Can't Help Falling in Love

di Signorina Granger
(/viewuser.php?uid=864554)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. La definizione di anime gemelle ***
Capitolo 2: *** II. Un ex Tombeur de Femmes innamorato ***
Capitolo 3: *** III. Il gentiluomo e la sua principessa ***
Capitolo 4: *** IV. I due improbabili ***
Capitolo 5: *** V. Due piccoli tassini ***
Capitolo 6: *** Vi. Regali tra piccoli nerd ***



Capitolo 1
*** I. La definizione di anime gemelle ***


CAN’T HELP FALLING IN LOVE
 
 

​I. La definizione di anime gemelle 



Mancavano due settimane a San Valentino, e Alphard Vostokoff era un uomo disperato. Per la prima volta in vita sua, a 36 anni compiuti, si accingeva a festeggiare la nota festa degli innamorati insieme ad una donna, che per inciso era anche la più bella e meravigliosa creatura che avesse mai incontrato.
Alphard non aveva mai comprato niente per nessuno in occasione della festa più commerciale che fosse mai esistita, anzi, l’aveva sempre reputata una colossale stronzata tenuta in piedi solo dal capitalismo e da ottime strategie di marketing, e anche quando il 14 febbraio era caduto nel mezzo di una delle sue brevi relazioni passate non vi aveva mai dato peso – suscitando puntualmente la cocente indignazione della diretta interessata o del diretto interessato –. Ma quell’anno le cose erano diverse: come avrebbe potuto non regalare niente ad Anjali che, occorre ripeterlo, era la più bella e meravigliosa creatura che avesse mai incontrato?
Una domanda a cui Alphard stentava a trovare risposta anche dopo lunghe riflessioni, una domanda che stava iniziando a dargli il tormento ad ogni ora del giorno e della notte: il primo San Valentino di Anjali come sua fidanzata doveva essere perfetto sotto ogni aspetto, e lui ancora non aveva idea di che cosa regalarle. Che cosa regalare ad una donna per farle capire quanto per lui fosse perfetta e degna di meritare qualsiasi cosa avesse mai potuto desiderare?
Aveva chiesto aiuto a sua madre, naturalmente, a Briar e persino a Sabrina, che in quanto migliore amica della diretta interessata costituiva senza ombra di dubbio la fonte più autorevole dalla quale ricavare consigli. Disgraziatamente però nemmeno lei gli era stata di grande aiuto, limitandosi ad assicurargli che per quanto raffinati e costosi potessero essere i gusti di Anjali era anche una donna in grado di comprarsi da sola pressochè qualsiasi cosa:
Penso che più che comprarle qualcosa potresti regalarle qualcosa di più personale. Anjali è una romanticona e ha già avuto relazioni con uomini ricchi che hanno speso cifre da capogiro per lei, penso che apprezzerebbe molto di più qualcosa di meno materialista e più simbolico.”
Per certi versi Sabrina poteva anche aver ragione, ma ancora Alphard non sapeva come uscire da quell’inghippo: decisamente non era tipo da regalarle qualcosa di fatto con le sue mani, le sue uniche vene creative riguardavano la musica e il disegno. Le aveva già fatto e regalato diversi ritratti in passato, e di certo non poteva regalarle una canzone suonata al violino visto che disgraziatamente, a differenza del fidanzato di Sabrina St John, non era un compositore.
Che cosa regalarle, di personale e di simbolico?
La risposta gli giunse infine più o meno alle due del mattino, nel pieno di una notte insonne, quando Alphard Vostokoff spalancò gli occhi castani, si mise a sedere di scatto sul costosissimo materasso del letto a due piazze del suo attico situato nel centro di Bangkok e dopo una breve riflessione si alzò scostandosi bruscamente le coperte di dosso destando dal sonno la sua gatta, che miagolò infastidita prima di balzare giù dal letto e uscire indignata dalla stanza. Alphard tuttavia non ci badò, precipitandosi nello studio per accendere il suo computer.
 
Alphy sarebbe arrivato a minuti, e Anjali Kumar stava marciando davanti all’ingresso, calpestando il soffice e spesso tappeto indiano che ricopriva il pregiatissimo parquet del suo appartamento situato nel cuore di Zurigo con un paio di Louboutin nuove di zecca, comprate appositamente per quel giorno speciale una settimana prima. La sera precedente aveva invece tenuto Sabrina al telefono per più di un’ora, costringendola ad un’eterna videochiamata mirata a scegliere quale abito indossare: Sabrina l’aveva consigliata dal suo divano, con Salem in braccio e una tazza di tè in mano, fino a quando quel guastafeste di Joël Moyal non si era intromesso, decretando di voler partecipare a sua volta con commenti ironici che avevano solo contribuito ad innervosire fortemente la svizzera.
Alla fine Joël era stato bandito e l’abito scelto, e ora Anjali era pronta. Doveva solo aspettare che Alphy arrivasse.
Quando finalmente udì uno scampanellio alla porta Anjali si precipitò ad aprire senza nemmeno darsi un’ultima controllata allo specchio, tanta era l’impazienza di vederlo, e quando si trovò finalmente Alphard di fronte – sorridente e avvolto da un cappotto nero a doppio petto – tutto quello che riuscì a fare su gettargli le braccia al collo.
“Finalmente, mi sei mancato!”
Non si vedevano da dieci giorni ed era mancata molto anche a lui, tanto che Alphard sorrise mentre le cingeva la vita con le braccia, stringendola a sé prima di depositarle un tenero bacio sulla fronte.
“Anche tu. Buon San Valentino Anjali.”
Anche indossando i tacchi Anjali era alta una decina di centimetri meno di lui e dovette sollevare leggermente la testa per poterlo guardare negli occhi, sorridendogli con le iridi celesti animati da un felice luccichio mentre le dita di Alphard le sfioravano gentilmente i lunghi capelli scuri sulla schiena.
“Grazie Alphy, anche a te. Hai fame? Basta che mi infili il cappotto e sono pronta.”
“Un miracolo, insomma.”
Un sorrisino beffardo sollevò gli angoli delle labbra di Alphard all’udire le parole della strega, che ricambiò il sorriso ma non lo risparmiò comunque da un giocoso buffetto sul petto mentre scivolava dalla sua stretta per andare a recuperare borsa e capotto dall’enorme armadio a muro dell’ingresso.
“Voglio solo che questa serata inizi il più presto possibile.”
Alphard non rispose, limitandosi a sorridere mentre la guardava sfilare un elegante cappotto rosso, sciarpa, guanti e baschetto neri dall’armadio insieme ad una borsetta di Chanel, non potendo far altro che concordare silenziosamente con lei. Nello specifico moriva dalla voglia di darle il suo regalo, ma per quello poteva solo dirsi di avere pazienza: voleva che fosse assolutamente perfetto.
 
Anjali gli aveva promesso di portarlo in uno dei ristoranti più strani in cui fosse mai stata e Alphard, dall’animo curioso dell’instancabile viaggiatore, aveva accettato di buon grado la sfida: di posti ne aveva visti tantissimi e ormai sorprenderlo rappresentava un’impresa ardua, ma quando lui e Anjali, usciti dal palazzo dove la strega abitava, si Smaterializzarono riapparendo nei pressi di un porto dove erano state ormeggiate file di barche che galleggiavano immobili sull’acqua gelida Alphard si ritrovò suo malgrado a darle ragione. Non aveva mai visto un posto simile in tutta la sua vita.
“Allora, sono riuscita a sorprenderti?”
Anjali ridacchiò mentre camminava coraggiosamente all’indietro sui tacchi davanti a lui, stringendogli la mano guantata nella propria mentre Alphard faceva vagare sbigottito lo sguardo prima sul lago, sulle barche immobili e sull’enorme edificio che si affacciava sul porto, mentre il freddo che li avvolgeva si faceva sempre più pungente e ogni suo respiro si condensava in piccole nubi di vapore caldo:
“Dove siamo?!”
“Non ci siamo poi allontanati molto, siamo a Lachen. Quello è il Lago di Zurigo. Preparati a mangiare la miglior fonduta della tua vita.”
In effetti, ciò che aveva sorpreso Alphard non era stata tanto la location della loro cena in sé, quanto più la presenza, di fronte al molo, di una lunga fila di enormi palle natalizie colorate dotate di porte di vetro. E fu proprio all’interno di una di quelle inusuali strutture che Anjali lo condusse, aprendo la porta per rivelare un interno completamente rivestito in legno, con tanto di tavolo circolare, stufetta a gas vintage e una panca che occupava metà della circonferenza dell’enorme decorazione. Fu un sollievo entrare in un ambiente riscaldato anche dopo solo quei brevi istanti passati al freddo, ma Alphard era talmente impegnato a contemplare con meraviglia l’interno della piccola struttura da quasi non percepire nemmeno il cambio di temperatura:
“Che razza di posto è?!”
“Te l’ho detto, che è un ristorante atipico. Nei mesi freddi si può mangiare dentro ad una di queste. Non è meraviglioso?”
Anjali sorrise e lo guardò con occhi luccicanti e pieni di gioia, felice di essere riuscita a stupirlo. Il suo riuscire ad entusiasmarsi, a sorridere e ad essere felice per ogni piccola cosa e momento passato insieme era forse ciò che Alphard preferiva di lei in assoluto, e di fronte a quel sorriso candido e a quello sguardo non seppe resistere, chinandosi su di lei per baciarla ancor prima di sfilarsi il cappotto. Era lei ad essere meravigliosa, nonché diversa da qualsiasi altra donna avesse mai conosciuto e frequentato, soprattutto in un ambiente come quello da cui entrambi venivano.
La scelta di Anjali si rivelò, in effetti, ancora più perfetta di quanto la strega stessa non avesse immaginato: essendo soli potevano godere della massima privacy, condizione che avrebbe reso il suo regalo ancora più speciale. Quando poi, tra un sorso di vin brulè e l’altro, si accorsero dei fiocchi di neve che avevano iniziato a scendere fuori dalla palla di neve Alphard iniziò a sentirsi più euforico e grato che mai alla sua buona stella: niente avrebbe potuto rendere quel momento più perfetto, probabilmente.
 
