Casa Legan

di Gatto1967
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dovere signore ***
Capitolo 2: *** si scoprì indignato a quelle parole ***
Capitolo 3: *** riempire quel senso di vuoto ***
Capitolo 4: *** Fai la cameriera non la schiava! ***
Capitolo 5: *** SONO STATA CHIARA?!!! ***
Capitolo 6: *** D'accordo, vada per Terence ***
Capitolo 7: *** L'odiata Casa Legan ***
Capitolo 8: *** Ci sei sempre stata ***



Capitolo 1
*** Dovere signore ***


La lussuosa automobile entrò nel cancello di Casa Legan a Lakewood, e si fermò proprio davanti alle scale d’ingresso.

Ne scese un giovane uomo sui vent’anni d’età. Era vestito molto elegantemente e portava lunghi capelli castani sciolti sulle spalle.

Prese dal bagagliaio della sua auto una valigia e salì le scale.

Arrivato al portone prese l’anello in ferro fissato al legno della porta e bussò energicamente.

Dopo poco la porta si aprì e apparve una ragazza di circa sedici anni in uniforme da cameriera con il volto pieno di lentiggini, che portava i lunghi e ondulati capelli biondi sciolti sulle spalle.

-Buongiorno. Desidera?-

-Buongiorno a lei signorina. Sono atteso dal signor Legan.-

-Il signor Legan non è in casa al momento, posso annunciarla alla signora. Chi devo dire?-

-Mi chiamo Terence Grandchester, e vengo da Londra.-

-Ah certo, il signor Legan ha lasciato detto del suo arrivo signor duca.-

Rispose la ragazza accennando un inchino.

-Andiamo! Non c’è bisogno di inchinarsi signorina. Non sono mica il re d’Inghilterra!- disse lui con un sorriso amichevole.

-Prego si accomodi signor duca. Vado a chiamare la signora.-

Il giovane duca si sedette sul divano indicatogli dall’avvenente ragazza e dopo pochi minuti una donna sulla quarantina, vestita molto elegantemente arrivò ad accoglierlo.

Lui si alzò e le baciò la mano che lei gli porgeva.

-Benvenuto signor duca.-

-La signora Legan immagino.- 

-Certamente, ma prego: accomodiamoci nel mio salotto privato.

Candy!-

-Sì signora.-

-Fai portare il bagaglio del signor duca nella stanza degli ospiti e poi portaci un tè, svelta!-

-Certo signora.- rispose lei inchinandosi.

Così la biondina lentigginosa si chiama Candy, pensò Terence Grandchester che non poté evitare di sentirsi indispettito al tono di voce con cui la padrona di casa si era rivolta a quella ragazza.

Lui, pur così burbero e scostante, aveva sempre trattato con rispetto le persone che lavoravano per lui.

 

Poco dopo la signora Legan e il giovane e importante ospite sorseggiavano il tè portato da Candy.

-Puoi ritirarti Candy! Penserai dopo a ripulire.-

-Certo signora Legan.-

La ragazza si ritirò e la signora Legan si rivolse a Terence Grandchester.

-Mio marito si scusa, ma i suoi impegni di lavoro lo hanno trattenuto a Chicago un giorno in più. Arriverà dopodomani mattina. Nel frattempo lei, signor duca, sarà nostro gradito ospite.-

-Non c’è problema signora Legan, mi riposerò dalla fatica del lungo viaggio. Sà, arrivare da Londra fino a questo paese sulle rive del lago Michigan non è certo una passeggiata.-

-Certo che no, io mi sono recata a Londra una volta, qualche anno fa, per andare a trovare i miei figli che studiavano lì, e mi ricordo che il viaggio sembrava non finire mai.- disse lei con un sorriso che sapeva di falso lontano un miglio.

-I suoi figli… Neal e Iriza se ben ricordo. Hanno studiato con me alla Royal Saint Paul School.-

-Già. Mio figlio Neal mi ha detto di averla conosciuta signor duca.-

-Loro e anche i loro cugini, i fratelli Cornwell.-

-Noi e la famiglia Andrew decidemmo di mandarli in Inghilterra dopo la morte del loro povero cugino, Anthony Brown. Pensi: quel ragazzo morì che aveva solo quattordici anni per una caduta da cavallo.-

-Sì lo so, Stear me lo ha raccontato. Una terribile disgrazia che ha segnato le vostre famiglie.-

-E così mandammo i nostri ragazzi a Londra per fargli cambiare un po’ aria. Salvo poi farli rientrare qualche mese fa. Con il clima di guerra che si respira in Europa…-

-Non credo che si arriverà ad una guerra con i grandi imperi dell’Europa centrale, e anche ammesso che scoppi sarà al più un conflitto, come dire… continentale che non toccherà il suolo britannico.-

-Speriamo che non scoppi affatto.-

-Speriamolo.-

-Mi parli di lei signor duca. Lei è molto giovane eppure suo padre le ha affidato questa trattativa.-

-Oh in realtà la trattativa è già bella che conclusa.- disse lui sorridendo -Io devo solo firmare il contratto, farlo firmare a suo marito, e riportarlo a Londra. È un modo, parole di mio padre, per farmi fare “i primi passi nell’intricato mondo degli affari”.-

-Beh, è un ragionamento corretto. Lei un giorno prenderà in mano le redini del suo illustre casato.-

Quella donna era più viscida della figlia, pensò il giovane duca.

-I suoi figli sono a Chicago?-

-Sì certo. Neal comincia a muovere, come lei, i primi passi nell’intricato mondo degli affari, e Iriza tesse relazioni mondane nel mondo dell’alta società. In realtà è un’affarista molto più scaltra del fratello.- disse lei quasi ridendo.

-Immagino che lei avrebbe voluto rivederli…-

Sì come no, pensò Terence, quella coppia di viscidi e intriganti. Li avrebbe sì rivisti, ma solo per prenderli a pugni come meritavano.

 

Patty inciampò e cadde a terra. Si portò le mani agli occhi e cominciò a piangere. Neal e i suoi amici l’avevano spintonata in cerchio fino a farla cadere, e adesso uno di loro la afferrò per i capelli mentre Neal le disse: -Se adesso abbai ti lasciamo andare.-

-Sì giusto.- aggiunse uno dei suoi degni amici -Facci il cane e…-

Non finì la frase: un pesante pugno gli cadde sul viso e lui cadde a terra.

-Terence!- esclamò Neal

-Che accidenti fai Terence? Non sono affari tuoi!-

-Siete dei vigliacchi! In quattro contro una ragazza! Battetevi con me se avete il coraggio!-

I quattro si avventarono contro Terence, ma lui non ebbe difficoltà a metterli in fuga, poi guardò la ragazza che continuava a piangere. Come si può essere così vigliacchi da attaccare una ragazza indifesa? 

Per un attimo, ma solo per un attimo, vide un altro volto sovrapporsi a quello della timida e spaurita ragazzina china a terra. Un volto più forte e sicuro, ma il volto di chi?

Poi rivide la fragile Patty e si chinò su di lei e la aiutò a rialzarsi.

-Tutto bene signorina?-

-Sì certo, grazie a lei signor Grandchester.-

-Perché quei vigliacchi ce l’avevano con lei?-

-Perché ieri ho risposto male a quella strega di Iriza Legan.- rispose lei singhiozzando.

-Tutto qui?-

-Già, tutto qui, e Iriza è stata anche punita. È da qualche tempo che mi ha preso di mira.-

 

-…credo proprio che non mancherà occasione.-

In quel mentre qualcuno bussò alla porta.

-Avanti.- disse la padrona di casa.

-Mi scusi il disturbo signora Legan.- disse Candy dopo aver aperto la porta. -È arrivato questo telegramma da suo marito.-

-Dai qui.-

Ancora quell’accidenti di tono di voce, pensò Terence, ma chi crede di essere questa?

-Oh, questo è seccante!-

-Cattive notizie signora Legan?-

-Mio marito si scusa con lei signor Grandchester, ma è stato trattenuto a Chicago da un Consiglio di Amministrazione imprevisto che si terrà dopodomani e potrebbe protrarsi per più di un giorno. Prevede di essere qui per sabato o al massimo domenica.-

-Beh, sembra che dovrò cambiare il biglietto del piroscafo.- disse Terence dando l’aria di prenderla con filosofia.

-Sono mortificata signor Grandchester. Ovviamente lei sarà nostro gradito ospite per tutto il tempo che sarà necessario.- 

-Almeno non dovrò preoccuparmi di cercare un posto dove dormire. Avrei bisogno di un ufficio postale. Devo mandare dei telegrammi.-

-Certamente, la farò accompagnare in città con la nostra automobile e…-

-Non si disturbi signora, sarò lieto di muovermi un po’ con la mia macchina. Se la signorina qui presente può accompagnarmi posso recarmici anche subito.-

-I-io signore?-

-Sì certo, io non conosco la città, ho bisogno che qualcuno mi indichi le strade.-

-Io… dovrei aiutare in cucina, non so se…-

-Ti esento io dal lavoro in cucina Candy! Vai pure col signor Grandchester.-

-Va bene signora. Mi dà il tempo di cambiarmi signor duca?-

-Certamente signorina.-

 

Poco dopo Candy raggiunse l’importante ospite di Casa Legan alla sua automobile. 

Indossava un semplice abito rosso e stivali bianchi bordati di rosso.

-Prego signorina, si accomodi.- le disse Terence aprendole la portiera della macchina.

Lei sorrise timidamente, indubbiamente compiaciuta da tanta gentilezza, in genere gli ospiti di Casa Legan erano tutti altezzosi con lei, che veniva puntualmente additata come la plebea reietta, ma quel giovane no. Quel giovane era gentile.

 

-Posso chiederle una cosa signorina?-

-Mi dica signore.-

-Come fa a sopportare la signora Legan?-

Lei accennò una risata.

-In realtà non è difficile. Basta foderarsi occhi e orecchie, e pensare che in fondo è quella famiglia che mi passa il pane ogni santo giorno. E per una come me, cresciuta in un orfanotrofio, senza famiglia né appoggi di alcun tipo, non è poco.-

-Potrebbe trovare un altro lavoro.-

-E lei crede che sarebbe meglio di così? Questi ricconi sono tutti uguali!-

Conscia della gaffe fatta, la ragazza avvampò.

-Mi scusi signore. Non dovevo permettermi!-

Terence si mise a ridere.

-Non si dia problema signorina. Non tutti i ricconi sono uguali, ma devo ammettere che ha le sue ragioni a pensarla così. Questi borghesi americani arricchiti poi, sono insopportabili. Giocano a fare i nobili europei, ma non sanno niente della vera nobiltà.-

Arrivarono rapidamente in città e Candy indicò al nobiluomo dove si trovava l’ufficio postale.

Parcheggiata la macchina proprio davanti all’ufficio postale, i due scesero e salirono le scale.

-Terence! Terence Grandchester! Sei proprio tu?-

Terence si girò alla sua sinistra.

-Stear! Stear Cornwell! Ma che ci fai qui?-

-Io ci vivo a Lakewood, almeno d’Estate. Ma tu perché ti trovi dall’altro capo dell’Oceano?-

-Non me ne parlare! Devo concludere un affare con la famiglia dei tuoi simpaticissimi cugini.-

Il giovane chiamato Stear proruppe in una sonora risata.

-Almeno ti sei risparmiato di incontrarli! Sono a Chicago e loro a differenza mia non amano Lakewood.-

-E quello sciagurato di tuo fratello come sta?-

-È partito proprio ieri per Chicago, per poco non vi siete incontrati.-

-Peccato! Mi sarei fatto volentieri un’altra scazzottata con quel finto biondo.-

-Ma finiscila… oh salve signorina White.-

-Signor Cornwell…-

-Vi conoscete?-

-Certo che ci conosciamo, la signorina White lavora per la famiglia dei nostri poco amati cugini… oh mi scusi signorina, non volevo metterla in imbarazzo.-

Candy rise sotto i baffi.

-Non si preoccupi signor Cornwell, può contare sul mio più assoluto silenzio.-

Dopo aver sorriso alla ragazza, Stear si rivolse di nuovo al suo vecchio compagno di scuola.

-Quanto ti fermi qui a Lakewood?-

-Fino a domenica sicura, e forse oltre. Pare che tuo zio sia stato trattenuto a Chicago e io ho bisogno della sua firma su alcuni pezzacci di carta.-

-Bene! Allora dobbiamo assolutamente vederci! Anch’io partirò domenica.-

-Affare fatto Cornwell! Adesso devo mandare un po’ di costosi telegrammi per spostare il biglietto del mio piroscafo.-

-A presto allora. Verrò a cercarti a Casa Legan!-

 

Una volta che Terence ebbe sbrigato quello che doveva sbrigare, lui e Candy si avviarono verso casa.

-Non mi dica che anche Stear Cornwell è come gli altri “ricconi”.- disse lui 

-Oh no!- disse lei ridendo di quella sua risata cristallina. -Lui e suo fratello sono gentili con noi della servitù, ma non posso certo dire che siano miei amici: li conosco solo di vista.-

-Signorina White. La ringrazio di avermi accompagnato.-

-Dovere signore.-

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Capitolo 2
*** si scoprì indignato a quelle parole ***


Neal e Iriza si stavano divertendo a tormentare quella squallida orfanella che il padre aveva voluto far venire in casa loro. Neal le aveva sottratto prima la lettera che lei stava leggendo, e poi la strana spilla che le era caduta dalla tasca.

