l' alchimista

di LaceyPotter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Beth Lomien ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Gandalf ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - La compagnia ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - La partenza ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Il passato e incubi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - I troll ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - In fuga ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Granburrone ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - La verità ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Il sogno ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Le rocce fumogene ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - I giganti di pietra ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Gli orchi ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Azog, il Profanatore ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Beorn ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Ripartire ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Bosco Atro ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - Il Reame Boscoso ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - Dentro i barili ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - Pontelagolungo ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 - La promessa di Thorin ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 - Kili ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 - Fuoco e rovina ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 - Erebor ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 - La malattia del drago ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 - La battaglia imminente ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 - L'Arkengemma ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 - La Battaglia delle Cinque Armate, parte 1 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 - La Battaglia delle Cinque Armate, parte 2 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 - Collecorvo ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 - Il miracolo ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 - Ritorno a casa ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 - Un ospite inaspettato ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 - Io ti amo ***
Capitolo 36: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Salve a tutti! Questa è la primissima fanfiction che abbia mai scritto. Dopo aver visto centinaia di volte saghe famose come Harry Potter, le Cronache di Narnia o il Signore degli Anelli dalla prima elementare, ho cominciato a leggere molte fanfiction e dopo cinque anni ho pensato,” Ma sì, perché non proviamo a scriverne una?!”. Questa storia riprende la saga cinematografica de Lo Hobbit (che potrete trovarla anche su wattpad) ed è stata molto lunga da scrivere, ma ora è finalmente finita. Spero che vi piaccia e che vi entusiasmi, ma ora bando alle ciance! Che lo show abbia inizio! E vi auguro una buona lettura! 

Prologo  

 

Dopo la creazione di Arda il Bene e il Male furono in conflitto tra loro fin dall’alba dei tempi, coinvolgendo uomini, elfi, nani e orchi in innumerevoli scontri. 

Gli orrori della guerra prevalsero sempre di più, attraverso genocidi e malattie. 

Fu allora che i Valar mandarono tra gli abitanti della Terra di Mezzo dieci divinità ed essi crearono una nuova razza: gli alchimisti. Esseri estremamente simili agli uomini nell’aspetto, nel carattere e nella loro mortalità. Ma c’erano tre cose che li distinguevano da essi: innanzitutto vivevano il doppio rispetto ad un uomo normale. Se un alchimista mostrava di avere 30’anni, in realtà ne aveva 60. Se una bambina ne mostrava 10, in realtà ne aveva 20. Non erano immortali come gli elfi, ma invecchiavano più lentamente degli uomini. 

Poi, fin dalla nascita avevano sulle braccia delle bellissime voglie scure ed era proprio grazie a quelle che la gente poteva riconoscerli. Più ne avevano, più erano potenti. 

Infine, erano in grado di preparare potenti pozioni per poter aiutare, curare e salvare gli abitanti della Terra di Mezzo. Sapevano guarire persone affette di handicap e contenere epidemie. Potevano far ricrescere arti amputati, rendere fertile una donna sterile o salvare persone in fin di vita. 

Potevano persino far ottenere delle capacità fisiche sovrumane o poteri magici per un periodo di tempo limitato. 

Essi garantirono la vittoria del Bene, riuscendo a contenere il Male e salvarono innumerevoli vite. Ma le dieci divinità, sapevano che il Male sarebbe ritornato. Così, si tramutarono in dieci gioielli e ognuno di loro scelse come suo possessore uno dei dieci alchimisti più potenti al mondo, con il compito di vegliare e proteggere tutte le razze della Terra di Mezzo. 

Questo compito durò a lungo e venne tramandato di continuo ai loro discendenti. 

Ogni volta che il Male ricompariva, i dieci alchimisti furono sempre in grado di contenerlo e a respingerlo, riuscendo perfino a compiere dei veri e propri miracoli. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Beth Lomien ***


Capitolo 1 

Beth Lomien 

 

 

Ormai la fine di marzo era vicina. La neve si era sciolta completamente, l’erba era più verde che mai e sui rami degli alberi germogliavano foglie e boccioli. Un tranquillo silenzio avvolgeva il bosco sotto la luce della luna e al centro di esso vi era una radura ben curata e protetta dagli alberi, nascondendola da occhi indesiderati. 

Al centro di questa radura vi era Lomien House, un’enorme villa di legno e mattoni che si ergeva imponente. Per un estraneo sarebbe apparsa tetra e minacciosa; una casa stregata sperduta nel bosco, da cui bisognava starne alla larga. Ma alla luce del sole appariva in maniera completamente diversa: ogni apparenza spettrale svaniva e Lomien House appariva magnifica e accogliente per gli sventurati. La villa era circondata da giardini ben curati, ricolmi di fiori, frutta, radice e starne erbe che impregnavano l’aria di un’enorme varietà di odori e profumi. 

O almeno, così appariva un tempo. Ormai non ci passava più nessuno in quella casa. Quasi tutte le stanze erano state chiuse a chiave, le tende tirate e i mobili erano stai ricoperti da teli bianchi per proteggerli dalla polvere. In quella casa ci vivevano almeno trenta persone, ora ce n’era solo una.  

Il silenzio venne interrotto all’improvviso da qualcuno, che bussava impetuosamente la porta urlando aiuto. Tutto quel baccano svegliò di soprassalto la proprietaria di casa, che quella notte aveva faticato tanto per riaddormentarsi. E proprio quando era riuscita a prendere sonno, Beth Lomien si ridestò troppo bruscamente, maledicendo chiunque fosse alla sua porta. Sprofondò il viso nel suo cuscino, sperando che l’individuo alla porta se ne andasse, ma i colpi alla porta aumentarono sempre di più. 

<< HO CAPITO! ARRIVO! >> urlò Beth.  

Uscì dal letto, si mise la vestaglia e, dopo essere scesa al piano terra, andò ad aprire la porta. Davanti a lei c’era una ragazzina di 12 anni circa di buona salute, ma dagli abiti che indossava si poteva benissimo intuire che fosse una serva. 

<< Siete voi Lizbeth Lomien? >> le chiese. 

<< Sono io >> le rispose assonnata. 

<< Vi prego, dovete aiutarmi! Il mio padrone sta male! >> la scongiurò prendendole le mani. 

<< Come ti chiami? >>. 

<< Dollie >> 

<< D’accordo Dollie >> disse Beth allontanando le mani dalle sue e si sedette su uno dei gradini dell’ingresso. 

<< Cos’è successo al tuo padrone? È malato? Qualcuno ha tentato di avvelenarlo? Sta morendo? >>. 

Beth le parlò con tono pacato, cercando di fare ordine in quella situazione. 

<< No, è gravemente ferito! >> le rispose Dollie. << Era andato a cavalcare ma il suo cavallo si è imbizzarrito all’improvviso ed è caduto in un fosso! Si è rotto una gamba ed è molto grave! Non riesce più a sopportare il dolore >>. 

Dollie iniziò a piangere. 

<< Ho capito >> rispose Beth con tranquillità, << Da quanto tempo ha la gamba rotta? >> le chiese. 

<< Da due giorni >> rispose Dollie con tristezza. 

Beth si svegliò completamente non appena sentì quelle parole e la rabbia prese il posto della stanchezza. 

<< Due giorni? >> ripeté esterrefatta e guardò Dollie con rimprovero. 

<< Ha una gamba rotta da due giorni, sta impazzendo per il dolore e tu vieni a dirmelo solo adesso, disturbandomi nel cuore della notte?! >>. 

Dollie la guardò colpevole senza riuscire a dire una parola. Beth si arrabbiava facilmente quando sentiva cose del genere, soprattutto per questi problemi da dilettanti. 

<< Avevamo chiamato un dottore immediatamente >> tentò di spiegare Dollie, tirando su col naso. << Ma il padrone non è migliorato affatto. Anzi è peggiorato! >>. 

<< E allora perché sei venuta qui? >> le chiese Beth ammorbidendo un po’ il tono della voce. 

<< La padrona si fida del dottore e non voleva che nessun altro lo curassero. Ma il padrone non accenna nessun miglioramento. Voi siete un alchimista e ho insistito per chiamarvi, ma la padrona non ha voluto ascoltarmi. Sono venuta fin qui di nascosto >>. 

Dollie le spiegò tutto questo piangendo, ma subito si asciugò le lacrime con la manica. 

<< Vi prego, aiutatelo Miss Lomien! Prometto che vi pagheremo >> insistette la ragazzina. Certo che l’avrebbe aiutato. Beth non aveva un buon carattere, ma non era una cattiva persona. Lei era un alchimista ed era suo dovere curare la gente. 

<< Va bene Dollie. Aspetta qui, torno subito >>. 

Beth si alzò in piedi e corse in camera sua, giusto il tempo di mettersi un paio di pantaloni di pelle neri e degli stivali. Si legò i capelli, prese la sua borsa e scese di corsa le scale. Si infilò in tutta fretta un cappotto bordeaux, chiuse l’enorme portone rosso con un colpo secco, corse verso le stalle e, dopo aver raggiunto Dollie, montò a cavallo seguendola al galoppo. 

Non ci misero molto a raggiungere la meta: giunsero davanti ad un piccolo maniero di pietra, poco lontano da un piccolo villaggio ai confini di Brea. 

Una guardia fu sospettosa e tentò di sbarrarle la strada, ma si arrese subito dopo che Dollie gli rilevò il suo nome. Così le chiese umilmente scusa e le lasciò passare, portando nelle stalle i cavalli. Le urla del padrone di Dollie si sentivano dall’ingresso, così Beth corse su per le scale, seguita a ruota dalla ragazzina e aprì di colpo la porta della camera da letto. Era ridotto male: la gamba rotta era avvolta da bende insanguinate, appoggiata su un cuscino, mentre il pover'uomo delirava nel sonno, completamente sudato da capo a piedi. 

<< Chi siete voi? >> chiese la moglie a Beth, la quale era seduta sulla sponda del letto, tenendo la mano al marito. Beth non la degnò di uno sguardo e disse a Dollie di di andarle a prendere una bacinella d’acqua, panni e bende pulite. Si tolse il cappotto e lo mise sul fondo del letto con la sua borsa. 

<< Spostati >> disse, spingendo via il medico. 

<< Hei! Ma come vi permettete? >> rispose lui offeso. 

Beth non gli rispose e toccò la fronte del malato con una mano, mentre con l’altra sentì sotto il collo il battito cardiaco. Era bollente e il cuore batteva all’impazzata. 

<< Cosa fate? No, non toccatelo! >> disse stizzita la donna. 

<< Adesso me ne occupo io >> le rispose semplicemente e andò ad aprire tutte le tende e le finestre che c’erano nella stanza. A giudicare dall’odore non venivano aperte da un bel po’ di tempo, perciò era necessario cambiare l’aria. 

<< No! Ma cosa fate?! >> urlò la moglie, << Dobbiamo tenerlo al caldo! >>. 

Beth non la ascoltò, infischiandosene anche del medico. 

<< Per cuocerlo vivo? >> le rispose sarcastica. 

Nel frattempo Dollie era tornata con tutto l’occorrente. 

<< Dollie! >> la sgridò la padrona, << Sei stata tu a chiamarla, non è verò? >>. 

Dollie non disse niente, guardandola spaventata. Tentò di dire qualcosa, ma non ci riusciva, limitandosi a balbettare. 

Fortunatamente Beth la vide in difficoltà e rispose per, << E ha fatto bene. A quanto pare è l’unica in questa casa che abbia un po’ di cervello >>. 

La padrona si girò verso di lei, rimanendo scioccata. 

<< Ma come osate! >> urlò offesa. << Ho assunto il miglior dottore del villaggio per curare mio marito >>. 

<< Mi duole contraddirvi signora, ma siete un’idiota. Avete assunto un incompetente >> le rispose senza troppi peli sulla lingua. Il che era vero. Se fosse stato un bravo medico, non avrebbe mai lasciato il proprio paziente in quel pessimo stato: privo di aria respirabile, sudato e con un pessimo bendaggio alla gamba. La padrona di casa e il medico continuarono ad urlare, intimandole di andarsene. Ma Beth non aveva alcuna intenzione di perdere tempo con quegli imbecilli, così li buttò fuori dalla stanza chiudendo a chiave la porta e gridando << Fuori dai piedi! >>. 

Continuarono ad urlare, prendendo la porta a pugni e a calci, ma lei li ignorò. 

<< Dollie aiutami >>. 

Le due ragazze tolsero in fretta e furia coperte e lenzuola bagnate di sudore, poi toccò la stessa cosa alla camicia da notte dell’uomo. Senza esitare, Beth aprì la sua borsa e tirò fuori una bomboletta di vetro bianco dalla forma cilindrica, poco più grande di un calice. Dopo averla agitata velocemente su e giù, tolse il coperchio dalla bomboletta e spruzzò sopra al malato un’enorme quantità di liquido bianca, che in pochi secondi si tramutò in ghiaccio. 

<< Copriamolo con i panni, presto! >>. 

Dollie prese i panni e la aiutò ad avvolgerglieli attorno al corpo assieme al ghiaccio. L'uomo rimase senza fiato per l’improvviso cambio di temperatura e cominciò a tremare. Beth ripose la bomboletta nella borsa e tirò fuori una boccetta, contenente una strana sostanza blu notte. Sarebbe stato facile scambiarla per dell’inchiostro. Poi, tirando fuori anche una siringa, ne prese pochi milligrammi e lo iniettò al padrone, facendolo cadere in un sonno profondo senza più tremare. Con l’aiuto di Dollie, Beth tolse con estrema abilità le bende sporche a applicò sulla ferita un paio di unguenti. Uno fresco e verdastro per disinfettarla e uno colloso e appiccicoso come miele per rimarginarla e rimettere le ossa al proprio posto in pochi giorni, il tutto applicato con un pennellino. La gamba fu fasciata con delle bende pulite e immobilizzata con delle stecche di legno. 

Per tutta la notte Beth rimase sveglia a vigilare sul suo paziente, seduta su una sedia piuttosto scomoda. Dollie cercò di rimanere sveglia anche lei, la stanchezza ebbe il sopravvento su di lei e si addormentò su una poltrona. Fu solo all’alba che il suo padrone aprì finalmente gli occhi e la ragazzina pianse di gioia vedendolo sveglio. 

Beth le disse di andare a chiamare la moglie e lei corse si sotto immediatamente, lasciandoli soli. 

<< State bene? >> gli chiese Beth. 

<< Mi sento meglio, sì >> le rispose. << Ho tanta sete >> aggiunse dopo un po’ leccandosi le labbra secche. 

<< Ora vi do un po’ d’acqua >>. Beth riempì un bicchiere e lo aiutò a bere. 

<< Grazie >>. 

L'uomo la osservò attentamente, finché non la riconobbe. 

<< Voi siete Lizbeth Lomien, l’Alchimista di Rubino >>. 

Detto ciò abbassò lo sguardo sul petto di Beth, dove scintillava appeso al suo collo un rubino rosso sangue romboidale. Il gioiello del dio Lomien, una delle dieci divinità che crearono gli alchimisti. Gioielli del genere ne esistevano solo altri nove, indossati solo dagli alchimisti più potenti al mondo. 

<< Beth >> lo corresse lei, << Beth Lomien >>.  

Odiava il suo nome per intero, preferiva essere chiamata “Beth”. 

<< È stata mia moglie a chiamarvi? >>. 

<< No, è stata Dollie >>. Beth pronunciò il suo nome con un leggero tono di orgoglio, 

<< È in gamba quella ragazzina >>. 

<< Sì, lo è >>.  

Il governatore le diede ragione. << L’avevo trovata per strada, qualche anno fa... Vestita di stracci, tremante dal freddo e malnutrita, stesa per terra nel fango. L'ho portata qui e lei, sentendosi in debito, ha iniziato a lavorare per me >>. 

Continuò a parlarne quando venne interrotto dalla moglie e Dollie, che entrarono nella stanza con le lacrime agli occhi. Beth, invece, prese le sue cose e uscì dalla stanza per dare un po' di intimità alla coppia. Per tutta la mattina il padrone continuò a ringraziarla, deciso a ripagarla con una grande quantità di monete d’oro e una ricca colazione.  

Prima di andare Beth gli consegnò il secondo unguento. Gli avrebbe rimarginato la ferita in meno di due giorni, raccomandandogli di usarlo una volta la mattina e una volta la sera prima di andare a dormire. Beth, finalmente, uscì dal maniero e Dollie le consegnò il denaro guadagnato, accompagnandola dal suo cavallo. 

<< Grazia di tutto Miss Lomien >>. 

<< Figurati >> le rispose Beth facendole l’occhiolino, << SE dovesse succeder qualcosa, avvertimi >>. 

Salì sul suo cavallo e tornò verso casa, mentre Dollie la salutava con la mano. 

****************** 

Non le ci volle molto, ma con gli occhi impastati di sonno per aver passato la notte in bianco, le sembrò di metterci un’eternità. Almeno il suo stomaco er apieno e aveva guadagnato un bel mucchietto d’oro. Ma non avrebbe avuto tempo per mettersi comoda. Doveva ancora fare un sacco di cose e al solo pensiero le veniva la nausea. Ma lamentarsi non le sarebbe servito a niente e poi tutto ciò era diventata una routine.  

Quando finalmente arrivò, portò il suo cavallo nelle stalle, entrò in casa e salì su per le scale al secondo piano, raggiungendo la sua camera. Dopo aver rimesso la borsa al suo posto, tirò fuori dall’armadio una custodia in pelle piena di coltelli, di varie forme e dimensioni. Alcuni se li legò alla vita con una cintura, altri li mise dentro gli stivali. Tornò velocemente alle stalle e senza perdere tempo, si allenò incessantemente. 

Corse, fece flessioni, addominali, prese a pugni un grosso sacco pieno di sabbia, si arrampicò su una fune ed infine tirò fuori i coltelli, scagliandoli e lanciandoli con forza e precisione contro manichini e bersagli mobili. Finì di allenarsi zuppa di sudore e piena di rabbia. Tutte le volte che arrivava ai manichini le ribolliva il sangue, diventava una furia e, a volte, li squarciava senza fermarsi, immaginando che fosse lui. 

Dopo aver rimesso tutto a posto, ritornò in casa e si fece un bagno ristoratore, restando in silenzio per tutto il tempo a fissare il vuoto. Quando uscì dall’acqua e si asciugò, si mise degli abiti puliti, prese un cesto e si diresse nel suo giardino per curarlo e raccogliere ciò che le serviva. Quella era la parte più complicata da gestire: innanzitutto era enorme quanto un palazzo, pieno di orti, serre, pozzi e fontane. Inoltre, se lo curava una persona sola, era facile che qualcosa sarebbe appassita. Poi c’erano delle piante particolari dotate di capacità magiche, molto difficili da trovare, a cui bisognava prestare molta attenzione: bisognava piantarle in un certo periodo dell’anno, in un certo momento della giornata e prendersene cura per un certo periodo di tempo. Beth ricordava ancora quel giardino verde, ricco e rigoglioso; quando lei era ancora una bambina e viveva felice con tutti i suoi servitori, giardinieri e i suoi genitori. Per tutta la mattina, Beth fertilizzò la terra con il concime, la innaffiò con l’acqua del pozzo e tolse le erbacce. Si mise poi a raccogliere fiori, erbe, radici e spezie, mettendole nel cesto e quando vide il sole a mezzogiorno, portò tutto in cucina. 

Aveva una gran fame! Si preparò delle fette di pane sottili ricoperte di burro e formaggio fuso. Un pasto semplice e veloce, ma da leccarsi le dita. 

Finito di mangiare, prese il cesto e si diresse nel suo laboratorio sotterraneo: non c’erano finestre, perciò per illuminare l’ambiente usava molte candele, bracieri e fiaccole. I lampadari erano sempre sporchi e pieni di cera fusa, l’ambiente era fresco e umido e si sentiva sempre un miscuglio di odori strani. 

Sopra a dei lunghi tavoli di legno c’erano molti piccoli calderoni composti da metalli diversi: rame, stagno, acciaio, ecc... Alcuni erano già pieni, altri erano vuoti e puliti. Alle pareti vi erano degli scaffali, librerie, armadi di legno e teche di vetro. Beth riempì d’acqua un calderone vuoto e lo mise sul fuoco. Mentre aspettava che bollisse, tirò fuori dal cesto tutti gli ingredienti: li tritò, li polverizzò, li spremette, li bollì e li mise sopra agli scaffali dentro a de barattoli. Dentro il calderone mise un ingrediente alla volta, usando mestoli, contagocce e, ogni tanto, alzò e abbassò la fiamma per cambiare temperatura. Poi andò a controllare gli altri calderoni già pieni, per assicurarsi che tutto procedesse bene. 

Andò avanti così per quasi tre ore, finché non tirò fuori da uno degli armadi dei cofanetti di legno pieno di fiale e contenitori per unguenti. Li riempì tutti quanti, finché i calderoni non si svuotarono e li inserì con cura nei cofanetti. Le ci volle tutto il pomeriggio, ma riuscì a finire. Con un montavivande trasportò tutti i cofanetti al piano terra e dopo averli inseriti dentro a una grande cassa, si diresse a Brea per poterli vendere, trasportandoli su un carro legato al suo cavallo. 

La maggior parte erano filtri, usati unicamente per scopi medicinali: rimedi per il raffreddore, il mal di gola, la febbre... Fino ad arrivare a dei filtri che curassero malattie gravi o tumori. E unguenti per rimarginare le ferite. 

Riuscì a venderli tutti, soprattutto nell’ospedale, mentre nella mensa dei poveri vendette molti infusi. Gli infusi erano le pozioni più leggere e venivano usate per scopi nutritivi: potevano sfamare i malnutriti o, per i più vanitosi, facevano dimagrire o far scomparire i brufoli. 

Per i più ricchi aveva delle piccole dosi di pozioni particolari: potevano far diventare le donne bruttine, bellissime e seducenti, far acquisire delle capacità fisiche impressionanti... Ma solo per un tempo limitato. Inoltre, Beth raccomandava sempre di assumerne la giusta quantità, altrimenti sarebbero apparsi dei gravi effetti collaterali. Una volta aveva dato una pozione di bellezza ad una giovane donna ricca, viziata e vanitosa... e incredibilmente stupida! E lei anziché assumere la dose consigliata, la bevve tutta. Per qualche giorno divenne la donna più bella del suo villaggio, ma poco dopo divenne bruttissima e una marea di brufoli le erano comparsi sul volto. Ovviamente diede la colpa a Beth e le ordinò di farla tornare come prima, ma lei non gliela diede vinta: innanzitutto la rimproverò per non aver preso la giusta dose, dandole della stupida. Secondo, se voleva il rimedio per la sua faccia, avrebbe dovuto prima porgerle le sue scuse. Lei si rifiutò all’inizio, ma non riuscì a resistere neanche un giorno con quel brutto viso, così tornò da Beth chiedendole scusa in ginocchio e in una settimana ritorno normale.  

Odiava quel tipo di persone! Talmente superficiali ed immature che, quando non la ascoltavano, doveva ricorrere a quei ricatti morali che si usavano con i bambini. 

Fortunatamente non tutti erano così stupidi. Quel pomeriggio tutti la ascoltarono attentamente e Beth guadagnò un sacco di soldi! Nella sua cassa non rimase neanche una fiala e riuscì a tornare a casa prima del solito. 

Il sole all’orizzonte stava tramontando, ma lei non ebbe fretta. Continuò a pensare a tutto quell’oro che aveva guadagnato. Con quello, più l’oro che aveva ricevuto quella mattina, sarebbe riuscita a pagare la propria casa almeno per un mese. 

Gli alchimisti in generale erano immensamente ricchi, soprattutto per quello che guadagnavano, facendo viaggi molto lunghi ma molto redditizi. 

Dopo la morte dei suoi genitori però, Beth non viaggiò mai e il denaro iniziò a scarseggiare: dovette licenziare tutta la servitù e si accontentò di guadagnare soldi a Brea, vendendo le proprie pozioni insieme a tutti i costosi e prestigiosi abiti si sua madre.  

Quando tornò a casa e riportò il suo cavallo nella stalla, si tolse gli stivali rimanendo a piedi scalzi e preparò per cena del manzo stufato.  

Fu in quel momento che sentì bussare alla porta. All'inizio ne fu perplessa, poi sbuffò contrariata. Non aveva ancora cenato e già venivano ad infastidirla.  

Si recò nervosa alla porta d’ingresso e quando l’aprì, rimase a bocca aperta. 

Difronte a lei c’era un uomo anziano molto alto, che la fissava sorridente. Aveva una lunga barba ispida con indosso una lunga e logora tunica grigia. Sulla testa portava un cappello a punta e tra le mani reggeva un bastone. 

<< Buona sera, Miss Lomien >> le rispose. 

Tutto quello che Beth riuscì a dire fu, << Gandalf? >>. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Gandalf ***


Capitolo 2  

Gandalf  

 

Non poteva crederci! Gandalf era alla sua porta! 

<< Beth >> le rispose lo stregone. 

Lei rimase lì impalata a fissarlo senza muovere un muscolo. 

<< Non fai accomodare nella tua casa un vecchio amico? >> le chiese divertito per la sua reazione e Beth finalmente si scansò e aprì la porta, facendolo entrare. 

<< Scusa >>. 

Gandalf le disse di non preoccuparsi e dopo averle dato il cappello e il bastone, Beth li mise dentro a una cabina armadio. Per qualche secondo rimasero lì in piedi a guardarsi. Fu Gandalf a spezzare il silenzio. 

<< Sei cresciuta >>. 

<< Sono passati 15 anni >> gli rispose lei. 

Gandalf era un vecchio amico di famiglia. La prima volta che entrò in quella casa fu quando conobbe Ronette Lomien, la bisnonna di Beth. Divennero molto amici a quei tempi, tant’è che Ronette invitò lo stregone al suo matrimonio. Alla sua morte, Gandalf decise di vegliare sulla sua famiglia e fu così che conobbe la nonna di Beth (Moreen), suo padre Rowan e infine Beth stessa. L'ultima volta che i due si erano visti era stato poco dopo la morte dei suoi genitori. Beth all’epoca aveva 27 anni, ma essendo un’alchimista aveva l’aspetto di una tredicenne. Ora era una ventunenne di 42 anni sul metro e sessanta, con lunghi e folti capelli castani, occhi nocciola e un seno piuttosto sodo. Né troppo grande, né troppo piccolo. 

<< Ho del pane e dello stufato >> gli propose. 

<< Volentieri, sono affamato >>. 

I due si diressero in cucina. All'inizio ci fu un silenzio imbarazzante, ma venne rotto immediatamente quando i due cominciarono a parlare mentre si gustavano la cena. 

<< Allora, dove sei stato per tutto questo tempo? >> gli chiese Beth. 

<< Un po’ dappertutto per la verità >> le rispose lo stregone, << Non restavo mai nello stesso luogo per troppo tempo >>. 

<< E che cosa hai fatto nel frattempo? >>. 

<< Molte cose importanti >> le disse Gandalf con un sorrisetto furbo, restando sul vago. 

<< Mh, lo sapevo >> gli rispose a tono.  

Gandalf era sempre così, non parlava mai chiaramente e faceva molti giri di parole nelle conversazioni. Beth, in parte, detestava quando faceva così, lasciandola lì a morire di curiosità, ma la maggior parte delle volte la faceva ridere. 

<< E tu? Che cosa hai fatto nel frattempo? >> le chiese Gandalf. 

<< Io? Seguo una noiosa routine. La mattina mi tengo in forma per un paio d’ore, sistemo il giardino, preparo le mie pozioni, le vendo in paese, litigo con i clienti piu idioti e irresponsabili e torno a casa >>. 

<< E in tutto questo tempo non hai conosciuto qualcuno? Un ragazzo, ad esempio? >> le chiese divertito. 

Beth sbuffò mentre sorrideva. << Ma per favore >> gli rispose. 

<< Mi stai dicendo che nessuno ti ha mai fatto la corte? Perché non ci credo >>. 

<< Beh credi bene. Un sacco di ragazzi mi fanno la corte >>. 

<< Sei una bella ragazza >> le rispose Gandalf con tono gentile. Lei non avrebbe mai detto che fosse bella. Si riteneva forte, testarda, brava con le armi... ma non bella. Eppure molti giovani uomini la ritenevano tale, ma vedevano solo questo in lei. Una “bamboli graziosa”. 

<< Sono una ricca ragazza >> lo corresse lei. << O meglio, lo ero >>. 

<< Non tutti sono attratti dal denaro Beth >>. 

<< Non ho tempo per pensare ai ragazzi adesso. Devo badare alla casa >>. 

<< Lavoreresti di meno se con te ci fosse qualcuno ad aiutarti >>. 

<< Stai dicendo che non posso cavarmela da sola? >> gli chiese Beth. 

<< Sto solo dicendo che non voglio che tu stia sola >> rispose Gandalf. C'era una nota di rimprovero nella sua voce. Beth sapeva che Gandalf la riteneva più che capace nel cavarsela da sola e sapeva che era solo preoccupato per lei. Ci fu un attimo di silenzio mentre i due si guardavano negli occhi. 

<< E... i tuoi amici? >> le chiese. 

Ah, i suoi amici. I suoi migliori amic! 

<< Ci teniamo costantemente in contatto per lettera. Ma, onestamente, non li ho più rivisti >>. 

Beth guardò Gandalf, mentre disse tutto questo, si mise a fissare il suo piatto e dopo aver giocherellato con il cucchiaio si mangiò un altro boccone di stufato. Non vedeva i suoi amici dal funerale di sua madre.  

La prima che conobbe fu Ila Ilffrim. Quando l’aveva incontrata avevano 14 anni (7 agli occhi della gente comune) e all’epoca non era ancora l’Alchimista di Zaffiro. I loro padri erano grandi amici da sempre e le loro famiglie avevano viaggiato insieme molte volte verso il Palazzo Decagonale: luogo dove ogni anno tutti gli alchimisti della Terra di Mezzo si radunavano, per festeggiare la venuta delle dieci divinità. A metà strada le due bambine conobbero Diane Kryos (che ora era l’attuale Alchimista di Diamante), una bimba-maschiaccio dalla parlantina facile e da una infinita allegria energetica. Gli ultimi che incontrarono, una volta arrivati al Palazzo Decagonale, furono Adam Semrell (l’Alchimista di Smeraldo) e Simon Marest (l’Alchimista di Ametista). Loro cinque furono inseparabili da quel giorno, ma quando i genitori di Beth morirono, nessuno di loro riuscì a confortarla. E così lei si allontanò da tutti. 

<< Sembri un fantasma Beth >> le disse Gandalf con uno sguardo penetrante. 

<< Sono ancora viva e vegeta >> ribattè lei. 

<< Ma è come se non lo fossi >> rispose lui di rimando, << Ti aggiri da sola per tutta la casa, esci da qui solo per il lavoro e ti rifiuti di vedere qualcuno. Di stare con qualcuno. Se non sei un fantasma, allora che cosa sei? Forse non sei ancora morta, ma una cosa è più che evidente...>>. 

<< Ah, sì? E cosa? >> gli chiese cupa. 

<< Ti sei dimenticata di vivere >>. Lo disse con tono neutro, come se avesse detto che 1+1 fa 2, ma Beth non riuscì a dire altro. Non trovò niente su cui ribattere, perché in fondo sapeva che Gandalf aveva ragione. Rimasero lì a fissarsi, l’uno di fronte all’altro. Poi tutto a un tratto le venne in mente una cosa: Gandalf non appare mai per caso. La ragazza si fece improvvisamente seria. 

<< Tu non sei venuto qui solo per una visita di piacere. Non è vero Gandalf? >> gli domandò sospettosa. 

Era andata dritta al punto, cercando di stare calma. Lo stregone allontanò il suo piatto vuoto. 

<< Era da tempo che non venivo a fare visita ad una vecchia amica. Ma hai ragione! Non qui solo per una visita di piacere >>. 

Strinse le proprie mani appoggiate sul tavolo e guardò Beth dritto negli occhi. Lo vide esitare all’inizio, come se stesse cercando di trovare un modo semplice per ciò che doveva dirle, ma non c’era... 

<< Mi serve un alchimista >>. Lo disse tutto d’un fiato. Beth capì subito che c’era sotto qualcosa e il suo sguardo si fece più duro. 

<< E perché guardi me? >> gli chiese. 

<< Sei la migliore che io conosca >>. 

Beth gli rivolse uno sguardo come a dire “d'accordo questo te lo concedo”, ma non ci cascò. 

<< E a cosa ti servo esattamente? >>. 

<< Per portare a termine un’impresa >>. 

Beth si irrigidì. Non si aspettava che Gandalf le avesse risposto così. Un’ impresa?! No! Era fuori discussione! 

<< Io non viaggio più >> gli rispose con un tono che non ammetteva repliche. E Gandalf sapeva benissimo il perché! << Se ti servono le mie pozioni per questa impresa, te le darò. Ma non voglio essere coinvolta >>. 

<< Mi servirai durante il viaggio e, sebbene io sia uno stregone, non ne so molto di pozioni >>. 

<< Ti spiegherò tutto io e ti darò delle istruzioni da seguire >>. 

<< Ho bisogno di un’esperta Beth. Ci saranno numerose insidie durante il tragitto e se qualcuno dovesse rimanere ferito gravemente o se si ammalasse, avremmo bisogno di qualcuno che intervenga >> insistette Gandalf. 

Beth stava cominciando ad irritarsi. 

<< Portate un medico insieme a voi >>. 

<< Un medico sarebbe troppo lento e non farebbe granché. Un alchimista è molto più rapido, perfino nei luoghi isolati e non rallenterebbe la marcia >>. 

Beth ne ebbe abbastanza. << Io non ci vengo con te Gandalf! Chiaro!? >> disse alterata. 

La rabbia le aveva riempito la testa e avrebbe voluto urlare e prendere lo stregone a pugni. Ma quando Gandalf si metteva in testa una cosa, nessuno era capace a fargli cambiare idea. 

<< Perché no? >>. Perché no!? La stava prendendo in giro!? 

<< Lo sai benissimo perché! >> rispose Beth a denti stretti. 

<< Tu amavi viaggiare …>> le disse Gandalf pacatamente. 

<< Anche mio padre amava viaggiare e durante la sua ultima impresa è morto davanti ai miei occhi! >>. Ora si stava seriamente innervosendo.  

Gandalf la guardo con rimprovero. << Quindi preferisci rimanere qui da sola? A sprecare il tuo talento con gli stessi paesani della stessa cittadina, per il resto della tua vita? >> le chiese. 

<< Può darsi >> ribatté lei. 

<< Hai paura per caso? >> 

<< Io non... io... >>. Colta sul fatto! Sì, aveva paura! Paura di essere ammazzata a tradimento, com’era successo a suo padre. Per un momento rimase zitta senza guardare lo stregone, fino a quando non ripeté, << Io non ci vengo con te Gandalf >>. 

Poi tornò a guardarlo. << Senti, capisco che ti preoccupi per me, ma...>> cominciò ad intristirsi, << Non ce la faccio. E che se venissi, che ci guadagnerei? >>. 

<< Se avremmo successo, un’enorme ricompensa >> le rispose prontamente. << So che a stento riesci a pagare la casa. Sarai pagata con una grande quantità di oro. Talmente grande che nessuno potrà portartela via >>. 

Eccolo! Questo era un altro dei suoi trucchetti per farla abboccare. Ma Beth, in quel periodo aveva davvero bisogno di denaro. Ne aveva messa da parte una grande quantità, ma non sarebbe durata al lungo. E il fatto che i creditori fossero venuti a bussare alla sua porta, non aiutava molto la situazione. Le avevano detto che se non avesse pagato un’immensa somma di denaro entro il 14 gennaio, le avrebbero tolto per sempre la casa. 

<< Di quanto parliamo? Riuscirei a pagare per almeno un anno? >> gli chiese. 

<< Oh, molto di più in realtà! Con solamente la metà di quello che guadagneresti, potresti pagare per decine di anni >> le spiegò Gandalf. 

Beth cercò di mascherare il suo stupore più che poté, ma sentì che si era accesa qualcosa dentro di lei. Se prima era decisa a non partire, ora non aveva idea di cosa fare. 

<< Come hai detto tu, sono preoccupato per te Beth. E vogli aiutarti >>. 

La stava guardando affettuosamente, come un nonno la sua nipotina. Beth gli tolse lo sguardo di dosso e si sentì tutto a un tratto molto stanca: stanca delle stesse cose che faceva ogni giorno, di quel noioso silenzio con cui viveva e di quella pressante solitudine. 

Alla fine si arrese e, sospirando, rispose allo stregone, << Ci penserò >>. 

Gandalf non insistette oltre e i due rimasero in silenzio. Beth decise di sparecchiare e dopo aver dato la buona notte a Gandalf, salì in camera sua al secondo piano per andare a dormire. 

********************* 

Sebbene Beth fosse molto stanca, non riuscì a chiudere occhio e passò un’altra notte in bianca. Rimase distesa sul letto a guardare il soffitto nel buio. Ormai non c’era più così tanto freddo e aveva deciso di non accendere il fuoco nel camino della sua stanza. Dopo quindici anni Gandalf bussava alla sua porta e le proponeva di unirsi a lui per un’impresa. Assurdo! Ormai non era più abituata a dormire per terra all’aperto, camminare per ore sotto un temporale in mezzo al fango o scalare pericolosamente sotto le montagne. Qualche anno fa aveva provato a compiere un piccolo viaggio di commissione, ma fu molto estenuante per lei. Era sempre in preda alla paranoia e si rifiutava di dormire la notte per paura di essere aggredita. Non che non sapesse difendersi da sola ma preferiva evitarlo, facendo fare poche soste al suo cavallo per arrivare a destinazione il più presto possibile... 

Dopo quell’esperienza non diede più altre occasioni alle avventure e si ritirò nella sua casa a vendere semplici pozioni a Brea “sprecando il suo talento”, come aveva detto Gandalf. Improvvisamente si ricordò del suo primissimo viaggio: aveva 18 anni (dimostrandone 9) ed era in cucina con sua madre Theda a fare colazione, quando suo padre Rowan entrò con un sorriso in volto. Le disse che era diventata abbastanza grande e che avrebbe viaggiato con lui per vendere le sue pozioni. Beth era talmente entusiasta che non vedeva l’ora di partire ma sua madre all’inizio non era d’accordo. Voleva che Beth fosse un po’ più grande prima di portarla in giro per la Terra di Mezzo, ma Rowan riuscì a farle cambiare idea. Aveva insegnato a sua figlia a combattere, a preparare pozioni e come usarle adeguatamente. Era il momento che le insegnasse a viaggiare. Non aveva mai avuto paura del mondo esterno! Quel giorno si era sentita più viva che mai! Tutto era così eccitante!  

Quando diventò più grande si accorse che il mondo non era tutto rose e fiori: durante il cammino si poteva essere colti di sorpresa, venire aggrediti, uccisi o traditi dai propri compagni. L'ultima volta era finita proprio così. Da quel giorno aveva deciso di non illudersi più, ma con l’arrivo di Gandalf qualcosa in lei le diceva di riprovarci. Il sonno, finalmente, iniziò a prevalere e si addormentò.  

Quando si svegliò il sole ormai era alto e i raggi entravano dalle finestre. Beth controvoglia si alzò dal letto, aprì le tende e scese le scale. Quando arrivò in cucina vide Gandalf preparare del tè, mentre sul tavolo c’era una crostata di lamponi molto invitante. 

<< Buongiorno >> la salutò Gandalf. Sembrava allegro. 

<< Ciao >> rispose Beth assonnata. 

<< Che brutte occhiaie >> osservò lo stregone mentre le passò una tazza di tè. 

<< Non ho chiuso occhio sta notte >>, bevve un sorso, << Ed è tutta colpa tua! >>. 

<< Che cosa ho fatto? >> le chiese sorridente. 

<< Non ho intenzione di stare ai tuoi giochetti mentali. E se speri che io abbocchi, ti sbagli di grosso! >>. 

Gandalf la guardò tranquillo e si sedette di fianco a lei facendo finta di niente. Beth prese una fetta di crostata e il sapore della marmellata esplose piacevolmente nella sua bocca. 

<< L’hai fatta tu? >> chiese e Gandalf annuì. 

<< Uhm. Non so se l’hai preparata per convincermi, ma è davvero buona >> ammise. 

Quella torta era così squisita che se ne mangiò altre due fette. 

********************** 

<< Allora, cos’hai deciso di fare? >> le chiese Gandalf un’ora dopo la colazione. Erano seduti su un divano di vimini sotto la veranda, davanti al giardino. Beth teneva in mano una seconda tazza di tè, mentre Gandalf fumava la sua pipa. 

<< Ancora non lo so >> rispose semplicemente Beth. Non lo guardò neanche. Fissava un punto indefinito di fronte a sé. Gandalf non volle forzarla a parlare e rimase in silenzio con lei, finché non si alzò. Svuotò la sua pipa e rientrò in casa. Quando ritornò aveva in mano il suo bastone e il suo cappello a punta sulla testa. 

<< Te ne vai? >> gli chiese Beth stupita. Era appena arrivato e non voleva che se ne andasse via. 

<< Temo di sì mia cara. Mi piacerebbe restare qui, ma ho dei doveri da sbrigare >> ammise dispiaciuto.  

Beth posò la tazza su tavolino alla sua sinistra e si alzò in piedi. << Beh, tu non resti mai troppo al lungo nello stesso posto. Dovevo aspettarmelo >> disse sorridendo. Gandalf sorrise anche lui e le posò una mano sulla spalla. 

<< Ascolta >>. Lo stregone le si fece più vicino, << Non sono venuto per metterti in difficoltà. E se non verrai, rispetterò la tua decisione. Ma se dovessi cambiare idea, raggiungimi nella Contea >>. 

<< La Contea? >>. La terra in cui abitavano gli hobbit? 

<< Io e la compagnia ci incontreremo lì a Hobbiville, tra un mese esatto. Se verrai, chiedi dell’abitazione di Bilbo Baggins. La riconoscerai dal segno che metterò sulla porta >> le spiegò serio. 

Beth non disse niente, limitandosi a fissarlo. Gandalf rientrò di nuovo in casa e, accompagnato dalla ragazza, andando a prendere dalla stalla il suo cavallo. Saltò in sella e guardò Beth ancora una volta per gli ultimi saluti. 

<< Grazie per la tua ospitalità Beth. Spero di rivederti tra un mese >>. 

<< Non ci sperare troppo >> gli rispose Beth sogghignando, << Cerca di non farti uccidere >>.  

Gandalf rise per la battuta e partì al galoppo. Beth lo guardò allontanarsi sempre di più, finché non lo vide scomparire all’orizzonte. Quando non lo vide più, rientrò in casa, trovandola improvvisamente così...vuota. 

************************** 

Per la prima settimana cercò di non pensare alla proposta di Gandalf, ma era impossibile togliersela dalla testa. Questo la portò a distrarsi continuamente dalle sue faccende e nel suo laboratorio aveva cominciato a guardare le vetrine e gli scaffali pieni di pozioni speciali e particolari per ore, senza togliere lo sguardo. Continuava a pensarci, e a pensarci, e a pensarci... Una vera tortura!  

Fu in una di quelle notti che prese finalmente una decisione. Stava per andare a letto quando si voltò e guardò la porta dell’ufficio di suo padre al primo piano. L'aveva chiuso a chiave dopo la sua morte, come la camera da letto dei suoi genitori e non ci aveva più messo piede. Quella notte però, entrò dopo tanto tempo. Tutto era impolverato e ricoperto da dei teli bianchi. Ne tolse uno che ricopriva la sedia davanti alla scrivania e si sedette. Anche suo padre vi si sedeva quando si occupava di affari e non lasciava quel posto a nessuno, nemmeno a Beth. Le diceva sempre che un giorno sarebbe stato suo quando lei avrebbe preso il gioiello. E così era stato. Mentre si lasciava andare ai ricordi, giocherello con le dita sul rubino appeso al suo collo. Alla sua destra c’era un ritratto di Rowan Lomien che la fissava. Sembrava che la stesse rimproverando dall’aldilà per aver sprecato il suo talento a Brea. Sembrava volesse vederla partire con Gandalf e tornare a fare quello che facevano i grandi alchimisti. Beth guardò intensamente il volto dipinto di suo padre, finché non si arrese. 

<< Maledizione >>. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - La compagnia ***


Capitolo 3  

La compagnia 

 

Il giorno dopo cominciò i preparativi per il viaggio. Per prima cosa, fece scrivere e appendere numerosi volantini che annunciavano la sua partenza, in modo che tutti i cittadini di Brea ne fossero informati. Se ci fossero state delle emergenze, avrebbero contattato un altro alchimista in tempo mentre lei era assente. Poi, smise di preparare pozioni nuove e si dedicò solo a quelle già preparate. Assunse alcuni giardinieri per far sì che curassero ogni giorno il suo giardino, con la promessa che al suo ritorno li avrebbe ripagati. Si allenò molto di più e iniziò ad affilare tutti i suoi coltelli. Nell’ultima settimana studiò accuratamente tutte le pozioni che aveva, per decidere quali portare con sé: principalmente prese più filtri, infusi, pillole, e unguenti che poteva, insieme a bende, lacci, siringhe e piccoli, differenti cronometri tascabili. Scelse di portare anche qualche estratto e distillato e, all’ultimo momento, un paio di veleni e alcuni antidoti. 

Quando giunse l’ultima sera prima della partenza, Beth mise tutte le sue pozioni dentro una grande borsa a tracolla di pelle, preparò in un piccolo sacco a parte delle provviste per il viaggio e riempì un paio di taniche d’acqua. Era talmente agitata per la partenza, che dovette prendere una pillola soporifera per addormentarsi. Voleva partire prima dell’alba e ci volevano quattro giorni per arrivare nella Contea, quindi doveva essere fresca e riposata. 

Quando si svegliò, si vestì rapidamente. Legò i suoi lunghi capelli castani in una treccia e quando scese nell’atrio, si mise addosso il suo cappotto di pelle color bordeaux, nascondendo un sacchetto di monete d’oro nelle tasche interne. Sigillò ogni anta di ogni finestra e chiuse a chiave tutte le stanze della casa e il portone principale. Quando montò a cavallo, dovette fare uno sforzo enorme per non voltarsi indietro, perché se l’avesse fatto, non sarebbe ripartita mai più. 

Durante il viaggio fu sempre agitata e non dormì troppo al lungo quando calava la notte, ripartendo all’alba. Fortunatamente non ci furono problemi e al tramonto del quarto giorno arrivò nella Contea. Era stata in molti posti con suo padre, ma non era mai stata lì gli hobbit erano molto bassi: avevano le dimensioni di un bambino dai capelli ricciolosi, orecchie appuntite e grandi piedi pelosi. E i loro bambini erano ancora più piccoli! A Beth fecero molta tenerezza, ma non era venuta per una gita turistica. Doveva trovare la casa del Signor Baggins e ormai era calata la sera. Per fortuna, uno hobbit le diede delle indicazioni e dopo un po' arrivò su una collina, dove intravide qualcosa su una porta verde e rotonda. Il segno, che Gandalf aveva lasciato, brillava di una tenue luce azzurrina. Beth scese dal suo cavallo e lo legò ad una staccionata lì vicina, dove c’erano un altro cavallo e più di una dozzina di pony. Alzò in aria un pugno per bussare, ma esitò e lo riabbassò insicura. E se stesse commettendo uno sguardo? Forse avrebbe dovuto tornarsene a casa e chiudere con le avventure. Diede le spalle alla porta, allontanandosi di qualche metro. Poi si voltò di nuovo a fissarla per un tempo che pareva infinito. Il cuore le batteva forte e le dita prudevano. No, non poteva tornare indietro adesso. Non dopo tutta la strada che aveva fatto. Fece un bel respiro, si avvicinò alla porta e bussò decisa. Sentì dei passi frettolosi avvicinarsi e la porta si aprì. Di fronte lei apparve uno hobbit di circa cinquant’anni, anche se dall’aspetto sembrava molto più giovane. I ricciolosi capelli chiari erano tutti arruffati e spettinati. Indossava una camicetta bianca e dei pantaloni marroni. Rimase sorpreso nel vederla, come se non si aspettasse minimamente del suo arrivo. 

<< Buona sera >> le disse. Beth lo guardò per un secondo, poi si ricompose. 

<< Siete voi Bilbo Baggins? >> gli chiese. 

<< Sono io, sì >> le rispose perplesso. << Posso aiutarvi? >>. 

<< Gandalf mi ha detto di venire qui >>. 

<< Beth! >>. Lo stregone arrivò alle spalle di Bilbo, tenendo la testa bassa; era troppo alto in quella casa e per lui era facile sbattere la testa contro il soffitto. Aveva la sua solita espressione gaia sul volto. 

<< Sapevo che saresti venuta >> le disse. 

Beth alzò gli occhi al cielo, << Ma certo che lo sapevi! Non ti sfugge mai niente >> rispose sarcastica. 

Bilbo si fece da parte per farla entrare e Beth gli diede la sua borsa e il suo cappotto, appendendoli alla parete. 

<< Sono in ritardo? >> domandò a Gandalf. 

<< Al contrario, sei puntualissima. Beth, ti voglio presentare il signor Bilbo Baggins. Bilbo lei è Beth, una mia vecchia amica >>. 

Beth e lo hobbit si guardarono negli occhi e quest’ultimo accennò un timido sorriso. 

<< Piacere di conoscervi >>. 

<< Ciao >> disse lei solamente. Non ricambiò il sorriso, ma decise senza esitazione di stringergli la mano. Poi si rivolse di nuovo a Gandalf. 

<< Al nostro ultimo incontro avevi accennato di una compagnia >>. 

<< Sono tutti qui, da questa parte >> e Gandalf le fece strada. 

Per istinto si abbassò anche lei, ma non fu un problema per lei, non era poi così alta. Bilbo li seguì a ruota verso la sala da pranzo e quando Beth scoprì che la compagnia era composta da tredici nani, si pietrificò sul posto. “No, non i nani!”. Dopo aver conosciuto lui, non volle più avere niente a che fare coi nani. Li odiava a morte! E Gandalf lo sapeva meglio di chiunque altro! Si sentì tradita dallo stregone e lo guardò furiosa. Ma lui fece finta di niente e ciò la fece infuriare ancora di più. Nel frattempo si alzò in piedi un nano seduto a capotavola, che si avvicinò a loro. Beth capì immediatamente che il capo era lui. Per essere un nano era piuttosto alto. Le arrivava fino alla punta del suo naso, aveva due penetranti occhi azzurri e folti e lunghi capelli neri, con qualche piccola ciocca grigia. La guardò severo, ma Beth non si fece intimidire da lui, anzi ricambiò il suo sguardo. 

<< Beth, permettimi di presentarti il capo di questa compagnia, Thorin Scudodiquercia >>. 

Rimase un po' sorpresa da quella rivelazione. Di fronte a lei vi era l’erede al trono di Erebor! Aveva sentito parlare di lui e non si aspettava di incontrarlo. 

<< Thorin, lei è Lizbeth Lomien, l’Alchimista di Rubino >>. 

Thorin non si scompose, ma Beth notò che alcuni nani la osservavano incuriositi, specialmente due di loro seduti in fondo al tavolo. Erano i più giovani e sembrava che non vedessero l’ora di incontrarla. Thorin prese parola, rompendo il silenzio. 

<< Gandalf mi ha parlato di te >>. 

<< Davvero? >> gli rispose scoccando allo stregone un’occhiataccia, << Lui, invece, non mi ha detto nulla >>. 

Quest'ultimo, ancora una volta, non badò alle sue parole, mentre Thorin si risedette. 

<< Ora che ci siamo tutti, possiamo parlare della missione >>. Gandalf prese posto alla sinistra di Thorin. << Ah, Bilbo! Mio caro amico, procuraci un po’ più di luce >>. 

Bilbo si allontanò per un momento e tornò con in mano una candela accesa, mentre Gandalf tirò fuori dalle tasche una mappa. Beth si avvicinò per vedere meglio, mettendosi alla destra di Thorin. 

<< Lontano verso est, oltre montagne e fiumi, aldilà di terreni boschivi e terre desolate, giace un'unica vetta solitaria >> spiegò Gandalf a tutti i presenti. Bilbo si avvicinò un po’ di più e lesse nell’angolo in alto della mappa, << La Montagna Solitaria >>. 

<< Sì >> concordò con lui un nano dalla folta barba rossa, << Oin ha letto i presagi. E i presagi dicono, che è il momento >>. E Oin parlò dopo di lui. 

<< I corvi sono stati visti volare verso la Montagna come era stato predetto. Quando gli uccelli del passato torneranno ad Erebor, il regno della Bestia avrà fine >>. 

<< Quale bestia? >> chiese Bilbo. Beth vide la sua preoccupazione nel sentir dire la parola “bestia”. Lei sapeva cosa si riferisse Oin. 

<< Sta parlando di Smaug >> gli spiegò lei, << La più grande calamità dell’Era dei nani >>. 

<< Uno sputa fiamme volante >> le fece eco un altro nano vicino a lei. << Denti come rasoi, artigli come agganci da macellaio... Appassionato di metalli preziosi >>. 

<< So cos’è un drago >> rispose Bilbo tormentandosi le mani. Beth lo vide impallidire e non lo biasimò quando provò a cambiare discorso. 

<< Quindi, se ho capito bene, il vostro obbiettivo è riprendervi la Montagna Solitaria? >> domandò ai nani. 

E a quel punto un altro giovane nano si alzò in piedi.  

<< Io non ho paura! Sono capace! Gli darò un assaggio di ferro nanico dritto nelle chiappette! >>.  

Gli altri nani esultarono con entusiasmo, mentre uno di loro, seduto accanto a lui, lo fece sedere rimproverandolo. 

<< Il compito sarebbe già arduo con un esercito alle spalle! >>. Il più anziano di tutti, mise a tacere l’entusiasmo nella stanza, facendo calare il silenzio. 

<< ma siamo solamente in tredici! E non i tredici migliori, né i più svegli >> ammise grave, facendo capire a tutti che non c’era niente da scherzare. 

<< Hei! Stupido a chi!? >> disse di rimando uno di loro e si misero a discutere. Ma uno dei più giovani, il nano dai capelli biondi come il grano, riuscì a riportarli al silenzio. 

<< Saremo pure pochi di numero, ma siamo combattenti >> affermò con convinzione. << Tutti quanti! Fino all’ultimo nano! >>. Disse tutto questo battendo una mano sul tavolo. E immediatamente, il nano dai capelli scuri sedutogli accanto, gli diede ragione. 

<< E dimenticate che abbiamo uno stregone nella compagnia! Gandalf avrà ucciso centinaia di draghi ai suoi tempi! >> 

Beth dovette trattenere una risata e non le importò che tutti la stessero fissando. Sapeva benissimo che lo stregone non aveva mai ucciso un drago, neanche uno. 

<< Oh, beh … io non direi che... io... >> tentò di dire Gandalf imbarazzato. 

<< Quanti allora? >> 

<< Eh? >> 

<< Quanti draghi hai ucciso? >>. 

Gandalf non disse niente e tossì nervosamente, mentre fumava la sua pipa. 

<< Avanti, dicci un numero >> insistette il nano e di nuovo i nani cominciarono a litigare. Bilbo, nel frattempo, tentò di riportare la calma, ma non ci mise molto impegno, sembrava intimidito. Beth, invece, alzò gli occhi al cielo pensando solo quanto fossero idioti. Fu Thorin che riportò l’ordine. 

<< Silenzio! >> urlò alzandosi di scatto. Tant'è che le fece venire un colpo al cuore, sobbalzando sul posto. 

<< Se noi abbiamo interpretato quei segnali, non pensate che anche altri lo abbiano fatto? >> disse con severità. 

<< Le voci hanno cominciato a diffondersi. Il drago Smaug non viene avvistato da sessant’anni. Occhi guardano a est verso la Montagna. Valutando, ponderando, soppesando i rischi. Forse la grande ricchezza del nostro popolo ora è senza protezione. Ce ne stiamo comodi mentre altri prendono ciò che è nostro di diritto? O afferriamo l’occasione per riprenderci Erebor?! >>. 

A quel punto i nani esultarono tutti insieme e Thorin si risedette. Il nano più anziano, però, li riportò alla realtà. 

<< Dimenticate? La porta principale è sigillata. Non si può entrare nella Montagna >>. 

Ma Gandalf, prontamente gli rispose << Questo, mio caro Balin, non è del tutto vero >> e tirò fuori una massiccia chiave di ferro. 

<< Come mai è nelle tue mani? >> gli chiese Thorin sorpreso. 

<< Mi è stata data da tuo padre. Da Thrain >> spiegò Gandalf. << Per sicurezza. È tua adesso >> e gliela porse.  

Beth percepì una tensione palpabile, quando Thorin la prese tra le mani. Dopo un po’ si rivolse a Gandalf, << Se c’è una chiave, immagino che, da qualche parte, deve esserci una porta >>. E si appoggiò al muro incrociando le braccia. 

<< Queste rune indicano un passaggio segreto alle sale inferiori >> rispose Gandalf indicando le rune incise sulla mappa. 

<< C’è un’altra via d’entrata >> sussurrò uno dei giovani, sorridendo eccitato. 

<< Beh, se riusciamo a trovarla! >> ammise lo stregone, << Le porte dei nani sono invisibili, se sono chiuse. La risposta giace da qualche parte su questa mappa e io non ho la capacità di trovarla, ma ci sono altri nella Terra di Mezzo che ce l’hanno >>. 

Beth notò che Thorin lo stava squadrando sospettoso, ma non ci badò più di tanto e Gandalf continuò a parlare. 

<< L’incarico che io ho in mente richiede una grande segretezza e una non piccola dose di coraggio. Ma se siamo attenti e astuti, credo che si possa fare >>. 

<< Ecco perché uno scassinatore >> disse un nano. Beth rimase perplessa. Scassinatore? 

<< Mh. E anche bravo! Un esperto immagino >> rispose Bilbo. 

<< E tu lo sei? >> gli chiese il nano dalla barba rossa. Bilbo lo guardò confuso, come se non capisse di cosa stesse parlando. 

<< Sono cosa? >> 

<< Ha detto di essere un esperto! >> esclamò Oin con gioia, tenendo una tromba appoggiata al suo orecchio per sentirci meglio. 

<< Io? No, no, no! Non sono uno scassinatore! >> lo corresse Bilbo, << Non ho mai rubato niente in vita mia >>. 

<< Temo di dover concordare con il Signor Baggins >> rispose Balin. << Non ha la stoffa da scassinatore >>. 

<< No >> concordò lo hobbit.  

In quel momento, Beth si rese conto che Gandalf aveva fatto a Bilbo la stessa cosa che aveva fatto a lei un mese prima. Coinvolgerlo in una missione pericolosa, senza preavviso e senza il suo consenso. Quello stregone l’avrebbe fatta impazzire. 

<< Le Terre Selvagge non sono per la gente a modo che non sa lottare, né badare a sé stessa >> rispose un nano con tono serio e gettò uno sguardo anche su Beth. << Neanche per una ragazza >>. 

A quell’ultima affermazione, Beth lo guardò storto. Lei non era una principessina pigra e viziata, era un’alchimista esperta e scrupolosa, che non si lasciava mai sopraffare dalla fatica. Avrebbe tanto voluto lanciargli un coltello tra gli occhi, ma si dovette trattenere mentre i nani, per la terza volta, si misero a discutere tra loro, sostenendo o negando che lei e Bilbo fossero all’altezza del ruolo che avrebbero dovuto assumere nella compagnia. 

Questa volta fu Gandalf a metterli a tacere. Si alzò con uno sguardo intimidatorio e la stanza si fece improvvisamente buia. 

<< Basta! Se dico che Bilbo Baggins è uno scassinatore, allora uno scassinatore è! >> 

Nessuno osò fiatare o discutere e la stanza si illuminò di nuovo. 

<< Gli hobbit hanno il passo notevolmente leggero! Infatti possono passare inosservati da molti, se lo vogliono. E mentre il drago è abituato all’odore dei nani, quello degli hobbit gli è completamente sconosciuto. Il che ci dà un preciso vantaggio. Mi avete chiesto di trovare il quattordicesimo e il quindicesimo membro di questa compagnia e io ho scelto il Signor Baggins e Miss Lomien. E vi consiglio di non sottovalutarla! Lei è una dei dieci alchimisti più potenti della Terra di Mezzo. I suoi antenati sono stati creati e scelti dagli Dei stessi. E sa perfettamente difendersi da sola. Potrebbe togliervi dai guai quando vuole. In loro c’è molto più di quanto le apparenze suggeriscano. E hanno da offrire molto più di quanto immaginate >>. 

Gandalf rivolse ad entrambi uno sguardo attento, aggiungendo sottovoce << Inclusi loro stessi >>. 

Bilbo e Beth lo guardarono, insieme a tutti gli altri nani. 

Gandalf tornò a sedere e si rivolse a Thorin. 

<< Dovete fidarvi di me su questo >>. 

Thorin fu convinto dalle sue parole. << Molto bene. Faremo a modo tuo. 

Bilbo non fu affatto d’accordo, ma a parte Beth nessuno lo ascoltò. 

<< Diamogli i contratti >>. 

<< Contratti? >> chiese Beth.  

Balin si alzò e passò due contratti identici a Thorin. 

<< La solita roba: compegno delle spese personali, durata prevista, remunerazioni, organizzazione dei funerali, e così via...>>. 

<< Organizzazione dei funerali? >> ripeté Bilbo preoccupato dopo che Thorin gli gettò a dosso il suo contratto, senza guardarlo in faccia. Quando porse a Beth il suo, però, cambiò atteggiamento, guardandola negli occhi. Anche lei ricambiò e provò un po' di imbarazzo, ma non riuscì a capire perché. Cercò di non badarci troppo. Aprì il suo contratto, talmente lungo che arrivava alle sue ginocchia e iniziò a leggerlo. Con la coda dell’occhio, vide Thorin e Gandalf parlare sottovoce. 

<< Non garantisco la loro sicurezza >> disse Thorin. 

<< Capisco >> rispose Gandalf. 

<< Ne sarò responsabile del loro destino >>. 

<< Concordo >>. 

Beth non si voltò, ma sentì tutto. Continuò a leggere il contratto, sentendo in sottofondo Bilbo che leggeva il suo tra sé e sé, finchè non lo sentì dire, << Eviscerazioni? >>.  

Così si voltò verso di lui, come tutti gli altri e lui aggiunse incredulo, << Incenerimento? >>. 

Lo disse scandendo per bene ogni sillaba, come se volesse dire, “siete impazziti?!”. Beth riportò la sua attenzione sul suo contratto e notò stesse parole che aveva detto Bilbo. 

<< Oh, sì! Lui ti ridurrà a bracioletta in un batter d’occhio >> gli disse il nano vicino a Beth. Lei riportò la sua attenzione sullo hobbit. Il poveretto cominciò ad impallidire. 

<< Stai bene ragazzo? >> chiese Balin. 

<< Sì... >> gli rispose Bilbo, piegato in due cercando di fare profondi respiri. “No, che non sta bene!” pensò Beth. Sapeva benissimo cosa gli stava succedendo: un attacco di panico. 

<< Sto per svenire >> ammise agitato. 

<< Pensa ad una fornace con le ali >> disse il nano. Beth lo guardò con rimprovero. “Sta zitto!” pensò. Così lo avrebbe fatto sentire peggio. 

Infatti Bilbo disse a fatica, << Aria....M-mi...Mi manca l’aria... >>. 

Purtroppo quello non rimase zitto. 

<< Lampo di luce, dolore cocente, poi puff! Sei soltanto un mucchietto di cenere >>. 

<< Vuoi piantarla! >> esclamò Beth infastidita. << Sta zitto! >>. 

Ancora una volta guardò Bilbo preoccupata. Quest'ultimo trattenne il fiato, poi espirò profondamente. “Adesso sviene” pensò Beth. 

<< No >> disse Bilbo e cadde per terra privo di sensi. “È svenuto”. 

<< Oh, sei di grande aiuto Bofur >> disse Gandalf sarcastico. 

Per tutta risposta Beth si mise a guardare male Bofur. 

<< Che c’è? >> le domandò ingenuamente. Avrebbe tanto voluto prenderlo a schiaffi. 

<< Congratulazioni genio! >>. 

Sbattè il contratto sul tavolo e andò a prendere la sua borsa, per aiutare Bilbo. 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - La partenza ***


Capitolo 4 

La partenza 

 

Fu solo un classico svenimento di una persona un po’ troppo sensibile, niente di che. Le bastò spezzare in due una capsula medicinale e sventolarla sotto il naso di Bilbo, che si svegliò di colpo per il forte odore che emanava. Per un paio di minuti lo costrinse a rimanere sdraiato per terra, tenendogli le gambe sollevate appoggiate alle sue. Quando Bilbo non ebbe più giramenti di testa, lo aiutò ad alzarsi e lo accompagnò in salotto, accomodandolo su una poltrona, davanti al camino acceso. Lo lasciò lì per un secondo, poi tornò dalla cucina e gli mise tra le mani una tazza di tè. Beth si abbassò in ginocchio per poterlo osservare meglio. 

<< Stai bene? >> gli chiese mentre lui sorseggiava il tè. Bilbo annuì con la testa nervoso. 

<< Chiedo scusa >> le rispose timidamente. 

Beth non capì. << “Scusa” per cosa? >>. 

<< Per essere svenuto >>.  

Si scusava per essere svenuto davanti a tutti? Assurdo! Beth non era brava a consolare le persone, ma gli fece capire che non aveva fatto niente di male. 

<< Tutte le persone svengono, Signor Baggins. Non c’è niente di cui vergognarsi >>. 

Le sue parole lo rasserenarono un po’ e le accenno un timido sorriso. Beth si alzò dal pavimento e si sedette su una sedia di legno alla destra di Bilbo. Era abbastanza piccola per lei, ma non la trovò affatto scomoda. Appoggiandosi allo schienale, incrociò le braccia e stese le gambe, appoggiando un piede sopra all’altro. 

<< Gandalf non ti ha detto niente, vero? >> gli chiese Beth senza giri di parole. 

<< No >> confermò stizzito. << Sta mattina ero lì nel mio giardino, a fumare la mia pipa in pace e in tranquillità, quando compare all’improvviso uno stregone con un bastone, mai visto prima. E mi chiede di condividere con lui un’avventura >> le spiegò, sfogandosi finalmente con qualcuno. E quella stessa sera, lo stregone era tornato insieme ad altri 13 nani sconosciuti, che gli avevano saccheggiato la dispensa. Beth non poté immaginare neanche lontanamente la sua frustrazione. Gandalf era un tipo strano certe volte, ma non si era mai aspettata da lui una cosa simile. Conosceva Bilbo Baggins da solo un’ora, ma già pensava che non fosse male come tipo. 

<< Io conosco Gandalf da quando sono nata e un mese fa ha fatto la stessa cosa anche con me. Certo, non c’era nessun nano con lui ma, come è successo a te, è comparso all’improvviso e mi ha coinvolta in questa storia >>. 

Non capì perché gli stesse dicendo tutto questo, ma con lui le risultò facile parlare. Bilbo ne rimase sorpreso. 

<< Davvero? >>. 

<< Già >> annuì Beth. << Lui è fatto così >>. 

<< Così come? >> chiese Gandalf. 

Bilbo non lo aveva sentito avvicinarsi e quando lo vide, sobbalzò sulla poltrona. Beth, invece, non si scompose. Era ancora arrabbiata con lui e gli rispose infastidita, << Come se ti piacesse infastidire la gente >>. 

<< E questo cosa vorrebbe dire? >> domandò severo. 

<< Che sei un rompiscatole! >> ribatté lei. 

Non le importò se l’avesse offeso. E se Gandalf l’avesse rimproverata, non lo avrebbe ascoltato. Beth non gli prestò più attenzione, così Gandalf fece lo stesso e si rivolse a Bilbo. 

<< Sembri stare meglio >> disse lo stregone. Bilbo, però, cominciò ad agitarsi.  

<< Mi riprenderò! Solo... Lasciatemi tranquillo per un po’ >> gli rispose, cercando di mettere fine alla conversazione. 

<< Te ne stai tranquillo da tanto, troppo tempo >> insistette Gandalf. << Dimmi, da quando i centrini e i piatti di tua madre sono diventati così importanti per te? >>. 

Bilbo tentò di dire qualcosa, ma non sapeva cosa. Beth, nel frattempo, sospirò rassegnata, portando all’indietro la testa, fino ad appoggiarla allo schienale della sedia. “Ma perché non lo lasci in pace” pensò. 

<< Io mi ricordo di un giovane hobbit che andava a caccia di elfi nel bosco. Che restava fuori fino a tardi e tornava a casa quando era buio, seguendo tracce di fango, ramoscelli e lucciole. Un giovane hobbit che avesse voluto solamente scoprire cosa ci fosse altre i confini della Contea. Il mondo non sta nei tuoi libri e nelle tue mappe, è là fuori >>. 

Detto ciò, Gandalf indicò la finestra, come se ci fosse qualcosa di misterioso al di fuori di quelle mura. Ma Bilbo non fu d’accordo. 

<< Non posso andarmene di punto in bianco. Sono un Baggins, di casa Baggins! >> gli rispose, mettendo bene in chiaro la cosa. 

<< Tu sei, inoltre, un Tuck >> specificò Gandalf. E Bilbo sospirò infastidito, come se non ne potesse più di sentire quella storia. 

<< Lo sapevi che il tuo pro-pro-pro-prozio Rugidoro Tuck era così grosso da cavalcare un vero cavallo? >>. 

Beth, che aveva cercato di non ascoltarli, improvvisamente si attenta. 

<< Sì >> rispose Bilbo infastidito. 

<< Sì, sì, sì! È così! >> dichiarò Gandalf. 

<< Nella Battaglia di Campiverdi attaccò il gruppo dei Gobiln. Mulinò la sua mazza con tale forza da staccare la testa a Re Golfinbul! Testa che volò per cento yard e rotolò nella tana di coniglio >> raccontò. Beth ne rimase sorpresa. Non immaginava che un hobbit potesse ammazzare un goblin. 

<< E così la battaglia fu vinta. E il gioco del golf nacque in quel momento >>. 

<< Eh? >> disse Beth. Gioco del golf? Bilbo parve confuso quanto lei. 

<< Ah, mi sa che questa te la sei inventata >> gli rispose. 

<< Beh, tutte le belle storie meritano un’infiorettatura >> e si sedette sulla piccola sedia difronte a Bilbo. 

<< Avrai una storiella o due quando ritornerai >>. 

Beth vide Bilbo sviare lo sguardo. “Quando ritornerai” aveva detto. Si era rivolto a lui, ma anche lei si sentì presa in causa. 

<< Puoi promettermi che ritornerò? >> chiese Bilbo. 

<< No >> gli rispose Gandalf con sincerità, << E se farai ritorno, non sarai più lo stesso >>. 

Beth non disse niente, limitandosi a guardare per terra. Provò pena per Bilbo e capì la sua incertezza e la sua paura nel dover lasciare la propria casa, perché in quel momento lei provava la stessa cosa. Aveva deciso di partire, ma solo perché ci sarebbe stato anche Gandalf. Inoltre, tutti i suoi dubbi non erano spariti: non sapeva se sarebbe mai tornata a casa, se il viaggio sarebbe stato un successo o un disastro completo, se i suoi nuovi compagni l’avrebbero tradita o se avrebbero legato con lei per poi perdergli per sempre... Non era ancora convinta di aver fatto la scelta giusta. Dopo un breve silenzio, Bilbo riprese parola. 

<< È quello che pensavo >>. 

Sconsolato si alzò dalla poltrona. << Mi dispiace Gandalf, non posso firmarlo >> disse, indicando il suo contratto appoggiato sul puf. << Hai scelto lo hobbit sbagliato >>. E se ne andò, mentre Gandalf e Beth lo seguirono con lo sguardo. Rimasero a fissare il punto in cui Bilbo se ne era andato, finché Gandalf non si voltò verso di lei. 

<< Sembra che tu lo abbia preso in simpatia >> le disse gentilmente. 

<< Mh. Non è poi così male >> ammise, accennando un sorriso che lo stregone ricambiò, ma di colpo si fece subito seria, guardandolo truce. Gandalf capì immediatamente. 

<< Sei ancora arrabbiata? >> le chiese. 

<< Arrabbiata? Sono furiosa! >> gli rispose con rabbia. Si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno, poi si alzò e si sedette sulla poltrona, per poter parlare con lui sottovoce. 

<< Nani, Gandalf? >>. 

<< Beth...>> tentò di spiegarsi lo stregone, << Mi dispiace >>. 

<< Oh, ti dispiace >> ribatté lei facendogli il verso. 

<< Cosa mi avresti risposto, se te lo avessi detto? >>. 

<< Ti avrei risposto, “Col Cavolo che vengo”! >>. 

<< Esatto! Per questo non ti ho detto niente >> rispose lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Beth lo guardò incredula, a bocca aperta. Ora stava iniziando ad innervosirsi. 

<< Beth... >>. 

<< No, no, no! >> lo interruppe lei. << Come hai potuto farmi questo?! Mi spieghi a che pensavi?! >>. 

Sta volta aveva cominciato ad urlare e si guardò intorno nervosa, sperando di non aver attirato l’attenzione. Cercò di calmarsi, respirando profondamente. 

<< Beth, loro non sono assassini. Sono dei nani onorevoli. Tutti loro >> rispose Gandalf, avvicinandosi a lei. 

<< Non mi interessa! >>. 

<< Non sono come lui. Non finirà come l’ultima volta >> la rassicurò, ma questo non bastò a convincerla. 

<< E tu che ne sai? >> gli rispose scontrosa, << Non lo puoi sapere! >>. 

<< Nemmeno tu lo puoi sapere >>. 

Beth abbassò lo sguardo, ancora bollente di rabbia. A quel punto Gandalf le prese le mani, pregandola di guardarlo negli occhi. 

<< Devi fidarti di me Beth. Ti ho mai deluso? >> le domandò pazientemente e lei si arrese, borbottando << No >>. 

<< Non sarai da sola in questo viaggio. Sarò al tuo fianco per tutto il tempo. Se vorrai ancora venire, naturalmente >>. 

Era inutile continuare a discutere, avrebbe voluto mandarlo al diavolo, ma non vedeva altre soluzioni per pagare la casa. Gandalf era sempre stato insistente con lei, forse anche troppo, ma era anche affettuoso e premuroso. Le era rimasto vicino quando suo padre morì, forse questa avventura, in fin dei conti, gliela doveva. Ricambiò la stretta sulle sue mani e si decise a firmare quel maledetto contratto. 

<< Lo faccio solo per la mia casa >> disse, puntando il dito contro di lui. Gandalf sorrise. 

<< Sono perdonato, dunque? >> le chiese speranzoso. 

<< No, non ancora >> gli rispose Beth, << Questa me la paghi cara. Ti ho avvisato >>. 

Non stava affatto scherzando, ma Gandalf si mise a ridacchiare mentre Beth lasciò la stanza. Dirigendosi nella sala da pranzo, incontrò Thorin e Balin nel corridoio. Stavano parlando tra loro. Beth si pietrificò non appena Thorin posò gli occhi su di lei. Sentì un brivido lungo la schiena e il cuore prese a batterle forte. Non capì perché stesse reagendo così. 

<< Possiamo aiutarti? >> le chiese Balin gentilmente.  

Beth smise di guardare Thorin, cercando di calmarsi, poi si rivolse al vecchio nano. 

<< Hai una penna e dell’inchiostro? >>. 

Balin annuì e andò a procurarle una penna d’oca e una boccetta d’inchiostro. Tutti e tre si sedettero a lungo tavolo, ormai completamente vuoto. Beth aveva il suo contratto aperto davanti a lei. Intinse la penna nell’inchiostro e prima di firmare ebbe un momento di esitazione. 

<< Devo essere impazzita >> sussurrò tra sé e sé e firmò. 

Lo consegnò a Balin immediatamente, che si trovava seduto di fronte a lei, mentre Thorin era a capotavola, come prima. 

L'aveva osservata per tutto il tempo, mettendola in soggezione. Voleva che la smettesse: la fece arrabbiare e, al tempo stesso, intimorire. Si ritrovò a guardarlo di nuovo, non riuscendo più a togliergli gli occhi di dosso, sebbene la sua mente le stesse dicendo di farlo. Balin attirò la sua attenzione e finalmente Beth smise di fissare Thorin. 

<< Molto bene! Miss Lomien, benvenuta nella compagnia di Thorin Scudodiquercia >> le disse soddisfatto e si alzò, lasciandola sola con Thorin. Quest'ultimo la squadrò con severità. 

<< Questo non sarà un viaggio di piacere >> le rispose. 

Se pensava di avere di fronte una ragazzina fragile e indifesa, si sbagliava di grosso. Forse non viaggiava da anni, ma sapeva perfettamente dei pericoli che si potevano incontrare. Lo guardò con sfida. 

<< Posso farcela >> gli rispose a tono. << Facciamo così, >> continuò mentre si alzava in piedi, << se non mi starai tra i piedi, io farò altrettanto >>. 

Thorin corrucciò la fronte irritato per come gli aveva risposto, cosa che le procurò una certa soddisfazione e prima che potesse dirle qualcosa, tornò in salotto, lasciandolo solo. 

A notte fonda Beth si riunì a Gandalf nella cucina, dove trovò una panca con dei cuscinetti ai lati. Decise di passare la notte lì e si sdraiò, cercando una posizione comoda, mentre Gandalf la informò che sarebbero partiti all’alba. Sebbene fosse molto stanca non si addormentò subito. Il solo pensiero di dover dormire sotto lo stesso tetto con dei nani la agitava terribilmente, ma difronte a lei c’era Gandalf e si convinse che non c’era niente da temere, finché c’era lui. Infatti, Beth si era accordata con lo stregone: quando si sarebbero accampati per la notte, avrebbe dormito vicino a lui. 

I nani, nel frattempo, si riunirono nel salotto davanti al camino acceso, fumando le loro pipe e si misero a cantare. Era una canzone malinconica e nostalgica, ma che emanava una strana potenza; una di quelle canzoni che nascono dall’animo. Beth la ascoltò tutta con attenzione, finché i suoi occhi non si fecero pesanti e si addormentò. 

Si svegliò non appena Gandalf le scrollò una spalla. Per non cadere in preda alla stanchezza, si alzò immediatamente e seguì lo stregone fino alla sala da pranzo. Tutti stavano facendo colazione: c’erano alcune fette di torta, pane tostato e marmellate varie, bacon croccante, uova fritte e latte fresco. Si accorse di avere una fame tremenda, vedendo quella tavola imbandita. 

<< Vuoi sederti qui? >> le chiese il nano più giovane della compagnia. C'era un posto vuoto accanto a lui. Beth indugiò incerta, ma Gandalf le fece un cenno rassicurandola e lei si sedette. 

