The Weight of Us

di Stillathogwarts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. The Marriage Law ***
Capitolo 2: *** 2. Sirius ***
Capitolo 3: *** 3. Wedding Day ***
Capitolo 4: *** 4. Dragonshore ***
Capitolo 5: *** 5. Honeymoon ***
Capitolo 6: *** 6. Draco's Story ***
Capitolo 7: *** 7. Fathers and Sons ***
Capitolo 8: *** 8. Amortentia ***
Capitolo 9: *** 9. The Proposal ***
Capitolo 10: *** 10. The Charity Ball ***
Capitolo 11: *** 11. The Weight of Us ***
Capitolo 12: *** 12. Showdown ***
Capitolo 13: *** 13. Ariadne ***
Capitolo 14: *** 14. New Measures ***
Capitolo 15: *** 15. The Thrill Of It All ***
Capitolo 16: *** 16. Kingsley's Victory ***
Capitolo 17: *** 17. The Marauder's Foundation ***
Capitolo 18: *** 18. Surprises ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. The Marriage Law ***


 
Disclaimer: I personaggi e il mondo di Harry Potter in generale non mi appartengono. Questa è un'opera di fanfiction scritta da me senza alcuno scopo di lucro. 
*
N.d.a.

Ciao a tutti/e!
In genere non inserisco note prima del capitolo introduttivo, ma devo fare alcune premesse in merito a questa storia, che parte dal Marriage Law trope, ma che verrà sviluppato in maniera totalmente diversa dal solito, con una "sottotrama" che credo cambi sostanzialmente il trope nel suo insieme.
Quello del Marriage Law non è un trope che generalmente mi entusiasma, ma avevo una mezza idea e adoro le sfide, per cui alla fine, dopo una lunga battaglia interiore, ho deciso di scriverla ugualmente.
Inizialmente avevo optato per usare l'idea in una OS, ma chi segue le mie storie da tempo sa perfettamente che non ho il dono della sintesi; la storia ha preso come al solito vita propria, diventando una mini-long, soprattutto quando ho trovato il modo di rendere originale la trama (spero) e di 'de-tossicizzare' il tema, per quanto possibile, almeno in merito alla Dramione.
In particolare:
- Kingsley non è a favore della Legge e non la approva, non la promuove. È costretto a farla approvare perché il Wizengamot ne vota l'approvazione (ho preso ispirazione dal fatto che in Harry Potter e l'Ordine della Fenice, durante il processo di Harry, si comprende che il Wizengamot emette le sentenze per maggioranza e il voto del Ministro vale quanto quello degli altri membri; semmai può avere maggiore influenza, ma ciò non accade in questo caso. Kingsley viene scavalcato). Questo perché ho sempre trovato troppo OOC che Kingsley approvasse una Legge del genere, non lo avrebbe mai fatto neanche se fosse stata davvero l'unica soluzione possibile al problema.
- Il processo di matching non avviene tramite un colloquio o un qualche modulo che evidenzia solo la compatibilità "mentale". Mi sono inventata un Artefatto che oltre ad essa, valuta anche l'affinità, la compatibilità in tutti gli altri aspetti coinvolti in una relazione. In un certo senso, è come se fosse progettato per individuare le anime più vicine ad essere "anime gemelle" ed è un Artefatto di origine sconosciuta e antica (questo Artefatto si chiamerà Cuore di Cupido).
- Ron: essendo la storia ambientata cinque anni dopo la guerra, non darò al personaggio un ruolo di antagonista alla Dramione. Ha fatto un percorso di crescita dopo la guerra e anche grazie a Harry, che ha un rapporto civile e quasi amichevole con Draco, rivaluta leggermente la sua opinione sul biondino. (Ciò non vuol dire che saranno amici, o che non si infastidiranno a vicenda. Nel loro caso, penso che l'unico sviluppo non antagonistico credibile sia quello dei "frenemies". Miseriaccia, sarebbe persino divertente da scrivere!). Ron resterà comunque un personaggio molto marginale nella storia. Il focus è su Draco e Hermione, ma ci sarà la presenza frequente di Harry e Ginny.
So perfettamente che il personaggio di Draco all'inizio della storia vi sembrerà un po' OOC, probabilmente anche Harry, ma vi prometto che tutto avrà senso andando avanti con i capitoli.
Ci saranno numerosi salti temporali e glisserò un po' sulle "confidenze" che i due protagonisti arrivano a farsi nel corso della storia, riassumendo semplicemente il succo di ciò che si rivelano o lasciando al lettore la libertà di immaginarlo, specificando nel dettaglio solo quelle più importanti ai fini della trama (chi ha letto le altre mie storie, in particolare le long, può tranquillamente dedurre da sé il tono e il genere di cose che si confidano). Questa scelta deriva dal fatto che, avendo sviluppato nel dettaglio questo aspetto nelle altre mie storie, non volevo risultare ripetitiva, né volevo rendere questa fanfiction una long long (diventano lunghissime quando mi soffermo su questo aspetto e non riesco a fare altrimenti).
Specifico inoltre che, come al solito, non ci saranno contenuti a sfondo sessuale espliciti. Eventuali TW verranno riportati all'inizio del capitolo a cui si applicano.
L'ultima premessa riguarda il pov.
Ho scelto di scrivere questa storia prevalentemente dal punto di vista di Hermione, per diversi motivi:
- il tema è delicato, ed è importante che sia lei a "raccontare".
- un eccessivo pov Draco a rendere chiare le sue intenzioni e i suoi sentimenti fin da subito potrebbe portare i lettori un po' troppo dalla sua parte. Di conseguenza il personaggio di Hermione, con le sue insicurezze e paranoie legittime riguardo al biondino, potrebbe rischiare di essere quasi "incompreso" e visto il trope in questione è delicato alla base, credo sia importante che lei abbia "la precedenza", che sia il suo pov quello predominante. Mi dispiace che lei finisca spesso per passare per "la cretina che non si accorge di quello che lui prova o che ci mette un'infinità di tempo a farlo o ad accettare di ricambiarlo", quando dal mio punto di vista, se gli credesse fin da subito, visti i loro precedenti, sarebbe troppo ingenua per essere Hermione. In questa storia, allora, ho tolto quasi completamente il pov di Draco, inserendolo solo laddove si è rivelato strettamente necessario ai fini della trama, perché reputo essenziale che lei venga compresa nel suo atteggiamento/comportamento.
- suspense. Un pov Draco molto presente, in questa storia, avrebbe rivelato troppe cose e troppo presto.

Fatte queste premesse, ringrazio chi di voi seguirà la mia storia e in particolare chi di voi mi lascerà un feedback, le recensioni sono sempre gratificanti o utili per migliorarsi.
Spero che la storia vi piaccia!
Vi lascio alla lettura del primo capitolo,
A presto!
Ps. Il titolo della storia è ispirato alla canzone The Weight of Us di Sanders Bohlke, scelta che si spiegherà da sola a un certo punto dello sviluppo della trama.
*

 
The Weight of Us



CAPITOLO 1
The Marriage Law





 
Hermione sospirò e gettò la lettera sul tavolo con un gesto secco.
Il sigillo del Ministero della Magia scintillò per un momento, colpito dalla luce solare del mattino che filtrava dalla finestra.
Hermione poggiò i gomiti sul legno freddo e usò le proprie mani come sostegno per il suo viso distorto dallo shock e dall’orrore.
Quando si era iniziato a vociferare della nuova legge sui matrimoni che il Wizengamot intendeva far passare, nonostante il Ministro Shacklebolt fosse fermamente contrario alla questione, Hermione non aveva pensato neanche per una volta che la cosa alla fine sarebbe andata in porto.
Si sbagliava.
Era successo all’improvviso, durante una riunione notturna e segreta, per evitare fughe, proteste o soluzioni improvvisate; il Wizengamot si era adunato e, sopraffatto Kingsley in termini di voti, aveva approvato la legge, per cui al suo risveglio il mondo magico si era ritrovato sotto shock.

 
“IL WIZENGAMOT APPROVA LA LEGGE SUI MATRIMONI (MARRIAGE LAW).
IL MINISTRO SHACKLEBOLT SI DICHIARA CONTRARIATO, MA ANNUNCIA CHE IL PROCESSO DI MATCHING INIZIER
À DOMANI."

 
Hermione ricordava perfettamente lo sgomento che aveva provato nel leggere il titolo dell’articolo sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta, a caratteri cubitali, interpretandolo come una condanna vera e propria a discapito di metà della popolazione magica.
Il fatto che il Wizengamot fosse costituito per la maggioranza da Purosangue che avevano (almeno ufficialmente) abbandonato la linea purosanguista e dagli esponenti delle famiglie più antiche, ma che comunque avevano ricevuto una certa educazione antiquata, spiegava in gran parte l’approvazione di quella legge orrenda e il loro non comprendere quanto fosse sbagliata.
Lei aveva presentato la mozione per proibire i matrimoni combinati anche tra le fila dei Purosangue, dato che la pratica era medievale, era persino riuscita a farla approvare… e poi questo. In un battito di ciglia si era ritrovata catapultata nello stesso incubo che aveva lottato per estinguere, perché il calo demografico tra le fila dei maghi continuava a progredire e un gruppo di ricercatori aveva urlato alla “minaccia di estinzione”.
Ovviamente, i tempi previsti per quello scenario catastrofico erano assai lunghi e la società aveva tutto il tempo di riprendersi da sola, esattamente com’era accaduto dopo la Prima Guerra Magica, ma il Wizengamot si era lasciato sopraffare da isteria e paura; come se le generazioni che avevano combattuto nella guerra non avessero diritto a prendersi un po’ di tempo per sé prima di dedicarsi a un impegno della natura di un matrimonio e mettere su famiglia!
Aveva provato a combattere, ma non era servito a nulla.
Petizioni, proteste, mozioni e ricorsi… non avevano portato a niente.
E alla fine era arrivato il giorno del suo colloquio per il matching e si era dovuta presentare; nei corridoi aveva incontrato qualcuno dei suoi vecchi compagni di scuola e membri dell’ES (perché la categoria di persone interessate dalla nuova, orrenda, legge copriva per lo più le loro generazioni, considerate “in ritardo rispetto ai tempi usuali per gli standard dei maghi”, il che era follia pura visto che in media nella società magica non ci si sposava prima dei trent’anni), tutti con un’aria alquanto funerea stampata in volto.
E come poteva essere diversamente?
Si erano tutti già sacrificati notevolmente per il bene della comunità magica, mettendo a repentaglio la propria vita quando erano solo ragazzini, mentre gran parte degli adulti si nascondeva, e questo era il modo in cui stavano venendo ripagati.
A Harry e Ginny era andata bene, perché si erano sposati qualche giorno prima dell’approvazione della legge, ma la maggior parte di loro era per lo più coinvolto in relazioni stabili, non consolidate attraverso il vincolo del matrimonio, o felicemente single in favore di una priorità data alla carriera lavorativa, come Hermione.
Il massimo che era riuscita ad ottenere era la possibilità per coloro che erano impegnati una relazione di potersi sposare tra di loro; una magra consolazione visto che lei continuava a restare nella lista dei condannati alla pena completa.
In quel periodo, si era ritrovata più volte a odiare Ron, perché se lui non avesse deciso di andarsene in giro per gli Stati Uniti con Luna Lovegood, alla ricerca di sé stesso, adesso forse sarebbero stati insieme e non si sarebbe trovata in quella situazione. Non era vero, in realtà, perché era stata lei a decidere di non portare la loro storia su un altro livello, non volendolo legare in alcun modo; lei aveva altro a cui pensare, comunque. Una parte di lei, però, come aveva sempre fatto, lo aveva aspettato per un po’, solo che lui non era mai tornato e negli ultimi due anni era stata troppo immersa nel lavoro e nella sua incasinatissima vita quotidiana per pensare alle relazioni.
Il colloquio, aveva scoperto alla fine, non era un vero e proprio colloquio; non c’era qualcuno a porgerle domande e prendere appunti o un modulo da compilare. Avrebbe dovuto capirlo subito, perché li avevano fatti dirigere verso l’aria dell’Ufficio Misteri. Quando era entrata nella porta che le avevano indicato, aveva quasi vomitato.
Al centro della stanza, c’era un cuore gigante, dalla forma di un cuore umano, che batteva rumorosamente, sospeso in aria, racchiuso tra lastre di vetro; c’erano degli elettrodi collegati all’esterno e dei tubicini che entravano nella lastra di vetro, spessi, in cui vorticavano dei filamenti dorati. Hermione avrebbe pensato che fossero ricordi, se questi ultimi non avessero avuto un colore argenteo. Con suo orrore, aveva notato che anche al grosso cuore rosso erano collegati degli elettrodi, che facevano capo a uno dei due grandi tubi trasparenti. A quanto ne aveva capito, quel cuore doveva avere la capacità di estrapolare qualcosa dal loro cervello, - o comunque, dal loro corpo in generale -, e individuare e poi segnalare le persone con maggiore affinità o addirittura le anime gemelle (ma era stata Parvati a dirglielo, ed era sempre stata nota per essere eccessivamente romantica).
Hermione, ora, dubitava di entrambe le cose.
Il Cuore, per definizione e per funzione, non rientrava certo un una categoria di logica che potesse avere alcuna rilevanza per lei; quell’Artefatto non era comprensibile da una mente razionale come quella di Hermione Granger.
E comunque, lei odiava l’Ufficio Misteri e, ne era sicura, anche tutto il suo contenuto meritava altrettanto disprezzo.
Si concesse di lanciare un ulteriore sguardo carico di ribrezzo alla lettera che annunciava il risultato del suo matching e poi le diede fuoco con un incantesimo non verbale e senza bacchetta; scoppiò in un pianto liberatorio, mentre già si immaginava ad avanzare verso il patibolo due settimane dopo, a camminare per un lungo e lugubre corridoio, con Harry al suo fianco, mentre la accompagnava ad apporre la firma sul documento che avrebbe segnato la sua condanna all’infelicità eterna.
Il documento che l’avrebbe resa Hermione Granger-Malfoy.
*
Aveva pregato più volte che Malfoy smuovesse il mondo pur di sciogliere quel match, che tirasse fuori un’ingente quantità di denaro dai suoi caveaux alla Gringott e la liberasse da quella che, Hermione ne era certa, sarebbe stata una tortura a vita, ma lui non aveva fatto assolutamente nulla. Non ci aveva neanche provato.
Da quando gli era stato comunicato l’esito del colloquio, inoltre, non lo aveva neanche incrociato al Ministero; spesso passava di lì per offrire la sua consulenza al Dipartimento Auror, come informatore in merito alla caccia dei pochi Mangiamorte ancora latitanti, o come consulente Pozionista esperto. Hermione sapeva che non poteva ricoprire cariche ministeriali per via del Marchio sbiadito, ma ancora presente sul suo avambraccio a rammentare ciò che un tempo era stato, solo che, evidentemente, quella clausola non gli impediva di essere convocato e assunto come dipendente ordinario o occasionale. Dal momento che Harry lo aveva accolto nel suo team, - Hermione ci aveva messo un po’ a capire quella sua decisione, ma alla fine aveva scelto di fidarsi dell’istinto del suo amico -, i due erano diventati quasi amici e anche Ginny sembrava andare abbastanza d’accordo con lui… o quantomeno, riuscivano a stare nella stessa stanza senza affatturarsi a vicenda.
Lei, però, non ci aveva mai parlato; quando veniva chiamata nell’ufficio di Harry e lui era lì o quando la incrociava per i corridoi, Draco si limitava sempre a farle un breve e freddo cenno del capo. Niente più che un mero e forzato riconoscimento della sua esistenza. Il che, in un primo momento, le aveva fatto ben sperare in un’azione da parte sua che li salvasse entrambi da quel destino orribile, ma ormai il tempo stava per scadere, lui non aveva fatto alcuna mossa e lei stava ormai perdendo la speranza che lo facesse veramente.
Quel cuore, pensava Hermione, qualunque cosa credessero che fosse, doveva essere difettoso o avere tutt’altra funzione, perché non era neanche remotamente possibile che lei avesse un’affinità di alcun tipo con Draco Malfoy, né tanto meno che fosse il miglior match possibile per lei.
Era certa che lui avrebbe fatto qualcosa alla fine, che non avrebbe mai accettato di sposarla. La sua opinione riguardo a quel match non poteva essere molto diversa da quella di lei, probabilmente era anche peggiore, o, almeno, così credeva Hermione.
Perciò il giorno in cui un grosso barbagianni si era presentato alla sua finestra, aveva seriamente sperato che la lettera che le stava consegnando recasse un messaggio del tipo “Risolto. Non pensavi veramente che mi sarei abbassato a sposare una come te, vero?”, magari anche con l’aggiunta di un insulto a concludere il tutto, e invece no. La lettera diceva semplicemente:

 
Per quel giorno, prepara le tue cose, ma sistema un baule da viaggio a parte.

Era stato spiazzante perché le aveva confermato che, contro ogni sua previsione iniziale, Malfoy non aveva intenzione di opporre alcuna resistenza e al contempo aveva preannunciato una vita da trascorrere a litigare con quello che ormai era destinato a divenire il suo futuro marito, per via del suo atteggiamento autoritario che non aveva la minima intenzione di assecondare, del suo carattere altezzoso e della sua spocchia indisponente. Questo, senza neanche considerare le loro divergenze e i loro trascorsi turbolenti.
Aveva passato la serata a vomitare, chiedendosi come fosse possibile che stessero facendo sposare lei con un Mangiamorte… con la persona che più l’aveva disprezzata in passato, con lo stesso giovane che era rimasto a guardare mentre veniva torturata.
L’idea di essere costretta a tornare al Manor… piangeva sempre di disperazione, quando i suoi pensieri iniziavano a vertere su tutta quella faccenda del matrimonio, per cui cercava di non pensarci tenendosi impegnata il più possibile. Aveva persino comprato una scorta di alcol, giusto per fermarsi davanti alla vetrina, guardarla, farsi tentare, per poi ricordare che era una persona adulta, che aveva delle responsabilità, e voltarsi nella direzione opposta, afflitta dal non avere neanche quella possibilità per annegare i propri dispiaceri.
Non aveva avuto altre notizie di Malfoy, finché due giorni dopo l’apparizione del barbagianni, se l’era visto piombare senza preavviso nel suo ufficio, con aria seria e il suo solito portamento elegante e distinto. Il fatto che non aveva aspettato di essere invitato ad entrare prima di fare il suo ingresso e richiudersi la porta alle spalle non l’aveva sorpresa minimamente.
Hermione si era pietrificata, mentre lui si comportava come se tutto quello fosse normale, accomodandosi sulla sedia di fronte alla sua scrivania, con dei fogli tra le mani. La cosa la irritò.
«Puoi sigillare la porta?» le chiese con nonchalance. «Mi hanno preso la bacchetta all’entrata.»
Lei deglutì, fece quanto aveva richiesto, tirò un respiro profondo, poi un altro ancora.
«Che cosa ci fai qui, Malfoy?»
Alzò lo sguardo su di lei, ostentando un’espressione ferma e impassibile, impenetrabile. «Sono venuto a discutere alcuni punti della nostra… situazione» disse in tono neutro.
Hermione rabbrividì e impallidì.
«Nella Legge non viene vietato alle… parti coinvolte, di negoziare dei termini.»
Quindi aveva intenzione di trattare il loro matrimonio combinato e forzato come una questione di affari.
Sentì le gambe iniziare a cedere, l’aria venire meno; si sedette, soccombendo all’improvviso e ingente bisogno di sostegno fisico. Sembrava aver perso la facoltà di parola, insieme ad ogni capacità di raziocinio.
«Ti dirò le mie condizioni, dopodiché tu potrai fare altrettanto», affermò lui, «e cercheremo un compromesso laddove saremo in disaccordo. Va bene?»
Lei annuì debolmente, le guance che iniziavano a colorarsi di una sfumatura di rosa e la gola che cominciava a bruciare; voleva piangere, perché era tutta la faccenda del matrimonio in sé con cui era in disaccordo ed essere lì con lui, in quel momento, era insopportabilmente opprimente, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla in lacrime per l’ennesima volta.
«Innanzitutto, voglio precisare che non ti toccherò finché non sarai tu a dirmi di essere pronta», esordì, facendola arrossire dall’imbarazzo per via dell’allusione affatto sottile.
Doveva proprio partire da quello?
«Quello che chiedo io è fedeltà, reciproca ovviamente. Non sono un fan delle relazioni aperte e preferirei non avere dubbi… insomma, hai capito.»
Hermione divenne paonazza, la rabbia e l’indignazione che iniziavano ad affiorare dentro di lei. «Con chi credi di parlare, Malfoy?» esclamò stizzita, ma lui si limitò a scrollare le spalle.
«Era solo per precisare e chiarire la mia posizione al riguardo» affermò stoicamente.
Hermione lo odiava. Come riusciva a restare così indifferente?
Avrebbe dovuto essere dannatamente furioso per quell’oltraggio.
Lei lo era e non aveva mai avuto alcun pregiudizio verso di lui, se non quelli che si era guadagnato con il trattamento deplorevole che le aveva sempre riserbato e le sue azioni discutibili.
«Andando oltre, dal momento che abbiamo dei trascorsi, ehm, significativi», proseguì deglutendo, «credo sia il caso di favorire un ambiente aperto alla comunicazione…»
Una risata ilare lasciò la gola di lei senza che potesse impedirlo in alcun modo. «Un ambiente aperto alla comunicazione?» ripeté sarcasticamente, mentre lo sguardo di Draco saettava su di lei. «Non sei tu quello che sta Occludendo come non mai?»
Il biondino restò a fissarla senza dire niente per qualche istante, l’estremità dell’occhio sinistro che tremava leggermente.
«Senti, Malfoy, non credo che tutto questo abbia senso», disse Hermione, caustica. «Non è un rapporto lavorativo, è un matrimonio del cazzo che ci risparmieremmo volentieri in due.»
L’espressione impassibile sul viso di lui parve vacillare per un istante dopo quelle parole, ma un battito di ciglia dopo era impenetrabile come sempre, per cui dedusse di esserselo immaginato.
«Ma non abbiamo scelta» asserì il biondino e il modo in cui lo disse, come se fosse un dato di fatto, niente più, niente meno, fece riemergere tutta la sua disperazione.
Come poteva il Wizengamot far loro veramente una cosa del genere?
«E per come la vedo io, abbiamo due modi per affrontare la cosa.»
Le sopracciglia di Hermione scattarono all’insù, rivolgendogli un’occhiata interrogatoria.
Forse aveva un piano, dopotutto.
Forse non avrebbe dovuto sposarlo…
«Possiamo continuare a combatterci per tutta la vita», sussurrò pragmaticamente lui, «o affrontare la cosa da alleati. A te la scelta, Granger, ma è mia opinione che la seconda alternativa sia quella migliore.»
Ah.
Non era quello che si era aspettata che le dicesse.
Hermione soffiò dal naso; lasciò ricadere di scatto il malloppo di fogli che stava scrutando rapidamente e lo guardò di sottecchi. «Perché diavolo non stai impiegando questo tempo per cercare di essere ricollocato con qualcun’altra? Sappiamo entrambi che non sono neanche lontanamente il tuo tipo.»
Draco si inumidì le labbra. «Mio padre ci ha provato», ammise distendendosi contro lo schienale della sedia. «Ma io non ero d’accordo.»
Hermione sgranò gli occhi. «Cosa?»
Non poteva credere alle sue orecchie!
«La sua alternativa verteva su Pansy Parkinson, Granger», spiegò lui. «A quanto pare due persone sono rimaste spaiate in questa sessione di analisi: lei e Theodore Nott. Sono abbastanza sicuro che tu preferisca lasciare le cose come sono ora.»
Hermione pensò che dovesse essere impazzito.
Prese un appunto mentale di chiedere a Harry se fosse possibile che avesse perso qualche rotella, ma poi rifletté che Malfoy non era mai stato esattamente un modello di sanità.
«E cosa te lo fa pensare?»
Un sopracciglio del biondino si sollevò a quella domanda. «Beh, primo, io sono attraente e Nott è un cesso con i piedi», disse sardonicamente e lei dovette mordersi la lingua per non scoppiare a ridere, anche se trovava la sua uscita fottutamente narcisistica.
Almeno in quello, non era diverso.
Non poteva dargli torto, però, perché Theodore non era meno allampanato di quanto non fosse quando andavano a Hogwarts e non riusciva ancora a pronunciare una singola frase senza commettere una sfilza di errori grammaticali nel mentre; Hermione avrebbe odiato parlare con lui ogni giorno e il pensiero di dover avere dei rapporti con lui era ripugnante. Non che l’idea di andare a letto con Malfoy la entusiasmasse, ma aveva dovuto ammettere che, almeno esteticamente, il biondino aveva ricevuto la grazia degli dèi.
«E secondo» continuò, con il tono di chi sapeva per certo di stare per vincere una disputa, «Io non ho più pregiudizi e non seguo la linea purosanguista ormai da anni, Nott no
Hermione deglutì con forza e affondò i denti nel suo labbro inferiore.
«Ai miei occhi, Granger, ti sto salvando
La giovane donna non riuscì a trattenere un suono che uscì fuori come una risata strozzata. «Da bullo a eroe è un grosso cambiamento, Malfoy» ribatté con sarcasmo lei. «E devo aggiungere anche piuttosto ambizioso.»
Draco si irrigidì visibilmente a quella frecciatina, allargò le narici. «Non sarò un eroe, ma non sono più la persona che ero a scuola», sibilò freddo. «Ma se preferisci, posso dire a mio padre di riprovare a corrompere-»
Il pensiero di finire con Nott le fece venire un conato di vomito.
Per un lungo e doloroso momento, Hermione immaginò la sua vita passare tra insulti e soprusi, totale mancanza di rispetto e tutto a un tratto Draco Malfoy non le sembrava poi la fine del mondo. In fondo, sempre meglio avere a che fare con il nemico che si conosceva, rispetto a uno che avrebbe dovuto capire come gestire da zero. E poi erano trascorsi anni dall’ultima volta che lo aveva visto, ma più di qualcuno tra i suoi amici più stretti aveva testimoniato il suo cambiamento; perciò, tanto valeva adattarsi alla sua possibilità migliore in quella situazione.
«No… no, va bene così…» mormorò sconfitta, abbassando lo sguardo sulle sue mani.
Non era l’ideale, ma non era neanche il peggio che poteva capitarle, a quanto pareva. 
«Bene, vogliamo continuare, allora?»
Hermione annuì brevemente. «La mia condizione è che non proverai a controllarmi in alcun modo.»
Draco sbuffò. «Come se fosse possibile!»
«E mi piacerebbe che ci fosse rispetto reciproco.»
Il biondino abbozzò un mezzo sorriso che, stranamente, le sembrò sincero. «Capisco da dove vengono le tue remore, Granger, ma posso assicurarti che nutro un gran rispetto per te, ora.»
La giovane donna si morse l’interno della guancia e socchiuse gli occhi, valutando quell’affermazione e cercando di capire se fosse sincero o se la stesse prendendo in giro.
«Dubito che la cosa sia reciproca, però» considerò ancora, «mi sembra più una condizione a mio favore.»
Hermione non rispose, perché Malfoy aveva ragione.
Lei non nutriva alcun rispetto per lui, non se l’era mai guadagnato da parte sua; avere rispetto per una vita umana e salvarlo durante la Battaglia era un conto, ma rispettarlo in quanto persona, quando mi l’aveva sempre trattata come se fosse spazzatura… quello era tutto un altro discorso.
Si strinse il labbro inferiore tra i denti, cercando di soffocare nuovamente la voglia di piangere.
Si chiedeva se avrebbe continuato comunque a chiamarla Sanguemarcio, quando l’incubo sarebbe diventato realtà.
Sarebbe stato capace di farlo anche se non seguiva più l’ideologia purosanguista, giusto per farle un dispetto o per ferirla e lei non avrebbe sopportato di sentirsi appellare in quel modo costantemente, ogni giorno. C’era stato un momento, durante la guerra, in cui quell’insulto aveva perso ogni influenza su di lei, ma poi Bellatrix glielo aveva inciso sul braccio, dando al termine un nuovo potere su di lei che non era ancora riuscita a superare, che non era sicura sarebbe mai riuscita a superare.
Sospirò pesantemente. «Sono solo cinque anni in fondo, poi potremo richiedere l’annullamento», mormorò alla fine. «Forse, se facciamo di tutto per stare l’uno alla larga dall’altro, possiamo farcela.»
Un lampo attraversò gli occhi di Draco quando udì quelle parole, ma lei non diede alcun segno di accorgersi di esso. Il biondino si agitò leggermente sulla sedia.
«Granger, hai capito il vero scopo di tutto questo?»
Lei arrossì violentemente. «Sì che l’ho capito» sbottò, irritata. «Incentivare la natalità e tentare di porre fine alle Sacre Ventotto. Credi che non abbia notato che nessun Purosangue di quella lista è stato associato a un altro Purosangue? Mi sorprende che il Consiglio della vostra élite di fanatici non abbia protestato!»
«Questo non è affar mio», commentò lui, con l’aria di non essere scalfito minimamente dalla questione. «I Malfoy non hanno un posto in quel consiglio da quando ho rifiutato di sostituire mio padre.»
Hermione si zittì, non sapendo cosa ribattere.
«Mi spieghi come intendi adempiere a quella particolare clausola di tutta questa faccenda restando a distanza?» le chiese allora. «Due volte, per giunta?»
Sentì tutto il sangue nel suo corpo confluirle sulle guance, l’imbarazzo incendiarla.
Parte della Legge prevedeva l’avere due bambini entro i cinque anni di matrimonio previsti, la clausola che Hermione detestava di più in tutta quella torbida storia.
«Troveremo un modo», sussurrò lei, odiando quanto la sua voce suonasse debole. «Qualcosa che lo renda meno spiacevole per entrambi o… non lo so! Mi farò venire in mente una soluzione.»
Hermione, in cuor suo, sperava ancora di trovare un escamotage per evitare completamente l’intera faccenda.
Draco dilatò le narici e soffiò dal naso; stringeva i braccioli della sedia con foga.
«Hai già deciso come andrà, allora», disse infine, freddamente.
«Scusami?»
«Hai già deciso che dopo cinque anni metteremo un punto a questa storia» specificò lui.
«Mi sembrava scontato», rispose Hermione, allibita, gli occhi sbarrati. «Non dirmi che pensi veramente che possa… diventare qualcosa di più. Non puoi volerlo seriamente.»
«So che quando ci sono di mezzo due ipotetici figli bisogna almeno tentare di far funzionare le cose, per loro, almeno» considerò il giovane, «E tu non mi sembri affatto propensa a collaborare in quel senso.»
La mascella di Hermione cadde. «Io non pensavo che tu avessi intenzione di…» la frase si perse nel vuoto e, invece di completarla, deglutì. «È… troppo strano. Tutto questo. Io non credo di poter… fare di più di quello che mi viene chiesto. È già tanto così.»
Draco restò in silenzio per qualche secondo. «Nuova condizione da parte mia», disse poi. «Proveremo a far funzionare-»
«Mi sembra impossibile», lo interruppe lei. «Perché continui a insistere? Siamo noi due, Malfoy. Non c’è speranza. E sinceramente, non dovresti neanche ragionare in questo modo-»
«La tua parola, Granger.»
Hermione sospirò. «Senti, forse per te è più semplice, sei probabilmente stato cresciuto con la forte eventualità di finire invischiato in un matrimonio a contratto, ma io…» mormorò, distogliendo lo sguardo da lui. «Io volevo altro dalla vita.»
Il biondino arricciò le labbra. «Va bene», concesse alla fine, sibilando tra i denti. «Qualcos’altro per rendere tutto questo ancora più difficile di quanto non sia già?»
Hermione era confusa; non c’era niente in tutta quella conversazione che avesse senso, da parte di Malfoy.
Lasciò cadere il discorso, aveva altre faccende da affrontare, più importanti e impellenti.
«Sì», ammise, traendo un respiro profondo. «C’è anche un’altra cosa che dovresti sapere, Malfoy.»
Draco alzò un altro sopracciglio e le rivolse un breve cenno per incitarla a parlare.
«Io… ho bisogno che tu mi assicuri che… non dirai niente a nessuno.»
«Dannazione, Granger! Siamo fidanzati da dieci minuti e già mi metti alla prova?»
Lei non rise; tutto il contrario, restò tremendamente seria.
Lui sbuffò. «Vuoi stringere un Voto Infrangibile o un Patto di Sangue?»
«Malfoy
«Lo giuro sulla tomba di Salazar, Granger.»
Hermione si leccò le labbra, afferrò la sua borsa e ne tirò fuori una fotografia magica; la fece scivolare verso di lui, poi giunse le mani, intrecciando le dita.
Draco corrugò la fronte.
«Non capisco.»
«È mio figlio, Malfoy.»
Lo vide impallidire e irrigidirsi, gli occhi fissi sulla figura in movimento.
«Non lo sa nessuno al di fuori degli uffici competenti del Ministero, Kingsley mi ha aiutato a nasconderlo», farfugliò lei, agitata, iniziando ad avvertire una punta di panico.
«Quanti anni ha?»
«Cinque. L’ho avuto durante la guerra, prima di partire per raggiungere Harry e Ron, ma a quanto pare non ho detto a nessuno chi fosse il padre e dopo… ehm… Bellatrix… io non… non ricordo. Non ricordo nulla di lui, è come se non fosse mai esistito.»
Il volto di Draco assunse un’espressione indecifrabile e un colorito tendente al grigiastro. «Cinque anni», ripeté, come se stesse parlando con sé stesso e non con lei.
«Senti, ho provato a farmi estromettere dalla Legge, ma hanno detto che non è prevista un’esenzione neanche per chi, di fatti, ha già dei figli», gli disse, deglutendo. «Non credo si siano presi la briga di postulare una clausola per chi è nella mia situazione, in fondo è estremamente raro che i maghi abbiano dei figli al di fuori dal matrimonio», le sembrava di parlare da sola ormai. Draco aveva lo sguardo perso nella foto e non proferiva parola. «Sono comunque sicura che potresti appellarti a questa cosa, però, per tirartene fuori. Non possono costringerti a-»
«Come si chiama?»
Hermione sbatté le palpebre, spiazzata e alquanto confusa, comprendendo sempre meno le reazioni del biondino.
«Sirius», mormorò perplessa, la voce appena udibile.
Lui deglutì, poi le restituì la foto e all’improvviso parve essere tornato impassibile, come se non gli avesse appena rivelato un segreto enorme.
Maledetta Occlumanzia!
«Posso conoscerlo prima, ehm, del matrimonio?» chiese in tono neutro. «Insomma, credo che sarebbe meno traumatico per lui se non gli facessimo capire che si tratta di un matrimonio combinato.»
Lei dischiuse le labbra. «Non hai ugualmente intenzione di chiedere un re-match
«No.»
«Ah», esclamò lei, sorpresa.
«Rassegnati, Granger» le disse. «Ti tocca sposarmi.»
Poi si alzò e si diresse verso la porta.
Hermione esplose poco prima che lasciasse il suo ufficio; si alzò di scatto, facendo rumore con la sedia mentre la tirava bruscamente indietro, e batté le mani sul tavolo. Ignorò il dolore provocato da quel gesto impulsivo. «Si può sapere qual è il tuo problema?»
Draco si voltò a guardarla sconcertato. «Mi pare che tu sia l’unica ad avere dei problemi, qui.»
«APPUNTO!», gridò di frustrazione lei. «Questo è il problema!»
Il giovane uomo si limitò a sollevare un sopracciglio.
«Tu dovresti… non dovresti… non ti capisco.»
Lui si prese un attimo di troppo per valutare la risposta da darle.
«Capirai», soffiò alla fine. «Questa sera verrò a casa tua per incontrare Sirius.»
E poi avanzò di qualche passo, uscì e si richiuse la porta alle spalle, senza attendere una sua risposta in merito.
Hermione si lasciò cadere contro la sedia, prendendosi il viso tra le mani e lasciando cadere le lacrime che aveva a stento contenuto per tutto il tempo.

 

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Capitolo 2
*** 2. Sirius ***


The Weight of Us



CAPITOLO 2
Sirius





 

Sirius era un bambino molto perspicace per la sua età. Aveva sicuramente preso quel tratto da lei, anche se non avrebbe saputo dirlo con certezza perché non ricordava minimamente la persona con cui aveva avuto una relazione durante il suo sesto anno a Hogwarts.
La fissava con gli occhi socchiusi dall’altro lato del tavolo; gli aveva appena detto che quella sera avrebbe conosciuto “un amico della mamma” e che da quel momento in poi lo avrebbe visto spesso.
«È il mio papà?» gli chiese incerto, la voce che lasciava trasparire un accenno di speranza misto a entusiasmo.
Hermione gli rivolse uno sguardo dolce e dispiaciuto. «No, tesoro», gli disse. «Mi dispiace.»
«Ma hai detto che è un tuo amico dai tempi della scuola», obiettò lui, la fronte corrugata.
Aveva detto più bugie in merito a quella storia che nell’intero corso della sua vita: lei e Draco Malfoy, amici dai tempi della scuola, che si erano rincontrati, erano andati a pranzo insieme e avevano iniziato a frequentarsi romanticamente… Sirius avrebbe capito subito che non c’era alcuna chimica tra di loro, né affetto e che non avrebbe mai potuto esserci niente del genere tra loro.
Forse avrebbe dovuto dirgli direttamente come stavano le cose, che per cinque anni avrebbero vissuto a casa del biondino e che dovevano sposarsi per ordine del Ministero. Che avrebbe avuto almeno due fratellini, o due sorelline, e Merlino, Hermione non voleva neanche pensare a tutto il casino che sarebbe accaduto quando avrebbero chiesto l’annullamento del matrimonio.
In cuor suo, sperava di trovare una soluzione prima di essere costretta a consumare, di sicuro prima di dover adempiere a quella clausola disturbante.
«E se dopo l’incidente hai perso la memoria, come fai ad essere sicura che non sia lui?» le domandò ancora.  
Hermione sospirò. «Sono assolutamente certa che non sia lui.»
Sirius si morse l’interno di una guancia. «Non sono convinto.»
I suoi capelli cambiarono colore, divenendo di un rosso acceso.
Sirius era un Metamorfomagus; aveva un paio di occhioni color grigio caldo e… beh, non avevano mai capito quale fosse il colore naturale dei suoi capelli, perché aveva iniziato a cambiarlo subito; appena nato, le aveva detto Andromeda, erano biondi, ma il tempo di portarlo tra le sue braccia ed erano già diventati viola.
Hermione ricordava il suo periodo al rifugio di Andromeda, anche se non aveva memoria del motivo per cui era stata lì, - non ricordava quasi nulla della sua gravidanza e i pochi ricordi che aveva erano sfocati -, e aveva instaurato con la donna un rapporto molto stretto; dopo quanto accaduto a Malfoy Manor, Harry e Ron le avevano dovuto spiegare che aveva avuto un figlio e che la strega se ne stava prendendo cura fintanto che lei era impegnata con la ricerca degli Horcrux. Dopo la guerra, poi, Hermione era andata a vivere con lei per un po’ e Teddy e Sirius erano stati cresciuti praticamente come fratelli.
«Lui… stava con qualcun altro in quel periodo, Sirius», gli disse alla fine, pensando alla Parkinson.
Chissà perché tra di loro era finita… lei neanche sapeva che non stessero più insieme, ma aveva sempre pensato che fossero fatti l’uno per l’altra.
«E in caso contrario, me lo avrebbe detto, non trovi? Non è lui.»
«Ah», esclamò il bambino, rattristito. «Va bene. E tu sei felice ora con questo tuo… amico?»
Hermione deglutì ed esibì un sorriso finto e tirato. «Non ne hai idea» sibilò a denti stretti, fingendo un entusiasmo che non provava nemmeno remotamente.
Sentì bussare alla porta e sobbalzò, agitata; si irrigidì e dovette trarre più di un respiro profondo prima di trovare forza e coraggio per andare ad aprire.
«Buona sera», la salutò Draco.
«Malfoy.»
La giovane donna arrossì violentemente quando lui le porse un mazzo di fiori, molto impacciatamente, poi, senza alcun preavviso o motivo apparente, l’abbracciò.
Fu l’abbraccio più imbarazzante della sua vita; lei, rigida, appiccicata a Draco Malfoy, il quale si comportava come se fosse sotto Imperius o vittima di un Confundus estremamente potente.
«Cosa diavolo stai facendo?» gli sussurrò nell’orecchio, stridulamente.
«Abbiamo deciso di fingere di frequentarci da un po’, no?» le rispose lui. «E dovresti smetterla di chiamarmi per cognome.»
Lei si allontanò come se quel contatto ravvicinato l’avesse ustionata. «Difficile.»
Le rivolse un sorriso impertinente. «Esercitati davanti allo specchio, se lo reputi necessario», asserì in tono asciutto. «Tra un po’ sarà anche il tuo cognome. Sarebbe un po’ strano, dovrei chiamarti Malfoy anche io. Non va.»
«Non rinuncerò al mio cognome», obiettò lei, determinata. «Non lo farei per un matrimonio vero, figurarsi per questo.»
Draco deglutì. «Non…» provò a dire, «Hermione…»
«Allora, mamma?» la voce di Sirius li raggiunse, un po’ annoiata.
Tutti i muscoli nel corpo del biondino si tesero visibilmente, il colore defluì dal suo volto, mentre il piccolo di cinque anni faceva capolino nel salotto.
«È arrivato questo tuo amico?»
Draco abbozzò un sorriso nervoso. Hermione si sentiva sul punto di vomitare o di urlare, o di scoppiare a piangere, non ne era sicura neanche lei. Desiderava che tutto ciò non fosse altro che un brutto sogno.
Mentire a suo figlio, - lei, che non mentiva a meno che non fosse questione di vita o di morte -, sposare quel maledetto furetto platinato, obbligata dal dannatissimo Wizengamot… questa non poteva essere la sua vita. Non poteva essere il futuro “migliore” per cui lei e i suoi amici avevano lottato fino a cinque anni prima.
«Ciao, ometto» esordì il biondino e per la prima volta nella sua vita, Hermione scorse incertezza nel tono della sua voce. «I-io sono Draco.»
Il bambino non rispose; restò semplicemente immobile a studiarlo attentamente, con gli occhi assottigliati, in un’espressione pericolosamente simile a quella circospetta della madre.
Draco deglutì. «Tu… devi essere l’uomo di casa, giusto?» ci riprovò tentennando, il suo viso sempre più pallido. Sembrava sul punto di svenire da un momento all’altro.
«Esatto», asserì Sirius, gonfiando il petto. «E se fai soffrire la mia mamma, te la farò pagare.»
«Sirius!» lo rimproverò Hermione, portandosi una mano sulle labbra simulando shock, anche se in realtà era sul punto di scoppiare a ridere.
Il biondino, invece, inspiegabilmente, sorrise. «Assolutamente», replicò con convinzione. «L’unica intenzione che ho con tua madre, è quella di renderla felice.»
Hermione represse a stento un grugnito e fece ruotare gli occhi; l’idiota sapeva recitare, ma stava esagerando. Sirius, però, dovette decidere che era stato abbastanza convincente, o lui abbastanza intimidatorio, perché si rilassò e il viso gli si illuminò di entusiasmo.
«Fighi i tuoi capelli!», esclamò entusiasta, poi strizzò gli occhi per qualche istante e i suoi capelli divennero di un biondo tremendamente simile al bianco, la copia esatta di quelli del giovane davanti a lui.
Draco si pietrificò e la mascella di Hermione cadde a terra.
I suoi occhi erano di una tonalità di grigio più calda, ma anche solo considerando quei capelli, Sirius somigliava spaventosamente a Malfoy. Hermione voleva rimuovere completamente quell’immagine dalla sua mente; forse, prima di andare a dormire, si sarebbe obliviata, altrimenti avrebbe rischiato di esserne tormentata per tutta l’esistenza.
La legge prevede il concepimento di due bambini…” ricordò a sé stessa e dovette deglutire con forza per fermare il conato di vomito provocato dall’idea di avere dei rapporti intimi con Malfoy, mentre l’immagine di due bambini con gli occhi grigio ghiaccio e i capelli ricci come i suoi e biondi come quelli di Draco appariva nella sua mente a tormentarla.
Perché non fa qualcosa? Perché non si sta rifiutando categoricamente di assecondare questa storia? Dannazione, neanche per sbaglio riesce a fare la cosa giusta, maledetto furetto…” pensò disperata tra sé e sé.
«Sirius!» lo ammonì Hermione, «non fare mai più una cosa del genere!»
«Ma mi piacciono!» protestò il bambino, mettendo su il broncio.
La madre lo zittì con un’occhiata severa, poi si voltò verso il giovane e boccheggiò in preda al panico. «Scusa, veramente. Gli ho detto mille volte di non farlo. È un Metamorfomagus, è ossessionato da questa cosa dei capelli, cambia colore in continuazione fin dalla nascita, al punto che non ho idea di quale sia il suo colore naturale e-»
Ma Draco aveva l’aria assente, non stava veramente ascoltando il farfugliare imbarazzato di lei; aveva lo sguardo fisso sul bambino, che sbuffò rumorosamente.
«Così va meglio?» chiese lui, trasformandoli in un rosso Weasley.
Il biondino fece una smorfia, ritornando al presente. «Erano meglio prima.»
Sirius rise, ma Hermione incrociò le braccia al petto. «Credo che sia arrivato il momento che tu vada a dormire…»
«No, va bene, la smetto» si affrettò a dire il piccolo, facendoli tornare come li portava normalmente. «Di solito li porto così, come lo zio Harry» spiegò orgoglioso, rivolgendosi a Draco, pronto a lanciarsi in uno dei suoi immensi monologhi. «Sai, è il mio padrino e io ho il nome del suo padrino! E zio Harry è tipo il mio eroe, da grande spero di diventare come lui.»
Il biondino si morse con forza l’interno del labbro inferiore e parve attraversare un momento di difficoltà.
Hermione borbottò: «Spero che non gli somiglierai troppo. Vorrei trascorrere il resto della mia vita in tranquillità.»
Ma Sirius era ormai partito a raffica. «…Fa tante cose pericolose, lui è un Auror, sai? Dà la caccia ai maghi cattivi! Anche io voglio diventare un Auror da grande, ma la mamma dice che dovrei considerare qualcosa di meno rischioso. Io però lo trovo fantastico! Tu lo conosci lo zio Harry? Mi porta sempre al parco e mi fa tanti regali e…»
«A proposito di regali», lo interruppe Draco, sorridendo. «Ho qualcosa per te.»
Con un Incantesimo di Appello non verbale, chiamò a sé un grosso pacco.
«Oh, no» mormorò Hermione. «Non dovevi, davvero non dovevi…»
«Grazie!» trillò Sirius, afferrando il dono, felice. «Sai avevo delle riserve, ma penso che tu possa considerarti approvato, ora.»
Il biondino sghignazzò, mentre la giovane donna s’indignava. «Piccolo opportunista…» biascicò sottovoce, a corto di parole; era certa che l’avesse sentita solo Malfoy.
«Oh, è una scopa! Che bello!» esclamò, prendendo a saltellare con entusiasmo. «Posso farci un giro subito?»
«Buon Merlino, no!» piagnucolò Hermione. «Harry cerca di comprargliene una da anni e gliel’ho sempre proibito e tu…»
«È solo una scopa giocattolo, Hermione, si alza solo di un metro e mezzo», si difese il biondino.
«Non mi piacciono le scope», ribatté lei, ostinata.
«A me sì!» esclamò un esaltato Sirius, che sorrideva felice. «Grazie!»
Draco rise. «Non hai nulla di cui preoccuparti, Gr-Hermione, gli insegnerò io ad andarci…»
Hermione si congelò, rimanendo a bocca aperta; ingoiò saliva, trasse un respiro profondo.
«Sirius, saluta Malfoy» disse al bambino, «E fila a letto, per favore.»
«Malfoy?» chiese lui, imperterrito. «Perché lo chiami per cognome? E poi, zia Dromeda non ha una sorella che-»
«Basta così», lo interruppe lei, risoluta. «È davvero tardi, devi andare a dormire, o non ti sveglierai…»
«MA MAMMA!»
«Se vuoi andare da Teddy domani mattina, dovrai fare come dico, altrimenti ti alzerai tardi e ti toccherà andare alla Tana.»
Sirius sbuffò, prese il manico di scopa giocattolo tra le mani, ringraziò e salutò Draco, poi si trascinò irritato fino alla sua camera da letto, borbottando scontento.
Hermione sospirò pesantemente, pallida come un lenzuolo.
«Non gli piacciono le Donnole?» chiese divertito Malfoy, ma lei non rise.
«Lui e Teddy sono cresciuti insieme, sono praticamente come fratelli» gli spiegò stancamente. «Vivevamo da Andromeda fino a un paio di anni fa. Resta da loro mentre io sono al Ministero, perché ne sente la mancanza e ho bisogno di qualcuno che badi a lui quando lavoro. Qui… siamo solo noi due.»
Draco annuì brevemente, ma il sorriso svanì dal suo volto.
«Non avresti dovuto fargli un regalo» mormorò distrattamente lei, mentre raccoglieva l’incarto del pacco dal pavimento per gettarlo via. Si diresse in cucina e il biondino la seguì.
«Perché no? Mi piacciono i bambini…»
«Li mangi a colazione?»
Lui simulò una risata priva di alcuna ilarità. «Molto divertente, Granger.»
«Chiedevo sai, la sicurezza di mio figlio è la cosa più importante per me.»
«Lui… è al sicuro con me», mormorò serio Draco.
«Gli hai appena regalato una scopa
 «Gli è piaciuta! Ed è sicura. Ha tutti i meccanismi di sicurezza più avanzati se ti può tranquillizzare.»
«Ovvio che gli è piaciuta, è una piccola peste combinaguai» ribatté Hermione. «E perspicace, forse anche troppo per la sua età. Anche leggermente opportunista, a quanto pare, deve aver preso dal padre in questo.»
Draco si leccò le labbra a disagio. «È un tipo interessante
Gli angoli delle labbra di Hermione si sollevarono per qualche istante, l’orgoglio che baluginava nei suoi occhi color cioccolato, poi tornò seria. «Vorrei chiederti di non fargli più dei regali, di non cercare di instaurare un legame con lui…»
«Perché no, Granger? Cosa c’è di male? Stiamo per diventare marito e moglie e se c’è una possibilità che almeno a uno di voi due io possa piacere…»
«Perché non voglio che si affezioni a te, Malfoy!» sbottò Hermione, con le lacrime agli occhi. «Sente già abbastanza la mancanza di suo padre, non voglio che inizi a vederti in qualche modo come una costante nella sua vita, va bene? Non sarebbe giusto!»
Il giovane assottigliò le labbra; per un attimo parve ferito da quelle parole, ma non lo diede a vedere oltre. «Non sarebbe giusto? Granger, stiamo per sposarci.»
«Non per nostra scelta!» gracchiò lei, frustrata. «E sarà solo per cinque anni
Hermione pensò che sarebbero stati cinque, lunghi, tediosi anni che sarebbero sembrati molti di più, ma non lo disse a voce alta.
«Non saranno solo cinque anni», commentò lui sbuffando.
Le sopracciglia di lei scattarono all’insù.
«Vedrai», aggiunse poi Draco, ammiccando nella sua direzione.
Lei arrossì. «Non hai senso, giuro. Non ti capisco! Questo è… Tu dovresti essere persino più contrariato di me!»
«Beh, non lo sono» dichiarò lui, facendo spallucce.
Era come se volesse a tutti i costi contraddirla, come se… non fosse cambiato nulla tra di loro dai tempi della scuola, ma al contempo fosse tutto diverso. Era incredibilmente frustrante.
La giovane donna aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse. Espirò sonoramente, poi si incamminò verso un mobile e aprì uno sportello.
«Non posso farlo senza un po’ di incoraggiamento» bisbigliò, parlando con sé stessa. «Vuoi del vino? Burrobirra? Firewhiskey? Acquaviola? Ho un po’ di tutto, di questi tempi», gli disse. «Anche se non bevo mai niente perché devo restare lucida per gestire la mia piccola peste.»
«Firewhiskey, grazie», rispose lui, sedendosi al tavolo.
Hermione gli fece scivolare il bicchiere pieno davanti e lui lo afferrò al volo; l’anello con il serpente incastonato che gli aveva visto portare fin da quando aveva undici anni brillò sotto la luce della lampada. «Senti, vorrei parlarti di una cosa» sussurrò, rassegnata. «Vedi io… Preferirei… preferirei restare a vivere qui, dopo… il tu-sai-cosa
«Il “tu-sai-cosa”?» ripeté lui, sbigottito. «Non riesci neanche a dirlo? Ti fa così schifo l’idea?»
Non gli rispose. «Capisco che questa è una casa babbana e che tu possa non trovarla, ehm, comoda, ma si tratta solo di cinque anni… è la casa in cui sono cresciuta, sai? Non credo che mi sentirei a mio agio altrove
«Non vivo al Manor», la informò, probabilmente cogliendo al volo l’allusione. «Me ne sono andato sei mesi dopo il mio processo. Per me, quelle mura sono come infestate.»
Hermione rimase interdetta da quella confessione aperta e sincera, ma al contempo inaspettata.
«E i rapporti con Lucius sono intollerabilmente tesi da anni» aggiunse ancora. «Ho un posto tutto mio, una villa, vicino al mare. Decisamente più tranquilla di una casa in città.»
La giovane socchiuse leggermente gli occhi nel sentirlo chiamare il padre per nome, domandandosi cosa fosse successo tra i due perché Draco arrivasse fino a quel punto dopo aver passato gran parte della sua vita in cerca della sua approvazione, senza però porgergli domande al riguardo; arricciò le labbra, ma annuì rassegnata. «Capisco.»
Avrebbe dovuto sapere in partenza che Malfoy non avrebbe neanche preso in considerazione l’idea di restare lì.
Draco sospirò; sembrava genuinamente esausto. «Ascolta, Granger, so che non è facile, ma… ci sto provando, ok? Potresti fare almeno un tentativo?»
Lo guardò senza vederlo veramente.
No che non poteva fare un tentativo!
Era Malfoy!
Hermione si passò una mano sul volto; avvertiva di nuovo la voglia irrefrenabile di scoppiare a piangere.
«Come fai?» chiese in un sussurro. «Noi… tu non mi hai mai sopportata, né… apprezzata in alcun modo, probabilmente a prescindere dalle mie origini… come puoi rimanere così stoico? Parlare di tentativi?»
Lui si leccò le labbra e si prese qualche secondo di riflessione prima di rispondere. «Semplicemente, spero di avere un futuro più felice di ciò che ho vissuto finora. E di dare ai miei figli più amore di quanto ne abbia ricevuto io. Una famiglia unita e stabile rientra in questo progetto di vita.»
Hermione deglutì.
Il furetto era diventato intenso e profondo con il tempo.
Maledizione!
«È che… Non mi aspettavo tutto questo» ammise dopo un po’ sottovoce. «Non mi aspettavo che la Legge venisse approvata veramente, né tanto meno di ritrovarmi te come promesso! E di certo non pensavo che tu… Credevo che avremmo stipulato un accordo di tolleranza reciproca ed elaborato un piano di sopravvivenza e che poi ci saremmo fatti ognuno gli affari propri… e tu invece mi stai parlando di provare a far funzionare le cose… Malfoy, noi non ci siamo scelti! Non ci saremmo mai scelti! Non può andare bene!»
Perché non lo capiva?
Non potevano obbligarsi ad innamorarsi!
Un vecchio Cuore che i maghi credevano in grado di individuare le anime gemelle non poteva decidere per loro e la sua interpretazione di qualsiasi cosa aveva prelevato dal loro corpo per il “colloquio” non era necessariamente giusta!
Per loro, per esempio, non poteva esserlo.
Il volto del biondino si indurì. «Non puoi saperlo.»
Hermione ringhiò di frustrazione. «Sei troppo sicuro di te, sai?»
Draco esibì un sorrisetto storto. «E tu troppo testarda.»
«Sono solo realista» sussurrò debolmente lei.
«No, sei pessimista.»
«Malfoy…»
«Sul serio, Granger, come fai a dire che non andrà bene senza nemmeno averci provato?» chiosò, spazientito. «Hai sviluppato una improbabile propensione per la Divinazione in questi anni? Perché l’ultima volta che ho controllato, avevi lanciato una sfera di cristallo giù per le scale, definendo quella materia “un mucchio di baggianate”.»
Hermione sgranò leggermente gli occhi. Era serio? Tentava di… sdrammatizzare?
Stavano vivendo una vera tragedia, non una commedia romantica su cui qualche babbano avrebbe fatto un film un giorno!
Sospirò, scosse il capo e restò in silenzio per qualche secondo, incerta se sentirsi allibita o esausta.
«Tu neanche mi conosci, Granger» aggiunse lui. «Dammi una possibilità, non sono più… il ragazzino che ricordi da Hogwarts.»
«Onestamente, come fai anche solo a pensare che potrebbe funzionare?» protestò ancora lei, ma non aveva più vigore per combattere quella battaglia, era evidente. Si sentiva drenata di tutte le sue forze e la realtà di quanto stava accadendo si andava concretizzando sempre di più nella sua testa… e faceva male.
«Lo so e basta, va bene?» sussurrò il giovane. «Io… ho una sensazione, ok?»
Hermione sbatté le palpebre. «Una sensazione», ripeté incredula.
Draco sbuffò. «Senti, non ti chiedo di provarci, né di crederci, d’accordo? Solo… non remarmi contro.»
La giovane dischiuse le labbra. Non aveva davvero una scelta, il biondino aveva ragione; non aveva senso continuare a lottare, dimostrarsi ostili l’un l’altro… erano in quel casino insieme e affrontarlo da alleati, per quanto difficile le sembrasse poter considerare Malfoy un suo alleato, era la cosa migliore da fare.
Allora, Hermione annuì e i muscoli tesi del corpo di Draco parvero rilassarsi a quel gesto. «È veramente tardi» disse lui a quel punto, «dovrei andare.»
«Puoi usare il camino, se preferisci.»
«Grazie.»
Hermione si alzò per accompagnarlo e lo guardò sistemarsi all’interno della struttura magica, ma lui indugiò per qualche secondo prima di andarsene.
«Un’ultima cosa», asserì risoluto. «Prenderai il mio cognome. Tienili entrambi, se preferisci, ma avrai anche il mio cognome. È una mia condizione e non è negoziabile. Buonanotte, Hermione
E poi, prima che lei potesse ribattere in alcun modo, gettò la polvere nel camino e le fiamme verdi lo inghiottirono, portandolo via.
Hermione si lasciò cadere di peso sul divano, avvertendo la disperazione iniziare a sopraffarla; si prese il volto tra le mani e cercò di non piangere.
All’improvviso, un gufo picchettò alla sua finestra, facendola imprecare: era il gufo di Harry.
Si alzò con fatica e aprì per farlo entrare, slacciò la lettera legata alle sue zampe, gli diede qualcosa da mangiare e poi tirò fuori la missiva.
Non era una lettera, ma un messaggio da parte di Ginny. Un S.O.S. urgente che recitava:

 
INTERVENTO:
Domani alla Tana, dopo il lavoro.
Ron ha avuto il suo match.
È brutto.
Il peggiore finora.”

 
Chiedendosi chi potesse essere peggio di Draco Malfoy, che un gigante Cuore difettoso aveva audacemente abbinato a Hermione Granger, incurante dei loro torbidi trascorsi, Hermione si trascinò a letto, con tutta l’intenzione di annegare tutte le lacrime che necessitava di versare nel suo cuscino.
Lo avrebbe fatto quella notte per il resto della sua vita.
Dopodiché, avrebbe affrontato la questione di petto, a testa alta.
Era ora che ritrovasse la Grifondoro in lei.
 
*
 
La sera dopo, Hermione raggiunse la Tana sbadigliando come se non avesse dormito per tre notti di fila e forse, rifletté, era anche vero.
Salutò Harry con un sorriso debole; si comportava in modo strano, ma diede la colpa alla stanchezza.
Molly disse loro che Ron non usciva dalla sua camera dal giorno prima, da quando aveva ricevuto la lettera dal Ministero che gli aveva rivelato il suo match e che non mangiava niente da altrettanto tempo.
«“Tanto sono comunque morto o lo sarò presto!”» imitò la sua voce sconsolata la signora Weasley. «“Tanto valeva morire in battaglia se dovevo fare questa fine!”. Non ripete altro se non queste due frasi.»
Hermione non sapeva neanche era ritornato, una mossa stupida da parte sua, perché se fosse rimasto negli Stati Uniti non sarebbe stato soggetto alla Legge sul Matrimonio. Ginny era passata dal suo ufficio per spiegarle che lo aveva fatto per cercare di tirarla fuori dal matrimonio forzato con Malfoy, che si era sottoposto al Cuore di Cupido, - a quanto pareva era quello il nome dell’organo pulsante che aveva segnato la sua condanna -, nella speranza di poter richiedere un re-match per lei, ma non aveva funzionato.
Non le aveva detto nulla per non darle false speranze; a quanto pareva, però, a lui era andata anche peggio.
La rossa non aveva voluto anticipare niente né a lei né a Harry. «Ve lo dirà lui», gli aveva detto. «Anche perché io non riesco a dirlo nemmeno ad alta voce.»
Hermione e Harry si guardarono terrorizzati per qualche istante, poi spinsero la porta con cautela.
«Ron?», chiamarono all’unisono, ma non ottennero alcuna risposta.
«Ron
«Mmh», mugugnò lui. «Lasciatemi decomporre in santa pace!»
La giovane donna avvicinò le labbra all’orecchio del Prescelto. «Sto per sposare Malfoy, una drama queen mi basta e avanza, non serve che inizi anche Ron!»
«Ti ho sentita» borbottò il rosso, mettendosi a sedere a fatica.
«Ti abbiamo portato lo stufato di tua madre», gli disse Harry, sollevando e abbassando le sopracciglia, tentatore.
Ron grugnì. «Dammi qua!»
Non avrebbe mai resistito al piatto una volta trovatoselo davanti, con quel profumo delizioso a invadergli le narici, loro lo sapevano benissimo.
Si sedettero sui bordi del letto e cenarono tutti e tre insieme; Sirius sarebbe rimasto da Andromeda, quella notte, per cui Hermione poteva permettersi di fermarsi lì con loro.
«Allora», fece Harry una volta finito di mangiare, «ci vuoi dire chi è di tanto terribile?»
Ron storse il naso ed emise un lamentoso gemito di protesta.
«Lo scopriremo ugualmente, alla fine, sai?» gli disse Hermione. «I match vengono resi pubblici una volta completata la lista del tuo gruppo. Pare che il Cuore sia più veloce con alcuni che con altri. Anche con me è stato abbastanza veloce, se può consolarti.»
«Non mi consola!» ringhiò lui. «Potevano farci invertire e saremmo stati tutti più contenti!»
«Invertire?» ripeterono Harry e Hermione in coro.
«Mi hanno messo con Pansy Parkinson!» buttò fuori Ron, poi divenne verde. «E ora che l’ho detto, mi sa che devo andare a vomitare.»
Hermione non era davvero nella posizione di consolarlo, per lei la loro disgrazia si eguagliava.
«Pansy è praticamente Draco al femminile.»
Harry le scoccò un’occhiata indecifrabile. «Non lo è», le rammentò. «Lui è cambiato, Pansy…»
La giovane donna sbuffò. «Sono abbastanza sicura che per quanto faccia lo stoico, quando arriverà al momento di concludere, sarà così schifato da me che…»
Lasciò cadere la frase nel vuoto, perché Ron, finalmente, riapparve, l’aspetto ancora malaticcio.
«Avrei dovuto dirvelo prima di mangiare.»
Crollò sul letto e si coprì fino alla testa con le lenzuola.
«Ammazzatemi.»
«Ron», mormorò Hermione, incoraggiante. «Sto cercando una soluzione, un modo per far abolire la Legge. Non farò in tempo per salvare me, perché non c’è speranza che ci riesca in quattro giorni, ma tu sei nel secondo gruppo. Ho ancora tre mesi di tempo, quelli che il Ministero mi ha garantito di “ferie matrimoniali”.»
«Mesi che dovresti usare per conoscere Malfoy e stabilire un legame con lui!», le bisbigliò Harry in un orecchio, attento a non farsi sentire da Ron.
Lei rispose guardandolo torva. «Non gli dispiacerà.»
Vide l’amico assottigliare le labbra, ma il rosso era così giù che non si dispiegarono in ulteriori commenti sulla questione Draco Malfoy.
«Li userò per trovare un modo per tirarti fuori da questo matrimonio», affermò risoluta. «In fondo, sei tornato per cercare di salvare me, no? È quello che facciamo, noi tre. Ci guardiamo le spalle a vicenda.»

 

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Capitolo 3
*** 3. Wedding Day ***


The Weight of Us



CAPITOLO 3
Wedding Day





 


Andromeda si presentò da lei alle sei del mattino, con Teddy che sonnecchiava tranquillamente tra le sue braccia; aveva una busta in mano, probabilmente contente i vestiti del bambino per la cerimonia e un’aria decisamente contrita.
«Non ti darò il buongiorno», le disse triste, adagiando il piccolo sul divano e coprendolo con cura.
«Bene», rispose Hermione, prendendosi la testa tra le mani.
Aveva trascorso gli ultimi giorni vagliando varie opzioni e possibilità e quando, per l’ennesima volta, non ne aveva trovate, aveva pensato di fuggire, correre il più lontano possibile dal Regno Unito. Ma come avrebbe potuto fare? Aveva un bambino di cinque anni, a cui tra l’altro aveva già detto di “non vedere l’ora di sposare Draco”.  
Non avrebbe dovuto mentirgli, lei non mentiva mai, - e di fatti l’idea era stata di Malfoy -, ma lo aveva fatto ugualmente per proteggerlo dalla spaventosa realtà che stava vivendo e così facendo si era privata persino di quell’improbabile e disperata alternativa: provare a scappare.
«Vorrei poterti essere di conforto», aggiunse la donna, «Ma temo di non avere a disposizione le parole adatte.»
Hermione le sorrise a metà tra il rassegnato e l’esausto. «Mi sono arresa all’inevitabilità della situazione.»
Andromeda annuì, mesta.
Era strabiliante quanto assomigliasse alle sue sorelle, in particolare a Bellatrix; aveva i capelli più chiari e meno ricci, i lineamenti più dolci, gli occhi più grandi… ma da lontano ci si poteva benissimo confondere.
Andromeda diceva sempre che era abituata alle occhiate terrorizzate della gente, ma anche adesso che Bellatrix era morta, continuava ad evitare di uscire se non quando era proprio necessario.
In tutta onestà, se non avesse trascorso tanto tempo con lei durante la gravidanza, nonostante i suoi ricordi del periodo fossero irrimediabilmente sfocati, Hermione non era certa che sarebbe stata così indifferente alla loro somiglianza, dopo quanto accaduto al Manor.
Stando a quanto le avevano raccontato, Hermione aveva trascorso la prima parte della sua gravidanza a Grimmauld Place, aiutando Harry e Ron, ma era andata via dopo che i due si erano infiltrati al Ministero; aveva percepito una strana sensazione, come se non fosse più sicuro stare lì… così aveva chiesto a Kreacher di Smaterializzarli altrove. Arrivati alla Tana, Molly l’aveva fatta scortare al rifugio di Andromeda, che aveva le migliori protezioni e ospitava anche un’altra strega in dolce attesa: sua figlia, Tonks. Era rimasta lì con loro fino a un mese dopo il parto, quando era stata costretta a raggiungere Harry e Ron perché erano in una situazione disperata e avevano bisogno di aiuto con gli Horcrux e la ricerca della Spada di Grifondoro; d’altronde, non era in suo dovere assicurarsi che suo figlio crescesse in un mondo migliore di quello in cui aveva vissuto lei?
«Vediamo di fare qualcosa per questi capelli, va bene?» sospirò dolcemente Andromeda. «Quale vestito hai scelto?»
La giovane le indicò distrattamente un abito nero.
«Non puoi vestirti di nero! È un matrimonio!»
«Che sembra più il mio funerale» chiosò lei. «Secondo me è piuttosto appropriato.»
Andromeda scosse il capo in protesta e trasfigurò il colore del vestito.
«Vuoi che mi vesta di bianco?» protestò Hermione. «Per Malfoy
La donna le rivolse un sorriso triste. «Beh, se un giorno… se le cose dovessero andare in maniera diversa da quello che ti aspetti, potresti apprezzare…»
«Le cose possono andare solo in due modi», mormorò ostinata lei. «O come mi aspetto o peggio di come mi aspetto. È Malfoy
«Harry dice che è diverso ora», la incoraggiò Andromeda. «Gli ha persino fatto conoscere Teddy e lui lo adora.»
«Ha regalato una scopa a Sirius» borbottò Hermione, indossando l’abito controvoglia. «È una minaccia. State attenti.»
«Una scopa, eh?» commentò lei. «Beh, si può dire che le buone intenzioni ci sono.»
«Oppure sta cercando di uccidere mio figlio.»
Andromeda le rivolse uno sguardo severo. «Non esagerare. Stai… sei troppo prevenuta.»
«Non l’ho voluto io», ribatté Hermione, sventolando il suo avambraccio sinistro davanti agli occhi della donna, alludendo alla cicatrice che le aveva lasciato Bellatrix durante la guerra. «Se sono prevenuta nei suoi confronti è per via delle sue azioni passate verso di me, non di certo per partito preso.»
«Capisco come ti senti, davvero» le disse lei, sospirando. «E mi dispiace che tu sia costretta a sposare qualcuno di cui non sei innamorata. Ma lascia che ti dica una cosa, perché penso che tu sia ancora molto ancorata al vostro passato e anche se lo capisco, devo farti notare che in questo caso non ti gioverà in alcun modo impuntarti…»
Le mise le mani sulle spalle e la guardò con quel fare materno che le faceva sempre sentire la mancanza di sua madre, o ravvivare il dispiacere per la perdita di Tonks.
«È solo quando cresciamo, che capiamo veramente. All’inizio, ripetiamo le stronzate che ci inculcano i nostri genitori. Credi che non abbia mai insultato Ted? O pensi che fossi come Sirius? Non lo ero. Ho capito dopo e ho scelto di conseguenza… Ted mi ha perdonata. È importante, sai, il perdono…»
La giovane sospirò. «Malfoy non ha bisogno del mio perdono, né lo vuole. A lui non vado a genio a prescindere dalle mie origini.»
«Eppure, è lui quello più disposto a fare uno sforzo, tra i due.»
Hermione si domandò da che parte stesse veramente quella donna, anche se quelle parole si insinuarono nella sua mente, insediandosi permanentemente, innescando conseguenti riflessioni.
Perché Malfoy sembrava così disposto a fare uno sforzo?
Stava davvero sbagliando a rifiutarsi di andargli incontro?
Voleva davvero trascorrere i successivi cinque anni sul piede di guerra?
 