“Non è giusto che tu non abbia ordinato il dolce e ora stia rubando il mio.”
Anjali raccolse una generosa quantità di sufflè al cioccolato insieme ad un po’ di gelato alla crema prima di portarsi il cucchiaio alle labbra, scoccando un’occhiata torva al fidanzato quando lo vide allungare il proprio verso il dolce a sua volta:
“Amore è condivisione.”
Alphard sorrise, divertito, ma invece di imitarlo Anjali cercò di allontanare il suo cucchiaio dal dolce con il proprio, sbuffando infastidita mentre scuoteva la testa:
“Non quando si tratta di cioccolato!”
“Troverai anche la forza di perdonarmi, ne sono sicuro.”
O almeno così Alphard sperò, visto e considerato quanto quel regalo gli avesse tolto il sonno per giorni interi fino ad appena due settimane prima. Quando il momento di scambiarsi i regali arrivò a tutti gli effetti Alphard era un fascio di nervi, terrorizzato all’idea che il suo regalo non le piacesse o, peggio, che rifiutasse quanto stava per chiederle. Anjali sorrideva e sembrava al settimo cielo mentre gli posava davanti una busta rossa con il suo nome scritto sul retro con la sua elegante calligrafia, e ciò non fece che incrementare la consistente ansia del mago, che temette di vederle sparire il sorriso dal volto mentre la imitava, posandole a sua volta una busta davanti.
“Ci tengo a sottolineare che avresti anche potuto non darmi nulla, la cosa a cui più tenevo era vederti stasera.”
Il sorriso di Anjali si allargò e il suo sguardo si addolcì mentre parlava tenendo i grandi occhi chiari fissi su di lui e apriva con delicatezza la busta senza guardarla, sollevando il lembo più corto mentre Alphard cercava di imitare il suo sorriso, impegnato nella medesima operazione: quello che stavano vivendo era, sulla carta, un momento perfetto. Sperava solo di non riuscire a rovinarlo in qualche modo, lui che in fondo di relazioni serie ne sapeva ben poco.
“Vale anche per me.”
Quando entrambi ebbero aperto le buste e svelatone il contenuto, rimasero senza parole: Alphard strabuzzò gli occhi scuri quando si trovò davanti nientemeno che un biglietto aereo col suo nome, e per un terribile istante si chiese se per caso non avessero scambiato le buste e lui avesse finito con l’aprire il regalo destinato ad Anjali, ma quando sollevò la testa per posare lo sguardo su di lei capì, a giudicare dall’espressione sgomenta della donna, che il suo non era stato un errore. Anjali sollevò il biglietto che aveva davanti, trovandone molti altri infilati con cura sotto di esso, e infine ricambiò il suo sguardo altrettanto attonito, incredula:
“Alphy, hai preso… biglietti per Parigi e Venezia?”
Tu hai preso biglietti per Parigi!”
Ci siamo regalati la stessa cosa?”
“Pare di sì. Volevo solo che stessimo insieme per più di un weekend di fila.”
Un mucchio di scenari catastrofici avevano preso vita nella mente di Alphard sin da quando aveva preso quei biglietti, e quasi tutti avevano fine con Anjali delusa o amareggiata. Quella che aveva di fronte era invece la solita, bellissima Anjali sorridente di sempre, e quella vista oltre a scaldargli il cuore lo alleggerì non poco mentre annuiva, sorridendo a sua volta sentendosi un po’ più rilassato rispetto a soli due minuti prima.
“Anche io. Beh, immagino che potrei cambiare le date di quelli che ho preso io. Staremo dieci interi giorni insieme, non mi sembra vero.”
Anjali sorrise mentre rimetteva divertita i biglietti nella sua busta e Alphard sentì come un peso enorme sollevarglisi dallo stomaco, anche se ancora doveva chiederle la cosa più importante: deciso a non perdere altro tempo si spostò sulla panca ricurva in modo da avvicinarlesi, prendendole le mani curate tra le sue per guardarla ansioso.
“Anjali, ascolta… Stasera volevo chiederti una cosa.”
“Dimmi.”
Anjali, ancora entusiasta alla prospettiva di trascorrere più di quarantott’ore insieme di fila, avvenimento che non si verificava dal periodo natalizio, quando lui era rimasto per una settimana da lei a Zurigo e poi lei era andata a conoscere la sua famiglia in Inghilterra, lo guardò senza riuscire a smettere di sorridere ma chiedendosi perché le sembrasse improvvisamente così nervoso, proprio lui che era forse una delle persone più sicure di sé che avesse mai conosciuto.
 “Sono davvero stanco di questa situazione, e penso e spero che valga anche per te. Lo sapevamo, naturalmente, quanto viviamo distanti quando abbiamo deciso di continuare a vederci anche dopo la fine dell’estate, ma da qualche settimana comincia a pesarmi davvero troppo, tutta questa distanza.”
“Lo so Alphy, anche a me manchi sempre molto.”
Nel pronunciare quelle parole il tono e l’espressione sul viso di Anjali si ammorbidirono ancora di più mentre le dita della strega prendevano ad accarezzargli gentilmente le sue, e Alphard annuì riuscendo finalmente ad accennare un sorriso, felice di sentirglielo dire, prima di continuare senza riuscire a distogliere gli occhi da quelli di lei:
“So che ami la Svizzera, che è casa tua, che sei molto legata alla tua famiglia e ai tuoi amici… E che l’idea di trasferirti dall’altra parte del mondo non ti farebbe impazzire. Perciò pensavo che magari potrei venire io a… vivere a Zurigo.”
“Alphy, mi stai chiedendo di convivere?”
“Credo di sì.”
Anjali lo guardò stupita e Alphard annuì mentre deglutiva a fatica, sentendosi più che mai preda di una terribile angoscia all’idea di ricevere un rifiuto. Forse era un po’ da pazzi visto che non si conoscevano che da qualche mese, ma sentiva che era la cosa giusta. Fortunatamente dopo qualche istante di destabilizzazione Alphard vive le labbra di Anjali distendersi in un sorriso radioso, quello che amava tanto, e la strega si sporse verso di lui per abbracciarlo.
“Giuro, credevo che non me l’avresti mai chiesto e che alla fine avrei dovuto incastrarti! Certo che puoi venire a stare da me, ammetto che trovare spazio per i vestiti di entrambi non sarà facile, ma sono pronta a fare dei sacrifici pur di far stare anche la tua collezione di scarpe italiane nella cabina armadio. Ti amo.”
Anche Alphard sorrise mentre la stringeva a sé, scoccandole un bacio sulla guancia prima di affondare il viso tra i suoi lunghi e profumati capelli castani.
“Anche io.”









Sto pubblicando da telefono, un esperimento che non ci tenevo proprio a vivere in prima persona, quindi spero che il testo ne esca leggibile e la formattazione un minimo decente. 
Come promesso eccomi con una piccola Raccolta a tema San Valentino, inaugurata da una delle coppie più recenti e adorabili di cui ho scritto. Grazie a Bea, a Neardja e a Sesy per avermi chiesto di scrivere di loro❤️
Pubblicherò OS sparse per tutto il giorno nei ritagli di tempo, quindi a prestissimo. 
Signorina Granger 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II. Un ex Tombeur de Femmes innamorato ***


II. Un ex Tombeur de Femmes innamorato



 
Era San Valentino, un gelido San Valentino, erano da poco passate le 20 e Sabrina St John non aveva la più pallida idea di dove fosse diretta: sedeva sul sedile del passeggero della sua stessa auto, l’amatissima Alfa Romeo bianca vintage che trattava pressochè come una figlia e che quella sera aveva avuto il coraggio di far guidare a qualcun altro per la prima volta da che la possedeva.
Non avere le mani sul sottile volante color cuoio e i piedi sui pedali era una sensazione piuttosto strana, ma Joël quella sera aveva insistito, e le aveva teso la mano destra per farsi affidare le chiavi asserendo di volerle dire dove intendeva portarla e che quindi necessitava di guidare personalmente. La prospettiva di affidare la sua auto a qualcun altro e di non avere idea di dove avrebbe passato la serata non era poi così allettante per una mente organizzata e metodica come quella di Sabrina, abituata a pianificare tutto e a sapere sempre che cosa l’attendeva, ma disgraziatamente Joël Moyal, il suo sorriso seducente con tanto di fossette e i suoi occhi blu sembravano esercitare una sorta di mistico potere persuasivo su di lei, e la strega aveva rapidamente finito col farsi convincere.
Aveva cercato di estromettere la loro destinazione a Joël per tutto il giorno, specie quando si era ritrovata in procinto di vestirsi: come poteva sapere che cosa indossare, se non aveva idea di dove stessero andando? Aveva tentato di farlo presente al fidanzato, ma ogni sforzo si era rivelato vano, perché Joël non aveva mai abbandonato quel sorriso fastidiosamente divertito – quando amava essere un passo davanti a lei – e si era limitato a guardarla sbuffare e infastidirsi progressivamente sempre di più con tanto di luccichio deliziato negli occhi blu. Anche ora, mentre l’auto bianca sfrecciava nell’oscurità percorrendo le strade tortuose che attraversavano la Riviera Francese, Sabrina non aveva idea di che cosa l’aspettasse: la direzione era quella di Nizza, ma era tutto ciò che per il momento le era dato sapere.
“Stiamo andando a Nizza?”
Sabrina, stretta nel pesante cappotto color cammello che si era premurata di indossare prima di uscire insieme a sciarpa, guanti e basco di lana neri – tutto ciò che Joël si era degnato di dirle era stato consigliarle di vestirsi pesante e di abbandonare calze e abiti eleganti quanto leggeri – smise di studiare pensosa lo scorcio del Mediterraneo che le si offriva davanti agli occhi per voltare il capo in direzione del fidanzato, inarcando un sopracciglio mentre ne studiava il volto per cercare di cogliere anche la più minima reazione rivelatrice.
“Non esattamente.”
Joël non distolse lo sguardo dalla strada semi-buia mentre guidava stringendo il volante con la mano destra, il gomito appoggiato mollemente sulla portiera accanto, ma anche dalla sua angolazione Sabrina riuscì a scorgere l’accenno di un sorrisetto attraversargli il volto insieme alle ormai note, terribili fossette.
“Come sarebbe “non esattamente”? Non puoi dirmelo nemmeno ora?”
“Rovinerei la sorpresa proprio all’ultimo! Sei la donna più testarda che conosca.”
Joël parlò scuotendo la testa con un movimento appena percettibile del capo, forse per darle l’illusione di essere esasperato dalle sue domande, ma il sorriso del musicista si allargò quando udì la donna sbuffare e borbottare infastidita, incupendosi un poco mentre incrociava rigidamente le braccia al petto:
“Io detesto le sorprese, e lo sai benissimo. Anche perché, conoscendoti, potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa.”
“Sei sempre così diffidente nei miei confronti. Non me lo riesco a spiegare.”
“Hai ragione, è un vero mistero.”
Sabrina alzò gli occhi al cielo, chiedendosi perché si fosse circondata di uomini pericolosamente imprevedibili e a volte poco affidabili – suo padre e suo fratello le erano capitati, certo, ma in compenso Joël Moyal se l’era scelto – mentre Joël, sempre senza smettere di sorridere, allungava una mano verso di lei per posargliela dolcemente su una gamba, assicurandole che quella sorpresa le sarebbe piaciuta.
“Non per vantarmi, ma penso che la ricorderai come la miglior sorpresa della tua vita. O almeno fino ad ora, perché chissà quante altre te ne riserverò.”
Sabrina si sentì quasi rabbrividire – e non per la bassa temperatura – all’idea di Joël che spuntava dal nulla e la portava chissà dove senza darle informazioni e senza preavviso, ma non disse nulla: sapeva che, qualsiasi sarebbe stata la sua risposta, le sue parole lo avrebbero solo incoraggiato ancora di più.
 