<< Oh, non mi sono ancora presentato! >> disse e allungò verso di lei una mano, tutto sorridente. << Sono Kili >>.  

Beth rimase seria, ma gli strinse la mano. << Beth Lomien >>. 

<< Sai, è la prima volta che incontro un’alchimista >> confessò Kili mentre Beth si versava del latte. 

<< Ah, sì? >> gli rispose lei. 

Quando era partita da casa si era imposta di non dare troppa confidenza ai suoi futuri compagni e di ignorarli. Con Kili, però, non riuscì a restare completamente indifferente. 

<< Sì >>.  

Beth si voltò e notò la presenza di un nano dai capelli biondi dietro di lei. Era il secondo più giovane della compagnia. 

<< Quando Gandalf ci ha detto che saresti venuta con noi, Kili non vedeva l’ora di incontrarti >> le spiegò, sedendosi vicino a lei. 

<< Cosa? Ma non è vero! Ero solamente curioso >> ribattè Kili imbarazzato, ma l’altro si fece più vicino, prendendolo in giro. 

<< Eri eccitato come un bambino >>.  

Beth cercò di rimanere seria, ma gli angoli della sua bocca si alzarono leggermente in su. 

<< Beth, lui è Fili. Mio fratello >> le disse Kili irritato. 

Fili, invece, non smise di ghignare e le strinse la mano. Beth bevve un lungo sorso di latte e si gustò del pane tostato. Dopo un po’, Kili si rivolse di nuovo a lei. 

<< Posso farti una domanda? >>. 

Lei annuì. 

<< C’è davvero una divinità lì dentro? >> le chiese indicando il suo rubino. Beth abbassò lo sguardo per vedere meglio quella pietra luccicante color rosso sangue, che portava al collo. 

<< Beh...sì >> ammise, prendendola in mano. 

<< E non ti spaventa? >> le chiese Fili. 

No, avere una divinità dormiente intorno al collo non l’aveva mai intimorita. << Non è così spaventoso come sembra. E poi non si vedere quasi mai. Onestamente dimentico spesso che qui dentro ci sia una divinità >>. Ed era vero. Kili, nel frattempo, osservò il rubino con attenzione. 

<< Voi perché siete qui? >> chiese Beth ad entrambi. Loro la guardarono perplessi. 

<< Insomma...>> tentò di spiegarsi, << Cosa vi lega a Thorin Scudodiquercia? >>. 

<< Beh, lui...>> iniziò Kili. 

<< È nostro zio >> concluse Fili. 

<< Ah >>. Beth non si aspettò una risposta simile. Scudodiquercia aveva dei nipoti? Sapeva che aveva un fratello e una sorella più giovani, ma non sapeva che avesse dei nipoti. 

<< E tu? Perché sei qui? >> le chiese Fili. 

<< Vogliono togliermi la casa e ho bisogno di soldi >> rispose sbrigativa. 

<< Ma un’alchimista del tuo rango non dovrebbe essere immensamente ricca? >>. 

Non aveva intenzione di parlarne con loro due, perciò si limitò a rispondere << È complicato >>. 

Fili e Kili capirono che il discorso era chiuso e non le fecero più domande. A Beth andò bene così. Finita la colazione, i nani sparecchiarono la tavola, lavarono piatti e posate, le asciugarono e le rimisero al proprio posto. Beth indossò il suo lungo cappotto bordeaux e aspettò Gandalf all’ingresso con la sua borsa a tracolla. Quando uscirono dalla casa e raggiunsero i poni, Beth si accorse che mancava qualcuno. 

<< Lo hobbit non viene? >> chiese a Gandalf. Lui si limitò a guardare la tonda porta verde pensieroso. 

<< Andiamo >> le disse semplicemente e i due salirono sui loro cavalli. 

************************************** 

Da quando erano partiti, la maggior parte dei nani continuò a lamentarsi di Bilbo e del suo rifiuto a partire con loro, considerandolo una perdita di tempo. Beth si infastidì per quelle insinuazioni, ma d’altronde erano nani, non avrebbero mai capito. Erano solo dei grandi egoisti spregevoli. Solo lei poté capire Bilbo Baggins e perché non sarebbe venuto con loro. Nonostante ciò, Beth si voltò spesso indietro, come se sperasse che lo hobbit li raggiungesse da un momento all’altro. 

<< Lui non verrà >>.  

Beth si girò a sinistra, ritrovandosi di fianco a lei quel nano burbero che la sera prima l’aveva sottovalutata. 

Aveva sentito dagli altri che si chiamava Dwalin. 

<< Io credo che tu lo stia sottovalutando un po’ troppo >> gli rispose Kili alle spalle. 

<< Sono solo realista ragazzo. E non sono venuto fin qui per fare da balia ad uno hobbit gracile e troppo sensibile >>. 

A Beth non piacque ciò che aveva sentito. 

<< Dieci monete che ti sbagli >> scommise lei, sfidandolo. Le parole le erano uscite fuori da sole! Non sapeva perché l’avesse detto. Fili e Kili la guardarono stupiti. Dwalin accettò la scommessa e da lì, anche gli altri nani iniziarono a scommettere se lo hobbit fosse venuto o no. I poni cavalcavano lentamente e non erano ancora usciti dalla Contea, quando sentirono qualcuno che gridava dietro di loro. Beth non ci sperava molto, ma era Bilbo! Stava correndo più veloce che poteva, con uno zaino sulle spalle e il suo contratto firmato in mano. 

<< Aspettate! Aspettate! >> urlò. E tutti si fermarono.  

<< L’ho firmato! >> affermò Bilbo soddisfatto. Si avvicinò a Balin e gli porse il contratto firmato.  

Dopo averlo osservato con attenzione, Balin disse << Sembra che sia tutto a posto. Benvenuto, Mastro Baggins, nella compagnia di Thrin Scudodiquercia >>. 

Tutti risero con entusiasmo e Balin gli fece l’occhiolino. Anche Beth sorrise. Dovette ammettere a sé stessa che fu felice di rivederlo. Ma il suo sorriso sparì quando si girò verso Thorin. Fu l’unico che era rimasto serio, anzi sembrò irritato. Ma ormai Bilbo era lì e non sarebbe tornato indietro. 

<< Dategli un poni >> ordinò e senza guardare nessuno, incitò il suo poni a ripartire. 

Gandalf e Beth fecero passare avanti gli altri e si misero di fianco a Bilbo. Fu piuttosto evidente che Bilbo non avesse mai cavalcato in vita sua. Non sapeva come tenere le briglie ed era piuttosto impacciato. Nel frattempo, i nani si lanciarono tra di loro piccoli sacchetti pieni di monete. 

<< Di che si tratta? >> chiese lo hobbit confuso. 

<< Hanno fatto scommesse, se saresti o no ricomparso >> spiegò Gandalf. << La maggior parte ha puntato sul no >>. 

<< E voi due a cosa pensavate? >> domandò di nuovo. E sia lo stregone che Beth afferrarono al volo un sacchettino. Beth notò con soddisfazione che Dwalin era piuttosto irritato per aver perso la scommessa. 

<< Mio caro amico, non ho dubitato di te neanche per un secondo >> rispose Gandalf soddisfatto. Aveva la sua solita espressione felice della sera prima. Fu in quel momento che Beth capì! Gandalf aveva lasciato il contratto nel soggiorno di Bilbo apposta! E questo lo aveva convinto a partire.  

Bilbo cominciò a stanutire, interrompendo i suoi pensieri. 

<< Va tutto bene? >> gli chiese e lui starnutì di nuovo. 

<< Ah, il crine di cavallo. Mi fa reazione >> le spiegò e iniziò a frugare nelle sue tasche. Tutto a un tratto si agitò e gridò a tutti quanti, << Aspetta, fermi! >> e si fermarono. 

<< Dobbiamo tornare indietro! >>. 

<< Perché, che succede? >> chiese Beth confusa. 

<< Ho scordato il fazzoletto >>. 

Beth alzò gli occhi al cielo. Bilbo le piaceva, ma i nani non avevano torto sul fatto che lo hobbit fosse una persona a modo. Forse un po’ troppo. 

<< Tieni, usa questo >> disse Bofur e gli lanciò un pezzo di stoffa logoro e consunto. Thorin ordinò di muoversi e mentre ripartirono, Beth frugò nella sua borsa e porse a Bilbo una pillola bianca. 

<< Per l’allergia >> gli spiegò. 

Dopo qualche ora, superarono il confine della Contea, lasciandosela alle spalle e proseguendo avanti. 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Il passato e incubi ***


Capitolo 5 

Il passato e incubi 

 

I primi giorni furono duri per Beth, specialmente quando si accampavano la notte. Non riusciva a prendere sonno e dormiva poco e male. Ogni volta che si addormentava faceva continuamente brutti sogni e quando si svegliava, aveva sempre il respiro affannato, non ricordando più cosa aveva sognato. E una volta sveglia, non si riaddormentava più. Non ci riusciva ed era sempre in preda alla paranoia, così aspettava che gli altri si svegliassero all’alba. Durante il giorno stava sempre vicino a Gandalf o a Bilbo. Ogni tanto scambiava qualche parola con loro, perfino con Fili e Kili, ma per la maggior parte del tempo era taciturna. Un giorno, mentre stavano cavalcando, Gandalf notò le sue occhiaie sotto i suoi occhi e le chiese se stesse bene. No, non stava bene. Però non volle farsi vedere vulnerabile di fronte ai nani, specialmente davanti a Dwalin e da Thorin. Si accorse che non furono convinti di lei. Glielo si leggeva bene sui loro sguardi diffidenti. 

<< Ce la faccio >> disse a Gandalf, ma sapeva che non lo aveva affatto convinto. 

Quella notte fu più agitata. Beth sognò sé stessa che piangeva disperata in ginocchio, con le mani intrise di sangue. Si svegliò di colpo, tutta sudata e col fiato corto. Si guardò intorno agitata, pensando che qualcuno la avrebbe aggredita alle spalle. Tutti intorno a lei stavano dormendo, eccetto Fili e Kili, seduti accanto al fuoco a fare da guardia. Anche Gandalf era sveglio. Stava fumando la sua lunga pipa appoggiato as un albero, poco lontano da lei. Beth si passò le mani sul viso cercando di calmarsi.  

Perché era partita? Si era ripetuta più e più volte che era stata una pessima idea. Aveva persino pensato di tornare indietro. Non era molto lontana da casa e aveva un buon senso dell’orientamento. Ma senza l’oro non avrebbe più avuto una casa. E poi aveva firmato il contratto ormai e suo padre le aveva sempre insegnato che un accordo, è un accordo! “Un bravo alchimista rispetta sempre un accordo e ha il dovere di portarlo a termine”.   

Si alzò lentamente e, senza dire nulla, raggiunse Gandalf. Si sedette accanto a lui e si appoggiò sulla sua spalla, mentre lo stregone la strinse a sé con il braccio. Non le chiese che cosa avesse, rimase in silenzio con lei e di questo Beth gliene fu grata. Era abbracciata a lui da un bel po’, quando vide che anche Bilbo si era svegliato. Non era affatto abituato a dormire all’aperto per terra. L'erba e i sassi non erano comodi e caldi come un materasso. Lo seguì con lo sguardo mentre camminava silenzioso verso il suo poni. Ormai si era abituato così tanto alla sua presenza, che lo hobbit si are affezionato a quell’animale. Si guardò intorno per accertarsi che nessuno lo vedesse, ma Beth e Gandalf lo videro benissimo, che nessuno lo vedesse, ma Beth e Gandalf lo videro benissimo, e diede di nascosto una mela al poni. Era un piccolo gesto, forse anche un po’ stupido, ma Beth percepì un senso di gentilezza dentro quella mela offerta. Osservando quella scena l’agitazione sparì, sentendosi più leggera. Le spuntò perfino un piccolo sorriso, che fece sparire imbarazzata quando notò che Gandalf la stava guardando soddisfatto. 

<< Sta zitto >> gli disse scocciata, prima che lo stregone potesse parlare. 

<< Guarda che ti ho vista >> le rispose senza smettere di sorridere, ma lei fece finta di niente, << Non hai visto niente! >>. 

All'improvviso sentirono in lontananza. Beth, per istinto, portò la sua mano su uno dei coltelli, appesi alla sua cintura. 

<< Che cos’era? >> chiese Bilbo intimorito a Fili e Kili. 

<< Orchi >> gli rispose Kili. 

<< Orchi? >> ripeté, avvicinandosi a loro. 

Beth ascoltò attentamente quei versi agghiaccianti, distaccandosi leggermente da Gandalf per essere pronta ad attaccare. 

<< Sgozzatori. Ce ne sono dozzine là fuori >> precisò Fili, << Le Terre Solitarie ne brulicano >>. 

<< Colpiscono nelle ore piccole quando tutti dormono. Lesti e silenziosi, niente grida. Solo tanto sangue >> aggiunse Kili con un tono inquietante, che fece spaventare Bilbo ancora di più.  

I due fratelli risero silenziosamente per come aveva reagito il loro compagno, ma vennero subito rimproverati da Thorin, che nel frattempo si era svegliato. 

<< Lo trovate divertente? >> e Fili e Kili smisero immediatamente di scherzare.  

<< Un’incursione notturna degli orchi è uno scherzo? >>. 

<< Non intendevamo dire niente >> tentò di giustificarsi Kili. 

Per quanto a Beth non piacesse Thorin, gli diede ragione. Non ci trovò niente da ridere.  

<< No, infatti. Non sapete nulla nel mondo >> gli rispose severamente e si allontanò da loro, mettendosi a guardare l’orizzonte. 

<< Non farci caso, ragazzo >> disse Balin a Kili, avvicinandosi al fuoco. 

<< Thorin ha ragione più di altri, di odiare gli orchi. Dopo che il drago conquistò la Montagna Solitaria, il re Thror tentò di riprendersi il Regno dei nani di Moria >> iniziò a raccontare. 

<< Ma il nostro nemico era arrivato prima. Moria era stata presa da legioni di orchi, capeggiati dal più vile della loro razza. Azog, il Profanatore. L'Orco Gigante di Gundabad aveva giurato di sterminare la stirpe di Durin >>. 

Bilbo si era seduto accanto al fuoco e ascoltava Balin con attenzione, senza muovere un muscolo. 

<< Cominciò decapitando il re. Thrain, il padre di Thorin, divenne pazzo per il dolore. Scomparve, fatto prigioniero o ucciso. Noi non lo sapevamo. Eravamo senza una guida. Sconfitta e morte erano su di noi. E fu allora che io lo vidi. Un giovane principe dei nani che affrontava l’Orco Pallido. Fronteggiava da solo questo terribile nemico. Con l’armatura squarciata, brandendo solamente un ramo di una quercia come scudo. Azog, il Profanatore, imparò quel giorno, che la stirpe di Durin non sarebbe stata facile da troncare. Le nostre truppe si rianimarono e respinsero gli orchi. Il nostro nemico era stato sconfitto. Ma non ci furono feste quel giorno, né canti. Perché i nostri morti superavano di gran lunga il nostro cordoglio. Noi pochi eravamo sopravvissuti. E allora pensai, fra me e me: “Là, c’è uno che potrei seguire. Là, c’è uno che potrei chiamare re” >>. 

Beth conosceva quella storia, ma sentirla da un testimone che aveva vissuto sulla propria pelle quell’atroce esperienza, era un’altra cosa. Vide Thorin  ritornare verso di loro con un’espressione malinconica. Era la prima volta che Beth lo vedeva così... triste. 

<< E l’Orco Pallido? >> chiese Bilbo, << Che fine ha fatto? >>. 

Fu Thorin a rispondergli. << Tornò strisciando nel buco da cui era fuoriuscito. Quel lerciume, morì per le ferite tempo fa >>. 

E una volta chiusa quella conversazione, tutti tornarono a dormire. Beth non tornò nel suo giaciglio, rimase lì abbracciata a Gandalf. E questa volta, riuscì a riaddormentarsi. 

******************************** 

Passarono un paio di settimane da quando Balin aveva raccontato quella tetra “favola della buonanotte”, ma ormai tutti se ne erano dimenticati. In quel momento c’era una pioggia torrenziale talmente pesante, che sembrava stare sotto a delle cascate. Non potevano certo trovare un riparo, d’altronde non ce n’erano nelle vicinanze. E non potevano perdere tempo per cercarne uno. Dovettero procedere avanti sotto l’acqua gelida. Tutti erano bagnati fradici e questo li mise un po’ di cattivo umore. 

<< Signor Gandalf! Non potete fare qualcosa per questo diluvio? >> chiese Dori indignato. 

Beth, però, sapeva che non poteva fare niente. 

<< Sta piovendo, mastro nano. E continuerà finché la pioggia non avrà finito >> gli rispose Gandalf semplicemente. << Se desideri cambiare il clima del mondo, dovrai trovarti un altro stregone >>. 

<< Ce ne sono? >> chiese Bilbo. 

<< Di cosa? >>. 

<< Altri stregoni >>. 

<< Noi siamo cinque! >> gli rispose Gandalf con orgoglio. << Il più grande del nostro ordine è Saruman il Bianco>>. 

<< Oh, altroché se è grande! Un grande antipatico, un grande ostinato e un grande presuntuoso >> disse Beth senza troppi peli sulla lingua. Stava cavalcando al fianco di Bilbo, quando Gandalf si voltò verso di lei esterrefatto. 

<< Non guardarmi così! >> gli rispose lei. 

Gandalf era troppo buono per ammettere che Beth aveva ragione. Poi riprese il discorso. << Poi ci sono i due Stregoni Blu, ma ho completamente dimenticato i loro nomi >>. 

<< E chi è il quinto? >> chiese ancora lo hobbit. 

<< Beh, quello sarebbe Radagast il Bruno >>. 

<< È un grande stregone o è.… più come te? >>. 

Beth rise per quello che aveva detto Bilbo, ma soprattutto per l’espressione offesa di Gandalf. 

<< Credo che sia un grandissimo stregone! A modo suo. Ha un animo gentile, che preferisce la compagnia degli animali agli altri. Tiene un occhio sulle vaste foreste, lontano ad est. Ed è una cosa molto buona! Perché sempre il male tenterà di mettere piede in questo mondo >>. 

Beth aveva incontrato Radagast solo una volta quando era piccola, ma se lo ricordava perfettamente. Era un tipo molto strambo, ma aveva un buon cuore. Lei e suo padre dovevano incontrarlo per dargli delle pozioni particolari e con loro c’era anche Adam, un suo grande amico. Non appena vide Radagast, Adam fu scettico verso di lui, ma quando vide che Radagast si occupava amorevolmente degli animali, lo rivalutò subito. Anche Adam adorava gli animali. 

<< Miss Lomien....>> le chiese Dori, speranzoso che avesse la soluzione per far cessare la pioggia, ma non ce l’aveva, perciò lo interruppe prima che potesse finire. 

<< No! Non posso far smettere di piovere >>. 

Nel frattempo notò che Bilbo stava fissando il suo rubino. 

<< Ne esistono altri? >> le chiese. 

<< Al mondo ne esistono solo dieci. Proprio come le dieci divinità che scesero sulla terra e crearono gli alchimisti >> gli spiegò. << I primi tre sono dei medaglioni: uno d’oro, uno d’argento e uno di bronzo. Poi c’è il mio. E a seguire ci sono lo zaffiro, lo smeraldo, l’ametista, il diamante, l’ossidiana e la perla. Ognuno di questi gioielli rappresentano un dio. Io rappresento il dio Lomien. Nella Terra di Mezzo esistono molti alchimisti, ma solo i più potenti possono indossarli >>. 

<< Possono indossarli altri, a parte gli alchimisti? >>. 

<< No. Dovresti nascere con queste >> e si tirò su una manica, mostrandogli alcune delle sue voglie scure sul suo braccio. 

<< Con quei segni, gli alchimisti sono impregnati di energia divina. La stessa che usano sugli elementi della natura, per poter creare le loro pozioni. Un uomo non ne possiede neanche un granello. Di conseguenza non riuscirebbe a creare nemmeno la pozione più basilare. Creerebbe solo una poltiglia di acqua sporca inefficace >> disse Gandalf. << E al tempo stesso, li rende necessariamente resistenti ai gioielli. Per loro sono delle semplicissime collane, ma chi non è un alchimista e tentasse di indossarlo, potrebbe morire tra dolori e sofferenze >> concluse con tono grave. 

Bilbo si preoccupò per quella spiegazione. 

<< Rilassati! Succede di rado. E solo se si hanno cattive intenzioni >> lo rassicurò Beth. 

<< Immagino che ve li tramandiate di padre in figlio >> chiese Fili. 

<< Sì, ma non è sempre il primogenito a riceverlo >> precisò lei. << A volte, in una famiglia non tutti i figli nascono con le voglie, di conseguenza il gioiello passa al minore o al mezzano. Oppure nessuno di loro è un alchimista e il successore diventa il proprio fratello o la propria sorella. O magari i propri zii o cugini >>. 

Loro dieci non dovevano mai dare per scontato che fosse il primogenito a succedergli. L'Alchimista di Smeraldo precedente, per esempio, era la zia di Adam. Non avendo figli alchimisti, lo smeraldo andò ad Adam. 

<< Ci sono dei rari casi, dove il successore è un alchimista che non fa parte della famiglia >>. 

<< E come fate a scegliere il successore? >> le chiese Kili. 

<< Non siamo noi a scegliere. È il gioiello >>. 

<< Quei gioielli sono l’incarnazione di un dio. Quando sceglie il suo futuro possessore, si illumina e si stacca da quello precedente, per potersi poi attaccare al successivo >> spiegò Gandalf. 

La pioggia cessò finalmente di cadere e i raggi del sole si infilarono tra i rami degli alberi, emanando luce e calore così intensi che si asciugarono tutti quanti. 

********************************* 

Passarono altri tre giorni e quello che avvenne, fu la nottata peggiore di Beth. Ultimamente riusciva a dormire tranquillamente, ma quella notte ebbe un altro incubo. Il peggiore che avesse mai avuto.  

Si era ritrovata in una valle desolata, sotto un cielo notturno rosso sangue. Quando abbassò lo sguardo, trovò ai suoi piedi suo padre sdraiato per terra, con gli occhi sbarrati, fissi a guardare in su. Il corpo era ormai freddo e rigido. Non si poteva fare niente per lui, ma Beth tentò di tamponare con le proprie mani la ferita dietro alla sua testa. Gli urlava di svegliarsi, con le lacrime che non cessavano di cadere. Ma ormai era tardi. Rowan Lomien era morto. Si svegliò di colpo, con la fronte madida di sudore e il respiro affannato. Si guardò le mani, aspettandosi di trovarle sporche di sangue. Il sangue di suo padre. Ma erano completamente pulite. Guardandosi intorno, vide che tutti stavano dormendo. Meglio così, non voleva essere vista in quello stato da nessuno di loro.  

Improvvisamente cominciò ad avere la nausea e, con uno scatto, si alzò e corse verso un gruppo di massi, lì accanto. Si appoggiò ad uno di essi con le mani e vomitò quello che aveva cenato. Ebbe qualche colpo di tosse e quando si sentì meglio si sedette su un masso, tenendosi la testa tra le mani. Non sognava suo padre da tanto tempo, soprattutto il suo cadavere. Aveva cercato in tutti i modi di dimenticare la sua morte, ma non ne fu mai capace. La sua gola iniziò a stringersi. Gli occhi le pizzicarono. Le veniva da piangere. 

“Non ti azzardare a piangere. Non devi piangere” si disse, ma ormai le lacrime avevano iniziato a scendere sulle sue guance. Tentò di smettere, ma niente. Si impose di stare calma, respirando profondamente, quando sentì dietro di lei un rametto spezzarsi.  

Si alzò in piedi con una velocità sorprendente e alzò sopra la sua testa un coltello da lancio nella sua mano, pronta a colpire. Era Thorin. Per un momento rimasero immobili a guardarsi, finché Beth non realizzò che aveva ancora le lacrime agli occhi. Se le asciugò con rabbia, girandosi dall’altra parte. Non voleva che lui la vedesse così. Cercò di ignorarlo, mentre si risedeva sul masso e si passò le mani sulle braccia per cercare un po’ di calore. Ma Thorin non se ne andò. Le mise sulle spalle il suo soprabito e si sedette accanto a lei. Quel gesto la sorprese, ma in quel momento non voleva la pietà di nessuno. 

<< Non mi serve >> gli disse scontrosa e tentò di toglierselo. 

<< Tienilo >> le rispose. Sembrò più un ordine, che una cortesia. Beth fu incerta, ma alla fine se lo rimise addosso. 

<< Tu non hai freddo? >> gli chiese. 

<< Io sto bene >>. 

Nessuno dei due parlò, né si guardarono. Rimasero lì seduti, l’uno accanto all’altra, a osservare l’orizzonte senza muovere un dito. Dovette ammettere che quel soprabito era caldo! La pelliccia era morbida ed emanava un piacevole odore di pino. 

<< Hai sentito tutto? >> chiese Beth. 

<< Sì. Come ti ho sentito per le altre notti >>. 

Si girò per guardarla negli occhi. << Ho il sogno leggero >> ammise. 

“Oh, no!”. Ogni volta che si era agitata nel sonno, lui l'aveva sentita? Avrebbe pensato che lei fosse una codarda. Ritornò a guardare davanti a sé, cercando di ignorarlo. 

<< Gandalf lo aveva detto, che non sarebbe stato facile per te >> le disse e lei tornò a guardarlo accusatrice nei suoi occhi azzurri. 

<< Ah, sì? E che cos’altro ti ha detto di me? >>. 

Sperò che lo stregone non gli avesse raccontato del suo ultimo viaggio, altrimenti lo avrebbe buttato in un fosso alla prima occasione. Fortunatamente Thorin le fece capire che Gandalf era stato vago, quando gli aveva parlato di lei. 

<< Che sei una in gamba >> le disse. Questa volta, sentì nella sua voce una piccola nota di gentilezza. Non era affatto male la sua voce: ascoltandola bene era calda e profonda. Le piaceva molto. 

<< L’alba è ancora lontana. Sarà meglio che tu torni a dormire >> disse Thorin. Beth si irrigidì all’istante. 

<< No, non posso >> tagliò corto. 

<< Sì che puoi >> insistette Thorin, << Va a dormire >>. 

E Beth alzò la voce, << Non ci vado a dormire! Chiaro? Non ci riesco! >>. 

Si pentì di averlo detto, perché Thorin la guardò con rimprovero. 

<< Scusa >> gli rispose, << Ho avuto una brutta esperienza tempo fa. E questo mi ha reso paranoica >>. 

Lui sembrò capire, perché il suo volto si rilassò. 

<< Non so cosa ti sia successo, ma il passato non può farti del male. Ammenoché tu non glielo permetta >>. 

Gli occhi azzurri e penetranti di Thorin incrociarono i suoi color nocciola. Beth sentì qualcosa dentro di sé, non sapeva cosa, ma la fece sentire meglio. Non pensava che un nano burbero e taciturno come lui, potesse dirle tutto questo. 

<< Va a dormire, per favore >> ripetè Thorin pacato. E questa volta fu una richiesta, non un ordine. 

<< Solo se vai a dormire anche tu >> gli rispose.  

Non sapeva perché lo aveva detto. Vide Thorin annuire e le disse che l’avrebbe raggiunta; voleva restare lì un altro po’. Beth si alzò in piedi, ma prima di andarsene, gli restituì il soprabito, dicendogli << Grazie >>.  

Non fu facile riprendere sonno. Dopo che Thorin le aveva parlato, aveva il cuore a mille e le sue guance erano arrossite. Rimase sveglia per tutta la notte, ma riuscì inaspettatamente a riaddormentarsi. Dormì solo pochi minuti prima dell’alba, ma era riuscita a riaddormentarsi. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - I troll ***


Capitolo 6 

I troll 

 

Nelle notti successive, Beth dormì sempre vicino a Gandalf. Gli incubi non erano ancora spariti e ancora si svegliava agitata, ma in compenso si rimetteva a dormire, dopo essersi calmata. All'inizio non fu facile: si riaddormentava quando ormai mancava poco all’alba, finché non ci prese l’abitudine. Poi, gradualmente, i brutti sogni si affievolirono, finché riuscì a dormire molto di più, svegliandosi più fresca e riposata.  

Gandalf notò che le sue occhiaie erano sparite e, purtroppo, anche il fatto che Beth si mettesse a fissare Thorin. Da quando le aveva parlato non riusciva a togliergli gli occhi di dosso: lo guardava mentre cavalcava davanti a lei, quando cenavano attorno al fuoco, quando parlava con gli altri. Distolse lo sguardo da lui, quando notò che Gandalf la stava fissando. 

<< Che c’è? >> gli chiese. 

Lui le sorrise compiaciuto. << Tra te e Thorin è successo qualcosa >>. 

Lei arrossì, colta sul fatto. << Cosa? Ma non è vero! >>, tentò di mettere fine a quella conversazione imbarazzante, ma Gandalf non smise di sorridere. 

<< Ho avuto un incubo e abbiamo parlato. Tutto qui >> ammise rossa in volto. << Ma poi perché devo giustificarmi con te? >>. 

<< Ma non devi giustificarti >> le disse lo stregone, << Sono solo sorpreso, tutto qua. Pensavo che non volessi dare troppa confidenza ai nostri compagni di viaggio >>. 

<< Ed è così >> rispose lei.  

Tecnicamente, non era entrata in dettaglio quando aveva parlato con Thorin, era rimasta sul vago. Non gli aveva detto niente di niente. E non si erano più parlati dopo quella sera. 

<< Quindi finiscila! >> sbottò lei innervosita. 

<< Di fare cosa? >> le chiese ingenuamente. 

<< Mi guardi come se avessi una cotta >>. 

<< Va bene! Scusa >> le rispose ridendo. 

Thorin sentì le sue risate e si girò verso di loro. 

<< Che succede? >> chiese. 

<< Niente! >> rispose Beth, troppo in fretta.  

Sentì l’imbarazzo bruciare sul volto. Era la prima volta che le capitava. Thorin non fu molto convinto, ma lasciò perdere e andò avanti. “Maledetto stregone!”, pensò Beth con le labbra serrate e colpì Gandalf infastidita, spingendolo per la spalla. Anche se questo lo fece ridacchiare di più. 

*************************** 

Il sole non era ancora tramontato quando Thorin si fermò. 

<< Ci accamperemo qui per la notte. Fili, Kili occupatevi dei poni. Non perdeteli di vista >> disse. 

Nel frattempo Gandalf entrò dentro i resti di una piccola capanna di fronte a loro. Beth era ancora accanto al suo cavallo, ma notò che Gandalf sembrava turbato mentre ispezionava l’abitazione. Ormai era logora e ricoperta di edera, ma sia lui che Beth capirono che c’era qualcosa che non andava. 

Mentre Thorin lo raggiunse, Beth si guardò intorno. L'istinto le diceva che c’era qualcosa di grosso lì vicino. Quella capanna non era stata distrutta da un temporale o da un incendio. La sua attenzione venne attratta da Thorin e Gandalf. Non sentì ciò che dicevano, ma parve che stessero litigando. Sembravano due cani pronti a sbranarsi a vicenda. Ne ebbe la conferma quando Gandalf si allontanò da lui, nero in volto. 

<< Va tutto bene? >> chiese Bilbo, ma non ottenne risposta. << Gandalf dove vai? >>. 

<< A cercare l’unico qui della compagnia che abbia un minimo di buon senso >> gli rispose irato. 

<< E chi è? >> 

<< Io stesso Signor Baggins! >> urlò Gandlaf.  

Beth non lo aveva mai visto così furioso. Ne rimase scioccata. 

<< Ne ho abbastanza di nani per un giorno solo! >>. 

E raggiunse il suo cavallo, senza degnare nessuno di uno sguardo. Beth lo seguì di corsa. 

<< Gandalf! Dove stai andando? Gandalf! >> ma lui non la ascoltò. Salì sul cavallo e se ne andò, lasciandola lì. 

<< Gandalf! >> lo chiamò lei di nuovo, ma lui non si voltò. << Idiota!!! >> urlò furiosa. 

Prima la convinceva a partire con lui e poi la piantava in asso senza dire una parola! Bilbo le si avvicinò preoccupato. << Tornerà mai? >> le chiese. 

Onestamente lei non ne aveva idea. << Lo spero per lui >> gli rispose. 

Si voltò verso Thorin e camminò spedita verso di lui. 

<< Cos’è successo? >> gli chiese con rabbia. Voleva delle spiegazioni e subito! Thorin non disse niente, non la guardò nemmeno. 

<< Hei! Sto parlando con te! Mi stai ascoltando? >>. 

E lui alzò lo sguardo su di lei. << Questo non ti riguarda ragazzina! >> le rispose lui, << Se la cosa non ti va bene, puoi correre da lui e attaccarti alla sua gonna >>. 

Come osava, quel brutto idiota! Se pensava di spaventarla con quel tono minaccioso, si sbagliava di grosso. Anzi, la fece infuriare ancora di più. E lei non permetteva a nessuno di metterle i piedi in testa. Mai. 

<< Sentimi bene idiota, lui non è la mia balia! È mio amico! L'unico che mi è rimasto vicino! E se credi di avere a che fare con una lattante ti sbagli di grosso! >> gli rispose lei per le rime. Nessuno dei presenti osò fiatare. Si percepì una tensione palpabile tra i due. 

<< Non ti ho chiesto io di venire! >> ribatté lui. 

<< Oh! Beh, grazie di nulla “grande capo”! E pensare che stavi cominciando a piacermi >> concluse Beth. Prima di andarsene, lo guardò con odio, rispondendogli << Non contare su di me, quando ti ritroverai in difficoltà >>. 

******************************* 

Per tutta la sera Beth stette lontana dal gruppo, restando in disparte. Nessuno dei presenti osò avvicinarsi a lei. Sembravano intimoriti. Era talmente arrabbiata che si sfogò contro il tronco di un albero, lanciandogli contro i suoi coltelli senza tregua, prendendolo a pugni e a calci. Rimase lì per ore ad allenarsi, senza rendersi conto che ormai si era fatto buio. Si fermò solo, quando Bilbo arrivò alle sue spalle con una ciotola di zuppa calda in mano. 

<< Pensavo che avessi fame >> le disse intimidito. 

<< Beh, sì. Ho fame >> gli rispose. Piantò con un lancio un altro coltello nel tronco, in mezzo ad un’altra dozzina di coltelli, si tolse il cappotto e prese la zuppa dalle mani di Bilbo, sedendosi per terra a gambe incrociate. Lo hobbit, un po’ indeciso, si sedette accanto a lei. 

<< Non...mangi insieme a noi? >> le domandò. 

<< No >> gli rispose scontrosa, << Ammenoché non venga a chiedermi scusa >>. Ovviamente si riferiva a Thorin.  

La notte in cui ci aveva parlato era così diverso e non aveva mentito quando aveva ammesso che iniziava a piacergli. Certo, non si erano più rivolti la parola, ma da quel momento Beth lo aveva visto sotto un altro punto di vista. Aveva cominciato a pensare che non fosse poi così male. Poi Gandalf se ne era andata ed era ritornato il solito arrogante. Bilbo non osò aprire bocca e Beth notò la sua espressione dispiaciuta. 

<< Mi dispiace. Non è con te sono arrabbiata >> si scusò lei. 

Bilbo le sorrise un pochino, come se volesse dire “Non importa”. 

<< Non è saggio farti arrabbiare >> tentò di sdrammatizzare. 

<< No, non lo è >>. 

<< Immagino che il tuo fidanzato debba rispettarti molto! Se no lo facesse, sarebbe la fine per lui >>. 

<< Io non ho un fidanzato >> gli rispose. 

Bilbo la guardò sorpreso, mentre lei si gustava la zuppa. << Davvero? >>. 

<< Molti ragazzi mi hanno sempre fatto la corte, ma solo perché sono ricca. Ai loro occhi sono solo un capriccio. Mi guardano come...come se fossi un dolce. Capisci che intendo? >>. 

Bilbo non si aspettò un’affermazione così realista, ma annuì. Beth abbassò lo sguardo, aggiungendo << E poi, sono troppo antipatica per piacere ad un uomo >>. 

Con la solitudine e i ragazzi avidi, Beth aveva sviluppato un brutto caratteraccio; non gliene importava niente se mancava di rispetto a qualcuno che non le piacesse. Lo guardava dritto in faccia e gli diceva cosa pensava realmente di lui. 

<< Io non ti trovo antipatica >> le disse Bilbo con convinzione. 

<< Dici così solo perché ti faccio pena >>. 

<< No, invece. Un po’ taciturna, forse. E irascibile, ma non ho mai pensato che fossi antipatica >> affermò. 

Beth lo guardò stupita, nessuno le aveva detto una cosa del genere da anni. 

<< Dici? >> chiese e lo hobbit annuì. Rimase con lei a farle compagnia, parlando del più e del meno, finché Bilbo non si alzò per riportare indietro la ciotola. Non era stata affatto male la cena. 

<< Torno subito >> le disse Bilbo. Nel frattempo Beth si rimise il cappotto e staccò i coltelli dal tronco, infilandoseli nella cintura. Rimase lì con il volto in alto, a guardare il cielo stellato, mentre aspettava Bilbo. La rabbia era svanita, parlando con lui. Le mancava parlare con un amico. Ad un certo punto, si accorse che Bilbo stava tardando a tornare. Aspettò ancora qualche minuto, ma lo hobbit non si fece vedere. Si incamminò verso l’accampamento, quando scoprì che non c’era nessuno. Pensò che i nani e lo hobbit l’avessero lasciata lì, ma per terra c’erano ancora tutti i loro viveri e le coperte; il fuoco era ancora acceso e le ciotole di zuppa erano state gettate per la fretta. Beth si guardò intorno e si rese conto che i poni e il suo cavallo non c’erano più. Le tracce degli zoccoli erano ancora fresche. Dovevano essere scappati. C'erano anche degli alberi sradicati nei dintorni. Qualcosa di grosso era passata di lì e probabilmente, i nani si erano allontanati per respingerla. 

Beth avanzò lentamente tra gli alberi con le orecchie tese e gli occhi spalancati, tirando fuori i coltelli. Ad un certo punto, vide una luce in lontananza, sinceramente dovuta ad un falò acceso. Con molta attenzione si avvicinò verso il fuoco e quando fu abbastanza vicina, vide tre grossi troll. Avanzò ancora un po’, poi si arrampicò su un albero per osservarli meglio. Fu allora che trovò i nani e lo hobbit. Metà di loro erano legati sopra il fuoco ardente, mentre uno dei troll li girava lentamente, come se stesse arrostendo un maialino. Volevano mangiarseli! Accanto a loro, gli altri erano legati dentro sacchi, da cui spuntavano solo le teste. Cercavano di liberarsi, dimenandosi incessantemente, ma era tutto inutile. 

“E adesso?” pensò Beth. I troll erano molto stupidi e goffi, ma era difficile ammazzarli. La loro pelle era molto resistente e l’unico modo per sconfiggerli, era esporli alla luce del sole. Solo pochi secondi e si sarebbero tramutati in pietra. Doveva inventarsi qualcosa. E alla svelta! Altrimenti i suoi compagni sarebbero diventati la cena di quei brutti bestioni. 

<< Scordiamoci il condimento! Non abbiamo tutta la notte >> disse uno dei troll. 

<< L’alba non è lontana, diamoci una mossa! Non mi piace essere trasformato in pietra >>. 

“Aspetta, l’alba non è lontana?” pensò Beth. Ma certo! Non poteva ucciderli, ma poteva guadagnare tempo! La luce del sole avrebbe fatto il resto. Si appoggiò al tronco dell’albero, riflettendo attentamente, poi cominciò a frugare nella sua borsa. Trovò velocemente ciò che le serviva: un distillato in una minuscola fiala e un unguento speciale in un piccolo barattolo. Si fermò quando sentì la voce di Bilbo parlare ai troll. 

<< Aspettate! State facendo un terribile sbaglio >> disse risoluto. 

“Ma che stai facendo, scemo? Vuoi farti mangiare subito” pensò Beth allarmata. I nani gli dissero la stessa cosa, ma lui si alzò in piedi e si avvicinò a loro, saltellando dentro al sacco. 

<< Io parlavo del condimento! >>. 

<< Cosa centra il condimento? >> gli chiese uno dei troll. 

<< Ma li hai annusati? Ci vuole qualcosa di più forte prima di servirli su un piatto >>. 

Adesso capì! Il secondo troll si era lasciato sfuggire il fatto che diventassero pietra alla luce del giorno e Bilbo lo aveva sentito! Stava guadagnando tempo. Beth elogiò mentalmente lo hobbit e tornò a prestare attenzione alla sua “trappola”. 

<< Che ne sai di come si cucina un nano? >> chiese un troll, venendo poi interrotto dal suo compagno. 

<< Stai zitto! Sentiamo lo scasshobbit che dice >>. 

Mentre parlavano, Beth si infilò il distillato in tasca e cambiò i suoi guanti a mezze dita, con un paio di pelle interi. 

<< Il segreto per cucinare un nano è...>>. Bilbo si interruppe, pensando a cosa dire.  

Il troll si fece impaziente, << Sì? Forza! Dicci il segreto >>. 

<< Sì, te lo sto dicendo! Il segreto è...>>. 

“Su, forza! Prendi tempo, stai andando bene!”, pensò Beth mentre passava con attenzione l’unguento sulle lame dei suoi coltelli con un pennellino. “Dì qualcosa! Qualunque cosa!”, lo pregò. 

<< È …spellarli prima >> e tutti i nani imprecarono rabbiosi contro di lui. 

<< Maso, prendimi un coltello da filettatura >>. 

<< Cacchio >> sussurrò Beth. Rimise di corsa l’unguento nella borsa e si preparò ad attaccare, quando il terzo troll prese Bombur dai piedi per mangiarselo crudo.  

Fortunatamente Bilbo intervenne in tempo. << No! Non quello là! È infetto! Si. Ha dei vermi nelle sue...tubature >> e il troll lo ributtò a terra disgustato. 

<< In effetti ce li hanno tutti! Sono infestati da parassiti. Io non rischierei, dico davvero! >> si affrettò ad aggiungere. 

All'inizio i nani la presero sul personale e inveirono contro Bilbo, che nel frattempo stava alzando gli occhi al cielo, come Beth. “Che imbecilli” pensò rassegnata. Poi Thorin capì le intenzioni dello hobbit e, dopo aver dato un calcio a Kili, i nani cominciarono a gridare quanto fossero grandi i loro parassiti, creando confusione tra i troll. Uno di loro, però non fu molto convinto. 

<< E secondo te che ne facciamo di questi? Li lasciamo andare? >> chiese minaccioso a Bilbo. << Credi che non so cosa ti frulli nel cervello? Questo piccolo furetto ci sta prendendo per degli stupidi! >>. 

Il cielo stava iniziando a schiarirsi. Era solo una questione di tempo e sarebbe sorto il sole. Doveva agire subito! Si spostò tra i rami, saltando su quello più vicino ai troll. 

<< Furetto? >> chiese Bilbo offeso. 

<< Stupidi? >> gli fece eco il secondo troll.  

Beth apparve sopra di loro sul ramo più scoperto dell’albero. 

<< Hei, bestioni! >>.  

E con un ghigno, stappò la fiala coi denti, sputò il tappo e ingerì il distillato. Aveva un orribile sapore dolciastro si zucchero e arancia, che le provocò uno strano formicolio alle gambe. 

<< E quella chi è? >>. 

<< Che ne so io! >>. 

<< Ci mangiamo anche lei? >> si domandarono i troll a vicenda. 

“Certo! Se riuscite a prendermi, prima” pensò Beth soddisfatta e, con agile maestria, saltò giù dal ramo e si mise a correre da tutte le parti ad una velocità sonica. Era così veloce che, correndo avanti e indietro, sembrava che ci fossero tante Beth. I troll non sapevano dove guardare: si guardavano intorno confusi e ogni volta che tentavano di acchiapparla, cadevano per terra per la mancanza di equilibrio. Beth ne approfittò per colpirli ripetutamente con i suoi coltelli sulle loro grassocce braccia e sulle gambe. Provocò solo dei graffi superficiali, ma non importava. Bastava solo che l’unguento sulle lame entrasse in contatto con la loro pelle. E poi anche un semplice graffio poteva fare male e Beth ne aveva inferti parecchi a tutti e tre, come uno sciame di vespe. Ben presto i troll cominciarono a rallentare stremati e ormai, l’unguento gli era entrato nel sangue. I loro arti cominciarono ad appesantirsi, perdendo sensibilità. Per loro risultò faticoso solo ad alzare un braccio. Quello che Beth gli aveva iniettato, era un paralizzante molto forte; bastava solo toccarlo e la pelle lo assorbiva velocemente, immobilizzando ogni muscolo del corpo per quasi sei ore. Sei ore senza avere la possibilità di muoversi; avrebbe reso docile come un gattino perfino una bestia feroce. I troll si muovevano a stento, così Beth smise di correre, fermandosi davanti a Bilbo. Stava per alzare il braccio per lanciare un coltello, quando comparve Gandalf davanti a loro. 

<< L’alba vi prenderà tutti! >>. 

E sbattendo il bastone con forza, spaccò in due il masso su cui ergeva e la luce del sole inondò la radura. In pochi secondi, i tre troll divennero delle statue di pietra. Tutti esultarono e risero di gioia, ma solo quando vide Thorin guardarla sorridente, Beth venne contagiata da quell’euforia collettiva. Un'euforia che non provava da tanto, troppo tempo. 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - In fuga ***


Capitolo 7 

In fuga 

 

<< Beth! Spegni il fuoco, per favore? >> le chiese Gandalf mentre scendeva dal masso. 

<< Sicuro >>. 

E si mise a correre così in fretta attorno al falò, che creò un piccolo tornado. Il vento creato da lei, riuscì a sollevare della terra e il fuoco si spense, completamente soffocato. Fu Gandalf ad aiutare i nani appesi al tronco a scendere, mentre Beth liberò tutti gli altri dai sacchi, partendo da Bilbo. 

<< Sei stato bravo! >> si complimentò con lui. 

<< Davvero? >>. 

<< Davvero >> confermò, dandogli una pacca sulla spalla.  

L'ultimo che liberò fu Thorin. Era ancora arrabbiata con lui, quando gli si avvicinò però, se ne dimenticò. Si guardarono per un secondo negli occhi, sentendo un po’ di imbarazzo. 

<< Stai bene? >> gli chiese e lui annuì. 

Beth osservò quegli occhi azzurri e magnetici. Si sentì strana, come se fosse in trance. Si impose di distogliere lo sguardo da lui e lo liberò il più velocemente possibile. Si ricambiò i guanti, mentre si allontanò da Thorin. Sentiva di nuovo il cuore batterle forte nel petto. Sebbene l’avesse offesa poche ore prima, aveva avuto paura nel vederlo in pericolo.  

Nel frattempo, Gandalf stava ispezionando le statue di pietra, così lo raggiunse, stando un po’ in disparte dagli altri.  

Gandalf fu esterrefatto quando Beth gli mollò in ceffone. 

<< Te l’avevo detto che me l’avresti pagata >> gli rispose severamente. 

<< Beth...>> tentò di dire Gandalf, ma lo interruppe immediatamente. 

<< Chiudi il becco! Prima mi convinci a partire con te e poi mi lasci qui, brutto ipocrita! Sono stata là ad aspettare che tornassi indietro per più di due ore! Tutto per una discussione tra uomini >>. 

<< Ma sono tornato >> rispose lui. 

<< Non è questo il punto! Anche io ho litigato con Thorin, ma sono rimasta >>. 

Pensava che le avesse risposto a tono, che l’avesse rimproverata. Ma non era pronta per lo sguardo orgoglioso che le rivolse. 

<< Sì. Sei rimasta >>. 

Beth si rese conto solo in quel momento di ciò che aveva appena detto: lei era rimasta! Aveva pensato più di una volta di mollare tutto, di andarsene, di piantare tutti in asso. Invece, era rimasta. Era rimasta! Se ne sorprese e non poco. 

<< Sì...Beh...Non pensare che ti perdoni così facilmente >> tentò di dire, ma non fu tanto convincente, tant’è che lo stregone ridacchiò fra sé e sé. Fortunatamente, Thorin si avvicinò a loro, “salvando” Beth da quella situazione imbarazzante. 

<< Dov’eri andato, se posso chiederlo? >>. 

“Già, dov’eri andato?” pensò Beth, guardandolo inquisitoria. 

<< A guardare avanti >> rispose lo stregone. 

<< E cosa ti ha fatto tornare? >>. 

<< Il guardare indietro >>. 

“Perché deve essere sempre così enigmatico?”. Beth non lo sopportava quando faceva così, ma non ci pensò molto, perché notò uno scambio di sguardi tra i due, facendo intendere che avevano sepolto l’ascia di guerra. 

<< Brutto affare. Sono ancora tutti interi però >>. 

<< Non grazie a lei e al tuo scassinatore >> rispose Thorin, accennando Beth lì accanto a loro. “Aspetta! Era un complimento quello?”. 

<< Hanno avuto il buon senso di guadagnare tempo. Nessun altro di voi ci aveva pensato >> aggiunse Gandalf. 

Thorin guardò Beth, che per tutta risposta alzò le spalle e si appoggiò ad uno dei troll a braccia incrociate, sorridendo compiaciuta. Gandalf si mise ad osservare i troll, facendosi improvvisamente serio. 

<< Devono essere calati dagli Erenbrulli >>. 

<< I troll di montagna non si muovono mai così a sud >> disse Beth, guardando Gandalf. << È singolare. Non pensi? >>. 

<< Beh, non da un’era. Non da quando un potere più oscuro guidava queste terre >>. A Beth non sfuggì gli sguardi che lui e Thorin si scambiarono e capì perché. 

<< Non possono essersi mossi alla luce del giorno >> rispose Beth guardandosi intorno, poi si rivolse di nuovo a loro. << È probabile che nelle vicinanze ci sia una grotta >>. 

Dopo aver setacciato la zona, finalmente trovarono la grotta. Beth preferì aspettare fuori con tutti gli altri. C'era una puzza allucinante. Gli unici che entrarono furono Gandalf e Thorin, insieme a Dwalin, Gloin, Nori e Bofur. Mentre aspettavano fuori, si sedette a gambe incrociate su un masso, vicino a Fili e Kili. Si complimentarono molto con lei per come aveva affrontato i troll, con entusiasmo. Beth non disse nulla, ma non fece che sorridere compiaciuta. Quei due sembravano dei bambini di fronte al proprio idolo. Dovette ammettere che iniziavano a piacerle quei due. 

<< Sembra che tu abbia degli ammiratori >> confermò Bilbo e il suo sorriso le si allargò.  

Gli altri, finalmente, uscirono dalla grotta. Thorin aveva una spada nella sua mano e un lungo pugnale nell’altra. 

<< Bella spada >> gli disse. 

<< I troll hanno accumulato un bel bottino >> spiegò Thorin, poi le porse il pugnale. 

<< So cavarmela da sola >> gli rispose. 

<< Lo so. È per questo che te lo sto dando >>. 

Beth accettò l’offerta. Una volta preso, lo sfoderò per esaminarlo. Era un pugnale di fattura elfica, con una lama di puro acciaio e l’elsa ricoperta di rifiniture d’oro. Dopo aver rinfoderato il pugnale, lo ringraziò mentre se lo allacciava alla cintura.  

<< Avevi detto di non contare su di te, se mi fossi trovato in difficoltà >> le rispose Thorin. Beth si dispiacque per ciò che gli aveva detto la sera prima. 

<< Ero arrabbiata. Non lo pensavo davvero >> ammise lei. 

<< Gandalf aveva ragione su di te >> le disse, << Sei davvero una in gamba >>. 

Beth non sapeva cos’altro dire. A parte Gandalf e suo padre, nessun altro le aveva detto una cosa simile. Entrami sorrisero l’uno all’altra. Thorin era così diverso quando sorrideva. Sembrava molto dolce e ...bello. Sentì una strana delusione quando smise di guardarla per avvicinarsi agli altri. Lei voleva che stesse lì di fronte a lei. Scrollò la testa per cercare di non pensarci, si sentì molto strana da qunado lo aveva conosciuto.  

Finalmente anche Gandalf uscì dalla grotta; anche lui aveva trovato una spada, ma in mano ne aveva un’altra più piccola. Le dimensioni erano adatte per Bilbo, ma quest’ultimo non aveva intenzione di accettarla, quando lo stregone gliela porse. 

<< Io non ho mai usato una spada in vita mia >> ammise incerto. 

Gandalf gli rispose, << E spero che dovrai mai farlo. Ma nel caso, ricorda questo: il vero coraggio si basa non su quando prendere una vita, ma quando risparmiarla >>. 

Beth sentì tutto e quelle parole la fecero irrigidire, riaprendo una ferita ancora aperta. Risparmiare una vita. Sperò, in cuor suo, che Bilbo seguisse il consiglio e che non avrebbe commesso il suo stesso errore. Qualche anno anno prima lei aveva preso una vita.  

I suoi pensieri furono interrotti quando Thorin urlò, << Arriva qualcosa! >>. 

Con uno scatto, Beth si alzò in piedi e si aggregò agli altri, tirando fuori le armi. Tutti corsero verso il punto da cui stava arrivando l’intruso. Si spostava a gran velocità, avvicinandosi sempre di più. 

<< Ladri! Fuoco! Assassini! >>. 

Quando quella voce urlante li raggiunse, però, scoprirono che era un falso allarme. 

<< Radagast! >> esclamò Gandalf con stupore. Radagast il Bruno si trovava in mezzo a loro, sopra una slitta di legno trainata da un branco di conigli. Gandalf si avvicinò a lui, assicurando che non c’era nessun pericolo e tutti abbassarono le armi. 

<< Che cosa diamine ci fai qui? >> gli chiese Gandalf. 

<< Ti stavo cercando Gandalf >>. Radagast sembrava molto agitato. << C’è qualcosa di sbagliato. Qualcosa di terribilmente sbagliato >>. 

Quando riprese a parlare, si interruppe improvvisamente, dimenticandosi ciò che doveva dire.  

<< Avevo un pensiero e ora l’ho perso. Era qui! Sulla punta della lingua >>. 

In realtà sulla lingua aveva un insetto stecco, che Gandalf rimosse per poi posarlo sulla mano di Radagast. Alla vista di quella scena, Beth si coprì in parte la bocca con le dita, disgustata. I due stregoni decisero di mettersi in disparte per poter parlare. Anche Beth andò con loro dopo che Radagast notò la sua presenza. 

<< Il Bosco Fronzuto è malato, Gandalf >> rispose preoccupato. << L’oscurità è scesa su di esso. Non cresce più niente, ormai. Niente di buono, almeno. L'aria è satura di putredine, ma il peggio sono le ragnatele >>. 

<< Ragnatele? Che intendi dire? >> chiese Gandalf, con il suo bastone in mano e la sua pipa accesa nell’altra. 

<< Ragni, Gandalf. Ragni giganti! Ho inseguito le loro tracce. Venivano da... Dol Guldur >> ammise spaventato. 

Gandalf e Beth gli rivolsero uno sguardo preoccupato. 

<< Cosa? Dol Guldur? >> ripetè Gandalf. 

<< Ma di cosa stai parlando? La vecchia fortezza è abbandonata >> aggiunse Beth, ma purtroppo Radagast fu realista, confermando ad entrambi che non era per niente abbandonata. Nel suo racconto, spiegò che in quel luogo, si nascondeva qualcosa di sinistro: aveva visto degli spiriti dei morti, una cosa che solo la magia nera può fare, e di un misterioso negromante. Radagast era così spaventato che si dimenticò di loro due. Sembrava in trance. Beth lo prese per una spalla e lo scrollò. 

E lui sobbalzò per lo spavento. << Scusate >>. 

<< Prova con questo! Ti calmerà i nervi >> e gli propose di fare una fumata con la pipa di Gandalf. 

<< Inspira...>> e Radagast inspirò profondamente, << ...ed espira >>. 

Quando buttò fuori il fumo, era decisamente molto più rilassato. 

<< Dunque, un negromante >> disse Gandalf, richiamando la sua attenzione. << Ne sei sicuro? >>. 

Radagast non rispose, ma tirò fuori dalla sua veste un oggetto avvolto in tessuto e glielo porse. Gandalf tolse uno dei lacci, scoprendo appena l’elsa di un pugnale. 

<< Non proviene dal mondo dei viventi >> rispose gravemente Radagast. 

All'improvviso sentirono un ululato in lontananza. 

<< È stato un lupo? Ci sono lupi qui intorno? >> domandò Bilbo spaventato. 

“Magari fosse un lupo” pensò Beth mentre lo raggiunse. Tutti alzarono le armi, quando sentirono alle loro spalle un ringhio minaccioso. Un gigantesco mannaro corse verso di loro, pronto ad aggredirli, ma con un colpo di spada, Thorin lo mise fuori gioco. Ma alle sue spalle ne comparvero altri due: uno venne ucciso prontamente da Kili con arco e frecce, l’altro fu sistemato da Beth, tirandogli con assoluta precisione due coltelli da lancio in mezzo agli occhi. Se non lo avesse fatto, Thorin sarebbe stato sbranato all’istante. 

<< Un mannaro ricognitore! Un branco di orchi non è distante! >> constatò Thorin. 

Non sarebbero andati molto lontani! I poni erano scappati e loro erano rimasti a piedi, in uno spazio aperto senza nessun nascondiglio. 

<< A chi hai parlato della tua impresa oltre che la tua famiglia?! >> gli chiese Gandalf autoritario. 

<< A nessuno >> gli rispose con sicurezza il Nano. 

<< A chi l’hai detto?!! >> gli ripetè gridando e Thorin rispose di nuovo, << A nessuno, lo giuro! >>. 

Fu allora che Radagast propose, << Li depisto io >>, ma Gandalf non fu d’accordo e cercò di dissuaderlo. 

<< Questi sono mannari di Gundabad! Ti raggiungeranno! >>. 

<< E questi sono conigli di Rosgobel! Vorrei che quelli ci provassero gli rispose con sfida. Tutti non furono convinti, ma non avevano altra scelta. Più velocemente possibile, Beth si inginocchiò in mezzo a loro, frugando nella sua borsa. Tirò fuori una mezza dozzina di piccole bombolette e le lanciò ai più vicini a lei. 

<< Spuzzatevelo addosso >> ordinò risoluta. 

<< Cosa diavolo sarebbero? >> chiese scettico Dwalin. 

<< Siamo inseguiti da dei predatori, giusto? Se vogliamo guadagnare tempo, dovremo coprire il nostro odore. Non riusciranno a fiutarci per un po’ >> rispose e si alzò in piedi scuotendo una bomboletta. 

<< Spruzzatevelo addosso. Subito >> ripeté e si avvicinò a Bilbo, spruzzandogli il contenuto su tutto il corpo. I nani fecero come aveva detto, scambiandosi a turno le bombolette e quando gliele restituirono tutte quante, si prepararono per la fuga. 

************************ 

Mentre Radagast si faceva inseguire dagli orchi, la compagnia si mise a correre nella direzione opposta, in silenzio e il più veloce possibile. 

Più di una volta dovettero prendere direzioni diverse e nascondersi, perché lo stregone continuava ad allontanarsi e riavvicinarsi. 

Gandalf si mise in testa al gruppo, guidandoli lontano dai loro nemici e per un bel po’ di tempo, i mannari non si accorsero della loro presenza. Tutto grazie alle bombolette di Beth. Quando si nascosero di nuovo e ripartirono, Thorin si rese conto di non riconoscere il territorio. 

<< Dove ci stai portando? >> chiese sospettoso allo stregone. Gli rivolse un rapido sguardo, ma non gli rispose, facendogli intendere che non era il momento adatto per discuterne.  

Corsero ancora e ancora senza fermarsi, finché un orco, a cavallo di un mannaro, si avvicinò a loro. Ancora una volta si nascosero dietro un grande masso, mentre proprio sopra le loro teste il mannaro rimase lì a fiutare. Ciò significava che l’effetto della pozione stava iniziando a svanire. Tutti restarono immobili appoggiati alla parete, senza fiatare, finché Thorin non fece un cenno a Kili. Con molta attenzione, incoccò la freccia e, dopo essere uscito allo scoperto la scoccò, colpendo l’animale. Insieme all’orco, cadde a terra con tonfo; ci pensarono gli altri nani a dar loro il colpo di grazia. Purtroppo quegli esseri mostruosi si misero a strillare prima di perire, rivelando la loro posizione. Ripresero immediatamente la fuga seguendo Gandalf, con gli orchi alle calcagna. A un tratto furono circondati. Si ritrovarono accerchiati e non c’erano più nascondigli. Erano lì, in bella vista! Mentre Kili li colpiva con l’arco e frecce, tutti gli altri sfoderarono le armi, pronti a combattere. 

<< Dov’è Gandalf? >> chiese Dori all’improvviso. 

A Beth le si gelò il sangue quando si accorse che lo stregone era sparito. Di nuovo! 

<< Ci ha abbandonati! >> gridò Dwalin. 

Beth strinse i suoi coltelli. Ora doveva preoccuparsi a restare viva, a Gandalf avrebbe pensato dopo. Gli orchi si avvicinarono lentamente, sempre di più, restringendo il cerchio e le vie di fuga... 

<< Da questa parte, stupidi! >>. 

Tutti si voltarono e Gandalf ricomparve di nuovo dietro di rocce. Senza fare domande si affrettarono a raggiungerlo, scendendo in un passaggio segreto sotterraneo. Thorin rimase fuori per assicurarsi che tutti entrassero. 

Beth stava per raggiungerlo, quando lo sentì chiamare Kili. Di colpo si fermò e voltandosi, vide che Kili era rimasto indietro. Non ci pensò neanche per un secondo: le sue gambe cambiarono direzione, quando il giovane nano stava per essere raggiunto da un mannaro e corse veloce in suo aiuto. Se non avesse lanciato uno dei suoi coltelli in mezzo alla fronte di quella bestia, Kili sarebbe stato sbranato. L'orco che lo montava, però, era ancora tutto intero e si mise a rincorrerlo. 

<< Corri! >> gli gridò Beth e con un balzo, saltò addosso all’orco e caddero per terra. Entrambi cercarono di colpirsi e a immobilizzarsi, finché non la strattonò e si mise sopra di lei, mettendole le mani attorno al collo. Il respiro le mancò, non riusciva a respirare. Tentò di dimenarsi o afferrare il coltello che le era caduto, ma era troppo distante. Non riuscì nemmeno a sfiorarlo! L'orco stava per colpirla con la spada, quando Thorin lo infilzò da dietro. Questo lasciò Beth, che afferrò il coltello e gli tagliò la gola con colpo netto. Thorin la prese per un braccio e la tirò su. 

<< Andiamo! >>. 

Riuscirono ad entrare nel passaggio in tempo, cadendo a terra con un tonfo. Beth si alzò a sedere tossendo, massaggiandosi la gola. Thorin si inginocchiò davanti a lei e le alzò il volto delicatamente con le dita. All'inizio Beth tentò di allontanarsi da lui, ma quel tocco la persuase a rilassarsi. Non immaginava che un nano potesse avere un tocco così leggero. Rimase lì a guardarlo sorpresa, senza dire una parola. Sul viso di Thorin lesse...della preoccupazione? Era in pena per lei? E le aveva appena salvato la vita! Ancora non ci credeva. 

<< Sei ferita? >> le chiese e lei rimase lì a fissarlo come un pesce lesso. 

<< Cosa? >> disse stupidamente.  

Si sentì in imbarazzo e si affrettò a dirgli, << No! No, sto bene >>.  

Thorin sembrò rilassarsi, ma scattò in piedi quando sentirono il suono di un corno. Ci furono colpi di armi, urla e strilli. Qualcuno stava combattendo contro gli orchi. Uno di loro cadde nel passaggio tra loro, ormai morto con una freccia nel petto. Thorin la estrasse per esaminarla. 

<< Elfi >> rispose e la gettò a terra. 

<< Non vedo dove porta questo percorso! Lo seguiamo o no? >> disse Dwalin. 

Davanti a loro c’era un lungo tunnel. 

<< Lo seguiamo, è chiaro! >> rispose Bofur e si incamminarono. 

<< La trovo una cosa saggia >> aggiunse Gandalf e aiutò Beth ad alzarsi. Lei si voltò verso Thorin, ma lui si era già incamminato. Beth avrebbe preferito che fosse stato lui ad aiutarla ad alzarsi. Gandalf le mise una mano sulla spalla e, insieme a Bilbo, chiusero la coda della fila. Il tunnel era stretto, perciò dovettero camminare uno dietro all’altro. Col tempo Beth cominciò a provare una sensazione positiva, tutto a un tratto si sentì bene. Così bene come non era mai stata. Avanzando, quella sensazione crebbe sempre di più, finché non arrivarono alla fine del tunnel. 

L'uscita si allargò e davanti a loro comparve un paesaggio meraviglioso: accanto ad uno strapiombo vi era una valle illuminata dal sole accanto a delle cascate. Si percepiva meraviglia, tranquillità e pace. 

<< La Valle di Imladris >> rispose Gandalf soddisfatto. << Nella lingua corrente è conosciuta con altro nome >>. 

<< Granburrone >> disse Bilbo meravigliato. 

Beth non poté fare a meno di sorridere. << Sono stata in questo posto sedici volte, ma io la trovo sempre bellissima >>. 

Lei e lo hobbit si scambiarono un’occhiata d’intesa. Entrambi erano più che d’accordo sulla bellezza di quel posto. 

Thorin, però, non fu per niente entusiasta del luogo che avevano raggiunto. 

<< Era il tuo piano, sicuro! Trovare rifugio dal nostro nemico?! >> accusò lo stregone. 

<< Non hai nessun nemico qui, Thorin Scudodiquercia >> gli rispose pacatamente.  

<< Il solo malanimo che si trova in questa valle, è quello che porti tu stesso >>. 

<< Pensi che gli elfi vorranno benedire la nostra impresa? Piuttosto tenteranno di fermarci! >>. 

Su questo punto, Gandalf gli diede ragione. << Certo che lo faranno. Ma noi abbiamo delle domande che attendono una risposta. Se vogliamo avere successo, la faccenda deve essere trattata con tatto e rispetto. E non poca dose di fascino. Ecco perché lascerai parlare me >>. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Granburrone ***


Capitolo 8 

Granburrone 

 

Bilbo era incantato dal paesaggio mentre camminava di fianco a Beth. Lei non poté dargli torto. Aveva sempre amato quel luogo. La faceva sentire in pace con sé stessa. Finalmente raggiunsero l’ingresso e attesero su uno spiazzo.  

Quando un elfo discese le scale di fronte a loro per accoglierli, Beth si affiancò a Gandalf. 

<< Mithrandir! >>. 

<< Ah! Lindir! >> lo salutò allegro lo stregone e fece un leggero inchino, in segno di rispetto. 

<< Devo parlare con re Elrond >>. 

<< Il mio signore Elrond non è qui >> gli rispose Lindir. 

<< Non è qui. E dov’è? >> chiese Gandalf risoluto. 

Il suono di un corno in lontananza rispose alla sua domanda. Da un ponte di pietra che precedeva lo spiazzo, arrivarono un gruppo di elfi armati a cavallo. Non appena li vide, Thorin fece riunire tutti gli altri al centro, tirando fuori le armi. Beth sapeva che tra elfi e nani non scorreva buon sangue, ma le parve comunque un atteggiamento esagerato.  

Mentre gli elfi accerchiarono i nani, uno di questi si avvicinò sorridente a lei e allo stregone. 

<< Gandalf! Lizbeth! >>. 

<< Re Elrond! >>. 

Gandalf si inchinò parlandogli in elfico, mentre Beth abbassò lo sguardo per rispetto. Dopo essere sceso a cavallo, Elrond e Gandalf si scambiarono un rapido abbraccio. 

<< Miss Lomien >> lui e Beth si strinsero la mano. << Sei cresciuta >> affermò e Beth, sorridendo, gli rispose << Tu, invece, sei sempre lo stesso >>. 

<< Strano per gli orchi avvicinarsi ai nostri confini >> disse Elrond e porse a Lindir la spada di un orco. << Qualcosa o qualcuno li ha attirati >>. 

<< Ah, magari siamo stati noi >> replicò Gandalf, mostrandogli i nani. 

Elrond e Thorin si avvicinarono. 

<< Benvenuto Thorin, figli di Thrain >> gli rispose Elrond. 

<< Non penso che ci conosciamo >>. 

<< Tuo nonno aveva lo stesso portamento! Conoscevo Thror quando regnava sotto la montagna >>. 

<< Ah, sì? Non ti ha mai menzionato >> rispose Thorin con presunzione. 

A Beth non piacque quell’atteggiamento arrogante. Se fosse nella sua casa, lo avrebbe sbattuto fuori senza tanti complimenti. Però, sapeva bene che Elrond non si faceva mai provocare da nessuno. Parlò a Thorin in elfico: dal tono della sua voce sembrava che lo stesse insultando. 

<< Che sta dicendo? Quello ci sta offrendo insulti?! >> ringhiò Gloin e tutti gli altri lo guardarono in cagnesco. 

<< Vi ha offerto del cibo, imbecille >> spiegò Beth infastidita. 

Così cambiarono idea e accettarono l’offerta. 

<< Ah, beh. Allora facci strada >>. 

Mentre salirono le scale, Elrond si rivolse a Beth. 

<< Immagino che ti ricorda ancora dei tuoi alloggi, Lizbeth >>. 

<< Certo! Come dimenticarli >>. 

Molti secoli prima, Elrond fece costruire nel palazzo un’intera ala dedicata agli alchimisti: c’erano alloggi, bagni personali e un laboratorio. 

<< Tutto è a tua disposizione. Ti aspetteremo per la cena >>. 

<< Non mancherò >> rispose e si avviò, separandosi dagli altri. 

Si ricordava perfettamente dove si trovavano i suoi vecchi alloggi. Quando varcò la porta, trovò ogni cosa pulita e immacolata, senza nemmeno un granello di polvere. 

Gli alloggi riservati ai Lomien erano sempre stati magnifici: i mobili erano in legno di noce scuro e sempre ben lucidati; mentre le tende, i tappeti, le coperte del letto e le poltrone erano di un bel rosso sangue. Le grandi finestre e il balcone erano affacciati verso il fiume che scorreva lungo la valle. E il bagno era spazioso, con una grande vasca nel pavimento. Beth non vedeva l’ora di farsi un bagno, così cominciò a riempire la vasca di acqua calda, dopo essersi tolta il cappotto e gli stivali. 

<< Beth? >>. 

Qualcuno la chiamò e quando si girò, trovò una ragazza dall’aria familiare. 

<< Ila? >> disse Beth con stupore. Ila Ilffrim gettò le braccia attorno al collo, stritolandola in un abbraccio. Beth ricambiò impacciata e quando si staccarono, la osservò meglio: non la vedeva da quindici anni, ma non poté fare a meno di sorridere. 

Ila era sempre stata una ragazzina graziosa, ma ora era bellissima. I suoi capelli biondi erano accuratamente legati in un’acconciatura ordinata e aveva un neo sotto uno dei suoi occhi azzurri, che li faceva risaltare ancora di più. I suoi denti bianchi come la neve, illuminavano il suo sorriso. La pelle era rosa e liscia come quello di un neonato. Un fisico perfetto e le sue mani, sempre pulite e ben curate, erano ricoperte da scure voglie, simili a quelle di Beth. E al collo portava uno zaffiro scintillante. 

<< Oh, Beth quanto mi sei mancata! >> esclamò entusiasta. 

Beth avrebbe voluto dirle la stessa cosa, ma tutto quello che uscì dalla sua bocca fu, << Che ci fai tu qui? >>. 

<< Io? Tu che ci fai qui! Pensavo che avessi chiuso con i viaggi >> le rispose. 

<< Infatti >>.  

Non sapeva che altro dire. Ila, invece, la guardava con affetto e dopo un po’, lei affermò, << Sei una donna, adesso >>. 

Il sorriso di Beth si allargò un po’. 

<< Anche tu >>. 

Entrambe si spogliarono e decisero di fare il bagno assieme; erano solo loro due e non provavano imbarazzo nel vedersi nude. 

<< Non mi hai ancora risposto. Perché sei qui? >> le chiese Beth. 

<< Un viaggio di affari. Sono venuta con mio padre e i miei fratelli. Io resto qui a preparare pozioni e loro mi fanno da corrieri >> le spiegò. 

Ila era la seconda di tre figli; i suoi fratelli, Guy e Jasper, non erano nati con le voglie, perciò fu lei a succedere suo padre e diventò l’Alchimista di Zaffiro. 

<< Loro come stanno? >>. 

<< Stanno bene. Mio padre e mia madre continuano a fare i fidanzatini, Jasper mi appoggia quando incontro un bel ragazzo e Guy fa sempre il fratellone iperprotettivo. Tutto nella norma! >>. 

Risero entrambe, mentre sguazzavano nell’acqua calda. 

<< E tu, invece? >> le chiese Ila. 

Beth le spiegò di Gandalf, dei nani e dell’impresa per riconquistare la Montagna Solitaria. Ila rimase a bocca aperta per tutto il tempo. 

<< Quindi Gandalf ti ha convinto a partire, senza riferirti che avresti viaggiato con dei nani? >> esclamò incredula, mentre si asciugavano. 

<< Esatto! È riuscito a fregarmi >> affermò Beth ironicamente. 

<< Non pensavo che Gandalf potesse farti una cosa simile; sapendo che cosa ti è successo l’ultima volta! >>. 

Ila si rese conto di ciò che aveva detto quando Beth la fulminò con gli occhi. Non aveva voglia di parlarne. Ila la guardò dispiaciuta, così tentò di cambiare argomento. 

<< Cosa ti metterai per la cena? >> le chiese. 

<< Gli stessi vestiti che ho usato per venire qui >> le rispose annoiata. 

Peccato che fossero spariti! Beth frugò in giro per cercarli, ma non li trovò. Ila, invece, aveva una strana luce negli occhi. 

<< Dove sono i miei vestiti? >>. 

<< Li ho mandati a lavare >> le rispose con un sorriso malandrino. 

<< Cosa? >>. 

<< Oh, andiamo! Da quanto tempo non ti cambiavi quei vestiti? Non potevo certo lasciarti andare ad una cena regale, conciata in quel modo! >>. 

Ila aprì l’armadio e le mostrò un semplicissimo, ma elegante abito rosso. 

<< Sta sera indosserai questo! >> esclamò lei con un sorriso a trentadue denti, ma Beth non fu affatto d'accordo. 

<< Assolutamente no. Piuttosto mi presenterò nuda >>. 

<< Beth, andiamo >> 

<< No! Che gli Dei mi possano incenerire se metterò quel coso! >>. 

Beth aveva sempre odiato le gonne. Erano così scomode e lunghe che ci inciampava dentro tutte le volte. Sua madre tentava spesso di fargliele mettere, ma lei si rifiutava, preferendo i pantaloni. Con quelle non poteva nemmeno arrampicarsi sugli alberi. 

<< Lo so a cosa stai pensando, ma ti sbagli! >> disse Ila e alzò una mano in segno di giuramento. << Ti assicuro che quest’abito lo troverai passabile >>. 

E prima che Beth potesse ribattere, Ila posò l’abito sullo schienale di una poltrona e corse verso i suoi alloggi al piano di sopra, per cambiarsi.  

<< Dai, vestiti! Io torno subito! >>. 

Beth sbuffò contrariata. Si sentiva sempre a disagio con quegli abiti; quando un uomo la guardava e la additava, si sentiva presa in giro.  

Mal volentieri, prese l’abito e lo indossò. Ila tornò con un raffinato abito blu. I suoi capelli erano stati raccolti sotto la nuca e il suo zaffiro al collo brillava sul suo petto. Beth la aspettò sulla poltrona, con le braccia incrociate. Se avesse potuto, l’avrebbe incenerita con lo sguardo. Ila non ci badò: le spazzolò i capelli, raccogliendoglieli in una mezza coda e, fortunatamente, non le mise nemmeno un granello di trucco. Quando finì, la fece alzare, prendendola per mano e la condusse davanti ad uno specchio reclinabile. Quando Beth vide la sua immagine riflessa, si irrigidì. Ila era bellissima, come sempre, ma lei non si sentì per niente bella. 

<< Sembro mia madre! >> rispose cupa. 

Fisicamente era molto simile a sua madre e questo non le piaceva. Anzi la disgustava. 

<< No, non è vero! È solo un brutto pensiero >> ribatté Ila. 

“Bugiarda” pensò Beth. Ila si avviò fuori dalla stanza, aspettandola in corridoio. Beth rimase lì a guardarsi ancora un po’, poi con rabbia reclinò lo specchio e si fece coraggio, raggiungendo la sua amica.  

****************** 

Gandalf fu entusiasta di vedere Ila e lei altrettanto. Entrambe le ragazze erano attese da lui, insieme a Elrond e Thorin. Mentre Ila parlava allegramente con loro, Thorin rimase in disparte; Beth pensava che una volta vista Ila, lui non le avrebbe staccato gli occhi di dosso. Invece, il suo volto si illuminò un po’, osservando lei. Si sentì un po’ in imbarazzo. Non si faceva vedere vestita così da un uomo da molto tempo, ma stranamente non si sentì a disagio. In realtà le fece piacere essere guardata così da lui. Il suo malumore cominciò a sparire, sentì il volto che si arrossiva e le venne da sorridere, mentre tentava di nascondere lo sguardo, abbassandolo. Thorin non le disse nulla, ma in compenso ricambiò il sorriso. 

<< Sei stato gentile ad invitarci! Eh, non sono vestito per la cena >> disse Gandalf a Elrond. 

<< Beh, non lo sei mai >> gli rispose Ila sorridendo. 

<< Tu, invece, lo sei sempre mia cara >>. 

Si sedettero al tavolo d’onore, insieme ad Elrond. Beth rimase sconsolata quando scoprì che la cena era a base di verdure. Non c’era nemmeno un briciolo di carne. Anche i nani se ne stavano lamentando. Per Ila, invece, non fu un problema: era vegetariana. 

Nel frattempo, Gandalf ne approfittò per mostrare la sua spada e quella di Thorin a Elrond: erano le spade Glamdring e Orcrist; l’Abbattinemici e la Fendiorchi; entrambe forgiate da dei fabbri elfici. Non sapeva maneggiare molto bene una spada, ma Beth era molto interessata e ascoltò con attenzione. 

<< Le abbiamo trovate nel bottino dei troll sulla Grande Via Est >> gli spiegò. Beth notò che Thorin li guardava diffidente. << Poco prima di un’imboscata degli orchi >>. 

<< E che stavate facendo sulla Grande Via Est? >>. 

Prima che potesse rispondere, Thorin si alzò e raggiunse i suoi compagni. Beth sentì un po’ di delusione, quando si allontanò. Voleva che stesse lì, seduto accanto a lei; voleva solo questo! Tutto qui. Si voltò verso di lui e rimase lì guardarlo, sperando che tornasse. Non gli staccò gli occhi di dosso. Quando lui incrociò il suo sguardo, ebbe un brivido lungo la spina dorsale. Si fissavano intensamente senza smettere. 

