Encanto

di Babbo Dark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Rendi onore al tuo Branco ***
Capitolo 2: *** La famiglia Hale ***
Capitolo 3: *** Albero secco ***
Capitolo 4: *** Pressioni ***
Capitolo 5: *** La Stanza delle Sabbie del Tempo ***
Capitolo 6: *** Non si nomina Peter! ***
Capitolo 7: *** Il Custode di Villa Hale ***
Capitolo 8: *** Perfezione ***
Capitolo 9: *** Addio, Nemeton... ***
Capitolo 10: *** Dos Oruguitas ***
Capitolo 11: *** Epilogo - Una porta per Eli ***



Capitolo 1
*** Prologo - Rendi onore al tuo Branco ***


Note iniziali: non ci credo che sto pubblicando una nuova “SterekInDisney”, sembra passata un’eternità da quando conclusi “Il più bello e il più raro di tutti…” e devo dire che mi è mancato moltissimo questa tipologia di storia; ora, prima di lasciarvi al capitolo è necessario fare una premessa molto doverosa.

Come detto nelle note, questa è un’Omegaverse per un motivo fondamentale: mi era impossibile rendere Eli un figlio biologico di Stiles e Derek; certo, potevo mettere in mezzo pozioni e robe varie (come riti, incantesimi, sogni, eccetera) ma alla fine che esistono a fare le Omegaverse se non per questo? Quindi sì, la storia tratta quelle tematiche ma sono del tutto marginali; quindi niente calori, corteggiamenti, disparità Alpha/Omega. Niente di tutto questo.

Per seconda cosa, devo parlare un attimo dei protagonisti; ora, inizialmente volevo rendere al centro dell’attenzione l’intera famiglia Hale ma dopo un attimo di studio (sia della fanfiction che del film stesso) mi sono reso conto che era impossibile farlo. Ragazzi, “Encanto” ha tipo 11 personaggi principali e solamente 2 di questi non hanno avuto chissà che partona nel lungometraggio (e mi riferisco ovviamente a Dolore e Camilo); dopo un’attenta analisi ho deciso di stravolgere completamente il Branco Hale (tipo che ho eliminato Laura, duh!) inserendo i personaggi della serie TV.

Quindi troverete cose come Scott che è figlio di Derek e Stiles.

So che non è una cosa molto carina da fare, soprattutto perché potevo inventarmi di sana pianta dei nuovi personaggi, ma ci tenevo a utilizzare i nostri cari lupacchiotti (E le banshee E gli umani – cit.) quindi sì, lettori avvisati e mezzi salvati; qui sotto troverete un breve elenco di tutti i protagonisti nelle loro nuove famiglie.

Detto ciò vorrei dire un’ultima cosa: questo è, ovviamente, il prologo; conto di aggiornare mercoledì prossimo e poi ogni due settimane perché la storia è ancora in corso di scrittura (volevo terminarla ma non ce l’ho proprio fatta ad aspettare ^^”), una volta conclusa credo che passerò ad aggiornarla una volta a settimana come sempre.

Infine ecco a voi l’elenco.
  1. Cora e Isaac
  • Aiden;
  • Ethan;
  • Allison;
  1. Derek e Stiles
  • Lydia;
  • Scott;
  • Eli;
 
Credo di aver finito, quindi vi auguro una buona lettura e ci vediamo sotto!
 
 
Babbo Dark
 



ENCANTO
Capitolo 01: Prologo – Rendi onore al tuo Branco
 


Il costante ticchettio dell’orologio appeso alla parete riecheggiava nella piccola camera da letto, accompagnando lentamente i costanti ma accelerati battiti del piccolo occupante; lì fuori, poco oltre le alte colline che avvolgevano e proteggevano la città, il Sole iniziò lentamente a calare tingendo il cielo di un caldo e rassicurante arancione mentre le prime stelle iniziavano a fare capolino sulla volta celeste. Un sospiro abbandonò la gola del bambino, intento a stropicciarsi malamente i bordi dell’elegante camicia bianca, e lanciò uno sguardo verso il gigantesco albero che primeggiava nel cortile interno alla Villa; apparentemente immobile, in completo distacco verso il caos che primeggiava in tutta la città e la cacofonia di voci che da quella mattina non aveva smesso un attimo di riecheggiare nell’aria, il Nemeton faceva oscillare pigramente i giganteschi rami ridisegnando le ombre che decoravano i pavimenti del cortile.

Eli sospirò nuovamente e deglutì, aveva atteso impazientemente quella dannata serata eppure quando questa giunse desiderò ardentemente faro un salto nel futuro di una singola, dannatissima settimana; insomma, due giorni prima aveva compiuto dieci anni e ora, quando la Luna avrebbe raggiunto il massimo del suo splendore, avrebbe finalmente ottenuto il suo talento. Nel corso della sua breve vita si chiese più volte quale dono gli sarebbe stato concesso dal Nemeton, immaginandosi mentre allungava il proprio corpo come Rufy o modificava i tratti del volto come Tonks; solamente due settimane prima suo cugino Aiden era stato benedetto con l’abilità di cambiare aspetto a proprio piacimento, cosa che lo divertiva enormemente spingendolo a prendere il posto di chiunque solamente per tendergli un qualche scherzo idiota, e tutta la città si era riversata all’interno della sua stanza. Ricordava ancora come si sentì nell’osservare l’enorme distesa di pareti bianche, ornate da quelli che sembravano dei dipinti a olio raffiguranti lo stesso Aiden e da una quantità apparentemente infinita di specchi.

‘Le camere rispecchiano la persona e il proprio talento, ci aiutano a non perderci né a dimenticarci di noi stessi; non siamo il nostro talento, quello è un bonus, noi siamo noi stessi e basta…’ gli aveva spiegato suo padre quella stessa sera, dopo averlo accompagnato a letto, e da allora non aveva fatto altro che immaginare la sua nuova camera; era quasi stanco di quelle quattro mura verdi, decorate con tutti i disegni che lui e i suoi cugini avevano appeso al muro quando ancora la occupavano, ora voleva la sua stanza che rispecchiasse il suo talento e la sua persona. Sì, Eli Hale non vedeva l’ora di entrarci per la prima volta ed esplorarla da cima a fondo ma voleva anche passare quella dannata cerimonia che gli stava quasi provocando un attacco di panico; sollevando un attimo lo sguardo sullo specchio ovale posto nell’angolo, il piccolo poté vedere le proprie iridi variare quasi costantemente dal castano all’oro. Un fastidioso strap provenne dalle sue mani e fu con tutta la paura del mondo che abbassò lo sguardo, ritrovandosi a fissare i fori che gli artigli avevano provocato nel tessuto.

Un secco bussare lo costrinse a sobbalzare visibilmente, allontanando di scatto le mani dal danno, e fu solamente con qualche attimo di ritardo che riconobbe il profumo di lavanda tipico della nonna; pochi secondi dopo, infatti, il volto sorridente di Talia fece capolino dallo stipite. La donna indossava il suo classico abito da cerimonia, come lo chiamava lui; un lungo vestito viola scuro sulle cui balze erano state cucite delle farfalle interamente nere e ornato qui e lì d qualche fiore bianco.

Eli sorrise, non perdendosi con la coda dell’occhio l’elegante movimento del ramo che, intrufolatasi nella stanza da una delle tante fessure, iniziò a muovere attentamente e meticolosamente i vari oggetti sistemati sulle mensole fino ad afferrare saldamente la sveglia per poi spostarla sul comodino, avendo cura di ruotarla per permettere ai due mannari di fissare attentamente le lancette.
 
 

«Nervoso, cucciolo?» sussurrò dolcemente sua nonna, entrando finalmente in stanza e permettendogli di osservare attentamente l’oggetto che stringeva in mano; apparentemente era una semplice candela bianca, decorata con delle farfalle di cera color oro, ma Eli sapeva perfettamente che quella candela era tutto fuorché ordinaria. Deglutendo e riportando lo sguardo sulla nonna, prese un profondo respiro e annuì, deglutendo nuovamente subito dopo «È normale, cariño mìo…» disse sedendosi elegantemente sul letto, voltandosi per poterlo osservare attentamente «Anche il tuo papà era nervosissimo il giorno della sua cerimonia…» aggiunse sollevando le spalle.

«Davvero?» bisbigliò leggermente sconvolto, sollevando appena le sopracciglia e facendola ridacchiare; il suo papà era così imperturbabile, sembrava come se niente e nessuno potesse scalfirlo e sapere che proprio lui, tra tutti, si fosse ritrovato nella sua stessa situazione, in quella stessa stanza, lo fece sentire più leggero.

«Davvero.» rispose semplicemente Talia «Vedi, mi vida, questa cerimonia è importantissima…» aggiunse facendosi immediatamente più seria, portandolo ad annuire «Non serve solamente per ottenere il proprio talento, serve per ricordare il passato; non dobbiamo dimenticarlo, non possiamo dimenticarlo, e questa cerimonia ci serve per riportare alla mente il sacrificio fatto dal tuo abuelo tanti e tanti anni fa.» disse sospirando tristemente, il corpo avvolto da un alone di tristezza; Eli annuì nuovamente, intristendosi «Quando ci lasciò…» continuò poco dopo Talia, schiarendosi la gola un paio di volte «La nostra famiglia è stata benedetta con un miracolo, questa candela magica!» disse osservando innamorata la fiamma eterna che bruciava sullo stoppino, riportando il piccolo a fissare il proprio sguardo su quell’oggetto apparentemente insignificante «Ci ha protetto e guidato, permettendoci di scoprire il Nemeton…» immediatamente il lungo ramo spoglio, che fino a quel momento era rimasto immobile alle spalle del bambino, iniziò a contorcersi e a oscillare energeticamente portando la donna a ridere di gusto «Sì, sì Nemeton!» esclamò sorridente «Anche tu sei felice, lo so!» aggiunse.

«Nonna…» sussurrò Eli, abbassando appena lo sguardo e tornando a torturare l’orlo della sua camicia «E… E se…» deglutendo, il cucciolo chiuse gli occhi e scosse il capo come per scacciare un brutto pensiero; sobbalzò quando sentì la calda mano della donna posarsi dolcemente sulle sue spalle «E se non ricevessi alcun talento?» domandò infine, sconvolto da quel pensiero che sembrava essere entrato a gamba tesa e con una violenza disumana nella sua mente; Talia però sorrise, carezzandogli la schiena in cerchi sempre più alti, scuotendo delicatamente il capo.

«Non accadrà…» disse avvicinando il proprio naso a quello del cucciolo, illuminando le iridi di rosso e spingendolo a imitarla «Tu sei un Hale e come tutti i membri della nostra famiglia, del nostro Branco…» aggiunse divertita, non staccandosi dal nipote «Renderai onore a tutti noi!» esclamò divertita «E tra un'ora staremo tutti mangiando le empanadas preparati da tuo padre nella tua nuova stanza…» Eli sorrise appena.

«Grazie nonna.» bisbigliò dopo qualche attimo di silenzio «Renderò onore al Branco!» disse con tono più convinto, facendo sorridere orgogliosa la donna; la sveglia posta sul comodino trillò allegra, accompagnando i movimenti fulminei ed eccitati del ramo, costringendo i due mannari a separarsi.

«Sì, sì Nemeton! Sta per iniziare la cerimonia!» rise Talia prima di alzarsi, afferrando saldamente la manina umida di sudore del piccolo per poi accompagnarlo fuori da quella stanza, la sua stanza d’infanzia.
 

 
Sentiva il costante vociare della cittadina, riunita per l’occasione e pronta a festeggiare il suo prossimo nuovo talento, mentre il delizioso odore di cibo portava il suo stomaco a brontolare cupamente a causa della nausea provocatagli dalla tensione; Eli prese un profondo respiro e attraversò rapidamente i lunghi corridoi della Villa, venendo illuminato di volta in volta dalle lanterne decorative che quella stessa mattina suo zio Isaac aveva appeso per tutto il perimetro interno della villa. Quando finalmente entrarono nell’immenso salone periferico, che gli avrebbe permesso di sistemarsi al meglio il vestiario e calmare il lupo prima di procedere con la cerimonia, sorrise venendo i suoi padri bisticciare come loro solito.
 
 

«ELI!» esclamò suo padre, scattando sul posto per poi inginocchiarsi e abbracciarlo strettamente, baciandogli dolcemente la guancia paffuta «Il mio lupacchiotto tutto speciale!» aggiunse cullandoselo un poco e facendolo ridacchiare.

«Andiamo Stiles, lascialo respirare…» sussurrò il suo altro padre, accovacciandosi e sorridendogli dolcemente «Pronto campione?» disse carezzandogli la testa e scompigliandogli ancor di più i capelli disordinatissimi.

«Sì.» rispose Eli, facendo saettare lo sguardo sui suoi genitori.

«Nessuna pressione cucciolo, vero Der?» domandò Stiles fissando il marito e facendolo annuire.

«Vada come vada questa sera, tu resterai sempre e comunque il nostro cucciolo speciale e pieno di talenti.» aggiunse Derek; Eli sorrise e annuì nuovamente «Ti aspettiamo sull’impalcatura, vicino alla tua futura stanza.» i due si sollevarono, solamente dopo che Stiles ebbe stritolato per qualche altro secondo il piccolo, e alla fine uscirono permettendogli di rimanere da solo con i propri pensieri e il cuore che correva fin troppo velocemente.
 
 

Udì solo parzialmente il discorso fatto da sua nonna, troppo teso per potersi concentrare su qualsiasi altra cosa che non fosse il proprio lupo interiore, e fu quasi con un urlo disperato che Eli vide le pesanti porte in mogano spalancarsi davanti ai suoi occhi per permettergli, finalmente, di osservare il cortile addobbato; un lungo ed elegante tappeto rosso si estendeva ai suoi piedi, percorrendo tranquillamente tutto lo spiazzo fino a salire i gradini che lo avrebbero condotto su quella dannata impalcatura circolare che circondava lo spesso tronco del Nemeton.

Una gigantesca triskele dorata faceva bella mostra di sé sulla superficie ruvida della corteccia, sembrando quasi che stesse levitando di qualche centimetro da essa, mentre i lunghi e nodosi rami del Nemeton oscillavano pigramente al leggero alito di vento che aveva iniziato a soffiare sulla loro Villa; quando finalmente le luci si fecero soffuse, e due fari vennero puntati sul protagonista di quella serata, Eli prese un profondo respiro e incastrò il capo tra le spalle prima di iniziare a camminare nervosamente sul tappeto.

Sentiva gli sguardi dei cittadini sul proprio corpo, poteva sentire i vari bisbigli di tutti loro, ma soprattutto riusciva a vedere la commozione e l’orgoglio che tirava il volto di sua nonna e rendeva umidi gli occhi dei suoi genitori; lentamente e cautamente, iniziò a salire le scale tenendo lo sguardo puntato sulla triskele e alla fine, liberando un respiro che non si era reso conto di star trattenendo, arrivò davanti a sua nonna.

Avrebbe tanto voluto essere più padrone di sé per riuscire a capire, a comprendere, le parole sussurratogli dolcemente dalla donna ma l’unica cosa che riuscisse a sentire in quel momento era il battito forsennato e assordante del suo cuore che non voleva assolutamente placarsi; meccanicamente posò le mani sulla candela, annuendo a qualche domanda postagli, e solo alla fine riuscì a sollevare nuovamente gli occhi sul Nemeton.

Lentamente, dopo aver stropicciato nuovamente e per l’ultima volta la camicia, Eli si avvicinò al tronco e posò finalmente le sue mani sulla ruvida corteccia.

Un ansito spezzato riecheggiò nelle gole di tutti, accompagnato da un singhiozzo disperato.
 
 


Note finali: ed eccoci qui alla fine di questo piccolo prologo; nella mia mente, gli Hale sono di origine messicana e per questo ogni tanto potrete sentire dei termini spagnoleggianti. Tutta la vicenda di “Encanto” è ambientata in Colombia, avevo pensato di fare la stessa cosa ma alla in ogni “SterekInDisney” ho cambiato più di qualcosa e quindi…

Vi piace il nostro protagonista? Sapete, ho sempre pensato a dei Classici in cui protagonisti si mettessero insieme ma poi sono rimasto folgorato da questo splendido film animato che nel giro di pochissimo tempo è arrivato ad occupare la top tre dei miei film Disney preferiti.

Spero che questo prologo vi sia piaciuto; non temete per la lunghezza, man mano che la storia prosegue diventeranno più corposi (il quinto capitolo è di tipo 19 pagine. Duh!) ma giunti a questo punto vi saluto perché domani il sottoscritto ha il turno di mattina e la sveglia suonerà alle 5. TT.TT
 

Ciao a tutti e alla prossima!
 
 
Babbo Dark

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Capitolo 2
*** La famiglia Hale ***


Note iniziali: sì, sì, lo so quello che avevo detto ma purtroppo mercoledì si preannuncia come una giornata estremamente impegnativa, quindi ho pensato di aggiornare oggi; mancano cinque capitoli da scrivere, sono letteralmente a metà opera, e spero che nei prossimi giorni riuscirò a portarmi avanti con il lavoro così da aumentare il numero di pubblicazioni.

Prima di lasciarvi al capitolo vorrei specificare una cosa: il protagonista della vicenda, come sicuramente avrete capito sarà proprio il caro Eli Hale; la scelta è stata quasi dolorosa e so che non rientra molto nei canoni delle “SterekInDisney” ma non potevo fare altrimenti. “Encanto” prevede che Mirabel sia single, proprio perché le tematiche del film non riguardano l’amore romantico ma solamente quello famigliare; mettere solo Stiles o solo Derek mi faceva letteralmente schifo, così come introdurre a forza una relazione amorosa. Sarei andato fuori tema e preferisco di no.

Infine, ma non meno importante, qui sotto vi troverete i “partecipanti” della canzone del capitolo.

Detto questo vi auguro una buona lettura e noi ci vediamo sotto!
 

Babbo Dark
 

Partecipanti:
Eli
Coro
Talia
 
 
ENCANTO

 Capitolo 02: La famiglia Hale
 

Chiuso nella sua camera, ancora umido dalla doccia, Eli camminava rapidamente da un mobile all’altro recuperando i vari abiti che avrebbe indossato per quella che, ne era certo, sarebbe stata una lunghissima giornata; appeso nell’armadio, ancora avvolto dal cellophane, si trovava lo smoking che avrebbe indossato per la cerimonia. Sentiva riecheggiare le voci dei suoi cugini per tutta la Villa e dall’esterno provenivano i versi indignati degli uccellini che scappavano terrorizzati dal quasi cosante movimento dei rami che, fin dalla prima luce dell’alba, avevano iniziato a sistemare il cortile sotto l’attenta supervisione di sua nonna; sospirando, si asciugò sommariamente e prese a vestirsi ruotando gli occhi quando la sveglia iniziò a trillare fastidiosamente sul comodino, portandolo a sospirare pesantemente mentre faceva sbucare la testa dalla maglietta azzurra.

Calzate le scarpe, e afferrato il telefono, uscì dalla propria camera e raggiunse rapidamente l’androne delle scale; il profumo dei fiori che Lydia aveva fatto sbocciare lungo tutte le pareti era fastidioso, quasi insopportabile, e di certo le lunghe ghirlande che avvolgevano le colonne del portico non aiutavano a migliorare la situazione. Fortunatamente, l’odore delle frittelle preparate da suo padre lo aiutò a ritrovare il sorriso ma questo non gli illuminò mai il volto, fermandosi a tendergli le labbra in una curva appena accennata; Ethan correva avanti e indietro, borbottando tutti i vari messaggi che aveva udito dai cittadini, ed Eli ruotò nuovamente gli occhi mentre entrava in cucina e afferrava una di quelle prelibatezze ancora calde.

‘Rendi onore al Branco…’ si ripeté mentre masticava, il braccialetto regalatogli da Allison quello stesso inverno sembrava bruciargli la pelle come a ricordargli il perché non si fosse rinchiuso nella propria stanza e, ancora meglio, il perché non fosse scappato da qualche parte già dall’inizio della settimana; il solo pensiero del volto adombrato della cuginetta, gli occhi lucidi che da qualche giorno non smettevano mai di abbandonarla, non volevano saperne di lasciare la sua mente e alla fine, deglutendo l’ultimo boccone con un sorso di latte, Eli si disse che poteva farlo. Per lei.

Fu un fastidioso vociare a interrompere il flusso di quei pensieri fin troppo deprimenti e quando qualcuno bussò alla porta della Villa sospirò rumorosamente e ripose il cartone in frigo prima di andare ad aprire; non si sorprese, infatti, quando incontrò i volti sorridenti ed emozionati di tre ragazzini e fu con una mentale pacca sulle spalle che Eli si appoggiò con disinvoltura contro lo stipite, incrociando le braccia al petto e assumendo un sorriso strafottente, illuminando per un attimo per iridi e portandoli a sussultare eccitati. Ormai ci aveva fatto il callo, essere gli unici mannari a Beacon Hills e l’essere dotati di talenti speciali aveva portato i vari cittadini a far visita agli Hale fin troppo spesso e non era raro che degli sconosciuti, persone appena trasferitisi o semplici turisti, si recassero da loro per poter vedere con i propri occhi anche solo un membro del Branco.
 
 

«Sì?» domandò sollevando un sopracciglio.

«Tu sei un Hale?» domandò il ragazzo di colore, saltellando sul posto per via dell’eccitazione.

«Certo che lo è, Mason!» esclamò l’altro ragazzo, un biondino dall’aria irritata del tutto in contrasto con la faccia da cucciolo che mostrava «Questa è Villa Hale!» disse con fare ovvio.

«Che potere hai tu?» chiese invece la ragazza, avvicinandosi e osservandolo attentamente; Eli sbuffò, come sempre irritato quando succedevano queste cose, e non si perse il ‘Malia, dai…’ sussurrato dal ragazzo di colore.

«Beh…» disse Eli sollevando una mano e iniziando a fissarsi attentamente gli artigli, del tutto incurante degli sguardi eccitati dei trio «Come membro della grandiosa e fantastica famiglia Hale, come tutti possiedo delle abilità soprannaturali. È risaputo.» i tre si lanciarono uno sguardo bramoso per poi tornare a fissarlo attentamente.

«Ci siamo appena trasferiti da New York e abbiamo sentito parlare tantissimo di voi!» esclamò Mason, non staccando gli occhi dagli artigli.

«È vero che la casa è magica?» domandò ancora Malia.
 
 

 
Cassetti, pavimenti, porte…
Andiamo!



 
«Nemeton!» urlò Eli e immediatamente una decina di rami si sollevarono rapidamente dal terreno, facendo sobbalzare i tre che ben presto staccarono i propri occhi dalla figura divertita del mannaro per puntarsi su quelle articolazioni fibrose che sembravano danzare nell’aria «Cassetti!» esclamò puntando gli indici contro i mobili da esterno che arredavano l’entrata e, come sempre, i rami afferrarono saldamente le maniglie e spalancarono le ante mostrando ai tre i vari attrezzi da giardino che suo padre usava nel tempo libero «Pavimenti!» le mattonelle iniziarono a danzare sotto i loro piedi mentre piccoli fuscelli spuntavano lentamente dalle fughe, innalzandosi verso le caviglie dei ragazzi «E porte!» i rami frustarono l’aria, avvolgendosi saldamente attorno alle maniglie prima di sbattere violentemente qualsiasi porta fosse solamente socchiusa.

«Cavolo…» sussurrò stupefatto Liam.

«Non ci credo…» borbottò Mason.

«E andiamo gente!» Eli si lasciò la porta alle spalle, incamminandosi verso il centro cittadino; i ragazzi presero a seguirlo immediatamente, eccitati da quelle poche cose che avevano visto.
 
 

Ben presto gli alberi della riserva lasciarono il posto all’asfalto e non ci volle molto prima che il quartetto raggiunse il centro città dove, incuranti di tutto, i cittadini camminavano speditamente da una parte all’altra; il mannaro si muoveva agilmente tra la folla, non staccandosi mai eccessivamente dai suoi accompagnatori, e alla fine giunse davanti all’enorme murales che il sindaco aveva fatto realizzare in onore della famiglia Hale.

Li ritraeva davanti a uno splendido tramonto; la luce aranciata del Sole avvolgeva delicatamente tutti loro e alle spalle, alto e fiero, si trovava il Nemeton i cui lunghi rami sembravano voler abbracciare i suoi custodi. Eli adorava quel pezzo d’arte, lo faceva sentire costantemente euforico al solo pensiero di appartenere a quella famiglia così speciale e quando si voltò, mostrò ai tre un euforico sorriso.
 



 
È casa nostra già da generazioni; c'è ovunque musica, ritmo e personalità!
E come gli astri delle costellazioni ognuno brilla di una luce unica...
Woah!
È solo la nonna che però, woah!, dirige egregiamente questo show!
Woah!
È lei che ha cominciato tutto ciò...
Lasciate che ve li presenti un po'!


DUNQUE!
 


«La splendida Villa che avete visto appartiene alla famiglia Hale da generazioni, secondo la leggenda venne creata grazie alla magia del Nemeton quando mia nonna mise piede per la prima volta nel cuore della riserva…» prese a parlare Eli, allungando una mano verso le folte chiome degli alberi che si erano lasciati indietro; Malia voltò il capo, puntando il suo sguardo in lontananza, per poi tornare a fissarlo sul ragazzo.

«Cos’è il Nemeton?» domandò invece Mason.

«È il maestoso albero che primeggia nel cortile interno della Villa, noi lo custodiamo gelosamente e proprio qualche istante fa avete avuto la fortuna di osservare alcuni suoi rami in azione.» rispose Eli sollevando le spalle con nonchalance «È la sua magia, unito al talento della nonna, a darci le varie abilità ed è sempre lui ad averci dato il dono della licantropia.» e con quelle parole illuminò le iridi, divertito dalle reazioni eccitate dei tre.

«Avete dei super poteri?!» esclamò Liam, avvicinandosi di un passo e iniziando a far saettare lo sguardo dalla sua guida al murales.

«Ovviamente!» disse con sufficienza Eli «Tutti i membri dell’Antichissima e Rispettabilissima famiglia Hale possiedono dei talenti! Sono degli astri, splendidi e lucenti, e ognuno brilla di un’intensità tale da abbagliare chiunque; siamo al servizio della città e del cittadino, proteggendo Beacon Hills da qualsiasi minaccia interna ed esterna! Proprio come il Sole!» aggiunse.

«E tua nonna vi dà i poteri?» chiese Malia.

«Come già detto,» sussurrò Eli, iniziando a incamminarsi per i vari angoli della piazza dove sapeva che la sua famiglia si trovava per poter aiutare le varie persone «Lei e in Nemeton ci forniscono queste abilità!» disse roteando su sé stesso per indicare teatralmente tutti i vari licantropi che si erano attivati e messi al servizio del prossimo come da prassi «Permettetemi di presentarveli!» esclamò avvicinandosi a un uomo sulla quarantina, fermo immobile vicino a un cesto pieno di muffin.
 
 
Noi siamo da sempre gli Hale!
Il nome che abbiamo è Hale e siamo qua!
Lo so che suona un po' fantastico e magico...
La mia è la stirpe Hale!
 



«È incredibile tutto ciò!» esclamò stupefatta Malia, osservandosi attorno sempre più eccitata e cercando di individuare tutti i membri della famiglia; Eli annuì divertito.

«Se non avessi visto quei rami penserei che te lo stia inventando di sana pianta…» borbottò Liam.

«So che suona fantastico, come se fossimo in un libro di Tolkien o Lewis, ma vi posso assicurare che è la verità: la Stirpe Hale è fantastica!» disse e improvvisamente sgranò gli occhi, puntandoli sulla figura di una donna vestita quasi interamente di giallo sulla cui testa viaggiava tranquillamente una nuvola grigio scuro.
 
 

 
Mia zia Cora, lei influenza il meteo!
Quand'è infelice il bel tempo è un'utopia...
 
 


«Ma che ha sulla testa?» domandò Mason, fissando sbalordito quell’immagine irrealistica per poi sobbalzare visibilmente quando un lampo illuminò a giorno quell’ammasso nuvoloso.

«Una nuvola, credo…» borbottò in risposta Malia.

«Sì, esatto!» rispose tranquillamente Eli «Lei è zia Cora, ha il potere di controllare i fenomeni atmosferici in base alle sue emozioni; diciamo che quando litiga con il marito, o i figli ne combinano qualcuna delle loro, il bel tempo sparisce per qualche giorno…» ammise grattandosi nervosamente la testa, ricordando perfettamente le due settimane di pioggia e grandinate che la città fu costretta a subire a causa della quasi espulsione di Aiden dal liceo. ‘Effettivamente…’ ragionò fissando la zia perdersi rapidamente nel folto della folla ‘Visto l’imminente festa in onore di Allison il cielo è fin troppo terso… Grande zia!’ si disse orgoglioso.

«Come Tempesta degli X-Man!» sospirò eccitato Mason.

«In un certo senso…» borbottò Eli «Lei è la primogenita e quindi l’Hale più grande, ovviamente se non consideriamo la nonna.» spiegò tornando a camminare «Più o meno…» aggiunse sottovoce un attimo dopo, le sopracciglia corrucciate e la mente corsa a ripensare a quel volto raffigurato sul murales.

«In che senso?» volle sapere immediatamente Malia, affiancandosi al mannaro e fissandolo intensamente; ‘MALEZIONE!’ imprecò mentalmente Eli.

«Beh…» borbottò tornando a massaggiarsi rudemente la nuca.
 


 
Mio zio Peter...
Non si nomina Peter!
Lui vede il futuro, ma un giorno è andato via...
 
 

«Teoricamente, sempre se escludiamo dall’equazione la nonna…» borbottò lanciando rapidi sguardi ai passanti, abbassando appena il capo e infilandosi le mani in tasca a causa del lieve nervosismo che quel nome gli causavano ma alla fine, sospirando, scosse il capo e chiuse gli occhi; poteva praticamente sentire la curiosità dei tre ragazzi e non poteva dar loro torto, lui stesso si era chiesto più volte chi fosse il misterioso uomo che, a detta di tutti, era il male reincarnato ma conosceva anche il tabù imposto su tutti dalla sua stessa matriarca «Ci sarebbe…» sussurrò, portando i tre ad avvicinarsi il più possibile per sentirlo meglio nonostante il costante vociare dei cittadini «Mio zio Peter…» immediatamente una borsetta viola invase il suo campo visivo ed Eli non poté far altro che sgranare gli occhi mentre la finta pelle lo colpiva violentemente in volto, accompagnando le urla isteriche di qualche vecchietta infuriata.

«NON SI DICE QUEL NOME!» sbraitò colpendolo più e più volte, incurante degli sguardi indiscreti e confusi che i passanti davano ai due «Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato!» aggiunse colpendolo direttamente sul naso con la pesante cinghia borchiata, facendogli uscire qualche goccia di sangue che si perse rapidamente nel caos di quella scena.

«Mi è scappato…» si giustificò Eli afferrando saldamente quella dannata borsetta per poi abbassare il capo davanti allo sguardo furibondo che quella vecchia gli lanciò.

«IL DIAVOLO CON LO SCOLLO A V!» esclamò rossa in viso «Mi ha rovinato la vita!» aggiunse dando un ultimo colpo al mannaro prima di allontanarsi indignata verso il mercato cittadino, borbottando maledizioni e minacce contro ‘Io-So-Chi’.

«Ma è tipo il Lord Voldemort della vostra famiglia questo tizio?» domandò Mason, corrucciando lo sguardo davanti all’evidente macchia rossa che primeggiava sul tessuto della maglietta indossata dal mannaro; Liam, però, sgranò gli occhi quando vide le ferite rimarginarsi e i lividi venire riassorbiti rapidamente così come si erano formati e nel giro di qualche secondo Eli era come nuovo. Solamente un po’ più scompigliato rispetto a prima dell’attacco.

«Più o meno…» sussurrò il mannaro mentre si massaggiava il naso dolorante.

«Ha fatto fuori una famiglia per poi sparire nel nulla quando ha tentato di fare lo stesso con il ragazzino?» chiese Malia confusamente, facendo roteare gli occhi degli altri due ragazzi.

«Ma certo che no!» disse seccamente Eli, ricominciando a incamminarsi «Voi-Sapete-Chi aveva il dono della preveggenza, vedeva il futuro in pratica, e da quel che si dice in giro le sue visioni hanno sempre provocato delle tragedie; tutti lo odiano e circa dieci anni fa fuggì nella notte, non venendo mai più ritrovato. Da allora è in vigore il tabù: mai citare il suo nome o ricordarlo.» spiegò brevemente, facendoli annuire.
 

 
Woah!
C'è mio padre Derek, e solo lui…
Woah!
Guarisce con il cibo, cari miei!
Woah!
Un solo assaggio e torna tutto ok!
Siete sorpresi? Beh, anch'io dovrei...
Pa'!
 
 


Un dolore sordo gli avvolse il petto, come accadeva ogni volta che ripensava allo zio; era difficile accettare quella condizione, quella damnatio memoriae impostagli dalla sua stessa nonna, e ancor più orribile era vedere come tutto il resto della famiglia avesse ben presto dimenticato il caro, folle zio Peter… Ricordava poco di lui, visto che l’uomo passava la maggior parte del tempo rinchiuso nella sua stanza, ma sapeva che non era una persona orribile o malvagia come tutti lo dipingevano; Eli aveva ricordi di giochi fatti insieme, o quando gli allungò di nascosto e in anticipo il regalo per il suo decimo di compleanno, ed era praticamente impossibile per lui associare la figura dell’uomo divertente e scanzonato a quella del mostro che si diverte a predire futuri catastrofici praticamente a tutti.

Un sospiro gli abbandonò le labbra e scosse la testa, allontanando quei pensieri inopportuni, e come aveva imparato da tempo ormai, indossò un falso sorriso di allegria mentre continuava ad accompagnare il trio per le strade affollate; il mercato doveva aver attirato praticamente tutta la città, vista la folla scalpitante che si accalcava davanti le varie bancarelle, eppure in quel delirio di arti e voci ce n’era una in particolare che attirò immediatamente la sua attenzione. Era un uomo molto bello, alto e ben piazzato, con corti capelli nerissi e un sorriso dolcissimo che donava a chiunque gli si avvicinasse; indossava un golfino azzurro e un paio di jeans slavati, al polso primeggiava il regalo che Eli gli fece all’ultima festa del papà, un semplice bracciale nero adornato con delle pietre verde smeraldo. Perfettamente identico a quello che l’altro padre mostrava con orgoglio al polso.
 
 

«Cavolo…» sussurrò improvvisamente Mason, spandendo nell’aria il frizzante odore dell’eccitazione e costringendo il mannaro a illuminare minacciosamente le iridi mentre un pericoloso ringhio iniziava a riecheggiargli nella mente.

«Lui è mio padre. Ed è sposato.» disse seccato, facendogli sgranare gli occhi dall’imbarazzo.

«Perché sta vendendo delle tortine?» domandò invece Liam.

«Sono muffin e no, non li sta vendendo ma regalando. A chiunque ne faccia richiesta.» precisò Eli avvicinandosi di qualche altro passo, attirando finalmente l’attenzione del genitore che sorrise dolcemente prima d’increspare le sopracciglia.

«Che ti è successo?» domandò Derek afferrandogli saldamente il volto e fissandolo attentamente, le iridi verdi che saettavano rapidamente da un punto all’altro del ragazzo individuando e analizzando ogni singolo elemento anomalo.

«Una vecchietta l’ha preso a borsettate. È stato divertentissimo!» esclamò Malia ridacchiando e facendo sbuffare pesantemente il mannaro più giovane.

«Oh cucciolo mio, tieni e mangia.» Derek però, da brav’Omega qual era, afferrò saldamente uno dei tanti muffin ai mirtilli che aveva preparato quella stessa mattina e glielo infilò grezzamente in bocca, obbligandolo a masticare il dolcetto e, soprattutto, a strappargli un sorriso dalle labbra; immediatamente una nuova energia prese a scorrere nelle vene di Eli, sentiva il proprio lupo ululare euforico e nonostante la licantropia avesse completamente guarito ogni singolo livido lasciatogli dall’assalto della Digol fu come se solo in quel momento, con il talento del padre a riverberargli nelle ossa, si sentisse finalmente guarito e in salute.

«Il suo talento è la cucina? No, perché questi muffin sembrano bellissimi!» disse Liam fissando golosamente le varie tortine, ritrovandosi a sorridere quando Derek, semplicemente, gliene mise una tra le mani.

«Anche…» borbottò Eli con la bocca piena «Il talento di mio padre consiste nella medicina, è tipo Asclepio.» disse finendo il dolcetto e ignorando il ‘Eli…’ sussurrato dal padre «Il cibo cucinato da lui permette a chiunque di guarire, indifferentemente dal tipo di ferita e dalla sua gravità.» spiegò sollevando le spalle con nonchalance, lasciando i tre a bocca aperta.

«Che stai facendo?» domandò curioso Derek, togliendogli qualche briciola dalla faccia.

«Da guida turistica ai nuovi cittadini, rendo onore al Branco e mi rendo anche utile! Nonna ne sarà felice!» rispose tranquillamente Eli, non perdendosi il sorriso intristito che suo padre gli regalo e alla fine, sospirando, Derek lo abbracciò e gli bacio delicatamente una guancia facendolo imbarazzare davanti ai tre ragazzi «PA’!» esclamò infatti il mannaro, districandosi dalla presa paterna e salutandolo rapidamente prima di continuare il giro della città insieme ai suoi accompagnatori, temendo chissà quale gesto imbarazzante da parte dell’uomo che, sospirando, aveva ricominciato a regalare i tortini a qualsiasi persona si fosse presentata davanti al suo cesto.
 



 
Noi siamo da sempre gli Hale!
Il nome che abbiamo è Hale, eccomi anch'io!
Lo so che suona un po' fantastico e magico...
Ma la mia è la stirpe Hale!

L'amore colpì la stirpe Hale...
E crebbe presto la stirpe Hale!
Zio Isaac prima sposò Cora e papo sposò Derek...
Così Talia divenne nonna Hale e poi e poi!
 
 


«Tutti i membri della vostra famiglia sono così?» chiese improvvisamente Liam, facendo voltare il loro Cicerone che lo fissò confuso arrivando ad aggrottare le sopracciglia «Nel senso…» disse roteando una mano e grattandosi al contempo la nuca.

«Tutti i nati Hale sono licantropi, credo che siamo l’unico Branco della California, e raggiunti i dieci anni otteniamo un talento unico e speciale che mettiamo prontamente al servizio della città…» prese a spiegare Eli, un’espressione intristita in volto e un muto ringraziamento al fatto che i tre ragazzi non potessero capire realmente cosa provava in quel momento «L’ho detto prima, no?» disse tornando a guardare davanti a sé, incurante dei borbottii che gli arrivavano dalle spalle «Gli unici membri della famiglia a essere dei normali esseri umani sono coloro che si sono uniti al Branco tramite matrimonio…» disse sollevando le spalle «Il primo fu zio Isaac, che sposò la zia Cora. La signora con la nuvola in testa.» spiegò iniziando a riavvicinarsi alla riserva «Qualche anno dopo papo Stiles sposò mio padre.» aggiunse sorridendo impercettibilmente «E tra poco, se tutto va bene, un nuovo membro si aggiungerà al Branco visto che mia sorella Lydia e Danny sono fidanzati.» disse annoiato e stizzito.

«E tua nonna?» domandò Malia facendolo sospirare.

«Beh…» Eli abbassò appena il capo, ripensare alla sua matriarca nonché alpha non sempre lo faceva sentire bene, anzi; nonna Hale era sempre stata gentile con lui, affettuosa e premurosa come con tutti i suoi nipotini, ma da quella dannata sera cominciò a distaccarsi sempre di più ed Eli poteva tranquillamente affermare che nel giro di qualche tempo avesse iniziato a trattarlo con freddezza, come se si vergognasse di lui e della sua completa inutilità.

«Beh?» chiese Liam, distogliendolo da quei pensieri angoscianti.
 


 
Abbiamo a cuore la nostra gente...
Qui tutto prospera continuamente!
Il dono dato va meritato, impegno e dedizione lo hanno salvaguardato!
Avrà la protezione di ogni nuovo arrivato!
 
 


«Compito della famiglia Hale…» prese a parlare Eli, tenendo ben presente le parole che sua nonna ripeteva costantemente ogni dannata mattina al termine della colazione «E di proteggere e servire Beacon Hills e i suoi cittadini, la sua gente ha un posto d’eccezione nel nostro cuore;» disse voltandosi nuovamente verso i ragazzi, i quali non poterono ignorare l’espressione intristita che il licantropo mostrava con riluttanza «Ci impegniamo affinché tutto prosperi in continuazione. Il nostro talento è un dono, è vero, ma dobbiamo meritarcelo e impegnarci costantemente a salvaguardarlo; dobbiamo proteggere il Branco e soprattutto il Nemeton, nulla deve accadere e sconvolgere quest’equilibrio. Abbiamo il compito, il dovere di proteggere tutto ciò e nessuno è escluso; ogni nuovo membro del Branco, raggiunti i dieci anni, dovrà mettersi al servizio di tutti.» una nuova ondata di sconforto prese a serpeggiargli nel petto; una voce bastarda prese a sussurrargli nella mente, facendogli guaire tristemente il lupo. ‘Ogni nuovo membro tranne te, vero?’.

«Ma quindi da quanti membri è composto il vostro Branco?» domandò Malia, incurante degli sguardi severi donatagli dagli altri due che avevano notato come l’umore del ragazzo fosse drasticamente calato negli ultimi minuti; quella domanda, però, parve sorprendere il mannaro che sollevò il capo e corrucciò le sopracciglia, contando mentalmente tutti i vari componenti.

«Undici persone, Compagni e figli inclusi.» rispose con un’alzata di spalle.

«E chi sono?» chiese ancora Malia, eccitata a quella rivelazione; Eli sorrise, si era quasi stancato di tutta quella situazione ma non aveva ancora trovato il modo di staccarsi dai tre visto che, di solito, dopo i primi dieci minuti tutti i visitatori iniziavano a stancarsi di tutta quella faccenda e si allontanavano con qualche scusa per poter visitare la città o, semplicemente, trascorrere il tempo in maniera più piacevole. ‘Questa e basta…’ pensò grattandosi malamente la testa.
 


 
Ok, ok, ok, noi abbiamo tanti nipoti, ora alziamo il volume!
Credo che sia ora di fare un bell'elenco!

Bell'elenco!
 
 


«Zia Cora e zio Isaac hanno avuto tre figli; i miei genitori li hanno imitati.» spiegò sollevando le spalle «Poi c’è la nonna. Undici membri.» concluse sorridendo appena.

«Noioso…» sbuffò Liam roteando gli occhi «Che talenti hanno?» chiese avanzando di un passo.

«Come si chiamano?» aggiunse eccitato Mason.

«D’accordo…» sospirò Eli, alzando le mani e prendendo un profondo respiro; la sua tregua se la sarebbe dovuta meritare con impegno e dedizione, come diceva sempre sua nonna.
 
 


 
Il cugito Ethan sente gli spilli...
Aiden muta, Allison ancora non si sa!
I miei fratelli: Lydia e Scotty!
Potenza e grazia le loro qualità...

Oh Lyds...
Lydia coi suoi fiori v'incanterà...
Oh Lyds...
Ma il più bel fiore è qua!
Scotty! Scotty!
Solleva un monte o più!
Entrambi hanno grandi virtù!
 



«Il più grande della nuova generazione degli Hale è il cugino Ethan, figlio di Cora e Isaac…» prese a spiegare Eli «Ha venticinque anni e il suo talento consiste in un udito super-sonico e sì, è vero che tutti i licantropi hanno un udito molto più potente di un qualsiasi essere umano ma lui è in grado di ascoltare cose impercettibili per tutti noi e a distanze mostruose.» disse portandosi carezzandosi il volto «Poi c’è il suo gemello, Aiden; lui è in grado di cambiare aspetto a piacimento, sinceramente non so come funzioni questa sua dote. Se deve vedere la persona oppure no e queste cose così.» sollevò le spalle tranquillamente.

«Quindi il primo è la versione maschile e mannara de ‘La donna bionica’ mentre il secondo è il freebooter di Mistica.» disse Liam incrociando le braccia al petto, per nulla impressionato dalla cose «Senza offesa ma ritengo che essere Tempesta sia molto ma molto più figo.» aggiunse roteando gli occhi.

«Beh…» s’intromise Mason «Puoi sempre assumere l’aspetto di Brad Pitt per fare conquiste oppure quello di Elon Musk ed entrare in banca per ritirare tutti i suoi soldi e vivere di rendita…» aggiunse sollevando le spalle; ‘Spero che questo tizio non parli mai con Aiden…’ pensò preoccupatamente Eli.

«Effettivamente…» aggiunse Malia con un ghigno «E gli altri?» chiese; il mannaro si allontanò di qualche passo verso la riserva, immediatamente seguito dagli altri. Era stanco di stare in piedi e in mezzo alla strada come un cretino, sentiva il bisogno di muoversi e, soprattutto, di avere campo libero qualora fosse arrivata quella domanda.

«Allison è la cucciola di casa, ha dieci anni; non sappiamo quale sia il suo talento, lo scopriremo questa sera alla festa.» disse per poi sorridere all’emozione e all’eccitazione emanata dai tre ragazzi alla scoperta di quell’informazione «Ovviamente tutta la città è invitata.» aggiunse, ridacchiando quando udì i loro cuori saltare vari battiti per l’euforia «Poi vediamo…» sussurrò addentrandosi nella riserva, camminando sul sentiero sterrato per evitare di far perdere, o peggio ancora provocare qualche ferita, nei tre «C’è mia sorella Lydia, è la maggiore e ha ventitré anni; il suo talento consiste nel far crescere e prosperare i fiori oltre che a manifestare petali con un semplice gesto della mano.» spiegò muovendo le braccia, cercando di imitare i gesti della sorella.

«Poison Ivy pacifista.» commentò Liam impressionato «Ma non vedo come possa essere utile una mannara che produce fiorellini!» aggiunse ricevendo uno scappellotto sulla nuca da parte dei suoi amici.

«Non farti sentire da lei!» esclamò ridendo Eli «Infine c’è Scott, il mio fratellone; ha ventidue anni e il suo talento consiste nell’avere una forza fuori dall’ordinario. È capace di sollevare montagne, ponti, cattedrali e chi più ne ha, più ne metta! Il tutto senza sentire la fatica, ovviamente.» specificò, sentendosi un po’ orgoglioso di suo fratello quando sentì le reazioni dei ragazzi.

«Quindi è una sorta di Ercole licantropo.» disse Liam.

«La smetti di associare il tutto ai fumetti?!» sbuffò irritata Malia, incupendo lo sguardo al “MAI!” sussurrato dal ragazzo.

«Bene ragazzi…» sussurrò Eli, sbadigliando e stiracchiandosi a dovere «Il giro in città lo avete fatto e vi ho parlato della famiglia.» disse con nonchalance.
 


 
E questa è la stirpe degli Hale!
Un giorno insieme agli Hale...
Lo so che suona un po' fantastico e magico...
È ciò che accade in famiglia Hale!
Addio!
 


 
«Credo di avervi anche stancato a furia di parlare della mia famiglia e di quello che accade nel quotidiano; sinceramente, credo che da qui in avanti non farei altro che ripetermi all’inverosimile e né io, né voi, meritate un supplizio simile.» disse sorridendo e sollevando un braccio per salutarli «Quindi addio e buona permanenza a Beacon Hills!» esclamò dando loro le spalle e iniziando a incamminarsi verso la Villa, venendo freddato da una semplice, apparentemente innocua, domanda…

«Ma il tuo talento qual è?» domandò Malia, facendolo bloccare sul posto.
 
 

 
Io vado, ma vi ho descritto gli Hale!
Vi ho detto un bel po' sulla stirpe degli Hale!
La mia non è una storia autobiografica!
Perciò vi farò un ripasso degli Hale...
 
 


«Non vedo l’ora di farmi la doccia, l’estate è proprio arrivata e devo puzzare schifosamente di sudore…» borbottò Eli, aumentando rapidamente il passo e sperando di seminare il trio; voltandosi, però, notò come i ragazzi lo stessero seguendo con facilità e questo lo portò a maledire la sua lingua lunga e, soprattutto, il suo costante desiderio di aiutare la gente cercando di imitare, seppur malamente e con mezzi limitati, la sua famiglia.

«Il tuo talento?» domandò Mason.

«Oh, andiamo ragazzi! Vi ho detto tutto sulla mia famiglia! Questa non è mica la storia della mia vita, lasciamo un po’ di mistero…» disse avanzando rapidamente nella boscaglia, pensando per un attimo di addentrarsi nella riserva per poterli seminare agilmente; una parte di lui, però, gli ricordò che quei tre ragazzi si erano appena trasferiti ed erano dei semplici esseri umani. Quindi si sarebbero persi; quindi lui e la sua famiglia si sarebbero dovuti attivare per ritrovarli; quindi la festa e la cerimonia di Allison sarebbero saltate; quindi i ragazzi avrebbero spiattellato tutto. ‘Ho più probabilità di sopravvivenza se dico a Lydia che è ingrassata…’ pensò schivando all’ultimo un ramo piuttosto basso.

«E dai! Manchi solo tu!» si aggiunse Liam, il fiato corto a causa di quella corsa inaspettata.
‘Non sai quant’è vero…’ pensò tristemente Eli.
 


 
Allora...
Prima la nonna e la zia Cora se piove è irrequieta...

Parla di Eli!
Mio papà Derek ti fa stare bene, gli basta un'arepa...
Parla di Eli!
Mio padre Stiles, sai, è buono, ma spesso è nei guai!
Parla di Eli!
Se aspettate vi dico che fanno anche gli altri cugini e sorelle c'è!
 
 

«Allora…» disse Eli, per nulla affaticato da quella scampagnata ma ancora troppo vicino ai tre che si stavano rivelando dei degni avversari «La prima è stata la nonna, lei ci dona i talenti con l’aiuto del Nemeton.» ignorò il “Sì, sì! È un Cappello Parlante umano, abbiamo capito!” sbuffato da Malia e continuò «Se il clima cambia drasticamente vuol dire che la zia Cora è arrabbiata…» roteò gli occhi quando Liam chiese se suo zio Isaac fosse la versione in carne e ossa di T’Challa «Se vi fate male potete andare all’ospedale oppure fate un salto a casa e chiedere di mio padre Derek, un biscotto e passa la malattia!» esclamò aumentando il passo e sollevando le braccia al cielo, schivando sempre con maggiore difficoltà quei dannati rami.

«Sì, lo sappiamo! Vogliamo sapere qual è il tuo talento!» esclamò Mason con il fiatone.

«C’è mio padre Stiles, è buono ed è fantastico ma molto pasticcione; per fortuna che suo marito ha il dono della guarigione lampo!» un coro di “ELI!” si levò dalle sue spalle, costringendolo a stringere gli occhi a causa del suo udito martoriato.

«Il… Tuo… E dai! Dic… Celo!» borbottò Malia, completamente sudata e annaspante nel bel mezzo della riserva.

«Non farti pregare!» urlò Liam arrancando pesantemente dietro il mannaro.

«Poi ci sono i vari fratelli e cugini…» disse Eli, come se non avessero aperto bocca.

«ELI!» urlarono nuovamente i tre.
 
 

 
Il primo è Aiden, lui vive per farti sorridere!
ELI!
Pensate, Ethan ci sente da un miglio discutere!
ELI!
E c'è mister Malheani che vuol sposare Lydia, mia sorella!
Sì, sai, in effetti è molto bella...

ELI!
Ora vado, ché vi ho detto molte cose, già lo so...
ELI!
Famiglia stupenda!
ELI!
In cui sono anch'io, perciò...
ELI!
Beh... ELI!
 
 


«Aiden sfrutta il suo talento per strapparti una risata…» commentò, iniziando finalmente a intravvedere l’enorme fronda del Nemeton in lontananza.

«Chissene di lui…» sbuffò Malia.

«Sapete che Ethan ci sente discutere in qualsiasi zona della città lui si trovi?» domandò speranzoso di cambiare argomento.

«Che talento super epico devi avere per tenercelo nascosto?!» esclamò Mason, improvvisamente eccitato da quel pensiero che in brevissimo tempo contagiò gli animi degli altri due; ‘Oh, merda…’ pensò il mannaro.

«Ma non vi ho parlato di Mr Mahealani!» esclamò Eli, completamente in panico e ormai a corto di idee «Lui vuole sposare mia sorella, che è molto bella!» disse finalmente intravvedendo il portico decorato «Anche se si crede una star…» borbottò subito dopo.

«Chissene di loro! Vogliamo sapere di te!» urlò Malia.

«Oh guarda! Sono già arrivato a casa!» disse rallentando appena «E si è fatto tardi! Meglio andare, vi ho riempito la testa di informazioni…» il mannaro si voltò, con un sorriso vittorioso in volto «Famiglia stupenda di cui faccio parte arrivo!» e così dicendo riprese a incamminarsi verso il portone decorato, una mano pronta ad afferrare la maniglia ma proprio in quel momento qualcuno pensò bene di aprire la porta e spalancarla; Eli sgranò gli occhi, incontrando le figure confuse e irritate di nonna e cugino.

«ELI!» esclamarono in coro i tre ragazzi, che ormai si erano fermati per tentare disperatamente di riprendere fiato.

«Ma… Eli!» disse seccamente sua nonna, portandosi le mani sui fianchi e illuminando le iridi mentre quel fetente di Ethan iniziava a ridacchiare divertito «Che stai facendo?!» domandò irritata facendo un passo in avanti e facendo saettare lo sguardo cremisi dal nipote al trio di ragazzi ansanti.

«Io… Ecco…» borbottò, maledicendosi per essersi buttato in quella dannata situazione; ‘Avrei fatto meglio a sbattere loro la porta in faccia!’ pensò irritato.

«Stava… Stava…» sussurrò Mason, piegato sulle sue ginocchia mentre annaspava disperato.

«STAVA PER RIVELARCI IL SUO TALENTO SUPER-EPICO!» urlò euforicamente Malia; Eli sgranò gli occhi e sospirò, abbassando immediatamente il capo ma non perdendosi l’espressione delusa che sua nonna gli rivolse.
 
 

In silenzio, Eli prese un profondo respiro e chiuse gli occhi; li percepiva pizzicare fastidiosamente e l’ultima cosa che volesse fare in quella situazione era scoppiare in lacrime davanti a tutti loro come un bambino. Non voleva ripetere l’esperienza, non poteva farlo.

Ma nessuno parve interessato a lui in quel momento, neanche la sua stessa famiglia.
 
 

«Eli non ha alcun talento… MH!» disse tranquillamente Ethan, sorridendo come uno stronzo e rientrando in casa; immediatamente i ragazzi sollevarono di scatto il capo e fissarono lo sguardo sulla schiena tesa e curva del mannaro più giovane, il fiato trattenuto e un’improvvisa voglia di scappare nella propria camera per poi scoppiare in un pianto liberatorio lontano da tutto e tutti.
 
 

Sua nonna sbuffò seccata e scosse il capo, rientrando in casa nel silenzio più assoluto mentre un leggero ringhio le abbandonava la gola; sobbalzò quando qualcuno gli posò una mano sul braccio e, voltando di scatto il capo e fissando gli occhi umidi in quelli di Mason, si lasciò sfuggire un singolo, piccolo singhiozzo.
 
 

«Non hai un talento?» sussurrò il ragazzo intristito.

«No…» rispose in un sussurro Eli, la voce rotta.

«Cavolo…» si aggiunse Liam, avvicinandosi di qualche passo.

«Sei stato adottato?» chiese invece Malia, ricevendo delle occhiate di fuoco da parte dei due e rispondendo con un’alzata di sopracciglia.

«No…» rispose nuovamente Eli, una singola lacrima a solcargli una guancia.
 
 
 


Note finali: ed eccoci qui, alla conclusione di questo primo capitolo; che ve ne pare? Mai come questa volta la presenza delle canzoni è stata amata e odiata al tempo stesso, dico veramente! Se ci fate caso, ogni singolo brano va a racchiudere un discorso molto più amplio e complesso (come avviene sempre nei musical) ma in “Encanto” la cosa è particolarmente importante; credo che se avessero messo le scene vere e proprie il film sarebbe durato il doppio… Quindi sì, se trovate che il testo sia fin troppo simile alla canzone sappiate che la cosa è voluta.

Ma parliamo un attimo del nostro bel protagonista! Eli Hale, piccolo Alpha ventiduenne privo di talento e facente parte di una famiglia tossica (quanto lo capisco per la cosa della famiglia…); nel film, Mirabelle sembra aver accettato l’idea di non aver alcun tipo di talento ma la cosa viene smentita subito grazie alla canzone del desiderio (“Un miracolo”), in cui afferma di voler far parte della famiglia (argomento centrale) ma che non le farebbe proprio schifo avere un talento tutto suo. Questa cosa verrà affrontata meglio nel prossimo capitolo (che sarà di 20 pagine, povero me…) e in quelli a venire.

Personalmente, ho mostrato fin da subito questa cosa; Eli finge di essere felice ma non lo è veramente e non per l’assenza del talento, non solo per quello almeno, ma per tutta la faccenda e soprattutto per la quasi esclusione dalla famiglia.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, qualora fosse così, vi invito a farmelo sapere con una recensione o un messaggio privato; anche se dovesse avervi fatto schifo XD (vero che non vi farà schifo? VERO?!)

Passerei quindi a ringraziare tutti coloro che hanno letto il primo capitolo e noi, ovviamente, ci vediamo a sabato con l’aggiornamento di “Chat”.
 

Ciao a tutti!
 

Babbo Dark

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Capitolo 3
*** Albero secco ***


Note iniziali: e si inizia finalmente a entrare nel vivo della storia, gente!

Io adoro questo brano, è così struggente e malinconico che mi toglie il fiato ogni volta e spero di essere riuscito a trasmettere solamente metà delle sensazioni che mi fa provare…
 

Buona lettura!
 

Partecipanti:
Eli


 
ENCANTO
Capitolo 03: Albero secco
 


«Eli non ha alcun talento… MH!»

Quelle dannate parole continuavano a riecheggiargli nella testa, a rimbombargli nel petto come un tuono, e ben presto si trasformarono in dei pugnali che presero a trapassargli le carni senza alcun riguardo alcuno; sapeva di non avere un talento, di essere diverso, ma non si sarebbe mai aspettato che suo cugino se ne uscisse con quella stupidissima frase davanti a tre perfetti sconosciuti. Eli abbassò il capo, chiudendo con forza gli occhi e respirando profondamente per tentare di lenire il dolore, ma l’ululato disperato del suo lupo gli arrivò fin troppo chiaro nelle orecchie.
 

«Non hai un talento?» sussurrò Mason intristito.

«No…» rispose in un sussurro Eli, la voce rotta.

«Cavolo…» si aggiunse Liam, avvicinandosi di qualche passo.

«Sei stato adottato?» chiese invece Malia, ricevendo delle occhiate di fuoco da parte dei due e rispondendo con un’alzata di sopracciglia.

«No…» rispose nuovamente Eli, una singola lacrima a solcargli una guancia.

«Ma allora come…» borbottò Mason, avvicinandosi di un passo, ma il mannaro risollevò di scatto il capo e si voltò mettendosi addosso il miglior finto sorriso del suo repertorio; i tre lo fissarono, intristiti per quell’espressione disperata che si contrapponeva fermamente alla timida piega che gli tirava le labbra.

«C’è sempre una mela marcia in ogni famiglia, no?» domandò Eli sollevando appena le spalle «E nella mia due: Voi-Sapete-Chi e il sottoscritto.» disse pulendosi rapidamente il volto «Ora scusatemi ma…» il rombo di un motore li raggiunse e non ci volle molto prima che un furgoncino bianco entrasse nel piazzale della Villa, strappando un nuovo sospiro dalla gola del mannaro.

«ELI!» esclamò l’uomo alla guida «L’unico non-speciale della famiglia!» disse parcheggiando il veicolo e scendendo subito dopo, osservandolo freddamente con i suoi occhi grigi.

«Salve Gerard.» rispose stizzito il mannaro.

«Ho qualcosa per te!» borbottò uscendo dal furgone e portandosi dietro un’ingombrante scatola di cartone al cui interno, apparentemente, erano state sistemate delle cianfrusaglie «Lo speciale per chi speciale non è ma finge di esserlo!» urlò passandogli il pacco.

«Che gentile che sei…» rispose il ragazzo, gli occhi fissi su alcuni fuochi artificiali che spuntavano nel mucchio «A ricordarmelo sempre…» aggiunse a mezza bocca, fissandolo irritato ma il vecchio scoppiò in una risata euforica e alla fine Eli roteò gli occhi ed entrò in casa; sbattendosi con forza la porta alle spalle, e soprattutto il faccia ai quattro disturbatori, prese un profondo respiro e desiderò con tutto sé stesso di non essersi mai alzato dal letto quella mattina.
 
 

Facendosi scricchiolare il collo e prendendo un altro, profondo respiro, Eli ritornò a sorridere e avanzò nel corridoio principale tenendosi ben stretto quella stupidissima scatola; la Villa pullulava di vita, voci conosciute e non riecheggiavano allegramente in ogni dove accompagnando i pesanti tonfi e botti che sembravano voler sfondare i pavimenti da un momento all’altro. Quando, finalmente, raggiunse il portico interno si ritrovò a fare un agile salto indietro per poter evitare quei tre pesanti barili di vino che alcuni rami stavano spingendo nelle cucine e alla fine, lanciando uno sguardo a destra e sinistra, ricominciò ad avanzare.

Su tutte le colonne portanti sua sorella aveva fatto crescere lillà, primule e margherite che adornavano i pavimenti e le ringhiere del primo piano e in ogni dove erano presenti una quantità praticamente illimitata di petali; Harris stava sfogliando quelli che sembravano a tutti gli effetti dei progetti insieme a suo zio Isaac, Chris faceva avanti e indietro con la moglie Melissa trasportando interi vassoi pieni di cibo e tutt’attorno al Nemeton erano state posizionate delle candele bianche che illuminavano pigramente le gigantesche radici nodose.

Sua nonna camminava agilmente da una parte all’altra, impartendo ordini a chiunque avesse avuto la sfortuna di incontrare il suo percorso, ed Eli non si perse il “Aiden, aiuta Jackson a sistemare i festoni!” ma avrebbe tanto voluto perdersi il momento in cui il suo stupidissimo cugino assumeva l’aspetto di Jackson Whitmore, lo stupidissimo figlio del medico; roteando gli occhi all’ennesima battuta di Aiden, Eli fissò il proprio sguardo sui tralicci che man mano stavano spuntando dal terreno e che con grazia e armonia iniziavano a intrecciarsi arrivando a formare i rudimenti di quella che, ne era certo, sarebbe stata una ripida scala.

Attorno al tronco dell’albero si trovava un soppalco ben ornato con delle primule da cui partiva uno spesso ramo che si districava verso la Villa, arrivando a piantarsi nella parete e alimentando quella che sarebbe stata la stanza di Allison; un fastidioso ricordo gli attraversò la memoria ma il ragazzo scosse violentemente il capo, esiliandolo in angolo buio della sua mente, e riprese finalmente a camminare ma non ci volle molto prima che qualcuno si accorgesse di lui.
 
 

«Scott, porta il pianoforte al piano di sopra!» urlò Talia, lo sguardo accigliato fisso in quello del nipote e le iridi che variano rapidamente dal castano al rosso scarlatto; sospirando, e scostandosi rapidamente da quell’uragano dai capelli disordinati che rispondeva al nome di Scott, Eli si avvicinò alle scale principali e iniziò a salirle fino a incontrare la figura furibonda della sua matriarca «Che ti è saltato in mente?!» ringhiò Talia, un accenno di zanne ad appesantirle i tratti «Andartene in giro per la città con degli sconosciuti fingendo di avere un talento!» esclamò fuori di sé, facendogli abbassare il capo.

«Non ho mai detto di avere un talento, nonna, ho parlato solamente della famiglia e di come le loro abilità potrebbero aiutarli nella vita di tutti i giorni visto che si sono appena trasferiti…» provò a difendersi ma con scarsi risultati visto che il cremisi di quelle iridi non si era ancora spento.

«E casualmente non vedevano l’ora di sapere il tuo talento super-epico!» sbraitò con un animalesco ringhio nella voce ed Eli, semplicemente, deglutì un amaro groppo che gli si era formato in gola e sospirò pesantemente prima di darle le spalle e iniziare la discesa «NON VOLTARTI QUANDO TI PARLO!» urlò sua nonna, attirando fin troppi sguardi indiscreti che si fossilizzarono sulla sua figura prima di iniziare a borbottare sinistramente ed Eli non aveva neanche bisogno di sentirli per sapere cosa stessero dicendo su di lui in quel momento «ELI!» ruggì sua nonna, facendolo bloccare sul posto e voltare appena il capo nella sua direzione.

«A che servirebbe? Tanto hai già deciso…» sussurrò abbattuto, tornando a scendere lentamente le scale.

«ATTENTO FRATELLINO!» urlò Scott passandogli a qualche metro di distanza, l’enorme pianoforte a coda tenuto facilmente su una spalla; in quel preciso istante, però, il tempo parve imitare e comprendere perfettamente il suo umore visto che il Sole sparì dietro una pesante coperta di nuvoloni grigi e un gelido vento cominciava a spazzare violentemente qualsiasi cosa incontrasse sul suo cammino.

«Cora, Cora, Cora!» esclamò suo zio Isaac ed Eli, voltando il capo, incontrò la figura nervosa della lupa; Cora indossava un lungo vestito giallo che le metteva in risalto le forme, i capelli neri perfettamente raccolti in una semplice treccia e il trucco praticamente impeccabile. Ma il tutto veniva incredibilmente contaminato dalla nuvola grigia che la seguiva costantemente, inondandola di una pioggia torrenziale minuto dopo minuto «STAI BURRASCANDO I FIORI!» urlò suo zio, arrivando ad afferrare saldamente le spalle della sua Compagna che, semplicemente, ruggì e si portò le mani nei capelli.

«Non trovo Allison! La mia bambina è sparita, la festa è rovinata!» esclamò puntando le iridi dorate ovunque, percependo il battito accelerato di quel piccolo cuore ma non riuscendo a individuarlo con precisione.

«Ma amore mio, così facendo creerai un uragano!» Isaac sollevò entrambe le mani, indicando il minaccioso turbinio di nubi che si stava attorcigliando sopra Villa Hale e Cora sgranò gli occhi mentre portava istintivamente le mani alla lunga treccia, cominciando ad accarezzarla ossessivamente; un tic nervoso all’occhio sinistro era l’unico segnale del suo nervosismo visto che la donna aveva teso fino all’inverosimile il volto e disteso le labbra in un sorriso maniacale.

«Cieli tersi… Cieli tersi… Cieli tersi… Cieli tersi…» prese a borbottare Cora e poco a poco le nubi sparirono, lasciando il posto a uno splendido Sole estivo.

«Peccato per i fiori, sono andati…» disse Aiden, finalmente tornato al suo aspetto normale, appoggiandosi alla ringhiera e fissando attentamente il piazzale disordinato.

«Qualcuno ha detto fiori?» una delicata voce femminile riecheggiò sulle loro teste ; Eli roteò gli occhi e sbuffò rumorosamente. “Qualcuno ha detto principessina viziata?” borbottò con una vocina stupida, mugugnando infastidito quando un coro di “Oh…” si levò dalle gole dei presenti e alla fine, irritato come non mai, Eli voltò il capo incontrando la figura sorridente e aggraziata di sua sorella.
 
 

Lydia indossava un vestito rosa che le arrivava poco sopra la caviglia e, ovviamente, era quasi interamente ricoperta di fiori e petali fin nei capelli biondo fragola che teneva sciolti e in balia del leggero venticello della mattinata; appesa a una liana, e scendendo lentamente con essa, Lydia sorrise a tutti e cominciò a muovere le mani come un direttore d’orchestra mentre boccioli e petali iniziavano a sbocciare lì dove, fino a pochi istanti prima, non c’era neanche un semplice germoglio. Alla fine, facendo un giro su sé stessa, la ragazza materializzò dal nulla una cascata di petali di rosa che presero a volteggiare elegantemente in ogni dove.
 
 

«La nostra Lydia! Il nostro splendido, splendido angelo!» esclamò Isaac, avvicinandosi rapidamente a Ms. Perfezione la Signorina Principessina Viziata Lydia non appena questa poggiò le sue Gucci sul lastricato del portico.

«Oh tesoro, non ti ringrazierò mai abbastanza…» sussurrò Cora stringendole dolcemente le mani e facendola sorridere appena.

«Oh, cari zii, non dovete ringraziarmi!» disse Lydia allontanandosi appena «Sono felice di mettere il mio talento al vostro servizio…» aggiunse lisciandosi la chioma «Vero, Eli?» domandò sorridendo perfidamente e portandosi una ciocca alle spalle, non perdendosi l’occasione di sbatterla in faccia al fratello e ricoprendolo ovviamente di petali.

«Si dia il caso, Ms. Perfettina, che tutti stiamo dando una mano qui. Anche. Io.» ringhiò irritato, illuminando per un attimo le iridi e facendole roteare gli occhi.

«Certo, certo… E infatti la nonna non ti ha appena urlato contro, vero?» chiese Lydia, arricciando le sue stupidissime labbra rosse «E da quando vantarsi di avere un talento equivale ad aiutare? Uh?» aggiunse allontanandosi di qualche passo per continuare ad addobbare la casa, non perdendosi la linguaccia fattagli dal fratello minore.