La spilla con lo stemma degli Andrew, come faceva ad avercela lei? Dove diavolo l’aveva presa?

I due perfidi ragazzini si stavano rimpallando quella spilla mentre Candy piangeva.

-Ehi! Guarda la stupida come piange!- sghignazzò lui.

-La prego signor Neal… mi ridia la mia lettera e quella spilla…-

-Se ce lo chiedi in ginocchio potrei anche accontentarti…-

A quelle parole una pesante mano si abbatté sulla guancia del pestifero ragazzino.

-Papà… ma cosa…-

-Restituisci subito a Candy ciò che è suo!-

-Ma papà… noi…-

-Mi hai sentito Neal?!!! O ne vuoi ancora?!!!-

Davanti alla minaccia di suo padre, Neal fece quanto gli era stato ordinato.-

-E adesso chiedete subito scusa a Candy!-

-Papà… stavamo solo scherzando…- provò a giustificarsi Iriza.

-Ho detto: chiedete subito scusa!-

Così incalzati i due ragazzini fecero quanto loro ordinato.

-Scusa.-

-Scusa.-

-Anch’io ti faccio le mie scuse Candy.- disse Raymond Legan -Torniamo a casa adesso, ti garantisco che quello che è successo oggi non succederà più.

E voi due ascoltatemi! Candy lavora per noi d’accordo, ma esigo che la rispettiate, lei e tutti gli altri nostri dipendenti. Sono stato chiaro?-

Uno alla volta Neal e Iriza assentirono, sapevano che con il padre non c’era da scherzare.

 

Terence scese la scala che portava a pianterreno e si sentì salutare proprio da Candy.

-Buongiorno signor Grandchester!-

-Buongiorno signorina White… temo di aver dormito un po’ troppo e che l’ora di colazione sia passata da un pezzo.

-Oh non si preoccupi! Siamo sempre pronti a servire la colazione agli ospiti dei signori Legan. Prego, si accomodi da quella parte, nella sala per la colazione. Provvedo subito a farla servire.-

-La signora non è in casa?-

-La signora si è recata in visita presso la residenza degli Andrew e lì si tratterrà anche a pranzo. Mi ha dato precise disposizioni affinché la assista in ogni sua necessità signore.-

-Beh, cominciamo a fare colazione intanto, poi vedremo.-

 

Consumata un’abbondante colazione Terence uscì dal salotto e Candy gli si fece incontro.

-Posso servirla in qualcosa signore?-

-Temo di no signorina, in una giornata così, avrei voglia di fare una cavalcata ma non credo che…-

-Oh, non c’è problema signore, mi segua prego!-

Candy accompagnò Terence in una stanza dove si trovavano completi da cavallerizzo sia per uomini che per donne.

-Ecco signore, può scegliersi il completo della sua misura e cambiarsi, intanto io faccio preparare un cavallo.-

-Grazie signorina, ma… la signora non se ne avrà a male?-

-Al contrario! Ha dato precise disposizioni in merito.-

-Non posso davvero lamentarmi dell’ospitalità della signora, e nemmeno della sua, signorina.-

-Oh, io faccio solo il mio lavoro signore. La aspetto qui fuori vicino alla scalinata.-

 

Poco dopo Terence cavalcava la mite Cleopatra intorno alla vasta tenuta di Casa Legan, ma dopo un po’ cominciò ad averne abbastanza. Quella cavalla, per quanto docile, non era la sua Theodora, e cavalcarla gli dava malinconia.

Ma soprattutto non riusciva a levarsi dalla testa quella ragazza… Candy.

Dopo aver fermato Cleopatra di modo che potesse abbeverarsi ad un ruscelletto che scorreva sotto di lui, chiuse gli occhi e gli sembrò di sentire il suo odore, la sua voce, la sua risata cristallina. Gli sembrò di percepirla come non l’aveva ancora mai vista. 

Come se la Candy che finora aveva conosciuto non fosse la vera Candy, non completamente.

Quale dolore si portava dentro quella ragazza dai lunghi capelli biondi e ondulati?

 

Rientrando a casa la trovò ad attenderlo proprio sulle scale d’ingresso.

-Bentornato signore. Lasci pure a me Cleopatra, penso io a governarla mentre lei può rinfrescarsi e cambiarsi.

-Grazie… Candy.-

Lei sorrise inconsapevolmente a quell’attimo di confidenza.

-Dovere… signore.-

 

Dopo aver pranzato Terence ringraziò le cameriere che lo avevano servito e poi chiese loro di Candy.

-Credo che stia mangiando anche lei signore, in cucina insieme al resto della servitù. Dopo pranzo poi generalmente si mette a camminare in mezzo al bosco per almeno un’ora. Poi ritorna e non smette più di lavorare fino a sera. Comunque le dirò che la desidera.-

-Oh no signora, non la disturbi! Io sto andando a riposarmi un po’. Poi credo che imiterò Candy e andrò anch’io a camminare nel bosco. Mi creda: non mi serve niente.-

 

Nel pomeriggio la signora Legan rientrò dalla sua visita alla zia Elroy a villa Andrew, e subito chiese a Candy notizie del suo ospite.

-Questa mattina ha voluto fare una cavalcata, gli ho messo a disposizione Cleopatra.-

-Giusta scelta. È una cavalla molto docile.-

-Poi dopo pranzo non l’ho più visto, prima è andato a riposarsi e poi è uscito a fare una passeggiata.-

-Eccomi signora Legan.- disse Terence rientrando in casa in quel momento. -Non può rimproverare niente alla signorina White. È stata semplicemente perfetta.-

-Sono lieta che si sia trovato bene signor Grandchester. Mi scuso per non essere stata presente oggi, ma avevo questo impegno familiare a cui non potevo sottrarmi.-

-Si figuri signora. Non deve preoccuparsi per me: domani passerò la giornata con il mio amico Stear Cornwell.-

-Bene signor Grandchester, come desidera.-

 

Il giorno successivo Terence uscì da Casa Legan abbastanza presto, e nello scendere le scale incontrò di nuovo Candy, nella sua compassata uniforme da cameriera, che puliva i corrimani della scala.

-Buongiorno signore.- lo salutò lei con un sorriso molto contenuto.

Per quanto Terence avesse indubbiamente conosciuto molte belle ragazze, quella Candy gli suscitava qualcosa di diverso. Con quelle lentiggini che le adornavano il naso e la faccia, la trovava adorabile.

-Buongiorno signorina.-

-Oh andiamo! Può chiamarmi Candy, come fanno tutti qui a Casa Legan.-

-Va bene Candy, e tu allora chiamami Terence.-

-Cosa dice signore?- disse lei avvampando -Io sono una cameriera! Cosa direbbe la signora Legan?-

Già, pensò il giovane, le stupide convenzioni della società altolocata di ogni paese, che fosse l’America o la vecchia Europa.

-La colazione è pronta signore…- disse lei ricomponendosi a stento 

-…se vuole accomodarsi…-

 

Consumata un’abbondante colazione Terence uscì di casa per recarsi dal suo amico Stear e arrivò a Villa Andrew trovandolo in una rimessa intento ad armeggiare alla sua automobile.

-Ciao Stear! Sempre impegnato con le tue diavolerie?-

-Ciao Terence! Non chiamarle diavolerie, ti ricordi quando in Scozia ho fatto ripartire il tuo aereo?-

-Sì, per farlo precipitare dopo neanche un minuto di volo. Per fortuna non ti eri alzato molto in quota.-

-Senti, ti va di passare la giornata in città? Sai, fra qualche giorno arriva Patty dall’Inghilterra e vorrei comprarle qualcosa di carino.-

-Patty?!?!? Ma allora la vostra storia è andata avanti!-

-Sì certo, insomma noi…-

-Ehi! Mica devi darmi spiegazioni! Sei un uomo fortunato Stear!-

-Grazie… sai, lei mi ha raccontato di quando l’hai salvata da Neal e dai suoi compari…-

-Oh, quella volta mi sono solo sgranchito un po’ le mani. Quei debosciati non valevano niente.-

-Dai, entriamo in casa che devo lavarmi le mani e rinfrescarmi la faccia. Poi possiamo andare, ma non con la mia trappola fatta in casa sta tranquillo. Useremo una vera automobile.-

-Buon per noi.-

 

-E Archie? Continua a vedersi con la fricchettona appassionata di moda?-

Stear rise a quella definizione, e per poco il caffè servito loro dall’efficiente governante di casa Andrew non gli andò di traverso. 

-Ottima definizione per Annie Brighton!- commentò ridendo -Comunque sì, continuano a frequentarsi.-

-E tu?- chiese dopo aver sorseggiato un altro po’ di caffè -di quanti cuori continui a far strage?-

-Ma smettila! Io non sono tagliato per una relazione stabile.-

-Non vuoi continuare il tuo casato?-

-Che vada al diavolo il mio casato! I duchi di Grandchester possono anche estinguersi per quanto mi riguarda.-

-E… quella bionda con cui ti accompagnavi ieri?-

-Chi? Candy? Mi stava solo accompagnando all’ufficio postale. 

Tu la conosci?-

-Solo di vista, lavora per i Legan da quando era una bambina. Povera ragazza… mi ricordo che anni fa la vidi che accompagnava i miei cugini a fare compere nei negozi di Lakewood. Loro camminavano davanti e lei dietro carica come un somaro. E quei due bastardi la prendevano in giro…-

Terence si scoprì indignato a quelle parole, sapeva che Neal e Iriza erano due sbruffoni, ma l’idea che potessero trattare in quel modo quella povera ragazza…

 

Stear e Terence passarono l’intera mattinata in città, fermandosi a mangiare in una paninoteca, uno di quei posti dove si mangia in piedi e con le mani. Un posto inconsueto dove vedere due ricconi del loro stampo, ma nel quale i due ragazzi si trovarono assolutamente a loro agio.

Di ritorno a Villa Andrew passarono con la macchina sotto il cancello delle rose.

-Molto belle queste rose Stear…-

-Le coltivava il povero Anthony…-

-Quel tuo cugino morto da piccolo? Anche tua zia mi ha parlato di lui. Deve proprio esservi rimasto nel cuore…-

-Aveva solo 14 anni. Non si può morire a 14 anni.-

-Purtroppo sono cose che capitano Stear. La vita va avanti e non siamo noi a decidere chi va avanti e chi si ferma prima.-

-No… certo che no…- disse Stear vincendo a stento l’emozione.

 

Rientrando a Casa Legan Terence vide un assembramento dei servitori nei pressi della stalla.

Si avvicinò e riconobbe Tim, un ragazzo che si occupava dei cavalli, seduto a terra, e inginocchiata vicino a lui Candy sembrava che gli stesse lavando il braccio mentre lui mugolava.

-Coraggio Tim! La ferita ora è disinfettata. Adesso te la fascio.-

-Cos’è successo?- chiese Terence a uno dei servitori

-Tim si è tagliato il braccio mentre spostava il fieno per i cavalli.-

-Avete chiamato il dottore?-

-Sì, la signora l’ha mandato a chiamare, ma intanto Candy lo sta medicando. È una brava infermiera.-

-Lo vedo.-

Il dottore arrivò di lì a poco e constatò di come il giovane Tim non si fosse fatto praticamente niente.

-I miei complimenti Candy, hai pulito e disinfettato la ferita a regola d’arte.-

-Grazie dottore.- disse lei compiaciuta del complimento.

-Candy!-

La sgradevole voce della signora Legan sembrò quasi voler spezzare quel clima di sano cameratismo fra i servitori di Casa Legan.

-Sì signora.-

-Hai finito di perdere tempo? Le ospiti hanno bisogno di te!-

-Certo signora, vado subito.-

Ma che razza di arpia! Pensò Terence, ma si tenne quel pensiero per sé. Esternare la sua indignazione avrebbe soltanto creato problemi a Candy e agli altri servitori di Casa Legan.

-Oh signor Grandchester, bentornato. Venga con me: la presento alle mie ospiti.-

 

-Signora Brighton, Annie. Vi presento…-

-Terence Grandchester!- esclamò Annie, una ragazza sui sedici anni con lunghi e lisci capelli neri.

-Annie Brighton!-

-Ma… vi conoscete?-

-Certo signora Legan, io e Annie abbiamo frequentato lo stesso collegio a Londra.- spiegò Terence.

-Già, avrei dovuto pensarci, anche Annie è stata alla Royal Saint Paul School. Ma prego accomodiamoci… Candy!-

Ancora quel tono nel rivolgersi a Candy. Terence si trattenne a stento dal mettere le mani addosso a quell’odiosa signora, ma notò un sussulto anche nella compassata Annie Brighton.

-Sì signora Legan. Vado subito a preparare il tè.-

 

Poco dopo la bionda cameriera serviva il tè nel salottino privato della padrona di casa.

-Ritirati pure Candy.- le disse l’odiosa signora e lei dopo un inchino si ritirò.

Terence fremeva. Possibile che una ragazza come Candy fosse trattata in quel modo ignobile?

-Allora cara Annie… tu e quello scapestrato di mio nipote Archie avete deciso di convolare…-

-Oh in realtà ci vorrà ancora qualche anno.- rispose la signora Brighton in vece della figlia. -Annie e Archie sono ancora molto giovani, ma le nostre famiglie sono d’accordo che questo matrimonio si faccia.-

Proprio una bella coppia di scamorze, pensò Terence.

-E… e tu Terence… cosa fai in America?- disse Annie come a voler troncare uno scomodo argomento di conversazione.

-Sono qui per… affari…- gli faceva strano pronunciare quella parola “affari”.