<< Beth? >>. 

Quando si sentì chiamare, sobbalzò appena sulla sedia. Si era completamente dimenticata di Elrond, Gandalf e Ila. 

<< Cosa? >> chiese stupidamente. 

Elrond cortesemente ripetè, << Stavo dicendo che è strano il fatto che tu riprenda a compiere delle spedizioni insieme a tredici nani. Dopo molti anni, per giunta >>. 

Beth si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia. 

<< Oh, per questo devi ringraziare lui! Non è vero Gandalf? >> disse sarcastica e lo stregone, abbassò lo sguardo compiaciuto. 

<< Immagino che per te sia stata dura >> le rispose Elrond comprensivo. 

<< Abbastanza. Soprattutto l’inizio >> ammise lei, accennando i suoi incubi, avuti durante il viaggio. 

<< Però...penso di essermi “abituata” a loro >>. 

<< Io credo che, in fondo, ti piacciano >> disse Ila con un sorrisetto malizioso. Lei la guardò inquisitoria. 

<< No, invece. Insomma, finora sono stati...rispettosi. Ma continuo a pensarla allo stesso modo sui nani >> rispose cupa. 

La musica, che fino a quel momento gli elfi avevano suonato, venne improvvisamente interrotta. Bofur era salito in piedi su un piedistallo di pietra e cominciò a cantare qualcosa di più allegro. Questo riempì i nani di euforia e lo seguirono: cantarono, sbatterono i pugni sul tavolo a ritmo di musica e lanciarono dappertutto il loro cibo. Gandalf era imbarazzato quanto Beth, mentre Ila e gli elfi rimasero esterrefatti. 

********************* 

Dopo la cena, Gandalf decise di ritirarsi in un luogo più tranquillo per poter mostrare la mappa ad Elrond. Era uno dei pochi individui nella Terra di Mezzo che sapevano ancora leggere il nanico antico, in questo modo le rune sulla mappa sarebbero state decifrate. Thorin era contrario, ma Gandalf lo convinse a venire con loro, insieme a Balin e Bilbo. 

Nel frattempo, Beth decise di farsi una passeggiata sotto il chiaro di luna. Da quando erano arrivati non riusciva a smettere di pensare a Thorin. Era sempre autoritario e duro con tutti e Beth lo detestava per questo. All'inizio la guardava come se fosse una nullità. Poi aveva parlato con lei; certe volte la fissava con uno sguardo strano; le aveva regalato un pugnale e, infine, le aveva salvato la vita. Si passò le dita sul collo, dove lui aveva posato le sue mani per osservale i lividi, che ormai aveva fatto sparire con un unguento. Era durato pochi secondi, ma lo aveva trovato piacevole. Si ritrovò a desiderare che fosse durato di più. Beth aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo, mentre si immaginava quella sensazione piacevole, poi all’improvviso li spalancò. Si tolse le dita dal collo, come se ne fosse rimasta scottata. Si prese la testa con le mani, facendo dei respiri profondi. 

“Che diavolo succede?” pensò lei esasperata. Aveva sempre odiato i nani! Li aveva da sempre considerati degli avidi doppiogiochisti, ma dopo aver conosciuto Thorin e la sua compagnia, era tutto così confuso e aveva cominciato a mettere in dubbio tutto quello che credeva. Fino ad ora né lei né i nani si erano mai parlati in confidenza, ma nessuno di loro non aveva neanche tradito o aggredito i propri compagni. Si erano rivelati dei nani leali e Beth non era mai stata una persona vile: per questo li aveva salvati dai troll.  

I suoi pensieri furono interrotti dalle risate dei nani. Senza rendersene conto era arrivata vicino agli alloggi che gli avevano assegnato gli elfi. Per un momento esitò e pensò che fosse meglio andarsene, ma alla fine decise di raggiungerli. Tutti erano seduti attorno al fuoco, mentre fumavano le loro pipe e si raccontavano delle storie divertenti. 

<< Hei, Beth! >> esclamò Fili. 

<< Vi dispiace se mi unisco a voi? >> gli chiese lei. 

Kili si spostò per lasciarle un posto, << Certo che no! Prego >>. 

Beth si sedette per terra accanto a lui, incrociando le gambe. 

<< Non ti ho ancora ringraziato >> le disse Kili. 

<< Ringraziato? >> domandò confusa. 

<< Stavo per essere sbranato da un mannaro e tu gli hai trapassato il cranio! Non sarei qui, se non fosse stato per te >>. 

Beth lo guardò stupita. Bilbo aveva ragione: aveva degli ammiratori in quel gruppo. 

<< Nessuno di noi sarebbe qui, se non fosse stato per lei >> lo corresse Bofur. << È apparsa dal nulla in cima ad un albero, urlando “Hei, bestioni!” e ho corso più veloce di una lepre da tutte le parti >>. 

<< E vi ricordate come colpiva dei troll? >> esclamò Fili con entusiasta, << Li stava stendendo alla grande! >>. 

E andarono avanti così per un bel po’. Risero, scherzarono e si raccontarono delle storie. Dopo molti anni si sentì allegra, stando in compagnia con qualcuno. 

All'improvviso sentì un brontolio dallo stomaco di Fili. 

<< Hai fame? >> gli chiese Beth e lui annuì sconsolato. 

<< Non c’era nemmeno uno straccio di carne! Non abbiamo mangiato quasi niente >> si lamentò Dwalin. 

Beth si guardò intorno per accertarsi che non ci fossero elfi nei paraggi. 

<< Beh... io avrei un’idea, per questo >> rispose facendo la finta tonta, per poi essere guardata da un perplesso Kili. 

Facendo molta attenzione, i nani aiutarono Beth a trasportare tre calderoni: due erano molti grossi, alti quasi un metro. Il terzo era grande la metà. Dopo aver acceso altri due fuochi, riempirono i calderoni d’acqua posandoli sopra i carboni ardenti e quando iniziarono a bollire, Beth ci buttò dentro tre diverse dosi di tre polveri diverse. L'acqua bollì molto di più e cambiò forma e calore. Nel calderone più piccolo, l’acqua si tramutò in solidi, piccoli e freschi panini, ma furono i calderoni più grandi che fecero gioire i nani. Uno si riempì di litri e litri di birra, nell’altro comparve un gustosissimo stufato di manzo e patate. Si distribuirono tra loro ciotole e boccali, rimpinzandosi allegramente. Anche Beth non aveva gradito la cena precedente, questa, invece, le fece sparire la fame. 

<< Un po’ di birra? >> le propose Bofur mentre intingeva un pezzo di pane nel suo stufato. 

<< Mi hai preso per un’idiota? Certo che voglio della birra! >> e mentre le porse un grosso boccale di birra, si mise a ridere allegramente. Stava per gustarsela a pieno, quando giunse Ila. 

<< Beth! >> e si fermò annusando il profumo invitante del manzo. Beh, non per lei; non mangiava carne. 

<< È carne quella che sento? >> le chiese sconcertata. 

<< Oh, sì >> le rispose soddisfatta. E iniziò a prenderla in giro, sventolandole sotto il naso la sua ciotola. << Ne vuoi un po’ anche tu? >>. 

Ila si allontanò disgustata. << Beth non puoi mangiare carne qui! >>. 

<< Ma perché non posso? Siamo tutti morti di fame, sta sera! >> ribatté lei e tutti gli altri le diedero ragione. 

<< Andiamo non era così terribile. E poi è molto più sano di questa roba >>. 

<< Sarà anche sano, ma ti devasta l’umore >>. 

<< Beth, ora stammi a sentire...>>. 

Ila stava cominciò ad innervosirsi e le puntò il dito come una maestrina, ma Beth la precedette. 

<< Ila siamo amiche da tanto tempo. Io ti voglio bene e ti rispetto, ma certe volte sei una pianta grassa! >>. 

Ila rimase a bocca aperta e se ne andò indignata. “Quanto è noiosa” pensò Beth alzando gli occhi al cielo. Si sarebbe scusata con lei il giorno dopo. 

<< Non credi di essere stata un po’ dura con lei? >> le chiese Kili. 

<< Le passerà >> lo rassicurò Beth. 

Si alzò da terra e si appoggiò al tavolo su cui lei era seduta. 

<< Ad ogni modo, la tua amica è un vero schianto >> ammise malizioso. 

<< Sì, Ila fa questo effetto ad ogni maschietto >> concordò Beth e bevve tutto d’un fiato quasi tutta la sua birra. 

<< Lei è sempre stata quella bellissima. Io, invece, l’attaccabrighe. In confronto a lei, sono un maschiaccio >> aggiunse e ruttò sonoramente.  

All'inizio i nani la guardarono esterrefatti, ma subito dopo scoppiarono a ridere assieme a lei. 

Trascorsero la serata a ridere e a parlare, poi si misero a suonare della musica allegra. Fu in quel momento che arrivò Thorin, seguito da Gandalf e Bilbo. Anche loro gradirono la cena di Beth. Andarono avanti così per ore e Beth se la stava godendo un mondo, fino a quando Thorin non si mise di fronte a lei e le porse la mano. 

“Non mi starà chiedendo di ballare, spero” pensò allarmata. Lei non sapeva ballare e nessun uomo le aveva mai concesso un ballo. 

<< Oh, no! No, no >> tentò di dire ma Gandalf le diede una spintarella in avanti e Thorin le prese la mano, trascinandola con sé. 

Lo stregone li osservò compiaciuto, ma Beth lo fulminò con la sguardo e si passò sulla gola il pollice, come a tagliarsela. 

<< Thorin, non so ballare! >> gli sussurrò nel panico. 

<< Andrai bene >> la rassicurò lui e le mise una mano sul fianco, mentre con l’altra strinse la sua.  

Beth arrossì come non mai; aveva le gambe che le tremavano, era tutta rigida e il suo cuore le batteva all’impazzata. 

All'inizio non faceva altro che guardarsi i piedi ma poi cominciò a prenderci la mano. Non stavano proprio ballando; saltellavano di qua e di là a ritmo di musica. Beth si fece andare con allegria, abbandonandosi a Thorin che le sorrideva. Si rese conto solo ora quanto lui fosse così bello e d’istinto, gli si avvicinò di più, mettendogli un braccio intorno alle sue spalle. Per tutta risposta, lui la sollevò da terra, prendendola in braccio e girò su sé stesso. Tutti gli altri, nel frattempo, applaudivano. Si percepiva calore e allegria nell’aria e Beth concesse un ballo anche a Fili e Kili, finché non cadde sfinita su un piccolo divano, lì vicino, con un’espressione serena sul volto. 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - La verità ***


Capitolo 9 

La verità 

 

Beth aprì gli occhi, ancora assonnata. Le ci volle un po’ per rendersi conto che si trovava nei suoi alloggi. Non ricordava si essere tornata lì la sera precedente. Qualcuno, forse, l’aveva accompagnata mentre lei era ubriaca. Ma non aveva mal di testa o nausee in quel momento! Non si sentiva male; reggeva molto bene l’alcool e la sera precedente non aveva bevuto così tanto. Era molto più probabile che qualcuno l’avesse portata lì dopo essersi addormentata.  

Quando i suoi pensieri andarono a Thorin si ritrovò a sorridere, mentre osservava il soffitto, sdraiata sul letto. Lei che odiava a morte ballare, si era ritrovata a saltare e girare con lui. L'aveva rassicurata mentre le teneva la mano, fino a quando non si erano messi a ballare abbracciati. Stretta a lui si era sentita euforica; in pace col mondo e con sé stessa; si era sentita al sicuro. 

Si alzò dal letto e aprì le tende. Il sole era ormai alto, aveva dormito molto. Aveva ancora il vestito che le aveva dato Ila, così se lo tolse e si rimise i suoi, completamente puliti. Prese i suoi coltelli e si avviò verso un grande spiazzo di pietra, dove poté allenarsi indisturbata. 

Passò un bel po’ di tempo, quando sentì una presenza alle sue spalle e si voltò di colpo trovandosi di fronte Thorin. Incrociando due coltelli sopra la sua testa, aveva fermato la sua spada. 

<< Sei veloce >> le disse Thorin e Beth lo disarmò in un secondo. 

Abbassò le armi e gli chiese, << Sei stato qui per tutto il tempo? >>. 

Arrossì un po’ quando le rispose di sì. 

<< Combattiamo? >> gli propose timidamente e lui accettò. 

Era un combattente molto bravo: Thorin era forte, ma anche molto lucido. Era molto più lento di lei, ma si difendeva in maniera impeccabile. Aspettava pazientemente che Beth lo colpisse, per poi contrattaccare con strategia. Lei, invece, era molto veloce, agile e reattiva. Combatterono alla pari per tutto il tempo. Nessuno riuscì a battere l’altro per un bel po’, finché Beth non riuscì a disarmare Thorin con fatica. Pensò di aver vinto, ma lui le prese i polsi e la fece cadere per terra, intrappolandola sotto di lui. Beth rimase lì immobile a fissarlo negli occhi con il fiatone. Nessuno l’aveva mai battuta! E lei non permetteva a nessuno di batterla. Thorin le lasciò i polsi per poi stringerle le mani. 

<< ti sei rimessa i tuoi vestiti >> osservò Thorin. 

<< Perché, non ti piaccio così? >>. Le parole le uscirono dalla bocca da sole. 

Si pentì di averlo detto e arrossì per la vergogna. Le parole di Thorin, però, la stupirono di più. 

<< Sì mi piaci >>. 

Beth gli strinse le mani anche lei: erano molto grandi e callose, ma molto calde e confortevoli. I loro visi, invece, erano molto vicini. Gli occhi azzurri di Thorin si riflettevano in quelli nocciola di Beth. Per la prima volta osservò le labbra sottili del nano e, improvvisamente, le venne voglia di baciarle... Thorin si allontanò da lei e l’aiutò ad alzarsi. 

<< I tuoi lividi sono spariti >> notò Thorin osservandole il collo. 

<< Ho usato un unguento apposito >> gli spiegò. 

<< Hai salvato Kili. Non eri tenuta a farlo >> le disse serio. 

<< Lo so >> rispose lei pacatamente. 

<< Stava per ucciderti >>. 

<< Voi stavate per essere mangiati da dei troll >> gli rispose lei sorridendo e Thorin non disse più nulla, non potendole dare torto. 

<< Siamo una compagnia. Dobbiamo difenderci a vicenda, giusto? >>. 

<< Giusto >> rispose Thorin. << Dove hai trovato la cena di ieri sera? >> le chiese mentre lasciavano lo spiazzo. 

<< Polveri nutritive >> gli rispose con fierezza. << Non sono difficili da usare: riempi d’acqua un contenitore, la scaldi sul fuoco e, quando inizia a bollire, getti dentro una manciata di polvere, che si trasforma in qualunque pietanza tu desideri >>. 

Lui ascoltò interessato, ma dopo un po’ Beth cambiò argomento. 

<< Avete mostrato la mappa a Elrond, ieri sera? >>. 

<< Sì >> le rispose un po’ seccato.  

Beth sapeva che Thorin era stato restio a mostrare agli elfi la mappa che custodiva gelosamente. 

<< Scoperto qualcosa? >>. 

<< Abbiamo confermato la presenza della porta nascosta, ma c’è un problema: la sua posizione viene rivelata solo durante il Dì di Durin. Dovremo essere lì quel momento e se non ripartiamo subito, potremmo perdere quest’occasione >>. 

Beth conosceva il Dì di Durin: per i nani era il primo giorno dell’anno e coincideva con l’ultimo giorno d’autunno. E ormai l’estate stava finendo. 

<< E quando dovremmo ripartire? >> gli chiese comprensiva. 

<< Domani, all’alba >> rispose grave. 

<< Vuoi dire che Elrond ci appoggia? >>. 

<< Diciamo che non è in disaccordo, ma ci impedirà di partire. Io e Gandalf abbiamo parlato in privato; prenderà tempo per farci partire di nascosto e in seguito ci raggiungerà sulle Montagne Nebbiose >>. 

A Beth dispiacque sapere che avrebbero dovuto lasciare Granburrone immediatamente. Thorin notò il suo disagio, ma lei gli disse di non dispiacersi per lei. 

<< Non importa! Tanto questo posto rimane qui. Non va da nessuna parte >>. 

Thorin la guardò comprensivo. 

<< Se dobbiamo partire domani, dovrò riempire la mia borsa >> affermò Beth, << Vi raggiungerò questa sera >>. 

Prima di avviarsi, Thorin le chiese, << Avrai un vestito anche sta volta? >>. 

Non si aspettò che le dicesse così: rimase un po’ spiazzata, am poi lo guardò conlo stesso sorrisetto malizioso. 

<< Può darsi >> e se ne andò dirigendosi al laboratorio. 

******************* 

Si assicurò che negli armadi ci fossero delle pozioni già preparate, prima di farne altre. Le esaminò tutte una per una e riempì la borsa di bende pulite, siringhe, fiale, unguenti, bombolette e guanti. Fu in quel momento che Ila entrò nel laboratorio. 

<< Buongiorno >> le disse. 

<< A te >> rispose Beth. Stava attentamente mischiando due pozioni in una ventina di minuscole fiale con un contagocce, perciò non si voltò a guardarla.  

Per tutto il tempo Ila rimase in silenzio mentre sistemava gli armadi e riempiva fiale e contenitori di nuove pozioni che aveva preparato lei stessa. Era, chiaramente, ancora infastidita per la sera prima. 

<< Che c’è? >> chiese Beth, ma non ottenne risposta. << Non sarai ancora arrabbiata? >> le disse ridendo. 

<< Non c’è niente da ridere! >> le rispose Ila seccata. 

<< Se continui a tenere il broncio, ti verranno le rughe >> ribatté lei. 

<< Io sarei una “pianta grassa”?! >>. 

<< Senti è ridicolo litigare per un po’ di stufato >>. 

Adesso anche Beth iniziò a spazientirsi. 

<< D’accordo, ammetto di essere stata un po’ sgarbata, ma non è una buona scusa per ridermi in faccia! Ne ho già abbastanza a casa con mia madre e mio fratello, non ti ci mettere anche tu per favore! >> disse Ila ad alta voce.  

Era troppo facile far arrabbiare quella ragazza. Era così da sempre: certe volte era invadente e si comportava come una saputella che rispettava senza scrupolo le regole. Beth, però, la conosceva molto bene e sapeva che Ila non aveva cattive intenzioni. 

<< Mi dispiace. Certe volte sono una cafona >> si scusò Beth e finalmente entrambe si scambiarono un’occhiata d’intesa. Bastò solo questo per fare pace e Ila le sorrise riconoscente, accettando le sue scuse. 

<< Non è vero che sei una cafona >> le disse amichevolmente, << Non hai problemi a dire ciò che pensi e lo fai sempre quando vuoi difendere qualcuno. Con me lo hai fatto diverse volte. Ti ricordi di quel ragazzino che se la prendeva con me? >>. 

<< Il ciccione? Come dimenticarlo! >> rispose Beth ridendo. 

Era il figlio di un lord molto potente e si divertiva a fare il bulletto con Ila. Non aveva mai detto niente ai suoi genitori delle angherie che subiva, ma Beth se ne era accorta subito, quando lei e la sua famiglia avevano soggiornato dagli Ilffrim. All'inizio seguiva Ila di nascosto e quando quell’odioso prepotente la spinse per terra, lei la soccorse senza pensarci. Il bastardello tornò a casa con il naso rotto. 

<< Sai chi è una gran cafona? >> le chiese Ila. 

Beth attese la risposta. 

<< Claire Perwyn >> rispose disgustata. 

<< Anche Irene Kryos! Che rompipalle. Tutte e due >>. 

Claire era la primogenita di Dorian Perwyn, l’Alchimista di Perla. Beth l’aveva incontrata solo un paio di volte, ma non ci voleva un genio per capire che era una ragazza arrogante e presuntuosa. E certe volte era persino prepotente, proprio come suo fratello Marcus. Entrambi pensavano di ereditare il gioiello dei Perwyn, ma al loro posto venne scelta Malia, la loro sorella più giovane.  fu una rivincita per Malia; i suoi fratelli più grandi erano sempre stati cattivi con lei. 

Irene Kryos, invece, era la sorella maggiore di Diane, grande amica di Beth e Ila e tuttora l’Alchimista di Diamante. Loro due erano il giorno e la notte: Irene era una persona egocentrica e vanitosa, sempre a caccia di un potenziale marito. Lei non voleva sposarsi per amore, ma per soldi. Diane, invece, era un maschiaccio in confronto, sempre allegra, energica e soprattutto di buon cuore. 

<< A proposito di Irene, hai più rivisto Diane? >> chiese Beth. 

<< Oh, sì! Ci vediamo spesso. Anche con i ragazzi >> le rispose Ila, << Adam si cura ancora degli animali, Simon invece... >>. 

<< Cosa? >> chiese Beth incuriosita. 

Ila la guardò con un sorrisetto malizioso, << Si è trovato un compagno! >>. 

A quanto pare Beth si era persa un bel po’ di cose in quegli ultimi anni. Rimase stupita da quella notizia. 

<< Ce l’ha presentato, si chiama Nathan >> spiegò Ila. 

<< Nathan >> ripeté Beth, ma l’entusiasmo si smorzò un po’ quando le venne in mente una cosa. << E la sua famiglia come l’ha presa? >>. 

<< Suo fratello à felice per lui! Anche suo padre l’ha presa bene. La vera tragedia è sua madre >> rispose Ila un po’ sconsolata. Quando Simon le aveva detto di essere omossessuale, la prese piuttosto male: la aveva preso a schiaffi, gli aveva detto di andarsene dalla loro casa e che per lei era morto. Per fortuna Simon venne difeso da suo padre e da suo fratello Alan e sua madre dovette accettare la cosa. 

<< Vecchia bagascia omofobica >> disse Beth a denti stretti. 

<< Beth! >> esclamò la sua amica sconcertata. 

<< Sto solo dicendo la verità, Ila. E non fare quella faccia! So che lo pensi anche tu >>. 

Ila rimase in silenzio, non potendo darle torto. Poi cambiò argomento. 

<< E tu? >>. 

Beth la guardò confusa, non capendo cosa intendesse dire. 

<< E io, cosa? >>. 

<< Non hai un compagno? >> chiese sorridendo. 

<< Pff! Per favore >> le disse infastidita, mentre si versava dell’acqua in un bicchiere. << Non ho tempo per quello >>. 

<< Non sembravi dello stesso avviso ieri sera, mentre stavi seduta accanto a Thorin >>. 

Beth fu presa alla sprovvista e sputò il sorso d’acqua che stava bevendo. 

<< Cosa?! >> esclamò tossendo, mentre si asciugava con la manica il mento bagnato. 

<< Non riuscivate a staccarvi gli occhi di dosso! >>. 

<< Ma...non è vero! >> 

<< Sì, invece. E poi continuavi ad arrossire! >>. 

Ila era entusiasta della cosa. Tant’è che puntò il dito contro l’amica, esclamando, << Ah, guarda! Stai arrossendo di nuovo! >>. 

<< Finiscila! >> le urlò imbarazzata. << Non è come pensi! Tra me e lui non c’è niente! >>. 

<< Non ne sarei così sicura >>. 

Si sedette sullo sgabello di fronte a lei. << Mi dispiace Beth, ma quel nano è l’unico che sia riuscito a rubarti il cuore >>. Beth la guardò negli occhi, in silenzio. 

<< Sei innamorata di lui, non è vero? >>. 

<< No! Non lo sono >>. 

Di solito una persona è felice quando rivela di essere innamorata, ma lei non lo era in quel momento. Anzi, ne era spaventata in un certo senso. 

<< E anche se lo fossi, non credo che lui ricambierebbe. Lui è un re, in fin dei conti. Io sono una ragazzina ai suoi occhi >>. 

<< Ah, sì? Beh, io credo che ti sbagli. Anche lui prova qualcosa per te. D'altronde è lui che ti ha portato in camera ieri sera notte >>. 

Beth la fissò stupita. << Cosa? >>. 

<< Ti sei addormentata e lui ti ha portato in camera, in braccio >> le spiegò Ila. 

Non sapeva più cosa dire. L'aveva presa in braccio?! Appoggiò i gomiti sul tavolo e si coprì la faccia con le mani. Mesi fa aveva deciso di non interagire con nessuno della compagnia, senza troppa confidenza. Adesso era tutto così confuso. 

<< Ma che succede? >> sussurrò con stanchezza.  

Ila le prese le mani e la guardò comprensiva. << Ce la farai >>. 

Beth annuì, anche se era poco convinta. 

*********************** 

Per tutto il giorno Beth rimase nel laboratorio o nei suoi alloggi. Non aveva voglia di vedere o parlare con nessuno. Ila le aveva detto che era innamorata di Thorin! Non riusciva a togliersi queste parole dalla testa. Continuava a pensare a quel nano, a vederlo dappertutto o a sentire la sua voce calda e profonda. Si ripeteva “Non sono innamorata di lui!” più e più volte, mentre osservava il paesaggio dalla finestra, appollaiata sulla poltrona. Non poté negare, però che qualcosa provava per Thorin, ma era la prima volta che reagiva così per un uomo. Non sapeva cosa fare, cosa dire o come comportarsi. Rimase lì per tutto il tempo. Solo quando il sole iniziò a tramontare, Beth si alzò e uscì dalla sua stanza per fare due passi. I suoi piedi si mossero da soli. Non aveva una meta in mente, pensò solo a camminare e basta. Si fermò quando vide Bilbo. Lui non la vide subito. Era seduto su una panchina di pietra ad osservare il fiume che scorreva in fondo alla valle. 

<< Ciao >> gli disse Beth. 

Bilbo le rivolse lo sguardo con un’espressione completamente rilassata. 

<< Ciao >>. 

Decise di sedersi accanto a lui. << È bellissimo vero? >>. 

<< Già >> concordò lo hobbit, << Sarebbe bello rimanere qui >>. 

Beth non lo biasimò, era un paradiso quel posto. Dopo un po’, notò che Bilbo le gettava delle occhiate rapide. 

<< Non ti sei più fatta vedere >> le rispose pacatamente. 

Lei gli tolse gli occhi di dosso e guardò da un’altra parte nervosa, sussurrando << No >>. 

Lo hobbit le chiese timidamente, << È … per qualcuno? >>. 

<< Sì >> gli rispose arrendevole. << Credo che tu sappia di chi sto parlando >>. 

Bilbo annuì comprensivo. Non sapeva perché, ma con quel mezz’uomo le era facile confidarsi, molto più che con Ila o Gandalf. 

<< È così evidente? >> domandò e Bilbo annuì di nuovo. 

<< Non mi era mai capitato prima d’ora >> ammise. 

<< Tutti si innamorano prima o poi: all’inizio è tutto confuso; ci si sente felici e terrorizzati allo stesso tempo; si prova imbarazzo; si è un po’ goffi... A volte puoi uscirne con il cuore spezzato, ma non è così terribile come sembra. Non è poi la fine del mondo, dopotutto >>.  

Ciò che le aveva detto Bilbo era molto saggio, ma anche molto gentile. 

<< Sembra che tu...>> rispose Beth, cercando le parole giuste, << ...parli per esperienza >>. 

<< Quando ero giovane ebbi una cotta, ma non fui corrisposto. All'inizio fu una tragedia per me, ma con il tempo ho smesso di pensarci >>. 

<< Pensi che glielo dovrei dire? >> gli chiese pensierosa e Bilbo annuì ancora una volta. << E se va male? >>. 

<< Io non so come andrà a finire, ma non lo saprai mai se non tenti >> le rispose lo hobbit. 

Beth non ne fu molto convinta, ma non poteva dargli torto. Aveva una paura matta di parlare con Thorin, ma Ila aveva ragione: aveva iniziato a provare qualcosa per lui. 

Mentre osservava il paesaggio in silenzio con Bilbo, decise di seguire il consiglio che le aveva dato. Quella sera avrebbe parlato con Thorin. 

******************** 

Fu in agitazione per tutta la sera. Non si era nemmeno preparata un discorso da seguire, ma non cambiò idea neanche per un secondo. Bilbo notò per tutto il tempo il suo nervosismo, così si offrì di accompagnarla, quando la vide dirigersi verso gli alloggi dei nani. 

Beth gliene fu immensamente grata. Inoltre non voleva essere accompagnata da Ila; conoscendola bene non sarebbe rimasta zitta neanche per un secondo, con quel suo sorriso mieloso sul volto. L'avrebbe innervosita ancora di più! Gandalf non era da meno; aveva sempre avuto la mania di “spingere” in continuazione. Bilbo, invece, era uno di quegli amici che aiutava volentieri e che, al tempo stesso, non invadeva lo spazio altrui. 

Man mano che si avvicinavano, Beth diventava ansiosa sempre di più. Ormai erano quasi arrivati. Si sentivano in lontananza i nani ridere a crepapelle. Lentamente Beth e Bilbo scesero una lunga scalinata che portava dai loro compagni. 

Erano a metà strada, quando sentirono parlare Gandalf e Elrond sotto di loro. E quello che sentirono, fece dimenticare ad entrambi il motivo per cui erano venuti lì. 

<< Certo che te lo avrei detto! Aspettavo proprio questa occasione. E, sul serio, credo che tu possa fidarti, so cosa faccio! >>. 

Gandalf era sicuro di sé, ma Elrond non fu convinto dalle sue parole. 

<< Davvero? Quel drago dorme da sessant’anni. Cosa accadrebbe se il tuo fallisce? Se risvegli quella bestia? >>. 

<< E se abbiamo successo? >> ribatté Gandalf. << Se i nani si riprendono la Montagna, le nostre difese a est saranno rafforzate >>. 

Beth si rese conto ora perché Gandalf aveva convinto Thorin a riprendersi la sua patria. C'era sempre un secondo fine con lui.  

In quel momento, lei e Bilbo si accorsero che Thorin era dietro di loro, che ascoltava tutto con attenzione. 

<< È una mossa pericolosa Gandalf! >> disse Elrond. 

<< È pericoloso anche non fare niente! Avanti, il trono di Erebor è di Thorin per diritto di nascita! Di cosa hai paura? >>. 

Elrond gli si avvicinò e, sebbene fosse molto pacato, si percepì una nota di timore nella sua voce. << Hai dimenticato? Una vena di pazzia scorre profonda in quella famiglia. Suo nonno uscì di senno, suo padre soccombette all’identica malattia. Puoi giurare che Thorin Scudodiquercia non farà altrettanto? >>. 

Sentendosi chiamare in causa, Thorin si voltò dall’altra parte. Beth vide la sua delusione e il suo timore nei suoi occhi. Non era fiero del fatto che suo nonno e suo padre fossero impazziti e glielo si leggeva in faccia che temeva di fare la stessa fine, ma da quello che Beth aveva capito, Thorin aveva sempre voluto bene ad entrambi, nonostante tutto. Non apprezzava che si parlasse male di loro. 

Gandalf riprese parola. << No, non posso giurarlo. Per questo ho portato Beth con noi >>. 

Beth sgranò gli occhi quando lo stregone pronunciò il suo nome. Thorin e Bilbo la fissarono per un secondo, ma lei era confusa quanto loro. 

<< Beth? Da quando suo padre è morto, non è più stata la stessa. E la morte di sua madre ha peggiorato le cose! Per quindici anni ha vissuto in completa solitudine, rinchiudendosi tra le mura della sua casa. Si è consumata come una candela! Dopo tutto quello che ha passato, non le è rimasto nemmeno u briciolo di forza di volontà >>. 

Gandalf non demorse, << Lei sarà in grado di aiutare Thorin! È l’unica che ne è all’altezza, ne sono sicuro! >>. 

<< Gandalf queste questioni non spettano solo a noi. Non tocca a me o a te ridisegnare la mappa della Terra di Mezzo. E per quanto riguarda Beth... Lasciala stare >> gli rispose Elrond con un tono che non ammetteva repliche. 

Per quanta fiducia avesse Gandalf in lei, Beth diede ragione ad Elrond: non era nelle sue competenze impedire ad una persona si impazzire; di salvarla da sé stessa. Inoltre non si prendeva cura della gente malata in modo serio da anni. Si occupava solo di vendere le proprie pozioni e curare qualche ferita, ma niente di che. Per quanto volesse, non sarebbe stata capace di aiutare Thorin. 

Desiderò di non aver mai sentito Elrond e Gandalf parlare di loro, ma ormai era tardi. Capì che erano ansiosi e preoccupati per la Terra di Mezzo, ma le sembrò di essere una pedina in mano ad un giocatore di scacchi.  

Si rese conto che Thorin se ne era andato in silenzio. Se poco fa era decisa a parlargli, ora non voleva neanche avvicinarsi a lui. Aveva notato come l’aveva squadrata amareggiato. Era come se si fosse sentito preso in giro da lei. Si sedette sugli scalini a fissarsi le punte dei piedi, insieme a Bilbo. 

Quest'ultimo rimase in silenzio, finché non le chiese, << Vuoi tornare indietro? >>. 

Beth sospirò e scosse la testa. No, non voleva tornare nelle sue stanze, non voleva andare di sotto dai nani, né da nessun’altra parte. Voleva solo stare seduta lì in religioso silenzio e basta. L'aria fresca evaporò lentamente il cattivo umore che la appesantiva, finché non vide Thorin correre di corsa sulle scale. C'era qualcosa che non andava, la stava fissando con rabbia. 

<< È vero? >> le chiese. 

Beth non capì, rimanendo confusa. 

<< Hai ucciso un nano? >>. 

Questo la fece sgranare gli occhi e si alzò in piedi. << Come fai a …>> gli chiese incredula, ma la risposta alla sua domanda arrivò quando Ila raggiunse Thorin. Dal respiro affannato si poteva intuire che aveva corso per tentare di fermarlo, ma era arrivata tardi e fissò Beth colpevole. Thorin lo aveva saputo da lei. 

<< È vero? >> ripetè. 

La stava squadrando con odio e questo scatenò in lei un’immensa rabbia. 

<< Sì >> gli rispose solamente. 

<< Perché? >>. 

<< Perché se lo meritava >> disse Beth con cattiveria. 

<< E una volta entrati nella Montagna avresti ucciso anche noi per prenderti il tesoro indisturbata? >>. 

Thorin le restituì il colpo, ma lei non si aspettò che potesse farle così male. 

<< Non azzardarti a darmi della ladra, nano. Io non sono una ladra, né tanto meno un’assassina! >> gli rispose alzando la voce. 

Thorin fece la stessa cosa, << Hai ucciso un membro della mia stessa razza. Non ne avevi il diritto! >>. 

<< Quel verme ha ammazzato mio padre! LUI NON NE AVEVA IL DIRITTO! >> urlò furiosa, mentre Ila e Bilbo rimasero in disparte a osservarli intimoriti. 

Beth sentì delle lacrime calde uscirle dagli occhi, ma non smise di guardare in faccia Thorin. 

<< Era venuto con noi per una spedizione >> spiegò, << Io e mio padre avevamo guadagnato dei soldi e una notte, durante il viaggio di ritorno, gli ha spaccato il cranio! Lo ha colpito vigliaccamente alle spalle ed è morto davanti a me. Tutto per qualche moneta d’oro! Ero una ragazzina! >>. 

Beth pianse per la rabbia e tentò di asciugarsi le lacrime, ma quelle non si fermavano. 

<< Quel bastardo è scomparso. Per anni ho cercato di dimenticarmi di lui! Poi è riapparso, ho colto l’occasione e gli ho dato quello che si meritava! >>. 

Thorin non disse niente ma non smise di guardarla con odio. Beth decise di andarsene, non voleva più restare lì. 

<< Siete voi nani i veri ladri, Thorin! Mio padre era tutto per me, io lo amavo! Per anni vi ha aiutato senza chiedere niente in cambio! E voi me lo avete portato via >>. 

Detto questo corse via, piangendo silenziosamente, senza voltarsi indietro. 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Il sogno ***


Capitolo 10 

Il sogno 

 

Non appena arrivò nella sua camera, si chiuse dentro e si accucciò per terra sul tappeto, piangendo come non aveva mai fatto prima. I brutti ricordi le piombarono addosso come una pugnalata. 

Quando suo padre morì, Beth aveva 27 anni, ma essendo un’alchimista, aveva l’aspetto di una tredicenne. Erano passati circa quart’anni da quando Smaug prese la Montagna Solitaria, ma Rowan Lomien si recava dai nani di Erebor, di tanto in tanto, per poterli aiutare. E non voleva mai essere pagato. Poi ci portò Beth e lei era felice di potergli dare una mano. Entrambi si erano fidati ciecamente di quel nano, ma a quanto pare non lo avevano conosciuto abbastanza. Beth e Rowan si erano svegliati nel cuore della notte dopo aver sentito un rumore. Lui le disse di stare accanto al fuoco e a tradimento venne colpito in testa da una pietra. In un secondo cadde morto di fronte a sua figlia. Ancora oggi Beth ricordava il terrore che l’aveva pietrificata: suo padre con gli occhi spalancati e la testa impregnata di sangue, mentre quel traditore codardo fuggiva con l’oro, fissandola con quegli occhi neri e maligni. Era rimasta lì paralizzata per ore e quando era arrivata l’alba, finalmente si mosse. Aveva gattonato lentamente verso suo padre e, con le lacrime, aveva cercato di tamponargli la ferita con le mani. Lo aveva chiamato a voce alta, dicendogli “Svegliati, svegliati”, ma sapeva benissimo che era tardi. Rowan Lomien non si sarebbe svegliato mai più. Quando aveva smesso di tamponare la sua testa, restando lì a fissarlo, il rubino che Rowan aveva al collo si era illuminato come una brace nel buio. Aveva emanato una luce rossa e rovente come il fuoco e dopo essersi staccato dal collo di suo padre, si are attaccato a quello di Beth, scegliendola come suo nuovo possessore. Beth lo aveva preso in mano per osservarlo meglio. Quando un alchimista riceveva il gioiello si sentiva la persona più felice del mondo, ma Beth non lo era stata affatto. Avrebbe tanto voluto che suo padre fosse vivo, che potesse vedere anche lui che sua figlia era diventata l’Alchimista di Rubino, che potessero gioirne insieme. Invece, suo padre non c’era più e, finalmente, Beth aveva pianto incessantemente. Con fatica aveva messo sul carro il corpo, chiudendogli gli occhi e coprendolo con un telo. Voleva riportarlo a casa e dargli una degna sepoltura. Ancora ricordava sua madre Theda che urlava disperata vedendo il cadavere di suo marito e un mese dopo, morì anche lei per il dolore. Fu così che Beth rimase sola. Non aveva fratelli o sorelle, tutti e quattro i suoi nonni erano morti da anni e i suoi genitori erano entrambi figli unici, quindi niente zii o cugini. Tutti avevano continuato a farle condoglianze e lei non poteva più! Avevano tentato di darle conforto, ma questo la infastidì ancora di più. La soffocavano. Ila e gli altri si erano offerti di ospitarla con loro, ma lei non aveva voluto stare con nessuno. Aveva deciso di ciudere con i viaggi e, lentamente, cominciò a licenziare tutta la servitù, isolandosi dal mondo. 

Ormai aveva smesso di piangere e la rabbia prese il sopravvento sulla tristezza. Lentamente, Beth si alzò in piedi e aprì l’armadio. Dentro c’era ancora il vestito rosso che Ila le aveva prestato, insieme a molti altri. Thorin le aveva detto che era molto bella quando lo aveva indossato e lei ne era stata felice. Ma si diede dell’idiota: lui non l’aveva mai trovata bella! Pensava che fosse una schifosa doppiogiochista, nient’altro. Questo le diede la conferma che non provava niente per lei! 

“I nani non amano nessuno! I nani non sanno amare. Tutto quello che amano è l’oro!” pensò Beth con rabbia e, dopo aver tirato fuori il vestito dall’armadio, lo strappò con le proprie mani: distrusse le maniche, il corpetto, la gonna... 

Quando non ci fu più niente da strappare, prese tutti gli altri vestiti e li ridusse a brandelli come il primo. Mise a soqquadro la stanza per tutta la notte. Fece a pezzi le lenzuola, le tende, i mobili e gli specchi. Non le importava niente! Voleva solo distruggere qualcosa e basta! 

Ormai non c’era più niente da rompere, così prese tutti i suoi coltelli, si sedette sui bordi del letto e li lanciò uno per uno contro la parete. Quando li finì, si alzò per riprenderli tutti, poi si risedette sul letto e li lanciò di nuovo. 

Era ancora notte fonda quando Ila bussò alla porta. 

<< Sparisci! >> gridò Beth, ma Ila non la ascoltò ad entrò lo stesso. 

Rimase a bocca aperta quando vide la stanza devastata. 

<< Ma che è successo qui dentro? >> le domandò scioccata. 

Beth non la degnò di uno sguardo, rimase a fissare la parete che aveva difronte e lanciò un altro coltello, facendo sobbalzare Ila. 

<< Non è ovvio?! Mi sto sfogando un po’ >> e lanciò l’ultimo coltello rimastole. 

Per l’ennesima volta, si alzò e li staccò dal muro uno per volta. 

<< Sai, quando una persona si arrabbia, trova un luogo e qualcosa da fare per sfogarsi >> le rispose sarcastica. << Alcuni vanno in qualche squallida taverna a ubriacarsi, altri fanno a botte con chi li ha innervositi... Io devasto le stanze! >>. 

Quando si risedette sul letto aggiunse irritata, << Addio >>. 

Ancora una volta Ila non le diede retta e rimase lì dov’era, mentre Beth lanciò di nuovo i coltelli. 

<< Beth, ascolta... >> tentò di dire Ila tormentandosi le mani, ma Beth la interruppe subito. 

<< Chiudi il becco! Forse non lo hai notato, ma ce l’ho ancora con te >> le rispose rabbiosa. 

<< Beth mi dispiace! >>. 

<< Oh, ti dispiace! >> le fece il verso. 

<< Non era mia intenzione dirglielo! Stavamo parlando di te e mi è scappato >> le disse mortificata. 

Beth la guardò con gli occhi sgranati. << Ti è scappato >> ripeté. 

Non poteva credere alle sue orecchie! << Sai meglio di chiunque altro che per me è ancora una ferita aperta e tu ti giustifichi dicendo che ti è scappato?! >>. 

Era così furiosa che aveva urlato, alzandosi di scatto e buttando le sue armi per terra. E Ila se ne stava lì a fissarla, come un cucciolo bastonato. 

<< Ma perché mi sorprendo tanto? Sei sempre stata una persona inaffidabile >>. 

<< Io non sono inaffidabile! >> ribatté Ila indignata. 

<< Altroché se lo sei! Quando eravamo bambine ti avevo detto di tenere la porta chiusa, ma tu l’hai aperta! Il mio gatto è scappato e non l’ho mai più ritrovato. Quando Simon ha scoperto di essere gay, sei andata da sua madre a dirglielo. Ti era scappato anche quello, per caso? Diane si era confidata con noi sul fatto che litigasse con sua sorella. Ci ha detto molte cose che non sopportava di lei e chi è andata a spifferare tutto a Irene? Tu >>. 

Ila non disse una parola, ma non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia. Beth si voltò e camminò per la stanza con le mani tra i capelli. 

<< Sai, poche ore fa stavo per seguire il tuo consiglio! Volevo dire a Thorin cosa provo per lui; volevo sapere cosa provasse lui per me! Beh, ora lo so grazie te! >> le rispose con cattiveria. 

<< Non è come pensi, Beth! Ti ha detto quelle cose perché era arrabbiato. Lui prova veramente qualcosa per te, chi dice che tra voi non può funzionare? >> disse Ila. 

Beth detestava a morte la sua ingenuità. 

<< Te lo dico io che non può funzionare! Mi ha dato dell’assassina enon vorrò più rivedermi >> la interruppe lei e scandì ogni sillaba, quando aggiunse, << Lui non mi ama >>. 

<< Ti sbagli >> le rispose Ila risoluta. << Glielo si leggeva in faccia che ci tiene a te. Non manca molto all’alba, ma siete ancora in tempo per chiarirvi. Dovete solo dare ad entrambi una possibilità >>. 

<< Io non gli do un bel niente Ila >>. 

Ci fu un minuto di silenzio. Ila guardava Beth mortificata; Beth guardava per terra con le braccia incrociate, piena di rancore. 

<< Ascolta, mi dispiace di aver rovinato tutto. Ma tu non hai mai detto a nessuno quello che ti è successo. Nessuno non ha più saputo niente di te e tu ti sei rintanata nella tua casa. Sono tua amica e per tutto questo tempo sono sempre stata in pena per te. Tutto quello che volevo, era aiutarti! >> le disse Ila con un tono di rimprovero. 

<< E che te l’ha chiesto? >> rispose Beth gelida e Ila la guardò stupita dicendo, << Scusami? >>. 

<< Hai capito bene! Sono anni che la gente mi guarda con pietà, dicendomi “so cosa provi”. Sono anni che ho messo da parte la mia infanzia per non farmi piegare da nessuno. Beh lascia che ti dica una cosa, bambolina: voi non sapete cosa ho provato e provo tuttora e non voglio la vostra pietà. Anzi, ti dirò di più! Io sono stanca di tutto questo, quindi vai fare da madre a un altro! >>.  

Sul volto della sua amica vi lesse tristezza, delusione e rabbia. E finalmente uscì dalla stanza ma prima di andarsene le disse, << Lo sai, tra i nostri amici sei sempre stata tu la più coraggiosa. Non avrei mai immaginato che, con il tempo, fossi diventata così codarda >> e chiuse la porta, lasciando Beth da sola in quella stanza piena di oggetti rotti. 

Non riuscì a chiudere occhio neanche per un secondo. Rimase sveglia per tutta la notte, sdraiata per terra sul tappeto a fissare il soffitto. Era quasi l’alba quando sentì bussare di nuovo. Subito lo ignorò e rimase in silenzio, ma continuarono a bussare timidamente. 

Beth cercò di non farci caso, ma non smisero. Quando non ne poté più si alzò per aprire, per poter urlare in faccia a chiunque fosse di andarsene, ma quando aprì la porta e vide Bilbo le parole le morirono in gola. 

<< Che vuoi? >> gli chiese sgarbata. 

<< È quasi ora di andare >> rispose lo hobbit. 

<< Bene. Ciao >> e gli voltò le spalle, senza chiudere la porta. 

Si sedette per terra a guardare la parete che aveva rovinato, mentre Bilbo entrò lentamente e si sedette sul letto dietro di lei. 

<< Tu non vieni? >> le chiese timidamente e lei gli rispose con un secco e rotondo “No”. 

<< Mi dispiace per quello che ti è successo. So che cosa provi >>. 

<< No! Non lo sai! >> gli gridò Beth in faccia. Aveva sentito quella frase fino alla nausea, non ne poteva più! 

<< Sì, invece. Ho perso anche io i miei genitori >> le rispose pacatamente. 

Beth continuò a guardarlo male, ma non lo interruppe. 

<< Si erano malati gravemente. Ero un bambino quando sono deceduti >> le spiegò. 

Dopo un po’ parlò anche lei. 

<< Era malata anche mia madre. Per questo eravamo partiti. Dovevamo prenderle una pozione che la guarisse. Quel nano si era offerto di venire con noi. Avevamo trovato quello che cercavamo e ne approfittammo per vendere le nostre pozioni. Mancava solo un giorno e saremmo tornati a casa >>. 

Gli occhi cominciarono a lacrimarle di nuovo e la sua voce si fece rotta e stanca. 

<< È morto in un secondo, davanti a me. Non c’era niente da fare, così l’ho portato a casa per seppellirlo >>. 

Tutti erano venuti a saperlo, ma era la prima volta che Beth ne parlava con qualcuno. Non ne aveva mai avuto il coraggio di farlo. Bilbo rimase lì ad ascoltarla: non la interruppe né la forzò, dandole il suo tempo. Continuò a parlare, dopo essersi asciugata gli occhi. << Era una brava persona Bilbo. Aveva ancora tutta la vita davanti. Quello che gli è successo non è giusto! Ogni anno, quando arriva il giorno della sua morte, mi sembra di morire insieme a lui >> e la sua voce si spezzò di nuovo. << Speravo di superare la cosa insieme a mia madre. E, invece, era caduta in depressione: non mangiava, non dormiva, non parlava... Non reagiva in nessun modo. Sembrava di parlare ad una statua. Si rifiutava perfino di prendere la pozione che l’avrebbe guarita. Una mattina l’ho trovata nella sua camera che penzolava dal lampadario. Si era impiccata con un lenzuolo. Era così disperata che ha preferito seguire suo marito nella tomba, piuttosto che rimanere con sua figlia >>. 

Bilbo rimase stupito da quella storia e la guardò con tristezza. Beth non aveva mai perdonato sua madre per questo, anzi la portò ad odiarla. 

<< Mi ha lasciata sola! Quella stronza >> aggiunse. 

Nessuno dei due parlò più, finché Beth non vide fuori dalla finestra il sole che sorgeva. 

<< È meglio che tu vada o farete tardi >> disse allo hobbit. Bilbo parve indeciso, ma si alzò quando Beth gli fece un cenno con la testa di andare. Era quasi arrivato alla porta, poi tornò indietro, avvicinandosi a lei. Beth lo guardò confusa. 

<< Ora non ti arrabbiare >> le disse e, prima che Beth potesse parlare, l’abbracciò. Data la sua stazza, era come essere abbracciati da un bambino: lui era piedi, lei era ancora seduta a terra. Le sue braccine minute le avvolsero le spalle. Beth ne fu talmente stupita che si irrigidì. Non ricambiò l’abbraccio, ma non lo respinse nemmeno. Quando si staccò, Bilbo le disse << Spero che tu possa trovare la pace. Dico davvero! >>.  

Beth non parlò, non sapeva che dire. 

<< Hai ragione, non è affatto giusto quello che ti è capitato! Ma sono sicuro che tuo padre sarebbe fiero di te. Hai detto che non viaggiavi più da anni e ora sei arrivata fin qui. Sei stata un’ottima compagna di viaggio e, se dovessi cambiare idea e raggiungerci, ne sarei felice >> affermò lo hobbit, porgendole la mano. La mano di Beth si mosse da sola e gliela strinse, rispondendo << Grazie per avermelo detto >>. 

Quando gli lasciò la mano, aggiunse << Fate attenzione >>.  

Bilbo la salutò di nuovo e uscì dalla stanza, raggiungendo i nani. 

******************* 

Beth vide da lontano la compagnia che rientrava nel passaggio da cui erano arrivati, finché non scomparì. 

Ritornò a sdraiarsi sul tappeto ad osservare il soffitto. Era ancora arrabbiata per gli eventi della sera prima. Dopo la chiacchierata con Bilbo, però, si sentì più leggera; come se si fosse tolta un peso. 

Non aveva mai fatto vedere a nessuno le sue fragilità, nemmeno con Gandalf. Poi era arrivato Bilbo e le parole le erano finalmente uscite. Si mise a sedere, guardando il macello che aveva creato. Decise di uscire dalla stanza e senza farsi vedere da nessuno, rimediò una scopa, una dozzina di barili vuoti e alcune stecche d’incenso che prese dal laboratorio. Riempì i barili con tutto ciò che aveva distrutto: schegge di vetro degli specchi e di legno dei mobili, pezzi di stoffa, le imbottiture dei cuscini, … 

Quando non ci fu più niente da raccogliere, si accertò che tutte le finestre fossero chiuse e accese due stecche. La stanza si riempì di fumo, denso e violetto, che odorava di mirtilli.  uscì dalla stanza, chiuse a chiave la porta e coprì il sotto con un telo, in modo che il fumo non uscisse. Si recò su una terrazza poco più sotto e rimase lì ad aspettare che l’incenso facesse effetto. Stava fissando il panorama, quando comparve Gandalf con vassoio in mano. C'erano dei toast, due bicchieri e una brocca d’acqua e nel vederlo, Beth si rese conto che era mezzogiorno e di quanta fame avesse.  

Gandalf appoggiò il vassoio su un tavolino e si sedette di fronte a lei su uno dei divanetti presenti sulla terrazza. Beth addentò il pranzo affamata, mentre Gandalf la osservava in silenzio. 

<< Te l’ha detto Ila, non è vero? >> gli domandò inquisitoria. 

<< Me lo ha detto Ila, Thorin e Bilbo, veramente >> rispose calmo. 

<< Splendido >> ribatté sarcastica. 

Finì il toast in pochi morsi. Non ne aveva voglia di parlarne con lo stregone, ma conoscendolo non se ne rimase zitto. 

<< Non sei partita con loro >> constatò Gandalf. 

<< No >> rispose semplicemente. << Non vorrà rivedermi mai più >>. 

Gandalf la sorprese un po’, dicendole, << In realtà, aveva chiesto di te prima di partire. E poi Ila ci ha messo una buona parola con lui >>. 

<< E … che cosa ha detto? >> gli chiese curiosa. 

<< Diciamo che ti capisce >>. 

Beth incrociò le gambe e se le portò al petto, guardandolo seria. 

<< Ieri ti abbiamo sentito con Elrond >> gli disse e lo stregone un po’ imabarazzato, << Oh, capisco >>. 

<< Perché mi hai portata qui Gandalf? Insomma, guardami! Non mi occupo delle persone seriamente da anni. Per gli altri alchimisti sono una barzelletta! Stiamo parlando di una malattia psicologica, non di una infettiva. E se esiste una cura, ci vorrebbero decenni per riportare un pazzo alla ragione >>. 

<< Tu credi di non esserne all’altezza >> le disse Gandalf. 

<< Io so di non esserne all’altezza >> precisò lei. 

<< Ti sottovaluti un po’ troppo Beth. E per ora te la sei cavata piuttosto bene >>. 

Quello stregone non smetteva mai di avere fiducia in lei e lo ringraziò mentalmente per questo, ma in quel momento preferì essere realista. 

<< Sono passate poche ore e loro sono a piedi, non sono troppo lontani. Io dovrò restare qui ancora un po’, ma se ti sbrighi puoi raggiungerli >>. 

Beth, onestamente, non aveva idea di che cosa fare. Dopo quello che era successo con Thorin, voleva mollare tutto e tornare a casa. Inoltre, non sapeva cosa dirgli ed entrambi avevano un gran caratteraccio. Temeva che le cose sarebbero solo peggiorate. 

<< Al Dì di Durin mancano ancora quattro mesi, più o meno. Sai bene che sarò impossibile, se dovrò passare il tempo con qualcuno che mi detesta >> replicò lei. 

<< Thorin non ti detesta! E poi sai quante cose succedono in quattro mesi? >> ribatté Gandalf, con il suo solito sorrisetto. 

<< Dovete solo farvi una bella chiacchierata, tutto qui. Ieri sera te ne sei andata, piantandolo in asso, tecnicamente parlando. E poi lui ha perso tutto: la sua famiglia, il suo regno, la sua casa... Beth, lui è l’unico che può capirti >>. 

Effettivamente non gli aveva dato il tempo di dire qualcosa ed era scappata via. 

<< Come ti ho già detto: qualunque decisione prenderai, io ti appoggerò >> rispose Gandalf dolcemente e le prese le mani, per poterle dare un po’ di conforto. 

Se all’inizio era quasi decisa a tornare a casa, ora non sapeva che fare. 

**************** 

Il sole era ormai tramontato e la luna splendeva alta nel cielo. Beth era ritornata nella sua stanza: il fumo violetto emanato dall’incenso era diventato bianco e aprì tutte le finestre per farlo uscire. Grazie ad esso i barili che Beth aveva lasciato si erano completamente svuotati e tutto ciò che contenevano era ritornato al proprio posto: la parete, i mobili, le tende erano stati totalmente riparati. Sembravano nuovi di zecca, come se Beth non li avesse mai distrutti. 

 Ancora una volta si sdraiò sul tappeto a fissare il soffitto. 

Che doveva fare? Avrebbe potuto raggiungere i nani prendendo un cavallo e proseguire con loro a piedi. 

Si ricordò quando aveva ballato con Thorin e di come si era sentita felice. Per un secondo desiderò di ritornare indietro, per poter rivivere quel momento di euforia insieme a lui. Però, per quanto potesse capirlo, ce l’aveva ancora con lui, per ciò che le aveva detto. E se avesse voluto vendicare il suo simile assieme agli altri nani? Beth era confusa e i dubbi continuarono a tormentarla, finché non si addormentò. 

Si risvegliò con molta calma, quando sentì la porta aprirsi. Qualcuno entrò nella stanza e si avvicinò al camino. Beth non percepì alcuna ansia. C'era uno sconosciuto e lei era lì da sola, ma il fatto che fosse entrato in silenzio, per lei era perfettamente normale. Era ancora notte fonda e quando accese il fuoco, la luce e il calore inondarono la stanza. 

<< Così va meglio >> lo sentì sussurrare. 

E quando si girò verso di lei, Beth si alzò a sedere, con il cuore a mille e la bocca spalancata. Si ritrovò davanti un uomo piuttosto affascinante sui quarant’anni. Era molto alto e muscoloso, dai corti e ribelli capelli neri come il carbone. 

<< Oh, ciao tesoro >> le disse entusiasta con un sorriso da trentadue denti. 

Si strofinò le mani, su cui Beth intravide delle voglie scure come le sue. << Un po’ freddino qui, non trovi? >>. Si era dimenticata di chiudere le finestre, così l’uomo le richiese tutte, mentre Beth se ne stava lì impalata a fissarlo. 

<< Papà? >> disse incredula e Rowan Lomien si girò verso di lei. 

<< Sì? >> le chiese. 

<< Tu non puoi essere qui >>. 

<< Sono qui, invece. Te lo assicuro! >>. 

Rowan si levò di dosso il suo cappotto di pelle, color bordeaux, molto simile a quello di Beth e gli stivali. 

<< Che ci fai lì per terra? >> le chiese. 

Aveva il cervello in tilt e tutto quello che riuscì a dire fu, << Mi sono addormentata >>. 

<< Ti sei addormentata? Il tappeto è più morbido del letto? >> scherzò Rowan e si sedette accanto a lei. Beth avrebbe voluto saltargli addosso e abbracciarlo, ma le sembrò troppo bello per essere vero. 

<< Comunque, è bello vederti >> le disse dolcemente. << Sei una donna ora. Somigli molto a tua madre >>. 

Sembrava orgoglioso che lei fosse molto simile a Theda. Beth aveva la sua stessa corporatura, la stessa forma del viso e i suoi occhi nocciola. Non fu affatto felice di quel paragone e lo guardò storto. 

<< Credevo che fossi morto >>. 

E Rowan alzò le spalle, dicendo, << Infatti >>. 

Rimasero lì a fissarsi. “Lo sapevo” pensò Beth delusa, “È tutto nella mia testa”. Dopo un po’, Rowan riprese parola, << Sarà meglio che ti rimetta a dormire. Se vuoi raggiungere i tuoi compagni, dovrai alzarti presto domani >>. 

<< E chi ha detto che li raggiungo? >> chiese seccamente. 

<< Lo dico io >> le rispose con rimprovero.  

Se glielo avesse detto Gandalf, lo avrebbe mandato al diavolo, ma con suo padre era tutta un’altra cosa. 

Le poche volte che la rimproverava, non osava mai contestarlo. 

<< Troverò un altro modo per pagare la casa >> tentò di dire Beth, ma non fu molto convincente. 

<< Lascia perdere la casa Beth. Non hai più preso parte ad una spedizione e per anni ti sei sprecata in un piccolo paesino. Devo dire che sono un po’ deluso per questo >>. 

Beth abbassò lo sguardo per la vergogna. 

<< Non sarebbe successo se la mamma...>>. 

<< Non tirare in ballo tua madre adesso >> la interruppe Rowan. 

<< Perché la stai difendendo?! >> gli chiese sconcertata. << Quella mi ha messo da parte e mi ha lasciata sola! >>. 

<< Io credo che tu sia molto egoista >> le disse suo padre. 

<< Ah, sarei io l’egoista?! Io non l’avrei mai fatto! >>, ma venne interrotta di nuovo. 

<< Tu hai perso tuo padre, non tuo marito. Se ti avessero portato il corpo dell’uomo che amavi, che hai sempre amato, che avresti fatto? >>. 

Beth non ebbe più argomenti con cui contestare. Non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia. 

<< Io sono morto Beth. E quel che è peggio, è che hai ucciso il mio assassino >>. 

Le parlò con più calma questa volta. 

<< Io volevo giustizia >> contestò lei. 

<< No, tu volevi vendetta! Non appena è ricomparso, lo hai pedinato per settimane e lo hai fatto fuori, avvelenandogli le lenzuola del letto. Ora dimmi una cosa: ti ha fatto sentire meglio? >>. 

<< No >> sussurrò lei con tristezza. 

<< No. Hai fatto solo peggiorato le cose. Per la prima volta hai ucciso qualcuno, ma ti sei pentita amaramente di averlo fatto >>. 

Beth continuò a rimanere in silenzio, a guardarsi i piedi. Si sdraiò sul fianco, voltando le spalle a suo padre. Lo sentì alzarsi in piedi dirigendosi verso il camino. 

<< Certo, è bello qui! Puoi spegnere tutte le luci, …>> disse mentre spegneva il fuoco, << …, sigillare tutte le porte, chiudere gli occhi e scordarti il mondo >>. 

Si voltò verso di lui, quando tornò a sdraiarsi sul tappeto accanto a lei. 

<< Qui nessuno ti fa del male. Sei al sicuro >>. 

Il tono di voce era così caldo e rassicurante. 

<< Come hai detto al tuo amico hobbit, non è giusto quello che ti è successo. Che senso ha andare avanti? Che senso ha vivere?>>. 

Beth si rigirò per poterlo guardare in faccia per un secondo, poi rivolse tutta la sua attenzione al soffitto illuminato dalla luna. 

<< Hai due strade davanti a te: puoi tornare indietro e continuare la tua vita monotona e solitaria, oppure puoi mettere da parte tutti i tuoi rancori, raggiungere i tuoi compagni e andare avanti. E quando ritornerai a casa, avrai una storia pazzesca da raccontare >>. 

Beth sentì la stanchezza farsi sempre più pesante e chiuse gli occhi, continuando ad ascoltare suo padre. 

<< Conta solo ciò che sceglierai ora. Se decidi di vivere, dovrai mettercela tutta. Mettiti comoda, goditi il viaggio >>. 

La voce di Rowan si fece improvvisamente distante, come se stesse sbiadendo. 

<< Devi piantare i piedi a terra e cominciare a vivere la tua vita >>. 

<< Tu non puoi essere qui >>. 

<< Sono qui eccome, te l’ho detto! Sono sempre stato qui con te. Hei Beth...>>. 

<< Che c’è? >> chiese lei con un sussurro. 

<< È ora che tu vada >>. 

Beth spalancò lentamente gli occhi e suo padre non c’era più. Era lì per terra, al buio e da sola. La legna del camino era ancora fresca e nuova; il fuoco non era mai stato acceso. Aveva freddo, perché le finestre erano ancora aperte e nessuno le aveva chiuse. 

Era stato tutto un sogno. 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Le rocce fumogene ***


Capitolo 11 

Le rocce fumogene 

 

Si alzò dal tappeto tutta indolenzita e, dopo aver acceso il fuoco nel camino e chiuso le finestre, si spogliò e si fece un bagno caldo. 

Seduta lì nella vasca, osservando il vapore che saliva in alto e odorando i profumi che emanavano i saponi, riuscì a rilassarsi un po’. Suo padre, per la prima volta, le era apparso in sogno. Non ne aveva idea se fosse stato uno scherzo della sua mente o un fantasma, ma francamente non gliene importava. 

Le aveva detto che poteva fare una scelta. Non le aveva imposto niente, perché la decisione spettava a lei e a lei soltanto. Si rese conto che suo padre aveva ragione: aveva sprecato il suo potenziale in un piccolo e misero villaggio, vivendo in completa solitudine in una casa così vuota e silenziosa. Nessuno si svegliava e faceva colazione con lei; nessuno era lì a parlare, ridere, scherzare, piangere o sorridere con lei e nessuno le dava la buona notte quando scendeva la notte. Poi era arrivato Gandalf e l’aveva trascinata con sé con un gruppetto di nani, che tanto odiava e che ora tanto amava.  

Bilbo Baggins era sempre stato gentile e paziente con lei e solo ora capì che fosse un suo amico. E Thorin... quanto le mancava! 

Uscì dalla vasca, si asciugò e si preparò per ripartire all’alba. 

Sullo schienale della poltrona aveva steso la sua camicia bianca, il corsetto nero, i suoi pantaloni marroni di pelle e il suo cappotto bordeaux. Su un bracciolo aveva appoggiato la sua borsa, assicurandosi che ci fosse tutto l’occorrente e ai piedi della poltrona c’erano i suoi stivali. 

Sul tavolino di legno, invece, tutti i suoi coltelli erano posizionati in ordine, affilati e lucidati per bene. Si mise una semplice camicetta si seta color porpora, restando a gambe scoperte e si infilò a letto. 

Il materasso era morbido, le lenzuola profumate e le coperte la scaldavano teneramente. Ma non riuscì a chiudere gli occhi, troppo eccitata per addormentarsi. Poi le venne in mente una cosa: sopra di lei c’erano gli alloggi degli Ilffrim, dove stava dormendo Ila. Il modo in cui le aveva parlato la sera prima tormentò i suoi pensieri. 

Sapeva che Ila parlava sempre troppo e non sapeva mantenere un segreto, ma non lo faceva mai per cattiveria. Lei era una persona buona e con un gran cuore. Forse anche troppo, perché la rendeva piuttosto ingenua, ma non avrebbe mai fatto un torto a qualcuno. E Beth l’aveva trattata male. Si tolse le coperte di dosso, si alzò dal letto e uscì dalla sua stanza, dirigendosi al quinto piano. Entrò nella stanza di Ila il più silenziosamente possibile: le pareti e il pavimento erano in marmo bianco, pulito ed immacolato; alcuni tavolini erano fatti di vetro azzurro luccicante e le tende, i divanetti e il letto erano di un bellissimo blu turchese. Beth vide Ila dormire beatamente a pancia in su, con le mani sul petto...e, sebbene i suoi riccioli dorati fossero tutti scompigliati sul cuscino, rimaneva sempre bellissima. Sembrava la principessa di una favola, in attesa che il suo principe la svegliasse. Beth si infilò nel letto accanto ad Ila, come una bambina che si rifugia tra le braccia della propria sorella, spaventata da un temporale. 

Cercò di fare il più piano possibile, ma Ila si svegliò, rimanendo sorpresa nel vederla. Ci fu un momento di imbarazzo tra loro, poi Ila le sussurrò un timido, << Ciao >>. 

Beth rimase ancora in silenzio e, dopo un po’, parlò anche lei. 

<< Domattina lascerò Granburrone. Volevo salutarti >>. 

Ila la osservò con entusiasmo. 

<< Torni da lui? >> le chiese e lei annuì, con un sorriso accennato. 

Non sapeva come chiederle scusa ma, quando le strinse la mano, capì dal bellissimo sorriso si Ila che era tutto perdonato. 

<< Posso chiederti una cosa? >> le chiese Beth. << Avevi detto che tu e Thorin avete parlato di me. Che vi siete detti? >>. 

Ila sorrise maliziosa. << Gli è piaciuto ballare con te. Voleva sapere se ti sarebbe piaciuto rifarlo con lui, se te lo avesse chiesto >>. 

Beth fu felice di sentirlo. Se glielo avesse chiesto avrebbe ballato volentieri con lui. 

<< Non so cosa dirgli, quando lo rivedrò >> confessò sconsolata. 

<< Non stargli troppo addosso. Lascia che sia lui a venire da te, ma tu fagli capire che vuoi parlargli >> rispose Ila. 

Beth annuì, ma l’agitazione non scomparve molto. Sentì la mano di Ila stringere la sua, mentre la guardava incoraggiante. 

<< Ce la farai. Ora dormi però >>. 

Rimasero lì accoccolate e, finalmente, si addormentarono. 

Il sole non era ancora sorto, ma ormai mancava poco. Beth e Ila si svegliarono e insieme scesero al quarto piano nella stanza di Beth. Rapidamente si vestì e si legò alla cintura i coltelli. Quando si mise il cappotto e prese la sua borsa, abbracciò Ila per darle un ultimo saluto. 

<< Informerai tu Gandalf? >> le chiese dopo essersi staccata. 

Ila annuì e le diede una piccola spintina, << Su, muoviti! Forza! >>. 

E Beth corse alle stalle e prese un cavallo, lasciandosi alle spalle Granburrone. 

**************** 

Quando abitava a Lomien House, Beth ogni tanto andava a caccia per procurarsi del cibo. La carne costava troppo per il suo badget, così imparò in fretta a seguire le tracce e ad orientarsi. Capì quasi subito quale direzione avevano preso i nani.  

Il primo giorno il suo cavallo corse per tutto il tempo, facendogli fare qualche piccola pausa e lasciandolo abbeverare in un ruscello che li affiancava. Beth non ebbe incubi la notte, ma riuscì ad avere un sonno leggero, in modo da sentire se qualcuno si avvicinasse. Si scaldò con delle coperte, decidendo di non accendere il fuoco. Il sole non era ancora sorto quando ripartì. Ormai mancava poco, se lo sentiva. 

Fece rallentare il cavallo quando vide un fuoco acceso poco distante da lei, la seconda sera. Aveva cercato di far correre il cavallo il più veloce possibile, ma ora gli impose di camminare lentamente. Fili fu il primo a notarla. Lui e il fratello parvero felici di rivederla, ma si trattennero quando arrivò Thorin. Era lì in piedi, a fissarla con uno sguardo glaciale. 

Beth lo guardò impassibile, ma dentro di sé era piena di timori. Senza staccargli gli occhi di dosso, scese dalla sella e rimandò indietro il cavallo. Nessuno dei due parlò né si mossero. C'era una tensione palpabile in quel silenzio. Thorin le voltò le spalle senza dire una parola e tornò dai suoi compagni. Beth rimase lì impalata, poi Kili le fece un cenno con la testa, per farle capire che poteva unirsi a loro. Lentamente, Beth cominciò a muoversi e li superò. 

Tutti erano lì a guardarla con diffidenza. Faceva uno strano effetto. Nessuno di loro all’inizio non l’aveva degnata di uno sguardo più di tanto. Certe volte si dimenticavano che lei fosse con loro. Adesso che le stavano prestando attenzione, Beth si sentì schiacciata a terra da tutti quegli occhi. 

Dwalin le si mise difronte con il suo solito atteggiamento burbero e rabbioso.  

<< Le tue armi >> le ordinò semplicemente. 

Beth gli resse lo sguardo, poi si tolse la cintura, colma di coltelli e gliela consegnò. 

<< Anche quella >> riferendosi alla borsa. 

Beth esitò e non gliela diede. 

<< Da adesso la terremo noi. Potresti usare le tue fiale su di noi >> le rispose secco. 

Capì il loro timore, ma si sentì offesa per questo. La sua borsa era piena di filtri, pozioni e distillati particolari. Sarebbero stati molto pericolosi in mane sbagliate. 

Dwalin iniziò a spazientirsi, ma lei non gliela consegnò, finché non le venne un’idea alternativa. 

<< La tiene il signor Baggins >> rispose con fermezza.  

Sapeva che lo hobbit sarebbe rimasto neutrale in questa faccenda. Vide Bilbo stupirsi per ciò che aveva affermato Beth. Non si aspettava che fosse stato preso in causa. Dwalin si voltò verso Thorin. Il nano ci pensò e con un cenno, invitò Bilbo a prendere la borsa. Beth gliela consegnò senza esitazione. 

***************** 

Passò quasi un mese. Ormai l’autunno era iniziato: faceva sempre meno caldo e il sole tramontava prima. Per tutto quel tempo Beth venne sorvegliata costantemente dai nani. Non fu mai legata al tronco di un albero, ne venne lasciata a digiuno, ma nessuno le toglieva gli occhi di dosso, temendo che commettesse qualche sciocchezza.  

All'inizio furono tutti tesi e nessuno le rivolse la parola. E per la prima volta, Beth si sentì un’esclusa. Poi si rilassarono un po’, prendendoci l’abitudine. L'unico che ogni tanto le stava vicino era Bilbo e gliene fu grata per questo. Altre volte Fili e Kili provarono ad avvicinarsi e parlarle, ma non troppo, per paura di contestare Thorin. 

Ogni giorno Beth ricordò perfettamente le parole di Ila: non stargli addosso e di lasciarlo in pace. 

Tutto quello che lei faceva era guardarlo in mentre camminava, mentre dormiva o mangiava. Poche volte ricambiava il suo sguardo. Glielo si leggeva in faccia che era ancora arrabbiato con lei. Non gliene fece una colpa e continuò ad aspettare pazientemente. 

Una sera Beth si svegliò mentre tutti dormivano. A differenza loro, lei dormiva distaccata dal gruppo. Cominciò a rabbrividire per il freddo, così si sedette di fronte al fuoco acceso per riscaldarsi. Vide Thorin di guardia che la controllava attentamente, ma lei lo ignorò, facendo finta di nulla. Aveva una gran voglia di parlargli, ma continuò a stare in silenzio come le aveva detto Ila. La ringraziò mentalmente quando lo vide avvicinarsi. Era meno di un metro di distanza da lei. Non le si sedette accanto, rimase in piedi, squadrandola dall’alto in basso. 

<< Avresti dovuto dirmelo >> le disse severamente. 

Beth non ebbe paura di lui. 

<< Credi che mi sia piaciuto? >> il modo in cui glielo chiese era lo stesso di quando si cerca di spiegare pacatamente qualcosa di complicato ad un bambino. << È stata l’unica persona che abbia mai ucciso. Non ti ho detto nulla per diverse ragioni: eravamo due sconosciuti che non si sono mai incontrati fino ad ora; sapevo che avresti reagito così; avevo paura di te. E poi me ne vergognavo >>. 

Lui ancora la guardava storto ma non la interruppe. Beth gli raccontò com’era andata, proprio come aveva fatto a Granburrone con Bilbo. Gli parlò dell’omicidio di suo padre, del suicidio di Theda, della sua vendetta e dei suoi tormenti che l’avevano assalita. Thorin non disse nulla per tutto il tempo e dopo una breve pausa, Beth rispose con convinzione, << Io non sono un’assassina Thorin >>, senza alzare la voce. 

Rimasero lì, finché Thorin disse, << Va a dormire >>. 

Beth non si alzò subito, ma fece come le aveva detto. Quando si sdraiò sentì il cuore batterle a mille contro il petto, come se avesse appena scampato un tremendo pericolo. Non avevano ancora fatto pace, ma era un inizio. 

************************ 

Il giorno dopo si rimisero in marcia, facendo solo cinque minuti di sosta, non di più. Beth camminava sempre fianco a fianco a Bilbo, ancora privata della sua borsa e delle sue armi. Thorin non la considerò neanche per un secondo, come aveva fatto per tutto il tempo. Era come se la chiacchierata della notte prima tra loro non fosse mai avvenuta. Beth cominciò a sentire un po’ di delusione. 

“Lo sapevo” pensò, “non ne vuole più sapere di me”. Durante una sosta a mezzogiorno però, si dovette ricredere: Thorin si mise a guardarla, come aveva fatto lei e quando Beth se ne accorse, lui distolse lo sguardo. Ormai lo aveva notato e sentì un briciolo di speranza crescere lentamente in lei. 

Camminarono per altre tre ore, quando giunsero davanti ai piedi di un crepaccio roccioso. Alto come una torre che si estendeva per chilometri e chilometri, rendendolo impossibile da raggirare. 

L'unico modo per attraversarlo era entrare in un'insenatura stretta e tortuosa. Era larga non più di tre metri, un carro si sarebbe certamente incastrato, ma per una persona era più che sufficiente. Tutti entrarono senza esitare a parte Beth, che rimase ferma dov’era ad osservare la parte superiore del crepaccio, con la testa inclinata in alto. Non sapeva perché, ma quel posto non la convinceva. Sentì uno strano senso di inquietudine, percependo qualcosa di strano, di pericoloso.  

Bilbo notò che era rimasta indietro e si fermò per chiamarla. Beth, nonostante sentisse la sua testa che le gridava “Non entrare! Non entrare!”, entrò nell’insenatura e proseguì.  

Per tutto il tempo l’istinto le disse di stare in allerta. Si guardava continuamente in giro, convincendosi che stava per succedere qualcosa. Bilbo fu l’unico a notare il suo atteggiamento insolito. 

<< Qualcosa non va? >> le chiese. 

<< Ancora non lo so >> rispose lei osservando le pareti rocciose. 

Camminarono ancora per qualche ora e non successe nulla. Poi si fermarono di colpo. Bilbo e Beth erano in fondo al gruppo e non capirono perché non si andava avanti. Lentamente si avvicinarono a Thorin, che era in testa alla fila e quando si fermarono al suo fianco, videro per terra lo scheletro di un uomo. 

Beth si inginocchiò accanto al teschio per osservarlo meglio da vicino. 

<< Chi sa che gli è capitato >> commentò Bofur gravemente. 

Beth gattonò intorno alle ossa e notò che la maggior parte erano sporche di bianco. Uno strato di polvere granulosa, somigliante al gesso, le ricopriva. Beth si avvicinò al cranio, accucciandosi a quattro zampe, annusandolo profondamente. Alcuni dei nani si voltarono o esclamarono disgustati da quella scena, ma Beth non ci badò. 

Annusare era un elemento importante nel suo lavoro. Un bravo alchimista doveva saper riconoscere un veleno dall’odore, prima ancora degli effetti che creava. Il suo naso fu riempito da un terribile odore: era un miscuglio di legna bruciata e limoni rancidi. 

Il motivo per cui si sentiva tanto agitata in quel crepaccio glielo diede quel tanfo. Toccò leggermente con l’indice lo strato di polvere bianca che ricopriva lo scheletro e dopo sfregato sulle dita, ne ebbe la conferma. Sentì la pelle iniziare a pruderle terribilmente e si incamminò velocemente per l’insenatura.  

<< Beth! >> gridò Thorin cercando di fermarla ma lei accelerò il passo, finché non si mise a correre. Trovò un secondo scheletro, poi un altro, un altro e un altro ancora. Si fermò quando giunse in un punto più largo. Una centinaia di ossa erano sparpagliate per terra, tutte ricoperte di polvere bianca. 

Il panico la prese quando alzò la testa e vide delle rocce nero come la pece e lucide come vetro. Erano rocce fumogene! 

Se stavano lontane erano innocue, ma se venivano toccate, il calore corporeo avrebbe fatto scoppiare alcune crepe nelle rocce e ne sarebbero usciti dei gas velenosi.  

Esisteva una cura immediata, ma se non era a portata di mano, lo sfortunato sarebbe morto lentamente e agonizzante. 

Tutti quanti la raggiunsero e si fermarono dietro di lei ad osservare quello spettacolo agghiacciante. Beth vide davanti a loro l’uscita dell’insenatura, mancavano più o meno cinquecento metri. 

