Il Pantheon di Haikyuu

di LorasWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: L'inizio ***
Capitolo 2: *** Mito 1: La reclusione di Daichi e Suga ***
Capitolo 3: *** Mito 2: Il Dio di tutto ***
Capitolo 4: *** Mito 3: La nascita di Yama ***
Capitolo 5: *** Mito 4: La trasformazione di Sunarin ***
Capitolo 6: *** Mito 5: Una notte l'anno ***
Capitolo 7: *** Mito 6: Lo scontro tragico ***
Capitolo 8: *** Mito 7: Anime gemelle ***
Capitolo 9: *** Mito 8: La creazione di Kuro ***
Capitolo 10: *** Mito 9: Le reincarnazioni di Iwaizumi ***
Capitolo 11: *** Mito 10: La musica e la medicina ***
Capitolo 12: *** Mito 11: Le quattro stagioni ***



Capitolo 1
*** Prologo: L'inizio ***


Ciao a tutti e buon inizio settimana!
Oggi inizio la pubblicazione di questa storia che ormai ho salvata in una cartella del pc da tipo un anno, era arrivato il momento ahaha
Vi lascio alcune info per capire al meglio quello che troverete:
-La storia è ambientata in un universo fantasy/medievale;
-I personaggi sono o Dei, o sacerdoti di questi o semplici umani che raccontano le loro storie;
-Tutti i personaggi citati sono di Haikyuu, ma se non riconoscete alcuni nomi è perché avevo bisogno di altri personaggi e ho usato degli OC;
-Ogni capitolo si suddividerà in mito (scritto in corsivo) e poi una parte ambientata nel mondo mortale e una nel mondo divino;
-Ho preso spunto per i racconti sia dal pantheon greco/romano che da quello egiziano;
-I miti in totale saranno 11, qui di seguito vi lascio invece il prologo: il breve mito sulla creazione di questo mondo;
-La pubblicazione avverrà ogni lunedì.
Spero che vi possa interessare questa nuova raccolta e grazie in anticipo per seguirmi.
Buona lettura e alla prossima settimana!
Deh






Prologo: L'inizio

In principio era il nulla, poi una scintilla.
Una scintilla che le storie chiamano Furudate e che creò l'universo.
Nacquero gli dei e con loro tutto ciò che governavano.
Furudate creò Ushijima e Tendo, con loro arrivarono rispettivamente il cielo e il sottosuolo.
Con l'arrivo del cielo nacque Hinata, dio del sole, e nacque Tsukishima, dio della luna.
Furono creati Bokuto e Akaashi, uno il dio del caos e l'altro il dio dell'equilibrio. Amanti inseparabili per evitare che una delle due forze potesse prevalere sull'altra.
Furudate, in seguito, creò Daichi e Suga. I due dei camminarono sulla terra spoglia e silenziosa e crearono la vita. Daichi si occupò degli oceani e dei fiumi, mentre Suga pensava alle piante e agli animali. Infine, i due amanti si ritrovarono e con il fango crearono gli esseri umani, diventando i genitori di ognuno di loro.
Con gli umani nacquero nuovi dei.
Arrivo Miya, dio del libero arbitrio, che subito si divise in due parti uguali: Atsumu, dio della scelta istintiva, e Osamu, dio della scelta razionale.
Nacque Kiyoomi, dio della ragione.
Nacque Oikawa, dio dell'amore.
E infine nacque Kenma, dio dei gatti. Animali sacri che vennero affidati agli umani, i quali adesso potevano essere controllati e aiutati dagli dei che li fissavano attraverso i loro occhi.

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Capitolo 2
*** Mito 1: La reclusione di Daichi e Suga ***


Mito 1: La reclusione di Daichi e Suga


-Papà, papà- chiamò Kaoru dal suo posto sul carretto accanto al padre –perché Daichi e Suga non vengono mai pregati, ma hanno così tante statue?
Tanaka Ryunosuke stava vivendo la vita che aveva sempre desiderato.
Abitava in una modesta casa in campagna e qui, lui e la sua famiglia, vivevano di quello che coltivavano. Aveva sposato Kiyoko e con lei aveva generato, per il momento, tre figli.
Kaoru, che aveva sei anni ed era il più grande, quel giorno aveva deciso di accompagnarlo al villaggio per vendere parte del loro raccolto. Il figlio di tre anni invece era rimasto a casa ad aiutare la madre, abbastanza vicina al parto del terzo figlio.
Il bambino fece quella domanda quando vide la statua in pietra dei due dei in questione, messi in prossimità della strada, poco prima di un ponte che faceva attraversare un fiume.
Ryu sorrise –Non è esattamente così, vengono pregati.
-Allora perché non ci sono templi per loro?
-Vuoi che ti racconti la loro storia?
Il bambino s’illuminò e annuì velocemente mentre dava tutta la propria attenzione al padre.
 
Furudate creò Daichi e Suga e questi portarono la vita nel mondo.
Suga fece crescere le piante e tutte le specie animali, camminò in lungo e in largo plasmando e creando tutti gli esseri viventi oggi conosciuti.
Daichi portò l’acqua nel mondo, poiché senza l’acqua nessuna delle creazioni di Suga sarebbe mai potuta sopravvivere.
I due dei rimasero separati per tantissimo tempo, portando alla perfezione ogni parte dell’intero mondo, per poi rincontrarsi nello stesso luogo dove si erano separati.
Si amarono nel fando, l’unione delle loro due creazioni, terra e acqua, e con questo poi realizzarono il primo essere umano a loro immagine e somiglianza.
Suga s’innamorò subito degli esseri umani e, insieme a Daichi, divennero i genitori di questi. Popolarono il mondo con le diverse razze, gli insegnarono a sopravvivere, a riprodursi e a pensare.
Infine si ritirarono nel mondo celeste, nessuno li ha più visti, ma non per questo hanno smesso di vegliare sugli umani.
 
-Non ho capito- disse Kaoru, alla fine della storia, con un piccolo broncio in volto.
Ryu rise –Daichi e Suga hanno fatto tantissimo per questo mondo e per gli esseri umani, adesso meritano un po' di pace, non pensi?
Il bambino rifletté su quelle parole, per poi annuire non del tutto sicuro –ma allora perché ci sono le statue? E non i templi?
-Le statue servono a ricordare alle persone quello che loro due hanno fatto per tutti noi. I templi servono per le offerte e le richieste agli dei, ma Daichi e Suga non ne hanno bisogno. Quando chiedi qualcosa a me o alla mamma, non ci fai un regalo in cambio, giusto? La gente prega Suga e Daichi nel privato, ringraziandoli per la vita e chiedendo magari aiuto per una gravidanza. Loro saranno sempre lì ad aiutarci.
Kaoru, che finalmente aveva compreso quello che il padre aveva provato a spiegargli nell’ultima mezz’ora, annuì convinto e affermò –Allora chiederò che la mamma stia bene e anche il nuovo fratellino o sorellina!
Ryu sorrise commosso mentre allungava il braccio e se lo stringeva contro per baciargli la testa –Tu continua ad essere un così bravo bambino e loro ti ascolteranno per forza.
 