-Il mio vecc… mio padre… deve concludere un importante transazione con il signor Legan e io sono qui per raccogliere la sua firma su alcuni documenti.-

-Un incarico di grande responsabilità per un ragazzo così giovane.- commentò la signora Brighton.

Sì come no, pensò Terence, raccogliere l’autografo di quel vecchio barbogio su un dannato pezzo di carta e poi tornare a casa. Un incarico di grandissima responsabilità.

Decise di ritirarsi per evitare di prendere qualche gaffe.

-Vi prego di scusarmi gentili signore, ma stasera esco a cena con il mio amico Stear Cornwell e vorrei riposarmi un po’.-

-Ma certamente signor Grandchester. La ringrazio di avermi avvisata. Mi faccia il favore di avvertire anche Candy che così si regolerà per la cena.-

-Senz’altro signora.-

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Capitolo 3
*** riempire quel senso di vuoto ***


Il giorno successivo Terence non trovò di meglio da fare che sedersi sotto un albero su un rialzamento del terreno dietro Casa Legan, e Candy lo trovò intento a leggere un libro.

-Signor Grandchester.-

-Oh, salve Candy!- disse lui

-Mi scusi se la disturbo signore, ma volevo avvisarla che fra un’ora serviremo il pranzo.-

-Ti ringrazio, ma ti giuro che preferirei morire di fame piuttosto che sedermi a tavola con quell’arpia della signora Legan.-

Candy non poté trattenere una risata limpida e cristallina.

-Vedo che anche tu la pensi come me.-

-La prego, non dica alla signora che ho riso di lei. Quell’arpia sarebbe capace di licenziarmi!- disse lei continuando a ridere.

-Posso chiederle cosa sta leggendo?-

Lui le porse il libro e lei ne lesse il titolo sulla copertina 

-Romeo e Giulietta… l’ho letto anch’io sa?-

-Davvero? E cosa ne pensi? Ti piace Shakespeare?-

-Beh, di Shakespeare ho letto solo Romeo e Giulietta, ma chi non sogna una storia d’amore così?-

-Veramente loro due muoiono suicidi, ma questo è un dettaglio in fondo.-

Di nuovo lei rise, e quella risata lo mandò in visibilio.

-Mi piace questo posto sa? Mi ricorda la mia amata collina di Pony.-

-La… collina di Pony?-

-La Casa di Pony è l’orfanotrofio dove sono cresciuta, e la collina di Pony vi sorge accanto. Posti meravigliosi… dove sono felice ogni volta che vi torno.-

-Ma… se ti trovavi bene alla… Casa di Pony, perché sei venuta dai Legan?-

-Quando sono venuta qui credevo che sarei stata adottata, e invece…-

Terence sentì una profonda empatia con quella ragazza, non doveva essere piacevole lavorare per quello sbruffone di Neal Legan.

All’improvviso Candy scoppiò a piangere.

-Mi scusi signore… mi scusi…-

Lui si alzò e la sorresse per le spalle.

-Coraggio Candy. Non è niente. Siediti qui e parliamo. Vuoi?-

Forse per la prima volta in tanti anni lei decise di aprirsi e si sedette sotto l’albero insieme a quel giovane uomo.

 

-Quando arrivai qui fui accolta da una secchiata d’acqua in testa, “simpaticissimo” scherzo dei due “signorini”, e quella sera stessa finii col picchiarli tutti e due.-

Terence sorrise all’idea di quel debosciato di Neal che veniva picchiato da una bambina più piccola di lui.

-Ovviamente la madre prese le loro difese e mi costrinse a chiedere scusa ai suoi preziosi figli, altrimenti avrebbe cacciato via Dorothy, una giovane cameriera che aveva testimoniato in mio favore.

Per la cronaca: Dorothy fu mandata via lo stesso qualche mese dopo in una proprietà che i Legan hanno in Messico.-

Terence ascoltava indignato il racconto di quella ragazza.

-Per mia fortuna il signor Legan prese le mie difese e ingiunse a moglie e figli di trattarmi con rispetto.-

E meno male che la rispettavano! Il modo con cui la Legan si rivolgeva a Candy era simile a quello con cui si sarebbe rivolta a un cane!

-Perché non sei tornata alla Casa di Pony?-

-Non potevo! Lì ero una delle bambine più grandi e i soldi che quelle due donne hanno a disposizione non bastano mai! Non potevo pesare ancora su di loro…-

-Potresti trovarti un altro lavoro…-

-E cosa potrei fare? lo stesso lavoro che faccio qui, magari per persone che sono anche peggio dei Legan!-

-Potresti essere un’ottima infermiera.-

Lei non rispose

-Ma in fondo io non posso davvero dare lezioni a nessuno.- riprese lui -Sono qui dall’altra parte dell’oceano a fare un “lavoro” che odio, ma so già che non potrò fare altro nella vita se non sguazzare nel mondo degli “affari”.-

-Perché no? Lei sicuramente ha le possibilità per inseguire le sue aspirazioni, quali che esse siano.-

Stavolta fu lui a non rispondere.

-Mi scusi.- disse lei alzandosi -Sono stata invadente. Adesso devo andare. Fra poco serviamo il pranzo.-

La vide scendere quel pendio e avviarsi a lenti passi verso Casa Legan.

 

La mattina seguente Candy scese in città insieme all’autista dei Legan, doveva fare spesa per la cucina. Nel weekend sarebbero arrivati i preziosi figli della signora e quelli avevano un nido di vermi solitari nello stomaco, soprattutto il “signor” Neal.

Finito di fare la spesa Candy decise di rimanere in città. La signora Legan le aveva concesso la giornata libera, a patto di rientrare per la cena.

-Non darti pena per me Alfred.- disse rivolta all’autista -Da qui a Casa Legan la distanza non è poi molta e già altre volte l’ho fatta a piedi.-

-Va bene Candy, divertiti.-

-A più tardi!-

 

Salutato l’autista, Candy si avviò per le strade di Lakewood cercando qualche vetrina da guardare. Giusto da guardare, perché pensare di comprarsi qualcosa con i soldi del suo magro stipendio era davvero un sogno, altro che Romeo e Giulietta!

Mentre camminava Candy cominciò a sentire i morsi della fame, e si guardò intorno in cerca di un posto dove mangiare a poco prezzo. 

-Ma… quella è la macchina del signor Grandchester! Chissà dov’è lui, forse in quell’osteria?-

Proprio dall’osteria sentì provenire dei rumori, come di una rissa, e improvvisamente qualcuno uscì rovinosamente dalla porta stile “Saloon” di quel locale, come se ne fosse stato buttato fuori.

-Ma quello è… il signor Grandchester!-

L’uomo si rialzò con grandissima fatica.

-Ma è completamente ubriaco! Devo fare qualcosa.-

Poi l’uomo cominciò a declamare dei versi

-Sorgi vivido sole, e uccidi l’invidiosa luna…-

-Questa poi… ma è ubriaco o non lo è?-

Poi Terence Grandchester cadde rovinosamente sulle ginocchia e cominciò a vomitare copiosamente sull’asfalto.

-Questo fuga ogni dubbio: è ubriaco!-

 

Avvicinatasi al giovane uomo Candy si chinò su di lui.

-Venga con me signor Grandchester.-

-E… e tu chi sei…-

Con un’occhiata di disappunto Candy cercò qualcuno intorno a lei disposto a darle retta, e vide che dall’osteria uscì qualcuno, un uomo di mezza età con tutta l’aria di esserne il gestore.

-Signore, per favore!-

-Lei conosce quest’ubriacone signorina?-

-Sì lo conosco. Per favore mi porti un secchio d’acqua.-

-Come dice?-

-Un secchio d’acqua per favore! È l’unico modo di fargli smaltire la sbornia e portarlo via di qui!-

L’uomo esaudì la richiesta della ragazza, e lei preso il secchio ne rovesciò il contenuto in testa all’ospite di Casa Legan.

-Ma… ma cosa…-

-Si alzi signor Grandchester, e venga con me.-

-Ma ti sei impazzita Candy?-

-Non faccia tante storie: siamo in estate e non si ammalerà per una sana secchiata d’acqua in testa. Forza, si rialzi prima che qualcuno chiami la Polizia e la faccia arrestare.-

Terence realizzò che l’efficiente cameriera di Casa Legan non aveva tutti i torti, e docilmente la seguì.

 

Poco dopo i due ragazzi sedevano ad una panchina in un parco pubblico di Lakewood.

-Le capita spesso di ubriacarsi?-

Terence resistette all’impulso di darle una rispostaccia del tipo “E a te che te ne frega?” E rispose invece:

-Diciamo… abbastanza.-

-Non sono affari miei lo so, ma non posso fare a meno di chiedermi il perché.-

-Perché… cosa?-

-Perché una persona che ha tutto dalla vita perda tempo a ubriacarsi!-

Terence ebbe un sorriso ironico

-Te la stai prendendo a cuore bella lentigginosa? Per caso ti stai innamorando di me?-

A quelle parole la ragazza sentì una rabbia incontrollabile montarle dentro e si alzò in piedi.

-COME TI PERMETTI LURIDO SBRUFFONE! PENSI CHE IO SIA UNA DI QUELLE SCIACQUETTE CHE TI SCALDANO IL LETTO?-

-Non mi permetterei mai tuttalentiggini! Tu sei una ragazza per bene, ma se volessi…-

Fu un attimo e lei gli appioppò un sonoro schiaffone.

-La cena verrà servita alle 8.00 in punto “signor Grandchester”!- gli disse rabbiosamente prima di voltargli le spalle e andarsene.

 

Rimasto solo Terence cadde preda dei suoi ricordi, quei dolorosi ricordi che lo inducevano a ubriacarsi…

 

-Tuo figlio è intollerabile! Esigo che tu lo allontani immediatamente da questa casa-

E lui, il duca di Grandchester non batteva ciglio davanti all’isteria di quella donna che aveva sposato unicamente per il suo titolo.

E poco dopo Terence si era ritrovato alla Royal Saint Paul School…

 

-Terence devi tornare da tuo padre, tu sei un Grandchester! Nessuno deve sapere che sei mio figlio, il futuro duca di Grandchester non può essere il figlio di un’attrice americana… non può-

Poi quel lungo viaggio attraverso l’Oceano… la tentazione di farla finita… la sensazione che… mancasse qualcosa, ma cosa?

 

-Terence ti prego perdonami! Io sono tua madre!-

-Adesso dici di essere mia madre, ma cos’hai fatto quest’inverno quando sono venuto da te?-

-Ho capito il mio errore… ti prego non mandarmi via…-

Ma lui era stato irremovibile. E poi di nuovo quella sensazione, come se mancasse qualcosa… o qualcuno.

 

Terence guardava il lago sotto di lui, e come in un sogno sfumato si vide ballare al suono di una musica che nessuno sentiva… ma con chi ballava? Perché non ne vedeva il volto?

 

Terence si rialzò. Sentì di aver toccato il fondo, ed era ora di risalire, di riempire quel senso di vuoto che lo angosciava.

 

-Signorina White.-

Lei si voltò.

-Cosa vuole ancora da me signor Grandchester?-

-Volevo chiederle scusa per oggi e… ringraziarla per avermi soccorso.-

Lei lo guardò con aria imperscrutabile.

-Dovere signore.- rispose poi prima di girargli le spalle.

Nascosta dietro una colonna dell’enorme salone di Casa Legan, la padrona di casa aveva ascoltato la breve conversazione fra Candy e quel Grandchester. Che accidenti era successo?

 

Terence passò sotto il cancello delle rose e si diresse verso la sontuosa villa degli Andrew. Il giardiniere lo riconobbe e lo salutò.

-Buongiorno signor Grandchester. Il signor Cornwell e la sua fidanzata sono in casa.-

-La sua fidanzata? Ma allora Patty…-

-Terence!- la voce femminile che lo chiamava lo fece voltare.

-Patty!- lei gli corse incontro e lo abbracciò.

-Ehi vacci piano! Vogliamo far ingelosire il tuo fidanzato?-

-Non dire sciocchezze! Non ho mai dimenticato quando mi hai salvata dalle grinfie di Neal Legan e dei suoi compari.-

-Qualche giorno fa ho rivisto anche Annie, è la solita ragazzetta insipida. Non so che ci trovi quel damerino di tuo fratello, Stear.-

-La vuoi smettere?!!!- disse Patty accigliandosi. -Annie è mia amica! Piuttosto tu, quando ti deciderai a mettere la testa a posto?-

-Forse qualcosa bolle in pentola…- disse maliziosamente Stear

-Senti, senti…-

-Ma cosa dici Stear? E con chi “bollirei in pentola”?-

-Con una certa cameriera bionda…-

-Ma… con la signora Beadle?- Patty parlava di una matura e corpulenta governante di Casa Andrew.

Stear proruppe in una sonora risata

-No certo che no, parlavo di una giovane cameriera che lavora in Casa Legan.-

-Oh poverina, lavora per Neal e Iriza?-

-Già, poverina…- confermò Terence -…e comunque non c’è niente con quell’uragano biondo. Figuratevi che ieri mi ha dato uno schiaffo.-

-Oh oh!- disse Patty -Allora è una cosa seria!-

 

Candy entrò nel salottino privato della signora Legan.

-Mi ha fatto chiamare signora?-

-Sì Candy, vorrei chiederti una cosa e vorrei una risposta sincera, siamo intesi?-

Candy era interdetta: da una parte non aveva mai sentito la signora rivolgerle la parola con un tono di voce così disteso, dall’altra era curiosa di sapere che cosa volesse da lei quell’arpia.