Quando finalmente l’auto rallentò e, infine, si fermò, Sabrina si guardò attorno chiedendosi sinceramente se Joël non si fosse perso senza volerlo ammettere: del resto per lei quei luoghi erano molto più familiari che per lui, lei che tra Nizza e Monte Carlo ci era cresciuta, ma quando riportò lo sguardo sul fidanzato notò una strana traccia di noncuranza sul suo volto, come se fossero arrivati esattamente dove lui aveva previsto. In una specie di campo, dopo essersi allontanati dalla costa? Sembrava la location perfetta per l’incipit di un film horror.
“Stai facendo di tutto per incoraggiare un pazzo a spuntare dal nulla e affettarci con una motosega?”
“Donna di mala fede. Ecco, tieni.”
Joël parlò scuotendo la testa con disapprovazione mentre, slacciata la cintura di sicurezza, si voltava per recuperare qualcosa dal sedile posteriore, consegnando a Sabrina una spessa coperta grigia che la strega prese guardandolo attonita togliere la capote nera dell’auto.
Se non altro ora capiva perché Joël le avesse consigliato di vestirsi pesante e il perché della coperta, ma Sabrina continuava a non avere idea del perché si trovassero in quel punto buio, deserto e sperduto, e continuò a guardare perplessa il fidanzato mentre si slacciava la cintura a sua volta, affrettandosi ad avvolgersi la coperta attorno quando percepì un primo brivido di freddo.
Joël invece, apparentemente incurante del freddo – forse temprato dagli anni vissuti a New Orleans e dagli inverni ben più rigidi della Luisiana – si sfilò il telefono da una tasca del cappotto per scrivere qualcosa a qualcuno, abbozzando l’ennesimo sorrisetto compiaciuto quando lo ripose tornando a guardare Sabrina, che lo osservava con l’aria spaesata di chi non ha la più pallida idea di che cosa stia succedendo.
“Non hai ancora capito? Caspita, ti devo aver sopravalutata, ero convinto che avresti capito quando ho tolto la capote… Forse questi ti aiuteranno.”
Joël si sporse verso il cruscotto dell’auto per aprire lo sportello, cercando di non ridere quando percepì la pressione dello sguardo infastidito di Sabrina sulla propria nuca: se c’era qualcosa che la strega mal sopportava, oltre alle sorprese, era sentirsi sbeffeggiare.
“Come potrei aver capito, se non vedo niente? E vieni qui, non voglio che ti prendi una polmonite.”
Anche se sbuffando Sabrina si mosse sul sedile di pelle per avvolgere un lembo della coperta anche attorno a Joël, che la ringraziò mostrandole il suo candido e affascinante sorriso prima di passarle un abnorme confezione di M&M’s gialla e un cestino di carta chiuso da un coperchio di plastica che conteneva fiumi di popcorn salati.
“Cosa…”
Sabrina guardò attonita il cibo che Joël le aveva messo in mano – esattamente il genere di schifezze per cui andava matta e che si era dovuta negare per praticamente tutta la vita –, la voce ridotta ad un sussurro, ma prima che potesse dire altro un enorme fascio di luce che si diramò da dietro l’auto la sorprese, portandola a sobbalzare prima di voltarsi prima verso il retro dell’auto e poi verso la direzione opposta, ritrovandosi a guardare un enorme rettangolo luminoso proiettato su quella che sembrava la facciata di un vecchio capannone abbandonato.
Sabrina, le labbra carnose dischiuse per la sorpresa, guardò sgomenta il logo della Paramount proiettato ad una ventina di metri da lei mentre Joël si sistemava la coperta sulle spalle sorridendo soddisfatto, guardando la sorpresa farsi largo sul bel volto della strega invece che il maxi-schermo improvvisato. Quando poi il logo della casa di produzione lasciò il posto ad un nome, il suo nome, Joël vide le pupille dilatarsi negli occhi scuri di Sabrina e la strega, sgomenta ed euforica al tempo stesso, voltarsi verso di lui subito dopo per guardarlo con uno dei sorrisi più raggianti che la avesse mai visto sul volto:
“Ma è… è uno dei miei film preferiti!”
“Lo so. Allora, che ne pensi della mia sorpresa?”
Joël fece per aprire l’enorme cestino di carta dei popcorn per prenderne una manciata, fortemente soddisfatto della perfetta riuscita della sua sorpresa, ma Sabrina intercettò i suoi gesti e si sporse verso di lui per baciarlo prima di dargli il tempo di farlo, scoccandogli più e più baci a stampo sulle labbra prima di allontanare il viso dal suo di qualche centimetro per sorridergli e ringraziarlo con un mormorio, gli occhi scuri luccicanti e visibilmente felici mentre i titoli di testa scorrevano davanti a loro sulla facciata del capanno.
“Ne sono felice. Cerca solo di non mangiarteli tutti, i popcorn, sto morendo di fame.”
Joël le strizzò l’occhio prima di intrecciare una mano a quella della strega e con l’altra aprire il cestino per raccogliere una manciata di popcorn, ruotando la testa per rivolgersi allo schermo pur continuando a percepire lo sguardo meravigliato di Sabrina su di sé:
“Ma come hai fatto?!”
“Shh! Non vorrai perderti l’inizio di un film che sai a memoria, spero.”
Joël sollevò le loro mani intrecciate per depositare un bacio sul dorso di quella della strega, sorridendole con un che di adorante nello sguardo prima che Sabrina, capita l’antifona, annuisse e appoggiasse il capo sulla sua spalla per farsi rapire dalla voce narrante della sua attrice preferita. Forse in fondo, anche se passava da sempre la sua vita a pianificare tutto, preferiva non saperlo.







Continuiamo con le coppie dell'Hotel con la mia bambina e il suo musicista, che amo follemente❤️
Grazie ancora a Neardja, penso la più grande fan delle coppie di questa storia che sono ormai in procinto di salutare, per avermi chiesto di scrivere di questi due❤️

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III. Il gentiluomo e la sua principessa ***


