinto appeso dietro il bancone, circondato da vecchie bottiglie di liquori ed alcolici. Raffigurava il suo bisnonno quando era giovane e la sua trisnonna che gli porgeva una katana.

«Mamma adorava quel quadro. Il mio bisnonno le raccontava molte storie sui suoi antenati samurai. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo… Questo posto mi rende nostalgico. La katana deve essere sotto il bancone.»

Thomas si alzò lentamente e con calma raggiunse il banco da barista. Controllando l'interno inferiore trovò un pulsante nascosto, che una volta premuto fece aprire un cassetto stretto e lungo. Al suo interno un contenitore rettangolare di legno di ciliegio, con delle incisioni in carattere giapponese.

«La katana del maestro delle lame. Solo i più degni sono in grado di brandirla» lesse sfiorando la scritta con le dita.

Sollevando il coperchio, appoggiato su un cuscino scuro, si trovava una lunga katana con una lama scintillante, probabilmente di acciaio, con un impugnatura rossa e un fodero del medesimo colore poggiato accanto. Sembrava come se fosse stata appena forgiata e non vecchia di secoli. Thomas la prese tra le mani, era estremamente leggera e dava l'impressione di potersi spezzare da un momento all'altro. Si mise al centro della stanza e iniziò una sessione di allenamento con l'aria, per familiarizzarci. Perse la cognizione del tempo, completamente concentrato sul suo avversario immaginario e sulle tecniche offensive e difensive.

Passata la mezzanotte, qualcuno bussò alla porta del locale. La voce tremante di Rio all'esterno lo colse alla sprovvista, si appuntò l'arma alla cintura e sbloccò la serratura. Merag entrò con lo sguardo teso e stanco. Aveva gli abiti sporchi di sangue e premeva un assorbente sul fianco, da cui sgorgava il liquido. Si accasciò sull'amico, priva di forze.

«Cosa è successo?»

«Qualcuno mi ha aggredito. Non l'ho visto, ma ha detto di essere un complice di Vector e che questo era un avvertimento per domani.»

Thomas la prese in braccio e la sistemò sul sofà. Chiamò Michael, che gli diede istruzioni passo passo per disinfettare e fasciare la ferita. Rio aveva perso molto sangue e il suo colorito pallido divenne cadaverico.

«Non chiudere gli occhi, resta con me. Concentrati su di me» le diceva Thomas, stringendole la mano.

«Mi sento così debole… Cos'è questo calore?»

Fiocco di Neve le saltò addosso, poggiandole sul petto un anello dorato, con una pietra rossa incastonata. Il gioiello si illuminò per pochi secondi, avvolgendo la ragazza con una luce rossa.

«Il mio anello, dove lo hai trovato?»

«Me lo ha affidato Spada Rosa, insieme al gatto. Ma era nel portagioie, che strano.»

Merag lo infilò al dito medio della mano destra, sentendo le sue forze ritornare. Quell'anello era la sua lapis, l'oggetto che permetteva agli imperatori di teletrasportarsi e di cambiare forma tra quella umana e quella bariana. Nonostante lei non fosse imperatrice, suo fratello Nash glielo aveva donato come segno della sua fiducia.

«Ha contattato anche te?» chiese sorpresa.

«Si, voleva che lo custodissi e che al momento giusto mi avrebbe detto cosa fare… Ma perché il gatto ti gira sempre intorno, non capisco.»

«Forse perché non sono un vero gatto, mi dispiace Thomas» disse Jeiha, prendendo la sua forma umana.

Four la guardò imbambolato, sentendo l'imbarazzo scorrergli per tutto il corpo. Le immagini di lui nudo in presenza di Fiocco di Neve erano vivide nella sua testa. E anche tutte le sue confessioni da teenager ribelle e innamorato.

«Non sono brava in queste cose, sono solo una novizia. Allora, in breve: sostituisco Spada Rosa nella sua strana visione universale di passato, presente e futuro. Purtroppo non ho ancora acquisito il potere della chiaroveggenza, ma anche se lo avessi non potrei dire niente. Rio mi ha già conosciuto, e ha reagito meglio di te.»

«Ma cosa, tu lo sapevi che non era un gatto vero?» domandò Thomas, allibito.

«Si, l'ho scoperto da poco. Non potevo dirti niente; sai come succede nei film, il continuum spazio-temporale, se cambi il passato nel futuro ci saranno conseguenze inimmaginabili.»

«Ok, ok. Quindi Fiocco di Neve sarebbe?»

«Mi chiamo Jeiha, sono un'aliena, buona però. Sono dalla parte dei buoni. Non posso dirti altro al momento, i piani alti - cioè Spada Rosa - mi ha dato delle istruzioni precise, e molto strane.»

«Va bene, insomma, in effetti ho visto di peggio. Ma toglimi una curiosità, come sono come padrone?»

«Voto dieci su dieci, adoro la cucina di tuo padre e anche i tuoi fratelli. Vedete di non stancarvi, avete una missione da compiere domani» rispose ammiccando verso Rio.

Si ritrasformò in gatto e salì al piano superiore del locale, scomparendo dalla vista dei due ragazzi confusi dall'ultima affermazione.

«Posso restare qui per la notte?» domandò Merag esausta.

«Si, nessun problema. Rimango con te» rispose Four, poggiando un cuscino sul parquet e smontando la katana dalla cintura.

«C'è spazio per entrambi sul sofà, ci stringiamo un po'.»

«Sicura? Non voglio metterti a disagio.»

Merag annuì e si alzò con fatica. Dopo vari tentativi, le combinazioni che gli avrebbero permesso di dormire insieme erano due: una in cui si stendevano entrambi di lato, ma si sarebbero trovati in circostanze imbarazzanti; l'altra in cui dormivano uno sopra l'altro, quella per cui optarono.

Thomas si stese sistemando i cuscini dietro la sua testa, ed accolse tra le sue braccia Rio, che subito si addormentò con il petto sopra il suo. Il giovane chiuse gli occhi, stringendola delicatamente per non farla cadere. Era la prima volta che si trovava così vicino ad una ragazza, ed era contento che si trattasse di lei.

Il mattino seguente vennero svegliati da Jeiha, che li scuoteva animatamente.

«Sono le otto del mattino e i vostri telefoni antichi squillano in continuazione» disse loro, tappandosi le orecchie da gatto sulla testa.

«Antichi? È tecnologia avanzata» obiettò Thomas.

«Il suo pianeta è più avanzato del nostro» rispose Rio, alzandosi.

«Come va il fianco?»

«Meglio, non sarà una pugnalata a mettermi al tappeto. Quei brutti tipi rimpiangeranno di avermi fatta arrabbiare.»

Four rispose alla videochiamata di Three, trovando nell'inquadratura mezzo gruppo di ragazzi che facevano la lotta per vedere.

«Fratellone tutto bene? Come sta Rio?» gli domandò preoccupato.

«Rio? Che è successo?» chiese Ryoga, ignaro dell'aggressione.

«Mi ha pugnalato uno dei bariani. Non l'ho visto, per sua fortuna. Oggi lo faccio a fette se lo trovo» rispose affiancando Four nella chiamata.

«Visto, sta benone. Si è ripresa subito.»

«Ottimo. Chris sta venendo a prendervi, dovete prepararvi per l'operazione. Ti ricordo che non è il momento per rendermi zio» disse il fratello minore ridendo.

«Molto diverte Michael, magari la settimana prossima che smette di piovere» rispose Thomas chiudendo la videochiamata.

Merag accennò una risata, che dovette fermare subito perché la ferita non gradiva l'umorismo. Si chiuse nel bagno con Fiocco di neve, per i bisogni del suo corpo umano e per parlare con Jeiha privatamente. Le raccontò dell'incontro con lo spirito del Cubo degli Inganni e dell'effetto che le aveva dato.

«Pensi che la lapis possa dargli potere al posto mio?» le domandò preoccupata, da quello dipendeva la riuscita del piano.

«Non so, ti ricordo che è danneggiata. E poi hai il bracciale di astralite al polso, si annullano a vicenda.»

«Hai ragione, ma se lo tolgo i miei poteri impazziscono. Questo corpo non riesce a reggerli e io a controllarli completamente.»

«Vero anche questo, che bel guaio. Allora facciamo così, vengo con voi di nascosto. Appena il Cubo si attiva, se viene da te e non riesci a contenerlo reindirizzalo verso di me. Tanto il bracciale lo dovrai togliere lo stesso una volta in azione, speriamo solo che non scoprano che sei una bariana.»

«Tieni tu l'anello, me lo ridai dopo. In mani diverse non si attiva, è come un comune gioiello. Non lo percepiranno.»

«Va bene, fai attenzione. E a proposito, Thomas è cotto di te.»

«Ti sembra il momento per dirmelo?»

 

 

 

 

 

Capitolo 39 - Due amanti e una gatta terzo incomodo.

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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


Capitolo 40

 

Sorpresa da quella rivelazione improvvisa e totalmente innecessaria, Merag trascorse il viaggio in auto verso la torre silenziosa e fin troppo pensierosa. La sua agitazione non passò inosservato, come il suo giocherellare ossessivo con l'anello dalla pietra rossa. Chris era certo che la ragazza non lo avesse il giorno prima e, dato che aveva trascorso la notte con il fratello al locale, poteva significare solamente che glielo aveva regalato lui.

«Sei sicura di volerlo fare?» domandò Four, stringendole la mano.

«Si. È solo che sono preoccupata per voi, quegli alieni sono senza scrupoli e pericolosi.»

«Finché saremo insieme, nulla andrà storto.»

«Ti fidi troppo di me.»

«Dovresti farlo anche tu. La tua amnesia è passeggera, ce lo dimostri ogni giorno: quando ti si illuminano gli occhi, quando fai citazioni a film e serie TV, quando parli di qualche avvenimento buffo che ti è capitato, e quando Shark si lamenta sempre del rumore della macchina per cucire.»

«Si è sempre lamentato, veniva in camera mia a staccare la spina tutte le sere prima di cena.»

Merag fece leva con le mani sulla spalla di Thomas per dargli un bacio sulla guancia, come ringraziamento del suo supporto. Il giovane divenne rosso come i suoi capelli e Five non poté che accennare un sorriso, osservando la scena dallo specchietto retrovisore. Ma se da un lato era contento che il fratello avesse trovato qualcuno di speciale, non riusciva a vedere completamente di buon occhio Rio, soprattutto dalle ricerche che aveva svolto in segreto sul suo albero genealogico. La madre Reiko e il padre Eichi per ben dieci anni dal loro matrimonio non riuscirono ad avere figli, tanto che i medici credevano che erano entrambi incapaci. Poi un giorno, la donna partorì due gemelli senza sapere di essere incinta. La notizia fece scalpore sui giornali locali dell'epoca, dato la fama di fumettista del signor Kamishiro. Quella storia non quadrava, e non riusciva neanche a spiegarsi perché i due bambini vennero affidati alla zia single, sorella della madre, e non a uno degli zii sposati, fratelli del padre.

«Chris facevamo prima a piedi» gli disse Four, sporgendosi in avanti ad osservare la fila di auto davanti a loro.

Quella mattina la strada era molto trafficata, dato che Faker aveva ordinato di chiudere alcune vie per dei lavori inesistenti, l'unico modo per tenere lontani e al sicuro i cittadini quando sarebbero arrivati i bariani.

«Sai una cosa, non importa il codice stradale, questa è un urgenza» rispose spingendo il fratello sul sedile posteriore.

Sterzò bruscamente verso destra, percorrendo la corsia libera al contrario. Al posto di blocco qualche chilometro più avanti, mostrò un'autorizzazione alla polizia stradale, che lo lasciò passare sulla strada chiusa. In quel modo arrivarono alla torre in un lampo.

Prima di varcare la soglia del salotto degli incontri, nome equivoco utilizzato da tutti, Chris si fece promettere che la sua violazione rimanesse tra loro.

«Ce ne avete messo di tempo» disse stizzito Kaito, mentre il padre si accertava del suo equipaggiamento.

Il ragazzo indossava un completo SWAT nero, che lo rendeva irriconoscibile. Lo stesso anche da Yuma, che era fin troppo eccitato, e che Five iniziò a infilarsi, aiutato dal padre. Il Club dei Numeri e Ryoga portavano il tipico abbigliamento degli addetti ai lavori stradali, con il giubbotto fluorescente e i caschi protettivi. Three e Fuya sarebbero stati gli unici a rimanere con i loro vestiti, dato che avrebbero lavorato in incognito dentro il furgone.

«Ecco il vostro equipaggiamento» disse Michael, porgendo dei giubbotti antiproiettile, dei caschi e due ricetrasmittenti a Thomas e Rio.

«Ho sempre desiderato averne uno» rispose il primo, indossandolo all'istante.

«Ieri mi sarebbe stato utile» ipotizzò Merag.

«Prima di andare al luogo prestabilito, dobbiamo essere sicuri di cosa sei in grado di fare» le disse Byron, mentre sistemava gli ultimi tocchi sul figlio maggiore.

La bariana fece allontanare i presenti e si tolse il bracciale. Subito comparve la sua nuvoletta ed iniziò a cospargerle i capelli di neve. Allora si sgranchì le mani e fece scatenare una tempesta. Approfittò della cecità improvvisa dei suoi amici umani per aprire la porta con una ventata gelida e far entrare Fiocco di neve, che li aveva seguiti in segreto. La gatta si nascose nello zaino aperto su un tavolo, che conteneva il piccolo Cubo degli Inganni,  cosparso di neve. Quando la tempesta si placò, l'unico colore nella stanza fu il bianco.

«Scusate, mi sono fatta prendere dall'entusiasmo.»

«Non ti preoccupare, pensiamo a pulire» rispose Faker scuotendosi i capelli.

«Ci penso io» rispose Merag.

Porse entrabe le braccia in avanti, aperte come la lettera v, e richiamò a sé la neve, che si sollevò da terra e la circondò in un tornado, scomparendo in tante piccole scintille al contatto con il suo corpo. Tutta eccetto quella nello zaino.

«Ottimo, così non ci dobbiamo preoccupare anche di questo» rispose sollevato Kaito.

Il biondo e Chris allora aprirono una valigetta rettangolare, estraendo dall'interno due fucili AK-47, dei caricatori di riserva e granate stordenti. Li issarono in spalla tramite una cinghia ed uscirono per avviarsi al luogo di incontro. Arrivare in grande anticipo significava una migliore riuscita del piano.

In seguito gli 'addetti ai lavori', tranne Shark, presero da un altro contenitore dei coni arancioni, vari cartelli e transenne. Aspettarono un po' ed uscirono anche loro.

Infine i gemelli, Thomas, Michael con lo zaino e Fuya scortarono Yuma fino al famoso veicolo, di colore bianco e con il logo della ditta dei lavori pubblici. Ryoga si mise al volante, e gli altri quattro entrarono dal retro. L'interno si presentava come uno dei furgoni da spionaggio delle serie poliziesche. Three e il suo partner presero posto davanti gli schermi, Merag e gli altri due si sedettero su una panca opposta, in attesa di arrivare a destinazione.

Una volta sul luogo dello scambio, un parcheggio sotterraneo in periferia deciso da Vector in persona, ognuno si mise in postazione. Erano solo le nove del mattino, l'appuntamento fu fissato a mezzogiorno, quindi si prepararono con calma per accogliere i bariani.

Rio e Thomas affiancarono Chris e Kaito nella perlustrazione, facendo uscire all'istante chiunque fosse all'interno; il Club dei numeri recintò la zona dividendosi in tre gruppi, uno per ogni ingresso, pronti ad avvistare ed avvisare dell'arrivo degli alieni; Yuma rimase nel furgone con i due amici, in attesa del suo ingresso in scena. Three cacciò fuori dallo zaino il 'crea illusioni', spolverandolo dalla neve.

«Credevo che Rio l'avesse presa tutta, lo zaino deve averla bloccata» disse, ignaro del gatto.

«Mi potete ripetere come funziona la ricetrasmittente?» domandò Fuya.

«Ci premi sopra per accenderla, fa un tic. E per spegnerla la stessa cosa. Se anche gli altri la tengono accesa senti tutto quello che avverte il microfono nel raggio di qualche metro» rispose Yuma entusiasta.

Alle undici in punto, tutti i presenti attivarono la propria ricetrasmittente e si misero in attesa dei rapitori, mettendo in atto la prima parte del loro piano. Yuma raggiunse Chris e Kaito, mettendosi davanti a loro. Rio e Thomas presero posizione dietro un auto parcheggiata, e Ryoga teneva caldo il motore del furgone nel caso di fuga - per l'occasione ne avevano scelto uno elettrico così da non fare alcun suono. Michael e Fuya aprirono il portello posteriore ed attivarono il 'Crea Illusioni', che subito si palesò nella mente di Merag. La bariana sentì nuovamente il peso sul suo cuore e le comunicò mentalmente di appoggiarsi a Jeiha, che si trovava ancora nascosta tra la neve nello zaino. Così facendo il dispositivo creò l'illusione di un semplice Yuma vestito al suo solito, con la chiave dell'imperatore al collo, le carte numero nelle sue mani e Astral al suo fianco. Five e il compagno divennero come invisibili, e il furgone apparì spento, come se non ci fosse nessuno. Nel parcheggio calò un silenzio tombale, tutto in attesa dell'arrivo dei bariani.

I minuti passavano lentamente, mentre l'adrenalina percorreva i loro corpi. Thomas controllava costantemente l'orario sull'orologio, sembrava trascorsa un'eternità ma si trattava solamente di venti minuti. Annoiato da ciò, disattivò il suo ricetrasmittente e quello di Rio.

«Che stai facendo?» gli domandò la ragazza con un filo di voce.

«Prima di agire ho bisogno di sapere cosa provi per me» rispose sottovoce.

«Ti sembra questo il momento?»

«Non ce la faccio ad aspettare, volevo chiedertelo stamattina, ma non siamo mai stati soli.»

«Non lo so, sono confusa. Mi piaci, davvero, ma prima di te ci sono state un'infinità di persone, tra cui il mio Thomas, il più importante di tutti. Dopo la sua morte, nessuno mi ha fatto provare le stesse emozioni… Mi ha dato il dono più bello di tutti» disse poggiando una mano sul suo ventre.

Four notò quel gesto, pensando al dolore che stava provando a causa della ferita e le mestruazioni, una combinazione letale a detta sua.

«Non volevo farti ricordare brutti avvenimenti» si scusò, avvolgendole le spalle con un braccio.

«Va tutto bene, è quasi ora» rispose Merag accendendo entrambe le ricetrasmittenti.

Un furgone scuro entrò nel parcheggio a grande velocità, fermandosi con una sterzata a qualche metro di distanza da Yuma. Presto sarebbero entrati in azione.

 

 

 

 

 

Capitolo 40 - Quando fai rivelazioni nei momenti meno opportuni

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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


Capitolo 41

 

Il furgone era grande e di colore nero metallizzato, con i vetri oscurati. Niente targa o simbolo del marchio, niente per identificarlo.

Dal posto del passeggero anteriore uscì un uomo alto due metri, con il volto coperto da un foulard nero. Indossava una mantella scura con cappuccio alzato, che copriva interamente il suo corpo. L'unica cosa che si intravedevano erano due occhi vuoti e profondi come un buco nero. Si avvicinò lentamente, senza fare rumore, i suoi piedi non visibili sembravano volare sull'asfalto.

A pochi centimetri di distanza da Yuma, si fermò allungando il braccio da sotto la veste. I suoi muscoli avevano la grandezza di una palla da football, coperti da una manica lunga e aderente di colore nero; la mano rosea grande quanto la testa di chi aveva davanti. Fece cenno di consegnare i numeri, senza dire una parola.

Il campione titubante si allontanò di qualche passo, venendo fermato dalla mano soffice ed invisibile di Chris, che premeva leggermente sulla sua schiena. Doveva dare via i finti numeri prima che il bariano sospettasse di qualcosa, come nelle prove che avevano fatto quella mattina. Il Cubo magico avrebbe fatto il resto. Allora il ragazzo prese coraggio e si avvicinò quanto bastava per mettere il mazzo nelle sua mano.

Il bariano cacciò dal mantello l'altro braccio, mostrando il suo corpo possente, ma quello che fece preoccupare di più i due scienziati camuffati era un macete attaccato alla vita, di colore rosso acceso. La figura misteriosa si voltò e fece un cenno al guidatore del furgone. Allora il portellone posteriore si aprì, facendo uscire sei uomini, incappucciati come il primo, che trasportavano Jessica e Rei come due sacchi di patate. Erano bendati e legati con una corda, ma all'apparenza sembravano stare bene.

Il momento che tutti attendevano giunse.

Merag, che aveva assistito alla scena da dietro l'auto con Thomas, scatenò una potente bufera di neve, confondendo i bariani che non avevano idea da dove provenisse. Chris e Kaito partirono all'azione, sparando alle ruote del furgone. I caschi che indossavano erano muniti di visore notturno, permettendogli di avere una discreta visione tra la tempesta. Yuma corse dai due amici, liberandoli e accompagnandoli velocemente da Michael, che prestò loro soccorso medico. Four uscì allo scoperto, caricando verso il bariano che aveva preso i falsi numeri. Con la katana tagliò a fettine il mantello, ma al di sotto non c'era nessuno. L'alieno se l'era strappato da dosso il secondo prima che la lama lo tranciasse, ed era corso via verso i compagni. I sei sfoderarono le proprie armi, ma la voce minacciosa del bariano senza mantella li fece ritirare nel furgone nero. Una volta all'interno, il guidatore provò a partire, ma le ruote ormai sgonfie impedivano il movimento. Thomas, Chris, Kaito e Rio li circondarono, con le armi e i poteri magici, pronti alla carica. Ma neanche il tempo di procedere alla cattura che il mezzo scomparve improvvisamente senza lasciare traccia. Merag interruppe subito la bufera, richiamando la neve. Non c'era alcuna ombra dei bariani.

«Beta avete visto uscire il furgone nero?» chiese Kaito.

«Uscita uno deserta» rispose Casswell.

«Uscita due anche» aggiunse Bronk.

«Stessa cosa la terza» concluse Tori.

«Cazzo.»

«Modera i termini figliolo. Il veicolo è scomparso dal radar» disse Faker.

«Rio, la tua vista è più accurata di questi caschi, hai visto qualcosa che ci è sfuggito? Oppure sentito, la bufera era troppo rumorosa» domandò Chris.

«Hanno aperto una specie portale che li ha risucchiati, si sono teletrasportati, molto probabilmente sul loro pianeta. Hanno capito che i numeri erano finti, ma non sapevano spiegare le illusioni e i miei poteri. 'Gli umani non usano la magia', l'ho sentito chiaramente.»

Ovviamente, Merag omise che il discorso era stato detto nella lingua bariana e che il suo udito finissimo aveva sentito molto di più.

«Aspetta, quel tipo prima ha urlato in una lingua incomprensibile. Perché nel furgone con noi intorno hanno parlato in giapponese?» domandò Kaito scettico.

«E noi lo dovremmo sapere?» controbattè Thomas come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«Calma ragazzi. Alfa e Beta tornate al campo base» disse Byron.

Allora il gruppo Beta raggiunse un furgone nascosto all'esterno, entrando dal retro. Kaito li raggiunse e si mise alla guida, liberandosi dal casco fastidioso. Invece Alfa raggiunse il veicolo con Shark alla guida, Chris si sedette accanto a Shark, Rio e Four presero posto nel retro.

All'interno un Rei, completamente spaventato, stava appiccicato al braccio di Yuma; mentre Jessica, per niente sconvolta, chiedeva informazioni ai due ragazzi davanti ai monitor. Appena vide entrare Merag, corse a stritolarla, obbligandola a sedersi al suo fianco.

