If I was here

di moira78
(/viewuser.php?uid=16037)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Attenzione alle date, in alcuni capitoli sono fondamentali per capire il momento della vita di Candy & Co., se sto tornando indietro nel tempo o andando avanti!


 
Prologo

I morti non tornano in vita


Albert sentiva che il suo corpo era rannicchiato contro un altro corpo. La sensazione era strana, dal momento che gli parve di essere piccolissimo e, quando alzò lo sguardo, la vista era sfocata: i suoi occhi ne incontrarono un altro paio e fu come guardarsi allo specchio, perché riconobbe il colore azzurro chiaro.

"William Albert... ti chiamerai William Albert. Sii sempre felice, piccolo mio. Ti amo immensamente... ti amerò per sempre...". Le palpebre si richiusero lentamente, facendogli crescere un senso di panico così forte che scoppiò a piangere.

La sua voce era quella di un neonato.

Delle braccia lo portarono via e lui si rese conto che stava osservando il viso esanime di sua madre, morta poco dopo averlo dato alla luce. Trent'anni dopo.

Chicago, 1920, notte

Con un singulto strozzato scattò a sedere, ansimando a occhi spalancati, l'immagine era ancora impressa a fuoco davanti a sé. La mano andò alla testa e le dita si insinuarono fra i capelli, mentre Albert si guardava intorno riconoscendo la propria stanza.

La finestra alla sua destra, con le imposte aperte che gli mostravano l'ultimo quarto di luna accarezzato da lunghe nubi scure come dita scheletriche; il comodino con la lampada ancora accesa e un bicchiere d'acqua pieno per metà; l'armadio in pesante mogano.

E Anthony, in piedi, appoggiato alla parete.

Con un'espressione di costernato stupore, Albert arretrò sul materasso in un gesto istintivo. Era sempre stato un uomo pragmatico e razionale, ma non gli capitava certo tutti i giorni di trovarsi davanti a un fantasma.

Fa parte del sogno, certo. Sto sognando di essermi svegliato.

Mentre il cuore, che aveva accelerato, riprendeva un ritmo normale a quel pensiero, Anthony parlò e la sua voce era così reale che cominciò subito a dubitare del semplice concetto appena formulato.

"Mi dispiace, non credevo di spaventarti. Ti ho sempre visto come un uomo coraggioso ed equilibrato, zio William". Gli occhi erano vivi e sorridenti.

Coraggioso ed equilibrato. Certo. Fino a quando mi sono addormentato poche ore fa.

Aprì la bocca per parlare perché, anche se si trattava di un sogno o di una visione, quel nipote gli era tanto caro che non sarebbe rimasto in silenzio davanti a lui. "A...", fu l'unica vocale che gli uscì dalla gola riarsa. In realtà non sapeva neanche se stesse per pronunciare il suo nome o qualche altra frase di senso compiuto.

Seppe solo che le labbra del giovane si incurvarono e gli ricordarono dolorosamente Rosemary. Anthony aveva ancora quindici anni, a prima vista, e non poteva che essere così.

Era quella l'età in cui era morto e non sarebbe mai mutata.

Imponendosi controllo, Albert allungò la mano fino al bicchiere d'acqua e notò, con sommo disappunto, che gli tremava leggermente. Scolò tutto il contenuto in due sorsi, desiderando d'improvviso che si trasformasse in whisky, e tornò a guardare Anthony.

"Va un po' meglio?", domandò con le braccia ancora incrociate e la postura rilassata.

"Credo", si schiarì la voce, un po' arrochita, "credo di sì. Ma... insomma... sei un sogno, vero?", domandò gesticolando verso di lui.

La sua espressione divenne seria: "Puoi credere ciò che desideri, ma in realtà sono qui perché volevo parlarti. L'ultima volta che ti ho visto ero troppo piccolo e per anni mi sono quasi dimenticato di te: la tua sensazione di essere stato lasciato indietro dopo la morte di nonno William non era del tutto sbagliata. E mi addolora molto".

Albert deglutì, non sapendo cosa rispondere. Anthony era addolorato per lui? Anthony, che era morto nel fiore degli anni per una stupida caduta da cavallo, che se solo non avesse partecipato a una dannata caccia alla volpe...

"Non ti tormentare più, zio. Avete chiuso insieme quel capitolo della vostra vita, tu e Candy, giusto?".

Ancora una volta rimase senza parole. Non solo suo nipote gli aveva letto nel pensiero, ma sapeva della conversazione che aveva avuto con Candy a Lakewood qualche tempo prima, proprio nella radura dove lui era morto.

Il dolore lo assalì e Albert ebbe l'impulso di alzarsi e abbracciarlo, dirgli quanto gli dispiacesse, quanto gli volesse bene, quanto avrebbe voluto...

"Va tutto bene, zio Albert, davvero", disse con tono dolce, facendogli salire le lacrime agli occhi. Anthony lo stava rassicurando. No, di più: Anthony lo stava perdonando, cosa che pensava di aver già fatto con se stesso.

"Sai? Preferisco quando mi chiami zio Albert", disse con voce incrinata, come se lo avesse sempre chiamato così. In realtà, quando lo aveva visto vivo l'ultima volta, Anthony sapeva a malapena parlare.

"Bene, allora ti chiamerò così!", disse allegramente, il sorriso che si allargava. Si scostò un poco dal muro e camminò verso di lui. Albert scese dal letto e si ritrovò a fronteggiarlo, guardandolo dall'alto in basso come se non credesse ai suoi occhi.

Uno zio che rivede il nipote dopo tanto tempo lo avrebbe dovuto abbracciare, magari dirgli quanto fosse cresciuto. Ma Albert non fece nulla di tutto questo, limitandosi a imprimere quell'immagine nella sua mente.

Oh, caro Anthony...

"Cosa sta succedendo di preciso?", chiese con voce bassa e controllata. Non aveva paura di suo nipote. Se era lì per prenderlo con sé avrebbe solo avuto il rammarico di lasciare da sola Candy senza averla potuta salutare.

"Sono qui per farti due regali", ribatté senza perdere il sorriso, gli occhi blu così scintillanti che sembrava vivo. Semplicemente vivo.

Albert inclinò la testa di lato e socchiuse un poco le palpebre: "Come in quel libro di Dickens?", chiese.

Ma Anthony fece un segno negativo col capo: "Oh, no, non sono come il fantasma del Natale passato o qualcosa del genere e tu sei tutto l'opposto di Scrooge. Non ti mostrerò scene del futuro, ma a dire il vero un pezzo del tuo passato lo hai appena sognato. Volevo che avvertissi la sensazione di stare fra le braccia di tua madre, ma ho dovuto farti regredire di parecchio e comunque non è stato molto. Mi dispiace".

Lottando contro le emozioni forti che lo stavano sommergendo, non ultima proprio quella di calore tra le braccia materne, Albert deglutì forte cercando di mantenere ferma la voce: "Perché?", domandò.

"Perché dopo tanto dolore ti meriti un po' di dolcezza". E lui stesso aveva un viso dolce, etereo, colmo di tenerezza. Il suo giovane nipote aveva un cuore e un animo così puri che gli parve di poterli vedere e toccare.

Albert allungò una mano per farlo, sfiorando con il palmo la guancia calda del ragazzo, sentendosi commosso di poterlo fare e di poterlo sentire: "Anthony...", mormorò con voce rotta.

"Va tutto bene, zio ", ripeté. "Ma non ho molto tempo e devo parlarti di Candy". Emanava un tale senso di serenità che ne fu contagiato. Alla fine si somigliavano molto, sotto quell'aspetto, pur se in quel preciso istante Albert sentiva un turbine di emozioni riversarsi nell'anima come non gli capitava da anni.

"Di Candy...?", ripeté lasciando ricadere il braccio, curioso e al contempo quasi timoroso.

Anthony annuì: "Sai, voglio raccontarti una storia. Quando ho incontrato Candy, lei pensava che fossi il suo Principe della Collina. Ma ha capito quasi subito che non era così e ti confesso che per un periodo ne sono stato quasi geloso".

Albert spalancò gli occhi, incredulo: suo nipote... geloso di lui? O, perlomeno, del Principe?

"In seguito ne abbiamo riparlato e... beh, Candy mi ha detto che le piacevo semplicemente per quello che ero. È stato il momento più felice della mia vita".
Anthony chiuse gli occhi e Albert lo imitò. Quel nipote così generoso avrebbe meritato molti più momenti felici.

Molti, molti di più.

"Candy era destinata a te fin dall'inizio, zio". Quelle parole lo fecero sussultare come se avesse ricevuto uno schiaffo.

"Che... cosa stai dicendo?", non poté impedirsi di chiedere.

"La verità. Stavo per parlarle di te, rivelandole l'identità del suo Principe. Ma poi è accaduto...". Il ragazzo distolse lo sguardo e Albert provò una fitta al cuore. Dolorosa, insistente.

Stava per parlargli di lui. Dio del Cielo, suo nipote stava per rivelargli la sua identità prima di morire!

Passarono lunghi istanti, durante i quali le emozioni, lo stupore e la situazione così surreale gli impedirono di trovare le parole. Avrebbe voluto dirgli tante cose!

Che lo amava, come aveva amato Rosemary. Che voleva ringraziarlo per avergli donato quella gioia di sapere come erano le braccia di una madre. E voleva chiedergli, ancora una volta, perdono. Perché, nonostante tutto, il dubbio di cosa sarebbe accaduto se lui non avesse deciso di ordinare quella maledetta caccia alla volpe sarebbe sempre rimasto in un angolino nascosto della sua coscienza.

"Ora tocca a te farla felice", continuò Anthony all'improvviso.

"A me?", chiese spalancando gli occhi. "Ma io...".

Il ragazzo allungò una mano e gliela pose sul petto, proprio al centro, dove c'era il cuore. Il suo tocco era quello di una persona viva.

"Io vedo nel tuo cuore, zio. L'unico che si rifiuta di vedere sei tu. Sai da tempo quali sono i tuoi sentimenti per lei, fin da quando fuggisti in Africa come se così potessi anche allontanarti da quello che provavi".

"Era una ragazzina e io non ero ancora...!", s'interruppe, conscio di ciò che stava per dire ad alta voce.

"Lo eri, in una maniera acerba e non ancora completa. Proprio come lei. Vi appartenete da quando vi siete incontrati su quella collina e tu sei diventato il suo Principe".

"Anthony, io...".

"L'amore ha molte forme, zio. All'inizio era quello fraterno per una bambina sola e triste. Il tuo istinto di protezione le ha persino salvato la vita. Non c'è nulla di male se oggi che lei è una donna tu la ami in maniera diversa".

Albert sospirò e si allontanò da lui, chiedendosi ancora una volta se non fosse solo un sogno troppo vivido.

Eppure sento il pavimento freddo sotto i piedi scalzi e la stoffa del pigiama solleticarmi la pelle.

"Non lo è", disse d'improvviso Anthony facendolo voltare di scatto. Gli leggeva davvero dentro.

"Cosa dovrei fare, Anthony?", gli domandò, provando di nuovo l'emozione di potersi rivolgere a lui.

"Confessale solo ciò che provi. Non è difficile, sai?". Il sorriso del giovane era disarmante. Albert pensò che era così che doveva aver guardato Candy, quando si era innamorato di lei. Li immaginò, per un fugace istante, occhi negli occhi, giovani, imbarazzati e certi di avere una vita davanti.

Un brivido gelido gli attraversò la schiena: Candy e Anthony non avevano potuto vivere la loro storia d'amore per una fatalità.

"Non posso farlo", rispose asciutto, distogliendo di nuovo lo sguardo. Non riusciva a parlare dei suoi sentimenti nemmeno a se stesso, figurarsi al suo nipote defunto.

"E perché?", domandò Anthony allargando le braccia e inarcando le sopracciglia.

"Perché lei... potrebbe non ricambiarmi e spaventarsi, allora... l'avrei persa per sempre", concluse in un sussurro. Era la prima volta che esprimeva a voce una cosa simile. Avvertì come un'ondata crescente nel petto, che aveva cercato di trattenere lontana con tutte le proprie forze, ora avvicinarsi impetuosa.
Non poteva permetterlo.

"Non dirmi che non te ne sei mai accorto". La sua voce aveva una sfumatura di stupore.

"Accorto di cosa?", cadde dalle nuvole alzando le spalle. "Non mi verrai a dire...", iniziò con una punta d'ilarità che gli solleticava la gola. E con una di speranza che s'impose di tenere a bada.

"Lei ti ama quanto la ami tu, zio. Da prima ancora di prenderne coscienza lei stessa. In questo siete davvero molto simili".

Albert smise di respirare. Scosse la testa, aggrottò le sopracciglia e incurvò persino le labbra in un mezzo sorriso, ma non una parola uscì dalle sue labbra. Era sconvolto.

"Di me ti puoi fidare", continuò suo nipote sereno, disarmandolo.

Lui era morto. In qualche modo gli aveva letto dentro, perché non avrebbe potuto farlo con Candy? D'improvviso, gli parve una verità inconfutabile e sentì la bocca secca.

"Dici sul serio? Lei...?". La voce tremò un po'.

"Lo sapevo, non te ne sei mai accorto".

L'ho sperato tante volte, ma non volevo illudermi...

La risata fresca di Anthony gli strinse il cuore. Dentro di sé s'inseguivano la meraviglia e la gioia di sapere finalmente la verità sui sentimenti di Candy e il dolore per la consapevolezza che non lo avrebbe mai più sentito ridere. "Quindi, per favore", continuò lui, più serio, "smettetela di comportarvi come bambini e parlate. Potreste essere così felici insieme!".

Albert prese un grosso respiro: "Grazie, Anthony. Forse non so esprimerti come vorrei la felicità che provo, ma sappi una cosa: darei una parte della mia vita perché tu sia ancora tra noi".

Anthony chiuse gli occhi e lui non capì se la sua serenità fosse stata scalfita per un istante dalla consapevolezza che non avrebbe mai potuto avere una possibilità simile. La punta acuminata del senso di colpa gli mandò una fitta allo stomaco.

"Il mio destino era segnato fin dal giorno in cui sono nato, come quello di tutti noi. Non ero io a doverla rendere felice: sei tu". Lo guardò dritto negli occhi, quegli occhi più chiari di quelli di Rosemary, e che in realtà non avevano più luce da circa otto anni. Un brivido gelido gli attraversò la schiena a quel pensiero.

Per un attimo Albert si domandò se avrebbe dovuto chiedergli quale fosse il loro destino, se sarebbero veramente stati felici per il resto delle loro vite, ma capì che non poteva farlo. La semplice verità era che aveva paura. Dopo aver perso tante persone care, non era pronto a conoscere in anticipo aspetti sgradevoli del suo futuro e, a dirla tutta, non era neanche certo che fosse possibile per Anthony comunicarglielo.

Quello che stava accadendo in quella stanza, in quella notte estiva, era già un miracolo.

"Non te ne andare", disse con la voce spezzata mentre lui cominciava a voltarsi. Sarebbe semplicemente scomparso dietro al muro? O sarebbe svanito pian piano?

"Il tempo che mi è stato concesso è finito. Promettimi che parlerai con Candy come prima cosa domattina". Il tono era urgente, come se davvero non avesse più tempo.

"Io... io...". Perché non gli diceva solo di sì? Perché titubava?

"Promettimelo, zio Albert!", ora sembrava disperato.

"Se tu non fossi morto lei amerebbe ancora te!", esclamò in un impeto di consapevolezza. Appena ebbe finito di parlare, si sentì come se si fosse liberato da un peso.

Anthony, che era voltato quasi del tutto, si girò di nuovo per fronteggiarlo. In lui sembrava si stesse combattendo una lotta interiore e Albert si sentì quasi intimorito dall'intensità del suo sguardo.

"Lo pensi davvero?". Per quanto lo scrutasse non riuscì a capire se in lui albergasse davvero il dubbio o fosse solo una domanda retorica. Sapeva solo che amava immensamente quel nipote che aveva perso troppo presto e che aveva appena conosciuto da bambino.

Lui era l'ultimo membro diretto della sua famiglia.

"Candy era disperata quando ti ha perso. Sono certo che ti amasse moltissimo", concluse chiudendo gli occhi. "E... so che mi ripeto, ma se potessi tornare indietro... se solo potessi evitare che tu...". Deglutì un paio di volte, cercando di ricacciare in gola la voglia di piangere.

Quando riaprì le palpebre, attraverso il sottile velo delle lacrime non versate, vide Anthony a testa leggermente china, i pugni chiusi come se riflettesse: "Sento il tuo dolore", disse in un sussurro soffocato, che non avrebbe mai udito se non ci fosse stato silenzio assoluto nella stanza. "Sul serio tu... vorresti riportarmi indietro?".

"Sì!", quasi gridò, con veemenza, con l'assurda speranza che una cosa simile fosse davvero possibile.

"E se... se scoprissi che Candy fosse ancora innamorata di me?".

Il viso giovane, quei lineamenti così simili a quelli di sua sorella, ma soprattutto la luce. La luce vivida che brillava nelle iridi che avevano il colore del cielo estivo. Furono tutte quelle cose a non farlo vacillare, anche se sapeva che, molto probabilmente, stava rispondendo a una visione. La consapevolezza che avrebbe potuto davvero perdere Candy era una sensazione bruciante nel petto, ma sull'uomo innamorato prevalse il desiderio di ridare la vita a un ragazzo speciale che amava quanto il fratello minore che non aveva mai avuto. E quanto Rosemary.

"Anche... anche se scoprissi una cosa simile non mi importerebbe. È sempre stata libera di fare le sue scelte e se ci fosse anche una sola probabilità che tu tornassi in vita... anche solo una flebile speranza che quel maledetto giorno tu...". Sconfitto dall'impeto delle sue stesse emozioni, Albert si portò le mani al viso, lasciando che stille brucianti si staccassero finalmente dai suoi occhi.

Lui e Candy avevano perdonato loro stessi, un giorno, in quella radura di Lakewood. Ma poter riparare alla beffa di quel destino infame era qualcosa su cui non avrebbe mai avuto titubanze.

E ora, forse, gli si stava presentando l'occasione: non sapeva come fosse possibile, né se al suo risveglio avrebbe riso malinconicamente di se stesso per averci creduto sul serio.

Dopotutto, i morti non tornano in vita.

"Davvero vuoi scoprirlo, zio?". Sentì la mano di Anthony sulle sue e le allontanò dal viso per guardarlo.

Poté solo annuire in risposta poi, schiarendosi la gola per parlare, disse: "Ti voglio bene, Anthony. Sei mio nipote. Se posso assistere a questo miracolo sono disposto a vederti felice con lei". Allungò le dita tremanti per sfiorargli il viso, in un gesto quasi paterno.

Il sorriso che gli restituì gli fece capire che sì, stava davvero per assistere a un miracolo.

E mentre si domandava cosa sarebbe successo di preciso, la sua coscienza svanì, inghiottita dalle tenebre più fitte.

E quel William Albert Ardlay cessò di esistere. 

28 Giugno 1888

Priscilla Ardlay prese il suo bambino fra braccia tremanti, sapendo che la vita le stava scivolando già tra le dita.

Ma voleva stringere quel corpicino a sé una volta, anche una sola, nella flebile speranza che rimanesse impressa nella sua memoria persino quando lei non ci fosse stata più.

Incredibilmente, il piccolo aprì gli occhietti e la donna vi si specchiò, riuscendo a sollevare le labbra in un sorriso, nonostante la debolezza fosse sempre più intensa e i sensi offuscati.

"William Albert... ti chiamerai William Albert", ansimò a fatica perché le persone intorno a lei la sentissero. "Sii sempre felice, piccolo mio. Ti amo immensamente... ti amerò per sempre...". Le palpebre si richiusero piano e, prima di morire, l'ultimo suono che udì Priscilla fu il pianto di suo figlio.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Primo ***


Attenzione alle date, in alcuni capitoli sono fondamentali per capire il momento della vita di Candy & Co., se sto tornando indietro nel tempo o andando avanti!

 
 
Inverno 1920

L'immagine di Candy che correva felice assieme a suo nipote Anthony gli riempì il cuore di sentimenti in forte contrasto tra loro: gioia, tenerezza, disperazione, senso di perdita. Gelosia.

Gelosia nei confronti dell'unico figlio della sua defunta sorella.

Avrebbe voluto stritolarsi il cuore fino a farlo sanguinare ma, a ben vedere, stava già accadendo guardandoli così felici. Chi era lui per provare dei sentimenti tanto bassi?
Aveva solo undici anni più di Candy, se non si fosse innamorata di Anthony non sarebbe stato certo impossibile per lui. Ma, al confronto con loro due, Albert era un vecchio.
Uno zio. Colui che forse l'avrebbe accompagnata all'altare, visto che era anche la sua figlia adottiva.

E odiava e anelava le sere in cui sognava di stringerla a sé come una donna e non come una nipote o una figlia. Le notti in cui sognava di percorrere il suo corpo con le labbra e le mani, di assaporare e annusare la sua pelle, di possederla fino a perdersi in lei.

Era immorale, persino incestuoso, da determinati punti di vista.

Ma era la sua brama segreta e innominabile, quella che non sarebbe mai stata. Era stato davvero uno sciocco a illudersi così, solo fino a poche ore prima.

E sarebbe morto prima di fare del male a quel ragazzo che tanto gli ricordava sua sorella Rosemary, colei che era stata la sua unica amica, confidente e persino madre quando era rimasto solo.

Doveva togliersi Candy dalla testa o sarebbe stata la fine della sua sanità mentale. Finì il suo drink in un sorso e la testa cominciò a girare.

Doveva andarsene da lì prima possibile. Sarebbe tornato in Africa, al suo lavoro, alle missioni umanitarie e avrebbe chiesto ad Archie e Georges di prendere il suo posto. Si sarebbe preso un anno sabbatico, o due. O tre.

William Albert Ardlay doveva scappare.

E subito.

 
- § -
 
 
Estate 1912

*"Senti Candy, il Principe della Collina di Pony...". Si voltò a guardarlo, incuriosita: cosa doveva mai dirle Anthony, adesso? La sua figura elegante si stagliava contro il terso cielo settembrino e sembrava una visione tra le foglie multicolore, in quel bosco dove le fronde degli alberi stavano già preparandosi a cambiare gli abiti estivi con quelli autunnali. "Mi assomiglia davvero?".

Confusa, Candy fermò il cavallo accanto a lui, che aveva fatto altrettanto: "Certo, perché me lo chiedi così all'improvviso?".

Il ragazzo si girò e abbassò lo sguardo: "Mah, ho dei sospetti".

Lei si animò e quasi saltò sulla sella. Con un gran sorriso chiese: "Davvero? Sai chi è il Principe della Collina?".

Sul volto di Anthony passò un velo di tristezza, anche se stava sorridendo e sembrava sereno, e Candy capì che il suo entusiasmo doveva aver acceso in lui una fitta di gelosia. Certo, gli aveva confessato con le guance in fiamme quanto lui le piacesse semplicemente perché era Anthony, tuttavia non poteva dimenticare la magia di quell'incontro di tanti anni prima, sulla sua collina.

"Quando ero piccolo c'era sempre un ragazzo con gli occhi azzurri che sedeva vicino a mia madre... quel ragazzo, probabilmente...". La voce pacata di Anthony venne interrotta da un fruscio tra i cespugli, che attirò gli sguardi di entrambi in quella direzione.

Una grossa volpe dal pelo fulvo ne uscì, gli occhietti spaventati e le orecchie ritte sulla testa, subodorando di certo il pericolo. Il cipiglio di Anthony, che fino a poco prima sembrava malinconico, divenne vivido e luminoso. Dichiarando che avrebbe preso la volpe per farle un bel collo di pelliccia, si lanciò al suo inseguimento e Candy non poté fare a meno di incitarlo.

Avrebbero ripreso di certo quella conversazione, anche se Candy si sentiva divisa tra il desiderio ardente di sapere e quello di non far ingelosire il ragazzo che amava. Sì, perché amava Anthony, con tutta se stessa. E non voleva deluderlo o vedere quel velo di tristezza nei suoi occhi così belli.

Mentre lo inseguiva, anche lei al galoppo, si accorse che la volpe stava cercando di nascondersi dietro un albero, correndo a tutta velocità al riparo del grosso tronco. Nel momento in cui lui cercava di aggirarlo per sorprenderla dall'altro lato, però, vide qualcosa che le fece sussultare il cuore: l'animale stava apparentemente cercando di proteggere dei cuccioli.

I suoi cuccioli.

"Fermati Anthony!", gridò senza pensarci.

Il ragazzo tirò le briglie in un gesto repentino e Candy soffocò un gemito di orrore, sentendosi d'improvviso proiettata in un incubo a occhi aperti.

Il cavallo s'impennò, sollevando le zampe anteriori e nitrendo forte, probabilmente spaventato sia dall'animale davanti a sé che dalla manovra improvvisa del suo occupante. Le mani le andarono alla bocca e gli occhi si spalancarono mentre vedeva il corpo di Anthony proiettato all'indietro, le braccia che si piegavano per sostenersi in groppa, attorcigliando le briglie ai polsi.

Cadrà e sarà tutta colpa mia.

I colori cominciarono a sbiadire e Candy si rese conto che stava per perdere i sensi. La schiena di Anthony era curva per lo sforzo di rimanere sulla sella.

Cadrà mentre era lanciato al galoppo e forse... forse...

I piedi si mossero nelle staffe e uno perse la presa, scivolando fuori.

...morirà...

"Anthony!", gridò e le parve di vedere la se stessa di un mondo parallelo urlare quel nome al cielo ancora e ancora, su un corpo esanime, tremando e piangendo per l'inevitabile lutto.

Invece lui riprese il controllo, si voltò per guardarla e lei vide la volpe fuggire via con i piccoli.

I colori tornarono e Candy riprese a respirare, il cuore che batteva impazzito nel petto.

"Candy, che ti prende? Perché hai voluto che mi fermassi?", chiese stupito e con una punta di irritazione.

"Ho creduto che saresti caduto! Perdonami, io...". Non sapeva cosa dire, le sembrava di aver appena scampato quella che poteva essere una tragedia.

"Beh, in effetti c'è mancato poco", disse la sua voce ancora tesa. Era certa che si fosse spaventato molto, anche se non lo dava a vedere.

Si portò una mano alle labbra, imbarazzata: "Scusami, è che... ho visto che aveva dei cuccioli e non me la sono sentita di lasciare che tu la prendessi. Lei... è una mamma e...". Inaspettatamente, le lacrime cominciarono a scenderle sulle guance, un sentimento di profondo dolore le invase il petto mentre cercava di contenere i singulti che la stavano scuotendo.

Il terrore di poco prima. L'empatia verso la volpe. Tutto divenne un'unica emozione incontenibile.

Udì gli zoccoli del cavallo di Anthony avvicinarsi e la cosa successiva che sentì furono le sue braccia intorno alle spalle. Con la testa china e le mani ancora chiuse a pugno davanti alla bocca, Candy spalancò gli occhi e alzò il viso per guardarlo.

"Non piangere, Candy. Non ti ho forse detto che sei più carina quando ridi che quando piangi?". Quelle parole... quelle parole gliele avevano dette sia il suo Principe che Anthony, quando li aveva incontrati. E ora, davanti ai suoi occhi blu come un cielo estivo, capì che avrebbe voluto sentirle solo da lui, per il resto della propria vita.

"Mi dispiace, Anthony, il fatto è che... non ho mai conosciuto i miei genitori e non voglio che quei piccoli rimangano orfani", spiegò cercando di smettere di piangere.

Lui la strinse ancora più forte e Candy si lasciò trasportare dal suo calore. "Sei tu che devi perdonare me. Non avevo capito quanto tu fossi coinvolta e non avevo visto i piccoli della volpe. Sai una cosa? Cacciare non mi è mai piaciuto molto, a dire il vero".

Scostandosi un poco dal suo abbraccio per fissarlo meglio, Candy spalancò gli occhi per lo stupore: "Davvero? Ma sembravi così deciso, fino a poco fa!".

"Andrei a prendere la Luna, se solo me lo chiedessi, Candy", rispose con una serietà tale che rimase senza parole. "Ma ora capisco che non sono la Luna o un collo di pelliccia a renderti felice". E, così dicendo, avvicinò le labbra alla sua fronte e la baciò.

Candy sentì il viso avvampare al contatto e ricordò quando Anthony l'aveva baciata sulla guancia. Senza che potesse impedirselo, provando un brivido al solo pensiero, si chiese come sarebbe stato farlo come due fidanzati.

Come se le avesse letto nel pensiero, Anthony le alzò il mento con due dita. Dimentica del Principe della Collina e di quello che stava per confessarle solo pochi minuti prima, Candy si concentrò sul viso di lui: sembrava un angelo, con i raggi del sole che lo illuminavano dalle spalle e le sue labbra che si avvicinavano sempre di più.

D'istinto, si protese per incontrarle, senza alcuna vergogna, senza riflettere, con il cuore che correva nel petto come avevano fatto i cavalli spronati al galoppo solo poco prima. Avrebbe baciato Anthony in quella radura e sarebbe stato glorioso, indimenticabile. Socchiuse gli occhi, emulando il suo gesto, ma quando stavano per sfiorarsi, inclinando i capi in direzioni diverse, una voce lontana li chiamò, facendoli separare bruscamente.

"Sono Archie e Stair", disse Anthony raddrizzandosi sul suo cavallo e spostandosi tirando le briglie. Sembrava quasi seccato e Candy non poté dargli torto. Stavano per baciarsi. Baciarsi davvero!

"Vieni, Candy, andiamo!", la chiamò cominciando ad allontanarsi al trotto.

Con un sospiro profondo, lei spronò il suo cavallo e lo seguì.

 
- § -
 
 
Fine Settembre 1912

Albert la vide da lontano. Sembrava triste ma anche arrabbiata: apparentemente se la stava prendendo con un sasso che aveva preso a calciare anche con una certa forza. A un certo punto portò indietro tutta la gamba destra e gli assestò un colpo così forte che la pietra gli colpì uno stivale.

Candy dovette accorgersi della direzione che aveva preso il piccolo proiettile, perché alzò lo sguardo e si portò una mano davanti alla bocca, con un singulto strozzato: "Mi... mi dispiace, non volevo!", esclamò guardando nella sua direzione.

"Ciao, Candy", la salutò lui alzando un braccio.

L'espressione di lei mutò in una più rilassata nel riconoscerlo e gli si avvicinò correndo: "Signor Albert, è lei!".

"Come stai, piccola? Sembravi davvero furiosa con questo sasso", scherzò accogliendola fra le braccia.

Alzò su di lui il viso pieno di lentiggini e fece una smorfia: "Non ce l'avevo col sasso. Ce l'ho con la prozia Elroy", disse senza mezzi termini.

Albert inarcò le sopracciglia, assestando sulla spalla lo zaino con un movimento, mentre Poupee gli passava dietro al collo e si spostava sull'altra. "Che cosa ti hanno fatto questa volta?".

Lei abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore: "Beh, ecco... si tratta di Anthony. Volevo che venisse con me alla Casa di Pony prima di partire per la scuola, ma... oh, signor Albert, meno male che l'ho incontrata! Sa che ci manderanno a Londra a studiare in un collegio inglese?".

Lui assunse un'espressione stupefatta: "Davvero? Beh, mi sembra un'ottima cosa", commentò.

"Sì, ma così non potrò più incontrarla". Ora sembrava di nuovo triste e ne fu toccato. Quella ragazzina non avrebbe mai smesso di sorprenderlo con la sua spontanea innocenza.

Sorridendo dietro alla barba, Albert le pose le mani sulle spalle: "Candy, ora come ora devi pensare alla tua istruzione: è importante, penso sia un'opportunità unica che ti ha dato la tua famiglia".

Lei fece un grosso sospiro, annuendo: "Lo so, me ne rendo conto. Ma mi dispiacerà davvero non vederla per tanto tempo. Pensa che ci incontreremo di nuovo, un giorno?".

Albert le sfiorò una guancia in un gesto di affetto: "Chissà, Candy, non sappiamo cosa può riservarci il destino. Un giorno tornerai, suppongo, oppure potrei essere io a spostarmi e a incontrarti in giro per il mondo. La vita è una grande avventura: viviamola giorno per giorno e godiamoci ogni momento".

Candy lo abbracciò di nuovo, di slancio, trasmettendogli una sensazione di calore e di pace che aveva solo quando si trovava in mezzo alla natura. Quella ragazzina era davvero diversa da qualsiasi altra persona avesse mai incontrato in vita sua. A parte, forse...

"A proposito!", interruppe il filo dei suoi pensieri, piantando di nuovo su di lui i suoi smeraldi espressivi. "Ho dimenticato di dirle perché ero arrabbiata!".

Sembrava così presa dalla sua dimenticanza, neanche si fosse scordata di qualcosa di fondamentale, che Albert rovesciò la testa indietro e scoppiò a ridere di cuore. Da quanto non rideva così forte?

"Beh, a dire il vero adesso non sembri più arrabbiata", la stuzzicò alzando un sopracciglio e prendendo Poupee tra le mani, lasciando finalmente cadere il sacco a terra.

"Certo che lo sono, invece! La zia Elroy non vuole che Anthony venga con me alla Casa di Pony, dice che è assolutamente sconveniente", concluse imitando la donna con voce tanto altera e impostata che gli scappò di nuovo da ridere.

"Perdonami, ma la tua imitazione era troppo divertente!", si scusò quando vide la sua espressione imbronciata. "E comunque potrete andarci insieme in un altro momento. Magari quando sarete più grandi avrete modo di decidere più liberamente, no?".

"Mhhh", fece lei arricciando il labbro come se fosse poco convinta.

"Candy! Candy, dove sei?". Il richiamo le fece rizzare il capo. Anche Albert guardò in lontananza.

"Credo che il tuo ragazzo ti stia cercando", disse continuando a scrutare tra gli alberi.

"Ma, signor Albert, non è... il mio ragazzo". Era chiaramente imbarazzata, aveva la faccia tutta rossa e pareva volersi rannicchiare su se stessa.

Lui ridacchiò: "Magari lo diventerà presto. Dai, corri da lui e buona fortuna per lo studio!", la salutò allontanandosi velocemente.

"No, aspetti! Voglio presentarla almeno ad Anthony! Lui sarà discreto e non parlerà di lei agli Ardlay... Voglio che sappia che mi ha salvato la vita, una volta e...". Albert scosse la testa, prendendo un profondo respiro e cercando le parole adatte per non ferirla.

"Non ora, Candy. Un giorno, forse. Addio". E, con un ultimo cenno della mano, la salutò, lasciandosi alle spalle il suo visetto deluso.   

 
- § -
 
 
Autunno 1912

Candy non riusciva a dormire.

Il dondolio della nave le stava dando la nausea e non aveva neanche qualcuno con cui chiacchierare: il signor Villers aveva spiegato loro che le cabine dei ragazzi si trovavano dalla parte opposta rispetto a quelle delle ragazze, un po' come avveniva in casa e come sarebbe stato al collegio.

Lei era cresciuta in un orfanotrofio dove maschietti e femminucce erano sempre a stretto contatto perché lo spazio era poco e ricordava perfettamente la sera in cui Slim, spaventato da un temporale, le aveva chiesto di dormire nel suo letto. L'unica cosa di cui lo aveva pregato era stata di non fare la pipì a letto e di mettere un pigiama pulito, ma non c'erano mai stati tabù di sorta visto che erano solo bambini.

Ora che aveva tredici anni, però, capiva che le cose non sarebbero più state le stesse perché cominciava a crescere e a diventare una donna.

L'amore acerbo e tenero che stava nascendo fra lei e Anthony si limitava a qualche bacio rubato a fior di labbra, ma Candy già capiva che, entro breve, sarebbe diventato qualcosa di diverso anche se non aveva modo di comprendere cosa.

Amava il suo volto dolce, i lineamenti perfetti, gli occhi blu come l'oceano estivo e i suoi capelli color del grano maturo. E adorava il suo profumo, così simile a quello della sua Collina di Pony... Non avevano più parlato di quel principe che lui diceva di conoscere ma, anche se rimaneva un caro ricordo nel suo cuore, era rimasto lì, come cristallizzato: quello era un sogno infantile, mentre Anthony rappresentava il presente e, se Dio avesse voluto, anche il futuro.

Sospirò e gettò via le coperte, cercando le pantofole, pronta a vestirsi per uscire sul ponte: sperava che respirare un po' di aria fresca le avrebbe conciliato il sonno e attenuato la nausea. Infilò un cappotto pesante e si avvolse una sciarpa intorno al collo. Mentre camminava per il corridoio si fermò a guardare la porta della camera di Annie: aveva preso la sua stessa nave, ma doveva continuare a far finta di non conoscerla e non avere contatti con lei.

Glielo aveva promesso, le aveva giurato che non l'avrebbe messa in imbarazzo svelando le sue origini umili.

Perché, Annie? Io sono orgogliosa di essere cresciuta alla Casa di Pony. Eravamo come sorelle... 

Candy poggiò una mano sul legno della porta, come per trasmetterle i suoi sentimenti. Era tentata di bussare, ma non sapeva se Annie dormisse da sola o con la sua dama di compagnia e non voleva certo metterla nei guai.

Chinando la testa e mordendosi il labbro inferiore per non piangere, si allontanò velocemente in direzione del ponte superiore. La nebbia e il gelo le schiaffeggiarono il viso e Candy si strinse nel cappotto con un brivido: perlomeno il malessere sembrava quasi passato.

Dopo pochi passi, si accorse che non era sola.

C'era qualcuno affacciato a uno dei finestroni e lei fu certa che si trattasse di Anthony. Ma quella convinzione durò poco perché, scrutandone la figura, le fu subito chiaro che i capelli del ragazzo erano più lunghi e scuri. Inoltre, lui sembrava più alto.

Cercando di non fare rumore, si sporse un po' dal suo oblò per scoprire se per caso si trattasse di un altro studente diretto a Londra, dandosi poi mentalmente della stupida: chissà quante persone viaggiavano su quella nave, non potevano certo essere diretti tutti alla Saint Paul School!

Spinta dalla curiosità, mise a fuoco il suo volto e il freddo dell'aria le penetrò nel cuore. Sul volto di quel ragazzo stavano scorrendo delle lacrime.

D'improvviso, lui si accorse della sua presenza e si voltò verso di lei che, imbarazzata, tentò di ritrarsi: "Chi sei? Vuoi qualcosa?", le domandò con tono abbastanza seccato.
Candy optò per la verità: che male poteva fare, dopotutto? "Ehm... sì, scusami... mi sembravi triste e volevo parlarti".

Il ragazzo assunse prima un'espressione rilassata e incuriosita poi, come se nulla fosse, scoppiò a ridere: "Io triste? Questo sì che è divertente!".

Candy lo guardò, stralunata, mentre si portava una mano alla fronte continuando a ridere come se non avesse mai udito qualcosa di più divertente in vita sua. Poi le si avvicinò scrutandole il viso: "Sai cosa è triste? Che tu abbia tutte queste lentiggini, signorina... Tuttelentiggini!", aggiunse riprendendo a ridacchiare.

"Non mi chiamo signorina Tuttelentiggini!", protestò infervorandosi.

"Ah no?", fece lui inarcando le sopracciglia ben delineate sul viso che, ora che lo guardava bene, sembrava più virile di quello di Anthony.

Ma che mi metto a pensare? Devo essere impazzita...

"Non ti arrabbiare, dai, altrimenti le lentiggini si vedono di più! Povera te, ne hai davvero tante!", continuò il ragazzo facendola infuriare davvero.

"Per tua informazione mi piacciono molto le mie lentiggini e se potessi me ne farei venire delle altre! Tu, piuttosto, come ti senti a non averne neanche una?". Candy aveva alzato la voce, ma lui non si scompose e si limitò ad appoggiarsi al ponte alzando le spalle.

"Ti piace molto anche il tuo naso a patata?", ebbe il coraggio di chiederle.

Punta sul vivo nell'unico aspetto del suo viso che non le era mai piaciuto troppo, ma decisa a non dargliela vinta, Candy asserì con un "Certo" poco convinto.

In quel momento, dalla nebbia uscì una terza figura e Candy riconobbe George Villers: "Signorina Candy, è lì?".

Stava per rispondergli quando il bellimbusto ebbe l'ardire di salutarla chiamandola ancora una volta con quel nomignolo odioso, sparendo dal lato opposto.

Che razza di antipatico!

"Signorina Candy, perché è qui a quest'ora? Stavo facendo il giro delle stanze, ma quando ho bussato alla sua non mi ha risposto. Potrebbe prendere freddo o cadere in acqua", disse in tono preoccupato, avvicinandosi.

Nonostante la rabbia, lo sguardo era ancora fisso lì, dove il ragazzo era appena sparito e, prima che potesse impedirselo, chiese a George chi fosse. Quasi sussultò quando scoprì che si trattava di un nobile della famiglia Granchester.

"Nobile? Quel tipo?", sbottò.

"Le ha fatto qualcosa?", domandò l'uomo, accigliandosi.

Candy scosse la testa: "No, è che... credevo fosse Anthony. Ma mi sono sbagliata di grosso", concluse con un grande sorriso.

George lo ricambiò, chiedendole di rientrare prima di prendere un malanno.

Sì, Anthony è un'altra cosa. È gentile, delicato e molto più bello di quel tipo così odioso!

Con questi pensieri nella mente, Candy tornò nella sua stanza e si accucciò sotto le coperte. A breve, sarebbero sbarcati in Inghilterra: sperava solo che la sua nuova vita in collegio non si rivelasse troppo dura per uno spirito libero come lei.

Ma finché aveva al suo fianco Anthony, Archie e Stair, era certa che tutto sarebbe andato bene.

 
- § -
 
 
Ottobre-Novembre 1912

"Terence Granchester!", tuonò la voce di Suor Gray mentre la porta della chiesa si spalancava e un giovane con i capelli lunghi faceva il suo ingresso.

Anthony si voltò, come tutti gli altri presenti, sbattendo le palpebre incredulo: chi diamine era quel tipo? E come si permetteva di entrare lì dentro come una furia e mettere persino il piede su una delle panche? I mormorii si accentuarono quando lui cominciò a ridacchiare alla richiesta della suora di sedersi.

"Siete così buffi!", disse facendogli spalancare gli occhi per l'incredulità. Quasi si vergognava per lui e, istintivamente, cercò Candy sul lato opposto. L'espressione di stupore era speculare alla propria. Ma c'era dell'altro? Per un solo istante, Anthony ebbe l'impressione che lo riconoscesse.

Che stupidaggine, Candy non può conoscere un rozzo come lui!

Il rozzo in questione continuava a blaterare con aria di sufficienza di preghiere false e di idee strane che, secondo lui, attraversavano le menti degli astanti. Mai, mai nella sua giovane vita aveva assistito a una maleducazione tale.

Questo ragazzo è pazzo.

Quando, alla fine, Suor Gray gli intimò di uscire immediatamente, lui parve per nulla stupito, anzi, si voltò dichiarando che non aspettava altro. Le fece persino l'occhiolino dicendo che era conscio che avrebbero fatto i conti in un momento successivo!

"Inconcepibile", mormorò Archie vicino a lui, mentre Stair sembrava aver perso l'uso della parola e riusciva solo a rimanere con la bocca aperta.

Non che Candy stesse facendo qualcosa di diverso, notò scoccandole un'altra occhiata.

"Addio, collegiali modello!", salutò uscendo con una mano alzata.

Anthony udì la voce altera e indignata di suor Gray gridare loro che avrebbero recitato le preghiere due volte, ma colse a malapena il senso di quell'ordine, così come le proteste appena accennate sottovoce dagli altri.

Il suo sguardo, adesso, era fisso su Candy.

Candy, che sembrava non riuscire a staccare gli occhi dalla porta. Candy, il cui stupore sembrava davvero troppo grande. Candy, che muoveva le labbra in una sorta di domanda silenziosa che stava facendo a se stessa e che lui non poté udire.

Ti stai immaginando tutto. Sei più geloso di quel che credessi, non è vero?

Ma, mentre ancora cercava di venire a patti con questa consapevolezza, Anthony fu certo di una cosa: quel Terence Granchester era da evitare come la peste. Qualunque cosa muovesse il suo animo a comportarsi come un ribelle infantile era il risultato di un carattere oscuro e contrario a qualsiasi principio morale.

Meglio stargli lontani.

 
- § -
 
 
Candy stava lottando con gli stivali.

Odiava doversi sempre vestire di tutto punto per andare a lezione: in giorni come quello, avrebbe solo voluto trovarsi sulla Collina di Pony a piedi nudi e correre libera come il vento. Ma, finché era lì, non poteva farlo, anche se...

Aveva scoperto da poco una collina, nel giardino della scuola, che le ricordava tantissimo proprio la Collina di Pony e c'era persino un grande albero su cui aveva sognato di arrampicarsi. E non era escluso che prima o poi lo facesse.

La mia collina, quella sulla quale ho incontrato quel Principe così simile ad Anthony...

Il pensiero di Anthony le mandò una stilettata al cuore, ma non riuscì a evitare di paragonarlo a quel giovane incontrato un giorno di tanti anni prima.

Chiuse gli occhi, lasciando gli stivali mezzo slacciati, trattenendo il respiro senza accorgersene.

I capelli del Principe erano oro brillante; quelli di Anthony avevano lo stesso colore del grano maturo. E gli occhi... Il primo aveva le iridi che le ricordavano il cielo primaverile, di un pallido azzurro che infondeva sicurezza. Il secondo le aveva blu come l'oceano illuminato dal sole.

O come l'oceano notturno.

Candy spalancò i suoi, di occhi: che stava pensando? Se lo chiese mentre la mano lasciava la presa su uno stivale e quello cadeva a terra con un tonfo.

Aveva appena sovrapposto gli occhi di Anthony a quelli di Terence? Sul serio?!

Quel maleducato irriverente! Che sul ponte della nave piangeva in silenzio. Solo.

Scosse la testa, come se quel gesto potesse aiutarla a scacciare il pensiero assurdo: non doveva provare pena per lui! Già le sembrava sbagliato continuare a mettere a confronto Anthony con il Principe della Collina, figurarsi farsi venire in mente quella sottospecie di borioso dai capelli scuri!

Decisa a concentrarsi con lo scopo di capire come avesse potuto scambiare il suonatore di cornamusa della sua infanzia con il ragazzo meraviglioso che oggi aveva al suo fianco, Candy spostò i suoi ricordi dall'aspetto fisico, comunque simile in modo impressionante, alla voce: entrambi avevano un tono dolce, affettuoso.

E tuttavia, nella sua mente, il timbro aveva sfumature leggermente differenti: più virile quello del Principe, più musicale quello di Anthony. E sì che, quando li aveva conosciuti, avevano quasi la stessa età.

Qualche anno di differenza... la somiglianza fisica... persino la voce...

"Quando ero piccolo c'era sempre un ragazzo con gli occhi azzurri che sedeva vicino a mia madre... quel ragazzo probabilmente...".

Candy schizzò in piedi in un impeto tale che pestò gli stivali ancora afflosciati davanti a sé e per poco non perse l'equilibrio, ma non ci fece quasi caso.

"Sono parenti!? Anthony e il mio Principe... fanno forse parte della stessa famiglia?!", chiese alla stanza vuota.

Nonostante avesse deciso da tempo di non ripensarci più, la prospettiva di poter rivedere quel ragazzo vestito alla scozzese le sferzò il petto facendole vibrare il cuore, che accelerò come quando Anthony la baciava.

Strinse le mani una nell'altra, proprio all'altezza del cuore, imponendosi di controllare i suoi sentimenti. I suoi sentimenti che erano completamente rivolti a un ragazzo dolce che le aveva dedicato una rosa. E che, spesso, avevano a loro volta una somiglianza impressionante con quelli che l'animavano quando pensava al Principe della Collina.

Non sono la stessa persona, quindi è illogico. Posso essere curiosa di sapere chi sia il ragazzo che mi ha fatta sorridere quando avevo sei anni. Ma nulla di più. Sono solo confusa per via della loro somiglianza perché amo Anthony.

Confortata da quel pensiero e ancora convinta a non riprendere quella conversazione con Anthony, sedette di nuovo sul letto e, finalmente, riuscì a infilarsi gli stivali. Era pronta per le lezioni.

In qualche modo, poi, sarebbe riuscita a far arrivare ad Anthony un biglietto per incontrarlo sulla finta Collina di Pony. Aveva bisogno di sentire la sua voce, vedere i suoi occhi, toccare le sue mani...

Il mio Anthony...

Si chiuse la porta alle spalle e corse via.

 
- § -
 
 
"Che strano, eppure Candy mi aveva detto che il posto era questo", mormoro Anthony tra sé e sé, risalendo la collina dietro la scuola.

Era riuscito a sgattaiolare fuori in un momento di pausa, attirandosi le risate e i commenti sarcastici dei suoi cugini: eppure era certo di aver letto il bigliettino in modo discreto, nascosto dal colonnato che univa le aule alle camere dei ragazzi.

Quando aveva sentito una mano sulla spalla, il sangue gli era defluito dal viso ma era pronto a battersi anche se si fosse trattato di Neal. Invece aveva incontrato il volto sorridente di Archie, dietro al quale faceva capolino Stair che saltellava e ripeteva: "Voglio vedere anch'io!", come se stesse assistendo chissà a quale spettacolo.

Anthony si era portato il bigliettino al petto in un gesto di stizza, ma tutto sommato era sollevato: non aveva tempo o voglia di litigare: "Sono affari miei".

"Certo, certo. Stai tranquillo, ti guarderemo le spalle", aveva esordito Archie facendogli l'occhiolino.

"Perché? Che c'è scritto? Uffa, io non ho letto!", si lamentava Stair mentre lui alzava gli occhi al cielo.

Per fortuna era riuscito ad allontanarsi prima che i due gli facessero perdere altro tempo prezioso: non aveva che un quarto d'ora a partire da quel momento per incontrare Candy di nascosto.

Mentre ancora si guardava intorno, confuso, leggendo ancora il bigliettino come se potesse trovarvi chissà quale altro indizio, Anthony sentì un paio di mani coprirgli gli occhi: "Indovina chi sono?", disse una voce appositamente camuffata.

Lui decise di divertirsi un po' e, fingendo di riflettere, disse: "Uhm, vediamo, potresti essere Eliza oppure Patricia, però...".

"Ma come Eliza?!", protestò la voce senza però togliere le mani. Sentì la tensione nei suoi polsi e sorrise, desiderando abbracciarla in quel momento.

"Ma dal profumo di rose Dolce Candy che emani, puoi essere solo una persona", concluse, voltandosi per vedere il suo viso arrossato e stupito. Le mani erano scivolate e lui vi aveva intrecciato le proprie.

Senza pensarci oltre, la baciò con tenerezza, appoggiando le proprie labbra alle sue, che sapevano di frutta. La sensazione, travolgente e dolce al contempo, gli era davvero mancata.

Quando si staccarono, Candy finse ancora di essere arrabbiata: "Posso capire che mi paragoni a Patty, ma non ad Eliza", disse gonfiando le guance e soffiandosi via un ricciolo ribelle dalla fronte.

Anthony scoppiò a ridere: "E dai, Candy, stavo solo scherzando! Sai che sei carina anche quando sei arrabbiata?".

"Mi stai prendendo in giro", si schernì lei portandosi le mani alle guance, arrossendo di nuovo. Anthony, vedendola così imbarazzata, si sentì struggere per lei. Sapeva di amarla e sapeva anche che Candy lo ricambiava, ma da qualche tempo aveva anche un'altra certezza.

L'avrebbe sposata quando fossero usciti da quella scuola terminando gli studi. Candy sarebbe stata sua moglie e niente e nessuno avrebbe potuto impedire un destino che era ineluttabile. Neanche la zia Elroy.

Perché Candy era destinata a lui fin da quando l'aveva vista davanti al Cancello delle Rose di Lakewood, piangente e disperata. Lui l'avrebbe resa felice, l'avrebbe circondata d'amore e di ricchezze. E sarebbe stata la madre dei suoi figli.

"A... Anthony?", sussurrò lei e solo allora il ragazzo si accorse dell'intensità con cui la stava guardando.

Sbatté le palpebre e le fece un sorriso timido: "Scusami, ero perso nei tuoi incredibili occhi. Sono del colore stesso degli smeraldi, lo sai?". Lentamente, le mise una mano sulla guancia, sfiorandola.

"Continui a prendermi in giro", ribatté lei con un filo di voce e lui capì che era ora di alleggerire l'atmosfera.

"No, che non ti prendo in giro: è la verità. Ma dimmi, è questo il luogo che somiglia alla Collina di Pony?", chiese guardandosi intorno, anche se non le avrebbe più tolto lo sguardo di dosso.

Lei annuì: "Sì, anche lì c'è un grande albero, ma è un po' diverso da questo". Nel momento in cui la vide alzare il capo per ammirare le fronde, capì cosa volesse fare.

"Candy, non vorrai mica...?", chiese spalancando la bocca, incredulo.

"Sì, che lo voglio!", quasi gridò abbracciando il tronco e iniziando la sua scalata come se niente fosse. Con un brivido, Anthony provò ad immaginarla mentre pronunciava quella stessa frase qualche anno dopo, con un abito bianco, in piedi accanto a lui davanti a un sacerdote.

La fissò mentre saliva, con una certa apprensione, rendendosi conto solo troppo tardi che da quella posizione era in grado di scorgere le sue sottane. Avvampando, distolse lo sguardo e le gridò: "Fai attenzione, Candy, potresti cadere".

"Non preoccuparti, Anthony, l'ho fatto milioni di volte!", gli fece eco dall'alto.

Non ebbe il coraggio di guardarla di nuovo e fu per quel motivo che scorse la persona più sgradita avvicinarsi insieme ad altre due ragazze: "Accidenti, non lei, non ora...", disse tra i denti.

"Anthony, ma che sorpresa! Hai scoperto anche tu quanto è romantico questo posto?", esordì la voce odiosa di Eliza, l'eterno sorrisetto storto su quel visino da schiaffi.

"Stavo solo prendendo una boccata d'aria", rispose in tono freddo e, senza poterselo impedire, gli occhi saettarono verso l'alto, facendole scoprire ciò di cui ancora non si era accorta.

"Oh, ma che disonore! Anthony, non dirmi che eri in sua compagnia!", esclamò portandosi il dorso della mano sotto al naso come se avvertisse un cattivo odore.

"E anche se fosse? C'è qualche problema?", chiese piccato. Dall'alto, udì l'imprecazione di Candy.

"Anthony, non dovresti intrattenerti con una selvaggia come quella! Non solo è orfana ma è anche una ladra!". Non le diede tempo di terminare la frase perché la mano partì prima che potesse fermarla. Lo schiaffo risuonò così forte da provocare ansiti strozzati nelle amiche di Eliza e anche in Candy.

"Non permetterti mai più di parlare così... della mia ragazza!", disse ad alta voce perché lei lo sentisse, su qualsiasi ramo si fosse posizionata.

"Come osi?! Avviserò suor Gray, dirò a tutti che vi incontrate qui di nascosto!", strillò con la mano sulla guancia, la vocetta stridula di una bambina che sta facendo i capricci.
"Bene, così scopriranno che anche tu sei venuta qui con lo stesso intento, Eliza Lagan", ribatté calcando sul nome.

Gli occhi marroni brillarono di una luce malvagia, ma Anthony capì che aveva colto nel segno e la ragazza, incitando le sue compagne a seguirla, girò i tacchi e se ne andò, non prima di aver lanciato sguardi omicidi a lui e alla cima dell'albero.

Stringendo i pugni per contenere la rabbia, Anthony alzò finalmente la testa per vedere Candy, con un ginocchio sul ramo e l'altra gamba penzoloni, che guardava nella direzione in cui Eliza si stava allontanando: "Non dovevi colpirla, potrebbe davvero crearci dei problemi".

Lui le sorrise: "Non lo farà. È una vigliacca e avrà troppa paura che la accusino di essersi incontrata con me".

Candy si sistemò sul ramo come se stesse scomoda e lui deglutì, a disagio: gli sembrava davvero troppo in bilico. "Anthony, quello che hai detto prima... è vero? Davvero sono la... tua...".

Aprì la bocca per risponderle, ma subito dopo la spalancò in un urlo muto. Si era spostata per mettersi seduta ma la mano che era sul tronco scivolò, perdendo la presa, e il corpo di Candy si sbilanciò di lato, inclinandosi e cominciando a cadere.

"Candy!", la chiamò iniziando a correre nella direzione in cui stava per precipitare. Ebbe appena il tempo di posizionarsi sotto di lei, con le braccia già protese, che la vide letteralmente appesa a mezz'aria, poco più sotto del ramo, due braccia che la sostenevano con le mani chiuse all'altezza dei gomiti.

"Forse dovrei chiamarti Tarzan Tuttelentiggini, dopo tutto", disse una voce appena incrinata dalla fatica. "Non sei leggera, sai?".

Da dove era sbucato Terence Granchester? E chi gli aveva dato il diritto di salvare Candy al posto suo? Forse era un pensiero idiota, ma non sopportava che la toccasse, anche se le stava impedendo di cadere.

Apparentemente si trovava su un ramo più alto di quello da cui lei stava per precipitare ed era stato, per tutto quel tempo, ben nascosto dalle fronde. Non poteva vedere come si stesse sorreggendo, ma immaginò che tenesse Candy in precario equilibrio con le gambe ben salde intrecciate sul suo ramo.

"Smetti di dire sciocchezze!", rimbeccò lei lasciandosi tirare su, riposizionandosi sul ramo e allungando un braccio per dargli un pugno. Spostandosi di qualche passo, poté infine scorgerlo nel momento in cui si scostava per evitare il colpo e Candy quasi cadeva di nuovo, ma in avanti, direttamente tra le sue braccia ancora protese.

"Candy, scendi giù subito!", tuonò imperativo. La paura, la gelosia, la rabbia... tutto si mescolò in quell'unica frase.

Lei abbassò il volto per guardarlo, perplessa.

"Fai come dice il tuo ragazzo", suggerì Terence facendole l'occhiolino.

Candy spostò per un attimo gli occhi su di lui, ma iniziò la sua discesa con gesti calcolati, non prima di aver riservato una linguaccia e un "grazie" di cortesia al suo salvatore improvvisato.

All'ultimo tratto saltò giù e Anthony non perse tempo: le si avvicinò e le chiese se stesse bene.

"Certo che sto bene, sono caduta un sacco di volte da piccola!".

Aprì bocca per dirle qualcosa, quando Terence Granchester, anche lui di nuovo a terra, li interruppe: "Bene, piccioncini, vi lascio soli", stava dicendo mentre si spolverava le mani una sull'altra battendole leggermente. "Oh, e state tranquilli, non dirò nulla della vostra scappatella a suor Gray".

"Non stavamo facendo nulla di male, mister Granchester", lo apostrofò Anthony, guardandolo con le sopracciglia aggrottate. "Ma lasci che la ringrazi per aver salvato Candy".

Lui sbatté le palpebre un paio di volte, poi scoppiò a ridere rovesciando la testa all'indietro. "Chissà cosa ci trova di tanto divertente nel tuo ringraziamento", borbottò Candy.

"Non è nei ringraziamenti del tuo ragazzo che trovo un lato divertente... miss Tarzan Tuttelentiggini", ribatté Terence.

"Mi chiamo Candy!".

"Ti prego di trattarla con rispetto!". Le loro voci si sovrapposero e Anthony si ritrovò a stringerla per la vita con un gesto di possesso che non aveva mai usato davanti ad altri. Eppure, il suo istinto gli disse che era giusto farlo, davanti a quel ragazzo.

Sorprendentemente, lui fece un inchino così elegante che dubitò per qualche istante che si trattasse della stessa persona irriverente di poco prima.

"I miei rispetti, mister Brown", disse facendogli montare la rabbia ancora una volta: lo stava forse prendendo in giro? "E comunque, per rispondere al dubbio della sua gentile signora... trovo divertente questo lato così affettato di un ragazzo che, nonostante abbia all'incirca la mia età, si ostina a darmi del lei, chiamandomi oltretutto con un appellativo nobiliare che non apprezzo. E trovo divertente l'assortimento tra te, che sembri uscito dal secolo scorso con quei vestiti così eleganti, e la tua Candy, che con la semplice uniforme della scuola ha persino l'ardire di arrampicarsi sugli alberi. Fino ad ora ti sei limitato a coltivare rose, come si dice?".

Anthony capì che quella era la sua occasione per mostrare sia a quello sbruffone che a Candy di che pasta fosse fatto. Di certo, non amava la violenza gratuita e di base era un ragazzo sereno e docile: ma non poteva sopportare che un signorotto che rinnegava la sua nobiltà si permettesse di dare giudizi su lui e Candy.

Scostando leggermente Candy da sé, ignorando il suo mormorio allarmato, Anthony si avvicinò a Terence e lo squadrò dal basso in alto, essendo di qualche pollice in svantaggio: "Non sono uno che ama fare a pugni, tanto perché tu lo sappia. Però", s'interruppe e, senza preavviso, lo colpì sulla guancia con un destro ben piazzato, "quando è necessario so difendere me stesso e ciò che amo".

Il ragazzo, che aveva assorbito il colpo chinandosi un po' dal lato offeso, si rialzò con il dorso della mano sulla guancia e un'espressione alquanto furiosa che gli approfondiva i lineamenti in un cipiglio molto poco amichevole.

Il momento sospeso dei loro occhi che si incatenavano in una muta sfida fu interrotto da Candy, che si frappose fra loro: "Adesso basta, voi due! Terence, ti sono grata per avermi salvata da una caduta rovinosa ma anche io non ti permetto di riversare la tua boriosa arroganza su di noi. E tu, Anthony, non è necessario abbassarsi a tanto: a differenza sua sei un ragazzo gentile ed educato".

Stava per ribattere qualcosa, perché il suo orgoglio gli impediva di dare a quel tipo un motivo per pensare che Candy dovesse difenderlo. Per fortuna, Terence si limitò a un sorrisetto sghembo e non fece commenti in proposito, sancendo così l'armistizio.

"Andiamo, Candy. Terence...", lo salutò chiamandolo per nome e facendo un leggero cenno della testa a mo' di saluto.

Mentre si allontanava con lei, Anthony decise che il cambiamento che stava avvenendo nella società della loro epoca non lo avrebbe trasformato mai in una persona arrogante o non rispettosa delle regole. Se Terence era un ragazzo moderno, lui era felice di essere all'antica: e, d'altronde, non era così che lo amava Candy?
 
 
 

 
*I dialoghi sono spesso ripresi dal manga, a volte seguendo fedelmente alcune tavole, altre rielaborati a seconda delle situazioni. Ovviamente, i diritti sono riservati all'autrice e io li riutilizzo senza scopo di lucro.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


Inverno/Primavera 1913

Albert camminava per le vie di Londra desiderando solo raggiungere al più presto la sua capanna, stendersi a letto e dormire. Il lavoro allo zoo era bellissimo e lo amava molto, ma era anche tanto impegnativo: si guardò i pantaloni logori e sporchi e rise di se stesso, domandandosi come avrebbe reagito la sua famiglia vedendolo ridotto in quelle condizioni.

Già, la mia famiglia...

Mentre girava l'angolo con le mani in tasca, divertito all'idea, una figura sulla strada illuminata dai lampioni gli fece saltare il cuore in gola.

Non può essere lei. Non a quest'ora per le vie quasi deserte!

Vide un tizio mollemente appoggiato a un palo apostrofarla e si irrigidì, ma lei non parve scomporsi più di tanto neanche quando incrociò un paio di ubriachi che sembravano sul punto di azzuffarsi.

Risoluto a scoprire se quello che pensava corrispondesse a realtà, la chiamò: *"Ehi, tu, non sei Candy?". Non era un modo molto carino di esordire, ma ebbe l'effetto di fermare la sua avanzata frettolosa, di certo dettata dal senso di pericolo che doveva cominciare ad avvertire.

Quasi arretrò quando la ragazza, voltandosi come una furia, gridò senza nemmeno guardarlo bene: "Io non la conosco! Non conosco nessuno a Londra!".

Accidenti se è lei!

Albert le si avvicinò e si tolse gli occhiali con le lenti colorate perché lo vedesse meglio: "Non ti ricordi di me?".

"Signor Albert!", esclamò dopo alcuni istanti di esitazione, prima di volargli letteralmente fra le braccia. "Lei era qui e non lo sapevo! La credevo oltreoceano!". Era cresciuta, era diventata quasi una donna e non poté fare a meno di staccarla un po' da sé per vederla meglio.

"Su, non piangere ora! Lasciati guardare... sei diventata bellissima!". Ed era vero.

"Anche lei, signor Albert!", ribatté facendolo ridere.

"Bello io? Grazie del complimento!". Le spiegò il motivo per cui si trovava lì a Londra, cosa che in parte era anche vera: "Gli animali della capanna sono stati mandati qui allo zoo, così li ho seguiti e ho cominciato a lavorare".

Le spiegò che tagliarsi la barba era stato necessario, altrimenti non glielo avrebbero mai permesso. Mentre parlavano amabilmente come due vecchi amici, Candy si ricordò che cercava una farmacia. Albert la accompagnò, chiedendosi chi fosse il suo amico che si era fatto male al punto da avere bisogno di medicine: di sicuro non poteva trattarsi di Anthony, perché altrimenti Candy lo avrebbe detto chiaramente.

Nella sua testa cominciò a farsi strada un'idea, ma evitò di esplicitarla a lei, tanto più che, una volta trovato il negozio, dovettero tornare verso la Saint Paul School in tutta fretta prima che qualcuno si accorgesse della sua assenza.

Certo che questa è proprio una serata movimentata! È già la seconda volta che riporto uno studente vicino queste mura in poche ore...

"Signor Albert, non c'è bisogno che mi accompagni fin laggiù! Vorrà tornare a casa e io posso cavarmela da sola!", protestò Candy.

Ma lui scosse la testa: "Preferisco farlo. Hai visto che gente... poco raccomandabile gira a quest'ora, no?", insisté facendole l'occhiolino.

Alla fine, si ritrovò accucciato dietro al muro di cinta della scuola con le mani intrecciate per permettere a Candy di arrampicarsi facendo leva sul gradino improvvisato. Quando lei sparì, tra mille saluti, ringraziamenti e persino la promessa che sarebbe andata a trovarlo, Albert sospirò con un sorriso.

È sempre la stessa, nonostante sia cresciuta tanto.

Fischiettando per le vie di Londra, Albert rimise le mani nelle tasche e se ne tornò lentamente a casa.

 
- § -
 
 
"Se qualcuno viene a saperlo, io...!". L'aria minacciosa, le sue mani strette sulle spalle, gli occhi che mandavano lampi d'ira.

Quel Terence, che solo poco tempo prima aveva barcollato per errore nella sua stanza passando per la finestra, e che le era sembrato tanto inerme a causa delle ferite, al punto che era corsa in città a cercare una farmacia aperta in piena notte, in quel momento sembrava una maschera di rabbia.

D'altronde, che poteva aspettarsi di diverso da un ragazzo così pieno di sé che aveva abbassato la guardia solo una volta perché stava male? E che l'aveva trovata nella sua, di stanza, mentre lei cercava quella dei ragazzi?

Voleva vedere Archie, Stair e soprattutto il suo Anthony, come le era già capitato di fare altre volte, ma l'oscurità le aveva giocato un brutto scherzo ed era stata lei a sbagliare camera. La foto di Eleanor Baker con la scritta "a mio figlio" le aveva fatto trattenere un ansito di stupore e la reazione di Terry l'aveva sconvolta.

Un ragazzo apparentemente arrogante che rinnega il nome di suo padre e persino sua madre, un'attrice famosa. Quanta sofferenza si cela in lui, in realtà?

Ma no, non doveva lasciarsi intenerire. Già se lo era ripetuto in qualche occasione.

"Ehi, Candy, stai bene?". La voce di Anthony la riscosse dai suoi pensieri. Lui, Archie e Stair la stavano guardando con curiosità mentre la sua mente volava a qualche minuto prima, al momento in cui era saltata sul balcone sbagliato.

"Sì, scusate, stavo solo pensando alla prossima Festa di Maggio. Mi piacerebbe invitare anche lo zio William, pensate che verrà?", chiese cercando di cambiare discorso prima che le leggessero in viso la verità.

E la verità era che quell'incontro con Terence l'aveva sconvolta.

Dal loro primo confronto su quella nave, non aveva fatto altro che burlarsi di lei eppure, quella sera, Candy aveva notato di nuovo l'incrinatura nella sua corazza apparentemente fatta di presunzione. Quella stessa incrinatura che aveva scorto nelle sue lacrime sul ponte della nave.

"Lo zio William è un uomo molto impegnato, Candy, non credo che verrà fino a Londra per una cosa del genere", stava dicendo Anthony sedendosi sul letto accanto a lei.

"Già, pare che sia un uomo molto estroso che ama viaggiare, però dubito che lasci indietro i suoi affari per una festa". In piedi di fronte a loro, Archie fece spallucce.

"E comunque è molto, molto anziano. Forse persino più anziano della zia Elroy!", puntualizzò Stair alzando un dito come se stesse spiegando loro qualcosa di fondamentale importanza.

Candy sbatté le palpebre, perplessa: "E questo cosa c'entra?", chiese guardando l'amico.

"Beh, era solo per dire che la Festa di Maggio è riservata soprattutto ai giovani e non credo che un uomo della sua età possa divertirsi", si mise lui sulla difensiva.

"Comunque non è bello quello che hai detto sulla zia Elroy", intervenne Anthony, facendola sorridere.

"Oh, andiamo, cugino, volevo solo dire che...", Stair sembrava in difficoltà.

"Fratello, non è bello dare della vecchia mummia alla zia", lo redarguì Archie.

"Non ho mai detto che è una vecchia mummia, TU l'hai appena detto!".

"Ma hai dichiarato che lo zio William è persino più anziano di lei, come se lo fosse!".

Lei e Anthony spostavano il capo alternativamente dall'uno all'altro, con la bocca aperta: era certa che anche lui credesse a malapena che quella conversazione surreale stesse avendo luogo. Fu proprio Anthony a spezzare la tensione scoppiando a ridere di cuore e trascinando anche loro nella sua ilarità.

E quella risata ebbe il potere di cancellare dalla mente di Candy tutti i ragionamenti che aveva poc'anzi fatto su Terence. Per un po', almeno.

 
- § -
 
 
Terence li vide da lontano e si fermò.

Quella collina, che lei chiamava la seconda Collina di Pony, apparteneva a Candy e Anthony. Li vide parlare e ridere, sedendo sull'erba, tenendosi timidamente la mano come se fossero bambini.

Di una cosa era certo: se fosse stato lui il suo ragazzo, non si sarebbe limitato a tenerle la mano o a darle qualche furtivo bacetto a fior di labbra. L'avrebbe stretta a sé, circondandole la vita sottile, le avrebbe carezzato la guancia col palmo aperto della mano e le avrebbe insegnato come fosse un bacio vero.

Un bacio vero dove le labbra erano solo l'inizio del viaggio.

L'avrebbe lasciata così stordita e senza fiato che le sarebbero tremate le gambe. Quel damerino con i vestiti del secolo precedente e l'aria da angioletto era quanto di più lontano ci fosse dal carattere libero e vivace di Candy: non era neanche in grado di arrampicarsi sugli alberi e poi tirava pugni come un ragazzino cui abbiano sottratto un giocattolo.

Certo, in quanto fare a pugni anche lui aveva avuto qualche problema, qualche tempo prima, e meno male che aveva incontrato un'anima buona che lo aveva tirato fuori dai guai, anche se era finito proprio nella stanza di Candy per quanto era ubriaco.

Si nascose un po' di più dietro a un cespuglio, mentre Candy abbassava il viso tra le mani, apparendo imbarazzata per qualcosa mentre il ragazzo sorrideva arrossendo.
Un uomo che arrossiva non faceva per Candy.

Si vedeva che si volevano bene, ma quanto sarebbe durata tra loro? Lei, accecante come una luce estiva e lui, sereno come un cielo primaverile senza nuvole.

Stringendo i pugni, Terence si disse che non erano affari suoi e che il fatto che Candy fosse molto più simile a lui che ad Anthony era irrilevante. Allora perché ogni volta che li vedeva insieme gli sembrava che lo stomaco si annodasse in una spiacevole morsa? Perché il ricordo di quel viso pieno di lentiggini era l'immagine che lo seguiva durante l'intero arco della giornata e persino in qualche sogno notturno? Perché la consistenza della sua pelle durante quei pochi, fugaci contatti sembrava ancora bruciargli le mani?

Con un gesto di stizza, tirò fuori il pacchetto di sigarette e ne accese una, ben attento che la direzione del vento non fosse a favore dei due fidanzatini.

No, non si sarebbe innamorato mai di quella Candy, non aveva certo bisogno di lei. Non lui, Terence Granchester, che aveva persino rinnegato il suo cognome.

 
- § -
 
 
Candy maledì per l'ennesima volta la sua linguaccia.

Suor Grey aveva messo davvero a dura prova i suoi nervi, ma lei non avrebbe dovuto dirle che era testarda e che aveva un cuore di pietra. Anche se era la verità...

Con un sospiro, afferrò la tartaruga di Patty e la fissò negli occhietti scuri, pensando che si era appena negata la possibilità di ballare con Anthony alla Festa di Maggio: quel pensiero, assieme al fatto che di certo non avrebbe visto lo zio William, le fece salire le lacrime agli occhi.

Aveva sognato così a lungo il momento in cui sarebbe finalmente stata di nuovo fra le braccia del suo ragazzo, volteggiando al ritmo di un valzer, e invece aveva rovinato tutto!