*

Sapeva perfettamente che Draco Malfoy fosse un Occlumante capace, ma l’impassibilità che aveva mantenuto per tutta la breve durata della cerimonia la sorprese ugualmente.
Nessuna occhiata di disgusto, nessuno sbuffo, nessuna frecciatina; si era comportato come se quella fosse una normalissima cerimonia e non un obbligo imposto dall’alto.
Lei non era stata altrettanto brava: aveva trascorso la maggior parte del tempo sull’orlo delle lacrime, sul punto di avere una crisi nervosa, con un’espressione funerea perennemente intatta dipinta sul suo viso; la sua firma era tremolante, perché le sue dita non riuscivano a restare ferme neanche a pregarle e si era rimproverata più volte di non aver assunto una Pozione della Pace per calmare i nervi prima di presentarsi al Ministero quella mattina.
Non scambiarono neanche una parola, né prima né dopo aver firmato ed essere stati uniti nel matrimonio più triste del secolo, e subito dopo aver sugellato il legame, - suo malgrado, Hermione avrebbe ricordato per sempre la sensazione della magia che si infondeva in lei, la presa decisa della mano di Malfoy mentre stringeva la sua e l’effetto dell’incanto di unione vincolare le loro anime l’una a quella dell’altro -, il biondino aveva tirato fuori una coppia di anelli.
Anelli.
Come se quello fosse un matrimonio programmato! O peggio, scelto!
Per Hermione non c’era alcun motivo di fingere, ma chiaramente Malfoy aveva un’opinione differente in merito; che fosse tradizionalista non c’era alcun dubbio e che fosse abituato all’idea di finire coinvolto in un matrimonio combinato era stato fin da subito evidente, perché quella possibilità era sempre stata nelle carte, per lui. Il fatto che si trattava di lei non doveva essere rilevante quanto credeva, per il biondino.
Si scambiarono gli anelli, Hermione sempre visibilmente in imbarazzo e a disagio, Draco costantemente impenetrabile, poi il Ministro sospirò e borbottò un «può baciare la sposa» privo di entusiasmo, dal momento che non approvava nulla della politica del Wizengamot riguardo alla questione della ripopolazione.
Quello, tuttavia, fu il momento in cui qualcosa di diverso balenò negli occhi del giovane, seppur per un istante; lo aveva visto chiaramente quella volta ed era certa di non esserselo immaginato… era un lampo di luce fulmineo, un guizzo di aspettativa mista a tormento, e prima che Hermione potesse metabolizzare la cosa, le labbra di lui erano sulle sue, chiuse in un bacio casto, ma deciso.
Quando si allontanarono, lui la guardò per qualche istante, - per un assurdo momento lei pensò che fosse sul punto di sorriderle, ma era impossibile -, prima di volgere il capo verso i testimoni e i pochi presenti; Andromeda, Sirius, Teddy, i Weasley, Harry, Ginny, Neville, Justin ed Ernie MacMillan erano lì per Hermione, - Ron non se l’era sentita di presenziare e Luna era rimasta negli Stati Uniti per sfuggire alla Legge -, mentre c’erano solo le sorelle Greengrass per Draco, - Hermione aveva scoperto da voci di corridoio che i tre, dopo essersi tutti allontanati dal lato purosanguista dell’élite Purosangue, erano diventati molto amici -, e, contro ogni aspettativa, Narcissa Malfoy.
Hermione e Andromeda si erano strette l’una all’altra quando l’avevano vista entrare a braccetto con il figlio, incerte su chi delle due stesse effettivamente sorreggendo l’altra.
«Non lo sapevo» le aveva detto Hermione a mo’ di scuse, «non credevo che sarebbe venuta.»
«Neanche io», aveva mormorato Andromeda in un sussurro flebile.
Le aveva viste incrociare lo sguardo per qualche attimo, ma il volto di Narcissa Malfoy era rimasto impenetrabile per tutto il tempo; era palesemente lì solo per accompagnare il suo unico figlio al patibolo ed era esattamente quella l’aria che mostrava. Hermione supponeva che Lucius non avesse alcuna intenzione di sostenerlo nel giorno che stava segnando la rimozione permanente dei Malfoy dalla lista della Sacre Ventotto, ma preferiva così. La sua presenza l’avrebbe turbata troppo.
I loro amici si congratularono con i due, anche se avevano tutti delle espressioni soltanto vagamente incoraggianti, fatta eccezione per Astoria e Daphne; le due sembravano quasi entusiaste per l’evento e sussurravano qualcosa al biondino che Hermione non riuscì a udire.
Vide Narcissa stringere la mano a Draco e sorridergli, rassicurante.
Hermione abbracciò Harry e trattenne a stento il pianto; non poteva crollare lì, davanti a tutti, con suo figlio che era convinto che quello fosse un matrimonio desiderato. Il bambino le saltò in braccio e la strinse in un caloroso abbraccio. Con la coda dell’occhio, Hermione notò Narcissa Malfoy lanciare un’occhiata nella loro direzione, cosa che la fece rabbrividire; istintivamente, strinse Sirius più forte a sé. Vide Draco scuotere leggermente il capo, in maniera quasi impercettibile, poi congedarsi dalla madre e incamminarsi verso di loro.
Hermione iniziò ad avvertire il panico diffondersi dentro di lei e i Weasley dovettero accorgersene, perché la strinsero in un abbraccio di gruppo solidale.
Quando li raggiunse, il biondino diede un buffetto al piccolo, che gli sorrise raggiante e gli batté il cinque. Draco rise, ma Hermione riuscì a cogliere la tristezza in quel suono, la prova che neanche lui era così stoico in merito al loro matrimonio. Forse aveva provato a fare qualcosa per impedirlo, in realtà; magari, non era andata bene e non aveva detto niente per non darle false speranze. Ma perché avrebbe dovuto preoccuparsi di non illuderla di potersi salvare?
Il biondino spostò lo sguardo su Andromeda e strinse le labbra per qualche istante; Hermione sapeva che non si erano mai incontrati prima. Le tese la mano.
«Io sono Draco», le disse e quando la donna ricambiò la stretta, lei gli sorrise.
«È un piacere conoscerti, nipote
Scoccò uno sguardo fugace in direzione di Narcissa, ma lei non li stava guardando: sembrava trovare particolarmente interessante l’altare che il Ministero aveva allestito per celebrare quella lunga serie di falsi matrimoni.
Hermione rimise Sirius a terra e lui prese Teddy e Harry per mano; continuava a sorriderle felice e lei si sentiva morire dentro. Non ferirlo era l’unico motivo che le permetteva di tener su una finta maschera di pacata felicità.
Draco le mise una mano sul fianco e mormorò nel suo orecchio: «Dovremmo andare».
Il tempo a loro disposizione era comunque poco, perché cinque minuti dopo c’era un altro matrimonio in programma: quello di Padma Patil e Terry Boot.
Hermione, che odiava la Marriage Law a prescindere, si ritrovò a invidiarli.
Loro erano entrambi buoni, erano un bel match, nonostante tutto.
Perché la vita si ostinava ad essere così crudele, con lei?
All’improvviso, non le dispiaceva più di non potersi fermare ad assistere alla loro cerimonia. Egoisticamente, era certa che non sarebbe riuscita a sopportarne la vista.
La sua maschera cadde non appena si furono lasciati la gente alle spalle, sostituita da un’espressione vagamente nauseata, un opprimente disagio e un colorito del viso smunto.
Incontrarono Cormac McLaggen fuori dall’ufficio che, con una smorfia a distorcergli il volto, le tese la mano per “congratularsi”. «Se avessi saputo Hermione, avrei fatto qualcosa per fare cambio.»
La risata fredda e strascicata di Draco interruppe la sua indelicata uscita, che Cormac aveva soffiato assieme a un’occhiataccia velenosa nei confronti dello stesso biondino. «Sono sicuro che un Artefatto magico del calibro del Cuore di Cupido, che si basa sulla compatibilità mentale, tra le altre cose, non sarebbe mai così difettoso da dare te come match a qualsiasi strega dotata di intelletto, figurarsi a lei. E la gente lo sa.»
Il giovane arricciò il naso, ma non rispose, perché il capo del Dipartimento in cui lavorava lo chiamò all’attenzione e dovette allontanarsi ancor prima di avere il tempo di pronunciare anche solo una sillaba.
«Idiota» sentì borbottare Draco e un angolo delle sue labbra si sollevò di un millimetro, perché quella volta non poteva fare a meno di concordare con lui.
Per qualche motivo, l’idea di finire con McLaggen la disgustava molto di più di quello che le era veramente capitato; in fondo, Malfoy sarebbe stato troppo nauseato da lei per fare più del necessario in determinati ambiti, McLaggen… allontanò dalla sua mente il ricordo della volta in cui era andata a una festa del Lumaclub con lui, del suo comportamento ripugnante: aveva abbastanza motivi per i quali rischiava di vomitare da un momento all’altro, non voleva tirare troppo la corda.
Erano quasi arrivati ai camini nella hall del Ministero, quando una voce agitata giunse alle loro orecchie, facendoli irrigidire. «Hermione!»
Lo sguardo della giovane saettò immediatamente in direzione del rosso.
«Ron!» sussurrò dischiudendo le labbra per la sorpresa.
Il giovane si fermò davanti a lei e la guardò con dispiacere, abbozzando un sorriso mesto.
Era ancora premuta contro il fianco del biondino, per cui avvertì chiaramente il suo corpo irrigidirsi contro il proprio.
«Ho pensato che avresti avuto bisogno del mio supporto» le disse, ignorando completamente Malfoy. «Mi dispiace non essere venuto prima.»
«Troppo tardi, Weasel» affermò gelidamente Draco, aumentando leggermente la presa sul fianco di Hermione.
La ragazza deglutì. «Va tutto bene, Ron» lo rassicurò. «Ci vediamo presto.»
Si districò dalla presa del giovane e si avvicinò al rosso per abbracciarlo. «Farò di tutto per risolvere la faccenda prima che venga il tuo turno» gli sussurrò in un orecchio e lui annuì sulla sua spalla, ma quando incrociò nuovamente il suo sguardo, Hermione dedusse dalla sua espressione rassegnata che nutriva poche speranze di trovare un’ancora di salvezza.
«Fa’ attenzione, Mione.»
«Signora Malfoy, per te», lo corresse Draco, con un sorrisetto beffardo e la voce fredda e strascicata che era solito usare con loro a scuola. Era visibilmente indisposto da quella raccomandazione.
Hermione lo fulminò con lo sguardo, avvertendo il sangue ribollirle nelle vene.
«Ignoralo», disse a Ron, poi gli diede una strizzatina alla spalla e gli rivolse un sorriso che voleva essere rassicurante, ma che probabilmente sembrava solo una smorfia disperata. «Ciao, Ron.»
 
*
 
Il camino li sputò fuori direttamente nel salotto di Hermione. Uscirono impacciatamente, sbattendo le mani sugli abiti per liberarsi dalla polvere; l’abito bianco era ormai striato di macchie grigiastre.
Non le importava. Probabilmente, lo avrebbe bruciato appena ne avesse avuto l’occasione.
«Cos’era quello?» gli chiese scocciata, totalmente intenzionata a non lasciar correre ciò che era accaduto con Ron al Ministero.
«Io che irritavo Weasley, ovviamente», rispose come se niente fosse lui. «Normale amministrazione.»
«Ti rendi conto che è uno dei miei migliori amici?» sibilò lei, furente.
«Uno che era venuto al Ministero per interrompere il nostro matrimonio» ribatté caustico Draco.
«E anche se fosse?» replicò la giovane, acidamente. «Il nostro non è un matrimonio d’amore. Cosa importa?»
Il biondino ridusse gli occhi a due fessure. «Sarebbe stato incredibilmente stupido, senza senso e mi avrebbe irritato molto.»
Hermione pensò di urlargli contro che era lui quello irritante e che il loro matrimonio restava comunque una farsa, ma si limitò a gridare semplicemente: «Smettila di infastidire Ron!»
«No.»
Gli scoccò un’occhiataccia torva.
«Oh, andiamo!» esclamò il biondino. «Ho accettato le tue cento condizioni, quando le mie sono solo tre. La quarta l’hai bocciata e una di quelle approvate va anche a tuo vantaggio. Non mi toglierai anche la soddisfazione di indisporre la Donnola!»
«Quale sarebbe la condizione che hai posto e che dovrebbe andare a mio vantaggio, scusa?» replicò piccata e confusa lei.
«La fedeltà.»
Hermione grugnì scetticamente.
«So cosa stai pensando di dire» asserì lui, stringendo un angolo del labbro inferiore tra i denti. «Che non ti importa nulla di chi mi porto a letto. E probabilmente ora lo credi veramente, ma un giorno sarai felice di quella postilla che ho voluto tanto.»
Lei deglutì e vacillò per un istante.
Era così arrabbiata da non aver realizzato di essere finita con le spalle al muro, né di quanto le stesse vicino in quel momento.
I suoi occhi erano stati sempre di quel grigio ghiaccio, quasi magnetico?
Si rese improvvisamente conto di non averli mai visti così da vicino, prima.
«Parola mia» aggiunse ancora lui, sorridendole con malizia.
Lei fece ruotare gli occhi, ma poi lo vide fissare le sue labbra e una sensazione di malessere la colse all’improvviso.
Non stava mica pensando di baciarla di nuovo, vero?
Hermione premette le mani sul suo petto per fermarlo in ogni caso, avvertendo la nausea assalire il suo stomaco, e lo allontanò esercitando una pressione decisa.
L’espressione giocosa sul volto di Draco svanì.
«Ho bisogno di un momento», gli disse senza guardarlo, poi sfrecciò via, correndo nella sua stanza, entrando nel suo bagno, sigillando la porta alle sue spalle.
Cadde sul pavimento, in ginocchio, e cominciò a piangere. Riuscì a trascinarsi fino al gabinetto appena in tempo, perché iniziò a vomitare, pur non avendo niente da rigurgitare nello stomaco, perché l’ultima volta che aveva mangiato era la mattina prima, quando Harry l’aveva praticamente costretta a fare colazione al bar. Il suo appetito era venuto sempre meno con l’avvicinarsi della data del suo matrimonio-funerale.
Si obbligò a rialzarsi e a darsi una sistemata; si cambiò d’abito e abbandonò quello con cui si era sposata sul letto, che da quella notte sarebbe rimasto vuoto.
Represse altre lacrime, afferrò la valigia e scese al piano di sotto.
Si fermò bruscamente e fissò lo sguardo in quello imperscrutabile del biondino.
«Solo una precisazione», disse in tono asciutto. «Sulla carta potremmo anche risultare sposati, ma io non sarò mai la Signora Malfoy.»
Draco esibì un’espressione dura e indecifrabile, i suoi occhi divennero più scuri per un istante; arricciò il naso. «Avresti preferito Weasley, non è vero?»
Hermione ringhiò. «Avrei preferito chiunque altro!»
«Potevi provare ad avere Nott!» le sputò contro. «Hai deciso comunque di restare con me!»
«Oh, due grandiosissime opzioni di scelta!» gridò lei, il volto arrossato dalla rabbia e gli occhi lucidi.
Hermione dubitava altamente che sarebbe stato possibile fare un cambio, neanche se Malfoy avesse deciso di svuotare i suoi caveaux alla Gringott per persuadere il Ministro; se fosse servito a qualcosa, lo avrebbe fatto… o Lucius Malfoy lo avrebbe fatto per lui. No, il Cuore di Cupido era considerato Legge dal Wizengamot. Sostenevano che era il modo migliore per evitare catastrofi in quel frangente, ma Hermione non nutriva quel tipo di fede nell’Artefatto, non dopo che l’aveva associata a colui che un tempo era stato il suo bullo scolastico per eccellenza.
«Sono semplicemente il male minore, quindi?» le chiese con voce leggermente soffocata.
«Rispetto alle possibilità che avevo», precisò lei, gelida.
Draco si passò la lingua sui denti, serrando le mani in pugni e facendo scorrere il pollice sull’indice. Parve perdere compostezza per un attimo, ma alla fine tornò imperturbabile come sempre.
«Mi sono preso il permesso di far portare le tue cose alla Villa», la informò in tono piatto. «Rischiavamo di perdere la PassaPorta.»
«PassaPorta?» ripeté lei, confusa.
Il biondino sollevò un sopracciglio. «I Babbani non vanno in Luna di Miele?»
Hermione rispose con un’espressione di terrore. «Luna di Miele? Sei pazzo! Ho un figlio, non posso sparire per-»
«Un mese sui tre di ferie che il Ministero ti ha concesso» la aggiornò, passandosi una mano sul naso, in imbarazzo. «Ho pensato che ci avrebbe fatto bene, stare da soli per un po’. Potremmo imparare a conoscerci, magari…»
La guardò speranzoso per un momento, ma lei sembrava sempre e solo più allibita.
«Tu, Sirius ed io», aggiunse ancora lui, «pensavo che… è un bel posto, Hermione. Ti piacerà.»
Il campanello suonò, interrompendoli bruscamente: Harry le aveva riportato Sirius.
Hermione si asciugò le guance umide e respirò a fondo prima di aprire.
«Tutto bene?» mimò con le labbra l’amico.
Lei annuì, esibendo un sorriso affettato. «Scusami, Harry, ma devo andare, sono nel mezzo di una conversazione allucinante.»
«Hermione», la richiamò con una nota di raccomandazione nella voce. «Dovresti davvero usare quel tempo per conoscerlo.»
Hermione corrugò la fronte.
Anche Harry era impazzito o cosa?
Che diamine stava succedendo al mondo?
Lui, tra tutti, come poteva incoraggiarla a dare una possibilità a Malfoy?
«Sarà comunque il padre dei tuoi figli», le rammentò. «Penso che tu voglia sapere chi è ora.»
Avrebbe voluto ribattere che se non avesse trovato un modo per obbligare il Ministero ad annullare quei matrimoni prima di essere raggiunta al limite di tempo, avrebbe preferito finire ad Azkaban, piuttosto che farsi sfiorare da Malfoy, ma non lo fece; annuì sbrigativamente, lo salutò e si richiuse la porta alle spalle senza neanche attendere che ricambiasse.
Si voltò e vide che Sirius aveva già raggiunto Draco, il quale gli stava spiegando che avrebbero fatto un viaggetto per trascorrere del tempo in quella che sarebbe stata, da quel momento in avanti, la loro casa delle vacanze. Il bambino era euforico; la loro vita era sempre stata troppo incasinata e frenetica perché la madre posse concedersi di portarlo al di fuori della città e l’unica volta che erano stati in Australia insieme, Sirius era troppo piccolo per ricordarla.
Hermione avvertì una stretta al cuore.
Gli aveva chiesto solo una cosa, di non avvicinarsi troppo a suo figlio… perché Malfoy doveva sempre fare quello che voleva, senza curarsi delle opinioni e dei sentimenti altrui?
«Tilly ha preparato la valigia di Sirius», le disse, tornando a guardarla. «Passeremo a prenderla a Dragonshore, la mia proprietà…»
«Tilly?» ripeté Hermione, sbarrando gli occhi. «Hai degli elfi?»
«Due» rispose lui. «Tilly e Tippy. Risponderanno anche a te d’ora in poi.»
«Malfoy! Lo sai benissimo come la penso sugli elfi domestici!»
Sirius spostò lo sguardo dall’uno all’altra. «Perché lo chiami ancora per cognome?»
«Perché sono arrabbiata Sirius», ribatté lei in tono asciutto.
Le veniva difficile chiamarlo per nome. Non avevano abbastanza confidenza per quello, anche se erano… beh, sposati. Quella gli sembrava un’ottima scusa. Quando combinava qualche marachella da piccola, sua madre urlava sempre «Hermione Jean Granger!», la cosa poteva benissimo valere per qualsiasi altro contesto.
«Ma è il giorno del vostro matrimonio, non puoi arrabbiarti!»
Draco ghignò. «Ah!», esclamò divertito, posando una mano sulla spalla del bambino. «Dovresti ascoltarlo.»
Hermione chiuse gli occhi e, quando li vide scambiarsi un cinque, respirò a fondo per mantenere la calma.
Le mancava solo che suo figlio prendesse le parti di quel dannato furetto, adesso!
L’espressione tronfia sul suo volto le fece venire il terribile impulso di sfoderare la bacchetta e appenderlo per la caviglia.
Draco guardò il suo orologio da polso d’oro bianco, raffinato ed elegante, probabilmente ricevuto per i suoi diciotto anni, poi puntò le sue iridi argentee in quelle di lei, improvvisamente serio. «Dobbiamo andare.»

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Capitolo 4
*** 4. Dragonshore ***


The Weight of Us



CAPITOLO 4
Dragonshore





 



Apparirono su una spiaggia deserta; non c’era gente a sollazzarsi in riva al mare e anche la strada più vicina sembrava vuota. Hermione si guardò attorno, tenendosi Sirius stretto a sé.
Draco si chinò e disse qualcosa all’orecchio del bambino, i cui occhi si allargarono subito dopo, mentre emetteva dei versi meravigliati. Guardò Hermione, poi sussurrò anche al suo orecchio e capì che stava passando loro il testimone di un Incanto Fidelius.
La Villa in cui Malfoy viveva era, ovviamente, enorme; non era antica come quella del Manor, anzi, tutto il contrario. Si trattava di una costruzione molto moderna; grigio, bianco e nero erano i colori dominanti, ma era ricca di luci anche all’esterno. Una grande piscina spiccava nei giardini curati, assieme a un paio fontane simmetriche; c’era un piccolo gazebo con un’altalena a dondolo dove Hermione riusciva benissimo ad immaginarsi seduta a leggere un buon libro e un altro gazebo, più grande, con un tavolo e delle sedie di legno pregiato al centro. Faceva fatica a raffigurarsi Draco consumare i pasti lì, nelle giornate più calde. Doveva avere qualche funzione che non le stava venendo in mente.
La casa era vista mare; delle scale in pietra marmorea collegavano la struttura direttamente alla spiaggia.
Hermione era meravigliata e al contempo profondamente colpita: era come se Malfoy avesse fatto di tutto per accertarsi di rendere il luogo esteticamente l’opposto del Manor.
Sarebbe stato più semplice per lei continuare ad essere indisposta, se non fosse stato per il fatto che vivere in una casa vicino al mare era sempre stato il suo sogno fin da bambina.
Sentì la mano di Draco posarsi sulla parte bassa della sua schiena e rabbrividì; le sue labbra sfiorarono il suo orecchio una seconda volta. «Andiamo.»
“Non riesce proprio a chiedere, ah?” pensò stizzita. Avrebbero affrontato quel discorso, prima o poi.
Prese Sirius per mano e lo seguì lungo il percorso, risalendo le scale e giungendo davanti a un grosso cancello che si spalancò non appena percepì la loro vicinanza.
Hermione notò subito che l’emblema dei Malfoy impresso sul cancello era più scarno di quanto ricordava dalla sua breve visita al Manor, che mancava qualcosa: per esempio, le parole Sanctimonia Vincet Semper, il motto della sua famiglia, erano state rimosse, così come i serpenti intrecciati in cima; dell’antico simbolo, Draco aveva lasciato solamente il resto del ‘logo’, con i draghi stilizzati che spiccavano lateralmente. Forse, pensò Hermione, era il suo modo di dichiarare ancora una volta che la sua posizione si era distaccata da quella del resto della sua famiglia e dei loro antenati, segnalando al contempo la sua persona come il punto d’inizio di una nuova era per il Casato dei Malfoy. Era curiosa di saperne di più, ma non gli rivolse domande sull’argomento.
«La spiaggia fa parte della proprietà» le spiegò brevemente. «Per cui non dovrai preoccuparti di essere vista dai Babbani neanche lì. L’intero perimetro è soggetto a protezioni di ogni tipo, che garantiscono la massima sicurezza possibile. Mi sono basato sulla magia di famiglia del Manor. A parte gli elfi e noi, nessun altro si può Smaterializzare o Materializzare all’interno dell’area. Nel momento in cui ci siamo sposati e hai preso il mio cognome, la casa ti ha riconosciuta come padrona.»
«Oh», fece lei, deglutendo.
Aveva insistito sul cognome per quello?
Per assicurarsi che fosse protetta dalla magia di famiglia a cui aveva legato la sua dimora?
Perché avrebbe dovuto importargli della sua sicurezza? Non sarebbe stato meglio se le fosse capitato qualcosa e si fosse liberato di lei per sempre?
«No, la cosa non vale per i miei genitori» precisò Draco, prima che avanzasse domande in merito. «Me ne sono assicurato.»
«Come hai fatto?» chiese incuriosita, distraendosi dalle sue congetture nefaste.
Lo vide sorridere brevemente prima di rispondere. «Magia del sangue. Ho legato la proprietà al mio sangue come punto di partenza e ovviamente sono l’unico Black Malfoy esistente. Non possono oltrepassare le protezioni. E comunque, non ho passato il testimone a Lucius. Lui non può vedere la villa.»
«Geniale!» sussurrò Hermione, sbalordita. «Non intendevo dire…»
«Credimi, non l’ho assolutamente presa come un’offesa» la interruppe lui. «Io per primo preferisco tenerlo a distanza ed è inutile dire che normalmente non cerco il consiglio dei miei genitori, né il loro supporto, tantomeno la loro compagnia.»
La curiosità le strinse di nuovo lo stomaco in una morsa, ma si obbligò a non fare domande; qualcosa le diceva che Draco non avrebbe apprezzato, che non sarebbe stato felice di quel tentativo di invasione della sua sfera personale.
Sirius corse subito ad esplorare i giardini e, quando il biondino notò l’apprensione sul volto di lei, la rassicurò: «È al sicuro, Hermione. E gli ho già sguinzagliato Tippy dietro per tenerlo d’occhio.»
La giovane annuì impercettibilmente, ma era sempre più agitata. Non aveva idea di come descrivere il modo in cui si sentiva in quel momento; seppur intrigata dal luogo e dall’inventiva nelle misure di protezione e sicurezza prese da Draco, si sentiva strana a pensare che quella, da quel momento in poi, sarebbe stata anche la sua casa… Perché era sposata con Draco Malfoy.
Per quante volte lo ripetesse nella sua mente, non riusciva a metabolizzare la cosa, a darle un senso; sembra un sogno remoto, il sogno di qualcun altro, così come la vita che stava prendendo forma nella sua testa sembrava quella di qualcun altro.
«Vorrei mostrarti la Villa» mormorò lui, tendendole una mano. Hermione notò uno spasmo quasi impercettibile nelle sue dita, mentre attendeva che la prendesse.
La voce di Andromeda che le faceva notare che tra i due era Draco quello si stava sforzando di più riecheggiò nella sua mente; allora deglutì con forza, come se sperasse di farsi coraggio con quel gesto banale, poi poggiò la propria mano su quella di lui, che la strinse con delicatezza.
Delicatezza. Draco Malfoy la stava toccando con delicatezza e le sorrideva incoraggiante.
«Posso prenderti in braccio, se preferisci», commentò il biondino, con un sorrisetto beffardo a illuminargli il viso… E come se niente fosse, era di nuovo lui.
Hermione arrossì violentemente. «Oh, chiudi il becco, Malfoy.»
«Draco», la corresse lui. «Il mio nome è Draco. E la mia era una domanda seria.»
Lei alzò gli occhi al cielo, accigliata. «Come no!»
«Merlino, mi è mancato tutto questo.»
«Cosa?» chiese lei, perplessa, un sopracciglio sollevato.
Forse, Malfoy era veramente impazzito, dopotutto.
La solitudine poteva fare questo effetto, rifletté, e lui viveva da solo in quella sottospecie di reggia da anni.
«Il nostro punzecchiarci a vicenda, Hermione» rispose con il tono di chi dichiarava l’ovvio. «Lo trovo stimolante… perfino esilarante, a volte.»
Hermione grugnì. «Ho già un bambino a cui badare, Malfoy» ribatté in tono asciutto. «Non ho bisogno di un altro.»
«Draco» la corresse di nuovo, pazientemente. «Comunque, possiamo aspettare per quello, non c’è fretta» aggiunse poi, ammiccando nella sua direzione.
Hermione divenne ancora più rossa. «Sei un idiota!»
Draco rise, poi chinò il capo sul suo orecchio. «Come ho detto, punzecchiarti è eccitante, Hermione. E potrei pensare che tu stia continuando a darmi corda di proposito, perché piace anche a te.»
Hermione ridusse le labbra a due linee sottili e aumentò leggermente il passo; lui l’assecondò, portandosi di nuovo alla guida.
Una volta che si furono avvicinati di più alle alte siepi che circondavano la villa, la giovane donna realizzò che non si trattava affatto di siepi, ma di muri ricoperti di piante rampicanti.
Gelsomini.
Avrebbe potuto usarne i fiori per produrre da sé il suo profumo… chissà se Draco le avrebbe permesso di coglierli ogni tanto.
Man mano che si guardava attorno, si scopriva sempre più affascinata dall’ambiente che la circondava, al punto da dimenticare presto la loro scaramuccia di qualche minuto prima.
Il giardino, al suo interno, presentava diversi tipi di fiori: alcuni magici, che riconobbe dalle lezioni di Erbologia a Hogwarts, quasi tutti utili nell’ambito delle Pozioni, altri comuni, quali rose, - rosse, bianche, blu… -, vaniglia, gigli di diverso colore, dalie, camelie e orchidee. C’erano persino delle calle, - Hermione adorava le calle -, e in fondo si intravedeva un piccolo laghetto, - probabilmente di creazione e conservazione magica -, su cui galleggiavano dei fiori di loto; i suoi occhi si riempirono di stupore quando li notò, perché erano estremamente rari. Il tutto avrebbe dovuto dare l’impressione di essere un po’ troppo, caotico, stonato quasi, sicuramente li incantava per preservarne lo stato dato che alcune specie non erano adatte a loro clima, ma l’esplosione di colori era, in realtà, ammaliante. Era come trovarsi in un altro mondo, uno di fantasia. Le faceva venire in mente il Paese delle Meraviglie, il che era un paradosso, considerando che quel luogo, ai suoi occhi, avrebbe dovuto rappresentare l’esatto opposto.
Mentre si addentravano nei giardini, avvicinandosi sempre più alla villa, Hermione si avvicinò alle rose. «Non ne avevo mai viste di nere. Sono… affascinanti.»
Era consapevole di avere lo sguardo attento del biondino perennemente su di sé, come se stesse captando e valutando le sue reazioni all’ambiente in cui viveva, cercando visibilmente di cogliere la sua approvazione al riguardo. Hermione non avrebbe finto di odiare quel posto, quella bellezza non meritava una simile menzogna.
«Sei attratta dalle cose oscure, Hermione?» le chiese leccandosi il labbro inferiore, la voce sensuale.
Perché non la smetteva di flirtare con lei? La confondeva! Non era abituata a quel tipo di interazioni e il fatto che era lui a farlo, con lei, era estremamente destabilizzante.
La giovane arrossì, provò a pensare a qualcosa di arguto con cui replicare, ma non le venne in mente niente, così richiuse la bocca e riprese a camminare. Si obbligò a non pensare al fatto che Draco poteva essere collocato proprio in quella categoria e che da quando era ripiombato nella sua vita, era stata in una qualche misura intrigata da lui, nonostante si sforzasse con tutte le sue forze di negarlo persino a sé stessa.
Il fatto era che il biondino era così diverso da come lo ricordava, non tanto fisicamente quanto a livello caratteriale e, superato lo shock iniziale per la loro situazione, Hermione non aveva potuto fare a meno di sentirsi destabilizzata da lui. Non lo capiva e la confondeva terribilmente; aveva accettato la disposizione del Ministero senza battere ciglio, sembrava nutrire speranze che tutto sarebbe andato per il meglio, trasformandosi in qualcosa di vero e pareva volersi impegnare veramente per far funzionare le cose. Si stava anche rivelando più paziente di quello che immaginava sarebbe stato e… Hermione non riusciva a smettere di chiedersi se avesse qualche piano nascosto che stava sfuggendo alla sua perspicacia, perché non era possibile. Lei era Hermione Granger e il modo in cui la stava trattando era troppo incoerente con il loro passato affinché riuscisse a processarlo.
Rabbrividì quando la sua mente puntigliosa le rammentò che adesso il suo nome era Hermione Granger Malfoy.
Dall’interno, la Villa sembrava ancora più grande che all’esterno; aveva più stanze di quante Hermione ne reputasse effettivamente utili, l’arredamento era curato e moderno; in ogni area, l’illuminazione era molto accesa, non c’era traccia della tetraggine del luogo in cui il biondino era cresciuto.
«Ero stanco dei colori cupi», le disse semplicemente quando gli rivolse una muta domanda con lo sguardo.
Non indagò oltre e continuò a seguirlo in giro per la dimora.
Le mostrò la biblioteca, cosa che la portò immediatamente su di giri perché era immensa e deliziosamente rifornita di un numero di libri inquantificabile a occhio nudo.
«Dobbiamo proprio partire?», gli chiese con aria trasognata e lui scoppiò a ridere.
«Immaginavo ti sarebbe piaciuta», commentò Draco. «Ma sì, mi piacerebbe partire. E… avrai tutto il tempo di divorare l’intera collezione.»
Hermione deglutì e arrossì.
Cinque anni.
Avrebbe avuto cinque anni di tempo per leggerli tutti, a meno di non riuscire a far revocare quella dannata legge prima. Forse, la chiave per conseguire quella vittoria giaceva nascosta proprio in quel luogo dalle mille promesse.
Abbozzò un sorriso e lo seguì verso un’altra stanza: un salottino elegante, al cui centro vi era un pianoforte.
«Suoni?» domandò distrattamente, facendo scorrere la punta delle dita sul materiale pregiato dello strumento.
«Imparare a suonare il pianoforte è una tradizione dei Black» le raccontò con voce assorta e Hermione rammentò che anche a Grimmauld Place ce n’era uno; Harry lo aveva regalato ad Andromeda per permetterle di insegnare a Teddy a suonarlo.
«Lo suono da quando ero piccolo.»
Hermione immaginò le sue dita sottili e lunghe muoversi aggraziatamente sulla tastiera del piano e si morse il labbro senza neanche rendersene conto.
«Lo so suonare anche io», rivelò lei, dopo un attimo di esitazione. «Mio padre, lui… amava suonare e ha trasmesso quella passione anche a me.»
La invitò a prendere posto con un cenno della mano, ma lei scosse il capo, esibendo un mezzo sorriso imbarazzato.
«Amava?» notò allora il biondino, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
Quando lei non rispose, chiese ancora: «Perché i tuoi genitori non erano al matrimonio, Hermione?»
Lei deglutì. «Loro sono… via», replicò in maniera evasiva e ambigua.
La guardò per qualche istante senza dire niente, poi annuì. «Ti mostro, ehm, la zona notte?»
Hermione avvertì nuovamente un profondo senso di disagio; non ricordava più come fosse avere i nervi distesi per più di dieci minuti.
Draco aveva fatto preparare una stanza per Sirius, che, quando il biondino si era affacciato sui giardini per chiamarlo e mostrargliela, era subito corso da loro; si era messo a saltellare contento dopo averla vista.
La giovane aveva sorriso, ma c’era un’infinita tristezza in quel suo gesto, perché sapeva che prima o poi sarebbe tutto finito e stava iniziando a rassegnarsi all’idea di aver commesso un grave errore nel non dire la verità a suo figlio su quel matrimonio.
Avrebbe dovuto parlare con il biondino una seconda volta, chiedergli di smetterla di dargli tante attenzioni, di essere così premuroso, con lui. Sirius ne avrebbe sofferto troppo quando si sarebbero allontanati, se si fosse affezionato a Draco. Data la mancanza che sentiva del padre, tendeva a legarsi molto agli uomini nella sua vita; bastava pensare a quanto tenesse a Harry, al modo in cui si fidava di lui o vi faceva affidamento. Non poteva lasciare che trovasse in Malfoy una figura paterna.
Non era… Merlino, era inimmaginabile!
Malfoy… una figura paterna!
Eppure, se non avesse trovato una via d’uscita, lui sarebbe stato veramente il padre dei suoi futuri figli e non avrebbe avuto alcuna scelta in merito.
La sola idea la terrorizzava; non si sarebbe mai fidata di lui in tal senso.
Era Malfoy!
Il suo esempio genitoriale era Lucius!
Le premesse, le prospettive… erano pessime.
Più ci pensava, più tutto diveniva assurdo.
Forse niente di tutto quello era vero.
Forse era al San Mungo in quel momento, addormentata, esposta a qualche sostanza allucinogena che le stava facendo fare il più bizzarro sogno della sua vita.
Forse qualcuno stava incasinando la sua mente, giocando con la sua testa.
Forse non stava accadendo veramente… Ma era un’illusione in cui non poteva permettersi di rifugiarsi.
Quando raggiunsero la camera padronale, Draco era in evidente imbarazzo, - Hermione non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe visto Malfoy arrossire -, si passò una mano tra i capelli, poi si scompigliò quelli sul retro della testa. «Io… è la stanza più grande, puoi starci tu, se non ti va di… insomma, mi sono fatto preparare una camera a parte, per evitare disagi…»
“Per evitare di stare con te” sarebbe stata la spiegazione più sincera, pensò lei, ma lo ringraziò educatamente, apprezzando ugualmente la cosa; non avrebbe sopportato di dividere uno spazio così ristretto con lui… di dormirci assieme. Lei era la prima a non voler condividere il letto con lui, non lo biasimava affatto. La sola idea di doverlo fare, prima o poi, le provocava conati di vomito. Era certa che, se fossero veramente arrivati al punto di avere dei rapporti intimi, dopo sarebbe corsa a richiudersi nella sua stanza, che per fortuna aveva un bagno privato al suo interno; dormire con qualcuno era ancora più intimo del sesso e Hermione non riusciva a immaginare di abbassare le difese fino a quel punto, con lui.
Tutta quella situazione l’avrebbe fatta morire dall’imbarazzo, fino alla fine.
«Posso accontentarmi di una stanza più piccola», gli disse, puntellandosi sul posto, in evidente difficoltà.
Lui scosse leggermente il capo. «Tilly ha già sistemato qui le tue cose, immagino tu non voglia offenderla chiedendo di spostarle altrove.»
«Ehm, no, no…» biascicò allora, prendendo nota mentale di elaborare al più presto un piano d’azione per adattarsi all’idea di avere degli elfi domestici in casa. Si sarebbe assicurata che quantomeno venissero trattati equamente, nel modo giusto, con dignità, se proprio non poteva liberarli. «Grazie.»
«Dobbiamo prendere la PassaPorta ora», le sussurrò, poggiando per l’ennesima volta la mano sulla sua schiena.
«So camminare da sola, sai?» gli fece notare lei, arrossendo visibilmente, ma non c’era astio nel suo tono, solo un lieve imbarazzo.
Draco fece spallucce, ma non tolse la mano.
Non aveva capito l’antifona o, semplicemente, non gli importava?
«Accio!»
Una cintura magica nera apparve nelle sue mani. «Serve ad assicurare i bambini al genitore, a cinque anni sono ancora troppo piccoli per usare la PassaPorta in autonomia.»
Hermione schiuse leggermente le labbra, sorpresa che avesse pensato anche a quello.
«Posso tenerlo io, se…»
«No, lo prendo io», decretò lei, sollevando Sirius e lasciando che Draco lo assicurasse a lei con la spessa cintura. Non glielo avrebbe mai affidato, non era ancora impazzita del tutto.
Fu una breve tortura, perché lui era troppo vicino e le sue dita sfioravano inavvertitamente il suo corpo; come aveva detto mille volte ormai, sarebbe morta dall’imbarazzo, alla fine. Immaginava già gli articoli dei giornali con i loro titoli imbarazzanti:
 
“HERMIONE GRANGER, ORDINE DI MERLINO DI PRIMA CLASSE, EROINA DI GUERRA, TIRA LE CUOIA A CAUSA DI UN ECCESSO DI IMBARAZZO.”
 
La Skeeter ci sarebbe andata a nozze con uno sviluppo del genere!
Hermione sentì l’incantesimo sigillare la cintura e sorrise al piccolo, con fare incoraggiante, e lui rispose con una risata eccitata che le fece stringere il cuore nel petto.
«Bene, pronti?» chiese Draco e lei prese la sua mano, esitante, ancora sorpresa dal fatto che lui non mostrasse alcuna repulsione all’idea di toccarla, poi poggiò l’altra sulla PassaPorta, che poteva tranquillamente passare per una comunissima spazzola per capelli. Quando la colpì, la familiare sensazione di oppressione causata dall’oggetto incantato la distrasse da tutto il resto.
Apparvero tra i boschi, in una piccola radura; camminarono per un po’, in silenzio, e poi l’ambiente si aprì in una radura più ampia che nascondeva uno Chalet di lusso: era più semplice e più piccolo della villa in cui Malfoy risiedeva quotidianamente, ma comunque vistoso per gli standard di Hermione e palesemente dotato di più spazio di quanto necessitassero.
«Il mare è una costante, per cui ho pensato che trascorrere le vacanze in montagna sarebbe stato più appropriato», considerò sorridendole timidamente. «Cambiare aria, sai…»
Si sentiva confusa dalla sua gentilezza, dall’accesso che le stava dando alla sua sfera privata. Per qualche motivo, prima del matrimonio, aveva sempre immaginato che, giunti nella sua dimora principale, l’avrebbe scaricata nella biblioteca e si sarebbe chiuso nel suo ufficio senza dire più di una parola, evitandola. Che tutta la loro vita insieme sarebbe stata così. Si era prefigurata cinque anni di solitudine.
Non era sicura se preferisse favorire il distacco o assecondare la sua linea d’azione; seguire il consiglio di Harry, provare a conoscerlo… Malfoy sembrava di essere del secondo avviso, ma lei lo temeva.
Non pensava che avrebbe mai potuto innamorarsi di lui, ma tra i due, era lei quella che correva quel pericolo; il biondino non avrebbe mai potuto provare niente per lei e un giorno si sarebbe stancato della storia della fedeltà. Quel matrimonio non era vero; voleva solo assicurarsi che lei non avesse rapporti con altri finché non avessero adempiuto a tutte le clausole previste dalla Legge. Hermione non aveva la minima idea di cosa pensasse Draco in merito all’avere degli eredi Mezzosangue, da una Nata Babbana, ma non aveva intenzione di chiederglielo; non voleva una risposta a quella domanda. Li avrebbe amati lei per entrambi, se lui se ne fosse lavato le mani, dopo.
Perché stava pensando a quello, comunque?
Avrebbe fatto revocare e abolire la Legge in tempo.
Doveva farlo.
C’era tanta gente a cui poteva ancora risparmiare quel dolore.
Il tavolo dello Chalet era già imbandito con un pranzo succulento e corposo quando lo raggiunsero; c’erano fiori dappertutto, - gigli, il suo fiore preferito, il che era una strana coincidenza, pensò Hermione -, e la piccola elfa domestica che li accoglieva con entusiasmo. Doveva essere Tilly.
«Ho fatto venire Tilly qui per preparare la casa.»
«“Casa” è davvero riduttivo, Malfoy», commentò ironicamente lei.
«Non è che la tua villa sia molto modesta, Hermione», ribatté piccato, sottolineando ancora una volta l’uso del cognome da parte sua.
Lei strinse il labbro inferiore tra i denti. «Vengo da una famiglia molto benestante.»
Draco annuì senza indagare oltre e la invitò a sedere.
Forse aveva intuito che l’argomento “genitori” era un tasto che Hermione non voleva toccare, o probabilmente stava riflettendo che doveva essere quello uno dei motivi per cui il denaro non esercitava alcuna attrattiva su di lei, che non le erano mai mancati i soldi e avendo passato la maggior parte del tempo alla Tana con i Weasley, aveva imparato ad apprezzare le piccole cose, quelle che contavano davvero.
Hermione immaginava che, a differenza dei suoi genitori, quelli di Draco non gli avessero mai insegnato che c’erano cose più importanti dei soldi e dello status sociale, - sicuro non dello status di sangue -, la storia lo provava e anche il modo in cui il biondino era solito atteggiarsi in pubblico quando andavano a scuola o quando lo vedeva camminare per Diagon Alley in quel periodo.
Mangiarono in silenzio, - loro due almeno, Sirius non la smetteva di parlare -, e quando finalmente ebbero finito, il bambino parve stremato; cinque minuti dopo, si addormentò sul divano.
La giovane donna sospirò di sollievo. «È molto loquace. Solo Ron e George sono capaci stargli dietro veramente.»
Era il suo modo di scusarsi per l’enorme quantità di domande personali che gli aveva rivolto in quelle ore.
«È solamente curioso», ribatté lui. «Questo lo ha preso da te.»
Hermione si morse il labbro.
Alcune di quelle risposte interessavano anche a lei, in realtà, ed era grata che il figlio avesse posto quei quesiti al suo posto.
Perché ora le interessava sapere qualcosa in più su di lui?
Aveva votato per il distacco!
La invitò ad accompagnarlo all’esterno e si sedettero sotto il porticato. Hermione supponeva che avrebbero dovuto discutere di alcune cose prima o poi nel corso della giornata, ma non si sentiva pronta ad affrontare nessun discorso in quel momento.
Voleva dormire; cadere in un sonno profondo lungo cinque anni…
Draco le aveva fatto preparare una camera separata anche lì.
Trasse un sospiro profondo e lo guardò. «Ti avevo chiesto di non essere troppo premuroso con mio figlio.»
L’espressione sul suo viso era stanca mente enunciava quella considerazione, la quale fece subito accigliare il biondino. «Fa parte della mia famiglia, ora», rispose in tono neutro. «E adoro quel ragazzino. È incredibilmente sveglio.»
Hermione scosse il capo. «Ti ho già spiegato che non voglio che si affezioni a te», ribadì. «Si farà male e vorrei veramente risparmiargli-»
«Sei incredibile», soffiò spazientito Draco. «Sono qui a fare di tutto pur di convincerti a darmi una possibilità, per dimostrarti che vale la pena di conoscermi prima di decidere come andrà a finire e tu…»
«Oh, andiamo! Falla finita, Malfoy!» sbuffò lei, «non so perché tu stia facendo tutto questo, quali assurdità tu stia pensando, cosa tu possa ottenere dal convincermi di poter essere il marito perfetto o qualcosa del genere… cosa per cui un’altra ci potrebbe anche cascare, ma io ti conosco da anni! So come sei realmente! Il teatrino di oggi non cambia i miei ricordi di te!»
«Questo è sempre stato il tuo problema, Hermione, lo sai?», le sputò contro a quel punto, con evidente rancore nella voce. «Tu pensi di sapere sempre tutto.»
«So quanto basta, questa volta» soffiò indignata.
«No, non è vero! Tu non sai niente
Il cambio repentino nel tono del giovane la spiazzò; la sua voce fredda e strascicata, il modo in cui aveva sibilato tra i denti quelle parole, la riportarono indietro di anni.
«Nessuno ha chiesto la tua opinione, piccola, lurida, Sanguemarcio.»
Le venne da piangere. Non poteva veramente essere sposata con lui. Tutto in Malfoy la disgustava.
«Pensi di sapere cosa ho vissuto durante la guerra, pensi di sapere quello che ho passato dopo, ma ti sbagli» proseguì lui e questa volta il suo tono parve più controllato, più pacato. «Tu non sai chi sono ora, sai solo chi sono stato... E sono sette anni che non sono più quella persona. Ad oggi, oserei sperare di essere diventato quantomeno qualcuno di decente
Lei sollevò un sopracciglio. «Sette anni fa sei felicemente diventato un Mangiamorte, Malfoy» replicò gelidamente. «E ti ho concesso il beneficio del dubbio in quel caso. Su quello, mi sono sbagliata. Non farò lo stesso errore una seconda volta.»
Quel poco di colore che aveva normalmente defluì dal volto di Draco.
«Senti, Hermione», esordì dopo una lunga pausa di silenzio. «Lo so che questa situazione non è ideale per nessuno dei due…»
Lei sbuffò dal naso, sardonicamente.
Quello era un fottuto eufemismo.
«Non per via del tuo sangue, ma perché…» la frase rimase in sospeso per qualche istante, poi lui riprese a parlare. «Hai ragione, sicuramente sono più abituato all’idea di un matrimonio combinato di quanto non lo sia tu, ma… Ho sempre pensato che se fosse diventato il mio caso, l’altra persona sarebbe stata d’accordo. Questo è…» deglutì con forza, «Questo non è bello neanche per me.»
Hermione arricciò leggermente le labbra e lo studiò attentamente. Sembrava sincero.
Draco poggiò i gomiti sulle sue ginocchia, si sfregò il volto con entrambe le mani, poi si voltò a guardarla di nuovo. «Mi dispiace», mormorò alla fine.
Lei corrugò la fronte. «Per cosa, esattamente?»
Il biondo si leccò i denti davanti, sospirò dal naso. «Per tutto, suppongo.»
C’era un’enfasi in quel “tutto” che le fece pensare che non si stesse riferendo solamente al matrimonio e che la colse di sorpresa; schiuse leggermente le labbra e si scoprì felice di sentirglielo dire.
Non aveva mai pensato di necessitare scuse da parte sua, ma ora che gliele aveva fatte… si sentiva meglio; forse era per via del matrimonio, forse quello aveva cambiato il suo modo di sentirsi al riguardo.
Fece un breve cenno di assenso con il capo. Non sapeva cosa dirgli, ma in qualche modo non era più arrabbiata come lo era stata fino a un attimo prima.
«So che per te è particolarmente difficile», riprese il discorso il biondino. «Lo capisco. Solo, penso che potremmo affrontare questa situazione in modo migliore. Sarò onesto, non voglio che questo si trasformi in una continua sfilza di insulti, litigi e ostilità.»
La ragazza si mordicchiò l’interno della guancia, continuando a restare in silenzio.
«Non ho niente da offrirti che tu possa volere, su nessun piano, l’ho… capito. Ma non dobbiamo necessariamente continuare ad essere… nemici, no? Possiamo… possiamo provare a diventare, almeno, amici. Alleati, se proprio non è possibile altro.»
Hermione sospirò. «Possiamo provarci.»
Lo pensava veramente.
Le aveva chiesto scusa e lo aveva fatto con sincerità; glielo aveva letto negli occhi, come se avesse abbassato il velo dell’Occlumanzia per qualche secondo, solo per permetterle di vederlo chiaramente.
Era davvero pentito di quello che aveva fatto da ragazzo.
E stranamente, realizzò, quello le bastava.
Potevano essere alleati, dopotutto.
Questo avrebbe reso più facili le cose dopo l’annullamento del loro matrimonio, se veramente fossero arrivati al punto di avere dei figli. Se loro fossero rimasti in buoni rapporti, la questione non avrebbe dovuto diventare necessariamente spiacevole; avrebbero trovato un modo pacifico ed equo per gestirla. Sperava che sarebbe riuscito a conquistare la sua fiducia in fatto di responsabilità di minori, in ogni caso.
Forse, un giorno, avrebbero persino potuto essere amici… Ma non amanti, di quello era assolutamente sicura. Innamorati, mai.
«Chissà, potremmo anche divertirci nel mentre.»
Lei avvampò e lui fece altrettanto, di riflesso.
«Non intendevo… voglio dire… anche quello, se tu volessi… io non mi lamenterei… ehm…»  
Le sopracciglia di Hermione scattarono all’insù; si sarebbe sentita indignata normalmente, forse persino offesa, ma vedere Malfoy diventare visibilmente rosso e ascoltarlo balbettare imbarazzato era troppo comico per non godersi il momento. Draco evitava di incrociare il suo sguardo, si grattava il retro della testa, si inumidiva le labbra come se la sua bocca si fosse improvvisamente seccata e si rifiutasse di reidratarsi.
Hermione impiegò tutte le sue forze per reprimere l’istinto di scoppiare a ridere e prenderlo in giro, pensando che forse si sarebbero sempre ispirati sfottò a vicenda, anche se i loro toni non sarebbero stati gli stessi di quando erano a Hogwarts. Ma poi ricordò che le aveva rivelato che quella loro dinamica lo divertiva immensamente, così si obbligò a non assecondare quella sua inclinazione, per mero dispetto.
«…ma insomma, io intendevo dire che abbiamo molte cose in comune» biascicò lui, a disagio. Le parole sembravano incespicare l’una sull’altra mentre tentava penosamente di salvarsi in calcio d’angolo, di comporre una frase sensata, di trovare le parole giuste per esprimere il concetto che voleva comunicare.
«Leggere, per esempio. E ho un laboratorio di pozioni alla Villa, mi sono dimenticato di mostrartelo. Faccio esperimenti, sai? So che ti pesa non lavorare per tre mesi e il tuo contributo alla mia ricerca attuale sarebbe prezioso. Potrebbe essere, ehm, divertente?»
A Hermione venne da sorridere, ma si impose di non farlo.
Sicuramente il biondino si stava sforzando di essere positivo, il che era quasi… premuroso, da parte sua.
Forse non dovevano essere per forza cinque anni infernali, ma non voleva dire che Malfoy meritasse di avere soddisfazioni da parte sua. Non così presto, almeno.
Aveva menzionato lui il divertirsi, no? Beh, quello la divertiva.
Finalmente era lui quello imbarazzato, non lei.
Nonostante le avesse appena detto in maniera per niente poco sottile che se avesse desiderato del sesso avrebbe potuto bussare tranquillamente alla porta della sua camera da letto per averlo.
Hermione scacciò via quel pensiero.
«Vuoi usarmi per raggiungere il successo in ambito pozionistico, Malfoy?»
Lui si irrigidì. «No, non…»
«Voleva essere una battuta», precisò lei immediatamente. «Merlino, il mio senso dell’umorismo non è stato mai particolarmente buono.»
Un angolo delle labbra di Draco si sollevò, in una versione più dolce del suo ghigno caratteristico. «In qualcosa dovevi pur essere negata.»
Lei ridacchiò. «Chiudi il becco, Malfoy.»
«Draco», la corresse lui, serio. «Per favore.»
Hermione deglutì. «Draco», ripeté, cercando di farsi entrare in testa di chiamarlo per nome.
Draco, Draco, Draco, Draco, Draco.
Pronunciare il suo nome le fece inspiegabilmente affluire un po’ di calore sulle guance; sperò che lui non l’avesse notato. «A cosa stai lavorando?»
Il biondino esibì un’espressione vittoriosa. «Sapevo che con questo sarei riuscito a corromperti!»
Lei fece ruotare gli occhi e sbuffò. «Non rovinare questo ‘nuovo inizio’ indisponendomi fin da subito.»
Lui rise brevemente e delle ciocche di capelli gli ricaddero sugli occhi, ribelli; le sue guance erano ancora sfumate di rosa, in particolare nei pressi degli zigomi.
Si era alzato un po’ di vento da quando si erano accomodati all’esterno.
«Al momento, sto cercando di preparare qualcosa che renda reversibili gli effetti dell’Oblivion
Ogni muscolo del corpo di Hermione si tese quando udì quell’informazione; la sua attenzione converse interamente su di lui.
Eccola, la cosa che Malfoy poteva offrirle e che poteva interessarle più di ogni altra cosa al mondo.
«Stai cercando un modo per annullare l’Oblivion?» ripeté per assicurarsi di aver sentito bene, sforzandosi di mantenere un tono neutro per non lasciargli capire la reale portata del suo interesse.
Il biondino annuì. «Abbastanza stimolante per Hermione Granger?»
La ragazza si passò la lingua sulle labbra. «Direi di sì», disse in tono fermo. «Ma perché lo stai facendo?»
Draco deglutì, poi scrollò le spalle. «Il Dipartimento Auror spesso si trova davanti vittime della Maledizione Imperius o a cui viene rimossa la memoria. Ho pensato che sarebbe una pozione utile e che valesse la fatica di crearla.»
Hermione annuì. «Bene, quando cominciamo?»
Se avessero avuto successo, avrebbe potuto riavere i suoi genitori.
«Calma», commentò lui, sorridendo. «Ora siamo in vacanza.»
«Ma, Malf-Draco!» esclamò lei. «Questo potrebbe essere rivoluzionario! È importante…»
«Ci lavoro da quasi quattro anni, Hermione», disse il biondino. «La rivoluzione può attendere qualche altro mese.»
La delusione fu palese sul suo viso. Voleva sapere cosa avesse scoperto, quali risultati aveva ottenuto in quegli anni… bramava quelle risposte come non aveva mai bramato niente in vita sua.
Senza alcun preavviso, si ritrovò con le mani strette in quelle di lui.
Erano sorprendentemente calde al tatto; per qualche ragione aveva sempre creduto che sarebbero state fredde, che tutto in lui lo fosse.
Ma Draco, ora che aveva iniziato a vederlo con occhi diversi, sembrava tutt’altro che freddo.
O meglio, non sembrava più freddo.
«Questo mese è per noi», le sussurrò risoluto. «Per conoscerci veramente. Nient’altro, Hermione.»

 

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Capitolo 5
*** 5. Honeymoon ***


The Weight of Us



CAPITOLO 5
Honeymoon





 




Dal momento che l’aveva trascinata in una ‘Luna di Miele’ che non desiderava senza interpellarla, dopo aver fatto trasferire tutte le sue cose nella sua villa senza anticiparle nulla sulle tempistiche del trasloco, e visto lo zelo e la determinazione con cui aveva insistito affinché trascorressero del tempo insieme per ‘conoscersi’ e provare a ‘legare’ in qualche modo, Hermione non si era aspettata di ricevere da parte di Draco la cortesia del rispetto dei suoi spazi.
Si sbagliava.
Se andava in biblioteca a leggere, - sì, ne aveva una anche lì -, e voleva restare sola, bastava che chiudesse la porta; lui si sarebbe limitato a bussare, sporgere dentro il capo, chiedere se andasse tutto bene e poi, nel momento in cui non gli veniva domandato se volesse restare, richiudeva la porta e andava a dedicarsi ad altro.
Stava insegnando a Sirius a suonare il pianoforte, - sì, ne aveva uno anche lì -, nonostante il bambino si fosse sempre rifiutato di lasciarlo fare a lei; Hermione sospettava che il piccolo stesse cercando di creare un legame con Draco e questo la turbava.
Il comportamento di quest’ultimo nei confronti di Sirius, però, la turbava ancora di più.
Non aveva alcun senso. Era premuroso, paziente, gli dedicava più tempo di quanto sarebbe stato normale persino nel caso di un matrimonio d’amore in cui una delle due parti aveva avuto un figlio da una relazione precedente e non sembrava neanche che gli pesasse, anzi, pareva quasi che ci tenesse a costruire un rapporto positivo con lui.
Si era premurata di avvisare Draco che se lo avesse beccato a lasciargli fare magie prima dei diciassette anni solo perché essendo entrambi maghi non sarebbe stato rintracciato dal Ministero, lo avrebbe trasformato in un furetto e lasciato in quelle sembianze per un mese. Lui le aveva giurato che avrebbe favorito il rispetto totale del Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni.
Una settimana e mezza dopo il loro arrivo allo chalet, Hermione aveva scoperto che Draco stava facendo scegliere a Sirius tutti i loro pasti a seconda delle proprie preferenze e gli aveva fatto una ramanzina lunga un’ora per spiegargli che il bambino doveva abituarsi a mangiare di tutto e che doveva provare altre cose oltre ai suoi cibi preferiti.
«Ma anche a Hogwarts potrà avere ciò che vorrà, gli basterà chiedere agli elfi!» aveva obiettato lui e non era finito appeso per la caviglia solo per una frazione di secondo.
«E non lo deve sapere!»
Ci mancava solo che Malfoy viziasse suo figlio!
Cercava di ritagliarsi almeno tre o quattro ore nell’arco della giornata per le ricerche necessarie a sovvertire la Marriage Law. Draco aveva proibito la menzione della pozione, ma non aveva idea che Hermione stesse ancora cercando una via d’uscita dagli obblighi di quella Legge, né che stesse utilizzando i libri nella sua biblioteca a tale fine. La giovane era certa che avrebbe apprezzato anche lui il suo sforzo, qualora ci fosse riuscita realmente e prima che le cose tra loro diventassero più complicate.
Il resto del suo tempo, lo spendeva dormendo, giocando con Sirius o parlando veramente con Malfoy.
Si erano più volte lasciati andare a confidenze piuttosto intime e private, personali, - cose che Hermione sospettava che il biondino non avesse mai detto a nessuno prima, soprattutto in merito al periodo della guerra o della sua infanzia -, e quelle nuove informazioni avevano spesso mandato in tilt il suo cervello razionale.
Non riusciva più a guardarlo con gli stessi occhi di prima e c’era una parte di lei che si sentiva un po’ in difetto per aver pensato che Draco fosse esattamente ciò che appariva, per aver superficialmente dato per scontato che non ci fosse niente più di quello che mostrava in lui; nonostante il beneficio del dubbio che gli aveva concesso al sesto anno, - e per un momento dubitò persino di averlo fatto per lui, ricordando di aver detto a Harry che Voldemort non avrebbe avuto alcun motivo di servirsi di un sedicenne quando aveva una sfilza di Mangiamorte adulti, spietati e sicuramente più preparati di Malfoy ad eseguire ogni suo ordine -, aveva realizzato che, allo stesso modo in cui lui aveva fatto di lei una definizione, - “la Sanguemarcio Granger”-, lei aveva fatto di lui uno stereotipo, - “Malfoy, il ragazzino ricco, stronzo, snob e viziato, senza cuore” -, e la cosa l’aveva fatta sentire incredibilmente superficiale. Ci aveva messo un po’ a rammentare a sé stessa che, da parte lesa della situazione, in passato non spettava a lei vedere che ci fosse qualcosa di più in Malfoy.
Le cose erano un po’ diverse ora che lui era cambiato, però, per non parlare del fatto che era recentemente diventato suo marito. Adesso che sapeva tante cose, riusciva a scorgere il suo tormento per i suoi errori passati, il suo rimorso, la sua voglia di riscattarsi e di redimersi agli occhi della comunità magica, il suo desiderio di dissociarsi dal resto della sua famiglia. E riusciva a farlo nonostante la sua Occlumanzia.
Non sapeva se fosse giusto che soffrisse tanto, ma a un certo punto si era ritrovata a desiderare che potesse trovare la pace, che riuscisse a perdonare sé stesso. Si stava impegnando e quello era evidente.
Capiva finalmente cosa avesse spinto Harry a dargli una seconda possibilità e ad accoglierlo come consulente nel suo team, motivazioni che, ancora troppo ferita dalla guerra e dagli eventi traumatici che l’avevano segnata nel corso della sua esperienza a Hogwarts, Hermione aveva fallito di comprendere in un primo momento.
Draco non le aveva detto il motivo per cui non parlava più con Lucius, ma le aveva fatto capire che avesse un rapporto meno teso con Narcissa.
«Mi ha sorpresa la presenza di tua madre al matrimonio.»
«Sono il suo unico figlio», le aveva risposto in tono distaccato. «Non se lo sarebbe perso mai.»
Hermione, quella sera, si era azzardata per la prima volta a fargli qualche domanda in più. «Parli sempre al plurale, però, quando dici che vuoi stare quanto più possibile lontano dalla tua famiglia.»
«Siete tu e Sirius la mia famiglia, ora», le aveva ribadito con fermezza, poi aveva deglutito e distolto lo sguardo da lei, che nel frattempo era diventata rossa come un peperone. «Mia madre… le voglio bene, ha fatto tanto per me e cerca di essere comprensiva, ma anche lei mantiene ancora degli ideali che io non condivido e non tollero più.»
La ragazza aveva grugnito. «Deve aver sofferto tanto, durante quel ‘lo voglio’, allora.»
Draco non le aveva risposto.
Dopo quella conversazione, Hermione si era più volte chiesta se avesse dovuto inviare un gufo alla Signora Malfoy per ottenere aiuto nella sua crociata contro la Marriage Law. L’avrebbe sicuramente aiutata a ottenere l’annullamento, se le avesse parlato del suo piano… ma la verità era che non avrebbe mai scritto a nessuno dei coniugi Malfoy; Hermione avrebbe volentieri fatto a meno di rivedere chiunque in quella famiglia. Rabbrividiva ogni volta che quel tipo di pensieri le sfioravano la mente e prontamente sentiva la voce del biondino ricordarle che ora anche lei faceva parte della sua famiglia. La sola idea di esserne considerata un membro le faceva venire la nausea e non era neanche per Draco in sé, era il resto dei Malfoy che le faceva storcere maggiormente il naso, lo stigma che ne marchiava il nome.
Se sul piano del conoscersi avevano fatto progressi significativi entrambi, Hermione non ne aveva fatto alcuno in termini di accettazione del loro matrimonio. Continuava a pensare che avrebbe trovato una soluzione, si aggrappava a quell’idea come all’aria che respirava.
Ringraziava costantemente Merlino e Morgana per il fatto che Draco non invadesse quasi mai il suo spazio personale; tocchi e sfioramenti erano ridotti al minimo durante le giornate e non aveva mai cercato, dopo il giorno del loro matrimonio, né di prenderla per mano, né di posare la mano sulla sua schiena, né tantomeno di baciarla.
Hermione ne era estremamente sollevata; il contatto fisico tra di loro la rendeva irrequieta anche solo su una base teorica. Lo avrebbe evitato molto volentieri finché non sarebbe diventato inevitabile, nella terribile eventualità di non riuscire a risolvere tutto per tempo.
Una sera particolarmente noiosa, - ovviamente, Malfoy non aveva neanche un maledetto televisore per passare il tempo -, gli aveva chiesto di parlarle nuovamente della pozione a cui stava lavorando.
«Cos’è tutto questo interesse?» le aveva domandato con circospezione e lei aveva simulato una nonchalance che non possedeva minimamente, arrivando persino a scrollare le spalle.
«Sono solo curiosa», gli aveva detto nel suo migliore tono neutro.
L’aveva studiata con gli occhi socchiusi per un po’, leccandosi lentamente le labbra. Quello sguardo inquisitorio l’aveva fatta arrossire.
Hermione non era mai arrossita così tanto in vita sua prima di diventare sua moglie. Si era ritrovata a chiedersi più volte se ci fosse il rischio di sviluppare un rossore permanente, perché sarebbe stato veramente un disastro in tal caso.
«Hai molta fretta di mettere le mani sulle mie ricerche e di prendervi parte» aveva considerato lui. «Come se avessi un interesse personale nel portare a termine la realizzazione della pozione.»
Si era paralizzata. «No, solo… mi piace aiutare e le cose complicate mi stimolano…»
«Credi di essere stata obliviata?»
C’era stato qualcosa nel suo sguardo mentre le aveva rivolto quella domanda secca e diretta che l’aveva fatta rabbrividire. Non l’aveva mai fissata così intensamente prima, - e lo sguardo di Draco raramente non poteva definirsi intenso, almeno nei suoi confronti -, e sembrava essere particolarmente all’erta, attento ad ogni sua minima reazione, volontaria o meno; aveva visto persino un lampo attraversare i suoi occhi ed era certa di non esserselo immaginato.
Hermione aveva sospirato, le era ormai chiaro che non sarebbe stata in grado di lasciar cadere la conversazione.
«No, io…» aveva mormorato esitante, poi alla fine aveva deciso di gettare la spugna e confessare. Prima o poi, sarebbe comunque finita per parlargli della faccenda. «Ho obliviato qualcuno, in passato. Vorrei rimediare alla cosa.»
Draco era rimasto in silenzio per un po’, forse aspettando che articolasse ulteriormente, ma quando fu chiaro che lei non lo avrebbe fatto, decise di incalzarla. «Ha a che fare con l’assenza dei tuoi genitori al matrimonio?»
Hermione era impallidita, ma qualche momento dopo aveva fatto un cenno del capo quasi impercettibile. «Stavo cercando di proteggerli dalla guerra», gli aveva raccontato, la sua voce poco più di un sussurro flebile. «Non si ricordano di avere una figlia, non sanno che esisto.»
Il biondino l’aveva fissata sgomento.
Hermione immaginava di fargli un po’ paura dalla notte di quelle confidenze dolorose.
«Li ho mandati all’estero. Nuove identità, nuove vite, nuovi ricordi.»
«Cazzo», aveva soffiato Draco, passandosi una mano sulle labbra.
«Già», aveva commentato lei. «Cazzo
Non avevano proferito parola per un po’, non si era aspettata parole di conforto da Malfoy, né tantomeno rassicurazioni sulle probabilità di successo della sua ricerca, ma un po’ ci aveva sperato.
«So che hai detto che non pensi ci sia niente che tu possa offrirmi che io possa desiderare» aveva mormorato Hermione, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. «Ma c’è ed è questo. Per favore, non farmi aspettare ancora prima di iniziare a fare qualcosa
Draco aveva deglutito, poi aveva sospirato. «D’accordo», aveva sussurrato, prendendo una bottiglia di Whiskey Incendiario e riempiendo due bicchieri; gliene aveva teso uno, che lei aveva accettato di buon grado, e le si era seduto accanto.
Non sedevano mai sullo stesso divano, quella era una prima volta.
«Ti aggiornerò su quello che ho scoperto finora, appena torneremo a casa, inizieremo subito a lavorarci, sfruttando i tuoi due mesi di ferie ‘matrimoniali’» le aveva detto, breve e conciso.
«Credi che possa funzionare?» gli aveva chiesto ancora lei. «Credi che potremmo riuscire a farlo veramente?»
«Io e te insieme?» aveva ribattuto lui. «Assolutamente sì. Sono già a un buon punto, ma mi sono bloccato su un problema un anno fa. Con il tuo cervello, però…»
Hermione aveva annuito.
«Hermione», l’aveva rassicurata. «Siamo entrambi troppo ostinati nel portare a termine questa impresa per fallire.»