«Bagel sei stata formidabile!»

«È merito tuo se riesco a controllare i miei poteri.»

«Non fare la modesta. Michael mi ha detto tutto, è stato un piano davvero geniale.»

«A proposito, Thomas la tua gatta ci ha seguito, era nello zaino a dormire nella neve. Il suo pelo bianco si è mimetizzato alla perfezione» disse Fuya, coccolando l'animale seduto sulle sue gambe.

Four la guardò sconvolto, poi si voltò verso Rio. Allora gli arrivò l'illuminazione. Quando la ragazza aveva scatenato una bufera nel torre di Heartland, la porta del salone si era spalancata. Fiocco di neve doveva essere entrata indisturbata, nascondendosi nello zaino per seguirli. Ma il motivo, quello non faceva parte dell'illuminazione.

Una volta tornati alla torre di Heartland, dopo un pranzo abbondante, i ragazzi si riunirono nel salotto degli incontri per ascoltare la storia dei due rapiti. Rei tremava come una foglia, non c'era modo di farlo parlare; invece Jessica era fin troppo tranquilla, come se non fosse successo niente.

«Ho sentito parte del piano dei bariani» disse la donna lasciando di stucco i presenti.

«Come?!» esclamò sconvolto Vector, «come hai fatto a sentire se ci trovavamo in un'altra stanza, storditi» si corresse.

«Non eravamo insieme, ci hanno diviso. Dopo che ci hanno portato alla loro base, il capo mi ha sbendato. Voleva accertarsi che fossi io, ero il loro obiettivo. Per quei pochi secondi, ho visto che ti tramortivano e trascinavano in un'altra stanza. E mi hanno bendato e portato nella direzione opposta, ho fatto finta di essere svenuta così da essere lucida tutto il tempo.»

«Un momento. Ci stai dicendo che eri preparata ad una situazione del genere e hai tenuto i nervi saldi per tutto il tempo? Ammirevole» si complimentò Byron, quella donna lo stupiva ogni volta.

«Allora qual è questo piano?» domandò Kaito impaziente.

 

Mentre Jessica era 'bendata e addormentata' nella stanza improvvisata, il capo della Cerchia dei Mille accolse con un ghigno Vector. L'imperatore sorrideva soddisfatto, ammirando il perfetto operato del gruppo.

«Patrishka torna su Barian, segui le istruzioni che ti ho dato. Non dovrai più lavorare nel complesso VIP.»

«Finalmente! Odio quel posto.»

Il bariano aprì un portale, facendola teletrasportare sul pianeta rosso. Nonostante tutto, la prudenza non era mai troppa e sentiva di non potersi fidare al cento per cento della ragazzina, soprattutto conoscendo il padre.

«Bene, ora vi spiegherò il piano.»

Da quel momento in poi il gruppo alternò discorsi in lingua bariana e discorsi in giapponese. Jessica non riuscì a capire appieno il piano, ma le parole arrivate alle sue orecchie non tradivano.

L'obiettivo era per loro irraggiungibile, sempre con gli umani e, nonostante essi siano 'debolucci', non possono mostrarsi a loro al massimo della loro potenza. Per giunta il progetto non dispone ancora dele situazioni favorevoli per essere attuato, e il capo ha dato degli ordini precisi.

 

Questo era quello che aveva rivelato agli umani, ma non tutto quello che aveva udito. E, ovviamente, aveva omesso che Vector in realtà era Rei e che la ragazza era Patrishka, insieme al fatto che lavorava come cameriera nel complesso.

«Si riferiscono alle carte numero» disse Yuma.

«Ma perché non le chiamano per nome, tutta questa vaghezza non ha senso» pensò Chris dubbioso.

«Sono molto prudenti su quel che dicono. Ne abbiamo avuto un esempio oggi» rispose Thomas, di nuovo come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«Mi domando quali siano queste condizioni favorevoli» aggiunse Michael.

«Con le supposizioni non andiamo da nessuna parte, meglio se per oggi la finiamo qui. Domani mattina al solito orario, così discutiamo a mente fresca» concluse Faker, salutando gli ospiti.

Il gruppo si cambiò, ritornando nei propri abiti. E come ogni volta, uscirono dalla torre ad orari diversi per questioni di sicurezza. Shark inforcò la moto e partì a gran velocità, con la sorella seduta dietro. Da quando iniziò questa strana avventura contro gli alieni, non avevano più avuto modo di trascorrere del tempo insieme. La giornata non era ancora terminata, e quale modo migliore di concluderla se non alla famosa fiera nominata da Rei.

Dalle ricerche svolte da Merag, si teneva ogni anno in una città vicina per una settimana. Jessica le aveva dato i biglietti prima di andare via, dicendole che lei e Jeiha avrebbero fatto il lavoro sporco al posto suo. La bariana meritava un po' di riposo e tranquillità, chiave fondamentale per ritrovare la sua memoria.

 

 

 

 

 

Capitolo 41 - Vector si è fatto fregare con un trucco da quattro soldi

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Capitolo 43
*** Capitolo 42 ***


Capitolo 42

 

In un enorme pianura circondata d'alberi, piccoli stand e tendoni erano stati allestiti per la Fiera del Gallo1, animale sacro del Giappone. Ogni anno veniva allestita in suo onore, infatti non vi si trovava la sua carne nelle prelibatezze vendute. Shark parcheggiò la moto e si immobilizzò sul posto, non appena si rese conto di cosa stavano vedendo i suoi occhi.

In quella stessa fiera, da bambino, aveva rifiutato e gettato via i due anelli di metallo che la sua adorata sorella gli aveva regalato. 'Ma ti pare che indosso un anello!' le aveva detto, arrabbiato. Vederla correre via piangendo fu un duro colpo, avevano perso da poco i genitori e quello era il giorno del loro compleanno. Zia Mariko cercava in tutti i modi di rallegrarli, ma il dolore di quella perdita fu così forte  per sempre i due gemelli.

«So a cosa pensi. Non ti rimproverare, era un brutto periodo per entrambi» disse Merag, abbracciandolo da dietro.

La bariana non sapeva se Ryoga fosse Nash, ma ormai non aveva più importanza. Ryoga era suo fratello, lo aveva accettato e gli voleva bene come tale. Molte volte cercò di rivelargli la sua identità aliena, ma una morsa al cuore glielo impediva. La verità lo avrebbe ferito e, peggio ancora, l'avrebbe odiata.

«Lo sai che non sopporto gli abbracci.»

«E tu lo sai che non mi interessa.»

Si infilarono nella folla, tenendosi per mano per non perdersi. La fiera era composta da una ventina di stand, tra cui quelli che preparavano cibo, giochi a premi, souvenir e piccoli spettacoli. Si fermarono a mangiare gli spaghetti, seduti uno accanto all'altra. Non erano mai stati così in sintonia e, se non fosse per la forte somiglianza, i passanti li avrebbero scambiati per fidanzati.

«Fammi assaggiare» disse Merag, infilando le bacchette nella ciotola del fratello.

«Ma dai, lasciami mangiare in pace.»

«No, sono nata per tormentarti» rispose ridendo.

«E io non so come faccio a sopportarti, gemella rompiscatole.»

Dopo il gradevole pasto, si sfidarono con le pistole d'acqua per vincere un peluche gigante a forma di squalo. Per prenderlo, bisognava riempire la bocca del clown di gomma con tre litri d'acqua nel tempo prestabilito. Ma i gemelli consumarono i loro caricatori per farsi il bagno a vicenda. La proprietaria della bancarella si era arresa a quell'atteggiamento e, per farli smettere di sprecare le sue riserve, gli aveva regalato il premio da loro contestato.

Ma neanche il tempo di riceverlo che subito tornarono a discutere su chi doveva averlo. Alla fine Merag lo cedette al fratello, dato che la sua camera aveva già troppi pupazzi.

«Così quando hai paura puoi strapazzarlo, invece di chiamare zia Mariko con una scusa» lo punzecchiò.

Si incamminarono nuovamente nella folla, imbattendosi nello spettacolo del mangiafuoco, il posto perfetto per asciugarsi. Si sedettero sugli spalti di fronte al palco ed ammirarono la danza delle fiamme rosse. Il giovane ragazzo che si esibiva invitò Rio sul palco per accompagnarla nel prossimo numero. Le porse un cerchio di metallo infuocato con un asta per reggerlo in sicurezza e la fece stendere al centro del palco con il cerchio verso l'alto. Allora prese la rincorsa e si tuffò al suo interno, atterrando con una capriola dall'altro lato. Il pubblico esultò per il gesto e Ryoga tirò un sospiro di sollievo, non accorgendosi che aveva trattenuto il respiro per tutta l'azione.

Completamente asciutti, passarono la serata a giocare negli altri stand e assaggiare cibi. Verso mezzanotte si misero in fila alla tenda della cartomante, per farsi leggere i tarocchi. Ryoga non credeva affatto in queste cose e anche Rio era scettica, ma allo stesso tempo curiosa.

Una volta all'interno della tenda, si aspettava di vedere chiunque tranne lei. Vestita con una tunica bianca e il volto coperto da un velo semitrasparente, ma i suoi profondi occhi azzurri erano indistinguibili.

«Jeiha? Che ci fai qui?» le domandò stupita.

«Lavoro, credevo che Jessica te lo avesse detto. Vector l'aveva invitata a questa fiera, quindi ho fatto qualche magia ed eccomi qui. Mi piace, è divertente. E a differenza di altri, io non sono una cialtrona.»

«Sai leggere le carte?»

«Per niente. Ma sono brava a farlo credere, gli umani sono facilmente ingannabili. Fammi una domanda precisa, ma non che riguarda quello che sta succedendo.»

«Ok, cosa vedi nella mia vita sentimentale?» chiese ridendo.

«Uff, fate tutti la stessa domanda. Non posso predirtelo perché ne sono stata coinvolta.»

«Allora dimmi quando mi capiterà qualcosa di bello, al di fuori di tutta questa situazione.»

Jeiha mischiò il mazzo utilizzando i suoi poteri magici ed estrasse cinque carte, posizionandole scoperte sul tavolino nel verso in cui uscivano.

«Vado dritta al dunque, qui dice che troverai un tesoro più prezioso dell'oro. Un tesoro inaspettato che ti darà un sostegno amorevole e molta felicità, all'inizio chi ti circonda non sarà d'accordo ma con il tempo accetteranno la sua presenza e imparerranno ad apprezzarlo.»

«Un tesoro? Puoi essere più specifica?»

«In questi giorni lo capirai. Lo troverai presto, molto presto.»

«Ok. Che mi dici dei bariani? Tu e Jessica avete fatto dei progressi?»

«Ti spiegherà lei domani, io e Thomas abbiamo molto di cui parlare. Non pensavo la prendesse così bene, insomma scoprire che il proprio animale domestico è un'aliena.»

«Ritrovarti è stata la cosa meno strana che sia successo, e anche se siamo cambiate resti sempre la mia amica bariana preferita.»

«Anche tu principessa.»

Merag ringraziò e salutò la sua ancella, ritornando dal fratello che l'aspettava all'esterno. Si diressero nel parcheggio per tornare a casa, e mentre camminavano gli spiegò la lettura appena ricevuta.

«Pensavo le chiedessi della tua diagnosi.»

«Non si può chiedere alle carte della malattia, è cattivo presagio.»

«Mah, mi sembra una stupidaggine.»

Una volta in viaggio, Rio fece fermare Ryoga improvvisamente. Il ragazzo, preoccupato, la seguì in mezzo agli alberi. La sorella diceva di sentire qualcosa e, dato che Jessica era stata rapita nelle vicinanze, poteva forse trattarsi di qualche indizio. Ma, invece, si trovò di fronte a un cagnolino incastrato tra le radici di un grosso albero di ciliegio. Con i suoi poteri lo liberò, e il cucciolo le leccò la faccia affettuosamente come ringraziamento.

«È solo, deve essere stato abbandonato» notò Ryoga.

«Non possiamo lasciarlo qui.»

«No, non ce lo portiamo a casa. È un cucciolo di San Bernardo, cresce il doppio di te.»

«Non lo lascio qui» setenziò Merag, tornando alla moto con il cane in braccio.

Controvoglia, Shark ritornò sulla strada principale per Heartland. Tornati al complesso, trovarono zia Mariko ancora sveglia, che studiava il copione del suo film in pigiama sul divano, con un calice di vino rosso tra le mani. Appena vide l'animale, la sua espressione facciale non le diede la necessità di esprimere il suo pensiero a riguardo.

«Posso tenerlo?» le domandò Rio con l'espressione facciale più adorabile che riuscisse a fare.

«Dove lo mettiamo, si prenderà tutto l'appartamento.»

«In camera mia c'è spazio per entrambi.»

«Va bene, però te ne occupi tu e soltanto tu. E non farlo abbaiare o fare i suoi bisogni sul pavimento.»

La nipote le diede un bacio sulla guancia e corse saltellando nella sua stanza con il cucciolo. Crollò subito sul letto, esausta. Non aveva più l'energia di un tempo, da quella mattina aveva scatenato ben due tempeste di neve di grande portata, tranciato una radice dell'albero per liberare il cane e formato un abbondante brina sul terreno per compensare la parte mancante della pianta. Il San Bernardo si addormentò al suo fianco, contento di aver trovato una nuova casa. Questa volta si trattava di un comune cane terrestre, non un qualche alieno con una missione da compiere.

Shark rimase nel soggiorno con la zia. Tutte le sere le parlava della sorella, omettendo i dettagli sugli alieni e le carte numero. Mariko pretendeva di sapere tutto, e la sua accortezza per i dettagli non le fece sfuggire l'anello prezioso al dito della nipote.

«Sai dove l'ha preso?»

«Mi ha detto che gliel'ha regalato Four.»

«Lo sapevo, quei due si piacciono. L'ho capito dalla festa a sorpresa, ma forse stanno correndo troppo.»

«Non si frequentano in quel senso, Rio dice che non vuole avere un partner al momento. E lo sai che potrebbe anche essere una lei, te l'ha detto prima dell'incidente.»

«Si, ma quel bel manzo inglese sembra adatto per il suo carattere, però non mi convince la differenza di età. A proposito, tu quando ti trovi una ragazza?»

«Io? Manco morto!»

«Va bene, va bene. Buonanotte.»

Ryoga si chiuse in camera sua e si addormentò con la testa poggiata al peluche a forma di squalo. Anche Mariko andò nella propria stanza per riposare, quella notte con l'animo più tranquillo. Vedere i gemelli trascorrere del tempo insieme e divertirsi era sempre una soddisfazione.

 

 

 

 

 

1L'ho inventata io.

 

Capitolo 42 - Merag che snobba Nash per Shark

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Capitolo 44
*** Capitolo 43 ***


Capitolo 43

 

Il mattino seguente, Rio si svegliò presto come tutti i giorni. Aveva molto lavoro da fare: prima di tutto trovare un nome al suo nuovo animale domestico, comprare tutto quel che le serviva per occuparsene e incontrare Jessica per aggiornarsi sugli sviluppi. Decise quindi di farsi accompagnare dall'astrale per le compere al negozio di animali, così da ottimizzare i tempi.

Subito dopo colazione, uscì di casa con il cucciolo nello zaino sulle sue spalle. Non avendo ancora il guinzaglio non poteva lasciarlo camminare libero, nonostante avesse notato che la seguiva ovunque andasse, anche in bagno.

All'ingresso del complesso, mentre aspettava l'amica, vide arrivare le tre donne delle pulizie, che spettegolavano su Patrishka. Si era licenziata il giorno prima senza dare spiegazioni o un preavviso. Merag non si sorprese di ciò, l'aveva sentita esultare quando Vector le ordinò un altro incarico, quando Jessica venne rapita. Un incarico su Barian, in realtà una scusa per toglierla dai piedi perché non si fidava più di tanto, sicuramente a causa di Durbe.

Assorta nelle sue supposizioni, le venne un tuffo al cuore quando Jessica la salutò dal finestrino della sua auto. La ragazza si sistemò sul sedile del passeggero, poggiando lo zaino sulle gambe.

«Che bel cagnolino, come si chiama?» disse l'amica accarezzandolo.

«Non gli ho ancora dato un nome.»

«Ci penseremo strada facendo, cosa dobbiamo comprare?»

«Un sacco di cose» rispose Merag, mostrandole una lista lunga.

L'astrale partì alla velocità della luce, seguendo le indicazioni del navigatore. Quando aveva comprato l'auto, si era completamente dimenticata di quella comodissima funzione, che le avrebbe evitato di girare a vuoto per le strade e chiedere ai passanti indicazioni. Erano ormai passati due mesi dal suo trasferimento sulla Terra, ma ad Heartland non riusciva proprio ad orientarsi ed imparare le strade principali. Fortunatamente aveva trovato tra le sue cianfrusaglie il libretto delle istruzioni dell'auto, scoprendo tutte le meraviglie che potesse compiere.

Si fermarono davanti al negozio degli animali e, una volta dentro, il commesso squadrò sorpreso il cucciolo nello zaino.

«Buongiorno, è un San Bernardo quello?» domandò indicandolo.

«Si, devo comprare…»

«È davvero una ragazza robusta per reggerne il peso.»

«E lei è davvero un commesso impertinente» rispose Rio.

In effetti, fino a quel momento, la bariana non si rese conto del peso dell'animale. In media un cucciolo maschio di circa tre mesi pesa tra i ventidue e i venticinque chili, e lei lo teneva in braccio senza alcuno sforzo. Questo poteva significare solo una cosa, la sua forza sovrumana stava lentamente tornando, ma al tempo stesso la sua stima di vita si stava accorciando. Scosse la testa per rimuovere quel pensiero, doveva continuare a seguire il suo istinto, come riferito dalla sua mentore Spada Rosa. E in quel preciso momento le diceva di godersi appieno i rari momenti di tranquillità, perché non sarebbero durati per sempre.

Mentre vagavano per gli scaffali, riempendo un cestello di plastica con gli elementi della lista, Merag raccontò all'amica della strana predizione ricevuta il giorno prima.

«Forse il tesoro prezioso è questo cucciolo, non ti ho mai visto così felice prima d'ora.»

«Ci ho fatto un pensiero, tutto quello che mi ha detto Jeiha combacia. Zia Mariko e Ryoga non sono molto contenti, ma ieri sera ho dormito meglio sapendolo accanto a me e non intrappolato tra le radici di quell'albero.»

«Visto? Io te l'avevo detto, hai bisogno di una distrazione.»

«Brumi. Lo chiamerò Brumi, significa tesoro in bariano.»

Dopo aver comprato tutto l'occorrente, ritornarono al complesso e insieme sistemarono la stanza di Rio per fare spazio al cucciolo. Disposero la cuccia extra-large ai piedi del letto e sistemarono i giocattoli accanto all'armadio. Merag mise al cane un collarino rosso con una medaglietta dorata con il nome appena inciso. In un angolo della cucina sistemarono la ciotola per l'acqua e il cibo, e nascosero il sacco con i croccantini in un mobile per evitare che Brumi vi si infilasse dentro.

La bariana si sedette sul pavimento e osservò sorridendo il cane mangiare, mentre Jessica li guardava a distanza. In quel momento uscì zia Mariko dal bagno mezza addormentata, ancora in pigiama e i capelli legati in una treccia. Sbadigliò un paio di volte e tornò in camera sua, ignorando la nipote e l'ospite. Dopo neanche un secondo, ritornò nel salotto e trascinò Jessica in camera sua.

«Posso chiederti delle cose?» le domandò mezza addormentata.

«Quante ne vuole.»

«Secondo te Rio come sta? Dico per davvero. Continua a dire che sta bene, ma io so che non è così. Lei si confida con te, vero?»

«È complicato. La sua memoria sta tornando, si sta abituando a questa situazione. Sta meglio di prima, non al suo massimo. Però ci sono delle cose che neanche a me racconta, che pretende di dimenticare. L'unica cosa che possiamo fare per aiutarla è non forzarla, mostrarle il nostro supporto senza essere invadenti. Quando sarà pronta, sarà lei a confidarsi.»

«E Four?»

«Le piace, ma solo come un amico. Non vuole un fidanzato al momento.»

«Va bene. Grazie per tutto quello che stai facendo.»

«È un piacere.»

Jessica ritornò in salotto, trovando Merag giocare con Brumi sul pavimento. Vedendo quella tenerissima scena le comparve in volto un largo sorriso. Era così felice per la sua amica che non trovava il coraggio di raccontarle quello che aveva scoperto con Jeiha.

L'obiettivo di Vector non riguardava le carte numero come tutti pensavano. L'imperatore sapeva benissimo che non sarebbe stato in grado di sfruttarle, ma rappresentavano il perfetto diversivo per il suo vero scopo. La povera Patrishka non sapeva affatto in cosa si era cacciata, troppo ingenua per leggere la visione d'intero. E anche gli umani si trovavano nella stessa situazione, impotenti di fronte ad una guerra che inconsciamente alimentavano.

Il cucciolo le morse la gonna per riportarla alla realtà. Merag riversava sul pavimento, tossendo sangue. Corse subito in suo soccorso, controllando la ferita sul fianco. Rimuovendo la fasciatura, notò che il taglio era come scomparso nel nulla senza lasciare una cicatrice. Il corpo della ragazza pesava quanto un blocco di cemento, freddo come il ghiaccio, color cadaverico.

Mariko le guardava terrorizzata, il suo corpo si mosse d'istinto verso il telefono di casa. Ma alzata la cornetta, la riabbassò. I medici furono chiari con lei, non sarebbero accorsi per una causa persa.

«Non posso fare niente per aiutarti, mi dispiace» disse tristemente, accovacciandosi accanto alla nipote.

«Non darti la colpa» sussurrò prima di perdere i sensi.

 

Si risvegliò su un prato verde, nei pressi di un fiume dorato. Lo spazio e le sue stelle costellavano il cielo, giocando con bellissimi effetti luminosi. Si alzò lentamente, guardandosi in giro. Dietro di lei, un enorme castello di mattoni bianchi si imponeva in quel paesaggio fantastico. Una dolce e calda voce di donna la chiamò. Merag raggiunse la sponda del corso d'acqua, dove comparve una figura a lei familiare.

«Nissa» disse stringendola in un abbraccio.

«Meg, è sempre un piacere vederti.»

«Ho bisogno di risposte, cosa mi sta succedendo?»

«Non avere paura, presto capirai.»

«Puoi per una volta dirmi le cose come stanno.»

«Tranquilla. Quando ti sveglierai, tutto sarà più chiaro.»

«Va bene… Come sei morta?»

«Il mio piccolo ti spiegherà tutto, abbi pazienza. Hai molta strada da compiere, nulla è perduto. Non sarò mai morta finché vivrò nei tuoi ricordi.»

«Sei nella mia testa? Come Silente nel settimo libro di Harry Potter?»

«Sai già la risposta.»

 

Merag aprì gli occhi e scattò a sedere, si trovava in camera sua sul letto. Jessica in pigiama sonnecchiava al suo fianco. Brumi si eresse sulle zampe posteriori per leccarle la faccia, scodinzolando energicamente e abbaiando un paio di volte. Quel verso svegliò l'astrale e fece spalancare la porta della stanza, da cui sbucarono le teste della sua famiglia e dei suoi amici. Subito entrarono tutti, spingendosi tra di loro per essere i primi a varcare la soglia.

«Quanto ho dormito?»

«Tre giorni, è finito giugno» rispose Ryoga.

«Come ti senti?» domandò Yuma.

«Mai stata meglio. Cosa è successo in mia assenza?»

«Niente, è tutto troppo tranquillo» disse Jessica sospettosa.