«Mocciosa viziata e impertinente!» ringhiò Eli entrando finalmente nelle cucine e venendo immediatamente avvolto dal delizioso odorino di biscotti al burro.
 
 

Lì, accovacciato davanti al forno e con un’espressione dubbiosa in volto, c’era suo padre; Derek si era alzato ben prima dell’alba, prima ancora che qualsiasi altro membro della famiglia aprisse gli occhi, e da allora non si era ancora fermato dal cucinare vassoi su vassoi di cibo. Eli non si stupì, dunque, quando vide tutti i ripiani della cucina ingombri di dolci e torte salate né dello sguardo appena stanco che suo padre gli rivolse quando finalmente si rialzò e chiuse il forno.
 
 

«Venti minuti e sono pronti.» disse afferrando una pizzetta e avvicinandoglisi, togliendoli finalmente dalle mani quello scatolone e sostituendolo con lo snack.

«Ma non ho fame e non sono ferito.» rispose Eli guardandolo ubbioso.

«Un giovane Alpha deve mangiare bene se vuole crescere sano e forte.» sussurrò semplicemente Derek «La stagione degli Amori è vicina, non c’è nessun’Omega a cui vuoi fare la corte?» chiese posandogli un braccio sulle spalle e facendolo avvampare per la vergogna.

«PAPÀ!» esclamò Eli, allontanandosi da quel demonio che lo aveva messo al mondo e fissandolo shoccato «Non parlerò di Omega con te né di qualsiasi altro argomento!» disse gesticolando animatamente e spargendo briciole ovunque, infischiandosene di star sporcando il pavimento; Derek, però, sollevò scetticamente un sopracciglio e ghignò divertito, del tutto incurante di quella reazione esagerata.

«Allora sono certo che non vorrai neanche parlare degli imminenti calori che, da qui a un mese, inizieranno ad avvolgere i corpi dei vari Omega…» se possibile, il rossore sul volto del ragazzo aumentò a dismisura e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva mentre Derek scoppiava in una sana risata liberatoria.

«VADO A ADDOBBARE LA CASA!» urlò Eli, dandogli le spalle e raccogliendo la prima cosa che gli capitasse tra le mani; Derek ridacchiò ancora e fece per aprire la bocca venendo però interrotto dall’arrivo del suo Compagno. Stiles era gonfio come un palloncino, numerose macchie rosse gli ricoprivano il volto e le mani rendendogli difficile incanalare l’aria nei polmoni oltre che guardare dove andasse, viste le abnormi dimensioni delle palpebre.

«Ohi Dios mio…» brontolò Derek, afferrando un biscotto al cioccolato e ficcandoglielo direttamente in gola «Stiles, non posso curarti ogni due minuti! Dovresti fare attenzione a quello che fai!» lo riprese illuminando le iridi e portandosi le mani sui fianchi, osservando insieme al figlio il proprio talento attivarsi e curare poco a poco qualsiasi cosa avesse attaccato lo stato di salute del marito.

«Non è colpa mia!» esclamò finalmente Stiles, addentando nuovamente il biscotto «Ero andato a tagliare la legna, come dettomi da tua madre, e chi poteva saperlo che su quel dannatissimo albero ci fosse un nido di vespe?!» disse gesticolando per poi indicare il giovane albero che aveva tentato di abbattere; Derek roteò gli occhi ed Eli ridacchiò, passando accanto al padre e baciandogli dolcemente una guancia.

«Vado ad addobbare!» urlò uscendo finalmente dalla cucina.

«Eli, non stancarti!» urlò Derek, allungandosi verso la porta già chiusa.

«E non dimenticarti che sei speciale e talentuoso come ogni membro di questa famiglia!» aggiunse Stiles subito dopo, sospirando al “Sarà fatto!” urlato dal ragazzo; i due presero un profondo respiro e si lanciarono uno sguardo umido, gli occhi di Derek che variavano dal verde all’oro mentre una singola, disgraziata lacrima gli solcava una guancia «Andrà tutto bene…» sussurrò Stiles, accantonando per un attimo il biscotto per avvicinarsi al marito e baciarlo dolcemente sulle labbra «È forte, lo abbiamo educato bene…» aggiunse abbracciandolo con forza, permettendogli di tuffare il volto sul suo collo per poi inspirare bruscamente il suo odore.

«Spero che tu abbia ragione…» sussurrò Derek in risposta, arpionandosi alla maglia del marito e tentando di reprimere quel dolore bastardo che ogni volta tornava a tormentargli l’animo al solo ricordo di quella dannata serata.
 
 

 
***
 
 


Eli sospirò e sistemò meglio i centrini che aveva realizzato nel corso delle ultime settimane.
Non erano lontanamente belli e perfetti come quelli visti sul web, né scenografici come il resto delle decorazioni sistemate dal resto della famiglia, eppure si sentì soddisfatto nel vedere i suoi piccoli progressi nell’arte del cucito; il centrino era di un bianco immacolato ed era stato lavorato in modo tale da arrivare ad avvolgere la piccola ampolla di vetro dove, all’interno, aveva sistemato una candela. Era stata quella la sua idea per aiutare la famiglia negli addobbi, oltre a svolgere i vari lavori di manovalanza ovunque venisse richiesto, ma quello che lo rendeva particolarmente orgoglioso era il fatto che ogni centrino raffigurasse il talento di qualcuno o una sua caratteristica in particolare.

Per i suoi fratelli aveva realizzato i disegni di un bilanciere e di una rosa, per i cugini un camaleonte le onde acustiche provocate da una radio; per i suoi zii uno splendido sole e un lupo dagli occhi azzurri e infine, ma non meno importanti, per i suoi genitori aveva realizzato il Bastone di Asclepio e un gigantesco cuore.

Tra tutti quei pezzi di cotone, però, quello realizzato per sua nonna era di gran lunga il suo preferito; inizialmente voleva realizzare il disegno stilizzato del Nemeton ma non aveva trovato lo schema da nessuna parte e alla fine si decise a sfruttare l’altro elemento che contraddistingueva la matriarca di tutti gli Hale: la candela.

Un sorriso gli tirò le labbra e le mani presero a sistemare millimetricamente il centrino affinché si trovasse perfettamente davanti la camera di Talia; stava per dare gli ultimi ritocchi quando la voce della stessa Talia lo fece sussultare visibilmente, portandolo a far cadere la candela con la conseguente accensione del cotone che in un batter d’occhio s’incenerì davanti ai due.
 
 

«Che stai facendo?» domandò Talia, incurante del dolore che affliggeva il ragazzo e che lo stava portando sull’orlo delle lacrime.

«Stavo addobbando casa…» sussurrò Eli, gli occhi fissi su quel mucchio di cenere che fino a pochi istanti prima era stato il suo vanto.

«Non… Beh…» mormorò Talia, osservando la busta di carta contenente i vari centrini «Sono certo che qualcun altro potrà fare questo lavoro molto meglio di te e più rapidamente di come tu possa fare…» disse tentando di usare un tono gentile, facendolo annuire silenziosamente «Ora, perché non vai in camera tua? Così eviti anche di dar fuoco a casa e di mandare all’aria la cerimonia di Allison.» aggiunse con un lieve ringhio nella voce.

«Va bene, nonna…» sussurrò Eli, le lacrime che avevano iniziato a solcargli dolcemente le guance.
 

 
In silenzio, diede le spalle alla matriarca e marciò a passo rapido verso quell’unica porta di Villa Hale che non era stata benedetta dalla magia del Nemeton; se tutti gli usci erano impreziositi dal disegno del proprietario della camera, il quale si modificava quando il membro della famiglia cresceva, il suo era una semplice porta verde su cui lui stesso aveva appeso un foglio di carta qualche anno prima.

ELI recitava il foglio, il tentativo disperato di un dodicenne di sentirsi parte di quella famiglia.
Il cigolio dell’uscio parve accompagnare i suoi pensieri ma poi, come una pugnalata data a tradimento, arrivarono le voci.

“Mama, non dovresti essere così dura con lui… Sta solamente cercando di essere utile…”

“Der, se la cerimonia di questa sera dovesse rivelarsi un fiasco, come accadde con la sua, avremo ben altri problemi per la mente che quelli riguardanti un ventenne in lacrime!”

 
Finalmente la porta venne chiusa con un tonfo ed Eli lasciò andare quel dannato singhiozzo che minacciava di soffocarlo istante dopo istante; le lacrime presero a bagnargli il volto e con un ringhio scagliò la busta contro la parete, facendo volare alla rinfusa tutti quei fottuti centrini a cui aveva lavorato per giorni. “Sono un deficiente…” pensò portandosi le mani al volto e appoggiandosi pesantemente contro la porta, accasciandosi pian piano al suolo e portandosi le ginocchia contro il petto nel disperato tentativo di proteggersi da tutto quel dolore che lo stava investendo.

Poco a poco un nuovo rumore s’insinuò nella sua mente, il lupo si ammutolì immediatamente e lo costrinse a concentrarsi su quel semplice tum-tum che proveniva da qualche parte sotto al letto; tirando su con il naso, e sospirando rumorosamente, Eli si asciugò le lacrime e tirò le labbra in un falso sorriso prima di alzarsi da terra.

Riconosceva quel battito, sapeva a chi apparteneva quell’odore fruttato, e conosceva perfettamente il motivo per cui lei si era nascosta sotto al letto nonostante tutta la città fosse in fermento per prepararle una festa maestosa; d’altronde, poco più che dieci anni prima, lui stesso aveva vissuto quelle sensazioni e fu con un sospiro intristito che si avvicinò alla sua coinquilina per poi sedersi pesantemente sul letto, accavallando le gambe e fissando le iridi in un punto ben preciso del materasso.

Lì sotto, probabilmente con le mani corse a tapparsi fermamente la bocca, si trovava la sua cugina preferita; Allison era il membro più giovane degli Hale e, forse per la convivenza avvenuta con lui o per semplice casualità, non sembrava molto entusiasta di ricevere il suo talento.

Con un sospiro, rivedendosi su quello stesso dieci anni prima, Eli si allungò verso il comodino e tirò appena il cassetto fino a rivelare una scatola quadrata perfettamente incartata pochi giorni prima; infine, prendendo un profondo respiro, si schiarì la gola e si portò il regalo in grembo.
 
 

«Chissà dove si è cacciata Ally…» disse corrucciando le sopracciglia e sorridendo appena, percependo il cuore della piccola saltare un battito «Non la vedo da questa mattina e se fosse qui le darei questo bel pacchettino…» aggiunse iniziando a giocare con il nastro rosso, facendo crepitare appena la carta «Signor sconosciuto che sei sotto al letto…» disse abbassandosi e posando il regalo a terra, a pochi centimetri dai suoi piedi «Le può far gola un regalo?» immediatamente una manina pallida sbucò da sotto il letto e afferrò saldamente la carta, tirandola con forza e facendola sparire tornare da dove era venuta; Eli ridacchiò e scese, accovacciandosi e infine entrando sotto quel nascondiglio improvvisato fino a incontrare gli occhi intimiditi di Allison «Ti cercano tutti, sai?» domandò sollevando un sopracciglio e cercando di mettersi comodo nonostante lo spazio ristretto; la bambina annuì e sospirò, portando lo sguardo sul regalo e iniziando a giocare distrattamente con il nastro «Ti va di parlarmi?» Allison sospirò ancora e lo guardò, illuminando per un attimo le iridi.

«Ho paura…» sospirò appena, un sibilo appena percettibile.

«E di cosa?» chiese Eli avvicinandosi appena, carezzandole dolcemente la testolina.

«E se dovesse andar male?» chiese la bambina.

«Vorrà dire che mangeremo schifezze per almeno una settimana e che terrò la mia splendida coinquilina!» esclamò sorridendole apertamente per poi cominciare a punzecchiarla, strappandole qualche risolino «Dai, aprilo…» Allison sorrise e si accinse a strappare la carta da pacco, aprendo finalmente la scatola e sgranando gli occhi quando vide il suo contenuto «Ti piace?» domandò, ben conscio della risposta.

«È bellissimo…» sussurrò la bambina. Lentamente un piccolo lupo di peluche, fatto interamente a uncinetto, venne tirato fuori e Allison fissò adorante quel musetto sorridente «L’hai fatto tu?» chiese ed Eli annuì, facendola sorridere apertamente, ma immediatamente dopo la piccola si rabbuiò e il pesante odore della tristezza prese ad avvolgerla da capo a piedi, portandolo Eli a corrucciare le sopracciglia.

«Ehi…» disse afferrandogli dolcemente il volto e portandola a incrociare i loro sguardi, dandole un caloroso sorriso «Che succede?» chiese facendola sospirare.

«Vorrei che tu… Che tu…» sussurrò Allison abbassando lo sguardo «Che tu avessi una stanza tutta tua.» disse infine, tornando a fissare i loro sguardi; Eli sorrise tristemente e sospirò, leccandosi appena le labbra mentre quella fastidiosa sensazione di sbagliato tornava a lambirgli l’animo ma alla fine scosse il capo e accantonò tutto quello, concentrandosi sugli occhioni liquidi della bambina.

«Ma io ce l’ho già una stanza!» esclamò con fare ovvio «Ha le pareti di un disgustoso color verde pisello, tantissimi disegni appesi qui e lì in modo grossolano e per quasi cinque anni l’ho condivisa con l’essere più petulante, pestifero e disordinato di tutta la famiglia!» disse scoppiando poi a ridere «Giuro, ancora devo capire il come ci sia finito quel calzino sopra l’armadio!» aggiunse strappandole una risata divertita «Io sto bene, starò bene.» disse, non credendoci pienamente neanche lui «E ora sai che facciamo?» chiese iniziando a uscire da quel nascondiglio polveroso, facendola negare con un gesto del capo «Adesso io e te usciamo da questa stanza, andiamo da zia Cora che avrà preparato il vestito più bello che vendessero in città e tra qualche ora staremo tutti festeggiando il tuo fantastico talento nella tua nuova e altrettanto fantastica camera da letto!» urlò alzandosi finalmente in piedi e afferrandola per la vita, sollevandola di slancio e facendola ridere di gusto «Andiamo principessa, c’è un talento strepitoso che ti aspetta!» Eli se la caricò sulle spalle e uscì dalla stanza, dirigendosi a passo spedito verso l’origine di quello strano vento che sembrava voler spazzare via qualsiasi fiore o petalo sua sorella avesse creato «Anche se, sarò sincero, un po’ mi mancherà la mia piccola coinquilina disordinata!» aggiunse, gli occhi resi umidi dalla tristezza.
 
 

 

***
 
 


Eli si osservò allo specchio, odiandosi ogni istante che passava; lo smoking che suo padre gli aveva acquistato poteva essere pure carino sul manichino ma addosso a lui sembrava un enorme e orrido ammasso di stoffa. Era più grande di una taglia e quel ridicolo bianco latte gli sbatteva fastidiosamente contro l’incarnato ma il peggio del peggio era quel fastidiosissimo, dannatissimo odiatissimo fiore giallo che si era dovuto appuntare all’occhiello; era semplicemente una macchia orribile su uno sfondo bianco e ovviamente i petali non ci avrebbero messo molto a macchiare il tessuto con i conseguenti aloni giallognoli sparsi un po’ ovunque.

Sospirando, e desiderando che quella dannata serata passasse il più in fretta possibile, Eli uscì dalla propria camera e s’incamminò sul retro della villa; la città si stava riunendo nell’enorme cortile, il vociare iniziava già a dargli enormemente fastidio, e ad aggiungere pepe al tutto ci si mise anche l’inconfondibile odore di tensione che aleggiava su tutto e tutti. Sobbalzò visibilmente quando percepì qualcuno posargli una mano sulle spalle e, voltandosi, incontrò lo sguardo intristito di Derek; l’Omega gli sorrise tristemente e gli baciò una tempia, premendosi fortemente contro di lui come a volerlo rassicurare e proteggere da tutti i mali del mondo ed Eli gliene fu grato perché solo in quel momento, quando vide la Triskele illuminare a giorno la corteccia dell’albero, percepì l’intera faccenda precipitargli addosso come un macigno.
 
 

 
Non arrabbiarti nemmeno un po’...
Non rattristarti, non lo farò...
La mia famiglia è questa, io lo so!
Mentre splende, l’ammiro da qua...
Io sto bene, che c’è che non va?
La mia vita non mi va!
 



L’odore del suo Alpha di famiglia lo vece voltare di lato e Stiles, semplicemente, lo abbracciò di slancio stringendoselo fortemente addosso; “Andrà tutto bene, siamo fieri di te…” gli sussurrò all’orecchio ed Eli annuì meccanicamente perché, se avesse parlato, era certo che si sarebbe ritrovato a piangere come un bambino. Non voleva essere triste, non poteva essere triste, perché quella era la serata di Allison, sua e sua soltanto, ed Eli il suo momento speciale l’aveva avuto ed era stato un disastro; deglutì un amaro groppo in gola e avanzò, insieme ai suoi due padri, verso l’androne della Villa dove il resto della famiglia aspettava in preda all’eccitazione più pura.

Aiden non smetteva di cambiare aspetto, attorno a Lydia continuavano a spuntare margherite e petali di ciliegio; sulla testa di Cora primeggiava una nuvola bianca come a neve mentre Talia sprizzava gioia e tensione da ogni poro. Erano tutti lì, allegri e splendenti come la più potente delle supernove; sembravano brillare di luce propria e poi, semplicemente, Eli voltò lo sguardo e incrociò il proprio riflesso. Non splendeva, non era una stella, ma un semplice e banale asteroide che si doveva accontentare dei pochi raggi che arrivavano sulla sua superficie, scaldandolo quel tanto che bastava per fargli sentire la presenza degli astri ma impedendogli di sentirsi parte di quel sistema solare tanto desiderato ma mai accettato.
 
 

 
Io non sposto i monti;
Non creo petali, purtroppo...
Non resisto in camera, il peso è ormai troppo!
Spero in un miracolo…
Chi dà cibo e amore?
Chi controlla pioggia e venti o nuvole?
Cresce il malumore da tempo in me,
Che aspetto come sempre il mio miracolo!
 
 


Con indosso il suo smoking rosso cupo, Scott rideva sguaiatamente a qualche stupida imitazione fatta da Aiden; Eli si fissò per un attimo sul geranio bianco che aveva fissato e subito dopo la sua attenzione si spostò verso le braccia del fratello. I muscoli scolpiti che faticavano a rimanere stretti in quelle cuciture ma che al tempo stesso sembrava che fossero stati fatti appositamente per poter essere coperti da quel tessuto elegante; il petto ampio, che tirava leggermente i bottoni della camicia, e la giacca che faticava ad avvolgergli la vita stretta. Tutto in Scott urlava potenza e mascolinità, tutto in lui gridava ALPHA da ogni singolo poro; rideva suo fratello, si comportava come se non avesse un singolo problema al mondo ed Eli si ritrovò nuovamente a invidiarlo.

Accanto a lui si trovava Lydia, splendida nel suo vestito da sera; quel delicato rosa pescato le metteva in risalto la siluette e si contrapponeva con forza al tulipano rosso che aveva intrecciato ai suoi capelli, perfettamente acconciati con dei dolci boccoli che le ricadevano elegantemente sul petto e sulla schiena nuda. Ms. Perfezione la Signorina Principessina Viziata Lydia era semplicemente incantevole ed Eli si mise le mani in tasca, stringendo così forte i pugni da ridursi la circolazione.

La presa sulla sua spalla si fece più salda, suo padre doveva aver capito cosa lo rendesse nervoso; lui sapeva sempre tutto d’altronde, anche quella sera fu il primo a capire come muoversi per salvarlo. Eli sospirò e gli lanciò un rapido sguardo, sorridendo appena; Derek indossava uno smoking blu scuro che lo fasciava perfettamente, mettendogli in mostra il fisico prestante nonostante le tre gravidanze, e la rosa nera che teneva appuntata sull’occhiello sembrava un semplice ornamento che rendeva il tutto perfetto. Giusto.

Un tuono riecheggiò sopra le loro teste, costringendolo a voltare lo sguardo sulla figura tesa ed euforica della zia; come tutti si era sistemata alla perfezione, elegantissima con il suo tailleur verde smeraldo, e i corti capelli sistemati come sempre in una semplice treccia che le ricadeva sulla spalla.
 
 

«Avanti! Avanti!» esclamò Cora indicando freneticamente il piazzale «Ognuno ai propri posti!» disse per poi dar loro le spalle, dirigendosi a passo spedito verso la piccola stanza dove in quel momento si trovava Allison.

«Ci vediamo più tardi.» sussurrò dolcemente Derek, baciandogli una tempia e stringendogli con forza le spalle prima di lasciarlo andare e incamminandosi insieme al Compagno; Eli sapeva bene che non lo avrebbe perso di vista neanche un momento, nonostante la calca che affollava la Villa, e un debole sorriso gli tirò le labbra. ‘Ti voglio bene, pa’…’ pensò dolcemente.

«Avanti ragazzi, ai propri posti!» disse autoritaria Lydia mentre usciva a sua volta, immediatamente seguita dagli altri giovani mannari ma Eli, semplicemente, sospirò e si sedette pesantemente a terra.
 


Non aveva voglia di unirsi al resto della famiglia, non in quell’occasione, ed era certo che nessuno si sarebbe preoccupato di lui a eccezione dei suoi genitori; sapeva benissimo dove si trovasse ogni singolo membro e non gli serviva acuire i sensi per percepirli o ricordare le indicazioni che Isaac aveva dato loro quella stessa mattina.

Sua nonna si trovava davanti al Nemeton, con il suo classico vestito viola e la candela stretta in mano; Cora e Isaac, invece, aspettavano davanti a quella che sarebbe stata la futura camera di Allison nonostante la porta non fosse altro che un semplice rettangolo composto unicamente di luce dorata. I suoi genitori, invece, si trovavano sotto il portico e come sempre si stavano abbracciando dolcemente mentre i suoi cugini si trovavano sotto le scale che avrebbero condotto Allison al soppalco, riuniti in semicerchio e tutti con le iridi illuminate.

Una singola lacrima gli solcò le guance quando percepì il suono dei cardini che ruotavano su sé stessi, spalancando le enormi porte e permettendo al pubblico di poter osservare finalmente la festeggiata; su stordito dall’odore di felicità che pervase l’aria, insieme al lieve ‘Oh…’ che accompagnò quel semplice momento, ma poi qualcosa andò storto ed Eli corrucciò le sopracciglia.

Non sentiva l’eco provocato dalle scarpe di Allison contro il pavimento, non percepiva il suo cuoricino batterle furiosamente nel petto e soprattutto, nonostante mix di odori che aveva iniziato a spandersi nell’aria, percepì distintamente quello secco e fastidioso della paura e non ci volle molto per capire da dove provenisse; deglutendo, si alzò e si diresse a passo spedito verso lo stanzino.

Quando spalancò la porta si ritrovò con gli occhi umidi.

Allison stava chiaramente piangendo dalla paura, le iridi passavano rapidamente dal castano all’oro e tremava visibilmente dalla testa ai piedi; la bambina provò a fare un passo indietro, probabilmente desiderosa di scappare, ma un ramo si allungò rapidamente dietro di lei e cominciò a carezzarle la schiena spingendola al contempo in avanti.

Un fastidioso brusio prese a riecheggiare tra la folla, terrorizzando ancor di più la bambina, e a nulla valse il “Allison!” sussurrato dalla loro nonna; Eli deglutì e quel semplice suono bastò per rompere la trans in cui la piccola era caduta, facendola voltare di colpo verso di lui e prendendo un profondo respiro.
 
 

«Ehi, che aspetti?» sussurrò Eli, tentando disperatamente di sorridere.

«H… Ho… Ho paura…» rispose Allison, incurante delle lacrime che avevano iniziato a bagnarle la camicetta bianca «V… Vieni c… Con me…» disse iniziando a mordersi le labbra ed Eli sgranò gli occhi, negando appena con un cenno del capo.

«Non posso Ally, lo sai…» sussurrò facendo un passo in avanti e inginocchiandosi, così da ritrovarsi alla stessa altezza della cugina; il brusio crebbe di qualche ottava, accompagnando i chiacchiericci dei suoi cugini, ed Eli deglutì ancora quando si rese conto che nessuno aveva ancora mosso un muscolo per tentare di aiutare il membro più piccolo della famiglia. ‘Bastardi…’ pensò furibondo.

«Ti prego…» Allison fece un passo nella sua direzione e allungò una mano, singhiozzando apertamente «Ho bisogno di te…» aggiunse ed Eli sospirò, deglutendo quel dannato groppo alla gola, e alla fine si mosse.
 
 

Strinse dolcemente la mano della bambina e si rialzò, prendendo un profondo respiro prima di ripercorrere di nuovo quella dannata strada.

Quando le luci li illuminarono tutti i mormorii cessarono di colpo; la gente sgranò gli occhi davanti ai due mannari, studiando avidamente il volto pallido e teso di Eli.

“Ma che sta facendo?”

“Di nuovo lui? Ma non toccava alla bambina?”

“Vuoi vedere che sarà un altro fiasco?”

Eli non si prese lo sguardo stranito che i suoi genitori gli rivolsero, né quello allarmato dei suoi zii, e di certo gli risultò difficile ignorare il ringhio minaccioso che da qualche minuto a quella parte aveva iniziato a riecheggiare nella gola della matriarca; trattenendo il fiato, Eli abbassò lo sguardo e sorrise nel notare come Allison si fosse completamente abbracciata a lui, fissando terrorizzata qualsiasi cosa le capitasse attorno con le iridi perfettamente illuminate.
 
 

«Allora? Andiamo a prenderci questo talento?» le domandò spingendola appena in avanti e facendole finalmente iniziare quella dannata traversata che tutti stavano aspettando.
 
 

Poco a poco Allison prese fiducia e si staccò sempre più dal corpo del cugino, rimanendogli comunque fermamente attaccata, ed Eli si ritrovò ad abbassare la testa a causa di tutti quegli sguardi giudicanti che lo stavano mandando a fuoco; ‘Lo fai per lei… Lo fai per lei… Lo fai per lei…’ continuava a ripetersi ma sembrava che non bastasse a fargli ignorare quella dannata situazione e poi, come una secchiata d’acqua gelida lanciata a tradimento, arrivarono le parole di Aiden.
 
 

«Ma vuole rubarle il talento?»

 
 
E immediatamente la mente di Eli lo proiettò nel passato, facendogli rivivere l’incubo orrendo della sua cerimonia…
 
 

 
*** 12 anni prima ***
 



Sentiva gli sguardi dei cittadini sul proprio corpo, poteva sentire i vari bisbigli di tutti loro, ma soprattutto riusciva a vedere la commozione e l’orgoglio che tirava il volto di sua nonna e rendeva umidi gli occhi dei suoi genitori; lentamente e cautamente, iniziò a salire le scale tenendo lo sguardo puntato sulla triskele e alla fine, liberando un respiro che non si era reso conto di star trattenendo, arrivò davanti a sua nonna.

Talia era radiosa nel suo elegante vestito viola ed Eli si ritrovò a sorridere emozionato quando notò le iridi cremisi che lo fissavano, illuminando le proprie di riflesso e percependo il lupo nel suo petto ululare euforico; la donna strinse maggiormente la presa sulla candela magica che teneva davanti al petto e prese un profondo respiro prima di inginocchiarsi appena, ponendogli l’oggetto magico proprio davanti al volto.
 

 
«Eli Tiberius Hale, quest’oggi la nostra famiglia e tutta la comunità di Beacon Hills si è riunita qui per ricordare il passato, festeggiare il presente e sognare il futuro…» prese a parlare Talia, facendolo annuire pensosamente; alle loro spalle Derek e Stiles si stringevano fortemente l’uno con l’altro, gli occhi umidi incollati sul volto del loro piccolo miracolo.

«Il mio bimbo è cresciuto…» singhiozzò Stiles mentre poggiava il capo sulla spalla del Compagno, il quale gli baciò immediatamente la testa e sorrise.

«Esattamente cinquant’anni fa, la nostra famiglia fu attaccata da degli spietati mercenari…» disse Talia, la voce roca per l’emozione e il dolore provato nel ricordare quella dannata nottata «Le nostre case bruciarono, le nostre vite furono devastate dalla violenza e le nostre strade vennero inondate dal sangue versato di quelle vittime innocenti…» la folla trattenne il fiato ed Eli con lei «Decidemmo di scappare, lontano da quell’inferno per fondare una nuova città in cui potessimo vivere in pace e armonia gli uni con gli altri…» una lacrima solcò il volto di Talia «Ma poi, mentre stavamo attraversando il Grande Fiume, alcuni mercenari ci raggiunsero e ci attaccarono; fuggimmo ma non avevamo alcuna possibilità di salvezza, saremmo morti dopo tutte quelle settimane di viaggio e tutti i sacrifici fatti ma poi…» un singhiozzo le mozzò il fiato portando Eli a sussultare visibilmente, non era abituato a vedere sua nonna reagire in quella maniera e la cosa lo ferì profondamente; in un angolo della sua mente giurò di fare tutto il possibile affinché quella donna fosse sempre felice e orgogliosa di lui e il lupo nel suo petto ululò, sancendo quel giuramento «Il tuo buon abuelo, Pedro, si sacrificò. Salutò me e i suoi figli e si gettò contro il nemico, dandoci il tempo di guadare il fiume e di salvarci; non scorderò mai quel giorno, il dolore che sentì quando lo vidi cadere a terra privo di vita. Ma in tutto quell’oceano di dolore, ecco che un faro si accese: il sacrificio di abuelo Pedro diede vita al Nemeton e rese questa candela una candela magica...» Eli deglutì e spostò lo sguardo su quella semplice candela, la cui fiamma eterna bruciava piena di vita «E ora siamo qui per tener fede al nostro giuramento, per ricordare il sacrificio del mio Pedro, e in questa notte io concedo a Te di ottenere il tuo talento; rendi onore al Branco e a questa famiglia.» lentamente, Eli sollevò le mani e afferrò titubante la candela; era gelida, nonostante fosse stata stretta dalle mani della donna per tutto quel tempo, e una strana energia iniziò a fluirgli nel corpo facendogli riecheggiare nelle membra l’ululato dirompente del lupo «D’ora in avanti sarai un membro effettivo della famiglia Hale e un cittadino a tutti gli effetti di Beacon Hills!» i ruggiti degli Hale riecheggiarono nella notte e Talia si sollevò, incamminandosi a passo lento lungo la passerella che li avrebbe condotti alla porta dorata che brillava misteriosamente contro la parete della villa.
 
 
Eli deglutì e la seguì, titubante, tornando a tormentare i lembi ormai devastati della sua camicia; ogni tanto lanciava uno sguardo alle sue spalle, puntandolo contro la corteccia immobile del Nemeton, e sussultò visibilmente quando si ritrovò davanti l’apparente enorme rettangolo magico.
 
 
«Aprila, dai…» sussurrò Talia e il piccolo annuì.
 

 
Deglutendo, e pulendosi le mani sulla camicetta, Eli si avvicinò ulteriormente alla porta e afferrò saldamente la maniglia ma quando provò a ruotarla accadde qualcosa di strano, insolito e imprevisto; un boato si propagò per tutta la Villa, riecheggiando in tutti i vicoli della città, mentre la terra iniziava a tremare appena facendoli oscillare sul proprio posto e poi, davanti agli occhi di tutti, la porta prese a brillare con maggiore intensità e alla fine prese a svanire nel nulla lasciando scoperta la parete bianca alle sue spalle.

Un ansito spezzato riecheggiò nelle gole di tutti, mozzando ulteriormente il respiro a Eli, ma il peggio doveva ancora arrivare… La fiamma eterna che ardeva sulla candela prese a tremolare e si abbassò di colpo, quasi a spegnersi del tutto, e sinistri crepitii presero ad attraversare il Nemeton dalle radici alle fronde più alte; poco a poco le foglie si ingiallirono e cominciarono a cadere rapidamente al suolo, i rami si insecchirono immediatamente e presero ad abbassarsi sempre di più sotto il loro stesso peso.

Per un attimo i mannari percepirono la propria parte animale morire in un ululato straziante ma poi, esattamente com’era iniziata, quell’enorme situazione parve sparire nel nulla insieme agli ultimi rimasugli di quella che sarebbe dovuta essere la sua porta; un singhiozzo, appena un pigolio difficilmente udibile a chiunque, abbandonò la gola di Eli che come scottato ritrasse le mani e si artigliò il petto.
 
 

«Che sta succedendo?» domandò Cora, salita immediatamente insieme al marito e incurante del pianto disperato del nipote.

«Non lo so…» sussurrò Talia, lanciando degli sguardi terrorizzati alla candela e al Nemeton in rapida successione; un nuovo singhiozzo si fece sentire e Talia sollevò lo sguardo, venendo immediatamente spinta da parte da un preoccupatissimo Derek.

«Nonna…» sussurrò Eli, attirando finalmente l’attenzione della matriarca «Scusami…» disse prima di venir afferrato dalle salde braccia paterne per poi scoppiare in un pianto disperato, ancorandosi con tutto le sue forze al corpo del padre e nascondendo il volto nell’incavo del suo collo; Stiles gli fu immediatamente accanto e strinse entrambi, fissando disperato le spalle del suo piccino mentre piangeva come non aveva mai fatto in vita sua.

«La serata è annullata. Tornate tutti a casa…» sussurrò Talia, dando le spalle a tutti e allontanandosi di corsa insieme a Peter che, come la sorella, era arrivato sul portico.

«Nonna! Scusa, scusa nonna! Scus… Sami…! NONNA!» le urla di Eli si persero contro la stoffa della giacca di Derek mentre i tre abbandonavano la scena ed entravano nella loro camera patronale.
 
 


 
*** Presente ***
 



«D’ora in avanti sarai un membro effettivo della famiglia Hale e un cittadino a tutti gli effetti di Beacon Hills!» Eli si ridestò solamente quando udì i ruggiti degli Hale riecheggiare attorno a lui ma non si unì a loro perché appena avrebbe aperto la bocca si sarebbe ritrovato a singhiozzare come quel bambino disperato di dodici anni prima.
 

Sollevò lo sguardo, puntandolo sugli unici rami del Nemeton che erano rimasti secchi da quella dannata serata, e deglutendo un amaro groppo alla gola si voltò e sorrise nel vedere Allison percorrere il corridoio che l’avrebbe condotta alla sua futura camera da letto; ‘Ti prego, fa che funzioni! Ti prego! Almeno lei!’ pregò Eli e quando la bambina afferrò la maniglia si ritrovò a chiudere di scatto gli occhi, terrorizzato.

Una folata di vento, caldo come la brezza estiva, lo accarezzò portando con sé il profumo dei fiori e accompagnando l’ansito dei presenti; schiudendo gli occhi, Eli si ritrovò a sgranarli del tutto perché lì, davanti alla bocca sgranata di Allison, si stava materializzando una porta. Talia sospirò di sollievo, come il resto della famiglia, e solamente quando la magia terminò riuscirono a vedere il disegno che brillava contro la superficie scura del legno; le linee dorate ritraevano un’Allison sorridente sulle cui mani era placidamente addormentato un gattino mentre tutt’attorno alla bambina si trovavano una moltitudine di animali.

Un gatto miagolò da qualche parte e prese a saltare agilmente da una parte all’altra fino ad atterrare elegantemente vicino ai piedi di Allison che, sobbalzando di lato, fissò i propri occhi su quel semplice animale che aveva preso a stiracchiarsi.
 
 

«Ciao micio…» sussurrò la bambina accovacciandosi e iniziando ad accarezzare l’animale, il quale la ripagò con delle soffici fusa prima di miagolare; se possibile, gli occhi della piccola si sgranarono ancor di più e un timido sorriso iniziava a tirarle le labbra «Sì, sì! Certo!» esclamò divertita e il gatto le saltò sulle spalle, dandole qualche testa amorevole, prima di miagolare con tutto il fiato che aveva in corpo.
 
 

Non ci volle molto prima che un vero e proprio esercito di animali si radunasse dentro Villa Hale, facendosi largo tra le gambe dei presenti oppure atterrando elegantemente su qualsiasi superficie disponibile; cani, gatti, pappagalli, tartarughe… Qualsiasi animale abitasse le riserve di Beacon Hills sembrava essere accorso a quel semplice miagolio e Allison, ridendo finalmente spensierata, prese a chiacchierare con ognuno di loro.
 
 

«Abbiamo un nuovo talento!» esclamò Talia scatenando l’euforia generale e alla fine, sotto l’incitamento dei suoi fratelli, Allison tornò ad afferrare la maniglia e finalmente la ruotò prima di spalancare la porta.
 
 

Eli si guardò intorno stupito, meravigliandosi sempre di più delle capacità che la magia sembrava avere sulla loro casa perché quella poteva essere definita in molti modi tranne che camera da letto; le pareti, di un caldo e accogliente verde, erano state adornate con dei murales che ritraevano le varie specie di mammiferi e uccelli. Lungo le mura erano presenti numerosi alberi di limoni, i cui vasi gialli mettevano in risalto i piccoli frutti che pendevano placidamente dai rami; dal soffitto pendevano dei vasi colmi di edera rampicante che si allungava elegantemente verso il basso e a pochi metri di distanza dei lampadari illuminavano con una calda luce gialla tutta quell’immensa stanza.

Sembrava più una gigantesca cattedrale e il ragazzo non si stupì quando vide, esattamente al centro della costruzione, un enorme baobab primeggiare ed estendersi in ogni singolo angolo della costruzione; sui rami si trovavano nidi e cucce, uccelli e animali volavano e correvano in ogni dove creando un musical di versi che avvolgevano gli invitati e li conducevano lentamente nello spiazzo principale dove qualcuno, probabilmente Scott, aveva sistemato il pianoforte a coda e numerosi tavoli su cui erano state posate le pietanze preparate dal padre. E lì, in mezzo a quel groviglio di rami, si trovava un gigantesco letto a baldacchino; le lenzuola ondeggiavano pigramente nel vuoto e sembrava che tutta la costruzione fosse tenuta in sede con delle robuste liane verdognole.

In poche parole, era una stanza meravigliosa.

Eli sospirò e sorrise, concedendosi un singolo istante per poter immaginare come sarebbe stata la sua stanza se tutto fosse andato diversamente ma alla fine sospirò e scosse il capo; non poteva permettersi quei pensieri, non doveva farlo.

La risata cristallina di Allison attirò la sua attenzione e il ragazzo poté notare, con le lacrime agli occhi, come la sua cuginetta corresse da una parte all’altra tirandosi dietro sua madre ed emozionandosi per qualsiasi elemento nuovo che le capitasse sotto gli sguardi; il gatto se ne stava placidamente sdraiato sulle sue spalle, ignorando tutti i movimenti frenetici della bambina, e non ci volle molto prima che questa iniziasse a parlare con tutti gli animali.

Un ululato però echeggiò nell’aria ed Eli si voltò, intimorito, sobbalzando quando notò un gigantesco lupo bianco correre frenetico verso di loro, balzando e driblando qualsiasi ostacolo si presentasse sul suo cammino; l’animale scansò qualsiasi mano mannara e non arrivando ad afferrare Allison per il vestitino e, con l’aiuto di un elegante movimento del corpo, buttarsela sul dorso per poi ricominciare a correre euforicamente. Gli ululati del lupo presero a riecheggiare insieme alla risate della bambina e ben presto i due presero ad arrampicarsi agilmente su qualsiasi superficie disponibile, permettendole di esplorare a dovere tutti i rami del baobab e gli anfratti della sua nuova camera.

Eli scoppiò a ridere ma poi un odore famigliare lo raggiunse, terra bruciata e tabacco, ma tentò di ignorarlo per poter concentrarsi a dovere sulla festeggiata.
 
 

«Saresti voluto essere al suo posto, vero?» domandò freddamente Aiden «Rubarle il talento ed essere tu l’Hale che in questo momento corre sull’albero insieme al lupo.» disse malefico, illuminando le iridi e fissandolo crudelmente; poco a poco il sorriso di Eli sparì, lasciando il posto a un’espressione furente.

«Se pensi questo di me, caro cugino, allora vuol dire che non mi conosci affatto.» ringhiò voltandosi e illuminando a sua volta gli occhi, un accenno di zanne a graffiargli le labbra.

«Eppure hai percorso la navata insieme a lei, sapendo benissimo che questa è la sua serata!» aggiunse Aiden, estraendo gli artigli e posandoglieli sul petto.

«Sai perché l’ho fatto?» rispose afferrandogli la cravatta e graffiandogli il petto con gli artigli, incurante dello sguardo omicida che primeggiava negli occhi del cugino «Perché la tua sorellina stava per avere un attacco di panico, non aveva alcuna intenzione di uscire e sottoporsi a questa farsa; dovrebbe essere un momento gioioso e invece stava per perdere il controllo.» disse facendo un passo in avanti, un minaccioso ringhio nella voce «Se invece di fare il coglione, insieme a quel deficiente del tuo gemello, ti fossi reso conto della situazione non ci sarebbe stato bisogno, per me, di farmi odiare ancora di più da tutti voi; inoltre, caro cugino, ho percorso la navata perché è stata lei a supplicarmi di accompagnarla.» svelò, afferrandogli il fianco con la mano libera e affondando gli artigli nella carne soda; Aiden ruggì appena, sollevando una mano artigliata e preparandosi a colpirlo, ma proprio in quel momento due mani si posarono sulle loro spalle facendoli separare con una facilità impressionanti.

«Avanti signori, placate gli ormoni e ritirate gli artigli!» esclamò Stiles, fissandoli apparentemente divertito «Non vorrete rovinare la festa di Ally, no?» chiese e solo in quel momento i due mannari percepirono le risate cristalline della piccola, accompagnate dal cigolio delle molle e non ci volle molto per capire che stava saltando allegramente sul letto, probabilmente in compagnia del gatto e del lupo «Inoltre, non vorrei che vostra nonna si rendesse conto che state per sgozzarvi; non credo che la prenderebbe bene, sapete?» aggiunse stringendo appena la presa «Calmatevi.» ordinò e i due mannari, ringhiandosi minacciosamente contro un’ultima volta, annullarono la trasformazione e si allontanarono definitivamente «Si può sapere che ti prende?!» domandò irritato Stiles, dopo che Aiden si allontanò a sufficienza, folgorando il proprio figlio con lo sguardo.

«È uno stronzo.» ringhiò Eli, illuminando nuovamente le iridi e tremando visibilmente quando percepì la stretta di suo padre farsi più pressante.

«Non è una novità e pensavo che mio figlio fosse abbastanza intelligente da capire quando un Alpha del cazzo vuole provocarlo, no? Cosa credi che sarebbe successo se vi fosse attaccati?!» domandò, mal trattenendo un urlo.

«Nonna mi avrebbe dato la colpa, così come tutta la famiglia e la città.» rispose Eli, furibondo «Aggiungendo che ero geloso del talento di Allison.» aggiunse facendolo annuire.

«Ora esci fuori da questa stanza, prendi un profondo respiro e conti fino a cento; quando hai finito torni e…» Stiles non riuscì a completare la frase visto che la voce squillante di Talia riecheggiò su tutti loro, facendo calare un innaturale silenzio nella stanza.

«Avanti Hale, una foto di famiglia! Tutti insieme!» urlò la lupa e poco a poco i membri del Branco iniziarono ad avvicinarsi, mettendo al centro dell’inquadratura la loro alpha e la festeggiata; Stiles venne afferrato malamente da qualcuno e costretto a separarsi dal figlio, venendo spinto verso la famiglia, ma appena Eli provò a fare lo stesso la folla parve saldarsi davanti ai suoi occhi, creando un vero e proprio muro.

«LA FAMIGLIA HALE!» urlarono in coro e per Eli quello fu troppo.
 

Chiuse gli occhi e diede loro le spalle, allontanandosi silenziosamente dalla stanza.
 


 
Sono solo, però...
Non mi accontenterò!
Quindi spero che avrò il dono che io non ho avuto mai!
Voglio chiederlo a te...
Voglio chiederlo a te...
Apri gli occhi perché ho atteso ormai troppo, lo sai!
Troppo, lo sai!
Troppo, lo sai!
 


L’aria fresca parve intossicarlo, la cravatta sembrava pronta a soffocarlo e fu quasi con un gemito di pura goduria che accompagnò lo strappo di quel dannato tessuto; un singhiozzo gli mozzò il fiato ed Eli percorse a passo spedito il ponte che ancora collegava la Villa al soppalco, le lacrime che gli bagnavano il volto e un lamento costante nel petto dove il suo lupo stava urlando disperato.

“LA FAMIGLIA HALE!” continuava a gridare la voce nella sua mente.

‘La famiglia Hale tranne uno…’ aggiunse scendendo rapidamente le scale e correndo spedito verso l’androne, felice come non mai che tutti gli invitati si fossero riuniti nella nuova camera ‘Ma perché non ho un talento? Perché solamente a me è toccata questa disgrazia? Che ho fatto di male? COSA?!’ furibondo e disperato, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e colpì con un pugno una delle tante colonne della Villa, rallegrandosi nel sentire il rumore delle proprie ossa che si fratturavano e il sordo dolore al petto che sembrava diminuire un poco ‘Nemeton, perché…’ pensò dando un nuovo pungo, facendosi schizzare il sangue contro quell’odioso completo bianco e aumentando le crepe nella colonna ‘Nonna, perché?!’ la magia prese a scorrere nelle pareti della Villa e poco dopo quelle scanalature nel cemento sparirono, lasciando solamente il ricordo di sé e il sangue fresco.

‘Perché sono stato condannato in questo modo?! Che ho fatto di male?!’ Eli ruggì e si avventò su quella stupida colonna, un’onda di ferocia gioia gli pervase il corpo quando sentì l’ulna e il perone fratturarsi a causa della brutalità del colpo ‘Perché non mi è stata data una seconda possibilità?! Perché non mi è concesso riprovarci?!’ la colonna finalmente si frantumò e crollò a terra in una nube di polvere ed Eli si portò le mani nei capelli, cadendo finalmente in ginocchio.
‘Sono solo…’
 

 
Terrei i ponti e i massi;
mentre i fiori sbocciano!
Se ora mi dicessi che anch’io potrò...
E aspetto un miracolo, miracolo!
 


‘E… E se chiedessi alla nonna di ripetere la cerimonia? Solo io e lei?’ rifletté dopo qualche istante, la mente troppo offuscata dal dolore per accorgersi che la colonna era rimasta disintegrata; ‘Se… Se anche io potessi… Nemeton, perché non mi hai dato un talento? Perché non hai fatto questo miracolo?’ Eli si rialzò e finalmente, poco a poco, il dolore si trasformò in tristezza e il ragazzo scoppiò in un pianto liberatorio.
 


 
Voglio darne prova...
E risplendere come voi!
Vorrei dimostrarvelo d’ora in poi,
Capire quale sia il posto mio e raggiungerlo!
 


Con il fiato rotto dai singhiozzi, Eli riprese a camminare lentamente sotto i corridoi della Villa; si piantò gli artigli nei bicipiti, devastato dal dolore alle ossa che sembrava non svanire mai. ‘Voglio essere anche io una stella, splendere come il resto della famiglia, non ne posso più di essere un semplice asteroide che gravita attorno a loro…’.

Il dolore si fece sempre più sordo, il sangue aveva ormai insozzato tutte le maniche della giacca e poco a poco gli artigli si ritrassero senza che Eli potesse far nulla per impedirlo; la testa prese a girarli e una strana debolezza lo avvolse come una calda coperta, portandolo a barcollare ubriaco per i corridoi male illuminati e alla fine si appoggiò al muro, accasciandosi pesantemente al suolo proprio sotto il ritratto che sua nonna, tempo addietro, aveva fatto commissionare per permettere a tutti di conoscere il volto del suo Compagno ‘Nonno, voglio dimostrare di essere come loro… È così orribile come richiesta?’ pensò sollevando stancamente lo sguardo sul ritratto, incontrando il volto sereno di Pedro ‘Voglio sapere quale sia il posto dedicato a me, raggiungerlo e stare finalmente bene…’ il sangue prese a macchiargli il petto e il dolore si fece sempre più stressante, portandolo a domandarsi il motivo per cui, nonostante fossero passati diversi minuti, il suo corpo ancora non guariva.
 

 
Sono pronto!
Tu puoi cambiare la mia vita, ora basta aspettare!
Se un talento mi spetta lo puoi dare a me...
Forse anch’io me lo merito?!
Forse ancora puoi offrirmelo...
 
 


‘Sono pronto, lo giuro!’ debolmente, voltò il capo verso il Nemeton e concentrò il proprio sguardo sulla Triskele splendente contro la scura corteccia dell’albero ‘Solo tu puoi aiutarmi, solo tu puoi cambiare la mia vita; non merito anche io un talento? Anche uno inutile, non chiedo altro…’ un singhiozzo gli scosse il petto, portandolo a mugugnare di dolore quando un’altra fitta gli partì dalle braccia per poi irradiarsi in tutto il corpo ‘Forse puoi ancora offrirmelo…’ Eli chiuse gli occhi, sospirando rumorosamente, percependo distintamente il proprio lupo ululargli disperatamente nel petto.

Ma poi, improvvisamente, qualcosa cambiò.

Uno strano vento gli carezzò il corpo, un’aria gelida lo avvolse da capo a piedi portandolo a rabbrividire miseramente contro le pareti e l’atmosfera parve caricarsi di elettricità; per un attimo, un semplice e fottutissimo attimo, Eli pensò che il Nemeton fosse tornato sui suoi passi e avesse deciso di dargli un talento all’ultimo minuto. Quanto si sbagliava…

Un violento terremoto prese a scuotere le fondamenta della Villa, portandolo a sobbalzare terrorizzato mentre voluminose crepe iniziavano a formarsi tutt’attorno a lui; il quadro di Pedro si staccò e cadde a terra con un tonfo, quasi schiacciandolo, e un boato riecheggiò tra le pareti accompagnando il fracasso provocato dai vetri che andavano in frantumi. Terrorizzato, Eli saltò in piedi e uscì il più rapidamente possibile nell’androne per poi bloccarsi davanti al Nemeton; la Triskele era sparita e l’albero sembrava piegarsi su sé stesso, facendo crepitare il legno, mentre i rami più spessi si spezzavano e cadevano pesantemente a terra e poi, poco a poco, il tronco iniziò a squarciarsi e l’enorme albero che proteggevano cadde pesantemente contro l’ala est della Villa mandandola in frantumi e infine, come se non fosse abbastanza, Eli notò la candela rotolare sul lastricato devastato dalle crepe e cadde in ginocchio quando notò la fiamma consumare avidamente la cera lasciandosi dietro solamente un fumo viola e nauseabondo.

Il lupo nel suo petto ululò un’ultima volta ed Eli lo sentì morire.
 
 

 
***
 
 


«Vieni Talia, un ballo!» urlò Isaac, afferrando le mani della donna e trascinandola in uno strano valzer sotto lo sguardo divertito dei presenti; Stiles suonava il pianoforte e Lydia cantava, accompagnando i festeggiamenti, e tutti erano a conoscenza del fatto che i gemelli avessero messo in circolazione qualche bottiglia di alcool mischiata con dello strozzalupo.
 
 

Derek scoppiò a ridere quando notò madre e genero tentare di eseguire un casqué mal gestito, non accorgendosi della strana espressione che tirò il volto di Scott, ma poi tutto parve venire avvolto dal silenzio quando la voce terrorizzata di Eli riecheggiò attorno a loro.
 
 

«NONNA!» la folla parve farsi da parte mentre i bisbigli iniziavano a riecheggiare sulle loro teste «NONNA, CORRI! È UN’EMERGENZA!» Talia si sollevò e si separò dalle braccia di Isaac, sistemandosi meglio lo scialle che indossava, e sgranò gli occhi quando notò lo stato in cui il ragazzo si trovava.

«ELI!» urlarono Derek e Stiles, avvicinandosi rapidamente al figlio ma venendo allontanati da quest’ultimo.
 


Eli era pallido come un cencio, zoppicava vistosamente ed era chiaro a tutti che avesse pianto a causa del fetido odore che emanava e del volto reso secco dalle lacrime ma quel che maggiormente preoccupò e disgustò tutti era a quantità abnorme di sangue che aveva tinto il tessuto candido del suo completo; Derek trattenne il fiato quando notò le mani violacee del figlio e deglutì un amaro groppo alla gola quando si rese conto che, piano a piano, il sangue aveva iniziato a tingere anche i pantaloni del ragazzo.
 
 

«Perché sei ferito? Che è successo?!» esclamò Talia facendo un passo in avanti e afferrandogli le spalle, storcendo la bocca quando percepì la sensazione viscida del sangue contro le mani.

«Il Nemeton! La Villa! La candela!» urlò Eli in preda all’agitazione «Tutto distrutto!» esclamò afferrandole malamente una mano e urlando di dolore quando percepì il dolore delle ossa rotte riecheggiargli in tutto il corpo, costringendolo in ginocchio.

«Ragazzo!» urlò Stiles, scattando e afferrandolo saldamente per poi tirarlo indietro.

«Nonna, presto…» sussurrò Eli, piangendo silenziosamente; la folla prese a borbottare con maggiore intensità, lanciando sguardi a nonna e nipote, e alla fine Talia si sistemò nuovamente lo scialle e alzò il mento.

«Andiamo a vedere…» sussurrò timorosa, incamminandosi verso l’esterno.
 
 

Eli era pronto a squarciarsi la gola con i propri artigli perché non riusciva proprio a credere di essere finito in uno di quei cliché, non poteva accettarlo; l’intera cittadina si era accalcata davanti la stanza di Allison mentre i suoi famigliari, irritati e giudicanti, si erano sistemati lungo le scale che conducevano al soppalco attorno al Nemeton. Ma Eli, semplicemente, voleva urlare.

Lì tutto era dannatamente, fottutamente normale; la colonna che aveva preso a pugni era tornata come prima, non c’era l’ombra di una crepa e il Nemeton era perfettamente immobile contro l’aria della sera con la candela che bruciava placidamente sul suo piccolo scranno.

Il ragazzo continuava a guardarsi attorno, sorretto dalle braccia forti del suo Alpha, e non riusciva a capire come tutto quello era accaduto; balbettando e piangendo, prese a spiegare quello che aveva visto ma gli bastò notare le iridi furibonde e cremisi di sua nonna per farlo tacere e abbassare il capo.
 
 
«Ora. Basta.» disse seccamente Talia, un minaccioso ringhio nella voce «Hai superato ogni limite con questa tua bravata.» aggiunse furibonda per poi voltandosi verso la folla e sorridere come se nulla fosse «Non c’è nessun problema!» urlò sollevando le braccia al cielo «Solo un ragazzo che ha esagerato con l’alcool!» disse iniziando a salire la scale, facendosi largo tra i nipoti «La magia è forte!» aggiunse sorridendo dolcemente ai presenti «Musica maestro, dobbiamo festeggiare!» esclamò tornando nella stanza e venendo accompagnata dai presenti.
 

Eli sospirò disperato e sollevò lo sguardo sui suoi cugini, pentendosene subito dopo.
Ethan e Aiden lo osservavano disgustati, Lydia roteò gli occhi e sussurrò un “Patetico…” che lo pugnalò allo stomaco e infine Scott abbassò lo sguardo e si mise le mani in tasca.

Nuovamente per quella dannata sera, Eli desiderò squarciarsi la gola.
 
 

 

***
 

 

«Dovete credermi!» urlò per l’ennesima volta ai suoi padri, non ricevendo la risposta desiderata.

«A cosa, Eli?» domandò Stiles mentre gli fasciava accuratamente il bicipite, incurante dei segni sanguinolenti che continuavano a sporcare le bende.

«A tutto!» rispose istericamente il ragazzo ma, appena provò ad aprire la bocca per ripetere nuovamente la storia, una pizzetta gli venne ficcata a forza tra i denti.

«Mangia e guarisci.» ordinò Derek, impegnandosi a preparare delle frittelle affinché il proprio cucciolo potesse guarire al meglio.

«Ma pa’!» esclamò per poi ritrovarsi a gemere quando Stiles gli mosse il braccio ferito «Come pensi possa essermi ridotto in questo stato?!» disse furibondo e muovendo le braccia, incurante della sua parziale nudità.

«Non lo sappiamo né ci interessa, a dire il vero…» borbottò irritato Stiles «Mai avrei pensato che uno dei miei figli facesse ricorso a degli allucinogeni…» disse deluso, stringendo con un po’ troppa forza le bende.

«Stiles!» esclamò Derek, sorpreso; Eli si morse le labbra e abbassò la testa, desideroso di urlare «Figliolo, quello che tuo padre sta cercando di dirti…» sussurrò per poi far scattare il capo contro il proprio Compagno, che aveva mosso in maniera rapida il polso del ragazzo facendolo gemere di dolore «È che noi capiamo il tuo sfogo e il bisogno di evadere dalla realtà, dev’essere stata terribile per te questa serata e lo capiamo ma non accettiamo l’utilizzo di droghe o alcool.» disse dolcemente prima d’infilargli in bocca una frittella.

«Non sono un tossico…» borbottò masticando «E perché non sono guarito da solo?» domandò fissandolo negli occhi ma Derek corrucciò le sguardo e sospirò, tornando a prestare attenzione ai dolci «La magia è in pericolo! Ho sentito il mio lupo morire prima e…» Derek sbatté i palmi contro il marmo e ruggì, voltandosi di scatto verso il proprio figlio; gli occhi resi dorati per la rabbia e la tristezza.

«Eli. Basta.» ringhiò e una singola lacrima gli percorse il volto pallido.

«Eli…» sussurrò Stiles, ora più dolce, afferrandogli il volto e cercando di incrociare il suo sguardo «Quello che tuo padre cerca di dirti, figliolo, è di dimenticare tutta questa faccenda.» disse carezzandogli una guancia e asciugandogliela dalle lacrime che stava versando «Tuo zio Peter si è smarrito in questa famiglia, venendo inghiottito dal suo talento e dalla costante ricerca d’informazioni sul Nemeton e la magia. Non vogliamo che succeda la stessa cosa anche a te…» Eli annuì e abbassò il capo, limitandosi ad aprire la bocca quando Derek gli avvicinò al volto l’ennesima frittella.

«Adesso indossi la mia giacca, non voglio che qualcuno ti veda in queste condizioni, e vai subito in camera tua. Le ferite dovrebbero essersi rimarginate…» disse Derek posandogli la pesante giacca blu sulle spalle, facendolo annuire nuovamente; il dolore fisico sembrava sparito, gli rimaneva solamente un po’ di fastidio alle ossa fratturate, ma tutto sommato stava bene.

«E sei in punizione per un mese, ragazzino! Così impari a prendere strane pasticche allucinogene da chissà-chi!» ordinò Stiles ed Eli annuì nuovamente, nonostante la voglia di urlare disperato.




Note finali: Gesù, questo capitolo è stato un parto! Vi giuro, mentre lo scrivevo e lo correggevo avevo la sensazione che non finisse più e quando sono finalmente giunto alla sua conclusione mi sono sentito così orgoglioso e fiero di me e del mio bambino.

Mi spiace solo che non stia avendo molto successo, i dati parlano chiaro. Mi spiace veramente, perché ci sto buttando tutta l’anima in questa storia e non capisco veramente il perché non stia venendo calcolata da praticamente nessuno rispetto alle altre “Sterek In Disney”.

Se tutto va bene aggiornerò sabato prossimo; la storia è conclusa al 90% e ormai tanto vale pubblicarla del tutto.
 

Babbo Dark

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Capitolo 4
*** Pressioni ***


Note iniziali: ed eccoci a questo nuovo aggiornamento!

Di solito, nel 99% dei casi, quando pubblico una long c’è sempre quel capitolo che non mi convince o che comunque mi fa storcere il naso e anche questa storia non fa eccezioni! Ora, di solito siete voi a farmi cambiare idea, oppure il sottoscritto che si va a rileggere il capitolo incriminato dopo un bel po’ di tempo, in questo caso spero solamente di sbagliarmi e che sia un aggiornamento bello e interessante.

Prima di lasciarvi alla lettura vorrei fare una precisazione: nel film tutto l’argomento correlato alle pressioni subite da parte della famiglia era incentrato su Luisa e tutta la canzone si incentrava su di lei che si sentiva oppressa dalle richieste del villaggio e, soprattutto, della nonna; nel capitolo ci sarà un piccolo cambiamento. Infatti ho pensato di unire la tematica principale al personaggio di Scott, andando a trattare (in maniera blanda e riduttiva, ovviamente) alcuni problemi sociali incentrati sulla figura maschile del XXI secolo. Spero di esserci riuscito.

Buona lettura!
 

Babbo Dark
 

Partecipanti:
Scott
 




ENCANTO
Capitolo 04: Pressioni



 
Sono calmo, sono forte.
Devo esserlo, è la mia sorte...
 



Un sospiro appesantito gli abbandonò le labbra, portandolo a borbottare qualche insulto insensato verso tutti e nessuno al tempo stesso; afferrando saldamente le lenzuola, Scott le lanciò frustrato sul pavimento e ringhiò irritato a causa dell’insonnia.

Aveva ancora in mente le scene di quella dannata serata, l’immagine di suo fratello disperato e insanguinato non voleva abbandonarlo, e come se tutto ciò non bastasse il terribile ululato del suo lupo continuava a riecheggiargli nelle orecchie; non aveva avuto il coraggio di dire apertamente quello che sentiva, di difendere Eli, quando stava avvenendo quel delirio e fu solo con il passare delle ore che la vergogna e la rabbia verso sé stesso lo colpirono con furia.

Si vergognava di quanto accaduto, di non aver protetto un membro del suo Branco in difficoltà, ma al tempo stesso non aveva avuto il coraggio di affrontare tutta la famiglia e l’intero villaggio; la sua forza sembrava inutile in quel frangente, completamente superflua nel gestire quella situazione, e ancora una volta Scott si sentì inutile.

‘Respira… Uno, due. Respira… Uno, due.’ pensò il ragazzo, chiudendo gli occhi e respirando profondamente; ‘Calmo Scott, respira…’ artigliò il materasso, ringhiando frustrato nel silenzio della stanza ‘Calma Scott, devi essere forte. Lo sai, è il tuo destino…’ una lacrima solitaria gli solcò la guancia.
 
 


 
***
 
 


Scott non era l’unico membro a rigirarsi nel letto quella notte, c’era un altro Hale in preda all’insonnia; Eli non faceva altro che sbuffare e tentare disperatamente di trovare una posizione comoda su quel letto troppo duro, tentando di ignorare quel silenzio assordante che permeava la stanza. Gli mancava il calmo battito di Allison, il suo pesante respiro mentre sprofondava nel sonno e soprattutto gli mancava il suo delicato profumo di rosa selvatica; sospirando, Eli si sollevò dal letto e si diresse a passo spedito verso la finestra, spalancandola subito dopo per permettere all’aria fresca della notte di ripulire quella viziata della camera.

Il dolore alle ossa era quasi del tutto sparito ed Eli tentò di far scattare gli artigli senza riuscirci, sembrava quasi che il suo lupo fosse entrato in una sorta di letargo visto che lo percepiva ma non riusciva a dargli abbastanza potere da innescare la trasformazione; un nuovo sospiro preoccupato gli abbandonò le labbra, ripensando a quell’ululato disperato che aveva sentito durante la visione, e il ragazzo si appoggiò pesantemente contro il davanzale della finestra perdendosi ad ammirare la Villa avvolta dal silenzio della notte.

Sentiva i crepitii del Nemeton e i rami che si muovevano agilmente nelle stanze, sistemando qualsiasi cosa fosse sfuggita ai mannari, e nel buio la luce della candela brillava dolcemente contro la corteccia; Eli sollevò lo sguardo, puntandolo sul quarto di Luna calante, e chiuse gli occhi. Si sentiva agitato e il sonno non aveva alcuna intenzione di avvolgerlo, anzi, sembrava quasi averlo ripudiato con orrore; il lieve frinire dei grilli accompagnò quei lunghi minuti di nulla quando, improvvisamente, una nuova sinfonia si aggiunse portandolo a sgranare gli occhi.

Lì, da qualche parte nel buio, si trovava una persona; sentiva il suo battito cardiaco, anche se sembrava ovattato, e il sibilo del suo respiro. Eli corrucciò le sopracciglia e tentò di pulirsi grossolanamente le orecchie ma senza successo, ritrovandosi a tentare di scavalcare la finestra per poter andare a controllare di persona chi fosse lo sconosciuto; fu una voce a fermarlo, la stessa che quella sera gli aveva ringhiato contro, portandolo a prestare tutta l’attenzione sull’origine del suono.
 
 


«Pedro…» quella era la voce di Talia, ne era sicuro e da come parlava sembrava quasi che stesse per piangere o che avesse già pianto «Crepe sulla nostra casita…» aggiunse singhiozzando «Il Nemeton caduto, la magia dissolta!» Eli sollevò le sopracciglia e una rabbia animalesca gli esplose in petto, portandolo a ringhiare furibondo; ‘ALLORA MI CREDI!’ pensò furioso e quando si sentì in procinto di avviare la trasformazione, e ruggire, il suo lupo si ritirò ulteriormente lasciandolo confuso e intimorito «Pedro, cosa faremo? Se… Se dovesse accadere il peggio, dove andremo? Il nostro miracolo sta morendo, sento i lupi della nostra famiglia svanire poco a poco nel nulla…» le forze parvero abbandonarlo e si ritrovò accasciato contro il davanzale, incredulo a quanto udito «Ho bisogno di aiuto, amore mio, ho bisogno di un nuovo miracolo…» sua nonna singhiozzò appena ed Eli sentì il fruscio di qualcosa contro il pavimento e poi, poco a poco, il battito cardiaco prese a spostarsi fino a sparire nelle mura della Villa.
 
 

Eli si tirò indietro, sentendosi improvvisamente stanco, e un freddo innaturale lo avvolse da capo a piedi portandolo a chiudere con un colpo secco la finestra per poi gettarsi sotto le coperte ma ancora una volta il sonno non lo avvolse, lasciandolo in balia dei propri pensieri.
 

‘Devo aiutare la famiglia, salvare il miracolo…’ pensò chiudendo nuovamente gli occhi, venendo tormentato dalla sua visione e allontanandosi sempre di più dalle braccia di Morfeo.
 
 

 

***
 
 


L’alba arrivò a illuminare Beacon Hills con i suoi raggi, trovando gli Hale in procinto di alzarsi per iniziare la giornata; il profumo di biscotti appena sfornati riempiva l’aria e gli schiamazzi degli uccelli riecheggiavano tra le mura. Qualche porta venne sbattuta con forza e le voci presero a circolare, accogliendo l’arrivo del nuovo giorno; i rami del Nemeton avevano iniziato a rassettare e sistemare mentre Derek imbandiva la tavola, accogliendo con un sorriso i primi membri del Branco che si erano destati.

Fu il canto fin troppo allegro di un pappagallo a ridestare Scott dai suoi sogni, portandolo a sbuffare sonoramente e ad alzarsi con una fastidiosa emicrania; in silenzio, e sbadigliando, il ragazzo si diresse in bagno e iniziò a lavarsi sperando di abbandonare quella fastidiosa sensazione di disagio che ancora non voleva saperne di lasciarlo in pace.




 
Sposto massi, cattedrali,
Ho un valore che è senza eguali...
 



‘L’altro ieri ho deviato il corso del fiume, la scorsa settimana ho sollevato la chiesa cittadina; solo ieri mattina ho trasportato una ventina di pianoforti su tre piani! Ho un talento enorme, sono uno degli Hale più valorosi, eppure perché mi sento così male?’ pensò Scott mentre s’insaponava, intimorito da quelle sensazioni e soprattutto dal senso di stanchezza che gli avvolgeva ogni singola cellula; aveva paura, una fottuta paura di non essere all’altezza delle aspettative generali e soprattutto di deludere sua nonna. Cosa sarebbe accaduto se un giorno, all’ennesima richiesta di spostare questa o quell’altra cosa, si fosse ritrovato impotente? Cosa sarebbe accaduto se non fosse più stato in grado di sfruttare adeguatamente il suo talento? Cosa gli avrebbe mai detto sua nonna, la sua alpha, davanti alla sua completa inutilità?

No, non poteva assolutamente accadere nulla di tutto ciò; Scott Hale non avrebbe perso il proprio talento né altro, sarebbe stato un uomo e un mannaro degno di tali nomi e avrebbe portato onore alla propria famiglia, alla città e a qualsiasi cosa volesse sua nonna!

‘Sì!’ pensò chiudendo l’acqua e uscendo finalmente dalla doccia ‘Oggi è un nuovo giorno, la magia va benissimo e io sto bene.’ si disse iniziando a vestirsi, ignorando quel senso di spossatezza che lo stava avvolgendo di secondo in secondo; alla fine, quando uscì dalla propria stanza per potersi unire al resto della famiglia, venne attratto dal delizioso profumo di fiori selvatici e si voltò sorridendo verso la figura elegante e raffinata di sua sorella che, affiancandolo, gli afferrò dolcemente il braccio prima di posargli il volto contro il bicipite muscoloso.
 

 
«Hai un aspetto orrendo…» commentò Lydia iniziando a scendere le scale.

«Non ho dormito molto bene.» ammise Scott sollevando le spalle con nonchalance «Ma sto bene, tutto va bene!» esclamò, tentando nuovamente di convincersi.

«Se lo dici tu…» mormorò Lydia, allentando la presa per permettere al fratello di dirigersi in cucina dove, ad aspettarlo come tutte le mattine, si trovava il pesante tavolo in ciliegio che doveva essere portato in giardino per permettere a tutti di sedersi per fare colazione.
 