III. Il gentiluomo e la sua principessa  




Se glielo si avesse chiesto ogni singolo studente di Hogwarts si sarebbe di certo trovato d’accordo a proposito di come nei mesi invernali il villaggio di Hogsmeade raggiungesse il suo massimo splendore, quando le luci, le decorazioni natalizie e soprattutto i soffici strati di neve che ne rivestivano ogni superficie lo portavano a sembrare in tutto e per tutto l’interno di un globo di vetro.
Ogni singolo studente eccetto Adela Quested, la cui ammirazione per il pittoresco paesaggio invernale era solita svanire nel momento stesso in cui il suo viso e i suoi arti andavano a scontrarsi con il rigido clima scozzese che ogni anno, puntualmente, avvolgeva Hogwarts e dintorni. L’inverno poteva anche essere gradevole, da vedere, su questo la Corvonero poteva anche trovarsi d’accordo. Ma solo da guardare, al riparo dietro al vetro di una solida finestra, preferibilmente con in mano un libro e avvolta da una soffice coperta di lana.
L’avversione nutrita da Adela nei confronti del freddo le faceva vivere con particolare insofferenza le gite che la scuola organizzava puntualmente ogni anno nel mese di febbraio: fosse stato per lei si sarebbe anche risparmiata le labbra e le mani screpolate e arrossate dal freddo o i piedi gelidi, ma disgraziatamente la sua migliore amica e il suo prima amico e fidanzato poi glielo avevano sempre impedito; così Adela aveva dovuto affrontare ogni singola gita invernale ogni singolo anno, anche se quell’ultima gita, doveva ammetterlo, sembrava avere un qualcosa di diverso. E non solo perché era, di fatto, la sua ultima visita al villaggio quando questi si ritrovava coperto dalla neve – anche a fronte di anni e anni di lamentele, dovette ammettere suo malgrado che quella considerazione le fece comunque provare un sincero moto di nostalgia – ma anche perché per la prima volta non sedeva attorno ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa insieme ai suoi sopracitati amici, ma solo in compagnia di Hector. Charlotte era stata infatti ben felice, di auto-estromettersi dalla loro consueta e annuale uscita a tre per lasciare ai suoi migliori amici un po’ di privacy, e anche se Adela era grata all’amica per quella decisione poteva chiaramente percepire il suo pentimento dal momento che a causa della solita folla accalcatasi all’interno del pub l’amica pur di sedersi si era ritrovata a dover malauguratamente condividere il tavolo con il suo “acerrimo nemico”, William Cavendish.
Era difficile non sentire gli insulti che i due si stavano scambiando a circa dieci metri di distanza, ma Adela fece comunque del suo meglio per non prestare attenzione alle loro voci – e anche per non ridere – mentre sollevava il pesante boccale di Burrobirra che Hector le aveva galantemente portato appena poco prima: ogni anno Adela si ritrovava a considerare quanto quella deliziosa, dolce e calda bevanda ripagasse ogni singolo minuto di esposizione alle intemperie scozzesi, e dopo averne assaporato una generosa sorsata si allontanò il boccale dal viso schioccando le labbra screpolate con soddisfazione mentre Hector, seduto di fronte a lei, la guardava con un che di intenerito e di divertito nei grandi occhi celesti da sopra il bordo del suo.
“Stai ridendo per Charlie? Fossi in te eviterei, potrebbe indirizzare su di noi la furia che di norma riserva su Cavendish.”
“No, non mi permetterei mai.”
Hector scosse la testa con un movimento appena percettibile del capo mentre appoggiava nuovamente il boccale sul robusto tavolo di legno attorno al quale erano seduti, persistendo nel guardarla divertito e sorridendo mentre tamburellava con tocco leggero le dita della mano destra sul vetro.
“Allora ridi di me?”
Che cosa mai poteva avere, lei, di tanto divertente? Adela si ritrovò a guardare il fidanzato inarcando un sopracciglio e spalancando un poco, sorpresa, i grandi occhi castani da cerbiatta. Hector non rispose, ma scosse la testa e indicò il suo labbro superiore senza riuscire a reprimere un sorriso:
“Sei adorabile.”
Dopo una iniziale e breve confusione Adela si sfiorò istintivamente il labbro superiore con l’indice e si ritrovò, inorridita, a tastare della schiuma bianca. La giovane strega avvampò, affrettandosi a recuperare un tovagliolo per tastarsi le labbra dopo aver rivolto una debole e assai poco convinta occhiata di rimprovero al fidanzato – lo conosceva da sei anni e sapeva quanto fosse fisicamente impossibile avercela con Hector Grayfall per più di dieci secondi consecutivi –:
“Potevi anche dirmelo prima! Mi avrà vista mezza scuola.”
“Nonostante io reputi te bellissima e assai probabile il fatto che tutti ti guardino quando entri in una stanza penso che tu possa rilassarti: staranno tutti ascoltando e scommettendo su chi avrà la meglio nella rissa imminente tra Charlie e Cavendish.”
Hector continuò a sfoggiare un sorriso tiepido e a guardarla, apparentemente dimentico della sua Burrobirra, mentre accennava debolmente con il capo in direzione della loro amica, il capo leggermente reclinato e sorretto dalla mano destra. Adela invece sollevò il suo boccale per sorseggiare dell’altra Burrobirra, ma appena prima di sfiorarne la schiuma tiepida con le labbra un pensiero le attraversò la mente, portandola a bloccare la mano a mezz’aria e a guardare Hector con le sopracciglia aggrottate a conferirle un’aria pensosa:
“Sai, anche Darcy ed Elizabeth all’inizio si detestavano. Pensa se finissero con lo sposarsi…”
Per un singolo e breve istante Hector, visibilmente sorpreso, parve rifletterci seriamente, ma subito dopo rise e liquidò il discorso con un gesto della mano, scuotendo la testa come se la fidanzata avesse appena condiviso con lui un’assurdità:
“Via, Adela, non esagerare con la fantasia. Non viviamo in un romanzo!”
 
 
 
 

 
Penso che questa sia la coppia più “delicata” di cui io abbia mai scritto. Non c’è gentiluomo più gentiluomo di Hector nelle mie storie e Adela è la sua degna metà. In quest’ambientazione idilliaca bisogna immaginare gli schiamazzi di Charlotte sullo sfondo sonoro, il che spiega perfettamente perché tra le due quella perfetta per Hector è sempre stata Miss Quested🤍
A stasera con le altre OS!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV. I due improbabili ***


IV. I due improbabili

 
 
Mancavano quattro giorni a San Valentino quando il suo migliore amico scelse il peggior momento del mondo per telefonare ad Audrey Simmons, impegnata a cercare di impedire ai suoi due figli di prendersi per i capelli per contendersi il telecomando della tv. Le mani volte a cercare di trattenere i due bambini, la strega aveva risposto al telefono stringendolo nell’incavo del collo con l’ausilio della spalla destra, stringendo i denti per trattenere un’imprecazione mentre Eurus reclamava il suo diritto a guardare le Winx senza l’opposizione del fratello minore.
“Erik, non è un buon momento!”
Audrey aveva risposto solo e soltanto perché il suo migliore amico era anche un suo collega che per di più quel giorno sapeva essere di turno, e da brava Auror non poteva certo tirarsi indietro se un collega chiamava per, potenzialmente, chiederle un favore di qualche tipo. Tuttavia Audrey si pentì quasi immediatamente di quella decisione, non appena udì la voce familiare dell’amico rivolgerlesi in un sussurro, quasi come se Erik si fosse nascosto da qualche parte e non volesse assolutamente che la loro conversazione venisse intercettata dalle orecchie altrui:
“Audrey, il 14 non sei di turno, mi puoi tenere d’occhio i bambini al pomeriggio?”
“Ti ricordo che ho già i miei a cui badare… Basta, finitela, nessuno guarderà la tv!”
Audrey riuscì finalmente a strappare il telecomando dalle mani di Zephiros, dopodiché fece cenno minacciosamente ai due bambini di filare lontano dalla sua vista. Li guardò soddisfatta ed esausta al tempo stesso sfrecciare rapidi fuori dalla stanza – di certo diretti in camera di uno dei due per continuare a litigare lontano dalla madre – e quando furono spariti dal suo campo visivo la donna poté finalmente prendere saldamente in mano il telefono e tornare a rivolgersi all’amico:
“Haze lavora? Non posso lasciare le pesti infernali a casa da sole. Troverei una scena del delitto al mio ritorno.”
“No, ho già guardato. Sarò a casa anche io, devi solo fare in modo che non mi disturbino più del dovuto.”
Audrey, di fronte a quella strana richiesta, non poté far altro che inarcare un sopracciglio: che cosa doveva fare Erik per necessitare del suo aiuto per badare ai figli quando lui stesso sarebbe rimasto a casa con loro?
“Scusa, ma che devi fare?!”
 
 
Audrey non aveva esitato ad accettare quando era riuscita ad estorcere ad Erik – non era stato facile cavare informazioni da un ex torturatore riluttante, ma infine ci era riuscita a suon di minacce e provocazioni – il motivo della sua richiesta, anzi quattro giorni dopo era uscita dal camino del soggiorno di casa sua con un sorriso raggiante sul bel viso, spolverandosi la cenere dalle spalle e dai capelli mentre le fiamme smeraldine generate dalla Polvere Volante si spegnevano progressivamente nel braciere dietro di lei:
“Allora, eccomi qui, dove sono le mie pesti preferite?”
“Ciao zia Audrey!”
Come di consueto ad ogni sua visita in casa Murray-Keenan Audrey venne accolta da una piccola frotta di bambini: Dorian, Harmony e Selene le corsero incontro sorridenti per farsi abbracciare, e la strega non esitò ad accontentarli mentre il piccolo Jared, l’ultimo arrivato, sonnecchiava placidamente nella sua sdraietta vicino al divano e in mezzo ai giochi che i fratelli maggiori avevano disseminato per tutta la stanza.
“Zia, Papà ci ha detto di non dire alla Mamma che venivi. Perché?”
Dorian la guardò inclinando leggermente la testa, dubbioso, e con i grandi occhi chiari pieni di curiosità, sguardo a cui Audrey rispose con un sorriso affettuoso e una carezza gentile tra i capelli castani:
“Perché vostro padre deve preparare una sorpresa per la mamma, e io devo fare in modo che voi non distruggiate la casa.”
“Che cosa deve fare?!”
Audrey fece per rispondere, senza riuscire a trattenere il sorrisino beffardo che le incurvò le labbra carnose, ma prima che potesse farlo Erik, questa volta con un tempismo a dir poco esemplare, sbucò dalla cucina per interromperla sul nascere:
“Ah, eccoti. Pensi di riuscire ad impedirgli di sfasciare qualsiasi superficie e di svegliare Jared mentre io sono in cucina?”
“Ho una certa esperienza con i bambini pestiferi, sì.”
“Papà, cosa devi fare?!”
Selene prese quasi a saltellare sul posto dall’agitazione per la curiosità e la necessità infantile di avere una risposta ma Erik non rispose, anzi si rabbuiò e a tutti e quattro sembrò dileguarsi nuovamente in cucina con una rapidità insolita. Mentre i tre bambini si scambiavano occhiate incuriosite, forse interrogandosi a proposito dell’improvvisa bizzarria del padre quando si solito quella strana in casa era sempre stata la madre, Audrey mormorò loro di seguirlo senza far rumore, prendendo Selene e Harmony per mano prima di dirigersi a sua volta in cucina insieme a loro.
Quando i quattro varcarono la soglia della cucina si ritrovarono a fronteggiare uno spettacolo del tutto inaspettato: sull’isola della cucina erano stati disposti farina, uova, zucchero e ciotole, ed Erik indossava un grembiule bianco che probabilmente era stato regalato tempo prima ad uno dei padroni di casa senza mai essere effettivamente tirato fuori dalla mensola delle tovaglie fino a quel giorno. Non solo, Erik stava parlando con qualcuno in videochiamata, una voce maschile particolarmente nota a tutti i presenti che echeggiò nella cucina:
“Perché c’è lo zio Hunter?!”
Dorian aggrottò le sopracciglia, sempre più confuso da quel pomeriggio così atipico, mentre Harmony adocchiava dubbiosa gli ingredienti disseminati sull’isola della cucina – i suoi genitori non si potevano definire propriamente portati per la pasticceria, le uniche torte che si erano mai viste in quella casa erano sempre state preparate da uno dei suoi numerosi zii o comprate – e Selene, udita la voce del fratello della madre, lasciava la mano di Audrey per raggirare l’isola e mettersi a saltellare davanti al mobile per riuscire ad entrare nell’inquadratura del telefono e salutare Hunter:
“Ciao Zioooo!”
La risata di Hunter riempì la cucina e subito il mago ricambiò affettuosamente il saluto della nipotina più piccola, che gli donò uno dei suoi radiosi sorrisi prima che il padre, sempre più messo a dura prova da quel pomeriggio e dalla penosissima idea che lui stesso aveva malauguratamente avuto, si chinava su di lei per metterle una mano sulla spalla e cercare di avere la sua attenzione:
“Harmony, mi serve il telefono adesso, vai a giocare con la zia Audrey, ok?”
“Secondo me sarebbe una lezione di vita molto istruttiva per loro, stare a guardare…”
Audrey si strinse nelle spalle, parlando con una finta nonchalance che le permise di guadagnarsi la più truce delle occhiate da parte del suo migliore amico mentre Dorian, ormai quasi esasperato, spostava ritmicamente lo sguardo dal padre alla zia e viceversa:
“Che cosa?!”
Fu, finalmente, Audrey a dargli una risposta, chinando serissima lo sguardo su di lui mentre Hunter, dall’altro capo della telefonata, cercava con tutte le sue forze di non ridere di fronte all’espressione cupa che aveva rapidamente preso vita sul viso del cognato:
“Bambini, oggi assisterete a qualcosa del tutto nuovo: vostro padre che prepara una torta. Vostro padre che fallisce miseramente. Ci sono stuzzichini in giro per goderci la scena? Ciao Hunter!”
“Ciao Audrey!”
“Finitela di salutarvi tutti e cominciamo. Ma perché ho avuto questa idea…”
 