Zia Mariko lasciò soli i ragazzi con la nipote, preparandosi mentalmente a cucinare un pranzo abbondante. Il gruppo discusse di questa pace innaturale, e arrivarono tutti alla stessa conclusione.

I bariani stavano tramando qualcosa alle loro spalle.

 

 

 

 

Capitolo 43 - Il corpo di Rio che fa quel che gli pare

- Achievements Arc / Arco della realizzazione

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Capitolo 45
*** Capitolo 44 ***


- Judgements arc / Arco delle decisioni

Capitolo 44

 

Dopo lo strano malore di Rio, le sue condizioni migliorarono miracolosamente. E anche il suo corpo subì dei cambiamenti, in quei tre giorni di letargo le sue forme si accentuarono, tanto che dovette allargare nei giorni successivi tutti i suoi abiti e comprare nuovi reggiseni. Ma quello che sorprese di più zia Mariko e Ryoga fu che una ciocca dei suoi capelli si schiarì fino a diventare completamente bianca.

Jessica decise di rifare i test sul suo corpo e i risultati furono ancora più stupefacenti. Il suo DNA aveva subito una mutazione inspiegabile, in parole povere la descrisse come una fusione tra le caratteristiche umane e quelle bariane. Più il tempo passava, più la sua persona stava ritornando al suo 'splendore antico', come si auto-definiva Merag quando parlava della se stessa bariana.

Questi nuovi cambiamenti la portarono a dubitare della sua possibile morte da lì a quattro mesi circa, mentre stava passeggiando nel parco con Brumi quella mattina. Inoltre quella visione mistica della sua mentore non riusciva proprio a spiegarsela.

«Buongiorno principessa tra le nuvole» disse una voce alle sue spalle.

Merag saltò dallo spavento, sentendo la voce di Thomas chiamarla da dietro. Si voltò dandogli un abbraccio a sorpresa.

«Mi piace questo tocco glaciale» aggiunse il giovane indicando la ciocca bianca.

«Grazie. Però non so ancora spiegarmelo, si è schiarita da sola.»

«L'ho sempre detto che sei una ragazza ricca di sorprese.»

«Non la smetterai mai di corteggiarmi?»

«Solamente quando il mio fascino ti conquisterà.»

Merag non rispose, non voleva dargli quella soddisfazione. Per molto anni, nessuno l'aveva attratta come Four dal giorno in cui si incontrarono sul tetto dell'ospedale. E dare conferma a quei sentimenti avrebbe significato che aveva fallito il suo obiettivo di non innamorarsi. Sarebbe stato più facile evitare quel che provava, invece di affrontarlo.

«Quei baffi finti non ti donano per niente, sembri un idiota.»

«Grazie, e io stavo per chiederti quanto hai pagato l'intervento di ampliamento del balconcino» rispose Thomas calandosi leggermente gli occhiali da sole per farle l'occhiolino.

Merag non gradì affatto quel messaggio sottinteso, e per vendicarsi fece comparire nei suoi pantaloni un cubetto di ghiaccio. Guardarlo saltellare e smanettare con le mani nei suoi indumenti era uno spettacolo indimenticabile.

Four riuscì a liberarsi da quella sensazione glaciale e ricambiò il gesto, strofinando lentamente il cubetto sulla schiena scoperta di Rio. E la ragazza reagì nel modo in cui si aspettava il giovane.

«Che fresco, perché non ci ho pensato prima?» disse sorridendo.

«Posso farlo tutte le volte che vuoi.»

«Non montarti la testa.»

Dopo un numeroso scambio di punzecchiate, si sedettero ai piedi di un grande ciliegio per ripararsi tra sua ombra. Merag prese dal suo zaino una ciotola che riempì con dell'acqua gelata con i suoi poteri. Brumi vi si fiondò con la testa, bevendo avidamente. Thomas lo osservò attentamente, sospettoso. Da quando aveva scoperto che la sua gatta era una donna aliena, dubitava di qualsiasi animale che incrociava. Rio notò quell'atteggiamento guardingo e gli confermò che il cane fosse realmente un animale innoquo. Il cucciolo fece un paio di giravolte su se stesso poi si stese, poggiando la sua testa sulla gamba della padrona per schiacciare un pisolino. La ragazza passò la sua mano nel pelo morbido, con le stesse movenze con cui aveva coccolato in precedenza Thomas. Quel momento era ancora vivido nella mente del giovane, insieme alla bellissima sensazione che gli avevano trasmesso quelle dita. Senza rendersene conto, si era steso anche lui come Brumi e stava ricevendo lo stesso trattamento.

 

Nel frattempo, nel mondo bariano, la vita trascorreva tranquilla. Le azioni di Vector sulla Terra non passarono inosservate agli occhi attenti di Durbe, che aveva preparato nei minimi dettagli un bel discorso da fargli, una volta che lo avrebbe trovato. Infatti sul pianeta rosso tornò solo Patrishka che, testarda come sempre, non ascoltò quando il padre la rimproverò per la sua complicità in quelle azioni disonorevoli. Un conto era spaventare il gruppo di umani con l'astrale, ma rapendone due avevano superato di gran lunga il limite della decenza. Il Grigio non conosceva i dettagli di quelle gesta, il modo, i complici o il suo seguito. Ma una cosa gli fu certa, doveva trovare un modo per farle capire quanto sbagliate fossero le sue azioni.

Il lato positivo di quel dramma fu che la figlia, ingenuamente, aveva chiesto al custode della biblioteca se i terrestri erano esseri magici. Questo significava che tra quel gruppo che Vector aveva mirato, c'era una persona con dei poteri mistici. Secondo la storia della magia, la Terra fu uno dei pochi pianeti abitato da mistici degli elementi, dotati di una grande conoscenza magica. Non a caso faceva parte della galassia Myra, la conoscenza fiorente secondo il Sistema Arcano. Ma con il tempo, gli umani iniziarono a temere sempre di più le arti arcane, così da ripudiare chi le praticava e sterminare tutti i mistici. Alla fine, nessun terrestre fu più nato della razza mistica verso la fine del periodo Medioevo.

Non solo la Terra subì questo trattamento, ben presto tutti i membri della Myra, compreso il mondo astrale, persero le proprie potenze magiche e conoscenze, chi per proprio volere o per cause esterne, divenendo così la galassia della conoscenza in rovina. Secondo varie dicerie, si tratterebbe di una maledizione scagliata da Spada Rosa, ma anche se fu confermato più volte che l'oracolo avresse predetto solo l'avvenimento, ancora oggi c'è chi crede a questa diceria.

Durbe quel giorno non si trovava nel suo laboratorio segreto, ma nelle sue stanze per riposare. La sua mente, però, continuava a lavorare incessantemente, soprattutto per ignorare il dolore alla sua gamba sinistra. Ma in quel momento nulla riusciva ad impegnarlo al punto di dimenticarlo. Sollevò l'orlo del pantalone, notando che l'infezione si stava diramando velocemente. Una lunga ramificazione nera si avvolgeva costantemente nelle sue carni, stritolando l'intera gamba sottopelle. L'unica cosa che poteva fare era aspettare che si espandesse fino al cuore, solo allora il suo intervento sarebbe stato davvero efficace per estirparla.

«Come va la gamba? Ti ho visto zoppicare l'ultima volta… che cos'è?» domandò Patrishka, entrata nelle stanze del padre senza avvertire.

«Un infezione, tutto qui» disse coprendola.

«Sei ancora arrabbiato con me?»

«No, sono deluso. Ti ho educata diversamente.»

«Beh, forse se avresti trascorso più tempo con tua figlia, invece che con Nash e quella lì…»

«Da un giorno all'altro non mi hai più voluto nella tua vita, cosa dovevo fare? Forzarti? Ti ho sempre detto che la mia porta è aperta per te, ma hai preferito stare dalla parte di Vector e comportarti da ignobile. Va a lamentarti da lui, visto che solo questo sai fare» rispose Durbe pacato.

La bariana, innervosita da quelle parole, uscì dalla stanza sbattendo la porta di cristallo. Non lo sopportava, non sopportava la verità, soprattutto se detta dal padre. Ma al tempo stesso, un grande senso di inquietudine la colpì dritta al cuore. Le infezioni su Barian erano tremende, dolorose e si rigeneravano incessantemente. Solamente se si era in pericolo di vita si poteva intervenire definitivamente, perché smetteva di riprodursi per evitare di uccidere l'ospite e in conseguenza se stessa. E il processo per eliminarla era lento e complicato, con grossi rischi per lo sfortunato. Inoltre le infezioni non erano visibili, a causa della pelle spessa e dura dei bariani, ma nella forma umana si notavano chiaramente.

Corse per i corridori verso la biblioteca, ignorando le indicazioni ordinatele da Vector. Dopo tanto tempo, tornò a mettere il padre al primo posto nelle sue priorità. Si fece dare tutti i libri che trattavano le infezioni, per scoprire quale ceppo avesse afflitto il Grigio e trovare un modo per prendersi cura di lui. Dopo tutto, Durbe l'aveva adottata andando contro a molti, in primis Nash che la voleva scaricare ad un paesano qualunque.

L'imperatore alato avrebbe capito, si diceva. Rallentare il piano di un po' non avrebbe avuto nessuna ripercussione.

 

 

 

 

Capitolo 44 - Patrishka che ragiona da sola per una volta

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Capitolo 46
*** Capitolo 45 ***


Capitolo 45

 

Assorta nella lettura, Patrishka impiegò un paio di minuti per notare la presenza di Arito e Girag. Non si rese conto che l'intera giornata l'aveva trascorsa con il capo sui libri. Rabbrividì all'immaginane di diventare proprio come suo padre.

«Hai un infezione?» domandò l'imperatore rosso preoccupato.

«No, papà» rispose sospirando.

«Ecco perché sta male.»

«Si è espansa su tutta la gamba, per questo zoppica. Ma sotto ci sta anche altro sicuramente. Questo tipo di infezione è aggressiva, si allarga velocemente, ma non causa tutto il dolore che sta provando.»

«Forse Mizael sa qualcosa, sono più in confidenza» disse Girag speranzoso.

«Ci ho già parlato, sa quanto noi» mentì.

«Allora vediamo cosa possiamo fare per aiutarlo» concluse Arito, prendendo posto accanto alla ragazza.

 

Vector tornò sul pianeta rosso in quel preciso istante, sicuro di trovare Durbe sveglio. Il palazzo reale di notte si privava della vitalità mattutina, quindi diventava il momento perfetto per attuare i propri piani indisturbati. Vagava silenziosamente tra i corridori di cristallo, sussurrando parole poco belle nei confronti degli umani e progettando finti modi per ottenere le carte numero, il richiamo perfetto per un nobile d'animo. Infatti, passando davanti alle sue stanze, lo trovò in piedi appoggiato con la schiena alla porta di cristallo.

«Durbe, che piacere vederti. Come va con la gamba? Spero niente di grave» disse fermandosi a poca distanza.

«Nulla di cui preoccuparsi. Ho saputo delle tue azioni sulla Terra, immagino che sei fiero del tuo operato.»

«Si, gli umani sono davvero interessanti.»

«Che mi dici di Patrishka, qual è il suo ruolo in questa pagliacciata?»

«Sei geloso di me?»

«Voglio solo sapere che intenzioni hai.»

«Eccolo, il prediletto di Nash che mostra le cornicelle. Ti devo forse ricordare cosa è successo a Merag quando il tuo adorato amico è diventato troppo overprottettivo? Che riposi in pace, la poveretta.»

«Ricordati solo che Patrishka è una persona, non una tua proprietà» rispose il Grigio, chiudendosi nelle sue stanze.

Zoppicò fino al suo letto, ripendendo la sua forma umana. Sul morbido materasso dormiva tranquillo Mizael, che qualche ora prima si impuntò per fargli compagnia durante la notte per evitare spiacevoli inconvenienti. Ma il biondo si appisolò subito dopo aver messo piede nelle stanze dell'amante. Appena l'imperatore prese posto al suo fianco, si svegliò di soprassalto, preoccupato.

«Non volevo svegliarti, va tutto bene.»

«Non stavo dormendo.»

«Si, ci credo proprio» rispose ridendo, «non hai bisogno di trovare scuse con me».

«Abitudine... Pensi mai al giorno in cui siamo stati nominati imperatori?»

«Il giorno in cui ci siamo fidanzati.»

«Non ho ancora capito perché quell'idiot… Nash mi ha scelto. Credi che sapesse?»

«Merag ti ha scelto, ci ha scelto tutti. Nash aveva parecchi difetti, ma le voleva bene in fondo e all'inizio la sua opinione era la numero uno. Poi è diventato un idiota. Nessuno sa oltre noi due quello che vi lega.»

«E Patrishka?»

«Domani la troveremo fuori la porta. Il custode della biblioteca mi ha informato che sta facendo delle ricerche per l'infezione. Sono stato troppo duro con lei, è anche colpa mia se si sta allontanando, ma posso ancora rimediare.»

I due amanti si scambiarono effusioni amorose e si addormentarono abbracciati. Trascorrere le notti insieme era rischioso, chiunque li avrebbe potuti vedere.

Le camere degli imperatori si trovavano sul piano più popolato di sera, dato che anche gli inservienti e le guardie avevano lì le proprie stanze. Nash architettò personalmente la struttura del palazzo per rimarcare che gli imperatori dovevano venir considerati al pari dei sudditi, per questo motivo si faceva chiamare leader e non capo dai suoi colleghi. Un leader è colui che agisce insieme al gruppo, invece di comandare dall'alto. Ma qualcosa cambiò di punto in bianco, Nash si allontanò sempre di più dai suoi valori, così tanto che nessuno al palazzo lo riconobbe più come il begnamino del popolo. Ma per evitare di compromettere gli sviluppi positivi in seguito ai Secoli di Terrore, non trapelò nessuna notizia in merito a questo sconvolgimento e, alla scomparsa del leader, il popolo festeggiò ad un grande uomo. Ma si sa, dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna. Durbe ne era fortemente convinto, il suo amico non sarebbe arrivato fin lì senza l'aiuto e il supporto di Merag. Questo pensiero lo accompagnò per tutta la notte e gli diede degli spunti per la sua ricerca. Concentrato com'era sul possibile presente della donna, non si accorse che le sue azioni molto prima della sua scomparsa narravano una storia ben diversa, che solo lui sarebbe stato in grado di leggere.

Il mattino seguente, come previsto, Patrishka si appostò dietro la porta della stanza, questa volta in attesa di ricevere l'autorizzazione ad entrare. Mizael, ben noto all'amante come dormiglione, non si svegliava in alcun modo. Ronfava placidamente sotto le fresche coperte cremisi, intessute con fibre di cristallo per proteggere il corpo dalle alte temperature serali.

«Per quanto vuoi farmi aspettare qui fuori?» domandò Patrishka con una calma non comune al suo temperamento.

«Non sono presentabile» rispose Durbe, squotendo con forza il compagno.

Alla fine il biondo si destò dal sonno come un lampo. Sentendo la voce della ragazza fuori la porta, si mosse lentamente per non fare rumore ed appena il Grigio la fece accomodare all'interno, sgattaiolò in punta di piedi senza essere visto. Si infilò subito nella sua camera accanto, e pigramente si riaddormentò.

 

«Non dovresti essere sempre nella tua vera forma? E perché sei mezzo nudo?» domandò cercando di non guardargli i pettorali, era suo padre dopo tutto.

«Non mi piace, è scomoda. E senza i vestiti vedo l'infezione.»

«Stai peggio di ieri. Ho fatto delle ricerche con Arito e Girag, sono molto preoccupati per te… Anche io.»

Il Grigio stese le gambe sul letto, ormai diventate due ammassi di carne avvolti di nero. L'infezione si espanse su tutto il lato inferiore del corpo e risaliva sempre più aggressiva, provocando forti fitte di dolore.

«Sto bene, non dovete preoccuparvi.»

«Ho pensato molto a quello che mi hai detto ieri. Sei troppo duro con Vector, sta facendo del suo meglio per Barian. Gli astrali sono nostri eterni nemici, non possiamo permettegli di riconquistare terreno e farsi degli alleati!»

«Ma ti senti quando parli? Eterni nemici? Intendi dire che Don Thousand li considerava nemici, non hai idea di cosa ha comportato quella inutile guerra a entrambi i pianeti. Barian si stava autodistruggendo finché Nash non intervenne, potete odiarlo quanto vi pare qui dentro, ma ha fatto molte scelte giuste.»

«Lo vedi? Metti sempre in mezzo quei due! Scusami tanto se non sono come mi volevi, ma ho dei sentimenti anche io e te ne sei fregato da quando Merag ti ha circuito!»

«Sei tu che mi hai respinto, ogni volta che ti parlavo mi cacciavi via in malo modo. Caso mai sono io che mi devo scusare, sono un pessimo padre per aver cresciuto una figlia egoista favorevole alla guerra.»

«È questo che pensi allora? Egocentrico all'ennesima potenza!»

Patrishka corse verso la porta per uscire dalla stanza, ma venne fermata da Durbe che le si parò davanti ad una velocità allucinante, considerata la situazione del suo corpo.

«Spostati!»

«Aspetta, ti prego. Possiamo parlare come due persone civili, senza urla.»

«Ti è mai veramente importato di me? Da bambina eri tutto per me, tutto quello di cui avevo bisogno, sempre gentile e disponibile. Ora non fai altro che rimproverarmi e disapprovare le mie scelte.»

«Sei mia figlia, sei più importante di chiunque altro. Ma non sono infallibile, non so come farti da padre in questo periodo della tua vita. Si è messo tutto insieme, il ruolo da imperatore, la scomparsa di Nash, l'infezione, le mie ricerche, il rimorso di non aver saputo aiutare Merag, la Cerchia dei Mille che si è riforgiata, tenere a bada Vector. Non ce la faccio più, ho bisogno di una tregua, ma se mi faccio da parte non ci sarà più un posto che potrai chiamare casa. Non voglio perdere anche te, sei l'unica rimasta della mia famiglia.»

Il Grigio strinse in un forte ed inaspettato abbraccio Patrishka, che a quelle rivelazioni rimase come pietrificata. Troppo concentrata sulla sua missione con Vector, non si era resa conto di tutto lo stress che pesava sulle spalle del padre. E lei, invece di aiutarlo e supportarlo, non aveva fatto altro che fargli pesare di più il fatto di non poterle dedicare più il tempo di una volta. Per la prima volta vide il suo lato più fragile, vide le lacrime bagnargli il volto.

La ragazza ricambiò la stretta, sentendo una grande leggerezza in corpo. Capì quanto avesse sbagliato e, dopo tanto tempo, ritrovò il suo amore per il padre.

 

 

 

 

Capitolo 45 - Un finale buono ogni tanto fa bene

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Capitolo 47
*** Capitolo 46 ***


Capitolo 46

 

«Cos'è successo con Merag, posso saperlo?»

Dopo la confessione del padre, Patrishka perse la sua aura ribellina e tornò a vederlo sotto la luce meravigliosa che tutti le descrivevano. Così trascorsero la mattinata recuperando il tempo perso, passeggiando insieme per le vie della capitale nascosti da dei mantelli. A quella domanda, Durbe la prese per mano e corse fuori la città, fermandosi al Fossato Dimenticato.

«Mizael…»

«Te l'ha detto, lo so. Cosa vuoi sapere di preciso?»

«Tutto, insomma, lei era molto importante per te. Mi sento messa da parte.»

«Non posso dirti tutto, non sono l'unica persona coinvolta nella sua situazione… Nash ad un certo punto è cambiato completamente, senza un motivo. Faceva costantemente pressione su Merag e la teneva sotto stretta sorveglianza. Ma lei è sempre stata uno spirito libero, come il vento, non puoi imprigionarlo. Mi ha chiesto aiuto e ho provato a parlare con Nash, ma mi ha minacciato di rivelare a tutti di mia madre, che avrebbe significato una condanna a morte per entrambi. Non mi sorprende che sia scappata via e non sia più tornata.»

«È terribile, e io ho pure detto a quell'idiota di averla vista baciare la sua amica. Se solo non fossi stata così testarda, mi sono creata una mia verità e ho peggiorato le cose.»

«Non fartene una colpa, non potevi sapere che Nash avrebbe esiliato Jeiha. Quella volta ha davvero esagerato, spedirla nell'Oblio solo perché si erano baciate.»

«Ma le relazioni tra persone dello stesso sesso sono… ehm, contronatura?»

«No, Patrishka. Solo perché siamo stati creati per riprodurci con persone del sesso opposto non significa che dobbiamo limitare il nostro amore. Se una persona ti fa battere forte il cuore, niente ha più importanza se non il vostro amore.»

La ragazza guardò il padre perplessa, le sue parole davano la sensazione di esperienza, sapeva di cosa stava parlando. Non potè fare a meno di collegare quel suo sguardo innamorato con il modo in cui guardava Mizael ogni volta. E allora collegò tutto. Capì finalmente perché rifiutasse a prescindere tutte le richieste dei padri che provavano a fargli maritare le loro figlie. Su Barian era un'usanza comune il matrimonio combinato. Non sorprendeva affatto che le relazioni tra pari sessi venivano considerate un reato punibile con i lavori forzati, e peggio se si possedeva ruoli diplomatici.

«Sei molto sveglia, se ti fermi a riflettere e non agisci d'impulso» le disse il padre, intuendo i suoi pensieri.

La figlia allora gli raccontò di quel che stava combinando con Vector sulla Terra, quel poco che sapeva del suo piano e il suo nuovo compito: convincerlo a non intralciare l'imperatore. Gli ordini del Grigio avevano più importanza di quelli degli altri, da quando il loro leader scomparve quel titolo gli fu trasmesso per volere del popolo. Dopotutto, il custode aveva ricevuto chiaramente la richiesta di non aiutare Vector con i suoi folli piani, quindi niente accesso alla conoscenza conservata nella biblioteca più importante dell'intero pianeta. E tutti conoscevano l'enorme ammirazione di Fener per le menti brillanti.

«Posso allentare un po' la presa, devo scoprire cosa vuole ottenere. E se le sue intenzioni sono giuste non prenderò provvedimenti, anche se ne dubito.»

«Perfetto, allora sarò la tua informatrice. Non si fida ciecamente di me, ma se vede dei risultati sarà più aperto e convincibile. È una brava persona infondo, vuole solo il bene per Barian.»

«Perché ti ostini a difenderlo?»

«Siamo anime affini.»

Sentendo quella affermazione, Durbe venne colto dall'improvvisa gelosia che colpisce tutti i padri nei confronti delle proprie figlie, ma si convinse a lasciarla andare per la sua strada. Prima di tornare ai suoi doveri, le donò un amuleto incantato per proteggerla, una collana dorata con un piccolo cristallo viola a forma di fiore di loto.

«Sembra un comune gioiello terrestre» osservò Patrishka, indossandolo.

«Per questo passerà inosservato. Non rivelare a nessuno il suo potere, ti proteggerà finché lo porterai sempre con te.»

Detto ciò, le loro strade si separarono.

Patrishka incontrò Vector nel palazzo reale e gli riferì di aver ottenuto un risultato discreto, il padre avrebbe allentato la presa su di lui. Se gli dimostrerà che le sue azioni avvengono in buona fede, e soprattutto saranno utili per Barian, gli avrebbe dato campo libero. A questa notizia l'imperatore non trattenne un ghigno soddisfatto e subito le diede un nuovo compito: introdursi nella stanza segreta in cima alla torre. Il bariano alato necessitava di conoscere un qualcosa con cui avrebbe potuto ricattare il collega, il contentino non gli bastava. Con il Grigio completamente dalla sua parte, sarebbe stato tutto più facile e veloce, date le sue conoscenze sconfinate. Ombra faceva sempre più pressioni, la sua pazienza diminuiva ogni volta che si doveva ritardare una fase del suo piano. Entrambi volevano tutto e subito. Infatti Patrishka avvertì una minaccia velata nella voce di Vector, che le fece presente che non avrebbe aspettato tutto il tempo che lei aveva impiegato per penetrare in uno stupido appartamento umano.