“Dobbiamo uscire di qui! Subito!” pensò, ma le sue gambe non accennavano a muoversi. Thorin le si mise a fianco. 

<< Che succede? >> le chiese. Beth stava per rispondergli, ma si bloccò quando vide Kili avvicinarsi ad una roccia con la mano tesa. 

<< Kili no! >>. 

Ma ormai l’aveva toccata, appoggiandovi sopra le dita. Come un’esplosione, sopra di loro uscì dalle pareti un fumo bianco, denso e pesante che cominciò a scendere verso il basso. 

D'istinto prese Thorin per il polso e lo trascinò con sé verso l’uscita. 

<< Via! >> urlò e si misero a correre il più veloce possibile. 

Ma ormai la roccia che Kili aveva toccato, aveva scatenato una reazione a catena e il fumo cominciò a uscire da tutte le parti. Uno ad uno i nani cominciarono a cadere a terra, contorcendosi per il dolore. Non erano più in grado di alzarsi. 

Thorin tornò indietro per aiutarli e si addentrò nella nube. 

<< Thorin! >> urlò Beth quando non sentì più la presa su di lui. Non lo vide più con tutto quel fumo, ma lo sentì urlare insieme agli altri.  

Avrebbe voluto raggiungerlo, ma se fosse rimasta lì, non avrebbe potuto aiutare né lui né gli altri.  

Mentre era indecisa su cosa fare, vide Bilbo uscire dalla nube e gettarsi ai suoi piedi agonizzante. La sua pelle si era notevolmente gonfiata ed era ricoperta di ulcere e bollicine bianche. Senza pensarci due volte, Beth si mise una delle sue braccia dietro al collo e lo portò con sé verso l’uscita, sorreggendolo. 

I suoi muscoli si erano irrigiditi e questo rallentò notevolmente la loro fuga. Mancava poco, solo duecento metri. Il fumo arrivò traditore alle loro spalle e Beth cadde a faccia in giù, con la schiena dolorante. Il prurito era così forte e intenso che sembrava fuoco. Bruciava terribilmente e sentì la pelle indurirsi e gonfiarsi. Beth urlò ma lo ricacciò indietro immediatamente e si rialzò in piedi con Bilbo. Continuarono ad avanzare.  

Il fumo li sommerse e Beth sentì il dolore diffondersi in tutto il corpo. Le riuscì difficile muoversi e faticò a respirare, ma una voce nella sua testa continuava a ripetere “Non azzardarti a cadere! Non devi assolutamente cadere! Esci subito di lì e non fermarti!”. 

Non aveva intenzione di morire. Non così! Non ora! Ogni passo era un dolore allucinante, ma non si fermò. Mancavano solo centocinquanta metri. La vista cominciò a sbiadirsi e il fumo stava parando loro la strada. 

Cento metri. La pelle si gonfiò ancora di più, ma non si fermò. 

Cinquanta metri. Stava per svenire. Quaranta metri. “Non ti azzardare a svenire!”. Trenta metri. Venti. Dieci... 

E, inciampando, caddero da una piccola discesa di ghiaia e sassi, uscendo finalmente da quel buco infernale. L'aria fresca invase i loro polmoni e respirarono profondamente, come due assestati che giungono in un’oasi nel deserto. 

Entrambi erano sfiniti. Bilbo era svenuto, Beth era ancora cosciente e respirava affannata, distesa a guardare il cielo arancione del tramonto. Non riusciva a muovere un muscolo e il corpo tremava dolorante per gli spasmi, con la vista offuscata. 

Stava quasi per svenire anche lei, quando sentì un gorgoglìo che la fece svegliare completamente. Girò la testa alla sua destra e vide che vicino a loro c’era un fiume. 

Una spiaggetta sassosa a mezzaluna era lì accanto, con l’acqua molto bassa e talmente pulita che era cristallina. Sembrava una piscinetta.  

Beth cercò di sbottonarsi il cappotto e il corsetto per toglierseli di dosso, ma le risultò molto difficile. Le sue dita erano molto rigide, gonfie e prive di sensibilità. Le parve di metterci un’eternità, ma alla fine riuscì a toglierli, restando con la sua camicia bianca. Si tolse anche gli stivali, spingendoli via con i piedi. Tentò di alzarsi ma era molto debole. Così si girò sul fianco e strisciò tra la sabbia e i sassi. Quando le sue mani si immersero nell’acqua, tutte le ulcere e i gonfiori si sciolsero, letteralmente. Urlò per l’improvvisa sensazione di bruciore, ma durò solo un attimo. Così strisciò ancora un po’ in avanti e si immerse completamente nel fiume.  

Le sue piaghe sciolte tinsero l’acqua di bianco, trasformandosi in un’enorme quantità di bollicine, fino a diventare della semplicissima acqua. Pian piano Beth sentì il proprio corpo riprendere sensibilità. Si guardò le mani, si toccò il viso e il collo in cerca di qualche bubbone, tracce di sangue... Invece la sua pelle risultò essere liscia e morbida.  

Non riuscì ancora ad alzarsi in piedi, perciò raggiunse Bilbo gattonando a quattro zampe. Gli tolse lo zaino dalle spalle e la giacca. Fortunatamente aveva ancora la sua borsa. Dopo aver preso per le caviglie, riuscì a trascinarlo in acqua e anche tutti i suoi gonfiori scomparvero. Riportandolo fuori dall’acqua, prese la sua borsa. Tirò fuori una boccetta di vetro, pieno di uno strano liquido rosso e trasparente, una siringa di ottone e un rotolo pieno di almeno una quarantina di aghi di ricambio sterilizzati. Con la siringa prese pochi milligrammi del contenuto della boccetta e lo iniettò a Bilbo sul petto, all’altezza del cuore. Poi se lo iniettò anche lei nel braccio, stringendoselo con un laccio emostatico. 

Beth si appoggiò ad un masso dietro di lei, prendendo fiato. Bilbo, nel frattempo, si svegliò all’improvviso con un colpo di tosse. Anche lui era sfinito. Non riuscirono nemmeno a parlare.  

L'insenatura era ancora colma di fumo bianco. Erano gli unici ad esserne usciti. Tutti gli altri erano rimasti indietro e l’indomani sarebbero morti. 

Beth non staccò gli occhi dal crepaccio, pentendosi di non essersi accorta prima delle rocce fumogene. Se lo avesse detto subito, sarebbero usciti tutti sani e salvi. 

Non aveva l’antidoto con sé, ma in alternativa sapeva che bisognava usare l’acqua e per una pura e fortunata coincidenza, avevano un fiume a portata di mano. Un’ idea folle si accese nella sua testa. 

<< Riesci a muoverti? >> chiese a Bilbo. 

<< Credo di sì >> le rispose. 

<< Allora aspetta qui >> disse risoluta. 

L'iniezione cominciò a fare effetto, sentendosi rinvigorita di energia. Si immerse di nuovo nel fiume, accertandosi di essere bagnata fradicia, si rimise gli stivali e rientrò nel crepaccio di corsa. 

Il fumo era ancora denso e in grande quantità. Fu difficile capire dove andare e Beth dovette fare attenzione a non avvicinarsi troppo alle pareti. Era totalmente bagnata e, come aveva pensato, la rese abbastanza immune dal fumo. Sentì la pelle pizzicare ma non fu niente di grave. 

Kili fu il primo che trovò. Era svenuto e con la faccia gonfia. Gli tolse dalle spalle lo zaino, se lo caricò sulla schiena e trascinò via Kili, prendendolo da sotto le braccia. Dovette camminare all’indietro e questo li rallentò notevolmente. Si preoccupò quando sentì le mani e la testa pruderle terribilmente. Si stavano gonfiando di nuovo, la pelle tirava e iniziarono a comparire delle piccole pustole bianche. Fortunatamente non si indebolì troppo. Riusciva ancora a reggersi in piedi quando uscirono. Bilbo aveva ripreso le forze e l’aiutò a spogliare Kili degli indumenti più pesanti, le armi e gli stivali. 

Beth si tolse lo zaino e, con l’aiuto dello hobbit, immerse Kili in acqua. Il poveretto si svegliò di soprassalto per il bruciore. Beth gli un’iniezione, si bagnò completamente con l’acqua del fiume e ritornò nel crepaccio.  

Il secondo che trovò, fu Fili. Nonostante avesse gli occhi chiusi, Beth capì che era ancora cosciente. 

<< Ciao Fili. Ti va di andartene? A me sì >> gli disse eprendendolo da sotto le braccia lo tirò fuori, camminando all’indietro. Anche ‘sta volta Bilbo la aiutò a spogliarlo. Poco prima di immergerlo nel fiume, Beth continuava a ripetergli, << Tranquillo, tranquillo! Ora siamo fuori! >>. 

<< Ora ti farà male, ma durerà poco! >> lo avvisò. 

Gli fece un’iniezione, poi si bagnò completamente e rientrò nel crepaccio, ritornando con Dori. Prima di rientrare per la quarta volta, si fermò un secondo per riprendere fiato. Kili si stava riprendendo e si era messo seduto. 

<< Stai bene? >> gli chiese Beth mettendogli una mano sulla spalla.  

Lui annuì. 

<< Presto farà buio. Bisogna accendere un fuoco per asciugarci >>. 

<< Ci penso io >> le rispose poggiando una mano sul suo braccio. << Vai >>. 

Beth si bagnò di nuovo e rientrò nell’insenatura.  

Ci mise un bel po’ prima di trovarne un latro e l’acqua non l’avrebbe riparata dal fumo per sempre. Poi trovò Thorin e lo trascinò via senza perdere tempo. Inciampò e cadde all’indietro con il peso di Thorin che la schiacciava. Il suo corpo stava cominciando a riempirsi di bolle ancora una volta. A fatica si rialzò e riuscì ad uscire. 

Gli tolsero i vestiti più pesanti e Beth gli sorresse la testa mentre lo immersero nel fiume, ritrovandosi ad accarezzargliela dopo che lo tirarono fuori e gli fecero l’iniezione. Thorin aprì gli occhi stanchi, incrociando i suoi. Le venne quasi da piangere, voleva abbracciarlo, felicemente grata che stesse bene, ma ricacciò indietro le lacrime. 

Aveva tirato fuori solamente quattro nani. Non aveva ancora finito. Si immerse in acqua e rientrò nel crepaccio. Fu più faticoso, sebbene il fumo si stesse diradando. Il sole era calato e dovette procedere più lentamente per il buio pesto in cui si ritrovava. Inoltre i nani erano ancora più distanti dall’uscita. 

Per tre volte fece avanti e indietro, portando fuori zaini e armi. Fili e Kili, intanto si erano ripresi e avevano acceso un paio di falò, asciugandosi completamente. Beth, invece, morendo di freddo. Kili le propose di piantare nel crepaccio delle torce, ma lei gli disse di no. Con il calore le rocce avrebbero sprigionato altro fumo, perciò continuò ad entrare e uscire nel buio per non correre rischi. 

Finalmente trovò altri tre nani: Bifur, Gloin e Ori e li tirò fuori.  

Poi venne il turno di Nori. 

Poi venne Bombur e quello fu il più difficile per quanto era grasso. Lo trascinò per i piedi e non fu neanche a metà strada quando il fumo prese il sopravvento. Cadde a terra più di una volta per i capogiri che le venivano e non sentiva più le gambe. Dovette lasciare Bombur e uscire. Non riuscì più a resistere. 

Si buttò in acqua, nonostante fosse gelata e prima di rientrare, si fece un’altra iniezione. Si sentì molto meglio, con l’adrenalina a mille. Questo l’aiutò notevolmente a trascinare via Bombur con più forza e più velocemente.  

Poi trovò altri zaini e armi, poi trovò Balin e Oin. 

Tutti gli altri, nel frattempo, si erano ripresi e ci pensarono loro a immergere in acqua i propri compagni, in modo che lei potesse fare subito l’iniezione e tornare a cercare gli altri.  

Ritornò con Bofur e dopo averli contati, si rese conto che ne mancava uno: Dwalin!  

Ci mise un sacco a trovarlo al buio totale e le bollicine bianche stavano ricrescendo sulla sua pelle. Lo trovò inciampando su di lui. Non ce la faceva più, ma si impose di portarlo via di lì. Perché sapeva che non ce l’avrebbe fatta a fare un viaggio in più. Camminò all’indietro più veloce che poté. 

Stava soffocando, tremava per il bruciore e per il freddo e si sentì svenire. Ma il cervello era ancora lucido e le ordinò continuamente di non fermarsi. Beth tirava, tirava e tirava, finché diede a Dwalin uno strattone con un ultimo sforzo... 

Cadde all’indietro e rotolarono giù per la discesa di ghiaia e sassi. I nani presero subito Dwalin, mentre Beth rimase distesa a terra, completamente stremata. Il cielo era pieno di stelle lucenti e le guardò intensamente, incapace di muoversi. 

La sua attenzione si spostò su Thorin, che si era inginocchiato accanto a lei e la sollevò da terra, prendendola in braccio. Beth appoggiò la testa sulla sua spalla e vide i nani che la fissavano. Non erano più sospettosi, sembrava che fossero in ansia per lei.  

Per l’ultima volta, Beth venne immersa nelle acque del fiume, sorretta da Thorin. Le fecero l’iniezione e la avvolsero in molte coperte per asciugarla e riscaldarla, distendendola accanto al fuoco. Diede un’ultima occhiata alle stelle sopra di lei e cadde in un sonno profondo.  

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - I giganti di pietra ***


Capitolo 12 

I giganti di pietra 

 

Sentì un piacevole tepore, quando si svegliò. Le coperte che l’avevano asciugata, la stavano ancora avvolgendo e il falò che l’aveva riscaldata si era spento, ma le braci erano ancora incandescenti. 

Beth aprì gli occhi. Aveva dormito parecchio. Ormai era mezzogiorno. Avrebbe tanto voluto restare lì per tutto il giorno, ma a malincuore si alzò. Lo fece un po’ troppo velocemente, perché la testa le pulsò pesantemente. Aspettò qualche minuto massaggiandosela e quando si sentì meglio, si alzò in piedi. Fu piuttosto difficile: era ancora debole e cadde in ginocchio un paio di volte. Camminò a piccoli passi, tenendosi una coperta sulle spalle.  

I nani avevano spento i falò e acceso un fuoco più piccolo, per arrostire dei pesci che avevano dal fiume. Tutti loro si erano rivestiti. Sembrava che stessero bene. 

Kili fu il primo ad accorgersi di lei e le corse incontro con un sorriso. Beth stava per cadere di nuovo, ma Kili l’afferrò in tempo e l’aiutò a sedersi. 

<< Hei! Stai bene? >> le chiese allegro. 

<< Questo dovrei chiedertelo io >>. 

<< Io sto bene, come tutti gli altri. Sei tu che sei uno straccio >> le rispose e la fece salire in groppa, sulla sua schiena. 

<< Oh, ti ringrazio tanto >> ribatté sarcastica. 

Fili aiutò il fratello a farla sedere accanto a loro e le porse un pesce arrostito. Beth era così affamata, che lo divorò tutto. 

<< Qualcuno sembra affamata >> la prese in giro Fili.  

Alcuni dei nani ridacchiarono. 

<< Ah, chiudi il becco! Ne avete altri per caso? >> chiese Beth e prontamente, Nori gliene lanciò uno appena cotto e lei lo afferrò al volo. 

Passò il tempo a parlottare, ridere e scherzare con loro. 

<< Dovevo accorgermene prima di quelle rocce >> disse Beth mortificata, << Mi dispiace >>. 

<< Ti dispiace? >> la interruppe Fili, << Ci hai salvato la vita! Di nuovo! >>. 

<< Ha ragione, Beth! Non eri tenuta a farlo, eppure ci hai tirato fuori da lì, uno ad uno! E di questo non possiamo che ringraziarti >> disse Balin risoluto. 

Beth arrossì un po’ per questo. 

<< Non potevo lasciarvi indietro >> rispose semplicemente e i nani la guardarono con gratitudine.  

Non poté fare a meno di sorridere assieme a loro. Nel frattempo giunsero Bilbo e Dwalin con altri pesci. 

<< Ben svegliata ragazzina! >> la salutò allegro il nano. 

Bilbo, invece, la osservò sollevato. Beth si mise a cercarlo con lo sguardo. Kili lo notò. 

<< È andato a pescare laggiù >> le sussurrò, indicandole un punto sulla riva del fiume che curvava a destra. 

C'erano degli alberi che coprivano la vista e Thorin non si vedeva. Kili la stava osservando con una malizia piuttosto irritante. 

<< Lui sta bene >>. 

<< È rimasto sveglio per tutta la notte a vegliare su di te >> aggiunse Fili e Beth poté credere a quelle parole. 

Aveva vegliato su di lei per tutto il tempo?! 

Fili e Kili le fecero cenno di andare da lui, con uno sguardo complice. Ormai si sentiva molto meglio e riuscì ad alzarsi in piedi senza problemi. Si diresse verso la riva e girò l’angolo, superando gli alberi. Ed era proprio lì, seduto su una roccia a guardare fisso davanti a lui con ai suoi piedi delle lance appuntite e sottili, ricavate dai rami degli alberi, che aveva usato per pescare. 

Beth si avvicinò tenendosi la coperta sulle spalle. Quando gli fu abbastanza vicina, Thorin si alzò dopo aver notato la sua presenza e lei si fermò.  

Entrambi videro sui propri volti gratitudine, sollecitudine, preoccupazione e gioia. 

<< Ciao >> gli disse Beth timidamente. 

Thorin non parlò ma si avvicinò a lei. I suoi occhi azzurri si specchiarono in quelli nocciola di Beth. Poi la prese per le spalle e fece una cosa che Beth non si aspettava minimamente. La baciò. 

Fu un bacio delicato e dolce. Sentì la sua barba pizzicarle il mento, mentre se ne stava lì impalata, tutta rigida e sentì un brivido scorrerle lungo la spina dorsale. 

Quando Thorin si staccò da lei, si fissarono a lungo, finché Beth non gli accarezzò le guance e ricambiò il baciò. 

La coperta le cadde dalle spalle, mentre Thorin l’abbracciava, stringendola a sé. Si baciarono con molto più trasporto, ma molto lentamente, assaporando ogni secondo e particolare. Le sembrò che durasse un’eternità, finché non si staccarono per riprendere fiato. Entrambi appoggiarono le proprie fronti l’uno sull’altra, con gli occhi chiusi e con le punte dei loro nasi che si strofinavano teneramente. 

Con il viso in fiamme, Beth sentì il cuore riempirsi di una gioia infinita che non aveva mai provato prima. Avvolse le braccia attorno alle spalle di Thorin e lo abbracciò più forte che poté, facendosi scappare un paio di lacrime. 

Si sedettero a terra, abbracciati l’uno all’altra e restarono lì da soli, senza che nessuno li disturbasse. All'inizio rimasero in religioso silenzio, godendosi la tranquillità che avvolgeva il fiume. 

Thorin la tenne stretta a sé, mentre Beth si godette tutte le sue carezze, con la testa appoggiata al suo petto. 

<< Non avevo intenzione di nasconderti niente Thorin >> gli disse, << Mi dispiace >>. 

Era sinceramente pentita e Thorin la capì. 

<< Ho visto mio nonno morire. Mio fratello è morto, mio cognato è morto. E mio padre è scomparso. Ho dovuto sopprimere il mio rancore per anni, per aiutare il mio popolo a sopravvivere. Ho aiutato mia sorella a crescere i miei nipoti, sostituendo il loro padre >> le rispose osservandola negli occhi. 

<< Sei un’anima buona, Beth. E ciò che hai detto è vero...tu non sei un’assassina >>. 

Beth sorrise speranzosa a quelle parole e aggiunse, << E tu non sei un ladro >>. 

Anche Thorin sorrise e capì che ormai era tutto passato. 

<< Voglio che mi prometti una cosa >> dichiarò risoluto il nano e Beth rivolse tutta la sua attenzione su di lui. 

<< Niente più segreti tra noi >>. 

E le annuì. << Niente più segreti >>. 

Si strinsero la mano e sigillarono quella promessa reciproca, senza sciogliere la stretta. Da quel momento si sarebbero confidati l’uno con l'altro e Beth, senza smettere di sorridere, lo fece subito. 

<< Mi piacerebbe ballare con te di nuovo >>. 

Thorin si stupì all’inizio, ma fu felice di sentirlo e si baciarono di nuovo. Beth si staccò da lui quando comparve Bofur dal nulla e il suo viso andò a fuoco per l’imbarazzo. 

Thorin, invece, non la lasciò, ma in compenso guardò Bofur contrariato. 

<< Oh, scusate! Il fatto è che...beh siete qui da parecchio e.…e stiamo mettendo su la cena...>> balbettò. 

Loro non risposero, ma lo fissarono come a dire “Sparisci!”. 

Bofur sembrò capire in fretta e aggiunse subito, << Ok...io me ne...vi lascio soli >>. 

Beth si accorse solo ora che stava per fare buio. Era rimasta lì assieme a Thorin per ore e nessuno dei due ci aveva fatto caso.  

Il suo stomaco brontolò per la fame, ma lei voleva restare lì insieme a lui. Anche il nano non voleva tornare dagli altri, ma il loro viaggio non era ancora finito e avevano perso un giorno di vantaggio. Perciò era fondamentale ripartire il giorno dopo prima dell’alba.  

Thorin si alzò in piedi controvoglia e aiutò Beth a fare altrettanto. Fu un po’ imbarazzante per lei quando raggiunsero i nani, perché li videro tenersi per mano. Ma fu solo per un attimo. Thorin non la lasciò, ma gliela strinse di più e Beth la ricambiò. 

Passarono tutti una sera tranquilla e serena, parlottando un po’ tra loro e mangiando una zuppa fumante. Beth recuperò il corsetto e il cappotto e, prima di coricarsi, Dwalin le fece segno di avvicinarsi. Pensava che stesse per rifilarle un’altra delle sue battute scorbutiche, e invece le restituì la borsa e i suoi coltelli. Fu stupita per questo. 

<< Grazie >> gli rispose grata.  

Dwalin non disse niente, ma in compenso le fece l’occhiolino. 

********************* 

Passarono quasi altri due mesi e il freddo si era ormai intensificato. Era pieno autunno e ogni giorno marciavano senza sosta. Si erano lasciati alle spalle le vaste pianure delle Terre Selvagge, salendo sempre di più dalle colline verso le Montagne Nebbiose.  

Ormai i nani consideravano Beth come una di loro e Thorin le stava spesso vicino. Nei pochi momenti di privacy, si allontanavano un po’ dagli altri e si stringevano l’uno all’altra baciandosi. 

Molte volte dormivano vicini e il mattino seguente si svegliavano con le mani che si sfioravano. 

Fili e Kili approfittavano delle poche volte che Beth era sola per prenderla un po’ in giro, chiamandola insieme a Thorin “piccioncini”. Si rivelarono due gran rompiscatole e quando la chiamarono “zietta” si strozzò mentre beveva un sorso d’acqua. Glielo si leggeva in faccia però, che erano felici per loro. 

Ma non fu tutto rose e fiori, perché Gandalf non si fece vedere per un bel po’ di tempo. Conoscendolo, Beth sapeva che lo stregone aveva degli incarichi importanti certe volte. E il senso del dovere lo portava a metterli in primo piano. Inoltre compariva sempre senza preavviso e non si sapeva mai quando sarebbe arrivato. Ma Beth sapeva anche che ritornava sempre. Era solo una questione di tempo. 

Thorin le disse di non preoccuparsi. Prima di partire da Granburrone, lui e lo stregone si erano accordati di aspettarlo tra le Montagne Nebbiose. E ormai avevano cominciato a scalarle, perciò non mancava molto. 

Thorin guidava la compagnia attraversando uno stretto sentiero sul lato roccioso e pericolante della Montagna. Con il buio, il temporale e l’altitudine dovettero procedere molto lentamente, tutti bagnati e infreddoliti. Beth era dietro a Thorin e per poco non andò a sbattere contro di lui quando si fermò di colpo. 

<< Fermi! Aspettate! >> urlò Thorin agli in modo che lo sentissero. 

In quel momento Bilbo mise il piede in un punto scivoloso e se Dwalin e Bofur non lo avessero preso al volo, sarebbe caduto dal precipizio. 

<< Dobbiamo trovare riparo! >> gridò Thorin. 

Erano in un luogo altrettanto pericoloso e la pioggia complicava le cose. 

<< Attenzione! >> gridò Dwalin.  

Tutti alzarono la testa e un enorme masso volò sopra di loro, spaccandosi in mille pezzi contro la parete. Beth per istinto si piegò verso il basso, riparandosi la testa con le mani. 

<< Questo non è un temporale, è una battaglia fra tuoni! >> urlò Balin e alzò il braccio, indicando di fronte a loro. << Guardate! >>. 

Una figura in lontananza si avvicinava lentamente. Aveva delle sembianze umane, ma era gigantesco.  

Bofur, stupefatto, si allontanò dalla parete per vederlo meglio. 

<< Che mi venga un colpo! Le leggende sono vere! Giganti! Giganti di pietra! >>. 

E il gigante ruggì, lanciando un altro masso contro un senso simile apparso dietro di loro. Tutti si appiccicarono contro la parete, a parte Bofur, talmente ammaliato da non accorgersi di essere il più esposto. 

<< Riparati stupido! >> urlò Thorin e i nani lo tirarono verso di loro. 

Come se non bastasse, il sentiero cominciò a sbriciolarsi e dovettero appiattirsi di più per non cadere di sotto. Fu in quell'istante che si accorsero di essere nelle gambe di un terzo gigante. Quando questo si alzò in piedi, il sentiero si spaccò in due e divise la compagnia. Il gigante si intromise nella lotta e tutti si aggrapparono ben stretti. Thorin si mise davanti a Beth e la schiacciò tra lui e la parete. Sentì le gambe molli, ma si impose di non cedere e di stringersi a Thorin, finché il gigante non cadde sul fianco della montagna. Senza perdere tempo, Thorin le prese un braccio e si affrettarono a scendere su una sporgenza accanto a loro. 

<< Via, via, via >>. 

Purtroppo non erano tutti, perché gli altri si trovavano sull’altra gamba. Il gigante si rialzò di nuovo e abbatté il secondo, mentre erano ancora aggrappati. Venne a sua volta battuto dal terzo gigante e mentre cadeva, i nani si scontrarono contro le rocce. Beth ebbe un colpo al cuore. Metà dei suoi compagni erano morti! Osservò pietrificata il punto in cui erano si erano scontrati, non riuscendo a credere ai suoi occhi. E Bilbo era con loro! 

<< NOOO!!! FILI!!! >> urlò Thorin e corse dal nipote. 

Beth e gli altri lo seguirono a ruota. Pensava di trovare solo un lago di sangue e brandelli dei loro corpi sparsi in giro, invece trovò il secondo gruppo vivo e vegeto mentre Thorin li osservava sollevato. Anche lei sospirò per quel colpo di fortuna. Insieme agli altri, li aiutò ad alzarsi, ma si accorse che mancava qualcuno. 

<< Dov’è Bilbo?! >> gridò Bofur precedendola, << Dov’è lo hobbit?! >>. 

Tutti si guardarono intorno, finchè non lo trovarono sotto di loro, aggrappato ad una sporgenza. I nani si sdraiarono e allungarono le braccia verso Bilbo, nel tentativo di afferrarlo. Ma non erano abbastanza vicini e quando il mezz’uomo provò ad allungarsi perse la presa, ritrovandosi aggrappato con un braccio solo. 

Beth non ci pensò due volte: tirò fuori il suo coltello più lungo e resistente, conficcandolo nella parete. Prese Bilbo per un braccio e lo tirò su con tutta la forza che aveva. Lo lasciò solo quando i nani lo afferrarono. Con molta attenzione tolse il coltello dalla parete, ma l’appiglio su cui poggiava il suo piede si sbriciolò. Si sarebbe piaccicata al suolo se Thorin non l’avesse presa in tempo e la tirò su con l’aiuto di Dwalin. 

<< Pensavo che l’avessimo perso >> dichiarò Dwalin mentre Beth rimase seduta a riprendere fiato. 

<< Lui si è perso da quando ha lasciato casa sua! Non sarebbe dovuto venire. Non c’è posto per lui tra noi >>.  

Beth guardò Thorin sconcertata. Era stato piuttosto duro con Bilbo: non era di certo un guerriero e non sapeva combattere, ma non si meritava una cattiveria simile. Thorin e Dwalin entrarono in una grotta trovata proprio davanti a loro, seguiti a ruota dagli altri. 

Bilbo rimase lì per terra col viso abbassato e cupo. Solo in quel momento Beth si accorse di quanto fosse escluso dal gruppo. Le sembrò di vedere sé stessa quando era partita cono loro. Lentamente gli si avvicinò e dopo che lui alzò lo sguardo, gli tese la mano. Sconsolato lo hobbit l’afferrò e Beth lo tirò su, entrando infine nella caverna insieme. 

Tutti si stavano togliendo gli zaini dalle spalle e cercando un angolo comodo per dormire. Nel frattempo Gloin si strofinò allegramente le mani, inginocchiandosi di fronte a della legna asciutta. 

<< Bene allora, accendiamo un bel fuocherello! >> dichiarò, ma Thorin gli rispose irremovibile, << No, niente fuoco! Non questo posto. Cercate di dormire. Partiamo quando arriva l’alba >>. 

Beth vide Balin avvicinarsi a lui e lo sentì parlare con un tono un po’ contrariato. 

<< Dovevamo aspettare tra le montagne fino all’arrivo di Gandalf. Questo era il piano >>. 

<< I piani cambiano >> rispose Thorin, << Bofur, primo di guardia >>. 

Beth, confusa, lo raggiunse. << Come sarebbe “i piani cambiano”? Vuoi lasciare indietro Gandalf? >> chiese sconcertata. 

Se la stavano cavando piuttosto bene, ma si sentiva più sicura quando lo stregone era nei paraggi. 

<< Beth, mi dispiace >> le disse sincero, << ma ho paura che non arriveremo in tempo alla Montagna, se aspettiamo lo stregone >>. 

Pure lui non aveva torto, ma questo non la tranquillizzò affatto. 

Thorin le mise una mano sulla spalla, << Lui conosce la strada. Sa come raggiungerci. Se non ci incontreremo qui, lo faremo più avanti >>. 

Beth non ne fu tanto convinta, ma annuì. 

Tutti erano ancora bagnati fradici, c’era molto freddo e non potevamo accendere il fuoco, per non rischiare di essere scoperti. Così Beth tirò fuori dei fiammiferi e delle bacchette lunghe dieci centimetri. Ne piantò tre o quattro a terra e dopo averli accesi, la grotta si riempì di aria calda e secca. Si asciugarono completamente in pochi minuti e il calore li scaldò per tutta la notte. 

******************* 

Beth era troppo irrequieta per dormire. Rimase sdraiata accanto a Thorin ad osservare il soffitto roccioso, con le mani congiunte sul torace. 

Il fatto che continuassero senza Gandalf la innervosiva e poi le mancava tanto quel vecchio pazzo. Non fece che sperare e pregare che lo stregone arrivasse in tempo, mentre giocherellava con il suo rubino. 

<< Dove credi di andare? >>. 

Beth si girò di scatto e vide Bofur che si sporgeva in avanti verso Bilbo. Lo hobbit era all’entrata della caverna, con lo zaino in spalla. Era stato così silenzioso, che non si era accorta di nulla. 

<< Torno a Granburrone >> disse Bilbo risoluto. 

“Cosa?” pensò Beth. Bofur, nel frattempo, si era alzato, tentando di dissuaderlo. 

<< No, no! Non puoi tornare ora! Fai parte della compagnia! Sei uno di noi! >>. 

Ma in quel momento Bilbo preferì essere realista. << In realtà no, vero? >> e Bofur non ebbe niente da ribattere. 

<< Thorin ha detto che non dovevo venire, ha ragione! Non sono un Tuck, sono un Baggins. Chi sa che mi è saltato in mente? Non dovevo uscire dalla mia porta >>. 

“Non devi credere a tutto quello che dice Thorin, Bilbo” pensò Beth infastidita. Prima Gandalf e ora Bilbo. 

<< Hai nostalgia di casa >> disse Bofur, << Lo capisco, io …>>. 

<< No, tu non puoi! >> lo interruppe, << Tu non capisci, nessuno di voi capisce, siete nani! Siete abituati a questa vita: a vivere per strada e non appartenere mai a niente >>. 

Beth restò in ascolto e dal silenzio tombale di Bofur, capì che Bilbo aveva un po’ esagerato. Dopo mesi di viaggio, tenendosi tutto dentro, era esploso. Dopo un po’ sentì Bilbo scusarsi, rendendosi conto di ciò che aveva detto. 

<< No, scusami non...>>. 

<< No, hai ragione. Non apparteniamo mai a niente >> ammise il nano con tristezza, di fronte alla realtà. 

In quel momento, Beth si accorse che anche Thorin era sveglio e le si strinse il cuore quando vide la tristezza nei suoi occhi. 

<< Ti auguro tutta la fortuna del mondo >> disse Bofur. << Dico davvero >>. 

E fu sincero su questo. 

<< Mi saluterai Beth? >> chiese Bilbo. 

Solo ora quanto il mezzuomo fosse un buon amico, ma sentì anche un po’ di tristezza, perché quel suo buon amico se ne stava andando. 

<< Glielo dirò >> rispose Bofur. << Che cos’è? >>. 

Beth stava per alzarsi e fermarlo, quando sentì sotto di sé degli strani suoni meccanici. Anche Thorin li sentì e istintivamente, guardarono per terra. Comparvero degli strani solchi sul terreno polveroso, come se stesse crepando. 

<< Svegliatevi! Svegliatevi! >> gridò Thorin allarmato e dopo che tutti si svegliarono confusi, il terreno si aprì sotto di loro attraverso delle botole e caddero nel vuoto. 

Rotolarono e scivolarono da tutte le parti dentro un gigantesco e ripido tunnel. La terra era scivolosa e umida, non era possibile rallentare. Così, Beth tirò fuori due lunghi coltelli e li conficcò nella parete. Non successe nulla all’inizio, poi cominciò a rallentare sempre di più, finché non si fermò del tutto.  

Rimase sospesa ad almeno venti metri di altezza, mentre i nani caddero su una piattaforma di legno sotto di lei. Non ebbe neanche il tempo di chiamarli, che giunsero dei tremendi guaiti. Un branco di orchi accerchiarono e agguantarono i nani, trascinandoli e spintonandoli via. 

Nessuno degli orchi la vide e mentre se nestavano andando, si impose di stare zitta. Scese molto lentamente dopo che rimase sola, usando i coltelli come appigli. Quando fu abbastanza bassa, si diede una spinta all’indietro con i piedi, i coltelli si staccarono dalla parete e lasciò cadere sulla piattaforma. Atterrò a quattro zampe e rimase accucciata guardandosi attorno. Solo quando fu certa che non ci fosse nessuno, si alzò armata di coltelli e pugnali e si addentrò nelle grotte, in cerca dei nani. 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - Gli orchi ***


Capitolo 13 

Gli orchi 

 

Se non ci fossero state le torce accese, Beth sarebbe stata immersa nel buio più totale. Tutte quelle caverne però erano un labirinto, da quanto erano uguali tra loro. Era facile perdersi e trovarsi davanti a dei vicoli ciechi. Beth faticò ad orientarsi, ogni tanto tornava indietro per prendere un’altra strada e dovette procedere lentamente, perché i pontili di legno su cui camminava scricchiolavano un sacco. Ad ogni passo temeva di essere scoperta.  

Non vedeva l’ora di uscire da lì. Tutto era umido, afoso, sporco... c’era un caldo tremendo e l’odore era atroce. 

Beth stava per perdere le speranze quando sentì della musica in lontananza. Era appena percettibile e rimbombava sulle pareti. Decise di seguire la musica e questo l’aiutò ad orientarsi meglio, trovando la strada giusta. Non durò molto, ma non importava. Ora era sicura dove andare e proseguì dritta.  

Il suo cammino, purtroppo, venne interrotto quando svoltò l’angolo e le si pararono davanti tre orchi, che l’attaccarono subito dopo averla vista. Non erano un granché come combattenti, perché Beth li fece fuori in un secondo, tagliandogli le gole con una rapidità quasi innaturale. Si allontanò da lì immediatamente e accelerò il passo. Ne incontrò un’altra decina e fecero tutti la stessa fine.  

Fu quando incontrò un orco abbastanza grosso che le cose si complicarono, perché le diede del filo da torcere. E quando Beth riuscì a disarmarlo e a bloccarlo a terra, altri due orchi sbucarono alle sue spalle. La fecero cadere a terra con uno spintone e le bloccarono i polsi, disarmandola. Beth si dimenò come un animale e riuscì quasi a liberarsi scalciando con le gambe, ma l’orco più grosso le diede un calcio allo stomaco. 

Quel colpo le mozzò il fiato, tant’è che non riuscì ad emettere nessun suono. E cominciarono a pestarla. La colpirono sull’addome, sui fianchi e in faccia. Le ruppero il naso e le spaccarono il labbro inferiore. Quando si fermarono aveva il volto coperto di sangue e lividi neri.  

Nessuno le aveva mai fatto una cosa simile: si sentì impotente, umiliata, arrabbiata e aveva paura. L'orco più grosso si abbassò verso di lei e osservò bramoso il suo rubino. Ma quando lo afferrò, la sua mano prese fuoco. Spaventato lo lasciò immediatamente, ma le fiamme si propagarono su tutto il corpo e l'orco si dimenò dal dolore. Smise quando le fiamme si spensero di colpo e di lui rimase solo un mucchio di cenere e ossa.  

I due orchi lo fissarono sbalorditi e Beth approfittò della loro distrazione. Si tirò su con uno scatto, tirò fuori dagli stivali due coltelli e tagliò ad entrambi la gola. Giacquero entrambi morti per terra, in una pozza di sangue. Beth si appoggiò alla parete con il fiato corto e il corpo pieno di botte. Le faceva un male cane dappertutto e si sentì terribilmente stanca. 

Il suo rubino, per fortuna, non aveva gradito il tocco della mano tozza e putrida di quell’essere ripugnante. Ma al solo pensiero che sarebbero potuti andare oltre, la fece rabbrividire. Sentì gli occhi pizzicare e due grosse lacrime minacciarono di scendere sulle guance piene di lividi. 

Subito, la sua testa le disse severamente “Non ti azzardare a piangere!”. E cominciò a fare dei profondi respiri per calmarsi. “Non hai ancora trovato i tuoi compagni e non li troverai mai se non ti alzi! Quando sarete tutti fuori, potrai piangere quanto vuoi, ma ora alzati!”. 

Le ci volle uno sforzo enorme per ricacciare indietro le lacrime e senza pensarci due volte, afferrò il suo naso con entrambe le mani e se lo aggiustò con un sonoro crack! 

<< Vaffanculo! >> gridò Beth. 

Era un trucco che le aveva insegnato suo padre, se fosse rimasta senza pozioni apposite. Rapido...ma decisamente doloroso. Stava ancora sanguinando, però in compenso il naso era tornato al suo posto e respirare meglio. 

<< Ok. Ok >>. 

Con l’adrenalina al massimo si alzò, recuperò le sue armi e procedette, barcollando da qua e di là, come se fosse ubriaca. Poteva tirare fuori dalla borsa qualcosa per curare le ferite, ma non c’era tempo per quello. Non aveva ancora trovato Thorin e gli altri, lo avrebbe fatto più tardi. 

Mentre camminava, la luce delle torce cominciò ad aumentare e quando sentì cantare qualcuno nelle vicinanze si fermò un secondo. Poi riprese a camminare seguendo il suono, che si fece sempre più forte. Quando si fermò, giunse su una balconata sopra un’enorme caverna. C'erano centinaia e centinaia di orchi che battevano i piedi a terra a tempo di musica. Al centro c’era un grande trono di legno e ossa e un gigantesco orco che canticchiava allegro. A giudicare dalle grandi dimensioni e dalla corona di ossa sulla testa, era il re. Incredibilmente grasso e brutto, con in mano uno scettro pieno di teschi. 

E proprio davanti a lui c’erano i nani! Beth sospirò di sollievo nel vederli, ma andò nel panico quando vide delle grosse macchine di tortura. Non aveva idea di cosa fare! Erano troppi per lei e non ce l’avrebbe mai fatta. La situazione peggiorò quando i nani vennero perquisiti. 

Un orco prese la spada di Thorin e dopo averla sfoderata un po’, la gettò via orripilato, come se lo avesse ustionato. Il re e gli orchi vicini alla spada, arretrarono terrorizzati. 

<< Conosco quella spada! È la Fendiorchi! >> gridò il re, indicandola. << Il coltello! La lama che ha tagliato mille colli! >>. 

E gli orchi cominciarono a picchiare i nani, buttandoli a terra. 

<< Squartateli! Picchiateli! Uccideteli! Tagliategli la testa! >>. 

Beth vide alla sua sinistra una fune tesa sopra di lei. Non ci pensò due volte: prese un bastone per terra, lo mise sopra la fune con entrambe le mani e si lasciò cadere, usandolo come una carrucola. Stavano per uccidere Thorin quando lasciò la presa e atterrò sopra all’orco, infilzandogli un coltello sulla nuca. 

Si occupò anche di quelli che tenevano fermo Thorin, ma c’erano così tanti orchi che li immobilizzarono di nuovo. Beth venne buttata e inchiodata a terra a pancia in giù, mentre Thorin teneva di soccorrerla inutilmente. 

<< Un’alchimista! >> urlò il re degli orchi terrorizzato sempre di più, dopo aver visto le voglie scure sulle dita di Beth. << Uccidetela! Uccideteli! >>. 

Beth e Thorin si fissarono negli occhi a meno di un metro di distanza, in attesa del colpo fatale. Poi avvenne un’esplosione: gli orchi volarono via, la caverna si riempì di una luce accecante e le macchine di tortura vennero distrutte. 

Quando la luce si spense, di fronte a loro era comparso Gandalf. 

<< Imbracciate le armi >> ordinò ai nani, << Combattete. Combattete! >>. 

E in men che non si dica si alzarono da terra, recuperarono le loro armi e combatterono contro gli orchi. Beth, invece, era così esausta e dolorante che rimase distesa lì per terra. Mentre tentò di alzarsi, non si accorse che il re degli orchi stava per colpirla alle spalle. Thorin lo vide in tempo e con un colpo di spada lo buttò giù, facendolo cadere sul fondo della caverna. 

<< Beth! Alzati! >> urlò e la tirò su in piedi, prendendola per un braccio. 

<< Seguitemi! >> ordinò Gandalf e lo seguirono di corsa. 

Per Beth fu doloroso: aveva incassato parecchi colpi e Thorin se la tirava dietro, la fece restare lucida e reattiva, aiutando le sue gambe a correre più in fretta.  

Dwalin si mise in testa e aprì un varco, buttando di sotto una ventina di orchi con un lungo palo, aiutato da Nori, Fili e Kili.  

Gandalf li guidò lungo i ponti sospesi, abbattendo ogni nemico. In un punto vennero temporaneamente bloccati e Thorin e Beth combatterono schiena contro schiena, proteggendosi a vicenda. Quando un gruppo di orchi si lanciarono verso di loro appesi a delle funi, a Thorin venne in mente un’idea. 

<< Tagliamo le corde! >> e con un colpo secco, tagliarono tutte le corde che reggevano il pontile su cui si trovavano. 

Sarebbero precipitati, ma le funi degli orchi si attorcigliarono attorno alle travi. Ciò fece cadere loro nel vuoto, e al tempo stesso ressero il pontile. Poi scesero e la fuga proseguì. 

Ne incontrarono altri e fecero di tutto pur di scappare: li uccisero, li spinsero con una scala, Gandalf fece rotolare su di loro un masso gigantesco... 

E per tutto il tempo, Thorin non lasciò mai la mano di Beth. Ogni tanto la sorresse, rimanendo sempre vicini.  

Ormai mancava poco! Dovevano solo attraversare un ponte e sarebbero usciti. Quando furono a metà, purtroppo, il re degli orchi sbarrò loro la strada, spuntando da sotto il ponte. Tutti furono circondati e la corsa finì lì. Thorin spinse Beth dietro di lui, mettendosi tra lei e gli orchi. Anche non sarebbe servito a niente. 

<< Pensavi di potermi sfuggire? >> disse il re a Gandalf, tentando di colpirlo. 

<< Che intendi fare ora stregone? >> e Gandalf lo colpì: prima gli conficcò il bastone e poi gli tagliò la pancia con la spada. 

Il re non se lo aspettò e cadde in ginocchio. 

<< Sarò sconfitto >> constatò e Beth, che si era avvicinata, gli tagliò la gola con il pugnale che le aveva dato Thorin. 

Quando cadde morto, il peso del suo corpo fece crollare il ponte. Sarebbero morti anche loro da quell’altezza ma per qualche miracolo divino, il ponte si incastrò fra le pareti, rallentandone la caduta. Atterrarono con un tonfo secco e brusco. Beth sperò che fosse l’ultima per oggi. 

<< Beth! >>. 

Gandalf si alzò e la tirò su, reggendola in piedi. Beth gli buttò le braccia al collo, abbracciandolo tutta tremante. 

<< Non hai idea di quanto sia felice di vederti! >> gli sussurrò. 

<< Beh, poteva andare peggio >> rispose Bofur e puntualmente il corpo del re degli orchi cadde sopra di loro. 

“Prevedibile” pensò Beth alzando gli occhi al cielo e nel farlo vide centinaia orchi venire verso di loro. 

<< Sono troppi, non possiamo fermarli! >> disse Dwalin. 

<< Una sola cosa ci salverà, la luce del giorno! Via! Muovetevi! >>. 

E ripresero a correre senza fermarsi.  

Beth era in testa al gruppo e sebbene fosse esausta, non rallentò. Anzi, accelerò il passo quando vide il sole che tramontava. 

Finalmente uscirono da quella maledetta caverna, respirando aria fresca e allontanandosi il più possibile lungo il terreno pendente della montagna. 

Beth corse un po’ troppo veloce, perché inciampò a causa di una radice e rotolò giù per la pendenza senza controllo, schiantandosi contro un albero. La sua schiena sbatté violentemente contro il tronco. Per qualche secondo si dimenticò come si fa a respirare, poi emise un gemito di dolore. 

“Cazzo!” pensò rabbiosa. In tutta la sua vita non era mai stata colpita così tanto. 

<< Beth! >>. 

Thorin corse da lei e la sollevò, appoggiandola all’albero.  

Le faceva male dappertutto e non riusciva a muovere un muscolo. Il sangue aveva smesso di uscire dal suo naso, ma il suo volto ne era pieno, assieme a lividi, graffi e tagli. 

<< Che ti hanno fatto >> disse Thorin con rabbia, mentre le sfiorava il viso con le dita. 

<< Sto bene >> rispose lei. 

<< No! Non stai bene >> la interruppe, << Devi smetterla di salvarmi la vita, Beth. Sono io che dovrei proteggerti >>. 

<< Se tu morissi, non me lo perdonerei mai Thorin >>. 

Gli tolse le mani dal proprio viso per poi stringerle tra le sue, poggiandole sotto il suo mento. 

<< Tu proteggi me e io proteggo te. È così che funziona tra noi. Com'è che non lo capisci? >>. 

Thorin abbassò lo sguardo e rispose, << Dovrei tornare indietro e farla pagare a chi ti ha ridotto così >>. 

<< Troppo tardi, ti ho preceduto io >> e le scappò una risata, che fece sorridere un po’ anche Thorin.  

Tentò di alzarsi, ma Thorin glielo impedì, tenendola ferma per le spalle. Nel frattempo giunsero gli altri, mentre Gandalf li contava per assicurarsi che ci fossero tutti. 

<< Sei, sette, otto, nove... Bifur, Bofur fanno undici...ah, Fili, Kili fanno tredici e naturalmente Bombur fa quattordici >>. 

Tutti finalmente si fermarono per riprendere fiato. Thorin si alzò in piedi, tenendo stretta la mano di Beth. Gandalf lo notò soddisfatto, mentre Beth lo guardava come a voler dire “Chiudi il becco”.  

Sul volto dello stregone però, comparve una nota di preoccupazione. 

<< Dov’è Bilbo? >> chiese ai nani e tutti si guardarono intorno per cercarlo.  

Beth fece lo stesso e fu presa dal panico per la sua assenza. 

<< Dov’è il nostro hobbit? >> domandò, ma nessuno rispose. 

<< Dov’è il nostro hobbit! >> gridò Gandalf. 

<< Accidenti al mezzuomo, ora si è perso? >> si lamentò Dwalin. 

<< Credevo che fosse con Dori >> disse Gloin. 

<< Non incolpare me! >> si lamentò Dori. 

<< Dove lo avete visto l’ultima volta? >>. 

<< Mi sa che è scappato via quando ci hanno catturati >> intervenne Nori. 

<< Che è successo esattamente? Dimmelo! >>. 

Beth sentì Thorin lasciarle la mano e si avvicinò a Gandalf, scuro in volto. 

<< Te lo dico io che è successo: mastro Baggins ha visto la sua occasione e l’ha colta! >>. 

Beth lo guardò esterrefatta. 

<< Pensava solo al suo soffice letto e al suo caldo focolare da quando ha messo piede fuori dalla porta! Non rivedremo più il nostro hobbit. È ormai lontano >>. 

Questo era vero e lui e Beth avevano sentito la conversazione tra Bilbo e lui e Bofur, ma anche lui era caduto nella caverna assieme a loro e non li avrebbe mai abbandonati. Con molta fatica Beth si alzò in piedi. 

<< No >>. 

Tutti si girarono verso di lei. 

<< No >> ripeté, << Il nostro hobbit non se l’è svignata! >>. 

Cominciò a camminare, barcollando un po’. 

<< Io torno indietro >> disse con decisione. 

<< Come? >> chiese Kili. 

<< Bilbo ha nostalgia di casa, ma non è un codardo e tanto meno un vile. È rimasto nella caverna e io vado a prenderlo >>. 

Thorin non fu d’accordo e la prese per un braccio. 

<< Tu non vai da nessuna parte >> le rispose risoluto. 

<< Non ti ho chiesto il permesso >> ribatté lei. 

<< Non entrerai là dentro da sola! E non salveresti nessuno in questo stato >>. 

Thorin aveva ragione, ma a Beth non gliene importava niente. L'unica cosa che voleva fare era andare a cercare il suo amico. 

<< Thorin lasciami...>>, tentò di liberarsi, ma non aveva la forza. 

<< Beth, lui non c’è più >> le disse realista. 

Lei non voleva crederci, non voleva sentire niente di tutto questo. 

<< No, invece >>.  

Tutti si voltarono e Bilbo comparve di fronte a loro. Beth tirò un sospiro di sollievo. Era vivo! 

<< Bilbo Baggins! Non sono mai stato così felice di vedere qualcuno in vita mia! >> esclamò Gandalf. 

Beth si avvicinò a lui e gli diede un rapido abbraccio, che quest’ultimo ricambiò. Anche Kili fu entusiasta del suo ritorno, << Bilbo! Ti davamo per scomparso! >>. 

<< Ma come hai fatto a superare gli orchi? >> chiese Fili. 

<< Già, come? >> ripeté Dwalin sospettoso. 

Per un momento Bilbo esitò, poi rise mettendosi le mani in tasca. In quel momento Beth notò che Gandalf stava guardando inquisitore lo hobbit, ma fu solo per un secondo e tornò con la sua solita espressione allegra. 

<< Beh, ma che importanza ha? È tornato >>. 

<< Ha importanza! >> ribatté Thorin, << Voglio saperlo. Come mai sei tornato? >>. 

Ci fu un breve silenzio e poi Bilbo prese parole. 

<< So che dubiti di me, lo so, lo so...l’hai sempre fatto! E hai ragione: penso sempre a Casa Baggins. Mi mancano i miei libri e la mia poltrona, il mio giardino... Vedi, quello è il mio posto. È casa mia. Perciò sono tornato, perché … voi non ce l’avete, una casa. Vi è stata portata via. E voglio aiutarvi a riprendervela, se posso >>. 

Nessuno riuscì a parlare. Furono parole tristi e nostalgiche, ma che lasciavano intendere un senso di speranza. 

E anche se Thorin non voleva ammetterlo, Beth sapeva che era grato del ritorno dell hobbit. 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 - Azog, il Profanatore ***


Capitolo 14  

Azog, il Profanatore 

 

Stava per fare buio ed erano ancora tutti in silenzio, quando sentirono degli ululati. Si voltarono verso il punto in cui li avevano sentiti, avvertendo un brutto presentimento. 

<< Siamo finiti dalla padella …>> disse Thorin. 

<< ...nella brace >> concluse Gandalf. << Scappate! Scappate! >>. 

E la fuga riprese. Thorin prese Beth per il polso e se la trascinò dietro come aveva fatto nella caverna degli orchi. Era esausta e ancora più dolorante di prima, ma dovette ignorarlo. 

<< Correte! >> gridò Thorin e tutti corsero più veloce, finché qualche mannaro non li superarono, sbarrandogli la strada. 

Uno saltò addosso a Bilbo, ma quest’ultimo estrasse in tempo la sua spada e gliela conficcò nella testa. 

I nani si occuparono degli altri nel frattempo. Anche Beth ne fece fuori uno, ma nel suo stato cadde per terra e fu faticoso per lei rialzarsi. Thorin la tirò su, dicendole << Sta con Gandalf! Vai! >>. 

Lei esitò. Non voleva allontanarsi da lui, ma fece come le aveva detto. Riprese a correre, affiancandosi a Gandalf... Purtroppo si dovettero fermare, perché giunsero a un dirupo. Gandalf non vide altra soluzione. Non c’erano vie di fuga, perciò ordinò a tutti di salire sugli alberi. Beth seguì lo stregone a ruota, arrampicandosi sul suo stesso albero. Tutti salirono il più veloce e il più in alto possibile. Furono al riparo appena in tempo, quando arrivarono i mannari. Si misero sotto di loro accerchiandoli e ringhiando minacciosi.  

Beth si trovava su un ramo accanto a Gandalf: non sapeva come uscirne, ma forse lo stregone poteva fare qualcosa, perché lo vide sussurrare qualcosa ad una falena. Era un messaggio d’aiuto! Qualcuno sarebbe venuto ad aiutarli, dovevano solo resistere. 

I mannari nel frattempo si zittirono e osservarono un gigantesco orco pallido: alto, muscolo, pieno di cicatrici e con il braccio sinistro amputato, a cavallo di un mannaro dal pelo bianco. Azog, il Profanatore! 

Beth lo vide osservarli con un’espressione famelica. 

<< Lo senti? >> disse al suo mannaro, annusando l’aria. << L’odore della paura? >>. 

Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi increduli di Thorin. 

<< Ricordo che tuo padre ne era impregnato... Thorin, figlio di Thrain >>. 

Thorin non poté credere ai suoi occhi, << No, non può essere >>. 

Azog alzò la sua mazza di ferro indicando Thorin, << Quello è mio... uccidete gli altri! >>.  

E i mannari partirono alla carica: saltarono e balzarono continuamente in alto per tentare di azzannare i nani e di disarcionarli, scuotendo i tronchi degli alberi. Molti di loro persero l’equilibrio e dovettero aggrapparsi forte per non cadere. Beth rischiò di cadere; scivolò dal ramo su cui era appoggiata, ma riuscì ad afferrarne un altro. Dovette fare un enorme sforzo per issarsi su.  

A furia di tirare e scrollare gli alberi, i mannari li sradicarono completamente, causando un effetto domino. Mentre precipitavano, i nani e Bilbo saltarono sugli alberi di fronte a loro ma anche quelli cominciarono a cadere, finché non arrivarono sull’albero di Gandalf e Beth, che guarda caso era quello sull’orlo del precipizio. Tutti i mannari si accanirono su quell’ultimo albero. Se lo avessero sradicato, sarebbero caduti. 

Thorin era atterrato proprio accanto a Beth e le passò un braccio attorno al fianco per sorreggerla, schiacciandola contro il tronco.  

Alzando la testa, Beth vide sopra di lei una dozzina di grosse pigne e, dopo aver dato una rapida occhiata ai mannari sotto di loro, le venne in mente un’idea. Reggendosi a Thorin con un braccio, frugò nelle tasche del suo cappotto, finchè non trovò uno dei suoi accendini. Solo gli alchimisti li possedevano, erano molto più efficaci dei fiammiferi e degli acciarini. Staccò poi il braccio da Thorin e lo allungò in alto. Prese una pigna, accese l’accendino e dopo che quella prese fuoco, la lanciò contro quelle bestiacce. 

Colpì un mannaro, che spaventato si allontanò. Beth prese immediatamente un’altra pigna e dopo averla accesa la passò ai nani in modo che potessero usarla per accenderne delle altre e lanciarle. 

L'erba secca sotto di loro prese subito fuoco, allontanando i mannari e gli orchi sempre di più. 

I nani esclamarono ed esultarono entusiasti per questo, ma durò poco, perché l’albero cominciò a sradicarsi e si ritrovarono appesi ai rami nel vuoto. 

Beth batté la testa contro il tronco e svenne per pochi minuti, per poi risvegliarsi intontita con le orecchie che fischiavano e la nuca che le doleva terribilmente. 

Ormai l’albero era in orizzontale e lei era distesa sul tronco a pancia in su, con Thorin sopra di lei. Beth lo sentì sollevarsi da lei e allontanarsi. Quando aprì gli occhi vide doppio, completamente stordita. 

<< Thorin? >> sussurrò stanca e alzando la testa lo vide correre verso Azog, con la spada in una mano e il suo scudo di quercia nell’altra. 

Azog lo fissava sorridente e quando fu abbastanza vicino, il suo mannaro balzò in avanti, stendendolo a terra. A Beth venne un colpo e le tornò in mente suo padre, quando fu ucciso... La stessa paura che aveva provato quella notte la paralizzò. 

Thorin si rialzò ma venne steso di nuovo da Azog. Beth voleva alzarsi per correre da lui e aiutarlo, ma le sue gambe non accennavano a muoversi. Il mannaro ne approfittò per afferrarlo tra le sue fauci. 

Beth pianse quando sentì Thorin urlare per il dolore, per poi venire lanciato. E lei se ne stava lì impalata a guardare, mentre un orco stava per mozzargli la testa! Stava per decapitarlo, quando Bilbo lo fermò in tempo. Gli saltò addosso e lo uccise, salvando Thorin. 

Non si era neanche accorta che lo hobbit le era passato a fianco e correre verso il pericolo. Beth smise improvvisamente di tremare e la paura si trasformò in rabbia. Si alzò e corse ad aiutare Bilbo, seguita da alcuni nani che erano riusciti a risalire.  

Sfoderarono le spade e respinsero gli orchi e i mannari, allontanandoli da Thorin privo di sensi e Bilbo, che nel frattempo si era messo davanti a lui per proteggerlo. Mentre i nani si occuparono degli orchi, Azog fissò Bilbo con odio e stava per avventarsi su di lui, ma Beth glielo impedì. 

Lanciò un coltello in un occhio del mannaro e quello si dimenò dal dolore. Azog non riuscì a domare la bestia e quel momento di distrazione gli costò caro, perchè Beth gli conficcò due coltelli sul fianco e sulla pancia. 

L'orco pallido cadde dal mannaro in ginocchio, mentre Beth gli girava intorno. Si guardarono entrambi negli occhi come due predatori, aspettando che l’altro facesse una mossa falsa. Azog si alzò in piedi, pronto ad attaccarla, ma si fermò guardando in alto, nel cielo notturno. Beth fu confusa da quel gesto e guardò nello stesso punto che stava fissando l’orco. 

Una decina di gigantesche aquile giunsero in picchiata, gettando i mannari nel fuoco e portando via i nani.  

Beth vide un’aquila afferrare delicatamente Thorin tra le zampe, poi venne afferrata e fatta cadere sul dorso di un'altra. Anche Bilbo finì sopra una di loro. E finalmente furono tutti in salvo, mentre Azog urlò furioso. 

******************** 

Le aquile volarono per molte ore, sempre più su in mezzo alle nuvole. Beth dovette aggrapparsi forte per non cadere e anche per cercare un po’ di calore. Il vento era così forte e gelido che le sue dita si erano gelate.  

L'aquila che stava trasportando Thorin era proprio davanti a lei. Non gli aveva staccato lo sguardo di dosso neanche per un secondo. Era proprio lì: nelle zampe artigliate dell’aquila, completamente svenuto e con un graffio enorme e sanguinante sul naso. 

<< Thorin! >> gridò Fili preoccupato, ma Thorin non si svegliò. 

Beth sperò che le aquile li riportassero a terra il più in fretta possibile, in modo che potesse curarlo subito. Aveva perso suo padre...non voleva che succedesse di nuovo con Thorin. 

Ben presto il sole sorse all’orizzonte e quando la sua luce li inondò, finalmente le aquile li fecero scendere sulla Carroccia: una piccola montagna rocciosa e appuntita al centro del fiume Anduin. Su un lato vi era una scalinata di pietra, perciò sarebbe stato facile scendere. 

Thorin fu il primo ad atterrare. L'aquila lo posò delicatamente a terra e spiccò il volo subito dopo. Gandalf arrivò subito dopo di lui e corse ad aiutarlo. Beth atterrò poco lontano da loro, di fianco a Bilbo, mentre i nani gli si avvicinarono di più. 

Gandalf disse qualche incantesimo passando la mano sopra il volto di Thorin. Beth provò invidia per questo: voleva essere lei a curarlo, ma al dubbio che fosse morto la fece esitare, avendo paura di avvicinarsi. 

Rimase con il fiato sospeso e sospirò sollevato quando lo vide aprire gli occhi. 

<< Il mezz’uomo...>> sussurrò stanco, ma Gandalf lo rassicurò. 

<< Lui sta bene. Bilbo è qui, è salvo >>. 

Dwalin e Kili presero Thorin per le braccia e lo aiutarono ad alzarsi, ma lui si divincolò da loro non appena fu in piedi. 

<< Tu! Cosa credevi di fare?! >> disse a Bilbo con rimprovero. 

<< Ti sei quasi fatto uccidere! >>. 

Bilbo non sapeva cosa dire e lo guardò intimorito. Thorin si avvicinò lentamente a lui. 

<< Non ti avevo detto che saresti un peso? Che non saresti sopravvissuto alle Terre Selvagge? Che non c’è posto per te tra noi? >>. 

Beth rimase esterrefatta per questa sua reazione: gli aveva salvato la vita e lui lo trattava così?! Bilbo, invece, non ebbe neanche il coraggio di guardarlo in faccia. 

Stava per prendere le sue difese, quando Thorin la precedette, spiazzandola ancora di più... 

<< Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia >> e lo abbracciò. 

Bilbo non mosse un muscolo, totalmente incredulo, poi ricambiò l’abbraccio, non riuscendo a nascondere un sorriso. 

Quando si staccarono Thorin gli rispose, << Scusa se ho dubitato di te >>. 

<< No, anch’io avrei dubito di me. Non sono un eroe, né un guerriero...neanche uno scassinatore >> rispose Bilbo. 

E finalmente lo hobbit fu accettato nel gruppo completamente e tutti ne furono entusiasti. 

Anche Beth ne fu felice, ma poi divenne arrabbiata e triste allo stesso tempo...Thorin, per fortuna, era lì davanti a lei vivo e vegeto. Stava bene, ma aveva rischiato parecchio questa volta e al solo pensiero che sarebbe potuto morire... 

Le parole le uscirono fuori da sole, << Non sarebbe successo se tu non ti fossi fatto uccidere >>. 

Thorin la guardò mortificato e si avvicinò a lei quando si mise a piangere silenziosamente... 

<< Sei un idiota >> gli sussurrò Beth mentre l’abbracciava. 

Lei lo strinse a sé a sua volta, come se temesse che sarebbe scappato via. 

Poi guardò Bilbo dalla sua spalla e gli disse, << Sei un idiota >> anche a lui. 

<< Gandalf sei un idiota! Siete tutti dei maledetti idioti >>. 

Sembrò una pazza isterica e i nani non riuscirono a rimanere seri, tant’è che si misero a ridere. Finchè non si mise a ridere anche lei...Ormai non sapeva più se piangeva di gioia, di rabbia, di tristezza, di follia...o un po’ di tutto. Sentì anche Thorin che rideva silenziosamente. 

Ad un certo punto lo sentì staccarsi da lei lentamente e vide sul suo volto un’espressione meravigliata. Beth si voltò e venne colta dallo stupore anche lei... 

Thorin la prese per mano e avanzarono un poco, assieme agli altri. 

<< È quello che penso che sia? >> chiese Bilbo a bocca aperta. 

<< Erebor >> gli diede ragione Gandalf. << La Montagna Solitaria! L'ultimo dei grandi regni dei nani >>. 

<< Casa nostra >> rispose Thorin. 

Anche mantenne il suo solito contegno autorevole, Beth sentì tutta l’emozione nella sua voce. Davanti a loro, molto lontano, vi era un’enorme e singola montagna che si ergeva accanto ad un lago. 

In quel momento, Oin notò un uccello volare sopra di loro. 

<< Un corvo! >>. 

E volarono altri oggetti. 

<< Gli uccelli stanno tornando alla Montagna! >>. 

Ma a Beth non le sembrò affatto un corvo; era piuttosto piccolo per essere un corvo. 

<< Quello, mio caro Oin, è un tordo >> lo corresse Gandalf. 

<< Lo prenderemo come un segno. Un buon auspicio >> disse Thorin a Bilbo con un sorriso incoraggiante. 

E lo hobbit rispose, << Hai ragione! Credo proprio che il peggio sia passato >>. 

Rimasero tutti lì per un po’ a fissare la Montagna, con l’entusiasmo alle stelle. Ormai mancava poco e sarebbero arrivati. 

Le aquile li avevano portati parecchio avanti e Azog e gli orchi non li avrebbero raggiunti presto. Per tutta la mattina rimasero in cima alla Carroccia a riposarsi. 

Beth era talmente esausta che si sdraiò per terra e si addormentò di colpo. Si svegliò a mezzogiorno, ancora più dolorante di prima. Non si era ancora tolta il sangue dal viso e sentiva la schiena dura come il marmo. La sua testa, però, era appoggiata sulle gambe di Thorin e questo la scaldò profondamente. 

<< Stai bene? >> le chiese mentre le accarezzava la testa. 

<< Sì >>. 

Quando tentò di alzarsi, sentì una fitta all’addome e tutta dolorante gli disse, << Tirami su, per favore >>. 

Thorin le mise una mano sotto la schiena e con molta delicatezza, l’aiutò ad alzarsi a sedere. 

<< Prendi la borsa >> e mentre Thorin le prese la borsa, che le aveva tolto mentre dormiva, Beth prese una tanica d’acqua e si sciacquò il viso. Tutto il sangue incrostato si levò, scoprendo un sacco di lividi e graffi... Perfino un occhio nero; tutto gonfio e affaticato. 

Thorin lo sfiorò con risentimento. 

<< Che dici? Si vede tanto? >> sdrammatizzò Beth. 

Thorin, però, non aveva intenzione di scherzare. 

<< Lo so. Me la sono vista brutta >> rispose abbassando lo sguardi. Si tolse i suoi guanti a mezze dita, il cappotto e il corsetto, rimanendo con la camicia. 

Tirò fuori dalla borsa un vasetto di ceramica, pieno di un unguento verdastro e pastoso, con un forte odore di menta. 

Si tirò su le maniche e se lo passò sulle braccia. In men che non si dica, i lividi scomparvero del tutto. Fece per passarselo anche in faccia, ma Thorin la bloccò. 

<< Faccio io >> e le passò l’unguento sull’occhio nero. 

Al primo tocco Beth emise un gemito doloroso, sebbene Thorin fosse stato delicato, ma lo sentì sgonfiarsi sempre di più, finché non riuscì ad aprirlo senza problemi. 

Si passò l’unguento anche sul petto e sulla pancia, tenendo giù la camicia per coprirsi. 

Thorin, infine, si occupò anche della sua schiena. 

Dopo un breve imbarazzo, Beth si alzò la camicia, scoprì completamente la schiena e Thorin si mise dietro di lei. Il tocco della sua mano le provocò dei brividi piacevoli. Desiderò ardentemente che continuasse, anche se aveva il volto in fiamme. Ogni botta che aveva preso era sparita, senza lasciare traccia. 

Dopo aver abbassato la camicia, Thorin la strinse a sé, avvolgendola con le sue braccia. Beth si godette tutto il suo calore, mentre la cullava. 

<< Adesso che farai? >> gli chiese, spezzando il silenzio. 

Thorin la guardò confuso. 

<< Azog è ancora vivo >>. 

<< Quando saremo alla Montagna, mi assicurerò che muoia personalmente. Ma fino ad allora, dovremo sperare che non ci trovi >> le rispose. 

<< E se qualcosa va storto? >>. 

<< Allora tu il nostro scassinatore ci toglierete dai guai >>. 

Beth sorrise e fu grata per la considerazione che i nani avevano su di lei e Bilbo. Più di una volta li avevano soccorsi ed era pronta per rifarlo di nuovo. 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 - Beorn ***


Capitolo 15 

Beorn 

 

Beth si era ripresa completamente. Non le fece più male niente, sentendosi piena di energia. Il che era un bene, perché non c’era altro tempo da perdere. Non mancava molto al Dì di Durin e gli orchi erano sicuramente sulle loro tracce. 

Distribuì a tutti una pillola sferica color ciliegia che, se masticata, poteva nutrire a pieno un uomo adulto, assumendo qualunque sapore si desiderasse. 

Non appena la mise sotto i denti, Beth sentì il sapore di pollo arrosto invadere il suo palato e scenderle in gola. 

Ci misero tutto il pomeriggio per scendere dalla Carroccia, utilizzando una scalinata ai lati della rupe. Thorin si mise in testa, mentre Beth rimase in fondo assieme a Gandalf. 

Non parlò nessuno mentre scendevano, finché Beth non vide lo stregone sorriderle allegro. 

<< Che c’è? >>. 

<< Vedo che tu e Thorin vi siete chiariti? >> rispose. 

Lei arrossì imbarazzata, distogliendo lo sguardo. 

<< Beh noi...noi...>> balbettò impacciata, mentre Gandalf la osservava divertito. 

<< Sì, ci siamo chiariti >> rispose sbrigativa. 

<< Pensavo che saresti tornata a casa. Cosa ti ha fatto cambiare idea? >>. 

<< Mio padre >> disse senza pensarci. 

Gandalf fu confuso per quella risposta e Beth gli raccontò del sogno che aveva fatto la notte prima di lasciare Granburrone. 

<< Ila è ancora là? >> gli chiese dopo un po’. 

<< No. Poco dopo che te ne sei andata, la sua famiglia è tornata e sono partiti insieme verso casa >>. 

<< E il negromante? >>. 

A quel punto, Gandalf sviò lo sguardo. 

<< Lo so che ne hai parlato con Elrond >>. 

<< Ne ho parlato al Bianco Consiglio. Erano presenti anche Saruman e Lady Galadriel >> rispose con serietà. 

<< E? >>. 

<< Ed è stato particolarmente difficile convincere tutti dell’esistenza del negromante. Per non parlare della minaccia che porta. Ma sembra che li abbia convinti a prevedere delle precauzioni >>. 

<< Immagino che con “tutti” tu ti riferisca a Saruman >> disse Beth sprezzante. Non le era mai piaciuto lo Stregone Bianco. 

<< Beth, lui è il più potente del nostro ordine. E il Bianco Consiglio ha fiducia nelle sue azioni, me compreso >> la rimproverò, ma lei in risposta gli disse, << Beh, io no! Sarà lo stregone più potente, ma questo non significa che sia il migliore >> e si fermarono l’uno di fronte all’altra. 

<< Certe volte invidio la fiducia che hai negli altri Gandalf, ma non puoi essere così ingenuo. Sai anche tu quanto Saruman possa essere superbo e, per quanto mi addolori dirtelo, sono convinta che un giorno ti deluderà >>. 

Gandalf non si mosse, né parlò. Abbassò lo sguardo fissandosi i piedi e Beth sospirò. 

<< Tu sei un grande stregone, Gandalf >> rispose lei con sincerità e lo stregone rialzò su di lei. 

<< Sei sempre disposto a offrire aiuto a chi ne ha bisogno; specialmente quando non vogliono. Vedi sempre il buono in ogni cosa; dai sempre una seconda chance... Dovresti stare tu a capo del tuo ordine, non Saruman >>. 

Vide un’espressione sorpresa sul suo volto, che poi si trasformò in gratitudine. Beth attese una risposta, ma alla fine le mise una mano sulla spalla, riprendendo a camminare. 

<< Su, raggiungiamo gli altri >> le sussurrò. 

*********************** 

Erano appena scesi quando sentirono degli ululati in lontananza. Dopo un minuto di agitazione, Gandalf riuscì a contenere i nani, proponendo di mandare Bilbo in avanscoperta. Con la sua piccola stazza e il suo passo leggero, per lui sarebbe stato facile passare inosservato. 

Lo hobbit fu un po’ riluttante all’inizio, ma non si rifiutò e si avviò a controllare. Non era ancora troppo lontano, quando Beth disse con decisione << Vado con lui >>. 

Thorin fu contrario, ma Beth si allontanò velocemente per non dargli il tempo di reagire. 

<< Beth! >>. 

<< È rimasto da solo fin troppo! >> gli rispose mentre corse all’indietro. << Non preoccuparti! >>. 

Raggiunse Bilbo in un secondo. 

<< Che fai qui? >> le chiese perplesso, mentre si muovevano tra le rocce di una collina. 

<< Vengo con te >> rispose semplicemente. 

Bilbo la ringraziò con lo sguardo. 

<< Sai, ancora non mi hai detto come sei sfuggito agli orchi >>. 

<< Ehm...sono piuttosto piccolo e silenzioso >> rispose sbrigativo mentre si arrampicarono. << Ma se devo essere onesto, sono caduto in una grotta a causa di un orco mentre inseguivo gli altri. Lui è morto per la caduta e io, per qualche miracolo, me la sono cavata con una botta in testa. C'era un lago sotterraneo laggiù! Ed era buio pesto. Ho vagato tra i cunicoli senza meta. Credevo di non uscirne vivo >>. 

<< Tu stai bene? >> aggiunse. 

Beth non capì cosa volesse dire, << Eh? >>. 

<< Eri ricoperta di sangue >> spiegò. 

<< Oh! Beh, è stato doloroso e inquietante >> ammise Beth, << Ma ora sto bene >>. 

Si fermarono un secondo per riprendere fiato, finché Beth non lo guardò negli occhi. 

<< Grazie per aver difeso Thorin. Dico davvero >>. 

Gli fu grata per questo e probabilmente non lo avrebbe ringraziato mai abbastanza. 

<< Grazie a te per avermi supportato >> le rispose Bilbo.  

Si stava riferendo a quando Thorin aveva pensato che se ne fosse andato e lei aveva avuto intenzione di andare a salvarlo, dopo averlo difeso. Sorrisero complici, come per dire “Siamo pari” e ripresero ad arrampicarsi. 

Quando arrivarono in cima, cercarono di alzarsi il più lentamente possibile. Oltre le rocce che li celava, il branco di orchi in sella ai mannari erano poco distanti da loro. Azog non era affatto di buon umore per la loro fuga, si leggeva la sua rabbia negli occhi. 

Poco prima di volgere lo sguardo verso di loro, Beth prese Bilbo per il colletto e lo tirò giù. Aspettarono con il cuore in gola, poi Beth si alzò un po’ e vide che gli orchi se ne stavano andando. Pensarono di averla scampata, ma alla loro sinistra, vi era il motivo del loro allontanamento. Un gigantesco orso, con zanne affilate, aveva sentito la presenza dei mannari e rivolse loro un ringhio spaventoso per allontanarli dal suo territorio. 

Beth e Bilbo erano alle sue spalle, perciò approfittarono di quel momento per filarsela via. Quando sentirono il ruggito minaccioso dell’orso, accelerarono il passo. 

Non ci misero molto a scendere dalla collina. Stavano ancora correndo, quando Thorin chiese ansioso, << Quanto è vicino il branco? >>. 

Bilbo si fermò in mezzo ai nani; Beth vicino a Thorin, entrambi senza più fiato nei polmoni. 

<< Troppo vicino! >> rispose lei gravemente, << Un paio di leghe, non di più, ma non è questa la parte peggiore >>. 

<< I mannari ci hanno fiutati? >> domandò Dwalin. 

<< Non ancora, ma lo faranno! Abbiamo un altro problema...>> rispose Bilbo. 

Stava per spiegare la gravità della situazione, ma venne interrotto da Gandalf. 

<< Vi hanno visto? >>. 

<< No, non è questo...>>. 

<< Che vi avevo detto? Silenziosi come topi! >> disse ai nani soddisfatto. 

I nani concordarono tra di loro, impedendo però a Bilbo di parlare.  

Non era il momento giusto per chiacchierare, così Beth venne in suo aiuto. 

<< Ragazzi! >> e riuscì ad avere un po’ di silenzio. 

<< Stiamo cercando di dirvi che siamo inseguiti anche da qualcos’altro! >>. 

<< Quale forma ha assunto? >> domandò Gandalf, << Quello di un orso? >>. 

Beth non si aspettava una domanda simile e rimase a bocca aperta. Come faceva a saperlo? 

<< Sì, ma più grosso! Molto più grosso! >> rispose Bilbo. Anche lui ne rimase stupito. 

<< Tu sapevi di questa bestia? >> chiese Bofur e lo stregone, anziché rispondere, non disse nulla, voltando loro le spalle. 

<< Pff. Certo che lo sapeva >> bisbigliò Beth tra sé e sé. 

<< Io dico di fare dietro front >> propose Bofur, ma era ovviamente la peggior idea da seguire, tant’è che Thorin affermò, << Ed essere travolti da un branco di orchi? >>. 

I nani cominciarono di nuovo a discutere fra loro nervosi. Beth non distolse lo sguardo da Gandalf. Stava studiando il luogo in cui si trovavano e sapeva benissimo dov’erano. Glielo leggeva in faccia. 

<< C’è una casa >> affermò semplicemente e tutti si voltarono verso di lui. << Non è lontana da qui, dove noi potremmo...trovare rifugio >>. 

<< Di chi è la casa? >> chiese Thorin sospettoso, << Amico o nemico? >>. 

<< Nessuno dei due >> rispose Gandalf completamente calmo. 

<< Lui ci aiuterà o ci ucciderà >>. 

Nessuno fu entusiasta a quella notizia, ma non c’era alternativa. 

<< Che scelta abbiamo? >> chiese Thorin. 

Quando sentirono l’orso ruggire, sobbalzarono tutti. 

<< Nessuna >> rispose lo stregone. 

******************************* 

Correvano da un sacco di tempo, con il fiato corto e le gambe doloranti. 