 

 
***
 
 


«OK, NUOVO GIORNO E NUOVO PIANO!» urlò carico Eli, indossando rapidamente una maglietta e tentando al contempo di mettersi i pantaloni «Salverò il miracolo, la famiglia, i talenti di tutti e renderò fiera la nonna!» esclamò facendo finalmente sbucare la testa dal colletto, un sorriso euforico a tirargli le labbra; tuttavia, appena afferrò la maniglia, quel sorriso vacillò e il ragazzo si trovò ad abbassare involontariamente le spalle «Ma come si salva la magia?» domandò corrucciandosi appena, voltandosi di scatto quando udì i crepitii provocati dai rami del Nemeton che, come sempre, erano intervenuti per rassettare la stanza «Tu ne sai niente?» domandò all’albero che prese a far oscillare quei pezzi di legno con maggiore enfasi «Forse… Forse dovrei trovare cosa infastidisce la magia per poter trovare il modo di salvare la magia?» chiese e i rami si attorcigliarono su loro stessi «Ma non lo so come potrei fare!» esclamò iniziando a gesticolare animatamente prima di sgranare gli occhi e fissare eccitato la foto che teneva incorniciata sul comò «Ma conosco qualcuno il cui udito gli permette di conoscere tutti i segreti di questa famiglia e questa Villa…» disse, lo sguardo focalizzato sul volto sorridente di suo cugino «Augurami buona fortuna!» urlò uscendo finalmente dalla stanza e dirigendosi a passo spedito verso il giardino, sorridendo quando udì le voci degli Hale riecheggiare nell’aria.
 
 

Cani e gatti si rincorrevano allegramente in ogni dove, c’erano persino dei pappagallini che avevano iniziato a fare il nido negli angoli nascosti delle travi di sostegno ed Eli ridacchiò entusiasta nel vedere come il talento della sua cuginetta si stesse manifestando con così tanta facilità; e il sorriso si allargò ancora quando, uscito finalmente dalla Villa, fissò il proprio sguardo sul corpo muscoloso e allenato di Ethan intento ad afferrare vari muffin dal tavolo del buffet preparato da Derek poche ore prima.
 
 

«Ciao Ethan!» esclamò Eli avvicinandoglisi rapidamente, incurante di averlo visto irrigidirsi immediatamente «Sai, tu fra tutti sei il mio cugino preferito e volevo che sapessi che, con me, puoi non avere segreti perché anche io, con te, non ne ho…» disse gesticolando animatamente per poi ghignare malizioso e appoggiandosi elegantemente, o almeno così sperò, al tavolo; Ethan però deglutì e annuì, lo sguardo attento e il cuore che gli batteva a mille nel petto «Perciò…» continuò Eli, roteando una mano in aria e facendo vagare lo sguardo tutt’attorno a loro «Sai dirmi cosa infastidisce la magia?» sussurrò scattando verso di lui e fissandolo attentamente in volto «Sai dirmi cosa sta succedendo? Del perché di quella visione?» chiese deglutendo sonoramente e sperando di aver intrapreso il percorso giusto ma Ethan non si mosse, se non si contava il lento movimento del braccio per afferrare una mangiata di biscotti e portandoseli nel piatto già stracolmo.

«Aiden!» esclamò Isaac alle spalle dei due, facendoli sussultare «Smettila di impersonare tuo fratello per fare il bis!» disse indicandolo con la forchetta e facendolo sbuffare sonoramente; Eli sollevò un sopracciglio e lo guardò, vedendolo mutare appena i propri tratti.

«Ci ho provato…» sbuffò divertito Aiden, venendo immediatamente schiaffeggiato sulla nuca da un ramo «Ho capito, ho capito!» esclamò roteando gli occhi e dirigendosi verso il tavolo della colazione; Eli spalancò la bocca e abbassò di colpo le spalle, incurante dei borbottii dello zio.

«Qui l’unico che si fa paranoie sulle magia e ha strane visioni sei tu, cugino.» disse Ethan, quello vero, facendolo sbuffare rumorosamente «E i topi nei muri, UH!» aggiunse iniziandosi a riempire il piatto; Eli mugugnò rumorosamente e prese a imitarlo, cercando di elaborare una nuova strategia per poter affrontare il problema, quando Ethan parlò nuovamente «Oh, e ieri sera, mentre andavo a prendermi un bicchiere d’acqua, sentivo gli occhi di Scott tremolare appena per il nervoso…» disse come se nulla fosse, facendogli sollevare di scatto il capo.
 
 

Quell’informazione, apparentemente, non voleva dire nulla ma Eli sapeva benissimo che aveva appena ottenuto un indizio fondamentale per la sua ricerca perché suo fratello non era mai nervoso; non aveva tic strani e non puzzava mai di disagio o paura, era sempre coraggioso e non si lasciava scalfire da niente e nessuno. ‘Se Scotty è stressato, allora vuol dire che sa qualcosa! Certo che è così!’ pensò avvicinandosi rapidamente al tavolo, sperando di poterlo interrogare su quello strano comportamento.
 
 

«Tutti a tavola!» urlò sua nonna e i mannari iniziarono a prendere posto; Eli rubò, letteralmente, la sedia a sua zia Cora e sorrise innocentemente quando vide dei piccoli nuvoloni neri formarsi sulla sua testa. Soddisfatto, si voltò verso Scott che stava tranquillamente imburrando i suoi toast e un sorriso malizioso iniziò a tirargli le labbra.

«Scotty…» sussurrò Eli, attirandone l’attenzione.

«Siamo tutti grati del meraviglioso talento della nostra piccola Allison e, soprattutto, che la città si sia rafforzata grazie a…» iniziò a parlare Talia, mentre si avvicinava al tavolo, per poi fermarsi di colpo quando notò diversi gatti occupare il posto a capotavola «Questo…» disse confusa.

«Gliel’ho detto io!» urlò euforica Allison «Gli ho chiesto di scaldarti la sedia!» disse con semplicità e Talia annuì nervosamente, scacciando con un gesto della mano i felini.

«Ha detto Ethan…» continuò Eli come se nulla fosse «Che ieri sera ti tremava l’occhio e c’è qualcosa che non va…» sussurrò riducendo gli occhi a due fessure, lo sguardo puntato sul volto sempre più teso del fratello.

«La città conta su di noi e sui nostri talenti per prosperare e migliorare…» continuò Talia, ignara di quanto stava accadendo a qualche metro da lei.

«Tu non hai mai gli occhi che tremano, fratellone, non hai questi problemi.» Eli provò a illuminare le iridi, sperando di risultare ancor più minaccioso, ma come sempre il suo lupo parve ritirarsi lontano e il ragazzo si ritrovò a stringere i pugni con tutta la forza che aveva; Scott, però, deglutì nervosamente e quando provò a parlare, per tranquillizzarlo, le sue dannatissime palpebre presero a tremargli sotto lo sguardo soddisfatto del fratello «L’OCCHIO!» urlò infatti Eli, puntandolo con un dito e osservandolo attentamente.

«ELI!» tuonò sua nonna, facendolo sobbalzare e obbligandolo a puntare lo sguardo sulle sue iridi cremisi; stranamente, a differenza di tutte le altre volte, Eli non sentì il classico brivido freddo scendergli lungo la spina dorsale. Non sentì assolutamente nulla e la cosa lo preoccupò maggiormente perché se il suo lupo non rispondeva più al richiamo dell’alpha allora forse… «Non presti attenzione a nulla, come al solito!» ringhiò Talia «Nemeton.» dei rami corsero ad avvolgere la sedia su cui Eli si era accomodato nel giro di pochi secondi si ritrovò alla destra della sua matriarca, sotto lo sguardo divertito di tutti «Come stavo dicendo…» continuò dando uno sguardo glaciale al nipote «Questa sera verrà la famiglia Mahealani a cena da noi, una cena di presentazione ufficiale per poter iniziare a corteggiare la nostra splendida Lydia…» sussurrò osservando amorevolmente la sua perfetta nipote che arrossì appena «Ethan, a che ora arriveranno da noi?» chiese e il ragazzo sollevò il capo, fissando attentamente un punto specificò nella riserva che avvolgeva la Villa.

«Alle 19.00; verrà lui e la sua Alpha di famiglia.» disse facendola annuire «Vuole cinque figli.» aggiunse tornando a mangiare come se nulla fosse, le sopracciglia corrucciate che fecero incupire appena quelle di Eli.

«Splendido!» urlò Talia, sollevandosi di scatto dal tavolo per poter raggiungere e abbracciare la ragazza; Eli, però, corrucciò ancor di più le sopracciglia quando notò l’espressione shoccata messa su dalla sorella e per la prima volta da quando la conosceva la vide perdere appena il controllo. Tante piccole viole cominciarono a riempire rapidamente la folta chioma biondo-fragola di Lydia, dalla radice fino alle punte, e in quel miscuglio di colore il ragazzo poté vedere una piccola margherita spuntare come se nulla fosse «Una nuova generazione di Hale sta per essere concepita grazie all’unione tra la nostra splendida Lydia e Daniel…» sussurrò afferrando solamente quella piccola margherita per poi strapparla e distruggerla, facendo in modo che tutti i fiori che ornassero la chioma di Lydia fossero dello stesso tipo «Oggi tutti quanti daremo il massimo per aiutare i cittadini e per le 17.00 dovremmo rientrare per prepararci a dovere! La famiglia prima di tutto! La famiglia Hale!» ruggì, venendo immediatamente imitata dal resto del Branco.

«Sì, sì, sì! La famiglia Hale…» borbottò Eli, roteando gli occhi e alzandosi rapidamente dal tavolo «Scotty!» esclamò quando vide le spalle del fratello allontanarsi a passo deciso verso la riserva.

«MA SEI SEMPRE IN MEZZO?!» sbraitò Lydia quando le finì addosso ed Eli, scusandosi con un semplice sorriso, scattò di corsa verso il punto il cui Scott era sparito.
 



 
***
 



 
Io non chiedo se sia dura,
Faccio tutto con disinvoltura;
Rompo i diamanti, una furia vivente!
Maestoso, fortissimo, immenso, incombente!
 



«Scott, puoi deviare nuovamente il corso del fiume?»

«Sarà fatto.»

«Scott, puoi portare qui una trentina di quintali di mattoni? Sai, vorrei costruire un nuovo forno.»

«Certo Richard, nessun problema.»

«Scott, gli asini sono di nuovo scappati!»

«No problem, ci penso io.»

«Scotty!» la voce di Eli gli arrivò fin troppo forte alle orecchie ma Scott la ignorò come se nulla fosse e decise di dedicarsi alla cattura degli asini, visto che tutte le altre mansioni gli avrebbero rubato fin troppo tempo «Scott, fermati!» urlò nuovamente Eli, scavalcando in maniera goffa un muretto e cadendo a peso morto sul pavimento «Avanti, Scott, devo parlarti!» il mannaro però sbuffò e roteò gli occhi prima di avvicinarsi a un asino che stava brucando tranquillamente a qualche metro da lui.

«Io non ho niente da dirti…» sbuffò Scott, afferrando quel povero asino per la collottola e lanciandolo in aria prima di farselo atterrare tranquillamente sulle spalle; il peso dell’animale gli strappò un ansito ma il mannaro lo ignorò e proseguì la sua ricerca come se nulla fosse.

«Andiamo fratellone!» Eli, finalmente, riuscì a raggiungerlo e gli si mise davanti iniziando a camminare insieme a lui «Devo chiederti una cosa importante!» aggiunse notando il fratello afferrare il secondo asino e caricarselo sulle spalle.

«Dai bro, così mi farai perdere qualche ciuco!» esclamò con un ringhio Scott, muovendosi per caricarsi addosso l’ennesimo asino; Eli però roteò gli occhi e sbuffò, non mancando di pedinarlo.

«Scott, riguarda la magia! È in pericolo!» sussurrò al suo orecchio, facendogli tremare nuovamente l’occhio a causa del terrore che quella semplice frase gli provocò; sapeva benissimo che c’era qualcosa che non andava nella magia, lo aveva avvertito la sera prima e lo percepiva anche in quel momento quando il quinto asino iniziò a gravargli sulla schiena dolorante «Scott, se la magia è in pericolo dobbiamo fare qualcosa! Se dovesse succedere qualcosa al miracolo e alla famiglia allora…» ma Eli non riuscì mai a finire la frase visto che, non appena quelle parole penetrarono nella mente del fratello, questo ruggì e mollò gli asini a terra prima di voltarsi di scatto per afferrarlo saldamente alle spalle, ficcandogli gli artigli nella carne e facendolo mugugnare di dolore.

«NON SUCCEDERÀ NIENTE ALLA MAGIA!» sbraitò Scott, il volto trasformato e il fiato corto «Cioè, voglio dire…» sussurrò cercando di ritrovare il controllo «Non succederà niente alla magia né al miracolo.» aggiunse tentando di sorridere, incurante del sopracciglio sollevato del fratello «E poi…» Scott aprì nuovamente bocca, sperando di tranquillizzarlo, venendo però investito da un fastidioso odore metallico che lo bloccò sul posto; le iridi dorate puntate sulla maglia dell’altro, dove una macchia di sangue fresco si stava allargando sempre di più «Perché non guarisci?» domandò, facendo saettare lo sguardo dalla ferita agli occhi del fratello.

«Perché il miracolo sta morendo.» sussurrò Eli, gli occhi resi umidi dalla drammaticità di quelle parole; Scott si allontanò di un passo, come scottato, e si passò una mano sul volto finendo per sporcarselo di sangue «Scott, che sta succedendo?» domandò Eli avvicinandosi ancora ma il mannaro, semplicemente, iniziò a ridere.
 


 
Ma dietro il mio aspetto il mio intelletto fa il funambolo, il filo è stretto!
Dietro il suo aspetto mi chiedo se Ercole fosse un eroe così perfetto...
Dietro il mio aspetto c'è un prezzo che mi è imposto, il talento mi ha costretto...
 



Quella che era iniziata come una semplice risata si trasformò ben presto in qualcosa di raccapricciante e sotto i suoi occhi shoccati, Eli notò il fratello andare in frantumi e cadergli davanti come un muro sbriciolato; Scott prese a oscillare il capo mentre rideva, il volto sommerso dalle lacrime e le mani che correvano a scompigliargli i capelli sempre con maggiore frequenza.

Alla fine, quando il riso si trasformò del tutto in un pianto disperato, Scott si accasciò contro un albero e cadde pesantemente a terra portandosi le ginocchia contro il petto e seppellendoci il volto dentro; Eli si rabbuiò e mosse appena le spalle, sentendo la carne bruciare per via delle ferite, ma ignorò il dolore e si avvicinò al fratello fino a inginocchiarsi davanti a lui.
 
 

«Scotty…» sussurrò posandogli una mano sulla spalla, incapace di poter gestire una crisi del genere.

«N… Non dire a nessuno che mi hai v… Visto piangere…» disse invece Scott, facendogli corrucciare lo sguardo «I… Io non posso f… Farlo… N… Non è da uomini p… Piangere…» sussurrò disperato.

«Ma Scott, cosa dici?» Eli si fece più vicino e provò a liberarlo da quell’abbraccio nella speranza di poterlo circondare con le proprie braccia e soprattutto con il proprio odore ma Scott si ribellò, chiudendosi ancor più nel suo guscio «Anche gli uomini piangolo, fratellone, così come gli Alpha e qualsiasi altro essere vivente sul pianeta.» tentò di rassicurarlo, iniziandolo a massaggiargli dolcemente le spalle nella speranza di calmarlo.

«Tutti tranne me…» disse invece Scott, artigliandosi gli stinchi e singhiozzando «Io non posso, Eli, non posso permettermelo… Il talento mi ha imposto questa cosa, il mio sesso e perfino il mio stesso status mi hanno imposto di essere così: non posso essere debole e chi piange è debole, un inetto, e gli inetti sono inutili…» Eli singhiozzò a sua volta e si avvicinò il più possibile al fratello, affiancandoglisi e cercando di abbracciarlo nonostante tutto e alla fine gli poggiò il capo sulla spalla, chiudendo gli occhi e ascoltando intristito i singhiozzi del suo fratellone.
 


 
Si ode un crac!
Rumore che fa la schiena che si spezza!
Non ce la farà!
E sale la pressione e non conosce stop!
Woah...
Sta pesando sempre più, sto per fare pop!
Woah!



 
«L… La schiena…» sussurrò improvvisamente Scott, facendolo sussultare «F… Fa male… Fa tanto male…» Eli immediatamente lanciò uno sguardo a quel pezzo di carne e si apprestò a infilargli una mano sotto la maglia, posandogli il palmo aperto contro la pelle, ma per quanto cercasse di concentrarsi per togliergli quel dolore non riuscì a far nulla se non provocarsi una terribile emicrania «Non è un dolore fisico, non solo almeno…» bisbigliò poco dopo, iniziando a rilassarsi quando Eli prese a carezzarlo con lenti cerchi sempre più ampi «È tutto, Eli, tutto!» esclamò sollevando improvvisamente il capo, permettendogli di osservare lo stato pietoso in cui si riversata; il volto ormai era completamente fradicio a causa delle lacrime e il muco gli colava pigramente dal naso ma quello che sconvolse maggiormente Eli furono le sue iridi. Oro e marrone si intercambiavano, come se l’umano e il lupo stessero lottando furiosamente per prevalere sull’altro ma Scott era ben lontano dal perdere il controllo e purtroppo Eli capì che suo fratello stava affrontando la stessa esperienza che era toccata a lui la sera prima.

«Avanti Scotty, sfogati… Non avere timori o remore con me, sono qui per te.» disse Eli, tentando di sorridergli dolcemente.

«H… Ho paura…» rispose Scott, distogliendo immediatamente lo sguardo «E… E non è da me! Io non posso permettermelo, fratellino! Ethan può avere paura, perché è un maschio Omega, ma io? Un maschio Alpha che ha paura è un fallito, è un povero imbecille che non può far nulla nella vita tranne che morire in solitudine!» esclamò alzandosi di colpo, facendo cadere Eli a causa della perdita «GUARDAMI!» ruggì, tentando di avviare la trasformazione ma senza riuscirci «Ogni nuovo giorno, da dieci fottutissimi anni a questa parte, mi ripeto che andrà meglio e che prima o poi questo dannatissimo mal di schiena passerà e diventerà solamente un brutto ricordo ma non è mai così! Ogni giorno ci sono nuove richieste, nuove aspettative, nuove pressioni su questo povero disgraziato!» Scott urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, afferrandosi i capelli e iniziando a strapparseli con furia; il dolore aveva finalmente ceduto il posto alla rabbia e ora che quella dannata diga, che si era faticosamente costruito negli anni, stava iniziando a cadere niente e nessuno sarebbe stato in grado di fermare il fiume in piena che covava dentro «Trovati un brav’Omega! Ma come?! Non sei interessato a nessuno?! Avanti Scott, devi trovare una Compagna tutta tua! Non puoi vivere per sempre con i tuoi padri!» Eli si alzò, digrignando i denti per il dolore alle spalle, e tentò di avvicinarsi al fratello ma questo prese a camminare nervosamente avanti e indietro «Come faccio a fare tutto ciò, dimmelo?!» sbraitò, contro tutti e nessuno al tempo stesso «Ogni giorno provo a sorridere ed essere cordiale con ogni singolo fottutissimo Omega nella speranza di essere notato ma ricevo solamente richieste! Sposta il fiume, raccogli i massi, abbatti gli alberi, solleva le auto, trascina il ponte… Non c’è nessuno che mi offra un bicchiere d’acqua quando sto facendo queste cose, non c’è un cane che mi dia qualcosa da mangiare mentre sto faticando come un miserabile! Lavora, lavora, lavora, lavora! Tutti urlano questo e poi quella bastarda della nonna ha pure il coraggio di chiedermi d’impegnarmi di più! Di dirmi che lascio delle richieste in sospeso!» Eli non ne poté più e si lanciò contro il fratello, fermandolo nell’esatto istante in cui si voltò verso di lui e lo abbracciò con tutta la forza che aveva portandolo a bloccarsi e a spalancare la bocca.
 


 
Dai a tuo fratello ogni peso grosso,
Ha la forza immensa di un colosso!
Non saprei che fare, chi diverrò se cadrò?
 



«Scotty…» aveva così tante cose da dirgli, desiderava ardentemente poter elaborare quello splendido discorso che gli riecheggiava nella testa ma non appena riuscì a stringere il corpo del fratello tutto parve svanire nel nulla e l’unica cosa che fu in grado di pronunciare Eli fu quella semplice, scontata parola.

«Io ti invidio, fratellino…» sussurrò invece Scott, ricambiando la stretta e inalando a fondo il suo odore «Tu non hai questi problemi, non ti curi di queste cose; e se qualcuno ti vede debole, se ti vede piangere, non ti preoccupi di nulla e affronti il mondo a testa alta.» ammise finalmente, facendogli sollevare appena il capo «Ho sempre pensato di dover prendere io tutti i pesi e i problemi che la vita ti avrebbe posto davanti, fin dal momento in cui papà ti mise tra le mie braccia, e l’ho fatto per tutta la vita; a che serve avere una forza come la mia se non posso aiutare la mia famiglia nel momento del bisogno?» Eli singhiozzò e strinse la maglia di Scott tra le dita, rendendosi finalmente conto di quanto le parole dell’altro fossero vere.
 
 


‘È vero quello che ho sentito?’
‘…’
‘Eli?’
‘No…’
‘Hai detto una bugia.’
‘Lasciamo stare!’
‘Perché Matt ti ha rubato i soldi del pranzo?’
‘…’
‘Ehi, Eli! Non piangere, c’è il tuo fratellone qui!’
‘Perché è cattivo…’
‘Non piangere, ok? Prendi i miei soldi, io ho già mangiato.’
‘Sicuro?’
‘Sicurissimo!’

 


‘Perché papo urlava?’
‘Perché ho rotto un braccio a un bambino oggi a scuola…’
‘Cosa?!’
‘Matt è stato cattivo con te; lui è sempre cattivo con te. Anche con Lyds.’
‘Ma Scotty!’
‘Niente ma! Sono il tuo fratellone, è compito mio proteggerti.’
‘E ora… Papo e papà…’
‘Sono in punizione per un mese; anche la nonna è arrabbiatissima… Questa sera niente cena e da domani inizierò la punizione, la decideranno questa sera papà e nonna.’
‘Non è giusto…’
‘Però così Matt non ti darà più fastidio e…’
‘Perché ti brontola così tanto la pancia?’
‘Oh… Io…’
‘Tu non hai mangiato… Hai detto una bugia prima!’
‘…’

 


‘Scotty…’
‘Eli?! Che succede? Perché… Perché hai un vassoio in mano?’
‘Scusa il ritardo ma c’era ancora la zia in cucina; hai ancora fame?’
‘Questo… Questo è l’arrosto di papà…’
‘Con le patate!’



 
‘Sono stato adottato…’
‘Ma no, fratellino! La magia… Lei…’
‘Scotty, perché non ho un talento?’
‘Io… Io non lo so…’
‘…’
‘Non piangere però! Che ne dici se andiamo a rubare del gelato dalla cucina? Papà ne ha comprato tantissimo!’
‘E se poi ci scoprono? Sai che la nonna non vuole…’
Se dovessero scoprirci, tu dì la verità e cioè che è tutta colpa mia!’
‘Scotty…’
‘Dai Eli, non piangere. Andrà tutto bene…’





«Ho sempre cercato di proteggerti da tutto e tutti…» disse Scott, strappandolo dai suoi pensieri e costringendolo a incrociare il suo sguardo «Perché questo è il mio compito, questo è il mio vero talento, e cosa potrebbe mai accadere se cadrò?» domandò e chiuse gli occhi, scuotendo violentemente il capo per tentare di allontanare quel pensiero.
 



 
Io sto perdendo il grip, grip, grip, cosa mai farò?!
Woah!
Senti questo tic, tic, tic? Presto esploderò!
Woah!
Tuo fratello è forte, non preoccuparti;
lui non può mollare, saprà salvarti!
Non saprei che fare, che ruolo avrò se vacillo?
 
 


«E chi protegge Scott?» domandò Eli, carezzandogli dolcemente il volto e facendogli sgranare gli occhi.

«Nessuno protegge Scott, Scott deve proteggersi da solo.» gli rispose dopo qualche attimo, sospirando rumorosamente «Ma… Io…» balbettò, stringendo meglio la presa contro i fianchi dell’altro «Mi sento come se stessi spingendo un enorme macigno sopra una salita e la terra iniziasse a franarmi sotto i piedi.» ammise finalmente, arrossendo appena a causa della sincerità di quelle parole.

«Da quando ti senti così?» domandò Eli, staccandosi appena da lui ma Scott si svincolò da quell’abbraccio e si passò nuovamente la mano tra i capelli, sbuffando pesantemente.

«Da troppo tempo…» disse dopo quella che sembrava un’eternità «Sono una bomba a orologeria prossima allo zero!» esclamò voltandosi e ricominciando a marciare, percependo la rabbia e la frustrazione ricominciare a contargli nel petto «Sento che a ogni richiesta, a ogni pressione aggiunta, esploderò riducendo in cenere qualsiasi cosa mi stia attorno e non posso permettermelo ma ogni volta che faccio questo pensiero il tutto aumenta e io non ce la faccio più!» urlò fermandosi improvvisamente e solo in quel frangente, con le mani premute sul volto e completamente privo di tutte le proprie difese, Eli si rese conto di quanto fosse piccolo suo fratello; le spalle erano curve, appesantite da quel dannato macigno che da anni si portava dietro, e nonostante il corpo muscoloso e allenato era particolarmente snello e quasi minuto «M… Ma non devi preoccuparti!» esclamò improvvisamente, abbassando le mani e fissandolo attentamente; Eli corrucciò le sopracciglia e si avvicinò, pensando che probabilmente suo fratello avesse percepito il mutamento del suo odore, ma poi una vocina nella sua testa gli ricordò che no, Scott non poteva aver percepito queste cose visto che stava iniziando a perdere la componente mannara. Nuovamente, come aveva sempre fatto per tutta la vita, Scott si stava gettando sulle spalle il peso che spettava agli altri «Non mollerò, non posso farlo! Anche perché non saprei cosa fare altrimenti…» aggiunse e alla fine quel dannato peso ebbe la meglio Scott cadde pesantemente in ginocchio.
 
 

 
Dietro il mio aspetto mi sento molto in ansia e nervoso, e questo non lo ammetto!
Dietro il suo aspetto perfino il Titanic perfetto aveva un difetto...
Dietro il mio aspetto, salvare il mio potere è ciò che mi riprometto!
È un domino e so che non potrò fermare le sue tessere o qui soccomberò!
 



«Ehi, Scotty…» sussurrò Eli, accarezzandogli dolcemente la schiena e inginocchiandosi a sua volta fino ad avere i loro volti alla stessa altezza «Come ti senti? E no, non voglio sentirmi dire che devi portare il peso del mondo sulle spalle o cose del genere; io voglio sapere come stai tu, come si sente il mio fratellone…» disse tirando le labbra in un sorriso; Scott sospirò e abbassò appena il capo, leccandosi nervosamente le labbra prima di incrociare nuovamente i loro sguardi.

«In ansia e nervoso.» ammise finalmente «So che non lo do a vedere, che riesco perfettamente a celare l’odore e il battito cardiaco, ma è questo quello che sento; cerco di essere forte, di salvare capre e cavoli, ma mi sento sempre più in balia della corrente… Mi avvolge e abbraccia per poi trascinarmi con forza sul fondale, portandomi ad affogare e soccombere sotto quel dannato peso…»
 
 


 
Ehi, ma si calmerà se scenderà...
Il peso delle aspettative su di me...
Io vorrei davvero sentirmi in pace,
Ma sento invece il peso enorme...
Di pressione, tensione...
Preoccupazione!
 
 


«Perché non ne parli con papo o papà?» domandò ingenuamente Eli, carezzandogli il volto.

«E per fare cosa?» rispose con uno sbuffo «Anche se ottenessi qualche giorno di pace, il tutto ricomincerebbe come se nulla fosse accaduto e io… Io non so se in quel caso riuscirei a ricominciare. Non sono… Abbastanza forte…» Scott abbassò il volto, vergognandosi come non mai per quella stessa ammissione «Non voglio che smettano di farmi richieste, a me piace aiutare le persone, vorrei soltanto che l’intera situazione si calmasse e che soprattutto scendessero tutte queste aspettative che hanno su di me… Sono il primo maschio Alpha di papà e mi fanno gravare addosso tutto quest’incubo di pressioni e desideri quando vorrei solamente sentirmi in pace e non avere la preoccupazione di far allargare la Villa e passare il calore con qualche Omega allo scopo di procreare.» Eli lo abbracciò nuovamente ed entrambi si ritrovarono a piangere per l’ennesima volta.
 


 
Goccia, goccia, tic, tic, tic, non conosce stop.
Woah...
Sono un palloncino che sta per fare pop!
Woah!
 
 


«Il… Il vaso è colmo, ormai…» singhiozzò Scott, percependo il proprio lupo ululargli disperatamente nel petto «È una tortura cinese, fratellino, e in ogni istante mi cadono addosso centinaia e centinaia di gocce che non fanno altro che portare il tutto a strabordare, a inondare qualsiasi cosa mi stia attorno…» disse stringendo meglio la presa contro il corpo esile dell’altro «Tutti i palloncini scoppiano quando sono troppo pieni e io, ormai, ho raggiunto il punto di rottura. Non c’è uno scoglio per me, una singola ancora in quest’oceano in tempesta che mi consenta di aggrapparmi a essa per evitare di annegare; alla fine, nonostante tutto, mi ritrovo sull’orlo di un dirupo… Sono… Sono appeso a uno spuntone mentre la folla spinge per farmi cadere e non so quanto resisterò prima di lasciarmi cadere nel vuoto…»
 

 
Datemi pesi di ogni sorta;
Ho le spalle larghe, quindi cosa importa?!
Forse mi piego, ma non mi spezzo mai!
Come sai...
 


«Ti prego Scott, ti scongiuro, dimmi come posso fare per aiutarti…» sussurrò Eli, nascondendogli il volto nell’incavo del collo «Permettimi di renderti il favore, di condividere il peso che porti sulle spalle, fammi essere quello scoglio e quell’ancora; aggrappati a me, non mollare…» Scott lo strinse maggiormente, facendogli stringere i denti per il dolore alle spalle che ancora non voleva saperne di sparire nel nulla, e poco a poco Eli sentì la maglia bagnarsi sempre di più a causa delle lacrime versate dal fratello.

«Non puoi, semplicemente non puoi…» sussurrò disperato Scott «Danno a me tutti i pesi di questo mondo, nascondendosi dietro al “Il ragazzo ha le spalle larghe!” e se è vero che, per come sono, piego sempre di più la schiena pur di non deludere nessuno è anche vero che ormai ho raggiunto il capolinea…» disse, afflosciando le spalle e permettendo al dolore di investirli del tutto.
 


 
La bomba col suo tic, tic, tic sta per fare boom!
Woah!
Questo treno, din, din, din, corre sempre di più!
Woah!
Tuo fratello è forte e lui non crolla!
Un altro al suo posto di sicuro molla!
Tu hai me al fianco, non resterai nei guai, no!
Mai!
Come sai non mollo...
 


«Sai, credo che ormai quella bomba sia esplosa…» disse improvvisamente Scott, dopo un lungo attimo di silenzio «Il palloncino è scoppiato e il vaso ha strabordato. Scott è stato spezzato.» lentamente, come se temesse di fargli del male, Scott si separò dal fratello e lo costrinse a incrociare i loro sguardi, sorridendo nel vedere il suo volto inondato dalle lacrime «Ma è anche vero che il buon Scott non molla, molti altri al suo posto avrebbero rinunciato ma non lui! Io non mollo, mai…» sussurrò seriamente, facendolo annuire.

«Ed è anche vero che non mi accadrà nulla perché sono al tuo fianco, no?» domandò Eli facendolo annuire «E sei pronto a spezzare le ossa a chiunque mi dia fastidio.» disse e Scott scoppiò a ridere, finalmente una risata priva di dolore e rassegnazione.

«Sì!» esclamò tentando di riprendere fiato, sospirando subito dopo «Sai…» aggiunse, carezzandogli dolcemente il volto e incupendosi subito dopo «Ieri sera, durante la festa, mi sono sentito strano; inizialmente pensavo che si trattasse di stanchezza, visto che Maddy mi ha fatto portare una ventina di pianoforti sulle spalle per tutto il giorno…» Eli sgranò gli occhi a quella rivelazione e provò a ringhiare per la rabbia che aveva in corpo, finendo per produrre uno strano suono strozzato prima di ritrovarsi a tossire «Ma subito prima che tu entrassi nella stanza di Allison mi sono sentito… Debole…» disse, quasi vergognandosene «Il mio lupo ha ululato e l’ho sentito ritirarsi nel mio petto; mi sono sentito uno stronzo durante tutti i minuti successivi, quando nonna ha fatto quella sfuriata, ma non riuscivo a muovere un muscolo. Mi dispiace per non averti difeso…» disse, vergognandosi come non mai.

«C’è sempre una prima volta, no?» gli domandò Eli con il sorriso sulle labbra «E a me dispiace essere venuto a sapere solamente adesso di tutto lo schifo che ti porti dentro e che ti fa abbassare le spalle.» aggiunse per poi tirar su con il naso.

«Pace?» dissero in sincrono, scoppiando a ridere subito dopo «Pace!» esclamarono prima di abbracciarsi.

«SCOTT, GLI ASINI!» un lamento uscì dalle labbra dei due quando udirono la voce di Adrian raggiungerli e a mala voglia si separarono prima di rialzarsi «Sai…» borbottò Scott, afferrando uno degli asini che nel frattempo si era allontanato per riprendere a pascolare liberamente «Qualche anno fa sentì i nostri padri parlare di una profezia, credo che sia stata fatta da Tu-Sai-Chi, e da quel che mi è parso di capire sembrerebbe c’entrare in qualche modo con quello che sta succedendo a noi.» disse ricominciando ad afferrare i muli per poi caricarseli sulle spalle «Io, se fossi in te, inizierei a cercare nella sua camera da letto. Forse sei fortunato…» aggiunse sollevando le spalle con nonchalance.

«E chi ti aiuterà con i tuoi lavori?» domandò Eli mentre tentava disperatamente di far camminare un asino; Scott sorrise e scosse appena il capo, avvicinandosi ai due e caricandosi l’animale sulle spalle.

«Vai a salvare la magia, fratellino, che a queste cose ci penso io. Mi aiuterai la prossima volta.» disse sorridendogli e facendolo annuire «Grazie.» aggiunse dandogli un rapido bacio sulla fronte prima di dargli le spalle, ricominciando a lavorare con la schiena più dritta e le spalle più leggere.

«Non affaticarti troppo!» urlò Eli prima di farlo annuire, sorridendogli amorevolmente.
 
 
Indurendo lo sguardo, e promettendo a sé stesso di risolvere tutta quella situazione per aiutare anche il suo fratellone, Eli tornò di corsa verso la Villa deciso come non mai a trovare il problema e porvi rimedio il prima possibile.
 
 
 

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Capitolo 5
*** La Stanza delle Sabbie del Tempo ***


Note iniziali: eccoci infine giunti a quest’aggiornamento! Ragazzi, la storia è praticamente conclusa; devo solamente scrivere gli ultimi paragrafi e correggere il tutto, oltre che pubblicarla.

La mia bimba è cresciuta e ora andrà a fare compagnia alle sorellone TT_TT

Prima di lasciarvi alla lettura vorrei esprimere una mia perplessità: con la conclusione di “Encanto”, ispirazione permettendo, vorrei dedicarmi alla stesura di una fanfiction Sterek che mi frulla da molto tempo nella testa e che mi è venuta in mente ascoltando l’album “Fatti sentire” di Laura Pausini; qualora la cosa non dovesse andare in porto potrei sempre dedicarmi a una nuova Sterek-In-Disney ma non saprei veramente quale Classico Disney usare. Inizialmente avevo pensato a “Cenerentola” o “La Sirenetta” ma EFP è pieno di queste AU e, se è vero che il sottoscritto cerca di essere il più fedele possibile al film, è anche vero che non posso pubblicare l’ennesima storia su Cenerentola!
Anche perché non tutti i Classici posso essere riadattati; ci ho provato con “Frozen” ma era un delirio e si distaccava completamente dal film. Quindi stavo pensando a “Il re leone” o “Lilo & Stitch”. Non so… Deciderò…

Bene, il delirio è finito e quindi vi lascio alla storia!
 

Buona lettura!
 



ENCANTO
Capitolo 05: La Stanza delle Sabbie del Tempo
 


‘Ok, per prima cosa devo trafugare del cibo dalla cucina per far guarire queste dannate ferite; per seconda cosa, devo intrufolarmi nella vecchia ala della Villa e cercare la stanza dello zio; per terza cosa devo riuscire ad aprirla; per quarta cosa devo trovare qualche indizio su cosa stia danneggiando la magia; per quinta cosa devo riuscire a decifrare la cosa che probabilmente troverò nella sua stanza. Il tutto senza destare sospetti e soprattutto senza essere visto da nessun membro della…’
 

«Ciao Eli.» Eli sobbalzò visibilmente quando udì la voce di Derek, tirando un urlo per nulla virile che sembrava stesse riecheggiando per tutto l’universo; voltandosi di scatto, fissò il proprio sguardo sul volto confuso del padre e si portò una mano sul cuore, sapendo benissimo che tutta la strategia che aveva elaborato di ritorno alla Villa era appena andata in fumo «Si può sapere perché ti aggiri come un ladro da quando hai rimesso piede in casa?» domandò Derek posando lo strofinaccio, che fino a pochi secondi prima aveva usato per pulire la cucina, per poi incrociare le braccia al petto e sollevare scetticamente le sopracciglia.

«Oh… Beh… Io…» farfugliò Eli, spostando il peso da una gamba all’altra e grattandosi distrattamente la testa.

«E perché sei sporco di sangue?!» immediatamente Derek sgranò gli occhi e gli si avvicinò, preoccupato come non mai.

«È… È…» Eli indietreggiò, completamente preso dal panico, e si ritrovò a dire la prima stronzata che gli venisse in mente «È stato Liam!» esclamò, rosso come un peperone, per poi sgranare gli occhi davanti all’espressione dubbiosa del padre.

«Liam Dumbar? Il figlio dell’architetto?» chiese facendolo annuire «E perché mai Liam Dumbar avrebbe dovuto ferirti?» domandò, irritato e curioso; Eli si sentì sprofondare in una voragine senza fine e abbassò lo sguardo, percependo il proprio cuore battere così furiosamente da sentirlo nelle orecchie. Non era abituato a mentire ai suoi genitori, complici anche le capacità di smascherare una menzogna semplicemente ascoltandolo, ma a quanto pare la sua buona stella doveva essersi improvvisamente interessata a lui visto che Derek sgranò gli occhi e fece un passo indietro, uno strano sorriso a tirargli le labbra «O mio… Hai avuto un incontro focoso con Dumbar?» chiese raggiante ed Eli spalancò la bocca, incredulo a quelle parole.

«PA’!» esclamò iniziando a gesticolare ma Derek si portò le mani davanti al volto, iniziando a ridacchiare.

«Il mio ometto tutto speciale ha scoperto le gioie dell’amore…» disse guardandolo emozionato «È per questo che sanguini? Ti ha morso su una spalla eh?» chiese ed Eli si ritrovò ad annuire, incredulo al fatto che il suo stesso padre mannaro si stesse creando quel castello in aria senza neanche aver trovato l’odore di sesso su di lui; ringraziò la sua stella per quella botta di fortuna ma poi, tempo due minuti, la maledì come se non ci fosse un domani visto che l’altro suo padre entrò proprio in quel momento in cucina e si bloccò a guardarli, visibilmente confuso.

«Che succede qui?» domandò Stiles, posando sul tavolo un cesto di verdure.

«Eli ha il fidanzatino!» disse Derek, incurante del “NO!” praticamente urlato dal ragazzo «E credo che qualcuno si sia divertito parecchio senza vestiti.» aggiunse lanciandogli un’occhiata saputa; Eli desiderò la morte per autocombustione come non mai.

«Piccolo Alpha sporcaccione!» esclamò divertito Stiles ma appena il ragazzo provò a spiegare, a tentare di sistemare quella menzogna che aveva detto, si ritrovò con la bocca piena di torta alle pesche «Sai, Der, credo che tra poco ci toccherà andare a cena da qualcuno…» gongolò avvicinandosi al figlio e posandogli un braccio sulle spalle, guardandolo divertito mentre masticava e ingoiava con lo sguardo rigorosamente incollato alla punta delle scarpe «Ok giovanotto, credo che sia arrivato il momento per te di sentire quel discorso.» Derek scoppiò a ridere notando l’espressione disperata messa su dal figlio e si asciugò gli occhi umidi di lacrime.

«Non riesco a credere che sia cresciuto anche tu…» disse Derek per poi prendere un profondo respiro «Ok, ok! Lascio la stanza per questo discorso da Alpha.» aggiunse notando lo sguardo che il marito gli riservò; Eli voleva morire per avvelenamento.

«Bene giovanotto!» esclamò Stiles non appena la porta fu chiusa, incurante del verso disperato che abbandonò la gola del figlio «Sono contentissimo che tu abbia scoperto le gioie del sesso e ti auguro di godertela al massimo, sperimentando e capendo cosa ti piace fare con… Con… Con chi fai ginnastica da letto?» chiese dubbioso e per poco Eli non iniziò a battere la testa contro la prima superficie dura disponibile.

«Liam Dumbar…» disse sottovoce, sperando che nessuno dei suoi due padri decidesse di andare dal diretto interessato per parlargli.

«Fan della salsiccia eh? Come darti torto ragazzo, come darti torto…» ridacchiò Stiles ed Eli desiderò che un asteroide colpisse la Villa in quel preciso istante «Comunque ricordati queste cose: pulito sempre e comunque, non vorrai mica che il tuo amichetto puzzi di ricotta no? Poi usa sempre protezioni Eli, sempre, e ricorda che il sesso non è come nelle fiabe o come nei porno che guardi a tarda notte: il sesso è sporco e selvaggio e ti prego, ti scongiuro! Non fare il salto della quaglia che ci fai diventare nonni prima del tempo!» una risata riecheggiò da oltre la porta, segno che Derek si fosse appostato lì davanti per origliare tutto, ed Eli desiderò che la terra si aprisse in due e lo inghiottisse «E se ti servono i preservativi chiedi a noi, ok? Non fare senza!» esclamò, facendolo annuire.

«Forse posso essere utile io qui…» disse Derek, rientrando nella stanza e stringendo tra le mani un paio di Durex «Per ogni necessità!» esclamò mettendoglieli in mano e facendogli l’occhiolino, incurante del volto incandescente del ragazzo.

«Vado in camera mia!» urlò Eli, facendo ridere sguaiatamente i due genitori.

«Il sesso porta sonnolenza e fame!» urlò Stiles, beandosi del verso disperato che li raggiunse poco dopo.
 


 
***
 



Il tonfo provocato dalla porta della sua camera lo fece sobbalzare, come se non si fosse limitato a prendere uno zainetto dall’armadio ma qualcosa di prezioso da uno dei suoi cugini, ed Eli sospirò rumorosamente prima di dirigersi a passo incerto verso la vecchia ala della Villa; una parte di lui sapeva benissimo che, apparentemente, non c’era nulla di male nel dirigersi da quella parte visto che era proprio lì che si trovavano le stanze dei suoi genitori e dei suoi zii ma ogni passo compiuto verso la propria meta sembrava far crescere sulla sua fronte un enorme cartello che svelava quale fosse la sua vera destinazione. Fu con uno sbuffo irritato che si rese conto di quanto gli mancassero i suoi sensi sviluppati e l’istinto del lupo, sapere di non poter più fare affidamento su quella parte di sé lo destabilizzò portandolo a scuotere vigorosamente il capo; era diventato un semplice, banale essere umano che si ritrovava ad affrontare una famiglia di licantropi con dei super-poteri per poter compiere un’azione sicuramente proibita.

In poche parole era spacciato.

Decise di tirare il petto in fuori e alzare la testa, cercando di dare il meno nell’occhio possibile, e quasi urlò disperato quando la voce di sua nonna lo raggiunse da un punto fin troppo vicino; deglutendo, e cercando un modo per poter uscire da quella situazione, Eli prese a guardarsi freneticamente attorno prima di rendersi conto che no, nulla poteva funzionare visto che sua nonna poteva tranquillamente percepire il suo odore e sentire il suo battito cardiaco.

Fu con un euforico sorriso sul volto che si rese conto di poter tranquillamente fingere nonchalance e passare accanto a lei come se nulla fosse e così, benedicendo la sua mente e la sua buona stella, tirò fuori il cellulare e prese a scrivere distrattamente qualcosa sulle note mentre ricominciava a camminare.
 
 

«Sarete una coppia fantastica…» stava sussurrando sua nonna a qualcuno e, sollevando appena lo sguardo, Eli incontrò il volto pallido e sorridente di sua sorella «Hai preso un ottimo partito, mia splendida e perfetta Lydia, e dalla vostra unione nasceranno tanti nuovi membri del Branco che renderanno grande e maestosa la famiglia Hale.» Lydia annuì, anche se Eli pensò di aver visto un alone di tristezza a oscurarle lo sguardo.
 
 

Si passarono accanto come se nulla fosse, nessuna delle due fece minimamente caso alla sua figura silenziosa ma Eli non si perse la scia di petali di papavero che Lydia si lasciava dietro; il ragazzo sollevò un sopracciglio, incuriosito, visto che tra tutti i giovani Hale era proprio Lydia quella in grado di controllare alla perfezione il proprio talento e lei non produceva mai petali senza che ce ne fosse bisogno.

Sbuffò e scosse il capo, non volendo indagare ulteriormente quella nuova caratteristica di Ms. Perfezione la Signorina Principessina Viziata Lydia visto che aveva fin troppi pensieri per la testa e lei non ne aveva mezzo, se ovviamente non si contavano gli inutili ragionamenti su trucchi, vestiti, Alpha carini e quant’altro… ‘Tutti pensieri da premio Nobel, di un certo spessore culturale e sociale!’ pensò rancorosamente.

Sbuffò infastidito e si mosse più veloce e cauto che poté, non volendo incontrare altre persone e di certo non avrebbe avuto la stessa fortuna di venir ignorato come se fosse un pezzo dell’arredamento; purtroppo, però, la sua buona stella doveva essersi eclissata da qualche parte visto che non appena svoltò l’angolo si scontrò rudemente contro un ammasso di muscoli dal delicato profumo di vaniglia.
 
 

«Guarda dove metti i piedi!» urlò l’ammasso di muscoli mentre si massaggiava il petto, incurante di star fissando il proprio cugino steso a terra.

«La cosa è reciproca, Aiden!» rispose Eli intento a rialzarsi.

«Sono Ethan.» disse in un ringhio ma l’altro sbuffò e roteò gli occhi «Sono davvero Ethan, cretino!» esclamò quando vide l’espressione incredula messa su dal cugino «Comunque carina la balla su Dumbar, anche se sappiamo tutti che va a letto con Raeken e che sceglierà lui.» disse malvagio, ghignando divertito e incrociando le braccia al petto ma Eli sbuffò nuovamente e si rialzò per poi imitarlo subito dopo.

«Beh… Di certo non potevo dire la verità su chi mi porto a letto, no?» Ethan ridacchiò e gli si avvicinò di un passo.

«Puzzi di vergine.» sussurrò arricciando il naso «E poi voglio proprio conoscere l’Omega che ti ha fatto annusare il proprio collo, sempre se esista.» Eli sollevò le sopracciglia e indurì lo sguardo, desiderando come non mai di ferire quella stupida faccia ghignante che, insieme al gemello, non perdeva occasione per umiliarlo.

«Di certo sei nella mia stessa situazione, cugino, visto che neanche tu puoi permettere a Mahealani di corteggiarti e…» in un attimo Ethan illuminò le iridi e ruggì, afferrandolo saldamente per il collo e sbattendolo rudemente al muro, incurante dell’ansito spezzato e dell’espressione di dolore che accartocciò il volto di Eli «Punto debole?» sogghignò, incurante degli artigli che avevano iniziano a graffiargli la pelle.

«Ti apro la gola. Con le mie zanne.» ringhiò Ethan.

«Certo, certo Eth!» sussurrò dandogli qualche colpetto sulle spalle «Ma intanto io posso vantarmi di avere una personalità e non di essere sotto il controllo di nessuno ma tu?» chiese corrucciando le sopracciglia «Non ti sta cercando qualche vecchietta per dei succulenti pettegolezzi? UH?!» domandò, imitando quello stupido verso che accompagnava le frasi del maggiore; Ethan ruggì ancora e avviò la trasformazione ma, invece di sentirsi intimorito, Eli sospirò e roteò gli occhi.

«Io faccio ben altro per questa città!» disse con un minaccioso ringhio nella voce.

«E cosa sentiamo?» domandò Eli «Fossimo in guerra pure pure, saresti un ottima spia insieme a quel demente del tuo gemello, ma a Beacon Hills?» chiese come se nulla fosse, incurante della presa sul suo collo che si stava rafforzando «A cosa serve una persona con il super-udito? A sentire le scorregge del panettiere? I borbottii insensati della perpetua? Oppure le confessioni peccaminose dei fedeli?» Ethan deglutì e si allontanò un poco dall’altro, come se si stesse scottando man mano che passava il tempo «Sei così preso dal voler essere utile a tutti i costi, dall’assecondare i desideri della nonna, da aver perso di vista il vero fulcro della faccenda: te stesso.» la presa si allentò appena, permettendo a Eli di respirare più liberamente «Credi che non mi sia reso conto delle tue reazioni quando si parla del legame tra Lydia e Danny? Che non veda quanto ti fa star male quando qualcuno chiama Scott o Aiden per qualche favore mentre tu rimani sempre in seconda posizione, in panchina, a correre da qualsiasi parrucchiere per poter condividere gli scoop spiati tra le mura delle varie famiglie?» domandò e finalmente Ethan lo lasciò andare, facendolo cadere pesantemente al suolo mentre indietreggiava di qualche passo pur mantenendo incollati i loro sguardi «Zia Cora controlla il tempo, ed è utile; zio Isaac è un informatico, controlla la linea telefonica e si assicura che nessuno possa far danni on-line, ed è utile; mio padre Derek cura con il cibo, ed è molto più utile di qualsiasi medico; mio padre Stiles è un musicista e allieta i cittadini con le sue note, ed è utile…» per ogni famigliare, Eli sollevò un dito facendo deglutire sempre più sonoramente il mannaro «Poi c’è Lydia, la splendida Lydia, che crea fiori e petali ed è utile; Scott ha una forza sovra-licantropesca, è in grado di sollevare con facilità un intero condominio ed è utile; Aiden cambia aspetto, principalmente per fare il buffone e far ridere, ed è utile in qualche modo; Allison parla e comunica con gli animali, la nonna la metterà a chiacchierare con topi e blatte per le varie disinfestazioni e sarà utile; io non faccio testo, nessuno si degna neanche di rivolgermi la parola, ma tu?» finalmente Eli abbassò le mani e sorrise strafottente, vedendo come gli occhi del cugino stessero iniziando a farsi umidi «A chi è utile Ethan? A chi può servire veramente il suo talento se non a qualche casalinga disperata che vive per il gossip cittadino? Ma soprattutto: Ethan è utile?» chiese intristito, iniziando a vergognarsi per come aveva ridotto il ragazzo; era talmente tanto preso da quella rabbia contro sé stesso e quello che stava accadendo da averla riversata, più o meno consciamente, sul primo disgraziato che gli fosse capitato a tiro e quando vide una singola lacrima iniziare a solcare il volto imberbe di Ethan si sentì morire «Eth, io…» sussurrò, rialzandosi nuovamente e sollevando una mano per potergli stringere una spalla, ma Ethan ruggì nuovamente prima  di colpirlo con un’artigliata.
 
 

Eli sentì il corpo irrigidirsi e bruciare ma non percepì il dolore, non subito almeno; l’unica cosa che fu in grado di sentire, mentre veniva sbattuto con violenza contro il muro, fu una mostruosa pressione che dalla spalla sinistra si prolungava fino al fianco destro e subito dopo la sensazione calda e viscida del sangue che iniziava a sporcargli nuovamente i vestiti.

Poco a poco arrivò anche il dolore e fu atroce; era come se qualcuno gli avesse iniziato a squarciare il petto con dei pugnali ghiacciati portandolo a singhiozzare miseramente mentre si accasciava al suolo, le braccia corse a stringersi il petto e il panico intento a impadronirsi di lui.
 
 

«Ora non fai più il prepotente, uh?!» domandò Ethan, un sorriso soddisfatto sul volto; ma poi, quando si rese conto che la situazione stava peggiorando sempre di più, e che il cugino non si muoveva da quella posizione fetale, i suoi tratti vennero avvolti da una fredda e gelida paura che lo portarono ad allontanarsi di qualche passo dal corpo sanguinante e singhiozzante di Eli «P… Perché n… Non guarisci?» chiese iniziando a passarsi una mano tra i capelli «E… Eli…» il dolore si stava facendo sempre più atroce, il cuore gli pulsava violentemente nel corpo fino a renderlo sordo a causa dei continui tonfi dentro le orecchie; distrattamente sentì i passi pesanti di qualcuno allontanarsi rapidamente e urlare ma ormai Eli non prestava attenzione più a niente e nessuno.
 
 

La testa iniziò a vorticargli e la vista si sfocò, la debolezza lo stava avvolgendo come una macabra coperta mentre iniziava a tirarselo con forza nelle tenebre più assolute ma lì, nel bel mezzo di quell’incubo, una strana sensazione gli solleticò una guancia umida di lacrime; era come una carezza, come se qualcuno gli stesse passando con delicatezza un piumino per la polvere addosso, ed Eli sollevò stancamente le palpebre cercando disperatamente di mettere a fuoco chiunque sia stato a trasmettergli quella sensazione.

Corrucciò lo sguardo quando vide una piccola sfigura sfocata completamente nera e deglutì nel momento in cui percepì qualcosa di morbido e caldo posarsi sulla sua fronte, picchiettandola, cercando di ancorarlo alla realtà; e alla fine, in quel turbinio di suoni e disperazione, arrivò un miagolio. Eli sgranò la bocca e con le ultime forze rimastogli riuscì a inquadrare la figura snella di un gatto nero che tra le fauci stringeva un panino all’olio; rilasciando un risolino, gemendo di dolore immediatamente dopo, Eli afferrò quel pezzo di pane e se lo portò alla bocca sperando che provenisse dalla cucina di suo padre e non da chissà dove.

La sensazione della mollica sulla lingua fu inebriante, concentrarsi su qualcosa che non fosse il dolore fu estenuante, e quando finalmente percepì il classico formicolio della magia intenta a invadergli il corpo si ritrovò a sorridere spensierato; il dolore iniziò a scemare e sentì la pelle rimarginarsi, il bruciore cominciò a sparire e i sensi si fecero immediatamente più vigili e consci dell’ambiente circostante. Quando anche l’ultimo pezzo di pane fu inghiottito, Eli si sentiva decisamente meglio anche se non pienamente in salute; deglutì amaramente, pentendosi di aver provocato quella reazione violenta nell’altro, e iniziò a osservarsi attorno notando la pozza di sangue che si stava allargando ai suoi piedi.

‘Spero di non aver bisogno di una trasfusione quando tutto ciò sarà finito…’ pensò rialzandosi, ignorando quella violenta vertigine che lo assalì a tradimento, ma alla fine si sostenne al muro e ricominciò ad avanzare sperando di non incontrare più nessuno; il gatto miagolò e con un agile salto gli si arrampicò sulla schiena fino a posarsi pigramente sulle sue spalle, iniziando a fare le fusa e a far oscillare pigramente la coda arrivando a strappargli qualche risolino per via del solletico che gli provocava alla gola.
 
 

«Grazie piccolino, se non fosse stato per te sarei svenuto e probabilmente morto…» disse Eli, carezzandogli dolcemente la testa «Chissà cosa ci facevi qui vicino…» mormorò entrando finalmente nella vecchia ala di Villa Hale.
 
 

Deglutendo, Eli iniziò a guardarsi attorno; le pareti erano del solito color crema, le ringhiere e gli infissi in legno, c’erano piante in vaso e rampicanti praticamente ovunque ma tutto lì parlava di giorni passati e più allegri, spensierati come solamente l’infanzia dovrebbe essere, e il ragazzo si ritrovò a sorridere mentre s’immaginava padre e zii correre e ridere sguaiatamente tra quei corridoi, facendo chissà quale gioco e trascorrendo con semplicità le giornate.

Fu uno strano odore ad attirare la sua attenzione, un mix di aria stantia e polvere, e quando finalmente si voltò riuscì a intravvedere quello che, ne era sicuro, in qualsiasi film horror sarebbe stato il luogo dove si nascondeva il mostro; apparentemente era una semplice scala di legno, su cui si era depositato un dito di polvere, ma la completa assenza di luci e il silenzio innaturale che proveniva da quell’androne gli fece accapponare la pelle.
 
 

«Ehm… Nemeton…» sussurrò Eli, voltandosi immediatamente quando udì il classico crepitio provocato dai rami in movimento «Puoi, gentilmente, sistemare questo postaccio?» chiese indicando con un gesto del capo le scale ma i rami presero a muoversi convulsamente e quasi a tremare, facendogli corrucciare le sopracciglia mentre quel fastidioso groppo alla gola veniva finalmente ingoiato «Tu… Non hai potere qui?» domandò, più a sé stesso che all’albero, e i rami iniziarono a ritirarsi lentamente fino a sparire del tutto «Bene.» sbuffò impaurito «A noi due, zio Peter! Spero che tu non sia un cannibale di giovani Alpha vergini e avventati…» borbottò cominciando a tremare da capo a piedi.
 
 

Sentì il gatto irrigidirsi e mugugnare infastidito ma Eli non tentò neanche di calmarlo, aveva ricevuto fin troppe artigliate dolorose per quella giornata, e così tirò fuori il cellulare e attivò la torcia cominciando a salire attentamente per quei gradini; immediatamente la pelle iniziò a formicolare, facendogli percepire uno strano movimento nel petto, come se il lupo si stesse finalmente ridestando dal letargo in cui era caduto. ‘Che diavolo sta succedendo…’ pensò intimorito continuando ad avanzare.

Tese al massimo le orecchie, cercando di percepire qualsiasi suono anomalo o pericoloso, ma riuscì soltanto a sentire l’eco del suo respiro affannato e i versi del gatto sulle sue spalle; e alla fine, appena illuminata dalla fredda luce della torcia, Eli la vide.
 





 



La porta di Peter era completamente diversa da quelle degli altri membri della famiglia, ‘Quelli della famiglia che hanno un talento...’ puntualizzò immediatamente tra sé, visto che si trattava di un semplice pezzo di legno inscurito dal tempo e dall’incuria con profonde strie nere che primeggiavano nelle scanalature e il disegno stilizzato del proprietario della stanza, più inquietante che mai. Peter sembrava osservare il mondo intero con sguardo severo, quasi malvagio, mentre tra le mani si trovava una clessidra intenta a ruotare su sé stessa; quello sguardo, quell’aura di potenza che emanava la porta, portarono Eli a deglutire rumorosamente e a sperare che il suo misterioso zio non si trovasse al suo interno.

Aveva sentito tanto parlare di Peter L’Innominabile, come diceva sempre qualcuno, ma non aveva molti suoi ricordi; da piccolo lo aveva visto di sfuggita a qualche pranzo o cena, ricordava di averlo intravisto alla cerimonia del talento dei suoi cugini e alla sua ma di Peter Hale non aveva molte informazioni. Suo zio se ne stava sempre chiuso nella sua torre; lì riceveva i cittadini che chiedevano il suo aiuto e lì viveva. Eli ricordava con quanto terrore la gente si presentasse alla Villa, ricordava le persone che scappavano piangendo, e ricordava lo sguardo gelido che suo zio sembrava lanciare a chiunque avesse avuto la sfortuna di incrociarlo; il suo talento era uno dei più potenti, ne era certo, ed Eli si chiese cosa facesse Peter per metterlo in pratica e soprattutto cosa potesse trovare in quella stanza che lo potesse aiutare.

Era arrivato fin lì per riuscire a trovare qualche indizio per salvare la magia, il miracolo e la sua famiglia ma fino a quel momento non si chiese mai che cosa potesse essere quell’indizio né se effettivamente si trovavasse lì; Scott gli aveva parlato di una profezia ma che aspetto avevano le profezie? Silenziosamente, sperò di non ritrovarsi nella copia Haleiana de ‘La Stanza delle Profezie’ presente nel Ministero della Magia.
 

«CHI FA FATTO QUESTO MACELLO?!» la voce furente di sua nonna lo fece sobbalzare, portando il gatto ad artigliarti irritato le spalle, e non servì alcun talento per fargli capire che ovviamente si stava riferendo al pavimento sporco di sangue causato dal piccolo scontro avuto con il cugino.
 
 

Eli sospirò, ben conscio che se qualcuno lo avesse scoperto in quel momento per lui non ci sarebbe stata nessuna scusa capace di giustificarlo e così afferrò di getto la maniglia; prese un profondo respiro e la ruotò, immaginandosi chissà quale mostruosa creatura ad attenderlo oltre l’uscio, ma appena spinse la porta questa si aprì abbagliandolo con una calda luce dorata. Sbatté gli occhi un paio di volte, osservando quello, ma alla fine scosse il capo e si apprestò a entrare; ‘Sono abituato alle stranezze, d’altronde non tutti possono vantare di avere dei rami magici che ti rifanno il letto la mattina, MA QUESTO?!’ pensò avanzando di qualche passo e chiudendosi la porta alle spalle, sperando di riuscire ad aprirla nuovamente quando e se sarebbe uscito da lì.

Prendendo un profondo respiro, Eli fissò quella strana apertura che aveva di fronte e avanzò; era una sorta di buco a forma di clessidra in cui, dall’altra parte, una cascata di sabbia celava qualsiasi cosa nascondesse la stanza di suo zio.
 
 

«Nemeton, immagino che tu non abbia potere nemmeno qui eh?» chiese allungando una mano e infilandola nel flusso di sabbia, rabbrividendo quando sentì il calore dei granelli scontrarsi contro la pelle; nessun crepitio gli giunse alle orecchie ed Eli capì che no, il Nemeton non poteva aiutarlo in quel frangente «D’accordo micetto!» esclamò sollevando il capo e drizzando le spalle, facendo sbuffare infastidito il gatto «Faremo questa follia per il miracolo, per la nonna, per la famiglia e…» un’espressione dubbiosa gli tirò il volto «E anche per me…» aggiunse poco dopo, prendendo un profondo respiro e decidendosi finalmente ad avanzare.
 

La sensazione lasciatogli dalla sabbia bollente che gli cadeva addosso fu strana, era come passare attraverso un velo secco e arido, e la sensazione provocatagli dai vari granelli che presero a entrargli nei vestiti e nelle scarpe era la più fastidiosa che avesse provato in vita sua ma mai, mai, si sarebbe immaginato di ritrovarsi a cadere nel vuoto da un momento all’altro; l’urlo che gli uscì dalle labbra fu tutto tranne che virile ed Eli si ritrovò con il cuore in gola e la mente invasa da mille e più scenari in cui si spappolava contro qualche superficie rigida per poi morire nel modo più doloroso possibile.

Cadde in un calore ustionante, la pelle sembrava andargli a fuoco e quando era convinto che quella dannata corsa non sarebbe mai terminata si ritrovò a impattare dolcemente contro qualcosa di morbido e sdruccevole; l’odore della sabbia gli colpì le narici e poco a poco, con il cuore che rischiava di sfondargli il petto, aprì gli occhi ritrovandosi ad ammirare un gigantesco deserto che proseguiva a perdita d’occhio. Il alto ardeva un Sole cocente e nell’aria non si udiva un singolo suono, non c’era neanche un alito di vento a spazzare quella distesa, e solo allora si rese conto che se ci fosse qualcuno in quella stanza probabilmente avrebbe sentito distintamente il suo urlo; ‘Dannato scalino e dannata stanza magica! Ma chi è quel pazzo che fa una cosa del genere?!’ pensò furibondo riuscendo finalmente a rialzarsi, lanciando uno sguardo in alto e notando una semplice scala di corda che pendeva pigramente dalla sporgenza dalla quale era caduto.

Un miagolio irritato gli raggiunse le orecchie e quando si voltò, maledicendosi per essersi dimenticato il suo compagno d’avventure, si ritrovò giudicato dagli occhi inferociti del gatto.
 
 

«Scusa…» sussurrò abbozzando un sorriso ma l’animale gli soffiò e gli diede le spalle, incamminandosi elegantemente verso un punto ben specifico «Ehi aspetta!» urlò inseguendolo, sbuffando quando udì il proprio eco tornargli indietro.
 
 

I due proseguirono per quella che sembrava un’eternità e più volte Eli si chiese se e come sarebbe riuscito a ritrovare l’uscita da quel posto infernale; già si immaginava ad arrancare disperato per quei deserti infiniti e ben presto l’idea che la stanza di Peter non fosse altro che un passaggio per un'altra zona del globo cominciò a formarglisi nella mente. Sapeva perfettamente che la magia agiva in maniera strana sulle loro camere, ‘Quando ovviamente funziona…’ ragionò irritato, e che le rendeva più grandi rispetto a come apparivano all’esterno ma quello era decisamente troppo! Insomma, se il suo talento fosse stato quello di orientarsi sempre e comunque in ogni luogo del creato si sarebbe ritrovano a dormire nel Labirinto di Cnosso?

Il Sole picchiava sulla sua testa e ben presto la sete cominciò a dargli problemi, portandolo a maledirsi per non essersi portato dietro i viveri e un minimo di attrezzatura; ‘Ma andiamo! Tecnicamente sono ancora a casa mia, chi mai avrebbe immaginato di ritrovarsi nel Sahara?! Peter, la tua stanza è la peggiore!’ pensò irritato, cominciando a borbottare insulti insensati contro quelle quattro mura apparentemente infinite, la magia e le sue pessime idee.

Era così impegnato a borbottare che non si rese conto che poco a poco si stavano avvicinando a una gigantesca scalinata in pietra finché, ovviamente, non inciampò nel primo gradino cadendo miseramente a peso morto su quella costruzione sperduta nel nulla.
 
 

«Cazzo! Credo di essermi rotto il naso!» imprecò mentre si rialzava, sentendo il corpo pulsare in più parti; il gatto miagolò, attirando la sua attenzione, e prese a salire agilmente e incurante del suo malessere.
 

Sgranò gli occhi quando vide un cartello in legno piantato a pochi centimetri dai primi gradini su cui qualcuno, probabilmente suo zio, aveva scritto con lettere insicure “Per il futuro salire le scale” ed Eli sospirò, iniziando quell’enorme sfacchinata.
 


 
***
 



‘158, 159, 160, 161… Dannazione Nemeton, perché tutte queste scale?!’ pensò Eli mentre continuava ad avanzare, sbuffando accaldato e maledicendosi ancora una volta per non essersi portato dietro nulla; il gatto, che da qualche minuto era tornato ad appollaiarsi sulle sue spalle, si stiracchiò a dovere e riprese a dormire facendolo sbuffare sonoramente.
 
 


 
***
 



‘Ma quanti scalini ci sono in questa dannata stanza?!’ il sudore gli aveva completamente bagnato tutti i vestiti ed Eli era convinto al 99% che se si fosse sfilato le mutande queste avrebbero iniziato a gocciolare su quelle scale roventi; aveva il desiderio di spogliarsi, sperando di potersi rinfrescare in qualche modo, ma il pensiero di essere osservato e spiato da qualcuno era troppo forte per spingerlo a esibire le sue grazie e così, semplicemente, si passò un braccio sulla fronte e riprese la sua scalata.
 
 

 

***
 
 


‘Porca Luna quanti scalini!’ aveva la lingua a penzoloni da una buona mezz’ora e da tempo stava proseguendo mezzo nudo, visto che la calura aveva avuto la meglio sul pudore; e così, con la maglia stretta in una mano e le scarpe nell’altra, Eli proseguiva sempre più in alto.
 


 
***
 
 


‘ZIETTO, LA TUA STANZA È LA PEGGIORE!’ non sentiva più la gola, tanto era secca, e le gambe gli stavano andando a fuoco; ormai si stava arrampicando con solamente indosso le mutande ma ovviamente poteva tranquillamente toglierle visto che il tessuto bianco, ormai completamente pieno d’acqua, non lasciava nulla all’immaginazione di un qualsiasi guardone pseudo-omicida. ‘ORA CAPISCO PERCHÉ TE NE STAVI SEMPRE CHIUSO QUI DENTRO!’ pensò, sbuffando per l’ennesima volta.
 
 

 
***
 
 


‘Pensi che la magia ti dia una mano sempre e molto spesso è utile ma MAI quando serve!’ ormai aveva perso il conto di quanti scalini aveva fatto, si era fermato a 2874, e fu quasi con una gioia immensa che accolse finalmente il pianerottolo e la fine di quell’arrampicata disumana; ‘Santo Plenilunio, neanche Pegasus ha fatto una cosa simile quando si stava dirigendo dal Gran Sacerdote!’ rifletté esausto, posando entrambi i piedi su quella distesa di pietra bollente e ammirando il panorama; davanti a lui si ergeva una gigantesca caverna a forma di lupo, nelle cui fauci spalancate ardevano quelle che sembravano delle fiaccole, ed Eli avanzo barcollando appena a causa della spossatezza che lo aveva colpito.