-
 
Il mondo celeste era immenso e senza veri e propri confini.
Era formato da un enorme palazzo che s’ingrandiva in base alle necessità o alla nascita dei nuovi dei.
Le divinità vivevano all’interno del palazzo e fuori di esso come se fosse un paradiso, qui ascoltavano le preghiere degli umani e intervenivano quando volevano, ma soprattutto vivevano delle vere e proprie vite esattamente come loro, con l’unica differenza che non potevano morire.
Erano come una grande famiglia, ognuno di loro che si incontravano nei corridoi o interagivano per un motivo o per un altro.
Tutti conoscevano tutti, tranne Daichi e Suga.
Solo i primi dei che Furudate aveva creato potevano vantare il fatto di averli conosciuti, di aver addirittura parlato con loro. Per tutti gli altri erano una leggenda, ma non per questo non avevano la certezza che esistessero.
C’era una grande porta dorata, nel palazzo, che nessuno di loro era mai riuscito ad aprire.
Si diceva che dietro di questa si fossero reclusi volontariamente Daichi e Suga, che al suo interno c’era il loro paradiso personale.
C’era chi affermava che passassero tutto il giorno a fare l’amore, chi a mangiare. Probabilmente erano vere entrambe le voci, ma quello che soprattutto facevano era seguire la vita degli esseri umani che loro stessi avevano creato, piangendo e ridendo insieme a loro.
Perché è questo che fanno dei genitori: ti danno tutto ciò che ti serve per affrontare la vita, ma ti lasciano libero di agire come meglio credi.

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Capitolo 3
*** Mito 2: Il Dio di tutto ***


Mito 2: Il Dio di tutto

Gli dei non erano le uniche creature a poter essere definite immortali. Ne esistevano abbastanza all’interno della mitologia, ma soprattutto, esistevano coloro ai quali gli dei stessi concedevano questo potere: gli eroi e i sacerdoti. Questi ultimi erano molto importanti nella lunga esistenza degli dei stessi. Questo perché, come tutti sanno, un dio non può esistere se i suoi fedeli si dimenticano di lui, di conseguenza è compito dei sacerdoti fare in modo che questo non avvenga.
I sacerdoti nascono come semplici mortali, essere umani con una fede talmente grande che decidono di consacrare tutta la loro vita a un dio in particolare. In questo periodo della loro vita, se riescono a fare qualcosa di grande per il dio, qualcosa che attiri la sua attenzione e che lo porti a pensare che non vorrà mai un altro sacerdote all’infuori di questo, potrebbero avere la possibilità di raggiungere l’immortalità donata da quel dio che tanto venerano.
E così era stato per Makki e Mattsun, sacerdoti di Oikawa fin quasi dall’inizio dei tempi. Il dio dell’amore non riusciva più a ricordare il periodo che li precedeva.
Makki e Mattsun erano particolari come sacerdoti, erano di quei tipi che non si facevano problemi a scherzare o a mettere non proprio in una bella luce il loro dio, cosa che qualcun altro non si sarebbe mai sognato di fare.
Ma Oikawa li aveva scelti perché era il dio dell’amore e in loro era riuscito a vedere tutto quello che aveva sempre professato. Loro non avevano bisogno di riempire i riti di lunghi sermoni per far capire il credo di Oikawa, a loro bastava essere se stessi, perché anche un cieco avrebbe potuto vedere quello che li univa. Inoltre, erano stati gli unici a non prendersi un’infatuazione morbosa nei confronti del dio. Oikawa si era sentito talmente sollevato da questo che li aveva resi immortali senza pensare alle conseguenze.
Prima di fare una cosa tanto grande, di solito gli dei chiedevano il permesso. Oikawa non lo fece, ma per sua fortuna Makki e Mattsun presero la cosa più che bene con la promessa che “si sarebbero divertiti”.
Oikawa non aveva minimamente pensato che i due avrebbero iniziato a divertirsi anche a sue spese. Ma fu proprio per colpa loro che, oltre il dio dell’amore, Oikawa divenne il dio di un po’ tutto.
 
-Issei- chiamò sottovoce Hanamaki mentre raggiungeva il suo compagno -c’è quell’uomo che non vuole lasciare una donazione perché non è sicuro che la sua richiesta possa andare bene a Oikawa. Non vede che abbiamo bisogno dei suoi soldi? Stiamo cadendo a pezzi qui!
Non era propriamente vero, ma nessuno aveva bisogno di saperlo.
Matsukawa sorrise e rispose -Ci penso io.
Si avvicinò all’uomo e iniziò a parlare -Signore! Di quale miracolo ha bisogno oggi?
Questo lo fissò sospettoso, poi disse cauto -Dimostrerò il mio amore alla donna di cui sono innamorato con una canzone. Spero che mi accetterà.
-Se vuole andare sul sicuro, perché non pregare il nostro caro e benevolo dio dell’amore?
-Non sono sicuro che possa essere d’accordo sulla canzone, forse dovrei pregare Sem…
-Non si pronunciano i nomi degli altri dei qui dentro!- lo rimproverò interrompendolo a metà -In ogni caso si sta sbagliando, Oikawa protegge le canzoni d’amore, non conosce il racconto dell’usignolo?
-No…?- rispose l’uomo ancora più sospettoso.
-Suvvia! Un tassello così importante nella storia del nostro dio non può essere ignorata tanto facilmente!
Poi iniziò a raccontare una storia che si inventò sul momento.
 
Ricolmo d’amore, il dio Oikawa passava diverso tempo sulla terra a donare i propri miracoli a chi avesse bisogno di aiuto nelle questioni sentimentali.
Ogni essere vivente meritava di trovare l’amore vero nella propria vita e gli animali non erano da meno.
In una di queste sue passeggiate, sentì il suo cuore spezzarsi al pianto di un usignolo che cantava triste e solo su un albero. Gli chiese quale fosse il problema e, alla risposta che l’uccellina che amava non si era mai accorta di lui, Oikawa non poté fare a meno che benedire la sua voce in modo che questo potesse conquistarla.
 
Così, Oikawa divenne il dio delle serenate.
Non passò molto tempo che anche Makki inventò la sua nuova storia.
-Oh piccola- sospirò mentre passava una mano sulla schiena di una ragazza con dei tortini tra le braccia e la costringeva, non troppo velatamente, ad entrare all’interno del tempio -Certo che Oikawa benedirà i tuoi tortini! Non conosci la storia di Naomi?
Era stato il primo nome che era passato per la mente di Takahiro, forse perché l’aveva sentito urlare ad una donna qualche minuto prima.
La ragazza lo fissò sospettosa, ma scosse comunque la testa pronta ad ascoltare.
 
Ricolmo d’amore, il dio Oikawa passava diverso tempo sulla terra a donare i propri miracoli a chi avesse bisogno di aiuto nelle questioni sentimentali.
Fu in una di queste sue passeggiate che incontrò Naomi l’ingorda.
Tutto quello che la ragazza faceva e voleva fare nella vita era mangiare, amava il cibo e i suoi genitori erano disperati da ciò, poiché avevano bisogno che si trovasse un marito.
Questi chiesero aiuto a Oikawa, il quale benedì un dolce che ella amava: non appena l’avrebbe assaggiato, si sarebbe accorta dell’uomo che l’aveva preparato.
Fu così che Naomi trovò il suo vero amore grazie alla benedizione dei dolci.
 
Di conseguenza, Oikawa divenne anche il dio dei dolci.
Makki e Mattsun ci avevano ormai preso la mano ed era diventato facile gestire e inventare sempre nuove storie, bastava che iniziassero tutte allo stesso modo e seguissero lo stesso schema.
Oikawa divenne quindi anche il dio dei fiori, dell’arcobaleno, dei soldi, delle poesie e di molto altro.
Certo, non era il dio di tutto ciò tutto insieme, poiché le persone non riuscivano a stare al passo con ogni aggiornamento, ma si poteva dire che era abbastanza plasmabile.
Makki e Mattsun non erano preoccupati della reazione del loro dio, sapevano quanto amasse stare al centro dell’attenzione e quale modo migliore di questo? Ci guadagnavano tutti.

