Corona Crew 2: Royal Wedding

di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Prima settimana: tra compleanni e matrimoni ***
Capitolo 3: *** Seconda settimana: Esami e cene in famiglia ***
Capitolo 4: *** Terza settimana: Riunioni ***
Capitolo 5: *** Quarta settimana: Proposte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Domenica 4 Maggio 

Norman non era stato a molti matrimoni, doveva ammetterlo. Non aveva molti amici, né parenti più grandi di lui, e in generale non aveva mai capito l’appeal dei matrimoni, forse perché era aro-ace, forse perché i pochi ai quali aveva partecipato non erano andati benissimo o erano stati piuttosto noiosi. L’ultimo, ad esempio, quello di Mirren e Felix, due dei suoi più cari amici, era stato della prima categoria, e si era concluso con la torta distrutta e grasse risate da parte dei due sposi che erano semplicemente felici di essersi sposati.

Mah, Norman non capiva davvero l’appeal.

Ma aveva grandi aspettative per quel matrimonio: matrimonio reale, all’estero, in una cattedrale storica, ospiti da tutto il mondo, principalmente nobili e celebrità, programmato per circa nove mesi nei minimi dettagli da un team di esperti e dalla migliore wedding planner d’Europa: Nadia Orly. 

Solo che… quando c’era la Corona Crew di mezzo, niente andava mai come programmato… ed era presente l’intera Corona Crew a quella cerimonia… o quasi.

Perché effettivamente mancava una persona piuttosto importante al momento.

-Dov’è lo sposo?! Dov’è lo sposo?! Doveva essere qui venti minuti fa!- si stava lamentando a bassa voce la wedding planner, estremamente agitata, armeggiando con un walkie talkie.

Norman le stava facendo aria con un ventaglio preso in prestito dalla borsa di Amabelle, e si guardava intorno sperando che nessuno stesse ascoltando la conversazione.

-Forse c’è traffico- provò a suggerire, anche se sapeva benissimo che non fosse possibile.

-Non è da nessuna parte! Non lo trovano. La sua camera è vuota e la finestra è aperta e… oddio! Ha cambiato idea?! È scappato?!- Nadia iniziò a farsi prendere dal panico, e a iperventilare. Norman le passò un sacchetto di carta da cui la ragazza iniziò a respirare affannosamente.

-Max Sleefing non è il membro più stretto che ho nella Corona Crew, ma so che non salterebbe mai il proprio matrimonio. Ma se vuoi chiedo a persone che più probabilmente hanno informazioni su di lui, okay?- le propose, accomodante.

-Okay… tu indaghi con la Corona Crew, io indago i nobili… molto molto discretamente- Nadia sembrò rinascere alla proposta di Norman, anche se continuava a respirare nel sacchetto e a chiedere l’aria dal ventaglio, che Norman decise di lasciarle -Che l’effetto Orly mi assista!- esclamò poi, lanciando un veloce supplicante sguardo al cielo, e correndo via agitata, rischiando di cadere a terra.

Norman sospirò, e iniziò la propria indagine.

Il suo obiettivo era cercare Clover, la migliore amica dello sposo e damigella d’onore… o testimone… Norman non aveva capito esattamente il suo ruolo nel matrimonio, ma era di certo molto informata sulla situazione. E se Max avesse deciso di abbandonare la sua sposa all’altare, di certo l’avrebbe quantomeno detto a lei.

Non che Norman pensasse che Max avesse deciso di mollare Veronika all’altare, soprattutto dopo tutto quello che aveva fatto per arrivare a quel giorno.

Ma… insomma, mai dire mai. E dato che la massima informazione che Norman aveva sui sentimenti romantici era la soap opera Gorgeous, e in Gorgeous le persone venivano costantemente lasciate all’altare nonostante il giorno prima millantassero l’amore più puro della vita per il promesso sposo… insomma, era meglio controllare, per sicurezza.

Ma Clover non si vedeva da nessuna parte.

E neanche gli altri membri della Corona Crew, che erano praticamente gli unici non seduti ai propri posti in attesa.

I primi che Norman trovò furono Felix e Mirren, all’esterno dell’edificio, che sembravano immersi in un’accesa conversazione.

-È esattamente per questo motivo che volevo un cellulare. I cellulari servono a questo! Ad evitare queste situazioni- stava dicendo Felix, ad un passo dal panico.

-Fel, calmati. Sicuramente è tutto a posto, e sai bene che non approvo…- Mirren era più tranquillo, e aveva le mani sulle sue spalle per cercare di calmarlo.

-Siamo all’estero Mirren! Anche un cosino minuscolo che può solo chiamare e inviare messaggi. Un Nokia 360, che ne so! Ma un cellulare serviva!- Felix però non era calmo.

-Tutto bene?- si intrufolò Norman, preoccupato.

-Sì, abbiamo solo un attimo perso di vista…- Mirren cercò di metterci una pezza sopra, ma Felix non lo fece finire.

-Hai visto Nini?! Abbiamo perso Nini! Sono nel panico! Questo posto è enorme! Ci aiuti a cercarla?! Ti prego, Norman!- Felix lo prese per le spalle e iniziò a scuoterlo. Norman non lo aveva mai visto così in ansia.

Mirren sospirò e si affrettò a staccare Felix da Norman.

-Scusalo, sai com’è fatto. Fel, calmati! Sicuramente ha visto qualche animaletto e lo ha inseguito, o doveva andare in bagno, o sta con Petra e Amabelle- provò a calmarlo.

-Non riesco a credere che tu sia così calmo!- Felix lo guardò accusatore -Soprattutto se si trova con Petra e Amabelle!- aggiunse poi, ancora più preoccupato.

-Beh, non la troveremo certo se ci facciamo prendere dal panico in questo modo!- alla fine Mirren sbottò, zittendo il marito.

-Hai ragione. Ho ancora ansia, ma cerchiamola e litighiamo dopo!- Felix accettò la ragionevolezza, e corse dentro la cattedrale.

Mirren sospirò.

-Ci aiuti a cercarla?- Mirren si rivolse a Norman, apparendo molto più preoccupato di quanto si fosse mostrato al marito.

-Terrò gli occhi aperti e se la trovo ve lo faccio sapere subito. Anche se al momento stavo cercando Clover. L’hai vista in giro?- chiese Norman.

-L’ultima volta che l’ho vista era con Amabelle nella zona con le bomboniere, ma dubito sia ancora lì- rispose Mirren, prima di iniziare a cercare all’esterno.

Norman si diresse in fretta verso la zona bomboniere, dove però non sembrava esserci nessuno.

Circa tre secondi dopo, la tovaglia che copriva il tavolo con le bomboniere si mosse, e Norman riconobbe la voce della persona che, sotto al tavolo, l’aveva fatta muovere e si stava lamentando tra sé.

-Amabelle, che fai qui sotto?- chiese, sollevando un lembo della tovaglia e scoprendo la ragazza, che sobbalzò vistosamente urlando e tirando una capocciata contro il tavolo. Per poco non fece cadere buona parte delle bomboniere, ma Norman fu abbastanza rapido da rimetterle in equilibrio.

-Non sto cercando nessun anello!- urlò la ragazza, massaggiandosi la testa e uscendo fuori dal suo nascondiglio.

Per essere un’invitata ad un matrimonio reale era piuttosto malmessa: i capelli erano scompigliati e avevano qualche foglia e fiore incastrato, il vestito era completamente spiegazzato, e non indossava neanche le scarpe.

Norman aveva imparato che con Amabelle era meglio non fare domande, se non si voleva restare invischiato con le sue storie. Normalmente non gli sarebbe dispiaciuto del tutto restare invischiato, ma aveva già un dramma da risolvere, e aveva la massima priorità.

-Meglio così, dato che gli anelli sono un cimelio reale del valore astronomico e perderli sarebbe devastante per Veronika. Piuttosto… hai visto Clover?- Norman chiese l’informazione che gli premeva, cercando di ignorare il pallore sul volto di Amabelle e l’espressione chiaramente colpevole.

-Clo? Nope! Non ho visto nessuno! …no aspetta, sì, l’ho vista! Ma tipo mezzo secolo fa! Non ho idea di dove sia adesso, forse in bagno, o in un angolo a mangiare qualcosa, o seduta da qualche parte. Lo sai che Clover è imprevedibile. Ora scusa ma sono di fretta… non a cercare anelli! Tranquillo! Non ho perso nessun anello!- Amabelle scomparve dalla stanza praticamente strisciando per terra per quanto fosse vicino il suo volto al suolo. Forse non stava cercando anelli, ma era chiaro che cercasse qualcosa (sicuramente anelli). Norman non aveva il tempo di preoccuparsi per lei, ma si segnò che dopo aver aiutato Nadia e aver trovato “Nini”, avrebbe anche offerto il proprio aiuto ad Amabelle.

Sperando di avere abbastanza tempo per fare tutte e tre le cose.

Ritornò alla sua ricerca di Clover, e mentre usciva dalla stanza andò a sbattere contro Petra, che per poco non lo mandò al tappeto.

-Oh, sei tu Norman!- esclamò, tirando un sospiro di sollievo. 

-Oh, quindi non era con te e Amabelle- borbottò Norman, sistemandosi gli occhiali sul viso e ripensando alla ricerca di Mirren e Felix.

-Che?- Petra inarcò le sopracciglia, confusa.

-Niente. Hai visto Clover?- Norman andò subito al punto, sempre più di fretta, e controllando l’orologio.

-No, mi dispiace. Ti aiuterei a cercarla ma sono impegnata al momento- Petra si guardava intorno all’erta, prestando particolare attenzione al pavimento secolare.

-Scommetto non a cercare anelli- scherzò Norman, supponendo che la donna davanti a lui fosse invischiata in qualsiasi cosa stesse facendo Amabelle. Cosa che era anche abbastanza confermata dallo stato disastroso del suo elegante completo.

Petra sgranò gli occhi.

-Come hai…?- iniziò a chiedere, sconvolta -Certo che no! Non ho perso alcun anello!- si affrettò a negare poi, cercando di mantenere la calma ma chiaramente molto agitata.

-Infatti, non volevo supporlo. Beh, buona fortuna a te e io vado a cercare Clover- Norman decise di lasciar perdere, e tornò alla propria ricerca, lasciando Petra alla propria.

Non sapeva bene da dove cominciare, ma Amabelle gli aveva suggerito dei buoni posti da controllare.

Prima tappa: bagno.

Non poteva entrare in quello delle ragazze per ovvi motivi, ma si mise accanto alla finestra e cercò di origliare all’interno. Clover aveva una voce piuttosto riconoscibile e limpida, quindi non sarebbe stato difficile riconoscerla.

Purtroppo sentì altre voci all’interno del bagno. Voci che non gli piacquero per niente.

-Francamente non mi affretterei così tanto se fossi in te, Minni- stava infatti dicendo una voce squillante all’interno.

Norman non la riconobbe, ma io posso dirvi che si trattava di una cugina di Veronika: la duchessa Ottilia von Alten.

-Strano che una delle damigelle della sposa se la prenda con tale calma. Non temi l’imbarazzo di quando cominceranno e tu non sarai al tuo posto?- le rispose irritata un’altra voce che Norman non riconobbe, ma io posso dirvi appartenesse alla contessa Minerva Brûlart, una delle ex compagne di università di Max e seconda più promettente del corso, subito dietro di lui.

-Sempre meglio dell’imbarazzo che proverà Veronika quando si renderà conto che il suo promesso sposo l’ha abbandonata all’altare, anche se dopo quello che è successo ieri se lo dovrebbe aspettare- ridacchiò la prima voce, con malefico divertimento.

-Ma si può sapere di che stai parlando? Max non abbandonerebbe mai la principessa Veronika…- iniziò ad obiettare Minerva, ma la duchessa la interruppe subito, in vena di gossip.

-Ieri hanno litigato di brutto. Li hanno sentiti in tutto il castello. E considerando che Max l’eterno puntuale è in ritardo proprio il giorno del suo matrimonio… sono piuttosto certa che non si presenterà. E visto lo scandalo ce provocherà questa cosa… beh… fortuna che il duca Borsche è già vestito elegante- il tono della duchessa era sempre più eccitato mano a mano che andava avanti.

-Se non fossi membro della famiglia reale potrebbero arrestarti o quantomeno cacciarti per tale mancanza di rispetto nei confronti del futuro re di Agaliria, e potrebbero accusarti di alto tradimento per aver suggerito l’idea che la principessa possa sposare qualcun altro. Sii felice che questa conversazione l’ho ascoltata solo io- rispose Minerva, in tono al contrario completamente impassibile e che non mostrava la sua chiara irritazione a quelle insinuazioni.

Se Clover fosse stata in bagno, Norman era certo che sarebbe uscita proprio in quel momento dal cubicolo per fare una qualche battuta ad effetto che avrebbe terrorizzato Ottilia oltre ogni immaginazione, ma non intervenne, e Norman ebbe conferma che non fosse lì, quindi era il caso di cercarla altrove.

Anche se iniziava davvero a preoccuparsi.

Abbandonò la scena prima di sentire la risposta della duchessa. E non si perse molto a dire il vero.

Decise di dirigersi ai piani superiori, che in realtà sarebbero dovuti essere chiusi al pubblico, ma che potè raggiungere con il pass dello staff che Nadia gli aveva regalato. 

E prima di girare l’angolo verso la zona più isolata della cattedrale, fu fermato sul posto da un’altra voce conosciuta.

-Non è il momento di parlare di questo! Abbiamo già abbastanza cose a cui pensare!- si stava lamentando Denny, il fratello minore di Max.

In effetti Denny era una fonte affidabile quanto Clover circa lo stato fisico dello sposo in quel momento, ma Norman l’aveva escluso dai possibili informatori per non rischiare di turbarlo.

Al momento sembrava parecchio turbato comunque, quindi poteva rischiare.

Ma prima che potesse varcare l’angolo e chiamarlo, la risposta del suo interlocutore lo bloccò sul posto, e capì perché i due fossero nel punto più isolato della cattedrale.

-Lo so Dany ma ti prego, almeno pensaci. Tienimi una porta aperta. Non puoi non provare nulla per me dopo quello che abbiamo passato insieme- disse infatti tale interlocutore, con voce impastata.

-Sei solo agitato per il matrimonio. Non intendi davvero quello che mi hai detto- provò ad obiettare Denny, in parecchia difficoltà.

-So perfettamente quello che intendo e quello che provo. E se te lo sto dicendo adesso è perché non riesco più ad aspettare, né voglio rischiare che dopo il matrimonio tu scappi via. Lo so che non è il momento migliore, ma quali altri momenti potrò avere se non questo per rivelarti i miei sentimenti?!- insistette il suo interlocutore, che sì, se ve lo state chiedendo rimarrà un mistero, per la suspense. E perché io sono sadica.

-Ugh…- Denny iperventilava per lo stress -…hai comunque scelto il momento peggiore. E vorrei ci fosse un modo carino per dirlo, ma la mia risposta è no. E resterà no anche quando me lo chiederai in un momento più consono- alla fine strappò il metaforico cerotto.

-Ma… Dany… aspetta… potremmo…- la persona con lui provò a continuare ad insistere, probabilmente prendendolo per il braccio per non farlo andare via, ma Denny era irremovibile.

-Anche io so perfettamente quello che intendo e quello che provo. Mi dispiace, ma devi lasciarci andare… entrambi- la frase era un chiaro congedo, e prima che Denny potesse giare l’angolo, Norman si affrettò ad allontanarsi da lì, pentendosi di non averlo fatto prima, ma purtroppo troppo pettegolo e incuriosito dallo strano scambio.

Si segnò mentalmente di indagare un po’ con Denny una volta risolto tutto.

…e magari anche fare qualche domanda ben piazzata a Mathi non era una cattiva idea.

La Mathenny, dopotutto, era la sua OTP dopo la Petrabelle.

Ma ship a parte, Norman aveva incontrato quasi tutti i membri della Corona Crew, ma di Clover e Max nessuna traccia.

Con il pass dello staff, Norman decise di dirigersi nella zona organizzativa. Clover, in qualità di damigella d’onore (o testimone, Norman ancora non lo sapeva), era autorizzata a stare lì, e forse aveva preso qualcosa da mangiare nell’attesa.

Fortunatamente, la trovò proprio lì, appoggiata al muro e che fissava il vuoto.

Ma non fece molto caso alle sue condizioni, perché era troppo occupato ad avvicinarsi il più in fretta possibile senza allarmare gli altri membri dello staff di Nadia.

-Clover! Eccoti! Ti ho cercato dappertutto!- l’accolse, in tono basso ma comunque molto enfatico.

-Mmm- Clover non lo guardò. Continuava a fissare un punto all’orizzonte. Sembrava concentrata… ed era leggermente pallida. Ma forse era solo il fondotinta a farla sembrare così. 

-So che è una domanda che può risultare indiscreta, ma tu sei la migliore amica di Max… e il matrimonio doveva cominciare ormai circa quaranta minuti fa… non è che tu sai che fine ha fatto? Tipo… c’è traffico? Ti ha avvertito? Nadia è molto allertata e anche gli ospiti iniziano a preoccuparsi…- Norman cercò di giocarsela bene, ma vista la reazione di Clover, avrebbe potuto essere più diretto, o non parlare affatto.

Perché la ragazza non sembrava degnarlo di molta attenzione.

-È tutto sotto controllo… tranquillo… spero… arriverà… forse… prima o poi… credo- rispose senza alterazioni vocali, come se ogni parola le costasse estrema fatica.

E fu in quel momento che Norman si rese conto delle sue inusuali condizioni. Clover era il membro più stabile della Corona Crew. Forte e determinata davanti ad ogni imprevisto. Se lei era così assente, c’era qualcosa che proprio non andava.

-Clover, tutto bene?- chiese, iniziando a preoccuparsi.

La ragazza sembrò sbloccarsi, e lo guardò.

-Sì, tutto bene. Ho avuto solo… niente di preoccupante! Che mi avevi chiesto?- tornò perfettamente normale, anche se rimase appoggiata al muro.

-Max… arriverà presto? Iniziamo tutti a preoccuparci un po’- ripeté Norman, distrattamente, controllando meglio le condizioni di Clover.

-Sì, sono sicura che stia per arrivare- Clover gli mise una mano sulla spalla, confortante -Non preoccuparti, è tutto…- si interruppe di scatto, e gli strinse bruscamente la spalla così forte che gli fece parecchio male.

-Ow, Clover, cosa…?- Norman provò a sottrarsi alla sua presa, ma Clover era la più forte della Corona Crew, quindi la sua morsa era d’acciaio.

Per fortuna lo lasciò dopo pochi secondi.

-Scusa- scivolò sul muro per allontanarsi da lui e dargli un senso di rassicurazione.

Norman le si avvicinò per farle presente che non era spaventato da lei… più per lei. Non l’aveva mai vista così.

-Sicura che va tutto bene? Vuoi che chiami qualcuno?- si offrì, improvvisamente dandole tutta la sua priorità.

Clover annuì.

-Sì, sì, è solo il parassita che…- si interruppe di nuovo di scatto, e si piegò su sé stessa, tenendosi lo stomaco.

-Clover!- Norman le si avvicinò, sempre più preoccupato.

-Ripensandoci… puoi accompagnarmi all’ambulanza preventiva messa qui fuori?- con il respiro affannoso, Clover finalmente si decise a chiedere aiuto, guardando Norman con un sorriso pieno di panico.

Norman si affrettò ad aiutarla, chiedendosi se la situazione potesse andare peggio di così.

E mentre accompagnava la ragazza verso il medico più vicino, fuori dalla cattedrale, si rese conto che “peggio di così” era praticamente una prospettiva impossibile.

Amabelle e Petra, sebbene in angoli diversi, stavano praticamente devastando la cattedrale alla ricerca di qualcosa di misterioso (che di certo non erano anelli patrimonio della famiglia reale da generazioni); Denny pareva nel mezzo di un attacco di panico; Felix chiamava a gran voce il nome di Nini in mezzo a ospiti confusi; Norman notò per un attimo lo sguardo perduto e ansioso di Veronika nascosta in un angolo che spiava discretamente la sala in cerca del futuro marito; erano quasi un’ora in ritardo, e da una folla nella zona dello staff Norman potè giurare che Nadia fosse svenuta per l’agitazione.

Dai, poteva effettivamente andare peggio. Poteva piovere.

Mentre usciva dalla cattedrale con Clover sottobraccio, le prime gocce iniziarono a cadere sul suolo, da nuvole nere che fino a poco prima Norman non aveva proprio notato. 

Okay, peggio di così non poteva andare!

Eppure, per qualche motivo, Norman non era per niente stupito.

In poco più di sei anni con la Corona Crew, non c’era più niente che potesse stupirlo.

E confidò che l’effetto Norman portasse le cose a sistemarsi da sole.

…o quantomeno che aiutasse almeno un po’. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Quanto tempo è passato!

Beh, per chi ha letto l’ultima storia nella raccolta Life Bites il tempo è stato poco, ma per chi è rimasto al finale di Corona Crew, è passato un sacco! 

Avevo anticipato che a Gennaio avrei ricominciato a scrivere dei miei ragazzi, e infatti vi auguro l’anno nuovo con questo piccolo prologo per Corona Crew 2: Royal Wedding, ma purtroppo porto anche una notizia meno positiva.

Infatti ho deciso di non aggiornare la storia fino ad Agosto. Prima di urlarmi contro, lasciatemi spiegare…

Ho già organizzato, circa, tutti i capitoli della nuova storia, e sebbene abbia lo stesso stile di Corona Crew, e una struttura simile basata sul tempo che passa, ho deciso che per questa storia ogni capitolo racconterà una settimana della vita del gruppo. Alcuni capitoli saranno più lunghi, altri forse più corti, e il giorno del matrimonio sicuramente lo dividerò in più capitoli, ma pensavo di dividerlo così.

“E allora perché aggiornare ad Agosto?” potreste chiedere.

Perché avevo intenzione di portarmi avanti con i capitoli, e pubblicare un capitolo alla settimana in live… circa.

Come un diario.

E questa lunga attesa mi permetterà di avere una storia coesa e ben scritta che eviterà il più possibile i buchi di trama o le incongruenze, spero, perché potrò tornare indietro e cambiare prima della pubblicazione :D

Ma tranquilli, non resterete senza Corona Crew per cinque mesi e mezzo, dato che continuerò ad aggiornare la raccolta Life Bites che potete trovare sia su EFP che su Wattpad con AU eventuali, missing moments sicuri, e soprattutto eventi piuttosto importanti che capitano durante il time skip di cinque anni. Ho già pubblicato la proposta di matrimonio Ferren e il primo giorno di accademia di Max, ma sono in programma anche un piano da matchmaker di Clover, Denny che trova un nuovo lavoro, e uno stage attoriale di Amabelle. Senza contare le cronache dell’Accademia di Agaliria e altri momenti fluff tra i personaggi che potrete anche richiedere voi nei commenti.

Insomma… su Life Bites la storia non si ferma mai.

E sì, lo sto spammando un sacco, scusate.

Passando oltre, spero che il capitolo, sebbene breve e un po’ confuso, vi sia piaciuto. Nel prossimo si tornerà indietro di poco più di nove mesi *wink wink* e si ricapitoleranno i fatti che hanno portato a quella situazione.

Tipo… come mai Norman è così amico della Wedding Planner? Chi è Nini? Che stavano cercando Petra e Amabelle (che sicuramente non erano anelli)? Con chi stava parlando Denny? Cosa è successo a Clover? E soprattutto… che fine ha fatto Max?!

Sono aperte le teorie ;)

Vi auguro un buon anno nuovo sperando che sia meglio del precedente per quanto riguarda altri tipi di corona, e in generale buone feste a tutti!

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 2
*** Prima settimana: tra compleanni e matrimoni ***


Prima settimana: tra compleanni e matrimoni

 

Martedì 13 Agosto 

Per la prima volta da parecchi anni, Amabelle avrebbe festeggiato il compleanno praticamente da sola.

E non credeva fosse un caso che fosse proprio martedì 13.

Durante l’ultimo martedì 13 in cui aveva festeggiato il compleanno, cinque anni prima, il suo gruppo di amici l’aveva abbandonata a metà festa dopo averle fatto pesare tutti i suoi errori.

E, beh, rispetto a quel periodo, il compleanno di quell’anno era molto più piacevole, ma comunque non era tanto felice di festeggiare i suoi venticinque anni con la sola compagnia della sua cagnolina Lottie.

-Siamo sole, piccolina!- commentò, prendendola in braccio e mettendola sulle sue gambe.

Era assurdo come, sebbene convivesse con tre persone tra cui la sua ragazza da quattro anni e mezzo, era completamente sola in casa, al momento, intenta a guardare per l’ennesima volta l’episodio di Gorgeous in cui aveva fatto la comparsa.

Ahhh, il suo più grande successo di vita!

…forse doveva fare qualche provino.

Ma non c’erano molte occasioni lavorative per una giovane attrice nella piccola cittadina di Harriswood.

Con Lottie sulle gambe e la televisione in loop, Amabelle decise di prendere anche il telefono per controllare gli auguri e sentirsi meno sola. Per fortuna, i messaggi indirizzati a lei erano parecchi.

La sua solitudine, infatti, non era dovuta ad un litigio o altro.

Semplicemente, tutti i suoi amici erano impegnati.

Ma comunque pensavano a lei, e questo la faceva sorridere.

“Norman: Buon compleanno migliore amica! Vorrei tanto poter venire stasera, ma la conferenza a Oslo si è protratta più del previsto T_T Mi faccio perdonare appena torno a New Malfair! Passerò a Harriswood e ti offrirò il migliore tè alla pesca e una gigantesca fetta di torta al Corona, promesso!”

L’unica persona che era stata presente per lei, a quel disastroso compleanno di cinque anni prima, era purtroppo assente in quel momento, per motivi più che legittimi, dato che aveva un importante incarico in un’azienda e viaggiava tantissimo per lavoro. Amabelle era davvero un sacco orgogliosa di lui.

“Max: Buon compleanno stellina! Ricordo quando eravamo piccoli e giocavamo insieme in giardino. Quanto tempo è passato da allora, ma tu sei sempre la stessa esuberante ragazzina… beh, ormai una donna! Spero che riusciremo a fare una videochiamata tutti insieme, questo pomeriggio, anche se gli orari sono difficili da coordinare a causa del fuso orario. Anche Veronika ti manda un bacione enorme! Ti prometto che mi farò perdonare la prossima settimana, dopo il matrimonio!”

“Denny: Buon compleanno, Amabelle. Scusa sono troppo occupato e non posso tornare a Harriswood. A malapena riesco a prendermi due giorni per il matrimonio, ma ci sono nello spirito. Spero festeggerai bene con gli altri!”

Denny e Max Sleefing, i suoi vicini di casa e amici d’infanzia. Quello sarebbe stato il primissimo compleanno passato senza di loro da che Amabelle riuscisse a ricordare. Era davvero, davvero strano che non fossero lì a farle gli auguri di persona, ma non poteva biasimarli: Max era il ragazzo ufficiale della principessa Veronika Krone di Agaliria, e doveva concludere delle faccende davvero importanti nel regno europeo.

Mentre Denny era a New York, intento a lavorare per sua zia Evelyn, nel suo studio legale. Amabelle non era felice che fosse lì, ma non era nessuno per dirgli cosa fare e cosa non fare, anche se era palese che sua zia lo facesse lavorare troppo.

Probabilmente entrambi si sarebbero presi dei giorni liberi pur di festeggiare il compleanno con lei, ma dato che quel weekend loro padre si sarebbe risposato, avevano preferito prendersi un giorno libero per quell’evento.

E Amabelle non vedeva l’ora di andare a quel matrimonio, sarebbe stato stupendo!

“Clover: Buon compleanno Amy! Scusa se io e Diego non riusciamo a passare, ma tra il lavoro e i preparativi per il matrimonio, non abbiamo tempo neanche per respirare. Ma forse passo per un saluto domani, prima di andare con mia madre a controllare i fiori. Ti porto il regalo eccetera. Spero passerai una bella giornata!”

“Diego: Buon compleanno Amabelle! Ci credi che proprio stamattina nonna Flora ha visto la puntata di Gorgeous dove c’eri anche tu?! Ho dato un’occhiata anche io e mi sono reso conto che mi manca passare del tempo con te e con la Corona Crew. Non vedo l’ora di vederti al matrimonio! Un bacione e passa una giornata stupenda!”

Diego e Clover, una coppia di opposti che Amabelle considerava un suo enorme successo, anche se aveva fatto ben poco per metterli insieme.

Negli ultimi cinque anni avevano fatto un tira e molla costante, ma ormai stavano insieme da quasi due anni di fila, e sembrava la volta buona, dato che convivevano nella casetta di Diego. Da quando avevano iniziato a lavorare, le cose si erano stabilizzate parecchio, anche se erano in un’altra città, e questo ad Amabelle dispiaceva.

Diego lavorava in ospedale, mentre Clover era una giornalista. Entrambi avevano ottenuto il lavoro dei loro sogni.

Ed entrambi erano estremamente impegnati a causa di tale lavoro, e a causa del matrimonio della madre di Clover, che si sarebbe risposata quel weekend. In qualità di damigella d’onore, Clover era impegnata il doppio del solito.

Amabelle proprio non vedeva l’ora di andare a quel matrimonio.

“Mathi: Buon compleanno Amabelle. Spero che tu stia bene e che passerai una bella giornata con la Corona Crew”

Il messaggio di Mathi era molto distaccato, ma sincero.

Considerando che non si sentivano da quando lui e Denny si erano lasciati, parecchi mesi prima, Amabelle era sorpresa che le avesse addirittura scritto per farle gli auguri, e ne fu felice. 

Le era sempre piaciuto Mathi, e ad una parte di lei piaceva ancora, sebbene fosse ancora arrabbiata per come avesse spezzato il cuore di Denny.

E pensare che fino a quel momento erano stati una coppia stupenda!

Ugh, le relazioni sono complicate!

Al momento lavorava a New Malfair, e non passava ad Harriswood dalla rottura con Denny, quindi Amabelle non sapeva molto altro su di lui.

“Manny: So che Max ti ha fatto gli auguri anche da parte mia, ma ci tenevo a farteli di persona: AUGURI AMABELLE!! Non vedo l’ora di tornare ad Harriswood e vederti! Abbiamo un sacco di cose da fare insieme! Dobbiamo troppo organizzarci per una serata “Ragazze della Corona Crew” anche con Petra e Clover!”

Manny era il numero segreto della principessa Veronika. Lei e Amabelle avevano legato molto quando Veronika le aveva procurato il lavoro sul set di Gorgeous, e in generale nelle serate pre-fidanzamento ufficiale con Max dove la principessa era sempre in incognito travestita da ragazzo. Era davvero una persona adorabile, e Amabelle era felicissima di essere sua amica.

Ma le persone più vicine che aveva, non le avevano mandato alcun messaggio.

…ed era normale, dato che erano anche le uniche che poteva vedere di persona.

Anche se al momento erano tutte e tre a lavoro, quindi la giovane donna ancora non le aveva viste.

Amabelle osservò l’orologio, erano le due del pomeriggio, un po’ troppo presto per aspettarsi che i suoi tre coinquilini tornassero già a casa. 

Forse poteva fare una sauna.

Certo, con quaranta gradi all’ombra, fare una sauna non è che fosse l’ideale. In realtà bastava uscire dieci minuti in giardino e avrebbe ottenuto lo stesso effetto, con delle punture di zanzara in più, ma la sauna era una delle cose più belle di quella casa, e così almeno Amabelle avrebbe avuto qualcosa da fare.

Perché Amabelle si stava annoiando.

Da quando tutti i suoi amici avevano iniziato a vivere una vita adulta, si annoiava piuttosto spesso.

E ogni volta che si annoiava, iniziava a chiedersi cosa ne sarebbe stato del suo futuro, e se fosse il caso che anche lei diventasse un’adulta.

La prospettiva era terrificante.

E decisamente non ci si sarebbe messa a pensare quel giorno.

Aveva appena compiuto venticinque anni, un quarto di secolo. Non aveva continuato gli studi, aveva fatto solo piccoli lavoretti poco retribuiti, e praticamente viveva a scrocco a casa della sua ragazza… no, lei e la sua ragazza vivevano a scrocco a casa del fratello di tale ragazza.

MA, nonostante tutto, Amabelle non voleva pensare alla sua situazione, perché era il suo compleanno, e voleva goderselo.

Il giorno successivo poteva pensarci, ma quel giorno no.

E per non pensarci doveva necessariamente distrarsi.

Ergo, la sauna.

Così si avviò verso la stanza, con Lottie al seguito, e rimase piuttosto sorpresa quando notò un biglietto attaccato alla porta.

“Wow, sei davvero annoiata e disperata se vuoi fare una sauna il 13 Agosto. Che ne dici invece di fare un gioco? Segui gli indizi e riceverai un tesoro di compleanno”.

Amabelle non trattenne un grido di gioia. Non si aspettava minimamente una sorpresa del genere da parte della sua ragazza, e suppose ci fosse dietro lo zampino di Felix. Prese il biglietto e lesse il primo indizio, o meglio, i primi due.

“Se hai trovato questo biglietto prima delle 4 del pomeriggio, segui il percorso normale, il primo indizio si trova nel luogo dove ti è impedito andare dall’incidente del peperoncino piccante”

“Se hai trovato il biglietto dopo le 4… l’ultimo indizio si trova nel trono della vera regina della casa”

Amabelle amava i giochi di questo genere, ma era anche una ragazza curiosa e poco incline a seguire le regole, quindi, sebbene fosse lontana dalle quattro del pomeriggio, corse in tutta fretta alla cuccia di Lottie, decisa a trovare il tesoro prima possibile e poi, magari, vedere gli altri indizi. 

