Sans toi

di Brume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Ciò che fu. Sulla via del ritorno ***
Capitolo 3: *** Attese ***
Capitolo 4: *** Che ne sarà di noi? ***
Capitolo 5: *** Quimper, Monsieur Blanc! ***
Capitolo 6: *** Così lontani...così distanti - Parte I ***
Capitolo 7: *** Così lontani...così distanti -Parte II ***
Capitolo 8: *** Sans Toi ***
Capitolo 9: *** L' animo di Oscar ***
Capitolo 10: *** Abbracci ***
Capitolo 11: *** Speranze e paura - I ***
Capitolo 12: *** Speranze e paura - II ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


Premessa


Il sole era tramontato anzitempo, coperto da nuvole scure che nel giro delle successive due ore si erano tramutate in un temporale forte come non se ne vedevano da mesi; Oscar e André avevano cavalcato incessantemente durante tutto questo tempo ma, ora, visto che le condizioni non tendevano al miglioramento e la notte stava scendendo, avevano loro malgrado deciso di fermarsi per la notte.

Ci alzeremo presto domattina,  non ti preoccupare, arriveremo a Parigi per tempo l’ aveva rassicurata come di consueto André.
Lei gli aveva rivolto una tenera occhiata, diversa dal solito, poi aveva annuito.

 Faremo come dici tu, anche i cavalli sono stanchi ed ho notato che Cesar zoppica, mi preoccupa un po' …aveva risposto, poi, lei.

L’ uomo era rimasto ad osservarla ancora un po'.
I cavalli, ormai esausti, cominciavano a dare segni di stanchezza.

Allora, deciso? Laggiù dovrebbe esserci la locanda di Germain, Le Canard Ivre… aveva detto l’ uomo.

Si,  era stata la decisa risposta di Oscar.

Erano allora scesi da cavallo ed stavano avanzando lenti lasciando i cavalli liberi dei rispettivi pesi; una volta arrivati nei pressi della costruzione  – una casa tipica di quei luoghi, fatta  di pietra e legno e dipinta con colori chiari , le finestre al primo piano ed una grande sala subito oltre la pesante porta di legno, circondata dai primi alberi del bosco – li avevano infine assicurati alle mani di un giovanissimo ed infreddolito garzone  che subito li aveva condotti presso le stalle sul retro mentre loro, stringendosi nei mantelli zuppi,  si erano avviati verso la porta.

C’è movimento, stasera aveva fatto notare André ascoltando il vociare proveniente dall’ interno. Era, quella, una delle poche locande in quel tratto di strada e raramente l’avevano trovata vuota.

Sembrerebbe; forza, entriamo… sto gelando! si era sentito dire da Oscar.



Quelle parole dette sovrappensiero, parole qualunque di un giorno qualunque, furono le ultime che Oscar pronunciò e che lui udì.
Non appena aperta la porta, infatti, un coltello lanciato da chissà chi arrivò quasi a lambire il viso della donna che, per schivarlo, perse l’ equilibrio andando a cadere e sbattendo la testa, purtroppo, contro lo zoccolo del camino alla sua destra.

Oscar!! gridò André, osservando il sangue spargersi sulla pietra e sulle sottostanti assi di legno Oscar, ti prego, rispondi!

Nella sala era sceso e regnava un silenzio talmente forte da far male.

Chi è stato? CHI E’ STATO A LANCIARE QUEL COLTELLO? urlò ancora, ormai fuori controllo, André.

Ma nessuno rispose.
Non un fiato, non una parola si udirono più  in quella sala.


 

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Capitolo 2
*** Ciò che fu. Sulla via del ritorno ***


 
 Domfront, 22 novembre 1788,

“ Sono costernata, André: non credevo che la serata potesse prendere una tale piega.”

Oscar aveva appena messo piede nella camera a lei riservata da Madame De Jong, la lontana parente della madre che così tanto aveva insistito affinché lei ed il suo attendente si fermassero a cena e per la notte; stanca e piuttosto turbata, si era levata la giacca appoggiandola sulla poltrona dell’anticamera per poi avviarsi in direzione del camino, nella stanza attigua.
Qui vi aveva trovato André, in piedi,  le braccia conserte e la schiena appoggiata allo stipite di marmo chiaro. Sul basso tavolino notò un vassoio con una bottiglia di cognac e due bicchieri.
“Non crucciarti, Oscar. E’ il mio ruolo, lei non può sapere, non conosce le sfumature della nostra amicizia” aveva risposto prontamente l’ uomo.
“Si…ma… “ tentò di dire, lei.
André la invitò a sedere sul divanetto in broccato dai toni sgargianti.
“Non fa nulla, davvero. Piuttosto…ho chiesto al maggiordomo di portarmi questo cognac, non è di qualità eccellente essendo destinato ad un servo ma… ha un gusto niente male. Spero di non avere osato troppo.”
Oscar accolse la proposta di André e sedette, lasciandosi andare contro il morbido schienale. André, pronto, versò due bicchieri e ne offrì uno alla donna.
“Mia madre ha insistito così tanto affinché passassi… non la vedevo da tempo, sai? E’ cambiata molto…”
André capì che lei stava ancora pensando a quanto accaduto.
Appoggiandosi a sua volta allo schienale, sfiorò inavvertitamente la spalla di Oscar con la sua ed un brivido lo percorse. Portò il bicchiere che aveva in mano alle labbra e ne trangugiò il contenuto.

“…tu stai bene, Andrè?” domandò lei.

“Si. Perché me lo chiedi?”

Oscar, senza distogliere lo sguardo da un punto non ben definito davanti a sé, rimase in silenzio per alcuni secondi.
“Dopo la faccenda di Saint Antoine non abbiamo più…parlato” rispose.
 André notò che aveva pronunciato queste parole come se si stesse levando di dosso un peso.

“Oscar, che ti prende?” le domandò, allora. Aveva un atteggiamento strano, che lui non aveva mai notato prima.
Pensò, per un attimo, fosse a causa della loro ospite... effettivamente, non si sbagliava.

Da ché Madame, durante la cena, aveva relegato André in un angolo per poi mandarlo a cenare insieme alla servitù nelle cucine, lei era diventata silenziosa e quando, più avanti, la donna aveva calcato la mano rivolgendosi in maniera assai poco educata e sprezzante verso André che era tornato tra le donne per comunicarle che i cavalli erano stati sistemati,  lei si era sentita avvampare e aveva colto la rabbia crescere sempre più…Era cambiata.
L’ uomo rimase a guardarla, notò che la donna aveva stretto i pugni , si mordicchiava le labbra. Dopo attimi interminabili, Oscar finalmente si voltò nella sua direzione.
Sembrava sconvolta.

“Hai bisogno di riposare, forse…forse non è stato un bene che mi sia fatto trovare qui” disse: successivamente fece per alzarsi ma, con un movimento repentino, la donna lo fermò ponendo il braccio teso davanti al suo petto.

“André, ti prego…Resta” disse.
Lui, sorpreso, era rimasto in piedi davanti a lei.
“Fammi compagnia ancora un po'…vorrei…vorrei parlare con te. Non ne abbiamo più avuto occasione: quando siamo in licenza, spesso sparisci, come ai tempi del cavaliere nero. Non parliamo più, non pranziamo più insieme… cosa è accaduto, André?” si sentì dire.

André stentava a credere a ciò che le proprie orecchie udivano.
Cosa prendeva ad Oscar? Perché si era così risentita per qualcosa che era capitato già altre volte? Ed ora…quelle parole...
D’ istinto, pensò che avrebbe tanto voluto abbracciarla. Dirle che andava tutto bene e che le mancava. Dirle che le parole di quella donna, Madame de Jong, lo avevano ferito nel profondo e ancora. Dirle  che continuava a maledirsi per ciò che le aveva fatto ...tuttavia la paura lo paralizzò.

Strinse i pugni, le braccia stese lungo i fianchi.
Non poteva, non doveva lasciarsi andare.


“Non dici nulla?” domandò lei.

André sentì vacillare la propria volontà. 
Afferrò il braccio di Oscar, ancora teso; le mani cercarono quelle della donna.

“Vuoi davvero questo, Oscar? Vuoi che ti risponda perché scappo da te appena posso, perché ti evito? Non capisci? Conosci i miei sentimenti, anche se te li ho espressi alquanto brutalmente; sai fino a che punto arriva la mia devozione. …” La voce di André tremava.

Oscar si alzò a sua volta.
Occhi negli occhi, cercò di mantenere la calma mentre fissava  l’ uomo e, prima che lei potesse accorgersene, lacrime comparvero agli angoli degli splendidi occhi azzurri.

“Mi dispiace. Non ho mai fatto abbastanza, per te… “ disse.
La voce era bassa, quasi un sussurro, ed André dovette fare attenzione per comprendere se ciò che aveva ascoltato corrispondesse a verità.
Oscar arrossì, chinò il volto.
André allungo la mano verso il viso della sua amata.
“Non devi dispiacerti, Oscar. Non dopo quello che ti ho fatto.  Sono io la persona che dovrebbe sparire dalla tua vita; non merito i tuoi pensieri, non merito queste scuse”.
Pronunciò quelle parole con tono dolce, cerando di mantenere il controllo; tuttavia la sua mente, il suo cuore…erano come immersi in una bolla.
Oscar…tu …tu mi vuoi davvero così bene? Pensò. Non ebbe la forza di pronunciare la parola amore.

Lei, con un gesto inaspettato, gli si lanciò tra le braccia ed iniziò a singhiozzare.

“Oscar…Oscar!” sussurrò lui; alzò gli occhi al cielo, chiedendosi cosa dovesse fare.
Sentì che la sua resistenza era arrivata al limite. Poteva lui abbracciarla, tenerla a sé, spezzare quelle catene invisibili che da sempre separavano i loro due mondi  e far si che simili ostacoli non avessero più modo di esistere?
André tergiversò, riempiendo la sua testa di pensieri che si rincorrevano senza soluzione di continuità…e rimase fermo, immobile, con il cuore in gola. Poi lei cinse la vita dell’ uomo ed a lui non restò che arrendersi; aprì le braccia, accolse a sua volta quella donna  che ora si stava consegnando, indifesa.
La strinse forte, la sua Oscar: ne percepì le forme, sentì il suo respiro, ascoltò il cuore;
lei lasciò fare, stava così bene tra quelle braccia ed il profumo dell’ uomo che così bene conosceva.
Piano piano, i singhiozzi cessarono.

“Tu sai, Oscar, che d’ ora in poi non si potrà tornare indietro, vero?” disse Andrè. Lei, appoggiata ancora al suo petto, annuì.
“Qualunque cosa accada, non mi importa. Non so cosa succederà domani, ma…non voglio più sentirmi come…come mi sono sentita negli ultimi tempi. Mi starai accanto, André?” domandò, ingenua.
Sei davvero tu, Oscar, a parlare? E’ veramente questa la voce del tuo cuore?André cercò il viso della donna, lo afferrò delicatamente con le mani e lo portò verso il suo: tremava, come un giovinetto alle prime armi.

 All’ improvviso, tuttavia, qualcuno bussò alla porta, facendoli sobbalzare.

Monsieur le Comnte, Madame mi ha chiesto di riferirvi che domattina vi attende per la colazione. Sarà servita alle nove” disse la voce del maggiordomo.
I due, paonazzi in volto, si staccarono.
Oscar si schiarì la voce.
“Riferisca a Madame che sarò puntuale” disse con tono impersonale. Andrè , al suo fianco, rimase in silenzio. Un comprensibile imbarazzo li avvolse.
Impacciato, André si mosse, afferrò la giacca e camminò verso la porta.
Oscar rimase ad osservarlo.

“Vai via, Andrè?” domando poco prima che l’ uomo afferrasse la maniglia.
Lui voltò il capo.
“Credo sia meglio così, Oscar. Non è il caso di commettere sciocchezze. Ci stavano scoprendo…”
Lei strinse i pugni.
Ritta, in piedi tra divano e l’ enorme letto a baldacchino, il suo sguardo sosteneva quello di André.

“Perché? Perché te ne vai, così, quando io ti ho aperto il mio cuore?” domandò.
Lui sospirò.
“Io vorrei restare ma… non si può fare, Oscar. Davvero. E’ stato uno sbaglio abbassare le nostre difese. Pensaci bene, le parole sono facili da pronunciare, ma i fatti? Tu sei una nobile, io il tuo servo. Tu sei legata ad un mondo ormai alla fine dei suoi giorni ed io…io vorrei qualcosa di diverso, per il futuro…” rispose. In realtà fu una repentina ed impulsiva paura a parlare. Dentro di sé André si sentiva morire.

Oscar coprì i pochi metri che li separavano, arrivando a pochi centimetri dal suo viso.

“Sei un codardo, André…e non parlare, non parlare per mio conto. Io…io….”
Oscar si avvicinò sempre di più. Questa volta fu lei a prendere l’ iniziativa ed Andrè, sempre più in crisi, si sentì mancare il fiato.

Ma che sto facendo? Perché ho pronunciato quelle parole? Pensò. Infine, le labbra che tanto anelava lo raggiunsero.
Non posso, devo resistere, non posso. Che ne sarà di noi? Ho già fatto la sciocchezza di parlare a vanvera…
Oscar tuttavia, non sembrava aver percepito quella guerra interiore. Quando le loro labbra si staccarono, rimase ad osservarlo, in attesa di una reazione che non si fece aspettare.
“E’ davvero questo, ciò che vuoi? Vuoi abbandonare ciò che sei, lasciare tutto ciò che conosci? Perché è questo che accadrà, Oscar…” disse.
La donna non si mosse, né indietreggiò.

“Si, André. Se anche tu lo vorrai… “ rispose, semplicemente.

L’ uomo posò le labbra su quelle della donna, ricambiandola con un altro bacio; una scossa sembrò pervaderlo e fu sicuro che la stessa cosa stava succedendo ad Oscar.
Fu un bacio casto, dove delicatamente entrambi saggiarono le labbra l’ uno dell’ altra; un bacio lento, come se il tempo si fosse fermato; quando i due visi si allontanarono, notarono a vicenda che le espressioni erano più distese.
“Non voglio fare nulla che tu non desideri, Oscar, quindi nonostante il mio desiderio sia quello di stringerti a me tutta la notte, rispetterò il tuo volere” disse André prendendola tra le braccia.
Oscar si appoggiò a lui, prima che l’ uomo la depositasse delicatamente sul letto.

“… non dire nulla, ti prego. Lascia che le cose prendano il loro corso” aveva detto, poi.

Era forse quello un invito?
Ogni fibra del suo corpo la reclamava, ormai libero dai pensieri che prima lo avevano tenuto legato.
Andrè   si distese a sua volta, cercò il viso della donna.
Voleva guardare i suoi occhi.

“ Qualsiasi cosa deve accadere per volere di entrambi ed io…io non voglio che accada così, Oscar, come dovessimo nasconderci al mondo…quando avverrà, vorrei che fosse ben chiaro a tutti la portata ed il valore dei nostri sentimenti. Io ti amo, Oscar. Ti amo e darei la vita per te” disse.
Oscar sorrise, dolcemente.
Prese la mano di André e la portò all’ altezza del cuore.
“Mi basta questo. Mi basta averti parlato, aperto il mio cuore. Insieme a te, sarò ancora più forte” rispose; infine, socchiuse gli occhi in quella notte stellata che, per un istante, le portò piacevoli ricordi di un bacio rubato molto, molto tempo prima, finalmente serena, al sicuro.


***

Il mattino seguente, al suo risveglio, André non la trovò accanto; prese allora del tempo per sé, ricordandosi dell’ impegno mattutino che Oscar doveva assolvere, ovvero la colazione insieme a Madame De Jong.
 Si alzò allora con calma, il cuore leggero e raggiante; infine, dopo una ultima occhiata al talamo che avevano condiviso, si sistemò, infilò scarpe e giacca e , dopo aver controllato che nessuno fosse nei paraggi, sgattaiolò fuori dalla porta per raggiungere la propria stanza dove, dopo aver afferrato la sacca da viaggio,  estrasse una camicia pulita ed il necessario per la toeletta. Doveva fare alla svelta, prima che notassero la sua assenza; si domandò perché mai Oscar non lo avesse svegliato…
Una volta pronto, sistemò nuovamente la sacca e controllò che i preziosi incartamenti – per i quali erano giunti fino a lì, quasi due giorni prima – fossero ancora al loro posto; li chiuse poi all’ interno di una borsa di pelle, si assicurò che i lacci tenessero a dovere ed, infine, uscì.
 Per le scale sentì la voce di Oscar ma non si fermò; scese in strada e, recandosi con passo svelto alla stazione di posta, andò a recuperare i cavalli.

Al suo ritorno trovò la donna ad attenderlo.
“Madame mi ha trattenuto più di quanto pensassi” disse non appena lo vide, sorridendo ed assicurandosi che la ragazzina dietro di lei, carica delle preziose tovaglie di cotone di Fiandra che la loro ospite  aveva donato affinché le portassero a Madame Jarjayes, non sentisse ciò che non doveva.
Andrè consegnò le redini di Cesar in mano ad Oscar e poi , prima si salire in sella a sua volta, prese il prezioso pacchetto che adagiò con cura in una delle borse ai fianchi del cavallo; infine partirono. Un lungo viaggio li attendeva e, anche se avrebbero desiderato ulteriore tempo per loro, spronarono i cavalli al trotto.

“Oscar, sei ancora intenzionata a prendere la via che ci porterà ad Alençon?” chiese , André, dopo un’ ora di cammino.
Lei, che cavalcava al suo fianco, annuì.
“Dobbiamo: ho altri affari, li, per conto di mio padre. Non posso fare altrimenti…” aveva risposto.
“Così non arriveremo mai in tempo in caserma, domattina…lo sai, vero?” le aveva fatto notare.
“In realtà spero di farcela ma ho pensato, in ogni caso , di mandare un messo: alla prima stazione di posta provvederò, di modo che siano informati del eventuale nostro ritardo” rispose.
L’ uomo osservò ancora per un attimo la donna che, sentendosi gli occhi puntati addosso, si girò a sua volta.

“Stamattina non ti ho svegliato perché…dormivi così bene….”disse lei.

“Grazie, Oscar. Sai, mi è preso un colpo non averti vista….”
Ormai fuori dal centro città e da occhi indiscreti lei avvicinò il cavallo a quello di André e allungò la mano verso l’ uomo, che l’ afferrò prontamente.

“Non ho cambiato idea, André, se è quello che intendi…”
Lui, strinse forte la mano di Oscar.
“Non l’ ho nemmeno pensato…la mia era solo una constatazione. Sai, ti ho osservata dormire, stanotte. Mi pareva di vivere  un sogno dal quale non avrei mai voluto svegliarmi…invece…è tutto vero” rispose; lei sorrise a sua volta, ancora.

“Cosa faremo, ora?” domandò lei.
André tornò a guardare la campagna che, piano piano, andava ad aprirsi davanti a loro.
 Non aveva una risposta, la sua anima era altrettanto colma di dubbi…
“Non so, Oscar; dovremo stare attenti, questo è sicuro… il resto…il resto…”

“…tocca a me, giusto? E’ questo che vuoi dire?”

“Si, in un certo senso…si” rispose.

Oscar si sporse di lato, André fece lo stesso.  I due fermarono i cavalli; le labbra si toccarono ancora, questa volta con più impeto, tanto da lasciarli senza fiato.

“Andiamo, ora” disse infine la donna…e partì al galoppo, subito seguita dal suo ritrovato amore.


***
 
Cavalcarono senza sosta per alcune ore, fermandosi – come aveva previsto Oscar – alla prima stazione di posta, dove lei inviò comunicazione al comando , in caserma; tuttavia non si fermarono li, ma decisero di continuare; Alençon non era distante. Non fecero però i conti con il tempo che, sempre più in fretta, si stava guastando ed alle quattro circa il cielo iniziò a scaricare sulle loro teste una quantità d’ acqua tale  che furono costretti a rallentare.

“André, forse è utile fermarsi anche prima del previsto”  aveva detto , urlando per farsi sentire, Oscar.
“Credo sia la cosa migliore da fare, ma ora portiamoci avanti il più possibile… “ rispose lui. Lei si rabbuiò per un istante.
“Accidenti, speravo davvero di evitare una sosta in più;  è vero , stamattina pensavo il contrario…ma dentro di me contavo davvero di farcela” disse.
“Oscar, non ti preoccupare; vedrai che riusciremo a fare tutto…e se non ce la facessimo a passare dall’ avvocato , ci verremo un’ altra volta….” rispose il compagno.
La donna, a quel punto, rallentò il passo.

“Che c’è? Ho forse detto qualcosa di sbagliato? ” domandò André.
Lei sembrò non ascoltarlo, talmente era concentrata ad osservare il suo cavallo.
“Cesar: ora fa davvero fatica a proseguire, qualsiasi cosa abbia alla zampa sta creando grossi problemi”  rispose, poi, preoccupata.
André osservò i posteriori del cavallo. Effettivamente, aveva una strana andatura.

“Dici che resisterà altre due ore?”
“Non saprei, Oscar… proviamoci. Fermarsi qui è impensabile.”

Dopo questo breve scambio di battute ripartirono, per l’ennesima volta.
Il sole ben presto scomparì coperto da nuvole grigiastre e la pioggia aumentò ancora di più, così come i tuoni, sempre più forti.
Faceva freddo, tanto freddo: al passo, sperando di incrociare a breve le insegne di una locanda e coperti dei loro mantelli, proseguirono, ignari di ciò che purtroppo sarebbe accaduto. 

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Capitolo 3
*** Attese ***




OSCAR!! gridò André, osservando il sangue spargersi sulla pietra e delle assi di legno. Oscar, ti prego, RISPONDI!
Nella sala era sceso e regnava il silenzio.
Chi è stato? CHI E’ STATO A LANCIARE QUEL COLTELLO?
Urlò ancora, ormai fuori controllo, André; ma nessuno rispose.
“…lo domanderò un’ altra volta” ripeté, la voce ferma e bassa, come il ruggito di una fiera:
“…chi…CHI è stato?”

Gli uomini presenti, alcuni con ancora i resti di sedie e tavoli tra le mani, abbassarono il capo.
L’ Oste, il cui viso aveva assunto il colorito di un sudario, socchiuse le palpebre e con il braccio teso indicò un angolo della sala; a quel punto André vide con sgomento  una figura rannicchiata che a prima vista, sembrava un cumulo di stracci.
“Chi sei? Fatti riconoscere…” disse, livido di rabbia. Ma quella persona non si mosse: allora, lasciata Oscar alle cure della ostessa prontamente giunta con un bacile e delle pezze, accorciò la distanza che lo separava dall’ angolo.
“TU! TU! ma sai cosa hai fatto?” disse, afferrando quella massa. Gli stracci rivelarono il volto ed il corpo di un ragazzo, poco più che un bambino. Con sgomento André lo lasciò ricadere a terra .
“Io…io…Non volevo! “disse il ragazzino tra i singhiozzi “Non…non l’ho fatto apposta!”
André lo fissò. Tremante di rabbia alzò le mani per colpirlo tuttavia… subito dopo le lasciò ricadere, lungo i fianchi.

“Vattene! VATTENE! “ gli urlò in faccia. Il ragazzino sgattaiolò fuori dalla porta e, presto, fu seguito da tutti gli altri presenti. Ansimante, André rimase immobile per un istante.
 Infine, si voltò tornò da lei.

“Respira a fatica, signore” disse la moglie dell’ oste.
Andrè le si sistemò accanto.
“Oscar, ti prego…rispondi. Oscar…!” provò a dire.
Avvicinò il suo viso a quello dell’ amata; il respiro era un alito, flebile e lei, sempre più pallida, era ormai immersa in un sonno senza sogni, profondo.
André la prese in collo, il corpo inerme non fece una piega.

“Vi prego…una stanza…!” implorò.

L’ oste e la moglie fecero strada in quel  silenzio irreale e lo condussero lungo un corridoio al piano terreno dove, sulla destra, aprirono una porta; Andrè entrò nella stanza posando Oscar sul letto, un letto ben più misero e diverso da quello della sera precedente…ena volta distesa, le tolse la giacca. Non andò oltre, sarebbe stato come violarla; quindi chiese aiuto all’ altra donna che, mesta, non appena il marito uscì e André si fu allontanato mandato ad accendere il camino,  spogliò e ricoprì Oscar con una coperta pesante.

“Jean Baptiste…perdonatelo, vi prego. Posso assicurarvi sulla vita dei miei figli riguardo la sua bontà. Non so cosa gli sia preso, non l’ho mai visto sfiorare un coltello, ha sempre avuto timore di qualsiasi arma…”

André si voltò in direzione della voce; la donna lo fissava, il viso contrito.

“…già… fatto sta che …ora Oscar è in quelle condizioni!” rispose; non sapeva nemmeno lui che pensare.
Ora i propri pensieri erano tutti concentrati su di lei.
La moglie dell’ oste fece per uscire e  André la ringraziò con un cenno .
“C’ è un dottore, nelle vicinanze?...posso pagare, per favore…mandatelo a chiamare….” chiese prima che lei sparisse.
L’ Oste, che era sempre stato nel corridoio ad aspettare, intervenne.
“Non abita distante, Monsieur… Aurelien è  un medico di campagna, ci fidiamo tutti di lui… posso mandare a cercarlo. C’è qualcosa d’ altro che posso fare per voi?”
“Vi ringrazio, no. Dovremo solo aspettare” rispose André; i due allora si allontanarono e lui rimase solo insieme a lei.
“Oscar, perché? Perché proprio adesso?” chiese come se potesse ascoltarlo;  infine si avvicinò, le  sistemò il lenzuolo e la coperta, tastò la fronte: Oscar era sempre più fredda.

André frenò a stento le lacrime: chiuse gli occhi e serrò i denti, cercando di farsi forza.
Tuttavia, i pensieri presero il sopravvento, lasciandolo spossato, distrutto. Solo quando sentì , più tardi, l’ avvicinarsi dei passi cercò di darsi un contegno e si rialzò dal pavimento dove era seduto, affranto, riflettendo sul futuro.


***
 
“Ha bisogno di cure urgenti e di una visita , diciamo, più approfondita. Da ciò che vedo ed in base alla dinamica che mi avete spiegato, quella della donna potrebbe anche essere lo stato di un cadavere in sonno letargico, come lo definisce Ippocrate…”

André, che era stato tutto il tempo accanto al medico, trasalì.

“Spiegatevi meglio, Signore” aveva chiesto.

Il dottore, piuttosto in là con gli anni, si allontanò dalla paziente e prese la borsa, dalla quale estrasse un libro ormai consunto; con fare sicuro aprì l’ enorme mole di pagine e le mostrò ad André.
“Vedete, Monsieur? Quando il trauma è talmente forte da far perdere coscienza, esiste la possibilità che il paziente versi in una sorta di sonno profondo che difficilmente potrà portare ad un risveglio; ciò che io vorrei comprendere è fino a che punto il sonno della vostra… di Madame possa essere , appunto, profondo. Non risponde agli stimoli verbali e a quelli dolorosi ha dato una risposta appena percettibile… forse c’è margine, ma non ne sono certo. Avete detto che appartiene ad uno dei più importanti casati di Francia, giusto? Non avrà problemi a richiedere le cure dei medici più importanti ed influenti quindi, ciò che vi esorto a fare  è di convocare uno di questi luminari, nonché la famiglia di Madame.”
André fissò dolcemente Oscar, accarezzandola con lo sguardo; infine si domandò cosa davvero provasse, inerme, in quel letto.
“Monsieur, mi avete sentito?”
“Si. Perfettamente. Una sola domanda: può essere trasportata?”
“No. Sarebbe un azzardo. Tuttavia mi rimetto alle decisioni del…o dei colleghi”

André uscì dalla stanza senza dire nulla.
Doveva parlare con l’ Oste e lo trovò, seduto insieme alla moglie, nella sala ormai vuota.
“Disponete di qualcuno che possa far pervenire una lettera ad una stazione di posta?” domandò senza preamboli.
I due si fissarono, l’ uomo si stropicciò la barba scusa, pensieroso.
“Ad un’ ora da qui si trova una stazione di posta. E’ piuttosto piccola e quasi mai viene usata, trovandosi fuori dalle rotte principali…ma ha sempre qualcuno a disposizione…” rispose.

“Perfetto. ”
André tornò nella stanza e senza badare al medico si mise a frugare nel bagaglio di Oscar finché non trovò il necessaire che lei – sempre – portava con sé per ogni evenienza; in fretta e furia stilò una lettera per sua nonna, affinché potesse informare il Generale e la moglie. Dopodiché, tornò nella sala e consegnò la lettera insieme ad una certa quantità di livres.

“Per favore, faccia in modo che venga consegnata al più presto…deve arrivare a Jossigny entro domani sera” disse.

L’ uomo più anziano si alzò in piedi e la moglie si recò un una stanza sul retro dalla quale tornò poco dopo con un mantello che posò sulle spalle del marito. Nel giro di pochi minuti,
l’oste era uscito dalla stanza.
“Ora devo pensare al medico…” borbottò tra sé; così tornò nella stanza in cui Oscar riposava.
“Vi prego, scusatemi: ho mandato comunicazione alla famiglia….”
Il medico era rimasto in piedi per tutto il tempo e, ora, stava fissando Oscar.
“Le volete molto bene…è vostra moglie?” domandò.
André sorrise , amaramente.
“No, signore. E’ il mio comandante…” rispose.
“Il vostro comandante?” domandò stupito l’ altro.
“Si. Lei è il generale di brigata De Jarjayes, io non sono che il suo attendente, ora soldato semplice presso la Guardia Francese di stanza a Parigi”.

Il dottore chiese ad André se potesse sedersi sulla sedia li accanto.
Lui annuì; Vi devo pagare , perdonatemi aggiunse.
Il medico nicchiò.
“…Non importa, Monsieur…sentite, piuttosto. Vi chiedo di ascoltare le mie parole…Non dite o fate nulla a Jean Baptiste, è un bravo ragazzo, fin troppo timido ed introverso; ha perso i genitori per fame l’ anno passato e da allora…vive come e dove può, come un cane randagio. Non vi chiedo di graziarlo…solo di non calcare la mano. Va aiutato, ognuno di noi , al villaggio, cerca di prendersene cura…ma è un po' selvatico, ecco….”