Oh, Anthony, perdonami! Zio William, cosa penserai di me?

La tartaruga mosse la testolina vicino al suo naso, facendole il solletico, e Candy sentì un leggero sorriso incresparle le labbra nonostante il pianto. D'altronde, lei non era tipo da arrendersi così facilmente.

Guardò la bestiolina e un'idea iniziò a farsi strada nella sua mente. D'istinto, si voltò verso la finestra della soffitta e il sorriso sul volto si allargò: sapeva cosa doveva fare.

Senza più titubanze, aprì le persiane e si arrampicò sul tetto stringendosi Hyurie al petto. In pochi balzi e facendo mentalmente il calcolo delle ore che la separavano dalla prossima ronda, Candy riuscì a uscire dalla scuola e chiese a una carrozza di portarla allo zoo Blue River, dove lavorava il suo amico Albert.

Sarebbe andata a trovarlo e gli avrebbe lasciato la tartaruga di Patty, così sarebbe stata in mani sicure.

Non era pronta per quello che l'aspettava dietro la porta della capanna dove le avevano indicato stesse Albert: pensava di fargli una sorpresa, invece la sorpresa la ricevette lei quando trovò Terence che stava chiacchierando con l'uomo.

Quei due erano amici. Era stato proprio Albert a difendere Terence la sera in cui era arrivato, ferito e ancora mezzo ubriaco, nella sua stanza per errore.

"Se non fosse arrivato lui, mi avrebbero conciato per le feste", raccontò Terry con un sorriso grato.

E, mentre parlava con Albert rivangando gli eventi di quella serata, Candy vide un raggio di sole entrare dalla finestra e illuminarli entrambi.

Albert, l'amico che una volta le aveva salvato la vita quando stava per essere inghiottita da una cascata con tutta la sua barchetta. Terence, il ragazzo ribelle che riusciva a essere arrogante al punto da deridere lei e Anthony, ma che poteva anche diventare fragile sotto la sua facciata sicura.

Riscuotendosi da quei pensieri, dicendosi che comunque tra i due non c'era paragone, Candy si ricordò della piccola tartaruga che teneva in mano solo quando Albert la indicò con curiosità. Accettò con gioia di occuparsene e seppe che avrebbe davvero potuto sempre contare su di lui.

Quando fu costretto ad allontanarsi per tornare a lavorare, tra lei e Terry cadde un silenzio imbarazzante che lui ruppe pochi istanti dopo: "Ti va di andare a vedere gli animali, Candy?", le chiese sorprendendola.

"Mi dispiace, devo tornare subito indietro. La verità è... che sono scappata dalla stanza dove suor Gray mi ha messa in punizione e non voglio che se ne accorgano". Prima ancora di terminare la frase si morse la lingua. Gli aveva appena offerto su un piatto d'argento la possibilità di prenderla in giro.

"Davvero? E che cosa hai fatto?", le domandò con genuina curiosità, spiazzandola.

Lei voltò la testa altrove: "Le ho solo detto quello che penso di lei".

Terence scoppiò a ridere. Di cuore. Da che lo conosceva, non lo aveva mai sentito ridere in quel modo: non si trattava della solita derisione superba o canzonatoria, ma di una risata sincera e spontanea che trovò persino affascinante.

È così diverso dal mio Anthony...

Perché continuava a fare quei paragoni assurdi? E perché si trovava ancora in quella capanna con lui? Albert le aveva promesso che le avrebbe fatto incontrare Poupee durante la sua prossima pausa e non voleva andarsene senza salutarlo, ma non voleva neanche mettersi a girare per lo zoo in compagnia di quello scorbutico!

"Comunque fai pure come ti pare, io vado a curiosare un po' in giro. È da una vita che non vengo in uno zoo", disse lui facendo spallucce e avvicinandosi alla porta. La aprì, titubando per qualche istante, mentre lei gli scoccava un'occhiata in tralice, indecisa sul da farsi. A dire il vero le seccava rimanere lì dentro con il sole che c'era. "Se vuoi seguirmi sappi che non mordo", disse aprendola e uscendo fuori.

Facendo spallucce, Candy si disse che, alla fine, non ci sarebbe stato nulla di male. Di certo non aveva paura di lui!

 
- § -
 
 
Maggio 1913

"Sei davvero buffa, Candy!", rise Anthony mentre ballava con lei.

Arrossì, a disagio: anche se era vestita da Romeo si stava godendo le braccia del suo ragazzo, perché doveva prenderla in giro? Lui dovette accorgersi della sua delusione, perché divenne improvvisamente serio: "Ehi, scusami, non volevo offenderti. La verità è che muoio dalla voglia di baciarti, ma non posso farlo finché sei vestita da ragazzo".
Candy lo guardò: era così bello, con quell'abito rosso scuro che metteva in risalto i suoi occhi azzurri!

Occhi azzurri, blu come un mare in tempesta.

Sbatté le palpebre, confusa. Perché si erano sovrapposti di nuovo un altro paio di occhi? I suoi?! Era un pensiero così bizzarro e inopportuno, specie dopo quello che le aveva appena confessato!

"Candy?", la sua voce interrogativa la riportò alla realtà.

"Io... pensavo che allora potrei... uhm, andare a cambiarmi, che ne dici?", chiese facendogli scivolare le mani sulle braccia, staccandosi a malincuore.

Il sorriso di Anthony le fece dimenticare tutto in pochi istanti: "Allora io ti aspetto qui", disse con una sfumatura di impazienza che le fece accelerare il battito del cuore come se avesse appena messo le ali.

"Faccio presto!", promise allungandogli un fugace bacio sulla guancia, cogliendo appena il suo stupore e superando di corsa Stair e Patty che sembravano impacciati ma felici nel loro valzer.

Candy tornò alla radura con l'aspettativa di poter di nuovo baciare Anthony dopo giorni che non lo vedeva e si affrettò a recuperare l'incarto dove il prozio William le aveva spedito i due costumi. Che si fosse dimenticato se fosse una ragazza o meno, aveva avuto davvero un'idea geniale, perché travestendosi stava partecipando alla Festa di Maggio senza che qualcuno lo venisse a sapere! A parte, ovviamente, i suoi amici e Anthony...

Canticchiando la canzone che ancora sentiva in lontananza, Candy si guardò velocemente attorno e cominciò a sfilarsi il vestito da Romeo, indossando quello di Giulietta: "Molto meglio! Ora sì che Anthony potrà baciarmi!", ridacchiò tra sé e sé, pensando che comunque dovevano prestare attenzione a non farsi vedere.

Mentre si sistemava la gonna, una voce nota la fece raggelare: "Vestita così quasi non ti riconoscevo, Tuttelentiggini!".

Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo di Terence.

Blu, come il mare in tempesta.

Candy represse un brivido, mentre lo sbruffone saltava giù dal ramo e le si avvicinava, incatenando quel mare a lei.

"Credevo... di essere sola!", protestò facendo un passo indietro.

"Invece avevi uno spettatore", disse lui con una voce profonda che non gli aveva mai sentito.

Ma non si sarebbe mai fatta mettere in soggezione da uno come Terence. Mai. "Fammi passare, devo tornare alla festa", disse scostandolo.

"Ehi, non così in fretta, Tarzan Tuttelentiggini! Prima potresti concedermi un ballo". E s'inchinò in modo elegante. Come poteva essere così odioso eppure signorile nello stesso momento?

"Scordatelo", disse chiudendo gli occhi e ricominciando la sua marcia, decisa a superarlo.

"Per favore... Candy", la bloccò con un tocco leggero sul braccio, il tono serio e gli occhi di nuovo piantati nei propri.

Che diavolo... mi sta succedendo? Perché non me ne vado e basta?

La mano di lui sul braccio le inviò una scossa elettrica sulla pelle. Non aveva mai provato una sensazione simile e la cosa peggiore era che non le dispiaceva affatto.

Mi ha chiamata per nome.

Eppure, non seppe se fu per quel particolare o per chissà quale altro arcano motivo, che sentì se stessa rispondere: "Se ti concedo un ballo, mi lascerai andare?".

"Te lo giuro sul mio onore", rispose inchinandosi ancora più profondamente di prima.

Con un sospiro, e nel giro di pochi istanti, si ritrovò fra le braccia di Terence con una semplicità tale che le parve di essere sempre stata lì. Era tesa, ma cercò di ballare. Era confusa, ma cercò di non pensare.

Eppure, mentre la musica da lontano li guidava nel valzer, Candy non poté fare a meno di rendersi conto di quanto profondamente diverso fosse stare fra le sue braccia: laddove Anthony era dolce e rassicurante, Terence era avvolgente e deciso. E il suo profumo... il suo profumo di tabacco, che era l'opposto di quello di rose...

Non si era resa conto di cosa stava facendo Terence, finché non si ritrovò con le labbra incollate alle sue così strettamente che avvertì con chiarezza la solidità dei suoi denti e poi... Dio l'aiutasse, lui socchiuse la bocca e la sfiorò con la punta della lingua.

Si staccò, riprendendosi da quella breve trance, schiaffeggiandolo mentre ancora lo stava allontanando. Lui si portò la mano al viso, ferito: "Ma come ti permetti?!", sibilò Candy, ansimando per la rabbia. E per la folle sensazione di aver gradito quel bacio così volgare. "Tu non sei il mio ragazzo, il mio ragazzo è... è Anthony!", gli gridò.

Con sua somma sorpresa, si ritrovò a ricevere il suo, di schiaffo: "Scommetto che lui non ti ha mai baciata così, non è vero?! Vuoi sapere com'è un vero bacio, Candy? Lo vuoi sapere?!".

Tentò di afferrarla di nuovo, ma si divincolò e gli restituì il colpo. Sembrava che non avrebbero mai terminato, invece Terence parve rinunciare quando vide le sue lacrime. "Anthony mi ama!", rimbeccò, odiandosi perché non voleva piangere davanti a lui.

Con la calma appena ritrovata, Terence si concesse persino un sorrisetto: "E tu lo ami?", le chiese a bruciapelo.

Quella domanda la spiazzò: "Certo che lo amo! Come potrei non amare il mio Anthony?! Tu sei... sei un bruto!", urlò prima di sollevarsi le gonne e correre finalmente via come avrebbe dovuto fare fin dall'inizio.

Perché, perché finché non fu tornata dai suoi amici, tentando di non dare a vedere quanto fosse sconvolta, nelle orecchie le risuonarono ancora le sue parole portate via dal vento mentre se lo lasciava alle spalle?

"E tu non puoi amare un bruto, vero Candy?".

 
- § -
 

Distante.

Così gli sembrava Candy da qualche tempo. Per la precisione, da poco dopo la Festa di Maggio. Anthony non voleva soffermarsi sulla sgradevole sensazione che aveva alla bocca dello stomaco ogniqualvolta gli capitava di incrociare Terence, oppure nei rari momenti in cui ragazzi e ragazze si ritrovavano insieme, in Chiesa.

Non voleva soffermarsi sugli sguardi che lui le lanciava e che Candy sembrava ricambiare, tanto più che, anche da lontano, poteva vedere la sua indignazione verso il ragazzo e gli occhi verdi cercarlo immediatamente dopo.

Come per rassicurarsi? O per rassicurare lui?

"Anthony, a che stai pensando?", mormorò Candy sfiorandogli la mano con la sua. Sul viso che sembrava scolpito nella porcellana aveva una chiara espressione preoccupata.

"A nulla, tesoro, davvero". Era la prima volta che la chiamava così e notò il rossore che si diffuse sulle gote. Senza poterselo impedire, alzò una mano per carezzarne una, attratto da lei come una falena dalla luce.

Erano giovani e avevano ancora anni da dover attendere per terminare gli studi, ma Anthony non poteva impedire al suo cuore di provare un senso di urgenza: quanto doveva aspettare per poterla sposare? Davvero avevano davanti ancora almeno sette anni perché lei ne compisse ventuno?

"Anthony, perché non vieni mai allo zoo insieme a noi? Vorrei tanto presentarti Albert... è una persona meravigliosa, sai?". Il volto di Candy si illuminò e lui sentì invece l'abisso dell'oscurità avvolgerlo sempre di più: da quando era diventato così possessivo da essere geloso non solo di quel Terence, ma anche di chiunque fosse amico di Candy?

"Non mi piacciono gli zoo: odio vedere gli animali in gabbia". Ed era vero. "Questo Albert... è lo stesso che ti ha salvato la vita alla cascata, a Lakewood, vero?".

Lei annuì: "Sì. A quel tempo era solo un vagabondo, ma ha sempre lavorato onestamente e anche adesso...".

Anthony si alzò di scatto: "Non mi hai mai raccontato cos'è accaduto di preciso. Perché non sei tornata a casa subito dopo che ti ha salvato?". Il suo tono aveva una sfumatura di accusa che parve ferirla.

Candy rimase a guardarlo con un'espressione stravolta per alcuni istanti prima di dire: "Mi ha accolta in casa sua per farmi mangiare e riposare e mi ha riaccompagnata personalmente sulla via del ritorno la mattina dopo. Gli devo la vita".

Da come lo difendeva a spada tratta, Anthony comprese quanto quell'Albert significasse per lei e questo, se possibile, lo urtò ancora di più: "Hai passato la notte in casa... di un uomo, dunque?! Candy, ma ti rendi conto del rischio che hai corso?".

Lei si alzò per fronteggiarlo: "Adesso calmati, per favore! Albert è un gentiluomo e il mio istinto mi ha suggerito fin da subito che potevo fidarmi di lui! Viveva anche allora in mezzo agli animali e gli animali non mentono mai".

Il sangue gli affluì al cervello e Anthony scosse la testa, frustrato: "Vuoi dirmi che ti sei fidata di lui solo perché gli animali sembravano tranquilli in sua presenza e il tuo istinto te lo suggeriva? Perdonami, ma dovresti essere un po' più prudente! Candy, magari con Albert non ti sei sbagliata, ma... e se fosse accaduto? Tu tendi sempre a fidarti troppo delle persone!".

Compreso quel Terence, stava per dirle, ma evitò di farlo per un soffio.

"Anthony, non credevo che avessi così poca fiducia in me! Me la sono cavata in situazioni ben peggiori contando solo su me stessa e sul mio istinto!".

Stava per dirle che, se non fosse stato per quell'Albert, lei sarebbe morta annegata. Invece tacque e fu con nudo bisogno che le chiese, di punto in bianco: "Candy, tu rimarrai sempre con me, non è vero?".

Lei spalancò gli occhi: "Perché mi fai questa domanda, adesso?".

Senza smettere di sfiorarle la guancia, come fossa una reliquia preziosa, Anthony inclinò un poco la testa da un lato: "Perché non ho mai sentito nulla del genere prima d'ora, Candy. Più passa il tempo e più il mio amore per te cresce fino a diventare qualcosa di così grande... di così importante che io...".

Non sapeva esprimersi meglio, le parole non rendevano affatto giustizia a quel sentimento che, da fiammella calda e confortante, stava diventando un incendio di proporzioni epiche.

Il sorriso di Candy gli trasmise una serenità tale che ne fu quasi commosso: "Io ti amo, Anthony. Non potrei mai allontanarmi da te per niente e nessuno al mondo", disse provocandogli una serie di piacevoli brividi lungo la schiena. "Tu sei dolce, gentile... bello", Candy arrossì ancora di più a quelle parole, "e io non voglio nessun altro nel mio futuro che non sia tu. Sei il mio Anthony", terminò in un sussurro appena percettibile.

Calamitato dalle sue labbra rosee che sembravano più carnose, appena schiuse per lui, Anthony annullò la distanza fra loro provando, per la prima volta, a baciarla senza attendere che si chiudessero ma, anzi, aprendo leggermente la bocca per inspirare il suo aroma. Quel contatto così intimo e inedito gli accelerò deliziosamente il battito cardiaco, rimandandogli sensazioni tanto potenti e sconosciute che a malapena individuò la carezza seducente e acerba del desiderio.

Quello che accadde subito dopo, però, lo destabilizzò al punto che si ritrovò a spalancare gli occhi. Candy gli stava accarezzando le labbra con la punta della lingua, un gesto che lui non avrebbe mai creduto possibile, e che aumentò quel sentimento così carnale appena scoperto, ma lo gelò al contempo.

Si staccò di scatto, fissandola come se non la riconoscesse.

Lei sembrava sconvolta e anche le sue palpebre, ora, erano spalancate: "Anthony...".

"Dove hai imparato una cosa simile?!", chiese sentendo la rabbia di prima montare di nuovo.

"Io... da nessuno, ho solo... mi dispiace!". Anthony vide distintamente che tremava e sembrava voler rimpicciolire fino a sparire, le spalle strette e le mani al petto.

Respirando affannosamente per la rabbia repressa e la gelosia che lo stavano accecando come mai aveva sperimentato in vita sua, Anthony alzò la voce: "È stato lui?! Lui ti ha baciata così, non è vero?!".

"No!", gridò, disperata, negando troppo velocemente per i suoi gusti. "Terry non ha...!". Si bloccò, il rossore divenne d'improvviso un pallore mortale, mentre Candy pareva rendersi conto di cosa avesse appena detto. Di chi avesse appena nominato.

Artigli di ghiaccio e fuoco gli penetrarono nella carne e Anthony non riconobbe la propria voce, roca e profonda, mentre diceva: "Io non ho fatto il suo nome. Dunque è vero!". Sentiva orrore, disperazione, nonché le lacrime che gli bruciavano gli occhi.

Candy scosse la testa con vigore: "No! Non è come pensi! Io ero... lui mi ha presa alla sprovvista! Stavo venendo da te alla festa e lui... lui...".

Alla fine gli aveva confessato l'amara verità.

"Lui cosa, Candy?". Perdendo la lotta contro il tumulto che lo agitava, Anthony la prese per le spalle, respirando pesantemente e avvertendo con chiarezza l'umidità raccogliersi nelle palpebre.

"Mi... mi ha chiesto di ballare e non mi lasciava passare, così l'ho accontentato e all'improvviso mi ha... mi ha...". Candy piangeva e tremava più forte. Incredulo e furioso, Anthony si ritrovò a stringerla troppo e fu solo quando lei aggiunse: "Mi fai male, Anthony", che lasciò la presa.

Cercando di tornare in sé, si alzò in piedi e si asciugò frettolosamente il viso con un braccio. Lei imitò il suo gesto, fissandolo spaventata.

"Dove vai?", chiese.

"Tu resta qui, non ci metterò molto", disse guardando davanti a sé, verso la scuola.

"No, ti prego! Ti metterai nei guai, potresti rimanere ferito! Non fare pazzie, Anthony, io... l'ho schiaffeggiato, sai?". Anthony abbassò gli occhi per guardarla.

La sua Candy.

Colei di cui si era innamorato solo un anno prima e che già gli era diventata più indispensabile dell'aria che respirava. Quegli occhi verde smeraldo che lo avevano ammaliato, riempito di tenerezza e convinto che non avrebbe mai più potuto fare a meno di lei. A volte, in quegli occhi, rivedeva quelli di sua madre, anche se erano di colore diverso.
"Non ti preoccupare, Candy. Ti giuro che non mi succederà niente. Sono stanco di farmi mettere sotto da quel ragazzino viziato e questa è stata l'ultima goccia". La guardò intensamente, perdendosi nella sua espressione spaventata, nelle labbra di nuovo socchiuse. "E pensare che ti ho appena detto che ti fidi troppo degli altri...", concluse quasi parlando a se stesso.

D'impulso, prima che lei potesse anche solo emettere un suono di protesta, Anthony foggiò a coppa il suo viso e la baciò con la bocca aperta, carezzando la sua lingua con la propria, insinuandola in lei per un breve, glorioso istante.

Inebriante, come un sorso di vino rosso.

Eccitante, come l'idea di sposarla e passare con Candy il resto dei suoi giorni.

Si staccò estasiato, certo che non avrebbe mai più potuto baciarla come prima. E che se solo qualcun altro si fosse azzardato a farlo, l'avrebbe semplicemente ucciso.

Corse via mentre Candy chiamava il suo nome, ma lui non si voltò. Non poté.

Non voleva guardare ancora una volta l'espressione perplessa di Candy e leggerle nello sguardo l'inquietante certezza che non lo amasse davvero come diceva.

 
- § -
 
 
Terence si pulì l'angolo della bocca con le nocche e vide il suo stesso sangue macchiarle. Il damerino che sembrava vivere ancora nel secolo precedente si stava rivelando più duro di quel che pensasse.

Non che lui avesse usato tutta la sua forza, era chiaro.

Se lo avesse fatto, forse lo avrebbe mandato in infermeria o direttamente all'ospedale: pensava che tra loro due ci fosse la medesima differenza che correva tra lui e il suo amico Albert. Con l'unica eccezione che Terence, crescendo, avrebbe potuto anche diventare forte come il suo salvatore biondo, ma dubitava che Anthony avesse la medesima aspirazione.

"Tutto qui quello che sai fare, putto senza ali?", lo canzonò vedendolo ancora in posizione di guardia, i pugni serrati e ansimante come se avesse corso. Decisamente era più abituato alle rose che al confronto fisico. E, dopotutto, nell'ambiente in cui viveva a cosa gli serviva?

"Non chiamarmi così!", protestò lui che, punto sul vivo, scattò con una velocità tale che Terence si ritrovò in momentaneo svantaggio e barcollò quando il suo destro impattò sul labbro inferiore, spaccandolo contro i denti.

Imprecando per il dolore, perse l'equilibrio e finì a terra, sentendosi umiliato. Passata la stilettata di dolore avvertì di nuovo il sapore metallico del sangue, più intenso di prima, e sputò nell'erba saliva color rosso acceso.

"Maledetto!", s'infuriò caricandolo e gettandolo a sua volta a terra sotto il proprio impeto. A cavalcioni su di lui, cominciò a prendere a pugni quella faccia da bravo ragazzino ricco e provò una soddisfazione enorme.

Chissà se adesso a Candy sarebbe piaciuto con il viso tumefatto!

Il solo pensare a lei lo bloccò. All'improvviso, come se una forza superiore lo avesse svuotato di ogni desiderio di fare a botte.

Lentamente, si scostò da lui e sedette a terra, sentendo il ragazzo ansimare e tossire, tirandosi a sua volta a sedere. Si azzardò a lanciargli un'occhiata e vide che non era certo messo meglio: i lividi, diventando viola, sarebbero spiccati sulla sua pelle chiara e su quei capelli biondi.

Candy ne sarebbe stata costernata e il diavolo lo fulminasse in quel preciso istante se Terence sapeva perché continuava a preoccuparsi per lei.

Sputò di nuovo a terra, conscio che mangiare e bere gli sarebbe costato dolore almeno per i prossimi quattro o cinque giorni. Ritirò il labbro inferiore in bocca, passandovi sopra la punta della lingua, sussultando e odiando quel sapore disgustoso.

"Hai bisogno che ti porti in infermeria, coltivatore di rose?", chiese senza più guardarlo.

"Non ho bisogno di te", ribatté e, dal rumore, Terence capì che stava cercando di rimettersi in piedi.

Nonostante la sua recente scenata di gelosia per aver baciato la sua ragazza

Candy

si fosse appena conclusa con la sua sconfitta, Terence dovette ammettere che si era battuto con onore e non se la sentì di infierire, sminuendo ancora il suo orgoglio.
Non cercò di aiutarlo quando, colto da nuovo accesso di tosse, si appoggiò al tronco di un albero. Sapeva che, trovandoli in quelle condizioni, li avrebbero puniti entrambi. Era impossibile nascondere le ferite che si erano provocati a vicenda. Ma non gliene importava niente.

Lei continuava a tornargli in mente alla velocità della luce e più cercava di scacciarla, più prepotentemente gli invadeva i pensieri e gli torceva il cuore e le viscere in una morsa.

Doveva arrendersi all'evidenza che si era innamorato in maniera irreparabile di Candy.

Quella sua freschezza, l'irriverenza alle volte così simile alla propria, la libertà che trasudava, la spensieratezza, il sorriso... quelle labbra che solo una volta aveva assaporato e da cui era già diventato dipendente.

Si morse il labbro, stillando altro sangue, mentre sentiva Anthony allontanarsi a passi incerti. Forse sarebbe svenuto per strada, o forse no. Non gli importava più molto, entro un'ora al massimo avrebbero scoperto tutto e forse lo avrebbero visitato prima di metterlo in punizione.

Doveva combattere per lei? Doveva continuare a illudersi che quel suo diniego fosse più un tentativo di non lasciarsi andare? Era vera la scintilla che le vedeva in quegli occhi incredibili o rappresentava solo una sua pia illusione?

Passandosi le mani nei capelli, Terence capì che era in trappola. Molto più in trappola che nella stanza delle punizioni.

 
- § -
 
 
Albert guardò da lontano Candy ridere e scherzare con i suoi amici e un sorriso gli increspò le labbra. Era così bello vederla felice che si era dimenticato di chiederle come mai Anthony e Terence non fossero con lei.

Non sapeva come mai Anthony non fosse mai andato allo zoo, ma Candy gli aveva detto laconicamente che non amava gli animali in gabbia e lui lo aveva preso per buono. Una parte di sé aveva temuto quell'incontro perché, anche se erano passati molti anni, il ragazzo avrebbe potuto riconoscerlo nonostante i capelli più scuri e gli occhiali.
L'ultima volta che si erano visti Anthony era solo un bambino piccolo e lui fisicamente diverso, tuttavia non escludeva che potesse accadere. Il destino, però, fino a ora non aveva voluto farli incrociare e da un lato era stato un bene.

Sorridendo, scorse Stair che stava indicando la gabbia delle scimmie e imitava i loro gesti, scatenando altre risate tra i presenti. La sua pausa sarebbe durata ancora un'ora e dentro di lui aumentava sempre di più il desiderio di poterle parlare un po' da solo.

Solo per accertarmi che stia davvero bene, prima di prendere una decisione definitiva.

Il sorriso svanì e Albert lottò contro i suoi stessi sentimenti forse per la prima volta da quando era nato. Stava andando tutto troppo velocemente e non andava affatto bene. Che fine aveva fatto l'uomo equilibrato e spensierato che aveva salvato quella bambina dalle acque di una cascata?

S'impose di ritrovarlo in tutta fretta quando lei si voltò nella sua direzione con enfasi, quindi si rivolse brevemente agli amici e cominciò a correre per raggiungerlo.

Coraggio, Albert, che ti succede? Ritrova il controllo, per l'amor di Dio! È Candy, la ragazzina che stai cercando di aiutare e proteggere ogni volta che ti si presenta l'occasione!

"Ragazzina", mormorò quasi a se stesso con dolcezza. E lei gli era davanti, il volto espressivo e gli occhi luminosi.

"Cosa, signor Albert?", chiese sorridendo.

Lui scosse la testa: "Nulla, Candy, nulla. Ma posso chiederti un favore?".

"Certo!", rispose subito lei.

"Chiamami solo Albert, per cortesia, altrimenti mi farai sentire un vecchio!", rispose schernendosi. "Ti ricordo che ho solo venticinque anni, non quaranta!".

Lei si portò una mano chiusa sotto al mento: "Oh, va bene, scusami... Albert".

Prese un respiro profondo, beandosi della sua voce che aveva appena pronunciato il proprio nome in maniera più familiare. Si maledì e si perdonò: era sua amica. Candy. Era. Sua. Amica.

"Bene, quindi cos'è quell'espressione preoccupata, ora?", le chiese alzando le spalle.

"Io... ecco... so che tu conosci Terence e volevo chiederti... possiamo andare nella tua capanna per un momento? Vorrei rivedere Poupee".

Albert aggrottò le sopracciglia: di cosa voleva parlargli Candy? Certo, era l'occasione che aspettava per capire se fosse tutto a posto, ma se davvero c'era qualcosa che la turbava significava che non era così.

"Certo, vieni". Arrivati a destinazione, le versò il caffè in una tazza e ne prese una per sé, quindi la vide mentre vi tamburellava con le dita, seduta con la schiena ritta come se fosse a disagio.

Albert tacque, attendendo che fosse lei a parlare per prima.

"Quanto conosci Terence? Voglio dire, a parte averlo salvato da quelle persone quella sera... so che è venuto qui a trovarti almeno una volta". Lo sguardo rimaneva fisso sulla tazza, dalla quale non aveva preso ancora neanche un sorso.

Chiuse gli occhi, cercando di convincersi che il pensiero che si stava man mano facendo strada dentro di lui fosse errato. Impossibile, avrebbe osato dire.

O no?

Fece un sospiro, voltandosi verso la finestra e assaporando brevemente il proprio caffè: "La verità è che non mi ha detto molto di lui. Qui è venuto solo un paio di volte e mi ha raccontato soprattutto delle sue scorribande a scuola".

"Capisco", disse Candy con un tono rassegnato che lasciava però trapelare che non aveva terminato con le domande. Infatti, poco dopo chiese: "E come ti è sembrato? Voglio dire...".

Albert inarcò le sopracciglia, voltandosi finalmente a guardarla. Si avvicinò al tavolo e le sedette di fronte, facendole un sorriso rassicurante e cercando il contatto visivo le domandò: "Candy, cosa è successo?".

"Oh, Albert...". I suoi occhi si riempirono di lacrime e lei chiuse le palpebre, nell'evidente tentativo di contenerle.

In pochi passi la raggiunse e, come era già accaduto altre volte, gli si gettò fra le braccia.

Mia dolce, dolce Candy...

"Sssst... calmati, adesso, se i tuoi amici arrivassero ora si preoccuperebbero", la confortò stringendola un poco.

"Ho chiesto loro... di lasciarmi un po' di tempo per parlare con te... Patty vuole che le portiamo Hyurie". Alzò su di lui gli occhi già quasi asciutti e vi passò sotto le dita per eliminare le ultime tracce di lacrime. Era sorprendente con quanta rapidità si stesse riprendendo dopo un momento di debolezza.

"Dai, ora tranquillizzati e raccontami tutto. Vediamo se posso aiutarti". Lei si lasciò di nuovo condurre al tavolo e bevve un sorso di caffè.

"È davvero buono, lo sai fare molto bene". Albert si limitò a sorriderle, sedendole a fianco, in paziente attesa. "Anthony e Terence hanno litigato. Si sono... picchiati e ora sono entrambi in punizione. Patty, Stair e gli altri pensano che il motivo sia legato all'abitudine di Terry di prendere in giro Anthony, ma io so che c'è dell'altro".

Albert rimase per qualche istante senza parole. Anthony e Terence avevano fatto a pugni? E perché Candy lo chiamava Terry, adesso?!

"E quale motivo pensi che abbiano Terence e il tuo fidanzato per picchiarsi?". Sapeva che si sarebbe pentito di averlo chiesto, ma se era reale il sospetto che stava diventando certezza, tanto valeva saperlo subito.

"Credo... credo di piacere a Terence". Candy abbassò gli occhi e arrossì così tanto che Albert si chiese come diavolo glielo avesse dimostrato. "E Anthony era geloso".

Gli sfuggì un sospiro profondo. Quello sì che era un guaio! Ma, d'altronde, non somigliava forse a tanti altri triangoli amorosi che si verificavano tra i ragazzi di quell'età? L'unica differenza era che, in quel particolare triangolo, era coinvolta la sua Candy. E Anthony.

La mia Candy? Oh, povero me...

Spegnendo la mente a quel pensiero inopportuno, Albert cercò qualcosa da dirle per tranquillizzarla: "Candy, purtroppo queste cose possono accadere. Tu sei una ragazza molto carina e non dubito che Terence possa innamorarsi di te, anche se confesso che non me n'ero mai accorto. A questo punto sta a te mettere in chiaro le cose perché lui non ti metta in difficoltà con Anthony e si creino altre tensioni fra loro".

Candy rimase a testa bassa e il suo viso era contratto in un cipiglio che lo preoccupò. Lo preoccupò molto.

Oh, no, non dirmi che...

Quel momento rimase sospeso tra loro e parve eterno. Candy sembrava combattuta tra il dire qualcosa e non dirlo, mentre Albert non osava chiedere.

Poi lei fece qualcosa che gli fece pensare di aver immaginato tutto. Alzò il volto sorridente su di lui come se non fosse successo niente. "Sì, hai ragione, Albert, lo farò! Ora andiamo dagli altri con Poupee e Hyurie: grazie per avermi ascoltata!".

Sbattendo le palpebre, Albert si chiese quanto dovesse crederle.
 
 
 
 
 
*I dialoghi sono spesso ripresi dal manga, a volte seguendo fedelmente alcune tavole, altre rielaborati a seconda delle situazioni. Ovviamente, i diritti sono riservati all'autrice e io li riutilizzo senza scopo di lucro.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo terzo ***


Primavera/Estate 1913

"Candy, dove sei?". La voce di Anthony la fece sobbalzare e Candy guardò in basso finché non individuò la sua figura. I capelli brillavano nel tramonto incipiente.

"Sono qui, Anthony!". Quando alzò su di lei il viso spaventato, gli sorrise.

"Quante volte devo dirti che non dovresti arrampicarti sugli alberi?!".

"Ma lo faccio da quando ero ragazzina!", sbuffò cominciando comunque a scendere per raggiungerlo.

"Ora non sei più una bambina, potrebbe essere pericoloso!".

Quasi per dimostrargli che non era affatto così, Candy si aggrappò a un ramo e volteggiò un paio di volte come l'equilibrista di un circo, prima di lasciarsi cadere a terra in piedi con le braccia stese per bilanciarsi. Non le sfuggirono le grida allarmate di lui e non poté fare a meno di scoppiare a ridere.

"Dai, Anthony, ormai sono abituata! Dovresti provarci anche tu, sai?".

Il ragazzo, pallido come un cencio, spalancò gli occhi che avevano assunto il colore di quel cielo di tarda primavera: "Non farei mai una cosa tanto pericolosa e poi... non si addice alla nostra famiglia".

Quell'ultima frase le arrivò come una doccia gelida, ma lo stesso Anthony l'aveva pronunciata come se fosse in imbarazzo, mordendosi il labbro e abbassando gli occhi mentre si sedeva sotto l'albero, con la schiena appoggiata al tronco.

Candy gli sedette accanto, guardandolo con attenzione, cercando il contatto visivo: "Quindi pensi che io non mi comporti in maniera adeguata per essere una Ardlay?", chiese con una punta di risentimento.

Anthony si volse e le prese entrambe le mani: "Candy, lo sai che mi piaci così come sei. Purtroppo però non siamo tutti uguali. Un giorno, quando saremo abbastanza grandi... voglio che nessuno si permetta di insinuare che sei meno che perfetta per restare al mio fianco, mi capisci?".

Oh, sì, lo capiva, lo capiva fin troppo bene! D'altronde, lo zio William non l'aveva forse mandata a studiare in quella scuola prestigiosa assieme agli altri perché si trasformasse in una vera signora? E se davvero nel suo futuro c'era Anthony, doveva rinunciare a quella parte di sé che poteva metterlo in imbarazzo di fronte alla zia Elroy e agli altri.

"Sì, ti capisco". Ed era vero, ma al contempo avvertiva qualcosa di molto simile alla delusione: si erano finalmente riavvicinati, o quella era stata la sua illusione, dopo la punizione scontata a causa dello scontro con Terence. Quasi avessero fatto un tacito accordo, non avevano più parlato dell'accaduto e Candy si era limitata a chiedergli come stesse e a ricevere il suo abbraccio titubante. In quel momento, era stato come se Anthony le avesse chiesto il permesso di restare nella sua vita e lei lo aveva accettato con gioia, conscia che non sarebbe stata una sbandata provocata da un bacio a destabilizzarla: quel ragazzo così gentile e devoto l'aveva perdonata e non ci sarebbe stato Terence che tenesse.

Ora, però, cominciava a rendersi conto di quanto i loro mondi fossero diversi ed ebbe uno scorcio del suo futuro. Magari sposata con Anthony, nel ruolo di madre dei suoi eredi, senza potersi permettere un capello fuori posto. Prigioniera di un castello come una riluttante principessa che vivesse a metà.

"...domani dopo le lezioni". Guardò Anthony, così persa nei propri ragionamenti che non aveva ascoltato una singola parola. Lo fissò con aria tanto interrogativa che lui sorrise e ripeté: "Dicevo che domani potremmo andare allo zoo tutti insieme dopo le lezioni".

Candy spalancò le palpebre, confusa: "Ma se hai detto che non ti piacciono gli zoo?!".

"Lo so", ammise lui strappando un filo d'erba e rigirandoselo tra due dita. "Ma vorrei conoscere il tuo amico Albert".

Lei sorrise, più rilassata: "Ti piacerà, ne sono sicura! Adora gli animali e...".

"Sì, me lo hai già raccontato". Il tono era quasi seccato e rimase perplessa. "Candy, vorrei anche chiederti di non vedere più quel Terence e di smetterla di rivolgergli la parola. Hai visto come si approfitta delle situazioni e vorrei evitare altri guai".

Gli occhi di Anthony sembravano essersi scuriti di più, al pari del cielo sopra di loro, dove il pomeriggio stava ormai diventando sera: non aveva dubbi che la gelosia lo stesse rodendo dentro e aveva anche una mezza idea del perché volesse vedere Albert, come per accertarsi che da lui non avesse nulla da temere. Provò sentimenti contrastanti: da un lato apprezzava molto il fatto che tenesse a lei fino a quel punto, ma dall'altro si sentì quasi soffocare da tante attenzioni.

Gli alberi. Albert. Terence...

"Non ho alcun motivo per intrattenermi con quel bifolco", disse cercando di convincere anche se stessa.

Il sorriso che le rivolse il ragazzo a quelle parole la rinfrancò quasi del tutto: "Sono felice di sentirlo, Candy". Alzò una mano e le accarezzò una guancia.

Terence mi stringe contro il suo corpo e si avvicina a me. Il suo respiro odora di nicotina, di proibito.

Gli occhi di Anthony si socchiusero e avvertì l'anelito fresco nelle narici, lieve e rassicurante, prima che le sfiorasse le labbra con le proprie.

Le labbra di Terry sono avide e calde, la sua lingua si insinua sulla mia bocca e io so che sto per aprirla, ma qualcosa mi blocca.

Anthony interruppe il bacio, sentendola di certo rigida. Candy non stava nemmeno respirando. I loro occhi si incontrarono in una conversazione muta nella quale tentò di non far trasparire alcuna emozione, alcun tipo di confronto. Ma lui sembrava leggerle dentro mettendola a nudo. Cercando di rassicurarlo, gli sorrise con tenerezza, emulando il suo gesto di poco prima e carezzandogli la guancia. Il sorriso di Anthony fu appena accennato e fu sicura che avesse intuito perfettamente il suo tormento.

"Si sta facendo buio, meglio rientrare prima che ci mettano in punizione". La sua voce suonò profonda, quasi roca come quella di un uomo adulto.

Senza più dire una parola, Candy prese la mano che le tendeva e si avviò con lui verso l'edificio della scuola.

 
- § -
 
 
Anthony fissava la pioggia dalla finestra della sua camera, non riuscendo a decidere di alzarsi per andare a studiare con Stair e Archie: una parte di sé voleva rimanere sola, l'altra era ancora turbata dal comportamento di Archie e Annie.

Posò la penna sul libro di storia e ripensò a come avesse scoperto che Annie si vergognava delle sue origini al punto da non rivolgere la parola alla sua amica di sempre, quasi una sorella. Per fortuna, le cose tra loro si erano appianate grazie anche ad Archie, tuttavia non capiva come potesse stare con una ragazza che avesse trattato così la loro Candy.

Aveva sospettato a lungo che i suoi cugini l'amassero silenziosamente e si fossero tirati indietro solo perché sapevano che c'era già lui nel suo cuore. Ma, mentre considerava Patty una ragazza umile e meritevole dell'amicizia di Candy, Annie continuava ad apparirgli viziata e fin troppo possessiva nei confronti di Archie, quasi temesse che la sorella acquisita potesse portarglielo via.

Si alzò dalla scrivania, passeggiando per la stanza con nervosismo: sì, lui stesso si stava comportando in maniera simile, ma ne aveva ben donde! Terence era l'antitesi dell'eleganza e del rispetto e non poteva permettersi di posare neanche lo sguardo su Candy. Invece aveva persino osato profanare quelle labbra che lui solo aveva diritto di toccare.

E la cosa peggiore era che lei non sembrava più gradire i suoi, di baci. Il giorno prima, quando l'aveva baciata, gli era parso di avere una statua di pietra fra le braccia.

Aveva deciso di non tirare più fuori l'argomento, una volta uscito dalla punizione, e se ne stava già pentendo amaramente: il bisogno di sapere cosa fosse accaduto tra Candy e Terence il giorno della Festa di Maggio era diventato quasi un'esigenza fisica.

Sussultò quando bussarono alla porta.

"Siamo noi, Anthony!". Trasse quasi un sospiro di sollievo sentendo la voce di Stair e vedendolo entrare assieme ad Archie con alcuni libri al seguito. Aveva quasi temuto che fosse proprio quel bellimbusto inglese a cercare ancora guai e, se così fosse stato, si sarebbe fatto di certo espellere, stavolta.

"Visto che non possiamo andare allo zoo perché piove potremmo studiare insieme. Mio fratello odia il francese e da me non tollera spiegazioni sulla pronuncia!". Archie indicò il cugino con un pollice.

"Sei tu che hai una pronuncia troppo... pronunciata! Sembra che ti sia messo in bocca qualcosa di amaro, acido e piccante tutto insieme!".

"La pronuncia francese richiede che le labbra si stringano spesso, così!", ribatté il più grande simulando quasi un bacio e facendolo finalmente sorridere.

Un bacio. Non ho sentito alcuna emozione vibrare sulle labbra di Candy, non come le altre volte. Forse dovrei anche io...

"Anthony, stai bene?". La voce preoccupata di Stair gli fece capire che aveva lo sguardo perso nel vuoto e si rese conto che erano ancora in piedi al centro della stanza.

"Sì, certo, prendete due sedie, così ripassiamo anche le pagine di storia. Oggi non riesco a memorizzarle neanche io".

Mentre Stair sedeva al contrario con le braccia sulla spalliera e il libro di francese davanti, strizzando gli occhi quasi fosse diventato ancora più miope, Archie si accomodò su una poltrona cercando il segno dal suo libro di storia. "Come va con Candy? Ieri siete riusciti a vedervi, poi?".

Anthony si fermò nell'atto di prendere posto alla scrivania, restando in piedi: "Sì, ci siamo visti. Era su un albero", disse con un lieve sorriso.

I due fratelli scoppiarono a ridere. "La nostra Candy non cambierà mai, ma è proprio questa sua spontaneità a renderla speciale, non credi?".

Qualcosa si torse nello stomaco e chiuse gli occhi per capire meglio i suoi sentimenti. Sì, amava anche lui Candy per la sua spontaneità: non era forse stato un giorno in cui lei piangeva a dirotto che l'aveva conosciuta e consolata? Sapere che un altro, quel suo fantomatico principe, lo aveva fatto prima di lui in parte lo rattristava. E magari era anche un membro della famiglia Ardlay.

"Non pensate che dovrebbe cercare di comportarsi più come una signorina, a volte?". Si volse verso le facce sconvolte di Archie e Stair, che fece persino cadere la matita bilanciata tra il naso e il labbro superiore.

"In che senso?", mormorò Archie. "È qui, in questa scuola, e sta studiando anche lei...".

"Intendo che dovrebbe limitare certi comportamenti così che un giorno la famiglia possa accettarla più facilmente! Sarò sempre il primo a difenderla a spada tratta, come abbiamo sempre fatto, ma deve anche capire che i membri più anziani...".

"Non posso credere alle mie orecchie, vorresti cambiarla?", Stair sembrava avere gli occhi che fuoriuscivano dalle lenti.

"Non voglio cambiarla!", disse allargando le braccia. "Vorrei solo... poterla presentare come mia fidanzata senza sentire le lamentele della zia Elroy. Candy è una ragazza meravigliosa e può essere molto più signora di Eliza e di tutte le altre nobili noiose messe insieme. Ma dovrebbe...".

"Non mi pare che fino a oggi abbia fatto qualcosa per cui siamo stati messi in imbarazzo e la storia dei gioielli rubati alla signora Lagan sappiamo tutti che era una bugia bella grossa". Archie aveva chiuso il libro e lo guardava con le sopracciglia aggrottate.

"Lo so benissimo! Mi riferisco a questo suo vizio di salire sugli alberi e poi... quella notte che è sparita facendoci preoccupare a morte". Non sapeva se i cugini sapessero che era rimasta da Albert, sospettava che Candy avesse raccontato del salvataggio alla cascata solo a lui e nel dubbio non aggiunse altro.

"Candy è uno spirito libero e si sta sforzando davvero tanto per diventare una vera signora e far piacere allo zio William. Quindi di che ti preoccupi? Anche se continua ad arrampicarsi sugli alberi non lo fa certo davanti a suor Gray". Stair si strinse nelle spalle e si alzò mettendo le mani in tasca.

Anthony comprese che forse il problema era solo suo e rilanciò con un argomento che era certo li avrebbe trovati tutti d'accordo: "Comunque non voglio più che quel Terence si avvicini a lei... a noi", si corresse all'ultimo istante rendendosi conto che loro non conoscevano tutta la storia.

"Ci spieghi cosa è successo di così grave per farvi azzuffare in quel modo?", domandò Archie rialzandosi a sua volta e abbandonando il libro sulla scrivania. "Non ti ho mai visto fare a pugni con qualcuno... beh, neanche stavolta, ma dai racconti...".

"Si rivolge a Candy con troppa confidenza. Tempo fa l'ha salvata da una caduta dall'albero e sapete anche voi quanto sia maleducato e sopra le righe quel soggetto".

"Oh, certo che lo sappiamo, su questo non possiamo darti torto!", risposero quasi nello stesso momento. Anthony voleva affrontare anche l'argomento Albert, che non era ancora riuscito a incontrare, ma al momento gli parve quello meno importante. A breve ci sarebbero state le vacanze estive e forse sarebbero andati in Scozia tutti insieme, quindi forse non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di approfondire la questione: magari era solo una sua paranoia e quell'uomo era veramente innocuo.

Non voleva diventare geloso e possessivo nei confronti di Candy, ma si stava rendendo conto, con disappunto, che era proprio così che si stava comportando.

Sarebbe riuscito a correggersi per non deluderla?

 
- § -
 
 
Terence l'aveva seguita mentre andava in biblioteca con quelle che dovevano essere Patty e Annie, se la memoria non lo ingannava, e si mise a osservarla: camminava e chiacchierava sorridendo. Quando le tre ragazze lo avevano scorto, si erano accigliate di colpo. Era stato divertente vedere le due amiche quasi nascondersi alle spalle di Tarzan Tuttelentiggini come se lui fosse un orco dal quale lei dovesse proteggerle.

"Andate avanti, devo parlare con lui", disse sorprendendolo non poco. Si era beato della sua risata fresca di poco prima che sembrava illuminare la giornata grigia e si ritrovò rapito persino da quel cipiglio deciso e arrabbiato. La voglia di baciarla tornò e si trattenne a stento dal farlo davanti alle altre. Senza contare che in quel momento poteva passare chiunque.

"No, Candy, non possiamo lasciarti sola". La vocina della quattrocchi era quasi un pigolio sparuto e vide come le artigliava una spalla.

"Stai tranquilla, Patty, non mi succederà niente".

"Sì, Patty, io di solito non mangio le ragazzine con troppe lentiggini: mi sono indigeste". Le fece l'occhiolino, guadagnandosi l'ennesima occhiataccia.

"Se non ti vediamo arrivare torniamo a cercarti coi ragazzi, va bene?", mormorò la mora a cui Candy bisbigliò qualcosa che non udì.

Quando finalmente le due gatte morte si furono allontanate, Candy lo superò e gli disse "andiamo" con un tono tanto autoritario che si mise quasi a ridere. Pensava che lo avrebbe condotto sulla finta collina di Pony, ma si ricordò che quello era il posto in cui si vedeva con il suo fidanzato e ciò gli provocò una rabbia che minacciò di fargli perdere la lucidità.

Candy si fermò in un punto del grande giardino non lontano dalle stalle ma neanche troppo distante dal colonnato che avevano appena lasciato. Fece un passo nella sua direzione con le mani affondate nelle tasche e aprì bocca per chiederle cosa volesse dirgli, quando lei alzò una mano come intimandogli un alt.

"Fermo, non ti avvicinare di più o mi metto a urlare", disse in tono fermo e deciso.

Con un sorriso sbilenco, quasi fosse un malvivente preso con le mani nel sacco, alzò le braccia: "Non sono armato, mia signora, può rilassarsi".

"Voglio solo dirti due parole, Terence: non osare più offendere me o Anthony e tantomeno alzare le mani su di lui. Sono perfettamente conscia del fatto che si sa difendere da solo, ma non permetterò che tu lo metta di nuovo nei guai!".

Terence si accigliò: "Ti comunico, mia cara Tarzan...".

"Candy! Mi chiamo Candy!", ribadì lei. Avrebbe solo voluto prenderla fra le braccia e coprire di nuovo con le proprie quelle labbra irriverenti.

"Va bene, Candy. Ti comunico che è stato il tuo delicato e cortese fidanzato a venire da me e colpirmi per primo. Posso solo provare a immaginare il motivo di tanta gelosia".
Il viso di Candy si arrossò un poco e un brivido gradevole gli attraversò la schiena: non gli parve affatto un cattivo segno. Anzi. Se arrossiva ripensando al loro bacio, significava che aveva lasciato su di lei un segno pressoché indelebile. Come lo aveva lasciato in lui.

"Qualunque cosa fosse è nel passato e lì deve rimanere. Io sono fidanzata con Anthony e non ho intenzione di rovinare quello che stiamo costruendo insieme per colpa di un ragazzo maleducato e arrogante come te! Per cui, stai alla larga!".

Dopo quelle parole, Candy cominciò a marciare decisa da dove erano venuti e Terence capì che non ci sarebbe stato un momento migliore di quello per allargare la breccia che pensava di aver aperto nel suo cuore. Nella sua anima. Nella sua pelle. Perché dietro le frasi decise e il viso impassibile, poteva vedere il leggero tremore, l'indecisione affiorare come un'increspatura appena percettibile sotto al pelo di un'acqua solo in apparenza cheta.

E Candy era tutto fuorché un'acqua cheta.

"Tutto qui, dunque? Ti sei allontanata sola con me solo per dirmi che intendi rimanere con un ragazzo che è il tuo esatto opposto e che ti grida di scendere dagli alberi invece di raggiungerti e godersi il tramonto dall'alto insieme a te?". Lei era ormai di spalle e non fu difficile cogliere il sussulto che la fece tremare come una foglia al vento. "Un ragazzo che ama coltivare le rose, che è romantico e gentile, ma non ha nulla del fuoco che ti contraddistingue e nella migliore delle ipotesi ti rinchiuderà in una prigione dorata a sfornare eredi e occuparti della casa".

"Stai zitto, non sai quello che dici!". Finalmente si era voltata e stava gridando, i pugni stretti e gli occhi sfavillanti di rabbia e... di lacrime represse?

"No? Magari non lo conosco, è vero. Ma mi è bastato osservarvi per comprendere che siete come il giorno e la notte. Lui è acqua e tu sei fuoco. Prima o poi spegnerà il tuo entusiasmo e la tua spontaneità: ma tu sei disposta ad annullare la vera essenza di te stessa per lui? Davvero lo ami a tal punto? Non siete che due ragazzini inesperti che si piacciono, ma per innamorarsi ci vuole ben altro".

"E tu che ne sai dell'amore, Terence Granchester?! Hai avuto altre donne svenevoli ai tuoi piedi che hai irretito con le tue belle parole? Beh, la sai una cosa? Io non sarò una di quelle!". Prima che potesse colpire ancora più a fondo, Candy era corsa via, come il giorno della Festa di Maggio.

E Terence si lasciò cadere seduto contro il tronco di un albero, tirando fuori una sigaretta e osservandola, indeciso se accenderla o meno. Da cosa scappava, di preciso, Candy? Da lui o dalla verità? Una cosa era certa: le sue 'belle parole', come le aveva definite, non erano andate a vuoto. Ne era certo come il fatto che si stesse alzando un vento tiepido che annunciava l'estate. E come la decisione irrevocabile che, se avessero passato le vacanze in Scozia tutti quanti, quella sarebbe stata la sua ultima possibilità di conquistarla.

 
- § -
 
 
Candy aveva gli occhi fissi sul libro e sentiva il bisbiglio di poche voci intorno a sé, nella grande e austera biblioteca della Saint Paul School. Annie sedeva alla sua sinistra e Patty alla sua destra, ma era come se fosse sola. Scomparve l'odore dei libri e anche quel lieve e sgradevole sentore di chiuso che si mescolava con quello della legna delle grandi sedie.

Al loro posto, le parve di annusare l'aria fresca e verde della Collina di Pony, quella vera, sulla quale correva a piedi nudi fin da quando aveva imparato a camminare. E le voci di Miss Pony e suor Lane che la chiamavano da lontano, gridandole di non arrampicarsi così in alto, di scendere, per l'amor di Dio, o si sarebbe fatta male!

Era stato lì che aveva riso e pianto di nascosto, lì che aveva incontrato il suo misterioso Principe. Lì che le sembrava di tornare quando usciva in quelle grigie giornate con il suo Anthony, sognando il giorno in cui sarebbero andati insieme alla Casa di Pony. La visione chiara di lui che la richiamava urlandole di non salire troppo in alto su Papà Albero, mescolando la sua voce a quelle delle sue madri putative, le fece fare un gesto inconsulto con la mano sulla pagina che stava leggendo, stropicciandola.

Un ragazzo che è il tuo esatto opposto e che ti grida di scendere dagli alberi invece di raggiungerti e godersi il tramonto dall'alto insieme a te.

"Candy, che fai?", mormorò Annie con gli occhi spalancati.

"Eh? Oh... mi dispiace, è che questo passaggio proprio non riesco a capirlo. Credo di essere più brava persino con il francese che con il latino". Aveva trovato la prima scusa che le era venuta in mente e lei le sorrise accostandosi di più e iniziando a spiegarle le eccezioni di quella declinazione.

A dire il vero, non aveva neanche cominciato a leggerla.

Candy annuì più volte, tentando di seguirla e rassicurandola che per i verbi successivi se la sarebbe cavata da sola. Dall'altro lato, Patty ridacchiò: "Sapete? Neanche a me fa impazzire questa lingua morta" e, per un breve istante, sorrise anche lei.

"Silenzio o potete andare a studiare nelle vostre stanze!", tuonò una delle suore alle loro spalle. Tutte e tre raddrizzarono la schiena e non dissero più una parola.

Per Candy quel diversivo era stato provvidenziale, perché almeno era riuscita per un attimo a togliersi dalla testa la conversazione con Terence, ma le bastarono pochi minuti e un verbo particolarmente difficile per perdersi di nuovo.

"Quante volte devo dirti che non dovresti arrampicarti sugli alberi?!".

"...non si addice alla nostra famiglia".

"Un giorno, quando saremo abbastanza grandi... voglio che nessuno si permetta di insinuare che sei meno che perfetta per restare al mio fianco".

"...è romantico e gentile ma non ha nulla del fuoco che ti contraddistingue e nella migliore delle ipotesi ti rinchiuderà in una prigione dorata a sfornare eredi e occuparti della casa".

"Lui è acqua e tu sei fuoco".

Le voci di Anthony e di Terence le rimbalzarono nella testa come echi profondi. Anthony che la baciava teneramente ai piedi dell'albero, evocandole le rose, il sapore del miele e la leggerezza delle ali di una farfalla. Terence che l'afferrava mentre cadeva dall'albero, imprimendole addosso il suo tocco deciso che sembrava esserle entrato nella pelle e nel sangue.

Acqua e fuoco.

Con un sospiro tremulo, Candy vide il mondo davanti a sé ondeggiare e incontrò gli occhi spaventati di Patty dietro le lenti: "Candy, ti senti male?".

Si volse a guardarla avvertendo anche la pressione della mano di Annie sulla propria dall'altro lato: "Io... credo di essere solo un po' stanca. Tutti questi verbi mi hanno fatto venire il mal di testa", disse cercando di usare un tono leggero e tirando fuori la lingua per schernirsi. Ma non dovette affatto rassicurare le sue amiche, che si alzarono chiedendo a suor Gray di poter riaccompagnare la loro amica nella sua stanza.

Ottennero uno scontroso e gutturale: "Basta che non disturbiate più" e, una volta giunte a destinazione, entrambe le proposero di restare con lei.

"Non ce n'è bisogno, penso che farò un bel sonnellino e non volete stare a guardarmi mentre dormo, giusto?".

Annie e Patty si guardarono: "È per colpa di quel Terence, non è vero? Ti ha detto qualcosa che ti ha sconvolta!". Annie sembrava sull'orlo delle lacrime.

"Sei disposta ad annullare la vera essenza di te stessa per lui? Davvero lo ami a tal punto?".

Candy strinse le labbra prima di rispondere: "No, non preoccuparti, l'ho solo rimesso al suo posto perché non importuni più né me, né Anthony".

"Non siete che due ragazzini inesperti che si piacciono".

"Da quando sei tornata in biblioteca sei sconvolta, Candy. Qualcosa deve essere successo per forza". Il tono di Patty era gentile ma fermo.

"Per innamorarsi ci vuole ben altro".

"Ci vuole ben altro per sconvolgermi!", disse, conscia di aver ripetuto in parte le parole di Terence, ma mostrando i muscoli del braccio in un estremo tentativo di mostrarsi forte. Forte come era sempre stata e come non era più sicura di essere. Perché Terry le aveva mostrato la sua debolezza più grande: Anthony.

Finalmente convinte, le amiche la lasciarono sulla porta facendosi promettere che le avrebbe chiamate se avesse avuto bisogno di loro e, una volta chiusa nella sua stanza, Candy crollò. Si rannicchiò sul letto, in posizione fetale, abbracciandosi le ginocchia e singhiozzando miseramente nel modo più silenzioso possibile, avvertendo il sale delle sue stesse lacrime sulle labbra.

Anthony era il suo sogno romantico, l'angelo etereo che aveva coltivato una rosa per lei e che la trattava esattamente come i suoi amati fiori. Ma, proprio come faceva con loro, si accertava che avesse tutto ciò che desiderava, la riempiva d'amore e di cure lasciandola nel suo giardino per non farla allontanare nel mondo. Proteggendola dalle intemperie e impedendole di perdersi nel vento. Ma lei voleva perdersi nel vento. Voleva seguire i suoi sogni e, anche se desiderava dimostrare allo zio William che era degna di essere stata adottata, cominciava a sentire che la corda intorno al suo corpo si stringeva sempre di più.

Adorava Anthony e ormai era certa che non fosse solo perché somigliava tanto al suo principe di quando era bambina. Però Terence aveva colto nel segno: erano due mondi diversi e, anche se il ragazzo che le aveva scaldato il cuore poteva ribellarsi alle regole fino a fare a pugni con un rivale per lei, condivideva con la sua famiglia le idee che la volevano conformarsi il più possibile alla società di quell'epoca. D'altronde, quando il prozio William non ci fosse stato più, forse Anthony sarebbe diventato l'erede universale degli Ardlay e sarebbe stato a capo del clan: non ci si aspettava certo che sua moglie si arrampicasse sugli alberi o si mettesse a vagare per i boschi senza scarpe!

Davvero lo ami a tal punto?

Era disposta a rinunciare a se stessa per Anthony come esigeva l'amore maturo? Ma, soprattutto, si sentiva così attratta da Terence solo per la libertà che rappresentava?
 
- § -
 
Terence si stava godendo il sole che filtrava attraverso le fronde del ramo sul quale si era sdraiato. Sapeva che avrebbe dovuto studiare per la lezione del giorno dopo, ma lo avrebbe fatto quella sera: al momento, voleva solo restare pigramente immerso in quel calore che annunciava l'estate e che gli ricordava le labbra di una ragazza che gli era entrata nel cuore.

Candy, che condivideva con lui il segreto della sua nascita e che era certo non lo avrebbe mai tradito. Candy, che vibrava di vita e che era tanto simile a lui pur senza rendersene conto. Attese per almeno mezz'ora, quasi in dormiveglia, impedendosi di sottomettersi al desiderio di fumare per non farsi scoprire, finché finalmente udì la sua voce fresca sotto di sé.

Aveva sperato fino all'ultimo che avesse risalito la collina con Patty e Annie ma, con suo sommo disappunto, lo stava facendo con Anthony. Ora, più che mai, pregò che non salisse sull'albero facendolo scoprire, così che potesse rimanere celato alla loro vista e ascoltare al contempo.

E la conversazione non tardò ad arrivare, anche se alcune parole gli arrivavano ovattate, visto che si trovava a una certa altezza: il loro senso, però, lo gelò e gli fece comprendere quanto avesse fatto bene a rinnegare il nome di quello che diceva di essere suo padre. Un nobile. Un sottomesso alle regole. Così come sua madre, che pur di mantenere la sua immagine di attrice famosa, lo aveva quasi scacciato vergognandosi di lui.

"Parlerò con la zia Elroy e la convincerò a ospitarti nella nostra villa in Scozia! Deve capire che fai parte della famiglia", stava dicendo il damerino biondo.

"No, Anthony, preferisco davvero stare nel dormitorio della scuola estiva con Annie e Patty! Non sopporterei di non sentirmi la benvenuta e soprattutto di stare così vicina a Eliza e Neal. Georges mi ha mandato dei soldi e ha detto che lo zio William mi lascia la facoltà di scegliere".

"Allora resterò al dormitorio anche io. E sono sicuro che anche Archie e Stair saranno d'accordo con me".

"Farete infuriare la zia Elroy".

"Non mi importa!".

"Anthony, potremo vederci lo stesso, non saremo così lontani, giusto?".

"Ma, Candy...!".

Terence si morse il labbro inferiore, allargando le labbra in un sorriso: a dispetto di quel suo carattere antiquato, doveva ammettere che quell'Anthony sapeva anche difendere la sua Tarzan Tuttelentiggini e ce lo vedeva, risoluto davanti a una zia riluttante, che rivendicava Candy come membro della famiglia. E, tuttavia, comprendeva perfettamente il desiderio della ragazza di non trovarsi troppo vicina a un ambiente che la rifiutava e soprattutto a due soggetti come i Lagan.

"Prima o poi la zia dovrà capire che sei una di noi e io farò in modo che sia così!", disse il ragazzo con quella voce melodiosa che tentava di simulare quella di un uomo.

Non la rinchiuderai tanto a lungo e sai una cosa? Lei non si lascerà rinchiudere.

Fu orgoglioso di lei quando infine lo convinse di lasciarla andare nella scuola e dovette soffocare un'esclamazione compiaciuta sistemandosi meglio sul tronco. In quello stesso istante, prese la decisione definitiva di recarsi a sua volta in Scozia nella villa di famiglia: ci pensava già da un po' e in quel momento non ebbe più dubbi.

Stava cercando di rilassarsi, tentando di non concentrarsi sulle voci complici dei due che gli fecero salire dentro una fitta di gelosia, quando udì la voce più sgradita della scuola alle sue orecchie. Non seppe se ne fu più irritato o contento, perché perlomeno Eliza aveva posto fine a quei cinguettii romantici che gli stavano provocando un riverso di bile.

"Bene, bene, cosa abbiamo, qui? Se la vista non m'inganna poco fa vi stavate baciando. E stavolta non mi lascerò intimorire e riferirò tutto a suor Gray!".

Terence strinse i denti e i pugni, sporgendosi per guardare meglio. Era furioso per il bacio. Era furioso perché quell'arpia voleva mettere in difficoltà Candy. Ed era furioso perché non poteva intervenire in alcun modo. O sì?

"Lasciaci in pace, Eliza, te l'ho già detto una volta!", alzò la voce Anthony.

"Mio caro, sto solo tentando di impedirti di commettere una sciocchezza. Persino la zia Elroy non concorda con la decisione discutibile dello zio William di accogliere Candy in famiglia ed eviterò di ricordartene i motivi per non farti arrabbiare. Ma li conosci meglio di me".

"Non costringermi a schiaffeggiarti di nuovo, non sono solito farlo, però non esiterò se insisti a offendere Candy".

"Lasciala stare", intervenne Candy. "Eliza, so benissimo che mi stai dando dell'orfana e della ladra, ma le tue accuse non mi toccano perché ho la coscienza pulita. E sono consapevole che tu provenga da una buona famiglia mentre io non conosco affatto le mie origini. Ma sai cosa mi hanno insegnato alla Casa di Pony, che a te sfugge? Il rispetto e l'umiltà!".

Se avesse potuto, Terence l'avrebbe abbracciata: era orgoglioso di lei e avvertì il sentimento nei confronti di Candy gonfiarsi fino a diventare quasi doloroso. Era diversa da qualsiasi altra ragazza avesse mai conosciuto, anche solo di sfuggita: essere adottata da una famiglia ricca non l'aveva resa altezzosa come quella Annie, né le aveva fatto perdere di vista i suoi principi morali. Era rimasta sempre se stessa e non era certo restando una Ardlay che avrebbe spiccato il volo: ne era sempre più certo.

"Ben detto, Candy!". Avrebbe dovuto essere lui a pronunciare quelle parole.

"Quando riferirò a suor Gray come vi ho visti e lei riporterà tutto alla zia Elroy, sono certa che le cose cambieranno. Non dubito che preferirebbe vedere suo nipote fidanzato con me invece che con lei...". Eliza continuava a rivolgersi ad Anthony quasi Candy non esistesse e questo, se possibile, lo fece infuriare ancora di più.

Irrequieto, Terence si raddrizzò staccando la schiena dal tronco per avere una visuale migliore. Anthony aveva un braccio intorno alle spalle di Candy ed Eliza era di fronte a loro, con le braccia incrociate e la testa alta come al solito. L'avrebbe volentieri schiaffeggiata lui stesso.

"Non starei con te neanche se fossi l'ultima donna sulla Terra, Eliza".

"Ma, caro Anthony, non ti rendi conto che questa ragazza non ha classe e si arrampica sugli alberi? Come pensi che un giorno possa diventare la nuova matriarca?!".

"Candy sta studiando sodo e non si arrampica più sugli alberi come faceva una volta...".

"... quando non guardi, forse".

"... e non siamo tenuti a giustificarci con te!".

"Io...", s'intromise Candy timidamente.

Ora basta, si disse Terence. Non capì più se fosse indignato da Eliza e dalla sua arroganza, da Anthony che si permetteva di decidere per la vita di Candy o da lei stessa che pareva non avere più parole. Senza riflettere, afferrò il nido di un uccello su un ramo più alto e vide che conteneva due uova.

Scusami, amico, sono certo che ne coverai degli altri, di qualunque razza tu sia.

Prese bene la mira e centrò la testa, piena di eleganti boccoli fuori e vuota dentro, di Eliza Lagan. L'urlo indignato della ragazzina che cercava di togliersi di dosso le uova rotte fu seguito da due paia d'occhi che, infine, lo scorsero mentre scoppiava in una risata sincera.

Senza scomporsi, saltò giù dall'albero: "Vi chiedo scusa, ragazzi, mi trovavo qui prima di voi e non ho potuto fare a meno di sentire le illazioni sgradevoli di questa... nobildonna". Calcò su quel termine come se avesse usato una parola irripetibile.

"Ci stavi spiando?", saltò su Anthony. Perlomeno aveva lasciato andare Candy.

Terence alzò le mani, proprio come aveva fatto con lei qualche giorno prima: "Non ho intenzione di litigare, volevo solo far tacere la cornacchia qui presente".

"Cornacchia a chi?! Come ti permetti, Granchester?! Vi farò sospendere tutti, tutti quanti! Racconterò ogni cosa a suor Gray e vi farò rinchiudere nelle prigioni per l'intera estate!", gridò battendo il piede a terra come una bimbetta scontenta. Quindi, iniziò a piagnucolare tirandosi via dai capelli una melma fatta di uovo e frammenti di guscio, rendendo la sua strana acconciatura persino più interessante del normale.

"Sai? Potresti lanciare una nuova moda se aggiungi anche qualche nastro!", suggerì ricominciando a ridere e inducendola a cacciare un urlo da tapparsi le orecchie.

"Me la pagherai, me la pagherete tutti quanti!". Marciò verso la scuola e seppe che a breve si sarebbe dovuto presentare all'ufficio di suor Gray. Ma non gli importava: ciò che contava era che Candy non ricevesse più alcuna punizione. Avrebbe fatto in modo che qualunque cosa Eliza avesse raccontato non fosse uscita da quella scuola, incluso il presunto bacio col giardiniere amante delle rose. Alla fine, la sua nobiltà e i soldi di suo padre dovevano pur servire a qualcosa.

"Non ti ringrazierò per aver allontanato Eliza in questa maniera poco ortodossa, ce la stavamo cavando benissimo anche da soli". Anthony piantò gli occhi nei suoi e notò, con disappunto, che non aveva più neanche l'ombra di un livido. Era stato fin troppo tenero con lui, a quanto pareva.

"Non pensare di essere più elegante di me, Anthony Brown, ormai lo sa tutta la scuola che sei propenso alle risse".

"Non sono propenso alle risse!". Ma intanto aveva fatto un passo verso di lui.

"Ora smettetela tutti e due! Sono stufa di trovarmi in queste situazioni, fortuna che a breve partiremo per la Scozia, così non dovremo più incontrarti". Allargò le braccia, quasi dividendoli fisicamente. Ma lo sguardo gelido di Candy gli arrivò dritto al cuore e lo colpì nel profondo. Eppure, una parte di sé sapeva che stava mentendo. Ricordava fin troppo bene quanto avesse vibrato fra le sue braccia, quel giorno di maggio.

Si mise le mani in tasca, accigliandosi e iniziando ad allontanarsi: "Non è impedendole di essere se stessa che la renderai più felice, Brown", disse a mo' di saluto.

La voce stupita di lui, il richiamo di Candy che gli diceva di non assecondarlo, poi, finalmente, solo il cinguettio degli uccelli e il fruscio degli alberi mentre la figura imponente della scuola si avvicinava sempre di più.

La libertà alle mie spalle. La prigione davanti a me. E per te, Candy? Riuscirai a lasciare il tuo porto sicuro e la tua prigione?

 
- § -
 
 
Ce l'aveva messa tutta, davvero. Ma l'ennesima frecciatina di Terence e quello che era successo quel pomeriggio con Eliza l'avevano segnata nel profondo, aggiungendo un'ulteriore tacca sul suo muro d'incertezza. L'attrazione per Terry. L'amore tenero e disinteressato per Anthony.

Il suo ragazzo, mentre rientravano, le aveva preso le mani e guardata dritta negli occhi: "Se vorrai ancora arrampicarti sugli alberi non ti impedirò di farlo! D'altronde è proprio per questa tua abilità che molte sere ci siamo potuti vedere tutti insieme nella stanza di Archie e Stair. Cerca solo di non farlo davanti alla zia, perché voglio che impari a rispettarti!".

Candy aveva compreso lo sforzo che stava facendo per accontentarla nonostante l'esigenza che fosse impeccabile per la sua famiglia. In parte lo apprezzò, ma d'altro canto si accorse che un giorno quello sarebbe stato un ostacolo insormontabile tra loro.

Lei aveva acconsentito, poco convinta, e adesso, nell'ennesima notte insonne, si trovò a spalancare le finestre che la portarono in balcone e nell'aria fresca di mezzanotte. Il suo impulso, che non seguì per un pelo, fu di saltare sull'albero lì davanti per raggiungere ancora le camere dei ragazzi. Ma non per andare da Anthony, Archie o Stair.
Il suo cuore e il suo intero essere erano calamitati suo malgrado verso la libertà e il fuoco rappresentati da Terry Granchester.

Che Dio la perdonasse per la sua ingratitudine

non è Dio a doverti perdonare

e per la sua stoltezza. Ricordò con le lacrime agli occhi il primo incontro con Anthony, il trasporto che aveva provato nel ballare con lui quasi fosse la principessa di una bella favola. E quando avevano cavalcato insieme, stretti come ragazzini che guardino a un futuro radioso, nel profumo dell'erba autunnale e con il sottofondo del lento scalpiccio degli zoccoli.

Quei giorni le parvero ricordi preziosi racchiusi in una teca di cristallo che non andava neanche sfiorata. Perché se solo lo avesse fatto, avrebbe potuto provocare una, dieci, mille crepe: Anthony che la schiaffeggiava perché era tanto preoccupato per lei, dopo aver trascorso una notte a cercarla, che aveva perso la pazienza; Anthony che le chiedeva di non deludere la sua famiglia per non avere lamentele dalla zia Elroy; Anthony che la baciava in quel modo così rispettoso e sincero, ma ormai privo di brivido.

Tutte quelle crepe avrebbero ridotto la teca in frammenti minuscoli, spazzando via quel sogno. O forse era già successo.

Forse siamo davvero due ragazzini inesperti. Forse l'amore è veramente altro. Accettazione, rispetto reciproco.

Anthony non era perfetto eppure, per certi versi, lo era fin troppo. Anthony era quello che aveva contribuito a farla adottare dallo zio William, ma che non voleva neanche avvicinarsi allo zoo se non per conoscere il fantomatico Albert. E, nonostante Candy cercasse di ripetersi i motivi per cui doveva essere grata alla vita per averle fatto incontrare Anthony, trovava sempre un 'ma' che la contraddiceva.

Strinse le mani al petto, intrecciando le dita e mordendosi il labbro inferiore per fermare le lacrime: il vento divenne fin troppo fresco, ma lei non si mosse dal balcone, accettandone l'alito sulla pelle.