Trovò un biglietto sotto il cuscino pieno di peli ricci: 

“Amabelle, sei la solita imbrogliona! So che hai trovato il primo biglietto massimo alle due del pomeriggio, vai a fare il gioco come si deve!”

Amabelle scoppiò a ridere, e rimise il biglietto al suo posto, per fingere di non aver mai imbrogliato. Poi si diresse verso la cucina, e aprì lo sportello delle spezie.

“Bravissima! Ora vattene prima che Mirren se ne accorga e dirigiti dove le sirene incontrano gli angeli”

Amabelle andò quindi in piscina, vicino al trampolino…

“Spero tu non abbia paura dei mostri, perché il prossimo biglietto è a casa del mostro!”

…dentro l’enorme armadio della stanza degli ospiti…

“Lo senti anche tu questo odore di cioccolato. Non farti beccare da Mirren e trova il biglietto nell’antro dei dolci”

…il nascondiglio che aveva creato pieno di snack per i suoi momenti di fame notturna…

“Ma alla fine l’hai più fatta la sauna?”

…di nuovo in sauna, ma all’interno…

“Si vede un tramonto straordinario da qui, bisognerebbe immortalarlo”

…la stanza di pittura di Felix…

…e molti, molti altri posti.

Infine, dopo un paio d’ore di giri per tutta la casa di Mirren e Felix (ma anche sua e di Petra), Amabelle trovò finalmente l’ultimo biglietto.

“Fortuna che sei impaziente e impulsiva, se giravi il biglietto il gioco sarebbe finito subito” 

Amabelle ci mise qualche secondo a capire. Lottie la raggiunse saltellando, ancora piena di energie nonostante tutti i giri che avevano fatto insieme, e con il suo arrivo la ragazza comprese l’indizio, e si tirò una manata sulla fronte.

Che stupida!

Petra l’aveva davvero fregata per bene.

Amabelle corse in tutta fretta sotto le scale, e tornò nel luogo del primo indizio, o meglio, l’ultimo: la cuccia di Lottie.

Sollevò nuovamente il cuscino pieno di peli, prese il biglietto che prima l’aveva fatta desistere dall’imbrogliare, e lo girò.

“Fregata! …o almeno spero. Comunque, alle sette, non prima mi raccomando, fai in modo di essere nel luogo dove ogni sogno diventa realtà, soprattutto i tuoi. P.s. è un luogo dove si mangia, se si può definire cibo quello che servono lì”

Amabelle capì immediatamente a che luogo si stava riferendo, ma non riusciva del tutto a crederci.

Controllò l’orologio: si erano fatte quasi le cinque. Contando la preparazione e i mezzi, sarebbe arrivata appena in tempo, se si sbrigava.

E voleva decisamente sbrigarsi.

Si vestì adatta ad un compleanno, salutò Lottie con un abbraccio, lasciandole la cena nella ciotola e il giusto quantitativo di acqua, e poi chiuse bene la porta alle sue spalle, prima di correre in direzione della fermata dell’autobus più vicina, con l’entusiasmo di una bambina il giorno di Natale.

E alle 6.45, troppo eccitata per aspettare ulteriormente, era già davanti alla pizzeria “Kidz dreamz”, la sua preferita da quando era piccola. Era una pizzeria indicata soprattutto per i bambini, dato che era piena di giochi, come la vasca di palline colorate, scivoli e salterelli. Nessuno ci andava per la pessima e costosissima pizza, le bibite analcoliche a doppio prezzo e la musica infantile dei cartoni Disney accompagnata da animatori che incoraggiavano tutti a fare i balli di gruppo… ai quali solo i bambini erano ammessi, ovviamente.

Insomma, anche con figli, andare lì era uno spreco di soldi ed energie.

Se non avevi figli… non ci andavi. E Amabelle non ci andava da quando aveva 11 anni. Ma amava quel posto, lo amava alla follia, e lo diceva sempre a Petra quando ci passavano davanti.

Era ancora chiuso, Amabelle si avvicinò alla porta per leggere gli orari, e notò un biglietto attaccato con lo scotch.

“Eddai, Baelle! Avevo detto le 7!”

-Sei davvero impaziente- commentò una voce alle spalle della ragazza, che sobbalzò vistosamente e quasi tirò una gomitata alla persona a cui apparteneva, che però la conosceva bene e si spostò senza problemi.

-Tray!- resosi finalmente conto di chi aveva quasi colpito, Amabelle si girò e saltò al collo della sua ragazza, che la afferrò senza fatica e la fece volteggiare, ridacchiando appena.

-Hay Ames! Allora, è andata bene la caccia al tesoro?- chiese, incuriosita.

-Perfetta! Davvero mangiamo qui stasera?- Amabelle indicò il locale che si apprestava ad aprire.

Petra tolse il foglietto di carta prima che lo notasse un membro dello staff, e se lo mise in tasca.

-Sì, anche se i giochi e l’animazione restano solo per i bambini, e non c’è alcol. Ma pensavo ti avrebbe fatto piacere. Mirren e Felix ci raggiungono tra poco- sorrise poi alla sua ragazza, che non riusciva a nascondere il suo entusiasmo.

-È perfetto! Il regalo perfetto! Ti amo tanto, Petra!- Amabelle la baciò con energia ed entusiasmo, incurante degli sguardi dei passanti. Non che ci fosse molta gente in giro.

-Ti amo anche io, Ames. Buon compleanno!- Petra ricambiò con affetto.

Sarebbe stato il compleanno più magico del mondo.

 

Nonostante gli anni passati in compagnia, e da un po’ anche come coinquilini, Mirren non si era ancora completamente scaldato nei confronti di Amabelle. Era una carissima amica, sì, ma non la più stretta che avesse, e c’erano tanti lati del suo carattere che ancora gli facevano storcere il naso e alzare gli occhi al cielo.

Ma era ben felice di farle passare un buon compleanno in compagnia.

Anche se la sua mente era piuttosto distratta in quel momento.

La sua mente era distratta da circa una settimana, quando aveva ricevuto l’ultima email che si sarebbe aspettato.

Una mail che Felix attendeva da mesi, e che quindi Mirren si sarebbe decisamente dovuto aspettare.

Ma non aveva idea di come parlarne a suo marito.

E quello decisamente non era il momento.

-E Karen era tipo: “non mi interessa se devi badare a quindici bambini, mio figlio merita la tua totale attenzione perché mi sto lamentando”- Felix si stava dilettando in una precisa imitazione di una delle madri dei ragazzini ai quali insegnava arte nel pomeriggio alla galleria. Stare in mezzo ai bambini gli veniva naturale. Mirren era davvero orgoglioso di lui.

E terrorizzato da questa naturalezza, che sapeva che non avrebbe mai potuto eguagliare.

-Karen è davvero insopportabile. È venuta a lamentarsi in comune, una settimana fa, perché il suo vicino di casa le aveva offerto un cesto di benvenuto. Ha detto che era un’invasione di proprietà. E ha avuto un attacco isterico quando mi ha visto passare- Petra sbuffò, e prese un sorso di birra.

-Me ne hai parlato. Un nome e un programma, questa Karen- Amabelle ridacchiò. Si stava davvero godendo la compagnia.

E bisognava ammettere che essere in compagnia di persone estroverse era molto utile a Mirren per evitare di interagire più di tanto.

-Secondo me non durerà molto qui a Harriswood. Siamo una comunità troppo aperta- osservò Felix, sorridendo appena al pensiero.

Sempre l’eterno ottimista, il suo Felix.

Mirren prese un sorso d’acqua, per avere qualcosa da fare ed evitare di parlare.

-A proposito di apertura mentale e di bambini. Non vi è ancora arrivata nessuna mail?- Amabelle cambiò bruscamente argomento, e Mirren per poco non si strozzò.

Non si aspettava che tirasse fuori la questione proprio ora.

Felix sospirò, abbandonando il sorriso.

-Ancora nulla. Doveva arrivare in settimana! Suppongo che l’apertura mentale non sia ancora così ampia- si abbatté.

-Su, su, sono sicura che arriverà presto! Avete fatto tutto correttamente, avete seguito i corsi, avete la licenza, non possono assolutamente rifiutare la vostra richiesta- Amabelle provò ad incoraggiarlo, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Per quanto mi disturbi ammetterlo, concordo che siete le persone più indicate al mondo per avere figli. Soprattutto tu, Felix. Non possono rifiutare la vostra richiesta di adozione. Dai solo un po’ di tempo a chi di competenza per assicurarsi che sia tutto in ordine- Petra si aggregò all’incoraggiamento in modo più professionale.

A differenza di Mirren, lei si era scaldata parecchio nei confronti di Felix nei cinque anni passati. Probabilmente perché, sempre a differenza di Mirren, aveva avuto l’intera vita in compagnia di Felix, e la sua irritazione nei confronti del biondo era nata solo come piccolo sfogo infantile.

Ora che era ormai una donna adulta e più responsabile di prima, aveva maturato la consapevolezza che fosse davvero affezionata a suo cognato.

Anche se questo portava Mirren in minoranza, in quella determinata situazione.

-Magari è arrivata la mail, ma non ve ne siete accorti! Mirren, hai controllato lo spam?- provò a suggerire Amabelle, chiamando in causa Mirren, che non si aspettava di essere coinvolto nella discussione.

-Uh…- non sapeva assolutamente cosa dire.

-Non ho pensato allo spam! Hai ragione, Amabelle!- Felix si accese di speranza, e guardò il marito incoraggiandolo a controllare.

Petra non si espresse, ma anche lei iniziò ad osservare Mirren, di sottecchi, curiosa su cosa avrebbe detto.

-Beh… siamo… nel mezzo del tuo compleanno, Amabelle, vuoi davvero interromperlo con questa… questa cosa?- Mirren provò a ritardare il momento della verità.

-Ma certo! Sapere che diventerò zia renderebbe il compleanno due milioni di volte più bello!- Amabelle si avvicinò, incoraggiando Mirren a prendere il telefono e controllare in diretta.

Felix, al contrario, si ritirò appena, e il suo sorriso sparì.

-Oh no… è già arrivata? È una brutta notizia? Per questo non me lo hai detto prima?- indovinò, con espressione afflitta.

Lo conosceva troppo bene, e sapeva quando Mirren gli teneva nascosto qualcosa.

Mirren non aveva più scampo.

Non c’era modo di ritardare ulteriormente la rivelazione senza ferire i sentimenti di qualcuno, soprattutto di Felix.

-No, no! Nessuna brutta notizia. Loro… è tutto a posto! Mi è arrivata una mail stamattina e… tutta la documentazione è in ordine, possiamo adottare- alla fine diede la notizia, sfoggiando il suo più grande sorriso.

Sulla tavola calò il silenzio più assoluto, anche se non fu molto evidente, dato che il caos dei bambini intorno a loro era ancora piuttosto preponderante.

Sussurro che però non durò più di qualche secondo.

-Avremo un bambino?- esordì Felix, la sua voce un sussurro incredulo. 

Per un momento, a Mirren sembrò che stesse avendo ripensamenti. Il suo cuore perse un battito.

-Possiamo adottare- sussurrò a sua volta, senza scomporsi nella risposta.

E il momento finì quando Felix scoppiò a piangere e abbracciò di slancio Mirren, con gioia incontenibile.

-Avremo un bambino! Avremo un bambino!- esclamava, stringendo con forza il marito, che ricambiò l’abbraccio cercando di condividere l’entusiasmo, anche se iniziava a sentirsi sopraffatto da tutta quella situazione. 

Sapeva di dover commentare qualcosa, ma non aveva la più pallida idea di cosa dire.

Per sua fortuna, un urlo acutissimo fermò ogni possibile risposta, e attirò l’attenzione di tutti gli avventori del locale, bambini compresi, che si girarono verso il loro tavolo, lanciando occhiatacce verso Amabelle.

-Sarò zia!- esclamò lei, continuando ad urlare e ignorando gli sguardi di fuoco.

-Ehi, voi, fatevi i fatti vostri. I vostri bambini fanno casino quanto e peggio di lei- Petra la difese e levò di torno gli sguardi giudicanti dei tavoli accanto, che alzarono gli occhi al cielo, ma non potevano replicare, dato che aveva ragione.

Mirren fu felice di non avere più troppa attenzione addosso, ma Amabelle continuava ad urlare, e Felix si era alzato e l’aveva raggiunta per iniziare a saltellare con lei.

-Sarò papà!-

-Sarò zia!- 

Erano i più entusiasti alla notizia.

E Mirren non sapeva che fare.

-Dobbiamo festeggiare!- esclamò Amabelle.

-Sì!- concordò Felix, sempre saltellando con lei.

-Vado a ordinare delle bibite analcoliche!- Amabelle si avviò verso la zona della cucina.

-Vado a chiamare i miei genitori!- Felix invece prese il telefono e corse fuori dal locale per rivelare la notizia alla famiglia lontano dalle urla dei bambini, che avevano ripreso a divertirsi senza più badare a loro.

Petra e Mirren rimasero soli al tavolo prima che Mirren potesse del tutto rendersi conto di cosa fosse successo.

Si ritrovò a sospirare, e prese un sorso d’acqua, sperando di buttare giù il groppo che gli era risalito alla gola.

-Quanto ancora pensavi di tenerlo nascosto?- la domanda di Petra per poco non lo fece strozzare, di nuovo.

Doveva stare attento con l’acqua quel giorno.

-Mi è arrivata stamattina la mail, e non volevo togliere l’attenzione da Amabelle. Pensavo di dirlo… domani, magari- provò a rimanere fermo nella sua bugia, evitando lo sguardo della sorella, che però sembrava scrutare in fondo alla sua anima.

-Mirren, hai ricevuto la mail una settimana fa- e lei infatti scoprì tutte le sue carte, a bassa voce, controllando che i due compagni non stessero già tornando al tavolo.

-E tu che ne sai?- Mirren se l’aspettava, vista l’espressione della sorella, ma aveva sperato fino all’ultimo che Petra non sapesse niente, e che sarebbe riuscito a portare quel segreto nella tomba.

Aveva solo ritardato di una settimana una rivelazione, niente di che!

Ma Petra come lo sapeva?! Quanti lo sapevano?! Se Felix l’avesse scoperto, gli avrebbe spezzato il cuore, e avrebbe chiesto chiarimenti a Mirren, che avrebbe dovuto confessare che… Mirren non voleva arrivare a quel punto.

-Me lo ha detto papà. Mi ha chiamato per un motivo che non ricordo e mi ha chiesto se l’avevi già annunciato a tutti e quando sareste andati a New Malfair per accogliere il nuovo membro della famiglia. Gli ho detto che volevi fare una sorpresa a Felix e di non dire niente a nessuno, neanche a te, per non metterti in una situazione scomoda, ma devo dire che non mi aspettavo che avresti aspettato così tanto- Petra incrociò le braccia, e lo guardò in cerca di spiegazioni.

Mirren evitò il suo sguardo, cercando una scusa al volo.

-Non puoi dire che aspettavi il compleanno di Amabelle per fare una sorpresa anche a lei perché per prima cosa non penseresti mai a fare una sorpresa ad Amabelle, e seconda cosa hai già detto che non volevi togliere l’attenzione dal suo compleanno quindi saresti incoerente- Petra lo fermò togliendogli una possibile scusa.

Mirren sospirò. Non gliene venivano in mente altre, francamente.

-Non lo so. Non lo so, va bene? Non…- si sistemò gli occhiali, molto a disagio -…stavo solo… aspettando un po’. Non è che c’è una scadenza, o fretta. Volevo solo…- le parole gli morirono in gola. Non sapeva cosa dire, come giustificarsi, come spiegare il suo tumulto interiore.

Non sapeva neanche quale fosse esattamente, il suo tumulto interiore, solo che c’era, e che non poteva soffermarcisi.

-Tu vuoi diventare padre?- gli chiese Petra, cauta.

-Certo!- Mirren rispose immediatamente, mettendo su un sorriso che però non gli raggiunse del tutto gli occhi.

Era un anno che si ripeteva che era quello che voleva, che era felice, che lui e Felix sarebbero stati ottimi genitori, ma adesso che era reale… Mirren doveva ancora rendersi del tutto conto che ciò che sembrava lontanissimo e quasi irraggiungibile, era ormai a due passi.

Il suo sorriso sparì quasi immediatamente, mentre il cuore aumentava il battito.

No, non doveva indagare!

Indagare e comprendere i suoi sentimenti avrebbe rovinato tutto!

-Se non ti senti pronto, o non è una cosa che vuoi, dovresti parlarne a Felix- provò a suggerirgli Petra, preoccupata, cercando al contrario di farlo indagare suoi propri sentimenti.

-No!- Mirren rispose con molta più sicurezza, allertando un vicino del tavolo che però non lanciò ai due più che un’occhiata e poi decise di farsi i fatti suoi.

-Cerco solo di aiutarti. È una decisione importante che riguarda entrambi- Petra non se la prese per l’enfasi del fratello, e continuò ad essere più incoraggiante possibile.

Era davvero maturata negli anni.

-Petra… l’hai visto? Non posso togliergli una cosa del genere. Non adesso- Mirren scosse la testa, e provò a chiudere il discorso, prendendo un altro sorso d’acqua, con moltissima attenzione.

Petra non capiva quanto Felix desiderasse di diventare padre. Non faceva che parlarne, aveva comprato libri su libri, partecipato a corsi, era un insegnante per un gruppo di bambini delle elementari alla galleria d’arte dove lavorava. Mirren non poteva togliere o ritardare quella gioia a lungo ricercata. Sarebbe stato un pessimo marito a fargli una cosa del genere.

No, sarebbero diventati genitori, e sarebbe stato perfetto, e non c’era motivo di farsi problemi al riguardo.

-Mirren… questa decisione cambierà la vostra vita, non puoi prenderla alla leggera- Petra iniziò ad irritarsi leggermente, anche se provò in tutti i modi a restare calma.

Mirren si irrigidì.

-Cosa ti fa pensare che la stia prendendo alla leggera?! È più di un anno che ci prepariamo! Prenderemo in affido un bambino, starà con noi per un periodo di sei mesi, e poi procederemo all’adozione ufficiale, e…- Mirren iniziò a ripetere come una lista il futuro che lui e Felix avevano programmato con attenzione, ma Petra lo interruppe quasi subito.

-Sì, la teoria la sai, ma non è come prendere un pesce rosso. Un bambino è una cosa seria. E se non ti senti pronto, va bene. Io non voglio diventare una madre, e lo sai benissimo. Ma dovresti dirlo a Felix, e parlare della cosa. Non dico di non adottare mai, ma aspettare, prepararti meglio, sicuramente capirebbe. Sai che Felix è comprensivo, e ti ama- la sorella spiegò meglio il suo punto di vista.

-Senti, Petra…- la replica di Mirren venne interrotta quando notò che Felix stava rientrando con un sorriso a trentadue denti e il telefono in mano -…non è il momento migliore per parlarne- chiuse definitivamente il discorso, stampando un sorriso sul suo volto per l’arrivo del marito, che sollevò la testa una volta al tavolo, e allargò il proprio.

-Amabelle ancora non torna? Mamma e papà sono entusiasti! Già non vedono l’ora di viziare il loro nipotino o nipotina. Ma tranquillo, non verranno con noi a New Malfair, e rispetteranno i nostri tempi. Sarà una faccenda delicata. Allora… quante settimane di ferie puoi prendere? Quando le puoi prendere? Io devo dare almeno una settimana di preavviso alla galleria ma sono certo che Ty e Thor capiranno. Anche se devo trovare un sostituto per il corso di pittura, ma c’è il passaggio tra il corso estivo e quello autunnale, quindi posso semplicemente ritardarlo di qualche settimana- Felix si sedette al tavolo, diede un bacio sulla guancia di Mirren, e si mise a parlare a tutto spiano, completamente ignaro della conversazione che Mirren e Petra avevano avuto pochi secondi prima.

Mirren si concentrò sulle sue parole.

Petra si limitò a fissare Mirren e la sua reazione.

Poi sospirò, e scosse la testa.

-Vado a recuperare Amabelle, prima che ci faccia cacciare per disturbo del locale. A quanto pare torneremo qui spesso, ora che un vero bambino, o bambina, entrerà nelle nostre vite- dopo una chiara provocazione a Mirren, Petra si alzò, lanciò un’ultima occhiata al fratello, e si avviò nella zona della cucina.

Il sorriso di Felix diminuì appena di intensità, e si girò verso Mirren, confuso.

-Sbaglio o sembrava un po’ seccata?- chiese, preoccupato.

Mirren scosse la testa.

-No, è solo un po’ fredda di natura. La conosci. Ma forse è meglio parlare dei dettagli domani, dopo la festa- provò a suggerire Mirren.

-Sì, hai ragione. È che sono così eccitato! Non ci credo che presto saremo genitori. Ogni mio sogno sta diventando realtà. Ho sposato l’amore della mia vita, e stiamo per avere un bambino- Felix mise la testa sulla spalla di Mirren, asciugando le lacrime che erano uscite per la gioia.

-Già… non sembra vero- borbottò Mirren, iniziando a sentire nel petto la realtà di quello che stava succedendo.

Stava per diventare padre.

Lui e Felix stavano per diventare genitori.

Oh cielo!

Era terrificante!

Il resto della festa procedette bene, anche se rischiarono di farsi cacciare perché Amabelle era Amabelle e non riusciva a trattenersi.

Ma Mirren non riuscì più a godersi neanche un attimo della serata.

 

Domenica 18 Agosto

Clover si considerava ormai un’esperta di matrimoni.

Due volte da damigella d’onore, due successi assoluti su tutta la linea.

Ma aveva sgobbato come una matta, e non aveva più intenzione di essere la damigella d’onore di nessuno almeno per altri cinque anni.

Anche se, beh… avrebbe fatto un’eccezione per una persona in particolare.

-Nessuna notizia?- chiese a Max durante uno dei pochi momenti di pausa che avevano, finalmente seduta al tavolo dopo ore interminabili in piedi.

Il suo migliore amico stava aggiornando costantemente le mail, molto teso.

-Niente… non che mi aspetti di ricevere notizie sugli esami di Domenica, ma mai dire mai… ugh, sono in ansia- rispose lui, senza guardarla negli occhi.

Clover sospirò, e gli rubò il telefono.

-Ehi!- Max provò a riprenderlo, ma Clover era più veloce, e lo tenne ben fuori dalla sua portata.

-Max, è andata benissimo! E presto riceverai la data per l’esame finale, ma per ora non pensarci e goditi la festa! Dopo tutto il lavoro che ho fatto mentre QUALCUNO era troppo occupato con gli esami, pretendo che tu te lo goda!- Clover lo minacciò, il dito puntato contro, di divertirsi il più possibile, e dopo qualche altro tentativo di riprendere il telefono, Max sospirò, e cedette, conscio che non poteva vincere una gara di agilità contro la sua migliore amica compionessa di judo.

-Hai ragione, è una bellissima festa. E non potrei essere più felice per i nostri genitori- lanciò un’occhiata verso il tavolo dei neo-sposi. Anche Clover fece altrettanto, e non trattenne un sorriso nel notare quanto sua madre si stesse divertendo.  

Da quando aveva lasciato l’ex-marito, era diventata completamente un’altra persona, e Clover non poteva essere più felice.

Inoltre, tramite il suo matrimonio con Rich Sleefing, Clover era anche diventata sorellastra di Max, il suo migliore amico, e membro ufficiale di una delle due famiglie che più adorava al mondo.

La seconda, ovviamente… non era la propria, sia mai, ma quella di Diego, il suo ragazzo.

Ancora non riusciva a credere alla fortuna che aveva avuto nel trovare un uomo così perfetto.

Si guardò intorno per cercarlo tra la folla, e lo trovò seduto a terra intento a giocare con Daisy, la piccola nipote di un anno di Clover, mentre sua madre, Blossom, sorella maggiore di Clover, si riposava al suo tavolo, godendosi un minimo la giornata.

Clover e Blossom avevano avuto alti e bassi, e aveva rischiato di chiudersi completamente quando Clover aveva scoperto che uno dei motivi principali per cui non era riuscita a tenersi in contatto con Diego, suo amico d’infanzia delle elementari, era perché lei aveva rubato tutte le lettere che lui aveva provato a mandarle, ma alla fine erano riuscite a risanare ogni divergenza, soprattutto quando Clover aveva aiutato Blossom ad uscire da una relazione tossica, e Blossom aveva preso le difese di Clover in una disputa familiare con loro padre e Aloe, la primogenita.

Disputa che aveva tolto ogni contatto tra i due lati della famiglia, infatti Aloe non era presente al matrimonio, anche se Clover, su insistenza di sua madre, l’aveva invitata.

Adesso le cose erano in un decente equilibrio, e Blossom era una madre single davvero eccellente, anche se non disdegnava un aiuto, ogni tanto.

Clover era felice di darglielo, e ancora più felice nel vedere Diego così a suo agio con la nipote. Erano circondati di nipoti, da ogni lato, dato che anche il fratello di Diego, Miguel, e sua moglie Paola, grandissima amica di Clover, avevano due bellissimi bambini: Carlo e Gloria.

L’osservazione intenerita del suo ragazzo e i suoi pensieri sui suoi nipoti vennero interrotti quando Clover avvertì che Max stava provando a riprendersi il telefono, e glielo tolse dalle mani, lanciandogli un’occhiata poco impressionata.

-Sul serio, Max? Ci hai davvero provato?- lo prese in giro, infilando il telefono nel suo abito da damigella, in un posto che Max non avrebbe mai osato raggiungere.

-Ah! È scorretto!- si lamentò lui, facendo il broncio.

-Tutto è lecito in guerra e in amore, e i matrimoni sono guerre all’ultimo sangue!- si giustificò Clover, enfatica, facendolo suo malgrado ridacchiare.

-Vorrei tanto sposarmi anche io- sospirò poi Max, osservando lo scenario tutto intorno con sguardo sognante e allo stesso tempo malinconico.

-E ti sposerai presto, non temere. Tu e Veronika siete la coppia più chiacchierata e amata degli ultimi tempi. Avete persino superato Blake Lively e Rayan Reynolds nelle tendenze e nel numero di ricerche su internet- lo rassicurò Clover, che ancora non riusciva a credere che il suo migliore amico fosse diventato una celebrità da quando frequentava ufficialmente la principessa Veronika Krone, futura regina del piccolo ma florido regno di Agaliria, in Europa.

E a giudicare dall’espressione di puro terrore e incredulità sul volto di Max, non riusciva a crederci neanche lui.

-Ma non siamo celebrità- borbottò, imbarazzato, iniziando a torturarsi i gemelli della giacca e a guardarsi intorno, per cercare qualche paparazzo.

Ce n’erano almeno cinque nascosti tra gli alberi, ma Clover non ebbe il cuore di rivelarglielo.

Tanto non avrebbe mai fatto niente di scandaloso, era la persona più corretta e tranquilla dell’intero mondo.

E con tutto l’impegno che aveva messo nello studio alla prestigiosa Accademia di Agaliria, dove era stato il migliore studente per tre anni, arrivando come primo del suo corso a sostenere il difficile test per essere considerato idoneo a ricoprire una carica regale, Clover era certa che non avesse assolutamente nulla da temere. Lui sarebbe diventato principe e poi re, c’erano pochi dubbi al riguardo.

Ma poteva capire l’ansia e la trepidazione mentre aspettava la data per l’ultimissimo esame prima della laurea.

Meglio distrarlo.

-Allora… sai già quando verrà la principessa in visita?- chiese, alludendo alla sua futura sposa.

Max non riuscì a trattenere un sorriso pensando a Veronika.

-Se tutto va bene, dovrebbe venire per il mio compleanno. Spero davvero di avere fatto l’esame e aver ottenuto i risultati per allora e riuscire a portarla nel giardino di mia madre per…sono davvero ansioso, Clo. Spero che vada tutto bene- Max sospirò, e unì le mani come a fare una preghiera.

-Andrà bene, te lo assicuro. E farò in modo che Amabelle non ti segua per immortalare il tutto rischiando di rovinare la proposta- Clover gli fece un occhiolino complice.

Max ridacchiò.

-Oh, che sarà mai un paparazzo in più o in meno- alzò gli occhi al cielo all’idea.

Proprio in quel momento, come se si fosse sentita chiamata in causa, la fulva arrivò al loro tavolo, con un bicchiere di champagne in mano e l’aria di qualcuno che se la stava davvero spassando.

-Hey, ragazzi! Di che parlate?- chiese, sedendosi al posto vuoto di Denny ed entrando nella conversazione.

-Spero che tu ti stia divertendo, Amy, o sono pronta a farti divertire con la forza- Clover fu molto rapida ad evitare la domanda e sviare il discorso.

Amabelle sghignazzò, e prese un sorso di champagne.

-È una festa fantastica! Adoro i matrimoni! Dovrebbero essercene di più! Quand’è che vi sbrigate anche voi?- chiese, agitando il bicchiere semivuoto verso Clover e Max e rischiando di schizzare il liquido addosso a loro.

Per fortuna Clover fu abbastanza rapida da evitare danni.

-Qualcuno ha dei limiti imposti dalla legge, nel caso non lo ricordassi…- Clover cominciò a giustificare il loro mancato sposalizio.

-Altrimenti sarei sposato da anni… spero- aggiunse Max, sospirando sognante.

-…e qualcun altro non è pronto, almeno non prima del lavoro in Kenya. Ho degli articoli come inviata da scrivere, e Diego ha tanti bambini da aiutare- Clover lanciò un’altra occhiata al suo ragazzo, che aveva lasciato il nipote con Blossom e stava aiutando a recuperare i giochi. Probabilmente la sorella stava per andarsene, Clover sarebbe presto dovuta andare a salutarla.

-Quindi significa che dopo il Kenya avete intenzione di sposarvi?- fraintese Amabelle, iniziando già a farsi prendere dall’emozione.

-Placa l’entusiasmo, Amabelle! Non c’è nessuna intenzione. Soprattutto dopo questo e dopo quello che sarà il matrimonio di Max. Per un po’ non vorrò sentir parlare di matrimoni!- Clover scosse la testa, decisa.

-Non parliamo troppo del mio, non voglio portare sfortuna- Max provò a chiudere il discorso, e adocchiò il nascondiglio del suo telefono, anche se non avrebbe mai cercato di prenderlo.

-Piuttosto, Amabelle, quand’è che tu e Petra farete il grande passo? Se vuoi un bel matrimonio dovresti iniziare a pensare al tuo- Clover provocò colei che aveva introdotto l’argomento, e notò con un certo divertimento che alla menzione del suo sposalizio, Amabelle era arrossita, e aveva distolto lo sguardo, mostrando chiaramente il suo timore all’idea.

Tsk, ipocrita.

Purtroppo per Clover e Max, si riprese quasi immediatamente.

-Beh, io sono la più piccola, ho solo venticinque anni, quindi da tradizione devo essere l’ultima del gruppo a sposarsi. Non ci posso fare niente, è così che va. Dovrò necessariamente sposarmi dopo Denny!- si tirò fuori da ogni chiacchiera sul matrimonio.

-Petra però ne ha ventisette, di anni- obiettò Clover, puntando il dito come fosse un avvocato.

-Questo non cambia che voi avete trent’anni!- Amabelle fu rapida a contro-attaccare.

-Ventinove!- la corressero immediatamente Clover e Max, rabbrividendo appena all’idea di essere considerati trentenni.

-Vabbè, Max ne compie trenta tra meno di un mese- Amabelle scosse la testa, ancora vincendo con il suo infantile ragionamento -Deve sposarsi comunque prima di me-

-Possiamo smetterla di parlare del mio matrimonio, per favore?!- Max si lamentò ancora, e lanciò a Clover un’occhiata supplicante.

L’amica non poteva vederlo così, pertanto recuperò il telefono, e glielo porse.

Max lo prese come se fosse l’ultimo bicchiere d’acqua rimasto nel deserto, e controllò immediatamente le mail.

Ovviamente nessuna informazione, dato che era Domenica.

-Non preoccuparti, Max. Andrà tutto bene- lo rassicurò Amabelle, dandogli una pacca sulla spalla e rischiando di fargli cadere il telefono per quanto rigido fosse nel tenerlo.

-Vi prego, devo distrarmi. Parliamo d’altro!- Max lo intascò, e cercò di cambiare argomento.

Proprio in quel momento, Denny si stava dirigendo verso di loro, scrivendo qualcosa sul tablet.

Clover non l’aveva mai visto così stressato in tutta la sua vita, e lo conosceva da anni. 

Anni nei quali l’aveva visto stressato molte volte, dato che Denny era il simbolo dell’ansia. Se andavi sul dizionario, alla voce “ansia”, compariva la sua foto… letteralmente. Clover aveva fatto confezionare un centinaio di copie di un dizionario speciale con le foto dei suoi amici per fare loro uno scherzo un primo aprile. Max aveva la sua foto alla voce “rispetto”, Denny alla voce “ansia”, Amabelle alla voce “insistenza” e così via…

Ma lo stress di Denny in quel periodo era troppo persino per i suoi standard.

-Amabelle, ti sei seduta sulla mia giacca!- esordì, una volta raggiunto il tavolo, lanciando all’amica di sempre un’occhiata assassina, come se avesse fatto qualcosa di imperdonabile.

-Oh? Oh! Scusa, non ho proprio notato. Come va, Denny? Finito con il lavoro? Puoi finalmente goderti la festa?- Amabelle si alzò dal suo posto, e gli fece spazio con un gran sorriso.

Denny scosse la testa, e riprese la giacca.