-Mi dica signora, ma mi riservo il diritto di non risponderle.-

Anche la Legan era interdetta: non aveva mai visto quella ragazza tenerle testa in quel modo se non i primissimi giorni in cui era arrivata a Casa Legan.

-Cosa è successo ieri fra te e il signor Grandchester? Ti ha forse infastidita?-

Questa poi Candy non se l’aspettava. La Legan si preoccupava per lei o soltanto per un eventuale scandalo?

-Non capisco a cosa si riferisca signora. Cosa dovrebbe essere successo fra me e il signor Grandchester?-

-Ieri sera ho sentito per sbaglio la vostra conversazione nel salone grande. Lui ti faceva le sue scuse e ti ringraziava per averlo soccorso. A cosa si riferiva?-

-Signora Legan, io lavoro per lei è vero, ma questa non la autorizza a spiarmi!-

-Non usare parole grosse ragazza! Io devo sapere chi ospito sotto il mio tetto. Se quell’uomo ti ha infastidita io devo saperlo: ne va dell’onorabilità della mia casa, lo capisci?-

Dunque era così: quello che interessava alla Legan non era la sua incolumità, ma l’onorabilità della dannatissima Casa Legan.

Fu quasi per levarsi l’uniforme e sbattergliela in faccia, quando una voce risuonò alle sue spalle.

-Candy mi ha soccorso in città. Avevo bevuto un po’ troppo e non riuscivo a tornare a casa. Inoltre mentre ero ancora un po’ alticcio credo di averle detto cose irripetibili.-

-Oh Santo Cielo! E qualcuno vi ha visto?-

-No signora. Ero già uscito dal locale e comunque non avevo bevuto poi così tanto, ma proprio perché non sono abituato mi ha dato fastidio.-

Mentitore spudorato! Pensò la ragazza che pure gli doveva riconoscere di averla tratta d’impiccio.

-Beh, quand’è così penso proprio di doverti ringraziare ragazza! Puoi ritirarti adesso.-

Candy non poté nascondere la sua irritazione mentre pronunciava la sua espressione canonica: -Dovere signora!-

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Capitolo 4
*** Fai la cameriera non la schiava! ***


Candy aprì la porta di Casa Legan, qualcuno aveva bussato, e si trovò davanti il signor Cornwell, che aveva già incontrato qualche giorno addietro in città e una ragazza più o meno della sua stessa età, che portava corti capelli castani raccolti a caschetto e indossava un paio di occhiali che le adornavano il volto dandole un’aria quasi da bambinetta.

-Buongiorno signor Cornwell, signorina… Prego accomodatevi, vi annuncio subito alla signora.-

-Non serve Candy, sono qui.- la voce della Legan era insolitamente cordiale.

-Ma prego accomodatevi, immagino che vogliate incontrare il signor Grandchester.-

-Il signor Grandchester è uscito questa mattina, mi ha lasciato detto che aveva da fare e che non sarebbe rientrato a pranzo.- intervenne Candy.

-In realtà Candy.- spiegò Stear -Siamo venuti proprio per te.-

-Per me?- la ragazza cadde sinceramente dalle nuvole

-Zia, concederesti a Candy qualche ora di permesso?-

-Ma certo! Anzi, Candy vai a cambiarti. Ti concedo la giornata libera, basta che rientri per cena, ok?-

-Ma signora io…-

-Mi hai sentita Candy? Vatti a cambiare, subito!-

-Coraggio Candy, noi ti aspettiamo qui.- le disse la ragazza con gli occhiali.

Non ritenendo conveniente contraddire la signora, Candy obbedì e di lì a pochi minuti fu di ritorno indossando un semplice abito verde.

-Vieni Candy, sali in macchina con noi.- la invitò Patty e lei rimase compiaciuta che quella ragazza la trattasse con tanta gentilezza. -Comunque io sono Patricia O’ Brien, e sono la fidanzata del qui presente Alistear Cornwell.-

-Onoratissima signorina.- disse lei con un inchino

-Oh andiamo! Non sono mica la principessa del Galles! Non c’è nessun bisogno di inchinarsi. E vorrei che mi chiamassi Patty.-

-Signorina ma io…-

-Non c’è niente di male Candy. Fai la cameriera non la schiava!-

A quelle parole Candy si commosse. Una ragazza di quel rango, che indossava quei vestiti, la trattava con tanta confidenza quando la sua cara Annie la snobbava ogni volta che la vedeva?

-Io… io… va bene sign… Patty.-

-Così mi piaci Candy. Diamoci la mano, vuoi?-

Con un sorriso Candy strinse la mano della simpatica ragazza inglese.

-Dai, sali in macchina adesso.-

-Ma… dove volete portarmi?-

-Adesso lo vedrai.-

In pochi minuti la macchina di Stear arrivò alla villa degli Andrew e varcò il cancello delle rose.

Fermata la macchina davanti all’ingresso della casa, i tre ragazzi ne scesero ed entrarono nella casa.

-Bentornati ragazzi.- 

A salutarli era stato un ragazzo che dimostrava all’incirca 17-18 anni.

-Tu devi essere… Candy. Dico bene?- disse il ragazzo rivolgendosi alla bionda ospite.

-Sì signore, io sono Candy e ricordo di averla vista qualche volta a Casa Legan.-

-Ma quale “signore”! Io mi chiamo Archibald Cornwell, ma puoi chiamarmi Archie, come fanno tutti.-

-Va bene allora… Archie.- rispose lei stringendo la mano che il ragazzo le porgeva.

-Signora Beadle.- disse Stear rivolgendosi alla corpulenta governante dietro ad Archie -è tutto pronto nella sala riservata?-

-Sì signori. È tutto pronto.-

-E allora… da questa parte prego.-

Stear aprì una porta vetrata e dietro quella porta si aprì una stanza simile alla saletta privata della signora Legan.

-Prego Candy, accomodati.- le disse Archie, e lei non immune da un certo timore reverenziale, entrò nella saletta.

-Candy.- 

A chiamarla era una voce femminile alla sua destra e lei si voltò, e fu come se il cuore le balzasse in petto.

-S-sign-orina Brighton!-

-No Candy.- disse l’altra in lacrime -Sono Annie, la tua Annie, la tua sorellina della Casa di Pony…-

-A-A-Annie… cosa dici…-

-Oh Candy!- disse infine Annie abbracciandola -Perdonami… se puoi…-

Infine Candy ricambiò l’abbraccio.

-Chiudiamo la porta.- disse una Patty in lacrime -Lasciamole sole.-

E così fecero. Stear chiuse la porta della saletta riservata lasciando le due sorelline ritrovate libere di piangere e ritrovarsi in pace.

 

-Ma secondo voi perché Annie nascondeva il fatto di venire da un orfanotrofio?- chiese Patty seduta su un divano accanto al suo Stear.

-La madre la ossessionava.- rispose Archie -Fin da piccola le ha inculcato la convinzione che nel nostro “ceto sociale” provenire da un orfanotrofio, avere origini dubbie, sia motivo di vergogna. E sapete una cosa? Purtroppo ha ragione.-

-Andiamo Archie!- replicò Patty -Siamo nel ventesimo secolo, non nel medioevo!-

-Già, ma vallo a raccontare a persone come Sarah Legan o nostra zia Elroy.- considerò Stear.

-Comunque l’importante è che quelle due ragazze si siano ritrovate.- concluse Patty. -Tutto il resto potranno affrontarlo insieme e anche con il nostro aiuto.- 

 

Dopo un’ora abbondante le due ragazze uscirono dalla saletta tenendosi per mano e andarono incontro agli altri sorridendo.

L’efficiente signora Beadle aveva preparato loro un delizioso pranzo, e i cinque giovani si sedettero all’aperto sotto un gazebo in legno ricoperto da fiori e circondato da una vegetazione lussureggiante.

Trascorsero qualche ora all’insegna dell’allegria più sfrenata. Annie, Patty, Archie e Stear raccontarono a Candy le loro “avventure” alla Royal Saint Paul School in un modo così vivido e coinvolgente che a Candy parve quasi di aver vissuto in prima persona quelle storie. Quasi le sembrò di immaginarsi la comprensiva Suor Margaret o l’autoritaria direttrice del collegio, quella Suor Grey che i suoi nuovi amici definivano “un uomo vestito da suora”.

Raccontarono anche dell’amicizia con Terence Grandchester e di quando lui aveva salvato Patty dalla vile aggressione di Neal e dei suoi compari. O di quando lo stesso Terence aveva portato in salvo Evelyn, la tartaruga di Patty, salvandola dalle grinfie di Suor Gray.

-La portò da un suo amico americano come voi, che lavorava allo zoo di Londra, un certo… Albert.

In seguito l’ho recuperata e adesso è qui con me.-

Dunque quel ragazzo ha dei lati positivi, pensò Candy.

In quel mentre una macchina entrò nel cancello della villa.

-È tornata la zia Elroy.- disse Stear.

-Speriamo sia di buonumore.- aggiunse Archie.

Scesa dalla macchina, la signora si diresse verso il gazebo dove vedeva i nipoti insieme alle loro fidanzate.

-Ciao zia Elroy.- salutò per primo Archie e le ragazze fecero eco al saluto.

-E… tu cosa fai qui?- la signora si rivolgeva a Candy che riconosceva come una delle cameriere dei Legan.

-È nostra ospite zia.- spiegò Stear -Abbiamo invitato Candy a passare la giornata da noi. Spero che non ti dispiaccia.-

-D’accordo. Se è vostra ospite va bene.- e se ne andò senza degnare d’uno sguardo la ragazza.

-Ci dispiace Candy.- si scusò Archie -Nostra zia è una brava persona, per noi è stata come una madre, ma ha idee molto rigide sulle convenzioni sociali.-

-Già.- aggiunse Stear -Crede di essere una nobildonna europea in pieno medioevo.-

-Per di più è diventata intrattabile da quando è morto il nostro povero cugino.- concluse Archie.

-Non fa niente ragazzi, tanto io devo tornare a Casa Legan. Non voglio rischiare di contrariare la signora. Potreste essere così gentili da accompagnarmi?-

-Certamente Candy. Ti accompagno io.- disse Stear

-Candy…- disse Annie con la voce che le tremolava -Io fra pochi giorni dovrò tornare a Chicago…-

-Tranquilla Annie. Ormai ci siamo ritrovate e non ci lasceremo più. Io resterò qui fino alla fine dell’Estate e tornerò a Chicago fra poche settimane insieme alla signora Legan. Troveremo il modo di frequentarci, vedrai.-

L’ultimo abbraccio fra le due sorelline della Casa di Pony fu lungo e commosso.

-Patty. Sono felice di averti conosciuta.-

-Anch’io Candy, anch’io.- disse Patty abbracciando la sua nuova amica.

 

Rientrando a Casa Legan, Candy e Stear videro Terence che rientrava anche lui dopo aver passato la giornata in giro con la sua macchina.

I due ragazzi si salutarono e Terence chiese qualcosa al suo amico.

-Sei riuscito a trovare qualcuno per quel lavoro che ti accennavo?-

-Sto vagliando alcune persone, ma dovendo essere una persona di assoluta fiducia voglio essere ben sicuro. Domani parlerò con la zia Elroy e forse il tuo problema sarà risolto.-

-Ci conto Stear.-

-Ti terrò informato! Ciao Terence! Ciao Candy!-

-Ciao Stear! A presto e grazie del passaggio!-

Salendo le scale d’ingresso alla casa, Candy si trovò davanti un’accigliata signora Legan.

-Sono… sono in tempo per la cena signora. Adesso vado a cambiarmi e raggiungo i miei colleghi in cucina.-

-Non si tratta di questo.-

-E… di cosa allora? Ho commesso qualche mancanza?-

-Ho visto che ti sei presa molta confidenza con Stear.-

-Sì signora, mi ha detto lui di chiamarlo per nome.-

-E ti sembra una cosa dignitosa? Tu sei una cameriera e lui appartiene a una ricca e nobile famiglia!-

Candy avvertì dentro di sé una specie di eruzione vulcanica in corso. 

-Con tutto il rispetto signora Legan, non vedo cosa ci sia di male. Se a Stear e Archie e alle loro fidanzate fa piacere di considerarmi un’amica, la cosa dovrebbe riguardare soltanto me e loro. In questa casa ho sempre fatto il mio lavoro con impegno e serietà, la servo da quando avevo dieci anni e continuerò a farlo, ma quello che faccio fuori dal lavoro riguarda soltanto me signora.

Se a lei la cosa non piace posso andarmene anche in questo momento, ma intanto che decide vado a cambiarmi e a fare il mio lavoro. 

Con permesso.-

Senza altre parole Candy entrò in casa sotto lo sguardo livido della padrona di casa.

Terence avrebbe volentieri sputato in faccia a quella viscida signora americana, ma non avrebbe portato alcun bene a quella ragazza. Così si armò di tutta la sua pazienza e si avvicinò alla scala.

-Signora, posso testimoniarle che quella ragazza ha sempre trattato con il massimo rispetto i suoi parenti, e posso garantirle che sono stati loro a dirle di chiamarli per nome e considerarli come amici.-

Sempre più livida in volto la Legan sembrò ingoiare quintali di bile.

-La ringrazio della sua testimonianza signor Grandchester. Ne terrò senz’altro conto.- disse poi prima di rientrare in casa.

