Every you every me.

di Vallyrock87
(/viewuser.php?uid=1163906)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Broterly Jealousy ***
Capitolo 2: *** A demon sick ***
Capitolo 3: *** Calm after the storm ***



Capitolo 1
*** Broterly Jealousy ***


Come sempre un ringraziamento va alla mia beta che mi da un grandissimo aiuto; MoonSuckerlove

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Prompt: Gelosia fraterna by Jeremy Marsh.

Inuyasha quella sera correva per il bosco; si era staccato dal gruppo perché aveva avvertito un odore a lui famigliare. Così, preso da uno scatto d'ira, era corso via sotto lo sguardo attonito di tutti. Kagome, soprattutto, si sentiva ferita, perché credeva che il mezzo demone avesse avvertito la presenza di Kikyo, la sacerdotessa che Inuyasha un tempo aveva amato. I suoi pensieri, tuttavia, non potevano essere più lontani dalla realtà.

Infatti, era un altro l'odore che Inuyasha aveva avvertito: quello del suo fratello maggiore Sesshomaru, perciò si era fiondato nella sua direzione, innervosito e infastidito da quella presenza. Era più forte di lui, non riusciva a non scontrarsi con suo fratello talmente era forte l'odio che li accomunava. Nel momento in cui si trovò al limitare del bosco, lo vide sulla sponda del fiume che, come suo solito, scrutava l'orizzonte. I suoi capelli d'argento, così come la sua Moko-Moko, si muovevano spostati dalla leggera brezza che quella sera soffiava tra le fronde. Inuyasha si guardò intorno per capire se, insieme a lui, ci fossero anche quel rospo malefico del suo servitore, Jaken e la bambina che era solito portarsi dietro.

Inuyasha, ricordava ancora quando lui e Kagome avevano scoperto che il demone si portava dietro una bambina umana. Erano rimasti totalmente spiazzati da quella rivelazione, visto che il demone covava odio verso gli umani; ai loro occhi la cosa sembrava alquanto bizzarra. E nessuno era mai riuscito a darsi una spiegazione a quello strano fenomeno, eppure Rin non era mai stata spaventata da lui.

- Finalmente sei arrivato Inuyasha. – Gli disse Sesshomaru ridestandolo dai suoi pensieri. E in quel momento, il mezzo demone si accorse che il demone si stava avvicinando.

- Dannato, lo hai fatto apposta a farmi sentire la tua presenza, che cosa vuoi? – Ringhiò Inuyasha, rendendosi conto in quell'istante che Sesshomaru era solo.

- È arrivato il momento della resa dei conti. – Disse Sesshomaru, sguainando Tokijin e puntandola al collo del mezzo demone.

Inuyasha fece qualche passo indietro ed estrasse dal fodero Tessaiga che subito si trasformò in una zanna. Il mezzo demone incrociò la lama della sua spada con quella di suo fratello. I due si guardarono con sguardi truci, pieni di odio verso l'avversario.

Sesshomaru, ormai stanco di sentirsi surclassato da quell'essere inferiore quale era suo fratello, quella sera aveva deciso di farla finita e di riprendersi ciò che gli spettava di diritto; ovvero la spada di suo padre, quella con cui si sarebbero potuti uccidere cento demoni in un sol colpo. Quella zanna spettava a lui. A lui che la sapeva usare e non a quell'inetto di Inuyasha che la brandiva a caso senza nemmeno sapere che cosa stesse facendo. Per imparare a capire soltanto come vedere la cicatrice del vento c'era stato bisogno di un suo intervento. Tsk, aveva dovuto anche fargli da insegnante, che umiliazione!

Eppure, il motivo per cui suo padre aveva deciso di dare la sua eredità al fratello proprio non sapeva darselo. Perché sacrificarsi per un' umana e un mezzo demone, che non valevano tanto quanto lui che era il suo legittimo erede? Inuyasha non avrebbe dovuto ereditare nulla da lui, nemmeno lo aveva conosciuto. Il grande generale delle terre dell'ovest era morto per salvarlo e Inuyasha nemmeno se ne rendeva conto.

- Sei soltanto un essere inferiore, che non capirà mai il valore di ciò che ha ereditato. – Disse colpendo con la sua spada la zanna che Inuyasha teneva in mano. I colpi sferrati erano talmente potenti che Inuyasha nemmeno riusciva a rispondere; quindi cercò di ripararsi dietro la propria arma. Ma l'onda d'urto che provocava la lama della spada che toccava la sua lo facevano indietreggiare leggermente.

Inuyasha rimase totalmente sbalordito dalla furia del fratello. Non lo aveva mai visto così infuriato, lo conosceva ormai, sapeva quanto gli desse fastidio il fatto che lui avesse ereditato la zanna della distruzione, mentre a Sesshomaru era andata in eredità la spada sacra, Tenseiga, ed era già ridicolo solo pensare che il demone volesse salvare qualcuno.

- Che cosa sei Sesshomaru? Sei forse geloso che nostro padre abbia dato Tessaiga a me e non a te? – Disse Inuyasha scagliandosi contro il fratello, incrociando le lame a un palmo dai loro visi.

Gelosia, lui Sesshomaru... geloso!? Tsk, neanche per sogno lui non era geloso proprio di nessuno, soprattutto di un mezzo demone come suo fratello.

- Non dire sciocchezze. – Disse il demone facendo pressione sulla lama di Tokijin e allontanando Inuyasha da sé.

Il mezzo demone caricò di nuovo con Tessaiga tra le mani e, nuovamente, venne bloccato dalla spada del demone. Lo scontro continuò per diverso tempo, il rumore dell'impatto delle lame scuoteva il terreno. I loro ringhi si potevano sentire a molti metri di distanza. Sembrò che Sesshomaru stesse aumentando la sua potenza contro il mezzo demone, che cercava di parare tutti i colpi. Ma per quanto Inuyasha ci mettesse tutta la forza possibile non riusciva a contrastare quella del demone davanti a lui, ormai sembrava essere arrivato allo stremo dopo tutto quel tempo passato a combattere, mentre Sesshomaru non sembrava mostrare il minimo segno di cedimento.

- Tu non hai mai conosciuto mio padre, tu non sei degno di portare una cosa sua. – Disse Sesshomaru con gli occhi che stavano diventando color cremisi. – Io avrei voluto battermi con lui, avrei voluto sconfiggerlo così da poter dimostrare di essere il più forte. Ma poi... poi è arrivata quell'insulsa umana e successivamente tu. Lui è morto per... proteggervi e io ho perso l'occasione di potergli dimostrare di essere più forte. Che tu sia dannato Inuyasha. – Ringhiò Sesshomaru, del tutto fuori di sé dalla rabbia.

Ma in quel momento successe qualcosa che il demone non si sarebbe mai aspettato. Inuyasha si era fermato e aveva abbassato la pesante zanna, così anche Sesshomaru si fermò. Il mezzo demone conficcò la lama della spada nel terreno. Il suo sguardo sembrava essere triste o addolorato, Sesshomaru non avrebbe saputo decifrare l'espressione del mezzo demone in quel momento.

- Credi che io non sia almeno un po' invidioso o geloso di te? Tu hai potuto passare un po' di tempo con lui, hai potuto parlarci, lui ti ha insegnato a combattere, io me la sono sempre cavata da solo, non avevo nessuno che mi potesse istruire su tutte queste cose. Credi che non ti capisca Sesshomaru!? Che non sappia cosa vuol dire perdere un genitore e sentirsi soli al mondo eh?!- Gli urlò contro Inuyasha, profondamente ferito, come sempre, dalle parole di suo fratello.

Sesshomaru infilò Tokijin nel suo obi accanto a Tenseiga e, Inuyasha dopo poco, si trovò con la schiena attaccata al tronco di un albero. Sesshomaru, usando la sua velocità di demone, aveva preso per il collo il mezzo demone e lo aveva attaccato all'albero. Nel suo sguardo si vedeva tutta la sua furia, aveva snudato i denti e dalla sua gola stava uscendo un ringhio.

- Come osi tu dire queste sciocchezze a me, non hai nemmeno un po' di rispetto, Inuyasha per il tuo fratello maggiore. Ma in fondo come puoi, hai vissuto nell'ignoranza, non hai nemmeno un briciolo di disciplina. – Gli vomitò addosso il demone con fare sprezzante nei suoi confronti.

Inuyasha, aveva portato entrambe le mani sul polso dell'altro, cercando di fare pressione sulla sua stretta, tentava di allontanare la mano di Sesshomaru dal suo collo, senza riuscirci. Sentiva quasi mancargli l'aria, di sicuro era l'intenzione di suo fratello, ucciderlo, come sempre d'altro canto.

- Ti...ti dà fastidio, n... non è... vero Sesshomaru? Che... che i...io ti capisca. – Gli disse, continuando a dimenarsi.

Le parole del mezzo demone sembravano aver toccato il demone nel profondo; era così, gli dava fastidio che Inuyasha riuscisse a capirlo? Tuttavia, nel momento in cui il fratello aveva detto che sapeva cosa volesse dire perdere un genitore, aveva sentito qualcosa dentro di sé, come se non essere l'unico a provare quel sentimento lo facesse sentire meno solo; meno solo nel suo dolore. Così lasciò andare definitivamente la presa e Inuyasha cadde a terra, in ginocchio, tenendosi la gola con le mani.

Inuyasha tossicchiò, cercando di riprendere fiato, con una mano si sostenne a terra mentre avvertì un forte vento abbattersi su di lui. Nel momento in cui alzò lo sguardo, vide che Sesshomaru si era alzato in volo e se ne stava andando, era tipico del demone, andarsene così senza nemmeno dire una parola. Inuyasha digrignò i denti e gli corse incontro.

- Dannato! Torna qui, non abbiamo ancora finito di combattere. – Sbraitò Inuyasha ma Sesshomaru ormai era già lontano.

Sapendo che comunque il demone non sarebbe più tornato, Inuyasha fece ritorno all'accampamento dove lo attendevano i suoi amici. Tutti avevano delle facce cupe, erano arrabbiati con lui perché non capiva quanto Kagome soffrisse quando si allontanava per andare da Kikyo. Ma poi cambiarono espressione, quando videro il mezzo demone con alcune piccole ferite sul volto e la veste del topo di fuoco strappata qua e là. Sicuramente aveva combattuto con qualcuno che non poteva essere la sacerdotessa morta. Ma Kagome, accecata dalla rabbia, gli andò incontro sbraitando.

-Inuyasha! – Gli urlò Kagome, poi ci fu un momento di silenzio e la ragazza proseguì. – A cuccia! – Il mezzo demone in poco tempo si trovò con la faccia a terra.

- Kagome, si può sapere che cosa ti prende? – Gli disse Inuyasha che aveva alzato leggermente la testa per guardarla.

Inuyasha, quando la ragazza era così arrabbiata, non sapeva chi temere di più, se Sesshomaru o lei. Ma era piuttosto sicuro che se anche Sesshomaru avesse avuto il suo rosario, e Kagome avesse avuto il potere di mandarlo a cuccia senza esitazione, nemmeno il demone avrebbe avuto scampo.

- Dove sei stato fino adesso? Hai incontrato Kikyo? – Gli chiese Kagome innervosita.

- Stupida, e secondo te Kikyo mi avrebbe fatto queste ferite? Ho incontrato Sesshomaru, scema. – Gli rispose Inuyasha ringhiandole contro. Gli altri guardavano i loro battibecchi sconsolati, ogni volta era sempre la stessa storia. – E poi dovresti smetterla di mandarmi a cuccia quando ti fa comodo, prima o poi mi spezzerai la schiena. – Concluse Inuyasha allontanandosi di poco dal gruppo; aveva bisogno di sbollire da tutto ciò che gli era successo quella sera.

Nello stesso momento, da un'altra parte, Sesshomaru tornava dove si erano accampati per quella notte. Ma lui non voleva restare lì, doveva allontanarsi. Così quando Rin e Jaken gli corsero incontro gridando uno: padron Sesshomaru, con quella sua voce gracchiante, e l'altra con la voce tenera da bambina: Signor Sesshomaru! Lui gli rispose con soltanto poche parole.

- Andiamo a cercare Naraku. – Disse col suo tono freddo e scostante.

E nonostante le proteste del suo servitore, lui li sorpassò senza rivolgere altre parole ai due. Se Rin avesse avuto sonno poteva dormire su Ah-Un, il drago a due teste che faceva parte della loro bizzarra compagnia, però, Sesshomaru proprio non voleva restare in quel posto. Le parole di suo fratello gli risuonavano ancora nella testa: Ti dà fastidio che io ti capisca.

Così dopo pochi minuti si allontanarono da lì e da suo fratello, certo che sarebbe passato un po' di tempo prima di incontrarsi nuovamente. E per un istante si voltò guardando la foresta dove sicuramente ci sarebbe stato Inuyasha con quei suoi amici, per poi proseguire il suo cammino senza più voltarsi indietro. 

 

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Angolo autrice

Ed eccoci qui con un nuovo capitolo e una raccolta tutta nuova, in cui i protagonisti saranno i due fratelli che tutti conosciamo in diverse situazioni, anche staccate dall' anime, anzi soprattutto sarà così =)

Come sempre spero che anche questo vi possa piacere=)

Ci vediamo al prossimo capitolo =)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A demon sick ***


Come sempre un ringraziamento particolare va alla mia beta @ MoonSuckerlove.

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Prompt: Un demone non dovrebbe mai ammalarsi e invece… By Ray Yadokari

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Quante piastrelle poteva avere il pavimento di un ospedale? Forse centomila o duecento? Era da almeno mezz' ora che il mezzo demone camminava su e giù nervosamente e uno dei suoi artigli, ormai, era completamente sparito; se lo era mangiato per l'agitazione. Ma quanto ci mettevano e perché ancora nessuno gli faceva sapere niente?