 

Dopo averla snobbata, si diresse fuori dal palazzo reale per teletrasportarsi sulla Terra ed entrare nella seconda fase del suo piano. Nei panni dell'imbranato Rei, incontrò il solito gruppo nella Torre di Heartland per l'ennesima riunione noiosa in cui si discuteva il da farsi contro i bariani. Con il ruolo che aveva deciso di intraprendere, nessuno gli porgeva domande o provava a renderlo parte attivo della conversazione. Così sarebbe stato più facile mimetizzarsi e prendere nota mentalmente dei loro piani. Il più delle volte manteneva l'espressione facciale più confusa e terrorizzata che riuscisse a imitare, per rafforzare l'immagine di sé che aveva architettato. Ma non era l'unico a non prendere parte alle conversazioni, la stessa Rio Kamishiro, la fonte delle idee più ingegnose, restava in disparte ad ascoltare e prendere costantemente nota su un quaderno azzurro. Una volta provò a chiederle cosa scrivesse, ma la ragazza non gli diede una risposta certa. Sbirciando sulle pagine si rese conto che non trascriveva con gli ideogrami giapponesi, ma con una serie di segni a lui sconosciuti.

«Cosa pensi della situazione Rio?» domandò Kaito, sorprendendo i presenti.

Il giovane non chiedeva mai pareri diretti, aspettava sempre che qualcuno esponesse il proprio pensiero una volta terminato il suo discorso. Quella domanda sorprese anche la ragazza, che si prese un po' di tempo per pensare. Sfogliò i suoi appunti mormorando frasi incomprensibili, suscitando in Shark la sua ormai tipica frase distintiva: «è la strana della famiglia, non fateci caso».

«Dopo l'attacco di meteoriti questo gruppo di bariani non ha più mosso minacce a livello mondiale, il rapimento è stato un flop per loro e buono per noi, da allora non si sono più mossi. Le opzioni sono due: o stanno preparando un nuovo attacco oppure stanno aspettando un passo falso da parte nostra per agire. Con le informazioni che abbiamo su di loro, credo che la prima opzione sia da scartare, non sono così intelligenti da sfruttare i nostri punti deboli. La seconda è più plausibile. Dato che siamo a conoscenza del loro obiettivo, si aspetteranno di sicuro che creeremo una tattica per proteggere i numeri. Quindi proveranno a scoprirla ed inteccertarla, per rigirarla a loro favore ed ottenere facilmente i numeri. Il mio consiglio è di non agire, se hanno l'impressione che non li consideriamo una minaccia, saranno loro a fare un passo falso dettato dalla fretta» rispose Merag, continuando a sfogliare il suo quaderno.

"Lo vedi perché insisto così tanto per farla fuori? Ha scoperto il nostro piano come se niente fosse" disse Ombra nella mente di Vector.

L'imperatore stritolava tra le mani una piccola carota di gomma morbida, un giocattolo anti-stress regalatogli da Yuma dopo il rapimento. Il ragazzo aveva scelto quella forma perché l'ortaggio ricordava la sua capigliatura, un modo per farlo sorridere ogni volta che l'avrebbe preso tra le mani. Ovviamente il bariano finse di essere contento del pensiero, quando in realtà si era sentito offeso da quel paragone.

"Non è colpa mia se è come immune alla nostra magia, e se la uccidiamo Shark ha un motivo per fare lo stesso con me. Ti ho già detto che sto cercando un modo per rispedirla in coma in modo da non essere accusato" pensò Vector seccato.

La convivenza con Don Thousand si faceva sempre più pesante ed insopportabile, non vedeva l'ora di riuscire finalmente a restituirgli il suo corpo, così da cacciarlo via dalla sua testa e non dover più sentire perennemente la sua voce che lo tormentava dalla mattina alla sera.

Il gruppo rimase interdetto dall'osservazione appena formulata da Rio, trovandosi costretto a concordare perché in parte non avevano capito un accidenti della sua affermazione. Era loro evidente che la sorella di Ryoga aveva studiato la situazione molto più di quanto stessero facendo loro.

 

 

 

 

 

 

Capitolo 46 - Merag è l'unica preparata sulle guerre tra pianeti

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Capitolo 48
*** Capitolo 47 ***


Capitolo 47

 

Durante la pausa riunione, Kaito prese da parte Jessica. Il suo sguardo cupo non presagiva nulla di buono, ma l'astrale non si fece intimidire e resse il contatto visivo.

«C'è qualcosa che non quadra, non hai detto niente a Rio riguardo le nostre riunioni private, giusto?»

«Dovrei?»

«Certo che no. Ma è fin troppo sveglia per qualcuno che ne sa poco. E quel discorso, così dettagliato, sembrava un'altra persona.»

«Le piace ascoltare ed annotare, ha un ottimo spirito di osservazione e i suoi sensi sono più sviluppati grazie ai suoi poteri. Ma questo dovresti già saperlo dopo l'interrogatorio che mi avete fatto in seguito al rapimento.»

Il giovane, insieme a Chris, Faker e Byron, si erano premurati di controllare personalmente sue condizioni e quelle di Rei in seguito all'accaduto. E la visita medica si trasformò in una specie di colloquio forzato riguardo Rio Kamishiro. Ormai era ovvio come il cielo azzurro che la stavano spiando, tanto che Jessica divenne paranoica e ispezionava il suo appartamento ogni volta che vi rientrava. Non poteva permettere a quei quattro di origliare le sue conversazioni con Merag, soprattutto quando parlavano del suo passato bariano o del mutamento genetico che stava avvenendo nel suo corpo.

«Si, è proprio questo che non quadra. Dal suo risveglio sono successe troppe cose inspiegabili, e mi era parso chiaro che le rimangono solo quattro mesi di vita. Mi puoi spiegare perché sembra star meglio di prima?»

«Perché ha un atteggiamento più ottimista e allegro? Perché concentrarsi sui bariani la distrae dalla sua condanna a morte? Perché ha un animale domestico che non dubita di ogni suo respiro come fate tutti in questa stanza tranne me, Ryoga e quel fantasma alieno che io non posso vedere? Pensi che non l'abbia notato il vostro atteggiamento sempre più appiccicoso ed apprensivo?» rispose Jessica ad alta voce, in modo da farsi sentire da tutti.

Merag non si trovava più nella stanza, come ogni volta all'inizio della pausa, per questo l'astrale si permise di alzare la voce. Non voleva che l'amica prendesse le sue difese.

Ogni volta che iniziava la pausa, si rintanava in una saletta accanto. Faker gliel'aveva fornita per pietà, dovendo assistere ogni volta al suo sguardo esausto durante l'intervallo, dato che tutti le stavano addosso. In parte lo scienziato si sentiva in colpa, lui stesso si comportava in quel modo, e infatti non si sorprese della richiesta avvenuta qualche giorno prima.

La bariana riposava la mente in una piccolo salottino allestito appositamente per lei, composto da un semplice divanetto con un tavolino, un bagno e una TV che non accendeva mai; con Brumi che sonnecchiava sul parquet.

«Che sensazione di deja-vu, io che scappo da chi dice di volermi bene perché si comporta in modo ossessivo. Si, sto pensando proprio a te, Nash. Non mi manchi per niente, tu e gli altri imperatori» disse sottovoce, lasciando scorrere le lacrime sulle guance.

Si trovava stesa, gli occhi chiusi e le braccia strette sul quaderno azzurro dove aveva iniziato ad appuntare tutto. Scrivere l'aiutava a tenere i piedi per terra e organizzare i suoi pensieri, eliminando quelli superflui. Ma vedere ogni giorno Vector e non essere riconosciuta, questo la feriva. Si domandava se anche gli altri si sarebbero comportati allo stesso modo con lei, se l'avrebbero trattata come un'estranea quando o se si sarebbero rivisti. Sapere di trovarsi a così poca distanza da loro e non poterli raggiungere le faceva pesare di più gli sguardi dei suoi amici terrestri, perché era come se stesse tradendo le sue origini bariane.

A volte si domandava se confessare tutto o continuare a mantenere il segreto. Non riusciva a trovare ancora una risposta, quella situazione di stallo non poteva durare per sempre. Di certo non poteva confessare la sua vera identità a Vector, ora che sapeva con certezza che dietro a quelle malefatte c'era proprio lui, una persona completamente diversa da quel che ricordava.

Il malessere di Merag non passò inosservato agli occhi attenti di Astral, che negli ultimi tempi si avvicinò alla ragazza. Spesso obbligava Yuma a restare nella torre dopo le riunioni, così da poter conversare con la ragazza. Da quando Rio gli aveva esposto la sua teoria sui ricordi, lo spirito le aveva chiesto aiuto per testarla. In quei momenti che trascorrevano insieme, l'aveva conosciuta meglio di quanto credessero di conoscerla gli altri. Per questo, ora che tutti erano distratti dai rimproveri di Jessica, uscì dalla stanza per visitare da solo la sua amica. Da fuori la porta la sentì singhiozzare, così le chiese se potesse entrare per farle compagnia. La bariana lo fece accomodare senza mascherare il volto segnato dalle lacrime.

«Jessica sta rimproverando gli altri per il modo in cui ti stanno trattando, avrei voluto farlo io ma lei è più brava in queste cose.»

«Mi ha detto che l'avrebbe fatto, ma non è per questo che sto uno schifo. Tutta questa situazione, non so se riuscirò a reggerla ancora. Vorrei tanto scappare via dove nessuno mi conosce, per esperienza so che non servirà a niente, ma mi chiedo se ora sarà diverso.»

«Una vacanza ti farebbe bene, magari un week-end fuori porta, come dice la sorella di Yuma, si sta organizzando per andare a Tokyo con le sue amiche.»

«Forse hai ragione, potrei chiedere a zia Mariko. Mia madre mi ha lasciato in eredità uno chalet in Hokkaido, viveva lì prima di sposare mio padre.»

«Di sicuro acconsentirà, soprattutto se ti vede in questo stato.»

«Sono così orribile?»

«No, ma hai proprio bisogno di una pausa lontano da tutto e tutti.»

«Grazie Astral, mi sento meglio.»

Merag andò in bagno per sciacquarsi il viso e, guardandosi allo specchio, non potè non concordare sull'osservazione dello spirito.

"Gli astrali sono proprio portati per consolare le persone in modo utile, una vacanza tutta per me non la faccio da secoli. E così potrò vedere quanto fantastico è questo chalet con terme private che zia Mariko mi invidia."

Ritornarono nel salotto per riprendere la riunione e Rio notò subito una diversa aria viaggiare nella stanza. Appena varcò la soglia, nessuno osò rivolgerle uno sguardo, neanche di sfuggita. Erano tutti seduti ai loro posti, con il volto chino sul pavimento. Jessica li guardava perplessa, non si aspettava una reazione del genere alla sua ramanzina. La bariana prese posto accanto all'amica, che aprì una nuova discussione che riguardava i luoghi misteriosi rilevati dal radar in precedenza.

«Spero che non li abbiate dimenticati» iniziò cercando di ravvivare la situazione.

«Certo che no, mentre voi ci tenete esclusi noi ci divertiamo a ristrutturare il mio locale. Almeno così risparmio sulle spese» rispose Thomas.

«Si, non ci interessa. Allora io e i non baldi giovani abbiamo deciso di aspettare ancora, prima di parlarvene. Come osservato da Rio, i bariani staranno di sicuro aspettando un nostro passo avanti e condurli dritti dalle carte numero è fuori discussione. Inoltre, abbiamo deciso di interrompere momentaneamente le riunioni per darvi le ferie. Quindi cacciate fuori i costumi da bagno e andate ad arrostirvi al sole, voi che potete.»

«Quindi ci snobbate nuovamente, grazie tante» rispose il giovane sfregiato, incrociando le braccia al petto.

«Si, figliolo, noi ce ne staremo qui chiusi a lavorare mentre voi siete liberi di fare baldoria in discoteca fino all'alba. Con questo la riunione è ufficialmente chiusa» concluse Byron.

I ragazzi uscirono dalla torre a scaglioni e si separarono in vari gruppi. Il Club dei Numeri ritornò nelle rispettive abitazioni; Chris e Kaito si preparano a raggiungere il bunker nella scogliera per continuare le loro ricerche sul piano inferiore e Natasha Evans; Byron e Faker continuarono ad indagare con Jessica sulle misteriose rovine; Shark raggiunse la sua band per suonare a una festa; e Michael accompagnò Fuya agli studios della sua serie televisiva per registrare le ultime scene, che decreteranno il finale.

Thomas, Merag, Yuma ed Astral rimasero insieme fuori la torre. Lo spirito voleva scambiare due parole con la ragazza, prima di andare via con il partner. Così i due campioni di duello si allontanarono per dar loro privacy.

«Allora hanno fatto amicizia?» domandò curioso Four.

«Si, Astral crede che Rio possa aiutarlo con la sua memoria. Però non è la stessa cosa.»

«È una ragazza piena di sorprese, e bella, intelligente, allegra…»

«Ti piace Rio, in quel senso?»

Thomas annui arrossendo, nascondendosi il volto con una mano. Conoscendolo, Yuma avrebbe spifferato i suoi sentimenti a tutti, nessuno escluso. La sua ingenuità gli impediva di mantenere un segreto, non che lo facesse di proposito. Fu proprio così che Rei divenne membro del gruppo e messo al corrente della situazione completa sui numeri. Non che al giovane sfregiato interessasse di ciò, ma c'era qualcosa in quel pel di carota che lo inquietava.

«Lei lo sa?»

«No, no, no. Insomma ci ho provato, ma lei non ne vuole sapere. Mi ha già friendzonato.»

«Però tu le piaci, ho sentito Shark parlarne con Jessica. Non è molto contento, ma ha detto che non si sarebbe messo in mezzo nel caso.»

«Saperlo è peggio di esserne all'oscuro, se le piaccio perché non mi vuole?»

 

 

 

 

 

Capitolo 47 - Yuma che non si fa gli affari suoi

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Capitolo 49
*** Capitolo 48 ***


Capitolo 48

 

Astral tornò pimpante al fianco di Yuma, raccontandogli di aver ricordato l'architettura del mondo astrale dopo la conversazione con Rio. La ragazza li osservava parlare allegramente da lontano, venendo affiancata da un Thomas demoralizzato.

«Allora ci vediamo in giro» le disse, allontanandosi a passi lenti e pesanti.

«Aspetta, perché sei giù di morale?» domandò preoccupata.

«È solo che non ti capisco. Mi riempi di speranze poi ritiri tutto, e poi di nuovo speranze. Cosa vuoi da me, un amico o qualcosa di più? Questo tira e molla non ci fa bene.»

«Ma non stiamo insieme.»

«Appunto per questo è peggio. I nostri incontri casuali finiscono sempre con tu che mi coccoli e poi mi respingi. Se vuoi qualcuno con cui avere rapporti occasionali, non sono quello giusto. Al mio fianco voglio qualcuno con le idee ferme e decise, e tu non le hai.»

«Mi dispiace, non voglio illuderti. È solo che…»

«Scusami tu, forse è meglio se mi faccio da parte, visto che alla fine ti piaccio solo perché ti ricordo il tuo ex.»

Four corse via senza voltarsi, neanche quando Merag gli urlava di fermarsi mentre lo seguiva. Si asciugò le lacrime con la manica della sua camicia di lino, urtando le persone che passeggiavano per le strade. Fece perdere le sue tracce e si fermò al suo locale, crollando sul divanetto. Aveva ancora il braccio fasciato, la firma di Rio con i cuoricini spiccava sulle altre scritte. Voltò la testa per rimuoverla dal campo visivo, e iniziò a dirsi tante frasi poco belle sul come si fosse illuso che la ragazza provasse qualcosa per lui.

«Sono un deficiente!»

«Non lo sei, ragazzone» gli disse Jeiha, stringendolo in un abbraccio.

Dopo essersi rivelata a Four nelle sue vere sembianze, il loro rapporto di padrone ed animale domestico si evolse in una bella amicizia. E la donna sapeva benissimo cosa stesse provando in quel momento, perché in precedenza Merag le aveva spezzato il cuore allo stesso modo.

«Si, invece, mi sono illuso che continuando a provarci alla fine lei… Lei… Sono un idiota.»

«Non lo sei. Forse è proprio questo il problema, sai. Hai forzato le cose e si è chiusa a riccio, come fa sempre.»

«Parli come se la conoscessi.»

«Oh si, la conosco da più tempo di quanto immagini. È fatta così, appena si fa avanti un possibile interesse romantico, scappa via perché ha paura.»

«Con me è diverso, mi pensa solo perché le ricordo il suo ex.»

«No, no. Questo è quello che pensi tu. Lei ha paura di non raggiungere le tue aspettative, me l'ha detto.»

Thomas la guardò stupito, ormai aveva terminato le lacrime e i singhiozzi. Ascoltò attentamente la bariana, che le raccontò di una conversazione avuta il giorno prima.

Quella sera, verso mezzanotte, Merag continuava a rigirarsi nel letto, non riuscendo a prendere sonno. Allora si alzò ed indosso una giacca sopra la sua tutina da notte in seta, si allacciò le scarpe ed uscì di nascosto con Brumi. Fece un giro intorno al complesso, poi si allontanò sempre di più, vagando senza una meta. I suoi piedi la portarono sul lungomare, dove si trovava lo Shining's, il locale di Thomas. All'interno la luce era accesa, Jeiha stava leggendo un libro di storia preso in prestito dalla libreria di Michael senza chiedere. L'ancella la fece accomodare, sorpresa di vedere un cane al suo seguito. Rio le parlò di come avesse trovato il cucciolo e del collegamento con la sua predizione, che si rivelò totalmente corretta. In seguito confidò le sue paure sulla possibilità di avere una relazione con Thomas.

«Credevo di tirarmi indietro perché pensavo di essere condizionata dal mio ex, ma in realtà ho paura di non essere all'altezza delle sue aspettative.»

«Ma come ti vengono in mente certe cose?»

«Lo vedo nei suoi occhi quando mi guarda, e da quel che mi dice. Pensa che io sia perfetta, ma sono solo un disastro. Anche gli altri, mi guardano come se fossi la principessa da salvare nelle fiabe e mi stanno sempre più addosso. Solo zia Mariko, Ryoga e Jessica mi trattano come una persona normale.»

«Sei troppo dura con te stessa.»

«Sono realista. Credevo che questa fosse la mia rinascita, ma la storia si sta ripetendo ed è più dolorosa di prima.»

«Allora interrompi il circolo, non stare qui a piangerti addosso ed aspettare il cavaliere in armatura - riferimenti casuali voluti su Durbe - che viene a salvarti.»

«Non sono venuta qui per sentire la tua predica.»

«Se vuoi qualcuno che ti dia sempre ragione, fai parlare il cane e non me. Sei cambiata, ora lo vedo chiaramente, sei più fifona e piagnucolona. La Merag che conosco non si comporterebbe così.»

Quelle parole, invece di scuotere qualcosa di positivo nella ragazza, la fecero piangere. Rio uscì dal locale con Brumi e corse verso il complesso, con un umore peggiore di prima. Jeiha poggiò una mano sulla fronte, sospirando. Non riusciva più a capirla come un tempo, e il suo umore altalenante peggiorava tutto. Pensò di essere stata troppo dura, in fondo stava vivendo una situazione davvero stressante e senza senso. Non aveva bisogno di un'altra persona che le creava dei problemi, alla fine inesistenti. La sua psiche stava subendo delle situazioni inimmaginabili e, non sapendo come reagire, faceva quel che faceva sempre: cercare di proteggersi. Così, chiudendo la porta, nulla che potesse farle del male poteva passarci. D'altro canto, però, la stessa Merag aveva perso la sua forza da leopardo di diamante e la sua fin troppa autostima. Ma questa sottospecie di autodistruzione non riusciva a capire chi o cosa l'avesse causata. Non potendo fare altro, Jeiha riprese il libro di storia sperando che qualcuno di più qualificato potesse aiutare la sua amica di vecchia data.

Alla fine del racconto, Thomas e Jeiha si guardarono ammutoliti. La donna aveva evitato tutti i riferimenti ai bariani, ma il discorso fu chiaro ad entrambi, si erano comportati male nei confronti della ragazza. Invece di aiutarla, le loro parole l'avevano solamente ferita. Ma se in quel caso Merag scappò via dalla sua ancella, con Thomas aveva provato a spiegarsi in modo impacciato e poco chiaro.

«Siamo entrambi deficienti» concluse Jeiha, ritrasformandosi in gatto.

Qualcuno bussò alla porta del locale. Thomas urlò svogliatamente che la porta era aperta, diventando un tutt'uno con il divanetto. Rio entrò timidamente con il suo cane, rimanendo a debita distanza dal giovane. Stava lì in piedi, senza proferire parola.

«Come fai a sapere?» iniziò la domanda Four, venendo interrotto.

«Vieni sempre qui quando qualcosa non va. Lo so che sei arrabbiato, ma…»

«Hai paura di non essere all'altezza, me l'ha detto Jeiha.»

«Si, credo. Ho perso la fiducia in me stessa, per questo ho bisogno di allontanarmi per un po'. Spero di tornare con le idee chiare.»

Merag salutò Thomas, e ritornata al complesso andò in camera sua per schiacciare il più lungo pisolino che potesse.

 

«È ora di cena dormigliona» urlò Mariko dalla cucina.

Rio si svegliò controvoglia e mezza addormentata si diresse al suo posto per mangiare. Ryoga masticava rumorosamente mentre fissava il suo telefono, venendo parecchie volte richiamato dalla zia con dei colpetti sulle mani con le bacchette.

«Posa quell'affare e chiudi la bocca quando mangi. Siamo in famiglia, mi piace conversare a tavola.»

«Allora parla con la zombie.»

«Si, si. Me ne hanno dette di peggio» rispose la sorella sbadigliando.

«Rio ha proposto di andare in vacanza in Hokkaido, tu dove vorresti andare?»

«Ai Caraibi a nuotare con gli squali» rispose sarcastico.

«Sei proprio fissato» dissero in coro zia e nipote.

Ryoga le ignorò, troppo concentrato sul messaggio che gli aveva spedito Yuma qualche minuto prima.

Astral e Rio hanno fatto amicizia, dice che Jessica ha ragione e dovremmo lasciarle più spazio. Io e i ragazzi non volevamo starle così addosso, siamo solo preoccupati per lei. Tu che ne pensi?

Shark non aveva la più pallida idea di come rispondere. Da quando Rio era uscita dall'ospedale, il loro legame si rafforzava giorno dopo giorno, ma a volte lui stesso non la capiva. Aveva dei dubbi che non riferiva a nessuno, per timore di essere preso per pazzo.

Sua sorella le sembrava due persone diverse in lotta tra loro su chi dovesse dominare sull'altra. Ma questo era impossibile, o forse no? Non sapeva proprio come comportarsi, così rispose distrattamente alla zia che una vacanza non gli dispiaceva.

Se la sua adorata sorella ne aveva bisogno, era più che felice di esserci. Ma questo pensiero lo tenne per sé, ne gravava la sua reputazione di tipo tosto.

 

 

 

 

 

Capitolo 48 - Merag e Astral best friends

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Capitolo 50
*** Capitolo 49 ***


Capitolo 49

 

Mentre Ryoga preparava i bagagli per l'imminente viaggio in Hokkaido, la sua testa si riempì di raccomandazioni, consigli e attenzioni non volute e quasi esasperanti. Solo ora capiva la pressione che subiva costantemente sua sorella da settimane, la sola presenza di zia Mariko lo metteva a disagio.