Beth non ce la faceva più. La gola le doleva terribilmente e i polmoni minacciarono di scoppiare. Desiderava ardentemente di fermarsi, ma se lo avesse fatto, sarebbe diventata la cena di quel orso gigantesco. 

Cercando di rimanere più uniti possibili, corsero a per di fiato tra gli alberi, finché non uscirono dalla boscaglia. Una prateria verde brillante si estendeva per chilometri e chilometri e, di fronte a loro, ergeva una piccola fattoria. La casa di cui aveva parlato Gandalf era proprio lì! 

Accelerarono quando sentirono un altro ruggito dell’orso, specialmente Bombur che nonostante fosse il più grasso del gruppo, la paura gli mise le ali ai piedi e corse così veloce da superare tutti gli altri. 

Quando superarono il cancello, tutti si ammassarono davanti al portone chiuso, spingendo e calciando come pazzi. Beth aveva rallentato per aspettare Gandalf e Bilbo, lasciando andare avanti gli altri, finché non spuntò fuori dai cespugli il gigantesco orso. Si avvicinò velocemente con dei lunghi balzi e le fauci spalancate. 

Gandalf riprese a correre verso la casa, gridando, << Aprite la porta! >>. 

<< Presto! >> insistette Thorin, mentre trascinava Beth per un polso verso la porta. 

Tutti gli altri continuavano a spingere nel tentativo di aprirla, ma per la paura e la fretta non si accorsero che bastava alzare il chiavistello. 

Thorin la spinse in avanti per farla andare per prima e Beth approfittò dell’occasione. Allungò un braccio in alto e alzò il chiavistello. Non appena la porta si spalancò tutti si gettarono dentro e la richiusero dopo che Gandalf, l’ultimo della fila, entrò. 

L'orso riuscì ad infilare la testa tra le porte, rischiando di mordere i nani mentre spingevano nel tentativo di richiuderla. 

Beth mise le mani sull’elsa dei suoi coltelli, ma Gandalf fissava l’orso con calma e soddisfazione. Le bastò quello sguardo per capire che ce l’avevano fatta. Per il momento non c’era più niente da temere.  

Dopo quella che sembrò un’eternità, finalmente riuscirono a chiudere le porte a chiave e l’orso si allontanò, mentre tutti affannati ed esausti, sospirarono sollevati. 

<< Quello cos’è? >> chiese Ori orribilato. 

<< Il nostro anfitrione >> rispose Gandalf. Tutti lo guardarono confusi nel sentire che il proprietario di quella casa era proprio quell’orso. 

<< Il suo nome è Beorn. Ed è un mutatore di pelle >>. 

Cominciò a passeggiare nella stanza adiacente ad una piccola stalla, dove riposavano alcune mucche. 

<< A volte è un enorme orso nero >> spiegò, << Altre volte è un omone grande e forte. L'orso è imprevedibile, ma con l’uomo ci si può ragionare. Tuttavia, non è che faccia salti d gioia per i nani >>. 

<< Ah. Bene! Sembra carino >> borbottò Beth con sarcasmo. 

Mentre Thorin e Dwalin controllavano dalle finestre con Fili e Kili, Ori appoggiò l’orecchio alla porta. 

<< Se ne sta andando >>. 

Dori lo allontanò, afferrandolo per un braccio. 

<< Viene via da lì >>. Era ancora scosso per la fuga. << Non è naturale, niente lo è! È ovvio. È sotto un oscuro incantesimo! >>. 

Gandalf lo interruppe, << Non essere sciocco! È sotto un solo incantesimo: il suo >>. 

Detto questo, chiuse la conversazione e si tolse il suo cappello a punta. 

<< Bene. Ora mettetevi a dormire, tutti voi. Starete più al sicuro qui sta notte. Lo spero >>. 

Beth non se lo fece ripetere due volte. Entrò nella stalla, togliendosi la borsa dalle spalle e si distese a pancia in giù su un pagliericcio. Era talmente stanca che, non appena chiuse gli occhi, si addormentò. 

******************************* 

Le sembrò che fossero passati solo dieci minuti, ma quando si risvegliò era notte fonda.  

Sentì un leggero peso sui suoi fianchi e girandosi dall’altra parte, trovò Thorin dormire accanto a lei. Sdraiato su un fianco, la stringeva con un braccio e il suo cappotto era sopra a Beth a mo’ di coperta. 

Da sveglio era sempre tutto serio e composto, ma in quel momento aveva l’espressione beata e pacifica, di un bambino. Beth sorrise dolcemente a quella scena, annusando il profumo di pino del suo cappotto profondamente. 

Non seppe perché, ma si ritrovò a pensare che sarebbe stato bello dormire accanto a lui tutte le notti, per risvegliarsi insieme la mattina seguente. 

Si immagino un’ipotetica vita tranquilla e felice con lui a Lomien House. Avrebbero fatto colazione insieme, Beth gli avrebbe mostrato il suo laboratorio, avrebbero cavalcato... Poi ricordò una cosa che aveva dimenticato completamente...  

Una volta raggiunta la Montagna, Thorin sarebbe diventato re e sarebbe rimasto lì. Avrebbe avuto dei doveri verso il suo popolo. Beth era uno spirito libero e non era di certo un membro di una stirpe reale. La tristezza sommerse i suoi pensieri felici. Ciò che c’era tra loro, non sarebbe durato a lungo e Thorin non poteva lasciare tutto per lei. Non ci sarebbero più stati quei bei momenti che aveva passato con lui. Niente più bei risvegli, niente più strette di mano, carezze o baci. Sarebbe ritornata a casa da sola e avrebbe dovuto dirgli addio. 

Senza svegliarlo si avvicinò di più a lui, stringendolo forte. Continuava a pensare che non era giusto, ma sapeva anche che sarebbe stata un’egoista. 

Mentre si riaddormentò, una piccola lacrima scese da una sua guancia. 

Beth si svegliò la mattina seguente con la testa appoggiata al petto di Thorin. Dovevano essersi girati durante la notte, perché Thorin era sdraiato a pancia in su con le braccia che la avvolgevano. Un raggio di sole penetrò dalla finestra, finendo sul suo viso e lo svegliò. Quando li aprì, i suoi occhi azzurri incrociarono quelli nocciola di Beth. 

<< Buongiorno >> sussurrò sorridente. 

<< Ciao >> ricambiò lei. 

Lo baciò delicatamente sulle labbra, finché non si fece trasportare con più passione. Ma anche con più disperazione, come se temesse che quello fosse il loro ultimo bacio. 

Thorin ne fu sorpreso per quell’iniziativa e quando si staccarono le chiese << Che c’è? >>. 

<< Niente >> mentì e si appoggiò di nuovo sul suo petto, non avendo più il coraggio di guardarlo negli occhi. 

Rimasero lì disteso, abbracciati l’uno all’altra, con lui che le accarezzava la testa con le dita. 

Beth stette in silenzio a fissare un punto nello spazio vuoto, finché non vide Kili che li osservava compiaciuto. 

“Non hai niente di meglio da fare?” pensò Beth infastidita. 

Voleva bene ai due fratelli, ma non li supportava quando facevano così. 

Kili cominciò ad imitarli, baciando l’aria e Beth spalancò gli occhi per quella presa in giro. 

Dato che quell’impertinente non la smetteva, si sfilò uno stivale e glielo lanciò addosso. Purtroppo Kili fa abbastanza svelto e riuscì a schivarlo. Nel frattempo, Fili si alzò per stiracchiarsi e lo stivale prese lui. 

Thorin si alzò di scatto per vedere che succedeva, mentre Fili si massaggiava la fronte. Kili, invece, stava ancora ridendo sotto i baffi. 

<< Idiota >> sussurrò Beth. 

Stava per dirgliene quattro quando vide Gandalf, che osservava qualcosa dalla porta sul retro. Sembrava teso. Decise di alzarsi e lo raggiunse, guardando fuori anche lei. 

Beorn stava spaccando la legna con una grossa ascia, fuori in giardino. Era talmente alto e muscoloso che sembrava un gigante. 

Intanto Thorin e Fili svegliarono gli altri, mentre Kili si avvicinò a lei. 

<< Scusa >> rispose colpevole, restituendole lo stivale. 

Beth se lo rimise al piede. 

<< Thorin è così bravo a baciare come sembra? >> le chiese. 

Dopo averlo guardato, Beth indicò per terra con una mano, fischiettando. Quando Kili abbassò lo sguardo per vedere cosa stava indicando, con l’altra mano lo schiaffeggiò sulla nuca con un colpo secco. 

<< Ahia! >> esclamò, << Ma insomma, che ho fatto sta volta? >>. 

I nani si ammucchiarono tutti sul retro, osservando Beorn nervosi e discutendo tra loro sul da farsi. Bilbo fu l’ultimo ad alzarsi e si mise di fianco a Thorin. 

<< Dovevamo darcela a gambe! Filarcela dalla finestra >> affermò Nori intimorito. 

Dwalin, invece, non la pensò allo stesso modo e gli rispose offeso, << Hei! Io non scappo da nessuno! Bestia o altro >>. 

<< Non serve a niente litigare! >> li rimproverò Gandalf. << Non attraverseremo le Terre Selvagge senza l’aiuto di Beorn. Saremo catturati prima di arrivare alla foresta. Ora, questo richiederà una gestione delicata. Dobbiamo agire con molta prudenza. L'ultima persona che lo ha spaventato, è stata ridotta a brandelli >>. 

Quest'ultima frase suscitò non poco timore nel gruppo. Intanto Gandalf mise una mano sulla spalla di Beth e si misero un po’ in disparte dagli altri. 

<< Allora, qualche sarebbe il tuo piano? >>. 

Gandalf abbassò la voce. 

<< Se vogliamo ottenere la sua fiducia, dovremmo raccontargli tutto >>. 

<< Mi prendi in giro? La nostra dovrebbe essere una missione segreta! Tu stesso hai detto quanto sia necessaria la riservatezza da queste parti >>. 

<< Non appena ci vedrà, sarà sospettoso e sicuramente ci porrà numerose domande >>. 

Beth non riuscì a capire che cosa avesse in mente. 

<< Tu lascia parlare me e quando sarà il momento, chiamerai gli altri >>. 

<< Gli altri? >> chiese lei confusa. Continuò a non capire. 

<< Fidati di me! >>. 

Beth non ne fu molto convinta, ma se Gandalf sapeva che fare, allora avrebbe fatto a modo suo. Così sospirò e annuì.  

I nani attesero curiosi di sentire l’idea dello stregone. 

<< Dunque, Beth ed io andremo per primi e Bilbo... tu vieni con noi >>. 

Nemmeno lo hobbit non né fu molto convinto, ma si avvicinò a loro dopo che Thorin gli fece un cenno. 

<< Ah. È … è una buona idea? >> chiese incerto e Gandalf lo rassicurò. 

<< Sì. Ah, Beth sarà meglio che veda le tue voglie, ti consiglio di toglierti il cappotto >>. 

Mentre Beth si tolse il cappotto e si tirò su le maniche per scoprire le braccia piene di voglie scure, Gandalf disse al resto del gruppo << Voi altri, restate qui e non comparite finché Beth non vi darà il segnale >>. 

<< Bene, aspettiamo il segnale >> ripeté Bofur, posizionandosi davanti alla finestra. 

<< E niente mosse improvvise o rumori forti e non stategli addosso >> raccomandò lo stregone. 

<< E uscite solamente in coppia. Oh, e cosa... No, anzi... Bombur... tuvali per due, perciò uscirai da solo >>. 

Lo disse perché era il più grasso di tutti e il povero Bombur, annuì sconsolato mentre sgranocchiava una carota. 

<< E ricordate: aspettate che Beth vi dia il segnale >>. 

Prima di uscire, Beth disse ai nani << Mi metterò una mano dietro alla schiena >>, in modo che non ci fossero fraintendimenti o errori. 

Beorn era voltato le spalle di spalle ancora stava tagliando la legna. Incuteva timore solo a guardarlo, tant’è che Gandalf parve nervoso. 

<< Sei agitato? >> gli chiese Bilbo. 

<< Agitato? >> e sussultò quando l’enorme ascia tagliò un ceppo a metà con coplo secco. 

<< Agitato, che sciocchezza >> rispose risentito. 

Cercò di non darlo a vedere, ma glielo si leggeva in faccia che era decisamente agitato. “Spero che qualunque sia il suo piano funzioni, perché per ora fa schifo” pensò Beth. 

<< Buongiorno! >> salutò lo stregone allegramente, ma Beorn non lo sentì e spaccò un altro ceppo in due, facendo sobbalzare Beth. 

<< Buongiorno >> ripeté e finalmente si fermò. 

<< Chi sei tu? >> domandò con un vocione minaccioso. 

<< Sono Gandalf! Gandalf il Grigio >> rispose educatamente. 

Beorn si girò verso di loro, con l’ascia ancora in mano. 

<< Mai sentito nominare >>. 

<< Sono un mago. Avrai sentito parlare del mio collega, Radagast il Bruno. Risiede al confine sud di Bosco Atro >>. 

Beorn non aveva intenzione di stare lì a perdere tempo in chiacchere e andò subito al punto.  

<< Che cosa vuoi? >>. 

<< Beh, semplicemente ringraziarti della tua ospitalità >>. 

“Ospitalità? Ci siamo intrufolati in casa sua senza il suo permesso e lo abbiamo lasciato fuori” pensò Beth nervosa. 

Le sembrò una bestia feroce pronto a balzarle addosso e mangiarsela. 

<< Avrai notato che abbiamo trovato riparo nel tuo alloggio, qui ieri sera? >>. 

<< Tu e l’alchimista? >> chiese Beorn con uno sguardo indagatore. 

Sentendosi chiamata in causa, Beth si pietrificò e non osò aprire bocca. Fortunatamente Gandalf parlò per lei. 

<< Proprio così. Lei è Beth Lomien, l’Alchimista di Rubino >> gli rispose. 

Nel vicinarsi a lei, Beorn vide la testa di Bilbo, che si era nascosto dietro Gandalf. 

<< Chi è questo piccoletto? >> domandò stringendo l’ascia. 

<< Oh, lui sarebbe mastro Baggins della Contea >> lo rassicurò Gandalf, appoggiando una mano sulla spalla dello Hobbit. 

<< Non è un nano, vero? >> e Beorn alzò appena l’ascia. 

<< Ma no. Lui è un hobbit! Di buona famiglia e di impeccabile reputazione >>. 

Beorn fu convinto dalle sue parole e abbassò l’ascia. 

<< Un mezzuomo, un mago e un alchimista. Come mai siete qui? >>. 

<< Il fatto è che abbiamo avuto una brutta esperienza. Con gli orchi, sulle montagne >>. 

<< Perché vi siete avvicinati agli orchi? Che stupida cosa da fare >>. 

<< Hai assolutamente ragione >> affermò Gandalf con decisione, << a non ne avevamo intenzione. Ci hanno colto di sorpresa nel cuore della notte. Per la verità... è una lunga storia >>. 

Beorn rimase in silenzio, il più teso che Beth avesse mai sentito. Sembrò non finire mai. Nessuno osò fiatare, finché Beorn non conficcò l’ascia nel tronco e andò a sedersi su una grossa pietra, che insieme a molte altre formavano un grande cerchio. 

<< Se è tanto lunga, sarà meglio che vi sediate >>. 

E si sedettero di fronte a lui. 

<< Stavamo per passare le montagne con un paio di amici... >> cominciò a raccontare Gandalf, ma Beorn lo interruppe subito. 

<< Un paio? Con voi c’è qualcun’altro? >>. 

<< Beh, a dire il vero sì. E devo confessare che sono nani. Li faccio chiamare, se me lo permetti >> gli rispose Gandalf. 

Beorn lo guardò sospettoso, ma annuì. Gandalf fece un cenno a Beth e lei chiamò una coppia nella casa, mettendo una mano dietro la schiena. I primi furono Dwalin e Balin, che si unirono a loro dopo che Beorn chiese a Gandalf di proseguire il racconto. 

Gli parlò della tempesta sulle montagne, dei Giganti di Pietra e dei suoi parecchi compagni... 

<< Tu chiami due, parecchi? >> domandò serio Beorn. 

<< Beh, no. Difatti ce n’erano più di due >> rispose Gandalf. 

<< E ora dove si trovano? >>. 

<< Ho paura che siamo in troppi ad abusare della tua ospitalità >>. 

<< Falli uscire >> ordinò Beorn e Beth si mise di nuovo una mano dietro la schiena. Facendo uscire Oin e Gloin. 

Fu in quel momento che capì: Gandalf era riuscito a farsi ascoltare con il suo racconto talmente bene, che Beorn ne era rimasto incuriosito. Aveva così tanto attirato la sua attenzione, che non gli importava più di tanto se spuntavano dopo un po’ una coppia di nani. 

Beth non si aspettava un piano simile, ma ammise, tra sé e sé, che era geniale. Ogni tanto Beorn li guardava sospettoso, ma era più interessato ad ascoltare Gandalf. Ogni volta che lo stregone accennava a qualche membro in più della compagnia, Beth chiamava un’altra coppia. 

Arrivarono Dori e Ori, poi Fili e Kili, poi Nori e Bofur, Bifur e in fine Bombur. 

Quando Gandalf terminò il suo racconto, Beorn li osservò attentamente uno ad uno. Poi si rivolse di nuovo allo stregone. 

<< Non c’è altro? Ce ne sono altri? >>. 

Gandalf e Beth si guardarono negli occhi e bastò per comunicare tra loro. Mancava solo Thorin. Questa volta, si girò verso la casa e, con un cenno, gli disse che poteva uscire. 

Quando venne fuori, aveva il suo solito atteggiamento altezzoso e serio e Beorn fu sorpreso nel vederlo, riconoscendolo subito. Quest’ultimo si alzò si alzò in piedi e si avviò in casa. 

<< Immagino che abbiate fame >> sussurrò un po’ irritato. 

I nani lo seguirono a ruota, nel sentire che avrebbe offerto loro del cibo.  

Beth e Gandalf rimasero lì seduti per un po’. Entrambi provati per la tensione. 

<< Tu sei matto >> dichiarò Beth, ma quando si guardarono in faccia, scoppiarono a ridere. << Sì. Sei decisamente matto >>. 

E insieme si alzarono per fare colazione con tutti gli altri. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Ripartire ***


Capitolo 16 

Ripartire  

 

Sedendosi a gambe incrociate su un grosso sgabello, Beth cominciò a mangiare a più non posso. La tavola era imbandita di filoni di pane fresco, burro, formaggi, frutta, noci, miele e latte fresco. Mangiò così tanto che dovette appoggiarsi al muro e massaggiarsi la pancia. Bilbo e i nani erano ancora affamati invece, tutti seduti intorno al tavolo. Gandalf sedeva su una panca di legno a fumare la pipa e Thorin era appoggiato ad una colonna portante della casa. 

<< Così, tu sei quello chiamano “Scudodiquercia” >> disse Beorn a Thorin, mentre riempiva i boccali di latte. 

<< Dimmi, perché Azog il Profanatore ti sta dando la caccia? >>. 

<< Tu sai di Azog? Come mai? >> chiese Thorin sorpreso. 

<< La mia gente è stata la prima a vivere sulle montagne, prima che gli orchi scendessero dal nord. Il Profanatore ha ucciso quasi tutta la mia famiglia, ma alcuni li ha resi schiavi >> spiegò Beorn. 

In quel momento Beth si accorse che l’uomo aveva una vecchia manetta al polso. 

<< Non per lavorare, capisci? Ma per sport. Ingabbiare mutatori di pelle e torturarli pareva lo divertisse tanto >>. 

“Solo un sadico si divertirebbe per una cosa simile” pensò Beth con disgusto. 

<< Ci sono altri come te? >> chiese Bilbo. 

<< Una volta ce n’erano molti >> gli rispose tristemente. 

<< E ora? >>. 

<< Ora ce n’è solo uno >>. 

E nessuno ebbe niente da ridire. 

<< Dovete raggiungere la Montagna prima degli ultimi giorni di autunno >> riassunse mentre si sedeva. 

<< Prima che il Dì di Durin arrivi, sì >> precisò Gandalf. 

<< Non avete molto tempo >>. 

<< Perciò dobbiamo attraversare Bosco Atro >>. 

Effettivamente non mancava molto e dovevano sbrigarsi. Purtroppo, Beorn li informò di una notizia non molto buona, che fece aumentare la preoccupazione e l’impazienza. 

<< Un’oscurità grava su quella foresta. Cose malvage strisciano sotto quegli alberi. Io non mi ci avventurerei, se non per grande necessità >>. 

Con convinzione Gandalf affermò, << Prenderemo la strada elfica. Quella zona è sicura >>. 

<< Sicura? Gli elfi Silvani di Bosco Atro non sono come i loro parenti. Sono meno saggi e più pericolosi >>. 

Insomma sarebbero stati circondati. Beth chiuse gli occhi e si strofinò la fronte con una mano, sospirando. Non solo erano seguenti dagli orchi, ma avrebbero rischiato di essere catturati dagli elfi. Cominciava a sentire la stanchezza del viaggio e si era stufata di giocare al gatto e al topo. 

<< Ma non ha importanza >> rispose Beorn indifferente. 

Tutti lo guardarono stupiti e nervosi. 

<< Che vuoi dire? >> chiese Thorin. 

<< Quelle terre brulicano di orchi. Il loro numero è in aumento e voi siete a piedi. Non raggiungerete mai la foresta da vivi >>. 

Poi Beorn si alzò, avvicinandosi sprezzante a Thorin. 

<< Non mi piacciono i nani. Sono avidi e cechi! Cechi verso la vita di quelli che ritengono più misera di loro >> disse minaccioso, prendendo un topolino bianco nella sua grande mano. Prestò attenzione a quella microscopica creaturina, ignorando Thorin per un momento. Poi si rivolse di nuovo a lui affermando, << Ma gli orchi li odio di più >>. 

Per un secondo, Beth aveva temuto per Thorin. Beorn lo aveva fissato come se volesse calpestarlo. Ma a quanto pare i nani gli risultavano simpatici rispetto agli orchi e decise di offrire loro aiuto. 

<< Che cosa ti serve? >>. 

************* 

Passarono tutta la mattina a preparare le provviste per il viaggio. Nel frattempo Beorn e Gandalf si occuparono dei poni, assieme a Thorin, Bilbo e Beth. I primi tre li contarono, sellarono e si assicurarono che fossero in perfetta forma. Bilbo parve entusiasta di cavalcare di nuovo un poni e fece già amicizia con uno di loro.  

Beth era seduta su uno scalino di pietra ad osservarlo allegramente, sgranocchiando qualche nocciola. “Si è così affezionato, che ora non mi chiede nessuna pillola per l’allergia”. 

Lei e Gandalf, invece, avrebbero preso dei cavalli. Beorn gliene stava mostrando alcuni: c’erano tre cavalli dal manto bruno, uno bianco e candido come la neve e un altro color ambra. Beth, però, venne attratta dall’ultimo cavallo. Alto, nero e maestoso come la notte. Era anche il più innervosito nel vedere degli estranei e non stava fermo un attimo, perciò Beorn dovette calmarlo molte volte. 

Gandalf stava tentando di accarezzarlo, quando Balin lo chiamò per un piccolo consulto, così si avviò verso la casa. In quel momento, però, una grossa ape si poggiò sul muso del cavallo nero e quello si imbizzarrì. Si mise a correre spaventato per tutto il prato e Beorn non riuscì a richiamarlo. 

Fu allora che a Beth venne un’idea. Si tolse gli stivali e corse verso il cavallo a piedi scalzi. 

<< Me ne occupo io! >> gridò agli altri. 

<< Ehm...Beth?! >> la chiamò Bilbo, << Non credo che sia una buona idea! >>. 

Ma Beth non lo ascoltò. Anzi, pensò sogghignando “Ora vi faccio vedere”. 

Fin da quando era molto piccola, suo padre le aveva insegnato molte cose: l’alchimia, a combattere con le armi, ma anche a cavalcare! La prima cosa che le disse fu: “Se vuoi imparare a cavalcare, fallo su un prato! L'erba attutisce la caduta”. E lei era caduta molte volte, ma suo padre era un insegnante molto bravo e paziente e le insegnò alcuni trucchetti. La seconda cosa che le disse fu: “Divertiti” e Beth apprese molto in fretta divertendosi, come se fosse tutto un gioco. 

Mise il pollice e l’indice in bocca e fischiò chiamando il cavallo, mentre cominciò a saltellare su un lato. Fischiò altre tre volte e finalmente, il cavallo la notò e si avvicinò a lei. 

Beth non smise di saltellare e il cavallo rallentò per stare al suo stesso passo. Quando si mise al suo fianco, appoggiò delicatamente le mani sul fianco. Era un tocco stabile ma delicato, facendogli capire che non c’era niente da temere. Il cavallo rallentò un po’ di più e con balzo, Beth salì in groppa.  

Lo incitò ad accelerare e il destriero si mise a correre in cerchio. 

<< Se dovesse rompersi l’osso del collo, dite allo stregone che non ero d’accordo >> disse Beorn annoiato e tornò a prendersi cura dei poni.  

Thorin e Bilbo, invece, non le staccarono lo sguardo di dosso, nemmeno per un momento. Ma Beth non aveva ancora finito di stupirli. 

Non lo faceva da un bel po’ di tempo, ma non volle rinunciare al gran finale. 

Appoggiando le mani sul dorso dell’animale, si issò con una spinta in alto e facendo attenzione, si alzò in piedi mentre il cavallo continuò a correre, stendendo le braccia in fuori per mantenere meglio l’equilibrio. Con il vento fra i capelli le sembrò di volare e di essere in grado di compiere l’impossibile. Non seppe per quanto tempo era rimasta sul dorso del cavallo e lo fece rallentare, fino a che non si fermò. Scese a terra e gli accarezzò il muso. 

<< Chi te lo ha insegnato? >> le chiese Bilbo con ancora la bocca aperta. 

<< Mio padre. Mi ha insegnato molte cose >> rispose con orgoglio. 

Beorn li raggiunse, mentre Thorin ritornò in casa. 

<< È un ottimo cavallo >> complimentò Beth. 

<< Ma è testardo come un asino >> replicò Beorn. << Sembra che ti ascolti più di me però >>. 

<< Ti dispiace se cavalcherò con lui? >> gli chiese lei. 

Beorn non disse nulla e la fissò tutto serio ma annuì, concedendole il cavallo nero fino a Bosco Atro. 

**************** 

A mezzogiorno tutti erano pronti a ripartire. Beth si mise il suo cappotto bordeaux, la sua borsa in spalla e portò fuori dal cancello il cavallo nero, raggiungendo gli altri sotto la boscaglia. Il patto era di restituire a Beorn i cavalli e i poni una volta arrivati a Bosco Atro. Quest'ultimo li avrebbe seguiti da lontano per eventuali pericoli. Avrebbero poi proseguito a piedi. Ormai mancava poco alla Montagna e se non si sarebbero fermati, avrebbero potuto anticipare i tempi. 

I nani salirono in sella ai poni, ma dovettero aspettare Gandalf, che si era messo in disparte con Beorn per parlare in privato. Non erano molto vicini e Beth non capì una sola parola di quello che dissero, ma dalle loro facce preoccupate e tese capì che era un discorso serio. Ogni tanto si guardavano intorno, come se temessero che qualcuno li spiasse. 

<< Gandalf! Perdiamo tempo >> lo chiamò Thorin. 

Lo stregone e Beorn si scambiarono qualche ultima parola, poi si allontanarono e Gandalf montò a cavallo. Beth lo imitò, era rimasta a terra per attenderlo e avvicinandosi a lui, gli sussurrò curiosa: << Di che avete parlato? >>. 

<< Questioni importanti >> le rispose. 

Lei volle tanto sapere di che si trattava, ma Gandalf la precedette prima che potesse dire una parola. 

<< Non posso dirtelo Beth, non qui! Non ora >>. 

Capì la situazione, così non insistette e, finalmente, partirono a tutta velocità. 

****************** 

Attraversarono la pianura senza fermarsi e arrivarono al confine est di Bosco Atro. 

Scendendo dal cavallo, Beth si mise ad osservare attentamente gli alberi, con le mani sui fianchi. Alti e minacciosi, con chiome talmente fitte, che la luce del sole non vi penetrava. Ciò che la preoccupava di più però, era lo strano aspetto malsano del bosco. Anche il vento che usciva era insolito: freddo, umido e soffocante, come quando si scende in cantina e vi si respiri l’odore di chiuso. 

Dopo quello che era accaduto nel crepaccio di rocce fumogene, Beth si era imposta di studiare attentamente quei tipi di luoghi, prima di entrarvi. 

Gandalf, intanto, si era avvicinato a due alberi bianchi, succeduti da un piedistallo di pietra. 

<< La Porta degli elfi! Qui c’è il nostro sentiero attraverso Bosco Atro! >> dichiarò. 

Davanti a lui, infatti, c’era una piccola strada, dove milioni di mattonelle la evidenziavano, infilandosi in mezzo agli alberi. 

<< Nessun segno degli orchi! La fortuna è dalla nostra parte! >> esclamò Dwalin, anche se per Beth non fu una buona notizia. 

Beorn, sottoforma di orso, lo si vedeva in lontananza. 

<< Liberate i poni! Che tornino dal loro padrone >> ordinò Gandalf, rispettando il patto. 

Beth era troppo concentrata a fissare la boscaglia, per preoccuparsi dei poni. Bilbo arrivò al suo fianco e la imitò. 

<< Questa foresta sembra...malata! Come se una malattia l’avesse colpita >>. 

Osservazione piuttosto acuta. << Beh... in un certo senso ci hai azzeccato >> gli rispose Beth senza staccare gli occhi dalla foresta. 

<< Non c’è modo di aggirarla? >> chiese lo hobbit a Gandalf. 

<< No, ammenoché non andiamo 200 miglia a nord o il doppio di quella distanza a sud >>. 

Se non avessero avuto quel tempo limitato, Beth avrebbe consigliato di aggirarla, ma ormai avrebbero dovuto arrangiarsi in un altro modo. Decise di avvicinarsi di più a passo sicuro, superò Gandalf ed entrò appena nella boscaglia. Non aveva percorso più di 10 metri, che l’aria era già cambiata: era molto più densa e pesante, sembrava che l’ossigeno fosse stato tolto. E il fatto che ci fosse buio non aiutava. 

Non c’era altro modo: doveva tirare fuori dalla borsa le maschere. 

Ritornò indietro da Gandalf per spiegargli la situazione. Lui, però, non si rese conto subito della sua presenza. La sua attenzione era tutta su una statua di marmo bianco, dove qualcuno ci aveva disegnato sopra un occhio rosso. Nel vederlo, Beth sentì un brivido lungo la spina dorsale: sapeva esattamente che cosa significava! 

<< Le Alte Colline... E così sia >> sussurrò Gandalf. 

Quando si voltò per guardarla, capì che sarebbero andati avanti senza di lui. 

<< È per il negromante, vero? >> gli chiese. 

<< Sì >> le rispose rassegnato. 

<< Vuoi che venga con te? >> propose Beth. 

Per un momento vide gli occhi dello stregone illuminarsi di gratitudine. Poi si mise ad osservare il sentiero che entrava nel bosco e con un sorriso le disse, << No. Senza di te non ce la faranno là dentro. E poi, a Thorin servirà il tuo aiuto quando sarete a Erebor >>. 

Si irrigidì quando Gandalf alluse alla malattia del drago. 

<< Non so ancora come >> ammise sconsolata. 

Poi con più decisione, sospirò e aggiunse << Non posso prometterti niente, ma farò il possibile >>. 

“Lo faccio per Thorin” pensò determinata. 

Non avrebbe permesso che gli accadesse qualcosa. 

<< Sai...comincio a pensare che, forse, dovrei ringraziarti >>. 

Gandalf la fissò confuso, << Per cosa? >>. 

<< Se non mi avessi convinto a partire, non lo avrei mai conosciuto >>. 

Entrambi ridacchiarono un po’, poi lo stregone le mise una mano sulla spalla e lei fece lo stesso. 

<< Fa attenzione >> gli disse. 

<< Anche tu >>. 

Gandalf uscì a passo svelto dalla boscaglia, giusto il tempo per fermare Nori. 

<< Non il mio cavallo, mi occorre! >> gridò. 

Bilbo e i nani lo guardarono basiti. 

<< Non vorrai lasciarci? >>. 

<< Non lo farei se non fosse necessario >>. 

Mentre lui e lo hobbit si scambiarono qualche parola, Beth appoggiò la borsa sul piedistallo, l’aprì e cominciò a frugarci dentro. 

Improvvisamente cominciò a piovigginare. 

<< Vi aspetterò allo spiazzo prima delle pendici di Erebor. Tenete la mappa e la chiave al sicuro! >> raccomandò Gandalf. 

<< Non entrate in quella montagna senza di me >>. 

Nel frattempo, Beth aveva trovato quello che le serviva e posò l’occorrente sul piedistallo. 

<< Questo non è il vecchio Bosco Fronzuto. C'è un ruscello nel bosco che contiene in incantesimo oscuro. Non toccate quell’acqua! Attraversatelo sul ponte di pietra. E soprattutto, finché non uscirete dalla foresta, fate quello che vi dice Beth >>. 

Tutti annuirono a quelle raccomandazioni e Gandalf si allontanò in sella al cavallo a tutta velocità, finché non scomparve all’orizzonte. 

I nani e Bilbo si avvicinarono a Beth e lei cominciò a spiegare la situazione, con un atteggiamento da vera professionista. 

<< D’accordo signori, prima di entrare sarà meglio seguire alcuni accorgimenti: ho osservato questo posto attentamente e, come ha detto Gandalf, questo non è il Bosco Atro di una volta. L'aria è piuttosto pesante e densa e temo che ci renderà il cammino difficile. Tenterà di sviarci dalla strada >>. 

<< Sviarci dalla strada? Che cosa vuol dire? >> chiese Bilbo confuso. 

<< Piccola lezione base sull’ossigeno: per noi è essenziale respirarlo. Si può sopravvivere tre giorni senza acqua, ma non si può sopravvivere per più di tre minuti senz’aria. La privazione di ossigeno può fare brutti scherzi al cervello >>. 

<< Per esempio? >> chiese Dwalin con serietà. 

<< Respirazione affaticata, sonnolenza, svenimento, disorientamento...allucinazioni...>>, lo disse come se stesse leggendo la ricetta di una torta. 

<< Non fraintendetemi, là dentro c’è abbastanza ossigeno, ma non sarà sufficiente. Saremo così affaticati che rischieremo di perderci senza rendercene conto. E se ci allontanassimo dal sentiero, non lo ritroveremo più >> rispose grave. 

Tutti si scambiarono uno sguardo preoccupato. 

<< Perciò, dovremmo usare queste >> e sollevò in una mano delle maschere di cuoio, che avrebbero coperto il naso e la bocca; nell’altra una lunga fiala di vetro, sottile come un bastoncino e pieno di uno strano fumo azzurrino. 

<< Maschere per ossigeno; molti minatori tra gli uomini ne fanno uso, se devono scendere in qualche in qualche luogo claustrofobico. Indossandole si respira aria fresca e pulita per 24 ore >> spiegò mentre infilava una fiala a testa in giù nella parte davanti della maschera, facendo una rapida dimostrazione. 

<< Infila la fiala e premi forte. La cattiva notizia è che abbiamo solo cinque maschere e dovremmo usarle a turno il meno possibile. Le fiale sono trentacinque in tutto: questo significa che basteranno per una settimana. Avremo tutti circa 8 ore a testa e finché cinque di noi useranno le maschere, gli altri dovranno aspettare il proprio turno e resistere. Per alzata di mano, che pensa di farcela e usare la maschera per ultimo? >>. 

Thorin e Dwalin alzarono la mano senza esitazione, seguiti poi da Fili e Kili. Tutti gli altri l’alzarono dopo, un po’ scoraggiati. Beth li osservò attentamente e decise di consegnare le maschere agli ultimi: Bilbo, Ori, Dori, Bofur e Oin. 

<< Voi sarete i primi. So che non sarà facile là dentro, ma dovrete resistere il più a lungo possibile >>. 

Poi tirò fuori un sacco di piccoli cronometri di legno e metallo da allacciare al polso e li distribuì a tutti. Ricordò che avrebbero avuto 8 ore a testa, non di più e decisero di fare cambio ogni ora. Rimise le fiale nella borsa e se la rimise in spalla. 

Era ora di proseguire. Senza perdere altro tempo, Thorin si mise in testa al gruppo. 

<< Coraggio! Dobbiamo raggiungere la Montagna prima che il sole cali sul Dì di Durin >>. 

E si addentrarono nella foresta. 

Nonostante fosse particolarmente estesa come foresta, aveva un’atmosfera claustrofobica. Non appena vi entrarono, l’aria era già cambiata, non c’era luce e la pioggia non riusciva a bagnarli, da quanto era coperti. 

I rami degli alberi erano così contorti, che sembravano dei serpenti minacciosi. 

Il primo giorno non fu tanto male; dovevano ancora abituarsi all’umidità e al silenzio agghiacciante, ma viaggiarono indisturbati e quando scese la notte montarono dei turni di guardia. Beth non dormì molto. Quel posto non le piaceva affatto. Continuava a svegliarsi e guardarsi intorno con sospetto.  

La seconda notte dormì meglio grazie a Thorin, che mentre montava di guardia, si era seduto accanto a lei. 

Il terzo giorno cominciarono a sentire gli effetti di quel luogo. Beth stava davanti al gruppo con Thorin, quando sentì dietro di lei alcuni nani che avevano poco fiato. Lei ancora si sentiva bene, ma non sarebbe durato a lungo. Ancora qualche giorno e anche lei avrebbe iniziato a delirare. 

Al quarto giorno i nani iniziarono a lamentarsi di più e a sentirsi stanchi. Beth decise di procedere a metà della fila, per poterli controllare meglio. 

Il quinto giorno iniziò anche lei a respirare affannosamente. 

<< Aria! Ho bisogno di aria! >> disse Bofur come un assetato in un deserto. 

<< La testa mi gira >> si lamentò Gloin. 

Beth li capì, ma avevano poche fiale a disposizione e non sapevano quando sarebbero usciti da lì. Vide Ori che stava tirando fuori la maschera dalle tasche e gli disse con veemenza, << Mettila via >>. 

Il sesto giorno anche Dori e Bofur stavano cominciando a cedere. 

<< Beth ti prego, dammi una fiala >> la pregarono. 

<< No, non ancora. Resistete ancora un po’ >> rispose. 

<< Lo hai detto anche prima >>. 

Cominciava a dolerle la testa ed era stanca di camminare.  

Il settimo giorno, Bilbo ebbe un capogiro e cadde in ginocchio ed esausto. Fu allora che Beth permise di mettere le maschere. Aiutò lo hobbit a indossare la sua e di colpo si svegliò, aspirando avidamente. 

<< Hei, piano! Deve bastare per tutti. A piccoli sorsi >> raccomandò e lo aiutò ad alzarsi, proseguendo insieme agli altri. 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 - Bosco Atro ***


Capitolo 17 

Bosco Atro 

 

Le maschere crearono delle reazioni altalenanti nella compagnia: chi le indossava si rasserenava e si rimetteva in sesto, aspirando con entusiasmo più aria fresca possibile, mentre tutti gli altri li fissavano invidiosi e impazienti. Ogni ora Beth diede il cambio, ma alcune volte dovette imporsi; alcuni non riuscivano più ad aspettare il proprio turno e tentavano di strappare via le maschere a chi ce le aveva. E chi ce le aveva, non era intenzionato a togliersele, volendo altra aria in più. Dovette farsi aiutare da Thorin un paio di volte per convincerli. 

 Aveva un mal di testa tremendo, la fronte madida di sudore e le gambe molli, ma gli altri stava peggio. Decise dunque di rinunciare ad una maschera due volte e alla terza la diede a Thorin, che faticava a reggersi in piedi. Bilbo le porse la sua, ma per la quarta volta si rifiutò di mettersela, così lasciò dell’aria in più per gli altri e si accontentò di ingoiare un integratore. 

Le fiale del primo giorno furono completamente consumate.  

Per altri due giorni procedettero senza maschere, più lucidi e riposati del solito, ma non riuscirono a resistere di più e Beth dovette tirarne fuori delle altre. 

Anche questa volta rifiutò di mettersi una maschera, nonostante Thorin tentasse di convincerla. 

<< Beth, hai bisogno d’aria! Sei l’unica che non si è ancora messa una maschera >>. 

<< Io sto bene >> rispose camminando davanti agli altri sul sentiero anche se non fu affatto convincente, perché barcollava di qua e di là come se fosse ubriaca. Faticava terribilmente a respirare, le girava la testa e desiderava tanto una boccata d’aria. La tentazione di mettersi addosso una maschera era forte, ma la sua natura di alchimista le imponeva di pensare al benessere fisico degli altri prima del suo. 

<< Hai già tirato fuori la seconda dose, se continui così non potrai respirare neanche questa. Te la consumeremo tutta >>. 

<< Lo so, ma preferisco che la prendiate voi >>. 

<< Beth, dovrai mettertene una prima o poi >>. 

<< E lo farò, non preoccuparti! Ma finché riuscirò a reggermi in piedi, le terrete voi >> rispose esasperata. 

Thorin, però, non fi d’accordo e continuò ad insistere anche il giorno dopo. L'aveva presa per un braccio spazientito, ma lei si liberò subito dalla presa. 

<< Lasciami in pace! >> strillò lei. 

Procedettero sul sentiero ancora per un po’, finché Kili non esclamò, << Trovato il ponte! >>. 

Peccato che fosse distrutto. A quella vista il morale generale crollò a terra. 

Beth si appoggiò a peso morto su un lato del ponte, ritrovandosi a fissare l’acqua del fiume. 

<< Potremmo attraversarlo a nuoto >> propose Bofur. 

<< Non hai sentito cos’ha detto Gandalf? Una magia oscura sovrasta questa foresta. Le acque di questo ruscello sono incantate >> gli ricordò Thorin. 

<< Non mi sembra molto incantevole >> replicò Bofur. 

<< Dobbiamo trovare un altro modo per passare >>. 

Beth sentì a malapena le loro voci e non tolse lo sguardo dal fiume: l’acqua era putrida, sporca e stagnante e le dava una sensazione soporifera, sentendo le palpebre farsi sempre più pesanti. 

Intanto Kili trovò un modo per andare dall’altra parte del fiume. 

<< Questi rampicanti sono resistenti! >>. 

Fece per arrampicarsi, ma venne fermato da Thorin. 

<< Kili! Mandiamo prima i più leggeri >>. 

E tutti si voltarono verso Bilbo. Quest'ultimo li fisso imbronciato, come se volesse dire “Ma perché sempre io?”, ma iniziò ad arrampicarsi comunque. 

Beth era così insonnolita, che si sarebbe addormentata lì per terra se avesse aspettato che Bilbo raggiungesse l’altra sponda. Poi si accorse che c’erano degli altri arrampicanti di fianco a lei e, senza dire niente a nessuno, si arrampicò. 

Le parve di metterci un secolo, perché procedeva con una lentezza esagerata. Per un paio di volte scivolò a causa di un capogiro, rischiando di cadere in acqua. Alla sua destra, Bilbo non era messo meglio di lei e per poco non sfiorò l’acqua del fiume. Con un ultimo sforzo, Beth si avvicinò alla sponda e con un bel salto la raggiunse, cadendo a peso morto. 

Rimase lì sdraiata quando arrivò anche Bilbo, affaticato tanto quanto lei. 

<< Odio questo posto >> gli disse assonnata. 

Bilbo rispose, << C’è qualcosa che non quadra >>. 

<< Ah, sì? >>. 

<< Non quadra affatto! >>. 

Si girò verso l’altra sponda. 

<< State dove siete! >>, ma fu troppo tardi. 

Nonostante Thorin avesse espresso chiaramente di mandare avanti i più leggeri, i nani si arrampicarono tutti insieme senza alcun senso logico. 

<< Imbecilli >> sospirò Beth, mentre Bilbo si schiaffeggiava la faccia per tenersi sveglio. 

Thorin fu il primo a raggiungerli e atterrò di fronte a loro, mentre Beth si tirò su a sedere. Lo sentì afferrarle un braccio e la rimproverò arrabbiato, << Sei impazzita? Nelle tue condizioni hai rischiato di cadere in acqua! >>. 

Ma Beth non sentì una parola e gli rivolse uno sguardo assonnato. 

<< Eh? >> chiese distratta. 

Thorin era molto arrabbiato e stava per dirgliene quattro, quando venne interrotto dal suono di un rametto spezzato. Lui e Bilbo si voltarono a sinistra e Beth li imitò. Comparve un maestoso cervo bianco, con un paio di lunghe corna e un folto pelo candido, che si mise a fissarli con serietà, senza muovere un muscolo. 

Era talmente bello che Beth ne rimase incantata. Desiderò ardentemente di alzarsi e andare ad accarezzarlo. 

<< Che stai facendo? >> chiese Bilbo confuso. 

Beth si accorse che Thorin stava incoccando una freccia. Pregò che non lo uccidesse quando alzò l’arco e la scoccò. Trattenne il fiato, ma sospirò di sollievo quando mancò il bersaglio di proposito. Voleva solo spaventarlo, in modo che se ne andasse via. E fu così. 

Mentre il cervo sparì di corsa tra gli alberi, Beth chiese, << Perché lo hai fatto? >>. 

<< Non avresti dovuto, porta sfortuna! >> aggiunse Bilbo. 

<< Non credo nella fortuna. Noi ci creiamo la fortuna >> affermò Thorin. 

Tutti e tre continuarono ad osservare il punto in cui era sparito il cervo, quando sentirono un tonfo in acqua: Bombur si era addormentato mentre si arrampicava ad era caduto nel fiume. 

<< Oh, no >> sospirò Beth. 

E adesso? Non aveva idea di che tipo di incantesimo fosse, né l’occorrente per svegliare il nano. 

Con molta attenzione e fatica riuscirono a tirare Bombur fuori dall’acqua, ma ormai era completamente addormentato. 

<< Non puoi fare niente? >> le chiese Fili. 

Con la testa dolente e la fronte sudata, Beth si inginocchiò di fianco a Bombur. 

Si tolse un coltello dalla cintura e lo avvicinò al suo naso. Sulla lama si formarono degli aloni, perciò stava respirando regolarmente. Rimise a posto il coltello, poi gli sollevò in alto un braccio e lo lasciò cadere sul suo faccione. 

Bombur grugnì un po’ nel sonno, ma non si svegliò. Almeno era cosciente e reagiva agli stimoli esterni. 

<< Prima o poi si risveglierà, ma è un incantesimo e potrebbero volerci giorni >> rispose affaticata e cominciò a trafficare nella borsa. 

<< Forse posso anticipare il suo risveglio >>. 

Tirò fuori una boccetta di vetro, colma di una pozione stimolante nera come l’inchiostro. Quando tentò a inserire l’ago di una siringa nel tappo di sughero, cominciò a vederci doppio. Continuava ad agitare nel vuoto gli oggetti e non riuscì a concentrarsi. Stava perdendo la pazienza, quando Fili e Kili le presero le mani, aiutandola a tenerle ferme. 

Riuscì finalmente a prelevare il liquido e lo iniettò nel collo di Bombur. 

All'improvviso si sentì svenire. Non riuscì più a tenere in mano la boccetta e la siringa e gli scivolarono dalle dita. Fili e Kili l’aiutarono ad alzarsi e la portarono un po’ disparte dagli altri. 

<< Beth...andiamo >> la pregò Fili porgendole una maschera. 

La tentazione di prenderla era tanta: non riusciva più a reggersi in piedi, sudava freddo ed era piuttosto pallida. Ma, nonostante ciò, si rifiutò ancora una volta di mettersela. 

<< Non essere testarda Beth! Guardati, sei uno straccio! A sento riesci a reggerti in piedi >> insistette Kili. 

<< No >>. 

<< Abbiamo già aspirato due dosi e tu, invece, neanche una! >>. 

Beth iniziò a innervosirsi, << Ho detto di no! Voglio resistere un altro po’! >>. 

<< L’hai già detto prima...e anche ieri...e il giorno prima...e quello prima ancora...>>. 

Tentò di metterle la maschera, ma lei gliela strappò di mano, lanciandola lontano. 

<< Lasciami in pace!! >> strillò esageratamente; ormai stava anche diventando isterica. 

Thorin perse la pazienza, << Adesso basta >> e prima Beth potesse reagire, si inginocchiò dietro di lei e la intrappolò tra le sue braccia. 

<< La fiala >> ordinò. 

Fili recuperò la maschera e mentre Thorin la teneva ferma, Kili prese una fiala dalla borsa. 

All'inizio Beth non capì cosa stesse succedendo e con stanchezza chiedeva cosa diamine stessero combinando. Poi si rese conto che stavano per metterle la maschera e cominciò a dimenarsi come una belva. Si mise a urlare, a scalciare, a dimenarsi... si mise perfino a pregare con le lacrime agli occhi. Aveva resistito per undici giorni proprio per loro! Dopo le rocce fumogene si sentiva ancora in colpa per non essersene accorta prima. 

Mentre piangeva in preda ad una crisi isterica, Thorin le tenne ferma la testa in alto con una mano sulla fronte. E finalmente le misero la maschera. 

Una ventata di aria fresca le entrò nei polmoni. Pensò stupidamente quanto fosse bello respirare e rilassò completamente, smettendo di agitarsi. Presto smise di vederci annebbiato e di avere i capogiri, ma era molto stanca e non aveva il coraggio di muovere le gambe. Perciò, Thorin se la portò in groppa quando ripartirono. Era talmente esausta che non riuscì a protestare e si addormentò con il mento appoggiato sulla sua grande spalla. 

Per trasportare Bombur, invece, costruirono una barella improvvisata. I nani non fecero che maledirlo mentre lui russava sonoramente e loro camminavano sotto il suo peso. 

Per undici giorni Beth non aveva neanche sfiorato una maschera e aveva lasciato la sua scorta d’aria agli altri già due volte. Così, Thorin ordinò severamente a tutti di toccare altre maschere per un po’ e Beth usò la sua per un giorno intero. Tentò di togliersela e darla a qualcun’altro, ma Thorin fu irremovibile e glielo proibì. 

<< Prepotente >> lo prese in giro lei, sorridendo dopo giorni. 

Procedettero per un’altra settimana, sempre più stanchi e soffocanti. Le provviste stavano scarseggiando e le taniche d’acqua divennero sempre più vuote. Beth, nel frattempo si era completamente ripresa e distribuì altre fiale. Anche stavolta resistette di più rispetto agli altri, ma di tanto in tanto usava una maschera per non più di mezz’ora, per poi passarla a un altro. Thorin la tenne sotto controllo costantemente: Beth capì che dopo il ponte era preoccupato per lei e temeva che le venisse un’altra crisi. Però stava esagerando e ogni volta che gli ripeteva “Sto bene”, non la stava a sentire. 

Passò qualche altro giorno quando Beth stava tirando fuori dalla borsa altre fiale, ma anziché distribuirle rimase a fissarle impanicata. 

<< Che succede? >> chiese Bofur. 

Lei alzò lo sguardo e con tono grave rispose, << Queste sono le ultime >>. 

Decisero di razionarle, ma la loro preoccupazione rimase e Bombur non si era ancora svegliato. 

Furono i giorni più lunghi e deliranti del loro viaggio. Non ne potevano più. 

Beth era davanti alla fila che barcollava esausta assieme a Thorin, tant’è che si buttò a terra in ginocchio quando si sentì svenire. Thorin si fermò dietro di lei e le mise la maschera sul volto. 

E rimasero tutti lì impalati, indecisi sul da farsi in preda alle allucinazioni. Bilbo nel frattempo si era seduto su masso per riprendere fiato. Anche lui ormai non riusciva più a reggersi in piedi. 

<< Che cos’è? >> chiese sognante, come se fossa in trance. << Voci. Voci! Le sentite >>. 

<< Io non sento niente >> rispose Thorin nelle sue stesse condizioni. << Non c’è vento, non c’è canto d’uccelli. Che ore sono? >>. 

<< Io non lo so. Non so nemmeno che giorno è! >> disse Dwalin. 

Beth non ne poteva più di quella situazione! Mentre si reggeva la fronte con la mano, desiderò ardentemente di essere in cima ad una montagna, dove il vento non smette mai di soffiare. Avrebbe dato qualsiasi cosa per uscire di lì. 

<< Ci stiamo mettendo troppo. Troppo! Non ha fine questa maledetta foresta?!! >> vaneggiò Thorin delirante. 

<< Niente che io possa vedere! Solo alberi e ancora alberi! >> gli rispose Gloin. 

La sua testa girava così terribilmente, che Beth li sentì appena. 

<< Là! Da questa parte! >>. 

Improvvisamente Thorin fece dietro front e si avviò nella direzione opposta. 

<< Ma Gandalf ha detto che...>>. 

<< Fate come vi dico! Seguitemi! >> ordinò Thorin. 

I nani non ebbero la forza di contestarlo e lo seguirono. 

Lentamente Beth si voltò verso di loro. 

<< Dove state andando? >> sussurrò lei, ma nessuno di loro la sentì. 

<< Dove andate? Tornate indietro...>>. 

Si mise a seguirli gattonando delirante. Se non fosse stato per Bilbo, che la aiutò ad alzarsi in piedi, sarebbe andata dietro a loro a quattro zampe per tutto il tempo. E dopo aver vagato a caso, si resero conto di essersi persi e che il sentiero era sparito! 

In preda al panico, si sparpagliarono per cercarlo, ma fu tutto inutile.  

A un certo punto Ori trovò un porta tabacco, notando assieme agli altri quanto assomigliasse al suo! 

<< Perché è il tuo! Lo capisci? Stiamo girando in tondo! >> disse Bilbo, ammettendo la triste realtà. << Ci siamo persi! >>. 

Ma Thorin ribatté, << Non ci siamo persi! Ci dirigiamo verso est! >>. 

<< Ma da che parte è l’est? >> domandò Gloin. 

<< Andiamo verso il sole >> rispose Oin. 

“Il sole. Non si riesce nemmeno a intravederne un raggio qua sotto” pensò Beth esasperata. 

Si sedette sulla grossa radice di un albero, vicino a Bilbo. 

<< Il sole! Dobbiamo trovare il sole! >> lo sentì parlottare tra sé e sé. 

Ah, il sole! Così caldo e luminoso! Non pensò nient’altro che a quello. In quella foresta era tutto umido e buio. Avrebbe tanto voluto vederlo! 

Girandosi dall’altra parte, si rese conto che Bilbo era sparito. Si mise a guardarsi intorno per cercarlo, ma di lui non ce ne era traccia. Poi sentì sopra di lei uno strano scricciolio, così alzò la testa in alto e vide lo hobbit che si arrampicava sull’albero. All'inizio non capì cosa avesse intenzione di fare; a causa quel maledetto posto il suo cervello are divenuto lento di comprendonio. Poi si mise a ragionare: “sta andando in alto; più va in alto, più si avvicina cima; in cima si può mettere la testa fuori; fuori c’è aria e si può vedere tutto!”. 

A fatica si alzò in piedi e si arrampicò anche lei. Le sembrò di metterci una vita: era sempre sul punto si svenire e rischiò di cadere più di una volta; priva di forze e in preda alle visioni. All'improvviso sentì una quasi impercettibile brezza sul dorso della sua mano. Pensò che fosse un’altra allucinazione, ma la sentì di nuovo! Guardando in alto, vide alcune chiazze di luce solare. Era all’interno della chioma dell’albero e Bilbo era già arrivato in cima, con la testa fuori. Desiderosa di uscire da lì, Beth accelerò sempre di più, si avvicinò ai piedi dello hobbit, con un ultimo sforzo si slanciò in alto... 

E finalmente fu fuori! Il vento le scompigliò i capelli e fece profondi e avidi respiri, come se per tutto quel tempo fosse rimasta in apnea. I suoi polmoni si riempirono di aria fresca e pulita e il sole che tramontava era tiepido e rosso come il fuoco, tingendo il cielo di rosa e arancio. Tutto l’ossigeno e quell’esplosione di colori contrastarono enormemente il grigiume di quel bosco claustrofobico. Dopo giorni passati là sotto a soffocare, Bilbo e Beth si misero a ridere per la gioia, mentre decine e decine di farfalle azzurre svolazzavano attorno a loro. 

Quando osservarono l’orizzonte, Bilbo gridò ai nani con entusiasmo, << Riusciamo a vedere un lago! E un fiume! E la Montagna Solitaria! Ci siamo quasi! >>. 

Ed era vero! Alla loro sinistra la Montagna era proprio lì. Non era nemmeno così lontana come credevano. Ormai mancava poco. 

<< Mi sentite?! Io e Beth sappiamo da che parte andare! >> gridò ancora, ma non ci fu risposta. << Ci siete? >> 

Beth e Bilbo guardarono in basso dubbiosi, ma erano troppo in alto per riuscire a vederli. 

All'improvviso videro in lontananza alcune chiome degli alberi agitarsi frenetiche. Non ci fu bisogno di un genio per capire che non era il vento a muoverle: qualcosa di grosso si stava avvicinando a loro. Forse i nani si erano imbattuti in lui e non avevano notato la loro assenza. Qualunque cosa fosse, stava avanzando pericolosamente sempre di più.  

Non sapendo cosa aspettarsi, Beth pensò che la cosa migliore da fare era nascondersi. << Sta giù! Giù! >> ordinò a Bilbo e tornarono dentro la chioma dell’albero, intimandogli di stare fermo e in silenzio. 

Rimasero immobili ad ascoltare strani scricchiolii tra i rami, quando Beth abbassò lo sguardo e vide con orrore e disgusto, che il piede di Bilbo era sopra ad una grossa e appiccicosa ragnatela. Salendo sull’albero, non si erano resi conto di quante ce ne fossero! Ed erano enormi e lunghe come vele di una nave. 

Beth si pietrificò solo a vederle. Fin da quando era piccola i ragni la terrorizzavano a morte, dopo che le era caduto in testa un nido pieno di quelle orribili bestiacce. 

Bilbo, nel frattempo, cercò di togliersi la ragnatela, ma nello spostare il piede perse l’equilibrio. Beth non riuscì ad afferrarlo in tempo e lo hobbit cadde sopra una ragnatela. 

Impanicata tentò di scendere per aiutarlo, ma si bloccò dalla paura quando spuntò fuori dal nulla un ragno gigante, con zampe lunghe e pelose e otto occhi neri e inespressivi come la pece. Stava per scappare via terrorizzata, ma si diede subito della codarda! Quell'immonda creatura stava avvolgendo il suo amico in un bozzolo, pronto per mangiarselo.  

A quel punto Beth reagì fece un gesto coraggioso... ma altrettanto stupido! Si buttò di sotto e conficcò un coltello nella testa del ragno. Quello si contorse ed emise dei versi striduli e sofferenti, finché non precipitò a terra morto. 

Prima che potesse cadere, Beth balzò in alto, cercando di afferrare un ramo sopra di lei, ma non riuscì a reggere il suo peso e si spezzò. 

Si ritrovò a testa in giù, appesa ad una ragnatela per la caviglia e a peggiorare la situazione, la sua borsa si sfilò dalla sua presa e le scivolò via... 

Tentò di alzarsi in su, ma non ci riuscì. Provò ad arrivare a Bilbo, allungando un braccio e cercando di dondolarsi, ma non ci arrivava. 

Non fece che agitarsi e a dimenarsi spaventata, finché un altro ragno spuntò fuori alle sue spalle trafiggendole la schiena con il suo pungiglione. 

Beth si irrigidì all’istante: non riuscì a muovere alcun muscolo, dalla sua bocca non uscì alcun suono e finché non cominciò a vedere tutto buio... 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 - Il Reame Boscoso ***


Capitolo 18  

Il Reame Boscoso 

 

Era calma e rilassata. Le sembrava di galleggiare in un mare nero sotto un cielo stellato. L'acqua era tiepida e piatta come una tavola, che la avvolgeva in una piacevole atmosfera di pace e quiete. Avrebbe tanto voluto rimanere lì per sempre...si stava così bene... 

Poi cominciò a udire qualcosa: delle voci? No! Grida! Grida di battaglia! Udì sconrti fra lame, squartamenti...e frecce che sibilavano.  

Era in mezzo al nulla, ma oltre a lei non c’era nessuno. 

“Come ci sono finita qui?” si chiese.  

All'improvviso sentì una fitta pungente dietro la schiena, come se uno sciame intero di vespe l’avesse punta ripetutamente. Le mancò il respiro e i suoi muscoli non rispondevano ai suoi comandi. 

<< Beth! >>. 

Qualcuno la chiamò, ma non capì dove fosse. Quella voce faceva eco da tutte le parti, come in una caverna. 

“Chi sei?” pensò confusa. 

<< Beth! >>. 

La voce continuò a chiamarla ripetutamente, prendendo sempre più forma, finchè non la riconobbe, sussurrando << Bilbo? >>. 

I suoi pensieri cominciarono a correre e i ricordi vennero a galla: erano in cima all’albero e i ragni giganti li avevano assaliti! Senza alcun preavviso, si fece tutto buio ed ebbe la sensazione di cadere nel vuoto. 

Sentì all’improvviso un forte dolore alla testa, come se avesse sbattuto contro qualcosa. I suoi occhi erano ancora chiusi, ma i suoi sensi si destarono: era sdraiata a terra tra foglie, sassi e rametti ed era avvolta da una ragnatela appiccicosa. Le sue orecchie sentirono dei passi frettolosi avvicinarsi e qualcuno si inginocchiò accanto a lei, togliendole di dosso la ragnatela. Si ritrovò a ringraziarlo mentalmente, chiunque fosse. Stare rinchiusi dentro una ragnatela era una sensazione orribile, e aveva un odore strano e nauseante. 

<< Beth? Beth svegliati! Dobbiamo andare! >>. 

“Bilbo?”. Lo hobbit era riuscito a liberarsi in qualche modo e, dopo aver liberato anche lei, la stava scuotendo per le spalle, cercando di svegliarla. Volle tanto dirgli che era già sveglia, ma il veleno del ragno l’aveva totalmente paralizzata. Non riuscì nemmeno a muovere un dito né ad emettere un verso con la voce. 

La testa di Bilbo si poggiò sul suo addome e sospirò sollevato nel sentirlo andare su e giù, capendo che la ragazza respirava. Provò anche ad aprirle una palpebra ed esultò di più, perché Beth mosse l’occhio mentre spostava di qua e di là un dito. 

L'effetto del veleno non sarebbe durato al lungo, era solo una questione di tempo. Udì Bilbo alzarsi e allontanarsi. Per un secondo si spaventò, pensando che l’avesse lasciata lì, ma lo sentì ritornare e si calmò. 

Bilbo la prese per le caviglie e la trascinò per qualche mentro. Riuscì a metterla sulla barella che avevano costruito per Bombur, ma venne alzata solo per metà, mentre l’altro lato strisciò per terra. 

“Ma dove sono gli altri?” si chiese. Dedusse che i ragni li avessero separati, ma Bilbo dove la stava portando? Con tutti quei movimenti bruschi capì che stava correndo, ma verso dove? E perché? Beth ancora non riusciva a muoversi. Mentre la barella la scuoteva terribilmente, si sforzò solo per aprire gli occhi.  

Bilbo continuò a correre, finché non si fermò e la poggiò a terra. Beth riuscì a respirare aria fresca; c’era un bel venticello e sentiva il frastuono di una cascata. Dovevano essere usciti dalla foresta e accanto a loro c’era un fiume.  rimasero lì in silenzio, finché Beth non riuscì ad aprire gli occhi. Sopra di lei c’era una parete rocciosa e gocciolante...era dentro una grotta? Non riuscì a girare la testa, perciò dovette accontentarsi di allungare gli occhi: alla sua sinistra non c’era niente, se non un’altra parete, a destra c’era l’entrata della caverna, la quale era coperta per metà da una cascata. Il sole stava tramontando e Bilbo sedeva davanti a lei di spalle, a guardare fuori. 

Volle chiamarlo ma non riusciva ad aprire bocca, perciò emise degli strani versi. A causa della cascata Bilbo non la sentì subito, così provò ad alzare la voce, nonostante le sue labbra fossero sigillate. Quando finalmente si rese conto di lei, Bilbo si alzò e corse al suo fianco. 

<< Beth! >> esclamò lo hobbit. E lei continuò a fare versi.  

<< Non riesci a muoverti? >> le chiese e lei, con un grande sforzo riuscì appena a scuotere la testa. 

<< Non riesci nemmeno a parlare? >>, scosse la testa. 

Bilbo allungò il braccio e le mostrò... << Questa può aiutare? >>… la sua borsa! L'aveva recuperata! Se avesse potuto muoversi, lo avrebbe abbracciato fino a stritolarlo. Ma si dovette accontentare di un minuscolo sorriso sulle labbra. 

Bilbo la aprì ma dovette trovare un modo alternativo per comunicare con lei per capire cosa prendere. 

<< È qualcosa che si beve? >> le chiese e lei riuscì ad annuire. 

<< È questa? >> domandò tirando fuori una fiala e lei negò. 

Continuò a tirarne fuori altre, finché non la vide annuire. 

<< Devi prenderla tutta? >> e Beth negò ancora. 

<< A gocce? >> e lei annuì. 

<< E quante ne servono? Una? >>. 

“No, cinque”. Beth dovette negare quattro volte per farsi capire e Bilbo aprì la fiala. 

Le piegò con un dito il labbro inferiore verso il basso e riuscì ad aprirle un po’ la bocca. Sentì cinque gocce caderle sulla lingua. Avevano un forte sapore salmastro e lentamente le scesero in gola. Si trattava di un antidoto piuttosto semplice, ma efficace per molti veleni.  

Cominciò a fare subito effetto: le dita delle sue mani ripresero sensibilità a cominciarono a muoversi. Le stese e le piegò continuamente... Le braccia erano pesanti e fu difficile sollevarle, peggio ancora le gambe. La bocca, però, riuscì ad aprirla e con voce rauca gli chiese, << Dove...dove sono...gli altri? >>. “Dov’è Thorin?”. 

Bilbo le rispose con sconforto, << Gli Elfi Silvani. Li hanno portati nel loro territorio >>. 

Beth chiuse gli occhi, sospirando. Questa non ci voleva e, ricordando le parole di Beorn sugli elfi di Bosco Atro e la loro eterna rivalità con i nani, Thorin e gli altri erano stati sbattuti in galera sicuramente. 

Tentò di alzarsi a sedere con fatica e Bilbo dovette aiutarla, era ancora tutta rigida e dolorante. 

<< Che posto è questo? >> gli chiese. 

<< Credo che siamo alle porte del Reame Boscoso >> rispose e aiutandola a tirarsi su in piedi, la condusse all’entrata della grotta.  

Poco sotto di loro c’era un ponte di pietra che conduceva ad un grande portone. 

<< Sono entrati da lì >> affermò Bilbo indicandolo. 

Mancava pochissimo al Dì di Durin e dopo gli eventi e Bosco Atro, non potevano perdere altro tempo. Dovevano trovare un modo per fare uscire i nani di lì. Sapeva che gli Elfi Silvani trattavano i loro prigionieri con riguardo, ma non erano gli stessi elfi accoglienti di Granburrone. Non li avrebbero mai lasciati andare senza una valida ragione. 

Beth si passò una mano sulla faccia e ordinò al cervello di mettersi a ragionare. 

<< Da quanto tempo sono là dentro? >> domandò a Bilbo. 

Lui le rispose, << Non più di due ore >>. 

<< Dobbiamo inventarci qualcosa... e subito >>. 

<< Non penserai di farli uscire dalla porta principale? >> 

<< Certo che no! È completamente sorvegliata, sarebbe impossibile. Bisogna trovare un’altra entrata? >>. 

<< Un’altra entrata? >> chiese confuso Bilbo. 

<< C’è sempre un’altra entrata >> affermò con convinzione. 

<< Va bene, ma non conosciamo questo posto! Non sappiamo quanto sia grande il palazzo, o dove siano i nostri compagni... Non sappiamo niente! >> rispose. 

Beth lo fissò negli occhi per un secondo, poi si voltò verso la sua borsa... 

<< Non necessariamente >> e le venne in mente un’idea. 

************ 

Dovettero aspettare due giorni per elaborare quel piano improvvisato, ma dovettero accontentarsi; nel frattempo Beth si rimarginò il punto in cui il ragno l’aveva infilzata. Per colpa di quella bestiaccia schifosa aveva un buco enorme nella camicia e nel corsetto, e il suo cappotto era mezzo strappato. 

L'ingresso veniva aperto il mattino presto e rinchiuso al tramonto. Bilbo propose di approfittarne per entrare di nascosto. All'inizio Beth non ne fu molto convinta, ma lui insistette. 

<< Sono piccolo, non mi vedranno! Fidati! >>.  

Decisero quindi che lo hobbit sarebbe entrato da solo, mentre Beth lo avrebbe fatto da un’altra parte e in un altro momento. 

Dovettero fare affidamento anche alla borsa. La ragazza tirò fuori una delle sue maschere, ma anziché respirare aria pulita, assunse uno strano fumo verdognolo, con un odore così forte e intenso da far svenire. Per l’esattezza, si trattava di un fumogeno capace di espandere la mente e proiettare la propria presenza in un altro luogo.  

Beth strappò un pezzo del suo cappotto per bendarsi gli occhi, sedendosi a terra a gambe incrociate. Mentre respirò profondamente, si sentì rilassata e leggera come una piuma. Ebbe la sensazione di sollevarsi in aria... 

Quando riaprì gli occhi la benda e la maschera erano sparite e si ritrovò di fronte al portone chiuso. Non fu affatto un problema. Lei non era fisicamente li, nessuno avrebbe potuto vederla o sentirla. 

Si incamminò verso il portone e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, ci passò attraverso senza alcun problema, completamente inconsistente. All'interno vi erano due guardie, ma non la videro, così passò oltre, addentrandosi nel Reame Boscoso. 

Vagò per ore a caso, non sapendo da che parte andare. Quel posto era un labirinto, pieno si scalinate, corridoi e ponti che sembravano tutti uguali.  

Poi notò che uno di questi si allargava sempre di più e decise di proseguire in quella direzione. Arrivò in una gigantesca sala, con un soffitto così alto, che per toccarlo avrebbe dovuto arrampicarsi in cima ad un albero. 

Al centro vi era una pedana di pietra dove sorgeva un trono intagliato in un grande tronco e, davanti ad esso, vi era un elfo. Aveva lunghi capelli albini, una veste d’argento e una corona di rami e bacche sulla testa. La sua pelle era liscia e bianca come latte e il suo sguardo era altezzoso, freddo e distaccato. 

Beth capì che si trovava davanti al re del Reame Boscoso, Thranduil. 

Aveva sentito parlare di lui: era piuttosto testardo e ostinato, per essere un elfo ed era meglio non provocarlo. Ma con quell’espressione arrogante sulla faccia, lo avrebbe preso a schiaffi volentieri. 

Si rese conto che stava parlando con qualcuno di fronte a lui... 

“Thorin” pensò Beth con il cuore in gola e corse da lui. Gli camminò intorno per controllare se fosse ferito, ma a parte qualche ragnatela tra i capelli, non vide neanche un graffio. Il suo petto si gonfiò di gioia nel vederlo vivo e vegeto. 

Voleva tanto abbracciarlo, ma si ricordò che non era veramente lì. Non poteva vederla, sentirla, toccarla, o anche solo percepirla. 

<< Qualcuno immaginerebbe che una nobile impresa sia imminente. Un'impresa per riavere una terra natia. E annientare un drago >>. 

Fu Thranduil a parlare. Beth si era dimenticata di lui e sobbalzò un po’ quando lo sentì. Osservava Thorin con un atteggiamento distaccato, tenendo le mani dietro la schiena. 

<< Personalmente, sospetto un motivo più prosaico...tentativo di furto. O qualcosa del genere >>. 

Thorin non parlò, ma in compenso lo fissò storto. 

<< Hai trovato una via per entrare. Cerchi quello che farebbe convergere sopra di te il diritto di regnare. Il Gioiello del Re... l’Arkengemma! >>. 

Beth vide Thorin cambiare espressione: probabilmente Thranduil era l’elfo che lo conosceva meglio di tutti e sapeva benissimo perché erano lì, così sul volto del nano comparve una piccola nota di panico nell'essere stato scoperto. 

<< È prezioso per te, oltre ogni misura... Lo capisco questo >> continuò Thranduil. << Ci sono gemme nella Montagna che anche io desidero... Gemme bianche di pure luce stellare >>. 

Beth non capì di cosa stesse parlando, Thorin invece sì perché iniziò a fissarlo con interesse. 

<< Io ti offro il mio aiuto >> gli propose il re degli elfi. 

Thorin sorrise, ma a Beth non fece una buona impressione. Non era uno di quei sorrisi dolci e luminosi che le rivolgeva, era come se stesse pregustando il momento in cui gli avrebbe detto “no”. Le bastò questo per capire come sarebbe andata. 

<< Ti ascolto >> disse Thorin pacato. 

<< Ti lascerò andare, solamente se restituisci a quello che è mio! >> rispose Thranduil risoluto. 

“Thorin, non fare stupidaggini” pregò Beth. 

<< Favore per favore >>. 

<< Hai la mia parola, da un re a un altro >>. 

Thranduil poteva essere un vero bastardo, ma Beth ritenne che quello fosse uno scambio più che equo. Quanto oro poteva esserci nella montagna? Tonnellate di monete e pietre preziose? E lui voleva solo qualche gemma. E poi, se Thorin avesse accettato, lei e Bilbo non sarebbero dovuti entrare per tirarlo fuori di lì con gli altri nani. Purtroppo... 

<< Io non mi fiderei che Thranduil, il grande re, onori la sua parola. Dovesse la fine dei giorni incombere su di noi! >>. 

“Thorin smettila! Così peggiorerai le cose!”. Thorin si voltò verso Thranduil e con rabbia si mise a gridare irato contro di lui. 

<< Tu, sei privo di ogni onore! Ho visto come tratti i tuoi amici! Siamo venuti da te una volta: affamati, senza dimora, a cercare il tuo aiuto, ma tu ci hai voltato le spalle! Tu ti sei allontanato dalla sofferenza del mio popolo e dall’inferno che ci ha distrutti! IMRID AMRAD URSUL! >>. 

Beth non conosceva il Khuzdul, ma nel modo in cui reagì Thranduil, capì che non erano certo parole d’augurio. 

Quando Thranduil avanzò verso Thorin, Beth si scansò per istinto. 

<< Tu non parlarmi del fuoco del drago! Conosco la sua rabbia e la sua rovina! >>. 

Contorse il collo e una delle sue guance cominciò ad incresparsi, scoprendo una profonda ferita, nascosta da un incantesimo. 

<< Io ho affrontato i grandi serpenti del nord! >>. 

Quando si allontanò la sua guancia ritornò come prima. Quella scena le fece impressione, Thorin invece non batté ciglio. 

<< Misi in guardia tuo nonno su ciò che la sua avidità avrebbe raccolto, ma lui non mi ascoltò. Tu sei proprio come lui! >>. 

Mentre si fissarono con odio, fece un cenno alle guardie e trascinarono via Thorin di peso. 

<< Resta qui se vuoi e marcisci. Cento anni sono un mero battito di palpebre nella vita di un elfo. Io sono paziente, posso attendere! >>. 

“Maledizione”. Beth si mise a seguire Thorin e le guardie, cercando di memorizzare più che poteva il percorso, finché non giunsero nelle segrete. Tutti gli altri nani erano proprio lì, ognuno nella sua cella. 

Dopo che Thorin fu sbattuto dentro in una cella, Beth gli mise di fronte, trasportando le sbarre. 

<< Ti ha offerto un accordo? >> gli chiese Balin. 

<< Lo ha fatto. Gli ho detto che poteva andare a ish kakhfè ai’d dur cnu...LUI E TUTTA LA SUA STIRPE! >> urlò Thorin, in modo che tutti potessero sentirlo. 

Beth alzò gli occhi al cielo; con questa questione di elfi contro nani non ne poteva più. Certe volte le sembrava di stare con dei bambini. 

<< Bene allora è fatta >> rispose Balin con ironia. 

<< Un accordo era la nostra sola speranza >>. 

Beth avrebbe tanto voluto rimproverare Thorin per la sua testardaggine, ma non poté interagire in nessun modo con lui. 

<< Non la nostra sola speranza! >>. 

Quelle parole la rincuorato; ormai aveva la piena fiducia in lei e Bilbo. 

“Devi essere paziente Thorin. Ti tireremo fuori di qui assieme agli altri”. Provò ad accarezzargli una guancia, ma improvvisamente vide le pareti tremare. Le immagini si distorsero e si sdoppiarono sempre di più, finché all’improvviso non venne sbalzata all’indietro da una forza invisibile... 

Quando si tolse la benda, respirò a fatica. L'effetto del fumogeno era finito ed era tornata nella grotta con Bilbo. Quest'ultimo la prese per una spalla e la fece sdraiare: era tutta sudata, pallida e con le vertigini. 

Dovettero aspettare qualche minuto prima che si riprendesse. 

<< Scoperto qualcosa? >> chiese Bilbo. 

<< Li hanno sbattuti in cella >> dichiarò. << Sono celle elfiche, perciò non si possono aprire in alcun modo, ammenoché non si abbia le chiavi in mano >>. 

<< Perciò niente chiavi, niente fuga >>. 

<< Esatto >> rispose Beth con stanchezza. << Dobbiamo scoprire dove le tengono >>. 

Cercò di alzarsi e rimettersi la maschera, ma Bilbo la fermò. 

<< Faccio io >>. 

Tentò di protestare, ma lo hobbit fu irremovibile, così decisero di indossarla a turno. 

************* 

Per altri tre giorni rimasero nascosti nella grotta; mentre uno usava il fumogeno, l’altro si riposava o andava in cerca di qualcosa da mangiare, quando scendeva la notte. Quando si mettevano la maschera, si memorizzarono continuamente il percorso che conduceva nelle segrete e ne esploravano altri per cercare un’entrata secondaria. E quando se la toglievano, si confrontarono tra loro, esponendo più cose che poterono ricordare. 

Quella situazione stava divenendo estenuante, Finché Bilbo non esclamò, << So come entrare! >>. 

Stando alle sue parole, nelle cantine c’era una grande botola proprio sotto il fiume. Perciò Beth avrebbe dovuto seguirlo e Biblo le avrebbe aperto il passaggio per farla entrare. E non era tutto: le chiavi delle segrete erano tenute proprio lì e c’era perfino uno stanzino per le scope che nessuno usava. Avrebbero potuto nascondersi lì dentro. 

<< Abbiamo le chiavi, un nascondiglio e una via d’uscita, ma non avremo tempo per procurarci provviste e armi >> ragionò Beth ad alta voce. << Inoltre rimarremo a piedi. Anche se riuscissimo ad uscire, il rischio rimarrebbe alto! Gli orchi ci stanno ancora seguendo e solo tu ed io siamo sufficientemente armati >>. 