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Capitolo 4
*** Mito 3: La nascita di Yama ***


Mito 3: La nascita di Yama

Yachi Hitoka era la terzogenita di una famiglia nobile.
Non aveva alcuna preoccupazione nella vita, viveva nel lusso e sapeva che non doveva neanche pensare al proprio futuro perché sarebbe stato il padre o i fratelli più grandi a trovarle un marito.
A lei andava bene così, questo fino a quando non scoprì com’era davvero il mondo fuori dalle mura del suo palazzo.
L’ingiustizia e la povertà in cui dovevano vivere la maggior parte delle persone era una cosa che non riusciva a farla dormire la notte e, con fermezza, decise che non voleva sposarsi, ma che avrebbe seguito la via della religione.
Non fu difficile convincere la propria famiglia, nessuno si aspettava nulla da lei ed era una cosa comune seguire la religione per i figli più piccoli delle famiglie nobiliari.
Divenne devota a Tsukishima, dio della luna, e ogni notte ce la metteva tutta nell’aiutare tutte le persone che non avevano avuto la sua stessa fortuna, portando loro da mangiare o offrendo coperte e riparo nei periodi freddi e di pioggia.
Fu in una di queste sere che incontrò Emiko e, grazie a lei, nacque la storia della nascita di Yama.
Gli dei erano immortali, avevano poteri e potevano fare quello che volevano. Le persone li pregavano e veneravano, ma quello che dimenticavano spesso era che, in realtà, il potere era nelle loro mani.
Sì, gli dei aiutavano gli umani, ma se questi esistevano era solo grazie a loro. Solo grazie alle loro preghiere e al loro credo che questi potevano continuare ad esistere.
E così come gli umani avevano il potere di distruggere un dio dimenticandolo, avevano anche il potere di farne nascere di nuovi.
Emiko era una bambina di circa cinque anni, la madre la lasciò di fronte al tempio di Tsukishima una notte che nevicava e fuggì via prima che qualcuno riuscisse a fermarla.
A Yachi fu detto di portare quella bambina in stanza e di occuparsi di lei, cosa che fece senza problemi.
Per prima cosa le diede da bere e da mangiare, poi le fece un bagno caldo, facendole indossare dei vestiti puliti.
La stanza era illuminata da una semplice candela che rischiarava l’ambiente quel tanto che bastava per permettere alle due persone di vederci.
Erano sedute sul letto e Yachi le stava districando i capelli annodati con una spazzola di legno.
La bambina la fissava attraverso lo specchio che aveva di fronte, poi chiese -La mamma mi ha lasciato qui perché sono destinata a rimanere sola come questo dio?
Yachi fece un sussulto per quella domanda inaspettata, la fissò con tenerezza e rispose con voce dolce -Non sei sola. E neanche Tsukishima lo è.
-No?- domandò lei incerta -ma la luna è sempre sola.
-Certo che no! Non conosci la storia di Yama?
Emiko strabuzzò gli occhi e scosse la testa velocemente, voltandosi verso la bionda pronta ad ascoltare il racconto.
In realtà, non esisteva alcuna storia di Yama. Ma Yachi non ebbe problemi a inventarsi tutto sul momento. In fondo, non stava facendo del male a nessuno.
 
La luna e il sole sono così simili ma anche così diversi.
Due cerchi nel cielo che si alternano nel decorare rispettivamente la notte e il giorno.
E se da un lato il sole splende come se dovesse mostrare a tutti di essere lì, la luna è più riservata e discreta, pronta a dare quella minima luce che ti impedisce solamente di cadere in un fosso.
La notte porta il silenzio, la malinconia, la riflessione e la solitudine.
La notte fa pensare di essere soli a questo mondo e guardare la luna, così sola in mezzo a tutto quel nero, non può far altro che avvalere questa teoria.
Ma se si guarda con attenzione, si potrà notare facilmente che la luna non è mai sola, che è sempre circondata da miliardi di stelle.
Le stelle sono piccole e non fanno luce, ma non per questo non sono presenti e possono aiutare le persone in modi che nessuno avrebbe mai potuto immaginare, come seguire una costellazione per non perdersi in mare.
Yama è il dio di queste stelle. Aiuta le persone nel silenzio della notte, ma soprattutto tiene compagnia a Tsukishima nel suo viaggio nel cielo.
Perché nessuno, neanche un dio, è mai davvero solo al mondo.
 
Emiko aveva gli occhi grandi e luminosi, Yachi sorrise soddisfatta di quella reazione, poi portò una mano al viso della bambina e le accarezzò le lentiggini.
-Vedi? Il volto di Yama è proprio così, con le stelle sulle guance.
Emiko si voltò di scatto verso lo specchio e chiese incredula -Queste sono stelle?
-Sì. Sono sicura che la tua mamma lo sapeva, per questo ti ha portato qui.
Era una bugia, ma fu ciò che portò un cambiamento importante nella vita di Emiko. Fu ciò che le fece capire che aveva un posto nel mondo e fu ciò che la portò a diventare la prima sacerdotessa di Yama, il dio delle stelle.
 
-
 
Tsukishima passava ogni notte a guardare il mondo dalla sua luna.
Ogni notte, in silenzio, si posizionava seduto a gambe incrociate e fissava tutto quello che avveniva di sotto, sia le cose belle che quelle brutte. Seguiva tutto ciò che le sue sacerdotesse facevano per migliorare, almeno un pò, quel mondo così marcio che di notte sembrava legittimato a fare tutto quello che non aveva il coraggio di fare alla luce del sole.
Era una routine che svolgeva dalla sua nascita e che si ripeteva all’infinito. E poi il più grande dei cambiamenti: l’arrivo di Yama.
Tsukishima non era certo di come fosse nato, sapeva solo che un giorno era arrivato questo nuovo dio con un aspetto giovane, i capelli scuri, il volto sorridente e le guance costellate da puntini luminosi, così come le sue stelle.
-Ti va se ti faccio compagnia?- gli aveva chiesto.
Tsukishima era stato preso talmente tanto alla sprovvista che aveva risposto in fretta e nel suo solito modo infastidito “no”.
Questo però non sembrava aver dato problemi all’altro dio, perché si era limitato a ridere e a sedersi al suo fianco.
-Non trovi che la notte sia stupenda? Il mondo è più bello quando le persone dormono.
E così era iniziata la loro prima conversazione, fatta sottovoce e con la delicatezza di chi aveva paura di rompere qualcosa di prezioso.
Fu così che nacque una nuova routine per Tsukishima, una routine che non avrebbe cambiato per nient’altro al mondo.
Divennero inseparabili, poiché non esisteva la luna senza le stelle e viceversa.
Per loro l’unica cosa importante era esserci, anche solo per passare tutta la notte in silenzio, era importante la presenza dell’altro.
Poiché nessuno, mai, dovrebbe stare da solo.

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Capitolo 5
*** Mito 4: La trasformazione di Sunarin ***


Mito 4: La trasformazione di Sunarin
 
Sunarin aveva fatto compagnia a Miya fin dall’inizio dei tempi.
Era la volpe di compagnia di entrambi, il loro spirito guida che riusciva a portarli sulla giusta via nel momento del bisogno.
Ma c’era un motivo se questa stava sempre, o quasi, in compagnia di Osamu: era per l’amore che provava nei suoi confronti. Un amore che andava oltre tutto e che veniva ampiamente ricambiato dal suo dio.
 