"Oh, Anthony, se solo fossi più libero, se solo...". No, non poteva cambiare le cose. Si era innamorata di un membro del clan Ardlay e doveva accettarne le conseguenze. Di nuovo, si chiese se fosse solo per la prospettiva di una vita rinchiusa nel lusso o per altri motivi che dubitava del suo amore per Anthony.

Se lo avesse amato incondizionatamente, non sarebbe stata disposta a tutto per lui? E invece, per chi era stata pronta a lanciarsi su un albero a quell'ora, in camicia da notte, sfidando di nuovo la fortuna?

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a provare turbamento nei suoi confronti: Terence le ruba persino un bacio alla Festa di Maggio. Geloso, Anthony arriva a fare a pugni con quello che considera un rivale e i due vengono messi in punizione. Intanto, Albert sta maturando l'idea di andare in Africa e Candy gli confida che forse Terence è interessato a lei. Tuttavia, non ha il coraggio di confessargli che anche lei comincia a nutrire dei sentimenti per lui, troppo immersa nei sensi di colpa per Anthony. Considera infatti il ragazzo molto dolce e dedito, ma troppo ancorato alla società dell'epoca. Inoltre, Anthony non è mai andato allo zoo e non ha ancora incontrato il fantomatico Albert... Le vacanze in Scozia si avvicinano.

 
- § -
- § -
- § -
 
 
 
Vacanze in Scozia

Luglio/Agosto 1913

"Come vanno le cose con Archie?", chiese ad Annie, mentre erano sedute in riva al lago e guardavano la scuola estiva stagliarsi in lontananza.

Lei emise un sussulto e si portò una mano davanti alla bocca.

Candy scosse la testa: la sua sorellina non sarebbe mai cambiata, tuttavia era felice di averla ritrovata a seguito del chiarimento, dopo tanta sofferenza. Ed era anche riuscita a convincere Archie che era ora che aprisse gli occhi.

E non solo perché fra Anthony e Terry aveva già abbastanza problemi per aggiungere un altro ragazzo infelice, ma anche perché lo considerava solo come un fratello, al pari di Stair. Gli aveva impedito di proseguire quando si era accorta che stava per confessarle qualcosa che non sarebbe mai dovuto arrivare alle sue labbra, se non altro perché si era reso conto lui stesso che c'era Anthony fra loro. Da allora le cose fra lui e Annie sembravano procedere a gonfie vele.

"Lui... lui è molto affettuoso con me. A volte mi sembra di vivere un sogno meraviglioso dal quale temo di svegliarmi da un momento all'altro". Aveva detto quelle parole con la testa appena china sotto alle tese del suo delizioso cappellino bianco, il rossore che le imporporava le guance.

Sembrava proprio una vera signorina perbene che si trovasse in estremo imbarazzo e provò un moto di tenerezza nei suoi confronti.

Con un gesto fluido, Candy si distese sull'erba, stiracchiandosi come un gatto, comportamento in netto contrasto con quello delicato di Annie: "Non è un sogno, ma una meravigliosa realtà. Goditela, te la meriti".

Il cielo estivo sopra di sé, dove si rincorrevano le nuvole pigre, le evocò due paia d'occhi e lei dovette chiudere le palpebre come se così potesse allontanare quei pensieri. Invece, inaspettatamente, i volti di due ragazzi del tutto diversi fra loro riempirono la sua visione a occhi chiusi.

"E tu? A cosa stai pensando?". La voce di Annie era incuriosita e, suo malgrado, si voltò per guardarla.

"Dimmi una cosa, Annie. Prima di Archie non sei mai stata... interessata a nessun altro ragazzo?". L'ansito di stupore le indicò che aveva fatto una domanda sciocca. "Scusa, dimenticavo che quando l'hai conosciuto eri ancora una bambina, o quasi".

"Candy! Parliamo di circa... un anno fa, o poco più! Sono ancora... siamo ancora delle ragazzine!", protestò vivamente, come se le avesse chiesto chissà quali dettagli.

Mia dolce, innocente Annie. Io mi sono invaghita di un ragazzo la prima volta quando avevo sei anni. E sono già stata baciata... Tu no, vero?

Nessuno di quei pensieri fu detto ad alta voce. Invece la liquidò: "Fai finta che non ti abbia detto niente". Si rimise a sedere allungando le braccia e stirandole davanti a sé con le dita intrecciate.

"Perché me lo chiedi, Candy? Hai forse... problemi con Anthony?". Candy le scoccò un'occhiata stupefatta. Bene, la timida Annie l'aveva davvero colpita e affondata! Possibile che nella sua apparente tranquillità cogliesse più cose degli altri?

Chissà se anche Archie e Stair hanno mai chiesto qualcosa di simile ad Anthony, dopo quella famosa lite con Terry...

"Cosa te lo fa pensare?", domandò più brusca di quel che avrebbe voluto, giocherellando con i fili d'erba.

Annie inclinò la testa da un lato, apparendo ancora in imbarazzo ma, forse, anche determinata a cogliere quell'indiretta richiesta di supporto. Perché Candy moriva dalla voglia di parlare con qualcuno o sarebbe esplosa. Quello che le stava accadendo era così enorme che non poteva più tenerlo nel proprio cuore. Non aveva potuto confessarlo ad Albert, che comunque era suo amico, ma forse poteva farlo con la ragazza che era cresciuta con lei.

"Candy, la storia che Anthony e Terry si siano picchiati perché c'erano dei dissapori tra loro non mi ha mai convinta. Nessuno, a scuola, ha molto in simpatia Terence per via di quel suo carattere così... fuori dagli schemi. Ma non è certo con uno come Anthony che ci si aspettava avrebbe fatto a pugni. Io e Archie non abbiamo voluto approfondire perché tu allora hai liquidato la cosa in tutta fretta, però ti confesso che il dubbio mi è sempre rimasto. Cosa è successo fra voi tre? E perché quel giorno hai voluto parlare con Terence e sei tornata sconvolta?". Era uno dei discorsi più lunghi e impegnativi che Annie avesse fatto con lei e, d'improvviso, Candy realizzò quanto si fosse sbagliata sul suo conto.

Annie era maturata.

Sotto l'apparente velo di riservatezza e insicurezza, forse proprio in forza di quel nuovo amore, Annie era consapevole e stabile.

Non solo poteva fidarsi ciecamente di quella nuova Annie, ma pensava persino di poter avere un consiglio davvero valido, così Candy si buttò: "Terence mi ha baciata, alla Festa di Maggio e...". Con la coda dell'occhio colse i suoi occhi spalancati, la bocca aperta e la mano che saliva al viso.

Ora o mai più.

"E non sono sicura... che mi sia dispiaciuto". Chiuse gli occhi, strettamente, come preparandosi a ricevere un colpo.

Il venticello leggero che faceva frusciare l'erba e il canto lontano di un uccello furono gli unici suoni che udì e, quando ebbe il coraggio di guardarla, Annie sembrava assorta in pensieri profondi, lo sguardo fisso sul lago e sulla scuola sull'altra riva. Da quelle parti, i ragazzi stavano forse scherzando tra loro e decidendo dove fare la prossima gita in barca. A breve, le avrebbero raggiunte.

"Sapevo che stava accadendo qualcosa di simile, lo abbiamo sospettato con Patty, sai? Ma forse posso interpretare il tuo turbamento, Candy", disse Annie lentamente, stringendo gli occhi come se cercasse di concentrarsi per esprimere i pensieri giusti. "Tu sei molto più simile a Terence che non ad Anthony". Poi, come se si fosse resa conto di quello che aveva appena detto, li spalancò e, ancora una volta, la sua mano andò alla bocca in un gesto quasi automatico. "No, non volevo dire quello... nel senso... non sei certo irriverente e maleducata come lui, ma...".

"Oh, lo sono stata, credimi, e sono certa che qualche episodio legato alla nostra infanzia te lo ricordi anche tu", tagliò corto lei. "Ma ti prego, continua". Aveva tutta la sua attenzione.

Annie si schiarì la gola e riprese con un sospiro: "Intendo dire che sei molto fuori dagli schemi: ti arrampichi sugli alberi, odi le regole imposte dalla società e pur risultando gradevole ed educata non ami comportarti... da signorina nel senso più stretto del termine, capisci cosa intendo?".

"Perfettamente", disse lei con un sorriso. Caspita, aveva proprio colto nel segno!

E brava Annie!

"Insomma, Anthony è... perfetto. Incarna tutto ciò che si può sognare in un ragazzo, un po' come Archie: è bello, ben educato, di sentimenti e famiglia nobili, gentile... devo andare avanti? Direi che lo conosci molto meglio di me!", ridacchiò.

Candy annuì. "Ma certo".

Anthony era davvero un sogno. Un sogno così bello che non poteva essere reale. Eppure lei lo aveva al suo fianco e, invece di essere grata alla vita, stava rischiando di rovinare tutto. E con dei 'ma' che le sembravano sciocchi e infantili.

Davvero, Candy? Ne sei proprio convinta?

"Quel... Terence Granchester, invece", riprese accigliandosi e cambiando completamente tono, "è maleducato, scontroso, si prende gioco di tutti e gira voce che vada in giro a ubriacarsi e a fare a pugni".

Candy deglutì, ricordando la sera in cui era entrato per errore nella sua stanza, salvato da un gruppo di teppisti solo grazie al provvidenziale incontro con Albert.

"Il tuo spirito libero", proseguì Annie, "è attratto dall'ignoto, ma tu sei anche intelligente e sai benissimo che un ragazzo del genere non lo meriti, perché il massimo che potrà fare con te sarà baciarti, illuderti e spezzarti il cuore. Questa sbandata è comprensibile, ma non durerà a lungo, te lo assicuro".

Rimase per un attimo in silenzio, sentendo distintamente la differenza tra la prima parte del discorso di Annie e la seconda. Laddove non poteva essere più d'accordo con il fatto che lei e Terry fossero simili, non poteva fare a meno di pensare che tutto strideva con la sua conclusione che si trattasse solo di una sbandata.

Io ho potuto percepire il suo cuore e la sua sofferenza, molto sotto alla superficie. E una parte di me è attratta da quel suo lato sensibile così nascosto. Non solo. Vuole raggiungerlo disperatamente.

Quella consapevolezza la devastò al punto che immaginò mille scenari in cui si lanciava in una storia d'amore appassionata e impossibile per lottare contro quell'armatura, lasciandosi andare all'ardore delle fiamme che vedeva nei suoi occhi. Perché sapeva che bruciavano per lei. Terence non lo aveva mai detto a voce, ma dietro quelle continue prese in giro e a quel bacio c'era un sentimento che rischiava di incenerirla.

E, forse, su una cosa aveva ragione Annie: avrebbe potuto anche uscirne con il cuore spezzato. Ma, soprattutto, spezzarlo all'unico ragazzo che non meritava tanta sofferenza.

Ricaccia indietro questa specie di trasporto da romanzo rosa e torna in te, Candice White Ardlay!

"Quindi tu pensi... che io possa trasformarmi in una vera signora al fianco di Anthony?", domandò quasi per convincere se stessa che era davvero disposta a farlo.

"Oh, ne sono sicura, se ti ci impegni sarai la sua degna compagna, un giorno, e magari vi sposerete in un matrimonio da sogno!". Annie giunse le mani, alzò il viso e chiuse gli occhi, persa di certo nel suo, di sogno, con Archie.

Io non voglio matrimoni da sogno, voglio soltanto essere... Candy.

Ma non lo disse ad Annie. Come aveva fatto con Albert poco tempo prima, Candy sorrise e indossò la sua personale maschera: "Sai una cosa? Hai ragione! Sono certa che mi passerà. Non devo fare altro che concentrarmi su Anthony e smetterla con queste fantasie stupide. Preferisco mille volte come bacia Anthony... oh!", stavolta fu lei a portarsi una mano davanti alla bocca. E non solo perché aveva appena confessato qualcosa di molto personale, ma anche perché aveva appena realizzato che non era vero.

Anche se Anthony aveva cercato di emulare quel suo tentativo che aveva a sua volta ricopiato a Terry, Candy non aveva provato lo stesso brivido.

E, nello sguardo perplesso e poco convinto di Annie, scoprì che le leggeva quella verità negli occhi.

 
- § -
 
 
Era successo tutto all'improvviso: un attimo prima Candy saltava da un ramo all'altro, arrampicandosi sempre più in alto sull'albero, quello dopo era scesa e calde lacrime le scorrevano sulle guance.

"Che ti succede, Candy? Ehi!". Le passò un braccio intorno alle spalle e l'attirò a sé, sentendola scuotersi a causa dei suoi stessi singhiozzi. "Non sono arrabbiato perché ti sei arrampicata, lo giuro! Qui non ti può vedere nessuno, è sicuro", aggiunse strizzandole anche un occhio.

Nonostante stesse cercando di consolarla da quel pianto improvviso e provasse sofferenza nel vederla così, Anthony si godé il contatto con lei, considerando che aveva rischiato seriamente di dover rimanere a Londra per prolungare la punizione. A quanto pareva, le suore erano state titubanti fino all'ultimo sulla concessione delle vacanze per lui e Granchester.

Due ragazzi che si picchiano nei pressi della scuola, non dando spettacolo per puro caso, secondo Suor Grey meritavano ben più di una settimana nelle soffitte e un mese di reclusione. Sapere che Candy e gli altri sarebbero andati in Scozia, anche se non nella villa di famiglia, e perdersi quell'opportunità sarebbe stato davvero penoso, specie perché la sua famiglia aveva origini proprio in quel Paese.

Solo il giorno prima avevano potuto ammirare una sfilata di suonatori di cornamusa in kilt e aveva studiato le espressioni sognanti di lei come se volesse cogliervi qualche cenno di curiosità. Credeva che da un momento all'altro si sarebbe voltata verso di lui per domandarle di nuovo di quel misterioso Principe che aveva incontrato da piccola, proprio con il kilt e la cornamusa, ma a quanto pareva quella discussione era morta definitivamente in quella radura durante la loro caccia alla volpe.
Ora, a preoccuparlo, era la questione di quel Terence.

Dopo essere uscito dalla punizione, si erano semplicemente abbracciati, lei si era detta felice di rivederlo e le cose tra loro erano proseguite come sempre, a parte lo sgradevole episodio con Eliza nel quale era ricomparso Terence.

Da quando erano arrivati in Scozia, invece, o c'erano Archie e gli altri, oppure si trovavano rispettivamente a scuola o nella villa del clan. Ma Anthony sentiva che mancava un vero e proprio chiarimento fra loro ed era deciso ad averlo proprio in quel momento, visto che erano in vacanza e avevano più tempo per parlare.

Attese con pazienza che Candy smettesse di piangere e gli desse innanzitutto spiegazioni riguardo quel suo crollo improvviso. Quando si fu un po' calmata e staccata dal suo petto, la vide asciugarsi gli occhi e le tirò su il viso ponendole due dita sotto al mento: "Va meglio?".

"Sì, scusami... è che mi sei mancato tanto, da quando siamo partiti, che non mi pare vero di rivederti qui oggi, finalmente da soli come ai vecchi tempi!". Gli occhi erano luminosi, il sorriso sincero, ma Anthony sapeva bene quanto Candy fosse brava a fingere pur di non ferire gli altri.

Si accigliò e cercò di dirle col tono più calmo possibile: "Non credo, Candy. Se così fosse stato non saresti salita quasi subito su quell'albero e non ti saresti messa a piangere in quel modo disperato. Qualcosa mi dice che non siamo ancora riusciti a parlare come si deve, da quel giorno, ma adesso è il momento. A Londra avrei voluto chiedertelo mille volte, ma mi sono sempre trattenuto. Voglio sapere cosa c'è tra te e quel Terence. Hai dei dubbi, Candy? Perché quel pianto?".

Tremava, poteva vederlo, e qualcosa dentro di lui si spezzò. Gli occhi le divennero così grandi, da tanto li aveva spalancati, che Anthony fu certo di vedervi attraverso la sua anima tormentata.

"Anthony io... mi piaci, lo sai. Te l'ho già detto...". Era esitante, ma appassionata. Aveva un'aria quasi supplichevole, come se desiderasse ardentemente che lui le credesse.
Ma lui non riusciva a crederle.

"Io ti amo, Candy. Ti amo davvero tanto", disse interrompendola, con serietà. Con quelle parole aveva tracciato la linea di confine tra il loro rapporto da ragazzini e quello più adulto che stava giungendo. Quella stessa linea che lei aveva superato con un bacio dato a labbra aperte e che Anthony si era affrettato a ricambiare in maniera persino più ardita.

La risposta non fu quella che desiderava e gli confermò i suoi timori. Non gli rispose che lo amava anche lei. Non gli si gettò di nuovo fra le braccia con gioioso trasporto. Rimase immobile, come se non sapesse come reagire.

Allora reagì lui.

Si alzò in piedi, interrompendo il lieve contatto, e guardò l'orizzonte: il lago che brillava in quell'estate scozzese era bello da fare male.

"Dove vai?", chiese Candy quasi in un grido, il tono allarmato.

Anthony deglutì forte, cercando la forza dentro di sé laddove voleva solo sciogliersi in lacrime come un ragazzino. Cosa che non era più.

"Da quando ti ho vista per la prima volta mi sono subito reso conto che eri speciale. E non solo per la tua spontaneità, ma perché il fatto di aver vissuto sempre libera ti rendeva più... vera. Riuscivo benissimo a vedere le tue lacrime anche attraverso il sorriso più radioso, quando stavi dai Lagan, e mi sono ripromesso che avrei fatto di tutto per renderti felice. Ora mi rendo conto che questo non è più possibile". La voce s'incrinò appena sull'ultima frase e lui chiuse gli occhi alla brezza leggera che tirava dal lago.

"Perché?! Anthony, perché?". Candy si era alzata e gli stava cingendo la schiena in un abbraccio.

"Perché con me non sarai mai libera come vorresti! E perché continui a pensare al bacio con quel Terence Granchester!", gridò voltandosi di scatto a fronteggiarla.

"No! Non è vero!", urlò di rimando, protendendosi verso di lui con le mani strette al petto.

"Non mi mentire, Candy! So che lui è qui e che vi siete visti, ti ho vista scappare dalla sua villa un'ora fa! È per colpa sua che stavi piangendo?!". Finalmente lo aveva detto e si sentì più leggero.

Il viso teso di Candy si rilassò nella consapevolezza di essere stata scoperta e lei sostenne il suo sguardo ancora qualche istante, prima di abbassare gli occhi e sospirare: "Gli stavo solo riportando un libro che ho trovato in mezzo all'erba mentre venivo qui".

Bene, mezza verità l'aveva detta. Anthony cominciò a sentirsi impaziente quando lei tacque e dovette controllare l'impulso di scuoterla per le spalle: "E...?", chiese tentando con tutte le forze di restare calmo.

Candy alzò di nuovo gli occhi spalancati sul suo viso, sembrava... spaventata? "E... cosa? Gliel'ho ridato e sono corsa da te!".

Anthony chiuse le palpebre e prese un respiro profondo. Non era mai stato tipo da perdere le staffe, ma teneva così tanto a lei da essere arrivato a un punto di rottura: i suoi nervi erano davvero tesi al limite. Gli sembrava di essere ritornato a quel giorno in cui Candy era sparita per una notte intera e gli aveva confessato candidamente di essere stata... com'è che aveva detto? Nel paese dei sogni. 

Allora, era stata tanta la paura che l'aveva persino schiaffeggiata. Non voleva di nuovo colpirla, ma si ritrovò a dover trattenere proprio quell'impulso, lui, il tranquillo e pacato Anthony. Candy riusciva a fargli perdere il controllo come nessuno aveva mai fatto in vita sua.

Per lei aveva fatto a pugni con un altro ragazzo. Per lei stava sperimentando il lato più oscuro della sua personalità.

Candy dovette leggergli qualcosa di terribile negli occhi, perché ora lo fissava con una punta di apprensione e fece persino un passo indietro.

Bastò quello per farlo scattare.

Contravvenendo alla promessa che si era appena fatto, la prese per le spalle ed esclamò: "Non voglio più sentire le tue bugie, mi hai capito, Candy? Non più! Come facevi a sapere che quel libro era suo?! Perché glielo hai riportato da sola? E perché stavi piangendo, poco fa?". A ogni domanda, la scuoteva un po' più forte e lei ricominciò a piangere.

Invece di lenire la sua rabbia, quella sua debolezza lo fomentò di più.

"Io... non posso dirtelo!". Fu davvero troppo e il secondo schiaffo che le avesse mai dato partì prima che potesse fermare la sua mano. Candy barcollò e Anthony la riafferrò al volo, non tanto per non farla cadere, quanto per ristabilire subito il contatto visivo.

Il viso pieno di lentiggini madido di lacrime, la mano sulla guancia offesa, le spalle tremanti: ecco come si presentava la ragazza che amava davanti a lui, bella da togliere il fiato. Colto da un impulso irrefrenabile, chiuse la distanza per baciarla avidamente come aveva fatto, quasi per rimarcarla come sua, solo un mese prima.

All'inizio lei resistette poi, indotta dal movimento frenetico delle proprie labbra pigiate con forza sulle sue, le aprì come per prendere aria e Anthony si lasciò andare a un dolce assalto che lo infiammò in maniera completamente diversa dalla prima volta. Mentre cercava, senza più pensare, il contatto con la sua lingua facendo danzare la propria in una squisita ricerca, il corpo lo costrinse a stringerla più forte a sé e qualcosa all'altezza dei lombi prese fuoco, inducendolo a passarle le mani dietro la schiena in un movimento scomposto e frenetico.

Era quella l'attrazione fisica? Quella sorta di incendio che gli faceva desiderare di fondersi in un unico corpo con lei?

Se lo stava ancora chiedendo quando Candy lo allontanò con una spinta e lo schiaffeggiò.

"...io... l'ho schiaffeggiato, sai?".

Forse se lo era meritato per aver reagito in maniera così volgare. O forse se lo era meritato perché lui non era Terence.

"Che c'è, non sono stato alla sua altezza?", domandò d'istinto. "O magari pensi che con lui puoi raggiungere il ramo più alto e non devi comportarti da signora?!".

"Smettila! Io... io non ti riconosco più! Dov'è il mio dolce Anthony che mi ha dedicato una rosa e che mi diceva frasi dolci all'ombra della Collina di Pony della Saint Paul School? Dov'è, adesso, il mio Anthony?". E, prima che potesse afferrarla e costringerla a dargli le spiegazioni che si aspettava, Candy era scappata via.

E lui era rimasto lì, col braccio proteso, cercando di rispondere, almeno nella sua testa, alle domande che gli aveva appena posto Candy. Si chiese se a quelle e a tante altre ci sarebbe mai stata risposta.

 
- § -

 
Nel suo sogno, Terry stava di nuovo discutendo con sua madre e Candy lo pregava, fra le lacrime, di fare pace con lei. Non era riuscita a confessare ad Anthony la verità su quel suo pianto improvviso, ma non tanto perché voleva rispettare il segreto legato alla famiglia di Terence.

In realtà, voleva evitare che sapesse come aveva riconosciuto il suo libro.

Alzandosi dal letto con gesti lenti per non svegliare Annie e Patty che dormivano in quelli accanto, Candy andò alla finestra e scostò la tenda, fissando l'oscurità: il buio rendeva i contorni della natura e del lago solo delle macchie indistinte.

La sua mente tornò a quello che era accaduto solo poche ore prima.

Archie, Annie, Stair e Patty la stavano salutando dalla barca e lei aveva trovato la scusa perfetta per incontrarsi finalmente con Anthony. Sapeva che si era trattenuto a scuola con una scusa e, quando le aveva suggerito con un occhiolino di andare avanti perché li avrebbe raggiunti, aveva capito subito cosa intendesse.

C'era un solo luogo, dall'altra parte del lago, dove cresceva un albero imponente come quello su cui si era arrampicata a Londra e quello sarebbe stato il posto del loro primo appuntamento a due dall'arrivo alla scuola estiva.

Con discrezione, aveva cominciato ad allontanarsi e, mentre camminava lungo la riva del lago cercando il riferimento visivo dell'albero per non sbagliare strada, i suoi pensieri erano incredibilmente volati a Terence. Non aveva avuto modo di vederlo se non di sfuggita ed era certa che non si divertisse affatto, in quella vacanza scozzese. Prima ancora di rendersene conto, aveva pronunciato il suo nome a voce alta e lui aveva fatto la sua comparsa come rispondendo a un richiamo.

Candy avrebbe voluto sotterrarsi.

"Senti senti, parli anche da sola, adesso? E se non sbaglio mi sembra di averti sentito fare il mio nome!". Incredula e piena di vergogna, era rimasta a fissarlo e lui le si era avvicinato con quel suo dannato sguardo magnetico: "Cosa mi volevi dire, nasino all'insù?".

Si era voltata, finalmente, ed era stato con tono rabbioso che gli aveva risposto: "Non voglio dirti proprio niente, ho un appuntamento con il mio fidanzato ora, se non ti dispiace". Dandogli le spalle, aveva cominciato a camminare.

"E il tuo fidanzato lo sa che tu pensi a un altro ragazzo mentre vai da lui?". Si era bloccata al tono della sua voce.

"Senti, tu...!".

"Mi sono sempre chiesto", l'aveva interrotta ignorando deliberatamente la sua rabbia, "cosa abbia fatto scattare il tuo dolce Anthony, quel giorno, tanto da indurlo ad affrontarmi e a farci finire tutti e due in punizione. E mi piacerebbe sentirlo da te, signorina Tuttelentiggini".

Candy strinse i pugni, cercando di non guardare quel volto dai lineamenti così virili nonostante la giovane età, i capelli lunghi mossi dal vento e quegli incredibili occhi profondi come il lago accanto a loro. Si era maledetta, perché mentre si imponeva di non fissarlo, lo stava già facendo, attirata come una falena dalla luce.

"Non ho niente da dirti", aveva risposto sperando che non cogliesse il tono tremulo.

"Ne sei sicura?". Mentre lei indietreggiava lui si era fatto più vicino, poi l'aveva afferrata per i gomiti lasciando cadere qualcosa. Era stato allora che Eliza aveva gridato e i loro sguardi erano andati simultaneamente al lago.

Candy non si sarebbe mai aspettata che proprio uno come Terence si gettasse nel lago senza pensarci due volte per salvare una ragazza simile. Non stava simpatica nemmeno a lui, eppure eccolo lì, nuotare fino a raggiungerla e portarla in salvo.

"Non ho più niente da fare qui", si era detta mentre la riva si popolava di nuovo dopo il salvataggio lampo. Archie e Stair, assieme alle ragazze, avevano titubato a lungo e alla fine avevano lasciato che fosse Terence a riportare a riva Eliza: persino quello smidollato del fratello, dopo che la loro barca si era ribaltata, era rimasto a guardare.

"Non so come ringraziarti, mi hai salvato la vita!", aveva detto lei fissando Terence con sguardo sognante, dopo aver redarguito i suoi cugini.

Mentre lui si defilava senza degnarla più di uno sguardo, riservandole solo qualche breve frase di commiato, Candy aveva trovato a terra ciò che Terry stringeva in mano prima dell'incidente: un libro.

Lo aveva raccolto e quasi lasciato cadere di nuovo quando aveva sentito la voce di Annie: "Allora? Non hai forse un appuntamento con Anthony, tu?", le aveva mormorato discreta in un orecchio.

"Come fai a...?". L'aveva guardata, incredula, e lei le aveva fatto l'occhiolino con fare complice. Sì, da quando aveva l'amore di Archie, Annie era decisamente cambiata e pareva più sicura di se stessa.

Candy si era incamminata con il libro in mano e la curiosità di vederne il titolo l'aveva indotta a fermarsi. Doveva essere pazza a starsene lì, appoggiata al tronco di un albero a sfogliare quello che aveva scoperto essere un libro di Shakespeare, mentre doveva solo correre da Anthony.

Stava per richiuderlo con un gesto secco quando si era resa conto che la parte di Romeo e Giulietta era tutta piena di sottolineature e annotazioni. Aveva realizzato, all'improvviso, che dietro la facciata dura e presuntuosa di Terence si nascondeva davvero una sensibilità tutta da scoprire: quel ragazzo amava il teatro e stava leggendo una delle tragedie d'amore più strazianti del grande drammaturgo.

L'albero era visibile da lontano, poteva già scorgerne le fronde e di certo Anthony era lì vicino, in attesa. Ma i suoi piedi l'avevano portata dalla parte opposta, dove c'era villa Granchester.

Ed era stato lì che li aveva visti, Terry e sua madre.

Lei era bellissima, proprio come la ricordava dalle locandine dei suoi film. Ma in quel momento le era apparsa solo come una donna disperata, mentre Terry la cacciava urlandole che non la conosceva. Eleanor Baker piangeva e a Candy si strinse il cuore.

Se fosse stata sua madre, qualunque errore avesse commesso in passato, non l'avrebbe mai trattata in quel modo: l'avrebbe semplicemente perdonata e sarebbe corsa fra le sue braccia. "Ora basta, Terry!", aveva gridato con quanto fiato avesse in gola.

Sapeva che gli aveva urlato di non trattarla a quel modo, perché le voleva bene anche se non lo capiva fino in fondo. Era cosciente di avergli gridato che anche lei avrebbe voluto una mamma che l'andasse a trovare, poi era semplicemente scappata via, lasciando cadere il libro che era andata a riportargli per raggiungere Anthony e allontanarsi da quella scena penosa che le feriva il cuore.

La feriva sapere che Terry non apprezzasse il fatto di avere sua madre accanto. E la feriva rendersi conto, in modo sempre più opprimente, quanto quel ragazzo ribelle e pieno di dolore le stesse entrando a forza nel cuore.
         
Forse avrebbe dovuto rimandare l'incontro con Anthony. Arrampicarsi sull'albero non l'aveva aiutata a schiarirsi la mente ed era riuscita a scoppiare in un pianto dirotto invece di parlare con lui.

Poi, tutto era andato storto e, da qualche giorno, Anthony evitava accuratamente di rimanere solo con lei.

Candy chiuse gli occhi e i rumori della notte la fecero ripiombare nel presente.

Le fronde degli alberi che sussurravano nel vento, il canto sommesso di un gufo, i respiri lenti e ritmici di Annie e Patty dietro di lei.

Cosa le stava succedendo, in nome del Cielo?! Anthony le aveva rubato un bacio tanto ardito che era persino più sfacciato di quello di Terence, ma lei ne era rimasta sconvolta. E non in modo gradevole.

Non era così che era abituata a baciare Anthony e non le piaceva affatto.

Adorava Anthony, ma si rendeva conto che tra l'amore platonico e quello adulto c'erano sfumature completamente diverse.

Anthony era quello delle cavalcate nel bosco, dei balli romantici, dei baci dati a fior di labbra e delle carezze gentili, dei fiori profumati e delle risate spensierate.

Terence era un mistero di ardori e desideri innominabili, un animo tormentato che lei voleva toccare al pari della sua pelle...

Con un sussulto, Candy si potrò la mano alle labbra, le lacrime che le offuscavano la vista. Era quello l'amore vero tra uomo e donna? Quando si desiderava l'altra persona interamente, corpo e anima? Quella era la vera libertà che anelava? La Candy autentica che non era compatibile con Anthony?

Le gambe non la ressero e la rivelazione fu davvero troppo per lei. Aggrappandosi alla tenda, si lasciò cadere in ginocchio tentando di soffocare il più possibile i singhiozzi per non allertare Annie e Patty.

Cosa avrebbe fatto, ora? Ora che quei sentimenti avevano infine trovato un nome ed erano saliti a livello cosciente, come avrebbe potuto dissimulare davanti ad Anthony e a tutti gli altri?

 
- § -
 

Terence avanzava sul suo cavallo bianco, indossando un completo del medesimo colore. Sapeva che l'unico motivo per cui si stava recando alla festa di quella ragazzina viziata che odiava con tutte le sue forze era uno solo.

Candy.

Gli era entrata nella pelle, nel sangue e non poteva farci niente. Quel suo viso sbarazzino pieno di lentiggini. I capelli d'oro. Il suo modo di dire tutto quello che pensava senza timori. L'agilità di saltare e arrampicarsi sugli alberi.

"La mia dolce Tarzan Tuttelentiggini", mormorò al bosco.

E il bosco gli rispose in maniera del tutto inaspettata: lei era lì. Seduta con la schiena contro il tronco di un albero, in quel caso, singhiozzando con le ginocchia raccolte tra le braccia.

Sussultò quando udì lo scalpiccio degli zoccoli e si volse verso di lui. Terence tirò le redini e la guardò.

Lei parve quasi spaventata e saltò in piedi di colpo, portandosi le mani al petto e cominciando a correre. Terry scese da cavallo e la raggiunse in poche falcate: "Aspetta!", la pregò prendendola per un polso.

Lei girò il viso madido di lacrime, la sua disperazione gli strinse il cuore come non avrebbe mai creduto possibile: "Lasciami stare, Terence! Non tormentarmi più, ti prego!".

La richiesta fu tanto accorata che quasi le diede retta e bastò quell'istante di esitazione perché la presa sul suo braccio si allentasse e lei si divincolasse correndo di nuovo via. Ma lui non riuscì a lasciarla andare.

Non poteva, semplicemente. Doveva sapere, doveva capire.

"Perché fuggi da me, cosa ti ho fatto stavolta?", gridò perché lei lo sentisse.

La sua corsa rallentò fino a fermarsi e lui evitò di avvicinarsi, limitandosi a guardare le sue spalle. Non osò fare neanche un passo.

"Sei contento, vero?". Non aveva parlato a voce alta, ma il bosco era abbastanza silenzioso da udirla con chiarezza.

"Di cosa dovrei essere contento?", tentò facendo un paio di passi esitanti. Ora le sue spalle tremavano come se avesse ricominciato a piangere. "Di cosa, Candy? Che ti è successo?".

La schiena, che fino a poco prima era un po' curva per i singhiozzi, si raddrizzò d'improvviso: era perché l'aveva chiamata per nome?

Il silenzio durò quasi per un minuto intero, ma Terence attese paziente, mentre udiva il rumore delle fronde mosse dalla brezza lacustre, il canto melodioso degli uccelli e il leggero sbuffare del suo cavallo fermo dietro di sé.

"Anthony non mi rivolge più la parola. Credo... che non mi voglia più", confessò quando credette che non avrebbe più parlato.

Il cuore prese a martellargli nel petto. Sollievo, senso di colpa e speranza si mescolarono in una confusione di sentimenti che fece fatica a contenere.

Cercando di razionalizzare la situazione e riprendendo il controllo, riuscì solo a dire in tono freddo: "La colpa non è mia. Da quando ti ho dato quel bacio e mi hai preso a schiaffi non ho fatto più niente che potesse dare adito a fraintendimenti fra te e il tuo fidanzato". D'altronde era la verità.

La vide irrigidirsi e capì che si era accorta di essersi tradita. Tradita in maniera irrevocabile. Lui le aveva fatto qualcosa, ma dentro il cuore.

"Perché lo hai fatto?", domandò Candy e sulle prime non capì cosa intendesse. Quindi specificò: "Perché quel giorno mi hai baciata in quel modo?".

Come era riuscita a ribaltare la situazione in quella maniera? Prima era lei quella in vantaggio, ora era Terence a essere rimasto senza parole. Cosa doveva dirle, arrivato a quel punto?

Optò per la verità: "Perché mi piaci, Candy. Mi piaci veramente tanto".

I pugni di lei si strinsero ancora più forte, ma non si voltò: "Anthony mi ha detto che mi ama. E io... gli voglio molto, molto bene...".

Terence non sapeva se Candy stesse cercando di convincere se stessa o solo di farlo impazzire, ma seppe che la sua pazienza era arrivata al limite e, in pochi passi, fu alle sue spalle. L'afferrò per le braccia e la fece voltare, incontrando finalmente i suoi occhi spalancati dallo stupore: "Vuoi che te lo dica con le sue stesse parole, così puoi decidere meglio a chi dei due tieni di più?! Anche io mi sono innamorato di te, va bene? Mi piaci e ti amo, è sufficiente così?".

Lei si divincolò ma lui non mollò la presa: "Lasciami!", si lamentò. Sembrava un piccolo animale in trappola e quel particolare gli fece perdere la lucidità. Prima che potesse impedirselo, chiuse di nuovo la distanza fra loro, baciandola con nudo bisogno.

All'inizio lei oppose una resistenza tale che lo fece quasi desistere. Poi, finalmente, si arrese aprendo la bocca nella propria, lasciando che le accarezzasse il labbro inferiore con la punta della lingua, chiudendo e aprendo le labbra. Sempre più veloce, sempre più profondo.

Candy lo ricambiò e il sapore della sua, di lingua, gli ottenebrò i sensi inducendolo a stringerla forte, gemendo soddisfatto come se stesse infine bevendo dopo un lungo periodo di siccità.

Nel momento in cui lei emulò quel lamento, Terence la staccò piano da sé: lui aveva diciassette anni, ma lei ne aveva solo quattordici e non poteva oltrepassare un certo limite, se ne rendeva conto persino lui.

"Adesso ho capito perché il tuo Anthony non ti vuole più", ansimò staccandosi e cercando di riprendere il controllo. "Dubito che tu lo abbia mai ricambiato così".

Il volto arrossato, le labbra ancora socchiuse e un po' gonfie per il bacio, Candy distolse lo sguardo bruscamente: "Non... non so perché...".

"Oh, sì che lo sai!", ringhiò afferrandola di nuovo, quasi scuotendola. "Non ti sono indifferente, Candy, so che mi pensi e che ti sono rimasto marchiato a fuoco nel cuore. Dillo che mi ami anche tu, dillo!".

"Mi stai facendo male!", si lamentò lei tremando.

"Dillo, Candy", ripeté più gentilmente, quasi in una supplica, facendole scivolare le mani dalle braccia fin sulle spalle, risalendo per carezzarle il viso. Lei chiuse gli occhi al suo tocco e Terence le posò sulle labbra un bacio più morbido, molto diverso da quello di poco prima: "Dimmi che mi ami", le soffiò sul viso.

Tremava, poteva sentirlo con chiarezza. E tremò ancora più forte quando aprì gli occhi e lo disse, con voce spezzata: "Sì". Poi, più forte: "Sì! Ti amo, ma amo anche Anthony, voi... siete così diversi e io... accidenti a te!".

L'istante dopo le sue braccia erano vuote e lui si sentì così debole che le gambe gli cedettero e crollò su un ginocchio, ridacchiando e passandosi una mano tra i capelli.
L'aveva lasciata fuggire, stavolta, ma andava bene così.

Rise più forte, rovesciando la testa indietro, allargando le braccia al cielo e gridando al sole: "Mi ama!".

E, anche se né il cielo né le nuvole di passaggio gli risposero, Terence continuò a ridere di cuore.

 
- § -
 
 
Eliza era furiosa.

Quella dannata Candy era riuscita a portarle via Anthony e ora cercava persino di tenere il piede in due scarpe con Terence?!

Ma si sarebbe vendicata! Oh, lo avrebbe fatto eccome! La sua festa in bianco languiva e i pochi invitati sembravano annoiati. Archie e Stair si stavano lanciando delle palline di carta e le rispettive fidanzate li stavano redarguendo.

"Oh, Eliza, dove sei stata?", le chiese Patty vedendola rientrare.

"Dov'è Anthony?!", domandò, furiosa. Almeno si erano accorti della sua assenza!

Fu Archie a rispondere, guardandola da sopra una spalla: "Credo che sia al dormitorio. Ha detto che non se la sentiva di venire...".

"Oh, lo credo che non se la sentiva, lo credo bene!", commentò cominciando a marciare verso la scuola senza udire più i richiami. Non avrebbe detto a nessuno dove stava andando, né cosa intendesse rivelare ad Anthony.

Era certa che, dietro a quella sua malinconia costante, non ci fosse che Candy.

Quella stramaledetta orfana che aveva osato spezzargli il cuore. Doveva essersi reso conto anche lui di quanto si fosse avvicinata a Terence e, dopo quello che aveva visto nel bosco, il campo era libero per lei.

Forse sapere la nuda realtà lo avrebbe ferito ancora di più, ma sarebbe stata lì per consolarlo e per prendere il posto di Candy. D'altronde, Anthony le piaceva ancora molto.
Mentre si avvicinava ai dormitori, Eliza cominciò a pensare a un piano per avvicinarsi ai dormitori maschili senza attirare l'attenzione delle suore, ma fu fortunata. Anthony era nel giardino antistante la scuola, dove cominciava il bosco, e stava fissando un punto lontano.

Si protese verso di lui, accelerando il passo, quando udì una voce femminile pronunciare il suo nome. Quella voce, quella maledetta voce.

La voce di Candy.

La scorse di fronte a lui, che proveniva proprio da dove l'aveva lasciata solo una manciata di minuti prima, quando era andata a cercare Terence. L'aveva trovato con quell'orfana che stava diventando la sua rovina e il sangue era ribollito come lava ardente.

Curiosa di sapere quanto sarebbe stata sfacciata con Anthony, dopo essersi letteralmente buttata fra le braccia di un altro, Eliza rimase nella sua posizione nascosta cercando un tronco dietro il quale celare la sua presenza e godersi lo spettacolo.

I due si guardarono da lontano per un tempo indefinibile e lei dovette soffocare uno sbadiglio. Per una volta che si decideva a dare una festa invitando due dei ragazzi più belli della scuola ecco il risultato: entrambi dietro alle gonne della dannata Candy!

La ragazza fece qualche passo esitante verso di lui, guardando a terra. Le parve ovvio che non avesse il coraggio di guardarlo negli occhi e le parve anche quasi ovvio che cominciasse a frignare non appena fu a pochi passi da uno sconvolto Anthony.

Diamine, lo aveva appena tradito!

Certo, non nel senso classico del termine, ma era più o meno la stessa cosa. D'altronde, quante cose potevano esserle sfuggite? Per quante volte Candy e Terence erano rimasti soli mentre il suo povero Anthony si struggeva? Poteva davvero essere accaduto di tutto!

"Mi... mi dispiace tanto!", frignò cominciando a singhiozzare.

Anthony abbassò lo sguardo verso di lei e, anche da dove si trovava, poté vedere i suoi bellissimi occhi azzurri riempirsi di lacrime. Aveva capito. Aveva capito tutto solo guardandola ritornare così sconvolta e sentendola pronunciare quella semplice frase.

Sul volto di Eliza si disegnò una smorfia di rabbia per il dolore che stava provando il povero ragazzo, nonché per essere stata di nuovo privata di qualcuno che cominciava a interessarle: Terence non era esattamente il modello di uomo che avrebbe ricercato, ma era stata certa di poterlo domare.

Ora, a essere libero era di nuovo Anthony. Anthony, che piangeva in silenzio con il capo reclinato senza abbracciarla, mentre lei singhiozzava con le mani premute sulle labbra, a pochi pollici dal suo petto ma evidentemente non osando sfiorarlo.

Eliza stava assistendo a un addio senza un reale contatto, a un abbraccio mancato, alla morte di un amore che non sarebbe mai dovuto iniziare.

Quando infine Candy superò Anthony e scappò dentro l'edificio correndo, Anthony si appoggiò con una mano al muro di cinta, come se volesse seguirla, ma rimase lì, portandosi al viso l'altra mano per soffocare il pianto.

Le si strinse il cuore e sarebbe solo voluta correre da lui per abbracciarlo e dimostrargli che poteva ancora essere felice con una ragazza che lo amava sinceramente.
Perché lei lo amava, giusto? Chi non avrebbe amato un ragazzo così educato e affascinante, ma soprattutto proveniente da una famiglia come la sua? Alla fine, Terence era un duca mancato che avrebbe ripudiato il suo nome e sarebbe stato, nella migliore delle ipotesi, un marito infedele e magari persino violento.

Ma sì, meglio un porto sicuro al brivido dell'ignoto!

Si sarebbe presa il suo tempo, dando ad Anthony il tempo di guarire dalla ferita che quella Candy gli aveva inferto. Dopodiché, sarebbe stata lei a fargli tornare il sorriso.
Ferma delle sue convinzioni, tornò alla festa che aveva dato sentendosi più leggiadra di una farfalla.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a provare turbamento nei suoi confronti: Terence le ruba persino un bacio alla Festa di Maggio. Geloso, Anthony arriva a fare a pugni con quello che considera un rivale e i due vengono messi in punizione. Intanto, Albert sta maturando l'idea di andare in Africa e Candy gli confida che forse Terence è interessato a lei. Tuttavia, non ha il coraggio di confessargli che anche lei comincia a nutrire dei sentimenti per lui, troppo immersa nei sensi di colpa per Anthony. Considera infatti il ragazzo molto dolce e dedito, ma troppo ancorato alla società dell'epoca. Inoltre, Anthony non è mai andato allo zoo e non ha ancora incontrato il fantomatico Albert... Durante le vacanze in Scozia, infine, Candy e Anthony si lasciano definitivamente.

 
- § -
- § -
- § -
 
 
 
It's gonna take a lot to drag me away from you
There's nothing that a hundred men or more could ever do
I bless the rains down in Africa
Gonna take some time to do the things we never had 

(Toto - Africa)
 


Autunno 1913

Candy fece tintinnare il campanellino del medaglione, su cui era impressa una A, spingendolo delicatamente con un dito. Sulla scrivania c'era ancora la lettera che aveva ricevuto da Albert: a quanto pareva, si era spinto fino in Africa per inseguire i suoi sogni e vivere in mezzo agli animali, aiutando anche le comunità locali.

"Lo sai che c'è un'infermiera che ti assomiglia?", le aveva scritto. "Ci rivedremo, prima o poi. Sii felice".

"Felice", mormorò al suo medaglione, sfiorando ancora una volta il piccolo campanello e chiudendo gli occhi al tintinnio che seguì. "Chissà se riuscirò mai più a essere felice, Albert. Ho perso Anthony, non ho il coraggio di avvicinarmi a Terence e ora... ho perso di nuovo anche te. E dire che ci eravamo appena ritrovati".

Annie e Patty avevano cercato di consolarla, ma aveva avvertito la loro freddezza: persino Archie e Stair non la guardavano più come una volta, da quando aveva lasciato Anthony.

Era come se avesse ferito un angelo per avvicinare un demone.

Come spiegare loro che Terence non era quello che pensavano? Che aveva una sensibilità, che aveva sofferto... No, non poteva, specie se voleva mantenere il segreto così gelosamente custodito della sua famiglia. Non sapeva se avesse fatto, alfine, pace con sua madre e non sapeva ancora come mai le portasse tanto rancore.

Ne avrebbero parlato, un giorno.

Quel pensiero la fece alzare di scatto dalla sedia e camminare nervosa per la stanza.

Albert, se almeno ci fossi tu, qui con me! Sapresti consigliarmi senza giudicarmi, mi capiresti, ne sono certa!

Eppure, non aveva trovato il coraggio di confessare neanche a lui cosa si celasse nel suo cuore: si era limitata a parlargli del suo timore che Terence fosse innamorato di lei, non viceversa.

La sua risposta così saggia le aveva fatto nascere dei sensi di colpa tali che non aveva trovato le parole per confidarsi del tutto. Ora avrebbe dato chissà cosa per averlo lì, a Londra, e sfogarsi con lui come ai vecchi tempi.

Ma al momento aveva solo potuto farlo tra le pagine di un diario che le era stato donato dal prozio William, mettendo per iscritto tutti i suoi turbamenti.

Le uniche stelle fisse della sua vita erano il suo Principe della Collina e Albert, anche se il primo era soprattutto un ricordo al quale si aggrappava con dolcezza. Eppure, da quando aveva conosciuto Anthony ed era nato quel tenero sentimento fra loro, tutto era passato in secondo piano.

Non gli aveva neanche più chiesto di quel ragazzino che vedeva accanto a sua madre e che poteva benissimo essere il suo sogno di bambina: stava per farlo, in Scozia, dopo aver visto tutti quei ragazzi in kilt, ma si era trattenuta per non dargli ulteriori preoccupazioni.

Ora non avrebbe più potuto chiederglielo, perché Anthony abbassava lo sguardo se s'incrociavano e non si erano più rivolti la parola.

Mi sento così sola...

Incontrare Terence e finire nel vortice di quel sentimento così appassionato l'aveva allontanata da tutto e da tutti e lei non se l'era sentita di assecondarlo ulteriormente. Poco dopo il loro rientro dalla Scozia, Terence l'aveva avvicinata mettendole un bigliettino in mano.

Voleva darle appuntamento su quella collina che tanto le ricordava quella di Pony. La medesima su cui s'incontrava con Anthony quando ancora le cose fra loro andavano bene.

Ripensarci le aveva fatto salire le lacrime agli occhi e ora, stringendosi il medaglione del Principe al cuore, Candy sentì un fitta di nostalgia enorme. Il suo dolce Anthony, che aveva fatto soffrire così tanto!

Eppure... eppure il desiderio di rivedere Terence brucia come una fiamma inestinguibile.

Come poteva sentirsi così spezzata in due, anche ora che aveva chiari i suoi sentimenti? Era solo il senso di colpa verso il ragazzo che aveva conosciuto a Lakewood a farle rimpiangere le sue azioni? Ed erano solo il modo di baciare dannatamente magnetico di Terry e il senso di libertà che le trasmetteva ad attirarla come una calamita?
Candy si prese la testa fra le mani, ripetendosi che aveva fatto bene a non incontrarsi più con Terence. Non solo non voleva perdere l'amicizia di Annie e gli altri facendosi vedere con lui, ma non voleva che Anthony soffrisse di più.

Preferiva tenere quell'amore nascosto dentro di sé, a consumarla e a farle sognare il momento in cui, più matura e con maggior chiarezza, sarebbe stata libera di lasciare la scuola e decidere cosa fare della sua vita.

E se Terence non avesse voglia di aspettarmi? Se facesse così con ogni ragazza che gli piace e io avessi rotto con Anthony solo per ritrovarmi sola al mondo? Era forse meglio la strada già tracciata che mi avrebbe offerto lui, seppure obbligata e stretta?

Avrebbe voluto fuggire lontano, tornarsene alla Casa di Pony e fare ordine nel suo cuore, dimenticando quel sentimento che la stava portando alla rovina. Ma lui era così vicino! Se solo fissava le finestre dei dormitori maschili poteva immaginarlo, nella sua stanza, a tormentarsi quanto lei. O a ridere di lei.

Ha riso di me e Anthony e io lo odiavo. Poi ho visto il suo lato fragile e me ne sono innamorata. Cosa c'è di sbagliato, in me?

"Oh, Candy, sei una stupida, una stupida!", esclamò dandosi dei pugni sul capo, abbastanza forte da farsi male. Quando udì bussare alla porta, per poco non fece un salto.

Terry e Anthony si sono picchiati di nuovo?

No, non pensava che avrebbero commesso lo stesso errore e quando invitò il visitatore a farsi avanti e vide Patty sospirò di sollievo.

"Perché ti stavi dando della stupida?", le chiese con un sorriso così dolce e confortante che scoppiò a piangere e le volò tra le braccia.

Aveva bisogno di sentirsi capita.

"Oh, Patty! Ti prego, aiutami! Mi sento così in colpa, così confusa! Così sola!", pianse stringendosi a lei.

La sentì muoversi per chiudere la porta con una mano mentre con l'altro braccio la cingeva goffamente: "Ma, Candy, non sei sola, come puoi pensarlo?".

Candy alzò il viso madido di lacrime sulla sua amica che le sorrideva da dietro gli occhiali: "Vi ho visto così distanti da quando è successo... insomma, lo sai...". Distolse gli occhi, incapace di guardarla ancora.

Patty sospirò: "Candy, non è stato facile per noi, lo capisci, vero? Anthony non è solo il cugino di Stair e Archie, ma anche amico di Annie e mio. Hai idea di come sia complicato farci vedere allegri e spensierati in tua compagnia, anche se ti vogliamo bene?".

Abbassò il capo, mordendosi il labbro. "Lo so", mormorò sconfitta.

"Candy", riprese Patty mettendole le mani sulle spalle e inducendola a sedersi sul letto accanto a lei, "né io né Annie vogliamo giudicarti. Anche Archie e Stair ti vogliono molto bene, ma sai come sono fatti i ragazzi, no? Un po' come noi ragazze... siamo solidali tra noi".

Candy tirò su col naso e chiuse gli occhi, poi le chiese seria: "E tu e Annie siete solidali? No, aspetta... non rispondere subito. Lo so. So che Terence non è Anthony e che tra loro due c'è un abisso. Ma io ho avuto modo di vedere in Terry un lato sensibile che ha mostrato solo a me. E Anthony... lui desiderava che diventassi una signora. Una vera signora e io non so se ne sarò capace!".

Patty rimase a guardarla senza espressioni evidenti sul viso e la sua reazione la spiazzò. Quando parlò, aveva quasi un tono severo: "Candy, sono una ragazza molto semplice e timida, mi conosci. Mi sono avvicinata a Stair per la sua affinità con me proprio in questo senso, oltre che per... beh, lo sai anche tu quanto è speciale, no?", concluse con una risatina, arrossendo un po'. "Ma ho due orecchie che ci sentono bene e quando le altre ragazze parlano di Terence o dei ragazzi in generale non nominano la sensibilità. Anthony sì che è dolce e sensibile, anche se vuole che diventi una signora, e anche se Terence avesse un lato... simile, non è certo quello che ti ha attratta".

Candy spalancò gli occhi così tanto che sentì che le sarebbero rotolati sulle guance da un momento all'altro: "Di' un po', Patty, ma tu e Annie state seguendo un corso di psicologia o di filosofia o...".

L'amica scosse la testa: "Forse ti ha detto qualcosa di simile, vero? Però ti assicuro che è una deduzione facile da trarre e se tu non fossi così coinvolta, te ne accorgeresti per prima. Di Terry non è certo la sensibilità che ti ha attratta in maniera così forte da farti allontanare da un angelo come Anthony".

"Ma è la prima cosa che ho notato in lui", quasi strillò in difesa. Candy non seppe perché, eppure capì di essere in trappola.

E glielo confermò la domanda che le pose Patty subito dopo: "E la seconda?".

Rimase per un istante a bocca aperta, presa letteralmente in castagna da quella ragazza che, con tutta probabilità, si era aperta all'amore per la prima volta con suo cugino Stair, proprio come Annie con Archie.

Sospirò, quindi ammise: "Che era un arrogante, presuntuoso e antipatico".

Patty stava annuendo: "E magari sa baciare bene".

Il gelo le afferrò le viscere e sentì il rossore salirle al volto: "Come lo sai?", chiese prima di mordersi la lingua in senso letterale, sussultando per il dolore.

"Pensi di essere l'unica che sia stata baciata da quel tipo?!".

"Dove hai imparato una cosa simile?!".

"Io... da nessuno, ho solo... mi dispiace!".

Il respiro le divenne affannato e Candy capì quanto si fosse resa ridicola. Davvero pensava che Terence avesse imparato a baciare così nel momento in cui aveva deciso di farlo con lei?

Chissà quante ragazze aveva avuto! E lei non era che l'ennesima conquista. Accigliata, Candy scosse la testa come se stesse scacciando un insetto fastidioso.

"Mi piaci, Candy. Mi piaci veramente tanto".

"Anthony mi ha detto che mi ama. E io... gli voglio molto, molto bene...".

"Vuoi che te lo dica con le sue stesse parole, così puoi decidere meglio a chi dei due tieni di più?! Anche io mi sono innamorato di te, va bene? Mi piaci e ti amo, è sufficiente così?".

"Lui ha detto che mi ama", mormorò quasi a se stessa per convincersi. Ma in qualche modo non era stata lei a indurlo a usare quelle parole? Terry non le aveva forse detto "mi piaci" come prima cosa?

"E tu gli credi, Candy?". La voce di Patty era dolce ma ferma.

"Non lo so!", sbottò esasperata, alzandosi in piedi di scatto. "So solo che voglio abbracciarlo e parlare con lui. Che voglio toccare il suo cuore e...". Si sfiorò le labbra, in un chiaro segnale, ma quando se ne rese conto lasciò cadere la mano, arrossendo.

"Oh, amica mia... sei davvero innamorata!". Patty sembrava sconvolta e stupefatta al contempo, mentre sollevava il viso per guardarla.

E adesso che cosa faccio, avrebbe voluto chiederle. Tuttavia, sapeva che non stava certo a Patty risponderle e non poteva far pesare a lei la sua piccola tragedia personale.
"Sì, lo sono, inutile negarlo. Però non voglio perdere tutti voi, capite? E Anthony... io gli voglio tanto bene...". Mentre lo diceva, Candy non poté impedire alle lacrime di salirle agli occhi.

Patty sospirò e le pose le mani sulle spalle: "Candy, questo sentimento è del tutto nuovo per te e ti sta chiaramente travolgendo. Tra le due quella forte sei tu, ma al momento sei divisa tra i sensi di colpa per Anthony e un amore che non avevi previsto. Datti tempo, respira. Rifletti bene su ciò che davvero provi e vuoi e poi decidi".

Annuì, ancora piena di dubbi e di tormenti. Non voleva pesare ancora sulle spalle della sua amica: la verità era che l'ammirava molto per la forza che stava mostrando. Le aveva detto che fra le due quella forte era lei, però al momento si sentiva come una foglia in mezzo alla tempesta, sballottata tra il senso di colpa nei confronti del dolce Anthony e quell'attrazione impetuosa verso Terence.

Due mondi opposti erano in conflitto nel suo animo.

Strinse le mani a Patty e la congedò dalla sua stanza sforzandosi di sorridere. Non poteva nascondersi per sempre o evitare i due ragazzi e i suoi amici. Davvero aveva pensato, solo qualche minuto prima, di poter attendere la fine della scuola per decidere?

A dirla tutta, il suo cuore aveva già preso la propria decisione.

Apparteneva completamente a un ragazzo ribelle con i capelli scuri e gli occhi profondi e tormentati.

 
- § -
 
 
"E così Albert se n'è andato in Africa, eh?", disse Terence rileggendo la lettera.

Candy era stranamente silenziosa quel giorno e non credeva dipendesse dal fatto che si erano visti a malapena dal rientro delle vacanze. Dal giorno in cui si erano in pratica confessati i sentimenti reciproci.

"Già... a volte penso che non riesca a mettere radici. Forse non lo farà mai. Spero tanto di rivederlo, un giorno". Il tono era così malinconico che si domandò se magari non fosse stata proprio la partenza improvvisa di Albert a mettere Candy di quell'umore strano.

"Lo spero anche io", ribatté osservandola con attenzione mentre giocherellava con la cinta del suo vestito. Seduta sull'erba, le gambe incrociate sotto la gonna, aveva un'aria vulnerabile che non le riconobbe. "Candy, mi vuoi dire cosa c'è?".

Lei si morse il labbro e Terence fu sicuro per un solo, terribile istante, che stesse per dirgli che si era pentita e che voleva ritornare da Anthony. Aveva già perso e ritrovato a malapena sua madre una volta: non avrebbe sopportato un rifiuto anche da Candy, sarebbe stato semplicemente troppo per lui.

La ragazza prese un respiro profondo e un po' tremulo, poi chiese senza mai guardarlo negli occhi, ma fissando un punto lontano davanti a sé: "Cosa significo davvero per te, Terence?".

Spalancò gli occhi, come se non avesse sentito bene: "Che domanda è? Te l'ho già detto quanto mi piaci, Candy, quanto io...".

"Esatto!", lo interruppe voltandosi finalmente verso di lui, sembrava arrabbiata e amareggiata. "Ti piaccio come ti sono piaciute tante altre ragazze prima di me?! Sono un'altra delle tue conquiste?".

Terence era sbalordito, non capiva perché Candy si fosse messa quelle strane idee in testa. Strinse i pugni: "È davvero questa l'immagine che hai di me?", le chiese senza poter nascondere il dolore.

"Io...". Adesso sembrava quasi colpevole, la sua rabbia era stata sostituita da qualcosa che gli parve imbarazzo. Poteva vederlo nelle spalle che si stringevano e nei lineamenti contriti del viso bello di lei.

"Tu cosa, Candy? Sei così spaventata dall'intensità di quello che provi per me da sperare che io sia un mascalzone?! Preferisci la sicurezza dell'amore placido del tuo Anthony a quello bruciante che mi consuma il cuore ogni volta che poso gli occhi su di te?". Senza poterselo impedire, Terence le si avvicinò fino a prenderle il volto con una mano, in un gesto di possesso quasi rude. Le sue labbra erano una tentazione peccaminosa, ma le avrebbe fatto anelare le proprie, oh, sì! Le avrebbe fatto capire quanto si sbagliava su di lui!

"Terence...". La sua voce sembrava una supplica e non pareva quella di una ragazza spaventata, piuttosto di una che desideri arrendersi e non ne abbia il coraggio. Candy stava lottando contro se stessa, era una verità ineluttabile e tangibile come il sole che tramontava alle loro spalle.

"Non capisci che tu sei la prima che mi fa sentire come se nelle mie vene scorresse il tuo stesso sangue? Che ti sento mia come se mi fossi sempre appartenuta?! Che mai, ascolta bene questa parola!", sottolineò il concetto scuotendola e affondando le dita nelle sue guance perché non distogliesse gli occhi dai propri. "Mai ho provato per qualcuna quello che provo per te?! Ho sempre vissuto da solo, con una madre che mi ha abbandonato quando ero piccolo e un padre che ha preferito risposarsi e farsi un'altra famiglia perché io ero un figlio illegittimo! Non ho mai avuto niente di mio. Non un affetto. Non un bacio. Non due occhi che mi guardassero come i tuoi in questo momento. E non ho alcuna intenzione di cambiarti o imprigionarti: adoro questo tuo fuoco, perché è lo stesso che brucia anche me!".

E, senza attendere oltre, arrendendosi al desiderio cocente che lo stava ardendo vivo, Terence la baciò. La baciò come non aveva mai avuto l'ardire di fare fino a quel momento, con una disperazione tale che di certo la stava spaventando. Poi, così come aveva cominciato, si staccò e la fissò come fosse la prima volta: Candy tremava, non sapeva se per l'intensità del bacio, della sua confessione o del suo comportamento, ma sembrava aver perso il dono della parola.

Terence la tirò in piedi con sé: "Vieni con me", le disse.

"Dove... dove mi porti?", ansimò lei mentre si lasciava trascinare via per il polso, nella sua stretta decisa ma non troppo forte. Se avesse voluto, si sarebbe potuta liberare in qualsiasi momento.

"Lo vedrai. Ti farò dimenticare quel damerino una volta per tutte!". Fu per puro miracolo che non incrociarono nessuno e Candy parve accorgersi solo a un certo punto di quella specie di corsa che si stavano dirigendo alle stalle.

"Che diavolo vuoi fare, Terence? Smettila, ti prego!". Lui non l'ascoltò e l'afferrò per i fianchi fino a farla salire sulla sua giumenta.

"Faremo un giro su Theodora finché lui non uscirà finalmente dalla tua testa!". Terence salì dietro di lei, imprigionandola tra le briglie, che teneva strette tra i pugni e il suo corpo. Partì al galoppo senza neanche darle il tempo di replicare.

 
- § -
 
 
Candy era abituata ad andare a cavallo anche da sola, ma qualcosa nel modo in cui lo stava facendo, con Terry che le premeva il torace sulla schiena, con il suo cuore che sentiva battere selvaggiamente a quel contatto... tutto le faceva girare la testa.

E le ricordò, in modo assurdo, la caccia alla volpe.

Quella nella quale Anthony le aveva detto che le avrebbe preso anche la luna e poi l'aveva baciata sulla fronte con struggente dolcezza. Quella nella quale aveva rischiato di perderlo per una sua distrazione. Quella in cui il suo amore per il ragazzo stava sbocciando in tutto il suo splendore.

In quella corsa sfrenata, nella quale Terry la premeva contro di sé a ogni sussulto dell'animale, Candy avvertì tutta la forza selvaggia dei suoi sentimenti e capì che non poteva sottrarsi a quella sorta di onda impetuosa. Perché ne era già prigioniera. Perché era già stata travolta, annegandovi.

"Ti prego, Terence, fermati!", lo supplicò, avvertendo i brividi e la vertigine esploderle nel cuore. Aveva paura, eppure era attratta da ciò che sentiva, voleva fuggire e voleva che non finisse mai.

Davvero l'amore era quello? Un continuo sentirsi precipitare senza mai avere la certezza di volare o di schiantarsi? Un costante e precario equilibrio tra l'una e l'altra cosa?

"Dimmi, dimmi che mi ami anche tu, Candy! Dimmelo che lui non è più nella tua mente!". La voce e il respiro rovente di Terence le solleticarono l'orecchio, facendole venire la pelle d'oca.

Candy seguì l'impulso del momento e, divincolandosi tra le sue braccia, girò il busto fino a poggiare le mani sul torace di Terence, sussultando quando avvertì guizzare ogni singolo muscolo, godendosi quella sensazione nuova sotto i polpastrelli. E gli catturò le labbra in un bacio che lo fece irrigidire e tirare finalmente le redini per fermarsi.
Non seppe come fosse possibile, ma le loro bocche rimasero incollate nonostante il movimento, sempre più lento, fino a che Terry non aprì la sua per approfondire il bacio, mentre Candy gli artigliava la camicia e soccombeva alla sensazione umida della lingua che la invadeva sempre più esigente.

Emise un live gemito, sopraffatta, stordita, tremante fino alle caviglie e lui si staccò, il respiro pesante e gli occhi oscurati da qualcosa che non aveva mai visto in quelli di Anthony.

Le braccia di Terence la strinsero con possessività prima che il pollice della sua mano le tracciasse il labbro inferiore con una dolcezza che non credeva potesse avere: "Dimmelo, Candy", mormorò con voce offuscata e grave, una voce da uomo che non aveva fino a qualche minuto prima.

"Ti amo", ribatté infine, roca e appassionata. "Ti amo, Terence Granchester. Non riesco più a fare a meno di te".

Quella risposta parve convincerlo e lui le sorrise, trascinandola in un bacio persino più ardente del precedente.

Ormai era persa. Ormai non c'era modo di tornare indietro: quel ragazzo l'aveva marchiata a fuoco. Che Anthony la perdonasse. Che i suoi amici la perdonassero. Che persino Dio la perdonasse, ma lei apparteneva a Terence e a nessun altro.

 
- § -
 
 
Anthony si rannicchiò contro l'albero, con le ginocchia piegate, le mani allacciate sulla nuca e nascose il viso tra le gambe, piangendo il più silenziosamente possibile. Avrebbe voluto tornare nella sua stanza per sfogarsi da solo, ma non era riuscito a fermare il dolore che gli stava lacerando in due il petto e si era rintanato nel luogo più remoto del giardino dove, sperava, nessuno lo avrebbe visto.

Era come se sua madre fosse morta di nuovo, lasciandolo solo al suo destino.

Certo, capiva che non era la stessa cosa, ma di sicuro aver avuto l'amore di Candy per quei mesi lo aveva rinfrancato parzialmente da quel vuoto che provava da quando era rimasto orfano e vedeva di rado persino suo padre.

Strinse gli occhi, lamentandosi piano mentre le lacrime gli colavano sul viso cadendo sull'erba, pensando che non avrebbe mai dimenticato l'immagine di Candy e Terence che si baciavano: era quella la passione che lei desiderava? Quella possessività così lontana dalla gentilezza che non aveva nulla del proprio carattere? Quella libertà che lui le aveva negato? Le sue rose Dolce Candy erano solo una sciocca trovata romantica? Che illuso era stato!

Candy era una ragazza dolce e sensibile che nascondeva un animo forte, forse era stato cieco a non rendersi conto subito che, prima o poi, sarebbero diventati incompatibili. Per quanto lui la baciasse e l'adorasse, non avrebbe mai avuto lo stesso modo di fare irruento e deciso di quel Terence. Né le avrebbe potuto offrire la stessa vita, perché a differenza di quel Granchester non aveva affatto rinnegato la propria famiglia.

Si era quasi convinto che la lontananza tra loro, al ritorno dalle vacanze, avrebbe fatto tornare Candy sui suoi passi, soprattutto perché non gli era più capitato di vederli insieme. Ma ora, l'immagine di lei e Terence a cavallo, allacciati in quel modo che sfiorava i limiti della decenza, aveva fatto crollare miseramente ogni sua speranza.
L'aveva persa, persa per sempre. Ed era quasi certo che la maggior parte della colpa fosse sua.

Anthony tentò con somma disperazione di controllare i singhiozzi che gli scuotevano il corpo come i brividi di una febbre violenta quando udì dei passi sull'erba. Non voleva che nessuno lo vedesse ridotto così, aveva già perso gran parte del suo amor proprio assieme a un pezzo di cuore e voleva solo rialzarsi da quel baratro con dignità.
Mentre si asciugava il viso con un braccio, la voce femminile alle sue spalle lo fece sussultare: "È molto doloroso per me vederti così, caro Anthony. E tutto a causa sua!".
Avrebbe preferito che fossero stati Archie o Stair: diamine, persino da una delle loro ragazze avrebbe accettato di farsi scoprire mentre piangeva come un bambino. Ma non da lei! Non da quella serpe di Eliza Lagan.

Frustrato e furioso, Anthony si alzò in piedi continuando a darle le spalle: non le avrebbe dato la soddisfazione di mostrarle gli occhi rossi e gonfi. "Non sono affari che ti riguardano", disse con il tono più duro che la rabbia gli permise.

Quasi sussultò quando sentì le mani di lei sulle spalle: "Ma io voglio solo dimostrarti che puoi ancora aprire il tuo cuore! Il mio ti appartiene già, lascia che guarisca le tue ferite...". Aveva persino posato la fronte sulla sua schiena.

Fu quell'ultimo gesto a farlo esplodere.

Si voltò di scatto, allontanandola con una spinta: "Non mi toccare, Eliza! Non starei con te neanche se fossi l'ultima ragazza sulla faccia della Terra, te l'ho già detto!", gridò mentre lei arretrava con aria indignata.

Il suo volto era una maschera di furia, ora: "Come puoi preferire quell'orfana, che ti ha tradito in maniera tanto ignobile, a me! Come puoi non accorgerti della fortuna che hai nel poter contare sul mio amore disinteressato!?".

Nonostante il dolore ancora vivo e le lacrime che si stavano asciugando, Anthony proruppe in una risata amara: "Pensi davvero di essere migliore di lei? Tu, che insieme a tuo fratello l'hai trattata come spazzatura per tanto tempo? Candy almeno è stata sincera e mi ha amato davvero". Le voltò le spalle, avvertendo di nuovo la fitta della disperazione.

"Quella sgualdrina sta trattando te come spazzatura, possibile che tu sia così cieco?!", gridò Eliza facendogli ribollire il sangue.

Accecato dalla rabbia e dal dolore, si voltò ancora per fronteggiarla e le fu davanti in due passi. Senza pensare, la schiaffeggiò, strappandole un urlo di sorpresa: "Non osare chiamare Candy a quel modo, vipera! Anche se si è innamorata di un altro, lei sarà sempre mille volte migliore di te, ricordatelo!".

Tremando dalla testa ai piedi, sentendo nuove lacrime bruciargli negli occhi, Anthony la superò mentre lei si accarezzava la guancia offesa con la sua boccaccia spalancata e si diresse verso i dormitori. Si accorse a malapena che aveva urtato Stair, che il cugino gli stava chiedendo cosa fosse accaduto, se potessero parlare e poi la sua voce spegnersi quando si rese conto che lui non rispondeva e continuava la sua marcia.

Fu solo quando si fu richiuso la porta alle spalle che, alla fine, Anthony Brown riuscì a piangere per lei. In cuor suo, però, giurò che sarebbe stata l'ultima volta.

 
- § -
 
 
Africa, Kenya, autunno 1913

Il suo viso entrava senza permesso nei propri sogni, ogni notte. Credeva di averlo rivisto nel volto di Catherine, l'infermiera con cui lavorava fianco a fianco: a volte si sorprendeva a guardarla di nascosto e fu in una di queste occasioni che i loro sguardi s'incontrarono.

"Che c'è, ho qualcosa sulla faccia?", disse lei con un lieve rossore che le imporporava le guance. Era bella, su quello non aveva dubbi. Ma non era Candy.

Imbarazzato, Albert distolse lo sguardo da quegli occhi verdi solo leggermente più scuri di quelli della ragazza che gli aveva rubato il cuore: "No, scusami. È che mi ricordi una persona", ammise in un sussurro.

Catherine richiuse con cura il kit di pronto soccorso riponendo alcune garze pulite e fece un sospiro: "Vuoi parlarmene? Qualcosa mi dice che quegli occhi malinconici hanno a che fare proprio con lei".

Albert raddrizzò la schiena, sfilandosi lo stetoscopio: "Occhi malinconici? Di che parli?", chiese con una punta di divertita indignazione. Non lo avevano mai definito malinconico, neanche quando era un ragazzo e aveva già perso suo padre e sua sorella.

Lei fece spallucce: "La sera, dopo che abbiamo finito di lavorare, ti metti seduto in riva al fiume con Poupee e sembra che i tuoi pensieri ne seguano il corso fino in America, anche se non ci arriva".

Rabbrividì: nessuno gli aveva mai letto dentro in quel modo, forse neanche Georges. Si alzò in piedi, sentendosi scoperto: "Qui sto molto bene. Mi sento utile e sto facendo esperienze che nel mio Paese non avrei mai potuto neanche sognare di fare. Ma è inevitabile che ogni tanto mi vengano in mente luoghi a me familiari. E il fiume... beh, il fiume mi porta dei ricordi".