Quello sarebbe forse stato ricordato da Erik Murray come uno dei pomeriggi più lunghi di tutta la sua vita, sia a causa delle sue pessime doti in merito alla preparazione di dolci, sia a causa del contributo che i suoi tre figli più grandi insistettero per dargli ma che naturalmente finì solo col rallentare ulteriormente la preparazione del dolce.
Eppure, dopo un paio di esaurimenti multipli e troppa farina e uova sprecate, Erik era riuscito miracolosamente ad ultimare la torta e a pulire la cucina prima che Maxine tornasse a casa dal lavoro. Ringraziato Hunter per il suo prezioso aiuto – era assai probabile che senza il cognato non ci sarebbe mai riuscito –, salutato Audrey e mandati i figli maggiori a finire i compiti ad Erik non restò che badare a Jared in attesa che Max tornasse a casa. La strega varcò la soglia di casa un’ora dopo, stanca dopo un pomeriggio passato a servire clienti spesso incontentabili o maleducati e del tutto certa di trovarsi di fronte, come quasi ogni sera, ad un disastro di dimensioni epocale fatto di giocattoli e vestiti sparsi ovunque.
“Ehy, sono tornata. Oggi un delirio, era pieno di gente a cui serviva un regalo dell’ultimo minuto, roba da matti…”
Max si sfilò le scarpe e le sistemò nella scarpiera – come sempre disordinatissima grazie al suo contributo e a quello dei bambini – dell’ingresso prima di addentrarsi nell’appartamento che si trovava sopra al suo negozio, trovandolo insolitamente silenzioso. Con gli anni aveva imparato che un’eccessiva quiete poteva molto spesso destare più preoccupazione di un gran baccano quando si aveva più di un figlio, e subito la strega si domandò quale tragedia potesse essersi verificata in sua assenza mentre varcava la soglia del soggiorno con i piedi scalzi fasciati da degli accecanti calzini gialli con i pois arancioni. Erik diceva sempre di provare fitte di mal di testa solo guardandoli, ma Max era solita replicare sostenendo che il marito non ci capisse nulla.
La strega si fermò sulla soglia della stanza inarcando un sopracciglio quando scorse i suoi tre figli più grandi seduti uno accanto all’altro sul divano, tutti con gli occhi puntati sullo schermo della tv accesa sopra al camino e in religioso silenzio. Di solito si accapigliavano per il telecomando per decidere che cosa guardare su Disney+ e la pace a cui si trovò ad assistere la stupì non poco:
“State guardando la tv insieme? In silenzio?!”
“Ciao mamma!”
Dorian, Selene e Harmony volsero in sincro lo sguardo sulla madre per salutarla e sfoderare tre sorrisi da perfetti angioletti che la insospettirono ancora di più e incrementarono il suo nervosismo, ormai certa che qualche tragedia dovesse essersi verificata nel corso del pomeriggio: da quando i suoi bambini erano diventati dei teneri angioletti?
“Papà dov’è?”
“In cucina. Noi abbiamo già finito tutti i compiti.”
Max impallidì, certa che se Dorian aveva già finito i compiti di geometria prima di cena la questione doveva essere molto più grave del previsto, e si affrettò ad attraversare la stanza – il pavimento non era ricoperto di giocattoli?! – per andare in cucina, dove avrebbe chiesto al marito che cosa fosse successo in sua assenza. Che fosse morto qualcuno e le avessero fatto trovare la casa in perfette condizioni per indorarle la pillola?
“Erik, che cosa caspita è successo oggi pomeriggio?! I bambini non sarebbero così bravi nemmeno se arrivasse il Ministro in persona, e Dorian ha già finito geometria?! E dove sono i calzini sparsi in giro e i lego che puntualmente calpestiamo un giorno sì e l’altro pure?! E… la cucina è pulita?!”
Maxine aprì la bocca perdendo subito dopo la capacità di richiuderla quando si ritrovò di fronte ad una cucina talmente in ordine e pulita da nemmeno sembrare quella di casa sua che vedeva tutti i giorni. Dov’erano le ditate dei bambini, le briciole sparse ovunque e i bicchieri della Marvel e delle Principesse Disney ammucchiati nel lavandino? Fortunatamente Erik – che poco prima aveva provveduto a dare una ripulita anche a se stesso oltre che alla cucina, visto quando lo aveva provato la sua esperienza di pasticceria – le sorrise con calore, sciogliendo ogni dubbio in merito a qualche orribile notizia in arrivo.
“Visto che stasera non saremmo potuti uscire ho convinto i bambini a comportarsi bene e a finire i compiti prima del tuo ritorno per far sì che non ti stressassi troppo. Buon San Valentino Max.”
Erik accennò in direzione di qualcosa sistemato sull’isola della cucina – il rivestimento di marmo non era mai sembrato così lucido – e solo all’ora Maxine notò il piatto bianco sul quale era stata sistemata una torta ricoperta di panna bianca e da cuori rossi glassati che, a giudicare dalle forme, la strega immaginò fossero opera dei suoi figli.
“È per me?! Aspetta, l’hai fatta tu?! Come hai fatto? Hai drogato e legato i nostri figli?!”
“No, ho chiesto aiuto a Audrey, che per inciso ha delle imbarazzantissime foto di me sporco di farina e panna ovunque, ricordami di ricattarla per riaverle indietro e non vederle diffuse a tutto il Dipartimento.”
Max sorrise mentre si avvicinava al marito per abbracciarlo, appuntandosi mentalmente di chiedere le foto all’amica per incorniciarle mentre sorrideva tenendo le mani allacciate sul retro del collo di Erik, solleticandogli i capelli biondi con le dita.
“Lo sai, questo è decisamente il più bel regalo che potessi farmi. Ma ora voglio assaggiare la torta. Senza che i bambini lo sappiano ovviamente, gli dico sempre di non poter mangiare dolci prima di cena.”
 “Possiamo mangiare la torta?!”
Dorian scelse quell’esatto momento per parlare sovrastando il volume della televisione, e Maxine alzò gli occhi al cielo prima di rispondere alzando a sua volta la voce:
No, dopo! Anche se, se l’hai fatta tu… c’è da fidarsi?”
Max sapeva di non essere la persona più adatta per sollevare perplessità sulla cucina altrui, ma se si trattava di dolci suo marito era penoso tanto quanto lo era lei, e allontanò ritraendosi leggermente il viso da quello di Erik per gettargli un’occhiata incerta mentre il mago, al contrario, accennava un sorriso divertito con gli angoli delle labbra:
“Mi ha aiutato tuo fratello.”
“Allora va bene. Passami un coltello, ma in silenzio, quelli sentono qualsiasi cosa. Ma come hai fatto a fare in modo che si comportassero così bene?!”
“Li ho corrotti ovviamente.”