 
*

Due giorni prima di tornare a “casa”, erano arrivati ad avere una discreta lista di attività che gli piaceva fare insieme, - o che comunque non gli dispiaceva fare insieme -, o che non li imbarazzava fare insieme e persino un paio che potevano definirsi un po’ più intime. Tra queste, dei rilassanti bagni in piscina, - il fatto che aveva l’idromassaggio non rendeva facile a Hermione rifiutare gli inviti a raggiungerlo in acqua -, le letture serali sul divano e delle lunghe passeggiate in giardino al calar del sole.
Nell’ultima settimana di “Luna di Miele”, inoltre, Draco aveva iniziato a ricercare un contatto fisico con lei; niente di eccessivo o invadente, era più una questione di sfioramenti o piccoli gesti, come spostare una ciocca di capelli dal suo volto e fissarla dietro l’orecchio o sfiorare la punta delle sue dita con le proprie quando sedevano sul divano ed erano molto vicini. Succedeva spesso, perché ad un certo punto avevano iniziato ad accomodarsi entrambi sullo stesso sofà e nessuno dei due pareva farci mai caso.
Era ritornata anche la mano sulla schiena quando doveva oltrepassarla o le chiedeva di fargli spazio cosicché potesse passare da qualche punto della casa quando lei si trovava in mezzo, ostruendo la via. Hermione si sentiva sempre vagamente a disagio in quei casi, perché avere Draco così vicino in uno spazio ristretto non faceva che accentuare il dislivello tra le loro altezze, tra la prestanza dei loro corpi in generale, rendendola più consapevole della fisicità del biondino di quanto tenesse ad ammettere persino a sé stessa.
In realtà, notò Hermione all’improvviso, Draco non sembrava in fase di adattamento, né tanto meno le era mai parso imbarazzato, - fatta eccezione per quella sua allusione a un altro tipo di attività che avrebbero potuto fare insieme per divertirsi, il loro primo giorno allo chalet -, semmai il contrario: sembrava perfettamente a suo agio con lei, quasi come se tutto quello fosse normale e non la cosa più assurda che gli fosse capitata. Non solo, Hermione aveva spesso avuto la sensazione che sapesse cose di lei che non avrebbe dovuto neanche immaginare o sospettare.
Come prendeva il caffè, per esempio, o che lo preferiva al tè; che nel mondo magico prediligeva le letture accademiche perché credeva ci fosse sempre tanto da imparare, mentre in merito alle letture babbane favoriva i testi letterari; che soffriva il freddo e che un tempo aveva un gatto che si chiamava Grattastinchi… lei non gli aveva mai raccontato quelle cose, ne era quasi certa. Dubitava altamente che potesse essere stato Harry a menzionargliele… o forse sì? Non erano così personali, né difficili da capitolare per caso in una conversazione, in fondo. Forse si era così abituata all’imprevedibilità e all’assurdità della sua vita da aver cominciato a vedere misteri ovunque.
Quello, in particolare, era uno di quei momenti.
Erano a tavola per fare colazione e Draco aveva il volto coperto dalla Gazzetta del Profeta che stava leggendo distrattamente; ogni tanto commentava a voce alta qualcosa che vi trovava scritto sopra e che pensava potesse interessarle.
«Le Sorelle Stravagarie terranno un concerto a Londra, tra due mesi.»
Come facesse a sapere che fosse una fan sfegatata delle Sorelle Stravagarie, non ne aveva idea, così, si azzardò a domandarglielo.
«L’ho dedotto, Hermione», rispose lui, imperturbabile. «Al quarto anno nel castello non si è parlato d’altro se non di come Hermione Granger e Viktor Krum», - pose un particolare accento irritato sul nome del Cercatore della Bulgaria -, «si siano scatenati in pista al Ballo del Ceppo.»
Hermione arrossì e si morse la lingua per trattenersi dal chiedergli quale problema avesse con Viktor, perché non era possibile che tutti gli uomini nella sua vita lo trovassero indisponente. Quando si erano rincontrati due anni prima e aveva chiesto a Sirius il ‘permesso’ figurato di invitarla a cena per un appuntamento, il bambino gli aveva risposto con un asciutto: «No, la mamma sta aspettando il mio papà.»
Non era esattamente vero, ormai se n’era già fatta una ragione a quel punto, aveva capito che nessuno si sarebbe presentato alla sua porta, - supponeva ormai che fosse stata una relazione di poco conto, che si fossero lasciati per la fine dell’anno e che forse non aveva neanche fatto in tempo a dirgli della gravidanza prima che il mondo iniziasse ad andare a rotoli; anche prima della caduta del Ministero era divenuto quasi impossibile comunicare, in fondo -, ma Sirius le aveva comunque fornito una buona scusa per declinare l’invito e uscirne pulita. Infatti, ancor prima del suo ritorno in Bulgaria dopo il Torneo Tremaghi, le era stato subito evidente che per lei e Viktor non ci sarebbe mai potuto essere alcun futuro, romanticamente parlando.
«Ho i biglietti», disse senza pensarci. «Sarei dovuta andare con Ginny.»
«Saresti dovuta andare?» ripeté Draco, abbassando il giornale per guardarla accigliato. «Guarda che non ti tengo al guinzaglio, Hermione. Non ti farei mai storie, né cercherei di impedirti-»
«È per via di Sirius» lo interruppe lei, sbigottita. «Non posso lasciarlo da Andromeda quella sera e Harry il 15 di ogni mese, normalmente, ha il turno di notte.»
Lui sollevò un sopracciglio dopo quelle spiegazioni piccate.
Non avrebbe mai disturbato Molly e non aveva intenzione di precisare perché non poteva lasciarlo da Ron, visto che c’era il rischio che per quel giorno lui fosse il marito di Pansy Parkinson e lei non avrebbe mai permesso a suo figlio di dormire sotto lo stesso tetto di quella serpe velenosa. Era stato già fin troppo difficile arrivare a fidarsi di Draco abbastanza da smettere di dormire nella cameretta di Sirius e ci aveva impiegato due settimane abbondanti per riuscirci. La Parkinson non era affatto cambiata, la voleva il più lontano possibile da suo figlio.
«Non ti avevo neanche preso in considerazione, Draco. “Niente limitazioni alla libertà reciproca” era una delle mie condizioni, ricordi?»
«Una condizione inutile perché non lo avrei fatto ugualmente», sbuffò lui, con fare seccato. «E comunque, l’ho visto da me che non mi hai preso in considerazione, non c’era bisogno di specificare.»
Hermione corrugò la fronte, perplessa. «Se ci vuoi andare tu, puoi usare il mio biglietto.»
«Parlavo di Sirius!» esclamò esasperato il biondino. «Non hai neanche pensato al fatto che Sirius non sarebbe solo, a casa nostra. Ci sono io, posso badare io a lui.»
Hermione sbiancò. «No», disse, forse troppo repentinamente. «Non… te lo chiederei mai» aggiunse poi, cercando di salvarsi in calcio d’angolo, ma non funzionò.
Il giornale gli cadde dalle mani.
«Non ti fidi di me?» chiese lui, con la mascella a terra. «Credi che potrei fargli del male? O solo che non sia abbastanza responsabile da occuparmene? O peggio, che non sia in grado di farlo?»
Lei boccheggiò, aprì la bocca per rispondere, ma non emise alcun suono.
«Rispondimi! Perché pensavo fosse chiaro che tengo a quel bambino!»
«È mio figlio, è una mia responsabilità…» farfugliò Hermione, sempre più confusa da quella conversazione, che iniziava a divenire incomprensibilmente accesa.
«E tu sei mia moglie! Siamo una famiglia!» ribatté lui, alzando leggermente il tono della voce. «Smettila di ostinarti a non riconoscere questo fatto! Sirius è al sicuro con me!»
«Non mi piace disturbare la gente-»
«Non arrampicarti sugli specchi! Viviamo nella stessa casa, maledizione! Quale disturbo? Perché non vuoi neanche prendere in considerazione la possibilità di affidarlo alle mie cure per una sera? Sono solo due ore, tre al massimo, penso di poterlo gestire tranquillamente!»
Il panico iniziò ad assalirla. Come poteva spiegargli che non se la sentiva di lasciarlo con lui senza offenderlo? Ammettere che non nutriva la ben che minima fiducia in lui per quanto riguardava i ruoli di responsabilità, soprattutto quelli che coinvolgevano suo figlio, le sembrava un modo terribile di ripagarlo per la gentilezza che aveva dimostrato fin dall’inizio nei confronti del bambino.
E poi successe l’inimmaginabile e tutte le sue remore sul ferire i sentimenti del biondino andarono in fumo.
Sirius piombò in cucina, probabilmente attirato dai toni e dal volume delle loro voci, e disse una cosa talmente tanto orribile che Hermione si congelò sul posto, con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata.
«Che succede?», chiese innocentemente. «Perché non vuoi che io rimanga da solo con papà
Lo sguardo di Draco saettò in direzione del bambino, indecifrabile, ma al contempo dolce.
Hermione, d’altro canto, divenne bianca come un lenzuolo. «Che cosa…» balbettò scioccata, poi deglutì con forza. «Che cosa hai detto?»
«Hermione…», fece il biondino, cercando di attirare la sua attenzione, ma lei era completamente andata; continuava a fissare il piccolo con aria allucinata, il quale ricambiava lo sguardo della madre con aria confusa.
«Chiedi scusa a Draco, subito», gli disse. «E non farlo mai più.»
«Non deve chiedermi scusa, Hermione», affermò lui, sottolineando la prima parte della sua controbattuta con grande enfasi. «Gli ho detto io che poteva farlo.»
Hermione si voltò finalmente a guardarlo.
Se gli sguardi fossero Avada Kedavra, Draco sarebbe morto sul colpo.
«Tu… Che cosa hai fatto?» chiese lentamente, con tono vagamente minaccioso.
«Mi ha chiesto se potesse chiamarmi papà e io gli ho detto di sì.»
L’impertinenza nella sua voce le fece affluire il sangue al cervello.
Come si permetteva di prendersi una libertà del genere?
Vista la loro posizione, poi! Dargli la speranza di aver trovato qualcosa di simile a un padre, quando sapeva perfettamente che sarebbe durata al massimo cinque anni. Lui non era suo figlio, era certa che per Malfoy, scontati quei cinque anni di pena e convivenza forzata, Sirius avrebbe semplicemente smesso di esistere.
«Vai in camera tua, Sirius», asserì gelida, «Subito.»
«Ma mamma!» protestò il bambino, battendo un piede per terra. «Cos’abbiamo fatto di male?»
«Vai di sopra, subito!» ripeté lei, la voce ora più grossa.
Il bambino strinse le labbra per qualche istante e la fissò offeso, poi corse su per le scale, senza farselo ripetere una seconda volta, ma premurandosi di farle sentire che aveva iniziato a piangere.
Hermione non aveva mai dovuto alzare la voce per farsi rispettare da lui; non aveva mai avuto alcuno screzio con lui. Quella storia doveva finire e sarebbe finita quella mattina.
«Ti ha dato di volta di cervello, Malfoy?» sibilò tra i denti, stringendo i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.
«Siamo tornati a Malfoy?» ribatté Draco, contrariato.
«SMETTILA!» urlò lei, furente. «Come ti è venuto in mente di arrogarti il diritto di acconsentire a una cosa del genere?»
«Lo ha chiesto a me, mi ha fatto piacere e ho detto di sì! Qual è il problema?» ribatté lui, che stava evidentemente faticando a mantenere il controllo sulla sua Occlumanzia.
«Qual è il problema?» ripeté lei, due volte, in un crescendo di minacciosità. «Lo sai benissimo qual è il problema! Cinque anni al massimo e dovrò spiegargli perché io e te non staremo più insieme! E ti avevo chiesto esplicitamente di non portarlo a considerarti-»
«Tu non vuoi proprio capire, non è così?» ribatté Draco, freddo.
«Non provare a farti la ragione!» lo interruppe Hermione. «Avresti dovuto parlarne prima con me! Quando avevi intenzione di interpellarmi? Sono io sua madre!»
«Te lo stavo per dire, prima che saltasse fuori la storia del concerto!» si difese il giovane.
«Dovevi parlarmene prima di acconsentire!»
«Certo! Lui era lì, con gli occhioni lucidi, a chiedermi se fosse una cosa brutta iniziare a chiamarmi papà e io, che non avevo nulla in contrario, secondo te, avrei dovuto dirgli “aspetta che chiedo alla mamma”?» replicò ancora lui, allibito.
«Sì!» gridò lei, con gli occhi ormai colmi di lacrime. «Questo non è un gioco, Draco! L’assenza di suo padre lo ha fatto soffrire per anni e tu, così facilmente, lo illudi di poterti considerare un degno sostituto, quando sai perfettamente che per te non ha la stessa importanza che ha per lui!»
Draco si alzò di scatto, strinse il bordo del tavolo con le mani e le scoccò un’occhiata truce. «Smettila. Di. Pensare. Di. Sapere. Sempre. Tutto.» sibilò scandendo le parole una ad una, lentamente.
Utilizzò un Incantesimo di Appello e un malloppo di documenti volò tra le sue mani. Li fece scivolare verso di lei con un movimento secco della bacchetta.
«Me li sono fatti mandare una settimana fa, sperando di parlarne prima di tornare a casa» fece una pausa, mentre lei afferrava i fogli e iniziava a dargli uno sguardo con aria circospetta.
«Sperando che tu mi dicessi di sì» mormorò ancora, deglutendo e attendendo impazientemente una sua reazione.
Hermione diede una rapida lettura ai documenti, impallidendo sempre più, pagina dopo pagina; quando ebbe terminato, si sedette sulla sedia, bianca cadaverica, perché era certa che avrebbe avuto un mancamento di lì a poco.
«Vorrei riconoscere Sirius, Hermione.»
La giovane lasciò ricadere i fogli sul tavolo e lentamente, molto lentamente, alzò lo sguardo su di lui.
«Ci tengo», insisté ancora il biondino, risoluto. «Più di quanto tu possa immaginare.»
L’espressione sul viso di Hermione era ormai spaventosamente simile a quella che aveva assunto al terzo anno dopo l’attacco coordinato di un centinaio di Dissennatori.
«Sei pazzo» mormorò sconvolta. «All’inizio di tutta questa faccenda ne avevo il sospetto, ma ora… ne sono assolutamente certa.»
«Hermione, non sono pazzo! Siamo sposati e voglio bene a Sirius… come se fosse mio, perché non dovrei-»
«Ma non lo è!» urlò esasperata lei. «Sirius non è tuo figlio! E noi non… quante volte te lo devo ripetere? Questo non è un vero matrimonio! Non puoi considerarlo tale! Non…» la voce le si ruppe quando i conati di vomito sopraggiunsero a compromettere le sue facoltà.
«A prescindere da quello che succederà, visto che sei sempre così ostinata a non darci una possibilità, credo che quel bambino meriti di avere un padre. E io voglio essere quella figura per lui, anche nel caso in cui dovessimo procedere con l’annullamento del matrimonio tra cinque anni.»
Hermione si prese la testa tra le mani.
Non stava succedendo veramente.
Draco Malfoy voleva… riconoscere suo figlio?
Non aveva alcun senso…
«Hermione, per favore» sussurrò lui. «Ti imploro di sentir ragione.»
Lei scosse lentamente il capo, l’incredulità ancora dipinta sul suo viso. Si sentiva sopraffatta come non mai.
«Andiamo, mi hai visto con lui… sono bravo.»
Era vero, ma lei non capiva come fosse possibile che volesse fare una cosa del genere, dopo solo il primo mese di un matrimonio più finto delle unghie di Rita Skeeter.
«Perché?» riuscì a buttar fuori solo quella flebile domanda.
La gola le faceva male a causa delle urla.
«Te l’ho già spiegato», affermò lui, tornando al suo usuale tono calmo e controllato.
Le si avvicinò e si sedette di fronte a lei.
«Fammi fare questa cosa per Sirius. Lui… non c’entra nulla con noi» c’era una punta di supplica nella sua voce che spiazzò Hermione ancora di più. «Gli voglio bene, Hermione.»
La frase suonava strana uscendo dalla sua bocca; era come se… come se fosse la prima volta che diceva una cosa simile ad alta voce o come se non esprimesse un concetto così significativo da una vita; una delle due opzioni, Hermione non avrebbe saputo definire quale delle due con esattezza.
Malfoy non era il tipo da sentimentalismi o manifestazioni d’affetto… ma abbracciava spesso Sirius, lo assecondava nei suoi folli giochi, mostrando a volte una pazienza infinita… non era da lui ammettere a voce alta di provare qualcosa… qualsiasi cosa per qualsiasi persona nell’universo.
La testa le girava vorticosamente, i suoi pensieri si facevano sempre più incoerenti e frantici.
«N-noccicreerebbennuno…»
«Cosa
«N-non ci c-crederebbe n-nessuno» ripeté lei, cercando invano di mantenere stabile la sua voce. «L’ho avuto durante la guerra. Tu… tu eri…» deglutì forte, «dall’altro lato…»
«Possiamo dire che abbiamo avuto una relazione segreta durante il sesto anno», asserì convinto il biondino.
Hermione emise uno sbuffo simile all’accenno di una risata sardonica smorzata che non aveva le forze per lasciare uscire interamente. «Vuoi che credano che un minuto dopo aver preso il Marchio Nero ed essere diventato un Mangiamorte ti sia scopato una Sanguemarcio
Draco impallidì visibilmente. «Non parlare così», le disse con un singulto. «N-non dire quella parola.»
«Mangiamorte?»
«L-l’altra.»
Il suo sguardo era indecifrabile; i suoi occhi sembravano attraversati da una tempesta violenta.
«Non la dire mai più
«È quello che sono!» berciò lei. «Se ti sei autoconvinto del contrario per poter tollerare l’idea di essere stato costretto a sposarmi e non so neanche come sia possibile dopo tutti gli anni che hai passato a ripetermi-»
«Smettila!» ringhiò Draco. «Smettila, cazzo, Hermione!»
E lei si rese finalmente conto che stava tremando.
Le sue mani tremavano, tutto il suo corpo sembrava scosso da tremiti irrefrenabili.
«Draco?» chiese, all’improvviso preoccupata.
Il biondino si coprì il viso con le mani.
«Smettila…»
Hermione deglutì.
Non sapeva che fare.
Si accorse che qualcosa stava colando dalle sue guance… qualcosa di acquoso.
Lacrime.
«Draco…»
Non si azzardò a toccarlo. Non sapeva dov’erano i limiti tra di loro, non sapeva cosa potesse o non potesse fare senza destare il suo carattere irritabile, se esisteva ancora… non sapeva neanche quello. Di certo non lo aveva visto in quel mese.
«N-non riesco a sentirla», mugugnò con voce strozzata. «Non la sopporto. Non dirla mai più.»
I suoi occhi, ancora grigio tempesta, si soffermarono sul suo avambraccio sinistro e Hermione capì.
Intrecciò le braccia in grembo, proteggendosi dal suo sguardo che le sembrava capace di guardare oltre la stoffa, di vedere quelle orribili lettere incise sulla sua pelle.
Evidentemente Draco era stato più colpito di quanto era successo quella notte al Manor di quanto credesse; non ne avevano mai parlato, ma una parte di lei si chiedeva se non fosse stato l’evento scatenante che lo aveva portato ad abbandonare definitivamente gli ideali marci con cui era cresciuto.
Ma poi ricordò la Stanza delle Necessità, Draco che provava a catturare Harry… ma anche che tremava mentre gli parlava, che non aveva provato a usare alcun incantesimo…
Era così confusa, terribilmente confusa.
Hermione tirò su col naso. «Non sarebbe credibile, Draco» ripeté in un sussurro, sperando di far cadere il discorso Malfoy Manor, che lei non aveva proprio la forza di affrontare, soprattutto in quel momento.
Lui chiuse gli occhi ed espirò sonoramente, impegnandosi per recuperare il proprio contegno.
«Lo renderemo tale.»
«Cosa stai cercando di fare? Perché ti ostini tanto?» mormorò lei, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo. Era lei a tremare ora. «Vuoi usare me e mio figlio per ripulirti la faccia?»
La barriera di Occlumanzia di Draco venne completamente meno dopo quelle parole, lo vide chiaramente.
Seguì il percorso delle lacrime lungo le sue guance, per poi cadere sulla sua camicia nera, formare un alone leggermente più scuro sulla stoffa… i suoi occhi lampeggiarono di dolore.
«Vorrei solo… che potessimo essere una famiglia
Hermione lo fissò come imbambolata per qualche istante, poi si passò le mani sul volto, completamente sopraffatta dalla sua fragilità, vergognandosi di aver pensato così male di lui. Infatti, le era improvvisamente diventata chiara una cosa: Draco non aveva più una famiglia che sentisse tale, meritevole di affetto; era normale che una parte di lui volesse che questa funzionasse, anche se imposta dall’alto. Era solo e gli era mancata una figura paterna positiva nel corso della sua intera vita, cosa che lo faceva sentire molto vicino a Sirius, che suo padre non lo aveva mai conosciuto.
Avere avuto Lucius come padre non avrebbe reso Draco un cattivo padre a sua volta… lo avrebbe spinto ad essere il migliore padre possibile, perché sapeva tutte quelle cose di cui avrebbe avuto bisogno un ragazzino convinto di non dover mostrare le proprie debolezze al mondo esterno, - e tutti i ragazzini lo diventavano a un certo punto -, e sapendo cosa si provasse a non riceverle, le avrebbe date. Draco voleva dare ai suoi figli, e anche a suo figlio, l’infanzia che lui non aveva mai avuto; voleva essere il padre che lui non aveva mai avuto.
Lucius, per Draco, non era un esempio da seguire da molto tempo, ma poteva ancora usarlo come modello per tenere presente le cose da “non fare, non diventare”.
Aveva cercato di farglielo capire in tutti i modi, ma era stata troppo ottusa, troppo chiusa nel suo dolore e nei suoi timori per farlo appieno.
Ora, però, lo vedeva veramente.
Non aveva alcun piano, non pensava ad alcun vantaggio per sé stesso da tutto quello.
Draco Malfoy era semplicemente rotto, tormentato, più complesso di quello che aveva immaginato, ma non c’era più cattiveria in lui. Cercava solo qualcuno che vedesse al di là dei suoi errori passati e decidesse di stargli vicino ugualmente, di dargli una possibilità. Qualcuno che fosse disposto a curare le sue ferite e colmare i suoi vuoti.
E quel qualcuno, pensò Hermione, forse poteva davvero essere lei.
Perché anche lei era danneggiata, ferita e sola… e forse in due sarebbero potuti diventare un intero.
All’improvviso, Hermione comprese le speranze che il biondino aveva nutrito in merito al loro matrimonio fin dall’inizio.
All’improvviso, per la prima volta, iniziò a vedere quella possibilità di successo a sua volta.
All’improvviso, il suo istinto la stava spingendo irrefrenabilmente verso Draco Malfoy.
«Chiederanno un test del DNA… Non funzionerà» mormorò Hermione, in una resa definitiva. «Potremmo provare con l’adozione…»
Draco non aveva torto.
Se lui non aveva intenzione di abbandonare Sirius, - e lo aveva dimostrato -, e voleva ricoprire quel ruolo per lui, sarebbe stata egoista a non permettergli di farlo; il bambino lo adorava e Hermione era ormai perfettamente conscia del fatto che il suo vero padre, chiunque egli fosse, non si sarebbe mai presentato alla loro porta per riconoscerlo; a lei non importava di sé stessa, era per Sirius che aveva pregato per il suo ritorno per notti e notti di fila, anno dopo anno, da quando la guerra era finita.
«Non mi faranno adottare Sirius», disse lui, alzando leggermente l’avambraccio sinistro, dove la cicatrice di un teschio e di un serpente macchiava la sua pelle diafana. «Ma non mi negheranno il riconoscimento.»
«Draco, non puoi diventare biologicamente suo padre con il pensiero, ne sei consapevole vero?»
Lui le rivolse un debole sorriso. «Non hai idea di quali miracoli possa compiere un sacchetto di galeoni ben assestato.»

 

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Capitolo 6
*** 6. Draco's Story ***


The Weight of Us



CAPITOLO 6
Draco's Story





 






POV DRACO

 
Qualche giorno prima del matrimonio
 
«Potter!»
Non era stato convocato al Ministero quel giorno, ma doveva urgentemente parlare con qualcuno.
Normalmente, Draco non avrebbe mai fatto niente di simile, ma quel giovane occhialuto era l’unica persona che avesse e che fosse disposta ad ascoltarlo.
Quella volta, non poteva fare da sé.
Quella situazione lo stava uccidendo.
Era tutto sbagliato, tremendamente sbagliato.
Non era così che se lo era immaginato!
Farla sua in quel modo, contro la sua volontà… poteva solo sperare che un giorno le cose sarebbero migliorate, che sarebbe riuscito a conquistarla di nuovo.
Stava impazzendo.
Aveva il matrimonio imminente a cui pensare, ma lui riusciva a pensare solo al piccolo Sirius.
«Dobbiamo parlare. Subito
Il Prescelto lo fissò da dietro i suoi occhiali e parve convenire con la sua affermazione. «Certo che dobbiamo parlare.»
Draco grugnì. «Non farmi la predica. Lo so che se le faccio del male, tu ne farai a me. Che ne ha passate già abbastanza nella vita, che non la merito, ma le cose stanno così, non c’è scelta e allora devo fare di tutto per renderla felice e per essere un buon marito per lei. Non ho bisogno che mi faccia la ramanzina tu, sono abbastanza consapevole della portata della situazione già da me.»
Harry lo guardò sorpreso. «Oh. Beh… di cosa volevi parlare allora?»
Il biondino gli chiese di sigillare la porta e di lanciare un Muffliato per buona misura; si lasciò cadere sulla poltrona davanti a quella del moro e poi si passò una mano sul volto.
Sembrava indescrivibilmente stanco e di fatti lo era. Non dormiva da diverse notti ormai e sebbene non avesse trascorso una singola notte tranquilla dal suo quarto anno a Hogwarts, era riuscito con enorme fatica a costruirsi un suo equilibrio, fondato su almeno quattro ore di sonno al giorno. Quel ritmo non era esattamente salutare, ma era abbastanza funzionante da permettergli di trascinarsi durante le sue giornate e di adempiere ai suoi pochi impegni quotidiani senza soccombere ad essi.
«Sirius», sussurrò. «Il bambino della Granger…»
«È un problema per te?»
Draco chiuse gli occhi e scosse il capo lentamente. «Tu non capisci…»
«Hermione non sa veramente chi sia il padre» gli disse subito. «Non ricorda nulla di lui. Al San Mungo hanno ipotizzato che sia dovuto alle conseguenze della Cruciatus… Malfoy, sarò onesto con te, Hermione non sta ancora bene. È ancora in terapia.»
«Cosa?»
Potter annuì stancamente. «Aveva da poco avuto una gravidanza e Bellatrix ci è andata pesante, era già debole in partenza e non era il nostro primo scontro con le forze oscure… una volta al mese, va ancora al San Mungo per il trattamento. Non è niente di grave, sono riusciti a marginalizzare il problema, stanno cercando di arginarlo completamente.»
Il biondino espirò pesantemente. «Di cosa si tratta?»
«Il braccio sinistro, le trema spesso» gli rivelò. «Non se ne lamenta mai, perché comunque è destrorsa, ma succede.»
Draco strinse i pugni con fervore.
Merlino solo sapeva quanto fosse tormentato da quella notte, quante volte, ancora, dopo cinque anni, rivivesse l’evento nei suoi peggiori incubi. E Morgana solo sapeva il dolore e il senso di colpa che gli aveva procurato.
«È tutto qui? Posso passare alla parte dove ti minaccio ugualmente?»
Il biondino trasse un respiro profondo. «Devo dirti una cosa», sussurrò con voce tremante, cosa che allertò Harry. «Hai tempo e volontà per starmi a sentire con attenzione? Non ti avrei cercato se non fosse stato importante.»
Il moro corrugò la fronte e annuì.
Draco aprì la bocca per parlare, ma poi parve ripensarci per un momento. «E sei disposto a stringere un voto di segretezza magico per giurare che non rivelerai a nessuno quello che sto per dirti?»
Potter trasalì. «È proprio necessario?»
«Sì.»
Forse fu l’urgenza nel suo sguardo, o la punta di supplica nella sua voce, o l’evidente disperazione sul suo viso a convincerlo, seppure con una manifesta esitazione.
Harry gli tese il braccio, con l’aria di chi era perfettamente consapevole di fare qualcosa di cui si sarebbe presto pentito e i due intrecciarono le loro mani.
Non era un Voto Infrangibile, ma non c’era motivo di ricorrere a qualcosa di così estremo: il Voto di Segretezza sarebbe stato sufficiente a impedirgli di parlare. Non c’erano scappatoie che il Prescelto avrebbe potuto prendere per aggirare il giuramento.
Esausto dall’ esecuzione del complicato Incanto, Draco ricadde sulla sua poltrona. Si prese qualche istante per riprendere respiro e per trovare il coraggio, si passò una mano sul volto stanco, poi lo guardò dritto negli occhi.
«Potter, sono io il padre di Sirius.»
Lui lo scrutò perplesso. «Malfoy, che ti sei bevuto?» chiese scettico. «Hermione ha scoperto di essere incinta…»
«…Alla fine del sesto anno, probabilmente quando io me n’ero già andato da Hogwarts.»
Harry sbatté le palpebre; dalla sua espressione, si capiva che si stesse interrogando circa la sua sanità e che stesse valutando attentamente le sue reazioni fisiche.
«Avevamo una relazione segreta, io… dannazione! Facevo la spia per Piton, sarei dovuto subentrare solo in caso della sua morte prematura, se non fosse riuscito a farti avere le informazioni necessarie… Silente era d’accordo, sarei dovuto rimanere con i Mangiamorte per tutto il tempo, passare informazioni all’Ordine, all’ES a Hogwarts…»
Il prescelto sbarrò gli occhi e si prese qualche momento per metabolizzare quelle rivelazioni; sicuramente, gli sembrava assurdo quanto il biondino stava raccontando, ma Draco sapeva che più ci avrebbe riflettuto più le prove di quanto diceva gli sarebbero divenute evidenti. Perché c’erano delle prove, per chi sapeva come e dove guardare, e se qualcuno era in grado di fare ciò, quel qualcuno era proprio Harry James Potter.
«Glieli mandavi tu i biglietti incantati?» chiese Potter, sbalordito. «Hai avvisato tu Neville che i Carrow volevano ucciderlo?»
Lui annuì brevemente.
Il moro si lasciò cadere contro lo schienale della sedia. «E Hermione…»
«Lei ha iniziato tutto, sai. Mi ha trovato nel bagno di Mirtilla un pomeriggio, stavo male… mi ha convinto a tirarmene fuori, ci ha impiegato un bel po’ per farmi cedere… non so di preciso perché lo abbia fatto, ma non si è mai arresa» raccontò il biondino, parlando sommessamente. «Sapeva che Piton lavorava per l’Ordine, mi ha spinto a rivolgermi a lui. Discutendone con Silente, è venuta fuori l’idea di tenermi lì come spia dormiente, finché il momento di entrare in azione non sarebbe arrivato. Lo chiamavano “piano B”, anche se in quel momento ancora non potevo capire a cosa si riferissero. Poi Silente ha chiesto a Hermione di aiutarmi con gli Armadi, ma facendomi promettere che non le avrei detto che avremmo lasciato entrare i Mangiamorte nel castello… Non ho capito il motivo di ciò finché non ho scoperto perché Piton lo aveva ucciso e cosa avrei dovuto fare se anche lui fosse morto prematuramente, quello che avrei dovuto dirti.»
Potter lo fissava allucinato, come se non riuscisse a credere che a distanza di cinque anni, ancora c’erano cose da scoprire in merito al piano di Silente per liberarsi di Voldemort.
«Hermione era così contrariata in merito alla decisione di rendermi una spia, sai? Non so perché si preoccupasse tanto della cosa, diceva che avrebbero dovuto proteggermi, non caricarmi di un peso così grande, ma io… Non hai idea di quanto tempo abbiamo trascorso insieme, del modo in cui siamo arrivati a conoscerci… volevo essere degno di lei, della sua fiducia, per cui ho accettato la missione che mi stavano affidando. Mi sembrava una buona opportunità di riscatto» si interruppe per qualche istante, si passò una mano sulle labbra. «Non mi ha detto niente prima che tutto degenerasse, quindi credo che abbia scoperto di essere incinta dopo la morte di Silente, il che significa che lei…»
«…Credeva che avessi fatto il doppiogioco», concluse Harry. «Ecco perché stava così male ed ecco perché non ci ha mai detto chi era il padre, neanche prima… cazzo, Malfoy! Non hai parlato di niente di tutto questo al tuo processo!»
Draco emise una risata fredda e spenta. «Chi mi avrebbe creduto? Le uniche due persone che sapevano del mio ruolo erano morte, Hermione non ricordava nulla… e Piton non ti ha dato nulla al riguardo nei suoi ricordi, quello stronzo! Immagino abbia dato priorità solo alle cose importanti per lui o necessarie per vincere la guerra.»
Il giovane sembrava scosso. «Il Manor», considerò poi, visibilmente contrariato. «Sei rimasto a guardare mentre veniva torturata. Come cazzo hai potuto farlo?»
Il biondino si accigliò. «Erano i miei ordini, non avrei dovuto far saltare la mia copertura per nessun motivo e comunque avrei potuto metterla in maggiore pericolo rendendo pubblico quello che significava per me.»
Draco deglutì con forza, poi si prese il volto con le mani. «Ho fallito, ovviamente. Quando Bellatrix ha iniziato a usare il pugnale… Le sue grida… Non riuscivo più ad occludere, stavo per fare qualcosa, probabilmente di incredibilmente stupido e avventato. Lucius, lui… Potter, ti sei mai chiesto perché non lo chiamo più padre, la vera ragione per cui non ci parliamo?»
Il Prescelto annuì. «Ho solo pensato che non condividesse la tua presa di posizione contro la linea purosanguista.»
Draco scosse leggermente il capo. «Non è solo quello.»
Harry attese che articolasse; lui si passò una mano tra i capelli e nel suo sguardo guizzò un lampo di tormento. «Gli è bastato lanciarmi un’occhiata per capire tutto. Ha capito che tra me e Hermione c’era qualcosa e ha sfilato la bacchetta di mia madre, mi ha immobilizzato e mentre Bellatrix parlava con il Goblin, l’ha obliviata. Lei, di me, ricorda solo le cose brutte. Mi ha portato via la ragazza che amavo… perché non approvava le sue origini e sapeva che non avrei mai rinunciato a lei.»
Potter si prese il volto tra le mani e soffiò forte contro i palmi. «Merlino… E nella Stanza delle Necessità, allora…»
«Non ero lì per cercare di catturarti veramente. Volevo vederla» ammise Draco. «Speravo che non avesse funzionato, che mi ricordasse…»
«Merlino e anche Morgana!» sussurrò Harry, senza parole.
Il silenzio cadde come un’ombra su loro e sembrò protrarsi per ore, poi, alla fine, la cupola di vetro si ruppe. Draco non riuscì più a contenere le emozioni che aveva a fatica represso e tenuto a bada per tutto il racconto.
«Quel bambino è mio e io non sapevo niente della sua esistenza e non avrei saputo niente se non fosse stato per questa maledetta Legge!» la sua voce si alzava sempre più, ad ogni parola, per cui il moro gli fece cenno di calmare i toni.
«Capisci?» lo ignorò lui. «Sono innamorato di lei da sei anni, cazzo, e la devo sposare contro la sua volontà! Il modo in cui mi parla… non mi vuole vicino a Sirius, non posso dirle che è anche mio figlio… tutto questo mi sta uccidendo!»
«Perché non sei mai tornato da lei?»
«Perché credi che abbia iniziato a frequentare il Ministero? Rifletti, Potter. Quand’è che sono venuto da te per chiederti se potevo esservi d’aiuto in alcun modo?»
Il Prescelto rifletté per qualche istante. «Dopo che Hermione è stata assunta», rammentò, allargando gli occhi. «Perché diavolo non le hai mai detto niente? Le hai a malapena rivolto la parola in questi anni!»
«Io… ho pensato che sarebbe stata meglio senza di me» ammise Draco, dopo una pausa di silenzio tombale. «Non la meritavo, non la merito e non la meriterò mai… Ho pensato che lei meritasse di meglio, qualcuno di più… rispettabile di me.»
Potter sembrava ormai pallido, come se fosse sul punto di avere un mancamento.
«Perché non glielo dici ora?»
«Sei impazzito?» ringhiò lui, la mascella a terra. «Se glielo dico ora non avrò alcuna possibilità di farla innamorare di nuovo di me!»
L’altro sollevò un sopracciglio, perplesso.
«Sto… sto lavorando a una pozione, ci sto provando da anni… è quasi impossibile da annullare, l’Oblivion. Non mi crederà mai, senza i suoi ricordi. Chi poteva corroborare la mia versione è andato da anni.»
«Un test di paternità sarebbe una prova inconfutabile.»
Draco scosse il capo lentamente. «Non posso permettermi errori, Potter.»
«Quando scoprirà che non le hai detto niente si arrabbierà», precisò lui, poi si batté una mano sulla fronte. «Mi hai fatto giurare così non avrei potuto dirglielo io!»
«Beh, hai la scusa no, in caso? Non puoi infrangere un voto di segretezza magico.»
Il moro grugnì. «Devi dirglielo subito!»
«Potter! Crede che il Cuore di Cupido si sia sbagliato! È disgustata anche solo dall’idea di stare nella stessa stanza con me…»
«Non è così», gli disse Harry. «Solo… non ti conosce. Cioè, non sa… non ricorda… insomma, lo hai detto tu, no? Ricorda solo il brutto e non le hai rivolto la parola manco per sbaglio in questi anni, ha solo la mia parola sul fatto che tu sia cambiato!»
«Sono un fottuto codardo» sospirò Draco. «Questo è sempre stato chiaro a tutti.»
«Smettila di esserlo allora!»
«Non è il momento di dirglielo», insisté lui. «Mi odierà ancor prima del matrimonio.»
Il Prescelto sospirò e scosse il capo. «Sei davvero un idiota patentato, Malfoy.»
Il biondino non rispose; poggiò la fronte contro il tavolo, per nascondere le lacrime.
«Avrei mandato tutto al diavolo, se lo avessi saputo», singhiozzò, le mani tra i capelli. «Me la sarei portata via e l’avrei messa al sicuro, le sarei stato vicino…»
«Non era sola. È stata con noi quasi fino alla fine, poi da Andromeda», lo rassicurò.
«Non è la stessa cosa», disse lui, scuotendo il capo. «Avrei dovuto sostenerla, prendermi cura di lei. E mi sono perso cinque anni della vita di mio figlio. Io che ho giurato che sarei stato un padre esemplare, quando sarebbe venuto il mio turno.»
Potter si alzò e gli si avvicinò, poggiandogli una mano sulla spalla. «Troveremo una soluzione. Si sistemerà tutto.»
Draco gemette. «Sono maledetto, Potter.»
«Oh, chiudi il becco, Malfoy!» sbuffò l’altro. «Non è il momento di essere drammatici. E comunque, a me sembra più questione di destino
Il biondino alzò il viso giusto per poterlo guardare truce.
«Siete stati scelti dal Cuore di Cupido», sottolineò il Prescelto. «Siete praticamente anime gemelle.»
«Sì, certo. Chiedi a Hermione quanto si sente baciata dalla fortuna.»
«Cos’hai intenzione di fare allora?» sospirò Harry, rassegnato.
Il biondino fece spallucce. «Essere un buon marito per lei. Riconquistarla. Essere un buon padre per Sirius. Avere successo con quella pozione, farla ricordare. Pregare che non mi lasci dopo i cinque anni. O forse dovrei semplicemente tornare a Hogwarts e buttarmi giù dalla Torre di Astronomia come avrei dovuto fare anni fa?»
«Non esagerare, ora» lo rimbeccò Harry. «I Babbani hanno un detto, sai?»
Draco inarcò un sopracciglio, scettico. «Che detto?»
«Finché c’è vita c’è speranza.»
Arricciò il naso, corrugò la fronte. «Ma… l’ultima volta mi hai detto che era “aspetta e spera”.»
«Uhm», mugugnò Potter. «Dipende dai casi, sai…»
«Insomma, i Babbani hanno detti da usare a seconda di ciò che gli conviene.»
L’Auror abbozzò un sorriso tirato. «Perché devi sempre ricordarti tutto?» commentò. «Cerca di essere ottimista, una volta tanto.»
«Ottimista», ribatté lui, scettico. «Non è una cosa da Tassorosso?»
«Menomale che non siamo più a scuola, allora. No?»
 
*
 
Il giorno del matrimonio, Dragonshore
 
Aveva passato la notte a vomitare.
L’idea di sposare Hermione contro la sua volontà lo stava logorando dentro.
La loro storia non era mai stata una fiaba, ma quello era sicuramente uno dei peggiori epiloghi che potesse avere. Il loro percorso era iniziato male, si era sviluppato persino in maniera peggiore… e la conclusione, se fosse stata veramente quel matrimonio forzato, avrebbe finito per essere ancora più tetra.
Si era svegliato all’alba, dopo un sonno di poche ore, disturbato da echi di urla e insulti, un miscuglio dei suoi rimpianti peggiori quando si trattava di Hermione Granger e che costituivano sia la base dei suoi rimorsi e tormenti peggiori, sia gli unici ricordi che la ragazza aveva di lui.
Per quanto si fosse sforzato di rendere decente quel giorno, non era comunque come lo aveva immaginato.
Lei non voleva diventare sua moglie, tanto per cominciare.
Passò la prima ora di veglia a piangere e tremare sotto le lenzuola, perdendo la cognizione del tempo e ridestandosi solo quando sentì l’allarme magico che aveva installato sulla casa annunciare un visitatore.
Sua madre.
Gli aveva promesso che ci sarebbe stata per lui.
Chiamò Tippy e gli chiese di farla entrare, non aveva ancora raccolto abbastanza forza per alzare le sue barriere e buttarsi giù dal letto.
La figura imponente di Narcissa Malfoy apparve sulla soglia della porta della sua camera da letto; aveva l’aria corrucciata e il dispiacere era evidente sul suo viso aristocratico.
«Draco… devi alzarti.»
«Non posso farlo», rispose lui. «Non posso farle questo.»
La donna si spostò fino al lato del letto su cui era rannicchiato il figlio e si chinò per guardarlo in faccia.
«Non hai altre opzioni al momento.»
Il biondino scosse la testa. «Mi odierà per tutta la vita. Perché sono destinato a sbagliare sempre, con lei?»
«Questo non è un tuo errore», gli disse lei. «È un grave fallo del Wizengamot.»
«Non fa alcuna differenza. La legherò a me ugualmente, no? Tra qualche ora avrà un cognome che detesta... e un marito che la disgusta.»
«Non hai scelta! Non lo faresti in questo modo se ne avessi una», sussurrò dolcemente la madre e forse pensava di sollevargli il morale, ma lo stava inconsapevolmente facendo precipitare ancora di più nel baratro.
«Perché non ho mai scelta, allora? In tutta la mia maledetta vita, non c’è stata un’occasione significativa in cui abbia potuto scegliere veramente qualcosa!»
La donna si immobilizzò e poi emise un lungo sospiro. «Sono abbastanza sicura che riuscirai a riconquistarla. Dopodiché, allo scadere dei cinque anni, potrai chiederle di risposarti e avere il matrimonio che sognavate da ragazzini.»
Draco grugnì. «E se non riuscissi a riconquistarla prima di dover… di dover…»
Narcissa non rispose.
«Io non posso… non voglio che accada per obbligo…» biascicò tra le lacrime lui. «Questo è un cazzo di incubo!»
«Riuscirai a riconquistarla, Draco» lo incoraggiò lei. «O riuscirai a finire quella pozione a cui lavori da anni.»
Sua madre non approvava la sua relazione con Hermione e non l’avrebbe mai incoraggiata se sfatare quell’evenienza fosse stata una sua opzione; senza dubbio, la Granger la intrigava e non era invasata quanto suo padre in merito ai principi purosanguisti, ma ne condivideva ancora i valori. La differenza, tuttavia, stava nel fatto che si era resa conto di quanto la ragazza fosse importante per lui e alla fine aveva accettato quella “disgrazia” per amor suo, per non perdere il suo unico figlio.
«E il bambino… madre, ho perso cinque anni della vita di mio figlio!» singhiozzò ancora. «Come farò a stargli accanto senza potergli dire la verità?»
«Sei mio figlio, Draco», mormorò la donna, abbozzando un mezzo sorriso. «Per quanto difficile possa essere, saper fingere e saper mentire è un tratto dei Black che sono sicura di averti trasmesso.»
«È proprio questo il punto, no? Sono stanco delle bugie e dei sotterfugi!»
«Allora dille tutto!» sbuffò Narcissa. «Non ho ancora capito perché ti ostini tanto ad aspettare.»
«Dirle che il padre della persona che il Ministero la sta costringendo a sposare l’ha obliviata per farle dimenticare di aver mai amato suo figlio? Di essere stata amata a sua volta? Di esserlo ancora?»
Lei trasse un profondo respiro. «Devi farti coraggio, figlio mio.»
Una risata sarcastica lasciò la gola di Draco. «Coraggio! Quando mai ne ho avuto? Sono un Malfoy, sono un maledetto codardo per nascita!»
«Allora fatti forza! Scendi da questo letto, fai il tuo dovere e poi rifletti su un modo per risolvere la faccenda! Sei un ragazzo intelligente, ci riuscirai. Ti verrà in mente un qualche piano di successo.»
Il biondino pensò che ne avesse molto più che abbastanza della gente che gli diceva di “fare il suo dovere”. Quando avrebbe potuto fare quello che voleva? Quando avrebbe potuto vivere senza dover elaborare piani, senza manipolazioni?
Si era pentito profondamente di non aver provato a riprendersi la Granger negli anni passati, di non averla riconquistata secondo i suoi termini quando ne aveva ancora la possibilità.
Pensava davvero che sarebbe riuscito a starle lontano?
Pensava davvero che si sarebbe condannato all’infelicità eterna?
Il Cuore era, secondo le leggende tramandate nell’ambiente Purosangue, uno strumento in grado di individuare le anime gemelle… e l’aveva designata come la sua.
Lui lo sapeva già da tempo, ma promettergli una cosa del genere come base di un matrimonio forzato era una vera e propria carognata. Soprattutto nel loro caso, era come spargere sale su una ferita aperta da anni.
«Si sta facendo tardi, figliolo.»
Draco trasse un respiro profondo, poi un altro; rialzò le sue barriere mentali e sfilò fuori da sotto le coperte.
«Non credo che ne avrai l’interesse», disse a sua madre in tono aspro. «Ma ti dico già da ora che non potrai avvicinarti a mio figlio, oggi. Sarebbe troppo complicato da spiegare.»






___
n.d.a

Salve!
Innanzitutto grazie a tutti voi che state leggendo e in particolare a chi mi ha lasciato una recensione, sapete ormai quanto tengo a ricevere un parere da parte di chi legge le mie storie :)
Dal momento che oggi è festa ho deciso di pubblicare un capitolo a sorpresa, ma preciso che non riesco ancora a rendere fisso l'aggiornamento del giovedì, per cui dalla prossima settimana tornerò a pubblicare i nuovi capitoli di questa fanfiction ogni martedì e ogni sabato.
All'inizio non sapevo se inserire o meno questo pov Draco, poi ho pensato che non sarebbe stato ideale lasciarvi con i dubbi per ulteriori capitoli (anche perché lo avete capito quasi tutti che Sirius è figlio di Draco a questo punto, per cui perché ritardare le conferme?). Questo sesto capitolo è un capitolo flashback dal pov di Draco che credo abbia risposto a molte delle vostre domande e anche il prossimo capitolo, quello di sabato, sarà pov Draco. Dopo tornerò al pov Hermione.
Spero che vi sia piaciuto!
Lasciatemi un feedback se vi va e buona giornata a tutti voi!
A presto!

 

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Capitolo 7
*** 7. Fathers and Sons ***


The Weight of Us



CAPITOLO 7
Fathers and Sons





 






POV DRACO

 

Avevano affrontato nuovamente il discorso del riconoscimento dopo due settimane dal loro ritorno a casa.
«Che senso ha rimandare ancora?»
Hermione lo guardò stancamente.
Draco non riusciva ancora a credere che gli avesse detto di sì; per lui, poter riconoscere suo figlio, significava il mondo, per cui la sua impazienza iniziava a divenire dirompente.
«Vorrei solo che tu ci pensassi più a fondo prima di procedere.»
Il biondino chiuse gli occhi e respirò pesantemente.
Dovette ripetere a sé stesso che lei non sapeva, che era normale che fosse confusa dal suo comportamento, - lui per primo, al posto suo, probabilmente l’avrebbe reputata fuori di testa -, era perfettamente comprensibile che agisse con cautela, trattandosi dei sentimenti del bambino, che avesse dei dubbi… ma lui desiderava troppo ufficializzare la paternità.
Sirius era suo figlio.
Le aveva detto che avrebbe pagato per ottenere il giusto risultato nel test del DNA, ma non ce ne sarebbe stato affatto bisogno.
Il fatto che lei sentisse l’esigenza di proteggerlo da lui lo lacerava internamente, ma non poteva fargliene una colpa; poteva solo essere paziente e confidare nel fatto che alla fine lei avrebbe capito, che sarebbe riuscito ad ottenere la sua fiducia.
«Non hai considerato alcuni fattori di cui tenere conto, Draco.»
Il biondino corrugò la fronte. «Ovvero?»
«Sarebbe meglio cercare di adottarlo, non riconoscerlo. Risulterebbe essere il tuo primo figlio biologico in quel caso.»
«Questa è l’idea», le disse seccamente.
Questa è la verità”, precisò nella sua mente.
Era stato tentato di dirlo al bambino quando, con gli occhioni ingranditi e lucidi, gli si era avvicinato esitante e gli aveva chiesto: «Sarebbe brutto se ti chiamassi papà? Mi piacerebbe chiamarti papà. In fondo, è un po’ come se lo fossi ormai, no?»
Avrebbe voluto dirgli di togliere il ‘come’, perché lo era veramente; avrebbe voluto abbracciarlo forte e urlare: «Sono io, ometto. Sono qui con te e non ti lascerò mai più.»
Non potendo ancora farlo, si era limitato a stringerlo a sé, trattenendo le lacrime, la sua Occlumanzia vacillante come non mai davanti al calore che si era sprigionato nel suo petto, poi aveva chiuso gli occhi e gli aveva sussurrato una verità mascherata: «No che non sarebbe brutto, se lo facessi. Anzi, mi farebbe un piacere immenso. Essere il tuo papà mi rende l’uomo più felice del mondo, sai?»
E quando Sirius gli aveva sorriso, il volto illuminato dalla gioia, e gli aveva detto: «Ok, papà», Draco si era sentito sul punto di scoppiare per l’emozione; tutto era diventato luminoso e aveva avvertito una strana esigenza di piangere.
Lo aveva quasi urlato contro Hermione quando avevano discusso del riconoscimento per la prima volta; lei continuava a ripetere «È mio figlio!» e una parte di lui scalpitava per ribattere che era anche suo, e per davvero, non perché “lo considerava tale”, come invece le aveva detto.
Il fatto che non si fidasse a lasciare Sirius solo con lui lo feriva, pur essendo pienamente consapevole delle sue ragioni, della legittimità della sua diffidenza. Non lo conosceva abbastanza per poter essere sicura della sua idoneità a prendersene cura e al contempo aveva solo ricordi orribili della sua persona. Non poteva biasimarla. Non poteva fargliene una colpa quando era il figlio di Lucius Malfoy e aveva solo commesso un errore dietro l’altro nel corso della sua patetica esistenza, quando non aveva la minima idea del legame naturale che condivideva con il bambino e del senso di protezione che nutriva nei suoi confronti.
Nei confronti di entrambi, in realtà.
Forse, uno dei motivi per cui si ostinava a non rivelarle dell’Oblivion, era perché voleva proteggerla da ulteriore sofferenza e sapeva che ci sarebbe stata male, scoprendolo.
«Draco, sto parlando di ereditarietà e lo sto facendo perché sono abbastanza convinta che tu non ci stia pensando e che sia importante per te.»
Ah.
Non si era posto il problema, perché Sirius era veramente il suo erede, il suo primo figlio. Non sapeva neanche se avrebbe continuato con quella politica, dato che pensava che, se avesse avuto più figli, sarebbe stato carino dividere il patrimonio equamente tra tutti loro.
I suoi antenati non lo avevano mai fatto per non disperdere gli averi dei Malfoy, ma vivendo tutti al Manor, ciascuno in una propria area, non era stato un problema; i tempi stavano cambiando, però. Lui stesso aveva lasciato il Manor e non aveva mai apprezzato l’idea di restare sotto lo stesso tetto dei genitori dopo il matrimonio. Lucius era troppo invadente, troppo prepotente, avrebbe cercato di imporsi sulla sua relazione in ogni caso e Draco non lo avrebbe tollerato. Quando aveva realizzato di aver sviluppato dei sentimenti per Hermione, quel desiderio di mettere quanta più distanza tra lui e la donna che amava si era solo accentuato.
Adesso, non sopportava neanche di sentire pronunciare il nome di suo padre.
Avrebbe potuto perdonargli di averlo praticamente costretto a prendere il Marchio con i suoi errori, di aver scaricato su di lui responsabilità che non avrebbe mai dovuto avere perché non le aveva cercate in prima persona, aveva solo ereditato i risultati e le conseguenze dei suoi sbagli; avrebbe potuto restare in un rapporto civile con lui dopo la guerra, nonostante tutto, se avesse accettato la sua posizione sull’allontanarsi dalla società e dalla linea purosanguista; avrebbe potuto passare sopra al fatto che gli aveva rovinato l’esistenza, ma poi Lucius aveva obliviato la ragazza che amava, privandola dei loro ricordi insieme, portandogliela via e, ora lo sapeva, derubandolo di cinque anni della vita del suo primo figlio e quello non glielo avrebbe potuto perdonare mai. Se non fosse stato per quell’orrenda Legge, la condanna infertagli da Lucius Malfoy sarebbe stata a vita: lo avrebbe strappato via dalla sua stessa famiglia per sempre.
Peccato che, al contempo, aveva avuto la possibilità di ricostruirla nel modo peggiore che esistesse.  
Era il fottuto, maledetto, paradosso della sua vita.
Draco sguazzava continuamente nei suoi ricordi, ne aveva bisogno per restare lucido.
Sirius occupava gran parte del suo tempo, perché proprio non riusciva a privarsene, mentre la restante parte delle sue giornate cercava in tutti i modi di trascorrerla con Hermione; era importante che stessero insieme, o non sarebbe mai riuscito a riavvicinarla a sé. Ma la notte, prima di andare a letto, un letto che desiderava ardentemente non restasse vuoto per molto altro tempo, apriva la teca nel suo ufficio e contemplava la struttura pietrosa che nascondeva.
Per due anni, dopo aver ottenuto il perdono dal Wizengamot, era impazzito pur di riuscire a mettere le mani su un Pensatoio, pur di aver modo di rivederla, di rivivere anche solo indirettamente i meravigliosi momenti che avevano vissuto insieme tra le mura di Hogwarts.
I baci rubati tra una lezione e l’altra, nascosti dentro qualche vecchio armadio delle scope in disuso. Le serate passate nella Stanza delle Necessità dopo la ronda, lavorare assieme a lei e rendersi conto di essere una squadra perfetta. I bigliettini che era solito farle scivolare nella cartella, o nei libri, prima di lasciare una classe, sperando di vederla presto, di ricevere una risposta da parte sua perché era l’unico modo in cui potevano comunicare quando non erano soli. Le loro risate e le sue braccia che lo stringevano quando gli attacchi di panico lo colpivano, le sue orecchie sempre tese ad ascoltarlo e la sua bocca sempre pronta a rassicurarlo. Era sempre stata brava a dargli speranza, a dargli la forza di agire e reagire.
Ricordava i suoni che emetteva quando le dava piacere, la sensazione della sua pelle sotto il palmo della mano, il suo profumo.
Gelsomini.
Aveva tappezzato le mura di cinta della villa di rampicanti per avere l’illusione di averla vicina.
Ma anche adesso che era sua moglie, Hermione era veramente sua solo nei suoi ricordi.
«Non importa cosa accadrà, Draco Malfoy. Noi ci apparteniamo. Lo hai detto tu, ricordi?»
L’eco di quella promessa era la sua maggiore fonte di speranza; revisionava quel particolare ricordo ogni notte, perdendosi in una notte ormai lontana, quando la teneva stretta tra le sue braccia, nascosti in un angolo della Torre di Astronomia, poco prima che divenisse il luogo dove aveva avuto inizio il declino della loro relazione.
Erano stati l’uno la prima volta dell’altro e ogni dettaglio della prima volta che avevano fatto l’amore era ben impresso nella sua memoria, non aveva bisogno di rivedere il momento in cui lo aveva designato in qualche modo come degno di averla, - e come nessuno l’aveva mai avuta prima -, per ricordarlo alla perfezione. Era stata la conferma di aver fatto bene ad accettare di diventare una spia, di riserva certo, ma pur sempre una spia; in quel modo, poteva sentirsi almeno un po’ meritevole di lei.
Rammentava alla perfezione ogni sensazione, ogni emozione, cose che nemmeno sapeva di essere capace di provare prima di sperimentarle con lei, tutto ciò che stringerla tra le sue braccia ed essere dentro di lei gli provocava. Il modo in cui lo faceva sentire vivo, giusto, abbastanza. E cosa più importante, amato.
Con lei, Draco aveva imparato ad amare, in tutti i sensi; a donarsi totalmente a un’altra persona e al contempo aveva capito cosa volesse dire essere amato veramente, senza riserve.
Si chiedeva spesso se Hermione avesse avuto qualcun altro negli anni in cui erano stati separati… lui no. Nessun’altra strega era riuscita a suscitare il suo interesse, dopo aver avuto lei. E come poteva un’altra donna occupare i suoi pensieri, quando lui, Hermione, l’amava ancora come il primo giorno e forse ancora di più?
Scrollò le spalle. «Ci penseremo quando sarà il momento.»
Non c’era niente su cui pensare, in realtà. Sirius era veramente il suo primo figlio biologico.
Si impose di trattenersi dal confessare tutto, per la milionesima volta.
«Draco…»
«Hermione
Perché doveva per forza sentire il suo tono definitivo prima di abbandonare le armi? Sembrava che la divertisse combatterlo e forse era veramente così. Erano sempre stati bravi in quello.
Lui, però, era stanco degli scontri.
Voleva amarla, ma per poterlo fare, doveva prima riconquistarla.
Non sarebbe stato facile; la prima volta, al sesto anno, si erano semplicemente avvicinati insieme, lentamente, senza neanche rendersene conto. Questa volta, Hermione era troppo guardinga, troppo sulla difensiva, troppo cauta… era più adulta, temprata da anni di guerra, responsabile e tutto il suo essere era focalizzato su Sirius, com’era giusto che fosse, sul proteggerlo da ogni male della vita; abbattere la sua corazza adesso sarebbe stato complicato.  
Anche se, esattamente come la prima volta, si erano ritrovati a dover trascorre inevitabilmente del tempo insieme, da soli, c’erano delle differenze sostanziali: durante la guerra erano entrambi fragili, spaventati, mentre ora, di fragile, c’era solo lui, che lo nascondeva al resto del mondo.
Sperava che anche lei avesse ancora bisogno di trovare qualcosa che la facesse sentire viva e che trovasse quel qualcosa in lui una seconda volta.
Draco aveva bisogno di lei.
Non riusciva a dirle la verità, - pensava non fosse il momento giusto -, ma non riusciva neanche a comportarsi in maniera distaccata e credibile per il contesto in cui si trovavano, alla luce di ciò che ricordava di lui, il che sfociava inevitabilmente nel confonderla con il suo atteggiamento. Lei non ricordava com’era diventato nei suoi confronti durante il sesto anno; si stava, in realtà, trattenendo, ma per lei era solo strano. E non era colpa sua. Era colpa di Lucius, come sempre.
Draco voleva che il matrimonio funzionasse, ci sperava con tutto il cuore e non era riuscito a nascondere questo desiderio da lei, che ovviamente non lo capiva.
Rimpiangeva ogni secondo perso, passato lontano da Sirius e da Hermione.
Malediceva suo padre ogni volta che li guardava giocare insieme o parlare, guardare la televisione accoccolati sul divano, - Hermione aveva portato quasi tutti i suoi dispositivi Babbani con sé -, e pensava che, se le cose fossero andate diversamente, forse, in quel quadretto famigliare ci sarebbe rientrato anche lui. Invece, sedeva su una poltrona, accanto a loro, certo, ma comunque più distante di quello che avrebbe dovuto e desiderato essere.
Hermione aveva tenuto un album, ricco di fotografie magiche e non, che documentava la sua crescita fino a quel momento; aveva avuto un effetto duplice e contrastante su di lui: era stato un piacere vederlo, ma anche una tortura, perché lui avrebbe dovuto essere dall’altra parte dell’obiettivo in quelle situazioni, non uno spettatore esterno che visionava quelle testimonianze a distanza di cinque anni.
Sirius sembrava avvertire il legame che li legava, non aveva dovuto sforzarsi troppo per far breccia nel suo cuore; il biondino lo adorava. Certo, gli dispiaceva che l’eroe di suo figlio fosse Harry Potter e non lui, ma poi ci aveva riflettuto sopra ed era arrivato alla conclusione che forse era meglio così.
Draco non si reputava un esempio da seguire, il Prescelto era indubbiamente molto più adatto a quel ruolo, ma… era capace di amore; poteva amarlo, accudirlo, crescerlo meglio di come era stato cresciuto lui, con Hermione; gli bastava. Gli bastava poter esserci per lui, fargli da padre.
A quanto pareva, accontentarlo su ogni cosa era sbagliato, - Draco stava prendendo appunti -, così come viziarlo troppo, fargli troppi regali. Praticamente, in una sola settimana, la donna aveva smontato anche tutte le poche cose buone che pensava i suoi genitori avessero fatto per lui. A quanto pareva erano sbagliate anche quelle. Grandioso.
Hermione sospirò. «Sarà uno scandalo», mormorò rassegnata. «Se non siamo finiti sui giornali finora è stato perché Kingsley mi ha garantito la massima riservatezza sul nostro matrimonio, ma questo… questo non potremo tenerlo nascosto.»
Draco si passò la lingua tra le labbra. «Ti infastidisce? Essere legata a me? Legare Sirius a me?»
«Mi infastidisce dover dare giustificazioni sulla mia vita alla popolazione magica» replicò in tono asciutto. «Ancora
Il biondino annuì. «Non mi importa di quello che diranno.»
Lei lo studiò con evidente curiosità per qualche secondo, poi scosse il capo impercettibilmente, come se avesse ingoiato una domanda che per un istante aveva desiderato porgergli. «Dovremmo concordare una storia, una versione dei fatti.»
Draco convenne con lei e le raccontò la sua “idea”, che di inventato non aveva assolutamente nulla, anche se lei non poteva ricordarlo.
«Eri proprio serio con questa cosa della relazione segreta al sesto anno, ah?» ridacchiò lei, ma lui non l’accompagnò.
Non c’era niente da ridere.
Quello che le aveva detto era tutto vero; rammentava ancora lo sforzo di dover fingere in pubblico per non far saltare la sua copertura, le ore che trascorreva in bagno a vomitare dopo averla dovuta offendere in qualche modo, il dolore che aveva provato nel realizzare esattamente in quanti e quali modi aveva ferito la ragazza che amava, in passato, e senza alcun motivo. Il peso opprimente del Marchio sul suo avambraccio e quello che significava, e la vergogna che provava ogni volta che lo spogliava e quella macchia nera spiccava sulla sua pelle candida, gravavano ancora su di lui. Non aveva mai capito se farla sua ugualmente fosse un atto audace o egoistico. A lei, a quel tempo, non sembrava importare, diceva che ciò che contava era che non lo rappresentasse veramente, che lo stava usando contro di lui per aiutarli nella lotta, per aiutarli a sconfiggerlo. Quelle sue rassicurazioni non sempre erano sufficienti ad acquietare i suoi demoni interiori, ma le sue labbra, il suo tocco dolce e gentile e la percezione della sua pelle contro la propria sì.
Ancora più chiaramente, Draco ricordava il fastidio di non poter intervenire e prendere a pugni Cormac McLaggen quando ci provava spudoratamente e insistentemente con lei o quando la guardava come se fosse un pezzo di cioccolato appetitoso. Il meglio che poteva fare era intromettersi fingendo di prenderli in giro e irritarlo, così che se ne andasse e la lasciasse in pace.
Quel ricordo lo irritò anche nel presente.
«Hai qualche idea migliore?»
Lei scosse la testa. «Sembra… ci hai pensato per bene», considerò, unendo le sopracciglia. «Sembra credibile.»
Draco represse a stento una risata sardonica.
Credibile” era riduttivo.
Quella storia era vera.
Era tutto vero.
Avrebbe voluto urlarglielo, farla finita, dirle tutto.
Dirle che l’amava con tutta l’anima.
«L’unica problematica è che questo solleverà ancora più domande sul periodo della guerra» rifletté Hermione. «Non voglio tornare a parlare di quel periodo, hanno appena smesso di tormentarmi al riguardo.»
«Silenzio stampa», rispose lui, facendo spallucce. «Sono cose che sappiamo solo noi, non possono costringerci a rivelarle. Che facciano pure le loro speculazioni.»
«In teoria», lo corresse lei, con aria assorta.
«Cosa?»
«Sono cose che in teoria sappiamo solo noi», specificò lei.
Non era sbagliata, quella puntualizzazione, a conti fatti: le sapeva solo lui. Lucius se n’era assicurato.
Poteva essere la sua occasione di far sapere al mondo il vero ruolo che aveva giocato nella guerra, ma non gli importava; sarebbe volentieri rimasto un Mangiamorte codardo agli occhi della comunità pur di risparmiare dell’angoscia aggiuntiva a lei.
«Dovrò capire come gestire Harry e Ron, perché mi faranno il terzo grado. Si chiederanno perché non gliel’ho detto.»
Un angolo delle labbra di Draco tremò, voglioso di sollevarsi in un accenno di sorriso. «Potter non sarà un problema. Weasley, d’altro canto…»
Potter sapeva molto più di lei. Fargli fare un Patto di Segretezza era stato un colpo di genio, il Prescelto non avrebbe mai mantenuto quel segreto senza, non ne sarebbe stato capace. Ci riusciva a stento lui.
«Ron ha i suoi problemi a cui pensare.»
«Non è contento del suo match?»
Hermione rise senza ilarità. «Credimi, è un eufemismo. Scommetto che una parte di lui avrebbe preferito sposare te.»
Il biondino strinse le labbra tra i denti. «Il suo match è peggiore del tuo, quindi?» berciò freddamente.
«Non intendevo dire questo» obiettò lei e il suo viso assunse un’espressione dispiaciuta. «Solo che se noi siamo… complicati, loro… beh…»
Draco sollevò un sopracciglio, improvvisamente curioso. «Chi gli è capitato?»
«Pansy Parkinson.»
Scoppiò a ridere di gusto.
Fu più forte di lui.
Dovette persino tenersi lo stomaco con le mani e asciugare le lacrime dagli occhi.
Gli facevano male le costole.
«Pensi che sia divertente?» chiosò lei, irritata.
«Terribilmente!», rispose lui, sghignazzando. «Pansy Weasley. Merlino
Hermione ruotò gli occhi. «Si uccideranno a vicenda!»
Draco continuò a ridere, incapace di fermarsi, così alla fine lei sbuffò e se ne andò in biblioteca.
Aveva appena sprecato la pausa dalla ricerca sulla pozione di quel giorno, ma ne era valsa la pena.
 
*
 
Una settimana dopo, entrò nell’ufficio di Potter con un’aria estremamente soddisfatta e felice.
Due mesi e mezzo dopo il matrimonio, ce l’aveva finalmente fatta.
«Malfoy, non credevo che fossi stato convocato oggi.»
«Sono qui per faccende personali, Potter», spiegò lui, sedendosi sulla poltrona con un’espressione raggiante stampata in volto.
«Posso chiedere cosa ti ha reso così solare, Malfoy?»
Il biondino ghignò. «Guarda con i tuoi occhi.»
Gli passò dei documenti su pergamena pregiata e attese trepidante la sua reazione.
«Hai riconosciuto Sirius» commentò spiazzato lui. «E per farlo serve il test di paternità. Hai… hai detto tutto a Hermione?»
Draco arricciò il naso. «Non essere sciocco, non è ancora il momento.»
Nonostante il tempo che avevano condiviso da soli allo Chalet, nonostante le ore che trascorrevano insieme nel suo laboratorio di Pozioni, Hermione si era distesa pochissimo nei suoi confronti.
Quando erano lontani dal resto del mondo era più semplice; gli bastava invitarla in piscina e l’idromassaggio la rilassava al punto da sciogliere i suoi nervi e farla sentire più a proprio agio nel parlare. Da quando erano ritornati alla villa, invece, avevano troppo da fare per concedersi spesso quel momento di relax e lei avrebbe ricominciato a lavorare due settimane dopo. Il Ministero avrebbe dovuto garantire un periodo di ferie più lungo per ripagare le persone coinvolte nella Marriage Law, per aiutarli a capire come trarre il meglio dalla situazione in cui erano stati catapultati senza preavviso né preambolo alcuno. Era stato per via di una loro decisione che necessitavano di tempo per legare, in fondo. Avrebbero potuto assumersi qualche responsabilità in più, quelle canaglie.
«Quindi come spiegherai questo?» indagò Harry, sventolando la pergamena con il risultato del test del DNA davanti al viso del suo stoico interlocutore.
Il biondino scrollò le spalle. «Le ho detto che avrei corrotto il tizio del laboratorio di analisi.»
«Che cosa?» esclamò allucinato Harry. «Tu sei pazzo! Potevi approfittarne per-»
«No, non capirebbe. Pensava che la storia che abbiamo concordato come versione pubblica dei fatti fosse “esilarante”» gli raccontò corrucciato. «È vera!»
«Ma lei non lo sa! E tu non glielo dici!» obiettò Potter, sempre più allibito.
«Ti assicuro che non è ancora pronta a saperlo.»
«Oh davvero?», ribatté Harry. «Non è che sei solo tu che scegli ancora una volta di comportarti da codardo perché hai paura della sua reazione?»
«Vaffanculo, Potter!»
Draco si rialzò, afferrò i documenti e si diresse a passo spedito verso la porta.
«Non era per offenderti!» gli gridò dietro il moro. «Ma per avvisarti che ti stai scavando la fossa da solo! Hermione la prenderà per manipolazione.»
Il biondino si irrigidì sentendo quella mera constatazione. «Non è quello che intendevo fare» rispose seccamente. «Volevo solo sistemare le cose con mio figlio.»
«Che non sa comunque che sei veramente suo padre.»
«Per ora» precisò Draco, sbuffando.
Si passò una mano sul volto. «Senti, sono appena riuscito a farla sentire a suo agio con me. Non voglio rovinare tutto un secondo dopo.»
«Tu temi solo che possa continuare a respingerti», lo espose Potter. «Temi il rifiuto. Ma la conosco troppo bene. All’inizio darà di matto, dopodiché ti ascolterà.»
«Se lo dici tu», borbottò il biondino e poi aprì la porta.
«Ah, Malfoy!»
«Sì?»
Harry gli sorrise, lieto. «Congratulazioni.»
Draco non riuscì a impedire agli angoli delle sue labbra di sollevarsi a loro volta. «Grazie, Potter.»
«Ah! Ginny ed io vorremmo invitare te e signora a cena a casa nostra, questo fine settimana», aggiunse poi il moro. «Mandami una risposta via gufo.»

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Capitolo 8
*** 8. Amortentia ***


The Weight of Us



CAPITOLO 8
Amortentia





 






POV HERMIONE


Hermione era piacevolmente sorpresa di quanto bene lavorasse assieme a Draco.
Sembravano avere lo stesso metodo, lo stesso modo di ragionare, le loro conoscenze e le loro abilità si combinavano alla perfezione; a volte, aveva l’impressione che quello non fosse il loro primo rodeo.
Si ritrovava sempre più spesso a vivere una persistente sensazione di déjà-vu che non riusciva a spiegarsi visto che, per ovvi motivi, lei e Malfoy non avevano mai collaborato prima di quel momento.
Lavorare alla Pozione UnObliviate, così l’avevano chiamata temporaneamente, aveva estinto gran parte dell’imbarazzo tra di loro, - anche se pareva averlo avvertito solo lei -, e li aveva portati ad instaurare una sorta di complicità. Non le veniva più così difficile vederlo come un alleato.
A volte, dopo cena, quando Sirius andava a dormire, loro si fermavano nel salotto a guardare qualcosa insieme. Hermione si era tolta diversi sfizi con Malfoy, tra cui quello di farlo morire di paura. Aveva scelto il peggiore horror che le venisse in mente, senza avvisarlo sul genere che avrebbero visto, e la reazione del biondino era stata esilarante. In un momento, le aveva addirittura afferrato il braccio. Per la fine del film, lei aveva le lacrime agli occhi e lui era bianco come un lenzuolo.
«Beh, non mi sorprende che tu non ti sia trovato bene con i Mangiamorte.»
Le aveva scoccato un’occhiataccia, ma lei aveva riso ancora più forte.
«Oh, sta’ zitta, maledetta strega. Sei perfida.»               
«Ti senti minacciato?» gli aveva chiesto. «Il trono ce l’hai ancora tu.»
«E io che pensavo di averlo lasciato a Pansy. Sembrava tenerci particolarmente.»
Erano aumentati anche gli sfioramenti e i tocchi casuali, i sorrisi che si scambiavano… Hermione aveva notato che aveva preso la brutta, - bella? -, abitudine di stargli più vicino. Aveva provato a smettere, ma non ci riusciva; era come se in quelle settimane Draco si fosse lentamente polarizzato e che ora esercitasse una forza attrattiva su di lei.
Non che fosse facile stargli distante, comunque, perché lui non lo faceva affatto; aveva il vizio di mettersi alle sue spalle mentre armeggiavano con i calderoni, o quando leggevano dallo stesso tomo, e il suo respiro caldo che le colpiva la pelle sensibile del collo le faceva sentire inspiegabilmente caldo.
La cosa che più la colpiva, però, restava il modo in cui si comportava con Sirius, perché Draco sembrava quasi tenere più al fatto che le cose andassero bene con lui che con lei.
Non le dispiaceva. C’era qualcosa nel vederli insieme che le riempiva il cuore di gioia; non aveva mai visto suo figlio così felice prima. Non menzionava più suo padre, quello biologico, e chiedeva sempre meno spesso di poter restare a dormire da Andromeda. Forse, si stava ambientando meglio a Dragonshore di quanto non avesse mai fatto a Villa Granger.
Quando Hermione aveva chiesto a Draco se la denominazione della sua proprietà fosse collegata al suo nome e alla Costellazione da cui deriva, la sua risposta l’aveva completamente spiazzata; a quanto pareva, quando aveva convinto Harry a iniziare a leggere il Trono di Spade, il ragazzo aveva fatto altrettanto con il biondino, che aveva sviluppato una, - ovvia e scontata, secondo lei -, ammirazione per la Casa dei Targaryen e aveva scelto di chiamare l’area ‘Dragonshore’ perché gli ricordava la Dragonstone della saga.
Non aveva ancora superato lo shock della notizia.
Malfoy non sembrava disdegnare i manufatti di origine babbana, anzi, le chiedeva spesso di spiegargli come funzionassero o di insegnargli ad usarli, dato che se n’era portati dietro parecchi; lo aveva fatto volentieri, tralasciando però il televisore perché era uno strumento prezioso per infastidirlo, facendolo accendere all’improvviso o cambiandogli i canali mentre lo stava guardando, - si era comprata un secondo telecomando universale proprio a tale fine -, spegnendolo su un momento clou del film che stava guardando… Hermione pensava che ormai fosse sul punto di capire che era tutto provocato da lei, nascosta dietro una colonna per non farsi vedere, a ridere di gusto. Tutto ciò accadeva principalmente di notte; lei non era l’unica a soffrire di insonnia in quella casa, evidentemente.
A parte la difficoltà di abituarsi alla presenza degli elfi domestici, - Draco l’aveva quasi supplicata di smettere di togliergli il lavoro perché le due creaturine continuavano a piombare nel suo ufficio con le lacrime agli occhi e la disperazione in volto, convinti che volesse licenziarli, e lei aveva accettato a patto che si sforzasse maggiormente di fargli accettare una retribuzione -, vivere lì, con lui, ormai le piaceva quasi.
Spesso si era accoccolata sull’altalena a dondolo a leggere, e, quando Draco ne aveva portata una per bambini e aveva quasi avuto una crisi isterica nel suo goffo tentativo di montarla, non volendosi arrischiare a farlo con la magia “per la sicurezza di Sirius”, Hermione aveva assaporato ogni istante, prima di offrirgli il suo aiuto e risolvere in poco tempo l’enigma dell’assemblaggio, sotto il suo sguardo a metà tra l’accigliato e il contrariato; avevano anche preso l’abitudine di consumare la colazione e la cena in giardino e la sera, dopodiché lei andava spesso a fare una passeggiata sulla spiaggia, da sola, lasciando il piccolo sotto l’occhio vigile di Draco per una mezz’oretta. Era il suo modo di fargli sapere che ormai aveva capito che poteva affidarglielo tranquillamente.
Era stato il giorno in cui, rincasando da un caffè con Ginny nel primo pomeriggio, aveva trovato lui e Sirius addormentati insieme sul divano, a fare scattare qualcosa dentro di lei: una sorta di calore interno e un moto di affetto verso il biondino che non avrebbe mai pensato di provare.
Si era chinata davanti a loro e, dopo aver lasciato un bacio affettuoso sulla fronte del figlio, Hermione aveva alzato lo sguardo su Draco e lo aveva studiato come non aveva mai fatto prima: attentamente e da vicino; aveva analizzato i suoi lineamenti, che in qualche modo apparivano più dolci da quando non se ne andava più in giro tutto tronfio e impettito, la sua pelle chiara, i capelli che gli ricadevano pigramente sugli occhi. Draco aveva, senza alcun dubbio, un aspetto quasi angelico e la prepotenza con cui quella consapevolezza la colpì le fece chiedere come avesse fatto a non notarlo prima. Alla fine, aveva ceduto alla tentazione: aveva sfiorato le ciocche bionde con le dita, trovando i suoi capelli soffici come sembravano essere e poi aveva tracciato il suo profilo delicatamente, constatando che la sua pelle era incredibilmente morbida. Gli occhi di Hermione si erano soffermati sulle labbra di lui per più tempo di quanto fosse appropriato, - o forse lo era? Erano sposati! -, e inavvertitamente si era inumidita le sue. Si era riscossa appena in tempo per evitare di commettere un errore; arretrando e dirigendosi verso la cucina, non aveva potuto fare a meno di riflettere che i due erano belli da vedere insieme e si somigliavano talmente tanto, per qualche strana coincidenza, che la storia che avevano concordato suonava sempre più credibile alle sue orecchie, anche se, in realtà, non avrebbe mai potuto essere vera. Draco non l’avrebbe mai guardata, lei non si sarebbe mai trovata lì, se il Ministero non avesse forzato loro la mano. Per qualche ragione, quella consapevolezza la rendeva estremamente triste.
Prima di attuare il loro piano avevano chiesto a Sirius cosa pensasse in merito al riconoscimento e quando il bambino aveva dato il suo entusiastico consenso, Hermione non era più riuscita a trovare scuse per rimandare, così avevano proceduto. Il biondino aveva consegnato un sacchetto di galeoni al mago che aveva preso il suo campione, così le aveva detto Draco, e quello aveva assicurato che il risultato sarebbe stato ottimale e tempestivo. Due ore dopo, suo figlio portava il cognome di Malfoy.
Sirius Granger Malfoy.
Le faceva ancora più strano dell’averlo lei, quel cognome; quando aveva firmato i documenti per il riconoscimento, aveva dimenticato di scriverlo. Draco aveva sbuffato e aveva dovuto darle una gomitata impercettibile per farglielo notare.
«Oh, giusto.»
Non lo aveva fatto di proposito; era un po’ come quando da piccola tornava a scuola all’inizio del nuovo anno e sbagliava scrivendo la data di quello prima. Quella era stata la prima volta che aveva firmato qualcosa dal giorno del matrimonio.
Per festeggiare, Draco li aveva portati in un ristorante. Il posto era un po’ troppo sofisticato per gli standard di Hermione, ma l’aveva avvisata prima, per cui si era presentata preparata.
Quello a cui non era minimamente pronta era lo sguardo che le aveva lanciato quando l’aveva vista; i suoi occhi, stranamente scuriti, erano scivolati lungo tutta la sua figura, avidi, la sua lingua era guizzata a inumidirgli le labbra. «Sei… stai benissimo.»
Hermione era diventata scarlatta e gli aveva rivolto un timido sorriso imbarazzato, incapace di proferire parola.
Sarebbero andati a cena dai Potter quel sabato, Hermione non vedeva l’ora; Sirius non smetteva di parlare di quanto gli avrebbe fatto piacere trascorrere finalmente del tempo con lo zio Harry.
Dopo essere tornati dallo chalet, lei e Draco avevano concordato che fosse essenziale trovare un equilibrio tra di loro il prima possibile, così avevano cercato di restare tutti e tre insieme a Dragonshore per più tempo possibile, nel corso dei tre mesi di ferie previsti dalla Marriage Law.
Tre mesi di ferie che stavano per esaurirsi, il che voleva dire che lei sarebbe tornata al lavoro, perdendo la possibilità di lavorare a tempo pieno sulla pozione UnObliviate e… e che Ron avrebbe dovuto sposare Pansy, perché non era riuscita a trovare assolutamente niente che potesse aiutarli in qualche modo a far revocare la legge.
Non aveva intenzione di fermarsi, però.
Era certa che Pansy non avrebbe avuto fretta di consumare e, comunque, doveva ai gruppi di vittime sacrificali successive almeno un tentativo più tenace.

 
*
 
Il giorno prima del suo rientro al lavoro, Hermione aveva deciso di tediare Draco con un’altra di quelle che lui definiva “babbanate”.
La sua parte ligia al dovere le urlava di approfittarne per lavorare alla pozione, ma lei voleva godersi quel giorno con la sua famiglia. Cioè, con suo figlio e Draco.
Aveva optato per introdurre il biondino alla fantastica attività del pranzo all’aperto nella sua più rudimentale forma semplice: un picnic.
Dragonshore aveva dei giardini immensi e una meravigliosa vista mare; Hermione pensava che fosse davvero un peccato non godere appieno di tanta bellezza. Per di più, stava arrivando l’inverno, il che avrebbe reso difficile trascorrere giornate all’aperto e a Draco continuare a insegnare a Sirius a volare, anche se di quello, in realtà, era più che contenta.
Stavano guardando il bambino inseguire delle farfalle variopinte che Hermione aveva fatto fuoriuscire dalla sua bacchetta, quando si accorse che le loro mani erano poggiate così vicine che la punta delle loro dita si sfiorava delicatamente. Cercò di rimanere impassibile, con gli occhi puntati sul bambino, ma iniziò ad avvertire il calore affluire alle sue guance e, per qualche strana ragione, verso il suo basso ventre.
Sentì il pollice di Draco accarezzare il suo e poi intrecciarsi ad esso; Hermione si voltò a guardare le loro mani: il biondino stava avvicinando una ad una le dita alle sue, tremando quasi impercettibilmente. Lei non si ritrasse, così le loro mani furono completamente intrecciate dopo qualche secondo.
Deglutì. Draco aveva delle mani grandi, molto grandi rispetto alle proprie, e le sue dita erano lunghe, sottili, eleganti; alzò lo sguardo su di lui e notò che aveva il suo fisso sull’intreccio impacciato che avevano realizzato. Sollevò leggermente il braccio e si portò la mano di lei alle labbra, premendole contro la sua pelle.
Hermione non avrebbe saputo dire se aveva o meno avuto successo nel reprimere il brivido che quel gesto le aveva provocato; le sue iridi argentee, magnetiche, tenevano incatenate a sé quelle color cioccolato di lei. Deglutì con più forza.
La mano libera di Draco raggiunse il suo viso; le scostò una ciocca di capelli dagli occhi, poi sfiorò la sua guancia con i polpastrelli del pollice e dell’indice. Su e giù, su e giù, con lentezza e delicatezza estenuanti.
Hermione si sentiva la bocca secca.
Cosa le stava succedendo?
Cosa stava succedendo in generale?
«Hermione», sussurrò lui con voce roca, passandosi la lingua tra le labbra. «Vorrei baciarti.»
La bocca di Hermione si schiuse a quella confessione improvvisa, gli occhi le si sgranarono leggermente e tutto il suo corpo si tese per l’aspettativa.
«Posso?»
Si era avvicinato a lei; poteva sentire il suo respiro sul volto, la punta del suo naso sfiorare quella del proprio. Un attimo dopo, Hermione aveva le palpebre abbassate e gli stava andando incontro, tanto che, dopo, si sarebbe convinta di aver iniziato lei il contatto alla fine.
Le loro labbra aderirono le une a quelle dell’altro con fermezza e restarono sovrapposte senza muoversi per qualche istante, poi lui si tirò indietro di un millimetro.
Lo guardò: aveva ancora gli occhi chiusi e non si era ritratto neanche di un soffio; indugiava sul confine della sua bocca, sfiorandola quasi accidentalmente, come se volesse farle desiderare un ulteriore contatto, uno più profondo. E ci stava riuscendo.
Hermione era certa di essere rossa in viso, ma non era un problema; lui non la stava guardando. Sembrava avere un problemino di respirazione.
Prima che potesse decidere se allontanarsi definitivamente o spingersi di nuovo contro di lui, però, Draco la baciò di nuovo, catturando interamente il suo labbro superiore e poi abbassando leggermente le labbra per catturare quello inferiore.
Il terzo contatto fu più deciso, accompagnato da una sonora espirazione simile a un sospiro di sollievo soffocato, da parte di lui; la mano di Draco si spostò dalla sua guancia alla sua nuca, le sue dita sprofondarono tra i suoi capelli, finché le radici non si scontrarono con le sue nocche.
Hermione si avvicinò ulteriormente al biondino, portò una mano a coppa sulla sua guancia e rispose a quel bacio con crescente ardore; gemette lievemente quando le loro lingue si scontrarono per la prima volta e la presa di Draco si strinse sui suoi capelli in seguito a quel suono incoraggiante.
Quando si separarono avevano entrambi il fiatone e i loro sguardi erano accesi e sopresi e spaventati allo stesso tempo.
Fu la voce di Sirius a rompere il momento, facendoli girare di scatto; correva verso di loro, con le lacrime agli occhi. Piangeva. Hermione vide subito il punto sul suo ginocchio laddove il pantalone si era strappato e un rivolo di sangue luccicava alla luce solare.
«Mamma, mamma!»
Le gettò le braccia al collo e singhiozzò più forte. «Sono caduto, ho strappato i pantaloni, scusami!»
Hermione rise. «Non preoccuparti per i pantaloni. Stai bene?»
Lo allontanò e lo studiò con attenzione; il bambino tirò su col naso e annuì con fervore. «È solo un graffietto.»
«Pff, Grifondoro», soffiò Draco, ma sorrideva mentre gli scompigliava i capelli.
I due elfi apparvero accanto a loro con un sonoro pop! e il terrore era evidente nei loro occhioni verdi.
«Padrone…»
«Padrona…»
«Ci dispiace…»
«Non abbiamo fatto in tempo…»
«Fermare la caduta…»
«Ci puniremo…»
«Sì, sì!»
Hermione li guardò orripilata. «No, no! Non c’è assolutamente bisogno, non è successo niente!»
Ma gli elfi iniziarono a colpirsi ugualmente.
«DRACO FERMALI PER FAVORE!» trillò la giovane, orripilata dalla scena che si dipanava davanti a loro.
Sirius ricominciò a piangere. «Fanno così per colpa mia?»
«No, no tesoro. Non preoccuparti, ora risolviamo tutto», lo rassicurò lei, dandogli un bacio sulla tempia.
Draco riuscì finalmente a fermare i due elfi e li spedì in cucina a preparare una torta. Sospirò sonoramente e tornò a controllare che il piccolo stesse bene. «Tutto bene, ometto?»
Il bambino, ancora con gli occhi colmi di lacrime, annuì debolmente. «Perché si picchiavano?»
Hermione gli spiegò pazientemente che gli elfi erano stati sfruttati e maltrattati per secoli dai maghi e che avevano delle abitudini malsane che lei si stava prodigando per abolire, al Ministero.
«Non è giusto che vengano trattati così», esclamò Sirius, tirando su col naso. «Poveri elfi! È terribile!»
«Sì, lo è, ma sto cercando di fare il possibile per migliorare la loro condizione, promesso. Adesso dobbiamo andare dentro, però, perché bisogna disinfettare e curare la ferita, va bene?»
Fece per prenderlo in braccio, ma Draco lo afferrò per primo. Il piccolo si ancorò a lui, chiudendo le braccia attorno al suo collo; il biondino tese poi una mano a Hermione per aiutarla ad alzarsi, un gesto più per galanteria che per utilità, e lei la afferrò, per poi venire spinta subito contro il petto di lui.
Draco le circondò le spalle con un braccio, osservandola attentamente come se fosse in attesa di una sua conferma, della sua approvazione. Hermione alzò timidamente lo sguardo su di lui e si perse nelle sue pozze argentee. Arrossì violentemente, ma alla fine un angolo delle sue labbra si sollevò di qualche millimetro e posò la tempia sul petto del giovane, assecondando il suo tentativo di avvicinamento e incamminandosi verso la villa stretta a lui.
 