Ginjima aveva iniziato a sudare freddo dal primo istante in cui si era svegliato e aveva ricordato quello che aveva fatto.
I postumi della sbornia, inoltre, non stavano aiutando per niente.
Doveva trovare una soluzione al casino che aveva combinato e doveva trovarlo in fretta prima che Osamu lo scoprisse e decidesse (a ragion veduta) di disintegrare il suo più caro e fidato sacerdote (=Ginjima).
Cosa gli aveva detto il suo predecessore come prima cosa? “Stai attendo a quello che dici, gli dei sono molto vendicativi”. Ginjima ricordava che si era domandato cosa diavolo avesse visto quell’uomo per dire una cosa simile con un volto così spaventato. Ma ricordava anche di aver pensato “chi è così stupido da fare un torto a un dio?”.
Ebbene, eccolo lì lo stupido.
Ogni minimo fruscio lo faceva sussultare, il sudore ormai era talmente tanto sul suo corpo che avrebbe avuto bisogno di due bagni per lavarsi bene e la sua mente stava andando fuori di testa.
E fu solo a quel punto che una soluzione iniziò a farsi strada nella sua mente.
Certo, non era sicuro se questo avrebbe o meno peggiorato l’ira di Osamu, ma c’era anche una minima possibilità che la prendesse come una svolta positiva. Le probabilità erano basse ma non aveva altre opzioni nè più tempo.
Così si preparò in fretta per il sermone di quella mattina, nella speranza che il nuovo mito che aveva intenzione di raccontare diventasse presto popolare.
 
-
 
Ancora prima di aprire gli occhi, Osamu capì che c’era qualcosa che non andava. E, quando infine lo fece, non fu difficile notare l’uomo nudo al suo fianco che lo fissava con uno sguardo languido e le orecchie da volpe che fremevano sulla testa.
-Sunarin?- domandò non capendo.
Le guance del ragazzo si fecero rosse nel sentire il suo nome, poi gli si avvicinò e affondò il viso contro la curva del collo del dio, iniziando a fare le fusa.
Bene, quello era decisamente bello ma anche inaspettato e aveva bisogno di capire cosa era successo alla sua volpe. Se era tutto uno scherzo di Atsumu, l’avrebbe ucciso per un secolo o due.
Sunarin era una volpe immortale, una vera volpe dal pelo castano scuro, il muso bianco e gli occhi sottili. O almeno, lo era stata fino al giorno prima, anche se i suoi tratti distintivi erano facili da individuare.
Era nata insieme a Miya ed era da sempre stata il loro animale guida. Ogni volta che gli umani dovevano raffigurarli con delle statue o dei dipinti, questa non poteva mai mancare.
Quando Osamu e Atsumu si erano divisi, Sunarin aveva iniziato a stare principalmente con Osamu, preferendo questo probabilmente per la sua calma e pacatezza e perché, soprattutto, non l’aveva scordata in giro (come invece ben tre leggende con protagonista Atsumu riportavano).
E adesso eccolo qui, sul suo letto, in versione umana, nudo, a fare le fusa sul suo collo e a strusciare la sua evidente erezione contro di lui.
-Rin, come fai ad essere così?
Tuttavia, per Sunarin c’erano cose più importanti in quel momento rispetto che parlare e Osamu poteva pure capirlo. Ma soprattutto, non aveva alcun problema a dargli ciò di cui aveva bisogno.
Osamu aveva fatto sesso con tantissime creature durante la sua intera esistenza, ma nulla poteva essere paragonato a quello che provò quella mattina con il suo Rin.
Alla fine di tutto, quando stava coccolando il mutaforma soddisfatto che riprendeva fiato sul suo petto, poté nuovamente intraprendere l’argomento.
-Allora Rin?- domandò piano accarezzandogli le orecchie pelose e portandolo a fare rumori più forti -come sei diventato così?
-Il tuo sacerdote- rispose finalmente l’altro con la sua nuova voce bassa e graffiante.
-Mh?
-Ginjima. Ieri notte si è infiltrato in una di quelle feste notturne che fanno in onore di tuo fratello, lì si è ubriaco e potrebbe aver iniziato a dire a troppe persone che a me piaceva tanto stare con te piuttosto che con l’altro Miya per… beh, questo. Stamattina si è reso conto della sua cazzata e, con il terrore che tu potessi distruggerlo per aver insinuato che ti piaceva farti un animale, si è inventato la storia che posso trasformarmi anche in una versione più simile alla tua.
Osamu ascoltò tutte quelle informazioni annuendo piano mentre, con delicatezza, gli continuava ad accarezzare la testa -Evidentemente alle persone piace questa nuova storia se adesso sei così.
Sunarin sorrise con lo sguardo di chi era pronto a ricominciare da dove avevano finito.
-E a te piace?
Osamu rispose al suo sorriso mentre se lo stringeva di più contro.
 
-
 
Era passato un giorno ed era ancora vivo, quindi era un buon segno, giusto?
Dei! Era stata la giornata più stressante della sua vita! Non avrebbe bevuto mai più!
Fu mentre quei pensieri continuavano a rimproverarlo da solo che una forte luce per poco non lo lasciò cieco, poco dopo Osamu era davanti a lui.
Se non fosse stato spaventato già da diverse ore, probabilmente sarebbe svenuto. Ma Ginjima sembrava aver raggiunto uno stato di accettazione.
Osamu era esattamente come l’avevano sempre raffigurato, indossava un semplice gonnellino di stoffa grigio intorno ai fianchi e la volpe che sempre lo seguiva era in versione umana.
Un brivido scese lungo la schiena del sacerdote nel rendersi conto che era esattamente quello che aveva raccontato lui quella stessa mattina.
-Quindi sei tu il sacerdote che ha fatto questo- fu la prima frase che gli rivolse il dio.
Ginjima aveva troppa paura anche solo per rispondere, cosa che non ebbe bisogno di fare perché, insomma, quello che aveva davanti era un dio.
-Mi piace il tuo modo di operare- continuò Osamu -voglio che tu sia il mio sacerdote per sempre.
Così allungò la mano e, senza dargli il tempo di prepararsi, lo fece diventare il suo sacerdote immortale.
Infine, sparì talmente veloce che Ginjima avrebbe potuto tranquillamente pensare che era stato tutto un sogno.
Fino a pochi secondi prima aveva giurato che non avrebbe più bevuto in vita sua, ma se quelle erano le conseguenze… forse non era poi così male.
 
Sunarin aveva fatto compagnia a Miya fin dall’inizio dei tempi.
Era la volpe di compagnia di entrambi, il loro spirito guida che riusciva a portarli sulla giusta via nel momento del bisogno.
Ma c’era un motivo se questa stava sempre, o quasi, in compagnia di Osamu: era per l’amore che provava nei suoi confronti. Un amore che andava oltre tutto e che veniva ampiamente ricambiato dal suo dio.
Sunarin aveva la capacità di trasformarsi in sembianze umane per stare il più vicino possibile a Osamu: era il loro segreto. Lo ascoltava e gli teneva compagnia in modi che a nessun altro era permesso neanche immaginare.

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Capitolo 6
*** Mito 5: Una notte l'anno ***


Mito 5: Una notte l'anno
 
Diane fissò il volto di Ami e capì subito che c’era qualcosa che la tormentava.
-Parla Ami, cosa ti preoccupa?
La bionda dama di compagnia strinse la spazzola che teneva tra le mani e si morse le labbra -Mia signora, non vorrei sembrare scortese ma… è sicura di volersi sposare proprio in questa giornata?
Diane era una principessa che, fin da piccola, era stata promessa sposa al principe Haru. I due non erano mai andati d'accordo e litigavano ogni volta che si vedevano. Ma questo li aveva anche portati a conoscere una parte dell'altro che nessuno conosceva, li aveva portati a innamorarsi.
Per le persone del loro rango era difficile sposarsi per amore, ma loro stavano avendo questa fortuna.
Diane aveva espresso il desiderio di sposarsi nella "giornata dei morti" e Haru aveva detto che per lui non c'erano problemi.
-Voglio solo che la mia mamma sia al mio fianco. E solo così posso avere la certezza che ci sarà.
Perché sua madre era morta quando lei aveva solo quattro anni, ma la rossa non aveva mai smesso di credere che questa veniva a trovarla ogni anno in quella giornata.
-Ma le voci…- provò a continuare Ami -e la separazione dei due dei… tutti dicono che questo non è di buon auspicio.
Diane rise -So quello che dicono, ma io penso che l'abbiano sempre interpretato male il mito.
 
