Sarebbe Stato Un Tragitto Piuttosto Breve

di Woody Lee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sarebbe Stato Un Tragitto Piuttosto Breve ***
Capitolo 2: *** Morire Insieme Appassionatamente ***



Capitolo 1
*** Sarebbe Stato Un Tragitto Piuttosto Breve ***


Luigi e Michele stavano aspettando il bus da ormai dieci minuti quando lo videro arrivare in lontananza.
“Alzati!” disse Luigi.
Michele spense la sigaretta a terra, la schiacciò col piede e la fece scivolare sotto la panchina.
Si tirò su in piedi con un saltello. I suoi capelli erano perfettamente in ordine con tutto il resto del suo abbigliamento, chi lo guardava con più attenzione scopriva che Mik (chiamato così dai suoi amici più stretti), aveva almeno il doppio degli anni che dimostrava.
Indossava occhiali da sole Ray-Ban oro e masticava sempre una cicca.
Luigi, conosciuto nel suo mondo come “Luie”, invece aveva quarantasette anni, brutto come la fame e vestiva degli stracci sbiaditi.
Due completi opposti ma complici delle rapine e omicidi più famosi degli ultimi vent’anni, quella mattina ne misero in atto un’altra e fu un successo, come al solito.
Luie nascondeva una Beretta 98 nella cinta, il cappotto grigio lo rendeva più possente di quel che era e i baffi unti allontanavano tutti al primo sguardo.
Salirono sul 644 e si sedettero in fondo. Passarono davanti ad una dozzina di persone addossate ai finestrini. Una ragazzina con le cuffie girò lo sguardo verso i due e guardò negli occhi Mik.
Il freddo lo avvolse.
“Cristo santo, Mik! Dovevi per forza ammazzarla quella suora?” sospirò Luie.
“Chi? Quella? Ha giocato troppo con il diavolo, ha avuto quello che voleva.” Disse Mik masticando la cicca.
“Non dovevamo fare vittime questa volta, l’hai fatta grossa.” Lo riprese Luie.
“Cos’è? Hai paura del conte?”
“Non è il conte in sé, è come gestisce i suoi cazzo di affari andati male”.
“Cosa pensi che faccia? Se ci volesse morti l’avrebbe già fatto. Cazzo Luie, noi siamo i suoi protetti e penso di essermela meritata questa posizione gerarchica, no?”
Luie non rispose, aveva ancora l’immagine della suora con le viscere all’aria dopo essere stata colpita dall’auto che guidava Mik.
“Dico solo che in tutti questi anni sono morte solo persone cattive. I nostri nemici non sono di certo le cazzo di suore, tanto meno i bambini che l’hanno vista morire dissanguata. Queste sono le stronzate di cui il conte parla quando dice di non combinare stronzate!”
Mik bestemmiò più volte, anche picchiando il sedile vuoto davanti a lui.
“E se mandasse loro?” chiese Luie a bassa voce, quasi tremante.
Mik volse lo sguardo verso di lui.
“Loro chi?”
Si videro negli occhi, un brivido di freddo percosse Luie dalla testa ai piedi, tutto il suo corpo tremò.
“Che hai?” Mik percepì qualcosa, gli tenne il braccio, credette che stesse avendo un infarto.
“Sono loro!”
“Ma loro chi? Vuoi parlare?” Mik lo scosse per il braccio.
“Non c’è più niente da fare. Arriveranno a prenderti…o forse anche a prenderci, tanto ormai il mio destino è il tuo. Il conte avrà già saputo della suora morta e li avrà già comunicato i nostri peccati. Verranno a prenderci e ci lasceranno cadere dritti all’inferno. E questa è tutta colpa tua!” Luie iniziò a piangere come un bambino.
“Devi dirmi chi è che verrà!”
“Gli Angeli.”
Lo disse con un filo di voce, Mik lo aveva preso per il colletto, lasciò cadere sul sedile.
Gli angeli, conosceva la loro storia, anzi, ne conosceva diverse versioni.
Aveva sentito che provenissero dal paradiso, mandati da Dio stesso ad allearsi con gli umani per sconfiggere il male che affliggeva il mondo. I più credenti, devoti soprattutto alle religioni occidentali amavano questa teoria. Chi aveva la mente più aperta credeva fossero alieni venuti da galassie a milioni di anni luce dalla nostra. In quel mondo in guerra e malato, le famiglie più ricche e potenti della terra potevano permettersi di avere contatti con gli angeli e ricevere i loro doni. Mik non sapeva che razza di doni uno poteva ricevere da degli esseri così misteriosi, nessuno li aveva mai visti. Tranne appunto chi li contattava e le loro vittime.
“Non può mandare loro! Non può farci questo!” Mik si rese conto che la situazione si presentava senza molte speranze.
“Lo farà, vedrai”
“Ma come facciamo a saperlo se arrivano?”
“Nessuno lo sa per certo”
Mik volse lo sguardo sul corridoio del bus. La ragazzina a cui aveva fatto la linguaccia era in piedi e lo guardava, aveva un’aria strana anche se perfettamente normale, come un robot, dritta e tesa sulle sue gambe.
“Guarda” Indicò la ragazzina a Luie che allungò il collo per vedere oltre il sedile.
“Che cosa?” chiese.
“La ragazzina! Non mi molla gli occhi di dosso da quando siamo saliti. Secondo me sa qualcosa!” si alzò in piedi.
“Che vuoi fare?” Luie cercò di farlo sedere ma Mik sciolse la sua presa. Si sistemò i capelli e la giacca, camminò verso la ragazzina che continuava a fissarlo senza muovere un muscolo.
Luie rimase a guardare, vide Mik avvicinarsi a lei e dirle qualcosa in faccia. La ragazzina non rispondeva, ma stava alzando il braccio in alto. Mik si mise a ridere.
“Vuoi ballare?” Mik stava ridendo, non si accorse del coltello mirato al suo cuore.
Luie si alzò in piedi stremato.
Il coltello trafisse la carne spezzando le ossa, sentì il suo cuore impalato dalla lama affilata. Un solo fendente al cuore, come se fosse fatto di marmellata.
Mik indietreggiò, la ragazzina mutava la sua forma, duplicò i suoi occhi e le sue braccia, si sollevò in aria e iniziò a ruotare, nel mezzo di un autobus in movimento.
Mik cascò tra le braccia di Luie.
Aprì gli occhi per l’ultima volta e vide l’angelo prendere forma. I suoi occhi vedevano tutto e tutti, era indiscusso negare il proprio destino di fronte ad un essere così complesso e spaventoso.
La sua rotazione piegava i manici in ferro, sollevava la polvere. Mik morì, sospirò tra le braccia di Luie.