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Capitolo 5
*** SONO STATA CHIARA?!!! ***


Stear arrivò davanti alla paninoteca che lo vedeva spesso come cliente, e vi trovò Terence che lo aspettava.

-Allora? Hai trovato quello che ti chiedevo?- 

-Certo, ho trovato una persona di assoluta fiducia a cui puoi consegnare il plico che mi dicevi, e questa persona lo porterà a destinazione.-

-Sei sicuro di questa persona? Ti fidi veramente?-

-Direi proprio di sì: sono io!-

-Tu?!?!?!?-

-Sì io! Ho chiesto e ottenuto dalla zia Elroy di partire per Londra. Dovrò incontrare un investitore della nostra banca. E con l’occasione porterò quei documenti a tuo padre. Piuttosto tu… sei sicuro di quello che fai?-

-Assolutamente sì Stear. L’altro giorno ho toccato il fondo ed è ora di cominciare a risalire. E non posso farlo se continuerò a fare il galoppino di mio padre con la prospettiva un giorno, di essere ciò che non sono. Voglio costruirmi il mio destino. Quale che esso sia!-

-Bene, sono contento per te. E cosa pensi di fare qui in America?-

-Per prima cosa dopo aver chiuso la trattativa con tuo zio partirò per New York. Devo incontrare una persona e forse… inseguire un mio sogno.-

-Ti faccio i miei migliori auguri Terence. E spero di incontrarti di nuovo.-

-Puoi giurarci Cornwell!-

-A proposito dei Legan, lo sai che oggi arrivano Neal e Iriza?-

-Sì lo so, e proprio per questo mi sono defilato!-

Risero insieme mentre entravano nella paninoteca.

 

La macchina dei Legan entrò nel cancello, e quando si fermò davanti all’ingresso, ne scesero oltre all’autista, due giovani di età compresa fra i sedici e i diciannove anni.

-Neal! Iriza! Venite ad abbracciarmi!-

-Ciao mamma! Come stai?- cinguettarono a turno i due rampolli di Casa Legan.

-Candy!- chiamò la signora Legan, e Candy apparve.

-Eccomi signora.-

-Per favore, fai portare i bagagli dei miei figli nelle loro stanze e poi preparaci un tè.-

-Provvedo subito signora.-

Come la ragazza fu rientrata in casa Iriza si rivolse a sua madre.

-Cos’è questa novità? Dici “per favore” a… quella?-

-“Quella” si chiama Candy e ci ha sempre serviti con serietà. In fondo se la merita un po’ di gentilezza no?!?-

Iriza e Neal si guardarono stupiti, ma decisero di non dire niente.

 

Poco dopo Candy serviva il tè nel solito salottino privato della signora, e lei la congedò con un sorriso e un ringraziamento, lasciando ancora più stupefatti i figli e la stessa Candy.

-Allora ragazzi, per quanto vi tratterrete?-

-Io resterò per una settimana, Papà mi ha concesso un po’ di vacanza, ma poi dovrò tornare a Chicago.- disse Neal

-Io invece penso di trattenermi fino alla fine dell’Estate e di rientrare in città insieme a te. Chicago è una tale noia in Agosto…- aggiunse Iriza

-Bene, ne sono lieta. Così potrò godere della vostra compagnia. Anche a Chicago non trascorriamo molto tempo insieme. Come va il lavoro Neal?-

-Molto bene mamma! Sotto la guida di Papà sto imparando rapidamente.-

-E tu Iriza? Come vanno gli intrighi dell’alta società?-

-Te l’ho appena detto mamma: A Chicago non succede niente in questo periodo… ma piuttosto dicci un po’…- disse lei accentuando idealmente i puntini di sospensione -…cos’è questa novità? Da quando ringrazi Candy e le sorridi? Sarà anche brava nel suo lavoro lo riconosco, ma è pur sempre una serva!-

-Quella ragazza merita rispetto. Sono anni che lavora per noi e non ha mai sgarrato. Trattarla con gentilezza non significa elevarla al nostro rango. Non intendo certo adottarla: figuriamoci!-

-Beh, almeno questo. Mi ricordo ancora il primo giorno che è arrivata qui. Ci saltò addosso senza motivo.-

-Senza motivo dici?- disse la signora Legan -Non sarà che voi le avevate fatto uno scherzo dopo l’altro?-

-Eravamo ragazzi…- minimizzò Neal posando la sua tazza di tè. 

-Piuttosto avrei proprio voglia di farmi una cavalcata. Con permesso vado a prepararmi.-

 

Candy aveva approfittato di un momento di pausa dal suo lavoro per rilassarsi sotto l’albero della sua personale “seconda collina di Pony”, e fu colta da malinconia.

“Fai la cameriera non la schiava” le aveva detto la sua nuova amica Patty, e in fondo era un lavoro come un altro, dignitoso quanto bastava per darle un tetto sulla testa e qualcosa da mangiare.

Si guardò le mani, duramente segnate da anni di quel lavoro, fatto di stracci immersi nell’acqua gelida e di secchi trasportati per abbeverare i cavalli. Ma soprattutto di inchini e stupide formalità con persone che avrebbe volentieri picchiato a sangue.

Capì di non poterne più, che avrebbe voluto fare qualcos’altro, vivere una vita migliore senza più chinare la testa davanti a nessuno.

Cominciò a piangere stringendo la gonna della sua uniforme. Non ne poteva più.

 

Infine decise di rientrare in casa. La signora Legan sembrava sì diventata più gentile, ma sicuramente si sarebbe contrariata a non vederla al lavoro.

Dopo essersi alzata vide un cavallo lanciato al galoppo nella sua direzione.

-È quello sbruffone di Neal.- si disse -Spero che non abbia in mente di farmi i suoi soliti scherzi o stavolta non rispondo delle mie reazioni.-

Il rampollo di Casa Legan infatti, spesso si divertiva a passarle vicino col cavallo lanciato al galoppo per farle perdere l’equilibrio e farla cadere a terra. Una volta per uno di questi stupidi e pericolosi scherzi, l’aveva fatta cadere nel fango. Stavolta decise che non si sarebbe spostata, e si mise ferma con le gambe leggermente divaricate ad attendere il cavallo e il suo stupido cavaliere.

All’improvviso accadde qualcosa di imprevisto: Neal perse l’equilibrio e cadde da cavallo.

-Oh mio dio!- disse Candy mentre scansava l’animale privo di ogni controllo.

Dopo che il cavallo fu scappato via, Candy si precipitò su Neal e lo trovò che si lamentava tenendosi il braccio sinistro.

-Mi faccia vedere signor Neal!- neanche nell’emergenza la ragazza dismetteva la sua maschera di cameriera seria e professionale.

Toccò il braccio in più punti e non lo trovò rotto, ma si accorse anche che il giovane Neal aveva sbattuto il gomito strappandosi la costosa giacca da cavallerizzo.

-Credo si sia soltanto lussato il gomito signor Neal. Torniamo subito in casa, dobbiamo chiamare un medico e far steccare il braccio. Penserà Tim a recuperare Cesare.-

-È… è tutta colpa tua… io…- 

In quel preciso istante Candy sentì di averne abbastanza e afferrò Neal per il bavero della giacca.

-STAMMI A SENTIRE STUPIDO BAMBOCCIO! NE HO ABBASTANZA DI TE, DELLA TUA MALEDETTA SORELLA E DELLA TUA STRAMALEDETTISSIMA FAMIGLIA! 

Adesso noi andiamo in casa e tu dirai tutta la fottutissima verità. Cioè che sei caduto da cavallo da solo, come il deficiente che sei!

Se proverai ad accusare me di qualsiasi cosa giuro che ti spezzo il braccio lussato, quello sano e anche quel qualcosa che tieni in mezzo alle gambe! Sempre ammesso che tu ci tenga qualcosa lì!

SONO STATA CHIARA?!!!-

L’espressione allucinata di Candy e il tono strozzato della sua voce non lasciarono dubbi al giovane Legan che la ragazza sarebbe stata capacissima di mantenere le sue minacce, e assentì.

-Si alzi adesso e si appoggi a me. Rientriamo in casa!-

 

I due ragazzi rientrarono in casa, e Neal disse la verità, cioè che era caduto di sella da solo e che Candy lo aveva soccorso. 

Subito fu chiamato il medico di famiglia, che la signora Legan mandò a prelevare con la macchina di famiglia, e questi efficacemente aiutato da Candy, steccò il braccio del giovane Legan.

-È stato fortunato signor Legan, poteva andarle molto peggio sa? In due settimane sarà più che guarito.-

-La ringrazio dottore, e ringrazio anche te Candy.- disse la signora Legan. -Sei davvero una brava infermiera, devo ammetterlo. Ma dove hai imparato ad assistere un medico così bene?-

-Ha presente quei periodi di vacanza che trascorro alla Casa di Pony? Talvolta ho aiutato il medico di La Porte in cambio di pochi soldi. Sa come si dice: impara l’arte.-

-E lei ha imparato davvero bene signorina, i miei complimenti.- disse il dottore.

Candy arrossì compiaciuta.

 

Subito dopo Candy riprese il suo lavoro in cucina, ma sia il cuoco che le sue colleghe cameriere la videro più cupa del solito. Era come se qualcosa si fosse rotto dentro di lei, come se nel suo animo la ragazza stesse maturando qualcosa…

 

Quella sera Neal provava troppo dolore per poter scendere a cenare con i familiari, e fu proprio Candy a salire nella sua stanza per portargli un vassoio con qualcosa da mangiare.

-Avanti.- rispose lui a fatica, e Candy entrò.

-Le ho portato qualcosa da mangiare signore.-

-Non… non ho fame…-

-Come desidera signore, posso lasciare qui il vassoio nel caso più tardi le venga fame?-

-No, porta via tutto, non credo proprio che stanotte riuscirei a mangiare, spero solo di riuscire a dormire.-

-Va bene signore. Porto via tutto.-

-Candy… aspetta un momento…-

-Sono a sua disposizione.-

-Io… vorrei ringraziarti per oggi…-

Candy aspettava anche qualcosa del tipo “…e vorrei chiederti scusa se sono un imbecille integrale…” ma ovviamente niente di simile uscì dalla bocca del giovane Legan, e allora fu lei a pronunciare il suo mantra:

-Dovere signore.-

-Ascolta… vorrei che io e te… fossimo amici… che ci frequentassimo…-

Che cosa? Quel rospo voleva essere amico suo? Voleva frequentarla? Candy si trattenne a stento dal vomitargli addosso tutta la bile che aveva in corpo.

-Io… sono la sua cameriera signore, e non è previsto che una semplice cameriera faccia amicizia con i suoi datori di lavoro. Pensi a cosa direbbero sua madre o la signora Elroy!

Con permesso signore!-

 

-Da non credersi!- sbottò la ragazza una volta nel corridoio -Quel rospo vuole fare amicizia con me! Piuttosto vado a vivere su un’isola deserta fino alla fine dei miei giorni!-

 

Scesa al piano terra, posò il vassoio in cucina e si recò dalla signora Legan che trovò seduta in salone insieme a sua figlia Iriza e a Terence Grandchester da poco rientrato.

-Suo figlio non ha voluto mangiare signora.-

-Prevedibile. Quell’impiastro proverà troppo dolore per avere fame. Una volta di più mi sento di dirti grazie, Candy.-

-Dovere signora. Piuttosto vorrei chiederle un favore.-

-Dimmi. È il minimo che possa fare.-

-Dovrei spedire una lettera, ma non ho né carta né inchiostro, e quindi…-

-Prendi tutto quello che ti serve nel mio studio. Sai dove trovare queste cose.-

-Inoltre vorrei chiederle il permesso di recarmi in città domani, devo appunto spedire una lettera.-

-Prenditi la mattina libera Candy. Attaccherai il lavoro nel pomeriggio.-

-Grazie signora.-

-Dovere Candy.- disse la signora con un sorriso, e Candy ricambiò il sorriso prima di congedarsi.

 

Seduta al tavolaccio nella sua stanza, Candy cominciò a scrivere la sua lettera:
“Cara Miss Pony…”

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Capitolo 6
*** D'accordo, vada per Terence ***


Il giorno successivo fu proprio Terence ad accompagnare Candy in città con la sua automobile, e lei imbucò la sua lettera diretta alla Casa di Pony. 

Lei voleva tornare subito a casa, ma Terence le propose di fare una passeggiata insieme.

 

-Hai sentito ieri la signora? Hai tutta la mattina libera, e ci mancherebbe, visto il servizio che hai reso a quell’idiota di suo figlio!

Piuttosto: ho come l’impressione che non avete detto tutto su quello che è successo ieri.-

-Non le si può nascondere niente eh, signore?-

-Oh andiamo! Chiamami Terence. Lo so che sono un “importante ospite” di Casa Legan, ma se hai accettato l’amicizia di Archie e Stear e delle loro fidanzate, puoi ben accettare anche la mia!-

Candy sorrise 

-D’accordo, vada per Terence. Ma ti prego, davanti ai Legan manteniamo la forma. Hai visto che scena che mi ha fatto la signora l’altro giorno.-

-E ho visto anche come le hai tenuto testa. E va bene, facciamo così: a Casa Legan potrai anche lucidarmi gli stivali se vuoi.-

Lei lo colpì a un braccio e lui rise.