Il sottosuolo, regno di Tendo, era un mondo a parte. Un mondo irraggiungibile sia agli umani che agli dei.
Era il luogo di riposo delle anime dei morti, luogo che Tendo doveva gestire e governare per evitare che si creasse il caos.
Tendo non poteva lasciare quel luogo, tranne per un giorno l'anno.
Nella giornata dei morti le porte si aprivano e, per ventiquattro ore, si diceva che gli spiriti dei morti potevano tornare a percorrere la terra dei vivi, visitando i loro cari.
Anche Tendo poteva lasciare il suo regno e ricongiungersi con Ushijima, suo amore, per poter stare insieme durante l'intera giornata.
Si amavano e rinnovavano le loro promesse, separandosi all'orario stabilito in attesa dell'anno successivo.
 
-Vedi- continuò Diane -la gente pensa che quello tra Ushijima e Tendo sia un amore maledetto. Ma io penso che sia uno dei più forti. Loro possono vedersi solo una volta l'anno, ma i loro sentimenti non sono mai cambiati. Hanno una sola giornata d’amore e trecentosessantaquattro giorni di attesa, ma aspettano quel momento come l’aria e lo vivono in tutta la sua completezza. Non importa l'attesa, importa solo che riescano a stare insieme. Una volta l'anno per l'eternità. E questo, secondo me, è la prova che il vero amore può superare qualsiasi cosa.
Ami la stava ascoltando rapita, poiché neanche lei aveva mai pensato a quel mito in quel modo.
-Inoltre- sussurrò infine la rossa -mi piacciono loro due perché mi ricordano la storia mia e di Haru. Ushijima è il dio del cielo, il suo regno è completamente all'opposto di quello di Tendo e non hanno nulla in comune… nonostante ciò si amano. Anche io e Haru non abbiamo nulla in comune, ma ci amiamo. Spero che, sposandoci oggi, possano benedire la nostra unione.
 
-
 
-Ti aspettavo- sussurrò Ushijima quando finalmente Tendo fu di nuovo di fronte a lui.
Tendo allungò le sue braccia e si unirono in un abbraccio che avrebbe potuto fonderli insieme.
-Mi sei mancato- sussurrò in risposta l'altro con un sospiro.
-Sarò sempre qui ad aspettarti.
-Lo so. Tu sei sempre nei miei pensieri.
Ushijima sorrise, gli accarezzò il volto e finalmente lo baciò, amandolo come meritava e come non avrebbe mai smesso di fare.

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Capitolo 7
*** Mito 6: Lo scontro tragico ***


Buon compleanno Sakusa!
 

 
Mito 6: Lo scontro tragico


"La tragedia è lo scontro fra la volontà e la necessità."
La vita di ogni persona è piena di conflitti ma, quello più grande di tutti, quello che ogni essere umano si trova ad affrontare nel corso della sua vita, è quello fra libertà e necessità: ossia fra la scelta libera e volontaria e ciò che gli impedisce di raggiungere questo obiettivo.
Quando un uomo si trova davanti una scelta, non deve solo pensare a cosa vuole, ma anche a cosa deve abbandonare. Di conseguenza, nel momento esatto in cui ci si trova a un bivio, bisogna essere preparati al dolore e alla perdita di qualcosa.
Era per questo motivo che il dio Kiyoomi e il dio Atsumu erano da sempre e per sempre in contrasto, una guerra infinita che nessuno dei due riusciva a vincere, nella quale potevano solo aspirare a delle vittorie nelle varie battaglie e prevalere, solo per un flebile istante, sull'altro.
Gli uomini erano liberi di fare delle scelte che avrebbero modificato il loro futuro, non esisteva alcun destino programmato, solo il libero arbitrio. E quando le persone si trovavano di fronte a una scelta, pregavano Miya di dar loro il giusto consiglio.
Era impossibile sapere in anticipo se la propria richiesta sarebbe stata accolta da Osamu o da Atsumu, poiché le preghiere arrivavano a entrambi.
E se rispondeva Osamu, dio della scelta razionale, allora la persona veniva pervasa da una calma pragmatica che gli dava il tempo di pensare lucidamente al proprio futuro. Al contrario, se rispondeva Atsumu, li portava a scegliere istintivamente la cosa che più avevano a cuore, nessun pro e contro, solo seguire il proprio istinto senza pensare ad alcuna conseguenza.
E, ovviamente, al dio della scelta istintiva, altri non poteva opporsi se non Kiyoomi, dio della ragione.
Kiyoomi era quel dio che la gente non pregava per sé stesso, ma per i propri cari. Lo pregavano nella richiesta che le persone amate non rovinassero la propria vita con scelte azzardate che non avrebbero portato a nulla, o con richieste di prosperità nel seguire con devozione gli obiettivi che si erano premurati di scegliere razionalmente.
E ciò significava che, di fronte a una scelta e la conseguente lotta tra i due dei, l'uomo sarebbe dovuto andare incontro all'ira del dio sconfitto.
 
Aran il mercante d'ebano era il più famoso tra i marinai. Ogni donna era ai suoi piedi, ogni uomo lo invidiava e persino i pirati si rifiutavano di attaccare la sua nave.
Aveva girato in lungo e in largo, le sue geste raccontate ai bambini prima di andare a dormire.
Viveva alla giornata, inseguendo tesori conosciuti da leggende e scoprendo nuove terre mistiche e piene di magia.
Un giorno, alle sue orecchie arrivò la storia di un'isola sacra, piena di potere divino, che gli umani potevano raggiungere solo un giorno all'anno, in un determinato orario specifico.
Prese la sua scelta istintivamente e non ebbe neanche bisogno di pregare per ottenere l'aiuto di Atsumu.
Aran fu l'unico uomo ad aver mai raggiunto quell'isola, nonostante non tornò indietro per raccontarlo.
 
Quella era una storia che i sacerdoti di Atsumu amavano raccontare, una delle tante storie dove il dio della scelta istintiva aveva prevalso su Kiyoomi.
Anche i sacedorti di quest'ultimo la raccontavano, cambiando qualche dettaglio. Perché sì, Aran era arrivato dove mai nessun uomo era riuscito, ma non era più tornato indietro. Ed era a questo che si andava incontro quando Kiyoomi era in preda all'ira.
 
Iizuna era il principe ereditario di un'enorme terra, vissuto talmente tanti anni prima che nessuno riusciva più a ricordare il periodo o il luogo in questione.
Suo padre aveva portato il regno alla prosperità, era buono e gentile con il popolo e aveva posto fine a una guerra che andava avanti da secoli.
Iizuna doveva sposarsi con la figlia del regno con la quale avevano stipulato un trattato di pace, tuttavia all'amore non si comanda e fu travolto da una notte di passione con una delle sue serve.
La amava, lo sapeva. Avrebbe voluto sposare lei piuttosto che una donna che non aveva neanche mai visto in volto.
Passò intere notti nel tormento tra la scelta di scappare con la donna che amava o seguire i suoi doveri. Fu dura, come fu una dura lotta tra Kiyoomi e Atsumu, ma infine fu il primo a vincere.
Quella donna rimaneva una serva e Iizuna sposò la donna che suo padre aveva scelto per lui. Seguì la ragione, il proprio dovere e, grazie a questo, il suo popolo poté vivere in pace e prosperare durante tutto il suo regno.
 