‘Ci manca solo che cada in questo momento e debba ricominciare a salire!’ pensò cercando di camminare stabilmente nel posto più sicuro di quella strana strada; passo dopo passo si avvicinò sempre più a quello che sembrava un ponte sospeso nel nulla e fu solo quando si affacciò appena che un senso di vertigine lo colse in pieno. Sapeva che era salito in alto ma non si era reso conto di quanto in alto era arrivato; doveva trovarsi a 300 o 400 metri dal terreno e sotto di lui si trovava quello che a tutti gli effetti sembrava un fiumiciattolo. Il desiderio di bere si fece impellente ed Eli si ritrovò a deglutire, sentendo la gola secca come il resto di quella dannata stanza in cui si era ritrovato.

‘Ok micetto, è ora della verità!’ Eli fissò il ponte non molto stabile che si trovava davanti a lui e sospirò, preparandosi mentalmente a cadere nel vuoto, e fu con una preghiera nel cuore che prese a percorrerlo lentamente; le assi di legno scricchiolarono sotto il suo peso ma sembravano reggere adeguatamente e così, con una sicurezza che non credeva di avere, si ritrovò a sorridere e ad avanzare più rapidamente. Fu con un urlo e una bestemmia che accolse l’ultima, bastarda tavola che si spezzò non appena ci si appoggiò sopra, portandolo a cadere nel vuoto; il gatto soffiò e saltò agilmente dall’altra parte mentre Eli si aggrappava con tutte le sue forze alle funi che reggevano il ponte, facendolo oscillare e scricchiolare sinistramente.

Deglutì e abbassò il capo, sgranando gli occhi quando sotto di sé non vide altro che il vuoto e una morte sicura, ma le forze sembravano averlo abbandonato improvvisamente e rimase appeso lì come un salame; il gatto miagolò nuovamente, sembrando preoccupato e terrorizzato della situazione, e poco a poco il desiderio di salvarsi e soprattutto di uscire da quell’inferno si fece sempre più forte e con le ultime energie iniziò a issarsi, cercando di ignorare i pericolosi e sempre più minacciosi movimenti del ponte.

Fu con un urlo di pura gioia che decretò la sua salvezza, visto che era riuscito finalmente ad abbandonare quel dannato ponte dopo essersi issato sulle tavole e aver spiccato un salto da medaglia olimpica; ma fu proprio durante quella semplice esclamazione di felicità che il ponte crepitò minacciosamente un’ultima volta prima di cadere rovinosamente verso il basso, sbattendo e sfracellandosi contro le pareti. Eli lo guardò, una paura bestiale a tirargli i muscoli, e si ritrovò a deglutire terrorizzato; ‘E ora come faccio a uscire da qui?’ pensò allontanandosi sempre più rapidamente dalla sporgenza, temendo di fare la stessa fine del ponte. ‘Lo zio doveva avere un’altra uscita, no? Forse io ho percorso la strada dei visitatori…’ pensò mentre finalmente entrava nella grotta, beandosi immediatamente della frescura provocata dall’ombra ma poco dopo un sorriso gli tirò le labbra quando sentì un gorgoglio allegro riecheggiare a qualche passo da lui; quasi pianse quando vide quella specie di fontana e non si curò neanche di sapere se l’acqua fosse potabile, l’unica cosa che fece fu quella di immergerci il volto dentro e bere avidamente finché l’arsura non fosse sparita nel nulla.

Il gatto finalmente gli scese dalle spalle e cominciò a curiosare in giro, annusando l’aria e studiando l’ambiente con le orecchie tese; la grotta era piena di sabbia e polvere, sembrava quasi che nessuno si fosse impegnato per darle un aspetto decente da almeno una decina d’anni e sul pavimento lurido si trovavano quelle che, apparentemente, sembravano delle anfore rotte. Quando finalmente Eli si risollevò, beandosi della frescura provocata dall’acqua mentre gli scorreva sul petto nudo, iniziò a imitare il felino e un fastidioso groppo alla gola sembrava pronto a soffocarlo da un momento all’altro; facendo saettare gli occhi da una parte all’altra, il ragazzo si ritrovò ad ammirare quelli che a prima vista sembravano degli affreschi dipinti a mano.

Ritraevano un uomo in completa solitudine, intento a mettere in pratica una qualche sorta di rito, avvolto da una strana luce verde e dalla sabbia; deglutendo, Eli proseguì la sua esplorazione ma fondamentalmente la grotta non nascondeva nulla di che e i ripiani presenti al suo interno, tutti fatti di una fredda e scura roccia, erano completamente vuoti. Sospirando rammaricato, il ragazzo continuò a guardarsi attorno prima di sobbalzare visibilmente a causa di quel boato; si voltò di scatto, con il cuore in gola, ritrovandosi a fissare il gatto mentre giocava con un’anfora vuota.

'Bestiaccia…' pensò tirando un sospiro di sollievo, irrigidendo immediatamente i muscoli quando un sinistro cigolio gli raggiunse le orecchie; si voltò lentamente, timoroso di scontrarsi contro qualche mostro, e corrucciò le sopracciglia quando notò un portellone in metallo dall’aspetto pesante e appena socchiuso. “Che si fa qui una porta del genere?” deglutendo nuovamente e avanzò di qualche passo fino ad afferrare saldamente la maniglia di quell’affare, tirandolo con tutta la forza che aveva; il portellone si aprì senza fatica, cigolando appena sui cardini, e quello che rivelò fu del tutto banale. Era una stanza ovale al cui interno si trovavano degli spuntoni di roccia e una quantità apparentemente infinita di sabbia; il soffitto a cupola era claustrofobico e la stanza stessa sembrava emanare delle sensazioni terribili da ogni centimetro ma Eli scosse il capo e prese un profondo respiro. 'Se proprio c’è qualcosa in questa stanza allora, sicuramente, si troverà qui dentro…' pensò avanzando di un passo, rabbrividendo alla sensazione donatagli dalla sabbia gelida contro le piante dei piedi; ma poi, semplicemente, la porta si chiuse alle sue spalle.
 
 

«NO!» urlò voltandosi di scatto e colpendo il portellone con tutta la forza che aveva, facendo rimbombare i tonfi nel vuoto della grotta «NO! NO! NO! NO!» ripeté cercando in tutti i modi di forzarla, prendendola a spallate e a calci ma quell’ammasso di metallo sembrava immobile «NEMETON! AIUTAMI! NEMETON, TI PREGO!» urlò sentendo le lacrime iniziare a bagnargli il volto mentre il fiato gli si faceva sempre più corto e la testa iniziava a girargli, il panico continuava a impadronirsi di lui istante dopo istante e poco a poco Eli si ritrovò a perdere la forza nelle gambe e a scivolare a terra, inginocchiandosi davanti a quel dannato pezzo di metallo «V… Voglio a… Andare a c… Casa…» singhiozzò, posando la testa contro il portellone e scoppiando in un pianto disperato «Voglio papà! Papà!» urlò, sbattendo nuovamente i pugni e facendosi un male cane «Papo… Papà…» sussurrò, sedendosi finalmente a terra e permettendo al panico d’impadronirsi di lui definitivamente.
 
 

Non seppe dire con certezza quanto tempo passò, forse minuti o forse ore, il buio totale di quella stanza lo terrorizzava e disorientava ma a peggiorare la situazione c’era quella dannata luce verde che non smetteva un attimo di brillare minacciosamente; forse fu il panico, o forse il buio, oppure ancora era semplicemente la realtà ma ben presto Eli iniziò a vedere i contorni di un enorme mostro ghignante proprio sul fondo della stanza e quella fottuta luce verde era provocata sicuramente dai suoi occhi malevoli. “Morirò…” pensò disperato, rannicchiandosi su sé stesso e portandosi le mani sulla testa nel disperato tentativo di proteggersi dall’imminente attacco del mostro “Morirò qui come un coglione perché nessuno si prenderà la briga di cercarmi, forse solamente i miei padri…” l’immagine dei volti di Stiles e Derek, accartocciati da una smorfia di dolore e bagnati dalle lacrime, lo portò a singhiozzare miseramente e come se nulla fosse iniziò a sentire delle voci.

Sussurravano cose orribili, lo deridevano, lo minacciavano…

‘Ora la belva pasteggerà con il tuo corpo!’

‘Il cucciolo di lupo che voleva correre con il Branco, guardate come si è ridotto!’

‘La sua famiglia lo dimenticherà presto e lui sarà come noi…’

‘Come noi… Come noi… Come noi…’

‘Lasciati andare ragazzo, abbandonati all’oblio…’

Eli singhiozzò e scosse il capo, sperando che quelle orribili voci sparissero nel nulla, ma poi qualcosa attirò la sua attenzione e si ritrovò a sollevare di scatto il capo mentre un timido sorriso gli tirava le labbra; un miagolio. Immediatamente si ricordò del suo improbabile accompagnatore e per un attimo il panico iniziò a ritirarsi dal suo corpo, lasciandolo libero di respirare e ragionare; si mosse sgraziato contro il pavimento, lasciando la sabbia in ogni dove, e non si curò neanche di quel qualcosa di freddo e liscio che aveva colpito accidentalmente perché tutte le sue energie erano concentrate su quel piccolo felino che lo stava ancora aspettando davanti al portellone.
 
 

«Micio!» esclamò, sorridendo ancor di più quando il gatto miagolò nuovamente «Va da Allison!» urlò, sentendosi un perfetto imbecille per non averci pensato prima «Raccontale quello che è successo e dille di andare a chiamare mio padre Derek! Lui saprà cosa fare!» il gatto parve strusciarsi contro il metallo e grattarlo appena, ed Eli desiderò con tutto sé stesso che quella bestia fosse riuscita a capirlo, ma poco dopo il silenzio tornò sovrano e lui si accasciò nuovamente al suolo.
 
 

'La speranza di salvarmi è legata a un gatto, l’animale più pigro ed egoista del mondo! Perfetto!' pensò amaramente, scuotendo il capo e sospirando rumorosamente; lanciò uno sguardo intimorito al fondo della stanza, ritrovandosi nuovamente a osservare la minacciosa luce verde, ma poi una strana sensazione prese a formicolargli all’altezza dello stomaco portandolo a sbuffare infastidito e imitare un ringhio perché, dannazione!, lui era un Hale e non si sarebbe di certo fatto trovare impreparato e impaurito contro il primo mostriciattolo che gli si fosse parato davanti! Nossignore, lui avrebbe combattuto da bravo licantropo qual era e fanculo l’assenza di talento e qualsiasi altra menata, non avrebbe aspettato un secondo di più!

Così, gonfiando il petto e indurendo lo sguardo, strinse i pugni e scattò in corsa mentre l’urlo di guerra gli abbandonava la bocca e iniziava a riecheggiare violentemente sulle pareti della stanza ma nulla aveva più importanza ormai perché il mostro… Non c’era…

Fu solo grazie a un’immensa dose di fortuna che Eli riuscì a non schiantarsi contro il muro visto che aveva raggiunto, e superato, la minacciosa luce verde senza incontrare nessuno e soprattutto senza essere divorato da alcun mostro; barcollò sul posto e cominciò a osservarsi attorno con maggiore attenzione, confuso da quella situazione, e alla fine abbassò lo sguardo fino a posarlo sull’origine di quella luce.

Era un oggetto trasparente, forse vetro, dallo strano colorito verde smeraldo e spesso quasi un dito; Eli inclinò il capo e si accovacciò, fissandolo interdetto, e alla fine lo afferrò attentamente per paura di tagliarsi. Era caldo, come se fosse appena stato tolto dai raggi solari di una tiepida mattina di Maggio, e nonostante avesse la stessa durezza del vetro percepiva anche una sensazione strana, come se stesse tenendo in mano un pezzo di velluto; incantato da quello strano oggetto, lo oscillò appena a destra e a sinistra prima di sobbalzare visibilmente visto che qualcosa comparì per una frazione di secondo sulla sua superficie.

Eli sollevò le sopracciglia, stupito, e prese ad accarezzare i bordi irregolari scoprendo come questi non fossero taglienti ma che, invece, gli provocavano una strana sensazione all’altezza del petto; preso com’era dal suo studio, non si accorse delle crepe che avevano iniziato a percorrere gli spuntoni presenti nella grotta.
 
 

 
***
 
 


Un ringhiò le abbandonò la gola quando, finalmente, l’ultimo petalo fu spazzato via dal corridoio; voleva che la Villa fosse perfetta per quella sera, perfetta sia com’era la sua nipotina che come sarebbe stato il legame con i Mahealani, eppure sembrava che tutto stesse andando a rotoli. Talia era disposta a chiudere entrambi gli occhi e a voltare il capo dall’altra parte davanti al nervosismo di Lydia, d’altronde ricordava ancora come si sentì lei quando aspettava che Pedro si presentasse davanti la sua porta, ma non era assolutamente disposta a soprassedere su tutto quel sangue che aveva incontrato nella vecchia ala della Villa; sentiva l’odore di Ethan ed Eli ovunque e se inizialmente si chiese cosa fossero andati a fare lì con il passare del tempo desiderò solamente sapere cosa avessero combinato quei due per mettere in repentaglio l’intera serata.

Un boato le riecheggiò sulla testa, facendola sobbalzare visibilmente, e si voltò di scatto verso il Nemeton; trovò le fronte intente a muoversi pigramente come sempre ma poco sopra l’albero, come una macchia d’inchiostro su un foglio praticamente immacolato, trovò dei pesanti e minacciosi nuvoloni neri. Talia deglutì e avanzò fino a posare le mani sulla ringhiera, afferrandola con talmente tanta forza da farsi sbiancare le nocche, perché quelle nuvole presagivano un tornado e quella non era la stagione dei tornado!

Deglutì nuovamente, percependo il proprio lupo muoversi nervosamente e ringhiare minaccioso, e lentamente tornò a dedicarsi alle proprie faccende sperando che nessun uragano si abbattesse su di loro quella stessa sera.
 
 

 
***
 
 


Un sorriso euforico gli tirò le labbra quando trovò un altro pezzo di vetro e quasi si mise a ballare quando notò che come questo si potesse unire agli altri due già in suo possesso, permettendogli di vedere uno scorcio di quella strana immagine.
 
 

«Avanti, zio, cosa volevi nascondere…» sussurrò, unendo finalmente i tre pezzi e iniziando a farli oscillare attentamente «Cosa sta danneggiando la magia?» domandò, più a sé stesso che allo zio; il terrore lo avvolse da capo a piedi quando notò finalmente l’immagine «Sono io…» c’erano pochi dubbi in merito, quel volto era proprio il suo.
 
 


Eli si vide immobile davanti a quella che, ne era certo, fosse una Villa Hale devastata dalle crepe e un singhiozzo gli sfuggì dalle labbra; una lacrima prese a solcargli il volto ma subito dopo una nuova paura gli avvolse le ossa, una paura legata ai crepitii e ai boati che avevano iniziato a riecheggiare attorno e sopra di lui. Finalmente sollevò il volto e sgranò gli occhi quando notò le innumerevoli crepe che stavano percorrendo la volta a cupola, permettendo alla sabbia di filtrare attraverso di esse e riempire poco a poco la stanza; il fiato gli mancò ma non si permise di farsi travolgere dal panico, non questa volta, e seppur terrorizzato si sollevò in piedi e cominciò a fissarsi freneticamente attorno.

Vedeva la luce verde ovunque e più la sabbia sommergeva quel posto e più Eli si gettava a capofitto in un determinato punto, afferrando saldamente il nuovo pezzo di vetro e aggiungendolo agli altri; ben presto furono quasi una decina e quando se ne fece scappare un paio dalle mani, a causa del loro volume e dalla fretta di raccogliergli per poi scappare, imprecò e si ringraziò per essersi portato dietro uno zaino. Poco a poco nuovi pezzi di vetro venivano afferrati e gettati insieme agli altri ma la sabbia continuava a riempire la stanza, privandolo sempre di più dello spazio ma soprattutto dell’ossigeno; fu un semplice dettaglio a fargli notare quello che, sperò con tutto sé stesso, fosse l’ultimo frammetto. Era un tenue bagliore verdognolo che veniva costantemente sommerso dalla sabbia, offuscandolo sempre di più, e sebbene Eli sapesse che fosse un suicidio non poté comunque impedirsi di scattare in quelle direzione; affondò con decisione la mano nel cumulo di sabbia e afferrò saldamente quell’ultimo pezzo di vetro prima di rialzarsi tremolante, un sorriso soddisfatto sul volto.

Un boato più forte degli accompagnò un lieve terremoto che gli fece perdere l’equilibrio, rischiando di farlo cadere pesantemente al suolo, ma alla fine Eli si voltò e ricominciò a correre verso il portellone in metallo; irrigidì le spalle e chiuse gli occhi, preparandosi all’impatto, e quando finalmente avvenne il dolore fu quasi accecante. La porta rimbombò cupamente ma non si mosse mentre la sua spalla doleva e pulsava; Eli la ruotò e, nonostante il dolore, riuscì a sentirla perfettamente al proprio posto e sorrise ancora. Non poteva morire ora, non voleva morire ora, e ricominciò a colpire quel dannato pezzo di metallo con tutta la forza che aveva in corpo; fu quasi con un errore che la sua mano, all’ennesimo schianto contro il portellone, sfiorò qualcosa di rettangolare e duro.

Eli la cercò a tentoni, percependo il proprio corpo premuto saldamente contro il metallo a causa della sabbia che lo aveva completamente sommerso dopo il crollo definitivo della volta; chiudendo gli occhi e impedendosi di respirare per evitare di ritrovarsi soffocato e quando la testa iniziò a girargli vorticosamente, e la speranza sembrava prossima ad abbandonarlo, finalmente la trovò; era una maniglia, apparentemente arrugginita visto che la sentiva ruvida e polverosa al tatto, ma un sorriso euforico gli tirò le labbra mentre finalmente la abbassava.

Ci volle qualche tentativo, perché ovviamente la serratura aveva ben pensato di incepparsi proprio in quel momento, ma alla fine Eli riuscì ad abbassarla del tutto e con le ultime forze cercò di spingere via quel blocco di metallo; lo scoppio causato dal portellone che si spalancava, accompagnando il boato provocato dalla sabbia che finalmente si riversava fuori dalla stanza, parve riecheggiare per tutto l’universo ed Eli si ritrovò travolto da quella valanga.

Vide di sfuggita gli affreschi e la fontana dalla quale si era dissetato prima e già si immaginò mentre precipitava verso una morte certa, ma quel flusso tumultuoso di sabbia e polvere parve cessare all’istante lasciandolo ansante e terrorizzato; si trovava disteso contro la roccia bollente della caverna e la luce del posto sembrava accecarlo, visto che ormai si era abituato al buio quasi totale della stanza, ma solamente quando l’aria fresca iniziò a invadergli i polmoni che capì cos’era accaduto.

Poco a poco una risata genuina cominciò a mozzargli il respiro ma Eli non fece nulla per reprimerla, felice come non mai di essere sopravvissuto a quell’inferno ma soprattutto di aver finalmente trovato un indizio sulla magia e la causa di quegli avvenimenti; un lampo di tristezza lo bloccò, l’immagine che aveva visto nel vetro tornò a perseguitarlo, ma lentamente chiuse gli occhi e scosse il capo. “Era solo un’immagine facente parte di un contesto, non fasciarti la testa prima di cadere…” pensò ricominciando ad alzarsi, liberandosi di un grido terrorizzato quando si rese conto di trovarsi proprio sul precipizio mortale.
 
 

 
***
 
 


Riuscire a tornare indietro fu più complicato del previsto perché, oltre all’assenza di qualsivoglia ponte che collegasse la grotta alla scalinata infinita, Eli dovette fare i conti sia con la sete che da qualche tempo aveva ricominciato a torturalo che soprattutto con quella dannata sabbia che gli si era appiccicata addosso; aveva perso un’infinità di tempo a cercare il modo per poter uscire da quella fottuta stanza ma alla fine, dopo aver studiato con attenzione tutti i particolari della grotta, era riuscito a trovare una scala segreta che da dietro un affresco conduceva direttamente al punto di partenza.

Fu strano per lui imboccare quel lungo corridoio buio e silenzioso e fu ancora più strano ritrovarsi a sollevare una vera e propria botola, osservando confuso la scala a pioli che l’avrebbe condotto all’uscita; si guardò intorno, intravvedendo in lontananza quell’affare mostruoso che aveva percorso prima e la grotta a forma di lupo, ma alla fine scosse il capo e uscì definitivamente. Era stanco di quella distesa di sabbia rovente e voleva solamente dissetarsi e farsi una doccia.

Quando finalmente oltrepassò nuovamente la cascata di sabbia, sospirò sollevato nell’osservare la porta incisa e sorrise trionfante; stava per incamminarsi quando una piccola parte di lui gli ricordò di essere praticamente nudo. Così, sbuffando, strinse meglio i jeans e ricominciò a vestirsi visto che nel tumulto della sua fuga attraverso il portellone aveva perso maglia e scarpe.

Fu quasi tentato di mettersi a urlare di gioia quando vide la luce del Sole ma alla fine si disse di avere una missione da svolgere e prese a incamminarsi a passo svelto verso la propria camera; iniziò a guardarsi attorno, sentendosi praticamente un ladro, e tentando di essere disinvolto s’infilò una mano in tasca. Percepì qualcosa di plastico e duro contro le dita e solo in quel momento si ricordò dei preservativi datogli da suo padre, nonché dell’orribile discorso che aveva vissuto; stava quasi per urlare dalla disperazione al ricordo quando, svoltato l’angolo, si scontrò violentemente con qualcuno.
 
 

«Ma cos… ELI!» Eli chiuse gli occhi e sospirò, maledicendo la sua buona stella sadica per averlo mandato contro la propria matriarca; Talia, infatti, aveva iniziato a ringhiare furibonda mentre si toglieva i granelli di sabbia dal suo bel vestito nero e sollevò le sopracciglia nel notare l’aspetto del ragazzo «Perché sei mezzo nudo? E perché sei ricoperto di sabbia?» chiese illuminando le iridi e facendolo deglutire rumorosamente.

«Io…» sussurrò Eli, lanciando sguardi disperati a destra e a manca «Sono stato al mare!» esclamò quando sentì sua nonna schiarirsi la gola nervosamente.

«Al mare?» chiese infatti Talia «E a fare cosa, di grazia?» domandò incrociando le braccia al petto e sollevando entrambe le sopracciglia.

«Ero con un amico e, insomma sai…» il panico iniziò a impadronirsi di lui ma proprio quando pensava che peggio di così non potesse andare si ritrovò a tirar fuori la mano dalla tasca, desideroso di gesticolare come suo solito, e solo in quel momento si rese conto di una cosa: a causa del movimento agitato e frettoloso, aveva letteralmente lanciato i preservativi in aria; la bustina prese a ruotare e cadde pesantemente al suolo, proprio davanti ai piedi di sua nonna «Posso spiegare…» disse imbarazzato e disperato, fissando la scritta XXL che primeggiava sulla confezione.

«N… Non…» balbettò Talia, rossa come un pomodoro «Non credo di voler sapere…» disse sollevando lo sguardo, permettendogli di raccogliere rapidamente quei dannati cosi; stavano entrambi per aprire la bocca quando un urlo disperato li raggiunse, facendoli voltare di scatto verso le scale.

«NONNA!» urlò Scott, il volto fradicio di lacrime e le iridi che variavano rapidamente dall’oro al marrone «STO PERDENDO IL MIO TALENTO! IL MIO LUPO STA MORENDO!» urlò nel panico più assoluto.

«Che cosa?!» disse immediatamente Talia, facendo un passo nella sua direzione «Che è successo?!» domandò visibilmente terrorizzata; Eli, invece, deglutì un amaro groppo in gola quando vide la disperazione nello sguardo del suo fratellone.

«O… OGGI HO PARLATO CON ELI E LUI, LUI… LUI MI HA DETTO CHE FACCIO TROPPO E ALLORA HO… HO RISPOSTO CHE MI SENTO SCHIACCIATO DALLE PRESSIONI E COSÌ HO DECISO DI… DI… DI RALLENTARE IL TUTTO, DI PRENDERMI PIÙ TEMPO PER LE COSE E… E… E STAVO IN RITARDO!» sia Talia che Eli osservarono il ragazzo urlare e piangere mentre camminava nervosamente avanti e indietro, arpionandosi i capelli e singhiozzando come un bambino; più volte la donna provò a interromperlo ma Scott riprendeva quasi senza fiato, piangendo sempre di più «ALLORA HO AFFERRATO TUTTI GLI ASINI, SONO ANDATO AL RECINTO, LI HO LANCIATI E…» Scott indicò un punto in lontananza, come se stesse indicando veramente quel dannato recinto «E MI SONO SENTITO DEBOLE E STANCO!» urlò prima di portarsi le mani sul volto e scoppiare in lacrime, scappando subito dopo in camera sua; Eli singhiozzò e deglutì, corrucciando lo sguardo quando vide la luminosa porta di Scott brillare a intermittenza come una lampadina prossima alla folgorazione.

«Che. Cosa. Hai. Detto. A. Tuo. Fratello.» Eli si sentì rabbrividire a ogni singola sillaba, e quasi desiderò che un fulmine lo colpisse in pieno quando vide l’espressione furibonda che sua nonna gli lanciò.

«Niente lo giuro!» esclamò ma appena Talia provò ad aprire la bocca, probabilmente per devastarlo visto quando accaduto, le campane della chiesa presero a suonare e la lupa sgranò gli occhi prima di sistemarsi nervosamente gli orecchini e i capelli.

«Non ho tempo per i tuoi giochetti, per te e per le tue stronzate!» disse fuori di sé, incurante dell’espressione distrutta di Eli «Devo andare dai Mahealani per discutere degli ultimi elementi riguardo il calore di Lydia…» aggiunse guardando l’orologio da taschino «Tu mettiti in camera tua e non uscire da lì finché non sarò tornata e, soprattutto, non parlare con nessuno! In special modo con Scott!» urlò puntandogli l’indice contro «CAPITO?!» ruggì con tutto il fiato che aveva in corpo, facendolo annuire energeticamente.
 
 

Quando Talia finalmente si allontanò, Eli permise a una singola lacrima di solcargli il volto; ‘Non ho tempo per i tuoi giochetti, per te e per le tue stronzate!’ aveva detto sua nonna ma Eli avrebbe tanto voluto urlarle contro che sì, era vero, lei non aveva avuto più tempo per lui da quella dannata cerimonia; era come se Eli avesse perso ogni singolo interesse agli occhi di sua nonna, come se si fosse spento, e in quel momento il ragazzo si chiese che fine avesse fatto quella donna dolce e premurosa che gli leggeva le fiabe prima di andare a dormire e lo tranquillizzava dicendogli che lui era un gioiellino.

Sospirò e continuò a piangere, sentendo il cuore trafitto da una lama quando riuscì a udire i singhiozzi disperati di suo fratello; quando finalmente si chiuse la porta della sua stanza alle spalle, sospirò rumorosamente e gettò malamente lo zaino sul comò. Non ci mise molto a farsi una doccia e bere, non gli importò neanche di essersi attaccato al rubinetto del lavandino, e fu solo quando ebbe indosso un pigiama pulito che riversò il contenuto dello zaino sul comò; non si curò della sabbia che prese a correre ovunque, né del dolore che percepiva nel petto, ma si preoccupò solamente di ricomporre quel dannato pezzo di vetro.
 
 

«Zio Peter, ma che volevi dirci?» sussurrò incastrando due pezzi quando, improvvisamente, un tuono gli riecheggiò alle spalle e un vento gelido lo avvolse da capo a piedi; si voltò immediatamente, premurandosi di coprire il bottino della sua faticosa avventura, e sbiancò visibilmente quando vide lo sguardo furibondo di sua zia Cora.
 

 
Era stato scoperto.
 
 
 

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Capitolo 6
*** Non si nomina Peter! ***


Note iniziali: ieri finalmente ho terminato la scrittura dell’intera storia e, ovviamente, mi fa cagare! URRÀ!

Sarò sincero, anche il finale del film fa abbastanza schifo a causa della fretta con cui hanno voluto chiudere le varie sotto-trame e le parentesi aperte durante il primo e il secondo tempo; ho cercato di migliorare il più possibile la storia ma non credo di esserci riuscito, soprattutto per quanto riguarda la descrizione e l’immedesimazione di Eli nel tutto.

Ma oggi non parliamo del finale, oggi parliamo di Voi-Sapete-Chi!

Quindi bando alle ciance e buona lettura!
 

Babbo Dark
 

Partecipanti:
Cora
Isaac
Ethan
Aiden
Natalie
Gerard
Deaton
Lydia
Eli
Talia
Coro
 
 

ENCANTO
Capitolo 06: Non si nomina Peter!

 

«Zio Peter, ma che volevi dirci?» sussurrò incastrando due pezzi quando, improvvisamente, un tuono gli riecheggiò alle spalle e un vento gelido lo avvolse da capo a piedi; si voltò immediatamente, premurandosi di coprire il bottino della sua faticosa avventura, e sbiancò visibilmente quando vide lo sguardo furibondo di sua zia Cora.

Era stato scoperto.

L’occhio sinistro della zia vibrava violentemente, accompagnando i minacciosi lampi che illuminavano la solita nuvola posta sopra la sua testa; i capelli oscillavano pigramente a causa del vento ed Eli si appiattì ancora di più contro il comò, sperando che il proprio corpo riuscisse a nascondere adeguatamente quel pezzo di vetro. Fortunatamente, però, Cora prese un respiro profondo e tentò di sorridere prima di cacciare via la nuvola con un gesto della mano; quando fissò il nipote, questo deglutì a causa delle labbra tirate in modo isterico e per nulla allegro della donna, chiaro segno di come stesse fingendo una tranquillità che non possedeva veramente. Che non aveva realmente da fin troppi anni.
 


«Sono venuta a ritirare le ultime cose di Ally…» disse Cora con nonchalance, avanzando di qualche passo e chiudendosi la porta alle spalle; Eli tenne lo sguardo incollato sulla sua figura, incapace di muovere anche un singolo muscolo per timore di essere scoperto «Ancora poche ore e finalmente avrai tutta la privacy e la liberta che desideri!» esclamò afferrando peluche e vestitini, iniziando a riempire la grande cesta bianca che si era portata dietro; Eli mugugnò qualcosa in assenso e le diede le spalle, maledicendo i propri sensi per essere completamente privi di qualsiasi componente sovrannaturale, e alla fine iniziò ad afferrare i pezzi di vetro per poi nasconderli nuovamente nello zaino con la speranza che questi non facessero alcun suono misterioso o sospetto.
 


Finalmente la zip venne chiusa e il ragazzo si voltò, incontrando la schiena rigida della zia avvolta in quella sottile stoffa gialla; cominciò a strusciare i piedi a terra, incapace di resistere a quello strano silenzio che sembrava averli avvolti, e poco a poco una strana, folle idea cominciò a nascergli nella mente. ‘Non ho mai visto una profezia dello zio, né so se è possibile decifrarla in qualche modo… Ma zia Cora è sua sorella minore, quindi…’
 


«Ehm… Zia Cora?» disse Eli, tentando di sorridere dolcemente e avanzando di un passo verso la donna «Una domanda su zio Pet…» un basso e minaccioso ringhio riecheggiò dalla gola di Cora, bloccandolo sul posto con un’espressione ridicola in volto.

«Non si dice quel nome!» esclamò seccata mentre un tuono riecheggiava all’esterno della Villa e una nuvola iniziava ad addensarsi sulla sua testa.

«Sì, sì, certo…» borbottò Eli, grattandosi nervosamente la testa «Ma mi stavo chiedendo se tu avessi qualche idea su…» Cora si voltò di scatto, mostrandogli le zanne e facendolo deglutire rumorosamente; le iridi dorate della mannara erano fisse in quelle castane del ragazzo, un muto avvertimento in quel semplice gesto.

«Non. Si. Nomina. Mai. Peter.» sibilò furente Cora, sobbalzando quando udì un tuono più forte degli altri; sollevò lo sguardo, fissando con astio quella nuvola grigia sempre più spessa e scura prima di sbuffare rumorosamente e ringhiare «PERFETTO!» urlò, gesticolando con gli artigli ben in vista «Ci mancavano i tuoni adesso! Ora arriverà la pioggerella, il vento e infine la grandine!» Eli corrucciò le sopracciglia, incuriosito da quelle strane parole, ma soprattutto dell’espressione serena di sua zia.
 


Cora, infatti, aveva praticamente borbottato quella frase mentre marciava avanti e indietro lungo tutta la stanza, incurante della nuvola che la seguiva e della pioggerella che aveva iniziato a bagnarla da capo a piedi; per la prima volta, Eli riuscì a vedere veramente sua zia e non la solita facciata praticamente perfetta che mostrava al resto del mondo. Era irritata da quel semplice scambio di battute, impossibile dire il contrario, eppure c’era un senso di libertà e pace in quei movimenti, in quel lasciarsi andare, che Eli trovò semplicemente perfetto; ma così com’era iniziata, quella strana parentesi terminò.

Cora prese un profondo respiro e cominciò a carezzarsi la treccia con fare nervoso, chiudendo gli occhi e lasciandosi cadere proprio davanti alla cesta bianca mentre il suo mantra continuava a raggiungere le orecchie di Eli; era un continuo di “Cieli tersi… Cieli tersi… Cieli tersi…” che lo fecero incupire, portandolo a odiare quel dannato talento visto lo stato in cui il portatore veniva ridotto… Sua zia aveva nuovamente assunto quell’inquietante sorriso isterico, così simile a quello di un qualsiasi killer dei fumetti, portandolo a deglutire rumorosamente e a cercare il coraggio necessario per formulare quella domanda.
 
 

«Zia Cora…» tentò nuovamente Eli, facendola mugugnare «Se Tu-Sai-Chi aveva una premonizione su qualcuno…» disse roteando una mano in aria e usando l’altra per grattarsi il collo, rabbrividendo all’occhiata furente che la donna gli rivolse «A… A quel qualcuno…» sussurrò, deglutendo e ignorando l’ennesimo “Non si nomina Peter!” ringhiato dalla zia «Cosa succedeva?» chiese, timoroso di sapere la risposta; Cora, però, ruggì e si alzò dal pavimento con una rapidità tale da costringere Eli a indietreggiare, rischiando di cadere a terra come un pesce lesso davanti alla furia della donna.

«Non. Si. Nomina. Peter.» disse in un ringhio costante nella voce.

«Ma zia… Io…» provò a ribattere il ragazzo, venendo bloccato dal ruggito furibondo di Cora.

«ELI!» urlò e finalmente la pioggia ricominciò a cadere da quella dannata nuvola, bagnando i due Hale da capo a piedi e illuminando le pareti della stanza a giorno a causa dei lampi «DOBBIAMO PREPARARCI PER I MAHEALANI!» disse indicando la porta della camera, incurante delle nubi che avevano iniziato a coprire il cielo sopra Villa Hale.

«Ma zia, io ho bisogno di sapere cosa succedeva se Peter aveva una visione su qualcuno!» provò a discutere, sputazzando l’acqua e rabbrividendo a causa del freddo che sentiva addosso.

«NON SI NOMINA PETER!» ruggì e all’improvviso un tonfo riecheggiò fino alle loro orecchie, facendoli sobbalzare e stoppando immediatamente la pioggia; quando si voltarono, incontrarono la figura sorridente e confusa di Isaac che li squadrò da capo a piedi prima di entrare.

«Cor, tesoro…» sussurrò baciando la tempia della moglie e un poco la nube grigia iniziò a diradarsi «Che sta succedendo?» chiese osservando il nipote, che deglutì.

«Che succedeva quando lo zio Peter aveva una visione su una persona?» chiese e Cora ruggì.

«NON. SI. NOMINA. PETER.» disse avanzando e minacciandolo apertamente, zanne e artigli ben in vista e pronto a farlo tacere una volta per tutte.
 



 
Non si nomina Peter, ter, ter!
Non si nomina Peter!
Ma...
 



«Corazon, dai…» disse Isaac tentando di rabbonirla, posandole una mano sulle spalle e cercando di tirarla verso il proprio corpo «Era… Era una cosa orribile…» sussurrò incrociando lo sguardo di Eli che, dal canto suo, sgranò gli occhi.

«ISAAC!» ruggì Cora, voltandosi di scatto per osservare il proprio Compagno sbigottita «NON SI NOMINA PETER!» urlò istericamente, chiudendo gli occhi e stringendo i pugni lungo i fianchi ma Isaac le carezzò il viso, completamente incurante del vento che aveva iniziato a colpire i tre.

«Sai benissimo che conviene rispondergli, Cor…» disse con un dolce sorriso sulle labbra, facendo sollevare di scatto le sopracciglia di Eli «Cosa potrebbe accadere se facesse queste domande a qualcun altro? Come tua madre? In questa stessa sera?» Cora sgranò gli occhi e lo fissò orripilata, facendolo sospirare; ovviamente Eli sapeva benissimo che lo zio si stesse riferendo alla cena di legame organizzata per Lydia ma la sola idea di rovinarla per un puro capriccio personale gli fece contorcere spiacevolmente lo stomaco, portandolo a prendere un profondo respiro.
 



 
Era un bel giorno e...
Era un bel giorno e...
Stavo per sposarmi e non c'erano nuvole, sai?!
No, non ce n'erano, sai!
Peter arrivò sogghignando un po'...
Tuono!
Raccontala tu allora, dai!
Mi spiace, mi vida, lo so...
 
 


«Non avevo mai visto una mattinata così bella…» sussurrò Cora, tornando a fissare il volto sorridente ma triste del Compagno.

«Sembrava uscito da un sogno…» aggiunse Isaac, la mente persa nel ricordo.

«Io dovevo sposarmi… Avevo passato la notte in bianco per via dell’agitazione ma quando, finalmente, iniziai a intravvedere l’alba mi sorpresi di vedere quello splendido cielo limpido, senza neanche una nuvola…» Eli deglutì e quando vide suo zio carezzare dolcemente le spalle della propria Compagna, dandole al contempo un casto bacio sulla fronte, si sentì di troppo; era come se stesse assistendo a una chiacchierata da adulti dal buco della serratura, riuscendo a capire dei tralci di conversazione ma non il quadro completo.

«No, non ce ne era neanche una…» disse Isaac, posandole il mento sulla spalla e abbracciandola da dietro.

«Così mi preparai…» Cora si asciugò una lacrima e strinse meglio il marito, sospirando beata «Indossai l’abito da cerimonia e uscì, dirigendomi verso la chiesa ma poi, lì fuori, vidi tuo zio…» un nuovo ringhio abbandonò la gola di Cora e questa volta Eli vide tutta l’ira della donna racchiusa in quelle iridi dorate e puntate dritte contro di lui «Gli chiesi come sarebbe andata la giornata… Avevo tremendamente paura di sposarmi e temevo che avrei rovinato il tutto e…»

«Tuonò!» esclamò Isaac, facendola voltare di scatto.
 



 
Disse: "Sembra piovere..."
Che aveva in testa?!
E un ciclone scoppiò in me!
Ombrello nella tempesta!
Matrimonio e grandine...
Non mancò allegria ma tuttavia...
 



«Vuoi raccontarla tu?!» chiese irritata, facendolo negare con un cenno del capo «Comunque…» disse Cora tornando a fissare il nipote «Disse “Mah… Secondo me viene a piovere…” e il panico iniziò a salirmi nel petto; provai a controllarmi, a recitare il mantra, ma prima della fine della cerimonia in chiesa un uragano si abbatté sopra Beacon Hills e il matrimonio saltò.» Isaac sospirò nuovamente e annuì, volgendo il capo verso Eli.

«Alla fine siamo riusciti a festeggiare ugualmente ma non è stato il matrimonio dei nostri sogni, né potrebbe mai esserlo…» gli disse stringendo ulteriormente la moglie tra le braccia «Ecco cos’accade quando Peter ha una visione su qualcuno: una catastrofe!» Eli percepì un brivido percorrergli il corpo e si ritrovò con i pugni chiusi, una rabbia animalesca a circolargli nelle vene.

«Ma zia Cora…» sussurrò improvvisamente il ragazzo, facendo un passo in avanti «Tu hai il dono di controllare il tempo, sei tu a decidere quale sarà il meteo della giornata! Come poteva Peter, che vede un qualcosa in costante mutamento, aver provocato un uragano?!» chiese irritato come non mai ma i suoi zii, invece di riflettere sulle loro stesse parole, sbuffarono in sincrono e per poco sua zia non gli mollò un ceffone.

«Ascoltami attentamente, ragazzino, perché non te lo ripeterò nuovamente…» ringhiò Cora, facendo un passo in avanti e indicandolo con il dito artigliato «Non si nomina Peter, mai e poi mai, in special modo durante questa serata e soprattutto con tua nonna!» disse con un tono di voce che non ammetteva repliche.

«Ascolta chi è più grande di te e ha visto il mostro, Eli…» intervenne suo zio, afferrando le ultime cose di Allison e gettandole nella bacinella «Non nominare tuo zio, dimenticati di lui e tutto andrà per il meglio.» disse dandogli le spalle e aprendo la porta.
 


 
Non si nomina Peter, ter, ter!
Non si nomina Peter!
 



«Ma poi, perché tutta quest’improvvisa curiosità?» domandò Cora, sollevando un sopracciglio e studiandolo attentamente; Eli arretrò di un passo e deglutì, del tutto sprovvisto a una domanda del genere. Cora aveva riaperto la bocca, iniziando sicuramente a tormentarlo, quando la voce di Derek riecheggiò per tutta la Villa salvandolo in calcio d’angolo.

«Scusa zia, emergenza in famiglia!» urlò scattando verso la porta e correndo in cucina, grato che sua zia abbia deciso di ignorare tutta la faccenda; sicuramente, per lei, non sarebbe stato alcun problema bloccarlo contro l’uscio e costringerlo a parlare e in quel caso sarebbe stata la fine per lui…
 
 


La voce di Derek gli riecheggiò nella testa per tutto il percorso necessario per raggiungerlo in cucina e quando, finalmente, aprì l’uscio si ritrovò a osservare la stanza interamente invasa da un denso fumo nero che fuoriusciva dal forno e inondava gli spazi; Eli scattò e corse ad aprire le finestre, aiutando il padre a liberarsi di quella dannata cappa e sperando che non si attivasse il sistema anti-incendio per evitare di far allagare completamente la Villa.
 
 


«MA CHE SUCCEDE QUI?!» urlò Aiden, correndo verso la cucina e ritrovandosi a tossire a causa del fumo.

«TUTTO BENE?! SIETE IN PERICOLO?!» urlò Ethan, subito dietro di lui.

«No, no… Stiamo bene…» sussurrò Derek, visibilmente distrutto, mentre si faceva cadere pesantemente contro una sedia in vimini «La mia cenetta gourmet da cestinare, tutto bruciato…» si lamentò, coprendosi gli occhi con una mano «Tutte le altre sere poteva accadere… 365 giorni a disposizione e quando si va a rompere il forno? Proprio a poche ore di distanza dalla cena di presentazione di Lydia…» i gemelli arricciarono il naso e si guardarono ma Eli scosse il capo e si avvicinò, posandogli una mano sulla coscia e sorridendogli dolcemente.

«Dai pà, non temere, ti aiuteremo…» disse, facendogli sollevare stancamente il capo «Ora tu sistemi tutto questo macello mentre io andrò in città per prendere una cena già pronta. Non sarà gourmet ma è qualcosa…» sussurrò sollevando le spalle con nonchalance e facendolo sorridere appena.

«Possiamo anche prendere delle pizze…» borbottò Aiden, facendogli sgranare gli occhi.

«PER CARITÀ NO!» disse immediatamente Derek, sollevandosi di scatto e fissandolo orripilato «Niente pizza o cibo presente in un cartone, vi prego!» sussurrò fissandoli uno a uno «Facciamo una cosa…» Eli sollevò le sopracciglia quando fissò lo strano sorriso di suo padre, ritrovandosi a spalancare la bocca quando lo vide lanciargli addosso il portafogli «Prendi la carta di credito e vai in centro, Eli; io chiamo in bottega e mi faccio mettere da parte qualcosa di buono e prelibato. Prendi del cibo, poi del pane e del vino; io intanto sistemo qui e cerco di rimediare qualcos’altro.» annuendo, il ragazzo osservò suo padre cominciare a sfrecciare per la cucina come un demonio iper-attivo.

«D’accordo…» sussurrò impacciato, uscendo dalla cucina.

«Vendiamo con te.» disse immediatamente Ethan, incurante dello sguardo scocciato del gemello «Da solo non ce la faresti mai in tempo e tutto deve essere perfetto per questa sera.» aggiunse annuendo alle sue stesse parole; Eli lo fissò attentamente e sollevò le sopracciglia, chiedendosi se quest’eccesso di generosità da parte del cugino fosse legato alla cena in sé per sé oppure a un disperato tentativo di redimersi dall’artigliata che gli aveva rifilato.
 


In silenzio, i tre salirono a bordo della jeep azzurra di suo padre Stiles e partirono alla volta del centro cittadino; Eli era più nervoso che mai, desiderava solamente rinchiudersi in camera per poter studiare a dovere la profezia e invece si ritrovava immischiato in quell’assurda situazione ma come avrebbe mai potuto rifiutarsi di aiutare il padre? Cavolo, quell’uomo ce l’aveva in pugno; se gli avesse chiesto di staccarsi un braccio l’avrebbe fatto senza battere ciglio… ‘Ok, forse in quel caso scoppierei in lacrime e POI me lo farei staccare.’ pensò, rabbrividendo all’immagine del suo moncone sanguinolento.
 


«Che ti prende?» domandò Aiden, confuso da quello strano odore che aveva iniziato a diffondersi nella jeep.

«Perché hai paura?» chiese invece Ethan; ‘Dannati sensi mannari!’ imprecò Eli.

«Oh… Ecco… Io…» borbottò, abbassando il capo e cercando una scusa per poter nascondere i suoi veri pensieri; inizialmente pensò di accusare la cena, e il timore che qualcosa potesse andar storto, ma ormai tutta la famiglia sapeva che il rapporto fraterno con Lydia era così teso che una cosa del genere non avrebbe mai potuto interessargli. Poi pensò a suo padre ma tutti lo avevano visto altre volte in quella situazione, ogni volta che un elettrodomestico si rompeva; sentiva lo sguardo dei suoi cugini e si ritrovò a stringere il volante, sperando che ignorassero il battito forsennato del suo cuore, finché la risposta non arrivò alla sua destra. La signora Digol stava passeggiando tranquillamente per la città, la sua preziosissima borsetta viola appesa al braccio; distrattamente, Eli si massaggiò il naso quando ricordò il dolore provocato da quel dannato oggetto, ma nella sua mente un sorriso prese forma.

«È per via della magia…» disse improvvisamente, facendo sobbalzare i due «Ho sentito da qualche parte che Voi-Sapete-Chi, prima di sparire nel nulla, avesse avuto una profezia su questa situazione; insomma, io non so nulla di lui né se effettivamente esiste una correlazione con tutto ma…» Ethan gli posò una mano sulla spalla, facendolo bloccare e, sfruttando un semaforo rosso, Eli voltò il capo ritrovandosi a fissare gli occhi preoccupati del cugino.
 

 
Ehi!
Tanto tempo fa ho iniziato ad agitarmi,
Il suo bofonchiare mi portava a preoccuparmi!
Ha lo stesso suono della sabbia che va via...
Sh! Sh! Sh!

 



Ethan era spaventato, non c’era possibilità di sbagliarsi, tant’è che lo stesso Aiden fece illuminare le iridi e prese a fissarlo intensamente; il verde scattò e la macchina ripartì, ma Ethan sembrava chiuso in chissà quale anfratto della sua mente. Deglutì e voltò il capo, fissando il proprio sguardo sul panorama che mutava lentamente.
 
 


«Ho ancora gli incubi…» svelò improvvisamente Ethan, facendo corrucciare le sopracciglia di Eli; Aiden ringhiò e sospirò, posandogli una mano sulla spalla «Ricordo benissimo Lui, come potrei dimenticarmene… È stato il mio personale uomo nero per tutta l’infanzia, ogni volta che lo vedevo mi agitavo e scappavo in camera mia per nascondermi sotto le coperte…» sussurrò ed Eli capì, da quello strano suono strozzato, che stava cercando di trattenersi dal singhiozzare; vide Aiden arricciare il naso e aprì un poco il finestrino, sicuramente l’abitacolo doveva esser impregnato dell’odore di tristezza e deglutì quando si rese contro che lui, invece, non avvertiva più nulla.

«Perché ti faceva così tanta paura?» chiese Eli dopo qualche attimo, svoltando nella stradina che li avrebbe condotti verso la bottega «Insomma, io lo ricordo poco ma non ho mai avuto paura di lui; giocavamo insieme e mi faceva ridere…» disse sollevando le spalle e rallentando appena, desiderando che quel dannato negozio fosse più distante.

«Forse per te, che hai un udito normale, ma per me è stato un incubo!» esclamò invece Ethan, voltandosi di scatto e fissandolo con astio «Lui borbottava costantemente, non ti faceva capire nulla di quello che diceva; era un rumore di sottofondo perenne, non c’era modo di scappare o distrarsi…» disse abbassando il capo e sospirando «E poi c’era la sabbia… Era sempre accompagnato dal rumore di sabbia che cadeva e si spostava… Popolava le mie notti…» Eli sgranò gli occhi a quella rivelazione e deglutì, ricollegando perfettamente quest’ultima informazione a quella specie di tortura medievale che era stato costretto ad affrontare per ritrovare la profezia.

«Mamma gli litigava sempre, lo accusava di terrorizzarci apposta…» intervenne Aiden, facendo annuire il gemello «Per me è un pedofilo o un killer, altrimenti non spiego quelle cose strane che faceva…» aggiunse, incurante del brivido di terrore che percorse la schiena di Eli.

«D… Davvero?» domandò, deglutendo rumorosamente, e i gemelli annuirono.

«Faceva sempre dei gesti strani con le mani…» rispose Ethan «Picchiettava le nocche contro il legno per ben cinque volte, ogni volta…» aggiunse irritate.

«Tocco, tocco, tocco, tocco! Tocco legno!» disse Aiden e il gemello annuì.

«Ma lo sappiamo tutti che era anche pazzo…» sussurrò Ethan, facendo voltare di scatto Eli.

«Pazzo?» chiese preoccupato e i gemelli annuirono.

«Come puoi non impazzire in quella situazione?» domandò Ethan, incrociando le braccia al petto.
 



 
Quel talento è un fardello enorme,
le sue profezie da incomprensibili forme!
La famiglia non capisce e non sa cosa sia,
Tu sai cosa sia?
 



«Quale situazione?» chiese Eli, intravvedendo l’insegna della bottega di Gerard avvicinarsi sempre di più.

«La tua psiche sarebbe abbastanza forte da affrontare un talento come il suo?» chiese immediatamente Ethan, facendolo incupire «Vedere il futuro, osservare morte e distruzione ogni volta, chiunque impazzirebbe!» aggiunse come se fosse ovvio.

«Chiunque entrava in camera sua, con l’intento di farsi svelare il futuro, usciva gridando e piangendo; nessuno era in grado di capire cosa dicesse…» disse Aiden «Alcuni mormorano che entrava in trance e sembrava posseduto da qualche demone, altri dicono che la possessione era vera e che lo spirito maligno dimori ancora nella sua stanza ma altri ancora dicono che è tutto falso e che Voi-Sapete-Chi si divertiva a fare il coglione.» Eli si sentì sbiancare e prese a tremare visibilmente, incapace di allontanare dalla propria mente quelle immagini raccapriccianti; senza essere visto, iniziò a guardarsi attorno temendo di essere inseguito da chissà qualche demone e quasi urlò quando Ethan gli posò una mano sulla spalla.

«Tutto bene? Sembri una corda di violino…» disse scrutandolo, facendolo annuire «Io vado dal panettiere, torno subito.» e con un salto fu fuori dalla jeep color puffo, allontanandosi rapidamente mentre Aiden usciva a sua volta; solo in quel momento Eli si rese conto che aveva appena parcheggiato davanti la bottega e che, semplicemente, suo cugino lo aspettava a braccia incrociate davanti l’entrata.

 

Sospirò e lo raggiunse, scrollando le spalle nel tentativo di abbandonare quelle strane sensazioni di puro terrore; inspirò profondamente ed entrò nella bottega, sorridendo al vecchio Gerard e fingendo una calma che non aveva. Ma Aiden decise in quel momento di avvicinarsi al suo orecchio e parlare, aumentando il panico che ormai si era riversato nelle sue vene.
 


 
Lui vive insieme ai ratti, lo saprai?
Quando fa il tuo nome è tardi ormai!
Sa quel che sogniamo, ride quando urliamo!
 
 


«Sai, si dice che Peter fosse telepate…» disse in un sussurro, facendogli accapponare la pelle «Si dice che entrasse nei sogni degli altri, modificandoli passo passo fino a trasformarli in degli incubi…» Aiden gli posò una mano sulla spalla, facendolo sussultare impreparato e deglutire rumorosamente; il ragazzo alla sue spalle ridacchiò, ma era un suono orrido e terrificante. Sembrava come se la sua voce fosse cambiata nell’immediato, diventando più fredda e cavernosa; lo sentì avvicinarsi, fino a percepire il sibilo del suo respiro penetrargli nelle orecchie «Abitava con i ratti, addirittura li aveva addestrati affinché morsicassero chiunque egli voleva…» sussurrò ed Eli deglutì ancora, paralizzato dalla paura; percepì una mano arrivare a carezzargli il fianco, lascivamente, e l’altra aumentare la sua presa contro la spalla ma quello che maggiormente lo rendeva disperato era il tono di voce graffiante e suadente del cugino, così diverso da quello duro e scontroso che aveva di solito. Lentamente, incurante di quanto gli accadeva davanti, Eli provò a guardarsi alle spalle.



Ciò che trovò fu semplicemente troppo.

Un uomo lo fissava cupamente, le iridi illuminate di un minaccioso azzurro con le zanne ben in vista e fin troppo vicine al suo collo; era quasi completamente avvolto dalle tenebre ed Eli percepì le lacrime solcargli le guance quando sentì gli artigli dell’uomo cominciare a penetrargli nelle carni.
 
 

«Zio Peter…» sussurrò Eli, iniziando a tremare visibilmente; l’uomo sorrise perfido e annuì, leccandosi le labbra nel percepire il delizioso odore della paura.

«Ucci ucci…» rantolò, inclinando la testa da un lato e dall’altro «Sento odor…» aggiunse, permettendo alla saliva di colargli pigramente sul mento «DI ELINUCCI!» l’urlo che abbandonò la gola di Eli poté essere definito in molti modi ma di certo non maschile o testosteronico, assomigliando piuttosto al gridolino di un qualche animale; Aiden tornò al suo normale aspetto e scoppiò in una fragorosa risata, piegandosi sulle ginocchia e tenendosi lo stomaco con le mani mentre cadeva a terra, arrivando a singhiozzare per il riso «N… N… Non c… Ci c… Credo!» singhiozzò, accasciandosi definitivamente e cominciando a rotolarsi per le risate.

«Stronzo!» ringhiò Eli, rialzandosi e reprimendo il desiderio di prenderlo a calci; se Ethan l’aveva quasi mandato al Creatore, Aiden ci sarebbe riuscito senza troppi problemi.

«Ah… Beata gioventù!» ridacchio il veterinario, tenendosi stretto le sue buste di carta e fissando divertito i due.

«Divertente dottor Deaton, veramente…» borbottò Eli, avanzando di un passo e ignorando i latrati divertiti del cugino.

«Certo che ci potevi arrivare che stava per farlo…» sbuffò la signora Martin, portandosi una ciocca dietro l’orecchio e facendogli roteare gli occhi.

«Suvvia Natalie, chissà cosa gli stava dicendo di così importante!» esclamò Gerard, fissando divertito il giovane mannaro; Eli lanciò uno sguardo irritato al cugino, che continuava a ripetere tra una risatina e l’altra “C… Come s… Sei stupido!” e un sorriso diabolico gli tirò le labbra, pregustandosi la sua vendetta.

«Mi stava parlando di Voi-Sapete-Chi.» disse sollevando le spalle con nonchalance; immediatamente una quiete innaturale si posò su tutti loro, persino le risate incontrollate di Aiden si placarono e i presenti lo guardarono allucinati e preoccupati «Insomma, lo zio Pet…» provò a dire, sorridendo quando udì Aiden urlare un “NON DIRE QUEL NOME!” con un tono di voce così alto da essere udito in tutta Beacon Hills.

«Ha ragione lui, sai…» disse Deaton, posandogli una mano sulla spalla e tentando di sorridere ma Eli corrucciò le sopracciglia.

«Non si deve mai nominare!» aggiunse Natalie, osservando come Aiden si fosse avvicinato al cugino e a come i due si fossero lanciati uno sguardo confuso a causa di quello strano comportamento; erano abituati a reazioni esagerate e violente quando si provava a nominare Peter ma quello fu… Anomalo…

«Le sue parole e le sue profezie hanno distrutto intere famiglie!» urlò seccamente Gerard prima di addentare rabbiosamente una tavoletta di cioccolato, incurante di tutto.
 



 
Il tuo pesce non vivrà mi disse, esatto...
No, no!

La tua pancia esploderà, è la verità!
No, no!

Mi disse: "Perderai ogni capello" ed eccomi qua!
No, no!
La profezia si trasforma in realtà!
 
 
 

«Non capisco…» sussurrò Eli, guardandoli attentamente; Aiden sbuffò e si avvicinò al bancone, chiedendo di poter ritirare le ordinazioni fatte da Derek.

«Qualsiasi sua previsione si avvera!» rispose Deaton, stringendosi meglio la spesa tra le braccia «Non importa chi, come, cosa, quando o perché… Le sue predizioni saranno sempre e comunque catastrofiche e si avverano.» aggiunse, annuendo alle sue stesse parole; Eli deglutì e allungò una mano, afferrando distrattamente le varie buste che Gerard gli allungava.

«Dovremmo occuparci della cena di questa sera, basta distrazioni…» borbottò Aiden, notando l’espressione confusa del cugino; Eli annuì, sussurrando un “Certo, certo…” poco convinto. Natalie sospirò e si sistemò meglio la preziosa collana di perle che indossava, sbuffando irritata quando il gancetto si incastrò nella camicia di seta, ma alla fine incrociò il proprio sguardo a quello di Eli e sorrise freddamente.

«Una volta lo invitai a casa mia…» disse attirando l’attenzione dei due Hale «Volevo rimodernare il soggiorno e la camera da letto ma ero veramente indecisa sul colore dei mobili, se guscio d’uovo o bianco antico, e gli chiesi di vedere il futuro per aiutarmi a decidere…» raccontò con uno sguardo sognante, muovendo elegantemente il polso come se stesse indicando ai presenti in quale stanza della sua mega villa si trovassero; Eli corrucciò le sopracciglia e lanciò uno sguardo al cugino, trovandolo intento ad arricciare infastidito il naso segno che la signora Martin stava veramente emettendo il frizzante profumo dell’eccitazione «Ma lui…» disse improvvisamente, rabbuiandosi e stringendo i pugni «Quando gli spiegai cosa volevo da lui, sollevò le sopracciglia e sorrise prima di guardarsi attorno; io sperai in una risposta, addirittura desiderai assistere al rituale, invece… Invece…» balbettò, il volto rosso dall’ira «Invece mi disse che avrei fatto meglio a curare meglio i miei animali domestici.» Eli corrucciò le sopracciglia e si voltò di scatto verso Gerard, che si era schiarito la voce mentre gli allungava l’ennesimo contenitore pieno di cibo.

«Tutto qui?» domandò Eli, non perdendosi l’espressione shoccata che Natalie gli rivolse.

«CERTO CHE NO!» urlò, infatti, la donna «Il giorno dopo trovai Bollicina morto! Ed era un pesciolino in perfetta salute!» disse gesticolando vistosamente e facendo sospirare pesantemente i due Hale.

«Capisco…» sussurrò Eli ‘So io il tipo di pesce che voleva questa…’ pensò, sempre più irritato «Ma forse sarò io a essere particolare, non metto in dubbio questa cosa…» sussurrò voltandosi e fissandola intensamente negli occhi «Eppure sono quasi certo che mio zio non c’entri nulla con la morte di Bollicina visto che, come probabilmente saprà, i pesci rossi non vivono a lungo in un acquario.» disse sollevando le spalle e beandosi internamente dell’espressione offesa e irritata che Natalie gli rivolse prima di dargli le spalle e uscire dalla bottega.

«Inizio a caricare le cose in macchina…» sussurrò Aiden, dopo aver sbuffato per via di quello stupido scambio di battute e ben sapendo cosa sarebbe successo il giorno dopo; Eli sorrise vittorioso e tornò a prestare attenzione al negoziante che, leccandosi le labbra, finiva di masticare l’ennesimo pezzo di cioccolato.

«Io farei meno lo spiritoso, ragazzo!» lo mise in guardia Gerard «Quando andai da lui per chiedergli qualche ragguaglio sul futuro…» prese a raccontare, muovendo distrattamente la barretta sopra al bancone «Mi disse che se non cambiavo comportamento mi sarei ritrovato grosso e grasso! Ed ero uno sportivo!» urlò, indicando con la mano libera una foto alle sue spalle; lo ritraeva in piedi e con addosso una divisa bianca e rossa, impegnato a stringere tra le mani una gigantesca coppa dorata.

«Io l’ho sempre vista ingozzarsi di cioccolato, merendine e porcherie varie…» rispose semplicemente Eli, sollevando un sopracciglio davanti all'espressione furente dell’uomo; fortunatamente Aiden tornò proprio in quel momento, recuperando altre buste e ordinando ai presenti di sbrigarsi visto che ormai il tempo a loro disposizione era quasi finito.

«È vero, Eli, il signor Argent è sempre stato un uomo estremamente goloso e tutti noi potremmo dire che se la sia andata a cercare…» disse Deaton, posandogli una mano sulla spalla e costringendolo a incrociare i loro sguardi «Ma a me disse che sarei diventato calvo…» sussurrò, passandosi una mano sulla pelata e sospirando rumorosamente «Avevo dei ricci così belli.» ammise malinconicamente.

«ELI, MUOVITI!» ringhiò Aiden, facendoli sussultare.
 
 

Eli sbuffò e si apprestò a recuperare gli ultimi contenitori, incurante dello sguardo furibondo che Gerard gli rivolse nonché del costante ringhio proveniente dalla gola del cugino; fu quasi con un urlo di pura gioia che i due salirono in aiuto dove, ad attenderli, si trovava un Ethan stranamente pensieroso.

Il viaggio di ritorno avvenne in completo silenzio; Eli continuava a riflettere su quelle informazioni ottenute sia dai cugini che da quei tre alla bottega. Ethan rifletteva su quegli strani rumori che da qualche settimana avevano iniziato a tenergli compagnia e Aiden, semplicemente, non aveva nulla da dire; fu quasi con un sollievo generale che accolsero le luci illuminate della Villa e quando, finalmente, scesero dalla vettura vennero letteralmente investiti da un uragano agitato e frenetico di nome Derek.

Eli sorrise tristemente nel vedere il padre così indaffarato e sperò con tutto sé stesso che, almeno questa volta, l’attività di cucina non gli impedisse di distrarsi e occuparsi troppo; ormai era un classico, a ogni festa o ricorrenza suo padre veniva sbattuto in cucina e chiamato solamente al brindisi o quando faceva comodo. Divenendo quasi spettatore di quei pasti piuttosto che vero e proprio partecipante; sospirò Eli e avanzò di un passo, deciso ad aiutare suo padre almeno nel sistemare le vettovaglie e nonostante sapesse che nella sua camera, nascosto nello zaino, si trovasse quello strano vetro verde era altrettanto sicuro che spendere dieci minuti in cucina non gli avrebbe rovinato la vita.

Stava quasi per varcare la soglia quando qualcuno lo afferrò per le spalle, costringendolo a bloccarsi sul posto.
 
 

«La signora Martin e Gerard diranno tutto alla nonna…» disse la voce di Ethan, facendolo sospirare pesantemente prima di voltarsi per incrociare i loro sguardi.

«È a questo quello che pensavi?» gli chiese Eli, facendolo annuire «Allora puoi dire al tuo gemello che daranno la colpa a me, come hanno sempre fatto.» disse irritato; ‘Come avete sempre fatto…’ aggiunse nella sua mente.

«Si può sapere che sta succedendo?» presi com’erano nel fissarsi irritati negli occhi, nessuno si rese conto che l’elegante Camaro aveva appena parcheggiato sul vialetto; Lydia uscì e si ravvivò i capelli, mettendo in mostra la splendida messa in piega fattole dal parrucchiere.
 



 
La tua vita sarà come vuoi,
Nulla può più deludermi ormai...
Disse: "Con un potere più forte ciò che ami e i sogni lo avrai!"

Oggi Mahealany è qui con me!
Disse a me che avrei amato un Alpha
ma non ricambiato, per colpa di un'altra!
 
 



«Stiamo parlando di zio Peter…» disse Eli, incurante dell’espressione irritata e intimorita che Ethan gli lanciò; Lydia sbuffò e si portò le mani ai fianchi, illuminando per un attimo le iridi.

«E proprio questa sera dovete parlare di lui?» chiese con un lieve ringhio nella voce.

«Stiamo… Anzi, sto cercando maggiori informazioni su di lui.» sussurrò Eli, osservandola attentamente «A quanto pare la signora Martin sperava di assaggiare il pesce di nostro zio; Gerard lo accusa di essere diventato una balena pur sfondandosi di cibo e Deaton… Bah! Lasciamo stare…» disse irritato, facendola sbuffare rumorosamente; Lydia avanzò verso l’ingresso, lasciandosi dietro una scia di petali profumati.

«Adoro l’ignoranza della gente…» sussurrò lascivamente la ragazza, afferrando la maniglia e fermandosi a osservare i due «È interessante vedere come siano bastate quattro parole messe in croce per mandare nel panico un intero gruppo di persone…» aggiunse, iniziando a osservarsi la manicure «D’altronde basta trovare un nemico comune per scaricargli contro tutte le proprie frustrazioni personali fino a ingigantire la qualunque.» disse incrociando i loro sguardi e facendoli deglutire rumorosamente, visto l’espressione quasi maniacale.

«Che intendi dire?» domandò Eli, incrociando le braccia al petto e corrucciando le sopracciglia.

«Intendo dire che lo zio è sempre stato oggettivo e non ha mai parlato a sproposito, in qualsiasi situazione possibile e immaginabile…» rispose sua sorella, deglutendo e prendendo un profondo respiro «Mi disse che la mia vita sarebbe stata praticamente perfetta in ogni suo particolare e che, addirittura, se riuscissi ad avere un potere più forte otterrei tutto ciò che ho sempre desiderato.» aggiunse sollevando le spalle con nonchalance prima di entrare in casa; Eli sollevò un sopracciglio e fissò il cugino, che lo guardò di rimando con un’evidente confusione in volto.

«Chissà cos’intendeva dire…» borbottò Ethan, avvicinandosi all’ingresso.

«Chi lo sa…» rispose Eli sollevando le spalle; quando entrarono in casa vennero accolti dalle urla di Derek, intento a urlare qualche ordine a destra e a manca, e dai movimenti frenetici di Cora, Stiles e Isaac che stavano terminando di sistemare le decorazioni «Che sta succedendo?» domandò Eli guardandosi attorno sempre più confuso.

«Danny sta per arrivare, tra un’ora dovrebbe essere qui…» rispose Ethan, facendolo annuire «Sai…» aggiunse, iniziando a salire le scale che lo avrebbe condotto alla propria camera; Eli si bloccò e lo fissò, in attesa, e il mannaro prese un profondo respiro prima di abbassare il capo, intimorito «Anche a me fece un profezia…» sussurrò; Eli annuì, ben coscio delle motivazioni dietro a quel determinato comportamento. Aveva visto sua zia stare per cedere a una vera e propria crisi isterica solamente perché aveva nominato Peter, non voleva sapere cos’avrebbe potuto fare se avesse scoperto che uno dei suoi gemelli fosse andato da lui per chiedergli un favore «Mi disse di combattere per ciò che era mio, per ciò che desideravo, perché altrimenti gli altri mi sarebbero passati davanti e io sarei rimasto a stomaco vuoto.» disse, fissandolo con le lacrime agli occhi e un broncio a tirargli le labbra; Eli lo fissò, facendo un passo nella sua direzione, e immediatamente capì a cosa si stessero riferendo le parole dello zio.
 

Il frastuono delle posate che impattavano contro il pavimento, accompagnato dall’imprecazione di Stiles, arrivò fino alle loro orecchie costringendo Eli a voltare il capo verso la cucina; fissò attentamente i suoi genitori fare avanti e indietro, sistemando le ultime cose, e quando tornò a cercare il cugino si ritrovò da solo sulle scale.

Una strana sensazione addosso e fin troppe domande nella mente.
 
 

 
Lo sento ancora, lo sai?
Fratello!
Lo sento ancora, lo sai?
Se vuoi dire altro non puoi!
Come fosse qui!

Umm… Peter…
Se ripenso a Peter…
Che accade se fai il nome "Peter"?
Ditemi ciò che non so su Peter!
 
 


«Di tutte le sere in cui potevate giocare a fare i piccoli detective dovevate proprio scegliere questa?!» il ruggito di Lydia gli fece rizzare i peli sulle braccia e, deglutendo un amaro groppo in gola legato alla paura di affrontare l’Hale che più di tutti lo terrorizzava, Eli riprese a salire le scale arrivando a osservare i due parlottare animatamente vicino alle colonne; si sentì come un bimbo desideroso di ascoltare i discorsi dei grandi, e quasi sperò che nessuno si fosse accorto della sua presenza, ma poco prima di indietreggiare venne bloccato da una frase di suo cugino.