Una bambina, sola e disperata, che precipita con la sua barchetta. Il suo messaggio in una bottiglia nel quale mi dice che la stanno per mandare in Messico.

"E sono... ricordi piacevoli?", chiese lei inclinando un po' la testa, cercando il contatto visivo e trovandolo.

Albert sorrise: "Sì, e tu sei una gran curiosona", la stuzzicò. Catherine arrossì e il discorso fu troncato lì.

L'ultima volta che aveva visto Candy lei aveva quasi quattordici anni e, pur riconoscendo che di fronte a lui era ancora solo una ragazzina, non poteva fare a meno di avvertire come il sentimento di affetto e protezione fraterni che lo avevano spinto a prendersi cura di lei stessero lentamente mutando in qualcosa di troppo grande.

Immorale, forse quella era la parola adatta.

Nonostante fosse conscio che molte ragazze si sposavano ancora adolescenti, non avrebbe mai permesso al proprio cuore di innamorarsi della sua protetta che aveva ben undici anni meno di lui.

Ma sembrava che più tentasse di allontanarlo e più il ricordo di Candy, così indipendente e più adulta della sua età anagrafica, s'insinuasse a fondo nella sua anima.

L'anno prossimo, se deciderò di tornare, lei avrà quindici anni.

Scosse la testa con vigore, scacciando con forza quel pensiero che non aveva ragione di esistere. E fu allora che l'uomo entrò precipitosamente nella capanna, urlando frasi incomprensibili.

Vide gli occhi di Catherine spalancarsi: trovandosi lì da più tempo di lui, aveva di sicuro capito il senso di quella che sembrava un'emergenza, ma Albert poteva giurare di aver udito le parole "donna" e "parto".

"Sua moglie ha le doglie ma dice che è presto!". Sul suo viso, di solito composto, poté cogliere un'espressione di terrore.

"Dove vive quell'ostetrica? La volontaria che viene dalla Francia!", chiese Albert senza perdere tempo.

Catherine parve pensarci un attimo: "L'ultima volta è stata vista al villaggio sulle montagne... che vuoi fare? Sono almeno cinque ore di cammino!".

"Prenderò uno dei cammelli selvatici della tribù", disse con fare pratico, infilandosi la giacca smanicata e controllando che ci fosse una buona scorta d'acqua nella borraccia. "Tu raggiungi le donne e cerca di rimandare il parto il più possibile".

"Va bene... va bene", rispose lei con tono pratico, legandosi meglio i capelli e seguendo l'uomo fuori dalla capanna. "Buona fortuna!", gli gridò.

Ne avrò bisogno, Dio solo sa se ne avrò bisogno. 

Correndo come il vento, Albert salì in groppa a quello che gli dissero essere il cammello più veloce e sperò che avessero ragione.

 
- § -
 
 
"Avanti, forza! Un ultimo sforzo, bello, ti prego!". Era la quarta volta che Albert cercava di far rimettere in piedi il suo compagno di viaggio, ma evidentemente era stremato. Le lunghe salite per inerpicarsi tra le montagne e, sospettava, la marcia cui era stato sottoposto l'animale neanche due giorni prima per gli approvvigionamenti, dovevano averlo portato al limite.

Non avrei dovuto chiedere il cammello più veloce, ma il meno stanco.

Passandosi le mani tra i capelli nei quali si era depositato un leggero strato di sabbia del deserto misto al sudore, Albert carezzò il muso dell'animale: "Va bene, amico, hai ragione. Da qui in poi proseguo da solo". Con un sospiro nervoso, Albert guardò in direzione delle montagne e calcolò mentalmente che ne avrebbe avuto per almeno altre dieci miglia.

Nonostante i sentieri ripidi e tortuosi poteva farcela, se manteneva un passo svelto.

Partì di buona lena sotto al sole inclemente che, per fortuna, in quella stagione non picchiava come qualche mese prima. Alla lunga, però, complice il clima umido della zona, Albert cominciò ad avvertire sempre più spesso il bisogno di bere: sapeva che la stagione delle grandi piogge non era quella e che, visto il cielo limpido sotto al quale oziava qualche gnu di passaggio, molto difficilmente sarebbe piovuto.

Alla fine di una lunga salita aprì la borraccia e bagnò un poco le labbra che stavano cominciando a spaccarsi per la mancanza d'acqua, trattenendo l'impulso di scolarla in due lunghi sorsi.

Scacciando con fermezza le immagini del fiume che scorreva a qualche miglio di distanza e persino del lago Michigan che gli si insinuavano nella mente, Albert s'inerpicò coraggiosamente fino al limitare del villaggio mentre il sole raggiungeva lo zenit. Giunto a destinazione, si rese conto di quanto fosse sfinito e quasi si accasciò al suolo, vinto dalla sete e dalla lunga scalata.

Per fortuna il capo villaggio aveva già avuto modo di conoscerlo, così nessuno parve troppo spaventato dalla visione di un uomo bianco con i capelli dorati sporchi e in disordine che sembrava aver appena affrontato una mandria di bufali africani.

A gesti, Albert indicò che aveva urgente bisogno dell'ostetrica per una donna che stava per avere il suo bambino nel villaggio ai piedi della montagna. La donna stava uscendo da una tenda, pulendosi le mani sporche di sangue su un panno pulito e lui deglutì: probabilmente era appena intervenuta su un'altra partoriente.

In francese, le spiegò la situazione e fu sollevato quando seppe che potevano partire subito e che la puerpera sarebbe stata lasciata alle cure delle donne.

"Abbiamo dei cavalli!", esclamò la donna nella sua lingua, indicandone un paio che brucavano una striscia d'erba.

E così, il tempo necessario a riempire la borraccia, Albert e Annette partirono al galoppo, fino a raggiungere il luogo dove era ancora fermo a riposare il cammello con il quale lui aveva percorso parte della strada.

"Ha fatto la strada a piedi da qui?!", domandò la donna, palesemente colpita. Lui si strinse nelle spalle.

"Sa come arrivare al villaggio? Vorrei riportare indietro questo povero animale", le chiese rallentando.

"Certo, non si preoccupi. Ci vediamo laggiù!" ribatté lei senza perdere altro tempo e proseguendo sulla strada per il ritorno.

Con un sospiro di sollievo, Albert si concesse un altro lungo sorso d'acqua e, le briglie del cavallo in una mano e quelle del cammello nell'altra, si dispose a rientrare a sua volta. Solo quando il cammello diede segno di aver recuperato abbastanza energie si dispose a risalire sul cavallo per trainarlo a una velocità più sostenuta.

Quando arrivò al villaggio gli fu subito chiaro che era andato tutto storto e scese dall'animale sentendo all'improvviso tutta la stanchezza gravargli nelle membra. Aveva già visto morire degli uomini e delle donne, ma non credeva di essere pronto a scoprire sulla propria pelle che anche un bambino, che nella civilissima America avrebbe avuto molte più chance di sopravvivere, in quel Paese si era semplicemente arreso alla mancanza di strumentazioni.

Come una specie di fantasma, sporco di sabbia e viscido di sudore per la corsa, Albert ebbe conferma della verità quando entrò nella tenda di Catherine, china con le mani poggiate sul piano di lavoro. Accanto a lei, l'ostetrica francese si stava rimuovendo un camice così lordo di sangue, che quello che aveva visto poche ore prima sulle sue mani sembrava nulla in confronto.

Per uno sgradevole istante, Albert avvertì una fitta di nausea alla bocca dello stomaco e dovette distogliere lo sguardo.

"Non dirmi che un omone come te sviene alla vista del sangue, vero?", chiese lei con voce stanca, passando naturalmente a dargli del tu nel suo francese delicato.

"No", quasi mentì con voce roca, "ma non ne ho mai visto così tanto. Cosa è successo?".

I gesti secchi di Annette nel gettare via quel camice segnato dalla morte gli indicarono che, nonostante la sua compostezza, neanche lei era ancora del tutto immune alle tragedie che potevano consumarsi in quei luoghi dimenticati da Dio.

"Il bambino era prematuro e stava nella posizione sbagliata. Insieme a Catherine e alle donne abbiamo cercato di tenere in vita la madre mentre le praticavamo un taglio per farlo uscire, visto che aveva due giri di cordone ombelicale intorno al collo. Abbiamo cercato di salvarli entrambi, ma non avendo possibilità di effettuare trasfusioni, a un certo punto abbiamo dovuto scegliere il bambino. Lei ripeteva il suo nome. Amir. Quando finalmente lo abbiamo tirato fuori abbiamo provato a rianimarlo per mezzora prima di arrenderci: gli mancavano ancora almeno sei settimane e non avevamo certo un'incubatrice". Su quell'ultima frase, Annette si strappò via un guanto con un gesto stizzito ed emise un respiro tremulo.

Le spalle di Catherine cominciarono a scuotersi e lui iniziò a sentirsi a disagio: non aveva parole di consolazione per quelle donne così forti eppure così fragili, ma giurò a se stesso che avrebbe fatto giungere quanto prima, oltre alle solite medicine, anche altre attrezzature utili in quello e in tutti i villaggi vicini.

"Ha bisogno che la riaccompagni, miss Annette?". Lei volse su di lui i suoi occhi cerchiati, aggrottando le sopracciglia e Albert capì che aveva parlato in inglese. Scosse la testa, frustrato, e ripeté la domanda in francese.

"Tranquillo, avevo capito. No, grazie, comunque. Il capo villaggio mi ha offerto un posto dove dormire stanotte. Grazie per quello che hai fatto, Albert". Gli pose una mano sul braccio e lui chiuse gli occhi.

"Mi dispiace", riuscì solo a dire, prostrato.

"E di cosa? Sono eventi che accadono più spesso di quanto pensi. Il lavoro che svolgi qui sui ragazzini e sugli animali è la parte più facile. Tu vedi le persone più fortunate, che nella migliore delle ipotesi soffrono di febbre gialla o di dissenteria causata dalla malnutrizione. Se sopravvivono è già una vittoria". Con queste parole, la donna emise un altro breve sospiro e se ne andò, lasciandolo solo con Catherine.

Di spalle, mentre singhiozzava con tutta la discrezione che poteva, somigliava tanto a Candy che gli venne quasi spontaneo prenderla fra le braccia per consolarla. Sapeva che era pieno di sabbia e di certo non aveva un buon odore, ma lei non parve farci caso e gli si aggrappò al petto lasciandosi andare a un pianto dirotto.

La cullò per lunghi minuti, senza dire nulla: era la prima volta che la vedeva crollare, ma non la giudicò affatto.

"Perdonami", disse quasi in riflesso ai suoi pensieri, "sono una professionista e non dovrei... ma era così piccolo... e la madre non faceva che chiamarlo...", balbettò asciugandosi gli occhi.

"Lo so, lo so. Sei una donna molto forte, Catherine, ma sei anche umana. Piangi se ti fa stare meglio". Lei tirò su col naso e alzò gli occhi per guardarlo.

In quel momento gli parve bellissima e i suoi occhi sembravano smeraldi su cui fosse appena caduta una pioggia inclemente, le labbra e le guance rosse per il pianto. Calamitato da quel viso così diverso eppure così simile a quello di una ragazzina che gli stava sempre più rubando il cuore, Albert abbassò il volto verso di lei e asciugò quelle lacrime con le dita.

"Non lasciarmi sola. Non stasera". Il mormorio era così indistinto e basso che Albert pensò di averlo immaginato.

Sbatté le palpebre, incredulo: "Catherine, hai bisogno di andare a riposare e io di darmi una bella lavata", disse con un leggero sorriso.

"Ti prego, lo so... so chi sei e che non provi per me quello che vorrei. Io stessa non so... non so bene... ma non negarmi le tue braccia. So che lo desideri anche tu". La sua voce era quasi una supplica e le mani gli stringevano la giacca quasi con disperazione.

Albert fece un lungo sospiro: "Non voglio rovinare una bella amicizia, Catherine, e tu sai che è questo che ci unisce, giusto?".

"Rimarremo amici. Rimarremo colleghi. Ma siamo soli in mezzo al nulla, immersi in bilico tra la vita e la morte ogni giorno. Cosa abbiamo da perdere? Ti giuro che non pretenderò mai nulla da te, so che il tuo cuore è di un'altra". A quelle parole, Albert s'irrigidì.

"Smettila con questa storia, Catherine", le disse più duramente di quanto avrebbe voluto. Poi, in tono più morbido: "Vado al fiume". Non aggiunse "ci vediamo dopo" e neanche gli parve che suonasse come un invito, così non seppe come lei riuscì a raggiungerlo in quel luogo nascosto dove si ritirava al calar del sole per nuotare nelle acque tiepide a lavarsi via il calore della giornata.

Eppure, mentre la vedeva nuotare con i lunghi capelli che la seguivano sul pelo dell'acqua nell'ansa più isolata di quel fiume discreto, Albert capì che era il momento di concedersi un po' di dolcezza. Non avrebbe pensato a Candy, avrebbe fatto di tutto per tenere lontano da lui l'immagine di quelle lentiggini e di quel sorriso. Eppure, mentre faceva l'amore con Catherine, senza fretta, lasciandole il tempo di bearsi di quella loro unione così speciale, la visione fugace di lei lo costrinse ad annegare negli occhi spalancati di Catherine per coglierne la differenza.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy.

 
- § -
- § -
- § -
 
 
 
Londra, autunno 1913

"Smettila di camminare, mi stai facendo venire il mal di testa!", borbottò Neal dando un morso alla mela e appoggiandosi al tronco dell'albero alle sue spalle.

"Ma non capisci?!", lo fronteggiò Eliza esasperata. "Ora che Anthony è libero potrei essere io la sua fidanzata, ma finché quella Candy gli ronza intorno, lui non avrà occhi che per lei!".

Il fratello approfondì il cipiglio, smettendo di masticare: "E tu sei davvero convinta che gli ronzi intorno? A dire la verità le poche volte che l'ho vista era sempre in compagnia di quel Terence".

"È proprio questo il punto!", ribatté allargando le braccia. "Li vede insieme e si strugge, si ricorda di ciò che è stato e rimane cieco davanti all'unica donna che lo ama veramente!".

A quella frase, Neal scoppiò a ridere forte ed Eliza poté notare la mela mezzo masticata nella sua bocca spalancata. Fece una smorfia disgustata e incrociò le braccia al petto, accigliandosi.

"Tu lo ami veramente? Dici sul serio? A me ricordi solo il racconto della volpe e dell'uva", commentò alzando le spalle e deglutendo il boccone.

"Che vuoi dire?!", quasi ringhiò.

Neal, però, non parve colpito dalla sua rabbia: "Voglio dire che dai l'impressione di volerti accaparrare tutti i ragazzi che s'innamorano di Candy. Finché ci trovavamo in Scozia sospiravi anche tu per Terence, mentre ora che non puoi più averlo sei tornata a prestare la tua attenzione ad Anthony. Ma temo che ti sia andata male lo stesso!".

Mentre Neal ricominciava ridere, Eliza avvertì il sangue affluire al volto, la rabbia che diventava una sorta di melassa densa che le scorreva nelle vene. Dovevano essere tutti ciechi per non rendersi conto di quanto poco contasse quell'orfana e non accorgersi del valore di Eliza Lagan.

Ma Eliza Lagan è anche molto intelligente e sa come giocare le proprie carte...

Portò una mano chiusa a pugno sul mento, restringendo le palpebre e sostituendo la rabbia con fredde riflessioni: un'idea cominciò a prendere forma nella propria testa e... oh, aveva così tante sfumature che si complimentò con se stessa prima ancora di articolarla per bene!

"Sai, Neal", cominciò in tono gelido e discorsivo. "Terence è un bel ragazzo, ma è anche molto sfacciato. E Candy, con le sue origini, potrebbe davvero essere una ragazza libertina".

Il ragazzo rallentò il processo di masticazione e inarcò le sopracciglia: "Davvero la pensi... oh, capisco". Sorrise, comprendendo di certo che si sarebbe occupata lei stessa di fare in modo che sembrasse così.

"Quei due", disse accennando col mento verso la scuola, "s'incontrano di nuovo di nascosto. Sarebbe molto sgradevole se accadesse di notte e in un luogo isolato. Persino Anthony ne rimarrebbe sconvolto".

"Già, sarebbe una situazione davvero compromettente, non c'è che dire!". Neal lanciò in aria il torsolo e lo riprese al volo, cominciando ad avviarsi verso la scuola: i rintocchi della campana annunciavano che la pausa era terminata.

Eliza si riavviò i capelli e lo affiancò: "Bene, credo che oggi sarò impegnata a scrivere". Pregustando quel momento, immaginando già il tenore dei messaggi, sentì una fitta di eccitazione nel petto.

In un colpo solo, se tutto fosse andato bene, si sarebbe liberata di Candy, vendicata di quell'arrogante di Terence e conquistato Anthony.

 
- § -
 
 
L'aria fredda della notte sembrava penetrarle nelle ossa e Candy si strinse addosso il cappotto che aveva infilato direttamente sopra alla camicia da notte con una mano, facendosi luce con la lanterna che sorreggeva nell'altra.

Vieni nelle stalle, devo dirti una cosa importante
Terry

Non ci aveva pensato due volte a uscire dopo aver ricevuto quel messaggio sotto la porta e quando infine arrivò all'entrata, il battente si aprì con un cigolio che aveva qualcosa di sinistro: per un breve istante, ripensò alla cavalcata con lui in pieno giorno, a contatto con il suo corpo, e il desiderio di rivederlo fu più forte della prudenza.

"Terence...?", lo chiamò e la luce di un'altra lanterna provenne dall'interno.

"Sono qui". Il suo viso, alla luce fioca, sembrava più giovane e quasi sperduto.

"Perché mi hai fatta venire?", chiese dalla soglia.

Lui sbatté le palpebre, facendo un paio di passi che fecero frusciare il fieno sotto i suoi piedi: "Sei tu che mi hai scritto che avevi qualcosa d'importante da dirmi".

Il momento in cui negli occhi di Terence vide riflessa la propria comprensione, Candy capì di essere perduta. Non si stupì molto quando alle sue spalle tuonò la voce di suor Gray, ovviamente seguita da quella di Eliza. D'istinto, si avvicinò al ragazzo e si scambiarono uno sguardo allarmato.

"Siete il disonore della scuola!", disse la religiosa alzando su di loro una lanterna che sembrava bruciare di tutte le fiamme dell'inferno. E il demone che l'accompagnava era Eliza, il cui sorriso aveva in effetti qualcosa di mefistofelico.

"Quindi è vero quello che si dice: vi incontrate qui tutte le notti!", insinuò con le braccia incrociate e lo sguardo pieno di malizia.

Candy aprì la bocca per accusarla e si sentì morire: cosa avrebbero raccontato al prozio William? E cosa avrebbe pensato di lei Anthony? Al suo fianco, anche Terence stava facendo le sue deboli rimostranze, ma non c'era nulla che potesse scagionarli e in breve furono separati da una furente suor Gray assieme ad altre sorelle che rimanevano mute quasi fossero pietrificate da tanta indecenza.

Non abbiamo fatto niente di male, non è giusto!

Fuori dalla stalla, la temperatura le parve persino scesa di svariati gradi e, con orrore, Candy si accorse che, mentre Terence veniva riaccompagnato verso la scuola, lei veniva condotta in un angolo nascosto del giardino. Sotto le pantofole che non aveva neanche cambiato, sentiva scricchiolare le foglie secche e sulle caviglie pizzicare l'erba alta. La costruzione bassa aveva tutta l'aria di essere un magazzino chiuso da una pesante porta di ferro e la visione da incubo fu completata dal sibilo di Eliza che, prima di andarsene su ordine di suor Gray, disse: "Questo è il posto che ti meriti".

Il tonfo del massiccio uscio le parve tanto definitivo che Candy fu quasi sicura che avrebbe svernato lì dentro, ammalandosi per il freddo e gli stenti. Sedette a terra, sconfitta, appoggiando la schiena e rannicchiandosi contro il muro di nudi mattoni. Appoggiò la lanterna al suo fianco, su una cassetta di legno che rappresentava il comodino. Per giaciglio, del fieno secco.

Dalle stelle alle stalle e tutto per colpa di Eliza!

No, forse non era corretto, rifletté mentre si avvolgeva le braccia intorno nell'inutile tentativo di riscaldarsi. La colpa era stata sua e anche di Terence, per aver creduto a un biglietto simile. Per quanto fosse forte il sentimento che li legava, nessuno dei due avrebbe messo in pericolo l'altro attirandolo fuori della scuola di notte. A dirla tutta, forse era stato pericoloso persino saltare tra gli alberi per raggiungere le stanze dei ragazzi, anche se Candy cercava di farlo sempre dopo la ronda notturna.

Quella sera, invece, si era lasciata incastrare come una novellina e la cosa peggiore era che Eliza avrebbe potuto raccontare chissà cosa ai suoi amici! Non che non si fidasse del loro buon senso, ma di sicuro avrebbe alimentato il dubbio sulla sua reputazione, nonché su quella di Terry, e ciò poteva rivelarsi un guaio di dimensioni epiche.

Neanche il cappotto la scaldava più, ormai il gelo era arrivato fin nell'anima. Era davvero tutto finito? Sarebbe rimasta imprigionata fino a che non avessero deciso di cacciarla? Avrebbe dovuto tornarsene in America con la coda tra le gambe, additata come una ragazza poco seria, ripudiata dalla famiglia Ardlay e senza neanche poter rivedere i suoi amici: quel pensiero la fece piangere e s'impose di non essere tanto pessimista.

Forse l'avrebbero ascoltata e suor Gray si sarebbe premurata di sentire le versioni sua e di Terence prima di prendere decisioni drastiche. Sì, doveva essere così!
Non era a quel costo che voleva guadagnarsi la liberta, deludendo chi credeva in lei.

In breve, il torpore s'impossessò del suo corpo infreddolito e il sonno la reclamò, precipitandola in un oceano oscuro e senza sogni.

 
- § -
 
 
Anthony non stava dormendo, ma il trambusto che sentì lo fece accorrere nel corridoio: un senso di panico gli avvolse le viscere quando vide la porta della stanza di Terence aperta e Stair sulla soglia, che affermava di essersi sbagliato sul suo conto.

Le gambe lo portarono all'interno della camera, dove Terence si stava rialzando e Archie lo fronteggiava con i pugni chiusi e il corpo teso, in una chiara postura che indicava il colpo appena dato.

"Non sono stato io", disse Terence riprendendo la posizione eretta e mostrandogli un foglio.

"Cosa è successo?", domandò palesando la sua presenza e facendoli voltare tutti contemporaneamente. Lo fissarono come se fosse un fantasma e fu Stair a rispondergli.
"Candy è stata rinchiusa nella cella di punizione della scuola", disse come se fosse in imbarazzo.

Anthony si sentì mancare e si appoggiò allo stipite, quindi fece pochi passi e raggiunse Terence, pronto a emulare suo cugino: non ci voleva un genio per capire che la colpa era sua e se persino Archie lo aveva colpito...

"Eliza ci ha teso una trappola". Terence non si era scostato e non cercò di evitare il colpo, tuttavia quella frase lo bloccò. Stava perdendo la ragione: la sua Candy rinchiusa in quel luogo di cui aveva a malapena sentito parlare dai suoi compagni in storie che sfioravano l'horror? Possibile che, da quando lo aveva lasciato, Candy si mettesse ancora di più nei guai?

Gli strappò di mano il foglio e capì ciò che i suoi di colpo taciturni cugini parevano non avere il coraggio di confessare: "Vi siete... incontrati in piena notte nelle stalle? E vi hanno colti sul fatto?!".

"Stavamo solo cercando di capire chi potesse averci teso un tranello simile e la colpevole è arrivata con un tempismo perfetto con cinque suore al seguito, tra cui suor Gray", spiegò senza fare neanche il cenno di indietreggiare e guardandolo dritto negli occhi.

Stava ancora decidendo se fidarsi o meno, visto che conosceva bene quella vipera di Eliza, quando Archie parlò alle sue spalle: "E perché dovremmo crederti?".

Terence fece una smorfia di fastidio arricciando le labbra: "Se non mi credete venite con me a liberarla. Stavo proprio per uscire quando il damerino è venuto qui e mi ha preso a pugni. E a quanto pare si è portato la cavalleria".

"Posso stenderti benissimo anche da solo", grugnì Archie.

"Lo stesso vale per me", confermò Anthony. "Ma non lo faccio solo per un motivo, Granchester: ed è che voglio liberare io Candy, ma parlando con suor Gray, non rischiando di metterla ancor più in cattiva luce facendola fuggire. Qualcosa mi dice che sei la peggior disgrazia che potesse capitarle".

Il silenzio calò pesante nella stanza e Anthony comprese di essere a un bivio. Nessuno lo avrebbe fermato se avesse colpito Terence, perché nonostante non fosse il diretto colpevole, in qualche modo Candy era stata imprigionata a causa della relazione che aveva intrecciato con lui. La mascella del ragazzo si contrasse e anche i suoi pugni si strinsero: colui che gli aveva rubato il cuore di Candy non pareva disposto a farsi insultare senza reagire.

Il momento sospeso passò e, quasi tremando per lo sforzo di contenersi, Anthony disse: "Dobbiamo pensare a Candy, ora".

Il suo avversario rilassò le spalle e annuì: "Sono d'accordo".

"Se andiamo adesso da suor Gray rischiamo di farla infuriare ancora di più e peggiorare la situazione di Candy", si fece avanti Stair. "Io credo sia meglio aspettare domattina".
"E farla dormire in quel tugurio col rischio che le venga una polmonite?!", scattò Archie, mentre stava per dire lo stesso.

"Credo... che non abbia tutti i torti, per quanto mi costi ammetterlo. Suor Gray sembrava pronta a cacciarla stanotte stessa. Forse, se andiamo da lei domattina molto presto, sarà più disposta ad ascoltarci. Ammesso che ci creda". Anthony si volse per affrontare Terence e, senza più seguire la ragione, lo afferrò per il collo della camicia, strattonandolo.

Incollò lo sguardo al suo e i loro nasi quasi si sfiorarono: "Se Candy si ammala o viene espulsa dalla scuola, ripudiata dallo zio William o anche solo derisa ancora una volta per colpa tua da Eliza, giuro che stavolta ti pentirai di aver conosciuto questo coltivatore di rose che sembra venire dal secolo scorso!", gli sibilò lasciandolo andare di scatto con una spinta.

Terence barcollò per un solo istante, quindi si risistemò la camicia fissandolo con serietà: "Credimi quando ti dico che fare del male a Candy era l'ultima cosa che volevo".
Anthony lo guardò con disprezzo e sentì una mano toccarlo sul braccio: "Andiamo, non abbiamo più niente da fare qui. Questa lettera è la prova che Candy è stata incastrata, suor Gray dovrà perdonarla. E se Eliza negherà, noi saremo pronti a ribattere per convincerla che è la sua grafia", disse Stair. Ma, mentre usciva dalla stanza, Anthony non distolse gli occhi dai suoi, in una muta conversazione, e si accorse che anche Archie stava facendo lo stesso. L'unico a rimanere serio e composto fu Stair, che li indusse a tornare nelle proprie stanze.

Tuttavia, Anthony seppe che quella sarebbe stata una delle notti più lunghe della propria vita.
 
 
- § -
 
 
Poteva liberarla in qualche modo e fuggire con lei, oppure restarsene lì seduto contro il freddo muro esterno trasmettendole la sua vicinanza, anche se lei non poteva saperlo. Stava già dormendo? Tremava per il gelo e il timore di deludere lo zio William? Terence non lo sapeva, ma era convinto che non avesse paura. Non la sua Candy, così forte e coraggiosa, così sprezzante del pericolo ma amante della vita. Candy, che poteva arrampicarsi su un albero come una scimmietta ma desiderava rendere felici le persone attorno a sé.

È per questo che ha titubato a lungo prima di lasciare quell'Anthony...

E adesso? Eliza aveva rovinato ciò che tra loro era appena cominciato: perché se davvero Candy avesse passato dei guai, lui non l'avrebbe più rivista. Che senso aveva restare in quella scuola se non aveva la sua piccola Tarzan Tuttelentiggini accanto?

Se fossi più grande, ti porterei via con me.

Guardando il cielo nero punteggiato di stelle, dove qualche nuvola viaggiava pigra tentando di oscurarle, Terence capì che aveva una strada sola davanti a sé: un via che gli avrebbe consentito di salvare Candy e realizzare anche il suo sogno. Ma per farlo, al momento doveva rinunciare a lei e quello sì che faceva male. Era come se si stesse pugnalando all'altezza del cuore.

Nessuna nube deve oscurare Venere.

Non avrebbe permesso che una serpe come Eliza oscurasse la luce fulgida di quella ragazza che vibrava quasi di luce propria.

"Sono qui, Candy. Ti aiuterò io", mormorò nella notte, respirando l'aria fredda e chiudendo gli occhi. Chissà se lei poteva sentirlo nei suoi sogni.

 
- § -
 
 
Stair stava parlando con Archie della sua nuova invenzione per liberare Candy, qualora suor Gray non avesse creduto alla loro versione, ma lui non lo stava più ascoltando.
Anthony aveva deciso che non avrebbe più sofferto per lei, tuttavia vivevano a pochi passi di distanza, in quel collegio che sembrava enorme eppure non lo era. E quello che era accaduto la sera prima aveva gettato un'ombra cupa nel suo cuore.

Anche se si trattava solo di una trappola di Eliza, sapere che Terence si era incontrato da solo con Candy nelle stalle in piena notte lo stava rendendo furioso, irrazionale, quasi non conoscesse affatto la ragazza dolce e gentile di cui un giorno si era innamorato.

La gelosia lo aveva roso tutta la notte, perché si era ripetuto mille volte che se Candy non si fosse innamorata di quel bellimbusto non si sarebbe mai ritrovata in un guaio simile.

Deciso a chiarire subito le cose, si volse verso Archie e Stair, immersi in una conversazione in un angolo del giardino. Stava per obiettare che era inutile prepararsi discorsi troppo complessi, tanto valeva andare subito da suor Gray con quel foglio e vedere come avrebbe reagito, quando vide proprio lui, Terence Granchester, avanzare verso di loro con le mani in tasca e l'espressione cupa di chi abbia perso qualcosa d'importante.

Non l'hai avuta che per poco tempo e le hai già rovinato la vita!

Non si accorse di marciare verso di lui con intenzioni bellicose finché non sentì qualcuno trattenerlo per un braccio: "Ehi, cugino, ricordati come abbiamo deciso di agire, prima di fare di nuovo a pugni con lui e rimetterti nei pasticci: vogliamo che suor Gray ci ascolti, no?", gli rammentò Stair.

Anthony rilassò i muscoli. Solo un po', ma abbastanza per fronteggiare Terence mentre si fermava a pochi passi da loro. Alle proprie spalle, sentiva la presenza tesa dei suoi cugini e si domandò cosa ne fosse stato del vecchio ragazzo pacifico e tranquillo che adorava stare nel roseto di sua madre.

Amare e perdere Candy mi ha cambiato così tanto...

"Si vede che vuoi picchiarmi. Vuoi farlo da ieri sera. Ma lascia prima che ti dica due cose: ti ribadisco che tra me e Candy non è successo nulla di disdicevole. E lei sarà presto libera". Per un attimo rimase basito: era la prima volta, dacché lo conosceva, che Terence Granchester era serio e persino composto.

"Come fai a saperlo?", chiese Archie.

"Perché l'ho chiesto personalmente a suor Gray e... le ho detto che voglio essere punito anche io. Non credo che abbia creduto alla storia della trappola di Eliza, ma non ha più importanza".

"Non le sarebbe accaduto nulla se tu le fossi stato lontano!". Anthony tremava di rabbia, di disappunto. Ma, soprattutto, non sopportava che lei soffrisse a causa di quel ragazzo arrogante che ora cercava di rimediare a un guaio che lui stesso aveva contribuito a creare.

Eccola, la libertà che tanto anelavi. Oh, Candy...

Terence chiuse gli occhi, chinando un poco la testa, e la rabbia dentro Anthony si sgonfiò quando disse: "In un certo senso hai ragione. Avvicinarsi a me le ha bruciato le ali... forse, dopotutto, sarebbe stato meglio se fosse rimasta con te".

Il pugno partì prima ancora che potesse rendersi conto di ciò che stava facendo. Mai in vita sua avrebbe creduto di diventare così aggressivo. E infatti, il pugno fu debole e andò a vuoto o, perlomeno, fu bloccato dalla mano di Terence.

"Dovevi pensarci prima, Granchester! E adesso dimmi come fai ad avere la certezza che lei sarà libera e non verrà espulsa!".

"Perché me ne vado io".

Sbatté le palpebre e sentì le espressioni di stupore di Archie e Stair alle proprie spalle. "Che cosa?!".

"Rinnego il mio cognome e... mi allontano da Candy perché smetta di avere problemi a causa mia. Abbiate cura di lei, per favore". I lineamenti di Terence erano tesi in un'espressione di immensa tristezza e Anthony immaginò il medesimo dolore sul viso di Candy quando lo avrebbe saputo.

E non lo sopportò.

"Lei... potrebbe soffrirne". Anthony sussultò di sorpresa alle sue stesse parole, che contraddicevano il bisogno di vederlo lontano da Candy per sempre. Tuttavia, il desiderio di renderla felice trascendeva persino il suo stesso amore. Sì, aveva sofferto. Sì, la voleva ancora accanto. Ma, sopra ogni altra cosa, non voleva che smettesse di sorridere.
Le labbra di Terence si stirarono in un sorrisetto amaro, eppure gli parve che i suoi occhi fossero lucidi: "Magari potrebbe tornare con te e vivere una vita serena, tutto sommato. Mi sono illuso davvero che fra noi potesse funzionare, ma quella serpe di Eliza ha rovinato tutto e ora voglio solo che la sua reputazione sia salva. Non... credevo... di amarla così tanto da rinunciare a lei".

Anthony spalancò gli occhi, sconvolto da quella rivelazione che era lo specchio stesso di ciò che provava lui. E sentì che un nuovo sentimento si faceva strada dentro di sé: il rispetto. Rispettava e ammirava il ragazzo scapestrato e irruento che gli aveva portato via Candy perché, pur di fare il suo bene, si stava facendo da parte.
"Non so se vorrà tornare al mio fianco, ma so che per lei ci sarò sempre. Quello che stai facendo è... ammirevole", ammise senza smettere di fissarlo. Non immaginava che sarebbe passato dall'odio al rispetto con tanta facilità.

Terence alzò una mano con la chiara intenzione di stringergliela e si ritrovò a un bivio: perdonare e guardare avanti, sapendo che comunque l'aveva persa per sempre; oppure vivere in un sordo e inutile rancore. E Anthony non conosceva il rancore. Era furioso e colmo di amarezza, ma era pronto a riconoscere il pentimento vero nelle persone.
"Buona fortuna, qualunque cosa tu decida di fare", gli disse e fu come se Archie e Stair fossero stati contagiati dalla sua reazione pacata, perché lo salutarono allo stesso modo. Fu un saluto piuttosto freddo, ma si lasciarono da uomini adulti e non da ragazzi in preda al risentimento.

Mentre lo vedeva allontanarsi, con la schiena curva nella quale non era rimasto quasi nulla del ragazzo ribelle che era la disperazione delle istitutrici, udì Archie mormorare: "Lo dimenticherà e tornerà con te, ne sono certo".

Anthony non rispose, continuando a seguire la figura di Terence. No, Candy non lo avrebbe dimenticato così facilmente. Perché il suo cuore puro e sincero aveva scelto e ne aveva avvertito le vibrazioni il giorno stesso in cui Granchester era entrato nelle loro vite.
 
- § -
 
 
"Siete il disonore del collegio!".
"Eliza, sei stata tu!".
"Era un tranello!".
"Vi date appuntamento tutte le notti in una stalla...".

Le voci si accavallarono ancora nella mente di Candy, mentre il freddo della cella umida le penetrava nelle ossa. Come diavolo era potuto succedere? Come avevano potuto lei e Terry farsi ingannare così da Eliza, credendo a dei biglietti falsi?! Si era addormentata chiedendoselo e si era risvegliata allo stesso modo.

Rannicchiandosi di nuovo sul giaciglio improvvisato su cui aveva dormito poco e male, rendendosi conto a malapena che le prime luci dell'alba filtravano dalle aperture nel muro, Candy pensò allo zio William e ad Albert: il primo l'avrebbe diseredata su due piedi, se la verità non fosse venuta a galla; il secondo... beh, forse l'avrebbe semplicemente aiutata.

Cercando di farsi forza, si alzò in piedi confidando che con il nuovo giorno le cose sarebbero state più chiare come i raggi di quel sole che arrivava persino lì dentro. Avrebbe fatto sputare a Eliza la verità a costo di picchiarla, parola sua! Sì, decisamente con la luce i pensieri sembravano essere tornati ottimisti!

Forte di quella convinzione, accolse con sollievo e stupore la suora che la fece uscire, accompagnandola nella sua stanza. Non le parve vero di poter respirare l'aria fresca della mattina e sentire di nuovo il fruscio delle fronde degli alberi e l'odore dell'erba. Era come se fosse stata rinchiusa per giorni, invece che per una sola notte.

Libertà... e io che pensavo di dover passare qui tutto l'inverno. Che sciocca, sono stata!

"Posso vedere suor Gray? Le assicuro che io e Terence non abbiamo fatto mai nulla di male! A proposito, anche lui è stato punito?". Tentò, ma le domande incontrarono il silenzio e le risposero solo le labbra strette sul viso composto della donna e il fruscio della lunga veste scura. Il corridoio non le era mai sembrato tanto lungo e tetro, quasi un prolungamento della cella ormai lontana.

"Deve rimanere nella sua camera per una settimana e potrà solo seguire le lezioni", disse la sorella dai gelidi occhi grigi prima di defilarsi senza degnarla di altre parole.
Candy si lasciò cadere sul letto con un verso di disappunto, ma anche con un certo sollievo: era abituata a tutto, ma avere un materasso dietro la schiena era sempre più piacevole che un duro pavimento con un po' di paglia.

Le ore le parvero interminabili e più di una volta Candy si affacciò dalla finestra, sbirciando il cortile nella speranza di vedere Terence. In realtà, non riuscì a scorgere nemmeno Anthony, Annie e gli altri e si sentì non meno imprigionata di prima.

Decisa a venire a capo di quella situazione, uscì e bussò all'ufficio di suor Gray, guadagnandosi un'occhiata tanto fredda che avrebbe congelato l'Africa. Aveva disatteso l'ordine di non uscire, ma non aveva alcuna intenzione di restare lì ad arrovellarsi per tutta la giornata.

"Per questa volta non verrà espulsa dalla scuola", sentenziò con un tono così stizzito che fu certa volesse dirle il contrario.

Al sollievo per non dare un dispiacere allo zio William, si mescolò lo sconcerto.

"Quindi mi crede? Io e Terence siamo stati ingannati!".

"Basta così! Torni nella sua stanza e ci rimanga come è stato stabilito o cambierò idea!".

Il dialogo non era certo il punto forte delle istitutrici e della direttrice, così Candy ubbidì cercando di capire cosa fosse accaduto per farla tornare sui suoi passi in modo così repentino.

Se ne tornò nella sua stanza appisolandosi di tanto in tanto e risvegliandosi con un vivo senso di allarme, sognando di uno zio William infuriato che le puntava contro un dito nodoso, di un Terence che non le rivolgeva più la parola e di occhi amici che la guardavano come l'avrebbe guardata Eliza. Sognò Anthony con le lacrime agli occhi che le diceva quanto fosse deluso da lei. E sognò miss Pony e suor Lane che richiudevano la porta della Casa di Pony senza lasciarla entrare. E lei bussò e bussò, gridando che non aveva fatto nulla di male, che non era stata colpa sua...!

Candy si alzò dal letto di scatto, detergendosi il sudore dalla fronte e recandosi in bagno per sciacquarsi il viso e svegliarsi definitivamente: preferiva rimanere vigile che immergersi nei fantasmi dei suoi timori più reconditi. Assaggiò appena il pranzo dal vassoio che le lasciarono intorno a mezzogiorno e aprì il suo diario per scrivere ciò che le era accaduto.

Frustrata, attese che scendesse la sera per fare quello che aveva sempre fatto: stavolta, però, la stanza nella quale si voleva lanciare dai rami degli alberi non era quella di Archie e Stair o di Anthony. Ma quella di colui che aveva immaginato di andare a trovare solo poche settimane prima.

Un giorno raccoglierò abbastanza coraggio per chiederti perdono, te lo giuro. Sei importante per me e non voglio che tu esca dalla mia vita. Mio dolce, dolcissimo Anthony...

Si poteva avere il cuore diviso in due? Candy se lo chiese per l'ennesima volta mentre atterrava con un salto agile dal tronco dell'albero sul balcone di Terry. Di certo, si trattava di due amori profondi, ma ben distinti e non era disposta a perdere nessuno dei due, anche se colui che le aveva dedicato una rosa fosse rimasto semplicemente il suo più caro amico.

Che futuro posso avere con Terence? Davvero è possibile che noi...

Di colpo, i suoi pensieri furono interrotti dall'anomalia di quella camera: era chiusa e buia, al contrario delle imposte. Con mano tremante, Candy accese la lampada sulla scrivania di Terence, cogliendo persino l'odore della sua lozione e del tabacco nell'aria, e vide la lettera.

Un messaggio per lei.

Prima ancora di aprirlo, Candy capì di averlo perso e gli occhi si riempirono di lacrime. E, infatti, se n'era andato. Era partito per l'America e lei era rimasta sola, col cuore spezzato e dopo aver spezzato anche quello di Anthony.

Non è giusto... perché lo hai fatto, Terry?!

Candy uscì barcollando nel corridoio e si strinse la lettera al petto quasi fosse lui, anelando il suo abbraccio, anelando anche solo un ultimo bacio.

"Avete sentito? Terence si è fatto cacciare dal collegio. E tutto per difendere quella smorfiosa!". Le voci degli studenti le ferirono le orecchie e il cuore e lei cominciò a tremare.
Lo aveva fatto per lei? Si era addossato la colpa pur di liberarla? Terence, che le era parso così appassionatamente egoista in quel suo amore pure sincero ed esclusivo. Il ragazzo ribelle che desiderava avere qualcosa di suo e l'aveva trovato in lei, che gli aveva consegnato non senza titubanze il proprio cuore.
Cosa le rimaneva, adesso?

"Parte domattina con la nave".

Fu quell'ultima frase a smuoverla dal suo stato quasi catatonico e Candy si staccò dalla parete cui si era appoggiata. Camminò, poi corse. Si precipitò nella propria stanza e prese gli ultimi soldi che le erano rimasti, senza riflettere.

E, mentre usciva di nuovo sul balcone per arrivare fino al cancello principale e cercare una carrozza, vide una sagoma nel cortile. Sulle prime, si ritrasse spaventata. Tuttavia, quando riconobbe Anthony, capì che il confronto non poteva essere rimandato.

 
- § -
 
 
Candy saltò con agilità su un ramo e scese senza problemi lungo il tronco. Seguì i suoi movimenti con un brivido, ma certo che sarebbe arrivata a terra sana e salva come sempre. Come nella vita.

"Anthony...".

"Ti ho vista nei corridoi. Stai andando da lui per salutarlo o per tentare di fermarlo, vero?".

Lei distolse lo sguardo e arrossì: "Si è preso tutta la colpa per non farmi espellere dalla scuola. Io... devo almeno ringraziarlo".

Anthony sospirò: "Quindi stai scappando di nascosto solo per ringraziarlo, Candy? Davvero?". Ci aveva provato con tutto il cuore. Aveva tentato disperatamente di rimanere distaccato. Si era persino convinto che quello di Terence fosse stato un gesto davvero nobile. Ma proprio non ci riusciva. La sua dolce Candy, che gli aveva ispirato una rosa dai colori tenui, con i suoi capelli d'oro, le guance arrossate e gli occhi verdi luminosi, forse non lo amava più come prima, ma faceva ormai parte di sé.

Del suo cuore e anche della sua carne. Del suo sangue.

Quasi non credette ai propri occhi quando lei lo abbracciò di slancio, affondando il viso sul petto e stringendolo forte. "Perdonami, Anthony! Io ti ho amato, ti ho amato davvero tanto e... ti voglio bene. Tanto, tanto bene! Ho bisogno di te, della tua dolcezza, del tuo calore... Però non posso lasciar andare Terence. Io...".

Con tutta la gentilezza di cui fui capace, pose le mani gelide ai lati del suo capo, inducendola ad alzarlo per guardarlo. Voleva che lo facesse, altrimenti non sarebbe riuscito a dirle addio: "Dillo, Candy. Quel giorno non l'hai detto, ma lo stai dimostrando in ogni tuo gesto. Dillo e basta, e forse allora potrò anche cominciare ad accettarlo".

Il mento di Candy tremava, le lacrime erano brillanti nella luce lunare e il desiderio di baciarla per asciugarle divenne un bisogno quasi fisico. Ma Anthony si trattenne, perché sapeva che stava per udire parole

"Io lo amo...".

che lo avrebbero gettato in un abisso senza fine, fatto urlare di dolore senza voce, spezzato il cuore in mille pezzi. Eppure le aveva appena dette e lui era lì, disperato ma forte. E volle essere la sua roccia.

"Allora corri, vai da lui. Non perdere tempo!". La voce si alzò e il proprio corpo si irrigidì, costringendola a sciogliere la sua stretta.

"Anthony, io...".

"Sbrigati, Candy!". La spinse via, conscio che se fosse rimasta avrebbe visto le lacrime nei suoi, di occhi. E non voleva farsi vedere piangere da lei. Non voleva che si sentisse in colpa o lo compatisse.

"Io... grazie, Anthony... ti voglio bene... te ne vorrò per sempre!". Un ultimo singhiozzo e Candy si voltò e corse dal suo nuovo amore.

Avevi torto, Terence. Lei non tornerà da me.

Anthony attese che uscisse dal grande cancello per crollare. Le gambe gli cedettero e si ritrovò in ginocchio, regredendo all'età di tre anni, quando era morta sua madre.
E pianse, in singhiozzi sommessi e silenziosi. Pianse finché non ebbe più forze e decise di rientrare in camera sua a raccogliere i cocci della propria vita.

 
- § -
 
 
Candy si accasciò sulla ringhiera, mentre la luce di una nuova alba tingeva il cielo di rosa acceso, riflettendosi sul pelo dell'acqua. La nave era così vicina che quasi le sembrò di poterla toccare, ma si era allontanata dal molo quel tanto che bastava per risultare irraggiungibile come un puntino lontano.

Pensava di aver toccato il fondo ventiquattro ore prima, nella cella di reclusione piccola e fredda. Invece, ora, il freddo lo sentiva fin dentro l'anima.

"Signorina? Vuole che la riporti indietro?". Come in sogno, Candy si voltò e incontrò lo sguardo interrogativo del cocchiere. Gli aveva chiesto di far correre i cavalli, ma era stato tutto inutile: Terry se n'era andato e il suo cuore affondava in quel mare dietro di lui.

"No, grazie. Non ho più soldi". Era la verità, aveva speso gli ultimi per rincorrere un amore impossibile che aveva appena cominciato a sbocciare.

E per il quale ho fatto soffrire Anthony.

Quante volte ancora si sarebbe crogiolata nei sensi di colpa? Se lo chiese mentre l'uomo la guardava perplesso e poi la lasciava lì da sola, a ripensare a tutto tranne che al modo di rientrare.

Era stata combattuta tra l'amore rassicurante e tenero di Anthony e quello impetuoso e ardente di Terence per molto tempo, prima di arrendersi a quest'ultimo. Aveva commesso quel sacrilegio piangendo lacrime di sangue e rabbrividendo per l'aspettativa di quella che poteva diventare l'avventura più intensa della propria vita.

E per colpa di uno scherzo crudele si ritrovava da sola, tremante mentre sanguinava dentro, con una storia mai iniziata davvero.

Perché te ne sei andato così lontano, Terence? Avresti potuto sacrificarti per me senza fuggire al di là dell'Oceano. Quando ti rivedrò, adesso?

Avevano ragione Patty e Annie. Terence non era un ragazzo affidabile, anche se si era comportato in maniera nobile: alla fine il sentimento che provava per lei non gli aveva impedito di andarsene troppo lontano. Possibile che volesse inseguire qualche sogno, magari perché si era riappacificato con sua madre? Lui amava tanto il teatro, forse...

Di colpo, mentre faceva qualche passo incerto verso la strada principale, Candy comprese che tutti stavano seguendo la propria strada tranne lei. Si era semplicemente arresa alla volontà dello zio William, convinta che diventare una signorina colta fosse la maniera migliore per ricambiarlo per la sua estrema gentilezza.

Ma forse non era così. Forse doveva dimostrare sia a lui che a se stessa che poteva farcela con le proprie gambe, a dispetto della sofferenza e della solitudine. Non aveva forse avuto i primi dubbi su Anthony proprio per il destino che l'avrebbe attesa diventando un giorno sua moglie?

Lì a Londra c'erano Anthony, Archie, Stair, Annie e la sua nuova amica Patty. Tuttavia, quel luogo non le apparteneva. Si volse verso l'oceano e capì che poteva seguire Terence e la propria strada e forse le due vie si sarebbero persino incrociate, un giorno.

D'improvviso, si sentì di nuovo forte, di nuovo se stessa.

Cercò un passaggio fino alla Saint Paul School e tornò in camera senza che nessuno la vedesse, approfittando della pausa per il pranzo. Scrisse un messaggio per i suoi amici e uno a parte per Anthony, riempì l'ultima pagina del diario che le aveva regalato lo zio William e compose anche un breve biglietto per lui, ringraziandolo e scusandosi.
Lasciò tutto sulla scrivania e mise poche cose nella sua valigia. Il giorno dopo, avrebbe visto nascere l'ultima alba al collegio londinese.

 
- § -
 
 
Archie si rese conto dello sforzo che stava facendo Stair per tirarlo su di morale: era il medesimo che aveva tentato di fare lui con Annie solo qualche ora prima. Ma nulla, neanche le sue battute sciocche mentre erano seduti sulla collina della scuola poterono aiutarlo.

Era preoccupato per Candy e sapeva che Anthony si era persino chiuso in camera sua senza voler vedere nessuno. Da quel che aveva raccontato, era stato proprio lui a spingerla al porto, il giorno prima: nessuno di loro avrebbe mai immaginato che Candy sarebbe scappata per seguire Terence Granchester solo poche ore dopo.

Il biglietto laconico, la sua stanza vuota e il diario da consegnare allo zio William. Aveva intravisto un preoccupato Georges Villers entrare nell'ufficio di suor Gray e poi null'altro. Non era rimasto altro di Candy.

Candy, che aveva amato in silenzio, certo che sarebbe stata felice con Anthony, scegliendo la dolce Annie che lo amava teneramente e che stava tentando con tutte le proprie forze di ricambiare. Ma trasformare quell'affetto devoto in amore sarebbe stato come chiedere a Candy di rimanere al fianco di suo cugino pur avendo consegnato il cuore a Terence.

E aveva odiato Terence, con tutte le proprie forze: perché preferiva saperla al sicuro con Anthony che con quel bellimbusto. Non si era intromesso, pur avendo desiderato prenderlo a pugni a sua volta. E alla fine, pur ammirando il suo ultimo gesto, aveva avuto ragione: Granchester aveva spezzato il cuore di Candy e l'aveva allontanata da tutti loro.

"È inutile struggersi, fratello", disse Stair all'improvviso come leggendogli dentro.

Archie si volse di scatto: "Avremmo potuto...!".

"Niente! Non avremmo potuto niente. Candy sa decidere da sola. Neanche Anthony è riuscito a fare nulla e ora è a lui che dobbiamo stare vicino. Sono sicuro che andrà tutto bene e avremo presto sue notizie".

"Sei ottimista, tu", borbottò abbracciandosi le ginocchia e accigliandosi.

"Devo esserlo per forza, sono un inventore!", ribatté quasi fosse la cosa più ovvia del mondo.

Quella risposta lo spiazzò e lo fece sorridere. Sì, decisamente avere suo fratello vicino gli era di grande aiuto: era stato lui quello più riflessivo, la sera in cui avevano incrociato Terence e Candy era stata rinchiusa in punizione. Era stato lui che era riuscito a farsi raccontare della trappola di Eliza, riconoscendone persino la grafia. Ed era stato lui, tanto tempo prima, a dirgli che dovevano guardarla da lontano, perché il suo cuore apparteneva a Anthony.

Archie si alzò in piedi, il vento autunnale gli scompigliava i lunghi capelli. Ormai, l'estate era davvero finita.

 
- § -
 
 
Mio caro Anthony,
al tuo fianco ho vissuto uno dei periodi più felici della mia vita. Sono arrivata a Lakewood con l'illusione di ritrovare il mio Principe della Collina e invece ho trovato te. Mi sei stato tanto caro che non mi è importato che non avessi mai terminato di raccontarmi di quel ragazzino che vedevi al fianco di tua madre e che poteva essere lui. Sai, ora sono certa che fosse tuo parente, perché vi somigliate molto, anche se i vostri occhi sono un po' diversi: entrambi mi avete detto che sono più carina quando rido che quando piango.

Dolcezza, tenerezza, amore... questo è esploso nel mio cuore per te, mio dolce Anthony, ed ero sincera quando ti dissi che mi piacevi per quello che eri e non perché somigliavi al mio principe di bambina.

Darei metà della mia giovane vita per risparmiarti tanta sofferenza e per aver continuato ad amare te. Ma non potevo mentirti, non meritavi nulla di meno della mia trasparenza. Ed è per questo che ti sto scrivendo.

Non sto solo seguendo Terence, nella speranza remota di rivederlo. Sto seguendo la mia strada. Mi sono resa conto che ero tanto concentrata sul mio cuore da dare poco spazio a me stessa: e io non sono tagliata per diventare una signora. Ho scritto una lettera di scuse allo zio William, ma gli sarò sempre riconoscente perché grazie a lui ho potuto conoscere te e tutti i miei meravigliosi amici.
Un giorno ci rivedremo, ne sono sicura.

Ti abbraccio con tutto il mio cuore.
Candy

Grazie, sei stato una bella parentesi nella mia vita, buona fortuna. Era questo, in sostanza, che gli stava dicendo Candy? Anthony si passò una mano tra i capelli, restando col capo chinato per qualche istante.

No, non era così e lo aveva capito molto bene. Non doveva essere illogico. Candy aveva dato grande importanza al loro rapporto e soprattutto aveva sempre rispettato il tenero sentimento che li aveva uniti. Cercando di restare lucido, ricordò i giorni in cui lei sembrava scivolargli come acqua fra le dita e il tormento che l'affliggeva era come una nebbia onnipresente nel suo sguardo.

Capì che aveva lottato a lungo contro quel sentimento che stava, suo malgrado, prendendo il posto di quello che avevano condiviso. Teneva a lui così tanto che era terrorizzata all'idea di farlo soffrire e aveva tentato di resistere senza successo.

Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, recandosi sul piccolo balcone per prendere una boccata d'aria fresca. Candy lo era stata e Anthony sarebbe sempre stato grato alla vita per avergliela fatta incontrare. Tuttavia, la presenza di Terence Granchester aveva troncato sul nascere tutti i suoi sogni e le illusioni di un futuro insieme.

O forse no?

Nella lettera Candy non confessava forse di voler seguire la propria strada da sola? Davvero sarebbe stata disposta a sposarlo rimanendo in una sorta di gabbia dorata?

"Io non ti avrei mai rinchiusa del tutto, Candy", mormorò alle stelle, come se potessero portarle il suo messaggio.

Ma forse non le sarebbe bastato e ormai era troppo tardi. Non c'era nulla che potesse fare, se non terminare i propri studi e sperare di rivederla, un giorno. Rivederla felice, fosse anche al fianco di Terence.

Anthony si appoggiò alla ringhiera, giurando di nuovo che quelle sarebbero state le ultime lacrime che avrebbe versato per lei.

 
- § -
 
 
Africa, Kenya, fine inverno 1914

Albert si lasciò ricadere seduto sul letto.

Il suo corpo era rimasto teso per tutto il tempo in cui era stato in piedi a leggere l'ennesima lettera di Georges. Ma ora poteva rilassarsi.

Candy era tornata alla Casa di Pony, in apparenza sana e salva, e stava decidendo cosa fare della sua vita dopo essere scappata da scuola: quando il suo fidato braccio destro gli aveva comunicato che era sparita dalla Saint Paul School, aveva perso dieci anni della propria. Forse anche qualcosa in più. Di sicuro qualcuno aveva notato i capelli bianchi.

Catherine lo ha notato.

Sospirò, scuotendo la testa e piegando con cura la missiva. La sua vita stava diventando una fuga continua e non andava bene. Era fuggito da Chicago per ritrovare se stesso e a breve sarebbe dovuto fuggire anche da quel campo base perché, dopo quello che era accaduto tra lui e Catherine, le cose gli stavano sfuggendo di mano.

Era impossibile non notare che la ragazza si stava innamorando di lui. E Albert non voleva deluderla, né spezzarle il cuore. Davvero aveva creduto alle sue parole, quando gli aveva assicurato che non gli avrebbe mai chiesto nulla di più che un rapporto libero?

Non era mai stato molto ferrato nei rapporti con l'altro sesso, troppo occupato a pensare ai propri doveri o a nascondersi. Tuttavia, non era tanto ingenuo da non accorgersi degli sguardi che gli lanciava Catherine anche quando non erano soli.

E quella storia era andata indubbiamente troppo avanti, complici momenti di debolezza che non dovevano esistere. Ora capiva che l'amicizia tra uomo e donna aveva un limite invalicabile, superato il quale era semplicemente impossibile non avvicinarsi all'amore.

Gli dispiaceva molto deluderla e si sentiva davvero in colpa nei suoi confronti: tra i due, lui avrebbe dovuto essere quello dotato di maggior esperienza e giudizio, perlomeno per una questione anagrafica.

Invece cosa aveva fatto? Si era lasciato trasportare dall'attrazione che Catherine esercitava su di lui contravvenendo alle sue stesse regole, oltre che a quelle imposte dalla famiglia, e aveva varcato quel confine.

Chiuse gli occhi per un breve istante, quindi li riaprì, guardando fuori dalla finestra della capanna. Qualcuno bussò piano e Albert lo invitò a entrare.

"Scusami, il dottor Hernandez chiede di te alla condotta. Credo ci sia una nuova epidemia di febbre gialla", disse contrito Amir.

Albert annuì: "Arrivo subito, lasciami solo prendere un camice pulito".

Mentre si preparava per supportare quel medico che gli aveva insegnato come auscultare correttamente un battito cardiaco e persino quali fossero le migliori tecniche di rianimazione, Albert comprese che, al termine di quell'emergenza, avrebbe dovuto spostarsi.

Gli sarebbe piaciuto arrivare al confine con l'Egitto, per vedere le Piramidi e studiare gli animali locali. Ma, soprattutto, qualcosa dentro di sé scalpitava per allentare i legami che lo tenevano ancorato agli Ardlay. Non gli bastava più aver messo tra loro miglia di distanza, voleva mettersi in discussione e cavarsela da solo.

Proprio come... beh, come aveva fatto la sua piccola Candy.

Ora che sapeva che stava bene, poteva rilassarsi un po' e pensare alla prossima tappa del suo viaggio. Magari avrebbe atteso ancora qualche settimana per interrompere i contatti, giusto per lasciar passare l'inverno e vedere se Candy avesse ancora bisogno dello zio William.

Dopodiché, avrebbe smesso di dare notizie a Georges sui propri spostamenti e avrebbe tagliato i ponti per un po'.

La cosa più difficile, rifletté mentre entrava nella condotta dove erano già in fila alcuni uomini e donne con dei bambini piangenti tra le braccia, sarebbe stata dire addio a Catherine.

Ma doveva farlo prima che potesse soffrire troppo. Non poteva illuderla che fra loro sarebbe nato qualcosa in più di una profonda amicizia. Troppo profonda per restare tale.
Aveva già il suo bel daffare a tenere le briglie del cavallo imbizzarrito che era diventato il suo cuore, da quando aveva scoperto in Candy la donna che sarebbe potuta diventare al suo fianco.

 
- § -
 
 
Londra, fine inverno 1914

Stair osservò il profilo di Anthony mentre sembrava assorto nelle lezioni. Tuttavia, sapeva che non era così.

Suo cugino stava cercando stoicamente di trattenere i propri sentimenti, ma da quando Candy se n'era andata non era più lo stesso. Aveva notato i primi cambiamenti quando lei si era dimostrata interessata a Terence e ora erano ancora più evidenti.

Il suo cuore è spezzato e non ci sono né una Annie, né una Patty per curare la sua ferita.

Cercando di riportare gli occhi sul libro e l'attenzione alle parole della suora che spiegava loro dei passi della Bibbia, Stair comprese che quel paragone non calzava appieno.
Con Archie aveva condiviso un sentimento molto profondo per Candy. Anzi, mentre lui aveva tentato di trattenerlo chiuso nel proprio cuore prima ancora che arrivasse a livello cosciente, si rendeva conto che per suo fratello la situazione era stata ben più difficile.

Lo aveva visto aggrapparsi ad Annie quasi stesse imponendosi di amarla e non dubitava che prima o poi ci sarebbe riuscito davvero. Per lui, invece, sentirsi attratto da Patricia era stato più naturale, forse perché erano molto più simili tra loro. O forse perché era stato più bravo a incatenare sul nascere qualcosa che non avrebbe mai potuto essere.
Anthony invece aveva vissuto con Candy il suo primo amore ed era stato subito corrisposto. Il loro rapporto era così limpido e bello che sia lui che Archie avevano davvero scorto un futuro insieme.

Invece, il carattere irruento e ribelle di Terence aveva fatto scattare qualcosa nella loro amica, destabilizzandola da quel rapporto che sembrava idilliaco.
Forse fin troppo idilliaco.

Candy era una ragazza che amava arrampicarsi sugli alberi, saltare le mura della scuola e dire sempre quello che pensava. Lei e Anthony erano mondi opposti, perlomeno da quel punto di vista. Eppure poteva dirsi che si completassero a vicenda e non dubitava che li legasse un affetto profondo.

Ma era sufficiente per far rimanere insieme due persone?

Stair riportò gli occhi su Anthony e colse il suo cipiglio in apparenza concentrato: dentro di sé, però, sapeva che stava pensando a Candy.

Ci sarebbe voluto molto tempo perché tornasse il ragazzo spensierato e allegro di una volta: la vita lo aveva colpito duramente, prima lasciandolo orfano di madre e poi facendogli perdere Candy. Suo padre, poi, era come se non facesse parte della sua esistenza, perché era sempre in mare.

Rifletté che anche per lui e Archie le cose non erano molto diverse e non solo perché il prozio William prendeva per tutti le decisioni più importanti, come quella di farli studiare in quel college prestigioso. Ma anche perché i loro genitori, obbedendo al patriarca del clan, era come se si scrollassero dalle spalle ogni altra responsabilità. Di fatto, con i figli a studiare all'estero, erano sempre impegnati per lavoro o eventi sociali.

"Cornwell!", Stair saltò sulla sedia così di fretta che questa si rovesciò con un gran fracasso e tutti si volsero a guardarlo, scoppiando a ridere. Era tanto perso nei suoi pensieri che non si era reso conto di essere distratto.

Si scusò, contrito, soffocando le proprie risa quando suor Kreiss cominciò a minacciare tutti di farli camminare per mezzora con la Bibbia sulla testa se non avessero smesso all'istante.

E Stair smise quando si accorse che Anthony era l'unico a non ridere.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo settimo ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra.

 
- § -
- § -
- § -
 
 
 
Aprile/Settembre 1914, Chicago

Candy era ancora incredula, tuttavia non poté fare a meno di sorridere per la gioia di rivedere i suoi cugini. Un vento gentile le faceva frusciare intorno alle caviglie la divisa da infermiera e non le sfuggirono le occhiate incuriosite alla sua uniforme, anche se aveva inviato loro un paio di foto durante il suo tirocinio.

"Le cose in Inghilterra si stanno mettendo male, così la zia Elroy ci ha ordinato di tornare. Pare che la guerra sia imminente", spiegò Stair calciando un sassolino che si perse nel cortile dell'ospedale.

Tra loro passò un silenzio scomodo e Candy abbassò lo sguardo, pensierosa.

"È tornata anche Annie", disse Archie con un tono allegro, quasi volesse tirarla su di morale. "Però lei è andata subito a casa. Noi invece volevamo passarti prima a trovare: torno a ripeterti che stai benissimo con la divisa da infermiera!".

Lei sorrise, arrossendo un poco. Si morse il labbro e guardò alternativamente uno e l'altro. Non aveva senso rimandare ancora quella domanda: "E... Anthony?".
Non le sfuggì come i loro volti si adombrassero, pur mantenendo la compostezza.

"Lui è tornato a Lakewood, non starà a Chicago con noi", disse Stair. "Desiderava occuparsi del roseto visto che sta fiorendo".

Candy chiuse gli occhi e un respiro tremulo le sfuggì dalle labbra. Solo due anni prima, Anthony le aveva dedicato una rosa che aveva coltivato per lei e ora tornava da solo in quello stesso giardino. Gli aveva spezzato il cuore per qualcuno che, pur essendo nei suoi pensieri ogni giorno e ogni notte, non aveva più rivisto, né sentito.

Terry...

Si era illusa che seguendo la sua più grande aspirazione, quella che era sbocciata durante una notte di veglia a una bambina malata alla Casa di Pony, avrebbe potuto non dimenticare, ma perlomeno lasciar affievolire quel duplice dolore. Invece era lì, costante, a battere nel petto.

Terence era andato alla Casa di Pony per cercarla, ma lei non era ancora arrivata dal suo lungo viaggio clandestino. E Anthony non aveva più comunicato con lei, né Candy aveva avuto il coraggio di scrivergli direttamente.

"Come sta?", chiese stringendo i pugni come a darsi forza. Voleva rivederlo, parlare di nuovo con lui, sentire il suono della sua voce dolce e allegra. Ma non era sicura che fosse una buona idea. Non ancora.

Archie e Stair si guardarono, in apparente imbarazzo. "Beh...".

"Non fa nulla, Archie, ho capito", disse abbassando lo sguardo a terra. Avrebbe voluto solo sotterrarsi. E strapparsi quel cuore che l'aveva tradita.

Un leggero vento di tarda primavera soffiò su di loro e, senza alcun preavviso, Candy si ritrovò a pensare ad Albert.

Quando spira il vento del sud manda un messaggio in una bottiglia.

Sapeva che i suoi cugini le volevano bene, ma non era certa che la comprendessero fino in fondo. Il suo amico Albert, invece, era più maturo e di certo le avrebbe potuto dare un consiglio. Era ancora molto pentita di non avergli detto tutta la verità a Londra, quando ne aveva avuto l'occasione: le avrebbe suggerito di non lasciare Anthony oppure di fare esattamente ciò che aveva fatto?

"Candy...". Il tono di Stair sembrava preoccupato.

"Vorrei chiedervi un favore: potreste fare... delle ricerche su Albert? Da quando è partito per l'Africa mi ha scritto solo una volta e quando ho provato a farlo io non ho avuto risposta. Sospetto che l'indirizzo del mittente sia cambiato".

I due si lanciarono un altro sguardo sorpreso.

"Perché hai bisogno di comunicare con lui? Sei preoccupata, forse?".

"No, Archie, ma vorrei sapere... che sta bene". Non era tutta la verità, ma ci andava vicino.

"Da quello che ci hai raccontato e da ciò che abbiamo potuto vedere, lui è davvero libero come il vento. Chissà se si trova ancora in Africa, a questo punto: potrebbe persino essersene andato fino in Australia!", disse Stair alzando il viso contro un raggio di sole che si riflesse sugli occhiali.

Candy rise: "Sì, è vero. Ma mi dispiacerebbe perdere i contatti con lui... è stato così caro con tutti noi!".

"Non preoccuparti, ci penso io! Sono certo che con un po' di ricerca riuscirò a scovare il nostro amico vagabondo", ribatté Stair battendosi un pugno sul petto.

"Sì, ma evita di usare palloni aerostatici o altre diavolerie simili per individuarlo: rischieresti solo di lasciarci le penne. Limitati alla cara, vecchia corrispondenza", lo ammonì Archie inarcando un sopracciglio. Candy rise di gusto: il piccolo pallone era ancora afflosciato a terra con il suo cestino seminascosto sotto al tessuto e chi era accorso per curiosare, pazienti inclusi, aveva già perso interesse. 

Un'improvvisata degna di suo cugino!

Stair, che pareva sprezzante del pericolo e non si era fatto male per miracolo scendendo letteralmente dal cielo, rispose: "Fratello, anche se volessi andarlo a cercare di persona, dubito che la zia Elroy me lo lascerebbe fare. Ci tiene d'occhio a vista e penso che a breve manderà Georges a recuperare Anthony, neanche la guerra dovesse arrivare fino a Lakewood!".

Candy perse il sorriso e fece un passo verso di loro: "Potreste... chiedere ad Anthony se posso andare a trovarlo? O almeno scrivergli? La verità è che mi manca tanto".
Sì, voleva rivederlo. Voleva accertarsi che la tristezza in lui si fosse attenuata. Ma soprattutto, in fondo al proprio cuore, desiderava innamorarsi di nuovo di lui per liberarsi da quel sentimento che la stava solo avvelenando e che invece di crescere come un raro fiore esotico stava diventando una sorta di erba infestante.

Fu Archie ad avvicinarsi a lei, guardandola con serietà: "Candy, posso chiederti prima perché vuoi rivederlo?".

Fu come ricevere uno schiaffo. Le aveva forse letto dentro?

"Io... io gli voglio bene, lo sai". Si sentì sull'orlo delle lacrime e tentò di scacciarle.

"Certo che lo so, ma lui è ancora disperatamente innamorato di te e sta tentando di andare avanti con la sua vita. Ma tu sei ancora invaghita di Granchester, non è vero? Lo hai ritrovato? Immagino vi teniate in contatto...".

Di colpo, comprese che Archie e Stair non sapevano nulla. Aveva scritto loro solo per rassicurarli e avvisarli che avrebbe studiato come infermiera, dopo un breve soggiorno alla Casa di Pony, ma non li aveva certo aggiornati su Terence.

Provando un vago senso di vergogna, abbassò lo sguardo e ammise: "Veramente... non l'ho più visto. E... non so dove sia".

Stair spalancò gli occhi dietro alle lenti: "E perché non mi hai chiesto di cercare lui, invece di Albert?! Candy, lo hai dimenticato, forse? Per questo vuoi rivedere Anthony?".

Candy scosse la testa con veemenza, confusa e irata con se stessa: "No, i miei sentimenti per Terence... non sono mutati, anzi. Però se lui non mi ha cercata alla Saint Paul School o altrove... significa che sta cercando di fare la sua vita".

"Ma... Candy!". Archie sembrava non solo arrabbiato, ma anche stravolto.

"Quando sono tornata alla Casa di Pony lui era appena stato lì", confessò. "Ci siamo mancati per un soffio e Miss Pony e suor Lane mi hanno detto che Terry voleva vedere i luoghi in cui ero cresciuta. È salito sulla collina e poi se n'è andato. È come... se mi avesse detto addio...". E, suo malgrado, Candy scoppiò in lacrime, appoggiandosi al tronco di un albero e coprendosi il viso con una mano.

Mentre singhiozzava, sentì i passi dei due ragazzi.

"Lo sapevo che quel maledetto ti avrebbe spezzato il cuore... e dire che credevo foste persino fidanzati. Alla Saint Paul School non ci sono lettere indirizzate a te e ora scopro che non ti ha cercata neanche alla Casa di Pony dopo la prima visita". Il tono di Archie era duro e gelido.

"Mi ha... lasciato un messaggio dicendo che aveva qualcosa da fare qui in America", spiego cercando di ricomporsi.

"Qualcosa da fare?!", quasi gridò Archie. "Qualcosa da fare che non include te? Ti ha praticamente sedotta, ti ha fatto lasciare il povero Anthony, ti ha fatta innamorare al punto che sei scappata dalla scuola per lui e rinuncia a te dicendo che ha da fare?!".

"Calmati, fratello".

"No che non mi calmo! Quel Terence ha distrutto due vite e l'unica cosa decente che abbia mai fatto è stata scagionare Candy dalla trappola di quella serpe di Eliza!".

"Basta, Archie, va bene così. La colpa è mia", intervenne Candy asciugandosi gli occhi e tirando su col naso. "Se sono andata via da scuola non è stato per lui. O, perlomeno... non solo per lui. Mi sono resa conto che tutti stanno seguendo la propria strada e volevo farlo anche io. Solo che non sapevo quale fosse, finché non ho parlato con Miss Pony e lei mi ha presentato la sua amica Mary Jane". Allargò le braccia, indicando la divisa da infermiera.

"Già, però adesso siete in due ad avere il cuore spezzato. Dovresti cercarlo e dirgliene quattro! Anzi, lo cercherò io e gli darò tanti di quei pugni che...".

"Ora basta davvero, o...".

La frase di Stair fu interrotta da una voce che per Candy era tristemente nota: "Cosa sta succedendo qui? Cos'è tutto questo baccano? Vi ricordo che siamo in un ospedale, non in un'osteria! Candy, la tua pausa è finita cinque minuti fa!".

"A-arrivo subito, Frannie!", disse contrita. La ragazza aveva appena lanciato uno sguardo assassino a lei e ai suoi cugini da dietro le lenti e stava già tornando verso l'edificio, con la schiena dritta e la testa alta.