Questa era invece una storia che amavano raccontare i sacerdoti di Kiyoomi per mostrare quanto forte e potente fosse stato il loro dio nel vincere questo scontro. Ma, come succedeva anche nella situazione opposta, i sacerdoti di Atsumu utilizzavano questa storia per mostrare che sì, Iizuna aveva deciso di seguire Kiyoomi, ma che questo l'aveva portato a vivere la sua intera vita nell'infelicità dell'essere impossibilitato a stare accanto alla persona che amava.
 
In conclusione, Atsumu e Kiyoomi erano perennemente in guerra e i loro sacerdoti non facevano altro che ricordarlo. Quello che però non dicevano, che tenevano nascosto perché sarebbe andato contro il loro voler prevalere sull'altro culto, era che c'erano volte in cui i due dei andavano d'accordo, in cui le due scelte non si contrastavano.
Come per il racconto di Mika e Suguru, secondo la leggenda lei era stata rapita e lui, innamorato fin da quando era bambino, prese la decisione istintiva di correre a salvarla, cosa che riuscì a fare ricevendo in cambio il suo eterno amore e gratitudine.
In questa storia, Suguru era stato guidato da Atsumu e aveva salvato il futuro di Mika così come avrebbe voluto Kiyoomi, date le enormi quantità di preghiere che gli erano arrivate sul suo conto.
C'erano quindi volte in cui Atsumu e Kiyoomi si trovavano d'accordo, in cui lavoravano insieme, scherzavano, si punzecchiavano, Atsumu lo chiamava "Omi" e Kiyoomi veniva beccato nella stessa camera da letto con l'altro dio.
Ma non erano racconti che i loro sacerdoti avrebbero mai voluto diffondere e, così, rimaneva il loro segreto.
Ma alla fine, come Oikawa amava sempre dire, un pó tutti sapevano che l'odio non era poi tanto diverso dall'amore.

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Capitolo 8
*** Mito 7: Anime gemelle ***


Mito 7: Anime gemelle

Konaha aveva appena venduto uno dei panini dolci che sua sorella faceva con tanto impegno, quando si accorse dei due gemelli che camminavano per la strada con il broncio sul volto.
Sospirò e attirò la loro attenzione -Ehy, scapestrati! Che vi è successo?
Maru e Naoya erano due orfani di sei anni, vivevano nell’orfanotrofio lì vicino e Konoha li aveva presi molto a cuore, erano una coppia vivace e rumorosa e non c’era giorno in cui non creassero un qualche tipo di problema, per questo era strano vederli così mosci e con il broncio.
I bambini, mano nella mano, gli si avvicinarono.
-La signora ci ha rimproverato di nuovo e non ci ha dato il dolce.
Konoha sapeva bene che poteva essere tutta una tattica per mangiare dei dolci in più da lui, ma la loro tristezza sembrava sincera e, anche se fosse, l’uomo aveva imparato a volergli bene per non regalargli di tanto in tanto i panini dolci della sorella.
-Venite qui- sospirò infine mentre li faceva sedere su delle coperte e gli metteva in mano un dolce a testa.
I loro occhi si fecero luminosi e lo ringraziarono con voce squillante.
-Cosa avete fatto questa volta?- domandò Konoha curioso dopo che i bambini diedero qualche morso al dolce.
Fu così che Maru e Naoya gli raccontarono le marachelle di quella giornata, con la scusa sempre pronta “volevamo solo divertirci!”
Infine, Maru si fece nuovamente triste e borbottò -Ha detto che era meglio se non fossimo mai nati.
Konoha si irrigidì, poi sbottò serio -Non è vero, è un bene che voi siate questo piccolo caos, non cambiate mai.
-Perché lo dici?
-É come la storia di Bokuto e Akaashi, la conoscete?
-Poco…
 
In principio esisteva il mondo, ma la vita arrivò solo con Daichi e Suga.
Prima di loro, tuttavia, dal nulla nacque Bokuto: dio del caos che rese il mondo un posto invivibile.
Non era un dio cattivo, ma non si rendeva conto che quello che faceva avrebbe portato alla distruzione quel mondo che avrebbero dovuto proteggere e amare.
Fu a pochi momenti dalla fine che Furudate creò Akaashi, dio dell’equilibrio.
Akaashi non impediva a Bokuto di essere se stesso, ma equilibrava il suo potere con il proprio, portando il mondo a una situazione di stallo.
Divennero amanti inseparabili, due entità che avrebbero portato alla rovina del mondo e di se stessi senza il potere dell’altro.
Gli uomini possono solo ringraziare per questo miracolo, pregandoli insieme e sperando che mai nessuna delle due forze riesca a prevalere sull’altra.
 
-Ecco vedete…- Konoha finì di raccontare il mito e cercò subito di spiegare quello che stava dietro quella storia in modo semplice per poterglielo fare capire meglio -Facciamo un esempio, immaginiamo che Bokuto vada a una festa, cosa succederebbe?
I bambini corrugarono la fronte mentre riflettevano, poi Nao esclamò -Distruggerebbe la casa perché si diverte troppo?
-Esatto! E cosa succederebbe se ci andasse solo Akaashi?
-Uhm… si annoierebbe?- quella volta era stata Maru a rispondere.
-Bravissima, quindi ora capite perché devono esistere entrambi? Perché altrimenti la festa verrebbe rovinata in un modo o nell’altro. Ed è anche per questo che voi non dovete mai cambiare, perché c’è qualcuno lì fuori che avrà bisogno di voi esattamente come siete.
 
-
 
C’erano volte in cui Bokuto si deprimeva e si infuriava per la minima cosa, erano le volte in cui il suo potere aumentava e minacciava di distruggere il palazzo che abitavano, senza parlare del mondo terrestre. Ma Akaashi era sempre lì, sempre pronto a sussurrargli parole di conforto all’orecchio e a trovare la soluzione per i suoi problemi nell’immediato.
C’erano poi altre volte in cui Akaashi si escludeva da tutto, rimaneva bloccato nella sua mente e nel suo equilibrio, quasi in attesa di smettere di esistere. Ma anche in quel caso era Bokuto a salvarlo, ad abbracciarlo da dietro e a portare un po’ di caos nella sua vita.
Uniti in un legame impossibile da spezzare.

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Capitolo 9
*** Mito 8: La creazione di Kuro ***


Mito 8: La creazione di Kuro
 
Quello era un problema, quello era un grosso problema. La situazione stava diventando davvero complicata per Yaku e sapeva di dover trovare in fretta una soluzione prima che le cose precipitassero del tutto.
Yaku Morisuke era stato il primo e unico sarcedote del dio Kenma. Un dio pigro e relativamente tranquillo che passava le sue giornate a controllare gli esseri umani dalla sua stanza attraverso gli occhi dei suoi gatti.
Yaku era stato il suo primo sacerdote, aveva fatto un buon lavoro e il suo dio gli aveva concesso l'immortalità. Da quel momento, Yaku era diventato qualcosa di molto simile a una mamma per Kenma. Non che potesse avere diretti contatti con lui, ma gestiva tutte le preghiere, i riti e le offerte sul suo conto facendo sempre in modo di proteggerlo e tutelarlo.
E poi era successo senza che lui riuscisse a placarlo: aveva iniziato a diffondersi l'idea che Kenma, essendo il dio dei gatti, era anche il dio dell'agilità e di conseguenza delle gare atletiche.
Yaku sapeva bene che se le persone iniziavano a credere in qualcosa, questa diventava reale, che alla fine tutto il potere degli dei era nelle mani dei mortali, ne era una prova evidente il dio Oikawa. Ma Yaku sapeva anche bene che un dio pigro come Kenma non sarebbe mai potuto diventare dio dell'agilità e dell'atletica e che avrebbe riversato tutta la sua ira su di lui se non avesse impedito che ciò accadesse.
Si stava disperando, seduto sui gradini del tempio che gestiva, quando i suoi occhi si spostarono su due gatti: uno era bianco con le macchie nere e arancioni e stava dormendo al fresco, l'altro era nero e stava cercando di prendere una farfalla in volo.
Fu in quel preciso momento che Yaku ebbe l'illuminazione: ne servivano due.
 