André si sentì ribollire il viso, per un attimo: era già la seconda persona che chiedeva pietà per quel ragazzo. Che avrebbe dovuto fare? In quel momento non fu in grado di rispondere.
 Il dottore presumibilmente capì ed uscì dalla stanza.
André tornò a guardare la sua Oscar; si avvicinò al letto e si sedette accanto.
Oscar, che devo fare?
La guardò, accarezzò i suoi capelli.
…e pensare che qualche ora fa eravamo felici, pensavamo al futuro…possibile che tutto debba interrompersi così? Era un sogno, solo un sogno? Per un attimo ho assaporato il miele delle tue labbra,  nonostante la pioggia ho percepito un calore avvolgermi ma adesso?
Che via potranno mai prendere le nostre vite? Torneremo a palazzo, tu costretta – Dio non voglia!- ad una vita immobile ed io, eterno cavalier servente – questo è il mio ruolo, questo è ciò che voglio – perennemente al tuo fianco? Sempre che tuo padre mi lasci in vita, ovvio, visto che non sono stato in grado di proteggere il suo bene più prezioso…


“Monsieur? “

Una voce quasi lo fece sobbalzare. La moglie dell’ oste.
“Entrate…”
“Vi ho portato qualcosa di caldo e altra legna per il camino…” disse la donna, carica di una cesta.
“Grazie…non dovevate…” rispose lui alzandosi e prendendo il tutto “ siete molto gentile…”
Lei non rispose ma, con un movimento degli occhi, indicò qualcosa o qualcuno dietro le proprie spalle: Baptiste.
André alzò gli occhi al cielo: era stanco e, in tutta onestà, non sapeva come affrontare la situazione….
“…Vieni.” Disse allora André.
Una testolina fece capolino dallo stipite.
“Vieni” lo esortò dolcemente la donna “ vieni, Baptiste…”
Il ragazzino dimostrava nove, forse dieci anni.
André lo osservò bene; era tutt’ ossa, il viso scarno e sporco, gli occhi infossati; senza dire nulla passò davanti a lui, fermandosi a debita distanza dal letto di Oscar.
La manina ossuta si tese verso il viso della donna , per poi ritrarsi.
Infine, sorprendendo tutti, il ragazzino si lanciò verso André, abbracciandolo.
Il gesto sembrò lasciarlo indifferente: troppa era la rabbia per confrontarsi con la pietà silenziosamente richiesta; ma quel ragazzino non sembrò volersene andare ed André, messa da parte la tensione, si inginocchiò affinché  loro visi fossero alla stessa altezza.

“Perché lo hai fatto?” domandò, questa volta con tono un po' più dolce. Il ragazzo iniziò a tremare.
“…non volevo, non volevo!” si sentì dire, come risposta. Baptiste teneva il viso sempre rivolto a terra “…Julian mi aveva rubato del pane e…e mi stava prendendo in giro... Anche i suoi compagni stavano facendo lo…lo stesso. Loro hanno…genitori, sono dei contadini, il pane possono averlo… ma io no. Non mangiavo da giorni…”
André sospirò: conosceva bene le sensazioni che quel ragazzino doveva provare; non erano molto differenti dalle sue…solo che lui aveva avuto fortuna, Nanny, la quale lo aveva portato con sé, raggiunta una età per così dire adeguata, a servizio…

“…quel coltello… Cosa avresti voluto fare?”

Baptiste rialzò il capo, si guardò intorno.
“Ho afferrato la prima cosa che ho trovato, volevo lanciarlo addosso a Julian!” disse.
La moglie dell’ oste si avvicinò al ragazzo e gli posò le mani sulle spalle.
“Io…io volevo solo spaventare Julian!” rimarcò.
Questa volta i singhiozzi si fecero più forti, trasformandosi poi in un pianto a dirotto.
La donna fece per uscire, portandolo con sé.
André la fermò.
“Lasciatelo qui” disse; poi, presa dalla cesta una scodella, la porse al ragazzo.
“Mangia, Baptiste. E se vuoi, puoi anche dormire qui, almeno per stanotte. Ti pagherò io una stanza, se ne hanno” disse.
Al piccolo non sembrò vero: dapprima, titubante, sembrò voler rifiutare l’ offerta ; poi, forse convinto dal calore di quella stanza, annuì.
Emilie, così si chiamava la donna, lo prese con sé; salutò André e si avviò verso l’ uscita.


Quando la notte giunse, un paio di ore più tardi, l’ oste fu di ritorno e si recò subito nella stanza in cui Oscar riposava comunicando che la lettera era partita.
“Grazie, ora non ci resta che aspettare” rispose allora André, in piedi davanti alla finestra.
L’uomo lo squadrò.
“Avete fame? Vi faccio portare almeno del formaggio e del prosciutto, se volete… so che la vostra cena l’avete offerta Baptiste” disse.
André negò.
“No, vorrei solo farmi un bagno, se fosse possibile” disse; tanto, che altro posso fare, qui?pensò, triste.
“Vi farò preparare la tinozza…ora, con permesso, mi ritiro” rispose l’ oste.
Ed usci dalla porta, così come era arrivato, con passo leggero.
André attese dunque che lo venisse a chiamare e approfittò del tempo per controllare che Oscar stesse bene o, quantomeno, che le cose non fossero peggiorate; tastò il polso, il cuore era debole, ma resisteva.  Il respiro, ritmico, era lento ma costante.

Come è possibile questo sonno? Come si può  vivere così? Si domandò.
Accarezzò suo il viso ed i capelli, sistemò le coperte. Torna da me, ti prego furono le sue parole: una preghiera…una speranza. Dopo alcuni minuti, qualcuno bussò alla porta.
Andrè si alzò e recuperato ciò che gli sarebbe servito, seguì Hervé, l’ oste, fino ad una stanza poco distante.
“…ecco…”
André poggiò una pezza e dei tocchi di sapone su di uno sgabello.
“Vi ringrazio…ancora…”
“Prendetevi il tempo che dovete; mia moglie non è ancora andata a dormire, veglierà lei Oscar in vostra assenza” disse.
“…farò il prima possibile…” fu la risposta di André; dunque, senza nemmeno aspettare che Hervé uscisse, si spogliò e si cacciò nell’ acqua calda. Il contatto gli provocò quasi dolore ma, nel breve tempo, questo si trasformò in torpore. Nel giro di qualche minuto, crollò, esasusto; si destò solo quando iniziò a percepire freddo, senza capire né sapere per quanto tempo fosse rimasto immerso.
Subito, quindi, si alzò e si rivestì; doveva correre da Oscar, doveva farlo subito.
In meno di cinque minuti, fu da lei.

“Scusate, mi sono assopito” disse ad Emilie appena entrato; lei si alzò, gli passò accanto.
“Non preoccupatevi. Pensate a riposare” fu la risposta.
Andrè, senza aggiungere altro, attese che la donna uscisse e si stese accanto ad Oscar.
“Sai, Oscar…ho mandato a chiamare tuo padre, credo potrebbe raggiungerci tra un giorno o due; se anche la lettera che hai inviato al comando dovesse arrivare indenne, potrebbero raggiungerci anche i ragazzi” disse quasi potesse ascoltarlo.
“ io…io credo che non racconterò nulla di Baptiste ci ho pensato bene,…quel ragazzo, in fondo…mi ha fatto pena. Inoltre, so che tu avresti fatto lo stesso…eh, Oscar? Cosa ne pensi?”
André sapeva benissimo che non poteva sentirlo, ma parlare per lui fu come alleggerire quel peso che regnava sul cuore e fu quasi automatico,rivolgersi a lei così….ed altre volte lo fece, quella notte: parole d’ amore, carezze, domande… finchè non crollò esausto, poco prima dell’ alba.



***
 
I due giorni successivi furono una vigile attesa.

Il medico passò mattina e sera e premuroso come sempre si fermava per ore, monitorando la salute della donna. Avete fatto come vi ho detto? Avete bagnato le labbra della paziente con una pezza imbevuta di acqua? Avete percepito e contato i battiti come vi ho insegnato? queste le domande che, appena entrato, rivolgeva ogni volta ad André alle quali lui annuiva, pronto.


“E’ importante, finché non arriverà il mio collega, che tutti i dati raccolti siano precisi… voi, a proposito, avete avuto notizie?” disse anche quella mattina. La mattina del secondo giorno.
“No, ma non credo manderanno conferme: è più plausibile che giungano direttamente, senza alcun preavviso…” rispose André.
Il dottor Aurelien ripose i suoi attrezzi nella borsa; anche quella visita era finita.
In seguito, prese un taccuino dove annotò alcune cose ed altre le domandò ad André.
“Ecco…nel caso io non fossi presente, dovreste farmi la cortesia di fare pervenire questo foglio al medico di Madame…” disse infine, porgendo il tutto al giovane uomo.
André prese la preziosa comunicazione e la infilò nella tasca della giacca.
In piedi, davanti ad Oscar, la osservava dormire nel suo sonno innaturale.

“Ci sono speranze, dottore?”
La domanda, che aveva nella testa ormai dal momento in cui Oscar aveva battuto la testa contro la pietra del camino, rimbombò quasi nella stanza come fosse un peso lanciato da chissà dove.
Il medico cercò una sedia dove appoggiarsi e, quando fu seduto, fissò il muro oltre le spalle di André. La mimica del viso non lasciava presagire buone notizie, tuttavia André cercò di non allarmarsi.
“In base alle informazioni che mi avete dato riguardo la donna e con molta cautela …credo ci siano possibilità; non posso però sciogliere la prognosi finché vedrò un gesto, un ulteriore riflesso, seppur minimo. Questo è tutto ciò che mi sento di dirvi.”  rispose Aurelien.
“…è già qualcosa…” fu il mesto pensiero di André il quale, dopo la partenza del medico, prese ed uscì dalla stanza chiedendo ad Emilie di badare ad Oscar e poi corse fuori, all’ aperto, alla disperata ricerca di quell’ aria che per un istante gli era mancata.

La sua corsa disperata tuttavia non durò a lungo: uscito e fatti alcuni passi,  notò all’ orizzonte il delinearsi di alcune sagome: non poteva esserne certo, ma i colori e le insegne indicavano solo una cosa: qualcuno, da casa Jarjayes, stava giungendo.

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Capitolo 4
*** Che ne sarà di noi? ***


Il cielo terso,  di un azzurro talmente intenso da assomigliare ad un  dipinto,  faceva da sfondo a due figure che, lentamente, camminavano fianco a fianco  parlando fitto poco distanti dalla locanda , quasi volessero fare due passi dopo un pranzo particolarmente pesante; nessuno avrebbe potuto pensare come quell’ incontro di gradevole avesse ben poco.

“Volevate parlarmi, Signore?” domandò André dopo un tempo che ritenne adeguato affinchè le sue parole non risultassero maleducazione. Due ore erano passate da quando il generale era arrivato e, senza nemmeno salutare, era entrato nella locanda e poi nella stanza di Oscar , momenti pesanti, infiniti.
Il generale si fermò. Fermo sul posto con le mani allacciate dietro la schiena girò su se stesso come trovandosi faccia a faccia con André.

“Devi andartene. ”

André fissò gli occhi del Conte cercando di non far trasparire l’ agitazione crescente.

“Scusate?”

Jarjayes fece un passo avanti, avvicinandosi ancora di più al giovane.

“Mi hai sentito: voglio che tu te ne vada. Non tollererei la tua presenza nemmeno un minuto di più. Qui hai fatto abbastanza…” .
 Un sorriso triste e sarcastico comparve tra le rughe del volto e le occhiaie scure.

André chinò il capo sentendosi scuotere, violentemente,  da un misto di rabbia e tristezza; la gola si fece arsa, le parole scomparvero.

“Tornerai a Parigi, in caserma. Mi riservo di decidere poi, sul tuo futuro. Puoi andare” aggiunse poi  l’ uomo più anziano. Infine, detto questo, riprese il proprio cammino.

“Signore! Signore!”

Jarjayes rallentò il suo passo, ma non concesse ad André la sua presenza.

“E’ tutto, André: non disturbarti a raccogliere le tue cose, ci penseranno gli altri miei servi a riportarle a Palazzo. Fatti dare delle livres da Marius e sparisci, non voglio che tu rimanga accanto  ad Oscar un minuto di più, per nessun motivo al mondo” disse.

 André sgranò gli occhi: rimase a fissare l’ uomo, sentendo venir meno ogni suo alito di vita, riuscendo a malapena a respirare. Era un incubo, non era possibile…eppure…le parole del conte Jarjayes erano state chiare: non aveva altra scelta. Tornò allora,  ancora stravolto, verso la locanda; provò ad entrarci, anche…ma fu fermato.

“Mi dispiace…ho avuto precise disposizioni” disse Marius, attendente, consigliere e tesoriere personale del conte parandosi davanti.
“Marius, te ne prego: voglio solo recuperare almeno il mio mantello ” disse André; tuttavia l’ altro fu irremovibile, non doveva passare nessuno, soprattutto André che rimase comunque alcuni minuti davanti alla porta ed a Marius. Ma quando fu chiaro che niente e nulla sarebbe accaduto , con la morte nel cuore, si incamminò verso le stalle.

“Vai via?”

La voce di Baptiste lo raggiunse mentre con il volto cupo e movimenti lenti assicurava la sella al dorso del cavallo.

“Si. Devo andare”

“Posso venire con te?”

“No, Baptiste, non puoi. Non saprei come fare con te; a malapena potrò avere un tetto sulla mia testa. Sono solo un servo, a differenza di te che sei libero...”rispose.
Con un movimento veloce concluse ciò che stava facendo e poi, con un balzo, salì in sella e afferrò le redini. Prima di muoversi ulteriormente, limitandosi a portare il cavallo verso l’uscita , lanciò una occhiata laddove aveva sentito provenire la voce.

“Io vado, Baptiste. Purtroppo non posso fare molto per te…ma tu, volendo, potresti fare qualcosa per me: saluta Oscar, anche se non può sentirti. Dille che la amo e che qualsiasi cosa accada farò in modo di tornare da lei” disse, la voce rotta dal pianto ormai vicino.
Il ragazzino si palesò, mostrandosi alla luce.
“Grazie” rispose ad André il quale, prima di partire, fece cadere per terra le livres che aveva ricevuto poc’ anzi da Marius. Baptiste lo guardò allontanarsi e pensò , ancora prima di vedere le monete tra l’ erba, che sarebbe stato per sempre grato a quell’ uomo.
Grazie, Signore mormorò, la voce bassissima; poi , attratto da un improvviso luccichìo, si chinò sull’ erba gelata.
 
 
***
 
“Ehi, figlio di un falegname…dove sei stato? Gira voce che la nostra comandante abbia avuto qualche problema, ne sai qualcosa? Siete spariti insieme…”

Andrè era giunto in Rue  de Chaussée d’ Antin da poco meno di mezzora dopo aver cavalcato senza sosta per ore, ed ora, sistemato il cavallo, non vedeva l’ ora di mettersi in branda. Le campane della vicina chiesa avevano suonato le due del mattino.

“Lasciami stare, Alain” rispose.Non aveva alcuna voglia di parlare e, del resto  , non avrebbe saputo nemmeno cosa dire…
Alain,  che in teoria non aveva ancora concluso il turno di guardia, diede una occhiata ai due compagni di ronda immobili davanti al cancello ad una cinquantina di metri da lui.
“Dai, André: non credo di aver detto nulla di male….” disse con il suo solito tono.
“Alain, ti prego. Non è il momento….” rispose l’ altro cercando di raggiungere lo stabile dove si si trovavano gli alloggiamenti “….voglio solo andare a dormire.”

L’ altro non lo ascoltò nemmeno; si avvicinò, spalleggiandolo.

“Ti ci porto io a dormire principino, ma prima dimmi cosa è successo…le si è spezzata un’ unghia? Dai, André, sempre con questi misteri…“

Alain non fece in tempo a finire la frase: André , rabbioso e stanco oltre ogni dire, scattò in avanti, e con  forza colpì il viso dell’ amico. Alain fu talmente sorpreso che rimase a guardarlo incredulo, tuttavia…non lo lasciò andare oltre:  se Andrè voleva fare a botte – e pareva ne avesse un gran bisogno, diamine!  – lui,  testa calda per eccellenza, non si sarebbe di certo tirato indietro.
“…se la metti così…”
Un primo pugno colpì il viso dell’amico, che reagì; a seguire, i colpi non si contarono più e dovettero intervenire i compagni, per dividerli.
“Alain! André! Ma che diavolo vi salta in mente?” gridò Pierre non appena li notò.
“Non immischiarti!” rispose Alain: ma fu come gettare benzina sul fuoco perché, ben presto, parte della piazza d’ armi era invasa dai soldati delle compagnie che in quella caserma avevano sede , chi litigando, chi facendo il tifo per l’ uno o l’ altro, chi dando man forte. Si fermarono solo quando Jerome – l’ unico soldato in disparte – li avvisò dell’ arrivo di D’ Agoult.

“Colonnello!”  urlò.
I presenti  si immobilizzarono all’ istante portandosi sull’ attenti.

“Che succede qui?”  tuonò il superiore.
Il capannello di persone intorno ai due si aprì mostrando la scena ed il vice di Oscar, notoriamente uomo pacato, divenne rosso in viso; osservata la scena, si lisciò i baffi ed infine, parlò.

“Portateli via! Per ora metteteli in cella! Hulin, riorganizzate i turni di guardia con i presenti. Quanto a voi due, Monsieur De Soisson e Monsieur Grandier: domattina, presentatevi nel mio ufficio.”
I presenti, in primis i compagni di guardia con Alain, si avvicinarono ai due, sotto l’occhio vigile di Hulin; e, dopo un paio di schiaffi ben assestati -  quando riaprirono gli occhi - li aiutarono ad alzarsi in piedi avviandosi nella zona della caserma destinata alle celle di rigore. Li, senza molti complimenti ma comunque dispiaciuti per l’ accaduto, li lasciarono.
 “Mi dispiace” disse Pierre ad un Alain ancora intontito.
 André, dal canto suo, andò a sedersi nell’ angolo più angusto di quello scantinato senza dire una parola.  Qualche ora più tardi, giusto il tempo di un breve e agitato sonno,  i due vennero prelevati da un paio di uomini appartenenti alla compagnia A che li portarono davanti al vice comandante.
“Il Colonnello, Marchese d’ Agoult, vi attende” disse uno dei due.
 André , già in piedi, allungò le braccia affinché potessero assicurargli le corde intorno ai polsi.
“Non ce n’è bisogno. Seguiteci” rispose sempre lo stesso uomo.
André quindi uscì dallo stanzino , poi lo raggiunse Alain.
 Silenziosi si avviarono ai piani alti per ascoltare ciò che il loro vice avesse da dire.


***
“Ora, per cortesia, parlate. Episodi come questi non sono nuovi per te , De Soisson…ma Grandier! Volete dirmi, di grazia, cosa è successo?”
Il colonnello era seduto alla sua scrivania, vestito di tutto punto, appena rientrato dalla rassegna mattutina.
“Incomprensioni” rispose pronto Alain sul cui viso era comparso un gran bel livido, proprio sotto l’ occhio sinistro.
Il marchese d’ Agoult si alzò, poggiando il palmo delle mani sulla scrivania color noce.
“Incomprensioni? Possibile che troviate come unica soluzione il prendervi a pugni? “ disse. I suoi occhi cercarono quelli di André in cerca di una spiegazione alternativa.
“Grandier? Non hai nulla da dire?”
Andrè aveva lo sguardo fisso davanti a sé.
Anche il suo viso recava i segni della lotta.

“Nulla, Signore” rispose.
D’ Agoult tornò a sedersi; non avrebbe saputo nulla, dai due soldati, ma ci aveva provato comunque. Andrè ed Alain lo fissarono torvi.

“Il nostro comandante, ragazzi, non potrà rientrare per parecchio tempo; io cercherò di essere alla sua altezza quindi non avrete alcun trattamento che non si ispiri al suo operato, ovviamente da me condiviso quindi…credo che una settimana a pane e acqua possa bastarvi per schiarire le idee ed evitare provvedimenti disciplinari ulteriori. Non ci possiamo permettere, in questo momento,
 l’assenza di soldati che potrebbero tornare utili. E’ tutto…” disse.

 Alain fissò André il cui incarnato era improvvisamente diventato pallido; infine, si portò
sull’ attenti e insieme al compagno seguì le guardie che attendevano davanti alla porta.
 L’ amico notò che André era strano, stanco, afflitto.

Ed il motivo di ciò , ne era certo, non poteva che essere lei, visto anche l’alone di mistero lasciato dalle parole del Colonnello.



***

“Allora? “

Erano appena tornati nella cella e l’inserviente se ne era andato da pochi istanti, lasciando loro il pane e l’ acqua per quella giornata. Alain era seduto per terra, André invece se ne stava seduto su di un secchio rovesciato, la loro toilette per i giorni a venire.

“…che cosa vuoi, Alain? Ti ho già detto di lasciarmi in pace…” rispose con un filo di voce, alzando gli occhi al cielo e appoggiando la schiena contro il muro dietro di lui.

“Oscar. Cosa è successo? Non provare a dirmi fandonie, è chiaro che il motivo del tuo stato sia lei…. E poi d’ Agoult…cosa intendeva dire con il nostro comandante, ragazzi, non potrà rientrare per parecchio tempo? Eh? “

Andrè socchiuse le palpebre.Dolore, rabbia e stanchezza stavano per arrivare al limite.

“Dico a te, testa di legno. André… è successo qualcosa ad Oscar?” domandò ancora Alain; stavolta, il tono non fu spavaldo, bensì denotava una decisa preoccupazione.
André si alzò in piedi e tirò un calcio al secchio di legno che, data la violenza, finì per rompersi.
Poi, le mani strette in un pugno,  tirò un gran sospiro.

Dalla finestrella posta poco sopra la sua testa iniziò ad entrare della neve.
Il cielo era grigio, pesante.

“Oscar…lei forse non tornerà più.”

Non pensò alle parole, alla loro forma. Ciò che uscì dalla sua bocca era dettato dall’ istinto.
Il viso di Alain divenne come di pietra.

“Co…cosa intendi?” domandò quest’ ultimo, cauto.
L’ altro si voltò, fissò il cielo plumbeo.

“Nei giorni scorsi siamo stati  a Dormfront  per conto del padre; sulla via del ritorno però…abbiamo avuto un intoppo che ci ha costretti ad una sosta presso una locanda , come tante altre volte è accaduto…”

Alain , il viso scuro, si alzò in piedi raggiungendo l’ amico.

“Parla, André…”

Lui voltò il viso e notò gli occhi imploranti di Alain.

“E’ stato un caso: nella locanda era in corso una lite e lei…lei, per schivare un coltello, ha finito per inciampare , cadere e… in questo ha battuto la testa contro lo stipite del camino, violentemente. “

Alain deglutì con fatica, quindi posò una mano sulla spalla di André.

“Come…come sta?” domandò con estremo timore.

“Non ha mai ripreso conoscenza. Non ha più riaperto gli occhi, Alain…il dottore ha detto senza mezzi termini che  potrebbe rimanere in una sorta di sonno letargico per molto tempo e…e forse anche morire”. La voce di Andrè, in queste ultime parole, divenne un sussurro e gli occhi si riempirono di lacrime. Alain, sconvolto dalla notizia e da una così intensa reazione, rimase spiazzato. Fissò gli occhi lucidi dell’ amico.
“Non te l’ aspettavi, eh? Chi, del resto, avrebbe mai pensato qualcosa del genere? Una caduta….una stupida caduta!” disse.
Alain tornò a sedersi, si prese la testa tra le mani.

“…e…e tu? Come mai sei qui?” domandò.
Andrè si scostò dalla finestra, raggiunse il suo misero giaciglio e li si sedette.

“Il Generale mi ha cacciato, di fatto: ma per conoscere il mio destino, dovrò aspettare che mi mandi a chiamare. Onestamente, Alain, non mi importa di andare a vivere sotto un ponte ma Oscar…lei…io voglio stare vicino a lei!”  rispose tergiversando sulle sensazioni che provava e non avrebbe saputo descrivere, tanto lo lasciavano senza respiro.

Alain si alzò in piedi e si portò ancora accanto ad André.

“Lei tornerà, vedrai!” disse cercando di fare forza al migliore amico.

“Non lo so, Alain. Non so più niente…”
Alain si tolse la giacca e la mise sulle spalle di André, rimasto in camicia, la divisa lasciata nella camerata. Questi se la strinse addosso.

“Dobbiamo avere speranza: è forte, è indomita…non ci lascerà facilmente….”

André sorrise, tristemente, il viso una smorfia di dolore.

“Lo spero, Alain. Abbiamo appena scoperto di amarci, il destino non può essere così crudele!” si lasciò scappare.  Era disperato.
Alain, pur sorpreso da una notizia di tale portata, non aggiunse altro.
Si allungò solamente a prendere del pane che spezzò, dandone metà all’ uomo che gli sedeva vicino.




***



Il Generale fu di parola e mandò a chiamare André una decina di giorni dopo il rientro di quest’ ultimo in caserma; dicembre era iniziato, la neve non aveva mai smesso di cadere tranne che per gli ultimi due giorni e le strade – con tutto ciò che stava intorno, dai palazzi cittadini  ai campi fuori le mura-  sembravano giusto usciti da un dipinto. In questo panorama André cavalcava senza fretta, guardandosi intorno.
 
Il suo cuore e la sua mente non avevano fatto altro che pensare a lei, ad Oscar, a come sarebbe stato rivederla, sempre che Augustin Jarjayes l’ avesse permesso. Ma non riuscì proprio ad immaginare cosa lo stesse aspettando.

“Alain, ci siamo quasi, manca poco. Mentre mi aspetti potresti chiedere a mia nonna di prepararti della cioccolata” disse tuttavia con animo apparentemente sereno; l’ amico, che cavalcava a fianco, annuì.

“Non sei preoccupato?” domandò.

“Non ci penso, altrimenti divento pazzo” tagliò corto André “ …ecco, ci siamo: laggiù c’è
l’ entrata” aveva poi aggiunto. Alain guardò davanti a sé.

Dopo alcuni istanti i due raggiunsero la magione, il cui cancello era chiuso; da dietro un albero, spuntò uno dei giardinieri accompagnato dall’ attendente del Generale.

“Entrate…il Generale ti sta aspettando,  André, nel suo ufficio. Ti prega di raggiungerlo subito, di non attardarti ” disse quest’ ultimo. André annui.

“Il mio amico può restare?”

“Certo. Ti attenderà nelle cucine”

Alain ed Andrè si fissarono.
“Io allora…vado” disse quest’ ultimo.
Alain non rispose ma sorrise in direzione del suo migliore amico, speranzoso di un lieto fine.

Poi, sceso da cavallo, si rivolse all’ attendente.

“Allora, dite che al posto della cioccolata posso chiedere del buon vino?” disse, stemperando la tensione; l’ uomo che aveva davanti gli rivolse una occhiata di disapprovazione ed Alain, ciondolando e con le redini tra le mani, iniziò a camminare fischiettando.

Spero per te, amico mio, che la sorte ti sia favorevole pensò.
Nel frattempo, iniziò a spirare un forte vento.
 
***


Andrè entrò a palazzo con fare circospetto quasi fosse un estraneo; non sapeva cosa aspettarsi ma, soprattutto, era estremamente preoccupato di ricevere notizie funeste riguardo Oscar.
 Non appena mise piede oltre l’ ingresso notò sua nonna ai piedi dello scalone d’ onore.

“André, nipote mio!” disse la donna con un filo di voce “ ho atteso tanto per vederti…”

“Nonna…” rispose lui carezzandole i capelli candidi “ anche io ho sperato tanto di tornare qui… il Generale…il generale ti ha parlato, vero?”

La donna lo strinsè a sé.

“Si. Ma di quello potremo parlare dopo. Ora vai, ti attende!” disse , il viso appoggiato allo spesso mantello del nipote.
Lui si discostò leggermente giusto per guardarla in viso.

“Ed Oscar, dimmi…come sta?” chiese, infine, la voce incerta.

Nanny, nemmeno lui avesse chiesto notizie di Belzebù in persona,  prese le distanze, lo fissò, infine corse via, piangendo. André si ritrovò solo nel completo silenzio dove anche i doppieri sembravano emanare una luce spettrale nonostante fosse giorno quindi, sospirando e domandandosi il perché di quello strano comportamento, iniziò a salire le scale.

Oscar, amore mio… sono qui…tu …come stai?  si trovò a pensare man mano che avanzava.
Avrebbe potuto vederla , finalmente, oppure sarebbe stato cacciato da quella casa?
Il suo cuore batteva velocemente, incontrollabile: doveva darsi una calmata, restare con i piedi per terra per affrontare quanto in serbo per lui; si fermò, quindi, poco prima della stanza di Oscar e si appoggiò alla parete.

Mi senti, Oscar? Sono qui, a poca distanza da te. Andrò a parlare con tuo padre, ora, poi…chissà…
mormorò; e appoggiò il palmo della mano al muro, quasi volesse far arrivare attraverso le spesse pareti il leggero rumore provocato dal battito del proprio cuore,  segno del suo amore.
Fu solo un attimo, intenso e sfuggevole: poi facendosi forza oltrepassò quell’ invisibile varco e si allontanò per raggiungere l’ultima porta del lungo corridoio dove il padrone lo attendeva.
Quando giunse dinnanzi alla porta, non gli servì nemmeno annunciarsi; il Generale lo aspettava sulla soglia con il piglio deciso e risoluto di sempre.

“Buongiorno, Signore” disse.
 Il padre di Oscar si voltò senza dire una parola e raggiunse la scrivania. André attese che fosse seduto, chiuse la porta e attese che il Generale parlasse.

“Siediti” disse questi senza molti convenienti “ …ora, André, faremo una bella chiacchierata.”