-Torno a casa, devo spedire delle cose tramite computer, e poi ho il volo domani mattina molto presto- spiegò, indossando la giacca spiegazzata, che faceva pendant con il resto del suo abbigliamento e aspetto disordinato, e iniziò ad avviarsi verso l’uscita senza neanche salutare.

-Denny, aspetta! Vai già via? Pensavo restassi almeno una settimana. Non sei in ferie?- chiese Max, sorpreso, alzandosi e iniziando a seguirlo.

-Non danno le ferie agli stagisti, e siamo nel mezzo di un caso importante. Per me l’accusato è innocente, ma dobbiamo dimostrare che è colpevole, e dato che è sicuramente innocente, sarà più difficile, quindi devo andare!- Denny spiegò brevemente la situazione, afferrando il resto delle sue cose e massaggiandosi la testa, stanco morto.

-Che stai dicendo, Denny?- Max era sorpreso dall’atteggiamento del fratello, il cui sogno era sempre stato di diventare avvocato difensore e cercare la verità in ogni caso, non di vincere a tutti i costi.

Ma da quando Denny lavorava nello studio legale di sua zia Evelyn, a New York, aveva priorità molto diverse, perché stava tentando in tutti i modi di sopravvivere.

Questo Clover lo sapeva, perché era un’ottima osservatrice.

Lo sapeva Amabelle, che vedeva Denny più spesso.

Max non lo sapeva, dato che erano rari i momenti in cui riuscivano a vedersi faccia a faccia, ultimamente.

-Senti, Max, non ho tempo, okay? Ci vediamo stasera- Denny sbuffò, diede le spalle al gruppo, e si avviò in strada per prendere un taxi e tornare a casa. Non si premurò neanche di salutare suo padre e la sua nuova matrigna, ma Clover era certa che non fosse per disinteresse, ma pura e semplice stanchezza. 

Era chiaramente esausto, oltre che stressato e sommerso di lavoro che non era di sua competenza.

-Lavorare per zia Evelyn non gli fa bene- commentò Max, con tristezza, risedendosi al tavolo e continuando a fissare la figura del fratello che scompariva oltre i pini, di nuovo al telefono.

-A quel ragazzo lo ha distrutto Mathi- sbuffò Clover, che ancora non perdonava l’ex partner di Denny per averlo abbandonato in quel modo e averlo fatto stare male per mesi.

-Eppure sembravano una così bella coppia- sospirò Amabelle, osservando il proprio bicchiere ormai vuoto con tristezza.

-In ogni caso mi sa che Denny non si sposerà tanto presto- concluse Clover, in un borbottio, ritornando al discorso di prima, e poi notando con la coda dell’occhio che Blossom si era diretta dai suoi genitori, ed era il caso di andare a salutarla se non voleva perdersela.

Lasciò gli amici a loro stessi, e si avvicinò al tavolo principale.

-Come procede la giornata?- chiese, introducendo la sua presenza ai suoi genitori e a Blossom, che si girò verso di lei con un grande sorriso.

-La festa è stupenda, Clo. Mi dispiace un sacco dovermi assentare, ma Daisy è stanca e ci metto parecchio a tornare a casa- Blossom le sorrise, e sistemò meglio la figlia in braccio, che si era addormentata.

Clover le diede una carezza sul capo, sorridendo intenerita.

-Hai bisogno di un passaggio?- chiese, lanciando un’occhiata a Diego, che si stava avvicinando con la borsa piena della giovane madre.

-Gliel’ho già proposto, splendore, ma ha la sua macchina. E poi si sa prendere cura di sé stessa- entrò nel discorso, porgendo la borsa a Blossom, che gli sorrise riconoscente.

Da quando la donna aveva abbandonato la cotta che aveva sempre avuto per lui, Blossom e Diego erano diventati piuttosto amici. E Clover ne era davvero felice, e affatto gelosa. Si fidava di Diego, e le faceva piacere sapere che le poche persone a cui teneva della sua famiglia andassero d’accordo con il suo ragazzo.

-Stai attenta però, alla guida. Puoi sempre restare a dormire da noi, se hai bisogno- le propose Rich, sorridendole con affetto.

Clover non poteva essere più felice di averlo come patrigno. Era un uomo straordinario.

-Purtroppo domani devo lavorare, ma grazie. Sono stata davvero bene- Blossom ricambiò il sorriso, strinse più forte la figlia, e con estrema abilità nel destreggiarsi nonostante avesse anche la borsa salutò tutti velocemente e si avviò verso la strada, dove l’attendeva la sua macchina.

A saperlo prima, Clover avrebbe potuto proporre a Blossom di accompagnare Denny a casa, o alla fermata dell’autobus più vicina.

Ma forse era meglio così, era meglio non farle fare troppi giri, e poi Denny era piuttosto insopportabile, in quel periodo.

-Come procede, Clover? Vi state divertendo?- la voce gentile di sua madre interruppe la sua riflessione.

-È una domanda che dovrei essere io a fare. Procede tutto bene? Quando volete fare il taglio della torta? Ci sono ancora un po’ di cose da organizzare. E c’è anche una sorpresa in serbo per voi da parte mia e di Max… e di Blossom e Denny, ma più mia e di Max- Clover si rimboccò le maniche, pronta a dimostrare di essere davvero la migliore damigella del mondo.

-Con calma, tesoro. È ancora presto per tutto, goditi un po’ la festa anche tu- la incoraggiò sua madre, indicando Diego, che era rimasto lì vicino, e dal linguaggio del corpo era chiaro che volesse parlare con Clover e stesse aspettando che si liberasse.

-Okay, ma quando volete procedere, chiamatemi- Clover li salutò, prima di girarsi verso il suo ragazzo.

-Hey- gli sorrise.

-Hey… sei molto impegnata, oggi- commentò Diego, un po’ a disagio.

Il sorriso di Clover si spense.

-Lo so, è un periodo pieno, ma il matrimonio è quasi finito, e da domani tutto sarà più tranquillo. Ci godremo il resto della nostra vacanza, poi torneremo a casa, e tra un mese e mezzo…- iniziò subito a rassicurarlo, ma Diego la interruppe, con dolcezza.

-Non mi stavo lamentando, Clo, va tutto bene. È bellissimo tutto l’impegno che ci hai messo per rendere questo giorno perfetto per tua madre- la tranquillizzò.

Clover tirò un sospiro di sollievo.

Aveva sempre il leggero timore che Diego potesse stufarsi di lei o arrabbiarsi per le sue mancanze, e lasciarla.

Era un sentimento che cercava di combattere, ma era sempre difficile per lei, cresciuta sotto l’ala di suo padre, sempre alla ricerca della sua approvazione, o del suo odio.

Avere Diego come ragazzo era una specie di miracolo, e aveva sempre una certa paura che un giorno potesse svegliarsi e perdere tutto.

-Se lo merita- Clover lanciò un’altra occhiata a sua madre, che era rimasta sola al tavolo mentre Rich le prendeva da mangiare. Un gesto che il padre di Clover non aveva mai fatto per sua moglie.

-Ti va di ballare, Clover?- le propose Diego, porgendole la mano come un perfetto gentiluomo.

-Certo!- Clover tornò a concentrarsi su di lui e gliela prese con entusiasmo, prima di dirigersi sulla pista da ballo, dove in quel momento risuonava una musica ben poco romantica, e nessuno stava ballando.

Vedendoli arrivare, però, il DJ sembrò rendersi conto che era il caso di cambiare aria, e mise immediatamente una canzone lenta, perfetta per delle coppie.

E finalmente Clover potè rilassarsi del tutto per la prima volta da mesi. Si abbandonò tra le braccia del suo ragazzo, ed era il posto più sicuro del mondo.

E l’unico luogo dove si permetteva di abbassare la guardia e farsi proteggere, anche se dei due restava sempre lei quella fisicamente forte della coppia. Ma Clover sapeva che con Diego non c’era bisogno di essere forti. Era il suo porto sicuro, la sua bolla di pace e serenità. Poteva fidarsi completamente di lui e sapeva che l’avrebbe sempre protetta e rispettata.

-Davvero un bel matrimonio- commentò Diego, dopo un po’, in tono casuale.

Clover sorrise.

-Sì, ce l’ho messa tutta. Anche se per un po’ non voglio sentir parlare di matrimoni- ammise la propria stanchezza, in tono divertito.

-Ah… immagino. Nessun matrimonio?- chiese Diego, e l’istinto di Clover le inviò un segnale di allarme. Ma era così rilassata, e allo stesso tempo stanca, che non fece caso all’avvertimento giunto al suo cervello.

-Beh, quello di Max è una priorità e spero sarà il prima possibile. Ma quello lo sto organizzando dal liceo, non sarà troppo difficile, soprattutto perché chissà quanti nobili saranno incaricati di progettare cose- Clover surclassò la questione.

-Quello sì che sarà un matrimonio in grande. Ci sono notizie sugli esami?- chiede Diego, cambiando argomento, e sembrando leggermente deluso.

-No, ma sicuramente quelli fatti finora sono andati alla grande, e l’ultimo sarà la settimana prossima, secondo me- Clover rispose alla domanda, ignorando ulteriormente i segnali.

E Diego non ritornò sull’argomento matrimonio, quindi gli indizi si fermarono lì, e Clover non ne colse altri per il resto della giornata.

E non si accorse minimamente di quelli che le erano giunti.

Non se ne accorse quando tagliarono la torta.

Non se ne accorse mentre Rich le chiedeva di fare un ballo padre-figlia.

Non se ne accorse quando mostrò il video che aveva preparato con Max dove i figli dei due coniugi accoglievano con amore il nuovo genitore.

Fu solo a fine giornata, nel caldo del suo letto, con Diego che già dormiva della grossa, e ai limiti del regno di Hypnos, che gli indizi e i segnali la colpirono come un pugno nello stomaco.

Oh santi numi!

Diego stava forse cercando di indagare con lei riguardo al matrimonio… per il loro matrimonio?!

Stava forse cercando di…?! aveva forse intenzione di…?!

No, no, Clover stava traendo conclusioni affrettate! 

Sicuramente non ci sarebbe stata nessuna proposta prima del Kenya.

Era proprio quello lo scopo del viaggio: capire esattamente come sarebbe proceduta la loro relazione anche da un’altra parte, e… fare una incredibile avventura prima di… sistemarsi…

Non era esplicitato, però, solo più o meno sottinteso.

Ma Clover non ci aveva mai veramente pensato.

Non era mai stata una grandissima fan del matrimonio.

Anche se con Diego…

Clover lanciò un’occhiata al suo ragazzo, accanto a lei, che dormiva sonoramente. Era troppo tardi per indagare, adesso.

Ma buona fortuna a dormire, stanotte, Clover!

 

Un altro insonne, in quel momento, era Denny.

Da quando aveva lasciato il matrimonio non aveva avuto un attimo di tregua con il lavoro. Probabilmente sua zia Evelyn non sopportava l’idea che Denny si fosse preso un giorno per partecipare al matrimonio di “quel traditore morto di fame di suo padre”.

Evelyn era la zia materna di Denny, ed era una delle persone più classiste, rigide e chiuse di mente che Denny conoscesse.

Era anche l’unica persona che aveva accettato di prenderlo nel suo studio una volta che Denny si era laureato e aveva passato l’esame di iscrizione all’albo.

Non avrebbe neanche voluto accettare, ma poi Mathi l’aveva lasciato, e Denny si era sentito costretto ad andarsene da Harriswood, per cercare di superare la rottura.

…non l’aveva superata affatto.

Mathi era stato la sua prima storia seria… la sua prima storia… e nonostante un inizio burrascoso, tutto il resto era stato completamente perfetto, finché Mathi non lo aveva lasciato pochi giorni dopo il loro quarto anniversario e… Denny ancora non se ne capacitava.

E il non poter uscire e conoscere gente non lo aiutava ad andare avanti, poco ma sicuro.

Oltre al fatto che aveva enormi traumi riguardo all’uscire e conoscere gente nei bar come le persone normali (la sua unica conquista oltre a Mathi si era rivelato essere il capo di Mathi… che era anche un agente segreto crudele e senza scrupoli che l’aveva spiato per settimane con un microfono nascosto… lunga storia), e in generale la sua ansia lo portava ad essere poco aperto verso il conoscere gente a prescindere, era anche appeso ad un filo sottile, a New York, dato che sua zia non approvava minimamente l’omosessualità, e la considerava una malattia mentale. E se Denny voleva continuare a lavorare per lei, non poteva rischiare di farsi beccare in compagnia di un uomo, neanche se parlavano soltanto. Sarebbe stata la via diretta verso il licenziamento.

Anche se… Denny voleva davvero continuare quel lavoro? 

Non era piacevole, dava poche soddisfazioni, e Denny stava gettando all’aria la sua felicità, la sua libertà, e anche la sua moralità, solo per guadagnare il minimo sindacale per permettersi un monolocale in un quartiere anche parecchio malfamato.

Solo che, se veniva licenziato, avrebbe rischiato di non trovare lavoro da nessun’altra parte. Perché oltre al fatto che nessuno aveva mostrato interesse verso di lui, sua zia era anche una persona estremamente influente, ed essere odiato da lei avrebbe potuto distruggergli completamente ogni prospettiva per il futuro.

Non era così che Denny si immaginava la sua vita, quando si era iscritto a legge.

Pensava che sarebbe diventato come Phoenix Wright, Apollo Justice, o Elle Woods: un avvocato difensore che lotta per la verità, e che si ritrova sempre clienti innocenti. Ma la vita in un vero tribunale era completamente diversa. E con Evelyn Mind come capo, era completamente insostenibile.

Denny controllò l’orario: si erano già fatte le tre del mattino.

Aveva l’aereo alle cinque e mezza.

Era il caso si sbrigarsi.

Sistemò velocemente il computer, buttò i libri in valigia, e non si premurò neanche di cambiarsi d’abito, lasciandosi la tenuta da testimone che aveva indossato per il matrimonio. Tanto era un completo, e a zia Evelyn piacevano i completi, soprattutto se erano costosi.

Chiamò un taxi, non salutò nessuno, dato che stavano tutti dormendo, i fortunati, e si diresse all’aeroporto chiedendosi quanto a lungo sarebbe durata quella situazione.

Sperava che almeno Mathi avesse ottenuto tutto quello che voleva e stesse vivendo una vita perfetta.

Era il minimo che potesse fare, dopo il modo in cui l’aveva lasciato!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ed eccoci qui! Dopo tanto tempo!

So che avevo detto che avrei aggiornato ad Agosto, e che avrei poi fatto un capitolo a settimana, ma…no, non ce l’ho fatta, e non ce la farò. È stato un periodo allucinante, ho molte storie da scrivere, ho avuto un blocco dello scrittore enorme, e gli ultimi esami. Adesso dovrò iniziare la tesi e, insomma… gli aggiornamenti saranno sporadici, come è stato per la vecchia storia. Ma sono davvero ansiosa di continuare le avventure della Corona Crew. 

Questo capitolo fa un po’ il punto della situazione di tutte le coppie: 

Amabelle e Petra convivono insieme a Mirren e Felix, che vogliono adottare (uno sì e l’altro meno). Clover e Diego stanno per partire per un lavoro molto importante in Kenya. A Max manca l’ultimo esame all’accademia che lo renderà idoneo per essere futuro re di Agaliria, anche se lui e Veronika sono già allo scoperto come coppia, ed infine Denny si è lasciato con Mathi (presto aggiornerò Life Bites con una side story dedicata a loro) e lavora a New York dalla sua zia omofoba.

Un punto di partenza interessante.

E nove mesi per tornare al prologo.

Chissà quante avventure vivranno i nostri amici!

Avete già qualche teoria?

Tranquilli, nel prossimo capitolo torneranno i personaggi principali non comparsi fisicamente finora (Norman, Mathi e Veronika).

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Capitolo 3
*** Seconda settimana: Esami e cene in famiglia ***


Seconda settimana: Esami e cene in famiglia

 

Lunedì 19 Agosto 

Norman amava il suo lavoro.

Adorava ogni singolo aspetto della sua carriera: il suo ufficio, i suoi colleghi, i viaggi di lavoro, l’aspetto monetario…

Era davvero stato fortunato a trovare quell’opportunità, e aveva fatto strada anche piuttosto in fretta grazie alla sua dedizione, il suo impegno, e la sua assenza di distrazioni.

C’era solo una cosa che mancava nella sua vita, che si avvicinava già alla perfezione: un partner.

Un momento, non fraintendete, Norman era aro-ace, e non era minimamente interessato ad un partner nel senso romantico del termine, non era quello che desiderava.

No, quello che Norman voleva, era un partner, nel senso di un amico, o un’amica, completamente platonica, con cui avere una forte amicizia in città. Una persona con cui condividere del tempo libero parlando di tutto e di niente, uscire a bere qualcosa senza che ci fossero sentimenti strani di mezzo.

Il problema con il suo desiderio era che ogni volta che provava a conoscere qualcuno, finiva sempre male.

In alcuni casi non c’era compatibilità.

In altri casi partiva bene, ma si perdeva con il tempo per un motivo o per l’altro.

In molti casi Norman si era trovato con persone che partivano cercando cose in più che l’uomo non aveva intenzione di offrire.

In un paio di casi, l’amicizia era partita benissimo, ma poi la persona in questione aveva iniziato a sviluppare sentimenti poco platonici, e Norman si era ritrovato in una brutta posizione.

Quindi aveva iniziato a non provarci più.

E a maledire le app di incontri. Possibile che ce ne fossero quaranta per trovare l’amore, e zero per trovare amici platonici? Avrebbero dovuto inventare una app per aro-ace, sarebbe stata rivoluzionaria.

Quindi, insomma, Norman era felice, davvero, ma ammetteva di sentirsi un po’ solo.

Sì, aveva un buon rapporto con i colleghi, e ogni tanto uscivano a bere qualcosa dopo il lavoro, ma si fermava lì.

Sì, aveva la Corona Crew, ma abitavano tutti molto lontano, quindi si vedevano raramente o in videochiamata. Inoltre ognuno di loro aveva la sua vita, quindi c’era stato un leggero allontanamento.

E sì, Norman aveva la sua famiglia, ma anche loro erano lontani, e non era la stessa cosa.

Aveva pensato a prendere un animale, ma viaggiava troppo per permettersi di averne uno nel suo appartamento, che comunque non accettava animali domestici.

Aveva anche pensato di cercare un coinquilino, ma nessun successo.

E poi, per certi versi, aveva già un coinquilino.

Ma che onestamente non era quello che avrebbe voluto avere, perché intanto non lo considerava un amico abbastanza stretto, e poi lo cacciava in parecchi guai con la sua sorella minore.

Sorella minore del suo semi-coinquilino, non di Norman.

Norman era figlio unico.

E fu proprio una chiamata di tale sorella minore a riportarlo alla realtà, mentre arrivava con un tempismo incredibile alla porta del suo appartamento, verso le nove del mattino, dopo un viaggio allucinante da Oslo.

La conferenza si era protratta parecchio, e tornava da quel viaggio di lavoro con più di una settimana di ritardo.

L’avrebbe decisamente fatto presente al suo capo, e chiesto che gli pagasse gli straordinari.

Si era perso il compleanno di Amabelle per colpa di quella conferenza!

Comunque, gli suonò il telefono, ed era la sorella della persona misteriosa che introdurrò tra un paio di righe.

-Pronto?- chiese, confuso, portando il telefono all’orecchio e nel frattempo cercando le chiavi di casa.

-È da te?- chiese agitata la voce dall’altra parte della cornetta.

Norman non doveva neanche chiedere a chi si riferisse, lo sapeva già.

-Sono appena tornato a casa, ora controllo e ti faccio sapere, resta in linea- spiegò alla ragazza, entrando, chiudendo la porta dietro di sé, e posando la valigia in un angolo.

Si guardò intorno, e notò subito delle scarpe non sue all’ingresso.

-Penso proprio di sì- disse alla cornetta, guardandosi intorno per controllare che non ci fosse nulla fuori posto. 

-Quello st… sto venendo da te. Trattienilo così poi posso ammazzarlo!- esclamò la voce alla cornetta, chiudendo poi la chiamata e tornando probabilmente a correre verso l’appartamento di Norman.

Era considerevolmente vicino, quindi Norman non avrebbe dovuto trattenere il suo ospite inaspettato per troppo tempo.

Si tolse le scarpe, sbadigliò sonoramente, e si avviò verso la camera degli ospiti, togliendo la giacca e buttandola sul divano del salotto con ben poca grazia.

Aprì la porta, e sbirciò dentro.

La stanza era sepolta nell’oscurità, ma dalla serranda entrava comunque abbastanza luce da illuminare la figura addormentata di un giovane uomo sdraiato in modo scomposto sul letto degli ospiti, i segni della sbronza evidenti sia dalla condizione dei suoi vestiti e del suo viso, che dalla bottiglia vuota sotto il letto.

Russava sonoramente, e palesemente non si era accorto del rientro di Norman.

Ma ciò che più colpì il padrone di casa, fu l’evidente livido che riuscì a scorgere sul fianco destro, nel luogo che la maglietta madida di sudore aveva lasciato scoperto sollevandosi durante il sonno.

Norman non trattenne un sospiro. Non era così che si era aspettato di passare i suoi primi minuti a casa dopo un lungo viaggio.

Iniziò ad aprire la porta, deciso a svegliare l’intruso/ospite prima che sua sorella arrivasse a recuperarlo, ma la porta scricchiolò, facendo più rumore di quanto Norman si aspettasse.

E abbastanza rumore da far svegliare di scatto l’uomo, che prese la bottiglia vuota, e la lanciò di riflesso verso Norman, che la schivò per un pelo. La bottiglia si infranse contro la porta. 

-Mathi!- si lamentò il padrone di casa, coprendosi al meglio dalle schegge vaganti che rischiarono di finirgli negli occhi.

Mathi sembrò rendersi conto di aver rischiato di commettere un omicidio, e sobbalzò vistosamente, svegliandosi del tutto, e alzandosi immediatamente in piedi.

-Norman! Mi dispiace! Non pensavo saresti tornato oggi!- si giustificò, avvicinandosi a lui noncurante dei cocci per terra, e iniziando a raccoglierli a mani nude.

-Fermo lì, prima di tagliarti. Vado a prendere la scopa per pulire- Norman gli fece cenno di stare lontano, e si avviò verso lo stanzino.

-Faccio io!- si offrì Mathi, ma Norman lo bloccò nuovamente.

-No, tu resta a letto!- si chiuse la porta alle spalle, si controllò il viso sperando di non essersi ferito, ma la sua benedizione l’aveva protetto, come sempre, dallo strano evento.

Una particolarità di Norman, infatti, era uno strano potere che si portava dietro dall’infanzia, e con il tempo si era evoluto. Sebbene Norman non ci avesse mai molto creduto, cinque anni prima si era reso conto che era reale, grazie ad Amabelle e ad una conversazione con sua madre, e da allora aveva imparato quasi a controllarlo.

Non come un vero e proprio potere, ma era come un’energia personale che poteva indirizzare verso un qualcosa o qualcos’altro.

E con il tempo si era anche reso conto che l’”Effetto Norman”, come lo chiamava Amabelle, o “Effetto Stra-ordinario”, come lo chiamava sua madre, sembrava anche proteggerlo dai drammi che creava inavvertitamente o volontariamente intorno a sé.

Una parte di lui iniziava a pensare che la sua solitudine derivasse anche dall’effetto Norman.

Forse un effetto collaterale di accoppiare tutte le persone intorno a lui lo rendeva inaccoppiabile.

Chissà.

Norman prese tutto il necessario per pulire, e tornò in camera, dove Mathi si stava controllando i piedi per togliere qualche scheggia che l’aveva inevitabilmente ferito.

Notando l’arrivo di Norman, si raddrizzò e fece finta di nulla.

Norman sospirò, e si inginocchiò verso i cocci, prendendo i più grandi con la scopa e poi aspirando i più piccoli con un raccogli-briciole molto utile.

-Non farò la crocerossina, ma il disinfettante e i cerotti sono nel cassetto in basso del comodino sulla destra- gli indicò il luogo.

-Tranquillo, non mi servono- Mathi scosse la testa, surclassando la questione.

Norman si voltò verso di lui e ponderò se fosse il caso di insistere e dirgli qualcosa, o lasciar perdere e far finta di niente. Rientrando aveva acceso la luce, quindi ora poteva osservare meglio le sue condizioni, e non sembrava stare molto bene.

Aveva due profonde occhiaie, qualche ferita superficiale sulle braccia, e il livido sul fianco sembrava piuttosto ampio. Si stava torturando nervosamente le unghie, e agitava le gambe meccanicamente. 

-Dovrebbe esserci anche una crema per i lividi nel cassetto- si limitò a dire, tornando poi al suo lavoro, ma notando con la coda dell’occhio che Mathi era sobbalzato, e si era velocemente riabbassato la maglia.

-Ho sbattuto contro un tavolino- si giustificò. Norman roteò gli occhi, ma non obiettò oltre. 

Non erano affari suoi.

Mathi era a malapena suo amico.

…era piuttosto complicato.

E Norman doveva ammettere di essere parecchio combattuto.

Perché da un lato, Mathi era l’unico dei suoi amici di Harriswood ad essere lì a New Malfair, e in generale come persona gli stava abbastanza simpatica, sebbene non fosse mai stato esattamente il suo migliore amico.

Dall’altro… Mathi aveva spezzato il cuore di Denny, era ormai fuori dalla Corona Crew, e gli aveva rovinato la sua seconda ship preferita.

Anche solo parlare con lui portava Norman a sentirsi un traditore, ma non poteva neanche ignorarlo completamente, visto che comunque per quattro anni erano stati amici anche piuttosto stretti.

E c’era da dire che Mathi ci pensava già da solo a comportarsi come se fosse un enorme peso per il mondo.

-Scusa se sono venuto qui senza avvertire… pensavo non saresti tornato per un po’ e… sono stato qui solo il tempo di dormire, e avrei sistemato prima di tornare a casa- iniziò a borbottare delle scuse per essersi introdotto in casa di Norman.

L’uomo alzò le spalle.

-Tranquillo, ti ho dato la chiave, dopotutto- si alzò, controllando un’ultima volta di aver preso tutto, e uscendo dalla camera per buttare i cocci di vetro nel cestino.

Era un’abitudine di Norman lasciare ai suoi amici le chiavi per dare loro la possibilità di fare nido a casa sua in caso di bisogno. Era stato molto utile cinque anni prima, quando aveva lasciato la sua camera del dormitorio per tornare a casa per le vacanze estive, e mezza Corona Crew ne aveva approfittato.

E si era rivelato utile da quando Mathi si era trasferito a New Malfair, insieme alla sorella. 

Durante il lasso di tempo in cui Norman aveva vissuto praticamente da solo da New Malfair… meh, non c’erano state molte occasioni di prestare il suo appartamento a qualcuno. Tranne una volta ad Amabelle che era venuta a New Malfair per un provino, e si era stabilita insieme a Petra da Norman per qualche giorno. Ma Norman era presente, in quel frangente.

Alla fine doveva ammettere di essere felice che comunque era stato utile a Mathi, anche se non immaginava il tipo di emergenza che l’aveva spinto a cercare rifugio a casa sua per quella notte.

Mathi era una persona misteriosa. Lo era sempre stata.

E Norman preferiva non immischiarsi.

-Comunque non ho portato nessuno in camera, ero completamente da solo- si difese Mathi, un po’ tra sé.

Norman gli aveva dato una regola, insieme alla chiave: mai portare ragazzi sconosciuti senza preavviso. Non solo perché Norman era comunque una persona che valutava la privacy ed era cauto, ma soprattutto perché non avrebbe sopportato il pensiero che Mathi si divertisse alle spalle di Denny aiutato proprio da lui. 

Non poteva fare questo alla sua ship!

-Mi rassicura- borbottò Norman, storcendo il naso all’idea di immaginare Mathi con chicchessia (oltre a Denny, sia chiaro), soprattutto a casa sua.

-Volevo solo un posto tranquillo dove dormire, e casa tua era vicina al locale, e… non volevo svegliare Aggie rientrando tardi- Mathi continuò a giustificare la sua presenza lì.

Norman si ricordò di una cosa piuttosto importante.

-Oh, giusto. Agatha sta venendo qui- avvertì Mathi, con nonchalance.

Mathi si alzò di scatto, immediatamente sull’attenti.

-Aggie sta venendo qui?! Quando?! Perché?! Come…?- iniziò ad impanicarsi, e prese il cellulare che aveva posato in un angolo, insieme alla giacca e al resto dei suoi effetti personali. Purtroppo per lui, il telefono era morto, dato che non era stato messo in carica, quindi non c’era molto da controllare.

-Mi ha chiamato poco prima che entrassi in casa per chiedere se fossi qui, e mi ha detto che stava arrivando…- Norman si trattenne dall’aggiungere qualcosa del tipo “lei almeno mi ha avvertito prima”, perché Mathi era già fin troppo agitato e aumentargli il senso di colpa non gli avrebbe giovato.

-Oh cavolo! Potrebbe arrivare a momenti! Posso andare un attimo in bagno?- chiese Mathi, afferrando i suoi vestiti e iniziando a sistemarsi i capelli disordinati.

Norman non ebbe neanche il tempo di annuire, che Mathi si era già fiondato in bagno per darsi una rinfrescata e sistemarsi meglio.

E il campanello suonò pochi secondi dopo.

Norman ci mise più tempo possibile ad andare ad aprire per concedere a Mathi quei preziosi secondi in più per rendersi presentabile, anche per fare un favore ad Agatha, e quando aprì la porta la ragazza era trafelata, con sguardo assassino, e pronta a fare al fratello maggiore una strigliata che si sarebbe ricordato per molto tempo, probabilmente.

Ma trovò comunque il tempo di salutare Norman educatamente, e togliersi le scarpe all’ingresso, prima di puntare decisa verso il bagno.

Norman conosceva abbastanza Agatha Yamamoto da sapere che quando era arrabbiata, soprattutto con il fratello, era il caso di non immischiarsi, quindi li lasciò discutere in pace, e decise di preparare del caffè per tutti. 

Ahhh, la sua macchinetta del caffè che la Corona Crew gli aveva regalato quando si era trasferito in quella casa! Gli era mancata tantissimo! Faceva un caffè ottimo, grandi quantità, poco spreco, ed era l’elettrodomestico più utilizzato da Norman. Non poteva vivere senza caffè.

Si fece la sua bella tazza, preparandone un po’ di più anche per Mathi e Agatha, aggiunse qualche biscotto che aveva nella credenza, e ignorò le urla dei due fratelli nell’altra stanza… perlopiù le urla di Agatha che rimproverava Mathi per averla fatta preoccupare.

Norman cercò di isolare il suono e ignorare il discorso, e so che voi lettori vorreste sentire ciò che si dicono, ma questo è il punto di vista di Norman, quindi dovrete aspettare il prossimo capitolo per avere un insight completo sulla situazione di Mathi, perché Norman non ascoltò niente, e non è informato.

Comunque, circa cinque minuti dopo, Agatha uscì dalla camera degli ospiti sbattendo la porta, e si avviò in cucina, così arrabbiata che sembrava che le uscisse fumo dalle orecchie.

-Vuoi una tazza di caffè?- le propose Norman, indicando la macchinetta.

Agatha si addolcì, e accennò un sorriso.

-Certamente, grazie. Scusa il disturbo- accettò l’invito, e si servì una tazza di caffè ancora caldo come se fosse a casa sua.

Non era una novità, dopotutto. 

Quella scena si era ripetuta più volte nell’arco degli ultimi mesi.

-Tranquilla, non è un problema- Norman alzò le spalle, e iniziò a lavare la propria tazza ormai vuota.

-Mathi sta rifacendo il letto e sistemando la stanza, poi ce ne andiamo- promise Agatha, prendendo un sorso di caffè e sorridendo improvvisamente rasserenata.

Quel caffè era magico.

-Vuoi anche dei biscotti?- le propose Norman, porgendole la busta.

-Mi salvi la vita. Non ho fatto colazione stamattina, troppo occupata a chiedermi dove fosse finito mio fratello- Agatha accettò, e si mise più comoda sulla sedia.

-Posso solo immaginare la preoccupazione- Norman provò ad empatizzare, ma essendo figlio unico, non era poi così semplice. Ma conosceva molti fratelli: Max e Denny, Mirren e Petra, Clover e le sue due sorella con un rapporto complesso, sia Diego che Felix avevano famiglie enormi. Persino Amabelle aveva due fratelli piccoli, ma non si vedevano quasi mai.

-Cambiamo argomento, guarda… come è andato il viaggio?- Agatha indagò sul suo lavoro, e parlarono un po’ di quello e dell’università che la ragazza stava frequentando grazie ad una borsa di studio e un lavoro part-time.

Dopo un po’ li raggiunse anche Mathi, che si era rimesso a lucido, e sembrava quasi un’altra persona, ora che indossava la giacca, le scarpe, e un grande sorriso.

-Sistemato tutto. È come se non fossi mai stato qui- si annunciò, rumorosamente, dandosi qualche aria.

Agatha tornò irritata.

Norman rimase completamente impassibile.

-Bene, allora è meglio rendere la cosa realtà e andarcene- sbuffò la ragazza, posando la tazza vuota del caffè nel lavandino, e iniziando a trascinare via il fratello prima che Norman potesse offrirgli il caffè rimasto.

-Aspetta, lasciami almeno…- Mathi provò a lamentarsi.

-Hai fatto abbastanza- la sorella non  lo fece finire.

-Ciao Norman! Grazie di tutto- riuscì comunque a dire Mathi, facendogli un cenno di saluto e un grande sorriso, ma lasciandosi trascinare via.

-Arrivederci- Norman salutò entrambi, e anche Agatha ricambiò, velocemente.