-Inuyasha. Se continui di questo passo mi farai girare la testa, quindi è meglio se ti calmi. Non farai passare più in fretta il tempo comunque. – Era almeno la centesima volta che Kagome gli ripeteva la stessa cosa.

- Come posso calmarmi se lui sta male, è un demone dannazione, non è mai stato malato prima d'ora! – Il nervosismo non lo faceva nemmeno parlare normalmente, la sua voce era più alta di almeno due toni.

- Io non capisco, vi siete scannanti fino all'altro giorno e quasi di certo vi sareste ammazzati, almeno da quanto avete sempre fatto capire a tutti, e adesso tu sei in ansia se lui è malato!? – Disse Kagome. Ma di certo non era quello che pensava: quelle parole erano un pretesto per poter far sì che il mezzo demone esprimesse i propri sentimenti nei confronti di suo fratello, che di sicuro non erano poi così negativi come entrambi volevano far credere a tutti.

- Kagome, sono cose che si dicono sul momento, non le si pensano veramente. Io e Sesshomaru non ci odiamo così come facciamo vedere di solito. E poi che diavolo vuoi che faccia? Che sia contento se lui è in un letto d'ospedale e soffre!? Fa pur sempre parte della mia famiglia. Se solo tu sapessi quante volte Sesshomaru mi ha tirato fuori dai guai, allora comprenderesti. – Ecco l'aveva detto, finalmente i suoi segreti più nascosti erano venuti a galla. Sul volto di Kagome si dipinse un sorriso soddisfatto; perlomeno Inuyasha lo aveva ammesso.

Mentre i due ragazzi discutevano, Toga, il padre di Inuyasha e Sesshomaru, uscì dalla stanza in cui era stato ricoverato il figlio maggiore. Sembrava sconvolto, aveva rischiato di perderlo e le notizie che gli avevano dato i dottori non erano delle migliori. Ancora si stava chiedendo come fosse possibile per uno come Sesshomaru lasciarsi abbindolare in quel modo, (perché sicuramente di questo si trattava), al punto da farsi quasi ammazzare.

Nel momento in cui Inuyasha vide il genitore, gli andò incontro senza riuscire a nascondere la propria preoccupazione. Toga prese il mezzo demone per le spalle, una volta che furono vicini, poi lo abbracciò con vigore e Inuyasha per un attimo pensò che sarebbe morto soffocato da quella stretta. Toga lo lasciò andare nel momento in cui aveva visto il mezzo demone diventare viola e Inuyasha riprese a respirare normalmente.

- Allora come sta? Cosa dicono i dottori? Si riprenderà? – Dalla bocca del mezzo demone una sfilza di domande erano scivolate fuori, incontrollate, e che nonostante tutto avevano fatto sorridere il padre. Erano davvero unici quei due; sempre pronti a scannarsi, ma poi se succedeva qualcosa a uno o all'altro, eccoli che si preoccupavano, semplicemente perché Inuyasha non poteva esistere senza Sesshomaru e se fosse morto uno, l'altro lo avrebbe sicuramente seguito o non sarebbe più stato lo stesso dopo.

- Inuyasha credo che tu ti debba sedere, la notizia che ti darò non ti farà per niente piacere. – Gli disse il genitore. Ma Inuyasha era un fascio di nervi e di certo stare seduto non lo avrebbe fatto calmare, anzi di sicuro il suo nervosismo sarebbe aumentato. Toga lo capì e allora proseguì. – Sesshomaru è stato avvelenato. Anzi, gli è stata iniettata nelle vene una sostanza che contrasta con il suo veleno. I medici dicono che quella roba gli è stata somministrata poco per volta e se fosse stato un semplice umano, nessuno se ne sarebbe accorto perché i sintomi manifestati da Sesshomaru sono quelli di un comune raffreddore. Ma essendo un demone la cosa è risultata subito sospetta. – Concluse Toga prima di lasciarsi cadere pesantemente su una delle sedie blu della sala d'aspetto.

Sintomi di un semplice raffreddore un corno! Pensò Inuyasha.
 

***

Quella mattina era stato lui a trovare Sesshomaru in uno stato pietoso: grondante di sudore, il demone era seduto scompostamente sulla sedia da ufficio del suo studio, ed era pallido, più del solito, persino le sue labbra non erano nemmeno più rosee come avrebbero dovuto essere, ma addirittura screpolate. Era entrato nel suo ufficio perché dovevano parlare di lavoro, e nel momento in cui lo aveva visto in quelle condizioni, Inuyasha per un momento aveva avuto un mancamento. Suo fratello, colui che non si sarebbe mai fatto sconfiggere da nessuno, era messo peggio che uno straccio per lavare a terra, respirava affannosamente e sembrava non riuscire nemmeno a muoversi. Soltanto gli occhi si erano spostati nella sua direzione e sembravano comunicargli che non avrebbe dovuto avvicinarsi. Quando Sesshomaru vide che il suo sguardo di rimprovero non aveva sortito alcun effetto sul fratello, che si stava dirigendo verso di lui, cercò di articolare qualche parola.

- I... Inuyasha... v...vattene non...- Disse Sesshomaru debolmente; pronunciare quelle poche parole gli costò uno sforzo immane. Ma per la prima volta da quando era nato, il mezzo demone sembrava dannatamente serio, fin troppo, e lo interruppe bruscamente.

- Taci dannato, non vedi in che stato sei? Chiamo subito un' ambulanza e tu ti sdrai sul divano senza fare storie. – Gli disse Inuyasha che, per la prima volta in tutta la sua vita, aveva usato un tono autoritario contro suo fratello maggiore.

Sesshomaru dal canto suo provò a protestare, ma il mezzo demone sembrava non aver nemmeno udito le sue proteste. Subito Inuyasha gli fu vicino, gli prese un braccio e se lo mise intorno al collo e con una mano lo sorreggeva dalla vita. Ci misero parecchio ad arrivare al piccolo divano posizionato contro una parete dell'ufficio e Sesshomaru per un attimo si soffermò a osservare il fratello che, visibilmente preoccupato, aveva la fronte corrucciata e una strana espressione in volto. In quel momento il demone sentì un forte calore avvolgergli il cuore; doveva stare davvero male se provava tenerezza al solo pensiero che suo fratello si preoccupasse per lui. Inuyasha lo fece poi sdraiare delicatamente sul divano, come se avesse quasi paura di romperlo; per la miseria non era di certo così debole lui, non c'era mica bisogno di tutte quelle premure. Nel momento in cui Inuyasha lo adagiò sul divano, poi si sedé alla sua scrivania, senza nemmeno pensare che quella fosse la poltrona di Sesshomaru e che, se fosse stato in forze di sicuro gli avrebbe impedito di sedersi lì. Inuyasha fece alcune telefonate; una per chiamare un'ambulanza e l'altra per avvertire suo padre che aveva l'ufficio pochi piani più sopra ai loro.

Toga prese l'ascensore per arrivare prima possibile all'ufficio del figlio, ma quell'affare, al demone, sembrava proprio non muoversi; nel momento in cui giunse al piano dove avevano gli uffici i suoi figli, si fiondò nella stanza senza nemmeno bussare o salutare il più piccolo. Guardò soltanto Sesshomaru, anch'egli con la fronte corrucciata, e con la preoccupazione che sembrava contorcergli le budella.

- Che cosa è successo? Perché Sesshomaru è in queste condizioni? – Disse Toga rivolgendosi a Inuyasha, sentendo che l'aria sembrava venirgli meno. Di certo se non avesse cercato di contenersi sarebbe svenuto lì davanti ai suoi figli, ma non poteva, sentiva che anche Inuyasha era preoccupato e dovevano darsi man forte l'un l'altro.

- Io non lo so, quando sono entrato stava sudando tanto e respirava a fatica, proprio come adesso. – Disse Inuyasha, anche lui ormai più pallido di un cencio. – Ho pensato che fosse meglio che stesse sdraiato e poi ho chiamato un' ambulanza, e subito dopo te padre. – Concluse Inuyasha. Dopodiché padre e figlio rimasero in silenzio a osservare preoccupati Sesshomaru, solo il suo respiro affannoso spezzava quel silenzio opprimente.

L'ambulanza non ci mise molto ad arrivare e Sesshomaru, dopo essere stato caricato sul mezzo, venne trasportato in un ospedale speciale per soli demoni. La struttura era stata costruita pochi anni prima, quando ci fu un' epidemia che ne colpì la maggior parte. Per fortuna allora, i demoni più potenti non subirono conseguenze; quindi, né Sesshomaru né Toga vennero coinvolti. Poi, il virus come era arrivato sparì e nessuno seppe darsi una spiegazione, e nemmeno si riuscì a comprendere se ci fosse un responsabile che aveva causato la diffusione del virus. Tuttavia, l'ospedale rimase comunque aperto nel caso i demoni venissero colpiti ancora da qualche strana malattia o nel caso avessero bisogno di fare delle visite di qualsiasi genere. In quello stesso ospedale venne anche aperto un reparto di ricerca, in cui si studiavano i virus che avrebbero potuto colpire i demoni. I dottori che vi lavoravano, anch'essi demoni, erano quasi tutti medici specializzati e qualificati, quella struttura in pochi anni era diventata una tra le migliori che esistesse in tutta la città.

***

- Mi chiedo chi possa essere quel dannato che ha fatto una cosa simile a Sesshomaru. Se solo sapessi chi è io... - Disse Inuyasha, interrompendosi mentre pensava alle peggiori torture che avrebbe potuto infliggere a quel maledetto che aveva ridotto in quello stato suo fratello.

Toga posò una mano sulle sue spalle e cercò di confortare il figlio. Lui e Kagome si scambiarono uno sguardo d'intesa: nessuno di loro aveva mai pensato che i due fratelli si odiassero veramente; sicuramente anche se fosse stato il demone al posto di Inuyasha, si sarebbe caricato il mezzo demone sulle spalle e lo avrebbe portato personalmente in ospedale. Toga amava i suoi figli, e li conosceva abbastanza bene da sapere che avrebbero preferito farsi ammazzare che ammettere di volersi bene, soprattutto in presenza l'uno dell'altro.

- Non so chi possa essere stato, però non riesco a capire perché Sesshomaru non si sia accorto di quello che gli stava succedendo. – Disse Toga pensieroso. Possibile che suo figlio non avesse avvertito qualche odore estraneo o che si fosse sentito in qualche modo strano in quei giorni o nell'ultimo mese? Ma trattandosi di Sesshomaru, neppure sotto tortura avrebbe detto che si sentiva male.

- Secondo me è stata quella Kagura, ne sono convinto. – Disse Inuyasha con lo sguardo che andava a fuoco.

- Mh, io non credo sia stata lei, non è il tipo che fa di queste cose.- Disse Toga a cui sembrava piacere Kagura; la demone gli aveva sempre dato l'impressione di avere un passato tormentato o comunque di stare passando tutt'ora dei momenti poco felici.

Kagura era la fidanzata di suo figlio, stavano insieme da un anno, ma convivevano da appena qualche mese. La demone sembrava sinceramente innamorata di Sesshomaru, mentre lui non sembrava dimostrare alcun tipo di sentimento verso la fidanzata; in fondo, però, Sesshomaru era un tipo impossibile da leggere ed era difficile capire i suoi stati d'animo.

Tuttavia, c'era stata una ragazza, una volta, in grado di far vacillare quel pezzo di ghiaccio di suo figlio. In tanti anni non aveva mai visto Sesshomaru stupirsi o imbambolarsi per una donna, tranne la volta in cui il migliore amico di Toga era andato a trovarlo in compagnia della figlia. Sesshomaru quel giorno sembrava essersi agitato talmente tanto che perfino Inuyasha se n'era accorto. Il migliore amico di Toga era stato un commissario di polizia, il più competente che ci fosse sulla piazza, e sua figlia aveva preso il suo posto quando, stanco di fare quel lavoro, si era ritirato. Toga confidava nel fatto che, se ci fosse stato da indagare su ciò che era successo a suo figlio, il caso venisse affidato a lei. Kagura, l'attuale compagna di Sesshomaru, amava suo figlio ma di sicuro non era ricambiata, almeno non quanto lei si era aspettata, in ogni caso agli occhi di Toga era una brava ragazza, avrebbe sicuramente trovato di meglio.

- Kagura ha lavorato per Naraku, sappiamo tutti quanto sia subdolo quel mezzo demone e quanto odi Sesshomaru. Sicuramente Kagura ha dovuto ubbidire agli ordini di quel maledetto.- Gli fece notare Inuyasha, che non aveva mai sopportato la demone e l'aveva sempre guardata con sospetto.

- Forse hai ragione figliolo. Bene ora non pensiamoci più, di questo sicuramente se ne occuperà la polizia. – Disse Toga. Kagome e Inuyasha si lanciarono un' occhiata d'intesa, sapevano che cosa avrebbe significato se fosse intervenuta la polizia e soprattutto se il caso fosse stato affidato a un certo commissario.

- Ora però voglio vederlo. – Disse Inuyasha, senza preoccuparsi di sembrare impaziente o altro. Toga per tutta risposta gli sorrise e gli scompigliò i capelli tra le orecchie.

- Immagino che tu possa andare, però, è incosciente al momento. L'hanno imbottito di farmaci, ma sembra essersi comunque stabilizzato, dentro c'è anche tua madre. – Disse Toga, che aveva dovuto calmare Izayoi. Anche lei era agitata per Sesshomaru, ma in fondo era normale per una madre: sebbene Sesshomaru non fosse suo figlio biologico lei gli si era affezionata fin da quando era piccolo.
 

***

Inuyasha entrò nella stanza dove Sesshomaru stava riposando, subito notò sua madre che teneva una mano del demone. Sembrava essere invecchiata di colpo, Inuyasha sentì una fitta al cuore nel vederla in quello stato, ma provò un brivido corrergli lungo la schiena quando vide tutti quei tubi attaccati alle braccia di Sesshomaru e il respiratore che gli avevano messo al naso. Quello sarebbe stato di certo un episodio che nessuno di loro si sarebbe mai dimenticato.