Lui fece come richiesto: si sedette e provò a mantenere un contegno, cosa assai difficile in quel frangente. Jarjayes , il cui viso emergeva a fatica da una moltitudine di carte, mappe e quant’altro, fissava le grandi finestre alla sua sinistra.
André attese impaziente che egli parlasse.
Ogni minuto che passava rappresentava pura agonia.

“André, sarò franco: avrei voluto ucciderti con le mie mani, non appena sono venuto a sapere
dell’ accaduto” esordì “ …tuttavia, se sei qui sano e salvo, devi solo ringraziare la mia coscienza ma soprattutto tua nonna e Madame la Comtesse…”

L’ uomo più giovane impallidì.
“Grazie, Signore” fu solo in grado di rispondere.

Il Conte sembrò non ascoltarlo nemmeno: si alzò, iniziando a passeggiare nervosamente. André si voltò e lo seguì con lo sguardo fino a che non si fermò poco al di sotto del pesante ritratto di uno molti suoi avi.

“Ora ti pregherei di ascoltarmi attentamente.”
L’ uomo si voltò, lo fissò, severo.
“…Innanzitutto, vorrei informarti sulla salute di Oscar: è stabile, ha fatto qualche piccolo progresso e pare che la situazione si sia ridimensionata ma, purtroppo, non ha ancora ripreso conoscenza e le sue condizioni rimangono gravi . Detto ciò, André…da questo momento, sei un uomo libero: potrai tornare a far visita a tua nonna ma non avrai più libero accesso ad un ambiente che non sia la cucina. Inutile spiegarti che ogni rapporto con Oscar non sarà permesso; non riprenderà più la vita che ha sempre condotto. Se Iddio vorrà fare la Grazia di riportarla a noi sana e salva, la darò in sposa al Visconte de Girodel che senza alcun indugio ha espresso più volte la volontà di prendersi cura di lei. E’ tutto: puoi passare nella tua stanza per recuperare i tuoi averi; il tesoriere ti aspetterà nel salottino per definire le questioni economiche relative al tuo servizio”.

Andrè ascoltò attentamente, con il fiato sospeso, ma solo una cosa, limpida e chiara come il sole
d’ agosto , gli fu davvero chiara: avrebbe perso Oscar. il sangue freddo.

“Grazie, Signore, per tutto ciò che avete fatto per me” disse; si alzò, infine, e uscì da quella stanza con passo svelto senza pensare nient’ altro che alle parole da poco udite, domandandosi come avrebbe fatto a vivere il resto dei suoi giorni.










 





 





 

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Capitolo 5
*** Quimper, Monsieur Blanc! ***


Ho faticato molto a rivedere questo capitolo, prima di pubblicarlo; una forte congiuntivite ed altri piccoli problemi che ormai mi copiscono da qualche settimana fanno si che le cose vadano a rilento. Tuttavia la voglia di scrivere e pubblicare è tanta così, stamane, approfittando di un miglioramento, eccomi qui.
Spero di riuscire a rispondere anche alle recensioni ma non prometto nulla: in ogni caso grazie, le vostre parole mi hanno riempito il cuore. 

Grazie! B,





(Paris-Jossigny, 4 dicembre 1789)

Sconvolto, arrabbiato,  André percorse gran parte del lungo corridoio prima di accorgersi d’ avere oltrepassato la stanza di Oscar. A quel punto,André si fermò: si guardò intorno per sincerarsi che nessuno passasse  infine, il cuore in gola, appoggiò i palmi delle mani sul legno lucidato di fresco e appoggiò l’ orecchio alla porta. Nessun rumore si udiva,  nemmeno il crepitio della legna messa ad ardere: quindi appoggiò una delle mani  sulla maniglia e, piano, spinse la porta, entrando. 
Non poteva andare via senza almeno provare a vederla un’ultima volta, non se lo sarebbe mai perdonato. Titubante, mosse alcuni passi ma più proseguiva più si rendeva contro che vi era un grande silenzio.

“…che…che diamine succede? Dove è Oscar?” borbottò ben attento a non farsi sentire, non vedendo né sentendo niente: giunto poi nei pressi della camera vera e propria, davanti a lui trovò solo che un letto perfettamente intatto e, ogni altro riferimento alla persona di Oscar -dalla spazzola dei capelli alla vestaglia da notte che Nanny lasciva perennemente appoggiata ad una delle poltrone- era assente. 
André si sentì morire e crollò in ginocchio sul pavimento. Ciò che aveva ipotizzato ascoltando quel silenzio, quell’ assenza pesante come piombo…

 “Oscar…Oscar…dove ti hanno portato? Sei forse già dal tuo promesso sposo, in una delle sue magioni? …dimmi, Oscar…perché, perché?” disse; chiuse gli occhi, provò a respirare profondamente, mentre le mani, strette in un pugno, si scioglievano per coprire il viso dove grosse lacrime avevano iniziato a scendere.
“Dimmi che è un incubo, ti prego, Oscar. Dimmi che è un dannato incubo!” mormorò; sul finire della frase, tuttavia gli parve di sentire  un rumore, come il fruscio di una gonna. Una mano calda sfiorò la sua. 
André aprì gli occhi, balzando in piedi in preda al panico.
“Oscar!” esclamò, istintivamente. Con immensa sorpresa, però,  si trovò davanti Madame de Jarjayes.

“Madame la Comtesse!” 

La donna  diede un  cenno, come a richiedere si seguire i suoi passi.
André si alzò in piedi e la seguì; i due si portarono dietro il paravento che usualmente proteggeva Oscar da sguardi indiscreti durante il bagno quotidiano.
“Non volevo spaventarti, André… “ disse la donna, il viso stanco e tirato “ ma come ho sentito dei rumori, non ho potuto fare a meno di cedere alla curiosità. Da giorni questa stanza è avvolta nel silenzio, da troppo giorni…” 
André si domandò cosa volesse dire.
“Mi spiace Madame, sono appena uscito dall’ufficio privato di vostro marito e….”
Lei lo guardò con infinita tenerezza.
“So tutto, André; mi spiace ti abbia riservato questo trattamento. Lo conosci, è come Oscar, hanno un carattere sanguigno…” la donna prese un fazzoletto immacolato dalla borsetta di raso che portava sempre con sé e si tamponò gli occhi . …tuttavia…spero cambi presto idea. Tu sei…sei 
l’ unica persona davvero fedele ad Oscar…a noi…”

André abbassò il capo. 

“Madame, io… io non sono stato in grado di proteggere la vostra Oscar ma…è stato un caso, solo uno sfortunato caso! Non avrei potuto evitarlo! Non è colpa mia! ” mormorò.
“Lo so, André, lo so…” rispose , pronta, lei.
 
André fece alcuni passi verso la donna per inginocchiarsi, infine, al suo cospetto.

“Come sta Oscar? Come mai non è qui? Ditemi la verità, sono pronto a tutto!” 

Madame si portò davanti ad una delle finestre della stanza, André si alzò e la seguì, con lo sguardo.
 Il  fiato iniziava a venire meno, la mente era in totale subbuglio. 

“Oscar si trova a Quimper, per precisa volontà di suo padre. Le sue condizioni, credo te lo abbia riferito, sono leggermente migliorate ma non si può ancora sciogliere una prognosi; il medico che la segue è un luminare, Lassone e Teveney sono anch’essi in città…”rispose.
André sentì mancare la terra sotto i piedi.

“Quimper…?” disse con un filo di voce. 
La madre di Oscar annuì.
“Presto partirò per raggiungere mia figlia. André:  so che mio marito ti ha liberato da qualsiasi impegno nei nostri confronti e che ti avrebbe vietato di vedere mia figlia, tuttavia…io desidero chiederti l’ opposto: vieni con me ,in Bretagna! Non solo lo desidero, ma sono fermamente convinta che la tua presenza non potrà che essere positiva per Oscar…”

L’ uomo, incredulo, sgranò gli occhi e sul viso della donna comparve un timido sorriso.

“Siete certa di ciò che mi state chiedendo?” domandò facendosi serio “ …voi…io…come faremo?”
La donna fece cenno di avvicinarsi.
“Mio marito partirà per la Lorena insieme a due dei miei generi. Devono sistemare alcuni affari riguardanti dei vigneti e delle proprietà che laggiù possiede. Dobbiamo solo lasciare che si allontani poi… nel giro di un giorno, forse due potremo partire. Non sarà di ritorno che tra una decina di giorni e noi, allora, saremmo già arrivati a destinazione”

André non apparve molto convinto. Nervosamente iniziò a giocherellare con alcuni bottoni della giacca.

“...Perdonate la mia insistenza…come e cosa faremo una volta giunti a Quimper? Non posso di certo farmi vedere…” chiese.
“…ci penseremo una volta arrivati, André. Una soluzione si troverà. Ora, per favore, ascoltami: fa come ti ha detto Reynard, incontra Marius, poi fai normalmente rientro in caserma. Non appena sarai uscito di casa scriverò a D’ Agoult e chiederò di sospenderti temporaneamente dal servizio. Naturalmente, gli domanderò anche di tenere il massimo riserbo riguardo alla faccenda.”

Il giovane  uomo si unì alla donna il cui sguardo tornò verso l’ esterno e precisamente verso la fontana dove, tante volte, lui e Oscar si trovavano, stremati, alla fine di un duello; il respiro sempre più veloce, pervaso da una sensazione di dolore, panico e incertezza lo pervase.

“Ci tieni molto a lei, vero? Non sono così vecchia da non ricordarmi il significato della parola amore” disse la donna. André la guardò negli occhi: si, avrebbe osato, avrebbe detto tutta la verità alla Signora.
“Amo vostra figlia, più della mia stessa vita. Sono sempre stato al mio posto, come si conviene ; tuttavia ora…ora che so che anche Oscar prova qualcosa per me, nulla potrà fermarmi” disse con ritrovato coraggio.
 Madame non sembrò stupita, anzi.
“Figliolo, questo l’ ho sempre saputo e, in cuor mio, segretamente caldeggiato. Tu conosci però le difficoltà e le regole di questi tempi. Sarà dura…”
Lui annuì.
“Si. Ma tutto ciò non mi fermerà. Verrò con voi a Quimper e…che Iddio ci protegga” disse. Dopodiché, non appena videro il Generale  uscire di casa, salutò la donna ed uscì, recandosi da Marius. 
Non era un addio, ma un arrivederci.



“Ah, sei arrivato, finalmente “ disse quest’ ultimo non appena lo vide.
André non volle far caso al tono delle parole che gli erano state appena rivolte e si scusò.
“Vi chiedo perdono, sono stato interpellato da Madame, in ogni caso eccomi, dite pure ciò che dovete. Vi ascolto.”

Marius fece una mezza smorfia poi srotolò alcune carte poggiate sul tavolo del salottino.

“Questa è la tua buonuscita; vi è il rendiconto dei tuoi guadagni e delle spese che il padrone ha sostenuto per te. Considerando la durata del tuo servizio è una somma di tutto rispetto che per ovvie ragioni di sicurezza potrai ricevere solo dalle mani del  notaio; inoltre qui” e il dito indice si spostò ad indicare un plico di fogli ripiegati e stretti da un nastro munito di ceralacca “ …qui troverai una lettera di referenze, lo status riguardo l’ istruzione che hai ricevuto ed, infine, dei documenti personali avuti in consegna da tua nonna ai tempi del tuo arrivo. Il conte è stato magnanimo e ha pensato a tutto….”
Marius infine si spostò di lato, mostrando un paio di pacchi piuttosto alti ed alcune scatole.
“Qui, invece, troverai un dono che Madame ha voluto farti: ci sono due abiti completi, un paio di scarpe ed un mantello….”
André osservò attentamente tutto quanto.
“Grazie, Monsieur…” disse. 
L’ altro non rispose, si avviò verso la porta della stanza.
“E’ tutto. Stammi bene….” lo sentì dire. 
Infine, la casa tornò ad essere silenziosa.
André osservò ancora una volta i vari incartamenti ed il baule. 
Come avrebbe fatto a portare ques’ ultimo a Parigi? Forse avrebbe potuto lasciarlo li e passare un altro giorno?
Pensò che la soluzione migliore sarebbe stata quella di portare il tutto con sé, a Quimper… aveva assoluta necessità di parlare con Nanny: forse lei lo avrebbe aiutato; ma questa scelta avrebbe richiesto che lei risultasse quantomeno informata su gran parte delle cose…

Accidenti! Pensò; dovrò per forza informarla e….

“Ah, André, sei ancora qui: tua nonna iniziava a preoccuparsi”

André non si era accorto del sopraggiungere di Alain  che, a poca distanza da lui, se ne stava fermo con le mani in tasca, appoggiato con la spalla contro il muro.
“…non mi ero accorto di te, da quanto sei qui?” domandò, racimolando ciò che poteva tra le sue mani.
“Sono arrivato ora, non appena quel damerino se n’è andato. Dimmi, come è andata?Te lo chiedo ora perché, conoscendoti, non credo dirai tutta la verità davanti a tua nonna…”
André sorrise.
“Diciamo che è andata meglio di quanto mi aspettassi e, riguardo a mia nonna, ci stavo giusto pensando. In ogni caso sarò breve: il punto centrale della faccenda è che non potrò mai più rivedere Oscar. ” rispose. 
Alain si adombrò.

“Spiegati meglio…”

André tenne stretti a sé i vari incartamenti, si mosse di alcuni passi ed iniziò a parlare.

“Da questo momento in poi, sono un uomo libero. Il conte mi ha perfino preparato una lettera di referenze; Madame mi ha donato dei vestiti nuovi.  Ho – bada bene- libero accesso alla casa tuttavia, ripeto, non mi sarà permesso avvicinarmi ad Oscar. Mai più.”

Alain alzò il sopracciglio, era disorientato.

“Tu naturalmente non hai intenzione di accettare tutto quanto così, vero?” chiese.

Andrè uscì dalla stanza, seguito dall’ amico.

“No. Ma di questo…te ne parlerò dopo. Ora andiamo a mia nonna” rispose. 
Ed insieme tornarono verso le cucine, dove una Nanny pensierosa li attendeva con alcuni biscotti sfornati da poco e lunghe domande che pretendevano risposta.


(Qualche ora dopo…)

Il ritorno a Parigi sotto la neve che nel mentre aveva ricominciato a scendere non fu certo più allegro dell’ andata ma, in un certo qual modo,  la flebile speranza che la Contessa aveva dato ad André lo rese meno pensieroso. Alternando il trotto al passo – di più non osarono, dato il terreno  incerto – i due si ritrovarono a parlare fitto fitto gran parte del tempo: Alain ascoltò con attenzione ogni parola di Andrè a volte annuendo stupito, altre volte con il viso serio; e quando l’ altro ebbe finito il racconto pensò che no, non era poi andata così tanto male….

“Sono però un po' preoccupato, ti dico la verità. Siamo…siamo sicuri che Madame non faccia il gioco del marito e che la faccenda, perdonami l’affermazione, non sia altro che una trappola?”

André si aggiustò il bavero del mantello e controllò che il pesante baule non desse fastidio al cavallo.
“…non penso. La Signora è assolutamente fuori dagli affari e dalle decisioni del marito….”

Alain annuì.

I due tornarono in silenzio. 

Il cielo si stava facendo scuro nonostante non fosse ancora mezzogiorno. André fissava la strada davanti a sé, pensieroso.

“Mi manca molto, Alain” si lasciò scappare.
L’ amico, all’ istante,  non poté far altro che dirgli di stare tranquillo;  cercò comunque  -a modo suo -  di trovare parole consone, adeguate…  ma si rese non vi era molto altro da aggiungere e rimase ad osservare la sua figura che, man mano proseguivano verso la città, sembrava curvarsi sempre più sotto il peso dei pensieri.

***

Quimper, 7 dicembre 

Il giovane conte era arrivato la sera prima.  Ci era già stato, a Quimper, quando il Conte Jarjayes gli aveva chiesto il favore di presenziare in sua vece; ma questa ultima visita non era stata né richiesta né imposta quanto, piuttosto, dettata dal cuore.

La mattina era iniziata con una bufera di neve e ghiaccio e lui si era attardato un poco sotto le coperte anche per far riposare le ossa che, sballottate dalla carrozza durante il viaggio, gli avevano risvegliato un vecchio dolore alla spalla; intorno alle dieci , tuttavia, si era deciso e senza il consueto aiuto di attendenti e servitù aveva fatto scaldare dell’ acqua, si era lavato e vestito con abiti comodi. Infine, aveva aperto la porta ed era uscito recandosi nell’ ultima stanza del corridoio.

Quella di Oscar.

Aveva fatto piano, camminando quasi lo stesse facendo su una distesa di uova;  quando Lassone si era girato e lo aveva salutato, lo aveva fatto in silenzio per non turbare la pace ed il sonno della donna.
“Ditemi, dottore: come sta?” aveva chiesto, poi, quasi sottovoce.
Insieme avevano fissato Oscar il cui colorito era tornato sulle guance insieme ad un respiro lento ma costante, senza turbamenti.
“E’ stazionaria, Monsieur. Risponde bene alle cure di Laennec* “disse l’ uomo più anziano.
Girodel prese posto nella poltrona accanto al letto, accavallò le gambe e incrociò le mani sul ventre.
“Ne sono lieto” rispose, sospirando, mentre i suoi occhi fissavano Oscar.
Lassone, in piedi e mai fermo, armeggiò per un attimo con alcune boccette.
“Se voi permettete, andrei a riposare; il mio collega dovrebbe raggiungervi tra poco meno di 
un’ ora, sempra che non giunga Laennec prima. Nel caso notiate qualcosa di strano mandatemi a chiamare. Non vi è nulla da fare, per ora” disse. 
Girodel , con uno strappo all’ etichetta, non si alzò e rimase ad ascoltare facendo intendere di aver capito solo con un cenno del capo. 
Lassone non vi fece nemmeno caso e  dopo qualche minuto, uscì: finalmente solo, il conte poté togliere per un attimo la maschera che fino ad allora aveva tenuto; il volto, dapprima quasi impassibile ed imperturbabile, cambiò persino forma e tornò ad essere quello di un uomo innamorato e disperato per le sorti della donna amata. La figura ritta si piegò su sé stessa, le mani salirono a coprire il volto e qualche singhiozzo sconquassò la figura esile e muscolosa temprata da una vita militare.

“Oscar, mai avrei voluto accettare una proposta di matrimonio tale, con te distesa in questo letto, inerme; ma ad amore non si comanda…come avrei potuto negare il mio appoggio al Generale, quando me lo ha chiesto? Chi altri potrebbe prendersi cura di te, anche una volta guarita, se non il tuo umile e devoto ammiratore? Ti prego, perdonami se sto peccando di superbia; sappi che tutto è giustificato da questo mio sentimento…”
Le parole uscirono spontanee, assomigliando più ad una richiesta di perdono che ad una dichiarazione e, per un momento, furono di gran sollievo a Girodel; poi, nel momento in cui 
– inevitabilmente - il pensiero di lui, di quel villano comparve nella sua testa, l’ agonia ricominciò.
“No, non potrebbe mai aspirare a questo…non può…non deve!” borbottò, di nuovo, stringendo i pugni: e ricominciò,  stavolta interiore, il monologo che a momenti sembrò portarlo alla pazzia.
Nemmeno si accorse che nella stanza era entrato Laennec.

“Perdoni signore, dovrei visitare la donna. Se volesse lasciarmi solo….”

Girodel balzò in piedi, rosso come una mela ben matura, fingendo, malamente, indifferenza.

“Mi scusi, non vi avevo sentito” disse. 

Poi senza indugiare oltre uscì, scosso da quella interruzione ma soprattutto dal fatto che un estraneo lo avesse scoperto, così, entrando in una stanza senza nemmeno bussare. Fuori, mentre a braccia conserte aveva iniziato a camminare nervosamente per ingannare l’ attesa, notò che  Lassone era impegnato nel leggere una missiva, a quanto pare era appena giunta. Spinto dalla curiosità si avvicinò quel tanto per farsi notare.
Il medico ed amico della famiglia Jarjayes si affrettò a leggere tutto quanto, ripiegò il foglio, lo cacciò in tasca. 

“Oh, Monsieur…il mio esimio collega  ha anticipato la sua .Vi ha forse cacciato in malo modo, come suo solito?”  domandò.
“In un certo senso si, ma non sarei comunque rimasto, per rispetto a Mademoiselle….” 
Lassone annuì.
“…State tranquillo: è fatto a suo modo ma…Lei si trova in buone mani, come sapete. Forse per la nostra Oscar c’è…c’è speranza” si lasciò scappare. Girodel sciolse le braccia che lasciò cadere lungo i fianchi.
“Voi dite? Lo spero!” rispose. Il medico annuì.
Seguì qualche minuto di imbarazzante silenzio al quale mise fine Lassone, inchinandosi al conte.

“Vogliate scusarmi, ora: devo recarmi  fuori Quimper, Madame de Jarjayes sta giungendo e vorrei proprio andarle incontro. Viaggia da sola, sapete….”
Girodel trasalì, sopreso: ecco cosa vi era scritto in quella misteriosa – a suo dire – lettera.

“Volete che vi accompagni?” domandò.

Il medico si era già incamminato lungo il corridoio. Al sentire la voce, si fermò e si volto nella direzione da cui proveniva. 
“No, vi ringrazio: piuttosto, state qui ed ascoltate attentamente ciò che Monsieur Laennec avrà da dirvi.”

Girodel annuì e salutò Lassone.
Infine tornò a fianco di quella porta in attesa che le visita alla sua amata Oscar fosse conclusa senza chiedersi più nulla, anche se una certa inquietudine stava facendosi strada in lui.


***
 

Fuori dalla città,  in uno slargo della via che dopo il crocicchio aveva preso,  una carrozza sobria, chiara e senza particolari insegne se ne stava ferma, in attesa di qualcuno o qualcosa;  gli occupanti, due donne ed un uomo, erano appena scesi – nonostante il freddo poco invitante-  e se ne stavano riparati, quasi nascosti, dietro di essa. Uno, l’ uomo, era coperto da capo a piedi come a celare la propria identità; le due donne, avvolte l’ una da un mantello di pelliccia e l’ altra da una sorta di cappa di lana, si muovevano piano sul prato scricchiolante e gelato, le guance arrossate.

“Lassone dovrebbe essere qui a breve, Monsieur Blanc “ disse una di queste rivolta all’ uomo poco distante da lei “…non dovrete fare altro che seguirlo, vi darà le giuste indicazioni.”

L’ uomo, in apparenza un po' distante, pensieroso, rispose con voce bassa e greve.
“Grazie, Madame. Per il resto, ci atterremo a quando in precedenza mi avete detto?” domandò.
Madame mormorò qualcosa all’ orecchio della dama da compagnia, che si allontanò.

“Si. Fai come ti ho detto, André: il dottore ti porterà a Quimper dove alloggerrai nella soffitta, mischiandoti alla servitù. Per tutti sarai Monsieur Blanc.Di li uscirai solo la sera, per non destare sospetti….”
André – era strano sentirsi chiamare con il proprio nome, dopo giorni passati a fingere di essere un conoscente qualsiasi, artificio che Madame aveva ritenuto plausibile per non destare sospetti- si sforzò di sorridere.

“Siete certa he Elisabeth non si lasci scappare nulla?”

La donna più anziana sospirò.
“Anche se lo avesse capito no, non dirà nulla. E’ fedele a me quasi quanto lo è tua nonna. Non preoccuparti ….oh, vedo una carrozza, che sia Lassone?”. 

I due si voltarono all’ unisono.
“Parrebbe di si” rispose André. Tutti i presenti rimasero in vigile attesa , trattenendo il fiato.
“Si, è lui” disse Madame ad un certo punto. Il tutto fu confermato poco dopo.
Lassone dunque arrivò e, una volta ferma la carrozza, scese: dopo essersi recato dalla moglie 
dell’ amico, le sue parole furono solo che per André.

“…ragazzo, il conte de Girodel è giunto a palazzo ieri sera. Le cose potrebbero essere più complicate del previsto” 

André trasalì.
Aveva sospettato che prima o poi il damerino si fosse palesato, ma sperava in cuor suo che ciò potesse accadere dopo, il suo arrivo. In ogni caso, nulla lo avrebbe portato a desistere, si trattava di porre ancor più maggiore attenzione.

“Dottor Lassone, ciò non rappresenta un problema e, nel caso, affronterò eventuali imprevisti al momento. Sono pronto a tutto. “ rispose.
Lassone guardò Madame. 

“Sali: ti raggiungerò a breve” gli disse indicando la carrozza.  

André non se lo fece ripetere due volte: accennò un inchino alla madre di Oscar e si infilò al caldo nella carrozza. 
Dopo una manciata di minuti lo raggiunse l’ altro uomo.

“Pronto?” domandò. André si stava sfilando il pesante mantello.
“Si. Andiamo” rispose.

Il medico  bussò un paio di colpi al soffitto della carrozza ed il cocchiere partì subito, evidentemente già al corrente della destinazione. Madame li seguiva, a distanza abbastanza ravvicinata. Prossima tappa, il centro città di Quimper. 











Nota.
Laennec, René: nacque a Quimper, nel 1781. Medico, pose le basi delle diagnosi differenziali soprattutto per quanto riguarda le malattie polmonari e cardiache; inventò lo stetoscopio. Prima di ricevere una cattedra lavorò in diversi ospedali, anche a Parigi.
Perdonatemi se ho preso in prestito, anticipando di molto i tempi, questa interessante figura. 

AG23II

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Capitolo 6
*** Così lontani...così distanti - Parte I ***


“Allora, André, mi raccomando: devi stare attento. Girodel è, praticamente e costantemente, sempre nella stanza di Oscar, salvo la notte; ed è in quel preciso momento che ti consiglio di recarti da lei, perché la casa sarà sgombra da presenze …inopportune. Inoltre, Ippocrate mi perdonerà” disse il dottore levando gli occhi al cielo “  ma…sai, credo che il Visconte farà lunghe e riposanti soste,  e non si desterà che a mattina inoltrata…”

Monsieur Blanc, alias André, lo guardò.
Il medico aveva un sorriso sornione quindi, si:  ne aveva inteso bene gli intenti, per nulla celati...

“Grazie, Dottore” disse.

L’ altro annuì e, senza più dire nulla, tornò a leggere alcuni suoi appunti che aveva posato a fianco della seduta. Per il resto del viaggio, rimasero in silenzio; solo nei pressi della piccola cittadina Lassone si ridestò.
“Ci siamo quasi, André: credo che Madame ti abbia già informato a grandi linee ma ti chiedo di  ascoltarmi attentamente comunque. La stanza che ti è stata riservata si trova negli alloggi della servitù, in soffitta. Il giorno ti sarà vietato uscire, per tua incolumità sia chiaro; lì saranno serviti i pasti e, se lo richiedi, anche una tinozza per la tua igiene personale. Pascal si occuperà di te:  è il figlio della governante, gente a posto e silenziosa, del Nord.Credo arrivino dalle tue parti.
…Bene…. Detto ciò: una volta che tutti si saranno ritirati, scesa la notte ,potrai vederla.
Queste…” e diede ad André un foglio ripiegato in quattro “…ecco, queste sono le indicazioni per arrivare da Mademoiselle. Il più delle volte ci sarà anche io, almeno per qualche ora, per ovvi motivi professionali. Tu potrai restare con lei quanto vorrai… almeno finché verrà mattina…”
André si sentì stringere il cuore, i suoi occhi divennero lucidi.
“Animo, ragazzo. Animo! …Non è il momento di lasciarsi andare” lo spronò Lassone. André allora cercò di darsi un contegno.
La carrozza proseguì ancora per qualche istante, infine, raggiunta una piccola piazzetta tonda, si fermò.
“Tutto chiaro?” domandò di nuovo Lassone nell’ alzarsi.
L’ altro annuì; infine, si bardò in modo tale che solo gli occhi potessero spuntare tra un ammasso di panno ed un cappello ben calcato.
“Si. Aspetterò un vostro segnale infine seguirò il maggiordomo ed entrerò dalla porta di servizio; poi, proseguirò sino alla soffitta e li aspetterò…novità” rispose André.
Lassone annuì.

“Andrà tutto bene” disse, infine, prima di scendere.

“Dottore…”
Lassone aveva già un piede sul predellino ed un’ aria fredda entrava da fuori; si voltò, fissando André.
“Perché fate questo?”

“Voglio molto bene ad Oscar, la considero come una figlia, quella figlia che non ho mai avuto. Non voglio di certo sostituirmi a nessuno tuttavia…conoscendo suo padre, vorrei solo tutelarla.
 Quell’uomo la ama alla follia ma non si rende conto di averle procurato più danni che altro…Questo è solo un piccolo contributo per…aiutarvi” rispose, spiazzandolo.

“…anche se apparteniamo a due classi diverse?” domandò André.

Lassone lo fissò con aria greve.

“…presto non sarà più così. Che importanza ha, dunque?” rispose il medico.

Ad André tanto bastò: lasciò che il medico richiudesse la porta e attese il segnale, con una certa inquietudine in corpo, riflettendo sulle parole che aveva appena ascoltato.



***


“Madame de Jarjayes, sono felice di vedervi!”

Girodel, non appena notato i nuovi arrivi, aveva indossato una giacca che lo rendesse un minimo presentabile e, lasciata Oscar per alcuni istanti in compagnia di Teveney, era sceso al piano terra, andando incontro alla futura…suocera.

“Visconte…”  lo salutò lei, di buon grado.

“Avete fatto buon viaggio?”

“Si, grazie. Ora, per cortesia…avreste il buon cuore di condurmi da mia figlia?” domandò la donna. Forse era stata un po' brusca, ma non vedeva l’ ora di poter essere accanto alla propria figlia. Girodel annuì.
“Da questa parte, Madame” rispose entrando in casa ed aspettando che la donna facesse lo stesso. La donna lo raggiunse . Lui le indicò la via.
“Vi accompagno: Oscar si trova al piano di sopra, ora con lei vi è il dottor Teveney. Laennec è stato qui, le ha dato il solito tonico e l’ ha visitata ma diversamente dal solito non mi ha riferito nulla quindi… non sono in grado di dirvi molto, al momento…”

Madame de Jarjayes annuì e lo seguì lungo le scale, pensierosa.