Grazie a Chemy per avermi chiesto di scrivere questa OS, questi due assurdi soggetti non smetteranno mai di divertirmi❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V. Due piccoli tassini ***


V. Due piccoli tassini  

 


Pur non avendone alcuna voglia Shou Park si stava recando in Biblioteca per raggiungere sua cugina, che quell’anno si era fatta più tiranna che mai in merito ai compiti e alla vita scolastica. I voti di Shou non avevano mai brillato particolarmente, anzi, a causa dello scarsissimo interesse che il ragazzo riversava nello studio, ma quando aveva iniziato l’ultimo anno ad Hogwarts i suoi genitori gli avevano imposto di migliorare la sua media almeno in qualche materia in previsione degli esami che avrebbero posto fine alla sua carriera scolastica e ovviamente sua cugina era stata incaricata di fare in modo che ciò accadesse. Il Serpeverde si stava quindi trascinando svogliatamente verso il secondo piano del castello insieme a libri, boccette d’inchiostro e penne d’oca quando, superando un arazzo rosso scuro che ricopriva quasi completamente la parete di pietra del pianerottolo, ebbe appena il tempo di realizzare che il tendaggio era stato scostato prima di sentirsi afferrare bruscamente per un braccio e trascinare dietro all’arazzo.
Shou stava per tirare un pugno sul naso al suo aggressore quando, fortunatamente, si rese conto di avere di fronte nientemeno che il suo migliore amico, ritrovandosi quindi a sospirare mentre si sistemava stizzito la manica del maglione nero che Malai gli aveva stropicciato afferrandolo.
“Malai, che cazzo fai?!”
“Mi serve aiuto, sono in crisi!”
Ritrovatosi in un anfratto buio e gelido del castello, illuminato solo da un paio di torce appese alle pareti, dietro ad un arazzo che raffigurava Merlino alle prese con un qualche non ben identificato intruglio Shou guardò l’amico chiedendosi perché non fosse andato a cercarlo normalmente e si fosse invece appostato lì dietro per tendergli un’imboscata, ma decise di sorvolare e di passare al problema successivo mentre il Tassorosso lo guardava con aria da cucciolo abbandonato sul ciglio della strada.
“A me servirà aiuto se faccio tardi con Lilianator, quella mi uccide più rapidamente di un Basilisco!”
“Lo so, lo so, e infatti sarò breve. San Valentino si avvicina…”
Salazar prendimi con te ti prego…”
“E io non so che cosa regalare a Marley! Non ho mai dovuto fare un regalo di San Valentino prima d’ora.”
Malai mugugnò disperato mentre spostava il peso da un piede all’altro, incapace di star fermo e preda dello sconforto per la paura di fare il regalo sbagliato alla sua fidanzata mentre Shou, esasperato, lo guardava scuotendo la testa con disapprovazione: proprio a lui andava a chiedere consiglio su un regalo di San Valentino?
“E lo vieni a dire a me?! Malai, nemmeno io ho mai fatto un regalo di San Valentino.”
“Sì ma tu sei il mio migliore amico, quindi devi darmi un consiglio. Volevo preparare una presentazione PowerPoint ma qui purtroppo non funziona niente, quindi ho riassunto una mappa concettuale su questo quaderno…”
Malai aprì la sua borsa per tirare fuori un quaderno a spirale verde con i dinosauri e Shou si guardò attorno chiedendosi quanto sarebbe stato difficile sgusciare fuori dall’anfratto senza che l’amico se ne rendesse conto. Forse avrebbe dovuto aspettare che si facesse prendere dalla sua presentazione e poi, una volta distratto, fuggire attraverso l’arazzo.
 
 
“Ma dove accidenti eri, brutto maleducato?! Non sono qui a fare i comodi tuoi, io!”
In realtà fu un bene per Shou che il luogo dell’appuntamento designato fosse la biblioteca, perché Lilian non poté alzare la voce eccessivamente – o sputare fiamme – quando il cugino raggiunse lei e Priscilla ad un tavolo che avevano interamente occupato con pile e pile di rotoli di pergamena, calamai sparsi in giro e libri. Il Serpeverde sedette vicino a Priscilla – di fronte alla cugina, per nulla intenzionato a starle troppo vicino – e appoggiò la borsa sul tavolo con uno sbuffo infastidito, per nulla intenzionato a subirsi una ramanzina non dovuta:
“Ok, non rompere, per una volta non è colpa mia. Stavo arrivando in orario e poi Malai mi ha braccato per il regalo di Marley. Non sa cosa prenderle, io gli ho detto di prenderle qualcosa legato all’Astronomia visto che è fissata.”
“Buona idea.”
Priscilla gli sorrise e Shou ricambiò, grato della sua presenza che di solito impediva a Lilian di fare eccessivamente la tiranna, annuendo compiaciuto mentre apriva la borsa per prendere i libri. Sperò di aver portato le materie giuste, o a quel punto Lilian lo avrebbe seppellito vivo sotto agli scaffali riservati ai volumi di Pozioni.
“Lo so, grazie. Avanti Lily, spiegami che cosa c’è da fare per Storia.”
“Trasfigurazione.”
“Stessa roba.”
 
 
“Non so che cosa regalare a Malai! Voi lo conoscete bene da tanto tempo, aiutatemi!”
Marley marciava avanti e indietro di fronte a Lilian e a Priscilla dopo aver dato loro appuntamento in un’aula vuota, tormentandosi i lunghi capelli castani mentre non faceva che misurare a grandi passi la distanza tra la lavagna e la cattedra dove, di solito, sedeva il Professor Hawkes.
Lilian e Priscilla, sedute dietro a due banchi in prima fila, si scambiarono un’occhiata – dopo aver parlato con Shou ci avevano scommesso, che quel momento sarebbe arrivato anche per loro – prima che la Grifondoro si schiarisse la voce, non del tutto certa di capire perché tutti dessero tanta importanza ad una festa così insulsa:
“Marley, è carino che tu ti preoccupi, ma è la festa più idiota e sopravvalutata del mondo. Regalagli una montagna di cioccolata!”
“Lo so che è una festa idiota, ma è uno dei primi regali che gli faccio e vorrei regalargli qualcosa di più personale. Ma non mi viene in mente nulla!”
Marley scosse la testa sconsolata senza smettere di camminare, crogiolandosi nella disperazione mentre Lilian alzava gli occhi al cielo – non vedeva l’ora che quella dannata festa arrivasse e se ne andasse – mentre Priscilla, accanto a lei, si stringeva nelle spalle:
“Dinosauri. La risposta è sempre dinosauri.”
Lilian venne graziata da un lampo di genio e dopo aver udito le parole di Priscilla spalancò gli occhi scuri e schioccò le dita, indicando Marley come se avesse appena avuto una rivelazione:
“Jurassic Park. Prendigli qualcosa a tema.”
Che cos’è?!”
Marley smise di camminare per lanciare un’occhiata stranita alle due streghe, portando la Grifondoro a sospirare e a scuotere la testa:
“Ok, questo non dirlo mai a Malai. Non so come potrebbe reagire.”
“Ma questa roba va ordinata su Internet, come facciamo?”
Priscilla aggrottò le sopracciglia mentre si voltava verso Lilian, dubbiosa, ma questa volta mentre la Grifondoro rifletteva fu Marley a rispondere, abbozzando un sorrisetto:
“Beh…”

 
*

 

La scuola aveva ben pensato di organizzare una gita ad Hogsmeade in concomitanza di San Valentino, pertanto Marley e Malai si erano dati appuntamento nel Salone d’Ingresso del castello per percorrere insieme il tragitto fino al villaggio e poi recarsi ai Tre Manici di Scopa.
Solo quando si trovarono seduti uno di fronte all’altra Malai tirò finalmente fuori il suo regalo – Lilian e Shou gli avevano fatto giurare di non accompagnarlo da una serenata, e anche se proprio non ne capiva il motivo alla fine si era deciso a dare ascolto ai suoi migliori amici –, porgendolo a Marley con un sorriso pregno di nervosismo:
“Per te.”
Naturalmente Malai non si era esentato dal scegliere una carta regalo rossa piena di cuori – aveva stressato sua madre per una settimana per fargliela avere – e un sorriso un po’ divertito e un po’ intenerito increspò le labbra di Marley prima che la strega tirasse fuori dalla sua borsa un pacchetto a sua volta per porgerglielo:
“Grazie Malai. Tieni, buon San Valentino. Faccio schifo in queste cose, ma spero che ti piaccia.”
Il regalo di Marley era di forma curiosamente circolare – Malai aveva fatto ricordo a tutta la sua pazienza e ad una buona dose di imprecazioni per riuscire ad incartarlo decentemente, il giorno prima – e la ragazza strappò la carta rossa con i cuori con la fronte aggrottata e molta curiosità mentre Malai faceva altrettanto con il suo. Il ragazzo finì col sollevare con sguardo estasiato una felpa nera di Jurassic Park e un paio di calzini, di gran lunga i più belli sui quali avesse mai posato lo sguardo, verdi con i ricami di tanti piccoli dinosauri colorati. Marley invece si ritrovò a stringere tra le mani un piccolo mappamondo di vetro poggiato su un sostegno di marmo. Al tocco di Marley la sfera si oscurò completamente, e al posto di mettere in evidenza i continenti sulla superficie di vetro si ramificarono con sottili linee luminose costellazioni a lei piuttosto familiari.
“Porca Tosca Malai, è bellissimo, grazie. Lo adoro.”
Questa è bellissima! E anche questi! Aspetta, ma come hai fatto senza Internet?”
Finito di contemplare con sguardo innamorato i suoi regali dinosaurosi Malai aggrottò le sopracciglia mentre spostava lo sguardo sulla fidanzata, che invece sfoderò un sorrisino furbetto e gli strizzò l’occhio prima di portarsi alle labbra il suo boccale di Burrobirra:
“Con chi pensi di parlare? Altro che cioccolatini.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Che dolcini i nostri Tassini (Margot Protettrice dei Tassini sta shippando da qualche parte), come si a fa non voler loro bene💛🦡
Per capire come ha fatto Marley ad ordinare il regalo di Malai dovete leggere la prossima OS visto che, in un certo senso, sono “complementari” l’una con l’altra.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Vi. Regali tra piccoli nerd ***


VI. Regali tra piccoli nerd 




 
“Non so cosa regalare a Tallulah per San Valentino!”
Shou Park stava iniziando ad odiarlo davvero, il San Valentino. Quando Malai era capitato al tavolo dei Serpeverde disturbando il suo pranzo per esporgli un’altra mappa concettuale contenente le diverse opzioni per il regalo di Marley Shou aveva desiderato di sparire, ma quando anche Hiro lo aveva raggiunto sedendo accanto al Tassorosso per esporgli lo stesso problema il Serpeverde sfiorò mentalmente l’ipotesi di alzarsi e gettarsi dalla finestra più vicina. Il vetro avrebbe riportato un buco a forma di studente disperato e la Preside lo avrebbe ucciso, ma almeno sarebbe fuggito da quell’agonia.
“Voi due dovete spiegarmi una cosa semplicissima: io sono esperto di far pendere le ragazze dalle mie labbra, che è diverso di essere esperto di relazioni, perché come mia cugina ama ripetere giorno e notte io una relazione un briciolo seria non l’ho mai avuta. Quindi perché venite a chiedere aiuto a me?!”
Accigliato e, per una volta, sprovvisto di una risposta Malai prese a sfogliare il suo quaderno a spirale con i dinosauri, incapace di trovare una risposta in mezzo a tutte le sue congetture in vista di San Valentino:
“Questo punto non c’è nella mia presentazione! Dovrò rivedere qualcosa.”
“Perché siamo disperati. Dite che le ragazze sono prese meglio di noi?”
Hiro parlò inarcando un sopracciglio prima di voltarsi dubbioso in direzione del tavolo dei Corvonero e più precisamente di Tallulah, che stava confabulando con Priscilla e con una Lilian visibilmente scontenta di essere stata inglobata in quella conversazione. Forse in fin dei conti i Park non erano poi tanto diversi, si disse Hiro con un sorrisetto mentre Malai, accanto a lui, chiudeva il quaderno annuendo serissimo:
“Sicuro. A noi è più semplice fare regali.”
 