Nel momento in cui si accorse della sua presenza, Izayoi si voltò verso di lui e lo guardò con occhi lucidi, tirando su col naso.

- Inuyasha, sei tu? – Disse Izayoi con voce tremante, indicando a Inuyasha di avvicinarsi. Il mezzo demone senza aggiungere altra parola, si avvicinò alla madre e la abbracciò. – Oh Inuyasha, ho avuto tanta paura. – Disse la donna poggiando la testa sul fianco del figlio, Inuyasha le posò una mano sulla testa e gliela accarezzò dolcemente, mentre guardava il fratello immobile su quel letto d'ospedale.

- Voglio restare qui questa notte. – Confessò Inuyasha, non sarebbe potuto stare tranquillo se suo fratello fosse rimasto lì, solo in quel letto d'ospedale per tutta la notte.

- Inuyasha, non puoi rimanere non c'è nemmeno un letto su cui dormire. – Quasi lo rimproverò Izayoi. Ma Inuyasha era irremovibile sulla sua decisione.

- Non mi importa, non lo lascio solo. Chissà cosa potrebbe succedere durante la notte, hanno già provato a farlo fuori una volta potrebbero riprovarci, e poi Kagura non si è ancora fatta vedere. – Disse Inuyasha con convinzione. L'espressione di Izayoi si addolcì, nel vedere quanto Inuyasha fosse preoccupato per il fratello nonostante si fossero sempre accapigliati.

Da quando lo aveva trovato in quello stato pietoso, si domandava cosa fosse successo se fosse arrivato qualche minuto più tardi. Forse lo avrebbe trovato morto, e se fosse successo ora che era in ospedale e lui non c'era? Scosse la testa. No, non ci voleva pensare Sesshomaru non sarebbe stato da solo.

Così quella notte dopo aver firmato un foglio per poter rimanere al fianco del fratello, e dopo le proteste del padre e di Kagome, Inuyasha rimase in quella stanza d'ospedale con il repentino bip della macchina attaccata al cuore di Sesshomaru a dargli un segno che il demone fosse ancora vivo. Era debole certo, ma almeno non era morto, tuttavia, se l'era vista brutta. Restò per un tempo interminabile a osservarlo; Sesshomaru aveva gli occhi chiusi e aveva preso un po' di colore, probabilmente, il trattamento che lo stava disintossicando iniziava a fare effetto. La sua mano però, era più fredda del ghiaccio o almeno, Inuyasha credeva che il ghiaccio fosse così freddo, dopo quella giornata non ci capiva più nulla. Troppe emozioni tutte insieme, soprattutto nuove per lui che mai avrebbe creduto di potersi preoccupare in quel modo per suo fratello.

Mangiò in ospedale, le infermiere gli portarono un pasto caldo che di solito veniva riservato anche a chi rimaneva in ospedale ad assistere i pazienti oltre che ai pazienti stessi. Dopo aver finito la cena, Inuyasha non ci mise poi molto ad addormentarsi. Sentì le palpebre farsi pesanti e crollò con la testa sul letto, di fianco a Sesshomaru in una posizione piuttosto scomoda, e di sicuro il giorno dopo la sua schiena ne avrebbe risentito, tuttavia, in quel momento non gli importava.

***

Quella mattina aprì lentamente gli occhi, che subito vennero investiti da una luce bianca. Ci mise un attimo a mettere a fuoco l'ambiente in cui si trovava. Ma dov'era finito? Si ricordava che nell'ultimo periodo, si era sentito strano e non ne capiva il motivo. Ricordava però, che quella determinata mattina era stata ancora più diversa del solito, la notte precedente si era svegliato tossendo, e ricordava che dopo un po' aveva iniziato a sputare sangue e si era spaventato. Kagura, che dormiva al suo fianco, sembrava non essersi nemmeno accorta di ciò che gli stesse succedendo. Si era poi rimesso a dormire, ma dopo quell'evento non era riuscito a chiudere occhio.

Si era recato a lavoro poi, come di consueto, e si era accasciato sulla sedia del suo ufficio madido di sudore sentendo il respiro venirgli sempre meno. Sapeva che quel giorno avrebbe dovuto lavorare insieme a Inuyasha, e si ricorda di aver imprecato, perché suo fratello non poteva di certo trovarlo in quelle condizioni. Ricordava quando suo fratello era entrato, sbiancando nel momento in cui l'aveva visto così e che, nonostante le sue proteste, lo aveva fatto sdraiare sul divano. Dopo quel momento i suoi ricordi erano vaghi.

Provò ad alzare un braccio per portarselo alla tempia, ma emise un grugnito quando sentì che c'era qualcosa attaccato che gli tirava l'arto, notò che erano delle flebo in cui scorreva uno strano liquido di un colore scuro che non sapeva ben identificare. Si guardò intorno e vide che si trovava su un letto d'ospedale, ma ci fu qualcos'altro che lo stupì ancora di più, rispetto al semplice fatto di trovarsi in una struttura ospedaliera; un paio di orecchie canine e una testa argentea vicino al suo fianco. Stranamente sorrise, e scostò i capelli dal viso del fratello. Sembrava dormire tranquillamente, ma la sua preoccupazione, che non riusciva a mascherare nemmeno mentre era assopito, spezzava la sua beatitudine.

In quel momento entrò la sua matrigna, che gli sorrise. Anche lei sembrava stanca e preoccupata; in un altro momento sicuramente non l'avrebbe sopportata, ma ora non poteva fare altro che comprendere la sua apprensione, o almeno non poteva fare nulla per evitare che tutti fossero tesi e preoccupati.

- Sesshomaru, ti sei svegliato? – Disse Izayoi, guardando poi Inuyasha che dormiva vicino al fratello e sorrise di nuovo. – Lui era il più preoccupato di tutti noi, non è nemmeno voluto andare a casa. Quando si sveglia sii gentile. – Aggiunse la donna portando lo sguardo da un figlio all'altro. Sesshomaru si limitò soltanto ad annuire.
 

***

Quando Inuyasha si svegliò, sentì qualcosa muoversi sulla sua testa. Sollevò leggermente il capo e vide che suo fratello gli stava passando distrattamente una mano tra i capelli, mentre guardava nel vuoto; sembrava che quel semplice gesto lo rilassasse, perché era così che appariva il suo viso in quel momento. Sesshomaru si voltò verso di lui, e non seppe se era per tutto quello che gli stava scorrendo nelle vene, ma quando gli rivolse la parola, il suo tono sembrò stranamente gentile.

- Ti sei svegliato finalmente. – Gli disse e Inuyasha strabuzzò gli occhi. Si era addormentato come un bambino, emise uno sbuffo di frustrazione, prima di saltare al collo del fratello senza pensare a tutti i tubicini vari che erano attaccati al suo corpo.

- Sesshomaru, ho avuto paura che non ti svegliassi più. – Confessò Inuyasha; il che non era di certo da lui, ma la situazione e lo stress che lo avevano colpito in un solo giorno, avevano dato sfogo a quella confessione di cui di sicuro, in un secondo momento, si sarebbe pentito.

- È una strana confessione fatta da uno che fino a ieri mi voleva morto. – Gli fece notare Sesshomaru. Inuyasha, vergognandosi tantissimo, aveva nascosto il viso nel petto del fratello, mentre Sesshomaru lo abbracciava. Ma il rimprovero di Sesshomaru non era per nulla provocatorio, soltanto una constatazione, per una volta non voleva punzecchiare l'altro, soltanto fargli capire che comprendeva quanto si fosse preoccupato per lui. – Rimani qui con me. – Gli sussurrò ad uno dei suoi orecchi canini. Inuyasha alzò leggermente il capo per guardarlo e vide spuntare un timido sorriso sul volto dell'altro, un volto stranamente rilassato.

Sesshomaru si spostò leggermente di lato per fare posto a Inuyasha e il mezzo demone salì sul letto, questa volta facendo attenzione ai vari tubicini, e si accoccolò vicino al fratello, nella mente di Sesshomaru riaffiorarono i ricordi di quando erano bambini, e Inuyasha si intrufolava nel suo letto perché aveva paura di qualche mostro che sembrava vivere nella sua camera da letto. Poi c'era stata l'adolescenza e, vuoi per orgoglio o per un po' di competizione, i litigi erano diventati all'ordine del giorno, ma in fondo sapevano tutti che quei due si volevano bene. Sesshomaru, per la prima volta in tutta la sua vita, aveva rischiato di morire e Inuyasha gli era stato accanto fino al momento del suo risveglio.

Sesshomaru, in quel letto di ospedale osservò suo fratello addormentarsi, quasi come se fosse un bambino, quello stesso bambino che tanto tempo prima dormiva tra le sue braccia come se potessero essere un porto sicuro. Fu strano come il demone adulto che ora era diventato provasse tenerezza nel vederlo così, ma diede la colpa di quel sentimento ai farmaci che gli stavano scorrendo nelle vene, e per qualche strana ragione la stanchezza prese il sopravvento anche su di lui e si addormentò abbracciato a Inuyasha.

Nel momento in cui Toga entrò nella stanza e li trovò così, un sorriso si dipinse sulle sue labbra. Di certo non c'era amore più grande di quello fraterno, Toga aveva sempre pensato che entrambi i suoi figli ne fossero inconsciamente consapevoli, ma che quel dannato orgoglio che caratterizzava entrambi impedisse loro di ammetterlo. Di certo non c'era bisogno che nessuno dei due lo confermasse, nonostante i battibecchi era piuttosto evidente quanto entrambi fossero legati, ma vedere la loro debolezza messa a nudo davanti ai suoi occhi era qualcosa di unico, che di sicuro, quando il più grande sarebbe stato meglio, nessuno dei due lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura. Lasciandoli riposare, Toga uscì dalla stanza con un sorriso soddisfatto stampato in faccia.
 

***

Un giorno più tardi il commissario andò a fare visita alla famiglia Taisho, che ormai stazionava all'ospedale, in attesa che Sesshomaru tornasse a casa. Una ragazza dagli occhi e dai capelli eterocromatici apparve dalla porta scorrevole dell'ospedale; era una mezzo demone e come Inuyasha aveva un paio di orecchie canine che le spuntavano dalla testa, anch'esse eterocromatiche; bianche e nere come i suoi capelli.

Appena la vide, Toga le andò incontro, la ragazza portava uno spolverino scuro che quasi toccava a terra, i suoi lunghi capelli erano legati in una coda di cavallo, come era solita portarli da sempre. Dopo che suo padre aveva lasciato a lei il comando, come mezzo demone aveva faticato a farsi rispettare, ma lei non si era persa d'animo e alla fine era riuscita a ottenere la stima che avrebbe dovuto avere in qualità di commissario capo. Nel momento in cui sentì qualcuno tossire alle sue spalle Zakura si voltò, ma non rimase sorpresa del demone che gli si presentò davanti, si aspettava di trovarlo lì.

- Signor Taisho, che piacere rivederla. Mi dispiace soltanto che ci rincontriamo in una situazione simile. – Esordì la ragazza, che però in quel momento non stava sorridendo e sembrava piuttosto tesa.

- Zakura, nonostante la situazione, fa piacere anche a me rivederti. Soprattutto perché non ho ancora avuto l'occasione di poterti fare le congratulazioni per la tua promozione. – Le disse Toga. Nel momento in cui si era girata aveva notato che la ragazza indossava sotto la giacca una camicia bianca dove si intravedeva la fondina ascellare, quella che di solito i poliziotti portano quando sono in borghese e il distintivo al collo appeso a una catenina. Una gonna a tubino scura le fasciava i fianchi, arrivando coprire anche le ginocchia e ai piedi portava un paio di decolleté nere in vernice lucida. Aveva la stessa eleganza del padre e lo stesso portamento, su questo non c'era alcun dubbio.

- Presumo che sappiate il motivo per cui mi trovo qui. – Toga annuì. – Devo farvi alcune domande, ma prima dovrò parlare con il primario dell'ospedale in modo da farci dare una stanza in cui si possa stare tranquilli, perché presumo che non vorrete lasciare Sesshomaru da solo. E dovrei sentire il personale dell'ospedale che ha preso in cura Sesshomaru. Chiedo scusa per non essermi presentata prima, ma purtroppo avevo un altro caso molto importante da risolvere, che richiedeva la mia presenza. – Lo informò Zakura. Il commissario di polizia era stata avvertita tempestivamente dai medici di quel caso anomalo. Era infatti strano che un demone venisse avvelenato tanto facilmente, ed era ancora più strano che i sintomi si manifestassero come se fosse una banale influenza.

A differenza dell'epoca Sengoku, in quella attuale, non era consentito ai demoni di usare i propri poteri per guarire, si sarebbero potuti causare dei disastri notevoli, soprattutto se ad essere ferito o malato era un demone maggiore come Sesshomaru. Quindi l'avvelenamento di quest'ultimo poteva significare soltanto una cosa: qualcuno voleva causare qualche catastrofe spingendolo a usare i suoi poteri per poter guarire; quello di Sesshomaru non era di certo il primo caso, altri simili si erano verificati in distretti non molto lontani da Tokyo, e Zakura aveva sperato con tutte le sue forze che nulla del genere potesse mai succedere sotto il suo comando.

Il commissario Zakura Nakamura parlò con il primario della struttura, chiedendogli di poter avere una stanza in cui interrogare la famiglia Taisho, che gli venne concessa, parlò con i medici che avevano assistito Sesshomaru, e poi fu la volta della famiglia del paziente. Le venne data una stanza non troppo grande con al centro un tavolino e due sedie, il che era sufficiente per l'interrogatorio. Il primo a venire interrogato fu il padre. Lo fece accomodare poi gli pose alcune domande, cercando di mantenere un tono distaccato e professionale, nonostante fossero conoscenti, non doveva venire meno al suo dovere.