"Caspita, che gendarme quella tipa!", commentò Archie con gli occhi spalancati mentre Stair annuiva.

"Ragazzi, io devo andare... vi prego, parlate con Anthony. Non voglio illuderlo, ma solo sapere quando potrò rivederlo".

"Non ti preoccupare, Candy, gli parlerò. E ci occuperemo anche di cercare Albert, vero Archie?".

L'altro annuì: "Se ci dai il permesso cercheremo anche Terence. Ti giuro che non lo picchierò finché...".

Candy rimase per un attimo indecisa, non sapendo cosa rispondere: "Devo... tornare in corsia. Spero di rivedervi presto!". E corse via sullo sguardo perplesso del cugino.
Perché voleva rivedere Anthony e avere notizie di Albert, ma non faceva nulla per cercare Terence? Era davvero così terrorizzata di soffrire per un suo rifiuto da preferire lasciare le cose in sospeso, illudendosi che un giorno...

Non c'è più posto per i sogni, devo affrontare la realtà. E la mia realtà ora è diventare un'infermiera diplomata. Questo sentimento... così forte, così impetuoso, mi ha travolta. Ma ora sono di nuovo in piedi e non mi lascerò cadere.

Forte di quella convinzione, Candy lasciò il profumo della primavera alle sue spalle e s'immerse in quello pulito che sapeva di disinfettante della corsia dell'ospedale. E riprese il proprio lavoro con nuove speranze per il suo futuro.

 
- § -
 
 
Shakespeare. Broadway. Il teatro. La calzamaglia che pungeva la pelle e il calore spesso eccessivo dei riflettori che gli risultava sopportabile solo perché era immerso in un altro mondo.

Terence aveva realizzato il suo sogno, ma qualcosa gli bruciava dentro come un incendio divampato e mai domato.

Candy.

Avvicinandosi alla piccola finestra del camerino, con indosso ancora gli abiti di scena, inspirò a fondo l'aria primaverile e il profumo di fiori gli colpì le narici come fosse il suo. Anche lei aveva il sentore stesso della primavera.

Chissà se sei al sicuro, lì a Londra.

Le notizie dei venti di guerra non lo lasciavano affatto tranquillo e avrebbe dato un braccio per rivederla anche solo una volta. Anelava tenerla fra le braccia e baciarla come aveva fatto a Londra, desiderava sapere soprattutto se in tutto quel tempo fosse tornata con quel damerino oppure no.

Quell'Anthony non è adatto a te. Ero disposto a lasciarti con lui pur di salvare la tua reputazione, ma Dio solo sa quanto la gelosia mi abbia roso dentro in tutti questi mesi.

Terence chiuse gli occhi quando un raggio di sole li colpì. La Collina di Pony era rimasta impressa nella propria mente anche se era candida per la neve caduta: proprio come Candy, il verde brillante e vivace era solo in apparenza ricoperto da un candore quasi etereo.

Lei era il simbolo stesso della vita e della rinascita e giurò a se stesso che, non appena le cose si fossero assestate, le avrebbe scritto una lettera. Non voleva recarle danno scrivendole a Londra e rischiando di farla espellere sul serio, ma si era immolato abbastanza lasciandola indietro allora.

Questa tragedia non finirà con la mia morte, non stavolta.

Chissà, magari quando fosse stato abbastanza famoso e lei avesse terminato la scuola avrebbero potuto riavvicinarsi. Il desiderio di averla di nuovo al suo fianco stava rischiando di mandare a monte il sacrificio fatto: se fosse stato per lui, si sarebbe tolto il costume e sarebbe saltato sulla prima nave anche solo per rivederla una volta.

Le sue labbra sanno di vento, di menta e di libertà...

Una lettera, un'innocua lettera. Avrebbe trovato il tempo di scriverla e di mettere su carta i propri sentimenti. L'avrebbe compromessa se fosse caduta nelle mani sbagliate? Forse doveva solo chiederle come stesse, evitando di...

Un leggero bussare alla porta lo fece trasalire.

"Chi è?".

"Sono io...". Susanna fece capolino dalla soglia e la fissò con sguardo interrogativo. "I ragazzi vogliono andare a mangiare in un locale qui vicino e vorrebbero sapere se andiamo anche noi".

Terence si volse e le diede le spalle: "Vai tu, se ne hai voglia, io torno a casa per oggi. Sono molto stanco".

"Ma... Terence!".

Non le rispose, continuando a guardare fuori dalla finestra, cercando le parole che avrebbe voluto scrivere a Candy. Susanna era un'ottima partner sulla scena e una cara amica, ma non voleva che si facesse illusioni: il suo cuore apparteneva a una ragazza molto diversa da lei.

Attese con pazienza che chiudesse la porta, non volendo incontrare il suo sguardo deluso, e rilassò le spalle.

Presto, Candy. Presto ci rivedremo. Lo sento...

 
- § -
 
 
Anthony posò il sacco di concime a un lato del giardino e si deterse il sudore dalla fronte con il braccio: il sole era alto e il signor Whitman era in pausa pranzo. Tuttavia, lui non voleva riposare.

Studiare alla Saint Paul School lo aiutava a distrarsi, pur se in maniera marginale, ma ora che era tornato a casa gli rimaneva soltanto la sua passione per i fiori. Il giardino di sua madre era quasi come il proprio io interiore: finché lo avesse mantenuto rigoglioso e profumato, le vibrazioni positive lo avrebbero aiutato a sentirsi meglio.

Non aveva dimenticato Candy e, anzi, sapeva che lei voleva rivederlo. Per quanto tempo aveva procrastinato quell'incontro? Giorni, settimane... e alla fine aveva ceduto. Lei sarebbe stata accompagnata a Lakewood da Archie e Stair e lui avrebbe dovuto affrontare il suo tormento. Guardarlo in viso e non vacillare.

Solo imparando ad averla vicina senza soffrire avrebbe superato tutto.

Schermandosi dal sole con la mano, Anthony volse lo sguardo sulla panchina alla quale soleva sostare con sua madre quando era bambino: i ricordi, ogni anno che passavano, erano sempre più sfocati e confusi. Tuttavia, il volto di lei rimaneva indelebile come un dipinto a olio.

Di colpo, gli tornò alla mente la conversazione che aveva avuto con Candy durante l'autunno di quasi due anni prima. Non le aveva più parlato del ragazzino più grande che sedeva vicino alla sua mamma e lei non lo aveva più domandato.

Eppure, in quel pomeriggio assolato, l'immagine di loro tre nel roseto divenne vivida come se la stesse rivivendo.

Anthony era molto piccolo quando lei era morta e non riusciva proprio a ricordarsi chi fosse quel ragazzo: però ricordava bene che le somigliava molto e che lo chiamava...
"Piccolo Bert...", mormorò rimembrandolo all'improvviso, socchiudendo le palpebre.

Possibile che fosse un fratello maggiore di cui ignorava l'esistenza? O un altro parente, magari un cugino, che poi per chissà quale motivo non era più ricomparso? All'epoca era stato così travolto da quel lutto che il dolore era l'unica cosa che lo accompagnasse, assieme alle parole di conforto di suo padre, prima delle lunghe assenze, e di quelle più ferme della zia Elroy.

Gli unici che gli avevano dato la forza di andare avanti erano stati proprio Archie e Stair. E avevano tentato di farlo anche a Londra, pur se lui si era rinchiuso nella propria solitudine come dietro a una porta chiusa a chiave.

Era ora di riaprire quella porta, capì, e non avrebbe fatto entrare solo loro, ma anche Candy: sapeva che sua zia scalpitava per riaverlo a Chicago e Anthony le aveva chiesto ancora qualche tempo per rimanere a Lakewood e stare da solo con i suoi pensieri.

Sarebbe partito dopo la visita di lei, tornando più forte nella città dove faceva l'infermiera, e avrebbe potuto incontrarla agli eventi della famiglia Ardlay. Non poteva nascondersi per tutta la vita.

Cercando di infondersi coraggio e nuova speranza, Anthony recuperò il sacco del concime e tornò a occuparsi delle sue adorate rose. Le Dolce Candy erano meravigliose come sempre.

 
- § -
 
 
Candy pensava di essere rimasta sconvolta quando aveva scoperto che Terence faceva l'attore a Broadway e aveva coronato il suo sogno. Ne era, anzi, rimasta piacevolmente colpita e gli aveva perdonato il suo silenzio in un battito di ciglia.

Sapeva che stava facendo qualcosa di importante per la sua vita! E i giornali ne parlavano così bene!

Tuttavia, quando aveva scoperto, solo quella mattina, che con la sua compagnia si sarebbe recato a Chicago, le gambe avevano iniziato a tremare e le mani a diventare gelide.

Potrò rivederlo, sentire il suono della sua voce!

Era corsa nella stanza delle infermiere controllando i suoi turni e aveva scoperto, con orrore, che quella sera doveva coprire proprio quello notturno. E il giorno dopo...

Il giorno dopo devo partire per Lakewood a incontrare Anthony! Come posso fare?!

Terminato il giro in corsia, Candy, forse per la prima volta da quando era al Santa Johanna, camminò lentamente lungo il corridoio, riflettendo.

Se chiedo di sostituirmi per il turno di notte mi faranno lavorare il giorno dopo. E sono stata io a insistere con Archie e Stair perché convincessero Anthony e vederci! Se rimando, penserà che non tengo a lui...

"Accidenti, che guaio colossale!", disse ad alta voce.

"Quale guaio?". Le sue colleghe, Judy e Natalie, la fissarono incuriosite dalla soglia di una delle corsie.

Candy non dovette pensarci che qualche istante e tentò, giungendo persino le mani: "Ragazze, posso chiedervi un favore? Avrei bisogno che una di voi due mi sostituisse per il turno di notte di domani!".

"Neanche per sogno", ribatté Judy con alterigia.

"È il tuo turno e tocca a te", concluse Natalie guardandola quasi con disprezzo.

Ma che belle colleghe che mi ritrovo!

Affatto scoraggiata, chiese a tutte le compagne di corso e, col cuore in gola, tentò l'ultima spiaggia con Frannie. Ma il viso granitico della ragazza, china sulla scrivania a riordinare dei documenti nella loro stanza, assieme alle sue parole di ghiaccio, posero fine a ogni speranza.

Candy lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, conscia che giungere le mani davanti a lei non era servito a nulla e tornò dai suoi malati armata di termometri, garze e disinfettante. Ma priva di speranze. Fu la giornata più lunga della sua vita e più di una volta si ritrovò a distrarsi, meritandosi risatine divertite dai pazienti o persino rimproveri dai superiori.

Senza essere riuscita a dormire molto, con le lenzuola praticamente intrecciate tra le gambe dal tanto rigirarsi, Candy si ritrovò inondata dal sole del nuovo mattino con il cuore in gola e un solo nome che le rimbombava in testa al ritmo del proprio cuore.

Terence... Terence...

Era lì, a poche miglia da lei. Era già arrivato in albergo? Stava facendo le prove in teatro? E Susanna Marlowe, così bella e appariscente al suo fianco, era davvero la sua fidanzata? Candy chiuse di scatto il vecchio giornale nel cassetto quando udì Frannie alle proprie spalle.

"Muoviti, Candy, il tuo turno sta per cominciare".

"Arrivo subito", disse rassegnata.

Non era il sacrificio del doppio turno a farla stare male, ma la consapevolezza di avere di nuovo Terry a un soffio e non poterlo raggiungere. Se prima era convinta di doverselo estirpare dal cuore, ora sapeva che quella era l'unica possibilità che avessero e non l'avrebbe sprecata. Magari lui era stato tanto impegnato con la sua nuova carriera che non aveva avuto tempo di cercarla e, più prosaicamente, aveva evitato di scriverle a Londra perché temeva di comprometterla e vanificare il proprio sacrificio.

Sarebbe stata lei a farsi vedere, a comunicargli che era lì, in America, e che se solo lui avesse voluto...

"Candy!". La voce stentorea della sua collega con gli occhiali per poco non la fece cadere dalla sedia.

Ha detto bene Archie... è peggio di un gendarme! Me la ritrovo sempre alle calcagna!

Tentando di non farsi sopraffare dalla distrazione, Candy si dedicò al suo lavoro lasciando che un angolo della propria mente si arrovellasse alla vana ricerca di una soluzione.
Ma la soluzione era una sola e non le piaceva affatto.

Durante il pomeriggio, per tre volte andò nella stanza dove c'erano i telefoni per chiamare Archie e Stair e avvisarli che non sarebbe andata alla rappresentazione, quella sera. E per tre volte riagganciò. Fissò gli ultimi raggi del tramonto dalla finestra e prese il fascio di documenti di cui si sarebbe dovuta occupare nelle ore a venire, restando a disposizione per le urgenze.

Candy non vedeva la scrivania. Non vedeva le carte che stava sparpagliando e riordinando senza alcun filo logico. Poteva solo alzare gli occhi sulla libreria dove l'orologio scandiva le ore, i minuti e i secondi che la separavano da Terence.

Terence, che piangeva da solo sul ponte della nave; Terence, che nascondeva il proprio dolore dietro una facciata di arroganza e ironia; Terence, con il suo comportamento irriverente e passionale; Terence, che aveva adombrato l'amore tenero e sicuro che provava per il suo Anthony. Conquistandola, bruciandola dentro, imprigionandola in un sentimento cocente e impossibile da rifuggire.

Fuggire.

Attratta in maniera irreversibile da lui, Candy si alzò dalla scrivania, infilò con gesti meccanici l'abito che aveva preparato e sciolse i capelli, fermandoli solo con un nastro.

Sto per rivederlo... Dio mio, sto per rivederlo davvero! Come mi batte forte il cuore!

Infilò il cappotto tentando di nascondere il vestito e uscì dalla finestra: per fortuna, si trovava al piano terra, perché non sarebbe stato facile saltare su un albero con quell'abito lungo e, soprattutto, senza attirare l'attenzione.

Una volta a destinazione, volò quasi fuori dalla carrozza, in un dejà-vù del porto di Southampton, ma con la certezza che Terry fosse in quel teatro, a pochi passi da lei.

Tremava, e non per il freddo.

"Candy!", la voce di Annie le indicò il punto in cui lei, Archie e Stair la stavano attendendo da chissà quanto tempo.

"Scusatemi, sono in ritardo...", ansimò correndo verso di loro.

Nonostante quello che era accaduto con Terence, sapeva che la famiglia Ardlay non avrebbe perso un evento di beneficenza importante come quello, tuttavia aveva sperato fino all'ultimo di non incontrare Eliza e Neil.

"Chi vi ha permesso di invitare quella ragazza?", tuonò la zia Elroy che sedeva nel salottino dell'entrata in mezzo a loro.

Stair e Archie ribatterono che anche lei era una Ardlay e aveva diritto a entrare e Candy fu loro grata per aver tentato di difenderla. Tuttavia, quello che le fece più male fu il commento di Eliza: "Terence non si ricorda neanche più di te! È innamorato della prima attrice e non puoi competere con lei".

Candy sapeva che Eliza aveva avuto un debole sia per Anthony che per Terence e che, molto probabilmente, dopo essersi resa conto che nessuno dei due la guardava, stava tentando di vendicarsi su di lei come al solito.

Come se non lo avesse già fatto abbastanza.

Candy le lanciò uno sguardo pieno di odio malcelato, ma non ribatté. Era certa che il messaggio le fosse arrivato.

So che sei stata tu, ci hai incastrato e diviso. Ma non ci arrenderemo. Mai.

"Se proprio non volete separarvi da quella smorfiosa non avete che da seguirla!", disse la zia Elroy alzandosi per entrare.

Annie e i suoi cugini fecero qualche passo nella sua direzione, ma lei scosse la testa e li fermò: "Sono io che devo andare via, non voi".

Si voltò, ignorando i richiami di Annie e sentendosi morire dentro. Tuttavia, dopo tutta la fatica che aveva fatto, esponendosi e fuggendo dal proprio lavoro, Candy decise che non avrebbe mollato. Trovò un'entrata secondaria per il palcoscenico ma non vedeva che i piedi degli attori e fu malamente scacciata da un inserviente. Cominciando a disperare, girovagò ancora per qualche minuto nello stretto corridoio fino a trovare una scala che doveva essere quella del tecnico delle luci.

Si arrampicò e, finalmente, lo vide. Terence era entrato in scena proprio in quel momento e il cuore le mancò un battito. Rischiò di cadere e dovette tenersi forte alla scala. Il vestito di scena cadeva su di lui come un guanto, donandogli un'aria più adulta e seria.

Era così bello, così... imponente che per qualche istante Candy lo fissò dietro il velo delle lacrime sentendosi struggere per lui. Come aveva potuto pensare di poterlo dimenticare o biasimare per il suo allontanamento?

E rimase lì, mentre il tempo si fermava di colpo, incantata da quel ragazzo che incarnava il fascino stesso della vita, il respiro infiammato del sole e il tocco solido di papà albero.

Il mio Terry...

Lo spettacolo finì senza che quasi se ne rendesse conto, appena conscia della trama di Re Lear e piena di ammirazione per la bravura e il magnetismo che emanava lui.
Scese dalla scala per correre da lui e la folla la travolse.

Tuttavia, Candy se ne accorse a malapena, troppo concentrata sull'unico obiettivo di farsi strada verso Terence, che si allontanava con Susanna sottobraccio, salutava le sue ammiratrici e saliva in carrozza gettando loro rose rosse.

Non può finire così, non può non vedermi!

Trascinata dalla gente, quasi soffocata nel tentativo di avanzare, Candy credette di morire di dolore per quel destino beffardo e avverso.

E tutto il suo mondo si ridusse a un unico, forte grido: "Terry!".

 
- § -
 
 
Il treno sussultava e il rumore delle carrozze che gemevano sui binari gli trapanava il cervello.

"Terence?".

Aveva immaginato che Candy potesse essere bella con la divisa da infermiera, ma non aveva osato arrivare a tanto: mentre correva verso di lui, quasi pensasse davvero di raggiungerlo, sembrava la visione di un angelo. Un angelo terreno che voleva solo baciare fino allo sfinimento.

"Terence?". Finalmente, la voce di Susanna raggiunse la sua parte razionale e si costrinse a voltarsi per guardarla. Era bella, ma non reggeva il paragone con Candy: erano come il giorno e la notte. E Candy emanava una luce abbagliante.

"Cosa?".

"Andiamo al vagone ristorante? È ora di pranzo, Robert ci starà sicuramente aspettando".

"Non ho fame, vai pure da sola".

Lesse sul viso di lei il disappunto, la delusione, la frustrazione: ma non poté farci nulla. Il suo rifiuto a instaurare un rapporto di amicizia più stretto e i suoi continui 'no' la ferivano di sicuro, ma sperava che lei recepisse il messaggio e comprendesse che l'unico modo in cui potevano essere una coppia era recitare.

Con Candy non ho mai dovuto fingere. Non dopo averla conosciuta meglio.

Susanna smise di lottare e se ne andò, lasciandolo con un senso di rimorso che durò il tempo di un battito di ciglia. Non l'amava e non l'avrebbe mai amata, questo era tutto.
Terence chiuse gli occhi, sentendosi d'improvviso sfinito: nonostante la mente e il cuore gridassero il nome di Candy, evocandone l'immagine che correva verso il treno, il corpo era provato da una notte di veglia. Quella che aveva passato sui gradini dell'ospedale, attendendola prima di lasciarle un messaggio che lei aveva ricevuto troppo tardi.
Quando aveva visto Eliza e i fratelli Cornwell al ricevimento dopo lo spettacolo, aveva capito subito che lei doveva essere a Chicago e ne aveva avuta la conferma. Dopotutto, la voce che aveva udito mentre si allontanava dal teatro e che gli pareva gridare il suo nome non l'aveva immaginata. Perché non si era fermato assecondando l'istinto? E perché Candy non era tornata subito in ospedale lasciandolo lì ad attendere inutilmente? L'infermiera all'entrata lo aveva cacciato in malo modo e lui aveva vissuto una sorta di dejà-vù della notte che Candy aveva passato in cella alla Saint Paul School. Scrutando nell'oscurità, però, e sperando fino alle prime luci dell'alba di rivederla.

Ma non l'avrebbe lasciata andare così facilmente, non più: non c'erano una scuola o delle istitutrici a tenerli lontani, adesso.

Lui si stava affermando, coronando il sogno di sempre, e Candy stava seguendo la sua aspirazione. Stavano crescendo insieme e nulla al mondo avrebbe potuto impedire la loro unione.

Un giorno, quando fosse tornato abbastanza vicino a lei, le avrebbe inviato un biglietto di sola andata e le avrebbe chiesto di sposarlo. Nel frattempo le avrebbe scritto e avrebbe mantenuto accesa quella fiamma. Perché, oh, sì, l'aveva vista! Ne aveva avvertito il calore bruciante in quella corsa disperata, nelle sue grida e in quelle braccia che lo avrebbero di certo stretto forte se non ci fosse stato un dannato treno tra loro.

Sì, un giorno l'avrebbe stretta per non lasciarla più.

 
- § -
 
 
Anthony avvertì la presenza di Candy prima ancora che lei entrasse nella stanza dove stava preparando le valige da solo, rifiutando l'aiuto dei servitori. Il profumo era davvero quello delle sue rose.

Saresti dovuta venire ieri. Cosa hai fatto per saltare il nostro appuntamento, Candy?

La porta era socchiusa, ciononostante udì un lieve bussare, come se chi volesse entrare temesse di fare troppo rumore.

"Entra pure, Candy", disse riaprendole anche le porte della propria vita, voltandosi a guardarla e tentando di capire se il cuore gli sarebbe esploso nel petto o avrebbe solo accelerato un po'.

Il desiderio di abbracciarla fu un dolore quasi fisico e impedirsi di farlo una specie di tortura, ma mantenne la propria dignità e riuscì a regalarle un sorriso. Perché non riusciva a non adorare Candy.

Gli occhi belli e colpevoli di lei si abbassarono quasi subito: "Perdonami".

Perdonami per cosa? Per avermi spezzato il cuore? Per essere fuggita lasciandomi solo i tuoi ringraziamenti e il tuo apprezzamento? Per essere in ritardo? Per cosa dovrei perdonarti, Candy?

Fu il suo turno di abbassare lo sguardo: "Non c'è nulla di cui ti debba perdonare", disse a dispetto di quei pensieri. "Sei stata sempre sincera con me, inoltre... so che lavoro fai e immagino tu sia stata trattenuta".

Anthony sapeva qual era la verità, ma non glielo avrebbe mai confessato di sua sponte. Non sarebbe stato corretto e sarebbe suonato persino infantile. Una parte di sé, però, sperava che lei glielo avrebbe detto. Se non potevano amarsi, perlomeno potevano continuare ad avere un rapporto trasparente come sempre.

"Sarò sincera anche stavolta", disse lei quasi in riflesso a quel concetto. "Sì, ieri mi hanno trattenuta tutto il giorno perché sono fuggita dal turno di notte quello precedente".
Anthony chiuse gli occhi, immaginandola che veniva meno a una sua responsabilità per lui.

"Sei... andata a quello spettacolo di beneficenza con Archie e gli altri, vero?".

Candy annuì, tormentandosi le mani e stropicciandosi la stoffa del vestito: "Dunque lo sapevi?".

Sospirò e sedette sul letto, piegando una camicia: "Sapevo dell'evento e quando mio cugino mi ha inviato un messaggio dicendomi che saresti venuta solo stamattina ho capito. Lo hai visto, perlomeno?".

La vide mordersi il labbro: "Sì".

Anthony inclinò un po' la testa. Era delusa? Mentiva? O gli aveva detto solo parte della verità temendo di ferirlo?

Tentando di farsi forza, Anthony si alzò per fronteggiarla: "Candy", la chiamò specchiandosi nei suoi occhi pieni di lacrime. "È da quel lontano giorno in Scozia che io e te non abbiamo una conversazione completa. A scuola ci incontravamo di rado e tu sembravi sempre volermi evitare non appena mi voltavo per guardarti. Eppure sentivo il tuo sguardo su di me come se volessi trafiggermi". Sorrise.

"È che...". Si asciugò gli occhi, cercando di spiegarsi. "Volevo tornare a parlarti, continuare a essere tua amica, ma temevo di ferirti. O meglio, sapevo di averlo già fatto".

Non sai quanto, Candy. Non sai quanto, ma non è colpa tua.

"Per me c'è solo una cosa che conta: ed è vederti felice. Ma in te non riesco a trovare il sorriso che...". Stava per dire: 'che mi ha fatto innamorare', ma si trattenne appena in tempo. "...che ti caratterizza. Non avere paura di confidarti con me. Posso sopportarlo".

Lei prese un profondo sospiro e sedette sulla poltrona accanto al proprio letto, dove prese posto per guardarla meglio e starle più vicino. Era pronto ad ascoltarla e ad andare fino alla luna, per Candy.

"Come ti ho scritto non sono fuggita dalla scuola solo... per seguire Terence. Mi sono resa conto che tutti stavano seguendo la propria strada tranne me: lui oggi è un attore affermato. Persino il mio amico Albert se n'è andato fino in Africa per studiare gli animali e sentirsi libero. La Saint Paul School... non era il mio posto. Ho scritto allo zio William e sa che oggi sono un'infermiera e voglio diplomarmi".

Anthony annuì: "Questo ti fa onore, ma non avresti dovuto scappare così: eravamo tutti molto preoccupati. Dopo la tua fuga è venuto Georges e ha parlato con suor Gray. Credo ti avesse anche lasciato dei soldi... come hai fatto a tornare fino in America?".

Candy si morse un labbro: "Diciamo che mi sono arrangiata strada facendo". Fece una lunga pausa, a indicargli che non voleva approfondire l'argomento e Anthony non insistette: l'importante era che fosse sana e salva davanti a lui. "Quando sono arrivata sono andata alla Casa di Pony e... ho scoperto che Terence era stato lì".

Sussultò. Sapeva che stava arrivando la parte difficile, ma cercò di essere forte: "Nel senso... che non vi siete incontrati?".

Una volta, Candy aveva desiderato che fosse lui a vedere la sua collina di quando era piccola. Invece, quel Terence l'aveva probabilmente battuto sul tempo.

"No, lui se n'era appena andato. A quanto pare non era destino che lo ritrovassi. Successivamente ho maturato il desiderio di fare questo lavoro e sono arrivata alla scuola per infermiere di Miss Mary Jane, un'amica di Miss Pony. Non ho mai avuto notizie di Terry. Archie e Stair mi hanno riferito che non ha cercato di contattarmi neanche a Londra: immagino non volesse compromettermi ulteriormente". Candy alzò lo sguardo su di lui e aggiunse, in tono urgente: "Eliza ci ha incastrati, non è successo nulla in quelle stalle! Ha scritto dei biglietti...".

"Lo so, tranquilla. Archie e Stair lo hanno scoperto quasi subito e... Terence lo ha riferito anche a suor Gray".

Candy rilassò le spalle. "Un giorno ho visto Terry sul giornale e ho capito che aveva realizzato il suo sogno di calcare le scene. Qualche giorno fa ho saputo per caso da una collega che si sarebbe tenuto uno spettacolo di beneficenza della sua compagnia a Chicago e Archie mi ha detto che avevano un biglietto anche per me. Tuttavia, avendo già il giorno libero impegnato per venire qui, mi sono resa conto che non avrei potuto partecipare e nessuna voleva sostituire il mio turno. Così... sono semplicemente scappata di nascosto".

Anthony strinse i pugni e chiuse gli occhi: "Immagino che ti abbiano sgridata", disse cercando di mantenere il controllo delle proprie emozioni.

"È già tanto che non mi abbiano cacciata. Mi sono comportata malissimo e non sapevo più come scusarmi. Ma avevo... bisogno di fargli sapere che io ero lì e...". Candy singhiozzò per qualche istante e lui rimase immobile, diviso tra la necessità di abbracciarla e quella di non toccarla più. Le passò un fazzoletto e attese che si ricomponesse. "Non mi ha vista. La zia Elroy non mi ha lasciata entrare e io mi sono nascosta dietro gli spalti. All'uscita dal teatro c'era una marea di gente e nonostante i miei richiami... lui non si è mai voltato. L'ho cercato in albergo e la sua collega Susanna Marlowe mi ha detto che stava riposando. Ma quando sono tornata in ospedale... ho trovato un suo messaggio: dopotutto, a quanto pare, ha scoperto dov'ero e mi ha attesa finché non si è fatto mattino".

Anthony stava tentando di assorbire le parole di Candy e, al contempo, di immaginare come mai il destino si stesse accanendo su loro tre: nessuno, a quanto pareva, era felice al momento.

"Cosa è successo dopo?", chiese in un sussurro.

Lei stropicciò un po' il fazzoletto come aveva fatto poco prima col vestito: "Sono corsa alla stazione durante la pausa pranzo, ma il treno era già partito. Lui si è affacciato dalla sua carrozza e... ci siamo visti da lontano, per pochi istanti, gridando in mezzo al rumore delle ruote sui binari. Sembra uno di quei romanzi che legge Annie...", rise asciugandosi una lacrima.

Il cuore gli sanguinava. Gli occhi bruciavano per le lacrime represse, nonostante credesse di non averne più. Il dolore era una massa pulsante al centro del petto ed era diviso tra la sofferenza di Candy che entrava in risonanza con la propria e quella di non poter essere lui il destinatario di quell'amore struggente.

Ne avrebbe avuto cura com'era sempre stato e non si sarebbe mai allontanato da lei per seguire un sogno: perché era Candy il suo sogno più grande. Sposarla, avere una famiglia e coltivare le rose insieme, anche se lei avesse voluto continuare a fare l'infermiera. Sì, ora lo sapeva: le avrebbe regalato a piene mani quella libertà che anelava, a costo di inimicarsi l'intera famiglia. Ma ora era troppo tardi per dirglielo.

"Mi dispiace". Se avesse potuto, avrebbe preso a pugni Terence finché non gli avesse giurato che l'avrebbe resa felice.

"Sei tu che devi scusarmi. So che non dovrei raccontarti tutto questo...".

"Sono io che ti ho detto di parlarne. Va bene, ora so che lo ami ancora e che avete... qualche difficoltà". Non sapeva se aveva riassunto bene quella serie sfortunata di eventi, ma suppose di esserci andato vicino.

"Ora sa dove mi trovo e sono certa che mi scriverà. Anthony, voglio che tu ti senta libero di decidere se continuare ad essere mio amico o meno. Per me era importante chiarirmi con te e dirti tutta la verità e ti mentirei se ti dicessi che non desidero continuare a vederti. Ma se per te è fonte di sofferenza, allora...".

Anthony prese un respiro profondo e si alzò dal letto di scatto: non sopportava il suono definitivo che aveva la parola 'amico' e non voleva che lei cogliesse il dolore sul proprio viso. Si mise a guardare fuori dalla finestra, tentando ancora una volta di trarre forza e serenità dal giardino di sua madre.

"Un giorno, potrebbe succedere che vi veda insieme. Lui potrebbe volerti al suo fianco e portarti con sé durante le tournèe. Quel giorno, io voglio essere pronto a lasciarti andare. E, soprattutto, voglio essere certo che possa renderti davvero felice, visto che io non posso farlo".

"Anthony...". Si era alzata, lo sentiva. Forse si stava avvicinando e si costrinse a inghiottire le lacrime, quelle che aveva giurato di non versare più.

"È ancora presto per me, Candy. Oggi ne ho avuta la conferma. Le mie mani tremano dal desiderio di stringerti e abbracciarti e le mie labbra di assaporare le tue per un'ultima volta. Ma non posso, perché ho perso il tuo cuore che ora appartiene a lui. Vai, Candy, torna al tuo lavoro e realizza il tuo sogno. Io sto andando a Chicago e prima o poi ci rincontreremo. Anche io devo trovare la mia strada, adesso".

Non era pronto a sentirla accostarsi ancora di più, facendogli accelerare il battito del cuore. E non era pronto a sentirla a un soffio dalla schiena. Anthony si tese, fece per girarsi, ma le braccia di Candy serpeggiarono intorno al suo busto in un abbraccio alla rovescia, mentre il suo capo si poggiava tra le scapole.

Dio mio, Candy... quanto ti amo!

Quel contatto così tenero e così simile a un addio. Quel desiderio a malapena contenuto di girarsi e stringerla come avrebbe voluto. Quei singhiozzi sommessi e la voce di lei che gli sussurrava "ti voglio bene, Anthony", furono più di quanto potesse sopportare.

Lasciò cadere, silenti e discrete, le proprie lacrime, sperando che lei non se ne accorgesse. Sperando di tornare a essere forte anche quando si fosse rispecchiato di nuovo nei suoi occhi senza leggervi l'amore di un tempo. Sperando di sopportare quando vi avesse vista, ricambiata, la passione rivolta a un altro uomo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo ottavo ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra. Lo rivedrà brevemente dopo un lungo periodo di silenzio, mentre si allontana con un treno. E incontrerà di nuovo Anthony a Lakewood, ribadendogli che vorrebbe restare sua amica.

 
- § -
- § -
- § -
 
 
 
Primavera 1915

Candy era entrata nella sua stanza come una furia, strappandolo al sonno con un sussulto, e ora gli stava mostrando, soddisfatta e sorridente, il suo diploma da infermiera. Il viso era illuminato da uno sguardo pieno di orgoglio e, in qualche modo, era il medesimo che stava provando lui.

"Complimenti, Candy, sono felice per te!".

La ragazza che lo aveva praticamente tirato fuori da un baratro senza fine sorrise e la stanza parve illuminarsi di luce propria. Lei gli aveva dato un nome; lei lo aveva trattato come un essere umano e non come un criminale; lei gli aveva impedito di lasciarsi andare quando pensava che porre fine alla propria vita sarebbe stata una liberazione.

Tuttavia, man mano che il tempo passava e il suo fisico si rinforzava, Albert si rendeva conto che quel posto nel mondo, che Candy gli aveva così generosamente donato, era solo fittizio. Un'infermiera e un paziente non sono destinati a rimanere insieme, specie se, come loro, erano separati da svariati anni di differenza.

Non che ricordasse la sua età, ma era più che certo di essere un adulto in confronto a lei che non aveva ancora compiuto sedici anni.

"Mi dispiace non poterti regalare nulla", disse dispiaciuto. "Purtroppo non ho soldi...".

Candy si avvicinò per portare via le bottigliette vuote dei medicinali e il suo profumo lo invase, costringendolo a voltarsi. "Non dirlo neanche per scherzo. Il regalo migliore che puoi farmi e rimetterti presto e recuperare la memoria. Ora che sono un'infermiera a tutti gli effetti posso prendermi cura solo di te! Non è meraviglioso?".

Sì, è meraviglioso. E mi terrorizza al contempo.

Da quando si era risvegliato in Italia senza un'identità, solo e ferito, aveva potuto contare soltanto su alcune persone gentili per tornare nella Chicago che invocava. Non aveva che ricordi vaghi di quel terribile periodo e si domandò se il fatto di aver trovato, in quella città, un ospedale dove lavorava un angelo simile non fosse una sorta di dono soprannaturale.

"Sei davvero una cara ragazza, Candy, ma non dovresti preoccuparti così tanto per me. Un giorno uscirò di qui e dovrò fare la mia vita e tu la tua". Cercò di dare alla sua frase un'inflessione seria, ma dovette involontariamente trasmetterle un velo di tristezza, perché il sorriso scomparve e lui si maledì.

"Sono certa che ti faranno restare fino a che non recupererai i tuoi ricordi. Molti medici trovano il tuo caso interessante, sai?", disse Candy tornando al solito buonumore.
Albert fece una risatina sconsolata: "È questo che sono, in effetti: un caso interessante".

"Non dire così, era solo per farti capire che c'è ancora molto da fare e io sarò lieta di assisterti! Tu sei soprattutto un essere umano buono e gentile...". S'interruppe, quasi temesse di aver parlato troppo.

La fissò, soffermandosi un istante di troppo sulle sue labbra socchiuse, sulle lentiggini sbarazzine e sugli occhi di quel colore che gli evocava la natura. "Grazie, Candy". Evitò di dirle che poteva benissimo essere sul serio una spia o un delinquente; o che potesse avere una famiglia che lo cercava; o che avrebbe anche potuto non ricordare mai nulla.

Non voleva cancellare di nuovo il suo sorriso perché, contro ogni logica, era l'unica cosa cui si stesse aggrappando e non andava affatto bene.

"Tornerò più tardi per cambiarti le lenzuola, d'accordo? Tu cerca di mangiare tutta la frutta e di riposare".

Annuì e le sorrise, seguendola con lo sguardo finché non fu uscita dalla stanza. Sospirando, si stese con le braccia incrociate dietro la nuca.

Era solo un comune mortale che, a detta del personale di quell'ospedale, aveva avuto un incidente che aveva spazzato via tutto il suo passato. La prima cosa che aveva visto in quella città, quando aveva riaperto gli occhi, era stata una stanza e non un campo profughi o la cabina di una nave, ma per il resto si sentiva come un pacco postale sballottato da un punto all'altro senza mittente, né destinatario.

L'idea del suicidio lo aveva sfiorato più di una volta, inutile negarlo a se stesso. Le dita macabre della depressione e della disperazione gli avevano sfiorato l'anima in un tocco gelido quando aveva visto la grande finestra della propria camera. In quei brevi istanti, aveva valutato seriamente l'altezza cui si trovava, ma il fato aveva bussato alla sua porta con le fattezze di una ragazza vestita da infermiera dallo sguardo gentile che aveva tra le mani un vassoio più grande di lei.

Albert chiuse gli occhi e si ripeté che se voleva conservare la vita che lei tanto coraggiosamente gli aveva salvato, doveva imparare a cavarsela da solo. A breve sarebbe stato meglio, la debolezza veniva man mano sostituita da una forza maggiore. Non sapeva se fosse per merito delle cure che riceveva, pur essendo relegato in una sorta di sgabuzzino, o per la vicinanza di Candy.

Lo scoprirò presto. Molto, molto presto...

 
- § -
 
 
Anthony non sapeva se fosse più preoccupato all'idea di rivedere Candy o a quella di farla salire sull'ultima invenzione di suo cugino.

"Stair, sei sicuro di ciò che vuoi fare?", domandò vedendolo armeggiare intorno all'aereo.

"Ma certo! Ora che Candy è un'infermiera diplomata si merita un regalo coi fiocchi!".

Archie gli si accostò e mormorò: "Poverina, uscirà dal Santa Johanna da infermiera e ci rientrerà come paziente. Altro che regalo!".

"Non dirlo neanche per scherzo!", sibilò Anthony.

Nonostante i buoni propositi, aveva visto Candy solo in un paio di occasioni nei mesi precedenti e solo per pochi minuti durante le pause in ospedale. La prima volta era stato quasi trascinato dai suoi cugini, le successive li aveva seguiti di sua spontanea volontà, ma tra loro c'era sempre un alone d'imbarazzo che lo metteva a disagio. Cosa avrebbe provato, oggi, a rivederla in una situazione che doveva essere festosa?

Stair e Archie gli riportavano sue notizie quando le chiedeva, tuttavia non aveva avuto ancora quella più importante: a quanto pareva non si era ancora fidanzata con Terence.

Quanto pensa di farla aspettare? Le scriverà?

Mentre Annie e Patty annunciavano che sarebbero andate al cancello principale per controllare se Candy stesse arrivando, Anthony chiese a Stair dell'amico di lei che era stato ricoverato senza memoria.

"Quel giorno lo abbiamo visto, sai? Era irriconoscibile... Ma in questi mesi pare si stia riprendendo bene, anche se non ricorda ancora nulla".

Anthony si accigliò: "Deve essere terribile perdere il proprio passato così di colpo. Immagino che Candy gli abbia raccontato qualcosa, però: è lo stesso che l'ha salvata alla cascata e che lavorava allo zoo di Londra, vero?".

Stair annuì: "Proprio lui. Tu non l'hai mai conosciuto, se non sbaglio".

"Non ne ho avuto l'occasione". Rifletté per qualche istante, colto da una sorta d'ispirazione, e aggiunse. "Non vi sembra strano?".

"Cosa?". Chiesero all'unisono i suoi cugini, uno con una mano sulla fusoliera e l'altro intento a tirare fuori dall'incarto un paracadute.

"Beh, quando eravamo a Lakewood questo Albert era al posto giusto nel momento giusto. Poi lo ritrova addirittura a Londra e ora...". Una punta di panico gli s'insinuò nel cuore: possibile che Archie e Stair non si fossero accorti che quel tipo potesse essere invaghito di Candy e la stesse seguendo?

I due si guardarono e Archie fece spallucce: "Si tratta di mere coincidenze. Albert è una persona perbene, altrimenti ce ne saremmo accorti. Sono certo che se lo conoscessi te ne renderesti conto anche tu".

Era più o meno la stessa cosa che gli aveva detto Candy a Londra, quando lui aveva obiettato che non era stato prudente passare la notte in casa di un uomo appena conosciuto. Non osava dubitare delle parole di Candy o dei cugini, tuttavia c'era qualcosa che lo inquietava anche di più di saperla con Terence.

"Voi cosa sapete di lui?", chiese guardando verso il cancello per accertarsi che Candy non arrivasse proprio in quell'istante.

Fu Stair a rispondere: "Si tratta di una persona che non ha una meta fissa, ma ama molto gli animali. In Africa, da quanto ci ha riportato Candy, si occupava persino di curare le persone. Con noi è sempre stato molto gentile e...".

"Quindi è poco più di un vagabondo, ci avevo visto giusto", lo interruppe sentendo il cuore accelerare.

"Beh, se la metti così...".

"Da dove viene? Ha un cognome? Una famiglia?". Di colpo, la conversazione che aveva avuto quasi due anni prima con lei gli parve interrotta a metà. Ora che Albert era ricomparso, il bisogno di sapere che lei fosse al sicuro era quasi fisico.

Perché diavolo Terence non si decide a sistemare ufficialmente le cose con lei?!

Quel pensiero lo destabilizzò: l'amava a tal punto che preferiva saperla con quell'attore che vicina a qualcuno di cui ignorava l'identità.

"Anthony, non ti sembra di esagerare? Candy non è una stupida e non dimenticarti che tutti noi lo conosciamo. Potresti incontrarlo anche tu, se lo volessi".

Sbatté le palpebre e si volse verso Stair: "Hai ragione", disse. "Ed è proprio quello che farò".

Non sapeva come e quando, ma si sarebbe accertato che Candy non avesse nulla da temere da quell'uomo e poi, forse, avrebbe anche potuto cominciare a seguire la propria, di strada. Avrebbe dovuto litigare con la zia Elroy, ma non gli importava.

Candy era bella come sempre, arrivò sorridendo e salutandolo con un calore che gli intiepidì il cuore infreddolito come una coperta in pieno inverno.

"Come stai?", le chiese regalandole un sorriso sincero.

"Io bene e tu?".

Anthony annuì rassicurante, vedendola davvero interessata nonostante la conversazione semplice: "In realtà sono un po' in pensiero per quello che ha in mente quel pazzo là dietro". E lo indicò con il pollice.

"Ehi, a chi hai dato del pazzo?!". Stair si era appena messo una sorta di casco da aviatore.

Vide Candy ridere e scherzare con tutti e, con una certa apprensione, salire sul trabiccolo di Stair, non prima di aver indossato il paracadute preparato da Archie. Annie e Patty avevano le mani giunte quasi stessero pregando che tutto andasse bene.

Il motore dell'aereo scoppiettò e sbuffò mentre le pale roteavano più veloci man mano che accelerava. Il gemito fu collettivo quando parve che dovesse schiantarsi contro un albero e invece si alzò miracolosamente in volo.

Anthony gettò indietro la testa per seguirli con lo sguardo e si chiese come poteva preoccuparsi di Terry e di Albert quando era suo cugino Stair che stava rischiando di ferirla seriamente. L'aereo si librò su di loro e su villa Ardlay due, tre volte, quindi si abbassò persino un poco perché la sua eccitata occupante potesse salutarli agitando un braccio. Ma il cuore mancò un battito nel momento in cui la coda si staccò di netto dal velivolo tra le grida generali e le ali superiori si spezzarono in due.

"Candy!".

"Stair!".

Anthony si rese conto a malapena che la voce che aveva invocato il cugino era quella di Patty: era troppo impegnato a fissare le due figure frenetiche che si muovevano nell'abitacolo che si stava per disintegrare al pari del resto della struttura. Per fortuna quello squinternato di Stair saltò assieme a Candy dai resti dell'aereo fumante e i due volteggiarono nell'aria quando i paracadute si aprirono sospingendoli prima in alto e poi lasciandoli cadere leggeri come foglie nel vento.

E, nonostante il dolore e le preoccupazioni, scoppiò a ridere di cuore nel vedere Candy

la mia Candy

appesa a una sorta di caramella gigante che fungeva da paracadute. Soprattutto, fu sollevato nell'accorgersi che i due erano incolumi, anche se le ragazze erano pallide come cenci e Archie pareva aver sudato sette delle sue pregiate camicie solo guardandoli.

Corsero verso di loro, che intanto erano atterrati dolcemente sull'erba senza ulteriori incidenti toccando terra con i piedi. Anthony vide Candy lottare con il paracadute ormai afflosciato, sbracciandosi per uscire fuori dai metri di stoffa colorata e si affrettò ad aiutarla.

Dall'altro lato, mentre Patty controllava che non si fosse fatto male, Stair ebbe il coraggio di chiedere: "Allora, Candy, ti sei divertita? Per essere il mio primo esperimento non è andato poi così male!".

"Primo esperimento?!", gridò lei mentre l'aiutava a rimettersi in piedi senza inciampare nel paracadute.

Anthony ne afferrò i lembi guardandolo con aria critica:"Dite un po', l'avete fatto apposta di questa forma perché sapevate che l'aereo sarebbe andato in pezzi?", chiese un po' divertito e un po' arrabbiato a Stair.

"Veramente non lo so, ci hanno pensato Archie e le ragazze... e comunque il mio aereo non doveva andare in pezzi!".

Le risate furono generali e Anthony si rilassò un poco, incontrando gli occhi di Candy: immediatamente si addolcirono e lui comprese, con dolore, che l'affetto sincero era permeato di senso di colpa.

Doveva lasciarla andare e doveva farlo una volta per tutte.

"Candy, sei sicura di non voler rimanere a cena con noi?", le chiese Annie.

"No, grazie, devo tornare in ospedale a prendermi cura di Albert".

Facendosi coraggio, Anthony le si accostò e le chiese di parlare.

"Bene, allora noi andiamo! Ci rivediamo presto!", salutò Archie offrendo il braccio alla sua fidanzata. Salutarono anche Stair e Patty e si allontanarono allo stesso modo verso la villa.

Due coppie felici...

Anthony sospirò e si volse a guardare quella che, in un'altra vita, avrebbe potuto essere la sua fidanzata.

"Camminiamo? Forse hai un po' freddo", propose desiderando porgerle il proprio braccio.

"No, non ne ho, tranquillo". E, con estrema naturalezza, fu lei a prenderlo, accostandosi come un tempo, mentre si dirigevano verso gli alberi nella luce arancione del tramonto che ammantava il verde intorno a loro come un dipinto.

"Voglio studiare agraria in Georgia", disse senza mezzi termini e Candy si bloccò, guardandolo come se non capisse.

"In Georgia?".

Anthony annuì: "Sì, lì c'è una delle migliori università degli Stati Uniti. Stasera parlerò con la zia Elroy e spero di partire nei prossimi giorni".

"Ma, Anthony, è lontanissimo! Così non potremo più vederci", protestò Candy staccandosi un poco da lui.

"Non mi sembra che ci vediamo poi così tanto, Candy. E ti ricordo che tu sei scappata dalla scuola di punto in bianco, facendoci morire di paura. Ognuno di noi sta facendo la sua vita: Archie vorrebbe andare in Massachussets, lo sapevi? E Stair ha le sue invenzioni. Io cosa sto facendo, Candy? Adoro occuparmi del Giardino delle Rose di Lakewood, ma ora che non siamo più in collegio passo le mie giornate con istitutori che mi insegnano qualcosa che non mi servirà mai".

"Ma... ma... tu sei uno degli eredi dello zio William e un giorno dovrai...".

"Non l'ho chiesto io, Candy. Archie sarà più che felice di prendere le redini delle aziende Ardlay". Non aggiunse che un giorno aveva sognato di ricoprire quella posizione solo per fare di lei la nuova matriarca, accontentandosi del giardinaggio come hobby. Ora che Candy era innamorata di un altro voleva realizzare quel sogno.

Candy si morse il labbro, facendogli venire un'insana voglia di baciarla lì, sotto quel pino, fino a perdere il fiato e il senno. Quanto ci sarebbe voluto perché il suo cuore testardo la dimenticasse?

"Hai ragione, scusami. Sono stata io la prima a ribellarmi a una vita che non mi apparteneva e dovrei essere felice per te. Solo che... mi mancherai".

Perché doveva guardarlo con quegli occhi brillanti e l'espressione triste? Anthony distolse lo sguardo.

"Devo fare qualcosa per me stesso, Candy, non voglio vivere una vita amorfa seguendo le regole della società".

Un vento freddo si alzò d'improvviso, riempiendo e al contempo aumentando il silenzio tra loro, spargendo le foglie degli alberi e alcuni petali di fiori in un vortice che sembrava preannunciare l'autunno invece che l'estate.

Candy gli prese le mani con dolcezza, costringendolo a guardarla di nuovo. Senza pensarci, le pose una mano sul viso, toccandola come anelava di fare da quando si erano lasciati. Tremando. Desiderandola come un assetato nel deserto.

"Mi dispiace tanto, Anthony".

"Smettila di dire che ti dispiace!", le disse più duramente di quello che intendesse, staccando la mano. "Hai fatto la tua scelta, anzi, le tue scelte. So che sei felice di fare l'infermiera e ogni giorno prego perché quel Terence non ti stia prendendo in giro o andrò di persona a picchiarlo di nuovo".

"Noi... noi ci scriviamo", disse Candy abbassando gli occhi. Lo sapeva, non era affatto felice di quel rapporto così distante. E chi lo sarebbe stato? Oltretutto, le poche volte che aveva letto i giornali, si era reso conto che tutti davano per scontato che la fidanzata di quel Terence fosse Susanna Marlowe.

"Ascoltami, Candy". Cosa stava per dirle? E perché, per l'amor del Cielo, l'aveva afferrata per le spalle? "Sei sicura di quello che stai facendo? Sei certa che quel Terence... non sia solo un'illusione? Lui è sempre in tournèe, ha una carriera da attore da seguire e non è come andare all'università o imparare un mestiere! Un amore non si coltiva così, è come cercare di far crescere una rosa su un terreno arido e privo di luce e tu non meriti questo!".

"Anthony...".

Tutti i suoi buoni propositi scomparvero come d'incanto, spazzati via dalle labbra tremanti di Candy e dalle lacrime nascenti nelle iridi verdi.

"Io posso darti amore, stabilità... posso portarti con me in Georgia o persino rinunciare! Posso addirittura studiare per diventare il prossimo patriarca e rendere te la signora Ardlay, oppure aprire una clinica privata dove tu possa continuare a lavorare, o...".

"Anthony, ti prego!".

"Io ti amo, Candy, non ho mai smesso di amarti. E che sia dannato se so perché sto contravvenendo a tutto ciò che mi ero ripromesso, ma sono disposto a stare con te anche se non mi ami come prima, in attesa che nel tuo cuore ritorni...".

"Smettila, Anthony, non è giusto!". Candy lo allontanò e gli diede le spalle, lasciandolo con un senso di perdita e frustrazione che lo soffocò.

Cercando di recuperare un po' di dignità, prese un respiro profondo e rovesciò la testa indietro, desiderando essere trascinato a sua volta da quel vento. "Perdonami, Candy. Questo è uno dei motivi per cui non volevo essere tuo amico. Non ci riesco, anche se ci ho provato", confessò con un filo di voce.

Lei dovette averlo sentito nonostante tutto, perché si voltò, inclinando un poco il capo come se stesse riflettendo. Come in sogno, la vide fare un passo verso di lui, il petto che si alzava e si abbassava come se fosse in affanno e i lineamenti corrugati in un'espressione incerta.

Non disse nulla, ma lo fissò con un'intensità che non aveva bisogno di parole e lui non dovette fare altro che abbassare il viso per incontrare le labbra di Candy. Le calde, morbide e dolci labbra di Candy.

Fu uno sfiorarsi così gentile e casto che gli rievocò il loro primo bacio di ragazzini, invadendolo di nostalgia.

Quando riaprì le palpebre, vide le lacrime scorrere sul viso di lei e comprese che quello era il suo addio. "Ti voglio bene, Anthony", proruppe spostando le sue labbra per baciarlo sulla guancia, sancendo la fine di ogni sciocca speranza.

Cominciò a singhiozzare e lui si concesse di stringerla al petto, comprendendo che non riuscire ad amarlo ferisse Candy quasi quanto non avere a fianco Terence. Immaginò che desiderasse avere l'amore rassicurante e tenero che poteva donarle, invece di qualcosa di lontano ed etereo.

Ma il cuore non si poteva comandare, né lui poteva darle più di ciò che lei avrebbe preso.

"Sai cosa mi disse mia madre, un giorno ventoso come questo?", disse con voce roca, lontana. Candy diminuì l'intensità dei singhiozzi e comprese che l'ascoltava. "Eravamo a Lakewood e io temevo di perderla, perché la vedevo sempre stanca e malata. Nonostante fossi solo un bambino, qualcosa dentro di me sapeva che un giorno non l'avrei più rivista". Deglutì. "Mi disse: i fiori muoiono e rinascono ancora più belli. Le persone muoiono e rinascono ancora più splendide nel cuore di chi resta. Noi siamo vivi, Candy, ma quello che abbiamo vissuto resterà sempre parte di noi. In quella Dolce Candy che ti ho dedicato, nell'affetto che ci ha fatti crescere e sorridere. E nella dedizione che abbiamo ancora l'uno per l'altra".

Candy lo guardò e Anthony posò lievi baci sulle guance umide, asciugandole le lacrime, giurando a se stesso che sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe sfiorata in maniera così intima.

"Abbi cura di te, Anthony. Non smettere di scrivermi e di essere mio amico".

Lui scosse la testa: "Fammi gli auguri per quando dovrò affrontare la zia Elroy, piuttosto. La sua approvazione è l'unica cosa di cui dovremmo dubitare".

Candy sorrise leggermente al suo tentativo di alleggerire l'atmosfera. "Te l'ho già detto che sei più carina quando ridi che quando piangi. E... Candy?".

"Dimmi".

"Mia madre lo chiamava 'piccolo Bert', ma non ricordo di preciso chi fosse. Non so nemmeno se vive ancora qui a Chicago o se fossimo davvero parenti. Ma i suoi occhi avevano lo stesso colore di quelli di lei".

Candy spalancò le palpebre, comprendendo infine le sue parole: "Parli... del Principe della Collina?".

Anthony annuì e lei tirò fuori qualcosa dalla tasca. "Cos'è?".

"A volte la metto nella catenina con la croce di Miss Pony. Si tratta di una spilla con lo stemma degli Ardlay: lo stesso che ho visto al cancello della villa di Lakewood quando ci siamo incontrati. Eri così simile a lui che ho pensato subito foste la stessa persona, prima di rendermi conto che erano passati troppi anni. Però questo stemma e il kilt... e ora quello che mi stai raccontando... magari era uno dei tuoi cugini, chissà".

Anthony prese in mano la spilla: sì, era senza dubbio appartenente alla sua famiglia. Gliela restituì con un sorriso: "Bene, ora hai risolto in parte questo mistero".

Si guardarono per qualche altro, eterno istante, finché Candy non mormorò: "Devo andare. Quando ti rivedrò?".

Lui sospirò: "Non lo so, Candy. Se la zia Elroy non farà storie partirò domani o dopodomani. Ma ti prometto che passerò a trovarti all'ospedale, stavolta. Voglio conoscere quel tuo amico Albert, visto che non ne ho mai avuta la possibilità".

Candy sorrise: "Sono sicura che ti piacerà, anche se adesso non sta affatto bene".

Camminarono fino all'entrata, dove fermarono una carrozza: "Sei sicura che lui... insomma... lo incontri sempre ovunque e nei momenti più impensati...".

"È come se fosse il mio angelo custode, ma ora ha bisogno di me. I ruoli si sono invertiti", rispose lei non cogliendo le implicazioni della sua frase. Anthony decise di non insistere, il loro addio era già abbastanza doloroso così e non era sicuro che avrebbe mantenuto la sua promessa di andare a trovarla. E voleva farlo per vedere in faccia quell'amico così singolare...

"Arrivederci, mia dolce Candy", si accontentò di salutarla per il momento.

"Arrivederci, Anthony".

Un ultimo sguardo, il tocco della sua mano mentre l'aiutava a salire. E poi lei se ne andò, lasciandolo con un senso di freddo simile a quello che aveva provato in quel giorno lontano.

Le tue parole sono molto belle, mamma. Ma quanto è difficile! Quanto è difficile lasciare che le persone vivano nel nostro cuore senza ferirsi con le spine dolorose della distanza!

La distanza non aveva funzionato e averla vicina aveva mandato a monte ogni ragionamento logico. Cosa doveva fare, dunque? Non restava che concentrarsi su cosa voleva essere nella vita, ricostruendosi da capo. Sperava così che la serenità avrebbe presto pervaso il suo cuore martoriato.

Anthony mise le mani in tasca e si avviò da solo verso la villa in quella sera ventosa e solitaria.

 
- § -
 
 
Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Non ti dimenticherò! Albert.

Tutto qui. Era il laconico messaggio di un uomo che aveva perso ogni speranza e fuggiva da solo nel mondo. Mentre correva per le vie ormai buie di Chicago, Candy comprese che lasciarlo solo era stato un errore madornale: avrebbe dovuto capire dalla sua apparente tranquillità di quel pomeriggio che Albert stava nascondendo qualcosa!
Solo ora si rendeva conto dello sforzo che faceva per essere allegro in sua presenza e non mostrarsi triste o pensieroso. Il suo amico sempre sorridente e spensierato era diventato depresso, irriconoscibile.

Non ti lascerò solo, mi prenderò cura di te come tu hai fatto con me tante volte, te lo giuro!

Chiese di lui ai passanti e persino ad alcune botteghe del centro che stavano chiudendo, prima di appoggiarsi sfinita a un muro. Il vento le stava penetrando nelle ossa ed era certa che anche lui avesse freddo. Non che non fosse abituato a trovare un riparo ovunque andasse, ma non si era neanche ripreso come avrebbe dovuto.

Perché hai fatto una sciocchezza simile, Albert?

Candy comprese che da sola non avrebbe risolto nulla e decise di cercare Archie e gli altri per farsi aiutare: loro avevano una macchina e potevano muoversi più velocemente o persino dividersi per ritrovare Albert. Lui era stato l'unica costante nella propria vita, una sorta di porto sicuro dove sapeva che avrebbe sempre trovato rifugio: non era solo la sua maturità a renderlo saggio, ma anche quella sorta di calma interiore che emanava da lui a confortarla. Parte delle sue sicurezze le aveva assorbite da Albert, anche se aveva passato con lui meno tempo che con Anthony o Stair.

La sua decisione di fuggire da scuola era stata solo in parte dettata dal bisogno di riabbracciare Terence: Candy voleva trovare il suo posto nel mondo da sola come aveva visto fare ad Albert che si era spinto sino in Africa. E la convinzione di voler diventare infermiera... non era stata forse ispirata anche dal suo breve cenno nella lettera in cui le comunicava che ce n'era una proprio nella condotta medica dove lavorava? Certo, la propria esperienza e bagaglio personali erano stati determinanti: la dedizione nel prendersi cura dei bambini della Casa di Pony fin da quando era piccola; la ricerca dei medicamenti per Terence in quella notte londinese, dopo aver riflettuto freddamente sulla possibilità che le ferite potessero fargli salire la febbre; le cure che aveva prestato alla piccola Susy Carson mentre si recava a Southampton per prendere la nave...

Ripercorrendo la via dei ricordi, Candy si ritrovò davanti a villa Ardlay e decise che avrebbe chiamato Anthony e gli altri ad alta voce. Aprì bocca, prese fiato e vide una vettura correre verso di lei. Potevano essere loro? E dove andavano così di fretta? Si scostò appena in tempo per non essere travolta e si gelò quando riconobbe il viso sconvolto di Georges.

Perché quell'espressione? È successo qualcosa allo zio William?

Candy non ebbe il tempo di domandarsi molto altro perché purtroppo, come in un triste dejà-vù, nei pressi del grande cancello di entrata comparvero la zia Elroy ed Eliza.

 
- § -
 
 
"Che diavolo stai facendo, Stair?". La voce di suo fratello era un sussurro concitato. Si portò un dito alle labbra, intimandogli di tacere, e si sporse di più verso la porta chiusa. In realtà, la zia Elroy urlava così tanto che l'avrebbe udita comunque, ma Anthony usava un tono più controllato, quasi per contrastarla.

"Sto origliando, non si vede?".

Archie alzò gli occhi al soffitto e allargò le braccia. Osservò divertito quando, nonostante l'indignazione di poco prima, seguì il suo pessimo esempio chinandosi a sua volta verso la porta, facendo saettare lo sguardo nel corridoio deserto quasi temesse di essere colto in flagrante.

"Scriverò a tuo padre e allo zio William e ti impediremo di fare una sciocchezza simile, Anthony Brown! Tu fai parte del prestigioso clan Ardlay e non diventerai un agricoltore!".
Stair dovette accarezzarsi l'orecchio, non sapendo se era più offeso dalla voce stridula della zia o dalla mole di luoghi comuni che l'avevano aggredito. Immaginò che ci volesse la pazienza di Anthony, che di certo aveva previsto una reazione simile, per sopportarla.

"Mi sarei preoccupato di più se gli avesse detto di sì senza ribattere", fece spallucce Archie.

"Quindi ora viene la parte in cui Anthony si ribella e alza il tono della conversazione?", cercò d'indovinare Stair.

E ci colse in pieno.

"Zia, non sono una marionetta nelle vostre mani! Sono un essere pensante e desidero fare della mia vita ciò che mi piace davvero!".

Lui e Archie annuirono nello stesso momento.

"Sei ancora minorenne! E non mi stai chiedendo di andare a studiare legge o economia, ma una materia che non si addice affatto al nostro ceto sociale! Di' la verità, è stata quella Candice a indurti a questa decisione, non è vero? Quella ragazza è stata la rovina della nostra famiglia e questo tuo atto di ribellione è troppo simile al suo!".

"Non mettere in mezzo Candy!". Non lo aveva mai sentito così furioso, neanche quando aveva avuto a che fare con Terence Granchester. "La decisione è stata mia e non è un atto di ribellione, ma solo quello che amo fare".

"Anche tuo cugino Stair si diletta a costruire marchingegni strani, ma non ha mai espresso il desiderio di studiare ingegneria, che pure è un mestiere nobile".

"I miei non sono marchghghhhhh!". Archie gli tappò la bocca con una mano quando il tono della sua voce si alzò troppo. La verità era che non sopportava che le sue invenzioni venissero sminuite, era una cosa che gli faceva perdere la lucidità.

"Ho preso la mia decisone, zia, e non cambierò idea così facilmente!".

"Non ti permetterò di compiere un abominio simile! Sei in punizione per i prossimi dieci giorni, resterai in camera tua finché non rimetterai giudizio!".

Abominio. Punizione. Stair serrò i pugni e la mascella, provando di riflesso la rabbia di suo cugino, che ribatté parole incomprensibili: si era allontanato da quella porta quasi potesse dissociarsi da concetti così astrusi e assurdi e colse solo il suo mormorio rassegnato.

Archie gli si affiancò e si fermarono vicino alle scale, dove Anthony comparve poco dopo. Bastò uno scambio di sguardi perché lui capisse che avevano sentito tutto.
"Mi dispiace", gli disse.

"Dovevo aspettarmelo... speravo solo che non mi rinchiudesse in casa, ma a quanto pare non potrò conoscere ancora l'amico di Candy come mi ero prefissato", disse con il capo chino, cominciando a salire i gradini.

"Ti aiuteremo noi a convincere la zia, va bene?", intervenne Archie.

Anthony si voltò verso di loro e incurvò le labbra in un sorriso stentato, ringraziandoli proprio nel momento in cui i fratelli Lagan uscivano dalla biblioteca.

"Oh, bene, proprio voi cercavo!", disse Neal avvicinandosi a lui e ad Archie.

"Anthony, dove vai? Prendiamo un tè insieme?". Eliza non li degnò di uno sguardo, invece, e si precipitò sulle scale quasi travolgendoli.

Si godette enormemente l'attimo in cui, quasi con sollievo, Anthony le rispose in un tono non molto dissimile a quella della zia Elroy: "Sto andando in camera mia perché la zia mi ha messo in punizione. Credo che non potremo prendere il tè insieme per un bel pezzo, Eliza".

I loro occhi s'incontrarono e Stair si morse il labbro per non ridacchiare all'espressione oltraggiata e sconvolta di Eliza, che cominciò a balbettare il suo estremo dispiacere.
"Sei sicuro di saper guidare?", stava chiedendo Archie a Neal ricordandogli, con suo sommo dolore, che gli avevano promesso di far provare all'indesiderato cugino il loro camper nuovo. Stair non ricordava neanche come potesse essere accaduto: di certo c'era stato un qualche tipo di ricatto.

"Certo che so guidare, che domande! Tu, piuttosto, ne sei capace?".

Archie rispose che lo sapeva fare molto meglio di lui e Stair si trattenne di nuovo dall'alzare gli occhi al soffitto: si stavano comportando come due bambini. Per fortuna, Anthony era riuscito a defilarsi verso la sua salvifica punizione ed Eliza gli sfilò davanti mordendo un fazzoletto in un gesto isterico.

La zia Elroy li raggiunse mentre stavano uscendo di casa: accanto a lei c'era Georges che sembrava andare piuttosto di fretta. E la donna, altera come sempre, sembrava preoccupata. Stair si accigliò: era da qualche giorno che i due parlavano in privato con quell'aria di mistero e non gli parve affatto un buon segnale. Aveva forse a che fare col vecchio zio William?

Prima che potesse chiederlo, Georges scomparve dietro la porta principale ed Eliza si accostò alla zia proponendole di uscire in giardino: forse voleva mettere una buona parola per Anthony, ma era certo che quando avesse saputo i motivi della punizione sarebbe inorridita a sua volta.

Riluttante, seguì Neal e suo fratello in garage, dove affidò la sua pazienza a tutti gli antenati scozzesi e non, prima di far mettere il cugino al posto di guida.

 
- § -
 
 
*"Zia Elroy, è successo qualcosa allo zio? Poco fa ho visto sfrecciare Georges in macchina con un'aria cosi seria!". Nonostante non fosse l'incontro che sperava, Candy si ritrovò a chiedere dello zio William, tanto era preoccupata.

Non ho mai visto Georges con quell'aria sconvolta!

Ovviamente, la vecchia zia ribatté che non erano affari suoi e si mise a borbottare sulla decisione discutibile del prozio di adottarla. Ed Eliza non poté fare a meno di appoggiarla riservandole le solite frasi caustiche.

"Hai sentito? Sei stata congedata!".

"Tanto non intendevo rimanere qui un minuto di più!". Come avrebbe fatto senza macchina, però? Candy rifletté velocemente e valutò l'idea di fare il giro della villa per arrivare sul retro e cercare Anthony e i suoi cugini.

"Non ho tempo da perdere, io, devo andare a Broadway!". Candy quasi si bloccò, mentre si allontanava dandole le spalle. Doveva crederle? E, anche se fosse andata da Terence, dubitava che lui l'avrebbe degnata di uno sguardo: il rischio, semmai, era che la insultasse, visto quello che aveva combinato a Londra. "Scommetto che andrai a piagnucolare sulla spalla di Terry!", rise Eliza.

Candy rispose che poteva parlare quanto voleva, ma non l'avrebbe certo ascoltata. Nella sua mente, però, desiderò davvero poterlo raggiungere e riabbracciare. Tuttavia, non solo non voleva interferire con la sua carriera facendogli improvvisate, ma in quel momento la sua priorità era ritrovare Albert.

Mentre ancora si arrovellava su come fare per raggiungere Archie e gli altri senza dare nell'occhio, tentando al contempo di non ascoltare il ciarlare di Eliza, Candy si ritrovò di nuovo quasi travolta. Ma stavolta era un camper ad andarle incontro e alla guida c'era Neal.

Oggi è davvero pericoloso camminare per strada!

Candy si gettò a terra per non essere investita e vide scendere Archie e Stair di gran carriera, seguiti dal guidatore pirata.

"Candy, sei tutta intera?!", gridò Stair aiutandola a rialzarsi, mentre Archie colpiva Neal in testa con un discreto pugno, rimbeccandolo per la sua guida poco attenta.

Lei si rialzò, spolverandosi il vestito. Neal ebbe la sfrontatezza di incolpare lei e Archie dell'incidente che lui stesso aveva causato, dichiarando che lo avevano fatto apposta. Ma perlomeno si defilò rapidamente, crogiolandosi nella sua indignazione infondata.

Finalmente, almeno, era sola con loro come voleva: "Dov'è Anthony?", domandò non vedendolo.

I due si guardarono con aria triste e Candy capì che la conversazione con la zia Elroy non era andata a buon fine. Dietro il suo solito comportamento sprezzate, c'era di sicuro una lite con il nipote.

"La zia Elroy lo ha messo in punizione per via della sua richiesta di studiare agraria", disse infatti Stair sistemandosi il berretto.

"Lo immaginavo", sospirò Candy abbassando il capo.

"Però è riuscito a sfuggire alle grinfie di Eliza: a quanto pare quella non si arrende", rise Archie.

Candy sbuffò: e così quell'arpia credeva davvero di tenere il piede in due scarpe, blaterando che se ne andava da Terence ma continuando a infastidire il povero Anthony! Ma cosa poteva aspettarsi da lei?

"Mi dispiace molto, ma spero che non si arrenda. Anthony merita di essere felice e se vorrà fuggire dalla villa lo aiuterò personalmente!", disse guardando verso le finestre illuminate. Non che fosse la decisione più corretta, ma avrebbe fatto di tutto perché lui fosse felice. Il suo cuore, tuttavia, era diviso in due.

Dovrei andare da lui, arrampicandomi su un albero e atterrare sul suo balcone... ma devo trovare prima Albert, non posso lasciare che vada lontano!

"Accidenti, Candy, quando ti ci metti sei peggio di Eliza!", scoppiò a ridere Stair. "Se fuggisse davvero non lo lascerebbero certo in pace come hanno fatto con te".

Candy si morse il labbro inferiore: il fatto di non essere una vera e propria figlia adottiva aveva i suoi vantaggi, dopotutto. "Temo che tu abbia ragione".

Mentre guardava ancora verso le finestre accese, con il cuore che volava verso Anthony, Stair e Archie le chiesero se voleva provare il loro nuovo camper e si ricordò del motivo per cui era andata a trovarli: "Ragazzi, Albert è fuggito! Dovete aiutarmi a cercarlo!".

Alla fine, scelgo sempre qualcun altro prima di te... ma tornerò, Anthony, non dubitarne.

Colma di speranza, amarezza, timore e desiderio di rendere felici tutti i suoi cari, Candy lasciò che Archie si recasse alla stazione con l'auto di Stair e lo cercò per i vicoli della città facendosi lasciare in centro.

Camminò dapprima con passi veloci, quindi si ritrovò a correre, fermandosi quando vedeva la vetrata di un locale: possibile che si fosse fermato a mangiare da qualche parte?

"Mi dispiace non poterti regalare nulla: purtroppo non ho soldi".

"Accidenti a te, cosa pensi di fare, da solo e senza un dollaro?!", imprecò a bassa voce sfilando davanti a un bar dove alcune persone alzavano dei calici di birra in un brindisi e dietro il bancone un uomo rubicondo porgeva un vassoio pieno di cibarie a un cameriere.

Candy titubò davanti a un ristorante che aveva solo una piccola finestra e si risolse a spiare dentro da dietro i vetri, rendendosi subito conto che le tende non le avrebbero permesso di vedere un bel niente.

"Ehi, piccoletta, hai fame?!". La voce alle sue spalle la fece sobbalzare e quando si volse si ritrovò davanti un vagabondo con una lunga giacca logora e una bottiglia di vino mezza vuota in mano.

"No, sto cercando una persona", disse lei circospetta, tentando comunque la sorte. "Ha visto mica un ragazzo con una giacca simile alla sua, alto, biondo e con una sacca sulla spalla?".

Quello rise mostrando una bocca quasi priva dei denti e mandandole una zaffata che le arrivò dritta alle narici nonostante avesse fatto un passo indietro. La risata sembrava il raspare della zampa di un orso dentro una caverna: "E chi sarebbe, il tuo fidanzato?".

Candy si spazientì: "Lo ha visto o no?!".

"No che non l'ho visto, ma se vuoi posso farti compagnia io", si propose barcollando verso di lei, facendo ondeggiare la bottiglia e inciampando sui propri piedi.

Senza attendere oltre, Candy corse via rifugiandosi in una zona più affollata. Poggiò una mano al muro e l'altra la portò al petto per riprendere fiato e, senza risparmiarsi, ripeté la domanda a tutti i passanti che ebbero la gentilezza di fermarsi. Ma senza esito.

Raggiunse un angolo della città dove c'era solo qualche abitazione e si ritrovò in un vicolo dove troneggiavano solo dei grandi secchi pieni di spazzatura. Un gatto fece un verso che pareva il pianto di un bambino, quindi stridette come le corde di un violino maltrattato e scappò via con un gran fracasso, rovesciando uno dei coperchi.