«Sta succedendo qualcosa, Lyds! Lo sento!» disse Ethan, deglutendo davanti all’espressione irritata della ragazza «Mi sembra di risentire i borbottii dello zio, è come se non se ne fosse mai andato dalla Villa! E i topi! Dannazione ai topi e al loro costante movimento dentro le pareti!» disse gesticolando e spostando la testa in ogni direzione, cercando di incontrare la fonte di quel fastidioso zampettio ma ricevendo solamente un sonoro sbuffo spazientito in risposta.

«Ethan.» disse seccamente Lydia, accorgendosi solo in quel momento della presenza fastidiosa ed eccessiva del fratello; irrigidì le spalle e illuminò le iridi, avanzando per il corridoio con il suo lungo abito rosa fino a incrociare il volto sudato e teso di Eli «Fratellino.» disse in un ringhio.

«Ti dico che c’è qualcosa che non va!» ripeté Ethan.

«Ha ragione, Lyds…» disse semplicemente Eli, facendo un passo in avanti «Sta succedendo qualcosa alla magia e a quanto pare lo zio sa cosa e…» il ruggito di Lydia smorzò ogni tentativo di dialogo, portando i due ragazzi a indietreggiare e abbassare il capo.

«Tu sei solo stressato!» ringhiò in direzione del maggiore «E tu, fratellino.» aggiunse fissandolo irritata «Se proprio non riesci a tener chiusa la bocca ti consiglio di morderti la lingua. Non. Si. Nominerà. Peter. Durante. Questa. Serata.» disse con un’espressione malvagia in volto e un crudele sorriso, mostrando senza problemi le zanne e gli artigli riuscendo a far annuire un Eli visibilmente terrorizzato.
 


 
Ehi Lyds, il tuo amore è arrivato!
Tutti a cena!
 
 


«EHI LYDS, IL TUO BELLO È ARRIVATO!» urlò Aiden dal piano di sotto.

«Tra venti minuti a tavola!» si aggiunse Derek.
 
 

Lydia si sistemò il vestito, lisciandoselo alla perfezione e rimuovendo pelucchi invisibili, mentre Ethan e Eli si lanciarono uno sguardo e scattarono rapidamente in direzione delle proprie camere per potersi preparare nel minor tempo possibile.
 



 
La tua vita sarà come vuoi nulla può più deludermi ormai…
Lui vive insieme ai ratti lo saprai…
Era un bel giorno e…
Era un bel giorno e…
Quando fa il tuo nome è tardi ormai!
Stavo per sposarmi e non c'erano nuvole, sai?
No, non ce n'erano, sai…
Nulla può più deludermi ormai...
Sa quel che sogniamo, ride quando urliamo!
 
 


Il tonfo provocato dalla porta che si chiudeva alle sue spalle parve riecheggiare come un colpo di cannone ma Eli la ignorò, troppo incentrato a cercare di prepararsi al meglio e nel minor tempo possibile; secondo i programmi, infatti, lui sarebbe dovuto essere già pronto da almeno mezz’ora e sperò con tutto sé stesso che suo padre avesse informato la nonna della rottura del forno con conseguente commissione alla bottega di Gerard perché non aveva alcuna voglia di mettersi a discutere con la sua matriarca a causa di quel singolo dettaglio insignificante. ‘Anche perché la cena è dedicata a Ms. Perfettina e a quel Danny, io devo limitarmi a mangiare e basta; posso anche fare mezz’ora di ritardo o non presentarmi affatto che tanto il tutto proseguirà senza problemi! Liscio come l’olio!’ pensò iniziando a insaponarsi.

Fu proprio mentre l’aroma di vaniglia e mora iniziava ad avvolgerlo da capo a piedi che la memoria cominciò a riportargli a galla tutte quelle frasi udite durante la giornata, tutte le accuse sputate con rabbia e veleno nei confronti de L’Innominabile Beacon Hills, come avevano iniziato a chiamarlo qualcuno; sembrava tutto così vero, così facile da credere, eppure Eli sentì qualcosa di strano all’altezza del petto che andava ad arpionargli la bocca dello stomaco. Tutto aveva un’aria così sbagliata da fargli storcere la bocca e inspirare rumorosamente. 

‘Dunque… Dunque… Dunque…’ pensò aprendo nuovamente l’acqua e iniziando a sciacquarsi sommariamente ‘Cora chiede al fratello di vedere nel futuro il giorno delle sue nozze e questo le risponde che sarebbe venuto a piovere; ora, il talento di zia Cora consiste nel controllare le condizioni meteorologiche e quindi non avrebbe neanche dovuto porre la domanda in primis ma va beh… Al loro matrimonio si scatena un uragano.’ quei pensieri erano fin troppo fastidiosi e ben presto un’emicrania prese a fargli stringere i denti a causa del dolore; non era abituato a sentirsi come un semplice essere umano, si stava ancora abituando alla totale assenza di qualsiasi traccia di licantropia, e il ragionare su quelle situazioni così assurde di certo non lo stava aiutando…

‘Perché sembra tutta un’enorme scusa?’ ragionò uscendo dalla doccia e inondando il bagno di vapore prima di afferrare un asciugamano ed entrando rapidamente in stanza, strofinandosi distrattamente i capelli ‘Perché zia Cora non ha controllato il meteo imponendo il sereno? Perché ha permesso all’uragano di manifestarsi e… Oh… Può averlo provocato lei stessa…’ disse, sorpreso da quei ragionamenti.

‘Ok, ok, ok!’ aprì di getto il cassetto della biancheria intima e afferrò al volo un paio di mutande e dei calzini di spugna bianchi, incurante di quale sarebbe stato il suo aspetto finale ma desideroso solamente di risolvere il prima possibile quel dannato enigma che aveva in mente; ‘Ethan diceva che borbottava costantemente e che era accompagnato dal rumore provocato dalla sabbia…’ aprì l’armadio, afferrando dei pantaloni grigio perla e una camicia bianca ‘Il borbottio poteva essere causato dal suo talento, forse le visioni del futuro arrivavano a tradimento e non era lui ad attivarle… Insomma, Scotty è sempre forte! Non è come Lydia che deve voler produrre fiori e petali…’ la ricerca di una giacca fu una vera e propria impresa ma alla fine Eli, imprecando sottovoce, decise di lasciar perdere e presentarsi unicamente con la camicia in modo tale da dare un aspetto curato ma sportivo.

‘E i ratti?’ si disse improvvisamente, mentre calzava le scarpe ‘Beh… Si dice che fosse anche un mostro divoratore di sogni e che fosse telepate, sicuramente è l’ennesima bufala messa sul suo contro…’ ragionò, sorridendo alla sua deduzione; quando sollevò lo sguardo però, immaginandosi mentre scendeva per le scale e si univa al resto della famiglia, sgranò gli occhi nel vedere lo zaino che quello stesso pomeriggio aveva nascosto prima di uscire.

La luce del vetro penetrava attraverso i denti della cerniera ed Eli deglutì, lanciando una rapida occhiata all’orologio e imprecando visto il ritardo che stava accumulando di secondo in secondo; pensò addirittura di nascondere meglio lo zaino, convincendosi che nessuno sarebbe mai andato a curiosare in giro, ma non appena afferrò le cinghie si sentì stregato dal desiderio di scoprire cosa diavolo stesse succedendo alla magia.

‘DANNAZIONE!’

Se avesse potuto si sarebbe ritrovato a ruggire di frustrazione, invece si dovette limitare a svuotare lo zaino sulla scrivania e a sperare di non insozzarsi con la sabbia che si era portato dietro; il vetro brillò con maggiore intensità, come se messo vicino a qualche fonte di energia, ed Eli deglutì nervosamente mentre iniziava a ricomporre l’immagine.
 
 


 
Peter arrivò sogghignando un po'...
Disse: "Con un potere più forte ciò che ami e i sogni lo avrai!"
TUONO!
Raccontala tu allora, dai!
Oggi Mahealany è qui con me!

Lui vive insieme ai ratti lo saprai…
Lui disse: "Sembra piovere..."
Che aveva in testa?!
Nulla può più deludermi ormai…
E un ciclone scoppiò in me!
Ombrello nella tempesta!
Sa quel che sogniamo, ride quando urliamo!
Matrimonio e grandine!
 
 

‘Che volevi dirci, zio?’ pensò facendo combaciare i bordi di due pezzi, deglutendo nel notare l’immagine iniziare a definirsi sempre di più; ‘Cosa intendevi quando hai parlato di un potere più forte a Lydia?’ in alto a destra, di quella che sembrava essere una lastra rettangolare, prese forma parte di Villa Hale ed Eli si costrinse a velocizzare quel dannato processo nella speranza di potersi sbagliare e di eliminare quelle strane sensazioni che avvertiva alla bocca dello stomaco.

‘Che cosa volevi dire a Ethan? Sapevi che sarebbe accaduto tutto ciò?’ vide il Nemeton, caduto a terra e devastato dalle crepe; ‘Quando hai fatto questa profezia? Perché nessuno si è attivato prima per ritrovarla?’ la Villa sembrava in procinto di crollare, le macerie precipitavano al suolo. ‘Hai veramente predetto il futuro a quei tre o ti sei limitato a osservarli e a tirare a caso?’ vide la candela in procinto di spegnersi e alla fine, deglutendo, Eli afferrò l’ultimo pezzo e lo posò delicatamente in mezzo agli altri.

Il vetro parve brillare con maggiore intensità, come se non fosse stato mai distrutto, ed Eli si sentì morire; vide sé stesso nel vetro, esattamente come se si stesse osservando allo specchio, mentre dava le spalle a una Villa Hale in frantumi e con il Nemeton morente ai piedi della struttura.
‘La magia sta morendo e io… Io ne sono la causa…’ pensò, accarezzando terrorizzato la superficie del vetro.
 
 

«EHI LUPACCHIOTTO!» Eli sobbalzò visibilmente quando udì la voce di Stiles raggiungerlo e si voltò di scatto, cercando di sorridere il più innocentemente possibile e al contempo nascondere la profezia ma dallo sguardo shoccato che suo padre gli regalò, insieme al violento tremolio all’occhio sinistro, capì di aver fallito; sentì i crepitii del Nemeton e, quando si voltò, capì di aver fatto un enorme errore.

 

Aveva dato le spalle al vetro ma nella fretta si era posizionato a una ventina di centimetri dalla profezia, lasciandola completamente esposta agli occhi di qualsiasi persona fosse entrata nella sua stanza; fu quasi comico vedere come il Nemeton stesse tentando di spostare il comò dietro le spalle di Eli, e se l’intera situazione non fosse così disperata probabilmente sarebbe scoppiato a ridere, ma in quel momento la gravità della faccenda gli cadde addosso e si sentì come un bambino davanti all’accusa di un triplice omicidio.

Disarmato e terrorizzato.
 
 

«Papà…» sussurrò Eli, deglutendo quando vide il suo iper-attivo e logorroico padre muoversi lentamente e in silenzio verso quel dannato pezzo di vetro; Stiles gli lanciò uno sguardo, sembrando deluso, ed Eli percepì le lacrime iniziare a bruciargli gli occhi «Ti prego papà…» disse avvicinandosi di un passo.

«Spiega.» sussurrò semplicemente Stiles, prendendo un profondo respiro e leccandosi nervosamente le labbra; Eli annuì, grattandosi distrattamente la testa e cercando le parole più adeguate per farlo ma alla fine, complice la paura e la stanchezza nonché il desiderio di sentirsi dire di aver sbagliato ragionamento, il ragazzo si ritrovò a vomitare insieme tutte le cose che la sua mente aveva partorito ritrovando a investire il genitore.

«La magia sta morendo; il Nemeton si secca; la magia svanisce; Scotty perde il suo talento; io non sono più un licantropo; ho fatto ricerche su zio Peter; sono entrato nella sua stanza; quasi morto di sete su quella cazzo di scala; trovato la profezia e sì, la magia sta morendo e il miracolo sta scomparendo per colpa… Mia…» aveva marciato nervosamente avanti e indietro per tutto il discorso, gesticolando animatamente, finendo per bloccarsi davanti allo sguardo scioccato del padre che per tutto il tempo non aveva fatto altro che fissarlo attentamente «Avanti papà… Dì qualcosa…» sussurrò, posandogli terrorizzato una mano sul braccio; Stiles prese un profondo respiro, come se si stesse riappropriando del proprio corpo, e si voltò di scatto verso quei dannati pezzi di vetro.

«Ok, ok, ok!» esclamò Stiles, afferrandoli malamente e nascondendoli nello zaino «Adesso facciamo così: andiamo alla cena di presentazione di Lydia e non diremo niente al tuo padre mannaro, niente di niente, né a tua nonna della cosa; a cose concluse, dopo un bel bicchiere di vino, daremo la notizia…» Stiles aveva sussurrato per tutto il tempo e se Eli non gli fosse stato praticamente attaccato non avrebbe capito una singola parola di quel piano; annuì nervoso e il padre gli carezzò una guancia, mettendosi lo zaino sulle spalle e sospirando «Non lo diremo a nessuno, non lo saprà nessuno…» ricominciò a sussurrare ma nel momento esatto in cui aprì la porta, pronto ad attuare il piano, Eli sentì il sangue gelarglisi nelle vene e il cuore cadere a piombo sul pavimento.

«Io so tutto…» Ethan lo fissava sconvolto nel suo completo blu notte; deglutì un paio di volte e inspirò a fondo, facendo passare più volte le iridi dall’oro al castano, e quasi si ruppe l’osso del collo quando scattò in direzione della sala da pranzo.
 
 

Semplicemente, guardandosi negli occhi, Eli e Stiles imprecarono ad alta voce e maledirono la loro buona stella.



 
E qui noi non ne parliamo...
Mai dire il nome "Peter"!
Non si nomina Peter!
Non chiedere risposte su Peter!
 



Note finali: credo che la canzone “Non si nomina Bruno” sia una delle più difficili da replicare e adattare su carta, se non LA più difficile; ci sono tipo quindici persone che prendono parte al brano e le strofe finali, dove tutti cantano uno sopra l’altro, è qualcosa di assurdo. Ho dovuto ascoltarla tipo venti volte per cercare di capire cosa dicessero ma è anche questo il motivo per cui la adoro!

Non credo che ci sia altro da aggiungere quindi vi auguro un buon fine settimana e noi ci aggiorniamo a sabato prossimo.

Un saluto!
 

Babbo Dark

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Capitolo 7
*** Il Custode di Villa Hale ***


ENCANTO
Capitolo 07: Il Custode di Villa Hale

 

«Io so tutto…» Ethan lo fissava sconvolto nel suo completo blu notte; deglutì un paio di volte e inspirò a fondo, facendo passare più volte le iridi dall’oro al castano, e quasi si ruppe l’osso del collo quando scattò in direzione della sala da pranzo.
 

Semplicemente, guardandosi negli occhi, Eli e Stiles imprecarono ad alta voce e maledirono la loro buona stella.
 

«Siamo praticamente spacciati…» sussurrò Eli, incamminandosi lentamente lungo il corridoio; suo padre sussurrò pesantemente e gli diede qualche pacca sulle spalle, seguendolo silenziosamente verso le scale.
 


Sentivano il costante chiacchiericcio riecheggiare per l’enorme sala, addobbata ad arte con fiori e bouquet di rose; lunghi rami di edera pendevano dal soffitto e sul pavimento, trascinati da quella dolce brezza tiepida, volteggiavano i petali andando a creare voluttuose onde che sembravano avvolgere la figura di Lydia da capo a piedi.

Eli la fissò attentamente, stupefatto.

Sua sorella era sempre bellissima, da che ne ricordasse non l’aveva mai vista senza un singolo capello fuori posto, eppure in quel momento sembrava la perfezione scesa in terra; il lungo abito lilla le stringeva la vita prima di cadere dolcemente verso il basso, il tulle viola le avvolgeva le braccia prima di risalire sulle spalle riuscendo a darle un aspetto angelico e ricercato. Ma quello che maggiormente attirò Eli fu il corsetto; era riccamente decorato con lustrini e paillettes azzurre, ricoprendo le sode curve dei seni e creando dei disegni sensuali lungo tutta la schiena.

In parole povere, Lydia era più bella e seducente che mai.

Avanzarono di qualche passo e solo in quel momento Eli notò come, seduto sul divano con un calice in mano e uno strano sorriso, si trovasse il loro ospite; Danny stava chiacchierando amabilmente con tutti ma il ragazzo notò come il suo futuro genero lanciasse gli strani sguardi a Scott e Aiden e, se avesse ancora i suoi sensi sviluppati, era certo di sentire l’incredibile profumo dell’eccitazione avvolgere quel tizio con le fossette da capo a piedi.


‘Si presenta per Lydia e sbava su Scott?! Piccolo, dannato pezzente figlio di m…’
 

«ELI!» l’urlo di sua nonna lo fece sobbalzare, portandolo a interrompere quella sequela infinita di insulti e costringendolo a sorridere freddamente mentre avanzava verso di lei «Sei in ritardo.» disse seccamente, studiandolo attentamente e tirando le labbra in una linea sottile.

«Volevo rendermi il più elegante possibile per il nostro ospite…» mentì, tentando di sorridere innocentemente e indicare Danny «Ma poi ho pensato che questa è la serata della mia splendida e meravigliosa sorella e ho cambiato idea, optando per qualcosa del genere…» con la coda dell’occhio vide Stiles nascondere lo zaino sotto una sedia e occupare quello stesso posto, cominciando ad agitare nervosamente le gambe sotto al tavolo; qualcuno però pensò bene di posargli pesantemente un braccio sulle spalle, portandolo a sobbalzare visibilmente, oltre che a desiderare di avere nuovamente le zanne quando si rese conto a chi appartenesse quell’arto.

«Sinceramente credo che Eli sia praticamente e semplicemente perfetto!» esclamò Danny, tirandoselo più vicino e carezzandogli lascivamente il bicipite; Eli rabbrividì, disgustato di ricevere quelle attenzioni dal suo futuro genero, e sorrise nervosamente a sua nonna prima di raggiungere il più in fretta possibile uno Stiles fin troppo nervoso.

‘Che la Luna ce la mandi buona…’ pensò una volta accomodato, sospirando rumorosamente.
 

Dieci minuti dopo si ritrovò a maledire chiunque si fosse ritrovato a gestire la sua vita e, soprattutto, quella serata nello specifico; sentiva i patetici tentativi di Lydia e Danny di flirtare, risultando solamente imbarazzanti, e i borbottii insensati sussurrati da suo padre tra un boccone e l’altro. Ma a peggiorare la situazione, ovviamente, c’era la presenza costante e inquietante di Ethan; i due si fissarono per tutto il tempo, il primo disperato e il secondo terrorizzato, tra una portata e l’altra.
 

«Eli…» disse Danny posandogli una mano sulla spalla, facendolo sobbalzare visibilmente e portandolo a scontrarsi con la faccia sorridente del ragazzo «Tutto bene?» chiese corrucciando le sopracciglia e portandolo ad annuire; Danny sorrise, carezzandogli dolcemente una guancia con il pollice e portandolo a strozzarsi con la propria saliva.

«S… Sì…» sussurrò Eli, arrossendo da capo a piedi; stava per aprire la bocca, consigliandogli di prestare attenzione alla sua futura Omega, quando un movimento attirò la sua attenzione. Non appena si voltò si ritrovò a sgranare gli occhi; vide Ethan appiccicato all’orecchio del gemello, le mani chiuse a coppa attorno ai loro volti e a Eli non servì avere un udito sviluppato per capire cosa gli stesse dicendo, visto l’espressione sorpresa e furibonda del gemello idiota.


Improvvisamente, però, Aiden si strozzò con la propria saliva e davanti agli occhi di tutti prese a mutare il proprio aspetto fisico; Eli sollevò le sopracciglia quando vide il figlio dei Dunbar, quello dei Reaken e lo stesso Peter prendere il posto dell’insopportabile cugino prima che questo ritornasse al proprio aspetto.


«Ragazzo!» sibilò irritato Isaac, seduto alla sua destra «Sistemati la faccia!» Aiden sbuffò e scrollò il capo, tornando al suo aspetto di sempre; Eli deglutì, intimorito dalla furia presente in quello sguardo affilato.

«Della salsa?» una ciotola bianca gli occupò la visuale ed Eli si voltò verso Danny, ritrovandosi a mordersi la lingua pur di non rispondergli male, optando invece per un sorriso di circostanza e un “Grazie…” che non avrebbe convinto nessuno «Sei sicuro di star bene? Sembri pallido?» gli chiese, poggiando il gomito sul tavolo e facendo ricadere il capo sul palmo aperto; Eli tentò di sorridere e si voltò, sfruttando la posizione per poter lanciare uno sguardo al resto della famiglia.
 


Talia stava tranquillamente chiacchierando con Moana, l’Alpha che aveva accompagnato Danny; Derek si era finalmente seduto e aveva iniziato a mangiare, incurante delle chiacchiere, mentre alla sua destra si trovavano Cora e Isaac. Aiden, che ancora faceva illuminare le iridi a intermittenza, e un disperato Ethan che fissava sconvolto la sua cena; intenta a mangiare indisturbata, con un paio di cani accovacciati sotto la sua sedia, si trovava Allison. Scott si trovava a capotavola e sembrava sul punto di svenire o vomitare, non necessariamente in quest’ordine, ed Eli desiderò solamente che la terra si spalancasse per inglobarlo il prima possibile.

Fu un crepitio ad attirare la sua attenzione, un rumore così fioco che sarebbe bastato uno starnuto nel momento opportuno per non udirlo, ma Eli se ne accorse e abbassò rapidamente lo sguardo ritrovandosi a maledire chiunque avesse deciso di ascoltarlo proprio in quel momento; sotto la sua sedia si era aperta una vistosa e minacciosa crepa che aveva iniziato a serpeggiare rapidamente verso il centro del tavolo, avanzando pian piano verso sua nonna e il resto della Villa.
 
 

«Ehm… Eli?» un urlò gli abbandonò la gola e si alzò di scatto, sbattendo violentemente la nuca contro il tavolo prima di rimettersi seduto con un lamento in gola e un sordo dolore alla testa; Eli sollevò le palpebre e batté gli occhi, scacciando le lacrime e cercando di mettere a fuoco il sorriso divertito di Danny che, con tutta la nonchalance del mondo, aveva posato la sua mano contro quella dell’Hale iniziando poi a disegnare degli strani intrecci contro il dorso «Sembri nervoso… Sicuro di stare bene?» domandò ammiccandogli e mostrandogli quelle dannate fossette; Eli annuì e ritirò la mano, cercando di sorridergli nel modo più tranquillo possibile.

«Sì, mi era solamente caduta la forchetta…» sussurrò appena; ‘La stessa forchetta che vorrei utilizzare per pugnalarti quella cazzo di mano, Alpha dei miei cogl…’ «NO!» l’urlo che gli uscì dalle labbra fece sobbalzare diverse persone ma non se ne preoccupò, non poteva assolutamente farlo quando Aiden stava spifferando tutto quanto a un Isaac sempre più sconvolto.

«No… Cosa?» domandò Danny, incurante della tempesta che gli era esplosa nel petto.

«Cosa… Cosa?» rispose Eli, lanciandogli uno sguardo disperato «Io… Credo di essere un po’ nervoso e… MORTO! Sono decisamente morto!» esclamò portandosi le mani nei capelli e cominciando a sbattere la testa sul tavolo perché lì, a qualche metro di distanza da lui, sua zia Cora stava venendo a conoscenza di quanto accaduto nella Villa.

«Cora…» sibilò Talia ma non servì a nulla; un minaccioso ringhio riecheggiava nella gola della ragazza, accompagnando le pesanti nuvole nere che si attorcigliavano sempre più rapidamente sopra le loro teste «Cora!» esclamò Talia quando un gelido vento prese a tirare sulla tavolata, accompagnando i fulmini che illuminavano quelle nubi dall’interno.

«Va tutto bene?» domandò Moana, fissandosi attorno.

«A meraviglia!» esclamò Talia, ridacchiando e servendole del vino «E andrà meglio non appena mia figlia si darà una calmata…» ringhiò, illuminando le iridi e fissando il corpo immobile della donna; Derek si schiarì la gola e le diede una gomitata, facendola sobbalzare e tornare alla realtà. Una sequela di ‘Cieli tersi…’ presero a uscire dalla gola di Cora ma a nulla servirono per placare quel temporale domestico.

«Sono. Spacciato…» sussurrò disperato Eli, abbassando lo sguardo e notando come le crepe si stessero ampliando sempre di più.

«Cosa?!» la voce di Derek lo raggiunse e ferì come una pugnalata ed Eli sollevò a forza il capo, incontrando lo sguardo paterno; un’ondata di dolore lo avvolse da capo a piedi quando notò quanto deluso fosse da lui e sentì l’immediato bisogno di scoppiare in lacrime davanti a quegli occhi verdi che non volevano saperne di rischiararsi e dargli un po’ di pace. Gli sarebbe andata bene qualsiasi cosa, anche la peggior sfuriata del mondo, ma la delusione no… Non sarebbe riuscita a sopportarla…

«Bella cena però, eh?» domandò Danny ed Eli lo folgorò, chiedendosi quanto dovesse essere brutto il carcere a seguito della condanna per alphicidio durante una tragedia famigliare di proporzioni titaniche; il ragazzo aprì la bocca, pronto per mandarlo a quel paese, quando il rumore provocato dal pavimento crepato lo raggiunse costringendolo a voltarsi di scatto e impallidire.

«Sai una cosa?!» esclamò sbattendo le mani sul tavolo e afferrando l’altro per le spalle «Credo che ora tu ti debba dichiarare e chiedere la mano di mia sorella!» urlò, sperando che qualcun altro lo sentisse nonostante il vento che stava facendo volare i fazzoletti di carta.

«Adesso?» domandò Danny ed Eli annuì.

«È la parte più romantica della serata!» urlò Stiles, appoggiandosi al figlio e sorridendo entusiasta «EHI GENTE, DANNY STA PER DICHIARARSI!» disse attirando l’attenzione generale e in un attimo il ragazzo venne spostato sulla sedia da un fin troppo energico Eli, ritrovandosi a sorridere imbarazzato davanti allo sguardo preoccupato della sua futura Omega.

«CORA, DANNAZIONE! VUOI CALMARTI!» ruggì Talia, incurante delle lacrime che avevano iniziato a correre sul volto della figlia.

«Cieli tersi… Cieli tersi… Cieli tersi…» sussurrava Cora, senza alcun tipo di beneficio.

«Un… Un momento!» disse Moana, alzandosi con un fantastico sorriso sulle labbra e impugnando il suo calice di vino «Prima della dichiarazione, il mio Danny vorrebbe recitare una poesia.» sussurrò fissando il proprio ragazzo con trasporto materno, facendolo arrossire imbarazzato «Scotty caro, porteresti qui il pianoforte?» Eli si voltò di scatto, fissando il volto sconvolto del fratello; osservò come Stiles gli posò una mano sul braccio, sussurrandogli qualcosa all’orecchio, ma Scott si alzò e annuì per poi incamminarsi in silenzio, e come se stesse per salire sul patibolo, verso il salone.

«È un ottima idea e noi tutti non vediamo l’ora di sentirla ma vede, Madame Mahealani, qui da noi ci si dichiara e solo poi, tanto poi, si recita la poesia!» sbuffò a corto di fiato Eli, riuscendo a inclinare la sedia e facendo cadere in ginocchio un fin troppo confuso Danny; Lydia sollevò lo sguardo e indurì l’espressione, ringhiando al sorriso fintamente innocente del fratello, per poi ritrovarsi a sorridere verso il suo promesso sposo.

«Lydia Hale, mia splendida rosa del deserto…» prese a parlare Danny ed Eli annuì, deglutendo quando percepì l’ennesimo crepitio; fu quasi con orrore che vide le crepe aprirsi un varco sulle mattonelle e procedere spedite in qualsiasi direzione.

«Porca vacca…» sbottò Eli, saltando verso quella dannata ragnatela e interrompendo la fottuta poesia di quel tizio; non si perse gli sguardi omicida che gli rivolsero nonna, zia e sorella e così si limitò a sorridere nervosamente in direzione del loro ospite e ad alzare i pollici con fare tranquillo «Vai alla grande!» disse per poi fargli l’occhiolino.

«Non prendermi per il culo!» urlò invece Scott che, giunto in quel momento, cercava disperatamente di trascinare il piano con tutte le sue forze ma riuscendo solamente a imprecare a mezza bocca.

«Sei il licantropo più bello…» continuò Danny, confuso da quella faccenda; Eli provò ad alzarsi, desideroso di aiutare il fratello e speranzoso che nessuno riuscisse a vedere la crepa su cui era scomodamente seduto, ma non riuscì neanche a mettersi in ginocchio che vide i due cani di Allison afferrare lo zaino, al cui interno si trovava la profezia, e trascinarlo lontano.

«CANI INFAMI!» urlò scattando sul posto e afferrando la cinghia dello zaino, imprecando a denti stretti quando provò a strapparlo dalle fauci della bestia.

«LASCIA STARE PONGO!» urlò invece Allison, iniziando a colpirlo con forza sulle braccia.

«Avanti Scott, lasciati aiutare!» esclamò Stiles.

«SONO COMPLETAMENTE INUTILE!» urlò Scott, scoppiando in lacrime e colpendo con forza quel dannato pianoforte.

«Ehm… Io…» sussurrò Danny, sempre più a disagio.

«Cieli tersi… Cieli…» borbottò Cora.

«ADESSO BASTA!» il ruggito di Talia parve riecheggiare in tutta la città, donando un momento di pace in quel turbine di caos che da una decina di minuti a quella parte stava imperversando sulla sua tavola «SI PUÒ SAPERE COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO?!» urlò fissando il proprio sguardo cremisi sui presenti ed Eli deglutì, sperando in cuor suo che…

«ELI HA TROVATO LA PROFEZIA DI PETER NELLA SUA STANZA!» urlò Ethan, sollevandosi di scatto dal tavolo e fissando disperato ognuno di loro «LA MAGIA STA MORENDO! IL MIRACOLO STA SVANENDO! ELI DISTRUGGERÀ TUTTO QUANTO! SIAMO FINITI!» sbraitò.
 
 

In quel momento, come al rallentatore, Eli vide tutti i volti dei presenti spostarsi di scatto su di lui; osservò l’espressione dispiaciuta di Stiles, quella delusa di Derek, quella confusa di Allison e poi, per ultima ma non meno importante, quella furibonda di sua nonna. Talia sembrava pronta a trasformarsi in una creatura abominevole, preparandosi per saltargli addosso e staccargli la testa dal resto del corpo a causa di quell’enorme affronto ma poi, ovviamente, il destino decise di intervenire e così quel dannato cane che fino a un secondo prima stava tirando lo zaino mollò la presa ed Eli, sbilanciato, lanciò quel fottuto zaino in aria nel tentativo di ritrovare l’equilibrio; zaino che, naturalmente, cadde proprio davanti alla sua matriarca.

Eli fissò sua nonna aprirlo e osservare la profezia, gli occhi sgranati e lo sguardo disperato; quando finalmente lo riportò sul nipote, accadde.

L’intera Villa Hale fu percorsa da un terremoto così violento da far oscillare l’intera costruzione su sé stessa; pavimenti, pareti e soffitti vennero immediatamente percorsi da centinaia e centinaia di crepe che si allargarono a vista d’occhio. Polvere e breccia presero a cadere su qualsiasi superficie disponibile e il Nemeton parve accartocciarsi sul proprio tronco; una corrente d’aria, gelida come non mai, investì i presenti e si diramò per tutta la città mentre i talenti iniziavano a svanire nel nulla; Ethan sgranò gli occhi quando non sentì il classico chiacchiericcio e l’ormai nota cacofonia di suoni attorno a sé. Aiden prese a mutare aspetto contro la propria volontà, assumendo i tratti di un vecchio prima e di un lattante poi; Allison si fissò intorno e poi, finalmente, un tuono esplose sopra le loro teste e la pioggia cadde su tutti loro. Rampicanti ed erbacce presero a crescere indisturbate ovunque e Lydia sgranò gli occhi quando vide uno strano ramo spuntare dal terreno e colpire con forza e violenza il naso del suo futuro sposo, provocandogli un importante sanguinamento e sicuramente una piccola frattura nasale.
 
 

«QUESTA È PAZZIA!» urlò Moana, alzandosi di scatto dal tavolo e afferrando il figlio per il polso prima di tirarlo via con forza «NON SONO MAI STATA TRATTATA PEGGIO IN VITA MIA!» sbraitò spalancando finalmente la porta dove, ad attenderla, si trovava tutta la cittadina già pronta a festeggiare l’unione.

«Ma che succede?» domandò Mason, fissando sconvolto la scena.

«LA LORO MAGIA STA MORENDO, ECCO CHE SUCCEDE!» urlò Moana, incurante del borbottio che prese a circolare tra i presenti.

«Non è assolutamente vero!» ruggì Talia, fissando i presenti con le iridi cremisi e un pericoloso ringhio nella voce «La magia è forte! Noi siamo gli Hale!» urlò prima di sbattersi la porta alle spalle «ELI HALE!» ruggì.
 
 

Nuvole nere si addensarono sopra la Villa, allargandosi fino a inglobare l’intera cittadina e nel giro di pochi secondi un nubifragio cominciò a vessare Beacon Hills e, mentre i cittadini correvano ai riparti, gli Hale subivano gli effetti di un’altra tempesta.
 
 

«È tutta colpa di tuo figlio!» urlò Cora, le zanne ben in vista e una nuvola sopra la testa «Se non si fosse messo a fare l’idiota non sarebbe successo niente di tutto ciò!» urlò, incurante dell’ennesimo fulmine che si abbatté contro le pareti di casa.

«Come ti permetti di prendertela con Eli?!» ruggì Derek, la trasformazione avviata e un minaccioso ringhio nella voce.

«DOVEVI PENSARE AL MIRACOLO, STILINSKI!» urlò Talia su tutte le furie, afferrando una sedia e sbattendola con forza contro una parete,

«Ho pensato al bene di mio figlio!» rispose a tono Stiles, gesticolando animatamente prima di starnutire violentemente a causa del freddo provocato dalla tempesta di neve che da qualche tempo stava primeggiando tra quelle mura «E datti una calmata tu!» urlò nei confronti della cognata, che ruggì.

«COSA VUOI DA ME?! RINGRAZIA CHE NON SIA UN URAGANO!» sbraitò Cora, indicando sé stessa e le pesanti nubi; Stiles roteò gli occhi al “GIÀ!” urlato da Isaac ma non si perse lo sbuffo furibondo del marito.

«È tutta colpa di Eli! È sempre colpa di Eli!» disse Isaac, abbracciandosi e cominciando a tremare a causa della neve che lo ricopriva.

«Certo! Attacchiamo tutti quanti quel povero ragazzo! Tanto è abitato a farsi gettare addosso tutta la merda che vi passa per la testa!» sbraitò Derek, fissando furibondo i presenti.

«È sempre colpa di tuo figlio!» urlò Cora.

«E i tuoi di figli allora?!» rispose Derek ed entrambi ignorarono il ruggito di Talia.

«Spero che tu sia contento, cugino…» seduto sulle scale, con le mani premute sul volto e le spalle scosse dai singhiozzi, Eli assistette a quella dannata scena; la camicia gli si era appiccicata addosso, diventando praticamente trasparente, ma non si curò del proprio aspetto esteriore… Non in quel momento.

«Smettetela dai, non è colpa sua!» disse Scott, tentando di avvicinarglisi per posargli una mano sulla spalla ma Eli si alzò di scatto e cercò di allontanarsi il più possibile da loro.

«Dove te ne vai, Senza Talento?» ringhiò minacciosamente Aiden ed Eli chiuse gli occhi, sentendo la rabbia ribollirgli nel sangue.

«Aiden basta!» urlò Scott.

«Non iniziate a litigare anche voi o potrei ammazzarvi senza pensarci due volte…» ringhiò minacciosamente Lydia, fissandoli furente e tentando di ripulirsi il volto dal trucco che le era colato sulle guance.

«M… Mi dispiace…» sussurrò Eli, sollevando il capo e guardandoli uno a uno «Io non volevo che succedesse tutto ciò…» aggiunse, fissando la sorella.

«N… Non volevi…» borbottò Aiden, ritrovandosi a ridere così forte da far sobbalzare Allison e portando diversi pappagalli ad allontanarsi preoccupati dal gruppo «Tu non volevi!» disse fissandolo attentamente e facendolo annuire.
 

Fu un attimo.

Aiden scattò sul posto e afferrò Eli per il collo, stringendolo saldamente e sbattendolo contro il primo muro disponibile; avviò la trasformazione, ruggendo di furia e gioendo internamente quando iniziò a sentire le prime gocce di sangue bagnargli le mani.

Ignorò le voci degli altri, le mani sul suo corpo o i ruggiti provenienti dal piano di sotto; tutta la sua attenzione era incentrata su quel dannato volto che si faceva sempre più rosso man mano che passavo i secondi. Sentì quel cuore battere sempre più freneticamente prima di iniziare a rallentare, sempre più piano; qualcuno urlò un “Così lo ammazzi!” ma non ci fece peso, qualcun altro sussurrò un “Aiden, ti prego basta…” ma non era importante, un altro ancora urlò “MAMMA! ZIO! NONNA! CORRETE, LO STA UCCIDENDO!” ma si poteva tranquillamente ignorare e poi, così come era iniziato, quella sensazione venne sostituita da dolore e Aiden si ritrovò a spalancare la bocca mentre, pian piano, la mente tornava finalmente lucida e padrona di sé.

Avvertì l’odore di disperazione, paura e sangue; sentì la sensazione viscida del sangue lungo le mani e il fastidio provocato dagli artigli di sua nonna contro il fianco e poi la stanchezza lo avvolse, portandolo a cadere a terra.

Sentì un singhiozzo e sollevò stancamente il capo, ritrovandosi a sgranare gli occhi.

Eli era pallido; la camicia bianca era sporca di sangue e sul collo primeggiavano i segni della sua mano. Respirava a fatica e stava per affrontare un attacco di panico ma, quello che destabilizzò maggiormente Aiden, fu sentire l’odore di urina addosso al suo cuginetto; la gravità di quello che stava per fare lo investì con tutta la brutalità di cui fosse capace e solo in quel momento Aiden si rese conto di Ethan e Lydia che si abbracciavano, stringendo tra le braccia una disperata Allison. Vide Scott e sua madre sporchi di sangue, evidentemente lo avevano ferito per cercare di farlo ragionare, mentre suo padre e Stiles cercavano di tranquillizzare Eli ma senza successo; il ragazzo sussurrò qualcosa e scappò di corsa ai pieni superiori della Villa, lasciandosi dietro i singhiozzi e una scia di sangue mista ad acqua…
 
 

 
***
 


Eli si appoggiò stancamente alla parete, cercando di ignorare la debolezza e dolore provocato dalle ferite che aveva sul collo; si sentiva pronto a crollare a causa del dolore ma non voleva ridursi in quello stato, non poteva farlo, non quando si trovava così vicino da tentare di capire cosa diavolo stesse succedendo e soprattutto cosa c’entrasse lui in tutto quel marasma di accadimenti che si stavano verificando negli ultimi tempi.

Singhiozzò e si pulì il volto, cercando d’ignorare la puzza di urina che si sprigionava da ogni singolo movimento che compiva; chiuse gli occhi, vergognandosi come non mai di essersela fatta addosso davanti ai suoi cugini e ai suoi fratelli ma in quel momento non riusciva a concentrarsi su null’altro che fosse respirare o, almeno, tentare di farlo. Scosse il capo e sbuffò quando si sentì chiamare da Scott, riprendendo a camminare verso la propria stanza; aveva bisogno di aprire la mente e cercare le informazioni su quel pezzo di vetro che… ‘IL VETRO!’ pensò schiaffandosi una mano in fronte, ricordandosi solo in quel momento che il suo bottino si trovava ancora sul tavolo o, nella peggiore delle ipotesi, tra le mani di sua nonna.

Stava quasi per iniziare a prendere a testate il muro quando uno strano suono attirò la sua attenzione e, sollevando appena lo sguardo, sgranò gli occhi nell’osservare dei grandi e grossi ratti trascinare con forza il suo zaino; deglutì, ricordando ancora le parole di Aiden su suo zio, ma alla fine finse di non averle mai ascoltate e scattò in direzione dei topi.

Afferrò saldamente lo zaino, pronto a combattere contro le pantegane per ottenere nuovamente quel pezzo di vetro, ma lo trovò stranamente vuoto e dei ratti non c’era alcuna traccia; Eli si guardò attorno, confuso, cercando di trovare o comunque di intravvedere il bagliore provocato dal vetro ma non trovò assolutamente nulla e l’unica cosa che riuscì a sentire furono le grida, alcune preoccupate e altre arrabbiate, della sua famiglia. Sbuffò, passandosi una mano tra i capelli e arricciando le labbra quando le ferite sul collo gli bruciarono nuovamente, ma poi sentì uno squittio e un cigolio provenire dalla sua sinistra e si voltò di scatto, ritrovandosi a fissare il vecchio quadro che anni addietro sua nonna aveva comprato.

Ritraeva un cesto di frutta assortita, nulla di così originale, ma solo in quel momento Eli notò come la cornice si staccasse di qualche centimetro dalla parete; si avvicinò ulteriormente, percependo una strana corrente provenire da quel punto preciso, e immediatamente una nuova frase di Ethan gli riecheggiò nella mente. “Lo sento ancora!”; certo che lo sentiva, si trovava nei muri.

Afferrò saldamente la cornice e la aprì, rivelando un vero e proprio buco informe che si stagliava contro la parete perfettamente dipinta; dall’interno proveniva una fastidiosa puzza di chiuso e stantio, cosa che gli fece arricciare il naso, ma alla fine scavalcò e si chiuse il quadro alle spalle.

Fu strano ritrovarsi al buio senza i suoi sensi sviluppati ma ben presto Eli notò un pezzo di vetro muoversi agilmente sul pavimento, desiderando al tempo stesso che quei grassi sorci non fossero così affezionati alla profezia, ma poi si ritrovò ad affrontare qualcosa di completamente inaspettato; il vetro prese a sollevarsi da terra, ben lontano dalla parete, ed Eli trattenne il fiato quando riconobbe i contorni di un corpo umano.

Lo sconosciuto illuminò le iridi, due splendidi diamanti dorati che brillarono nel buio, e quando un lampo illuminò a giorno lo stretto anfratto Eli si ritrovò a urlare con tutto il fiato che aveva in corpo perché lì, davanti a lui, c’era suo zio Peter.
 

«Zio…» sussurrò terrorizzato, deglutendo a vuoto quel fastidioso groppo che gli si era formato alla gola.
 

L’uomo sbuffò e improvvisamente spense le iridi; quando un nuovo lampo tornò a illuminare quella specie di corridoio, di lui non c’era più alcuna traccia.

Eli scosse il capo e si schiarì la gola, sospirando rumorosamente prima di iniziare a muoversi; ‘Se voleva farmi del male non si sarebbe fatto scrupoli ad attaccarmi…’ pensò avanzando con maggior decisione, svoltando diverse volte e iniziando a guardarsi attorno nella speranza di riuscire a capire dove diavolo fosse finito.

Un movimento attirò la sua attenzione però, un fruscio di vestiti e un borbottio insensato, portandolo ad aumentare il passo fino a iniziare una vera e propria corsa quando notò l’altro scappare.
 

«Zio Peter! Aspetta!» urlò Eli, saltando all’ultimo momento una serie di travi che si trovavano sul pavimento; vide lo zio sparire dietro un angolo a sinistra e sbuffò, abbassando la testa e cercando di acquistare maggiore velocità.
 

Fu con un senso di malessere che, una volta svoltato, si accorse di quanto fosse rapido quell’uomo e solo in quel momento, con un verso disperato, Eli si rese conto che stava facendo una gara di corsa contro un licantropo; non sarebbe mai riuscito a raggiungerlo…
 
 

«Non fare il bambino e affrontami!» urlò cercando di raggiungerlo, arrampicandosi sui muri e cercando di destreggiarsi tra quelle impalcature che Dio solo sapeva come e perché si trovavassero lì, nascosti tra le mura della sua Villa! «Avanti zio, voglio solamente parlarti!» disse scivolando lungo una chiazza d’acqua, osservando come il corpo atletico e allenato del mannaro stesse saltando agilmente da una parte all’altra del soffitto; sbuffò e si rialzò, scattando in avanti e sgranando gli occhi quando si rese conto che Peter gli atterrò davanti, a un paio di metri da lui «Preso!» urlò, allungando le mani e saltando nella sua direzione ma, ovviamente, Peter scattò e nel giro di pochi secondi le mani di Eli si ritrovarono a stringere il vuoto mentre lui cadeva rovinosamente a terra.
 

Sbuffò frustrato e si rialzò, incurante del dolore che sentiva provenire da tutto il corpo, e scattò nuovamente in corsa; le gambe gli dolevano per lo sforzo, i polmoni gli bruciavano e ogni respiro fatto sembrava necessitare di una quantità immane di energia. Eli sentì la testa iniziare a girargli mentre una fastidiosa sensazione di umido gli colava sul collo, segno che le ferite infertogli da Aiden si fossero riaperte; sospirò e scrollò il capo, cercando di recuperare un po’ di lucidità, ma la vista gli si appannò e prima che riuscisse a rendersene conto Peter era sparito nel nulla ed Eli si sentì mancare il pavimento da sotto ai piedi.

Un’esplosione gli riecheggiò dal basso e sentì i crepitii provocati dal legno e dal cemento che si crepava e distruggeva, facendolo cadere sempre più in basso e portandolo a urlare con tutto il fiato che aveva in corpo; si ritrovò ad agire in automatico, afferrando la prima cosa che gli capitasse a tiro e ritrovandosi a stringere un pezzo di legno sbucato fuori dal nulla e che per poco non lo aveva reso cieco.
 
 

«Aiuto!» urlò Eli, cercando di issarsi ma fallendo miseramente ogni volta «Nemeton, aiutami ti prego!» aggiunse, cominciando a guardarsi attorno ma nessun ramo venne in suo soccorso; era solo e in pericolo, questa volta era veramente nei guai «Papà… Aiuto… Vi prego…» una lacrima gli solcò il viso e provò nuovamente a issarsi ma le mani scivolavano, facendogli perdere quei pochi millimetri che si era tanto faticosamente guadagnato; allora scalciò, provando a piantare i piedi contro la parete che si stagliava a un paio di metri davanti a lui ma fallì nuovamente, le suole scivolavano, impedendogli di avere quei pochi, dannatissimi secondi di tempo per poter trovare un equilibrio e una soluzione «Aiuto…» Eli chiuse gli occhi, preparandosi a cadere nel vuoto quando si rese conto che ormai mancavano pochi millimetri alla fine del pezzo di legno.
 

‘Tre… Due… Uno…’ pensò man mano che scivolava.

Quando non sentì più la dura consistenza del legno sotto il palmo, quando non avvertì più la fastidiosa sensazione data dalle schegge che gli graffiavano le mani, si immaginò di sprofondare per un tempo infinito nel baratro posto sotto a Villa Hale per poi incontrare una morte atroce e lenta dopo essersi spappolato contro la prima superficie disponibile; invece, non appena quella sensazione sparì, Eli sentì qualcosa di caldo e morbido avvolgergli con forza il polso e poco a poco cominciare a tirarlo in alto.
 
 

«Serve aiuto?» domandò una voce rauca ma affascinante, la voce di un uomo; Eli aprì gli occhi, specchiandosi in due iridi azzurre come il ghiaccio che lo fissavano tristemente.

«I… Io… Sì…» borbottò, cercando di issarsi ma fallendo miseramente «Tirami su e basta, vorrei evitare di precipitare in questo baratro.» disse seccamente, non perdendosi l’espressione dubbiosa dell’uomo che, sollevando le scetticamente le sopracciglia, con uno strattone deciso lo riportò sul pavimento polveroso di quel corridoio.

«E comunque saranno stati quaranta centimetri da dove ti trovavi tu, non è mica la Bocca dell’Inferno.» precisò guardandolo scettico.

«Tu sei zio Peter, vero?» chiese finalmente Eli e l’uomo si rabbuiò, annuendo seccamente «Devo parlarti di una cosa, zio e…» ma Peter gli diede le spalle, urlando un “Addio!” poco convinto e s’incamminò nuovamente per la sua strada «Non ricominciare a correre, ti prego!» urlò Eli, scattando e afferrandogli saldamente un polso per poi sorrider entusiasta quando Peter lo folgorò con lo sguardo.

«Ho un impegno, ragazzo, non posso proprio trattenermi per chiacchierare con te!» ringhiò Peter, illuminando per un attimo le iridi e mostrandogli le zanne ma Eli, seppur intimorito, roteò gli occhi e sbuffò sonoramente.

«La magia sta morendo e ho bisogno del tuo aiuto!» disse spazientito ma, invece di ricevere un altro ringhio in cambio o una scrollata di spalle, Peter sospirò e abbassò il capo prima d’incamminarsi lentamente per quel corridoio e tirandosi dietro un confuso Eli.

«Credi che non lo sappia?» domandò, allungando la mano libera e mostrandogli le crepe che adornavano le pareti «Sono dodici anni che la magia sta morendo, solamente adesso si stanno manifestando le cose eclatanti.» aggiunse prima di liberarsi dalla presa del nipote e iniziare a saltellare agilmente da una parte all’altra, sbuffando e sospirando ogni volta che atterrava su un piede solo.

«Zio ma…» borbottò Eli, osservandolo sempre più confuso «Ma che stai facendo?!» chiese quando lo vide arrivare, tutto soddisfatto, dall’altra parte del corridoio.

«Ti sto aspettando.» rispose tranquillamente Peter; il ragazzo sospirò e si massaggiò gli occhi, incredulo a quelle cose, e riprese ad avanzare come se nulla fosse prima di sobbalzare terrorizzato all’urlo che si liberò dalla gola dello zio «NO!» Peter illuminò le iridi e indicò spazientito il pavimento, costringendo Eli ad abbassare lo sguardo «Ogni volta che calpesti una crepa al tuo Omega la schiena si piega.» disse spazientito.

«Ma che veramente?!» esclamò Eli, riuscendo finalmente a capite il motivo di quello strano comportamento ma alla fine, riluttante, prese a saltellare per evitare quelle dannate crepe «Non ci posso credere…» borbottò affannato, raggiungendo finalmente lo zio che, come se nulla fosse, aveva iniziato a frugarsi nelle tasche.

«Sale.» borbottò, lanciandosi delle manciate dietro le spalle «Zucchero.» aggiunse, ripetendo lo stesso movimento «Tocco. Tocco. Tocco. Tocco. Tocco legno…» borbottò, sussurrando un “tocco” per ogni “toc” provocato contro le pareti.

«Sei così superstizioso?» chiese Eli, avanzando con cautela e facendolo annuire «Ma si può sapere dove siamo?» chiese, avvicinandosi a una crepa leggermente più grande delle altre; una calda luce filtrava attraverso il muro ed Eli riuscì a osservare sua zia, così tesa da avere una bufera di neve sopra la propria testa, mentre si sedeva pesantemente sulla sua poltrona preferita «Ma ci sentono?» domandò, più a sé stesso che allo zio.

«No.» la voce di Peter, fin troppo vicino per i suoi gusti, lo fece sussultare visibilmente e colpire con forza la parete; dall’altra parte si sentì il fragore di un tuono e le urla di dolore di Aiden «Sua madre lo ha folgorato per errore…» spiegò sollevando le spalle con nonchalance per poi afferrargli saldamente il polso e tirarselo dietro, avanzando a passo sicuro in quei corridoio bui e polverosi «Questa è Villa Hale, una parte nascosta e segreta.» prese a spiegare Peter, incurante dei borbottii e degli “Outch!” urlati dal nipote quando andava a sbattere contro qualcosa «Non so chi l’ha costruita o quando, sono solamente a conoscenza del fatto che questi corridoi si diramano in tutte le direzioni; quando entri al loro interno la magia fa in modo di coprirti, scompari dal resto degli abitanti della Villa. Puoi urlare o ruggire, nessuno ti sentirà…» Eli deglutì, intimorito da quelle parole; sentì altri cigolii, come di una porta che veniva aperta, e improvvisamente la presa dello zio sparì «Posso offrirti qualcosa?» una calda luce lo accecò per qualche istante, abituato al buio quasi totale di quei corridoi, e poco a poco iniziò a guardarsi attorno.
 


Si trovava in una camera da letto male arredata e governata dal disordine più totale.

Vecchi giornali e riviste erano accantonati in un angolo, vicino a una vecchia scopa di paglia che doveva aver visto giorni migliori; c’era una poltrona viola tutta rammendata e con pezze verdi qui e là, vicino a un cassettone pieno di piatti e bicchieri scompagnati e scheggiati. La luce veniva prodotta da una lampadina appesa al soffitto e retta grazie a dei chiodi mal conficcati nelle pareti; c’era un letto addossato alla parete, il cui materasso doveva necessariamente essere cambiato, e un vecchio tavolo mal messo e tutto rovinato dall’usura.

Grassi ratti correvano avanti e indietro per quella stanza, portandosi dietro qualunque cosa potesse far loro comodo; Eli storse la bocca, tornando a fissare lo zio che per tutto quel tempo se ne era stato fermo e immobile con un’espressione di pura vergogna ad arrossargli il volto.
 
 

«N… Non è un granché ma… È casa…» disse sollevando le spalle e abbassando lo sguardo.

«Tu vivi in questo… Postaccio?» domandò invece Eli, fissando le varie sedie rovinate «Perché hai tutte cose rotte?» chiese fissandosi attorno, notando solo in quel momento le mensole appese alle pareti e piedi di vasi scheggiati o crepati «Quello l’ho rotto io con una pallonata!» esclamò fissando una vecchia anfora mezza distrutta da cui spuntava una piantina di rosmarino.

«Talia ti ha punito con una sculacciata e una settimana di castigo.» disse semplicemente Peter e, a quel ricordo, Eli sorrise iniziando a massaggiarsi distrattamente il sedere.

«Un momento…» borbottò, bloccandosi all’istante e fissando lo zio «Tu come fai a saperlo?» gli chiese; Peter rispose con un “Ehm…” poco convincente prima di dargli le spalle e aprire le ante di quello che, apparentemente, era un armadio adibito a dispensa.

«Ho dei pasticcini rubati di nascosto a tuo padre qualche giorno fa!» esclamò Peter, facendogli vedere dei muffin leggermente stantii ma Eli scosse il capo, avvicinandosi di un passo.

«Non te ne sei mai andato da qui, non è vero?» domandò, sorridendo vittorioso quando vide l’espressione offesa dello zio.

«La riserva è praticamente un labirinto, nipote!» esclamò Peter, le iridi illuminate e le zanne ben in vista «Qui ho tutto il cibo che voglio e i miei coinquilini sono molto voraci!» precisò alzando il mento e sorridendo vittorioso.

«Ti sei rinchiuso in queste quattro mura!» disse e alla fine Peter sbuffò, mollando il piatto in mano al nipote e sedendosi pesantemente sulla sua poltrona viola.

«E VA BENE! HAI VINTO!» esclamò irritato, massaggiandosi le tempie e borbottando qualcosa sui “nipoti troppo svegli” che si ritrovava.

«Avanti…» disse semplicemente Eli, mettendosi in bocca un muffin e aspettando di sentire la classica sensazione della magia intento a guarirlo ma questa volta non accadde nulla e il ragazzo fissò quel dolce come se lo avesse tradito.

«Non funziona più.» sussurrò Peter, sospirando rumorosamente «Quasi tutta la famiglia sta perdendo il proprio talento o comunque sta funzionando in maniera anomala…» disse sollevando le spalle con nonchalance «Il miracolo sta esalando gli ultimi respiri, non credo che manchi molto prima che tutto questo finisca.» borbottò indicando con un gesto della mano la strana stanzetta in cui si trovavano.

«Che vuoi dire? Ti prego zio, devo sapere cosa succederà alla magia e come posso evitare tutto ciò!» esclamò Eli, abbandonando il piatto sopra il tavolo e afferrandogli di colpo le mani, fissandolo negli occhi; Peter sospirò e scosse il capo, liberandosi dalla sua presa, prima di appoggiarsi elegantemente allo schienale della poltrona.

«È tardi, nipote, non credo che si possa far molto…» borbottò e, quando annusò il fetido odore della tristezza, deglutì e si passò una mano sul volto «È iniziato tutto la sera della tua cerimonia, quando non ricevesti il tuo talento…» svelò; Eli sgranò gli occhi e annuì, improvvisamente intimorito dalle parole che suo zio gli avrebbe rivelato…
 
 

 
*** 12 anni prima ***



Le voci indignate della folla riecheggiavano per tutta la Villa, accompagnando i passi pesanti di quei cittadini ingrati; avevano assistito inermi davanti al crollo di un bambino e la loro unica preoccupazione era legata alla buffet e al non aver fatto il tour nella nuova camera da letto. Peter ringhiò e imprecò a denti stretti, deglutendo quando sentì nuovamente il pianto del piccolo Eli e i disperati tentativi dei suoi genitori di rassicurarlo; camminò nervosamente per tutto il corridoio, incurante di tutto e tutti, gioendo internamente quando udì il tonfo sordo provocato dalla porta contro la parete.

Illuminò le iridi, fissandole sulla figura pensierosa di sua madre, e alla fine si decise a entrare nella stanza per poi chiudersi l’uscio alle proprie spalle; non si stupì quando vide l’espressione abbattuta e preoccupata che Talia gli riservò, quello che lo colpì furono gli abiti indossati dalla donna.
 

«Perché ti sei cambiata?» le chiese aggrottando le sopracciglia.

«Sto andando dal sindaco, quell’abito da cerimonia era decisamente eccessivo.» rispose semplicemente Talia, sistemandosi i capelli allo specchio e truccandosi leggermente.

«Il sindaco?!» esclamò Peter, mal trattenendo un ringhio davanti all’espressione della madre «Ma dico io, possibile che in una situazione simile tu preferisca correre dal sindaco invece che da tuo nipote?!» urlò, piantandosi gli artigli nei palmi per evitare di fare qualche stronzata.

«Il miracolo ha fallito, Pietro.» rispose Talia, illuminando le iridi e voltandosi di scatto per osservarlo attentamente «Eli non ha ricevuto il suo miracolo, la magia ha vacillato e il Nemeton è quasi morto!» urlò, manifestando finalmente la preoccupazione che le avvelenava l’animo ma Peter, semplicemente, scoppiò in una risata amara e si sedette pesantemente sul letto; incredulo di star affrontando una situazione simile.

«Spero che tu stia scherzando…» sussurrò poco dopo, l’allegria di poco prima sparita completamente nel nulla ma sua madre sollevò un sopracciglio e afferrò la giacca, ignorandolo completamente; Peter ruggì, fuori di sé dalla rabbia, e la afferrò brutalmente per un braccio «SONO IL SOLO CHE SENTE QUEL POVERO BAMBINO PIANGERE DISPERATO?!» sbraitò e, come se fosse stato chiamato, i lamenti di Eli arrivarono alle orecchie dei due lupi.

“Mi dispiace…” continuava a urlare e Peter ringhiò ancora, furibondo.

«Dimmi perché stai andando dai tuoi amichetti, a svendere nuovamente la nostra famiglia, invece che preoccuparti della nostra famiglia.» sussurrò velenoso.

«Perché se il miracolo muore, per noi è la fine.» rispose freddamente Talia, facendogli sgranare gli occhi «Perché se la magia muore, per noi non ci sarà più nulla da fare.» aggiunse, liberandosi finalmente dalla presa del figlio «Non ho intenzione di perdere nuovamente la mia casa, Pietro, e le lacrime di un bambino sono di poco conto se paragonato a quello che potrebbe accadere se la fiducia che il sindaco e i cittadini hanno nei nostri confronti dovesse sparire nel nulla.» Peter ruggì con tutta la furia che aveva in corpo ma Talia lo ignorò, limitandosi a ringhiare cupamente e a osservarlo irritata.

«Dovresti occuparti della tua famiglia, non di quei bastardi scrocconi!» sbraitò fuori di sé, indicando malamente l’esterno con una mano artigliata «Sai che si stanno lamentando del buffet? Uh? Come se Derek, in un momento simile, si preoccupasse maggiormente di sfamarli invece che tentare disperatamente di calmare il suo cucciolo!» aggiunse gesticolando animatamente, strappandosi quella dannata cravatta con un gesto secco e respirando profondamente «Si lamentano della stanza, di non averla vista, di non aver visto avvenire il miracolo!» urlò, sempre più vicino a perdere il controllo «Solo io mi sto preoccupando della famiglia?!» quella fu la goccia che fece traboccare il vaso; Talia avviò la trasformazione e ruggì. Peter si scostò, un patetico uggiolio a riecheggiargli nella gola e uno sguardo afflitto e offeso a bagnargli gli occhi.

«Se sei così preoccupato per la famiglia…» bisbigliò la donna, annullando poco a poco i tratti mutati pur mantenendo un ringhio costante «Allora renditi utile e guarda nel futuro. Vedi cosa accadrà alla nostra famiglia.» disse e si sistemò meglio la camicetta che indossava, marciando a passo spedito fuori dalla stanza.
 

Peter ruggì e colpì il pavimento con un pugno così forte da crepare le mattonelle mentre le lacrime correvano a bagnargli il volto, incredulo che quel veleno fosse uscito dalla bocca di sua madre, della loro Alpha… Sospirò e singhiozzò prima di alzarsi e asciugarsi il volto, uscendo dalla stanza e ringhiando quando sentì le lamentele dei cittadini; camminò nervosamente verso il portico si diresse verso la vecchia ala, chiudendo gli occhi quando percepì i singhiozzi di Eli riecheggiare dalla sua stanza.

Sollevò di scatto le sopracciglia quando, a metà percorso, incontrò la figura stanca e disperata di Derek; i due si fermarono a pochi passi l’uno dall’altro e in un attimo si abbracciarono. Peter chiuse gli occhi quando sentì i singhiozzi di suo fratello riecheggiargli nel petto e le lacrime bagnargli la giacca ma non se ne curò, iniziando a carezzargli dolcemente la schiena nel disperato tentativo di calmarlo.
 
 

«Andrà tutto bene…» sussurrò Peter ma Derek scosse il capo, singhiozzando «Si è calmato?» domandò, ben conoscendo la risposta. Il fratello sbuffò e si risollevò, asciugandosi il volto prima di sospirare rumorosamente.

«Continua a piangere disperato, Stiles sta cercando di calmarlo ma senza successo…» ammise, stringendo tra le mani un pacco di biscotti «Sono i suoi preferiti e io…» ammise, abbassando appena lo sguardo; Peter sorrise intenerito e gli carezzò il volto. ‘Questo sì che è un genitore!’ pensò osservandolo.

«Va e vizialo schifosamente…» disse dandogli una pacca sulla spalla «E digli che domani zio Peter lo porta alle giostre e gli comprerà il regalo più grande e bello che possa desiderare.» Derek lo fissò per qualche attimo prima di annuire e ringraziarlo, staccandosi e tornando nella stanza del figlio; udì i singhiozzi di Eli e la puzza di tristezza ma scosse il capo, desiderando con tutto sé stesso che il suo dannato talento si rivelasse utile una volta tanto.
 
 

Camminare per il corridoio fu estenuante, salire le scale fino alla grotta sembrò consumargli tutte le energie ma alla fine sospirò quando si ritrovò ad ammirare gli interni della sua grotta; entrò nella stanza delle profezie e si chiuse il portellone alle spalle, prendendo un profondo respiro mentre chiudeva gli occhi.

Iniziò a sentire il classico formicolio legato alla magia serpeggiargli sotto pelle e alla fine, non appena percepì gli occhi bruciare, li riaprì mostrando delle splendide iridi verde smeraldo; Peter sollevò le mani e trattenne il fiato, concentrandosi sulla sabbia e percependo i granelli iniziare a muoversi attorno a lui.

Poco a poco una tempesta di sabbia si sprigionò dal pavimento, avvolgendolo da capo a piedi mentre le immagini iniziavano a delinearsi davanti ai suoi occhi; il fiato gli si spezzò in gola quando notò cosa sarebbe accaduto nel futuro e le lacrime presero a scorrergli nuovamente sul volto man mano che quella tragedia veniva delineata e alla fine, quando la tempesta si placò, afferrò con mani tremanti quel dannato pezzo di vetro.

Villa Hale, devastata dalle crepe e prossima a crollare.

‘Non posso fare una cosa del genere…’ pensò amaramente, percependo il proprio lupo ululargli disperatamente nel petto ‘Lo caccerebbero fuori dal Branco e dalla famiglia… Questa profezia segnerà la fine degli Hale…’ un singhiozzo gli si incastrò in gola e alla fine lasciò cadere a terra la profezia; il vetro si ruppe non appena si scontrò contro il mattonato ma Peter non se ne preoccupò.

Passandosi una mano sul volto, e trattenendo il respiro, Peter indietreggiò di qualche passo e alla fine sospirò rumorosamente; c’era una sola cosa che potesse fare per salvare quel bambino e tutta la famiglia…

In silenzio, fece fagotto e uscì una volta per tutte dalla sua stanza; lanciò un ultimo sguardo alla sua porta, notando come la luce degli intarsi si stesse pian piano spegnendo, e nel silenzio più totale si allontanò per i corridoio bui della Villa…
 
 

*** Presente ***
 
 

Eli fissò attentamente suo zio, meravigliandosi sempre di più dell’uomo che aveva davanti; Peter aveva raccontato di quella sera come se stesse parlando di una normale partita di football ma il ragazzo non si perse gli occhi lucidi che suo zio aveva avuto per tutto il tempo, né come avesse piantato gli artigli nell’imbottitura della poltrona mentre raccontava dello scontro avuto con la loro Alpha.

Alla fine, i due Hale sospirarono profondamente e si passarono le mani sul volto allo stesso istante.
 
 

«Quindi che si fa?» domandò Eli, incrociando le braccia al petto.

«Non lo so…» sussurrò Peter, lo sguardo perso nel vuoto; Eli sbuffò rumorosamente, ottenendo l’attenzione dell’altro che sollevò scetticamente le sopracciglia «Io non lo so veramente.» disse portandosi le mani in tasta e iniziando a tirare fuori i frammenti della profezia, sotto gli occhi spalancati del nipote «Il futuro non è mai dettagliato, soprattutto se guarda un arco temporale molto ampio; non sono riuscito a vedere nient’altro ma c’è una cosa precisa in tutto ciò…» finalmente la profezia venne completata su un vecchio vassoio tutto ammaccato e, per la prima volta, Eli la vide mutare sotto i suoi occhi «Il futuro si sta ancora definendo, nipote, nulla è certo tranne il tuo ruolo in tutto ciò.» Peter inclinò il vassoio e la profezia cambiò ancora, mostrando Villa Hale distrutta «Che la magia si salvi o venga distrutta, tu avrai un ruolo centrale in tutto ciò…» sospirò, tornando finalmente a guardalo negli occhi.
 

Eli sospirò rumorosamente e si passò nuovamente una mano sul volto, muovendosi nervosamente per tutto quell’angusto spazio; aveva sperato con tutto sé stesso che quella dannata profezia potesse fornirgli la chiave di lettura per risolvere la situazione, per trovare il modo di salvare la magia e il miracolo, e invece si ritrovava con un pugno di mosche in mano. Sentì le voce dei suoi zii dall’altra parte del muro e si avvicinò cautamente, timoroso che potessero sentirlo, e appena si abbassò appena per poterli spiare da una crepa si ritrovò a sgranare gli occhi quando riconobbe la sala da pranzo dove era accaduta quella tragica cena; Isaac e Cora stavano sistemando il disastro causato dalla tempesta, nonostante la neve continuasse a cadere incessantemente sulla donna, ed Eli posò pesantemente una mano sul tavolo facendo cadere qualcosa.

Quando abbassò il volto, sentì qualcosa spezzarsi in lui; stava guardando un piatto disegnato alla meno peggio, scheggiato e rovinato dall’usura, su cui qualcuno aveva scritto con un pennarello ‘Peter’. Si voltò, gli occhi umidi di lacrime, incontrando la figura disperata dello zio; Peter abbassò gli occhi e sospirò, permettendo a una sola lacrima di solcargli il volto.
 
 

«Il mio talento non aiutava la famiglia…» disse improvvisamente l’uomo, un amaro sorriso a tirargli le labbra «Non le rendevo onore né giustizia, riuscivo solamente a combinare disastri…» sussurrò, trovando il coraggio di sollevare lo sguardo e puntarlo in quello disperato di Eli «M… Ma io amo questa famiglia!» esclamò, un triste sorriso sulle labbra «E così ho pensato di sparire, di rintanarmi tra queste mura e cerca di proteggerla nonostante tutto…» ammise prima di sospirare.

«Hai riparato le crepe, vero?» domandò Eli, facendolo annuire.

«Mi dispiace nipote, so che speravi di poter ricevere da me tutte le risposte che cerchi ma non è così…» Peter si avvicinò e gli posò le mani sulle spalle, sospirando quando vide i segni della violenza di Aiden primeggiare sulla pelle del collo «Vorrei aver visto di più…» ammise, più a sé stesso che all’altro, iniziando a spingerlo delicatamente verso l’uscita «Buona fortuna.» sussurrò una volta che furono fuori da quella stanza diroccata; Eli sospirò e annuì, borbottando un “Anche io…” che lo fece sorridere.
 