Tutte le altre persone si alzarono in piedi voltandosi verso Luie che piangeva abbracciando il suo amico morto.
“Vi prego non uccidetemi!” gridò Luie.
L’angelo si fermò, le centinaia di pupille caddero in quelle di Luie.
Immediatamente gli venne un ictus, cadde all’indietro sbattendo violentemente la testa; gli uscì sangue dal naso.
Il corpo di Mik si sollevò in aria, l’angelo creò uno squarcio spazio-temporale e lo attraversò seguito dal corpo di Mick e da tutte le altre persone che avevano cambiato forma diventando esseri mostruosi e indescrivibili.
Luie era cosciente, voleva morire. Nulla era peggio del dolore che avrebbe provato per il resto della sua vita.
 
 

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Capitolo 2
*** Morire Insieme Appassionatamente ***


Luie impugnò la sua Beretta 98 con tutte e due le mani.
“Apri quella di vetrina merda o la spacco con la tua cazzo di testa, brutto stronzo!”, urlava al ciccione in camicia, terrorizzato a morte.
“Che fai? Piangi?”, si avvicinò Mik con il suo mitra, indossava dei guanti neri in pelle. “Si è cagato sotto o sono i suoi pantaloni, avanti spara!”
“No, no. Aspettate”, deglutì ed il ciccione si mosse aprendo il lucchetto della vetrina, Luie lo spinse facendolo rotolare a terra e aprì il borsone che aveva sulla schiena.
Con l’assoluta mancanza della sua grazia, Luie gettava tutta l’argenteria e i diamanti esposti dentro la borsa mentre Mik parlava agli ostaggi come se stesse indicando le uscite di emergenza su un aereo.
“E’ solo una questione di attimi, signora, la smetta di piangere. Non morirà nessuno oggi, fidatevi. Appena il mio amico avrà finito, ce ne andremmo come se nulla fosse. Per favore, non vi muovete da terra o sarò costretto a richiamare la vostra attenzione!”.
Diede un colpo con la sua mano al mitra facendola sferragliare per un istante. Una decina di persone erano sdraiate una accanto all’altra nel centro del negozio. Legati ai piedi e alle mani con delle fascette c’erano in tutto tre commessi, un agente della sicurezza e altre sei persone, gli sfortunati clienti della gioielleria dove Mik e Luie tentavano il colpo.
Luie tornò da Mik con il borsone pieno.
“Prendi anche l’incasso della settimana. La cassaforte è di là”, disse Mik.
“Per la beneficienza dei bambini, che so io…libanesi!”, rispose Luie.
“Si, i per i bambini in Libania”, gridò Mik.
Luie entrò sul retro del negozio e trovò la cassaforte. Sparò ad essa ripetutamente e ritirò tutti i soldi dentro ad una sacca azzurra che nascose sotto il grosso cappotto grigio.
Tornò nella sala principale, prese Mik per la manica e camminarono verso l’uscita.
“Signore e signori, non ci siamo ancora presentati. Io sono Luie, questo è Mik e siamo stati i vostri rapinatori di questa mattina. Spero che via stata sgradita lo vostra permanenza”, i due s’inchinarono ripetutamente, come gli attori a teatro per la standing ovation.
“Siete stato un pubblico eccezionale e ricordate, se non denunciate, vivrete più a lungo!”, finì Luie con un inchino e gettò il mitra a terra vicino agli ostaggi, poi uscirono spingendo la porta d’entrata con le loro schiene e corsero via.