*
 
Ginny la osservò di sottecchi mentre finiva di cucinare le ultime cose per la cena; era la seconda settimana di fila che si riunivano. Hermione e Draco avevano deciso che per la prossima li avrebbero invitati a Dragonshore.
Harry e il biondino, in quel momento, erano in giardino con Sirius, a dargli consigli sul volo, per la gioia di Hermione.
«Harry ha preparato tutto il resto», le disse sghignazzando Ginny. «Ma me ne prenderò il merito.»
Hermione rise, scuotendo leggermente la testa.
«Ehi, in fondo, ho finito io, no?» si difese la rossa. «Credo che presto dovrà richiamare Kreacher dalle cucine di Hogwarts, però.»
La ragazza corrugò la fronte in una muta domanda.
«Ne parliamo in un altro momento», liquidò la faccenda l’altra. «Allora… tu e Malfoy…»
Hermione si irrigidì leggermente. «Io e Malfoy…» ripeté in un sussurro stanco.
«Come procede?»
«È… complicato», ammise la giovane. «Insomma, meglio dei primi giorni, ma… sempre strano. Almeno per me, lui non sembra farci caso.»
«Nobili Purosangue e le loro discutibili tradizioni medievali», commentò Ginny, arricciando il naso. «Sicuramente per lui un matrimonio combinato è normale e fingere gli viene facile perché ha sempre saputo che avrebbe potuto incappare in questa eventualità. Credi che gli abbiano fatto frequentare un corso su come comportarsi in questo caso, da piccolo?»
Hermione fece una smorfia. L’idea la ripugnava. «Ti prego, no.»
Nonostante tutto, si rese conto, che non aveva mai considerato la possibilità che Malfoy stesse fingendo; che ogni passo verso di lei, ogni bacio, ogni carezza, non fosse reale, ma un semplice compito che andava eseguito il prima possibile. Storse il naso. Non le sembrava il caso, ma d’altronde non aveva neanche modo di capire da sé se si stesse sbagliando, non ancora. Posò i gomiti sul tavolo e si prese la testa tra le mani. «Sono così confusa, sai?»
«In che senso?» indagò Ginny.
«Beh… innanzitutto, lui è strano», le confidò. «E secondo, abbiamo… ecco, ci siamo baciati.»
«CHE COSA?» trillò Ginny, spegnendo il gas con un colpo di bacchetta e prendendo posto davanti a lei.
«S’, insomma, noi… siamo più vicini ora…»
«Mi stai dicendo che provi qualcosa per lui?» sussurrò concitata ed elettrizzata la rossa. «Attrazione? Qualcosa di più? Cavolo! Credevo che vi sarebbero serviti più di tre mesi!»
Hermione alzò le mani e le sventolò nella sua direzione. «Calma, calma. Vacci piano» sussurrò allarmata, guardandosi alle spalle per accertarsi che gli altri tre fossero ancora fuori in giardino. «Non so… non so cosa provo. Insomma, è una cosa bizzarra. È come se il mio corpo prendesse il sopravvento ogni volta che mi si avvicina. Come se ricordasse qualcosa che io non so, come se fosse normale volerlo
«Per Godric!», esclamò la rossa, fischiando. «Te lo vuoi scopare.»
«Non essere sciocca!» bisbigliò avvampando lei. «Io… è solo che è premuroso e… Malfoy è premuroso, Ginny! E devi vederlo con Sirius… io non ci sto capendo nulla!»
Ginny si morse un labbro. «Premuroso», ripeté stupita. «Malfoy
Hermione fece un gesto estremamente teatrale con le sue mani come a dire “Ecco, è quello che ho detto anche io!”. «Capisci la mia perplessità, ora?» le chiese. «Si comporta in questo modo attento e gentile… non dovrebbe tipo sbuffare tutto il tempo ed evitarmi il più possibile? Invece fa sempre di tutto pur di trascorrere quanto più tempo possiamo insieme.»
«Di sicuro è… ehm… curioso» commentò la rossa, mordicchiandosi il labbro inferiore, come se stesse valutando quelle informazioni.
«Esatto! Anche il fatto che abbia voluto riconoscere Sirius…»
«Sì, Harry me l’ha detto», disse Ginny. «Insomma, non me lo aspettavo. Credevo che sarebbe impazzito una volta scoperto del bambino.»
«Gliel’ho detto subito pensando che avrebbe fatto di tutto per impedire il matrimonio e lui mi ha chiesto di incontrarlo! Non ha senso… non… arrrgh!» ringhiò di frustrazione Hermione.
«Senti, non pensarci. Continua a conoscerlo e vedi che succede», le suggerì Ginny. «Non è che abbiate molta scelta. Magari riuscirai a comprenderlo meglio, con il tempo.»
«Ginny, posso farti una domanda?» azzardò Hermione dopo una pausa di silenzio e l’amica la incoraggiò con un cenno della testa. «Hai mai avuto una sensazione di déjà-vu?»
«Mmh, mi è capitato, sì.»
«E… ti succedeva anche al secondo anno, in merito a quei vuoti di memoria dovuti al diario di Tom Riddle?»
Ginny si fece improvvisamente tesa e seria. «No», rispose. «Perché? Credi di essere stata posseduta per qualche strano motivo?»
«No, no… solo… a volte, con lui… mi sembra di aver già parlato di alcune cose o che sappia più di quello che dovrebbe sapere su di me. Non so come spiegarlo.»
Ginny corrugò la fronte. «Magari ha fatto delle indagini. Hai chiesto a Harry se è andato a parlargli?»
«Non ne ho ancora avuto modo», rispose lei, pensierosa. «Appena tornerò al lavoro, alla prima occasione, gliene parlerò.»
La conversazione si interruppe in quel momento, perché i tre si fiondarono in casa e Ginny dovette spostarsi nel salotto per invitarli ad accomodarsi.
«Possiamo cenare, se avete finito di svolazzare. Tanto sono io quella più indicata per darti dei consigli in merito, Sirius.»
I due uomini sbuffarono e la giovane si accigliò. «Beh, sono io la giocatrice professionista, no?»
«Quidditch e volo sono due cose differenti» borbottarono all’unisono Harry e Draco.
Hermione lo trovò inquietante.
Quella sera, Ginny e Harry annunciarono loro di aspettare il primo bambino.
 
*
 
Era fuggita dal Ministero come un razzo.
Finito il suo turno di lavoro, Harry era piombato nel suo ufficio e le aveva detto che era uscita un’edizione speciale del Settimanale delle Streghe, - quel magazine di gossip raccapricciante e poveramente gestito, ora dalla Skeeter, che normalmente Hermione non si sarebbe mai abbassata a leggere -, e che c’era un articolo che la riguardava; ciò aveva indotto la stampa ad accalcarsi all’uscita della struttura.
Hermione aveva usato il camino per Smaterializzarsi direttamente a Villa Granger, in modo da evitare i giornalisti. Le mancava quella casa, ma non si soffermò molto a ripercorrere il viale dei ricordi, che oramai erano perlopiù malinconici; anche quelli felici si erano tramutati in ricordi tristi da quando non aveva più i suoi genitori al suo fianco.
Uscì dalla porta sul retro e corse verso il punto di Apparizione vicino, per poi Smaterializzarsi e riapparire direttamente sulle rive di Dragonshore. Stringeva una copia del Settimanale tra le mani. Si fermò un attimo per riprendere fiato, poi si incamminò verso la villa.
La passeggiata la aiutò a calmare i nervi.
Poggiò il giornale sul tavolo e si mise a leggere prima ancora di togliersi il cappotto. C’erano una foto sua e una di Draco in prima pagina, perché ovviamente non ne avevano una insieme che la stampa potesse usare. Il loro matrimonio era stato tenuto così segreto che i giornalisti non avevano saputo niente finché la notizia che il biondino aveva riconosciuto suo figlio, tenuto fino a quel momento altrettanto segreto, non si era diffusa. La fuga di notizie aveva infine portato a quella situazione incresciosa.
 
“RIVELAZIONE SHOCK: DRACO MALFOY RICONOSCE FIGLIO SEGRETO E ILLEGITTIMO DI HERMIONE GRANGER, ORA GRANGER-MALFOY.”
 
Nessuno sapeva dell’esistenza del figlio di cinque anni di Hermione Granger, Ordine di Merlino di Prima Classe per i servigi resi alla comunità magica durante la Seconda Guerra ed eroina stimata e ammirata da tutta la Nazione, così come la notizia del matrimonio con Draco Malfoy è stata tenuta fuori dai radar, per venire fuori solo nei giorni scorsi, quando il Signore e la Signora Malfoy si sono presentati al Ministero per avviare le procedure di riconoscimento del misterioso bambino, risultato essere effettivamente figlio di Malfoy ai test di paternità condotti dal laboratorio di analisi del Ministero della Magia.
A questo punto il dubbio sorge spontaneo: il loro matrimonio rientra tra quelli obbligati dalla nuova Marriage Law, varata e approvata dal Wizengamot pochi mesi fa, o i due nascondono una lunga, torbida e burrascosa storia d’amore risalente ai tempi della guerra? Il riconoscimento del bambino cela dei trascorsi tra i due neosposi o si è trattato esclusivamente di una mossa ‘politica’?
I motivi per i quali la Granger abbia voluto tenere nascosta l’esistenza del bambino sembrano essere molto ovvi, ma nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere Malfoy reclamarne la paternità, né tantomeno di vederla confermata. Questo non solo per la storica rivalità tra i due quando si trovavano tra le mura di Hogwarts, - notizia confermata da fonti affidabili, vedere pag. 7 per informazioni più dettagliate al riguardo -, e per le loro divergenze di pensiero, ma anche perché i due erano schierati in prima linea su due fronti diversi nella guerra.
Granger, Nata Babbana, membro attivo dell’Ordine della Fenice e migliore amica di Harry Potter e Ron Weasley.
Malfoy, Purosangue, noto sostenitore della linea purosanguista, ai tempi Mangiamorte al servizio di Voi-Sapete-Chi, poi graziato dal Wizengamot su intercessione di Potter, ma comunque figlio di Lucius Malfoy che, a sua volta, è stato confermato essere stato un Mangiamorte egli stesso.
La situazione qui è, come potete immaginare, molto complicata: i due avevano una storia segreta tra le mura del castello che entrambi frequentavano nello stesso anno di corso? O le voci diffuse in merito a tale rapporto sono solamente una copertura? Malfoy semplicemente non poteva accettare i sussurri della gente in merito al figlio illegittimo della moglie e ha architettato un piano per ‘regolarizzare’ la cosa?
E se invece fosse veramente il padre del bambino, come sono andate le cose tra di loro?
Hanno continuato la loro relazione per tutti questi anni, mantenendola segreta, o c’è stata una rottura dovuta alle azioni di Malfoy durante il ‘regno’ del terrore di Voi-Sapete-Chi? Il rampollo di una delle famiglie più antiche e nobili della comunità magica ha tradito la sua fiducia e il loro amore giovanile continuando a sostenere il Mago Oscuro che voleva eliminare gli stessi Nati Babbani o c’è qualcosa sotto di cui non siamo a conoscenza?
Malfoy è tornato con lei e l’ha sposata per riabilitare la sua immagine e dare credibilità alle sue recenti prese di posizione, nonché alla dissociazione dal resto della sua famiglia?
È stata la Legge sui Matrimoni a riunirli o non si sono mai separati?
Acquistate i prossimi numeri per scoprirlo, stiamo già indagando per trovare le risposte di cui avete bisogno e svelare al mondo magico la verità su questa faccenda scoppiettante!
Trovate articoli correlati a:
pag. 7: Granger-Malfoy: un salto nel passato scolastico della coppia più discussa del momento.
pag. 9: Hermione Granger: i M.A.G.O., il C.R.E.P.A. e la sua rapida scalata al Ministero.
pag. 12: Hermione Granger: qual è la verità sul suo rapporto con Viktor Krum? Potrebbe essere lui il vero padre del bambino, qualora Malfoy non lo sia veramente?
Pag. 13: Tutto su Hermione Granger e il suo rapporto con Ronald Weasley.
pag. 16: Draco Malfoy: cosa è successo veramente dopo il ritorno di Voi-Sapete-Chi?
pag. 19: Draco Malfoy: pentito sincero o abile manipolatore? Ha davvero abbandonato la linea purosanguista o finge per ingraziarsi di nuovo la comunità magica?
pag. 25: Ginevra Potter pizzicata a visitare un negozio per neonati: baby Potter in arrivo?
Pag. 29: Ronald Weasley sposa Pansy Parkinson: le foto esclusive scattate alla coppia in uscita dal Ministero e la palese aria nauseata sul volto di entrambi.
 
Hermione pensò che, in quel momento, era lei quella nauseata.
Avevano creato l’intero numero solo speculando con cattiveria sulla loro famiglia e sui loro amici.
Sussultò leggermente nell’avvertire la presenza di Malfoy alle sue spalle e rabbrividì quando le sue labbra si chiusero sulla sua tempia a mo’ di bentornato.
La ragazza sentì i suoi muscoli tendersi: non era ancora molto a suo agio con la nuova intimità che condivideva con lui e al contempo non voleva fare un passo indietro, perché la sua vicinanza, per qualche motivo che non aveva ancora compreso, la confortava.
«Brutte notizie?» le chiese, sfilandole il cappotto.
Hermione era troppo presa dalla sua indignazione per fare caso a quel gesto.
«Guarda con i tuoi occhi.»
Gli porse il giornale, sfilò il suo cappotto dalle sue mani e si diresse nuovamente verso l’ingresso per riporlo.
Quando lo raggiunse, Draco si era spostato nel salotto e leggeva l’articolo con un sopracciglio sollevato.
«Ce lo aspettavamo, no?» commentò quando ebbe finito e poi gettò il giornale nel fuoco; anche se si stava sforzando di essere stoico, però, la sua espressione rimaneva visibilmente corrucciata.
«Ci stanno andando giù pesante, con te», gli fece notare lei. «Le accuse che ti hanno rivolto…»
«Ci sono abituato», replicò lui, tagliando corto, il tono della sua voce che lasciava trapelare un misto di rassegnazione e indifferenza.
Hermione annuì distrattamente. «Vorrei che lasciassero fuori Sirius dai pettegolezzi. Non mi importa quello che dicono su di me.»
«Vale lo stesso per me», convenne Draco. «Vedrò cosa posso fare per metterli a tacere.»
«No!» esclamò lei, sussultando allarmata. «Non farai altro che dargli la conferma che ci sia una storia da svelare. Ignoriamoli e basta, si stancheranno tra qualche settimana, quando non troveranno nulla.»
Il biondino annuì, poi cambiò discorso. Non aveva senso dare troppo adito a quel giornale da quattro soldi.
«Sirius si è già addormentato. Dovremmo svegliarlo per la cena o…»
«No, lascialo dormire o non si riaddormenterà più», rispose la giovane, sbadigliando. «Che rientro traumatico.»
«Problemi?» chiese il biondino, all’apparenza realmente interessato a ciò che aveva da raccontare sulla sua estenuante giornata lavorativa.
Oh, non gli avrebbe detto di McLaggen e del suo terzo grado, della gente che l’aveva avvicinata per farle le condoglianze e di quelli che l’avevano tartassata per sapere come fosse il biondino a letto.
«Solo un mucchio di scartoffie arretrate.»
Draco annuì distrattamente. «Tornerai sempre così tardi?»
Rincasare a quell’ora era inusuale per lei, ma tre mesi di assenza avevano avuto la prevedibile conseguenza di una marea di arretramenti e pasticci alla cui risoluzione avrebbe dovuto provvedere lei.
«Solo finché non avrò sistemato il caos che i miei colleghi hanno scatenato in mia assenza», rispose lei. «Normalmente, lavoro dalle nove alle cinque.»
«Quindi non… non è fatto di proposito per passare meno tempo con me?»
Hermione unì le sopracciglia. «Credi che sacrificherei il tempo con mio figlio per evitare te?»
Il biondino incassò il colpo con un cenno del capo.
Per un momento, la ragazza si chiese se non fosse stata un po’ troppo brusca con quella risposta, ma l’accusa, dopo il bacio del giorno prima, a cui era seguita un’intensa serata di pomiciate, l’aveva leggermente indispettita.
«Ho chiesto a Tilly e Tippy di preparare la cena», disse allora Draco, sospirando stancamente.
«Grazie», rispose distrattamente lei, ma due secondi dopo era seduta sul divano e aveva tirato fuori dei documenti che non aveva fatto in tempo a finire di leggere prima dell’arrivo di un Harry molto agitato.
«Dovevo immaginare che eri il tipo da portarsi il lavoro a casa», borbottò il giovane, sedendosi sul posto accanto a lei.
«Succede raramente», ribatté piccata Hermione. «Mi piace stare con Sirius quando torno dal lavoro. E vorrei continuare a lavorare alla pozione con te.»
Draco assottigliò le labbra. «E riguardo a… ieri
Hermione divenne scarlatta. «C-cosa?»
«Oh», fece lui. «Capisco. Hai intenzione di fingere che non sia successo nulla.»
«Sarebbe alquanto impossibile, non credi?» soffiò in risposta. «Volevo dire, riguardo a ieri cosa
La guardò sbattendo le palpebre per dei lunghi secondi che le parvero interminabili, poi lo vide deglutire.
«Te ne sei pentita?» le chiese con un filo di voce.
I suoi occhi erano imperscrutabili come la maggior parte delle volte, mentre la studiava con attenzione. Hermione lo odiava, perché lui occludeva continuamente e lei non riteneva giusto che lei fosse l’unica esposta tra i due. Non riuscendo a proferire parola, scosse leggermente il capo.
«Quindi…», Draco deglutì con forza un’altra volta e gli occhi di Hermione guizzarono sul suo collo, sul suo pomo d’Adamo che si alzava e si abbassava rapidamente.
«Quindi a che punto siamo?»
«Come scusa?» esclamò la giovane, agitandosi sul posto, nervosamente.
Il biondino si spostò più vicino a lei. «Posso baciarti, ora?» le chiese, sollevando una mano per carezzarle le labbra con un dito. «Senza rischiare di venire trasfigurato in un furetto?»
«Dannazione», soffiò Hermione. «Avrei dovuto farlo almeno una volta!»
Le pesava enormemente non averci pensato prima... Che occasione sprecata!
«Non mi sono offeso, tranquilla», stette al gioco lui, passandosi poi la lingua sulle labbra e chinandosi lentamente verso di lei. «Allora, posso?»
Hermione deglutì, il cuore le pulsava rapido dentro al petto. «Sì, se è quello che vuoi.»
Un sorriso sbiadito apparve sul viso del biondino, mentre chiudeva una mano a coppa sulla sua guancia. «Tu lo vuoi?»
Hermione avvertì il calore sulle guance, ma annuì con un breve cenno del capo.
Draco chiuse gli occhi. «Dillo.»
Le guance non erano più l’unica parte del corpo dove avvertiva calore, dopo il modo in cui aveva pronunciato quella semplice parola.
«Sì.»
La risposta venne fuori in un sussurro tremulo, quasi un soffio silenzioso.
Non appena le loro bocche si scontrarono, fu di nuovo giorno dietro le loro palpebre chiuse.
Il bacio partì con una certa incertezza ed esitazione, ma divenne presto deciso, sebbene Draco tenesse un ritmo particolarmente lento. Con il proprio corpo, la guidò fino a farla quasi distendere sul divano e Hermione glielo permise, muovendo le sue dita tra i capelli di lui, - Merlino, adorava accarezzarli! -, accogliendo con ricettività il cambio di ritmo che si fece presto più passionale e travolgente.
E poi, all’improvviso, la colpì: un profumo intenso, fresco e sensuale, che la fece paralizzare da capo a piedi.
Posò le mani sul petto del biondino, allontanò leggermente il viso da lui e lo fissò con sguardo quasi perso. «Cos’è questo profumo?»
«La mia colonia?» fece lui confuso, la voce poco più di un mormorio roco.
«È diversa da quella che hai usato fino a ieri» constatò la giovane donna.
«Preferivi l’altra?»
Draco sembrava perplesso mentre cercava di trovare un senso all’improvviso interesse di Hermione per il suo profumo.
«Non è questo» mormorò lei, assorta. «È che mi è familiare.»
Il biondino fece una lunga pausa di silenzio, stringendo il labbro inferiore tra i denti. «Io… è quella che usavo a Hogwarts, ma…»
«Oh», sospirò Hermione, quasi delusa. «Devo essermi confusa, allora.»
«Non ti sto seguendo.»
«Per un momento ho pensato che fosse la stessa fragranza che ho sentito nell’Amortentia al sesto anno e che non ho riconosciuto, credo», disse, scrollando le spalle. «Ma devo sicuramente ricordare male. Insomma, noi al sesto anno non eravamo di certo in buoni rapporti, non è possibile che io l’abbia sentita da te, no?»
Draco deglutì e le rivolse uno sguardo indecifrabile. «N-nell’Amortentia?»
«La cena è pronta, signori!» esclamarono entusiasti gli elfi, apparendo davanti a loro con l’usuale pop! che anticipava la loro Apparizione.
Hermione era riuscita a convincerli a smetterla di chiamarli padroni, finalmente; la faceva sentire troppo a disagio, quel termine.
Ringraziando il cielo per il loro tempestivo intervento, la giovane si mise in piedi e si diresse verso la cucina con più entusiasmo di quello che provava veramente.
Non era molto affamata, solo terribilmente stanca, ma voleva mettere un punto a quella conversazione scomoda e imbarazzante.
Cosa le era saltato in mente?
Non era mai stata abbastanza vicina a Malfoy da sentirne il profumo quando andavano a scuola, lui non lo avrebbe mai permesso. Era un pensiero assolutamente ridicolo.
Non si accorse neanche che Draco la seguì solo dopo aver indugiato per qualche altro minuto nel salotto, incapace di rialzarsi dal divano dopo quello che gli aveva appena detto.

 

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Capitolo 9
*** 9. The Proposal ***


The Weight of Us



CAPITOLO 9
The Proposal





 






POV DRACO
 


Si sentiva un po’ stordito dalla notizia che Hermione ricordasse di aver sentito il suo profumo nell’Amortentia al sesto anno, anche se non ne rammentava l’associazione.
Innanzitutto, lei non gli aveva mai detto niente al riguardo, per cui Draco lo aveva scoperto quella sera, e secondo, Hermione non avrebbe dovuto ricordarlo affatto. Quel dettaglio, in un certo senso, gli faceva piacere, ma al contempo era fonte di false speranze; sapeva che non c’era modo che l’Oblivion perdesse efficacia nel corso del tempo. Non c’era un modo per invertirne o annullarne gli effetti, di fatti la pozione che stava cercando di creare procedeva a rilento e vi si dedicava assiduamente da anni, né l’effetto dell’incantesimo poteva lentamente “esaurirsi” da solo.
I progressi fatti da quando lui e Hermione lavoravano insieme alla ricerca, però, lo rincuoravano.
Il suo problema fondamentale, però, era che stava diventando impaziente; desiderava che lei ricordasse con tutto sé stesso, perché dirglielo a voce… non era sicuro che gli avrebbe creduto o che sarebbe stata disposta a seguirlo nel Pensatoio per darle le prove di ciò che stava dicendo.
Scoprire di essere stati obliviati… non c’era un buon modo di reagire a una notizia del genere.
Dopo tre mesi trascorsi costantemente in compagnia reciproca, Draco avvertiva in maniera opprimente la sua assenza quando Hermione era al lavoro; in particolare durante il pranzo, ma Sirius non gli concedeva molto tempo per rimuginare, comunque. Sembrava che le sue energie avessero fonti illimitate.
Draco era certo che il bambino sarebbe stato Smistato a Grifondoro una volta partito per Hogwarts, ma ne era quasi sollevato. Si sarebbe trovato male a Serpeverde, un ragazzino come lui, dolce, sensibile, ma tenace e coraggioso, audace come la madre… potenzialmente spericolato come Potter.
Quest’ultima cosa un po’ lo spaventava. Non voleva che suo figlio si cacciasse in un guaio dietro l’altro per spirito di avventura, non voleva che corresse pericoli, ma d’altronde, aveva ancora un po’ di tempo per instillare in lui un minimo di istinto di conservazione. A Hermione non sarebbe dispiaciuto, ne era convinto.
Uscì fuori dal Pensatoio quando avvertì il rumore di uno degli elfi che appariva nel suo ufficio.
Era l’unica stanza che teneva per sé, - aveva chiesto a Hermione di non cercare di curiosarvi all’interno -, perché temeva che avrebbe potuto trovare lo strumento, in cui vorticavano inarrestabili i ricordi di loro due al sesto anno.
Stava iniziando a elaborare un piano per raccontarle tutto, giusto per avere un piano B nel caso in cui la Pozione si rivelasse fallimentare, ma era difficile restare lucido quando andava a dormire con il suo dolce sapore sulle labbra, il profumo di gelsomino bloccato nelle sue narici e il suo desiderio di lei a bruciarlo dall’interno.
Hermione era diversa rispetto al sesto anno, ma d’altronde, anche lui non era la stessa persona; allo stesso tempo, in qualche modo, erano sempre loro. A volte aveva come l’impressione che lei avesse cominciato a sospettare qualcosa, perché gli poneva domande strane o la sorprendeva a studiarlo di sottecchi, con un’espressione concentrata sul viso, anche se poi finiva sempre per arrendersi. O il modo in cui le sue mani scivolavano sui punti più sensibili del suo collo o del suo busto, come se ricordassero dove gli piaceva essere sfiorato…
«Signore, mi dispiace disturbare, signore», disse l’elfo, a disagio. «Ha una visita, signore.»
Una visita?
A parte Hermione e i Potter, nessuno sapeva dove abitasse. In realtà, lo sapevano anche i suoi genitori, ma Lucius non poteva lasciare il Manor e Narcissa era troppo educata per piombare lì all’improvviso, senza previa comunicazione.
«Di chi si tratta, Tippy?»
«La signorina Parkinson» rivelò con voce tremula la creaturina.
Draco corrugò la fronte. «Credo che di questi tempi il suo cognome sia Weasley.»
«N-non è quello che ha detto lei, padr-signore.»
«Ditele che sono impegnato.»
«La signorina Parkinson vede perfettamente che sei libero, Draco.»
Era da tanto tempo che non sentiva la voce di Pansy; era rimasta civettuola e cantilenante come la ricordava e neanche lei era cambiata molto, né negli atteggiamenti, né fisicamente.
«M-mi dispiace, padr-signore» trillò Tilly. «Non ha voluto aspettare e Tilly non poteva usare la magia contro una strega, signore.»
«Signore?» commentò Pansy ridacchiando. «Un’idea della Sanguemarcio, senza dubbio.»
Draco serrò i pugni. «Non chiamarla così. Sei in casa nostra, porterai rispetto o quella è la porta, Pansy. Non sei la benvenuta a prescindere, ma se pensi che ti permetterò di parlare così di mia moglie…»
La ragazza sbuffò, si richiuse la porta alle spalle, avanzò nella stanza e gettò la sua borsa e il suo mantello sul divano; disse bruscamente agli elfi di lasciarli soli, - e nel vedere il cenno di assenso da parte del biondino i due si Smaterializzarono -, poi si accomodò sulla poltrona davanti a lui.
«Falla finita», esordì scocciata. «Sono qui per parlare di una cosa importante e urgente.»
Il giovane imprecò mentalmente e, decidendo che fosse più saggio farla parlare e mandarla via il più in fretta possibile, si obbligò a trascinarsi sulla poltrona dietro la scrivania.
«Cosa vuoi?»
Pansy ignorò completamente il suo tono tagliente.
«Mi sembra di capire che tu sia al corrente della mia attuale condizione di disagio» iniziò a spiegare. «Non sono stata molto più fortunata di te, per quanto riguarda il match…»
«Io mi reputo più che fortunato, Pansy.»
La giovane sghignazzò. «Certo, per la tua reputazione finire con la Sang-Granger è stata una circostanza fortuita. Ma sappiamo entrambi che, per altri versi, non è così.»
«Granger-Malfoy» la corresse lui, secco.
Lei lo ignorò di nuovo.
«Ho pensato a una soluzione, ovviamente» riprese, «perché non ho la minima intenzione di farmi sfiorare da quel poveraccio di Weasley, ma al contempo non è possibile raggirare la Legge. Per cui, ho trovato l’opzione più conveniente per tutti.»
Il biondino le rivolse un’occhiata annoiata, il volto privo di espressione mentre lei procedeva nei suoi vaneggiamenti.
«Credo che sia importante per te che i tuoi eredi siano consoni al retaggio della tua famiglia», specificò Pansy, «cosa che per ovvie ragioni tua, ehm, moglie, non può garantirti, ma io sì. Sarebbe la situazione ideale per tutti, se… riequilibrassimo le coppie, almeno a porte chiuse.»
La mascella di Draco cadde a terra. «Partendo dal fatto che credi male su parecchi fronti, qui», sibilò incredulo tra i denti, «ho capito bene? Mi stai chiedendo di fare uno scambio di coppie?»
«Esatto. Tu avresti eredi Purosangue e loro…»
«Se pensi che permetterò a qualsiasi altro uomo di sfiorare mia moglie, o che io farei altrettanto con un’altra donna, sei completamente fuori di testa, Pansy», ringhiò lui. «E non voglio degli eredi, voglio dei figli! Non me ne frega niente dello status di sangue, da tanto tempo ormai.»
«Suvvia, Draco» esclamò con aria divertita lei. «Ci siamo solo noi due qui, puoi tranquillamente ammettere di non volere di certo che quella… donna insozzi il tuo albero genealogico contaminandolo con il suo sangue impuro.»
Le nocche delle mani di Draco divennero bianche per la forza con cui serrava i pugni. «Sono un gentiluomo, Pansy. Non costringermi a tirare fuori la bacchetta.»
«Farti tirare fuori la bacchetta è quello per cui sono venuta», commentò Pansy, con un ghigno malizioso.
Il biondino dilatò le narici. «Quella particolare bacchetta è destinata all’esclusivo piacere di mia moglie.»
La ragazza sbuffò. «Beh, non sempre è stato così» constatò con aria scocciata. «Tu eri mio.»
Il viso di Draco si aprì nell’accenno di un ghigno che sembrava un eco proveniente direttamente dal passato. «Non lo sono mai stato.»
Pansy strinse le labbra in una linea sottile. «Puoi almeno prendere in considerazione la mia proposta?» berciò stizzita, pur lasciando trasparire una nota di supplica nella voce. «Non voglio avere dei figli con la Donnola! Se sei preoccupato per la riconoscibilità, al Ministero non importa veramente di chi siano, purché ci siano due pargoli per coppia! Saremmo tutti più contenti se facessimo lo scambio e potremmo sistemare la questione del riconoscimento dopo i cinque anni…»
«Credevo di essere stato chiaro», ringhiò il biondino. «Non sono interessato ad assecondare questa proposta agghiacciante e oltraggiosa! Sei riuscita a rendere peggiore una legge che era già abbastanza ripugnante in partenza. Weasley almeno lo sa che sei qui?»
Pansy grugnì. «Weasley non sa niente» soffiò irritata. «A malapena ci vediamo. Siamo bravi a evitarci. Ma scommetto che preferirebbe entrare nelle mutande della Granger piuttosto che nelle mie.»
Draco scattò in piedi e batté le mani sul tavolo con un tonfo, livido in volto.
La ragazza divenne gravosamente seria, ridusse gli occhi a due fessure e lo studiò con attenzione.
«Merlino e Morgana», sussurrò scioccata, probabilmente riconoscendo immediatamente la gelosia nei suoi occhi. «Tu… tu la vuoi veramente.»
Il biondo si obbligò a recuperare il proprio contegno. «È così dal sesto anno.»
Pansy rise. «Se credi che quest’ammissione possa convincermi che tu sia davvero il padre del moccioso della Granger…»
«Lo sono» ribatté gelidamente lui. «E non chiamare mio figlio così.»
«Stavi con me a scuola, non mi prendi in giro.»
Draco le rivolse un sorriso beffardo. «E ti ho lasciata, se non erro, all’incirca a metà novembre del sesto anno
Pansy sbiancò. «No… non puoi essere serio…»
Lui non rispose, ma continuò a guardarla tronfio. «Non sono mai stato così serio in vita mia.»
«Mi hai lasciata per la Granger?» ripeté, come se quel concetto fosse inammissibile per lei. «Che problemi hai? E che problemi aveva lei? Eri un Mangiamorte, Draco!»
Draco sbuffò dal naso, serrò la mascella, la rabbia che iniziava a prendere il sopravvento dentro di lui. «La tua presenza mi sta tediando, Weasley» chiosò, enfatizzando sul cognome giusto per irritarla. «Credo che tu abbia sprecato già abbastanza del mio prezioso tempo.»
Pansy si rialzò con aria offesa, afferrò il suo mantello e la sua borsa e si diresse verso la porta, ma prima ancora che potesse raggiungerla si udì bussare e l’anta si spalancò, rivelando una Hermione incredibilmente pallida e provata.
La preoccupazione lo assalì immediatamente. Era rincasata prima del solito e aveva un aspetto malaticcio; il biondino si alzò subito e fece per accennare un passo verso di lei, quando il viso della giovane si distorse in un’espressione ferita, poi in uno sguardo glaciale che gli fece congelare il sangue nelle vene.
No, no, no…”
«Non era mia intenzione interrompere», asserì freddamente, la testa alta e la postura rigida. «Volevo solo dirti che sono già tornata.»
Pansy sogghignò, soffermandosi per un momento accanto a lei, prima di lasciare la villa. «Non preoccuparti», le sussurrò con una smorfia allusiva. «Avevamo finito
Draco avvertì un moto di panico misto a collera assalirlo; se Pansy non fosse stata così rapida nel dileguarsi, l’avrebbe sicuramente colpita con la Fattura più dolorosa a cui sarebbe riuscito a pensare.
«Hermione, non è come sembra» iniziò subito, ma lei fece ruotare gli occhi.
«Adesso capisco perché mi hai chiesto di non curiosare nell’ufficio» constatò, ma il tono della sua voce era piuttosto debole e assente, come se stesse parlando con sé stessa e non con lui.
Non era così, dannazione!
Hermione prese a correre per i corrido, sembrava mantenere a fatica l’equilibrio e Draco la seguì a passo svelto. «Hermione, per favore, aspetta!»
Raggiunta la porta della sua stanza, lei si fermò e si voltò finalmente a guardarlo; c’era disgusto e indignazione nel suo sguardo.
«La prossima volta, cerca almeno di essere più discreto al riguardo», gli sputò contro. «Mio figlio dormiva nella stanza accanto!»
Draco deglutì. «Nostro figlio», la corresse. «E non stavo facendo niente. Non è successo niente!»
«Oh, per l’amor del cielo!» ringhiò lei, dandogli nuovamente le spalle e aprendo la porta.
Il biondino non comprese se l’esclamazione si riferisse alla sua puntualizzazione sulla legittimità della sua paternità o al fatto che non credesse a una virgola delle sue rassicurazioni.
«Hermione…»
«No», lo interruppe lei. «Non mi importa se stavi aspettando solo che tornassi a lavorare per poter ricominciare a scopartela, se lo fai sotto questo stesso tetto, se speravi che non lo scoprissi. E non mi importa neanche di saperlo! Ma per amor di Merlino, ti assicuro che se Sirius si accorge di qualcosa, io ti trasfiguro in un pavone e ti spenno, Draco Malfoy!»
«Non è così!» gridò lui, agitato. «Ricordi? L’ho voluta io la postilla sulla fedeltà… e valeva da entrambe le parti!»
«Non provare a prendermi in giro, Malfoy!» ribatté lei. «Volevi solo assicurarti che qualsiasi figlio avessi aspettato un giorno non sarebbe stato di qualcun altro, lo hai detto tu stesso. Non c’era bisogno di farmi credere che volessi costruire una vera famiglia, avremmo potuto trovare un altro compromesso.»
«No, Hermione, ti giuro che stai fraintendendo» provo a giustificarmi, ma lei si limita a scuotere la testa lentamente, il naso arricciato, la bocca distorta in una smorfia di disgusto palesemente rivolta a me.
«Sai, fai persino più schifo di quanto pensassi all’inizio. Sta’ alla larga da me, Malfoy.»
Si sbatté la porta alle spalle con un rumore sordo che riecheggiò attraverso tutte le ossa di Draco, facendole tremare una ad una. Si portò le mani tra i capelli in preda al panico, poi provò a bussare alla sua porta, ma quella restò sigillata.
Bussò con più energia. «Hermione, per favore, fammi spiegare» riprovò a persuaderla, ma niente, la porta restò chiusa.
«Sono preoccupato» aggiunse in un sussurro, «non sembri stare bene. Lasciami entrare...»
Ancora niente. Voleva che gli stesse lontano. Era appena riuscito a portare il loro rapporto su un livello più intimo e in meno di un’ora aveva fatto più passi indietro persino rispetto all’inizio di tutta la faccenda del matrimonio combinato. E aveva ottenuto quel risultato senza fare niente.
Rassegnato, Draco corse verso il suo ufficio e si sfogò gridando e scagliando oggetti sul pavimento. I suoi capelli divennero in breve tempo un disastro totale, laddove li aveva afferrati o tirati per la disperazione.
Avevano appena iniziato ad avvicinarsi… era appena riuscito a riportarla tra le sue braccia… e perché era così provata? Cos’era successo?
Dolore, preoccupazione e ansia si mischiarono insieme, opprimendogli il petto in maniera quasi intollerabile. Si portò le mani sul viso e cominciò a piangere.
 
*

Non aveva più rivisto Hermione quel giorno. Avrebbe voluto parlarle, spiegarle cosa fosse accaduto veramente, farle capire che non avrebbe mai rovinato quello che avevano, che non l’avrebbe mai tradita… ma perché avrebbe dovuto credergli? Lei non aveva la più pallida idea di quanto l’amasse.
Tilly gli aveva detto che la signora era stata a letto per tutto il tempo e che Sirius era rimasto con lei.
Draco sospettava che da quel momento in poi non gli avrebbe più permesso di trascorrere del tempo con il bambino e la sua teoria venne confermata al mattino seguente, quando si era alzato al solito orario e si era diretto nella stanza di Sirius per svegliarlo e l’aveva trovata vuota.
Se lo aspettava, dato che credeva che avesse tradito la sua fiducia, che era già appesa ad un filo fin dal principio. Chiuse gli occhi e sospirò, ricacciando indietro le lacrime e la frustrazione.
Domandò agli elfi se Hermione fosse già uscita e loro confermarono.
«La signora ha portato il piccolo Sirius da Andromeda» squittì Tippy. «È uscita presto, signore.»
Passò la giornata facendo avanti e indietro tra biblioteca e laboratorio. Si era abituato subito ad avere il bambino a cui stare dietro e ora gli sembrava di avere troppo tempo libero a disposizione, cosa che lo stava mandando altamente fuori di testa.
La pozione, però, sembrava più importante che mai in quel momento, solo che ci aveva lavorato per anni e da solo non era mai riuscito a finirne la creazione, anche intensificando le ore dedicate a quella ricerca non gli sembrava di avere molte speranze di successo. Hermione lo avrebbe comunque aiutato a proseguire il lavoro, una volta calmatasi, per via dei suoi genitori, ma sarebbe tornata ad essere lontana, distaccata, fredda. Non poteva sopportare quel tipo di lontananza emotiva e fisica una seconda volta.
I suoi baci gli avevano ridato vigore, poterla stringere tra le braccia sul divano quando si faceva sera gli dava una parvenza di tranquillità e felicità. Gli era mancato troppo sentirla contro il proprio corpo, avvertire il suo sapore sulle labbra.
Quella sera, Hermione rincasò più tardi del solito. Si diresse direttamente nella stanza di Sirius e vi rimase a lungo, probabilmente per accertarsi che il bambino si facesse il bagno e filasse a letto, pensando sicuramente che se avesse tardato abbastanza sarebbe riuscita ad evitarlo completamente.
Ma Draco era proprio lì fuori ad aspettarla. «Possiamo parlare?»
«Non ho niente da dirti.»
«Beh, io sì! Devo spiegarti cos’è successo» le disse a denti stretti, seguendola rapidamente mentre scivolava a marcia spedita lungo i corridoi.
«È tutto abbastanza chiaro.»
La freddezza e il distacco nella sua voce erano come una lama conficcata nella sua carne ogni volta che proferiva parola, la definitività delle sue affermazioni una piccola sentenza.
«No! Non è come sembra!», ripeté ancora lui. «Hermione, non ho fatto niente! Te lo giuro!»
«Non offendere il mio intelletto», ribatté piccata la donna. «Non sono così ingenua.»
La vide mettersi a cercare qualcosa nel salotto, massaggiarsi le tempie. Draco era certo che lo stesse facendo giusto per tenersi occupata, perché aveva capito che non l’avrebbe lasciata scappare anche quella sera, ma al contempo si rifiutava di guardarlo in faccia. La capiva, anche lui non avrebbe voluto vederlo, al posto suo.
«Hermione, per favore, ascoltami» disse per l’ennesima volta, supplichevole. «Lasciami spiegare…»
Lei si voltò verso di lui e sbuffò, dilatando le narici. «Non devi spiegarmi niente», berciò fredda. «Questo non è un vero matrimonio, me lo ricordo benissimo. Non mi importa di chi ti porti a letto, Malfoy, chiedo solo che tu mostri un minimo di decenza quando Sirius è in casa.»
Draco arricciò il naso e sospirò rumorosamente, poi, quando la vide dirigersi verso le scale per risalire al primo piano e andare a richiudersi nella sua stanza, scattò. Chiuse le braccia attorno a lei, facendo aderire la sua schiena contro il proprio petto.
Hermione iniziò a dimenarsi subito, cercando di liberarsi dalla sua presa. «Lasciami andare!»
«No», ribatté lui, irremovibile. «Non prima di aver ascoltato quello che ho da dirti.»
«Ti ho detto che non mi importa!»
Draco deglutì ma la strinse con più forza; posò il mento sulla sua spalla. «Sì che ti importa» sussurrò tra i suoi capelli. «Ti importa più di quanto sei disposta ad ammettere persino a te stessa.»
Qualche istante dopo, Hermione aveva smesso di agitarsi; era sempre rigida, ma stava immobile, con gli occhi chiusi. La vide tirare su col naso e sforzarsi in tutti i modi di non piangere davanti a lui. Draco avvertì il cuore stringersi in una morsa.
«Non sono stato con lei», scandì lentamente. «Non sono stato con nessun’altra donna. Ci sei solo tu, Hermione. Io ti sono fedele.»
Cazzo, ti sono fedele da sette anni…”
 «Non potrei mai… non sono quel tipo d’uomo» continuò ad assicurarle, mormorando piano nel suo orecchio; poteva sentire i capelli di lei contro le proprie labbra, il suo profumo nelle narici. «Non ti tradirei mai.»
Hermione emise un verso di protesta, molto lamentoso. «Lasciami andare…» sussurrò ancora, ma il suo respiro andava regolarizzandosi pian piano e i suoi tentativi di scrollarselo di dosso si stavano facendo sempre più flebili.
Un angolo della bocca di Draco si incurvò; aveva la bacchetta a portata di mano, se avesse voluto allontanarlo, avrebbe potuto almeno provare a tirarla fuori.
Quando finalmente sentì i muscoli di lei arrendersi definitivamente, la voltò per guardarla negli occhi; le prese il viso tra le mani e la fissò intensamente.
«Ci sei solo tu», ripeté, giusto per assicurarsi che le entrasse bene in testa.
Una lacrima sfuggì al suo controllo e lui la catturò posandovi sopra le sue labbra. La strinse forte sé. «Non piangere, per favore. Non è successo niente.»
Hermione serrò le braccia attorno alla sua schiena e affondò il volto nel suo petto.
Il cuore di Draco batteva così forte che era certo potesse sentirlo.
«Mi importa» mormorò con un filo di voce strozzato. «Di tutto.»
Il biondino sorrise, mentre le carezzava i capelli con dolcezza e un ritmo rassicurante. «Lo so, Hermione.»
Lei si rimpicciolì ulteriormente tra le sue braccia; era la prima volta che ammetteva di provare qualsiasi cosa nei suoi confronti.
«Non tradirei mai la tua fiducia. Mai» sussurrò. «E la postilla sulla fedeltà non l’ho voluta veramente per il motivo che ti ho detto quel giorno. L’ho voluta perché senza di essa questo matrimonio non avrebbe mai avuto una chance di diventare vero. Per me è vero, lo è sempre stato, fin dall’inizio.»
Hermione tremava leggermente tra le sue braccia, ma non proferiva parola; tirava su con il naso di tanto in tanto, però non stava più combattendo contro di lui. Andava bene lo stesso.
«Sono sempre stato sincero con te, fin dal primo giorno» aggiunse ancora. «Voglio che questo funzioni.»
Eccetto… eccetto in merito alla questione “Oblivion”, ma quella non era una bugia, era un’omissione.
Non era la stessa cosa in fondo, no?
«Mi credi, Hermione?»
Hermione valutò la risposta da dargli per qualche istante, ma alla fine annuì debolmente e Draco tirò un sospiro di sollievo. Forse aveva risolto il problema, non tutto era ancora perso.
«Ora, se ti calmi, ti posso raccontare perché Pansy è venuta qui» le disse dopo un po’. «Penso che tu e Weasley vorreste entrambi saperlo.»
Questo parve farla ritornare in sé.
Lei restò in silenzio, ma si allontanò leggermente da lui e lo guardò con i suoi occhioni grandi, color cioccolato. Si diresse sul divano e lui la seguì.
Le raccontò dell’accordo che Pansy gli aveva proposto con una mezza smorfia di disgusto sul viso.
Hermione ascoltò senza dire una parola, ma la luce nei suoi occhi tremò per un istante.
«Che… Cosa le hai risposto?» chiese infine, sommessamente.
Le sopracciglia di Draco si inarcarono per un istante. «Ma mi stai ascoltando? Le ho detto no, ovviamente.»
Una punta di panico iniziò a farsi strada dentro di lui. Ingoiò l’amaro in bocca e domandò: «Perché, ti interessava?»
Lei scosse brevemente la testa. «Renderebbe tutto questo persino peggiore. Sono bambini, maledizione!»
Quell’affermazione neutra e oggettiva non era esattamente la risposta che voleva sentirsi dare, ma l’importante era che non gli dicesse che avrebbe preferito Weasley, o che fosse anche solo disposta a prendere in considerazione quell’idea.
Il biondino sospirò. «Lo so.»
«Avresti… se non ci fosse stata quella condizione… avresti… avresti voluto dirle di sì?»
Draco sbuffò. «Certo che sei ottusa quando ti ci metti…»
Hermione si accigliò. «Beh, scusa se ho chiesto.»
«Io non ti ho chiesto se avresti preferito Weasley, no?» ribatté lui, altrettanto accigliato.
«No, ma lo hai pensato» replicò la giovane, praticamente. «E soprattutto, sappiamo entrambi perché è venuta dritta da te.»
«Sono stato io a chiudere la relazione che avevamo a scuola, non mi interessa-»
«Non mi riferivo a quello» lo interruppe lei, distogliendo lo sguardo dal suo.
Draco esalò un respiro profondo. «Hermione, guardami» le disse e solamente quando lei si voltò di nuovo nella sua direzione, proseguì: «Non mi importa niente dello status di sangue.»
Hermione lo studiò per qualche momento, ma non disse niente. Le afferrò un braccio e la tirò a sé, dandole un leggero bacio sulla tempia. «Dimmi che mi credi» sussurrò, chiudendo le mani a coppa sul suo viso, obbligandola a guardarlo negli occhi. «Hermione, dimmelo.»
La giovane deglutì, ma alla fine annuì stancamente.
Il biondino tirò un sospiro di sollievo, poi la abbracciò; una manciata di minuti dopo le chiese: «Possiamo cenare ora?»
«Ho… ho già mangiato», lo informò, «ma se vuoi ti faccio compagnia.»
Draco fece un cenno d’assenso con il capo.
«Mi vuoi dire perché ieri sembravi così debole?» le domandò mentre si dirigevano verso la sala da pranzo. «Ero preoccupato.»
«Oh, ero solo stanca» rispose evasivamente lei.
Draco sollevò un sopracciglio. «Sei una pessima bugiarda, sai?»
Hermione sospirò. «Una volta al mese vado al San Mungo per un trattamento. È sempre lo stesso giorno del mese. Per questo ti ho chiesto di tornare dallo chalet con un paio di giorni in anticipo.»
Il biondino rispose con un breve cenno della testa. «Potter me ne ha parlato.»
«Non spettava a lui farlo», sbuffò lei, seccata.
«Tu non lo avresti fatto.»
«Prima o poi, forse, sì» obiettò Hermione. «Sono comunque affari miei.»
Il giovane alzò gli occhi al cielo. «Me ne vuoi parlare?»
«Non c’è molto da dire», sussurrò lei. «Vado lì, mi sottopongo al trattamento, sperano che funzioni. Secondo loro sta andando meglio.»
«E secondo te, no?»
Hermione fece spallucce. «Mi sembra sempre che il braccio tremi allo stesso modo. Forse mi ci sono abituata troppo.»
Draco deglutì. «Ti fa male?»
«Il braccio?», chiese. «A volte.»
«E il trattamento?»
«A volte», ripeté lei.
«E ieri… ieri stavi male?»
Dal tono della sua voce era palese che si sentisse in colpa per non essere stato al suo fianco; era vero che la ragione alla base della sua assenza era lei che lo aveva sbattuto fuori dalla sua stanza senza farlo parlare, ma il malinteso si era creato perché lui non aveva sbattuto fuori Pansy in primo luogo.
Quella vipera… E che dannata sfortuna, qualsiasi cosa Draco facesse sembrava aver preso la decisione sbagliata!
«Mi rende molto debole e stanca per un paio di giorni», ammise lei. «Un po’ di nausea o mal di testa. Ma niente di insopportabile.»
Draco esitò un attimo prima di parlare ancora. «Un paio di giorni? Oggi sei andata a lavorare.»
Hermione arrossì leggermente e lui capì che si era buttata giù dal letto di proposito solo per evitarlo.
«Sono stata da Andromeda.»
Il biondino le sbarrò la strada sollevando un braccio e le si posizionò di fronte; si leccò il labbro inferiore, con l’aria di chi stava combattendo una lotta interiore per determinare se fosse più conveniente parlare o restare zitto; lei lo guardò con aria interrogativa.
«Lo so che non è facile, ma… Vorrei che tu mi parlassi un po’ di più.»
Hermione dischiuse le labbra, sbigottita. «Ha parlato mister Occlumanzia costante!»
Lui soffocò un grugnito. «Non occludo così tanto con te», le fece notare. «Ci sto… provando, almeno.»
«Ci sto provando anch’io!» ribatté lei. «Solo… non so come fai, ma tu ti comporti come se fosse semplice, quando non lo è! A volte mi sembra quasi che tu sia abituato ad aprirti con me e qualcosa mi dice che tu non ti sia mai aperto con nessuno prima, il che lo rende ancora più confondente.»
Tutti i muscoli di Draco si tesero.
Lui era veramente abituato ad aprirsi con lei. Sebbene all’inizio della loro storia al sesto anno non si lasciassero andare a confidenze eccessivamente intime, per la fine… loro parlavano di qualsiasi cosa liberamente. Visto lo stato delle cose, l’Occlumanzia gli serviva solo a gestire al meglio tutta quella situazione incasinata, non per nasconderle cosa provava.  
«Come ho detto», mormorò lui, cercando di segnare la fine di quel discorso che aveva avventatamente iniziato, «ci sto provando.»
«Anch’io» ammise lei in un sussurro. «Mi serve solo un po’ più di tempo.»
Draco fece un piccolo cenno di assenso con il capo.

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Capitolo 10
*** 10. The Charity Ball ***


The Weight of Us



CAPITOLO 10
The Charity Ball





 






POV HERMIONE
 



Anche se Ron aveva ormai sposato Pansy e lei era ormai più che certa di stare sviluppando dei sentimenti per Draco, pur non capendo bene di che tipo, Hermione continuava a fare ricerche. Era un lavoro sfiancante, ma non poteva abbandonare nessuna delle sue attività.
Lavorava di mattina al Ministero, - Sirius restava a casa con Draco, tranne nei giorni in cui era convocato anche lui e che il piccolo trascorreva da Andromeda -, e poi, quando tornava, di solito all’orario del pisolino pomeridiano di Sirius, raggiungeva il biondino nel laboratorio e si dedicavano alla pozione.
Come aveva fatto nei precedenti mesi, Hermione trascorreva gran parti delle sue notti in biblioteca.
Se all’inizio aveva a disposizione più ore, da quando il suo rapporto con Draco si era evoluto, esse diventavano sempre di meno; i due, infatti, si attardavano sempre più a lungo in salotto insieme, - non che Hermione tenesse conto del tempo che scorreva, al contrario, ne perdeva completamente la cognizione -, i pasti erano divenuti più lunghi e distesi, il tutto alternato a sessioni di pomiciate in qualunque angolo della casa si incontrassero o si trovassero, purché fosse lontano dagli occhi attenti di Sirius.
Così, puntualmente, si ritrovava a vagare per la biblioteca alle due di notte, a leggere fino alle quattro e poi a tornare nella sua camera per dormire un paio d’ore prima di svegliarsi per andare nuovamente al Ministero.
Dopo diverse settimane a quel ritmo, Hermione stava iniziando ad accusarne i colpi; era debole e stanca, pallida e né i trucchi babbani, né quelli magici, riuscivano più a coprire le occhiaie.
Draco aveva iniziato a chiederle se stesse bene già dopo qualche giorno, rivelando un lato apprensivo che Hermione non credeva avesse in sé; nonostante le sue rassicurazioni, però, il biondino diveniva giorno dopo giorno sempre più preoccupato.
«C’è… qualche problema?»
«No, no…»
«Sembri stare male» le aveva fatto notare. «Ti sei pentita di qualcosa? Vuoi che…»
«Non c’entri tu» si era affrettata a rispondere, perché onestamente, non voleva rinunciare alle loro pomiciate. Non aveva detto che se avessero voluto avrebbero potuto anche divertirsi? Hermione non si lasciava avvolgere dal calore di un uomo da quando aveva avuto Sirius e quello prima… beh, neanche lo ricordava.
«Solo un periodo caotico al lavoro. C’è molto da fare…»
Sembrava averle creduto, ma era più attento del solito alle sue esigenze. Aveva persino iniziato a farla dormire un’ora in più, dicendole che era il caso che svegliasse lui Sirius e che lo sistemasse.
Hermione era sorpresa che non avesse menzionato gli elfi, ma Draco le aveva risposto che era suo figlio e che ci avrebbe pensato lui al bambino. Rimaneva sempre spiazzata quando parlava in quel modo, perché le sembrava stranissimo sentirgli dire frasi del genere; parlava come se fosse sempre stato lì, se fosse sempre stato parte delle loro vite, se… se fosse stato veramente suo padre.
Aveva supposto che, a conti fatti, “padre” non indicava solo chi ti metteva al mondo, ma chi ti cresceva prima di tutto e forse il biondino, anche in base alla sua esperienza, tendeva a ragionare secondo quel principio. Forse, lo considerava veramente come se fosse suo e nella sua testa quelle non erano false parole. Dal suo punto di vista, Hermione pensava che fosse solo questione di farci l’abitudine.
E poi una sera, la giovane credette di aver trovato qualcosa. Era un passaggio ingarbugliato su un testo riguardante i matrimoni combinati dei Purosangue, ma dopo ore e ore di decriptazione, non aveva portato a nulla. Rassegnata e scoraggiata, Hermione voleva raggiungere la sua stanza, ma non ne aveva le forze; i suoi occhi non volevano saperne di aprirsi.
Per fortuna Ginny aveva rinviato la cena prevista per quella sera… per fortuna il giorno dopo era domenica… poteva restare a letto…
«Hermione.»
La voce preoccupata di Draco la destò all’improvviso. Non aveva idea di quante volte l’avesse già chiamata o avesse provato a svegliarla. «Mmh?»
«Che accidenti stai facendo?» le chiese in tono confuso e apprensivo al contempo.
«Leggevo», biascicò con la bocca impastata dal sonno.
«Lo vedo», commentò sarcasticamente il biondino. «È per questo che sei così distrutta ultimamente? Trascorri le notti in biblioteca?»
Hermione mugugnò una risposta confusa. «Unico… mento… per farlo…»
«È per via della Pozione?», chiese lui, aiutandola a raddrizzarsi. «Puoi dire a me, posso pensarci io, non devi…»
La frase cadde nel vuoto e il suo viso si pietrificò nel vedere i testi su cui la giovane stava lavorando. Hermione imprecò tra sé. Non voleva che pensasse che il suo strenuo applicarsi per far abolire la Marriage Law e annullare tutti quei matrimoni forzati avesse a che fare con la loro situazione in particolare.
Il modo in cui l’aveva ferita trovarlo con Pansy quel pomeriggio e il sollievo che aveva provato nell’apprendere che non era accaduto nulla tra di loro, le avevano fatto realizzare che c’erano tutte le possibilità che lei si stesse innamorando di lui. Era sicura di tenere al biondino, in qualche misura, ma non poteva comunque permettere che quella storia dei matrimoni forzati andasse avanti.
«Stai… stai ancora cercando una via d’uscita?», domandò Draco, la fronte corrugata e la voce leggermente spezzata.
«Certo che lo sto facendo», rispose lei, tornando improvvisamente lucida, sveglia.
«Ma… io pensavo… insomma, nell’ultimo periodo noi…» farfugliò lui, la fronte corrugata e l’espressione ferita.
«Ci sono ancora altri gruppi che possono essere salvati e Cuore o no, anime gemelle o no, l’associazione di Ron alla Parkinson e quella di Nott a una Nata Babbana, ed io spero che li tengano d’occhio, è una prova sufficiente che quell’Artefatto non tiene conto dei trascorsi storici e di potenziali pregiudizi pericolosi, pertanto la sua interpretazione non è una garanzia!»
Draco la fissò con la bocca dischiusa senza dire niente.
«Cosa?» lo interrogò lei, vedendo che si era rinchiuso in un mutismo selettivo quasi punitivo.
«Credevo che stessimo meglio», ribatté secco lui. «Parli di nuovo di ‘salvataggi’, dubbi sulla legittimità del match e… volevi che il Ministero ti tenesse d’occhio?»
Hermione si chiese se ci fosse una sola cosa in tutto il discorso che non avesse travisato. «No! Non ce n’era bisogno con noi! È Nott quello che ha ancora i pregiudizi, l’anno scorso lo hanno persino visto in un ritrovo per neo-Mangiamorte, solo che non avevamo le prove per arrestarlo e ora è sposato con una Nata Babbana! E sì, parlo di salvare gli altri perché un matrimonio del genere non è mai giusto! Non mi importa a cosa siete abituati voi nobili!» trillò agitata, poi trasse un respiro profondo. «Questo… questo, però, non c’entra niente con noi.»
Lei stava lavorando per Kingsley, aveva appoggiato la sua ricerca, le aveva dato man forte e sostegno, nonché una valanga di nuovi testi da consultare… lui non poteva indagare apertamente o il Wizengamot avrebbe spinto per la sua rimozione dalla carica di Ministro.
Draco sollevò un sopracciglio. «No?»
«No», confermò lei. «Devo intanto riuscire a far revocare la legge, poi a far annullare i matrimoni già tenuti. Chi vuole restare insieme può tranquillamente farlo, risposarsi anche subito. Ma chi non lo desidera, ha il diritto di venire tirato fuori da un matrimonio senza amore.»
«E tu? Cosa faresti?» le chiese immediatamente, stringendo il labbro inferiore tra i denti. I suoi occhi erano indecifrabili in quel momento.
Hermione si immobilizzò e deglutì con forza.
Dannazione, non aveva ancora preso neanche un caffè, non poteva avere questo tipo di conversazione in quel momento!
«Tu… tu cosa vorresti fare?»
La sua voce uscì più incerta e flebile di quanto sperasse.
Draco deglutì. «Io sono stato chiaro con te fin dall’inizio», le disse in tono asciutto. «Sai già cosa farei. La domanda è dove ti collochi tu.»
Hermione sospirò. «Non lo so», ammise debolmente.
Gli occhi di lui tremarono leggermente, il suo naso si arricciò impercettibilmente.
La giovane pensò a Sirius, a come fosse felice in quel periodo, alla premurosità di Draco nei suoi confronti; poi pensò ai piccoli gesti che faceva ogni giorno per lei, al modo in cui la stringeva o la baciava, al fatto che ogni suo tocco la destabilizzava e scatenava in lei forti emozioni travolgenti.
E all’improvviso, la risposta divenne chiara nella sua mente: lei voleva sapere se il Cuore aveva avuto ragione, su di loro, perché c’era qualcosa che le diceva che allontanarsi da lui non era affatto giusto, che non lo voleva veramente, anche se non capiva cosa fosse di preciso. Una specie di istinto, forse, che la spingeva verso di lui, tra le sue braccia, incoraggiato dai desideri del proprio corpo.
«Mi piacerebbe continuare a… conoscerci», mormorò, mordendosi il labbro inferiore, le guance arrossate. «Vedere come va senza l’influenza del Ministero.»
Le dita di Draco sfiorarono le sue mani, che erano entrambe posate sul tavolo mentre si torturava le dita.
«Non… non mi lasceresti e basta?»
Hermione ingoiò saliva e chiamò a sé tutto il suo coraggio per guardarlo negli occhi.
Forse anche lui aveva, inaspettatamente, iniziato ad affezionarsi a lei.
Sperava solo che non lo facesse esclusivamente per Sirius, era il motivo per cui una parte di lei avrebbe preferito aspettare ulteriormente prima di procedere con il riconoscimento… o forse aveva gettato la spugna così in fretta perché, in cuor suo, aveva iniziato a sperare che tra lei e Draco potesse veramente funzionare.
«No», sussurrò in tono fermo. «Non più.»
Il biondino le accennò un mezzo sorriso e fece un cenno di comprensione con il capo; poi si piegò e le diede un bacio sulla tempia, indugiando con le labbra sulla sua pelle per molto più tempo del necessario. Il contatto della sua mano con la sua guancia la fece accalorare.
«Tilly e Tippy hanno preparato la colazione.»
*
Dicembre arrivò senza che se ne rendesse conto.
Aveva passato un’intera domenica a contrattare con Draco sulle decorazioni natalizie con cui addobbare la proprietà ed era uscita vittoriosa dalle negoziazioni, ottenendo più di quanto si aspettasse.
Hermione sospettava che tutto il tempo che il biondino trascorreva con Sirius aveva sortito una certa influenza su di lui, che avesse contribuito a farlo sciogliere un po’, ad ammorbidirlo.
Avevano optato per il multicolore, così da non offendere né lo spirito Grifondoro di lei, né quello Serpeverde di lui. Avevano portato Sirius a Diagon Alley per acquistare il materiale e poi si erano divertiti a posizionarlo in giro per la casa e nel giardino.
Hermione non riusciva a credere che quella era la sua normalità da quasi sei mesi.
Era sposata con Draco Malfoy da quasi sei mesi.
Pomiciava con Draco Malfoy da quasi tre mesi.
Sebbene avessero portato il loro rapporto su un altro livello, non erano ancora andati fino in fondo. Non ne avevano neanche parlato. L’unica conversazione sulla questione che avevano avuto riguardava le pozioni anticoncezionali; le aveva domandato se ne prendesse e, quando lei aveva detto di no, aveva commentato con un fermo: «Bene.»
Le aveva chiesto di rivolgersi a lui se avesse deciso di iniziare ad assumerle, così che gliele preparasse egli stesso, perché non si fidava delle compagnie di produzione di Pozioni per quello. Hermione non aveva indagato oltre sulla questione perché l’imbarazzo l’aveva fatta ammutolire, così si era limitata ad annuire. Magari un giorno avrebbe scoperto il motivo ugualmente.
Non avevano discusso di tempistiche in merito ai loro rapporti intimi, però.
Immaginava che anche Draco fosse titubante sull’argomento, perché fare sesso avrebbe significato consolidare il loro matrimonio, essere veramente sposati.
Annullarlo prima della fine dei cinque anni sarebbe stato praticamente impossibile, dopo.
Ma lei non era più sicura di volerlo fare, né di restare ferma sulla sua posizione iniziale di non rinnovare i voti dopo la scadenza.
E come poteva esserlo, quando vedeva Draco sollevare Sirius per mettere la stella in cima all’albero e il bambino rideva in quel modo spensierato e felice? Quando il biondino alzava lo sguardo su di lei, sorridendo e i suoi occhi grigi sembravano luminosi quanto le lucine che si accendevano e spegnevano sul camino?
Draco aveva un sorriso meraviglioso.
Hermione si chiedeva perché lo nascondesse sempre dietro a un fastidioso ghigno quando andavano a scuola; se fosse stato un po’ meno stronzo, ne era certa, sarebbe stato molto popolare tra le ragazze nel castello, come Cedric ai suoi tempi, e non avrebbe avuto niente a che fare con il suo lignaggio.
Draco Malfoy era attraente; non c’era una singola parte di lui che non desse il suo contributo significativo all’insieme. Era alto, slanciato, aveva un’aura di mistero che aleggiava attorno a lui, la sua eleganza era quasi disarmante, il colore dei suoi occhi peculiare e magnetico, i suoi capelli praticamente perfetti.
E le sue mani… Hermione impazziva per le sue mani. Cercava sempre di non soffermarsi su di esse, perché dal guardarle all’immaginarle su di lei era un attimo.
A volte si sorprendeva ancora del modo dolce con cui la sfiorava o la toccava, dai gesti che le riserbava, dalle premure che mostrava nei suoi confronti… e dal totale rispetto dei suoi tempi e dei suoi spazi.
«Ehi, non vieni?»
Hermione si riscosse dalle sue fantasticherie e arrossì. Afferrò due bicchieri di vino e lo raggiunse; gliene porse uno e tenne l’altro per sé.
Avevano avviato quella tradizione senza premeditarlo in alcun modo.
Ogni venerdì, sedevano su una pila di cuscini e guardavano un film insieme a Sirius.
Il bambino adorava quelle serate, allora, per il periodo di Natale, avevano deciso di farlo ogni sera.
Era vacanza, dopotutto.
Draco si distendeva, poggiando la schiena contro il divano, Hermione si rannicchiava contro di lui e Sirius si accoccolava tra di loro.
Sembravano veramente una famiglia.
Forse, Hermione era arrivata a considerarla in quanto tale, alla fine.
Alzò lo sguardo per guardarlo e lo trovò a osservarla con quell’aria inspiegabilmente malinconica che scorgeva nei suoi occhi di tanto in tanto.
«Tutto bene?», gli domandò dolcemente, gettando una rapida occhiata a Sirius che ora dormiva con la testa posata sul suo grembo.
Draco annuì brevemente.
Le lasciò un bacio casto sulle labbra, poi si schiarì la gola. «Mentre parlavi con Weasley dal camino è arrivata una lettera dal Ministero» le disse. «L’ho aperta, visto che era indirizzata a entrambi. È l’invito per il ballo di beneficienza.»
«Quando sarà?»
«Il 26.»
Hermione riaffondò il viso nel suo petto. «Va bene.»
«Chiedono la conferma di partecipazione.»
«Non vuoi andarci?», gli domandò incerta.
«Volevo sapere prima cosa preferissi fare tu», replicò lui, con voce calda. «Se… te la senti.»
Hermione era così abituata a sentirvi la freddezza che ogni volta reprimeva a stento i brividi quando lo sentiva parlare in quel modo. In sei mesi, non si era ancora abituata a quelle differenze abissali tra il Draco che si trovava accanto e quello che ricordava da Hogwarts.
Corrugò leggermente la fronte e tornò a guardarlo. «Perché non dovrei sentirmela?»
Draco deglutì. «Insomma, sarebbe la nostra… prima uscita pubblica ufficiale.»
«Ti mette a disagio?» chiese lei, titubante.
«No, no, assolutamente. No», rispose il biondino, agitandosi leggermente. «Volevo assicurarmi che fossi pronta a compiere questo passo.»
Hermione annuì. «Dobbiamo capire se portare anche Sirius o meno.»
Il biondino si morse il labbro inferiore. «Non lo so. Ci saranno sguardi e sussurri per tutto il tempo…»
La giovane si raddrizzò, mettendosi a sedere in maniera più composta e facendo attenzione a non svegliare il bambino nel mentre. «Credi che sarebbe meglio evitare?»
Draco la guardò sorpreso. «Mi stai… stai chiedendo la mia opinione? In merito a una decisione che riguarda Sirius?»
Gli sorrise dolcemente. «Beh, sei suo padre… no?»
Vide immediatamente la commozione nel suo sguardo; era la prima volta che lo riconosceva veramente in quanto tale. La afferrò per la nuca e la baciò con vigore, poi posò la fronte contro la sua e tirò su col naso.
«Io per quest’anno lo lascerei da Andromeda, ma se anche lei andrà al ballo, lo porteremo con noi.»
Hermione annuì. «Con Teddy insieme a lui non ci farà neanche caso alle reazioni della gente indiscreta.»
«E se si presenta con i capelli come ai miei, essendo la sua prima uscita pubblica, magari…»
«Magari la gente smetterà di dubitare», terminò lei al suo posto.
Draco annuì. «Per cosa stava sbraitando Weasley, comunque?»
La giovane grugnì. «È arrabbiato con me perché ho presentato al Ministero una mozione per far bandire completamente i filtri d’amore e i Tiri Vispi Weasley ne vendono molti.»
«Non è stato carino da parte tua colpire i loro incassi.»
«Sei mai stato sotto l’effetto di un filtro d’amore?»
Lui fece una smorfia di assenso che le fece sollevare un sopracciglio, ma non indagò.
«Beh, anche Ron», sbuffò Hermione. «E non avrei neanche dovuto spiegargli perché l’ho fatto. C’è un problema di consenso alla base, con quella roba.»
«Ehi, non ti scaldare!» esclamò Draco. «Io sono d’accordo con te!»
«Sì?» fece lei, sorridendo genuinamente.
«Pansy ha cercato di rifilarmene uno subito dopo averla lasciata al sesto anno», raccontò lui, arricciando il naso. «Non è stato bello. Ed è stato ancor meno bello svegliarsi con la faccia ghignante di Piton davanti.»
Hermione scoppiò a ridere. «Avrei dato qualsiasi cosa per vederlo!»
Il biondino si morse il labbro per qualche istante, poi scosse la testa e rise nervosamente; lei non comprese quel gesto. Lo guardò rimettersi in piedi e prendere con cautela il bambino tra le braccia. «Lo porto a letto, prima che lo svegli con la tua risata incontenibile.»
La ragazza cacciò la lingua, poi tornò seria. «Torni qui, dopo?»
«Sì», rispose lui, dolcemente.
«Ti aspetto, allora.»
*
Vivere così vicino al mare era un po’ scomodo durante i mesi invernali, Hermione non ci aveva pensato all’inizio, ma d’altronde non uscivano molto in quel periodo dell’anno e la villa era magicamente riscaldata, per cui non era veramente un problema.
Draco aveva fatto in modo che potessero smaterializzarsi direttamente davanti al cancello, in modo da non dover attraversare la spiaggia coperta di neve quando rincasavano.
«Lo zio Harry ha un Ungaro Spinato tatuato sul petto?» chiese Sirius, mentre cercava goffamente di liberarsi della sua cravatta. «L’ho sentito dire a quelle due streghe identiche…»
«Sono gemelle, Sirius» lo informò la madre. «E no, lo sai benissimo che non è vero.»
«Beh, ho pensato che fosse nascosto per non farmelo vedere» commentò lui. «Dicevano che glielo aveva detto zia Ginny. Io, comunque, ho detto loro che adesso è un drago a tre teste che sputano fuoco.»
«Merlino!» esclamò Hermione, con le lacrime agli occhi. Persino Draco stava ridendo.
«Perché? Credo sia più figo» considerò ancora. «Non trovi?»
«Penso che tu sia veramente fortunato che zio Harry ti adori così tanto» ribatté lei, ridacchiando e scompigliandole i capelli, quella sera argentei. 
«E zio Ron ha veramente una puffola pigmea sul-»
«No!», lo interruppe Hermione. «Zia Ginny se lo era inventata per fargli un dispetto.»
«Adoro la zia Ginny» sghignazzò Sirius, in una risata così uguale a quella di Draco che la visione nel suo insieme la destabilizzò e non poco.
Strinse il labbro tra i denti. Era normale, in fondo, no? Trascorrevano molto tempo insieme, non c’era da sorprendersi così tanto.
Il biondino le teneva una mano stretta in vita mentre percorrevano il viale nel giardino che conduceva alla porta d’ingresso della villa.
Era stata una serata stancante.
A Hermione venivano ancora i brividi al ricordo dello sguardo che il giovane le aveva lanciato quando l’aveva vista scendere le scale con quell’abito nero, il modo in cui i suoi occhi, insolitamente scuri, erano scivolati sulla sua figura, sulla sua schiena nuda, sul suo collo esposto. Il modo con cui la teneva stretta a sé mentre ballavano, il suo mezzo sorriso, la luce nei suoi occhi in ogni piccolo gesto che l’avrebbe fatta riconoscere dal mondo in quanto sua moglie
«Ora posso smettere di comportarmi in modo stupido vero?» chiese ancora il bambino, sbuffando.
«Modo stupido?» gli fece eco Draco, perplesso.
«Sì, tutte quelle regole» chiarì lui, con aria annoiata. «Spalle alte, mento all’insù, postura dritta…»
Il biondino si accigliò. «Ehi, pensi che io sia stupido?»
Hermione soffocò una risata e gli tirò una leggera gomitata. «Non prenderla sul personale, è un bambino!»
«Non ho detto questo, ma la zia Andromeda ci teneva così tanto a insegnare a me e a Teddy il portamento da tenere in queste occasioni e ci ha dato lezioni per mesi» raccontò il piccolo, con aria annoiata. «Secondo lei, la ringrazieremo quando saremo grandi perché l’eleganza attrae le ragazze.»
«Io sono d’accordo con zia Andromeda» affermò Draco, in tono risoluto. «È così che ho conquistato la mamma, sai?»
Hermione scosse il capo, ridendo divertita. Non era esattamente vero, ma neanche troppo sbagliato.
Sirius fece spallucce. «Sarà, ma noi avremmo preferito usare quel tempo per giocare» ribadì il piccolo, poi si voltò a guardare la madre e lasciò andare un grosso sbadiglio.
«Va bene», sbuffò Draco, visibilmente ancora incerto se lasciar perdere la questione o approfondire l’argomento avvalorando la sua tesi, poi se lo caricò in spalla e si avviò su per le scale.
Hermione si sfilò mantello e coprispalle e si fermò in cucina per bere un bicchiere d’acqua.
All’improvviso, sentì le mani di Draco posarsi sulle sue spalle e premere sui suoi muscoli stanchi.
«Sirius è già crollato» la informò. «Tu? Sei stanca?» le chiese poi, con voce bassa.
La giovane annuì brevemente. «Questi eventi mi portano via più energia di quanto mi piaccia ammettere», disse.
Un angolo delle labbra di lui si sollevò leggermente. «Essere al centro dell’attenzione ti stanca?»
«Di cosa stai parlando?» commentò lei, ridacchiando divertita.
«Tu proprio non te ne rendi conto, vero?» sussurrò al suo orecchio. «Sei fottutamente bella.»
Hermione arrossì violentemente. «Sono convinta che tu stia esagerando.»
Draco ridusse le distanze tra di loro, facendo aderire la schiena di lei al suo petto.
«No, non sto esagerando», dichiarò convinto. «Avevi gli occhi di tutti addosso e se non fossi stata stretta a me per tutta la sera, ne avrei odiato ogni momento.»
La giovane deglutì sentendo quelle parole, la sua voce roca le mandava scariche lungo tutta la schiena; quando le dita del biondino si spostarono a massaggiarle il collo, Hermione esalò un gemito di piacere misto ad approvazione.
Sentì il respiro di Draco farsi più pesante dietro di lei, poi le labbra di lui posarsi sulla sua pelle, tracciare la linea dalla spalla alla base del suo orecchio, lasciando una scia di piccoli baci al loro passaggio.
«Draco…» lo chiamò con voce soffocata. «Che stai facendo?»
Hermione si sentiva instabile, come se da un momento all’altro avrebbe potuto perdere la testa o sciogliersi sul pavimento.
Lo avvertì deglutire, poi una folata di respiro caldo, dritta sul suo collo, la fece rabbrividire.
«Ti voglio.»
Il calore scoppiò dentro di lei non appena quelle due parole uscirono dalle labbra del biondino.
Trattenne il respiro e non si rese conto di quanto tempo dopo tornò ad espirare e inspirare di nuovo, per riempire d’aria i suoi polmoni.
«Hai bevuto molto questa sera…» si sforzò di far uscire le parole, ma una parte di lei pregava già che lui la contradicesse.
Draco si abbandonò a una breve risata gutturale. «Credi che debba essere ubriaco per desiderarti, Hermione?»
Le sue mani percorrevano le linee del suo profilo, facendola quasi tremare, offuscandole la mente.
«Non sono ubriaco.»
La voltò lentamente verso di sé e quando i suoi occhi incontrarono quelli argentei di lui, Hermione li trovò scuriti dal desiderio.
«Se non sei pronta dillo tranquillamente, ma non rigirare la cosa su di me, come se non fosse evidente che muoio dalla voglia di farti mia.»
Hermione deglutì forte. «Tu… lo vuoi?»
Il biondino sbuffò una risata, prese a tracciarle le labbra con il pollice, lentamente; la guardò negli occhi con una tale intensità che le gambe di Hermione divennero gelatina e il suo stomaco fece una capriola. «Voglio», le assicurò lui e il suo tono era definitivo, roco, bramoso.
La mano di lei scivolò lungo il suo petto, poi Hermione si alzò sulle punte per baciarlo con trasporto. «Anch’io» sussurrò contro la sua bocca e due secondi dopo era seduta sul tavolo da pranzo, con il vestito sollevato e Draco posizionato tra le sue gambe.
Le sfilò i lunghi guanti neri dalle mani e si portò la sua mano sinistra sulle labbra, forse leggendo il suo disagio in seguito a quel gesto, poi li lasciò cadere sul pavimento.
Hermione rabbrividiva ogni volta che la sua lingua sfiorava la sua pelle a intermittenza; non le importava più che stesse vedendo quelle orribili lettere incise sul suo avambraccio, era come se passandoci sopra con le sue labbra, le stesse cancellando dalla sua mente. Richiuse le gambe attorno al suo bacino e affondò le dita tra i suoi capelli morbidi, cercando di spingersi abbastanza in su col busto da raggiungere di nuovo le sue labbra.
«Andiamo di sopra», mugugnò tra un bacio e l’altro e un battito di ciglia dopo erano nella stanza di lui, la stava adagiando sul letto con premura.
«Draco, io…»
«Ci hai ripensato?» le domandò preoccupato. «Mi fermo se non ne sei sicura…»
«No, no» fece lei, con voce tremula. «È solo che… io non ricordo nessuna delle mie esperienze passate e…»
Il biondino le sorrise dolcemente. «Ci penso io a te, va bene?» le chiese, chinandosi nuovamente su di lei. «Fidati di me, Hermione.»
*
Il mondo era ancora un’esplosione di colori quando Draco affondò il viso nella sua spalla e i suoi movimenti si fecero più rapidi e decisi. Sentì il suo affanno e i suoi respiri corti, il suo petto tremare contro il proprio, le sue mani stringerla e le sue labbra cercare la sua pelle.
Ansimò per qualche secondo contro il suo orecchio, poi si sollevò leggermente, - Hermione riuscì a vedere il suo sforzo fisico nel farlo, anche se la sua vista era leggermente sfocata in quel momento e l’eco dei battiti fuori controllo del suo cuore rimbombava in tutto il suo essere, - le prese il volto tra le mani, la baciò e disse, risoluto, con voce roca e disperata: «Io ti amo.»
Gli occhi di Hermione si allargarono sentendo quelle parole inaspettate e il suo cuore prese a battere ancora più velocemente, al punto che si chiese se non sarebbe venuto fuori dalla sua gabbia toracica da un momento all’altro.
Il tempo parve fermarsi attorno a lei.
Draco la baciò di nuovo, poi scivolò fuori da lei e si lasciò cadere di lato, trascinandosela con sé, portandosi il suo capo sul proprio petto.
Hermione constatò che anche il suo cuore batteva con prepotenza, sentendolo contro l’orecchio.
Si strinse un po’ di più a lui, sentendosi come se fosse fatta di gelatina, e, quando il suo respiro si fu calmato leggermente, alzò lo sguardo sul suo viso e provò a parlare. «Draco, io…»
Lui abbassò il mento per guardarla negli occhi e scosse leggermente il capo. «Ssh», le sussurrò, poggiando un dito sulle sue labbra. «Non dire niente.»
Le accarezzò dolcemente la guancia, si passò la lingua tra le labbra. «Volevo solo che sapessi che sono innamorato di te.»
*
C’era qualcosa di profondamente giusto nel fare l’amore con Draco, Hermione lo aveva notato la terza notte che erano stati insieme.
I loro corpi si incastravano alla perfezione, i loro ritmi si combinavano e si incontravano nel mezzo, facendo impazzire entrambi; o almeno, così le sembrava di capire dai gemiti strozzati che lui si lasciava sfuggire.
Anche se non ricordava nulla delle sue uniche esperienze passate, del ragazzo con cui aveva condiviso le sue prime volte, sembrava che il suo corpo rammentasse piuttosto bene cosa fare; l’imbarazzo della prima volta non si era ripresentato in quelle a seguire. Avere le sue mani su di sé, le sembrava giusto, perfetto.
Hermione non riusciva a spiegarselo con esattezza, immaginava semplicemente che in quei mesi avessero raggiunto un livello di intimità tale da rendere il tutto poco imbarazzante.
I bagni in piscina, le serate trascorse a baciarsi e toccarsi attraverso i vestiti, quelle in cui si erano lasciati andare un po’ di più… forse avevano fatto le cose per bene. Forse si erano avvicinati l’uno all’altra con i giusti tempi, lentamente e senza forzare e sforzare dei passi avanti, che quando era arrivato il momento di fare l’ultimo passo, erano inevitabilmente pronti entrambi.
Draco era destabilizzante; sin dalla loro prima volta, sembrava sapere perfettamente dove volesse essere toccata, cosa le piacesse, come strapparle i gemiti più sonori, quali fossero i punti del suo corpo dov’era più sensibile… il modo in cui le piaceva essere amata in generale. Sembrava sapere persino che la eccitava sentirgli sussurrare cose contro il suo orecchio, di tanto in tanto, e la tonalità di voce che l’accendeva di più, le posizioni che le davano più piacere.
La cosa le fece sospettare che avesse molta esperienza in merito e quella consapevolezza le diede un vago fastidio alla bocca dello stomaco e al petto. Forse, era consapevole di tutte quelle cose perché, semplicemente, era così per tutte le donne, o gran parte di esse, e, magari, in quei cinque anni dopo Hogwarts, ne aveva avute tante nel suo letto.
La domanda la stava tormentando da ormai una settimana, tanto che era divenuta quasi un’ossessione, per cui alla fine, dopo un mese di congetture, glielo aveva chiesto.
«Draco, posso farti una domanda personale?»
Lui rise, un suono basso e gutturale. «Sei mia moglie», le rammentò, leccandosi il labbro lentamente. «A tutti gli effetti, ora. Dovresti riuscire a porgermene una senza sentire la necessità di chiedermi il permesso.»
Hermione iniziò a mordicchiarsi l’interno della guancia, dubbiosa, così lui aggiunse un giocoso «Non mordo, promesso», ammiccò nella sua direzione, poi concluse: «Almeno, non in questo contesto.»
Lei arrossì leggermente, prendendo a torturarsi le dita nascoste sotto le lenzuola.
«Con quante donne sei stato?»
Sputò fuori il quesito tutto d’un fiato, in un fruscio nervoso di suoni incerti. Lui la osservò con evidente curiosità per qualche secondo, poi, guardandola intensamente negli occhi, rispose: «Soltanto una.»
Hermione deglutì; non era sicura di cosa significasse.
Solo lei?
Solo un’altra, oltre a lei?
La storia provava che fosse troppo esperto per essere alle prime armi, per cui dedusse che l’opzione corretta fosse la seconda e sebbene fosse curiosa di scoprire l’identità della donna che lo aveva avuto prima di lei, non fece domande in merito, si limitò ad annuire e abbozzare un leggero sorriso. Forse temeva il confronto o forse non voleva sentire il nome di Pansy Parkinson scivolare via dalle sue labbra mentre erano a letto, nudi e sudati, ancora avvinghiati l’uno all’altro in modo forse leggermente innaturale.
Il suo respiro divenne accelerato all’improvviso e il cuore prese a pulsarle violentemente, mentre alcune parole, incastrate nella sua gola, premevano per venir fuori; le sue dita tremavano, per cui teneva le sue mani saldamente bloccate l’una nell’altra.
Erano parole che gli doveva, in qualche modo, parole che esprimevano un sentimento che forse lui aveva già compreso da solo, per cui non aveva senso trattenerle oltre.
«Draco», mormorò dopo una lunga pausa di silenzio. «Io credo…» esitò un istante, trasse un respiro profondo per farsi coraggio. «Io mi sto innamorando di te.»