 

-E così quell’imbecille è caduto da cavallo mentre aveva lanciato quel povero animale al galoppo contro di te.-

-Sì è così. E non è neanche la prima volta che mi combina di questi scherzi.-

-Scusami tanto Candy, ma perché non te ne vai da quella dannata casa?-

-È quello che sto provando a fare Terence! Molto dipende dalla lettera che ho appena spedito. Se la mia richiesta avrà seguito potrò andarmene da questa casa. Voglio bene ai miei colleghi che sono care persone che mi hanno vista crescere. Ma non voglio passare la mia vita a chinare la testa davanti a dei bambocci che si credono superiori a me perché figli di genitori ricchi, mi capisci?- inaspettatamente scoppiò a piangere.

-Scusami…-

-Coraggio Candy… quali che siano i tuoi progetti riuscirai a realizzarli, ne sono sicuro.- le disse lui abbracciandola.

-Vieni, andiamo a mangiare qualcosa.-

 

Consumarono velocemente un panino e poi si avviarono verso la macchina di Terence per tornare a Casa Legan.

-E tu? Cosa farai dopo aver concluso l’affare con Raymond Legan? Tornerai a Londra?-

-No Candy, non tornerò a Londra. A consegnare quei dannati documenti ci andrà una persona di assoluta fiducia. Io resterò a New York.-

-E… cosa farai a New York?-

-Anch’io ho i miei sogni, e resterò in America per realizzarli. Insieme ai documenti manderò a mio padre anche una lettera in cui gli comunico che rinuncio al titolo di Duca, e che non tornerò più in Inghilterra. A New York vive mia madre sai?-

-Tua madre?-

-Sì, è l’attrice Eleanor Baker.-

-Cosa?!?!? Eleanor Baker è tua madre? Ma… quella Eleanor Baker? La famosissima attrice?-

-Sì, c’erano stati dei malintesi fra di noi, ma ora desidero riallacciare i miei rapporti con lei.-

-Beh, questo è lodevole. Io non ho mai conosciuto mia madre e non so che darei per averne una…-

-Candy… mi dispiace…-

-Ehi, mica è colpa tua!-

-Sai, ieri sono stato io a spedire una lettera a lei. So il suo indirizzo, me lo sono procurato con i miei… agganci.-

-Ti faccio i miei migliori auguri Terence, sia per la riconciliazione con tua madre che per la tua carriera di attore.-

-Io non ti ho detto che voglio fare l’attore.-

-Già, ma l’altro giorno quando hai alzato il gomito, per così dire, in mezzo alla strada hai declamato alcuni versi di Romeo e Giulietta. È quello il tuo sogno segreto vero? Vuoi fare l’attore?-

-Sì Candy, è quello.-

-Sono sicura che ce la farai.-

 

Varcarono il cancello di Casa Legan e Terence fermò la sua macchina proprio davanti alla scalinata, e proprio in quel momento arrivò un’altra macchina.

-Quella è la macchina dei Legan, ma chi sta portando?- disse Candy.

-Oh mio dio! Quello è il signor Legan!-

-Ma chi? Quel tipo mezzo pelato e con i baffi?-

-Sì, esatto. Devo andare subito a cambiarmi.-

-Rilassati Candy! La Legan ti ha dato la mattinata libera e non sono ancora le 11.00.-

-D’accordo, ma adesso c’è bisogno di me. Finché lavoro in questa casa ci tengo a farlo bene il mio lavoro.-

Così detto la ragazza scese dalla macchina e corse dentro casa.

 

Poco dopo i Legan, compreso un Neal con il braccio al collo, davano il benvenuto a Raymond.

-Accidenti a te Neal! Non ne combini mai una giusta! Possibile che tu non sappia ancora andare a cavallo?-

-È… è stato un incidente papà. Ma tu non sei in anticipo?-

-Sì è così. Quel dannato Consiglio di Amministrazione si è risolto prima del previsto. 

Dov’è il nostro ospite inglese?-

-Sono qui signor Legan.- disse Terence da dietro all’uomo. -Terence Grandchester per servirla.-

-Piacere di conoscerla signor Grandchester.- disse Raymond stringendo vigorosamente la mano al giovane.

-Prego accomodiamoci nel mio studio.-

-Certo, giusto il tempo di andare in stanza a prendere i documenti che devo farle firmare.-

-Ci vediamo lì allora. Ah Candy, visto che sei qui potresti farci preparare un tè e poi accompagnare il signor Grandchester nel mio studio.-

-Senz’altro signore. Provvedo subito.-

 

-Molto bene. Questa era l’ultima firma da apporre signor Legan. Poi ricontrollerò tutto per scrupolo, ma penso proprio che abbiamo finito.-

-Lei è spaventosamente efficiente e sono lieto di aver lavorato con lei, ma le confesso che ero curioso di conoscere sua Grazia il duca di Grandchester.-

-Oh, mio padre è trattenuto in patria dagli impegni legati al suo rango oltre che ai suoi affari. Lui è un membro della Camera dei Lord e difficilmente può assentarsi così a lungo dal Regno Unito.-

-Sperò che non mancherà occasione in futuro. Molto probabilmente entro l’anno potrei recarmi a Londra, e allora spero proprio che sua Grazia vorrà concedermi udienza.-

-Sono sicuro che lo farà signor Legan.-

-Veniamo a noi signor Grandchester. Come si è trovato qui a Casa Legan in questi giorni?-

-Oh, l’ospitalità di sua moglie è stata perfetta! E la sua servitù semplicemente encomiabile, in particolar modo quella ragazza bionda, Candy.-

-Lo so, Candy è una bravissima ragazza. Pensi che l’abbiamo fatta venire qui anni fa da un orfanotrofio di La Porte, una città dell’Indiana non molto distante da qui. Pensavamo di farne una dama di compagnia per nostra figlia Iriza, ma purtroppo erano incompatibili di carattere e così l’abbiamo messa a fare la cameriera. Sempre meglio che farla tornare a La Porte.-

Ma dove vivi vecchio barbogio, pensò Terence, non ti accorgi di niente che non siano i tuoi lerci affari?

-Quando partirà per Londra?-

-Il piroscafo partirà da New York lunedì sera, ma io dovrò partire domani mattina. Ho altre incombenze da sbrigare a New York.-

-Almeno ci onorerà della sua presenza a pranzo?-

-Senz’altro signor Legan, è un modo per ringraziare sua moglie e i suoi dipendenti della loro ospitalità.-

 

Dopo pranzo Terence raccolse e controllò nuovamente tutti i documenti destinati a suo padre. Ci teneva ad accomiatarsi da lui dimostrandogli la sua serietà nel portare a termine l’unico vero incarico affidatogli.

Poi si recò alla villa degli Andrew e consegnò la borsa con i documenti firmati a Stear.

-Ho già mandato a mio padre un telegramma dove lo informo che sarai tu a consegnargli i documenti, e nella borsa c’è anche una mia lettera per lui con cui rinuncio a ogni diritto sul titolo e sulle proprietà. Il futuro Duca di Grandchester sarà il mio fratellastro.-

-Sei sicuro di questa tua scelta Terence?-

-Assolutamente sì Stear. Sicuro come non sono mai stato in vita mia. Essere un pari d’Inghilterra non fa per me. Quello che ho in mente potrà riuscirmi oppure no, ma non tornerò indietro.-

-Dì un po’… c’entra anche una certa cameriera bionda in questa tua scelta?-

Lui non rispose ma il suo sguardo diceva tutto.

 

Finito il suo faticoso turno in cucina, Candy aveva approfittato di un momento di pausa per isolarsi sulla sua collina dietro Casa Legan. Il sole si stava abbassando all’orizzonte e presto Candy sarebbe dovuta rientrare in casa per servire la cena ai signori.

I “signori”… da sempre quella parola la pensava con disprezzo, ma negli ultimi tempi non poteva fare a meno di provare un autentico odio per quei tromboni…

Dalla casa vide arrivare un’ombra che riconobbe essere quella di Terence.

Il ragazzo salì sul lieve pendio di quella collina che a Candy ricordava la sua amata collina di Pony, e raggiunse la bionda cameriera.

-Candy io… vorrei salutarti. Domani mattina partirò molto presto per New York…-

Candy non riusciva a parlare ma si fece forza.

-Io… spero di rivederti… prima o poi…-

-Sono sicuro che ci rivedremo Candy. Riuscirò a farti avere il mio indirizzo, magari tramite Stear e Patty.-

-Ci… ci conto Terence…-

-Forse passerà del tempo prima di rivederci… ma a questo non ci rinuncio.-

 

E inaspettatamente la strinse a sé e la baciò.

Fu un bacio lungo e appassionato, che lei sembrò ricambiare. 

Sembrava quasi che mille luci colorate roteassero intorno a loro.

Sembrava quasi che i due ragazzi fossero rapiti nella stessa estasi…

 

Ma infine Candy si sciolse dall’abbraccio di lui e gli rifilò un sonoro schiaffone.

-Terence! Come hai potuto?!!!! Io… io non ero pronta… e tu ti sei approfittato di me! Non… non sei migliore di Neal Legan!!!-

Lei piangeva a dirotto, e Terence era cupo, cupo di rabbia e anche lui rifilò un sonoro schiaffone su quel volto pieno di lentiggini.

-Dannazione a te Candy! Ma sei cieca?!!! Non capisci che c’è qualcosa fra di noi?!!! Non ti accorgi di quello che proviamo l’uno per l’altra?!!!-

Lei gli diede un altro violento schiaffone.

-Sì che me ne accorgo… e tu… hai rovinato tutto!!!-

Poi corse via e Terence la vide diventare un’ombra che si confondeva con il cielo purpureo del tramonto sopra Casa Legan.

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Capitolo 7
*** L'odiata Casa Legan ***


Terence non cenò a Casa Legan, ma partì quella sera stessa per New York. 

Candy, con la scusa di sentirsi poco bene si ritirò nella sua stanza e lì rimase senza neanche cenare, sdraiata sul suo letto a piangere finché non si addormentò.

 

Ormai rimanevano appena tre settimane da trascorrere lì a Casa Legan. Ai primi di settembre la famiglia Legan sarebbe tornata a Chicago e Candy li avrebbe seguiti, salvo notizie che le fossero giunte da Laporte.

Anche Casa Andrew ormai era vuota, fatta eccezione per la signora Elroy e pochi servitori.

Archie, Annie, Stear e Patty erano già rientrati a Chicago con tante promesse di rivedersi presto.

Quelle persone rappresentavano molto per la compassata e discreta cameriera di Casa Legan, rappresentavano non solo dei cari e preziosi amici, ma anche la possibilità per lei di vivere da normale ragazza adolescente, di vivere i suoi anni, la sua vita.

 

Quelle ultime settimane sarebbero state impiegate soprattutto a rimettere la casa a posto in vista dell’imminente chiusura. A governarla sarebbero rimasti solo i coniugi MacHane, due persone sulla sessantina che governavano quella casa da almeno vent’anni.

Candy e tutti gli altri servitori di Casa Legan sarebbero rientrati a Chicago al massimo pochi giorni dopo i signori.

 

Passò una settimana dalla partenza di Terence, e Candy ne sentiva la mancanza, ma anche volendo non aveva davvero idea di come contattarlo. Avrebbe dovuto aspettare di poter parlare con Stear una volta che lo avesse rivisto, per avere il suo indirizzo. 

Ma poi… era così sicura di rivedere Stear? Se quello che desiderava tanto fosse andato in porto, lei avrebbe potuto anche non andare a Chicago, e non aveva neanche l’indirizzo di Archie e Stear.

Però un appiglio ce l’aveva: l’indirizzo della sua cara Annie! Se l’erano scambiate il giorno stesso in cui si erano incontrate lì a Villa Andrew.

Quella sera stessa scrisse la sua lettera a Annie.

 

Il giorno dopo Candy ottenne il permesso di recarsi all’ufficio postale, a patto di ritirare un pacco da un negozio che poi avrebbe dovuto consegnare alla signora Elroy.

Si recò in città accompagnata dall’autista dei Legan che la portò prima all’ufficio postale e poi al negozio.

Sulla strada del ritorno si fermarono a Villa Andrew.

-Vai pure a casa Alfred, io tornerò a piedi, non è molta distanza e la signora potrebbe aver bisogno di te.-

-Va bene Candy, ci vediamo dopo.-

Entrata nella villa fu riconosciuta e salutata dalla signora Beadle.

-Ciao Candy. Stai cercando la signora Elroy?-

-Sì signora Beadle. Devo consegnarle questo pacco.-

-È in casa, vieni che ti annuncio a lei.-

 

Poco dopo Candy consegnava il pacco alla signora, e stava per accomiatarsi, ma la signora le disse inaspettatamente:

-Prego Candy, siediti.-

-Come dice signora?-

-Ti ho detto di sederti, sei sorda per caso?-

-No signora, ma…-

-E allora siediti! Non vorrai contrariarmi.-

Un cenno di assenso della signora Beadle, in piedi di fianco alla signora Elroy, convinse Candy che si sedette davanti all’austera matrona. 

-Signora Beadle, per cortesia: ci lasci sole.-

-Certo signora.-

La signora Beadle uscì dal salottino privato della signora Elroy lasciando quest’ultima da sola con una stupefatta Candy.

-Se non hai nulla in contrario Candy, verrei subito al dunque.-

-La ascolto signora.-

-Dunque, io non ho certo nulla in contrario alla tua amicizia con i miei nipoti. Gli Andrew saranno anche una famiglia molto in vista in società, ma diamine: non siamo mica nel medioevo!-

-Sono felice che la pensi così signora.-

-Devo però chiederti se c’è dell’altro Candy.-

-Non capisco: cosa dovrebbe esserci d’altro?-

La signora ebbe l’aria di chi stava per caricare un fucile a pallettoni prima di sparare

-Per quanta simpatia io possa possa provare per te Candy, devi capire che l’idea che una semplice cameriera per di più di dubbie origini, possa unirsi a un membro della famiglia Andrew, è semplicemente… intollerabile. Mi capisci?-

Candy si sentì ribollire dentro. Ma come si permetteva quella megera? Con chi credeva di avere a che fare? E poi, anche se fosse stato, cosa c’era di male?