- Signor Taisho c'è qualcuno che potrebbe voler morto suo figlio o che abbia almeno qualche intenzione terroristica, che lei sappia? – Gli chiese Zakura. Ciò che aveva scoperto dai medici non era per nulla rassicurante

- Che io sappia no. Ma Inuyasha sospetta che la demone che ha avvelenato Sesshomaru possa essere la sua attuale compagna. – Disse Toga che comunque ancora non la credeva una cosa possibile.

- Per quale motivo sospetta questo? – Chiese Zakura, che ora sembrava mostrare interesse per le parole che il demone le aveva rivolto.

- Perché Kagura in passato ha lavorato per un certo Naraku Kagewaki, e sembra che sia invischiato in qualche affare poco pulito. – Le rivelò Toga. Che aveva sempre mal sopportato quel mezzo demone.

- Ah, quel maledetto, avrei dovuto immaginare che sarebbe potuto esserci lui dietro tutto questo. – Si lasciò sfuggire il commissario. Gli stava dietro da qualche anno, più precisamente da quando ancora era un semplice detective, ma non era mai riuscita a prenderlo con le mani nel sacco, forse questa poteva essere l'occasione buona.

- Io non credo che Kagura c'entri con quel Naraku, penso che ormai sia uscita dal giro. –Toga interruppe i suoi pensieri.

- Potrebbe essere stata ricattata quindi averlo fatto contro la propria volontà. Oppure potrebbe essere complice di Naraku, se la mia prima supposizione fosse corretta potrebbe avere una riduzione della pena in quanto appunto, sarebbe stata obbligata contro il suo volere. – Pensò ad alta voce Zakura, ma se non fosse stato così sicuramente la sua pena sarebbe stata la più grave. – Vorrei poter interrogare anche Inuyasha, e scoprire perché nutre questi sospetti. – Concluse il commissario, alzandosi in piedi decretando così la fine dell'interrogatorio; pensava che Toga comunque non avesse più nient'altro da dirle, si salutarono con una stretta di mano e poi Zakura chiamò Inuyasha, e lo fece accomodare nello stesso posto in cui pochi minuti prima vi era seduto il padre.

- Allora Inuyasha, tuo padre mi ha riferito che nutri dei sospetti sull'attuale compagna di Sesshomaru, è la verità? – Gli chiese il commissario, mettendosi seduta davanti a lui con le gambe accavallate. Inuyasha per un attimo maledisse mentalmente suo padre, chissà perché diavolo non riusciva mai a tenere la bocca chiusa, ma decise comunque di essere sincero.

- Kagura non mi è mai piaciuta, soprattutto perché prima di conoscere Sesshomaru ha lavorato con quel Naraku. E poi credo che abbia convinto Sesshomaru a darle un tetto sulla testa. Non ho mai visto mio fratello avere un profondo interesse verso di lei. Credo che Kagura non sia ricambiata al cento per cento. – Disse Inuyasha, guardando il commissario negli occhi.

- Sono accuse gravi da fare verso qualcuno senza nemmeno una prova, credevo che almeno avessi qualcosa di più concreto da dimostrarmi Inuyasha. – Disse Zakura con aria di rimprovero verso il mezzo demone.

- Hey, quella donna ha tentato di uccidere mio fratello, ne sono sicuro. Sono andati a convivere da appena un paio di mesi e guarda caso dopo un po' a Sesshomaru è successo questo, la cosa sembra un po' strana o mi sbaglio!? – Disse Inuyasha che era scattato in piedi e aveva uno sguardo infuocato. Zakura, che era rimasta seduta lo guardava dall'alto verso il basso, con uno sguardo soddisfatto in viso, era proprio ciò che voleva sentirsi dire.

- Terrò conto delle tue parole, ma non credo che le menzionerò nel rapporto. Terremo d'occhio Kagura, a proposito, come mai non è qui anche lei? – Chiese Zakura pensando che anche quel comportamento fosse anomalo, visto che comunque si trattava della compagna di Sesshomaru.

- Nessuno lo sa, non si è fatta né vedere né sentire, nessuno sa dove sia. – Disse Inuyasha che si era calmato un po' nel frattempo. Zakura si limitò ad annuire e raccolse quelle informazioni di cui avrebbe di certo tenuto conto per le indagini.

- Bene credo che per ora sia sufficiente. Puoi andare Inuyasha. – Disse Zakura alzandosi come aveva fatto prima con Toga e stringendogli la mano.

Uscendo insieme a Inuyasha, la mezzo demone incontrò una infermiera per chiederle se fosse possibile fare alcune domande al paziente. L'infermiera acconsentì alla richiesta e l'accompagnò nella camera di Sesshomaru, facendola entrare. Non appena Zakura fu davanti ai suoi occhi, Sesshomaru si agitò: avrebbe potuto trovarsi in diverse situazioni, ma un letto d'ospedale di certo era l'ultimo luogo dove avrebbe voluto essere visto, soprattutto da lei.

- Buon pomeriggio Sesshomaru, sono dispiaciuta di ritrovarci in questa occasione spiacevole per entrambi. – Disse Zakura, cercando di non fare caso all'agitazione che, in quel momento, aveva pervaso il demone: anche la macchina che teneva sotto controllo il suo cuore sembrava impazzita. Zakura per poco non si fece scappare una risata, ma cercò di contenersi, era pur sempre un commissario di polizia in fondo. Si sedette sulla sedia dove di solito si sedevano anche Inuyasha e sua madre.

- Tsk. Non c'è nessun bisogno che la polizia si metta in mezzo, sono soltanto stato male. – Disse Sesshomaru che sembrava quasi irritato. Zakura sollevò le sopracciglia; non era proprio cambiato dall'ultima volta che si erano visti, orgoglioso come sempre.

- Credo che un avvelenamento sia più che sufficiente per indagare. Ti chiederei di mostrarmi le mani, devo verificare una cosa. – Gli chiese Zakura, sapendo quale sarebbe stata la risposta del demone.

- E perché mai? Le mie mani non hanno nulla. – Le disse Sesshomaru incrociando le mani al petto cercando di nasconderle, per poco non gonfiò le guance mettendo il broncio come se fosse un bambino, Zakura alzò gli occhi al cielo.

- Devo soltanto verificare una cosa e, vedere se le mie teorie sono esatte, il mio è soltanto lavoro.- Disse Zakura, pensando che se gli avesse fatto capire che i suoi intenti erano puramente professionali, il demone avrebbe ceduto e si sarebbe fatto toccare. – Probabilmente la sostanza che ti è stata iniettata, è stata somministrata in modo che né tu né nessun altro ve ne accorgeste. – Concluse infine il commissario.

Fu a quel punto che Sesshomaru si convinse a porgerle le mani, anche se il demone si sentiva terribilmente a disagio in quella situazione. Per la prima volta in tutta la sua vita si sentiva affaticato e debole, e proprio davanti all'ultima persona dalla quale avrebbe voluto essere visto in quello stato. Zakura gli prese le mani e gliele ispezionò da cima a fondo, soffermandosi sui polpastrelli. Sesshomaru la vide aggrottare la fronte mentre stava osservando la mano sinistra, diede uno sguardo meticoloso anche alle altre dita, poi le lasciò andare.

- È proprio come sospettavo. Sei stato avvelenato a piccole dosi, chi è stato a farti questo eseguiva delle piccole punture al di sotto dell'unghia. Immagino che Naraku abbia trovato un veleno che contrasti con quello che ti scorre nelle vene. – Disse Zakura, che aveva voluto verificare ciò che gli avevano detto i dottori su quello che avevano trovato nelle vene del demone. – Immagino che queste iniezioni ti siano state fatte in un tuo momento di incoscienza e quindi durante il sonno. Credo che ci sia qualcuno di molto vicino a te che abbia potuto fare questo.- Concluse il commissario, confermando anche i sospetti che aveva avuto Inuyasha.

Sesshomaru strinse i pugni, come aveva potuto essere così debole da non accorgersi di nulla!? Credeva di potersi fidare di Kagura, invece si era fatto fregare come uno sciocco. Zakura che lo vide in quello stato capì il turbamento del demone, doveva essere frustante avere le sembianze di un essere che non si ammalava mai e poi venire indebolito da una sostanza sconosciuta, senza nemmeno accorgersene; il commissario pensò che la sostanza in questione potesse essere stata sia incolore che inodore e che quindi era naturale che nessuno si fosse accorto di nulla. Dovevano essere stati astuti a ideare un piano del genere, ma per sua fortuna, i medici di quella struttura specializzata avevano raccolto i campioni di quella sostanza e presto avrebbe avuto i risultati sull'origine del veleno utilizzato.

Non pose altre domande a Sesshomaru quel giorno, ciò che aveva raccolto dalle testimonianze del fratello e del padre erano sufficienti; quindi, si apprestò a lasciare la stanza salutando Sesshomaru con un arrivederci, che non ricevette risposta. Dopo essere uscita comunicò le sue scoperte anche alla famiglia e, rimasero tutti sbigottiti da ciò che gli venne rivelato. Il commissario dopo aver informato anche loro lasciò l'ospedale.

All'incirca un mese dopo Sesshomaru fu dimesso dall'ospedale, di cui il demone aveva iniziato ad averne la nausea. Sebbene di Kagura, si fossero perse le tracce dal giorno di quell'incidente, Inuyasha volle andare a vivere col fratello, poiché non si sentiva sicuro a lasciarlo da solo e anche se Sesshomaru non avesse voluto, si sarebbe trasferito da lui ad ogni costo. Sesshomaru, però, acconsentì soltanto perché non era ancora del tutto nel pieno delle sue forze, e non avrebbe sopportato un'altra insistenza da parte del mezzo demone.

Le indagini intanto procedevano a rilento, in quanto sembrava che Kagura e Naraku fossero spariti nel nulla; la polizia brancolava nel buio e il commissario Nakamura nonostante inizialmente avesse riposto ogni speranza in quel caso alla fine sembrava stare per cedere. A ogni modo, era decisa a portare avanti le indagini, perché non si era mai visto un Nakamura che non riuscisse a concludere un caso.

Le indagini vennero definitivamente chiuse un anno e mezzo dopo. Naraku e Kagura furono scoperti in uno dei loro nascondigli, il motivo per cui non li avevano mai scovati, era perché si spostavano di continuo. Vennero catturati grazie a una retata compiuta dalla squadra del commissario Nakamura, che fu ferita a una spalla durante lo scontro; fortunatamente portava sempre con sé dei tappi per le orecchie, speciali per chi, come lei, essendo un essere sovrannaturale ha un udito sensibile, che altrimenti sarebbe stato seriamente compromesso. Dopo un lungo processo che durò molto tempo Naraku e Kagura vennero infine condannati a morte e vennero giustiziati l'anno seguente.

Sesshomaru invece, si era ripreso definitivamente dal veleno che gli era stato iniettato e ormai viveva con suo fratello, nella grande dimora di sua proprietà. Inuyasha non aveva voluto più lasciarlo solo dopo ciò che gli era successo e Sesshomaru non lo aveva nemmeno cacciato via. In fondo non era poi così male quando lui e suo fratello tornavano dal lavoro e cenavano insieme, nonostante continuassero a litigare di tanto in tanto, erano consapevoli di volersi bene e anche se non lo dicevano apertamente, quella brutta esperienza li aveva aiutati a essere più uniti di prima.

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Angolo autrice 

E ci siamo con il secondo capitolo di questa storia. Questa volta ho inserito anche Zakura in questa storia, Sesshomaru e rimasto senz'altro colpito da lei, però, non ho voluto approfondire il loro rapporto più di tanto, perché volevo lasciare più spazio a Inuyasha e Sesshomaru come fratelli. Quindi ho voluto lasciare intendere che tra loro, magari, in un futuro possa nascere del tenero, beh questo lo lascio comunque decidere a voi ;)

Come sempre spero vi sia piaciuto anche questo capitolo, se vi va lasciate un mi piace o un commento e noi ci vediamo alla prossima puntata =)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Calm after the storm ***


Prompt: Quando il vento smette di soffiare e tutto sembra calmo, e allora che bisogna avere paura.

Azzurro; un’immensa distesa di azzurro, limpido, quasi irreale si parava di fronte ai suoi occhi. Sbattè le palpebre un paio di volte e poi si portò una mano sulla fronte per schermare i suoi occhi dalla luce del sole. Tutta quella distesa azzurrina davanti a sé, stava a indicare che era coricato a pancia in su e che quello era il cielo. Mosse una mano vicina al suo fianco, stringendola a pugno, per poi portarla all’altezza del suo viso: nel momento in cui la aprì, i granelli di sabbia caddero come se fossero state tante piccole cascate, per ritornare lì dove erano state raccolte poco prima; quello era sicuramente un altro indizio che gli diceva che si trovava su una spiaggia.

Si tirò su e si mise a sedere, si guardò le gambe e le braccia; le maniche della sua camicia bianca e i suoi pantaloni erano strappati, i suoi stivali non c’erano più. Pensò che il mare glieli avesse rubati quella stessa notte in cui la tempesta li aveva sorpresi. Si guardò intorno per capire dove fosse e, dietro di sé, oltre alla spiaggia vide un’immensa distesa verdeggiante; doveva essere finito sicuramente in qualche isola deserta, sperduta chissà dove. Si guardò intorno per vedere se qualcuno dei suoi uomini fosse sopravvissuto, ma non ne vide nessuno; era solo.

All’improvviso venne assalito da una tremenda certezza: se era solo su quell’isola, voleva dire che la sua ciurma era perita quella notte, inghiottita dal mare, non si era salvato nessuno, nemmeno… lui. No, non poteva essere, si rifiutava di crederlo. Sesshomaru aveva un vago ricordo delle sue vite passate, ricordava che nella sua prima vita era stato un demone, aveva vissuto in Giappone nell’epoca Sengoku ed era stato uno tra i più potenti demoni che potessero esistere, però, nonostante fosse così potente, era arrivato un nemico ancora più forte e quella volta non aveva potuto fare nulla per sconfiggerlo.