 
“Non so cosa regalare a Hiro per San Valentino!”
In teoria lei, Lilian e Priscilla si erano recate in Biblioteca per studiare e terminare una ricerca che avrebbero dovuto consegnare a Lumacorno il giorno seguente, ma da diversi giorni a quella parte tutto ciò a cui Tallulah Rice riusciva a pensare era San Valentino e il suo regalo per Hiro. Era il suo primo San Valentino con un ragazzo – naturalmente i suoi genitori avevano avuto la premura di farlo sapere a tutti i parenti spedendo gufi a destra e a sinistra per l’Inghilterra e gli Stati Uniti, con gran gaudio della giovane strega –, il suo primo regalo e non poteva fallire. Ma disgraziatamente non aveva lo straccio di un’idea.
“Ma chi caspita l’ha inventata questa festa insulsa?! E chi ha deciso che bisogna farsi dei regali?!”
Lilian Park non chiedeva altro che finire la sua ricerca e andarsene ad ascoltare un po’ di musica in santa pace, lontana da tutte le coppiette melense e zuccherose che si stavano sempre più rincoglionendo man mano che San Valentino si avvicinava. In particolare la Grifondoro non ne poteva più della faccenda regali, che in teoria nemmeno avrebbe dovuto riguardarla. Se non altro anche Shou, da quel che ne sapeva, era nella sua stessa situazione. Priscilla invece tacque, impegnata a scrivere qualcosa sul suo rotolo di pergamena con la sua bella calligrafia ordinata, troppo gentile per avere qualcosa da ridire.
“Il problema è che siamo bloccate qui, perché altrimenti potrei ordinargli qualcosa su Internet! Che vita di melma.”
Tallulah chiuse il libro di Pozioni Avanzate provocando un tonfo sordo che riecheggiò per tutta la Biblioteca e fece guadagnare qualche occhiataccia a lei e alle amiche da parte dei tavoli vicini, ma la Corvonero non ci badò, troppo impegnata a contemplare la sua sfiga onnipresente – pensare che avevano organizzato la gita in paese proprio a San Valentino, quindi non avrebbe potuto comprare qualcosa nemmeno ad Hogsmeade – mentre Lilian, come colta da un’illuminazione improvvisa, puntava gli occhi a mandorla su di lei con rinnovato interesse:
“Aspetta, hai detto Internet? Torno subito.”
Lilian si alzò scostando rumorosamente la sedia all’indietro facendo grattare le gambe sul pavimento di pietra e destando altri sguardi torvi da parte degli studenti vicini prima di allontanarsi in tutta fretta sotto gli sguardi attoniti delle due amiche, che la seguirono con gli occhi finchè la Grifondoro non sparì dietro uno scaffale.
“Non dirmi che sta andando a dire alla Preside di darci il Wi-Fi.”
“Conoscendola non mi stupirebbe.”
 
Lilian non aveva fatto ritorno al loro tavolo con un router ma in compagnia di Marley, e dopo aver spiegato alla Tassorosso il problema di Tallulah la Battitrice si era limitata a consigliare alle tre compagne di farsi trovare al terzo piano, davanti alla Statua della Strega Orba, quella sera alle dieci. Né Tallulah, né Priscilla né tantomeno Lilian erano particolarmente entusiaste all’idea di sfidare il coprifuoco e rischiare una punizione, ma la prima era talmente disperata da decidere di seguire l’indicazione di Marley e finire col costringere le amiche a fare altrettanto: “Se vado a fondo verrete a fondo con me.”
Quella sera alle 10 Lilian aveva lasciato la Sala Comune di Grifondoro per dirigersi al terzo piano, rincuorata dalla consapevolezza di essere un Prefetto e che difficilmente qualcuno si sarebbe interrogato eccessivamente vedendola in giro per i corridoi del castello. Giunta davanti alla statua indicata da Marley Lilian si era presto imbattuta in Tallulah e Priscilla, entrambe come lei con la vestaglia allacciata sopra al pigiama e le pantofole ai piedi.
“Continuo a non capire il perché di questo appuntamento.”
“Lo capirai presto.”
Sorridente, rilassata e al contrario delle altre tre vestita di tutto punto Marley si avvicinò alla statua prima di sfoderare la bacchetta, picchiettarne la gobba e mormorare un incantesimo. Con gran sgomento di Lilian, Priscilla e Tallulah la gobba si aprì, rivelando l’ingresso di quella che aveva tutta l’aria d’essere una galleria completamente buia.
“Che accidenti è?!”
“Un passaggio segreto che porta ad Hogsmeade dove, guarda caso, credo proprio che i telefoni prendano. Non per niente vi ho detto di portarne uno. Forza, andiamo, c’è un po’ da camminare.”
Dopo aver acceso la bacchetta con un Lumos non verbale Marley s’infilò all’interno della gobba come se l’avesse già fatto un miliardo di volte, e dopo l’iniziale stupore Lilian, Tallulah e Priscilla si affrettarono a seguirla, anche se Priscilla piagnucolò qualcosa riguardo all’espulsione che sarebbe toccata loro se le avessero scoperte.
“Da quanto tempo conosci questo passaggio?”
Tenere il passo con Marley non era un’impresa facile vista la falcata particolarmente energica e sostenuta della Tassorosso, ma Lilian fece del suo meglio per affiancarla guardandola stranita abbozzare un sorrisetto e stringersi nelle spalle mentre Tallulah e Priscilla ciabattavano dietro di loro guardandosi attorno con le bacchette accese.
“L’ho estorto a quell’allocco di Albus Potter tre anni fa, eravamo finiti in punizione insieme.”
“Però è divertente. Mi sento un po’ in Occhi di Gatto… O le Charlie’s Angels.”
“Peccato che quelle fossero tre, fighe e non girassero in vestaglia, Miss X.”
 

 
*

 
Marley aveva condotto le amiche fino alla fine della galleria e ad una scala di legno dai pioli talmente scricchiolanti da destare più di qualche preoccupazione in Lilian, Tallulah e Priscilla quando le tre si accinsero a salirla dietro la Tassorosso, che arrivata in cima afferrò il gelido manico d’acciaio di una botola per sollevarla di qualche centimetro producendo un tetro cigolio.
Dopo essersi assicurata che nessuno fosse in vista Marley sollevò lo sportello della botola e si issò agilmente in piedi per aiutare Lilian a fare altrettanto porgendole la mano, permettendo alla Grifondoro di ritrovarsi in quella che si presentò agli occhi della Grifondoro come una stanza gelida e completamente buia. La ragazza rabbrividì un poco mentre si stringeva nella vestaglia, estraendo la bacchetta per accenderla e fare un po’ di luce mentre anche Priscilla raggiungeva lei e Marley sul pavimento di legno, seguita da Tallulah.
“Dove siamo esattamente?”
“Nel magazzino di Mielandia. Molto comodo se si ha voglia di dolci, ma non siamo qui per questo. Tallulah, guarda se qui il telefono funziona.”
Anche se con scetticismo Tallulah obbedì, sfilandosi il telefono dalla tasca della vestaglia rosa confetto per provare ad accenderlo. Nei pressi di Hogwarts lo schermo era solito accendersi ad intermittenza prima che il telefono iniziasse a vibrare per poi spegnersi definitivamente, ma con gran stupore della Corvonero lì si accese normalmente donandole un po’ di speranza.
“Si è acceso! Incredibile! Ok, fate silenzio, chiamo mio padre.”
Sperando che suo padre fosse sveglio e che non iniziasse a farle troppe domande in merito a quella telefonata inconsueta Tallulah si accostò il telefono all’orecchio, attendendo con impazienza che qualcuno rispondesse finchè non sentì la familiare e sorpresa voce di Duncan salutarla.
“Papà? Sì, sono a scuola, circa, è una storia lunga, ti spiegherò. Senti, devo ordinare delle cose che arriveranno a casa nei prossimi giorni e poi tu e la mamma me le dovreste spedire a scuola, ok? È importante, devono arrivare entro il 14.”
Tallulah fece una pausa mentre ascoltava ciò che suo padre aveva da dirle e le sue amiche stavano in religioso silenzio. Lilian non riuscì a cogliere di preciso ciò che la voce di Duncan disse alla figlia, ma dal modo in cui subito il viso di Tallulah si rabbuiò ebbe modo di intuirlo, costringendosi a non ridere:
“Papà, fingerò che tu questa domanda non me l’abbia mai chiesta per salvaguardare il nostro rapporto. Mi mandi il numero della tua carta? Sì, poi ti risarcirò. Saluta la mamma, ciao.”
Tallulah pose fine alla telefonata con un sospiro esausto e Lilian le sorrise, divertita, morendo dalla voglia di sapere che cosa la avesse detto:
“Che ti ha chiesto?”
Non voglio dirlo a voce alta. Ora ordiniamo tutto, muoviamoci prima che mi venga voglia di svaligiare gli scatoloni delle Cioccorane per completare la collezione.”
“A me manca solo Gregory il Viscido…”
Marley si gettò un’occhiata desiderosa attorno, trattenendo l’impulso di fare incetta di Cioccorane per trovare l’ultima figurina che le mancava prima di ridestarsi e scuotere la testa con decisione, imponendosi di tornare a concentrarsi sulla loro missione:
“Ma siamo qui per i regali, forza.”
“Ragazze, mi sembra di sentire dei passi, forse dovremmo muoverci…”
Priscilla parlò con tono incerto mentre gettava un’occhiata ansiosa al soffitto sopra di loro, portando le altre tre ad imitarla prima che Tallulah, imprecando a mezza voce, si affrettasse ad aprire l’app di Amazon cercando di ignorare la sua infinita wishlist di prodotti nerd.
“Mi sento in colpa a scoccargli il Wi-Fi, ma con tutti i soldi che ho speso in dolci qui negli anni direi che possono considerarsi ampiamente risarciti.”
 