Li sentì discutere un altro po’ mentre raggiungevano la porta e mettevano le scarpe.

E poi la porta si chiuse, soffocando le loro voci.

E Norman rimase solo.

Niente di male, era abituato a stare solo.

Gli era sempre piaciuto stare un po’ solo, soprattutto dopo un lungo e stancante viaggio.

Lavò la tazza di Agatha, sistemò i biscotti, e tornò in salotto, dove recuperò la valigia, che portò in camera sua.

Sistemò la valigia.

Si fece una doccia.

Mise abiti più comodi.

E si ritrovò sdraiato sul divano, i capelli ancora umidi, a fissare il soffitto.

Prese il telefono, e compose uno dei numeri che chiamava più spesso.

-Hey Amabelle, spero di non disturbare… ti va di chiacchierare un po’?- chiese, una volta che la persona dall’altra parte rispose.

Dai, alla fine non era completamente solo.

Poteva ancora contare sul suo gruppo di amici, anche a distanza.

 

Mercoledì 21 Agosto

Max ormai era completamente abituato al jet-leg, e ai lunghi viaggi da Harriswood ad Agaliria.

Negli ultimi cinque anni ne aveva fatti abbastanza da ottenere una carta fedeltà piuttosto piena di chilometri con la compagnia aerea, che lo trattava come se fosse un VIP.

…probabilmente il trattamento VIP era dovuto al fatto che fosse il ragazzo ufficiale della principessa Veronika Krone, ma a Max piaceva pensare che non ci fossero secondi fini nel comportamento gentile degli assistenti di volo, degli altri passeggeri, e dei membri della compagnia che cercavano sempre di spostarlo in prima classe anche quando Max desiderava restare in economica.

Ogni volta che gli offrivano il cambio fingendo che l’aereo fosse troppo pieno, Max sbolognava il posto a qualche madre in difficoltà, o persona anziana, o altre persone che sicuramente meritavano un posto in prima classe molto più di lui.

Ed erano usciti parecchi articoli riguardo la cosa, molti dei quali lo additavano come un falso manipolatore che cercava di ottenere il favore del pubblico, o un morto di fame che non poteva permettersi di volare in prima classe nonostante il suo status sociale.

Certo, online la sua reputazione era stellare, soprattutto tra i giovani, che lo additavano come l’esempio di nobile che però era anche una persona normale, e principe perfetto, e colui che aveva raggiunto il sogno quindi lo potevano raggiungere anche loro.

Max avrebbe desiderato semplicemente andare in incognito ed evitare tutta quell’attenzione, ma era oltremodo impossibile.

Anche se quel giorno aveva seriamente rischiato di perdere le staffe.

Perché era capitato vicino ad un uomo d’affari che aveva cercato di parlare per tutto il viaggio nonostante fosse chiaro che Max avrebbe preferito studiare per l’esame imminente.

L’avevano informato solo poche ore prima prima che quel giorno ci sarebbe stato l’ultimo e decisivo esame per laurearsi finalmente all’università politica di Agaliria, e Max era terrorizzato.

Perché fallire quell’esame non era contemplato.

E sarebbe stato crudelmente ironico, dopo tutti i sacrifici che Max aveva fatto per essere sempre il primo in ogni corso, arrivando anche a laurearsi in anticipo.

Aveva perfezionato due lingue e studiato in contemporanea anche altre tre, che non aveva ancora perfezionato del tutto. Conosceva la storia, la cultura, le abitudini e le tradizioni di Agaliria e dei luoghi circostanti come il palmo della sua mano. Aveva partecipato a prove e simulazioni di problemi politici, economici e sociali da risolvere. Era come se avesse studiato per quattro o cinque lauree in una.

E tutto questo in soli quattro anni.

Non poteva fallire proprio l’ultimo esame.

Non dopo aver ottenuto un punteggio perfetto in tutti gli esami conclusivi.

Anche se doveva ammettere che quando arrivò all’aeroporto, accolto da paparazzi pronti a scattare foto, iniziò a sentirsi davvero spacciato, perché era stanco, agitato, e non ricordava più assolutamente nulla.

E l’esame sarebbe stato in tre ore.

Praticamente il tempo di arrivare all’università, dato che l’anticipo era molto importante, ad Agaliria, soprattutto per il futuro re.

“La puntualità è dei gentiluomini, l’anticipo dei re” era un famoso motto di quel paese.

E arrivare in ritardo il giorno della sua prova finale sarebbe stato disastroso.

-Max! Maxi! Qui!- una voce conosciuta attirò la sua attenzione, e Max si girò nella sua direzione, sentendosi subito meglio quando riconobbe i capelli biondi del migliore amico che si era fatto all’università: Helios Krüger.

Era un ragazzo molto enfatico, l’unico oltre a lui ad aver ottenuto una borsa di studio per persone “comuni”, ovvero non nobili, e a pochi esami da concludere a sua volta il percorso di studi. La sua specialità era la legislazione, soprattutto i problemi sociali, e sarebbe diventato quasi sicuramente un membro del suo concilio di ministri.

-Buon pomeriggio Helios, sei gentile a venirmi a prendere- lo salutò Max, mantenendo la compostezza e la formalità per una questione di abitudine.

-È un onore, vostra altezza. Sono pronto a scortarvi nel luogo del vostro esame- Helios lo prese in giro facendo un inchino e aumentando al massimo la formalità.

-Ti prego, non ti ci mettere anche tu. Preferisco restare Max o Maxi ancora per un po’, grazie mille- Max lo incoraggiò ad alzarsi, sperando che nessuno avesse notato la cosa.

Helios ridacchiò, e gli mise un braccio intorno alle spalle, amichevole.

-Tranquillo, Maxi, è una zona isolata. Ma meglio sbrigarsi, se non vuoi che Minerva ti batta sul tempo- poi iniziò a spingerlo verso l’uscita, prendendogli la valigia dalle mani.

Max pensò alla sua rivale universitaria.

-L’esame è tra tre ore… Minerva sicuramente è già lì. Conoscendola potrebbe aver dormito lì- ridacchiò, ricordando le loro sfide a chi arrivava primo a lezione.

Era partita come una rivalità dichiarata da parte della giovane donna, ma poi Max si era reso conto che era solo un modo di stringere amicizia e spronarsi a vicenda.

Minerva era un’altra amica piuttosto cara che si era fatto all’università, insieme a suo fratello Neptune. Erano entrambi conti.

E lei era l’unica che avrebbe sostenuto l’ultimo esame quel giorno, insieme a lui.

-Molto probabile, ma comunque è meglio partire. Già hanno tentato di far saltare l’esame comunicandoti la data all’ultimo, non possiamo rischiare di fare tardi- lo incoraggiò Helios, affrettando il passo.

Max era felice che fosse venuto lui a prenderlo: era una presenza davvero allegra e rassicurante.

Anche se doveva ammettere che avrebbe preferito essere accolto in paese dalla sua ragazza. Purtroppo, essendo la principessa di quel regno, tale ragazza non poteva mostrare troppo favoritismo subito prima di un esame, o si sarebbero potute spargere voci che lei gli aveva suggerito tutte le risposte prima di suddetto esame.

Ma si sarebbero visti subito dopo, e Max non vedeva l’ora.

Passò il viaggio in macchina a studiare insieme a Helios, che ogni tanto gli faceva qualche domanda anche per il proprio esame, che sarebbe stato tra poche settimane, e Max sapeva rispondere con facilità.

E insieme giunsero alla bellissima università, dove tutto il gruppo di amici stretti che Max si era fatto all’università si era riunito per sostenere lui e Minerva, che ovviamente era già lì e non stava neanche ripassando, troppo sicura di sé per ridursi a farlo all’ultimo minuto.

Anche Max tolse i libri per non essere da meno, e comunque pensava di aver dato fondo a tutto quello che poteva ripassare in macchina.

Vicino a Minerva, sdraiato sul muretto e intento a prendere il sole, c’era suo fratello maggiore Neptune, che stava venendo gentilmente ripreso dalla sua fidanzata Sally, sempre molto posata, che non apprezzava simili atti trasgressivi in pubblico, ma che allo stesso tempo si era seduta sulle sue gambe per evitare di sporcare il bel vestito.

In piedi appoggiato ad una colonna, Johannes stava leggendo un libro, come se fosse lui quello a dover sostenere l’esame, anche se gliene mancavano parecchi prima di completare la laurea. E il motivo per il quale fosse più indietro di tutti loro era che non accettava punteggi inferiori alla perfezione assoluta.

Max era sorpreso che fosse venuto, considerando che usciva raramente dalla sua stanza quando c’era un esame alle porte. E con “alle porte” si intendeva entro un mese.

Infine, proprio accanto a Minerva, in piedi, che le stava parlando anche se la donna era palese che stesse cercando di concentrarsi, c’era Lucas.

Era un po’ insistente e classista, ma Max non era tipo che giudicava, quindi l’aveva accolto nel gruppo.

-Era ora, pensavo che non saresti arrivato più- lo accolse Minerva, scansando Lucas e avvicinandosi a lui scuotendo la testa.

-Purtroppo gli aerei viaggiano solo ad una certa velocità- si giustificò Max, sistemandosi l’abito e lanciando un’occhiata verso l’ingresso, non ancora aperto.

-Avresti dovuto essere qui dalla settimana scorsa- gli fece notare Minerva, scuotendo la testa.

-Mio padre si è sposato, quindi era il caso di essere presente alla cerimonia- spiegò Max.

-Com’è stato il matrimonio?- chiese Sally, interrompendo la sfida e guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Minerva, che non amava essere interrotta durante i momenti di rivalità.

-Splendido. Mio padre è davvero felice- sorrise Max, ripensando alla gioia di quel giorno, anche se non se l’era goduto appieno, a causa della sua ansia per l’esame.

-Mi fa piacere. Spero comunque che tu sia preparato per oggi- Minerva lasciò andare il tono combattivo, e gli sistemò meglio la giacca.

-Preparatissimo. Devo confermare il mio posto come primo della classe- Max non era tipo che si vantava o sfidava gli altri, ma con Minerva aveva imparato a farlo per renderla felice e soddisfatta. Ripeteva sempre che un minimo di ambizione era necessaria in un bravo sovrano.

Max non aveva la minima ambizione, ma comunque si fidava di lei e aveva cercato di imparare anche quello. Le sistemò un ciuffo di capelli fuori posto.

-Nei tuoi sogni, principino- ribatté lei.

-Sono già realtà, contessa- fu la risposta di Max.

Dopo pochi istanti, i due scoppiarono a ridere.

-Sei perfetto-

-Lo sei anche tu- 

Si dissero reciprocamente, facendo cenno all’altro di andare prima.

-Questa scenetta è ridicola come la prima volta che l’avete fatta- commentò Neptune, che non aveva cambiato posizione dall’inizio, né aperto gli occhi, ma sapeva perfettamente come si erano comportati.

-Se fossi in te mi vergognerei ad essere il secondo a laurearsi dopo la mia sorellina minore- lo prese in giro Minerva, guardandosi le unghie.

-Se ti laurei- la provocò Neptune.

La risposta della sorella venne interrotta dall’apertura delle porte.

Un esaminatore chiamò entrambi i ragazzi per controllare che fossero presenti, lanciò un’occhiata piena di giudizio a Neptune per come si era messo, e poi chiamo Minerva, che sarebbe andata prima.

Max si preparò psicologicamente, ricevette numerosi incoraggiamenti dai suoi amici, sia di persona che per messaggio, e poi entrò una volta che lei fu uscita, pronto per l’ultima prova che si metteva tra lui e la donna che amava.

Non m soffermerò nei dettagli sull’esame perché comprende economia, politica, leggi, temi sociali e lingue, e io non sono ferrata per trattare nessuno di questi argomenti nel dettaglio. Dovrei prendermi io stessa una laurea solo per parlare della laurea di Max e mi sembra drastico per una storia gratuita che stanno leggendo due o tre persone al massimo.

Quindi vi dico solo che Max spaccò.

Rispose bene a tutto, se la cavò sia negli scritti che nell’orale, e mantenne per tutto il tempo una compostezza regale perfetta.

Ebbe qualche minima incertezza nello spagnolo, ma niente che l’avrebbe fatto bocciare, probabilmente.

Solo che, come accade sempre quando si ha un esame davvero importante, una volta uscito fuori, senza sapere il risultato, che sarebbe stato comunicato entro un paio di settimane, Max non avrebbe saputo valutare come fosse andato, e non voleva assolutamente cantare vittoria troppo presto.

-Allora, come è andata?- chiese Helios immediatamente, quasi aggredendolo all’ingresso.

-Beh… è andata- Max alzò le spalle, cercando di non mostrare né delusione né entusiasmo.

-Su, sono certo che sia andata bene, tu e Minerva fate sempre gli ansiosi dopo un esame e poi siete perfetti- li incoraggiò Neptune, che si era alzato ma aveva ancora gli abiti un po’ disordinati, che la ragazza gli stava lisciando con attenzione.

-Non è ansia, si chiama “essere perfezionisti!”- si difese Minerva, e Max annuì.

-E fate bene. Bisogna sempre pretendere il massimo da noi stessi- le diede man forte Johannes, senza staccare gli occhi dal libro.

-Grazie, Johannes- gli sorrise Minerva.

-Però non dovresti essere troppo dura con te stessa. Sei già perfetta!- provò a complimentarla Lucas, ignorando completamente Max.

Minerva gli lanciò uno sguardo poco impressionato.

-Grazie, Lucas- borbottò, con molta meno convinzione e una nota di sarcasmo.

Max aprì la bocca per fare un commento divertito e sciogliere la tensione, ma la sua attenzione venne attirata da una macchina nera che stava accostando nel parcheggio proprio in quel momento.

Max conosceva bene quell’auto.

Si tolse dalla presa di Helios, che lo lasciò andare come scottato, e si avviò il più in fretta possibile verso l’auto, cercando di non correre per non offrire scatti poco lusinghieri ai paparazzi sicuramente appostati tra i cespugli.

La portiera dell’auto si aprì nel momento esatto in cui si fermò del tutto, e una giovane donna uscì con estremo entusiasmo, fiondandosi contro Max, che la prese al volo e la abbracciò stretta.

-Max! Mi sei mancato tanto!- esclamò lei, ricambiando l’abbraccio e seppellendo il suo volto nella giacca di Max in modo molto poco regale, ma estremamente adorabile e affettuoso.

-Anche tu, tesoro! Come stai? Ogni volta che ti vedo sei più bella di come ti ho lasciata- Max sciolse l’abbraccio e la guardò bene. Il suo commento la fece ridacchiare, ma Max era sincero.

Veronika era una donna meravigliosa, sia fuori che dentro. La loro relazione era partita in modo decisamente poco convenzionale, bisognava ammetterlo, ma ogni problema che avevano trovato all’inizio, con Veronika che si era finta due persone diverse, non aveva detto di essere una principessa promessa in sposa, e Max che non l’aveva riconosciuta nel suo travestimento e non le aveva offerto occasione di spiegarsi (entrambi concordavano che i problemi causati da Veronika fossero più gravi ma non stiamo qui a sindacare) erano stati completamente risolti, e ora i due erano una coppia che definire diabetica era poco. 

Soprattutto da quando avevano annunciato ufficialmente la loro relazione, dopo qualche mese di speculazioni online e qualche foto equivoca scattata dai paparazzi. 

Oh, da quando erano allo scoperto, stavano cercando di disgustare tali paparazzi al punto da convincerli a non fotografarli per non vomitare, da quanto erano zuccherosi e innamorati.

-Allora, come è andata? Hai già finito? Ti hanno detto quando avrai i risultati?- Veronica sciolse del tutto l’abbraccio e iniziò ad indagare sulla situazione, saltellando da una parte all’altra in preda all’entusiasmo.

-È andata, penso bene, ma meglio aspettare prima di festeggiare, per non portare sfortuna. Dovrebbero arrivare i risultati i primi di Settembre- rispose Max, un po’ a disagio all’idea.

Da un lato non vedeva l’ora di conoscere il risultato, dall’altro era davvero terrorizzato.

-Speriamo che sia prima del tuo compleanno. Non vedo l’ora di tornare a Harriswood e vedere tutti quanti e festeggiare tutti insieme!- Veronika gli prese le mani, e cercò di fargli pensare agli eventi positivi del futuro.

-La Corona Crew non vede l’ora di vederti, principessa- Max le sorrise, felice a sua volta. 

Erano state poche le occasioni di riunione gli ultimi tempi, ma Max sperava che a Settembre, prima della partenza di Clover e Diego per il Kenya, e prima che Max si trasferisse definitivamente ad Agaliria, sarebbero riusciti a fare una riunione tutti insieme come ai vecchi tempi.

Anche se Denny era un’incognita non indifferente, visti i suoi ritmi lavorativi.

-Sarà entusiasmante!- Veronika sospirò sognante al pensiero, poi osservò un punto alle spalle di Max, dove i suoi amici osservavano la scena, alcuni inteneriti (solo Sally, in realtà), molti imbarazzati (Johannes, Lucas e Neptune avevano distolto lo sguardo), una persona disinteressata e vagamente disgustata (Minerva) e un’altra indecifrabile e con sguardo basso, che si fissava le unghie (Helios).

-Contessa Minerva, come è andato a lei l’esame?- Veronika si ricordò della seconda laureanda della sua nuova scuola, e si separò da Max per avvicinarsi a lei e porgerle i suoi omaggi da principessa.

Minerva le fece un breve inchino.

-Cerco di non contare i miei pulcini prima della schiusa, principessa Veronika- rispose umilmente.

-Qualcosa mi dice che è andata piuttosto bene- Veronika le fece un occhiolino complice, e Minerva non trattenne un sorrisino.

-Me la sono cavata- ammise, soddisfatta.

Veronika ridacchiò.

La situazione tra lei e il gruppo era ancora un po’ formale, giustamente, ma si stavano aprendo.

Max si sentiva davvero l’uomo più fortunato della terra.

Aveva la ragazza dei sogni, tanti amici fantastici (sia a Harriswood che ad Agaliria), una carriera decisamente prestigiosa davanti, ed era ad un solo passo dall’ottenere tutto ciò che voleva.

Ormai non c’era più molto che potesse andare storto.

…giusto?

 

Sabato 24 Agosto

Felix non credeva che potesse fisicamente essere più felice, anche se forse avrebbe testato i limiti della felicità una volta diventato ufficialmente padre. Ma la consapevolezza che il peggio fosse passato, e che ormai il suo desiderio di essere una vera famiglia fosse dietro l’angolo, pronto ad essere afferrato, lo mandava in fibrillazione.

E gli stava facendo ignorare ogni segnale che il comportamento strano di Mirren gli stava mandando.

Perché Felix conosceva suo marito. 

Lo conosceva meglio di quanto conoscesse sé stesso, probabilmente.

Perché mentre Felix era piuttosto imprevedibile, come persona, Mirren era l’opposto, e Felix aveva imparato negli anni a riconoscere ogni suo gesto particolare.

I suoi sorrisi finti, i suoi gesti nervosi, i suoi sguardi quando pensava che nessuno lo stesse guardando.

Mirren nascondeva qualcosa.

Ma Felix non riusciva ad accettare del tutto l’idea, quindi aveva sepolto la consapevolezza nel profondo del suo cuore, ripetendosi che era probabilmente stressato per il lavoro, solo un po’ nervoso per la novità, e che non ci fosse assolutamente niente di serio che non andasse.

Nessun imprevisto dietro l’angolo.

Forse un po’  egoista da parte sua non indagare permettendo all’elefante di restare nella stanza completamente ignorato, ma se ci fosse stato qualche problema serio, Mirren gliene avrebbe parlato.

Per tempo.

Si erano promessi di parlare dei loro problemi, e non nasconderli rischiando che rovinassero la loro vita come già era rischiato di essere in passato.

Erano amici da sempre, e sarebbero diventati qualcosa di più già dai tempi del liceo se avessero comunicato al riguardo.

…se Mirren avesse comunicato a riguardo, invece di chiudersi a riccio.

Avevano avuto qualche incertezza nel cominciare una vera relazione, ma alla fine avevano messo da parte tutti i problemi, ed erano una coppia unita come poche.

Felix aveva sempre voluto sposare il suo migliore amico e avere un rapporto di completa e totale fiducia, rispetto, e affetto. E Mirren era il suo compagno di vita e anima gemella.

Quindi Felix era convinto che il suo compagno di vita e anima gemella gli avrebbe detto se avesse avuto qualche… problema. 

Perché dopo venticinque anni di conoscenza e amicizia, cinque anni di relazione e convivenza, e un anno e quattro mesi di matrimonio, la loro relazione era certamente abbastanza stabile da dirsi tutto.

Tipo… perché Mirren avesse deciso di partire per un viaggio di lavoro proprio adesso.

L’aveva annunciato a Felix pochi giorni prima, e sarebbe partito il giorno successivo, nel pomeriggio. 

Felix ne era rimasto sorpreso, dato che Mirren, essendo il figlio del capo  generale, e il capo del proprio dipartimento, poteva gestirsi i viaggi come voleva.

Ma ehi, Mirren gli aveva detto che suo padre gli aveva espressamente chiesto di andare lui perché il cliente era importante o qualcosa del genere… mah.

Felix ci aveva creduto perché Mirren non gli mentiva, e aveva creduto anche al fatto che la mail fosse arrivata proprio la mattina del compleanno di Amabelle, e credeva fermamente che posticipare di un paio di settimane il viaggio a New Malfair per conoscere il loro futuro bambino, e portarlo a casa, e procedere con il periodo di assestamento prima dell’adozione ufficiale, non avrebbe cambiato lo stato delle cose. Dopo un anno di attesa, non avevano motivo di preoccuparsi.

Ma doveva ammettere di avere un piccolo tarlo nella testa.

Un tarlo che cercava di ignorare durante una cena in famiglia a casa loro, dove stavano festeggiando la bella notizia.

-“Pensavamo circa tra gli otto e i dodici anni, ma non siamo affatto schizzinosi. È un tipo di adozione che rende il bambino ugualmente partecipe e capace di scegliere se si trova bene con noi. E vorremmo fosse abbastanza grande da dare una sua opinione. Sarà un grande passo per tutti”- stava spiegando, rispondendo ad una domanda di sua sorella Gabrielle, che per l’occasione aveva messo il telefono in un angolo. Non vedeva l’ora di diventare zia, e non faceva che riempire Felix di domande.

Gli altri bene o male sapevano già tutto perché Felix non faceva che parlarne, ma le gemelle Gabrielle e Meredith stavano frequentando l’università lontano, quindi non erano informate come gli altri.

O meglio, Gabrielle frequentava ancora l’università, mentre Meredith stava già lavorando, ma in ogni caso erano lontane.

Mentre parlava, Felix utilizzava anche il linguaggio dei segni, per farsi capire da sua sorella minore Tender, non udente, che leggeva senza problemi il labiale e sapeva già tutte queste informazioni, ma osservava il fratello con un grande sorriso, entusiasta quanto la sorella di diventare zia.

“Non troppo grande, non voglio mi superi in età” si introdusse nel discorso.

Aveva ancora tredici anni, quindi Felix capiva da dove venisse la preoccupazione.

-“Entro i dodici anni, probabilmente”- le assicurò, ridacchiando e scompigliandole i capelli.

-Avete qualche preferenza circa il sesso?- chiese Brogan, il padre di Mirren, entrando nel discorso.

-Papà…- lo riprese Petra, dandogli un colpetto sulla spalla.

Il padre alzò le mani.

-Non stavo insinuando niente, era solo una domanda- provò a difendersi.

Anche lui era super entusiasta dalla prospettiva di diventare nonno, ed era la persona che più aveva aiutato Mirren e Felix a preparare i documenti e ad ottenere risposte il prima possibile, quindi Felix non prese la sua domanda come se fosse sessista, ma come semplice interesse. Era migliorato molto negli anni, sia come padre, che come apertura mentale.

E dopo aver divorziato dalla sua ex-moglie Bonnie Clyde, non si era più risposato.

-“Non abbiamo una preferenza particolare… sesso, etnia, eventuali disabilità… ci basta solo che sia felice di stare con noi, e che siamo in grado di prendercene cura”- rispose Felix, scatenando un ‘aww’ collettivo, soprattutto da parte dei propri genitori, di Brogan, Gabrielle, Amabelle e Tender. Quest’ultima diede a Felix una gomitata affettuosa, e Felix ricambiò mandandole un bacio.

In tutto questo, Mirren era rimasto piuttosto passivo.

Anche Meredith, che era in un angolo a leggere un libro, ma lei era normale, non era mai interessata a quelle cose.

Mirren… sarebbe dovuto essere uno dei più coinvolti nel discorso.

Invece fissava distrattamente il bicchiere di vino mezzo pieno, completamente assente e assorto nei suoi pensieri.

Mirren non era mai assorto nei suoi pensieri.

Felix lo era.

Era Felix a distrarsi, non Mirren.

-…giusto, Mirr?- provò a coinvolgerlo, e il marito sobbalzò, e si girò verso di lui confuso, come svegliatosi da una trance.

-Certo, giustissimo!- gli diede ragione, quasi subito, con il solito sorriso che sfoggiava sempre ogni volta che parlavano di quell’argomento.

-“Certo che è una notizia così bella… avete già una data? Dovete stare a New Malfair per almeno due settimane, non è così?”- chiese la madre di Felix, ad entrambi.

-“Sì, pensavamo di andare la prossima settimana… io pensavo di andare la prossima settimana, ma Mirren ha un viaggio di lavoro, quindi suppongo andremo insieme verso metà settembre”- spiegò Felix.

-“Già, meglio essere perfettamente liberi e pronti, senza impegni di mezzo”- gli diede man forte Mirren, con poca convinzione. Il suo linguaggio dei segni era perfetto come sempre, ma i suoi occhi erano distanti.

Felix cercò di non pensarci, e di mantenere il buon umore.

-Alla fine un paio di settimane di attesa non sono niente…- borbottò, prendendo un sorso d’acqua e cercando di non pensare troppo alla questione.

-Però è un peccato, Mirren. Questo è il periodo perfetto per prenderti le ferie- commentò Brogan, sospirando dispiaciuto per l’attesa.

Felix si irrigidì, mentre l’informazione appena appresa iniziava ad assestarsi nel suo cervello.

-No, invece. Questo viaggio di lavoro è fondamentale- obiettò Mirren, in tono rigido.

Felix gli lanciò un’occhiata allarmata.

-Qualcuno vuole il dolce? Mi sembra un buon momento per il dolce- Petra provò a cambiare argomento, indicando la cucina.

Il padre però non la sentì, o non si rese conto che stesse cercando di cambiare argomento.

-Uff, potevi mandare Larry, se la sarebbe cavata. Non capisco perché hai insistito tanto per andare di persona- disse infatti, scuotendo la testa.

Mirren non rispose. Si limitò a lanciare a Felix un’occhiata preoccupata, che il marito non ricambiò.

Era sconvolto, incredulo, e non sapeva come sentirsi.

Dopo qualche secondo di silenzio, optò per un mezzo sorriso, per non turbare i suoi ospiti.

-“Sembra anche a me il momento perfetto per il dolce. Vado a prenderlo io. Mirr, mi accompagni?”- si alzò dal tavolo, e fece cenno al marito di seguirlo in cucina, accogliendo il suggerimento di Petra per allontanarsi un po’ dalla scena e discutere in privato.

-Certo…- Mirren lo seguì, un po’ incerto.

La cucina era collegata alla sala da pranzo, quindi non riuscirono a chiudersi la porta alle spalle, ma ebbero comunque abbastanza privacy da essere lontani da occhi e orecchie indiscrete.

Non che Felix volesse allontanarsi per l’indiscrezione, solo per non turbare nessuno.

E sì, avrebbe potuto posticipare il discorso alla fine della cena, ma non era mai stato famoso per la sua pazienza. Era tipo che agiva sempre il prima possibile. Colpa, probabilmente, del suo disturbo da deficit dell’attenzione, che però stava andando meglio, ultimamente.

Ma tornando a noi… Felix si posò nel luogo della cucina più lontano dalla sala da pranzo, a braccia incrociate, e pronto a parlare.

Mirren si tenne più distante, vicino alla porta, probabilmente pronto a scappare in qualsiasi momento.

Dopo pochi secondi di silenzio dove Felix si aspettava che fosse Mirren a parlare e spiegarsi, decise di introdurre lui l’argomento per primo.

-Hai deciso tu di andare a incontrare quel cliente?- chiese, scuotendo la testa incredulo, non volendo credere a ciò che aveva sentito. 

Mirren esitò qualche istante prima di rispondere.

-Senti… è importante per il lavoro. Mio padre non è coinvolto in questo progetto, non sa quanto sia…- si giustificò infine, in tono sconfitto, ma ancora combattivo.

Felix non riusciva a credere alle sue orecchie. 

-Mi hai mentito, Mirren?- chiese, a voce bassa, come se stesse dicendo la più terribile delle parolacce.

Mirren che gli mentiva? Era inaudito! O almeno lo era stato negli ultimi anni. Cosa… cosa mai poteva averlo spinto a mentirgli? Felix non riusciva e non voleva crederci.

-No!- Mirren infatti provò ad obiettare, ferito dall’accusa.

Felix lo guardò, eloquente, aspettandosi una giustificazione e cercando di non perdere completamente la calma.

E passarono parecchi secondi di borbottii ed esitazione, prima che Mirren cedette.

-…non volevo mentirti, ho solo… stai ingigantendo la cosa, Felix, sono solo un paio di settimane al massimo- provò nuovamente a giustificarsi, come se il viaggio di lavoro fosse il problema.

Entrambi sapevano che non era quello il vero problema.

-Perché mi hai mentito? Potevi dirmelo prima, con questi termini semplici, sai che avrei capito. Perché mentirmi? A meno che… tu non stia mentendo anche adesso, e mi stai nascondendo qualcosa. Ma mi sembra assurdo- Felix spiegò meglio ciò che l’aveva ferito, e che lo stava iniziando ad agitare.

Se Mirren gli aveva mentito su una così così stupida… cosa gli diceva che non gli stesse nascondendo anche di più. 

Magari quella era solo la prima di una fitta rete di bugie che nascondevano un segreto più grande, e Felix aveva scoperto solo quella, e prima o poi avrebbe scoperto il resto, e… non voleva neanche credere che potesse esistere una falla così grande nella loro fiducia reciproca.

-Perché lo è… non sto… è un periodo di stress, soprattutto a lavoro. Mi dispiace se sono strano, ma non sei tu, sono…- Mirren provò a surclassare la questione e renderla non degna di attenzione. 

Era una sua abitudine ricorrente: ignorare i problemi per non condividerli e cercare di tenere tutto sotto controllo, imbottigliato e ignorato, senza cercare di risolverlo per non rischiare di cambiare qualcosa della sua vita.

Felix non voleva sentire quel discorso, e lo interruppe subito.

-Lo sai che mi da fastidio quando fai così. Puoi dirmi tutto, e lo dovresti sapere. Allora, qual è il problema?- provò a farlo parlare, alzando leggermente la voce ma non abbastanza da allertare gli ospiti rimasti nell’altra stanza.

Mirren però sembrava essere allertato da loro, perché lanciò un’occhiata verso l’arco che conduceva in sala da pranzo.

-Non mi sembra il momento migliore per parlarne, Felix- provò a chiudere l’argomento per il momento, e rimandare ad un periodo più consono.

Felix doveva ammettere che non aveva tutti i torti, ma ora come ora non gli interessavano le convenzioni sociali.

-Probabilmente no, ma che altri momenti ci sono?! A meno che tu non voglia continuare a procrastinare anche questo- inoltre conosceva Mirren, e sapeva che rimandava continuamente le situazioni che lo spaventavano. Le rimandava, e rimandava, e ignorava, finché non esplodevano. 

-Non è così- Mirren provò a negare, e lanciò un’altra occhiata verso la sala, valutando l’idea di scappare.

-Continui a mentirmi, Mirren?- Felix gli si avvicinò, pronto ad afferrarlo nel caso. Non gli avrebbe permesso di scappare, non adesso che iniziava ad avvicinarsi alle risposte.

Mirren sospirò, e si appoggiò contro il muro.

-È che… non so che dirti- ammise, scuotendo appena la testa, e incrociando le braccia, come a mettere un muro. 

Felix fece il massimo per restare pacato e ragionevole, ma quell’atteggiamento iniziava a farlo arrabbiare più di quanto non lo avesse già ferito.

-Magari, non so, tutto? Sono tuo marito. Se qualcosa ti turba puoi e dovresti parlarmene- cercò di esprimere il suo punto di vista e mettersi a disposizione, gesticolando enfaticamente per far capire meglio il concetto.

-Io… lo so, ma… non c’è niente da dire…- Mirren però rimase fermo dietro il suo muro, anche se iniziava a formarsi qualche crepa, e faceva passare lo sguardo da una parte all’altra della stanza, come se i mobili potessero dargli dei consigli su cosa dire.

Felix si avvicinò, e provò a spronarlo a parlare.

-Che c’è? Hai qualche dubbio sull’adozione?- suppose, in tono sarcastico. Perché non era una vera supposizione, non voleva supporre una cosa del genere, ma il suo tono faceva intendere una cosa del tipo “Il peggio che potresti dirmi è che hai qualche subbio sull’adozione, e so che non puoi starmi nascondendo qualcosa di così grave, quindi qualsiasi cosa sia puoi parlarmene”.

Ma Mirren non rispose, e si limitò a puntare lo sguardo su di lui, con espressone sorpresa e colpevole, come se fosse stato colto sul fatto.

Felix impallidì, riconoscendo quel silenzio.