Era morto così, nel tentativo di salvare la sua famiglia, sperando che il suo sacrificio fosse servito almeno a qualcosa, che almeno Inuyasha fosse sopravvissuto. Ma aveva avuto la conferma che nemmeno lui non fosse vissuto tanto più a lungo, la prima volta in cui era rinato e in cui si era ritrovato ad avere a che fare con il solito fratellastro: da allora, entrambi erano sempre nati come consanguinei, anche se con madri diverse. Ma questa volta era stato differente, visto che erano nati come figli dello stesso padre e della stessa madre, e Sesshomaru era giunto ad una conclusione: la sua unica certezza, il suo unico appoggio, l’unica persona su cui contare era Inuyasha da secoli. Degli altri non aveva avuto più notizie: Rin non l’aveva più incontrata nel corso delle sue vite, e nemmeno Inuyasha aveva più incontrato Kagome, Sango o Miroku, nessuno di loro si era più reincarnato, fatta eccezione per i loro genitori.

***

In questa vita, Inuyasha e Sesshomaru erano nati a Londra, questa volta entrambi umani, ed entrambi portavano dei lunghi capelli biondi, talmente chiari da sembrare bianchi, come loro padre Toga, mentre la loro madre Izayoi aveva i capelli neri come l’inchiostro e occhi castani e profondi. I due figli, però, avevano preso il colore degli occhi da quelli del padre: un azzurro chiaro più del cielo. Di origini Giapponesi, il padre di Toga si era stabilito in Inghilterra quando il primo figlio era piccolo e lì avevano messo le radici.

Toga era divenuto poi un importante funzionario del governo, nonostante le sue origini e, avendo una carica così importante, veniva rispettato da tutti i suoi colleghi, o almeno era ciò che gli avevano fatto credere, fino a che, di ritorno da una serata a teatro, lui e la moglie vennero uccisi in circostanze misteriose. Non ci fu nessun testimone, nessuno che avesse visto i loro aggressori, eppure a quell’ora la via in cui erano stati uccisi i coniugi Taisho, di solito, era piuttosto frequentata, ma quella particolare sera era sembrato che magicamente fossero scomparsi tutti.

Con un sotterfugio, il figlio più grande e maggiorenne venne accusato di aver teso un agguato ai suoi stessi genitori e di averli uccisi per potersi accaparrare la loro cospicua eredità. A nulla valsero i tentativi di Sesshomaru di dichiararsi innocente e di Inuyasha di difenderlo, il giudice non volle sentire ragioni e Sesshomaru venne condannato a morte per impiccagione: …appeso per il collo finché morte non sopraggiunga aveva sentenziato il giudice, come se dirlo in quel modo fosse una maniera più dolce di indorargli la pillola; sarebbe morto come un maiale sgozzato sulla pubblica piazza, davanti a tutti.

Rinchiuso nella sua cella Sesshomaru ripensava ai suoi genitori, a suo fratello e alla vita agiata e felice che avevano avuto fino a poco tempo prima; ma poi suo padre era stato letteralmente pugnalato alle spalle, perché il governo inglese non poteva certo essere macchiato dal sangue di uno sporco muso giallo che aveva avuto l’ardire di arrivare tanto in alto, a discapito di qualcun altro dal sangue inglese.  Sesshomaru credeva che fossero stati proprio quegli stessi colleghi che tanto tessevano le lodi di suo padre a ucciderlo, di certo non in prima persona, quella non era gente che si sporcava le mani, di sicuro avevano assoldato dei sicari, qualche delinquente di bassa lega che per pochi spiccioli avrebbe ucciso anche la propria madre. Tuttavia, Sesshomaru non aveva prove e soprattutto non poteva fare nulla contro quei potenti, per il semplice motivo che avevano loro il coltello dalla parte del manico. Di lì a qualche giorno ci sarebbe stata la sua esecuzione e a quel punto avrebbero vinto loro.

Inuyasha a quel tempo aveva soltanto quindici anni, ma mise in atto un folle piano per salvare il fratello più grande dalla forca. Lo stesso giudice che aveva condannato Sesshomaru, per lui aveva emesso una sentenza più lieve; visto che dopo la morte del fratello maggiore egli sarebbe rimasto completamente solo e che non era ancora in grado di badare a sé stesso, secondo la legge, aveva deciso di affidarlo a un orfanotrofio.

Inuyasha però scappò dalle grinfie di quelli che lui considerava i suoi carcerieri. Nessuno riuscì a trovarlo, ma le guardie della regina stavano setacciando tutta la città alla sua ricerca. Inuyasha riuscì comunque a nascondersi bene in modo che non lo scoprissero mai. Doveva pensare a salvare suo fratello e le opzioni potevano essere molteplici: avrebbe potuto imparare a tirare con l’arco e, con una sola scoccata, rompere la corda legata al collo di suo fratello, ma i giorni che mancavano all’esecuzione di Sesshomaru erano troppo pochi perché potesse imparare a maneggiare correttamente un arco. Avrebbe potuto usare una pistola, ma non sapeva sparare, dunque quella fu un'altra opzione da scartare. L’unica fattibile, tra le tante soluzioni che gli vennero in mente, fu quella di vestirsi in modo che non lo potessero riconoscere, e al momento opportuno conficcare la lama di una spada nel legno, poco sotto la botola che si sarebbe aperta ai piedi di Sesshomaru.

Così, vestito con un lungo mantello rosso, una camicia bianca e un paio di pantaloni aderenti neri, si nascose sotto un grande cappello grigio con una fibbia dorata sul davanti. Il giorno dell’esecuzione si mischiò tra la gente e attese ascoltando mentre venivano elencati a Sesshomaru i vari capi d’accusa che lo condannavano a morte.

Quando il funzionario smise di enumerare tutte quelle assurdità, il boia incappucciato si diresse verso la leva che avrebbe azionato la botola. In quel momento Inuyasha si fece largo tra la gente per avvicinarsi al patibolo. Le guardie della corona presenti all’evento, in un primo momento, non compresero a cosa fosse dovuto tutto quello scompiglio. Ma poi, nel momento in cui la botola si aprì, Inuyasha estrasse la spada dal suo fodero e la lanciò contro il legno poco sotto i piedi di Sesshomaru, che riuscì a sorreggersi per miracolo sulla lama in punta di piedi. Allora le guardie si accorsero di lui, e gli corsero incontro, incrociarono le spade con Inuyasha, che ne aveva una seconda di scorta legata al suo fianco e che aveva estratto dal fodero, subito dopo aver lanciato la prima.

Inuyasha, mentre combatteva, riuscì a salire le poche scale che lo portavano sul patibolo in cui il fratello era rimasto con la corda al collo, in bilico sulla lama e, con un movimento del polso riuscì a tagliare il cappio. Sesshomaru cadde di sotto e tagliò le corde che gli legavano i polsi con la spada che lo aveva sorretto fino a quel momento, poi la estrasse dal legno e una volta uscito inferiormente al patibolo, combatté anche lui al fianco del fratello.

Non seppero in che modo, ma riuscirono a sfuggire alle guardie e a raggiungere il porto per rubare una nave, con la quale salparono in mare aperto. Da lì iniziò quella che per loro si può definire la più folle delle avventure. Dopo quella rocambolesca fuga i due fratelli decisero di dirigersi verso Tortuga. Avevano bisogno di una ciurma e nelle loro condizioni di ricercati non potevano di certo permettersi di avere dei marinai addestrati dalla marina inglese, così si doverono accontentare di una ciurma di dannati della peggior specie.

Una volta racimolato un equipaggio, salparono in mare aperto. Sesshomaru era intenzionato a vendicarsi per tutto il male che avevano fatto a lui e alla sua famiglia; quei maledetti politici l’avrebbero pagata cara. Così Sesshomaru e Inuyasha divennero pirati, forse non tra i più crudeli, poiché si limitavano soltanto a saccheggiare villaggi e i porti in cui di solito si imbattevano. Sesshomaru cercava sempre di proteggere il fratello più piccolo perché era ancora troppo giovane e sicuramente in quell’ambiente senza di lui non sarebbe sopravvissuto per molto tempo.

Passarono così alcuni anni ma Sesshomaru, nonostante il fratello fosse diventato maggiorenne, non aveva mai smesso di proteggerlo, aveva paura, una paura incommensurabile di perderlo. Ma Inuyasha sembrava essere infastidito da quelle attenzioni che per lui erano fin troppo ossessive; Sesshomaru doveva lasciarlo respirare, non era più un ragazzino; maledizione! Maledizione a lui. Così, un giorno stufo di tutte quelle attenzioni che per lui erano esagerate, piombò nella cabina del capitano tutto trafelato e innervosito, mentre Sesshomaru stava consultando alcune carte nautiche, sgranocchiando una mela con i piedi poggiati sulla scrivania. In quel momento, come se fosse stato beccato con le mani nella marmellata, Sesshomaru, istintivamente, li tirò giù di scatto e per poco non si strozzò con un pezzo del frutto che aveva appena addentato.

- Si può sapere a che cosa devo tutta questa irruenza? - domandò con sguardo di rimprovero, rivolto al fratello.

- Sesshomaru io sono stufo che tu mi tratti come un bambino, perché non sono un dannato ragazzino. Non più, maledizione! – gli disse Inuyasha con le labbra che gli tremavano dalla rabbia. Sesshomaru a quel punto alzò un sopracciglio, posò le carte e la mela che aveva in mano e si avvicinò al fratello.

- Tu sei l’unico della famiglia che mi rimane; se ti perdessi, per me non ci sarebbe più nulla per cui varrebbe la pena vivere – gli confessò Sesshomaru, sperando che il più giovane comprendesse le sue ragioni.

- Ma… ma tu non puoi proteggermi per sempre - gli rispose Inuyasha, che ora non era più tanto sicuro delle sue motivazioni iniziali; le parole di suo fratello lo avevano colpito, sapeva di contare qualcosa per Sesshomaru ma non credeva così tanto.

- Lo farò anche se mi dovesse costare la vita, perché tu sei l’unica cosa che conta per me, e quei bastardi che hanno osato uccidere i nostri genitori non devono neanche pensare di avvicinarsi a te. Non ho intenzione di perdere un altro membro della mia famiglia – gli disse Sesshomaru, e a Inuyasha il fratello sembrò essere piuttosto risoluto, forse anche troppo, come se quella fosse la risposta a tutti i loro problemi. Ma la domanda che si poneva Inuyasha era: Riuscirà davvero a proteggermi nel modo che desidera?

La paura di Sesshomaru trovò conferma quando vennero catturati dalla Compagnia Britannica delle Indie Orientali, e vennero portati nel loro quartier generale a Londra e da lì nelle segrete del palazzo. Inuyasha e Sesshomaru vennero torturati e venne loro imposto un marchio a fuoco sul polso; una P, marcata indelebilmente sulla loro pelle. Pirati, loro che avevano seguito delle buone scuole, una buona educazione, che avevano vissuto tra il lusso e le agiatezze ora venivano marchiati come una mandria di bestiame appena consegnata al fattore. Sesshomaru dalla sua cella di prigionia sentiva le urla del fratello e le sentì più acute nel momento in cui apposero il marchio su di lui.

Sesshomaru non aveva emesso nemmeno un lamento, non voleva dare la soddisfazione ai suoi aguzzini di vederlo cadere in ginocchio, di implorare pietà. Ma suo fratello era fragile, sensibile e non avrebbe sopportato altra sofferenza; nel momento in cui sentì le urla di Inuyasha, i suoi polsi erano serrati da bracciali che a loro volta erano attaccati a delle lunghe catene agganciate alla parete di pietra della cella, si sentiva come un maiale pronto per il macello, esattamente come qualche anno prima su quel patibolo dove Inuyasha lo aveva salvato.

Era solo, i suoi aguzzini gli avevano dato qualche minuto di tregua, ma quelle urla non lo facevano stare tranquillo, stringeva i denti e tendeva in avanti le braccia, un gesto che gli veniva istintivo; avrebbe voluto raggiungere suo fratello, toglierlo dalle grinfie di quei maledetti che osavano provocargli tutto quel dolore. Mentre si divincolava da quella stretta sentiva le catene tintinnare a ogni suo movimento e i bracciali lacerargli la carne, ma per quanto cercasse di liberarsi per correre da suo fratello, i suoi tentativi fallivano miseramente, e si sentiva impotente, privo di forze; maledisse quel suo essere un umano e non un demone come nell’epoca Sengoku, se lo fosse stato probabilmente il quartier generale della Compagnia delle indie sarebbe saltato in aria con un solo gesto e lui e suo fratello avrebbero potuto salvarsi.

Tuttavia, anche quella volta, riuscirono a scappare. Il resto della ciurma che era riuscita a sfuggire alle grinfie della Compagnia delle indie, fece irruzione al quartier generale per trarre in salvo il suo capitano e suo fratello. Ci fu uno scontro, il tuono dei cannoni riecheggiava nella notte, le esplosioni illuminavano il buio, e tra questi anche il rumore degli spari dei fucili e delle pistole si confondevano tra loro.

Inuyasha però, a causa delle ferite riportate, si era ammalato. Quando entrò nella cella, Sesshomaru vide che il fratello versava in condizioni pietose, sdraiato su una brandina che doveva aver visto tempi migliori, respirava a fatica ed era completamente sudato, il suo corpo ricoperto da ustioni e ferite. Sesshomaru serrò le mani, quasi conficcandosi le unghie nel palmo, la sua mascella si strinse talmente tanto che i denti striderono e un nervo del suo viso si tese. Non poteva permettere all’ultimo componente della sua famiglia di morire, se lo era ripromesso nel momento in cui i suoi genitori erano morti. Ma in quel preciso istante Sesshomaru si sentiva impotente, di nuovo, perché non era riuscito a fare nulla per impedire che ciò accadesse.