Candy piegò le ginocchia per lo spavento e si rannicchiò per un attimo su se stessa, sull'orlo della disperazione.

Dove sei, Albert? Sei sempre stato così forte e generoso, e adesso mi appari tanto fragile! Tocca a me proteggerti. Ma dove ti sei cacciato?

Si rialzò barcollando quasi come l'ubriaco di poco prima, perché nel frattempo le gambe si erano addormentate, e guardò il cielo punteggiato di stelle come cercando l'immagine del suo amico di sempre: le era sempre sembrato invincibile, incrollabile, lì, in mezzo alla natura e agli animali che amava, e adesso...

Spalancando gli occhi di scatto, Candy si schiaffeggiò mentalmente.

Stupida, stupida! Ma certo!

E si rese conto che c'era solo un posto dove Albert potesse essere andato.

E sarebbe corsa proprio lì a cercarlo.
 


 
*I dialoghi sono spesso ripresi dal manga, a volte seguendo fedelmente alcune tavole, altre rielaborati a seconda delle situazioni. Ovviamente, i diritti sono riservati all'autrice e io li riutilizzo senza scopo di lucro.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo nono ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra. Lo rivedrà brevemente dopo un lungo periodo di silenzio, mentre si allontana con un treno. E incontrerà di nuovo Anthony a Lakewood, ribadendogli che vorrebbe restare sua amica. Albert giunge in ospedale senza memoria e Candy si prende cura di lui, finché un giorno non sparisce improvvisamente...

 
- § -
- § -
- § -
 
 
 
 
Inverno 1916/1917

*"Albert, ti avevo già detto che quando ho visto Terence sul ponte della nave l'ho scambiato per Anthony?".

Albert osservò Candy che si era voltata mentre sistemava i vestiti sul filo appeso alla finestra: "Sì, certo. Lui è stato il tuo primo amore", ricordò.

"Sì! Cioè, no! Il mio primo amore è stato il Principe della Collina, tanto tempo prima...".

Sbatté le palpebre ed emise un lieve fischio: "Tanto tempo prima?! Cos'eri, ancora in fasce?".

"No, ma lo sai che sono una ragazza precoce", scherzò finendo di appendere degli asciugamani.

Scosse la testa e sospirò: Candy gli parlava quasi fosse la sua amica del cuore e, se da un lato ne era lusingato, dall'altro si ritrovava sempre più spesso a dover chiudere a chiave dentro di sé i propri sentimenti. Prima che traboccassero, come l'acqua dalle pentole quando la sua dolce e sbadata infermiera decideva di cucinare; prima che fossero visibili come i rammendi che tentava di fare sulle magliette e che spesso non reggevano più di due giorni; ma, soprattutto, prima che lo costringessero a fuggire di nuovo gettandola nella disperazione.

Perché Candy voleva che restasse con lei e desiderava ardentemente aiutarlo a guarire. Glielo aveva gridato, disperata, inseguendolo in quel parco dove si era rifugiato, sostenendo che se lo aveva trovato era perché lo conosceva molto bene.

E finalmente, Albert aveva capito. Aveva compreso che l'interesse di Candy per lui andava al di là del rapporto infermiera-paziente: loro si erano davvero conosciuti nel suo passato e questo aggiungeva a tutta la storia qualcosa di ancora più incredibile.

Chissà se anche nell'altra vita io provavo lo stesso per lei...

In alcuni momenti, Albert si era persino illuso che la stessa Candy avesse bisogno di lui come qualcosa di più di un amico: ma era un'ipotesi che scartava con decisione nel momento in cui ricominciava a parlargli di Terence con gli occhi che brillavano come stelle.

"Non... vuoi sapere come è finita tra me e Anthony e come mi sono innamorata di Terry?", chiese richiudendo la finestra dove avevano appeso insieme le tendine nuove e sedendosi al tavolo. Il giorno dopo sarebbe partita per New York e forse sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista, anche se lei spergiurava che non lo avrebbe mai lasciato solo così, di punto in bianco.

Il biglietto che ha ricevuto da Terence è di sola andata. Le sue intenzioni sono abbastanza eloquenti...

Cercando di non soffermarsi su quei pensieri, Albert sedette di fronte a lei: "Me lo racconterai solo se ne avrai voglia. Lo sai che sono disposto ad ascoltarti, però non ti obbligherei mai a dirmi qualcosa che non vuoi".

Poteva un solo sorriso colmo di affetto fargli accelerare così il battito cardiaco? A quanto pareva era appena accaduto...

"Voglio raccontartelo e voglio farlo prima che mi vengano a prendere Stair e gli altri!", disse alzando il mento in un gesto risoluto.

Lui si accomodò meglio sulla sedia: "Parla pure, allora, sono tutto orecchi!".

Candy prese un respiro profondo, iniziando a narrargli del loro incontro a Londra, quando si erano visti prima che lui partisse per l'Africa e avesse l'incidente. Si chiese brevemente se il loro rapporto di amicizia fosse già così profondo e la risposta gli arrivò abbastanza chiara.

"Allora, mi stavo accorgendo che Terence stava mostrando... un certo interesse nei miei confronti e lui e Anthony avevano persino fatto a pugni. Quel giorno erano in punizione e io sono venuta a confidarmi con te".

Albert spalancò gli occhi: "Da quello che mi hai raccontato, Anthony è un ragazzo molto pacifico e tranquillo, doveva essere proprio furioso!".

Lei si morse il labbro, a disagio: "In effetti... lo era. Aveva scoperto che Terence mi aveva baciato". Si accigliò, cercando di immaginare il ragazzo innamorato che doveva essersi sentito derubato di qualcosa di prezioso. Non poteva che provare empatia nei suoi confronti. "Il problema è che quel bacio mi ha confermato che anche lui non mi era del tutto indifferente. Solo che non ebbi il coraggio di confessartelo e da quel giorno le cose sono... cambiate totalmente".

Rimase in silenzio, non osando dire nulla per non interromperla: Candy sembrava molto combattuta e si stava tormentando le mani sul tavolo.

"Adoro Anthony, è un ragazzo dolce e pieno di buoni sentimenti. In quei mesi tentai con tutte le mie forze di non innamorarmi di Terence, perché mi sembrava pura follia lasciare una persona così speciale per un ragazzo irruento come lui. Eppure, quell'irruenza e quella fragilità al contempo mi avevano già conquistata. Avrei dato metà della mia vita per non far soffrire il mio Anthony, tuttavia durante le vacanze in Scozia... è successo. Ho capitolato davanti a Terry e ho spezzato il cuore al ragazzo più gentile che avessi mai conosciuto".

"Candy...". Albert tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e glielo porse quando si rese conto che grosse lacrime avevano iniziato a scenderle sulle guance.

Lei lo prese e le asciugò. "E sai qual è stata la cosa più assurda? Che per un sacco di tempo non ci siamo più visti! Io mi sono quasi nascosta da tutti i miei amici perché mi sentivo giudicata e mi vergognavo di aver fatto una cosa tanto orribile, come se innamorarmi di un altro fosse una colpa! E quando finalmente mi sono rivista con Terence... beh, è successo che Eliza Lagan ci ha teso una trappola e lui si è fatto espellere da scuola al posto mio".

Albert non conosceva quella Eliza Lagan, ma quel poco che sapeva di lei gliela rendeva tutt'altro che simpatica: "Mi hai riferito che ti sei imbarcata clandestinamente, vero?".

"Già, proprio così", sospirò Candy chiudendo per un attimo gli occhi. "Ed eccoci qui. Anthony sta studiando agraria dopo un periodo di punizione e ci scriviamo spesso, ma questo lo sai meglio di me perché qualche volta mi hai consegnato le sue lettere. Non lo vedo dalla sera in cui mi sono mobilitata con Archie e Stair per cercarti".

"È un mucchio di tempo! Perché non è mai venuto a trovarti? E se non ricordo male... mi hai raccontato che nemmeno a Londra abbiamo avuto modo di conoscerci". Albert intrecciò le dita sulla tovaglia candida.

Candy alzò le spalle: "Non ha mai amato gli zoo, eppure mi ha fatto molte domande su di te. Anche prima di essere punito dalla zia Elroy mi aveva detto che voleva conoscerti, poi grazie all'intercessione di suo padre è potuto partire e non voleva perdere altre lezioni. Così ora vive in Georgia e chissà quando lo rivedrò".

"Posso chiederti come mai volesse conoscermi?", chiese divertito, inarcando un sopracciglio.

"Beh, ecco...". Il rossore improvviso di Candy lo spiazzò. "La verità è che non ha mai digerito molto che io abbia dormito nella tua capanna quando mi hai salvata dalla cascata. Secondo lui mi sono fidata troppo... di un uomo più grande di me".

Albert si ritrovò a deglutire a secco: "Non posso dargli torto, Candy. Io conosco me stesso solo dai racconti che mi fai tu, non posso sapere che tipo di persona fossi".

"Ti ho già detto di non metterti strane idee in testa! Tu sei davvero la persona più generosa e altruista che io abbia conosciuto! A parte Anthony, ovvio...". La sua veemenza lo colpì e Albert sentì il calore delle sue parole racchiuderlo in una sorta di abbraccio benefico.

Eppure, il dubbio era sempre in agguato. Lo avevano accusato di essere una spia e di fatto Candy non conosceva che il suo nome e l'aveva incontrato quasi sempre per caso.
"Va bene, Candy, io ti sono grato per la fiducia che riponi in me. Tuttavia non posso fare a meno di comprendere il giovane Anthony. Anche io sarei preoccupato per te, sapendoti vicino a qualcuno che non conosco, capisci?".

Candy gli sorrise di nuovo: "Non conosci neanche Terence, eppure domani andrò da lui".

"È... diverso", disse distogliendo gli occhi e concentrandosi sul vaso di fiori al centro della tavola. "Terence è il ragazzo di cui ti sei innamorata e confido che tutto ciò che di positivo hai trovato in lui valga ogni briciolo del tuo cuore".

Gli era costato dire quelle parole, ma erano più vere di quanto avesse voluto. Nel suo mondo ideale, Albert non avrebbe perso la memoria, avrebbe avuto la stessa età di Candy e magari...

Il suono di un clacson la fece trasalire: "Sono loro, sono arrivati!", saltò su Candy con un grande sorriso. Chissà cosa avrebbe comprato per andare a incontrare il suo Terence. Al momento sembrava di nuovo felice come una bambina che stia per andare al Luna Park. E, nonostante il tenero sentimento che diventava sempre più preponderante, Albert amò la felicità di Candy: era così abbagliante che oscurava qualunque pensiero poco meno che egoistico provasse. La sua gioia valeva oro anche se non corrispondeva affatto con la propria. "Ti serve qualcosa, visto che andrò in giro per negozi?".

Albert scosse la testa, vedendola sistemarsi il cappellino tre volte prima di riuscire a metterlo dritto: "Non ho bisogno di nulla, se non del tuo sorriso. Ora vai e divertiti! Io vi aspetto qui per la cena".

Candy uscì ridendo e Albert fu lieto di seguirla con gli occhi dalla finestra fino a che la macchina di Stair non partì.

Si poteva amare a tal punto qualcuno da desiderare che fosse felice anche al fianco di un altro?

 
- § -
 
 
Josephine lo stava aspettando e Anthony sospirò, avvicinandosi alla colonna del porticato che collegava la sala principale alle stanze degli studenti. L'atmosfera gli ricordò i giorni alla Saint Paul School: persino il sole filtrava alla stessa maniera, creando delle ferme ombre parallele e gettando quelle delle fronde degli alberi in movimento sugli spicchi di luce.

Ma lì non c'era una ragazzina dai capelli biondi e il viso pieno di lentiggini. C'era una ragazza dalla chioma castana e liscia, che si volgeva verso di lui con un timido sguardo azzurro.

"Ho pensato... che potremmo studiare insieme per prepararci meglio all'esame di domani", disse con una vocetta bassa e un'inflessione incerta.

"Josephine, mi dispiace, ma preferirei studiare da solo", rispose nel modo più gentile possibile. Cercare di superare quello che era un amore non corrisposto non significava che dovesse illudere quella povera ragazza, che era comunque così gentile e meritevole di qualcuno che l'apprezzasse davvero.

"Ma non puoi restare sempre da solo, Anthony!", si volse con veemenza, intrecciando le mani al petto come in preghiera. Il nastro rosso che le teneva indietro i capelli sulla fronte si sciolse e fu portato via dal vento.

D'istinto, fece qualche passo nella sua direzione, alzò il braccio e lo afferrò. Fu allora che la timida Josephine si appoggiò al suo petto in un tentativo goffo di abbraccio che lo gelò sul posto. Anthony abbassò la mano, restando in silenzio per qualche istante, sentendo il corpo minuto di lei tremare contro il proprio, il suo respiro affannoso, persino il calore delle guance che divennero rosse come il tramonto imminente.

"Jos...".

"Ti prego, non respingermi! Diventiamo almeno amici, vuoi?".

"Non smettere di scrivermi e di essere mio amico".

"Non voglio ferirti o illuderti, Josephine. Se solo tu volessi...".

"Non mi ferirai! Non più di quanto stai facendo ora. Lascia solo che ti stia vicina fino alla fine di questo anno scolastico. Dopo, forse, dovrò tornare in Francia per continuare gli studi e non ti rivedrò più. Lasciami almeno un caro ricordo...".

Gli occhi pieni di lacrime e supplica lo fecero capitolare e Anthony annuì piano, rilassando le braccia e portandogliele sulle spalle. Lei gli allacciò le proprie dietro la schiena, singhiozzando, varcando quel confine che non avrebbe mai voluto superassero.

Ma erano due anime sole e disperate, che male c'era a farsi compagnia? A donarsi un po' di calore reciproco?

Amici, solo questo...

Anthony la tenne stretta a lungo prima che smettesse di piangere.

 
- § -
 
 
La notte ammantò New York come un presagio di morte.

Ma Susanna non era morta, no. Tuttavia era come se lo fosse. Pallida, devastata e mutilata, era viva solo fisicamente.

"Verrà anche quella tua amica alla prima, non è vero?", gli aveva chiesto dal suo letto di ospedale qualche ora prima.

"Chi?".

"Candy Ardlay...".

Susanna sapeva, Susanna era cosciente del fatto che loro due erano innamorati. Tanto cosciente che aveva persino cercato di dividerli nascondendogli delle lettere. Ma ora, mentre gli riversava addosso come veleno gelido la sua colpa, Terence non poteva odiarla. Solo provare una pena immensa.

Perché era vero, nonostante lei tentasse di scusarsi: se non lo avesse salvato da quel riflettore, lui avrebbe benissimo potuto essere al suo posto. Oppure morto.

Terry non capì come Susanna potesse accusarlo e subito dopo chiedere perdono, supplicandolo persino di essere felice con Candy. Mentre usciva dalla porta, praticamente cacciato dalla ragazza, aveva ben compreso il tormento interiore che l'affliggeva.

Due sentimenti contrapposti. Da un lato il desiderio di tenerlo legato a sé in nome del suo sacrificio; dall'altro quello di non renderlo infelice.

Eppure Terence capì che sarebbe stato infelice comunque e che il senso di colpa non gli avrebbe mai permesso di godere appieno di un rapporto con Candy. Susanna sarebbe stata sempre come le ombre della sera che si riversavano spettrali dalla finestra: sarebbe stata la foglia al vento, la sagoma ignota di un passante, un ramo nudo che veniva scosso da una folata improvvisa.

E avrebbe continuato ad avvelenare la sua vita e quella della donna che amava.

Seduto sul letto, mani sul viso, Terence si chiese dove avrebbe trovato la forza, il giorno dopo, di andare a prendere Candy alla stazione fingendo che andasse tutto bene. O di dirle la verità prima che le illusioni divenissero palpabili fra loro.

Non l'aveva ancora stretta fra le braccia e già l'aveva persa.

"È dunque questo il mio destino? Recitare nella vita una parte che non mi calza come fosse un palcoscenico a me sgradito?", chiese con voce rotta alla stanza silenziosa.

E fu proprio il silenzio a rispondergli.

 
- § -
 
 
La neve. Le scale. Le lacrime di Terry nel loro ultimo abbraccio. La neve. I lampioni di New York. Il carillon di Stair. Il treno verso il ritorno. La neve. Il gelo. La febbre. La zia Elroy. Le braccia calde di Albert.

Il treno corre sui binari nella notte gelida e lo scompartimento è così pieno che molte persone sono in piedi. Siedo al mio posto, guardando fuori senza vedere nulla: persino le mie lacrime sembrano congelate. D'un tratto, sento il pianto di un bambino e vedo una coppia in piedi, alla mia destra, che cerca di cullarlo. D'istinto, mi alzo e dico loro di prendere il mio posto, sforzandomi di sorridere: sono così belli insieme! Sono l'illusione stessa che avevo avuto di una vita con Terence. Una famiglia. L'amore. Un futuro mano nella mano. Ma tutto è stato spezzato, rotto, disintegrato.
"Lasciami andare! Non voglio vivere in questo modo!".
"Non voglio che tu muoia!".
La stringo forte sull'unica gamba che le è rimasta e Susanna si lascia cadere a terra piangendo. Terence arriva sulla terrazza ventosa solo in quel momento e, quando la prende fra le braccia, io capisco che è finita.
E sono di nuovo sul treno, nella realtà presente, con il passato così vicino che pare a un passo da me. Potrei quasi afferrarlo e riavvolgerlo. Toccando le mani di Terry che mi si stringono intorno alla vita mentre lui versa lacrime silenziose sul mio collo.
E dirgli ti amo, non ti lascio. Resto, nonostante tutto.
Ma non è così, non può e non deve essere così. Nessuno dei due avrebbe lasciato che accadesse. Cammino verso una delle porte di uscita e la apro nonostante il treno sia ancora in movimento. Lo schiaffo ghiacciato del vento e della neve mi colpisce come una carezza gentile: quello che ho appena ricevuto è un milione di volte peggiore.
Sono fredda dentro. Sono fredda fuori. La mia coscienza svanisce e forse potrei anche morire qui. Mi importa? Forse sì, ma l'oblio è così confortante! Così... tanto... confortante...

I suoi gesti, mentre infilava la camicia da notte rosa di flanella e udiva un rumore d'acqua provenire dalla sala da pranzo, furono meccanici e pieni di quei ricordi che si avvicendavano nella mente come una pellicola cinematografica. Come i sogni di un delirio da febbre.

Meccanici furono i passi che la condussero davanti ad Albert, fermo di fronte a lei con uno straccio umido in mano. Meccaniche furono le lacrime che le bagnarono le guance. Eppure, nuovo calore e nuovo gelo si alternarono quando lei si gettò contro il suo amico e lui l'accolse, ma gli raccontò tra i singhiozzi il triste epilogo della sua storia con Terry.
E gli raccontò di Susanna, stringendo forte le coperte del suo letto, dove lui l'aveva riportata sostenendola.

"Ho tentato di dirle di lasciarmi Terry, ma non sono riuscita...".

"Non sarei riuscito nemmeno io al tuo posto. Non è forse anche per questa sua lealtà che Terry si era meritato il tuo affetto, Candy?".

Il viso caro di Albert era sempre lo stesso, eppure qualcosa era cambiato impercettibilmente, ma in maniera inesorabile da quando lo aveva ritrovato l'anno prima: era tornato sereno e saggio e quella serenità e quella saggezza entrarono in lei come le sue parole.

Candy rivide con gli occhi della mente l'immagine fugace di Terence: i contorni le apparvero sbiaditi, come se lui fosse in un'altra dimensione, già lontano dalla sua vita.
Restava la sofferenza di aver perso un ragazzo speciale che l'aveva conquistata con la sua passione bruciante, arsa viva con quel sentimento così forte, eppure stupita per la sua maturità e altruismo.

Lealtà...

Sapeva che Terence l'amava e che avrebbe voluto che restasse. Lo dimostrava il fatto che aveva dovuto spendere i suoi ultimi risparmi nel biglietto di ritorno che lui non le aveva comprato. Ma una cosa sarebbe stata farlo per tornare da Albert in attesa che guarisse, una cosa era stata chiedere un posto sul primo treno per Chicago per lasciarsi alle spalle un amore mai sbocciato.

"Cerca di riposare un poco, devi essere stanca". Candy si costrinse a tornare a quella realtà che aveva il volto confortante del suo amico e finalmente riuscì a rendersi conto di cos'altro fosse cambiato in lui.

"Albert, hai tagliato i capelli".

"Beh, era ora direi, non potevo legarli con un nastrino, ti pare?".

Se eliminare la folta barba lo aveva ringiovanito di almeno dieci anni, tagliare i capelli lo faceva sembrare quasi un suo coetaneo.

"Perché non potevi?", disse sentendo affiorare, incredibilmente, un leggero sorriso. Non perché glielo dovesse, per ripagarlo della sua gentilezza. Lo fece perché Albert aveva davvero il raro potere, quasi magico, di donare un po' di serenità al suo cuore martoriato.

Ridendo, Albert dichiarò che se scherzava si sentiva di certo meglio e, in una certa misura, dopo aver pianto tanto doveva dire che era vero. Mentre lui usciva per fare la spesa, Candy cercò di immaginare cosa le sarebbe accaduto se, dopo essere stata cacciata dalla zia Elroy da casa Ardlay, si fosse ritrovata da sola.

Non avrei retto a un colpo simile. Forse sarei morta davvero.

Invece, per sua fortuna, aveva un angelo custode al proprio fianco che era anche un suo paziente, ricordò. L'unica differenza era che adesso avevano bisogno uno dell'altra quasi in egual misura.

Senza perdere il leggero sorriso che le incurvava le labbra, Candy scivolò nel sonno. Ne fu trascinata fuori e catapultata in un incubo nel momento in cui una vicina l'avvisava che Albert aveva appena avuto un incidente.

 
- § -
 
 
Anthony strinse i lembi della lettera che gli aveva inviato Candy fin quasi ad accartocciarla e si costrinse a calmarsi. D'altronde, nella fine della storia tra lei e Terence non c'era nulla di immorale.

Sai, Anthony, Terry ha preferito rimanere accanto a Susanna perché gli ha salvato la vita ed è rimasta invalida. Sapevo che desiderava avermi con sé per sempre, l'ho avvertito nel suo abbraccio e nelle sue lacrime. Tuttavia, sono stata io a indurlo a prendere la decisione corretta, perché vedevo la sua lotta interiore. Ora che tutto è finito e mai davvero cominciato, c'è una parte di me che vorrebbe riavvolgere la pellicola fino all'inizio di questa storia. Vorrei non aver mai conosciuto Terence? Non lo so, ma di sicuro vorrei non essermi mai innamorata di lui e avere ancora te nel mio cuore. Tuttavia, la vita non è un film che possiamo cambiare a nostro piacimento e siamo i registi del nostro destino solo fino a un certo punto: non possiamo modificarne le scene o il corso per fargli prendere strade diverse. Sto cercando di ricostruirmi, dedicandomi al mio lavoro e ai miei pazienti.

Candy continuava la lunga lettera chiedendogli come andasse, dicendogli che era sempre felice per lui e che non vedeva l'ora di riabbracciarlo. Sperava che potesse tornare per le vacanze di Natale anche per stare accanto ad Archie, che dopo la partenza di Stair per il fronte era sempre triste e preoccupato. Lei avrebbe sempre pregato che tutto andasse bene e, anzi, si ritrovava spesso in chiesa assieme a Patty.

Anthony si lasciò cadere sulla poltrona accanto alla scrivania e guardò fuori dalla finestra la natura gelida e nevosa. Sì, sarebbe tornato per le vacanze di Natale. Per Archie, per la zia Elroy, persino per la dolce Patty che doveva soffrire tanto. E doveva tornare anche per la sua Candy, pur se non era affatto sicuro di essere in grado di consolarla come un amico.

Il suo cuore testardo gli gridava che Candy poteva essere sua, contro la logica e il buon senso. Non sarebbe stato certo con una ferita recente che sarebbe tornata da lui

vorrei non essermi mai innamorata di lui e avere ancora te nel mio cuore

visto che lo considerava solo un caro amico. Il dolce, primo amore di gioventù. Anzi, forse neanche il primo, visto che il misterioso Principe della Collina lo precedeva. Candy si era lasciata indietro due persone che avrebbero potuto renderla felice.

Ma io sono qui: sono libero, vivo e... ti amo ancora tanto...

Anthony non poteva negare che il suo legame con Josephine fosse speciale, a modo suo. Sulla scrivania c'era ancora il libro che gli aveva prestato e che, per ironia della sorte, racchiudeva le più importanti opere di Shakespeare: era certo che quel Terence le avesse interpretate tutte o quasi.

Tuttavia, Josephine non era Candy e a breve si sarebbero separati. Forse persino subito dopo le feste natalizie.

Con un sospiro, si alzò dalla poltrona e sedette alla scrivania per risponderle. Non era standole lontano che sarebbe guarito, ora lo sapeva. E allora, sarebbe diventato più forte e sarebbe stato il suo sostegno anche da vicino, per quanto gli studi glielo permettessero.

Intinse la penna nel calamaio e le raccontò del suo imminente ritorno.

 
- § -
 
 
"E dimmi, Candy, hai già avvisato Anthony che vivi con Albert?", le chiese Patty quando furono uscite fuori dalla chiesa dove avevano pregato per il ritorno di Stair.
Sussultò, sentendosi come quando Annie le aveva fatto la medesima domanda per Terence. In verità, a lui lo aveva scritto, sapendo che lo conosceva e che avrebbe capito, ma ad Anthony no e lo confessò alla sua amica.

"In realtà ha espresso più volte il desiderio di conoscerlo, ma non c'è stata mai occasione, per un motivo o per un altro. Io credo... che dovrei presentarglielo come si deve, prima".

Patty inclinò un poco il capo e si strinse il bavero del cappotto: quel giorno faceva davvero freddo.

"Se gliene hai parlato avrà capito che è una brava persona, di che ti preoccupi?".

Già, di che si preoccupava, visto che Anthony era solo un caro amico, proprio come Albert? Candy affrettò il passo, indicandole una caffetteria dove potevano prendere una cioccolata per scaldarsi: "Temo che Anthony sia un po'... geloso della mia amicizia con Albert", spiegò incontrando gli occhi perplessi di Patty dietro le lenti. "Secondo lui, quando mi ha salvata alla cascata non sarei dovuta restare alla capanna per una notte intera, considerando che all'epoca era uno sconosciuto. Ora capisco che avrei dovuto farli incontrare prima. Immagina cosa penserebbe di me sapendo che viviamo insieme. Tu e gli altri lo conoscete da anni, ormai, ma lui ne ha solo sentito parlare".
Si accomodarono a uno dei tavoli ed entrambe si sfilarono i guanti strofinandosi le mani per lenire la sensazione di freddo.

"Candy, ma quindi Anthony è ancora innamorato di te, vero?".

Lei annuì, addolorata: "Gli ho scritto di come è finita con Terence e lui mi ha risposto... che vuole starmi vicino. È stato dolce e gentile come sempre, ma temo che speri in un nostro riavvicinamento".

Patty la guardò da sopra gli occhiali, abbassando un poco il viso: "E tu? Ci speri?".

Candy sospirò, non sapendo cosa rispondere: "Non lo so, davvero. So solo che quella ferita sanguina ancora e se non fosse stato per Albert e per la sua vicinanza sarei impazzita di dolore. So che vorrei tanto innamorarmi di nuovo di Anthony, ma non posso decidere una cosa simile".

"No, certo che no".

Il cameriere giunse per chiedere cosa desiderassero le signorine ed entrambe ordinarono una cioccolata bollente. Mentre la sorseggiavano in silenzio, Candy chiese a Patty come stesse la zia Elroy.

"Quando sono andata a trovare Annie l'ultima volta sembrava invecchiata di molti anni, poveretta. Nonostante il suo carattere difficile mi fa molta pena vederla così. Abbiamo parlato un po' di Stair e io mi sono messa a piangere... devo dire che però lei è molto più forte di me".

Candy sorrise: "È una donna di un'altra epoca e ha i suoi princìpi. La forza interiore è di certo il suo pregio maggiore. Anche se non mi può vedere io la rispetto e la ammiro, a differenza di Eliza e suo fratello. Lei ha sulle spalle una notevole responsabilità, considerando che il prozio William spesso le dà indicazioni da lontano e lei non può discuterle. Chissà se lo incontrerò mai...".

Patty si morse il labbro inferiore, posando la tazza: "Sai, gira voce che stia molto male".

Candy alzò il viso di scatto: "Come?! Allora non mi sbagliavo!".

Patty scosse la testa: "Oh, Candy, pensi ancora a quello che è successo più di un anno fa?". Aveva raccontato a Patty e agli altri del fugace incontro con Georges, mentre si recava alla villa per cercare Anthony e gli altri, il giorno in cui Albert era scomparso. "Di certo Georges aveva preoccupazioni di tipo diverso, allora".

"Sì, forse hai ragione... possibile che la zia Elroy non si sbottoni mai su di lui, neanche con voi?".

Patty fece spallucce: "Persino Archie non sa che faccia abbia e dove viva al momento. Deve essere un uomo tanto eccentrico che preferiscono che stia lontano dalla famiglia come desidera, piuttosto che dare il cattivo esempio. Sembra che ami molto viaggiare, anche se ora è probabile che sia fermo da qualche parte".

Candy guardò il liquido denso e corroborante nella propria tazza: "Vorrei tanto poterlo incontrare e ringraziarlo di persona. Ogni tanto gli ho scritto, ma mi ha sempre risposto Georges in sua vece".

"Stai tranquilla", disse Patty posando una mano sulla sua attraverso il tavolo. "Sono certa che lo zio William sa quanto gli sei grata. Non dimenticare che era d'accordo con il fatto che tu volessi diventare un'infermiera e immagino abbia approvato persino gli studi di Anthony".

Le sorrise, traendo conforto da lei e ricordandosi che doveva sostenerla a sua volta. Certo, aveva perso Terence e faceva ancora tanto male. Ma aveva accanto degli amici meravigliosi che non la facevano mai sentire sola e il lavoro dei suoi sogni cui dedicarsi.

A breve avrebbe anche rivisto Anthony e si sarebbe preparata per accoglierlo, presentandogli Albert e dimostrandogli quanto tenesse alla sua amicizia. Sperava solo che non soffrisse troppo per lei.

 
- § -
 
 
Anthony girò la busta per controllare che l'indirizzo fosse corretto e chiese all'autista di fermarsi. Aveva combattuto contro se stesso per giorni interi prima di prendere quella decisione e, alla fine, il cuore aveva prevalso sulla ragione.

Avrebbe incontrato Candy da solo per leggere nei suoi occhi un barlume di speranza o la condanna definitiva e non poteva certo farlo alla villa assieme alla zia e a tutti gli altri: non sapeva neanche se l'avrebbero invitata per passare le festività con loro o che tenore avrebbero avuto queste ultime, visto che Stair si era arruolato in guerra.
"Torna pure alla villa, prenderò un taxi per tornare", disse dal finestrino aperto.

"Ma... signorino Brown...".

"Stai tranquillo, me la posso cavare".

Ed era vero. Anthony aveva imparato che vivere fuori dal confinamento forzato di casa Ardlay lo rendeva molto più libero e indipendente, anche se si trattava di un ambiente scolastico come la Saint Paul School. A differenza di Londra, però, in Georgia era da solo e poteva uscire quasi ogni giorno. Non che lo facesse così spesso, tuttavia gli era capitato di andare in una caffetteria con i compagni di corso e persino con Josephine e per la prima volta in vita sua aveva fatto acquisti in piena autonomia.

Josephine... chissà se ti rivedrò mai.

La sua amica sarebbe rientrata in Francia per le festività natalizie o almeno quello era il piano. Con la guerra in corso, andare in Europa era pericoloso quasi quanto arruolarsi.
La punta di preoccupazione, acuminata e pressante al centro del petto, si dissolse non appena Anthony si ritrovò davanti alla porta di casa di Candy. Il cuore batteva forte e le mani erano sudate.

Potrebbe non essere in casa.

Quel pensiero lo congelò nell'atto di bussare: era così impaziente di rivederla che non ci aveva proprio pensato. Pazienza, l'avrebbe attesa sulle scale o chiesto al portiere se avesse una copia della chiave.

Prendendo un respiro profondo, bussò e quando gli aprì un uomo fu sicuro di aver sbagliato casa.

 
- § -
 
 
Albert aprì la porta con un largo sorriso, certo di trovarsi davanti una Candy in netto anticipo. Invece vide un giovane dai capelli e dagli occhi poco più scuri dei propri: nonostante quelle sottili differenze e nonostante non ricordasse nulla del proprio passato, fu come guardarsi in uno specchio le cui lancette fossero state messe indietro nel tempo di qualche anno.

Sbatté le palpebre quando un dolore incipiente, che s'irradiava dalle tempie alla fronte e poi alla nuca, gli annebbiò quasi la vista. Persino il senso di nausea fu così forte che fu costretto a deglutire.

"Abita qui Candice White?", chiese il ragazzo inclinando un poco la testa, come se fosse insicuro. Albert capì che il suo malessere doveva essere ben evidente sul volto.
Chiuse gli occhi, cercando di dominare quell'insolita reazione, e rispose con voce appena tremante: "Sì, ma al momento non c'è, si trova al lavoro. Se vuoi puoi entrare ad aspettarla, non dovrebbe metterci molto, sei un suo amico?".

L'altro si irrigidì e l'aria divenne ostile. Non fosse stato per i suoi vestiti eleganti e l'aria da ragazzo perbene, forse si sarebbe preoccupato. "E tu chi sei? Il suo domestico?".

Albert rimase per un attimo perplesso. Tecnicamente era lui a svolgere la maggior parte delle faccende di casa, ma sentirsi definire così gli solleticò quasi una nota d'ilarità: "Diciamo che sono un suo paziente e l'aiuto a tenere la casa in ordine", tentò facendogli ancora cenno di entrare, aprendo di più la porta e mostrando l'interno con un braccio.

"Candy si porta a casa i pazienti, dunque?". Ora Albert era certo che il ragazzo fosse non solo arrabbiato, ma persino geloso. Un'idea cominciò a farsi strada nella sua mente, sempre più preponderante.

Ciononostante, capì che non era il caso di rimanere sull'uscio di casa a discutere: "Ascolta, ragazzo, di qualunque cosa tu voglia parlare con Candy potrai farlo al massimo entro mezz'ora, quando sarà a casa. Possiamo rimanere sul pianerottolo per tutto il tempo a dare spettacolo ai vicini, oppure puoi entrare e ti offro una tazza di caffè. Cosa preferisci fare?". Il tono rimase controllato, ma il sospetto ormai era divenuto certezza.

Finalmente, con movimenti lenti ma arrendevoli, il ragazzo entrò in casa e lui poté chiudere la porta. Albert lasciò che si guardasse intorno, sospirando leggermente. Capì che avrebbe dovuto dargli delle spiegazioni e in fretta, prima che la cosa degenerasse.

Di colpo, sgranò gli occhi per guardarlo come se lo riconoscesse e Albert credette davvero che la strana sensazione di poco prima fosse fondata.

"Tu sei Albert?!".

Sbatté gli occhi, incredulo: "Mi... conosci?".

"Vivete qui da soli?", chiese ignorando la domanda, coi pugni chiusi e la postura rigida di chi sia pronto ad attaccare.

Albert lo guardò negli occhi: "E tu sei Anthony, non è vero?". E, dannazione, mentre lui spalancava le palpebre con sommo stupore, la testa gli mandò un'altra fitta che lo costrinse a passarsi una mano tra i capelli reprimendo un grugnito di dolore.

Che diavolo c'era in lui che non andava? Quel ragazzo faceva parte del passato di Candy, non del proprio. Ed era anche molto arrabbiato.

Come se non si fosse accorto del suo gesto, esclamò: "E tu come lo sai?!".

Albert si costrinse a respirare profondamente per non cedere alla sensazione di svenimento che lo stava attanagliando senza alcun motivo apparente e abbassò la mano, dicendo con voce affannata ma via via sempre più ferma: "Candy mi ha parlato di te. Io sono solo un suo amico e ora sono diventato suo paziente perché ho perso la memoria tempo fa. E, proprio in nome della nostra amicizia, mi aiuta vivendo con me". Era inutile negare l'evidenza, sperava solo che quell'Anthony fosse di larghe vedute come Archie e gli altri.

"Vive da sola... con un uomo?!", gridò invece lui facendolo quasi sobbalzare. Albert si trattenne dal guardare il soffitto, esasperato. "Sei lo stesso Albert che dopo averla salvata dalla cascata l'ha tenuta in casa sua una notte intera?".

"Raga... Anthony, calmati, va bene? Ti posso assicurare che il nostro è un semplice rapporto di amicizia e che non c'è nulla di disonorevole in questa convivenza, né in quel salvataggio che conosco solo perché me lo ha raccontato lei. Ho perso la memoria, come ti ho detto". Albert comprendeva quanto le sue parole potessero suonare poco convincenti a una persona così prevenuta. Ma era la pura e semplice verità. Nonostante i sentimenti che cercava, ogni giorno, di reprimere a forza nel fondo del proprio cuore, il loro rapporto era davvero tutto lì.

Anthony rimase fermo a guardarlo con il respiro affannato, le narici leggermente dilatate e gli occhi spalancati come se volesse picchiarlo. Albert, d'istinto, tese i muscoli per schivarlo o perlomeno attenuare il colpo, semmai fosse arrivato. Invece, così come era comparsa, quella velleità scemò e lui parve sgonfiarsi mentre, con gesti lenti, allontanava una sedia dal tavolo e vi si lasciava cadere come privo di forze.

Albert si rilassò e osò fare un passo verso il ragazzo, che ora si era preso la testa fra le mani, i gomiti sul tavolo: "Prima mi lascia per quell'attore, poi va a vivere con un... amico. Mi farà diventare matto".

Se poco prima Albert si era preoccupato che Anthony potesse fare una scenata di gelosia, ora si ritrovò quasi a provare empatia nei suoi confronti: in qualche modo, poteva capire la sua sofferenza. Scelse di non dire nulla, trattandosi di qualcosa di troppo personale da affrontare, e si dileguò nella cucina attigua per prendere la caraffa di caffè e un paio di tazze. Gliene porse una quasi in un gesto di pace e lui lo fissò con sospetto prima di accettarla.

"Ti assicuro che sono molto bravo a fare il caffè, ma se preferisci qualche altra cosa...", propose con un sorriso.

Lui la prese senza distogliere lo sguardo: "E quali altre cose fai, per Candy?".

Albert finse di non notare il tono quasi ironico di quella domanda e rispose semplicemente: "Ci dividiamo i compiti. Quando lei lavora io cucino e metto in ordine e lo stesso fa lei quando sono fuori". Evitò accuratamente di confessare che lui cucinava in entrambi i casi perché lei ai fornelli era un piccolo disastro. Al pensiero, un lieve sorriso gli increspò le labbra e dovette mordersi le guance per reprimerlo.

Gli occhi blu rimanevano nei suoi. Lo trapassarono, scavandogli nell'anima per interminabili istanti. "Tu sei innamorato di lei", disse Anthony all'improvviso facendolo indietreggiare come se avesse ricevuto il pugno che non gli aveva dato poco prima. Era arrivato al punto che solo parlando di lei si scopriva così facilmente?

"Ma che cosa stai dicendo?". Pessima idea negare in quel modo, ma la reazione di difesa era stata tanto istintiva quanto impetuosa. Lo aveva davvero punto sul vivo a sorpresa.

Ancora una volta, invece di arrabbiarsi come sembrava stare per fare, Anthony posò la tazza e lasciò ricadere la testa fra le mani: "Dannazione, lo sapevo! Ovunque vada fa strage di cuori! Sospetto che persino i miei cugini abbiano avuto una cotta per lei!".

Albert era a bocca aperta: si riferiva ad Archie e Stair? Ma se avevano una ragazza entrambi! Candy non gli aveva mai parlato di nulla di simile.

Vedere Anthony lì, prostrato da quell'amore impossibile, gli suscitò una sorta di istinto di protezione fraterna e per poco non gli pose una mano sul capo. La sensazione di dejà-vù con quel ragazzo era davvero impressionante, possibile che si fossero conosciuti e Candy non glielo avesse detto?

Albert prese una sedia e vi sedette alla rovescia, con le braccia incrociate sullo schienale: "Ascolta, per quel che può valere, io e Candy siamo davvero come fratelli. Sono arrivato al Santa Johanna senza un'identità e lei era una brava infermiera: mi ha riconosciuto come suo amico e sta facendo di tutto per aiutarmi assieme ad Archie e Stair, con le loro fidanzate. Sono tutti ragazzi veramente in gamba e io sono loro molto grato: se non fosse per quei ragazzi starei vagabondando senza una meta, da solo, in cerca del mio passato".

Anthony alzò la testa di scatto: "Loro appoggiano la vostra convivenza?", esclamò stupito.

Lui si alzò dalla sedia, a disagio, cominciando a camminare per la stanza: "Senti, lo so che non è cosa che si vede tutti i giorni e infatti all'inizio neanche il padrone di casa voleva darci l'appartamento. Ma poi le cose sono cambiate perché ha compreso che le intenzioni di Candy erano più che onorevoli".

Anthony restrinse gli occhi e si alzò in piedi: "E le tue? Lo sono?", chiese in tono tagliente.

"Albert, sono tornata! Sapessi che cosa mi è successo oggi...". Candy, rientrata al solito come una furia, quasi senza accertarsi di chi ci fosse dietro la porta, lanciò un urletto e lasciò cadere la borsa. "Anthony?!", esclamò in tono così sorpreso che lui gemette internamente.

Voleva dirle di non reagire a quel modo, perché il suo Anthony era così geloso e prevenuto che sarebbe apparsa colpevole pur non essendolo, ma tacque finché lui non la affrontò. "Ma bene! Torno dopo una lunga assenza e ti trovo a vivere con un uomo che non è neanche lo stesso per cui mi hai lasciato", esordì come se Albert avesse parlato al vento fino a quel momento.

Se l'amore rendeva ciechi e sordi, lui non era comunque disposto a lasciare che trattasse Candy a quel modo: "Ti ho già spiegato...".

"Non è come pensi". La frase di Candy si era accavallata alla sua e Albert sospirò.

"Vi lascio soli", propose camminando verso l'attaccapanni per prendere la giacca.

"No!", lo fermò lei con una mano sul braccio: "Non ho segreti con nessuno dei due, puoi rimanere, Albert, non c'è bisogno che tu esca".

Candy sembrava non accorgersi dello sguardo quasi offuscato dalla rabbia e dal dolore di Anthony e lui fu costretto a interrompere anche quel lieve contatto scostandole la mano. La diplomazia non aveva funzionato, il ragazzo era preda di una gelosia tale che la sua presenza sarebbe stata davvero di troppo: "Candy", cominciò come se si rivolgesse a una bambina cui dovesse spiegare un concetto molto semplice, "avete bisogno di spiegarvi tra voi e io ho voglia di fare una passeggiata. Sono certo che saprete parlare come due ragazzi intelligenti e comprensivi". Aveva detto quell'ultima frase alzando gli occhi verso di lui, come per accertarsi che non ci sarebbero state reazioni inopportune da parte sua.

Lui aveva distolto lo sguardo: "Sì, Candy, lascia che il tuo amico così gentile ci faccia discutere da soli".

"Ma... ma...". Candy era così innocente da sfiorare quasi l'ingenuità più assoluta e lui cercò i suoi occhi per rivolgerle un'ultima, eloquente occhiata.

Stavolta, parve capire e abbassò il capo, sconfitta.

"Ci vediamo dopo", la salutò prendendo la giacca con due dita e tirandosela dietro una spalla prima di uscire.

Mentre scendeva le scale, Albert dovette reprimere l'impulso folle di rimanere a origliare solo per accertarsi che la sua Candy non soffrisse troppo durante quel confronto.

 
- § -
 
 
Anthony aveva perso la pazienza come gli era capitato di rado. Era riuscito a trattenere dentro di sé fin troppo a lungo la gelosia, l'amarezza e il dolore. Ma ora, vedendo un uomo che viveva sotto allo stesso tetto di Candy, che non era neanche il Terence per cui lo aveva lasciato, ogni sua barriera era crollata.

Non era affatto orgoglioso di quel lato impetuoso del proprio carattere, perché non era mai emerso in maniera così prepotente. Quando si trattava di Candy, però, si ritrovava con tutti i nervi scoperti e tirava fuori il peggio di sé.

"Posso capire che non t'interessi il giudizio altrui, ma non ti interessa neanche la tua reputazione? E la tua dignità? Pensi davvero che un uomo adulto come il tuo Albert, vivendo con te, resti un gentiluomo?!".

"Smettila di dire stupidaggini, Anthony! Ti prego, voglio essere felice per averti rivisto, non essere infuriata con te...".

Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi e di razionalizzare: "Candy. Vivi sola con un uomo più grande di te".

"Fingiamo di essere fratelli, nessuno sospetta nulla".

Quella risposta, invece di calmarlo, lo urtò ancora di più. Pensava forse che le persone si facessero ingannare in maniera così facile? Colse il suo movimento e lo sguardo sfuggente mentre cercava di formulare una risposta che fosse coerente e fu proprio seguendo i suoi occhi che la vide.

Una porta socchiusa, che divenne subito oggetto di attenzione.

"No, per favore, non ho ancora rassettato...". Ignorò Candy e la superò, spalancandola.

E pensò che sarebbe morto lì, sulla soglia.

Sta facendo di tutto per aiutarmi assieme ad Archie e Stair, con le loro fidanzate.

Una sola camera da letto. Un solo letto, misericordiosamente a castello. Eppure così sbagliato. Davvero sbagliato.

"Dormite qui?". La voce vibrò per la rabbia e per il pianto represso. Perché non riusciva a fare a meno di pensare che Candy poteva essere sua e invece sembrava irraggiungibile solo a lui?

"Anthony, per favore...".

"Dormite qui?!". La domanda era davvero retorica, ma formularla ancora con un tono più alto lo aiutò a dissipare in parte la tensione.

Con un'espressione seria, Candy rispose: "Sì. La casa è molto piccola, come vedi, e lavoriamo entrambi. Entrambi abbiamo bisogno di un letto comodo dove riposare".

Anthony si afflosciò su una sedia che, per fortuna, era accanto alla porta. Non riusciva a parlare. Non riusciva a pensare. Doveva solo mantenersi lucido e ripetersi che quella era Candy, la sua Candy di sempre. E che se anche Archie e gli altri erano tranquilli era immaturo da parte sua comportarsi come un ragazzino geloso. Anche se si sentiva proprio così.

Chissà se di notte Albert sente il suo respiro mentre dorme. O se l'ascolta mentre invoca Terence nel pianto.

"Cerca di capirmi, per favore", disse in un sussurro, tentando di essere ragionevole. "Io... tengo davvero molto a te. E non ho mai conosciuto il tuo amico. Stai facendo qualcosa che nessuna signorina perbene...".

"Oh, no, ti prego, non parlarmi come farebbe la zia Elroy! Tu non sei così", quasi piagnucolò Candy, accomodandosi sul letto inferiore, di fronte a lui.

"Forse invece le somiglio più di quanto immagini".

"Perché non mi racconti dei tuoi studi e di quando sei tornato? Non ti ho neanche salutato come si deve!". Candy si alzò, andandogli incontro quando lui la imitò. Aveva aperto le braccia.

Ma Anthony si irrigidì, perché d'improvviso l'urgenza di dirle quello che pensava prevalse sul desiderio di abbracciarla stretta.

E magari non lasciarla più andare...

"Ma non te ne sei accorta?".

"Di cosa?". Interruppe il suo slancio, guardandolo con il capo chino.

"Albert è innamorato di te".

Gli occhi di Candy si spalancarono tanto che quasi si perse nelle sue iridi. Poi, incredibilmente, le labbra tremarono e lei scoppiò a ridere piegandosi in due e tenendosi la pancia. Suo malgrado, Anthony sorrise, trascinato dalla sua ilarità. Non era ancora del tutto calmo e tranquillo, però doveva dire che vederla così spensierata gli fece bene al cuore.

Tuttavia, era certo di aver visto giusto: nessuno meglio di lui poteva leggere sentimenti così netti negli occhi di un'altra persona. Lui, che a dispetto del tempo e della lontananza si ostinava ad amare Candy infliggendosi dolore e tormento.

Benvenuto nel mio mondo, caro Albert senza memoria.

"Smettila con queste sciocchezze, Albert e io siamo davvero come fratelli! E ora vieni, abbracciami, non ci vediamo da tanto tempo! Ti assicuro che non devi preoccuparti per me! Io sto benone, mi sto dedicando al mio lavoro, sai?".

Candy gli parlò di come fare l'infermiera l'aiutasse a superare la tristezza. Non si soffermò sull'argomento, però, e cominciò a raccontargli dei buffi tentativi che sia lei che Stair avevano fatto per far riacquistare la memoria ad Albert.

E non si soffermò neanche a parlare troppo di lui, chiedendogli di raccontarle della sua vita universitaria e dei suoi studi. E Anthony lo fece, omettendo, senza sapere perché, di riferirle di Josephine.

Quando smisero di parlare era quasi il tramonto e lui desiderò che quel giorno non finisse mai.



 
 
*I dialoghi sono spesso ripresi dal manga, a volte seguendo fedelmente alcune tavole, altre rielaborati a seconda delle situazioni. Ovviamente, i diritti sono riservati all'autrice e io li riutilizzo senza scopo di lucro.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo decimo ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra. Lo rivedrà brevemente dopo un lungo periodo di silenzio, mentre si allontana con un treno. E incontrerà di nuovo Anthony a Lakewood, ribadendogli che vorrebbe restare sua amica. Albert giunge in ospedale senza memoria e Candy si prende cura di lui, finché non decidono di vivere insieme. E, finalmente, avviene l'incontro tra uno smemorato Albert e Anthony.
 
- § -
- § -
- § -
 
 
 
Primavera 1917

Albert si risvegliò con la sensazione del corpo di Candy premuto contro il proprio. Aveva drappeggiato il mantello quasi interamente su di lei, ma la sua vicinanza lo stava riscaldando nonostante l'alba gelida.

Presto, si sarebbero dovuti mettere in marcia per raggiungere la città, magari chiedendo un passaggio. Per il momento, voleva solo sentirla vicina e sincerarsi che si fosse ripresa dopo che quel mascalzone di Neil Lagan le aveva teso una trappola giocando con i suoi sentimenti. Candy era ancora così fragile che aveva creduto davvero che Terence volesse rivederla.

Inspirò a lungo il profumo dei suoi capelli, imprimendoselo nella mente, e si convinse che doveva parlarle seriamente per metterla in guardia da inganni futuri, anche se confidava che avesse imparato la lezione.

Era certo che non volesse raccontare a nessuno di quello sgradevole incidente, soprattutto ad Anthony che era in un altro Stato a studiare, perché non voleva che i suoi amici si preoccupassero. Al momento, quindi, condividevano un segreto e la cosa positiva era che poteva fare in modo che non accadesse più.

Perché lui era William Albert Ardlay, ora lo sapeva, e poteva impedire ai membri della sua famiglia di fare del male a Candy. Con discrezione, come aveva sempre fatto dacché l'aveva presa sotto la propria tutela. Sarebbe stato il suo modo di proteggerla.

E lo avrebbe fatto anche il suo amico Albert, come ogni giorno.

Candy gli si strinse contro, accoccolandosi come una bambina, e lui credette che il proprio cuore si sarebbe sciolto in quel preciso istante.

Come faccio a lasciarti, Candy? Come?

Il cielo cominciò a sfumare dai toni del rosa pallido dell'alba a quelli più intensi dell'azzurro. Sarebbe stata un'altra splendida giornata.

 
- § -
 
 
Candy era inginocchiata sulla panca della chiesa ora vuota e silenziosa, recitando la sua personale preghiera per Stair.

Era tutto finito, non si sarebbe più incontrata lì con Patty per pregare affinché il loro amico inventore tornasse sano e salvo, ascoltando il suo carillon della felicità.

Perché Stair era morto e con lui ogni speranza.

La zia Elroy le aveva impedito di presenziare ai funerali e ora non poteva che piangere da sola tra i banchi deserti, con le mani giunte davanti al Cristo come se servisse a farlo tornare indietro. Mentre singhiozzava, ricordando ogni singolo momento divertente passato con lui, la porta si aprì e vide Anthony sulla soglia, accanto a un uomo più anziano che poteva essere suo padre.

"Candy sei qui?", chiese facendo un passo verso di lei.

"Anthony!". Senza pensarci due volte, si gettò fra le sue braccia, piangendo nella sua stretta calda e confortante. Sentì che la stringeva forte e il suo petto sussultava per i singhiozzi.

"Mi dispiace... ti ho vista da lontano... ma non potevo fare niente", le disse con voce rotta.

Candy scosse la testa: "Oh, Anthony, è così ingiusto! Perché è dovuto partire? Perché?!".

Lui rispose qualcosa in un sussurro roco, ma Candy non sentì le sue parole. Tuttavia, trasse conforto dal calore di quel ragazzo che aveva amato tanto e riuscì a riprendersi abbastanza da asciugarsi gli occhi con il fazzoletto che le porgeva.

Uscirono dalla chiesa stretti come bambini spauriti in mezzo a una tempesta e Anthony le accarezzò brevemente un braccio prima di dire, indicando l'uomo accanto a sé: "Candy, vorrei farti conoscere mio padre".

Alzò lo sguardo e lui fece un sorriso mesto: "Mi fa piacere conoscerti finalmente, Candy, anche se in un'occasione tanto triste".

Candy gli sorrise un poco, ricambiando il saluto con calore: "Le chiedo scusa, nel mio dolore non l'ho neanche salutata. Lo stesso vale per me: era da molto che volevo incontrarla e sono felice che sia accaduto".

Camminarono vicini e Candy lasciò che Anthony le tenesse la mano con atteggiamento amichevole: "Sono tornato oggi a Chicago con i genitori di Stair e Archie. Poverini, sono distrutti dal dolore".

"Non stento a crederlo, purtroppo". Da quel che sapeva, i Cornwell erano sempre all'estero, in viaggio proprio come Vincent Brown. Doveva essere stato terribile per loro perdere così un figlio senza neanche averlo rivisto un'ultima volta.

Anthony le strinse la mano e intrecciò meglio le dita con le proprie, in un gesto più intimo che non aveva da quando non erano più una coppia di innamorati. I loro occhi s'incontrarono e Candy trovò la pace nelle iridi azzurre, nelle labbra che cercavano di sorriderle.

"Devo partire per un lungo viaggio, Candy. Anthony, veglia su di lei quando ti trovi da queste parti, da quello che mi hai raccontato è una ragazza molto altruista e coraggiosa". Lo sguardo bonario dell'uomo si posò su di lei e sul figlio, facendola arrossire un po'.

"Oh, no, sono solo un'infermiera".

"Un'infermiera diplomata", puntualizzò Anthony con una nota d'orgoglio che la mise ancora più in imbarazzo.

Arrivati alla macchina, lui e suo padre le offrirono un passaggio fino a casa dei Cornwell e lei si ritrovò, assieme ad Anthony, a raccontare a Vincent delle buffe invenzioni di Stair lungo il tragitto, passando dai sorrisi malinconici alle lacrime.

"Quando sono tornati dall'Inghilterra, Stair è atterrato nel cortile dell'ospedale con una piccola mongolfiera, creando il caos per qualche minuto", ricordò stringendo tra le mani il fazzoletto che le aveva appena offerto Anthony. Dal sedile anteriore, accanto all'autista, Vincent annuì comprensivo con una punta di divertimento. "E quando mi sono diplomata ha costruito un prototipo di aereo e abbiamo volato davvero! È... era sempre stato attratto dal volo, in ogni sua forma...". La voce si spezzò e fu costretta ad asciugarsi gli occhi con quel fazzoletto.

Anthony le strinse una mano con espressione piena di dolore.

"Non so se sia giusto dirlo, ma... vista questa sua passione sono certo che fosse proprio così che voleva morire, un giorno: tra le sue invenzioni, magari mentre testava una macchina volante assurda". Di colpo, l'espressione malinconica di Anthony mutò e il ragazzo al suo fianco strinse i pugni e aggrottò le sopracciglia. "Ma non in questo modo, combattendo una guerra che non gli apparteneva, su un velivolo che non aveva progettato lui! Ancora oggi non capisco come possa essere partito senza che nessuno, neanche suo fratello, si accorgesse delle sue intenzioni".

"Non incolpare Archie, figliolo", disse Vincent tristemente, tornando a voltarsi. "Sono sicuro che Stair è stato molto bravo a nascondere la sua decisione".

Candy sentì una fitta al cuore: "Avrei dovuto accorgermene io, visto che è passato a salutarmi prima di partire regalandomi quel carillon, ma...". S'interruppe, conscia che non poteva, né voleva andare avanti. Stava per raccontare che era troppo presa dall'imminente incontro con Terence, dalla gioia di poterlo finalmente rivedere e da una moltitudine di speranze che stavano per essere spezzate per rendersi conto della verità. Solo molto dopo, quando aveva saputo che Stair era partito, aveva ricordato l'espressione tirata e seria e quel saluto che aveva il sapore dell'addio.

Sapeva che poteva anche non tornare mai più...

"Tu non ne hai colpa, Candy", mormorò Anthony con la sua solita voce dolce. "Anche se avessimo saputo... non lo avremmo trattenuto a lungo, testardo com'era".

Lei non poté fare altro che annuire, avvertendo comunque il senso di colpa travolgerla come un manto, il tempo passato riferito al suo amico inventore che gli sembrava quasi un insulto. E il silenzio accompagnò il resto del loro viaggio. Non c'era molto altro da dire su un ragazzo meraviglioso che aveva riempito le loro vite per troppo poco tempo.
Finalmente, l'auto entrò nel viale che conduceva a villa Cornwell e, all'entrata, Annie le corse incontro comunicandole che Patty si era sentita male. Candy incrociò lo sguardo preoccupato di Anthony.

Aveva fatto solo pochi passi frettolosi in direzione della sua stanza, quando la incontrò nel corridoio: Patty gridava di voler raggiungere Stair e aveva un coltello in mano.
Il viso pallido, smagrito e segnato dalle lacrime non corrispondeva all'amica gioviale con cui aveva preso la cioccolata solo poche settimane prima e Candy capì che doveva fare qualcosa per recuperarla prima che fosse persa per sempre. Sapeva cosa si provasse a perdere la persona amata, anche se Terence era vivo: tuttavia, nel suo caso, anche vederlo non le sarebbe servito a nulla, perché era davvero come fosse morto. Non avrebbe mai avuto il suo amore.

Non sapeva se dietro di sé ci fossero Annie o il signor Brown, ma seppe che scosse l'amica per le spalle e le diede uno schiaffo abbastanza forte da farla tornare in sé.
*"Smettila, Patty! Siamo tutti disperati, non lo capisci?! Credi forse che Stair sarebbe felice di vederti in queste condizioni?!".

Lei la guardò con gli occhi sgranati e pieni di lacrime dietro agli occhiali e si scusò scoppiando in singhiozzi lì, in mezzo al corridoio, dove si erano quasi scontrate. Il coltello le cadde di mano con un rumore forte e Candy la strinse a sé, piangendo con lei.

Fu un pomeriggio strano, cupo, nel quale la perdita di Stair avvolse la casa e i suoi abitanti come una sorta di manto nero che offuscava la ragione e le conversazioni. Il tè che fu offerto agli ospiti era insapore, il gelo le entrò fin nelle vene e gli occhi rossi si fissarono spesso smarriti.

Candy ebbe modo di vedere Georges, quando si avvicinò ad Archie per comunicargli le sue condoglianze, e fu quasi tentata di chiedergli dello zio William, ma si trattenne perché comprese che non era il momento adatto.

Fu sollevata quando trovò Patty, in una stanza dove Archie aveva riposto tutte le invenzioni di Stair, che teneva in mano due marionette con le sembianze sue e di lei, con tanto di occhiali. Finalmente, sulle labbra della ragazza comparve l'ombra di un pallido sorriso.

"Stair ti amava, Patty, sono certa che vorrebbe sempre vederti così", le mormorò tracciando in aria con un dito la forma delle sue labbra incurvate: avevano entrambe gli occhi lucidi, ma fu come se avessero acquisito un po' di quella pace di cui avevano bisogno per andare avanti nella vita.

Quando infine fu sera, Anthony la riaccompagnò verso casa, ma Candy gli chiese di lasciarla al parco: "Voglio pensare che Stair sia sepolto in cielo", spiegò con voce tremante.

Anthony scese dalla vettura con lei e le prese di nuovo la mano: "Vuoi arrampicarti su un albero a quest'ora?", indovinò.

Lei sorrise leggermente: "Non ti preoccupare per me, piuttosto tu dovresti tornare indietro. Non far preoccupare la zia Elroy".

Anthony si accigliò e rilasciò un sospiro profondo, sfiorandole le ciocche davanti al viso con due dita: "Non ti ha nemmeno fatta avvicinare e tu ti preoccupi per lei".

"È anziana e ha perso un nipote che amava. Io non le sono mai andata a genio, quindi nulla di nuovo sotto al sole".

La mano di Anthony tremò e le si posò a palmo aperto sul viso in una carezza così struggente che Candy ebbe di nuovo voglia di piangere. Sapeva cosa stava per dire, tuttavia sperò fino all'ultimo che non fosse così.

"Io ti amo ancora, Candy, se un giorno mi vorrai di nuovo". Lei, che aveva chiuso gli occhi, li spalancò nel momento in cui le posò un bacio fraterno sulla fronte. Ma prima che potesse rispondere qualcosa, Anthony risalì in macchina e la salutò. "Abbi cura di te".

Si allontanò e lei rimase lì da sola, tremando per quel bacio che non le trasmise altro che un profondo senso di affetto, nonché il dolore per la consapevolezza di non poterlo ricambiare come avrebbe voluto. Il suo cuore era ancora dolorosamente ancorato a Terry. Anthony era cambiato, sì, non le parlava più di diventare una signora e lui stesso aveva scelto una facoltà che non si confaceva alla sua posizione. Eppure, capì che non bastava e che tra loro non avrebbe funzionato comunque, perché erano anime affini, ma in qualche modo distanti: non erano fatti per essere innamorati.

Candy camminò piano verso uno degli alberi più alti e si arrampicò ripensando che, perlomeno, Anthony aveva accettato infine la sua convivenza con Albert. Quando era arrivato, senza preavviso, scoprendo persino che dividevano un letto a castello, non credeva che si sarebbe rassegnato tanto facilmente.

Quel senso di protezione eccessivo, dettato di sicuro dall'amore, e la sua mentalità davvero simile a quella della zia erano state preponderanti. Perlomeno fino a che Candy non era riuscita a tranquillizzarlo, negando con decisione l'ipotesi che Albert potesse provare per lei qualcosa di più di un profondo senso di affetto.

Non ne avevano più parlato e Anthony era tornato ai suoi studi, finché la tragica notizia della morte di Stair non li aveva riuniti. Era come se quella conversazione si fosse appena conclusa, da quel giorno, con la frase che Anthony non aveva avuto il coraggio di dirle allora.

Ma Candy non era più ingenua come in passato: vedeva da sola, negli occhi dolci e sinceri del ragazzo, che non era riuscito a dimenticarla. Non era lo sguardo bruciante e pieno di passione di Terence, ma era difficile scambiarlo per qualcos'altro.

Sospirò, guardando il cielo e ripensando a Stair. Lui, che l'aveva raggiunta da solo alla stazione quasi prevedesse il triste epilogo che avrebbe avuto la sua visita a New York. Regalandole un carillon che solo pochi giorni dopo avrebbe usato mentre camminava nella neve con il cuore spezzato e Terence alle sue spalle.

Una mano la toccò all'improvviso e lei quasi cadde dall'albero.

"Scusami, non volevo spaventarti".

"Albert!".

Candy non avrebbe mai creduto che lui fosse lì e, quando gli chiese come faceva a sapere che si sarebbe arrampicata lassù, la risposta non la lasciò più di tanto stupita: Albert ormai la conosceva molto bene.

"Solo da qui puoi parlare tranquillamente con Stair... non è così?".

Ripeté ad Albert quello che aveva detto poco prima ad Anthony e lui la strinse in un abbraccio sul ramo che li sosteneva. Un conforto tra cielo e terra, nel quale avvertì lo stesso calore dell'abbraccio del ragazzo che le aveva dedicato una rosa col suo nome.

"Non te ne sei accorta?".

Candy sussultò al ricordo della domanda di Anthony, ma Albert non se ne accorse perché si era alzato in piedi sul ramo, appoggiandosi con la schiena al tronco. Mentre lui parlava degli orrori della guerra, a Candy venne in mente un bacio sulla fronte che le aveva dato quando l'aveva ritrovata per strada, sola e tremante, dopo la trappola che le era stata tesa da Neal.

Un bacio fraterno che doveva essere un portafortuna, ma che era quasi identico a quello che le aveva posato sulla pelle Anthony pochi minuti prima.

"Albert è innamorato di te".

No, stava di sicuro perdendo la ragione: il dolore per la morte di Stair e per la sofferenza di Anthony, nonché la ferita ancora aperta che aveva nel cuore, la stavano confondendo. E non poco.

"Basta Candy, vieni via! È da tanto tempo che non ti porto a mangiare in un bel posticino! Ho avuto un piccolo guadagno straordinario".

Di colpo, Candy fu in allerta: era già da un po' che giravano, nel condominio della Magnolia, voci sgradevoli su Albert e su quei guadagni straordinari improvvisi... possibile che un uomo corretto come lui si fosse in qualche modo mescolato alla malavita come sostenevano le malelingue?

Non voglio neanche prendere in considerazione un'idea del genere!

Mentre cenavano, Candy si sentì osservata da Albert e comprese che per lui era molto più trasparente di quel che volesse apparire.

"C'è qualcosa che ti tormenta, vero? E non è il dolore per la morte di Stair. Oggi hai rivisto Anthony?".

Suo malgrado, sussultò, lasciando ricadere la forchetta nel piatto: "Come fai?".

"A fare cosa?".

"Mi leggi dentro come un libro aperto".

Albert sorrise: "Beh, non dimenticare che ti conosco da almeno due anni e viviamo sotto lo stesso tetto".

Candy sospirò, giocherellando col boccone di carne senza infilzarlo: "Beh, sai... oggi me l'ha confessato. Non che non lo sospettassi, però... sentirmelo dire mi ha fatto un certo effetto".

"Lui ti ama ancora, vero?". Albert divenne di nuovo serio e appoggiò le sue posate nel piatto.

Annuì: "Sì. Ho sperato tanto che mi dimenticasse, perché non volevo farlo soffrire. Tuttavia, pare che la lontananza fra noi non sia servita a molto. Inoltre...".

Cosa stava per dirgli, per l'amor del cielo? Stava davvero per confessare quello che aveva tenuto per sé per dei mesi interi? E a quale scopo? Voleva forse togliersi un dubbio che non aveva neanche motivo di sussistere?

"Inoltre...?". Albert era tutto orecchi, per sua sfortuna, e aveva proteso il capo verso di lei come per ascoltarla meglio.

"Niente, dimenticalo", disse ricominciando a tagliare la carne.

Udì il sospiro di Albert e il rumore delle posate: "Va bene. Ma sai che quando vuoi io sono pronto ad ascoltarti".

Quell'abbraccio così caldo. Come quello di Anthony. Quel bacio sulla fronte. Il suo calore durante una notte passata all'addiaccio. Le sue mani che mi asciugano le lacrime dopo che mi ha trovata in mezzo ai giornali che parlavano di Terence. Il suo corpo che mi protegge da un leone... ha rischiato la vita per me, quella volta!

"Anthony... era convinto che tu... che tu... fossi innamorato di me". Terminò la frase con una risatina, quasi volesse sottolineare l'assurdità della situazione.

Il rumore delle posate smise e Candy guardò Albert di sottecchi. Aveva un'espressione sconvolta che non seppe decifrare se non come profondamente stupita. Poi le sue labbra tremarono e si mise a ridere anche lui, scuotendo la testa: "E tu cosa gli hai risposto?".

Perché quella risata le era apparsa finta?

"Che noi siamo come fratelli, ovviamente. E comunque credo che ormai non ci pensi più, come hai visto è molto più tranquillo pur sapendo che viviamo insieme".

Il sorriso scomparve di nuovo dal volto dell'amico. "Forse dovrei fare quello che andava fatto fin dall'inizio. Volevo darvi tempo, ma credo sia giunto il momento di parlare con lui da uomo a uomo. Quando riparte per la Georgia?".

"Albert, non devi...!".

"Candy, che tu lo voglia o no, Anthony è ancora molto innamorato di te. E comunque ti vuole un gran bene. Voglio tranquillizzarlo una volta per tutte e posso farlo solo parlandogli seriamente. Quel giorno non ne ho avuto occasione. Quando riparte?".

Candy sospirò: "Credo non più tardi di dopodomani. Ma non è il caso che tu vada a villa Ardlay. La zia Elroy...".

"Non ne avevo l'intenzione, infatti. Manderò un messaggio ad Archie, nel quale gli rinnoverò la mia vicinanza e gli chiederò di combinarmi un appuntamento con lui da qualche parte".

"Non... discuterete, vero?".

Albert la guardò stralunato: "Perché dovremmo?".

Candy si morse il labbro e prese un sorso d'acqua. "Anthony è sempre stato un ragazzo dolce e tranquillo. Ma a Londra, quando ha scoperto l'interesse di Terence nei miei confronti... beh, loro... hanno fatto a pugni, ricordi?".

Il suo amico annuì: "Sì, me lo ricordo. Devo confessarti che mi è sembrato molto arrabbiato, il giorno che mi ha visto per la prima volta, e anche io ho pensato che avrebbe voluto picchiarmi. Tuttavia, mi sono anche reso conto di quanto la sua estrema educazione lo frenasse".

"Beh, forse ora. Ma all'epoca non fu così. Non so chi dei due avesse cominciato. Ti avevo detto che prima che partissi per l'Africa mi sono confidata proprio con te, vero? Io e Anthony eravamo... ancora insieme e io ti ho confessato che temevo Terence si stesse interessando a me".

"Ricordo anche questo", disse Albert dopo aver inghiottito un boccone.

"Già", rise, a disagio. "Però non ebbi il coraggio di dirti che anche io mi stavo... innamorando di lui. Nonostante avessimo già un bel rapporto di amicizia, mi vergognavo molto...".

"Beh, posso capirlo", disse prendendo un sorso di vino. "Per una ragazza è più facile confidarsi con una coetanea che con un uomo più grande, anche se sono amici".

"Oh, no, non è quello!", si difese lei. "Se devo esserti sincera, tu sai molte più cose di Annie. Sul Principe della Collina, su Terence...".

Albert rimase senza parole, poi fece un lieve sorriso: "Ne sono lusingato".

"È che con te... mi sembra di poter parlare di tutto, da sempre". Ed era vero. Albert era il fratello e la sorella che non aveva mai avuto. Molto più della stessa Annie. Molto più di Patty. Molto più...

"Posso chiederti il motivo?". La sua domanda fu quasi un riflesso di quelle che si stava ponendo lei.

Rifletté per brevi istanti, ma trovò la risposta quasi subito: "Perché sei come me: credo di averti detto qualcosa di simile anche quando mi hai salvata dalla cascata, ma allora non sapevo ancora fino a che punto. Mi somigli molto più di quanto mi somiglino le ragazze. Tu sei uno spirito libero, non ti soffermi su rigide regole ed è per questo che viviamo insieme in barba alla società". Gli fece l'occhiolino, sentendosi complice.

Sì, erano davvero complici, lei e Albert.

Io e Anthony siamo meno simili, ma con Albert...

Lui era il suo rifugio sicuro, la sua roccia, anche se aveva dovuto sostenerlo quando era stato così fragile che quasi non lo riconosceva. Il loro legame andava al di là dell'amicizia o dell'amore che tanto temeva Anthony: era una fiducia profonda, radicata nel tempo e nell'anima, che non conosceva la gelosia o il dolore.

Allora perché il sorriso di Albert non raggiungeva i suoi occhi e lui appariva quasi a disagio?

 
- § -
 
 
Il parco era quasi deserto all'ora di pranzo.

Qualcuno si era seduto sulle panchine per mangiare un boccone, molto probabilmente per una pausa veloce, ma in quel punto sotto a un grande pino c'era solo lui, in attesa.
"Da quello che vedo tu non ami arrampicarti sugli alberi come Candy".

Anthony si volse per incrociare lo sguardo ridente di Albert e per un attimo s'irrigidì. La prima volta che lo aveva incontrato era così arrabbiato che non ci aveva fatto caso, ma ora che lo guardava meglio aveva un'aria familiare che non riusciva a definire con esattezza.

"Confesso di non averci mai provato, non fa per me".

L'uomo sedette sull'erba e lui lo imitò. Aveva un incarto con sé e lo aprì mettendoglielo sotto al naso: "Vista l'ora ho portato dei panini. Non è un pranzo luculliano, ma...".

Decise che era inutile continuare a essere diffidente e accettò uno dei panini tentando di rilassarsi. "Grazie".

Mangiarono in silenzio per un po', finché Albert non lo interruppe: "Non devi temere nulla da me, Anthony. Il mio unico scopo è proteggere Candy e assicurarmi che sia felice".
Sussultò, guardando il profilo rilassato e lo sguardo che scrutava un punto lontano nell'orizzonte. Quell'uomo emanava una pace interiore che gli fece comprendere, in parte, come mai Candy si trovasse così bene in sua compagnia.