“Siete molto gentile, Visconte. Sia io che mio marito siamo grati di queste vostre attenzioni” disse, non appena giunta davanti alla porta.
Girodel, sentendosi investito di chissà quale confidenza, prese la mano della donna.
“Sappiate che sarò sempre a disposizione vostra e del Generale. Oscar è importante per me, ciò che faccio è dettato dal cuore…Maman” disse.
La madre di Oscar mascherò con gran difficoltà la sorpresa  ed il disagio dettati dalle parole del giovane che, evidentemente, si era lasciato trasportare un po' troppo; tolse di fretta la mano da quella di Girodel e con la stessa bussò alla porta. Teveney venne ad aprire quasi subito e, senza indugiare, fece entrare la donna lasciando fuori un basito Visconte al quale, in quel momento, non rimase altro che mettersi a sedere sulla poltroncina collocata nelle vicinanze, a disposizione degli sguardi dei vari inservienti che camminavano, svelti, su e giù per il corridoio.


“Dottore, ditemi…ci sono novità?”

Madame si era appena seduta proprio accanto al letto di Oscar, che in quel momento pareva dormire un sonno beato.
Le aveva preso la mano tenendola stretta tra le proprie.

Teveney si aggiustò la voce e rispose.

“Oscar ha avuto un deciso miglioramento grazie alle cure dell’illustre professore, di questo ne abbiamo avuto conferma già nei giorni scorsi; è ulteriormente migliorata, questo si…”

“…tuttavia? “ lo interruppe la donna.Teveney sospirò.

“…tuttavia, non siamo sicuri che al suo risveglio possa tornare…tornare come prima. L’ assenza di immediate cure specifiche potrebbe aver causato alcuni danni; ma è certo, Signora, che vostra figlia riaprirà gli occhi. Il medico che l’ha curata ha effettivamente riscontrato i segnali di un sonno letargico ma, per fortuna, si è sbagliato. I parametri vitali sono positivi….”

Madame si coprì il volto con le esili mani, non riuscendo a trattenere le lacrime.
Teveney , non potendo andarsene, si ritirò accanto il camino, in silenzio, lasciando un minimo di riservatezza alla donna.

“Dovete scusarmi, Monsieur…ma le notizie che mi avete dato sono fonte di gioia e sollievo, per me!” disse Madame. Il medico annuì, sorridendo.
“Al momento vi chiedo di aspettare a far pervenire la notizia ad altri: dobbiamo essere sicuri, attendere per sicurezza almeno quarantotto, settantadue ore e, nel caso Laennec confermasse il tutto, potrete avvisare vostro marito. …” disse.
La madre di Oscar annuì, poi rivolse lo sguardo al volto della figlia.
“Capisco…” rispose.
Oh, mia amata, bambina mia…. vedrai, si risolverà tutto pensò , un poco sollevata; infine, il pensiero si spostò ad André: lo avrebbe avvisato, sicuramente…Ma per questo, avrebbe atteso l’ arrivo di Lassone che al momento si era attardato al piano di sotto per alcune questioni pratiche.


Nel frattempo, un André ancora all’ oscure delle novità  era stato condotto presso il suo alloggio dalla zelante governante, un donnone imponente dalla voce stridula che non aveva mai smesso di parlare un solo istante alla quale lui, già stanco di suo, non aveva risposto che a monosillabi; fu un sollievo, quando lei se ne andò, chiudendo dietro di sé la porta. Stanco, si guardò in giro e pensò di rilassarsi un po', quindi si stese sul letto, vestito di tutto punto.

Era arrivato, finalmente e…di li a qualche ora l’ avrebbe rivista, la sua Oscar; ma… cosa sarebbe accaduto, dopo? Cosa ne sarebbe stato di loro?
…e lei, nel qual caso si fosse ridestata, lo avrebbe riconosciuto?

Se così non fosse….se lei non dovesse riconoscermi…potrei anche impazzire!  pensò;
tuttavia – fortunatamente ed in qualche maniera -  riuscì ad arginare il fiume di pensieri negativi dentro il quale iniziava ad annaspare. Non poteva permettersi un cedimento; doveva rimanere razionale, per quanto possibile. Decise allora di alzarsi, levò il mantello, il cappello ed iniziò a sistemare in un piccolo armadio ciò che si era portato appresso; nascose i suoi documenti e una piccola parte del denaro che il notaio gli aveva rilasciato – l’altro lo aveva trattenuto sua nonna, che lo aveva accompagnato in quell’ angusto ufficio parigino – e afferrò una camicia ed un paio di pantaloni , preparandoli sul letto, per il momento in cui l’ avrebbe incontrata
Infine tornò a stendersi sul letto: prima di sera avrebbe mandato a chiamare quel ragazzino, Pascal, affinché gli facesse portare una tinozza.
Lì, sul materasso comodo, provò a riposare cercando il sonno che gli era mancato per tutta la durata del viaggio ma non vi riuscì; comprensibilmente, ogni volta che si trovava a chiudere gli occhi il viso di Oscar gli compariva e il ricordo…il ricordo lo riportò, inevitabilmente, a quella sera di nemmeno venti giorni prima.

Lui e Oscar, stretti in un abbraccio.
Il suo profumo, il suo respiro…parole appena sussurrate…
Una notte tutta loro, una notte fatta di abbracci, carezze.
Stretti l’ uno all’ altra.

E poi…
Quegli occhi; limpide pozze dentro le quali, osservando bene, si potevano leggere i pensieri e parlare direttamente con il cuore…

Oscar…Oscar! Perché? Perché il destino ci ha messo davanti a questa prova?
Perché proprio ora?


André si coprì il viso con le mani.
Avrebbe voluto strapparsi gli occhi, pur di non vedere e non ricordare.
La stessa cosa avrebbe voluto fare con il cuore; affondare le mani nel petto e…e …strapparselo di dosso, cessando così di amare, pensare, vivere….

Si lasciò cullare dalla disperazione, contravvenendo a ciò che qualche attimo prima aveva pensato. Forse gli sarebbe servito…
Forse no…

Oscar, amore mio… sei così vicina eppure…così distante…riusciremo davvero nel nostro intento? Riusciremo a ritrovarci?Se così non fosse…potrei…potrei morire!

André si mise a sedere.
In un alternarsi di stati d’animo, sull’ orlo di un baratro sotto il quale avrebbe trovato un abisso senza fine, riprovò a rimettersi in sesto.

“Ma che diamine sto …sto pensando? Io devo resistere…resistere per te! “ mormorò, stringendo i pugni “…Già: ma come? Restando nascosto come un topo nella propria tana, in attesa che il gatto di allontani?”
André si alzò, era fuori discussione dormire, non ci sarebbe mai riuscito;  fatti alcuni passi tirò la cordicella appesa accanto alla porta e, meno di cinque minuti dopo, sentì alcuni passi.

“Monsieur Blanc, mi avete mandato a chiamare?”

Una vocina esile, ma sicura… aveva appena pronunciato quelle parole nella sua lingua natìa.
Andrè, sorpreso, rispose.
“Si…vorrei farmi un bagno, per favore. Mi è stato detto di chiedere a te…”
Dall’ altro lato della porta il ragazzino dai capelli biondi annuì.
“Vi serve altro?” domandò, serio.
“No, nulla, grazie…”
“Perfetto. Farò in un attimo…”
“D’ accordo”.

Era la prima voce che ascoltava dopo lungo tempo. Una voce che immediatamente ispirò in lui fiducia.
Che Lassone,  lo avesse  fatto apposta, per rendere le cose meno difficili?
In fondo…chi poteva capirli, a parte la madre di Pascal?

Ah, che confusione!
André si rese conto di porsi fin troppe domande.
Esausto, attese allora  che gli portassero un catino, una tinozza per potersi lavare; forse, riuscire a rilassarsi un po' era ciò che gli serviva davvero in quel momento.
Nell’ attesa di…ritrovarsi con lei.


 
***


Più tardi, circa tre ore dopo il loro arrivo e dopo un pranzo di tutto rispetto, Lassone e Teveney si allontanarono dal desco ancora imbandito; avevano, infatti, un appuntamento con Laennec presso il di lui studio; ogni tre , quattro giorni erano usi infatti ritrovarsi per fare il punto della situazione. Madame, quindi, si trovò ancora sola con Girodel.

“Vostro marito ci raggiungerà qui, Georgette?”

La donna trasalì.
Da quanto tempo nessuno si rivolgeva a lei con il nome di nascita? …Lasciò fare, anche se le ultime confidenze – prima, quel maman, ora, il  nome di battesimo – risultarono parecchio fastidiose; indi, guardò il visconte, sorrise.
“Si: non appena avrà finito con i propri affari in Lorena, nei possedimenti ricevuti in eredità da mio padre e salvo imprevisti dell’ ultimo minuto, sarà dei nostri…voi, invece? Avete intenzione di rientrare a Parigi, uno di questi giorni? Giungono voci alquanto preoccupanti…”
 
Girodel si alzò, invitando Madame a spostarsi nel salottino li a fianco.
Lei si alzò e lo seguì.
“Ne sono giunte anche a me, proprio ieri…si; a Parigi ci tornerò sicuramente, anche se vorrei rimanere qui accanto ad Oscar…ma gli impegni con le Guardie Reali sono improrogabili. Una settimana al massimo e dovrò lasciarla nelle vostre mani” rispose.
Il viso dell’ uomo si scurì, la sua espressione cambiò.
Madame, che aveva domandato tutto ciò anche per un suo preciso interesse, lo osservò.
Era sinceramente… abbattuto.

“Vedrete, quei giorni passeranno in fretta…” rispose.
Girodel chiamò la cameriera, ferma in un angolo in attesa di ordini, chiedendo che venisse servito del te e del cognac. Ne domandò uno anche per Madame. Poi si voltò in direzione della donna e , dopo alcuni istanti di indecisione, parlò, come volesse togliersi un peso.

“Voi approvate ciò che ha deciso vostro marito? La ritenete una scelta giusta?”
La madre di Oscar sapeva che sarebbe giunto quel momento, ma non si sarebbe mai aspettata giungesse così improvviso.
“E’ una scelta ponderata, voi siete un brav’ uomo” rispose “…inoltre, Oscar, vi conosce ormai da tempo. Piuttosto, voi siete sicuro? Vi prenderete cura di lei anche dovesse restare in condizioni, come dire…-“

Girodel la fissò, sicuro, interrompendo di fatto le sue parole.

“Madame, io amo davvero Oscar…” disse, quasi risentito.
Madame annuì.
“Bene. Volevo solo…sentirvelo dire…” rispose.

La cameriera arrivò di li a poco con ciò che avevano richiesto, interrompendoli.

“…sapete” inziò a dire Girodel dopo aver preso un sorsò di te “ ho persino pensato di…di permettere ad Oscar una cosa. Se lo desidera, potrà portare con sé, nella nostra casa, il suo attendente, André”.

Madame sollevò gli occhi dal liquido ambrato in cui si stavano specchiando.

“Mi dispiace deludervi, Visconte…ma André Grandier non è più il suo attendente: mio marito lo ha dispensato, pur di farlo allontanare da Oscar e, concretamente, egli è un uomo libero….”  
All’ uomo per poco non andò di traverso ciò che aveva appena bevuto.

“…co…come avete detto?”

“ André Grandier è un uomo libero, ora…”

L’ uomo la fissò, confuso: di certo questa era una buona notizia e significava che Grandier non sarebbe più stato l’ ombra di Oscar; ma il fatto che fosse un uomo libero, seppure un popolano, lo preoccupava un po'. Conosceva il forte legame che legava Oscar a quell’ uomo… e ben presto, una forte inquietudine si impossessò di lui.
Dopo alcuni istanti di silenzio, Madame si alzò.
Girodel non aveva più espresso verbo.

“Monsieur, vi prego di scusarmi: vorrei recarmi da mia figlia” disse.
L’uomo si alzò, offrendosi di accompagnarla.
“Vi ringrazio…ma vorrei restare sola con lei” rispose Madame.
 Quindi, si incamminò verso la porta, uscendo dalla vista del momentaneo compagno di stanza.

All’ uomo non rimase che tornare a sedersi davanti al camino, fissando le fiamme ed ingollando,
d’ un colpo, il cognac che ancora restava nel bicchiere.

…cosa fare, ora? Se Oscar dovesse risvegliarsi e, al nostro rientro a Parigi, dovesse per caso incontrarlo? Conosco i tuoi sentimenti, mia amata: accetteresti la decisione di tuo padre, forse, ma il tuo cuore non sarebbe mai mio…

Girodel si versò un altro bicchiere, bevendolo d’ un colpo; posato il prezioso cristallo sul tavolino, si alzò e tornò nella sua camera, mesto, in attesa di rivederla.

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Capitolo 7
*** Così lontani...così distanti -Parte II ***


 
Puoi sentirmi, Oscar?

Riesci a cogliere, almeno in parte, le sfumature della mia voce?
Ho atteso tanto di rivederti: non mi importa se ciò costerà la libertà che ho ricevuto da tuo padre o la mia stessa vita: tu sei tutto, per me.  Tu sei il motivo per cui vale la pena lottare.


André era giustappunto arrivato nella stanza da letto della donna seguendo le indicazioni che Lassale gli aveva lasciato e, in piedi davanti al letto, osservava con infinita dolcezza la sua Oscar, la sua amata; sentimenti di rabbia, dolore e gioia si facevano strada dentro l’ uomo.
Lui li accolse tutti, lasciandoli dove erano.
Non era tempo per mettersi a pensare.

Quegli istanti rubati al destino erano solo da vivere.

Era sempre bella, Oscar.
I capelli , che erano stati leggermente accorciati – forse per la comodità di chi la curava o chissà per quale motivo – ricadevano soffici sul cuscino di piuma ed il viso, più magro del solito, aveva nonostante tutto un bel colorito. Pareva, in un certo senso, che dormisse; fu tentato, André, di allungare una mano, scuoterla leggermente e dirle su, forza, Oscar: svegliati!...ma non fece niente di tutto ciò.  Rimase a guardarla, le labbra leggermente socchiuse e lo sguardo rivolto agli occhi di lei, celati da palpebre pesanti…pensando, ripensando all’ accaduto ma anche al loro futuro, semmai ce ne fosse stato uno.

Cosa potrò mai fare, per te, Oscar?
Se tu non ti risvegliassi mai, cosa ne sarà di me?


André si guardò intorno, cercò un posto dove sedersi; una sistemazione non troppo distante dalla donna, che potesse assicurargli una buona visuale…non avrebbe dovuto essere li e, per quanto avesse l’ appoggio di Lassone e di Madame, non poteva approfittarne. Doveva stare all’ erta.
 Dopo una brevissima ricerca, trovò una poltrona, la raggiunse; in quella posizione poteva stare accanto ad Oscar ed allo stesso tempo vedere la porta principale.  
Non appena si sedette, si lasciò andare contro lo schienale, soffice; un sospiro infinito uscì dalle sue labbra. Socchiuse gli occhi riportando alla mente molti ricordi.

Oscar, ricordi…?
Ricordi qualcosa di noi? Le nostre cavalcate, i nostri litigi… quel viaggio ad Arras dopo il …il duello?

Ricordi la nostra chiacchierata?

… I nostri baci… gli sguardi infiniti di quella notte ?


André allungo una mano verso quella della donna, prendendola delicatamente nella sua. Le dita sfiorarono quelle esili e fredde di Oscar. Aveva la pelle morbida… chissà chi si era occupato della sua persona, fino ad allora…

Puoi sentirmi?
Riesci a percepire il mio tocco?


Lacrime iniziarono a scendere lungo il viso di André, bagnando una pelle fin troppo trascurata, causandogli un leggero bruciore laddove vi erano piccoli taglietti ed abrasioni; lasciò fare, incurante di tutto. Era solo un piccolo fastidio….

Chissà se…se pure lei provava qualcosa, in quel sonno.

Provi dolore, mia dolce Oscar?
Sei ancora in grado di ridere, piangere?
 Dentro di te, ora…cosa sta succedendo?


Stava impazzendo.
Che razza di domande erano, quelle? 

Lei…sta dormendo, ora.
Riposa.



Si alzò, André.
Non era in grado di sopportare oltre; la vista di Oscar, apparentemente serena, lo stava conducendo attraverso vie irte di ostacoli, buie, il cui verso non gli era ben chiaro ma che con l’ andare del tempo lo avrebbero condotto alla pazzia.

Gli mancò il fiato.

Per alcuni istanti, si sentì come stringere in una morsa, avrebbe voluto urlare, prendere a pugni il muro…
Fece alcuni passi, si allontanò, raggiunse la finestra; osservò il panorama. La vista di un cielo ora stellato sembrò riportarlo alla calma quindi, dopo un attimo di esitazione, tornò da lei.

Per quanto tempo, ancora, rimarrai nel limbo in cui ora sei prigioniera?
Per quanto?


Non era affatto preparato a tutto ciò.
Non quanto avrebbe pensato.
Sperato.

Tornò a sedersi sulla poltrona e si coprì il volto con le mani.

Ti prego, Oscar.
Vivi.
Riapri gli occhi, dimmi qualcosa.
Non importa se non sarai in grado di riconoscermi ma, ti supplico, torna da me, in qualche modo….

…Ed intanto, lei dormiva.
Il respiro leggero e costante, il colorito quasi roseo…

Poi…una voce.

“André? “

L’ uomo sobbalzò.

“…Lassone? Madame?” domandò.
Il dottore aprì piano la porta ed entrò.
“Scusami, pensavo di raggiungerti prima. E’ il mio turno di guardia…” disse.
André si alzò dalla poltrona.
“E’ già tempo che vada?” domandò.
“No, resta. Mi metterò in un angolo…” rispose, quasi volesse dire che non avrebbe dato alcun fastidio.
André, ancora pallido dato lo spavento, lo invitò a sedersi accanto a sé.
Non aveva nulla da nascondere,  dire, fare. Lassone prese una sedia e lo raggiunse, il camice bianco svolazzante e per lunghi istanti i due rimasero in silenzio, nella semioscurità della stanza.
Andrè tornò a prendere la mano di Oscar, ora inginocchiandosi al suo cospetto, incurante di mostrare anche a Lassone gli occhi gonfi di pianto.

“Girodel si è ritirato nei propri alloggi, gli ho detto che avrei pensato io ad Oscar.  Credo non si alzerà che di buon mattino ma ti consiglio di fare attenzione. Per il resto…potrai fermarti qui finchè vuoi…intendo dire…quanto vuoi.…almeno fino a quando-”
André sapeva dove il medico voleva andare a parare, quindi intervenne.

“…Finchè non aprirà gli occhi o li chiuderà per sempre?” disse.

Il dottore annuì.

André prese coraggio.

“Mi avete detto molte cose: è migliorata, si salverà, prima o poi si sveglierà. Ma è davvero così? O lo avete fatto solo per tranquillizzarmi?” domandò.

Lassone lo guardò cercando di mantenere la professionalità e la freddezza che di prassi teneva in ogni frangente, ma non vi riuscì.

“André, ti conosco da una vita di conseguenza credo di potermi permettere di parlarti apertamente: se tu fossi mio figlio, ti consiglierei di rifarti una vita.”
La parole trafissero, una ad una, il cuore di André. Pesanti come colpi di cannone.

“Ma…ma co-“

Lasonne si alzò.
“Si, è vero, è migliorata e abbiamo ottime speranze, viste le cure di Laennec. Ma è tutto il resto che mi turba. Ora non ci sono  Georgette o il Generale ad ascoltarmi, loro non capirebbero; ci sei tu, che conosci Oscar; tu, che sei un uomo pratico….”

André strinse ancor di più la mano di Oscar, senza rendersene conto.
Il cuore saltò un battito, poi un altro.

“Sarò franco: se lei dovesse svegliarsi e non riconoscerti, che faresti? Se dovesse risvegliarsi e mostrare segni di deficienza, cosa faresti? Saresti in grado di vivere una vita con una persona adulta ma bambina nell’ animo? Lo faresti?”

Come pensavo: eccola, la verità.
Ecco, quello che potrebbe essere il mio destino.


“Si, Dottor Lassone. Lo farei” rispose lui, sicuro. Non ci pensò  nemmeno un attimo.

“…Ed i soldi? Le cure costano, André. Hai una casa? Un posto dove stare?”
Si sentì crescere una rabbia furente , che presto raggiunse il viso. Paonazzo, cercò di trattenersi; non ce l’ aveva con il medico, ma con sé stesso.

“A tutto c’è rimedio. Magari non potrà vivere in un palazzo ma….”

Lassone annuì.

“Era ciò che volevo sentire. Tuttavia, non ho potuto esimermi dal metterti in guardia…” disse.

E ci siete riuscito.
Ci siete riuscito benissimo.
Ma, lo dico a voi ed anche a me stesso, non la lascerò mai, lei è la mia Oscar…


André piano piano riacquistò la calma ed una certa dose di obbiettività. Si rialzò, tornò a sedersi e, in silenzio, continuò a guardare la donna.

“Voi pensate che Girodel…”

Lassone, sovrappensiero, gli rivolse uno sguardo interrogativo.
“Il giovane Visconte… quali sono le sue intenzioni?”
“Lo sai. Ma non credo abbia il vostro coraggio…anche se a parole ha affermato la sua totale dedizione, in qualsiasi caso…

Oscar è mia. Solo mia.

Lassone lasciò cadere le ultime parole, quasi sovrappensiero. Infine, dopo una decina di minuti, si alzò e recuperò la sua borsa.

“André, io ora dovrei visitarla. Vorresti….?”

L’uomo più giovane intese annuì.
Si alzò a sua volta.
“ Aspetterò il vostro via libera nel…nello sgabuzzino dal quale sono passato. Fate ciò che dovete” rispose.
Un ultimo cenno di intesa e tornò nell’ antro buio dal quale era transitato per non farsi scovare e li vi rimase, per un tempo che sembrò eterno; sforzandosi di non pensare a nulla, si accovacciò, stanco, sul pavimento impolverato.
Una mezz’ora dopo – circa- Lassone bussò alla porticina.

“Ho fatto” disse. André uscì.
“Dunque?” domandò.
“Stabile. Nessun movimento, ma parametri stabili. Anzi…quasi migliori dell’ ultima volta, oserei dire.” rispose. André sorrise, i due si riavvicinarono al capezzale della donna.

Per quanto tempo, ancora?
Fino a quando vorrai rimanere sospesa laddove non è morte ma nemmeno vita?


Seduti a poca distanza l’ uno dall’ altro, Lassone ed André continuarono a vegliare Oscar; lo fecero, senza sosta, finché il cielo non iniziò a schiarire.
“Forse è meglio che tu vada, André. Riposa. La prossima notte ci sarà Madame, con te, presumibilmente.”
André era stanco ma avrebbe voluto fermarsi li ancora un po'; tuttavia, sapeva che le parole del medico avevano un senso. Indugiare oltre…sarebbe stato rischioso. Avrebbe potuto incrociare occhi indiscreti…quindi, anche se malvolentieri, si alzò in piedi.

“A stasera, Oscar” disse alla donna come se avesse potuto ascoltarlo.
Lassone si alzò, dando loro la schiena.
André capì.
Prese la palla al balzo e, avvicinatosi a lei, le lasciò un soffice bacio sulle labbra.
Poi, tornò da dove era venuto e, non appena toccato il letto, crollò in un istante ancora vestito di tutto punto.




La notte seguente  , arrivata dopo un sonno ininterrotto di quasi dieci ore, lo accolse con il viso e gli occhi dolci di Madame.

“Oh, sei qui, André”  disse non appena lo vide spuntare dal solito passaggio.
André la salutò, come di abitudine, con un leggero inchino: anche se il suo ruolo in casa Jarjayes era venuto meno, l’educazione ricevuta era rimasta.
“Buonasera, Madame. Avete passato una buona giornata?” domandò, nell’ avvicinarsi. La madre di Oscar annuì e voltò il viso verso la figlia.
“Sono quasi sempre stata qui…” disse, il tono della voce poco più che un sussurro “ salvo che per alcune piccole commissioni…”
Andrè si recò vicino alla donna, sedendosi sulla poltrona posta accanto all’ altro lato del letto; prima però sfiorò il viso di Oscar con tocco leggero.

“Perdonate la mia sfrontatezza…vorrei chiedervi una cosa…”

Oscar, sono ancora qui…amore mio!

Madame accennò un sorriso.
“Ci sono novità?” domandò Andrè.

 Seduto, la schiena inarcata e le braccia appoggiate su gambe stanche, chinò il viso osservando il pavimento e lasciando ricadere ciuffi di capelli scuri sulla fronte.
“Niente di chè. Laennec è passato, ha dato ad Oscar il solito…tonico e mi ha detto solo una frase: aspettate, abbiate fede….”

Fede…
Dio, dove eri quando è successo tutto quanto? Anche tu stai dalla parte di chi ha più potere, più denaro?
Perché non sei al suo fianco?


Resosi conto del suo indegno pensiero, Andrè si segnò.
Madame lo osservò, notò il suo turbamento, ma non disse nulla; percepì, però, quelli che potevano essere i pensieri dell’ uomo in quell’ istante.

“Dio è con lei, André” disse.

“A volte ho i miei dubbi…”

Madame lo guardò quasi severa.

“Perdonatemi ma io… sono sconvolto. Mi sento in colpa, mi sento male…”

Fuori, sulla città, iniziò a scendere lenta la neve.
Qualcuno bussò, lui andò subito a nascondersi; era solo che un inserviente, recante del te e che, già che c’era, ravvivò un poco il fuoco nel camino.
Quando sentì la porta richiudersi, attese un attimo ed uscì.

“Ho fatto portare una tazza in più… e anche del cibo. Pascal ha riferito alla governante che non hai mangiato, in queste ultime ore.

“Come potrei? Non riesco ad ingurgitare nulla…” rispose.
“Devi sforzarti. Lei avrà bisogno di te, quando si sveglierà…”

Ad Andrè tornarono alla mente le parole di Lassone e fu quasi tentato di ribattere, ma si fermò. Perché turbare così il cuore e l’ anima di una madre? Non se lo sarebbe mai perdonato.
Si avvicinò al vassoio, dunque, afferrando alcuni biscotti e preparando il te – vecchia abitudine – anche per colei che fino a qualche settimana prima era la sua padrona. Madame lo ringraziò con un cenno del capo.

“Ho parlato con Girodel, stamani.”

L’ uomo fece una smorfia, incautamente e senza rendersene conto.
“…dice che dovrà rientrare prima. Forse, potrebbe partire domani nel pomeriggio in modo da essere a Versailles entro un giorno o due” disse.
André cercò di non pensare all’ uomo.
Virò, piuttosto, su altri discorsi.
“Vostro marito?” chiese.
Madame posò la tazza , delicatamente, sul piattino che reggeva con il palmo della mano.
“Non ho ancora avuto notizie.”

I due fissarono, all’ unisono, Oscar.

Forse potremo stare insieme, per un po', alla luce del sole…o quasi. Sei contenta, Oscar?
Potrò accarezzarti, starti vicino…


André si avvicinò alla sua Oscar, notò che le era stata cambiata la veste da notte:questa era di un colore blu scuro, il suo preferito.
Le accarezzò i capelli, indugiando con le dita tra i riccioli morbidi; poi, tornò a sedersi.

Un’ altra lunga notte…

“Laennec vorrebbe tentare una nuova cura, nei prossimi giorni”.

L’ uomo, che stava lasciando scorrere liberi i pensieri nella sua mente, fissò la donna.
“Di che genere?” domandò come se potesse capirci qualcosa.
Madame si alzò in piedi e fece alcuni passi.
“Penso voglia usare alcuni nuovi farmaci di sua invenzione” disse.
André si alzò in piedi, agitato.
“…e voi intendete permetterglielo?” domandò con voce ferma. Lei si voltò e puntò gli occhi in quelli di André.
“Naturalmente. E’ mia figlia.” rispose, la voce ferma.

L’ altro tornò a sedersi, inquieto.

E se qualcosa dovesse andare storto? Non posso pensare di perderti…di perderti così…

“Andrà bene, te l’ ho detto” disse Madame posandogli una mano gentile sulla spalla. Lui socchiuse gli occhi, sospirando.

E se…

“Madame, posso…posso domandarvi una cosa? Vi avverto, potrebbe apparire quasi …quasi un affronto date le circostanze e la mia classe soc-“

“André, parla”.

L’uomo guardò la madre di Oscar, ritta in piedi al suo fianco; cercò di controllarsi, deglutì con fatica…infine, parlò.

“Se Oscar, malauguratamente, non avesse più alcuna speranza di vita…io vorrei sposarla. So che potrà sembrarvi un sacrilegio ma…è il mio…il nostro desiderio…” disse.
Madame  impallidì.
 Lui…si preparò al peggio ed aggiustò la frase detta in precedenza.
“Io…vorrei sposarla comunque ed in qualunque stato si trovi…con o senza il vostro consenso.Intendo…intendo soprattutto quello di vostro marito” aggiunse.
Georgette de Jarjayes andò a sedersi, senza profferire parola; poi giunse le mani sul petto, chiedendo forse consiglio a qualcuno più in alto di lei.
“Sono sinceramente colpita” disse “tuttavia, André, non è un qualcosa che posso decidere sola, su due piedi. Io credo che Oscar…che la mia bambina sarebbe d’ accordo…ma ti renderai conto che non è affatto semplice. In ogni caso… credo che…credo che-“

All’ improvviso, un rumore di passi veloci e cadenzati arrivò alle loro orecchie. Senza nemmeno avere il tempo di muoversi, André sentì la porta aprirsi.

“…Mada-….André!? Che ci fate, voi, qui?”

Girodel.
Girodel era entrato da quella porta, senza nemmeno avvisare, d’ impeto. Ed ora i due , André da una parte della stanza ed il Visconte dall’ altra, erano occhi negli occhi.