Eli sospirò nuovamente e si passò una mano tra i capelli prima di sollevare il capo, fissando intensamente il soffitto nella speranza di poter ricevere qualche illuminazione divina; alle sue spalle provenivano i borbottii insensati di suo zio intento a parlare con qualche ratto e un sorriso gli tirò le labbra, prima o poi avrebbe rivelato ai gemelli che il folle zio Peter viveva veramente con delle pantegane. Ma il sorriso durò poco visto che la sua mente gli regalò la tanto agognata epifania ed Eli si voltò, aprendo di scatto la porta e fissando euforico uno zio sempre più confuso.
 
 

«CI SONO!» urlò rientrando dentro e scattando verso Peter che, semplicemente, indietreggiò fino a sbattere contro il divano «Hai detto che avresti voluto vedere di più? Allora vedi di più!» disse spalancando le braccia e fissandolo eccitato ma ricevendo solamente un lamento in risposta.

«No.» disse seccamente Peter, facendogli perdere tutta l’allegria.

«Ma perché io…» provò a ribattere ma l’uomo lo fermò, mettendogli con decisione una mano sulla bocca.

«Perché non voglio.» rispose Peter con un ringhio «Ogni volta che vedo il futuro accadono delle disgrazie, ragazzo!» disse liberandolo e ricominciando a sistemare il casino che c’era nella sua camera.

«E qual è il problema? Tanto peggio di così?» disse come se nulla fosse, ottenendo un’occhiataccia in risposta «Zio, sappiamo tutti e due che le tue visioni non portano sfortuna né che sei tu a farlo!» esclamò, posandogli una mano sulla spalla e rimanendo apparentemente impassibile davanti agli occhi dorati che Peter gli mostrò «Il pesce rosso è morto perché era un fottuto pesce rosso, Gerard si ingozza costantemente di schifezze e Deaton… Non lo so ma chissene!» esclamò sempre più allegro, riuscendo addirittura a voltare lo zio «La magia sta morendo, il miracolo sta crepando e alla fine di tutta questa storia mi ritroverò sotto ai ponti o come tuo coinquilino; quindi ti chiedo, perché tergiversare?» gli domandò, posandogli le mani sulle guance e tentando di fare la sua miglior espressione da cucciolo; Peter sbuffò sonoramente e roteò gli occhi mentre un sonoro lamento gli abbandonava la gola.

«E se anche decidessi di accettare la tua proposta.» disse seccato, incurante dell’eccitazione che avvolse il ragazzo «Dove credi che potremmo nasconderci, uh? Ho bisogno di sabbia e spazio, io, e qualcuno ha ben pensato di intrufolarsi nella mia camera e distruggere la Sala delle Profezie!» esclamò puntandogli l’indice contro e facendolo arrossire appena prima di costringerlo a distogliere lo sguardo per l’imbarazzo «I normali ventiduenni lo fanno per cercare i preservativi dello zio o qualche bong, non certo per trovare delle profezie perdute!» Eli si grattò il capo e scosse la testa, tornando a fissarlo attentamente «Quindi ti chiedo, nipote, dove pensi che potremmo metterci? Uh?» chiese sollevando un sopracciglio.

«In camera mia!» i due sobbalzarono e si voltarono di scatto, spaventati e confusi, incontrando la figura sorridente e tranquilla di Allison; la bambina se ne stava in piedi davanti la porta, alle sue spalle si trovava il lupo con cui andava costantemente in giro e appollaiato sulle sue spalle…

«Il gatto!» esclamò Eli, fissando quel felino profondamente addormentato.

«Erika.» lo corresse immediatamente Allison.

«Sentiamo un po’, principessa, come hai fatto a trovarci?» chiese Peter, sorridendole dolcemente.

«I topini mi hanno detto tutto…» rispose semplicemente la bambina e i due adulti lanciarono uno sguardo alle pantegane che, intente squittire, sembravano star intavolando una seria conversazione con la piccola Hale «Cos’è un preservativo?» domandò fissando i due; Eli arrossì e si grattò il capo mentre Peter si schiaffava una mano sul volto, sbuffando sonoramente.

«Allora, zio?» chiese Eli, voltandosi a fissarlo.

«È una bambina!» ringhiò sottovoce, facendolo boccheggiare.

«IO MI RIFERIVO ALLA FACCENDA DELLA STANZA!» esclamò imbarazzato Eli; Peter corrucciò le sopracciglia e sussurrò un “Ops…” poco convinto prima di ridacchiare appena «Non hai nulla da perdere…» aggiunse stringendogli la mano con forza «Ed è ora che il Custode di Villa Hale esca dalle ombre.» Peter lo fissò intensamente prima di iniziare a guardarsi attorno, rendendosi conto per la prima volta delle condizioni in cui viveva.
 
 
Alla fine, sospirando rumorosamente, annuì.
 
 
«E facciamolo…» bisbigliò senza allegria, sorridendo al grido euforico che lasciò la gola dei suoi nipoti.


 

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Capitolo 8
*** Perfezione ***


Partecipanti:
Lydia
Eli
 


ENCANTO
Capitolo 08: Perfezione
 


«Io continuo a dire che è una pessima idea!» Eli roteò gli occhi davanti alla drammaticità dello zio e sospirò rumorosamente mentre continuava a trascinare quel secchio di sabbia lungo tutto il perimetro del cerchio che Peter aveva disegnato poco prima.

«Ma zio, non esistono brutte idee…» mormorò Allison, comodamente seduta sul suo lupo; Peter la folgorò con lo sguardo, borbottando un “Tutti contro il povero zio Peter…” da farla ridacchiare.

«Sciò! Sciò!» sbuffò Eli, cercando di scacciare un cane fin troppo tonto che non voleva saperne di allontanarsi da lì e alla fine, sbuffando, modificò il suo percorso; un tuono crepitò nell’aria e uno strano vento prese a scuotere le alte fronde del baobab, distraendo i tre e portando il lupo a ringhiare minacciosamente.

«Buono Boyd, buono…» sussurrò Allison, carezzandolo dolcemente sul fianco.

«Che sta succedendo?» domandò Eli, fissando preoccupato il soffitto che si stava via via incupendo sempre di più.

«È la magia.» rispose Peter, mettendosi comodamente seduto al centro del cerchio di sabbia «Il Nemeton sta morendo e le stanze, che nono una proiezione del miracolo stesso, stanno risentendo di questa cosa. Hai visto cos’è successo alla mia, no?» domandò portandolo ad annuire; come poteva mai dimenticarsi quell’esperienza? Si aspettava di ritrovarsi davanti l’enorme distesa di sabbia e nulla e invece, ad attenderlo poco dopo l’uscio, si trovava un stanzino piccolo e ingombro di sabbia.

«Iniziamo?» chiese Eli quando finalmente il cerchio fu chiuso, fissando attentamente lo zio che annuì e deglutì rumorosamente; Allison sorrise e scese dal lupo prima di correre da qualche parte.

«Prima iniziamo e prima finiamo.» borbottò Peter ma, appena chiuse gli occhi per concentrarsi, Allison tornò di corsa stringendo tra le braccia il suo lupo di peluche; lo stesso che Eli le regalo qualche giorno prima.

«Per te.» disse la bambina, ponendolo in mano allo zio «Woffy ti aiuterà a trovare il coraggio.» disse e Peter sorrise, ringraziandola con lo sguardo.

«Ok zio, andiamo!» Peter annuì e chiuse gli occhi.
 

 
Immediatamente il cielo si fece scuro, come se stesse per scoppiare un violento temporale; il vento cominciò a soffiare con forza portando i rami del baobab a scricchiolare minacciosamente mentre oscillavano violentemente in ogni direzione. Da ogni parte della stanza iniziarono a riecheggiare i versi indignati e terrorizzati degli animali che la popolavano e persino Erika cominciò a soffiare nervosa mentre Boyd ringhiava minacciosamente; Allison provò a calmarli ma senza troppo successo e alla fine, spalancando gli occhi, Eli si ritrovò a sussultare quando notò le iridi smeraldine dello zio.
 

«Stringimi le mani, così vedrai ciò che vedo io.» disse Peter ed Eli ubbidì, deglutendo per via di quella tensione «Iniziamo…» sussurrò, chiudendo nuovamente gli occhi.
 


Il vento cambiò direzione e uno strano formicolio prese a serpeggiare lungo tutto il corpo di Eli, costringendolo a osservarsi attentamente e intimidito da quella situazione; si sentiva andare a fuoco e vedere la sabbia iniziare a muoversi pigramente attorno ai due non migliorava la sensazione. Diverse fitte di dolore lo avvolsero da capo a piedi ma Eli si costrinse a mordersi la lingua, troppo terrorizzato di rompere la trance in cui suo zio era caduto, e poco a poco una strana sensazione di debolezza lo avvolse da capo a piedi; un brivido freddo lo percorse, si sentì privato del sangue e quando iniziò a temere di perdere i sensi da un momento all’altro ecco che la sabbia si sollevò in cielo con una rapida impressionante, disegnando una gigantesca cupola sui due Hale e vorticando così violentemente da oscurare qualsiasi cosa si trovasse all’esterno di quel muro dorato.
Eli prese a guardarsi attorno, terrorizzato, e poco a poco la sabbia iniziò a mulinare fino a formare dei disegni; sgranò gli occhi, fissando la maestosa figura di Villa Hale che si stagliava contro la cupola.

Le crepe cominciarono a solcare le pareti e i muri crollarono sotto il loro peso, il Nemeton si seccò e si piegò fino a spaccare il tronco di netto; le fronde caddero a terra, rischiando di schiacciare una terrorizzata Allison che venne salvata in extremis da qualcuno. La candela sobbalzò e cadde, la cera cominciò a consumarsi rapidamente e poi, davanti a tutto quel disastro, comparve la figura piangente di Eli; la visione però mutò, mostrando la Villa intatta e la famiglia riunita ma intervallandosi all’immagine di un cumulo di macerie fumanti.
 
 

«È la stessa visione della volta scorsa!» urlò Peter, facendolo sobbalzare e costringendolo a riportare l’attenzione su di lui «Devo interrompere.» disse iniziando ad allentare la presa dalle sue mani ma Eli le strinse con tutta la forza che aveva, alzandosi e tirando con sé lo zio.

«NO!» urlò «DEVO SAPERE COSA SUCCEDE! NON PUÒ FINIRE COSÌ» disse iniziando a spostarsi verso la cupola, incurante del vento che aveva iniziato a frustarlo in volto.

«RAGAZZO, STIAMO VEDENDO LE STESSE COSE!» rispose Peter ma Eli lo ignorò, iniziando a guardarsi attorno perché doveva esserci qualcosa, una fune a cui aggrapparsi e da tirare per impedire al futuro di concretizzarsi; si lasciò scappare un singhiozzo quando non vide altro che sabbia e la profezia e piano piano iniziò a lasciare la presa quando, improvvisamente, un bagliore luminoso e giallo come il Sole attirò la sua attenzione.

«GUARDA! GUARDA!» urlò, strattonando lo zio e avvicinandosi alla luce; poco a poco questa prese la forma di una farfalla che, leggiadra e delicata, svolazzava pigramente in quel turbine di sabbia.

«LA FARFALLA?!» domandò Peter, incuriosito «SEGUI LA FARFALLA!» ordinò e di certo nessuno avrebbe impedito a Eli di ubbidire, nonostante la stanchezza che stava iniziando a fargli tremare i muscoli dallo sforzo; la farfalla si posò su uno stelo e l’immagine cambiò, mostrando due figure intente a parlare sulla riva di un fiume.

«CHE SUCCEDE? DOVE SIAMO?» chiese sempre più confuso.

«NON LO SO!» urlò Peter, stringendo i denti e cercando di delineare il più possibile l’immagine «NON C’È UNA LOGICA IN QUELLO CHE VEDI!» gli spiegò ma l’immagine cambiò ancora, mostrando loro due persone davanti alla candela «L… LA CANDELA!» disse mentre un sorriso iniziava a tirargli le labbra «I… IO CREDO CHE SALVERAI IL MIRACOLO!» urlò euforico, in netto contrasto con l’ansia emanata da Eli.

«MA COME?!» domandò corrucciando lo sguardo e cercando di decifrare l’identità delle due figure; una di quelle era senz’alcun dubbio lui ma l’altra…

«TU… TU…» borbottò Peter, osservando come le due persone si stessero avvicinando

«L’AFFRONTI!» esclamò stringendo la presa sulle sue mani per poi spalancare la bocca quando le vide stringersi «NO, NO! L’ABBRACCI!» si corresse immediatamente.

«L’AFFRONTO O L’ABBRACCIO?!» urlò Eli, irritato e stanco di quella dannata situazione.

«L’ABBRACCI!» disse Peter non appena l’immagine si delineò maggiormente, mostrando il volto sorridente dell’Eli nella visione «PER SALVARE LA MAGIA DEVI ABBRACCIARE QUALCUNO!» urlò, saltando sul posto per la felicità e ignorando il “Ma abbracciare chi?!” sbraitato dal nipote «UN ATTIMO… ANCORA UN ATTIMO… TUA SORELLA!» finalmente l’immagine di Lydia, intenta a sistemarsi i capelli con il suo solito gesto occupò l’intera visuale dei due ed Eli, stremato, spalancò gli occhi e abbandonò le mani dello zio prima di cadere pesantemente a terra.
 
 

La cupola di sabbia esplose in un turbinio, lanciandone i granelli in ogni direzione possibile, permettendo a una preoccupatissima Allison di avvicinarsi ai due; Eli, pallido come un cencio, strisciava sul pavimento tentando di recuperare le energie il prima possibile mentre Peter continuava a urlare euforico e a saltare sul posto, stringendo tra le mani una nuova tavola in vetro su cui primeggiava il volto sorridente di Lydia.
 
 

«Che fortuna! Devi abbracciare la tua sorellona!» esclamò l’uomo, voltando la tavola e fissando il suo sorriso radioso sul volto irritato del nipote «Oppure no…» borbottò quando notò lo sguardo assassino che Eli gli rivolse «Al solito.» disse lanciando la tavola e facendola andare in mille pezzi.
‘Inizio a odiare questa situazione del cazzo…’ pensò Eli, stendendosi finalmente al suolo e ricominciando a respirare.
 

 
***
 
 

Peter fissò suo nipote con crescente preoccupazione, visto che da una mezz’ora abbondante se ne stava seduto a terra con un broncio da record e una barretta energetica tra le mani; fu terrificante vedere come la magia lo aveva ridotto, prossimo allo svenimento e con il sangue prosciugato dagli zuccheri, e fu ancor più terrificante assistere allo sfogo che il ragazzo aveva avuto non appena erano usciti dalla stanza della bambina.
 
 

«Lei. Mi. Odia.» sibilò nuovamente, facendo sbuffare sonoramente lo zio «No, dico sul serio!» esclamò fissandolo irritato «Lei mi odia, sono la persona che odia maggiormente su tutta la Terra e dopo che le ho rovinato la sua preziosissima cena di presentazione mi odia ancora di più!» disse finendo di mangiare il suo cioccolato e sbuffando sonoramente.

«Eli…» provò Peter, venendo interrotto da un nuovo sclero.

«E non è tutto!» esclamò, appallottolandosi la cartaccia della barretta e nascondendosela malamente in tasca «Lei, Ms. Perfezione la Signorina Principessina Viziata Lydia, non ha uno straccio di problema al mondo; tutti sono ai suoi piedi, sono tutti disposti a darle una mano e se solo lo pensasse riuscirebbe ad avere il titolo di alpha e la guida del Branco e…» nascosti com’erano dietro dei grossi vasi, a qualche metro dalla stanza di Lydia, Peter sollevò si scatto la testa e cominciò a guardarsi in giro; aveva percepito la presenza di qualcuno avvicinarsi al duo e non ci volle molto prima che un Aiden visibilmente scocciato, e con la faccia di un ragazzino, entrasse nel corridoio sotto di loro.

«Eli…» borbottò il ragazzo, sbuffando nuovamente e cercando di riacquistare il proprio aspetto ma finendo solamente per assomigliare al vecchio Gerard.

«E lei non si perde un momento per ricordarmi quanto sia inutile, maldresto e…» Eli continuò a imprecare, incurante di tutto e tutti; Peter si lamentò e roteò gli occhi prima di tappagli una bocca e scuoterlo violentemente per le spalle.

«ELI!» esclamò con un sonoro ringhio nella voce «Scusa…» borbottò subito dopo, passandosi le mani nei capelli «Ragazzo, capisco tutto ma la profezia non parla di tua sorella.» disse dolcemente prima di posargli l’indice sul petto, proprio all’altezza del cuore «Ma parla di te. Devi essere tu a fare il primo passo, non lei.» gli disse facendolo sbuffare sonoramente.

«Per salvare la magia, il miracolo e la famiglia devo abbracciare mia sorella?» domandò ma ricevette in risposta solamente un’alzata di spalle «E va bene, poniamo fine al supplizio…» borbottò alzandosi e sistemandosi i vestiti, sperando di eliminare tutta la sabbia che aveva addosso e che, ne era certo, sua sorella avrebbe utilizzato per infastidirlo; fece qualche passo in direzione della porta ma, non appena sentì il pavimento venire graffiato da qualcosa di pesante, si voltò verso la figura dello zio «Che stai facendo?» gli chiese, notando il modo in cui Peter si trascinava dietro il vaso per cercare di nascondersi dagli occhi di tutti «Tu non vieni?» domandò corrucciando lo sguardo.

«È il tuo futuro, Eli, non il mio…» rispose Peter, usando il classico tono delle veggenti in tutti quegli stupidissimi film.

«Hai paura di incontrare la nonna, vero?» chiese il ragazzo, facendo sbucare la testa dello zio da oltre il vaso.

«Lei e tua zia.» rispose con un sorriso prima di aprire un quadro e arrampicarsi sopra il muro, un sorriso sulle labbra che gli morì non appena posò entrambi i piedi oltre il buco «Nipote, verrai a trovarmi?» chiese timoroso, riuscendo a incontrare lo sguardo divertito ed emozionato di Eli.

«Quando avrò finito con tutto ciò, zietto, ti assicuro che mangerai al nostro stesso tavolo.» gli promise e il sorriso che gli regalò Peter fu la cosa più bella e dolce di quella giornata.

«E dì a tuo padre di comprare più Kinder Bueno, ne prende sempre pochi!» esclamò ridacchiando prima di richiudersi il quadro alle spalle.
 

‘Tranquillo, zio Peter, se tutto andrà bene potrai dirglielo tu stesso…’ pensò prima di prendere un profondo respiro e voltarsi nuovamente, arrivando finalmente ad afferrare quella dannata maniglia;‘Ok! Andiamo a salvare la magia! Con un abbraccio…’

La camera di Lydia era una distesa immensa di schifo; le mattonelle erano praticamente sparite, sommerso da una quantità impossibile di petali multicolore, siepi e muri di piante rampicanti decoravano ogni singolo metro di quell’inferno floreale e al centro della stanza, sopra quello che sembrava un palco, si trovavano due gigantesche tende fatte interamente di fiori intrecciati.

L’odore di fiori freschi era nauseante e quasi rimpianse l’enorme distesa di sabbia presente nella stanza dello zio, portandolo a domandarsi se in quella casa ci fossero camere da letto normali; Eli avanzò di qualche passo, percependo il gorgogliare di qualche fontana e i crepitii dei fiori smossi dalla delicata brezza. Percepì gli occhi bruciargli e il naso iniziare a colargli e prima che se ne rendesse conto aveva iniziato a starnutire con la poca grazia che aveva; ‘Perfetto! Ovviamente sono allergico ai fiorellini! Morirò quando l’abbraccerò!’ pensò sbuffando sonoramente e schiarendosi la gola, sperando di poter uscire vivo da quella camera.
 
 

«Ehi, Lyds…» sussurrò, guardandosi attorno e cercando di sorridere «Sai, mi dispiace per quello che è successo alla tua stup… Alla tua splendida festa di presentazione…» si corresse, sapendo benissimo che sua sorella l’avrebbe ucciso all’istante se gliene avesse data l’occasione «Quindi sono qui per fare il bravo fratello e per chiederti scusa!» esclamò iniziando a salire su quella specie di palco; ‘Perché ovviamente ogni diva necessita di un posto dove esibirsi…’ pensò malignamente «Quindi avanti, Lyds, abbracciamoci e via! Un abbraccio risolve tutto!» disse spalancando le braccia e sorridendo come un ebete, aspettando una qualsiasi risposta da parte della sorella.

«Abbracciamoci… E via?» la voce di Lydia, completamente oscurata da un ringhio animalesco, gli fece contorcere spiacevolmente le budella; i crepitii si diffusero in tutta la stanza e poco a poco le tende si spostarono, mostrando delle liane spesse quando un dito che si innalzavano fino al soffito «Danny ha il naso gonfio come una papaya…» seduta elegantemente sul letto, completamente avvolta da fiori e petali, Lydia si ritrovava a osservare quella splendida rosa nera che aveva fatto crescere poche ore prima; indossava una semplice vestaglia da camera fin troppo simile a un abito da sera e, Eli poté giurarci, sembrava come se fosse illuminata dai riflettori di un teatro. ‘Come una vera diva!’ pensò «Scott non riesce a sollevare uno stecchino…» aggiunse e poco a poco il letto si spostò, iniziando ad abbassarsi e a ruotare su sé stesso permettendo a Eli di osservare il volto apparentemente calmo della sorella; bastò un’occhiata però per capire quanto, in realtà, Lydia stesse ribollendo di rabbia «E tu mi vieni a dire… Abbracciamoci e via?» chiese sollevando un sopracciglio, portandolo a deglutire.

«Lyds.» disse dopo aver preso un profondo respiro ma appena provò a fare un passo nella sua direzione, sperando almeno di poterle parlare tranquillamente e seduto sul suo stesso letto, due rampicanti si rizzarono e gli sbarrarono il passaggio.

«SEI FORSE IMPAZZITO?!» ruggì la ragazza, schiacciando la rosa nel suo pugno e alzandosi di scatto dal letto mentre avviava la trasformazione e ringhiava minacciosamente; Eli sollevò un sopracciglio, per nulla impressionato, ma si ritrovò a sobbalzare quando due radici gli avvolsero saldamente le radici e cominciarono a tirarlo verso l’uscita.

«Aspetta Lyds!» esclamò, tentando di liberarsi da quella presa.

«TU MI HAI ROVINATO L’ESISTENZA!» urlò invece la ragazza «MOSTRI SEMPRE LA TUA FACCIA DA CUCCIOLO BASTONATO MA NON FAI ALTRO CHE DISTRUGGERMI LA VITA!» ruggì, sollevando di scatto le braccia e facendo partire dei rampicanti che colpirono il fratello in pieno petto; Eli sbuffò e si piegò su sé stesso, gli occhi resi umidi dalle lacrime, e poco dopo le radici scattarono portandolo a sbattere dolorosamente il mento contro i gradini di quel dannato palco.

«Colpa mia?!» urlò Eli, afferrando con forza uno dei tanti cespugli e lottando contro le radici «E da quando sarebbe colpa mia?! Non ti ho mai fatto nulla!» disse furente; Lydia ruggì nuovamente e sollevò una mano, bloccando le radici e facendo ricadere il fratello sul pavimento con un tonfo «Ascolta, sorella, percepisco rabbia e disappunto ma sai cosa potrebbe far tornare il buon umore?» domandò, tentando di sorriderle dolcemente «Un caldo abbraccio!» esclamò prima che un fiore, spuntato davanti al suo volto in quel preciso momento, gli finisse in bocca.

«Sei forse impazzito?» domandò Lydia, annullando la trasformazione e scendendo finalmente dal letto mentre il fratello riusciva a sputare quei dannati petali «Era tutto perfetto…» disse la ragazza, scendendo teatralmente le scale e facendolo sbuffare «Nonna era felice, la famiglia era felice! E tu… Tu hai rovinato tutto!» urlò, a pochi passi da lui; Eli sbuffò e si rialzò, spolverandosi i vestiti con dei gesti nervosi.

«Ascolta, sorellina…» disse a denti stretti, percependo la pazienza abbandonarlo istante dopo istante «Che ne dici di mettere una pietra sopra su tutto e ricominciare? Migliorando come fratelli!» esclamò fin troppo allegro e allargando le braccia; Lydia ringhiò e illuminò le iridi, accompagnando un boato che riecheggiò sul soffitto e un diffuso tremore che colpì quell’enorme serra.

«Vuoi. Migliorare. Come. Fratello?» gli chiese, avanzando lentamente finché non si trovò davanti al suo sguardo irritato «Chiedimi scusa per avermi rovinato la vita!» gli ordinò, sorridendo trionfante quando vide la sua espressione scandalizzata; Eli spalancò la bocca e provò a ringhiare, un misero suono di gola che gli procurò ben presto un bruciore fastidioso, e lasciò cadere pesantemente le mani verso il basso prima di sbuffare sonoramente «Chiedimi scusa…» sussurrò malignamente.

«È va bene!» disse a denti stretti, stringendo i pugni quando notò quella stronza di sua sorella mettersi comoda per ascoltarlo attentamente «Io ti…» sussurrò, schiarendosi subito la gola «Sono… Veramente… Dispiaciuto.» buttò fuori, furibondo; Lydia sorrise compiaciuta e soddisfatta, incrociando le braccia al petto e sollevando il mento con fare altezzoso. E quello fu semplicemente troppo «CHE LA TUA VITA SIA COSÌ BELLA!» urlò fuori di sé ma Lydia rimase immobile e sollevò una mano, come se stesse cacciando via una mosca fastidiosa.

«Fuori.» mormorò e quelle dannate radici ripresero a trascinarlo via, incurante dei suoi disperati tentativi di opporsi.

«E VA BENE! TI CHIEDO SCUSA!» urlò, cercando di aggrapparsi nuovamente a uno di quei cespugli «RAZZA DI… MOCCIOSA EGOISTA!» quelle parole parvero riecheggiare per tutta la stanza; Lydia si bloccò sul posto e si voltò lentamente, le iridi illuminate e le zanne ben in vista.

«Egoista?» domandò con un ringhio, tornando sui suoi passi.

«PRINCIPESSINA VIZIATA!» sbraitò Eli, aggrappandosi a una pianta in vaso «CI SONO PERSONE CHE HANNO DIECIMILA PROBLEMI PIÙ GRANDI DEI TUOI E PAGHEREBBERO ORO PUR DI ESSERE AL TUO POSTO E TU TI LAMENTI?!» urlò, lottando con tutto sé stesso contro quelle dannate piante maledette.

«IO sono PRIGIONIERA da una VITA nel ruolo di perfettina!» ruggì Lydia, la voce distorta dalle zanne.

«Oh! Che immane tragedia!» urlò Eli, incurante del ruggito che la sorella gli rivolse.

«TU NON HAI FATTO ALTRO CHE COMBINARE CASINI!» il ruggito di Lydia fu così forte da far tremare addirittura i fiori, costringendo Eli a strizzare gli occhi a causa del fastidioso sibili che gli infastidiva le orecchie «Hai sempre rovinato tutto…» ringhiò, a un passo dal fratello.

«Puoi ancora sposare quel bamboccio e poi, cara la mia sorellina, sono quasi sicuro che il caro Danny preferirebbe strozzarsi con la mia erezione piuttosto che baciarti!» urlò, gesticolando animatamente con una mano mentre con l’altra rimaneva fermamente attaccato a quella dannata pianta.

«E CREDI CHE NON LO SAPPIA?!» urlò Lydia, facendogli sollevare di scatto le sopracciglia «IO L’AVREI SPOSATO SOLO PER LA FAMIGLIA!» ruggì ed Eli spalancò la bocca, indietreggiando di un passo a quella rivelazione; anche Lydia si rese conto di quanto detto e si immobilizzò per un attimo.

«Lyds…» sussurrò Eli, sconvolto; uno strano rumore attirò l’attenzione dei due e, quando abbassarono lo sguardo, si ritrovarono a fissare un cactus spuntato fuori dal nulla.
 


 
Che cambiamento questa pianta!
E può pungermi un bel po'…
Non è simmetrica, è un po' buffa!
Ma che importa in fondo è la mia!
Cos'altro farò?


 

«L’ho… L’ho fatta io?» chiese Lydia, inginocchiandosi davanti a quella pianta.

«Wow, sorella…» sbuffò Eli, passandosi una mano tra i capelli «Questa sì che è una confessione…» disse sollevando il capo e arricciando il volto «Dai, abbracciami…» sussurrò facendo un passo in avanti e allargando le braccia, venendo completamente ignorato.

«Non… Non avevo mai creato cactus…» disse meravigliata per poi sollevare una mano, desiderosa di carezzarla «AHI! Punge!» esclamò, ridacchiando subito dopo.

«Ehm… Lydia?» domandò Eli ma senza alcun beneficio.

«È così buffa…» con attenzione, la ragazza afferrò la sua nuova pianta e si risollevò; gli occhi verdi ammaliati da quelle forme tonde e per nulla perfette, la presenza delle spine e la completa e totale assenza di grazia e dolcezza «È la mia piantina!» disse euforica, roteando su sé stessa e ridacchiando deliziata.
 


 
Abbracciami, dai, vieni qui!
Ascoltami, parlami, parlami!

Cos'altro farò?
E dai vieni qui! Vieni qui!
È gratis, abbracciamoci un po'!


 

«Avanti Lyds, abbracciami!» disse Eli avanzando di qualche passo ma Lydia scappò nuovamente e prese a muoversi nervosamente per la sua stanza, ridendo mentre osservava quel dannato cactus.

«Che posso fare? Che altro posso fare?» si chiese la ragazza, del tutto incurante del fratello.

«Abbracci gratis!» urlò Eli ma anche questa volta venne ignorato «Ehi! Ms. Perfezione Signorina Principessina Viziata Lydia!» sbraitò, ottenendo finalmente l’attenzione da parte della sorella e uno sguardo omicida che aveva ben pochi fraintendimenti.

«Chiamami ancora in quel modo, Eli, e giuro sul Novilunio che ti stacco la testa dal collo.» lo minacciò con un pericoloso ringhio nella voce.

«Almeno ti sei degnata di guardarmi!» disse irritato, indicando prima sé stesso e poi quella cazzo di pianta «Si può sapere che cazzo ti prende?! Vuoi davvero farmi credere che non hai mai creato altro che fiori e petali?» domandò sollevando un sopracciglio, ritrovandosi a spalancare la bocca quando sua sorella sospirò tristemente e abbassò il capo.

«I fiori sono perfetti, così come dovrei esserlo io, e i petali sono splendidi, sempre come dovrei essere io…» ammise tristemente Lydia, portandosi dietro l’orecchio una ciocca ramata «Sono la primogenita della nuova generazione Hale e, secondo la nonna, la più carina del Branco. Devo essere perfetta.» disse tornando a fissarlo, gli occhi resi umidi dal dolore.

«Fammi indovinare…» borbottò Eli, portandosi le mani nelle tasche «Parole della nonna, no?» domandò e Lydia annuì, facendolo borbottare diversi insulti sottovoce «Ma Lyds, ti rendi conto che la nonna non ha alcun diritto di dirti come usare il tuo talento?» le chiese, sorridendole dolcemente «Insomma, dovresti essere libera di creare tutti i fiori che vuoi! E se desideri un Platano Picchiatore in camera tua, beh…, chi è lei per dirti di no?!» domandò sollevando le spalle con nonchalance; Lydia però sospirò nuovamente e sistemò il cactus in un vaso prima di sistemarsi i capelli, voltandosi a fissarlo attentamente.

«Seguimi…» disse solamente, incamminandosi per un sentiero fatto di petali di papavero.
 


 
Con me sboccia ogni rosa…
Flor de mayo, ne ho un vivaio!
Faccio prove di ogni posa,
Quel che è dentro è un bel guaio!


 

Eli si guardò attorno, stupito; davanti ai suoi occhi si ergeva un vero e proprio salotto letterario. Ogni singolo mobile sembrava composto interamente di petali e fiori.

C’erano un paio di divanetti sistemati attorno a un basso tavolo da caffè, su cui primeggiava un libro così consunto che la copertina iniziava a cadere a pezzi; una gigantesca libreria faceva bella mostra di sé lungo tutta una parete ed Eli sollevò le sopracciglia quando notò il modo in cui diversi libri sembravano accatastati l’uno sull’altro, come se non ci fosse abbastanza spazio. Ma quello che maggiormente lo lasciò di stucco fu il telescopio sistemato in un angolo, l’unico pezzo di quella stanza che non fosse ricoperto di fiori o petali; si trovava accanto a una spaziosa finestra da cui, ipotizzò, si potesse vedere tranquillamente il cielo notturno e tutte le sue stelle.

Quando voltò il capo, però, si ritrovò a sbiancare davanti alla quantità abnorme di siepi dall’aspetto di sua sorella; c’erano almeno una cinquantina di Lydia sistemate in ogni dove, ognuna in una posizione differente e tutte leggiadre. Sembravano delle splendide statue prive di vita a cui qualcuno, disperatamente, aveva cercato di fornire una vera e propria identità e un aspetto roseo; alle pareti si trovavano appesi dei quadri, tutti ritraenti donne famose ma Eli riuscì a riconoscere solamente Frida Kahlo.
 
 

«Questo sono io…» disse improvvisamente Lydia, facendolo sobbalzare «Ma questo non va bene, Eli, non per me…» sussurrò intristita, fissando amaramente il suo angolino speciale.

«Ma perché?» domandò il fratello, sempre più confuso.

«Perché…» sussurrò la ragazza, ricominciando a camminare lentamente sul sentiero «Perché con me sboccia ogni fiore, ogni singola rosa che decora questa città l’ho fatta crescere io; sono stata educata dalla nonna in persona a intraprendere questa strada, i nostri padri hanno avuto ben poco da dire sulla mia educazione e…» sospirò, asciugandosi distrattamente una lacrima «E a me andava bene, giuro, andava così bene che non mi pesava essere la principessa della casa.» disse, guardando amaramente le sue copie «Indossavo gli abiti più belli e costosi del mercato, avevo accesso a tutti i trattamenti di bellezza che desiderassi e non c’era giorno in cui non mi esercitassi per essere una brava Omega padrona di me stessa e futura governante della cosa ma poi…» sussurrò, sospirando rumorosamente.

«Ma poi?» domandò Eli, avvicinandosi e fissandola attentamente; Lydia sbuffò una risata amara e si asciugò il volto, dove una lacrima era fuggita al suo controllo e aveva iniziato a percorrerle la pelle perfetta.

«Ma poi ti sei appassionato all’astronomia e ti sei convinto che il tuo talento sarebbe stato quello di poter viaggiare nello spazio.» rispose Lydia, voltandosi e fissandolo dolcemente «Papà Stiles si fece immediatamente intenerire da tutti i disegni che facevi su pianeti e stelle che cominciò a regalarti tutte le riviste scientifiche sull’argomento che tu, ovviamente, lasciavi in giro con il tuo disordine cronico e così, poco a poco, ho iniziato a leggere quelle riviste e mi sono appassionata all’astronomia.» disse, carezzandogli dolcemente il volto pallido «E da lì, quasi con naturalità, è arrivata la curiosità sulla fisica e l’amore per quest’ultima… Sono ormai sei anni che studio da auto-didatta qualsiasi argomento inerente la fisica e… E quando nonna mi comunicò l’imminente preparazione delle mie nozze con quel cretino…» disse in un ringhio, strappandogli una risatina «Mi sono sentita morire e così ho chiuso i libri, messo da parte il telescopio e creato questo…» sussurrò, indicandogli una vera e propria serra costruita con dei rami e decorata con una moltitudine di flor de mayo.
 


 
 


«Perché?» chiese Eli, tornando a fissare la sorella.

«Perché sì.» rispose semplicemente Lydia, abbassando lo sguardo «Avrei sposato Danny solamente perché la loro famiglia è estremamente influente a Beacon Hills e da anni i Mahealani sperano di legarsi agli Hale.» spiegò, sollevando pesantemente le spalle.

«Ma Danny è palesemente gay e così passivo!» esclamò Eli facendola sorridere.

«A nessuno interessa veramente, fratellino, solamente a te.» rispose Lydia, posandogli una mano su un braccio e sospirando «Iniziai a creare queste statue… Anche se, a voler essere onesti, l’ho sempre fatto…» sussurrò indicando i suoi cloni «Facevo prove su prove riguardo tutte le posizioni da assumere in ogni circostanza ripetendomi che era giusto così, che ciò che provavo e sognavo era sbagliato.» Eli, non appena la vide piangere silenziosamente, le afferrò le spalle e la voltò prima di stringerla con forza tra le sue braccia; le posò il capo sulla testa e sospirò, beandosi del delicato profumo che i capelli rosso-fragola di Lydia emanavano.

«Perché non me l’hai mai detto prima?» le domandò, facendola ridere rumorosamente.
 
 

 
E se seguissi il mio cuore non temendo alcun errore?
Urla un po', per favore!
Woah!

Vorrei non fosse necessario fare tutto perfetto!
Avrei modo così di esprimermi…



 
«Forse perché io e te non abbiamo mai avuto questo tipo di rapporto?» domandò, sollevandosi appena per osservarlo meglio «Non ho un buon rapporto con nessun membro della famiglia, neanche con Ethan o Allison che sono gli unici altri Omega; è difficile creare dei legami quando passi la maggior parte del tempo chiusa in camera tua o sotto le grinfie della tua alpha, no?» chiese sorridendo divertita «E poi cos’avrei mai potuto dire? Uh? Aiuto! La nonna vuole rendermi una principessa Disney quando a me piace il lacrosse e la fisica!» disse staccandosi appena dal corpo del fratello e gesticolando leggermente.

«SÌ!» urlò Eli, come se fosse ovvio «Avresti dovuto gridarlo ai quattro venti!» esclamò sempre più irritato e Lydia scoppiò a ridere, una risata vera che proviene dalla pancia e ti porta a ridere con tutto il corpo.

«Mi ero dimenticata quanto mi facessi star bene…» sussurrò facendolo bloccare e, non appena Eli si indicò, Lydia si ritrovò ad annuire.

«Ma se mi odi?!» disse spalancando le braccia.

«E da quando?» domandò sollevando entrambe le sopracciglia e incrociando le braccia al petto «Ti invidio, questo sì, ma non ti odio.» ammise sorridendogli e nuovamente Eli si indicò.

«E perché invidi me?!» esclamò sempre più confuso «Pronto? Sono l’Alpha di cui tutta la famiglia, forse con l’eccezione dei nostri padri, si vergogna; non riesco a essere utile a nessuno, neanche volendo, per via della mia totale assenza di talento e come se ciò non bastasse vengo, tipo, picchiato e malmenato da tutti! Insomma, guarda!» urlò, abbassandosi il colletto e mostrandole i segni della violenza che Aiden aveva attuato nei suoi confronti qualche ora prima; Lydia chiuse gli occhi e voltò il capo dall’altra parte, permettendo a una singola lacrima di solcarle le guance «Sei tu quella fortunata, sorellina, perché riesci a farti rispettare da tutto e tutti; riesci a essere inquietante nonostante la tua bellezza e la tua perfezione mentre, quando c’ho provato io, mi sono ritrovato con uno squarcio sul petto da parte di Ethan.» ammise sollevando le spalle e storcendo la bocca.

«Ethan ti ha attaccato?» gli chiese facendolo annuire «Ecco perché puzzava così tanto di colpa e vergogna…» borbottò portandosi l’indice al mento e corrucciando le sopracciglia.

«Non è questo il punto!» esclamò Eli, afferrandole saldamente le mani e sorridendole «Il punto, cara sorella, è che devi liberarti di queste catene, mandare al diavolo la nonna e permetterci di scoprire una nuova e fantasmagorica Lydia!» urlò sollevando le mani in aria e facendola ridere.

«Quanto vorrei che fosse possibile…» ammise quando si fu calmata «Fare quello che voglio senza l’ansia costante di fare tutto alla perfezione, così come vuole lei.» disse abbassando lo sguardo ma Eli le afferrò il mento e la costrinse a risollevarlo, incrociando i loro sguardi e sporgendosi per baciarle la fronte.

«Anche la più imperfetta delle cose ha la sua perfetta bellezza.» sussurrò, carezzandole il volto.
 


 
Potrei creare jacarandas,
O un fico che strangola!

Cos'è? Ecco qua!
Palma de cera è una vera sfida, dove arriverò?
Cos'altro farò?


 

«E questa da dove l’hai tirata fuori?» gli chiese ma Eli sorrise e sgranò gli occhi, ridacchiando pericolosamente.

«L’ultimo che arriva è un lupo spelacchiato!» urlò scattando di corsa e scoppiando a ridere mentre proseguiva a passo spedito lungo quel dannato sentiero floreale; Lydia spalancò la bocca e illuminò le iridi ma si ritrovò a imitarlo, maledicendo per la prima volta le sue splendide Jimmy Choo.

«Non vale così!» disse fermandosi e togliendosi quelle trappole eleganti prima di ricominciare a correre, beandosi della sensazione dei petali contro i piedi nudi.

«L’ultimo che arriva è un lupo spelacchiato!» ripeté Eli, inciampando in una delle varie statue-Lydia e facendo scoppiare a ridere la sorella.

«Non sfidare il lupo che dorme, ragazzino!» urlò la ragazza e in un attimo lo affiancò, salutandolo con una mano, e superandolo con una facilità impressionante.

«Niente poteri da lupo!» esclamò Eli, il fiato corto per via dello sforzo ma la risata divertita che gli regalò Lydia valse mille e più fiatoni.

«Muoviti, pigrone!» disse voltandosi e fissando il fratello cercare di recuperare terreno «Se ti allenassi di più invece che andare alla ricerca dei guai sono certa che non avresti tutti questi problemi nel raggiungere una Ms. Perfezione Signorina Principessina Viziata!» urlò ed Eli ridacchiò, cadendo pesantemente in ginocchio quando la corse divenne troppo stancante e il corpo troppo debole «Eli?» domandò Lydia, fermandosi di colpo «ELI!» esclamò preoccupata quando lo vide annaspare disperato in cerca d’aria.

«È… Va… Ok…» disse, sventolando una mano in aria e cercando di sorridere; Lydia gli si inginocchiò vicino e sollevò di scatto le mani.
 
 

Il terreno prese a vibrare violentemente e poco a poco un maestoso albero cominciò a germogliare alla loro sinistra, ispessendosi e innalzandosi verso il soffitto della stanza mentre i rami si allungavano in ogni direzione possibile e si ricoprivano di splendidi fiori viola; Eli spalancò la bocca e provò a congratularsi ma senza successo visto che la debolezza lo costrinse seduto. Lydia lo squadrò, preoccupata, e alla fine lo afferrò per le ascelle e lo costrinse ad alzarsi per poi accompagnarlo verso il tronco scuro dell’albero.
 
 

«Non è strozzalupo, vero?» domandò Eli, sedendosi pesantemente sul terreno smosso; Lydia sollevò un sopracciglio e lo fissò sconcertata, sbuffando subito dopo.

«No, cretino, è un albero di jacarandas.» disse come se fosse ovvio, ricevendo un mormorio insensato in risposta.







«Che sta succedendo?» gli chiese Lydia, osservandolo attentamente e sollevandogli i capelli sudati dalla fronte.

«Oh, sai… La perdita della licantropia, l’attacco di Aiden, la vecchiaia…» rispose sollevando le spalle con nonchalance «Dieci minuti e ricominciamo la corsa.» disse buttandosi a peso morto contro il tronco, sbuffando subito dopo.

«Tanto sappiamo entrambi che saresti stato tu il lupo spelacchiato.» rispose Lydia, sedendosi compostamente accanto al fratello e facendolo sbuffare nuovamente.

«Ok, per prima cosa…» disse sollevando l’indice e guardandola attentamente «Ti stavo solamente dando un po’ di vantaggio perché sono un cavaliere e secondo…» aggiunse vedendo la sorella ruotare gli occhi «Non ci si siede così!» disse indicandola.

«E come?» domandò Lydia ma Eli non rispose, preferendo afferrarla rudemente per le spalle e gettarla a terra prima di imitarla e sistemarsi nel modo più maldestro e scoordinato possibile.

«Così!» esclamò, sospirando beato subito dopo «Come se fossi appena svenuto dopo una sbronza…» disse, sorridendo euforico quando percepì la sorella imitarlo.

«Se la nonna mi vedesse adesso…» sussurrò dopo qualche attimo Lydia, facendogli sbuffare una risata.

«Direbbe qualcosa tipo Eli Tiberius Hale! Hai una pessima influenza su tua sorella, sei un disonore!» urlò cercando di imitare la voce della matriarca e ridendo di gusto insieme alla sorella «Solamente che poi la manderei a quel paese, in risposta.» aggiunse massaggiandosi lo stomaco e percependo le energie tornare a ridargli vita ai muscoli.

«E lei ti caccerebbe dal Branco.» terminò Lydia, facendogli fare spallucce.

«Tanto già adesso non mi considera…» ammise, più a sé stesso che alla sorella «Mi presento alle cerimonie solamente perché so che non vuole che la gente parli e si chieda che fine abbia fatto, se fosse per lei sarei stato sbattuto fuori da questa Villa il giorno dopo la mia cerimonia fallimentare.» Lydia incupì lo sguardo e sospirò, percependo distintamente la puzza di tristezza emanata dal fratello ma Eli, stupenda, scosse il capo e si mosse disgraziatamente sul terreno prima di posarle il capo sullo stomaco e sospirare beato «Secondo te puoi fare altre cose? Oltre queste, intendo?» domandò e Lydia corrucciò lo sguardo, riflettendo.

«Non lo so…» ammise dopo qualche istante «Sinceramente, è la prima volta che riesco a creare un albero ma è anche vero che non avevo mai neanche lontanamente immaginato di poter far crescere un cactus e invece…» disse sollevando le spalle e facendolo ridere.

«Prova dai!» Lydia sospirò e chiuse gli occhi, allungando distrattamente una mano verso sinistra; percepì la magia fluirle attraverso le dita e circondare il terreno dove si trovava, incentrandosi su un punto specifico. Quando aprì gli occhi, si ritrovò a osservare una splendida pianta dalle foglie larghe e dal profumo stucchevole «Oddio è fichissima!» esclamò ma non appena provò ad allungare una mano venne prontamente schiaffeggiato dalla sorella «Ehi!» disse tentando di osservarla.

«È carnivora. E velenosa.» sussurrò con un ringhio, facendolo deglutire. ‘Ah…’ pensò Eli.







«E poi? E poi?» Lydia sorrise e si rialzò, portandosi dietro il fratello e cominciando a camminare rapidamente sul sentiero di petali «Lyds, dove stiamo andando?» chiese, osservandosi attorno.

«Ho sempre avuto una passione per gli alberi, diciamo, letali…» borbottò la ragazza, fermandosi vicino a un fastidiosissimo ciliegio giapponese.
 



 


Ricordava ancora quando era riuscito a farlo nascere ma con il passare del tempo quel dannato albero aveva subito tutta la sua furia perché rappresentava tutto ciò che Lydia doveva apparire e non ciò che voleva; era raffinato ed elegante in tutto e per tutto ed era giunto il tempo che facesse una brutta fine.

Lydia sorrise perfidamente e illuminò le iridi, allargando le gambe e allungando le mani verso quell’insulsa pianta; questa volta sentì la magia estendersi da ogni singolo arto del suo corpo e avvolgere l’aria circostante, gioendo internamente quando vide quel dannato ciliegio oscillare pigramente sotto la sua influenza. Eli le si avvicinò e provò a posarle una mano sulle spalle ma si ritrovò a sgranare gli occhi quando notò delle spesse radici sollevarsi dal terreno e innalzarsi lungo tutta la corteccia del ciliegio, avvolgendo il tronco in un abbraccio letale e piegando i rami verso il basso fino a spezzarli e strapparli; in pochi attimi, il nuovo albero aveva completamente ricoperto e soffocato il precedente e ora se ne stava lì, completamente immobile a lasciarsi osservare dai due.


 

 


«Sì!» urlò euforicamente Lydia «Ho sempre desiderato far crescere un fico strangolatore!» disse applaudendo e saltando sul posto, osservando soddisfatta il suo lavoro.

«Quel… Coso non attacca i mannari, vero?» domandò intimorito Eli.

«Solo se non mi infastidiscono…» rispose semplicemente Lydia, portandosi dietro una ciocca di capelli e camminando per qualche altro metro.

«E… E i fratelli minori?» domandò Eli, sempre più intimorito da quella pianta.

«Come prima, fratellino, come prima.» rispose malignamente Lydia prima di afferrargli le mani e concentrarsi sul terreno sotto di loro; Eli sgranò gli occhi e la fissò, terrorizzato, ritrovandosi a sobbalzare quando si sentì sollevare rapidamente dal terreno.

«CHE COS’È?!» domandò, stringendosi maggiormente alla sorella e tirandosela in un abbraccio mentre lei rideva crepapelle.

«È una palma da cera…» disse ridacchiando.


 

 



«E… Produce cera?» chiese Eli, facendole roteare gli occhi e sbuffare sonoramente «Che c’è?» domandò alla sua espressione irritata.

«Ti pare che un albero possa produrre candeline?» gli domandò e lui sollevò le spalle con nonchalance.

«Chissà che altro posso fare…» borbottò, guardandosi attentamente attorno.
 


 
Voglio una drosera all'opera, l'avrò!
Occhio che è carnivora e stritola un po'…
Per vivere quel brivido cambierò!
Che noia il bello, lo penso da un po', tu no?

Non mi sembra tu abbia problemi o timori o dubbi, lo sai?
Chissà che radici che ha…
Ma evolversi è un bene, perciò mi stupisce vedere che stai…
Cambiando, andrai fin lassù, se vorrai e verrò!
 
 



Immediatamente un enorme palmeto prese a sorgere attorno a loro ed Eli scoppiò a ridere entusiasta quando notò le varie e spesse liane che collegavano un albero all’altro, muovendosi a destra e sinistra per poter osservare meglio e dall’alto la stanza della sorella; dal canto suo, finalmente libera, Lydia diede sfogo alla propria creatività rimpiazzando pian piano quei dannati fiori con alberi e piante grasse. I cespugli furono gettati a terra dagli alberi di acacia, i fiori vennero soffocati dall’edera e ben presto la sua camera colma di fiori si trasformò in una vera e propria foresta incontaminata; una risata le abbandonò le labbra quando notò l’espressione meravigliata del fratello mentre osservava gli alberi crescere ed espandersi sotto i suoi occhi e poco a poco Eli cominciò a camminare sulle liane, spostandosi di palma in palpa per cerca di guardare quell’enorme cambiamento da una nuova prospettiva.
 


«È splendido!» esclamò saltando sul posto, un sorriso euforico che gli andava da parte a parte «Vedi Lyds, non è perfetto come un fiore ma come puoi dire che questa creazione sia imperfetta?» le domandò allargando le braccia e ruotando su sé stesso, abbracciando la veduta e respirando a pieni polmoni «Luna Piena, senti com’è pulita l’aria…» sussurrò emozionato, sorridendo quando sentì la calda mano di Lydia stringersi alla sua.

«Hai ragione, sai?» domandò Lydia, posandogli il capo contro la spalla «Le cose perfette mi avevano stancato ma questo, questo!, è così assolutamente perfetto e selvatico…» disse, orgogliosa di sé.

«Io mi stupisco di sapere che tu, tra tutti, ti sia piegata ai voleri della nonna…» borbottò Eli, cominciando a carezzale le spalle «Lei non conosce tutte le rispose, spera di averle ma brancola nel buio come noi; tenta disperatamente di farsi strada nel mondo e di aiutarci a imitarla ma sta, nel concreto, soffocando ognuno di noi…» disse, serio più che mai «Scott è schiacciato da tutte le responsabilità che l’essere un uomo e un Alpha comportano, viene costantemente incaricato di svolgere mille e più lavori sempre più pesanti e faticosi senza mai avere un attimo per sé; tu sei prigioniera di una vita fatta da diamante ma fredda e orribile, obbligata a indossare una maschera tutti i giorni e per tutto il giorno…» sospirò, mal trattenendo un ringhio e venendo imitato dalla sorella «Ma prima o poi la situazione cambia e se noi ci areniamo, ancorati al passato, faremo una brutta fine.» disse spostando la testa e incrociando gli occhi umidi della sua sorella.

«Vuoi cambiare?» gli domandò Lydia.

«Posso vederti cambiare e splendere?» rispose Eli, facendola sorridere.
 
 
Potrei creare jacarandas,
O un fico che strangola!

Ancora! Di più!
Palma de cera è una vera sfida a cui non mi opporrò!
E poi? E poi?
La vita è meravigliosa quando tu te ne riappropri…
Se ci provi lo scopri!
Puoi fare tutto, se non serve che tu sia perfetta!
Sei comunque okay…

Ehi, gente, fate largo a lei!


 


Sinceramente, Eli non seppe dire il come si era ritrovato in quella situazione; sapeva solamente che un attimo prima si trovavano su una palma a chiacchierare e quello dopo oscillavano rapidamente e pericolosamente per tutta la stanza con delle liane, imitando in modo sgraziato Tarzan. Aveva anche provato a fare l’iconico e testosteronico verso del Re delle Scimmie ma gli era venuto fuori un urlo da femminuccia così disperato che, probabilmente, sarebbe stato preso in giro a vita da tutti quanti; Lydia non aveva mai smesso di ridere un attimo, portandoselo dietro come se fosse una delle sue tante Prada, e quando Eli la vide dirigersi spedita verso la finestra spalancata iniziò a immaginarsi spiaccicato contro il pavimento della Villa.

L’aria fresca del pomeriggio lo risvegliò completamente e i costanti vuoti d’aria, dovuti dalle acrobatiche e adrenaliniche mosse di Lydia e di quelle dannate liane, gli stavano devastando lo stomaco; ma Eli, sinceramente, avrebbe sopportato quello e altro pur di sentire finalmente la risata felice e spensierata della sorella. Quando finalmente atterrarono sul tetto della Villa, rompendo fin troppe tegole, Eli tremava da capo a piedi come una foglia; balbettò qualcosa ma Lydia, troppo presa dall’euforia, cominciò a danzare allegramente mentre creava piante di ogni tipo attorno a loro.

Sollevando lo sguardo, Eli sgranò gli occhi quando vide l’intera Beacon Hills riempirsi di alberi e piante grasse; sorrise divertito, immaginandosi la reazione della nonna a quel cambiamento, prima di spalancare la bocca inorridito visto che Lydia aveva ben pensato di gettargli addosso del polline appiccicaticcio e giallognolo.
 
 

«Il giallo ti dona, fratello!» esclamò divertita, sgranando gli occhi quando il fratello la ripagò con la sua stessa moneta.

«Su di te invece fa schifo!» disse ridendo.
 
 

Ben presto iniziarono una battaglia a colpi di polveri e pollini, colorandosi e sporcandosi dalla testa ai piedi dei colori più disparati; lo Chanel di Lydia, un tempo rosa confetto, ora aveva macchie di giallo, viola e azzurro mentre Eli era ricoperto quasi interamente di petali e macchie nere.
 
 

«MA CHE STATE FACENDO?!» urlò sua zia, fissandoli sconvolta dal giardino.

«LYDIA! ELI!» sbraitò Stiles, le mani nei capelli e il volto fin troppo pallido «SCENDETE CHE VI FATE MALE!» urlò terrorizzato.

«ZIA, RIPRENDO IN MANO LA MIA VITA!» disse tranquillamente Lydia.

«FATE LARGO A LYDIA HALE!» sbraitò Eli, continuando a giocare con la sorella.

«Ma sono pazzi?!» domandò Isaac, fissando i due.

«Prendo la scala…» borbottò Derek, scattando di corsa verso il ripostiglio.
 
 
Arrivo con la tabebuia!
Tabebuia!
Ma ho cambiato…
Ha cambiato!
Le mie idee…
Oramai!
Lo devo a te, è grazie a te che ho aperto gli occhi e scoprirò!
Cos'altro farò…




«VIENI ELI!» Lydia lo afferrò per un polso e scattò in corsa verso l’esterno del tetto, saltando agilmente nel vuoto; l’urlo che abbandonò le gole di Stiles e Cora parve riecheggiare per tutta la città ma la ragazza non se ne preoccupò, anzi, si lasciò cadere nel vuoto prima di allungare di scatto una mano e sorridere.

«LYDIA!» urlò Eli, vedendo il terreno fin troppo vicino, ritrovandosi a sputare un polmone quando venne trascinato in alto e con forza dalla sorella «TI CHIAMERÒ JANE DA OGGI IN POI!» disse irritato ma Lydia scoppiò a ridere, oscillandosi agilmente su tutta Villa Hale grazie alla sua liana.

«È tutto merito tuo!» disse ridendo e i due si ritrovarono lanciati per aria, proprio sopra il Nemeton che immediatamente fece sollevare i suoi rami per afferrarli al volo.
 


 
Inizia subito!
Cos'altro farò!
Quello che vuoi, lo so!
Cos'altro farò?!
 


«È tutto merito tuo…» sussurrò Lydia con il fiatone, proprio davanti alla candela di famiglia; Eli sorrise, sistemandosi meglio e in equilibrio sui rami del Nemeton, e sollevò le spalle facendo cadere un po’ di polline che gli era rimasto attaccato addosso.

«Non c’è di che!» rispose semplicemente e Lydia, in lacrime, lo abbracciò e lo strinse con tutta la forza che aveva; Eli sgranò gli occhi, non credendo che sarebbe mai accaduta una cosa del genere, ma alla fine sospirò e ricambiò la stretta.
 
 

Fu una strana sensazione a dargli quel senso di pace tanto agognato.

Sentì il proprio lupo muoverglisi pigramente e pesantemente nel petto, ridestato da quello strano letargo in cui era caduto, e finalmente Eli si sentì soddisfatto dall’essere riuscito a salvare la magia perché se il suo lupo era vivo c’era una sola motivazione…

Lentamente sollevò il capo, incontrando la fiamma splendida e viva della candela.

Lydia sorrise e si lasciò cadere nel vuoto, portandoselo dietro, creando una quantità infinita di fiori poco prima che toccassero il pavimento; fu come atterrare su un cuscino e, ridendo, i due fratelli si risollevarono e ripresero a giocare con i petali mentre il resto della famiglia correva da loro.
 
 

«SIETE IMPAZZITI?!» sbraitò Derek, la trasformazione innescata e un minaccioso ringhio nella voce «POTEVATE CADERE E ROMPERVI L’OSSO DEL COLLO!» urlò facendoli irrigidire e solo in quel momento si resero conto della loro bravata.

«Scusa, pa’…» mormorarono insieme, abbassando la testa.

«Le scuse non basteranno, siete in un mare di guai!» disse Stiles gesticolando animatamente e indicando i suoi due figli; quando provò ad aprire nuovamente la bocca, però, un minaccioso ringhio riecheggiò su di loro.
 

Avevano tutti dimenticato Talia.
 

«Che sta succedendo?!» domandò furibonda, le iridi cremisi fisse sul volto pallido di Eli.

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Capitolo 9
*** Addio, Nemeton... ***


ENCANTO
Capitolo 09: Addio, Nemeton…

 

«SIETE IMPAZZITI?!» sbraitò Derek, la trasformazione innescata e un minaccioso ringhio nella voce «POTEVATE CADERE E ROMPERVI L’OSSO DEL COLLO!» urlò facendoli irrigidire e solo in quel momento si resero conto della loro bravata.

«Scusa, pa’…» mormorarono insieme, abbassando la testa.

«Le scuse non basteranno, siete in un mare di guai!» disse Stiles gesticolando animatamente e indicando i suoi due figli; quando provò ad aprire nuovamente la bocca, però, un minaccioso ringhio riecheggiò su di loro.
 

Avevano tutti dimenticato Talia.
 

«Che sta succedendo?!» domandò furibonda, le iridi cremisi fisse sul volto pallido di Eli.
 


Eli si guardò attorno, improvvisamente terrorizzato da quello sguardo furibondo, incontrando i volti pallidi dei suoi famigliari; notò suo padre annullare la trasformazione e trattenersi dal piangere, piantandosi gli artigli nei palmi e prendendo un profondo respiro mentre i suoi occhi si inumidivano sempre di più. Più in là, con le braccia incrociate e un’espressione sconvolta, si trovavano i suoi zii e non ci volle molto prima che Aiden ed Ethan facessero il loro ingresso, fissando sconvolti e confusi tutto il caos che primeggiava attorno a loro.
 
 

«Voglio una spiegazione. Ora.» ringhiò minacciosamente Talia, lo sguardo fisso in quello del nipote; Eli deglutì e abbassò appena il capo, leccandosi nervosamente le labbra e cercando di elaborare una frase di senso compiuto «ELI!» ruggì, facendolo sobbalzare.

«Noi stavamo salvando la magia…» sussurrò il ragazzo, facendo sollevare scetticamente le sopracciglia alla sua matriarca; Aiden sbuffò e roteò gli occhi, incrociando le braccia al petto, immediatamente imitato dal fratello.

«Eli…» il sibilo di Talia era carico di furia e i mannari si ritrovarono a irrigidire la schiena quando un fastidioso brivido li percorse da capo a piedi.

«Nonna, ascolta…» disse Eli facendo un passo in avanti, sorridendo nervosamente e sollevando le mani davanti al petto «Lydia non era felice, ok? Lei non vuole più essere così! Le piace la fisica, nonna, capisci?!» esclamò gesticolando animatamente, incurante dell’espressione terrorizzata che colpì sua sorella «E Scotty è stanco, nonna! Sta male, fisicamente e psicologicamente, non riesce più a sopportare certi ritmi!» aggiunse indicando il fratello con un gesto della mano ma Scott si limitò ad abbassare il capo, mordendosi a sangue le labbra «E la candela brillava, nonna! Brillava come un tempo e perfino le crepe si stavano ritirando e il miracolo…» Eli non riuscì mai a finire la frase.
 

Sua nonna lo aveva schiaffeggiato con forza, costringendogli a voltare il capo dall’altra parte a causa dell’urto e bloccandogli in gola qualsiasi parola; Derek e Stiles sgranarono gli occhi davanti a quel gesto, la stessa Cora si portò le mani davanti la bocca mentre i suoi cugini si limitavano a sobbalzare visibilmente ma nessuno intervenne, nessuno si fece avanti per tentare di difenderlo.

Eli mosse il capo, percependo la guancia pulsare dolorosamente e gli occhi farsi sempre più umidi a causa del dolore provocato da quel semplice gesto.
 
 

«Devi. Smetterla.» ringhiò Talia, illuminando le iridi mostrandogli minacciosamente le zanne.

«Ma io…» sussurrò Eli, sobbalzando terrorizzato quando sua nonna gli ruggì in faccia.

«DEVI SMETTERLA ELI!» tuonò Talia, avviando la trasformazione e avvicinandosi al nipote con un cupo ringhio nella gola «NON HO IDEA DEL PERCHÉ TU NON ABBIA UN CAZZO DI TALENTO MA QUESTA TUA DEFICIENZA NON È UNA SCUSA VALIDA PER DISTRUGGERE LA NOSTRA FAMIGLIA E IL NOSTRO BRANCO!» sbraitò, incurante dell’espressione disperata che tirò i tratti del ragazzo; Eli, infatti, si ritrovò a indietreggiare di un passo mentre le prime lacrime iniziavano a solcargli il volto pallido.

«Mamma…» sussurrò tristemente Derek, sollevando una mano per tentare di posarla sulla spalla della genitrice ma Talia si fece avanti, ruggendo furibonda.

«SONO STANCA DI QUESTO TUO COMPORTAMENTO, DI QUESTO FREGARTENE DELLA FAMIGLIA! STAI DISTRUGGENDO TUTTI NOI!» Eli singhiozzò e prese a tremare per la tristezza e la rabbia che gli avvelenavano il sangue, ritrovandosi il volto sempre più bagnato dalle lacrime.

«Avanti mamma, basta così…» provò Cora ma nuovamente Talia la ignorò.

«GUARDA COS’HAI FATTO!» urlò ma, quando si rese conto che il nipote non si sarebbe mosso di un millimetro, ruggì e scattò nella sua direzione afferrandogli saldamente il volto e costringendolo a volgere lo sguardo dove voleva lei, del tutto incurante dei tagli che gli procurava al volto a causa degli artigli e del sangue che aveva iniziano a sporcarli.

«Eli…» sussurrò Allison, gli occhi sgranati e il respiro sempre più spezzato dai singhiozzi.

«Nonna, così gli fai male!» intervenne Lydia, urlando furibonda e ritrovandosi a tremare terrorizzata quando Talia le ruggì contro.

«TUA SORELLA È FUORI CONTROLLO!» urlò, torcendogli dolorosamente il collo e costringendolo a fissare le iridi disperate sulla ragazza «TUO FRATELLO È COMPLETAMENTE INUTILE!» aggiunse, obbligandolo a posare gli occhi su uno Scott praticamente in ginocchio e in preda al pianto «LA NOSTRA CASA CADE A PEZZI! IL NOSTRO NEMETON CADE A PEZZI! ED È TUTTA COLPA TUA!» Eli chiuse gli occhi quando il ruggito di sua nonna gli fracassò i timpani, singhiozzando miseramente e percependo le orecchie pulsare mentre una fastidiosa sensazione di viscido gli carezzava lentamente la mascella.

«Talia, basta!» urlò Stiles, facendo un passo in avanti.

«Stai esagerando!» intervenne anche Isaac.

«Invece era ora che qualcuno lo rimettesse al suo posto!» intervenne Aiden, ricevendo le occhiate shoccate degli altri.

«AIDEN!» urlò infatti Lydia.

«Se è questo quello che insegnate ai vostri figli non mi sorprendo di come i gemelli siano stati espulsi e sospesi dal liceo!» urlò Derek, fissando rabbiosamente sua sorella.

«I miei figli?!» tuonò Cora, avviando la trasformazione e ruggendo «I miei figli non hanno mai provocato una disgrazia simile!» disse indicandosi nervosamente attorno.

«No, erano troppo occupati a far danno in città!» inveì Stiles.

«FA SILENZIO, STILINSKI! COME SE LA CENA DI PRESENTAZIONE SIA STATA MANDATA IN ROVINA DAI NOSTRI RAGAZZI!» urlò Isaac, facendo un passo in avanti e spingendo con forza Stiles.

«Sarà divertente rifarti i connotati, Lahey!» rispose prontamente Stiles, leccandosi le labbra e stringendo con forza i pugni.
 

 
Eli si guardò attorno, devastato da quanto stava osservando; vedeva la sua famiglia sfasciarsi sotto la rabbia e il rancore, fratelli e cugini che si rinfacciavano qualunque cosa arrivando addirittura a ruggirsi contro, sentiva le offese e le calunnie e ogni singolo urlo era una pugnala in più che gli arrivava con violenza in pieno petto; singhiozzò e una nuova rabbia gli esplose in petto, infiammandolo come mai prima di quel momento, e con pochi gesti si ritrovò libero dalla presa ferrea della matriarca.

Sentiva il volto bruciare e le orecchie pulsargli dolorosamente, la testa sembrava pronta a esplodergli e tutto gli gridava contro; percepiva la presenza opprimente del Nemeton farsi sempre più pesante e poco a poco l’aria stessa parve caricarsi di furia, arrivando a fargli ardere i polmoni mentre una terribile sensazione di morte cominciava ad avvolgere la Villa da cima a fondo.

Un singhiozzo gli abbandonò le labbra quando vide suo zio Isaac colpire in volto suo padre, spostandolo di peso; Derek ruggì immediatamente, afferrando il proprio Compagno e voltandosi di scatto verso l’aggressore. Cora si fece avanti ma suo fratello la placcò e la mandò stesa, venendo successivamente atterrato da Ethan e Aiden che cominciarono a lottare furiosamente con lui; Allison scoppiò in lacrime, venendo immediatamente abbracciata da una disperata Lydia, e Scott saltò addosso i gemelli cercando di separarli ma venendo solamente graffiato con forza al petto.

‘Cos’ho fatto?’ pensò Eli, fissando disperato quello spettacolo pietoso.
 

«Sei contento?» sussurrò malignamente Talia, fissandolo con odio ma Eli scosse il capo e si portò le mani sulle tempie ritrovandosi a stringere gli occhi e i denti mentre il dolore lo attraversava e feriva come un gelido fiume maligno e velenoso che non lasciava null’altro dopo di sé se non morte e devastazione.