"Lei ti ha riferito...?".

"In effetti sì. Tiene molto a te ed è sempre preoccupata che tu possa soffrire. Ma voglio che sia chiaro che io non intendo essere un ostacolo tra... voi due". Quelle parole dovettero costargli molto, perché apparve quasi imbarazzato.

"Non c'è un 'noi due' da molto tempo, ormai. Da quando quel Terence Granchester, o Graham, o come diavolo si fa chiamare, è comparso nelle nostre vite", disse amaramente.

Albert non ribatté e finì il suo panino, accartocciando l'involucro e riponendolo nella busta. Anthony terminò il proprio, rendendosi conto che, nonostante tutto, aveva fame.

"Camminiamo un po', vuoi?". Albert si alzò in piedi tendendogli una mano, ma lui non accettò il suo aiuto.

Fecero alcuni passi verso il lago e Anthony ne ammirò la superficie che brillava ai raggi del sole. L'idea che suo cugino non potesse più vedere uno spettacolo simile gli fece salire le lacrime agli occhi. Si accorse che stava piangendo solo quando vide il fazzoletto che gli porgeva Albert.

Scosse la testa e preferì asciugarsi gli occhi con il braccio. Lui non parve prendersela e lo rimise in tasca: "Mi dispiace, non ti ho nemmeno fatto le mie condoglianze per Stair. La verità è che l'ho conosciuto e non ti dico una frase fatta quando sostengo che era un ragazzo straordinario. Era a lui che stavi pensando, non è vero?".

Nonostante il dolore fosse ancora un nodo al centro del petto, Anthony lo fissò, stupito: "Come fai?!".

Lui sorrise: "Candy mi ha chiesto qualcosa di simile. Diciamo che ho vissuto abbastanza dolore sulla mia pelle ultimamente per vederlo negli occhi degli altri, anche se sorridono o tentano di nasconderlo. E in te si cela più di un dolore, Anthony, questo non è un segreto per nessuno".

Abbassò gli occhi, incapace di sostenere i suoi che gli ricordavano tanto sua madre. Un pensiero bizzarro che lo stupì non poco: forse era per quell'aura di sicurezza adulta che emanava, oltre che per una mera questione di colore.

Cominciò proprio da lì: "Quando ero solo un bambino ho perso mia madre. Candy è stata il primo vero raggio di sole in un mondo dove la mia unica consolazione era il giardino che curavo: era come se, mantenendo vivo il roseto, lo facessi anche con il suo ricordo. È stata l'unica che abbia fatto entrare in quella dimensione, tanto che la rosa più bella l'ho chiamata come lei".

"La Dolce Candy", disse Albert con voce roca, lo sguardo di nuovo distante. Sembrava che stesse combattendo a sua volta con un dolore lontano. Ma com'era possibile, visto che era senza memoria?

"Ti ha raccontato anche questo, vero? Il vostro livello di confidenza è molto profondo". Il suo tono non era aggressivo, tuttavia lui dovette sentire la necessità di spiegarsi, quindi gli si rivolse di nuovo direttamente.

"Anthony, Candy mi ha più volte ripetuto che per lei sono come un fratello maggiore e io... vedo in lei una ragazza forte e coraggiosa che mi ha salvato quando credevo fosse tutto perduto. Non mentivo quando ti dicevo che non hai nulla da temere. Il fatto che si sia confidata con me mi ha fatto capire molte cose di lei: so che vorrebbe tanto vederti sereno perché ti vuole bene. E so che soffre quando scorge in te il dolore".

Mise le mani nelle tasche e calciò un sasso verso il lago, ma si perse nella fitta vegetazione prima di toccare l'acqua. "Ho provato a essere suo amico, ma suppongo di non esserci riuscito". Incredibilmente, anche lui sentì di potersi fidare di Albert e si confidò a sua volta. Capì quanto si era sbagliato sul suo conto. "All'università ho stretto amicizia con una ragazza che diceva di essere innamorata di me. Nonostante la guerra è riuscita a tornare in Francia, a casa sua, e mi scrive costantemente per farmi sapere che sta bene. Ho provato davvero a donarle il mio cuore, però non ci sono riuscito. Né il tempo, né la lontananza cancellano i miei sentimenti per Candy, come sospetto debba essere per lei nei confronti di Terence".

Albert annuì e si chinò per raccogliere un sasso a sua volta. Lo lanciò e colpì la superficie dell'acqua sollevando uno spruzzo alto.

"I sentimenti non sono macchie che si possono cancellare con un colpo di spugna".

Anthony inarcò un sopracciglio: "Quanta saggezza", ironizzò.

"No, solo una frase prosaica da un umile lavapiatti. Volevo solo dirti che non devi per forza cercare di allontanare da te questo amore, perché tanto non ci riusciresti". Il suo tono di voce, la postura rigida e le sopracciglia aggrottate gli confermarono solo i suoi sospetti. Tuttavia, Anthony attese che terminasse prima di parlargli chiaro. "Devi solo accettarlo e chiuderlo a chiave nel tuo cuore. Se lei un giorno sarà in grado di riaprirti il suo, te ne accorgerai e magari potrete ricominciare. Ma se quel giorno non arrivasse... ebbene, anche tu hai diritto alla tua felicità, Anthony. Però non farle pesare mai il fatto che non riesci a raggiungerla".

"Non sono bravo come te a nascondere i miei sentimenti. E neanche tu sei così abile, Albert". Il suo tono era quasi comprensivo: nonostante la differenza di età, erano sulla stessa barca.

Si aspettò che lui negasse ancora o che scoppiasse a ridere come Candy. Invece si limitò a guardarlo seriamente, senza dire nulla. Fu un silenzio che valse più di mille parole e Anthony gli fu grato per quella tacita sincerità: significava che lo considerava un uomo capace di comprendere e non più un ragazzino geloso.

Vedo in lei una ragazza forte e coraggiosa che mi ha salvato quando credevo fosse tutto perduto.

Sì, doveva essere proprio così che era cominciata.

"Candy mi ha raccontato che l'hai salvata dall'attacco di un leone. Credo che sia la seconda volta che le salvi la vita. Io per lei ho solo creato un fiore". Non sapeva perché lo avesse detto, ma d'improvviso si rese conto che Albert era molto più meritevole dell'affetto di Candy di quel Terence e forse persino di lui, che non faceva che confessarle il suo amore impossibile.

Pensare che solo fino a qualche tempo prima lo considerava quasi un tipo losco!

Gli erano bastati due incontri, però, per percepire in lui qualcosa di diverso, soprattutto in quel momento. Considerando che aveva perso tutto il proprio passato ed era innamorato di lei senza speranza, dimostrava una forza notevole.

"L'affetto non si misura dal tipo di gesto, ma dalla dedizione con la quale si compie. Un fiore, una carezza, una semplice parola possono celare sentimenti molto più profondi di quel che tu pensi. Sono certo che tu non ti saresti comportato in maniera diversa, al mio posto".

E aveva ragione.

"Sai, anche io ho cercato di convincermi che per me contava la sua felicità più di ogni altra cosa e per un certo periodo, quando lei ha cominciato a fare l'infermiera, mi sono chiesto cosa aspettasse quel Terence a formalizzare le cose con lei. Candy mi raccontava che lo aveva perso di vista, poi che si scrivevano e infine...", si strinse nelle spalle. "Lo sai anche tu. Sapevo che non era certo quella separazione che l'avrebbe riportata da me, tuttavia un po' ci ho sperato. Ma hai ragione tu: devo smetterla di illudermi e non mostrarle più quello che provo facendola preoccupare per me".

Albert gli diede una pacca sulla spalla, sorridendogli: "Bravo ragazzo, sono certo che ne sei in grado".

"Mi ci vorrà del tempo per riuscire a nasconderlo come fai tu, Albert". Lui distolse lo sguardo e lanciò un altro sasso. Lo aveva messo di nuovo in imbarazzo e sospettò che in fatto di relazioni amorose quell'uomo, forse non avendone memoria, non fosse messo meglio di lui.

Decise di farlo ridere un po' e al contempo di scavare fino in fondo a quella storia. Il grado di confidenza raggiunto, se così lo si poteva chiamare, non gli consentiva ancora di avere piena fiducia in un adulto innamorato di una ragazza. Era sempre convinto che, pur essendo sul serio un gentiluomo, Albert non fosse una specie di santo.

"Quando mi sono accorto che condividevate un letto a castello pensavo che mi si sarebbe fermato il cuore", disse facendolo bloccare nell'atto di lanciare un altro sasso. Albert volse su di lui uno sguardo gelido e composto. "La cosa non mi piace ancora, anche se devo dire che ora che ti ho conosciuto meglio sono molto più tranquillo. Però voglio che tu mi faccia una promessa, da uomo a uomo".

Lui continuò a non rispondere, ma annuì impercettibilmente.

"Il giorno in cui ti accorgerai che non riesci più a fingere, allontanati da lei. Io l'ho fatto e non è servito a granché, ma perlomeno lei non poteva vedere il dolore nei miei occhi. Dubito che voglia vederlo nei tuoi". Evitò di confessare che, nonostante tutto, temeva che l'amore gli avrebbe fatto compiere azioni che non andavano compiute.

Albert gli allungò una mano e la strinse. Il loro patto reciproco, assieme alla tregua, era stato appena sancito mentre il parco cominciava a riempirsi delle voci dei bambini.

 
- § -
 
 
Albert alzò lo sguardo e, alla luce della luna, vide solo la mano di Candy spuntare dal letto superiore. Il suo respiro era ritmico ed era certo fosse nel mondo dei sogni. Sogni che, per una volta, non sembravano costellati dal dolore per Terence.

Erano diverse notti che non invocava il suo nome, invece l'aveva sentita lamentarsi e piangere nominando Stair.

Chiuse gli occhi, avvertendo la sofferenza colpirlo come una stilettata al petto. Non era stato facile dissimularlo o quantomeno mostrarsi addolorato quanto un amico che lo conosceva da poco tempo.

La verità era che, da quando aveva recuperato la memoria, niente era più lo stesso e doveva nascondere ben più che i propri sentimenti per Candy. Aveva dovuto celare la mole di ricordi dal momento in cui aveva avuto l'incidente fino a quando aveva rivisto tutti i suoi nipoti, che per fortuna la zia Elroy aveva avuto la lungimiranza di far rientrare in America non appena era scoppiata la guerra in Europa. Rendersi conto che quei ragazzi così gentili erano Archie e Stair, gli stessi che aveva avuto modo di rivedere dopo anni allo zoo di Londra, che entrambi avevano al fianco delle ragazze eccezionali, era stato bello e rassicurante. Con dolore, aveva rivissuto il momento in cui, senza rivelarlo a nessuno, Stair aveva deciso di arruolarsi e non poté fare a meno di chiedersi cosa sarebbe accaduto se lui, come prozio William, si fosse imposto per impedirglielo. E tuttavia, sapeva che per natura Stair gli somigliava abbastanza, da quel che aveva notato, per non farsi convincere tanto facilmente.

Aveva nascosto dentro di sé la gioia immensa di rivedere Anthony, l'unico figlio della sua adorata sorella: ora capiva come mai durante il loro primo incontro aveva avuto una reazione tanto strana. Il suo cuore lo aveva riconosciuto. Quella mattina, quando si erano parlati, aveva temuto davvero di scoprirsi o che alfine il ragazzo lo riconoscesse: ma, purtroppo e per fortuna, non si incontravano da tanti di quegli anni che il nipote doveva averlo dimenticato. Come tutti gli altri, del resto.

Sospirò, diviso tra il desiderio di vedere Candy e Anthony felici e quello di fuggire di nuovo lontano per fare chiarezza nel proprio cuore e scacciare definitivamente il sentimento che, complice la perdita della memoria, aveva potuto crescere indisturbato nel proprio cuore.

Se n'era accorto persino Anthony, nonostante fosse giovane e geloso: per fortuna non era mai venuto a conoscenza di quello che aveva combinato Neal Lagan quando l'aveva attirata nella villa fuori città, o con tutta probabilità lo avrebbe picchiato come aveva fatto con Terence. Anzi, forse proprio perché era tanto innamorato di Candy, non aveva faticato molto a leggere i propri sentimenti riflessi in lui. Era qualcosa che lo terrorizzava, perché non voleva essere così trasparente, anche se a quanto pareva per il momento lo era solo agli occhi di Anthony.

Candy emise un lamento e si mosse. La mano sparì dalla sua visuale e Albert trattenne il respiro in attesa che dicesse il nome di Terence. Però non accadde. Era stato proprio il giorno in cui aveva recuperato la memoria che l'aveva trovata svenuta e piangente sulle riviste che pensava di aver nascosto bene. Ed era stato solo qualche giorno dopo che si era esposto per lei al punto da rischiare la vita senza pensarci neanche un instante.

"Candy mi ha raccontato che l'hai salvata dall'attacco di un leone".

Non dubitava che Anthony o persino Terence e lo stesso Archie avrebbero fatto qualcosa di simile per lei, innamorati o meno. Tuttavia, nel suo caso, le cicatrici che non sarebbero mai svanite da quel lato del torace avevano un significato molto più profondo. Albert avrebbe dato davvero la propria vita per la sua. Al momento, stava reprimendo il bisogno di lei, tutto l'amore struggente che rischiava di traboccare con l'unico desiderio di vederla felice. Con Anthony, da sola, con chiunque.

Non nutriva alcuna speranza di poter essere un potenziale candidato perché, come aveva anche confermato ad Anthony, lei lo considerava un fratello maggiore. Candy glielo aveva detto tempo prima e glielo dimostrava con quell'affetto e quel legame così unici che avevano stretto.

"Albert... non lasciarmi anche tu...".

 Il respiro si mozzò di nuovo e un gemito di stupore gli sfuggì dalle labbra mentre si metteva a sedere di scatto. Si alzò per guardarla e si accorse che stava sognando lui.
Era già successo che Candy gli dicesse quella frase, da sveglia, quando si era preoccupata per non averlo trovato in casa. Allora, vivevano insieme da poco tempo e lui era uscito solo per cercare un lavoro. La morte di Stair doveva averla colpita tanto che ora temeva, inconsciamente, di perdere tutti coloro che amava. D'altronde, con Terence era finita, Anthony studiava lontano e persino Archie e Annie vivevano in una realtà che a lei non era concessa.

Un giorno parlerò alla zia Elroy e almeno questo cambierà.

Lui era l'unica presenza costante nella sua vita e, per quanto Candy fosse uno spirito indipendente e libero, anche lei aveva bisogno di aggrapparsi a qualcuno. Era quello il motivo principale per cui le era rimasto accanto anche se ricordava il proprio passato.

"Il giorno in cui ti accorgerai che non riesci più a fingere, allontanati da lei".

Sì, Anthony, pensò, verrà il giorno in cui non riuscirò più a fingere. Ma ci proverò fino allo stremo, perché Candy ha bisogno che le dia il mio appoggio, come lei ha fatto per me per tanto tempo. Albert sistemò la coperta sul corpo raggomitolato di Candy, che ora gli dava le spalle, e tornò a letto.

Cercò di prendere sonno senza portare a livello cosciente il motivo principale per il quale era rimasto con lei. Si trattava di un sentimento troppo egoistico e vicino a quello che provava per lei per essere espresso senza pericoli.

La verità è che non voglio allontanarmi dalla vita che stiamo conducendo, Candy.

Se lei necessitava della sua vicinanza, lui aveva bisogno di averla accanto. Ancora un po', solo finché non fosse stata di nuovo forte. Almeno era quello che si ripeteva. Un giorno, sia lei che Anthony avrebbero deciso cosa fare di loro due, nel bene e nel male, e lui sarebbe stato semplicemente di troppo.

Lui era il patriarca della famiglia Ardlay e doveva essere la guida per ognuno di loro. Farlo di nascosto, a distanza, incontrando Georges e i suoi collaboratori mentre ancora viveva alla Casa della Magnolia con Candy cominciava a far circolare voci poco rassicuranti.

Quando sarai forte, Candy, allora io me ne andrò. In silenzio, per rivederti quando sarà il momento. Allora, tra noi non sarà più come oggi. Un giorno, compirai ventun anni e io smetterò anche di essere il tuo tutore e se vorrai potrai fare la tua vita lontano da qui.

Quella consapevolezza lo annegò in un dolore che fu quasi fisico e Albert si ritrovò sull'orlo delle lacrime, come quando aveva avuto la notizia della morte di Stair da Georges, in un pomeriggio nuvoloso.

Dissimulare.

Sì, avrebbe dissimulato ancora, durante il giorno. Ma com'era difficile farlo di notte, quando i sentimenti risalivano in superficie contro la sua volontà!


 
 
*I dialoghi sono spesso ripresi dal manga, a volte seguendo fedelmente alcune tavole, altre rielaborati a seconda delle situazioni. Ovviamente, i diritti sono riservati all'autrice e io li riutilizzo senza scopo di lucro.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra. Lo rivedrà brevemente dopo un lungo periodo di silenzio, mentre si allontana con un treno. E incontrerà di nuovo Anthony a Lakewood, ribadendogli che vorrebbe restare sua amica. Albert giunge in ospedale senza memoria e Candy si prende cura di lui, finché non decidono di vivere insieme. E, finalmente, avviene l'incontro tra uno smemorato Albert e Anthony.

 
- § -
- § -
- § -
 
 
 
Inverno/Primavera 1918

Carissima Candy,
mi dispiace molto per quello che è accaduto. Se fossi lì con voi, giuro che vi aiuterei a cercare Albert, ma non potrò muovermi almeno fino alla fine della primavera, quando anche questa sessione sarà terminata. Confido che Archie, col supporto di Annie, possa farlo e anche quel medico per cui lavori che lo ha aiutato quando aveva perso la memoria.

Candy, mi dispiace dirti queste parole, perché so quanto Albert sia importante per te, essendoti stato tanto vicino dopo la rottura con Terence... ma se davvero ha recuperato la memoria, non hai pensato che forse è tornato dalla sua famiglia? Conoscendolo meglio ho visto in lui un uomo molto intelligente e maturo, potrebbe avere una moglie e forse addirittura dei figli che lo attendono a casa. Potrebbe non essere corretto che tu, una giovane donna che lo ha salvato ma che ha vissuto con lui per tanto tempo, lo stia cercando con tanta dedizione.

Sono sicuro che sarà lui, quando potrà, a darti sue notizie, quindi non temere: sa badare a se stesso e un giorno magari vi rivedrete. Nel frattempo, vai avanti con la tua vita e con il lavoro che tanto ami. Come hai sempre fatto.

Quando tornerò, manterrò la promessa che ti ho fatto nell'ultima lettera e verrò a vedere la tua Casa di Pony. Partiremo di nascosto, così la zia Elroy non avrà nulla da ridire!
Tuo Anthony.

Candy si strinse la lettera al cuore, traendone calore e conforto come se il suo dolce amico fosse lì con lei, seduto sul divano di quella casa diventata d'improvviso troppo grande. Nel cuore si rincorsero sentimenti contrastanti e non facili da interpretare: da un lato c'era la gioia di sapere che a breve avrebbe potuto mostrare la sua collina a Anthony come aveva sognato di fare da ragazzina; ma dall'altro c'era un dolore senza fine che la risucchiava quando pensava che l'amicizia tra lei e Albert potesse essere stata troncata così di netto da un giorno all'altro.

Innanzitutto, il suo istinto le diceva che Albert non poteva avere una moglie e dei figli, come Anthony sospettava, o non si sarebbe spostato così di continuo per il mondo, vivendo spesso nei boschi. Ma era pur vero che a Londra aveva un lavoro e lei non sapeva altro di lui, se non che era il custode del Blue River.

Aveva qualcuno che l'aveva seguito in Africa? Probabile, magari l'incidente lo aveva lasciato senza memoria e quella persona lo aveva cercato inutilmente per anni, credendolo morto. Oppure poteva darsi che Albert si fosse rifatto una vita proprio in Africa e stesse tornando in America assieme alla sua nuova famiglia. O momentaneamente da solo, per sistemare qualcosa lasciato in sospeso.

A Candy si strinse il cuore al pensiero che le parole di Anthony potessero avere un fondo di verità. Ma se invece Albert fosse stato davvero ancora libero come il vento, proprio come aveva detto quasi scherzando quando l'aveva salvata dalla cascata? Non c'era nulla di male nel cercarlo per accertarsi che stesse bene, dopo che le aveva lasciato solo una lettera e dei soldi.

In lei si era aperto un vuoto persino maggiore di quando Anthony si era allontanato per non soffrire; e di quando Terence era definitivamente uscito dalla sua vita, spezzandole il cuore. Albert era il suo unico punto fermo, il confidente e l'amico, le braccia sicure in cui rifugiarsi, il porto tranquillo dopo la tempesta.

Albert era...

La lettera le scivolò dalle mani: da quando Albert era così importante per lei? Possibile che se ne rendesse conto solo ora che se n'era andato? Eppure non lo aveva visto per anni, ritrovandolo per puro miracolo senza memoria nel proprio ospedale.

Come mai adesso aveva tanto bisogno di lui? La solitudine era solo una parte di quella necessità: lei era abituata a stare da sola. Era tuttavia probabile che fosse stufa di esserlo e avesse semplicemente bisogno di qualcuno al proprio fianco. Qualcuno che non fosse un Anthony ancora sofferente per un amore finito; qualcuno che non fosse la passione impossibile rappresentata da Terence.

Qualcuno come Albert.

Candy si chinò lentamente per raccogliere la lettera e tentò di analizzare i propri sentimenti mentre le mani le tremavano e divenivano gelide. Si stava sbagliando, ne era certa. Il dolore per quell'ennesima separazione l'aveva accecata al punto che aveva equivocato cosa c'era nel proprio cuore. Albert era come un fratello maggiore e lei una sorta di sorellina, proprio come avevano finto di essere per più di due anni.

Ripensò all'amore bruciante per Terence: la scintilla era ancora lì, ridotta a un lumicino che la feriva se vi si avvicinava. Era il dolore di una perdita definitiva. Era la speranza che lui potesse trovare la sua strada e la sua felicità. Era... era già nel passato. E Anthony: Dio solo sapeva se aveva provato a riaprire di nuovo il suo cuore all'amore dolce e rassicurante di un ragazzo che le aveva confessato di amarla ancora solo un anno prima! Ma la tenerezza che provava nei suoi confronti era rimasta immutata e l'amore, se mai c'era stato, era cristallizzato ai suoi tredici anni, prima che Terence le incendiasse il cuore facendo terra bruciata.

Quindi, al momento, non era innamorata di nessuno, vero? L'attaccamento che provava per Albert era riconducibile a quello che sentiva verso Anthony... eppure non era lo stesso.

Camminò per la stanza, avanti e indietro, posando la lettera sul tavolo e guardando fuori dalla finestra come se il cielo stesso potesse darle una risposta.

Neanche con Anthony aveva condiviso tante cose come con Albert: solo con i bambini della Casa di Pony aveva avuto in comune la casa, la cucina e persino la camera da letto.

Ma non era nemmeno tutto lì: Albert le aveva chiesto di condividere con lui sia le gioie che i dolori, proprio come avevano fatto con un sandwich tanto tempo prima. Albert l'aveva consolata quando credeva che il dolore per Terence l'avrebbe lacerata. Albert l'aveva protetta da tutto e da tutti, persino da un leone a costo della propria vita.

Perché lo ha fatto? Lui non...

Candy si lasciò ricadere sul divano, nascondendo il viso tra le mani. Anthony aveva dunque ragione e lei era stata così cieca da non vedere la verità? Non voleva, né poteva crederci. Albert se n'era andato, per quanto le volesse bene aveva cose più importanti da fare, ora che aveva recuperato la memoria, e lei non era inclusa.
E non si sarebbe mai, mai più innamorata di un uomo che non l'avrebbe ricambiata.

 
- § -
 
 
Terence si chiuse la porta alle spalle e accese la luce nel corridoio. Si trascinò fino alla camera da letto e lo fece anche con il lume sul comodino. Se solo avesse potuto accendere gli angoli bui della propria vita allo stesso modo!

Candy era stata la sua luce in fondo al tunnel, ma non si era fermata per salutarlo, in quel teatro da quattro soldi. Gli aveva solo mostrato la via e se n'era andata. Eppure era certo che non fosse stata una mera illusione.

In qualche modo, Candy era riuscita ad andare avanti e lui aveva il dovere di fare altrettanto, come si erano promessi. Il sorriso di Susanna, la sera del suo ritorno, assieme alle sue lacrime sincere, lo avevano fatto sentire un verme.

Era riuscito a far soffrire due donne ed era motivato a farne felice almeno una. Quella che aveva scelto.

Forse, alla fine, Candy era veramente tornata al fianco del suo rassicurante Anthony. Poteva darsi che, nonostante il suo spirito libero, avesse bisogno di uno come lui, calmo e stabile. E non di un'anima affine che rischiava di entrare in conflitto con lei.

Non avevano mai provato veramente a stare insieme come una vera coppia. C'erano promesse ardenti di libertà selvaggia, di spensieratezza, di vita, di baci fuori da ogni canone... ma era rimasto tutto un sogno. Restavano il ricordo delle poche volte che l'aveva avuta tra le braccia, di un desiderio insoddisfatto e di dolori che superavano le gioie.

Candy si era innamorata di lui ed era pronta a correre lontano con le mani allacciate alle proprie. Eppure, era bastata una lettera falsa per troncare di netto tutto sul nascere.
Terence si gettò sul letto coprendosi gli occhi con un braccio. Avrebbe dovuto portarla via con sé anche se erano minorenni; avrebbe potuto cercarla prima; sarebbe stato meglio mandarle subito un biglietto di sola andata non appena aveva avuto la sicurezza di dove si trovasse lei.

Ma non l'aveva fatto. Perché, in nome del Cielo? Per inseguire un sogno che aveva appena rischiato di infrangere riducendosi a recitare ubriaco? Per diventare abbastanza importante e offrirle quello che si meritava? Sciocchezze! Candy faceva l'infermiera e divideva con Albert un appartamento mantenendosi da sola, in barba al nome che aveva.
Terence pensò che avrebbe potuto inseguire il proprio sogno insieme a lei e allora, forse, quel maledetto incidente non sarebbe accaduto. E anche se fosse successo, Susanna non si sarebbe gettata sotto al maledetto riflettore per salvare la vita a un uomo fidanzato. A quell'ora, poteva essere lui quello senza una gamba.

E forse lei sarebbe comunque rimasta con me.

Terence sbuffò, mettendosi seduto e guardando la notte fuori dalla finestra. La luna era nascosta dalle nubi, ma persino nell'oscurità si celava una luce: lui l'aveva vista e ne avrebbe fatto tesoro.

Quanto era difficile, però, andare avanti senza recriminare il passato! Come avrebbe dimenticato quella signorina Tuttelentiggini con la quale avrebbe potuto davvero essere felice come non mai? Forse, un giorno, avrebbe scritto a quell'Anthony o direttamente a lei. Oppure al loro amico Albert, che magari nel frattempo avrebbe recuperato la memoria.

Non voleva interrompere i contatti con Candy e desiderava davvero vederla felice. Ma sapere che poteva esserlo con qualcun altro al fianco... anche quello sarebbe stato molto, molto difficile.

 
- § -
 
 
Estate 1918

Candy aveva ancora le mani che le tremavano, le gambe che sembravano fatte di gelatina e il cuore che batteva forte nel petto. Era a malapena riuscita a ringraziare Albert, ripetendosi nella mente e a voce alta che lui e lo zio William erano la stessa persona.

La stessa persona.

*"Io sono e rimango l'Albert che tu conoscevi", le aveva detto lui.

Facile a dirsi, dopo che era sparito di punto in bianco dalla sua vita con una lettera laconica, l'aveva fatta finire a Rockstown dove invece di lui aveva trovato Terence e si era persino dovuta mettere a discutere con la zia Elroy e i Lagan perché quel folle di Neil si era incapricciato di lei!

Certo, ora aveva la certezza che tutto sarebbe andato bene, ma aveva davvero bisogno di sedere a quel tavolo mentre Albert serviva il tè e lei cercava di calmarsi. E soprattutto di distogliere gli occhi dalla sua figura fin troppo affascinante con quel completo nero da camera, guardando i dipinti alle sue spalle.

"Che bella signora!", disse sinceramente ammirata indicando una donna bionda dal bel sorriso.

Albert si voltò un poco per inquadrare il dipinto alle sue spalle e la fissò per un istante prima di dirle: "Quella era Rosemary, la mia sorella maggiore".

Candy era certa di aver già sentito quel nome, tuttavia ci mise alcuni attimi prima di capire. Di comprendere davvero le implicazioni di quella frase.

"La madre di Anthony! Tu sei... suo zio?".

Albert annuì, quindi si alzò tendendole la mano: "Vieni", la invitò.

Uscirono nel roseto che presto avrebbe rivisto il suo legittimo proprietario e giardiniere e Albert le raccontò la triste storia della sorella morta quando Anthony era poco più di un bambino. Coincideva con quanto raccontato da lui stesso.

"Ecco perché non volevi che nessuno ti vedesse nei paraggi, all'epoca. Temevi che Anthony e gli altri potessero riconoscerti?".

Lui sospirò, facendo qualche passo verso un cespuglio di Dolce Candy: "In realtà non credo che mi avrebbero riconosciuto. Non lo hanno fatto neanche di recente, d'altronde, eppure ci siamo visti un mucchio di volte".

"Già, che sciocca... deve essere l'emozione che non mi fa ragionare", si schernì tirando fuori la lingua con fare giocoso. "Ma scusa, come è possibile? Te ne sei andato da casa così presto?".

Albert fece una risatina scomoda: "Diciamo di sì e anche quando ero in casa ero... ben nascosto. Un giorno te lo racconterò. Ora che ne dici di rilassarci un po' e approfittare della vacanza?".

E lo fecero. Ripercorsero la via dei ricordi, dalla cascata dove si erano incontrati la prima volta alla piccola barca di Stair a forma di cigno che li mandò puntualmente a mollo nell'acqua, tra le risate e un allegro disappunto: era come se il suo amico fosse stato lì con loro e avesse combinato l'ennesimo guaio.

"Andiamo ad asciugarci, accenderò il caminetto e ho asciugamani e coperte", propose Albert conducendola dove non tornava da anni, le gocce d'acqua che fuggivano dai capelli corti per ricadere sulla giacca. Lei stessa rabbrividì, zuppa e infreddolita nonostante la temperatura gradevole.

Nella capanna di Albert, dove lei aveva dormito la notte dell'incidente alla cascata, ben poco era cambiato e l'atmosfera tra loro era intima come alla Casa della Magnolia, mentre si asciugavano davanti al caminetto.

Eppure era cambiato tutto.

Persino quando le chiese di Terry fu Albert stesso a darle la notizia che aveva deciso di ritornare a recitare con la sua compagnia. Candy era stata tanto impegnata a cercarlo che, dopo Rockstown, non aveva più pensato molto a lui, né letto i quotidiani, anche se sperava che accadesse proprio quello che parevano confermare.

"E che mi dici di Anthony? Dovrebbe tornare per la mia presentazione, sai?". Disse Albert aggiungendo un ciocco di legno.

Fu quello il momento in cui il mondo si fermò. Perché il mondo, per lei, era ancora diviso in due dal dubbio. Sapeva che teneva a entrambi e che amava entrambi in modo diverso. Tuttavia, dopo essere stata completamente assorbita da un amore avvolgente e totale come quello di Terence, non era pronta a riaprire il proprio cuore. Soprattutto se avesse significato scoprire cose che non andavano scoperte.

Zio e nipote. Albert e Anthony sono zio e nipote. Dio mio, devo allontanarmi da tutto questo!

D'improvviso, la vicinanza di Albert era l'ultima cosa che desiderasse: la piccola stanza le parve di colpo enorme, il tavolo con le poche stoviglie persino minaccioso e quel caminetto una sorta di braciere che potesse risucchiarla e bruciarla.

Ora che sapeva che Albert stava bene, voleva solo fuggire lontano e avere un po' di pace dopo tanta sofferenza. Forse, una volta che la polvere si fosse posata, avrebbe potuto vedere con più chiarezza tra le macerie della propria anima.

L'unica certezza che aveva era che Terence era nel proprio passato, anche se il ricordo era doloroso.

Ho promesso ad Anthony che saremmo andati alla Collina di Pony. Forse sono stata troppo frettolosa a chiuderlo definitivamente fuori dalla mia vita. Forse devo dargli una possibilità...

Sì, era tutto lì il problema, non stava affatto cercando di

ignorare la verità

convincere se stessa che non poteva innamorarsi dello zio di Anthony. Doveva solo vedere con chiarezza laddove la preoccupazione aveva rischiato di mandarla in confusione.

Confusione. Sono solo confusa.

"Candy, tutto bene?". Il cipiglio preoccupato di Albert la riportò alla realtà.

"Oh, sì, certo. Scusami. Non vedo l'ora di riabbracciarlo". Non era una bugia. Per un istante, il sorriso di lui parve spento, ma di certo si trattava di un effetto della luce proiettata dal fuoco.

Albert socchiuse le labbra come se stesse per domandarle qualcosa, ma poi si volse e non lo fece. Sì, le era mancato; sì, gli voleva molto bene perché le era accanto da anni; e sì, in qualche modo si sentiva attratta da lui: quale donna con una buona vista e un minimo di raziocinio non lo sarebbe stata? Ma di lì a immaginare sentimenti più intensi... no, non avrebbe più permesso al suo cuore di soffrire inutilmente.

Non avrebbe fatto lo stesso errore che aveva commesso con Terence.

Avrebbe piuttosto cercato di dare un'altra opportunità ad Anthony, che l'amava ancora teneramente. E forse, chissà: avrebbe infine trovato quella pace che anelava.

 
- § -
 
 
La sala delle feste risuonava di voci ora stupite, ora impegnate in una fitta conversazione. Risate, mormorii. E lui, al centro di tutta quell'attenzione, era dovuto rimanere vigile e composto per fare in modo che il fidanzamento mancato tra Neal e Candy, che si era appena trasformato nel ricevimento per la sua presentazione, non creasse scandalo.

Ed era certo che la comparsa improvvisa di quel fantomatico prozio William che tutti credevano in punto di morte, se non già all'altro mondo, avesse funzionato perfettamente.
Non mancarono commenti femminili che arrivarono alle sue orecchie provocandogli un estremo imbarazzo ma anche una punta di divertimento: "Hai visto quanto è giovane e bello? E noi che credevamo fosse un vecchietto decrepito, invece sembra quasi un angelo!".

Ma erano stati i visi sconvolti di Archie e degli altri che aveva conosciuto allo zoo di Londra e poi alla Casa della Magnolia ad averlo attratto di più: Albert aveva visto i diversi gradi di stupore negli occhi dei suoi nipoti, ma istintivamente quelli che cercò, quasi in contemporanea con quelli di Candy, che già sapeva la verità da almeno due giorni, furono quelli di Anthony. E gli parve di nuovo un ragazzino, come quello che aveva lasciato con sua sorella parecchi anni prima: non più il ragazzo innamorato di Candy che gli leggeva dentro e sembrava pronto a difenderla con le unghie e con i denti.

Nei suoi occhi, quasi rispecchiandosi, vide la vulnerabilità di un'anima che stia tentando di proteggersi da un'emozione violenta.

Troppo assorbito dalla mole di persone che si stavano riversando su di lui per fargli domande ed esibire commenti riguardo la giovane età, Albert dovette desistere dall'impulso di chiedere a lui e Candy di seguirlo in giardino e attese con pazienza che l'evento si concludesse riservandogli solo poche parole.

"Devo chiederti un mucchio di cose... zio William". Era stata tutta lì la conversazione, a senso unico, che aveva avuto con il suo unico nipote diretto.

E laddove avrebbe voluto abbracciarlo e parlargli con calma, si limitò a sorridergli in maniera quasi paterna, posandogli una mano al lato del capo, sfiorando i capelli biondi mentre mormorava, commosso: "Sei identico a Rosemary".

Ora, mentre finalmente lo stava raggiungendo nello studio dove lo attendeva in piedi davanti al fuoco, Albert si ripromise di ricordarsi che era quasi un uomo e non più un bambino da stringere fra le braccia con emozione. Rispettò la distanza che parve voler tenere e le parole che sembrava cercare mentre distoglieva gli occhi passeggiando per la stanza e mordendosi il labbro.

"E così... sei tu il ragazzo dei miei ricordi", esordì guardandolo di traverso come se fosse in dubbio.

Albert posò sulla mensola del camino il bicchiere ancora pieno di whisky e fece un passo verso di lui: "Vuoi dire che ti ricordi... di me?".

"Sì, ma solo vagamente", ammise tornando a guardarsi le scarpe. Il mento sfiorava la camicia ricamata che sembrava appartenere al secolo passato e pensò che se si fosse vestito con abiti più moderni avrebbero potuto quasi scambiarlo per il suo fratello minore.

"Io invece mi ricordo molto bene di te, Anthony. Mi dispiace essere sparito così, ma devi sapere che...".

"Da quanto tempo lo sai? Quel giorno, a casa di Candy, mi hai preso in giro?". Albert, che sulle prime era rimasto perplesso da quella veemenza, rilassò il viso in un sorriso.

"No, allora non ricordavo davvero nulla. Però posso dirti...". E lo colse, l'emozione, quasi si trovasse davanti Rosemary ancora viva e non il nipote che tanto gliela ricordava. E con cui finalmente poteva mostrarsi per chi era veramente. La voce s'incrinò e tentò di ricomporla, di renderla ferma. "...che quando ti ho visto per la prima volta dopo tanto tempo ho sentito che eri speciale per me". Il tono vibrò appena, ma Anthony dovette accorgersene perché vide i suoi occhi diventare lucidi.

"Il giorno che è morta mia madre te ne eri già andato a vagabondare per il mondo? Conoscevi già Candy? Perché non ho alcun ricordo di te al suo funerale?". Anthony non si era accorto della sua voce, spezzata al limite del pianto, o forse non gli interessava.

Albert voleva solo chiudere la distanza in un abbraccio, tuttavia si limitò ad avvicinarsi a lui facendo un profondo respiro: "Ci sono molte cose che ti devo raccontare, ragazzo mio. Sono stato costretto a nascondermi, a malapena ho potuto piangere la morte di mia sorella e vedere il suo funerale solo da lontano. Tutti, tutti dovevate dimenticarmi fino a che non fossi stato... pronto".

"Che cosa?! Che vuol dire? La zia e i membri del clan ti hanno obbligato a nasconderti?!". Anthony sembrava molto contrariato, quasi la colpa fosse da attribuire a lui e non agli adulti.

"Ero molto più giovane di te e dovevo evitare di farmi vedere troppo in giro. Studiavo con dei precettori, chiuso nella mia stanza a ogni ora del giorno. Ero solo e non potevo nemmeno presenziare agli eventi. Lo zio William sarebbe uscito allo scoperto solo quando fosse stato davvero in grado di tenere le redini della famiglia, non prima".

Anthony parve assorbire quelle parole con un misto di incredulità e pena: "Ma... ma tutto questo è... diabolico!".

Albert sorrise, in parte sollevato che il nipote non lo colpevolizzasse più direttamente. Non voleva vittimizzarsi ai suoi occhi, ma era importante che comprendesse che aveva preso il controllo della propria vita solo parzialmente, quando era già maggiorenne. "A volte guardavo te, Archie e Stair da lontano e desideravo solo correre con voi spensierato e libero da ogni responsabilità. Tua madre mi ripeteva spesso che avrebbe voluto nascere maschio per togliermi quel peso dalle spalle. Era l'unica persona che mi comprendesse davvero. Per me è equivalso ad avere quella madre che mi è mancata". Le emozioni che gli evocavano quei ricordi, con Anthony così vicino, furono come una macchina del tempo che lo risucchiasse nel passato, facendo sì che le provasse a fior di pelle quasi fossero attuali.

"Zia Priscilla... è morta prima che potessi conoscerla. E lo zio William, tuo padre...". Strinse le palpebre, quasi cercando a sua volta un ricordo che non poteva avere.

"Lui è morto l'anno prima che nascessi tu. Georges è sempre stato molto gentile con me, quasi un fratello maggiore e persino un padre, se serviva. Ma Rosemary... era tutto ciò che mi fosse rimasto. Amavo la zia Elroy, ma sapevo che lei non mi avrebbe mai trattato allo stesso modo. Anthony, non ti sto raccontando tutte queste cose per suscitare la tua pena, ma perché voglio che tu sappia quanto significhi per me: sei l'ultimo parente diretto che abbia in vita, a parte la zia, e non ci parliamo da quasi vent'anni come zio e nipote".

"Zio William...".

"Albert, per favore, sono solo Albert", lo supplicò quasi si trovasse di nuovo Candy davanti. "Vogliamo dimenticare per un attimo le questioni da uomini e posso abbracciarti come tuo zio, adesso?".

Anthony lo guardò e gli parve che scavasse nel suo animo, quasi desiderasse farlo regredire di vent'anni per poterlo inquadrare nella propria vita. Si beò dei suoi occhi così simili a quelli dell'amata sorella, cercò a sua volta il ricordo di un bambino così piccolo che a malapena ne rimembrava le fattezze e finalmente lo strinse, il ragazzo di alcuni pollici più basso di lui, l'ultimo vestigio della sua infanzia.

E, mentre lo sentiva rilasciare un unico singhiozzo composto, soffocò il proprio, stringendo forte le palpebre per non far scendere le lacrime di sollievo sulle guance: d'altronde, lui era anche il prozio William e doveva rimanere solido come una roccia.
 
 
- § -
 
 
Anthony fece vagare lo sguardo sulla Collina di Pony, affascinato: era davvero bella come Candy gli aveva raccontato e valeva il viaggio in macchina. La natura sembrava infinita intorno a loro e i fiori parevano voler tappezzare ogni più piccola superficie disponibile. Era un luogo simile ma per certi versi molto diverso dai boschi di Lakewood, con la sua fitta foresta, per via degli spazi aperti che si perdevano a vista d'occhio. Da lontano, poteva intravedere il sentiero dal quale era arrivato e, dal lato opposto, il campanile rosso mattone di quella Casa di Pony dove Candy era cresciuta. Era come immergersi in lei, nella sua vita, nel suo stesso respiro.

Ridendo, Candy lo superò di corsa, calciando via le scarpe e cominciando ad arrampicarsi su un albero piuttosto alto che troneggiava proprio in cima.

"Non hai perso questo vizio, eh?", tentò di scherzare, meritandosi una linguaccia.

"Dovresti provarci una volta! Da quassù la vista è davvero mozzafiato!". Non ne dubitava, ma non era il momento di tentare quella scalata: ne aveva da affrontare un'altra ben più difficile. E il sorriso si spense, mentre lei saliva con un'agilità affatto diminuita negli anni. Come se si trovassero ancora sulla collina di Londra. C'era qualcosa che doveva dirle e cominciava a temere che l'avrebbe portata via per sempre.

Perché quell'Albert che aveva scoperto essere il prozio William si era infine allontanato da lei, una volta recuperata la memoria, e di certo le motivazioni erano tutte più che valide. Però Albert faceva parte della famiglia e quando lo aveva rivisto alla sua presentazione, tutti i tasselli di quel mosaico erano tornati al loro posto.

Il ragazzo dagli occhi chiari che sedeva vicino a sua madre non era altri che suo fratello minore. Il piccolo Bert. William Albert Ardlay.

Alla fine del ricevimento, davanti al camino quasi spento della biblioteca, avevano sancito la riunione con un abbraccio commosso in ricordo della sua mamma. E Anthony non aveva avuto il coraggio di chiedergli altro. Sembrava così adulto, così lontano dal mondo di Candy, che non pareva neanche più il suo amico smemorato.

Però non gli erano sfuggiti gli sguardi che si erano scambiati alla festa, magari in maniera inconsapevole. Tra quei due c'era un legame che affondava le radici in anni di amicizia e Albert era o era stato innamorato di lei. Non lo aveva mai negato, no?

Ora aveva un'estate intera per stare con lei e non l'avrebbe sprecata: voleva osservarla e accertarsi che fosse felice. Ma le doveva anche quell'ultima verità. Lo comprese mentre finalmente scendeva dall'albero e sedeva accanto a lui sul prato, di un verde così brillante che rivaleggiava con i suoi occhi ora fissi su di lui.

"Sembri lontano mille miglia", gli disse con le guance arrossate e il respiro appena un po' affannato.

"Devo dirti una cosa", cominciò esitante.

"Io... Anthony, io...".

"Ti prego, fammi parlare, Candy", sbottò alzandosi in piedi e appoggiando la mano al tronco. La sentì fare altrettanto, più lentamente, e vide che lo osservava trepidante, con le mani strette al petto. Era distante eppure vicina. Ma Anthony non voleva che ci fossero ombre tra loro. Mai più. "Ho scoperto... chi è il tuo Principe della Collina. Il tuo primo amore di quando eri bambina".

Gli occhi si spalancarono, le mani ricaddero sui fianchi e Candy fece persino un passo indietro, come se fosse spaventata: "Perché me lo stai dicendo proprio ora?".

Anthony comprese che Candy non se lo aspettava, che credeva si sarebbe di nuovo dichiarato e capì anche che non poteva fermarsi. Non poteva tacere: "Ti ricordi cosa ti dissi del ragazzino accanto a mia madre? Con gli occhi così simili ai suoi?". La voce gli tremò. Candy alzò lentamente una mano cominciando a portarla alle labbra, in un gesto di comprensione che fu più chiaro di mille parole. E tuttavia concluse: "Era suo fratello. Albert. Il tuo... amico Albert. Mio zio".

Le spalle di Candy tremarono e lei cadde in ginocchio, singhiozzando: "Lui era... è...".

"Lui è il tuo famoso principe, Candy. Il medaglione è quello della nostra famiglia, seppure diverso dal mio. E quando vivevate insieme era innamorato di te, non me lo sono inventato". Fece un passo verso di lei, aiutandola ad alzarsi.

Se la ritrovò così vicina che poteva quasi baciarla, ma si limitò a scostarle i capelli dal viso e ad asciugarle una lacrima che scivolava sulla guancia: "Te l'ha detto lui?". La sua domanda era piena di bisogno. Candy aveva bisogno di sapere. E, se ci aveva visto giusto, una volta saputo l'avrebbe persa. L'avrebbe persa sempre, perché a quanto pareva non era destinata a lui.

"Quando abbiamo parlato, mentre vivevate ancora insieme, non l'ha mai negato. Mi sono fatto promettere che il giorno in cui i suoi sentimenti fossero diventati insostenibili da nascondere, avrebbe dovuto lasciarti andare. E lo ha fatto quando ha recuperato la memoria. Nel momento in cui l'ho riconosciuto, però, non ho avuto più il coraggio di parlargliene".

Candy annuì piano, si asciugò gli occhi e lo guardò. Lo guardò a lungo. Stava scrutando lui o il proprio cuore?

"Albert mi è sempre stato vicino e io gli sono molto grata. Credo che lo stesso sia stato per lui. Ma ora ha preso il suo posto come patriarca e ha delle responsabilità precise da rispettare. Io... sono solo un'amica".

"Stai cercando di convincere me o te stessa?", le chiese.

"Sto dicendo la verità. Siamo due mondi molto diversi. E anche io e te, in fondo...".

"Non dirlo!", esclamò con veemenza, stringendola di più a sé come anelava da anni. Davvero aveva pensato di poterla dimenticare? "Io posso ancora decidere della mia vita e non sono a capo del clan come lo zio William! Ma non voglio essere la tua seconda scelta, Candy".

"Non lo sei! Non lo sarai mai!", disse lei posandogli le mani sul viso. "Riproviamoci, vuoi? Non voglio illuderti, né farti promesse che non posso mantenere. Un giorno, Terence è comparso nella mia vita e io mi sono semplicemente arresa a qualcosa che non c'è mai stato davvero. Ora voglio darmi... darci la possibilità di essere di nuovo felici".

Il suo mondo si fermò. Nonostante le avesse appena detto che il suo primo amore era lì, a portata di mano, Candy voleva ritentare con lui. Gli aveva detto che non era la sua seconda scelta e che non gli stava promettendo nulla. Ma non era disposto a farsi coinvolgere come un tempo. Anche se lei aveva amato il suo principe come una bambina di sei anni, oggi la vedeva rivolgere attenzioni e sguardi ben diversi all'Albert adulto. E, visto che erano la medesima persona, non ci sarebbe voluto molto perché tutto ciò mutasse in qualcos'altro. Se non era già accaduto.

"Saremo amici, Candy", patteggiò. "Amici e nulla di più. Non voglio fare parte di un tentativo che mi spezzerebbe di nuovo il cuore. Io... non potrei sopportarlo, non stavolta. Ne morirei. Per cui ti prego, lasciamo che l'estate sia solo una bella parentesi fra noi".

Candy annuì, come fosse incapace di parlare, e in lui cominciò a farsi strada la convinzione che avesse appena chiuso il suo cuore. Temeva forse che riaprirlo avrebbe significato soffrire per un amore persino più impossibile di quello con Terence. E Anthony, nel mezzo, non voleva essere per lei più che un caro amico, non il destinatario di un sentimento che poteva non appartenergli. D'altronde, quella resa così rapida era stata più che eloquente.

Su una cosa aveva ragione: lei e Albert erano due mondi distanti, ora. E non per una mera questione di età.

Il clacson di una vettura li riportò alla realtà: Candy si volse di scatto, quasi trasalendo: "È...".

"Dev'essere Georges, Candy. È ora che torni a casa. Ma tornerò a trovarti, lo prometto". Anthony s'incamminò e lei gli si accostò seguendolo fino alla macchina, ai piedi della collina.

"Allora ti aspetto. Sono contenta che tu abbia potuto finalmente venire qui. Sono davvero felice". Il sorriso di Candy era tanto sincero che si vide nell'atto di posarle una mano sul viso e baciarla. Ma non lo fece, o sarebbe venuto meno alla sua stessa promessa.

"A presto, mia dolce Candy".

 
- § -
 
 
Estate 1918

"Non avremo mai abbastanza parole per ringraziarla, signor Ardlay. I lavori che sta facendo ci consentiranno di accogliere almeno il doppio dei bambini che abbiamo ora!", disse Suor Lane alla sua destra, con le mani giunte come in preghiera e gli occhi chiusi.

Albert le sorrise: "La prego, mi chiami Albert. Non sono poi così anziano".

"Oh, no, certo che no! Ma...".

La voce di Candy che lo chiamava interruppe la risposta della donna. Si fermò a pochi passi da loro, mentre Anthony la raggiungeva senza correre: "Miss Pony ha appena portato in tavola la sua torta di fragole, venite!".

La tavolata in giardino era sontuosa e non c'erano solo le cibarie che aveva fatto portare assieme ad Anthony, ma anche una serie di dolci fatti da Miss Pony e Candy, di certo con l'aiuto dei bambini. Più che una merenda, sembrava una cena in piena regola.

Albert ogni tanto scoccava occhiate discrete a suo nipote e a Candy e fu davvero felice di vedere che sembravano essere allegri e spensierati. Dovevano avere proprio quella complicità quando, da ragazzini, si erano affacciati timidamente all'amore. Era certo che se non fosse stato per Terence, il loro rapporto non si sarebbe mai interrotto.

Poteva essere, però, che quella lunga separazione li avesse uniti ancora di più e che lei avesse infine trovato nel proprio cuore quello che aveva sempre cercato: il legame sincero e tranquillo con suo nipote. E andava bene così, era giusto. Se fossero state rose, sarebbero fiorite. Lui avrebbe comunque fatto tutto il possibile per accertarsi che fossero felici, insieme o divisi.

"Zio, hai mai visto la collina?", gli chiese Anthony quando furono soli, mentre Candy e gli altri sparecchiavano.

Suo malgrado, quasi sussultò: il suo tono aveva qualcosa di strano. "Certo che sì, che domande! Ci sono salito per vedere meglio la costruzione e decidere come...".

"Non parlo di adesso". E Albert capì. Ricordò di come Candy gli avesse riferito, mentre era senza memoria, di quel Principe della Collina che Anthony credeva di aver rivisto al fianco di sua madre, da piccolo. E che ormai aveva di sicuro collegato a lui.

"Pensi di riuscire ad arrivare prima di me?", lo sfidò cominciando a correre. Sì, se dovevano parlare era giusto che fosse lì. Anche perché avrebbero potuto farlo indisturbati.
Nonostante le scarpe italiane non fossero proprio il massimo della comodità, Albert arrivò per primo e pochi istanti dopo udì il respiro affannato di Anthony alle sue spalle.

"Hai... barato!", protestò con un lieve sorriso.

"Se per barare intendi essere più allenato di te nonostante io sia più vecchio, allora...".

"Non sei vecchio!", disse sedendo ai piedi dell'albero e appoggiando la schiena al tronco.

"Ma come no?", alzò gli occhi al cielo con fare tragico. "Sono il vecchio prozio William! Persino tu ti ostini a chiamarmi zio e non Albert". Gli sedette accanto e lui rise, alzando le mani.

"E va bene, ti chiamerò Albert. Anche perché devo parlarti di Candy e ci troviamo sulla stessa barca".

Il tono era leggero, ma lui divenne serio: "Anthony...".

"Ascolta, voglio solo dirti le cose come stanno, va bene? Candy sa la verità: le ho raccontato della misteriosa identità del suo Principe e devo dire che era abbastanza stupita. Immagino che tu e lei non abbiate più parlato, da allora".

Scosse la testa: "Ci siamo scambiati qualche lettera durante i miei viaggi. Le facevo sapere che stavo bene e non lavoravo troppo. Crede ancora di essere la mia infermiera". Ridacchiò, cercando di mantenere il tono della conversazione lontano da un terreno difficile.

"È vero quello che mi ha detto? Che l'amnesia può ritornare?". Albert sospirò, ma fu internamente grato per quel cambio di argomento.

"Si tratta di un'ipotesi molto remota, Anthony, e io non sono più un bambino. Prometto a entrambi che mi prenderò cura di me stesso, va bene?". Fece per alzarsi perché non voleva proseguire oltre quella discussione. Non dopo aver scoperto che Candy sapeva della sua terza identità.

"Zio... Albert, Candy potrebbe ancora essere legata al suo ricordo del principe, ora che con Terence è tutto finito", disse lui trattenendolo per un braccio.

"Sciocchezze, era solo una bambina e io un ragazzo ribelle in kilt che era appena scappato di casa. Era poco più di un sogno infantile". Si alzò in piedi, cercando di scacciare la sgradevole sensazione che stesse riducendo a una favola un ricordo prezioso che Candy gli aveva più volte raccontato con le lacrime agli occhi.

Anthony sbuffò e si alzò in piedi con le mani nelle tasche: "Sarai anche più grande di me, ma quando si tratta di questioni amorose sei davvero inesperto, sai? Non sei mai stato innamorato?".

Albert si accigliò a quella domanda scomoda: "Ha parlato il grande esperto. Anthony, il fatto che l'anno prossimo tu sia maggiorenne non significa che...".

"Io ho amato Candy in silenzio per anni, anche quando ha perso la testa per Terence. E quando è successo ho visto in lei il medesimo smarrimento che vedo in te: lei non voleva farmi del male e ha cercato di lottare contro se stessa. Ma alla fine è accaduto e ora siamo qui. Pretendo che ci parliamo da veri uomini come non abbiamo fatto quel giorno al parco".

Lentamente, si volse a guardare il viso fiero e serio di Anthony e lo vide: vide lo sguardo deciso di Rosemary quando dichiarava alla zia Elroy e al resto del clan che avrebbe preferito rinunciare al proprio nome piuttosto che a Vincent Brown. Perché la felicità, secondo lei, non era nei beni materiali, ma nel poter vivere accanto alla persona che si amava.

E aveva ragione. Ciò valeva per lei, che aveva tutto il diritto di sposare un uomo che amava anche se non era della medesima estrazione sociale; e per Anthony e Archie, che avevano scelto due ragazze meravigliose cresciute in un orfanotrofio. Però non poteva esserlo per lui e non perché fosse il patriarca.

"La amo ancora, Albert, però lei mi considera sempre un caro amico", continuò con una venatura di dolore.

"Mi dispiace. Ne sei sicuro? Mi sembrate così affiatati...".

"Anche voi lo siete sempre stati. E io volevo che tutte le carte fossero scoperte. Credo che Candy sia molto confusa, ora che conosce la tua identità".

"Non sai quello che stai dicendo". Albert scosse la testa, ridendo per l'assurdità della situazione. Lui era il fratello maggiore che Candy non aveva mai avuto. L'amico, il paziente, il confidente. "Ti ho già detto che...".

"Non è ciò che ho visto nei sui occhi quando ti guarda! Possibile che me ne debba accorgere io al posto tuo?".

"Anthony, anche se tu fossi un giovane esperto che riesce a leggere l'amore negli occhi altrui, questa conversazione non andrebbe da nessuna parte! Ti rendi conto di chi sono io e di cosa vuole essere lei? Senza considerare quello che puoi offrirle tu, che è mille volte meglio di ciò che potrei... offrirle io". Gli volse le spalle, sentendosi scoperto. D'altronde, Anthony aveva fatto di tutto perché accadesse.

"Dunque è vero. La ami. Puoi dirlo, sai? Non starò male per questo. Preferisco mille volte te a quell'attore". Non fu per il sorriso amaro celato nelle sue parole, ma per la sincerità che vi colse che infine si voltò ad affrontarlo.

"E va bene, Anthony, ti rispondo da uomo come vuoi tu, d'accordo? Sì, la amo. La amo da quando ero uno smemorato e forse... persino da prima di partire per l'Africa. Per anni mi sono illuso che quello che provavo per lei fosse un mero istinto di protezione, ma mentre cresceva e diventava donna mi rendevo conto che non era così. Perdere me stesso ha abbattuto ogni barriera e quando ho recuperato la memoria... avrei quasi voluto perderla di nuovo. Il giorno in cui ti ho fatto quella promessa ricordavo già tutto", confessò in un sussurro.

Anthony spalancò gli occhi: se non aveva battuto ciglio alla prima parte della sua confessione, parve davvero sconvolto dall'ultima. "Quindi sapevi...?".

"Sapevo chi fossi tu. Chi fosse lei. Sapevo che dovevo tornare presto a riprendere il posto che era rimasto vacante per tanto tempo. Ma sapevo anche che volevo la vostra felicità. Siete la cosa più preziosa che ho".

Anthony sospirò e chinò il capo: "E così ti sei fatto da parte reprimendo il tuo amore per non farmi soffrire di nuovo e per dare a Candy l'opportunità di riavvicinarsi a me, vero? Beh, mi spiace dirti che non ha funzionato".

"Dalle tempo".

"Non le stai dando la possibilità di scegliere".

"Di scegliere cosa?", disse esasperato, allargando le braccia. "Una vita dentro a una gabbia dorata? Con un uomo più grande di lei...".

"...Candy ha solo due anni meno di me...".

"...che lei ha sempre considerato un fratello".

"Ma allora non mi ascolti!".

"Non voglio neanche pensarci, Anthony. Ma l'hai vista? Candy è uno spirito libero e non potrebbe mai fermarsi come sono costretto a fare io. Ha bisogno del suo lavoro, dei suoi sogni e con me avrebbe solo delle catene ai polsi, per quanto io possa favorirla. Inoltre, sono certo che ti sei sbagliato".

Anthony rise e si rimise a sedere: "Mi picchierai se ti do del vigliacco, zio William?".

"Potrei chiederti la stessa cosa. Prima di arrenderti tenta un'ultima volta. L'estate è ancora lunga". Restò in piedi, senza interrompere il contatto visivo.

"Vorresti davvero che stessimo insieme come un tempo, Albert? Ci ami a tal punto... da rinunciare alla tua stessa felicità?".

"La mia felicità siete voi, ve l'ho già detto. Tu sei il mio unico nipote diretto, una parte stessa della sorella che amavo tanto. E lei... beh, lei è Candy". Albert volse gli occhi verso la Casa di Pony.

"Non credere che per me sia facile lasciarla andare. Ci ho provato un mucchio di volte, ma a quanto pare l'unico che è riuscito a catturare il suo cuore in maniera totale è stato Terence, da qualche anno a questa parte. Io stesso l'ho imprigionata, a Londra, parlandole di come avrei voluto che si comportasse perché la nostra famiglia l'accettasse: oggi so che è stato un errore, ma temo anche che non sia stata l'unica cosa che alla fine l'ha allontanata da me. Era destino, forse. Però tu fammi un'altra promessa, ora".

Albert scosse la testa: "Sta diventano un'abitudine. Cosa devo prometterti, stavolta?".

"Beh, ora che so chi sei ti chiedo di non allontanarti da lei, se non mi volesse più. Anzi, devi fare almeno un tentativo. Dopotutto, anche io desidero vedere Candy felice".
Non rispose, ma fissò quel nipote coraggioso e ormai adulto che si rialzava e gli tese la mano per suggellare un nuovo patto. Forse fu perché non ci credeva affatto che fu facile prometterlo, stringere quella mano e lasciarsi anche quella collina alle spalle.

 
- § -
 
 
Candy vide l'auto andare via e rimase in piedi senza risolversi a rientrare. Se n'erano andati entrambi, Anthony e Albert. Il primo aveva ancora qualche settimana di vacanza, il secondo sarebbe ripartito a breve per un viaggio di lavoro.

Così diversi e così uguali, non solo fisicamente. Così preziosi nel suo cuore.

Prese un respiro tremante, riempiendosi le narici del profumo estivo dell'erba e dei fiori, traendone calma e conforto come se si trovasse fra le braccia... beh, di tutti e due allo stesso tempo.

Se aveva pensato che averli accanto nello stesso momento l'avrebbe aiutata a chiarirsi si era sbagliata di grosso. Era stato invece corretto il primo istinto di fuggire. Tuttavia, ancora non poteva: Albert stava facendo tanto per la Casa di Pony e lei gli era grata dal più profondo del cuore; e Anthony aveva davanti un altro lungo anno di studi.

Doveva affrontare l'estate e attendere l'aria fresca e rigenerante dell'autunno per restare sola con se stessa. Pensò persino che se la guerra fosse continuata avrebbe potuto raggiungere le sue colleghe crocerossine come aveva pensato di fare prima che Frannie si offrisse prima di lei.

C'è poco a cui pensare, Candy: Anthony ti ama ancora e basta una tua parola perché possiate tornare a essere una coppia. Albert, invece...

Semmai era stato innamorato di lei, Candy non se n'era accorta in tempo e ora... ora sembrava completamente calato nel ruolo di prozio William. Quasi faticava a credere che fosse lo stesso Principe della Collina che aveva sognato per anni o l'Albert che aveva condiviso con lei i giorni alla Casa della Magnolia. Non sapeva perché, ma avvertiva una distanza che non c'era mai stata fra loro.

Lui è il patriarca degli Ardlay e tu una semplice protetta senza origini. Sa persino lui che la zia Elroy inorridirebbe al pensiero di una come te al suo fianco.

Per quanto anche Anthony facesse parte del clan, era certa che per lui sarebbe stato più semplice farla diventare parte della famiglia. Glielo aveva ripetuto un mucchio di volte e, anzi, le aveva persino ventilato la possibilità di fuggire non appena lui fosse diventato maggiorenne. Quasi sorrise, pensando che invece, ai tempi della Saint Paul School, era stato lo stesso Anthony a desiderare che diventasse una signora perché gli Ardlay non avessero nulla da ridire, un giorno.

La sua felicità poteva davvero essere a portata di mano e aveva amato Anthony con tutta se stessa. Quindi perché non riusciva a convincere il suo cuore ad amarlo come un tempo?

Perché il cuore... non sente la ragione. Dovresti averlo imparato con Terry.

Dimenticare Terence era stata la prova più dura che avesse mai dovuto affrontare e anche ora, mentre il sole accarezzava la collina con i suoi ultimi raggi rimandandole riflessi verdi e oro, desiderò averlo potuto riabbracciare un'ultima volta. Invece si era accontentata di vederlo da lontano, soffrendo per lui, troppo distratta dalla necessità di ritrovare Albert per fermarsi sul retro di quel teatro itinerante e scuoterlo finché non fosse tornato in sé.

Già allora, il suo cuore la stava tradendo. Terry era un amore impossibile. E anche Albert. Ma aveva ragione Anthony: lui non sarebbe stato la seconda scelta o il ripiego. Mai. Lui meritava il cuore di una donna per intero. E non sarebbe stata lei a illuderlo.

Doveva dimenticare il sentimento che stava crescendo suo malgrado dentro di sé

è già una luce accecante e non me ne sono resa conto

e al contempo smettere di obbligarsi a provare per Anthony quello che non provava.

"Candy, tesoro, non vuoi cenare? Se non sbaglio domattina il dottor Martin ti aspetta molto presto...".

Si voltò per sorridere a Miss Pony: "Grazie, ma penso di aver mangiato tanto oggi che non ho proprio fame. Credo che me ne andrò dritta a letto, non appena vi avrò aiutate a sistemare in giardino".

La donna corrugò la fronte e allungò una mano per carezzarle una guancia come quando era una bambina: "Sei sicura che vada tutto bene, cara? Lo sai che puoi confidarti con noi quando vuoi".

"Lo so, Miss Pony, ma non c'è niente che possa dire ad alta voce. Forse, se me lo tengo stretto nel cuore, smetterà di fare male, prima o poi".

Ma Candy si rese subito conto, mentre reprimeva le lacrime e osservava il viso preoccupato della donna, che sarebbe stato un processo lungo e doloroso.
 



 
*I dialoghi sono spesso ripresi dal manga, a volte seguendo fedelmente alcune tavole, altre rielaborati a seconda delle situazioni. Ovviamente, i diritti sono riservati all'autrice e io li riutilizzo senza scopo di lucro.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra. La storia diventa travagliata, fatta di "non incontri" e alla fine avverrà la triste separazione. Candy vive da qualche tempo con Albert, che ha perso la memoria, prendendosi cura di lui e la sofferenza per la perdita di Terry viene lenita dalla sua presenza costante. Anthony invece resta un caro amico, anche se ancora innamorato di lei. Il giorno in cui Albert sparisce d'improvviso, Candy è confusa: vorrebbe riprovare a tornare con Anthony, ma il suo vecchio amore per lui ormai è solo profondo affetto. E Albert le manca. Quando si rivela quale prozio William a tutti, Candy è ancora più confusa.
 
- § -
- § -
- § -
 
 
Estate 1919

Candy era ancora sconvolta da quello che era accaduto solo pochi minuti prima: la signora Lagan l'aveva appena scagionata davanti a tutti. Lì, all'inaugurazione della loro catena di alberghi in Florida. Finalmente, tutti avrebbero saputo che lei non era mai stata una ladra, da ragazzina. La sua reputazione era salva.

"Tutto bene?". Anthony le aveva posato una mano sulla spalla, invitandola a danzare senza dirglielo, conducendola semplicemente sulla pista da ballo.

"In realtà sto ancora tremando", disse con una risatina nervosa.

"Lo zio William sistema sempre le cose, vero? Ora, semmai deciderai di sposarmi, neanche la zia Elroy avrà più nulla da ridire".

"Anthony", disse con una nota di avvertimento, seppure scherzosa. "Eliza ci sta fissando. Sicuro che tu non voglia dare a lei l'opportunità?", chiese inarcando un sopracciglio in maniera maliziosa.

I movimenti prima fluidi di lui si irrigidirono e sul viso comparve un'espressione di disgusto tale che quasi scoppiò a ridere: "Piuttosto mi iscrivo di nuovo all'università e mi metto a studiare economia! Non che non lo troverei utile, ma...".

"Se vuoi aprire un'azienda tua e seguire i preziosi suggerimenti di Tom dovrai anche tenere i conti. O confidi che lo zio William ti supporti in questo?", chiese accennando col capo verso di lui. E si accorse che era più vicino di quel che pensasse e volteggiava con una dama dai capelli corvini.

"Vi ho sentiti, sapete?", disse voltando un poco il capo. Quindi attese che la sua compagna facesse una discreta piroetta sotto al suo braccio alzato per mormorare: "Chiamatemi un'altra volta zio William e vi faccio assegnare delle stanze accanto a quelle dei fratelli Lagan".

Nonostante l'accortezza, la donna spalancò gli occhi, sorpresa, e Albert iniziò a dire qualcosa che aveva a che fare con ragazzini che prendevano in giro il vecchio zio.
Già, vecchio. Se avere poco più di trent'anni fosse stato considerato tale, allora sì, Albert era davvero molto vecchio. E così decrepito, povero prozio, che tutte le donne in età da marito sembravano pronte a tirarsi i capelli a vicenda pur di ballare con lui e farsi notare, inclusa la mora che aveva il sorriso più falso che avesse mai visto. Qualunque battuta avesse fatto Albert, doveva aver solo finto di averla capita.

Candy s'impose di chiudere gli occhi e di rivolgere la sua attenzione a Anthony, che nonostante scherzasse con lei sull'eventualità di sposarla, sapeva che era anche mortalmente serio. A guardarlo, chiunque avrebbe detto che era il fratello minore di Albert e non suo nipote. E, ovviamente, anche nel suo caso, non era solo Eliza a lanciargli occhiate interessate.

Quando riuscì a sedersi, Anthony le fece un baciamano e le promise che sarebbe tornato presto. Candy sospirò e udì l'ultima voce che avrebbe voluto ascoltare.

"Sarai contenta, adesso. Chiunque dei due ti si proponga per primo ora non avrà a che fare con le malelingue".

"Non so di cosa stai parlando, Eliza". Invece lo sapeva molto bene. Tuttavia, non voleva affrontare l'argomento e tantomeno con lei.

"Non fare la finta tonta e la santarellina con me, Candy. Sto quasi pensando a un'altra bugia da mettere in giro sul tuo conto, ma bella grossa. Tipo che sei incinta di uno dei due o te la sei spassata con entrambi, ma...".

"Eliza!", la voce si alzò più di quanto avrebbe voluto.

"...ma poi lo zio William ci affonderebbe con una sola parola e mio padre mi rinchiuderebbe in convento. Quindi mi tocca stare qui a guardarli sospirare per te sperando che tu ne lasci almeno uno alla sottoscritta".

Candy le scoccò un'occhiata di traverso: "Stai dicendo un mucchio tale di cattiverie che se ti mordessi la lingua per sbaglio ne rimarresti avvelenata".

"Di' pure quello che ti pare. E sposa chi vuoi. Per me puoi anche diventare la regina d'Inghilterra, ma ai miei occhi sarai sempre un'orfana senza valore". Senza darle modo di ribattere, Eliza si alzò con modi altezzosi, il naso puntato quasi al soffitto, e si diresse nella zona del buffet, dove avvicinò un ragazzo che doveva essere il figlio di un petroliere, se ricordava le presentazioni di inizio serata.

Le girava la testa, non voleva essere lì, ma c'era e doveva fare buon viso a cattivo gioco. Stava bene in compagnia di Albert e Anthony e finché non portava a livello cosciente i vecchi sentimenti riusciva persino a sentirsi serena.

Tuttavia, sapeva che dietro ai sorrisi, agli scherzi e al divertimento, c'erano cose che andavano taciute e altre che andavano chiarite una volta per tutte. Non aveva promesso nulla ad Anthony, l'anno precedente, se non che sarebbero rimasti amici. E oggi poteva dire che aveva fatto bene.

Il tempo non aveva fatto altro che confermarle che quell'amore dolce e giovanile era terminato con Terence. E che mentre ancora guariva dalla ferita profonda che lui le aveva lasciato, il suo cuore era solo desideroso di un po' di pace.

E quella pace l'aveva vissuta sempre assieme ad Albert. Quella pace era mutata in un tormento. Quella pace era diventata l'amore maturo che sembrava quasi il punto d'incontro perfetto tra quello tenero di Anthony e quello appassionato di Terence.

Ed era sempre stato lì, a portata di mano. Eppure irraggiungibile.

Prima o poi, Albert si sarebbe innamorato della donna giusta che sarebbe diventata la nuova matriarca e lei si sarebbe potuta rassegnare. Ma davvero voleva attendere quel momento che sembrava non arrivare mai per uscire da quel circolo vizioso?  Perché gli uomini della sua vita dovevano essere tutti irraggiungibili? E l'unico che poteva farla felice non possedeva più il suo cuore?

Oh, era davvero stufa di tormentarsi! Forse era il caso di accettare una di quelle coppe di champagne e uscire sulla terrazza a prendere un po' d'aria. Fece proprio così, scorgendo con la coda dell'occhio Anthony che parlava con una ragazza dai capelli rossi.

Giunta finalmente all'aria aperta, inspirò in profondità l'aria salmastra del mare, le cui onde erano visibili sotto la luce della luna e dei lampioni. Candy bevve lo champagne in tre sorsi ed ebbe subito il singhiozzo. Lo soffocò con una mano e desiderò gettarsi tra i flutti per stordirsi ancora di più.

"Qualcuno ha esagerato con lo champagne, a quanto vedo".

Perché il destino si accaniva contro di lei? Perché, in nome del cielo, non c'era Anthony alle proprie spalle, a prenderla in giro con voce giocosa? Diamine, avrebbe preferito Neal a lui!

"Sto bene, tranquillo", disse più duramente di quanto avrebbe voluto. "Scusami, volevo dire... grazie per quello che hai fatto. Sono ancora scombussolata, credo".

No, Candy, sei brilla. E non poco. Meno male che ti sei ricordata di ringraziarlo!