“Visconte, posso spiegarvi…” provò a dire Madame.
 Girodel nemmeno la stava ascoltando tanto era concentrato sulla figura di André.

“Andatevene! Via! …Uscite…Esci da questa casa! “ urlò.
Madame de Jarjayes, quasi potesse servire a qualcosa, si avvicinò alla figlia, tappando lei le orecchie.
“Vi prego, Visconte… controllatevi!” disse.
Ma nemmeno questo bastò.

Girodel si avvicinò a passi svelti verso André.
Questi, deciso ad affrontarlo, era rimasto dov’era.
“Non andrò da nessuna parte, Girodel” disse, saltando ogni convenevole e titolo.
Il Visconte de Girodel divenne paonazzo.
“Non costringermi a fare scenate…” disse.
“Lo state già facendo…”
Il nobile recuperò da chissà dove uno stiletto che puntò alla gola di André.

Madame, per poco, non svenne.

“O vai via con le buone, o sarò costretto a denunciarti al Generale!” disse.
Andrè continuò a fissare negli occhi il proprio…avversario.
“Fate pure. Sono un uomo libero, posso andare dove voglio…” rispose.
In tutta risposa sentì la lama avanzare nella carne ed un rivolo di sangue vivo scese sulla pelle.

“Basta!” urlò Madame.
 La sua voce richiamò un paio di inservienti nonché Lassone, che giunse di li a poco.

“Che succede?” domandò, mezzo assonnato. Quando si rese conto di ciò che stava per accadere avanzò sino a mettersi tra i due uomini.

“André, ti prego. Allontanati. Visconte, di grazia…anche voi” disse con voce ferma.
Girodelle si allontanò, infilando lo stiletto nella tasca della giacca.

Le campane della chiesa vicina suonarono le tre.

E’ la prima volta che le ascolto…

“…Andrè, ti chiedo di lasciare questa casa. Madame…?”
 
Le parole di Lassone caddero, una ad una, nel silenzio.

“…fai come ti dice…” rispose la donna, singhiozzando.

Andrè guardò Oscar, prese la giacca, la indossò.
Poi tornò a cercare il suo viso.

Tornerò, Oscar. Tornerò da te.

Si avviò , furente,  verso la porta; avrebbe recuperato i suoi averi e poi sarebbe…sarebbe uscito da quella casa. Per sempre.

Afferrò la maniglia, la girò, oltrepassò la porta.

Un’ ultima volta.
Per l’ ultima volta volle nutrirsi di lei, della sua pelle, del suo viso…
I suoi occhi la cercarono un’ ultima volta tra il gruppo di persone silenziose.


…e, con grande sorpresa, vide che la sua Oscar aveva riaperto gli occhi.
No, non era un’ allucinazione: aveva gli occhi spalancati e, sgomenta, si guardava in giro cerando di capire cosa stesse accadendo. 

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Capitolo 8
*** Sans Toi ***


Appurato che la situazione recensioni è ormai sfuggita di mano (leggi: il tempo libero è ciò che è ed io rimando sempre il momento in cui sedermi e con calma rispondere) vi prego, ancora una volta , di accettare le mie scuse.
Demoiselle An_ne, André grandier, Tetide, Lady Simone, Narcissa89 e, naturalmente, Dorabella27...GRAZIE! 
B.




19 dicembre 1788
 
Il suo profumo, una essenza di lavanda, limone e rosa…Quante volte, entrando nei suoi appartamenti con il vassoio sul quale erano posate tazze colme di cioccolata o, talvolta, di latte e miele, lo aveva potuto sentire?
Si trattava di una fragranza fresca e leggermente acidula, non eccessivamente femminile ma nemmeno del tutto maschile; lui  adorava quelle sfumature olfattive – fresche, eleganti, talvolta sensuali e carezzevoli - che si creavano non appena il liquido leggermente ambrato si posava sulla pelle di Oscar; ogni volta, rammentò, per alcuni istanti i propri sensi venivano avvolti da una sorta di malia e lui,  fermo sulla porta in attesa che la donna finisse di pettinarsi i capelli o di allacciarsi la giacca, di leggere un libro o semplicemente di osservare la vita al di là di un vetro, ne era irretito.Quante volte aveva pensato di raggiungerla e, anche inavvertitamente, sfiorare un lembo della sua pelle, accettandone le conseguenze; ma non lo aveva mai fatto, la ragione lo riportava nei ranghi ogni volta.

Se solo avesse saputo…
Se solo avesse anche solo immaginato come lo loro vite  sarebbero state stravolte , dopo un viaggio come tanti… se solo lo avesse saputo, altro che prudenza, controllo, educazione…Se lo avesse immaginato, non avrebbe lasciato passare istanti così preziosi , finendo per osservare i suoi occhi, parlando del più e del meno comodamente seduto in poltrona, annuendo alle sue elucubrazioni riguardo al tal libro o finendo per parlare di faccende lontane…

‘Oscar…!Se solo avessi saputo…Mi sarei avvicinato a te, posato il vassoio e allungato la mia mano verso la tua , sfiorandola appena…’




André era seduto sulla sabbia umida del terrapieno che, oltre le mura, costituiva l’ ennesima difesa dalle acque talvolta inquiete della Senna e,  dietro di lui, alti palazzi avvolti dalla luce giallastra di una pallida sera trattenevano voci, risate, a volte pianto e disperazione; per la strada, il vociare sconnesso della umanità più variegata si univa al lento sciabordio delle onde che, libere da impedimenti, arrivavano quasi a lambire i suoi stivali.
Li, ormai da due ore, André si era seduto e li, immobile con lo sguardo rivolto verso il cielo, cercava di dare un senso agli avvenimenti di quegli ultimi giorni.

Era stanco, molto stanco.
Non erano solo le ossa ed i muscoli a dolere ma soprattutto  il suo animo, che nemmeno avvolto dalla notte riusciva a riposare, a non pensare a nulla: aveva lasciato Oscar, l’ aveva lasciata - suo malgrado- proprio nel momento in cui ella aveva aperto gli occhi ed  avrebbe avuto più bisogno di lui…e la situazione, insieme al  senso di precarietà, incertezza ed al sempre presente senso di colpa lo stava lentamente divorando.

Che cosa farò, ora?
Gli occhi scesero dalla volta celeste e si posarono sull’ acqua lenta e scura.
Mi hanno cacciato, ti ho lasciata nel momento in cui…in cui avrei dovuto stare più vicino a te…
André allungò una mano verso il terriccio compatto, poi con  l’ indice della  mano destra prese a disegnare piccoli cerchi concentrici, senza un preciso scopo.
Adesso…ti giuro, non so quanto ci metterò…ma farò di tutto per rivederti. Non posso e non voglio lasciare perdere…adesso… adesso che conosco il sapore delle tue labbra, il tuo amore…
André fissò un punto non ben precisato davanti a sé.
Io… potrei cercarmi un lavoro e poi con la buonuscita, i soldi che la nonna ha messo da parte per anni potrei…potrei…

Un rumore più forte, come quello di un tonfo, arrivò alle sue spalle, distraendolo.
L’ uomo voltò il viso giusto in tempo per vedere alcuni stracci rotolare via, lasciando scoperto il corpo o meglio le spoglie mortali di una donna di strada che mani crudeli avevano appena abbandonato quasi fosse la carcassa di un cane randagio…
E’ andata peggio a te, che a me pensò, alzandosi e camminando verso la donna. Le sue paturnie furono messe da parte per qualche istante.
Si, decisamente peggio aggiunse, constatando di persona che – come pensava – la vita l’ aveva ormai lasciata.
Il tempo di un requiem che la pietà cristiana gli aveva imposto e poi via, raccolse la sua sacca e si spostò, dall’ argine si recò all’ interno,  alla base della grossa muraglia - circa due, trecento metri dalla donna - ma non risalì verso la strada, verso il mondo: non era ancora pronto ad affrontare direttamente voci, rumori, persone e sguardi. Appoggiò le terga sul terreno. Ben presto, le solite riflessioni tornarono.
 Chissà cosa starai facendo, ora.
André, istintivamente, cercò il cadavere della donna che da poco aveva lasciato. Il gesto lo fece rabbrividire.

Ti sei ripresa? I tuoi occhi mi stanno cercando ? ti ricordi di me?
…e lui…
Lui...è li con te?

Andrè si prese il viso tra le mani.
Non…non posso pensarci…non voglio pensarci…il solo immaginare le sue mani su di te, anche solo il suo sguardo posato sulla tua pelle…mi fa impazzire…Girodel…Perché… perché?


Una rabbia forte si impossessò di lui, crescendo, senza controllo, improvvisa e forte; André si alzò in piedi, iniziando a tirare pugni sulla superficie irregolare e scabrosa a pochi passi di distanza.

No…lui non può…

Un pugno, un altro ancora.

Tu sei mia!

Le nocche, una volta rosee, forse un poco screpolate,  si tinsero di carminio.
Il sangue cominciò a scorrere sulle sue mani.

Provo dolore…si…ma nulla in confronto a quello che ho nel cuore…

Un ultimo colpo.
Più forte.

Le mani iniziarono a bruciare e solo allora André si fermò,  come se le fitte di dolore avessero riportato in lui la ragione; infine cadde in ginocchio, gli occhi rivolti al cielo.

Accidenti…fa male…
Le braccia caddero molli lungo i fianchi.
…Ed ora che ti sei ridotto così…cosa altro pensi di fare?
Lacrime spuntarono agli angoli degli occhi verdi come mare in tempesta.
…Oscar, lasciami tempo…
André si asciugò le lacrime,  con calma si rialzò.
Lasciami tempo, Oscar, perché non so da che parte iniziare….

L’ uomo provò a camminare, barcollando.
Lo stomaco emise un rumoroso borbottio.


Dalla riva, un uomo lo chiamò affinché lo aiutasse ad ormeggiare, tirando la barca sulla sabbia. André alzò una braccio come a dire ‘ti ho sentito’ e , anche se stanco, fece per raggiungerlo ma dopo pochi passi  finì faccia a terra; un malore improvviso  lo colse. Si sentì debole, gli mancò il fiato.

“Ehi, ragazzo!” provò ad urlare lo stesso uomo di prima: Andrè non riuscì tuttavia a percepirne la voce. Il buio aveva di già raggiunto i suoi occhi.

Il suo profumo, quella fragranza fresca, quasi sensuale.
Il profumo del talco.
 Quello della cioccolata.
Lui , che osservava lei, di spalle, mentre si pettinava i capelli prima di ritirarsi nella stanza da letto.
‘Questo è forse un sogno?’
Le mani di André si protesero verso quei riccioli biondi, provando a sfiorarli…ma non riuscì mai a carpirli, nemmeno con la punta delle dita, perché quella visione si spense, si dissolse , come nebbia mattutina.




Si risvegliò qualche ora dopo, quando tutti i suoi muscoli sembravano quasi impossibilitati a muoversi ed il freddo pungente era con forza penetrato fino alle ossa.
Nessuno lo aveva aiutato; non che lo avesse preteso. La sua era una constatazione.

Devo alzarmi, devo muovermi. Non voglio morire congelato, abbandonato sulla riva della Senna, come un reietto…devo ancora fare molte cose pensò; dunque, più che con la forza fisica, André tornò in piedi  usando la propria forza di volontà,  perfino tentò qualche passo…
…la mia sacca! La mia sacca?
I suoi occhi la individuarono ad una breve distanza dal luogo in cui si trovata. Nessuno l’ aveva ancora toccata…
…non posso stare qui, devo trovare un posto dove dormire, riposare…pensare…

Brividi. Brividi violenti lo presero.
Allora, solo allora , rifletté sulla possibilità di tornare da sua nonna: in fondo, nessuno glie lo aveva vietato ed il Conte, il Generale Jarjayes, sarebbe stato occupato nel raggiungere la figlia e non avrebbe di sicuro pensato a lui piuttosto che ad Oscar.
Si, potrei farlo…riposare un po'… trovare la lucidità che mi serve per elaborare una idea, un piano, tornare da te…
Con molta fatica e sempre più violenti  brividi a scuoterlo quasi fosse uno straccio vecchio, brividi che di li a poco – ne era certo-  avrebbero sicuramente portato la febbre, iniziò a muoversi, arrivando alle scale in legno che poco distanti collegavano la riva con la strada;  ad ogni passo, tra una imprecazione e l’ altra, il pensiero era sempre rivolto…la. Non alla fatica, non ai dolori, ma ad Oscar. Salvo brevi e prevedibili momenti in cui tutto sembrava davvero troppo grande e complicato anche per lui – ed il pensiero di Girodel prendeva il sopravvento -  i suoi pensieri non era mai fermi, in una eterna lotta tra ragione e sentimento. Avrebbe lottato fino alla fine, niente e nessuno l’ avrebbe portata via da lui…

Forza, André: un altro passo si ripeteva ad ogni centimetro guadagnato.
Ce la devi fare…restisti…
Quando arrivò a livello della strada battuta,  notò che a pochi metri da sé vi era una locanda e, più in la, una vettura di piazza ferma in attesa di clientela. André affrettò il passo, trascinando i piedi rumorosamente.

“Perdoni, Monsieur, è libera la vettura? Può portarmi a Palazzo Jarjayes?” domandò, senza nemmeno salutarlo, al vetturino appoggiato al muro, stanco, un mantello lungo fino ai piedi come scudo al freddo. L’ altro, che probabilmente si era appisolato, si ridestò puntandogli addosso due occhietti scuri.
“Certo, Monsieur. Il pagamento è anticipato…” disse; André allora infilò le mani in tasca e ne trasse quanto richiesto, per poi salire.Quanti erano comodi quei sedili!... e poi…poi…pareva ci fosse anche qualche grado in più rispetto all’ esterno!

Resisti, André, tra non molto tempo sarai in una stanza calda…disse fra sé pensando all’ espressione che sua nonna avrebbe fatto nel vederlo …ti riposerai e poi, a mente serena…

André crollò. Dopo aver percorso nemmeno un chilometro, crollò.
Stanchezza, pensieri,  freddo, febbre lo spinsero a rannicchiarsi, chiudere gli occhi ed assopirsi, lasciandosi cullare dal dondolio della piccola carrozza;stava male, gli ultimi giorni erano stati un inferno. Pregò di raggiungere presto casa -  per lo meno quella che un tempo lo era -  dove sua nonna si sarebbe presa cura di lui.
Al dopo… ci avrebbe pensato. In quei momenti, faticò a ricordare anche solo il proprio nome.



Palazzo Jarjayes, più tardi.


“Mio Dio, André… entra, entra… ma come sei ridotto? Credevo di avere visto uno spettro, quando i miei occhi si sono posati su di te…”
Da poco entrato in cucina dopo aver suonato la piccola campanella per minuti interminabili, si reggeva a malapena in piedi, il viso rosso, sudato, gli occhi lucidi e caldo…molto caldo…

“Scusami, nonna, per l’ ora. Posso spiegarti…”

Nanny, stanca e pallida, lo osservò dolcemente e andò lui incontro.
“Dopo, dopo! Ora devi assolutamente stenderti a letto… Vieni, ti accompagno” disse prendendo il nipote sottobraccio.
“Dimmi… il generale è qui?” domandò André mentre attraversavano il grande salone , oltre il quale vi era la porta che conduceva agli alloggi.
“Ma che ti viene in mente? Non ti reggi in piedi e pensi al Generale?…in ogni caso no, non c’è.
E’ partito stamane per Quimper” rispose.
 Lui sembrò quasi sollevato e, allo stesso tempo, triste.
“Non ti darò noie, non preoccuparti…”
Nanny allora si fermò, le mani appoggiate ai fianchi ed il viso severo.
“Smettila di blaterale, nipote!” lo redarguì con i suoi tipici modi spicci “ …e sbrigati, prima ti metti a letto meglio è! Ascolta, bambino mio: se riesci , prosegui da solo, poi ti raggiungerò…mancano solo alcuni metri.  Io nel mentre ti preparo qualcosa di caldo ma tu…tu cerca di rimanere sveglio!” André annuì ed entrò nel corridoio di servizio; dopo un paio di soste in cui dovette appoggiarsi al muro per restare in equilibrio ed in posizione eretta, raggiunse la porta.
Appena riuscì ad entrare si buttò sul letto, ancora vestito.
Non aveva alcuna voglia di pensare, non ne era in grado. Una volta seduto, scalciando in qualche maniera, riuscì a togliersi gli stivali  che con un tonfo sordo toccarono il pavimento di legno ma per il resto, le forze non lo aiutarono affatto. Si distese, le mani dietro la testa, la vista leggermente annebbiata.

Sono ancora qui…sono qui…dove tutto è iniziato. Oscar, Oscar…non faccio altro che ripetere il tuo nome, perché è tutto ciò che mi resta, l’ unica cosa che ho di te…un ricordo, un nome…i tuoi occhi che mi fissano, straniti, e poi…

Nanny entrò nella stanza.
“Ecco, André: c’è del latte caldo ed un po' di miele…ed una brocca di acqua fresca…”
La donna porse al nipote la tazza, aiutandolo prima a sedersi e poi  a bere.
“Ti farà bene….”
Lui la fissò,  sentendosi all’ improvviso come quel bambino spaurito che moltissimi anni prima era giunto, tremante, nella grande casa di quella nobile famiglia; dopo aver bevuto posò la tazza sul comodino con mani tremanti e tentò , di nuovo, di spogliarsi.
“Ti aiuto? ” domandò la nonna.
Lui, imbarazzato  nonostante la familiarità di quei gesti, anche se lontani nel tempo la lasciò fare e una volta libero, con le sole coulotte, si allungò ancora una volta sul letto.
Nanny sembrava la solita di sempre tuttavia il nipote, che chiaramente di lei conosceva ogni singolo gesto e sguardo, poteva immaginare che di li a poco la tenera vecchietta gli avrebbe chiesto lumi…quindi, in un certo senso, si preparò: cosa potrei dirle? Sa di me, del viaggio; è a conoscenza di ciò che sta accadendo, anche tra me è Oscar…
Sua nonna, sorprendendolo, invece non domandò nulla: era chiaro che fosse curiosa di eventuali novità, ma non domandò nulla.

 Forse lo avrebbe fatto l’ indomani?
André si girò e rigirò nel letto, inquieto.  

Di li a poco,  le sue palpebre calarono.



Il suo profumo, una essenza di lavanda, limone e rosa…

Non sposarlo, Oscar… torna in te, prima che sia troppo tardi…io, ora…non posso fare niente….

Tu, vestita da un abito leggero dal colore così simile ai tuoi occhi…

Non sposarlo, Oscar… torna in te, prima che sia troppo tardi…io, ora…non posso fare niente!




“André, André! Ti prego, torna da me, ragazzo! André…!”

La vecchia governante di casa Jarjayes era in piedi, in mezzo alla stanza, il viso tirato e gli occhi fissi sul nipote che da ore si agitava, preda e succube della febbre che non aveva mai accennato a scendere: da tre ore lo osservava comportarsi così e, in tutta onestà, si stava spaventando.

“André, nipote mio…” sussurrò, cadendo in ginocchio sulle ossa esili e consumate “ André…”
Ma lui, nulla.
Nell’ animo dell’ uomo, il respiro affannoso, non vi era posto per la voce che percepiva arrivare da fuori …ma solo per quel pensiero. Lei.

Non sposarlo, Oscar…
Non sposarlo!


Nanny infilò la mano nella tasca della gonna, ne prese un rosario. Andrè era sempre più inquieto…
Laddove non erano bastate cure amorevoli ed i soliti rimedi sarebbe arrivata, forse, la preghiera ed una richiesta muta ,silenziosa, sentita: André aveva ancora così tanto tempo da poter vivere, non come lei il cui orologio oramai segnava velocemente gli istanti di una vita giunta alle porte di una nuova dimensione…André doveva…doveva vivere!!!



Fu una lunga, infinita notte: quando l’ uomo riaprì gli occhi, la mattina seguente, casa era avvolta dal silenzio. L’ orologio da parete, una piccola pendola appartenuta ai Grandier ed intagliata dal padre di André, segnava le cinque e tre quarti. Nanny, ora seduta su di una poltrona, dormiva profondamente con la testa china sul petto.
…Che dolore…pensò, non appena ebbe coscienza del proprio corpo disteso sembra che mi abbia travolto una mandria di cavalli al galoppo… ma…cosa …chi? Nonna! Mi hai vegliato tutta la notte?
Provò ad alzarsi. Nulla, le forze erano al lumicino… ma il fruscio delle lenzuola e di movimenti sconnessi  riuscì comunque a svegliare Nanny, che a quanto pare aveva con l’ età acquisto un sonno ancora più leggero del solito.

“Nipote mio, mi hai fatto penare. Come stai?” domandò quest’ ultima, ancora assonnata, sistemando la cuffietta bianca che tratteneva capelli dello stesso colore.

“Meglio” rispose prontamente lui, mentendo.

L’ anziana donna si alzò ,lo raggiunse; gli tastò la fronte, spostò i capelli dal viso ed osservò le mani, coperte dal sangue secco.

“Dovrò fare qualcosa anche per questo” disse, indicandole con un cenno del capo.
André annuì.
“Nipote, ti prego, dimmi la verità. Da meno di un mese tutto è cambiato, questa casa non è più la stessa…nessuno è più sé stesso… “
Una voce rotta dal dolore lo travolse.
“Pensi che …potrà tornare tutto come prima?”

André, ancora stravolto, negò.

“Nonna, ora io non posso dirti cosa accadrà, ma ciò di cui sono certo  è che amo Oscar, lei mi ama e…non lascerò che il Generale e Girodel dispongano della sua vita.” disse.

La nonna, ora vicino al nipote, accarezzò il volto del ragazzo.

“Ma André, tu…”

Lui , seduto, picchiò con forza  il palmo delle mani sul giaciglio. Sua nonna arretrò, spaventata.

“Io…Io sono un uomo libero! Lei mi ama!” le urlò addosso André con la poca energia che aveva in corpo, quasi la povera donna potesse avere colpe. Nella stanza semibuia, appena colorata dalla luce delle candele e dal riverbero del fuoco, scese il silenzio per qualche secondo; poi, il rumore di alcuni passi iniziò a diffondersi all’ esterno.
“Scusa…non volevo…” disse, infine, resosi conto del gesto.
Nanny , in piedi, fissò il pavimento mentre le mani lisciavano la gonna dell’ abito scuro.

“Ora devo  andare, ho una casa da tirare avanti…” disse la donna, una espressione cupa in volto.

André non rispose: era tornato a sdraiarsi, la mente ed il cuore rivolti alla donna che amava, dimentico di chi gli stava intorno.

…e se tutto…se tutto si mettesse contro di noi?Se tu diventassi davvero la moglie di Girodel?
Come farò…cosa farò, senza te? Ti prego, Signore…dammi la forza per non impazzire…!
pensò.

E chiuse gli occhi, di nuovo.

Come farò…senza te?

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Capitolo 9
*** L' animo di Oscar ***


25 dicembre 1788


Era sveglia da un pezzo, Oscar.

Nonostante fosse la mattina del Santo Natale, aveva già dovuto subire ben due visite: quella di Laennec, che voleva sincerarsi dei suoi progressi prima di partire per Parigi e poi quella di Teveney ed era, obiettivamente, molto scocciata. Dal momento in cui si era svegliata non aveva fatto altro che ingurgitare farmaci ed essere visitata almeno due volte al giorno.
Che altro volevano quelle persone da lei?  Sempre le solite domande…e da parte sua, sempre le solite risposte: Si, sto bene. No, non ricordo nulla di particolare, se non alcune sensazioni, come di aver già visto molti dei volti intorno a me. Era frustrante quella sensazione… sfinente, a tratti.
Lei, fisicamente, si sentiva anche bene: con grande stupore della donna che diceva di essere sua madre -nonché per quel giovane che almeno due giorni a settimana passava a trovarla e che chiamavano Visconte-   proprio il giorno prima,  una volta resasi presentabile,  era uscita dalla stanza , aveva camminato lungo il corridoio ed aveva anche sceso un paio di scalini prima di essere intercettata e riportata nei suoi appartamenti; era solo la testa che…che sentiva leggera, dove ogni pensiero era come sospeso. Talvolta provava a concentrarsi, altre volte  lasciava che i pensieri andassero e venissero da soli…ma nulla ancora di quei ricordi che tutti si ostinavano a voler sentire con viva voce – senza però forzarla, su preciso ordine dei medici - si erano ancora presentato.
 Ma ero davvero così…così diversa da adesso? Si chiedeva, spesso, lasciamdo il libro che di tanto in tanto leggeva appoggiato sul grembo; evidentemente si, se tutti sembrano aspettarsi chissà cosa da me… si dava, allora, come risposta.In sostanza, la sua era una esistenza che al momento non le dispiaceva e prendeva le cose così, come venivano, senza particolare entusiasmo, senza opporsi; solo un aspetto era in grado  di turbarla ed era il volto di quell’ uomo, colui che aveva intravisto in una frazione di secondo e che poi era stato cacciato in fretta e furia fuori dalla stanza.
Ecco: quella scena – che si riproponeva spesso e volentieri – ogni volta le procurava non solo turbamento ma anche dolore, un dolore fisico che persisteva a lungo, lasciandola senza fiato.
Si era chiesta molte volte il perché, tuttavia proprio non era mai riuscita a darsi una risposta.
Ad ogni modo, così come arrivava se ne andava e lei tornava quella di sempre: una donna di ottima famiglia, con una madre ed un padre  sempre presente, alla quale non mancava nulla.

Anche quella mattina, mentre attendeva che sua madre e una delle cameriere arrivassero per aiutarla a lavarsi e vestirsi, l’ immagine dell’ uomo le si parò davanti. Era naturalmente una proiezione della sua mente ma sembrava vero, tangibile, reale:  ..la sua voce, la sua voce! …la sentiva nitida, forte, tremendamente triste… Chi sei, perché non mi lasci in pace? Cosa vuoi da me? chiedeva; tuttavia lui, lui rimaneva li con quegli occhi verdi, quasi spiritati, che volevano in un certo senso aggrapparsi ai suoi….

“Mademoiselle, posso entrare?”

La voce di Suzanne, la cameriera che di solito si occupava di lei, si fece sentire con tono sicuro.
“Entra…” rispose Oscar, la voce ancora incerta, bassa, roca.
Una giovane bruna dagli occhi chiari entrò, fece un piccolo inchino e raggiunse il letto in cui Oscar era ancora stesa.
“Vostra madre vi raggiungerà più tardi, sono attesi ospiti e vostro padre il Conte ha richiesto la presenza della consorte dunque… ci sarò solo io con lei, stamane.  “.
L’ altra donna sorrise, non vi era alcun problema per lei. Che fosse Suzanne o Dominique  era uguale; lasciò quindi  che la ragazza si prendesse cura del suo corpo, l’ aiutasse a lavarsi e vestirsi, in silenzio, osservandosi intorno.
Solo quando la vide prendere un abito e poggiarlo al manichino Oscar parlò.

“Oggi potrò scendere in salone?” domandò, curiosa.
L’altra si affrettò a recuperare una stola e dei gioielli di perle da un cassetto della scrivania.
“ Questo non mi è dato saperlo, mi è solo stato ordinato di abbigliarvi per una occasione speciale” rispose poi, discreta, l’ altra.
Oscar osservò l’ abito dai toni chiari,  notando che sul corpetto vi presenti ricami in oro sul corpetto. Era bello, molto; si chiedesse quale fosse di grazia l’ occasione per la quale sfoggiare una simile mise…

“Suzanne, potresti dirmi, per favore, da quanto tempo lavori qui?

“Sono al servizio della vostra famiglia da circa sei anni, Mademoiselle” rispose.
Mani veloci ed abituate a siffatti lavori, nel frattempo, sistemavano corpetto e gonne.
“…e dimmi… ho indossato spesso abiti simili? “
Oscar si osservò allo specchio che la ragazza aveva portato nella stanza Bella era bella, così le pareva…ma vi era anche qualcosa che stonava, un qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Non si sentiva a suo agio, ecco.

Nel sentirsi fare quella domanda, Suzanne avvampò e le mani iniziarono a tremare.

“...Non ricordo bene, perdonatemi” si affrettò a dire.

“…come, lavori qui da sei anni e non…non ricordi di avermi mai visto con abiti simili?” chiese Oscar; la sua era una semplice curiosità, tuttavia l’atteggiamento di Suzanne e la sua risposta raffazzonata in fretta e furia l’ avevano resa inquieta.

“Dovete scusarmi” disse  la ragazza “ io…non credo di essere la persona adatta …”

Oscar scese dal piccolo piedistallo sul quale era salita per rendere più comoda la vestizione e, pian piano, raggiunse la finestra a qualche metro da lei.

“..adatta a fare cosa? C’è qualcosa che devo sapere?”

 Gli occhi si posarono su una carrozza che arrivava a rilento dalla via principale, un mezzo ricco, con insegne grandi quanto la fiancata…

Suzanne la raggiunse, cercando di finire il suo lavoro. Ripresa la padronanza delle mani, cercò di finire il proprio lavoro.
“Ho parlato troppo, Mademoiselle…”

La giovane contessa voltò il capo , la guardò negli occhi.

“E’ importante per me” disse. E tornò a fissare la strada.

Suzanne legò gli ultimi lacci e arretrò di qualche passo, chiedendo ad Oscar di mostrarsi  affinchè potesse sistemare per bene l’ abito. La c

“Dunque?” incalzò la donna. Suzanne, evidentemente arrivata al limite e combattuta al riguardo, si coprì il viso con le mani.

“….voi una volta…una volta eravate diversa.”

Si sentì travolgere da una sensazione che la lasciò senza fiato. Forse…non era pronta a sapere ciò che più di ogni altra cosa anelava conoscere.

“Cosa intendi, Suzanne?”

“Voi…voi siete un militare. La vostra vita è sempre stata scandita da una rigida routine, vostro padre vi ha allevata così. Nulla e nessuno vi ha mai fermata fino a quando…”
Oscar dovette aggrapparsi al manichino in piedi a poca distanza da lei. Il fiato iniziò a mancarle.