Luie prese da un taschino un cronometro e lo fermò.
“Dodici minuti e quarantasei secondi, niente male.”
“A quant’era il nostro record?”, chiese Mik guardandosi nella vetrina di una pasticceria mentre camminavano velocemente in mezzo alla gente. Milano a quell’ora era sveglia da qualche ora e il traffico era di punta. Molta gente scendeva verso la metro, sentiva la puzza di piscio provenire da ogni angolo delle strade.
“Nove minuti”, rispose Luie rimettendo il cronometro nel taschino di sinistra, sotto di essa, nella tasca interna, era nascosta la sua Beretta.
“Colpa del ciccione, voleva fare l’eroe”.
Alcune volanti della polizia sfrecciavano nella direzione opposta a loro e aumentarono il loro passo.
“Dobbiamo muoverci, la macchina è parcheggiata davanti a quella chiesa, in fondo.”
Mik si accese una sigaretta e si sentì decisamente meglio.
“E’ quella?” chiese Mik indicando l’Audi A3 nera parcheggiata proprio davanti alla chiesa.
“Si, muoviamoci. Siamo troppo scoperti qui”, rispose Luie quasi mettendosi a correre.
Luie cercò la chiave dietro ai parafanghi delle ruote di sinistra e la trovò in quella posteriore mentre una voce usciva dalla chiesa alle loro spalle.
“Ma insomma, non li vedete i cartelli?” gridava la donna.
Mik, girandosi, vide una suora avvicinarsi.
“Siete in divieto di sosta, due uomini come voi dovrebbero saperlo” continuò la suora.
“Sorella, ce ne stiamo andando, veda di calmarsi” disse Luie.
“Non ditemi di calmarmi. È tutta la mattina che cerco di chiamare le autorità per farla spostare. Questo è un luogo pubblico, ci sono i bambini… questo è un orfanotrofio!”, la suora incrociò le braccia e si avvicinò sempre di più a Luie che salì in macchina in fretta, picchiò il ginocchio sul volante, gli fece un male cane e la sua pazienza finì.
“Non la passerete liscia!” disse infine la suora. Luie le puntò la Beretta in faccia, s’immobilizzo dalla paura e quasi si mise a gridare.
“Mi faccia un favore suor…”
“Aurora” disse velocemente la donna.
“Mi faccia un favore suor Aurora, perché non torna dentro a prendersi cura dei suoi bambini? Sono certo che avrà tante cose da fare questa mattina!”
Suor Aurora indietreggiò di qualche passo ma rimase ferma a fissare la canna della pistola. Luie sospirò e la gettò sui sedili posteriori e scese dalla macchina.
Luie si avvicinò spostandosi qualche ciocca riccia e unta dietro le orecchie.  
Le parlò sottovoce.
“Mi dispiace di averla spaventata, non siamo persone cattive, solo i nostri intenti lo sono. Non vogliamo fare del male a nessuno”
“Siete assassini?” chiese con voce tremante.
“No, no, macché. Siamo solo uomini d’affari piuttosto stressati. Nessun assassino dei dintorni, che io sappia.”
Suor Aurora rilassò le spalle e sciolse le braccia da un intricato intreccio, segnale che a Luie non mancò di notare, appoggiò la sua grossa mano sulla schiena della suora e la accompagnò all’entrata.
“Le do la mia parola che ce ne stiamo andando. Non c’è bisogno di…”
“Luie! salta in macchina, ORA!”
Mik gridò dalla macchina, Alcune volanti della polizia stavano sfrecciando verso di loro a sirene spiegate. Mik prese il posto del guidatore e accese l’auto. Luie si dimenticò in fretta della suora e corse a entrare in macchina sul lato passeggero.