-Hai qualche dubbio sull’adozione?- ripeté, facendo un passo indietro, questa volta più come un’affermazione che come una domanda scherzosa. Non poteva essere serio, vero?! Dopo tutto il tempo di attesa! Dopo che ne avevano parlato tantissimo prima di cominciare l’operazione. Non poteva avere dei dubbi proprio adesso.

-No! No, sono convinto ed entusiasta- Mirren si affrettò a rispondere, di nuovo quell’affermazione decisa, e quel sorriso finto.

Felix sentì come se gli strappassero il cuore dal petto.

Tutta la felicità che aveva provato quei giorni… era a senso unico? Prodotto di una bugia?

Era arrivato a un passo dall’abbracciare ogni suo desiderio, e aveva appena trovato davanti a sé un muro di vetro impenetrabile che lo tratteneva dal raggiungerlo.

-Oddio…- sentì le gambe cedergli, e fu costretto ad appoggiarsi al bancone, per evitare di cadere.

-Felix, davvero, io…- Mirren si avvicinò e provò a mettergli una mano sulla spalla, per rassicurarlo.

Felix lo scansò, e non lo fece neanche finire. Non voleva sentire altre bugie.

-Da quanto?- chiese, mantenendolo a distanza, ma girandosi a guardarlo, per assicurarsi che questa volta gli dicesse la verità.

Si fissarono per qualche secondo, poi Mirren distolse lo sguardo.

-Da… da sempre, credo- sussurrò, un sussurro flebilissimo ma che sembrò rimbombare nella stanza, facendo crollare finalmente il muro presente dall’inizio della conversazione.

Muro che crollò completamente, ciocco dopo ciocco, addosso a Felix, spezzando qualcosa anche dentro di lui.

Le sue speranze, le sue certezze, la sua felicità.

-E quando pensavi di dirmelo?- sussurrò, la voce usciva a stento. Probabilmente, se si fosse sbloccato, avrebbe iniziato ad urlare, quindi era molto meglio per tutti che rimanesse congelato.

Mirren sembrò rendersi conto che il marito fosse una bomba pronta ad esplodere.

-Felix… le nostre famiglie sono a pochi metri…- gli ricordò, cercando nuovamente di posticipare la rivelazione.

-Quando. Pensavi. Di dirmelo?- ripetè Felix, a voce più alta. Non aveva la minima intenzione di rimandare e permettere a Mirren di inventarsi qualche nuova scusa.

Sicuramente era meglio aspettare almeno la fine della cena, ma avevano anche il diritto di sapere tutti che il motivo per il quale festeggiavano non esisteva.

Mirren sospirò, e si portò una mano tra i capelli, a disagio.

-…probabilmente mai- ammise dopo qualche secondo di esitazione -Non volevo…- iniziò poi a giustificarsi, ma Felix non lo fece continuare.

Già sapeva cosa avrebbe detto.

Qualcosa del tipo “Non volevo farti stare male”.

Una giustificazione molto debole per avergli mentito così a lungo su una cosa così importante.

-E cosa speravi? Di procrastinare sperando che un giorno mi sarei dimenticato che volevo adottare un bambino?!- lo accusò quindi, alzando leggermente la voce, e iniziando a giocherellare con i due anelli che portava all’anulare sinistro: la fede e l’anello di fidanzamento, appartenuto alla famiglia di Mirren per generazioni e poi consegnato a lui.

L’avrebbero dovuto riunire con quello di Petra e in futuro consegnato a loro figlio. Ne avevano discusso… Mirren era presente durante tutte quelle discussioni? Aveva sorriso e annuito solo per non sollevare una scenata? Aveva davvero intenzione di ritardare e ritardare e ritardare sperando che prima o poi sarebbe stato troppo tardi per adottare? Pensava davvero che Felix sarebbe rimasto distratto ancora a lungo?

Mirren si accorse del gesto inconscio di Felix, e si affrettò a negare.

-No! Speravo di… accettare l’idea- provò a spiegarsi, senza sapere bene come farlo. Era chiaro che non si aspettava minimamente che sarebbe uscito l’argomento tanto presto, e non si era minimamente preparato cosa dire.

-Quindi procrastinare finché non avresti accettato l’idea…- Felix scosse la testa, e tirò fuori i due anelli dal dito, iniziando a giocarci con più nervosismo.

-Come avrei potuto dirtelo, hai visto come stai reagendo?!- la voce di Mirren non era accusatoria, o seccata. Sembrava solo stanco. Felix gli stava offrendo uno spettacolo che si era immaginato troppe volte, e sicuramente gli aveva impedito di confessarsi prima.

Probabilmente c’era un fondo di verità in tutto quello. Felix sarebbe stato devastato da quella notizia a prescindere da quando Mirren gliel’avesse detta, ma non era una giustificazione.

Non dopo che si erano ripromessi che si sarebbero sempre aperti l’uno con l’altro, e che avrebbero parlato di qualsiasi dubbio sulla propria relazione.

-Sto reagendo così perché non me lo hai detto! Non riesco a credere che tu mi abbia addirittura mentito! Per tutto questo tempo credevo che fossimo in questa situazione insieme, e invece l’unico che voleva… dimmi che è uno scherzo o un fraintendimento, Mirren- alla fine Felix non ce la fece più, ed esplose, sia a livello di volume di voce, che di emozioni. Iniziò a piangere senza potersi trattenere, sfogando la frustrazione, la rabbia e la delusione che provava in quel momento.

Mirren provò ad avvicinarsi, e aprì la bocca per parlare, ma Felix non glielo permise. 

-Anzi, non dirmelo! Non voglio sentire altre bugie da parte tua- lo scansò, dandogli le spalle e cercando di asciugarsi le lacrime.

-Mi dispiace, Felix. Ma se ti ho mentito è solo perché non volevo farti stare male, non volevo ferirti- Mirren continuò a tentare di giustificarsi, ed era chiaro dal suo tono che fosse davvero dispiaciuto per come Felix stesse in quel momento. Aveva davvero cercato di fare del suo meglio per Felix.

Felix sapeva che Mirren aveva quel carattere.

Lo amava anche per quello.

Ma non se gli mentiva e gli teneva nascoste le cose.

Perché poi venivano inevitabilmente a galla, e Felix stava peggio.

-Perché adesso sono felice come una pasqua- borbottò, sarcastico, ritornando a giocherellare con gli anelli. Un gesto nervoso, per sfogare la sua iperattività.

Un gesto con radici inconsce più profonde di quanto pensasse.

-Se mio padre non avesse la lingua lunga, lo saresti. Sapevo che era troppo sperare che non dicesse niente riguardo al viaggio- borbottò Mirren, più tra sé che effettivamente rivolto a Felix, continuando a fissare preoccupato gli anelli tra le mani di Felix

Iniziava ad agitarsi parecchio anche lui, e fu chiaro dal suo scivolone di lingua.

Scivolone che Felix non si fece sfuggire.

-Non dare la colpa a tuo padre solo perché mi ha fatto aprire gli occhi! Sarebbe successo comunque, come con la mail…- ripensò alla coincidenza della mail proprio quando lo avevano pressato per rivelare se era arrivata o no. Alla sua espressione quando aveva dato la notizia. Come aveva fatto Felix ad essere così stupido?!

Soprattutto visto quello che aveva scoperto, riguardo a quella mail…

-Come…?- Mirren iniziò a chiedere, sorpreso che Felix sapesse che gli aveva tenuto nascosta anche la mail di conferma.

-Mia madre mi ha detto che l’avevi ricevuta, ma volevi farmi una sorpresa nel dare la notizia anche a me. Me l’ha detto solo dopo che mi avevi già dato la notizia, ma mi è sembrato strano che tu volessi sorprendermi. Soprattutto perché dubito che avresti scelto il compleanno di Amabelle per farlo- avrebbe dovuto vedere i segnali da prima, ma aveva voluto credere che sua madre si sbagliasse, o che Mirren volesse davvero fargli una sorpresa. Era stato così stupido a fidarsi di lui! E se non poteva neanche fidarsi di lui, di chi poteva fidarsi, al mondo?!

-Stavo aspettando il momento migliore- provò a recuperarsi Mirren, ma era chiaro che stesse di nuovo mentendo e cercasse di arrampicarsi sugli specchi.

-Il momento migliore sarebbe stato l’esatto istante in cui hai ricevuto la mail. È un anno che ci prepariamo, praticamente ne parliamo da prima ancora di sposarci, e per tutto questo tempo tu non ti sentivi…- Felix fece un recap mentale di tutti quei momenti, del comportamento di Mirren, di ciò che poteva averlo spinto a mentire fin dall’inizio, e una sola domanda gli uscì dalle labbra, sussurrata, incerta, di cui non voleva conoscere la risposta, probabilmente - …vuoi avere figli?-

Alla fine era quella la cosa importante da sapere.

Mirren non si sentiva pronto, e aveva sperato di diventare pronto durante la preparazione, senza ottenere successo, oppure non aveva mai voluto avere un bambino, e aveva mentito a Felix solo per farlo contento?

Mirren aprì immediatamente la bocca per rispondere, ma lo sguardo deciso di Felix lo fece desistere. Distolse lo sguardo, e la chiuse.

Era già abbastanza una risposta, che fece sprofondare il cuore di Felix, ma l’uomo aveva bisogno di ottenere una conferma verbale. Mirren doveva dirlo ad alta voce, chiaro e tondo.

-Mirren, tu vuoi avere figli?- ripeté la domanda, avvicinandosi appena al marito, con i pugni chiusi e le unghie che premevano sui suoi palmi, rischiando di ferirglieli.

Mirren ci mise parecchi secondi a trovare la forza di rispondergli, ma alla fine, aprì la bocca, e riuscì effettivamente a parlare.

-…non lo so. Felix, non lo so. Non so davvero che dirti, io no… non trovo le parole giuste- ammise, e sembrò costargli davvero tanto pronunciare ogni sillaba. Anche i suoi occhi erano lucidi, e non riusciva a fissarli in quelli del marito.

E Felix sentì come se gli togliessero tutta l’aria dai polmoni. 

Suo marito non voleva avere figli, li avrebbe avuti solo per Felix… e non glielo voleva neanche dire.

-Qualsiasi siano le parole giuste… avresti dovuto dirmele prima- sussurrò, troppo provato dalla discussione per continuare, superandolo e dirigendosi verso una delle uscite della cucina, quella che portava sul retro, nello stanzino che poi dava sul giardino.

-Felix…- Mirren provò a fermarlo, ma Felix non ce la faceva più a parlare. Non voleva sentire una sola parola. Mirren aveva lasciato passare mesi, e ora che era Felix a voler posticipare, aveva tutto il diritto di rimandare.

-È una vera fortuna che domani parti- in un gesto inconsulto, gli lanciò contro ciò che teneva in mano, ovvero i due anelli che rappresentavano la loro unione, che rimbalzarono contro il petto di uno sconvolto Mirren e caddero a terra, sul pavimento della cucina.

Il primo istinto di Felix fu di correre a recuperarli, ma era troppo arrabbiato e ferito per permettere a tale istinto di avere la meglio su di lui.

E ci pensò Mirren a farlo al posto suo.

-Felix…- provò nuovamente a continuare il discorso, ma il marito non voleva sentire altro.

-Pensaci tu a dire a tutti che non hanno più motivo di festeggiare, se non l’hanno già capito- lo incaricò, prima di uscire definitivamente dalla cucina, schivare ogni possibile interazione con la sua famiglia, e uscire di casa dalla porta dello stanzino, deciso a fare una lunga passeggiata per schiarirsi le idee.

Non riusciva a credere a ciò che aveva scoperto. Non riusciva a concepire che Mirren avesse davvero mentito su quella faccenda, che gli avesse nascosto i suoi veri sentimenti.

E sapeva già, in un angolo della sua mente, che si sarebbe pentito quasi subito del modi in cui aveva reagito alla situazione, ma non riusciva a pensare lucidamente.

Si sarebbe pentito di aver insistito, di aver discusso durante una cena, di non aver fatto parlare Mirren riguardo i suoi sentimenti, e di aver lanciato via i due oggetti più importanti che possedeva.

Si sarebbe pentito di aver tenuto il muso a Mirren per il resto della serata, e il mattino successivo.

Si sarebbe pentito di non averlo neanche salutato prima che partisse.

Ma quelli erano i problemi di Felix del futuro.

Il Felix del presente, al momento, era troppo devastato dal sogno di tutta la vita che gli era appena scivolato dalle mani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Allora, premettiamo che con questo capitolo non sto cercando minimamente di dire che Mirren deve volere dei figli e se non li vuole è cattivo. Felix non è neanche arrabbiato per questo, ma perché Mirren gli ha mentito e ha tenuto nascosto i suoi sentimenti. Anzi, Felix valuta così tanto i sentimenti di Mirren, che ha già messo in conto che se Mirren non vuole avere figli, non avranno figli, perché sa che è una decisione importante che non può imporre alla persona che ama.

Lo renderò ancora più chiaro nei prossimi capitolo, ma voglio comunque specificare per non rischiare di mandare un messaggio sbagliato.

Passando ad altre coppie più allegre… Veronika e Max sono davvero tanto teneri. E si sono conosciute alcune persone che saranno importanti in futuro, chi più, chi meno, ma non dirò chi più più più e chi molto molto meno… anche se potete intuirlo, dato che almeno una delle persone introdotte in questo capitolo è presente nel prologo, e chi è presente nel prologo sicuramente è importante, no?

Ma anticipazioni a parte, Max sembra super introdotto ad Agaliria, amico di alcuni nobili, innamoratissimo di Veronika, e ha finito l’esame. Sembra davvero che, almeno a lui, le cose siano rose e fiori.

Anche a Norman, sebbene si senta un po’ solo, ma niente che un’amicizia platonica non possa risolvere, e comunque ha la Corona Crew.

…non come Mathi.

Eh, Mathi.

Chissà come si è fatto quel livido, e perché è andato da Norman, e perché non ha detto nulla alla sorella, e… anche le braccia erano graffiate.

Chissà che sta facendo della sua vita da quando non sta più con Denny.

Per chi è curioso, non temete, nel prossimo capitolo dovreste ottenere qualche risposta.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, è arrivato anche piuttosto in fretta, almeno per i miei standard.

Un bacione e alla prossima :-*

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Capitolo 4
*** Terza settimana: Riunioni ***


Terza settimana: Riunioni

 

Lunedì 26 Agosto 

Veronika aveva tanti bei ricordi associati alla piccola cittadina di Harriswood, e adorava fare un salto lì ogni tanto.

Anche se le mancava poterlo fare senza ritrovarsi paparazzi alle calcagna.

Ma dallo scandalo di cinque anni, prima, quando la sua immagine era diventata pubblica ed era finita sulla bocca di tutti a causa della sua fuga sotto copertura proprio a Harriswood, la vita privata della principessa di Agaliria era diventata ben lontana dall’essere privata. 

Soprattutto ora che aveva ammesso di aver iniziato una relazione con una persona comune che studiava all’Accademia di Agaliria.

C’erano tanti rumors e teorie che sostenevano che tale Accademia fosse stata istituita solo per permetterle di uscire con chi volesse, e non erano fatti troppo lontani dalla realtà, ma Veronika sapeva che se c’era qualcuno che meritava di essere re, quello era il suo adorato Max.

Si era anche laureato in anticipo!

Perché sì, i risultati non erano ancora usciti, ma era ovvio che Max sarebbe passato! Era perfetto!!

E quella sarebbe stata probabilmente la loro ultima vacanza a Harriswood prima che le cose si facessero ancora più ufficiali.

Le nozze sarebbero state favolose, e Veronika non vedeva l’ora di avere dei figli… ahhh, sarebbero stati la famiglia più bella dell’universo!

-Un penny per i tuoi pensieri… sembrano davvero belli- Max la distolse dal suo fantasticare e le porse un cono gelato che era andato a prendere al bar del lido marittimo dove i due erano andati in compagnia di Roelke, Kodie e il loro bambino di quattro anni Irwin, che Veronika adorava, anche se poteva vederlo poco.

Veronika diede al ragazzo tutta la sua attenzione, sorridendo caldamente e prendendo il gelato dalle sue mani.

Dopotutto era già tutto perfetto, non serviva pensare così tanto al futuro, per quanto meraviglioso sarebbe sicuramente stato.

-Grazie mille, tesoro. Gusto caramello?- chiese, assaggiandolo. Max le si sedette accanto, non perdendosi neanche un istante della sua reazione.

-E cannella… l’ho aggiunta io a parte- spiegò, orgoglioso.

Veronika sentì il sapore, e quasi si sciolse per il gusto del suo abbinamento preferito.

-Meraviglioso! Ti amo tantissimo!- gli diede un bacio sulla guancia con le labbra ancora sporche di gelato, ma a Max non importava, era felice di averla resa felice.

-Ti amo anche io- ricambiò prontamente sia il complimento che il bacio, macchiandola di gelato al limone e facendola ridacchiare.

-Ma… un momento… ti porti la cannella al mare? Dove la tieni nascosta?- Veronika si rese conto in quel momento di cosa significasse la frase del suo ragazzo, e iniziò ad osservare il suo outfit.

-Considerando le regole del decoro, ho molti nascondigli dove nascondere la cannella… ma porto sempre con me una borsa con ogni possibile evenienza- Max mostrò la sua borsa di cuoio.

-Lo so questo, ma… cannella?- Veronika non se ne lamentava, e lo trovava davvero adorabile.

-E caramello. Devo essere sempre pronto a soddisfare le papille gustative dell’amore della mia vita- Max tirò fuori dalla borsa una bottiglietta con del caramello con fare seducente, e Veronika scoppiò a ridere così forte che rischiò quasi di far cadere il gelato.

-Oh… cosa ho fatto per meritare un compagno così speciale…- lo complimentò, tornando a mangiare la sua delizia.

-Esisti e sei la ragazza più meravigliosa dell’intero universo- Max fece altrettanto, guardandola amorevolmente negli occhi.

-Ma come fate ad essere estremamente PG e al tempo stesso vietati ai minori?! Ci vuole talento- commentò Roelke dall’ombrellone accanto, rovinando il momento.

Era vero che Max e Veronika avevano imparato presto a mantenersi composti e posati in ogni circostanza, e a bilanciare l’assenza di dimostrazioni pubbliche di affetto con flirt sdolcinati che peggioravano sempre di più.

-Scusa zia, ma sono così felice di passare tre settimane qui a Harriswood, ci voleva proprio una bella vacanza da passare insieme- Veronika allargò il sorriso pensando ai giorni che li attendevano.

-È vero che ci voleva un po’ di relax… sarebbe anche meglio senza i nostri stalker- commentò Max, lanciando un’occhiata alle loro spalle e venendo accecato da un flash -Potreste fare foto senza flash, per cortesia? C’è un sole che spacca le pietre. E mi piacerebbe avere quantomeno l’impressione di non essere costantemente osservato- chiese poi con garbo al paparazzo che aveva scattato la foto, che ricevette uno scappellotto da uno dei suoi colleghi.

Erano invadenti, ma cercavano di essere il più possibile rispettosi. Nei mesi precedenti avevano imparato a conoscere Max, e lo adoravano in quanto una delle poche “celebrità” che non li trattava mai male, neanche dopo una giornataccia, o a telecamere spente. Una volta aveva offerto loro del pane appena sfornato. Non per corromperli o altro, ma li aveva visti affamati e sotto la pioggia, e aveva pensato di aiutarli almeno con un pasto caldo. Era davvero il sogno di ogni paparazzo.

E l’incubo di ogni giornale scandalistico che voleva comprare le foto ai paparazzi, perché nessuno di essi aveva mai offerto degli scatti compromettenti. 

…anche perché Max non faceva mai niente di compromettente.

E perché i paparazzi che l’avevano adottato terrorizzavano chiunque cercasse di portare Max al limite e lo trattasse senza rispetto.

Praticamente più che paparazzi, erano diventati guardie del corpo non pagate.

-È il periodo ad essere pieno di interesse nei vostri confronti. Quando vi sposerete scemerà in fretta- li rassicurò Roelke, disinteressata, osservando il marito che giocava con il figlio in riva alla spiaggia.

E si perse il rossore che aveva immediatamente tinto i volti dei due ragazzi alla menzione del matrimonio.

Era nell’aria, era scontato, ma non ne avevano ancora mai parlato apertamente.

Anche se Veronika aveva l’impressione, o forse solo la speranza, che il fidanzamento ufficiale sarebbe avvenuto nel momento esatto in cui avrebbero scoperto i risultati degli esami. Risultato che non ci avrebbe messo più di una, massimo due settimane ad arrivare.

Dopo cinque anni di attesa, Veronika non era certa che sarebbe ancora riuscita ad attenere a lungo, ma si stava facendo forza.

E aveva già mentalmente organizzato una fantastica festa di laurea ad Agaliria. Ci sarebbero state un sacco di feste nei prossimi mesi. Laurea, fidanzamento, matrimonio… Veronika era una sognatrice.

E a proposito di feste…

-Oh, Max! Quando pensi che riusciremo ad organizzare una rimpatriata tutti insieme?- Veronika sorrise al ragazzo, entusiasta all’idea.

Max ricambiò il sorriso, che non gli raggiunse del tutto gli occhi.

Ormai la principessa lo conosceva abbastanza bene da conoscere ogni singolo suo sguardo, e si incupì.

-Che succede? Qualcosa non va? È successo qualcosa al gruppo che non mi hai detto? Qualche litigio?- sebbene Veronika fosse ormai un membro importante della Corona Crew, era ancora più isolata rispetto ai membri anziani del gruppo, anche per via del suo ruolo di principessa. Era difficile per lei tenersi in contatto telefonicamente senza rischiare di dare troppo nell’occhio e creare uno scandalo. Certo, aveva il suo telefono segreto a nome Manny, ma non poteva usarlo più di tanto.

-No, niente di grave, è solo che sono tutti molto impegnati. Da quanto so Mirren è in viaggio di lavoro e potrebbe stare via per più settimane, Clover e Diego si stanno preparando per la partenza in Kenya e hanno già passato troppo tempo qui per il matrimonio di papà, quindi non sono sempre disponibili. E Denny…- Max abbassò lo sguardo, e sospirò.

-Sua zia continua a farlo lavorare troppo?- indovinò, posandogli una mano sulla spalla, confortante.

Denny era il suo migliore amico della Corona Crew, Max escluso. Era stato il primo a scoprire che Veronika era una principessa, e Veronika era stata la prima a sapere della sua omosessualità. Da quel momento erano diventati sempre più amici, e lo erano rimasti per anni.

Almeno fino a zia Evelyn.

Erano ancora amici, niente avrebbe cambiato questo fatto, almeno per Veronika, ma si sentivano sporadicamente, ed erano settimane che Denny non le rispondeva più ai messaggi se non con dei brevi “Mi dispiace, non posso parlare, sono impegnato”.

-Dovevi vederlo al matrimonio, sembrava un’altra persona. Da quando lavora per zia Evelyn sembra un guscio di quello che era prima. Sono felice di vederlo determinato e non guidato dall’ansia, ma sono comunque preoccupato. È andato via a metà cerimonia dicendo che ha un caso con un cliente innocente che deve assolutamente dimostrare colpevole… non riesco davvero a crederci- Max sfogò tutta la propria preoccupazione con la ragazza.

Veronika comprendeva il punto di vista, ma capiva come mai Max fosse così sconvolto che fosse uscito fuori da Denny. Denny era sempre stato un idealista, soprattutto riguardo il suo lavoro.

Anche se forse fare l’avvocato non era esattamente la carriera migliore per lui.

-Mi dispiace tanto, Max- Veronika gli si avvicinò ulteriormente, per offrirgli il massimo conforto.

Si intravide un altro flash in lontananza.

Max sospirò, ma cercò di non dare a vedere il suo sconforto e la sua irritazione.

Recuperò appena il sorriso, e prese una cucchiaiata di gelato che nel frattempo si stava sciogliendo.

-Il punto è che… non sono del tutto certo di quando potremo fare una rimpatriata, e non credo proprio che ci saranno tutti- tornò al discorso principale.

-Neanche al tuo compleanno?- chiese Veronika, dispiaciuta.

-Beh, al mio compleanno avevo un piano, in realtà. Insomma, la sera sicuramente ci vedremo con il gruppo, ma la mattina volevo…- la voce di Max si perse nel vuoto, e l’uomo arrossì appena.

Veronika non trattenne un sorrisino.

-Cosa?- indagò, avvicinandosi appena per mettergli pressione.

Max distolse lo sguardo, arrossendo ulteriormente. Era davvero un libro aperto.

-Niente! È una sorpresa!- cercò di chiudere il discorso.

-Daaii… almeno un indizio…- provò ad insistere Veronika, con occhi da cucciolo.

-Non è niente di particolare, tesoro, giuro! Solo… volevo passare un po’ di tempo da solo con te in un posto speciale, tutto qui- Max chiuse l’argomento con più convinzione.

Veronika avrebbe voluto insistere, ma decise di lasciar perdere. Alla fine le piacevano le sorprese, e avrebbe dovuto aspettare solo una decina di giorni.

La prospettiva di una giornata solo loro due era meravigliosa. Non avevano molti momenti liberi, negli ultimi tempi. Soprattutto non da poter passare completamente soli senza rischiare qualche scandalo.

Non che nei momenti di solitudine, anche assoluta, facessero cose scandalose.

Come da tradizione stavano aspettando il matrimonio.

…anche se era davvero, davvero difficile, per Veronika.

-Spero che almeno qualche serata la passerete al bar. Mi manca il caos causato dalla Corona Crew nel mio locale- Roelke si unì alla conversazione, salvando Max da eventuali ulteriori indagini riguardo il suo compleanno, e al tempo stesso rimproverandolo per essere meno presente a Harriswood.

Non un vero e proprio rimprovero, Roelke sapeva che fosse per cause di forza maggiore. Ma le dispiaceva che i suoi migliori clienti fossero cresciuti e avessero lasciato il nido, sparpagliandosi per tutto il mondo.

-Questa settimana sicuramente verremo. Norman è tornato e vuole venire questo weekend per festeggiare il compleanno di Amabelle. Un po’ in ritardo, ma si lavora su quel che si può- Max la rassicurò, accettando con piacere il cambio di argomento e tornando più sereno.

-Non vedo l’ora! I compleanni di Amabelle sono sempre interessanti- sorrise Roelke, divertita alla prospettiva.

-Non mi aspetterei niente di strano. Amabelle si è calmata davvero molto negli ultimi anni- Max spezzò le sue speranze.

 

Venerdì 30 Agosto

Amabelle era una scheggia impazzita senza controllo, in quegli ultimi giorni, e Petra non sapeva più che pesci prendere con lei.

Sembrava essere regredita al suo status di cinque anni prima, quando era stata disposta a tutto pur di accoppiare i membri del gruppo a causa del proposito. 

-Okay, senti questa… andiamo a New Malfair travestiti da Mirren e Felix, adottiamo un bambino, lo portiamo a casa e tutti i problemi si risolveranno perché saranno troppo occupati a prendersene cura per litigare!- propose, con occhi da pazza, mentre giungevano finalmente al Corona Café per la rimpatriata. 

Petra le lanciò a malapena un’occhiata.

Ormai sentiva una cinquantina di piani del genere al giorno, e non le facevano più molto effetto, dato che erano tante chiacchiere, e poca azione. 

…grazie al cielo.

-Oppure chiamiamo Mirren, fingiamo che Felix abbia avuto un incidente, così torna a casa, e sarà così terrorizzato che i due faranno sicuramente pace e tutto tornerà come prima! Oh, e potremmo anche portarli entrambi con l’inganno a New Malfair e far adottare un bambino, già che ci siamo!- Amabelle continuò.

Probabilmente neanche lei sapeva esattamente cosa stava dicendo.

Petra sospirò, e aprì la porta per farla entrare.

-Oppure potremmo…- Amabelle fece per continuare, ma si interruppe quando notò il loro tavolo.

Erano le ultime arrivate dei pochi membri della Corona Crew che si erano presentati a quella rimpatriata, e tra di essi c’era Felix, che stava giocando con la tovaglietta mentre fissava un punto imprecisato, distratto e decisamente triste.

Era guardato con una certa preoccupazione da Max, che però era troppo discreto per chiedergli qualcosa.

Veronika e Norman stavano parlando di affari e commercio con il tono e la semplicità di chi sta commentando la propria serie televisiva preferita.

E… basta, non c’erano altre persone, oltre a loro.

Amabelle cambiò completamente atteggiamento, mettendo su la solita maschera tranquilla e allegra che indossava con Felix negli ultimi giorni.

-Buonasera a tutti! Siamo le ultime? Siamo gli unici? Che fine ha fatto il resto del gruppo?- chiese, con entusiasmo, avvicinandosi al tavolo e allargando le braccia preparandosi agli abbracci.

-Amabelle!- Norman fu il primo ad alzarsi, e sorrise raggiante nel vedere la sua migliore amica.

Non era un tipo da abbracci, ma stritolò Amabelle facendola ridacchiare.

-Ciao Petra!- aggiunse poi, porgendo la mano alla donna, che gliela strinse professionale, ma gli sorrise con calore. Non fatevi ingannare dal saluto leggermente freddo, dopo Amabelle e forse Mirren, Petra era la persona più unita a Norman del gruppo.

-Ames! Quanto tempo! Troppo tempo! Come state?- anche Veronika si alzò, ma mantenne più distanza, e si limitò a stringere la mano di Amabelle e poi quella di Petra.

Era pur sempre una principessa, ed erano in pubblico, non potevano permettersi scandali.

Anche se si era vestita in modo da essere il meno riconoscibile possibile.

…l’avevano palesemente riconosciuta tutti quanti.

Anche Max salutò le due ragazze, ma per lui c’era meno interesse, dato che si erano visti da poco.

-Troppissimo tempo! Che bello che sei qui per qualche settimana! Un giorno di questi dobbiamo assolutamente vederci per fare una maratona di Gorgeous!- Amabelle non se la prese per il saluto distaccato, e rispose a Veronika con entusiasmo. Le due iniziarono immediatamente a parlare della serie televisiva più trash dell’universo, insieme ad un più mite ma ugualmente entusiasta Norman. Petra prese posto vicino ad Amabelle, proprio accanto a Felix, che non aveva dato alcun cenno di essersi accorto della loro venuta.

Petra decise di non pressarlo se non se la sentiva.

Era già tanto che fosse venuto. Fino all’ultimo secondo aveva cercato di trovare scuse.

-Allora… come va l’università? Sai già i risultati finali?- Petra si rivolse a Max, attirando la sua attenzione che per tutto il tempo era rimasta su Felix tranne che durante i saluti.

Lo sguardo di Max si fece spaventato, ma durò solo un attimo, e poi sorrise.

-Sono ancora in attesa. Dovrebbero arrivare la prossima settimana, al massimo quella seguente. Ammetto di essere un po’ timoroso, ma penso di aver dato del mio meglio- rispose, un po’ a disagio.

-È il migliore del corso, sicuramente è andato alla perfezione- si introdusse Veronika, accarezzandogli dolcemente la spalla, incoraggiante. Fiutava la questione come un cane da tartufi.

-Meglio non parlarne troppo, siamo qui per passare una serata tranquilla, dopotutto, senza affari burocratici o economici o politici, no?- Max provò a cambiare argomento, anche se accarezzò la mano della ragazza con affetto, incoraggiato dal suo elogio. 

Petra provava una certa pena per loro. Erano le persone che più amavano le dimostrazioni pubbliche di affetto, e quelli che potevano farne di meno.

Ma erano comunque adorabili.

-Giustissimo! Odio parlare di lavoro! Che mi raccontate? Non ci vediamo da tanto! Soprattutto tu, Norman!- Amabelle accolse il cambio di argomento con gioia. 

Norman alzò le spalle.

-Ad essere onesto… non è che ho molto da raccontare che non sia lavoro. Praticamente prende tutte le parti della mia giornata. Non che mi lamenti, adoro il mio lavoro. La prossima settimana ho un incontro d’affari a Madrid, non vedo l’ora!- Norman iniziò a parlare… di lavoro.

Il sorriso di Amabelle rimase in piedi, ma Petra notò che non aveva lo stesso calore di prima.

-Wow, la tua azienda si sta espandendo davvero in fretta se conclude così tanti affari internazionali- commentò Veronika, colpita.

-Sì, stiamo lavorando tantissimo in Europa. Chissà che un giorno non verremo anche ad Agaliria- aggiunse Norman.

-Spero che verrai proprio tu, così potrai vedere il palazzo e il nostro giardino- continuò Veronika, avvicinandosi appena a Max, che arrossì appena sentendo nominare il giardino come il loro. Come se fossero già sposati.

Diabetici!

-Sarebbe davvero fantastico- ammise Norman.

-Veronika, tu che hai da raccontare, di NON attinente al lavoro?- Amabelle si affrettò a cambiare discorso, rivolgendosi alla principessa.

-Beh…- Veronika dovette pensarci un po’ -…questi giorni stiamo visitando molti bei posti. Siamo stati in spiaggia, a vari giardini. Forse potremmo anche andare a New York un giorno di questi, per trovare Denny- rifletté Veronika, girandosi verso Max, che scosse la testa.

-Meglio di no, è molto stressato questo periodo, con il lavoro è tutto…- bocciò l’idea.

Il sorriso di Amabelle si incrinò appena.

-…in ogni caso sono felice di questa vacanza. Gli ultimi mesi sono stati impegnatissimi. Da quando sono una figura pubblica più di spicco sto partecipando a tantissimi progetti e a ogni seduta del consiglio. A volte si protraggono per ore. Ma la mia parte preferita sono le imprese di beneficenza. Sono la parte migliore del lavoro- Veronika sorrise nostalgica.