__________
n.d.a.
Salve!
Innanzitutto volevo ringraziare chi di voi mi ha lasciato una recensione, per me è molto importante ricevere il parere di chi legge le mie storie!
Secondo, volevo avvisarvi che durante il periodo natalizio, potrei saltare degli aggiornamenti per questa storia, perciò ho deciso di cambiare il programma. Aggiornerò The Weight of Us il giovedì, mentre la short story natalizia verrà aggiornata il martedì e il sabato. Salazar's Code resta invariata. Purtroppo non sono riuscita a sistemare anche The Weight of Us prima del mio periodo incasinato e sono costretta a ridurre a un aggiornamento settimanale, soprattutto visto che i capitoli di questa storia sono molto lunghi. Vi ringrazio per la comprensione e spero di cuore che la storia stia continuando a piacervi. Fatemelo sapere nelle recensioni se vi va :)
A presto!

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Capitolo 11
*** 11. The Weight of Us ***


The Weight of Us



CAPITOLO 11
The Weight of Us





 






POV HERMIONE
 


La lettera arrivò all’improvviso, una notte di inizio marzo, circa una settimana dopo che Hermione scoprì di aspettare un bambino.
Aveva il sigillo dei Malfoy ed era indirizzata a “Draco e Signorina Granger”.
Come se Hermione non fosse affatto sposata e soprattutto non con Draco. Le faceva strano provare un leggero fastidio al riguardo, dopo mesi in cui lei stessa aveva faticato ad accettare di essere veramente sua moglie.
Draco, leggendola, aveva ringhiato infastidito dall’intero insieme della missiva ed era stato di malumore sin da allora.
Questo era accaduto una settimana prima.
Hermione era stata affaccendata con gli ultimi disperati tentativi di far abolire la Legge sui Matrimoni e la preparazione dei documenti da presentare al lavoro per informare il Ministero circa la sua condizione; infatti, la Legge per la Ripopolazione prevedeva che avesse l’orario di lavoro dimezzato per tutta la durata della gravidanza e che andasse in maternità al settimo mese, cosa che lei trovava eccessiva, considerando che durante la sua ultima esperienza in merito aveva combattuto una maledetta guerra e ora lavorava dietro una scrivania.
Draco era diventato sempre più apprensivo nei suoi confronti e si lamentava continuamente della mole di lavoro di cui si faceva carico, fino al punto da arrivare a proibirle l’accesso al laboratorio nel seminterrato della villa; lei non l’aveva presa bene, perché erano così vicini alla soluzione, all’ultimazione della pozione UnObliviate, che le pesava enormemente essere estromessa a quel punto della ricerca.
«Fammi almeno dare una sbirciatina!»
Il biondino sbuffò e si voltò di lato a guardarla. Le sorrise. «Sei bellissima.»
Hermione fece ruotare gli occhi. «Le lusinghe non mi faranno smettere di tormentarti.»
«Sei il mio tormento da una vita, Hermione» ribatté lui. «Ci sono abituato.»
La giovane assottigliò gli occhi. «Stai tirando troppo la corda, Draco Malfoy.»
Il biondino grugnì. «Vuoi smetterla di chiamarmi nome e cognome? Mi sembra sempre di aver fatto qualcosa di male, quando lo fai.»
«Beh, hai fatto qualcosa di male, in effetti» considerò lei. «Mi hai estromessa dalla ricerca e non mi permetti neanche di-»
«Domani, va bene? Se riposerai questa notte. Ero già contrario prima al modo in cui ti drenavi di energie, ma ora…»
Le sue mani scivolarono attorno alla sua vita, facendola rabbrividire, e la attirò a sé con gentilezza.
«…Ora ho un motivo in più per preoccuparmi.»
«Sto bene», sussurrò lei, sorridendo. «Da domani sarò al Ministero solo di mattina, quindi avremo tutto il pomeriggio per lavorare insieme alla pozione.»
«D’accordo», concesse lui, chinandosi su di lei per baciarla. «Signora Malfoy
La stanza padronale aveva ormai ripreso il suo ruolo principale: ospitare il signore e la signora Malfoy.
Avevano iniziato a dormire insieme dalla notte del ballo, quando lei, riluttante, aveva accennato a tornarsene nella sua stanza, pensando che Draco lo avrebbe preferito anche se le aveva confessato di amarla, e lui le aveva chiesto di restare; glielo aveva chiesto ogni notte, anche se lei non aveva più manifestato l’intenzione di andarsene… aveva smesso di farlo solo dopo che, una sera, aveva accettato di dormire con lui anche se erano troppo stanchi per fare l’amore.
Hermione mugugnò qualcosa contro le sue labbra.
«Non ho sentito», commentò lui, fingendo indifferenza.
Lei sbuffò, certa che, invece, avesse sentito perfettamente. «Ho detto che te la sei proprio legata al dito quella cosa che ho detto mesi fa.»
«E ora ti rinfaccerò la mia vittoria per il resto delle nostre vite» ribatté lui, ghignando soddisfatto.
«“Sulla carta potremmo anche risultare sposati, ma io non sarò mai la Signora Malfoy”» la citò, imitandola.
La giovane fece ruotare gli occhi. «Non sapevo quanto sarebbe stato bello il sesso, allora.»
Draco finse di accigliarsi. «Bello?» soffiò indignato. «Mi sembra alquanto riduttivo.»
Hermione rise. «Hai risposto ai tuoi genitori?», gli domandò, tornando seria e troncando il loro scambio giocoso.
«Credevo che stessimo andando a dormire», cercò di deviare il discorso lui, ma Hermione sollevò un sopracciglio e quello dovette essere sufficiente per fargli comprendere che non avrebbe avuto successo quella sera.
«No», disse lui, sbuffando. «Non voglio andarci.»
«Draco…»
«È scritta al plurale e firmata anche da Lucius», ripeté per l’ennesima volta. «Non mi fido.»
«Cosa… cos’è che è successo tra di voi esattamente?» domandò esitante Hermione.
Draco si irrigidì. «Credevo fosse ovvio…»
«Sì, ma… è come se ci fosse dell’altro…»
«Dormi, Hermione» sospirò lui. «Se domani devo aggiornarti con gli ultimi progressi della pozione, sarà meglio che tu riposi.»
*
Hermione aveva una sensazione molto strana in merito a quell’invito a cena da parte dei coniugi Malfoy.
C’era qualcosa nel tempismo e nei toni della lettera che la lasciavano perplessa, però, al contempo, non era sicura che fosse una buona idea ignorarla.
Draco sembrava certo che Narcissa non avesse cattive intenzioni, ma non si fidava di suo padre. Hermione aveva provato a indagare, ma il biondino sviava sempre l’argomento o le dava risposte evasive ogni volta che gli poneva domande in merito all’uomo.
«Ne hanno mandata un’altra», gli disse, facendo scivolare la missiva verso di lui.
Questa volta si erano superati, perché era stata indirizzata a “Draco e Signora”.
Draco grugnì. «Insistono per la cena.»
«Dovresti prenderla in considerazione, ho come l’impressione che non smetteranno finché non avranno una risposta» rifletté lei. «Una risposta affermativa
Il biondino serrò le labbra. «Credi che Andromeda potrebbe occuparsi di Sirius sabato sera?»
Hermione avvertì una punta di panico farsi strada dentro di sé. C’era una parte di lei che sperava che Draco non cedesse a quel ricatto indiretto, che non assecondasse la sua idea di accettare quell’invito. Tornare al Manor… Hermione non riusciva a pensare a niente che l’atterrisse più di quello.
«Anzi, non importa», rettificò lui. «Perché ci andrò da solo.»
«Da solo?» gli fece eco Hermione. «L’invito è indirizzato a entrambi. Lo prenderanno come un-»
«Non devi preoccuparti di questo. Non gli devi alcun rispetto», la interruppe il giovane. «E io non voglio rivederti…
La sua voce suonava definitiva.
«E se volesse… non so, risolvere le cose?»
«Non c’è alcun modo in cui possa farsi perdonare da me», asserì duramente lui. «Non accadrà mai. E pur volendo, non ne ha l’intenzione. Ha di sicuro qualcosa di nefasto in mente.»
«Non è che possa fare molto», considerò lei. «È senza bacchetta…»
Draco si passò una mano tra i capelli. «Non lo so, My
Quel maledetto soprannome l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi.
Per quanto si sforzasse di farsi un’idea in merito, Hermione non riusciva a capire se le piacesse o meno.
«Lasceremo Sirius da Andromeda o da Harry», propose lei. «Promettimi solo… resta sempre accanto a me, va bene?»
Il biondino deglutì e la strinse a sé. «Non ti perderei di vista neanche per un millisecondo, Hermione, non in quel posto.»
«Bene, allora è deciso.»
«My…» mormorò stancamente lui.
«Siamo marito e moglie, lo ripeti fin dall’inizio» sussurrò lei. «Combattiamo insieme, no?»
Draco deglutì; fece scorrere le dita sul ventre di lei, assorto nei suoi pensieri, come se ci stesse riflettendo sopra, ma alla fine scosse forte la testa. «Tu non vieni.»
*
«Che cosa volevano?» gli domandò quando tornò a casa quel sabato sera, ma lui liquidò la faccenda con un gesto della mano. Era visibilmente irritato, se non arrabbiato, ed era tornato prima del previsto. Forse era rimasto sulla spiaggia per un po’ per cercare di sbollire, perché le sue guance erano leggermente rosee, come se fossero state a lungo sferzate dal vento.
«Se non fosse che necessitavo di recuperare un manuale dal Manor, sarebbe stato solo tempo sprecato» borbottò quel breve appunto e si diresse nel laboratorio senza aggiungere altro.
Hermione lo raggiunse poco dopo. «Io non ho ancora mangiato», mormorò rimanendo incerta sulla porta. «Ero troppo nervosa. E dal tuo rientro anticipato suppongo che tu non ti sia fermato a cena dai tuoi genitori. Vuoi unirti a me?»
Lui la guardò per qualche istante come se non la vedesse veramente, poi annuì distrattamente. «Arrivo.»
Tornò a concentrarsi sul volume aperto davanti a lui.
Aveva un’aria vagamente familiare, cosa che attirò immediatamente l’attenzione di Hermione.
Si avvicinò per guardarlo meglio e si congelò sul posto.
«Quello è il libro del Principe Mezzosangue», disse con un fremito.
Draco si voltò a guardarla, corrugando la fronte. «Come fai a saperlo?»
«Perché non è la prima volta che lo vedo», rispose lei in tono asciutto. «Come fai ad averlo?»
«L’ho trovato nella Stanza delle Necessità poco dopo l’inizio del settimo anno», le spiegò. «Mi è stato dannatamente utile per i M.A.G.O.»
Hermione grugnì, il che lo rese sospettoso. «C’è qualcosa che non approvi?»
Ormai la conosceva troppo bene.
«Il libro in generale», sputò lei, accigliata. «C’è un motivo se Harry lo ha abbandonato nella Stanza delle Necessità, ti pare?»
Afferrò il libro e cercò la pagina che più la irritava. Il suo dito si posò aggressivamente su una Maledizione scarabocchiata: Sectumsempra (contro i nemici).
Draco la seguì con lo sguardo e deglutì nel leggere l’Incantesimo, probabilmente cercando di respingere dolorosi ricordi che minacciavano di affluire.
Ci era quasi morto per quello, al sesto anno.
«Sarebbe stato quasi ironico, morire per mano di Potter, dopo aver cercato di sopravvivere a Tu-Sai-Chi per mesi.»
Hermione non rispose, si limitò a guardarlo con un cipiglio severo.
«Sei maledettamente simile alla McGranitt quando fai così, te l’ha mai detto nessuno?»
«Continuamente», sbuffò lei. «Ron diceva che sarei finita a insegnare Trasfigurazione a Hogwarts e che non mi sarei mai sposata.»
«Beh, Weasley non è mai stato molto perspicace.»
La giovane non proferì parola, così lui ci riprovò. «Potter aveva il libro del Principe?»
«Come pensi abbia superato entrambi a Pozioni, il sesto anno?» sbuffò lei e il fastidio nella sua voce doveva essere così evidente che lo vide soffocare a stento un ghigno e una battuta indisponente.
Hermione alzò gli occhi al cielo, poi lo afferrò per un braccio e lo costrinse a voltarsi per guardarlo negli occhi. «Liberatene.»
Draco si accigliò. «Non posso», le disse, agitato. «Mi serve per la pozione! Questo Principe era un genio! A volte… è come avere ancora Piton a cui chiedere consiglio. Ti giuro che non ho mai provato nessuno degli Incantesimi sconosciuti, né ho intenzione di farlo.»
Lei fece schioccare la lingua rumorosamente, ancora palesemente contrariata dallo sviluppo della faccenda, ma se c’era una speranza che potesse aiutarli a finire di preparare la pozione… avrebbe potuto riabbracciare i suoi genitori…
«Ti sembra di avere Piton a cui chiedere consiglio perché quello era di Piton.»
«Allora non c’è nessun problema no?» le domandò leggermente perplesso.
Hermione sollevò un sopracciglio. «Ce ne sono eccome! È intriso di magia oscura!»
«Che io so perfettamente riconoscere!» chiosò lui. «E non ne faccio uso da cinque anni, né intendo farlo! Puoi farti bastare la mia parola, per una volta?»
La giovane donna lo guardò per qualche momento, senza dire nulla.
«Ho fame», annunciò secca alla fine, gli diede le spalle e risalì verso la cucina.
*
Anche se Draco non le aveva mai spiegato il motivo dell’invito a casa Malfoy, quello le risultò immediatamente chiaro quando un giorno, la settimana dopo, un barbagianni dall'aria regale si presentò alla finestra del suo ufficio, reggendo una lettera chiusa con il sigillo dei Malfoy, - Hermione aveva notato subito che era stato apposto con tanta premura che le parole Sanctimonia Vincet Semper (“La Purezza Vince Sempre”), il motto dei Malfoy, spiccavano su tutto il resto -, indirizzata alla “Signorina Hermione Granger”.
La lettera era, come previsto, un’accozzaglia di frasi poco carine da rivolgerle e intimidazioni mascherate da “felicitazioni e auguri” per la notizia della sua gravidanza. La scrittura era palesemente maschile, per cui sospettava che fosse opera di Lucius, - non c’era neanche la firma di Narcissa -, anche per il modo in cui si era premurato che “qualcuno come lei” comprendesse l’importanza di “produrre un erede maschio, perfettamente in grado di utilizzare la magia”, anche se “dopo i cinque anni, la loro separazione avrebbe comunque permesso a Draco di sposare una strega idonea e in grado di dargli un erede adatto allo status del loro Casato”.
L’antifona le era chiara; Lucius non approvava l’idea di un Mezzosangue nell’albero genealogico dei Malfoy, specie uno nato da una Nata Babbana, e voleva assicurarsi che sapesse che, se avesse avuto solo figlie femmine, Draco avrebbe potuto guardare altrove… che avrebbe potuto farlo in ogni caso, che era ciò che si aspettava da lui.
E Draco faceva sempre ciò che i suoi genitori si aspettavano da lui, alla fine… Hermione deviò quel pensiero prima che si radicasse nella sua mente.
In merito alla velata frecciatina sui Maghinò, la giovane era stata tentata di prendere un foglio di pergamena e spiegare al signor Malfoy che le probabilità sarebbero state più alte se lei fosse stata una Purosangue, dato che erano state le tendenze incestuose e endogame dell’élite purosanguista a favorire l’insorgere di discendenti non versatili nelle arti magiche, ma si sforzò di trattenersi.
Il barbagianni di Lucius era stato poi seguito da un altro esemplare, dal piumaggio più scuro, contenente un pacco anonimo. Hermione gli aveva scagliato contro diversi Incantesimi di Rivelazione e Controfatture per assicurarsi che non contenesse nulla di pericoloso e poi lo aveva aperto.
Dentro vi era una lettera e un altro pacchetto più piccolo.
Le sue labbra si schiusero di sorpresa quando lessero il nome del mittente: Narcissa Malfoy.
 
Hermione,
so che forse non sono nella posizione di rivolgermi a te in questo modo, ma essendo venuta a conoscenza della lettera inviatati da mio marito e delle dure parole a te rivolte, sono obbligata a intervenire. 
Devo esortarti a non dare credito alle sue parole, perché sono certa che a mio figlio non interessi nulla del sesso dei suoi eredi, né del loro status di sangue…
 
Su questo punto, la sua scrittura si era fatta più incerta, e Hermione sapeva che, nonostante si stesse prendendo la briga di invitarla a ignorare la lettera del marito, neanche lei approvava la sua presenza nella vita di Draco, né tantomeno il ruolo che vi copriva, ma lo accettava alla luce del volere del figlio e delle sue posizioni prese dopo la guerra in merito alla linea purosanguista. La faccenda “Magonò” era stata tralasciata, forse perché la donna era consapevole del calibro della strega a cui si stava rivolgendo.
 
…Posso assicurarti che mio figlio non ti abbandonerebbe mai.
Ti ha amata a lungo ed è rimasto fedele a quell’amore per anni.
So che sarai confusa da questa mia rivelazione, ma penso che il mio Draco abbia bisogno di una piccola spinta e che tu debba comprendere fino a che punto egli tiene alla tua persona.
Ti sarà tutto più chiaro una volta che avrai dato uno sguardo al pacco allegato.
Non essere troppo dura con lui, ha pagato a sufficienza per i suoi errori e non merita ulteriore sofferenza.
Spero che tu possa apprezzare il mio sforzo e concedermi, un giorno, di conoscere e magari trascorrere del tempo con i miei nipotini.
Cordialmente,
Narcissa Malfoy
 
Hermione deglutì.
Confusa” era decisamente riduttivo per descrivere il modo in cui si sentiva in quel momento.
Con la mente sempre più affollata di domande e il cuore che le pulsava prepotentemente nel petto, scartò l’involucro del pacchetto più piccolo, che rivelò un vecchio diario.
Perplessa, lo aprì, riconoscendo immediatamente la calligrafia di Draco.
La prima data riportata era il 17 ottobre 1996, quindi risaliva ai tempi del loro sesto anno a Hogwarts, poco dopo l’attacco a Katie Bell, se la memoria non la ingannava.
Aveva tra le mani il diario del Draco sedicenne che si aggirava per il castello spaventato e tormentato.
Hermione si lasciò cadere sulla sua poltrona, incerta su come procedere; le sembrava un’invasione della sua privacy mettersi a leggerlo, ma Narcissa aveva suscitato in lei una pungente curiosità con quella lettera e le sue affermazioni ambigue l’avevano resa famelica di risposte, così relegò in un angolo le sue remore e la sua etica e cominciò a leggere.
Il suo volto diveniva sempre più pallido, man mano che andava avanti attraverso i pensieri e gli eventi che avevano scosso la vita del Draco adolescente alle prese con cose decisamente più grandi di lui.
Le prime pagine riportavano pensieri confusi, il genere di cose che si potevano trovare nella mente di un ragazzino spaventato e in preda all’ansia, in un momento della sua vita in cui un’ascia pendeva sulla gola di ogni persona a cui teneva, sé stesso incluso; pensieri che divenivano sempre più frantici e carichi di sofferenza e tormento man mano che gli eventi si dispiegavano. Ad esempio, dopo l’accaduto a Katie Bell, iniziava ad emergere un profondo senso di colpa e il desiderio di tirarsi fuori da tutta quella situazione, l’ammissione di non voler procedere nel fare quanto gli era stato chiesto, la realizzazione di non avere in sé la natura del Mangiamorte, di non volerlo essere e di non essere più sicuro di niente di ciò che gli era sempre stato insegnato. Nelle prime pagine, c’erano anche parole crude contro quasi tutto il resto del mondo: invettive contro i suoi genitori, invettive contro Hogwarts, invettive contro Harry, persino contro il Ministero e gli stessi Mangiamorte che affollavano la sua dimora… Aveva addirittura trovato il posto per scarabocchiare su una serie di insulti indirizzati a lei.
Hermione aveva dovuto fare una pausa a un certo punto, perché ora leggere quelle parole le faceva male, anche se sapeva che l’opinione di Draco doveva essere cambiata a un certo punto della sua vita. Fu persino tentata di abbandonare la lettura, ma non lo fece, perché notò un paio di dettagli interessanti: la sua rabbia e il suo astio nei suoi confronti che andavano sfumando sempre di più, man mano che le pagine si ammucchiavano sul lato sinistro del diario… e la presenza di alcuni eventi che lei non ricordava assolutamente.
Primo in assoluto, Hermione non ricordava di aver mai sorpreso Draco Malfoy a piangere nel bagno di Mirtilla Malcontenta, né di avergli offerto aiuto, né di avergli consigliato, se proprio non riusciva a sfogarsi con le persone, di farlo nelle pagine di un diario.
Perché mai avrebbe dovuto fare qualcosa del genere?
Hermione non ricordava neanche di essere stata approcciata da lui a metà novembre, di aver visto il suo Marchio e di averlo accompagnato nell’ufficio di Silente, perché aveva deciso di raccontare al Preside quello che gli stava accadendo, né di essere stata lei a portarlo da Piton quando la Parkinson aveva provato a rifilargli un filtro d’amore.
La questione diventava sempre più strana e destabilizzante: Draco parlava spesso di lei, del loro tempo trascorso insieme, del fatto che lo stava aiutando a riparare gli Armadi Svanitori, - lei? -, di come aveva notato che fossero una squadra perfettamente funzionante e del fatto che continuare ad insultarla in pubblico stava iniziando a fargli male, anche se era per finta.
Quando era che Silente le aveva ordinato di aiutare Draco? E perché gli aveva detto di proseguire con la sua missione invece di promettergli che lo avrebbe tirato fuori da quella situazione?
Ci fu un passaggio che la sorprese al punto che dovette rileggere tre volte per convincersi che fosse vero, nonostante fosse lì, nero su bianco, scritto con la calligrafia chiara ed elegante di Draco in persona.
 
Mi ha abbracciato.
È pazza.
Eravamo lì, a cercare roba sugli Armadi e sinceramente non ricordo neanche cos'avevamo scoperto. Ad un certo punto, lei strilla entusiasta di aver compreso qualcosa di nuovo, mi guarda sorridente, dicendomi solo "geniale" e poi mi getta le braccia al collo.
Credo di non essermi mai irrigidito così intensamente in vita mia. Sono rimasto lì, impalato, come se mi avessero pietrificato. Totalmente incredulo in merito a ciò che stava avvenendo. E poi… poi lei deve essersi resa conto del suo gesto, perché stava per staccarsi da me, lo potevo percepire dalla tensione nei suoi muscoli. E dico stava perché a quel punto ero io ad aver capito una cosa: non volevo che si allontanasse.
Chi sarebbe così stupido da lasciare andare il calore, quel tipo specifico di calore, se lo si è provato così poche volte nella vita da contarle su una mano?
Chi immaginava che un abbraccio così, sincero, genuino e spontaneo, inaspettato, potesse essere talmente disarmante?
Non io. Non credevo neanche che si potesse veramente aver bisogno di un abbraccio. Ora so che quella sensazione che ho provato spesso nella vita ha questo nome.
E poi, cazzo, mi sento solo. Lo sono sempre stato, ma mai così tanto in vita mia. Lei è l'unica presenza costante che ho, ormai.
Ed è quasi piacevole sapere di averla in qualche modo al mio fianco.
Comunque, era a una frazione di secondo dall'allontanarsi da me quando le ho circondato la schiena con le braccia, assicurandomi che restasse ben premuta contro il mio corpo.
La prima cosa che ho notato è che sembra veramente piccola tra le mie braccia; potrei circondarla completamente e sparirebbe interamente dalla vista altrui. Questo pensiero mi fa sorridere. Mi chiedo se mi permetterà di stringerla ancora a me.
La seconda cosa che noto è che la Granger profuma di gelsomini.
È un buon odore, ho deciso che mi piace.
E anche se non mi ha guardato più in faccia per tutta la sera e le sue guance sono rimaste scarlatte anche durante tutta la cena in Sala Grande, ne è valsa la pena.
 
Hermione strinse il labbro inferiore tra i denti così forte da farsi male. Si sentiva strana in merito a quelle parole e, paradossalmente, per quanto estranee avrebbero dovuto suonarle, le sembravano al contempo estremamente familiari. Era quasi come se non fossero una novità, come… come se le sapesse già.
Bevve un po' d'acqua per riprendersi, poi proseguì con la lettura.
Il tono della scrittura si faceva sempre più disteso, man mano che procedeva.
C’era un intero “capitolo” sulla festa al Lumaclub a cui lei era andata con McLaggen, - quella in cui Draco si era imbucato -, e una sfilza di insulti nei confronti del ragazzo in questione; veniva riportata una conversazione con Piton, che lei conosceva perché Harry gliel’aveva riferita, ma non era più sicura che avessero mai compreso bene di cosa stessero parlando veramente.
La parte in cui ammetteva di essere stato lui il responsabile di ciò che era accaduto a Katie sembrava accurata, ma quando parlava di “essere stato scelto”, nel diario, non sembrava parlare di Voldemort… pareva riferirsi a Silente.
 
“Questo è il mio momento. La mia occasione di riscattarmi, di fare qualcosa di giusto, per una volta. Di meritare l’aiuto che lei mi sta dando, di valere quel beneficio del dubbio che mi ha concesso. Non permetterò a Piton di intralciarmi. Lui non pensa che io possa farcela, Non crede che io possa andare fino in fondo. Ma devo farlo. È tutto ciò che mi è rimasto, veramente.
Ha ragione su una cosa, però. Sono spaventato. Dal Signore Oscuro, dall’idea di ritornare tra le fila dei Mangiamorte nei panni di una spia, di essere scoperto… dal modo in cui ho perso la testa quando ho visto lei con quell’idiota. Non capisco… non so quando abbia iniziato ad importarmi.
Gelosia. Non l’ho mai provata prima.  
Non ho avuto l’impulso di spaccare la faccia a Zabini quando ci ha provato con Pansy lo scorso anno.
Ci ho riso sopra. Non era neanche perché in quel periodo e in relazione a lei ero dannatamente sicuro di me, mentre adesso sto crollando a pezzi e la ragazza in questione è addirittura la Granger… semplicemente lo avevo trovato divertente.
Non è stato divertente vedere McLaggen provare a baciare la Granger, però, nonostante un tempo avrei dato qualsiasi cosa pur di avere l’informazione per prenderla in giro. Non mi piace più prenderla in giro, non in quel senso. Mi disgusta il modo in cui l’ho trattata in passato, forse addirittura mi odio un po’ per quello.
Vorrei essere in grado di dirle che mi dispiace, magari persino scusarmi. Ma sono un Malfoy, non mi è stato insegnato a fare questo tipo di cose, non so da dove cominciare e non ho nessuno a cui chiedere consiglio in merito all’argomento.
Chissà se c’è un libro in biblioteca che può aiutarmi…
C’è qualcosa di diverso nel modo in cui ci punzecchiamo io e la Granger, ora.
È quasi eccitante.
Lei… mi fa saltare i nervi, onestamente. È una ficcanaso colossale, non chiude mai la bocca. È oltremodo irritante, davvero. Mi fa perdere il controllo e tutto ciò a cui riesco a pensare è a quanto mi piacerebbe farla stare zitta.
Baciandola.
Mi viene l’impulso di farlo anche quando stiamo facendo delle ricerche insieme e ho una teoria e lei capisce al volo quello che voglio dire o completa le mie frasi.
E il modo in cui sorride quando giungiamo a una svolta… Vorrei che mi sorridesse in quel modo più spesso.
Non mi ha più abbracciato, dopo quella volta. Cerco di soffocare la delusione ogni volta che si presenta una situazione propizia e lei non mi getta le braccia al collo. Non mi sorprende che sia più attenta ora in fatto di vicinanza fisica, non credo abbia mai superato l'imbarazzo per quell'abbraccio improvviso e avventato.
A volte prova a farmi parlare, mi sembra persino che riesca a vedere oltre il velo della mia Occlumanzia… non so cosa le importi, veramente. Non dovrebbe fregarle proprio niente, di me.
Non riesco a chiederle perché mi sta aiutando, perché lo ha fatto in primo luogo.
Ma la verità è che vorrei che mi dicesse che le importa di me, nonostante tutto.
Non so cosa sia tutto questo, cosa voglia dire esattamente.
Ho accettato la proposta di Silente perché ho ammesso a me stesso di non voler seguire la strada che i miei genitori hanno tracciato per me e allo stesso tempo sono venuto a patti con il mio desiderio di avere delle amicizie vere, - di certo non ne ho mai trovate tra i Serpeverde -, e in particolare volevo essere degno della sua di amicizia, ma non avrei mai immaginato che avrebbe portato a questo.
Io non ho mai provato niente per nessuno, non posso… non posso farlo per lei. Non può importarmi in quel senso. È la Granger… e lei non è per me.
Non è neanche per il suo sangue, credo.
A questo punto non so quanto mi importi di tutta quella roba.
È solo… il peso che tutto ciò avrebbe.
Il peso che il nostro passato avrebbe.
Il peso che i miei errori avrebbero.
Il peso che noi due, avremmo.
Non sono pronto per questo.
È troppo.
Piton l’ha capito, ha capito che c’è qualcosa di più da parte mia. Dice che ci è passato anche lui, che non va mai a finire bene, che dovrei fare un passo indietro finché sono in tempo.
Ma anche se sono terrorizzato, anche se non sono pronto… non voglio farlo.
Lei mi fa sentire come se fossi una persona.
Solo Draco.
Niente lignaggio, niente stupide responsabilità e aspettative dell’essere un Malfoy.
Niente obbligo di rispettare qualche stupida norma da etiquette.
Niente Sepreverde.
Solo Draco.
E Merlino, è quasi intossicante, non dovere reprimere me stesso in continuazione.
Perché anche se avrebbe tutte le ragioni di farlo, io so che non mi ferirà, che non userà ciò contro di me.
Lei è buona.
E Salazar si rivolti pure nella tomba ora, ma lo devo dire.
Lei è pura.
È sempre stata lei quella pura.
Sono io quello sporco.
E adesso, chiunque dovesse vedere il mio avambraccio sinistro, lo saprebbe con certezza.”
 
Hermione avvertì il pavimento svanire da sotto i suoi piedi, anche se era seduta.
Iniziò a leggere più velocemente.
Avevano litigato poco dopo, per la sua impulsività nell’imbucarsi alla festa al Lumaclub.
Le aveva detto che non sopportava di vederla tra le braccia di un altro, l’aveva baciata e lei gli aveva tirato uno schiaffo.
E poi lo aveva baciato a sua volta.
Non si erano rivolti la parola per una settimana dopo quegli eventi improvvisi e sconvolgenti, finché non avevano dovuto incontrarsi per via degli Armadi. Draco non era stato bene in quel periodo di lontananza.
Era strano avere accesso ai suoi pensieri in quel modo; persino da quando si erano avvicinati, in seguito al loro matrimonio forzato, c’era sempre stata una sorta di controllo su ciò che le lasciava vedere, su ciò che permetteva di trapelare. Adesso iniziava a capirne il motivo.
Quello nel diario, invece, era Draco Malfoy completamente senza filtri, che si riversava in pagine che non avrebbero mai dovute essere lette da qualcun altro.
Si erano baciati di nuovo. Avevano iniziato a farlo ripetutamente. Draco esternava il desiderio di baciarla continuamente. Si erano arretrati con le ricerche sugli Armadi Svanitori. Quello strano rapporto che avevano instaurato era andato avanti per mesi, era progredito fino al punto di fare le sue prime esperienze con lui; in quello, lui era già esperto, perché da qualche parte c’era un commento su quanto fosse diverso, - in tutti i sensi, stando a quanto riportava -, con Hermione rispetto a quando era con la Parkinson.
Le tempistiche del loro avvicinamento al sesto anno rispecchiavano più o meno quelle della loro relazione attuale e lei non sapeva cosa farsene di quel dettaglio che aveva colto.
 
“Credo che nessuno di noi due sappia esattamente cosa stiamo facendo.
Solo che non riusciamo a smettere.
Io di certo non ci riesco.
Il suo sapore dà dipendenza.
Sento il profumo dei suoi capelli nell’Amortentia.
Gelsomino.
Penso che sia il profumo più bello che abbia mai sentito.
A volte mi piacerebbe prenderla per mano e stringerla a me mentre ci spostiamo da una classe all’altra; il desiderio di farlo è prorompente, ma mi sforzo, mi trattengo. So di non poterlo fare: la mia copertura salterebbe, saremmo sulla bocca di tutti, le metterei un ulteriore bersaglio sulla schiena. Allora devo fingere che sia tutto come sempre e fa fottutamente male, cazzo!
Non avevo mai notato veramente quante classi avessimo in comune.
Segue letteralmente tutte le mie materie, o forse sono io che seguo le sue.
Chi può dirlo a questo punto?
È davvero iniziata soltanto ora?
O è sempre stato nelle carte?”
 
I rampicanti.
Draco aveva circondato la casa di rampicanti di Gelsomino.
Hermione aveva sigillato la porta del suo ufficio alla fine dell’orario lavorativo. Quel pomeriggio sarebbe dovuta andare a pranzo con Ginny, per cui Draco non la stava aspettando a casa, ma lei lo aveva rimandato. Doveva finire di leggere. Era ormai arrivata alle vacanze di Pasqua.
 
Abbiamo fatto l’amore ed è stata… Merlino, la cosa più sensazionale che abbia mai vissuto.
Era la prima volta anche per lei, non pensavo veramente che avrebbe permesso che fossi io.
È stata generosa con me, in questo senso. Me ne ha date tante, di prime volte e non so se meriterò mai di essere il ragazzo che l’ha toccata per primo. Se meriterò mai di averla in generale.
Forse, permettere che accadesse è stato il più eclatante dei miei atti egoisti.
È brutto che non mi importi?
Insomma, lei… cazzo, vorrei passare il resto della mia vita sepolto dentro di lei, avvolto dalle sue braccia calde e confortanti. Saremmo solo noi due e nient’altro avrebbe importanza. Sarebbe la perfezione, la pace.
Quando le ho chiesto se volesse farlo, si è messa a ridere.
«Credevo avessi detto di non poter avere rapporti al di fuori del matrimonio.»
Le ho risposto che non mi importava più.
Davvero, che differenza fa?
Un giorno la sposerò lo stesso.
Perché aspettare?
La norma è di farlo solo con la donna con cui ci si sposa.
Non dice nulla sulle tempistiche.
Non l’ho neanche infranta per davvero, quella stupida regola, no?
Io… io la amo, cazzo.
Ma non sono ancora pronto per il nostro peso.
Forse, un giorno riuscirò a dirglielo.
Forse, un giorno sarà più facile.
 
A Hermione mancò il respiro.
Andò a sciacquarsi il viso con l’acqua fredda.
Il Draco del diario aveva ragione, quello era troppo.
Fottutamente troppo.
Non riusciva a crederci, ma allo stesso tempo iniziava tutto ad avere senso.
Il suo comportamento, il suo atteggiamento verso di lei fin dall’inizio, il non aver provato minimamente ad essere ricollocato con un’altra strega qualsiasi, la sua fede nel fatto che il loro matrimonio avrebbe funzionato…
Si ritrascinò nel suo ufficio per finire di leggere. Le mancava poco ormai: era a fine aprile.
 
Se in passato ho pensato che sforzarmi di comportarmi come mio padre fosse estenuante, all’inizio di tutta questa storia non avevo idea di quanto lo sarebbe stato obbligarmi a comportarmi come il vecchio me con lei in caso di pubblico. Ho paura di ferirla, anche se sa che ora è tutto diverso, che fingo. Lo sa, vero? Trascorre ore tra le mie braccia, quando ci vediamo nella Stanza delle Necessità. Deve saperlo.
Tutto ciò che vorrei fare è prenderla e baciarla davanti a tutti, far sapere al mondo che è la mia ragazza, che ha scelto me per stare al suo fianco.
Ma lo ha fatto veramente?
Nessuno sa niente di noi, neanche i suoi amici.
È davvero la mia ragazza?
Il fatto che mi abbia scelto per la sua prima volta dovrebbe confermarlo, no?
Il fatto che non se ne sia pentita, che mi abbia permesso di averla altre volte e che continui a permettermelo, dovrebbe significare questo no? Che stiamo insieme. Che ci apparteniamo.
Ma perché non ne ha parlato neanche con San Potter e la Donnola? Credevo si dicessero tutto.
Si vergogna di me? Merlino, me la meriterei quest’ironia!
O forse Silente le ha detto di non dire niente riguardo a ciò che stiamo facendo? Riguardo al mio cambio di fronte? Sarebbe difficile spiegare quello senza spiegare di noi.
È stata lei a cambiare tutto, per me.
Credo… credo che mi abbia cambiato in generale o che mi abbia fatto capire chi voglio essere veramente, a prescindere dalla famiglia da cui vengo. Che ho la possibilità di essere chi voglio, che non devo necessariamente essere chi dovrei essere secondo gli altri, i miei genitori inclusi.
O forse, semplicemente, neanche lei è ancora pronta ad affrontare il peso del nostro amore.
Dirlo a qualcuno lo renderebbe spaventosamente reale.
O forse, non glielo ha detto perché sa che non la prenderebbero bene e questo non è il momento di litigare con loro. Se le chiedessero di scegliere, so che non sceglierebbe me, comunque. Fa male, ma mi accontenterò di quello che mi vorrà dare, finché sarà disposta a farlo. È letteralmente l’unica cosa bella che mi sia mai capitata. La migliore che potesse capitarmi. Ho intenzione di viverla fino in fondo, finché posso. Il ricordo di lei mi basterebbe per andare avanti o verrei schiacciato dal dolore? Com’è che funziona? So che la prospettiva di perderla mi terrorizza e mi distrugge. So che anche solo l’idea di non averla più al mio fianco mi lacera dentro.
Piton me lo ha detto più volte.
Ma a me continua a non importare.
Silente dice sempre che l’amore è la magia più potente che esista; non gli ho mai creduto veramente, finché non ho visto cos’è stato capace di fare per me: cambiare tutto.
Non ho mai pensato che sarei arrivato a desiderare l’amore in maniera così ardente, prima di lei.
Forse, è stato capire che sono in grado di amare che ha cambiato tutto per me.
Ed essere amato da lei a darmi la forza di agire in merito, di passare dalla parte giusta, di fare qualcosa per uscire dalla mia inerzia.
Non so, in realtà, cosa prova per me.
Mi piace pensare che si senta allo stesso modo, che stia aspettando una mia mossa in tal senso, perché sono consapevole di dover essere io a farla. Merita che io mi esponga fino in fondo, per primo. Lei lo ha già fatto tendendomi una mano per salvarmi.
Ma ho anche paura che amarmi sia un po’ troppo da desiderare, da parte sua.
Per ora, il Vecchio mi ha convinto con la sua melensa saggezza.
Se ho una scelta da poter fare è quella di credere nell’amore.
Spero di non uscire Tassorosso, da questa scuola infernale.
Il giallo non mi dona.
E io non le perdonerei mai di avermi trasformato in un Tassorosso sentimentale.”
 
Hermione si ritrovò a ridere tra le lacrime, leggendo quell’ultima considerazione.
Iniziava a pensare che fossero più simili di quanto aveva pensato all’inizio, perché quei suoi sentimenti contrastanti si rispecchiavano anche in lei, in tempi più recenti.
Ed era sicura che, se quello che il diario riportava era vero, anche lei si era sentita allo stesso modo. Non era possibile che avesse accettato di… essersi innamorata di Malfoy senza aver dovuto prima combattere una battaglia interiore, forse anche più di una. Perché se tutto quello era vero, se lui era stata la sua prima volta, anche se non glielo aveva detto, doveva essersi innamorata di lui.
Se non glielo aveva detto, doveva aver temuto di non essere ricambiata in quel senso.
Suonava assurdo persino nella sua testa, molto più dell’aver scoperto che il Cuore di Cupido li aveva associati nel processo di matching, molto più del sentirsi appellare come “Signora Malfoy”, molto più dell’essersene innamorata nel presente.
Non riusciva a immaginare un Draco Malfoy sedicenne nascosto in qualche nicchia a scrivere di lei su quel diario.
Non riusciva a immaginare sé stessa, ai tempi, stesa sul suo letto alla Torre di Grifondoro, a pensare a lui fissando il soffitto con aria trasognata.
Guardò l’ora ed era quasi buio fuori dal Ministero, ma doveva proseguire.
Era arrivata a maggio, ormai.
E il suo cuore continuava a prendere velocità nei suoi battiti.
 
“Vorrei prenderla, portarla via, lontano da tutto questo.
Tenerla al sicuro.
Appena compirò diciassette anni e avrò accesso all’eredità dei Black, comprerò un posto sicuro.
Mi assicurerò che abbia le migliori protezioni, che sia irrintracciabile. Mi garantirò di avere un modo per proteggerla, se dovesse divenire necessario.
Finché siamo al castello siamo al sicuro, ma dopo… devo capire come eseguire una transazione del genere da qui. Devo fare come Silente e Piton, non devo lasciare niente al caso, avere sempre un piano di riserva.
Non sono diventato coraggioso e audace da un momento all’altro, no, quella è roba che lascio volentieri ai Grifondioti. Difendo ciò che conta per me e questo è quanto.
In realtà, vorrei chiederle di scappare via con me, ma non mi seguirebbe mai.
È troppo leale ai suoi amici e alla loro causa, per farlo.
Troppo buona per abbandonare chi ha bisogno di aiuto, lei… non è come me.
Allora non le dico niente, ma le prometto che se usciremo vivi da questa guerra, non la lascerò più andare.
Glielo ripeto in continuazione, spero che prima o poi arrivi a credermi, perché sono sincero.
La prima volta che gliel’ho detto, lei ha riso, forse pensando che stessi scherzando.
Perché avrebbe dovuto pensare che fossi serio?
Non abbiamo mai definito niente riguardo al nostro rapporto, ma intendevo ogni singola parola di quella frase.
Le ho detto che intendo sposarla un giorno.
Ha riso più forte.
Non so se non abbia creduto alla sincerità delle mie affermazioni o se stesse semplicemente cercando di non pensare al futuro in un momento storico così incerto.
Ma è stata al gioco.
Quando le ho detto che ho già in mente l’anello di fidanzamento perfetto per lei, ha risposto che lei sa già che tipo di abito indosserebbe al matrimonio.
Ha detto che le piacerebbe avere i gigli come decorazioni floreali e che il suo sogno è quello di andare a vivere da qualche parte vicino al mare.
Le ho promesso che avrei reso questi suoi sogni realtà.
Ha riso di nuovo.
Ma di nuovo, io non stavo scherzando.”
 
Gigli.
C’erano dei gigli allo Chalet quando erano arrivati, il giorno del loro matrimonio.
Lo Chalet… lo Chalet era irrintracciabile. Lo aveva acquistato in quel periodo, a quello scopo?
E Dragonshore… Si era costruito lì la villa, - si era comprato l’intera spiaggia! -, per via di quella promessa?
Hermione aveva iniziato a piangere.
Era arrivata a fine maggio, ormai.
Sapeva cosa stava per succedere, anche se non ricordava come gli eventi si fossero dispiegati in relazione a loro due.
La verità stava iniziando a colpirla con violenza.
Era andata a letto con Draco per mesi durante il loro sesto anno a Hogwarts e a fine maggio stavano ancora insieme; lei aveva scoperto di aspettare Sirius durante la prima settimana giugno.
C’era un motivo per cui Draco aveva subito voluto conoscerlo, per cui era sempre stato così attento e premuroso nei suoi confronti, una ragione per cui era così ostinato nel volerlo riconoscere, per cui le era parso da subito che si assomigliassero più di quanto fosse possibile per caso.
E c’era un motivo, ora che ci faceva caso, per cui Sirius era sempre stato in grado di attraversare le protezioni di Dragonshore, anche prima che Draco lo riconoscesse: il suo sangue scorreva in lui, non aveva bisogno di un legame con il biondino, perché ce lo aveva già.
E quello poteva significare solamente una cosa: era Draco che lei non ricordava… E lui non le aveva detto niente.
Le aveva promesso che non l’avrebbe lasciata andare, ma non era tornato a riprendersela.
Quella consapevolezza le fece male.
Non era più convinto che lei fosse abbastanza?
Il loro matrimonio continuava ad essere fondato su un obbligo?
Si accinse a leggere l’ultima pagina del diario, sperando che le desse le risposte che cercava, sperando che le rivelasse cosa fosse accaduto veramente sulla Torre di Astronomia.
 
Hanno cambiato la data.
Anticipano a questa sera.
Sono andato nell’ufficio di Silente per dirglielo, ma lui non c’è.
Secondo la McGranitt, sarà via per un po’, non sa se tornerà in serata.
Non so cosa fare.
Ho provato a cercare My, ma non l’ho trovata da nessuna parte.
Ho sentito dire alla piccola Weasley che non è stata bene, questa mattina, ma quando sono andato in infermeria non c’era.
Sono preoccupato per lei, per il cambio di programma, per quello che accadrà.
E non so come contattarla.
Non posso scriverle, i gufi sono controllati e non si sa bene se solo dai ‘buoni’ o anche dai ‘cattivi’.
Non so cosa fare.
Ho degli ordini precisi, proseguire fino alla fine.
Restare tra le fila dei Mangiamorte, perché è là che Silente ha bisogno che io mi trovi.
Ma lei non lo sa.
Se io… se stanotte loro entrano nel castello e io vado via insieme a loro, lei penserà che l’abbia presa in giro, che io abbia tradito la sua fiducia, che l’abbia manipolata.
Se eseguo gli ordini, Hermione mi odierà.
Il pensiero mi uccide, ma se il Signore Oscuro non verrà sconfitto, lei non sarà mai al sicuro.
Devo procedere, non ho scelta.
Finisco sempre per non avere scelta, qualsiasi cosa io faccia.
Ma dopo, quando tutto sarà finito, la verità verrà fuori e lei capirà.
Hermione capisce sempre.
Mi ha perdonato per il modo in cui mi sono comportato con lei in passato… mi perdonerà per aver agito in questo modo per una buona causa, no?
Posso solo sperare.
Potrei comunque morire.
Se Lui scopre che l’ho tradito, mi ucciderà.
Forse mi ucciderà lo stesso per punire mio padre.
E in tal caso, forse è meglio che mi odi, almeno non soffrirà per la mia morte, in quel caso. Forse.
Vorrei solo averle detto che la amo quando ne ho avuto la possibilità.
Vorrei averle detto tante cose, invece di essermi affidato alla convinzione che la strega più brillante della nostra generazione le avrebbe capite ugualmente.”
 
Il diario si interrompeva lì.
My.
Il suo soprannome non era nuovo, allora.
Ecco perché non le aveva mai spiegato da dove fosse venuto fuori.
Mentre Hermione lasciava il Ministero per tornare a Dragonshore, si sentiva svuotata.
Aveva solo due certezze: durante la guerra, Draco aveva cambiato fronte per lei, ma non aveva mai saputo di Sirius, prima che venissero coinvolti nella Marriage Law.
E anche se questo giocava a suo favore, il biondino le doveva comunque una marea di spiegazioni.

 

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Capitolo 12
*** 12. Showdown ***


The Weight of Us



CAPITOLO 12
Showdown





 






POV HERMIONE


Hermione era rimasta in riva al mare per quasi due ore prima di trovare le forze di incamminarsi verso la villa, di attraversare i giardini ed entrare in casa.
Continuava a sentirsi prosciugata. Non aveva idea di cosa pensare di tutto quello che aveva scoperto, né tanto meno riusciva a spiegarsi cosa fosse accaduto dopo quegli eventi.
Il Manor… Draco era rimasto a guardare.
Maledizione, aveva gridato il suo nome e lui era rimasto impassibile!
Non che fosse sicura che ne fosse uscito qualcosa di comprensibile da quell’urlo, ma… diceva di amarla, eppure era rimasto a guardare.
Forse era cambiato qualcosa, a quel punto.
Se per la fine del sesto anno era stata una spia di Silente, forse, dopo la sua morte, aveva nuovamente cambiato fronte. O forse era diventato una spia di Piton e Piton era molto più grigio di Silente, era disposto a spingersi più in là nei limiti dell’etica.
Si sfilò il cappotto e salì in camera di Sirius per controllare che stesse dormendo.
Era più tardi del solito.
Gli diede un bacio sulla fronte, poi si trascinò in salotto.
Avrebbe voluto bere, ma non poteva.
Si portò una mano in grembo e chiuse gli occhi.
Iniziava ad avvertire l’esigenza di piangere.
Tutto in quel posto urlava il nome di Draco e sapeva che prima o poi lui si sarebbe fatto vedere.
Stava per affrontarlo.
Le venne in mente il concetto di ironia drammatica.
Per un momento, aveva pensato davvero di poter essere felice con lui, che fosse cambiato. Invece, tutto si era trasformato in un miscuglio indistinto di manipolazioni e sotterfugi e bugie e segreti.
Di nuovo.
«Dove diavolo eri finita?»
La voce del biondino arrivò alle sue orecchie dalle sue spalle, suonando altamente preoccupata.
«Mi hai fatto morire di paura, My! Potevi avvisarmi che avresti tardato così tanto, stavo per chiamare Potter!»
Lei non rispose. Aveva lo sguardo puntato fuori dalla finestra, fissava le onde del mare.
Era agitato, quella notte. C’era vento, Hermione supponeva che ci sarebbe stata una tempesta ed anche violenta. Lo trovò ironico. Una tempesta era proprio ciò che stava per abbattersi su di loro.
«Hermione?»
«Quanto hai pagato per falsificare il test del DNA di Sirius?» gli domandò con voce assente.
Lui esitò a risponderle. «Non lo so», bofonchiò spiazzato. «Non ho neanche controllato… era un sacchetto di galeoni…»
«Non hai controllato», ripeté lei amaramente, scuotendo leggermente il capo.
«C’è qualche problema?» le chiese, avvicinandosi.
«Non ti avvicinare», gli intimò, voltandosi a guardarlo. «Hai pagato per risultare come mio match?»
Il colore defluì dal suo viso. «Certo che no! Il risultato è autentico!» esclamò, visibilmente perplesso. «Hermione, che sta succedendo?»
«A cosa ti serve veramente la pozione UnObliviate, Draco? Perché è così importante per te?»
I suoi occhi si sgranarono mentre gli rivolgeva quella domanda. «Te l’ho detto, il Dip-»
«Perché hai voluto riconoscere Sirius, Draco?» lo interruppe, non avendo la minima intenzione di ascoltare altre bugie. La sua voce diveniva sempre più gelida.
Non aveva ancora capito?
Si guardarono intensamente negli occhi, cioccolato che si specchiava nell’argento, per quelle che parvero ore, poi lui sospirò arrendevole. «Lo sai già, non è vero?»
«Oggi ho ricevuto questa», disse ancora lei, passandogli la lettera di suo padre e aspettando che la leggesse.
Draco si infervorò sempre più, man mano che proseguiva nella lettura. «Sono un mucchio di stronzate!» ringhiò, cercando di avvicinarsi nuovamente a lei, ma Hermione alzò una mano per fermarlo una seconda volta.
«Hermione, io non farei mai-»
«Non voglio parlare di quella», precisò, zittendolo. «Tua madre ti ha difeso abbastanza, comunque, dubito tu abbia qualcosa di diverso da aggiungere. Voglio parlare di questo
Fece scivolare il pacco scartato verso di lui; Draco prese la lettera della madre e deglutì con forza quando la lesse. Tolse la busta vuota dalla scatola e il suo viso cedette quando vide il diario.
«Cos’è quello, Draco?»
Il biondino deglutì di nuovo. «È il mio diario del sesto anno» ammise con un filo di voce. «Non riuscivo a esprimermi con le parole, a confidarmi con qualcuno, allora mi hai consigliato di scrivere su un diario, perché credevi che senza testimoni sarei riuscito ad aprirmi, che parlando con me stesso sarei riuscito a tirare fuori quello che provavo e a fare chiarezza nei miei pensieri.»
Hermione restò in silenzio per un po’ e lui fece altrettanto. Alla fine, sospirò. «Lo hai letto?»
«Certo che l’ho fatto», rispose lei. «Non avrei dovuto, ma dopo la lettera di tua madre… Mi sento un po’ meno in colpa, però, dopo aver scoperto quello che mi hai tenuto nascosto.» 
Draco non disse nulla.
«Perché non me lo hai detto?»
«Io…» provò a dire, ma non riuscì a formulare alcuna frase di senso compiuto.
«Rispondimi!» gridò lei, facendolo sussultare.
Lo vide serrare gli occhi. «Temevo che mi avresti respinto ugualmente» ammise, deglutendo con forza. «Mi ripetevo che non era il momento giusto, che non eri pronta per sentirtelo dire… ma forse avevo solo paura della tua reazione. O forse ero di nuovo io, che mi comportavo da codardo, come al solito.»
Hermione attese che continuasse a parlare.
Non era abbastanza, lei doveva sapere.
«E poi… poi ci siamo avvicinati ed eri di nuovo mia e io… non ho più avuto il coraggio di farlo, perché avevo paura di rovinare tutto.»
«Quindi pensavi cosa, esattamente?» sibilò lei. «Di non dirmi niente per tutta la vita?»
«La pozione UnObliviate», spiegò il biondino. «Mi serviva a farti ricordare… di noi.»
Lei scosse il capo, strinse il labbro inferiore tra i denti con tanta forza che divenne bianco. «Perché? Perché avevi così tanta paura di dirmelo? Capisco che i nostri trascorsi… ma un test del DNA e avrei avuto la conferma della veridicità delle tue parole. Perché, Draco?»
«Avevo paura che mi respingessi, che mi odiassi… che incolpassi me!»
«Perché avrei dovuto farlo?» singhiozzò Hermione, incapace di trattenersi oltre.
«Ti ho aspettato per anni, Draco! E se il Ministero non ti avesse obbligato a farlo, non saresti tornato mai!»
«Pensavo… pensavo che meritassi qualcuno di migliore di me», farfugliò lui, il velo della sua Occlumanzia ormai in frantumi. «Temevo… di non riuscire a renderti felice… e non sapevo di Sirius… ma al contempo non riuscivo a lasciarti andare e lavoravo a quella pozione e…»
«Per cosa avrei dovuto incolparti, Draco?»
Lui alzò lo sguardo su di lei e delle lacrime caddero incontrollate dai suoi occhi. «Non sono state le Cruciatus di Bellatrix», sussurrò flebilmente; aveva gli occhi lucidi.
Hermione non sapeva se potesse reggere di vederlo piangere.
«Mio padre… quando hai urlato il mio nome, non sono stato capace di continuare ad eseguire gli ordini, a trattenermi. Stavo per intervenire, fare qualcosa, anche se non sapevo esattamente cosa. Lui… lui ha capito tutto, ha… ha capito che c’era qualcosa tra di noi. Ha sfilato la bacchetta di mia madre, mi ha immobilizzato. Bellatrix era distratta con il goblin…»
«Sono stata obliviata», mormorò lei, deducendo da sé il resto del racconto.
Si sentì improvvisamente troppo consapevole di tutte le stranezze del biondino, le sensazioni di déjà-vu che aveva sperimentato con lui, le domande fuori contesto che sembrava rivolgerle ogni tanto, le cose di lei che sapeva e che lei credeva non avesse modo di sapere… Si sentì mancare l’aria e si appoggiò con entrambe le mani al tavolo di legno pregiato; Draco scattò verso di lei.
«No», intimò Hermione, chiudendo gli occhi.
«Per favore… cos’hai? Siediti, almeno… ti prego, My…»
Il biondino si prese la testa tra le mani. «Mi dispiace, Hermione… mi dispiace così tanto…»
«Sai, dovresti veramente smetterla di prenderti le colpe di tuo padre», asserì lei, in tono asciutto. «Sta diventando un brutto vizio e finirà per rovinarti la vita.»
Qualcosa nei suoi occhi argentei tremò a quelle parole. «Co-cosa vuoi dire?»
Hermione non rispose, si sedette su una sedia e bevve un bicchiere d’acqua.
«Perché niente di tutto questo è mai venuto fuori?» domandò ancora.
C’erano troppe cose che non tornavano, troppe risposte di cui aveva bisogno.
«Al tuo processo… perché non hai organizzato la tua difesa puntando sul tuo ruolo di spia?»
«Silente e Piton erano entrambi morti, tu non ricordavi nulla…», chiarì lui. «E Piton non ha lasciato a Potter niente al riguardo nei suoi ricordi, non c’era nessuno che potesse confermare la mia versione dei fatti.»
Le si sedette di fronte e la guardò con aria afflitta. «Dopo la morte di Silente, ho iniziato a collaborare con Piton. Avevo un ruolo preciso, sarei dovuto entrare in azione se lui fosse morto prematuramente e non avesse fatto in tempo a dire a Potter cosa andava fatto. Avevo le istruzioni su una pergamena incantata, che si è rivelata nell’stante in cui Piton è morto, ma lui aveva già risolto quel punto del piano. Il mio ruolo non si è mai reso necessario, è stato tutto… per niente.»
«Sei andato da Voldemort», rammentò lei e Draco trasalì, se per il nome o per l’accusa nel tono della sua voce non le era chiaro e non le importava. «Quando pensavamo che Harry fosse morto, hai raggiunto i tuoi genitori dall’altra parte.»
«Ho raggiunto mia madre, letteralmente l’unica persona che mi restava al mondo!» ribatté lui. «Ho pensato che… se Lui avesse vinto, ti sarei stato più utile dall’altro lato.»
Deglutì con più forza, mentre la guardava come se la stesse vedendo scivolare via da sé sempre di più.
«Non riuscivo a pensare chiaramente e a quel punto dovevo improvvisare. Non sono il tipo che riesce ad agire di impulso Hermione, io pianifico
«Ho notato» replicò caustica lei.
Draco ignorò quel suo commento aspro. «Non potevo sopportare un’altra volta quello che era successo al Manor. Se le cose fossero andate male, avrei potuto portarti via… Lo Chalet…»
«Se le cose fossero andate male, tu avresti pensato solo a me?» ripeté lei, a bocca aperta.
«Non sono un eroe, Hermione!» ribatté il biondino. «Non lo sono mai stato! Ero andato da Silente a chiedere protezione, volevo essere nascosto! Non sono il tipo di persona che rischia mettendosi in prima linea per altruismo! Ho deciso di combattere solo per te, perché mi sono innamorato di te!»
«Te ne sei andato con tua madre non appena Harry e Voldemort hanno iniziato a combattere!»
«Io… sono tornato», rivelò lui. «Ma quando vi ho raggiunti, lui era già morto. Ho controllato che tu stessi bene e sono andato via di nuovo.»
Il silenzio calò su di loro e li avvolse, opprimente.
«My, per favore…»
«Ho bisogno di pensare», disse alla fine Hermione, rimettendosi in piedi. Si sentiva esausta, non riusciva più a ragionare. Era troppo per una sola giornata.
«Credo che sarebbe meglio se dormissi nella tua stanza questa notte, Draco.»
 
*
 
Aveva passato l’intera domenica a letto, a piangere, a ragionare, poi di nuovo a piangere.
Per anni si era chiesta perché il padre di Sirius non fosse tornato da lei, lo aveva creduto morto, o disinteressato, magari in fuga dalle conseguenze delle loro azioni giovanili, pentito di averla amata persino… si era tormentata con il pensiero di essere stata abbandonata perché non ritenuta abbastanza, al punto che non aveva neanche mai provato a ritagliarsi un momento per uscire con qualcuno, gettandosi strenuamente sulla sua carriera.
Era appena uscita da una guerra e si era ritrovata da sola con un bambino piccolo da crescere e senza ricordi del padre. Lei, che bambina lo era stata per pochissimo tempo.
Draco le aveva mandato il pranzo e la cena in camera con gli elfi, - che lei non aveva mangiato -, ma non aveva provato a imporle la sua presenza o a forzarla a parlare. Gli era grata per questo, per il fatto che stava continuando a rispettare i suoi tempi e i suoi spazi.
Non aveva chiuso occhio la notte precedente, così verso le nove di sera si era addormentata, per poi risvegliarsi di scatto nel cuore della notte, sudando freddo e tremando, congelando.
«T-Tilly!»
La voce le usciva flebile, quasi assente, come se non avesse le forze neanche per parlare.
«Tilly!» riprovò con più sicurezza e la piccola elfa apparve nella sua visuale.
«Ha chiamato, signora?»
«Draco…» biascicò lei. «P-per favore…»
«Tilly chiama il padrone, signora!» strillò l’elfa terrorizzata e sparì, per ricomparire qualche attimo dopo insieme al biondino.
«Hermione!»
Le fu subito accanto, gettandosi sul letto e prendendole il volto tra le mani. «Cosa succede?»
Lei scosse leggermente il capo. Non riusciva a tenere gli occhi aperti, si sentiva troppo debole.
«La Guaritrice Longbottom, ora!» sentì Draco ordinare a Tilly di mandare a chiamare Hannah, le sue braccia avvolgerla, la sua voce mormorale parole all’orecchio, ma lei non riusciva a comprenderle.
Il freddo l’avvolse quando lui si rialzò per parlare con Hannah, poi avvertì le piccole mani della giovane Guaritrice toccarla, la punta di una bacchetta sfiorarla, il formicolio degli incantesimi che la trapassavano.
Qualcuno le aprì la bocca, facendo ricadere al suo interno una pozione dal sapore fruttato, ma pungente, costringendola a ingoiarla, le loro voci si fecero ancora più lontane, lontane…
E poi, il silenzio, la pace.
I suoi muscoli si rilassarono e lei tornò tra le braccia di Morfeo.
 