Osservò il fiume sotto di loro e con sconforto disse, >> Temo che non riusciremo ad arrivare alla Montagna in tempo. Non senza una barca >>. 

<< Potremmo usare i barili! >> propose Bilbo. 

<< Quali barili? >> chiese confusa. 

<< Nelle cantine gli elfi hanno accennato ad almeno una dozzina di barili. È per questo che c’è la botola! Ogni settimana li gettano nel fiume, in modo che un chiattaiolo possa prenderli >>. 

<< Vorresti usare dei barili come barche? >> gli chiese incredula, ridacchiando per quanto fosse assurdo. 

<< Hai un’idea migliore? >>. 

No, non ce ne aveva. 

<< Hanno detto quando li getteranno nel fiume? >> gli domandò. 

<< Domani mattina >> le rispose Bilbo. 

Il sole stava tramontando; presto avrebbero chiuso il portone. Dovevano prendere una decisione subito! 

<< Se è così, non ci resta che entrare subito >> affermò rassegnata. 

Velocemente, ripeterono a memoria il percorso che dovevano prendere ad alta voce. Tutto doveva essere cronometrato alla perfezione, senza commettere nessun errore. Finché sarebbero rimasti dentro il Reame Boscoso, inoltre, non avrebbero potuto parlare tra loro; il silenzio assoluto doveva essere fondamentale. La mattina dopo avrebbero aspettato che gli elfi preparassero i barili, poi Bilbo sarebbe andato a liberare i nani, mentre Beth li avrebbe aspettati nelle cantine, mettendo fuori gioco gli elfi. 

Si alzarono in piedi e si affacciarono fuori dalla grotta, stando attenti a non farsi scoprire. Come d’accordo, Bilbo sarebbe entrato furtivamente dal portone principale e avrebbe aperto la botola a Beth. Solo che sarebbe stato terribilmente esposto! 

<< Sei sicuro? >> gli chiese preoccupata. Non voleva che gli capitasse qualcosa. Lui annuì con sicurezza. 

<< D’accordo. Ci vediamo dentro >> e i due si separarono. 

Beth dovette muoversi con molta prudenza, c’era ancora un po’ di luce e gli elfi avevano una vista acuta. Seguì la direzione inversa del fiume, ma dovette attraversare in fretta e furia dei punti esposti, rischiando di farsi vedere. Fortunatamente il sole scomparve in fretta e prese il suo posto il buio della notte. Continuò a seguire il fiume, arrampicandosi sulle rocce accanto alle cascate. 

L'ultima da una caverna e anche questa volta Beth fu molto esposta. Si arrampicò il più veloce e silenziosamente possibile, graffiandosi le ginocchia e i polpastrelli delle dita. Per poco non la videro, ma con le rocce e il rumore della cascata riuscì a mimetizzarsi. 

Addentrandosi nella caverna, riuscì a scalare le rocce più alte, restando completamente asciutta. Ogni tanto alzò lo sguardo per cercare la botola, ma non c’era troppo buio per intravederla. Procedette lentamente sulle rocce, aspettando impaziente Bilbo. Sperò ardentemente che non lo avessero catturato! 

Ci stava mettendo tanto e cominciò ad agitarsi. Poi, finalmente, sopra di lei la botola si aprì, illuminando il buio della caverna. Con un balzo si aggrappò ai bordi di legno e si tirò su facendo forza sulle braccia. Si arrampicò sul legno scivoloso ed entrò nelle cantine, dove Bilbo la aspettava accanto alla leva della botola. 

Sospirò sollevata, ma quando videro delle ombre scendere le scale si affrettarono a richiuderla e corsero nello stanzino delle scope a nascondersi. 

“Stanzino”, si fa per dire, perché era enorme e spazioso. Se sedettero ad aspettare nell’angolo più buio e appartato, tra scaffali, secchi e scope varie e si diedero dei turni di guardia, mentre l’altro riposava.  

Erano riusciti ad entrare, ma il loro piano era solo a metà. L'indomani sarebbero usciti assieme ai nani.  

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 - Dentro i barili ***


Capitolo 19  

Dentro i barili 

 

Stava ancora dormendo quando Bilbo la svegliò, scuotendola leggermente per una spalla. Beth sentì la schiena indolenzita per aver dormito adesa alla parete. Bilbo le fece capire che era ora e le indicò la serratura della porta dello stanzino. Beth vi si avvicinò e guardò dal buco della serratura: un paio di elfi stavano sistemando dei grandi barili di legno sopra la botola. Tra non molto l’avrebbero aperta, ma gli elfi avrebbero dovuto aspettare ancora un po’, così ne approfittarono per bere del vino. Doveva essere molto pregiato e buono, perché i due alzarono un po’ troppo il gomito. 

“Perfetto” pensò Beth soddisfatta. Con loro due ubriachi sarebbe stato più facile. Tirò fuori dalla borsa un barattolino di legno e lo infilò nella tasca del suo cappotto. Aspettò ancora un po’ e, quando i due elfi si sedettero ad un tavolino ubriachi e assonnati, si voltò verso Bilbo. 

“Adesso o mai più”. Alzò la mano destra davanti a lui e senza aprire bocca, contò alla rovescia con le dita in silenzio. 5, 4, 3, 2, … 1... Chiuse il pugno e in silenzio uscirono dallo stanzino. Bilbo prese le chiavi appese ad una trave e salì velocemente le scale. Beth lo aspettò lì. 

I due elfi non si erano ancora addormentati e al ritorno di Bilbo avrebbero potuto lanciare l’allarme, ma ci avrebbe pensato lei a quello. Si nascose dietro ad uno scaffale, tirò fuori il barattolino dalla tasca, lo aprì e prese due pillole soporifere, quadrate e azzurrine. Spostandosi verso i barili, allungò una mano e fece cadere un cesto.  

Sebbene quei due fossero sbronzi, si accorsero del rumore e, con fatica, si alzarono per controllare. Beth nel frattempo girò intorno ai barili e raggiunse il tavolino, mentre erano di spalle. Gettò immediatamente le pillole nei calici mezzi, poi tornò ad accucciarsi dietro i barili. Gli elfi non ebbero alcun sospetto, così rimisero a posto il cesto e ritornarono al tavolino. Fortunatamente si riempirono i calici fino all’orlo e bevvero tutto in un sorso.  

Beth, rimasta nascosta, sogghignò soddisfatta e contò fino a sessanta. Quelle pillole fecero effetto dopo un minuto esatto, ma per precauzione contò altri dieci secondi in più. Quando uscì allo scoperto, quei due russavano beatamente con un sorrisino sulle labbra. 

Si appoggiò alla parete di fianco alle scale e rimase in silenzio ad aspettare. Aveva una fame tremenda però, così ne approfittò per mangiarsi una mela. Era succosa e croccante e la divorò in un secondo. Il torsolo lo mise vicino alle mani di un elfo: se qualcun altro sarebbe arrivato lì, avrebbe creduto che l’avesse mangiata lui. 

Aspettò ancora e ancora, con le mani sul manico dei coltelli, finché non sentì bussare contro la parete quattro colpi; una volta lenta, due volte veloce e un’altra lenta. Con le nocche ripeté i colpi sulla parete, dando il via libera. 

Bilbo scese le scale lentamente, timoroso che i due elfi lo sentissero. 

<< Sta tranquillo, dormono come ghiri in letargo >> lo rassicurò. 

<< Beth! >>. 

Kili, che era dietro a Bilbo, lo superò e la abbracciò entusiasta. Alzando lo sguardo vide anche gli altri, “E anche questa è fatta!” pensò. 

<< Non ci credo! Siamo nelle cantine! >> realizzò Kili incredulo. 

<< Dovevate portarci fuori! Non ancora più all’interno! >> si lamentò Bofur. 

<< Oh, insomma! Che bisogna fare per accontentarvi?! Siete bravi solo a lamentarvi! >> lo rimproverò Beth. 

Si scansò da una parte e fece passare avanti gli altri, mentre Bilbo li condusse ai barili. Thorin era l’ultimo della fila e le mise una mano sulla spalla, sollevato nel sapere che stesse bene e insieme raggiunsero gli altri. 

<< Entrate tutti nei barili! >> ordinò Bilbo deciso, ma tutti esitarono. 

Era un’idea piuttosto stupida; comprensibile. Ma era l’unica che avevano e non c’era tempo per discutere. 

<< Sei impazzito? Ci troveranno! >> rispose Dwalin contrariato. 

<< No, no, non è così! Te lo assicuro! Vi prego, vi prego! Dovete fidarvi di noi! >> insistette lo hobbit, ma nessuno si mosse. 

<< Non lo avete sentito? >> disse Beth, << Volete uscire da qui o preferite tornare in cella? >>. 

Questo sembrò convincerli un po’, ma non del tutto. Dovettero pregare Thorin con lo sguardo per convincerli. 

<< Fate come dicono! >> ordinò. 

E finalmente entrarono nei barili. Bilbo li contò attentamente, assicurandosi che non mancasse nessuno. 

<< Adesso che facciamo? >> chiese Bofur e tutti tirarono fuori la testa. 

<< Trattenete il fiato >> rispose Bilbo e con un cenno, disse a Beth di tirare la leva. 

La botola si aprì e i nani caddero nel fiume dentro i barili. Mentre Bilbo esultò, Beth lo prese per un braccio e lo tirò con sé sulla botola inclinata prima che potesse richiudersi.  

Bilbo finì direttamente in acqua, Beth atterrò in equilibrio sul bordo di un barile. Purtroppo erano piuttosto scivolosi e l’acqua lo sballottava di qua e di là. Tentò di rimanere in piedi, spostandosi su un barile all’altro, ma scivolò in avanti e finì dentro quello Thorin, che la prese al volo. 

<< Stai bene? >> le chiese e lei imbarazzata annuì, entrando completamente nel barile. 

Nel frattempo Bilbo si era aggrappato a quello di Nori. 

<< Complimenti mastro Baggins! >> si complimentò Thorin. 

Lo hobbit agitò la mano, come a dire “figurati”. 

<< Su, forza, andiamo! >>.  

Tutti cominciarono a remare con le braccia, ma non ce ne fu bisogno, perché la corrente divenne sempre più forte e caddero dalla cascata. Beth dovette aggrapparsi a Thorin con tutti quegli sbattimenti causati dalle rapide. L'acqua la bagnò da capo a piedi e per un momento si dimenticò come si fa a respirare, per quanto fosse gelata. 

Ad un tratto sentirono risuonare un corno... li avevano scoperti! 

“Cazzo! Stava andando tutto bene! Ti prego non ora!”. 

Erano quasi arrivati ad un cancello che portava fuori dalle mura del Reama Boscoso, ma le guardie sopra di loro abbassarono in tempo una leva e i cancelli si chiusero. 

<< No! >> gridò Thorin e ci sbatterono contro, finendo bloccati lì. 

Ma non fu questa la parte peggiore...Mentre le guardie elfiche si armarono, a tradimento vennero assaliti alle spalle dagli orchi. Erano riusciti a trovarli e se non se ne fossero andati subito, sarebbe stata la fine. I nani erano disarmati! 

Caddero in acqua corpi senza vita di orchi ed elfi, tingendola di sangue. Beth uscì dal barile e raggiunse quelli più esposti. Stando in equilibrio, cercò di difendere gli altri più che poteva insieme a Bilbo, mentre i nani fecero del loro meglio prendendoli a pugni. Ma mano che li uccideva, disarmò gli orchi e lanciò le loro armi ai suoi compagni. 

<< Kili! >>. 

Fili urlò terrorizzato e quando Beth alzò lo sguardo, lo vide sopra di loro cadere a terra ansimante, con una freccia conficcata nella gamba. Nella confusione era uscito dal suo barile e aveva tentato di raggiungere la leva per aprire i cancelli.  

Poco lontano da loro, comparve un orco alto e muscoloso, con un arco nero tra le mani e un ghigno sul volto. Beth lo fissò con odio e avrebbe voluto togliergli lei stessa quel sorrisetto dalla faccia, ma un orco stava per aggredire Kili. Svelta gli lanciò un coltello in gola e corse per aiutare il nano. Stava per ucciderne un altro, ma venne preceduta da una freccia elfica. Spuntò dai cespugli un elfa dai lunghi capelli rossi, seguita dai suoi compagni. Armata di pugnali e arco, si mosse tra gli orchi veloce e spietata, ma altrettanto elegante e sinuosa. 

Beth non perse tempo e alzò la leva. Mentre i cancelli si riaprirono, tolse la freccia dalla gamba di Kili con un colpo secco. Lui gridò per il dolore e data la situazione, dovette accettare il fatto che si sarebbe occupata di lui più tardi. Riuscì a sollevarlo e a farlo saltare dentro il suo barile con lei. Mentre caddero da un’altra cascata, Beth lo strinse a sé, rimanendo dietro di lui. 

Gli orchi non si arresero e li inseguirono in corsa sulle sponde del fiume, mentre vennero a loro volta inseguiti dagli elfi. Man mano che venivano gettati nel fiume, i nani afferrarono al volo le armi degli orchi, passandosele a vicenda di tanto in tanto. 

Purtroppo non bastò! Beth saltò nel barile di Dwalin e gli gridò << Reggimi le gambe! >>. 

Lui all’inizio non capì cosa volesse dire e prima che potesse fare qualche domanda, Beth gli saltò in groppa, sedendosi sopra le sue spalle. Fu piuttosto difficile rimanere in equilibrio con tutte quelle rapide, ma Dwalin la tenne aggrappata a sé, stringendole le gambe con le braccia. Stando un po’ più in alto, riuscì a colpire gli orchi alle gambe, usando i suoi coltelli più lunghi. 

Poi, finalmente, se ne andarono o vennero eliminati dagli elfi. La corrente del fiume li allontanò da loro sempre di più e finalmente furono davvero liberi. 

Kili passò accanto a loro semisvenuto, così Beth scese dalle spalle di Dwalin e rientrò nell’altro barile. Prese Kili per le spalle e lo fece appoggiare sopra di lei, cercando di metterlo comodo. Aveva il fiato corto e tremava come una foglia. 

<< Sta tranquillo. È finita. È finita...>> gli sussurrò, circondandogli le spalle. 

Kili posò le mani sulle sue braccia e riuscì a calmarsi, mentre vennero cullati dalle onde del fiume. 

************** 

Navigarono per tutta la mattina dentro i barili in silenzio, ormai fuori pericolo, finché non iniziarono a rallentare. A quel punto dovettero remare con le braccia per avanzare avanti. 

<< Niente dietro di noi? >> chiese Thorin. 

<< Niente che io veda >> rispose Balin. 

Bofur pensò, << Mi sa che abbiamo staccato gli orchi! >>. 

<< Non per molto, abbiamo perso la corrente >> replicò Thorin. 

<< E Bombur è mezzo affogato >> aggiunse Dwalin. 

<< Raggiungiamo la sponda! >>. 

Beth uscì dal barile e se lo trascinò a nuoto verso la riva del fiume. Quando l’acqua le arrivò alle ginocchia, lei e Fili tirarono fuori Kili. Quest'ultimo era piuttosto pallido e zoppicava, così Beth lo obbligò a sedersi per esaminargli la ferita. 

<< Sto bene, non è niente >> le disse, ma sul suo viso si formarono delle smorfie, contorcendosi per il dolore. 

<< Ridicolo >> gli rispose Beth. 

Gli legò un laccio emostatico attorno alla gamba, stringendolo più forte che potè. 

Tutti arrivarono sulla riva e Thorin ordinò risoluto di rimettersi in marcia immediatamente, ma Fili protestò. 

<< Kili è ferito! Bisogna fasciargli la gamba! >>. 

<< Abbiamo un branco di orchi alle calcagna. Continuiamo a muoverci! >>. 

C'erano quasi alla Montagna, ma avrebbero dovuto attraversare un lago. Bilbo propose di girarci intorno ma la situazione era più complicata: non avevano armi, gli orchi erano ancora sulle loro tracce e sarebbero stati troppo esposti. 

Thorin si avvicinò a Fili e Beth e ordinò, << Fasciategli la gamba, presto! Avete due minuti >>. 

Si inginocchiò immediatamente e iniziò ad esaminare la ferita... 

Quello che vide però non le piacque affatto; il sangue di Kili era denso e nero, perché era stato colpito da una freccia morgul! Beth non aveva l’antidoto giusto, così dovette arrangiarsi con quello che le aveva dato Bilbo, quando era rimasta paralizzata. Quello gli avrebbe alleviato il dolore e rallentato l’avvelenamento, ma non sarebbe bastato. Inoltre non aveva altri antidoti più forti! Stappò il contagocce con decisione. 

<< Ok, ora ti pizzicherà un po’ >> lo avvisò e fece cadere sulla ferita una dozzina di gocce.  

Kili si morse la lingua per non urlare, ma in compenso la ferita si chiuse un po’ e smise di sanguinare. Tirò fuori una benda pulita e la diede a Fili. Mentre gli fasciò la gamba, Beth gli tolse il lacciò emostatico, glielo strinse sul braccio e gli fece un’iniezione con la pozione che aveva usato al crepaccio delle rocce fumogene. Era quasi finita! La fiala ne conteneva a malapena un sorso. Prese tutto quello che ne rimaneva con la siringa e lo iniettò a Kili. Più di questo non poteva fare. 

Sobbalzò quando sentì un sibilo dietro di lei. Alzò lo sguardo e vide sopra le rocce un uomo armato di arco e frecce. Kili si alzò per colpirlo con un sasso, ma venne disarmato in un secondo. Beth mise le mani su un coltello, ma l’uomo incoccò un’altra freccia. 

<< Fatelo di nuovo e siete morti >> affermò minaccioso. 

Beth non si azzardò a muovere un dito, finché Balin non si avvicinò lentamente con le mani in alto. 

<< Ehm...scusami, ma...sei di Pontelagolungo, se non vado errato? >> domandò. << Quella chiatta...ehm...non sarebbe possibile noleggiarla, per caso? >>. 

L'uomo continuò a guardarli sospettoso, ma in compenso abbassò l’arco. Prese i barili sulla riva e mentre li trasportava sulla sua chiatta, tutti gli altri lo seguirono a ruota. Nel frattempo affermò di venire da Pontelagolungo, rispondendo alla domanda di Balin. Quest'ultimo cercò di trovare un accordo con lui, promettendogli di pagarlo. 

<< Cosa ti fa pensare che vi aiuterò? >> domandò mentre caricava un barile. 

<< Quegli stivali hanno visto giorni migliori, come quel cappotto. Ah...e sospetto che tu abbia delle bocche da sfamare! Quanti bambini? >> tentò di convincerlo Balin. 

<< Un maschio e due femmine >> gli rispose. 

<< E tua moglie, immagino che sia una bellezza...>> chiese cortese. 

Sul volto dell’uomo scomparve la serietà e al suo posto comparve un’espressione malinconica. 

<< Sì, lo era >> sussurrò nostalgico. 

Anche se era uno sconosciuto, Beth si dispiacque un po’ per lui, come Balin che si scusò costernato. << Mi dispiace, non intendevo...>>. 

<< Ah, avanti basta. Bando alle ciance >> borbottò Dwalin infastidito. 

Anche Thorin era impaziente. Beth li comprese, ma rimproverò silenziosamente tutti e due. “Ma, insomma! Un po’ di rispetto!”. 

L'uomo sentì comunque e incuriosito domandò, << Perché tanta fretta? >>. 

<< Perché ti interessa? >> ribatté Dwalin scontroso. Cosa che non aiutò affatto la trattativa. 

<< Oh, vorrei sapere chi siete. E che cosa ci fate in queste terre >>. 

<< Siamo dei semplici mercanti, delle Montagne Blu >> rispose Balin prontamente, << ...In viaggio per vedere i nostri parenti sui...Colli Ferrosi... >>. 

Peccato che non fu molto convincente e l’uomo sogghignò divertito. 

<< Semplici mercanti, tu dici? Insieme ad un’alchimista affascinante? >>. 

Beth, sentendosi chiamata in causa, lo guardò storto. Ma Thorin lo guardò malissimo. 

<< È un’alchimista molto in gamba! Personalmente, noi riteniamo che sia la migliore >> affermò Balin orgoglioso. 

<< Davvero? >> domandò sarcastico e la fissò sorridente. 

Prima che potesse aprire bocca, Thorin si intromise, portandosi leggermente davanti a lei. 

<< Ci occorrono cibo, provviste, armi... Puoi aiutarci? >> gli chiese mentre caricava un altro barile. 

L'uomo gli rispose, << So da dove sono arrivati questi barili >>. 

<< Perciò? >>. 

<< Non so che affari avevate con gli elfi, ma non credo che sia finita bene >>. 

“Perspicace! Bisognerà convincerlo in un altro modo” pensò Beth. 

<< Si entra a Pontelagolungo solo con il permesso del governatore. Tutte le sue ricchezze vengono dagli scambi con il Reame Boscoso. Ti metterebbe ai ferri prima di rischiare l’ira di re Thranduil >> dichiarò lanciando a Balin una fune. 

Quest'ultimo non seppe più come convincerlo, così Beth venne in suo aiuto. Con il suo lavoro era brava negli accordi. Si avvicinò lentamente alla chiatta con le mani in tasca. 

<< Scommetto che ci sono altri modi per entrare non visti >>. 

Lo disse con tono distaccato, come se non le importasse più di tanto. L'uomo si fermò per un secondo per fissarla. 

<< Certo >> affermò con un sorrisetto furbo, << Ma per quello vi ci vorrebbe un contrabbandiere >>. 

<< Per il quale pagheremo il triplo >>. 

Quest'ultimo si bloccò e la guardò incredulo. “Non te lo aspettavi, vero?” pensò Beth soddisfatta con un sopracciglio alzato. 

<< Questo è l’accordo... >> e tirò fuori da una tasca nascosta del cappotto un sacchetto pieno di monete d’oro. 

<< Tu ci fai entrare di nascosto e ci offri un posto sicuro dove poter stare e rifornirci. Noi in cambio ti pagheremo tre volte tanto e sloggeremo il prima possibile. Andata? >> gli chiese alzando la mano destra, senza vacillare nemmeno per un attimo. 

Non ne fu molto convinto, ma alla fine le strinse la mano, << Andata >>. 

Caricò gli ultimi barili e fece salire tutti a bordo; lui rimase dietro a poppa e loro a prua, mantenendo le distanze. 

Beth riuscì ad accendere dei bastoncini d’incenso, i quali emanarono un venticello caldo e confortevole, come se fossero seduti davanti ad un camino acceso. Erano ancora tutti bagnati fradici e questo li aiutò ad asciugarsi e riscaldarsi.  

L'umidità del lago, nel frattempo, creò un manto di nebbia talmente fitto che il sole venne coperto e il chiattaiolo dovette procedere più lentamente. 

Beth si era seduta sopra una cassa, sfregandosi le mani di fronte ad un incenso. Si era completamente asciugata, ma l’effetto era stato immediato e il freddo si fece risentire. Thorin si avvicinò dietro di lei e le sfregò le braccia con le sue grandi mani. 

<< Hai freddo? >> le chiese premuroso. 

<< Solo un pochino >> lo rassicurò. << Tu come stai? >>. 

<< Io sto bene >>. 

In quel caldo abbraccio si sentì confortata e rilassata. La sua testa si appoggiò sul petto e intrecciò le mani nelle sue. Avrebbe tanto voluto restare così per sempre. 

Sentì Thorin girarsi verso il chiattaiolo e le disse infastidito, << Non mi piace come ti guarda >>. 

Beth alzò la testa per guardarlo negli occhi. 

<< Perché, come mi guarda? >>. 

Lui non le rispose ma le restituì uno sguardo di rimprovero. All'inizio ne fu confusa, ma quando capì le venne da ridere. Thorin, invece, non ci trovò niente divertente. 

<< Se non ti conoscessi bene, direi che sei geloso >>. 

<< Non dovrei esserlo? >>. 

Non riuscì a rimanere seria, << Apprezzo che ti preoccupi per me, ma ora stai esagerando >>. 

<< Parlo sul serio Beth >>. 

Lei smise di ridacchiare, ma il suo sorriso non sparì. << Se ti guarda così di nuovo, lo butto in acqua >> le sussurrò nell’orecchio. 

<< Se lo butti in acqua, l’accordo salta e noi rimarremmo bloccati qui. Niente provviste, niente armi, niente Montagna >>. 

Thorin sbuffò infastidito, perché era lei dalla parte della ragione. 

<< Comunque... anche io sarei gelosa se qualcuna ci provasse con te >> gli confessò a bassa voce e vide gli angoli della sua bocca curvarsi in su. La strinse a sé pe un po’ con soddisfazione, poi la lasciò e avanzò avanti per cercare di vedere qualcosa oltre la nebbia. 

Abbassando lo sguardo Beth vide Kili seduto a terra: era ancora palliduccio e si massaggiava la gamba malata con aria stanca. Fu strano vederlo così. Era sempre allegro e spericolato e non stava mai fermo. Beth si alzò dallo sgabello, si tolse il cappotto e lo usò per coprire Kili. 

<< Beth, sto bene! >> insistette, ma lei fu irremovibile. 

<< Non raccontarmi balle >>. 

<< insomma, la vuoi smettere? Non sei mia madre >> si lamentò Kili. 

<< No, non lo sono. Perciò non riuscirai ad impietosirmi e finché non ti rimetterai, farai come dico io >> rispose seria e Kili sbuffò sconfitto, mentre Beth si sedette accanto a lui. 

<< Hai mai fatto un’associazione di parole? >> gli chiese dopo un po’. 

<< Cosa? >>. 

<< Un’associazione di parole >> ripeté. 

Quando visitava i bambini, proponeva sempre di fare quel giochetto con loro, in modo da distrarli e fargli passare la paura. 

<< Io dico una parola e tu rispondi con un’altra. La prima che ti viene in mente. Comincio io... >>. 

Si guardò intorno e la prima parola che le venne in mente fu, << Lago >>. 

Kili la guardò perplesso, poi si mise a pensare. 

<< Forza, veloce! Senza pensarci! >> gli disse frettolosa, schioccando le dita. 

<< Ehm...acqua! >> rispose di getto. 

<< Fuoco >>. 

<< Calore >>. 

<< Gelo >>. 

<< Neve >>. 

<< Bianco >>. 

<< Nero >>. 

<< Buio >>. 

<< Luce >>. 

<< Sole >>. 

<< Luna >>. 

<< Stelle >>. 

<< Tauriel >>. 

E Kili si zittì imbarazzato, come se avesse detto una parolaccia. 

<< Chi è Tauriel? >> gli chiese Beth. 

<< Nessuno >> le rispose imbarazzato con le guance arrossite. 

Non insistette sull’argomento e dop un po’ di silenzio, Kili vide Balin che contava le monete per pagare il chiattaiolo. 

<< Monete >> ricominciò e Beth rispose << Denaro >>. 

<< Ricchezza >>. 

<< Povertà >>. 

<< Oppressione >>. 

<< Libertà >>. 

<< Gioia >>. 

<< Festa >> e così via... 

Ogni volta che uno ci metteva troppo a rispondere, si ricominciava da capo. 

Alcuni nani, come Dwalin, li ascoltavano infastiditi, sperando che la smettessero. Altri, come Thorin, non ci badarono più di tanto. Poi Fili, incuriosito, si unì a loro, finchè non venne coinvolto anche Bilbo.  

Per tutto il tempo, Beth riuscì a distrarre Kili; alleviandogli il cattivo umore e a fargli dimenticare che era ferito. Gli mise un braccio intorno alle spalle e lo confortò come meglio poté. 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 - Pontelagolungo ***


Capitolo 20 

Pontelagolungo  

 

<< Ne avete ancora per molto? >>. 

Dwalin non ne poteva più di quell’associazione di parole. Beth e Kili ci avevano giocato per quasi un’ora senza sosta, assieme a Fili e Bilbo. Anche loro però, cominciarono ad esserne stufi e per la gioia di alcuni nani rimasero in silenzio, finalmente! Kili era sempre rimasto appoggiato a Beth per tutto il tempo, con la testa sulla sua spalla. Per fortuna era riuscito a rilassarsi un po’. 

<< Attenzione! >> gridò Bofur spaventato. 

Stavano navigando in mezzo a delle rovine di una vecchia città e a causa della nebbia, per poco non si schiantarono contro le macerie. 

Il chiattaiolo le vide in tempo e riuscì a girarci intorno. 

<< Che stai cercando di fare? Affogarci? >> lo accusò Thorin sospettoso, mentre tutti tirarono un sospiro di sollievo. 

<< Sono nato e cresciuto in queste acque mastro nano. Se volessi affogarvi, non lo farei qui >> gli rispose pacato. 

<< E basta con questo sfrontato uomo di lago! Gettiamolo dalla barca e facciamola finita! >> si lamentò Dwalin, guardandolo storto. 

<< Ah, Bard! Il suo nome è Bard! >> lo rimproverò Bilbo. 

Beth e gli altri lo guardarono stupiti, << Come lo sai? >>. 

<< Ehm...gliel’ho chiesto >> rispose come se fosse ovvio. 

Ma Dwalin replicò, << Non mi interessa come si chiama! Quello non mi piace >>. 

<< Non deve piacerci per forza, dobbiamo solo pagarlo >> disse Balin. 

Ormai stava finendo di contare le monete, disponendole su un tavolino. 

Beth si alzò e si risedette sulla cassa, aggiungendo, << Almeno ci è venuto incontro senza troppe storie >>. 

Balin finì di contare ma non ce n’erano ancora abbastanza e dovette chiedere agli altri di mettere una loro parte e contribuire. Cosa che non digerirono facilmente e svuotarono le tasche controvoglia. 

<< Dovevi offrirgli proprio il triplo? >> si lamentò Nori, << Avevi un bel gruzzoletto d’oro, non potevi semplicemente dargli il doppio? >>. 

<< Se offri il doppio c’è la possibilità che faccia il doppio gioco. Se offri il triplo è sicuro che tenga la bocca chiusa >> gli rispose Beth. 

<< Avresti dovuto consultarci prima >>. 

<< Almeno vi ho tirato fuori di prigione e procurato un passaggio, brutto ingrato! >> ribatté lei. 

<< Smettetela! >> ordinò Thorin e loro la smisero. 

<< Come sappiamo che non ci tradirà >>. 

Beth sentì Dwalin parlare sottovoce con lui, che gli rispose, << Non lo sappiamo >>. 

Si unì, poi, agli altri e poggio le mani sulle spalle di Beth, come aveva fatto prima. 

<< C’è solo un piccolo problema...Ci mancano dieci monete >> dichiarò Balin. 

I nani si innervosirono a quella notizia. A quel punto Thorin intimò, << Gloin! Avanti, dacci quello che hai >>. 

Il nano dalla barba rossiccia si mise a replicare, facendo il finto tonto. 

<< Non guardate me! Io sono stato dissanguato da questa avventura! Che cosa ho ottenuto del mio investimento? Nient'altro che miseria e dolore...>>. 

“Certe volte mi sembra di fare da balia con a dei poppanti lagnosi!” pensò Beth esasperata, ma quei pensieri vennero cancellati dalla sua mente non appena alzò gli occhi in alto.  

Di fronte a loro, oltre la nebbia, comparve la Montagna Solitaria: gigantesca, alta, imponente e maestosa... Non si rese conto di essersi raddrizzata con la schiena, per poterla osservare meglio. Tutti gli altri si alzarono in piedi e la ammirarono in un religioso silenzio. 

<< Per la mia barba! >> esclamò Gloin e con voce rotta dalla commozione, consegnò il suo denaro a Balin. << Prendi! Prendi tutto quanto... >>. 

Beth non riuscì a distogliere gli occhi da quella meraviglia e si rese conto che tutti i pericoli che avevano incontrato; tutta la fatica che avevano fatto per arrivare fin lì, ne erano valsi la pena. 

<< È bellissima >> sussurrò con aria sognante. 

<< Già >> le rispose Thorin. 

Quello spettacolo venne interrotto da Bard, che disse frettoloso, << Il denaro, presto! Datemelo! >>. 

<< Ti pagheremo quando avremo le nostre provviste, non prima >> gli rispose Thorin risoluto.  

Ma Bard replicò, << Se apprezzate la libertà, farete come vi dico! Ci sono guardie nelle vicinanze! >> li avvisò. 

Non ebbero altra scelta che ascoltarlo: i nani e Bilbo si nascosero dentro i barili, mentre Beth dovette sdraiarsi sotto una coperta con il cappotto e la borsa dietro le gambe di Bard. Dovette fare molta attenzione a non muovere neanche un dito, ignorando la posizione scomoda in cui si era messa. 

La coperta aveva un piccolo foro all’altezza del suo occhio sinistro e riuscì a scorgere Bard su un molo piena di guardie. Era troppo lontano per sentirlo, ma stava parlando con uno di loro. Si agitò quando lo vide passargli una moneta e stringergli la mano. Pensò che li avesse traditi, poi vide dei pescatori salire sulla chiatta e riempire i barili di pesci, in modo da nascondere meglio i nani. 

Beth si sentì fortunata: lei era lì distesa sotto una coperta calda, loro invece avrebbero dovuto restare là dentro in mezzo a dei pesci freschi e umidi. “Che schifo”. L'odore, poi, non era dei migliori. Dopo aver avuto il consenso di proseguire, Bard risalì sulla chiatta e ripartirono.  

Passarono circa dieci minuti, finché Beth non vide dei tetti di legno oltre la gamba di Bard. Si sentì un grugnito da un barile e il chiattaiolo lo calciò. 

<< Silenzio! Siamo alla barriera per il pedaggio! >> intimò a bassa voce. 

E la barca si fermò di fronte ad una grata, quando un uomo gridò, << Alt! Ispezione merci! Documenti, per favore! >>. 

Avvicinandosi esclamò amichevolmente, << Ah, sei tu Bard! >>. 

<< ‘Giorno Percey >>. 

<< Niente da dichiarare? >>. 

<< Niente! Se non che sono intirizzito e ho voglia di casa >> rispose Bard consegnandogli un foglio. 

<< Io uguale a te >>. 

Percey timbrò il foglio e fece per restituirglielo, << Ecco fatto! Tutto in ordine! >>, ma qualcuno glielo strappò di mano. 

<< Non così in fretta >> disse pacato. 

Era vestito di nero e gobbo, con un grosso foruncolo sul naso e un ghigno stampato in faccia. A Beth gli ricordò molto un topo. 

<< Consegna di barili vuoti dal Reame Boscoso >> lesse ad alta voce, << Solo che non sono vuoti. Se mi rammento bene, tu hai la licenza di chiattaiolo! Non di pescatore >> puntualizzò mentre prendeva in mano un pesce da uno dei barili. 

Bard lo guardò dritto negli occhi senza alcun timore, << Non sono affari tuoi! >>. 

<< Sbagliato! >> ribatté, << Sono affari del governatore, pertanto sono affari miei >>. 

“Non è un topo, è un ratto!” pensò Beth. Non era nient’altro che un bulletto arrogante che raccoglieva gli avanzi di uomo più ricco di lui, pensando che ciò lo rendesse superiore agli altri. Quelli come lui se ne fregavano dei bisognosi e nel suo lavoro, ne aveva incontrati parecchi. Verte volte perdeva le staffe e dava loro una bella lezione! Una volta aveva puntato alla gola di un riccone uno dei suoi coltelli, minacciandolo di morte per la sua arroganza. Dopo la morte di suo padre, non tollerava affatto le ingiustizie e non si faceva scrupoli nel punirli. 

<< Oh, avanti Alfrid! Abbi cuore, la gente deve mangiare! >> insistette Bard, ma quel verme non volle sentire ragioni. 

<< Questo pesce è illegale! >> e bittò il pesce in acqua. << Svuotate i barili fuori dalla barca! >> ordinò. 

Le guardie salirono a bordo e trascinarono ai lati della barca i barili più esterni. Beth fu presa dal panico! Di questo passo li avrebbero scoperti! La tentazione di uscire allo scoperto e tramortirli su fece sentire. 

<< La gente in questa città fa fatica: i tempi sono duri, il cibo scarseggia...>> affermò Bard. 

Le guardie cominciarono a gettare fuori i pesci, svuotando i barili. 

<< Non è un mio problema! >> ribatté Alfrid. 

“Figlio di troia”. 

<< Ma quando la gente sentirà che il governatore gli butta i pesci nel lago...Quando inizierà la rivolta... Sarà un problema tuo allora >> rispose Bard prontamente. 

Beth intravide una nota di panico negli occhi di Alfrid. Codardo com’era, fu convinto e gridò alle guardie di fermarsi. I nani furono salvi. C’era mancato poco. 

<< Sempre il campione del popolo, eh Bard. Il protettore della gente comune. Avrai anche il loro favore come chiattaiolo, ma non durerà >>. 

Alfrid lo fissò con odio e fu libero di andare. 

<< Alza la chiusa! >> ordinò Percey e la grata si sollevò, liberando il passaggio. 

Mentre Bard avanzò, Alfrid lo mise in guardia, << Il governatore ti tiene sott’occhio! Farai bene a ricordarlo! Noi sappiamo dove vivi! >>. 

<< È una piccola città Alfrid! Tutti sanno dove vivono tutti! >> ribatté Bard. 

Finalmente Beth si calmò dopo aver scampato quel pericolo. Le era venuto il fiato corto e il cuore batteva forsennato contro il suo petto. All'improvviso sentì la chiatta fermarsi e Bard la scosse per la spalla, avvisandola che ora poteva uscire allo scoperto. Si tolse la coperta con un colpo secco e si alzò in piedi scroccandosi la schiena e il collo, mentre Bard buttò a terra i barili e anche i nani uscirono fuori dai loro nascondigli.  

Provò ad aiutare Dwalin, ma quello lo respinse gridando seccato, << Non t’azzardare a toccarmi! >>. 

Vicino a loro c’era un uomo che li fissava sbalordito. Bard gli si avvicinò passandogli una moneta di nascosto. 

<< Tu non li hai visti! Non sono mai stati qui! Il pesce puoi averlo gratis >> gli sussurrò e lui annuì. 

<< Statemi vicino! >> ordinò e lo seguirono a ruota. 

Pontelagolungo era una città che sorgeva sopra a delle palafitte di legno. Beth non potè fare a meno di notare quanto degrado ci fosse: le acque erano sporche, sui pontili c’erano rifiuti che marcivano sparsi dappertutto e la gente vestiva abiti vecchi e logori, troppo semplici e leggeri per il freddo che c’era! E l’odore... C’era un odore nauseante di urina e fogne ovunque. Altro che i barili di pesci, lì c’era bisogno di qualcosa di meglio... 

Mentre si aggirarono furtivamente tra i pontili, un ragazzino venne loro incontro, frettoloso e agitato. 

<< Bain! >> esclamò Bard. 

<< Pà! La nostra casa è sorvegliata! >> rispose. 

Bard si guardò intorno, accertandosi che non ci fossero guardie. Poi tornò a rivolgersi al figlio e gli indicò Beth. 

<< Accompagnala alla bottega del sarto e aspettatemi là >>. 

Prima che potesse capirci qualcosa, Beth fu spinta in avanti e Bain la prese per mano, separandola dagli altri. Thorin tentò di seguirla, ma Bard lo fermò intimando ai nani di seguirli nella direzione inversa. 

Lei e Bain aspettarono nascosti vicino alla bottega del sarto in silenzio. Bard ritornò poco dopo, ma era solo! Rubò un enorme coperta e prese Beth per un braccio. 

<< Andiamo >>. 

<< Dove sono gli altri? >> gli chiese mentre la trascinò di fronte a sé. 

<< Gli altri ci raggiungeranno da un’altra parte >> le rispose sbrigativo. 

Le gettò addosso la coperta, coprendola da capo a piedi e se la caricò in spalla come un sacco. 

<< Mettimi giù! >>. 

<< Sh, zitta! >>. 

Dovette fare a modo suo e rimase ferma immobile a peso morto. Bard camminò svelto tra i vicoli, finché non salì su una rampa di scale con suo figlio. Poi si fermò per un secondo e fischiò a qualcuno. 

<< Dite al governatore che per oggi ho finito! >>. 

Avanzò di qualche altro metro e dopo aver chiuso la porta, rimise Beth a terra, togliendole la coperta. Si ritrovò in una casetta molto piccola: c’era una sola stanza, costituita da una cucina, con un tavolone assieme a delle panche e tre letti ammucchiati in un angolo. 

<< Pà! Dove sei stato? >> esclamò entusiasta una bambina. 

Corse felice ad abbracciare Bard, seguita da una ragazza più grande di lei. 

<< Padre! Eccoti qua! Ero preoccupata! >>. 

Bard salutò velocemente le sue figlie, poi intimò a Bain di far entrare i nani. Beth si aspettò che aprisse la porta, ma Bain andò al piano di sotto, dove c’era la toilette. Batté sulla parete tre volte e i nani e Bilbo entrarono... dal gabinetto?! Non si aspettò una cosa del genere e guardò incredula Bard. 

<< Che c’è? >> le chiese con fare innocente e lei si allontanò da lui per evitare di rompergli il naso. 

<< Pà, perché i nani escono fuori dal nostro gabinetto? >>. 

<< Ci porteranno fortuna? >> chiesero le sue figlie. 

Erano di nuovo bagnati fradici e tremavano terribilmente dal freddo. Si misero tutti davanti al focolare a riscaldarsi e Beth accese l’ultimo incenso rimastole. 

Bard e i suoi figli, nel frattempo, distribuirono vestiti asciutti e coperte. 

<< Non vi staranno a pennello, ma vi terranno caldo >> ammise. 

In effetti erano un po’ troppo grandi per loro, ma non se ne lamentarono troppo. 

Beth si sedette su una panca sorseggiando del brodo caldo, quando si accorse che Tilda, la figlia più piccola, guardava curiosa le sue voglie scure. La bimba si imbarazzò quando venne notata, ma Beth si alzò la manica della camicia per scoprire di più il braccio e lo stese sul tavolo. Fece un cenno, come a dire “Puoi toccarlo, tranquilla” e la bambina si avvicinò per osservarlo meglio, scorrendo il dito sulle voglie. 

<< Mi piacciono! >> sussurrò sorridente. 

<< Non ci sono alchimisti qui, vero? >> chiese e Singrid le rispose con sconforto, << No. Neanche uno. Se ce ne fossero, le cose andrebbero meglio >>. 

“Beh, questo spiega tutto”. 

<< E non avete pensato di contattarne uno? >>. 

<< Molte volte >> ammise Bard, << Ma come hai visto, non passa molto denaro da queste parti. Il governatore è l’unico che potrebbe farlo, con tutto l’oro che possiede! Il problema è che lui non gliene importa niente se la città cade a pezzi >>. 

“Governatore un paio di palle!” pensò Beth. 

<< E poi, il più vicino si trova sulle Montagne Grige. Credo che tu lo conosca...>> aggiunse, << L’Alchimista di Ossidiana >>. 

<< Engus >> sussurrò lei. 

Come Beth, Engus Oidron era uno dei dieci alchimisti più potenti della Terra di Mezzo, nonché il più anziano della loro generazione. 

<< Potrebbe venire lui, ma per qualche ragione si è rinchiuso nella sua dimora, in mezzo alle montagne. Nessuno sa perché...>>. 

<< Io lo so >> affermò Beth con sconforto. << Sua moglie aspettava un figlio... ma sia lei che il bambino sono morti durante il parto >>. 

Tutti nella stanza rimasero in silenzio, tenendo gli sguardi bassi. 

<< Engus non fu più lo stesso e si isolò dal resto del mondo >>. 

“Come me, del resto”. 

<< Per lui non aveva più senso andare avanti... Ha tentato di togliersi la vita un paio di volte >> aggiunse sconsolata. 

Lei fu l’unica che lo avesse compreso fino in fondo e quando Engus venne al funerale di suo padre, non le fece le condoglianze... Non ce ne fu bisogno. Fu come guardarsi allo specchio.  

Bard non insistette e la lasciò in pace, mentre Beth si mise a giocherellare con le dita, con il suo rubino. 

A un tratto vide Thorin fissare stupito qualcosa fuori dalla finestra. 

<< Una lancia del vento nanica! >> sussurrò. 

Beth si alzò per andare a vedere. Sulla torre più alta della città, vi era una grande balestra alta come un uomo adulto, fatta di legno e ferro. 

<< Sembri uno che ha visto un fantasma! >> gli disse Bilbo. 

<< È così >> rispose Balin. << L’ultima volta che abbiamo visto una tale arma, una città andava a fuoco... Fu il giorno in cui arrivò il drago. Il giorno in cui Smaug distrusse Dale, Girion, il Signore della città, radunò i suoi arcieri per colpire la bestia. Ma la pelle del drago è dura, più dell’armatura più resistente. Solo una freccia nera partita da una lancia del vento poteva trafiggergli la pelle e poche di quelle frecce furono realizzate >> raccontò. 

<< La scorta si andava riducendo, quando Girion tentò l’ultima resistenza >>. 

<< Se la mira degli uomini fosse andata a segno, molte cose sarebbero cambiate >> aggiunse Thorin con sconforto. 

<< Parli come se ci fossi stato >> rispose Bard avvicinandosi a loro. 

<< Tutti i nani conoscono il racconto >>. 

<< Allora saprai che Girion colpì il drago! >> affermò Bain. << Gli allentò una squama sotto l’ala destra. Ancora un colpo e avrebbe ucciso la bestia! >>, ma Dwalin lo riportò con i piedi per terra, << Quella è una favola, giovanotto! Niente di più! >>. 

Thorin avanzò verso Bard e domandò risoluto, << Hai preso il nostro denaro! Dove sono le nostre armi? >>. 

<< Aspetta qui >> e scese di sotto, mentre Fili e Kili si avvicinarono a Thorin e Balin, mettendosi a discutere sul da farsi a bassa voce. 

<< Domani comincia l’ultimo giorno d’autunno! >>. 

<< E il Dì di Durin comincia dopodomani. Dobbiamo raggiungere la Montagna prima di allora >>. 

Kili farfugliò preoccupato, << E se non ci riusciamo? Se falliamo a trovare la porta prima di quel momento, allora... >>. 

<< L’impresa sarà stata inutile >> concluse Fili. 

Bard risalì le scale con un lungo e pesante telo arrotolato. Lo posò sul tavolo e lo srotolò, mostrando strani bastoni con varie punte in ferro. Tutti i nani ne presero uno per esaminarli, ma non ebbero una buona impressione. 

<< Cos’è questo? >> chiese Thorin tutto serio, alzando un arpione. 

<< Una gaffa, fatta da un vecchio arpione >> spiegò Bard. 

<< E questo? >> domandò Kili. Quello che teneva in mano, sembrava una sorta di martello. 

<< Mazzapicchio lo chiamiamo. Forgiato dal martello di un fabbro. Pesanti da maneggiare, lo ammetto, ma per difendere la vostra vita, vi saranno più utili di niente >>. 

Gloin fu il primo a lamentarsi indignato. << Ti abbiamo pagato per delle armi! Spade e asce, forgiate in ferro! >>. 

<< È uno scherzo! >> esclamò Bofur offeso e sbatté la sua arma sul tavolo con rabbia, venendo immediatamente imitato dai suoi compagni. 

<< Di migliori ne troverete solo nell’armeria della città. Tutte le armi forgiate in ferro sono lì sotto chiave >> replicò Bard. 

<< Thorin, prendiamo quanto ci viene offerto e andiamo. Mi sono arrangiato con meno e anche tu >> disse Balin. << Io dico di andarcene ora >>. 

Bard però, sentì tutto e glielo proibì. << Non andrete da nessuna parte! >>. 

Thorin gli lanciò uno sguardo incredulo e rabbioso. 

<< Che cosa hai detto? >> domandò Dwalin irato. 

<< Spie sorvegliano questa casa e forse ogni molo e banchina della città. Attenderete il calare della notte >> rispose Bard risoluto e uscì dalla porta.  

I nani ne approfittarono per consultarsi e decisero che sarebbero andati a prendere le armi, non appena sarebbero andati a prendere le armi, non appena sarebbe arrivato il buio. 

Beth, però rivolse a Kili tutte le sue attenzioni. La sua ferita stava peggiorando; faticava solo a restare in piedi. Lo vide sedersi a fatica su una panca, reggendosi la gamba dolorante e febbricitante. Non aveva detto niente, ma dovevano curarlo al più presto.  

Mentre attesero il tramonto, si avvicinò a lui e gli accarezzò la testa, quando lui la appoggiò stanco sulla sua pancia. Quando si fece coraggio per riferirlo a Thorin, era arrivata l’ora di andare e aiutò Kili ad alzarsi, continuando a fissarlo preoccupata. 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 - La promessa di Thorin ***


Capitolo 21 

La promessa di Thorin 

 

Era notte fonda quando arrivarono all’armeria della città. Tutti dormivano profondamente nelle proprie case, ma le guardie rimasero vigili, circondando l’edificio.  

Non potevano certo entrare dalla porta principale, così si misero a cercare un punto cieco, una fessura o un’entrata secondaria. 

Girandoci intorno, trovarono solo una finestra sopra un molo nascosto, ma era chiusa dall’interno. Thorin propose rassegnato di cercare da un’altra parte, ma prima che potesse dire qualcosa, Beth prese la rincorsa e riuscì ad arrampicarsi sulle pareti e raggiungere la finestra, silenziosa come un gatto. Sfilò un coltello dalla cintura, incastrò la lama fra le ante e, facendo leva, riuscì ad aprirle. 

Ora avevano un modo per entrare! Beth si introdusse dentro, accennando ai nani di seguirla. Si misero sotto alla finestra formando una scalinata improvvisata per permettere agli altri di salire.  

Uno alla volta salirono nell’armeria Thorin, Kili, Bilbo, Nori e Bofur. In fretta e furia cominciarono a prendere spade, asce e lance passandole a Kili. Thorin notò che il nipote faticava a reggerne il peso e a causa della sua gamba ferita, stava zoppicando. 

<< Stai bene? >> gli chiese preoccupato. 

“No che non sta bene!” pensò Beth, ma Kili cercò di non darlo a vedere. 

<< Ce la faccio >> annuì. << Andiamocene via >>. 

Si avviò verso le scale, ma gli bastò scendere un solo gradino e la gamba gli cedette, cadendo di sotto e facendo un rumore assordante. 

Si pietrificarono tutti, poi le guardie spalancarono le porte ed entrarono nell’armeria. Uno di loro stava per afferrare Kili, ancora steso a terra, ma Beth lo impedì: saltò addosso alla guardia e lo buttò a terra, ma prontamente gli altri uomini l’afferrarono, immobilizzandola. Per tenerla ferma e disarmarla, ci fu bisogno di quattro persone per quanto si contorcesse e scalciasse come una furia.  

Kili era proprio vicino a lei con una lama puntata alla gola. Non volendo che gli accadesse qualcosa si dovette arrendere, lasciando la presa sul coltello. Stessa cosa per gli altri di sopra: avevano puntato delle lance appuntite contro le guardie, ma Thorin vide lei e Kili di sotto e ordinò di abbassare le armi.  

Vennero sollevati e trascinati fuori, unendoli agli altri nani. A Beth vennero tolti la borsa e la cintura con tutti i coltelli e pugnali, ma non smise mai di lottare neanche per un istante, tant’è che dovettero tenerla ferma per le braccia in due. Thorin, di tanto in tanto, si voltava per cercare di aiutarla, ma altre guardie lo allontanavano, spintonandolo in avanti. 

La gente si svegliò e uscì dalle proprie case, dalle finestre o sui balconi, cercando di capire cosa stesse succedendo. Vennero seguiti a ruota dalla folla generale, sotto la neve che cadeva dal cielo, finché non giunsero davanti ad un piccolo palazzo, circondato da bracieri accesi.  

Il portone si spalancò e uscirono Alfrid e un altro uomo: sulla testa aveva pochi capelli rossi e unti, baffi cespugliosi sotto il naso, denti sporgenti e un volto tondo e grassoccio. A Beth le ricordò un maiale. 

Le guardie si fermarono e spinsero i nani, lei e Bilbo al suo cospetto. Venne strattonata così forte che cadde a terra e Thorin la tirò su, tenendola vicino a sé per un braccio. 

<< Che cosa significa questo? >> domandò l’uomo infastidito. 

<< Li abbiamo sorpresi a rubare armi, signore! >> rispose il capo delle guardie. 

“Signore? Quello sarebbe il governatore?”. Beth lo fissò disgustata. 

<< Ah, nemici dello stato, eh?! >> li accusò il governatore guardandoli dall’alto in basso. 

<< Un disperato mucchio di mercenari come mai nella vita, signore! >> concordò Alfrid con lo stesso tono. 

<< Frena la lingua! >> lo zittì Dwalin. << Tu non sai con chi parli! Lui non è un criminale qualunque! Lui è Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror! >>. 

Thorin avanzò facendosi vedere da tutti i presenti. << Noi siamo i nani di Erebor! Siamo venuti a reclamare la nostra terra natia >> affermò con serietà. 

Il governatore lo fisò incredulo mentre la gente bisbigliava eccitata. 

<< Ricordo questa città ai tempi della sua grandezza. Flotte di navi attraccate al porto, colme di sete e gemme preziose. Questa non era una città abbandonata su un lago. Questo era il centro di tutto il commercio del nord! >>. 

La gente annuiva con decisione, facendosi trasportare dalle parole di Thorin. 

<< Io garantirei il ritorno di quei giorni! Riaccenderei le grandi fornaci dei nani e farei fluire benessere e ricchezza di nuovo dalle sale di Erebor! >> dichiarò e la folla si mise ad esultare di gioia. 

Qualcuno, però, arrestò l’entusiasmo, sovrastando tutti con la sua voce. 

<< Morte! >>. 

Era Bard, che avanzò tra la gente e si piazzò di fronte a Thorin irato.  

<< Ecco cosa ci porterai! Fuoco di drago e rovina! Se risveglierai quella bestia, distruggerà tutti noi! >>. 

Le persone si misero a discutere tra loro; non aveva tutti i torti.  

Thorin non demorse e rimase calmo. << Potete dare ascolto a questo oppositore, ma io vi prometto una cosa... Se riusciremo, tutti condivideranno le ricchezze della montagna >> e la folla lo acclamò di nuovo. << Avrete abbastanza oro da ricostruire Esgaroth per dieci volte almeno! >> dichiarò. 

La popolazione esultò ancora di più per quella promessa. Dopo anni vissuti restando isolati e nella miseria, con un tesoro di quella portata le loro vite sarebbero cambiate per sempre. 

Alfrid non fu convinto al cento per cento e zittì all’improvviso la folla. 

<< Perché dovremmo crederti sulla parola, eh? >> domandò a Thorin, << Noi non sappiamo niente di te. Chi può garantire per la tua onestà? >>. 

Tutti rimasero in silenzio, finché Bilbo non decise di venire in suo soccorso. 

<< Io! Garantirò per lui! >> disse alzando la mano. << Ho viaggiato a lungo con questi nani, affrontando vari pericoli e se Thorin Scudodiquercia dà la sua parola, la manterrà >>. 

Thorin gliene fu grato per questo suo gesto. Ancora una volta gli abitanti esultarono, ma Bard li zittì di nuovo, preferendo essere realista. 

<< Tutti voi, ascoltatemi! Dovete ascoltarmi! Avete dimenticato quello che è successo a Dale?! Dimenticato quelli che sono morti nella tempesta di fuoco?! E per quale motivo? La cieca ambizione di un Re della Montagna, così preso dall’avidità da non riuscire a vedere oltre il proprio desiderio! >>. 

Thorin gli rivolse uno sguardo rabbioso e risentito per quell’accusa a suo nonno. 

Beth era decisa di rimanere al suo fianco, ma le parole di Bard le diedero da pensare: la malattia del drago avrebbe potuto portare Thorin alla pazzia, esattamente come era successo a Thror. E anche se fossero riusciti a entrare nella Montagna, a cosa sarebbe servito l’oro. 

Dwalin venne trattenuto dagli altri, cercando di scagliarsi contro Bard. 

<< Io lo ammazzo! >> gridò irato. 

Il governatore riportò la calma, << Suvvia, suvvia! Non dobbiamo, nessuno di noi, essere troppo frettolosi a dare la colpa. Non dimentichiamo che è stato Girion, signore di Dale, tuo antenato che fallì nell’uccidere la bestia! >> indicando Bard con ipocrisia. 

Quest'ultimo non seppe più come ribattere, mentre Thorin lo guardò stupido. 

Alfrid decise di umiliarlo ancora di più. << È vero, signore! Tutti conosciamo la storia...Freccia dopo freccia ha scoccato, ognuna ha mancato il bersaglio! >>. 

<< Figli di puttana! >> sussurrò Beth disgustata, per fortuna la sentì solo Bilbo. 

Nel frattempo Bard si avvicinò a Thorin furioso. 

<< Non hai alcun diritto! Alcun diritto ad entrare in quella montagna! >> gli disse a denti stretti. 

<< Io sono l’unico ad averlo >> ribattè Thorin. 

Quando si voltò verso il governatore, tutti si zittirono. 

<< Mi rivolgo al governatore degli uomini del luogo! Vuoi vedere la profezia realizzata? Vuoi condividere la grande ricchezza del nostro popolo? >> domandò. 

E il governatore non riuscì a resistere alla tentazione. 

<< E io dico a te... Benvenuto! >>. 

Tutti gridarono ed esultare più che mai, pieni di speranza. 

<< Benvenuto! Tre volte benvenuto, Re sotto la Montagna! >> ripeté entusiasta. 

*********** 

Il palazzetto del governatore era pieno di stanze per gli ospiti, così i nani e Bilbo ne scelsero una per la notte e a Beth vennero restituite la borsa e le sue armi. La sua stanza era affacciata alla città: tra i moli e i tetti si vedeva perfettamente il degrado che la contraddistingueva. Riuscì a vedere alcune persone rannicchiate in un angolo a chiedere elemosina. Si sentì uno schifo in quella! Era sopra di loro al caldo e circondata dagli agi, mentre proprio sotto di lei la gente mangiava a stento. 

Preferì tornare in quella piccola e stretta casa di Bard, piuttosto che rimanere in quell’enorme stanza. 

Riempì una vasca di acqua calda e, dopo essersi spogliata, si fece un bel bagno ristoratore. 

“Avete dimenticato quelli che sono morti nella tempesta di fuoco?! E per quale motivo? La cieca ambizione di un Re della Montagna, così preso dall’avidità da non riuscire a vedere oltre il proprio desiderio!” 

Le parole di Bard non fecero che tormentarla. E la parte peggiore, er ail fatto che fosse la verità pura e semplice. Se Thror non fosse stato così avido, il drago non sarebbe mai arrivato e lei non sarebbe stata lì. 

Forse suo padre sarebbe ancora vivo... Con questa storia della malattia del drago non sapeva che fare o come risolverla: non c’erano documenti che ne parlassero, non c’erano casi simili registrati, non c’era niente su cui poter studiare! L'unico caso fu Thror e le uniche fonti su cui poteva basarsi erano racconti... 

Mentre sguazzava nell’acqua pensierosa, sentì degli scricchiolii nel corridoio. Di fronte a lei c’era uno specchio in cui era riflessa la porta alle sue spalle. Si drizzò a sedere, quando scorse un’ombra sotto la fessura. La stavano spiando e lei era completamente nuda! Con una calma innaturale si coprì con un telo e uscì dalla vasca, ma dentro stava fumando di rabbia. 

Girovagò nella stanza con fare innocente, tenendosi il più lontano possibile dal buco della serratura. Si appoggiò alla parete, afferrò la maniglia della porta e la spalancò tutta in un colpo. 

Alfrid cadde di faccia sul pavimento con un tonfo. Quando si rialzò, Beth lo fissò furibonda con una mano su un fianco. 

Colto sul fatto, tentò di giustificarsi, << Volevo assicurarmi... che la serratura non fosse guasta >>. 

<< Certo! E mia nonna è ancora vergine >> gli rispose sarcastica. 

Alfrid si inventò qualche altra stupida scusa, nonostante fosse piuttosto ovvio che stesse mentendo sporadicamente. 

Beth perse la pazienza! << Che cosa vuoi? >>. 

Alfrid ghignò leggermente, rispondendole << Desidero solo compiacervi >> e tentò di accarezzarle il volto, ma la sua mano si fermò a mezz’aria quando Beth lo minacciò, guardandolo storto. 

<< Mettimi un dito addosso e passerai tutta la notte a raccogliere i tuoi denti >>. 

<< Vi abbiamo accolto nel palazzo del governatore! Vi abbiamo dato cibo, vestiti, un letto su cui dormire... Che ne dici un po’ di gratitudine piccola spudorata! >>. 

Alfrid si tolse la maschera e le mostrò la sua reale e vile natura. Cercò di farla sentire in colpa solo per infilarsi tra le sue gambe, ma Beth non batté ciglio. Non si fece intimidire neanche per un momento e quando Alfrid tentò di afferrarle un braccio, gli mollò un bel pugno sul naso. Mentre se lo toccava sanguinante, gli diede poii un calcio sullo stomaco. 

Quando cadde a terra, lo prese per la caviglia e lo trascinò fuori, lungo il corridoio. Giunsero davanti ad un balcone interno del palazzetto e prima che Alfrid potesse reagire, lo alzò di peso e lo buttò si sotto.  

Thorin e il governatore stavano ancora discutendo tra loro, assieme a Balin, Dwalin e Bilbo. Sobbalzarono tutti sulle sedie quando Alfrid atterrò sul tavolo. 

<< Beth?! >> esclamò Bilbo senza parole. 

Tutti alzarono la testa in alto, fissandola ad occhi aperti. 

<< Che sta succedendo? >> chiese il governatore. 

<< “Che sta succedendo”? >> ripeté Beth guardando Alfrid con odio, mentre gemeva dolorante sul tavolo. 

<< Il tuo leccapiedi mi stava spiando! Ti piaccio ancora le mie tette?! >>. 

Thorin divenne furibondo. 

<< È così? >>. 

<< No.… no, non è vero! Io non stavo spiando nessuno! >> tentò di difendersi Alfrid, ma era ovvio a tutti che stesse mentendo. Era stato buttato da un piano da Beth, mezza nuda e con ancora i capelli bagnati, con indosso solo un lungo telo per coprirsi. 

“Bugiardo schifoso!”. 

Stava per scendere di sotto e riempirlo di botte, ma Thorin la precedette. Diede un pugno in faccia ad Alfrid e lo sbatté con forza sul tavolo. 

<< Se importuni di nuovo la mia donna, ti uccido >> e lo lasciò solo quando annuì impaurito, non riuscendo più a parlare. 

Il governatore tentò di metterci una buona parola arrancando scuse, ma Beth lo ignorò. 

“La sua donna?”. Non la aveva mai definita così e non si aspettava da lui un’affermazione simile. Non fece che guardare Thorin con stupore, come se fosse in trance. Non si accorse nemmeno quando salì le scale per raggiungerla. 

La prese per un braccio e la trascinò via in fretta, non volendo che qualcun’altro la vedesse così. La portò nella sua stanza e chiuse la porta. 

<< Che cosa ti ha fatto? >> le chiese furioso. 

<< Thorin... >>. 

<< Che cosa ti ha fatto! >> ripeté. 

La guardò come se fosse stata anche colpa sua e questo fece alterare anche lei. << Niente che non potessi gestire da sola! >>. Poi parlò più pacatamente, << Tentava di spiarmi mentre ero nuda, nient’altro >>. 

Thorin si mise a camminare nervoso per la stanza, con le braccia incrociate. 

<< Thorin... >> lo chiamò Beth, ma lui non l’ascoltò, così si avvicinò a lui e lo fermò, prendendogli delicatamente una mano tra le sue. 

<< Thorin... io sto bene >> lo rassicurò abbozzando un sorriso, << Non è il primo che mi ha importunata in quel modo >>. 

Lui infastidito rispose, << E suppongo che non sarà l’ultimo >>. 

<< No >> concordò lei, << Ma se dovesse ricapitare, sarai il primo a cui mi rivolgerò >>. 

Thorin cominciò a calmarsi nel sentire quelle parole. 

<< Comunque, grazie... per aver difeso il mio onore >>. 

Throin incrociò i suoi occhi nocciola e mentre le strinse le mani, le rispose sincero, << Quando ho detto che sei la mia donna, parlavo sul serio >>. 

Beth arrossì un pochino per lo stupore e non poté fare a meno di sorridere. 

<< Hai uno strano modo per dire “Ti amo” >>. 

Anche Thorin sorrise e le prese i fianchi, avvicinandola a sé. Beth a sua volta gli mise le mani sulle spalle e le fece strisciare fin dietro alla nuca. Si baciarono intensamente, come non facevano da molto tempo.  

Le loro lingue si toccarono costantemente a vicenda; entrambi si tennero stretti, strusciandosi l’uno sull’altra. Thorin appoggiò Beth contro la parete e le baciò la bocca, il viso, il collo e le spalle... Si mise anche a succhiarle il lobo dell’orecchio.  

Beth sentì sopra il telo che indossava le mani di Thorin; le accarezzarono le braccia e il bacino, andando continuamente su e giù. 

Ogni tocco era un piacere immenso per entrambi e respiravano sempre più affannosamente, ma non importava! Beth voleva di più e senza riflettere, prese le mani di Thorin e le poggiò sui suoi seni. 

All'inizio lui li accarezzò delicatamente, poi prese a palparli con più forza e Beth iniziò a gemere, finché non le abbassò il telo e scoprì i seni. 

Le accarezzò i capezzoli con i pollici, poi le alzò una mano sopra la testa e ne baciò uno, fino a leccarlo e succhiarlo. 

Beth gettò la testa in alto e gemette di più. Era una sensazione così strana e confusionale, tanto quanto piacevole e irresistibile. Con la mano livera, schiacciò il viso di Thorin contro il suo seno, mentre lui non faceva che mordicchiarlo e tormentarlo. 

Andarono avanti così per un po’, finché Beth non sentì la mano si Thorin lasciarle il seno e scendere verso il ventre. Per istinto aprì leggermente le gambe per facilitargli il passaggio e Thorin iniziò ad accarezzare la sua femminilità. 

Nessuno, a parte lei stessa, l’aveva toccata proprio in quel punto. Lo sentì strusciare il dito su e giù, mentre le baciava il collo. 

La sua mente si sollevò in alto, quando Thorin tolse completamente il telo, agitando il dito più freneticamente. 

A quel punto Beth vide le stelle, gemendo terribilmente... ma si ritrovò a pensare che non bastava. Voleva di più! Ma Thorin si fermò improvvisamente e tolse il dito. 

Beth ci rimase male per questo, ma lo fu per poco, perché le sue gambe cedettero e fu sorretta da Thorin, rimasta completamente nuda. 

<< Stai tremando >> le sussurrò in un orecchio. 

Ed era vero! Tremava come una foglia per l’eccitazione, mentre stava abbracciata a lui. 

<< Sto bene. Non preoccuparti >> lo rassicurò affannata. 

Avrebbe tanto voluto andare oltre quei piacevoli preliminari, ma non importava. Lui era lì con lei. 

************ 

Dopo essersi rivestita, lei e Thorin rimasero sul divano abbracciati, guardando fuori dal balcone. 

<< È stato bello >> gli disse mentre le accarezzava i capelli. 

<< Solo bello? >> le chiese. 

Beth ridacchiò pensando “Ti sei fermato a metà”. Se sua madre li avesse visti, l’avrebbe annoiata a morte con la solita tiritera sul fatto di aspettare fino al matrimonio.  

Dal balcone si vedeva in lontananza la Montagna Solitaria. 

<< C’è veramente un drago là dentro? >>. 

<< Sì >> rispose grave. << Domani dovremmo affrettarci per trovare la porta >>. 

Beth lo guardò in faccia preoccupata e Thorin ne rimase confuso. 

<< Cosa c’è? >>. 

Beth si girò verso la porta, assicurandosi che nessuno li sentisse, poi si tirò su, sedendosi di fronte a Thorin a gambe incrociate. Cercò in vano do trovare le parole giuste, ma non ce n’erano. 

<< Speravo di trovare una bottega di un alchimista qui, ma non ce ne sono. E la mia borsa è ormai vuota >>. 

Aveva rumato centinaia di volte, ma aveva finito tutto. Le era rimasta solo una scatolina di legno pieno di pillole rosse per non ustionarsi col fuoco, ma nient’altro. 

<< Cosa stai cercando di dirmi? >>. 

Le fu difficile pronunciare quelle parole. Dopo un breve silenzio gli rispose, << Kili non potrà venire >>. 

Nemmeno a Thorin piacque questa affermazione. 

<< Lo hai visto anche tu in che stato è. A malapena riesce a camminare! >> 

<< Nella Montagna c’è un laboratorio alchemico >> propose, ma Beth rispose prontamente, << Non servirebbe a niente Thorin. È troppo debole! È stato colpito da una freccia morgul! Sono riuscita a rallentare l’avvelenamento, ma ormai sta peggiorando. Se Kili ci seguisse a ruota, morirà! Non potremmo fare niente per lui; saremo completamente isolati! E, se non vado errato, dovremmo batterci contro un drago sputafuoco >>. 

<< Mi stai chiedendo di lasciare qui mio nipote? >>. 

<< Thorin mi dispiace, ma Kili dovrà rimanere qui >> gli rispose. 

Thorin abbassò lo sguardo combattuto. L'idea di lasciare indietro suo nipote non gli piacque affatto. Ma rimase più sconcertato quando Beth aggiunse, << E io resterò qui con lui >>. 

Sapeva che Thorin le avrebbe voluto dire “no”, glielo si leggeva in faccia, ma Beth purtroppo aveva ragione. 

<< Vado a parlargli >> le rispose rassegnato e si alzò dal divano. 

<< Aspetta! >> lo fermò afferrandogli il polso, << Non glielo dobbiamo dire >>. 

Thorin la guardò con un’espressione ancora più sconcertata. 

<< Cosa? >>. 

<< Se glielo dici adesso, starà sveglio tutta la notte per elaborare un piano per seguirti >> aggiunse Beth. << Sarà meglio sorprenderlo >>. 

<< Questo non è giusto Beth! >> ribatté Thorin e lei con dispiacere, rispose, << No. Non lo è >>. 

Non le piaceva vederlo combattuto così, ma in fin dei conti lo capiva. Gli stava chiedendo di lasciare indietro suo nipote. Rimasero un po’ in silenzio, senza riuscire a guardarsi, finché Beth non si alzò dal divano e si mise di fronte a lui, stringendogli le mani. 

<< Guardami >>, ma lui distorse lo sguardo dall’altra parte. 

<< Guardami >> ripeté Beth e lui la guardò. 

<< Noi staremo bene. E finché non raggiungeremo la Montagna, non lo perderò di vista neanche per un secondo >> disse risoluta. 

<< Lo dici come se ne fossi sicura >> rispose Thorin. 

<< È una promessa! >> dichiarò lei, << E credimi sulla parola quando dico che “Un alchimista mantiene sempre la parola data”. Chiaro il concetto? >>. 

Thorin annuì, come a dire “Tutto chiaro”. 

Rimasero lì per un po’; in piedi con le mani congiunte. 

<< Promettimi che tornerete da me >> le chiese risoluto. 

<< D’accordo >>. 

<< Dì “te lo prometto” >>. 

<< Te lo prometto >>. 

E la strinse a sé in un caldo abbraccio. Beth cominciò a sentire la tensione del giorno dopo e intimorita gli disse, << Visto che siamo in argomento, tu mi prometti che non ti farai uccidere? >>. 

<< Sì, lo prometto >>. 

Rimasero stretti l’uno all’altra per un tempo che sembrava eterno, finché Beth non si staccò a malincuore. 

<< D’accordo, ora basta. È meglio che andiamo a dormire, domani dovrai essere in forze >>. 

Thorin ridacchiò un po’ per quel suo modo da madre apprensiva, poi si avviò verso la porta. 

Prima di uscire e richiuderla, le diede un altro bacio e le augurò la buona notte. 

<< ‘Notte >> gli rispose anche lei. 

Quando la porta si chiuse, Beth vi si appoggiò di schiena con le braccia incrociate, fissando pensierosa e dubbiosa il pavimento. 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 - Kili ***


Capitolo 22 

Kili 

 

Il giorno dopo arrivò in fretta. Beth fu talmente nervosa da non essere riuscita a dormire molto. Si alzò dal letto, legò i suoi lunghi capelli castani e si vestì: il suo cappotto era stato rattoppato e ricucito e le avevano consegnato dei vestiti nuovi. Pantaloni neri, corsetto nero e lucido con grossi bottoni dorati e una camicia color vino. Gli stivali erano stati puliti e lucidati e tutti i suoi coltelli erano stati affilati a dovere. 

Anche se ormai la sua borsa era vuota, decise comunque di portarsela via. Scese di sotto e trovò la tavola già imbandita di buone cose da mangiare. Mangiò abbondantemente, sapendo che le aspettava una giornata difficile. 

Fu soddisfacente per lei il fatto che Alfrid mantenesse le distanze, con un grande ematoma viola sul naso. Ma si preoccupò quando Kili dall’altra parte del tavolo: era terribilmente pallido, stanco e sotto i suoi occhi c’erano due grandi occhiaie. Inoltre, aveva a malapena toccato cibo; il suo piatto era rimasto pieno. 

Doveva inventarsi qualcosa al più presto! Prima di alzarsi, lanciò a Thorin uno sguardo d’intesa.  

Quando uscirono dal palazzetto, tutti gli abitanti di Pontelagolungo erano lì ad attenderli con eccitazione. Beth cercò di rallentare il passo senza dare troppo nell’occhio, in modo da arrivare in fondo al gruppo e rimanere per ultima. 

Mentre lasciò che gli altri la superassero, sentì Bilbo dire a Thorin, << Lo sai che siamo a corto di uno? Dov'è Bofur? >>. 

<< Se non è qui, lo lasciamo indietro! >> gli rispose secco, lasciando lo Hobbit sbalordito. 

<< Sì, per trovare la porta prima del calare del sole non possiamo rischiare ulteriori ritardi >> aggiunse Balin. 

Anche Beth fu colpita da quell’atteggiamento, ma ormai il tempo a disposizione era quasi finito e non è che avessero proprio torto. Facendosi largo tra la folla, arrivarono al pontile in cui vi era una barca ormeggiata, pronta per la loro partenza. 

I nani iniziarono a salire e a caricare armi e provviste. Beth si mise un po’ in disparte dietro a Kili, che venne fermato da Thorin mentre stava per salire a bordo. 

<< Tu no! >> gli disse sbrigativo, << Dobbiamo andare veloci. Ci rallenteresti >>. 

Kili all’inizio pensò che stesse scherzando e gli rispose sorridente, << Ma di che parli? Io vengo con voi >>. 

Ma Thorin fu irremovibile, << Non ora! >>. 

Kili rimase esterrefatto da quella risposta e protestò. << Io ci sarò quando quella porta sarà aperta. Quando scorgeremo le sale dei nostri padri Thorin! >>. 

<< Kili, resta qui. Riposa >> gli rispose più apprensivo. 

Gli pose una mano sulla spalla con affetto, aggiungendo << Beth penserà a te. Ci raggiungerete quando guarisci >>. 

Kili si voltò verso di lei con un’espressione stupita e delusa, sentendosi in qualche modo tradito da lei. I suoi occhi le gridavano in faccia “Tu lo sapevi?!”. 

Beth fu sinceramente dispiaciuta per lui e gli si avvicinò in silenzio, mentre si sedeva su una cassa lì a terra.  

Oin, nel frattempo, risalì dalla barca dichiarando, << Io resto con il ragazzo! Il mio dovere è stare con i feriti >>. 

Anche Fili non fu d’accordo per quella decisione. 

<< Zio! Siamo cresciuti con le storie della Montagna, storie che tu ci hai raccontato! Non gli puoi togliere questo! Lo porterò in braccio, se devo! >>. 

<< Un giorno sarai re e capirai >> lo interruppe Thorin pacatamente. << Non possiamo rischiare la riuscita di questa impresa per un solo nano... Neanche se è un parente >>. 

Fili pregò Beth di aiutarlo, ma lei sospirò e negò leggermente con la testa. Così decise di risalire anche lui dalla barca, per poter rimanere assieme a Kili. 

Thorin lo afferrò per un braccio e gli disse severamente, << Fili! Non essere sciocco! Il tuo posto è nella compagnia! >>. 

<< Il mio posto è con mio fratello! >> ribatté quest’ultimo e si divincolò dalla sua presa, affiancandosi a Kili. 

Beth era rimasta in silenzio per tutto il tempo, con le mani in tasca. Lentamente si mise di fronte a Thorin, per dargli un ultimo saluto. Non si dissero niente, finché non tirò fuori da una tasca del cappotto la scatolina con le pillole e gliela porse. 

<< Per il fuoco. Non vi brucerete >> spiegò. 

Thorin la prese con una mano e con l’altra la strinse fortemente. 

<< Ricorda che hai promesso >> le disse. 

<< Anche tu >> gli ricordò lei. 

Quando arrivò il governatore, un’orchestra iniziò a suonare e Beth diede a Thorin una pacca sulla spalla, dicendogli “Su, vai!”. Ed egli salì sulla barca. 

Il governatore fece un breve discorso d’incoraggiamento, ma Beth non ascoltò neanche una parola! Non sentì nemmeno le trombe che squillavano all’impazzata, né gli applausi degli abitanti di Pontelagolungo. Tutta la sua attenzione era rivolta Thorin, che si allontanava verso la Montagna Solitaria sempre di più. 

Distolse lo sguardo quando comparve Bofur, con il respiro affannato per aver corso, ma era arrivato troppo tardi. 

Quando si accorse di lei e gli altri esclamò, << Ah, anche voi avete perso la barca? >>. 

Beth alzò gli occhi al cielo, ma non c’era tempo per fare battute, perché sentì dietro di lei Fili chiamare Kili preoccupato. Mentre lui e Oin lo sorressero, Beth si inginocchiò di fronte a lui. 

<< Kili. Kili! >>. 

Gli afferrò il volto tra le mani per esaminarlo: era pallido come un cadavere, aveva gli occhi stanchi e sembrava sul punto di svenire. Gli sentì il polso, gli mise una mano sulla fronte e scoprì che aveva la febbre molto alta. Inoltre stava tremando terribilmente! 

<< Dobbiamo portarlo al coperto >> disse agli altri, << Kili? Kili! Ascoltami! >>. 

Kili aveva gli occhi semichiusi e affaticati, ma si sforzò per ascoltarla.  

<< Devi restare sveglio. Hai capito? >>. 

Dopo che lui annuì, Fili e Beth lo tirarono su di peso. Con tutta quella folla e con Kili barcollante, procedettero molto lentamente: quasi nessuno si spostò per lasciarli passare o non gli rivolsero neanche uno sguardo senza aiutarli. Inoltre, non avevano un soldo per pagare un medico. L'unica soluzione che Beth aveva pensato per tutta la notte, fu una sola... 