-Bello! Max?- Amabelle passò all’amico d’infanzia e ex vicino di casa. Il sorriso era ormai una linea che non le raggiungeva minimamente gli occhi. Sembrava quasi supplicante.

Petra iniziò sinceramente a preoccuparsi. Che stava succedendo, ad Amabelle, in quel periodo?!

-Il matrimonio è stato speciale, e… per il resto ho passato l’ultimo periodo a studiare come un matto. Sono felice anche io di questa vacanza… potremmo andare a New Malfair, uno di questi giorni, prima del mio compleanno. Magari possiamo vederci lì, Norman?- Max propose.

-Certamente, mi farebbe piacere. Magari ceniamo insieme da qualche parte dopo il lavoro- accolse la proposta.

Il sorriso di Amabelle sparì del tutto.

-Baelle… tutto bene?- le sussurrò Petra all’orecchio, preoccupata.

L’arrivo di Roelke interruppe ogni possibile risposta da parte della fulva.

-Il mio gruppo preferito è venuto a trovarmi! O meglio… metà gruppo. Che vi porto, mezza Corona Crew?- chiese, già pronta a segnare le informazioni sul taccuino.

Era inusuale che la proprietaria servisse i tavoli, ma per la Corona Crew faceva eccezioni.

-Purtroppo l’altra metà è impegnata, ma Clover ci tiene a dire che ha cercato in tutti i modi di liberarsi per essere presente oggi. Sia lei che Diego- Max difese la sua migliore amica, facendo ridacchiare Roelke.

-Lo so, lo so. Ma devo ancora abituarmi al fatto che siete ormai tutti degli adulti maturi con tasse e lavori- commentò, sospirando melodrammatica.

Amabelle sembrò sinceramente turbata da quell’affermazione.

-Io prendo dei pancakes ai frutti di bosco con gelato e tè alla pesca ghiacciato- interruppe la discussione dando il suo ordine e tornando sorridente, anche se Petra si accorse che era molto forzata.

-A cena?- chiese Norman, incredulo di fronte alla sua scelta.

-Perché no? Cena dolce! Ci vuole, ogni tanto, soprattutto d’estate. Voi che prendete?- Amabelle si giustificò, e dal suo sguardo si vedeva che stava cercando di convincere anche gli altri a seguire il suo esempio.

-Penso che prenderò solo un’insalata, quella di noci. E magari più tardi una fetta di torta al caramello- Veronika non si accorse dell’intento di Amabelle.

-Io prendo un bagel vegetariano. E da bere acqua naturale, per entrambi- ordinò Max, dando un’occhiata al menu anche se sapeva già da tempo cosa prendere, probabilmente.

-Uhhh, buono. Ti faccio assaggiare l’insalata e tu mi fai assaggiare il bagel?- chiese Veronika, interessata alla scelta del ragazzo.

-Era quello il piano- Max le fece un discreto occhiolino, che fece ridacchiare la ragazza. 

-Anche io prendo solo acqua, e… sono settimane che sogno una delle tue ottime omelette, Roelke- Norman non aveva alcun dubbio su cosa scegliere. 

Roelke gli lanciò un’occhiata complice.

-Solo le migliori omelette qui al Corona… Felix?- la proprietaria si rivolse all’uomo, ancora completamente assorto nei propri pensieri. Sembrava non essere neanche lì presente.

Petra gli diede un colpetto con il piede, per attirare la sua attenzione.

Lui sobbalzò come fosse appena svegliato da un sogno, e si guardò intorno disorientato.

-Cosa?- chiese, confuso.

-Cosa vuoi ordinare?- ripetè Roelke, per niente sorpresa dalla sua distrazione e molto comprensiva al riguardo.

-Io sto facendo cena dolce- ci tenne a sottolineare Amabelle.

-Penso che prendo un cheeseburger con patatine e una cola- rispose Felix, ancora piuttosto assente, tornando poi alla tovaglietta.

-Petra?- Roelke segnò velocemente l’informazione, e si rivolse all’ultima che doveva ordinare.

Petra avrebbe voluto un cheeseburger a sua volta. Lo desiderava fortemente. Ma poi notò l’espressione demoralizzata di Amabelle, e decise di assecondarla.

-Prendo un waffle sandwich di frutta e yogurt. E un milkshake alla fragola- cedette all’idea della cena dolce.

Amabelle si illuminò e le diede un bacio sulla guancia.

-Ottima scelta, tesoro!- si complimentò.

-Ogni tanto una cena dolce è giusto farla- borbottò Petra, iniziando già a pentirsi della scelta per come sarebbe stato il suo stomaco a fine serata, ma felice di aver fatto contenta la sua ragazza.

-Tu, Felix, che racconti?- osò chiedere Max, in tono un po’ esitante, rivolgendosi all’unico al tavolo che non aveva parlato quasi per niente.

-Oh, niente… sono giorni… pieni, alla galleria- rispose, in tono distante, anche se cercò di sorridere, senza alcun successo.

Felix indossava il suo cuore in bella vista. Era sempre piuttosto evidente quando era turbato da qualcosa.

E dopo quanto successo con Mirren… era davvero, davvero turbato.

Petra sapeva di dover prendere da contratto le parti di suo fratello, ma doveva ammettere che in quel caso simpatizzava molto più con il cognato.

Mirren aveva gestito malissimo la situazione.

-Qualche mostra interessante?- chiese Veronika, cercando di alleggerire l’atmosfera.

-Sì, c’è una bella mostra temporanea su sculture commestibili. Sarà ancora aperta per una settimana, poi verrà chiusa per ovvi motivi. Ma è stato divertente aiutare ad allestirla- il sorriso di Felix si fece leggermente più autentico mentre parlava del suo lavoro.

-Sembra davvero interessante. Dovremo visitarla, la prossima settimana- Max colse al volo l’occasione di parlare di qualcosa che sembrava piacere a Felix, e si rivolse a Veronika, che annuì vigorosamente.

-Sì, è da parecchio che non andiamo alla galleria d’arte. C’è anche qualche workshop alla mostra temporanea?- chiese, per far parlare Felix di qualcosa che chiaramente lo entusiasmava.

E Felix fece un vero, autentico sorriso.

-Sì, c’è un’area dedicata ai bambini che…- sorriso che non durò molto. La sua voce si perse.

Norman, che stava controllando qualcosa al telefono, probabilmente di lavoro, non si accorse del cambiamento repentino nell’umore di Felix.

-A proposito di bambini, tu e Mirren avete saputo qualcosa sull’adozione? Amabelle mi aveva detto che c’erano novità, ma… non…- la sua voce si perse quando notò con la coda dell’occhio che sia Amabelle che Petra gli stavano facendo discreti cenni di non continuare a parlare.

O meglio, Petra era molto discreta, Amabelle stava agitando le braccia per fermarlo.

-Eh… sì… ecco… è un po’ complicato…- ma nonostante Amabelle fosse discreta quanto un brufolo sul viso il giorno di un importante evento, Felix non si accorse di nulla, troppo occupato a farsi prendere dallo sconforto. I suoi occhi si riempirono di lacrime, anche se cercava con tutte le sue forze di mantenere un tono leggero e casuale. La sua mano andò, come spesso accadeva, verso l’anulare della mano sinistra, dove solitamente svettavano l’anello di fidanzamento e la fede.

Da qualche giorno gli anelli non erano al loro posto, e ogni volta che Felix si rendeva conto della loro assenza, assumeva sempre la stessa espressione di sofferenza mista a paura.

-Tutto bene, Felix?- osò chiedere Max, preoccupato.

-Sì, certo! Devo andare un attimo in bagno a lavare le mani… meglio lavarle spesso quando si lavora con tempere e pennelli tutto il giorno- Felix cercò una scusa al volo e corse verso il bagno, facendo cadere la sedia dietro di lui per la forza con la quale si alzò. 

Chiaramente non sarebbe andato a lavarsi le mani, almeno non solo.

Petra sospirò. Persino lei, che non aveva mai particolarmente apprezzato Felix, non riusciva più a vederlo così.

-È successo qualcosa?- chiese Veronika, continuando a guardare la zona dove Felix era sparito.

-È complicato… meglio non parlare di Mirren e di bambini oggi, diciamo. Faccende di famiglia- spiegò Petra, senza dare troppi dettagli. 

-Capisco… mi dispiace, non sapevo…- Norman iniziò a scusarsi, ma Petra scosse la testa.

-Si risolverà, non preoccuparti- cercò di rassicurarlo.

-Se Mirren smette di fare l’idiota- commentò Amabelle, con sguardo molto seccato. 

Era la migliore amica di Felix da anni, e aveva molto a cuore la sua felicità. 

-Meglio cambiare argomento e parlare di cose più allegre…- Petra cercò di chiudere la discussione. Non era il caso che Felix tornasse al tavolo e li trovasse nel mezzo di pettegolezzi su di lui e sul suo matrimonio.

-Sì… oh, avete visto Masterchef Italia?- Veronika fu veloce ad esaudire la richiesta, ma scelse un argomento decisamente inaspettato.

-Perché mai avremmo dovuto vedere Masterchef Italia?- chiese Petra, che non solo non vedeva Masterchef, ma a malapena sapeva che ci fossero edizioni internazionali oltre all’americana. Perché mai avrebbe dovuto vedere la versione italiana quando l’italiano non lo parlava.

-Perché tu vedi Masterchef Italia?- anche Norman sembrava piuttosto confuso.

Veronika sembrava sorpresa dalla domanda quasi accusatoria.

-Perché il cibo italiano è tra i migliori, quindi le versioni italiana e francese sono le mie preferite da vedere- alzò le spalle, e rispose con ovvietà.

Giusto, lei parlava un sacco di lingue. Petra era così abituata a vederla in vesti di ragazza normalissima che si dimenticava che parlava sei o sette lingue.

-Mi aiuta con la lingua, che sto cercando di imparare- Max prese le sue parti, e sorrise appena tra sé, come se sapesse già dove Veronika sarebbe andata a parare.

-Ecco… comunque, c’è un concorrente che è troppo simpatico! Lo tifiamo tutti quanti! È bravissimo e fa davvero ridere. Secondo me ti piacerebbe troppo, Amabelle. Si chiama Leonardo- ed infatti Veronika iniziò a fangirlare, prese il telefono e cercò una foto.

Petra continuava a pensare che fosse un argomento preso un po’ dal nulla, ma bisognava riconoscere che era servito a distendere appena l’atmosfera, e anche quando Felix tornò al tavolo, parecchio tempo dopo, con occhi palesemente rossi, alla fine riuscì a godersi la serata, dimenticando per un attimo i suoi problemi coniugali.

Parlarono di quello strano Masterchef Italia, di Gorgeous ovviamente, dei rispettivi lavori, argomento che continuava a rabbuiare Amabelle, e si scambiarono aneddoti particolari sulle loro vite.

Petra doveva ammettere, però, che per quanto le piacesse stare in compagnia della Corona Crew, l’assenza di quasi metà gruppo si faceva sentire. E se la sentiva lei, che non era mai stata attaccata al gruppo, tranne ad alcuni specifici membri, era certa che la sua compagna la sentisse ancora di più.

Dopotutto era sempre stata la fondatrice e collante del gruppo, l’amica che li aveva riuniti tutti, e che ancora adesso cercava di organizzare rimpatriate e raduni.

La serata si protrasse fino a dopo l’orario di chiusura, e quando ormai doveva necessariamente spegnere le luci e chiudere tutto, Roelke li cacciò fuori ed era già passata la mezzanotte.

-È stato davvero divertente. Speriamo di poter replicare al compleanno di Max, la settimana prossima- commentò Veronika, una volta fuori dal locale, per i saluti finali.

-Noi ci siamo, siamo sempre qui- rispose Amabelle, prendendo Petra e Felix sottobraccio, segno che si stava riferendo a loro tre.

-Io spero di liberarmi, ma non posso fare promesse. Madrid potrebbe tenermi occupato a lungo- ammise Norman, un po’ tristemente.

-Più che giustificato. Il lavoro è lavoro. Ma siamo davvero felici di averti visto oggi- Max rispose con garbo.

-Allora… buonanotte a tutti! Io devo tornare con mia zia- Veronika li salutò tutti con un ampio gesto della mano, e diede un veloce bacio sulla guancia di Max per salutarlo un po’ meglio, prima di seguire Roelke.

Norman si diresse alla propria auto, Max alla fermata dell’autobus, e Petra, Amabelle e Felix rimasero soli.

-Felix, come sei venuto qui? Vuoi tornare con noi- chiese Petra, pratica.

-No, sono in moto. E poi volevo fare un salto da una parte, prima di tornare a casa- Felix si scansò da Amabelle, che continuava a tenerlo sottobraccio, e indicò un punto in una direzione a caso.

-Dove? Possiamo andare tutti insieme?- provò ad imbucarsi Amabelle, con un gran sorriso incoraggiante.

-No, preferirei… è una cosa mia. Non aspettatemi alzate- Felix le salutò e si diresse alla propria moto.

Ora che la serata era giunta al termine, sembrava più abbattuto e triste che mai.

-Secondo te se rapiamo Felix e inviamo una lettera minatoria a Mirren e poi rapiamo anche lui e li rinchiudiamo insieme in una camera di tortura tipo Saw costringendoli a collaborare faranno pace?- chiese Amabelle, appena fu fuori dalla portata d’orecchio, fissando il punto dal quale era sparito.

Okay… questo piano era davvero preoccupante. Petra non poteva più far finta di nulla.

-Amabelle, dobbiamo parlare- disse in tono serio, prendendole la mano.

-Sì, assolutamente! Dobbiamo creare un piano perfetto per risolvere le cose tra quei due, e solo parlando riusciremo a trovarlo- Amabelle non si rese conto della serietà della situazione, e iniziò ad annuire, pensierosa.

-Non era a quello che mi riferivo… Amabelle, tutto bene?- Petra le prese anche l’altra mano, e la costrinse a guardarla negli occhi.

-Sì, perché?- Amabelle provò a sorridere tranquilla, ma non ebbe molto successo.

-Mi sembri strana, questi giorni. So che sei preoccupata per Felix e Mirren, ma sono due adulti sposati e devono essere loro a risolvere le loro divergenze, che non ci riguardano- Petra mise le cose in chiaro. Era giusto dare qualche spinta, ed era normale essere tristi se stavano male, ma non era loro compito farli mettere insieme. Era la loro vita di coppia, una faccenda estremamente personale.

E i tempi da matchmakers erano ormai giunti al termine.

-Ma che stai dicendo?! Certo che ci riguardano! Se Felix e Mirren si separano è finita!- Amabelle scattò, esagitata.

-Cosa è finita?- chiese Petra, che non capiva cosa potesse rendere Amabelle così terrorizzata.

Sì, erano la sua coppia preferita, erano coinquilini, e molte cose rischiavano di cambiare, ma non era una faccenda personale. Non sarebbe finito niente che riguardasse loro.

Amabelle esitò. Non sembrava sapere neanche lei cosa potesse finire, ma non voleva indagare e rischiare di soffrire di più.

-Il punto è che hanno bisogno di aiuto! Sono la nostra famiglia, ed è il nostro lavoro aiutarli!- insistette Amabelle, decisa, con tono sempre più acuto.

-Non è il nostro lavoro- il tono di Petra, al contrario, si fece sempre più calmo e rassicurante. 

Sentiva che c’era molto di più dietro lo sfogo di Amabelle. Molto più che semplicemente l’alterco tra Felix e Mirren.

-Beh, è il mio lavoro, okay?! Non è che abbia molto altro da fare, no? Allora almeno mi rendo utile in questo modo! Allora, dov’ero? Ah sì, potremmo…- Amabelle si liberò dalla presa di PEtra e le diede le spalle, tornando ai suoi piani machiavellici di impossibile realizzazione.

Petra ebbe un’illuminazione.

Amabelle, Felix e Mirren… lavoro…

Bingo!

-È questo il problema?- chiese, con tono di partecipazione.

-Cosa?- Amabelle si girò verso di lei, confusa.

-Il fatto che non hai un lavoro?- insistette Petra, con delicatezza.

Amabelle non rispose. Si morse il labbro inferiore.

Sì, Petra era certa di aver colpito nel segno.

-Non mi va di parlarne, Petra- disse dopo qualche secondo, a voce bassa e incerta.

-Invece secondo me dovresti parlarne. Se hai bisogno di stimoli o di opportunità posso aiutarti. Possiamo fare una ricerca e trovare annunci per…- Petra cercò di incoraggiarla e aiutarla, felice di essere riuscita ad arrivare da qualche parte. Non aveva idea che Amabelle si sentisse così a disagio ad essere l’unica del gruppo senza lavoro, ma ora che lo sapeva l’avrebbe aiutata in ogni modo. Era il suo compito più importante, come sua compagna e anche migliore amica.

-NON MI VA DI PARLARNE!- sbottò Amabelle, ammutolendo ogni tentativo di Petra, e facendole sgranare gli occhi.

Ci furono parecchi secondi di silenzio sbigottito.

Amabelle non urlava molto spesso, almeno non per rabbia. Petra poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui l’aveva sentita usare quel tono.

-Amabelle…- provò ad avvicinarsi, ma Amabelle, dopo un grande sospiro, tornò sorridente e allegra, come se non fosse successo niente.

-Scusa, Tray. È solo che sono preoccupata per Felix e Mirren, tutto qui. Vorrei che risolvessero in fretta, e vorrei tanto diventare zia per viziare il mio nipotino o nipotina… questa situazione mi ha scioccato. Ma sai che non metterei in pratica i piani di cui ti sto parlando. So che non funzionerebbero e rischierebbero di rendere tutto peggio… ma parlarne con te mi aiuta a sfogare la mia frustrazione- spiegò, con calma e professionalità, cambiando atteggiamento così radicalmente che a Petra iniziò a girare la testa.

La donna aveva ancora parecchi dubbi, ma decise che per questa volta poteva lasciar correre. Alla fine Amabelle aveva fatto un discorso molto maturo e autoconsapevole. Era giusto lasciarle i suoi spazi. Si fidava che se avesse avuto dei problemi seri sarebbe venuta a parlarne con lei.

-Va bene… sfogati pure mentre torniamo a casa- la incoraggiò.

-Stavo pensando che potremmo hackerare i telefoni di Felix e Mirren e far comparire annunci e messaggi subliminali per convincersi a parlare e ad adottare! Potremmo chiedere a Mathi!- Amabelle continuò con i suoi piani, come se niente fosse.

-A Mathi?- Petra sollevò un sopracciglio.

-…no, non a Mathi. Mannaggia! Era così utile avere un hacker in squadra! Perché ha lasciato Denny?!- si lamentò Amabelle, che era una delle poche persone che non odiava Mathi a prescindere, nonostante tutto ciò che era successo tra lui e Denny. Forse perché aveva ancora una remota speranza che potessero tornare insieme?

Petra non credeva che fosse possibile dopo il modo in cui avevano rotto, ma doveva ammettere che non si spiegava il motivo per cui Mathi, l’innamoratissimo Mathi, aveva lasciato Denny.

 

 

Domenica 1 Settembre

Mathi aveva sottovalutato parecchio la portata dei propri traumi infantili e adolescenziali. E aveva anche sottovalutato quanto lo avrebbe scompensato psicologicamente allontanarsi dal nucleo sicuro che si era costruito nei quattro anni da quando era riuscito ad uscire dall’agenzia che lo aveva reclutato illegalmente quando era poco più che ventenne e completamente incapace di provvedere a sé stesso. 

Continuava a credere di aver agito al meglio, con le migliori intenzioni, e nell’interesse di Denny per prima cosa… ma era davvero difficile per lui vivere la vita con una parvenza di normalità, negli ultimi tempi. 

Stava facendo del suo meglio, però. Aveva un lavoro stabile come cameriere in un ristorante piuttosto elegante che pagava anche bene, per arrotondare faceva anche alcuni lavoretti su commissione come riparare qualcosa, il pet-sitter, o cose del genere.

Puntava molto sul guadagnare il più possibile per permettere a sua sorella di vivere in pace, e mettere soldi da parte per ogni evenienza, e perché… lavorare sodo gli distraeva la mentre da altri pensieri.

Lavorare e guadagnare gli davano un obiettivo, dopotutto.

E stava cercando in tutti i modi di creare per sé una routine stabile finalizzata a tanti piccoli obiettivi raggiungibili per sentire come se avesse sempre uno scopo e non cadere nella disperazione più assoluta.

Siano ringraziati i libri di auto-aiuto.

Solo che a volte… a volte era stanco.

E sua sorella si arrabbiava con lui.

E l’appartamento era vuoto, e buio.

Solitario.

E si svegliava dopo un incubo vivido.

O aveva un attacco di panico provocato da quello schifoso odore di menta e nicotina che sembrava perseguitarlo.

O si ritrovava ad aspettare da solo l’autobus, alla fine del turno

E non c’era Denny.

Non c’era nessuno.

Nessuno che lo rassicurasse, che lo aspettasse a casa, a cui mancasse.

Grazie al cielo, quello non era uno di quei giorni.

Certo, sua sorella sarebbe rimasta a dormire fuori da una sua compagna di università, e quando sarebbe rincasato dopo la fine del suo turno avrebbe trovato la casa fredda e vuota, ma almeno quel giorno avrebbe festeggiato uno degli anniversari più importanti della sua vita: l’arresto di Will Hacks, il suo maggiore incubo. Era l’unico evento che riguardasse Will che Mathi ricordava con un sorriso e che non gli provocava un nodo opprimente al petto.

Pertanto aveva in programma di tornare a casa, vedere un qualche show stupido in TV, e poi mangiare un cupcake per festeggiare, prima di andare presto a dormire.

Non esattamente il modo più particolare di passare la sera prima del suo giorno libero, ma dopo quanto successo due settimane prima, Mathi preferiva evitare di uscire. 

Non voleva farsi trovare ancora una volta da Norman in uno stato pietoso a casa sua solo perché aveva troppa paura e vergogna di affrontare sua sorella.

-Hey, Matt! Sei dei nostri, stasera?- una voce in lontananza lo distolse dai suoi pensieri, e Mathi posò i piatti ormai vuoti in cucina e si voltò verso la direzione da cui tale voce, purtroppo molto conosciuta, era venuta.

-Stasera? Perché, cosa c’è stasera, Theon?- chiese, senza alcun interesse circa l’informazione, ma cercando di essere amichevole verso uno dei pochi colleghi che non lo guardavano storto quando passava, e che ancora lo invitava ad uscire con loro.

-Cri compie gli anni domani! Quindi dopo la chiusura pensavamo di uscire tutti insieme e bere qualcosa e poi farle gli auguri quando scocca la mezzanotte- spiegò tale collega, avvicinandosi con altri piatti sporchi e posandoli su quelli precedentemente lasciati da Mathi, a cui poi cinse le spalle con familiarità.

Mathi si irrigidì appena, ma lo lasciò fare.

-Non sapevo che domani era il compleanno di Cristine- ammise, sorpreso, valutando cosa fare. Non avrebbe affatto voluto uscire, ma Cri era una ragazza simpatica, non voleva farla stare male non partecipando ai festeggiamenti del suo compleanno.

-Lo sai come è fatta, sempre sulle sue. Allora… sei dei nostri?- chiese Theon, con un grande sorriso incoraggiante.

Mathi era decisamente combattuto.

-Non lo so, Theon. Avevo già altri progetti- provò a scrollarselo di torno, prendendo dei nuovi piatti e controllando a quale tavolo dovesse portarli.

Theon però non si diede per vinto.

-Awww, di nuovo? Un’altra serata con tua sorella? Non puoi venire almeno per un’ora? Il tempo di darle gli auguri. Pensavo che Cri fosse tua amica- gli fece gli occhioni, completamente incurante degli ospiti ai tavoli che i due stavano passando.

-Ti faccio sapere, ma se anche dovessi venire, non posso stare troppo, okay?- lasciò aperto uno spiraglio, ma mise anche in chiaro che non aveva la minima intenzione di ripetere quanto accaduto due settimane prima.

Era infatti tutta colpa di Theon se si era ritrovato in quella situazione.

Un attimo prima era solo una normale uscita con i colleghi del bar per bere qualcosa dopo il lavoro.

E un attimo dopo si era ritrovato a terra sbattuto contro un tavolino e così ubriaco da non ricordare neanche esattamente come fosse successo, ma certo che c’entrasse Theon, dato che era rimasto l’unico dei colleghi a non essersene andato, e colui che l’aveva accompagnato a casa di Norman.

Aveva chiesto di entrare, e Mathi glielo aveva quasi permesso, ma non era ancora così disperato da rischiare di perdere anche l’unica parvenza di porto sicuro che era riuscito a trovare a New Malfair oltre sua sorella, quindi l’aveva lasciato fuori senza troppe cerimonie.

Fortunatamente, o sfortunatamente, Theon non era tipo da prendersela quando rimaneva in bianco, e i giorni successivi aveva fatto come se nulla fosse successo.

E continuava a invitare Mathi fuori dopo l’orario di lavoro.

-Okay, non ti scaldare. Si festeggia solo Cri, oggi- gli assicurò l’uomo, alzando le mani in segno di resa ma con un sorrisino che non prometteva niente di buono.

Mathi decise che avrebbe trovato una qualsiasi scusa per non partecipare ai festeggiamenti. Quel giorno aveva dei programmi, e li avrebbe rispettati!

Arrivò finalmente al tavolo con il cibo ancora caldo e fumante, e per poco non fece cadere i piatti a terra, quando riconobbe la persona seduta a tale tavolo.

Duke Keaton. Il suo ex collega all’agenzia e responsabile principale che gli aveva permesso di scappare da lì. Non lo vedeva da anni, anche se sapeva che lo teneva d’occhio. Cosa ci faceva lì?! Mathi sperò con tutto il cuore che non fosse lì per lui. 

Riuscì per fortuna a riprendersi e a mettere su una faccia tranquilla e rilassata.

-Ecco le vostre ordinazioni- porse i piatti, professionale come sempre.

-Grazie mille- gli sorrise l’accompagnatrice di Duke. Sembrava più giovane di lui di qualche anno, e non aveva minimamente l’aspetto di un’agente. Forse era lei l’obiettivo. Duke stava cercando informazioni su qualcosa e aveva conquistato la sua fiducia per avvicinarsi a lei? Poveretta. Beh, non era un problema di Mathi.

…magari fosse stata lei, la missione.

Prima che Mathi potesse andarsene, o meglio, scappare da lì, Duke si alzò in piedi, e lo prese per un polso.

-Mi scusi, potrebbe indicarmi il bagno?- chiese, lanciandogli un’occhiata allarmata.

Il cuore di Mathi iniziò a battere furiosamente nel petto.

Oh no…

Duke era lì per lui.

Ma non aveva fatto niente di male! 

Non poteva avere nulla contro di lui!

Era per via della ricerca che aveva fatto la scorsa notte? L’unico motivo per cui aveva cercato gli agenti segreti era perché Aggie voleva assolutamente vedere l’ultimo film di James Bond, e… oh, forse lo voleva arrestare perché aveva scaricato tale film illegalmente?! Era solo un film! Era la prima volta in cinque anni! Non poteva chiudere un occhio?! 

-C_certo, signore… è in fondo al corridoio a destra- provò ad indicarglielo e a scappare, ma Duke lo tenne fermo sul posto.

-Mi può accompagnare?- chiese, lanciandogli un’occhiata ammonitrice. 

Mathi si era dimenticato quanto riuscisse ad essere minaccioso, se voleva.

Con il cuore che batteva sempre più forte nel petto, e terrorizzato per la sua sorte, Mathi annuì appena, e iniziò ad accompagnarlo verso il bagno, sperando con tutto il cuore che nessuno si accorgesse dello strano scambio tra i due.

Per fortuna la sala era troppo gremita perché i due attirassero l’attenzione.

Una volta davanti al bagno, Duke lo trascinò dentro, chiuse la porta alle loro spalle, e si premurò che non ci fosse nessuno e niente che potesse ascoltare e registrare la conversazione.

-Un po’ equivoco prendermi e chiudermi in bagno così- borbottò Mathi, cercando di scaricare la tensione con una battuta.

Duke gli lanciò un’occhiataccia.

-Ew, non sei affatto il mio tipo. E sono fidanzato, grazie tante- Duke gli lanciò un’occhiata quasi disgustata, e continuò a controllare meglio il bagno per sicurezza. 

-Aspetta, cosa?!- Mathi era completamente sconvolto.

Non si era mai immaginato che Duke potesse mettersi con chicchessia, uomo o donna che fosse. E… era illegale per i membri dell’agenzia fidanzarsi.

Che fosse un fidanzamento finto, magari per una missione, tipo in Spy x Family? Ma comunque… Mathi che c’entrava?! Era troppo grande per essere una bambina da adottare, ed era giapponese, mentre Duke e la sua accompagnatrice erano caucasici, quindi non poteva fingere di essere lo zio figo. Senza contare che non aveva più la minima intenzione di essere invischiato con l’agenzia. Era un uomo libero! Aveva già abbastanza casini personali e limitazioni dovuti al suo stato, non voleva farsi coinvolgere di nuovo dalla sua vecchia vita.

-Prima che ti fai qualche strana idea… non è una missione- spiegò Duke, come se potesse leggergli nel pensiero. Gli si avvicinò, e gli prese con sicurezza il telefono dalla tasca.

-Ehi, ma cosa…?!- provò a lamentarsi Mathi, mentre Duke gli toglieva con abilità la batteria e metteva uno strano chip all’interno.

-Okay, senti, la versione breve è che… l’agenzia è mezza crollata- spiegò poi, una volta assicuratosi che fossero completamente soli e non rintracciabili.

Il cuore di Mathi perse un battito.

-Crollata?- chiese, iniziando a riempirsi di speranza.

Se l’agenzia era crollata, forse poteva ricominciare a respirare.

Avrebbe potuto viaggiare, anche fuori dal suo stato. Non essere più tenuto d’occhio. Poteva andare a New York da Den… no, non poteva andare da Denny. Quella campana era ormai distrutta da tempo, ma sarebbe stato un po’ più libero. Avrebbe potuto portare Aggie in Giappone come aveva sempre voluto.

-Mezza crollata, Mathi. Non è una situazione bella, te lo dico subito- Duke infranse ogni sua speranza, in tono grave e preoccupante.

-Cosa è successo? Perché sei qui? Cosa cambia per me?- Mathi tornò a sentirsi terrorizzato.

Se Duke era lì per lui, con una notizia del genere, sicuramente qualcosa della sua situazione era cambiata, o col cavolo che lo avrebbe avvertito.

-Allora, non posso darti i dettagli per la tua sicurezza, ma il sunto è che dei documenti dell’agenzia sono andati completamente distrutti, e altri sono passati ad un’altra filiera. Il tuo caso… è passato all’altra filiera, internazionale, penso europea in particolare, ma non è questo l’importante, l’importante è che devi stare ancora più attento, perché questi sono molto più fiscali, e se scarichi un film illegalmente ti arrestano sicuro- lo avvertì Duke, con un dito per aria.

Okay, se era solo quello… non cambiava poi molto.

Ma Mathi sentiva che non era solo quello. Duke sembrava molto esitante, e si guardava intorno come se cercasse suggerimenti dai dintorni per trovare le parole giuste da dirgli.

-Va bene… e che altro?- provò ad indagare, anche se non era certo di voler effettivamente sapere che altro c’era.

-Tutti i documenti su… Will…- Duke sitò, e non lo guardò negli occhi.

Mathi sentì un enorme nodo formarsi nel suo petto, e la gola farsi immediatamente secca. No… no… assolutamente no. Si rifiutava anche solo di pensare che quello che Duke stesse per dirgli fosse vero.

Iniziò a scuotere leggermente la testa, tra sé, ma non aveva il fiato di dire alcunché.

Duke sospirò, e continuò.

-…sono andati distrutti. Ogni prova contro di lui è andata persa, e Will… è stato liberato- Duke ammise, e Mathi fu costretto ad appoggiarsi al lavandino dietro di lui, perché sapeva che altrimenti sarebbe crollato a terra.

Cinque anni…

Dopo tutto quello che aveva fatto… era uscito dopo soli cinque anni.

E sapeva perfettamente che il responsabile primario del suo arresto era Mathi. Era completamente spacciato!

L’unica consolazione stava nel fatto che quantomeno Denny sarebbe stato al sicuro. L’unico motivo per il quale Will si era avvicinato a lui, dopotutto, era stato per dare una lezione a Mathi, quindi ora che non stavano più insieme non c’era ragione di riavvicinarsi a Denny. Era un capitolo chiuso. Era solo Mathi quello in pericolo.

Non era mai stato così felice di aver lasciato Denny.

Ma doveva stare attento a Aggie.

-È ancora sotto osservazione costante, e penso che per qualche mese non proverà a fare assolutamente nulla. Inoltre non può lasciare neanche lui il paese, ma… sai che ha alleati potenti, quindi ti consiglio di stare attento, tutto qui, e…- Duke esitò nuovamente, e questa volta sembrava davvero molto in difficoltà.

Ma che altra notizia terribile poteva dargli che avrebbe potuto superare quella?! Non c’era niente che Mathi temesse più di Will Hacks! 

Tranne se Will Hacks se la prendeva con…

Ma non era possibile! 

Denny non era nessuno, per Will. Solo un tizio che aveva rimorchiato una volta. Ma non aveva mai avuto nessuna prova che Denny fosse coinvolto in alcun modo del suo arresto. Nessuna!

-…forse è meglio se… avverti Daniel- alla fine Duke sussurrò le ultime parole che Mathi avrebbe voluto sentire.

All’uomo sembrò che il mondo gli crollasse completamente addosso.

-Perché?- chiese in un soffio, così basso che non era neanche del tutto certo di aver parlato.