*
 
Erano le undici del mattino quando si svegliò.
Si mise a sedere, sentendosi un po’ frastornata, pensando che fosse molto in ritardo per il lavoro; vide diverse fiale di pozioni abbandonate sul comodino alla sua sinistra e poi la sua attenzione fu attirata da un movimento alle sue spalle.
Draco.
Doveva essere rimasto lì con lei; era così stordita da non essersi accorta di aver spinto via le sue braccia quando si era svegliata.
«Ho mandato un gufo al Ministero», le disse, quasi come se le avesse letto nel pensiero, la voce impastata dal sonno. «Hannah ha detto che dovrai restare a riposo per un paio di settimane.»
«C-cos’è successo?» domandò Hermione, senza voltarsi a guardarlo.
La sua vista era sfocata e sforzarsi di mettere a fuoco le faceva girare la testa.
«Niente, è solo un’influenza», spiegò il biondino, sommessamente. «Ma non possono curarti normalmente, perché puoi prendere solo quella pozione e ci impiega più tempo a fare effetto.»
La giovane sprofondò nei cuscini, frustrata. Non avrebbe dovuto trascorrere tutto quel tempo in spiaggia, con quel ventaccio e quel freddo; avrebbe dovuto prevedere che non fosse nelle condizioni di lanciare un Incantesimo Riscaldante sufficientemente potente per proteggerla.
Si voltò a guardarlo. Nel vederlo lì, così vicino a lei, preoccupato e triste, Hermione sentì la rabbia del giorno prima sfumare gradualmente.
«Sirius?» mormorò debolmente.
«Potter è passato questa mattina, subito dopo aver saputo del gufo», la informò. «Lo ha portato da Andromeda.»
«Ci è andato senza fare i capricci?» gli chiese, corrugando la fronte.
«No», rispose lui. «Sta insegnando a lui e Teddy il francese. Non sembra apprezzare.»
«È la quinta volta che ci proviamo» sospirò Hermione. «Gli ho detto che è importante per me, perché-»
«I tuoi nonni materni sono francesi e non parlano la nostra lingua.»
Lei deglutì, ma si sforzò di annuire.
Quante cose sapeva Draco di lei, veramente?
«Ci… ci scrivevamo i bigliettini in francese, al sesto anno…»
Hermione si irrigidì leggermente, per quanto il suo corpo debole potesse farlo. «Draco, non… non riesco, non ora…»
Il biondino annuì freneticamente. «No, sì, scusami…»
Lo vide rabbuiarsi, sembrava tenere particolarmente al ricordo, ma non insisté e lei comunque non aveva abbastanza energie per affrontare quella questione.
Notò l’incertezza nella sua postura e sul suo viso, come se stesse valutando se andarsene o meno, se stesse cercando di capire cosa preferisse.
«Come ti senti?» le chiese alla fine.
«Meglio, anche se un po’ debole» rispose lei sommessamente. «E fa un po’ freddo.»
Draco non fece in tempo ad estrarre la bacchetta per lanciare un Incantesimo Riscaldante che Hermione si era già rannicchiata contro di lui, aveva fatto scivolare le mani attorno ai suoi fianchi e posato il capo sul suo petto. Lo sentì sospirare di sollievo mentre ricambiava la stretta e iniziava ad accarezzarle i capelli con dolcezza.
«Sono quasi morto dalla paura.»
«Sei il solito esagerato» commentò lei, sforzandosi di ridere.
«Non sto scherzando, eri pallida come un lenzuolo e tremavi…»
«Sono solo stati giorni pesanti», sospirò lei. «E l’altra sera faceva freddo…»
Draco la strinse un po’ di più a sé.
«Senti… avrò bisogno di farti delle domande.»
«Ti dirò tutto ciò che vorrai sapere», la rassicurò lui.
Hermione fece un cenno d’assenso con il capo.
«Hermione, voglio che tu sappia che non sapevo che fossi incinta», le disse chiaramente. «Se lo avessi saputo, avrei mandato tutto al diavolo. Ti avrei portata via, ti avrei tenuta al sicuro. Ti… ti sarei stato accanto. Ho fatto di tutto per assicurarmi che lo Chalet fosse un rifugio solido… ti avrei protetta.»
«E io forse te lo avrei lasciato fare» ammise lei. «Ma non prima di aver saputo di aspettare Sirius e quando l’ho scoperto era già troppo tardi.»
«Lo so», sussurrò mesto lui. «Cos’è successo, dopo… dopo che ho dovuto lasciare Hogwarts?»
«Avevo dei sospetti, perché ero in ritardo da mesi e non me n’ero neanche resa conto, troppo presa da quello che stava succedendo», gli disse, sospirando. «Quando sono andata alla Tana ne ho parlato con Molly e abbiamo avuto la conferma. Io… non ricordo molto della mia gravidanza, credo che rientrasse nei ricordi rimossi dall’Oblivion. Devo verti pensato molto in quel periodo. So solo quello che mi hanno raccontato Harry e Ron... e a loro non avevo detto niente di noi due, per cui non sapevano dirmi chi fosse il padre o cosa avessi fatto durante il sesto anno.»
Hermione sospirò. «Credo che ce l’abbiano avuta con me per un po’, per questo. Dopo la caduta del Ministero, sono andata con loro, ma quando abbiamo perso il posto sicuro, sono andata da Andromeda. È strano perché ricordo di aver passato del tempo lì, ma non il perché. Dopo la nascita di Sirius, ho dovuto raggiungere Harry per aiutarlo con la ricerca della spada e poi le cose sono degenerate» raccontò. «Ron lo ha lasciato solo e noi siamo andati a Godric’s Hollow e gli ho accidentalmente rotto la bacchetta. Sono dovuta restare con lui. Sirius era da Andromeda, insieme a Tonks. Dopo quello che è successo a-al Manor, mi sono risvegliata che non ricordavo assolutamente nulla di lui.»
Lo sentì tirare su con il naso, le sue carezze farsi più decise, rassicuranti.
«Non è stato facile. Mi sono spaventata… c’era la guerra ed io ero sola e avevo appena diciotto anni… Sono rimasta con Harry e Ron, volevo che finisse il prima possibile. Ed è stato ancora più difficile dopo, senza i miei genitori… Harry e Ron che erano impegnati nel corso Auror… ma avevo Andromeda. Lei… immagino che ci siamo appoggiate l’una all’altra per andare avanti.»
Draco le prese il volto tra le mani e asciugò le sue lacrime. «Mi dispiace, My…»
«Lo so» sussurrò lei, abbozzando un sorriso. «Quando sono tornata a Hogwarts è andata meglio, sai… anche se mi sentivo sempre come se mancasse una parte di me, anche se ero braccata dai ricordi. Quelli che avevo e quelli che non avevo.»
«Come hai fatto con Sirius in quell’anno?»
«La McGranitt ha sistemato me e Sirius nei dormitori che un tempo erano usati per le scuole ospiti del Torneo Tremaghi. Ha permesso ad Andromeda e Teddy di venire con me. C’erano un sacco di Mangiamorte latitanti in quel periodo, Kingsley ha approvato. Avevo dei permessi per uscire dalla classe a certi orari o entrare più tardi… I professori lo sapevano. Lumacorno a volte gli faceva da babysitter, lo adorava, davvero.»
Draco rise. «Quel tipo è proprio strambo.»
«È solo insolito e un po’ superficiale per certi aspetti, ma ha un buon cuore» considerò lei, sorridendo al ricordo. «Ho avuto fortuna, persone che mi sono state vicino.»
Il biondino deglutì con forza e annuì. Hermione non sapeva se la cosa lo ferisse o lo consolasse, ma voleva che sapesse che se l’era cavata bene alla fine, che erano stati bene… anche senza averlo con loro.
«E Potter.»
La ragazza trattenne il respiro per un attimo nel sentire il tono della sua voce. Sembrava fosse carico di rimorso e qualcosa a metà tra l’invidia e la gelosia.
«E Harry» confermò lei. «Non so come facesse… trovava sempre il modo di passare a trovare Teddy e Sirius la sera, dopo i miei M.A.G.O.»
Draco soffiò dal naso. «Avrei voluto… avrei dovuto essere io.»
Hermione, per un momento, non rispose. «Non è stata colpa tua.»
«In un certo senso» ribatté lui. «Sarei dovuto tornare, almeno una volta calmatesi le acque...»
«Credevo che non ti importasse di me… di noi, se sapevi di Sirius.»
«No, non è così» si affrettò a dire il biondino, poi nascose il volto nell’incavo del suo collo, tra i suoi capelli. «Non pensarlo, mai. Io… credevo veramente che meritassi di meglio. Stavo cercando di fare la cosa giusta per te e tu non ricordavi… Insomma, cosa avevo da offrirti? Ma poi il Cuore ci ha indicati come partner e… sai, è una leggenda molto diffusa nel mondo Purosangue. Mi sembrava assurdo persino che esistesse veramente, perché si diceva che potesse individuare le anime gemelle… ed era una promessa meravigliosa, sapere che non mi ero sbagliato su di noi, che il mio errore in realtà era stato pensare di non essere l’uomo giusto per te. Ma al contempo era orrendo, perché tu non… non mi accettavi.»
Hermione singhiozzò. «Mi dispiace» mormorò, tirando su col naso. «Non mi sono neanche fermata a pensare a quanto tutto questo debba essere stato difficile per te. Sono stata così dura nei tuoi confronti…»
Le prese il volto tra le mani e la obbligò a guardarlo negli occhi. «Ehi, no, non farlo» le disse, risoluto. «Non avevi idea… e capisco perfettamente quanto sia stato difficile per te accettarlo sulla base delle informazioni che avevi in quel momento e di quanto debba averti destabilizzato il mio comportamento. Le tue reazioni erano perfettamente comprensibili, ed è per questo che non mi sono lasciato abbattere da esse.»
Lei iniziò a piangere, affondò il viso nel suo petto e si lasciò stringere dalle sue braccia forti.
«My… per favore, calmati» le sussurrò, leggermente agitato. «Stai rovinando il mio proposito di non farti piangere mai più per me.»
Hermione rise contro il suo corpo e cercò di fare quanto le aveva chiesto.
«Va tutto bene…» continuava a ripeterle.
Un pop! improvviso la distolse bruscamente dal pensiero dei suoi rimpianti. Tilly e Tippy saltellarono fino al letto, reggendo due vassoi tra le mani.
«Tilly e Tippy hanno portato la colazione ai signori!» esclamò la piccola elfa, raggiante.
«Anche se Tippy e Tilly non sapevano se i signori preferivano pranzare piuttosto, visto l’orario» asserì Tippy, all’improvviso preoccupato. «Tippy e Tilly possono tornare indietro e preparare il pranzo, signori.»
«Tilly ha fatto una torta per la signora» aggiunse l’elfa. «Ma si può lasciare come dessert, se la signora preferisce.»
Hermione sorrise genuinamente. «La colazione va bene», affermò dolcemente. «Grazie.»
Draco prese entrambi i vassoi e ne passò uno a lei.
Da quanto tempo non mangiava?
Si avventò sulla torta come se non ingerisse cibo da una settimana.
Gli elfi lasciarono il resto del dolce sul comodino e poi si Smaterializzarono, contenti.
«Glielo hai detto tu?» gli chiese, mentre finiva la porzione nel suo piatto.
Il biondino rise. «Temo che ormai abbiano preso il sopravvento e vivano esclusivamente per render felice te.»
Hermione emise un gemito confuso.
«Non si può dire che non abbiano obbedito alle mie direttive, comunque.»
Lei arrossì leggermente e si morse un labbro.
Aveva ancora fame.
Fece per alzarsi, ma Draco la fermò. «Ehi, ehi, dove pensi di andare?» la rimproverò. «Riposo, ricordi?»
«Voglio solo prendere un altro pezzo!»
«Faccio io.»
Le strappò il piatto dalle mani e si voltò per prendere dell’altra torta.
«Beh, questa è una cosa che non avrei mai pensato di vedere», commentò lei, divertita.
Le restituì il piatto e la guardò con gli occhi assottigliati. «Spiritosa.»
La colazione la mise di buon umore e le restituì parte delle sue energie.
«Resti qui con me?» gli domandò quando ebbero finito, speranzosa.
Draco le sorrise. «Finché lo vorrai.»
Hermione si ridistese e si voltò su un fianco. «E… posso avere delle risposte io, ora?»
Il biondino la imitò, puntando le sue iridi argentee in quelle di lei.
Non si sorprendeva più di tanto per essere finita tra le sue braccia, davvero; solo quegli occhi erano una motivazione più che sufficiente a giustificare la sua debolezza nel cedere alla tentazione.
«Da dove vuoi partire?»
Hermione aveva un milione di domande, ma in quel momento le importava solo di due cose: sentire la sua voce e avere più dettagli sulla loro relazione al sesto anno.
C’erano cose più importanti di cui discutere, ma non le sembravano più così urgenti.
«Mi… mi puoi parlare un po’ di noi?» chiese con voce incerta. «Ho letto il diario, ma c’erano dei buchi lunghi giorni a volte…»
«Vuoi sapere di quando ho quasi fatto saltare la mia copertura trattenendomi a stento dal tirare un cazzotto in faccia a McLaggen?»
Le sopracciglia della ragazza scattarono all’insù.
«Ero molto geloso», ammise lui. «Odiavo che nessuno sapesse che stavamo insieme. E lui era apertamente viscido nei tuoi confronti, al punto che certe volte prenderlo a pugni mi sembrava più importante del mettere i bastoni tra le ruote a Tu-Sai-Chi.»
Hermione fece ruotare gli occhi.
«Uhm, o forse vuoi sapere del miracolo che sono riuscito a compiere», considerò ancora. «Ovvero farti saltare più di una lezione.»
«Che cosa?» fece lei, sconvolta.
«Uh, sì», annuì lui, soddisfatto. «Quando sono stato in infermeria a causa del Sectumsempra, hai perso un giorno intero di lezioni per restare con me.»
«Beh, quello era più importante, no?»
«Sì, ma non sempre era situazione di vita o di morte. Tipo una volta, ti ho convinta a saltare Trasfigurazione per motivi di piacere
«Per quale assurdo motivo lo avrei fatto?» trillò la giovane, indignata.
Draco ghignò. «Non hai capito? Ti avevo promesso cose più… gratificanti di dieci punti a Grifondoro assicurati.»
Hermione arrossì.
«Oh, eri un po’ diversa al sesto anno sai», le rivelò lui, sorridendo vagamente. «A volte mi sorprendevi al punto che mi chiedevo se fossi qualcun altro sotto Polisucco.»
«Cosa intendi dire?»
Il biondino si strinse il labbro tra i denti. «La tua audacia da Grifondoro si rispecchiava anche in quell’ambito», spiegò. «A quanto pare i Babbani sono più aperti sulla questione “sesso”. E tu lo avevi preso come prendi qualsiasi altra cosa. Con curiosità e bramosia di sapere. Avevi sempre qualcosa di nuovo da voler provare… e io non mi tiravo di certo indietro.»
Lei si coprì il volto con entrambe le mani. «Oddio!»
Draco rise. «Ero diverso anche io, a quei tempi, comunque. Stavo ancora… cercando di capire chi fossi e non sempre riuscivo ad esprimermi a parole come avrei voluto, o ad aprirmi con te. Non so spiegarti come sia riuscito a conquistarti. Devi aver visto qualcosa in me che io non vedevo.»
Hermione gli sorrise. «Te lo dirò quando riavrò i miei ricordi.»
Lui si fece incredibilmente serio e deglutì. «In tal proposito, My… credo di aver finito la pozione. Dobbiamo capire come testarla, ma… credo di esserci, ormai.»
I suoi occhi si allargarono, illuminata dalla speranza. «Davvero?»
Draco annuì. «Ho già contattato il Ministro per avviare la fase di testing. L’unico intoppo è che dovrai comunque attendere un po’, prima di poterla usare. Non è… il tipo di pozione da assumere durante una gravidanza, né durante il periodo di allattamento…»
«Ma… ma io voglio ricordare!» protestò lei, con gli occhi lucidi. «Voglio… voglio ricordarti, Draco.»
Il biondino le sorrise con affetto. «E io voglio che tu lo faccia, ma dovremo aspettare ancora un po’.»
La strinse forte a sé. «Posso mostrati i miei ricordi, intanto, se vuoi. Ho un Pensatoio in ufficio.»
«Oh», esclamò lei. «È per questo che…»
Lui annuì prima che finisse la frase. «Temevo potessi vederli per caso e fraintendere o… insomma, non sarebbe stato l’ideale che lo scoprissi in quel modo. Neanche com’è successo, in realtà, però…»
«Mi faresti sul serio vedere i tuoi ricordi?»
«Sono anche tuoi», le fece notare. «E comunque, hai già letto il mio diario.»
«Oh, ehm… non sono sicura di essere dispiaciuta, per quello», ammise la ragazza.
Draco alzò gli occhi al cielo. «Non… non esserlo. Va bene. Credevo di averlo perso, comunque.»
Per qualche momento, Hermione non proferì parola; cercava di capire cosa volesse sapere prima, ma non riusciva a decidersi, così optò per continuare a porgergli le domande così come le venivano in mente.
«Non mi è ancora ben chiaro il come» mormorò. «Il perché…»
«Cosa intendi?»
«Insomma, per quanto possa sembrare assurdo che io abbia iniziato a provare qualcosa per te, il fatto che tu abbia iniziato a provare qualcosa per me lo sembra ancora di più.»
«Non ho iniziato a “provare qualcosa per te”», la corresse. «Mi sono innamorato di te.»
«Ancora più assurdo.»
Il biondino chiuse gli occhi e scosse la testa. «Sai… la gente era gentile nei miei confronti tutto il tempo, ma non perché volesse esserlo. C’era chi voleva qualcosa da me, o dalla mia famiglia, chi semplicemente ne era intimorita… ma tu, tu non avevi alcun motivo, anzi, tutto il contrario, eppure mi hai dimostrato gentilezza, un tipo genuino di gentilezza», mormorò, come se ci stesse pensando per la prima volta in quel momento. «Che io non meritavo, ma che mi hai dato ugualmente. Credo che abbia iniziato a cambiare la mia prospettiva sulle cose. Non ero molto entusiasta di dover lavorare con te all’inizio, penso si fosse capito dal diario, ma il tuo consiglio mi era stato utile e ho deciso di dare una chance alla cosa. Con il tempo, mi sono reso conto che mi piaceva stare con te. Che volevo la tua amicizia, anche se è durato poco, visto che ho iniziato abbastanza presto a desiderare di più. Tu…» deglutì con forza. «Tu mi facevi sentire come se fossi un sedicenne qualsiasi. Mi facevi credere che potessi essere qualcun altro, mi facevi sentire una persona migliore. E forse, spero, alla fine, di esserlo diventato davvero.»
Hermione gli sorrise. «Lo sei diventato.»
Si chinò leggermente verso di lei per baciarla e lei accolse le sue labbra con un nuovo calore. Era persino più intenso, ora, notò Hermione.
«Perché My?» gli domandò ancora.
Era la cosa più stupida che poteva chiedergli, ma non le importava.
«Ho iniziato a chiamarti così dopo la nostra prima volta» le raccontò.
«Non lo capisco, quel soprannome.»
«È un gioco di parole» chiarì lui. «Mione, Mine, Mini… My. Non potevo mica chiamarti come facevano tutti gli altri!»
«Mini?» gli fece eco lei, sollevando un angolo del naso.
Draco rise. «Ricordo di aver pensato che sembravi così piccola tra le mie braccia la prima volta che ci siamo abbracciati… e sei oggettivamente bassa, My
«Fottiti, furetto
Il biondino fece schioccare la lingua. «Non potendo più usare Malfoy, hai deciso di ripiegare tornando su furetto?»
Lei fece una smorfia indifferente. «Ti dona.»
La guardò di sottecchi per un po’, poi pronunciò un secco «No
«Tanto faccio quello che voglio.»
«Come se non lo sapessi», sbuffò lui.
Hermione non continuò quel punzecchiamento giocoso, al contrario, tornò seria. «Non credo che avrei retto tutto questo, subito dopo la guerra», ammise sospirando. «È davvero tanto.»
Draco la studiò con attenzione, ma si ritrovò ad annuire, comprensivo. «Lo so. È sempre stato il nostro problema.»
«Credi che sia per questo che non ho mai detto a Harry e Ron di noi due?»
Lui ponderò per qualche secondo la risposta da darle, poi espirò stancamente. «Credo che in quel periodo non eravamo pronti ad affrontare il peso di noi due in quanto coppia. Non pubblicamente.»
Lei parve riflettere sulla sua teoria, mentre tracciava pigramente dei ghirigori sulla sua schiena.
«Penso che, per quanto tu fossi coraggiosa, in quel momento di instabilità, ti piaceva vedere la nostra storia come una sorta di rifugio dal mondo esterno, esattamente come piaceva farlo a me», continuò a riflettere lui. «Era… la nostra bolla felice, lontana da tutto e da tutti.»
La giovane si strinse di più a lui e Draco la accolse con entusiasmo. Restarono in silenzio per quelle che parvero ore, in quella posizione, ascoltando l’uno il respiro dell’altra.
«Voglio dirlo a Sirius, Hermione» le confessò dopo un po’. «Voglio dirgli che sono veramente suo padre.»
Hermione annuì contro il suo petto, le palpebre che iniziavano a chiudersi; il suo profumo le irretiva i sensi e il suo calore la cullava dolcemente, il suo tocco delicato sulla sua nuca la rilassava. «Glielo diremo questa sera, va bene?» sussurrò con un filo di voce.
«Credi che… credi che la prenderà male?»
«Draco» sospirò lei. «Credo che lui lo sappia già.»

 
*

Quando Harry arrivò, quella sera, salì in camera da lei a salutarla.
Sirius si fiondò sul letto e la strinse in un abbraccio soffocante.
«Fai piano, ometto» lo ammonì dolcemente Draco. «La mamma è ancora molto debole.»
Il Prescelto li osservò entrambi di sottecchi, come se stesse studiando la situazione, e il biondino sbuffò.
Hermione corrugò la fronte, perplessa. «Harry?»
«Lo sa» disse Draco al giovane. «Mia madre ci ha messo il suo zampino.»
«Codardo», borbottò Harry, ricevendo in risposta un’occhiata torva.
«Cosa?» esclamò lei. «Tu lo sapevi?»
Il moro guardò suo marito con aria disperata. «Sono libero?»
Quella domanda confuse la ragazza ancora di più.
Draco annuì; gli tese una mano e l’altro la prese, mentre il biondino agitava la bacchetta in un movimento deciso e solenne.
Una rete dorata apparve attorno ai loro arti intrecciati e poi si spezzò. «Il Voto di Segretezza non c’è più.»
Harry sospirò di sollievo.
«Glielo hai detto e poi gli hai fatto stringere un Voto di Segretezza?» commentò Hermione, scioccata e indignata al contempo.
Lui si accigliò. «Certo che no, non sono stupido!» esclamò in risposta. «Prima gli ho fatto fare il Voto di Segretezza e poi gliel’ho detto.»
Hermione sgranò gli occhi e spalancò la bocca. «Sei veramente impossibile, Draco Malfoy!»
Sirius si schiarì la gola. «Di cosa state parlando?»
Entrambi i genitori sospirarono.
«Io, ehm», fece Harry, a disagio. «Ginny mi aspetta per la cena…»
E dopo un rapido cenno di saluto sfrecciò fuori dalla stanza.
Draco si sedette sul bordo del letto, visibilmente pallido e agitato. «Ecco, noi dobbiamo dirti una cosa…»
Notando il malessere del marito, Hermione decise che fosse meglio subentrare. «Vedi, non potevamo dirtelo prima, perché l’incidente che la mamma ha avuto cinque anni fa ha reso necessario che papà procedesse cautamente», iniziò, indorando la pillola e cercando di coprire quanto più possibile l’errore di omissione commesso dal biondino, per assicurarsi che il bambino non si arrabbiasse per non averglielo detto subito. Il biondino le rivolse uno sguardo carico di gratitudine, quando comprese ciò che stava facendo.
«Vedi, Sirius…»
«Guardate che io lo so già che sei veramente il mio papà», commentò lui sbuffando. «Non sono stupido.»
«Ehi, non dire questo tipo di parole» lo riprese Draco.
«Tu lo hai appena detto!»
«Io sono un adulto!»
Il bambino sbuffò di nuovo, le braccia incrociate al petto.
Hermione pensò che praticamente suo figlio le avesse appena detto che era lei, quella stupida, con quel commento.
La perplessità di entrambi era palese dalle loro espressioni, comunque.
«E tu», aggiunse rivolgendosi al biondino, «sei più chiaro nelle tue allusioni di quanto pensi, papà.»
Le guance di Draco si arrossarono leggermente. «Cosa intendi dire?»
«“Essere tuo padre mi rende l’uomo più felice del mondo”» citò il bambino, sottolineando l’assenza del condizionale nella frase. «Non era così sottile come pensavi.»
Hermione lo guardò stupita.
Gli aveva veramente detto quello?
«Non volevo mentirti sulla mia identità, ma non potevo neanche dirtelo chiaramente», si giustificò il biondino, sulla difensiva. «Non era affatto così scontato. Sei tu che sei troppo sveglio per la tua età.»
Sirius fece ruotare gli occhi. «Beh, i capelli dicevano già tanto» spiegò come se fosse ovvio. «Non ho incontrato nessuno con lo stesso colore dei miei capelli, prima di te.»
«Cosa?» boccheggiò Hermione, spiazzata. «Credevo non sapessi neanche tu quale fosse il tuo colore naturale!»
«Io non l’ho mai detto» ribatté lui. «Ho solo fatto finta di non saperlo per prenderti in giro. E poi, l’unica volta che li ho portati al loro colore naturale, mi hai detto di non farlo più.»
La donna tirò un lungo sospiro stanco. «Mi dispiace, Sirius» gli disse. «Io non lo sapevo e… tuo padre non poteva ancora dirmelo.»
«Capisco» commentò il bambino. «Certo, sarebbe più facile perdonarvi se per il mio prossimo compleanno potessi ricevere una scopa vera
Draco soffocò a stento una risata e Hermione trattenne il respiro per qualche secondo, per poi distendere il viso in un sorriso affettato. «Questo» sibilò tra i denti, voltandosi a guardare il marito con uno sguardo accusatorio. «Lo ha preso da te.»
Lui rise. «Non ci sono dubbi.»

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Capitolo 13
*** 13. Ariadne ***


The Weight of Us



CAPITOLO 13
Ariadne





 







TW: Menzione di violenza, contenuti sensibili


POV HERMIONE



Tre mesi dopo, Draco aveva finalmente finito di mostrarle i ricordi.
Aveva lasciato per ultimo il ricordo della loro prima volta, perché Hermione inizialmente non era sicura di sentirsi a proprio agio con l’idea di guardare l’evento dall’esterno, ma alla fine aveva deciso di farlo dato che le pesava enormemente non avere memoria di un momento così importante della sua vita. Gli aveva chiesto, però, di poterlo visionare da sola e aveva anche deciso che non avrebbe visto gli altri ricordi riguardanti i loro rapporti intimi.
Ne avrebbe recuperato la memoria quando finalmente avrebbe potuto assumere la pozione UnObliviate, che aveva superato a pieni voti i test del Ministero e sarebbe stata brevettata a breve; Hermione aveva personalmente chiesto a Kingsley se potesse essere testata anche in relazione a un’eventuale somministrazione ai Babbani e il Ministro, consapevole della delicata situazione con i suoi genitori, aveva acconsentito, ma ancora non aveva ricevuto notizie in merito ai risultati della verifica.
Non che potesse andare in Australia in quel momento della sua vita, comunque, ma le sarebbe piaciuto avere la speranza di poter riavere i suoi genitori prima della nascita della bambina.
Quando Draco le aveva detto che Hannah aveva scoperto il sesso del nascituro e che se lo era fatto dire, Hermione aveva sentito le parole di Lucius rimbombare nella sua testa come una minaccia, ma poi il biondino aveva mostrato un tale entusiasmo e una luce nei suoi occhi nel dirle che avrebbero avuto una femminuccia che tutta la sua preoccupazione era svanita rapidamente com’era arrivata.
Uscì dal Pensatoio intontita e anche leggermente eccitata.
Trovò Draco pronto a sostenerla con le sue braccia forti e lei fu grata di avere il suo corpo a cui appoggiarsi.
Le girava la testa.
I viaggi nel bacile diventavano sempre più faticosi da reggere per lei, ma per fortuna avevano finito di visionare tutti i momenti salienti che era troppo impaziente di vedere per poter attendere di recuperarne il ricordo.
Il biondino deglutì e la studiò con attenzione, in evidente agitazione. «Tutto bene?»
Hermione annuì.
Il suo respiro era accelerato, ma non aveva nulla a che fare con l’uso del Pensatoio in sé.
Le immagini che aveva appena visto si ripetevano in loop dietro le sue palpebre.
Draco era stato così dolce e premuroso nei suoi confronti che per un momento aveva persino dubitato che si trattasse di lui; in realtà, quel Draco si scontrava così tanto con il ricordo del lui sedicenne che persisteva nella sua mente, che vederlo insieme a lei, trattarla con riguardo e dolcezza e gentilezza, le sembrava più surreale di quanto non le fosse sembrato il comportamento del Draco adulto quando tutta quella storia sulla Marriage Law era iniziata.
Quando alzò lo sguardo su di lui, rossa in volto, lo trovò a fissarla nervoso. Lei abbozzò un sorriso.
«Andiamo in camera?» gli chiese e un ghigno si aprì immediatamente sul suo viso.
La prese in braccio e qualche secondo dopo si stava già incamminando sulle scale che conducevano alla stanza padronale.
*
«Ti ricordi quando ti ho chiesto con quante donne sei stato?»
Draco annuì distrattamente. Stava ancora baciando le sue spalle nude e non sembrava intenzionato a smettere presto.
«Non capivo come facessi a sapere esattamente dove fossero tutti i miei punti sensibili, ad essere così bravo in questo» ammise con un sospiro, rabbrividendo al contatto delle sue labbra con la sua pelle; lo sentì lasciarsi andare a una breve risata gutturale, il suo petto tremare contro la sua schiena nuda. Era girata su un fianco, a guardare fissa la parete davanti a sé.
«Ho pensato che fosse perché eri stato con tante donne.»
Lui rise più forte. «No, ho solo avuto modo di conoscere particolarmente a fondo il tuo corpo» commentò con malizia e allusività.
«Beh, allora ancora non sapevo che fossimo stati insieme al sesto anno», obiettò lei, perché si sentiva leggermente presa in giro in quel momento.
«Innumerevoli volte», specificò Draco. «Talmente tante volte che a un certo punto ho smesso di contare. Non riuscivo a toglierti le mani di dosso, un po’ come adesso, non è davvero cambiata questa cosa.»
Lei si voltò sull’altro fianco per guardarlo.
«Ehi, non avevo ancora finito di-»
«Chi è l’altra donna, Draco?» gli domandò a bruciapelo.
Il biondino si immobilizzò, le sue sopracciglia si unirono. «Eh?»
«Hai detto di essere stato soltanto con un’altra donna, prima di me.»
«Hai letto il diario», rispose lui, confuso. «Non c’è stata nessun’altra prima di te.»
«No, intendo… nel presente. Quando te l’ho chiesto, tu hai detto…»
Lui si passò la lingua tra le labbra. «No», la corresse, interrompendola. «Ho detto di essere stato soltanto con una donna e basta, ma non potevo essere troppo specifico in quel momento.»
Gli occhi di Hermione si ingrandirono mentre realizzava che le era rimasto fedele per tutto quel tempo.
«Hai cambiato fronte per me», sussurrò incredula. «E hai aspettato…?»
Lui annuì, guardandola serio. «Anche quando ero deciso a lasciarti andare, io… non riuscivo a guardare le altre donne. Vedevo solo te», confessò a bassa voce. «Mi mancavi a tal punto che appena ho saputo che avevi iniziato a lavorare al Ministero sono andato da Potter a chiedergli di darmi un posto come consulente. Gli ho detto che mi annoiavo a casa, ma era solo una scusa per vederti.»
«Oh», esclamò, a corto di parole e anche di respiro, vista l’intensità con cui la stava guardando.
«Ci sei sempre stata solo tu», le disse, poi chinò il viso verso di lei e iniziò a tracciare la linea del suo collo con le labbra. «Ci sei solo tu», continuò, raggiungendo la sua bocca per baciarla; alzò lo sguardo per incrociare il suo. «Ci sarai sempre solo tu, My
«Anche io sono stata solo con te», sussurrò lei, chiudendo le braccia attorno alla sua nuca.
«Lo so, me lo hai detto», le rammentò Draco. «E per fortuna, perché stavo impazzendo al pensiero e non sapevo come chiedertelo.»
Un angolo delle labbra di Hermione si incurvò, poi si mordicchiò il labbro inferiore, pensierosa. «Sei stato molto dolce, durante la nostra prima volta» commentò con un filo di voce. «Non sapevo avessi un lato dolce prima
Lui rise, piegando la testa e portando le ciocche davanti dei suoi capelli di un biondo quasi bianco a sfiorarle il volto. «Neanche io», ammise. «Lo hai fatto uscire tu.»
Gli rivolse un sorriso genuino, poi tornò seria e lo guardò intensamente negli occhi. «Draco, non mentirmi mai più. Non nascondermi niente.»
L’espressione sul viso di lui si fece solenne. «Non lo farò mai più. Non voglio più commettere errori con te.»
«Bene», disse lei. «Perché io ti amo, Draco. E non sopporterei altre bugie.»
Le labbra di Draco si dischiusero. Era la prima volta che lo diceva in maniera così aperta, che gli diceva quelle due paroline.
Le sorrise, poi si sporse sul comodino per prendere la sua bacchetta. «C’è una cosa che vorrei mostrarti.»
Hermione corrugò la fronte, rimase in attesa.
«Expecto Patronum
La sua bocca si aprì a formare una ‘o’ perfetta.
Un esemplare argenteo luminoso di lontra maschio saltellava attorno a loro, felice.
“Essere tuo padre mi rende l’uomo più felice del mondo.”
Hermione non dovette chiedergli quando era riuscito finalmente a lanciare l’Incanto Patronus, dato che nel diario ne parlava, rimpiangendo di non esserne capace, né tantomeno aveva bisogno di spiegazioni sulla sua forma, perché il Patronus di Draco era la controparte del proprio e ciò poteva voler dire solo una cosa.
Il biondino le asciugò le lacrime dal viso con dolcezza e lei affondò il volto nel suo collo, stringendosi forte a lui e riflettendo che, in quel momento della sua vita, non c’era nient’altro al mondo che agognava quanto desiderava ricordarlo appieno.
*
Era un venerdì sera, ma Sirius li aveva abbandonati ed era rimasto a dormire a casa di Andromeda per stare un po’ con Teddy e loro si erano concessi una lunga cena a lume di candela.
Draco aveva insistito, perché “non aveva mai avuto modo di portarla a un vero appuntamento e voleva farlo assolutamente”, così, quando erano ritornati alla villa, avevano deciso di fermarsi in salotto; il biondino stava per sistemare i cuscini sul pavimento, - erano ancora in tempo per vedere il loro film del venerdì sera dopotutto -, quando i sensori sulla strada che portava alla spiaggia parte della proprietà iniziarono a suonare l’allarme.
I due scattarono immediatamente sull’attenti.
«Tieni fuori la bacchetta, ma resta qui» le disse perentorio e prima che Hermione potesse protestare in alcun modo, il biondino sfrecciò all’esterno della villa.
Il braccio di Hermione tremava, ma non dipendeva dal suo ormai superato problema dovuto alle Cruciatus di Bellatrix; era stata contenta di aver finito la terapia prima di rimanere incinta perché non avrebbe potuto completarla altrimenti e avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo, dopo. Avrebbe odiato perdere quasi cinque anni e mezzo di lavoro.
Quando la testa bionda di Draco apparve sulla soglia, la bacchetta ritirata, Hermione si rilassò e tirò un respiro di sollievo. I sensori si spensero.
«Abbiamo una visita» annunciò in tono neutro. «Farò presto, sarò nel mio ufficio…»
«Temo che non ci siamo capiti, Malfoy», affermò una voce profonda alle sue spalle, che alla giovane sembrò provenire da un passato non molto lontano. «Non sono venuto qui per parlare con te.»
Blaise Zabini varcò la soglia con lo sguardo puntato dritto su Hermione.
Lei lo fissò spiazzata.
Cosa mai poteva volere da lei?
Non si erano mai rivolti la parola, neanche per caso, durante una delle serate al Lumaclub…
«Vorresti parlare con mia moglie?» chiese Draco, altrettanto sorpreso.
Zabini annuì, impassibile. «In privato, possibilmente.»
Lo sguardo del biondino saettò su di lei, forse chiedendole spiegazioni, ma doveva sembrare ancora più stupita di lui, perché l’uomo si rivolse nuovamente al loro “ospite” inaspettato.
«Non penserai veramente che ti lascerò da solo con lei.»
«Falla finita, Malfoy», sbuffò Blaise, tirando fuori la sua bacchetta.
Sia Hermione, sia Draco estrassero nuovamente le loro, ma il giovane alzò le mani in segno di pace e tese la sua bacchetta al biondino. «Così va meglio?»
Draco si voltò a guardarla in cerca di conferma e lei annuì.
«Bene, allora vado a finire quella cosa nel mio ufficio», annunciò e si ritirò a passo incerto verso la porta del suo studio.
Hermione poteva sentirlo sbuffare ed imprecare dentro di sé, come se potesse leggergli nel pensiero.
Ci teneva particolarmente a quella serata e gliel’avevano appena interrotta senza preavviso.
A Draco non piaceva quel genere di sorpresa.
Invitò Zabini ad accomodarsi e gli offrì un bicchiere di Firewhiskey, poi attese che parlasse.
«Sono venuto, per così dire, a fare una soffiata anonima.»
Hermione sollevò le sopracciglia. «Saresti dovuto andare da Harry», rispose lei, conciliante. «Io non sono un Auror.»
«No, ma credo che, se c’è qualcuno in grado di fare qualcosa in merito a questo, quel qualcuno sia proprio tu.»
Hermione giunse le mani, i muscoli del suo corpo d’un tratto tesi.
«Si tratta di Theodore Nott», le anticipò. «Ho delle informazioni da rivelare circa il suo matrimonio con Ariadne Chapman che, come ben saprai, è una Nata Babbana.»
La giovane deglutì; il tono di Blaise non le piaceva per niente. Lo invitò a proseguire con un breve cenno del capo.
«Susan ed io eravamo a un evento, ieri», le raccontò, il tono di voce mesto. «Nott e sua moglie erano lì. Le dinamiche tra di loro… hanno suscitato i nostri sospetti. Susan sarebbe dovuta venire qui con me, ma ha avuto un contrattempo.»
Hermione corrugò la fronte. «Sospetti di che tipo?»
«Crediamo che non la tratti come dovrebbe» specificò Blaise. «E lei sembrava spaventata e abbattuta. Non ha rivolto la parola a nessuno e la sua migliore amica era lì. Sarebbe il caso di far aprire un’indagine in merito.»
«Perché sei qui a riferirmi queste cose, Zabini?» gli chiese circospetta. «E perché hai mandato via mio marito con tanta insistenza prima di farlo?»
Lui parve sorpreso dalle sue domande. «Credo sia piuttosto ovvio», considerò. «Malfoy… insomma, non so come ti tratta, ma potrebbe essere… era un Mangiamorte. Nessuno smette mai di essere un Mangiamorte, no?»
«Non accetterò simili accuse su di lui in casa nostra» sibilò lei, indisposta. «Mio marito mi tratta con il dovuto rispetto, Zabini.»
«D’accordo, Granger, calmati. Susan voleva solo accertarsene, era preoccupata.»
«Granger-Malfoy» precisò lei. «Puoi dirle che apprezzo il suo interesse, ma che tutto ciò che avviene tra me e Draco è totalmente consensuale.»
«Bene», asserì lui, apparendo adesso a disagio. «E per quanto riguarda Ariadne?»
«Parlerò con Harry e farò aprire un’indagine», gli assicurò, poi socchiuse gli occhi e lo studiò attentamente. «Cosa te ne importa, comunque?»
Blaise sospirò. «Non ho mai fatto alcuna dichiarazione pubblica, sai, ma io… ho abbandonato la linea purosanguista dopo la guerra», chiarì. «Susan ed io… noi stavamo già insieme prima della Marriage Law, ma mia madre non lo sapeva, perché Susan è una Mezzosangue e non avrebbe approvato. Ne abbiamo approfittato. Non mi sento a mio agio con l’idea di tacere su Nott.»
Hermione restò per qualche secondo in silenzio, completamente sorpresa da quelle informazioni, ma poi annuì.
«Ti ringrazio per la soffiata, Zabini.»
«Blaise», le disse. «Puoi chiamarmi Blaise, signora Granger-Malfoy
«Hermione, allora», rispose lei, sorridendogli e stringendogli la mano.
«Salutami tuo marito», si premurò di dire Blaise, mentre recuperava la sua bacchetta e si accingeva a lasciare la villa. «Credo che la mia presenza l’abbia irritato. Spero di non aver interrotto niente.»
«Draco preferisce essere avvisato in anticipo di eventuali visite» spiegò Hermione. «Ma gli spiegherò dell’emergenza, non preoccuparti.»
Accompagnato Zabini al punto di Smaterializzazione, rientrò in casa e si lasciò cadere pesantemente sul divano. Quello che le aveva detto su quella povera ragazza… Hermione non riusciva a smettere di pensare a ciò che stava passando, all’impellenza di aiutarla. Trovare un modo per far revocare quella legge era divenuto più urgente che mai.
«Cosa voleva Zabini?» le chiese subito Draco, raggiungendola rapidamente. «My, stai bene? Sembri molto pallida.»
Hermione deglutì. «Devo andare in biblioteca» farfugliò lei in risposta. «Devo… devo trovare un modo. Subito.»
Non appena si alzò, lui le si parò subito davanti, chiudendo le mani sulle sue spalle con decisione. «My, di cosa stai parlando?» le domandò, perplesso. «Cosa sta succedendo?»
«Sta succedendo quello che temevo fin dal primo giorno, Draco!» gridò lei, con le lacrime agli occhi. «Devo… devo far revocare la Legge il prima possibile, far annullare tutti i matrimoni combinati!»
Il colore defluì dal volto del giovane, che si pietrificò sul posto, le braccia che cadevano pesantemente lungo i suoi fianchi. «Non capisco. Vuoi ancora… uscirne? Hai detto… hai detto di amarmi…»
«Non si tratta di noi!» esclamò Hermione, disperata. «Non lo capisci? Io sono qui, con te che fin dal primo giorno cerchi costantemente di rendere la nostra vita coniugale perfetta, ma lì fuori c’è una Nata Babbana che è sposata con Theodore Nott e chissà cosa sta attraversando in questo momento!»
Il suo respiro era accelerato e spezzato.
Si sentiva in colpa.
Le tornò in mente la metafora della “bolla felice” in cui si erano rinchiusi insieme al sesto anno e si rese conto che avevano fatto di nuovo la stessa, identica, cosa. Perché a un certo punto, Hermione aveva smesso di pensare agli altri, a quelli che non si erano innamorati, quelli che non erano stati fortunati nell’essere stati abbinati dal Cuore.
Aveva smesso di cercare, perché lei era felice.
Era un ragionamento troppo egoista perché potesse andarle bene.
«Ascoltami, non puoi addossarti la responsabilità del resto del mondo! Hai sentito Hannah, non puoi tenere i ritmi di prima!»
«HO COMBATTUTO UNA GUERRA L’ULTIMA VOLTA!» urlò allora Hermione. «Posso reggere qualche ora in biblioteca dopo il lavoro, non trovi?»
Draco sgranò gli occhi, poi trasse dei respiri lunghi e profondi. «D’accordo, ascolta. Ho bisogno che tu ti calmi e poi definiremo un piano d’azione… Ma non ti permetterò di sfinirti.»
«Allora aiutami!» esplose lei, agitando le braccia per aria. «Aiutami a sistemare questo casino.»
Il biondino assottigliò le labbra. «Mi stai chiedendo di aiutarti a fare annullare il nostro matrimonio?»
«Ti sto chiedendo di aiutarmi a dare una scelta a chi è stato costretto a sposarsi!»
Lo vide nei suoi occhi che la sua scelta di parole aveva colto nel segno; la possibilità di scegliere era ciò che gli era mancato per tanto tempo.
«C’è gente che non l’ha voluto, Draco, gente che non ha avuto la nostra fortuna, gente che questo matrimonio non lo vuole tutt’ora.»
«Tu non l’hai voluto», considerò lui.
«Nemmeno tu» sussurrò lei. «Questo non è mai stato quello che volevamo.»
La fissò per quelle che parvero ore, poi Draco tirò su col naso e annuì. «Va bene», disse. «Ti aiuterò a trovare una soluzione.»
Hermione gli sorrise e lo abbracciò. «Resterò comunque tua.»
Un angolo delle labbra di Draco si sollevò. «Sì?»
«Sì.»
«Mi sposerai di nuovo?» le chiese ancora.
«Sì», rispose lei, senza esitazione.
«Prima che nasca Lyra?»
«Buon Godric», esclamò lei, ridendo. «Sei proprio all’antica.»
Draco sbuffò. «È una cosa a cui tengo. Avrei voluto fare le cose per bene, con te. Fin dall’inizio…»
Il sorriso sulle labbra di Hermione si allargò. «Direi che quella chance ce la siamo giocata al primo incontro.»
Il biondino fece ruotare gli occhi, ma la sospinse contro il muro, poi posò le mani sulla parete, ai lati della sua testa. La discussione da cui si era originato quel discorso sembrava ormai un ricordo lontano, una cosa che le accadeva spesso quando fissava gli occhi argentei del marito.
«Siamo perfettamente imperfetti, Draco Malfoy» sussurrò dolcemente. «E va bene così.»
«Davvero?»
«È perfetto», confermò ancora la giovane.
Draco si portò una mano nell’interno della giacca ed estrasse uno scatolino.
«Non doveva andare a finire così, ma immagino che non abbia più importanza» sospirò rassegnato, poi le si inginocchiò davanti e lo aprì. «Hermione, ehm, Granger-Malfoy, tra poco probabilmente di nuovo Granger, vuoi risposarmi?»
Hermione rise, ma annuì con vigore. «Sì.»
Draco le infilò l’anello al dito e si rialzò per baciarla con trasporto.
Dopo quelle che parvero ore, lei allontanò leggermente il viso per guardarlo. «Da dove esce?»
«Hai visto quel ricordo, ti avevo detto di avere già in mente l’anello perfetto per te… ma non ho mai avuto modo di dartelo. E questo… beh, non era esattamente il matrimonio che avevamo immaginato, no?» balbettò lui, in difficoltà. «Ho pensato che dopo i cinque anni avremmo comunque potuto risposarci, renderlo… reale, come lo volevamo. E questo… vedi, ogni Malfoy alla nascita riceve due anelli gemelli» le spiegò, indicando il suo, quello che aveva sempre portato al dito sin dal primo anno. «L’altro va alla donna che amano e che decidono di sposare. Al momento dello stabilimento del legame matrimoniale, gli anelli si collegano… ovviamente noi siamo già sposati, per cui…»
Draco si portò l’anello alle labbra e Hermione sgranò gli occhi, sentendo il proprio riscaldarsi.
«Oh», fece lei, meravigliata, osservando il gioiello con curiosità; era probabilmente di platino, con un diamantino bianco incastrato al centro, tra quelle che sembravano le due parti di un serpente delicato.
«Ho provato a chiedere se fosse possibile fonderlo per dargli un aspetto un po’ meno Serpeverde, ma mi hanno detto che avrebbe potuto compromettere la magia del legame, per cui…»
Ovviamente, Lucius e Narcissa non si aspettavano solamente che il figlio avrebbe sposato una Purosangue, ma anche che questa fosse stata in Serpeverde a scuola. Lei non era nessuna delle due.
Hermione gli sorrise. «Salazar si starà rivoltando nella tomba», commentò con un sussurro che, anche se voleva suonare divertito, lasciava trapelare la sua emozione. «Ma è bellissimo.»
Draco le regalò uno di quei rari sorrisi pieni, carichi di sentimento, che la riscaldò dall’interno.
La stava scrutando con un labbro stretto tra i denti; Hermione era sicura che potesse vedere gli ingranaggi del suo cervello lavorare per decodificare quel tipo di magia.
«L’anello ti permetterà di trovarmi sempre, Hermione», si arrese alla fine; le prese le mani tra le sue e se le portò alle labbra per baciarle. «Devi solo sentirmi
Le loro labbra si unirono e Hermione, gli occhi chiusi e la testa poggiata contro la parete, lo sentì veramente. Era come se riuscisse a percepirlo in ogni fibra del suo corpo, come... come se potesse avvertire perennemente la magia che li aveva legati quando si erano sposati.
«Merlino» esclamò Draco, ridendo contro le sue labbra, spostando le mani sul suo ventre. «Sta crescendo più rapidamente, ora.»
*
Iniziarono le ricerche il giorno dopo.
Hermione aveva già letto quei libri almeno due volte, ma aveva dovuto ammettere che entrambe le volte era stata esausta e andava avanti con due o tre ore di sonno al giorno da settimane, per cui stavano dando loro una terza rilettura.
Non avevano ancora trovato niente di utile.
Hermione aveva iniziato ad avvertire la pressione e lo stress che provocava il tardare ad ottenere risposte, così, per distrarla, il biondino l’aveva praticamente obbligata ad anticipare la loro serata film, ricordandole che Hannah si era premurata di rammentarle di non affaticarsi troppo.
Era una cupa notte di fine giugno e un brutto temporale estivo imperversava all’esterno, quando Harry si presentò nel loro salotto senza preavviso.
Draco era appena salito in camera per portare Sirius a letto e Hermione, tenendosi il suo pancione da sesto mese di gravidanza, era quasi saltata giù dal divano quando aveva visto il camino illuminarsi di verde, accendendo l’intera stanza.
Non le piacevano gli abbagli di luce verde, le ricordavano gli Avada Kedavra e la guerra.
«Non lo fare mai più, Harry Potter!» gridò, la bacchetta ancora puntata contro di lui, il cuore che le batteva furiosamente nel petto.
«Scusami, Mione», disse colpevole. «Era un’emergenza.»
Dietro di lei, emerse una figura esile e tremante.
Hermione mise via la sua bacchetta e la scrutò con aria preoccupata e perplessa allo stesso tempo.
«Lei è… Ariadne Nott», la informò Harry. «Siamo appena riusciti a portarla via da Nott Manor, ma non parla con nessuno. Mi dispiace per l’orario, davvero, ma…»
I passi di Draco riecheggiarono alle loro spalle e, quando apparve nella loro visuale, la ragazza iniziò a urlare.
«No! No!»
Cercò di gettarsi nel camino, ma Harry le portò via la polvere prima che potesse lanciarla e sparire.
«Ariadne!» tentava di calmarla, ma invano, visto che lei continuava imperterrita a dimenarsi.
«Avevi detto che sarei stata al sicuro!» gridava la giovane. «Me lo avevi promesso!»
«Ariadne», provò allora Hermione, cercando di suonare rassicurante. «Qui sei al sicuro, te lo prometto.»
«A casa di Draco Malfoy?» ruggì lei, mentre lo guardava terrorizzata e scuoteva con forza la testa.
Draco si era pietrificato sull’ultimo scalino.
«Ariadne», fece per parlare Harry, ma lei non glielo permise.
«Tu… Sono appena scappata dall’inferno in cui il Ministero mi ha mandata e tu mi porti da un Mangiamorte? Non eri tu quello che li combatteva?»
Il biondino serrò gli occhi.
«Draco non ti farà del male Ariadne» intervenne Hermione, cercando di tenere a bada il fastidio per il modo in cui stava parlando di suo marito in casa loro. «Lui non è-»
«No?» strillò lei, piangendo. «E quello com’è successo?» sbraitò, indicando il ventre pieno di Hermione. «Vuoi dire che eri d’accordo?»
La giovane sbarrò gli occhi. «Sì, certo!» affermò lei, non più in grado di nascondere l’irritazione.
Si voltò a guardare il biondino, che se ne stava immobile, con postura rigida.
«Mio marito mi ha sempre trattata con rispetto…»
«Oh, davvero?»
«…da quando conta, il resto non è affar tuo! Sono disposta ad aiutarti, Ariadne, ma non se parli di mio marito in questo modo…»
«Come puoi voler stare con lui! È un Purosangue tradizionalista!»
«Non lo è più!» gridò Hermione spazientita.
Sentì Draco toccarle un braccio e dirle qualcosa sottovoce, probabilmente un “lascia stare”, che lei non aveva alcuna intenzione di assecondare.
«È Draco Malfoy!» insisté Ariadne, gli occhi colmi di lacrime.
«E TU NON LO CONOSCI!» urlò Hermione, con tutta la voce che aveva in gola. «Capisco che tu sia sconvolta Ariadne, e non ho idea di cosa tu abbia passato, ma devi calmarti e devi smetterla! Non ti succederà nulla!»
Harry cercava di tenerla ferma tra le sue braccia, ma lei continuava a divincolarsi.
«Sono stata trattata… in quel modo da uno che il Marchio neanche lo aveva!» singhiozzò Ariadne. «Come faccio a pensare di poter essere al sicuro qui se c’è lui?»
«Me ne vado, va bene?» fece il biondino, conciliante. «Io… vado di sopra e…»
Hermione fece per ribattere, ma non ne ebbe il tempo, perché la vocina spaventata di Sirius riecheggiò nel salotto.
«Mamma? Papà? Che succede?»
La giovane fece per dirigersi da lui, ma Draco la fermò. «Vado io, My. Occupati di questa cosa.»
Lo seguì con lo sguardo mentre raggiungeva il bimbo a metà scalinata e lo prendeva in braccio per riportarlo nella sua stanza.
Hermione chiuse gli occhi e respirò a fondo.
«Guardalo», sussurrò alla ragazza. «Ti sembra una brutta persona? Credi che ti farà del male con suo figlio di sei anni nell’altra stanza? Credi che io lo difenderei, se non lo meritasse?»
Ariadne chiuse gli occhi e cominciò a piangere; smise di dimenarsi, così Harry la lasciò andare e lei cadde per terra, con il volto tra le mani.
Hermione fece per avvicinarsi e sedersi al suo fianco, ma la pancia era ormai troppo grande per potersi accomodare sul pavimento agevolmente; Harry le fece cenno di no con la testa e aiutò la sventurata a rialzarsi, per farla accomodare sul divano.
«Vuoi del tè, Ariadne?» le domandò. «O della cioccolata calda? Ti farà sentire meglio.»
Tilly e Tippy, che fino a quel momento avevano assistito alla scena con gli occhioni spalancati, a metà tra il terrore e il furore per il modo in cui la nuova arrivata stava parlando della loro famiglia, sparirono subito e riapparvero poco dopo con delle tazze fumanti.
«Grazie, Tilly» disse Hermione «Grazie Tippy.»
Gli elfi annuirono e sparirono con il vassoio su cui erano ancora posate un paio di tazze.
Hermione sperò che Sirius non prendesse il vizio dello spuntino della mezzanotte così presto nella sua vita.
«Allora, Ariadne» mormorò Hermione dopo un po’. «Stiamo cercando di far revocare la legge. Questo ti permetterebbe di sfuggire a Nott e di avere l’annullamento del matrimonio. Ma per riuscirci, abbiamo bisogno della tua testimonianza. D’accordo?»
Ariadne annuì lentamente.
Harry si mise dritto, afferrò un taccuino e iniziò ad appuntare quello che le diceva.
«No, mi fa prendere la pozione… non vuole figli da una Sanguemarcio, dice…»
«…il bambino della Parkinson è suo…»
Hermione e Harry si scambiarono uno sguardo a quella informazione; Ron gli aveva detto che continuavano a non parlarsi, che lui era a casa sua, mentre Pansy era rimasta dai suoi genitori e non intendeva far nulla per cambiare quella situazione. Avvisava la Parkinson in caso di controlli da parte del Ministero, così che si facessero trovare nella stessa abitazione, poi si separavano senza neanche dirsi una parola. Lo sapevano già che quel bambino non era di Ron e neanche gli importava, soprattutto visto che speravano comunque di far revocare la Legge al più presto, ma si erano sempre chiesti chi fosse veramente il padre. Ora avevano la risposta a quel quesito: dopo il rifiuto di Draco, Pansy Parkinson era andata da Nott.
«…Lei voleva proporci uno scambio, ma Theodore si è opposto…»
«E lui è andato comunque con la Parkinson?» le chiese Harry e Ariadne annuì.
«Lui… lui dice che comunque sono sua moglie… viene da me, quando è ubriaco…»
La sua voce crollò e Hermione iniziò ad avvertire il pavimento sparirle da sotto i piedi, realizzando che da quel momento in poi, il resoconto delle violenze subite da Ariadne da quando era stata obbligata a sposare Nott non avrebbe fatto altro che peggiorare.

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Capitolo 14
*** 14. New Measures ***


The Weight of Us



CAPITOLO 14
New Measures


 






POV HERMIONE


Erano le quattro di notte quando Harry e Ariadne lasciarono Dragonshore, diretti a un rifugio sicuro, e Hermione risalì le scale che portavano alla zona notte della villa, sentendosi esausta, sconvolta e profondamente disgustata da quanto aveva appena appreso.
Si affacciò nella stanza di Sirius e vide che il bambino sonnecchiava tranquillamente nel suo letto. Draco, però, sedeva sul davanzale della finestra, sveglio, con lo sguardo perso all’esterno e una gamba penzoloni; non sembrava averla sentita. Gli si avvicinò silenziosamente, posò una mano sulla sua spalla e lui sussultò leggermente.
«Andiamo a dormire», mormorò Hermione, con un filo di voce quasi supplicante e lui sospirò a fondo, ma si rimise in piedi e la seguì nella loro stanza.
«Non dovevi difendermi», le disse stancamente, iniziando a sbottonare la sua camicia.
Lei si accigliò. «Sei mio marito e ti stava accusando ingiustamente, in casa nostra per giunta…»
«Anche se, devo essere sincero, è bello che qualcuno prenda le mie parti, per una volta… aspetta», la fissò con sguardo meravigliato. «Hai detto casa nostra
Hermione arrossì. «Io, cioè, non volevo… scusa…»
«Scusa?»
Draco rise e scosse la testa con veemenza; la afferrò per i polsi e la abbracciò, circondandola interamente con le sue braccia; il viso di Hermione aderì alla pelle nuda del suo petto e inspirò il suo profumo travolgente. «Dopo il diario e i ricordi, davvero non lo hai ancora capito? Questa casa è sempre stata per noi. Per te
Hermione sorrise e si alzò sulle punte per baciarlo, poi lo trascinò a letto, dove si distesero.
«Odio che la gente si rifiuti di vederti» mormorò triste lei, rannicchiandosi contro di lui. «Odio il modo in cui ti trattano, il fatto che ti parlino così…»
«Ci sono abituato» sospirò il biondino, la rassegnazione che traspariva con chiarezza dal tono della sua voce. «Non mi importa, non davvero. A me basta che tu mi veda per quello che sono veramente.»
La giovane lo strinse con più decisione. La mano di Draco scivolò sul suo ventre ad accarezzarlo con dolcezza e fare protettivo allo stesso tempo.
«Possono dire quello che vogliono sul mio conto, posso sopportarlo…» ammise debolmente, «ma non che lo facciano davanti a mio figlio. Sirius poteva sentire.»
Hermione alzò il viso per guardarlo in faccia. «Appena risolveremo la faccenda della Marriage Law, diremo al mondo la verità sul tuo ruolo nella guerra.»
Lui scosse debolmente il capo. «Non posso chiederti di rivivere tutto, My», sussurrò con voce spezzata. «Di ricominciare tutto daccapo. Non so se posso farlo neanche io stesso.»
«Non è giusto», insisté lei. «Hai rischiato la tua vita restando tra le file dei Mangiamorte come infiltrato, il mondo deve saperlo! E ti deve anche delle scuse!»
«Hermione, voglio che una cosa sia chiara», disse lui. «All’inizio, io quel Marchio maledetto lo volevo, va bene? Non riesco neanche a capire come abbia fatto a conquistarti, né la prima, né la seconda volta. Io… Non sono una brava persona, non sono un eroe.»
«Ma non sei neanche una cattiva persona» obiettò Hermione. «Hai cambiato idea, dopo. Hai fatto qualcosa per rimediare ai tuoi sbagli. Persino Silente quando aveva diciassette anni ha fatto delle scelte discutibili…»
«Tutto quello che ho fatto dopo aver cambiato idea, l’ho fatto per te, My» chiarì Draco. «Non l’ho fatto per salvare il mondo magico. L’ho fatto perché volevo che tu fossi al sicuro. Nessuno mi deve delle scuse, forse solo Piton per non aver detto nulla a Potter su di me, ma ormai è andata. Diremo le cose come stanno ai nostri figli e fine del discorso.»
Lei gli accarezzò dolcemente una guancia.
Il biondino chiuse gli occhi e soffocò un singhiozzo. «Vorrei solo che la smettessero di accusarmi di essere capace di farti del male…»
«Draco, Ariadne ha sbagliato, ma…» rabbrividì, gli occhi le si colmarono di lacrime. «Non prenderla troppo sul personale.»
Draco sollevò un sopracciglio e lei sospirò pesantemente. «Non hai idea di quello che mi ha detto, quello che ha passato da quando è stata costretta a sposare Nott. Era sconvolta e spaventata…»
«…E io ero pur sempre un Mangiamorte?»
Hermione si irrigidì. «Non ho detto questo! Solo che è comprensibile che fosse titubante sul fidarsi di un Purosangue di una famiglia che fa parte delle Sacre Ventotto!»
«Sei tu la mia famiglia!» sbottò lui. «Tu, Sirius… Ho depennato il nome dei Malfoy da quella lista nell’esatto momento in cui ho messo gli occhi su di te!»
«Non ti sto accusando, smettila di usare quel tono!» esclamò lei, irritata. «Ariadne non ti conosce! Ed era terrorizzata! Ha perfino rifiutato di andare alla Tana, nonostante nessuno dei Weasley abbia mai sostenuto l’ideologia purosanguista!» lo informò. «Draco, Nott ha abusato di lei per tutti questi mesi, l’ha trattata come un fottuto oggetto, le ha fatto del male, mentre non mancava di ripeterle che il motivo di ciò erano le sue origini!»
Hermione scoppiò a piangere. «Tu… tu non hai idea di cosa significhi subire violenza e sentirti dire che il motivo è perché non vieni considerata una persona, ma spazzatura.»
Draco deglutì e il suo senso di colpa lampeggiò visibilmente nei suoi occhi. «Mi dispiace…»
Lei scosse il capo per ritornare in sé, poi si asciugò le guance con i palmi della mano. «Dobbiamo fare qualcosa» gli disse, troncando quel discorso doloroso. «Dobbiamo sbrigarci, potrebbero esserci altre persone nella stessa situazione.»
Lui annuì e la strinse a sé.
«Se penso che…» la voce le morì in gola mentre stava per esprimere quel pensiero agghiacciante e la presa di Draco sul suo corpo si intensificò.
«Hermione, non ho mai avuto intenzione di acconsentire a un re-match», le disse. «E non avrei mai permesso che tu finissi con qualcuno di pericoloso in ogni caso.»
Lei tirò su col naso. «Come se fosse in tuo potere…»
«Forse non sono stato chiaro», asserì lui, prendendole il volto tra le mani e guardandola negli occhi. «Raderei l’intero mondo al suolo pur di proteggerti.»
*
Dal momento che non erano stati fortunati con il riesame dei libri a loro disposizione, Draco aveva fatto un salto al Manor per cercare qualcosa di utile nella biblioteca dei Malfoy, visto che si era portato a Dragonshore solo i testi che lo interessavano e quelli che analizzavano nello specifico le leggi matrimoniali del mondo magico non erano tra questi.
Era ritornato poco dopo, con una Narcissa speranzosa di poter conoscere Sirius al seguito.
Ne avevano discusso in precedenza e Hermione, sebbene fosse reticente ad acconsentire, aveva lasciato nelle mani del biondino la decisione in merito; le aveva portato i libri in biblioteca, così da poter iniziare a leggere, mentre lui supervisionava l’incontro nel salotto.
Gli era grata per non averle chiesto di presenziare a sua volta, non sapeva ancora come gestire Narcissa Malfoy, né tanto meno se era pronta a farlo.
Quella sera, dopo che la madre era andata via, Draco aveva dato a Sirius il suo anello personale. Non era uguale a quello che portava lui, però, perché il biondino ne aveva cambiato il design; era più semplice, non vi era alcuna traccia di serpenti, al cui posto era stata incastonata una “M” blasonata, circondata da un drago stilizzato, la cui coda si intrecciava sinuosamente tra le linee della lettera e il cui occhio era messo in risalto da un diamantino nero. Aveva inoltre precisato che era suo desiderio che gli anelli di famiglia venissero realizzati in quel modo da quel momento in poi, perché aveva deciso quando aveva fatto costruire Dragonshore di cambiare l’emblema dei Malfoy e aveva detto a Hermione che intendeva far sostituire anche la riproduzione sul cancello con quella nuova versione; infine, le aveva chiesto se avesse voglia di pensare a un nuovo motto di famiglia che andasse a marcare definitivamente un nuovo inizio per il Casato dei Malfoy.
«Tuo padre non ne sarà felice», gli aveva fatto notare lei dopo aver sentito delle sue risoluzioni rivoluzionarie in merito al casato dei Malfoy, ma lui aveva risposto con una noncurante scrollata di spalle.
«Io non ero felice del buon novanta per cento delle sue decisioni», aveva ribattuto con indifferenza. «E non se n’è mai curato. Non vedo perché dovrei preoccuparmi della sua opinione in merito. È nelle mie mani il futuro dei Malfoy, quindi la decisione spetta a me.»
Sirius li aveva poi interrotti per chiedere perché nel portagioielli ci fosse anche un altro anello, più piccolo e delicato del suo.
«Si adatterà automaticamente al dito della persona che deciderai di sposare un giorno», gli aveva spiegato Draco. «Quello è per lei.»
Hermione dischiuse le labbra, rendendosi conto che si era sempre dimenticata di domandargli come funzionasse l’anello per quanto riguardava la taglia e ottenendo finalmente la risposta a quella domanda sfuggente; inoltre, non aveva potuto fare a meno di notare la neutralità dietro quella frase, provando una punta di orgoglio nel constatare che il biondino non stesse dando per scontato che “la persona che Sirius avrebbe sposato un giorno” sarebbe stata una donna.
«Quindi, quello della mamma era il gemello del tuo?» aveva indagato ancora il bambino, con gli occhi luminosi.
Draco gli aveva sorriso. «Esatto, ometto.»
Aveva poi intrecciato la mano a quella di lei e, guardandola, aveva aggiunto: «Ho aspettato a lungo di poterglielo dare, sai?»
Gli aveva poi parlato della magia intrinseca agli anelli, di come i due si sarebbero connessi al momento del matrimonio e di come permettessero di percepirsi l’un l’altro, di trovarsi, in un certo senso di farli restare insieme anche quando, di fatti, non lo erano.
«Verrà custodito nel caveau di famiglia alla Gringott fino ai tuoi diciassette anni.»
Draco aveva inoltre ribadito che se Hermione avesse voluto prelevare qualcosa dal suo caveau avrebbe potuto farlo, perché aveva esteso l’accesso a lei, premurandosi di specificare che era “il caveau Black-Malfoy” e non quello dei Malfoy, che apparteneva ancora a Lucius. Lei gli aveva ripetuto che non aveva alcuna intenzione di toccare un centesimo di quei soldi e che aveva i suoi risparmi da parte a cui attingere in caso di necessità. Il biondino continuava a vedere la cosa come una parte di lei che rifiutava ancora di far parte della sua famiglia, ma per Hermione era in realtà solo un’affermazione di indipendenza. Un giorno, Draco ne avrebbe capito la differenza, ne era sicura.
«Papà mi sta insegnando a suonare il piano», l’aveva informata ancora Sirius, «facciamo due ore di volo e due di piano. E nel pomeriggio sto studiando matematica e letteratura. Mi ha persino convinto a dare una possibilità al francese.»
Hermione gli aveva spettinato i capelli, che ora portava rigorosamente del suo colore naturale, quel biondo quasi bianco che aveva ereditato da Draco, mentre gli diceva che era fiera di lui, di entrambi. Le venne quasi da ridere nel realizzare che l’entusiasmo del piccolo alla possibilità di trascorrere del tempo con suo padre lo aveva portato persino ad impegnarsi nell’apprendimento del francese, cosa che lei e Andromeda avevano per anni cercato invano di spingerlo a fare.
«Uhm, quindi è questo che fanno gli spocchiosi bambini Purosangue prima di Hogwarts» aveva commentato una volta rimasta sola con Draco. «Studi ordinari di materie utili. Più il volo, che secondo me sarebbe il caso di apprendere direttamente a scuola.»
Lui aveva fatto ruotare gli occhi. «Sono perfettamente in grado di insegnare a mio figlio a volare in tutta sicurezza», aveva ribadito. «E comunque, preferirei che Sirius non rischiasse di schiantarsi contro il Platano Picchiatore per sbaglio.»
Hermione si era zittita, perché ricordava perfettamente del ragazzino che, l’anno dopo il loro, aveva vissuto quella brutta esperienza, e aveva dovuto convenire che forse non fosse un male che Draco insegnasse a loro figlio come volare, in anticipo.
«Credi che ci sia qualcos’altro di importante da fargli studiare?» le aveva domandato poi, entrando a sua volta nell’enorme vasca idromassaggio del bagno privato nella loro stanza.
Era una loro abitudine, quella di fare il bagno insieme prima di andare a dormire, spesso con della musica rilassante in sottofondo. Hermione adorava come i loro profumi si fondevano nell’aria, amalgamandosi alla perfezione e dando vita a una fragranza inebriante.
«Credevo che stessi seguendo qualche programma standard o qualcosa del genere.»
Draco aveva riso. «No, non esiste. Ogni genitore insegna quello che reputa più importante che il figlio apprenda prima di dedicarsi alle arti magiche a tempo pieno» le aveva spiegato. «Inutile dire che quello che veniva insegnato a me da mio padre non è appropriato, quindi non ho niente di preciso su cui basarmi.»
Hermione gli aveva stretto una mano nella sua e aveva voltato leggermente il viso per guardarlo negli occhi.
«Cosa… cosa ti insegnava?»
Lui aveva chiuso le palpebre e scosso il capo, come ogni volta in cui gli aveva posto domande un po’ troppo specifiche e delicate sulla sua infanzia; non gli piaceva parlarne e lei rispettava il suo volere, attendendo che fosse pronto lui ad aprirsi sulla questione. In tal caso, però, la risposta era abbastanza scontata: Arti Oscure. Hermione ricordava benissimo l’incanto che aveva utilizzato per evocare un serpente quando erano solo al secondo anno, magia troppo avanzata per un bambino di dodici anni e sicuramente estranea al programma di insegnamento di Hogwarts per le sue caratteristiche oscure.
«Mi piacerebbe che sapesse qualcosa di Storia della Magia», aveva sospirato Hermione. «Se Binns sarà ancora lì quando andrà a Hogwarts, temo che non apprenderà nulla.»
Draco aveva riso al ricordo del professore fantasma.
«E vorrei insegnargli qualcosa sulla Storia Babbana. Anche Scienze, magari… ma a quello ci penserò io.»
«Scienze?» aveva ripetuto lui, perplesso.
Hermione aveva sorriso. «Domenica vi farò vedere una cosa.»
*
Il giorno dopo, Draco e Hermione erano già totalmente immersi nelle nuove ricerche.
«Credevo che il Cuore dovesse individuare le anime gemelle o quantomeno compatibili», mormorò con voce assente Hermione.
Sentì Draco sospirare dietro di lei, il suo petto alzarsi e abbassarsi contro la sua schiena; la sua mano tremò leggermente sul suo ventre.
«Il Cuore, come avrai capito, non riconosce pregiudizio e divergenze, né considera le esperienze personali passate, Hermione. Non saremmo stati abbinati neanche noi due, altrimenti.»
«Quindi mi stai dicendo che se tu non avessi cambiato posizione, saremmo comunque finiti insieme?»
Il biondino si irrigidì all’idea di quella prospettiva, ma annuì brevemente. Hermione non poté fare a meno di domandarsi come si sarebbe comportato Draco in quel caso; sarebbe riuscito a ottenere un cambio di match? Oppure avrebbe semplicemente accettato la proposta della Parkinson? Si chiese anche chi dei due avrebbe cercato di uccidere l’altro per primo.
«Abbiamo un modo di ragionare simile, ci capiamo, abbiamo una nostra complicità. E in ciò in cui siamo diversi, siamo complementari. Abbiamo molti interessi in comune, persino in ambito sessuale siamo perfettamente compatibili» osservò Draco. «Quindi sì, Hermione. Saremmo ugualmente finiti insieme.»
«Quindi, se lei non fosse stata una Nata Babbana o Nott un purosanguista invasato, loro sarebbero stati… semplicemente fatti l’uno per l’altra
Il biondino annuì di nuovo.
La giovane sospirò. «Perché è così determinante?» pose quella domanda più a sé stessa che a lui, in maniera retorica, ma Draco le rispose ugualmente.
«Non lo so, non l’ho mai capito veramente», ammise. «E non mi sono mai fermato a chiedermelo finché non ci siamo avvicinati, ma questo già lo sai.»
Frasi che aveva letto sul suo diario del sesto anno, disperse tra i suoi pensieri più confusi, riemersero nella sua memoria; Draco aveva provato a reprimere ciò che provava, aveva combattuto la guerra tra cuore e cervello, ragione e sentimento… Era iniziato tutto con lui che si sentiva in colpa per come l’aveva trattata, visto che lei gli stava mostrando una immeritata gentilezza in quel presente, poi aveva iniziato a riflettere su cosa significasse davvero per lui il concetto di status di sangue, finché non era arrivato alla conclusione che non gli interessava affatto, che quello che provava per lei era più importante, che era tutto ciò che contava per lui e gli aveva dato un nome, finché non aveva realizzato che era disposto a sacrificare tutto, in favore del loro amore, perché era tutto ciò che voleva veramente dalla vita.
«Sai, non ho mai pensato che ce l’avrei fatta davvero» le rivelò sospirando. «Né la prima, né la seconda volta. Aiutarmi era un conto, forse persino concedermi una sorta di amicizia, ma non credevo che avresti mai potuto provare qualcosa per me.»
«Non lo credevo neanche io, all’inizio» confessò lei con rammarico. «Solo che… tu hai questo modo di intrigare la gente che rende impossibile opporre resistenza. Ho dovuto conoscerti e una volta che lasci vedere chi sei veramente, tu…»
Il biondino scosse il capo. «Mi importa solo che mi veda tu, te l’ho già detto», le rammentò prima che aggiungesse qualsiasi cosa sull’eventualità di uscire allo scoperto, rivelando al mondo la verità sul suo ruolo nella guerra; non si era ancora arresa, anche se lui negava sempre. «Non mi fido degli altri, potrebbero usare tutto contro di me e io devo proteggerci, Hermione. Non voglio che mi conoscano come mi conosci tu. Uno di noi due deve poter fare lo stronzo, quando serve.»
Hermione sospirò. Era un peccato, secondo lei, che nascondesse con tanta ostinazione la parte migliore di sé al resto del mondo.
Restarono in silenzio per un po’, continuando a studiare i loro libri, poi Draco parlò di nuovo, forse ispirato da un passo che stava leggendo in quel momento.
«Una delle mie paure su tutta questa storia era che se non avessimo avuto successo con la pozione UnObliviate, saremmo finiti come i miei genitori.»
«Credevo che loro si amassero» replicò la giovane, confusa.
«In un certo senso», disse lui. «Ma non totalmente, capisci? Non mi è mai stata bene, l’idea che quello fosse il massimo a cui poter aspirare. Io volevo quello che abbiamo noi.»
Hermione si voltò per sorridergli e dargli un bacio, poi si riposizionò per tornare a leggere. Erano entrambi ingarbugliati sul divano più grande della biblioteca, stretti l’uno all’altra, quando Draco la spostò con delicatezza e si mise a sedere.
«Credo di aver trovato qualcosa, guarda», le disse, ma Hermione non fece in tempo a leggere a sua volta perché Tippy fece il suo ingresso nella stanza, tutto tremante.
«Padr-S-Signori. C-ci sono p-persone dal M-Ministero.»
Hermione corrugò la fronte.
«Non ne so niente», mormorò spiazzata, ma si alzò immediatamente.
«Vado io», le disse Draco, «nascondi i libri.»
La giovane si affrettò a mettere via i volumi, poi si diresse verso l’ingresso, dal quale proveniva l’eco di una conversazione molto accesa tra due voci estremamente familiari: quella di Draco e quella di Cormac McLaggen.
«Cosa stai insinuando, McLaggen?» stava ringhiando il biondino, mentre l’altro gli scoccava un’occhiata di superiorità.
«Assolutamente niente, Malfoy. Sto solo facendo il mio lavoro.»
Dal suo tono, Hermione dedusse che doveva avergli già detto cosa era venuto a fare a Dragonshore, che Draco non aveva affatto apprezzato e che McLaggen stava provando una soddisfazione immensa nel sottolineare che non potesse rifiutare di collaborare.
«Dov’è Hermione?» insisteva Cormac, ormai divenuto scontroso. «Hai intenzione di chiamarla o devo far perquisire la casa?»
«Cosa succede?» s’inserì lei, prima che il marito potesse rispondergli; stava evidentemente faticando a mantenere il controllo, così posò una mano sul suo petto per calmarlo. Il suo respiro era pericolosamente accelerato. Draco le circondò le spalle con un braccio, ma non proferì parola.
«Oh, bene» commentò McLaggen, arricciando il naso davanti a quella scena. «Sono qui per un controllo, Hermione.»
Le tese un documento che spiegava che in seguito alla denuncia presentata da Ariadne Nott e alla sua testimonianza, il Wizengamot aveva emanato un’ordinanza speciale secondo la quale tutti i match con un membro potenzialmente a rischio avrebbero dovuto essere soggetti a controlli senza preavviso, per accertare l’assenza di problemi.
«Non c’è nessun problema, qui» gli assicurò Hermione. «Puoi andare.»
«Non è così che funziona, Hermione» chiarì lui, con un ghigno appena accennato stampato in viso. «Ho l’obbligo di verificare.»
«Ti sto dicendo che va tutto bene» ripeté lei, seccamente. «Non è necessario fare proprio nulla.»
A quel punto, Hannah Longbottom fece capolino nella stanza. «Seguo Hermione con la sua gravidanza, Cormac», affermò timidamente. «Posso garantire io, non c’è alcun motivo…»
«Potrebbe averla manipolata, messa sotto incantesimo o aver disilluso eventuali prove di violenza», insisté McLaggen, con l’aria di chi stava profondamente assaporando quel momento.
Draco era rigido contro di lei, Hermione non aveva bisogno di sporgersi a guardare per sapere che la mano libera era serrata in un pugno ferreo e che si stava appellando con tutte le sue forze all’Occlumanzia per non perdere il controllo; il suo naso e le sue labbra erano arricciate, nell’eco di un’espressione indignata e irritata che sembrava riemergere direttamente dal loro passato.
«Non le farei mai del male» ringhiò tra i denti, la sua pazienza era chiaramente sul punto di esaurirsi.
«E io ho il compito di verificarlo, Malfoy, dal momento che sei un soggetto potenzialmente pericoloso, per lei. Per non parlare del fatto che c’è un minore che vive qui, due a breve…»
Il biondino fece uno scatto verso Cormac quando sentì quelle ultime accuse, ma Hermione lo trattenne ancorandosi al suo braccio. «Stai calmo», sibilò cercando di non muovere le labbra, in modo che solo lui potesse sentirla. «Non dargli scuse.»
Draco ridusse le labbra a una linea sottile, espirò rumorosamente dal naso, producendo un suono che rassomigliava un ringhio ferino.
«Stai oltrepassando il limite, Cormac» disse poi a voce alta, rivolgendosi all’interessato con tono tagliente. «Questo è inaccettabile.»
«Hermione, sei un membro ad alto rischio, devo controllare, capisci?»
«Non corro alcun rischio!» ribatté lei, furente. «Ti abbiamo detto tutti che non ci sono problemi-»
«Sei stata un membro di alto profilo dell’Ordine della Fenice, sei una Nata Babbana e una dipendente del Ministero» riepilogò McLaggen, ostinato. «E Malfoy è un, ehm, ex Mangiamorte. Perdonami se non ti credo sulla parola. Hannah, per favore procedi con gli esami medici. Voglio un verbale completo.»
Dal suo sguardo e dal modo con cui studiava Draco, gli occhi accesi da una luce e l’aria vagamente soddisfatta, Hermione capì che tutto quello, per Cormac, non aveva niente a che fare con la sua sicurezza: voleva solo colpire Draco, umiliarlo.
«Sarebbe il caso di visitare anche il bambino.»
«È mio figlio» ringhiò tra i denti il biondino. «Non gli farei mai del male!»
«Certo», soffiò McLaggen in tono untuoso e sarcastico. «Ci crediamo tutti a quell’assurda storia di voi due a scuola. Preferirei accertarmi della buona salute del bambino.»
«Sai, è dal sesto anno che cerco solo un pretesto per spaccarti la faccia…» sibilò Draco a denti stretti, ma Hermione gli artigliò un braccio e gli lanciò uno sguardo di avvertimento.
«Lascia fuori nostro figlio da questa storia» ci provò lei, ma Cormac, come sospettava avrebbe fatto, la ignorò.
La giovane emise un gemito di frustrazione, ma quasi arrendevole; voleva che tutto quello, per quanto ingiusto e umiliante fosse, finisse il prima possibile, anche a costo di assecondare quell’idiota.
«Finisci la frase, Malfoy», lo sfidò McLaggen, mordendosi il labbro inferiore mentre sghignazzava divertito.
Draco gli rispose con una smorfia d’odio, ma all’aumentare della presa di Hermione sul suo braccio fece un passo indietro. 
Hannah si avvicinò a loro, corrucciata. «Mi dispiace, ragazzi.»
Fece un cenno con il capo a Hermione, invitandola a dirigersi nell’altra stanza. «Draco, mi dispiace, ma devo chiederti di andare a prendere anche Sirius.»
Le iridi grigie del giovane si offuscarono e le sue labbra si assottigliarono nuovamente, ma fece un breve e caustico cenno d’assenso con la testa e si incamminò su per le scale.
Hermione fulminò McLaggen con lo sguardo. «Una parola di troppo, Cormac, un solo insulto davanti a nostro figlio e l’unico nome sul referto medico di questa sera sarà il tuo.»
*
La prima cosa che Hermione fece dopo aver messo a letto Sirius, esausta dalle spiegazioni improvvisate che aveva dovuto dargli in merito agli eventi di quel pomeriggio, fu correre da Draco.
Era maledettamente preoccupata per lui. Subito dopo che McLaggen e Hannah avevano lasciato Dragonshore, infatti, il biondino era montato in sella alla sua scopa ed era sparito per ore; quando era tornato, non aveva proferito neanche mezza parola e si era chiuso nel suo ufficio, saltando la cena.
Aveva optato per lasciargli un po’ di spazio, prima di parlargli, - sapeva che era meglio permettergli di calmarsi prima di intavolare il discorso -, per cui ora sperava di trovarlo nella loro stanza. Tirò un sospiro di sollievo quando lo vide in piedi davanti alla finestra, ma si sentì un po’ meno sollevata quando notò il bicchiere di Firewhiskey nella sua mano e la bottiglia mezza vuota sul comodino.
«Draco?»
Per qualche lungo istante non le rispose, poi la sua voce, fredda e bassa, riempì l’aria.
«Che tipo ti esami vi hanno fatto?»
Hermione deglutì. «Hanno solo verificato le nostre condizioni di salute.»
Draco si voltò a guardarla, un sopracciglio sollevato. «Lo sai che la voce ti viene leggermente stridula quando cerchi di tagliar corto un discorso che non vuoi affrontare?»
La giovane arrossì, ma non disse niente.
«Cosa stavano cercando?»
Hermione si puntellò sul posto, nervosamente. «Draco, lascia perdere.»
«Hermione, Sirius è anche mio figlio, ho il diritto di saperlo.»
Lei sospirò. Quella faccenda non sarebbe andata a finire bene, se lo sentiva.
Perché non poteva lasciar perdere? Perché doveva arrabbiarsi di più? O torturarsi? O qualunque fosse la cosa faceva quando si ostinava in quel modo sul voler sapere a tutti i costi cose che era perfettamente consapevole che lo avrebbero ferito?
«Tracce di violenza fisica. E… vogliono farci fare una valutazione psicologica in settimana.»
La presa di Draco sul bicchiere si fece più forte; arricciò il naso e le diede nuovamente le spalle.
«E su di te?» chiese a denti stretti. «Hanno fatto esami più specifici?»
«Draco…» provò a protestare, ma lui non transigette.
«Rispondimi.»
«Sì», ammise in un sussurro.
«Cosa si aspettavano di trovare?»
Hermione esitò un’altra volta.
«Hermione!» la incitò lui, una nota d’impazienza nella voce.
Dal momento che non rispondere equivaleva a rispondere ugualmente, trasse un respiro profondo e, con voce quasi inudibile, mormorò: «Tracce di violenza sessuale.»
Il pugno di Draco si schiantò contro il vetro della finestra, mandandolo in frantumi.
Hermione sobbalzò e strillò, portandosi le mani sulla bocca. «Draco!»
I vetri ricaddero metà sul pavimento interno alla stanza, metà di sotto, dritti nel giardino.
Si avvicinò a lui, facendo attenzione ai frammenti, agguantò il suo braccio e lo costrinse a voltarsi.
«Quanto cazzo hai bevuto?» urlò in tono accusatorio, trafiggendolo con lo sguardo.
«Non sono ubriaco, sono incazzato!»
Draco si divincolò dalla sua presa, ma immaginava che fosse difficile opporle resistenza quando la sua mano sanguinava copiosamente. Doveva dolergli in modo lancinante.
«Sei un maledetto idiota! Potevi farti male!» lo ammonì lei, «Potrebbero usare la Legilimanzia su di me durante la valutazione psicologica e interpretare questa cosa come gli pare! Io non sono un’Occlumante!»
«Hai delle basi sufficienti per nascondere qualcosa» berciò Draco, spiazzandola. «Ti ho dato lezioni di Occlumanzia al sesto anno.»
Hermione lo fissò sbattendo le palpebre.
Quando aveva intenzione di dirglielo? In tutti quei mesi, da quando si erano ritrovati, avrebbe potuto insegnarle di più… Non era il momento, però, di affrontare quella questione.
«Vieni a sederti», mormorò mesta, conducendolo verso il loro letto e obbligandolo a prendere posto sul bordo. «Accio!»
La sua valigetta con le pozioni di primo soccorso si fiondò nelle sue mani; Hermione si accomodò accanto a lui, si portò la mano ferita sulle ginocchia e la disinfettò, poi eseguì degli Incantesimi di Guarigione.
«Credo che ti farà male ugualmente per un paio di giorni.»
Draco non le rispose, così la giovane gli posò una mano a coppa su una guancia, costringendolo a guardarla.
C’era un taglio sul suo zigomo destro che a quel movimento gli fece comparire una smorfia di dolore sul viso. Hermione si occupò anche di quella ferita, pazientemente e in silenzio, poi sospirò pesantemente.
«Sei stato stupido.»
Il biondino tirò fuori la bacchetta e provò a riaggiustare la finestra, ma era troppo danneggiata perché fosse sufficiente un Incantesimo per ripararla, soprattutto quando si trovava in uno stato emotivo così instabile.
«Stanotte dovremmo dormire nella mia vecchia stanza» decretò alla fine, spazientito, poi si alzò bruscamente e si diresse verso la porta.
Hermione prese la sua vestaglia da notte e lo raggiunse; guardò i suoi abiti insolitamente gettati sul pavimento con una non curanza che non era affatto da lui, spostò lo sguardo sul letto e lo trovò rannicchiato in posizione fetale sotto le lenzuola, con le guance rigate dalle lacrime; gli si distese accanto e lo abbracciò da dietro. Dopo qualche minuto, Draco si voltò verso di lei e affondò il viso nel suo petto, stringendola a sua volta.
«Mi fa male», singhiozzò contro il suo corpo. «Mi fa male che pensino che possa farvi del male. Non lo farei mai…»
«Lo so» mormorò lei, accarezzandogli i capelli. «E sono sicura che lo sa anche Kingsley. Penso sia stata tutta un’iniziativa di McLaggen.»
Draco grugnì. «Tu dici?»
«Ne sono certa. Se un Auror avesse dovuto fare degli accertamenti sulla mia salute», considerò Hermione, «sarebbe stato Harry. Il mandato che mi ha mostrato era autentico, ma sono sicura che non eravamo nella lista delle persone da controllare.»
Il biondino strinse i pugni. «Cos’hai detto a Sirius?»
«Che c’è stato un problema con un lotto di Succo di Zucca avariato e che tu avevi già fatto i test prima che lo mandassimo a chiamare. Crede che stessero cercando delle reazioni allergiche cutanee.»
«Sei fottutamente brava a pararmi il culo con lui» commentò in tono asciutto lui.
«Questo non c’entrava niente con te.»
«C’entrava tutto con me!» sbottò Draco, girandosi a pancia in su, gli occhi puntati sul soffitto del letto a baldacchino. «Con questo», aggiunse, sollevando l’avambraccio sinistro; la cicatrice lasciata dal Marchio brillò per un secondo sotto la luce lunare che filtrava dalla finestra.
«No», ripeté lei, autoritaria. «Era solo McLaggen che cercava di innervosirti. Per favore, non dargliela vinta.»
Dal momento che sembrava ostinato a ignorare la sua posizione, Hermione sospirò e si sporse per quanto più possibile su di lui.
«Avresti dovuto permettermi di prenderlo a pugni al sesto anno» borbottò il giovane e lei rise.
«Sarebbe stato controproducente sotto ogni aspetto» replicò, ma Draco non accompagnò le sue risate, al contrario, tornò silenzioso; allora Hermione gli lasciò un bacio sulle labbra e aprì bocca per dirgli qualcosa, ma le uscì solamente un gemito di dolore soffocato.
«Che succede?» le domandò immediatamente il biondino, i muscoli visibilmente tesi.
«Tua figlia sta scalciando come una forsennata», gli rispose lei, prendendogli la mano sana e guidandola sul suo ventre.
«Merlino, ma non ti fa male?» domandò stupefatto, gli occhi e la bocca spalancati.
«A volte», ammise Hermione. «Credo che stia protestando.»
Draco sollevò un sopracciglio.
«Ecco, vedi, ti sta dando dell’idiota per via del vetro rotto.»
«Impertinente» soffiò lui e per un breve momento, finalmente, risero entrambi, anche se gli occhi di Draco tornarono tristi e spenti dopo qualche breve istante.
«Morirei per voi, lo sai, vero?» sussurrò con voce spezzata. «Non ti avrei mai forzata a fare niente…»
A Hermione tornò in mente il giorno in cui, poco dopo il terzo mese di matrimonio, il Ministero aveva avuto la brillante idea di inviare a tutte le coppie ricadute sotto la Marriage Law una scatola contenente diversi filtri e afrodisiaci vari per “aiutarli” a fare il passo successivo; per quanto la faccenda in sé l’avesse ripugnata, lei aveva davvero considerato l’opzione di tenerli presente. Draco no. Non appena li aveva visti, aveva gettato via tutto e poi le aveva ringhiato contro che non aveva alcuna intenzione di farla sua in quel modo e che non riusciva a credere che ci stesse veramente pensando. A quella vicenda era seguita una settimana di silenzio punitivo e un’altra di frecciatine scontrose, che Hermione era stata in grado di tollerare solo grazie al fatto che trascorreva nove ore al giorno fuori casa.
«Draco, per favore, smettila» lo implorò lei. «Non ho bisogno di rassicurazioni, io mi fido di te.»
Lo sguardo del giovane si illuminò per un momento, per poi tornare ad essere indescrivibilmente tormentato. «Non merito il tuo amore», mormorò, seppellendo il viso nuovamente nel suo petto. «Non ho mai meritato niente di tutto quello che mi hai dato.»
Hermione sospirò, riprendendo ad accarezzargli i capelli con dolcezza. «Lascialo decidere a me.»
Gli permise di sfogarsi, di piangere per tutto il tempo che voleva, senza proferire parola. Perché cosa poteva fare se non confortarlo in quel modo? Cosa poteva dire lei per consolare una persona che aveva appena ricevuto quel tipo di accuse nei confronti della propria famiglia, a cui teneva chiaramente più di ogni altra cosa al mondo, quando chiunque lo avesse guardato mettendo da parte i propri pregiudizi se ne sarebbe facilmente accorto?