<< Ma dove stiamo andando? >> chiese Bofur. 

<< Da l’unica persona che ci potrà dare una mano >> gli rispose. 

<< Ma il palazzo del governatore è dall’altra parte >> le rispose Fili. 

<< Il governatore non ci aiuterà Fili >> tagliò corto lei. << Ho avuto a che fare con così tante persone come lui da averne perso il conto. Non è che un uomo avido, egoista e approfittatore! Soltanto questo! Secondo te, per quale motivo ci ha ospitato nella sua casa? Non vedeva l’ora di accaparrarsi qualche pezzo d’oro e sbarazzarsi di noi >>. 

<< Ma Beth... >>. 

<< Fili non abbiamo molto tempo! E non ho intenzione di sprecarlo per discutere inutilmente con quello! Se vuoi che tuo fratello si rimetta, farai come ti dico >>. 

Fili non protestò più e si zittì. Ci misero una vita con tutta quella lentezza e tirarono un sospiro di sollievo quando giunsero alla porta di Bard. Bofur si affrettò a bussare e Bard aprì. All'inizio rimase sorpreso dal loro arrivo, ma subito arrabbiò. 

<< No! Ho chiuso con i nani! Andate via! >> e tentò di richiudere la porta, ma Bofur la bloccò, supplicando aiuto. 

<< No, no, no! Per favore! Nessuno ci darà una mano! Kili sta male! >> e si scostò per mostrargli in che stato era. Febbricitante, con due occhiaie scure sotto gli occhi e madido di sudore. 

<< Sta molto male >>. 

Bard esitò, finché non li lasciò passare infastidito. Tilda, Singrid e Bain li guardarono confusi, mentre entrarono in casa. 

<< Sul letto, forza! >> disse Beth e sdraiarono Kili sul letto più vicino.  

Dopodiché ordinò di togliergli tutti i vestiti più pesanti che aveva, specialmente quelli intorno al torace e al collo, cosicché potesse respirare meglio. 

Fili gli passò su tutto il corpo una pezza bagnata di acqua fresca per asciugarlo dal sudore, mentre Beth gli mise sotto le ascelle e ai lati del collo del ghiaccio, coperto da delle bende. A intervalli regolari gli fece bere acqua continuamente e gli strinse un laccio emostatico alla gamba. 

Persero mezza giornata solo per questo. Beth era rimasta in piedi per tutto il tempo, correndo di qua e di là. La schiena e le ginocchia le dolevano, ma non si fermò neanche per un momento. Kili tremava e si dimenava sofferente sempre di più. E ancora non aveva in mano una medicina! Singrid e Tilda fecero del loro meglio per aiutare e Bard cercò continuamente qualcosa da dargli. 

<< Tu e Oin non potete fare proprio niente? >> chiese Fili. 

<< Servono erbe! Qualcosa per fargli calare la febbre! >> rispose Oin. 

“Sì, se non muore adesso!”. Beth stava iniziando ad innervosirsi; la su aborsa era vuota e Bard non aveva niente di utile. 

<< Io ho erba morella, matricale... >> disse Bard rovistando tra i barattoli. 

<< Quelle non servono a nulla >> lo interruppe Beth, << Non hai qualche Foglia di Re? >>. 

<< No, è un'erbaccia! La diamo ai maiali! >>. 

“Erbaccia?!”. Era un’erba miracolosa e qui la davano da mangiare ai maiali? Beth si avvicinò a Bofur e gli disse, << Vai a prenderla >> e lui, a tutta velocità, si precipitò fuori dalla porta a cercare la Foglia di Re. 

Purtroppo non tornò subito, ma passò un’altra ora e il sole, ormai, era calato. 

Kili iniziò ad urlare per il dolore e urlò ancora di più quando Beth gli schiacciò la ferita con una benda. “Dov’è finito quell’idiota?” pensò agitata. Se non si sbrigavano, sarebbe finita per Kili. E non aveva intenzione di correre questo rischio, non ora! E poi lo aveva promesso a Thorin. 

Improvvisamente il pavimento e le pareti tremarono e Beth si bloccò. Durò solo qualche secondo ma rimase ferma dov’era, stando in ascolto. Sembrava un terremoto all’apparenza, ma dopo un rapido ragionamento, pensò che un terremoto sarebbe stato meglio. 

<< Pà... >>. 

<< Viene dalla Montagna! >>. 

Furono Singrid e Bain a rompere il silenzio. 

“Cazzo, no! No, no, no, non adesso!”. Se il drago sarebbe uscito dalla Montagna, sarebbe stata la fine!  

Fili si allontanò da Kili e disse a Bard, << Dovresti andartene! Prendi i tuoi figli e vattene via! >>. 

<< E andare dove? Non c’è posto dove andare >> gli rispose rassegnato. 

Tilda, spaventata, chiese al padre, << Stiamo per morire pà? >>. 

Bard tentò di rassicurarla, << No, tesoro >>. 

Ma glielo si leggeva in faccia che era una balla. 

<< Il drago, ci ucciderà! >>. 

Beth si passò una mano sulla faccia, dovendo accettare il fatto che la bambina avesse ragione. Ma rimase stupita, quando Bard tirò fuori dalle travi del soffitto una freccia nera. 

<< Non se lo uccido io prima >> affermò risoluto e afferrò in fretta e furia il cappotto e uscì di casa assieme a Bain. 

La situazione stava andando di male in peggio! Se il drago fosse uscito dalla montagna... E Bard aveva un colpo solo! Se avesse mancato la mira? 

I lamenti di Kili la destarono dai suoi pensieri e si impose di risolvere un problema alla volta. Bofur non era ancora tornato, così lei e Oin fecero del loro meglio per guadagnare tempo. Anche questo prolungò le sofferenze del nano. Ora stava cominciando a dimenarsi! Beth continuò a premere sulla ferita con una mano, mentre con l’altra strinse quella di Kili. 

Quando visitava qualcuno in simili situazioni, doveva essere impassibile, ma con Kili fu diverso: ogni volta che gridava dolorante, le si strinse il cuore per i sensi di colpa, ma dovette per forza tenerlo sveglio, perché temeva che se si fosse addormentato, non si sarebbe più risvegliato. L'unica soluzione che le venne in mente per distrarlo, fu dirgli, << Kili, parla di qualcosa! Qualunque cosa! >. 

Tutto affaticato e febbricitante, le chiese << Mi concederai un ballo al tuo matrimonio? >>. 

Beth ci rimase di stucco e lo guardò confusa, << Il mio cosa? >>. 

<< Il tuo matrimonio >> ripeté. 

<< Non capisco che cosa vuoi dire >>. 

<< Io credo di sì >> rispose lui sogghignando leggermente. 

“Non penserà che io e Thorin …" e fece due più due. 

“Il mio matrimonio”. Non aveva mai pensato a sposarsi, nemmeno con Thorin, ma non sarebbe cambiato niente... Lui sarebbe diventato re e lei sarebbe tornata a casa. Non c’era futuro per loro. 

<< Certo che ballerò con te... Dopo Thorin >> gli rispose affettuosamente. 

Era una bugia bella e buona, ma Kilil si rasserenò un po’, così fece finta di niente, illudendosi di quell’ipotetico giorno in cui avrebbe indossato un abito da sposa. 

All'improvviso sentì urlare! Tutti si voltarono verso la porta e videro Singrid entrare in casa terrorizzata. Lei tentò di richiuderla, ma non ci riuscì e un orco armato di spada, si preparò a colpirla. Beth sfilò dalla cintura un coltello e glielo lanciò al collo in meno di un secondo.  

In un istante cadde a terra morto, ma ne arrivarono altri quattro dall’alto dopo aver spaccato il tetto, formando dei buchi da cui entrare. 

Beth saltò addosso a quello più vicino a Singrid, conficcandogli il suo pugnale elfico in fronte. Mentre gli altri lanciarono addosso agli orchi piatti, bicchieri o altri oggetti di metallo, Beth prese Singrid e la spinse sotto il tavolo, in modo che avesse un minimo di riparo. Bain, che precedentemente era tornato, tentò di aiutare più che potè, riuscendo a sollevare con forza una panca e a sbatterla in testa ad un orco. 

L'unica armata in quella casa era Beth... Con quello spazio ristretto e con tutti sparsi ovunque, le risultò difficile muoversi. Ebbe paura di beccare uno dei suoi e dovette spostarsi di qua e di là, parandosi di tanto in tanto davanti a Kili. 

Riuscì a sconfiggere gli orchi, ma nel frattempo ne arrivarono altri. Un altro orco stava per entrare dalla porta e lei si preparò a colpirlo... ma venne preceduta. 

L'elfa dai capelli rossi che aveva visto nel Reame Boscoso era lì, davanti a lei, armata di pugnali. Dal tetto, entrò nella casa un altro elfo dai lunghi capelli biondi e luminosi. All'inizio ne fu confusa, ma non fece domande e tutti e tre cominciarono a combattere. 

Gli orchi caddero a terra uno dopo l'altro, ma Beth si spaventò quando sentì Kili urlare... Uno degli orchi lo stava tirando per la gamba ferita, ma l’elfa lo salvò in tempo, uccidendo l’orco. Fu talmente veloce che Beth capì in ritardo ciò che accadeva. Non si accorse nemmeno che Kili si era alzato in piedi per ucciderne un altro, bloccato a sua volta dall’elfa. Nel farlo, però, cadde a terra urlando di dolore.  

Gli orchi ormai erano stati fatti fuori, mentre gli altri si diedero alla fuga.  

Beth si inginocchiò a terra accanto a Kili e gli premette le dita sul lato del collo: il battito cardiaco era spaventosamente accelerato! 

<< Li avete uccisi tutti! >> esclamò incredulo Bain, ma l’elfo rispose gravemente, << Ce ne sono altri. Tauriel, vieni! >>. 

“Tauriel?”. Quindi era lei la persona che Kili aveva menzionato sulla chiatta di Bard! Un altro urlo di Kili la riportò alla realtà; ormai faticava perfino a respirare e a tenere gli occhi aperti. 

<< Lo stiamo perdendo! >> disse Oin. 

“Dov’è finito Bofur?”. Beth cominciò ad andare nel panico. Se non le davano una Foglia di Re immediatamente, per Kili sarebbe finita. Anche Tauriel lo stava guardando con ansia. 

<< Tauriel >> la chiamò di nuovo il compagno e uscì di casa per inseguire gli orchi rimasti. 

Tauriel fece per seguirlo, ma esitò di nuovo quando Kili gridò per l’ennesima volta. 

Beth provò a schiaffeggiargli la faccia, << Kili! Kili, resta sveglio! Resta sveglio! >>. 

<< Mettetelo sul tavolo >> ordinò Tauriel. 

Voltandosi, Beth la vide intenta a spezzettare con le dita la Foglia di Re e dietro di lei c’era Bofur, appena tornato. Beth si alzò in piedi e le chiese sospettosa, << Che stai facendo? >>. 

E come se fosse la cosa più ovvia del mondo, Tauriel rispose, << Io sto per salvarlo! >>. 

Quel compito spettava a lei, ma non c’era tempo per discutere. 

<< Forza sul tavolo! >>. 

Tutti lo sollevarono di peso e lo sdraiarono sul tavolo. Fu difficile, perché Kili non smise mai di dimenarsi e dovettero tenerlo fermo in sette. 

Tauriel iniziò a parlare in elfico e premette la Foglia di Re con forza sulla ferita. Kili urlò ancora una volta e di dimenò sempre di più, ma tutti resistessero senza mai mollare la presa. 

Tauriel ripeté più volte quella nenia, finché Kili cominciò a calmarsi... Ma solo quando incrociò gli occhi dell’elfa, si rilassò completamente. Smise di muoversi e guardò Tauriel incantato, come se fosse stata la cosa più bella che avesse mai visto. 

Quando fu tutto finito, Beth gli sentì il polso e fu sollevata nel sentire che il battito era tornato regolare. 

Era tutto sudato e respirava affannosamente, ma la sua pelle riprese colore e la febbre sparì. 

Beth fece per prendere una benda, ma la sua mano si scontrò con quella di Tauriel: anche lei ebbe intenzione di fasciargli la gamba. Si guardarono per un secondo, poi Beth ritrasse la sua e la lasciò fare. Kili ormai era fuori pericolo e in buone mani. Così si avviò verso la porta, ancora aperta e si sedette per terra. Solo in quel momento si rese conto di quanto le dolessero la schiena e le ginocchia. Era rimasta in piedi per tutto il giorno.  

Aveva rischiato di perdere un’altra persona a lei cara! Fortunatamente avevano agito in tempo, ma Kili aveva rischiato grosso questa volta! Se ci fosse stato Thorin su quel tavolo, Beth sarebbe andata nel panico ancora di più. Ancora temeva di paralizzarsi come era successo con suo padre, o quando erano stati attaccati dagli orchi e le Aquile li avevano soccorsi.  

All'improvviso la terra tremò di nuovo!  

Beth si alzò in piedi e guardò verso la Montagna Solitaria, come alcuni degli abitanti di Pontelagolungo.  

Si riuscì ad intravedere una piccola luce ai piedi della Montagna e un’ombra con delle gigantesche ali avanzò minacciosa verso la città. 

<< Thorin... che cosa avete fatto?! >>. 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 - Fuoco e rovina ***


Capitolo 23 

Fuoco e rovina 

 

Il drago divenne sempre più grosso man mano che si avvinava. Il silenzio notturno venne rotto dal suono di grosse campane che ordinarono di evacuare immediatamente la città. 

La gente, in vestaglia e camicia da notte, andò nel panico e urlando a destra e a manca, non perse tempo a fuggire. Gli uomini si affrettarono a caricare sulle loro barche più cose che poterono: provviste, coperte, oggetti personali... 

Le donne stringevano a sé i bambini spaventati o gli anziani, altre persone non riuscirono nemmeno a muoversi. Terrorizzati com’erano, rimasero paralizzati. E pochi li schiaffeggiavano per svegliarli e farli muovere; tutti gli altri si imbarcarono verso la fuga senza guardare in faccia nessuno. 

Beth fissava Smaug con gli occhi spalancati. 

“E adesso?”. Durante i suoi studi, suo padre non le aveva dato un manuale intitolato “Come uccidere un drago”, inoltre la sua borsa era vuota: niente pozioni, filtri, siringhe, bende, pillole... Niente di niente! Quindi niente soccorso per i feriti.  

Se in quella maledetta città ci fosse stato un governatore come si deve, avrebbe fatto evacuare tutti per precauzione e centinaia di vite sarebbero state risparmiate. 

Era così impanicata che non si accorse di Tauriel dietro di lei, finché non la tirò per un braccio, portandola dentro casa. 

<< Non c’è tempo, dobbiamo andarcene! >> ordinò e tutti si affrettarono. 

Bofur e Fili si offrirono ad aiutare Kili ad alzarsi, ma lui infastidito si divincolò e riuscì a mettersi in piedi senza alcun problema. 

<< Noi non ce ne andiamo! Non senza nostro padre! >> disse Bain risoluto all’elfa. 

<< Se restate, le tue sorelle moriranno. È questo che tuo padre vorrebbe? >> gli chiese Tauriel dopo aver aiutato Tilda a mettersi il cappotto.  

Bain protestò e andò di sotto con lei e le sue sorelle. 

<< Beth, andiamo! >> esclamò Kili e la trascinò via prendendola per mano. 

Scesero le scale di corsa e con un balzo, salirono su una barca. Tauriel si mise a prua e incitò i nani a remare. E, paradossalmente, andarono molto più veloci rispetto agli altri, che remavano scoordinati per l’agitazione. 

A Beth mancò il respiro quando il drago volò letteralmente sotto di loro.  

La gente urlò terrorizzata da quanto fosse vicino. Smaug si alzò nel cielo notturno privo di stelle, poi scese in picchiata e il suo petto colmo di squame, cominciò a illuminarsi. Spalancando le ali, tornò a volare dritto e sputò un’enorme quantità di fuoco dalle sue enormi fauci. 

Nella città divampò l’incendio più enorme che Beth avesse mai visto. Fiamme alte come alberi si abbatterono su centinaia di edifici. Alcuni finirono in acqua, rimasero sui moli implorando aiuto a chi si era già imbarcato. Altri, invece, morirono bruciati vivi davanti a lei.  

Beth volle chiudere gli occhi per non vedere quello spettacolo agghiacciante, ma non ci riuscì e rimasero spalancati. 

Volle coprirsi le orecchie per non sentire le loro grida, ma le sue mani rimasero aggrappate al bordo della barca. 

C'era una piccola parte di sé che le diceva di prenderli e portarli sulla barca, ma non riuscì a muoversi. Si sentì impotente, come un’anima braccata all’Inferno. 

Ritornò in sé quando la barca andò a sbattere violentemente contro qualcosa... 

Quel qualcosa era la grande barca del governatore. Lui e Alfrid erano proprio sopra di loro in mezzo ad un grande carico d’oro e incitarono i soldati a remare più in fretta.  

Il colpo scosse pericolosamente la barca e alcune monete caddero in acqua. Beth rimase disgustata nel vedere quell’uomo disperarsi per qualche misero pezzo d’oro, invece che aiutare la sua stessa gente. Alfrid diede persino un calcio ad un poveretto aggrappato alla barca che supplicava aiuto. Quella scena la fece reagire e tentò di alzarsi per buttare loro in acqua. Tuttavia, si immobilizzò di nuovo quando sentì il drago ruggire. 

Mentre si allontanarono, Tauriel ordinò di nascondersi sotto una palafitta e Smaug sputò altro fuoco sulla città. Attesero là sotto in silenzio e uscirono solo quando cessò. 

Davanti a loro c’era una via d’uscita, l’unica più vicina a loro che conducesse fuori dalla città. Cominciarono a remare un po’ più velocemente, finché Tilda non urlò di entusiasmo. 

<< Pà!!! >>. 

Alzarono la testa e sul campanile, là in alto, c’era Bard armato di arco e frecce. I suoi figli lo chiamarono con tutto il fiato che avevano nei polmoni, ma Bard non li sentì. Era troppo lontano, c’erano grida ovunque ed era troppo concentrato sul drago. 

La bestia gli volò attorno e lui ne approfittò per lanciargli contro una freccia dietro l’altra. 

<< L’ha colpito! Ha colpito il drago! L'ho visto! >> esclamò Kili.  

Ed era vero, perché ogni freccia che scagliò, andò a segno. Ma erano solo delle semplici frecce. 

<< Le sue frecce non penetrano la sua pelle! >> gli rispose Tauriel e lo riportò alla cruda realtà. << Temo che niente potrà farlo >>. 

“Avevi una freccia nera! Che ne hai fatto?”. 

Beth rimase a fissare inutilmente Bard come gli altri e si accorsero troppo tardi quando Bain si arrampicò su una fune sopra di lui. Tentarono di acciuffarlo, ma riuscì ad allontanarsi da loro, atterrando su un pontile. 

Le sue sorelle, i nani e Beth gli gridarono di fermarsi e tornare indietro. Doveva venire con loro, doveva scappare con loro. Bain non li ascoltò e corse a perdifiato sul pontile e si allontanò sempre di più. 

<< Lasciate che vada! >> disse Tauriel, << Non possiamo tornare >>. 

E a malincuore i nani tornarono a remare.  

Procedettero lentamente tra gli edifici in fiamme e le altre barche. A Beth le sembrò che ci mettessero un’eternità, finché non riuscirono dal canale e le fiamme si fecero più distanti. La luce e il calore dell’incendio diminuirono sempre di più e presto vennero inghiottiti nel buio della notte. Si voltò un’ultima volta a guardare Pontelagolungo avvolta tra le fiamme e la gente remò a più non posso intorno a loro. 

Smaug si appoggiò sopra gli edifici della città, i quali a stento ne ressero il peso. Bard era un puntino nero e minuscolo, proprio di fronte al drago, completamente isolato sul campanile mezzo distrutto. Vide il drago avvicinarsi minaccioso a lui e sentì gli occhi pizzicare a causa delle lacrime.  

Il drago spalancò le fauci e... Cominciò a barcollare. 

Beth ne rimase confusa. Lo vide accasciarsi contro le case in fiamme e ruggì in maniera strana, come se stesse ansimando. 

Il drago si sollevò in volo sopra la città, ma sembrò che faticasse a compiere quell’azione; quasi come se fosse doloroso. Spinse freneticamente le ali, ruggì ancora una volta e si immobilizzò a mezzaria, per poi precipitare nel vuoto. Quel enorme corpo cadde sopra la città, provocando un gran tonfo. Le case e i pontili si ruppero seccamente e l’acqua del lago si sollevò.  

Tutti rimasero confusi da quella scena e si domandarono cosa fosse successo. 

<< È morto >> realizzò Beth, << Smaug è morto >>. 

E la voce si sparse, lasciando tutti increduli. 

Purtroppo non c’era niente da festeggiare: Bard e suo figlio erano morti assieme a molti altri e i sopravvissuti erano rimasti senza niente. 

************** 

L'alba arrivò subito dopo, mostrando Pontelagolungo completamente distrutta. Le fiamme si erano spente, ma delle enormi colonne di fumo nero e soffocante si innalzavano verso il cielo. 

Non erano ancora arrivati sulla riva, che Beth scese dalla barca e si riprese, cominciando ad aiutare i sopravvissuti come meglio poté: aiutò a raggiungere la spiaggia chi non sapeva nuotare, o chi aveva nuotato troppo ed era esausto. 

Alcuni erano mezzo affogati e dovette fare il messaggio cardiaco. Altri erano pieni di ustioni e cercò di fasciare le ferite con quello che trovava. Bende, pezzi di stoffa o di coperte; arrivò perfino a strappare le maniche della sua camicia, lasciando il suo cappotto a due bambini per coprirli dal freddo. 

Con le braccia scoperte, le sue voglie furono in bella vista e tremò come una foglia, ma con la scusa che tutti la chiamassero, corse da tutte le parti senza fermarsi e se ne dimenticò.  

Non aveva niente con sé: se qualcuno era ferito, venne solo fasciato. 

Inoltre, c’era un caos allucinante! Tutti che chiamavano tutti, c’era chi chiamava i dispersi, chi tirava fuori dall’acqua i cadaveri, chi aiutava a distribuire coperte asciutte e ad accendere in fuoco.  

Beth venne chiamata da cinque persone alla volta e lei si precipitò da quello più vicino, ma non fu così semplice... 

C'era solo lei. Non aspettavano che avesse finito e si spazientivano. Questo la fece esaurire, ma continuò a fare tutto ciò che potè. 

<< Beth! Dobbiamo andare! >> le gridò Fili mentre spingeva una grossa barca con Bofur e Oin.  

Lei alzò lo sguardo su di loro per un secondo, ma si rimise al lavoro facendo finta di niente. 

Fili la chiamò un altro paio di volte, insistendo di dover partire verso la Montagna. 

<< Andate voi, vi raggiungerò! >> gli rispose. 

Poteva ancora fare qualcosa e non aveva intenzione di lasciare lì quella povera gente. Fili, però, non si arrese e dopo averla raggiunta, la prese per un braccio. 

All'inizio si divincolò furiosamente, ma Fili non mollò la presa. Anzi, strinse di più. 

<< Non puoi fare niente per loro! >> le gridò in faccia. 

Quelle parole la pietrificarono, perché in fondo era vero e il senso di colpa la fece smettere di lottare. 

Il nano capì il suo stato d’animo, così le rispose più pacato, << Ascolta, Thorin aveva parlato di un laboratorio alchemico nella Montagna. Ora noi andiamo là, ti metterai al lavoro e poi avrai tutto ciò che ti serve per aiutarli >>. 

Beth non disse niente, non sapendo come ribattere. Distolse lo sguardo dal nano e si girò a fissare il dolore e la miseria che aleggiavano dappertutto. Fili approfittò di quel momento di distrazione e la tirò gentilmente per il braccio.  

Non tolse mai lo sguardo mentre camminavano, né quando la fece salire sulla barca, né quando Fili chiamò Kili. Non si era nemmeno accorta di lui che parlava con Tauriel. Non smise di guardare neanche quando cominciarono a remare e si allontanarono sempre di più. 

Rimase lì seduta a guardare indietro, con le gambe al petto e la testa china. Se la sua borsa non fosse rimasta vuota, avrebbe potuto di più. Molto di più. Si incolpò di aver finito tutto, di essersi paralizzata alla vista del drago e di non essersi tuffata in acqua per soccorrere qualcuno, di non aver insistito a far evacuare la città per precauzione, si incolpò per qualunque cosa le venisse in mente. 

Il freddo era pungente e le procurò una quantità di brividi lungo le braccia scoperte, ma non le importò e una piccola lacrima le scese lungo la guancia. 

************* 

Arrivarono sulla sponda dopo un paio d’ore. I nani scesero e spinsero la barca sulla riva. Beth, invece, rimase lì seduta a guardare la sponda di fronte a loro su cui erano stati poco fa. In un angolo della sua testa, una vocina le suggerì di mettersi a remare e di ritornare indietro, ma poi che avrebbe fatto? Avrebbe potuto solo stringere lacci emostatici e portato coperte e acqua, come un essere umano qualunque. Non avrebbe risolto niente. 

Sentì Kili posarle una mano sulla spalla, ma lei non si mosse. 

<< Beth. Dobbiamo andare. Hai capito? >> le chiese a bassa voce e lei annuì. 

Diede un ultimo sguardo, poi si alzò, scese dalla barca e si misero in marcia. 

Fu piuttosto dura per tutti. Procedettero lentamente lungo ripide salite e venne loro una gran sete. Beth sentì le labbra secche e per istinto se le leccò, ma anche la sua lingua era asciutta. Desiderò ardentemente una brocca d’acqua fresca e di sedersi per non dover camminare più fino al giorno dopo. I piedi le dolevano da impazzire. Con tutto quello che avevano passato erano stanchi morti, ma ormai erano arrivati e avevano intenzione di andare avanti. 

Era più o meno mezzogiorno quando giunsero nella città di Dale. Le radici e una moltitudine di rampicanti ne ricoprivano le pareti e i tetti, le strade erano colme di foglie secche, cenere e polvere. Alcuni edifici erano semi distrutti, altri erano pieni di crepe, ma ancora intatti. E il silenzio faceva impressione, era innaturale, quasi spettrale. Erano nel bel mezzo di una città fantasma, completamente deserta e isolata dal mondo. 

Proseguirono e uscirono dalla città il più in fretta possibile, non volendo rimanere un minuto di più. E fu in quel momento che, finalmente, giunsero ad Erebor. 

Dopo il ponte di pietra, sopra ad un fossato, le porte della Montagna Solitaria erano spalancate.  

All'inizio rimasero lì a fissarle, poi di corsa entrarono. 

L'interno era pieno di macerie causate da Smaug: buio, umido e aleggiava nell’aria uno sgradevole odore. 

Beth storse il viso in una smorfia quando lo annusò. 

<< C’è nessuno? >> chiamò Bofur ad alta voce, ma in sua risposta si sentì solo il suo eco. 

<< Bombur? Bilbo? Qualcuno? >> chiamò di nuovo. 

Non rispose nessuno. Un terribile pensiero arrivò nella mente di Beth? “E se fossero morti? Se Thorin fosse morto!”. Temettero tutti la stessa cosa e corsero sempre più a fondo nella Montagna in cerca dei loro compagni. 

Fili si mise in testa al gruppo e gli altri lo seguirono a ruota, salendo e scendendo lunghe scalinate e passando tra corridoi e colonne di pietra imponenti. 

Beth si perse subito: quel posto era un labirinto! Ma non gliene importò più di tanto; volveva solo trovare Thorin e gli altri. “Fa che non sia morto. Fa che non sia morto. Fa che non sia morto!”. 

Continuò a ripetersi in testa quella frase, sperando vivamente che non fossero morti, che lui non fosse morto... 

<< Aspettate! >>. 

Di colpo si fermarono e si voltarono verso il punto da cui era uscita una vove a loro familiare. 

<< Aspettate! >>. 

Bilbo stava correndo verso di loro. Beth tirò un sospiro di sollievo nel vederlo e iniziò a sperare per gli altri. 

<< Fermi! Fermi! Fermi! >> gridò lo Hobbit e si parò di fronte a loro con il braccio alzato. 

I nani rimasero perplessi, ma Beth glielo lesse in faccia che qualcosa non andava. “E adesso che c’è?”. 

<< Dovete andarvene! Noi tutti dobbiamo andarcene! >> disse con un tono che non ammetteva repliche. 

<< Ma siamo appena arrivati! >> si lamentò Bofur. 

<< Ho tentato di parlargli, ma non ascolta >>. 

<< Che vuoi dire ragazzo? >>. 

Oin non riuscì a capire, nessuno di loro capì. 

<< Thorin! >> esclamò esasperato, facendo sussultare il vecchio nano. 

 << È laggiù da ore! Non dorme, magia a stento... Non è in sé. Affatto! >> rispose Bilbo, cercando di far comprendere a tutti la gravità della situazione. 

<< È questo posto! >> e indicò in alto con un dito, << Credo sia affetto da una malattia >>. 

Beth si irrigidì a quella parola fu la prima a capire.  

<< Malattia? >>. 

<< Che tipo di malattia? >> gli chieseroFili e Kili preoccupati. 

Bilbo non rispose. Si limitò a scambiare un’occhiata d’intesa con Beth, come a dirle, “Lo sai di cosa parlo”. 

<< Non stai parlando sul serio >> gli rispose debolmente, ma il viso dello hobbit le fece capire che era più che serio. 

La ragazza voltò a tutti le spalle e camminò nervosamente con le mani tra i capelli. 

<< Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo … >>. 

<< Beth, quale malattia? Di che state parlando? >> domandò Kili. 

Beth non rispose; la notizia la sconvolse così, che si dimenticò come si fa a parlare. 

Quando tentò di spiccare qualche parola, Fili riprese a correre. 

<< Fili! Fili! >>. 

Bilbo tentò di fermarlo e gli corse dietro assieme agli altri. Scesero lungo le scalinate di pietra sempre di più, addentrandosi nelle profondità della montagna. Il buio cominciò a farsi sempre meno nitido e davanti a loro comparve una luce dorata. 

Si avvicinarono sempre di più e quando si arrestarono, rimasero tutti a bocca aperta. 

Sotto di loro si estendevano tonnellate e tonnellate di gemme preziose e monete d’oro, in un gigantesco salone. 

Beth si dimenticò dell’odore fetido che c’era là sotto, del freddo e dell’umidità. In tutta la sua vita, non aveva mai visto così tanto oro! La sua stessa casa, sebbene fosse piuttosto grande, non avrebbe mai potuto contenerne nemmeno la metà. Solo in quel momento capì cosa intendesse Gandalf con “un’enorme ricompensa”. 

Si sentirono degli strani tintinnii che ruppero il silenzio. Thorin comparve dal nulla, camminando sopra a quella moltitudine di monete. Beth volle correre da lui e abbracciarlo, ma si ricacciò indietro l’impulso, ricordando le parole di Bilbo. Rimase dov’era e lo osservò attentamente. 

<< Oro >> sussurrò Thorin, la sua voce era piena di meraviglia e ammirazione, che echeggio nel salone. 

Indossava un lungo mantello nero pregiato, che gli cadeva pesantemente a terra e abiti sontuosi, con sottili ricamature d’oro. Erano abiti degni di un re, ma a Beth sembrò di vedere una creatura gobba e minacciosa. 

<< Oro oltre ogni misura. Oltre ogni afflizione e dispiacere >>. 

Mentre ammirava il tesoro, Thorin alzò lo sguardo e finalmente, si accorse della loro presenza. 

Beth pensò che sarebbe corso incontro a loro, che avrebbe chiesto a Kili come stava la sua gamba... Insomma che sarebbe stato felice di rivederli tutti sani e salvi.  

Ma non fu così. Rimase lì dov’era a guardarli. 

<< Ammirate il grande tesoro di Thror >> disse scandendo ogni singola parola e abbassò gli occhi sull’oro sotto ai suoi piedi, come se si fosse già scordato di loro.  
Poi, lanciò in aria un rubino grosso come una mela e Fili lo afferrò al volo. 

Thorin parlò di nuovo attirando la loro attenzione e con voce teatrale ed imponente, sollevò in alto le braccia e disse, << Benvenuti, figli di mia sorella, qui nel regno di Erebor >>. 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 - Erebor ***


Capitolo 24 

Erebor 

 

Quando Balin e Dwalin li videro entrare, si alzarono in piedi e corsero ad abbracciarli con un sorriso stampato in volto. 

Dal salone del tesoro avevano disceso una scalinata di pietra e dopo aver attraversato una balconata, erano giunti in una saletta più piccola. 

Al suo interno vi trovarono tutti gli altri nani vivi e vegeti, seduti sopra a delle panche piene di polvere o appoggiati alle pareti, su cui vi erano fissate una moltitudine di fitte ragnatele. 

Beth sentì un peso sollevarsi dal petto, vedendoli tutti lì. Non erano mai stati tanto espansivi con lei durante il viaggio e lei rimase stupita nel venire abbracciata da tutti quanti, compreso Dwalin. 

Offrirono ai nuovi arrivati dell’acqua, pane fresco e pezzi di formaggio, che divorarono famelici in pochi minuti. 

Nel frattempo si raccontarono a vicenda ciò che era successo: quando i nani erano arrivati a Erebor, erano riusciti a trovare la porta nascosta, ma confessarono che non l’avrebbero mai aperta se non fosse stato per Bilbo. 

Una volta entrati, Bilbo vi si era addentrato per cercare l’Arkengemma e ed era proprio lì che era cominciata la loro sventura con Smaug. 

Il drago si era accorto della loro presenza e avevano dovuto improvvisare un piano suicida per abbatterlo, cercando di annegarlo in un mare di oro fuso e bollente nelle Gallerie dei Re. 

Inoltre, avevano usato le pillole che Beth aveva consegnato a Thorin ed erano state di grande aiuto per loro. 

Ma il drago era sopravvissuto grazie alle sue scaglie, più forti di una corazza ed era riuscito ad uscirne illeso. Questo lo aveva fatto infuriare ancora di più ed era uscito dalla Montagna in volo. 

Anche loro erano usciti. Erano rimasti su un promontorio ad osservare la distruzione di Pontelagolungo, logorati dai sensi di colpa per ciò che avevano fatto. 

Gli altri raccontarono la loro fuga dalla città, della strage, della morte di Smaug per mano di Bard e dei sopravvissuti. 

<< Povere anime >> commentò Balin sconsolato. 

Tutti rimasero in silenzio in segno di rispetto per le vittime, finché non comparve Thorin, ordinando sbrigativo di muoversi. 

<< In piedi forza! Abbiamo un lavoro da sbrigare >> e se ne andò come era venuto, senza aggiungere altro. 

Malvolentieri i nani si alzarono e tornarono nella sala del tesoro. 

Beth si mise in fondo al gruppo e li seguì, ma non osò avanzare di un altro passo quando cominciarono a camminare sopra il tesoro. Restarono con la schiena china, spostando e scavando con foga le monete, nel tentativo di trovare l’Arkengemma. 

Non seppe quanto tempo fosse passato, ma Beth era rimasta dov’era. 

Tutta quella quantità di oro era proprio lì a portata di mano che luccicava invitante, ma sentì che c’era qualcosa che non andava. Sei mesi fa ci si sarebbe tuffata dentro senza pensarci due volte, adesso non osava toccarlo neanche con un dito. 

<< L’avete trovata?! >>. 

La voce di Thorin tuonò nel salone e Beth alzò lo sguardo. Si trovava su una balconata poco più sopra di lei e camminava impaziente avanti e indietro. 

Dwalin gli rispose che della pietra non ce n’era traccia. 

<< Continuate a cercare! >> ordinò Thorin insistente. << L’Arkengemma è in queste stanze! Trovatela! Tutti voi! Nessuno riposi finché non si trova! >>. 

Quell'atteggiamento non le piacque affatto. Avrebbe voluto correre di sopra e rimproverarlo per quel comportamento esagerato, ma la sua esperienza professionale la fece rimanere lì, imponendole di stare lucida, di osservare e ragionare. 

Se avesse alzato la voce, lui avrebbe fatto sicuramente lo stesso testardo com’era e avrebbero perso tempo a discutere. Per aiutarlo doveva mettersi all’opera, ma prima doveva saperne di più. 

Fece un cenno a Balin e dopo che si fu avvicinato, gli chiese dove si trovasse il laboratorio alchemico. 

Lui le rispose che troppo complicato da spiegare, così si offrì di accompagnarla. 

Riuscirono a sgattaiolare via senza che Thorin li vedesse e risalirono in superficie. Tornarono all’entrata principale. Dove la luce del giorno e una boccata d’aria entrarono timidamente. 

Da lì girarono a destra e salirono le scale per altri tre piani. Proseguirono dritto per un lungo e ampio corridoio, finché non giunsero di fronte ad un portone di legno. Balin lo aprì, facendo cigolare i cardini arrugginiti e impolverati ed entrarono nel laboratorio.  

Non si vedeva niente a causa del buio e un forte odore di chiuso entrò nelle loro narici. Balin spostò delle tende, aprì le finestre e la luce e l’aria entrarono nella stanza. Beth lo aiutò a legare le tende, poi si voltò ad osservare l’ambiente. 

<< Bene, ecco qua. Che ne pensi? >> le chiese Balin. 

Nonostante la polvere e le ragnatele, tutto era in perfetto stato e ben conservato. Non c’era niente di rotto e ogni cosa era in ordine. 

<< È perfetto >> rispose Beth, << Grazie >>. 

Balin le sorrise e fece per andarsene, << Ti lascio al tuo lavoro >>, ma Beth lo fermò prima che arrivasse alla porta. 

<< Balin... Thorin... Da quanto è così? >> gli chiese. 

Il nano divenne serio e sospirando le rispose << Dopo che abbiamo aperto la porta nascosta >>. 

“Non appena sono arrivati, dunque”. 

<< Siamo rimasti fuori ad aspettare che Bilbo tornasse. Quando abbiamo sentito il drago svegliarsi, Thorin ha esitato ad entrare per aiutarlo >>. 

Se era già arrivato a quel punto, era grave. 

<< Ho capito >> Beth annuì e Balin uscì dal laboratorio lasciandola sola. 

Era molto più spazioso di quello che aveva a Lomien House, ma quel luogo la mise subito a suo agio. Al centro vi erano tre lunghi tavoli di pietra, accerchiati da varie sedie e sgabelli. Lungo le pareti c’erano scaffali colmi di libri e mensole piene di calderoni, barattoli e fiale. In un angolo c’era perfino una pompa per l’acqua e un armadio pieno di scope, stracci e secchi per pulire.  

Si mise al lavoro senza indugiare. 

Con la pompa dell’acqua, riempì un secchio e prese uno strofinaccio. Spolverò ogni angolo del laboratorio, tolse dal soffitto tutte le ragnatele, sobbalzando terrorizzata quando spuntava fuori un ragno. 

I libri, gli attrezzi da lavoro, i calderoni, le fiale, ogni oggetto venne lucidato come si deve e il pavimento venne spazzato e lavato con acqua e sapone. 

Tutta la polvere accumulata, venne gettata fuori dalla finestra e solo quando il pavimento fu asciutto, Beth svuotò il secchio, stese gli stracci bagnati fuori sulla finestra, rimise la scopa nell’armadio e si sedette su una panca. Era sfinita; le ginocchia erano tutte rigide da quanto era rimasta in piedi, la fronte e la schiena erano madide di sudore e le dita rosse pizzicavano. 

Fu in quel momento che si accorse che era calato il sole. Vide decine di candelabri e bracieri intorno a sé, ma era talmente stanca che non riuscì nemmeno ad alzarsi per accendere una sola candela e si addormentò. 

*************** 

Si svegliò alle prime luci dell’alba a causa del terribile freddo invernale, che le procurò la pelle d’oca. Si era scordata di chiudere le finestre. Fece per alzarsi infastidita, ma la schiena era indolenzita per la posizione scomoda in cui era rimasta per tutta la notte. 

Si alzò in piedi con calma e chiuse le finestre, dopo aver recuperato gli stracci. 

Rimase per un po’ appoggiata al muro, sfregandosi le braccia con le mani nel tentativo di trovare un po’ di calore.  

Le vicende del giorno prima le ritornarono in mente: Thorin circondato dal tesoro, lui che ordinava a tutti di cercare l’Arkengemma, le parole di Balin... 

Doveva saperne di più e decise di andare a cercare Bilbo. 

Quando uscì e attraverso il corridoio, vide alla sua sinistra un immenso salone pieno di fontane, ma non ci badò molto e proseguì. 

Scese le scale e arrivò al piano terra, quando intravide lo hobbit. Era in cima al bastione, sopra l’ingresso di Erebor e camminava avanti e indietro pensieroso. 

Beth non perse tempo e corse verso i gradini. 

<< Bilbo? >>. 

Quando arrivò in cima, lo vide alzarsi da un masso su cui era seduto e sistemarsi la giacca tutto agitato. 

Quella reazione la trovò un po’ strana. Aveva un non so che di sospetto. 

<< Ti senti bene? >> gli chiese. 

<< Sì >> le rispose in fretta. 

Lo guardò perplessa per un momento, poi gli disse, << Vieni. Tra poco quelli si sveglieranno affamati. Sarà meglio preparare la colazione >>. 

Bilbo la seguì a ruota senza dire una parola e tornarono insieme nel laboratorio. 

<< Tu prendi quelli >> gli disse indicando i calderoni più piccoli. 

Nel frattempo lei prese delle polveri nutritive dagli scaffali. 

Li riempirono d’acqua e li misero sul fuoco, aspettando che bollissero. 

<< Allora? >> gli chiese Beth dopo un po’. 

Bilbo si era seduto su uno sgabello di fronte a lei e la guardò confuso. 

<< Come va? >>. 

<< Non molto bene, onestamente >> ammise. 

Beth capì che sti stava riferendo alla situazione di Thorin. 

<< Tu puoi fare qualcosa, vero? >>. 

<< Non lo so >> gli rispose abbassando lo sguardo. 

<< Non c’è una pozione che puoi somministrargli? >>. 

<< Non è così semplice Bilbo. Non stiamo parlando di curare una ferita o un’epidemia infettiva. È tutto nella sua testa, capisci? >> tentò di spiegargli, toccandosi la fronte con l’indice.  

<< È più complicata la cosa. Noi possiamo aiutarlo quanto possiamo, ma dipende tutto da lui. E nel mio lavoro è fondamentale agire immediatamente, altrimenti tutto diventa più difficile da risolvere >>. 

Bilbo si fece attento con le braccia incrociate, mentre Beth si sedette di fronte a lui. 

 

<< Ascolta, se vogliamo tirare Thorin fuori da questa storia, dobbiamo saperne di più su questa cosiddetta “malattia del drago”. Allora, siete partiti all’alba e il sole ora sorge alle sei del mattino. Quanto tempo avete impiegato per arrivare all’ altra sponda? >>. 

<< Ehm … un paio d’ore, più o meno >> le rispose pensieroso. 

<< e quando avete trovato la porta? >>. 

<< Quando il sole stava tramontando >>. 

<< Perciò le sei di sera. Balin ha detto che non l’avete aperta subito >>. 

<< No >> confermò lo hobbit, << Era passata … forse un’altra ora >>. 

<< Allora diciamo che erano le sette >> ipotizzò Beth. << Tu sei stato il primo ad entrare e il drago si è svegliato >>. 

Il risveglio del drago lo collegò al primo terremoto che avevano sentito ed era successo verso le dieci di sera. Inoltre, si ricordò che Balin le aveva detto che Thorin aveva esitato ad entrare per soccorrere Bilbo. Quello doveva essere stato una sorta di primo sintomo. Per raggiungere la sala del tesoro, Thorin ci aveva impiegato circa venti minuti. Ed era stato in quel momento che era comparso un secondo sintomo, mettendosi tra lo hobbit e la via d’uscita, chiedendogli avidamente se avesse trovato l’Arkengemma. 

Gli aveva perfino puntato contro la spada, costringendolo ad arretrare. Beth ne rimase scioccata; stavano parlando di un Thorin a lei sconosciuto e in soli venti minuti era cambiato. 

Dopo una lunga fuga avevano tentato di uccidere Smaug, ma avevano fallito e la bestia era uscita dalla montagna (il secondo terremoto) all’una del mattino. 

Mentre Bilbo raccontava, venne a galla un terzo sintomo: lui e i nani erano rimasti fuori a guardare la distruzione di Pontelagolungo, ma Thorin aveva tenuto gli occhi fissi sulla Montagna. Era rimasto indifferente a quella tragedia e dopo aver visto Smaug morire, si era diretto verso il tesoro. 

L'acqua nei calderoni cominciò a bollire e Beth ci gettò dentro varie polveri di diversi colori, poi riprese il discorso. 

<< Noi, nel frattempo, lasciamo la sponda e arriviamo dopo mezzogiorno. Ora il sole è sorto di nuovo, perciò sono passate circa … trentasei ore >> concluse. 

<< Trentasei ore che abbiamo sprecato Bilbo! >>. 

<< E quindi cosa vuoi fare? >> le chiese. 

<< Per ora voglio osservarlo. Voglio vedere come si comporta, come reagisce … >>. 

<< E se la situazione dovesse degenerare? >>. 

In quel caso non aveva idea di cosa avrebbe fatto e non sapendo da dove iniziare, doveva per forza improvvisare qualcosa. 

<< Beh … a mali estremi, estremi rimedi >> gli rispose poco convinta. 

Si trovavano davanti ad un vicolo cieco, ma i loro pensieri vennero interrotti quando sentirono un buon profumino dai calderoni. 

<< Su, andiamo >>. 

Si alzarono in piedi e ne presero due a testa, ma Beth fermò Bilbo prima di uscire dalla porta. 

<< Hei! Finché non capirò cosa fare, questa conversazione teniamocela per noi. D’accordo? >>. 

<< D’accordo >> promise. 

Beth gliene fu grata. Non che non si fidasse degli altri, ma era meglio andarci piano con quella situazione. 

I nani erano ancora tutti addormentati nella saletta del giorno prima, sopra a dei giacigli improvvisati. Senza troppi complimenti, Beth prese un mestolo pulito e lo sbatté con forza contro un calderone, provocando un gran baccano. Tutti si svegliarono di soprassalto e inveirono arrabbiati contro di lei. 

<< Sveglia, sveglia bambini! La colazione è servita! >> gridò lei, prendendoli in giro. 

E smisero di lamentarsi accorrendo verso i calderoni. Erano colmi di pane tostato, bacon croccante, uova e latte di capra. Beth si riempì la pancia allegramente come gli altri, anche se loro non furono già sazi come lei. 

Appoggiandosi comodamente su una sedia, girò la testa alla sua destra e vide Thorin seduto fuori sulla balconata ad osservare il tesoro. 

<< È lì da molto? >> domandò a Fili sottovoce. 

<< Non ha chiuso occhio per tutta la notte >> le spiegò cupo. 

Beth gli diede un’altra occhiata e sebbene fosse nervosa, decise di andare a parlargli. 

Riempì due bicchieri di latte e si avvicinò a Thorin. Quando arrivò al suo fianco, fu impressionata dal suo viso stanco. Sotto i suoi occhi azzurri c’erano due grosse occhiaie nere.  

<< Ciao >> gli disse. 

<< Ciao >> le rispose lui; perfino la sua voce era così stanca. 

Gli porse un boccale e lui lo accettò, lasciando che si sedesse accanto a lui. Rimasero in silenzio, l’uno accanto all’altra. Sembrava tutto nella norma. 

<< Dov’è il tuo cappotto? >> le chiese tutto un tratto, notando le sue braccia scoperte a causa delle maniche strappate. 

Fino a quel momento se ne era dimenticata e improvvisamente cominciò ad avere freddo. 

<< Oh … temo di averlo lasciato indietro >>. 

Si sfregò le braccia le braccia con le mani, mentre Thorin raccolse dal pavimento una coperta vicino a i suoi piedi. Gliela porse gentilmente e Beth se la mise addosso immediatamente. 

<< È bello vederti >>. 

Gli angoli della bocca si alzarono in su. Questo fece sorridere anche lei, pensando la stessa cosa. Thorin si girò per dare una rapida occhiata a Kili e le mostrò una sincera gratitudine per ciò che aveva fatto per suo nipote. In realtà non lo aveva salvato lei, ma conoscendolo bene, non disse niente di Tauriel. 

<< Te lo avevo promesso >> gli ricordò con un sorriso più largo. 

Quello che aveva davanti, sembrava il Thorin che conosceva, ma non doveva saltare subito alle conclusioni. 

Bevve un sorso di latte e continuò a guardargli le occhiaie. 

Sentendosi osservato, Thorin si voltò verso di lei con un’espressione confusa. 

<< Ehm … Non te la prendere ma … hai un aspetto orribile >> gli rispose. 

<< Quando è stata l’ultima volta che ti sei fatto una bella dormita? >>. 

Non le rispose subito. Tornò a guardare il tesoro e fece un lungo sospiro. 

<< Due giorni fa >>. 

<< E non sei stanco? >>. 

Nessuna risposta. Sembrò assente in quel momento, come se si fosse dimenticato che lei era lì. Aveva occhi solo per l’oro.  

Beth vide una strana e inquietante differenza: erano lì a parlare tranquillamente, poi aveva girato lo sguardo e i suoi occhi si erano, in qualche modo, spenti e svuotati. Al loro interno vi si vedeva solo una malsana attrazione. Tutto era cambiato in meno di un secondo. 

Le fece impressione quel cambiamento, ma si impose di restare calma, così provò con un altro approccio assumendo un atteggiamento più distaccato. 

<< E adesso che si fa? >> gli domandò con un tono neutro. 

Thorin riportò lo sguardo su di lei. Non doveva forzarlo in alcun modo a parlare, era meglio attirare la sua attenzione con le parole giuste. 

<< Insomma … è un bel mucchio d’oro! >>. 

Il nano riguardò il tesoro e rispose con decisione, << Lo difenderemo >>. 

<< Da chi? >>. 

<< Da chiunque tenterà di rubarcelo >>. 

Ora anche la sua voce sembrò cambiata: più cavernosa, rabbiosa, quasi spaventosa. 

Beth divenne irrequieta e pensò a lungo, cercando le parole giuste che potesse usare. 

<< E i superstiti? >> gli chiese con un filo di voce. 

<< I superstiti cosa? >> e la fulminò con lo sguardo, come se gli avesse detto una volgarità. 

Nemmeno a Granburrone le si era rivolto così. Beth si agitò non poco, non riconoscerlo. 

<< Thorin, a causa nostra quelle persone hanno perso tutto. Aiutarli a ricostruirsi una vita, mi sembra il minimo >>. 

Thorin la guardò truce e dopo essersi alzato le rispose gelidamente, << Se si azzarderanno a mettere anche un solo piede qui dentro, gli farò pentire di essere sopravvissuti >>. 

Beth rimase incredula per quella cattiveria. Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito. 

Prima che potesse dirgli qualcos’altro, Thorin sbatté sul tavolo il suo boccale facendo schizzare il latte per terra, di cui non ne aveva toccato neanche una goccia. Si diresse dentro la saletta e ordinò impaziente di tornare a scavare tra le grandi dune di monete e cercare l’Arkengemma. 

I nani obbedirono malvolentieri e tornarono al lavoro con sconforto, lasciando Beth da sola. La ragazza diede un ultimo sguardo al tesoro, provando disgusto per esso e per sé stessa, che all’inizio del viaggio era partita soltanto per questo. 

Sentì la rabbia crescere e si diresse fuori da lì, sollevando spazientita i calderoni ormai vuoti. 

Non volle più tornare là sotto! Volle stare lontano da quel maledetto oro e che Thorin si rendesse conto del problema che aveva. Il dialogo con lui non era andato molto bene, ma non aveva intenzione di gettare la spugna, non ora. 

Si diresse velocemente al laboratorio e una volta che vi entrò si mise al lavoro. 

I sopravvissuti di Pontelagolungo sarebbero arrivati entro qualche giorno. Erebor era l’unico riparo che potessero raggiungere e se Thorin non li avrebbe aiutati, se ne sarebbe occupata lei.  

Con o senza il suo consenso. 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 - La malattia del drago ***


Capitolo 25 

La malattia del drago 

 

Il giorno dopo non andò molto bene, anzi la situazione iniziò a peggiorare. 

Quando Beth rimaneva a lavorare nel laboratorio, Bilbo e i nani facevano lo stesso nella sala del tesoro, nel disperato tentativo di trovare l’Arkengemma. 

Thorin divenne sempre più taciturno e quelle poche volte che qualcuno gli rivolgeva la parola, dava risposte semplici e brevi o non lo ascoltava affatto. Altre volte, invece, esplodeva con degli improvvisi attacchi d’ira: urlava, imprecava o lanciava oggetti. 

Inoltre, iniziò ad essere piuttosto sospettoso, guardando tutti con uno sguardo vigile, da quanto era ossessionato dall’Arkengemma. 

Beth riprovò ad interagire con lui come il giorno prima, mantenendo un atteggiamento distaccato e senza stargli col fiato sul collo. Non gli chiese, ordinò o impose di fare niente che non volesse fare, ponendogli delle domande semplici, ma che lo invogliassero a pensare. 

Ma durò solo per pochi istanti e presto tornò ad osservare tutti con quell’inquietante espressione spenta e vuota sul viso. E non riusciva a stare fermo! Anche se non dormiva da tre giorni, era sempre in piedi e non smetteva mai di camminare avanti e indietro come un animale in gabbia, sempre agitato e impaziente. Non riusciva nemmeno a stare seduto. 

Beth, nel frattempo, cominciò a perdere la pazienza. Con quella situazione si trovò ad un punto morto. Non sapeva come procedere e il comportamento di Thorin non aiutò affatto. 

Ancora non sapeva perché Gandalf fosse stato così sicuro che lei sarebbe riuscita ad aiutare Thorin. Desiderò ardentemente che lui fosse lì ad aiutarla. Aveva detto che li avrebbe raggiunti alla Montagna quando si erano separati a Bosco Atro, ma Bilbo le aveva detto che non lo avevano incontrato. Di lui non ce n’era neanche l’ombra. 

“Maledetto stregone! Perché non ci sei mai quando mi servi?”. Era nella solita saletta e con lei c’era solo Thorin. Era seduta su una panca di fronte a lui, con il mento appoggiato alle braccia distese sopra il tavolo. Thorin era immerso nei suoi pensieri e camminava continuamente da tutte le parti, senza degnarla di uno sguardo. Nessuno dei parlava da diversi minuti e Beth aspettava invano che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma niente. 

<< Thorin … >> lo chiamò pacata. 

Non la sentì e continuò a camminare. 

<< Thorin >> ripeté alzando un po’ la voce, ma niente. 

A quel punto si innervosì, << Hei! >>. 

Questa volta lui si fermò. 

<< Vuoi smetterla, per favore? >>. 

Thorin le si avvicinò. 

<< Beth, non l’hanno ancora trovata >> le disse ansioso. 

La ragazza sospirò esasperata e si passò una mano sul volto. Non faceva che ripeterlo e non ne poteva più. 

<< Non l’hanno trovata >> 

<< Certo che non l’hanno trovata! >> gli rispose. 

Aveva cercato di essere paziente con lui in tutti i modi, ma quando è troppo e troppo! 

<< Siamo solo in quindici, là sotto ci sono tonnellate di oro, i tuoi uomini sono esausti e per tutto questo tempo non hai fatto altro che lamentarti! >>. 

<< Tu non capisci! Se non troviamo l’Arkengemma, tutto quello che abbiamo fatto per arrivare fin qui non sarà servito a niente. Io ho bisogno di quella pietra! >>. 

<< No, tu ne sei ossessionato! >>. 

<< Non è vero! >>. 

A quel punto, Beth si alzò in piedi. 

<< Thorin, io sto solo cercando di aiutarti! >>. 

Entrambi si fissarono arrabbiati e nessuno dei due aveva intenzione di cedere. Cercò di ritrovare la calma, ma quel luogo la stava facendo impazzire. 

Thorin le si avvicinò ancora un po’. 

<< Se vuoi aiutarmi, trova l’Arkengemma >> la pregò in un sussurro. 

Beth lesse una nota di disperazione nei suoi occhi, ma gli rispose, << Io là sotto non ci vado >>, mettendo in chiaro le cose. 

<< Hai detto che il laboratorio è intatto! Ci deve essere qualcosa che tu possa darci >> insistette. 

<< Forse non mi hai sentito. Io quell’oro non lo tocco >>. 

Thorin fece un passo indietro, guardandola dall’alto in basso. Lei odiò quell’atteggiamento arrogante, ma rimase irremovibile. 

<< Se non vuoi aiutarmi, allora a che mi servi? >> e Thorin se ne andò, lasciandola sola. 

Quelle parole furono inaspettatamente crudeli e le procurarono un fastidio all’altezza del cuore. La rabbia sparì e lo sconforto ne prese il posto. Si risedette sulla panca, passandosi le mani sulla fronte. "Se non vuoi aiutarmi, allora a che mi servi?”. Che razza di risposta era?! Lei voleva davvero aiutarlo e aveva tentato di farlo in tutti i modi, ma lui non glielo permetteva. 

Il secondo giorno Beth abbandonò il ruolo della ragazza gentile e tirò fuori quello della ragazza insistente. Sia lei che Thorin furono di pessimo umore; lo seguì ovunque andasse tentando in tutti i modi di fermarlo e ascoltarla, ma lui la ignorò per tutto il tempo, gridandole di tanto in tanto di lasciarlo in pace. 

Gli altri sentirono tutto quello che si strillarono contro, tenendo lo sguardo basso.  

La situazione divenne ancora più ingestibile quando Beth impose a Thorin di prendere alcune pillole per dormire. 

<< Credi che non lo sappia? Credi che non l’abbia capito?! >> le gridò contro, << Vuoi farmi addormentare per accaparrarti il tesoro indisturbata! >>. 

<< Ridicolo >> gli rispose lei a denti stretti. 

<< Non mi metterai a dormire adesso Beth! Non ora! Non ho intenzione di lasciare la Montagna incustodita! >>. 

A quel punto Beth non ce la fece più! 

<< Thorin, non dormi da quattro giorni. Non ti sto chiedendo se vuoi dormire o no, ti sto dicendo che ti conviene dormire, o manderò all’aria l’ultimo briciolo di pazienza che mi è rimasto e ti farò precipitare nel sonno con una botta in testa! PRENDI QUESTE MALEDETTE PILLOLE!!! >>. 

I due rimasero fermi a guardarsi in cagnesco, come se fossero sul punto di sbranarsi. Poi Thorin prese tra le mani il barattolo di vetro colmo di pillole, lo aprì e le verso tutte quante dentro un braciere acceso. Le pillole vennero bruciate dalle fiamme, tramutandosi in cenere e prima di andarsene, Thorin gettò a terra il barattolo vuoto, frantumandolo in mille pezzi. 

Rimasta sola Beth provò a calmarsi facendo dei respiri profondi, ma fu tutto inutile e in preda alla rabbia, prese i bordi di un tavolo di legno e lo ribaltò. Cadde sul pavimento con tonfo assordante assieme a calici e stoviglie di metallo. 

Per Beth non fu abbastanza e perse la testa, lanciando contro le pareti oggetti e sedie, fino ad arrivare a prendere a pugni uno specchio, frantumandolo in tante e piccole schegge. 

Quando si fu calmata, si sedette su una rampa di scale di fronte alla saletta e si perse a fissare il vuoto. 

Voleva uscire da lì! Si ritrovò a pensare che quella Montagna fosse peggio di Bosco Atro! E i nani non dicevano, senza mai aiutarla! Non avevano mai avuto il coraggio di contestare Thorin; solo in pochi ci provavano ma lo facevano di rado e non erano mai stati molto convincenti. 

<< Stai bene? >>. 

Beth si girò e vide Bilbo avanzare timidamente verso di lei. Non uscì nemmeno una sillaba dalla sua bocca e tornò a guardare per terra. 

<< La tua mano sanguina >> la avvisò Bilbo. 

<< Cosa? >>. 

Si guardò le mani e si rese conto di essersi tagliata con delle schegge dello specchio. 

<< Oh … Già … >>. 

Tornarono nel laboratorio e si applicò una pomata sul taglio, che cominciò a rimarginarsi. 

<< Avevi ragione tu. Dovevamo andarcene >> mormorò stanca. 

<< Non vorrai arrenderti, vero? >>. 

<< Sono a corto di idee Bilbo. Tutto quello che voglio fare adesso, è legare Thorin ad un carro e portarlo fuori da qui. Io voglio uscire da qui >>. 

Bilbo le strinse la mano, dandole un minimo di conforto. Non glielo aveva mai detto, ma era grata che fosse venuto con loro. 

<< Gli uomini del lago arriveranno presto. Saranno sfiniti. Devo finire di preparare le pozioni per loro, vuoi aiutarmi? >>. 

Bilbo annuì e si misero al lavoro. 

Dopo aver pulito il laboratorio, Beth aveva iniziato a preparare varie pozioni. Mentre finì di preparare le ultime, inarcò Bilbo di riempire le fiale, che vennero poi inserite all’interno di alcuni scrigni appositi. 

Rimasero in piedi fino a notte fonda, finché non caddero sfiniti su una panca, circondati da decine e decine di scrigni, bauli, casse e scatole. 

Il terzo giorno le caricarono ordinatamente su un paio di carri in perfetto stato che Bilbo aveva trovato, assieme a dei pentoloni vuoti e a dei grossi barili colmi d’acqua. 

<< Non abbiamo cavalli, come faremo a trainarli? >> le chiese mentre osservava quel carico pesante. 

<< A quello ci penso io, non preoccuparti >> gli rispose tranquillamente. 

Tra gli scaffali aveva trovato un distillato che garantiva un incredibile aumento della forza fisica. Una volta assunto, avrebbe trainato lei stessa i carri. Bilbo non si era ancora abituato alle sue capacità e tutto impressionato, riuscì solamente a dire, << Oh! >>. 

Beth dovette farsi coraggio quando scesero nella sala del tesoro. Anche se il mezz’uomo era riuscito a convincerla a riprovarci, non ne fu molto entusiasta. 

Quando arrivarono però, Thorin non era lì. C'erano solo gli altri nani che pranzavano. 

<< Dov’è Thorin? >> chiese Bilbo. 

<< Nella sala del trono. Dwalin e Balin sono con lui >> rispose Bofur. 

Beth non sapeva dove si trovasse, così Bilbo si offrì di accompagnarla e lei lo seguì a ruota. 

******************** 

La sala del trono era gigantesca, incredibilmente spaziosa, alta come un palazzo e tutti i ponti di pietra si innalzavano sopra a metri e metri di altezza. 

Al centro vi era una colonna che saliva verso il soffitto e alla sua base c’era un trono scolpito nella roccia, decorato con linee geometriche d’oro. Sopra lo schienale ci era un involucro vuoto di forma ovale, dove un tempo risiedeva al suo interno l’Arkengemma. 

Thorin era lì di fronte a fissare l’involucro con ossessione, stringendo con forza i braccioli del trono. Dwalin e Balin erano poco lontani dietro di lui. 

<< È qui, in queste sale. Lo so >>mormorò Thorin senza staccare gli occhi dall’involucro. 

Dwalin prese parola con voce stanca, << Abbiamo cercato e cercato >>. 

<< Non abbastanza >>. 

<< Thorin tutti vorremmo rivedere la gemma al suo posto >>. 

<< Eppure non è stata ancora trovata!!! >> gridò pieno di rabbia. 

L'eco rimbalzò nella sala, ammutolendo tutti. Questa volta, neanche Beth ebbe il coraggio di ribattere. 

<< Tu dubiti la lealtà di … qualcuno qui? >> azzardò Balin. 

Thorin si voltò verso di lui, nero in volto. 

<< L’Arkengemma è per diritto del nostro popolo >> gli ricordò il nano con leggera nota di rimprovero. 

<< È il Gioiello del Re. NON SON IO IL RE?! >> ribatté Thorin furioso. 

Nessuno emise un fiato, ne si azzardò a muovere un dito. Dopo un breve silenzio, Thorin disse una cosa che fece impallidire Beth. 

<< Sappiate questo: se qualcuno dovesse trovarla e me la nascondesse, io mi vendicherei >>. 

Dopo quell’avvertimento, se ne andò con un passo lento e pesante. 

Beth trattenne il fiato quando la sorpassò e riprese a respirare solo dopo che si fu allontanato. Se prima la stava facendo arrabbiare, ora la stava spaventando. 

**************** 

Stavano tornando al laboratorio a testa bassa in silenzio, quando lei e Bilbo sentirono dei gemiti. Entrarono in una stanza piena di libri e pergamene impolverate. Lì, tra gli scaffali, Balin piangeva tristemente, tirando su col naso. 

Le si strinse il cuore nel vederlo così. 

<< Balin? >> lo chiamò. 

Volle tanto dirgli qualcosa, ma sia lei che lo hobbit avevano il morale a terra, come per quel vecchio nano. Non c’era niente che potesse dirgli. 

<< La malattia del drago. Io l’ho già vista >> rispose Balin. << Quello sguardo. Il terribile bisogno! È un amore spietato e geloso. Ha portato suo nonno alla pazia! >>. 

Beth sospirò, guardandosi le punte dei piedi. Nemmeno lei non sapeva più cosa fare. 

Bilbo si avvicinò al nano ancora un po’. 

<< Balin se Thorin avesse l’Arkengemma … O se venisse trovata … sarebbe di aiuto? >>. 

Nonostante fosse solo un’ipotesi, Bilbo aveva un’espressione strana. 

<< Quella pietra incorona tutto. È la sommità di questa grande ricchezza, conferendo potere a colui che la possiede. Arresterebbe la sua pazzia? No, ragazzo. Temo che la peggiorerebbe. Forse è meglio che rimanga smarrita >>. 

<< Lo sapevo >> mormorò Beth sottovoce e senza aggiungere altro, uscì dalla stanza e si diresse in cima al bastione semidistrutto sopra l’entrata principale.  

Il vento soffiava così forte che le fece venire la pelle d’oca. Si strinse nella coperta che le aveva dato Thorin. Per tutto il tempo se l’era tenuta sulle spalle come uno scialle, sopra la sua camicia strappata. Era l’ultima cosa che Thorin le aveva dato, l’ultimo gesto gentile prima di cadere in quel assurdo baratro di follia.  

Le venne in mente quella lontana sera estiva in cui le aveva prestato il suo cappotto. Lei si era svegliata in preda agli incubi, lui l’aveva notata e da quella sera cominciarono ad interagire per la prima volta. 

Sorrise nostalgica nel pensare che all’epoca era lui che aveva tentato di aiutare lei. E in un certo senso, ce l’aveva fatta. Lei, invece, non sapeva più cosa fare. 

Mentre guardava pensierosa il panorama, vide in lontananza qualcosa che si muoveva verso la Montagna. Non le ci volle molto per capire che fossero gli uomini del lago. Si muovevano lentamente verso di lei, minuscoli come formiche, ma ormai erano quasi arrivati.  

Senza perdere altro tempo corse al laboratorio, prese il distillato e ne bevve un sorso. Tornò di corsa all’entrata e, senza alcuna fatica, sollevò e trainò i due carri assieme, procedendo verso la città di Dale. 

Non ci mise molto ad arrivare, i carri sembravano leggeri come cuscini e camminò velocemente senza fatica. 

Era pomeriggio inoltrato e con stupore, vide che Bard e Bain erano vivi e vegeti. Erano in testa a guidare centinaia di persone assieme a Tilda e Singrid. Anche lui fu sorpreso di vederla e le rivolse uno sguardo pieno di gratitudine quando vide i carri. 

<< Ho pensato che vi servisse aiuto >> gli rispose. 

<< Hai pensato bene >>. 

Si misero a distribuire e razionare filtri, pillole e polveri varie, tutte a scopo nutritivo o curativo. 

Con dispiacere dovette dire a Bard delle condizioni di Thorin e che non potevano entrare ancora nella montagna, ma in compenso si sarebbero rimessi in sesto entro domani. 

Tutti si sistemarono negli edifici abbandonati della città e Beth spiegò nei minimi dettagli come doveva essere usata ogni singola pozione ai guaritori, in modo che non ci sarebbero stati incidenti strani. 

Mentre il sole cominciò a scendere, Bard corse in cima a un ponte che collegava due torrette. Beth lo raggiunse e notò con dispiacere che c’era anche Alfrid. Entrambi guardavano verso la Montagna, avvistando dei bracieri accesi. A quanto pare i nani si erano accorti del loro arrivo. 

<< Dunque avevi ragione Miss Lomien. La compagnia di Thorin Scudodiquercia è sopravvissuta >> osservò Bard stupito. 

<< Sopravvissuta? Vuoi dire che c’è un mucchio di nani con tutto quell’oro? >> chiese Alfrid incredulo. 

Sia Bard che Beth gli scoccarono un’occhiata di rimprovero. Con tutti che i problemi che dovevano affrontare, quel bastardo pensava solo all’oro. 

<< Io non mi preoccuperei Alfrid! C'è abbastanza oro in quella Montagna per tutti >> gli rispose Bard. 

<< Sarà meglio che vada. Loro non sanno che sono qui >> affermò Beth. << Cercherò di portarvi un altro carico >>. 

<< Grazie Miss Lomien >>. 

<< Beth >> lo corresse lei. 

Preferiva usare la formalità con chi non aveva molta confidenza. 

<< Beth >> ripeté l’uomo. 

Corse si sotto e dopo aver salutato Bain e le sue sorelle, prese i carri rimasti vuoti e tornò alla Montagna. 

Arrivò appena in tempo, perché l’effetto del distillato stava finendo e i carri divennero sempre più pesanti ad ogni passo. 

Trovò tutti i nani affaccendati che riempivano delle carriole con grosse macerie. 

<< Beth, sei tornata! >> esclamò Kili. 

<< Ma che state facendo? >>. 

<< Thorin vuole chiudere l’ingresso >> gli rispose grave. 

<< Cosa? >>. 

Rimase incredula per quell’affermazione e vide i nani posare a terra le macerie, mettendole una sopra all’altra. Stavano ostruendo il passaggio con un muro spesso almeno un metro. In questo modo non sarebbe mai riuscita ad uscire e tornare a Dale. 

Andò a cercare Thorin e non appena svoltò l’angolo, lo trovò subito. 

<< Dove sei stata? >> le chiese severamente. 

<< All’improvviso ti interessa dove vado? >> ribattè lei scontrosa. 

<< Dove sei stata?! >>. 

<< Fuori! A dare una mano a quegli sventurati. Cosa che avresti dovuto fare tu stesso >>. 

Thorin continuò a guardarla storto. 

<< Domani tornerò là >> dichiarò e fece per andarsene, ma Thorin le rispose, << Tu non uscirai domani! >>. 

Lei non gli diede ascolto e continuò a camminare. 

<< Beth! Te lo proibisco! >>. 

Fu quest’affermazione a fermarla. “Non ho sentito bene” pensò Beth e si girò verso di lui. 

<< Scusami? >>. 

<< Ha sentito bene! Resterai qui! >>. 

Beth tornò indietro e quando gli fu abbastanza vicina, gli rispose con rabbia, << Non sei il mio re, Thorin! Non mi terrai chiusa qui dentro! Io domani torno a Dale ad aiutare Bard, che ti piaccia o no! >>. 

Notò lo stupore nei suoi occhi e aggiunse, << Sì, è ancora vivo. Lo ha ucciso lui il drago >>. 

A quel punto gli diede le spalle, ma lui la prese per un braccio e con uno strattone, la sbatté contro la parete. 

<< Se quell’uomo ti si avvicinerà di nuovo, lo ucciderò >> le sussurrò minaccioso. 

Le sue mani la inchiodarono al muro, tenendola ferma per le spalle. Dopo un tempo che le parve non finire mai, la lasciò andare malamente e si incamminò alla porta.  

Beth rimase lì dov’era, incapace di muoversi e con gli occhi sgranati. Sudava freddo e il cuore le martellava nel petto. Si rese conto di aver avuto paura di lui; ne aveva avuta così tanta che la sua mano si era chiusa attorno all’elsa di uno dei suoi coltelli. Si sedette a terra con le gambe che tremavano terribilmente per lo spavento. 

Thorin l’aveva appena minacciata!  

Sentì la sua voce dietro la parete, ordinando ai nani di continuare a lavorare. 

<< La fortezza deve essere sicura entro l’alba! Questa Montagna è stata appena ripresa, non permetterò che venga riconquistata! >>. 

Solo Kili ebbe il coraggio di obbiettare. 

<< Quelli di Pontelagolungo non hanno nulla! Sono venuti da noi per bisogno. Hanno perso cosa! >>. 

Ma Thorin non volle sentire ragioni. 

<< Tu non dire a me, loro cosa hanno perso. Conosco piuttosto bene le loro avversità. Chi è sopravvissuto al fuoco del drago dovrebbe gioire. Ha molto per cui essere grato >>. 

“È pazzo! È completamente pazzo!” pensò Beth, inorridita da tutto quell’egoismo. 

<< Altre pietre! Portate altre pietre alla porta! >>. 

Nessuno ebbe il coraggio di contestarlo e mentre il muro si innalzava sempre di più, Beth rimase lì seduta per terra, incapace di alzarsi. 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 - La battaglia imminente ***


Capitolo 26 

La battaglia imminente 

 

Aveva gli occhi semichiusi per essere stata sveglia per tutta la notte e palpebre erano diventate secche e pesanti. Era rimasta lì seduta tutto il tempo ad osservare la parete di fronte a lei e tremava terribilmente dal freddo. Il distillato del giorno prima, l’aveva resa immune al gelo, oltre a garantirle la superforza ed era andata a Dale con le braccia scoperte, senza alcun problema.  

Non fece che pensare agli eventi di ieri notte: Thorin che la sbatteva contro la parete con forza, facendole raggelare il sangue con quegli occhi violenti e privi di luce. 

E mentre si strofinò le braccia emise dei gemiti di dolore, perché nel punto in cui Thorin l’aveva afferrata c’erano dei segni neri. Aveva stretto così forte da averle lasciato dei lividi! 

Ogni volta che li sfiorava, le dolevano molto e rimase lì a fissarli, non riuscendo a credere ai propri occhi. 

“Lui non può farmi del male. Non può …”. 

Si alzò in piedi con la schiena indolenzita, rimasta appoggiata alla parete per molto tempo e tornò all’ingresso. 

I nani Bilbo erano rimasti lì anche loro a lavorare e ora vi era un solido muro di pietra che bloccava l’entrata. Le basto un’occhiata per arrivare ad odiarlo subito. Era l’unico accesso che conosceva! “E adesso come faccio?”. 

Mentre i nani si affaccendavano con le armi, arrivò Thorin tutto agitato. La sorpassò senza degnarla di uno sguardo, come se fosse stata invisibile. 

<< Venite >> chiamò e Dwalin e i suoi nipoti salirono in cima al bastione. 

Presa dalla curiosità, salì anche lei le scale e quando li raggiunse, scoprì cosa stava succedendo. 

Davanti a loro, non molto distante, vi era un’armata di elfi che si ergeva nella città di Dale. 

Questo non le fece pensare a niente di buono. Con la morte del drago e la Montagna Solitaria tornata libera, la voce si era sparsa velocemente e ora tutti erano lì per una parte del tesoro. La situazione era più delicata del previsto e Beth sperò vivamente di evitare uno scontro inutile.  

Lungo la strada apparve un uomo in groppa a un cavallo bianco e solo quando arrivò di fronte all’entrata della Montagna lo riconobbe. 

<< Salute Thorin, figlio di Thrain! Lieti di trovarti vivo oltre ogni speranza! >> annunciò Bard. 

Thorin, però, non fu molto felice del suo arrivo. 

<< Perché venite alle porte del Re Sotto la Montagna armati per la guerra? >> gli domandò sospettoso. 

<< Perché il Re Sotto la Montagna vi si rinchiude dentro! Come un rapinatore nel suo covo! >> ribatté l’uomo. 

<< Forse perché mi aspetto di essere derubato >>. 

Bard riuscì a non farsi vincere dalle emozioni e mantenne un atteggiamento rispettoso. 

<< Mio signore, non siamo venuti per rapinarti, ma per cercare un equo accomodamento. Non vuoi parlare con me? >>. 

Thorin scambiò un’occhiata dubbiosa con gli altri tre nani, poi annuì e fece un cenno a Bard, consentendogli di avvicinarsi.  

Beth fu l’ultima a scendere: un po’ perché venne distratta da un corvo che aveva appena spiccato il volo dal bastione, un po’ perché dopo gli eventi di ieri sera, temeva che Thorin avrebbe fatto qualcosa di sconsiderato. Si era perfino scansata, quando le si era avvicinato troppo. 

Scendendo le scale, vide Thorin davanti a lei appoggiato ad una fessura nel muro. 

<< Ti ascolto >> lo sentì mormorare.  

La voce di Bard entrò dalla fessura. 

<< A nome di Pontelagolungo, io chiedo che tu onori la tua promessa. Una parte del tesoro in modo che possa ricostruirsi una vita >>. 

<< Io non tratterò con nessun uomo, finché un’armata sosta davanti alla mia porta >> rispose Thorin. 

<< Quell’armata attaccherà la questa Montagna se non arriviamo a un accomodamento >> lo avvertì gravemente. 

Thorin negò con la testa e con un tono annoiato disse, << Le tue minacce non mi scalfiscono >>. 

“Ma quali minacce? Non vedi che ti sta mettendo in guardia?”. 

<< Ma la tua coscienza non ti dice che la nostra causa è giusta? Il mio popolo ti ha offerto aiuto e in cambio hai portato sopra di lui solo rovina e morte! >> gli rispose l’uomo risentito. 

Thorin non prese bene quell’accusa, sebbene fosse la verità e anche lui alzò la voce. 

<< Quando Pontelagolungo è venuta in nostro aiuto prima della promessa di un ricco premio?! >>. 

<< Un patto è stato stretto! >>. 

<< Un patto? Quale scelta avevamo se non barattare il nostro privilegio con coperte e cibo? Riscattare il nostro futuro in cambio della nostra libertà?! Tu lo chiami un equo scambio? >>. 

Ci fu una pausa, finché Thorin non ruppe il silenzio. 

<< Dimmi, Bard l’Ammazzadrago, perché dovrei onorare tali termini? >>. 

<< Perché tu ci hai dato la tua parola! >> gli rispose Bard. 

All'improvviso Beth notò un cambiamento quasi impercettibile nell’atteggiamento di Thorin. Lo vide abbassare gli occhi confuso, come se stesse cercando di ricordare qualcosa di importante. 

<< Questo non significa niente per te? >>. Thorin si nascose dalla vista di Bard, spostandosi dalla fessura. Rimase con la schiena appoggiata alla parete a guardare gli altri indeciso. 