-Mathi… non so come dirtelo, ma… negli ultimi mesi, in prigione, Will aveva iniziato a seguire un corso d’arte, e…- Duke si portò una mano alla tasca della giacca, e tirò fuori alcuni fogli di carta strappati da un quaderno di appunti, che porse a Mathi.

Mathi non riuscì neanche a prenderli in mano. Anche a quella distanza, e anche se lo stile di disegno non era granché, Mathi avrebbe riconosciuto immediatamente il soggetto ritratto. I capelli gellati all’insù, il volto sottile, gli occhi grandi e un piccolo accenno di barba… quello era palesemente il Denny di cinque anni prima.

E Will… l’aveva disegnato a memoria dopo cinque anni.

-Non credo che tenterà niente, essendo sotto stretta osservazione, e Denny è sicuramente molto al sicuro a New York. È anche il fratello del futuro re di Agaliria, quindi non credo che ci sia assolutamente nulla che Will possa fargli. Ma è meglio se lo avverti così che possa stare un po’ attento, tutto qui- Duke cercò di rassicurarlo, ma non c’erano parole che potesse dirgli per calmare il terrore cieco e assoluto che si era impadronito di Mathi dopo aver visto quelle immagini e aver sentito quella notizia.

Non sapeva neanche come si sentiva, era come se la sua mente avesse raggiunto un punto di non ritorno, e il suo corpo non riusciva a reagire. Si era completamente spento.

-Mathi…- Duke si avvicinò, e gli mise una mano sulla spalla.

Questo contatto improvviso sembrò risvegliare Mathi dal torpore in cui era caduto.

Si costrinse a mettere su un sorriso di cortesia, e cercò di seppellire in fondo al suo animo la consapevolezza appena trovata.

Non poteva permettersi di crollare.

Era a lavoro, e Denny era lontano. E non c’era assolutamente nulla che Mathi potesse fare per avvertirlo o aiutarlo.

Quindi doveva assolutamente ignorare la situazione.

-Grazie di avermi avvertito. Dovresti tornare al tavolo dalla tua fidanzata. Il cibo si starà raffreddando, e io devo tornare a lavoro- asserì, in tono completamente meccanico, scansando la mano di Duke e avviandosi alla porta.

-Mathi… mi dispiace- Duke sospirò, e gli si avvicinò, restituendogli il telefono dopo averlo rimesso a posto.

Era ancora spento, ma era comunque capace di registrare e controllare di nuovo ogni singola conversazione di Mathi.

-Non è colpa tua se è crollato tutto- Mathi alzò le spalle e sbloccò la porta.

Duke non replicò, e tenne lo sguardo basso.

-…o almeno farò finta che non sia così- borbottò Mathi, prendendo quel silenzio come una smentita alla precedente affermazione.

Dopotutto Duke non era mai stato un tipo molto emotivo. Se si era messo in pericolo solo per avvertire Mathi, sicuramente c’era almeno in minima parte del senso di colpa. Aggiungendolo al fatto che era fidanzato… Mathi riusciva a immaginarsi Duke che distruggeva da solo un’intera agenzia. Un po’ meno riusciva a immaginarsi che potesse farlo solo per una ragazza, ma chi era lui per giudicare? Mathi avrebbe fatto lo stesso per Denny.

…anche se non aveva mai avuto abbastanza abilità da fare lo stesso per Denny.

Era stato Denny a salvarlo, più e più volte. Mathi aveva solo creato casini.

Ed era colpa sua se adesso Will…

No! Non doveva pensarci, doveva finire il suo turno.

Sorridere mentre portava i piatti.

Prendere le ordinazioni con abilità.

Pulire i tavoli.

Consigliare i dolci della casa e i piatti migliori.

Portare altri piatti.

Continuare a sorridere.

Salutare i clienti che se ne andavano.

E infine pulire.

Pulire il ristorante prima della chiusura.

Era arrivato alla chiusura?

…di già?

No!

Non voleva tornare a casa.

La sua casa vuota e solitaria.

Nel buio, nella notte.

Con un pazzo a piede libero che cercava lui, e i suoi pensieri intrusivi che ancora per poco sarebbero riusciti ad essere seppelliti in fondo al suo animo.

-Tutto okay, Matt?- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare mentre era intento a buttare la spazzatura.

Si girò verso il proprietario, che conosceva troppo bene.

Theon!

Una scappatoia.

-Ci sono per festeggiare il compleanno di Cristine- disse in fretta, aggrappandosi alla prospettiva di passare un po’ di tempo in più distratto, prima di tornare a casa.

Un’altra ora. 

Due… magari anche tre.

Non riusciva a tornare a casa adesso.

-Oh… in realtà la serata è saltata. Le coinquiline di Cri sono venute a farle una sorpresa, e lei è uscita con loro. In effetti ha senso perché lo sai, non le piace uscire e non beve nemmeno, quindi probabilmente non sarebbe stata così contenta del festeggiamento- Theon gli spiegò la situazione, un po’ a disagio, massaggiandosi il retro del collo.

Il cuore di Mathi gli sprofondò nel petto.

Non poteva tornare a casa in quelle condizioni. Non poteva! 

-Oh… okay- accennò un sorrisino, cercando di non mostrare il suo turbamento alla notizia appena ricevuta, e diede le spalle a Theon per chiudere il secchio della spazzatura.

Theon gli rimase dietro, senza muoversi. Come se fosse in attesa.

Mathi rimase immobile qualche secondo, a testa bassa, valutando le opzioni che aveva, ma senza avere la mente abbastanza lucida per farlo bene.

Alla fine si girò verso Theon, e gli si avvicinò.

L’uomo accennò un sorrisino, ma non disse niente, né si allontanò.

Mathi aveva giurato a sé stesso che si sarebbe tenuto lontano da quelle situazioni, ma quella notte sarebbe stata l’eccezione.

Aveva un vuoto enorme nel petto, un buco che aveva bisogno di colmare.

E una mente dai pensieri ingarbugliati che aveva bisogno di rischiarare.

Almeno per una notte.

-Tu hai già trovato altri programmi?- chiese, accennando un sorrisino e guardandolo dritto negli occhi.

-No, perché, qualche idea?- chiese Theon, allargando il sorrisino, e avvicinando il volto a quello di Mathi.

-Beh, potremmo uscire, bere qualcosa… casa mia è libera stanotte. Mia sorella dorme da un’amica- propose, in un sussurro.

Theon gli mise una mano sul fianco, e Mathi sobbalzò appena, dato che aveva fatto pressione proprio sulla zona doveva ancora aveva un livido. Theon sapeva perfettamente che lì c’era un ematoma, ma non tolse la mano, anzi, la premette maggiormente, e prese il volto di Mathi con quella libera.

-Mi sembra una prospettiva davvero interessante- commentò, annuendo appena, prima di separare le distanze tra di loro.

Mathi lo lasciò fare, chiudendo gli occhi e concentrandosi maggiormente sul dolore, molto più che sul bacio. Era un ottimo modo per distrarsi.

E per punirsi per ciò che stava facendo, e tutto quello che aveva fatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)
BUON SAN VALENTINO!! 

Ho una confessione da fare: una delle cose che trovavo più difficili da scrivere nel primo libro erano le interazioni Sonja/Max/Manny, in particolare la seconda coppia, perché avevo sempre problemi con i pronomi maschili per Manny, e questo ha tolto parecchie possibili scene di loro due durante la relazione Manny/Max.

Beh… sto recuperando parecchio con la Veromax allo scoperto.

Sono o non sono la coppia più stucchevole e diabetica dell’intero universo?! Li adoro!

E finalmente hanno lo spazio che non sono riuscita a dare loro nel primo libro. Dopotutto il Royal Wedding sarà il loro, sono un po’ i protagonisti della storia.

Anche se altre trame saranno ugualmente importanti. Alla fine sono tutti protagonisti.

E parlando anche di questi altri… 

La riunione del gruppo è andata… bene? Insomma, erano in pochi, inizia a sentirsi che sono passati anni e che ognuno di loro ha la sua vita personale e di coppia. Nel prossimo capitolo torneranno Clover e Diego, non vi preoccupate. 

Felix e Mirren non hanno ancora chiarito (ovvio, mica possono farlo off-screen!) e Amabelle sembra aver accusato molto di più di Petra il loro litigio, anche se sia io che Petra pensiamo che ci sia molto di più sotto.

E Mathi… uh, Mathi… eh… Mathi non sta bene psicologicamente. E ora che si è scoperto che Will è uscito, e sta puntando Denny, penso che sia davvero sull’orlo di un crollo nervoso.

Povero Mathi.

Mi sa che devo aumentare il rating di questa storia, comunque… affronterà temi molto più seri rispetto al prequel :-/

E a proposito di Mathenny… cercherò di non soffermarmici troppo, ma preparatevi a vederli con altre persone, in questa storia. Sono la coppia più incasinata di tutte. E, vi dico, sono la persona a cui più dispiace, ma è un male necessario per il lieto fine più lieto… si spera. 

Comunque non disperate. Adesso Mathi deve necessariamente incontrare Denny per avvertirlo riguardo a Will, quindi magari si vedranno presto :D

 

 

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Capitolo 5
*** Quarta settimana: Proposte ***


Quarta settimana: Proposte

 

Martedì 3 Settembre 

Quella mattina a casa Flores c’era il caos più totale.

Miguel e Paola stavano per tornare dalla settimana di vacanza, quindi Maria stava cercando di organizzare una festa di bentornato, Julio era a lavoro, nonna Flora stava litigando con Oliver perché quest’ultimo non stava aiutando abbastanza, Coco era in giro a cercare erbe magiche perché la sua fase da strega wicca non era minimamente passata negli anni, Juanita scappava dalle responsabilità con scuse sempre diverse, Clover badava ai bambini di Miguel e Paola che erano stati affidati a loro, e Diego non riusciva a non sorridere con estremo affetto mentre puliva il salotto e osservava la scena dei giochi fuori dalla finestra.

-Vedo che a distanza di anni siete ancora nella fase “luna di miele”- commentò una voce proveniente da dietro il divano, divertita.

-Vedo che nonostante tu sia ormai adulta continui ancora a rifuggire dalle tue responsabilità- ribatté Diego con lo stesso identico tono, porgendo uno straccio a Juanita, che aveva appena fatto spuntare la testa dal suo nascondiglio.

-Sono una donna impegnata!- si lamentò, facendo il muso.

Diego le lanciò un’occhiata eloquente. Non che ci fosse niente di male, ma Juanita era una scrittrice part-time, lavorava da casa e aveva un orario super flessibile, mentre Diego lavorava in ospedale, spesso non tornava a casa per due o tre giorni di fila, e si era dovuto prendere un giorno di ferie solo per essere lì in quel momento.

Juanita roteò gli occhi.

-Non è colpa mia se sei più ambizioso- si alzò comunque, e prese il panno per aiutare Diego a pulire.

-Niente contro il tuo stile di vita, ma sai che mamma si ammazza sempre di lavoro, aiutarla a pulire è il minimo che possiamo fare- Diego usò il suo tono da fratello maggiore, e Juanita sbuffò.

-Lo so, lo so… ma comunque non puoi negare che tu e Clover siete super diabetici, soprattutto tu- provò a cambiare argomento per non sentirsi in colpa.

Ci riuscì.

-Mi sento solo molto fortunato. E i bambini la adorano!- Diego sorrise tra sé, e tornò a guardare fuori dalla finestra, dove Clover era completamente entrata nello spirito del gioco che i bambini stavano facendo, ed era riuscita anche a convincerli a sistemare con lei il giardino. Faceva sempre la dura, ma con i bambini aveva più volte dimostrato di avere un vero talento.

Persino Coco si era unita a loro, lasciando perdere le sue piante magiche.

-Ci sa fare, è vero- ammise Juanita, con un sorrisetto malizioso -Allora, quando hai intenzione di fare la proposta?- chiese poi, facendo sobbalzare Diego, che si guardò intorno allarmato.

-Shhhh, è un segreto!- riprese la sorella, dandole un colpetto con la scopa.

-Non c’è nessuno qui!- gli fece notare Juanita, indicando tutto intorno.

-C’è sempre qualcuno qui, e… meglio aspettare- Diego scosse la testa, e tornò a pulire, chiudendo la questione.

-Hai quasi trent’anni… mi sa che non puoi aspettare troppo, matusalemme- lo prese in giro Juanita, iniziando a fare l’imitazione di un anziano e rubando la scopa di Diego per usarla come bastone.

-Molto divertente…- Diego recuperò l’oggetto -…non credo sia il momento giusto, Clover… non mi sembra pronta- Diego sospirò, e guardò nuovamente fuori dalla finestra.

Aveva provato negli ultimi tempi a lanciare qualche imbeccata per capire cosa ne pensasse Clover del matrimonio, ma la ragazza aveva risposto in modo molto tiepido all’idea, per non dire gelido. Non sembrava neanche essersi accorta che Diego aveva iniziato a pensarci. E lei era la persona più percettiva del mondo.

Quindi sicuramente se n’era accorta.

E semplicemente aveva finto ignoranza per scoraggiare Diego senza ferirlo.

…probabilmente.

-Clover non sarà mai pronta. Almeno non consapevolmente. Ma so che se glielo chiederai ti dirà di sì. Ti ama- Juanita smise per un attimo di fare la sorella irritante e cercò di rassicurarlo, dandogli qualche pacca incoraggiante sulla spalla.

-E io amo lei, per questo non voglio affrettare le cose. Magari quando torneremo dal Kenya, quando saremo un po’ sistemati. Ma per il momento non vuole più sentire parlare di matrimoni… tranne quello di Max, ovviamente- Diego chiuse definitivamente il discorso, e Juanita si illuminò.

-Si sono fidanzati?!- chiese, in tono di gossip, avvicinandosi a Diego in cerca di conferme. Era una grande shipper e fan della Veromax. Sul suo blog girava sempre notizie e difendeva la coppia dai (pochi) haters.

-No… e se ci fossero novità non te lo direi, spettegolona- Diego la spinse via, e Juanita fece il muso.

-Boomer!- si lamentò.

-Ci portiamo sei anni e mezzo!- si difese Diego, che stava per compiere trent’anni e non voleva sentirsi vecchio.

-Boomer!- insistette Juanita, iniziando a punzecchiarlo.

Diego sospirò, e lasciò perdere l’argomento. Era troppo grande per continuare i litigi infantili… no, in realtà non sarebbe mai stato troppo grande per i litigi infantili, ma si distrasse osservando Clover dalla finestra, sempre super carina, adorabile, e sul pezzo.

-Boomer e simp- aggiunse Juanita, notando il suo sguardo e ridacchiando sotto i baffi.

Sì, beh, non aveva tutti torti.

Clover prese il telefono, sgranò gli occhi, disse un paio di cose a Coco, e controllò la casa. I suoi occhi si incrociarono con quelli di Diego, sorrise, e corse all’interno.

In meno di un minuto era nella stanza.

-Hey, fiorellino!- lo chiamò, col fiato corto.

Strano, Clover non aveva mai il fiato corto.

Giocare con i bambini doveva averla stancata più di un combattimento.

Probabilmente lo stress del matrimonio della madre le gravava ancora addosso. Era stato un periodo davvero caotico, fatto di lunghi viaggi, tanto lavoro, e davvero poco riposo.

Inoltre… secondo il calendario sul telefono di Diego, in quei giorni le sarebbe anche dovuto tornare il suo momento mensile.

Strano, però, Clover non aveva dato segni di essere effettivamente indisposta.

Mah, sarà stato lo stress.

Magari era un po’ in ritardo, o era venuto in anticipo.

-Tutto bene, splendore? Vuoi un po’ d’acqua?- le propose Diego, porgendole la sua bottiglietta.

Clover la prese senza fare complimenti.

-Grazie. Ci sono novità- annunciò la ragazza con un gran sorriso, dopo aver preso un lungo sorso.

-Novità?! Che novità? Veromax?- Juanita entrò nella conversazione saltellando sul posto emozionata, già pronta a prendere appunti da scrivere poi nel suo blog, o nella storia ispirata alla Corona Crew che era ancora in corso.

Clover le lanciò un’occhiata sospettosa, valutando cosa dirle.

-No comment! Sono una giornalista che difende le sue fonti, ma domani dovrei tornare a Harriswood per motivi di forza maggiore- spiegò Clover, in tono criptico.

-Uhhhhhh, non vedo l’ora di sentire le novità ufficiali- Juanita capì tutto, e iniziò a saltellare per la stanza, felice che la sua ship preferita del mondo reale fosse prossima alle nozze. 

Diego però si incupì.

-Pensavo saremmo andati insieme giovedì pomeriggio- borbottò.

-Lo so, fiorellino, ultimamente stiamo facendo un sacco di avanti e indietro, ma è quasi finita. Poi andremo in Kenya, e tutto sarà molto più tranquillo- gli assicurò Clover, con un ottimismo davvero poco da lei.

-Tranquillo? In Kenya?- Diego sollevò un sopracciglio.

Non è che fosse il posto più tranquillo del mondo. Erano pur sempre un medico volontario e un’inviata reporter. 

-I leoni sono molto più gestibili dei matrimoni- affermò Clover, con sicurezza, facendolo ridacchiare.

-Non posso obiettare, ma non ammazzarti, okay? Devi comunque stare a riposo. Ordini del medico- Diego assunse il suo tono professionale. 

-Non ho bisogno di stare a riposo. Mi sento alla grande- affermò Clover, mostrando il muscolo.

Era così sexy!

Ma Diego non poteva lasciarsi abbindolare da quello sguardo deciso.

Era per il bene di Clover. Ultimamente sembrava davvero stanca, ma si faceva comunque in quattro per tutti.

-Fidati, se non subito, tra un paio di giorni al massimo dovrai stare a riposo. Il cellulare non sbaglia mai- Diego mostrò con sicurezza il telefono doveva aveva installato l’app.

-Oh… giusto. In effetti è da un po’ che non…- lo sguardo di Clover si fece riflessivo, poi leggermente confuso, poi un po’ preoccupato.

-Tutto bene?- chiese Juanita, notando la sua espressione.

-Sì, ovvio. Mi assicurerò di portare degli assorbenti per il viaggio. Grazie, tesoro- diede un bacio sulla guancia a Diego, e si diresse verso la cucina -Vado a vedere se Maria ha bisogno di qualcosa, e prenoto un biglietto dell’autobus. Tu vieni comunque giovedì, no? Poi torniamo insieme- Clover prese il proprio cellulare e iniziò ad armeggiare, come se niente fosse.

Diego però sentì che c’era qualcosa che non stava dicendo.

Decise di non pensarci, avevano ancora molto lavoro da fare, e poco tempo per finire prima dell’arrivo di Paola e Miguel. 

Poi, se Clover avesse avuto qualcosa di importante da dirgli, sicuramente l’avrebbe fatto presto.

Erano una coppia molto aperta, e comunicavano splendidamente.

 

Giovedì 5 Settembre

Il viaggio si era protratto molto più di quanto Mirren avesse pronosticato, e decisamente molto più di quanto avrebbe voluto.

Ma nonostante Felix gli mancasse come l’aria, era terrorizzato all’idea di tornare a casa, perché per tutto quel tempo, dal loro litigio, si erano sentiti sporadicamente, principalmente per il “buongiorno”, la “buonanotte” e il “buon lavoro”, senza neanche accennare alla discussione avuta prima di partire.

E come se non bastasse, Mirren aveva passato ogni singolo giorno tormentato da incubi che non viveva ormai da anni, e che come sempre vedevano protagonista una versione cattiva di Felix che affermava con convinzione che la sua vita sarebbe stata molto migliore senza Mirren.

Dimostrato da numerose visioni del futuro senza Mirren, che in effetti sembrava radioso.

Mirren aveva imparato con gli anni a non fare più troppo caso a questi sogni lucidi, ma in quel momento era effettivamente spaventato dal confronto che presto avrebbe avuto con Felix, perché conservava con attenzione e tensione i due anelli che gli aveva lanciato contro durante quello spiacevole litigio. Gesto che valeva più di mille parole, che Mirren temeva significasse parole negative in arrivo.

Aveva sentito di persone che si separavano nonostante si amassero, per via di divergenze di stili di vita.

E lui e Felix erano così diversi che prima o poi era assodato che sarebbe comparso un ostacolo insormontabile.

Ma Mirren sperava più poi che prima.

Così poi che sarebbe riuscito a costruire, nel tempo, un martello abbastanza grosso da distruggere tale ostacolo.

Ma tutta la preparazione del mondo con Felix non serviva.

Ed infatti, nonostante avesse passato settimane a prepararsi un discorso per cercare di risolvere le cose, quando entrò finalmente a casa si sentì mancare il fiato.

-Petra, sei già tornata? Non è un po’ pres…- fu accolto dalla voce squillante di Amabelle, che fece comparire la testa dalla camera degli ospiti che era ormai camera sua e di Petra.

Si interruppe notando che ad essere arrivata non era la sua ragazza, ma suo cognato.

Si fissarono qualche secondo, in allerta.

-Buon pomeriggio, Amabelle- Mirren fu il primo a sciogliere il silenzio, partendo con i convenevoli.

-Felix è in giardino a dipingere- lo informò Amabelle, in tono cauto, e con sguardo abbastanza di rimprovero.

Farsi guardare storto dalla persona che più di tutte faceva casini nella Corona Crew gli sembrava piuttosto ingiusto, ma Mirren decise di non ribattere, e si limitò ad annuire, e a dirigersi in camera, per posare la valigia e posticipare il momento del confronto.

-Io vado a passeggiare con Lottie- Amabelle sparì nella sua camera, e uscì nuovamente pochi secondi dopo, tenendo in braccio la cagnetta, e sparendo fuori dalla porta.

Almeno era matura abbastanza da lasciare loro un po’ di privacy.

Il ché significava che persino lei, che amava spiare ogni situazione, temeva il confronto che avrebbero avuto.

Non prometteva affatto bene.

Mirren si prese il suo tempo per poggiare la valigia e allentarsi la cravatta. Gli piaceva vestirsi formale, ma era in quei vestiti da ore, ci era stato per giorni (non quei vestiti specifici, ma capi molto simili) e voleva solo farsi una doccia e mettersi abiti più comodi adatti al clima caldo che ancora avvolgeva Harriswood, e che era meglio godersi prima che lasciasse spazio al fresco autunnale.

Ma non poteva fare una doccia e cambiarsi subito.

Doveva quantomeno salutare Felix.

E sicuramente poi avrebbero parlato.

Quindi la doccia doveva aspettare parecchio.

Lasciando la cravatta sul letto, Mirren si fece forza e decise di uscire sul retro, dove Felix stava dipingendo, a quanto diceva Amabelle.

Ed infatti eccolo lì, in canottiera, pantaloni corti e piedi nudi sul prato, intento a sfogare le sue emozioni in un quadro piuttosto grande di stile impressionista ma con molta libertà d’espressione sui colori e sulle forme che lo rendevano più che altro astratto, anche se Mirren riconosceva perfettamente il paesaggio davanti, e lo stile del marito. 

Era macchiato in più punti, anche punti impensabili.

Era proprio da Felix sporcarsi il retro del collo mentre dipingeva.

A vederlo così, di schiena, concentrato e bellissimo, a Mirren si formò un nodo alla gola. Avrebbe voluto parlare, dire qualsiasi cosa, ma non sapeva proprio da dove cominciare.

E comunque non sarebbe riuscito a dire una parola.

Stava giusto per fuggire e andare a fare una doccia perché il panico iniziava ad essere troppo, quando Felix si girò, forse rendendosi conto della sua presenza, forse a caso.

E i loro sguardi si incrociarono.

E Mirren si sentì morire sul posto.

Gli era mancato così tanto che rivederlo gli faceva fisicamente male.

Così come già avvenuto con Amabelle, si fissarono qualche secondo, pesando ciò che entrambi volevano dire, e mettendo ordine tra le priorità.

Questa volta fu Felix a rompere il silenzio.

Per le questioni emotive, era sempre stato molto più maturo del marito.

-Potevo venirti a prendere all’aeroporto… chi ti ha accompagnato?- chiese, pratico, pulendo le mani su un panno e posando pennelli e tempere sul tavolo.

-Evan, o meglio, sua moglie. Ha preso entrambi all’aeroporto e mi ha accompagnato a casa. Non volevo disturbarti, e così abbiamo risparmiato in benzina- rispose Mirren, cercando di risultare casuale ma con voce davvero tremante. Quantomeno per i suoi standard.

Era strano vedere Felix così freddo. Strano e anche completamente innaturale.

-Gentile da parte sua. La prossima volta dobbiamo ripagare e accompagnarlo noi a casa- Felix si portò una mano tra i capelli per tirarli indietro, lasciando una scia colorata tra i riccioli biondi.

Ecco spiegato come si era sporcato così tanto, era completamente incurante della tempera che rischiava di finirgli addosso.

Mirren lo amava così tanto.

Non voleva rischiare di perderlo.

-Ci sarà una prossima volta?- si ritrovò a chiedere, abbassando lo sguardo e accennando all’elefante nella stanza.

Felix esitò un attimo prima di rispondere.

-Mirren…- si avvicinò, e Mirren si ritrovò a chiudere gli occhi, preparandosi ad una batosta. Ad una frase così pungente da essere come uno schiaffo in faccia.

Spalancò gli occhi quando si ritrovò invece a ricevere un bacio sulla fronte, e sollevò la testa di scatto, rischiando di colpire Felix, sconvolto dalla dimostrazione di affetto. 

-Ci saranno tante occasioni per accompagnare i tuoi colleghi in giro- lo rassicurò suo marito, prendendogli la mano -Ma… dobbiamo decisamente parlare- aggiunse poi, in tono grave.

Mirren sospirò, ma si sentiva anche molto rassicurato. Temeva che Felix l’avrebbe lasciato e basta, senza neanche permettergli di spiegarsi.

Col senno di poi, doveva ammettere che era un pensiero stupido. Il loro rapporto era troppo forte per finire così facilmente.

Ma il panico aveva avuto la meglio, complici anche quegli incubi ricorrenti.

-Dobbiamo parlare- annuì, e adocchiò le altalene compagne di mille avventure, una delle poche cose rimaste costanti per tutta la loro vita. 

Come se gli avesse letto nel pensiero, Felix iniziò a trascinarlo lì, e si sedettero ai soliti posti.

Felix gli lasciò la mano, e iniziò a dondolarsi appena, tenendosi alle corde.

Mirren osservò la macchia che il marito gli aveva lasciato sulla mano, e i suoi occhi si riempirono di lacrime.

-Mi dispiace tanto, Fel. Mi dispiace davvero tantissimo- ammise, con voce rotta.

-Per cosa, Mirren? Perché se pensi che mi sono arrabbiato con te perché non vuoi avere figli, sappi che non è quello il motivo. Tu hai tutto il diritto di non sentirti pronto, volevo solo che…- Felix iniziò a mettere subito le mani avanti, serio ma anche rassicurante, a suo modo.

-Mi dispiace non avertelo detto prima. Avrei dovuto farlo, lo so. Ma avevo così paura di rovinare tutto che non ci sono riuscito. Credevo davvero che mi sarei sentito pronto se avessi aspettato un po’, te lo giuro. Non è mai stata mia intenzione tenerti nascosti i miei sentimenti- Mirren aveva avuto molto tempo per riflettere, e si era reso presto conto che era stato orribile da parte sua mentire in quel modo a Felix. Sulla mail, sui suoi sentimenti, su tutto quanto.

Aveva avuto le migliori intenzioni, ma non era una giustificazione.

Felix aveva tutto il diritto di essere partecipe di qualcosa che lo riguardava così tanto. Si stava parlando della loro vita, del loro futuro…

E forse proprio per questo Mirren aveva avuto così paura.

-Sì… beh… mi ha ferito molto sapere che non ti sei fidato di me abbastanza da dirmi come ti sentivi- Felix iniziò a dondolare più nervosamente.

-Non è questione di fiducia- gli assicurò Mirren.

I suoi pensieri erano complicati, ma sapeva che di Felix si fidava più che di chiunque altro.

-Allora cosa?  Perché non hai voluto parlare? E non dirmi che è solo per non ferirmi perché sappiamo entrambi che non è l’unico motivo- Felix incrociò le braccia e lo guardò severamente, aspettandosi una risposta seria.

Mirren fece un profondo respiro.

-Temevo mi lasciassi perché non vogliamo le stesse cose…- ammise.

Era un sentimento davvero egoista, lo riconosceva. Ma non voleva mentire a Felix.

-Scherzi, vero? Io non ti lascerei neanche se tu diventassi un serial killer- Felix sembrava quasi offeso da questa accusa.

-Non è solo questo, ci sono così tante cose. Molte delle quali non capisco del tutto neanche io… non lo so, questo mi sembra un buon motivo per lasciarmi. Insomma… tu hai sempre voluto avere una famiglia numerosa, e io no. E sarai un padre così meraviglioso che privarti di questa possibilità mi sembra un crimine imperdonabile- Mirren iniziò a parlare senza controllare troppo le parole.

-Beh… non direi padre meraviglioso. Anche io me la faccio sotto, Mirr… è un grande cambiamento- borbottò Felix, arrossendo appena.

Mirren ci mise qualche secondo ad afferrare del tutto ciò che Felix aveva appena detto, e poi lo guardò incredulo.

-Cosa?! Ma sei la persona più entusiasta all’idea di adottare dell’intero universo!- esclamò, puntandogli il dito contro in modo accusatore, come se il suo interlocutore non fosse il vero Felix.

-Mirren… desiderare tanto qualcosa non significa necessariamente sentirsi pronti ad affrontarla. Ciò che più mi rassicurava in questo grande passo era sapere di affrontare questa avventura insieme a te. Ma se tu non vuoi… io non so davvero che pensare, onestamente. Forse davvero non è destino. E va bene così, penso, io…- la voce di Felix si spezzò, e si portò una mano davanti al viso per nascondere le lacrime.

-Felix…- Mirren gli mise una mano sulla spalla.

-Se me l’avessi detto prima, Mirren… perché non me lo hai detto prima?! Era tutto così perfetto!- Felix iniziò a singhiozzare copiosamente, e Mirren sentì come se gli stritolassero il cuore.

Era esattamente per quello che non aveva detto niente a Felix.

Non poteva essere complice di quella sofferenza.

Quello che era successo era una ferita troppo grande per risolverla parlando e basta.

E c’erano così tante cose da dire, da capire, da ricostruire.

Mirren non sapeva neanche cos’è che lo bloccasse così tanto. Se la paura di non essere all’altezza, del cambiamento, o altro…

-Non lo so, Felix… ed è la cosa che più mi preoccupa, non sapere. E so che dobbiamo parlare se vogliamo risolvere del tutto, ma il fatto è che, per quanto ci rifletta, io non riesco a trovare le parole, ed è per questo che… io penso che dovremmo vedere un terapista- propose.

Era da parecchio che ci pensava. 

Anche se era davvero difficile per lui proporlo.

Gli sembrava come se avesse ammesso una tremenda sconfitta. Come se avesse fallito come compagno. 

-Un… terapista?- chiese Felix, sollevando la testa e guardando Mirren sorpreso.

Mirren non aveva una buona esperienza con gli psicologi. Tutti quelli da cui era stato, soprattutto da piccolo, gli avevano sempre lasciato una pessima impressione. Ma era anche vero che suo padre aveva fatto dei progressi incredibili da quando era in terapia.

Forse se trovava la persona giusta, potevano ottenere risultati anche loro.

-Abbiamo tempo per adottare prima della possibile scadenza dei documenti. Magari se facciamo terapia di coppia possiamo ottenere una visione esterna della situazione e capire come affrontarla… come coppia… e magari poi… insomma…- suggerì, un po’ a disagio.

Ma per Felix avrebbe fatto tutto.

Anche affrontare i suoi profondi traumi.

E diventare la persona che il marito meritava.

-Io… sì… è una buona idea. Penso possa essere davvero una buona idea. Ma sei sicuro?- Felix si asciugò le lacrime, lasciando due grandi macchie sulle guance.

Beh, era già macchiato tutto in viso.

Era così… tenero.

-Penso sia un buon modo di parlare davvero, e risolvere questo problema. Io… non voglio tenerti nascosti i miei dubbi e problemi, ma non posso parlartene finché non so quali essi siano. E voglio parlarti. Tu sei tutto il mio mondo, Felix- Mirren mise il suo cuore in bella vista.

Una lacrima iniziò a solcargli il viso.

Odiava piangere, lo faceva sentire debole. E poi piangere non risolveva mai nulla.

Felix sollevò una mano per asciugargli la lacrima.

-È un’idea davvero eccezionale. Davvero, davvero eccezionale. Sento che mi si è sollevato un peso dal petto. Ero molto… hai capito- Felix fece un gesto enfatico che simulava un forte peso addosso. Non sembrava trovare la parola giusta. Ma Mirren provava lo stesso.

-Lo capisco… anche io. Sono state settimane pesantissime- ammise, sentendosi un po’ meglio.

Anche lui sentiva che la promessa di un aiuto serio ed esterno, per quanto preoccupante, fosse un ottimo punto di partenza.

C’erano coppie che andavano in terapia per precauzione, anche quando non c’era niente che non andasse.

Era positivo.

Li avrebbe sicuramente aiutati.

Ma dovevano trovare la persona giusta.

Forse doveva chiedere a Norman. Conosceva molte persone, e portava sempre fortuna nelle faccende di coppia, anche se spesso in modi inaspettati.

Non che Mirren credesse nel mito che Norman avesse poteri sovrannaturali di qualche tipo, ma poteva sempre tentare. Non costava nulla.