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Capitolo 15
*** 15. The Thrill Of It All ***


The Weight of Us



CAPITOLO 15
The Thrill Of It All


 






POV HERMIONE

Hermione era china sul tavolo con tutto l’occorrente necessario per costruire il modellino di un vulcano.
Era del tutto intenzionata a far rimanere di stucco sia Draco, sia Sirius, nessuno dei quali le aveva creduto quando aveva assicurato loro che si potessero fare “magie” anche senza, di fatti, ricorrere alla magia.
Era una distrazione piacevole, anche se a volte poteva ugualmente vedere lo sguardo del marito assentarsi e ritornare alla spiacevole esperienza di qualche sera prima, quando McLaggen era piombato in casa loro, in vesti ufficiali, avanzando velate accuse nei suoi confronti che si erano, ovviamente, rivelate infondate e false.
Hermione aveva cercato di fargli capire che non era il caso di dare importanza a quelle faceva o diceva Cormac, il quale non aveva mai accettato il suo costante rifiuto alle sue moleste avances, ma per Draco era ancora molto difficile affrontare il sospetto della gente dovuto al suo passato, soprattutto quando riguardava lei o la loro famiglia in generale.
Gli toccò una mano con dolcezza e quando incontrò i suoi occhi argentei gli sorrise dolcemente.
Sirius sbuffò. «Io vado a chiedere uno spuntino a Tilly e Tippy», annunciò annoiato. «Chiamatemi quando siete pronti.»
Hermione lo guardò con la bocca spalancata, offesa dal poco entusiasmo mostrato dal figlio in merito al suo esperimento. Si voltò verso Draco e gli rivolse un’occhiata torva. «È proprio tuo figlio.»
Il biondino si accigliò. «Cosa?!» esclamò, arricciando il naso, indignato. «Io sono qui! Sono interessato!»
Lei sbuffò, ma poi sorrise, perché lo stava solo punzecchiando. Si passò la lingua tra le labbra, poi casualmente, butto lì: «Mi sono dimenticata di dirti che la Parkinson è incinta.»
Lo guardò con la coda dell’occhio e lo vide corrugare la fronte e sollevare il naso in una smorfia incredula. «Weasley è riuscito a entrare nelle sue mutandine alla fine?», commentò. «Considerami scioccato.»
Hermione sollevò entrambe le sopracciglia. «Vedo che parli ancora con affetto delle sue mutandine
Draco sbuffò. «Non dire stupidaggini.»
«Non è di Ron, comunque» proseguì lei con nonchalance. «Non ci avrebbe mai neanche provato.»
Il biondino si irrigidì. «Hermione, perché mi stai dicendo queste cose?»
Hermione fece spallucce e tornò a concentrarsi sull’esperimento.
«Ehi», mormorò lui, posizionandosi alle sue spalle e prendendole un braccio per attirare la sua attenzione. «Non penserai mica che potrebbe… che…»
«No, tranquillo» gli assicurò lei. «Il padre è Nott, gli ha proposto lo stesso accordo dopo che hai rifiutato tu.»
Draco si accigliò. «Ah, quindi non nutri sospetti solo perché sai già che Nott è il padre del bambino?»
«Non ho detto questo.»
«A me pare proprio di sì» replicò lui, stizzito.
Hermione fece per rispondergli, ma il biondino glielo impedì; le afferrò un polso e se la trascinò dietro, dritta nel suo ufficio. «Vieni con me.»
Gridò a Tilly e Tippy di tenere d’occhio Sirius per un po’, poi chiuse la porta, rivelò il Pensatoio e vi versò dentro delle strisce argentee.
«Forza», la esortò con un gesto della mano.
Hermione deglutì. Non riusciva a decifrare lo sguardo sul suo volto.
Mentre valutava di dirgli che stava solo scherzando e che non c’era bisogno di reagire in quel modo, si avvicinò a lui, gli prese la mano e insieme scivolarono nel ricordo.
 
Hermione era di spalle, premuta contro il torace di Draco, che le circondava il petto con un braccio.
Lo spazio era ristretto, probabilmente si trovavano in uno dei tanti armadi delle scope in disuso nel castello.
L’altra mano del biondino, chiusa sulle sue labbra, scivolò giù, sfiorando il suo mento, la sua gola, i lati del suo seno, fermandosi in vita.
Entrambi avevano le orecchie tese per ascoltare all’esterno.
C’era qualcuno.
Se li avessero sentiti, li avrebbero scoperti.
«Non so esattamente cosa stia passando» stava dicendo la voce. «Sono mesi che ormai non lo capisco più.»
«È la Parkinson» bisbigliò Hermione, agitata, ma Draco stav
a sorridendo.
 
La Hermione che assisteva solamente al ricordo avvertì chiaramente l’eccitazione che il ragazzo aveva provato in quel momento.
 
I passi si interruppero, mentre la conversazione tra la Serpeverde e qualcuno di sconosciuto proseguiva.
Draco sapeva che stavano parlando di lui ed era certo che anche Hermione lo avesse capito.
La sentiva rigida contro di sé, i suoi muscoli erano tesi.
«Continua a rifiutarmi, non lo ha mai fatto per così tanto tempo…»
Sapeva che Hermione si stava innervosendo.
Non gli diceva mai niente, forse per non dargli soddisfazione, ma lo capiva benissimo da sé che Pansy la infastidiva, soprattutto quando gli si avvicinava troppo e flirtava con lui.
Draco chiuse le mani attorno alle spalle di Hermione e con uno scatto repentino la voltò, viso contro il muro, il corpo premuto addosso alla parete. La giovane emise un piccolo singulto di sorpresa.
«Ssh, Granger» le sussurrò sottovoce, posando le labbra contro il suo orecchio. «Non è silenziato.»
«Che stai facend-oh
 
Dal momento che Hermione stava vedendo il ricordo dal punto di vista di Draco, era perfettamente in grado di vedere cosa stesse accadendo, di individuare le dita della mano destra del biondino che risalivano lungo la parte interna della sua coscia, si insinuavano sotto la sua gonna e poi sparivano dentro di lei.
Mentre i loro sé del ricordo erano completamente incuranti delle persone all’esterno che avrebbero potuto sentirli, fare irruzione in quell’armadio delle scope e vederli, e mentre il suo Draco sghignazzava alle sue spalle, Hermione iniziò ad agitarsi.
«Rilassati», le sussurrò in un orecchio. «Nessuno ci ha mai scoperti.»
 
La sentiva tremare contro di sé, fremere a causa dei suoi movimenti e la soddisfazione che provava nel vederla lottare contro l’istinto di gemere rumorosamente, di pronunciare il suo nome con voce spezzata e ansimante, era immensa.
Ghignò compiaciuto quando riconobbe il momento in cui raggiunse il suo apice, il modo in cui si muoveva involontariamente sulle sue dita, il modo in cui soffocava a stento i singulti di piacere, le dita che provavano ad arricciarsi e afferrare qualcosa, ma incontravano solo la parete dura.
Hermione appoggiò la fronte contro il muro freddo e rimase immobile, l’unico movimento quello delle sue spalle che si alzavano e si abbassavano rapidamente.
Draco si premette contro di lei, posò nuovamente le labbra sul suo orecchio.
«Come ci si sente, Granger?» le sussurrò con voce roca. «Come ci si sente ad avermi qui, a farti questo, con lei lì, a domandarsi perché la respingo da tempo, sapendo che appartengo a te?»
 
La Hermione del ricordo non rispose, ma lei poteva leggere nel suo stesso sguardo come si sentiva. C’era un certo luccichio nei suoi occhi, una sorta di soddisfazione personale nella consapevolezza di essere lei il motivo per cui Draco non guardava più Pansy in quel modo, di essere lei quella con cui trascorreva il suo tempo libero; c’era una sorta di vittoria sulla Parkinson che l’aveva considerata sempre e solo spazzatura e neanche sapeva di aver perso Draco perché lui aveva già scelto lei e al contempo una sorta di rivincita nei confronti dello stesso biondino, che ora la desiderava almeno dieci volte quanto in passato l’aveva disprezzata. E lo sapeva anche Draco, perché quello era molto più di un rapporto in un contesto eccitante per l’alto rischio di essere scoperti: quella era la dimostrazione di una resa definitiva, quella di Draco a lei, a ciò che avevano, a ciò che li legava. Era l’ammissione che lui era incondizionatamente suo.
 
I passi della Parkinson e quella che avevano identificato come Millicent Bulstrode riecheggiarono tra le parenti mentre si allontanavano.
Hermione si voltò a guardarlo, con lo sguardo acceso, si protese verso di lui per baciarlo, ma Draco fece un passo indietro e lei dovette poggiarsi con la schiena al muro in cerca di equilibrio, ancora a corto di respiro.
Il biondino si passò la lingua tra le labbra. «La prossima volta che sei gelosa di lei, pensa a questo.»
Hermione scivolò lungo la parete e si sedette sul pavimento.
Draco le lanciò un ultimo sguardo compiaciuto, poi uscì dall’armadio e si incamminò per i corridoi.
 
Quando uscirono dal Pensatoio, Hermione aveva il fiato corto.
Posò una mano sullo strumento di pietra per sorreggersi e poi azzardò a guardare Draco negli occhi.
Sapeva di essere rossa in viso e che lui fosse perfettamente in grado di riconoscere l’eccitazione in lei.
«La prossima volta che hai dei dubbi», disse il biondino, come un eco di quello che avevano appena visto, «pensa a questo.»
Hermione deglutì. «Veramente, io stavo solo facendo conversazione» asserì ansante. «Pensavo più all’orribile fatto che suo figlio e la nostra Lyra potrebbero essere nello stesso anno una volta a Hogwarts.»
Draco sollevò le sopracciglia. «Ah.»
La giovane si schiarì la gola. «Cos’era quello?», gli chiese ancora. «È stato irresponsabile! Potevamo essere scoperti!»
Il biondino rise. «Lo facevamo continuamente», le raccontò, esilarato. «Come se il fatto che la nostra fosse una storia di per sé proibita non fosse eccitante abbastanza, ci divertivamo ad avere rapporti in posti o momenti in cui potevamo venire facilmente scoperti.»
«Che cosa?»
«Oh sì, piaceva a te e piaceva a me» precisò lui. «Non credevi sul serio che lo facessimo esclusivamente nella sicurezza della Stanza delle Necessità, vero?»
Hermione avvampò.
«Il reparto proibito», continuò a rievocare il giovane. «L’aula della Cooman, la classe di Pozioni… persino la scrivania della McGranitt.»
La mascella di lei cadde a terra.
«Quando riavrai i tuoi ricordi, sarai sorpresa di realizzare quanti posti ci fossero a Hogwarts per quello, con il favore del buio della notte e se sapevi dove cercare e come muoverti senza farti vedere.»
«Quello non è successo di notte», gli fece notare lei.
Draco fece spallucce. «Non sempre riuscivo a tenere le distanze di giorno», rispose con nonchalance. «Era maledettamente estenuante starti lontano.»
«Eravamo impazziti o cosa? Se ci avessero scoperti-»
«Ehi, calma il tono d’accusa», soffiò lui, divertito. «Da chi credi sia partito questo giochino? L’audacia e il rischio alla base sono praticamente i principi fondamentali di Grifondoro. Io sono solo stato al gioco, anche se potrei averci preso un po’ troppo la mano a un certo punto.»
Lo guardò sbattendo le palpebre per un po’. Glielo aveva detto che erano leggermente diversi al sesto anno, ma Hermione non riusciva a immaginarsi di essere impulsiva fino a tal punto, non in quel periodo della sua adolescenza, quando correre dei rischi del genere poteva mettere a repentaglio non solo la loro vita, ma l’esito stesso della guerra. Ma l’amore a volte fa fare cose folli e stupide e al sesto anno lei era pur sempre un’adolescente in piena fase ormonale.
Draco le si avvicinò e lei arretrò fino ad essere bloccata contro il muro. «Non pensare che non abbia avuto la mia parte di vittoria quella notte» le disse. «Merlino, era meraviglioso vederti perdere il controllo, la facilità con cui ti abbandonavi a me, come se anche tu non potessi farne a meno…»
Tracciò il contorno delle sue labbra con il pollice, lentamente; il suo sguardo intenso la stava accendendo internamente. Hermione sospettava che ne fosse pienamente consapevole.
Era profondamente ingiusto che lui la conoscesse molto più di quanto lei conoscesse lui; lei stava ancora imparando, Draco sapeva alla perfezione ognuno dei suoi punti deboli in quel senso. La sola esistenza di Sirius era sufficiente a dimostrare che avessero avuto una vita sessuale molto attiva al sesto anno, ma solo in quel momento realizzò fino a che punto erano arrivati a conoscersi.
«Eri stupenda quando ti lasciavi andare.»
Le dita del biondino risalirono lungo la parte interna delle sue cosce, esattamente come gli aveva visto fare nel ricordo, mentre le sue labbra si chiudevano sulle sue e l’altra mano le teneva la nuca.
«Lo sei ancora…»
Poi udirono bussare alla porta. «Mamma, papà! Voi la volete un po’ di crostata di albicocche?» trillò Sirius, tutto allegro.
Draco si fermò all’istante. Chiusero entrambi gli occhi, probabilmente imprecando mentalmente, cercando di regolarizzare il respiro per far sì che la loro voce uscisse ferma.
«No, grazie» risposero in coro i genitori, sospirando.
«Il vulcano» gli ricordò Hermione, ricomponendosi.
«Già» convenne il biondino, ritrovando a sua volta contegno. «Anche se avrei preferito mostrarti la mia versione metaforica dello stesso esperimento, prima.»
Lei rise. «Abituati ad essere interrotto», gli disse, l’angolo delle labbra incurvato in un mezzo sorriso. «Tra poco saranno in due.»
*
La crostata, pensava Hermione, era veramente ottima.
Draco continuava a sostenere che avesse usato la magia con il vulcano, mentre Sirius si era convinto a studiare le materie babbane a cui Hermione voleva introdurlo; sarebbe presto stata a casa in maternità, con la decisione del Ministero di farla partire obbligatoriamente dal settimo mese di gravidanza, e dal momento che stavano sistemando gli appunti presi dai libri durante la loro ricerca e li avrebbero presto inviati a Harry e Kingsley, era già in cerca di qualcosa da fare per tenersi impegnata.
«Potrei dare delle lezioni anche a te», propose Hermione. «Sembri particolarmente interessato a Scienze.»
Il biondino sollevò un sopracciglio. «Potrei accettare, ma solo perché mi ecciterebbe da matti vederti in versione professoressa. Anatomia, magari?»
Hermione gli tirò un leggero schiaffo sulla spalla, poi si fece seria. «Sai, c’è una cosa che non riesco a spiegarmi.»
Draco le rivolse un’occhiata interrogativa.
«Beh, capisco tutta quell’attività e persino l’attrazione del rischio, ma…» si morse il labbro. «Non fraintendermi, amo Sirius e mai, neanche una volta, ho desiderato che le cose fossero andate diversamente. Ma non ho neanche mai capito come ho fatto io a non badare alle precauzioni, a non stare attenta.»
Il biondino si inumidì le labbra. «Siamo stati attenti», disse, «solo nel modo sbagliato.»
«Scusami?»
Draco si passò una mano tra i capelli, segno che era nervoso. «Beh, sai la mia contrarietà alle pozioni commerciali acquistate in fatto di contraccezione.»
Lei annuì.
«Quando abbiamo iniziato ad avere rapporti, ti ho chiesto di non cominciare a prenderle. Le odio così tanto che ho chiesto a Piton di insegnarmi a prepararle da me.»
Hermione quasi si soffocò con il gelato che aveva tirato fuori dal frigo per accompagnare la crostata e per poco non gli rise in faccia per quanto era diventato rosso in viso.
«Hai chiesto… a Piton…?»
Aveva le lacrime agli occhi. Perché non gli aveva posto prima quella domanda?
«Sì, sì, ridi, volevo vedere te a morire dall’imbarazzo in quel modo» sbuffò lui, seccato. «Ci ho messo anche un’infinità di tempo a convincerlo perché lui… non approvava quello che stavo facendo. Era certo che ci saremmo fatti male.»
Hermione fece scioccare la lingua. «Ovvio che lo credesse.»
«Scusami?»
«Piton era innamorato della madre di Harry», gli rivelò. «Come ben sai, non è andata a finire bene su tutti i fronti. Avrà proiettato la sua esperienza su di noi.»
La mascella di Draco cadde a terra. «Piton e la madre di Potter?»
Lei annuì e gli raccontò brevemente la loro storia.
«Cazzo, vivere con la consapevolezza di aver causato la morte della donna che ami…» soffiò lui, scuotendo il capo, amareggiato. «Non mi sorprende che fosse così insensibile, voglio dire, per andare avanti devi per forza spegnere tutto in quel caso e in un modo in cui io non sarei mai capace di fare.»
Hermione convenne con un cenno del capo. «Come lo hai convinto, comunque?»
Draco sorrise. «Gli ho detto che lo avrei fatto comunque perché ti volevo troppo e ha pensato che avrebbe fatto meglio ad aiutarmi.»
La giovane divenne scarlatta. «Hai detto a Piton che mi volevi troppo?», ripeté a metà tra lo scioccato e l’imbarazzato. «Oh, buon Merlino! Piton sapeva che facevamo sesso
Lui rise. «Sotto sotto ci invidiava.»
Hermione scosse la testa con disappunto, si portò le mani sul viso. «Perché diavolo lo ha permesso? Insomma, era un professore, non avrebbe dovuto impedircelo in qualche modo?»
«Ero il suo pupillo» chiarì il giovane, con ovvietà. «Mi lasciava fare quasi tutto quello che volevo.»
Lei fece schioccare la lingua, perché in realtà ricordava benissimo quell’ingiusta tendenza di Piton.
«Quindi, c’è stato un problema con la pozione?» chiese Hermione, dopo essersi concessa una breve pausa per metabolizzare quella scoperta sconcertante.
«No, niente del genere», ammise lui. «È che ci vuole tempo per prepararla e quando… insomma, alla fine abbiamo sempre usato l’Incantesimo.»
«Non sapevo che fosse meno sicuro della pozione.»
«È meno sicuro della pozione» confermò il biondino, «ma nel nostro caso è stata un altro tipo di svista. Non si parla molto di queste cose nel mondo magico e a me non era comunque concesso di avere dei rapporti prima del matrimonio; quindi, mi era stato insegnato ad eseguire l’incantesimo, ma non mi avevano spiegato bene i dettagli
Hermione corrugò la fronte. «I dettagli?»
«Beh, sì, tipo… che se lo fai due volte di fila devi ripetere l’Incantesimo ogni volta su entrambi», spiegò, imbarazzato. «Io ero convinto che non ci fosse bisogno di ripeterlo su di te… e non lo sapevi neanche tu, altrimenti me lo avresti fatto notare. Capitava spesso che lo facessimo per due volte di fila, perché a volte trascorrevano giorni prima che avessimo la possibilità di… insomma, ho scoperto questa cosa solo dopo aver saputo di Sirius, perché ho fatto delle ricerche per capire come fosse possibile, visto che, in teoria eravamo stati attenti. Se avessi saputo che c’era la possibilità… io avrei controllato prima, te lo giuro.»
«Capisco» sussurrò lei, mentre elaborava quelle informazioni nuove, poi, finalmente, si decise a porgergli la domanda che voleva fargli da mesi. «Draco, io non ne ho mai prese in vita mia perché non ne ho mai avuto il bisogno, ma… perché sei così contrario alle pozioni contraccettive commerciali?»
Draco deglutì. «Non mi fido.»
Hermione restò in attesa di sue argomentazioni e alla fine, lui sospirò.
«Avrei dovuto avere un fratellino, sai», raccontò con voce assente. «Mio padre non voleva un secondo figlio, sospetto che se non fosse stato per l’eredità del Casato dei Malfoy non ne avrebbe voluto neanche uno, ma comunque, mia madre lo aveva convinto.»
Hermione lo studiò con attenzione mentre si apriva sulla questione; era davvero raro che si lasciasse andare a racconti della sua infanzia o correlati ai suoi genitori.
«Durante la Prima Guerra Magica, al picco dello scontro… la gente non usciva di casa per comprare pozioni contraccettive. Ai tempi c’era solo un venditore e pare che abbia venduto pozioni scadute quando le attività hanno riaperto i battenti», le spiegò. «Ha causato problemi su più fronti. Ci hanno impiegato mesi a scoprire la faccenda, se ne sono accorti quando il San Mungo ha iniziato ad essere invaso da gente che presentava problematiche simili e hanno dato il via alle indagini. Dopo l’uso prolungato di quelle pozioni… Molte streghe non sono più state capaci di concepire, altre hanno avuto difficoltà o problemi di vario tipo.»
La giovane ricordò che Andromeda le aveva detto che per molti anni lei e Ted avevano provato ad avere un secondo figlio, ma che a causa di un incidente non era stato possibile per loro e collegò le due cose. Improvvisamente, cominciò a sospettare che anche dietro la fretta del Wizengamot di fare qualcosa in merito al ridotto tasso di natalità avesse a che fare con timori correlati a quella faccenda. Avevano, di fatti, aumentato i controlli sulle aziende produttrici di pozioni dopo la guerra.
«Non so bene quale sia stato il problema di mia madre, puoi immaginare che non dovrei sapere nulla di tutto questo, ma a me è sempre piaciuto origliare le conversazioni dei miei genitori, da piccolo» ammise il biondino, sospirando. «Volevo veramente un fratellino. Era uno dei motivi per cui non sopportavo i Weasley a scuola. Volevo anche io una famiglia numerosa, magari mi sarei sentito meno solo. I miei genitori non sono mai stati molto amorevoli, neanche mia madre. Non parlo di attenzioni, me ne davano tante, a modo loro, parlo solo di… calore umano, immagino» confessò ancora. «Solamente durante la guerra ho capito che forse è stato meglio così. Era già difficile per me a sedici anni, avere un fratellino o una sorellina più piccoli coinvolti in quella merda… Voldemort che viveva al Manor…», deglutì con forza. «Non ho mai capito come mia madre possa essere stata sorpresa quando le ho detto che non avevo la minima intenzione di rimettere piede in quel posto, dopo il processo. Era scontato che non l’avrei fatto, soprattutto dopo quello che è successo a te lì.»
Hermione gli si avvicinò, lasciando che la aiutasse a sedersi sul suo grembo, poi lo abbracciò.
«Mi dispiace» gli disse sinceramente. Lui la strinse a sé e la baciò con dolcezza.
«Comunque, sono un pozionista certificato» le assicurò. «E ho studiato privatamente con Piton per anni. So sicuramente prepararla meglio di…»
«Draco, non devi convincermi a lasciartela preparare per me» lo interruppe lei. «Mi fido.»
Il biondino le sorrise e le accarezzò una guancia.
Hermione sbadigliò e si rialzò. «È comunque una stronzata che non si ponga maggiore attenzione sulla questione. Si dovrebbe sensibilizzare sulla prevenzione.»
«Beh, in teoria finché gli studenti sono a Hogwarts non dovrebbero avere rapporti sessuali e dopo ognuno è libero di informarsi tranquillamente.»
Lei rise. «Quante persone conosci che non lo hanno fatto solo perché a Hogwarts è vietato?»
«Ehi, quasi tutti i Serpeverde rispettano quella regola! Almeno per l’atto in sé. I preliminari non contano.»
«Solo per via di quella regola che avete sul non farlo prima del matrimonio», ribatté lei. «Comunque, riguardo il tuo ragionamento in merito, di cui hai parlato nel diario, non credo che fosse proprio così riguardo alle tempistiche.»
Il biondino fece spallucce. «Per me aveva senso.»
Hermione rise più forte e scosse il capo. «Sei un mistero vivente, Draco Malfoy.»
Draco si rimise in piedi a sua volta e le cinse la vita con le braccia. «Lascia, ci penseranno Tippy e Tilly a lavarli. Andiamo di sopra, abbiamo un discorso in sospeso noi due.»
Hermione avrebbe voluto obiettare, ma le sue labbra erano già sul suo collo, allora quando la prese in braccio e si diresse verso la loro stanza, non protestò in alcun modo. 

 

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Capitolo 16
*** 16. Kingsley's Victory ***


The Weight of Us



CAPITOLO 16
Kingsley's Victory


 






POV HERMIONE



Era una rara giornata di sole e caldo afoso. Hermione si era infilata il suo bikini, - aveva dovuto ingrandirlo leggermente con la magia -, il suo prendisole e aveva trascinato Draco e Sirius nella grande piscina che avevano in giardino. Si era messa comoda su uno dei lettini a due piazze e dopo averli impomatati tutti di crema solare, si era dedicata alla sua nuova lettura.
Era il primo giorno della maternità imposta dal Ministero ed era fermamente intenzionata a godersela.
Avevano inviato le loro ricerche a Kingsley la settimana prima e il Ministro stava costruendo il suo caso contro il Wizengamot per ottenere la revoca della Marriage Law, aduno che sarebbe stato accompagnato dalle proteste organizzate all’esterno dal Golden Trio.
Con Nott arrestato di recente e la vicenda di Ariadne divenuta pubblica, il malcontento nella popolazione verso l’operato del Wizengamot era cresciuto esponenzialmente, il che aveva portato a manifestazioni ricorrenti e a denunce aperte contro il consiglio di maghi pubblicate sui giornali indipendenti dal Ministero; Kingsley aveva finalmente ottenuto un’occasione concreta per mettere fine a quella faccenda dei matrimoni combinati forzati e il Wizengamot era sul punto di venire messo alle strette. La loro proposta di far annullare solo i matrimoni problematici non aveva soddisfatto la gente, che chiedeva a gran voce la revoca totale della Legge e il volume delle loro proteste era divenuto così alto che il Wizengamot non poteva più tapparsi le orecchie per non sentirle.
Draco uscì dall’acqua e la raggiunse, schizzandola quando si passò l’asciugamano sui capelli bagnati.
Lei si accigliò, cosa che lo fece ridere e lo incoraggiò a distendersi accanto a lei e abbracciarla.
«Draco! Sei tutto bagnato!» trillò indignata, rabbrividendo quando la pelle imperlata d’acqua di lui entrò a contatto con il proprio corpo riscaldato dalla luce solare. Lui rise più forte e quel suono genuino la scaldò dall’interno; amava sentirlo ridere o vederlo sorridere in quel modo spontaneo e, purtroppo, incredibilmente raro.
Hermione odiava dover rovinare il suo umore. «Senti», iniziò esitante e lui sospirò in anticipo, avvertendo già il sentore di qualche problematica che stava per essere affrontata. «Te lo dico solo perché se non lo facessi ti arrabbieresti. Ho ricevuto una lettera da parte di tuo padre questa mattina.»
Draco arricciò le labbra. «Cosa voleva questa volta?»
Con un Incantesimo di Appello, Hermione chiamò a sé la missiva e gliela consegnò affinché potesse leggerla egli stesso, ma lui si limitò a dargli una scrollata veloce. «Non mi importa cosa pensa» grugnì irritato. «Fa solo finta di non credere al risultato del test del DNA, sa perfettamente che Sirius è mio figlio.»
«Non capisco il senso di mandarmi questa lettera» disse lei, perplessa. «Io non ho mai chiesto niente.»
«Deve aver saputo che ho indicato Sirius come mio erede sui documenti ufficiali di famiglia.»
«Tu hai fatto cosa
Draco la guardò come se fosse impazzita tutto di colpo. «Davvero non ti aspettavi che sistemassi le carte?»
«Beh, mi aspettavo che ne parlassimo prima, magari», replicò lei in tono asciutto.
«Cosa c’è da discutere?» domandò il biondino, accigliandosi. «È un dato di fatto, la cosa sarebbe stata automatica se non… ci fossero stati gli inconvenienti che abbiamo avuto. È il mio primo figlio ed è il mio erede, punto. Ma ho deciso che cambierò la suddivisione alla nascita di Lyra e di altri eventuali figli.»
Hermione sospirò. «Scusa, è che non sono abituata a questo genere di cose.»
Arrossì leggermente nel realizzare che Draco le aveva praticamente detto di desiderare altri figli da lei; decise di non approfondire la questione, perché una volta nata Lyra, il biondino avrebbe compreso cosa volesse dire vivere con un infante e c’erano buone possibilità che cambiasse idea, soprattutto visto che con Lyra sarebbero stati già a quota due. Ammesso che Kingsley avesse avuto successo e loro avessero avuto, di fatti, una scelta in merito.
«Tranquilla, ma devi comprendere che anche se a te non importa un accidente dei miei soldi, io devo tenere in ordine questi aspetti della mia vita e i nostri figli ne fanno parte.»
Lei si limitò ad annuire brevemente. «Sì, scusami, io… non ci avevo riflettuto.»
In tutta onestà, Hermione pensava che il lascito dei Malfoy portasse più guai che altro e che fosse stato per lei i suoi figli non sarebbero mai stati coinvolti, ma era alquanto scontato che Draco l’avrebbe pensata diversamente e avrebbe agito di conseguenza. Se c’era una cosa che aveva capito del mondo Purosangue era che tenevano particolarmente alla questione “eredi e continuità del nome di famiglia”, le era solo andata bene perché il biondino vedeva il figlio prima dell’erede, a differenza di quanto era accaduto con lui e suo padre. E questo non voleva dire assolutamente che non avrebbe designato Sirius in quanto suo successore.
«Draco, stavo pensando di iscrivere Sirius a una scuola primaria babbana a settembre, in modo che possa studiare le materie utili prima di Hogwarts…»
Il biondino valutò l’idea per qualche istante. «Pensavo che ti stesse bene educarlo in casa…»
«Sì, ma… Vorrei che iniziasse a crearsi delle amicizie e non sarò in maternità per sempre, non mi va di sprecare tutto il tempo libero con lui studiando» considerò. «E poi quando Lyra sarà qui, credimi, non ne avremo molto, di tempo libero.»
«My, siamo in due questa volta», la rassicurò lui. «Ma se ci tieni per me va bene.»
Hermione sorrise. «C’era anche un’altra cosa di cui volevo parlarti.»
«Dimmi.»
«Non so se lo sai, ma Harry ed io gestiamo un ente benefico per aiutare la gente in difficoltà dopo la guerra e per assistere i Nati Babbani nel loro ingresso nel mondo magico», spiegò brevemente. «Organizziamo sempre una raccolta fondi ad agosto, un ballo. Ernie è il tesoriere e in genere è lui che gestisce budget, location e cose del genere, ma ha appena avuto il suo primo figlio e non vorrei disturbarlo quest’anno. Potresti occupartene tu? Non devi sentirti obbligato, però, posso sempre chiedere a qualcun altro in caso.»
Draco sorrise. «La Marauder’s Foundation» disse lui. «Me ne occuperò io, lo sai che ti aiuto volentieri.»
«Aspetta, tu… sapevi della Fondazione?» chiese sorpresa.
«Ma certo» rise lui. «Hermione non ti ho mai persa di vista in questi anni. Avevo bisogno di avere tue notizie, setacciavo ogni giornale in cerca anche solo di una tua foto per vedere come stavi…»
Lei deglutì. «Aspetta un secondo», le venne improvvisamente in mente una cosa. «Ogni anno, il giorno del mio compleanno, un donatore anonimo faceva delle generose donazioni all’ente. Eri… eri tu?»
Draco tirò su col naso e spostò lo sguardo su Sirius che giocava ancora in piscina. «Non dovresti indagare sull’identità dei tuoi donatori se decidono di restare anonimi, My. Non è così che funziona.»
«Draco, solo le tue donazioni negli ultimi anni mi hanno permesso di istituire un intero programma estivo pre-Hogwarts per i Nati Babbani, un programma per fornire assistenza sanitaria e psicologica a coloro profondamente colpiti dalla guerra e un istituto per accogliere gli orfani che non hanno nessuno a prendersi cura di loro», obiettò lei. «È ingiusto che la gente non sappia che sei stato tu a renderlo possibile!»
«Non mi interessa che la gente lo sappia», tagliò corto lui. «Non che me li fossi guadagnati quei soldi, comunque, li avevo solo ereditati.»
Hermione sbuffò. «Serpeverde», brontolò. «Nascondete sempre la parte migliore di voi.»
Un angolo delle labbra del biondino si incurvò.
«Grifondoro», ribatté lui. «Sempre fissati con i riconoscimenti pubblici.»
Gli scoccò un’occhiataccia e si riportò il libro sul viso, ma Draco non aveva intenzione di lasciarla leggere in santa pace, così iniziò a giocare con i suoi capelli.
«Ti dispiace? Io starei leg-»
Una gigante onda d’acqua li travolse senza alcun preavviso, inzuppando entrambi e, con orrore di Hermione, anche il libro che teneva tra le mani.
Sirius li guardava spaventato dal bordo vasca, gli occhi ricolmi di lacrime.
«Non l’ho fatto apposta!» trillò immediatamente, poi scoppiò a piangere. «Non so cos’ho fatto!»
Hermione si alzò e lasciò che Draco la sostenesse fino a raggiungere bambino, stando attenta a non scivolare sulle piastrelle bagnate. Si sedettero entrambi sul bordo vasca, accanto a lui, ognuno a un lato rispetto a Sirius.
«Va tutto bene», lo rassicurò Hermione, sorridendogli. «È solo il tuo primo episodio di magia accidentale. È normale.»
Sirius guardò Draco in cerca di ulteriori conferme e quando lo vide annuire con convinzione, tirò su col naso. «Ma io faccio le magie da quando sono nato» asserì convinto. «Cambio il mio aspetto.»
«Quello è diverso», gli spiegò il biondino. «Sei un Metamorfomagus, ed è una cosa vista come un’abilità, non come magia vera e propria. Sai, è un potere raro e in genere ereditario.»
«Ereditario?» gli fece eco il bambino confuso.
«Dal lato di nonna Narcissa», precisò Draco. «È un caso più unico che raro avere due Metamorfomagus in famiglia nella stessa generazione, ma è successo.»
«Quindi, potevi esserlo anche tu?»
«In teoria, ma era molto improbabile», rispose lui, pazientemente. «C’era già mia cugina Nymphadora e come ho già detto, di solito è un potere che non riemerge facilmente e in generazioni così ravvicinate.»
«Allora… voi non siete arrabbiati perché ho usato la magia?»
Hermione sorrise. «No. Non finché non riuscirai a controllarla, tesoro.»
Tilly e Tippy apparvero proprio in quel momento, distraendoli dal discorso. «Signori, la signora Andromeda e il signorino Teddy sono arrivati.»
«TEDDY!» strillò entusiasta Sirius e corse in casa ad accogliere gli ospiti.
Draco si scambiò un’occhiata di complice entusiasmo con Hermione, le lasciò un bacio sulla tempia e le disse che sarebbe andato lui a recuperare i tre e accompagnarli da lei.
Fu una giornata tranquilla.
Draco e Andromeda trascorsero molto tempo a parlare, mentre i bambini giocavano in acqua e Hermione si fingeva indignata quando le gettavano addosso schizzi improvvisi.
Dopo cena, Sirius si addormentò quasi subito e loro decisero di fare una passeggiata tranquilla nei giardini.
Erano seduti sul dondolo, Hermione con il capo posato sulla spalla di Draco, quando una lince argentea gli planò davanti, parlando con la voce bassa e chiara di Kingsley.
«È fatta», annunciò il Patronus. «La Legge è stata revocata e domani verrà fatto un annuncio pubblico. Ci tenevo a ringraziarvi a voce.»
La lince sparì, lasciandoli leggermente frastornati.
Hermione lo guardò con occhi luminosi e un sorriso contento. «Ce l’abbiamo fatta!»
Draco ricambiò il sorriso e annuì, ma il mutamento nell’atmosfera tra di loro era palpabile.
Avvertendo l’improvvisa e tagliente tensione, la giovane sospirò. «Cosa c’è?»
Lui esitò per un istante, così Hermione gli sventolò davanti alla faccia la mano sul cui anulare brillava l’anello di fidanzamento. «Ho già accettato di risposarti, ricordi?»
«Se il nostro matrimonio viene annullato», le disse con voce triste, «la magia degli anelli verrà infranta e non è possibile ripristinarla una volta che il legame si spezza. Oltre al fatto che lo scioglimento di un matrimonio magico è estremamente doloroso per le parti coinvolte e tu sei al settimo mese di gravidanza.»
«Oh», esclamò lei, accigliandosi. «Questo non lo avevano detto quando ci hanno costretti a sposarci con la promessa di lasciarci una scelta dopo cinque anni.»
«I più lo sanno già, My», affermò Draco. «E credo che sperassero che dopo cinque anni sarebbero stati in pochi a richiedere l’annullamento.»
Hermione si morse il labbro inferiore. «Magari decideranno di non annullarli tutti in automatico, ma solo quelli di coloro che ne faranno richiesta.»
Il biondino annuì. «Ma se non sarà così, possiamo rinnovarli prima? È più sicuro per te e in questo modo preserveremmo la magia degli anelli» le chiese. «Ci tengo particolarmente.»
Hermione gli sorrise. «Certo.» 
Posò nuovamente il capo sul petto di Draco e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dalle sue mani, una che le accarezzava il ventre, l’altra i capelli. Pensò che avrebbe tranquillamente potuto addormentarsi lì, in quella posizione.
«My, pensi di poter prendere ogni anno le ferie a marzo?» le chiese all’improvviso.
«Perché marzo?» domandò a sua volta lei.
Non avevano alcuna occasione speciale a marzo; nessuno dei loro compleanni, nessun anniversario, niente di niente.
Draco annuì. «Potremmo andare allo Chalet, io, te e i bambini.  Stare insieme, da soli, per tutto il mese…»
«Un mese tutto insieme?» fece Hermione. «Le sprecherei tutte in una volta!»
«Non importa, sarebbe possibile?»
«Draco?»
Il biondino sospirò. «Rischio sempre di perderti a marzo.»
Hermione sbatté le palpebre, perplessa. «Draco, cosa stai dicendo adesso?»
A volte le era impossibile comprenderlo, come in quel momento; poteva fare delle strane deduzioni, o avere idee discutibili, o assurde uscite in generale. Battute estremamente sarcastiche, che Hermione doveva distinguere dalle frecciatine, ed ancora momenti in cui, dal bello e buono, le faceva cupe e tristi confidenze sulla sua persona. Quelle le accoglieva di buon grado, perché le permettevano di conoscerlo meglio, - non poteva dire di aver conosciuto veramente il Draco di Hogwarts, non fino al sesto anno e anche quello, lei non lo ricordava -, e perché le faceva piacere che le permettesse di stargli accanto, che si fidasse del suo consiglio e della sua persona al punto da condividere con lei tutto ciò che custodiva gelosamente dentro di sé. Ma c’era anche qualcosa di destabilizzante e di angosciante in quello che le diceva, che a volte le faceva pensare di non averlo mai visto veramente a scuola, che le faceva pensare di essere stata estremamente superficiale, quasi quanto lui nei suoi confronti, nel giudicarlo in passato. Laddove lei aveva visto solo un ragazzino viziato e snob, in realtà c’era stato un bambino insicuro che cercava solo di vivere secondo le aspettative e le ambizioni del padre, senza neanche essere consapevole appieno di quello che diceva o faceva. Non in tutte le occasioni, certo, ma almeno parte di esse erano imputabili a quel suo desiderio di rendere Lucius fiero di lui.
Draco sospirò. «Sai, c’è stato un momento, al sesto anno, in cui ho avuto paura di aver rovinato tutto, di averti persa.»
La giovane sollevò la testa per guardarlo e attese che elaborasse.
«L’idromele» disse, rispondendo alla sua muta domanda. «Quando Weasley è quasi morto e ho pensato che non mi avresti mai perdonato.»
Hermione si irrigidì. «Cos’è successo con l’Idromele?» gli domandò, cauta. «Nel diario non ne parlavi.»
«Stavo troppo male anche per sfogarmi in quelle pagine», ammise. «Mi… mi avevi lasciato, ti rifiutavi di ascoltarmi. Stavo letteralmente impazzendo, ero certo di aver rovinato tutto.»
«Perché hai mandato l’Idromele a Lumacorno se avevi già preso accordi con Silente?»
«Lo avevo mandato prima di farlo, quando la collana aveva fallito», ammise. «Dopo, quando sono andato da lui, io… ho pensato di poter risolvere la cosa senza mettermi nei guai. Mi sono introdotto nell’ufficio di Lumacorno e mi sono ripreso la bottiglia, l’ho fatta sparire», le rivelò, poi sospirò, rammaricato. «Solo che era quella sbagliata.»
«Oh.»
Quantomeno, spiegava l’assenza di quasi due settimane di marzo nel diario.
«E ci è capitato proprio Weasley… ci ho messo una settimana per riuscire a convincerti ad ascoltare la mia versione dei fatti, un’altra per convincerti a darmi un’altra possibilità per dimostrarti che non ti eri sbagliata sul mio conto. Era a marzo anche quello.»
Hermione faticava a seguire il suo discorso.
«L’anno dopo, siete stati catturati e portati al Manor», continuò, con voce assente. «E di nuovo ho rischiato di perderti, questa volta in maniera permanente. Sempre a marzo.»
Hermione sapeva che non era l’unica ad avere incubi su quella notte, tra loro due; c’erano giorni in cui quello che si svegliava urlando il suo nome era lui.
«E quest’anno, la lettera di mio padre e l’impulsiva trovata di mia madre a mia insaputa… ho temuto che mi avresti lasciato.»
«Marzo non è maledetto, Draco» mormorò dolcemente lei. «Sono solo coincidenze. E comunque, ero già innamorata di te, non ti avrei lasciato. Ero solo arrabbiata perché mi avevi tenuto nascosto la verità e confusa perché c’erano troppe cose che non capivo o non mi tornavano.»
«Sarei comunque più tranquillo se fossimo lontani dal resto del mondo, a marzo», insisté il biondino, risoluto.
«Sai, a volte mi chiedo se il bambino in famiglia sia Sirius o tu.»
Draco rise nervosamente. «Perdonami, se non me la sento di rischiare.»
Hermione scosse il capo, poi si morse un labbro, improvvisamente impensierita. «C’è un’altra cosa che non capisco.»
Lui le rivolse un cenno del capo per esortarla ad articolare i suoi pensieri.
«Beh… Silente. Lo hai disarmato», disse lei. «Ma se eravate d’accordo, la sua bacchetta non avrebbe dovuto divenire di tua proprietà, sarebbe stata ceduta, non vinta.»
Draco sospirò. «Chi può saperlo? Potrebbe anche essere possibile, d’altronde l’arte delle bacchette non è interamente nota neanche ai fabbricanti stessi», considerò. «Ma, in realtà, io… credo di averla vinta. Nel senso, non avrei dovuto disarmarlo. Ero arrabbiato con lui, in quel momento volevo attaccarlo.»
Hermione trasalì.
«Ho detto attaccarlo, non ucciderlo!» si accigliò lui. «Non assumere sempre il peggio!»
«Perché volevi attaccarlo?»
«Se n’è andato… loro avevano deciso di anticipare l’attacco al castello senza alcun preavviso, tu stavi male e io non potevo contattarti… credo di essermi sentito abbandonato da lui nel momento del bisogno, dopo aver fatto tutto ciò che mi aveva chiesto, persino tenerti all’oscuro del fatto che sarei dovuto andar via con i Mangiamorte e restare tra le loro fila fino alla fine, a fare da spia per Piton e l’Ordine.»
«Era nello stile di Silente non mentire, ma al contempo dire solo mezze verità per garantire la riuscita di un piano cruciale per il bene comune» sospirò Hermione. «Ha fatto lo stesso con Harry, in fondo, no?»
Draco annuì distrattamente.
«Draco…» fece di nuovo, dopo un attimo di pausa. «Perché ci hai attaccato nella Stanza delle Necessità?»
Il biondino sbuffò. «Non volevo veramente catturarvi, pensavo lo avessi capito», le disse. «Era solo una scusa per vederti, per verificare… ecco, io speravo che non avesse funzionato. Che il semplice fatto che la bacchetta che aveva usato per obliviarti non fosse sua fosse stato sufficiente a far fallire l’Oblivion. Ma spesso la bacchetta del coniuge risponde perfettamente ai comandi. Immagino di aver peccato troppo di ingenua speranza e non mi aspettavo che Tiger e Goyle tentassero di uccidervi, sinceramente.»
«Capisco.»
«Qualche altro dubbio?» le domandò pazientemente.
Hermione scosse la testa. «No, per ora no.»
*
«Insomma, se volete annullare il matrimonio, basta inviare richiesta all’Ufficio anagrafe entro il 31 agosto» spiegò loro Harry, pragmaticamente. «Altrimenti resterete sposati. C’è chi sta decidendo di rinnovare i voti, comunque, perché non ha un buon ricordo del matrimonio e al contempo ora ha cambiato opinione in merito e vorrebbe averne uno piacevole. E questo si può fare anche senza previo annullamento.»
Ron afferrò subito il modulo da consegnare per richiedere l’annullamento e cominciò a compilarlo. «Glielo faccio firmare oggi stesso a quella vipera.»
Hermione sorrise contenta per il suo entusiasmo: era felice che il suo amico non fosse costretto a passare un giorno in più con la Parkinson; da quello che le aveva raccontato in quei mesi, gli aveva reso la vita un inferno e ci era riuscita nonostante si vedessero una sola volta a settimana giusto per prendere in giro il Ministero.
«E per chi vorrebbe rinnovare i voti come funziona?» domandò timidamente.
Lo sguardo del rosso saettò su di lei, facendole imporporare le guance, ma non le disse nulla.
«Beh, basta inviare una richiesta all’Ufficio con la data in cui vorreste farlo», rispose Harry, sorridendole. «Tieni il modulo.»
«Grazie», sussurrò lei, accettandolo. «Lo compilerò insieme a Draco.»
Ron posò la piuma e la guardò. «Quindi è vero», mormorò in tono a metà tra il sorpreso e il l’incredulo. «Tu e Malfoy resterete insieme?»
«Ron, credi sul serio che se non fossi stata sicura di lui non avrei aspettato un altro anno prima di questo?» gli chiese, indicando con l’indice il suo pancione. «Avrei aspettato di arrivare al limite di tempo, no?»
«Oh, sì, giusto. Ne avevamo parlato» balbettò lui, rosso in viso. «È che fa ancora tanto strano. Voglio dire, ha persino riconosciuto Sirius…»
Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo colpevole; nessuno dei due aveva avvisato Ron della questione ed erano tutti stati così presi dai propri dilemmi da non pensarci.
«Senti, Ron, c’è una cosa che devo dirti», fece Hermione, esitante. «Quando l’ho scoperto, tu avevi i tuoi problemi e non volevo caricarti anche del peso di questa cosa. E sul perché non te l’abbia detto prima, al sesto anno intendo, non posso darti una risposta, perché non ne ho idea io stessa.»
Ron la guardò come se non stesse capendo la metà di quello che gli stava dicendo, così lei sospirò e sputò il rospo tutto d’un fiato. «Draco è il padre biologico di Sirius.»
«Sì, ho capito che volete farlo credere alla gente, ma io…»
«No, Ron» lo corresse lei. «Draco è veramente il padre biologico di Sirius.»
 «Miseriaccia, Harry!» esclamò il rosso, comicamente preoccupato e spiazzato. «Ha battuto la testa o cosa?»
Hermione sbuffò. «Draco ed io abbiamo avuto una relazione segreta al sesto anno. E no, non so perché non te l’ho detto dal momento che Lucius Malfoy lo ha scoperto e quella notte al Manor mi ha Obliviata
Harry si inserì e raccontò il resto delle vicende all’amico che, sempre più perplesso, si distese contro lo schienale della poltrona, divenendo progressivamente pallido, come se fosse sul punto di svenire.
«Wow!» esclamò senza parole. «Questo è… onestamente sembra uscito da una fantasia di Luna.»
I tre si scambiarono un’occhiata e scoppiarono a ridere.
Come dargli torto?
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che nel mezzo della guerra, durante il loro sesto anno, Draco Malfoy e Hermione Granger si stessero amando in segreto…
«Ma il Ministero vi ha concesso il brevetto per la pozione UnObliviate», disse Ron. «Perché non la prendi?»
«Perché non posso per ora», rispose con ovvietà lei, indicando nuovamente il suo pancione.
«E comunque, finché Draco non avrà aperto la sua azienda di produzione non sarà in commercio.»
«Ha già trovato un locale?» chiese Harry, interessato all’argomento.
Hermione annuì. «Sta procedendo con l’acquisto proprio ora.»
«Come se quell’idiota avesse bisogno di più soldi» commentò sardonicamente Ron.
«Crede che Lucius lo diserediterà non appena avremo rinnovato i voti», rivelò Hermione.
«Strano che non ti abbia lasciata allora» scherzò il rosso, ma ricevette un paio di occhiate torve in risposta, invece delle risate che si aspettava. «D’accordo, non era divertente questa. Sono ancora scioccato, capitemi.»
Hermione scosse il capo. «Ora devo scappare, ma ci sentiamo nei prossimi giorni per il ballo, d’accordo?»
Harry annuì. «Venite a cena da noi sabato? Il tuo figlioccio insiste.»
Lei rise. «Puoi dire a James che lo ringraziamo e che ci saremo.»
*
«Draco, vorrei che rinnovassimo i voti quando avrò riavuto i miei ricordi», gli disse quella sera, mentre gli spiegava come aveva deciso di procedere il Ministero.
«E magari anche i miei genitori. Insomma, resteremmo sposati ugualmente, gli anelli manterrebbero la loro connessione, no?»
Draco annuì. «Qualsiasi cosa ti renda felice, My
Hermione gli rivolse un ampio e genuino sorriso, poi gli stampò un bacio sulle labbra. «Dovremmo fare una lista di persone da invitare», disse con entusiasmo. «Preferirei fosse una cosa intima.»
«Mamma, Astoria e Daphne», rispose lui, brevemente. «E Blaise. Io ho finito.»
Lei si sollevò su un gomito per guardarlo. «Non puoi essere serio.»
«Non… non sono rimasto in contatto con nessuno dai tempi della scuola», ammise il biondino. «E comunque, la maggior parte delle persone che frequentavo non ha cambiato posizione.»
Un’espressione dispiaciuta si dipinse sul viso di lei.
«No, My», la avvertì lui. «Non lo fare.»
«D’accordo, d’accordo!» concesse Hermione. «Quindi, hai riallacciato i rapporti con Blaise?»
Draco annuì. «Poco dopo quella visita indesiderata l’ho incontrato fuori dal Ministero e ci siamo presi un caffè al bar lì di fronte», le raccontò. «Abbiamo parlato e poi abbiamo preso l’abitudine di pranzare insieme quando venivo convocato dal Dipartimento Auror.»
«Ti fermavi a pranzo?» fece lei, sorpresa.
«Sì», rispose il biondino. «Ma non ti ho mai detto niente perché sapevo quanto ci tenessi a pranzare con i tuoi amici.»
«Draco!» esclamò Hermione, allibita. «Potevi unirti a noi! Potevate unirvi a noi!»
Lui fece una smorfia. «Neanche Blaise si sentiva a suo agio ed era solo anche lui, insomma, sua moglie è nel vostro gruppo no?»
La giovane annuì. «Siete due scemi» sancì, poi si ridistese e si rannicchiò nuovamente contro di lui, che riprese immediatamente ad accarezzarle il pancione. Hermione si era quasi convinta che ne fosse un po’ troppo ossessionato.
«La farai venire fuori viziata» sbuffò lei, fingendo irritazione.
«Sei solo gelosa perché le do più attenzioni di quante ne do a te.»
«Oh, sta’ zitto», ribatté Hermione, ridacchiando suo malgrado.
«Che ne dici di Parigi per la Luna di Miele?» propose dopo un po’ il biondino.
«Niente Chalet questa volta?» chiese la giovane.
«No, quello era perché speravo di conoscerci un po’ meglio e legare» rivelò lui. «Anche se quando ho elaborato quel piano non sapevo di Sirius e quindi le cose tra di noi sono andate un po’ più a rilento. Mi dispiace, ma volevo conoscerlo, passare del tempo con lui. Recuperare il tempo perso.»
«Se credi che mi dispiaccia che tu abbia messo al primo posto nostro figlio ti sbagli» lo interruppe Hermione. «Anzi, tutto il contrario.»
Lo strinse un po’ più forte e lui ricambiò la stretta affettuosa.
«Mi piacerebbe passare le vacanze di Natale allo Chalet, però.»
«Ma Harry ed io trascorriamo sempre Vigilia e Natale insieme» gli ricordò lei. «Cioè, quest’anno è stata un’eccezione, ma è una tradizione a cui teniamo molto.»
«Possono unirsi a noi», rispose lui, facendo spallucce. «Lo spazio c’è. E ai bambini piacerà stare tutti insieme.»
Hermione sorrise e annuì. «Tornando al matrimonio, voglio ancora i gigli come decorazioni floreali.»
«Andata.»
«E voglio organizzarlo qui, in spiaggia», aggiunse. «Potremmo fare il rinfresco in giardino. Dragonshore è di una bellezza unica. Magari di estate e di sera, al tramonto.»
Sollevò leggermente la testa per guardarlo, perché non le rispondeva da un po’ e temeva si fosse addormentato, ma quando incrociò il suo sguardo lo trovò intento a fissarla con aria trasognata.
«Che c’è?»
«Niente», disse lui, con un piccolo sorriso a incurvargli le labbra. «Solo… è bello vederti così entusiasta.»
Hermione gli sorrise. «Dovrei essere folle a non voler risposare il mio imperfettamente perfetto marito.»
Draco rise. «La prima volta non la pensavi in questo modo.»
«La prima volta non avevo idea di quanto fossi bravo a letto.»
Il biondino sollevò le sopracciglia. «Stai con me solo per il sesso?»
Hermione fece spallucce. «E per il tuo aspetto.»
«Ah, sì?» ribatté lui, divertito.
Non gli rispose, però; si strinse di più a lui e poi sospirò. «Tu mi rendi fottutamente felice, Draco Malfoy.»
Hermione non lo sapeva, perché aveva il viso affondato nel petto di Draco, ma quando gli disse quelle parole, lui serrò gli occhi e una lacrima di gioia ricadde sulla sua guancia.