«Mi raccomando i preservativi» gli disse porgendogli un pacco.

«Non mi servono perché non farò niente di quel che pensi!» esclamò schifato.

«Prendili per precauzione, non si sa mai.»

«E va bene, tanto opporsi non ti farà demordere.»

«Meglio che l'occasione non arrivi da preparato, che arrivi da impreparato.»

«Si, si. Chiuditi stupido affare!»

Shark si sedette sulla valigia blu per far scorrere la cerniera, che non ne voleva sapere di chiudersi. Ci saltò sopra un paio di volte, mentre la zia lo osservava sconcertata e divertita allo stesso tempo. Vederlo agitarsi per così poco faceva chiaramente intendere quanto il viaggetto fosse importante per lui, anche se cercava di non farlo notare. In quel momento si intromise Rio, offrendo il suo aiuto. Aprì la valigia e la svuotò, consigliando al fratello di sistemare meglio gli oggetti invece di insistere nel pressarli. Con un ordine un po' confuso, non fece fatica per chiuderla.

«Grazie» mugugnò.

«Vedi di dormire questa sera, invece di giocare a Biohazard 61» riprese Mariko con le raccomandazioni.

«Scusami tanto se ho la possibilità di giocarci prima della sua uscita ad ottobre, i vantaggi di essere mezzo famoso» rispose con un ghigno.

«Come vuoi, poi non ti lamentare domani mattina.»

Nel frattempo, dopo aver aiutato il fratello, Merag tornò in camera sua e si sedette sul suo letto a riflettere. Lo chiamavano chalet, ma da come ne parlava la zia, sembrava più una reggia. Due piani più seminterrato, munito di doppi accessori più terme private, isolato su una collina. Per andare in città, bisognava scendere a piedi percorrendo una strada sterrata.

«Cosa pensi Brumi, credi che mi aiuterà a capire cosa provo per Thomas?» chiese perplessa.

Il cucciolo abbaiò una volta. La ragazza gli aveva insegnato che quando gli porgeva una domanda, doveva abbaiare una volta per dire sì e due volte per dire no. Lo addestrava personalmente, con ottimi risultati. Imparava in fretta, ma proprio per questo andava piano per non stressarlo. Prendersene cura era forse la cosa che le piaceva fare di più, soprattutto grazie all'amore incondizionato che un animale prova per il suo padrone.

«Dici che dovrei cogliere il momento e fare quel che mi sento dentro?»

Un singolo abbaio. Merag sorrise e accolse tra le braccia il cane. Spazzolò con movimenti lenti e delicati il suo manto peloso, cercando di svuotare la mente da inutili preoccupazioni e pensieri negativi. Il viaggio sarebbe andato per il meglio, sarebbe stato un bel ricordo e avrebbe chiarito una volta per tutte i suoi sentimenti. Questa volta non sarebbe scappata, avrebbe affrontato la situazione a testa alta, come farebbe la vera Merag.

«La vera Merag… Jeiha ha ragione, mi sono persa in tutti questi secoli ed ora mi hanno assegnato una nuova identità. Chi sono veramente?» si domandò.

"Sei me e sei te" rispose una voce nella sua mente.

«Eh?»

"Sei confusa, come lo sono io. Sono Rio Kamishiro, la vera te possiamo dire così. Sono la parte di te che ha vissuto prima dell'incidente. Sono stata qui tutto il tempo ad osservarti, e ho avuto modo di viaggiare nei tuoi ricordi, i nostri. Siamo la stessa persona, due facce della stessa medaglia."

«Non sto capendo.»

"Non c'è niente da capire, siamo la stessa persona, lo siamo sempre state. Solo che tu ti ostini a trattarmi come un'altra, per questo ci stiamo parlando. In realtà io sono solo una parte di te, Merag. Sei sempre tu, sei l'originale diciamo. Spiegarlo a parole è difficile, devi solo accettarlo. Stai intavolando una conversazione con te stessa."

«Ok, e continuo a non capire.»

"Va bene, provo a pormi in un altro modo. Io sono come Natasha, sono una parte di te. Ricordi quando lavoravi per la Nasa? Hai visto i terrestri approdare per la prima volta sulla luna, è stato emozionante, vero?"

«Si, vedere Neil, Buzz e Michael2 riuscire nell'impresa che sognavano da una vita mi ha riempito di speranze.»

"Natasha sei sempre tu, Rio Kamishiro sei sempre tu. E questo è solo un monologo interiore…"

«Sto parlando con me stessa.»

Merag guardò Brumi sonnecchiare sulle sue gambe. Rimase senza parole, la risposta a molte sue domande l'aveva sempre avuta davanti agli occhi. Una nuova luce la illuminò quella sera, una luce che zia Mariko e Ryoga non sapevano spiegarsi. Quella improvvisa energia che sprigionava da tutti i pori era la stessa che la ragazza emanava da prima dell'incidente.

Ora si sentiva veramente pronta ad affrontare tutto e tutti. Anche se più confusa di prima.

 

Nel tempo in cui la famiglia Kamishiro si preparava per godersi l'estate in una regione più fredda, in villa Arclight si avvertiva un aria tranquilla e priva di preoccupazioni.

«Ti piace proprio preparare il tè inglese, pulce arcobaleno» disse Thomas, osservando il fratello minore versare la bevanda in due tazzine.

Quel soprannome affettuoso usciva spesso dalla sua bocca. All'inizio fu un duro colpo per lui, non perché fosse un giovane omofobo, ma perché nonostante passasse con Michael la maggior parte del suo tempo, non aveva notato nulla sulla sua omosessualità. Dopo il uso coming out, ogni volta che uscivano insieme si divertivano a fare commenti sui ragazzi che vedevano per strada.

«Che posso dire, è il mio tallone di Achille» rispose sorridendo.

«Si, come quel supereroe della tv. Oh Fuya vieni a vedere la mia collezione di libri, oh Fuya portami a vedere gli studios dove lavori.»

Four imitò scherzosamente il fratello, parlando in falsetto e saltellando per la stanza.

«Io non sono così» rise Three, lanciandogli contro un cuscino del divano.

Senza tutti i soprammobili, il salotto appariva più ampio e vuoto. E anche perché Byron e Five trascorrevano la maggior parte del loro tempo nella torre di Heartland. Quindi potevano giocare liberamente, senza preoccuparsi di essere beccati a distruggere qualcosa.

«Quindi mi vuoi dire che non provi nulla per lui? No, non ci credo per niente» disse prendendo in braccio Fiocco di Neve.

«Siamo solo amici… Come tu vuoi farmi credere con Rio.»

«Da quando hai un carattere così peperino?»

«Non cambiare argomento… Me l'ha detto Yuma.»

Thomas sprofondò sul divano sbuffando. Doveva immaginarselo, il suo collega campione non sapeva tenere la bocca chiusa. Chiese al fratello in quanti sapessero di ciò e, fintamente pensando, gli rispose che l'aveva rivelato solo a lui, ma che era evidente a tutti il suo interessamento.

«Vuoi un consiglio da amico gay? Non andare di fretta, in fondo vi conoscete da due mesi circa, eliminando il tempo trascorso in ospedale.»

«Quindi dici che dobbiamo prima frequentarci come amici?»

Michael annuì, porgendogli la tazzina di tè. Mentre bevevano in silenzio, Fiocco di Neve lasciò la stanza per farsi un giretto in giardino, o almeno così credevano gli Arclight quando non la vedevano. Non si preoccupavano più di tanto su dove andasse, alla fine ritornava sempre a tormentarli e farsi grandi scorpacciate di cibo.

Four non le chiedeva mai dove andasse, il gatto era una donna aliena indipendente. Ora che ci pensava, l'anello che Spada Rosa gli aveva affidato ora si trovava nelle mani di Rio. Ripensò a quel giorno, appena lo vide subito lo riconobbe come suo. Jeiha gliel'aveva sicuramente portato di proposito. Si chiedeva spesso da dove provenisse la sua nuova amica, ma evitava sempre di nominare il suo pianeta d'origine. E tutte quelle cose che stava scoprendo sui bariani lo stavano convincendo che lei stessa fosse una bariana. Ma nel caso, era sicuro al cento per cento che non collaborasse con quel gruppo che li minacciava.

Il suo filo di pensieri venne interrotto da una notifica del suo telefono, un tamburello che suonava le prime note dell'inno inglese.

«Papà e Chris non tornano stasera, pigiama party e pizza?»

«Solo noi due? Ci sto.»

 

 

 

 

1Sarebbe Resident Evil 6, in Giappone si chiama così. Ricordo che la storia è ambientata a metà 2012.

2Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins :)

 

Capitolo 49 - Anche i bariani soffrono di disturbo dissociativo dell'identità (personalità multipla)

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Capitolo 51
*** Capitolo 50 ***


Capitolo 50

 

Merag aspettava impaziente l'aereo, seduta su una panchina. Le cinque del mattino, per niente assonnata e il russare di suo fratello non migliorava la situazione. Jessica li aveva accompagnati all'aeroporto con la sua auto, ma anche lei non aveva fatto altro che dormire appena arrivati. In certi versi entrambi le ricordavano quel dormiglione di Mizael, che fin da bambino passava mezza giornata a dormire e l'altra ad entusiasmarsi per i draghi.

«Certo che russano forte. La tua amica si occupa del cane vero?» disse Mariko sbuffando.

«Si, Brumi è già nell'appartamento di Jessica.»

«Cosa?» domandò Shark sbadigliando.

«Niente, l'aereo è sempre in ritardo per il temporale» rispose stizzita.

Quella mattina, in Hokkaido, una tempesta improvvisa aveva bloccato tutti i voli diretti lì. Per l'attesa, Mariko firmava autografi e studiava il copione del suo film, che anch'esso aveva ricevuto dei ritardi a causa di un incidente sul set.

Nel mentre, Merag veniva importunata dai fan di Four che volevano a tutti i costi sapere di più sul loro legame. Ad un certo punto, iniziò a mandarli a quel paese dato che non accettavano la frase 'siamo solo amici'.

«Ah, la dura vita da vip. Non ci sei portata, ma dovrai abituarti» osservò la zia.

«È troppo chiedere un po' di privacy?»

«Privacy non esiste sul dizionario dei fan. Ti conviene trovare qualcosa da fare per non dare di matto.»

Merag sbuffò, sistemando il suo album da disegno sulle gambe.

Completamente concentrata su fogli di carta, matite e pastelli, saltò dallo spavento quando Ryoga la chiamò. Dovevano effettuare il check-in prima dell'arrivo dell'aereo. Ed ovviamente, nonostante avesse rimosso tutti i gioielli, la cintura e le scarpe, il metal detector continuava a suonare ogni volta che Merag ci passasse sotto.

«Sei sicura di non avere altro?» le domandò Mariko.

«Non ho niente, se volete lo attraverso completamente nuda» disse sarcasticamente.

«Non hai un piercing nascosto di cui non so niente, vero?»

Rio lanciò un'occhiataccia alla zia, per avvertirla che avrebbe fatto qualcosa di cui non sarebbe andata fiera. Strinse le mani a pugno, concentrandosi sui circuiti del metal detector. Poi, incrociando le dita passò per l'ennesima volta dall'altro lato. Questa volta non suonò a causa del meccanismo congelato. E mentre recuperava i suoi oggetti, fece evaporare il ghiaccio eliminandone ogni traccia.

«Non guardatemi in quel modo, saremmo rimasti bloccati qui tutto il giorno» disse raggiungendo la sua famiglia.

Insieme si avviarono all'aereo e in un'ora di volo arrivarono in Hokkaido. Si fermarono a pranzare in un bar dell'aeroporto e in seguito presero un taxi che lì lasciò a capo della collinetta. Furono costretti a percorrere il sentiero a piedi, con le valigie pesanti perché l'auto non era attrezzata per viali scoscesi.

Quello che trovarono in cima non fu una comune casetta di legno sulle montagne, ma una specie di villetta di mattoni a due piani più seminterrato.

«Non pensavo fosse così spaziosa» disse Rio aprendo la porta con le chiavi.

Il fratello la raggiunse, e la sua mascella quasi colpì il pavimento. L'interno era molto simile alla villa Arclight, in stile occidentale. Al piano terra si trovava un salotto con camino, la cucina e un piccolo bagno; al piano superiore una camera da letto matrimoniale, uno studio di pittura e un secondo bagno munito di idromassaggio; e nel seminterrato una vasca di acqua termale con una cascata.

Finito il giro generale, zia e nipote sistemarono i loro bagagli nella stanza da letto. Ryoga avrebbe dormito sul divano letto.

«Benvenuta nella nostra luna di miele» scherzò Merag, suddividendo l'armadio in due parti uguali.

«Allora come dice la regola, dobbiamo tornare in tre cara, tuo fratello non conta.»

«Si, io tu e il topo.»

«Dove?! Dove?!» si allarmò, saltando spaventata sotto le coperte.

La ragazza cacciò l'animale dalla tasca della sua giacca, lo aveva trovato fuori dallo chalet. Qualche giorno prima, trovandosi a parlare con Shark, venne a conoscenza della paura dei topi della zia, qualcosa che la tormentava fin da bambina. E come lei stessa era riuscita a sconfiggere le sue paure, sapeva che poteva anche Mariko.

«Guarda come è carino» disse avvicinandolo al suo viso.

La donna corse via dalla stanza e si chiuse nel bagno, pregando la ragazza di farlo sparire. Merag, come risposta, le fece una pernacchia e sistemò il topolino in uno scatolo nel salotto, facendogli i grattini sul dorso con un dito.

«Zia tanto grande sei e hai paura di un animaletto innoquo» urlò per farsi sentire.

«Non mi muovo da qui se quella cosa non se ne va» ribattè decisa.

«Allora niente.»

«Tu non stai bene» le disse Ryoga che aveva osservato la scena divertito.

«Io? Ma vogliamo parlare di te che sei geloso di Jessica?»

«Ho cambiato idea.»

Rio non rispose, immaginandone il motivo. Dopo quella tremenda ramanzina fatta dall'astrale nella torre di Heartland, il fratello abbassava la cresta ogni volta si parlasse di lei.

 

Mentre i tre vacanzieri si ambientavano nello chalet, Vector ne approfittò per avere un secondo incontro solitario con Jessica. Quando la donna gli aveva chiesto un confronto, si aspettava di tutto tranne che gli dicesse che lui era troppo giovane per lei. Aveva completamente dimenticato di aver finto di esserne innamorato, e la sua richiesta di rimanere amici lo aveva colpito dritto nell'orgoglio.

«Volevo dirtelo alla nostra uscita, ma non ne ho avuto la possibilità» disse dispiaciuta.

«Non fa niente, in effetti non pensavo avresti accettato l'invito. Mi sono preparato a questa eventualità» rispose sforzandosi di sorridere.

«Sono sicura che troverai qualcuno adatto a te. Ci vediamo in giro.»

La donna gli diede un bacio sulla guancia ed andò via, tirando il cucciolo di Rio con il guinzaglio. Lo aveva portato di proposito, pensò il bariano. La osservò andare via, dicendosi che se Jessica lo avrebbe conosciuto in tutta la sua magnificenza, sarebbe caduta ai suoi piedi. Ma non sarebbe mai successo, perché il suo obiettivo la prevedeva fuori dai giochi, in qualsiasi modo possibile. Sarebbe stato l'ideale se lei fosse tornata negli Stati Uniti di sua spontanea volontà, così da non destare sospetti. Quindi, tornato al suo appartamento, si teletrasportò a Washington per cercare informazioni che potessero aiutarlo nell'intento.

Purtroppo, né lui né Ombra si resero conto che Jessica gli aveva infilato un localizzatore nella tasca dei pantaloni. L'astrale aveva predetto l'eventualità che il bariano si muovesse fuori da Heartland, per questo avvertì un suo amico astrale che viveva negli Stati Uniti.

Appena Vector arrivò nella città, si diresse verso l'indirizzo che la donna forniva a chi chiedesse del suo lavoro, un'associazione per la ricerca sui fenomeni inspiegabili, stipendiata dal governo. Ad accoglierlo fù un uomo di nome Patrick, che l'imperatore riconobbe come l'amico del padre di Yuma. Il ragazzo, per sua fortuna, adorava parlare dei fatti personali e mostrare foto dei viaggi dei suoi genitori.

«Cosa posso fare per lei? È qui per l'offerta di lavoro?» disse in inglese.

«Si, vorrei delle informazioni» rispose cogliendo la palla al balzo.

Il signore gli fece fare un giro nello stabile, spiegando di cosa si occupavano. Parlava così tanto che gli venne il mal di testa ad ascoltarlo, passarono un paio d'ore prima che saltò fuori il nome di Jessica Sparrot.

«È il nostro capo, una donna davvero abile. Purtroppo ha preso delle ferie per decidere se restare o licenziarsi. Ci hanno tagliato i fondi parecchie volte e abbiamo dovuto ridurre il personale. Ma non per questo ci arrenderemo, il nostro pianeta riserva grandi misteri da risolvere.»

«Quindi c'è una probabilità che ritorni?»

«Sto cercando di convincerla, ma ha detto che prima deve aiutare un'amica. Il suo altruismo è un vanto per la nostra associazione… Sembra molto interessato al capo.»

«Mi hanno parlato molto bene di lei, speravo di incontrarla di persona.»

«Se vuole può lasciarmi un suo recapito e la contatterò non appena farà ritorno.»

«Certamente» concluse Vector dandogli il suo indirizzo email francese.

Uscito dallo stabile, ritornò soddisfatto su Barian. Il modo migliore per mettere fuori gioco Jessica sembrava quello di far terminare la sua amicizia con Rio, così non avrebbe avuto più nulla che la legasse ad Heartland. E quale modo migliore se non 'controllare' quest'ultima, come stava facendo con Patrishka. Ma dato che la ragazza umana sembrava immune all'incanto, il potere di ammaliare le persone, doveva trovare una soluzione più drastica. Rise di gusto, dirigendosi nella biblioteca del palazzo reale. Doveva approfittare il più possibile del momento, presto Durbe avrebbe scoperto le sue intenzioni e avrebbe agito di conseguenza. Si fece consegnare da Fener tutti i libri che parlassero dei poteri mentali, una magia molto difficile ed avanzata. Non poteva di certo chiedere specificatamente volumi sul controllo mentale, in quel caso il Grigio lo avrebbe fatto imprigionare seduta stante.

Odiava studiare, ma si costrinse a rimanere concentrato il più possibile. Purtroppo non gli era permesso di portare via nulla dalla biblioteca, quindi iniziò a trascrivere le pagine più succulente per poterle esaminare in privato. Ma, per sua sfortuna, incontrò l'ultima persona che volesse vedere in quel momento.

 

 

 

 

 

 

Capitolo 50 - Vector non ha ancora capito che sta perdendo tempo

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Capitolo 52
*** Capitolo 51 ***


Capitolo 51

 

Dopo la nascita del cucciolo di Tachionico, il drago occhi galattici, Mizael passava spesso per la biblioteca in cerca di libri che potessero aiutarlo. Il draghetto, nominato Sommerfeld1, si rivelò peggio della madre, aggressivo e riluttante alle attenzioni dell'imperatore. Ma in fondo, si trattava di una situazione completamente normale. Gli occhi galattici erano la razza di draghi più difficili da addestrare, e anche quelli più rari e potenti. Inoltre il bariano non aveva alcuna esperienza in questa attività, dato che Tachionico era stato il drago di sua madre. Alla sua morte, l'animale gli aveva dato molto filo da torcere, ma con il tempo lo aveva accettato come nuovo curatore.

L'imperatore, vedendo Vector in biblioteca a studiare, pensò prima che stesse sognando e poi di avere le allucinazioni. Ma il collega stava proprio lì, a guardarlo con la stessa espressione sorpresa.

«Ma ciao bella bionda, come va la tua noiosissima vita?»

«Farò finta di non aver sentito e di non averti visto» rispose sedendosi dall'altro capo del tavolo di cristallo.

Per loro sfortuna, l'unico a cui il custode permetteva di portar via i libri era Durbe. Quindi i due imperatori avrebbero dovuto condividere lo stesso campo visivo, una cosa davvero insopportabile per entrambi. Mizael si concentrò sullo studio del volume consigliatogli, un tomo avanzato sull'addestramento di draghi. Vector, invece, si distrasse completamente dalla sua ricerca sul controllo mentale, per teorizzare la scelta di lettura dell'altro.

"Addestramento di draghi, ma quel gigante di cui si occupa non è già addestrato?"

"Deve esserci un cucciolo allora. I draghi sono immuni a molti tipi di magia, se riuscissimo a portarlo via, avremmo dalla nostra parte un potente alleato" rispose maligno Don Thousand.

Il bariano alato nascose un perfido sorriso dietro uno dei suoi volumi, ignorando il fatto che in quel modo Mizael avrebbe visto il titolo. Infatti, gli occhi del biondo caddero per pochi secondi sulla scritta in copertina. Facendo finta di niente, prese il suo libro e lo ritornò a Fener, lamentandosi dello sghignazzare di Vector. Uscì dalla biblioteca e corse subito alla torre in cima al palazzo reale, sede del laboratorio segreto di Durbe. Il Grigio, guarito da poco dall'infezione, evitò il riposo per mettersi subito a lavoro. L'arrivo dell'amante non lo sorprese, e neanche il suo racconto sulle ricerche del collega.

«Niente di nuovo per me» rispose noncurante, mentre maneggiava un macchinario simile ad un microscopio.

«Perché sei così tranquillo?»

«Vector non sarà capace di esercitare quel potere. È troppo complesso per me che sono più preparato, figurati lui che ha solo un istruzione base.»

«Ma avevi detto che aveva incantato tua figlia.»

«Non è stato lui, ma qualcuno dei suoi. Sempre non mi preoccupa, Patrishka ha scoperto come far funzionare i neuroni. Aspetto solo che faccia un passo falso e poi interverremo, Arito e Girag mi appoggiano come te.»

«Parli come Nash.»

«Vuoi dire Merag, tutti i suoi discorsi partivano da lei.»

Mizael si sedette tranquillo ad osservarlo. Le condizioni di Durbe erano pessime, su tutto il corpo aveva delle cicatrici che lo avrebbero segnato a vita. Ma allo stesso tempo, rendevano la sua forma umana più attraente. Purtroppo non avrebbe potuto godere del contatto fisico per molto, quindi si accontentava di guardare quello spettacolo sfortunatamente vestito.

Il Grigio non risentiva affatto della sua condizione, nonostante la lentezza nei movimenti e la fatica nel fare anche le azioni più semplici. La sua attenzione era incanalata sulle sue ricerche. Si trovava ad un punto di svolta, come gli piaceva definirlo. Aveva scoperto, tramite Patrishka, di rovine misteriose sul pianeta Terra e che possibilmente ci fossero locate delle carte numero. Ma questo dettaglio non gli importava. Infatti le città da poco scoperte, le aveva visitate Merag durante le sue gite non autorizzate. Al momento, però, non poteva andarci a causa delle sue condizioni precarie, quindi cercava di informarsi il più possibile nell'attesa.

La sezione esplorativa di Barian, una squadra addestrata che viaggiava sugli altri pianeti in incognito e forniva rapporti molto dettagliati, gli aveva fornito dei campioni terrestri per delle analisi. Un'attività rilassante, a detta sua, e un modo per prepararsi ad un futuro viaggio.

«Che sono queste?» domandò Mizael, indicando due pietre poggiati sul tavolo.

«Granito e diorite, provengono dalla Terra. Hanno una composizione interessante.»

«Dimenticavo che sei nel tuo mondo fantastico di quel che è» disse sbuffando.