Suzanne vide il colorito scomparire dal viso e le corse incontro.

“State bene?” domandò, aiutandola a sedersi.

“Si, sto bene… sono solo un po' provata.” Rispose Oscar.

“Io qui ho finito. Se permettete, andrei ad avvisare che siete pronta, dunque” disse; infine, dopo l’ ennesimo inchino, raggiunse la porta ed uscì.

Io…un militare? Cosa ho mai fatto nella mia vita e, soprattutto, perché ora mi trovo qui?

Oscar si trovò  molto confusa, smarrita; piano, con prudenza, andò a sedersi alla toeletta…trovandosi faccia a faccia con sé stessa. Osservò i suoi capelli, il proprio incarnato.
Mani forse un po' troppo magre sfiorarono i lineamenti del viso, i capelli, il collo.

Ma come è possibile? Perché non ricordo nulla di ‘quel’ passato?

Si lasciò andare contro lo schienale della sedia, reclinando il capo all’ indietro.
In quell’ istante, passi veloci la raggiunsero, entrò sua madre: Oscar non si era nemmeno accorta che avevano bussato alla porta.

“Figlia, figlia mia! Stai bene?” domandò con apprensione.
Oscar si ricompose e si rivolse a lei con un sorriso.
“Si, Madre” rispose “ sto bene. Stavo solo pensando.”
Madame De Jarjayes le si sedette accanto ed osservò la figlia.
“Sei molto bella, Oscar. Dunque, mia cara, te la senti di scendere? Lascia da parte i pensieri, oggi sarà una bellissima giornata per tutti noi. “
Oscar sgranò gli occhi.

“Davvero, Madre? Posso?”

“…Se te la senti, si, certamente. Tuo padre ci terrebbe moltissimo e…c’è una grossa sorpresa per te.” La donna più giovane rimase, per un istante, a pensare. Cosa che non sfuggi alla genitrice così come non le era sfuggita l’ espressione con cui era stata accolta.
“Qualcosa ti preoccupa?”
“No, affatto” rispose pronta Oscar.
La madre, allora, si alzò offrendole il braccio.

“Andiamo, allora. Tu non lo ricordi, ma oggi è…è il tuo compleanno” disse con un filo di emozione madame. Oscar la fissò con aria interrogativa, quasi la cosa non la toccasse, poi, sempre silenziosa, prese a muovere alcuni passi. Madame era raggiante, felice oltre ogni dire  per i notevoli passi in avanti che la figlia aveva compiuto; tuttavia  molti pensieri turbavano il suo animo,nonostante lo splendido sorriso sul suo volto. Non aveva dimenticato, infatti, le parole dette ad André ed era ancora presente e salda in lei la volontà di aiutare i due giovani a ritrovarsi ma, come aveva a suo tempo fatto presente, non sarebbe stato facile; inoltre, faccenda non trascurabile, il Conte non era uomo da essere raggirato con qualche menzogna. Suo malgrado, quindi, si trovava ora in una posizione assai infelice e aveva deciso di valutare bene le cose prima di fare ulteriori passi; così, adeguandosi al tutto, non aveva battuto ciglio quando il marito l’ aveva avvisata del prossimo arrivo dei coniugi Girodel in occasione delle festività e del…dell’ annuncio riguardante il fidanzamento tra i due rampolli.
Avrebbe preso tempo, si. Del resto, nelle condizioni in cui versava Oscar, il matrimonio non avrebbe avuto luogo a breve.

“Madre, ci sarà anche quel giovane che spesso viene a trovarci?” domandò Oscar, poco prima di raggiungere il salone addobbato a festa.
“Il Visconte? Si, mia cara… vedi, oggi, in occasione del tuo compleanno, verrà annunciato anche il tuo fidanzamento con Monsieur De  Girodel.”
Oscar di fermò e rimase immobile come una statua di sale.

“Fidanzamento?”

Madame annuì.
“Si. E’ stato deciso molti anni fa…” rispose la donna. Pietosa bugia.
Oscar si lasciò prendere dallo sconforto.  
Di solito le donne in età da marito sono liete di ricevere una notizia simile… perché io non lo sono?Cosa significa ciò? Dovrò sposarmi a breve?

“Figlia mia…”

Oscar sollevò lo sguardo verso la madre notando l’ espressione contrita.

“…figlia mia, non preoccuparti. Ora tu non puoi capirmi, la tua mente cela ancora moltissimi fatti ed avvenimenti…ma ti chiedo di ascoltarmi. Non devi preoccuparti; accetta ciò che tuo padre oggi farà e poi…troveremo una soluzione” disse.
Basita, Oscar si domandò come mai la madre si comportasse in quella maniera; ma decise di fidarsi. Le sembrava una persona così buona…

“D’ accordo, farò come dite voi “rispose e, una volta ripreso fiato, si avviò insieme a lei dove una discreta folla di persone la stava aspettando, dimenticadosi di tutto e perfino di quella domanda che ancora attendeva risposta: ma, realmente, nella mia vita passata, sono stata al servizio di Sua Maestà? Cosa è successo, dopo? …e quel giovane…chi era, cosa-cosa rappresenta per me?



***

Il padre di Oscar accolse consorte e figlia con un ampio sorriso, accompagnando poi quest’ ultima a sedersi sul vicino canapè affinché non si sforzasse oltre. La tavola poco distante, addobbata con pregiati pezzi appartenenti da anni e anni alla famiglia Jarjayes , era già coperta da innumerevoli portate disposte in modo piuttosto scenografico.

“Ti trovo bene, Oscar” esordì Girodel  con la solita confidenza, sedendole accanto  “ mi spiace non essere riuscito a tornare prima…”
Lei lo fissò, cercando parole adatte per rispondere.
“Oscar è un po' stanca, Visconte; perdonatela se non…non –“
Girodel sorrise, non voleva costringerla ad una risposta; ma Oscar lo stupì.
“Sto abbastanza bene, grazie” rispose. Victor, ascoltandone la voce dopo tanto tempo, provò una forte emozione ma notò, anche, quanto fossero diversi l’intonazione nonché il modo di porsi di colei che conosceva sotto ben altre versi….
“Ne sono lieto, sapete? Ho penato molto, nel vedervi inerme in quel letto….”
Oscar arrossì.
“Voi…voi mi avete vista dove??”
Girodel cercò Madame affinchè potesse aiutarlo.
“Il Visconte ti è stato molto accanto, mia cara” disse la padrona di casa “…vi conoscete da molto tempo, anzi, ad essere precisi da parecchi anni..”

Tutti conoscono il mio passato, la mia persona. Quest’ uomo, i nostri ospiti…perfino la servitù sembra sapere chi io sia. Solo io…Chi sono…chi sono io?

La mano del giovane Visconte si posò sulla mano dell’ amata, stringendola.
“Capisco come puoi sentirti…hai bisogno di prendere aria, di allontanarti da qui? Posso esserti utile in qualche modo?” domandò.
Lei negò.
“Grazie, sto bene” mentì ; si sforzò parecchio ma…non voleva andarsene. Tutto le sarebbe servito, in qualche maniera, a ricostruire il suo passato. Per alcuni minuti Oscar e Victor rimasero seduti, in silenzio. Solo l’ intervento del padre li distolse da un palpabile imbarazzo…

“Oscar, se te la senti vorrei presentarti alcune persone: sono i genitori di Girodel, il tuo promesso sposo” disse.
 
Allora…allora è vero…


Oscar rimase seduta,  naturalmente, mentre il Conte e la Contessa De Girodel le si fecero accanto quasi avessero aspetto il ‘segnale’.
“Siamo lieti di vedervi in salute” disse la contessa, una donna dall’ apparenza frivola che nemmeno si degnò di coinvolgere il figlio nella conversazione “ spero di potervi avere presto nella nostra casa,  che , presto, diventerà anche la vostra.”
Il marito le fece eco: mio figlio è davvero fortunato a sposare una donna come voi, così fuori dal comune disse. Il Visconte , che non aveva mai lasciato la mano di Oscar, si staccò da lei per un attimo e, alzandosi, infilò una mano in tasca. Era giunto il momento:un magnifico anello di zaffiri comparve sul palmo della sua mano.

Nella stanza finì ogni sorta di chiacchiericcio.
 I presenti – ovvero parenti e affini delle rispettive famiglie – si fecero intorno alla coppia: il padre prese le mani della figlia e le posò su quelle del futuro genero.
“Vi affido mia figlia, Visconte, chiedendovi di perdonare la modestia di questa cerimonia: abbiatene cura, disponendo per lei e per i figli che vi benediranno con la loro nascita come conviene. Il mio regalo di nozze lo  potrete sceglie tra le diverse tenute a mia disposizione…”
Girodel, sinceramente e sentitamente commosso, prese la mano della donna e infilò all’ anulare destro.
Ora? Dovrò rassegnarmi alla presenza di quest’ uomo? Perché il mio cuore è silenzioso, non palpita, anzi…duole? E’ normale?
I presenti si avvicinarono alla donna, prestandole omaggio.
Oscar lasciò fare,  travolta dagli eventi; solo il riguardo per la sua salute le evitò ulteriori affaticamenti e, una volta ricevuti omaggi e congratulazioni, finalmente potè tornare a respirare.

“Ti piace?”
Oscar, sovrappensiero, fissò con sguardo interrogativo Girodel.
“Ah…si, è molto grazioso” gli rispose, infine, usando quanta più educazione e gentilezza possibile.
“ Vi sono davvero grata di questo dono, Visconte… “

Lui la guardò, colmo di sincero amore.
 
“Ho sognato per tanto tempo questo istante… spero di renderti una donna felice” disse.
Gli occhi del visconte, chiari, erano decisamente belli; tutto, in lui, trasudava eleganza e grazia.
Ed era pure un brav’ uomo, a giudicare dalle parole. Forse…forse si, l’ avrebbe resa felice…


“Il pranzo è servito!”

La voce del maggiordomo riportò la donna alla realtà.
Stanca di tutte quelle emozioni, si alzò e guidata dalla mano del Visconte raggiunse i posti a loro assegnati; fu una fatica immane. La testa le girava.
Madame non toglieva gli occhi di dosso  dalla figlia, preoccupata com’era; con gran sollievo di tutti, le cose andarono comunque bene e la salute di Oscar pareva reggere.

Nel tardo pomeriggio, una volta donati i regali per il compleanno della donna, una campana suonò alcuni rintocchi: la messa di Natale.
“E’ ora, la funzione inizierà a breve” disse allora il capofamiglia, posando il bicchiere di cognac che si apprestava a gustare in compagnia del vecchio amico e futuro consuocero.
 Camerieri ed inservienti si affrettarono a consegnare cappe, mantelli e pastrani ai padroni ed ai loro invitati.
“Oscar, ci farai compagnia?” domandò il Generale de Jarjayes.
Lei, che fino ad ora aveva retto abbastanza bene, negò.
“Vogliate scusarmi, signori ma… ho bisogno di riposare” disse.
 Girodel la prese sottobraccio.
“Vuoi che ti accompagni nei tuoi appartamenti? Non entrerò senza il tuo permesso, beninteso…”

Quindi…perché prima prendevi così tanta confidenza?
“…grazie, Victor, ma non vorrei che per questo tu perdessi la funzione. Mi farò accompagnare dalla la cameriera” rispose. E fu un sollievo sentire la risposta dell’ uomo: Va bene, a più tardi, allora…
Madame de Jarjayes suonò la piccola campanella posata accanto alla poltrona sulla quale era seduta e mandò a chiamare Suzanne, che giunse dopo pochi istanti. Meno di mezz’ ora più tardi, Oscar tornò finalmente a letto dove, grazie al cielo,  riuscì a riposare , prendendo sonno quasi
all’ istante.Solo in serata riaprì gli occhi, forse mossa dalla fame o, chissà, dalla sete; quasi si spaventò quando vide, accanto a lei, un’ ombra.

“Chi siete?” domandò con voce incerta.
La figura sembrò destarsi da un sonno leggero. Oscar vide l’ ombra allungarsi per prendere un doppiere e non appena la fioca luce delle candele ne rischiarò il viso, la riconobbe.
Sua madre.

“Mi dispiace averti fatto spaventare…”  
“Siete qui da molto, madre?”
“ Un’ ora. Forse due. Dopo la funzione sono tornata da te -prima che servissero il pasto serale- ed ho notato che stavi riposando, così ti ho lasciato in pace. Subito dopo mi sono congedata e sono tornata qui” rispose.
Oscar , ancora un po' intontita, la guardò negli occhi. Quell’ uomo era tornata a trovarla, nel sonno…

“Posso farvi una domanda?” chiese. L’ altra donna annuì, ovviamente.

“…è vero ciò che dicono alcune persone di questa casa, ovvero che io un tempo…un tempo vestivo i panni di un militare al servizio di Sua Maestà?”

La donna più anziana trasalì e, per alcuni istanti, sembrò mancarle il fiato; infine, le palpebre si socchiusero, il viso prese una espressione rassegnata, quasi triste.

“Si. E’ vero. Ci sono molte cose che la tua mente ti cela, figlia mia; anche io sono costretta a farlo, date le tue condizioni di salute…”

Oscar, sorpresa, ammutolì.

“Vedi, bambina mia… tu hai avuto un gravissimo incidente. Ti trovavi in compagnia di André, il tuo attendente e…”

“Quale incidente? Chi è André?” Oscar iniziò a spaventarsi.

“Io…io… “ balbettò Madame.

“Madre, vi prego, vi scongiuro: non so se tornerò mai come prima quindi…fatemi questo favore, ditemi la verità! Vorrei almeno capire… Madre, io  oggi ho accettato senza remore ciò che mi avete pregato di fare…me lo dovete!”  disse  implorandola.
Madame si alzò stringendosi nello scialle e al contempo prese a camminare. I suoi occhi  cercarono un appiglio nel cielo notturno colmo di stelle.

Devastata da una richiesta che non si aspettava arrivasse così presto, la sua anima iniziò presto una strenua lotta con la ragione.

Dio, aiutami, indicami la via. Che cosa devo fare?
La mia Oscar …qual è la cosa migliore che posso fare per lei? Raccontare della sua vita passata, fare finta di nulla? Sono stanca di abbassare la testa ed obbedire alle convenienze, al buon nome; mio marito è un
brav’ uomo tuttavia  non posso lasciargli fare anche questo, dopo che le ha stravolto la vita…

Madame cadde a terra, le mani giunte sul petto e lo sguardo ancora rivolto al cielo.
Ti prego, Signore, aiutami, perdona questa tua umile serva…

Oscar, preoccupata e spaventata da una tale reazione, si alzò.
Barcollando per l’ effetto del laudano e delle altre misture che ancora le venivano somministrate, raggiunse la madre, si piegò sulle ginocchia e rimase accanto a lei, abbracciandola.
“Oscar, Oscar… “pronunciò la donna, con fare disparato “ …ora ascoltami bene: non è più tempo di mentire. Non riesco più a negarti la verità.Vieni, torniamo a sederci: dovremo parlare a lungo, se te la senti, questa sera”.
Le due donne, sorreggendosi a vicenda, si alzarono e raggiunsero il letto.  Quindi, Oscar ascoltò ciò che con voce rotta dal pianto sua madre le aveva da dire.


Quando arrivò il mattino, Madame lasciò la stanza.
Tutto era ancora avvolto nel silenzio, solo dalle cucine si udiva il classico rumore di mani sapienti che in quell’ istante iniziavano a preparare la colazione. In punta di piedi, la donna non tornò nella camera che condivideva con il marito ma si chiuse in biblioteca, prese penna e calamaio ed iniziò a scrivere.


Caro André, è con il cuore in mano che scrivo questa missiva, dopo una notte di tribolazioni e un lungo, lunghissimo tempo in cui  avrei voluto e dovuto  intervenire; come ben sai la mia posizione non mi ha permesso di fare altro ed anche ora, con questa mia, sto rischiando davvero molto.

Ieri Oscar è stata promessa a Girodel ma questo, purtroppo, già lo sai.
Il matrimonio non avverrà tanto preso: è stato deciso sia meglio aspettare che Oscar si riprenda del tutto quindi, con ogni probabilità, verrà fissato per il mese di luglio.

Ma non è di questo che voglio parlarti.

Prima di tutto: Oscar sta bene, è curiosa, ha molte domande; lei non lo ammette ma, evidentemente, qualche ricordo potrebbe aver fatto capolino.
Ecco, ieri , dopo che ci siamo ritirate, lei mi ha chiesto apertamente …chi fosse.
‘ E’ vero che ho fatto carriera militare?’ ha chiesto , ora non ricordo esattamente le parole … ed io, io…sono caduta nella più cupa disperazione.
Mi trovo tra due fuochi: mio marito, mia figlia.
 Da un lato avrei voluto tergiversare, prendere tempo, capire come e cosa fare per lei; dall’ altro, sento che se non agiamo alla svelta…tutto potrebbe sfuggirci di mano.
Oscar ha dovuto accettare la proposta… ed io ora ho timore, mi pento di aver appoggiato mio marito.

André, una volta dissi che le cose sarebbero state difficili: ora non è che sia cambiato molto ma…dopo aver visto l’ espressione e lo sguardo di Oscar, la sua tenacia nel comprendere sé stessa e la propria vita, non mi sento di aspettare. Lei vuole vivere, vuole riscoprirsi…chi sono io per impedire che possa farlo e  vivere una vita piena e felice? Non sono stupida, so cosa sta accadendo, ora, alla nostra cara Madrepatria; anche per questo desidero  con tutto il cuore vedervi felici. A discapito di tutto e tutti.

Ora concludo , tra non molto dovrò prepararmi e scendere, i nostri ospiti ripartiranno in giornata, ma prima lasci che ti dica una cosa: ti prego, raggiungi Oscar, portala via da qui. Come ebbi occasione di dirti tempo addietro, solo tu puoi fare qualcosa per lei.
Aspetto tue notizie; per favore, indirizza una eventuale risposta a Mademoiselle Suzanne Kergoat.

Con sincero affetto.

G. de la Tour.

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Capitolo 10
*** Abbracci ***


Ho aggiunto una cosetta, estemporanea, nel mio solito stile! Buona lettura !


11 gennaio 1789


André si risvegliò, come accadeva da qualche giorno a quella part, madido di sudore e con  il fiato corto e, subito, si era alzato dal letto quasi a voler ricacciare indietro le spiacevoli sensazioni che
l’ ennesima notte tribolata aveva lasciato sul suo suo corpo e nella sua mente; una fitta  gli  aveva immediatamente attraversato la testa da parte a parte, chiaro sintomo dell’ estrema carenza di sonno…ma lui, nemmeno ci fece caso.
Da qualche giorno si era ripreso - per così dire e con somma gioia di Nanny – dalle febbri che lo avevano sconquassato. Ma se il corpo aveva ricominciato in qualche modo a funzionare, il senso di colpa per avere lasciato la sua Oscar non era scomparso, affatto…anzi, gli faceva compagnia tutte le notti, appunto,  riducendolo quasi all’ ombra di sé stesso.
Eppure ci provava, André, a trovare una via di uscita, a reagire…a studiarsi un qualche piano che potesse riportarlo da  lei; si era anche recato a Versailles dove aveva appurato che Girodel non fosse nei dintorni, chiedendo lumi su un suo rientro dalle esercitazioni e sulla situazione sociale e politica di Parigi; dalla nonna , aveva saputo inveec che il Generale Conte si sarebbe fermato a Quimper. Teoricamente, avrebbe avuto la libertà ed il tempo per muoversi fuori e dentro Palazzo, senza problemi eppure, nonostante tutto, non faceva altro che girare a vuoto, senza un senso, inquieto.
E le notti, quegli incubi….
Stare lontano da Oscar lo rendeva instabile.
Saperla in quelle condizioni, saperla promessa gli obnubilava i sensi e la ragione; ogni volta che provava a fermarsi, riflettere… finiva per alzarsi di scatto, correre da una parte all’ altra della tenuta, prendere il cavallo e fare lunghe passeggiate nelle terre del suo ex padrone…
Toccò a Nanny riportarlo alla ragione; e lo fece quella stessa mattina.

Una volta che si fu preparato, con lentezza e infinite pause, André si era recato come di consueto nelle cucine dove la nonna già lo attendeva. Il palazzo era semivuoto; senza i padroni, a parte le poche incombenze giornaliere atte a mantenere l’ enorme tenuta, la servitù se ne stava infatti ad oziare.

“Buongiorno, Nonna” disse non appena la raggiunse; posò una mano sulla spalla della donna intenta a lavare alcune patate e le diede un bacio sulla guancia.
“Buongiorno André” rispose lei, asciugandosi le mani e infilandone poi una in tasca, per prendere il foglio richiuso con la ceralacca, consegnandolo al nipote.
“ E’ giunta pochi minuti fa. Una missiva da parte di Madame…” disse.
Lui restò immobile con la lettera in mano, fissano prima Nanny e poi il pezzo di carta.
La governante rinunciò alle sue mansioni per preparare del latte caldo e tagliare una fetta di torta appena sfornata. André posò la lettera sul tavolo, le mani tremanti. Prese la fetta di torta che la nonna gli aveva messo davanti agli occhi, afferrò la scodella con il latte, ne prese un sorso.

“Dunque…non la apri? “ domandò la vecchina con apprensione, sedendosi a sua volta.
Lui fissò Nanny e, senza togliere gli occhi da lei, allungò la mano e prese la busta; con un movimento deciso la aprì, quasi trattenendo il fiato;  poi, in tutta fretta lesse le parole vergate con mano ferma e sicura dalla madre di Oscar. Infine…ripiegò il foglio e lo cacciò in tasca.
I suoi occhi erano lucidi, lo sguardo confuso.

“…Dice che Oscar potrebbe sposarsi entro luglio e che io…io dovrei fare qualcosa.”

La governante spalancò gli occhi.
Che razza di fandonie stava mai dicendo il nipote?

“Andrè, ma che dici?” domandò, infatti; lui allora riprese la lettera è la  consegnò tra le mani di Nanny.

“Leggi, così vedrai con i tuoi occhi” disse; ed attese che l’ anziana donna facesse come richiesto.

La donna iniziò a leggere, sottovoce, salvo poi zittirsi d’ un tratto.

“Allora… è davvero così” disse, la voce bassa, lasciando cadere il foglio dalle mani.

André la guardò, confuso.

“Sembra quasi che ti dispiaccia….”disse.

Sua nonna si alzò in piedi, cambiando radicalmente espressione.

“Come puoi dire una cosa simile? Io voglio solo il tuo bene, lo sai….”
L’ uomo incrociò le braccia sul petto, mentre la nonna alzò lo sguardo verso un punto non ben definito oltre le sue spalle.

“…solo che? “

Trascinando i passi quasi sentisse e portasse sulle proprie spalle i guai del mondo intero, la donna si alzò ed iniziò a camminare, volgendo il capo verso il nipote ancora immobile affinchè la seguisse. Lui fece come tacitamente richiesto e, in breve tempo, giunsero al giardino d’ inverno. Ancora in attesa di una risposta André lasciò che la nonna si accomodasse e poi fece lo stesso.
Nanny si guardò in giro.
Prese un sospiro.
Infine, parlò.

“Io l’ho sempre saputo, André, che sarebbe andata a finire così: credi che il pensiero non mi abbia reso felice? Tuttavia, mio caro nipote, sono vecchia, conosco molte cose di questo mondo e ho sempre avuto paura che ciò accadesse sul serio: per quanto la famiglia Jarjayes ci voglia bene siamo…siamo pur sempre povera gente, servi. Non credere, mio caro, che la tua libertà sia davvero tale; resterai, agli occhi di tutti, un servo e come tale verrai trattato. A parte ciò…io, in questa storia, ho cercato di starmene fuori, di badare tanto a te tanto ai padroni, per il quieto vivere…ed è per questo che non ho mai messo becco…”
André stava per intervenire, ma la sua congiunta lo fermò.  Abbassò il viso, allungò le braccia. Lui fece lo stesso e le loro mani si intrecciarono. Come quando ero bambino…pensò, lui, teneramente.

“…Ora, però…ora che vedo la tua forza, la tua disperazione…ora che ho letto le parole di Madame…so cosa fare. Ti seguirò, André, in qualsiasi cosa tu voglia fare e non importa se per me questo rappresenta un pericolo. Ho i miei anni, se la mia vita dovesse finire non voglio avere alcun rimpianto…” concluse la governante.

André ascoltò incredulo parola per parola, attentamente, Nanny era triste, stanca.
Avrebbe voluto abbracciarla, rendere quegli abbracci che – da piccolo - di tanto in tanto lei gli dispensava, facendolo sentire per un attimo come un bimbo qualsiasi…

“Non sei tenuta a farlo, nonna. Tu qui…hai pur sempre un posto dove stare e poi… è molto pericoloso.” rispose, non avendo il coraggio di aggiungere altro. Lei lasciò le mani dell’ uomo e le picchiò con forza inaspettata sul piano del tavolino in legno che li divideva.

“Credi che qui non sarei in pericolo? Ora, io ho cresciuto Reyner e sono quasi sicura che, una volta scoperto cosa sta succedendo, lui non mi torcerà un capello…ma tutti gli altri? Non appena si verrà a sapere qualcosa, le altre figlie, i generi…non so se saranno così magnanimi. Prendendo posizione nei tuoi confronti è come…come se tradissi la famiglia….”
André rifletté molto su significato di quel ‘ tradire’ ma non volle aggiungere altro alle parole che aveva ascoltato: anzi, era grato a sua nonna.
 “Va bene, nonna “ disse riprendendo le manine esili e stanche tra le sue “ Ma ad una condizione: per il momento mi aspetterai, a Parigi, lontana da qui.” disse.
La donna sembrò voler ribattere. Lui intervenne, ancora.

“André…”
“Non dire nulla: ti porterò in un posto e li rimarrai finché non avrai mie notizie. Intesi?” disse; era più che mai deciso. La nonna mosse lentamente il capo.

“Si”.



Così, dopo aver sistemato in fretta e furia le poche cose che aveva con se e aver pregato per ore, in un giorno che volgeva al tramonto, Nanny lasciò la casa nella quale era sempre vissuta seguendo il nipote  nel luogo più sicuro che si  potesse conoscere: da Alain. Gli ci volle un attimo prima di raggiungere l’abitazione dell’ amico che, a quanto pare, aveva cambiato almeno tre sistemazioni nel giro di qualche mese; ma, alla fine, André la trovò.


“Quindi, esattamente, cosa dovrei fare?” domandò bisbigliando Alain, ancora incredulo per quella improvvisata; i due erano in piedi, l’ uno accanto all’ altro, fissando l’ arzilla vecchietta che stava ispezionando le due stanze a pian terreno di rue de Saint Martin.

“Nulla, Alain. E’ già tanto che non ti trovi lei qualcosa da fare, considerando il suo modo di essere.... Dovrai solo badare alla sua sicurezza finchè non raggiungo Oscar e capisco cosa fare. ” rispose l’ altro.

Alain guardò esterrefatto la donna mentre passava il piccolo indice sugli unici due mobili disponibili. Deglutì, timoroso; dopodiché tornò a fissare André.
“Devi ancora raccontarmi tutto quanto…”

“Andiamo, ti offro una birra” fu la risposta di André; non erano cose di cui discutere davanti alla donna, anche se oramai era al corrente di tutto.
“Nonna, noi usciamo. Non ci allontaneremo troppo, siamo nella taverna qui all’ angolo, così possiamo tenere d’ occhio i dintorni.” disse poi, mentre indossavano le rispettive giacche, recandosi verso la porta.
Nanny annuì, sapeva che non l’ avrebbero lasciata sola se non ci fosse stato un buon motivo; infine, osservò i due giovani uscire e,  non appena furono fuori dalla sua vista, iniziò a sistemare. Lei, in quel secondo giaciglio malmesso e puzzolente non avrebbe mai dormito, nemmeno se costretta.




Alla taverna, intanto, i due si erano presi un tavolo. Da pochi minuti erano giunte anche le birre e qualcosa da mettere sotto i denti, ordinati al volo ad una cameriera non appena entrati.

“Allora…raccontami tutto. Mi sono perso un po' di cose, scommetto ...”

André prese una sorsata di birra e si guardò in giro; nonostante non fosse un bellissimo periodo la taverna era piena di gente.

“Oscar si è risvegliata….”
Un lungo sospiro accompagno la dichiarazione fatta a mezza voce e l’ altro, per poco, non sputò il formaggio che aveva appena addentato.

“Me lo dici così? E come sta?”

“Questo non te lo so dire: Girodel ha scoperto che mi trovavo li e, di fatto, mi ha cacciato. Sono fortunato che si sia accontentato di questo e che non abbia fatto di peggio.”rispose André.
Alain , serio, lo fissò.

“…hai almeno parlato, con lei?”

“No: non ho fatto in tempo. Proprio mentre ero sulla porta… lei ha aperto gli occhi… riguardo al resto, non so nulla: ma spero in cuor mio che la situazione non sia cambiata, anzi…ma sia migliorata.”

“ …mi dispiace, André” rispose Alain, chinando il capo “ …ma…quando è successo?”

André si fermò a pensare.
Non che avesse bisogno di fare chissà che calcolo ma,  in quel momento, l’ unica cosa che aveva per la testa era lo sguardo della donna.
“…è successo tutto circa tre settimane fa. Nel frattempo io ho vagato per un po', sono rientrato a palazzo e… poi sono arrivate le febbri; sto meglio solo che da qualche giorno…”

I due finirono la birra che ancora era nei loro bicchieri e ne ordinarono dell’ altra.
Poi, André ricominciò a parlare e raccontò doviziosamente ogni cosa , di Madame, del loro ‘accordo’, della lettera.
Alain, che più di una volta avrebbe voluto chiedergli per quale motivo non avesse ancora fatto nulla, capì: la situazione era complicata , André era da solo…che speranze avrebbe mai avuto, quantomeno nell’ immediato? Passarono così almeno tre ore, tra una chiacchiera e l’ altra, ore intervallate anche da lunghi silenzi.

Suonava l’una, quando uscirono dalla taverna.