“Vai, vai vai!”, gridava Luie riprendendo la pistola in pugno.
Le ruote dell’Audi sgommarono e i due partirono in quarta esattamente quando una scolaresca di bambini stava uscendo dall’edificio di fronte. Luie pensò che fossero i bambini dell’orfanotrofio diretti in chiesa per la messa.
“Questa non ci voleva” disse.
L’Audi disegnò un ciambella sull’asfalto e corse nella direzione opposta, I bambini stavano già iniziando ad attraversare la strada mentre l’Audi passava sgommando. Suor Aurora gridava ai bambini di fermarsi, di non
attraversare.
Appena il piede toccò l’asfalto, l’Audi la centrò in pieno facendola volare di qualche metro in avanti, batté la testa contro il marciapiede e l’ultima cosa che vide era lo pneumatico della macchina.
Luie e Mik sentirono chiaramente le ossa del cranio di Suor Aurora rompersi e spezzarsi come se stessero schiacciando delle noci. C’era sangue dappertutto, i bambini urlavano e altre suore correvano da una parte all’altra in preda al panico.
Mik bestemmiò, Luie fece il segno della croce.
La polizia l’inseguiva, avevano tre pattuglie dietro di loro.
“Dobbiamo prendere la tangenziale, l’unico modo è quello per seminarli!”, disse Mik.
“A quest’ora? Ci fermerà il traffico, altro che gli sbirri”, gridò Luie incazzato nero.
“Se hai idee, sputale adesso!”
Luie abbassò il finestrino, uscì col busto e mirò con la pistola alle gomme degli sbirri. Sparò qualche colpo e una volante perse il controllo andando a sbattere violentemente contro un albero, un’altra volante non riuscì a scansarsi in tempo e la centrò in pieno. Luie e Mik gridarono una mezza vittoria ma rimaneva ancora una pattuglia da eliminare.
Luie lesse un cartello e ordinò a Mik di svoltare a destra, sapeva guidare meglio di Luie e per un attimo gli venne da sorridere. Una derapata degna di Colin McRae segnava di nero l’asfalto della strada trafficata, con grande maestria riuscivano ad evitare ogni macchina davanti a loro superandole in velocità.
“Dobbiamo seminarlo sul Sempione, dobbiamo lasciare la macchina”
“Ma come cazzo facevano a sapere che eravamo lì?” urlava Mik.
“Non è il momento di fare domande Mik! Pensa a guidare!”, gli ordinò Luie.
Uscì di nuovo dal finestrino dopo aver cambiato la cartuccia alla beretta, sparò ancora qualche colpo verso la volante. Con sua grande sorpresa, un proiettile colpi in volto il poliziotto dietro al volante, l’abitacolo venne riempito di sangue e la macchina si cappottò centrando un’auto parcheggiata.
Mik lanciò un urlo di vittoria e cambiarono strada per sicurezza.
Si fermarono sotto ad un cavalcavia e scesero entrambi. Mik prese i borsoni con i gioelli mentre Luie versava la benzina da una tanica che prese dal bagagliaio. Lanciò uno dei fiammiferi di Mik e l’auto si accese come un falò.
“Abbiamo vinto Luie, ce l’abbiamo fatta, ora ci serve solo portare i borsoni all’indirizzo che ci ha dato il conte e possiamo andarcene”, non avendo risposta, gli prese il braccio.
“Luie, abbiamo vinto, andiamocene!”
 Luie non lo ascoltava, guardava invece l’auto bruciare, i suoi occhi illuminati dalle fiamme, voltò il suo sguardo verso il socio e con espressione serissima gli chiese: “A quale prezzo?”
 

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