 

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Capitolo 17
*** 17. The Marauder's Foundation ***


The Weight of Us



CAPITOLO 17
The Marauder's Foundation


 






POV HERMIONE


«Che cosa vuoi dire?» chiese Hermione, spiazzata. «Per quanto tempo starai via?»
«Una settimana circa» rispose Draco, leggermente preoccupato dalla sua reazione. «Mi dispiace andare proprio ora, My, ma Potter ha bisogno di me per questa missione e non può chiedere a nessun altro.»
«Nessun altro in tutto il Dipartimento Auror può accompagnarlo?»
«Nessun altro in tutto il Dipartimento Auror ha le mie competenze in merito», precisò lui. «Sarei comunque più tranquillo se andassi a stare da Ginevra fino al mio ritorno.»
La giovane aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse; non era entusiasta della notizia e la sua natura improvvisa l’aveva resa inevitabilmente sospettosa. Gli rivolse un’occhiata triste.
«Dai, tu e Ginevra trascorrerete il tempo insieme, passerà in un baleno, vedrai.»
La afferrò per i polsi e la attirò a sé.
«Di cosa si tratta?» continuò a indagare lei, avvertendo una certa ansia impossessarsi del suo corpo.
«Non posso dirtelo», disse il biondino, sospirando. «Ma non è pericoloso. Dobbiamo solo trovare e identificare una cosa.»
Hermione non era del tutto convinta, ma deglutì e annuì. «Me lo prometti?»
«Sì», sussurrò lui. «Niente missioni suicide. È con me che stai parlando.»
Lei rise contro il suo petto. «Mi mancherai.»
Gli angoli della bocca di Draco si sollevarono all’insù. «Hermione, sei arrivata al punto da non poter più vivere senza di me?» la prese in giro. «No perché supererebbe ogni mia aspettativa, ad essere onesto.»
«Non fare lo scemo!» sbuffò lei. «Solo, così all’improvviso… non me lo aspettavo.»
Non quando trascorreva ormai le sue intere giornate con lui alla villa, almeno.
Il biondino la allontanò leggermente da sé e le prese il viso con entrambe le mani. «Sarai in grado di sentirmi per tutto il tempo», le ricordò, poi abbassò il braccio a prenderle la mano con l’anello e la sollevò portandola davanti ai suoi occhi. «Ricordi?»
Hermione sorrise e annuì. «D’accordo», concesse lei. «Merlino, sto diventando sentimentale. Dev’essere colpa della gravidanza.»
Draco rise. «O ti sei perdutamente innamorata di me.»
La giovane fece ruotare gli occhi, ma non negò, il sorriso sempre presente sul suo volto. «Ho inviato il modulo all’Ufficio Anagrafe», annunciò e le iridi di lui si illuminarono sentendo la lieta notizia. «E vorrei anche a ringraziarti per il lavoro che hai svolto per la Marauder’s
«Non devi ringraziarmi», ribatté il marito. «Tutto ciò che faccio lo faccio per te e lo faccio volentieri, specie se è qualcosa a cui tieni o che ti rende felice.»
Le circondò la vita, abbracciandola da dietro, lasciandole un bacio sulla pelle nuda dell’incavo del collo, poi avvicinò le labbra al suo orecchio. «Renderti felice è il mio scopo primario nella vita.»
Hermione rise. «Non farti sentire da Sirius», lo avvisò. «Crede di essere il centro della tua esistenza.»
«Lo è, ma credo che dargli la conferma possa essere controproducente», replicò il biondino. «Se dovesse capire che sono totalmente incapace di non soddisfare ogni suo capriccio, sarebbe la fine.»
«E io che pensavo che saresti stato tu il poliziotto cattivo tra i due», affermò lei, sghignazzando.
«Il poliziotto cattivo?» le fece eco lui, corrugando la fronte, perplesso.
«È un modo di dire babbano» spiegò brevemente Hermione. «Intendevo solo dire che pensavo che tra i due saresti stato tu quello più rigido.»
«Dannatamente prevenuto da parte tua» considerò il biondino, ma senza risentimento.
La giovane rise. «Mea culpa
«Hai studiato il latino?» chiese lui sorpreso.
Hermione annuì. «Perché tu conosci il latino? Sei pieno di sorprese Draco Malfoy!»
«Prima di Hogwarts ho studiato latino, greco e francese», ripeté lui, compiaciuto. «Mia madre ci ha sempre tenuto. Il latino è utile perché molti incantesimi hanno radice latina. Il greco per l’Alchimia, materia a cui sono molto appassionato.»
«Sto rivalutando l’idea di mandare Sirius in una scuola babbana.»
E lo stava facendo veramente. Poteva funzionare, l’istruzione in casa, viste le competenze del biondino.
«Io te l’ho detto che posso pensarci io», ribadì Draco. «Abbi un po’ di fede in me.»
Lo sguardo di Hermione si addolcì e un tenero sorriso le si aprì sul viso.
«Ne ho tanta, Draco», disse senza alcuna esitazione.
*
«È arrivata questa oggi», annunciò Ginny, sventolando una lettera nella sua direzione. «Dicono che torneranno questo pomeriggio!»
Hermione sorrise. «Sarà meglio che torni a Dragonshore allora.»
«Mi ero quasi abituata ad averti attorno», sospirò la rossa. «Da quando sono in maternità mi sento particolarmente sola. Harry è sempre al lavoro» considerò, abbattuta. «Immagino tu non abbia questo problema.»
«No, Draco è quasi sempre in casa», ammise lei. «E anche se non c’è, ho Sirius a tenermi impegnata.»
«James non parla ancora», disse Ginny. «Mi manca parlare con la gente.»
«Ha solo cinque mesi Gin!» esclamò Hermione, divertita. «Dagli tempo!»
La giovane fece spallucce. «Saresti frustrata anche tu se la tua unica compagnia fosse Kreacher», aggiunse. «Insomma, per quanto si sia ammorbidito, non è di certo l’anima della festa.»
«Vienici a trovare quando vuoi», la invitò Hermione. «Sei sempre la benvenuta a Dragonshore. Non credevo di dovertelo dire.»
Ginny le sorrise. «Verrò a darvi un po’ di fastidio, allora.»
«Bene» commentò Hermione, sorridendo a sua volta.
Dopo aver pranzato assieme a Ginny e aver sistemato le loro cose, Hermione prese Sirius per mano e attraversò il camino per tornare alla loro villa. Trascorse le successive ore a concordare con gli elfi cosa preparare per cena e a sistemare la sala da pranzo in modo da fare una sorpresa a Draco, poi si sedette sul divano ad attendere. Sirius era impaziente di rivedere il padre, - Hermione sospettava che temesse di essere abbandonato una seconda volta, per cui aveva trascorso l’intera settimana a rassicurarlo sul fatto che sarebbe presto tornato da loro -, e non riusciva a restare un attimo fermo; aveva persino scatenato due incidenti di magia accidentale a causa del suo nervosismo.
Quando finalmente sentirono la porta di ingresso aprirsi, il bambino corse come un fulmine, assalendo letteralmente un Draco ansante e trafelato.
«Ehi, ometto!» esclamò il biondino, ridendo.
«Papà!» trillò Sirius, lasciandosi prendere in braccio, contento. «Finalmente sei tornato!»
«Ti sono mancato?»
«Sì, sì, sì!» gridò lui. «Tantissimo!»
Draco rise più forte. «Anche tu», gli sussurrò all’orecchio.
Hermione gli si avvicinò raggiante.
«Ti devo raccontare cos’abbiamo fatto questa settimana!» iniziò a Sirius, tutto eccitato. «La mamma ha portato me, zia Ginny e James al cinema! E poi mi ha insegnato a suonare una canzone al piano, vuoi sentirla?»
«Rallenta, ometto» rise Draco. «Vorrei salutare anche la mamma. Mi è mancata anche lei, sai?»
Senza rimettere il piccolo a terra, il biondino trasse Hermione a sé e la strinse forte; le diede un bacio sulle labbra e poi uno sulla tempia.
«Tutto bene?», le chiese con aria leggermente apprensiva.
«Tutto bene», rispose lei, sorridendogli. «Voi?»
«Tutto bene.»
La giovane si morse il labbro inferiore. «Ora mi puoi dire cosa dovevate fare?»
«Ancora top secret, temo», asserì lui, «ma te ne potrò parlare presto.»
Hermione annuì. Capiva perfettamente la politica di segretezza del Ministero, lavorandoci ella stessa ed era una cosa a cui la sua curiosità doveva rassegnarsi.
«Ho finito di organizzare le cose per il ballo di beneficienza», gli disse. «E volevo farti vedere una cosa.»
Appellò a sé una busta e gliela porse.
«Non è un’altra delle lettere minatorie di mio padre, vero?» chiese lui sbuffando. «Giuro che lo denuncio questa volta.»
Hermione rise. «No, assolutamente. Giuro che è una cosa bella.»
Draco rimise Sirius a terra, che si avvinghiò alla madre, e si accinse ad aprire la busta.
L’espressione sul suo viso divenne indecifrabile. «Questo… questa è… come…?»
Gli angoli delle labbra di Hermione si sollevarono. «Ora che sono all’ottavo mese ho pensato di fare un’ecografia babbana, perché volevo avere questo ricordo…» non menzionò il fatto che non le fosse stato possibile farlo anche con Sirius vista la guerra che era in corso a quel tempo, cosa che la rattristiva molto. «È davvero triste che i maghi e le streghe non abbiano una loro versione della cosa. Insomma, guardala
Ma non aveva davvero bisogno di invitarlo a osservare la figura, perché il biondino era già imbambolato ad analizzarla nei minimi dettagli.
Deglutì. «Fa un certo effetto.»
Hermione rise. «Già.»
«Lei è… così?» chiese ancora lui, meravigliato. «Dentro di te?»
«Esatto» confermò la giovane. «Guarda la seconda foto.»
«Ha… ha un dito in bocca?» domandò passandosi una mano tra i capelli, sempre più stupito.
Una lacrima di commozione sfuggì al suo controllo.
Hermione annuì, raggiante, poi si alzò sulle punte e sussurrò all’orecchio di Draco: «Sirius si è messo a piangere quando l’ha vista, ma non dirgli che te l’ho detto.»
Il biondino ridacchiò. «È… wow!» soffiò senza parole, deglutendo, mentre osservava ancora le foto che stringeva tra le mani, con sguardo rapito, poi le prese il volto tra le mani e la baciò ripetutamente.
«Bleah», commentò Sirius, arricciando il naso.
Draco scoppiò a ridere. «Oh, cambierai idea, un giorno.»
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Hai passato troppo tempo con zio Ron questa settimana», commentò divertita, scompigliandogli i capelli.
Sirius sbuffò. «I capelli, mamma!»
«Ma puoi sistemarli con una strizzatina d’occhio» protestò lei, ma il bambino tenne su il broncio ugualmente. Si voltò a guardare il marito.
«Sei stanco?» gli domandò. «Ho fatto preparare la cena.»
«No, va bene», disse lui, sorridendole.
«Ma la canzone?» fece Sirius, sbuffando.
«Dopo cena tesoro, d’accordo?» gli assicurò Hermione, sospingendolo dolcemente verso la sala da pranzo.
«Papà ha fatto un lungo viaggio e deve mangiare prima.»
La cena passò con un Sirius sovreccitato che non fece altro che parlare per tutto il tempo, aggiornando dettagliatamente Draco su quello che avevano fatto in quella settimana, - Hermione davvero non credeva che ci fosse così tanto da raccontare, ma il bambino sembrava pensarla diversamente -, per poi dimenticare completamente della canzone che voleva suonargli non appena il biondino tirò fuori un regalo per lui.
«Se continui così, si aspetterà un regalo ogni volta che mancherai da casa per più di due giorni» commentò la giovane, sospirando rassegnata.
«Ma io gli porterò un regalo ogni volta che mancherò da casa per più di due giorni», ribatté Draco, con ovvietà, facendole alzare gli occhi al cielo.
«Lo vizierai» considerò lei. «Non va bene.»
«Uhm, quindi mi stai dicendo che non vuoi il tuo regalo?» chiese lui, fingendo perplessità.
Hermione schiuse le labbra, sorpresa. «Mi hai preso qualcosa?»
Il biondino rise. «Certo che ti ho preso qualcosa.»
Si infilò una mano in tasca, su cui Hermione aveva lanciato un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile prima della sua partenza, e ne tirò fuori un pacchetto che aveva tutta l’aria di contenere un libro.
Lesse la vittoria sul viso di Draco prima ancora che lei scattasse in avanti per prendere l’oggetto e lo scartasse in una manciata di secondi.
«Oh, ho sempre voluto leggerlo!» esclamò lei, guardando la copertina antica del volume in questione. «Ma è praticamente introvabile! Come hai fatto?»
«Ho le mie risorse», disse semplicemente lui. «Niente è introvabile per la giusta somma di denaro.»
«Draco…»
«Puoi accettare un mio regalo senza avanzare proteste per una volta?» le domandò lui, ridendo. Le si avvicinò e le tese una mano, facendola alzare in piedi, poi le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Lasciati lusingare una volta tanto», soffiò suadente. «Tanto ti vizierò ugualmente, lo sai.»
Hermione gli sorrise. «Sei incorreggibile.»
«Cosa che ti è sempre piaciuta.»
Si voltò a controllare cosa stesse facendo Sirius, perché non sentiva rumore da più di cinque minuti e le sembrava strano, per poi notare che si era addormentato sul divano.
«Lo porti di sopra?» gli chiese. «Ti aspetto in camera.»
Draco ghignò. «Quale dolce melodia!»
«Sbruffone», rispose lei, rivolgendogli una smorfia divertita prima di incamminarsi in direzione delle scale.
La raggiunse qualche minuto dopo, abbracciandola da dietro e baciandole lascivamente il collo.
«C’è un’altra cosa che devo darti» sussurrò lui, voltandola per guardarla in faccia e tendendo verso di lei un sontuoso scatolino.
«Un altro regalo?»
«Non ho saputo resistere» disse Draco, osservandola aprire il pacchetto.
Gli occhi di Hermione si allargarono quando videro gli orecchini.
«Ho pensato che stessero bene con l’anello», mormorò contro il suo orecchio. «Potresti indossarli al ballo.»
Lei boccheggiò per qualche istante, prima di riuscire a trovare la voce per ringraziarlo, poi lo baciò con trasporto.
«Harry si è raccomandato che ti chiedessi di non dire a Ginny che hai avuto due regali.»
Hermione rise.
«Mi sei mancato, furetto» mormorò, iniziando a sbottonargli la camicia. «Bagno?»
Draco sorrise. «Solo se vieni con me.»
*
A Hermione i balli di beneficenza piacevano, ma costringersi in un vestito elegante all’ottavo mese di gravidanza l’aveva portata a odiare quell’evento in particolare. Peggio del vestito, rifletté, c’erano solo le scarpe.
«Magia», borbottò stizzita. «Tecnologia babbana… niente! Mai una soluzione per questo!»
La testa bionda di Draco fece capolino dalla porta della loro camera, con la fonte corrugata. «Tutto bene?»
Hermione mugugnò un “sì” abbastanza stizzito, che lo fece divenire ancora più perplesso. «Non sembra.»
«Sono queste maledette scarpe!» sbuffò, spazientita. «Guarda quante ne ho! Letteralmente l’unica cosa materiale in cui eccedo e non c’è neanche un paio che siano comode per una donna incinta! Neanche uno!»
Draco rise, ma le si avvicinò con passo deciso. «Siediti.»
Lei gli rivolse uno sguardo perplesso, poi andò ad accomodarsi sul bordo del letto e lo osservò mentre si piegava sulle ginocchia davanti a lei, le prendeva una per volta le caviglie e mormorava un incantesimo a lei sconosciuto. Quando Hermione si rimise in piedi, notò che si sentiva notevolmente meglio.
«Cos’era quello?» esclamò incredula, gli occhi sbarrati per la sorpresa e le labbra schiuse in maniera quasi comica.
«Un incantesimo di mia invenzione», disse lui con aria compiaciuta. «Al sesto anno ti lamentavi dei tacchi anche se non eri incinta.»
«Hai inventato un incantesimo perché mi lamentavo di una cosa così banale?» domandò spiazzata.
Lui rispose con un’alzata di spalle, ostentando una nonchalance che Hermione era convinta fosse del tutto falsa.
«E perché non lo hai reso pubblico e fatto approvare dal Ministero?»
«Perché dovevi goderne tu per prima», rispose Draco, come se fosse ovvio.
Lei non nutriva di complessi così egoistici, ma era tanto contenta che l’idea di obiettare non la sfiorò neanche; quello e il fatto che tutta la vicenda la lusingava parecchio, naturalmente.
«Devi insegnarmelo!» trillò entusiasta, invece.
«Lo farei, ma tu non condoni la magia oscura in nessun caso.»
«Scusami?» fece lei, impallidendo.
«È il vero motivo per cui il Ministero non può sapere che ho inventato questo incantesimo» le spiegò, serio. «Sono partito da un incanto oscuro per crearlo.»
Hermione lo fissò in silenzio per qualche istante, studiandolo con gli occhi ridotti a due fessure, cercando di capire se fosse sincero o se la stesse prendendo in giro. «Ti aspetti che creda che un incantesimo per rendere i tacchi più tollerabili abbia radici nella magia oscura
Draco le rivolse un sorrisetto enigmatico.
La giovane si accigliò. «Stai scherzando.»
«Deve pur esserci un motivo se nessuno lo aveva inventato prima, no?» ribatté lui, con una cadenza che le fece sospettare che stesse imitando il suo tono saccente quando doveva spiegare cose da lei ritenute ovvie.
Hermione parve rifletterci sopra per qualche momento, poi scrollò le spalle, decidendo che non le importava assolutamente nulla dell’origine di quell’Incantesimo. «Comunque, a meno che non siano le Maledizioni Senza Perdono, il mio disappunto per l’uso della magia oscura non vale per le questioni di vita o di morte.»
Draco sollevò un sopracciglio. «Delle scarpe scomode sono questione di vita o di morte?»
«Certo che lo sono!» ringhiò lei, puntandogli l’indice della mano destra contro a mo’ di avvertimento. «Non osare sminuire la problematica!»
Il biondino rise e poi le tese un braccio, che Hermione afferrò con delicatezza.
«La grande Hermione Granger-Malfoy, eroina di guerra, sconfitta da un paio di scarpe.»
«Oh, chiudi il becco, furetto!» sbuffò in risposta lei, ma gli angoli delle sue labbra erano sollevati all’insù.
*
«Mione!»
La voce di Justin la costrinse a voltarsi.
«Come stai?»
Abbracciò il suo amico e gli rivolse un ampio sorriso. «Bene, grazie. Tu?»
«Tutto bene», ripose lui e di fatti aveva un’aria molto felice. «Vedo che hai risolto le tue controversie in merito al matrimonio con Malfoy.»
Hermione rise. «Già. Come va tra te e Daphne?»
«Oh, noi… beh, eravamo nel secondo gruppo, ma siamo stati tra i primi a saperlo», le raccontò. «L’ho invitata subito a uscire e per il momento di sposarci avevamo già un bel rapporto. Sai, ad oggi credo che quel Cuore sappia il fatto suo.»
Lei annuì distrattamente, ma si rabbuiò leggermente non appena si rese conto dell’affermazione con cui aveva appena convenuto. Justin parve comprendere all’istante il luogo in cui erano volati i suoi pensieri e si affrettò ad aggiungere, con tono carico di rammarico e dispiacere: «Certo, non si può dire la stessa cosa per la povera Ariadne…»
«Il Cuore di Cupido non riconosce pregiudizi e discriminazioni, Justin», mormorò Hermione stancamente. «Quelle sono cose di natura umana.»
Il giovane ribatté con un cenno del capo. «Dean ha sposato la sorella di Daphne, sai?» la informò, cercando di indirizzare il discorso su temi più allegri. «Astoria. Anche loro vanno molto d’accordo.»
«Sono contenta» affermò lei, sorridendo nuovamente.
«Credo siano amiche di Malfoy.»
«Sì, erano al matrimonio» commentò la ragazza, chiedendosi per la prima volta come mai il biondino non gliele avesse ancora presentate.
«Daphne, lei… dice sempre che Malfoy ti ha aspettata a lungo, sai?» le rivelò esitante Justin, riportandola alla realtà. «Insomma, non so di preciso cosa voglia dire, ma mi ha confessato che è stata molto contenta di sapere del vostro match, perché pensava che lui meritasse di essere finalmente felice.»
Hermione corrugò leggermente la fronte. «A quanto pare abbiamo avuto una storia al sesto anno», ammise. «Solo che io non lo ricordavo. Sono stata Obliviata
«Aspetta, credevo fosse una cosa di vostra invenzione per via di Sirius… quindi è veramente lui il padre?»
Lei fece un cenno d’assenso con il capo. «È tutto vero, ma non credevo che le Greengrass lo sapessero.»
«Daphne non sapeva di Sirius… cioè immagino che abbia fatto due più due quando siete usciti allo scoperto, ma non mi ha detto niente», asserì lui. «Sono molto riservati loro, sai? Non rivelano facilmente i segreti dei propri amici, neanche ai propri coniugi.»
Hermione annuì, mordendosi un labbro.
Quando Draco e Daphne li raggiunsero, i due presentarono le donne e poi Justin e la moglie si allontanarono per ballare.
«Le Greengrass sapevano di noi?» gli domandò casualmente. «Del sesto anno?»
Il biondino deglutì. «Ho dovuto dirglielo», confessò esitante. «Astoria si era presa una cotta per me.»
Hermione si irrigidì, ma non seppe dire se lui se ne fosse accorto.
«Erano le mie uniche amiche e non volevo perderle», spiegò ancora. «Così ho raccontato loro di noi due, sperando che Astoria capisse che non ci fossero speranze prima ancora che facesse un passo. Ha funzionato.»
La giovane restò in silenzio per qualche istante, guardando con attenzione Sirius e Teddy che scorrazzavano ridenti per la sala. «Qualcuno dovrebbe fermarli, faranno cadere la gente se non si calmano.»
Draco stava per muoversi, ma videro Andromeda avvicinarsi ai due e parlargli, senza abbandonare neanche un po’ del suo usuale contegno.
«Hermione, Draco!»
Blaise e Susan si avvicinarono a loro, raggianti e i due si voltarono per salutarli a loro volta.
«Volevamo congratularci con voi per la vittoria sul Wizengamot», disse Susan. «Vedo che non avete richiesto l’annullamento.»
La mano del biondino si chiuse attorno alla vita di Hermione con fare protettivo, come se con quel gesto volesse sfidare il mondo anche solo a provare a sostenere che non appartenessero l’uno all’altra. «Per noi il Cuore ha funzionato», ribatté brevemente, senza dare troppe spiegazioni. Susan sorrise.
«E i tuoi?» chiese Blaise. «Come l’hanno presa?»
Draco deglutì. «Mamma ha reagito stoicamente», spiegò senza fronzoli. «Lucius… chi se ne frega.»
I due amici sospirarono all’unisono. «Almeno ne hai uno dalla tua parte», commentò Blaise. «Mia madre non ha preso bene la notizia del nostro rinnovo dei voti.»
Hermione sorrise a Susan con fare solidale, come a dirle «Comprendo come ti senti e ti sono vicina».
«Credo che mi diserederà» aggiunse Blaise. «Ma tanto tu stai per aprire un’azienda, no? C’è un posto di lavoro per me in caso?»
Draco rise brevemente. «Ovviamente», rispose. «Come vedi, non abbiamo bisogno di loro.»
Blaise annuì. «Noi Serpi ci guardiamo le spalle a vicenda.»
«E restiamo uniti» terminarono Daphne e Astoria all’unisono, sbucando alle loro spalle.
Hermione si sentì terribilmente a disagio in quel momento, quasi di troppo, tanto che dovette resistere all’impulso di dileguarsi all’istante, ma per fortuna Dean e Justin raggiunsero il gruppo subito dopo.
«Noi Grifondoro ci ubriachiamo», affermò Dean, per sdrammatizzare.
«E noi Tassorosso con voi», concordò Justin, sghignazzando.
«Io non posso», sbuffò Hermione. «Non vedo l’ora che venga fuori giuro», aggiunse, borbottando a bassa voce. Era ormai esausta e in quel momento un bicchierino le avrebbe fatto comodo. C’era qualcosa, nel gruppo delle serpi, che la rendeva nervosa. Non era mai stata molto brava a farsi nuovi amici, d’altronde, e loro erano peculiari nel loro genere.
«Quelli sono Ronald Weasley e Parvati Patil?» chiese Astoria, indicando con lo sguardo l’ingresso della sala.
«Sì», replicò Hermione. «Hanno iniziato a uscire insieme da poco.»
«Si sono incontrati quando sono andati a consegnare i moduli per l’annullamento», proseguì Dean. «Parvati era sposata con Marcus Belby.»
Hermione e Blaise si scambiarono uno sguardo e strinsero le labbra tra i denti per non scoppiare a ridere, probabilmente ricordando entrambi la prima cena al Lumaclub e l’imbarazzante atteggiamento del ragazzo.
«Scusatemi», mormorò poi lei, «ma devo parlare urgentemente con Harry e Ginny. Torno subito.»
*
Quando arrivarono a casa, Hermione si sentiva stremata.
Sirius dormiva in braccio a Draco come se nulla fosse e lei si fermò in salotto a riprender fiato sul divano; in cuor suo, sperava che il biondino avrebbe portato anche lei in braccio fino alla loro stanza.
«Ehi» le sussurrò tra i capelli, massaggiandole le spalle. «Stanca?»
Hermione annuì. «Non sono fatta per la vita sociale» sbuffò. «Persino quando mi nascondevo per i boschi avevo più energie di quante ne abbia ora.»
Draco scosse il capo, dalla sua gola uscì una risata bassa e gutturale, probabilmente dovuta alla sua stessa stanchezza; raggirò il divano per portarsi di fronte a lei, poi le tolse le scarpe e la fece distendere contro il suo corpo. «Sono state settimane molto pesanti.»
La giovane restò in silenzio, gli occhi chiusi e il capo poggiato sul petto di lui, ma era leggermente rigida tra le sue braccia. Draco lo notò subito, ovviamente.
«C’è qualche problema, My?» le chiese dopo un po’. «Sei un po’ strana. Lo eri anche al ballo.»
«Non mi avevi detto di Astoria…»
Il biondino sospirò. «Non c’era niente da dire», rispose, conciso. «Non è successo niente.»
«Ma siete andati a fare degli aperitivi insieme più di una volta in questi mesi…»
«C’era anche Daph», le ricordò. «Quante volte ti devo ripetere che ci sei solo tu?»
Mise un dito sotto il suo mento e le sollevò il volto per guardarla negli occhi. «Ci sei sempre stata solo tu.»
«Ma avevi detto che per un bel po’ avevi deciso di lasciarmi andare.»
«Ti prego!», soffiò lui, alzando gli occhi al cielo. «Ho iniziato a lavorare alla pozione subito dopo il processo. Non ho mai avuto intenzione di lasciarti andare, per quanto ci abbia provato.»
Hermione non rispose; abbassò nuovamente lo sguardo, prendendo a studiare con eccessiva attenzione le sue mani, intrecciate sulle sue gambe, mentre si torturava le dita. Le sue guance erano leggermente arrossate.
«My… per favore» mormorò lui, ma poi la sua voce si fece compiaciuta. «Aspetta… Sei gelosa?»
La giovane emise un grugnito. «Ma fammi il piacere!»
Draco rise. «Sei gelosa.»
«Piantala», sbuffò Hermione, ma gli occhi le pizzicavano per le lacrime che minacciavano di uscire.
Si sentiva un po’ stupida, veramente, ma non aveva mai provato una gelosia così pungente, neanche quando credeva di essere innamorata di Ron e lui aveva deciso di iniziare una relazione con Lavanda Brown, al sesto anno… prima di Draco, prima di tutto quello che aveva condiviso con il biondino e di cui lei ricordava a malapena dei frammenti.
Il giovane dovette accorgersi che fosse sul punto di piangere, perché la strinse di più a sé e smise di prenderla in giro; la costrinse nuovamente a incontrare i suoi occhi. «Non ho mai guardato nessun’altra.»
Hermione deglutì e lo studiò per qualche istante; tirò su con il naso.
«Hermione», la riprese, con voce bassa, gutturale, ma decisa. «Te lo giuro.»
Le sorrise dolcemente e la baciò; lei si aggrappò a lui con forza. Non le importava di sembrare vulnerabile.
Draco fece scivolare le dita sulla sua nuca, poi tra i suoi capelli e la giovane gemette quando la sua lingua spinse con vigore contro la sua bocca, richiedendo esigente un maggiore accesso.
«Draco, aspetta» mugugnò Hermione, posando i palmi delle mani sul suo petto ed esercitandovi una leggera pressione per separarli da quell’intreccio di labbra travolgente.
«Sei davvero irritante quando vuoi parlare a tutti i costi» commentò lui, sbuffando in maniera teatralmente sdegnata. La giovane fece ruotare gli occhi.
«Tu non vuoi parlare mai.»
«Ma cosa stai dicendo?» chiese il biondino, allibito. «Parliamo in continuazione.»
Hermione si accigliò. «Non mi dici le cose importanti» insisté lei. «Ad esempio, non mi hai detto che hai parlato con i tuoi genitori.»
«Cosa dovevo dirti?» soffiò lui, sollevando un sopracciglio. «L’esito dell’incontro era più che scontato.»
La giovane deglutì. «Si, ma…» le sue guance si tinsero di un colore rossastro. «Insomma, avrei potuto starti vicino. Non dici mai niente, ma so che ti fa stare male… solo che te lo tieni per te.»
L’espressione sul volto di Draco si intenerì, un angolo delle labbra si sollevò leggermente all’insù. «Anche solo averti nella mia vita è un palliativo per ognuno dei miei dolori, My
Hermione gli rivolse uno sguardo dolce e gli accarezzò una guancia; lui chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo.
«E niente è peggio di quando pensavo che non sarei riuscito a riaverti con me, comunque.»
«Siamo insieme ora», lo rassicurò lei. «Per sempre.»
Il viso del biondino si aprì in un sorriso ampio che gli aveva visto rivolgere solo a Sirius fino a quel momento.
«Per sempre» ripeté, come per suggellare definitivamente quella promessa.
«Andiamo a-», fece per dire Hermione, ma le protezioni attorno alla casa scattarono all’improvviso, facendoli sussultare.
Draco si alzò con uno scatto, le prese il volto tra le mani e deglutì. «Vai di sopra, prendi Sirius e tieniti pronta a fuggire.»
«Ma…»
«My» l’ammonì lui, nel tono di voce una nota d’avvertimento. «Vai.»
Hermione si alzò e corse al piano di sopra, verso la camera di Sirius. Il piccolo era talmente tanto sfinito da non essersi svegliato neanche a causa di quel suono assordante.
Si avvicinò alla finestra, per spiare cosa stesse accadendo nei giardini, per evitare di svegliarlo inutilmente; corrugò la fronte, quando vide la figura di Pansy Parkinson fuori dal confine dell’Incanto Fidelius, dove l’Incanto Gnaulante era stato apposto come ulteriore misura difensiva.
Quando il biondino gliene aveva parlato, in un primo momento, Hermione aveva pensato che fosse eccessivo, ma con il senno di poi, a mente fredda, aveva convenuto che fosse utile a protezione di una casa in cui vivevano un ex Mangiamorte, considerato probabilmente un traditore da quelli ancora latitanti, e un noto membro dell’Ordine della Fenice. Rowle, senza dubbio, aveva sospettato di lui e della sua famiglia in passato, lo aveva visto con i suoi occhi; Narcissa aveva tradito Voldemort, mentendo sulla morte di Harry e Lucius aveva incastrato tanta di quella gente per garantirsi un biglietto fuori da Azkaban che solo dal lato di Draco avevano sufficienti motivi per essere cauti. Lei, poi, era una categoria a parte.
Hermione tirò un respiro profondo e scese di sotto.
«Se non le apri, quel coso continuerà a tartassarci le orecchie.»
Se non altro, pensò tra sé la giovane, anche la variante dell'Incantesimo Confundus che avevano applicato dopo la visita sgradita di Pansy qualche mese prima, in modo da assicurarsi che non riuscisse a ritrovare la precisa ubicazione della villa, stava funzionando.
Draco sbuffò. «Mi stavo divertendo», ribatté secco. «Insomma, vederla guardarsi intorno e perdere le staffe ogni istante di più è esilarante.»
La mascella di Hermione cadde a terra; gli tirò uno schiaffo sul braccio. «Ma quanti anni hai?»
«Ahi!» protestò lui, massaggiandosi il punto dove lo aveva colpito.
«Oh, questo è niente in confronto a quello che riceverai se quella vipera sveglia Sirius» lo avvisò, seria in viso.
«Ma stavamo andando a letto!» esclamò Draco, indignato. «Avevo già deciso in quanti e quali modi farti-»
«DRACO MALFOY!»
Il biondino grugnì il suo disappunto, ma quando vide che non accennava a muoversi, sbuffò e si diresse verso la porta.
«Hermione, dove pensi di andare?» le gridò dietro, seguendola di corsa.
«Mi sembra ovvio», replicò in tono asciutto. «La mando via. Un Vipera Evanesca dovrebbe bastare.»
«Ci penso io, torna dentro» rispose lui, superandola, ma lei continuò a stargli alle calcagna.
Draco si Smaterializzò e apparve in un punto in lontananza, per non far capire alla Parkinson l’esatta posizione della loro villa; Hermione restò a guardare da dietro il cancello, invisibile agli occhi dei due, anche se il biondino era consapevole della sua presenza.
Non appena lo vide, la ex di suo marito caricò verso di lui a grosse falcate; Hermione si ritrovò a impugnare la bacchetta un istante dopo.
«Tu!» stava gridando Pansy, furente. Gli si posizionò di fronte e gli tirò uno schiaffo così forte che il suono rimbombò nell’aria altrimenti silenziosa. «Per colpa tua e di quella schifosa Sanguemarcio che hai sposato, mio figlio crescerà senza un padre!»
Hermione osservò la reazione gelida di Draco e deglutì. Aveva chiuso gli occhi e stava tirando dei respiri lunghi e profondi, probabilmente per calmarsi.
«Nott ha avuto quello che meritava» le disse con voce fredda e strascicata. «E chiama mia moglie così un’altra volta e ti giuro che non risponderò delle mie azioni.»
Pansy si lasciò andare a una risata sardonica. «Sono incinta», affermò come un dato di fatto. «Non faresti proprio un bel niente.»
«Torna a casa, Pansy» rispose lui gelidamente, poi le diede le spalle e fece finta di incamminarsi nella direzione opposta a quella dove si trovava, effettivamente, la villa.
Un tentativo vano in partenza, pensò Hermione, che iniziava a sentirsi inquieta. Era vero: se la Parkinson avesse deciso di attaccarlo, Draco non avrebbe potuto fare altro se non usare qualche innocuo incantesimo difensivo, per bloccare i suoi o deviarli. E sapeva che alcune maledizioni non potevano essere né bloccate né deviate, come la Cruciatus… Pansy non sembrava il tipo da farsi problemi ad usare una delle Maledizioni Senza Perdono.
Muoviti a rientrare…” pensò disperata, mentre osservava la donna serrare i pugni e ringhiare, sempre più livida in volto.
«Non voltarmi le spalle, Draco Malfoy!» gli urlò dietro, seguendolo. «Fai uscire Theo da lì!»
Draco si arrestò di colpo e si voltò a guardarla, con lentezza studiata, gli occhi ridotti a due fessure. «Ma hai capito di che razza di animale stai parlando?» le sputò contro, l’ astio e il disgusto evidenti nel tono della sua voce. «Tuo figlio crescerà cento volte meglio senza di lui. Certo, sempre se ti deciderai a darti una cazzo di svegliata!»
«Oh, quindi cosa credi? Che dovrei andare in giro a scoparmi i Sanguemarcio, come fai te? Questo è il tuo grande consiglio?»
«Ti ho detto», ripeté lui, scandendo le parole e guardandola in cagnesco, «di non chiamare mia moglie in quel modo.»
Un ghigno distorse il viso di Pansy. «Perché tu non lo hai mai fatto, vero?»
Draco impallidì e deglutì. Un colpo basso, conforme allo stile di lei.
La donna esibì un sorrisetto compiaciuto, probabilmente soddisfatta della reazione che aveva suscitato in lui, del dolore che gli aveva appena inflitto. «Non chiamarla in quel modo non cambia ciò che è, comunque» aggiunse imperterrita. «E non cambia ciò che sei tu. Un maledetto traditore del proprio sangue!»
Hermione comprese che, se non poteva ottenere ciò per cui si era presentata lì, la Parkinson aveva tutta l’intenzione di non andarsene senza almeno averlo ferito a sufficienza. Strinse il labbro inferiore tra le labbra e lanciò uno sguardo alle sue spalle, sperando che Sirius stesse ancora dormendo e che, in caso contrario, gli elfi lo stessero tenendo a bada; l’ultima cosa di cui avevano bisogno era che lo vedessero correre in giardino e assistere a quella scenata. Draco odiava quando si faceva menzione del suo passato davanti al figlio.
Valutando se intervenire o meno, Hermione ridiresse la sua attenzione sui due litiganti. Vide il biondino assottigliare le labbra in una linea sottile.
«Nott marcirà ad Azkaban», sentenziò freddamente. «Ed è stata proprio quell’ideologia a farcelo finire. Quello e il fatto che è un maledetto bastardo pervertito.»
«Parli tu, quando tu e la tua famiglia ve la cavate da sempre senza pagare alcuna conseguenza per le vostre azioni!» gridò allora Pansy e dal tremolio nella sua voce, Hermione capì che stesse piangendo.
Draco si passò la lingua sui denti. «Ho pagato a sufficienza per i miei errori, credimi», ammise con voce soffocata, poi aggiunse, tornando glaciale: «Sta’ lontana dalla mia famiglia. È il mio ultimo avvertimento, Parkinson
Un secondo dopo, il giovane era di nuovo accanto a lei e Pansy si guardava attorno strillando indignata e adirata. Forse, non aveva ancora finito con lui, ma capiva perché Draco non avesse più intenzione di starla ad ascoltare. Con un ultimo ringhio di rabbia, la donna sparì.
Hermione guardò Draco con aria apprensiva e gli strinse una mano nella sua. «Stai bene?»
Il biondino si limitò a posare la fronte contro quella di lei e a sospirare stancamente. «Andiamo a dormire, per favore.»
Finalmente, quella giornata estenuante si era conclusa.

 

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Capitolo 18
*** 18. Surprises ***


The Weight of Us



CAPITOLO 18
Surprises


 






POV HERMIONE





Hermione si sentiva strana; in realtà erano diversi giorni che una strana sensazione le attanagliava lo stomaco, stringendoglielo in una morsa preoccupante. Aveva come l’impressione che qualcosa sarebbe successo di lì a breve, ma non aveva idea di cosa. La bambina non sarebbe dovuta arrivare prima di tre settimane, almeno e Kingsley aveva ormai fatto abolire la Legge sui Matrimoni. Nott era ad Azkaban, condannato a così tanti anni per via di tutti i suoi crimini recenti e per il suo tentativo di riorganizzare le forze dei Mangiamorte, di cui Harry era riuscito a trovare le prove, anche grazie alla collaborazione di Ariadne, che probabilmente non avrebbe mai lasciato la sua cella. Lucius era caduto in una sorta di mutismo per il quale sia lei sia Draco ringraziavano Merlino, Morgana e tutti e quattro i Fondatori ogni giorno. Narcissa ogni tanto passava dalla villa per trascorrere del tempo con Sirius e Hermione era persino riuscita a resistere nella stessa stanza con lei per il tempo di un tè, senza che volassero frecciatine tra di loro, per giunta. Il biondino lo considerava un progresso. James Potter, il suo figlioccio, era adorabile e in salute come sempre e le cene di gruppo avevano continuato a svolgersi regolarmente nei fine settimana, con la piacevole aggiunta di Teddy e Andromeda, con i quali Draco aveva instaurato un bellissimo rapporto, ma anche di Ron e Padma. Hermione era grata per la comprensione che il rosso aveva dimostrato verso la sua situazione, - per un momento aveva temuto una reazione brusca da parte sua -, ma d’altronde erano passati anni e il tempo qualche ferita l’aveva guarita; andare avanti, sempre, senza restare ancorati al passato e senza appigliarsi a inutili rancori che potevano minare il nuovo equilibrio del mondo magico, quello era il motto di Kingsley e non mancava di ripeterglielo ogni volta che li incontrava. Loro lo avevano fatto proprio.
Avevano persino trovato il tempo di pranzare con Blaise e Susan o con Hannah e Neville, una volta persino con le sorelle Greengrass e Justin e Dean. Hermione stava imparando a convivere con gli ex Serpeverde e, volta dopo volta, si sentiva sempre più a proprio agio con loro, man mano che l’idea che fossero veramente diversi da quello che avevano sempre mostrato, o che quanto meno fossero cambiati con il tempo, attecchiva dentro di lei.
E anche se Draco e Harry entravano ancora in competizione, di tanto in tanto, su argomenti che vertevano su sciocchezze tipo chi dei due era più bravo a volare, - Ginny si sentiva sempre in dovere di rammentargli che era lei la giocatrice professionista di Quidditch in famiglia, ma nessuno dei due pareva mai ascoltarla -, o chi dei due era in grado di eseguire meglio la fattura Tarantallegra, anche se Ron e il biondino non facevano che punzecchiarsi a vicenda, - sebbene in un modo quasi morbido e amichevole, Hermione aveva deciso di definire il loro rapporto con lo slang babbano frenemies, non che loro due si fossero presi la briga di comprenderne il significato -, anche se Sirius diventava giorno dopo giorno sempre più una peste e Draco era ormai totalmente rassegnato all’idea che sarebbe stato Smistato in Grifondoro, andava tutto bene.
Andava tutto bene e Hermione non riusciva a capire perché si sentisse così irrequieta.
Draco lo aveva notato, ma non essendo in grado di dargli una spiegazione la cosa aveva finito per agitare anche lui, sebbene si appellasse alla sua Occlumanzia per non darlo a vedere e accentuare le sue preoccupazioni. Ma stava comunque più all’erta del solito, era molto attento ad ogni minimo dettaglio e non le toglieva gli occhi di dosso per più di qualche minuto. Hermione questi piccoli gesti li aveva notati, ormai era diventata piuttosto brava a interpretarlo.
«Draco.»
Sapeva che non l’avrebbe sentita in quel particolare momento, perché era al piano di sopra e stava cercando di convincere Sirius a fare un bagno; aveva scorrazzato per tutto il giardino durante l’intera mattinata ed era tutto appiccicaticcio di sudore e sporco di terra. Hermione era certa che stesse opponendo resistenza solo per ricevere le attenzioni del padre, perché normalmente non sopportava di avere sporcizia addosso.
«DRACO!» gridò con tutta la voce che aveva in corpo.
Il motivo di quella strana sensazione che l’aveva tormentata per giorni le fu immediatamente chiaro, mentre si stava preparando una tazza di tè e la consapevolezza la colpì in pieno; la tazza le sfuggì di mano, cadendo sul pavimento e infrangendosi in tanti pezzetti di vetro tintinnanti.
Sgranò gli occhi.
Non era possibile.
Era troppo presto.
Anche se, Sirius… Sirius era nato prematuramente. Molto in anticipo, tra l’altro. Nessuno le aveva mai potuto dare una spiegazione per quell’evento; poteva esser dipeso dallo stress della guerra, le avevano detto quando aveva chiesto informazioni ad alcuni Guaritori, in tempi di pace, ma non essendo stata seguita da nessun professionista durante la gravidanza, non erano stati in grado di dirle niente con certezza.
«Draco!» urlò terrorizzata e il biondino, quella volta, la udì.
Le fu accanto immediatamente; non si era nemmeno attardato a prendere le scale, si era Materializzato direttamente in cucina.
«Cosa succede?», domandò e persino la sua abilità di Occlumante vacillò in quel momento, tradendo la sua agitazione. «Stai bene?»
«Io… Credo che… Mi si siano rotte le acque» biascicò spaventata.
Draco impallidì.
«Mi si sono rotte le acque!» ripeté ancora Hermione, urlando con voce stridula e acuta. «Non possono essersi rotte le acque, non è ancora il momento!»
Il biondino scosse forte il capo, per tornare in sé, le fece scivolare un braccio attorno alla vita e la condusse in salotto; trasfigurò il divano in un letto con un movimento deciso della bacchetta, poi la aiutò a mettersi comoda.
«Tippy, Tilly!» gridò a gran voce, mentre lei continuava a ripetere “È troppo presto, troppo presto!” come una nenia. «Andate a chiamare Hannah Longbottom! Subito!»
Gli elfi strillarono e sparirono con un pop! che parve rimbombare per tutta la stanza.
Hermione scoppiò a piangere; stringeva la mano di Draco con tanta forza che per un momento temette di fargli male, ma non riusciva ad allentare la presa.
«Ho paura», gli disse. «So di averlo già fatto una volta, ma io… io non me lo ricordo!»
Draco deglutì, poi ricambiò la stretta e le diede un bacio su una tempia. «Sono qui con te», le sussurrò in un orecchio, accarezzandole i capelli con dolcezza. «Questa volta ci sono anche io.»  
Hermione annuì più volte, freneticamente, gli occhi serrati. «Non lasciarmi sola, per favore.»
«Non lo farò», le promise lui, rassicurandola. «Mai. Te lo giuro.»
Hannah apparve dopo qualche istante, veloce come sempre e si precipitò da lei, mormorando parole incoraggianti e preparandosi subito ad assisterla.
La sentì chiedere a Draco se volesse restare o meno e il panico la colse violento, anche se le aveva assicurato, solo qualche attimo prima, che non sarebbe andato da nessuna parte; si dissipò solamente dopo che il biondino lo ebbe ripetuto una seconda volta, senza alcuna esitazione.
La sua voce, notò Hermione, era insolitamente instabile. La cosa avrebbe dovuto terrorizzarla, perché non lo aveva mai sentito usare quel tono prima, ma il dolore teneva la sua mente impegnata altrove.
«A-Andromeda», si sforzò di dire, «chiama anche Andromeda, per favore.»
Si fidava di Andromeda, voleva che ci fosse anche lei. Le era stata accanto già una volta, quando non c’era una Guaritrice esperta ad aiutarle. Aveva bisogno di Andromeda.
L’ultima cosa che sentì prima che il dolore divenne troppo acuto per prestare veramente attenzione a ciò che le accadeva attorno, fu la voce di Draco che chiedeva a Tippy di andare a prendere Andromeda e a Tilly di restare con loro in caso ci fosse bisogno del suo aiuto. Quando la donna apparve nel loro salotto, il biondino disse a Tippy di portare Teddy in camera di Sirius e di tenere a bada i due bambini.
E poi, ebbe inizio.
*
Hermione aprì gli occhi, sentendosi frastornata come non mai, e si guardò attorno; era nel suo letto, indossava una vestaglia da notte pulita e la sua pelle profumava di lavanda. Non sapeva quanto avesse dormito, ma non le sembrava minimamente sufficiente; le pareva che il suo intero corpo le facesse male e fosse tutto indolenzito al contempo.
I suoi occhi si posarono su Draco, disteso accanto a lei, con la schiena poggiata contro la testiera del letto e un fagotto stretto tra le braccia. Aveva i capelli spettinati, - Hermione era certa di non averlo mai visto così trasandato prima -, c’era un insolito rossore sul suo volto e i primi bottoni della sua camicia erano sbottonati; sorrideva in estasi, guardando con aria trasognata la piccola Lyra, serenamente addormentata, mentre con il pollice le accarezzava delicatamente la sua minuscola guancia. Quella visione le infuse una pace e una gioia profonda.
«Merlino», esclamò Hermione, con voce rauca e stanca. «La stai già viziando. Che i Fondatori mi aiutino!»
Il biondino si voltò a guardarla con uno scatto e l’apprensione apparve immediatamente sul suo volto.
«Come stai?», le chiese immediatamente, dirigendo tutta la sua attenzione a lei.
«Mettiamola così», disse, mentre cercava di tirarsi su per accogliere la neonata tra le sue braccia. «Se l’Hogwarts Express mi avesse investita, avvertirei meno dolore.»
«Vuoi che chiami Hannah?» domandò agitato. «Andromeda ha portato Sirius e Teddy da Potter, sarà di ritorno a momenti.»
Hermione scosse lentamente il capo. «No, non c’è bisogno.»
Lyra si svegliò e reclamò immediatamente le sue attenzioni; fece scivolare una spallina del vestito, scoprendo il seno e la piccola vi si aggrappò quasi all’istante. Sentiva lo sguardo del marito su di sé e, anche senza guardarlo, sapeva perfettamente che fosse a metà tra il preoccupato per lei e l’intenerito dalla scena.
«Hai bisogno di qualcosa?», domandò ancora Draco e dalla sua voce, notò la giovane, traspariva un curioso e inusuale turbinio di emozioni che non riuscì a distinguere nella loro singolarità.
Hermione sorrise. «Che tu ti calmi, magari», rispose divertita. «Va tutto bene.»
Draco annuì, ma non sembrava convinto. Fece scivolare un braccio attorno alle sue spalle, le lasciò un dolce bacio sulla tempia, come faceva spesso.
«È bellissima», disse solamente.
«Sono gelosa», ammise lei. «Hai già avuto più tempo di conoscerla. Io sono andata ko.»
Il biondino sollevò un sopracciglio. «Sei stata perennemente con lei per nove mesi», obiettò. «La conosci comunque meglio tu.»
Hermione rise, assentendo. «Vero. Quanto ho dormito?»
«Solo qualche ora», la informò. «E comunque, hai appena partorito. Ti meriti più di qualche ora di riposo.»
«Oh, ho intenzione di prendermi tutto quello che mi merito, tranquillo» gli assicurò lei, il sorriso sempre dipinto sul suo volto.
«E io ho intenzione di dartelo, te lo assicuro» convenne Draco, sorridendo a sua volta.
Hermione poggiò il capo sulla sua spalla e chiuse gli occhi; era bello, averlo lì con lei.
Ricordava vagamente i primi giorni di vita di Sirius, ma rammentava benissimo una costante sensazione di vuoto, malinconia e solitudine; non aveva mai capito se fosse dovuta alla mancanza dei ricordi o al fatto che soffriva dell’assenza di lui, anche se probabilmente era dovuta ad entrambe le cose. Si lasciò cullare per un po’ dalle sue carezze, premurandosi di riaprire gli occhi di tanto in tanto per non rischiare di addormentarsi e quando la piccola si staccò dal suo seno e sprofondò in un sonno tranquillo, Draco insisté perché riposasse un altro po’. Prese Lyra tra le sue braccia, la riposò nella sua carrozzina, accostata rigorosamente contro il letto, poi si riposizionò con la schiena contro la spalliera e trascinò il capo di Hermione sul suo petto, le mani che passavano tra i suoi capelli a un ritmo talmente rilassante che scandì quello del suo sonno.
Prima di tornare tra le braccia di Morfeo, però, Hermione lo sentì pronunciare qualcosa, qualcosa che, a ripensarci, ancora oggi le fa scaldare il cuore e sciogliere le gambe.
«Grazie, amore mio
*
«Te la senti di ricevere visite?» le domandò Draco, anche se ormai era passata una settimana dalla nascita della piccola e non potevano veramente più rimandarle.
«Ci sono Harry e Ginny, vero?» rispose lei, riponendo la bambina nella carrozzina.
«E la Donnola con Parvati.»
«Padma», lo corresse lei. «Parvati è la sua gemella.»
Il biondino sbuffò; non se lo sarebbe ricordato mai. Scrollò le spalle ostentando una teatrale nonchalance. «Che differenza fa? Sono uguali.»
«Non funziona così», rise Hermione, «lo sai.»
Draco le fece un occhiolino. «Non riesci neanche più a fingere di odiare questo lato di me.»
«No, non ci riesco», ammise lei, sospirando rassegnata. «Sono incondizionatamente innamorata di ogni parte di te, Draco Malfoy.»
La strinse tra le braccia e la baciò con passione, la sua mano che vagava lascivamente sui lembi di pelle lasciati scoperti dal vestito che indossava.
«Datti una calmata», gli disse, allontanandosi leggermente. «Non si batterà chiodo per un po’.»
«Battere… cosa?» ripeté lui, perplesso, facendola scoppiare a ridere di gusto; Hermione eseguì una serie di gesti eloquenti e le sopracciglia del biondino scattarono all’insù.
«Oh», fu tutto ciò che riuscì ad esclamare.
Hermione si morse il labbro inferiore per non ricominciare a ridere. «Uno penserebbe che la magia possa rendere più semplice e rapida la questione, invece no.»
«Che ingiustizia», commentò con fare tragico Draco.
Lo fissò con un sopracciglio sollevato. «E lo dici a me
Il biondino tirò su col naso in risposta. Hermione si mise addosso una vestaglia, sospirò e si voltò a guardarlo. Fece ruotare gli occhi: aveva già ripreso la bambina in braccio.
«Sono pronta», annunciò, poi sospirò e aggiunse: «se la abitui a stare sempre in braccio, quando diventerà più pesante o piagnucolona te ne pentirai.»
«Non la prendo così spesso», obiettò lui.
«Draco», disse Hermione, esasperata.
Non dovette completare la frase.
«E va bene, ma è così piccola e se non la tengo in braccio sento che potrebbe accadere una catastrofe.»
«Non accadrà niente», gli assicurò lei, facendogli un cenno del capo verso la porta.
«E comunque, dovevamo riprenderla ugualmente» cercò ancora di farsi la ragione. «Laggiù vogliono tutti conoscere lei.»
*
Era una mattina insolitamente calda per essere fine settembre.
Hermione non aveva alcun programma per quel compleanno, anche perché Lyra occupava troppo tempo delle sue giornate per pensare ad organizzare qualsiasi cosa; aveva persino chiesto a Draco di non elaborare una sorpresa delle sue, perché voleva trascorrere una serata tranquilla con lui e loro figli.
Magari, per una sera, Sirius si sarebbe staccato dalla carrozzina di Lyra per dedicare qualche istante a sua madre. Il bambino, infatti, era entrato subito in modalità protettiva nei suoi confronti; trascorreva gran parte del suo tempo libero ricoprendo di attenzioni la sorella e quando ricevevano delle visite, non permetteva a nessuno di starle accanto o di tenerla per più di cinque minuti.
«Deve riposare», diceva e tutti lo trovavano adorabile, ma Hermione sospettava che, in qualche modo, avesse ereditato l’iperprotettività fraterna di Ron.
Non che Draco stesso fosse da meno, comunque, al contrario, il suo lato leggermente possessivo andava intensificandosi giorno dopo giorno. Si era lamentato più volte di quanto gli desse fastidio che la gente chiedesse di prenderla in braccio e, anche se Hermione era segretamente d’accordo con lui, aveva dovuto spiegargli ripetutamente che non lo si poteva negare alla famiglia… e i Potter e i Weasley erano parte della sua ed era incredibilmente fortunata ad averli. Draco, ovviamente, non le dava ragione e rilanciava sostenendo che erano un po’ troppo espansivi anche con lei, per i suoi gusti, e Hermione era costretta a cambiare discorso per evitare di far degenerare la discussione. Tanto, pur di non litigare, finiva quasi sempre per arrendersi o, al massimo, borbottare il suo disappunto o lanciare qualche frecciatina velata. Il classico Draco Malfoy, insomma.
Il fatto che il biondino fosse sparito da più di un’ora, comunque, la stava facendo agitare.
Era ormai certa che qualcosa, al contrario di quanto le aveva detto, l’avesse in realtà programmata. Sperava solo che non fosse niente di spropositato, - Draco aveva un concetto di “piccoli gesti” un po’ diverso da quello della gente “comune” -, e che non includesse molti ospiti e fiumi di Burrobirra, soprattutto perché lei ne aveva una voglia matta, ma non poteva ancora bere e non voleva passare la serata a guardare i loro amici soddisfare quei futili capricci quando lei non ne aveva la possibilità da mesi.
Sporse il capo in direzione dell’ingresso non appena lo sentì rientrare e lui le si avvicinò con un sorriso radioso stampato in volto; le tese un mazzo di rose rosse, così tante che non riuscì neanche a contarle a vista. «Per la mia rosa, anche se non sono belle come te», le disse.
Hermione scoppiò a ridere. «Quand’è che tornerai in te?»
Era stato così sdolcinato per tutto il tempo dopo la nascita di Lyra. Iniziava a sentire la mancanza del suo sarcasmo a volte quasi pungente e dei suoi tentativi goffi e di scarso successo di celare il suo lato più dolce e romantico. A lei non la dava più a bere in quel senso.
«Prego, non c’è di che», rispose lui, ampliando il suo sorriso.
«Grazie», sussurrò Hermione, tornando seria e sollevandosi sulle punte per baciarlo.
Le cinse immediatamente la schiena per stringerla a sé, ma dopo qualche istante, prima che il bacio diventasse troppo travolgente, Draco si tirò leggermente indietro e si passò la lingua tra le labbra. «Devo dirti una cosa», iniziò, con l’aria di chi stava per fare una rivelazione o una confessione a lungo agognata.
«Non avevo dubbi», commentò lei, sospirando. «Cos’ha pianificato quella tua testolina da serpe malefica?»
«Giuro solennemente di avere buone intenzioni», ribatté lui, alzando le mani in segno di pace. «Ho una sorpresa per te», disse. «Due, cioè. Tre, potrebbero essere, in realtà.»
Hermione rise, sebbene i suoi occhi lasciassero a vedere un misto tra esasperazione, rassegnazione e lusinga. Compiacimento e inaspettata contentezza, persino.
«Ti ricordi quando sono stato fuori con Potter per tre giorni e poi il viaggio più lungo…?»
«Sto per sapere cos’è accaduto durante quel famoso viaggio?» lo interruppe lei, sollevando un sopracciglio.
Non era possibile che avesse pianificato tutto così in anticipo, pensò, ma Draco annuì.
«Io, ecco… Noi siamo andati in Australia.»
Il volto di Hermione si fece immediatamente serio. «C-cosa?», farfugliò, completamente spiazzata.
Forse tutto quello non aveva nulla a che fare con il suo compleanno. Si ritrovò a riflettere, incredula, che non aveva alcun senso che Draco stesse tirando fuori quel discorso in un giorno del genere.
La prese per un braccio e la condusse sul divano, chiedendole con un gesto della mano di accomodarsi; lo fece immediatamente, perché le sue gambe avevano cominciato a tremare e non si fidava di esse per sostenerla.
«Appena Kingsley mi ha comunicato che la pozione UnObliviate poteva essere usata anche sui Babbani», iniziò a raccontare con voce sommessa, «Potter e io siamo andati a somministrarla ai tuoi genitori.»
Il respiro le si mozzò in gola, sentendo quelle parole. Non le aveva detto niente, nessuno dei due lo aveva fatto. La sua mente stava iniziando ad urlare al tradimento, - duplice, dato che la vicenda coinvolgeva non solo il marito, ma anche il suo migliore amico -, ma decise di zittirla e di restare ad ascoltare l’intera spiegazione del biondino.
«Ho lasciato una Guaritrice con loro, la pozione… ci mette un po’ a fare un effetto completo, a seconda dalla quantità dei ricordi rimossi, ed è un processo delicato e richiede molto riposo… Alla fine, siamo andati a riprenderli, perché avevano espresso il desiderio di ultimare il percorso nella loro casa a Londra, che avevo fatto ristrutturare nel frattempo, anche se avrei dovuto prima chiederti il permesso, ora che ci penso…»
Hermione emise un gemito strozzato. «Draco… cosa stai cercando di dirmi?»
«Non te lo abbiamo detto prima perché volevamo prima essere sicuri dell’esito», proseguì lui. «E quando lo siamo stati avevi appena partorito… Loro non si erano ancora ristabiliti abbastanza per essere presenti alla nascita di Lyra…»
La giovane deglutì con forza, i suoi occhi colmi di lacrime e fissi in quelli argentei del marito, mentre il suo cervello lavorava freneticamente per dare un senso a quel fiume di parole inattese.
«E ho aspettato a dirtelo perché volevo che fosse una sorpresa» sussurrò infine, sorridendole timidamente; le fece cenno con il capo di guardare verso la porta d’ingresso della villa, che si spalancò, rivelando sull’uscio le figure tese dei signori Granger. «Ha funzionato, My», concluse Draco.
Hermione si portò le mani sul volto e scoppiò a piangere; corse dai suoi genitori, che la strinsero in un abbraccio soffocante e per un po’ ci furono solo parole farfugliate, confuse, e singhiozzi, lacrime ed esclamazioni di gioia, rassicurazioni volte a tranquillizzarla, ad assicurarle che non erano arrabbiati con lei, solo felici di riaverla nella loro vita. Si interruppero solo quando Draco si schiarì la gola e attirò la loro attenzione, Lyra stretta tra le braccia, che attendeva di poter allattare, Sirius che aveva una manina tremante stretta in quella del padre e li fissava come se temesse di poter essere rifiutato.
Hermione aprì la bocca e la richiuse, poi si voltò di nuovo a guardare i suoi genitori. «Sono i nostri bambini», spiegò in un sussurro. «Miei e di Draco. Noi… siamo sposati, anche se… rinnoveremo presto i voti…»
Non sapeva neanche da dove cominciare per chiarire tutta quella faccenda, per aggiornarli sulla loro storia intricata e per niente convenzionale. Sapeva che avevano notato l’età di Sirius, il cui aspetto rivelava che lo avesse avuto in giovane età, anni addietro. «È un po’ complicato», si arrese alla fine, con voce flebile.
Restò a guardarli per qualche istante, una parte di sé che stava temendo il loro giudizio, ma gli occhi dei coniugi Granger si riempirono di lacrime di commozione e si diressero di corsa a conoscere i bambini. Forse, Draco gli aveva già raccontato quello che era accaduto loro in quegli anni, o forse era stato Harry a spiegargli la situazione. Forse sapevano già tutto e lei non avrebbe dovuto dire assolutamente niente.
«Io sono Sirius e questa è la mia sorellina Lyra», annunciò il piccolo e Hermione quasi rise quando si accorse che stava cercando di darsi un’aria più “adulta”, cercando di imitare la postura e il modo di parlare di Draco; persino il biondino dovette mordersi il labbro per non ridere e farlo rimanere male, rivelando che il tutto gli dava più un’aria buffa che adulta.
La signora Granger prese in braccio Lyra e il signor Granger si lasciò trascinare da Sirius nella sala del piano, perché il bambino sapeva che al nonno piacesse suonare, - Hermione gli aveva raccontato che era stato lui a insegnarglielo da piccola -, e non vedeva l’ora di mostrargli quanto era diventato bravo.
Hermione si avvicinò a Draco e lo strinse così forte che lo sentì trattenere il respiro per un attimo; affondò il volto nel suo petto, le lacrime di gioia che non volevano smettere di fuoriuscire. «Non so come ringraziarti», singhiozzò contro il suo corpo, premendosi contro di lui con vigore. «Ti amo così tanto…»
Il biondino ricambiò il suo abbraccio, le accarezzò i capelli con dolcezza. «Ti amo anche io, My» le sussurrò in un orecchio, «e smuoverei il cielo e la terra pur di vederti felice.»
Hermione si alzò sulle punte e gli diede un bacio così travolgente che Draco dovette poggiare la schiena contro la parete per sostenerli entrambi, ma al quale ricambiò con altrettanto entusiasmo, finché la signora Granger non si schiarì la gola, costringendoli a separarsi con uno scatto brusco e improvviso che le fece quasi girare la testa. Si resse con una mano al braccio del marito.
«Ehm, tesoro, mi dispiace interrompere, ma credo che Lyra voglia mangiare.»
La piccola scoppiò a piangere proprio in quel momento e Hermione si allontanò a malincuore dal marito, il volto di un rosso acceso dall’imbarazzo, mentre si dirigeva verso la madre per prendere Lyra tra le braccia. «Vado di sopra» annunciò con voce strozzata e abbassò lo sguardo quando notò che anche suo padre e Sirius erano ritornati nella stanza, anche se nessuno dei due sembrava avere gli occhi puntati nella loro direzione.
Prima di imboccare l’angolo dove le scale svoltavano verso la zona notte, Hermione si fermò per gettare una rapida occhiata alle persone in salotto: Draco si era avvicinato ai signori Granger, ognuno dei quali aveva afferrato una sua mano e gliela stava stringendo.
«So che dovete avere dei ricordi non proprio positivi di me, ma…» stava dicendo il biondino, il nervosismo evidente nel linguaggio del suo corpo, che Hermione conosceva troppo bene per non notare.
La signora Granger scosse con forza il capo. «Non preoccuparti, caro», gli disse. «Non c’è bisogno di dire niente.»
Allora era stato Harry a raccontargli tutto quanto. Hermione gliene fu grata.
«Per noi, sei l’uomo che ci ha ridato nostra figlia, la persona che la sta rendendo felice», aggiunse il signor Granger. «Non ci importa niente del passato.»
L’espressione sul viso di Draco, la sua compostezza, vacillarono; Hermione lo vide chiaramente e conosceva i suoi occhi grigi così bene da riconoscere anche a quella distanza la lucentezza datagli da un accenno di lacrime.
«Credo che delle scuse siano dovute ugualmente», rispose lui, tirando su col naso.
«Se cerchi il nostro perdono caro, dovresti sapere che lo hai già», dichiarò dolcemente la signora Granger.
«E hai anche la nostra gratitudine, per averci ridato la nostra bambina.»
«Sono io che ringrazio voi, signori Granger», disse Draco. «Perché senza di voi non avrei luce, nella mia vita. Hermione è la mia luce.»
Il cuore di Hermione si era sciolto tre volte durante quella giornata: la prima, era stata quando aveva visto i suoi genitori, quando aveva realizzato che loro ricordavano; la seconda, era stata nel sentire Draco dire quelle parole, definirla “la sua luce”; la terza, fu quando Harry e Ron, accompagnati dal resto della banda caotica costituita dai Potter e dai Weasley, Neville e Hannah e tutti i loro amici, Luna Lovegood inclusa, appena tornata in Inghilterra in seguito alla revocazione della Marriage Law, fecero capolino all’improvviso a Dragonshore, tutti con aria festante. Hermione era stata così presa dai suoi genitori da non accorgersi che, nel frattempo, nel giardino stavano tutti allestendo una festa per lei, o per tutte le ragioni che avevano per cui celebrare quella giornata, né si era resa conto delle varie sparizioni di Draco, che andava a controllare come stava procedendo la preparazione dell’ultima parte della sua sorpresa.
E anche se fino a quella mattina Hermione non aveva avuto alcuna voglia di festeggiare, in quel momento si ritrovò a pensare che era immensamente grata per le persone che facevano parte della sua vita perché, aveva convenuto, averli lì, tutti insieme, coloro che amava più di ogni altra cosa al mondo, era il regalo più bello che potessero farle.

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Capitolo 19
*** Epilogo ***


The Weight of Us



EPILOGO



POV DRACO


Due anni dopo.
 
«Sei sicura di essere pronta?»
Draco la studiò con fare preoccupato, notando un barlume di incertezza nello sguardo della moglie.
«Sì, sono pronta», dichiarò lei, deglutendo. «Facciamolo.»
«My, se preferisci aspettare… davvero, non preoccuparti per la faccenda del rinnovo dei voti, possiamo rimandare…»
Avevano atteso due anni, perché l’uso della pozione UnObliviate non era consigliabile durante l’allattamento e Hermione avrebbe alternato fasi di coscienza e incoscienza per giorni mentre la sua mente riaccoglieva e riorganizzava i ricordi rimossi, Lyra era troppo piccola per essere privata della madre; potevano aspettare ancora un po’.
Draco non aveva fretta, quella era la sua famiglia e la sua insicurezza non aveva più presa su di lui in merito.
Gli importava solo che stessero bene.
«No, facciamolo», ripeté la donna, decisa. «A meno che tu non voglia dirmi qualcosa, prima.»
Il biondino sbatté le palpebre, spiazzato. «No, sai già tutto» affermò per l’ennesima volta. «Smetterai mai di dubitare di me?»
Hermione sorrise. «Oh, ma io non dubito di te», gli assicurò, accarezzandogli una guancia con dolcezza. «È il Draco di Hogwarts verso cui non nutro una fiducia… completa, diciamo.»
Draco sbuffò; la vide sedersi sul letto e la raggiunse con lentezza studiata, in mano una fiala di pozione argentea.
«Ci hai fatto un bambino, con il Draco di Hogwarts», ribatté, esibendo un sorrisetto smorfioso che parve riecheggiare da un passato lontano e dimenticato.
Hermione fece ruotare gli occhi al cielo. «Vuoi che una frecciatina in stile Malfoy sia l’ultima cosa che mi dici prima che assuma una pozione che potrebbe avere effetti imprevedibili?»
La preoccupazione emerse immediatamente sul volto di lui. «Credi che non sia il caso… ma l’abbiamo testata così a lungo e con così tanta attenzione…»
Gli afferrò una mano e la strinse con forza. «Sto scherzando, Draco.»
«Lo sai che non devi scherzare quando si tratta di queste cose» ribatté irritato. «Lo sai che vado subito in panico.»
«Sei adorabile» commentò lei, ammiccando nella sua direzione.
Draco ridusse gli occhi a due fessure. «Per la cronaca, il Draco di Hogwarts avrebbe trovato questa affermazione svenevole, sgradevole e degradante.»
«E il Draco adulto? L’uomo che ho sposato?»
«Il Draco adulto la trova… tollerabile», affermò, ma un angolo delle sue labbra si era sollevato in un mezzo ghigno compiaciuto.
Gli piaceva che lo vedesse in quel modo. Gli piaceva che le piacesse lui in generale, che lo amasse, così com’era. Pregi e difetti inclusi nel pacchetto. Lo faceva sentire come se fosse abbastanza e lui non si era mai sentito in quel modo prima di lei, anche se a lungo aveva pensato di non meritarla.
«Con i bambini è tutto sistemato?» gli domandò Hermione, tornando seria.
Draco annuì. «Andromeda li terrà finché… beh, finché non sarà tutto passato.»
Lei deglutì e strinse il labbro inferiore tra i denti.
«Ehi», mormorò l’uomo, circondandole le spalle con un braccio e dandole una leggera strizzatina rassicurante sulla spalla. «Ci penso io a te», le assicurò. «Mi prenderò cura di te per tutto il tempo.»
Hermione fece un cenno d’assenso con il capo.
Draco immaginava che stesse cercando di non pensare al lungo sonno agitato che l’aspettava dopo aver bevuto la pozione, ma lui sapeva benissimo cosa sarebbe successo di lì a poco perché vi aveva assistito già in precedenza, più volte. Voleva essere pronto per quando sarebbe stato il suo momento, per assisterla al meglio. Si era preparato. Sarebbe andato tutto bene.
Hermione avrebbe ingoiato il liquido nella fiala, poi le sue palpebre si sarebbero fatte pesanti, fino a chiudersi; il suo corpo si sarebbe accasciato contro quello di lui e lui l’avrebbe messa comoda, l’avrebbe tenuta stretta a sé, assicurandosi che ricevesse il calore di cui aveva bisogno. Le avrebbe asciugato la fronte imperlata di sudore e avrebbe baciato via le sue lacrime; avrebbe Occluso per non soccombere al suo dolore, - perché lo aveva capito che non era un processo indolore, come poteva esserlo? Si trattava di recuperare ricordi cancellati con la forza! -, ma sarebbe rimasto al suo fianco per tutto il tempo. L’avrebbe sentita sussurrare parole, agitandosi tra le sue braccia; avrebbe invocato il suo nome, il più delle volte, visto che era lui che Lucius aveva rimosso dalla sua memoria. Avrebbe visto le espressioni sul suo volto mutare a seconda del tipo di ricordo che la sua mente stava metabolizzando: sorrisi si sarebbero alternati al terrore, all’ansia, al suo cipiglio di disappunto, all’espressione che il suo viso assumeva quando era al culmine del suo piacere. Forse, avrebbe anche riso, per qualche ricordo divertente. Forse l’avrebbe sentita gridare mentre dava alla luce Sirius, quando lui non c’era; forse l’avrebbe sentita piangere, quando lo stringeva nella notte, appena nato e Draco non era al suo fianco. Forse, l’avrebbe sentita sussurrare «Perché?» al vento, rievocando le volte in cui si era chiesta perché fosse andato via con i Mangiamorte quella notte, sentendosi probabilmente tradita dal ragazzo che amava.
Il biondino deglutì. «Pronta?»
«Pronta», confermò Hermione.
E anche se si stava rendendo conto che forse era lui a non essere pronto, le prese il volto tra le mani e la baciò. «Ti amo» le disse, «moglie.»
Lei gli rivolse uno dei suoi sorrisi dolci e genuini, di quelli che gli facevano mancare un battito e che lo facevano costantemente meravigliare del fatto che erano veramente rivolti a lui. «Ti amo anche io, marito.»
Draco stappò la fiala e la poggiò sulle sue labbra.
Hermione la bevve e, come aveva previsto, ogni muscolo del suo corpo si rilassò prima della tempesta; la accolse tra le sue braccia e si distese accanto a lei.
«Sono qui», si premurò di sussurrarle, finché poteva ancora sentirlo. «Non ti lascerò sola. Mai.»
Mai più, pensò dentro di sé.
E poi, Hermione iniziò a tremare.
E lui ad Occludere.
 
*
 
Si stavano dando uno di quei baci travolgenti che di solito erano il preludio di una notte bollente quando Draco lo sentì per la prima volta; un calcio, dritto nel ventre di Hermione, sotto il palmo della sua mano.
Sgranò gli occhi e staccò le labbra dalle sue; l’espressione sul viso di lei rispecchiava la sua, ma le sue labbra si erano già aperte nell’accenno di un sorriso.
«Ha scalciato», disse il biondino, meravigliato. «Ha scalciato per la prima volta. Lo abbiamo sentito scalciare per la prima volta entrambi
Quante probabilità c’erano che accadesse? Quella era una prima volta che i padri si perdevano nella maggior parte dei casi. I bambini non avvisavano mica, prima di iniziare a farlo.
Era stato un calcio debole, quasi impercettibile, ma lui lo aveva sentito benissimo. Conosceva il corpo di Hermione ed era sempre molto attento alle sue reazioni, soprattutto mentre erano in intimità.
«Ha scalciato», confermò lei, ridendo. «Ha cominciato prima di Sirius e Lyra.»
Avevano scoperto dell’arrivo di un terzo figlio di ritorno dalla loro seconda luna di miele, che era durata un mese abbondante; avevano rinnovato i voti tre mesi dopo che Hermione aveva recuperato i suoi ricordi, a Dragonshore, in spiaggia, al tramonto, circondati di gigli, come lei desiderava, insieme alla loro bizzarra e assurda e caotica famiglia allargata. Una famiglia che faceva sentire Draco pieno e felice e completo come non credeva avrebbe mai potuto sentirsi.
Weasley ancora li punzecchiava ripetendo frasi come “ci avete proprio dato dentro eh, a Parigi…” o “O forse era a Roma?” o ancora “New York vi ha mandato così su di giri da dimenticare le precauzioni? Non che fosse la prima volta…
Ma lui era stato entusiasta della notizia, perché un terzo figlio lo desiderava davvero tanto; aveva sempre sognato di avere una famiglia numerosa e felice, che andasse ad opporsi a quella scarna e cupa in cui era cresciuto lui; voleva che i suoi figli non conoscessero mai la solitudine, non il tipo di solitudine che aveva sperimentato lui nel corso della sua vita. Una solitudine che, come molte altre cose, giaceva ormai abbandonata in un cassetto, archiviata in qualche area remota della sua mente, perché c’erano quelli belli su cui focalizzarsi, ormai.
«Incredibile», mormorò Hermione, stupefatta.
Un ghigno si aprì sul volto di Draco. «E bravo il piccolo Scorpius. So già che sarai un perfetto Serpeverde.»
Almeno tu, pensò nella sua testa.
Il volto della donna divenne serio. «Non chiameremo nostro figlio Scorpius», ribatté, ostinata. «Quante volte devo dirtelo?»
Il biondino sbuffò. «E io quante volte devo dirti che lo faremo?», replicò lui. «Andiamo, quella dello Scorpione è la mia costellazione preferita!»
«La mia è quella del Dragone, ma non mi hai permesso di aggiungere un secondo nome a quello di Sirius», obiettò lei. «Sirius Draco Malfoy. È perfetto. Permettimi di farlo correggere!»
Draco fece una smorfia. «Perché vuoi infliggere una tale disgrazia a nostro figlio?»
«Disgrazia?» ripeté lei, scioccata. «Di che diavolo stai parlando? Credevo che il tuo nome ti piacesse.»
«Mi piace, infatti» rispose il biondino, poi il suo sguardo si incupì leggermente. «Ma il peso del mio cognome è già abbastanza senza aggiungere altro.»
Lo sguardo di Hermione si addolcì. «Sei un idiota», soffiò teneramente. «Un idiota che non è ancora riuscito a perdonarsi completamente per degli errori che ha fatto quando era solo un ragazzino.»
«I miei errori ti hanno ferita», le ricordò lui. «Non potrò mai perdonarmi per questo.»
Lei scosse il capo, quasi rassegnata o esasperata dalla sua testardaggine. «Draco…»
«Il mio nome ha un peso, Hermione» cercò di farla ragionare. «Non voglio… avremmo persino dovuto dare a tutti il tuo cognome.»
«Non essere sciocco», protestò la donna, ma poi assunse un’espressione pensierosa. «Però… Granger-Malfoy. Non è male, sai?»
Gli occhi di Draco dardeggiarono nei suoi; la vide mordersi il labbro inferiore.
«Era solo un’idea», sussurrò poi, forse intimorita dall’intensità del suo sguardo. «Per me, più che altro. Non… non i ragazzi.»
Un angolo delle labbra del biondino si incurvò. «Hermione Granger-Malfoy» cominciò ad elencare. «Sirius Granger-Malfoy. Lyra Granger-Malfoy. Scorpius Granger-Malfoy…»
Hermione deglutì. «Ci stai pensando davvero?»
Draco scoppiò a ridere. «Mi piace. E Lucius andrà fuori di testa», affermò. «Facciamolo.»
E a quel punto, forse per l’assurdità del discorso, o per l’espressione da adolescente ribelle che il viso di lui aveva assunto nel dirlo, erano in due a sbellicarsi dalle risate.
«Ma facciamo aggiungere Draco come secondo nome di Sirius» insisté lei e il biondino cercò di grugnire in disappunto, ma il suono uscì distorto dalle sue risate; lo prese come una resa.
«Scorpius Hyperion» decise allora Draco, annunciando quel nome con fare solenne.
«Non chiameremo nostro figlio Scorpius!» esclamò Hermione, con le lacrime agli occhi, incapace di tornare seria.
«Temo proprio di sì, My», fece lui, annuendo lentamente, compiaciuto. «Temo proprio di sì.»
Hermione si fermò a guardarlo, con quel modo in cui era solita farlo, quello che Andromeda aveva definito “sguardo perdutamente innamorato” e che lui avvertiva nelle ossa, irradiarsi sottoforma di calore e scaldargli tutto il corpo, facendolo sentire la persona più fortunata del pianeta perché era lui, solo lui in tutto il mondo, ad essere guardato così da lei.
La vide alzare gli occhi al cielo, poi chiuderli e sospirare la sua, di resa. «Chiameremo nostro figlio Scorpius.»
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N.d.a.
Salve a tutti!
Ed eccoci qui con l'epilogo della storia, che spero vi sia piaciuto. Il pov è quello di Draco, perché il primo capitolo è stato pov Hermione (come quasi tutta la fanfic in realtà) e mi sembrava giusto far concludere la storia a lui. 
The Weight of Us è stata per lo più un esperimento, su un trope che non mi entusiasma affatto, ma è finita per essere la storia a cui ho riscontrato più partecipazione, per cui vi ringrazio di cuore per averle dato un'opportunità. Vi avviso inoltre che non contrassegnerò la storia come "completa" per il momento, perché non lo è. Sebbene sia finita, ci saranno infatti dei capitoli bonus che inizierò a pubblicare non appena avrò terminato di scriverli e che saranno tutti - o quasi tutti - pov Draco; racconteranno cosa sarebbe accaduto se avesse saputo della gravidanza di Hermione prima, durante la guerra... per cui se questa alternativa vi interessa, non correte via, per ora.
Ci tengo ancora una volta a ringraziarvi per aver letto la mia storia ed in particolare a ringraziare chi ha dedicato un po' del suo tempo a lasciarmi delle recensioni, che per me significano tanto e incentivano a continuare a scrivere e a migliorarmi.
Grazie. 
A presto con i nuovi capitoli, spero che il finale non vi abbia delusi/e!
 

 

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