Prese suo fratello tra le braccia facendo attenzione a non fargli troppo male, in quell’istante gli sembrava che si potesse rompere da un momento all’altro. Sentì la rabbia pervadergli il corpo e l’anima, come se fosse un demone; per quale ragione era dovuto succedere, come aveva potuto permettere tutto questo? I suoi genitori prima e ora suo fratello. Erano diventati dei delinquenti della peggior specie, loro che si erano illusi di essere una famiglia rispettabile per i londinesi, nonostante avessero altre origini. Mai avrebbe pensato di arrivare a quel punto, marchiati come la peggior specie di bestiame, qualcuno da eliminare che non doveva esistere, ma era davvero così? Erano davvero quelli da dover cancellare dalla faccia della terra? Sesshomaru aveva la sua risposta a tutto ciò, ossia che non erano loro quelli da eliminare, ma chi gli aveva fatto tutto questo, chi li aveva ridotti a ritrovarsi costantemente in fuga, braccati come topi di fogna.

Strinse suo fratello tra le braccia e Inuyasha in un barlume di lucidità dalla febbre riuscì a reggersi alle spalle di Sesshomaru e appoggiò la testa al suo petto. Inuyasha si sentì al sicuro, avvolto dal calore di quelle braccia che in fondo lo avevano sempre protetto fin da bambino. Sesshomaru corse a perdifiato tra le segrete del quartier generale e uscì da quel posto. Tra la confusione che si era creata riuscì (stando attento a non farsi colpire) a salire sulla loro nave attraccata al porto, senza ulteriori danni. Anche Sesshomaru era ferito, però meno gravemente di suo fratello, con Inuyasha invece si erano proprio accaniti, forse per togliergli anche quello spiraglio di luce che illuminava la sua vita. A quel pensiero sentì nuovamente la rabbia pervaderlo. Lui non si sarebbe di certo arreso, e gli ultimi eventi avevano instaurato in lui ancora più determinazione di quanta non ne avesse già.

Una volta a bordo entrò nella cabina del capitano, aprendo la porta con un calcio. Adagiò suo fratello sul divano che si trovava poco distante dalla sua scrivania, cercando di fargli meno male possibile, poi si diresse verso una delle credenze incassate nella parete di legno e prese qualche unguento e delle bende. Si avvicinò nuovamente a Inuyasha e si inginocchiò al suo fianco. Iniziò a disinfettare le ferite, provocando nel più piccolo alcune smorfie di dolore, fece lo stesso anche con la sua schiena, voltandolo con delicatezza. Una volta che ebbe concluso il suo compito, lo avvolse nelle bende e lo coprì con una coperta.

Osservò il fratello che respirava a fatica e gli posò una mano sulla fronte: era calda e sudata. Sesshomaru sentì stringersi il cuore, ancora una volta aveva mancato alla sua promessa; quella stessa promessa che aveva fatto a sé stesso molto tempo prima, quando i loro genitori erano morti, non avrebbe mai permesso che qualcun altro della sua famiglia morisse e invece era ciò che stava per succedere. Un rantolo che proveniva dal suo fianco lo ridestò dai suoi pensieri.

- Sesshomaru… io… io… credo che… - tentò di dire Inuyasha, la sua voce era soltanto un soffio, Sesshomaru quasi stentò a udirlo. Ma aveva capito che cosa volesse dirgli il fratello, e lo aveva interrotto perché quelle parole proprio non voleva ascoltarle, la sua mente si rifiutava.

- Non lo permetterò, costi quel che costi, troverò qualcuno che ti possa curare – disse con decisione Sesshomaru. Avrebbe trovato di sicuro qualche strega o guaritore che lo potesse aiutare, certamente avrebbe lottato affinché suo fratello sopravvivesse.

Attese nella sua cabina che anche la ciurma salisse sulla nave, sentiva ancora i colpi di cannone che risuonavano nel quartier generale. Intanto Sesshomaru si chiedeva come avrebbe potuto trovare una soluzione per suo fratello. Avrebbe chiesto a qualcuno della sua ciurma; li aveva reclutati a Tortuga, loro di sicuro potevano conoscere qualcuno che faceva al caso loro. Improvvisamente un’irruzione nella stanza lo ridestò dai suoi pensieri.

- Capitano, sarà meglio salpare se vogliamo fuggire da questo posto. – Il mozzo si fermò sulla soglia in attesa di ordini, non fece domande sullo stato di salute evidente del fratello del suo capitano. Dopo tutti quegli anni di navigazione insieme aveva capito che era meglio non impicciarsi di affari che non lo riguardavano.

- Bene, ordinate di levare l’ancora, gli ormeggi e cazzare la randa. Salpiamo per Tortuga. – Il mozzo fece per uscire dalla stanza quando il capitano lo fermò sulla soglia.

-Aspetta, conosci qualche guaritore che possa curare mio fratello? – Il ragazzo lo osservò, poi posò gli occhi sul fratello del suo capitano, mentre Sesshomaru lo guardava a sua volta in attesa di una risposta.

- Mi dispiace signore, non conosco proprio nessuno. – Il mozzo lo guardò dispiaciuto di non essere di aiuto al suo capitano, ma lui e tutta la ciurma erano grati di fare parte di quella banda di poco di buono. Tra tutti i comandanti che avevano avuto, Sesshomaru era colui che li aveva trattati nel modo migliore, questo in fondo testimoniava quanto fosse nobile in ogni sua sfaccettatura.

- Pensi che qualcun altro su questa nave possa saperne qualcosa? – gli domandò ancora; era la prima volta che Sesshomaru entrava così in confidenza con i suoi sottoposti.

- Mi dispiace signore, ma credo che nessuno ne sappia nulla; penso, tuttavia, che a Tortuga ci sia qualcuno che la possa aiutare. -  gli disse il mozzo, certo che in quel posto il capitano avrebbe potuto trovare la soluzione al suo problema.

Sesshomaru congedò dunque il mozzo e rimase al capezzale del fratello, grato a sé stesso di aver preventivamente ordinato di salpare per Tortuga. Quando, dopo giorni di navigazione in mare aperto, giunsero finalmente in quel posto, che a Sesshomaru dava il voltastomaco, il capitano insieme alla sua ciurma si mise a indagare per trovare qualcuno che facesse al caso loro. Sesshomaru a un certo punto sentì una mano posarsi sulla sua spalla, si voltò ed ebbe un déjà-vu. Quella donna, la ricordava in epoca Sengoku con gli occhi rossi e le orecchie a punta, era una delle emanazioni di Naraku. A quanto pareva in quell’epoca si erano reincarnati solo i demoni, salvo poche eccezioni.

- Ho sentito dire che state cercando un guaritore – gli disse la donna. Ora aveva gli occhi del colore del cioccolato, ma i suoi capelli erano come lui li ricordava; neri come l’inchiostro.

- Kagura!? – Sesshomaru boccheggiò un po’ prima di riuscire a scandire qualche parola, mai si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte proprio Kagura. La ragazza davanti a lui spalancò gli occhi stupita e chinò la testa di lato; come faceva quell’uomo a sapere come si chiamasse?

- Come fate a conoscere il mio nome? – chiese Kagura e Sesshomaru capì di avere commesso un errore madornale. Soltanto lui e Inuyasha a quanto pareva si ricordavano del loro passato… chissà per quale ragione poi… nessun altro ricordava di avere vissuto nell’epoca Sengoku in Giappone.

- È una lunga storia, non ho tempo ora di spiegarvela - disse con un gesto della mano come a scacciare una mosca. – Ma se sapete qualcosa, qualsiasi cosa, ve ne prego datemi un nome. - disse Sesshomaru implorante. Kagura fu colpita dalla gentilezza e dall’eleganza dello sconosciuto, era raro vederne in quel posto, anzi dové correggersi, in quel luogo non se ne vedevano affatto.

- Esiste un luogo dove vive una guaritrice, anzi io direi che si può considerare più una strega, ma dovete stare attento perché per raggiungerlo sarete obbligato ad attraversare la baia delle sirene. Il loro canto potrebbe ammaliarvi, mettete in guardia anche la vostra ciurma, non dovete cadere in tentazione. A poche miglia da lì, su un’isola chiamata Isola di corallo, troverete un luogo che, secondo i racconti di chi ci è stato, mette i brividi. Si trova nell’entroterra, lì vive una guaritrice che potrebbe fare al caso vostro – lo informò Kagura, sperando in qualche modo di essergli stata utile.

- Vi ringrazio per la vostra informazione. - le rispose Sesshomaru, e ciò colpì ancora di più la donna.

- Buona fortuna – rispose Kagura prima di allontanarsi e Sesshomaru dentro di sé pregò che la fortuna questa volta fosse davvero dalla sua parte, nonostante tutte le disavventure passate gli dicessero che forse qualcosa ancora sarebbe successo.

Radunò nuovamente gli uomini e tornarono alla nave, diede gli ordini di salpare per l’isola di corallo, ignorando le proteste di tutti che, sentendo dove sarebbero passati, avevano il terrore di venire ammaliati dal canto delle sirene. Fu un viaggio molto lungo e Sesshomaru non lasciò mai il capezzale del fratello e soprattutto la sua mano. Inuyasha lo guardava senza dire nulla nonostante volesse dirgli molte cose in quel momento, la sua febbre non sembrava voler accennare a diminuire e lui si sentiva dannatamente debilitato, malgrado i pasti caldi che gli faceva avere giornalmente suo fratello.

- Sesshomaru, dove stiamo andando? – si decise a chiedere un giorno, sapeva che se avesse protestato ancora suo fratello gli avrebbe dato la risposta di sempre; non lo avrebbe lasciato morire senza prima aver provato a salvarlo.

- In un posto, dove poi starai meglio – rispose soltanto Sesshomaru senza aggiungere nient’altro, nonostante anche lui avrebbe voluto dirgli molte cose.

- Sesshomaru, tu non dovresti preoccuparti così tanto per me, io… - era la seconda volta dopo che lo aveva portato a bordo della loro nave che gli parlava a quel modo.

- No! tu non devi preoccuparti, se sono in pensiero per te, voglio cercare di salvarti. Ti ho già detto che sei parte della mia famiglia, e te lo ribadirò all’infinito, sei l’unico che mi sia rimasto al mondo, e non ti lascerò andare finché saprò di avere almeno una possibilità per poterti guarire. - Poi si volse a osservare il fratello e gli prese una mano tra le sue. – Sai Inuyasha, io non so che cosa voglia dire essere un genitore, perché non ho figli. Ma quando tu sei nato io ero già più grande di te, mi ricordo che ti guardavo nella culla, eri così piccolo che credevo che prendendoti in braccio avrei potuto romperti. E ricordo che quando ti tenevo tra le mie braccia, io ero l’unico a poterti calmare se piangevi, come se la mia lontananza ti facesse stare male. Siamo legati da sempre, si può dire da secoli e credo che se tu morissi io non avrei senso di esistere, sei mio fratello ma il nostro legame è più forte di qualsiasi altro sentimento. Mi dispiace se sono troppo apprensivo, se a volte temo che tu possa morire anche per una sciocchezza, come quando inciampi sui tuoi stessi piedi, ma è più forte di me quindi ti prego di lasciarmi tentare, non mi sentirei in pace altrimenti – concluse Sesshomaru con gli occhi lucidi.

Inuyasha era rimasto in silenzio ad ascoltare tutto il suo discorso e anche lui ora aveva gli occhi lucidi; alcune piccole gocce salate avevano iniziato a solcare il suo viso, mentre tirava su col naso. Il più piccolo non pensava di meritarsi tutto quell’amore da parte di suo fratello, quando era piccolo gliene aveva combinate di tutti i colori. Però, Sesshomaru in ogni occasione possibile lo aveva sempre difeso, non ricordava momento in cui lui non fosse stato lì a proteggerlo, soprattutto da chi lo ricopriva di insulti e lui non aveva mai capito quanto contasse per suo fratello. No, davvero non meritava tutto il suo amore, perché come fratello era stato pessimo, era sempre quello più debole e non aveva mai provato nemmeno a fare qualcosa per lui.

- Sesshomaru, è stato un discorso bellissimo. Io…- tirò su con il naso prima di ricominciare a parlare. – Io non credo di meritare un fratello come te – gli disse Inuyasha tra le lacrime. Sesshomaru gli diede una pacca con il dorso della mano sulla fronte.

- Tsk, ma che cosa stai dicendo sciocco. Se non fosse stato per te a quest’ora io non sarei il capitano di questa nave. Avevi solo quindici anni allora e hai dimostrato un grande coraggio, quando mi hai salvato dalla forca; quindi, forse sono io a non meritarti come fratello – gli rispose Sesshomaru; forse entrambi pensavano di non appartenersi affatto, ma si sbagliavano di grosso. Insieme erano più forti e nonostante cercassero in qualche modo di dividerli, loro erano sempre riusciti a rimanere insieme.

Inuyasha quasi si era dimenticato di quell’evento; il ricordo che il fratello gli aveva riportato alla memoria, aveva fatto riaffiorare dentro di sé quella sensazione di paura che aveva avuto, credendo che il suo piano avrebbe fallito, e che sarebbero morti entrambi quel giorno. Era stato lui a salvarlo, nonostante fosse solo, nonostante fosse stato soltanto un ragazzino. Ancora si chiedeva come aveva fatto, forse era stata l’adrenalina a infondergli quel coraggio che lui non avrebbe mai creduto di avere.

Passarono diversi giorni e Inuyasha nonostante la brutta febbre che non accennava a diminuire, sembrava essere stabile. Sesshomaru, a quel punto si chiese se per caso ci fosse qualcuno lassù che li stesse aiutando, forse erano proprio i loro genitori. Quando la nave oltrepassò la baia delle sirene, Sesshomaru era nella sua cabina insieme al fratello; sentì la sua ciurma impazzire, richiamata dal canto di quelle creature che si erano radunate attorno alla nave.