“Ora che farai?” domandò Alain quando furono per strada, ficcando le mani in tasca per ripararle dal freddo. L’ amico si passò una mano tra i capelli e sistemò il bavero della giacca.
“Tornerò a Palazzo, radunerò le mie cose, rivedrò il percorso e poi riposerò un poco; domattina mi metterò in cammino. Non andrò direttamente a Quimper, questo no; sarebbe un suicidio. Cercherò alloggio in qualcuno dei villaggi vicini e li osserverò la situazione, magari mettendomi preventivamente in contatto con Madame…ed al momento buono…al momento giusto prenderò Oscar e la porterò via con me.”
I due iniziarono a camminare, tornando verso casa.

“E Oscar? Hai pensato a lei? Come la prenderà?”
André cercò gli occhi dell’ amico.
“Ci penso ogni istante…ci penso sempre! Al riguardo, non so proprio cosa pensare. Vedrò…al momento” rispose.
Nel frattempo erano giunti davanti casa di Alain.

“Non entri a salutare tua nonna?” domandò.

André guardò il piccolo e anonimo calesse che aveva lasciato poco distante. Negò.
“Meglio di no. Senti, Alain, io spero di farti avere mie notizie quanto prima.
Può essere che ti chieda di raggiungerci da qualche parte insieme a Nanny. Saresti disposto a fare questo? ” chiese all’ amico infilando le mani in tasca per prendere del denaro da lasciargli.

Alain fermò le mani di André e si voltò; afferrò la maniglia del portoncino in legno.

“Non devi nemmeno domandarlo” rispose , dandogli le spalle.
André si fermò ancora un attimo, fissandò l’enorme schiena davanti a sé… E poco dopo sparì, nel buio, tornando a Palazzo.




Una volta sistemato il mezzo usato per recarsi a Parigi, scelta quanto mai opportuna, André entrò , si recò nella propria stanza e radunò tutte le sue cose.
Ciò gli provocò non poca nostalgia visto che – probabilmente  e comunque sarebbero andate le cose – in quel luogo non sarebbe più tornato ma non si lasciò prendere, cercò di mantenere la mente lucida; una volta sistemati i pochi vestiti sul letto e conteggiato il denaro in suo possesso che, tra carte e moneta corrente, raggiungeva una somma di tutto rispetto per un semplice cittadino, si lavò, infilò i suoi averi in una sacca e con indosso solo la lunga camicia da notte, si sedette davanti alla scrivania dove consultò per l’ ennesima volta tutti i vari appunti che aveva preso. Era giunto il momento di mettersi in moto e , soprattutto, fare si che tutto fosse organizzato nei minimi dettagli.
Pensò fosse bene scrivere a Madame già in quel momento, avvisandola che sarebbe partito e che
l’ avrebbe aggiornata man mano;  preparò il necessario e quindi, deciso, posò la piuma d’ oca intrisa di inchiostro sul foglio. Una volta finito, la lasciò asciugare e poi la chiuse.
Infine afferrò un paio di fogli svolazzanti dove si era segnato alcuni percorsi, fogli che gemevano li da un paio di giorni; li guardò, stimò a grandi linee la durata e lunghezza di ogni tappa e poi scelse la via che pareva migliore.
Una volta finito il tutto, fissò la piccola pendola ed i suoi pesi, sistemata sul muro alla sua sinistra e, visto l’orario, considerò che forse sarebbe stato meglio andare a farsi un buon sonno.



In viaggio, circa cinque giorni dopo.


Yveline, Dreux, Allainville furono le prime tappe di questo lungo e agognato percorso: percorrendo tra i cinquanta ed i settanta chilometri al giorno -una distanza dettata più dalle necessità del cavallo che dalle sue-  fece in modo di trovarsi,  ogni due giorni, nei  pressi di una locanda di posta, dove  ogni volta cercava l’ eventuale corrispondenza indirizzata a Monsieur Blanc. Seppure fosse una mossa molto azzardata aveva, infatti,  deciso di riferire alla madre di Oscar le tappe più o meno certe del viaggio… ma, purtroppo, rimase sempre deluso. Nulla lo aveva atteso, almeno fino a quel punto.

Proseguì, allora.
Spingendo al limite il suo fisico sia mentalmente che fisicamente, tutto questo senza mai smettere di pensare a lei, alla sua Oscar, il settimo giorno di viaggio entrò nella Foresta de la Trappe: ed è qui che finalmente trovò una risposta: in una sperduta locanda di posta che sembrava essere rimasta in piedi per miracolo e che non vedeva avventori – come minimo - da  mesi.

Il sole era da poco sceso oltre la punta degli alberi e di li a poco si sarebbe fatto buio.

 Lasciato il cavallo al garzone si era trascinato con passo stanco verso la porta ed era entrato nella sala comune; li, dopo essersi presentato utilizzando il solito  nome fittizio che oramai sentiva suo e  senza riporre speranza alcuna in una risposta positiva, se ci fossero comunicazioni.
“Si, Monsieur Blanc. Ci è stata lasciata proprio ieri” aveva risposto l’ ostessa, una donna mingherlina, dagli occhi a fessura, perennemente sospettosa affrettandosi a prendere il tutto da uno dei cassetti sotto al banco.
Lui, stupito, istintivamente le aveva lasciato alcuni sol come mancia e si era seduto, ordinando ciò che in cucina aveva preparato. Poi, con mani tremanti e cuore in tumulto, aveva aperto e letto la missiva.

Monsieur Blanc,
non è stato semplice trovare il tempo ed il modo per scrivervi tuttavia, durante una delle mie veglie notturne, vi sono finalmente riuscita. Spero che vi troviate sul percorso indicato e che tutto vada per il meglio; per conto mio posso dirvi che qui le cose  procedono abbastanza bene.

Lei sta bene.
Si, avete leggo giuto: Oscar ogni giorno migliora, la sua forma fisica è quasi ripresa del tutto; anche la mente, a mio parere, si sta avviando verso un qualcosa che potremmo definire una sorta di guarigione. Il medico la segue tutt’ ora sottoponendola ad una sorta di ‘ rieducazione’  - di più non domandatemi – e, devo dire,…sta facendo progressi: molte cose sono tutt’ ora celate alla sua mente, ma se non ha altro ha ripreso alcuni ricordi del passato e, piano piano, sta cercando di ricostruire sé stessa. Il capofamiglia , che aveva all’ inizio pensato di stabilirsi qui, ha  deciso di tornare a Parigi, accanto ai reali; il periodo è gramo, triste, difficile. Non credo che lo vedrò tanto presto. Anche Girodel è in città, tornerà a febbraio, se tutto va bene. Ma conoscendovi credo che voi vi siate già informato. In questo momento, egli  sta presiedendo ad alcune importanti riunioni e pensando al matrimonio…

Spero di vedervi presto a Quimper; aggiornatemi, nel momento in cui avrete questa mia tra le mani, riguardo ai vostri prossimi  spostamenti ed alle vostre decisioni. Cercherò di darvi una mano, come promesso.

Prego che restiate in salute.

A presto,
Suzanne.




André sollevò lo sguardo e le labbra si allargarono in un sorriso sereno; la notizia lo riempì di una gioia che , per un istante, avrebbe voluto gridare al mondo intero.

Oscar sta bene! …e presto ti raggiungerò, amore mio; ti stringerò a me, non ti lascerò più….

Anche se la fame era passata poiché nel proprio stomaco volteggiavano ora leggiadre farfalle, per così dire, si sforzò. Senza mai fissare il foglio ingurgitò la zuppa calda ed il pane che gli erano stati portati; una volta finito prese dalla sacca tutto l’ occorrente e, alla sola fioca luce delle candele, prese a scrivere aggiornando la donna.

Mademoiselle Suzanne, sono lieto delle notizie che ho ricevuto.
Al momento mi trovo al di fuori della Foresta di La Trappe in direzione di Saint Hilaire e la mia intenzione è quella di raggiungere Avrances, dove cercherò un alloggio. Vi farò sapere; nel frattempo, date da parte mia un abbraccio alla vostra protetta, che non vedo l’ora di poter incontrare di persona.
Monsieur Blanc.


La lettera gli uscì come desiderava, né troppo corta né troppo lunga.
Soddisfatto, rifletté sulla decisione di non dire apertamente dove fosse diretto ma fornire delle indicazioni di massima che Madame avrebbe probabilmente capito quindi, preso in mano il foglio, lo sigillò e pregò Iolande, la locandiera, di inviarlo con la posta del giorno seguente. Poi, stanco ed incredibilmente felice, la mente ed il cuore che saltavano leggeri,  si recò nella camera a lui destinata e condivisa con un altro uomo che russava senza sosta;  senza nemmeno svestirsi  si stese e si addormentò, con il sorriso sulle labbra.
Quella notte sognò, perfino: e la protagonista indiscussa fu lei, la sua Oscar: liberi, vivevano in una casa vicino al mare dove il sole pareva non mancare mai. Quando al mattino presto riaprì gli occhi, si sentì un uomo decisamente nuovo.



Quimper, 22 gennaio 1789

“Madame, un uomo chiede di voi.”

La madre di Oscar, intenta a dare disposizioni alla servitù riguardo alla cena di quella sera alla quale sarebbero stati presenti sia Lassone che Teveney, voltò appena il capo in direzione della cameriera rivelando una espressione di sorpresa: non attendeva visite, a parte André, che sapeva essere da tutt’ altra parte, ad almeno due giorni di strada da li. Cercando di mantenere la calma, anche se in realtà quella visita improvvisa la stava scombussolando non poco, rispose.

“Fatelo accomodare, lo raggiungerò a breve” diss. La giovane cameriera scomparve dalla sua vista.

Chi mai potrebbe essere? Girodel non sarà qui prima di dieci giorni e di sicuro non si farebbe annunciare in questo modo; tantomeno, lo farebbe mio marito… pensò. Non restava che andare a vedere, sperando in bene.
Lasciato allora passare un po' di tempo, sufficiente il giusto per renderla presentabile, si avviò insieme ad un inserviente particolarmente corpulento nel piccolo salotto di rappresentanza e , non appena entrò,  notò questo uomo di spalle osservare fuori dalla finestra del piano terra, dove Oscar si trovava a passeggiare nel giardino interno, coperta di tutto punto.

“E’ mia figlia, Oscar. Ma ditemi…chi siete? A cosa devo questa visita? Scusate la scortesia di una domanda così diretta e la presenza di Didier, ma di questi tempi…”
L’ uomo sembrava non  voler rispondere.
Era come rapito, si, proprio così, rapito dalla bellezza della fanciulla che, come una bambina, sorrideva osservando i cumuli di neve ghiacciata ed i riflessi che la luce del sole produceva su di essi.
Madame si avvicinò, curiosa ed inquieta.

“Monsieur? Posso fare qualcosa per voi?” domandò.
La persona davanti a sé si volto giusto un poco.


Il profilo, i capelli sciolti e scuri, la cicatrice sul viso, accanto al naso, che si era fatto da bambino cadendo dall’ albero per proteggere Oscar…

“André! André! “ disse coprendosi le labbra con il dorso della mano “ ti sapevo…lontano!”
Improvvisi singhiozzi riempirono l’ aria. Didier osservò la scena e, compresa la situazione, uscì dalla porta.

Solo allora Monsieur Blanc si voltò.
Il volto era rigato dalle lacrime.
“Madame, perdonatemi: vi spiegherò tutto con la dovuta calma ma ora…ora lasciate che i miei occhi si perdano ancora in lei… “ rispose.

La madre di Oscar  si avvicinò a lui , prese la mano del giovane e la strinse forte.
“Hai tutto il tempo che desideri, André; poi…poi ti porterò da lei.”
I due si guardarono, complici; infine, insieme fissarono Oscar.

Era davvero bella.
Sembrava serena, quasi non fosse accaduto nulla; i passi, leggeri e sicuri, il personale leggiadro e quella forza…quella determinazione  che nonostante tutto ogni suo gesto emanava…

André ebbe un fremito. Un brivido lo percorse.
All’ improvviso, tutto ciò che aveva passato fino a quel momento tornò a galla, mille pensieri avvolsero la mente ed i cuore; Madame notò l’ incarnato farsi sempre più pallido.
Lo invitò a sedersi.

“Ti faccio portare un cognac, ti aiuterà” disse; calma, quasi si fosse aspettata una simile reazione, lo aiutò a mettersi comodo e poi uscì. André si coprì il viso con le mani , cercò di darsi un contegno, provò a prendere lunghi respiri; una decina di minuti dopo sentì dei passi e, non appane udì la porta riaprirsi, si mise a sedere non volendosi farsi trovare ancora sconvolto.

Ma ciò che vide davanti agli occhi  quando finì di asciugarsi le lacrime…gli tolse il fiato: davanti a lui Oscar: un filo sorpresa, certo, ma con una espressione in viso così serena…

Andrè si alzò. Incapace di formulare una qualsiasi frase, emozionato, rimase come pietrificato dov’era, le labbra semiaperte, gli occhi a fissarla.
Lei, dopo un primo momento di imbarazzo, sorrise.
Si, lei stava sorridendo:  e gli stava anche andando incontro.
Oscar arrivò a poca distanza da lui e aprì le proprie braccia, lo circondò, appoggiò il viso al petto dell’ uomo, sempre più sorpreso, le braccia distese lungo i fianchi.

“La mia mente ancora non riesce a capire chi tu sia, ma il mio cuore si. Il mio cuore lo sa…e mi sta dicendo che ti voglio bene, un bene che nemmeno tu puoi immaginare” disse “ sei André, vero?”
Lui deglutì.
“Si…sono io, Oscar…” rispose, con un filo di voce.
Lei non aggiunse altro; André prese un respiro, inalando il profumo dei suoi capelli, quel profumo che conosceva così bene. Poi, alzò le braccia e la strinse a sé.

“Non ti lascerò più sola, Oscar, te lo giuro” disse.
Il suo sguardo si alzò, tornò a fissare il giardino interno; poi, una volta sciolto da quell’ abbraccio che avrebbe voluto durare in eterno, la prese per mano e la invitò a sedere.

“Adesso….adesso, Oscar, ti devo raccontare alcune cose; prima, tuttavia, lascia che possa dissetarmi. Ho compiuto un lungo viaggio per giungere fino a qui” disse. La donna sorrise e, in pace con sé stessa come non mai, lo seguì con lo sguardo finchè non uscì dalla porta del salottino. 
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Capitolo 11
*** Speranze e paura - I ***


 

André, appoggiato con la spalla allo stipite della porta, osservava con sguardo languido e carico di amore la sua Oscar che, immersa in un mondo tutto suo, se ne stava seduta davanti al fuoco rimirando le fiamme alzarsi  e formare figure immaginarie, totalmente  ignara che altri occhi potessero in quegli attimi indugiare sulla propria figura. Quei movimenti lenti… una mano a spostare i capelli dalla fronte, la bocca semiaperta, quelle labbra dischiuse che parevano petali di una rosa mai colta…quanto era bella, la sua Oscar? Lo era sempre stata, in verità, ma ora, in quel momento, tutto era nuovo ed anche la donna , in un certo senso, rappresentava una persona totalmente nuova che lui mai avrebbe immaginato di poter vedere.
Eri così diversa… perfino il tuo tono di voce!
Ricordo, Oscar, quando ci si rincorreva per le scale, da piccoli, le nostre spade in legno… avevi già uno sguardo sicuro e la tua vocina rimbombava ovunque… e anche dopo, una volta cresciuti, la tua indole non è mai venuta meno. Sarà rimasta, da qualche parte,
quella Oscar? Oh, Dio, quanto vorrei tornare a quel giorno….quanto vorrei cambiare le cose…avremmo potuto fare un’ altra strada, fermarci ad un’ altra locanda….
Dimmi, Oscar, ricordi il temporale?

Ricordi il nostro viaggio di rientro?

Ricordi…ricordi la notte che abbiamo condiviso, l’ uno vicino all’ altra?



Era immobile ormai da qualche minuto, André, perso nei suoi pensieri;  per la precisione, lo era dal momento in cui,  tornato dalle cucine - dove aveva rimediato dell’ acqua che sembrava avere spento, nella propria gola, un incendio – si era fermato per godere di quell’ istante di pura estasi che il destino gli stava regalando. Fermo, le braccia conserte, ora osservava ora i raggi di un sole che all’ improvviso aveva deciso di nascere da nubi scure posarsi sui capelli di lei, per scendere infine con lo sguardo verso un viso roseo e verso quegli occhi, dove un cielo estivo e terso era riprodotto in ogni minimo dettaglio.

Come sei bella, Oscar…così diversa, ma bella, oltre ogni dire….

Da quanto tempo aspettava quel momento?

Per quanto tempo aveva sognato quell’ istante?

Quante solitarie nottate aveva passato, tra singhiozzi e febbri, senza che il pensiero di lei lo avesse mai lasciato, lasciando che il dolore lo divorasse, per poi rinascere, ormai esausto, come una fenice dalle proprie ceneri?

Molte, tante troppe.
 
Ma lui sapeva che avrebbe rivissuto tutto quell’ inferno, pur di arrivare all’ istante di pura poesia che ora gli avvolgeva anima e cuore: si, lo avrebbe fatto senz’altro…perché lei era tutto.
Per Oscar avrebbe dato la vita.

Lei era amore, dolcezza.
 Stella in una notte buia.
Metà di un cielo, infinito.

Vita.





“André…non mi ero accorta che tu fossi tornato.”

La voce di Oscar, i cui toni che ricordava più aspri  ora , invece  erano forse più melliflui -per così dire – lo ridestò. Lui, sorridendo, sciolse le braccia e le lasciò cadere lungo i fianchi.

“…Scusami tanto, Oscar. Mi sono soffermato ad osservarti…” rispose lui istintivamente; lei arrossì leggermente. Da una finestra lasciata aperta del palazzo accanto, per uno strano gioco acustico, arrivò loro una melodia; entrami volsero lo sguardo in direzione del muro di una  abitazione  confinante con il giardino interno della magione , che aveva portato loro le note di un violino.

“Corelli.” Disse Oscar, sicura di sé.

André si voltò nella sua direzione.

“Come…come …? ” farfugliò,  incredulo.

“Non lo, André; ma non appena ho ascoltato le note, mi è tornato alla memoria questo nome. ..” rispose lei senza distogliere lo sguardo, rapita dalla melodia.
“Sono colpito…soprattutto, perché non è mai stato tra le tue preferenze…” rispose lui.

Oscar gli rivolse una occhiata interrogativa.

“Io… conosco la musica? Suonavo qualche strumento?” domandò.
 Lui annuì.
“Si. Violino e Pianoforte…ma preferivi melodie più austere poiché si confacevano più al tuo carattere…” rispose.

Lei tornò a guardare fuori dalla finestra.

“E’ bellissima, non trovi?” mormorò.
André la guardò, dolcemente.  
“Si, sono d’ accordo con te. E’ davvero molto bella…. “ rispose.

Le dita ignote che, con maestria, sfioravano le corde del violino passarono rapidamente da un ritmo decisamente allegro ad uno lento,melanconico, per poi riprendere con più foga e forza. Ad un certo punto sembrò venire accompagnato da altri strumenti, in un accompagnamento pieno, potente.

André socchiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dalla musica.

…Ti ho sentita suonare molte volte, sai, Oscar? Ogni volta era una emozione pura…come ora, del resto. Rimanere qui ad ascoltare le note che escono dai violini che mani sapienti accarezzano un legno donandogli vita con te…non ha prezzo. Quanto vorrei sentirti suonare ancora…



“…Non sai quanto tempo sono stata  distesa nel mio letto, accompagnata da un viso ed una voce che poi, pian piano, ho realizzato fossero i tuoi. André… mi sei mancato. Ora vieni, sediamoci. Siedi accanto a me, te ne prego. ”

Oscar…!!!!

André riaprì gli occhi,  sorpreso ed emozionato. Una volta recuperato il giusto contegno, lasciò che Oscar si allontanasse poi la seguì, davanti al camino; si tolse la giacca scura e l’ appoggiò allo schienale della poltrona, allentando un poco la camicia, prima di sedersi.

“Oscar, io…” esordì, una volta seduto; lei,  seduta di tre quarti, si sporse leggermente, allungò e sollevò la mano, posando delicatamente l’ indice sinistro sulle labbra ancora dischiuse dell’ uomo. André, basito, la fissò.

 Oscar, potrei non rispondere di me stesso…

“Ti ho aspettato tanto…non immagini quanto; certo, molte cose sono ancora da…scoprire, ricostruire, capire, ma ciò non toglie che il mio cuore intimamente già ti conosce. André, prima di raccontarmi cosa è accaduto, dimmi: sei venuto fino a qui per portarmi con te? Perché se anche io…io non sono ancora conscia di tutto ciò che mi è accaduto e di ciò che è stato sappi…sappi che sono comunque pronta a seguirti.  Ho avuto modo di parlare con mia madre…di capire alcune cose…quindi… se tu vuoi, se avrai pazienza, ti seguirò”
Senza che potesse controllarsi, lacrime copiose iniziarono a scendere sulla pelle secca e su cicatrici vecchie e nuove che coprivano, qui e là, il viso di André; lui, sconvolto, non si aspettava di certo simili parole né, tantomeno, una presa di coscienza a tale livello. Oscar infilò la mano tra i capelli corvini e leggermente mossi di André.

“Perché piangi?”

L’ uomo abbassò il viso come a voler nascondere  tutte le emozioni che stavano sconquassando ogni fibra del suo essere;  non voleva mostrarsi in quello stato ma lei… la donna non fu dello stesso avviso e, lasciando che i capelli scuri ricadessero sulla fronte di André, si rialzò e fatti pochi passi gli si parò davanti, costringendolo ad affrontarla.

 “…ho detto qualcosa che non va?” domandò con timore.

Lui mosse appena appena il capo.

“No, Oscar” rispose “ …sono…sono sorpreso…sorpreso e felice. Queste parole hanno scaldato il mio cuore, dopo tanto tempo. Sono davvero mortificato, non avrei mai voluto farmi vedere in questo stato.  Ti prego, perdona le mie lacrime; sono lacrime di gioia…”

Oscar allungò una mano, asciugando le lacrime sul viso dell’ uomo.

“…Ti hanno fatto del male?” chiese.
 Il suo volto si fece scuro.

Lui riuscì a malapena a sostenere lo sguardo della donna.
Cosa ti dovrei rispondere, Oscar? Dovrei forse dirti che anche ora un uomo potrebbe farmi arrestare e mettere a penzolare su di una forca? Devo forse dirti che tuo padre, dovesse avermi tra le mani in questo istante, non saprebbe che fare? No, non ti dirò nulla di questo, perché non vorrei mai che tu potessi sentire in colpa…
“No. Nessuno mi ha fatto nulla.” rispose

Lei non domandò più nulla, accettando per buona la risposta che aveva pocanzi ottenuto e, senza esitazione, tornò al proprio posto. Lui, stravolto, distese la gambe e incrociò le mani sul petto, lasciando cadere il capo all’ indietro.

Oscar…verrà il tempo in cui la verità ti sarà detta, ma…non ora. Non ora.

“Prima…prima hai detto che mi avresti raccontato ogni cosa. Sei tutt’ora di questa idea, André?”
L’ uomo rimase in silenzio forse qualche minuto infine, lentamente, si alzò e appoggiò  il gomito alla cornice del camino. Lo sguardo rivolto a terra, pensò al da farsi: era fortemente indeciso riguardo al dirle la verità in proposito ma… forse, visto ciò che si erano detti…poteva anche  osare, parlare chiaro, senza troppi preamboli? Inquieto, si morse appena le labbra; poi, mise la mani dietro la schiena, tornando alla finestra dove nemmeno mezz’ora prima l’aveva osservata, novella Diana, muoversi leggera nel giardino e dove avevano appena ascoltato note soavi;  prese un grosso respiro, appoggiò il palmo della mano destra al freddo vetro … e lasciò che le parole fluissero.
Non era più in grado di combattere con sé stesso.
 
Lasciò fare al suo cuore: alzò il capo, fissò negli occhi la donna e …parlò.

“Si. Sono venuto a prenderti, Oscar; l’ ho fatto per portarti via con me ma… non voglio obbligarti a inseguire un mio desiderio ed il mio egoismo; lo farai solo se lo vorrai. Ecco perché sono qui: perché non voglio più vivere senza te accanto o farlo nel rimpianto. Io ho un sogno; vorrei vivere con te in un mondo che sia solo nostro; voglio poterti amare liberamente. Non posso vivere lontano da te, amore mio. Io ti amo, Oscar. Vorrei vivere con te, mia amata, fino alla fine dei miei giorni. Questa è la verità….”
Le parole erano uscite da labbra oramai stanche come un fiume di acqua limpida, pulita, fresca, chiara.  Non si era di certo aspettato un simile risvolto per quella situazione così complicata, il suo desiderio era quello di fare le cose con calma….tuttavia, a giudicare dall’ espressione di Oscar
 - che aveva colto non appena si era voltato nella direzione della donna -  la sua si era rivelata una scelta ottimale: lei, infatti, lo stava fissando, gli occhi bassi come una timorata novizia, incredula, le labbra semiaperte quasi a voler dire qualcosa…

“…tu?  André… tu mi ami? E’ questo che ci lega? E’ sempre stato così?” si sentì dire dopo alcuni secondi. Lui  tornò dalla donna e prese le mani di lei tra le proprie.

“Si,  per è sempre stato così, Oscar. ..e poco prima che tu…che tu avessi l’ incidente ecco…ci eravamo…parlati, al riguardo. Abbiamo passato anche una notte insieme…”

Lei sollevò lo sguardo, sorpreso, il viso arrossato.Lui allora si affrettò a precisare, per non incorrere in imbarazzanti fraintendimenti.

“No, no- non è come…come puoi pensare. Siamo solo rimasti distesi accanto l’ uno all’ altra…” si affrettò a rispondere  “ non avrei mai, mai fatto altro. Non finché tu non fossi stata pronta…”

Oscar lasciò le mani dell’ uomo, dandogli le spalle.

“…io…io non so…non so cosa provo, non riconosco questo sentimento che mi ogni istante da ché sei qui mi sconquassa i visceri, ma è innegabile, la mia anima…la mia anima è legata a te, lo sento.  Forse è amore? Forse è amore questa mia confusione, il respiro che a volte manca? Se così fosse tu…avrai la pazienza di aspettare? Sarai in grado di attendere che questo spesso velo davanti alla mia anima cada,  lasciandomi libera? Io ti seguirò, te lo ripeto; ma non posso parlare di e per cose che non conosco. Ti sarò vicina, staremo insieme…tu mi aiuterai a capire, ad affrontare man mano tutto ciò che potrò accadere?”

André annuì.
“Sono  qui per questo. Sono nato perché destinato a questo. A te.” rispose

Oscar abbassò il capo e lasciò le mani dell’ uomo, ma solo per un istante; subito dopo, due braccia esili si alzarono e si aggrapparono con tutta la forza possibile al corpo di André; il quale, dopo un attimo di smarrimento , fece lo stesso.

Il calore del tuo corpo… il profumo della tua pelle…

“E’ una strana sensazione, sai? “ mormorò  Oscar “…mi sembra di essere a casa, in un posto che mi da pace, sicurezza. Tu sei casa…André…?”

Lui chiuse gli occhi.
Improvvisamente, assaporando quel momento, immobile, quasi avesse timore che muovendosi tutto ciò potesse venire meno, si sentì pervaso da una pace che a tratti lo spaventò; i loro respiri ,  le loro braccia intrecciate, i loro corpi vicini, il profumo di lei che si diffondeva nelle narici, assorbito da ogni cellula, come un tesoro….
André sospirò, sperando che quella sensazione durasse per sempre.

Per sempre…

“… ascoltami bene, ora, Oscar: promettimi che…qualsiasi cosa possa passarti per la testa, qualsiasi tuo dubbio, me lo riferirai? Io accetterò qualsiasi tua decisione, rimarrò con te anche se tu non dovessi tornare più come prima…ma dovrai essere sincera…”
Lei respirò a fondo.
“André, io…io ora voglio solo pensare a ciò che potrebbe succedere domani, non in un futuro…” disse.  Lui non potè che trovarsi d’ accordo.
Sperare al meglio e prepararsi al peggio


“Hai ragione. E’ la cosa giusta da fare…”
Le mani di André avvolsero il viso di Oscar delicatamente; le dita sfiorarono, leggere, le guance della donna.

E’ sempre stato…così? Pensò la donna.
“…E’ sempre stato così, André?” disse, qualche secondo dopo.

Lui, stupito ma non più di tanto, la guardò.
“Intendi tra di noi? No, anzi. Tu, un tempo, fosti innamorata di un uomo… “ rispose.
Lei sembrò pensarci su.
“…ricordo un nome, Fersen. E’ lui?” disse.
André annuì. Oscar rimase in silenzio, pensierosa; l’ uomo poteva ipotizzare cosa le passasse per la testa solo ad osservarne l’ espressione del viso.
“… chissà quante cose nasconde, ancora, la mia mente… chissà. A volte vorrei ricordare tutto quanto, altre volte, invece… non mi importa. Ho quasi timore, paura di scoprire…qualcosa che potrebbe non piacermi” disse ad un certo punto Oscar.

André poggiò la fronte contro quella della donna.

“Immagino, Oscar…ma, come hai detto tu, solo il tempo potrà aiutarti a risolvere questo…enigma. Io sarò sempre con te. ” sussurrò.
Lei annuì.

Quante domande custodisci, dentro di te?  si trovò a pensare André …ma non temere, amore mio: proveremo a rispondere, insieme, a tutto questo…

“Partiremo oggi?”

André fu colto di sorpresa, ma reagì.

“Se te la senti, si. Viceversa, rispetterò qualsiasi decisione” rispose pronto.


Oscar annuì, poi iniziò a camminare per la stanza; di tanto in tanto, si fermava, chiudeva gli occhi, sospirava e poi riprendeva nel suo incedere. Per tutto il tempo, forse un’ora, André rimase a guardarla, senza profferire verbo, cercando di immedesimarsi in lei, in ciò che potesse provare.
Cosa avrebbe fatto se si fosse trovato al posto di Oscar, imprigionato in una situazione così complicata?