Durbe sorrise divertito, trascinando l'amante davanti al microscopio e spiegandogli con entusiasmo la morfologia di quei minerali. Lo rese partecipe delle sue ricerche sul pianeta della via Lattea, omettendo più che poteva sul il coinvolgimento di Merag. Non era per niente sicuro che fosse ancora viva, non voleva illuderlo, non poteva dopo tutta la sofferenza che avevano vissuto. Mizael non comprendeva tutto quell'interesse per due sassi e quel pianeta, ma si lasciò trasportare dalla ritrovata esaltazione del Grigio.

Senza rendersene conto, la giornata trascorse in un lampo. La temperatura aumentò drasticamente e i due amanti, per uscire dal palazzo reale, dovettero indossare dei mantelli per proteggersi dal calore. Durbe accompagnò Mizael dal suo drago per fornirgli supporto, come aveva fatto prima il partner. Si teletrasportarono appena arrivati fuori al portone, apparendo davanti all'imponente caverna lontana dal centro abitato. All'interno, Tachionico stava insegnando al suo cucciolo come sputare fuoco di etere cosmico2, una sostanza molto potente e distruttiva. Infatti, i due imperatori si dovettero scansare parecchie volte per raggiungerli.

«Mi ricordano tu che provavi a impressionare tua madre» scherzò il Grigio.

«Senti chi parla» rispose con una risata.

Si sedettero a debita distanza, per non intralciare i due draghi. Quando una mamma insegnava al suo cucciolo, non bisognava mai interromperla perché sarebbe andata su tutte le furie, anche nei confronti di chi conosceva. Durbe cacciò da sotto il mantello un cesto rosso con la loro cena, improvvisando una specie di appuntamento romantico.

«Ma come fai a tenere tutta questa roba li sotto? E quando l'hai presa?» domandò sorpreso Mizael.

«Ho organizzato tutto questa mattina.»

«Perché mi conosci e sapevi che ti avrei portato qui?»

«Esatto. Non abbiamo tanto tempo per stare insieme, quindi cerchiamo di goderci questi piccoli momenti.»

Come lui, anche il biondo preferiva la sua forma umana. Infatti, tutte le volte che trascorrevano del tempo insieme, lontano da occhi indiscreti, non apparivano mai nella loro versione bariana. Ma se Durbe trovava quest'ultima scomoda, Mizael non la sentiva sua. Nacque qualche anno prima del suddetto, su Hünya, e cresciuto nella sua forma umana come il Grigio. Vissero insieme nella grande abitazione di Spada Rosa, madre del suo compagno. Infatti erano entrambi ibridi; Durbe con madre hünyana e padre bariano, Mizael con madre bariana e padre sconosciuto. Morto prima che nascesse, la genitrice non lo mensionò mai, e lui non si interessò più di tanto perché non ne sentiva affatto la mancanza. Morta anche lei tempo addietro, il fidanzato era l'unico legame rimastogli. Condividendo le stesse esperienze passate, si facevano forza a vicenda.

Insieme ai due draghi, formavano una strana famiglia allargata.

«Patrishka sa di noi due» disse ad un certo punto il Grigio.

«Cosa come quando?» si allarmò il biondo.

«L'ha capito da sola, è più intelligente di quel che sembra.»

«E se Vector lo scopre?»

Durbe baciò il compagno per rassicurarlo, dicendogli che una situazione del genere non sarebbe mai successa. Si fidava di sua figlia, e gli sarebbe piaciuto che anche lui facesse lo stesso. Non aveva torto a ricordargli di tutti gli sbagli commessi dalla ragazza, ma questo non significava che li avrebbe ripetuti. Stava imparando da essi, mettendoci tutta se stessa per crescere e sorpassare la fase da frignona egoista.

«Fidarmi alla cieca non è il mio forte.»

«Però ti fidi del mio giudizio anche senza avere conoscenze in materia.»

«Giusto, ma tu non hai screditato Merag davanti a quell'idiota.»

«Sei troppo rancoroso. È successo secoli fa.»

«Può darsi, ma le abitudini sono dure a morire, non trovi?»

 

 

 

 

 

1Da Arnold Sommerfeld, a cui è attribuita la prima descrizione teorico-concettuale del tachione, una particella ipotetica avente massa immaginaria e velocità superiore a quella della luce. Mi piace fare citazioni :)

2Ipotetica sostanza, estremamente rarefatta e imponderabile, presente in ogni parte dell'universo e che fino alla fine dell'Ottocento era ritenuta essere il mezzo in cui si propaga la luce. - Tachionico e Fotonico non sputano fuoco nonostante siano draghi, quindi vai di creatività XD

 

Capitolo 51 - Draghi e amore, una combinazione insolita per i nostri piccioncini bariani

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Capitolo 53
*** Capitolo 52 ***


Capitolo 52

 

Zia Mariko rimase chiusa nel bagno per un bel po', prima di rendersi conto che si stava ridicolizzando davanti ai suoi nipoti per uno stupido topo. Raggiunse Rio nel salotto, tutta impettita e carica, sgonfiandosi subito non appena vide l'animale sul tavolo. Si bloccò per un paio di secondi, poi si avvicinò lentamente e si sedette di fronte la ragazza cercando di far finta che il topolino non esistesse. Merag sorrise maliziosa, spostando la scatola che lo conteneva a pochi centimetri dal suo corpo, che cadde sul parquet per lo spavento.

«Tu non stai bene!»

«Lo hai già detto prima.»

«Ti odio.»

«Va bene.»

Senza parole a causa della non curanza di Rio, riprese posto e lanciò delle occhiate furtive al topo che squittiva contento. La ragazza gli dava delle piccole carezze sul dorso, in un motivo ammaliante. Si ritrovò ad osservare quei piccoli gesti, dimenticandosi completamente della sua paura. In effetti, iniziò a pensare che il topolino non fosse così male come pensava.

E quel pomeriggio, preparandosi per fare un bel bagno nella vasca termale nel sotterraneo, non fece storie quando Merag lasciò la cuccia improvvisata nella camera da letto dove la donna si stava attualmente cambiando.

«Devo trovarti un nome. Ehm, Mickey? Come Mickey Mouse, hai il pelo nero.»

«Ti credevo più fantasiosa» disse Rio, entrando nella stanza.

Mariko, presa alla sprovvista, si coprì le parti intime con le mani. Era completamente nuda e rossa in viso. La rimproverò per essere entrata senza bussare, ma la ragazza gli rispose con un alzata di spalle come se non fosse un dramma. Prese il costume e l'accappatoio dall'armadio e si cambiò senza fare storie, ricordandole che erano entrambe donne e, soprattutto, imparentate.

In seguito si incrociarono nel corridoio con Ryoga e insieme si diressero nel sotterraneo. L'ansia del fratello non passò inosservata alla sorella, che non riusciva a comprenderla. Erano soli con la zia, nessuno sguardo inquisitorio o protesta indesiderata, per questo doveva sentirsi rilassato e non il contrario. In realtà proprio per questo il ragazzo si sentiva ansioso, non sapeva come comportarsi o cosa dire. Ci teneva a quella piccola vacanza, ci teneva a Rio e si preoccupava seriamente per la sua salute mentale e fisica. Infatti, prima della partenza, aveva preso in prestito dalla biblioteca pubblica tutti i libri che potessero aiutarlo nel caso sarebbe successo qualcosa. Ma vederla fin troppo tranquilla gli faceva credere che stesse fingendo per non rattristarli.

Arrivati alla vasca termale, Merag si tolse l'accappatoio, rimanendo con un costume argento a pezzo intero.

«Non pensavo fosse così spazioso qui sotto» disse sedendosi sul bordo.

Shark si tuffò a bomba, schizzando l'acqua calda come una fontana, venendo rimproverato da Mariko. I suoi pantaloncini viola si gonfiarono, dando l'impressione di avere due prosciutti al posto delle gambe. Si appoggiò al bordo con le braccia, cercando di rilassarsi. Nonostante fosse estate, la temperatura dell'acqua termale non dava alcuna sensazione di calore estremo, anzi la trovava davvero piacevole. Chiuse gli occhi, godendosi quel momento di pace.

Rio lo guardava sorridendo. Spesso gli capitava di vederlo innervosito ed ansioso, a causa della sua mezza popolarità e per lei. In effetti, da quel che gli aveva raccontato riguardo le carte numero, comprendeva appieno le pressioni che stava subendo. A dirla tutta, la vita da vip non gli si addiceva proprio. Entrambi avevano bisogno di quella vacanza.

Merag si ritrovò a pensare alla prospettiva di un futuro insieme a Thomas. Nonostante avesse ormai capito che le piacesse molto più di quanto volesse, la sicurezza di poter fare il passo successivo non la possedeva. Come poteva starci insieme se doveva mentirgli costantemente sulla sua identità. La verità, rifletteva sempre se riverarla o meno, ma giungeva sempre alla stessa conclusione, non poteva. Non poteva ora che Vector minacciava Yuma ed Astral. Non poteva visto che lei era una bariana come Vector. Tutti le avrebbero voltato le spalle, l'avrebbero abbandonata, o peggio. Pensare ad un'evenienza del genere la faceva già soffrire. Si era affezionata a quella sua strana famiglia allargata, non voleva perderla, non voleva perdere un'altra famiglia.

Non poteva dire la verità, e senza la sincerità, il rispetto e la fiducia un rapporto - qualsiasi esso sia - non può esistere. La ragazza li rispettava, si fidava fino ad un certo punto e nascondeva solo il suo passato da aliena.

Vedendola pensierosa, la zia, seduta al suo fianco, la schizzò con l'acqua calda.

«Siamo in vacanza, lascia i problemi ad Heartland e goditi la mia presenza» disse mostrandole i suoi bicipiti.

«Come sei egocentrica. Non sei il sole, la Terra non ti gira intorno.»

«Quando ero piccola, mia madre mi diceva sempre che avevo l'animo come il sole e che un giorno avrei trovato un animo come la luna, che mi avrebbe rimessa in riga. Ho capito subito che non sarebbe successo, mi dovete sopportare così come sono.»

«Che tortura!» si lamentò Rio, con tono ironico.

«Beh, guardacaso io ho il costume giallo e tu argento, come il sole e la luna.»

«Si. Ma lo sai che la luna viene illuminata dal sole e, paragonandolo a una relazione, mi stai dicendo che io brillo solo perché ci sei tu e quindi non valgo niente senza di te? Non è egocentrismo questo?» puntualizzò incrociando le braccia.

«Eh, così mi rovini l'infanzia e la frase ad effetto. Sei una secchiona.»

«Mi piace studiare, la conoscenza rende liberi.»

Merag fece una pernacchia e si tuffò nella vasca termale, per iniziare una battaglia all'ultimo schizzo d'acqua. Mariko la seguì, ma non riuscendo a reggere il passo, annunciò la resa e nuotò fin sotto la cascata bollente. Rio arrivò di soppiatto e la spaventò con un urlò.

«La smetti di tormentarmi, trovati un altro hobby!» disse la donna ridendo.

Rio sbuffò, calandosi lentamente in acqua con sguardo stretto e accusatorio. La zia la imitò, ma quando fu in acqua non la vide. Girò su se stessa un paio di volte, scrutando l'area circostante, ma di lei nessuna traccia. Preoccupata, riemerse e la trovò stesa a pancia all'aria sul pelo d'acqua, al centro della vasca. Si avvicinò lentamente e poi le saltò addosso, trascinandola sott'acqua. Nel mentre Ryoga le osservava ridendo a crepapelle per le loro manie infantili.

Riemergendo, la nipote approfittò di quel momento allegro per chiedere una cosa che la tormentava.

«Zia ho sofferto di disturbo dissociativo dell'identità, vero?»

«Si, in passato si.»

«Perché non me l'hai detto?» si intromise Shark, avvicinandosi.

«Lo faccio ora. Rio ne hai sofferto da bambina.»

«Chi altro lo sa?» domandò quest'ultima.

«Byron, è stato lui a notare i primi sintomi.»

«Voglio tutti i dettagli.»

«Dopo la morte dei vostri genitori, il forte trauma ti ha creato una seconda personalità. Era la vecchia proprietaria della tua bambola preferita, colei che l'aveva creata. Byron mi ha detto che i tuoi poteri le avevano dato vita, e lei ti raccontava la storia di questa donna.»

«Perché lo hai tenuto nascosto?»

«Quattro anni fa tutto si risolse. Però non ti nego che ho sospettato che sia tornato dopo l'incidente di cinque mesi fa, e ne ho parlato con Byron.»

Merag la osservava stupita. Se zia Mariko le aveva tenuto segreto una circostanza così importante, chissà cosa altro non sapeva. Credeva di aver recuperato tutti i suoi ricordi, e il monologo interiore del giorno prima le aveva chiarito in parte la faccenda Rio-Merag.

Tutte le sue certezze crollarono in quell'istante, come quelle di Ryoga. Alla fine, ci aveva visto quasi giusto. Sua sorella si comportava realmente come due persone completamente diverse, e questo spiegava moltissimi dei suoi ricordi, anche quelli che credeva fossero solo frutto della sua immaginazione. Però, giustamente, quel che lo preoccupò di più non fu scoprire che la gemella avesse dato vita a quella bambola che trovava inquietante, ma che la sua salute mentale fosse così instabile fin dalla tenera età. Ora le sue ricerche avevano trovato una direzione precisa e, una volta ritornati ad Heartland, avrebbe studiato tutto quel che poteva sul disturbo dissociativo dell'identità, ignorando il fatto che nel suo caso non funzionava allo stesso modo dei terrestri.

Si promise che avrebbe fatto di tutto per lei, anche se questo significava infrangere la sua parola di non intromettersi nella sua vita.

 

 

 

 

 

Capitolo 52 - Neanche in vacanza Merag ha un po' di pace

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Capitolo 54
*** Capitolo 53 ***


Capitolo 53

 

Merag rimase a mollo per un tempo a lei indefinibile, Mariko l'aveva lasciata sola per metabolizzare la scoperta, trascinandosi Ryoga. Si sentiva di nuovo stretta in una situazione che non le apparteneva, la sua vita era così semplice e felice prima che Nash divenne il grande capo di Barian, come lei lo chiamava scherzosamente. Da allora tutto iniziò a precipitare. Sperava che il suo risveglio fosse un nuovo inizio, ma la storia continuava a ripetersi.

Si domandava cosa sapeva Spada Rosa del suo futuro, non capiva la sua calma, le sue rassicurazioni. Più andava avanti, più vedeva la sua vita scorrere senza controllo. Come poteva interrompere il circolo vizioso se non sapeva cosa lo stava causando?

Sconcertata e confusa, videochiamò Jessica. L'astrale stava mangiando la pizza in pigiama sul suo divano. Nell'inquadratura comparve anche Brumi, che vedendola abbaiò e scodinzolò energicamente.

«Che brutta faccia, esperienza traumatica con la banana di tuo fratello?»

«Ma che ti viene in mente!» rispose arrossendo.

«Sei sconvolta, e nuda.»

«Sono sola nella vasca termale.»

«Illuminami allora.»

Merag spiegò dettagliatamente tutto quel che era successo da quando l'aveva lasciata all'aeroporto, mimando se stessa e i suoi parenti, ripetendo la conversazione avuta prima. Concluse il tutto con un lungo sospiro, confidandole le sue preoccupazioni.

Jessica rimase immobile, con il pezzo di pizza che si afflosciava nella sua mano, la bocca aperta e gli occhi spalancati. Approfittando della situazione, il cane provò a rubarle il cibo, fermandosi subito ad un richiamo della padrona.

«La tua cartella medica non segna il disturbo dissociativo» rispose l'astrale riprendendosi.

«Grandioso. Aspetta, hai accesso alla mia cartella medica?»

«Ehm si, si… Mi cogli impreparata, e io odio essere impreparata. Ti richiamo» disse chiudendo la telefonata.

Rio, più confusa di prima, uscì dalla vasca e andò al primo piano per lavarsi. Ma il bagno era già occupato dal fratello senza costume, che ascoltava musica hard rock ad alto volume nell'idromassaggio. Ignorò il suo sguardo imbarazzato e si infilò nuda nella vasca, accovacciandosi al suo fianco.

«Cosa…»

«Voglio solo un po' di compagnia.»

Shark le avvolse delicatamente il braccio intorno alle sue spalle, cercando di non guardarle il corpo. Merag si accostò al suo petto, appoggiando il capo sui pettorali.

«Ti faccio pietà, vero?»

«Per niente sorellina.»

Il ragazzo la strinse in un forte abbraccio, carezzandole i capelli. Merag si lasciò coccolare, apprezzando quei piccoli gesti. Si sentiva amata ed apprezzata, come Nash faceva in un tempo passato, l'unico nella sua famiglia bariana che non la considerasse un peso. Se lui, come lei, si fosse reincarnato in un nuovo corpo, doveva essere per forza Ryoga Kamishiro. Ma ormai questo non le importava più, il fratello umano, per quanto potesse somigliare a quello bariano, era pur sempre una nuova persona. Come lo fu Rio ed ora Merag. Tutti si evolvono nel tempo, chi in meglio come Shark, chi in peggio come Vector, chi ha una semplice maturazione come Jeiha, e chi decide di dare una svolta alla propria vita come Jessica. In quei giorni di vacanza, Merag pensò che avrebbe realmente capito dove il suo cuore la stesse portando. Per una volta decise di lasciargli il comando, mettendo da parte la ragione del cervello.

Accoccolata tra le braccia del gemello, quasi non sentì il suo telefono squillare.

«Jessica mi sta videochiamando.»

«Devi rispondere per forza?»

«Si, se no prende il primo aereo disponibile per venire a picchiarti.»

Shark uscì dal bagno per lasciarle la sua privacy, senza che lei lo chiedesse. Ma anche per evitare che l'americana si mettesse in testa qualche strana idea su di lui. Odiava ammetterlo, ma il fascino da donna matura lo attraeva e ci teneva a fare bella figura.

«Vedo che hai cambiato posto, indovina quale» disse l'astrale.

«Idromassaggio.»

«La prossima volta invitami, con tutto quello che faccio per te me lo merito.»

«Quando vuoi.»

«Ho parlato con tua zia, l'ho torchiata quasi. Mi ha detto che non esiste una diagnosi perché la persona che ti faceva da psicologa era la onnipresente Spada Rosa.»

Rio spalancò gli occhi più che potè. Doveva capirlo che c'era il suo zampino anche in questa storia. Nissa spuntava più del dovuto, e la ragazza non riuscì a non pensare a Durbe. In fondo si trattava di suo figlio.

«C'è dell'altro» disse Jeiha, comparendo nell'inquadratura.

«Abbiamo… Anzi, ho scoperto io dato che il gatto non si fa sfuggire niente. Ok, reggiti forte. Ti sei reincarnata sei anni dopo perché la reincarnazione avviene in casi speciali, quando il soggetto ha un destino preciso da compiere, ma muore improvvisamente, e quindi rinasce nel momento più opportuno per attuarlo senza che ci siano intoppi. Quindi Spada Rosa ha visto qualcosa, e quel qualcosa a cui sei destinata ha creato tutta questa situazione» disse Jessica soddisfatta.

«Aspetta, quindi mi stai dicendo che sono la tipica sfigata protagonista di un anime? Già che ci siamo mi faccio chiamare Sailor Moon visto che mi sono svegliata durante la luna rossa» rispose Merag sarcastica.

«Praticamente si, non ho finito. Spada Rosa è morta l'anno scorso, Jeiha dice che il figlio potrebbe aver ereditato i suoi poteri telepatici. Sai per caso se questo qui ha manifestato poteri del genere quando la madre era ancora viva? Robe del genere vengono trasferiti nella linea di sangue.»

«Durbe cosa?! Però pensandoci, una volta mi ha detto che sentiva una voce nella sua testa che lo chiamava. Poi non so, nonostante tutto quel che abbiamo passato, si confidava di più con Mizael. L'ho cresciuto io in parte, quindi c'è un po' di quella vergogna madre-figlio.»

«Non mi hai mai detto quanti anni hai, bagel» le chiese Jessica confusa.

«Più di mille sicuro, ho smesso di contarli tempo fa. Barian ha una delle prospettive di vite più alte nella Galassia Chaos.»

«Ah, mi sento una poppante, non ho manco un secolo io. Ritornando al punto di prima, se Durbe ha ereditato i suoi poteri definitivamente, la prima manifestazione è l'ipersensibilità a qualsiasi cosa, sia fisica sia mentale. Quindi molta più fragilità nel periodo in cui li sta assimilando, dobbiamo tenere sotto stretto controllo Vector per evitare che se ne approfitti. Gli ho piazzato un localizzatore che funziona anche su Barian, almeno il gatto mi ha aiutato in questo. Quindi, stai tranquilla e goditi la vacanza con la famiglia che poi torni a goderti la banana di Thomas.»

Jessica e Jeiha conclusero la videochiamata ridendo maliziosamente.

Nel frattempo, Ryoga dopo aver lasciato la sorella nel bagno, aiutò Mariko a preparare la cena, che era da poco tornata allo chalet con la spesa. Voleva stupirla con le sue doti culinarie, apprese nel periodo in cui dormiva in ospedale. Ora che la zia gli aveva rivelato il motivo per cui Rio veniva considerata la strana della famiglia, riusciva a capirla meglio.

 La temperatura esterna calò, la pioggia iniziò a battere sui vetri, ma tutto sommato si stava bene dopo aver acceso il camino. Al ragazzo non piaceva il maltempo, ma la prospettiva di restare in casa al calduccio per prendersi cura della gemella non gli dispiaceva. Si era promesso che qualunque cosa il futuro avesse in serbo per lui, sarebbe stato sempre la sua spalla.

Distratto dal ramen che stava cucinando, quando Rio lo abbracciò da dietro la schiena si pietrificò.

«Sei appiccicosa» le disse.

«Non dovrei?»  rispose dandogli un bacetto sulla guancia.

Mariko li osservò sorridendo, mentre apparecchiava la tavola.

Dopo cena, si accomodarono sul divano per guardare un film sul tablet di Shark, ma verso la sua metà i gemelli si addormentarono uno appoggiato all'altra. Allora la zia se li caricò in spalla uno alla volta e, con molto sforzo, li portò sul letto al piano superiore. In seguito liberò nella natura il topolino, non poteva lasciarlo per sempre nella scatola. Poi mise il pigiama e si addormentò esausta accanto ai nipoti.

Tutto sommato, l'inizio della vacanza era stato meno tragico di quel che aveva immaginato.

 

 

 

 

*Ovviamente le cose sulla reincarnazione me le sono inventate.

 

Capitolo 53 - Capitano tutte a Merag

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Capitolo 55
*** Capitolo 54 ***


Capitolo 54

 

Rio si svegliò credendo di aver sognato tutto. Il giorno precedente fu un esplosione di emozioni e rivelazioni difficile da digerire. Ma trovandosi sotto le lenzuola con la zia e il fratello che dormivano russando, si rese conto che tutto fosse avvenuto così come lo ricordava.

Quello che la sconcertò più di tutto fu la probabilità che Durbe avesse ereditato il grande potere di sua madre. Un conto riguardava l'essere in grado di conoscere passato, presente e futuro; una dote che si poteva apprendere misteriosamente come fatto da Jeiha, ma l'altro era possedere la telepatia quando si è la persona più logica e razionale dell'intero universo. Il Grigio, per quanto ricordasse, non aveva mai realmente compreso il presunto dono di sua madre e neanche gli interessava. Rimuoveva tutta l'eccitazione di fare nuove scoperte, le diceva spesso. Lui adorava i rompicapi e gli enigmi, e le persone rappresentavano il soggetto perfetto. Telepatia significava che studiare non gli servisse più a niente; che vivere sarebbe inutile senza avere dei misteri da risolvere.