- Aspettami qui, torno subito! – disse Sesshomaru al fratello, prima di sparire oltre la porta e dirigersi sul ponte della nave dove sembrava stesse succedendo di tutto. Alcuni uomini correvano da una parte all’altra tappandosi le orecchie e urlando, come se ci fosse qualcosa che gli stesse penetrando nella testa.

Sesshomaru si guardò intorno, e vide altri uomini raggruppati in un angolo della nave, sembravano essere confusi e smarriti. Ma la cosa che lo colpì di più fu che questi, a differenza dei loro compagni sembravano immuni a quel canto ammaliatore, poi si fermò un attimo e, a pensarci bene, nemmeno lui sembrava attratto da quel suono. Cercando di scansare più uomini che poteva, cercò di raggiungere quel piccolo gruppetto. Quando gli fu vicino li guardò a uno a uno.

- Che cosa sta succedendo!? Perché voi non vi state disperando come gli altri? – chiese Sesshomaru. Gli uomini lo guardarono confusi; nemmeno loro conoscevano la ragione di quello strano evento.

- Non lo sappiamo- disse uno di loro, poi aggiunse: - Anche voi capitano sembrate essere immune al loro richiamo. – Improvvisamente, Sesshomaru sembrò quasi venire colpito da un fulmine. Maledizione! Aveva lasciato Inuyasha da solo, e si chiese se lui al contrario non iniziasse a impazzire a causa del canto di quelle dannate donne mezzo pesce. Così si affrettò a dare degli ordini ai suoi uomini.

- Cercate di calmare gli altri, se necessario portateli sottocoperta, sono sicuro che lì sarà più facile tenerli a bada – disse correndo via, senza lasciare modo agli uomini di replicare e in un batter d’occhio piombò nella cabina.

Inuyasha aveva le gambe piegate al petto e si teneva le orecchie con le mani, i suoi occhi erano chiusi, stretti all’inverosimile. Sesshomaru chiuse la porta e si avvicinò al fratello che sembrava non averlo sentito. Nel momento in cui gli toccò il braccio, Inuyasha sussultò e aprì gli occhi senza togliersi le mani dalle orecchie. Sesshomaru vide due occhi azzurri e vitrei che lo guardavano, non era nemmeno sicuro che Inuyasha lo stesse osservando davvero, così gli sventolò una mano davanti agli occhi. Ma le sue pupille non si mossero.

Allora lo spostò leggermente in avanti e si accomodò alle sue spalle, tenendolo stretto a sé tra le sue gambe. Inuyasha non sembrava dare alcun segno di vita. Sesshomaru riuscì a togliergli le mani dalle orecchie e a fargli appoggiare la testa al suo petto coprendogli l’altro orecchio con la mano, cullandolo dolcemente pregando che quella tortura finisse presto. Intanto, sul ponte gli uomini erano riusciti a calmare gli altri, cercando di non farli tuffare in mare; secondo alcune leggende, coloro che finivano in mare nella baia delle sirene, venivano trascinati fin nel profondo degli abissi per nutrire quelle creature, nessuno sapeva però che alcuni uomini potevano essere immuni, come era successo alla ciurma del capitano Sesshomaru.

Una parte degli uomini vennero portati sottocoperta, mentre altri rimasero sul ponte. Coloro che erano stati ammaliati da quel canto, avevano tutti occhi vitrei come quelli di Inuyasha. Ma loro erano tenuti con le mani bloccate dietro la schiena dai loro compagni in modo che non potessero liberarsi, nell’attesa che la nave superasse la baia. E, per quanto si dimenassero, fortunatamente non riuscirono a sciogliere quella presa.

La nave riuscì a oltrepassare la baia senza nessuna perdita; quando sentirono il lamento di quelle creature in lontananza, il resto della ciurma che era immune e quindi non aveva subito conseguenze mollò la presa sui polsi dei compagni. Gli uomini ci misero qualche minuto a riprendersi, tutti sbatterono le palpebre prima di guardarsi intorno confusi, il loro sguardo tornò normale. Sembrava quasi che si fossero svegliati da un brutto sogno. Anche Inuyasha, nella cabina del capitano si era risvegliato e, trovandosi tra le braccia del fratello sembrò essere ancora più confuso.

- Sesshomaru, che cosa è successo? – gli chiese Inuyasha. Sesshomaru lo scostò da sé e lo guardò negli occhi.

- Non è successo nulla, solo… sei stato bravissimo ad affrontare le sirene – gli disse Sesshomaru e Inuyasha, anche se un po’ confuso gli sorrise. Infatti, Sesshomaru pensò che Inuyasha, nonostante il suo stato di incoscienza, non era impazzito come tutti gli altri. Non aveva urlato e nemmeno si era mosso, questo forse era dovuto al fatto che non stesse bene.

Viaggiarono ancora per qualche altro giorno, e Sesshomaru si alternava tra il timone e la cabina dove come sempre vi era Inuyasha. E proprio mentre era al timone qualcuno urlò: Terra!  Sesshomaru pensò che avessero finalmente trovato l’isola verso la quale erano diretti. Si sporse dalla balaustra della nave, insieme alla sua ciurma, per vedere se davvero fosse così. Rimasero tutti a bocca aperta nel vedere l’isola che si parava davanti ai loro occhi. La vegetazione aveva dei colori sgargianti che partivano dal verde più acceso, al viola, al rosso e così via. Sesshomaru capì perché l’avevano chiamata Isola di Corallo, da nessun’altra parte aveva mai visto della vegetazione così colorata e soprattutto dalle forme più strane che si potessero immaginare. Avrebbe tanto voluto che in quel momento Inuyasha fosse accanto a lui per vedere quella meraviglia, sicuramente ne sarebbe stato entusiasta. Tuttavia, l’avrebbe comunque potuta vedere meglio quando sarebbero scesi dalla nave, visto che avrebbe in ogni caso dovuto andare con loro se volevano che la guaritrice lo potesse visitare e curare.

 La nave attraccò non lontano dalla spiaggia e Sesshomaru corse nella cabina, e si avvicinò al divano dove da diverso tempo vi era adagiato suo fratello. Inuyasha puntellandosi con le mani si tirò su, guardando il fratello. Sesshomaru gli si avvicinò e si inginocchiò di fianco a lui.

- Sesshomaru che cosa succede? – chiese il più piccolo, tossicchiando un po’ subito dopo. Inuyasha guardò il fratello negli occhi e credé di non aver mai visto suo fratello così felice e con gli occhi che brillavano a quel modo.

- Siamo arrivati all’isola che mi ha indicato quella ragazza a Tortuga. Potrai di nuovo stare bene – lo informò Sesshomaru e credé di non aver mai provato così tanta felicità in vita sua. Inuyasha lo osservò e gli sorrise. Sesshomaru senza preavviso prese il fratello in braccio e lo adagiò in una delle scialuppe, insieme scesero dalla nave utilizzando quelle piccole imbarcazioni.

Gli uomini li stavano già aspettando a riva per inoltrarsi nella foresta alla ricerca della guaritrice che li potesse aiutare. Sesshomaru si posizionò in testa alla comitiva e, armati di sciabole, si fecero spazio tra la vegetazione. Nessuno di loro aveva idea di dove si trovasse la guaritrice; se all’interno di un villaggio o vivesse in qualche luogo sperduto dell’isola. Ma quell’appezzamento di terra non era molto grande, di sicuro sarebbero riusciti a trovare un borgo o qualcosa che potesse anche solo somigliargli. Durante il tragitto, incontrarono animali alquanto bizzarri per loro: videro draghi a due teste dai colori sgargianti che alla luce del sole brillavano come se fossero fatti di metallo e cambiavano gradazione a seconda della direzione della luce del sole. C’erano unicorni dal corno cangiante, simile alla pelle dei draghi, tigri dai denti a sciabola dal pelo del colore del fuoco, e che sembrava davvero che si incendiassero, ma era soltanto un’illusione ottica del sole che filtrava tra la vegetazione. Gli animali, tuttavia, non sembravano essere comunque interessati a loro, cosa che alla comitiva parve strano. Come avevano già visto da lontano, le piante di quell’isola avevano delle forme e dei colori diversi, quasi quanto quelle degli animali.

Camminarono almeno per un paio di giorni, accampandosi in quella strana boscaglia. Si erano portati alcuni viveri dalla nave e almeno per una notte o due erano riusciti ad avere cibo a sufficienza per tutti quanti. All’inizio del terzo giorno, sbucarono fuori dal bosco trovandosi di fronte ad un piccolo lago: alcuni degli animali fantastici che avevano visto prima si abbeveravano in quella fonte. Sesshomaru si guardò alle spalle, voltandosi con ancora Inuyasha sulla schiena.

- Muoviamoci con cautela, cercate di non far rumore, non sappiamo se queste bestie sono ostili, potrebbe essere soltanto un caso se prima ci hanno ignorato – disse Sesshomaru a voce bassa, e tutti gli uomini si limitarono ad annuire.

Oltrepassarono il laghetto senza farsi notare e, nel momento in cui superarono quella sorgente, si trovarono davanti a un sentiero, costeggiato da alcuni alberi. Sesshomaru sentì Inuyasha irrigidirsi sulla sua schiena, lo strinse maggiormente per le gambe, in modo da dargli maggior conforto possibile. Anche lui aveva avvertito una strana sensazione che non gli piaceva per nulla.

- Sesshomaru! Ho uno strano presentimento, e la cosa non mi piace per niente, forse è meglio se torniamo indietro. – disse Inuyasha con voce tremolante, e anche il suo corpo iniziò a fremere. Sesshomaru pensò che se era come gli aveva detto Kagura, allora quelle sensazioni, anche se sgradevoli, li avrebbero condotti nel posto giusto.

- Non avere paura fratellino, ci sono io qui a proteggerti. Stai tranquillo – disse Sesshomaru per rassicuralo, ma nemmeno quelle parole riuscirono a rincuorare il più piccolo tanto che si strinse maggiormente al collo del fratello.

- Io non credo di farcela a proseguire. – disse il più piccolo che ora tremava, non soltanto per la febbre. Allora Sesshomaru lasciò andare le gambe di Inuyasha e si voltò per guardare negli occhi il fratello, prendendogli il volto tra le mani. E in quello sguardò riuscì a leggervi tutto il terrore che provava Inuyasha.

- Devi stare calmo, siamo quasi vicini a trovare la donna che ti guarirà. Abbi ancora un po’ di pazienza, ti prego – disse Sesshomaru al fratello e Inuyasha vide negli occhi dell’altro tutta la preoccupazione che fino ad allora gli aveva celato. Era determinato, Sesshomaru stava combattendo una battaglia silenziosa contro il tempo, per poter salvare quel poco che era rimasto di ciò che un tempo era la sua famiglia, e di certo non poteva mollare ora che erano quasi vicini alla risoluzione dei loro problemi. Inuyasha sembrò finalmente rilassarsi e abbassando lo sguardo annuì leggermente, ora si vergognava un po’ per essersi mostrato debole.

- Va bene, mi dispiace. Mi fido di te - disse Inuyasha senza guardare il fratello negli occhi. Intanto le sue gambe iniziarono a tremare, a causa del troppo tempo che aveva trascorso su quel divano, non riuscivano più a reggerlo in piedi. Ma Sesshomaru fu pronto a sostenerlo in modo che non cadesse al suolo. Così Sesshomaru lo prese in braccio e Inuyasha gli circondò il collo con gli arti.

- Bene, allora possiamo proseguire. – ordinò Sesshomaru ai suoi uomini. Inuyasha aveva nascosto il viso nella camicia del fratello, si vergognava troppo per aver dubitato delle sue capacità. Quello però che non poté vedere Inuyasha era il sorriso divertito di Sesshomaru.

Si avventurarono, dunque, per quel sentiero e, alla fine di esso, si trovarono alle porte di un villaggio fatto di case in mattoni e tetti in paglia, totalmente diverso da ciò che avevano visto poco prima. Anzi nonostante la povertà che traspariva dall’aspetto della gente che abitava quel villaggio, a loro sembrò la prima cosa normale che avessero visto fino a quel momento. Era come se quel borgo fosse protetto dalle creature fantastiche di quell’isola. Sollevarono lo sguardo e videro un castello di un bianco perlato che riluceva con i raggi del sole, lunghe guglie si ergevano talmente in alto da sembrare che potessero toccare il cielo, i tetti del castello e delle torri erano blu anch’esso rilucente alla luce del sole. L’imponente costruzione si ergeva a ridosso della montagna che confinava col villaggio. La ciurma rimase stupefatta dalla magnificenza di quel castello, nessuno aveva mai visto una costruzione simile. Ma vennero riportati alla realtà da una donna che gli si era avvicinata, attirando la loro attenzione.

- Scusatemi stranieri. State per caso cercando qualcuno? – domandò. Aveva l’aspetto di una giovane donna, ma portava una specie di fazzoletto in testa e non poterono averne la certezza.

- Stiamo cercando una guaritrice che ci possa essere d’aiuto. Abbiamo sentito che da queste parti ne esiste una – si fece avanti Sesshomaru che teneva ancora tra le braccia il fratello. Inuyasha si chiedeva se per caso fosse un peso per Sesshomaru; non si era mai lamentato per tutto il tragitto, ma sicuramente le sue braccia e la sua schiena ne avrebbero risentito dopo, di questo il più piccolo ne era certo.

- Oh! Credo che voi siate capitati nel posto giusto. Vi prego di seguirmi – disse la donna. Sesshomaru credé che fosse frutto soltanto della sua immaginazione, ma gli era sembrato che gli occhi di lei avessero cambiato colore dopo aver udito la sua domanda.

Gli uomini seguirono la donna, che li condusse fuori il villaggio; percorrendo un altro sentiero, si inoltrarono in una foresta in cui tutto sembrava morto. Quella strana concentrazione boschiva dava l’impressione che tutto intorno a loro fosse stato dato alle fiamme da qualcuno, e che ciò fosse accaduto solo da poco, visto che il terreno sembrava fumare ancora. Gli uomini si guardarono intorno e Inuyasha iniziò a tremare tra le braccia di Sesshomaru; quel posto gli dava una strana sensazione, peggio del luogo con le creature fantastiche che avevano oltrepassato qualche giorno prima.