«BASTA!» urlò Eli, scoppiando finalmente in lacrime e facendo calare un’apparente tregua sui presenti; il ragazzo li fissò, uno a uno, incredulo a quanto stava osservando ma alla fine la sua attenzione si focalizzò sulla sua stessa matriarca che non aveva ancora ripreso i suoi tratti umani ma che, invece, continuava a fissarlo con odio «È… Tutta colpa tua…» sussurrò alla fine, facendole sgranare gli occhi e indietreggiare di un passo «Lydia non sarà mai abbastanza perfetta, vero?» chiese indicando la sorella, il cui volto solcato dalle lacrime aveva perso ogni parvenza di perfezione e bellezza «Scott non sarà mai abbastanza forte.» aggiunse e il ragazzo abbassò il capo, incurante dell’artigliata al petto che gli stava insozzando la maglia di sangue «Che sia Aiden o Ethan poco importa, no? Devono solamente essere utili e non attirare attenzioni indesiderate sulla famiglia.» disse, avanzando lentamente di un passo e del tutto incurante dell’espressione shoccata di sua nonna «Tua figlia è prossima all’isterismo a causa tua! Costretta com’è a reprimere qualsiasi emozione che non ti sia gradita!» urlò e pianse, incurante di tutto. Incurante dei minacciosi brontolii che sembravano iniziare a scuotere il terreno «Tuo figlio è devastato! Così preso dal suo stupidissimo talento da rischiare di dimenticarsi di vivere, di dimenticarsi della sua famiglia.» disse sempre più velenoso, avvicinandosi maggiormente alla matriarca «Allison dovrà essere utile in qualche modo, chissene se è una bambina di dieci anni! Il suo talento deve essere messo a disposizione di qualsiasi imbecille passi di qui!» sbraitò, non perdendosi il “Eli…” sussurrato dalla sua cuginetta «E io sono la dannata pecora nera, il fottuto figlio di puttana che ha distrutto questa famiglia! IO!» urlò toccandosi il petto e singhiozzando «IO CHE MI SONO SEMPRE FATTO IN QUATTRO PER QUESTA FAMIGLIA! IO CHE HO SEMPRE IGNORATO I COMMENTI VELENOSI, FINGENDO DI NON AVERLI SENTITI, PER CERCARE DISPERATAMENTE DI ESSERE UTILE!» poco a poco gli Hale a terra si rialzarono e lo fissarono, sconvolti da quelle parole; Derek deglutì e provò ad avvicinarsi al figlio, venendo bloccato dalle sue parole «SONO SOLAMENTE UN INUTILE PEZZO DI CARNE CHE TUTTI SI DIVERTONO A PICCHIARE E SBATTERE IN GIRO! “NON SEI SPECIALE!”, “VUOI RUBARE IL TALENTO!”, “SEMPRE IN MEZZO STAI?!”» Stiles singhiozzò e si voltò a fissare il resto della famiglia, trovandola pallida e boccheggiante «Allontani tutti quelli che si staccano dalla tua malata idea di perfezionismo…» sussurrò Eli, tremando visibilmente da capo a piedi «Hai sbattuto fuori da questa famiglia il tuo stesso figlio!» urlò, rimanendo perfettamente immobile al ruggito che Talia gli riservò.

«PETER ODIAVA QUESTA FAMIGLIA!» ruggì Talia, prossima a perdere il controllo.

«LUI AMA QUESTA FAMIGLIA!» rispose prontamente Eli «IO AMO QUESTA FAMIGLIA! QUESTO BRANCO! E SE IL MIRACOLO STA MORENDO È TUTTA COLPA TUA!»
 

Questa volta il ruggito di Talia fu così forte che l’intera Villa parve accartocciarsi sotto il suo stesso peso, portando le finestre a esplodere mentre le crepe si diffondevano sempre più rapidamente su tutte le mura e le colonne; il Nemeton si agitò nervosamente e la triskele parve sparire e riapparire così rapidamente che nessuno ci fece caso e la fiamma, che da cinquant’anni ardeva illesa sulla candela magica, prese a scoppietta e oscillare minacciosamente sullo stoppino.

Ma poi, improvvisamente, il tempo parve congelarsi.

Fu un attimo.

Il momento prima nonna e nipote stavano discutendo animatamente nel cortile della Villa, quello dopo il corpo ferito di Eli veniva scagliato in aria da una violenta artigliata della nonna; il sangue schizzò contro le colonne e il pavimento, arrivando a sporcare addirittura Derek e Cora, portando i presenti a focalizzare la propria attenzione sul corpo del ragazzo che atterrava pesantemente al suolo con un tonfo sordo.

Il sangue prese a colare rapidamente, avvolgendolo e accompagnando i singhiozzi disperati di Eli che si toccava il petto squarciato mentre cercava disperatamente di ignorare quell’abominevole dolore provocatogli dalle cinque, lunghe e profonde ferite che lo attraversavano da fianco a spalla.
 
 

«ELI!» urlarono Scott e Lydia, scattando nella sua direzione e ignorando qualsiasi altra cosa accadesse loro attorno; Scott si parò davanti al fratello, fissando terrorizzato sua nonna che non aveva ancora staccato gli occhi, spalancati e shoccati, dagli artigli lordi di sangue.

«MAMMA MA CHE CAZZO FAI?!» tuonò Cora, fissando la scena.

«E… ELI!» Derek si portò le mani nei capelli, percependo il fiato venirgli meno e ritrovandosi in ginocchio davanti a quello spettacolo dell’orrore «C… Cibo! Serve del cibo!» disse improvvisamente, alzandosi di scatto e cercando di raggiungere la cucina.

«Respira ragazzo, andiamo, non è nulla di grave…» sussurrò Stiles, avvicinandosi rapidamente al figlio e fissandolo terrorizzato.

«Eli…» sussurrò invece Allison e fu quel suono, quel singolo singulto, a risvegliare Talia dal suo stato di torpore; la donna scosse il capo, tornando finalmente a riacquistare dei tratti umani, e cominciò a fissare shoccata lo spettacolo che le si parava davanti.

«Tranquillo fratellino, andrà tutto bene…» sussurrò Lydia, carezzandogli dolcemente il volto esangue e singhiozzando rumorosamente; Eli, invece, piangeva e deglutiva mentre si fissava il petto sempre più sporco di sangue. Il dolore era insopportabile portandolo a desiderare la morte istantanea o l’oblio immediato ma Talia parlò, impedendogli di sprofondare nel nulla.

«Eli Tiberius Hale.» disse la donna, illuminando le iridi e fissandolo attentamente «Oggi vieni cacciato per sempre da questa famiglia. E da questo Branco.» disse in un sussurro, facendo propagare queste parole con la stessa potenza di un’onda d’urto.
 
 

Eli spalancò la bocca, ritrovandosi privato di tutte le energie; percepì qualcosa cadere al suolo, forse del vetro, e qualcuno urlare disperatamente “MAMMA!” ma non ne fu sicuro. L’unica cosa di cui era certo era il sordo dolore che gli avvolgeva il corpo e la mente, portandolo a sentirsi isolato e prossimo alla morte; sentì i legami con i suoi famigliare venire a mancare, quel senso di unità che per tutta la vita lo aveva accompagnato nonostante tutto sparire nel nulla e per la prima volta sperimentò cosa volesse dire la parola solitudine.

E poi tutto finì.

Un boato riecheggiò dalle viscere della terra stessa.

Profonde crepe presero ad avvolgere il tronco del Nemeton e la triskele sparì nel nulla mentre i rami sprofondavano nell’abbraccio della morte, seccandosi e staccandosi violentemente prima di cadere al suolo; il pavimento si lacerò e prese a sprofondare nelle fondamenta della Villa, le mura crollarono e i vetri esplosero lanciando in qualsiasi direzione frammenti acuminati che si piantarono con forza contro la prime superficie disponibile.

Sentirono la riserva radersi al suolo mentre il terremoto colpiva qualsiasi cosa avesse osato trovarsi sul terreno, distruggendola e facendola cadere a pezzi; le ale della Villa sprofondarono sotto il loro stesso peso e un’onda d’urto si propagò violentemente attorno a loro, sbalzando gli Hale e facendoli volare di qualche metro in ogni direzione. Qualcuno urlò “LA CANDELA!” ed Eli si voltò lentamente, ritrovandosi a fissare quel dannato pezzo di cera che sobbalzava sul suo piedistallo prima di cadere rovinosamente a terra, venendo consumato rapidamente dalla fiamma; violente lingue di fuoco si sprigionarono in ogni dove, avvolgendo qualsiasi cosa si trovasse sul loro cammino, portando il legno a sfrigolare e scoppiettare mentre veniva divorato.

Le porte persero il loro splendore e vennero scardinate dal sisma, alcune esplosero sotto il calore delle fiamme; un ruggito si levò nell’aria quando la camera di Allison finalmente venne spalancata permettendo a un’orda di animali di disperdersi rapidamente in ogni dove in una cacofonia di suoni disorientante.

Distrattamente, Eli vide suo zio saltare e afferrare al volo la sua bambina poco prima che un enorme masso le cadesse addosso; si sentì tirare ma non capì chi lo stesse infastidendo in quel modo. Vide i suoi genitori abbracciarsi e urlare qualcosa ma il ragazzo si limitò a fissarli confusamente mentre il fuoco avanzava sempre più rapidamente verso di loro.
 
 

«VIA! ABBANDONATE LA VILLA!» urlò qualcuno, forse sua nonna.

«ELI!» sbraitò qualcun altro, probabilmente Lydia.
 


Ma Eli si voltò ancora, fissando il proprio sguardo stanco su quel mozzicone di candela che ancora ardeva nonostante le fiamme avessero iniziato ad avvolgere e abbracciare il Nemeton come una letale coperta; un denso fumo, nero e acre, prese a sollevarsi rapidamente appesantendo l’aria fino a renderla irrespirabile e costringendo i presenti a tossire violentemente. Sentì i passi di qualcuno allontanarsi, urlando poi disperato all’ennesimo tonfo, e alla fine una malsana idea prese possesso della sua mente e prima che se ne rendesse conto si ritrovò in piedi e intento a correre maldestramente verso il Nemeton.
 
 

«ELI!» urlò Derek, tossendo subito dopo.

«AIUTATEMI A SPOSARE LE MACERIE!» tuonò Scott, afferrando saldamente quello che sembrava il pilastro di un’ala e che ostruiva completamente l’uscita all’esterno; Eli singhiozzò, chiedendosi che fine avesse fatto suo zio Peter e pregando affinché fosse riuscito a salvarsi da quell’inferno.

«Nemeton, ti prego, aiutami…» sussurrò il ragazzo, arrivando finalmente a posare un piede sulle nodose radici dell’albero; lentamente, scricchiolando e gemendo, i rami cominciarono a muoversi nell’aria formando poco a poco una precaria scala che lo avrebbe condotto al fulcro del potere: la candela magica.

«ELI, LASCIA STARE QUELLO STUPIDO PEZZO DI CERA E SCAPPA!» tuonò Stiles ma lo ignorò, era così vicino ad afferrarla e fermare tutto quello… Non poteva arrendersi!

«MAMMA, HO PAURA!» urlò Allison, scoppiando in un pianto disperato.

«NON SENTO PIÙ IL MIO LUPO!» esclamò invece Aiden.

«CHI SE NE FOTTE DEL TUO LUPO, AIUTACI A SCAPPARE!» tuonò invece Ethan.

«ELI!» sbraitò Lydia e alla fine la candela finì nelle sue mani mentre un sorriso gli tirava le labbra ma poi, non appena il fuoco prese ad avvolgere anche i rami più alti del Nemeton, la sua scala improvvisata crollò e il ragazzo si ritrovò a piombare nel vuoto.

«ELI! NO!» urlò sua zia.

«QUASI FATTA!» disse invece Isaac.
 
 

Improvvisamente, però, il Nemeton si ritrovò a oscillare sotto il suo stesso peso e alla fine le radici si staccarono dal pavimento, portandosi dietro pezzi di terreno e mattonato; violentemente e agilmente, quei robusti pezzi di legno si mossero per tutto il cortile divorato dalle fiamme, afferrando saldamente ogni Hale prima di trascinarlo con forza all’esterno della Villa mentre le macerie venivano distrutte dagli ultimi rami ancora integri. Eli sorrise, accettando la propria morte, e non appena chiuse gli occhi sperò di non soffrire molto a causa del calore ustionante delle fiamme; fu nuovamente il Nemeton a salvare la situazione.

Con le ultime energie rimastogli, sollevò l’unica radice che ancora non si era mossa e afferrò saldamente il ragazzo prima di farlo atterrare delicatamente al suolo e poi, non appena la Villa implose su sé stessa, i rami spuntarono dalle crepe e avvolsero il corpo stremato di Eli proteggendolo dalle macerie e dalle fiamme.

Si innalzò un polverone mostruoso che in breve tempo avvolse e soffocò le fiamme, permettendo al fumo di levarsi pigramente verso il cielo sempre più scuro mentre la magia abbandonava definitivamente Villa Hale e Beacon Hills…
 
 

«ELI!» tuonò qualcuno, costringendolo a sollevare pigramente le palpebre ma Eli si ritrovò a singhiozzare quando vide quella fiammella consumare definitivamente lo stoppino e spegnersi per sempre.

«Nemeton…» sussurrò il ragazzo; i rami si mossero un’ultima, faticosa volta, salutandolo dolcemente prima di abbandonarsi all’oblio e ricadere pesantemente al suolo.

«ELI!» finalmente Derek comparì nel suo campo visivo e gli afferrò saldamente il volto, fissandolo terrorizzato «BAMBINO MIO!» urlò, piangendo disperato «STAI BENE?! TI PREGO, DIMMI CHE STAI BENE!» tuono, facendolo annuire pesantemente.

«DEREK!» urlò sua zia, facendolo voltare «CORRI IMMEDIATAMENTE QUI, PRESTO!» gli ordinò facendogli indurire la mascella.

«Non ti muovere, mi vida…» sussurrò, rivolto al figlio, prima di baciargli la fronte e correre dalla sorella e permettendo a Eli di osservarsi attorno per la prima volta; c’era cenere ovunque, il fumo nero si innalzava pigramente da ogni dove e le macerie primeggiavano selvaggiamente lì dove un tempo si ergeva la maestosa Villa Hale.

«Papà, adesso dove andremo? Non abbiamo più una casa…» sussurrò Allison, stringendo con forza la mano del padre.

«Non lo so, cucciola, non lo so…» rispose tristemente Isaac.

«Il mio talento… Ho perso il talento…» bisbigliò Ethan fissando sconvolto il gemello.

«E io il mio lupo.» rispose Aiden, sbuffando frustrato «E sappiamo tutti di chi è la colpa, no?» chiese, voltandosi di scatto e folgorando Eli con un’occhiataccia.

«Avanti Talia, siediti qui.» disse seccamente Stiles, accompagnando la vecchia e disperata donna lungo le macerie.

«La nostra casita…» sussurrò devastata Talia.
 
 

Un singhiozzo si liberò dalle labbra di Eli e il ragazzo abbassò il capo, ricominciando a percepire pienamente il suo corpo e le ferite che il breve scontro con la sua alpha gli aveva provocato; un senso di nausea lo colpì violentemente, accompagnando la debolezza che sembrava aver iniziato ad avvolgergli le membra sempre più prepotentemente, la testa cominciò a vorticargli sempre più violentemente rendendolo incapace di capire se si trattasse del sangue perso o dei sensi di colpa che lo attanagliavano. Debolmente, sollevò il capo e fissò attentamente la propria famiglia mentre le parole della matriarca ritornavano prepotentemente a tuonargli nella mente. “Eli Tiberius Hale, oggi vieni cacciato per sempre da questa famiglia. E da questo Branco.”.

Singhiozzò, incapace di poter arginare il dolore che gli lambiva l’animo, e poco a poco il desiderio di fuggire si fece sempre più forte arrivando a soppiantare la debolezza e quel dannato senso di devastazione che non volevano saperne di abbandonarlo; lentamente, benedicendo la distrazione che aveva colpito gli Hale, Eli si sollevò e si districò dai rami secchi del Nemeton dirigendosi a passo malfermo verso una delle poche spaccature presenti sulle mura di quella che un tempo era la Villa e quando finalmente posò entrambi i piedi fuori dalla sua casa, quando finalmente riuscì a vedere la devastazione che regnava in tutta alla riserva, permise al dolore di sgorgare riducendolo in lacrime e nel silenzio si addentrò tra gli alberi salutando per sempre il suo passato.
 
 


 
***
 
 



Il fumo si levava pigramente dalle macerie annerite mentre le sirene dei vigili del fuoco riecheggiavano nell’aria, scandendo i secondi e portando gli Hale a disperarsi sempre di più; poco a poco le paure di ognuno di loro presero a formarsi sempre più concretamente, accompagnandoli lentamente verso quella sensazione di panico che sembrava pronta a soffocarli da un momento all’altro.

Derek sbuffò rumorosamente e si asciugò grossolanamente il volto mentre si rialzava, stringendo tra le mani qualche bottiglia di conserva che aveva preparato un paio di mesi prima ma non appena si voltò, pronto per obbligare il figlio a berne il più possibile nella speranza che la magia fosse rimasta nel cibo che aveva preparato, si ritrovò a fissare quel nido vuoto e secco dove fino a pochi istanti prima si trovava Eli; una voragine gli si aprì nel petto e cominciò a far saettare lo sguardo, cercando ovunque la figura pallida del ragazzo e annusando disperatamente l’aria ritrovandosi a percepire unicamente l’acre puzza di fumo.
 


«Eli?» sussurrò, percependo il sudore gelarglisi addosso «ELI?!» urlò, scattando rapidamente nel cortile e cercandolo ovunque «QUALCUNO HA VISTO MIO FIGLIO?!» domandò fissando sorella e nipoti.

«Era lì fino a un secondo fa…» sussurrò Cora, corrucciando lo sguardo.

«Non lo sento più… Non sento il suo odore…» borbottò Lydia, sistemandosi una ciocca dietro la testa.

«ELI!» sbraitò Stiles, abbandonando il fianco di Talia e uscendo dalla Villa per poterlo cercare nei dintorni delle macerie «ELI!» urlò nuovamente, percependo la disperazione avvolgerlo sempre più rapidamente.

«Chissene di quello svitato!» disse improvvisamente Aiden, spalancando le braccia e fissando i presenti «È fuori dalla famiglia e dal Branco! Rifacciamoci una vita prima che torni a rovinarla e…» il ragazzo non riuscì mai a finire la frase visto che Lydia, urlando con tutta la furia che aveva in corpo, avanzò rapidamente e lo colpì alla mascella con un destro poderoso portandolo a perdere rapidamente l’equilibrio.

«Eli è Branco!» disse Scott, il volto bagnato dalle lacrime.

«E ci ha messo in ginocchio!» intervenne prontamente Ethan.

«BASTA!» sbraitò improvvisamente Allison, facendo calare un immediato silenzio su tutti loro «Basta...» sussurrò la bambina, singhiozzando subito dopo «Eli è l’unico che mi ha aiutato quando avevo bisogno, lui mi ha accompagnata al Nemeton quella sera! Io volevo scappare e lui mi ha fatto forza!» disse stringendo i pugni e piangendo «Papà, tornerà vero?» chiese poi rivolta a Isaac che si grattò la nuca e sospirò.

«Lui mi ha aiutato.» disse invece Scott.

«Ci ha resi liberi da una costrizione che ci portavamo dietro…» s’intromise Lydia.

«ELI!» urlò nuovamente Derek, piangendo e cadendo finalmente in ginocchio «Figliolo, dove sei…» sussurrò.

«VIGILI DEL FUOCO DI BEACON HILLS!» urlò una voce, facendoli sobbalzare.

«Stiamo bene, Ryan.» sussurrò Talia, portandosi le mani sulle ginocchia e facendo calmare appena l’uomo.

«Che è successo?» chiese il pompiere.

«La magia è morta…» sussurrò la donna, chiudendo gli occhi e chinando il capo.
 
 

 
*** 2 mesi dopo ***
 
 


«Avete visto questo ragazzo? Si chiama Eli Hale, ha ventidue anni ed è ferito!» la voce di Lydia riecheggiò per tutta la piazza cittadina, non riuscendo ad attirare le attenzioni dei passanti come voleva e sperava; al suo fianco, Ethan sollevava i volantini che avevano fatto stampare ma nessuno sembrava interessato ad ascoltarli.

«È inutile, Lyds.» sussurrò il ragazzo poco dopo «Andiamo a casa, dai, ho freddo e fame.» disse sistemandosi i fogli sotto il braccio.

«E CREDI CHE IO MI SENTA MEGLIO?!» urlò Lydia, voltandosi di scatto e fissandolo furibonda «CREDI CHE ELI POSSA STARSENE SEDUTO SU QUALCHE SDRAIO IN RIVA AL MARE? EH?!» domandò furiosamente, avanzando di un passo e fissandolo minacciosamente «Cristo Eth, è ferito! Ed è da solo chissà dove!» esclamò sollevando le braccia in aria.

«LYDIA, DANNAZIONE!» sbraitò Ethan, lanciando a terra i volantini prima di voltarsi di scatto verso la cugina «SONO PASSATI DUE MESI! SARÀ MORTO A QUEST’ORA!» disse furente, ricevendo un ceffone in risposta.

«Sei uno stronzo.» sibilò velenosa la ragazza, fissandolo con odio «Non credevo che avrei mai udito parole simili da un membro della mia famiglia…» sussurrò tristemente.

«Cosa vorresti sentire, uh? Che Eli era un così bravo ragazzo oppure che Si è sempre fatto in quattro per la famiglia quando invece lo trattavamo di merda?» gli chiese irritato, incrociando le braccia al petto e sollevando scetticamente le sopracciglia; Lydia sospirò, stringendo la mascella e chiudendo con forza i pugni.

«Ehi, ragazzi!» esclamò Danny, avvicinandosi ai due «Che succede?» chiese, inginocchiandosi per raccogliere uno dei volantini «Ancora non si trova?» sussurrò ben sapendo la risposta, fissando intristito la foto sorridente del ragazzo.

«No.» disse Lydia, asciugandosi rapidamente il volto che iniziava nuovamente a riempirsi di lacrime «Ti andrebbe di spargere la voce? E di distribuire alcuni volantini?» gli chiese sorridendogli dolcemente, arrivando a carezzargli lascivamente il petto; Danny sorrise, del tutto incurante alle attenzioni donatagli dalle ragazza, e annuì vigorosamente prima di inginocchiarsi nuovamente per poter raccogliere quanti più fogli possibile.

«Chiederò aiuto a qualche amico… Anche perché Jackson mi deve diversi favori!» disse ridacchiando, salutandosi con un gesto della mano prima di allontanarsi rapidamente.
 
 

In silenzio, fingendo che la lite di poco prima non sia mai avvenuta, i due cugini Hale recuperarono i volantini e s’incamminarono rapidamente verso il piccolo allestimento che Isaac e Stiles avevano preparato il giorno stesso della tragedia, riuscendo a sistemare una mezza dozzina di tende da campeggio in un largo spiazzo presente nella riserva ormai devastata; le rovine della Villa, che poco a poco venivano portate via dai camion, si stagliavano minacciosamente sul panorama naturale sembrando un gigantesco livido su una distesa di pelle altrimenti perfetta.

Un denso fumo si levava dal loro accampamento, permettendo ai due di iniziare a sentire il delicato profumo della zuppa che bolliva dolcemente sopra il fornello da campo; nelle tende si trovavano il resto degli Hale, ancora impegnati a portare al termine gli ultimi compiti della giornata. Quando finalmente arrivarono a destinazione, Lydia sorrise tristemente nel notare il corpo completamente ingrigito del fratello; Scott, infatti, era appena uscito da una delle tende e li fissò con il suo solito sguardo da cucciolo bastonato, incurante della polvere e dei calcinacci che ancora lo ricoprivano.
 
 

«Novità?» chiese Scott, sedendosi accanto al pentolone.

«Danny si è offerto di far girare i volantini, ha detto che anche Jackson lo aiuterà.» rispose Ethan, posando i fogli a terra prima di sedersi accanto al cugino «A te come vanno le cose?» gli domandò, fissandolo attentamente; Scott però sollevò le spalle e si massaggiò rudemente la schiena, sospirando rumorosamente subito dopo.

«Qualcuno sa come sta la nonna?» chiese Lydia, fissandosi attorno.

«Non è ancora uscita dalla sua camera al motel, si limita a dare le direttive e a coordinare i lavori.» rispose semplicemente Scott «Aiden?» domandò poi, fissando il gemello.

«Oggi andava con papà nella parte nord della riserva, zio Stiles e tuo padre sono andati a est invece.» li informò Ethan «Mamma si trova con Ally, sai che dopo quel dannato pomeriggio ha iniziato a soffrire di attacchi di panico e temiamo che possa sentirsi male nel vedere le macerie.» spiegò abbassando il capo.

«Ecco zio.» sussurrò Lydia, voltando il capo nella fitta vegetazione; poco dopo, infatti, la figura smagrita e stanza di Isaac fece il suo ingresso, seguito da un Aiden fin troppo irritato.

«Io continuo a chiedermi perché non organizziamo un funerale commemorativo…» borbottò il ragazzo non appena si sedette, massaggiandosi le cosce doloranti.

«Aiden.» sibilò velenoso il padre «Ne abbiamo già parlato.» disse afferrando il mestolo e cominciando a mescolare svogliatamente «Derek deve essere arrivato da poco.» borbottò cominciando a guardarsi attorno.

«Quando sono arrivato io la zuppa bolliva già.» spiegò Scott.

«Siamo qui da una mezz’oretta.» la voce stanza di Derek li fece sobbalzare, costringendoli a voltarsi verso le macerie; l’Hale avanzò nel silenzio, seguito dal marito, stringendo in una mano una bottiglia di olio e nell’altra una foto.

«Stai ancora rovistando tra quei muri pericolanti?» domandò Isaac, facendolo annuire.

«Novità?» chiese invece Lydia e il singhiozzo che scappò dalla bocca del suo Omega di famiglia fu una risposta più che eloquente.

«Quel ragazzo è forte.» disse Stiles, non credendoci neanche lui.

«E due mesi sono pur sempre due mesi…» borbottò Aiden, beccandosi uno scappellotto dietro la nuca da parte del padre.

«E lui rimane un Hale.» la voce di Talia li fece sobbalzare; la donna avanzò austera e fiera per quell’accampamento improvvisato, appoggiandosi pesantemente al bastone che da qualche settimana era costretta a usare. Dietro di lei si trovavano Cora e Allison, mano nella mano e con un’espressione triste in volto «Domani verrà la ditta demolitrice che si occuperà di buttare giù il resto della Villa.» spiegò, sedendosi attentamente accanto al figlio «Mentre faranno detonare le ultime macerie mi aspetto che ognuno di voi…» disse, lanciando uno sguardo ai gemelli «Si attivi per cercare Eli nel folto della riserva; Allison starà con Cora, visto che non è prudente mandare una bambina da sola nei boschi.» decretò, posando il bastone accanto a sé «Io stessa mi unirò alle ricerche.» aggiunse facendoli annuire.

«Vorrei poter parlare ancora una volta con gli animali…» sussurrò tristemente Allison, osservando suo zio mentre versava la zuppa in delle ciotole di plastica «Un’ultima volta.» disse abbassando il volto.

«Tutti noi vorremo poter utilizzare i nostri talenti, cucciola…» le rispose Cora, baciandole la testa.
 
 

E in silenzio, la famiglia iniziò a mangiare.
 
 

 

*** 3 mesi dopo ***
 
 


Stiles fissò disperato la schiena del marito, completamente avvolta dal lenzuolo di quella schifosa camera di motel che da cinque mesi occupavano; le ricerche erano state interrotte a causa del maltempo, le stesse forze dell’ordine si erano imposte affinché la famiglia si prendesse un attimo di pausa dando la responsabilità ai vari agenti di perlustrare la città e la riserva. Un sospiro gli abbandonò le labbra quando lo sentì singhiozzare e una lacrima gli solcò il volto smagrito, perdendosi in quel triste sorriso che gli tirava le labbra; stavano iniziando a perdere le speranze, di quel passo la Villa sarebbe stata ricostruita senza che Eli venisse ritrovato sano e salvo. ‘E vivo!’ aggiunse la sua mente ma ormai, man mano che passavano le ore, anche quella semplice frase sembrava perdere di valore e potere; Stiles lo capiva dall’oscurità che avvolgeva lo sguardo dei suoi figli e dal costante borbottio dei gemelli, perfino i suoi cognati sembravano aver perso la voglia di continuare quella dannata caccia al tesoro che li stava tenendo fin troppo impegnati.

Qualcuno bussò alla porta, facendolo sussultare visibilmente, ma non appena l’uscio si aprì Stiles si ritrovò a maledire la scomparsa della licantropia nel suo Compagno perché in quel momento, nell’osservare lo sceriffo Parrish fermo e immobile sulla soglia, gli sarebbe stato estremamente utile sguinzagliarglielo contro.
 
 

«Signori Hale…» disse seriamente, deglutendo alla vista dei due.

«Sceriffo.» rispose solamente Stiles «Novità su mio figlio?» chiese alzandosi dal letto, facendo un passo nella sua direzione con la flebile speranza di poter ricevere finalmente qualche aggiornamento; il ragazzo però sospira e abbassa il capo, stringendo i pugni e chiudendo gli occhi.

«Abbiamo trovato, qualche ora fa, quello che sembra un piccolo accampamento molto rustico; si trova nella parte ovest della riserva, in un luogo così lontano da essere fuori dalla nostra giurisdizione.» Stiles sollevò le sopracciglia, non riuscendo a impedire alle proprie labbra di iniziare a tendersi in un sorriso «Ma…» sussurrò Parrish, spostando il peso da una gamba all’altra.

«Ma?» domandò Stiles, sempre più irrequieto.

«Non ci sono prove che sia stato Eli a crearlo e a viverci; le squadre cinofile stanno pattugliando l’area e appena avremo novità vi aggiorneremo.» disse seriamente, annuendo alle sue stesse parole; Stiles abbassò il capo, un amaro groppo alla gola e un dannato peso sul petto, e si ritrovò ad annuire mentre lo sceriffo abbandonava la stanza.

«N… Non è… Lì…» singhiozzò Derek, stringendosi meglio sotto le lenzuola «Eli odia gli spazi aperti e… E poi fa freddo…» disse, incurante delle lacrime che continuavano a bagnargli il volto; Stiles sospirò e mugugnò qualche parola incomprensibile, massaggiandosi rudemente la nuca, ma alla fine si riavvicinò al letto prima di stendersi accanto al Compagno, cominciando a carezzargli dolcemente la schiena.

«Andrà tutto bene, Der, me lo sento!» disse, venendo ignorato; Derek singhiozzò e nascose maggiormente la testa sotto al cucino, scoppiando nuovamente in lacrime.
 
 


***
 
 
 

La chiara luce dell’alba filtrò attraverso quelle orribili tende gialle, illuminando malamente l’interno di quella dannata camera di motel e accogliendo una Talia sempre più nervosa e frustrata; l’insonnia non voleva abbandonarla, così come i sensi di colpa, e man mano che passavano i giorni la donna si ritrovò sempre più vittima della propria mente. Non passava nottata in cui non sognava il nipote, vedendolo a volte squarciato dai leoni di montagna e altre morto assiderato da qualche parte; erano passati cinque giorni dal ritrovamento di quell’accampamento e in quel piccolo lasso di tempo Talia si torturò le labbra, sperando in cuor suo di sbagliarsi e che le sue ipotesi fossero errate perché il destino non poteva essere così bastardo…

Sbuffò e indossò il proprio scialle, maledicendo tutti quegli acciacchi che con la perdita della licantropia avevano iniziato a tartassarla, e nel silenzio più totale uscì dalla stanza prima di avviarsi verso l’esterno del motel; l’aria fredda di ottobre la colpì violentemente, portandola a rabbrividire vistosamente, ma non se ne curò preferendo avanzare a testa alta per le vie semi-deserte della città. Più di una volta ebbe l’impressione che qualcuno la stesse pedinando ma ignorò quelle sensazioni, proseguendo spedita verso quello spiazzo meraviglioso che un tempo ospitava Villa Hale; un sorriso le tirò le labbra al pensiero di come la loro casa si fosse materializzata dal nulla e mentre camminava la mente cominciò a vagare nel passato…
 

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Capitolo 10
*** Dos Oruguitas ***


Note iniziali: prima di lasciarvi alla devo fare un paio di precisazioni.

Questo è l’ultimo capitolo, il prossimo sarà l’epilogo e finalmente questa storia avrà una fine; sinceramente, visto l’andamento delle letture e di tutto quello che ruota attorno alle fanfiction su EFP credo che chiuderò qui le “Sterek In Disney”. Non interessano più e ultimamente non ho la testa per mettere nuovamente in atto tutto il lavoro necessario per trovare il film, analizzarlo, modificarlo per farlo combaciare all’universo di Teen Wolf e tutto il resto.

Il capitolo è, come avrete capito, un enorme flashback incentrato sulla vita di Talia; sarà infatti narrato in prima persona e purtroppo sono presenti diversi salti temporali ma non sapevo proprio come incastrare le cose al fine di rendere il tutto scorrevole.

Ci sono molte frasi in spagnolo, soprattutto nella parte finale del capitolo; “Encanto” è ambientato in Colombia, un rimando al film dovevo mettercelo e perché non il buon Pedro Madrigal? Che io ADORO! Vorrei averlo visto per più tempo sulla pellicola ma va beh…

Ora, io non parlo spagnolo quindi mi sono dovuto affidare al buon Google Traduttore nella speranza che non ci siano sfondoni. Le frasi tradotte le troverete a fondo pagina come note; non è la più elegante delle scelte stilistiche ma sempre meglio di farvi interrompere la lettura per poter cercare su Google cosa viene detto.
 
Buona lettura!
 




ENCANTO
Capitolo 10: Dos Oruguitas

 


Il fastidioso vociare dei sopravvissuti era una tortura, sentirli così spaventati senza la possibilità di poter far nulla le logorava le carni ma ciò che maggiormente la tormentava erano gli incubi; ogni notte, da quella dannata sera, riviveva tutti gli istanti dell’agguato e si risvegliava urlando disperata con l’immagine del suo Pedro, steso a terra e senza vita, impressa a fuoco nelle retine. Talia sospirò rumorosamente, sistemandosi meglio il fagotto sulle spalle e ricominciando a camminare per quella dannata riserva; sentiva la mano di Peter stretta nella sua camicia e i borbottii insensati di Derek, avvolto da una copertina e posto tra le sue braccia, ma se qualche giorno prima la loro presenza bastava per darle la forza e il coraggio di proseguire in quel momento era solo l’ennesima stilettata al cuore.

L’ennesima cosa che Pedro si stava perdendo.

Talia lanciò uno sguardo a quella strana candela, la cui luce aurea non aveva ancora accennato a diminuire, e corrucciò le sopracciglia mentre cercava di ignorare quei pensieri cupi che la avvolgevano da capo a piedi; continuava a ripetersi che la riserva era invalicabile, che solamente loro sarebbe riusciti a orientarsi tra quegli alberi, eppure il terrore di ritrovarsi a vivere un nuovo agguato era ancora troppo fresco in lei.

Con la coda dell’occhio vide Gerard lamentarsi della fame e sentì i borbottii di Chris alle sue spalle, intento a discutere di chissà cosa, ma Talia li ignorò; c’era qualcosa nel suo petto che la stava guidando, che la costringeva a percorrere quel determinato cammino e sapeva che poteva fidarsi del suo istinto perché quello non l’avrebbe mai delusa.

Fu con un vistoso sussulto che la donna accolse il cielo sereno dell’alba, visto che da fin troppi giorni avevano girovagato senza meta per quei boschi, e fu ancora più strano sentire qualcosa agitarsi violentemente nel petto fino a spingerla ad avanzare verso quella radura incontaminata; la Luna era ancora visibile nel cielo, nonostante il Sole stesse per sorgere, ma la ignorò.

Percepì invece la candela emanare un nuovo calore, una forma di energia così pura e benefica da attrarla e cullarla come se si stesse trovando in un caldo abbraccio rigeneratore; deglutendo, la donna si fermò e si sistemò meglio il fagotto fra le braccia prima di rivolgersi al suo primogenito, trovandolo intento a guardarsi attorno con curiosità crescente.
 
 

«Pietro, dai a mamma la candela?» il bambino annuì energeticamente e allungò la manina, permettendole di stringere nuovamente il corpo caldo e solido della candela e lì il miracolo prese vita.
 
 

Una strana energia la avvolse da capo a piedi, portandola a tremare e singhiozzare; sentì quel qualcosa prendere forma, assumere dei connotati, e finalmente il suo lupo si materializzò ululandole euforicamente nel petto. Un boato si propagò dalla candela, abbracciando quei migranti disperati e liberandoli da ansie e paure, rifocillandoli con nuove energie, e poi lì, davanti a tutti loro, la magia prese forma; dal terreno spuntarono dei sottili rami, scuri come il legno bruciato, che presero a danzare elegantemente e a intrecciarsi tra di loro mentre si innalzavano in cielo.

La magia avvolse il terreno, trasformandolo, e dove prima c’era dell’erba ora si stava materializzando un cortile con tanto di mattonelle e intonaco; i rami crebbero e si ispessirono, trasformandosi poco a poco in un tronco sempre più robusto, e la magia si diradava sotto gli occhi di tutti.

Alti muri presero a sorgere dal nulla e l’albero innalzò i rami al cielo, facendo spuntare sempre più foglie verdi e splendide, e quando tutto quello sembrava non finire più ecco che Villa Hale si erse in tutta la sua maestosità e il Nemeton emanò il suo potere.
 
 
«Tu, o donna, che custodisci la fiamma eterna del Sacrificio Umano guiderai i tuoi simili e proteggerai la città che qui fonderete; possa la Luna sorgere su un futuro radioso e che il talento assegnato venga usato per servire la luce. Rendi odore al Branco…»
 


A parlare era stata una voce, una profonda voce maschile, e Talia si ritrovò a sorridere mentre osservava quella che sarebbe stata la sua nuova casa; alla fine, illuminando le iridi di rosso davanti allo shock dei suoi alleati, si permise finalmente di sentirsi libera.
 
 
«Benvenuti a Beacon Hills. Benvenuti a casa.»
 
 


 
*** Presente ***
 
 



La riserva sembrava immobile ma Talia era perfettamente a conoscenza che quella era solamente l’apparenza, la punta dell’iceberg, e fu con un profondo respiro che si addentrò lentamente tra quegli alberi; deglutì, cominciando a guardarsi attorno freneticamente nella speranza di riuscire trovare un qualsiasi indizio potesse aiutarla a cercare il ragazzo ma sembrava che il nulla avesse avvolto qualsiasi cosa, lasciandosi dietro solamente le macerie di quel dannato giorno e le conseguenze di tutta una vita.

Stava quasi per abbandonare il suo intento, maledicendosi nuovamente per essere stata la causa della rovina degli Hale, quando percepì qualcosa muoversi agilmente nel suo petto; non era il suo lupo, dopo tutti quegli anni aveva imparato a riconoscerlo, ma era un qualcosa che non percepiva da anni e che le aveva permesso di riuscire finalmente a rivedere l’alba dopo tutti quei giorni passati nelle tenebre. Una lacrima le solcò il viso mentre le labbra si tiravano in un triste sorriso e Talia, stringendo fermamente il bastone, proseguì.

La riserva si inoltrava sempre più in profondità, allontanandola dalla civiltà e dalla sua famiglia, ma non se ne curò perché già una volta aveva percorso quel cammino e lo aveva fatto in compagnia dei suoi figli; in quel momento, a distanza di cinquant’anni, stava ripercorrendo quello stesso percorso con la certezza che avrebbe fatto ritorno con il proprio nipote accanto.

Il silenzio divenne opprimente e il freddo sempre più pressante ma poi, improvvisamente, lo scrosciare dell’acqua la portò a sgranare gli occhi e a aumentare il passo; ricordava il Grande Fiume, non sarebbe mai riuscita a dimenticarsene, ma ritrovarsi a guardarne le sponde le fece più male di quanto potesse immaginare ma ancor più dolore le causò la vista di Eli.

Il ragazzo le dava le spalle, stava visibilmente piangendo e tremava da capo a piedi mentre si toccava il petto; era fin troppo magro per i suoi gusti, con i jeans che gli scendevano pesantemente sui fianchi lasciando scoperte le anche. Talia riusciva a vedergli le vertebre e a contargli le costole, non si meravigliò, quindi, quando notò attorno al ragazzo una serie di bacche e funghi ordinatamente sistemati e in quantità troppo scarsa per permettere a un ragazzo di mantenersi in forse.

Annusò l’aria, sperando di poter sentire nuovamente il suo profumo, ma fallì e si ritrovò a scuotere il capo mentre si avvicinava ancor di più; Eli sibilò infastidito e singhiozzò, dandole una stilettata al cuore, e fu solo quando si trovò a un paio di metri da lui che calpestò un rametto portando quel dannato “crack!” a riecheggiare attorno a loro come un tuono. Immediatamente il ragazzo si irrigidì e sollevò lentamente le mani, lasciando cadere al suolo quelli che sembravano degli stracci, e singhiozzò nuovamente.
 
 

«N… Non ho nulla con me…» sussurrò il ragazzo, con la voce chiusa a causa del freddo «Né cibo, né soldi, né armi, né niente… Ho solo qualche bacca e dei funghi che credo che siano velenosi…» disse e Talia abbassò immediatamente lo sguardo, fissandolo su quello che probabilmente sarebbe stato l’intero pasto della giornata del ragazzo «P… Prendili ma non farmi del male.» singhiozzò, ricominciando a tremare; Talia chiuse gli occhi e voltò il capo, stringendo la presa sul suo bastone.

«Eli…» sussurrò alla fine, riuscendo a trovare il coraggio di aprire gli occhi e ritrovandosi a sgranargli quando lo vide recuperare le sue poche cose e avviarsi rapidamente verso il fiume, in completo silenzio «Eli!» esclamò, cercando di raggiungerlo.

«Me ne sto andando.» rispose il ragazzo, fermandosi sul posto ma continuando a darle le spalle «Pensavo di essermi allontanato abbastanza da… Dagli Hale…» disse, pugnalandola freddamente al petto «Evidentemente mi sono sbagliato, alla fine ti sono sempre tra i piedi.» aggiunse ricominciando a camminare, immergendo le scarpe luride nelle gelide acque del Grande Fiume.

«Mi dis… Mi dispiace…» sussurrò Talia, facendolo bloccare nuovamente «Eli, ti prego, torna indietro…» disse e il ragazzo strinse i pugni, voltandosi lentamente verso di lei e facendole spalancare la bocca.
 
 

Eli era schifosamente magro.

I pantaloni, tenuti insieme da un paio di rami particolarmente elastici, gli cadevano pesantemente sui fianchi; aveva una barba particolarmente lunga e sporca, così come sporco era il resto del suo volto ma ciò che maggiormente shoccò Talia furono i cinque, lunghi segni infetti che primeggiavano sul suo petto. Larghe croste bordeaux nascondevano la carne viva, i margini della ferita erano rossi e gonfi e da qualche spiraglio continuava a spurgare del pus giallo e marciscente; era sporco di sangue e terra e solo in quel momento la donna capì che quello strano straccio non fosse altro che una maglia, la sua maglia, che stava usando per lavarsi le ferite.
 
 
«Perché?» chiese seccamente, gli occhi gonfi di lacrime che tentavano disperatamente di sgorgare libere «Avete bisogno di un capo espiatorio? Di qualcuno a cui dare la colpa quando le cose vanno male? Oppure avete bisogno di mostrarmi al pubblico, dando loro qualcuno a cui urlare la propria rabbia per aver perso tutti i benefici dati dalla magia?» domandò, sempre più prossimo a perdere il controllo «No, grazie! Sto bene così! Solo…» sussurrò, abbassando il capo e sospirando, mal trattenendo un singhiozzo «Saluta i miei papà quando torni indietro, ringraziali per tutto quello che hanno sempre fatto per me e chiedili scusa.» Eli chiuse gli occhi e si voltò, muovendosi lentamente verso l’altra sponda del fiume e del tutto incurante delle reazioni di sua nonna; Talia, nonostante non si fosse mossa di un millimetro, non aveva mai smesso di stringere convulsamente il bastone arrivando a mordersi le labbra man mano che la rabbia del nipote le veniva riversata contro. Fu soltanto quando lo scrosciare dell’acqua le raggiunse le orecchie che ritornò padrona di sé, sgranando gli occhi e ritrovandosi a un passo dal perdere quel ragazzo per sempre.

«Non posso farlo.» disse, avanzando di un passo e facendolo bloccare sul posto «Non posso permettermi di ripetere quest’esperienza, Eli, ho già perso qualcuno in questo punto e che sia dannata se mi permetterò di perdere anche te.» Eli si voltò appena, fissandola sconvolto «Non… Non avrei mai creduto che sarei tornata qui…» disse, abbassando il capo e fissando le acque limpide del Grande Fiume mentre i ricordi tornavano a lambirle la mente.

«È qui che… Nonno Pedro…» sussurrò Eli, facendola annuire.

«Torna indietro, ragazzo, ti prego.» bisbigliò Talia, permettendo alle lacrime di solcarle liberamente le guance e riuscendo a sollevare il capo, incatenando il proprio sguardo in quello del nipote «Sono passati cinquant’anni eppure…» disse singhiozzando e sorridendo tristemente, permettendosi di cadere davanti a qualcuno…
 
 


 
*** Flashback ***
 
 


«Dai Lia! La festa è iniziata!» la fastidiosa voce di Janet mi fa sbuffare sonoramente mentre finisco di sistemarmi la gonna, osservandomi attentamente nel grande specchio del salone; credo che in tutta la città lei sia l’unica che non veda l’ora di andare alla Festa del Raccolto anche se sono quasi certa che il suo vero scopo sia quello di incontrare Howard, quello strano Alpha che da qualche mese le ruota attorno come un ape.

«Jan, dobbiamo proprio?» le chiedo facendola sbuffare, portandola a sistemarsi nuovamente i lunghi capelli biondi «Sarà la solita pagliacciata!» dico ma senza risultato visto che lei, quella che teoricamente dovrebbe essere la mia migliore amica, si porta le mani sui fianchi e solleva scetticamente le sopracciglia.

«Ho dovuto pregare per settimane mio padre, Lia, settimane per convincerlo a lasciarmi andare alla festa senza quei miei stupidi fratelli Alpha e devo rientrare alle venti! Sono già le sedici e siamo in ritardo!» roteo gli occhi, mordendomi la lingua per trattenermi dal ricordarle che sono sulla sua stessa barca, ma alla fine sospiro e mi dirigo a passo pesante verso la porta d’ingresso facendola strillare allegramente.

«SÌ» urla euforica «Avanti Lia, stiamo andando alla Festa del Raccolto mica a un funerale!» mi ricorda dandomi una spallata e la folgoro con lo sguardo.

«Preferirei rammendare i calzini di mio padre, di nuovo, piuttosto che vedere la sagra degli Alpha!» dico incamminandomi per la strada.

«Sagra della Salsiccia Alpha, amica mia, ricordalo bene!» sussurra maliziosa facendomi scoppiare a ridere sguaiatamente e attirando le attenzioni irritate di qualche vecchietto; sospiro e mi schiarisco la gola, detesto quando succedono queste cose e probabilmente Dallas deve essere l’unica città in tutti gli Stati Uniti a essere rimasta ancorata al 1700…

«Guarda, guarda, guarda!» mi ritrovo a sorridere nel vedere la sua allegria così esplosiva e dirompente, tant’è che mi afferra una mano e comincia a correre verso la piazza principale della città.
 
 

L’odore di popcorn mi fa brontolare piacevolmente lo stomaco e il profumino dello zucchero filato mi porta a guardare attentamente tutte le bancarelle presenti nello spiazzo, meravigliandomi dell’impegno messo in mezzo dagli organizzatori; vedo le balle di fieno troneggiare imperiose attorno al recinto del bestiame e una quantità di pomodori così rossi da lasciarmi attonita, portandomi a sorridere nel notare come quest’anno la terra sia stata particolarmente generosa con noi tutti.

Ma quel delizioso profumo di cibo viene immediatamente arricchito non appena il vento cambia, portandosi dietro la forte scia dei giovani Alpha presenti; vorrei tanto poter fingere indifferenza ma sono una normale diciassettenne e vedere tutti questi ragazzi, con i fisici prestanti e sodi grazie al lavoro nei campi, mi porta a provare delle sensazioni strane e piacevoli ritrovandomi a ringraziare la lontananza dal calore e soprattutto la costante presenza di Janet che, nonostante non si faccia problemi a sbavare su chiunque gli capiti a tiro, sta sempre ben attenta a non allontanarsi troppo da me.
 
 

«Ma hai visto il figlio di McBuck?» domanda con un sussurro, portandomi a voltare il capo verso Josh «Da quanto gli è sparita l’acne si è fatto veramente carino…»  dice portandomi ad annuire.

«Mai come Howard, però, vero?» le chiedo per poi ridere non appena mette su la sua classica espressione sognante.

«Lui è inarrivabile, Lia…» dice con un sospiro; sto per ripeterle, per l’ennesima volta, che quell’Alpha allampanato è tutto fuorché affascinante, quando rimango vengo investita da un nuovo odore.


 
È pesante e speziato, quasi piccante ma non fastidioso, sembrando ricco di qualche nota esotica che non riesco a decifrare appieno; mi sento invasa da questo profumo, dalla potenza che si porta dietro, portandomi a esserne dipendente. È come il caffè o il cioccolato al peperoncino, così dolce e penetrante da farmi sudare i palmi mentre un brivido mi attraversa la schiena, lasciandosi dietro una splendida sensazione di attesa; Janet mi guarda, incuriosita, ma non le do il tempo di pormi alcuna domanda preferendo andare alla ricerca della fonte di questa scia.

Cammino nervosamente per la festa, sorridendo a tutti gli Alpha che mi salutano speranzosi, e continuando a ignorare i continui sguardi di Janet e i suoi tentativi di capire cosa diavolo mi stia succedendo; sbuffo infastidita, maledicendo e adorando questo profumo ipnotico, e contro ogni mia previsione mi ritrovo ad arrampicarmi su una panchina in granito per potermi guardare meglio attorno.
 
 

«Lia, ma sei impazzita?!» esclama Janet ma la ignoro, afferrando saldamente il palo della luce che ho di fronte per potermi sostenere meglio «Scendi subito da lì che si stanno meravigliando tutti!» urla afferrandomi l’orlo della gonna e sto quasi per accontentarla, sospirando tristemente, quando l’eco di una risata mi arriva dritto alle orecchie scaldandomi il cuore e portandomi a ridacchiare come una sciocca.
 
 

È un ragazzo, uno dei tanti che si sono trasferiti da noi a seguito alle guerre nel sud America, sta parlando con qualcuno e il mio mondo sembra fermarsi; tutto l’universo si concentra su quel sorriso e poi, improvvisamente, si volta e mi fissa. Vengo investita da quegli occhi scuri, così penetranti e magnetici da farmi sentire attratta da loro ritrovandomi a ignorare qualsiasi cosa mi circondi; il ragazzo sorride e arrossisce, incurante dei colpi che l’amico gli dà al fianco, facendomi sentire uno splendido calore che dal petto si irradia in tutto il corpo. Ma questo splendido incantesimo svanisce nel nulla quando scivolo sulla panca, rischiando di farmi veramente male, e quando rialzo la testa lo vedo sempre lì ma con una strana espressione in volto.
 
 

«DANNAZIONE TALIA!» Janet mi tira finalmente giù e mi posa le mani sulle spalle, stringendo la presa e facendomi tornare alla realtà «SI PUÒ SAPERE COSA DIAVOLO TI È PRESO?!» domanda e deglutisco, facendomi abbassare lo sguardo nonostante il timido sorriso che inizia a tirarmi le labbra.

«Un ragazzo…» sussurro imbarazzata.

«E per un ragazzo ti metti a fare la sciocca?» domanda irritata e preoccupata «La Talia che conosco non farebbe mai una cosa del genere…» sussurra e sospiro, annuendo alle sue stesse parole.

«Buenas tardes…
[AN1] » sobbalziamo entrambe nell’udire questa voce maschile e sconosciuta, voltandoci di scatto verso il ragazzo dallo splendido odore che mi ha stregata; è molto alto e i corti capelli castani sono sparati in tutte le direzioni ma ciò che maggiormente mi attira è il suo volto, imberbe e perfetto, che inizia a mostrare i primi segni dell’età adulta. Il ragazzo mi sorride e si gratta la nuca, abbassando per un attimo lo sguardo prima di riportarlo su di me «Disculpe, hermonas damas, ma mi amigo Camilo me ha forzado a venire aquì da esta splendida segnorita dagli ojos maravilloso…[AN2] » sussurra tentando di sorridere e ritrovandosi ad arrossire dolcemente.

«Bene, ora che l’hai vista puoi tornare da Camomillo per dirglielo!» esclama Janet, afferrandomi il polso e provando ad allontanarsi dallo sconosciuto.

«È Camilo, dulzura, e estoy para servirte!
[AN3] » sobbalziamo entrambe quando l’amico ci raggiunge, sorridendo maliziosamente davanti all’espressione irritata di Janet «Camilo Madrigal De Garcìa Gonzalez.» si presenta, facendo un elegante inchino «Preséntate, tonto![AN4] » esclama al ragazzo prima di dargli uno scappellotto dietro la nuca, ricevendo un’occhiataccia in risposta e strappandomi l’ennesimo sorriso intenerito.

«Pedro Calminarez De Moreno Alonzo.» dice osservandomi attentamente.

«Talia Hale.» rispondo, allungando una mano e venendo stretta dalla sua; mi ritrovo a rabbrividire quando quella pelle bollente mi tocca, facendomi provare delle sensazioni così strane e meravigliose da rendermi presto dipendente da lui.

«Janet Allen.» sputa la mia amica «Ora dobbiamo veramente andare che si sta facendo tardi e…» la sento tentare di trascinarmi ancora verso l’uscita e sgrano gli occhi, opponendomi in tutto e per tutto a questa sua stupidissima idea.

«Ma abbiamo il coprifuoco alle venti e siamo appena arrivate!» esclamo riuscendo a districarmi dalla sua presa, incurante dell’espressione shoccata che mi rivolge.

«Ecxelente!
[AN5] » esclama Camilo sollevando le braccia in aria «Podemos offrirvi dello zucchero filato?[AN6] » chiede e mi ritrovo ad annuire, afferrando il braccio di Janet per trascinarla verso la prima bancarella disponibile.

«Stiamo andando nella tana dei lupi.» mi sussurra all’orecchio e le sorrido, troppo presa dalla situazione per darle retta.

«E a te chi ti ha detto che concluderemo qualcosa con questi baldi giovani?» le chiedo facendola sospirare rumorosamente; mi volto verso Pedro, che ha abbassato il capo e cammina silenziosamente accanto a noi, portandomi a inspirare profondamente la sua scia «Da dove vieni, Pedro?» gli chiedo facendolo sussultare, beandomi del timido sorriso che mi rivolge.

«Da San José del Guaviare!» risponde prontamente, rabbuiandosi subito dopo «Se trova in Colombia…» dice portandosi le mani in tasca.

«Siamo scappati dalla guerra.» interviene Camilo, stringendosi nelle spalle «Nuestras familias hanno viaggiato para muchos chilometri con mujeres y niños…
[AN7] » dice tristemente, sospirando subito dopo.
 
«Con… Chi?» domando corrucciando le sopracciglia.
 
«Come dite voi…» sussurra Pedro, imbarazzato al massimo «Mogli e figli…» mi sbatto una mano in fronte, dandomi della stupida per non esserci arrivata da sola ma stranamente i due ragazzi scoppiano a ridere «Perdonace, Talia, ma nuestra lingua non è ancora perfecta.
[AN8] » dice sollevando le spalle con nonchalance.

«Ma no, sarà perfetta…» sussurro, rapita proprio da quel dannato organo che gli esce appena dalla bocca per permettergli di leccarsi le labbra secche; lo vedo strozzarsi con la propria saliva mentre Camilo ride e Janet si schiaffa una mano in faccia, facendomi vergognare a morte.

«Me devi un café, amigo mio!
[AN9] » esclama Camilo, mettendosi in fila davanti la bancarella.
 
 


 
***** Sei mesi dopo *****
 
 


«RIESCI A CREDERCI OPPURE NO?!» esclamo gesticolando animatamente, lanciando la salsa dei tacos in ogni direzione e rischiando più volte di macchiarmi la camicetta bianca che indosso.

«Io credo che esto sia el tacos più bruto che abbia mai mangiato…
[AN10] » borbotta Pedro, fissando con odio la sua cena e facendomi lamentare rumorosamente; sbuffo e gli schiocco le dita davanti gli occhi, portandolo a corrucciare le sopracciglia «Talia, vuoi veramente parlarle de sexo tra Janet e Camilo?[AN11] » mi chiede seriamente.

«Non stanno facendo sesso, Pedro, lei è in calore!» spiego, non riuscendo a capire il motivo per cui continua a fissarmi in quel modo stralunato «E lui lo sta passando con lei…» ripeto, qualora non mi avesse capito.

«Stanno haciendo sexo.
[AN12] » risponde.

«Pedro, non stai capendo.» borbotto posando il tacos sul tavolo e afferrando saldamente i suoi polsi, sorridendogli dolcemente quando noto l’espressione appena eccitata che gli attraversa il volto «Janet Allen, la stessa ragazza per tre mesi non ha fatto altro che ripetermi quanto sia stata sciocca quella sera, ha chiesto a Camilo di passare il calore insieme.» dice fissandolo attentamente negli occhi, facendolo annuire.

«La cena de presentacion è andata bien, e hanno avuto tanti citas romanticas.
[AN13] » mi ricorda facendomi annuire pesantemenre «Dici che è incoerente?» domanda facendomi sorridere apertamente.

«Esatto!» esclamo euforica «E poi da a me della sciocca.» dico lasciandolo andare, facendolo rabbuiare un poco.

«Ma Camilo era muy agitato della cosa. De sexo con lei.
[AN14] » mi svela, facendomi sollevare le sopracciglia «Lei è mucho importante por lui, sta reflejando de comprare un anello del legame por la segnorita.[AN15] » sgrano gli occhi stupita, permettendomi di capire quanto importante sia questa storia per lui.

«Ragazzi, stiamo per iniziare.» entrambi ci voltiamo verso il parroco locale, che ci sorride dolcemente «Prendete le candele.» ci ricorda avviandosi verso la chiesa e facendoci annuire.
 
 


In fretta gettiamo gli avanzi nel bidone e ci affrettiamo verso la bancarella, acquistato una spessa candela bianca e sistemandoci in coda per poi entrare nella chiesa; sospiro tristemente nell’osservare quante persone stiano piangendo e chiudo gli occhi, aggrappandomi con forza alla mano di Pedro e cercando di supportarlo con tutta me stessa. Lo sento singhiozzare e imprecare qualche parola in spagnolo ma lo ignoro, deglutendo un amaro groppo in gola e rimpiangendo la leggerezza della conversazione di prima.
 
 

«Fratelli e sorelle…» inizia il prese, calamitando l’attenzione generale «Grazie per essere venuti alla cerimonia in onore delle vittime colombiane di questa stupida guerra.» dice e subito dopo l’organo inizia a risuonare una nenia triste e disperata…
 
 


 
***** Quattro mesi dopo *****
 
 


«Talia!» sospiro rumorosamente e mi alzo dal letto, abbandonando i libri e dirigendomi rapidamente verso il salotto; sorrido nel vedere mio padre seduto in poltrona e con il giornale aperto mentre la mamma sfreccia in cucina, una pirofila stretta in mano e il grembiule sporco in più punti.

«Eccomi.» dico sistemandomi nel salotto.

«Questa sera avremo ospiti non molto graditi…» borbotta papà, sfogliando una pagina e sbuffando.

«Antonio!» esclama immediatamente mamma «Tesoro, dovrai farti bellissima. Ok?» domanda e mi ritrovo a sgranare gli occhi, percependo la tristezza innalzarsi come una marea nel mio petto arrivando a soffocarmi e spazzare via qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino.

«Una cena di presentazione, vero?» domando con un sussurro, facendola annuire.

«Ho preparato tutti i tuoi piatti preferiti e tuo padre ha promesso…» dice lanciando un’occhiataccia nella sua direzione «Che non lo farà scappare.» annuisco e do le spalle ai due, tornando in completo silenzio nella mia camera.
 
 

Non ho neanche la forza di dirgli che questa sera avevo un impegno, che con Janet dovevo andare al cinema, e mi ritrovo seduta sul letto mentre permetto alle lacrime di bagnarmi il volto; non voglio legarmi, non voglio essere messa in mostra in queste stupide cene, ma perché dobbiamo nascere con questi dannati status? Perché la natura non poteva limitarsi a crearci unicamente con il sesso biologico?

Singhiozzo e mi asciugo il volto, non preoccupandomi di nulla, e alla fine mi ritrovo ad abbracciare il cuscino e a invidiare quella sciocca di Janet che per tutta la vita non ha fatto altro che parlare di Howard mentre adesso sta pianificando il matrimonio con Camilo… Già, chi lo avrebbe mai detto? Sospiro e reprimo un urlo, perfettamente consapevole che Pedro non si presenterebbe mai alla mia porta; ho provato così tante volte a fargli capire che ero interessata a lui, a partecipare a queste pagliacciate soltanto con lui, ma lui ogni volta ha cambiato discorso. È… È uno stupido!

Uno stupido, bellissimo, intelligente e sagace colombiano!

Il pendolo nella piazza rintocca le diciannove, portandomi a scattare sul letto e a maledirmi per essermi lasciata trasportare in questi mari così odiosi ma alla fine, controvoglia, mi alzo e inizio a prepararmi; maledicendo Pedro per non avermi capito e invidiando Janet per aver fatto ciò che io non avrei mai il coraggio di fare… Passare il calore con Pedro, sentirlo contro di me, dentro di me, nel nostro piccolo nido intimo e riservato.

Sto finendo di allacciare gli ultimi nastri di questo dannato vestito quando l’Alpha suona alla porta, facendomi bloccare sul posto; sento la voce di mamma dargli il benvenuto e un’altra voce femminile e sconosciuta, sicuramente la madre del tizio, e con forza ricaccio indietro le lacrime prima di finire con il vestito.

Non sono affatto pronta a quest’umiliazione eppure esco dalla stanza e mi dirigo a passo malfermo verso il salotto, iniziando a pensare a una scusa valida per saltare la cena quando mi fermo di botto perché lui è qui; Pedro mi osserva e spalanca la bocca, deglutendo rumorosamente e stringendo con forza il mazzo di rose che si è portato dietro mentre io sento le labbra tirarsi in un sorriso, cancellando immediatamente tutte quelle ombre che fino a poco prima mi devastavano l’anima.

Avanzo felice, sorridendogli dolcemente, e non perdendomi l’espressione fintamente irritata che mio padre gli rivolge.
 


«Mi hermosa mariposa, estas flores no valen ni la mitad de tu belleza... Perdón por haber tardado tanto, tuve que recibir un puñetazo de Camilo en la cara para presentarme y declararte lo que siento por ti. Lo que siempre he sentido por ti...
[AN16] » sento sua madre singhiozzare e portarsi una mano davanti la bocca, e quasi scoppio a ridere quando vedo le espressioni confuse dei miei famigliari ma non me ne curo, non m’importa neanche di aver capito la metà delle sue parole ma mi appunto mentalmente di ringraziare Camilo, con la sensazione che c’entri il suo zampino in questa cena.

«Che splendida ragazza.» sussurra sua madre, asciugandosi il viso.

«È bellissima.» le risponde il figlio, sorridendomi innamorato «Para ti, mia splendida.» sussurra allungandomi il masso e facendomi arrossire ma ritrovandomi comunque a stringere il mazzo e a portarmelo sotto al naso.

«Allora Pedro, ti hanno mai sparato?» domanda mio padre, rovinando la magia del momento e ricevendo un’occhiataccia in risposta da me e mia madre.
 
 

La cena scorre tranquilla, eccezion fatta per le numerose minacce di morte di papà neanche troppo velate, e mentre aspettiamo il dolce io e Pedro ci spostiamo in salotto e ci sediamo sul divano; il suo profumo è inebriante, mi porta ad esserne avvolta costantemente, e quasi piango dalla gioia quando lo sento posare un braccio sulle mie spalle per poi accompagnarmi a posare il capo sul suo petto.
 
 

«A che pensi?» mi domanda e chiudo gli occhi, sperando che l’influenza di Janet sia così potente come spero.

«Al calore.» rispondo timidamente, facendolo irrigidire «Vuoi passarlo con me?» gli domando sollevando appena il capo, incontrando il suo sguardo liquido.

«Solo se vuoi tu, mariposa…» sussurra e sorrido, sporgendomi per baciarlo dolcemente.
 
 

Il nostro primo bacio…

Sento la sua scia incrementarsi e il calore ustionarmi, portandomi a bearmi della sua presenza e a benedire Janet per avermi costretta ad andare alla Festa del Raccolto quel giorno; mi carezza le spalle, portandomi a rabbrividire, staccandoci maldestramente quando papà si schiarisce la gola.

Pedro abbassa immediatamente il capo, arrossendo visibilmente, mentre io preferisco nascondere il volto contro la sua camicia.
 
 

«Se non mi fossi simpatico, giovanotto, e non vedessi l’allegria sul volto di mia figlia non ci impiegherei molto a rimandarti in Colombia a calci nel sedere.» dice rientrando in cucina «Il dolce. Adesso.» ordina e immediatamente ci alziamo, rientrando in cucina mano nella mano.
 
 

 

***** Un anno dopo *****
 
 


«Pedro!» urlo entrando in casa come un disperata, facendolo uscire rapidamente dalla sua camera per fissarmi terrorizzato; ha i capelli sparati in tutte le direzioni e il dentifricio sulla bocca, con lo spazzolino ancora stretto in mano e un’espressione allampanata in volto.

«Mi vida, che todo bien?
[AN17] » domanda facendomi annuire, mostrandogli il foglio del laboratorio analisi.

«Il calore… Ha attecchito…» sussurro emozionata, osservandolo studiare quel semplice risultato.

«Saremos padres…
[AN18] » sussurra sconvolto, sollevando lo sguardo e fissandomi «SAREMOS PADRES![AN19] » urla saltandomi addosso e prendendomi in braccio, baciandomi con passione mentre ci fa girare su noi stessi «SAREMOS PADRES![AN20] » urla ancora, stringendomi con tutta la forza che ha e piangendo di gioia «Un niño…[AN21] » bisbiglia, dandomi un dolce bacio a fior di labbra.

«Un bambino Pedro, sì…» sussurro, sentendo le lacrime bagnarmi il volto «Un piccolo Hale-Calminarez De Moreno Alonzo.» dico e annuisce, baciandomi ancora e accarezzandomi il ventre con una delicatezza meravigliosa.
 
 


 
***** Quattro anni dopo *****

 
 

«Certo che sei stato veramente sfortunato!» dico ridendo come una scema, incurante dei versi infastiditi che lasciano la culla.

«Perché?» mi domanda Pedro, le sopracciglia corrucciate e il corpicino di Derek steso sulla sua spalla.

«”Ah, mi vida! Non voglio fare proyectos por i nostri niños! A mi basta che siano machos y Alfas por qué non puedo minacciare todos gli Alpha della città!
[AN22] » dico ridacchiando come una scema, facendogli ruotare gli occhi.

«Un niño splendido ma dispettoso, un niño che sputa la pappa e una niña bellissima…
[AN23] » dice sollevando le spalle con nonchalance «Soy feliz.[AN24] » sussurra dolcemente, avvicinandosi e dandomi un dolce bacio sulle labbra «E Miguel sarà un Omega fuerte e valoroso![AN25] » esclama afferrando il mio bambino e sollevandolo al cielo, facendolo ridacchiare eccitato.

«Si chiama Derek.» gli ricordo ma venendo perfettamente ignorata.

«Pietro, Miguel e Corazon! I miei niños!» continua a parlare, felice come non mai e facendomi sbuffare rumorosamente.

«Non ti va proprio giù che abbia dato dei nomi americani ai nostri figli, eh?» gli chiedo ma appena sta per aprire la bocca sentiamo un’esplosione riecheggiare nell’aria, subito seguita dalle urla disperate delle persone.
 
 

Ci lanciamo uno sguardo e sistemiamo i bambini al sicuro, avvicinandoci lentamente alle finestre chiuse; mi ritrovo a deglutire quando notiamo le fiamme divorare la casa dei Fijeyra e a nulla serve la presenza di Pedro accanto a me, nulla riesce a cancellare questo senso di disperazione che mi avvolge e devasta.
 
 

«Bastardos sucios!
[AN26] » esclama Pedro, stringendo con forza i pugni «No le basta con haber traído la muerte y la desesperación a Colombia? Ahora también tienen que hacer lo mismo aquí?![AN27] » lo sento imprecare in spagnolo e chiudo gli occhi, lasciandomi andare ai singhiozzi e alla paura.

«Pedro, che faremo?» gli chiedo, posandomi pesantemente contro di lui.

«Quello che ha fatto Camilo.» dice nervosamente, così furioso come non l’avevo mai visto.

«Quei criminali conservatori stanno cercando i Colombiani che sono scappati…» sussurro facendolo annuire «Cosa gli impedirà di continuare la caccia anche quando saremo scappati nuovamente?» gli chiedo preoccupata.

«Anni fa siamo stati stupidi…» sussurra, abbassando il capo «Troppi colombiani qui, la voz corre e vogliono matar todos.
[AN28] » chiudo gli occhi, lasciandomi andare allo sconforto.
 
 

Scegliere cosa portare dietro è stato doloroso, abbandonare in casa tutti quegli oggetti semplici ma dall’inestimabile valore sentimentale è una delle cose più dolorose che abbia mai fatto ma non posso portarmi tutto dietro; preparo due valigie e vari fagotti, stipandogli dentro quanto più cibo possibile, e pur piangendo continuo a pregare il Signore di aiutarci e di benedirci. Di far cessare questa violenza che da due anni continua ad accerchiarci sempre di più…

Sono le tre di notte quando Pedro torna, esausto e terrorizzato, e non mi perdo la moltitudine di persone che lo hanno seguito; mi ritrovo a sorridere educatamente davanti a Gerard, il figlio del cacciatore, e nel silenzio più totale mi volto per osservare un’ultima volta la nostra casita… È così bella e ancora dobbiamo finire di costruirla, di perfezionarla. Stringo il fagotto contenente Derek e singhiozzo percependo Cora muoversi nel marsupio alle mie spalle ma non posso rimanere qui, loro non devono crescere in questo clima di odio e terrore; sento le mani di Pedro che si intrecciano alle mie e mi volto, sorridendo tristemente quando noto il faccino addormentato di Peter posato dolcemente contro la spalla del padre.