 
*

 
Mentre Marley e Malai si scambiavano i regali seduti ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa Hiro e Tallulah fecero altrettanto, seduti a qualche metro di distanza rispetto ai due amici.
Un principio di sospetto si era insinuato in Tallulah quando, dopo aver porto ad Hiro il suo regalo, lui aveva ricambiato consegnandole con un sorriso un pacchetto della stessa forma. Ma non era possibile che si fossero regalati le stesse cose come a Natale, si disse la Corvonero mentre strappava la carta – con i dinosauri? Doveva esserci lo zampino di un certo Tassorosso – per svelarne il contenuto sotto lo sguardo divertito di Hiro, che la stava imitando accennando un sorriso:
“Sì, la carta me l’ha data Malai. Non ne avevo altre.”
“Naturalmente. Porca Soia! Mi hai regalato Vegeta! E Sailor Moon!”
Tallulah dimenticò totalmente la carta con i dinosauri e tutti i dubbi provati fino a quel momento quando si trovò a stringere tra le mani le confezioni di due delle Funko Pop che mancavano alla sua collezione e che più desiderava ardentemente. La ragazza guardò adorando la miniatura del suo personaggio animato preferito – Vegeta sembrava scazzato anche in quella forma, perfettamente fedele all’originale – prima di aggrottare le sopracciglia color grano e tornare a rivolgersi al fidanzato: come aveva fatto ad ordinarle?
“Sono bellissime, grazie. Ma, aspetta…”
“Mi hai regalato il Maestro Muten e Goku con la nuvola d’oro! Era l’unica sua che mi mancava! Grazie, le adoro.”
Hiro sembrò preda del suo stesso entusiasmo quando vide il suo regalo, non stupendosi tanto per l’aver avuto la sua stessa idea, ormai ci stava facendo l’abitudine, quanto più per il fatto che in qualche modo anche la sua fidanzata doveva aver avuto accesso ad Internet. Come Tallulah anche Hiro aggrottò le sopracciglia mentre riportava lo sguardo su di lei, ricambiando l’occhiata stranita della ragazza:
“Ma come hai fatto ad ordinarle?!”
Per un istante i due si limitarono a guardarsi perplessi, finchè Tallulah non spostò lo sguardo sul tavolo di Marley e Malai, guardando il ragazzo infilarsi la felpa nera che Marley gli aveva regalato sotto lo sguardo entusiasta e adorante della ragazza. Hiro la imitò, voltandosi sulla sedia per seguire la direzione del suo sguardo e accennando un sorriso quando scorse Marley:
“Marley?”
“Shou?”
“Ovviamente. Ora tutto ha senso.”
 

*

 
“Fatemi il favore di spiegarmi perché siamo qui.”
“Beh, non potevamo certo andare ai Tre Manici di Scopa con i nostri amici, tutti in coppia, a San Valentino, non ti pare?”
“Però il tè e i dolci sono buonissimi.”
Priscilla si strinse debolmente nelle spalle prima di addentare una deliziosa focaccina alla marmellata prelevandola dalla ricchissima alzata per dolci bianca che era stata sistemata in mezzo al tavolo occupato da lei, Lilian e Shou, entrambi decisamente cupi e non proprio di ottimo umore.
“Prisci, lascia stare, tu vedi sempre il lato positivo e sei adorabile per questo, ma è una tragedia. Qui sono tutte coppiette sbaciucchiose e… e questi dannati coriandoli a forma di cuore stanno per nausearmi! Basta con questi coriandoli!”
Shou sollevò la testa per maledire il cherubino che continuava a lanciare coriandoli cuoricinosi a destra e a sinistra sul loro tavolo: la sua testa e il suo caffè ormai erano pieni di coriandoli rosa, bianchi e fucsia e Shou cercò di spolverarsi la chioma bionda dopo aver invitato il cherubino a farsi un giro, pena l’essere preso di mira da una raffica di scones imburrati.
“Ma perché la luce è così soffusa, non vedo niente!”
“È per l’atmosfera Lily. Hai presente, qui a parte noi sono tutte coppiette!”
“Immagino sia perché siamo in tre.”
Priscilla si strinse serafica nelle spalle mentre si guardava attorno nella sala da tè in cui lei e gli amici si trovavano, cercando di non focalizzare eccessivamente la propria attenzione sulle coppiette che li circondavano e che di tanto in tanto gettavano occhiate stranite verso di loro.
“Saremmo in due se Shou non ci si fosse incollato addosso come una sanguisuga. Che ne è delle tue mille ragazze, cugino? Ci stai venendo dietro per impedire a qualcuno on l’accento francese di accollarsi a Priscilla per caso?”
Lilian gettò un’occhiata in tralice al cugino mentre si portava la tazza di tè alle labbra, trattenendo a fatica un sorrisetto quando vide il cugino assumere una sfumatura molto simile ai coriandoli dei cherubini e alle tovaglie rosa che ricoprivano i tavoli circolari della saletta.
“No di certo. Solo mi andava la vostra compagnia. Quanto a Prisci, non deve nemmeno provare ad alzarsi da questo tavolo finchè resteremo qui.”
Shou decise di affogare la disperazione nel cibo e prelevò dall’alzata per dolci una gigantesca crostatina farcita da crema pasticcera e frutta assortita, togliendoci i pezzi di fragola a causa della sua allergia mentre la Corvonero, giusto in procinto di alzarsi per andare in bagno, lo guardava stranita:
“Ma io veramente dovrei andare in bagno...”
A Shou quasi andò di traverso la crostatina sentendo che l’amica aveva intenzione di alzarsi, e si ritrovò a tossicchiare attirando ancora di più l’attenzione sul loro tavolo prima di farle cenno di restare dov’era con sguardo implorante e terrorizzato al tempo stesso:
“Prisci sei impazzita, non puoi alzarti! Se ci vedono seduti da soli qui, oggi, la gente penserà che esco con mia cugina!”
Lilian stava per sorseggiare un altro po’ di tè ma le parole del cugino le fecero totalmente passare la voglia di ingurgitare qualsiasi cosa, destandole invece uno sgradevole modo di nausea che le risalì rapidamente la gola. La strega rimise la tazza al suo posto sul piattino, deglutendo a fatica prima di fare cenno al cugino di tacere senza nemmeno avere il coraggio di guardarlo.
“Ti prego non dirlo mai più, solo a sentirlo ho avuto pensieri di morte… Finirà prima o poi, questa stupida festa!”

 
*

 
“Dove pensate che siano Shou, Lily e Tallulah?”
Hiro parlò tenendo il braccio destro stretto attorno alle spalle di Tallulah, in piedi fuori dall’ingresso dei Tre Manici di Scopa insieme a Marley e a Malai. Non vedevano i tre amici da quella mattina, quando si erano avviati in direzione del paese.
“Immagino che siano andati a bere qualcosa da qualche altra parte… Ah, eccoli! Volete venire da Zonko con noi?”
Marley sfoggiò un gran sorriso quando vide i tre avvicinarsi camminando verso di loro lungo la strada principale e coperta da un soffice strato di neve del paese, chiedendosi il perché delle facce lugubri dei Park mentre agitava la mano libera avvolta da un guanto di lana giallo verso di loro in segno di saluto, l’altra stretta da quella di Malai.
“Dove eravate?”
Quando l’amico si fu abbastanza avvicinato Hiro rivolse a Shou un’occhiata incuriosita, ma il Serpeverde non rispose e tirò dritto in direzione di Zonko mentre Tallulah chiedeva spiegazioni a Lilian in merito alla sua faccia cupa e Priscilla cercava faticosamente di non ridacchiare.
“Non voglio parlarne. Non vorrò mai parlarne.”
Per Malai, il più alto del gruppo, non fu difficile adocchiare qualche minuscolo coriandolo rosa che aveva tutta l’aria d’essere a forma di cuore in mezzo ai lisci capelli biondi di Shou e il Tassorosso si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia mentre s’incamminava dietro di lui insieme a Marley, chiedendosi dove se li fosse procurati.
“Shou, perché hai dei cuori tra i capelli?!”
“Ancora?! Non me ne libererò mai, dannati cherubini!”
“Cherubini? Non sarai andato…”
Malai non finì la frase mentre Shou si spolverava i coriandoli superstiti dai capelli imprecando a mezza voce in coreano, scambiandosi un’occhiata con Marley prima di scoppiare fragorosamente a ridere. Lilian, che camminava dietro di loro tenendo Priscilla sottobraccio, divenne paonazza e desiderò di scavarsi una fossa lì, sul marciapiede, per sparire per sempre: si erano ripromessi di non farne mai parola con i loro amici e avevano già fallito dopo appena dieci minuti.
“Che avete da ridere?! È stata un’esperienza traumatizzante, non c’è niente di divertente! Madama Piediburro ci ha persino detto quanto fossimo una bella coppia quando siamo andati via, volevo morire!”



 
 
 
 
 
Mi rendo conto che Priscilla, Lily e Shou da Madama Piediburro non ha grande pertinenza con il resto, ma l’idea di quei tre bloccati in mezzo a coppiette zuccherose e cherubini lancia coriandoli rosa era troppo allettante per resistere. Scusate Shou e Lily💙


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4047270