Sesshomaru d’istinto strinse più a sé Inuyasha, come a tranquillizzarlo, nonostante questa volta anche lui non avesse un buon presentimento. Oltrepassarono uno stagno dalla colorazione verdognola quasi simile al vomito, dalla cui acqua emergevano delle bolle come se stesse gorgogliando in un pentolone. Lo stesso stagno emetteva uno strano odore putrescente come se dentro vi ci fossero stati gettati molteplici cadaveri. Tutti si voltarono a guardare quella strana distesa d’acqua, sembrava ne fossero ammaliati. La donna non avvertendo più i passi degli uomini dietro di sé, si voltò e li vide fermi a osservare lo stagno, allora tornò sui suoi passi e cercò di ridestarli dalla loro momentanea situazione di trance.

- Non osservate il lago o vi catturerà e vi mangerà vivi – li avvertì la donna con un tono alquanto basso e spettrale che li fece rabbrividire e ritornare immediatamente in sé: tutti gli uomini sbatterono le palpebre come risvegliati da un sonno profondo.

Nessuno osò proferire parola ma ognuno di loro si scambiò uno sguardo confuso; sinceramente pentiti di essersi fidati di quella donna. Proseguirono il loro cammino tenendosi ben distanti da quella strana sorgente. Superarono un’altra foresta di alberi morti per poi arrivare ad una radura ben diversa da quella precedente, qui sembrava che la vita facesse parte di ogni più piccola cosa. Tutti si stupirono di vedere quel drastico cambiamento in pochi istanti, molteplici alberi di ciliegio ricoprivano quella radura e i petali caduti ne vestivano il prato di cui si stentava a vedere i fili d’erba. Nascosta tra gli alberi, vi era una casetta dal cui comignolo usciva del fumo. La donna fece segno agli sconosciuti di seguirla; colei di cui avevano bisogno si trovava in quella modesta casupola.

Entrarono in quella casa che da fuori sembrava ben curata, mentre al suo interno dava l’impressione che stesse cadendo a pezzi; in un angolo della dimora, vi era un grande calderone dal quale usciva dello strano fumo verdognolo quasi fosforescente, che ne fuoriusciva, creando una coltre che ricopriva il pavimento. Le pareti erano ricoperte da molteplici mensole, sulle quali erano posti alcuni libri e ampolle anch’esse contenenti liquidi di diversi colori fosforescenti e anche da questi oggetti usciva del fumo che colava al loro esterno. Una stufa a legna era posizionata a ridosso di una parete, dove accanto vi era qualche ciocco di legno.

La donna che li stava accompagnando era sparita dietro una porta di legno. Mentre nella casa era entrato solo Sesshomaru con Inuyasha e un paio di uomini, gli altri erano rimasti fuori di guardia nel caso fosse successo qualcosa. La donna ritornò dopo qualche minuto, accompagnata da un’altra ragazza dalla veste e dai capelli candidi, e dagli occhi anch’essi completamente bianchi, un chiaro segno che fosse cieca.

La ragazza si avvicinò ai due fratelli senza l’aiuto di nessuno, come se sapesse esattamente dove si trovasse ogni cosa in quella piccola dimora, persino gli estranei. Il suo passo sicuro stupì i due giovani: quando si trovò a pochi centimetri da loro, la ragazza allungò una mano su Inuyasha tenendola non molto distante dal suo corpo, percorrendolo da cima a fondo. Poi scostò la mano come se si fosse scottata e Sesshomaru aggrottò la fronte confuso mentre Inuyasha guardava il fratello spaventato.

- C’è un legame tra voi due, che non è dovuto solo al sangue che scorre nelle vostre vene, ma un forte sentimento vi unisce. Per questo non sono ancora riusciti a separarvi, nemmeno la morte vi riuscirà. – concluse quella che ai loro occhi era decisamente una strega. I due ragazzi si guardarono non comprendendo quelle parole.

- Noi siamo fratelli. Non… - precisò Sesshomaru ma la strega lo interruppe con una mano.

- Oh, esistono molti tipi di legami, ma quello tra fratelli è molto più forte anche rispetto a quello di una coppia di innamorati. Come esistono diversi tipi di amore e il vostro è quello che si può definire, ciò che io chiamo, amore supremo. Quindi vi posso dire soltanto una cosa, continuate a prendervi cura l’uno dell’altro, solo in questo modo potrete essere forti e combattere ogni tipo di battaglia senza subire troppi danni – gli consigliò la donna senza che loro non avessero nemmeno aperto bocca.

- Quindi mi sta dicendo che è per questo che mio fratello non è ancora morto!?- chiese sconcertato Sesshomaru. La strega che si era voltata di spalle si girò nuovamente per puntare i suoi occhi spenti su di lui.

- A quanto pare comprendi al volo biondino – disse la strega sicura di sé come se li stesse vedendo veramente.

- Ehi, un momento come fai a sapere tutte queste cose di noi? – chiese a quel punto Inuyasha spaesato da tutte quelle informazioni poco chiare che gli aveva dato la strega.

- Oh, io so molte cose. Vi avevo già visti nella mia mente, sapevo che sareste arrivati fin qui e credo di conoscere anche il motivo – disse chinandosi a guardare Inuyasha, il quale rabbrividì davanti a quello sguardo spento.

Poi la strega si voltò e liberò quello che sembrava un letto, coperto da varie scartoffie, gettandole a terra con noncuranza. Si voltò poi nuovamente verso i due facendo segno a Sesshomaru di adagiare il fratello su quel letto che sicuramente doveva avere visto momenti migliori. Inuyasha lo guardò con occhi di terrore, quel presentimento, che lo aveva accompagnato durante tutto il tragitto fino a quella casupola, si era accentuato nel momento in cui avevano varcato quella soglia e quando avevano incontrato la donna cieca. Per questo dopo essere stato adagiato su quel giaciglio non volle per nessuna ragione lasciare la mano di Sesshomaru, che fu costretto a spostarsi di lato al letto per permettere alla strega di operare.

La strega si voltò a prendere una boccetta, con dentro una sostanza dal colore violaceo e ne tolse il piccolo tappo in sughero. Avvicinò la piccola bottiglietta alle labbra di Inuyasha, incitandolo a bere quell’intruglio, ma egli rifiutò.

- No, non voglio! – urlò il ragazzo cercando di divincolarsi su quel letto, che gli sembrava perfino scomodo.

- Su andiamo, non penserai mica che voglia avvelenarti? In fondo siete venuti qui per ricevere le mie cure no!? – disse la donna cercando di tranquillizzare il ragazzo che sembrava essere sensibile a certe cose. Ma Inuyasha non sembrava essere rilassato, piuttosto appariva in preda al panico.

- Coraggio fratellino, abbiamo fatto tutto questo viaggio perché tu possa stare meglio, non mollare proprio ora. – Sesshomaru si era abbassato e quasi aveva sussurrato all’orecchio del fratello, il quale si voltò a guardarlo cercando negli occhi dell’altro il coraggio per fidarsi di quella strega da cui si erano recati, e che a lui era sembrata decisamente una pessima idea. Quando vide la tensione nello sguardo del fratello allora decise di farsi coraggio e di acconsentire a bere quella strana cosa che gli stava porgendo la strega.

- Soltanto un piccolo sorso può bastare – disse lei porgendogli nuovamente la bottiglietta. Inuyasha fece come la donna gli aveva ordinato e ne bevve soltanto un sorso.

Poi si inginocchiò e pose nuovamente le mani a pochi centimetri dal suo corpo con i palmi rivolti verso il basso, a occhi chiusi, le fece scorrere dalla testa ai piedi del ragazzo, recitando una specie di cantilena di cui i presenti non riuscirono a capire le parole. Inuyasha avvertì una strana sensazione di benessere, che non sapeva se si poteva definire momentanea o apparente. La donna fece scorrere diverse volte le mani sul corpo di Inuyasha, sempre con quella cantilena che usciva dalle sue labbra. Il resto dei presenti intanto non aveva osato fiatare, lasciando che la guaritrice concludesse il suo lavoro. Una volta concluso il suo rituale, la donna si risollevò in piedi senza mai smettere di puntare i suoi occhi sul ragazzo sdraiato su quel giaciglio.

- Potete andare ora – disse la donna puntando il suo sguardo sul maggiore dei fratelli, al quale poi porse la boccetta in cui c’era il medicinale che aveva dato poco prima al più piccolo. – Prendete, dovrete somministrarglielo una volta al giorno e vedrete che anche le sue ferite si rimargineranno. Ho fatto in modo che vostro fratello possa raggiungere la nave con le proprie gambe. – Poi diede un’altra boccetta a Sesshomaru. – Tenete, servirà anche per le vostre ferite. – Sesshomaru a quel punto aggrottò la fronte, le sue ferite erano già guarite da un pezzo.

- Io non ho più nessuna ferita sul mio corpo – le fece notare allora Sesshomaru. La donna gli si avvicinò quasi come se si fosse sentita offesa da ciò che aveva appena detto il ragazzo davanti a lei, ma poi sembrò rilassarsi e aggiunse:

- Beh, allora prendetela per quando vi succederà la prossima volta - Sesshomaru prese anche quella boccetta e la mise in un borsellino in velluto che di solito teneva sempre legato al suo fianco. Poi fece per pagare la strega, ma questa lo fermò. – Teneteli, a me non servono. –

Inuyasha si alzò da quel letto che si sentiva decisamente meglio, si mise in piedi notando che le sue gambe non gli formicolavano o tentavano di cedergli se cercava di stare in piedi più di cinque minuti, di certo non era sicuro di poter correre come una gazzella, ma di sicuro alla nave ci sarebbe arrivato con le sue gambe. La comitiva di uomini lasciò la casa di quella strega per fare ritorno sulla propria nave. Come all’andata, anche il ritorno fu piuttosto tranquillo e permise loro di tornare alla nave sani e salvi. La donna che li aveva accompagnati dal villaggio in poi, non fece la strada con loro nel momento in cui presero nuovamente quel sentiero. Ma stranamente non si persero e riuscirono a tornare alla spiaggia dove avevano lasciato la nave, ritrovandola ancora lì, intatta.

Ripresero così il largo; per alcuni giorni sembrò che fosse tutto tranquillo, forse anche troppo. Riuscirono nuovamente a superare la baia delle sirene senza perdere nemmeno un uomo, poi però si trovarono nell’occhio del ciclone, una tremenda tempesta si abbatté sulla nave e sull’equipaggio. L’imbarcazione risultò essere ingovernabile e dopo che l’albero maestro venne letteralmente spezzato in due come fosse uno stuzzicadenti, la nave si spaccò a metà e tutti gli uomini compreso il capitano finirono in mare. Sesshomaru cercò il fratello con lo sguardo in quella coltre di acqua gelida, ma non riuscì per niente a scorgerlo tra i pezzi di legno e gli altri marinai che cercavano di aggrapparsi ai pezzi di imbarcazione che riuscivano a trovare.

***

Così si ritrovò su quella spiaggia il mattino dopo, solo, con la sensazione famigliare di aver perso tutto, di nuovo. Vagò per quella distesa di sabbia, sotto il sole cocente, alla ricerca di qualche sopravvissuto, nella speranza di trovare suo fratello ancora vivo. Passò diverso tempo a camminare: forse erano passate ore, forse soltanto alcuni minuti, di preciso non avrebbe saputo dire quanto, soltanto che la sabbia sotto i piedi gli bruciava dannatamente la pelle come anche il sole che gli batteva sulla testa. A un certo punto del suo cammino sentì delle voci e una su tutte gli sembrò familiare. Allora Sesshomaru affrettò il passo fino a che non scorse un gruppetto di uomini, pregò nella sua mente che non fosse qualche tipo di miraggio dovuto al grande caldo che lo stava asfissiando.

Ma quando qualcuno gli corse incontro fino a fermarsi a pochi metri da lui, e lo poté toccare, capì che quello non era di certo un miraggio. Inuyasha era davanti a lui, vivo e sembrava non avere nessuna ferita evidente su suo corpo, nonostante anche lui avesse i vestiti ridotti in stracci.  I due fratelli si abbracciarono calorosamente dandosi delle sonore pacche sulle spalle, entrambi erano quasi sull’orlo del pianto. Si chiesero se le loro disavventure avrebbero mai potuto avere fine.

Fortunatamente, almeno un paio di scialuppe si erano salvate miracolosamente dal naufragio. Il numero di uomini si era ridotto drasticamente dopo quella tempesta, ma il capitano non poteva di certo aspettarsi che potessero sopravvivere tutti. Ora, però, avevano nuovamente bisogno di una nave. Con le scialuppe non avrebbero potuto di certo coprire grandi distanze ma la fortuna sembrò essere dalla loro parte, visto che si trovavano vicino a Tortuga. Una volta lì riuscirono a recuperare una nave e ad arruolare altri uomini per riformare la ciurma. Ora più che mai i due fratelli Taisho, dopo tutto ciò che avevano dovuto subire dai tiranni che li avevano trattati nel peggiore dei modi, erano determinati a farsi giustizia da soli, perché in ogni caso avrebbero continuato a condurre una vita piratesca come quella che avevano condotto fino a quel momento. Ma non senza aver prima sconfitto il loro nemico principale ossia: il governo inglese.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Angolo Autrice

Scusate per il grandissimo ritardo nell'aggiornare, ma sono stata parecchio impegnata con la scrittura e con un lavoro temporaneo, quindi ho dovuto rimandare diverse cose, spero che vi siano piaciuti in questa veste piratesca, ispirato un po' ai pirati dei caraibi, lo ammetto XD 

Alla prossima =)

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4015022