Cominciava ad averne abbastanza di quei ricconi che la squadravano dall’alto al basso convinti di esserle superiori.

Si alzò e fece il suo canonico inchino.

-Con permesso signora!- 

Poi aprì la porta del salottino privato e se ne andò dirigendosi verso l’odiata Casa Legan dove arrivò in lacrime.

 

Passarono altri giorni e ormai in Casa Legan fervevano i preparativi per l’imminente chiusura della casa e il ritorno a Chicago dei signori. Neal Legan ormai si era ristabilito e la stecca al braccio gli era stata levata.

Ormai tanto valeva per il rampollo di Casa Legan, rimanere lì fino alla fine dell’Estate e rientrare a Chicago insieme alla madre e alla sorella. 

Le due donne ormai passavano tutte intere le loro giornate a spettegolare sugli intrighi dell’alta società di Chicago e Candy era impegnata nei lavori di pulizia e riordino della casa.

Un giorno mentre rientrava dall’ennesima commissione svolta per conto della signora, Candy si sentì chiamare da una voce maschile proveniente dalla stalla.

-Ma questo è… Neal.-

E in effetti era proprio il giovane Legan che la chiamava

-Candy. Per favore, vieni qui…-

-E che cavolo vuole da me quel debosciato?-

Comunque si avviò verso la stalla. Finché lavorava in Casa Legan quello era il suo dovere: rispondere alle chiamate dei suoi datori di lavoro.

 

-Ti ho sentita sai?- disse Neal una volta che Candy fu entrata nella stalla. -Mi hai chiamato “debosciato”.-

-Mi scuso per l’espressione signore, ma posso chiederle che cosa vuole da me?-

-Sei cresciuta dal giorno che sei arrivata qui, ricordi? Allora eri una bimbetta di dieci anni, ma già bella vispa…-

-Signore, se non ha bisogno di niente io tornerei al mio lavoro.-

-Non tanta fretta…-

Disse lui aggirandola e chiudendo velocemente l’ingresso della stalla.

-COSA VUOLE DA ME?- gridò lei esasperata. Prima quell’odiosa megera della signora Elroy e poi quel debosciato.

Lui le si avvicinò e le accarezzò la guancia

-Adesso di anni ne hai sedici, e sei ancora più vispa…-

Fu un istante: Candy appioppò una solenne ginocchiata in mezzo alle gambe, e il giovane Legan si piegò in due per il dolore.

-Maledetta! Io…-

Ma a Neal non fu concesso lo spazio per nessuna reazione: un’autentica pioggia di schiaffi si abbatté sul suo volto “da schiaffi” per l’appunto, finché un calcio sul mento non lo fece cadere in terra. Mentre il ragazzo si contorceva in terra dal dolore Candy prese il forcone che si usava per spostare le balle di fieno e lo puntò al petto di Neal.

-Stammi a sentire una volta per tutte schifoso bacarozzo! Io non resterò ancora a lungo in questa lercia casa, ma per tutto il tempo che ci starò tu non mi sfiorerai neanche con un dito. Anzi, terrai la tua puzzolente presenza, lontana da me!

Perché se non lo farai io ti passerò da parte a parte con questo forcone e ti appiccicherò al muro di questa stalla! SONO STATA CHIARA?-

-Tu… tu sei pazza…-

-Forse…- riconobbe lei fra le lacrime -…e la colpa è di tutti voi maledetti Legan!-

Poi buttò via il forcone e si diresse verso la porta della stalla. La aprì e si girò un’ultima volta verso Neal che ancora giaceva a terra.

-Con permesso… SIGNORE!-

 

Ormai Candy aveva deciso: sarebbe andata via subito da quella maledetta casa. Anche senza la risposta che attendeva da miss Pony. Entrò in casa decisa a recarsi dalla signora Legan, quando fu proprio lei a farlesi incontro.

-Candy, è arrivata questa lettera per te.-

-Grazie signora.-

Vide l’indirizzo del mittente e ne ebbe un colpo al cuore, in positivo però. Era una lettera della cara miss Pony.

-Signora, dopo che avrò letto questa lettera avrò bisogno di parlarle.-

-Va bene Candy. Mi troverai nel mio salottino privato.-

 

-Così hai deciso di andartene.-

-Sì signora. Partirò domani stesso.-

-Posso chiederti dove andrai e cosa pensi di fare?-

-Adesso tornerò alla Casa di Pony e poi a settembre mi trasferirò in Illinois, per frequentare una scuola per infermiere.-

-Certo, è un lavoro adatto a te. Ho visto quanto sei abile.-

-Mi sono informata a suo tempo: il primo treno utile per me partirà domani mattina molto presto, quindi uscirò da questa casa che tutti dormirete ancora.-

La signora sorrise tristemente

-Vuoi andartene così, in silenzio.-

-Sì signora, voglio andarmene in silenzio. Fino a stasera farò regolarmente il mio lavoro e saluterò i miei colleghi.-

-Ci mancherai Candy.-

Stavolta lei non rispose, fece il suo solito inchino dicendo:

-Con permesso signora.- 

 

Ritiratasi la ragazza, la signora Legan si portò la mano in volto e cominciò a piangere.

Era un rimpianto profondo quello che provava l’altezzosa signora, come se troppo tardi avesse compreso certe verità. 

Troppo tardi…

 

La mattina seguente di buon’ora Candy raccolse le sue poche cose in quella valigia che sembrava fatta di cartone. Quella valigia, quella stanza, quella casa l’avevano vista bambina e ora la vedevano ragazza e quasi donna.

Ebbe un attimo di esitazione prima di uscire da quella semplice e spoglia stanza che per sei lunghi anni l’aveva ospitata, ma poi si avviò lungo il corridoio.

 

I saluti con i suoi colleghi erano stati strazianti: a quelle persone lei voleva bene e le dispiaceva lasciarle, ma ormai aveva fatto la sua scelta.

Attraversò per l’ultima volta il salone di Casa Legan e aprì la porta.

Si diresse verso il cancello che veniva sempre lasciato aperto. 

Come ebbe varcato la soglia del cancello si girò e la vide.

La casa dove aveva vissuto per tanti anni, dove era cresciuta e aveva così duramente lavorato.

Aveva vissuto brutti momenti in quella casa, ma a tratti vi era stata anche felice.

E fu come se quei sei anni le scorressero tutti davanti agli occhi.

Si rivide bambina derisa e umiliata da quegli odiosi Neal e Iriza.

Si rivide sgridata e sfruttata dalla signora Legan, che pure a tratti aveva saputo essere una buona padrona.

Si rivide danzare e cantare in coro con gli altri membri della servitù.

E rivide lui, l’uomo di cui si era innamorata, e che aveva conosciuto proprio lì, in quella casa.

E tutti questi momenti li sintetizzò in una sola, semplice e lapidaria frase:

-Addio Casa Legan! Non mi mancherai!-

Poi si girò e si avviò sulla sua nuova strada, respirando a pieni polmoni quel venticello di una mattina di fine estate che le soffiava in faccia e le portava una nuova sensazione, un nuovo odore:
L’odore della libertà.

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Capitolo 8
*** Ci sei sempre stata ***


La ragazza bionda dai lunghi capelli ondulati camminava solitaria per le vie di Chicago. L’inverno si appressava a lasciare il passo a ben più miti stagioni, ma faceva ancora freddo nelle strade della grande città dell’Illinois in riva al Lago Michigan.

Erano pochi mesi che viveva a Chicago, essendovi arrivata dalla scuola per infermiere presieduta dall’amica di gioventù della cara Miss Pony, e ancora si trovava spaesata.

E per fortuna che aveva i suoi amici ad aiutarla!

Aveva realizzato il suo sogno di diventare infermiera, e ora lavorava a tempo pieno presso il Santa Johanna Hospital, uno dei più importanti di Chicago. Si era affrancata da una condizione lavorativa infelice, ed ora si sentiva padrona di sé stessa e del suo destino, ma talvolta veniva vinta dalla malinconia.

Ormai aveva lasciato Casa Legan da quasi due anni, ma i ricordi li portava tutti con sé. Talvolta riusciva a guardarli con sufficiente distacco, e talvolta veniva sopraffatta dalla tristezza. E in quella fresca serata di metà marzo si sentiva proprio così: triste e malinconica.

Il suo lavoro di infermiera non era certo meno duro di quello che aveva svolto per tanti anni in Casa Legan, ma lei lo preferiva senz’altro.

Molto meglio rispondere alla chiamata di un paziente bisognoso d’aiuto, che non portare il tè alla signora Legan e ai suoi ospiti! Adesso si sentiva apprezzata e rispettata, anche se il dottor Leonard sapeva essere non meno autoritario della signora Legan.

 

A forza di camminare passò davanti al più importante teatro di Chicago, e lì lo vide.

La sua immagine campeggiava in mezza Chicago in vista dell’imminente debutto di “Romeo e Giulietta” a Chicago. E lei ogni volta che vedeva quel volto sui cartelloni, non poteva non essere pervasa da sentimenti contrastanti, quali l’ammirazione per l’attore che aveva realizzato il suo sogno, e il rimpianto per un sogno vissuto forse troppo precocemente, e sfumato in un fuoco di paglia.

Quante volte aveva ripensato a quel bacio sulla collinetta dietro Casa Legan…

Le sensazioni svanite in quella sua reazione dettata dalla paura di un momento…

Cosa sarebbe potuto succedere con più tempo a disposizione, in cui meglio maturare un sentimento che pure lei aveva sentito nascere dentro di sé…

Quante volte avrebbe voluto risentire la sua voce che la chiamava…

-Candy!- ecco, proprio così

-Candy!- quella voce nella sua mente sembrava così vivida, così reale.

-Candy!- sembrava addirittura avvicinarsi.

-Candy!- quella voce ERA reale! Era la voce di LUI, di Terence Grandchester.

-Terence!- disse infine lei voltandosi.

-Oh Terence!- disse di nuovo abbracciandolo.

 

Poco dopo sedevano al tavolino di un bar intenti a raccontarsi quei due anni trascorsi dalla settimana trascorsa a Casa Legan.

-Così il tuo sogno era di diventare un’infermiera.-

-Esatto. È stata dura ma infine l’ho realizzato. Come te d’altronde.-

-Già, anche per me è stata dura. Ma ce l’abbiamo fatta.-

-Beh, propongo un brindisi allora: ai nostri sogni realizzati e a quelli ancora da realizzare!-

La sua voce squillante fece trasognare Terence: la ragazza che aveva davanti non aveva niente a che fare con la cameriera seria e compassata di Casa Legan, era come se la sua spontaneità, il suo carattere, troppo a lungo repressi, fossero sbocciati trasformandola in un fiore vivido e colorato.

-Dimmi un po’. Com’è stato lasciare Casa Legan?-

-Una sensazione unica Terence! Ricordo ancora quando sono uscita da quel dannato cancello vicino alle stalle. C’era un fresco venticello che mi soffiava in faccia, ricordo quella sensazione mai provata prima, come se la mia vita fosse cominciata in quel preciso momento. E ricordo anche quando arrivai alla casa di Pony… c’ero già stata altre volte in quegli anni, quando i Legan mi concedevano brevi vacanze… ma quella volta era diverso… non so neanche come spiegarlo.-

-Quindi se ho ben capito fu l’istitutrice della Casa di pony a indirizzarti alla scuola dove hai studiato da infermiera.-

-Sì certo. La cara Miss Pony in gioventù è stata lei stessa un’infermiera, e una sua cara amica d’infanzia e compagna di studi, miss Mary Jane, ha fondato una scuola per infermiere.

Potrei raccontartene di storie sai? Se tu puoi aver pensato di me che ero una cameriera seria e compassata quando stavo dai Legan, avresti dovuto conoscere la mia compagna di stanza: i pazienti la chiamavano “Miss Iceberg”…- rise di quella sua risata cristallina non più trattenuta. Quella risata che aveva il potere di mandare lui nel mondo dei sogni più belli.

-Hai più rivisto i Legan?-

-Sì certo, qualche mese fa la signora Legan è stata ricoverata al Santa Johanna, e io sono stata assegnata proprio a lei. Che soddisfazione poterle parlare senza più quelle ridicole cerimonie che dovevo seguire quando lavoravo per lei!-

Terence sorrideva

-Lo sai che Neal non vive più a Chicago? Per un certo periodo è stato in Messico, e attualmente vive in Florida, dove spero che qualche alligatore ne faccia un sol boccone!-

-E… Iriza?- 

-Oh lei vive qui a Chicago, fra ricevimenti e intrighi dell’alta società. Ogni tanto mi capita di incontrarla ma abbiamo tacitamente concordato di ignorarci reciprocamente. Una finta aristocratica e una vera plebea non possono sedere alla stessa mensa.-

-Tu non sei una plebea!-

-Oh sì che lo sono! E sono fiera di esserlo! Meglio essere una vera plebea, una figlia del popolo che mangia con le mani, pensa con la sua testa e parla liberamente, piuttosto che una dama con la puzza sotto il naso!-

Candy era incontenibile: ma quanta bile aveva dovuto mandare giù negli anni passati a Casa Legan?