Prenditi tutto il tempo che serve, Oscar…io ti aiut-
 
All’ improvviso…i pensieri furono distolti da due colpi alla porta. Entrambi, sorpresi, si fissarono; dopo alcuni attimi , si palesò la madre di Oscar.

“Madre…sarei venuta a cercarvi. Ho alcune cose da chiedervi.”
Madame de Jarjayes fissò con sorpresa André, come se lui potesse spiegarle cosa stesse accadendo; poi, raggiunse la figlia.

“ …ero giunta per avvisarvi dell’ arrivo di Lassone ma….dimmi, Oscar, qualcosa ti turba?” domandò.

André fissò le due donne e nella titubanza di Oscar a fornire una risposta  capì che forse era di troppo; quindi, prendendo come scusa la possibilità di  andare a rinfrescarsi, uscì. Una volta fuori dalla porta, incontrato il maggiordomo, domandò se vi fosse una stanza a lui riservata ed alla risposta affermativa di quest’ ultimo, vi si fece condurre. Certo, avrebbe potuto domandare direttamente alla madre di Oscar, ma gli parve sfacciato…

“Ecco, Monsieur, potete prendere alloggio qui. Madame ha avuto la premura di disporre per voi un bagno; chiamate, se serve.” disse l’ uomo in livrea,probabilmente suo coetaneo. André ringraziò  e rispose che ne avrebbe approfittato subito, quindi entrò: la stanza era così diversa da quella che aveva occupato l’ ultima volta…
Come cambiano le cose…pensò osservando il letto, l’ onnipresente caminetto acceso,  gli arredi, la carta da parati e tutto ciò che gli stava intorno; infine, tolse la giacca, iniziò a spogliarsi appoggiando – piegate accuratamente – le vesti sul bordo del paravento, recuperando nel frattempo  una vestaglia con la quale coprirsi. Aveva bisogno di un bagno e…non solo fisicamente: voleva mettere a riposto più che altro la mente, che non aveva mai smesso un attimo di pensare, fiaccandolo quasi quanto una marcia sotto il sole cocente.

Quando, finalmente, riuscì ad immergere il corpo nell’ acqua calda e profumata, crollò, esausto: fu risvegliato dalla voce di Oscar, un urlo acuto e straziante, che gli gelò il sangue nelle vene. 

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Capitolo 12
*** Speranze e paura - II ***


La notte era scesa , ormai, nel modesto Palazzo di Quimper ed il dottor  Lassone – nonché Madame la Comtesse  -avevano lasciato la stanza da un paio d’ore; la donna, prima di uscire - ed in via del tutto eccezionale - aveva però permesso che André si potesse trattenere con Oscar ancora un po'.
In quegli attimi, nel clima sospeso e con il solo rumore  dello scoppiettare della legna nel camino ,
i due si fissavano, timorosi quasi di parlare ed affrontare ciò che era accaduto ore prima.
André era seduto, le mani in grembo,  sulla poltrona che aveva spostato accanto al letto dove Oscar era stesa e la fissava, lo sguardo perso nei ricordi.
Lei, fortunatamente, si era effettivamente ripresa dall’ incidente ed ora i suoi occhi ora vagavano per la stanza, vacui, quasi spenti, stanchi. Forse, la mente della donna aveva riportato alla memoria nuovi e ulteriori particolari che ancora non si sentiva di condividere con lui. André avrebbe voluto tanto aiutarla, ma come? Per di più, era ancora scosso dalla faccenda
Passò almeno una mezz’ ora, ancora, prima che André si alzasse iniziando a camminare per la stanza, cercando le parole adatte; più di una volta socchiuse le labbra e si schiarì la voce, quasi volesse forzarle ad uscire. Finalmente, preso coraggio, parlò.

“Ho avuto tanta paura, Oscar: vederti così come mi è capitato stasera mi ha sconvolto. Ma non ti preoccupare; tutto andrà per il meglio e, come ha detto il medico, vedrai che con il passare del tempo il problema si affievolirà fino a scomparire, ed i tuoi ricordi torneranno.”  disse, portandosi davanti al letto in cui la donna era stesa, vigile. Oscar lo aveva sentito, ma rimase immobile.
André allora si avvicinò e tornò alla sua poltrona,  le prese la mano e si sporse in avanti, per poterne baciare la pelle candida. Lei lo lasciò fare: aveva bisogno di sentirlo vicino, anche se non aveva avuto il coraggio di mostrare le proprie intenzioni.

“Ora come stai, mia cara? Non vuoi parlare di ciò che è accaduto?” domandò  ancora.

Oscar stavolta alzò il capo e gli rivolse uno sguardo.
“Non ho molto da dire, André, se non scusarmi per ciò che sei stato costretto a vedere “ rispose; e per un attimo, all’uomo sembrò di essere tornato ai vecchi tempi, a quelle risposte essenziali che era solita dare.
“…E’….è stato tremendo, vero? Ma ti prego… non disperare! …e ricorda che ci sono io, qui con te. Se hai bisogno, parla liberamente”. Gli occhi di Oscar si velarono di lacrime che la donna teneva a bada con fatica, il volto scuro e le labbra serrate. Pian piano provò a mettersi seduta, aiutata
dall’ uomo.
“ Sai, André…sono molto confusa…e  stanca. Perché la mia vita si è trasformata in questo incubo? Perché? “ disse.

André strinse ancor più la mano della donna. 

“Sappiamo entrambi il motivo. Se ti riferisci al fato, invece…temo non ci siano spiegazioni…e per entrambi… l’ unica cosa da fare e guardare avanti ed accettare ciò che ogni giorno porta, nel bene e nel male. Vorrei poterti dare una risposta diversa, Oscar, ma non ne ho nessuna, al momento.”
Infine, aggiunse:
“Non mi sembra il caso di partire. Ne convieni?” Disse. La schiena curva, i gomiti poggiati sulle gambe e le braccia lasciate morbide quasi a penzolare, rimase in attesa di una risposta; ma lei lo spiazzò. Gli occhi di Oscar sembrava volessero uscire dalle orbite.
“André, che stai dicendo? A che sarebbe valso il tuo viaggio nonché tutti gli sforzi compiuti? Ti ho già detto che partirò con te e così farò. Ho bisogno di sapere, ho bisogno di capire…ed il mio cuore mi sta indicando la via. Quindi…per favore, non torniamo sull’ argomento ” rispose decisa.
L’ uomo sostenne lo sguardo di Oscar, sorpreso.
“…Ne sei sicura? Sappi che io sono pronto a tutto, anche a rivedere i nostri piani. Devi dirmi tu cosa fare, io l’ ho ben presente. Visto l’accaduto, viste le tue condizioni, mi è parso ragionevole proporti una soluzione simile…”

Oscar picchiò i pugni sulle coperte, con una forza che nemmeno lei sapeva di avere. André si alzò in piedi.

“ NO. Io verrò con te, André. Pensi non sia stato abbastanza per me essere stata strapazzata da una parte all’ altra  come una bambola di pezza? Pensi che sia stato semplice ascoltare e assecondare
 – anche solo per poco -  le idee di mio padre per tutto questo tempo? Io nutro un profondo amore per i miei genitori, inoltre maman mi ha aiutata, rischiando tutt’ ora gravi conseguenze. Non voglio buttare questa occasione, glie lo devo. Inoltre…voglio fidarmi del mio istinto ed affidarmi a te: so che è la cosa giusta da fare…l’ unica cosa da fare. Lo sento. Lo so. ”
André venne sopraffatto dall’ emozione e dalla sorpresa.
Si avvicinò di nuovo a lei abbracciandola forte.  

“Sia, Oscar. Quando sarai pronta…partiremo., dunque” disse. La donna poggiò il viso sulla spalla di André il quale, nel frattempo, le si era seduto di fianco.
“Domani.” Rispose con un filo di voce.
“…Domani? Intendi….vuoi partire subito, domani?” domandò l’ uomo.
Oscar, senza mai staccarsi da lui, rispose affermativamente muovendo il capo.

André allora si discostò da lei, senza lasciarla , ma giusto un po' per poterne ammirarne il viso.
“Come desideri, Oscar. Io non posso che esserne felice: come penso avrai immaginato non sarà semplice, ma ce la faremo,”
La donna annuì ma…ma il suo sguardo…
“C’è qualcosa che ti turba?” chiese André.
Lei negò; ma l’ uomo capì – lo aveva preventivato, per così dire – che molti pensieri turbavano e avrebbe turbato l’ anima della donna ancora per parecchio tempo. Stretto a lei, ne ascoltò il respiro finché questo non si fece più calmo e poi, con delicatezza, si svincolò dall’ amato e caldo abbraccio, adagiò Oscar sul letto e le lasciò un bacio sulla fronte. Infine, dopo averla ammirata riempiendosi cuore e anima di tale visione, uscì dalla stanza: doveva , a quel punto, tornare nella propria camera e preparare un po' di cose. L’ indomani mattina, subito dopo aver salutato Madame, avrebbero intrapreso il viaggio, il loro viaggio, verso un destino ancora ignoto.




*******                         ********                                               *********


 
Nell’ ufficio del proprio reggimento, più o meno allo stesso tempo, il Generale stava invece meditando sulla situazione in cui il Paese versava. L’ ennesimo incontro, conclusosi nel tardo pomeriggio, gli aveva lasciato cattive sensazioni, tanto che il suo stomaco si era chiuso e la nausea aveva iniziato a pervaderlo. Non promette nulla di buono continuava a pensare ripendosi la frase in continuazione e camminando a grandi falcate attraverso il salottino privato, con le mani intrecciate dietro la schiena. Se andiamo avanti di questo passo, la Corona avrà poco da fare; la Regina è oramai invisa al popolo ed  il Re, nonostante si sforzi e si mostri determinato, non è in grado di riprendere le redini di un cavallo ormai imbizzarrito… “

“Generale de Jarjayes, mi avete mandato a chiamare? Perdonate se mi presento solo ora, ero di già sulla via di casa…”
Il conte, sorpreso, si voltò in direzione della voce. Girodel.
“Victor, prego, accomodati” rispose con la solita confidenza, senza neanche salutare e allungando il braccio ad indicare una sedia “ …si, ti ho mandato a chiamare per un motivo preciso: presto dovrai partire per Quimper, la Contessa ed Oscar dovranno rientrare quanto prima. Ho intenzione di anticipare il matrimonio, se tuo padre è d’ accordo. Dovrete lasciare la Francia prima che questa immensa polveriera esploda.”
Il Visconte de Girodel capì l’ antifona, chiara a tutti da tempo ormai, tranne che ai reali; un paio di passi lo avvicinarono ad un tavolo dove posò il cappello che teneva sotto braccio e poi allentò la fusciacca che sosteneva la spada. Fatto ciò, prese posto, senza mai togliere gli occhi dal futuro suocero.
“Non credo che mio padre abbia nulla da obiettare, tanto meno il sottoscritto. Avrei comunque una domanda, se permettete: pensate che aspettare ulteriormente sia controproducente? E’ solo una curiosità. Avrei voluto celebrare il matrimonio in Provenza, nella casa dei miei avi materni …“ disse.  Il Generale si avvicinò all’ uomo e poggiò la propria mano sulla spalla di Girodel.
“Vista la situazione, vorrei farlo il prima possibile. Si, aspettare ulteriormente sarebbe deleterio: temo che arrivare a luglio senza che nulla accada sia pressoché impossibile.” rispose con voce greve. Girodel annuì con un cenno del capo.
“Capisco. Quando dovrei partire?” domandò.
Il Generale tornò a sedersi oltre il tavolo ed, afferrata la pipa, iniziò a pulirla.
“Domani. I miei uomini riferiscono che Grandier si trova già nei pressi, ma lo hanno perso di vista; tu dovrai raggiungere la città, cercare di capire dove si trovi e  poi tornare il più velocemente possibile a Parigi insieme a lei. Da qui, organizzeremo la fuga.”  Disse senza nemmeno guardare la persona davanti a sé.
Victor  si alzò in piedi, andò a recuperare il cappello e si sistemò. “Avete già pensato ad una data?” chiese, infine, con voce ferma, fissando la propria figura riflessa per metà nello specchio posto sopra una mensola dalle volute dorate.
“Tra due settimane al massimo “ rispose Jarjayes. L’ altro non si mosse.

“E Grandier? Che ne devo fare di lui?” sibilò tra i denti.

I due uomini incrociarono il loro sguardo. Jarjayes prese un paio di profonde boccate emettendo, poi, piccole nuvolette di fumo. Lo sguardò si fermò a mezz’ aria, in un punto oltre le spalle del Visconte.

“Ha già avuto una considerevole buonuscita dal sottoscritto ed è realmente innamorato di mia figlia quindi…non si lascerà corrompere facilmente. Aggiungi questi due sacchetti colmi di livres e questo atto di proprietà, caricalo su una nave in partenza da Brest e mettigli alle calcagna due dei tuoi” rispose allungano soldi ed una pergamena verso Girodel.
“Non…non devo…eliminarlo?” domandò.
Jarjayes scosse il capo.
“No. Per quanto non apprezzi la situazione e possa avere dei risentimenti nei suoi confronti, ho ancora una grossa riconoscenza verso sua nonna. Una punizione simile sarà più che sufficiente.”

 Anche se insoddisfatto da una tale risposta, Girodel annuì e si portò sull’ attenti.

“A vostra disposizione, Generale. Vi aggiornerò ad ogni mio passo.” disse.
Il padre di Oscar allungò e  strinse lui la mano.
“Credo sia opportuno iniziare i preparativi, Victor. Avviserò personalmente il mio caro amico, tuo padre. Non più tardi di doman l’ altro, mi recherò a casa vostra..”
Victor  sorrise e, senza aggiungere altro, girò sui tacchi ed uscì dall’ ufficio, soddisfatto come non mai, quasi allegro; prima di salire in carrozza informò il cocchiere che non si sarebbe recato come ogni sera da almeno quindici giorni dalla Marchesa di Rivalle, ma sarebbe rientrato a casa.

Quindi, pregustando il proprio, personale trionfo, sorrise e prese posto all’ interno del mezzo.



***                               ***                                           ***                                           ****


Quimper, il mattino seguente.



“Oscar, è ora.”

Andrè, infilato mantello e cappello per celarsi a sguardi indiscreti, si guardava intorno mentre aspettava la donna vicino all’ anonima carrozza scura; per non destare sospetti aveva espressamente chiesto gli venisse noleggiato un mezzo integro ma non perfetto, senza insegna alcuna. Oscar si trovava a poca distanza dall’ uomo, di fronte alla madre. Le due donne avevano parlato fitto fitto per una buona mezz’ora ma, oramai, era tempo di partire: non potevano indugiare oltre. Se poi si univa alla già presente premura  una fitta neve che aveva ricominciato a scendere, vi era pure il serio pericolo di poter incappare in disguidi, sulla via:le strade, fuori città, si sarebbero presto rese pantani impraticabili.
Oscar aveva sentito la voce di André, ma si era soffermata ancora un attimo, le mani giunte con quelle di sua madre; infine, senza mai voltarsi indietro, raggiunse il compagno.Insieme salirono in carrozza facendosi spazio tra i bagagli che – per non dare nell’ occhio – avevano stipato
all’ interno.
“Sei pronta?” le aveva chiesto quest’ utlimo. Oscar, in tutta risposta, aveva annuito, silenziosa.
Allora lui si era sporto da finestrino, aveva rivolto una ultima occhiata alla donna cui doveva tutto e si era rivolto al cocchiere.
“Didier…possiamo andare…” disse.
 Il factotum che in quei mesi si era occupato della casa, diventato ora vetturino e preziosa guardia del corpo, annuì e diede una voce al cavallo, che partì immediatamente. Erano partiti: da quel momento in poi,  i giochi erano fatti.

Una volta accomodato, André fissò Oscar, che sedeva di fronte a lui. Era assonnata, stanca, pensierosa.

“…dove andremo?”  domandò la donna stringendosi nella cappa foderata di pelliccia.
André infilò la mano in tasca e ne prese un foglio che posò tra le mani di Oscar.
“Verso sud, sulla costa. Li ho un amico che potrà darci una mano…” rispose.
Lei sembrò quasi sorridere.
“Non ho mai visto la costa sud, è bella?”
André sorrise a sua volta.
“Non l’ ho mai vista, ma credo di si. La persona che me ne ha parlato è ntaa li…Ci stabiliremo in un paesino sull’ Oceano; non appena arrivati,  questa persona ci fornirà delle identità fittizie.” rispose André.
Oscar annuì, chiedendosi come Andrè facesse questa persona, visto che per quanto ne sapesse non si era mai mosso da Parigi e dintorni; poi  lo sguardo si posò sulla neve che , al di la della piccola finestrella, continuava a scendere, i fiocchi sempre più grandi. Passarono così due, forse tre ore durante le quali si alternarono sorrisi, domande, silenzi, sguardi. Di tanto in tanto André richiedeva a Didier che fermasse il mezzo per poter controllare che non ci fossero problemi lungo via ma, ad un certo punto del loro cammino, dopo l’ ennesima sosta, i due uomini si resero contro che sarebbe stato impossibile proseguire: davanti alla carrozza un vecchio albero – neppure tanto grande, ma troppo pesante comunque -  aveva ceduto al peso degli anni e della neve ed era crollato, occupando il larghezza la strada.

“Accidenti… ora che si fa? Servirebbe un’ ascia per farlo a pezzi, così com’è non possiamo di certo spostarlo…” borbottò André, sbuffando ed imprecando. Didier, in silenzio, si era invece avvicinato  al tronco grosso e mezzo ed in quel momento lo stava esaminando.
“E’ inutile: è troppo pesante” borbottò. Ad André non rimase che rassegnarsi, così tornò verso la carrozza e prese subito la situazione di petto.
“Oscar, credo che dovremo fermarci qui. Tu aspetta qui con Didier, io vado avanti a controllare se vi è una locanda: Jean , colui che mi sta aiutando, nell’ ultima lettera che ha scritto mi ha mandato anche alcune informazioni. Non preoccuparti: sarò qui tra pochi minuti” le disse, aprendo giusto un poco la portiera per non fare entrare il freddo. Ad Oscar non restò che annuire ed attendere.
“Didier, sarò qui tra poco. Bada tu ad Oscar” disse. Lui annuì.
Andrè si avviò dunque -di gran carriera- per la strada, sprofondando talvolta nella neve, aggrappandosi a rami e piante; la via era davvero messa male, ancora peggio di quanto pensasse.
Speriamo di trovare qualcosa…accidenti, questa non ci voleva ! pensò mentre avanzava, un passo dopo
 l’ altro … se almeno trovassimo un riparo… domattina, a Dio piacendo, potremo riuscire a trovare una soluzione e partire…
Le cose però non andarono troppo bene. Girovagò parecchio, prima di scorgere, in lontananza, quella che sembrava una abitazione. Si trovava in una piccola radura ad un paio di chilometri dal punto in cui era partito.
Una locanda, forse? Ma non vedo alcuna insegna… disse tra sé, mentre osservava , fermo, la casupola. L’ unico modo per saperlo…era avvicinarsi e controllare quindi, non senza un filo di agitazione, si avvicinò alla modesta abitazione, notando che dall’ interno proveniva della luce.
André tergiversò un attimo, ma alla fine si spostò dalla finestra alla porta e con un gesto deciso,  provò a bussare. Ben presto, sentì la porta cigolare ed aprirsi; dal misero spazio, intravide due occhietti curiosi semi coperti da capelli di un colore strano, tra il rossiccio ed il grigio.
“Che volete?” domandò la persona che si era palesata.
“Sono rimasto bloccato poco più in la con la mia carrozza “ rispose pronto André, indicando con il braccio la direzione “ …ed ora sono alla ricerca di una locanda o un posto dove poter passare la notte. Con me ci sono una donna ed un altro uomo. Potreste aiutarmi, per favore?”.
La porta si aprì un poco e lasciò intravedere la figura di un uomo, modestamente vestito. Sembrava che in casa ci fosse solo lui.
“Mi dispiace, di locande…beh, una c’è, ma dovreste camminare ancora un po'.  “ rispose. Infine , fece per chiudere la porta ma André lo fermò.
“Voi non avreste un fienile , un riparo? “ domandò, fissando la persona dal piccolo spazio rimasto tra mura e legno.
Il proprietario della casupola chiuse la porta di scatto lasciando André a bocca asciutta. Tuttavia, quando quest’ ultimo stava per incamminarsi e riprendere le ricerche, sentì una voce.
“Venite, seguitemi!”
André si voltò e notò l’ uomo fermo a poca distanza dalla porta.
“Dite sul serio?” chiese incredulo.
L’ uomo annuì.
I due raggiunsero, quindi, il retro della casupola e da li attraversarono un piccolo boschetto.
“Ecco, è quello.” disse il contadino indicando, tra le fronde, delle mura a tratti ricoperte di edera.
André osservò quello che doveva essere un vecchio stabile, molto più vecchio della casa che aveva trovano;  non molto grande ed una porzione di esso era effettivamente conciata parecchio male ma l’ altra…l’ altra sembrava a posto. Il tetto era ancora integro, il legno sembrava ancora in discrete condizioni ed i muri non davano segni di cedimento.
“Credo possa andare…meglio che niente. Vi ringrazio ancora” disse André, sollevato.
Ora non restava che tornare indietro ed avvisare gli altri quindi,senza aggiungere altro, girò sui tacchi.
Non aveva percorso che una decina di metri quando sentì l’ urgenza di fare una domanda al proprio ospite. Ci pensava da un bel po'.

“…Voi conoscete per caso un ragazzo di nome Baptiste?” domandò a bruciapelo.
Il contadino impallidì e lasciò cadere la lanterna che portava appresso.
“Avevo un figlio che rispondeva a questo nome…perché lo chiedete?” rispose con voce tremante, le braccia distese lungo i fianchi.
“Bizzarro, il destino, sapete? Vicino a Domfront ho incontrato un ragazzo di nome Baptiste. Ha i capelli rossi come i tuoi e, a ben vedere, ti somiglia parecchio” rispose.
“E’ vivo, dunque? Lo avete visto…visto davvero?” chiese.
André annuì.
“Si…” rispose “ ma cosa è accaduto, perché non è con voi? Le persone che se ne prendono cura mi hanno riferito che i suoi genitori sono morti per fame l’ anno passato…”
L’ uomo, accanto ad un André parecchio confuso, trasalì.
“…Mia moglie è andata via da casa insieme a mio figlio…al tempo aveva due anni. Li ho cercati ovunque per almeno sei mesi poi…mi sono arreso. Non avevo più soldi e lavoro per poter andare avanti” disse.
André abbassò lo sguardo.
“Mi dispiace, Monsieur. In ogni caso..se volete ne possiamo parlare con calma. Vi indicherò esattamente il luogo in cui potrete trovarlo.
Il presunto padre di Baptiste sorrise.
“Ve ne sarò eternamente grato. Ora…andiamo. Vi aiuterò a recuperare le vostre cose…” rispose.
I due, quindi, ripresero il cammino. La neve aveva smesso di scendere e, dopo un quarto d’ ora dalla loro partenza– fu più veloce il ritorno che l’ andata, grazie ad una scorciatoia indicata da Bernard, il loro ospite – arrivarono nei pressi della carrozza. Non era tardi e la sera era ancora lontana; tuttavia, il cielo plumbeo faceva si che si potesse facilmente perdere la cognizione del tempo. Ancora stupiti dall’ inaspettata svolta, i due si avvicinarono ad Oscar e Didier.
“Oscar, siamo qui.” disse André.
Didier stava cercando di tenere calmi i cavalli. La donna, spinta da quel ‘siamo’ fece capolino
dall’ interno del mezzo. Bernard la salutò con un cenno del capo.
“Lui è Bernard, ci darà ospitalità per questa notte. Lei è Françoise, mia moglie” disse …mentì André. Oscar aprì la portiera e scese, andando incontro ai due.
“Grazie, siete molto gentile “ disse con voce un po' roca. 
“Di nulla, Madame. Vostro marito era alla ricerca di una locanda ma, purtroppo, qui nei dintorni non vi è nulla. Posso solo offrirvi un riparo, un tetto, ma sempre meglio che niente. Inoltre, nella stanza c’è un vecchio camino. Starete al caldo…” rispose.
Oscar non poteva credere alle proprie orecchie. Grata, sorrise.
“Monsieur, se volte vi do una mano con quell’ albero. In tre persone possiamo farcela a spostarlo”  disse poi rivolgendosi ad André, mostrando l’ ascia che aveva tra le mani.
“Faremo in un attimo, poi andremo al caldo”  disse André. Oscar dunque rientrò nella carrozza, aveva freddo; si strinse nel mantello e appoggiò il capo alla parete.

Quell’ uomo…perché mi ricorda qualcuno?  pensò , cercando di fare mente locale. I suoi ricordi, smossi, frugarono a lungo attraverso pensieri e ipotesi; doveva parlarne con André, non appena si fossero recati al sicuro…

…Domfront?
… Un viaggio?


Un improvviso mal di testa la colse e lei, spaventata, pregò non fosse una di quelle crisi; per fortuna, uno spiffero d’ aria fresca proveniente dall’ esterno  la fece stare meglio. Oscar si voltò ed incrociò gli occhi del compagno.
“Fatto. Oscar, se vuoi puoi scendere” sentì dire da André.
Accidenti, quanto tempo è passato? Fu il primo pensiero che la colse: evidentemente, i pensieri che
l’ avevano portata lontano avevano occupato più tempo di quanto lei pensasse.
“Esco subito” disse; la portiera di aprì, ed una mano comparve. Lei si alzò e accettò l’ aiuto che André le stava dando. Una volta scesa, si guardò in giro.
“La strada è sgombra, domattina potremo ripartire. Per ora meglio andare a ripararci, Didier ha già slegato i cavalli ed ora ci incammineremo” disse.  Lei annuì.

La compagni di mise allora in viaggio; fu un percorso alquanto silenzioso, l’ unico rumore era quello dei loro passi sulla neve. Bernard li condusse in ogni caso, senza problemi, presso quella che sarebbe diventata la loro sistemazione per la sera e la notte.
“Voi andate pure, io tornerò tra poco con la legna e alcune coperte. Al momento, quella stanza è il deposito dove tengo il poco fieno rimasto; potete darne un poco anche ai vostri cavalli, a me non serve, non ho più animali…” disse una volta raggiunto il retro della casa. Didier fu il primo ad entrare, seguito dagli altri della compagnia.

“E’ più grande di quanto pensassi” disse Oscar. André si guardò in giro: la stanza, che un tempo probabilmente aveva accolto una famiglia o comunque altre persone, era spoglia ma decisamente spaziosa e proprio di fronte all’ entrata un grande camino troneggiava, alto, fino al soffitto. In un angolo vi era il  fieno, accatastato e legato in fasci di media dimensione.
“…potremo spargerne un poco per terra, per non dormire proprio sul pavimento” suggerì Didier. Un breve cenno del capo da parte di Andrè e l’ altro uomo iniziò a fare ciò che si era prefissato; poi, ne trattenne una certa quantità e la portò ai cavalli, legati fuori.
Oscar, stanca, non attese oltre: cercò un angolo e li si lasciò cadere, delicatamente, poggiandosi con la schiena al muro. Subito André accorse al suo fianco e le aggiustò il mantello a guisa di coperta. Felice per aver trovato un riparo, si lasciò finalmente andare. Seduto con le spalle appoggiate al muro, prese la mano della donna e la baciò.
“Stai bene?” domandò, allungando la mano libera e passandola tra i capelli di lei. Oscar aveva un buon colorito, solo gli occhi erano leggermente cerchiati; non aveva dimenticato ciò che aveva vissuto la notte precedente e pregò, dentro sé, che tutto procedesse per il meglio.
Lei sorrise rassicurando il compagno.
“Non preoccuparti, André, sto bene. Sono solo un po' scossa, per ciò che sta accadendo.”
André annuì.
“Lo immagino. Non sei, quindi, pentita di avermi seguito?” domandò.
Oscar poggiò il capo sulla spalla dell’ uomo.
“No, affatto…mi fido di te, André…e mi auguro vada tutto bene.”
Lui sospirò per il sollievo. Certo, l’ inizio di quel viaggio non era come lo aveva immaginato, questo poco ma sicuro: ma, come faceva da sempre, si concentrò sul presente.
André allungò un braccio cingendo Oscar. Insieme osservarono Didier sistemare il fuoco per la notte e, in quell’ istante, arrivò anche Bernard con legna e alcune provviste.
“E’ tutto ciò che ho” disse entrando recando con sé alcuni involucri contenenti formaggio, alcune gallette, del pane che sembrava fresco. Poi, senza attendere alcuna risposta uscì e rientrò subito dopo con una cesta colma di legna da ardere.
“Grazie, Monsieur” rispose Oscar, seguita da Andrè. Bernard fece loro un cenno con il capo.
“Non ringraziatemi, Madame… stasera, vostro marito mi ha riportato alla vita!” rispose.
La donna rivolse ad André uno sguardo interrogativo.
“Vedi, Oscar….Bernard, probabilmente…è il padre di una persona che abbiamo incontrato a Domfront….” Disse.
Lei provò a capirci qualcosa di più, ma era talmente stanca che ogni pensiero si accavallava all’altro creando una grande confusione.
“…ti spiegherò, Oscar…ti dirò, quando sarai pronta” rispose André. “Ora…mangiamo.”

Lei accettò di buon grado la scodella che Didier, prontamente, aveva preparato. Arrivò anche un bicchiere di vino piuttosto aspro.
“… Credo che avrai molto da dirmi…sento che sarà una storia lunga” rispose.
André annuì.
“Mangiamo, ora…e riposiamo. Ne parleremo con calma” fu la risposta.

La piccola compagnia cominciò quindi a nutrirsi, mentre il fuoco cresceva lento. Oscar e André, silenziosi, di tanto in tanto si regalavano sguardi furtivi.






 

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