-Mirr… ti amo così tanto che… non riesco neanche a… mi sei mancato da morire!- Felix si sporse dall’altalena, e cinse il marito in un abbraccio, prontamente ricambiato.

Mirren non era mai stato amante del contatto fisico, ma con Felix era diventato una specie di droga, e in quel momento era terribilmente in astinenza.

-Mi sei mancato anche tu, Fel. Mi sei mancato come l’aria- ammise. Non era bravo a mostrare i suoi sentimenti, ma quello che diceva era la pura verità.

Rischiarono entrambi di cascare dall’altalena quando, quasi leggendosi nel pensiero, entrambi sciolsero l’abbraccio traballante per unirsi in un bacio pieno di desiderio e nostalgia.

Per evitare di cadere si alzarono.

E poi rischiarono di cadere comunque, quindi decisero che era meglio separarsi.

-Cavolo… ti ho macchiato la camicia! Oh no! Questa si lava solo in lavanderia, ed è difficilissima da stirare- notò Felix, sollevando le mani e osservando lo stato in cui verteva Mirren, pieno di macchie su tutti i vestiti a causa dell’abbraccio e dei baci.

-Non preoccuparti, ho parecchie cose da portare in lavanderia. Ci passo domani dopo il lavoro- Mirren ignorò la cosa, e si avvicinò nuovamente al marito per continuare dove si erano interrotti.

-Aspetta, Mirr… devo chiederti… due cose…- Felix improvvisamente sembrava a disagio, e imbarazzato.

Mirren si mise sull’attenti.

-Certo…- 

-I miei anelli. Li hai tu, vero? Mi mancano. Non riesco a stare senza- Felix si indicò l’anulare della mano sinistra, e Mirren si affrettò a recuperare la collanina dove li aveva infilati. Non se n’era separato neanche un momento da quando avevano discusso, un costante promemoria di ciò che era successo e un modo per sentire Felix vicino nonostante la lontananza fisica ed emotiva.

-Li ho tenuti al sicuro- commentò solo, porgendo i due anelli a Felix, che li mise al dito così in fretta che Mirren non ebbe il tempo di aggiungere altro.

-Giuro che non volevo lanciarteli! Ma erano la prima cosa che mi sono ritrovato in mano e quando me ne sono reso del tutto conto era troppo tardi e non sapevo come…- Felix iniziò a giustificarsi, Mirren si limitò ad abbracciarlo, per rassicurarlo che non se l’era presa.

Sì, era rimasto ferito dal gesto, ma conosceva Felix e i suoi moti di impulsività.

-Qual è la seconda cosa?- chiese poi, senza sciogliere l’abbraccio.

-Penso che entrambi abbiamo bisogno di una doccia- gli sussurrò Felix all’orecchio.

Mirren non trattenne una risatina.

-Sì, mi sembra appropriato- ammise. Si sentiva davvero sporco, tra il viaggio e la tempera.

-Non credo saremo molto appropriati- borbottò Felix, iniziando a trascinare Mirren dentro.

-Ora capisco perché Amabelle è fuggita con Charlotte- commentò Mirren, sentendosi molto più leggero e rassicurato.

C’erano ancora tante cose da risolvere, ma avevano fatto un passo nella giusta direzione. La strada poteva essere molto lunga, ma l’avrebbero percorsa insieme. E non c’era niente di più importante, per Mirren.

 

Venerdì 6 Settembre 

Ormai dopo tutto questo tempo conoscete Max, e sapete che è forse la persona più pura e buona dell’universo. È oltremodo impossibile farlo arrabbiare, è sempre disposto a porgere l’altra guancia, ed è in generale un tesoro.

Quel giorno però era nervoso, e quando era nervoso rischiava di diventare leggermente irritabile.

Insomma, non solo quello era il giorno del suo compleanno, e avrebbe compiuto trent’anni, ed era un grande traguardo, ma aveva anche in programma di fare la proposta più importante della sua vita, e aveva già parecchi pensieri per la testa senza che ci aggiungesse una chiamata sgradevole.

Probabilmente non avrebbe neanche risposto se non si fosse trovato distrattamente nella fase di preparazione per il pranzo che avrebbe avuto con Veronika di lì a poco.

Era in anticipo, ovviamente, ma meno rispetto al solito, quindi rispose alla chiamata senza controllare il numero, mettendo in vivavoce mentre si sistemava i capelli.

Non era mai stato molto attento al suo aspetto, ma da quando era costantemente fotografato e sotto la luce dei riflettori, metteva molta più cura nel suo aspetto esteriore, era diventato inconscio e naturale. Non ricordava neanche l’ultima volta in cui era uscito con i capelli non pettinati, e non indossava jeans da anni.

-Pronto?- chiese, osservandosi attentamente allo specchio.

-Buongiorno, Max… buon compleanno!- la voce dall’altra parte della cornetta lo fece irrigidire sul posto.

La conosceva, ma non credeva proprio che l’avrebbe risentita tanto presto.

Anzi, che l’avrebbe risentita in generale.

-Mathi? Che vuoi?- indagò, forse in modo un po’ freddo e sgradevole, ma era un protettivo fratello maggiore, e non avrebbe mai fatto passare il modo in cui Mathi aveva spezzato il cuore di Denny.

Inconsciamente lo colpevolizzava anche per il fatto che ora Denny era completamente nervoso, costantemente stanco, e alla mercé della loro zia. Fosse stato con Mathi, adesso forse sarebbe ancora disoccupato, ma almeno non si sarebbe trovato in quella situazione difficile.

-So che non siamo rimasti in buoni rapporti dopo tutto… dopo tutto, insomma, ma… volevo augurarti un buon compleanno. È un giorno importante, e spero che lo passerai bene- Mathi iniziò a lisciarselo.

Max gli avrebbe anche chiuso il telefono in faccia, ma aveva le mani impegnate, e non voleva sporcare il telefono.

Si limitò ad alzare gli occhi al cielo, e continuare a sistemarsi i capelli, ignorando le parole di Mathi. Lo conosceva bene, dato che era stato il ragazzo di suo fratello per quattro anni prima che si lasciassero, e sapeva che era un buon oratore, e tendeva a lisciarsi le persone ogni volta che aveva bisogno di un favore. Se avesse voluto solo fargli gli auguri, dopotutto, avrebbe scritto un messaggio, non l’avrebbe chiamato.

-Che vuoi, Mathi?- ripetè, più freddo.

Non era da lui essere così, come ben sapete, ma quando si toccava la famiglia, diventava una bestia.

Ci furono alcuni secondi di silenzio dall’altra parte della cornetta. Probabilmente Mathi stava valutando quanto dire e cosa dire.

Alla fine non provò più a conquistarlo con parole gentili, e andò dritto al punto.

-Senti, Max, so che pensi di me, e lo capisco, ma ho davvero bisogno che tu mi dia il numero di Denny. Devo parlargli e nessuno mi vuole aiutare- spiegò il suo intento.

Max fece un profondo respiro per non sbottargli conto, e gli rispose con tranquillità.

-C’è un motivo. Lascialo in pace- rispose con semplicità.

Mathi però non demorse.

-Ti prego, Max, non lo chiederei se non fosse importante!- provò ad insistere, e sembrava effettivamente agitato.

-Cosa ti fa pensare che potrei mai aiutarti?- chiese, sarcastico, iniziando però leggermente a cedere.

-So che vuoi solo il meglio per Denny, e ti giuro che il motivo che mi spinge a chiamarlo è per il suo bene- Mathi provò a convincerlo, ed era effettivamente bravo nell’arte oratoria.

No, Max doveva essere forte! Era un bravo fratello maggiore che non si lasciava abbindolare dalla gente!

Se non riusciva a liberarsi da uno scocciatore, non sarebbe mai stato in grado di fare il re!

-Tu non sei il suo bene, Mathi. Lascialo in pace!- esclamò, con convinzione, cercando di essere categorico.

-Lo so, questo! Non è per me che…- provò ad insistere Mathi, ma Max ne aveva abbastanza.

E sapeva che se avesse continuato ad ascoltarlo avrebbe rischiato di cedere.

-Chiedi a qualcun altro, perché non ho la minima intenzione di tradire così la fiducia di mio fratello. Buona giornata- si pulì velocemente le mani, e afferrò il telefono.

-Aspetta, Max…- Mathi fece un ultimo tentativo disperato, ma era ormai troppo tardi.

Max chiuse la chiamata, e doveva ammettere che si sentì un po’ in colpa per come aveva reagito.

Ma l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un dilemma morale dove doveva valutare se dare ascolto all’uomo che aveva spezzato il cuore di suo fratello, o restare completamente schierato dalla parte di tale fratello dal cuore spezzato che però sembrava davvero infelice, al momento. 

No, quel giorno doveva pensare a sé stesso.

Era il suo compleanno, era un giorno importante, ed era anche il giorno in cui avrebbe fatto la proposta più importante della sua vita, quindi gli altri pensieri potevano aspettare.

Era già difficile restare concentrato su di sé.

Intanto si stava sentendo in colpa perché Veronika continuava a chiedergli notizie sugli esami, e lui aveva dovuto smuovere mari e monti (e il re di Agaliria, ovvero il padre di Veronika) per evitare che scoprisse i risultati che a lui erano stati comunicati qualche giorno prima. Voleva farle una sorpresa, anche se si sentiva in colpa a tenerle nascosto il fatto che fosse passato a pienissimi voti, con punteggio perfetto.

Ma era per il meglio, e poi era ancora per poco.

Poi aveva preparato un banchetto che gli aveva tenuto impegnata tutta la notte, quindi era abbastanza esausto.

Mettiamoci che faceva ancora parecchio caldo nonostante fosse Settembre, e lui doveva essere vestito il più formale possibile, temeva che avrebbe sudato tantissimo, rovinando un po’ il momento.

Tutto doveva essere perfetto.

E non solo per lui, ma soprattutto per Veronika.

Erano cinque anni che si preparava con tutte le sue forze a quel momento, niente e nessuno l’avrebbe rovinato.

Aveva anche assoldato Clover a tenere la zona sicura e ad assicurarsi che non ci fossero disturbatori. La sua migliore amica e sorellastra era una forza della natura quando si trattava di fare da guardia del corpo.

Tutto sarebbe stato perfetto.

Avrebbe consolidato il compleanno come il migliore della sua vita.

Finì di preparasi con ottimismo, prese tutto il cibo fatto per quel banchetto, e uscì per andare a casa di Roelke e Kodie per prendere Veronika, sperando di non essere troppo in ritardo, ovvero puntuale, insomma, abbastanza in anticipo come si confaceva al futuro re di Agaliria. 

Il pensiero di diventare re risultava ancora parecchio strano alla mente di Max, ma sapeva che ci avrebbe fatto l’abitudine, perché se tutto andava bene, sarebbe diventato principe in pochi mesi.

Ma soprattutto… sarebbe stato il compagno eterno della ragazza più meravigliosa, gentile e intelligente del mondo, l’amore della sua vita.

Quando arrivò, con l’auto di suo padre, davanti alla casa, Veronika era già all’ingresso, in piedi e in attesa, meravigliosa nel suo vestito azzurro elegante ma anche semplice abbastanza da non stonare nel parco dove Max aveva intenzione di portarla.

Il cuore del ragazzo iniziò ad accelerare il suo battito. Uscì dall’auto e si avviò all’ingresso, per scortarla come un gentiluomo.

Quando lo vide, Veronika si illuminò.

-Ciao, Max!- lo abbracciò come se non lo vedesse da mesi, anche se in realtà avevano passato la serata precedente insieme.

Ma non ne avevano mai abbastanza l’uno dell’altro, e ogni momento passato separati era una tortura.

-Sei pronta per un bel picnic?- chiese Max, dopo aver sciolto l’abbraccio, offrendole il braccio per scortarla con galanteria.

Veronika fece un sorrisino furbetto, e tirò fuori un cestino da picnic piuttosto grande.

-Ho fatto dei biscotti per dessert- annunciò con grande orgoglio.

Il sorriso di Max si irrigidì appena.

Lui amava Veronika con tutto il cuore, ma la ragazza non sapeva cucinare affatto, anche quando si impegnava al massimo delle sue forze.

-Davvero? Ti ha aiutato Roelke?- chiese, cercando di non abbattersi.

-Mi ha assistito per tutta la preparazione. Volevo farti qualcosa di speciale per il tuo compleanno, e sono usciti bene!- spiegò la ragazza, molto soddisfatta.

-Tranquillo, Max. Abbiamo scartato i suoi e li ho rifatti esclusivamente io. Quindi non devi temere, non resterai avvelenato- una voce alle spalle dei due li fece sobbalzare, e Max si girò notando che Roelke aveva fatto spuntare fuori la testa dalla finestra.

-Zia, doveva restare un segreto!- si lamentò Veronika, facendo il muso.

-Sono sicuro che anche i biscotti di Veronika erano usciti buoni- Max prese le difese della sua amata, ma dentro di sé era rassicurato che non li avrebbe dovuti mangiare.

-Allora perché sei così sorridente?!- si lamentò Veronika, indicando il suo sorrisino.

Max non riuscì a trattenere una risatina, e Roelke lo seguì a ruota.

-Traditori, tutti e due- Veronika incrociò le braccia, ma stava sorridendo anche lei.

-Lo sai che è il pensiero che conta, e il più grande regalo che puoi farmi è la tua presenza. Non devi cucinare per essere perfetta ai miei occhi- Max cercò di recuperarsi.

-Max, sei tu ad essere perfetto- Veronika si strinse più verso di lui.

-Okay, ho raggiunto e superato la mia dose giornaliera di sdolcinatezza. Passate una buona mattinata, ragazzi. Ci vediamo stasera al Corona- li salutò la donna, prima di rientrare in casa.

-Allora, milady, vogliamo andare a pranzo?- chiese Max, indicando l’auto.

Veronika si esibì in un piccolo inchino.

-Assolutamente, sir- si fece aprire la portiera e i due partirono, dopo essersi sistemati, alla volta del parco dove Max e Manny avevano avuto uno degli appuntamenti più importanti della loro relazione, e che raggiungevano spesso quando erano a Harriswood.

Il tragitto procedette come al solito. 

Parlarono di cose mondane, Max molto attento a non citare neanche per sbaglio l’università o a cambiare immediatamente discorso quando Veronika la citava. Sentirono un po’ di musica, cantando in modo abbastanza stonato, e in men che non si dica arrivarono a destinazione, il parco progettato e realizzato dalla madre di Max come lavoro universitario.

Da quando si era scoperta la storia del parco e di come fosse collegato a Max, c’era una sempre maggiore affluenza, ma quel giorno Max aveva fatto in modo di tenerlo sgombro, quindi quando arrivarono non c’era praticamente nessuno, tranne qualche curioso nelle vicinanze.

E ovviamente un sacco di paparazzi.

Ma a loro ci avrebbe pensato Clover.

Tutto stava andando come Max aveva programmato.

E tutto sarebbe continuato in quel modo.

Ne era certo.

Niente poteva andare storto!

 

Veronika sentiva che c’era qualcosa che non andava. 

Uno dei suoi passatempi preferiti era osservare Max, perché era la persona che preferiva al mondo, quindi amava crogiolarsi nella sua perfezione e imparare tutti i dettagli della sua persona.

Poteva sembrare un po’ inquietante, è vero, ma non lo faceva in modo strano, era solo innamorata persa.

E passavano troppo poco tempo insieme per i suoi gusti.

Però la sua osservazione costante l’aveva resa molto sensibile ad ogni cambiamento di umore, espressione e gestualità.

E riconosceva, nei gesti perfetti e all’apparenza rilassati del suo ragazzo, una tensione e una rigidità che erano davvero strane per lui.

Sorrideva più del solito, ma quando era concentrato sul servire il cibo, o dare acqua ai fiori, i suoi occhi si velavano di ansia.

E sebbene Veronika si stesse godendo quella giornata davvero perfetta sotto ogni aspetto, un tarlo nella sua mente iniziava a suggerirle che forse la perfezione di quella giornata, così accuratamente studiata, era portatrice di brutte notizie.

Dopotutto, Veronika era una principessa, ed era cresciuta con la consapevolezza che per essere una futura buona sovrana doveva sempre aspettarsi gli imprevisti, le brutte notizie, e avere una soluzione a portata di mano per come affrontare tali imprevisti e brutte notizie.

Inoltre, era anche una fervida amante di serie TV, soap opera e film, quindi conosceva bene l’intreccio narrativo, e sapeva che quando le cose iniziavano ad andare troppo bene, c’era un problema dietro l’angolo.

Insomma… Veronika iniziava a temere il peggio.

Ma non voleva turbare la giornata, ed era meglio aspettare che qualsiasi cosa Max volesse dirle, gliel’avrebbe detta con i suoi tempi.

E quindi aspettava…

Si godette la passeggiata tra i bellissimi fiori.

E aspettava…

Sistemarono insieme il necessario per il picnic.

E aspettava…

Pranzarono con cibo davvero stellare.

E aspettava…

Parlarono del più e del meno, di tutto e di niente.

E Veronika aspettava…

Finché semplicemente le parole uscirono senza che potesse controllarle.

-E quindi stavo pensando che potrei regalare a mio padre un…- stava dicendo Max, mentre si preparava a servire il dolce, e la sua voce tradiva un nervosismo maggiore rispetto a prima.

-Hai qualcosa da dirmi?- lo interruppe Veronika, in tono grave.

Max le lanciò un’occhiata parecchio allarmata e decisamente sorpresa.

-Qualcosa da dirti?- ripetè, ne tentativo di non rispondere subito.

Pessimo segnale.

-C’è qualcosa che non mi stai dicendo, non voglio forzarti a parlarne subito, ma se mi riguarda ti prego dimmelo- Veronika gli si avvicinò, e gli prese la mano con fare confortante.

Max sembrava davvero preso in contropiede.

-Eh… perché non mangiamo il dolce, prima? E poi magari andiamo… finiamo… eh…- iniziò a borbottare, e Veronika si agitò ulteriormente.

Cosa le stava nascondendo?! Era sicuramente una brutta notizia, lo sentiva!

Max era troppo agitato. Non era stato così agitato neanche quando aveva sostenuto l’ultimo esame per…

Oh! 

Ora che Veronika ci pensava, Max stava evitando costantemente l’argomento università.

Veronika aveva anche provato a chiedere in giro, ma nessuno le aveva dato risposte, quindi pensava che non avesse ancora ricevuto la notizia.

Ma Minerva aveva annunciato di essere passata a pieni voti qualche giorno prima, quindi…

Ma perché Max non le aveva detto il risultato, se lo sapeva?

A meno che…

-Oh no! L’esame finale è andato male?!- esclamò, interrompendo il borbottare di Max e zittendolo completamente. 

L’espressione scioccata che si dipinse sul suo volto fu una conferma più che sufficiente per nutrire il crescente panico della principessa.

-Oh, no! Non sei passato! Va bene, va bene, lo rifacciamo! Dopo tutti gli esami che hai sostenuto alla perfezione non significa che se non ne hai passato uno è finita! Andrà tutto bene. Parlo con papà e capiamo cosa è successo e…- Veronika cercò di non agitarsi troppo e iniziò già a cercare una soluzione per il terribile imprevisto.

-Vero, Vero, aspetta…- Max provò ad interromperla, ma lei era partita per la tangente.

-Secondo me dovremmo ricontrollare il consiglio che si occupa di queste cose. Potrebbero avere delle discriminanti nei tuoi confronti per via delle tue origini. Anche se abbiamo cercato le persone più intransigenti e adatte. Forse possiamo ricontrollare le…- Veronika iniziò a riflettere sulla cosa.

-Veronika! Sono passato!- esclamò Max, interrompendola e prendendole dolcemente il volto per guardarla dritta negli occhi.

-E poi dovremmo… aspetta… sei passato?!- Veronika ci mise qualche secondo a rendersi conto di ciò che il ragazzo le aveva appena detto.

Praticamente la sua mente era andata in reboot.

Se Max era passato, allora perché era in ansia?

Ma soprattutto… Max era passato.

Max era passato!

Si era laureato! 

Era andata!

Era diventato ufficialmente un barone.

E una volta sposati, sarebbe diventato principe consorte.

-Sacre bleau! Sei laureato!- esclamò, sconvolta.

Era un evento che desiderava così tanto che non riusciva a credere fosse davvero lì, nel presente.

-Sì, Veronika! Sono laureato. Anche se la prossima settimana dovrò andare all’università a recuperare il certificato, risolvere tutte le questioni burocratiche rimaste in sospeso, e registrare i risultati, ma… sì, sono laureato. Ce l’abbiamo fatta!- Max la rassicurò, con un grande sorriso.

Fu come se un enorme peso fosse stato tolto dal petto di Veronika.

Per la prima volta da cinque anni, si sentiva davvero sicura, rasserenata,  certa che il lieto fine che da sempre bramava con Max fosse ormai alla sua portata, e niente poteva portarglielo via.

-Ce l’abbiamo fatta!- esclamò, non trattenendo la sua gioia, saltandogli addosso e cingendolo in un abbraccio che lo fece ruzzolare a terra nel prato verde.

Ridacchiando, Max la strinse.

-Veronika… io…- iniziò a dire, con tono piuttosto serio, iniziando a sciogliere l’abbraccio per rimettersi in piedi.

-Max, ci sposiamo?!- colta dalla foga del momento, Veronika prese le mani di Max e gli fece una proposta che voleva fare da anni, guardandolo dritto negli occhi.

Il suo entusiasmo però iniziò a scemare quando vide Max sgranare gli occhi, e irrigidirsi appena, fissandola sconvolto.

Oh no! Aveva forse detto qualcosa di sconveniente?

Ma era nell’aria da sempre! Per certi versi non c’era neanche del tutto bisogno di chiederlo. Veronika sapeva che una volta laureato, si sarebbero sposati. E stavano aspettando da così tanto che non riusciva più a trattenersi.

Ma forse avrebbe dovuto studiare meglio la proposta, farla in un momento migliore, e non così impulsivamente. Chiederlo con parole scelte con cura. Le aveva anche provate allo specchio, qualche volta.

Lei non era neanche così impulsiva.

Ma era così felice di avere la possibilità di sposare Max… era uscito fuori senza che lo potesse controllare.

-Scusa… sono stata troppo irruenta? È che sono così felice che sei passato… forse avrei dovuto chiederlo con più contegno- si allontanò appena, mettendosi nuovamente seduta dritta, e controllando in giro che non ci fossero paparazzi che potevano aver scattato foto troppo rivelatrici.

Stranamente però non aveva visto nessun flash, quel giorno.

-No! No…- Max iniziò a rassicurarla, ma a Veronika prese nuovamente il panico.

-Non vuoi sposarmi?!- fraintese, con il cuore che era nel pieno di una montagna russa.

-No! Cioè sì! Cioè… ovvio che voglio sposarti, Vero. Sei l’amore della mia vita, solo che… volevo… chiederlo… io?- Max ammise, grattandosi il collo un po’ a disagio ma sempre con un enorme sorriso.

-Volevi chiederlo…?- di nuovo, le parole ci misero un po’ a registrarsi nella mente di Veronika.

E poi, tutti i pezzi del puzzle si incastrarono nella sua mente, facendole vedere il quadro completo.

Il nervosismo di Max, il suo evitare di parlare dell’università, la giornata completamente perfetta.

Max aveva intenzione di… aveva fatto tutto quello per…

Si portò le mani alla bocca, inspirando bruscamente.

Il suo cuore aumentò esponenzialmente la frequenza del suo battito, questa volta non per ansia, o tensione, o paura, ma solo per pura emozione, amore e commozione.

-Okay… non era esattamente questo il piano, ma trovo che sia super adorabile comunque. Veronika…- Max si mise in ginocchio, e tirò fuori dalla tasca una scatolina dalla forma inconfondibile.

-Oh… Max…- Veronika era senza parole. E sicuramente era meglio se non continuava a parlare, se non voleva rischiare di rovinare maggiormente il momento.

-Mi ero preparato un bel discorso con tante metafore sui fiori e… era piuttosto bello, in realtà, ma l’ho completamente dimenticato al momento…- Max fece una risata nervosa, e poi aprì la scatolina, rivelando un anello meraviglioso. Un cerchio di argento scolpito come un piccolo rampicante con al centro un grosso diamante circondato da diamanti più piccoli a formare un fiore simile a una camelia.

-La cosa più importante è che… da piccolo vedevo i cartoni animati e leggevo libri di fiabe piene di principi e principesse. Ma neanche allora non mi sarei mai sognato che un giorno il futuro mi avrebbe riservato l’onore di conoscere e di amare una vera principessa. E non lo dico perché sei una principessa, ma perché la tua dolcezza, la tua forza, la tua intelligenza e il tuo cuore sono così meravigliosi che sembri uscita da una fiaba. Ti amo dal primo momento che ti ho vista, ti ho amato in ogni veste in cui ti ho conosciuto, e so che ti amerò per tutta la vita. Quindi, Veronika Laura Krone, principessa di Agaliria, vuoi sposarmi?- il discorso era incerto, la voce di Max leggermente tremante, e si spezzò nel finale. I suoi occhi erano velati di lacrime di commozione, e aveva il sorriso più grande e lo sguardo più innamorato che Veronika avesse mai visto sul suo volto.

Veronika sapeva che se avesse provato a parlare in quel momento sarebbe scoppiata a piangere, e dovette fare ricorso a tutta la propria dignità e autocontrollo di principessa per stabilizzare abbastanza la voce da rispondere.

Dopo una dichiarazione d’amore così meravigliosa, non poteva essere da meno nel dichiarare tutto l’amore e la devozione che provava per l’uomo davanti a lei.

-Maximilian Sleefing, Barone di Tormilani, non esagero quando affermo che conoscerti ha rivoluzionato completamente la mia vita. Stavo scappando da qualcosa che non riuscivo a definire neanche a me stessa, e ho fatto numerosi errori mentre cercavo di ritrovarmi, ma non mi pento di nessuno di questi errori, perché mi hanno portato da te, e…- Veronika prese un profondo respiro -…credevo che un giorno un principe azzurro sarebbe venuto con il suo cavallo bianco a portarmi via da una fortezza tetra e solitaria, ma ti mi hai insegnato a vedere la bellezza in ogni piccola cosa, anche quella che appare più triste, o pericolosa, o negativa. Ti amo, Max, ti amo così tanto che non so cosa dire tranne che è ovvio che io voglio sposarti, e passare tutta la mia vita al tuo fianco- Veronika porse il dito, e Max vi mise l’anello, sempre senza staccare neanche per un attimo lo sguardo da quello di Veronika.

Suggellarono la promessa d’amore con un bacio al sapore di lacrime, ma non erano salate, bensì dolci come il miele, perché venivano dall’amore e dalla gioia di quel momento perfetto.

…okay, erano salate, ma comunque Veronika le sentì dolci.

Poi si abbracciarono per un tempo che parve breve e allo stesso tempo lunghissimo.

-Ho rovinato tutto, vero?- Veronika ruppe il silenzio dopo qualche minuto, osservando l’anello senza riuscire a smettere di guardare tale perfezione.

Doveva ancora realizzare del tutto ciò che era appena successo. Non credeva che nella vita si potesse essere così felici.

-Non potrai mai rovinare niente, Veronika- le assicurò Max, dolcemente, stringendola più a sé.

-Dobbiamo andare a dirlo a tua madre! Pensi che approverebbe? Aspetta, hai deciso di andare a visitarla dopo pranzo perché volevi dirglielo a proposta fatta?- chiese Veronika, riferendosi alla statua della madre di Max, che visitavano sempre ogni volta che andavano in quel giardino. Di solito era la prima tappa. Pulivano la targa, toglievano le erbacce e in generale porgevano i loro saluti.

Veronika ancora ricordava la prima volta in cui erano andati lì, quando era sotto le sembianze di Manny, e avevano passato un appuntamento molto importante. Era stato il momento in cui Veronika si era resa conto che quello che provava per Max sarebbe diventato quasi certamente un sentimento profondo, sincero ed eterno.

E infatti eccoli lì, cinque anni dopo, ufficialmente fidanzati.

-Mi conosci davvero bene- sussurrò Max, con una risatina.

Non riusciva a smettere di sorridere. 

Nella sua visione, era stata la proposta di matrimonio più bella dell’universo, imprevisti e tutto.

Sempre meglio di quella di Mirren e Felix, in ogni caso. 

-Non abbastanza bene, però. Mi sento così ridicola ad aver pensato subito al peggio- Veronika seppellì il volto tra le mani, ma non riusciva neanche lei a smettere di sorridere, imbarazzata ma anche molto divertita.

La sensazione dell’anello a contatto con il suo viso e tra le sue dita la fece sorridere ancora di più.

Erano fidanzati!

-Sei una principessa. È il tuo lavoro- la rassicurò Max, dandole un bacio sulla fronte -Allora… ti va il dolce? Abbiamo la torta caramello e cannella che volevo usare per farti la proposta, e i biscotti di Roelke… cioè… i tuoi biscotti- Max sciolse l’abbraccio, anche se non completamente, e indicò il cibo rimasto da consumare.

-Fortuna che li ha fatti Roelke i biscotti o avrei rovinato la proposta ancora di più- Veronika iniziò a ridacchiare quasi istericamente, sdraiandosi a terra in maniera poco signorile. Ma era sopraffatta da tutto.

In senso positivo, ma comunque sopraffatta.

Max le si sdraiò accanto.

-Scusa se non ti ho detto subito che ero passato, ma volevo farti una sorpresa- mise in chiaro ciò che era rimasto in sospeso.

Non serviva che si scusasse, Veronika l’aveva capito. E lo trovava dolcissimo.

-Scommetto che hai anche cospirato con mio padre- suppose, pensando a come suo padre non le avesse detto nulla quando lei aveva chiesto.

-Non direi cospirato, ma… sì, ho chiesto un favore, e la sua benedizione, come si confà ad un nobile del mio rango- spiegò Max, in tono formale.

Veronika ridacchiò più forte.

-Quindi il re in persona approva?- chiese per stare sicura.

-Faremo un annuncio ufficiale quando torneremo ad Agaliria, dopo la cerimonia di laurea- annuì Max, che aveva programmato ogni cosa nei minimi dettagli, per non dare problemi a Veronika e permetterle di godersi il momento senza pensieri negativi.

-Veronika Laura Sleefing…- mormorò Veronika.

Era un nome che aveva scribacchiato nei fogli di carta e ripetuto a mente più volte, ma faceva tutto un altro effetto messo così.

-Maximilian Krone- sussurrò Max, prendendo la mano con l’anello e sorridendo più ampiamente anche lui.

-Pensi che i paparazzi ci daranno qualche foto se glielo chiediamo per favore? Mi piacerebbe avere dei ricordi di questo momento- Veronika si strinse a lui, chiudendo gli occhi e cercando di imprimere ogni dettaglio di quanto accaduto. Sarebbe stato un ricordo importante per tutta la sua vita. Da raccontare a figli e nipoti, compreso l’imbarazzo.

-Temo che Clover abbia allontanato ogni singolo paparazzo dalle nostre tracce. Volevo che fossimo soli in questo momento importante. Ma… le ho chiesto di fare un video per darcelo poi come ricordo- spiegò Max, facendola sorridere maggiormente.

-Mi avvalgo della libertà di venderlo al miglior offerente quando la notizia sarà trapelata- arrivò una voce familiare dai cespugli, facendo sobbalzare appena Veronika, che non se l’aspettava così all’improvviso, anche se forse avrebbe dovuto.

-Grazie Clover- la ringraziò, con un cenno nella sua direzione.

-Sempre in prima linea per mio fratello e mia cognata- rispose lei, prima di tornare invisibile.

-Che dolce, si è commossa anche lei- commentò Max, che la conosceva bene e aveva notato un leggero tremore nella sua voce.

-Non vedo l’ora questa sera di dirlo a tutti- Veronika osservò nuovamente l’anello, e poi si alzò per servire i dolci per lei e Max.

-Sarà senza ombra di dubbio il compleanno più bello della mia vita- Max fece altrettanto. Veronika sorrise notando la scritta sulla torta.

-Sarebbe ancora meglio se ci fosse anche Denny- commentò, un po’ tra sé.

Il sorriso di Max si fece leggermente più malinconico.

-Già… ma magari riesce a passare prima che partiamo per Agaliria- provò a suggerire, ottimista.

Veronika non ci credeva molto, ma provò ad essere ottimista a sua volta. Non voleva rovinarsi l’umore.

Perché quello era sicuramente uno dei momenti più belli della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È o non è la proposta di matrimonio più tenera dell’universo conosciuto?!

Godetevi Max e Veronika finché potete… ve lo dico da amica.

Per ora comunque le cose stanno andando bene.

Anche a Diego e Clover le cose vanno bene, anche se non si prevedono proposte di matrimonio, per il momento.

E la nostra unica coppia sposata (tra i principali) sembra aver chiarito, e hanno deciso di andare in terapia.

Devo confessare che sto cambiando alcune trame in corso d’opera, quindi non è solo a causa della mia incapacità di essere costante che ci metto tanto ad aggiornare, ma ho anche le idee non completamente chiare. 

Comunque il punto di arrivo resta sempre lo stesso, ovvero quello del prologo, e spero che i cambiamenti possano rendere la storia migliore.

Un altro dei motivi che mi fanno aggiornare con meno frequenza nonostante mi sia finalmente laureata (yeee) è che ho aperto un canale youtube. Niente di ambizioso, parlo solo di cinema, libri, qualche gameplay a caso, e in generale parlo di cose che mi piacciono. Conto anche di fare video sulle mie storie, magari su The Sims, o audiolibri, quindi se siete curiosi, magari passate: Youtube.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, scusate il ritardo, grazie della lettura, un bacione e alla prossima :-*

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