Questa prospettiva Merag non la gradiva per niente.

La lunga dormita le aveva fatto elaborare tutto a mente fredda, arrivando alla conclusione che, in effetti, riflettesse troppo. Prima che suo fratello Nash fosse eletto primo imperatore di Barian, lei non pensava così tanto, a volte neanche lo faceva. Agiva di pancia, senza considerare le conseguenze delle sue azioni.

Forse quel suo vecchio atteggiamento sarebbe stata la rottura del circolo vizioso, si disse. Osservò il soffitto per un po', prima di dare un pizzicotto sulla guancia di Ryoga.

«Le mie tette non sono un cuscino.»

«Cosa dove quando?» si allarmò il ragazzo, alzandosi velocemente.

«Veramente stavi sul mio addome, ma così ero sicura che ti spostavi » rispose ridendo.

«Ti odio.»

«Non litigate e lasciatemi dormire» mugugnò la zia nel sonno.

I gemelli si guardarono in segno di sfida, poi scattarono entrambi verso il bagno. Rio arrivò per prima e lo chiuse fuori, continuando a ridere. Il fratello le disse che la prossima volta sarebbe finita diversamente mentre correva al bagno del piano inferiore.

"Ci siamo capiti con uno sguardo… Jeiha ha torto, Thomas non è l'unico stimolo di cui ho bisogno" pensò Merag sorridendo.

Dopo la colazione, uscirono dallo chalet per una passeggiata. L'abitazione era isolata su una collina, circondata da un boschetto. I due ragazzi si stringevano sotto l'ombrello, mantenuto da Shark, e camminavano tranquillamente sul prato bagnato. Fecero un lungo giro attorno l'abitazione, in silenzio. Rio adorava quella calma e tranquillità non comuni ad una Heartland piena di rumori e movimento.

«Come ti senti? Ieri è stata una giornata estenuante» le domandò Ryoga a voce bassa.

«Non lo so, è tutto così strano… Più del solito. Tu invece?»

«Devo ancora digerire quel che ha detto zia Mariko.»

Proprio quando stava per rispondergli, lo sguardo severo di Nash comparve sul volto di Ryoga. In passato, dopo la sua relazione clandestina con Jeiha e il successivo esilio della donna da parte del leader, Merag vedeva quell'espressione facciale tutte le volte che incrociava il fratello nel palazzo reale. Non riusciva a capire se fosse disapprovazione, rabbia, o tristezza. Gli voleva un mondo di bene, nonostante tutto il male che le avesse fatto, e non sopportava vedere quel volto indecifrabile. Ma se all'epoca gli fu impossibile potersi chiarire con Nash, ora non aveva più di fronte quel muro invalicabile di orgoglio e pregiudizio.

Rio fissò Shark per qualche secondo, prima di dargli un bacio sulla guancia e ricordargli che la fretta è una cattiva consigliera. Ripresero la loro passeggiata, continuando a punzecchiarsi come tanto adoravano fare.

 

Mentre i due gemelli si godevano il paesaggio, Chris e Kaito continuavano le loro ricerche nel bunker misterioso. Con l'avvento dei bariani non avevano avuto l'opportunità di esplorare per bene il piano inferiore scoperto con i genitori. Scartata l'idea di trovare la presunta proprietaria Natasha Evans - ignorando il fatto di averla già conosciuta - si concentrarono su quel che avevano. Il tablet si rifiutava di collaborare, costantemente protetto dall'omino arancione che si impostò da solo sulla difensiva e impediva ai due di navigare tra i file. E dato che tutti i dispositivi tecnologici comunicavano in una lingua a loro sconosciuta, non restava altro che il mobilio e la radura fatata inconcepibile per Kaito. Infatti si era completamente rifiutato di esaminarla, lasciando tutto il divertimento nelle mani di Chris, che invece la trovava un luogo interessante.

Il biondo osservava stranito gli abiti nel piccolo armadio della camera da letto. Non riusciva a collegarli ad uno specifico periodo o stile, e per sua sfortuna erano stati tutti cuciti a mano, quindi nessuna etichetta sarebbe comparsa in suo aiuto.

«Da quando ti interessi di moda?» chiese Five affacciandosi nella stanza.

«Cercavo degli indizi, inutilmente» rispose sbuffando.

«Forse Rio potrebbe scoprire qualcosa da quelli.»

«No, no e no. Tutti tranne lei, ha qualche rotella fuori posto.»

«Senti chi parla, colui che si convinse che delle carte da gioco potessero guarire Haruto.»

«Molto divertente Raperonzolo.»

Chris non aggiunse altro, ma gli mostrò una boccetta d'acqua trasparente.

«Proviene dalla radura, è un concentrato di sali minerali e vitamine. Ottimo per chi vive a lungo sottoterra, non pensi?»

«Quindi ora la tua ipotesi è che la proprietaria sia un'umana? Niente alieni o fate?»

«Concentrati, questo significa che la proprietaria ha delle necessità dettate dalla natura. Ti sei mai chiesto perché non ci sia una toilette?»

«Forse urina nell'acqua.»

«Evito di esprimermi in merito. Di sicuro questa persona non ha le nostre stesse necessità, quindi non si tratta un essere umano.»

«Beh, sappiamo che esistono gli alieni. Forse Natasha è un vampiro, per questo non abbiamo trovato cibo ammuffito qui dentro.»

«Mi piacevi di più quando ti comportavi da persona seria… Ho scoperto altro.»

Kaito seguì Five nella stanza principale dove si trovava l'imponente cristallo che alimentava il bunker, ignorando il suo commento. Subito notò sul pavimento una lastra di metallo sollevata, che rivelava uno scompartimento segreto. Scesero tramite una scaletta in una specie di magazzino, pieno di tecnologia antiquata e scaffalature.

«Aspetta, questa roba…»

«Lasciala perdere, guarda qui.»

Chris gli mostrò una fotografia a colori, Natasha Evans con due uomini di mezza età davanti al quartier generale della NASA a Washington.

«Dimmi un po' a chi somigliano questi due signori» chiese Five.

«Noi due con qualche ruga di troppo.»

«Ce ne sono altre» disse indicando uno scatolo su uno scaffale.

«Questo scompartimento è diverso dagli altri, è pieno di polvere e ragnatele» osservò Kaito, disgustato.

«Grazie capitan ovvio, puoi prestare attenzione a quello che ti mostro?» lo rimproverò.

Il biondo sbuffò e starnutì, prendendo lo scatolo e portandolo nella pulitissima sala sopra le loro teste. Si accomodò sul divano viola e rovesciò tutto il contenuto sul tavolino fluttuante, che non gradì la poca cura del giovane. Infatti, si ribaltò facendo cadere sul pavimento tutto il contenuto della scatola.

«Stavo per dirti che qui tutto ha una propria coscienza, quindi tratta bene questo posto.»

«Buono a sapersi. Allora ammiriamoci nella nostra vecchiaia, sembriamo uomini importanti in queste foto.»

I due giovani scienziati passarono ore ad osservare e scansionare le fotografie in un computer portatile. Con le sue doti informatiche, Kaito utilizzò un programma per comparare i due signori con se stesso e Five. Questo passaggio purtroppo non poteva replicarlo con i due volti trovati nel ciondolo portafoto, dato che le immagini erano troppo piccole e ingrandendole la risoluzione calava drasticamente.

«Senti qui, secondo il computer questi due siamo realmente noi da vecchi. Trovami un senso logico.»

«Possono essere nostri parenti alla lontana, oppure dei sosia. Si dice che sulla Terra ognuno di noi ha sette sosia.»

«C'è una fottuta radura fatata in quella stanza» gli indicò irritato.

«Allora specifica, un senso logico considerando l'illogicità della nostra vita… Sei davvero sicuro di voler sentire la mia teoria?»

«Non ho niente di meglio da fare.»

«Reincarnazione.»

«Pensavo di peggio.»

 

 

 

Capitolo 54 - Non ti abbiamo dimenticato bunker misterioso, Vector ti aveva rubato la scena

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Capitolo 56
*** Capitolo 55 ***


Capitolo 55

 

Esaminando le fotografie, i due giovani nel bunker scoprirono che gli anziani signori affiancati da Natasha Evans erano due scienziati, Christopher Anderson e Kite Turner, morti circa venticinque anni fa in modo naturale. Non furono mai sposati, convissero in un appartamento in affitto nella capitale statunitense e lavorarono per la NASA per più di quarant'anni, nella sezione dei computer. Due esperti informatici, uno specializzato nei software, l'altro nell'hardware.

«Forse erano gay. Però non trovi strano che siano saltati fuori due uomini che ci somigliano, con nomi simili ai nostri, senza nessun parente ancora in vita? Come per il ciondolo d'argento, due ragazzi identici a tuo fratello e Shark, dall'identità ancora misteriosa» osservò pensieroso Kaito.

«Dove vuoi arrivare?» domandò Chris.

«La teoria della reincarnazione non mi convince più di tanto. Se fosse stato fatto tutto di proposito per depistarci?» si chiese perplesso.

«Ripeto, esistono gli alieni, una radura fantasy qui dentro, Rio Kamishiro ha poteri magici come tuo fratello. Perché non riesci a pensare fuori dagli schemi?» rispose con calma.

«Mi sembra ancora assurdo.»

«Sei un caso perso.»

I due giovani conclusero il discorso, riprendendo le ricerche tra gli oggetti nello scatolo. Non solo fotografie, ma anche lettere scritte a mano in inglese da Natasha. Five si accorse subito che quel modo di scrivere non era lo stesso del libro di divinazione trovato due mesi prima, letto e riletto centinaia di volte per scoprire un qualcosa che gli sfuggisse. A prima vista, la grafia della donna misteriosa appariva sbavata e tremolante, come quella dei bambini; mentre la calligrafia del volume antico si mostrava decisa ed elegante.

Nonostante non gli piacesse ficcare il naso nella vita privata delle persone, questa volta si costrinse a leggere il contenuto delle lettere. Tutte destinate ad un uomo senza nome, che Natasha chiamava semplicemente fratello.

«Fratello… Questa volta l'assurdità è venuta a me» disse Kaito affacciandosi sulla spalla del compagno.

«Ti ascolto.»

«Il ciondolo, quei due tizi devono essere importanti per la donna. Forse uno di loro due è questo fratello, o entrambi.»

«Vedo che fai funzionare il cervello qualche volta.»

«Mi è venuta una voglia improvvisa di investirti, fai attenzione quando usciamo.»

Chris non rispose, si limitò ad indicare il telefono del compagno che si accendeva ad intermittenza. Per un momento, a Kaito tornarono in mente gli odiosi pomeriggi passati ad esaminare il piccolo laboratorio superiore quando l'illuminazione non era il massimo. Scosse la testa ed estrasse il dispositivo dalla tasca, sullo schermo il nome di Orbital lo fece preoccupare.

«Che succede?» domandò attivando il vivavoce.

«Capo non potevo aspettare di rientrare per avvisarlo» si scusò il robot.

«Aggiornami.»

«La ragazza che sto pedinando da due mesi, quella con i capelli blu, ha parlato al telefono con Jessica Sparrot in codice. È sola fuori dallo chalet. Ho inviato una versione trascritta del messaggio.»

«Continua a tenerla d'occhio, se scopri altro avvisami subito.»

«Si capo!» concluse il robot, interrompendo il collegamento.

Kaito e Chris si lanciarono un occhiata, capendosi al volo. Impacchettarono il materiale trovato nell'archivio e uscirono alla svelta dal bunker. Non potevano lasciare che confabulassero alle loro spalle, qualunque fosse stato il motivo.

 

In concomitanza Rio, qualche minuto dopo la telefonata, videochiamò Jessica soddisfatta.

«Il rottame se n'è andato. Giuro che prima o poi gli lancio qualcosa appresso. Almeno è così stupido da non capire che stavo bleffando» sbuffò.

«Conoscendo il creatore… Che lingua stavi parlando?»

«Lingua dei draghi, Skyrim. Ho fatto un monologo su quanto adoro il videogioco. Allora la vacanza sta andando bene, credo. Come te la cavi con le relazioni amorose?»

«So tutto quello che c'è da sapere.»

«Mi sono innamorata di Thomas, non so che fare.»

«Diglielo, ricambia i tuoi sentimenti.»

«Ma ti pare una cosa da dire al telefono?»

«Se quando torni non vi mettete insieme, faccio finta che non esisti. Ciao» concluse Jessica chiudendo la videochiamata.

Merag sbuffò nuovamente, lasciando l'ombrello fuori la porta e accomodandosi nel salotto. Dopo essere tornati dalla lunga passeggiata, si era trattenuta all'esterno per sviare il pedinamento da parte di Kaito. Voleva la sua privacy, soprattutto in quel momento delicato. Ricambiava i sentimenti di Thomas, voleva sbaciucchiarlo fino a sentire il respiro mancare, ma non riusciva a mettere in atto quel volere. Si sedette sul davanzale della finestra, osservando il fratello che stava cucinando. La tavola era già stata apparecchiata e della zia nessuna traccia, probabilmente stava ancora dormendo.

«Sei una perfetta donna di casa» scherzò Rio.

«Si, si» rispose svogliatamente.

Quel che Merag non sapeva era che Shark l'aveva sentita rivelare a Jessica i suoi sentimenti. Si affacciò alla finestra per vedere cosa stesse combinando in mezzo alla pioggia, e quelle parole arrivarono alle sue orecchie come un fulmine. Non gli interessava il resto, e non trovava per niente giusto origliare le sue conversazioni private. Ma quelle cinque parole, mi sono innamorata di Thomas, gli avevano riempito il cuore di felicità nonostante non sopportasse il giovane in questione.

La zia Mariko, risvegliatasi dal letargo, mangiò con i nipoti in pigiama per poi tornare nel letto. Una prospettiva del genere poteva solo sognarla al ritorno dalla vacanza.

Terminato il pranzo, Ryoga fece una lunga nuotata solitaria nella vasca termale sotterranea. Quel piccolo paesaggio di campagna gli piaceva, così tranquillo e lontano dalle attenzioni indesiderate. Per non parlare dello chalet, un'abitazione davvero invidiabile. Sicuramente in futuro avrebbe vissuto un posto del genere, con la sua nuova famiglia. Già immaginava la sua vita con una moglie e dei figli, tournée in tutto il mondo con la sua band e relax quando non doveva viaggiare. Forse sua sorella aveva ragione, stava correndo troppo. Ma sognare non costava niente, e la confessione di Rio gli aveva fatto pensare alla sua vita amorosa, al momento inesistente.

Mentre il gemello si perdeva nelle sue fantasie, Merag si rifugiò nello studio di pittura di sua madre. La ricordava appena, una donna amorevole che avrebbe fatto di tutto per la figlia, ma anche autorevole, severa se necessario. Però, i suoi dipinti raccontavano una storia diversa, un lupo solitario che viveva la sua vita in un piccolo paesino sperduto tra le colline. La zia non parlava quasi mai della sorella. Da bambine erano molto unite, due gemelle inseparabili, ma crescendo vennero fuori i loro caratteri opposti che le portarono a separarsi. Il loro rapporto si risanò con la nascita di Rio e Ryoga, grazie a suo padre Eichi.

Osservare quei dipinti le dava un forte senso di nostalgia. Anche lei, crescendo, si separò da Nash. Ogni volta che ci pensava, dava sempre la colpa a Barian o il suo ruolo da imperatore. Ma, in effetti, la colpa fu la loro. Come sua madre, non aveva mosso un dito per riportare tutto com'era prima. E suo fratello, come la zia, la imitò inconsciamente. Solo che quella volta non ci fu un Eichi a farli riappacificare, ma un passaggio tragico che aveva involontariamente dimenticato.

In questo si differenziava Shark. Ogni volta che Rio lo allontanava, lui le lasciava il suo spazio per un po'. Poi tornava da lei per capire il motivo di quella lontananza e per ricordarle che poteva sempre contare su di lui. Non avevano bisogno di un mediatore.

Il volto di Merag si illuminò, aveva finalmente capito cosa la bloccasse dal intraprendere una relazione romantica con Thomas. Raggiunse Ryoga, che in quel momento stava galleggiando a bordo della vasca termale.

«Posso parlarti?» domandò la ragazza.

«Lo stai facendo» rispose il fratello.

«Sei un tipo geloso?»

«Perché vuoi saperlo?»

«Mi chiedevo come la prenderesti se mi fidanzo.»

«Non mi piacerebbe, ma tanto fai sempre di testa tua.»

«Quindi ti va bene?»

«Si. Ma perché ti interessa, tanto fai sempre di testa tua.»

«Ti voglio bene, testone.»

Ryoga la guardò leggermente sconvolto. Rio rise divertita, lasciandolo nuovamente solo. Prima di fare il grande passo, c'era un altro parere che doveva assolutamente ascoltare, quello di sua zia. La chiamò subito per svegliarla, e si trattenne nella camera da letto più del previsto e per una discussione che non c'entrava assolutamente con la previsione di una sua relazione romantica. Mariko la riempì di domande, curiosa di sapere se la vacanza le stesse piacendo. Poi fu il turno della nipote di bombardarla di domande sul perché le avesse nascosto molte cose sulla sua infanzia e Spada Rosa. E le risposte la soddisfarono pienamente. Come il suo solito, Nissa aveva chiesto alla zia di mettere in mezzo l'argomento solo se le fosse stato chiesto. Niente iniziative, tipico della sua mentore.

«Se mi fidanzo come la prenderesti?» domandò alla fine.

«Ti direi solo di fare attenzione alle gravidanze e le malattie sessualmente trasmissibili, poi sarei contenta per te. Thomas ha fatto centro finalmente.»

«Quindi ti sta bene?»

«Certamente, devi esplorare la tua adolescenza in tutte le sue sfaccettature. Ma non bere alcol o fare uso di droghe, e non commettere reati. E usa i preservativi, te li ho messi in valigia nella cerniera davanti.»

«Dovevo aspettarmelo.»

 

 

 

 

Capitolo 55 - Merag che si crea problemi inutili per 55 capitoli

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Capitolo 57
*** Capitolo 56 ***


Capitolo 56

 

Il piovoso pomeriggio trascorse senza troppe pretese. Merag si sentiva finalmente pronta a ricambiare i sentimenti di Four, ma un conto era fantasticare, un altro vivere per davvero quei sogni.

Nella vasca termale, quando gli occhi del fratello incrociarono nuovamente il volto sorridente della sorella, non riuscirono a non contraccambiare. Si disse che doveva smetterla di apparire insensibile nei suoi confronti, tanto lo sapevano tutti quanto in realtà tenesse a lei. Rimasero soli a rilassarsi fino a sera e, dopo cena, si accomodarono sul divano con la zia per vedere un altro film.

«Questa volta se vi addormentate non vi porto sul letto» preannunciò Mariko.

Ma neanche a farlo di proposito, la scena della sera precedente si ripetette. L'allegra famigliola si ritrovò a dormire insieme nel letto al piano superiore. Però, la mattina successiva la prima a svegliarsi fu proprio la zia. Erano le cinque del mattino quando sentì il suo telefono squillare. Una voce apatica le disse solamente di raccogliere un pacco all'esterno dello chalet e di consegnarlo a Rio Kamishiro.

Incuriosita e stranita, fece come gli fu detto. Un comune pacco di forma cubica, senza francobollo o mittente, con degli strani caratteri su un adesivo e più pesante di quel che sembrasse, si ritrovò a sostare sul tavolo del salotto. Non si preoccupò di una possibile trappola, quelle scritte le aveva già viste in passato e sapeva di potersi fidare.

Mentre preparava la colazione, lanciava molte occhiate furtive al misterioso scatolo marrone, doveva combattere la sua curiosità. E proprio queste piccole distrazioni la fecero ustionare leggermente sul dito. Il suo urlo di dolore svegliò i gemelli, che subito accorsero per vedere cosa successe. Trovarono la donna con la mano sotto al rubinetto, che li rassicurò.

«Cos'è questo?» domandò Ryoga, avvicinandosi al pacco.

«Il corriere mi ha detto che è per Rio.»

«Ma come fa a sapere che siamo qui?»

«Da parte di un'amica, non sforzarti troppo a far funzionare i neuroni» disse la ragazza.

Prese lo scatolo e lo portò nello studio di pittura della madre per poterlo esaminare tranquillamente. Si sistemò sul pavimento, creando delle forbici di ghiaccio per scartarlo.

«Cosa mi hai spedito ora Nissa?» si domandò.

All'interno trovò il materiale che utilizzava quando studiava all'accademia di Magia di Hünya: libri, quaderni, artefatti magici e divise scolastiche. Sopra di essi una lettera scritta a mano, che le consigliava di riprendere lo studio, senza esagerare, e che con la pratica il suo corpo si sarebbe presto abituato a reggere i suoi poteri.

«Se lo dici tu, mi fido.»

Sorridendo, indossò la sua divisa preferita, una camicia bianca con gilet verde e una gonnellina rossa. Gli indumenti le andavano un po' larghi, ma subito si restrinsero magicamente.

«Non ricordavo questo» osservò divertita.

Si appuntò al petto una spilla dorata, il simbolo dell'accademia con una scritta in caratteri hünyani, la conoscenza rende liberi.

«Che carina questa divisa» disse la zia, sbucando dalla porta.

Merag saltò dallo spavento, inciampando sul pacco e cadendo con il sedere sul pavimento. Subito Mariko accorse per aiutarla a rialzarsi e recuperare tutto il contenuto che si rovesciò sul parquet.

«Quanta roba, ora capisco perché pesava così tanto. Sembra materiale scolastico… C'è qualcosa che dovrei sapere?» domandò sospettosa.

«Mi hanno ammesso ad una scuola di magia, tipo Hogwarts» rispose Merag, la prima scusa che le venne in mente.

«Che invidia… Aspetta, devo pagare qualcosa?»

«No, no.»

«Meglio così, quando torniamo a casa mi devi spiegare tutto.»

Quando la zia lasciò la stanza, Rio tirò un sospiro di sollievo. Con tutte le stranezze che la circondavano, non si sorprese che avesse creduto ad una storia del genere. E, in effetti, non avrebbe neanche dovuto inventarsi i dettagli, poteva semplicemente darle tutte le info dell'accademia di Hünya. Tanto era assai improbabile che la conoscesse.

Ritornò ad esaminare il materiale nel pacco. Passò la mattinata facendo un bellissimo tuffo nei ricordi, i suoi anni in accademia furono forse il periodo della sua vita bariana che più gradiva. Proprio al primo semestre partorì suo figlio, e un paio di anni dopo fu il turno di Spada Rosa. Non le pesò mai di crescerlo senza un padre dato che la sua mentore, e tutti quelli che la circondavano, l'aiutavano volentieri.

Dopo pranzo, abbandonò i suoi vecchi ricordi per crearne di nuovi con Ryoga. Quel pomeriggio fu l'ultimo che avrebbero trascorso da soli in tranquillità, prima di tornare alla vita movimentata e insolita di Heartland.

 

Nel frattempo, in quei tre giorni di vacanza, Jessica e Jeiha si incontrarono nell'appartamento della prima per esaminare le informazioni in loro attuale possesso. Anche se, l'astrale dovette ammettere, era l'unica ad impegnarsi veramente. Il gatto, come chiamava la sua ospite, restava tutto il tempo ad osservarla e qualche volta traduceva le info in lingua bariana. Per il resto, quando proprio le sembrava il caso, dava degli indizi in modo enigmatico come Spada Rosa.

In quel preciso momento, Jessica ronfava placidamente sul suo divano, con il cucciolo di San Bernardo ai suoi piedi. Una cosa avevano in comune, adoravano fare la siesta.