I gatti hanno mille sfaccettature, possono essere schivi o affettuosi, in cerca di coccole o opportunisti, pigri o agili. Sono come gli umani e un dio solo non può incarnare tutto questo in una volta.
È per questo che Furudate creò anche Kuro, dio dell'agilità e protettore degli atleti. Un dio che ama l'aria aperta, che ama le gare, che ama correre e saltare, che ama l'affetto ed è alla costante ricerca di coccole.
Kenma e Kuro hanno la stessa essenza e l'uno risponde alle mancanze dell'altro, sono diversi ma uniti in un legame profondo.
 
-
 
Kenma stava ancora cercando di capire da dove fosse arrivato quel nuovo dio che aveva occupato la sua camera e aveva i suoi stessi tratti felini (come le orecchie, la coda, gli artigli e la capacità di fare le fusa). Si chiamava Kuro e non faceva altro che parlargli e voler stare in sua compagnia. Per quanto all'inizio fosse stressante e cercasse ogni modo per depistarlo o mandarlo via, piano piano iniziò ad abituarsi alla sua presenza, perfino ad apprezzarla e a sentirsi al sicuro e protetto in sua compagnia.
Aveva pure scoperto che se lo coccolava o se gli faceva i grattini tra i capelli, Kuro si calmava e si scioglieva tra le sue braccia.
Finché, in uno di quei rari giorni in cui lasciò la sua camera, non si ritrovò braccato da Atsumu e Oikawa che gli fecero presente che c'erano altri modi per farlo stare in silenzio e per consumare le sue energie.
Kenma era scappato da loro terribilmente in imbarazzo, ma quel pensiero non riuscì più a lasciare la sua mente.
-... e quindi potrebbe nascere questo nuovo sport dove c'è una palla e una rete e…
Kenma era arrivato al limite, Kuro stava parlando da ore. Erano sdraiati tra i cuscini e fu su quelli che Kenma si rotolò per raggiungerlo e zittirlo con un bacio.
Kuro lo fissò con gli occhi grandi di stupore e, per una volta, senza parole.
Kenma sorrise soddisfatto di quel traguardo e tornò sulle sua labbra, anche se questa volta l'altro dio non si fece trovare impreparato e lo strinse a sé con forza, rispondendo al bacio e rotolandosi con lui sui cuscini.
E se Atsumu e Oikawa avevano avuto ragione, non c'era alcun motivo di farglielo sapere e aumentare il loro ego.

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Capitolo 10
*** Mito 9: Le reincarnazioni di Iwaizumi ***


Mito 9: Le reincarnazioni di Iwaizumi

-Ho una domanda.
Sho, uno dei bambini che aiutava al tempio di Oikawa e che aveva facilmente fatto breccia nel cuore dei due sacerdoti, aveva affermato quella frase mentre faceva un lungo e grande sbadiglio.
Sia Makki che Mattsun non risposero, ma si voltarono verso di lui per dargli la loro attenzione, aspettando che l'altro continuasse.
-Ma se anche gli altri dei hanno dei fidanzati o fidanzate, perché è solo Oikawa il dio dell'amore?
-Per il suo Iwa-chan ovviamente, non conosci la storia?
Il bambino scosse la testa e Makki iniziò a raccontare.
 
Per un essere immortale, cosa è l'amore se non una lotta continua? Oikawa è il dio più indicato a predicare l'amore e capire i suoi tormenti perché è destinato ad amare il suo Iwaizumi: un mortale che vive la sua vita, nasce, cresce, muore e si reincarna in un ciclo infinito dove, uomo o donna che sia, Oikawa è destinato ad amarlo e a lottare per farsi accettare ogni singola volta.
Perché se c'è una cosa che accomuna tutte le vite di Iwaizumi è il suo odiare Oikawa a primo impatto, mentre l'unica cosa che il dio può fare è combattere per lui sempre e comunque.
E forse, Oikawa è stato benedetto con questo amore, ma è stato maledetto per la lotta continua e per il non poter trasformare Iwaizumi in un immortale.
Perché le cose facili a lungo andare annoiano e fanno perdere interesse. Ma Oikawa non dovrà mai preoccuparsi di questo.
 
-
 
"Ciao bel ragazzo, ti va di divertirti un po'?" in quella vita, Oikawa aveva deciso di parlare con Iwaizumi per la prima volta quando questo aveva diciannove anni e stava passando davanti un bordello.
 
"Per te" in quell'altra avevano cinque anni, Iwa era una bambina che stava piangendo dopo una litigata con un'amica e Oikawa le porse un fiore.
 
"Ti va di giocare con me?" in quella avevano dodici anni ed erano due ragazzi ricoperti di fango che si rincorrevano tra i vicoli.
 
"Non credo che dovresti sposarlo, non è l'uomo per te" in quell'altra vita Oikawa era arrivato tardi, perché il tempo per gli esseri immortali era percepito diversamente e probabilmente aveva fatto un riposino più lungo del solito. Ora Iwa era una ragazza che aveva raggiunto i sedici anni ed era pronta a sposare l'uomo scelto dal padre.
 
"Sei l'essere più bello che abbia mai visto, esci con me?"
 
"Ti ho già visto nei miei sogni, vuoi passare il resto della vita con me?"
 
"Ho già immaginato i nostri bellissimi bambini che corrono per casa, tu no?"
 
"Tieni, prendi questo pezzo di torta."
 
"Quel fiore mi ricorda te."
 
"Potrei riconoscere il tuo odore anche a chilometri di distanza."
 
Ogni volta, ogni singola volta, era diverso. Oikawa lo trovava in luoghi diversi e gli diceva cose diverse.
E ogni singola volta Iwaizumi lo rifiutava, lo derideva o scappava via da lui. Tuttavia, Oikawa alla fine riusciva sempre a fare breccia nel suo cuore e a farsi amare tanto quanto lui lo amava.
C'era un motivo se Oikawa rimaneva il dio dell'amore: non si sarebbe mai arreso di fronte la sua anima gemella  e avrebbe lottato fino alla fine del mondo.

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Capitolo 11
*** Mito 10: La musica e la medicina ***


Mito 10: La musica e la medicina
 

Tendo era il dio del sottosuolo e, una delle credenze comuni, era che fosse lui a custodire le anime dei morti. Questo perché i morti venivano seppelliti, quindi era logico che se ne dovesse occupare chi governava quel luogo.
Successivamente, tuttavia, iniziò a diffondersi la credenza comune che per curare le malattie si dovesse pregare sempre lo stesso dio, fare una preghiera che chiedesse a Tendo di non portargli via le persone amate, non subito almeno. Ma Tendo non aveva alcuna intenzione di prendersi anche questo ruolo, già impegnato nel dover gestire un intero regno.
E così, pian piano, i due ruoli si staccarono e nacque Shirabu: dio della medicina.
 