-Ma ti sto riempiendo di chiacchiere lo so! Raccontami di te piuttosto…-

-E cosa vuoi sapere?-

-Anzitutto se ti sei riconciliato con tua madre.-

-Certo che sì. È la prima cosa che feci appena arrivato a New York! Andai a casa sua e bussai alla sua porta. Lei non credette ai suoi occhi, poi mi abbracciò… il resto puoi immaginartelo no?!?!?

Le dissi il mio sogno di diventare attore, ma le dissi anche che non volevo “raccomandazioni”, volevo farcela con le mie sole forze. Così lei mi indirizzò verso una piccola compagnia indipendente, La “Hatheway”, di cui faccio parte tutt’ora.

Iniziai col fare piccole parti, ma mi feci notare. Così quando si è deciso di mettere in scena il “Romeo e Giulietta” dopo alcuni provini mi fu assegnata la parte.-

-Perché la parte di Giulietta è stata affidata a Karen Kliss? Erano tutti convinti che sarebbe stata Susanna Marlowe a interpretare Giulietta.-

Terence sudava freddo

-Candy, posso farti una domanda personale?-

-Beh sì, se riterrò di poter rispondere lo farò.-

-Ecco… supponiamo che… tu salvi la vita a qualcuno…-

Ma che stava dicendo Terence?

-…e che questo qualcuno ti voglia sposare… tu che faresti?-

Candy era interdetta, per caso il giovane attore si era ubriacato come quel giorno a Lakewood?

-Beh, se volesse sposarmi perché è innamorato di me e io di lui, non ci penserei due volte, ma se volesse sposarmi solo per gratitudine, direi di no! Che razza di matrimonio sarebbe?-

Terence sembrò pensare a lungo, poi il suo sguardo mutò, come se avesse deciso qualcosa.

-Adesso devo andare Candy.- disse infine alzandosi -Fra poco ho le prove generali prima del debutto di domani, ma voglio che tu venga a vedermi!-

-Terence, io ti ringrazio ma… il costo del biglietto è fuori dalla mia portata…-

-Per caso domani hai il turno serale?-

-No, domani lavoro di mattina ma…-

-Niente “ma” Candy! Domani sarai mia ospite. Trovati qui alle 8.00 precise e presentati al botteghino come Candice White, l’amica di Terence Grandchester e vedrai che ti faranno entrare. Ti aspetto!-

Ciò detto il giovane attore se ne andò.

 

La sera dopo Candy seguì le istruzioni di Terence, e si presentò al botteghino come Candice White “l’amica di Terence Grandchester”, e l’impiegato al botteghino le consegnò il biglietto a lei riservato dal fascinoso attore.

Al posto che le venne assegnato Candy ebbe un’inattesa sorpresa.

-Signora Legan! Signorina Iriza!-

-Candy!- dissero ad una voce le due Legan

-E tu che accidenti ci fai qui?- disse Iriza scandendo lentamente ogni parola.

-Sono stata invitata dall’attore protagonista.-

-Certo.- disse la Legan -Tu sei stata la cameriera personale di Terence Grandchester, e lui si sarà ricordato di te.-

-Sennò come avrebbe fatto una squattrinata come te a procurarsi il biglietto?- disse perfidamente Iriza.

Candy fremeva

-Signorina Iriza, ho la fortuna di non lavorare più per lei, quindi la invito a rivolgersi a me con rispetto.-

-D’accordo, d’accordo.- disse Iriza -Non ti scaldare adesso, e chiamami pure Iriza se vuoi.-

-Come dici?-

-Hai capito benissimo. Abbiamo la stessa età noi due, e dal momento che come hai detto tu, non lavori più per me, puoi anche prenderti qualche confidenza.-

-Come preferisci… Iriza. 

Signora Legan, posso chiederle come sta?-

-Abbastanza bene Candy. Domani mattina ho una visita di controllo in ospedale, ma non posso lamentarmi.-

-Ne sono felice signora.-

 

Lo spettacolo iniziò e fu un trionfo totale per la coppia protagonista: Terence Grandchester e Karen Kliss.

 

-Sono contenta di averla rivista signora Legan.- disse Candy alzandosi dal suo posto -E di vedere che sta bene, ma ora devo salutarla.-

-Devi correre dietro al bell’attore Candy?- la voce velenosa di Iriza ebbe su di lei l’effetto di un pugno nello stomaco.

-Cosa… cosa… ma come ti permetti Iriza?!!!-

-E va bene. Te lo dico chiaramente: corre voce che Terence e Susanna Marlowe siano intimi.-

Quella ragazza era la solita vipera, e Candy ebbe la tentazione repressa a stento, di saltarle addosso e darle la stessa lezione che aveva già dato a suo tempo al suo debosciato fratello.

-Grazie della preziosa informazione “signorina” Iriza- disse poi voltandosi -Ne terrò senz’altro conto!-

-Non potevi proprio farne a meno Iriza?- disse poi la signora Legan a sua figlia.

-Le ho detto soltanto la verità mamma. Comunque sta tranquilla, non ho nessuna intenzione di crearle problemi: per me Candice White può anche andarsene al diavolo.-

 

Candy uscì dal teatro in lacrime.

Possibile che quella serpe di Iriza dicesse la verità? Ma poi, cosa si era creduta di poter fare lei? Mettersi con un attore famoso in virtù di qualche bel momento passato insieme, di un bacio rubato e di due schiaffoni?

Si diresse verso l’ospedale desiderosa solo di andarsene a dormire: l’indomani aveva il turno alla mattina.

 

Passarono due settimane da quella sera, e Candy riprese il suo tran-tran fra lavoro e uscite serali con i suoi amici. Una sera rivide anche Iriza insieme ai suoi amici e la trattò con normalità sedute al tavolino di un bar, chiamandola per nome e conversando con lei.

-Candy, mi dispiace di averti detto quelle cose a Teatro, io…-

Iriza Legan dispiaciuta? Questo sì che era un evento!

-Non fa niente Iriza. È vero: quel ragazzo mi piaceva, ma mi stavo facendo troppi castelli in aria. Come può un’infermiera che ha fatto la cameriera e che ha le mani ancora segnate dal lavoro, accaparrarsi un nobile con la passione del teatro?-

La cattiva ironia di quelle parole ferì Iriza e dispiacque agli altri, perché capirono che la loro bionda amica non aveva fatto del tutto pace con il suo passato.

-Come va il lavoro Candy?- disse Annie sviando la conversazione su binari più tranquilli.

-Ieri mi hanno assegnata al paziente della stanza numero 0. Uno sconosciuto che ha perso la memoria.-

-Oh poverino.- disse Patty -non dev’essere piacevole.-

-Pensate: viene dall’Italia e il suo treno ha subito un bombardamento. Lui è stato sbalzato fuori e quando si è risvegliato aveva perso la memoria e non faceva altro che ripetere “Chicago”. Così essendo evidente che si trattava di un cittadino americano, visto che non parlava una parola di italiano, l’hanno imbarcato sul primo piroscafo per l’America e lo hanno spedito qui.-

-Dall’Italia hai detto?- chiese Stear

-Puoi descrivercelo?-

-Sì, è un bel ragazzo sui venticinque anni, ha lunghi capelli biondi e sarà alto più o meno come voi.-

-E viene dall’Italia…- disse Archie, mentre sia a lui che a Stear si accese un lampo negli occhi.

-Candy dovresti portarci da lui.- disse Stear alzandosi in piedi.

-Adesso non è possibile ragazzi, forse domani mattina. Ma… perché?-

-Non possiamo spiegartelo adesso, ma forse possiamo identificare quell’uomo!-

-Va bene, domani vi farò entrare in ospedale, sperando che non lo dimettano prima.-

 

Il giorno dopo Archie, Stear, Annie, Patty e la signora Elroy si presentarono in ospedale di buon’ora e furono ricevuti dal dottor Leonard. Sentito ciò che volevano, Leonard fece chiamare Candy che accorse.

-Ciao ragazzi! Signora Elroy…-

-Candy.- disse Stear -Puoi accompagnarci dal paziente della stanza numero 0?-

-Certo, seguitemi.-

Candy li guidò alla stanza dove c’era ricoverato il misterioso paziente. Lui stava in piedi vicino alla finestra, e al rumore della porta che si apriva si girò.

-Ma tu sei Albert!- dissero ad una voce i quattro ragazzi, mentre la signora Elroy impallidì 

-William!-

Candy non ci capiva niente: chi era quell’uomo? William o Albert?

-William!- ripeté Elroy facendosi avanti -Tu sei William Albert Andrew! Sei il capofamiglia degli Andrew! E io sono la zia Elroy, la sorella di tuo padre! Ti ricordi di me?-

L’uomo, chiunque fosse, sembrò vacillare e Candy prese in mano la situazione.

-Patty, Annie. Cercate il dottor Lane, il primario del reparto, presto. E voi aiutatemi a farlo sedere sul letto! 

Signora Elroy per cortesia, si sposti!-

 

Poco dopo Candy e il dottor Lane uscivano dalla stanza numero 0.

-La situazione è sotto controllo: il signor Andrew ha recuperato la memoria e adesso sta riposando.-

 

Quella stessa sera, a fine turno, Candy e i suoi amici sedevano al tavolo di un ristorante.

-Una storia incredibile! Così quel ragazzo viveva in incognito e vegliava su di voi senza che voi lo vedeste nemmeno.-

-Beh, non esattamente Candy.- specificò Archie -A Londra noi lo frequentavamo anche se lo conoscevamo solo come Albert. Lui era grande amico anche di Terence, sai?-

-Pensa che una volta.- iniziò a raccontare Patty -Terence si ubriacò a Londra e si mise a fare a botte con degli energumeni. Lui intervenne e lo salvò. Poi lo riaccompagnò al collegio e lo fece rientrare di nascosto. Solo che sbagliò edificio e io mi ritrovai Terence nella mia stanza a mezzanotte passata!-

-Oh mio dio! Immagino il tuo spavento.-

-Chiamai Annie che dormiva nella stanza accanto, e insieme riuscimmo a far uscire Terence dall’edificio delle ragazze. Poi lui arrivò da solo nell’edificio giusto.-

-Non c’è che dire, avete vissuto delle belle avventure in quel collegio.- commentò allegramente Candy, sicuramente pensando che in quegli anni lei sgobbava come un somaro in Casa Legan.

-Certo.- confermò Annie -Ci siamo divertiti, ma non ripeterei l’esperienza per niente al mondo, credimi! Mi sto divertendo molto di più adesso con voi, e con te, mia cara Candy…-

Le due ragazze si presero la mano con sguardo commosso.

-Ehi!- disse Archie cambiando argomento -Avete letto su questo giornale? Si parla di Terence!-

Annie prese il giornale e cominciò a leggere.

-Il famoso attore Terence Grandchester, reduce dal successo di “Romeo e Giulietta” fa chiarezza circa i suoi rapporti con Susanna Marlowe. Io e Susanna siamo e resteremo buoni amici. Le sono grato per avermi salvato la vita e continuerò a restarle accanto, come amico.-

Candy strabuzzò gli occhi e le rivennero in mente prepotenti, le parole che Terence aveva pronunciato quella sera, quando le aveva parlato di gratitudine e matrimoni…

-Cosa… cosa vuol dire “salvato la vita”…- chiese Candy quasi balbettando.

-Non lo sai Candy?- disse Annie -Durante le prove di Romeo e Giulietta, un riflettore si è staccato dal soffitto, e stava per cadere addosso a Terence che stava provando. La Marlowe lo ha spostato appena in tempo e il riflettore è caduto addosso a lei, poverina. Le hanno dovuto amputare una gamba.-

-A-a-a-allora è per questo che…-

-Che la parte di Giulietta è andata a Karen Kliss. La Marlowe è più brava certo, ma adesso non potrà più recitare, povera ragazza…-

-Candy, ti senti bene?- le chiese Patty e lei fece faticosamente cenno di sì con la testa.

-Perché non esci a prendere una boccata d’aria?-

-Sarà… meglio…-

Ciò detto Candy si alzò e uscì dal locale seguita dagli sguardi inteneriti dei suoi amici.

 

Uscita dal locale Candy respirò a pieni polmoni. 

Dunque c’era davvero una piccola speranza anche per lei di trovare la felicità? Dopotutto se la sarebbe meritata anche lei un po’ di felicità in quella vita che finora non era stata proprio generosissima con lei.

Come a voler fugare questo dubbio la ragazza si sentì chiamare:

-Candy.-

Avrebbe riconosciuto quella voce fra mille, e quando vide il suo volto, per l’emozione non riusciva a spiccicare parola, ma poi riuscì a dirla quella parola.

-Terence!- gridò prima di correre ad abbracciarlo.

 

-Adesso se ti dò un bacio cosa fai? Mi dai un altro schiaffone?-

Per tutta risposta lei gli afferrò la cravatta e lo tirò a sé baciandolo.

 

Non rientrarono nel locale e se ne andarono per i fatti loro mentre da lontano i loro amici li guardavano piangendo di commozione.

 

-Sai Candy? In molti momenti della mia vita ho avuto come la sensazione che… mi mancasse qualcosa. Intravedevo come un volto nella nebbia, un volto che non riuscivo mai a distinguere, ma che ora so che era il tuo.

Dovevo ancora incontrarti, dovevo ancora conoscerti, ma tu c’eri già. In qualche modo… tu ci sei sempre stata.-

 

FINE

 

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