Ad interrompere il momento di tranquillità fu qualcuno fuori la porta, che bussava a tutta forza. Jeiha, perplessa dato l'ora tarda, guardò dall'occhiolino. Un giovincello non troppo robusto, con un impermeabile davvero orrendo, accompagnato da un giovane alto, vestito fuori moda e con i capelli che quasi toccavano il tappeto sostavano in attesa. La bariana aprì leggermente la porta, facendo sbucare mezzo busto all'esterno.

«Cerchiamo Jessica Sparrot» disse il biondo, con sguardo sorpreso.

«Un momento» rispose chiudendosi all'interno.

Si avvicinò al divano e diede un pizzicotto sulla guancia dell'astrale, che aprì gli occhi sbagliando.

«Che succede?»

«Due tipi ti cercano, hanno pessimi gusti nel vestire.»

«Ah, ho capito di chi parli.»

Jessica si sistemò i capelli ed uscì in pigiama dall'appartamento. Non aveva alcuna intenzione di far entrare i due giovani, soprattutto con tutto il suo lavoro in bella vista sul tavolino.

«Non ci fai accomodare?» domandò Kaito stizzito.

«La prossima volta mi avvertite della visita e io rendo casa mia presentabile. Inoltre vi fate vivi alle undici di sera.»

«Non importa, abbiamo delle novità. Quando Rio torna dalla vacanza, venite alla torre di Heartland da sole» disse Chris con la sua solita calma.

«Va bene. C'è altro?»

«Vai di fretta?» chiese il biondo.

«Cazzi miei, visto che capisci solo questa lingua.»

«Nient'altro, togliamo il disturbo» concluse Five, trascinando nell'ascensore l'amico.

L'astrale rientrò nell'appartamento, trovando Jeiha sogghignare dietro la porta. Fece finta di non vederla e si rimise a lavoro, non era l'unica a possedere notizie nuove. Incredibile, ma vero, aveva trovato un modo per smascherare Vector senza esserne la diretta responsabile. Se tutto sarebbe andato secondo le sue predizioni, l'imperatore non avrebbe avuto scampo. Ormai il suo modo di fare era un libro aperto, soprattutto per la sua mania di superiorità, uno dei tanti difetti. Infatti non aveva ancora notato il localizzatore che gli aveva infilato nella tasca dei pantaloni, funzionante anche su Barian per motivi magici.

«Mai sottovalutare la mente creativa degli astrali.»

«Vanitosa» borbottò Jeiha mentre coccolava il cucciolo.

«Come mi hai chiamata?» domandò Jessica sedendosi sul divano.

«Vanitosa, voi astrali siete vanitosi.»

«Da che pulpito. Come se voi bariani non lo foste più di noi, vanitosi e gelosi.»

«Ah, guarda un po' chi vuole la guerra. Fatti sotto vanitosa.»

Jeiha si alzò dal pavimento e si sistemò in posizione da guardia come i lottatori di boxe. Jessica l'assecondò, imitandola. Dopo un paio di minuti ad osservarsi, avanzarono lentamente all'unisono una verso l'altra fino a toccarsi i pugni. Rimasero in quella posizione di stallo per un paio di secondi, dopodiché scoppiarono a ridere.

«Hai un brufolo sulla faccia, credevo comparissero solo agli umani» disse l'astrale indicando la fronte della bariana.

«E tu hai le occhiaie.»

«Aiuto, i terrestri ci hanno contagiato.»

«Chissà quali saranno gli altri sintomi.»

Le due donne scherzarono a lungo sull'argomento, ritrovandosi alla fine a confrontare le varie differenze tra le tre razze, terrestri, bariani ed astrali. Ne contarono a decine, se non centinaia. Ma nonostante questo, avevano trovato il modo di convivere serenamente tra di loro molti secoli orsono.

«Sarebbe bello ritornare ai vecchi albori, non trovi?» domandò Jessica, stravaccata sul divano.

«Già, anche se le condizioni su Barian erano pessime. Ci stavamo riprendendo dai secoli del Terrore e in voi astrali trovammo degli alleati, strano ma vero. Peccato che tutto finì a rotoli nel giro di pochi secoli.»

«Non ho mai capito perché Nash interruppe quella precaria alleanza.»

«Lo scoprirai presto, e sarà un duro colpo per Merag.»

 

 

 

 

Capitolo 56 - Un tuffo nel passato perché non sapevo come allungare il capitolo XD

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Capitolo 58
*** Capitolo 57 ***


Capitolo 57

 

Di ritorno dalla vacanza, i Kamishiro rimasero nuovamente bloccati all'aeroporto per mezza giornata. Il forte maltempo impedì il decollo degli aerei, così a caso si ritrovarono a parlare con una ragazza che lavorava all'ufficio informazioni. Si chiamava Hoshie, come una delle addette alle pulizie del complesso residenziale VIP.

«Nel tempo libero gioco a calcio con gli amici, è uno sport bello quando non cadi e ti rompi qualcosa.»

«Capita spesso?» domandò Merag.

«Se non guardi dove metti i piedi, si, capita spesso. Però devi anche guardare avanti, se no vai a sbattere contro gli altri giocatori.»

«Interessante. Ma quando ripristinano i voli?»

«Quando smette di piovere, ovviamente.»

La bariana sorrise per nascondere il nervosismo. Il temporale non dava segno di cedimento e l'idea di rimanere bloccata lì per chissà quanto tempo non le piaceva affatto. Troppi brutti ricordi le stavano tornando alla mente, e parlare con quella dipendente non aiutava per niente. Il fratello notò il suo disagio e, anche se non ne comprendeva il motivo, cercò di confortarla più che poteva.

«Rio prendiamo qualcosa da mangiare, non abbiamo fatto colazione» le disse, una scusa per allontanarsi.

La prese per mano e la portò alla caffetteria dell'aeroporto. Si sedettero ad un tavolino, uno di fianco all'altro, e mangiarono dei dorayaki.

«Cosa c'è che non va?»

«Niente.»

«Va bene, quando vuoi parlarne sai dove trovarmi» rispose facendole l'occhiolino.

«Grazie.»

Per Merag sembrò trascorrere un'eternità prima che ripristinassero i voli. Passò un'intera ora a camminare avanti e indietro per il corridoio che collegava il gate e la caffetteria. Shark la seguiva con gli occhi, bevendo litri di caffè. Anche a lui iniziò a pesare l'attesa, e i quintali di caffeina che rigurgitava lo rendevano più suscettibile. Ad un certo punto i ruoli si invertirono.  Il gemello iniziò a girare in tondo nel piazzale dell'aeroporto e Rio si sedette su una panca a disegnare. La zia, nel frattempo dormiva placidamente in attesa della partenza.

Quando annunciarono all'interfono che il maltempo si era placato e gli aerei potevano ripartire, i due ragazzi si fiondarono in prima fila per salire sul veicolo, raggiunti subito dopo da Mariko.

Una volta in viaggio, vennero colti da una turbolenza che mandò in panico metà dei passeggeri. La grande confusione fece innervosire ancor più Rio, che stritolava e quasi congelava la mano del fratello per non scatenare la sua furia distruttiva. Il ragazzo soffriva in silenzio, disposto a sopportare le stranezze della sua gemella. Il contrattempo allungò di molto il viaggio di ritorno all'aeroporto di Heartland.

Quando uscirono muniti di bagagli, Jessica non fece domande. L'espressione facciale di Merag rispondeva a tutti i suoi dubbi, e quelle della zia e di Shark facevano chiaramente intendere che non doveva chiedere.

Appena partiti, quest'ultimi vennero colti da una sonnolenza improvvisa e caddero in un sonno profondo. L'astrale sorrise, prendendo una strada più lunga per il complesso residenziale VIP.

«Parla, allunghi sempre il percorso quando mi devi dire qualcosa» domandò Merag.

«L'antipatico e il suo amico ci vogliono vedere alla torre di Heartland, da sole. Non mi hanno detto altro. Però prima ti devo dire le novità che ho scoperto.»

«Fantastico, ho proprio bisogno di sfogare la mia frustrazione su qualcuno.»

«Per quanto mi piacerebbe, non te lo posso lasciar fare. Trovati un altro obbiettivo.»

La donna rimpianse quell'affermazione. Dopo che i Kamishiro rientrarono nella loro abitazione, ignari della conversazione avuta in auto, non si fecero domande quando Merag congelò completamente tutto l'arredamento della sua camera e si afflosciò in un cumulo di neve. La lasciarono sola con Jessica, non sapendo come reagire.

«Va meglio?» le domandò l'astrale, accomodandosi sul letto.

«Si, decisamente.»

«Allora ecco quello che ho scoperto…»

 

Mentre le due donne si prendevano tutto il tempo del mondo; dopo pranzo, Kaito e Chris le aspettavano nel solito salotto della torre di Heartland.

«Ma quando arrivano? Ah, le femmine» disse il primo.

«Abbi pazienza, concentrati sulla tua parte.»

Il biondo sbuffò proprio nel momento in cui Orbital fece accomodare le due ospiti attese. Chris bloccò subito il giovane dallo scatenare la terza guerra mondiale, porgendo loro dei documenti in parte censurati.

«Questi fascicoli ci sono stati recapitati da qualcuno che si fa chiamare Spada Rosa. Nella sua lettera, molto esaustiva, ci ha chiesto gentilmente di consegnarveli» disse Five.

«Potevate darmeli quando siete venuti a casa mia» notò Jessica.

«Raperonzolo vuole seguire per forza le indicazioni di questa tizia.»

«Posso leggere la lettera?» domandò Merag.

«Tutta tua» disse Kaito sbattendola sul tavolo.

Uscì dalla stanza dicendo che aveva questioni più importanti su cui lavorare, seguito a ruota dall'amico che si scusò del suo atteggiamento.

La bariana lesse il biglietto nella mente, passandola poi all'astrale. Si sedette sul divano, aprendo un fascicolo e trascinando l'amica dietro il documento.

«Non l'ha scritta Nissa» disse con il tono più basso che poté.

«C'è qualcosa che non quadra.»

«Le opzioni sono due, o quei due hanno in mente qualcosa oppure Vector ha in mente qualcosa.»

«Ma stando così sembriamo più sospette.»

«Non mi interessa. Non si fidano di noi, quindi dico di stare al loro gioco. Pensano che sappiamo qualcosa, facciamoglielo credere. Sarò io a condurre questo gioco.»

Detto ciò, Rio si alzò posando il documento. Cacciò fuori tutta la sua dote recitativa, che zia Mariko le lodava fin da bambina.

«Tu ci capisci qualcosa? Io tutto quello che vedo sono strisce nere» disse confusa.

«Sembrano i documenti con cui ho a che fare con il governo americano» rispose Jessica.

«Oh, allora sono tutti tuoi. Io me ne sto buona qui come sempre. Vuoi un dorayaki?»

Merag cacciò i dolci dalla borsa, sedendosi sul pavimento a mangiare. Se l'astrale non la conoscesse, direbbe sicuramente che non stesse fingendo.

Jessica rimase per ore ad osservare i documenti, fingendo di interessarsi ai loro contenuti. Le bastarono un paio di minuti su ognuno per capire che si trattava di falsi, lo stesso tempo che impiegò Rio per la lettera.

Ad un certo punto, Merag si alzò dal pavimento, dichiarando di aver avuto un'idea geniale. Ed ora l'amica capì finalmente perché si stesse comportando in quel modo. Voleva che Chris e Kaito credessero che quello era il loro modo di lavorare, sicuramente c'erano telecamere e microfoni nascoste nella stanza e i due giovani le stavano osservando.

La bariana uscì dalla stanza e tornò dopo pochi minuti con una lavagna e dei pennarelli colorati. Inizio a disegnare il diagramma più caotico che Jessica avesse mai visto in vita sua, e spiegare delle cose che non avevano alcun senso logico.

«Oh, hai ragione» disse l'astrale.

«Modestamente sono brava in queste cose» si vantò.

 

Come pensato dall'astrale, i due scienziati si trovavano con i loro padri nella sala di controllo dove lavoravano gli addetti alla sicurezza, per osservare ed ascoltare la scena.

«Qualcuno sta riuscendo a seguire il discorso?» domandò Five sconvolto.

«Allora non mi sono rincoglionito» rispose Kaito.

«Io sono più perso di prima» annunciò Faker.

Byron rimase in silenzio, ma condivideva appieno le affermazioni degli altri.

«Rio è un genio che non potremmo mai comprendere» disse con una nota di orgoglio.

Lui più di tutti la conosceva, avendoci lavorato insieme quando era solo una bambina. Subito notò il suo modo di fare eccentrico e senza eguali, che però non aveva ereditato dai genitori. Un giorno si ritrovò a parlare di ciò con il suo caro amico Eichi, padre della ragazza, e lui stesso affermò che della loro famiglia nessuno era così spiccato di ingegno. E che anche Ryoga aveva delle qualità strabilianti, lo definiva un leader ideale e un opportunista senza eguali. Quest'ultima caratteristica non gli era ancora chiara se si sarebbe sviluppata in senso positivo o negativo, fatto sta che li trovava due talenti naturali.

Byron uscì dalla stanza e raggiunse le due ragazze nel salotto, richiamando Rio per una piccola conversazione privata. Merag lo portò nella sua stanza di riposo, sicura al cento per cento che non ci fossero cimici perché aveva lanciato degli incantesimi di protezione tempo addietro.

«So che c'è qualcosa tra te e Thomas. Un padre sa riconoscere queste cose» disse accomodandosi sul divanetto.

«Si, mia zia Mariko ha fatto lo stesso ragionamento. Ma non stiamo insieme, non ancora. Forse in futuro» rispose con aria vaga.

«Sono un po' preoccupato per quello che ti ha detto l'ospedale.»

«La mia condanna a morte? Non ci credo più, sto meglio di quando potessi desiderare. E Jessica ha trovato una terapia che funziona.»

«Mi fa piacere, quella donna è una benedizione.»

«Direi più un dono dall'aldilà... Ha promesso di proteggermi qualunque cosa accada, e non ha mai fallito.»

Alzò lo sguardo verso il soffitto, con la mente rivolta alla sua defunta mentore. Ovunque fosse, sapeva sempre di poter contare su di lei, anche se non era più tra i vivi.

 

 

 

 

Capitolo 57 - Zexal e le tecniche di spionaggio da quattro soldi

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Capitolo 59
*** Capitolo 58 ***


Capitolo 58

 

Dalla fine della vacanza dei Kamishiro passarono dei giorni tranquilli, fin troppo tranquilli. Fu come se la comparsa di Vector non fosse mai avvenuta. Yuma e i suoi amici si adagiarono sugli allori e Rei ne approfittò per consolidare la sua presenza nel gruppo. Ma loro non furono gli unici a mettere da parte la minaccia extraterrestre, Kaito e Chris erano più ostinati che mai a scoprire il motivo della presenza di Jessica e il segreto di Rio. Per non parlare della bellissima amicizia creatasi tra Three e Fuya, divenuti inseparabili come Yuma ed Astral, troppo presi l'uno dall'altro per pensare al rischio di una guerra.

Incredibile ma vero, gli unici a preoccuparsi di un imminente scontro tra la Terra e Barian furono gli alieni che abitavano il pianeta degli umani. I due astrali e le due bariane si ritrovarono a lavorare insieme inconsciamente.

Quando il campione si riuniva al solito parco per duellare, non avendo più bisogno di consigli e suggerimenti, Astral si riuniva con Rio e Jessica per discutere del problema che tutti ignoravano. Jeiha osservava e ascoltava, nascosta tra le foglie degli alberi, mentre Thomas continuava i lavori al suo bar. Quest'ultimo e Merag si incontravano di notte, nei posti più improbabili per degli appuntamenti segreti. Era stata un'idea di Yuma, strano ma vero, che aveva riferito a Four come consiglio per capire se la cosa potesse funzionare.

 

Attualmente Vector si trovava su Barian per ultimare i preparativi del suo piano. Presto si sarebbe impadronito delle carte numero, ma prima doveva occuparsi del suo problema costante. Durbe era l'unico ostacolo che richiedeva la sua attenzione; caduto il nuovo leader, Barian sarebbe stata completamente in suo possesso. Purtroppo per lui non aveva ancora capito che Patrishka non lavorava più al suo servizio come un cane fedele al suo padrone, anzi proprio lei gli dava più filo da torcere del padre. Per questo Vector ci stava impiegando così tanto tempo per proseguire la sua missione sulla Terra, non perché stesse organizzando il piano più geniale ed infallibile dell'universo.

Rinchiuso nella sua stanza, conversava con Ombra delle ricerche sul controllo mentale che aveva terminato in quei giorni.

«Nessuno della Cerchia dei Mille riesce ad utilizzare questi poteri» disse con rabbia, prendendo a pugni un pilastro di cristallo.

"Quella branca di imbecilli non è buona a niente, per tutti questi secoli hanno aspettato il mio ritorno pensando che avrei risolto i loro problemi. Per quanto non mi fidi di quella Patrishka, potrebbe esserne in grado."

«Ma sei matto? Non posso chiederle una cosa del genere! Secondo te si metterebbe ad usare il controllo mentale sul padre, per quanto non lo sopporta?»

"L'odio fa compiere l'impensabile. E ti ricordo che l'ho incantata, è molto più propensa a fare quello che diciamo. Ti sto dando un ordine, visto che non l'hai afferrato."

L'imperatore grugnì, uscendo dalla stanza a pugni stretti e passi pesanti. Bussò violentemente la porta della camera di Patrishka, ma non ricevette alcuna risposta. Così andò avanti e indietro per il palazzo di cristallo, facendo preoccupare la servitù e le guardie che non sapevano fornirgli indicazioni precise.

La ragazzina era in compagnia del padre e gli altri imperatori aalla festa di inaugurazione di un sito culturale. Un agglomerato di statue con didascalie suddivise in varie sezioni raccontavano la storia di Barian dall'avvento di Nash. Lei esi unì all'ultimo minuto, per evitare di subire qualche discorsetto da parte del bariano alato e trascorrere del tempo con Durbe. Da quando era guarito, aveva ripreso le sue ricerche con un ritmo meno intenso e stava riscoprendo l'amicizia con i colleghi, il suo amore per Mizael e la vicinanza con la figlia adottiva. Tutti stavano gioivando dell'apparente tregua di Vector con il pianeta Terra.

Mentre esploravano insieme la mostra, il Grigio e gli altri si raccontavano aneddoti divertenti successi da quando erano stati nominati imperatori. Patrishka ascoltava con piacere, incuriosita da quei ricordi passati di cui non faceva parte. I sudditi in visita sorridevano nel vedere i loro 'superiori' uniti e felici, e la loro energia positiva li contagiava.

«Certo che ve la spassavate parecchio quando ancora dovevo nascere.»

«Oh si, ma anche dopo che sei arrivata tu. Vedere Durbe rincorrerti per tutto il palazzo era davvero uno spasso» disse Arito ridendo.

«E venivi da noi a nasconderti quando ti voleva far studiare» aggiunse Girag.

«Qualcosa lo ricordo, tipo che adoravo tirare i capelli di Mizael» rispose imitando il gesto.

Il biondo si scansò alla velocità della luce, tenendosi i capelli con le mani. Il Grigio rise dandogli una pacca sulla spalla, ricordandogli che il più delle volte riusciva a fermarla.

Spostandosi in un'altra sala, la più piccola di tutte, gli imperatori si immobilizzarono davanti alla statua che raffigurava Merag. Era lì, immobile, con le braccia incrociate dietro la schiena, il busto inclinata leggermente verso destra e un'espressione curiosa.

«Si poneva sempre così quando era dietro Nash… Ce ne sono altre» osservò Girag.

«Questa sala è dedicata a lei, richiesta personalmente da sua madre» disse Durbe.

«Credevo che la odiasse.»

«Solo quando perdi qualcosa ti rendi conto del suo valore. Si, ogni tanto ti ascolto papà» rispose Patrishka.

In totale sei statue, ognuna rappresentava Merag al naturale, quando non veniva forzata ad essere la principessa educata e socievole. Questo era il modo in cui avevano deciso di ricordarla, la ragazza che non aveva ancora perso la sua spensieratezza e voglia di vivere, l'immagine che tutti i cittadini conservavano di lei.

Così come non trapelò dalle mura del palazzo reale la notizia del cambiamento radicale di Nash, da uomo del popolo ad altezzoso che voleva comandare tutti; così non avevano rivelato le sofferenze di Merag. Nessuno, a parte gli imperatori, ne conosceva i dettagli.

«Era così felice, quell'idiota ha rovinato tutto» disse Arito, schivando all'ultimo secondo una sberla amichevole da parte di Girag.

«Ti ho già detto che l'argomento non si discute in luoghi pubblici.»

«Ma ci siamo solo noi, amico gli occhi li hai sulla testa.»

Gli imperatori si guardarono in giro, l'ultima sala del sito culturale era deserta.

«Certo, non ci siamo fermati a leggere le targhette dato che sappiamo già tutto» disse Mizael.

«Cosa dicono di Merag?» domandò Patrishka al padre.

«In linea generale tutto quello che è apparso agli occhi dei sudditi.»

Alla fine della visita, il gruppo si divise. Arito e Girag ritornarono al palazzo reale per i loro allenamenti quotidiani, Patrishka si inventò un impegno per non farsi beccare da Vector, Durbe e Mizael andarono nella grotta di drago Tachionico per controllare il cucciolo.

Appena quest'ultimi si allontanarono dal centro abitato, presero la loro forma umana e proseguirono mano nella mano.

«È stato bello rivederla, anche se si tratta di una statua» disse il biondo.

«Ti manca molto?»

«Sempre. È scomparsa da un giorno all'altro senza motivo. Vorrei tanto sapere cosa l'è successo, ma dubito che qualcuno lo sappia. Se fosse ancora viva sarebbe tornata, o ce lo avrebbe fatto sapere.»

«Forse non può, insomma, senza un… cadavere. Non sono bravo in queste cose.»

«Durbe sono passati anni, tutte le volte che andava via da Barian me lo diceva. Non tornerà più, è morta, voglio crederlo… Non posso pensare che mi abbia abbandonato.»

Il Grigio gli asciugò le lacrime, tirandolo a sé per stringerlo in un abbraccio. Non poteva dirgli che la stava cercando, che il giorno della luna rossa sul pianeta Terra l'aveva intravista nella sfera di cristallo.

Dirgli la verità lo avrebbe fatto solo soffrire.

Questo pensiero fu lo stesso che creò la mente di Merag. In quei mesi dal suo risveglio, aveva pensato così tante volte di rivelare la sua vera identità a Ryoga e ai suoi amici, ma non poteva.

Non era ancora arrivato il momento della verità. Vector era quasi pronto ad attuare il suo piano, e destabilizzare Mizael, Yuma e i suoi amici sarebbe stato un evento che Durbe e Merag non potevano permettersi.

Lo scontro era solo all'inizio.

 

 

 

 

 

Capitolo 58 - Merag e Durbe sono gli unici che ragionano in questa fanfiction

- Judgements arc / Arco delle decisioni

- Fase 1

 

Angolo autore

La prima storia della serie è terminata, ora ne mancano tre O_O

È stata una faticaccia scriverla, soprattutto perché mi trovavo in un periodo della mia vita in cui stavo affrontando un trauma tremendo. E purtroppo vedere la causa del mio trauma su questa sezione, agire come se non mi avesse fatto niente non ha migliorato la situazione. Ormai sono passati otto mesi dalla mia "guarigione" e sono fiera di me stessa. Non le ho permesso di impedirmi di scrivere questa storia, il mio grande traguardo.

Sono felicissima di dirvi, alla prossima con la Fase 2

:D

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