In silenzio e nell’oscurità ci allontaniamo da Denver, dal passato e da tutto quello che rappresenta la mia ancora… Stringo in mano la candela, l’unico oggetto che ho voluto portarmi dietro, e continuo a ripetermi che andrà tutto bene…
 
 

 
***** Un mese e mezzo dopo *****
 
 


Arranco pesantemente sul terreno instabile, ritrovandomi a sospirare pesantemente a causa della calura opprimente della sera; l’estate deve essere finalmente arrivata a torturarci e la presenza costante di Cora e Derek addosso non mi aiutano di certo a proseguire tranquillamente, agognando il momento in cui arriveremo finalmente sotto le fronde di quella dannata foresta. È tutto il giorno che la osservo in lontananza, sembrando che non saremmo mai arrivati a destinazione, eppure…

Sbuffo pesantemente, strappando un sorriso divertito a Pedro, e lo folgoro con lo sguardo ma ovviamente lo faccio solamente ridere sguaiatamente nonostante la stanchezza e la spossatezza che ci portiamo dietro; siamo in viaggio da così tanto tempo che ormai non credo che arriveremo più a un porto sicuro, né credo che esista una cosa del genere su questa terra. C’è stato un momento, in cui stavamo procedendo per il Nuovo Messico, in cui mi ero convinta che il peggio fosse definitivamente passato immaginandomi già pronta a rimboccarmi le maniche per aiutare Pedro a costruire la nostra nuova casa ma poi, semplicemente, quei pazzi spuntarono fuori dal nulla e fu solo per puro miracolo che la maggior parte del gruppo riuscì a salvarsi; e da allora la meta sembra veramente irraggiungibile.

Sospiro stremata, chiedendomi se mai arriverò viva al nuovo anno, e finalmente le prime fronde iniziano a ripararci dalla calura californiana portandoci e respirare beati la freschezza e la pace che sembrano regnare incontrastati in questo posto; la Luna splende luminosa in cielo, permettendoci di risparmiare le torce e di evitare di accendere dei fuochi, facendoci vedere perfettamente il cammino che si estende davanti a noi e prosegue fittamente per la foresta. Lo scrosciare di un fiume riecheggia in lontananza e mi volto a osservare Pedro, sorridendogli entusiasta, percependo le energie tornarmi e spingermi verso quell’acqua pulita e limpida visto che stiamo per finire le scorte e nessuno di noi ha idea di quanto ancora dovremmo continuare a camminare; le voci si fanno allegre e leggere, i bambini ridacchiano divertiti e corrono allegramente in ogni direzione portandoci a sentire la bellezza di questo posto.

L’acqua gelida mi rinvigorisce, eliminando la stanchezza dal mio corpo nonostante mi stia limitando a bagnarmi i piedi induriti dai calli, e sospiro beata; Pedro mi accarezza le spalle e si sporge, baciandomi dolcemente il collo e abbracciandomi.
 
 

«Benvenuta nel porto sicuro, mariposa.» sussurra, facendomi ridere; sto per rispondergli, cercando le parole adatte per dirgli tutto quello che penso e che mi è mancato di noi in questo lungo periodo, quando un urlo disperato ci fa sussultare e gelare il sangue nelle vene.

«I COLOMBIANI!» urla qualcuno e immediatamente ci guardiamo, stringendoci meglio nel nostro abbraccio prima di ricominciare la fuga.
 
 

Vedo Pedro afferrare un recalcitrante Peter e lottare con le acque del fiume, trascinandosi di peso verso l’altra sponda mentre gli spari dei fucili iniziano e riecheggiare sopra le nostre teste; sentiamo gli insulti e le grida derisorie, la paura che torna ad attanagliarci l’anima. Sento il mio gruppo ordinarmi di sbrigarmi, pregarmi di muovermi il più in fretta possibile, e il cuore mi si ferma quando uno sparo tuona fin troppo vicino a noi; come al rallentatore, vedo Margaret cadere inerme a terra.
Luis urla ma viene freddato da un nuovo colpo di fucile.

E alla fine mi volto, incontrando il volto dei miei cacciatori; sono uomini e Alpha, armati fino a i denti, e mi guardano schifati. Sorridono minacciosamente, carezzando lascivamente le canne dei fucili ancora bollenti e promettendomi silenziosamente di uccidermi; singhiozzo, stringendo meglio Derek contro il mio petto e do loro le spalle, ricominciando a correre e sperando che il Signore possa proteggerci nuovamente. Sento Pedro accanto a me tentare di rassicurare Peter, che non smette di piangere terrorizzato, e quando poso i piedi sulla terraferma mi rendo conto che è finita; la riserva è enorme e noi siamo stremati, non ci metteranno molto a sterminarci.

La disperazione mi abbraccia, cullandomi in una fredda morsa che mi priva di tutto; sento il cuore rallentare e la mente svuotarsi, incapace di poter reggere tutto questo. Distrattamente sento qualcuno pregare i nostri carnefici, supplicandoli di lasciarci vivere in pace, ma so che non accadrà; so che non si fermeranno fino a che l’ultimo di noi non si abbandoni all’oblio della morte…
 
 

«Pietro, sé un buen chico y no hagas que mamá se enoje demasiado. Ahora eres el hombre de la casa...
[AN29] » mi volto verso Pedro, inginocchiato davanti a Peter e intento ad abbracciarlo strettamente mentre piange; il mio bambino singhiozza ma alla fine viene costretto dal padre a separarsi da lui.

«Pedro…» sussurro ma lui sorride tristemente, fissandomi disperato.

«Adiós, Miguel, sí fuerte mi amor...
[AN30] » sussurra carezzando la testolina di Derek, singhiozzando rumorosamente «Sé fuerte, Corazón, porque en el mundo encontrarás mucha gente mala. Papá siempre te protegerá...[AN31] » dice stringendo il fagotto dove Cora riposa, incurante delle lacrime che mi solcano il volto.

«Pedro, ti prego…» piango, stringendogli la maglia con tutta la forza che ho ma lui mi sorride e mi accarezza il volto; mi bacia, dolce, mettendo tutti i “Ti amo” non detti in questi anni. Sento tutto in questo semplice contatto di labbra, tutte le cose che ha sempre provato per me ma che non ha mai avuto la possibilità di dirmi; singhiozzo nel bacio, arrendendomi al nostro destino, ritrovandomi a sussurrare un debole “No…” quando ci separiamo.

«Tieni sempre accesa la candela, mi vida, perché solo la luce può sconfiggere il buio…» sussurra, costringendomi a stringere questa dannata candela che mi sono portata dietro e alla fine si volta.
 
 

Lo vedo sorridere e avanzare lentamente verso i colombiani, alzando le mani in aria e affrontando a viso aperto la morte; mi sento tirare, qualcuno mi urla contro di scappare ma non lo ascolto. Non posso farlo…
 
 

«Pedro!» urlo cercando di liberarmi da quella presa «PEDRO!» urlo ancora, piangendo e singhiozzando mentre avanzo a fatica verso di lui; vedo un uomo alzare la pistola e caricarla, puntandogliela al petto «PEDRO!» e poi spara.
 
 

Mi blocco, sentendo il dolore riecheggiarmi nel petto come una bomba, ritrovandomi a cadere in ginocchio quando le forze mi abbandonano; Pedro barcolla sul posto e si accascia sulle proprie gambe, sollevando il capo al cielo e lasciandomi per sempre.
 
 

«PEDRO!» urlo e mi faccio cadere al suolo, posando una mano sul terreno e cominciando a prenderlo a pugni mentre la candela rotola di fianco a me; li sento ridere sguaiatamente e un tonfo a terra, ritrovandomi a chiudere gli occhi quando capisco che ad aver prodotto quel suono è stato il suo corpo privo di vita.

«Pero qué está pasando?! LA VELA!
[AN32] » li sento urlare e poco a poco un caldo tepore mi avvolge, sento l’energia vibrarmi attorno e quando alzo il capo, convinta di incontrare la beatitudine e il volto sorridente del mio Compagno, mi ritrovo a fissare la fiamma della candela che arde splendente.
 
 

Una nuvola dorata si innalza dal pavimento, avvolgendo la cera e intagliandola con maestria e alla fine, quando raggiunge la fiamma, l’energia esplode con violenza; vedo i colombiani venire scagliati lontano mentre il terreno trema e poco a poco, davanti ai miei occhi, spessi tronchi si sollevano verso il celando proteggendoci e impedendomi di osservare un’ultima volta il corpo del mio Pedro…
 
 


 

 [AN1]Buon pomeriggio…
 [AN2]Scusate, mie splendide signore, ma il mio amico Camilo mi ha costretto a venire qui da questa splendida signora dagli occhi meravigliosi...
 [AN3]È Camilo, tesoro, e sono qui per servirti!
 [AN4]Presentati, stupido!
 [AN5]Eccellente!
 [AN6]Possiamo offrirvi dello zucchero filato?
 [AN7]Le nostre famiglie hanno percorso molti chilometri con donne e bambini…
 [AN8]Scusami, Talia, ma la nostra lingua non è ancora perfetta.
 [AN9]Mi devi un caffè, amico mio!
 [AN10]Credo che questo sia il tacos più cattivo che abbia mai mangiato…»
 [AN11]Talia, vuoi veramente parlare del sesso tra Janet e Camilo?
 [AN12]Stanno facendo sesso.
 [AN13]La cena di presentazione è andata bene e ci sono stati tanti appuntamenti romantici.
 [AN14]Ma Camilo era molto agitato della cosa. Del sesso con lei.
 [AN15]Lei è molto importante per lui, sta riflettendo sull'acquisto di un anello di legame per la signorina.
 [AN16]Mia bellissima farfalla, questi fiori non valgono la metà della tua bellezza... Scusami per averci messo così tanto, ho dovuto farmi prendere a pugni in faccia da Camilo per presentarmi e dirti cosa provo per te. Quello che ho sempre provato per te...
 [AN17]Vita mia, va tutto bene?
 [AN18]Saremo genitori...
 [AN19]SAREMO GENITORI!
 [AN20]SAREMO GENITORI!
 [AN21]Un bambino…
 [AN22]Oh vita mia! Non voglio fare progetti per i nostri bambini! A mi basta che siano maschi e Alpha perché non minacciare tutti gli Alpha della città!
 
 [AN23]Un bambino splendido ma dispettoso, un bambino che sputa la pappa e una bellissima bambina...
 [AN24]Sono felice.
 [AN25]E Miguel sarà un Omega forte e valoroso!
 [AN26]Sporchi bastardi!
 [AN27]Non basta aver portato morte e disperazione in Colombia? Ora devono fare lo stesso anche qui?!
 [AN28]Troppi colombiani qui, le voci corrono e vogliono ucciderci tutti.
 [AN29]Pietro, fai il bravo e non fare arrabbiare troppo la mamma. Ora sei l'uomo di casa...
 [AN30]Addio Miguel, sì forte amore mio...
 [AN31]Sii forte, Corazón, perché nel mondo troverai tante persone cattive. Papà ti proteggerà sempre...
 [AN32]Ma cosa sta succedendo?! LA CANDELA!

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Capitolo 11
*** Epilogo - Una porta per Eli ***


Partecipanti:
Eli
Talia
Aiden
Allison
Peter
Isaac

Derek
Stiles
Cora
Ethan
Lydia
Scott
Danny
Coro
Ethan e Aiden
Scott e Lydia
Derek e Stiles
 


ENCANTO
Capitolo 11: Epilogo – Una porta per Eli

 


«Credevo di poter vivere una vita diversa…» sussurrò Talia, abbassando lo sguardo e schiarendosi la gola nel disperato tentativo di frenare le lacrime «Credevo di poter essere una donna diversa…» disse, percependo le lacrime bagnarle il volto «Avevo ricevuto un miracolo, una seconda occasione! Ed ero terrorizzata di perdere tutto nuovamente, di dover rivivere quella dannata esperienza, da dimenticarmi il perché tuo nonno Pedro si sacrificò… Dimenticando per chi fosse il nostro miracolo…» Talia sollevò lo sguardo, fissandolo in quello umido del nipote e sorrise tristemente mentre allungava una mano nella sua direzione, speranzosa di poter finalmente sentire quel corpo tra le proprie braccia «Eli, tu non hai colpe.» disse, vedendolo sussultare e mordersi le labbra pur di non piangere «Non hai rovinato la nostra famiglia, ragazzo…» sussurrò, avanzando di un passo «Noi siamo in ginocchio per colpa mia… Il miracolo si è spezzato per colpa mia…» disse, percependo il dolore dilaniarle l’animo quando notò nuove lacrime solcare il volto sporco di Eli.

«N… Noi…» sussurrò Eli poco dopo «Nonna, tu hai perso così tanto…» disse muovendo pigramente le braccia «Hai sofferto così tanto…» aggiunse con un singhiozzo «Da diventare sorda e cieca al dolore altri.» Eli si mosse, facendo un passo verso quella mano, lottando contro sé stesso e quella dannata voglia che aveva di fiondarsi tra quelle braccia «Tu non sai cos’ho provato io quella sera, quando il miracolo è venuto a mancare davanti agli occhi di tutti…» sussurrò, piangendo liberamente «Non sai quanto mi sono sentito disperato nei giorni a seguire, quanto mi sia sentito inutile negli anni a seguire, e ho provato così tanto a essere alla vostra altezza, a splendere come tutti voi, finendo solamente per essere ripreso duramente da te… Subendo le urla e sentendo la delusione provenire da te e da tutto il resto della famiglia…» Eli si asciugò le lacrime, singhiozzando miseramente ma del tutto incapace di controllarsi; aveva represso tutto quel dolore per troppo tempo e ora, mentre la diga finalmente cedeva, non aveva la forza di poter arginare la marea distruttiva che lo stava cogliendo portandolo a riversare quelle lacrime all’esterno della propria anima, rendendola libera e leggera «Ho fatto di tutto per la famiglia, cercando disperatamente di essere al vostro stesso livello ma ritrovandomi a guardarvi da lontano; quando… Quando ti ho rivelato di aver trovato la mia ancora, quando orgogliosamente ti dissi che era proprio la famiglia a tenermi unito alla mia parte umana, ti limitasti a sollevare un sopracciglio; quando mi diplomai ho ricevuto una pacca sulla spalla e un banale “Hai fatto il tuo dovere…”.» Talia chiuse gli occhi e singhiozzò, deglutendo rumorosamente quel dannato magone «Mi sono sentito escluso da tutto e tutti da ben prima che mi cacciassi dal Branco, isolato come un asteroide perso nello spazio siderale, intento a vagare senza una meta o un raggio di Sole pronto a scaldarmi… C’era sempre qualcun altro che faceva meglio di me, che era semplicemente migliore di me, e che puntualmente mi metteva in ombra; sono stato spezzato e attaccato, ho cercato di salvare la famiglia e di farmi in quattro per impedire alla candela di spegnersi, ma non è stato sufficiente… Nulla è mai stato sufficiente… E ora ti presenti qui per cosa? Farmi tornare a essere un parafulmine? Per permettere al resto della famiglia di sfogarsi su di me?» la rabbia prese il posto del dolore ed Eli avanzo, piangendo e singhiozzando mentre gesticolava nervosamente «Cos’altro volete da me? Perché non vi rifate una vita? Dimenticatevi di me così come avete fatto con lo zio Peter, lo stesso Peter che non nominate neanche per sbaglio ma che per tutti questi anni ha vegliato sulla famiglia, riparando le crepe e vivendo come un ratto tra i muri della Villa pur di rimanerci accanto!» esclamò, sentendo il petto bruciare per via del pianto «Cosa. Volete. Da. Me.» chiese arrivando a pochi centimetri da quella mano tesa, fissando il proprio sguardo ferito in quello della sua matriarca.

«Te. Solo te.» e in un attimo Talia lo afferrò per un polso e se lo tirò contro, stringendolo a sé e nascondendogli il volto nell’incavo del collo scoppiando in un pianto liberatorio; sentì Eli irrigidirsi e poco a poco, timoroso di poter rovinare tutto, portò le braccia attorno alla donna, lasciandosi andare.

«Nonna… Mi… Dispiace…» singhiozzò, stringendola con tutta la forza che aveva.

«Non devi dispiacerti di nulla, piccolo mio… Sei tu che devi scusarci…» i due caddero in ginocchio, piangendosi addosso ma ritrovando finalmente quel dannato sorriso che sembrava essere sparito nel nulla da troppi mesi ormai e persi com’erano in quell’oceano dolce amaro non si resero conto della splendida farfalla monarca che aveva iniziato a volargli attorno, sbattendo le delicate ali e arrivando a posarsi su uno stelo d’erba «Ho chiesto al… Al mio Pedro un miracolo…» sussurrò Talia, beandosi finalmente dell’odore del ragazzo e temendo di vederselo sparire da sotto le mani in un momento «Eli, il nostro miracolo sei tu!» Eli sorrise e finalmente il dolore fu meno intenso, quel vuoto nel petto si fece sempre meno profondo e le ferite che gli dilaniavano l’anima parvero risanarsi lacrima dopo lacrima…

«Io volevo solamente essere accettato…» sussurrò, singhiozzando contro la camicia della nonna.

«Noi ti amiamo, Eli…» sussurrò Talia, staccandosi appena per poterlo guardare in volto «Io ti amo.» aggiunse, sorridendogli dolcemente e asciugandogli le lacrime.

«FERMA DONNA!» entrambi sussultarono quando quella voce riecheggiò sopra le loro teste, costringendoli a voltarsi verso la fitta vegetazione «È COLPA MIA!» aggiunse sempre più affaticata e vicina «LUI È VENUTO DA ME PER UN CONSIGLIO E SI È BUTTATO COME L’ALPHA TONTO CHE È!» dagli alberi spuntò la figura smagrita e sfinita di Peter, la maglia lacerata dai cespugli e i capelli disfatti dalla corsa; l’uomo avanzò il più rapidamente possibile nella boscaglia, lo sguardo fisso in quello della genitrice, ritrovandosi poi a cadere a causa di una radice sporgente.

«Zio Peter?» domandò Eli, alzandosi e aiutando la nonna a fare lo stesso.

«IO GLI HO DATO UNA VISIONE!» sbraitò Peter, risollevandosi immediatamente in piedi «E non m’importa cosa pensi di me, megera ottusa che non sei altro, perché se sei così stupida da…» ma Peter non riuscì a completare il suo sproloquio visto che si ritrovò sua madre addosso, stretto tra le sue braccia e i capelli di lei che gli solleticavano il mento.

«Pietro…» sussurrò tristemente Talia.

«Avete chiarito, vero?» domandò Peter, fissando il cielo.

«Più o meno…» sussurrò Eli, uscendo definitivamente dal fiume.

«Bene allora, con il vostro permesso, io tornerei a perdermi nella riserva e…» Talia si staccò e gli sorrise, stringendogli il polso con forza prima di voltarsi verso il nipote e allungare una mano nella sua direzione.

«Andiamo a casa.» sussurrò non appena Eli ricambiò la stretta e in silenzio i tre si incamminarono tra gli alberi, lasciandosi alle spalle il gorgoglio del fiume.
 
 

La farfalla sbatté le ali e si rialzò in volo, allontanandosi in cielo e perdendosi tra le chiome della riserva…
 
 


 
***
 
 


Eli si guardò attorno, disperato nel vedere quell’enorme spiazzo vuoto dove un tempo sorgeva maestosa la Villa; passò in mezzo alle tende, incurante della sua nudità parziale, spostando gli occhi in ogni direzione ma incontrando solamente polvere e piccole macerie che dovevano ancora essere portate via. Singhiozzò e si passò una mano sul volto, asciugandosi le lacrime, incredulo a quanto stava vedendo; udì un tonfo, e qualcosa in vetro che andava in frantumi, e si voltò di scatto ritrovandosi immobile davanti a lui.
 
 

«Eli…» Derek lo fissò, sbattendo più volte gli occhi e avanzando lentamente; calpestò i cocci di quella bottiglia ma non se curò, non poteva farlo, non in quel momento «Eli sei… Sei tu?» sussurrò, singhiozzando rumorosamente e permettendo alle lacrime di solcargli il volto; Eli si guardò attorno, improvvisamente intimorito, ma alla fine portò le mani davanti al busto e abbassò appena il capo prima di annuire una singola volta «ELI!» sentire il proprio padre urlare e venir abbracciato da lui, venire stritolato dalle sue braccia, fu come tornare a respirare; percepire nuovamente il suo odore, il suo calore contro il corpo lo portò a singhiozzare e prima che se ne accorgesse si ritrovò a stringere il maglioncino indossato da Derek e a piangere «Il mio bambino! Il mio bambino!» urlò Derek, baciandogli la tempia e piangendo silenziosamente.

«Bambino?» domandò Stiles, spuntando da dietro un albero poco lontano da loro «ELI!» urlò scattando nella loro direzione e intrappolando quel giovane ragazzo tra le proprie braccia «È TORNATO!» sbraitò euforico, beandosi della sua presenza.
 

 
In breve tempo un coro di “È tornato! Il giovane Hale ha fatto ritorno!” si diffuse in città, portando l’intera famiglia a precipitarsi il più in fretta possibile verso lo spiazzo ritrovandosi a osservare il corpo magro di Eli, coperto dal giaccone del padre e costretto dallo stesso Derek a ingozzarsi di cibo.
 


 
Casa in frantumi, ma questa è un'occasione…
Quando hai dei dubbi, mai dire mai.
E vai!
Questa famiglia è una costellazione!
Ognuno è un astro che brilla e splende più che mai!
 
 


«Fratellino…» singhiozzò Scott, buttandoglisi addosso e rischiando di farlo strozzare a causa del boccone che stava masticando.

«TU!» sbraitò furibonda Lydia, lanciandogli contro una scarpa e beccandolo in piena faccia «STUPIDO ALPHA PAZZOIDE!» urlò avvicinandosi e afferrandogli fermamente il volto «LA PROSSIMA VOLTA CHE PROVI A FARE UNA CAZZATA DEL GENERE TI COLPIRÒ COSÌ FORTE NEI COGLIONI DA COSTRINGERTI A SPARGERE LE BRICIOLE PER RIPRODURTI!» urlò scuotendolo violentemente.

«Ciò che tua sorella sta cercando di dirti…» disse Stiles, attizzando il fuoco che da qualche minuto ardeva in mezzo alle tende «È che ci sei mancato e non devi provare mai più a fare una bravata del gerene.» concluse guardandolo in faccia e sorridendogli.

«Mai più…» sussurrò Derek, stringendo ancor di più Eli tra le sue braccia.

«Papà, piano…» disse Eli ma venne praticamente ignorato.

«Lo abbiamo sopportato per tutto questo tempo, ora tocca a te.» disse ridacchiando Cora, avvicinandosi per poi baciargli una guancia barbuta «Ci sei mancato.» gli sussurrò dolcemente.

«ELI!» urlò Allison, buttandosi a peso morto sul cugino e strappandogli un ansito spezzato «Fatti la barba Eli, punge…» singhiozzò mentre gli strofinava il volto contro.

«Ed è la morte della bellezza.» disse Lydia, asciugandosi sommariamente le lacrime «Se mi è colato il trucco giuro che ti uccido questa volta.» lo minacciò puntandogli l’indice contro e facendolo scoppiare a ridere.

«Sì, sì, sì!» borbottò Aiden, incrociando le braccia al petto e sbuffando sonoramente «Tutto molto bello e ben tornato, idiota.» disse facendogli roteare gli occhi «Ma rimane comunque il fatto che le tue bravate hanno distrutto casa!» disse irritato, ricevendo una gomitata in pieno stomaco dal gemello.

«AIDEN!» esclamò immediatamente Isaac.

«Che c’è?!» domandò irritato il ragazzo «Cos’è questa cosa? A me non sembra una casa e sono stanco di vivere in quel motel merdoso!» esclamò irritato, puntando una mano verso la città.

«Mi dispiace Aiden e hai ragione.» sussurrò Eli, districandosi dall’abbraccio paterno e posando a terra la cugina «Se la Villa è crollata la colpa è anche mia, me ne assumo tutte le responsabilità.» disse facendo un passo in avanti e fissando attentamente la sua famiglia «Volevo impedire al miracolo di morire, ho tentato di ostacolare la profezia, finendo solamente per farla avverare.» ammise sospirando rumorosamente «Ma per come la vedo io possiamo rimanere qui a piangerci addosso o vedere il lato positivo.» disse sollevando le spalle e tornando a sorridere.

«E sarebbe?» chiesero in sincrono i gemelli.

«Siamo ancora qui, tutti vivi e insieme.» rispose semplicemente Eli «Casa è solo un ammasso di mattoni e cemento, la nostra casa è dove stiamo tutti insieme.» spiegò, allargando semplicemente le braccia.
 

 
Ma ogni stella prima o poi…
Brucia e cessa di guidarvi!
Così il talento in voi…
Non può più ostacolarvi!


 

«Il Nemeton è morto e con lui i vostri talenti…» disse Eli, tornando a sedersi ma continuando a sorridere «Nessuno potrà più costringervi a far nulla, che sia sfruttare la vostra forza od obbligarvi a essere perfetti.» allungando le mani, il ragazzo si ritrovò a stringere quelle fredde dei suoi fratelli mentre un senso di pace si propagava in lui «Basta fingere di essere persone differenti da quelle che si è veramente,» sussurrò fissando Aiden «Non devi più essere il pagliaccio del gruppo, d’ora in avanti ti limiterai a essere l’Aiden testa di cavolo arrogante e borioso che hai sempre mostrato solamente a me.» disse sollevando le sopracciglia.

«Credo che stiamo imparando a conoscerlo anche noi…» borbottò Isaac, massaggiandosi la nuca e strappando una risata alla Compagna.

«E ovviamente basta fare da tramite, esistono i telefoni per un motivo. È giunto il momento di far sentire la propria voce, di far valere la propria volontà.» disse Eli fissando attentamente Ethan, le cui guance si imporporarono mentre abbassava il capo «Basta reprimere i propri sentimenti, niente più “Cieli tersi” per calmarsi, credo che dopo tutto questo tempo sia giusto che ciò che si ha dentro venga tirato fuori senza preoccuparsi se si hanno i panni stesi…» Cora scoppiò a ridere, carezzandosi dolcemente la treccia che portava sulla spalla, ritrovandosi a sorridere emozionata verso il nipote.

«Parole sagge.» disse stringendogli una spalla.

«E basta cucinare per un esercito, papà!» esclamò Eli, fissando attentamente un Derek ancora in lacrime «Chiunque può mettersi ai fornelli e mhh!» borbottò quando si ritrovò l’ennesimo pezzo di pane in bocca.

«Mangia.» si limitò a dire Derek, incurante di tutto «Non ti farà guarire ma almeno ti sazierai.» disse sorridendogli.

«Dico sul serio, pà! Basta rimanere tutto il giorno in cucina! Se hanno inventato gli ospedali ci sarà un motivo, no?!» chiese irritato facendolo annuire.

«Cucinerò solo per voi, contento?» gli chiese sorridendo.

«E basta pensieri tristi!» urlò Allison, tornando ad abbracciarlo «Basta, vero Eli?» gli chiese sollevando gli occhi.

«Sì, basta…» sussurrò il ragazzo, ricambiando la stretta.

«Spero che tu sia bravo a preparare il cemento così come lo sei con le parole, cugino.» disse velenoso Aiden, facendo sbuffare i presenti.
 



 
E a me dispiace molto se
Mi è stato chiaro solo poi…
Che il miracolo non è potere in più per me,
Ma siete tutti voi, la famiglia e poi
L'amore fra di noi!

Fra di noi, fra di noi!
 



«Le stanze si possono ricostruire.» la voce di Talia arrivò chiaramente alle loro orecchie, portandoli a voltarsi di scatto verso la riserva «Ma i legami che ci uniscono, quelli sono insostituibili.» disse sorridendo e avanzando verso le tende, portandosi dietro un recalcitrante Peter «Devo parlarvi.» sussurrò, sedendosi pesantemente accanto al nipote prima di sospirare rumorosamente.

«Mamma, che succede?» chiese Cora, fissandola attentamente.

«Ma lui chi è?» domandò invece Ethan, fissando il suo stesso zio.

«Bella domanda…» borbottò Peter mentre si metteva le mani in tasca.

«Mi dispiace.» disse Talia, attirando l’attenzione generale «Fin da quando Eli mi parlò della sua visione, il giorno in cui la nostra Ally ricevette il talento, capì che il miracolo era in pericolo…» ammise finalmente ad alta voce quel dannato pensiero che si portava dentro da fin troppo tempo, facendo immobilizzare i presenti e portando Eli ad abbassare appena le spalle «Solo… Solo oggi…» sussurrò abbassando lo sguardo, percependo le lacrime tornare a bagnarle il volto «Ho capito il perché la nostra famiglia è stata benedetta dal miracolo… Quando vostro abuelo Pedro…» si fermò, prendendo un profondo respiro e chiudendo gli occhi «Quando si sacrificò, morendo affinché tutti noi riuscissimo a salvarci, la candela prese vita e la fiamma cominciò a bruciare ardentemente allontanando le tenebre e proteggendoci dal pericolo…» disse trovando la forza di guardare i propri figli, trovandoli a piangere in silenzio; Peter sollevò il capo e sbatté più volte le palpebre, cercando di ricacciare indietro le lacrime «Il miracolo, a differenza mia, è stato saggio: ha fornito a tutti noi delle abilità che ci avrebbero consentito di affrontare una nuova minaccia e il compito di difendere questa città. Tutti i nostri talenti questo erano, un dono per noi con lo scopo di imparare dal passato e di impedire alla storia di ripetersi ma io…» sussurrò, reprimendo l’ennesimo singhiozzo «Ero così terrorizzata di perdere tutto, così stupida da arrivare a essere la nuova minaccia che attentava alla nostra famiglia…» disse facendogli spalancare la bocca.

«Ma no, nonna, cosa dici…» sussurrò Aiden, inginocchiandosi davanti a lei «È stato Eli a…» ma Talia lo fermò con un gesto della mano e un’occhiataccia, facendolo bloccare sul posto.

«Il miracolo è saggio, nipote.» disse severamente Talia «Privando Eli del suo talento ha fatto sì che divenisse più sensibile a certi elementi, portandolo a incentrarsi su ciò che è importante e quindi la famiglia.» ammise, tornando a guardare il ragazzo e stringendogli una mano «La Villa è andata distrutta nel momento in cui l’ho cacciato dal Branco, dalla famiglia, e l’averlo attaccato in quel modo così barbaro ha fatto in modo di uccidere il miracolo e far spegnere la candela.» sussurrò, tornando a guardare i presenti.

«Quindi… Noi…» sussurrò Cora, sempre più confusa.

«La nonna ci ha obbligato a servire la città.» prese parola Lydia «Portandoci a distrarci sempre di più dal fulcro di tutto, piegandoci e modellandoci affinché ottenessimo risultati sempre migliori ma questo, questo nostro e costante impegno, ci ha logorato fino al midollo e non credo che sia un caso il fatto che tra tutti sia stato proprio Eli ad avere la visione quella sera… Lui era, anzi è, l’unico che poteva fare qualcosa a riguardo.» finì incrociando le braccia al petto e facendo annuire la nonna.

«Ethan, hai chiesto chi è quest’uomo.» disse Talia, sorridendo al suo primo genito che immediatamente abbassò il capo «Lui è tuo zio Peter, tornato finalmente tra di noi. Tornato per restare.» immediatamente i presenti sobbalzarono, perfino Derek si alzò di scatto per fissarlo attentamente.

«Resterai sul serio?» gli chiese e Peter sollevò gli occhi, fissandolo imbarazzato.

«Altrimenti chi ti dirà di comprare più Kinder Bueno fratellino?» chiese venendo immediatamente abbracciato da Derek.

«Pazzoide!» esclamò Cora, stringendolo con forza.

«Zio Peter!» urlò Allison iniziando a saltare allegramente e ricevendo delle occhiate confuse da parte dei cugini più grandi.

«Colpa mia.» ammise Eli, sollevando una mano e sorridendo «Ci ha beccati mentre investigavo sulla magia e quindi…» borbottò sollevando le spalle.
 
 


 
Ok, dunque ora si nomina Peter?
Lui è Peter!
Già… Dico due parole per Peter…
Ascoltate, ok?!
 
 


«Ma quindi ora possiamo nominarlo?» domandò Aiden, fissando attentamente il fratello che sollevò le spalle.

«Zio Peter!» ripeté Allison, fiondandosi sulle sue gambe non appena gli adulti si staccarono da lui.

«Sì, sì principessa!» esclamò Peter carezzandole la testolina «Niente lupo e gatto, eh?» le chiese facendola imbronciare.

«Boyd ed Erika non li trovo da nessuna parte…» borbottò cupamente.

«Sono certo che riusciremo a fare qualcosa di meglio, tesoro…» sussurrò dolcemente «Ma prima il buon, giovane zio Peter deve fare una cosa.» disse sollevando il capo e fissandolo in quello di Cora, sorridendole imbarazzato «Scusa, sorellina.» Cora si corrucciò, ritrovandosi a fissare la mano che Peter le stava tendendo.
 


 
Cora, mi puoi perdonare? Non volevo disturbare!
Non ero profetico, ma ti vedevo sudare!
Io ti adoro e perciò d'ora in poi lo dirò,
Lascia che ci sia grandine o pioggia o nevichi un po'!
Lo dico sempre anch'io, bro!
Se me lo permettete, io mi scuserei…

Ehi, noi vogliamo averti qui, ok?
Non potresti ormai tornare al buio, lo sai?
Un rimedio c'è sempre, non preoccuparti mai!
Ho capito perché io sentivo un bel viavai!
 




«Il giorno delle tue nozze io… Non avevo visto il futuro…» disse abbassando lo sguardo e arrossendo appena «Ti vedevo sudare e ho fatto una battutaccia, non avrei mai pensato che quelle sarebbero state le conseguenze e io… Io credo che tu possa far del tempo ciò che vuoi! Lascia che nevichi, grandini o esploda una bufera sulle nostre teste!» esclamò, ritrovandosi a sobbalzare quando Cora gli si buttò addosso per abbracciarlo con forza e ridacchiando al “Finalmente qualcuno che mi appoggia!” detto da Isaac «Mi dispiace per quello che ho detto o fatto, non era mia intenzione…» Peter si osservò attorno, ritrovando gli sguardi limpidi dei suoi famigliari e fin troppi sorrisi tristi che necessitavano di tempo per tornare a splendere come un tempo.

«Pietra sopra sul passato, ora sei qui e questo è l’importante.» disse Stiles, alzandosi e abbracciandolo con forza.

«Come per Eli, neanche tu non osare sparire nuovamente…» sussurrò Derek, carezzando la testa del figlio.

«Tutto ciò ci farà venire il diabete…» si lamentò Lydia, sorridendo dolcemente «Ma solo alla morte non c’è rimedio e se quest’esperienza ci ha insegnato qualcosa è sicuramente il far fronte comune per affrontare le situazioni difficili.» esclamò sicura di sé.

«Ma quindi la famiglia non si sfascia più, vero?» domandò Scott con un’aria da cucciolo bastonato, fissando gli altri con il volto umido «Io non voglio che Eli o lo zio Peter scappino ancora, o che lo faccia chiunque altro…» ammise abbassando il capo.

«Nessuno se ne andrà, Scotty, rimarremo per sempre qui a romperti le scatole!» esclamò Eli buttandosi addosso al fratello, cadendo entrambi sul terreno duro.

«E comunque non è vero che sono inquietante e che vivo con i ratti! Sono i ratti che vivono con me e sono anche ben addestrati!» urlò Peter, intento a folgorare minacciosamente i nipoti.

«ECCO ALLORA COS’ERA QUEL RUMORE CHE SENTIVO SEMPRE!» esclamò Ethan battendosi il pugno sulla mano.

«Mah… Contenti voi.» borbottò Aiden «Hey ma cosa…» sussurrò, corrucciando lo sguardo e puntando gli occhi verso un punto specifico della riserva.
 



 
Oooooooooooooooh…
oooooooooooooooh…
oooooooooooooooh…

Chi sta cantando?
È il villaggio che sta arrivando!
Ehi!
Ci siamo noi!
Ci siamo noi…
Arriviamo qui per voi!
Arriviamo qui per voi…
Vogliamo darvi una mano!
Per questo siamo tutti qui…
 
 


«Che succede?» domandò preoccupata Talia non appena sentì dei rombi riecheggiare nell’aria.

«È LA CITTÀ!» urlò Allison e in un attimo diversi camion arrivarono lentamente dalla strada, accerchiati dai cittadini che per tutti quegli anni erano stati aiutati grazie alla presenza del miracolo e dei talenti.

«Jennifer…» sussurrò Talia, sollevandosi per poter fissare il nuovo sindaco della città.

«Perdonate il ritardo ma dovevamo organizzarci.» disse semplicemente la donna, facendole l’occhiolino e scoppiando a ridere divertita «AVANTI GENTE! CI SONO DEI FAVORI DA RESTITUIRE!» urlò muovendo un braccio in direzione della folla e ben presto gli operai iniziarono il loro lavoro mentre tutti gli altri si attivarono per cercare di fare qualsiasi cosa potesse velocizzare il processo di ricostruzione.

«Ehi, Stilinski!» esclamò Bob Dunbar, avvicinandosi al gruppo «Perché non porti il tuo ragazzo in ospedale? Così facciamo qualche controllo…» disse sorridendogli, facendolo annuire ma non perdendosi il fin troppo evidente rossore che si stava dipingendo sulle labbra del ragazzo.

«Sappiamo che hai mentito su te e Liam.» disse Stiles, facendolo sospirare rumorosamente «Non è stato per niente divertente, Eli!» esclamò afferrandolo per le ascelle e aiutandolo a rialzarsi.

«Ehi Lyds!» urlò lo sceriffo, avvicinandosi rapidamente alla ragazza con un euforico sorriso sul volto «Signore.» borbottò, abbassando appena il capo davanti a Stiles che sbuffò e roteò gli occhi.

«Ciao Jordan!» disse invece Lydia, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

«Ma cosa…» sussurrò Eli mentre veniva spinto dal padre verso la macchina «UN MOMENTO!» strillò piantandosi al suolo e folgorando Parrish con un’occhiataccia «Tu…» sibilò puntandolo con un dito.

«Entra in macchina, giovanotto.» borbottò Stiles ma Eli si voltò di scatto verso il fratello, che lo fissava confuso.

«MA NON FAI NIENTE?!» urlò indicando la coppia e facendo sbuffare Lydia.

«Che devo fare?» domandò ingenuamente Scott, facendo sollevare di scatto le sopracciglia di un irritato Eli.

«Davvero Scotty?» chiese unendo i pugni e facendogli spalancare la bocca.

«NON VOGLIO SAPERE!» urlò invece Scott, portandosi le mani sugli occhi.

«MA CHE ALPHA E FRATELLO SEI?!» tuonò Eli, venendo finalmente caricato in macchina dai suoi padri.

«Torniamo subito.» disse Stiles prendendo il posto del guidatore.

«STA LONTANO DA MIA SORELLA! MI HAI SENTITO, SCERIFFO?! GIÙ LE MANI DA LYDIA!» urlò Eli mentre la macchina si allontanava dallo spiazzo.

«Quindi quello è il famoso Eli Hale…» domandò divertito Parrish, carezzando il volto della sua ragazza.

«A quanto pare…» borbottò Lydia, sorridendogli dolcemente prima di sobbalzare alla suoneria del cellulare «Scusa un attimo, è papà Derek.» disse tirando fuori il cellulare.

“LYDIA, LO SPRAY AL PEPERONCINO!” sbraitò invece la voce di Eli.

“ELI, BASTA!” disse Stiles “E TU PERCHÉ GLI HAI DATO IL CELLULARE?!” tuonò verso il marito.

“ELI, LASCIA STARE TUA SORELLA!” Lydia roteo gli occhi e allontanò il telefono dall’orecchio, sbuffando alla risata divertita dello sceriffo.

“MA CHE GENITORI SIETE?! DOVRESTE MINACCIARLO INVECE DI DARGLI IL BENVENUTO!” a quel punto Jordan si ritrovò a piangere dalle risate mentre si teneva la pancia, incurante dell’espressione irritata della sua ragazza.

«STO PER RIATTACCARE!» disse seccamente Lydia.

“SCOTTY, FALLO FUORI!” urlò invece Eli prima che la conversazione venisse chiusa.

«Lo ammetto, mi piace…» sussurrò Jordan, dandogli un dolce bacio a fior di labbra.
 


 
Se ci uniamo noi ce la facciamo!
Sei forte!

Sì, ma anch'io piango ormai…
Non dovrai!
Sì, ora riaccettarmi è un gran bel passo!
Reinventarmi è uno spasso!
E via!
Il sole e l'amore e crescerà!

Andrà sempre più in là e verrò!
 



Eli fissò orgoglioso la struttura della futura Villa, non riuscendo a staccare gli occhi dalla gigantesca struttura in cemento armato che di giorno in giorno si innalzava sempre più rapidamente; erano passati solamente tre mesi da quel giorno eppure la struttura architettonica era praticamente finita e nel giro di qualche giorno gli elettricisti e gli idraulici avrebbero iniziato a creare i vari impianti.

Si portò le mani ai fianchi, sospirando beato alla sensazione di pace che quella vista gli portò; sorrise felice quando percepì il profumo fruttato di Lydia, ritrovandosela al fianco nel suo nuovo abito turchese compratole qualche giorno prima da Parrish.
 
 

«Mi piace la nuova fioriera, non vedo l’ora di poter piantare tutte le piante grasse che ho visto nell’emporio.» sussurrò Lydia, studiando attentamente gli enormi vasi che primeggiavano davanti l’ingresso della Villa.

«Sai… Stavo pensando a una cosa…» borbottò Eli, portandosi l’indice al mento e attirando l’attenzione della sorella «Si dice che gli uomini compensino le proprie micro dimensioni acquistando macchine grosse o delle armi da fuoco…» disse perplesso, facendole sollevare un sopracciglio «Secondo te il carissimo Parrish è così micro da voler compensare facendo lo sceriffo?» le chiese ghignando perfidamente e ridacchiando quando ricevette una borsettata dietro la nuca.

«DEFICIENTE!» urlò Lydia, colpendolo con forza anche sullo stomaco e dietro la schiena.

«Ragazzi, invece di litigare come sempre mi date una mano?» domandò Scott da dietro una colonna, sbucando per poterli osservare disperato.

«Arriviamo Scotty!» urlò Eli, sottraendosi a quell’attacco «La smetti di voler sollevare le cose pesanti?» chiese afferrando quel pezzo di tufo, sorridendo quando sentì Lydia imitarlo.

«È per aiutare gli operai…» borbottò Scott, sollevando il mattone e spostandolo di qualche passo prima di adagiarlo sulla pila accanto al camion.

«Anche così sei l’Hale più forte.» disse Lydia, tornando immediatamente a sistemarsi.

«Ma ieri sera ho pianto…» ammise il ragazzo, abbassando il volto.

«AH! Scotty!» urlò Eli, gettandoglisi addosso e scompigliandogli i capelli «Tutti piangiamo!» disse abbracciandolo.

«Non devi vergognartene…» sussurrò Lydia, baciandogli una guancia.

«Lo so…» mormorò, tornando a sorridere «Devo imparare ad accettarmi.» disse seriamente, guardandoli tornare a sorridere.

«Così come io mi sto divertendo a reinventarmi.» disse seriamente Lydia, mostrando loro un volantino pubblicitario della New York University «Ed Eli a smetterla di fare l’Alpha idiota.» aggiunse folgorandolo con lo sguardo.

«Ehi, Scotty, ma secondo te Parrish fa lo sceriffo perché micro-dotato?» domandò Eli facendogli spalancare la bocca.

«NON VOGLIO SAPERE!» urlò infatti Scott «IERI SERA SIAMO ANDATI A PRENDERCI UNA BIRRA! NON VOGLIO FARE CERTI PENSIERI QUANDO LO VEDO!» sbraitò chiudendo con forza gli occhi.

«Fraternizzi con il nemico?» domandò Eli, sollevando irritato le sopracciglia.

«Ma smettila!» disse irritata Lydia, dandogli uno scappellotto sulla nuca «Perché non ti tagli la barba piuttosto?» domandò fissandolo e facendolo sbuffare.

«Mi fa sembrare figo!» esclamò, accarezzandosi quella peluria ben curata che da qualche mese primeggiava sul suo volto; non avrebbe ammesso ad alta voce che quel suono nuovo aspetto serviva solamente per nascondere le cicatrici lasciatogli da Talia quel dannato pomeriggio, non poteva sopportare di vedere l’espressione intristita di sua nonna.

«Ehi ciao!» esclamò una ragazza, avvicinandosi rapidamente al trio con una bottiglietta d’acqua in mano «Ti ho visto sollevare quei blocchi pesantissimi e ho pensato potessi avere sete…» sussurrò, allungandogliela e sorridendogli imbarazzata «Sono Kira, molto piacere.» disse abbassando lo sguardo.

«Noi andiamo! È stato un piacere!» esclamò Lydia, afferrando l’altro fratello per un polso e tirandoselo dietro lasciando uno Scott più confuso del solito.

«Io… Io Scott.» disse il ragazzo, aprendo la bottiglia e facendola sorridere.

«Scotty, dannazione! Invitala a uscire!» urlò Eli da dietro le mura della Villa, facendoli sobbalzare.

«ELI DANNAZIONE!» disse invece Lydia e Scott si ritrovò a ridere quando sentì il gemito di dolore del fratello.

«Un… Caffè?» domandò imbarazzato.

«Alle diciassette?» chiese Kira, facendolo annuire con un sorriso sulle labbra.
 
 

Dietro le mura, Eli fissò quei due ragazzi scambiarsi i numeri e sollevò le braccia euforicamente e si trattenne dall’intraprendere uno stupido balletto della vittoria prima di voltarsi verso una divertita Lydia, che gli diede l’ennesimo scappellotto dietro la nuca prima di avviarsi insieme a lui lungo quello che nel prossimo futuro sarebbe diventato il cortile interno.
 
 

«È così tonto…» borbottò divertito Eli.

«Mi chiedo come faccia a essere nostro fratello…» sbuffò Lydia facendolo scoppiare a ridere.

«Eli, puoi venire un momento?» domandò Talia, attirando l’attenzione dei ragazzi verso una delle stanze.

«Vado in biblioteca, dovrebbero essere arrivati dei libri incentrati sulla teoria delle stringhe!» disse eccitata Lydia, facendolo sorridere; trovò sua nonna intenta a osservare le pareti intonacate, concentrando lo sguardo sulle tracce di vernice lasciate dall’idraulico il giorno prima, e si fermò al suo fianco.

«Continui ancora a fare battutacce sullo sceriffo?» gli chiese, continuando a fissare la parete e facendolo sbuffare «Eli, te l’hanno detto anche i tuoi padri e te lo ripeterò anche io: lascia stare Jordan, è un brav’Alpha e un brav’uomo.» disse tentando di reprimere un sorriso.

«E sarebbe ancora più bravo se la smettesse di fare il filo a mia sorella!» esclamò incrociando le braccia al petto e facendosi guardare da sua nonna «Devo fare il fratello Alpha geloso sì oppure no?» chiese corrucciando le sopracciglia e facendole scuotere il capo.

«Tra te e Aiden non so chi sia più impossibile…» borbottò Talia, incurante del “TI HO SENTITO!” urlato dallo stesso Aiden da qualche parte nel piano superiore «Ma nonostante questo vorrei chiederti una cosa.» disse tornando a guardarlo e facendogli sciogliere la postura «Lydia mi ha chiesto se fosse possibile permettere a Jordan di passare il calore insieme.» svelò facendolo sgranare gli occhi, prima di strappargli un lamento disperato dalla gola.

«Stupido sceriffo dal sorriso perfetto…» borbottò stringendo i pugni prima di sbuffare sonoramente, sollevando di scatto il capo per fissare il soffitto «Perché lo chiedi a me?» domandò, lanciando uno sguardo alla nonna.

«Perché gradirei un tuo parere…» disse semplicemente Talia con un’alzata di spalle.

«Se fosse per me impedirei a qualsiasi Alpha di presentarsi alla porta con lo scopo di corteggiare mia sorella, indifferentemente da tutto…» sussurrò Eli, incrociando le braccia al petto «Ma sono anche perfettamente consapevole che Lydia è, probabilmente, l’Hale più sveglio della famiglia e non ho alcun problema nel dire che è perfettamente capace di tenere a bada praticamente chiunque le capiti a tiro e se Parrish riesce a starle vicino, e a non farsi uccidere, direi che può tenerle testa.» disse tornando a fissare la nonna con un cipiglio sul volto «Ma sarebbe da stronzi e ipocriti scegliere cosa dovrebbe fare Lydia del proprio calore, quindi le darei la massima libertà dopo essermi sincerato che conosca tutti i pro e i contro della faccenda.» Talia sollevò le sopracciglia e sorrise appena, osservandolo mentre si massaggiava distrattamente la faccia «Che c’è?» domandò quando notò lo strano sguardo della donna.

«Riflettevo…» borbottò Talia, dandogli le spalle e allontanandosi dall’edificio.
 



 
Le stelle bruciano…
Tutto è mutevole…
I giorni passano…

Ma non vedi che bravo che è?
È merito tuo!


 

«Ma perché la nuova casa dev’essere piena di farfalle?» domandò Aiden, fissando confuso la parete appena dipinta.

«Perché sì e basta.» rispose in un sussurro Eli mentre finiva di sistemare gli ultimi secchi contenenti la vernice.

«Grazie. Per prima.» borbottò abbassando appena il capo, facendo corrucciare le sopracciglia del ragazzo «Intendo per Rhonda.» aggiunse facendogli spalancare la bocca.

«Ma io non ho fatto nulla.» rispose semplicemente Eli.

«Ha accettato di uscire solamente perché tu hai parlato con lei.» disse Aiden, guardandolo di sottecchi «Vi ho visti chiacchierare in giardino, mentre mamma e Lydia piantavano i boccioli…» disse roteando un dito «Quindi, qualsiasi cosa tu le abbia detto, grazie.» terminò, voltandosi e guardandolo attentamente.

«Le ho solo detto che le persone cambiano e che non sei il pagliaccio cretino che ha conosciuto né la testa di cazzo che ti ostini a fingere.» sbuffò Eli, massaggiandosi rudemente la schiena «Aiden, hai passato gran parte della vita ad assumere l’aspetto degli altri solamente per fare danni o per prenderli in giro, non concedendoti la possibilità di crescere e di conoscere te stesso; Rhonda si è lamentata del fatto che non hai una personalità ed è vero ma è altrettanto vero che la vita stessa muta in continuazione, portandoci a fare altrettanto, devi solamente accantonare queste stronzate e dedicarti il giusto tempo. Probabilmente le uniche che ti conoscono veramente sono la zia Cora e Ally, perché non permetti anche agli altri di farlo?» chiese, posandogli una mano sulla spalla e sorridendogli «Sai, essere dolce con qualcuno e manifestare dei sentimenti di affetto genuini non fanno di te un Alpha debole…» disse in un sussurro, facendogli sgranare appena gli occhi.

«Sì… Grazie…» borbottò, allontanandosi dalla presa e uscendo rapidamente dal salotto riverniciato.

«È un brav’Alpha…» sussurrò Stiles, che non si era perso quello scambio di battute, mentre finiva di sistemare i teli in plastica insieme al Compagno «Forse sta dando troppo filo da torcere a Jordan ma nessuno è perfetto, no?» domandò rivolto a Derek, che sollevò lo sguardo e gli sorrise.

«Siamo dei bravi genitori.» sussurrò, sporgendosi per dargli un dolce bacio a fior di labbra.

«Ehi sceriffo! Ti mancavo, vero?» domandò Eli, sorridendo divertito davanti alla faccia scocciata di Parrish.

«O forse no…» ridacchiò Stiles, ricevendo uno scappellotto sulla nuca da parte del marito mentre Lydia lanciava le sue scarpe a un pentitissimo Eli, centrandolo perfettamente sulla schiena. Di nuovo…
 
 

 
Ehi, Mahealani! Sei un po' giù?
È che ho troppo amore nel cuore…
Al mondo siamo tanti e tu hai mai visto Ethan?
Ok, adesso è mio tu vai!
Ti ho notato, rispetti la tua mamma e sei molto amato…
E scrivi poesie che ogni sera vuoi leggere!
Io aspetto da un po', ma vorrei che un giorno notassi me…

Ethan, io ti vedo…
E io ti sento!
Sì!
 
 


Eli si massaggiò la schiena, indeciso se dare la colpa a quei dannati secchi di vernice o ai tacchi della sorella, ma alla fine sbuffò sonoramente e si avviò a passo lento verso il giardino; ebbe la decenza di arrossire davanti all’occhiataccia furente che Lydia gli regalò ma non riuscì a fare nient’altro visto che si ritrovò steso a terra, schiacciato completamente dal peso di qualcuno.
 

«Cavolo, scusa!» urlò Danny, cercando di districarsi ma finendo solamente per gravargli ancor di più addosso.

«Mahealani, sto per farti tanto male!» esclamò Eli quando sentì le mani del ragazzo che lo toccavano con fin troppa enfasi a livello del petto, non perdendosi il delicato movimento di ginocchia che gli sfiorò il cavallo dei pantaloni.

«Non lo faccio volentieri! Mi sento i muscoli deboli e non ho forza!» si giustificò, ricadendogli nuovamente addosso.

«Certo, come non flirtavi volentieri con me durante la cena di presentazione o come non ti stessi scopando con gli occhi Scotty e Aiden…» brontolò, facendolo immediatamente irrigidire.

«Te ne sei accorto…» sussurrò Danny, venendo spostato con forza da un fin troppo irritato Eli.

«Se me ne ero accorto?!» domandò sollevando le mani in aria e fissandolo shoccato «Cazzo Danny, se ti avessi proposto di farmi un pompino avresti mosso mari e monti per accontentarmi!» esclamò sempre più irritato, facendogli abbassare il capo.

«Scusa…» sussurrò «Ma stavo venendo costretto dalla mia famiglia a sposare Lydia, non avevo ancora fatto coming out e io…» Eli sospirò rumorosamente e si massaggiò il capo, maledicendo quell’Alpha capace di metter su una faccia da cucciolo bastonato che poteva tranquillamente competere con quella del fratello; stava quasi per disperarsi, cercando le parole più adeguate da dirgli, quando intravide Ethan camminare spedito verso di loro mentre chiacchierava allegramente con sua sorella. Un sorriso gli tirò le labbra e ben presto si rialzò, scattando in direzione del cugino.

«Ehi! Ma che fai?!» domandò Ethan quando si sentì spingere, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto arrossato di Danny.

«Scusa Mahealani ma, sinceramente, preferisco delle belle tette agli addominali scolpiti; però sai che tu ed Ethan avete gli stessi gusti?!» esclamò, gettando finalmente il cugino tra le braccia dell’altro Alpha.

«D… Davvero?» chiese Danny, fissandolo confuso e osservando il rossore che poco a poco gli imporporava le guance.

«C… Ciao…» sussurrò Ethan, stringendogli le braccia e tornando in piedi «Io… Sei bellissimo.» disse, percependo il rossore arrivargli fin alle orecchie «Ti guardavo sempre quando eri in città e ho ammirato il modo in cui ti rapporti con gli altri, sempre dolce e premuroso, e poi ti sentivo leggere le poesie nella tua camera e ogni volta ti immaginavo intento a sussurrarmele in un orecchio e…» Danny sorrise, posandogli dolcemente il pollice sulle labbra.

«Sei molto bello anche tu…» disse carezzandogli una guancia, prima di baciargliela «E sei adorabile quando arrossisci in questo modo…» ammise, stringendoselo tra le braccia.
 


 
Tutti voi… Tutti voi…
Ehi, leghiamoci!
Ora è troppo!
Tutti voi… Tutti voi!
 
 


«Che ne pensi di legarci?» gli chiese Danny, facendolo scostare immediatamente da lui.

«Stai scherzando spero?!» esclamò invece Ethan, facendogli sollevare le sopracciglia «Prima conosciamoci, ok? Passiamo due o tre calori insieme e poi…» sussurrò maliziosamente, indicandosi il collo e facendolo sorridere eccitato.

«E poi legati.» disse Danny, facendolo annuire.
 
 
Io l'amo troppo, è un grande risultato!
Non è perfetta…
Chi lo è mai?!
Hai ragione!
Crediamo che qualcosa andrà cambiato…

Cosa?
Prova ad aprire la porta…
Vogliamo che ci pensi tu!
 



Eli fissò la Villa, un sorriso euforico a tirargli con forza le labbra; non riusciva credere che erano passati otto mesi da quel dannato giorno e soprattutto doveva ancora a convincersi che la loro casa era finalmente pronta. Il giorno prima gli ultimi mobili erano stati montati e riempiti da una Lydia fin troppo divertita e nelle vesti di una perfida dittatrice, visto che aveva sbraitato ordini a destra e a manca nei confronti di qualsiasi povero sfigato le fosse capitato a tiro ma finalmente potevano abbandonare il motel, finalmente sarebbero tornati a casa; prese un profondo respiro, beandosi del profumo della riserva, mentre una sensazione di pace iniziava ad avvolgerlo da capo a piedi. Quel vuoto, quel dolore, che si portava nel petto era sempre presente e lo accompagnava in ogni momento della sua vita nonostante si fosse attenuato con il passare dei giorni; sapeva che la sua famiglia lo aveva perdonato, lo leggeva nei loro sguardi e lo vedeva nei movimenti, eppure c’erano momenti in cui tutte quelle situazioni tornavano a farsi sentire portandolo nel baratro della tristezza e facendogli perdere vitalità.

Eppure, in quei momenti bui, non rimaneva mai da solo…

Bastava un sospiro e si ritrovava tra le braccia di sua zia; un singhiozzo sotto la doccia e i suoi padri che lo stringevano; una parola strana e arrivava la carezza di sua nonna.

No, in quei mesi Eli non era rimasto mai da solo in quei momenti bui e per ogni gesto ricevuto dalla sua famiglia quel dolore si faceva meno intenso, quel vuoto meno profondo, e la serenità non tardava ad arrivare.

Se possibile il sorriso gli si allargò ancora di più quando sentì il profumo di sua nonna, ritrovandosi a voltare il capo quando si sentì stringere un braccio; Talia lo osservò mentre le vetture arrivavano e con loro il resto della famiglia, tutti con quello strano sorriso sul volto e l’aria cospiratoria.
 


«Casa, finalmente…» sospirò Talia, annusando a pieni polmoni l’odore vivo della riserva «Anche se non è perfetta come volevo è finalmente finita.» aggiunse sorridendo e fissando emozionata le pareti di legno decorate, accarezzandole con lo sguardo e cogliendone ogni singolo dettaglio.

«Perfetta?» chiese Eli, interrompendo tutti i pensieri della donna per costringerla a prestargli attenzione «Chi mai è perfetto a questo mondo?» domandò sollevando le sopracciglia e facendola ridere.

«Sì, sì… Hai ragione…» sussurrò abbassando il capo.

«Allora? Entriamo?» domandò osservandola e stringendole una mano.

«No, non ancora.» rispose invece Talia.

«Sai, ragazzo…» disse Isaac facendo un passo in avanti, immediatamente imitato dalla Compagna e dai figli «Crediamo che la Villa non dovrebbe essere l’unica cosa restaurata.» aggiunse dandogli una pacca sulla spalla.

«Io non… Cioè… Devo…» Eli deglutì, percependo gli occhi bruciare e la paura diffondersi nel suo animo.

«Qualcosa cambierà.» aggiunse Talia, staccandosi da lui e cominciando a frugare nella borsetta; vide i suoi genitori guardarlo con gli occhi lucidi, Scott singhiozzare e asciugarsi le lacrime. Perfino i suoi cugini lo osservavano in modo strano ed Eli, semplicemente, mise le mani in tasca e abbassò il capo prima di annuire.

«O… Ok.» sussurrò, chiudendo gli occhi «Capisco.» aggiunse, con la voce distorta dalle lacrime che cercava di trattenere.

«Perché non apri la porta?» domandò suo zio Peter; Eli sgranò gli occhi e sollevò di scatto il capo, ritrovandosi a fissare una maniglia dorata.

«Abbiamo parlato molto in questi giorni.» sussurrò Cora, stringendo la mano del marito e sorridendogli emozionata «È tempo per la famiglia Hale di avere un nuovo Alpha a comando, qualcuno di giovane e fresco che sappia guidarci.» disse.

«Ma io non… Non capisco…» balbettò lanciando uno sguardo al resto della famiglia.

«Sarai un bravo capo famiglia, figliolo.» Stiles gli batté una mano sulla spalla, sorridendogli emozionato.

«Ma io… Cioè… Nonna!» esclamò guardandola «Tu…» Talia però sorrise e sollevò le sopracciglia.

«Il capo famiglia è quella persona che si preoccupa per tutti i membri, mettendo il loro bene prima del proprio; sa ascoltare e intervenire saggiamente, lasciando in disparte tutti quei pensieri e quelle opinioni personali che andrebbero in contrasto con il benessere generale.» spiegò semplicemente Talia, carezzandogli il volto con la mano libera.

«E tu questa cosa l’hai fatta e continui a farla tutt’ora.» disse Ethan sollevando le spalle con nonchalance.

«Stiamo solamente ufficializzando la cosa.» ammise Aiden con sufficienza.

«Ma… Zio Peter è il primogenito ed è giusto che…» Peter lo bloccò con un gesto della mano, facendogli l’occhiolino subito dopo.

«Ho vissuto nell’ombra per anni, nipote, e tu mi hai trascinato di peso nella luce. Ti sei battuto per me, quando ancora venivo chiamato Tu-Sai-Chi.» spiegò semplicemente.

«Mi hai offerto una spalla a cui appoggiarmi, dandomi sostegno quando stavo per cadere.» sussurrò tra le lacrime Scott.

«Mi hai reso libera.» disse Lydia.

«Papà, tu…» Derek se lo strinse in un abbraccio e finalmente Eli tolse le mani dalla tasca, correndo per ricambiare la stretta e permettendo a un singhiozzo di abbandonargli la gola.

«Io sono fiero di mio figlio.» sussurrò Derek, carezzandogli dolcemente la schiena.

«È per questo che mi facevi tante domande?» domandò Eli quando fu libero, voltarsi per guardare sua nonna «Che mi ponevi davanti a quelle scelte? Mi stavi mettendo alla prova?» chiese facendola annuire.

«Allora? Andiamo ad aprire questa porta?» Eli abbassò lo sguardo, incontrando il volto radioso della sua cuginetta mentre un sorriso gli tirava le labbra e prima che se ne rendesse conto qualcuno gli aveva messo in mano quella dannata maniglia; sentire la sensazione del metallo contro il palmo fu strano, destabilizzante, eppure non riuscì a impedire a quello strano sentimento di giusto di avvolgerlo e coccolarlo.
 
 

Quando sollevò lo sguardo, però, si ritrovò a singhiozzare.

La sua famiglia aveva preso posto come durante le cerimonie del talento; vide i suoi cugini e i suoi fratelli un passo indietro al viottolo che lo avrebbe condotto al portone principale, i suoi zii davanti le aiuole e poi vide i suoi genitori accanto al portone principale. Vide sua nonna dall’altro lato ed Eli si sentì tirare per un braccio da un’euforica Allison e così, recalcitrante, cominciò a camminare.

«Sappiamo che ce la farai, cugino.»

«È ora di brillare, fratellino.»

«È giunto il momento di brillare, nipote, sorgi e splendi come il più maestoso degli astri.»

«Apri i tuoi occhi e dimmi, Eli: cosa vedi?» Talia lo osservò mordersi le labbra e abbassare lo sguardo, puntandolo sulla maniglia.

«Me… Solo me…» sussurrò e singhiozzò, sentendosi finalmente accettato.
 


Il dolore si dissolse. Il vuoto fu colmato. Ed Eli si sentì finalmente accettato da quella famiglia che aveva a lungo osservato da lontano; finalmente l’asteroide esplose, lasciando il posto a una nuova stella libera di brillare insieme alle altre.

Eli sollevò la mano e incastrò la maniglia nella porta, sorridendo emozionato ma poi, semplicemente, qualcosa cambiò.
 
 
Sappiamo che tu puoi…
Brillare al meglio ormai…
Risplendi tra di noi!
Tu sei il vero talento! Entra, dai!
Apri i tuoi occhi, abre los ojos…
Che cosa vedi?

Io vedo me!
Solo me…

 
 


Un boato riecheggiò per tutta Beacon Hills; la riserva parve contorcersi su sé stessa mentre il terrore cominciava a spargersi nei loro animi come la più putrescente delle malattie. Eli s’immaginò la loro splendida Villa crollare nuovamente sotto il proprio peso e la famiglia cacciarlo definitivamente, eliminando quella sensazione di pace che finalmente lo aveva avvolto; invece dalla riserva si propagò un caldo vento estivo, così profumato e potente da bandire qualsiasi paura. Una strana energia prese a vibrare nei loro corpi e la cittadina fu colmata da un senso di serenità e benessere che portò i cittadini a scoppiare in lacrime o a ridere, facendoli sentire così coccolati come non accadeva da tempo; e così come tutto era improvvisamente iniziato, cessò immediatamente mentre un ululato iniziava a riecheggiare nei loro petti.

Eli singhiozzò quando lo percepì, il suo lupo era tornato più vivo ed energico che mai. Sentì i cuori della sua famiglia, i loro odori e le loro emozioni; sentì la città più viva che mai e quel calore che si irradiava in ogni fibra del suo corpo fino ad avvolgergli gli occhi, portandolo a illuminare le iridi con un caldo e amorevole rosso.

Dei crepitii si mossero nella Villa e alla fine i rami del Nemeton si sollevarono fieri e maestosi, agitandosi allegramente e spalancando finalmente le porte della loro casita; Eli vide le porte tornare a brillare, sature di energia, sentì la magia nell’aria renderla frizzante e si ritrovò a ridere come un bambino quando notò la Villa tornare a vivere come un tempo.

Sentì i cittadini correre verso di loro ma non se ne curò, preferendo scattare verso le scale per cominciare a ispezionare ogni singolo angolo della casa; spalancò le porte di ogni stanza, ritrovandosi ad ammirare l’oceano di petali o una cascata di sabbia, e quasi si piegò su sé stesso dalle risate quando udì gli animali precipitarsi verso la nuova camera di Allison.
 

«IL MIO TALENTO È TORNATO!» urlò qualcuno ed Eli si affacciò, vedendo come Scott si fosse messo immediatamente a sollevare quei pesanti vasi in cemento prima di spostarli da una parte e dell’altra ma venendo quasi subito placcato a terra da Allison, in groppa al suo fedele lupo.
 


Vide una nuvola formarsi nel cortile interno e una fitta nevicata cadere sui presenti, avvolgendo sua zia intenta a ballare divertita con un Isaac che non smetteva di ridere; saltò le scale e corse verso di loro, incurante di tutto, ma non riuscì mai a raggiungerli visto che un paio di rami si mossero agilmente nell’aria, afferrandolo saldamente per la vita e tenendolo sollevato di qualche centimetro dal pavimento.
 
 

«Guardate…» sussurrò Talia, fissando lo strano movimento che i rami stavano facendo.

«Credo che dovremmo seguirli…» borbottò Stiles.
 
 

Eli annuì e provò a liberarsi ma si ritrovò sempre più in alto, spostato come una marionetta dal Nemeton stesso fino a ritrovarsi davanti a una porta o a quella che un giorno lo sarebbe stata; era un semplice rettandolo luminoso posto accanto alla stanza di Scott, fu solamente quando il resto della famiglia lo raggiunse che finalmente il ramo lo appoggiò delicatamente a terra, proprio davanti al miracolo.
 
 

«Secondo me dovresti aprirla.» disse Ethan con un’alzata di spalle.

«Così ci ritroveremo come prima? No, grazie! Ho una brutta esperienza con le porte magiche!» rispose Eli facendo un passo indietro ma venendo bloccato dalle mani di suo zio Peter.

«Io invece credo che sia proprio per te…» sussurrò Derek, carezzandogli il volto.

«Apri dai!» dissero in coro i gemelli ed Eli sospirò, preparandosi ad affrontare nuovamente quella dannata situazione.
 
 

Scosse il capo, prese un profondo respiro e alla fine afferrò la maniglia già pronto a riderci sopra per evitare di piangere ma la porta, semplicemente, prese a brillare con maggiore intensità e alla fine la magia che la componeva esplose permettendo loro di fissare il legno lucido che la componeva.

C’erano delle linee dorate che la percorrevano, si intrecciavano in un semplice disegno che occupava tutta la superficie disponibile del legno scuro; in alto, circondato da una cornice, si trovava in suo nome. Al centro della porta c’era lui, con tanto di barba e il volto disteso in un’espressione pacifica. E stretto tra le sue mani si trovava un cuore, il Cuore del Branco Hale.
 

«SERVE UNA FOTO!» esclamò sua nonna e immediatamente la famiglia si mise in posa; Eli registrò distrattamente qualcuno tirare fuori il cellulare, capì per sommi capi che si era ritrovato stretto tra le braccia dei suoi padri e mentre il flash lo abbagliava seppe che il miracolo era avvenuto.
 

Eli Hale aveva ottenuto il suo talento…

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