Albert scoppiò a ridere e si affacciò alla balaustra offrendole il suo profilo. E sì, era un Anthony un poco più adulto, con il naso leggermente più pronunciato ma ben proporzionato ai lineamenti del viso. Il colore degli occhi era più chiaro e i capelli anche. Ma per il resto...

Quindi, perché non mi innamoro di Anthony e continuo a pensare ad Albert?

Ma, ovviamente, non era per l'aspetto fisico che alla fine si stava innamorando del patriarca e non di suo nipote. Perlomeno, non solo per quello. E allora perché? Diamine, persino il carattere era pressoché identico, l'unico che aveva ben poco a che fare con loro era stato Terence.

Ha bruciato il mio cuore e anche i miei neuroni, parola mia!

"Non devi ringraziarmi, Candy. Fai parte della famiglia e meriti lo stesso rispetto di tutti noi. Non posso tollerare che girino voci su di te, specie dopo tutto quello che ti hanno fatto passare. A proposito, prima ho visto Eliza vicino a te: cosa voleva?".

"Niente, tranquillo. Ormai non faccio quasi più caso a ciò che dice".

"Sei sicura?". Albert si era accigliato e diamine, Candy non seppe se fosse per lo champagne o perché era stanca di reprimere i propri sentimenti, ma desiderò chiudere la distanza fra loro e stringerlo forte, come un tempo.

"Albert, cosa è successo tra noi?", chiese con voce tremante prima di riuscire a impedirselo.

Lui sbatté le palpebre, di certo stupito dal cambio repentino di argomento: "In che senso, scusa?".

"Niente, lascia stare", disse voltandosi a guardare l'orizzonte, desiderando solo riavvolgere il tempo di un paio di minuti.

"Come niente? Candy, stai tremando!". Ecco, le si era avvicinato e ora sentiva il suo profumo e il suo calore.

Stupida, stupida, stupida!

Era riuscita a tenerlo a distanza per un anno, persino quando le aveva raccontato la sua versione dell'incontro sulla collina il giorno che era diventato il suo principe, e ora se lo ritrovava a un pollice da sé! Quando aveva letto la sua lettera, scoprendo che quel famoso giorno era fuggito da casa e aveva più o meno l'età di Anthony quando si erano conosciuti, aveva pianto lacrime amare.

Perché aveva appena scoperto come mai all'inizio lui l'avesse attratta tanto, anche se poi Anthony era diventato un sentimento a parte. Ma fin dall'inizio era sempre stato lui: quel Principe della Collina di cui ancora conservava la spilla; quello per cui aveva deciso di farsi adottare dai Lagan; quello che l'aveva portata da Anthony e poi, involontariamente, anche da Terry.

Albert, che cercava di abbracciarla dopo quasi due anni, aveva sempre fatto parte della sua vita.

"Ti sei allontanato da me perché sei il patriarca e non avevi più tempo da trascorrere con una ragazzina, vero?". Mentre la mente le gridava di tacere, Candy stava piangendo appoggiata ad Albert, che la stringeva a sé come se volesse proteggerla e consolarla al contempo.

La risposta fu un mormorio sommesso che arrivò dal torace di lui, assieme al battito del suo cuore: "Non è così, non è vero".

"E allora cos'è?! Mi hai scritto tante belle lettere, sei stato così premuroso da rendere la Casa di Pony un posto migliore eppure non ti ho mai sentito così distante! Perché, cosa ti ho fatto, Albert?!".

E, soprattutto, perché le frasi le scivolavano via prima che potesse pensarle? Perché aveva permesso all'istinto di prendere il sopravvento con quel bicchiere di champagne?
La risposta di Albert non la stupì: "Anche io ti ho vista distante e non avevo alcun motivo per rinchiuderti nella mia stessa gabbia, Candy". Poi aggiunse qualcosa che schiarì in parte la nebbia. "Inoltre avevi la compagnia di Anthony e...".

Si era irrigidito e aveva rotto l'abbraccio e finalmente Candy capì. Comprese tutto. Fu come se uno dei cavalloni di quel mare particolarmente agitato l'avesse travolta e lei stesse lottando per risalire in superficie.

Gabbia. Anthony.

"Albert è innamorato di te".

"Cosa c'entra Anthony?". Non poteva, né voleva crederci. Albert era davvero stato innamorato di lei, ma non le aveva mai confessato i propri sentimenti perché temeva di imprigionarla o di portarla via ad Anthony?

"Voi due siete amici e non era corretto che io mi comportassi con te... come prima". Oh no, non poteva essere vero, giusto?

"Come prima? Vuoi dire... come se fossimo fratelli? Ti risulta che io e Anthony siamo qualcosa più che buoni amici?". Candy cercò di non far trapelare la rabbia che cominciava a provare.

"Sai bene che, alla fine, uno dei motivi per cui me ne sono andato è stato proprio che le persone hanno cominciato a far girare strane voci su di noi". Albert si era di nuovo allontanato e Candy sentì freddo. Fin nell'anima.

"E l'altro motivo era...? Che mi credevi intenzionata a tornare con lui dopo quello che avevo sofferto con Terence? O dovevi tornare ai tuoi doveri così di corsa che non mi hai lasciato che una lettera e persino dei soldi?".

"Candy...".

"Tu pensi di sapere cosa è meglio per me, vero? Per questo hai fatto in modo che ti cercassi a Rockstown. Volevi che rivedessi Terence e che avessi un'altra possibilità con Anthony se fosse andata male?".

"Cosa ci sarebbe stato di male? Desideravo solo...".

"Cosa, la mia felicità?!", sbottò alzando la voce di un'ottava. "Eri così sicuro di sapere cosa fosse meglio per me da mandarmi da Terry? Beh, sai una cosa, caro zio William? Di sicuro la mia presenza è stata utile a lui, ma io stavo cercando te!".

Albert spalancò gli occhi, fissandola senza dire più nulla e lei si sentì come un fiume in piena. Fece un passo verso di lui. E un altro.

E poi un altro ancora.

"Stavo cercando... te", ripeté piano, in un sussurro, le labbra che tremavano mentre nuove lacrime le salivano agli occhi.

Incatenò i suoi e Candy non ricordò un'intensità tale nemmeno in quelli ardenti di Terence prima che la baciasse. Allora il suo intero corpo iniziò a tremare, in attesa. Specialmente quando Albert alzò una mano e il suo respiro accelerato le arrivò sul viso, tiepido e confortante.

La mano si posò sulla guancia e lei si inumidì un poco le labbra quando il suo Principe della Collina ormai trentenne si chinò un poco, rimandandole l'ennesimo alito del suo respiro.

Trattenne il proprio e chiuse gli occhi quando infine chiuse la distanza e posò la bocca sulla sua.

Candy rimase perfettamente immobile e tuttavia il bacio non durò che pochi istanti. Ma quegli istanti si dilatarono comunicandole una quantità di sensazioni ed emozioni che dovevano somigliare molto alle stesse che aveva provato Albert quando aveva recuperato la memoria.

Quel bacio sapeva di casa, di giusto, di definitivo. Era tenero e rassicurante come quelli di Anthony. Ed era appena esigente, ma non acceso come quelli di Terence.

Era... perfetto.

Perché chi la baciava era l'uomo della sua vita, quello del destino, quello che era nato undici anni prima di lei, ma era anche l'ultimo di cui si sarebbe innamorata di lì all'eternità.

Pensava di essere stata colpita da un'onda poco prima? Bene, quello era un maremoto. Non sarebbe mai potuta tornare indietro. Al confronto, superare il dolore per la separazione da Terence era stato come guarire da una scottatura profonda.

Il segno che le stava lasciando Albert con quel bacio sarebbe rimasto marchiato a fuoco nella sua anima fino alla morte.

Quando si staccò, vide il suo viso sconvolto e lui stava indietreggiando, un po' instabile: "Perdonami, Candy, non avrei dovuto... io...".

"Albert...".

Ma lui era già rientrato e Candy poté solo appoggiarsi alla balaustra prima di cadere.

 
- § -
 
 
Autunno 1919

"Ti ringrazio per avere deciso di accompagnarmi, la zona dovrebbe essere ai piedi di quelle montagne".

Albert annuì, scalando la marcia: "Pensi di piantare anche dei roseti?".

"Certo", disse Anthony sistemandosi meglio la cartellina portadocumenti sulle ginocchia. "I fiori e le colture sono solo una parte di quello che ho in mente per l'azienda. Voglio inserire anche degli allevamenti di bestiame e sono certo che i consigli di Tom mi saranno utili".

"Mi sembra davvero un progetto ambizioso, forse dovresti partire dalle cose più semplici e vedere come va, che ne pensi?".

"La prudenza non è mai troppa, vero?", rise scuotendo la testa. "Se c'è qualcuno che può darmi suggerimenti preziosi in campo finanziario, quello è lo zio William e io ho intenzione di seguirli dal primo all'ultimo!".

Anthony scrutò il profilo concentrato di Albert, le sopracciglia un po' aggrottate e la mascella serrata e lanciò un'occhiata alla strada stretta ma sgombra.

"Sei preoccupato per la zia Elroy?", gli chiese, ricordando come la donna si fosse rifiutata di salutarli quando si erano messi in marcia. Non credeva che avrebbe mai accettato quel suo 'progetto bizzarro'.

"Come? Oh, scusa... no, pensavo che forse... dovremmo fermarci in albergo per stanotte, così domattina possiamo continuare il sopralluogo e tornare a Chicago di giorno".
"Non hai da lavorare?".

"Ho lasciato le incombenze più urgenti a Georges e comunque sarò di nuovo in viaggio per la fine della settimana, quindi mi fa piacere passare un po' di tempo con te".

Sorrise e lo ringraziò, quindi si disse che era inutile continuare a rimandare quella domanda: "È successo qualcosa fra te e Candy, in Florida?". Albert sussultò così forte che la macchina sbandò e le ruote stridettero sul ciglio ghiaioso. "Sì, è successo qualcosa", confermò a se stesso.

Albert rallentò e fermò la vettura sulla destra: era un'accortezza quasi inutile, perché dubitava che sarebbe passato qualcuno nell'immediato. Sospettò che quello che doveva dirgli fosse abbastanza importante da interrompere la marcia. E non gli tremavano anche un po' le mani?

"Stavo per... seguire il tuo consiglio. Ma poi ho fatto marcia indietro". La voce era roca, bassa.

Il suo cuore spezzato ebbe un sussulto al pensiero che alla fine Candy non sarebbe stata di nessuno dei due. Tuttavia, doveva conoscerne il motivo. "Perché?", chiese atono.
"Perché sono un vigliacco", disse voltandosi per guardarlo.

"Non dicevo sul serio, quella volta...".

"Ma io sì e te lo ripeto. Ho indietreggiato davanti a Candy che mi ha confessato di cercare me, a Rockstown, nonostante vi abbia trovato Terence. E ho indietreggiato persino dopo che ha accettato... il mio bacio".

La bocca si aprì contro la propria volontà e Anthony vide suo zio distogliere lo sguardo e deglutire. Altre spine gli si conficcarono nelle macerie del cuore spezzato, al pensiero di Candy che baciava Terence e persino suo zio, negandogli il sapore delle sue labbra da anni.  Ma s'impose di pensare alla sua felicità, come si ripeteva da qualche tempo. La quale, a quanto pareva, il suo zio testardo le aveva appena negato.

"Non mi dire che i motivi sono sempre gli stessi. Il fatto che tu le confessi o meno i tuoi sentimenti non la riporterà mai da me, forse riesco a venire a patti con questa semplice realtà dopo cinque anni di tormento".

Albert fece una smorfia, contraendo le labbra quasi sentisse un sapore amaro: "No, tu non c'entri, ho ben chiara la vostra... attuale situazione", disse a disagio. "Però penso sempre che rinchiuderla dentro a una gabbia blasonata sia terribilmente sbagliato. Anche se provasse... qualcosa per me, prima o poi si sentirebbe stretta e desidererebbe fuggire".

"Stai proiettando su di lei la tua stessa frustrazione e le tue paure".

"Hai studiato agraria o psicologia?".

"Zio...".

"Ammesso che sia così non è una bella sensazione, ma dalla mia ho comunque una certa passione per gli affari. Lei, invece...".

"E stai ancora scegliendo al posto suo!".

"Se ha dimenticato Terence può dimenticarsi anche di me, che sono stato solo un amico".

"Stai persino minimizzando i suoi sentimenti senza conoscerli davvero! Albert, non ti stai mettendo in faccia solo dei paraocchi, ma una benda intera! La vuoi sul serio rendere infelice?".

"Io voglio che lo sia, invece!", tuonò battendo un pugno sul volante. Il viso arrossato, le narici leggermente allargate dal respiro affannoso, suo zio sembrava davvero reprimere amore, rabbia e mille altre emozioni diverse. Conosceva abbastanza la sua storia passata da comprendere come l'educazione gli avesse sempre impedito di esprimere se stesso, ma il confine tra la propria infelicità e quella di Candy era davvero sottile.

Peccato che lui non se ne rendesse conto.

E se avesse ragione lui? D'altronde, Candy potrebbe ancora essere triste per Terence e io sto facendo delle supposizioni. La storia del Principe e la ricerca del suo amico di sempre, tuttavia...

Anthony si ripromise che avrebbe parlato più chiaramente con Candy alla prossima occasione, anche se non aveva idea di quando sarebbe accaduto.

Candy gli aveva chiesto una possibilità e per fortuna gliel'aveva negata e non si era fatto illusioni, perché era andata esattamente come aveva immaginato. Erano uniti, affiatati, persino inseparabili quando riuscivano a stare insieme, ma non avrebbero mai varcato quella soglia.

La stessa soglia che sembrava invalicabile anche tra Candy e Albert.

Mentre suo zio ripartiva, Anthony si scusò per l'insistenza.

"Non devi scusarti, la verità è che neanche io sono sicuro di quello che sto facendo. Mi sembra così assurdo che un fiore selvatico come lei possa essere rinchiuso in una serra, che preferisco saperla lontana da me".

"Ci sono fiori destinati a morire all'aperto che sbocciano volentieri in una serra dove c'è abbastanza calore". Suo malgrado, Anthony ricordò che aveva tentato di limitare Candy proprio in quel senso, anni prima, e forse era stata una spinta in più che le aveva dato fra le braccia di Terence. A posteriori, parlandole e persino dicendole che era disposto a renderla libera, aveva compreso che tra loro sarebbe finita comunque, anche se magari avrebbe guadagnato un mese o un anno.

Il silenzio calò nell'abitacolo, ma Anthony si rese conto di due cose: Albert sembrava aver assorbito quelle parole mentre guidava a velocità sostenuta. E lui odiava il suo ruolo da Cupido, ma avrebbe venduto la propria anima per far felice Candy.

 
- § -
 
 
Inverno 1919

La riabilitazione dell'uomo senza una gamba era stata lunga e dolorosa, ma finalmente Candy poté vederlo imbracciare le stampelle e avanzare lungo il corridoio, emozionata e commossa assieme alle sue colleghe.

"Bravissimo, mister Donovan, continui così!", gridò Nancy al suo fianco.

"Un ultimo sforzo e sarà arrivato in infermeria!", aggiunse Candy avvicinandosi di qualche passo con la sedia a rotelle.

L'uomo raggiunse la sua meta e vi sedette con un sospiro grato, guardandole con le lacrime agli occhi. "Non so come ringraziarvi, signorine, siete degli angeli scesi in terra!".

Risero tutte con gli occhi umidi e Candy si offrì di riportarlo in camera, aiutandolo a stendersi sul letto: "Tra qualche giorno potrà tornare a casa dalla sua famiglia, è contento?".
"Sì... non vedo l'ora di poter mangiare di nuovo i manicaretti di mia moglie e ascoltare le prime parole di mio figlio!".

Gli sorrise, coprendolo con cura: "Allora si riposi e vedrà che le infezioni di cui ha sofferto fino ad oggi saranno solo un triste ricordo".

Candy attese che l'ex soldato si addormentasse e non poté fare a meno di provare una stretta al cuore: Susanna Marlowe, che aveva subìto a sua volta un'amputazione, invece, non ce l'aveva fatta e il suo fisico già prostrato si era arreso solo poco tempo prima.

Era stata a lungo indecisa se scrivere a Terence o meno, ma alla fine aveva deciso di non farlo. Lui ormai aveva la sua vita e lei la propria e non voleva dare adito a fraintendimenti da parte sua. In realtà non sapeva se avesse mantenuto vivi i suoi vecchi sentimenti, ma non voleva illudere lui tanto quanto non voleva farlo con Anthony. Che, tutto sommato, non aveva più detto nulla in merito.

Candy aveva rimpianto molte volte quella richiesta impulsiva che gli aveva fatto di riprovare a stare insieme e gli era stata segretamente grata di non averla assecondata: sarebbe stato un errore e gli avrebbe solo fatto di nuovo del male.

Non avrebbe più potuto innamorarsi di nessun altro, perché era passato il tempo dei batticuori giovanili e delle passioni adolescenziali. E, a quanto pareva, non sarebbe mai arrivato il momento dell'amore maturo.

Ancora oggi, in quell'ospedale del Missouri dove aveva accettato di prestare servizio quasi fuggendo da Chicago e dal suo paese natale, Candy si chiedeva cosa diavolo fosse successo in Florida quell'estate.

In realtà lo sai molto bene, Candice White Ardlay...

Suo malgrado, mentre si recava nella sala dei medici per lasciare le cartelle cliniche dei pazienti, a ogni passo in quel lungo corridoio evocava un'immagine di quella serata.
In primo luogo, grazie anche a un bicchiere di champagne di troppo, aveva spalancato porte che non andavano nemmeno socchiuse, comunicando ad Albert quello che a malapena voleva portare a livello cosciente.

E poi c'era stato il bacio, che era servito solo a far crollare difese, certezze e tutte le congetture che si era costruita quasi con pazienza esasperante.
Albert forse l'aveva amata, ma era il patriarca degli Ardlay, non avrebbe mai potuto mettere gli occhi su di lei. Eppure... ehi, non la stava baciando come se non desiderasse lasciarla più andare? Ah, no... era fuggito subito dopo, di certo pentito per quel momento di debolezza.

Candy aveva passato il resto della serata senza avere il coraggio di rientrare da quella terrazza e l'aveva fatto solo quando Anthony le aveva detto che c'era una carrozza pronta per riportarli in albergo. Non hai freddo qui fuori, Candy? Oh, no, sto bene!

Ma tremava così tanto che lui si era accigliato e le aveva offerto la propria giacca. Tuttavia, non aveva detto una parola e l'aveva riaccompagnata nella sua stanza senza fare domande.

Caro Anthony, cosa darei per amare te quanto amo lui... anche solo la metà.

Scosse la testa vigorosamente, fermandosi lungo il percorso nella sala delle infermiere per recuperare alcuni medicinali: Anthony meritava tutto l'amore del mondo, nulla di meno. Anche se si erano visti di rado, dopo la Florida, continuavano a scambiarsi lettere e lei aveva appreso con gioia della nuova azienda agricola che stava costruendo nei pressi di Naperville, seguendo persino i suggerimenti di Tom per quanto riguardava gli allevamenti che avrebbe voluto avviare. Aveva nominato Albert solo una volta, quando le aveva parlato dei consigli finanziari dello zio William.

Candy sospirò guardando fuori dalla finestra: Annie e Archie si sarebbero sposati entro l'anno successivo e persino Patty si era rimessa a studiare di buona lena per diventare insegnante. A lei rimanevano il suo lavoro d'infermiera e i continui vagabondaggi per fuggire dalla realtà.

Da Albert.

Dalla Casa di Pony a Chicago. E da lì in Missouri, purché fosse il più lontano possibile dai ricordi. Perché cercare di chiarire le cose con lui quando era stato il primo a fuggire? Perché rischiare una sofferenza maggiore di quella che già provava ricevendo un rifiuto? Candy cominciò a capire cosa avesse provato Anthony durante gli anni di università e si sentì tremendamente in colpa per avergli chiesto di rimanere amici mentre lei continuava a pensare a Terence.

Se le avessero chiesto di vedere Albert come un tempo non era sicura che ce l'avrebbe fatta. E, purtroppo o per fortuna, tra i viaggi continui di lui e la nuova opportunità che aveva avuto lei, era dall'inaugurazione di quell'hotel che non

lo baciava

lo vedeva. Né si erano più scritti. Era come se avessero commesso un errore che avesse spezzato definitivamente quel legame speciale che c'era tra loro da sempre.

Candy si lasciò cadere su una sedia, posando siringhe e boccette di disinfettante. Stava vivendo quella perdita come un lutto e non andava bene. Ormai era più che cosciente che non avrebbe superato la separazione da Albert come era riuscita a farlo con Terence: anche perché nel primo caso la loro unione era stata sempre meramente amichevole; nel secondo, le cicatrici le lasciavano ancora una scia amara nel cuore.

Prima di Natale sarebbe dovuta tornare a Chicago e non voleva. Tuttavia, non aveva scelta. A villa Ardlay avrebbero dato un ricevimento? Forse, magari non troppo sontuoso, visto che la morte di Stair era ancora un'ombra oscura in famiglia. E lei non voleva esserci. Non poteva rivederlo.

Alla casa di Pony aveva Suor Lane, Miss Pony e i bambini ad aspettarla e il dottor Martin l'attendeva nella nuova clinica.

Quella sarebbe stata la sua prossima meta.
 
- § -
 
 
Capodanno 1920

Albert si chiuse la porta dell'ufficio alle spalle, lasciandosi dietro gli ultimi rumori della festa. L'anno nuovo era appena entrato e lui voleva solo pensare ai suoi buoni propositi con un po' di silenzio intorno.

Si versò un bicchiere di whisky e sedette alla poltrona presidenziale, girandola per guardare fuori: alcuni rari fuochi d'artificio esplodevano ancora in cielo e i suoi pensieri, che aveva cercato di tenere quieti, volarono infine a Candy.

Le aveva inviato un invito cui aveva risposto ringraziandolo, ma comunicandogli che preferiva restare alla Casa di Pony. Anthony gli aveva assicurato che sarebbe andato a trovarla entro qualche giorno per accertarsi che stesse bene, magari con Archie e Annie.

Ma lui doveva prima essere sicuro di ciò che voleva fare o tra loro non ci sarebbe più stato altro che imbarazzo. L'aveva baciata e poi era scappato, scusandosi a malapena. E lei se n'era andata in un altro Stato.

L'aveva ferita o era stata lieta che non avesse dato seguito a quella follia? Perché non si era comportato da uomo adulto e aveva fatto il primo passo spiegandole cosa si agitava in lui?

Un leggero bussare lo trascinò fuori dalle proprie riflessioni e si volse per incontrare lo sguardo serio di Georges.

"Mi perdoni, signore, la signora Elroy chiede che ci raggiunga per il prossimo giro di danze. La signorina Smith ha espresso il desiderio di ballare con lei e...".

"Non voglio ballare con la signorina Smith, né con altre ragazze in età da marito. Puoi entrare e richiudere la porta, Georges?".

Perplesso, l'uomo obbedì, e Albert seppe che confidarsi con il suo amico di sempre sarebbe stato utile. Finché non avesse espresso i suoi sentimenti e i suoi dubbi ad alta voce, davanti a qualcuno che non fosse Anthony, non ne sarebbe mai venuto a capo. Perlomeno, Georges non sarebbe stato ferito dalla sua confessione come suo nipote, anche se dissimulava piuttosto bene.

L'uomo si accomodò di fronte a lui e Albert gli servì un bicchiere di distillato, sedendo con le mani intrecciate sulla scrivania. Da dove diavolo avrebbe dovuto cominciare?
"Quando ho perso la memoria... mi sentivo solo al mondo, inutile. L'unico raggio di sole che avessi era Candy: ha fatto di tutto per farmi tornare la speranza e il sorriso e si è occupata di me per tanto tempo. Ma queste cose già le sai, vero?". Alzò lo sguardo su di lui e vide un'espressione attenta e composta.

"Naturalmente, signorino William".

Albert si schiarì la voce: "Bene, quello che forse non sai è che... uno dei motivi per cui sono partito per l'Africa...".

"Era per dimenticare la signorina Candy, giusto?".

Sbatté le palpebre, sconvolto: "E tu come lo sai?!".

"William, lei ha da sempre imparato a nascondere i suoi sentimenti, ma non dimentichi che le persone che le sono vicine e che le vogliono bene possono leggere più facilmente nel suo cuore".

Si accigliò, confuso: "Anthony ha capito quanto tenessi a Candy quando ancora non sapeva chi fossi e io avevo l'amnesia: questo come lo spieghi? Significa che non sono poi così abile a nascondermi".

Georges si strinse nelle spalle: "Può darsi che in quel periodo le sue difese si fossero abbassate e il signorino Anthony abbia semplicemente visto in lei un riflesso di ciò che lui stesso provava".

"Lo prova ancora".

"Non ne dubito".

Bene, quindi anche quello non era un segreto per nessuno. D'altronde, Anthony era sempre stato più trasparente di lui. Albert picchiettò una penna sulla scrivania, riflettendo.
"Mio nipote... è convinto che Candy mi ricambi". Alzò gli occhi per guardarlo, in una muta domanda.

"Ho avuto questo sospetto anche io".

Si alzò di scatto, mettendosi davanti alla finestra, sentendosi sconfitto: "Dannazione, Georges, possibile che l'unico ad avere ancora dei dubbi sia proprio io? Ti rendi conto delle implicazioni che una nostra... relazione avrebbe?".

Sentì dei rumori dietro le spalle e comprese che Georges si era alzato per raggiungere il caminetto e accendere il fuoco: si era accorto a malapena che in quella stanza si gelava.

"La signorina Candice è molto più giovane di lei e ama il suo lavoro d'infermiera", esordì. Albert rimase nella medesima posizione, irrigidendosi. "Inoltre, è una ragazza molto libera che non disdegna di spostarsi di continuo, un po' come ha fatto lei per tanto tempo, signorino William".

Chiuse gli occhi, annuendo alle sue parole: "Concordi con me, dunque, che siamo incompatibili? Al mio fianco sarebbe legata a una vita che non le appartiene, tanto quanto lo sono io".

"Dunque ne avete già parlato e la signorina le ha dato il suo parere?". La domanda aveva una sfumatura provocatoria che non gli sfuggì e comprese che sarebbe andato a parare esattamente dove lo faceva anche Anthony.

Sospirò, ammettendo infine l'amara verità: "Ho così paura di farle del male che non ho mai trovato il coraggio di chiederglielo. E ho sperato... fino all'ultimo che tornasse con Anthony. Nulla mi renderebbe più sereno che vederli felici insieme".

I passi di Georges gli indicarono che si stava di nuovo avvicinando alla scrivania e Albert si voltò per ascoltarlo: "Signorino William, tutto ciò le fa molto onore e mi creda quando le dico che comprendo perfettamente il suo desiderio di vedere felici le persone a cui tiene a costo del suo stesso benessere". Si riferiva a Rosemary, ne era certo. "Ma non sempre i nostri ideali si rivelano la scelta migliore. A volte, parlare con chiarezza può essere d'aiuto a capire meglio chi amiamo".

Il cuore di Albert cominciò a battere forte e una nuova, potente sensazione gli bruciò il petto propagandosi in ogni fibra del suo essere: c'era davvero, in quel mondo, una possibilità per lui e Candy? Era stato sul serio così cieco da fuggire di fronte a un'opportunità concreta?

"Non... Lei vorrà continuare a fare il suo lavoro, se dovesse accettare di essere mia moglie...". Oddio, si era appena riferito a Candy come 'moglie'? Le mani gli tremavano al solo pensiero e un sudore freddo gli imperlò la fronte. Era quella l'anticamera della gioia più grande che potesse provare?

Georges dovette accorgersi della sua reazione a malapena contenuta, perché sorrise bonario: "Lei è comunque il patriarca e può decidere liberamente per se stesso e per la sua famiglia. Non ci sarebbe nulla di male in una signora Ardlay che fa volontariato in un ospedale".

Il sorriso gli sorse spontaneo e Albert sentì quasi le lacrime salirgli agli occhi: stava accarezzando il sogno e la luce che emanava era accecante e meravigliosa. Parlarne aveva reso tutto più plausibile, più reale. D'altronde, che senso avrebbe avuto continuare a sperare che Candy si riavvicinasse a Anthony dopo che era riuscita a lasciarsi alle spalle persino Terence? Non gli aveva forse confessato che era lui che stava cercando a Rockstown e non si era neanche fermata per parlare con l'attore?

Sì, l'anno nuovo sarebbe stato foriero di cambiamenti. Avrebbe parlato con Candy e le avrebbe aperto il proprio cuore. Sarebbe stato davvero da sciocchi non darsi quell'opportunità.

 
- § -
 
 
Gennaio 1920

Anthony trascinò Candy dove la neve era più alta e presto furono sommersi fin quasi alle ginocchia.

"In questo lato del giardino non abbiamo ancora spalato, ma almeno abbiamo abbastanza materiale per un pupazzo gigante!", disse cominciando a raccoglierla.

"Di' la verità, hai chiesto tu allo zio William di non spazzare la neve da questo lato, perché volevi proprio fare questo!", lo schernì Candy prendendone un mucchio e posizionandolo accanto al suo.

Le fece l'occhiolino e lavorò con lei in silenzio per qualche istante, scoccando un'occhiata distratta alla villa. Sapeva che l'incontro tra Candy e Albert non era stato che il preludio a un discorso molto più serio, ma comprese anche che lo zio voleva che Candy fosse a suo agio, dopo tanto tempo senza parlarsi.

Il fatto che Annie e Archie fossero impegnati altrove con i preparativi del loro matrimonio non aiutava di certo, tuttavia non erano soli in casa, considerando la discreta servitù e una zia Elroy così riluttante alla presenza di Candy che si era chiusa in camera sua adducendo al solito mal di testa.

Non era stato affatto facile convincerla a raggiungerli a Chicago, ma era perlomeno riuscito a fare con lei un discorso serio mentre ancora erano alla Casa di Pony.

"Candy, a breve forse mi trasferirò definitivamente a Naperville per seguire la realizzazione dell'azienda. Ma prima devo chiederti se saresti disposta a seguirmi fin lì, o se tra noi è finita per sempre". Aveva dovuto raccogliere tutto il coraggio rimanente per farle quella domanda così diretta e lei lo aveva fissato con gli occhi spalancati.

Non gli sarebbe servito neanche ascoltare la risposta, tuttavia lo fece: "Anthony... mi dispiace... io... non posso più... non è come prima".

"Bene, lo immaginavo", aveva detto con un filo di voce. E sì, aveva fatto male sentirlo. Ma un po' meno di qualche anno prima. Forse, il tempo avrebbe davvero sanato le sue ferite, un giorno. "Ti giuro che è l'ultima volta che te lo chiedo, Candy, anche perché vorrei che rispondessi a un'altra domanda".

E quando gliel'aveva fatta, quella domanda, i suoi occhi avevano brillato e le mani le erano salite al cuore. Non aveva potuto dire nulla, sembrava sopraffatta. Stupita, sconvolta. Però non aveva insistito e le aveva solo chiesto di fidarsi di lui e di seguirla fino a Chicago.

"Devi rivederlo e chiarirti. Dovete chiarirvi. Prima di andarmene voglio sapere che perderti per sempre ha perlomeno un motivo valido".

In realtà, era stato proprio Albert ad accennare alla possibilità di invitare Candy alla villa, visto che non avevano potuto darle i loro regali di Natale, e lui si era offerto di andarla a prendere con il loro autista. Suo zio gli aveva rivolto uno sguardo strano, che gli era parso una sorta di domanda implicita.

Ma cos'altro poteva dirgli, senza infliggersi ulteriore sofferenza? Sì, la amo ancora, pur se sto accettando il fatto che non l'avrò mai. Ma non c'è più nessun Terence da tempo e lei mi vede ancora come un amico. Quindi? Non abbiamo già avuto una conversazione simile in macchina solo l'anno scorso?

Forse doveva andarsene subito: per quanto desiderasse la loro felicità, non aveva voglia di vederli innamorarsi sotto ai suoi occhi. Preferiva che accadesse mentre lui era lontano, per tornare quando tutto si fosse compiuto. Allora, forse...

"Sei a mille miglia da qui e la testa di questo pupazzo è già più grande del corpo". Anthony abbassò lo sguardo sulle proprie mani guantate e vide che aveva rotolato così tanta neve da aver creato una specie di piccola valanga.

"Accidenti, che sbadato!". La risata argentina di Candy lo riportò indietro nel tempo. Fu doloroso e struggente, tuttavia non avrebbe fatto passi indietro. "Bene, ne rifarò un'altra, ma quando abbiamo finito qui voglio darti il mio regalo".

Candy smise di ridere e si portò le mani alle labbra: "Oh, Anthony, io non ho un regalo per te! E neanche per Albert!".

Lui le si avvicinò, prendendole le mani. Avrebbe voluto togliere i guanti a entrambi per sentire la morbidezza della sua pelle contro la propria un'ultima volta, ma fu un pensiero fugace che respinse con decisione: "C'è un solo regalo che puoi fare a tutti e due, Candy. Prima il mio". Lo sguardo quasi spaventato di lei gli indicò che forse stava fraintendendo le sue parole, così si affrettò a spiegarsi: "Promettimi che sarai felice, d'ora in poi. E che parlerai con Albert".

"Ma lui non...".

Anthony le pose una mano sulla guancia, in un gesto di affetto: "Ti ama disperatamente, Candy, solo che teme di legarti a un mondo che non ti appartiene".

L'espressione di Candy si ammorbidì, divenne commossa, colma di emozione e comprese di non aver sbagliato.

"Te l'ha detto lui?".

Annuì, incapace di mentirle: "Albert sperava che tu ti innamorassi di nuovo di me, dopo la fine della tua storia con Terence. Ci vedeva insieme ed era convinto che noi... ma tu sei stata piuttosto chiara fin da subito. Ha cercato di reprimere qualcosa che credeva persino immorale nei tuoi confronti, come se undici anni di differenza potessero davvero essere d'ostacolo. Ricordo ancora quando vivevate insieme".

Candy socchiuse le palpebre, come riflettendo: "Io pensavo che lui stesse cercando di dimenticarmi perché non poteva legarsi a una... come me!".

Anthony si accigliò: "Una come te? Candy, sai benissimo che a nessuno di noi è mai importato nulla delle tue origini, che sono le stesse di Annie".

"Lo so, lo so...", si affrettò a chiarire. "Ma lui ha delle responsabilità e so che la zia Elroy non mi sopporta! Ti rendi conto delle implicazioni che ci sarebbero se davvero lui...?". La voce si affievolì e il rossore le salì alle guance.

Anthony sospirò e rise con una punta di amarezza: "Siete due testoni: lui pensava alle implicazioni legate alla tua libertà. Tu a quelle familiari. E io qui in mezzo a fare da Cupido. La mia ricompensa nella prossima vita dev'essere davvero alta per farmi sopportare tutto questo!".

Candy divenne seria: "Mi dispiace, Anthony. In passato sono stata ingenua, ti ho persino raccontato di Terence...".

"Non lo hai fatto anche con il prozio William? Una volta mi ha accennato a un diario e... penso che tu gli abbia parlato persino del tuo principe di quando eri bambina, quando vivevate insieme".

"Ma quello era lui!".

"Sì, ma non lo sapeva", fece spallucce. "E comunque ora basta recriminare il passato. Non credere che tutto questo non mi faccia soffrire, ma adesso promettimi che farai ad Albert il regalo di essere sincera e di ascoltarlo. Penso che sia pronto a parlarti, senza più fuggire".

L'espressione di Candy si addolcì e fu lei a sfiorargli il viso, in un tocco che gli ricordò quasi quello di sua madre e lo commosse fin nel profondo.

"Tu e lui siete così simili! Non intendo solo fisicamente. Entrambi avete così a cuore la mia felicità che fareste di tutto, anche rendere infelici voi stessi".

"Beh, Candy, nel mio caso ho provato a riconquistarti con tutte le mie forze, se non te ne fossi accorta. Sono stato geloso e persino possessivo, a volte. Lui invece non ha mai tentato neanche di aprirsi con te, per timore di farti del male".

"Siete speciali e io vi amo entrambi!", disse con passione, le lacrime che brillavano negli occhi. "Volevo tanto che il mio cuore scegliesse te, ma era come se tu pretendessi di dimenticarti di me... Il giorno in cui troverai una ragazza, mi accerterò personalmente che sia adatta a te".

Anthony s'impose di sorridere, mentre le asciugava gli occhi e desiderava solo piangere a sua volta. Nemmeno Josephine, con la sua dolcezza e dedizione, era riuscita ad aprire la benché minima breccia. Non fino a quel momento, perlomeno.

"Ti giuro solennemente, però, che l'unica rosa con un nome sarà la tua. Nel mio giardino c'è e ci sarà sempre una sola Dolce Candy".

L'accolse con gioia e dolore fra le braccia, quando vi si gettò piangendo. La strinse, le ripeté che andava tutto bene, attese che lei si calmasse. Allora la prese per mano.
"Dove mi porti?".

"A vedere il tuo regalo, ma dovrai correre". Si volse, per non mostrarle le lacrime, e si beò ancora una volta della sua risata divertita per quello che pensava fosse una specie di gioco.

In realtà, aveva bisogno di dirle addio, facendo sì che l'aria fredda dell'inverno congelasse il pianto nei suoi occhi prima che potesse diventare visibile. Lasciò che lo rincorresse, chiamandolo, finché non riuscì a dominarsi abbastanza da entrare in casa.

 
- § -
 
 
Albert aveva visto abbastanza.

Era certo che stessero parlando di qualcosa d'importante, specie quando Candy si era gettata fra le braccia di Anthony piangendo. Non gli era sfuggito il modo in cui si guardavano. Né i sorrisi che avevano condiviso prima di cominciare a correre come ragazzini sulla neve.

Si erano riconciliati, ne era certo.

Alla fine, Anthony ce l'aveva fatta e aveva riconquistato il cuore di Candy. E lui, troppo grande e troppo legato per uno spirito libero come il suo, doveva fare ciò che andava fatto fin dall'inizio.

Non più viaggi lunghi e ritorni pericolosi che l'avrebbero ricondotto a lei. Ma un periodo sabbatico in Africa, per costruire una clinica o solamente per avvicinare l'ennesimo leone e rendersi conto se davvero riusciva a domarlo o sarebbe finito sbranato.

Si diresse a grandi passi verso l'ufficio attiguo al proprio, dove lavorava Georges, deciso a organizzare subito il viaggio, ma dovette fermarsi.

Il dolore lo trafisse e una lacrima silenziosa gli solcò il viso. Poggiò le mani alla mensola del camino, cercando di dominarsi, maledicendosi perché ci aveva creduto davvero, dannazione! E invece la complicità tra Candy e Anthony era lì, nelle immagini che erano ancora vivide davanti ai suoi occhi; nelle voci divertite in corridoio mentre salivano le scale; nel silenzio che seguì quando sentì una porta richiudersi.

Di certo, dietro quella porta, Anthony si stava dichiarando formalmente a Candy per chiederle la mano.

Grazie, Anthony, grazie per averci provato. Ma alla fine avevo ragione io.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo ***


Riassunto dei capitoli precedenti: Albert si sveglia in piena notte con suo nipote Anthony davanti e confessa all'apparizione che vorrebbe tanto che lui fosse vivo. Così, per una strana macchinazione del destino, in una sorta di mondo parallelo, alla caccia alla volpe Anthony non muore e lui e Candy si fidanzano. Vanno insieme alla Saint Paul School, dove lei conosce Terence (già incontrato sulla nave) e comincia a nutrire per lui un interesse che porterà, tra mille tormenti e sensi di colpa per Anthony, alla rottura definitiva con quest'ultimo. Candy comincia a chiedersi se questa sua relazione con Terry la allontanerà dai suoi amici mentre Albert, in Africa, stringe un legame più forte con l'infermiera che somiglia a Candy. Intanto, gelosa del successo di Candy con i ragazzi che le piacciono, Eliza tende una trappola a Terence e Candy e lui si fa espellere dalla scuola al posto suo. Candy deciderà di raggiungerlo, fuggendo da Londra. La storia diventa travagliata, fatta di "non incontri" e alla fine avverrà la triste separazione. Candy vive da qualche tempo con Albert, che ha perso la memoria, prendendosi cura di lui e la sofferenza per la perdita di Terry viene lenita dalla sua presenza costante. Anthony invece resta un caro amico, anche se ancora innamorato di lei. Il giorno in cui Albert sparisce d'improvviso, Candy è confusa: vorrebbe riprovare a tornare con Anthony, ma il suo vecchio amore per lui ormai è solo profondo affetto. E Albert le manca. Quando si rivela quale prozio William a tutti, Candy è ancora più confusa. Infine, Albert decide di tentare la sorte con Candy, ma quando la vede ridere e scherzare con Anthony, capisce che rischia di sbagliare tutto.
- § -
- § -
- § -
 
 
Chicago, 1920

"Anthony, ma è bellissimo!", proruppe Candy prendendo in mano il portagioie intarsiato.

"Era di mia madre, voglio che lo abbia tu".

Alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Anthony e si sentì annegare nei suoi laghi placidi come se fossero onde impetuose: "Non posso accettarlo, è troppo prezioso per me...".

Anthony scosse la testa e le pose le mani sulle proprie che ancora tenevano lo scrigno: "Candy, ti dirò la verità: avrei voluto regalarti questo portagioie il giorno in cui ti avessi chiesto di sposarmi. Ci pensavo già prima di partire per la Saint Paul School. Ma visto che non ci sposeremo, te lo regalo in nome di quello che di bello condividiamo oggi come amici. E smetti di essere triste per me".

Candy si asciugò le lacrime e annuì: "È così prezioso che non so se troverò qualcosa di pari valore da metterci dentro. E non mi riferisco solo al valore materiale".

Lui sedette sulla poltrona del salottino dopo aver richiuso la cassaforte e fece un sospiro: "Sai, mia madre ci teneva i suoi gioielli, ma mi diceva sempre che per lei non c'era nulla di più prezioso di me. E io non sarei potuto certo entrare lì dentro", disse con una risatina. "Quando ti ho conosciuta, una delle prime cose che ho pensato era che somigliassi molto a lei, anche se i suoi occhi avevano un colore diverso".

Candy passò le dita sulle linee degli intarsi che decoravano il coperchio: "Ho visto un suo dipinto a Lakewood, il giorno in cui ho scoperto... l'identità dello zio William. Mi ha colpita per la sua bellezza e la dolcezza dello sguardo. Era identico al tuo".

"E somigliava anche al piccolo Bert...".

"Era così che lo chiamava, già...". Un sorriso le incurvò le labbra e Candy si sentì morire d'amore. Aveva il cuore così pregno di quel sentimento che continuava a sentirsi in colpa verso Anthony. Ma non c'era nulla che potesse fare, voleva solo vedere Albert prima che la zia Elroy decidesse di uscire dalle sue stanze e fremeva dal desiderio di incontrarlo.

"Penso... che farò un giro in giardino mentre parlate".

Alzò il viso di scatto, smettendo di ammirare il portagioie nel quale immaginò di mettere alcune lettere e ritagli del suo passato: "Ma... fa molto freddo!".

"E io ho un cappotto molto pesante, sciarpa e guanti, come vedi. Siamo stati lì fuori fino a poco fa e nessuno dei due è congelato. Inoltre... dovete parlare...".

"Ma puoi restare in casa, al caldo!".

"Non posso restare qui, Candy", disse in tono gentile ma fermo. "Tornerò per l'ora di cena, te lo prometto".

"Grazie, Anthony...". Gli diede un ultimo, breve abbraccio e lo sentì tremare. Poteva percepire quanto gli costasse lasciarla fra le braccia di un altro, ma comprese anche che non avrebbe potuto mai dargli ciò che desiderava. Lo accompagnò all'ingresso, dove lui rifiutò di essere accompagnato da uno dei servitori, dichiarando che voleva solo fare una passeggiata.

Quando la porta si richiuse, si sentì di nuovo divisa in due. Ma non aveva alcun dubbio su quale fosse la direzione che il suo corpo desiderava prendere in quel preciso istante. Tornò nella propria stanza solo per riporre con cura il portagioie di Anthony e si sorprese a controllarsi allo specchio, sistemandosi i capelli.

Sto diventando vanitosa... adesso?

Scese le scale dirigendosi verso lo studio dove Albert lavorava. Quando bussò, dopo aver preso un respiro profondo, le rispose il silenzio. Le pareva di essere tornata al giorno in cui pensava di trovare il vecchio zio William nel solarium di Lakewood. Invece stava cercando di raggiungere il cuore dell'uomo che amava nel suo ufficio di Chicago. La sua vita era destinata a non avere proprio nulla di romantico.

Il sorriso che le suscitò quel pensiero si trasformò in panico quando socchiuse la porta e si rese conto che, in effetti, Albert non era lì. Lo chiamò un paio di volte e si aprì la porta comunicante con l'altro studio: ne uscì Georges e la guardò, sorpreso.

"Il signor William non è qui".

"Cosa? Oh... dove lo trovo, Georges, in biblioteca, forse?".

L'uomo la fissò per qualche istante ed ebbe l'ennesimo dejà-vù. Al contrario di quel giorno, però, il suo Cavaliere Bianco non pareva molto convinto di poterle dare una risposta.

"Sta partendo per un viaggio e credo stia facendo i bagagli, se vuole posso...".

Candy non ascoltò oltre, si precipitò fuori dall'ufficio risalendo le scale due a due, a malapena conscia dei richiami allarmati di Georges.

Oh, no, William Albert Ardlay. Io ho smesso di scappare e non continuerai a farlo tu, parola mia!

 
- § -
 
 
Il bussare insistente alla porta della sua stanza lo fece sobbalzare. Albert si accigliò e fu pronto ad affrontare il visitatore: non credeva che le notizie in quella casa corressero così veloci.

"Avanti", disse continuando a dare le spalle alla porta per infilare un'altra giacca leggera in valigia. "Senti, zia Elroy, non ho intenzione di discutere con te...".

"Infatti è con me che devi parlare". La voce lo fece voltare di scatto e si ritrovò di fronte una Candy in apparenza furiosa e col fiatone per aver corso.

"Candy, cosa...?".

"Perché stai fuggendo?", chiese chiudendo la porta e appoggiandovisi contro.

Albert si accigliò: "Non sto fuggendo. Voglio solo fare quello che non ho fatto fin'ora: vivere la mia vita. Ho sistemato gli affari come meglio potevo e desidero spostare alcuni investimenti in Africa, quale supporto...".

"Allora vengo con te. Sono un'infermiera diplomata e posso esserti d'aiuto". Candy si raddrizzò e fece un passo verso di lui.

"Ma... non puoi!".

"Sì che posso! O credi che io non sia in grado di affrontare l'Africa perché sono una donna? Non sarò certo la prima a...".

"Non intendevo questo! Non puoi... lasciare Anthony".

Candy sembrò colpita da quelle parole e assunse un'espressione stupita: "Anthony? Lui si trasferirà nella sua nuova azienda per seguirne i lavori".

"Beh, allora dovresti seguire lui". Albert si era voltato e stava sistemando alla cieca abiti che erano già piegati e che forse non erano neanche dei tessuti giusti.

Con un profondo sospiro, tentò di tornare padrone di se stesso e affrontare anche quell'ennesima prova, quando Candy parlò con una nota di dolore così intenso che fu costretto a girarsi di nuovo: "Perché fai questo, Albert? Perché decidi cosa è meglio per me senza mai consultarmi? Prima volevi mandarmi fra le braccia di Terry e ora vuoi che renda infelice Anthony?".

"Non lo renderai infelice. Siete perfetti insieme", disse piano, con un sorriso sincero per metà.

"Davvero? E tu come lo sai?".

"Perché vi ho visti. E ho capito che era tutta un'illusione. Basta cogliere la dedizione dei vostri gesti per... capire quanto vi amiate". Dirlo gli costò lacrime di sangue, ma era la pura verità.

"Ci hai visti? E cosa hai visto, di preciso, Albert?".

Ora Candy sembrava punta sul vivo.

"Candy...". Era stanco, non voleva infliggersi più dolore del necessario, né fare del male a lei, ma non voleva lasciarla così, arrabbiata per chissà quale motivo.

"Te lo dico io cosa hai visto, William Albert Ardlay". Albert tacque, sconvolto da quella piccola furia che aveva alzato persino un poco la voce, chiamandolo col suo nome completo. "Hai visto un ragazzo meraviglioso e ancora innamorato che chiede alla ragazza che non avrà mai di fargli un regalo: essere felice. Hai visto un addio tra due anime affini e legate che però non condivideranno mai nulla più di un'amicizia fraterna e profonda. Hai visto il gesto nobile di tuo nipote Anthony che sta cercando di farci capire che siamo due stupidi".

Albert cercò di deglutire, ma la gola era improvvisamente secca. Invece, gli occhi di Candy mandavano scintille che erano in parte rabbia e in parte lacrime.

"Vuoi dire che... ho frainteso tutto?". Si sentì un po' sciocco e comprese, sulla propria pelle, quanto l'amore possa rendere ciechi in ogni senso.

Candy prese un profondo sospiro: "Quando ho lasciato Anthony per Terry mi sono sentita lacerata in due. Ma negli anni non ho mai cercato di ingannarlo, anche se qualche tempo fa... ammetto di avergli chiesto di riprovarci. L'ho fatto perché desideravo davvero ricambiarlo. Se lo meritava, Dio solo sa quanto Anthony si meriti la felicità! Però non potevo, non potevo comandare al mio cuore di amare lui invece che... te".

L'ultima parola la disse così piano che Albert fu sicuro di averla immaginata: "Puoi ripetere, per favore?", chiese con voce incrinata dall'emozione.

"Pensavo ti fosse chiaro già quando abbiamo parlato in Florida, visto che mi hai... mi hai persino...".

Baciata. Ti ho baciata e vorrei farlo anche ora, ma temo che se ti prendo fra le mie braccia prima che ci chiariamo una volta per tutte, poi non riuscirò più a lasciarti andare.

Le si avvicinò e si accorse che tremava, mentre le prime lacrime cominciavano a scenderle sulle guance: "Candy, tu mi ami? Dimmi la verità!".

E Candy sorrise nel pianto, le guance arrossate: "Sì, ti amo perché sei il mio Principe della Collina. Ti amo perché sei il mio amico Albert da sempre. Ti amo perché quando hai perso la memoria sei stato il mio sostegno mentre io dovevo essere il tuo. Ti amo perché sei il mio zio William che mi ha dato la possibilità di avere un nome e una nuova vita. Ti amo... perché sei tutto questo e molto, molto altro, Albert. Non so quando ho cominciato a rendermene conto, forse dopo che ti ho perso e ho dovuto cercarti per la prima volta in vita mia".

Con un nodo in gola, lottando per trovare la voce e le parole, Albert alzò una mano per toccarla.

"Stavi crescendo sotto ai miei occhi, diventando una donna", le disse carezzandole la guancia con le nocche, mentre le iridi verdi diventavano sempre più lucide per nuove lacrime, "e io a quel tempo sognavo l'Africa. Sapevo che eri con Anthony e che eri felice, non immaginavo neanche lontanamente che il mio cuore fosse già tuo. Beh, forse un po', ma ho cercato di reprimermi. Mi sono concentrato su quelli che erano i miei doveri e le mie passioni, fingendo di non ascoltarlo mentre gridava di dolore e desiderio. Amavo così tanto vedere felici te ed Anthony che ho dimenticato che anche io potevo provare qualcosa di egoistico. E quel qualcosa era l'amore che stava crescendo per te. Sono fuggito come un ladro, vergognandomi perché tu eri la fidanzata di mio nipote, l'unico figlio che la mia defunta sorella avesse avuto e che io volevo solo proteggere. Ero di troppo, in quelle condizioni, ma la lontananza e la perdita di memoria hanno alimentato quel fuoco e ora... ora che sei qui, davanti a me, dicendomi queste cose, non posso più tacere, Candy".

"Albert...", una lacrima si staccò e scese con pigra lentezza sulla guancia rosea, attraversando una piccola porzione vicino al naso su cui spuntavano le lentiggini. Affascinato, lui la rimosse con il pollice, aprendo la mano e girandola per toccarle il viso.

Si avvicinò, annusando l'aria fino a sfiorarle la punta del naso, inalando il suo profumo di fiori, chiudendo gli occhi per inebriarsene come se per tutta la vita non avesse atteso altro. Il fatto di averla sempre guardata da lontano e di aver immaginato quella vicinanza tante volte gli fece temere che lo stesse solo sognando, così riaprì le palpebre per incontrare i suoi smeraldi, ancora una volta. L'altra mano si alzò per foggiarle il viso a coppa e una seconda lacrima gli cadde sul polso.

"Ti amo, Candy", soffiò chinandosi un poco di più, le labbra così vicine che sarebbe bastato così poco, oh, così poco per impossessarsene!

Lei esalò un respiro chiudendo gli occhi: possibile che lo anelasse a sua volta? Incredulo e incerto, Albert inclinò il capo da un lato, mentre Candy emulava il suo gesto da quello opposto, proprio come se volesse...

"Anche io ti amo, Albert", ripeté.

Il cuore batté impazzito come le ali di un colibrì, salendo in gola e mozzandogli il respiro. Aspettava quelle parole da tutta la vita.

Aspettava Candy da tutta la vita.

E non esitò oltre. Teneramente, senza più esitazioni, pose le labbra sulle sue con un tocco morbido, strofinando le une con le altre, godendosi quell'attimo eterno e benedetto. Fu così diverso dal bacio quasi timido e disperato della Florida!

Candy lo sorprese, allacciandogli all'improvviso le mani dietro la nuca, affondandogli le dita fra i capelli e attirandolo a sé per rendere quel contatto più stretto.

E Albert non si lasciò pregare.

La cinse dietro la schiena e mosse la bocca sulla sua finché non poté più resistere e si gettò nell'ignoto, schiudendola e chiedendole di fare altrettanto con un tocco leggero della lingua. La risposta di Candy fu immediata: si lasciò guidare imitando il gesto e ben presto, quello che era cominciato come un bacio casto e romantico, divenne qualcosa di così appassionato che ad Albert girò la testa.

Ciononostante, sapeva che Candy era molto più giovane di lui e che, nonostante l'amore appena confessato, doveva procedere per gradi. Si staccò da lei gentilmente, mescolando col proprio il respiro affannato di lei.

"Non è uno dei miei sogni, vero?".

La risata di Candy era leggermente roca, mentre poggiava la fronte alla sua: "E cosa succede di preciso nei tuoi sogni?".

"Beh, innanzitutto ti bacio e ti confesso quanto ti amo. E anche da quanto tempo".

"E poi?". Lo sguardo di Candy era luminoso, innocente e le labbra un poco arrossate per il bacio gli fecero desiderare di ricominciare tutto da capo.

"Per sapere il resto devi prima sposarmi".

 
- § -
 
 
Fine estate, Lakewood, 1920

Il cavallo era lanciato al galoppo.

Anthony sentiva il vento leggero divenire una specie di tempesta impetuosa che gli scompigliava i capelli e faceva sbattere i lembi della giacca da fantino che non aveva abbottonato. Era una sensazione impagabile, era come se stesse dominando il mondo.

Una voce lontana lo richiamò, ma lui era troppo concentrato sulle sensazioni adrenaliniche della corsa per rendersene conto. Quando udì il suo nome una seconda volta e si accorse che era Candy, rallentò solo di un poco, sentendosi proiettato nello stesso bosco otto anni prima.

Lei lo stava seguendo sul suo cavallo e si stava svolgendo una caccia alla volpe.

Il viso giovane e sorridente, le lacrime mentre gli spiegava perché non voleva che facesse del male alla mamma dei piccoli.

Il cavallo saltò un grosso ramo e lui strinse forte le redini inoltrandosi nel fitto del bosco. Candy non lo stava chiamando già più.

Candy innamorata di Terence, che mi dice addio in Scozia. E poi di nuovo, in America, quando le ho chiesto di riprovarci, di riprendere il mio cuore.

La luce del sole si attenuò, filtrando appena dalle fronde degli alberi, quindi divenne di nuovo accecante mentre usciva nella radura.

Candy che gioca con me sulla neve, mentre la lascio andare per sempre fra le braccia di Albert. Il loro matrimonio assieme a quello di Annie e Archie, il mio sorriso sincero quando mi congratulo con loro. Le lacrime, di nuovo il sorriso. Josephine. Un arrivederci che sa di addio. Il mio cuore che...

"Attento, Anthony!". Albert e Candy, a una voce. Gli zoccoli dei cavalli che ora sente scalpitare netti alle proprie spalle. Un daino sulla sua traiettoria e lui, troppo distratto dai ricordi, che non riesce quasi a evitarlo.

Anthony tirò forte le briglie per evitare l'animale, il suo corpo venne sbalzato indietro. Mentre cadeva, perdendo la presa e il cavallo s'impennava, udì un richiamo colmo di dolore e disperazione.

Il richiamo della sua Candy.

 
- § -
 
 
Candy osservava il corpo inerme di Anthony nel letto d'ospedale. Il pallore del volto rendeva ancora più netto il contrasto con i capelli color grano. Intorno al capo, una benda lo avvolgeva scompigliando le ciocche.

"Ti prego, Anthony, svegliati! Eravamo così felici che fossi venuto a trovarci! Non può essere successo davvero, non... può".

Erano appena tornati dal viaggio di nozze, tutto era come una favola: e si era appena trasformato in un incubo. Era come se un'entità malvagia la stesse punendo per aver fatto soffrire tanto il ragazzo col viso d'angelo che sembrava riposare in un sonno profondo.

La rincorsa affannosa per cercarlo, il cavallo lanciato al galoppo, gli zoccoli del proprio che stava cavalcando con Albert. E Anthony che cadeva, riportandola indietro nel tempo, come se allora tutto si fosse cristallizzato per continuare otto anni dopo. Con un epilogo molto diverso.

Suo marito, seduto accanto a lei, la strinse per le spalle, cercando di confortarla e, forse, di confortare se stesso: "Coraggio, Candy, sono sicuro che il nostro Anthony è forte. Ha troppe cose da fare in questo mondo per lasciarci". La voce di Albert era un po' incrinata.

"Perché non si è fermato quando lo abbiamo chiamato? Albert... pensi che sia successo qualcosa tra lui e Josephine? Dobbiamo avvisarla!".

Non so neanche se tra loro sia mai davvero sbocciato qualcosa d'importante, non ho mai osato chiederglielo...

Lui sospirò, fissando il nipote con espressione triste: "Non lo so, Candy, l'ultima notizia che ho è che lei è tornata in Francia dopo che si sono incontrati in Scozia, ma si scrivono spesso. Recupererò il suo indirizzo da una delle lettere di Anthony e le manderò un telegramma".

Candy annuì e carezzò il viso del ragazzo che amava come un fratello e per cui avrebbe dato parte della sua vita. Il suo tocco dovette sortire un qualche effetto su di lui, perché le palpebre tremarono e, mentre gli occhi si aprivano, udì anche l'ansito stupito di Albert.

"Candy, Albert...". La voce non era nulla di più di un mormorio sommesso, ma le fece salire le lacrime agli occhi.

"Anthony, caro, come ti senti?", chiese stringendogli la mano. Il suo istinto d'infermiera le gridò che poteva farcela, eppure...

Eppure è stato a lungo privo di sensi e secondo il dottore potrebbe avere un'emorragia cerebrale fatale...

No, non voleva pensarci, anzi, non doveva. Forse, se si fosse convinta che Anthony sarebbe sopravvissuto, sarebbe accaduto sul serio.

"Ti sembrano scherzi da fare, nipote?", disse Albert cercando di usare un tono leggero.

"Vedervi qui, accanto a me, mi fa stare bene. Siete... meravigliosi insieme. Il vostro destino... era scritto fin dall'inizio. Ora lo so".

Candy spalancò gli occhi, sorpresa.

"Anthony, perché parli così? Ora vado a chiamare il medico...". Si stava già alzando, ma Albert la trattenne e un'espressione allarmata gli increspò i lineamenti. Accennò ad Anthony, che sembrava voler dire loro qualcosa di importante.

No, non sono le sue ultime parole. Dio, fa' che non sia così...

Le loro mani si strinsero forte, intrecciandosi, e lo sguardo di Anthony si fissò proprio su di esse: "L'ho visto. Ovunque, in ogni tempo, in ogni luogo. Questo legame è così speciale! Grazie, grazie per amarmi tanto. Sono felice. Sono felice per voi". La mano, debole e pallida al pari del viso, si posò sulle loro come dando una benedizione.

"Anthony, devi vivere! Mi senti? Devi vivere, vogliamo che tu resti con noi!". Il tono di Candy divenne urgente, le lacrime ormai l'accecavano mentre si protendeva verso di lui e Albert portava la mano che non le stringeva su quella gelida di Anthony. E vi unì la propria. Insieme, tentarono di trattenerla mentre scivolava via.

Erano allacciati, tutti e tre, in quel destino di cui Anthony parlava con tanta passione.

"Devi vivere, devi vivere!", ripeté.

 
- § -
 
 
Chicago, 1920, notte

"Devi vivere... devi vivere". Albert udì la propria voce sussurrare quella frase, ripeterla mentre lacrime silenziose gli scendevano sulle guance e infine apriva gli occhi, nell'oscurità della propria stanza.

Sbatté le palpebre, mettendo a fuoco a malapena ciò che aveva intorno.

La finestra sul lato destro, con le imposte aperte che gli mostrarono l'ultimo quarto di luna accarezzato da lunghe nubi scure come dita scheletriche; il comodino con la lampada spenta e un bicchiere d'acqua pieno per metà; l'armadio in pesante mogano.

Lentamente, si alzò a sedere, accese la lampada e si asciugò gli occhi, sentendosi come se avesse vissuto un'intera vita in un sogno. Che era appena mutato in incubo.
Si prese la testa fra le mani, confuso. Aveva di nuovo perso la memoria? Perché il ricordo di due esistenze differenti si accavallava nella sua mente facendolo impazzire? Passò le dita sugli occhi, le strofinò sulle tempie e sobbalzò quando udì il fruscio dei vestiti e il rumore di passi.

"Mi dispiace".

Con un singulto gutturale, Albert si ritrasse per la sorpresa.

"Anthony?", mormorò incredulo. "Allora stai bene?". No, sapeva che la domanda aveva qualcosa di sbagliato e la riformulò. "Cosa è successo?".

"Hai scoperto ciò che desideravi conoscere. Alla fine, lei sarà sempre innamorata di te".

L'ho visto. Ovunque, in ogni tempo, in ogni luogo.

"Ma come.. come ho fatto a... come è possibile tutto questo, Anthony? Scusami, ti confesso che mi sento un bel po' stordito... peggio di quando ho perso la memoria". Scosse forte il capo, per scacciare l'emicrania e la confusione.

"Per questo mi sono scusato, poco fa. Nessuno dovrebbe avere ricordi di più di una vita alla volta. Te ne dimenticherai, poco a poco, te lo prometto, e tutto ti sembrerà solo un sogno vivido", spiegò con un sorriso.

"Vuoi dire che è successo veramente?".

Il sorriso divenne una risatina: "Questo e... molto altro. Ciò che l'altro Anthony vi ha confessato in quel letto d'ospedale è vero: non esistono mondi dove voi non siate insieme. Eccetto forse un paio, ma non credo t'interessi", concluse stringendosi nelle spalle come se l'enormità celata dietro quell'affermazione fosse cosa di poco conto.

Aveva parlato di mondi?

"Continuo a non comprendere molto bene come sia possibile tutto ciò... ma immagino che devo imparare la lezione". E la lezione era che Candy era sua, in ogni caso. E che doveva solo attendere che il sole sorgesse per dirglielo. Forse neanche quello.

"No, zio, non è una lezione. Volevo solo mostrarti che c'è un legame indistruttibile tra voi e che Candy non mi amerà mai abbastanza o abbastanza a lungo. Persino con Terence non ha che un unico futuro alternativo che non è nemmeno troppo... Ma non voglio parlarti di ciò che non ti riguarda".

Anche se non gli stava dando che poche, frammentarie notizie che afferrava a malapena, Albert si sentì sopraffatto. Tuttavia, c'era una cosa che doveva sapere e doveva saperla subito: "Tu sopravvivrai? In quel mondo che ho visto... ti salverai o...?".

"Non hai bisogno di saperlo, Albert. Tu vivi qui e non ti rimarrà nulla di quei ricordi, se non la traccia di un sogno fugace. Smetti di ancorarti al passato e vivi il futuro con lei. Ricordi? Sei tu quello che deve renderla felice. Non io e nemmeno Terence".

Albert sospirò, scese dal letto e fronteggiò brevemente Anthony prima di abbracciarlo. Lo sentì solido fra le sue braccia e non poté fare a meno di sentire gli occhi riempirsi di lacrime: "Non so come ringraziarti, Anthony. Tu hai fatto tanto per me che non ho mai fatto nulla per te. E non mi abituerò mai a un mondo dove tu...". Soffocò le ultime parole in un singhiozzo, chinando il capo sulla nuca di lui. Profumava di rose, quasi come Candy. La sua innocenza di ragazzino sarebbe rimasta cristallizzata nell'eternità.

"Non piangere per me, Albert. Io sono felice di ciò che ho vissuto. In questo mondo, perlomeno sono rimasto fino all'ultimo istante con l'illusione che Candy amasse solo me".

Albert si scostò un poco per guardare il viso così simile a quello di Rosemary e lo prese fra le mani, baciandolo sulla fronte: "Ti voglio bene, Anthony. Sarai sempre nei nostri ricordi".

"Lo so", disse lui semplicemente. "Ora, da bravo, torna a dormire".

Albert lo guardò ancora per qualche istante e non fece domande su quella richiesta strana. Probabilmente faceva parte del gioco. O della magia. O del miracolo. O di qualunque cosa fosse. Si sdraiò senza staccare lo sguardo da lui e vide il suo ultimo sorriso prima di chiudere gli occhi.

Fu come spegnere un interruttore.

Chicago, 1920, mattino

Albert strinse le palpebre, sentendo la luce del sole colpirle. Le sbatté brevemente e aprì un occhio, poi l'altro e si schermò con un braccio.
Il sole, quella mattina, era accecante.

Senza perdere altro tempo, si alzò dal letto e andò alla finestra alzando le braccia per stirare tutti i muscoli del corpo, con un grugnito soddisfatto. Restò per un istante in quella posizione, gelato, con un'espressione di stupore che si delineava sul viso.

Cosa diamine ho sognato stanotte?!

Lasciò ricadere pesantemente le braccia e aggrottò le sopracciglia, strofinandosi la fronte con due dita, frugando nella mente.

Anthony. Ho visto Anthony. E c'era Candy. Mi diceva qualcosa di Candy. Possibile che fosse cresciuto? E lei... lei mi baciava! Dio... ricordo persino un abbraccio.

Di colpo, tutto gli ritornò in testa come un'ondata in pieno volto che rischiò di annegarlo. Anthony gli aveva fatto provare la sensazione fisica delle braccia di sua madre quando era appena nato. E gli aveva fatto comprendere quanto fosse sciocco continuare a rimandare la conversazione con Candy.
Perché Candy lo amava, almeno quanto Albert amava lei.

Ma come? Come l'ho capito? E perché ricordo un bacio che non c'è mai stato?

Albert ebbe dei flash di eventi che non erano mai davvero accaduti: lui che guidava una vettura accanto a un Anthony ventenne; Candy che entrava nella sua stanza mentre preparava una valigia. E quel bacio...

Scuotendo la testa con vigore, Albert si disse che perlomeno quello poteva ricrearlo e ci avrebbe pensato fin da subito, andando da lei e dandole il buongiorno come aveva sempre desiderato fare.

Corse sotto la doccia, si vestì e scese il più silenziosamente possibile in cucina.

 
- § -
 
 
Candy sentì qualcosa che le solleticava il naso e arricciò le labbra, con una smorfia di fastidio. Quasi immediatamente, però, sentì un profumo noto e sorrise, aprendo gli occhi: la Dolce Candy sembrava brillare alla luce del sole.

Alzò gli occhi girandosi un poco per capire chi la tenesse in mano e incontrò quelli celesti di Albert. Sorrideva, seduto sul suo letto, e con la coda dell'occhio si rese conto che c'era un vassoio con la colazione sul comodino.

Stupita ed emozionata, si mise a sedere a sua volta, ormai completamente sveglia.

"Albert! Hai fatto tutto questo... per me?", chiese prendendo in mano la rosa che le porgeva e scoccando un'occhiata alla caraffa di caffè, ai toast e alle uova.

Lui annuì: "Avevo proprio voglia di darti un buongiorno speciale, questa mattina. E sai perché?".

Di colpo, Candy sentì che tutto intorno a lei scompariva. Rimanevano il profumo della rosa e il sorriso dolce e sereno di Albert. E, ovviamente, il cuore che cominciava a battere più forte nel petto.

Ci siamo! Sta davvero per dirmelo? Oh, Dio, non reggerò a tanta emozione!

"Perché?", chiese respirando a malapena.

Albert si chinò di un altro pollice verso di lei: "Perché oggi voglio confessarti cosa si cela nel mio cuore da molto, molto tempo, Candy".

Chiuse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime di gioia perlomeno finché Albert non avesse parlato. Li riaprì e si rese conto che era impossibile.

Candy lasciò che la voce dell'uomo che amava la cullasse prima di far esplodere il suo cuore di felicità.



Epilogo

Albert attraversò il Giardino delle Rose per l'ultima volta e trovò Candy china su una di quelle che Anthony le aveva dedicato, tanti anni prima, e che portava il suo nome. Vide la scia luminosa di una lacrima scenderle sul viso, baciata dai raggi dell'ultimo sole estivo, e gli si strinse per un attimo il cuore.

Nel momento in cui lei si voltò per guardarlo, però, il sorriso che gli rivolse gli fece capire che, dopotutto, forse stava solo dando l'addio al loro giardino.

"Sei molto più carina quando ridi che quando piangi", non poté fare a meno di dirle.

E la frase del suo Principe ebbe il potere magico di far diventare quel sorriso una risata colma di gioia, mentre lei gli si gettava fra le braccia. L'accolse stringendola e affondando il naso fra i riccioli dorati che sapevano a loro volta di rose.

"Piccolo Bert...".

E il viso ancora affondato nel proprio petto divenne per un momento quello di Rosemary. Sua sorella, con il piccolo Anthony accanto, seduta in quello stesso giardino. Candy gli mostrò gli occhi asciutti e brillanti e Albert si sentì, ancora una volta, l'uomo più fortunato del mondo.

"Possiamo ancora cercare di sistemare le cose in modo diverso...", tentò, sapendo che era quasi impossibile.

Candy scosse la testa: "Non è necessario, Albert, davvero. Non ti nascondo che mi si spezza il cuore al pensiero che non rivedrò più Lakewood, ma so che se solo rimarremo insieme, ogni luogo sarà meraviglioso. E tu hai degli affari da seguire in Scozia".

Lui sospirò: "Sì, è così, non posso più rimandare. Avrei anche potuto tenere la proprietà, ma la zia Elroy con i suoi malanni è costretta a rimanere a Chicago, dove i medici possono seguirla meglio, e Archie e Annie non tornano qui da quando si sono sposati. Ora che ce ne andiamo anche noi rimarrebbe abbandonata".

"Lo so, tesoro, ne abbiamo già parlato. La ragione ci dice che è giusto, ma il cuore resta legato qui, vero?". Candy si scostò un poco dal suo abbraccio e rimasero per alcuni istanti a guardare i petali dei fiori che venivano dispersi dal vento che si era alzato. Bianco, rosso, lilla, giallo, tutti i colori vorticavano in un arcobaleno confuso di profumi.

"I fiori muoiono e rinascono ancora più belli. Le persone muoiono e rinascono ancora più splendide nel cuore di chi resta", disse Albert con voce roca, citando le parole che gli aveva riportato Candy tempo prima.

"Sono le parole di Anthony... le parole di Rosemary...", aggiunse infatti, chiudendo gli occhi. Di certo, stava ricordando anche che il medesimo vento, che preannunciava l'autunno, si era alzato allo stesso modo il giorno prima che suo nipote morisse.

Nel bosco c'erano ancora i fiori che Albert aveva piantato in sua memoria. E in quel luogo avevano perdonato loro stessi per una colpa che non avevano. Un tragico incidente aveva spezzato la vita di Anthony a soli quindici anni e non c'era nulla che loro potessero fare per cambiare quella triste realtà, se non portarlo nel cuore per il resto dei loro giorni.

Sei tu quello che deve renderla felice.

Albert sbatté le palpebre: da dove veniva quel ricordo? Era... la voce di Anthony? Impossibile, non si erano più parlati da quando lui se n'era andato di casa per vivere come un vagabondo e, l'ultima volta che l'aveva visto, il nipote era solo un bambino.

Candy lo stava guardando e lui, colto da un impulso che non poté trattenere, si chinò un poco per baciarla. Per baciare sua moglie, la futura madre dei suoi figli, se Dio avesse voluto.

"È un simbolico bacio d'addio per Lakewood?".

"No, è un bacio d'amore alla donna che amo", disse con un sorriso, offrendole il braccio.

Lei gli si strinse, seguendolo fino alla porta d'entrata: "Ti amo anche io, Albert. Ti amerò sempre e ovunque ce ne andremo".

"Fino ai confini del mondo?", chiese lui inarcando un sopracciglio e sorridendole mentre entravano.

"Fino ai confini e oltre", confermò lei e la porta si richiuse alle loro spalle.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4046563