Tendo non è il solo dio a vivere nel sottosuolo, Shirabu gli fa compagnia.
Dio della medicina, studia e impara dalle anime e dai corpi dei morti le varie malattie e i modi per curarli.
É un dio che si basa sulla praticità e sulla scienza, un dio che preghi per salvare i tuoi cari ma che non sempre ti ascolta, troppo impegnato nel suo laboratorio.
 
Questo durò almeno fino a quando non fecero notare alla sacerdotessa di Tendo -Ma non sarebbe più facile per Tendo innamorarsi di Shirabu? Voglio dire, rispetto a Ushijima lo vede ogni giorno.
-Se ami una persona non importa la distanza- fece presente la sacerdotessa già pronta a quella domanda.
-Allora non potrebbe essere Shirabu a innamorarsi di lui?- chiese qualcun altro.
A quello la donna non era preparata, così intervenne repentina e creò Semi.
-Non quando Shirabu è innamorato di Semi.
 
Dopo Shirabu arrivò Semi. Dio della musica e dei riti.
Semi nacque per ricordare a Shirabu che doveva aiutare le persone, che doveva rispondere più spesso alle richieste degli umani, inoltre arrivò per aumentare il potere del dio attraverso i riti e la musica da lui creata.
Semi è amato dagli umani e il suo compito è quello di portare Shirabu allo stesso livello di fortuna.
I loro templi saranno costruiti insieme e le preghiere saranno collegate, perché una persona non potrà mai essere curata davvero senza l’unione del potere di entrambi.
 
-
 
Quando era arrivato Shirabu, Tendo era rimasto piacevolmente sorpreso e quasi eccitato dal fatto che avesse un altro dio con cui parlare, con l’arrivo di Semi poi la gioia si era moltiplicata.
Tuttavia, dopo qualche giorno, Tendo capì che sarebbe stato molto meglio rimanere solo insieme alle sue anime e chiacchierare con loro scoprendo le loro vite, perché quello che stavano facendo le altre due divinità era solo portarlo all’esasperazione.
-Si può sapere cosa vuole questo!?- sbottò Shirabu andandosi a lamentare con lui -Facevo benissimo il mio lavoro anche senza la sua presenza fastidiosa!
-Non facevi bene nulla visto che ti dimenticavi degli umani!- rispose a tono Semi.
-Io rispondevo solo a chi era meritevole! E comunque non puoi venire a cantare nel mio laboratorio! Mi distrai!
-Senza le canzoni non possiamo salvare le persone!
-Ma cosa dici!? Facevo tutto benissimo anche prima delle tue stupide melodie!
E così avanti per ore e giorni, la cosa fastidiosa era che andavano a lamentarsi con Tendo ma non volevano una risposta da questo visto che non facevano altro che parlarsi sopra.
-Sentite!- sbottò un giorno il dio del sottosuolo, completamente esasperato -Perché non provate a fare sesso? Sono sicuro che sia un modo migliore per sfogarsi.
Il giorno dopo nessuno dei due tornò a lamentarsi con lui e Tendo la prese come una vittoria. Oh, doveva assolutamente raccontarlo a Ushijima non appena si fossero rincontrati.

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Capitolo 12
*** Mito 11: Le quattro stagioni ***


Mito 11: Le quattro stagioni
 

Hinata nasce come dio del sole, ma ben presto diventò anche il dio dell’estate.
A lui si affiancano altri tre dèi minori:
Kageyama, dio dell’inverno, che con il suo comportamento schivo e le sue parole taglienti riesce sempre a portare il gelo ovunque arrivi;
Kunimi, dio dell’autunno, che con il suo comportamento tranquillo e indifferente lascia che avvenga il passaggio da Hinata a Kageyama;
Kindaichi, dio della primavera, che con il suo comportamento solare e competitivo riesce a bloccare l’avanzata di Kageyama e riaprire la strada all’estate di Hinata.
 
Futakuchi assottigliò gli occhi nel vedere gli adolescenti della sua classe di teatro litigare e si chiese perché non avesse costretto Aone ad accompagnarlo, a quel punto sì che nessuno avrebbe fiatato.
Avevano uno spettacolo da fare e, considerando che non voleva che la sua testa fosse fatta saltare via da un regnante scontento del suo operato, capì di doverli mettere in riga subito.
-Ehy!- urlò infastidito raggiungendo i due in questione.
C’era Youta che interpretava il dio Hinata e la cosa era resa evidente dalla maschera del sole che indossava, e poi c’era Shiro che, al contrario, interpretava Kageyama ed era stato pitturato di azzurro e bianco.
Li afferrò per il retro delle maglie e li divise -Che diavolo state facendo?
-Ha iniziato lui!- urlò Youta.
-Non è vero! Sei stato tu!- urlò a sua volta Shiro.
-Adesso basta, cosa siete dei bambini? Vedete di comportarvi da professionisti!
-Ma…
Hirugami li raggiunse, era l’altro insegnante che stava supervisionando la situazione e aveva un sorriso che metteva i brividi. Gli adolescenti si fecero subito silenziosi.
Perché se da un lato Aone li spaventava per il suo volto truce, dall’altro Hirugami li spaventava perché era tutto l’opposto, sembrava sempre così gentile e disponibile ma tutti avevano visto come aveva trattato Hoshiumi, l’uomo che lavorava per lui, quando gli aveva risposto a tono.
-C’è qualche problema?
-No- risposero subito in coro.
-Bene, perché non litigano mica i due dèi che state interpretando.
-No?- Ora Youta era scettico -Voglio dire… sono uno l’estate e uno l’inverno, come fanno ad andare d’accordo?
-La magia di essere dei e riuscire a fare tutto, fidati, sono sicuro che quei due vadano d’amore e d’accordo.
Hirugami era davvero sicuro di quello che diceva, ma non sempre gli esseri umani hanno ragione…
 
-
 
-Non ero pronto per questo- borbottò Kunimi mentre si sistemava contro la sua comodissima poltrona e chiudeva gli occhi pronto a dormire.
-Kunimi! Non abbiamo neanche iniziato la riunione!- gli urlò contro Kindaichi.
-Mhmm… ma sento loro litigare da ore.
Una volta l’anno, i quattro dei delle stagioni dovevano fare una riunione per capire cosa fare durante l’anno e come dividersi i compiti, veniva svolta di notte in modo che Hinata non dovesse occuparsi del sole e… beh… non andava mai come si aspettavano.
-Sei uno stronzo!- stava urlando Hinata -ci ho messo secoli a far crescere quell’albero e tu l’hai ucciso in un solo inverno!
-Era solo uno stupido albero!
-E tutti gli animali che vivevano al suo interno? MOSTRO!!
Kindaichi cercò di intervenire -Possiamo, per favore, concentrarci su…
Ma nessuno lo stava ascoltando.
-Sei un ipocrita! Tu lo scorso anno hai bruciato mezzo campo di coltivazioni!- continuò a urlare Kageyama.
Hinata gonfiò le guance -É stato un incidente! Mi sono distratto solo un attimo!
Continuarono ancora fino a quando, nel dormiveglia, Kunimi borbottò -è quasi l’alba…
E Hinata saltò sull’attenti e scappò via per preparare la nuova giornata da portare nel mondo.
Anche quell’anno non conclusero nulla, ma chi aveva bisogno di una riunione? Bastava improvvisare e sperare che il mondo non finisse da un giorno all’altro. Non per colpa loro, almeno.

 
Fine



Ciao! Scusate il ritardo, ma eccoci infine qui con l'ultimo capitolo di questa storia, ovviamente non potevo non concludere con il nostro piccolo sole <3
Spero vi siano piaciute tutte e grazie per avermi seguito fino alla fine, alla prossima storia!
Deh <3

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