Beth sentì una tensione palpabile, rimanendo con il fiato sospeso. Sembrava che si stesse finalmente riprendendo, che si stesse rendendo conto di cosa stesse succedendo. Lei sperò, pregò che fosse così, ma … 

<< Vattene! Prima che volino le frecce! >> urlò Thorin e Bard diede un pugno alla parete prima di salire in groppa al cavallo e tornare a Dale. 

Beth guardò il nano delusa e corse sopra il bastione a osservare Bard allontanarsi dalla Montagna. 

Tutti i nani la imitarono assieme a Bilbo, assicurandosi che l’uomo se ne stesse andando. Non vide nemmeno l’ombra di rimorso in Thorin. 

<< Sei impazzito per caso? >> lo accusò, non riuscendo più a trattenersi. << Tu non puoi andare in guerra! >>. 

Thorin rimase di spalle, << Questo non ti concerne >>. 

Ma a quel punto anche Bilbo non ce la fece più di tutta quella situazione. 

<< Scusa ma, nel caso non lo avessi notato, c’è un’armata di elfi là fuori! Per non parlare di varie centinaia di pescatori arrabbiati! Siamo, in effetti, meno numerosi >>. 

Thorin si girò verso di loro con uno strano sorrisetto soddisfatto. 

<< Non per molto ancora >>. 

<< E questo che vorrebbe dire? >> gli chiese Beth confusa. 

<< Vuol dire … >> le rispose Thorin avvicinandosi, << … che non dovete mai sottovalutare i nani >>. 

Lei, però, non capì comunque di che cosa stesse parlando. E poi aveva qualcosa di strano negli occhi, che non le piacque affatto. 

Dopodiché Thorin si rivolse a tutti i presenti. 

<< Abbiamo rivendicato Erebor. Ora la difendiamo >>. 

Tutti si guardarono preoccupati dopo che se ne fu andato, specialmente Beth e Bilbo. Nessuno dei due aveva partecipato ad una vera battaglia. Fino ad ora avevano dimostrato di saper combattere piuttosto bene, ma non era la stessa cosa. E i nani sapevano che erano soli a combattere per una causa a dir poco folle, eppure non avevano il coraggio di contestare Thorin! 

***************** 

Per tutto il giorno si precipitarono e si organizzarono per la guerra: scesero nell’armeria e scelsero varie armi e armature, per poi spolverarle, lucidarle e affilarle con foga. 

Beth si era seduta su uno sgabello in disparte e tormentarsi le mani e spremersi le meningi. Cercò di pensare a qualcosa, a qualunque cosa, per fermare tutto questo, ma l’agitazione glielo impedì. 

<< Beth! Vieni, io e Kili vogliamo mostrarti una cosa! >> la chiamò Fili e senza entusiasmo, si alzò e lo seguì. 

Dopo aver svoltato l’angolo, le mostrarono la sorpresa per lei. 

<< Un'armatura? >>. 

<< Certo! >> esclamò Kili, << Non vorrai andare in battaglia senza un minimo di protezione! >>. 

Di fronte a lei c’era un manichino che sorreggeva in piedi un’armatura di cuoio e ferro. Era piuttosto semplice, ma Beth ne fu subito conquistata. 

<< Non vuoi provarla? >> le chiese Fili. 

Kili le consegnò una tunica bianca a maniche lunghe e dopo che se la mise sopra la camicia, la aiutarono ad indossare l’armatura. 

Le applicarono i gambali, le spalliere, le gomitiere e la corazza. Si sentì un po’ stringere dappertutto, ma si abituò subito. Trovò l’armatura piuttosto comoda e la taglia era semplicemente perfetta! Fili le legò la cintura attorno alla vita con i suoi coltelli e Kili le porse una spada. Non era troppo lunga, ma Beth la provò tagliando l’aria con dei fendenti e anche se non aveva combattuto molto con la spada, si adattò perfettamente al suo braccio. Era agile e leggera, di un acciaio solido e luccicante, con l’elsa colma di sottili rifiniture d’oro.  

Se la legò dietro la schiena e quando Fili le mise inaspettatamente un elmo sulla testa, la accompagnò insieme a Kili di fronte ad un enorme specchio. Non riconobbe affatto: il suo riflesso era l’immagine di un guerriero forte e imponente, pronto a scendere in battaglia in qualsiasi momento. Al collo il suo rubino scintillava sul pettorale di cuoio. 

<< Wow >>, fu tutto quello che riuscì a dire.  

Cosa che soddisfò molto Fili e Kili, poi anche loro si misero le proprie armature. 

Lei rimase lì incantata a guardarsi allo specchio, finché non vide Thorin alla sua sinistra. Anche lui indossava un’armatura: tutta dorata e lucente, dall’aspetto piuttosto pesante. 

Non si mossero, non parlarono … semplicemente guardarono il riflesso dell’altra. Per un momento le sembrò che stesse per dirle qualcosa, ma poi se ne andò e ne rimase delusa. Prima non riuscivano a stare lontani; adesso si ignoravano. Anzi, si evitavano! 

Beth staccò gli occhi dallo specchio e decise di provare a interagire con lui, ancor auna volta. 

<< Mastro Baggins! Vieni qui! >> chiamò Thorin a voce alta. 

Bilbo si avvicinò timidamente e quando gli fu di fronte, Thorin gli porse una cotta bianca e luccicante come un diamante. 

<< Avrai bisogno di questa. Indossala >>. 

Bilbo si tolse velocemente il cappotto e con l’aiuto di Thorin se la infilò. 

<< Questa cotta è fatta di acciaio argentato. Mithril, fu chiamata dai miei progenitori. Nessuna lama può trafiggerla >>. 

Per i nani il mithril era più prezioso dell’oro! Il fatto che Thorin lo donasse a quel piccolo hobbit, dimostrava quanto affetto e rispetto provasse per lui. 

<< Sembro ridicolo. Non sono un guerriero, sono hobbit >> disse Bilbo imbarazzato, ma Thorin affermò con decisione, << È un dono, in segno della nostra amicizia >>. 

E Beth vide di nuovo quella sottospecie di “risveglio”. Sembrava il solito Thorin che conosceva e la sua voce era calma e sincera. Ma l’ombra ricadde sui suoi occhi. 

<< I veri amici sono difficili da trovare >>. 

Detto ciò prese Bilbo per una spalla e lo portò in un angolo buio, lontano dagli altri. Per un momento Beth temette che volesse fargli qualcosa e senza farsi vedere, si mosse furtiva nella penombra. Si nascose dietro ad una colonna, aguzzando le orecchie. 

<< Sono stato cieco, ma ora comincio a vedere. Sono stato tradito! >>. 

<< Tradito? >> chiese Bilbo senza capire. 

<< L’Arkengemma! Uno di loro l’ha presa! Uno di loro è un ingannatore >>. 

La sua voce era poco più che un sussurro, ma si distingueva chiaramente la diffidenza che il nano provava in quel momento. 

<< Thorin, l’impresa è compiuta. Hai avuto la Montagna, non è sufficiente? >>. 

Bilbo tentò di farlo ragionare, ma Thorin non sentì nemmeno una sillaba delle sue parole. 

<< Tradito dai miei familiari. Perfino lei sta tramando contro di me >>. 

Beth ammutolì nel sentirsi chiamarsi in causa. “Cosa?”. Nemmeno di lei si fidava più? Dopo tutto quello che avevano passato insieme, come poteva solo pensare una cosa del genere?! 

<< Ora tu hai fatto una promessa alla gente di Pontelagolungo. Questo tesoro vale veramente più del tuo onore? Del nostro onore, Thorin! Ero presente anch’io! Ho dato la mia parola! >>. 

<< Di questo ti sono grato. Nobile atto il tuo, … >> confessò Thorin sincero e per la terza volta, la sua voce si riaccese per poi spegnersi subito dopo, << … ma il tesoro di questa Montagna non appartiene al popolo di Pontelagolungo. Quest'oro è nostro. È solo nostro >>. 

E la sua voce divenne sempre più avida, quasi mostruosa. 

<< Lo giuro sulla mia vita: io non mi distaccherò da una sola moneta. Neanche da un singolo pezzo di esso >>. 

Quando i nani li superarono in fila armati fino ai piedi, Thorin si diresse con loro verso l’ingresso e Bilbo rimasto solo, scoprì Beth dietro la colonna. 

<< Beth? >>, ma lei non gli rispose e con il morale a terra se ne andò pure lei. 

Si chiuse nel laboratorio e si tolse l’armatura con rabbia, sbattendola sopra il tavolo. 

Rimase seduta sulla panca con le braccia e le gambe incrociate, pensando che ormai fosse tutto finito. Non c’era più niente da fare e la guerra era alle porte … letteralmente! 

Si sentì inutile; era l’unica che poteva fare qualcosa, qualunque cosa, ma non sapeva come! Se ne stava lì a piangersi addosso.  

Qualcuno bussò alla porta, ma lei non rispose. Non era in vena di parlare con nessuno in quel momento. La porta venne spinta leggermente in avanti ed entrò Bilbo. 

<< Beth? >> la chiamò, ma lei non aprì bocca e continuò a tenere la testa bassa sconsolata. 

<< Non diceva sul serio >> tentò di dire, ma lei sospirò pesantemente. “Sì, invece”. 

<< Lo hai visto anche tu, non negarlo! È solo per poco, ma ci sono momenti in cui Thorin ritorna in sé! Non è ancora finita, sono certo che puoi fare qualcosa! >> insistette Bilbo. 

Beth alzò finalmente lo sguardo e gli prestò attenzione. Invidiò la sua voglia di riprovarci ancora. 

<< E come Bilbo? Le ho provate tutte e non ho ottenuto alcun risultato. E sono stanca! Molto stanca! Sono a corto di idee, ma se nei hai qualcuna sotto tutta a orecchi >> gli rispose esasperata. 

A quel punto Bilbo fece una faccia strana, incerto se dirle qualcosa o no, ma alla fine aprì bocca. 

<< In realtà … non le hai provate tutte >>. 

Beth non capì di cosa stesse parlando e lo studiò confusa. 

<< Che vuoi dire? >>. 

Lo hobbit si girò indietro osservando la porta con sospetto, come se temesse che qualcuno li stesse spiando e andò a chiuderla, girando la chiave nella serratura. 

“Ma che sta facendo?”. 

Quando si rigirò verso di lei, le confessò, << Devo dirti una cosa >>. 

Sembrava un bambino colto sul fatto dopo aver combinato un guaio. 

<< D’accordo >> gli rispose perplessa. 

Bilbo si diresse verso il tavolo con decisione, rumò tra le tasche e tirò fuori un pezzo di stoffa racchiuso su sé stesso. C'era qualcosa dentro. 

Lo hobbit lo appoggiò sul tavolo e quando lo aprì, Beth si alzò a sedere di scatto, con la schiena dritta e gli occhi sgranati.  

Davanti a lei c’era una grossa gemma ovale, grossa come una mela e bianca come il ghiaccio. Dal suo interno venivano emanate delle luci azzurrine, rosa e arancioni che brillavano ardentemente come un milione di stelle nel cielo notturno: l’Arkengemma! 

<< L’ho trovata quando il drago si è svegliato >> ammise Bilbo colpevole. 

Quindi ce l’aveva sempre avuta lui per tutto il tempo! Non credeva ai suoi occhi. 

<< Tu hai mentito a Thorin? >> chiese incredula. 

<< Io non ho mentito! >> rispose lui risentito, << Semplicemente non gli ho detto nulla >>. 

<< Bilbo! >>. 

<< Lo so, lo so! >> non ne avevo il diritto >> la interruppe lui. 

<< Io volevo dargliela, ma dopo quello che ha detto Balin … >>. 

Beth si passò le mani in volto agitata. 

<< A parte me lo sa qualcun’altro? >> gli domandò timorosa. 

Ci mancava solo che diventasse una sospettata a tutti gli effetti. 

<< No. Non l’ho detto a nessuno >> affermò Bilbo. 

<< E perché l’hai mostrata a me? >>. 

<< Gli altri sono molto legati a Thorin, forse fin troppo. Non credo che saprebbero tenere la bocca chiusa >>. 

“Non ha tutti i torti”. 

<< Non vorrai darla a me, vero? >> domandò timorosa. 

Non voleva neanche toccare quella … cosa. Figurarsi a nasconderla da Thorin in preda alla paranoia. 

<< Non voglio darla a te, Beth. Voglio darla agli elfi! >> le rispose deciso e Beth rimase senza parole. 

<< Cosa? >>. 

<< Lo consegnerò a Bard e Thranduil, sta notte >>. 

Lei rimase lì a guardarlo basita.  

<< Vuoi farti ammazzare per caso? >>. 

<< No! Certo che no! >>. 

Era così agitata, che le scappò una risata nervosa. 

<< Tu devi essere impazzito! >> gli rispose.  

Lui non ci trovò niente da ridere. 

<< Va bene! Va bene! Hai la mia attenzione. Quale sarebbe questo tuo grande piano, sentiamo! >>. 

<< Senti: gli uomini del lago vogliono la loro parte del tesoro, giusto? Thorin, invece, desidera ardentemente questa pietra >>, cominciò a spiegarle, ma Beth lo interruppe. 

<< Sì, ma sembra che tu ti sia dimenticato un piccolo dettaglio. Se questo affare finisce nelle sue mani, è finita. E quelli di Pontelagolungo non vedranno neanche l’ombra di una moneta. Non manterrà affatto la promessa >>. 

<< No. Ma se gli venisse proposto uno scambio? >> ipotizzò lo hobbit e Beth si fece più attenta. 

<< Uno scambio? >> ripetè. 

<< L’Arkengemma in cambio del tesoro. Thorin non rinuncerà mai a questa pietra! Sono sicuro che cederà e aprirà le porte. E la guerra sarà evitata >>. 

Quel ragionamento non faceva una piega, ma non bastò a convincerla. 

<< E se perde la testa e ti uccide? >>. 

<< Non succederà! >> affermò deciso. 

Beth abbassò gli occhi sull’Arkengemma.  

Tutto ciò che riuscì a pensare, era che fosse una pessima idea e temeva per quel suo piccolo amico. Era l’unico di cui Thorin si fidasse in quella Montagna; sarebbe stato uno shock per lui se lo avesse saputo e aveva paura. 

Dovette ammettere però, che non c’erano altre carte da giocare. 

Dopo un lungo sospiro, gli rispose senza entusiasmo, << Sì, facciamolo >>. 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 - L'Arkengemma ***


Capito 27 

L'Arkengemma 

 

Quando si fece mezzanotte, il buio era calato da ore, ma tutti erano rimasti svegli, indaffarati per la battaglia imminente. 

Beth e Bilbo avevano aspettato nel laboratorio, impazienti e agitati. Lei continuò a pensare che fosse una pessima idea, ma ormai avevano deciso e non si tornava indietro. 

<< Andiamo, forza >> disse a Bilbo e nascose l'Arkengemma nella tasca del suo cappotto, al sicuro da occhi indiscreti. 

Beth girò la chiave nella serratura, aprì la porta e camminarono spediti lungo il corridoio. Superarono il salone delle fontane e scesero le scale verso l’ingresso. 

Beth prese di nascosto una corda e quando salirono sul bastione la legarono stretta ad un anello di ferro, incastonato nella pietra. La calarono di sotto e si scambiarono un augurio di buona fortuna. Poco prima, Beth gli aveva ricordato di come Thorin fosse diventato diffidente quando era andata a Dale a sua insaputa, così avevano deciso che sarebbe andato solamente Bilbo, per non destare altri sospetti. 

<< Stai attento >> gli disse preoccupata. 

<< Non preoccuparti >> le rispose e afferrò la corda, lasciandosi calare oltre il muro. 

Lo vide atterrare e sgattaiolare furtivo verso Dale e non gli staccò gli occhi di dosso, finché non scomparì dalla sua vista nel buio. Tirò su la corda e la nascose, attendendo nervosa il ritorno di Bilbo.  

Non riusciva a stare ferma e camminava avanti e indietro, tormentandosi le mani. Sperò che quel piano assurdo funzionasse, perché non ne aveva altri di riserva.  

Improvvisamente, sentì un urlo furioso di sotto. Thorin era con Fili, Kili, Balin e Dwalin. Non capì cosa si stessero dicendo, ma si vedeva chiaramente che cercavano di dirgli qualcosa e che lui non voleva sentire ragioni. 

Cominciò a montarle un’immensa rabbia, non sopportava più quell’atteggiamento, quella situazione … E senza farsi vedere, scese dalle scale, addentrandosi dentro la Montagna. 

Passò nella saletta dove era stata pochi giorni fa e trovò a terra un grande cesto di vimini. Lo prese e scese di sotto, dove si trovava il tesoro. 

Per un momento esitò, poi procedette. Appoggiò un piede sopra le monete con delicatezza, come se temesse che il metallo potesse ustionarla. Poi mise l’altro, fece qualche passo e si inginocchiò, afferrando le monete sotto di lei con un pugno. Quando aprì la mano, sul suo palmo scintillarono una dozzina di monete d’oro fredde come il ghiaccio, un paio di smeraldi e un diamante. 

Erano così belle e così tentatrici. Potevano essere usate per ricostruire delle vite, ma allo stesso tempo portavano caos e diffidenza su chi li possedeva. 

Senza alcun indugio, Beth le gettò dentro il cesto e cominciò a riempirlo fino all’orlo. Fu difficile sollevarlo, era maledettamente pesante. Ogni due rampe di scale lo riappoggiava a terra, alcune monete cadevano e lei si ritrovava con le braccia dolenti e il fiato corto. 

Finalmente arrivò in cima al bastione e svuotò il cesto, gettando l’oro nel fossato. Si accertò se Bilbo fosse tornato, ma non lo vide nei paraggi. Così ritornò nel salone del tesoro e riempì di nuovo il cesto, per svuotarlo nel fossato. Fece lo stesso un’altra volta, poi un’altra, e poi un’altra e un’altra ancora … 

Andò avanti così, finché non incontrò Bofur in cima al bastione, a montare la guardia. 

Quando la vide, le domandò, << Sai dov’è Bilbo? >>. 

<< Non ne ho idea >> mentì lei e con un grande sforzo, appoggiò il cesto sul bordo del bastione. 

<< Che stai facendo? >>. 

<< A te che sembra? >>. 

Senza guardarlo in faccia lo svuotò, buttando l’oro di sotto. 

<< Non puoi farlo! >> esclamò Bofur sconvolto. 

<< Sto per iniziare il dodicesimo giro; posso farlo eccome >> ribatté lei. 

<< Non credo che sia una buona idea. Beth? >>. 

Bofur tentò di farla ragionare, ma lei non lo ascoltò e iniziò a scendere le scale. 

<< Beth, andiamo! Thorin non la prenderà bene, se ti scopre! Così finirai solamente per cacciarti nei guai >> insistette lui, venendole dietro. 

A quel punto Beth si voltò rabbiosa verso di lui, facendolo sobbalzare. 

<< Non mi importa, lui fa sempre così!!! Le ho provate tutte con lui, ma ora basta! Io non ce la faccio più! Svuoterò quella sala fino all’ultimo ninnolo se sarà necessario, con o senza il vostro aiuto! >>. 

Detto questo se ne andò, lasciando Bofur da solo. 

Fece avanti e indietro un altro paio di volte, madida di sudore e si rese conto che erano quasi le due del mattino. 

Alla terza volta, Bofur aveva finito il suo turno di guardia e non c’era più. Dopo aver svuotato il cesto, vide qualcosa sotto di lei che avanzava, ma fu sollevata nello scoprire che era solo Bilbo. Gettò di sotto la corda e lo hobbit vi arrampicò con fatica. Gli porse una mano quando arrivò in cima, aiutandolo a scavalcare il bordo. 

<< È fatta! >> affermò esausto. 

<< Bene. Sarà meglio che tu vada dagli altri, prima che si insospettiscano troppo >> gli rispose e insieme discesero le scale. Bilbo fu confuso nel vederla se pararsi da lui con il cesto in mano. 

<< Tu non vieni? >> le domandò. 

<< Devo fare una cosa >> gli rispose vaga, << Tu vai, ti raggiungo dopo >> e proseguì. 

Ritornò a camminare sopra le monete e ancora una volta, riempì il cesto. 

Fece per sollevarlo, quando una voce la sorprese alle sue spalle. 

<< Posa quel cesto >> l’avvertì Thorin scuro in volto. 

Lei, invece, lo sollevò e gli rispose con un secco << No >>, mentre lo sorpassò. 

<< Posa quel cesto! >> ripeté. 

<< No! >>. 

Accelerò il passo e salì di corsa le scale, mentre Thorin la seguiva a ruota. 

<< Beth! Non abusare della mia pazienza! >> insistette lui, ma questa volta non riuscì a spaventarla come aveva fatto la notte prima. 

Beth buttò con rabbia la cesta, facendo cadere fuori alcune pietre e monete. 

<< LA TUA PAZIENZA?!! >> ruggì e prese dal cesto un candelabro, lanciandoglielo addosso. 

Thorin alzò un braccio e si parò la faccia dal corpo, rimanendo sorpreso da quel gesto improvviso. Beth non riuscì più a trattenersi. 

<< Ascoltami bene, nano. Siamo rintanati dentro questa Montagna come topi da giorni, stiamo per affrontare una guerra che non possiamo vincere e tu non hai fatto altro che pensare solo a questo maledetto tesoro! Se c’è qualcuno che ha esaurito la pazienza qui, sono io! Ma ti sei guardato? Ti ascolti quando parli? Thorin tu sei malato! >>. 

Gli urlò in faccia la verità pura e semplice, la stessa che nessuno aveva avuto il coraggio di dirgli. 

Tghorin la fissò incredulo, ma ritornò ad incupirsi quando Beth gli puntò un dito accusatore sibilando, << Sei soltanto un drogato! >>. 

Thorin avanzò di un passo per quell’accusa. 

<< Io sono il Re Sotto la Montagna e non permetterò a nessuno di portare il nostro oro fuori da qui. Compresa te! >>. 

Nonostante quella minaccia, Beth non si spaventò neanche un po’. Anzi, avanzò anche lei e quando gli fu di fronte, gli rispose, << Hai detto di non essere come tuo nonno. E invece, sei esattamente come lui >>. 

Senza aggiungere altro, gli voltò le spalle e riprese il cesto, salendo gli ultimi gradini. 

Incrociò Fili e Kili, che le chiesero cosa fosse successo ma lei li superò, senza dare una risposta. 

Non mancava molto all’ingresso e un’altra manciata d’oro se ne sarebbe andata. 

<< BETH!!! >>. 

Sentì una presa ferrea stringersi sul suo braccio all’improvviso, che la fece voltare all’indietro con uno strattone e poi … fu tutto buio. 

Si svegliò con un forte dolore alla testa. Si ritrovò distesa per terra con la vista annebbiata, circondata dalle monete cadute assieme a lei e poco distante c’era il cesto rovesciato a faccia in giù. 

Riconobbe Fili e Kili, inginocchiati accanto a lei, che la scuotevano delicatamente per le spalle. L'aiutarono a mettersi seduta, ma si premette la fronte dopo aver sentito una fitta terribile. 

Qualcosa di umido e caldo le colò tra le dita e quando scostò la mano, scoprì che era impregnata di sangue. Il suo sangue! Rimase lì a fissarlo inorridita. La mano prese a tremare e dalla sua bocca uscirono solo dei gemiti. 

Fili e Kili le parlarono, ma lei non riuscì a sentire le loro voci. 

Quando sollevò lo sguardo, Thorin era in piedi di fronte a loro con il candelabro in mano, sporco di sangue. Dopo che Beth glielo aveva lanciato contro, lui doveva averlo preso, per poi usarlo per colpirla!  

Thorin, per un momento, sembrò tornare in sé e spostò gli occhi da lei al candelabro che stringeva. Anche lui parve incredulo, non riuscendo a capire come fosse successo e buttò per terra l’oggetto. 

Beth, invece, non riuscì a muovere un muscolo. Le venne in mente l’omicidio di suo padre e realizzò che anche lei aveva appena rischiato di fare la stessa fine: era stata colpita alle spalle da un nano! Voleva alzarsi e scappare via, ma le gambe non rispondevano da quanto fosse terrorizzata! 

<< Che cosa hai fatto? >> esclamò Kili a Thorin. 

<< Che cosa hai fatto! >> ripeté furioso e con l’aiuto di Fili la sollevarono in piedi, portandola via. 

Era così scioccata, che a stento riusciva a camminare da sola. 

Fili e Kili la reggevano con forza, mentre percorrevano il corridoio. Continuarono a ripetere quanto gli dispiacesse; che non era una ferita di grave; che andava tutto bene …  

E tutto a un tratto Beth scoppiò in lacrime, urlando istericamente. A causa dello shock non riuscì nemmeno a dimenarsi. 

Quando entrarono in una stanza accanto all’ingresso, sentì Fili chiamare Oin. 

<< Oin, le bende! Prendi le bende! >>. 

Tutti i nani si alzarono in piedi, preoccupati nel vedere Beth in quello stato. 

<< Che diamine è successo? >>. 

<< È stato Thorin! >>. 

<< Che cosa? >>. 

<< Il taglio non è profondo. Non è grave >>. 

<< Beth, va tutto bene! Ora ci pensiamo noi a te >>. 

<< Mettetela qui, forza! >>. 

Beth sentì un mucchio di voci da tutte le parti, mentre la facevano sedere su una sedia di legno. Non fece che strillare e piangere, senza riuscire a capire più niente. Le sollevarono la testa e le tamponarono il taglio con delle bende pulite e un pacco di stoffa piena di neve. Fili e Kili rimasero al suo fianco per tutto il tempo, stringendole le mani; Oin le bendò il taglio con molta cura; Bilbo le mise addosso una coperta e le pulì il sangue dalla faccia. 

Il dolore iniziò a diminuire e lei smise di urlare. Ma non aveva ancora la forza di alzarsi, così i nani l’aiutarono e la fecero stendere su un giaciglio improvvisato, sul quale si addormentò esausta. 

Si risvegliò sdraiata su un fianco, con la coperta allungata fino al naso. Gli eventi della notte prima le ritornarono in mente come un fulmine a ciel sereno e la ferita sulla fronte pulsava ancora, anche se non più come prima. 

Le lacrime cominciarono a scenderle dalle guance, mentre pensava disperata al modo in cui l’aveva colpita. 

Non aveva mai pensato che Thorin potesse arrivare a tanto e sapere che si era scagliato su di lei, faceva male. Molto male. 

Sobbalzò quando una mano le toccò la spalla. Per un momento pensò che fosse Thorin, venuto a lì per spaccarle la testa … 

<< Hei, calmati! Sono io >> era solo Bilbo. 

Non c’era nessuno con lui, erano soli. Beth si sdraiò di nuovo sul fianco, voltandogli le spalle. Voleva rimanere sola, non poteva farsi vedere così. Desiderò che se ne andasse, ma cambiò idea quando la sua mano si appoggiò di nuovo sulla sua spalla. 

Allungò la sua e gliela strinse con foga, mentre lo hobbit si sedette dietro di lei. Non le chiese niente, non parlò … La lasciò in pace, restando in silenzio. 

Beth gliene fu grata e ringraziò con il pensiero anche altri nani, che erano stati tanto premurosi con lei. E sfogò la sua rabbia, la sua paura, il suo dolore … 

Presto si calmò e Bilbo era rimasto dov’era, stringendole la mano. Si alzò a sedere e lo ringraziò con un cenno, tenendo la testa china. 

<< Dove … dove sono tutti? >> chiese con voce rotta, mentre si asciugava le lacrime con la manica. 

<< Sono tutti alla porta >> rispose grave. << Gli elfi sono arrivati >>. 

Entrambi si alzarono in piedi e si diressero verso la porta. 

Si era completamente dimenticata dell’armata di elfi! 

<< Spero che Gandalf ci aiuti >> mormorò Bilbo nervoso. 

<< Gandalf è qui?! >> esclamò lei. 

<< Sì, ma non so cosa farà esattamente >> le rispose. 

“Questo non è molto d’aiuto”. Arrivarono all’ingresso e iniziarono a salire le scale, ma Beth si paralizzò a metà strada quando vide Thorin. 

Tutti i nani erano armati fino ai denti affacciati dal bastione. 

Thorin aveva addosso la sua pesante armatura dorata, con un lungo mantello nero, un arco tra lei mani e una corona sulla testa. Si trovava sopra di lei e non la notò nemmeno, ma Beth non riuscì ad avanzare di un passo. 

Non osò neppure di avvicinarsi; Bilbo notò il suo atteggiamento e le indicò una scalinata laterale alla sua sinistra. Così scese le scale e risalì dall’altra parte. Arrivò in cima al lato sinistro del bastione e quello che vide le raggelò il sangue. 

Sotto di loro c’era un esercito di centinaia di elfi, con elmi e armature di bronzo dorato e mantelli color porpora. Al centro di essi erano presenti alcuni uomini di Pontelagolungo armati di bastoni, pale, spade e picconi, ma non erano nelle giuste condizioni per combattere una battaglia. 

Sopra ad un cavallo bianco e ad un alce con grandi corna, Bard e Thranduil avanzarono fianco a fianco verso di loro. Thorin impedì ad entrambi di avvicinarsi troppo, scoccando una freccia d’avvertimento ai loro piedi. 

<< La prossima ve la conficco negli occhi! >> gridò mentre incoccava un’altra freccia e i nani urlarono imprecazioni nella loro lingua contro di loro. 

Thranduil ghignò e gli elfi dietro di lui si prepararono a colpire con gli archi puntati in alto. Questo fu sufficiente per spaventare i nani, che si nascosero dietro il bastione accucciandosi. Anche Beth ebbe l’impulso di ripararsi dietro alla parete; Thorin, invece, fu l’unico che non si mosse, restando con l’arco teso. 

Beth si preparò alla raffica di frecce che stava per essere scagliata, ma non arrivò. Si sporse un po’ oltre il muro e vide gli elfi abbassare le armi. 

<< Siamo venuti a dirvi che il pagamento del nostro debito è stato offerto e accettato >> annunciò Thranduil. 

Thorin continuò a tenere l’arco puntato contro di lui. 

<< Quale pagamento? Io non vi ho dato nulla! Non avete nulla! >> ribatté con sicurezza. 

Thranduil scambiò un’occhiata d’intesa con Bard e quest’ultimo tirò fuori dalla tasca del suo cappotto l’Arkengemma. La sollevò in alto, in modo che tutti potessero vederla e Thorin ne rimase talmente stupito, che abbassò l’arco con gli occhi spalancati per l’incredulità. 

<< Hanno l’Arkengemma! Ladri! >> li accusò Kili, << Come avete ottenuto il cimelio della nostra casata?! Quella pietra appartiene al re! >>. 

<< E il re può averla! Con la nostra benevolenza >> rispose Bard e si rimise la pietra in tasca, mentre Thorin la guardava avido. 

<< Ma prima deve onorare la sua parola >>. 

Beth sperò che cedesse subito e invece, negò con la testa. 

<< Ci considerano stupidi >> sussurrò agli altri. << È un’astuzia. Una lurida menzogna >>. 

Poi tornò a rivolgersi a Bard e agli elfi. 

<< L’Arkengemma si trova in questa Montagna! È un trucco! >>. 

<< No, non … non è un trucco >>. 

Bilbo si fece avanti, uscendo allo scoperto. Beth sgranò gli occhi e cominciò a temere per lui. “Ma che stai facendo?”. 

<< La gemma è vera. Gliel'ho data io >> confessò. 

Thorin e tutti gli altri nani lo osservarono allibiti; non si sarebbero mai aspettati una cosa simile da lui. 

<< Tu? >>. 

Thorin ne rimase scioccato, quasi addolorato. 

<< Era la mia quindicesima parte >>. 

Nel frattempo, Beth si avvicinò al gruppo. 

<< Tu mi deruberesti? >>. 

<< Derubarti? No! No, sarò uno scassinatore, ma mi piace pensare di essere onesto >>. 

Beth si avvicinò ancora un poco, sfiorando l’elsa di un suo coltello con i polpastrelli. 

<< Sono disposto a lasciare che questa sia la mia unica pretesa >> ci tenne a precisare Bilbo. 

<< La tua unica pretesa. La tua pretesa >> ripeté Thorin minaccioso, << Non hai alcuna pretesa su di me, miserabile mezza tacca! >>. 

Bilbo indietreggiò di un passo, ma si ricompose subito. 

<< Avevo intenzione di dartela. Molte volte volevo farlo, ma … >>. 

<< Ma cosa, ladro? >>. 

<< Tu sei cambiato, Thorin! >> ribatté lo hobbit alzando la voce con lui. << Il nano che ho conosciuto a casa Baggins, non si sarebbe mai rimangiato la parola! >>. 

Ancora una volta, Thorin sembrò svegliarsi nel sentire quelle parole e lo fissò dubbioso. 

<< Non avrebbe mai dubitato della lealtà dei suoi familiari! E soprattutto, non avrebbe mai fatto del male alla sua donna! >>. 

Sentendosi chiamata in causa, Beth si sorprese. Tutti sapevano cosa le avesse fatto Thorin, ma nessuno aveva avuto il fegato di rinfacciarglielo. Si accorse che pure lei era lì e incrociò lo sguardo di Thorin amareggiata. 

Quando riportò la sua attenzione sullo hobbit, si rabbuiò di nuovo. 

<< Tu non venirmi a parlare di lealtà. Gettatelo giù dal bastione! >> ordinò. 

Bilbo sgranò gli occhi spaventato, proprio come i nani e Beth. 

Perfino Bard e Thranduil si preoccuparono. 

La ragazza si preparò per fermare chiunque avesse tentato di afferrare lo hobbit e buttarlo di sotto. Ma nessuno dei nani mosse un dito. 

Thorin prese furente Fili per un braccio, << Non mi avete sentito?! >>, ma lui si liberò dalla sua stretta, rifiutandosi di obbedire. 

<< Lo faccio da solo >> decise e afferrò Bilbo. 

Beth scattò in avanti, ma i nani le pararono involontariamente il passaggio, tentando di tenere lo hobbit lontano da Thorin. Purtroppo era stato più veloce di loro e riuscì a sollevarlo di peso. 

<< MALEDETTO TE! E MALEDETTO LO STREGONE CHE TI HA INSERITO IN QUESTA COMPAGNIA! >>. 

Stava per buttarlo dal bordo del bastione, quando venne fermato da una voce impetuosa, che Beth riconobbe subito. 

<< Se non ti piace il mio scassinatore, ti prego di non danneggiarlo! Restituiscilo a me! >>. 

Ringraziò infinitamente Gandalf per essere spuntato fuori. 

Thorin non lasciò la presa su Bilbo e osservò lo stregone sbalordito, non riuscendo a capacitarsi che anche lui gli fosse contro. 

<< Non stai facendo davvero una splendida figura come Re Sotto la Montagna. Dico bene? Thorin, figlio di Thrain >> gli fece notare, ma lui non lo lasciò. 

Fu allora che Beth si fece largo tra i nani e tentò di allontanare Thorin da Bilbo, spingendolo via. 

<< Non lo hai sentito? Lascialo subito! >>. 

<< Toglimi di dosso quelle mani >> le sibilò minaccioso. 

Beth si dimenticò della paura che aveva avuto verso di lui e gli puntò un coltello alla gola. 

<< Ho detto, lascialo subito! >> gli rispose con odio e Thorin lo lasciò andare malamente. 

Beth sollevò Bilbo da terra e insieme a Bofur lo accompagnò sul lato destro del bastione. 

<< Mai più farò accordi con gli stregoni o gli alchimisti! O i vermi della Contea! >> imprecò Thorin contro Gandalf e lei ne aprofittò per gettare di sotto la corda,ancora legata, che avevano usato la notte prima. Bilbo si calò senza indugio ma lei non lo seguì, rimanendo in disparte. 

<< Abbiamo risolto? La restituzione dell’Arkengemma in cambio di ciò che è stato promesso! >> domandò Bard. 

Thorin non rispose subito e si mise a guardare impaziente una collina accanto al lato della Montagna. 

<< Perché doveri ricomprare quello che era mio di diritto?! >>. 

E camminò avanti e indietro furente, come una belva in trappola. 

<< Tieni la pietra. Vendila! Ectelion di Gondor pagherà una bella somma per quella >> suggerì Thranduil a Bard con un sorrisetto beffardo. 

<< VI AMMAZZO! >> urlò Thorin nel sentire quelle parole. 

<< LO GIURO! VI AMMAZZO TUTTI! >>. 

Beth si scansava ogni volta che le si avvicinava troppo, ma non riuscì a capire perché continuasse a osservare quella collina. Sembrava che stesse aspettando qualcosa. 

<< Il tuo giuramento non vale niente! >> ribatté Thranduil e al suo comando gli elfi alzarono di nuovo gli orchi. 

Il piano di Bilbo era fallito e la situazione stava degenerando. 

<< Thorin, deponi le armi! Apri queste porte! Questo tesoro comporterà la tua morte! >> lo avvertì Gandalf, cercando di farlo ragionare. 

<< Thorin, non possiamo vincere questa battaglia! >> gli sussurrò Balin. 

Erano in tredici contro un esercito; l’esito era scontato e Beth non aveva intenzione di morire per quella pazzia. 

Tutti attesero una risposta. 

Vide Thorin abbassare lo sguardo sconfitto e per un momento sperò che cedesse. 

“Avanti! Arrenditi!”. 

<< Dacci la tua risposta! >> disse Bard. << Avrai pace o guerra? >>. 

Fu in quel momento che un corvo si posò sul bordo del bastione di fronte a Thorin. Quest'ultimo si illuminò di speranza e ritornò ad osservare la collina. 

<< Avrò guerra >>. 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 - La Battaglia delle Cinque Armate, parte 1 ***


Capitolo 28 

La Battaglia delle Cinque Armate, parte 1 

 

Si sentirono centinaia e centinaia di piedi marciare verso la Montagna. Quel suono si fece sempre più vicino e dalla collina spuntò fuori un’armata di nani, con grosse e spesse armature di ferro e scudi e lance tra le mani. 

Beth capì che Thorin aveva mandato una richiesta d’aiuto attraverso il corvo. Fuori dalle schiere vide uscire un nano in sella ad un grosso cinghiale. Aveva una folta barba rossiccia, una pesante pelliccia che gli ricopriva le spalle e nella sua mano destra stringeva un martello, grosso quasi quanto lui. 

<< È arrivato Piediferro! >> esultò Bofur assieme agli altri per l’arrivo dei rinforzi. 

Beth, invece, non lo fu affatto. Proprio ora che Thorin stava cedendo, dovevano arrivare! 

<< Hei, Thorin! >> gridò entusiasta Piediferro. 

L'armata dei nani si arrestò di fronte agli elfi. 

<< Chi diavolo è quello? >> sussurrò a Bofur vicino a lui. 

<< È Dain Piediferro, signore dei Colli Ferrosi >>. 

<< E che tipo di rapporto ha con Thorin? >>. 

<< È suo cugino >>. 

<< È suo … >> le parole le morirono in gola.  

“Siamo morti”. 

<< Buongiorno! Come andiamo tutti? >> salutò Dain allegramente. << ho una piccola proposta, se non vi dispiace concedermi qualche momento del vostro tempo. Potreste considerare … DI ANDARVENE IN MALORA?! TUTTI VOI! ORA, ORA! >>. 

Non appena Dain abbandonò le formalità, gli uomini iniziarono a indietreggiare intimoriti. Beth iniziò a temere il peggio. 

Gandalf si fece avanti e cercò di metterci una buona parola. 

<< Oh, avanti Lord Dain … >>. 

<< Gandalf il Grigio >> lo riconobbe Piediferro. << Dì a questa marmaglia di andarsene o annaffierò il terreno con il loro sangue! >>. 

<< Non c’è bisogno di una guerra tra nani, uomini ed elfi. Una legione di orchi giace sulla Montagna! Ritira la tua armata! >> insistette lo stregone. 

“Orchi?! Chi altro deve arrivare?”. Adesso Beth stava andando nel panico e il fatto che Dain non volesse sentire ragioni, non aiutava affatto. Di sicuro lui e Thorin avevano una cosa in comune: erano testardi come muli! 

<< Non mi ritirerò davanti a un elfo qualsiasi! Tanto meno a questo indifferente folletto dei boschi! >> rispose Dain, puntando il suo martello verso Thranduil. << Non desidera che sfortuna per il mio popolo! Se sceglie di mettersi fra me e i miei familiari, gli spacco quella testolina in due! >>. 

Thranduil lo guardava con un sorrisetto sprezzante. 

<< Vediamo se dopo ghigni ancora! >>. 

Detto ciò, spronò il cinghiale a girarsi e tornare verso i nani. 

<< Dain, aspetta! >>, ma Gandalf venne ignorato. 

<< Che avanzino! Vediamo fin dove arrivano >> lo sfidò Thranduil. 

Dain per tutta risposta esclamò, << Credo che mi importi un cane morto delle tue minacce, principessa dalle orecchie appuntite?!! >>. 

Quando raggiunse la sua armata, incitò i soldati. 

<< Sentito ragazzi? Ci siamo! Diamo a questi bastardi una bella batosta! >>. 

Beth sentì l’ansia crescere.  

Gli elfi aprirono un varco agli uomini, in modo che si allontanassero dallo scontro. 

<< Molto bene, facciamola finita! Dentro le capre! >>. 

I nani vennero superati da una mandria di grosse capre con gigantesche corna arricciate, su cui vi si trovavano i cavalieri. Mentre le capre caricavano contro l’armata rivale, gli arcieri elfici alzarono gli archi in alto e al comando di Thranduil scoccarono una pioggia di frecce. 

Beth rimase con il fiato sospeso, aspettando di vedere i primi soldati cadere in battaglia, ma non furono i nani. Furono gli elfi! Dain diede l’ordine e dietro di lui vennero lanciate in aria delle lance grandi come tronchi d’albero. Si aprirono due braccia per perpendicolari che ruotarono vorticosamente e ripararono i cavalieri, distruggendosi le frecce. 

Non appena precipitarono, decine di elfi caddero a terra morti o rimasero gravemente feriti. 

<< Hei, che ve ne pare? Le rotanti piroettanti! Ah, ah! Brutti babbei! >>. 

Beth era sul bastione ad osservare impotente quello scontro insensato e sobbalzò quando vennero tirate altre lance. 

<< Thorin falli smettere! >> gridò, ma lui non batté ciglio. 

Le capre si scontrarono contro gli scudi elfici e iniziarono a battersi, sguainando le spade. 

Successe tutto così in fretta. Non erano passati neanche cinque minuti che il terreno iniziò a tremare. Tutti si arrestarono, non capendo cosa stesse succedendo, finché da uno strapiombo emersero due vermi giganteschi che poi si ritirarono subito dopo. 

Là, in alto su una torre abbandonata su un colle, Azog si mostrò e dopo il suono di un corno da battaglia, comparve una legione di orchi. Erano migliaia, il doppio di loro! E il peggio era che fossero soli. 

I nani piantarono in asso gli elfi e avanzarono verso il nemico, formando un muro con gli scudi. 

Gli elfi non mossero un dito in loro aiuto, rimasero dov’erano. Senza di loro i nani erano inferiori di numero e sarebbero caduti subito. 

<< Io scavalco il muro! >> decise Fili, desideroso di combattere fianco a fianco ai suoi simili. << Chi viene con me?! >> e tutti gli diedero ragione, ma Thorin ordinò, << Tiratevi indietro! >>. 

Lo guardarono increduli. Era stato lui a chiamare i rinforzi e ora non voleva più saperne niente! 

<< Cosa? E noi non facciamo niente?! >> gli chiese Fili esterrefatto. 

<< Ho detto, tiratevi indietro! >> ripeté e discese le scale lasciandoli soli. 

Beth lo osservò andarsene inorridita, ma venne poi attratta da Gandalf che gridava al re degli elfi di aiutarli. Solo all’ultimo Thranduil decise di agire e gli elfi e i nani iniziarono a combattere fianco a fianco. 

Ma fu solo l’inizio! Comparvero fuori un’altra infinità di orchi, seguiti da decine di troll giganteschi armati di grosse mazze. Quelli iniziarono a schiacciare e chiantare chiunque gli venisse incontro; la città di Dale venne presto circondata e gli uomini corsero a difendere le donne e i bambini …  

C'erano talmente tanti orchi che le tre armate dovettero dividersi: i nani ai piedi della Montagna, gli uomini a Dale e gli elfi a metà strada. 

Beth era l’unica ad essere rimasta sul bastione ad osservare, gli altri invece erano scesi di sotto delusi. C'erano grida, colonne di fumo e fuochi dappertutto! E l’odore. Si sentiva un tremendo odore soffocante di terra bruciata e morte.  

Le gambe cedettero sotto il suo peso e si sedette a terra. Aveva lasciato la sua casa e affrontato di tutto, per questo? Per una guerra? E Thorin … Si era fidata ciecamente di lui, si era aperta con lui. Lo aveva aiutato molte volte, lo aveva seguito e in cambio l’aveva delusa, accusata, spaventata, minacciata … e in fine picchiata. 

Se avesse saputo prima che avrebbe sofferto così tanto, non avrebbe mai lasciato Granburrone. Le vennero in mente le parole di Beorn, “Non mi piacciono i nani. Sono avidi e cechi verso la vita di coloro di quelli che ritengono più misera della loro”. 

Le venne in mente l’assassinio di suo padre “… tutto per qualche moneta d’oro … siete voi i veri ladri Thorin … “; “… i nani non amano nessuno! Tutto ciò che amano è l’oro … “. 

Iniziò a salirle una rabbia immensa. In fondo che cosa doveva a questi nani … niente! Questa era la loro causa, non la sua. 

“Sai che c’è? Fanculo la Montagna! Fanculo quel maledetto tesoro! E soprattutto … fanculo Thorin!”. 

Si alzò e scese le scale, dirigendosi verso il laboratorio. Camminò spedita lungo il corridoio, superò la sala delle fontane e quando arrivò, si preparò a scendere in battaglia. Legò i suoi lunghi capelli castani in una treccia e indossò l’armatura che aveva lasciato sul tavolo. Si allacciò la cintura alla vita, i suoi immancabili coltelli e alcuni filtri e distillati. Aveva rumato e controllato tra le teche e le mensole, scegliendo meticolosamente quelli più essenziali. 

Infilò la spada nel fodero dietro la schiena e quando fu pronta, si mise l’elmo sotto braccio e uscì. 

Lungo il tragitto, vide Dwalin dirigersi verso la sala del trono. Lo seguì per semplice curiosità, rimanendo ad ascoltare accanto alla porta. 

<< Da quando abbandoniamo il nostro popolo? Thorin … stanno morendo là fuori! >> disse disperato. 

<< Ci sono sale su sale in questa Montagna. Posti che possiamo fortificare, rinforzare, rendere sicuri. Sì! Sì, è questo il da farsi. Dobbiamo spostare l’oro più sotto per salvarlo! >> esclamò Thorin. 

“Per salvarlo?!”. Non aveva sentito neanche una parola di quello che aveva detto Dwalin. Anziché salvare la sua gente, preferiva salvare il tesoro! 

<< Non mi hai sentito?! Dale è circondata! Sarà un massacro Thorin! >> insistette Dwalin. 

<< Molti muoiono in guerra. La vita vale poco. Ma un tesoro come questo, non può essere valutato in vite perdute. Lui vale tutto il sangue che possiamo spendere >>. 

Beth non credeva alle proprie orecchie! Non poteva averlo detto sul serio, eppure era così. Ormai non gliene importava più di nessuno e avrebbe abbandonato i suoi simili al macello. 

Dwalin aveva la voce rotta, come se stesse sforzando di non piangere. 

<< Siedi qui in queste vaste sale, con una corona sulla testa. E sei meno re di quanto tu non lo sia mai stato >>. 

Beth non lo aveva mai sentito così. Lui che era sempre stato il più diffidente e burbero di tutti! Provò un’immensa pena per Dwalin, ma non avrebbe mai avuto le parole giuste per consolarlo. 

<< Non devi parlarmi come se fossi un modesto signore dei nani >> disse Thorin. 

La sua voce era poco più che un sussurro disperato, sembrava che cercasse di convincere più sé stesso che Dwalin. 

<< Come se io fossi ancora … Thorin Scudodiquercia >>, poi ebbe una delle sue solite esplosioni di rabbia. << IO SONO IL TUO RE! >>. 

<< Tu sei sempre stato il mio re >> rispose Dwalin al suo amico, << E una volta questo lo sapevi. Non puoi vedere cose sei diventato >>. 

Ci fu silenzio per un breve momento, finché Thorin non riprese parola. 

<< Va. Vattene. Prima che io ti uccida >>. 

Era rimasta dietro al muro per tutto il tempo. Non aveva visto niente, ma aveva sentito tutto. 

“Ora è arrivato alle minacce di morte”. 

I passi di Dwalin echeggiarono nella sala, avvicinandosi verso di lei sempre di più. Si nascose in un angolo buio, venendo poi superata dal nano. Beth riuscì a scorgere gli occhi lucidi del nano e aspettò che se ne andasse, prima di uscire allo scoperto.  

Tutto questo non era affatto giusto!  

Gettando lo sguardo verso la sala del trono, vide Thorin dirigersi verso la Galleria dei Re. 

Quel nano aveva ferito e deluso tutti loro! Dopo tutto quello che avevano fatto per lui. Questa era l’ultima volta che aiutava un nano. 

Tirò fuori una piccola siringa di vetro e rame e la riempì con un liquido viscoso e ambrato: un allucinogeno. Provocava allucinazioni, visioni e disorientamento, ma a parte questo non era pericoloso. Nascose la siringa all’interno della manica, dopo aver coperto la punta dell’ago con un tappino di sughero e lo seguì senza farsi vedere. 

*************** 

La Galleria dei Re era gigantesca, con enormi colonne e un pavimento di purissimo oro che illuminava l’ambiente. Thorin era girato di spalle davanti a lei. 

<< Io me ne vado >> annunciò semplicemente. 

Lui si voltò, dopo essersi accorto della sua presenza. Vide Beth con indosso la sua armatura di cuoio e ferro, con la spada appesa dietro la schiena, i coltelli alla cintura e l’elmo sotto il suo braccio sinistro. 

<< No >> le rispose secco. 

<< Non te lo stavo chiedendo. Sono venuta solo per dirtelo. Non che a te interessi, comunque >>. 

Thorin la guardò con disprezzo; non fu contento essere contestato da lei. 

Beth fece qualche passo avanti. 

<< Sai, tutto sommato dovrei ringraziarti. Non avrebbe mai funzionato. Attendevo con timore questo momento. Credevo che il nostro sarebbe stato un addio strappalacrime, ma mi hai semplificato la cosa. Non c’è più niente che mi trattenga qui, nemmeno tu >>. 

<< Tu mi hai mentito! >> la accusò, << Mi hai sempre mentito! >>. 

<< Io non ho fatto niente >> ribatté lei. 

<< Metti un piede fuori da questa montagna e per te sarà la fine! Non avrai nessuna ricompensa, la tua dimora ti verrà portata via e tu non farai mai ritorno. Morirai … come tuo padre >> le rispose gelido. 

Quella provocazione le trafisse il petto come una lama. 

Sapeva che per lei quell’argomento era ancora una ferita aperta e lui se ne era approfittato. Sentì il sangue darle alla testa, ma si sforzò a resistere. Doveva pazientare solo un altro po’ …  

Si avvicinò di più, finché non si trovò a pochi centimetri di fronte a lui. Si sfilò di nascosto la siringa dalla manica, tolse il tappino e con odio gli disse, << Anche tu, sei morto per me >>. 

E gli conficcò rapida l’ago della siringa nel collo. 

Thorin sgranò gli occhi; non si era aspettato una reazione simile. Provò a urlare, ma le labbra rimasero sigillate e cadde in ginocchio, premendosi il collo e respirando a fatica. 

<< Addio Thorin >> gli disse infine Beth e gettò la siringa a terra, lasciandolo lì da solo.  

In pochi minuti si sarebbe ripreso, ma nessuno sarebbe venuto a dargli una mano nel frattempo. 

Beth indossò l’elmo e si tolse dalla cintura una minuscola fiala, lunga e sottile come un dito mignolo. Conteneva al suo interno un distillato speciale, nero come la pece. Stappò la fiala e bevve tutto il contenuto. Sentì un calore energetico invaderle ogni parte del corpo e un incredibile bisogno di mettersi in movimento. 

Arrivò di fronte all’ingresso, dove i nani stavano seduti sui gradini mogi, mogi. 

Cominciò a correre e con una spinta, fece un salto di almeno dieci metri di altezza sopra le loro teste, superò il muro e atterrò dall’altra parte, fuori dalla Montagna.  

Si ritrovò proprio in mezzo allo scontro tra gli orchi e i nani. Quando si alzò in piedi, sguainò la spada e cominciò a combattere. 

Riuscì a tenere testa a cinque orchi insieme grazie al distillato. I suoi sensi si erano amplificati, divenendo più reattiva e veloce. 

Ne ammazzò una ventina con pochi fendenti di spada e fu in quel momento che Dain Piediferro la notò. 

<< Hei! Hei, tu! >>. 

Beth si girò verso di lui. 

<< Sì, dico a te! Vattene da qui! Non è posto per una donna, questo! >>. 

A quel punto venne catapultato dagli orchi un gigantesco blocco di pietra. Tutti si scansarono a parte lei. Le bastò semplicemente alzare un pugno e lo disintegrò in mille pezzi, con una forza sovrumana. Non sentì neanche una punta di dolore; era rimasta incolume, priva di qualsiasi livido. 

Ci fu uno stupore generale e poi venne lanciato un altro masso, ma lei non si scompose. Piantò a terra la spada, lo prese al volo e lo riscagliò indietro, distruggendo una catapulta. 

Dain rimase a bocca aperta e lei gli lanciò un’occhiata come a dire, “Vuoi aggiungere qualcos’altro? >>. 

<< Oh, beh >>, fu tutto quello che riuscì a dire il nano. 

Beth non perse tempo. Riprese la spada e si diresse verso Dale, correndo ad una velocità impressionante. Uccise in pochi secondi una fila intera di orchi, travolgendoli con i suoi stessi piedi. Quando arrivò vicino alle mura, vide in tempo un altro blocco di pietra che stava per schiantarsi e con un balzò, volò a metri e metri di altezza, spaccandolo con un pugno. 

Gli uomini erano quelli messi peggio: erano bloccati dentro la città, isolati dagli elfi e dai nani e non erano soldati, ma gente comune che non aveva mai partecipato ad una battaglia. Venivano sconfitti con facilità, inoltre c’erano donne e bambini da difendere! Non erano affatto organizzati e correvano caoticamente da tutte le parti, ma non c’era alcuna via di fuga. Gli orchi erano riusciti ad entrare, facendo breccia nelle mura.  

Beth vide un gruppo di uomini guidati da Bard che difendevano il mercato. Prese da un sacchetto legato alla cintura una pallina rossa e granulosa, grande come una biglia. Saltò in aria, oltre i tetti delle torri e la lanciò verso l’esercito nemico che si trovava sotto le mura di Dale. La pallina emanò delle scintille arancioni e dopo aver preso fuoco, iniziò a dividersi: prima in due, poi in quattro, in otto, sedici, trentadue, fino a formare circa duecento scie di fuoco. Mentre cadevano, fischiarono rumorosamente e appena toccarono terra, esplosero. 

Centinaia di Orchi vennero disintegrati tra le fiamme. Questo li avrebbe rallentati per un po’. 

Atterrò al centro del mercato e riprese a combattere. Gli orchi non riuscirono neppure a sfiorarla e morirono per mano sua, uno dopo l’altro. Uno di questi provò a colpirla alle spalle, ma la sua spada non lasciò nemmeno un taglio sulla sua schiena, anzi si ruppe! Furiosa per quel gesto, Beth non gli lasciò il tempo di capire che cosa fosse successo e gli mozzò la testa con un solo colpo. 

Aiutò gli uomini a gestire la situazione e quando gli orchi diminuirono li lasciò, spostandosi in un’altra zona della città. Giunse in una piazza invasa da un paio di troll, che inseguivano i civili in fuga. Uno di loro era rimasto indietro, cadendo per terra e a causa del panico non riuscì a rialzarsi. 

Prima che il troll potesse schiacciarlo, Beth gli saltò addosso e gli conficcò la spada nel petto. Si lasciò cadere, tenendo la presa sull’elsa e quando atterrò sui suoi piedi, il troll cadde all’indietro con la pancia squarciata. 

<< Tu? >>, quando si girò verso il civile, scoprì delusa che quello che aveva salvato era Alfrid. 

<< Bella giornata vero? >> gli rispose sarcastica e si spostò ancora tra le vie della città. 

Trovò un’altra breccia nelle mura e altri uomini che combattevano. 

Continuò così per un bel po’ di tempo, senza sentire neanche un briciolo di stanchezza.  

Il problema era che gli orchi continuavano ad entrare nella città; ogni volta che li sconfiggeva, ne arrivavano altri. 

Intanto cadevano senza vita uomini e ragazzini inesperti nel saper combattere. Anche gli elfi che erano giunti assieme a Thranduil fecero la stessa fine. 

Beth tentò di soccorrere più feriti che poteva, portandoli lontano dagli scontri e li costringeva ad ingoiare delle pilloline verdi per farli sentire meglio. Ma non ne aveva abbastanza ed era impossibile salvarli tutti. 

In quella battaglia era l’unica alchimista presente! L'effetto del distillato non sarebbe durato per sempre e non aveva idea di come ne sarebbero usciti. 

<< Non ho tutto il giorno, maledizione! >> urlò mentre un gruppo di orchi le corse incontro. 

Li abbatté tutti quanti, ma si accorse che uno dietro di lei era ancora in piedi. 

Lo lasciò avvicinare pronta ad ucciderlo, ma all’improvviso quest’ultimo si irrigidì, gemendo di dolore. 

Mentre lo fissava confusa, quest’ultimo cadde in avanti e comparve Bilbo con la sua piccola spada elfica tra le mani. 

<< Non puoi immaginare quanto sia felice di vederti >> ammise sollevato. 

Era stanco e sporco di polvere, terra e sangue sulla faccia. 

<< Sei ferito? >> gli chiese Beth riferendosi alla macchia di sangue. 

Lui negò con la testa, << Non è mio >>. 

Non fecero neanche in tempo a parlarsi, che si sentirono dei ruggiti alla loro destra. 

Si trovavano in cima ad una scalinata principale e videro almeno un centinaio di orchi che stavano salendo di corsa assieme a qualche troll. 

Quando li raggiunsero, Beth turò fuori una biglia azzurrina e la lanciò ai loro piedi. Questa si ruppe e da essa uscì un’enorme ondata d’acqua che li travolse con forza, buttandoli di sotto contro gli orchi. Quelli davanti annegarono o vennero schiacciati dal peso dei troll, quelli più indietro furono trascinati via dalla corrente. 

<< Via! >> esclamò, spingendo Bilbo in avanti e insieme se ne andarono via da lì. 

<< Sai dov’è Gandalf? >> gli domandò mentre correvano. 

<< È qui nella città! Non è molto lontano! >>. 

Beth lo seguì senza indugio, ma trovarono resistenza lungo la strada. Lei pensò solo a difendere Bilbo dai pesci più grossi, ma anche lui se la cavò piuttosto bene. 

<< Come hai fatto ad uscire dalla Montagna? >> le chiese mentre ripresero a correre. 

<< Ho saltato >> gli rispose come se fosse ovvio. 

<< Saltato? >>. 

Arrivarono nella zona esterna della città, vicino ad una torre di vedetta. Gandalf era lì a combattere insieme ad alcuni uomini contro gli ultimi orchi rimasti, con la spada nella mano destra e il bastone nella sinistra. 

Lei e Bilbo si gettarono nella mischia per aiutarli, avvicinandosi allo stregone. 

<< Come al solito arrivi quando ti pare! >> sbottò lei mentre mozzava la testa a un orco. 

<< Sono stato trattenuto! >> ribatté. 

<< Beh, visto che adesso sei qui, non puoi fare qualcosa? Sei uno stregone, “bastonali”! >>. 

<< Non è così semplice! >>. 

<< Dicono tutti così >> borbottò lei sottovoce. 

Gli ultimi orchi vennero sconfitti, ma non ebbero il tempo di riprendere fiato che in lontananza ne arrivarono altri. 

Beth alzò gli occhi al cielo irritata. << Ah … che palle! >> si lamentò lei gli lanciò addosso un grande carro di legno con una sola mano. 

Gandalf le disse di occuparsi della parte esterna della città. Era l’unica che poteva respingere il nemico in quel momento, così saltò giù dalle mura e si mise a correre e a saltare intorno alle mura, in modo da guadagnare più tempo possibile. 

La situazione andò per lunghe, ma finché riusciva a rimanere in piedi, non sarebbe ancora finita e se avessero tentato ad abbatterla, avrebbero dovuto faticare per farlo. 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 - La Battaglia delle Cinque Armate, parte 2 ***


Capitolo 29 

La Battaglia delle Cinque Armate, parte 2 

 

POV. Thorin 

Era rimasto lì accasciato su quel pavimento d’oro con la mano che premeva forte sul punto in cui gli aveva conficcato l’ago. 

La siringa era per terra poco distante da lui, con il vetro scheggiato. Il suo collo era in fiamme e lo sentì gonfiarsi. Bruciava così tanto, che gli sembrava di essere stato punto da una vespa. 

La sua testa iniziò ad appesantirsi e a martellare contro il suo cranio, mentre l’ambiente cominciò a farsi claustrofobico. 

Respirava a fatica e ogni volta che provava a reggersi in piedi, ricadeva in ginocchio dopo aver avuto un capogiro. 

L'odio verso quella donna lo spingeva a rialzarsi. Riuscì solo a pensare furente che avrebbe dovuto strangolarla nel sonno quando poteva e toglierla di mezzo. Voleva solo trovarla e fargliela pagare! 

A fatica riuscì a mettersi in piedi e a muovere qualche passo. Ma non fu affatto facile, perché le immagini si sdoppiarono e barcollava come un ubriaco, con la vista annebbiata. 

Non percorse neanche un paio di metri, che le parole di Dwalin iniziarono a riecheggiare nella sua testa. 

Tu siedi qui … con una corona … sulla tua testa … 

Lui tentò di non ascoltarla, ma venne subito succeduta da una seconda voce. La sua. 

Un tesoro come questo, non può essere valutato in vite perdute … 

Poi arrivò quella di Balin … Una malattia grava su tutto quel tesoro ... poi arrivarono a raffica altre voci, una dietro l’altra. 

Non sono io il re? … Quest’oro è nostro. È solo nostro … Non hai fatto altro che pensare solo a questo maledetto tesoro … Io non mi distaccherò da una sola moneta … Thorin tu sei malato … Così preso dall’avidità da non riuscire a vedere oltre il proprio desiderio … Un modesto signore dei nani … Thorin Scudodiquercia … Una malattia che portò tuo nonno alla pazzia … Hai detto di non essere come tuo nonno. E invece sei esattamente come lui … Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror … 

Tutte quelle parole lo travolsero come un fiume in piena. Erano cose che aveva già sentito da tutti gli altri negli ultimi giorni, ma che non aveva mai ascoltato veramente. Qualunque cosa gli avesse somministrato quell’alchimista, stava cominciando a fare effetto. 

Sudava freddo, tutto era così soffocante, ma sentì anche una sensazione strana … tutto a un tratto iniziò a sentirsi più … sveglio. 

Io non sono come mio nonno … poi arrivò la voce di Gandalf … Tu sei l’erede al trono di Durin … e il fiume riprese a scorrere … Stanno morendo là fuori … Riconquista Erebor … Dale è circondata … Riprenditi la tua terra natia … tu sei cambiato Thorin … 

Arrivò in fine la voce di Bilbo. 

Io non sono come mio nonno … Thorin io sto solo cercando di aiutarti … questo tesoro vale veramente più del tuo onore? 

Era rimasto lì a fissare il vuoto. “Io non sono come mio nonno” insistette, ma in realtà cercò di convincere lui stesso che tutte le altre voci.  

Suo nonno era rimasto in balia del suo amore spietato per l’oro e dopo che l’Arkengemma era venuta alla luce, era peggiorato. 

Si ricordò delle ore che passava nella stanza del tesoro, del suo sguardo assente, dei suoi improvvisi scatti d’ira … e non ne aveva mai abbastanza! 

Voleva sempre di più e ogni volta che lui, suo padre o chiunque altro tentava di aiutarlo, lo respingeva, isolandosi da tutto e da tutti. 

“Proprio come … proprio come … me”. 

Improvvisamente sentì qualcosa sotto i suoi piedi. 

Abbassò lo sguardo e vide una lunga coda rettiliana di un drago strisciare sotto il pavimento, che scomparì subito dopo. 

Si guardò con timore attorno, cercando di capire dove fosse finita, ma nel girarsi dall’altra parte, rimase di stucco quando vide un altro sé stesso. 

Si trovava dall’altra parte del salone e sprofondò nel pavimento dorato, dopo che questo scese verso il basso, intrappolandolo in una conca profonda e scivolosa. 

Thorin osservò immobile la sua copia che tentava disperatamente di uscire dalla conca, ma l’armatura lo appesantiva, il mantello gli intralciava i piedi e sprofondava sempre di più. 

Questo tesoro comporterà la tua morte … echeggiò la voce di Gandalf e in men che non si dica, il pavimento lo inghiottì in un sol boccone, avverando quelle parole. 

“La mia morte” ripeté. 

Inorridito, Thorin si tolse la corona dal capo e la gettò via, come se temesse che fosse stregata. Poi si tolse l’armatura e il mantello più in fretta che poté. Non li voleva più rivedere. Non voleva più vedere neanche un solo luccichio di quel pavimento dorato. 

Uscì dal salone barcollando e si lasciò cadere a terra, appoggiandosi alla parete. Rimase in silenzio e finalmente si rese conto di aver ceduto alla tentazione come suo nonno! E tutti avevano cercato di farglielo capire! Balin, Dwalin, Fili, Kili, Bilbo … Beth. 

Loro due erano stati quelli che ci avevano provato più e lui non li aveva mai ascoltati. 

Tutto ciò che aveva fatto, era dubitare della loro lealtà e tentare di ammazzarli: uno lo aveva quasi buttato giù del bastione, all’altra le aveva spaccato la testa. 

Gli si accapponò la pelle solamente a pensarci.  

Loro che avevano aiutato e tirato fuori dai guai tutta la compagnia innumerevoli volte, senza lasciare indietro nessuno! Fu disgustato di sé stesso e si vergognò per ciò che aveva fatto ad entrambi. 

Rimase lì a rimproverarsi per le sue malefatte, finché le sue orecchie non udirono qualcosa dal salone. Uno strano ticchettio proveniente dal basso. 

Subito pensò che fosse il drago che aveva visto poco fa, ma era impossibile. Qualunque cosa fosse era decisamente più piccolo. Molto più piccolo. 

Si fece sempre più vicino e lui attese intimorito, finché con suo sommo stupore non comparve un bambino.  

Che ci faceva lì un bambino? Da dove spuntava fuori? Com'era entrato?  

Quello scricciolo non doveva avere più di un anno. Aveva tanti riccioli castani sopra la testa, due occhi nocciola spalancati e curiosi e due guanciotte tonde e paffute. Indossava una camicetta bianca lunga fino alle ginocchia, che la rallentava mentre gattonava tutto affannato. 

Thorin vide qualcosa sulle sue manine. All'inizio pensò che fossero delle macchie, che si fosse sporcato, poi si accorse che in realtà erano delle voglie. Le stesse che avevano gli alchimisti! Il piccolo superò Thorin senza accorgersi di lui e proseguì avanti, finché non provò ad alzarsi in piedi. Dopo qualche passo però, perse l’equilibrio e cadde per terra. 

Thorin si alzò preoccupato, volendo accertarsi che stesse bene. Stava per prenderlo in braccio ma il bambino riuscì a rialzarsi da solo senza piangere e riprese a camminare. 

Non voleva che se ne andasse in giro da solo, Erebor era enorme ed era facile perdersi. Non voleva che si facesse male, così lo seguì. 

Rimase sempre dietro di lui, abbastanza vicino per intervenire se fosse successo qualcosa. Il bambino continuò a camminare senza accorgersi di lui e se doveva scendere o salire le scale, si inginocchiava e vi si arrampicava a quattro zampe. 

Thorin non interferì, osservò e basta, lasciando che se la cavasse da solo. 

Attraversarono corridoi vari, salendo sempre di più in superficie e solo quando il bambino attraversò una porta aperta, capì di essere giunto al laboratorio alchemico. 

Lo vide fermarsi sulla soglia guardandosi attorno, come se stesse cercando qualcuno. 

<< E tu che ci fai qui? >>. 

Si sentì dall’interno una voce femminile. Il bambino guardò verso il punto da cui era venuta la voce e si gonfiò di gioia. Aprì le braccia e trotterellò verso di essa, scomparendo dalla visuale di Thorin. 

Quest'ultimo era rimasto fuori e la parete gli impediva di vedere. 

<< Che ci fai qui? Che ci fai qui? >> ripeteva quella voce divertita e il bimbo si sganasciava dalle risate tutto contento... 

Thorin non resistette alla curiosità ed entrò nel laboratorio. Vicino alla finestra c’era una donna girata di spalle che giocava allegramente con il bambino, sollevandolo in alto con le braccia. E lui si divertiva come un matto, sgambettando con i piedini. Doveva essere sicuramente sua madre: aveva i suoi stessi capelli castani e moltissime voglie scure lungo le braccia. Teneva dolcemente suo figlio in braccio, mentre il piccolo stringeva nei suoi piccoli pugni il tessuto del suo lungo abito rosso. 

Thorin guardò la scena intenerito senza sapere perché, poi il bimbo si accorse di lui e tutto felice e sorridente allungò una manina verso di lui.  

Avanzò verso di loro e solo quando fu abbastanza vicino, notò un rubino romboidale appeso al suo collo. Quel rubino gli era familiare, lo aveva già visto. Era lo stesso che aveva … Beth!  la donna che aveva davanti era Beth! E quello era suo figlio! 

“No, non suo. Nostro figlio!” realizzò. 

Lui non mai avuto figli, nemmeno Beth. Eppure era così. Quello era suo figlio! Non c’era un motivo di come fosse possibile; lo sapeva e basta. 

<< Bà. Bà, bà >>. 

Quelle furono le prime parole che sentì dal bimbo e lo fecero sussultare. Era ancora lì, con il braccino teso che lo chiamava, tentando di dire “papà”. 

Thorin alzò un dito per far sì che lo afferrasse con la manina. E lui voleva tanto toccarla, ma quando furono a pochi centimetri di distanza, si sentì risucchiato via e Beth e suo figlio si fecero sempre più lontani, finché non si fece tutto buio. 

Quando riaprì gli occhi si ritrovò nella Galleria dei Re, disteso sul pavimento dorato. 

Si alzò a sedere a fatica con un mal di testa incredibile. La corona, l’armatura e il mantello erano poco distanti da lui. Probabilmente doveva essere svenuto dopo esserseli tolti e aveva sognato tutto. Il bambino, Beth … erano stati solo un frutto della sua immaginazione, eppure gli erano sembrati così reali. 

Nel ripensare a tutto ciò, gli scese una lacrima. 

<< Beth >> sussurrò con un filo di voce. 

Lei era là fuori a combattere e per quanto ne sapeva, poteva essere già morta. 

E i nani si stavano battendo contro Azog senza di lui. 

Doveva uscire subito da lì, doveva intervenire, doveva aiutarli. Doveva trovare l’Orco Pallido e porre fine a quella storia.  

Si alzò in piedi e sfoderò la spada, dirigendosi determinato all’ingresso. 

******************* 

POV. Beth 

Beth riuscì a tenere gli orchi lontano dalla città abbastanza bene, ma sudò freddo quando colpì con un pugno un orco: ne aveva colpiti centinaia senza alcun problema, ma questo le fece leggermente male e si sbucciò la pelle delle nocche. L'effetto del distillato stava iniziando a svanire, perciò dovette fare più attenzione. 

Rimase sotto le mura ancora per un po’ e dopo aver unito i pugni, colpì la terra talmente forte da spaccarla e creare un fossato tra lei e gli orchi. Alcuni ci caddero dentro, ma gli altri non si diedero per vinti e ci girarono intorno. Dovette lanciare altre biglie e palline per arrestarli. 

Quando sentì i massi che lanciava divenire sempre più pesanti, non ebbe altra che ritirarsi e saltò sopra le mura, rientrando nella città. 

Corse da Gandalf e Bilbo, spiegando ad entrambi la situazione mentre respingevano un altro gruppo di nemici. 

Si trovavano nella parte esterna di Dale, dove si vedeva perfettamente l’esercito dei nani ritirarsi verso la Montagna. Ormai per loro non c’era niente da fare: erano completamente sfiniti e decimati, venendo bloccati da un'intera legione di orchi e troll. Era come vedere un agnello circondato da un branco di lupi feroci. 

Il suono del corno nemico risuonò minaccioso, incitando gli orchi all’attacco. 

Ma si arrestò, perché improvvisamente venne suonato un altro corno di battaglia. Questo era diverso e proveniva dalla montagna, attirando l’attenzione di tutti. 

Bilbo era vicino a lei ad ascoltare incredulo e fu il primo a capire. 

<< Thorin >>. 

Il corno smise di suonare e dopo un breve silenzio, il muro che bloccava le porte di Erebor, venne distrutto da una gigantesca campana d’oro. 

Sebbene l’effetto del distillato stesse diminuendo, aveva ancora i sensi amplificati e riuscì a vedere chiaramente tutta la sua vecchia compagnia uscire di corsa dalla Montagna. 

C'erano tutti! Anche Thorin! In testa al gruppo e all’esercito nanico a guidarli in battaglia. 

Beth balzò in cima ad una terrazza per osservare meglio la scena, venendo seguita da Bilbo e Gandalf. 

<< I nani! Si stanno radunando! >> esclamò lo hobbit. 

Ed era vero!  

Sembrava che fossero stati rinvigoriti dalla presenza di Thorin e si scontrarono contro il nemico con più forza, ammassandosi in un corpo solo. 

Era come vedere un intero formicaio che attaccava un grosso ragno, senza concedergli nessuna via di scampo. 

<< Si radunano dal loro re >> aggiunse Gandalf. 

Beth riuscì ad avvistare Thorin. Sembrava essere tornato quello di sempre … ma scosse la testa e ritornò di sotto. 

Cosa le importava se era tornato in sé? Aveva preso la sua decisione prima di uscire dalla Montagna: con lui aveva chiuso! 

Passò qualche altro minuto, anche se per lei sembrarono ore. Non ne poteva più! Gli orchi continuavano ad arrivare da tutte le parti e stava iniziando a sentirsi fiacca. 

Inoltre, stava diventando più lenta, tant’è che un orco riuscì a prenderla e a sollevarla di peso, schiantandola contro il muro. 

La spada le scivolò dalla mano, cadendo poco lontano da lei. 

Con la schiena dolorante si mise a gattonare per riprenderla, ma l’orco la attaccò e dovette allontanarsi, rotolando su un fianco. Beth alzò un braccio e parò il colpo, spezzando la lama della spada in tanti frammenti. 

Ma digrignò i denti, perché ormai la sua pelle non era più dura come il ferro. Sul suo braccio comparve un lungo taglio sanguinante. 

Non era niente di grave, ma le ricordò che si stava facendo sempre di più vulnerabile. 

Si gettò a terra, afferrò la spada e la piantò nella pancia di quel bestione. Quello cadde di fianco a lei e non si mosse più. 

Un po’ dolorante si rialzò in piedi, mentre Gandalf le si avvicinò, accertandosi che stesse bene. 

Nel guardarsi intorno Beth lo sentì ridacchiare. 

<< Oh, oh! Potremmo ancora uscirne vivi! >>. 

Beth si appoggiò alla parete per riprendere fiato. 

<< Potremmo? E come si fa a farlo diventare in un “possiamo”? >> ribatté sarcastica. 

Bilbo, che si trovava vicino a loro, li chiamò a voce alta. 

<< Beth! Gandalf! >>. 

Entrambi si avvicinarono svelti e osservarono la collina rocciosa davanti a loro.  

C'erano due coppie di capre che vi si arrampicavano con in groppa qualcuno. 

<< È Thorin! >>. 

<< Con Fili, Kili e Dwalin! Porta con sé i suoi migliori guerrieri >>. 

<< Per fare cosa? >>. 

Stavano andando ad uccidere Azog, non c’erano altre spiegazioni. 

Beth sbuffò e ritornò nella mischia. Si ripeté più e volte che con lui era finita. Non era un suo problema. Non più! 

<< Gandalf! >>. 

Sentì arrivare qualcuno alle sue spalle e vide arrivare l’elfo che aveva incontrato a Pontelagolungo. Insieme a lui c’era anche Tauriel, in sella ad un cavallo bianco. 

<< Legolas! >> esclamò lo stregone, << Legolas Verdefoglia! >>. 

Mentre lui e Tauriel scesero dal cavallo, Beth si avvicinò a loro con Bilbo e Gandalf. 

<< C’è una seconda armata! >>. 

“Una seconda … “, sperò di aver sentito male. 

<< Cosa? >> domandò Gandalf confuso. 

<< Bolg guida una forza di Orchi di Gundabad! Sono quasi su di noi! >> spiegò Legolas. 

<< Gundabad >> ripeté lo stregone e poi capì tutto. 

<< Era il loro piano fin dall’inizio! Azog impegna le nostre forze, poi Bolg sopraggiunge dal nord >>. 

Beth vide le loro speranze scendere sempre di più. Ormai erano tutti sfiniti e non avrebbero avuto alcuna possibilità contro un secondo esercito in perfetta forma. 

<< Da … dal nord?! Dov'è il nord esattamente?! >>. 

Bilbo si guardò intorno tutto frenetico, cercando di capire da dove sarebbe spuntato l’esercito. 

Fu Gandalf a rispondere rassegnato alla sua domanda. 

<< Collecorvo >>. 

<< Collecorvo? >> ripeté lui spalancando gli occhi, << Ma c’è Thorin lassù! E Fili e Kili, sono tutti lassù! >>. 

Beth iniziò a sudare freddo e lanciò uno sguardo preoccupato verso la collina. 

Erano solo in quattro lassù, completamente soli, isolati e in pieno territorio nemico! Non ci sarebbe stato scampo per loro. 

I suoi pensieri vennero interrotti dal suono di un corno elfico, ordinando agli elfi la ritirata. Gli elfi se ne stavano andando!  

Gandalf corse verso la direzione in cui il corno era stato suonato e Beth lo seguì a ruota insieme a Bilbo. 

Gandalf si fermò davanti alla presenza di Thranduil. 

<< Mio signore! Invia questa forza a Collecorvo. I nani stanno per essere sopraffatti! Thorin deve essere avvertito! >>. 

Ma Thranduil non ne volle sapere. 

<< Avvertilo tu sei vuoi. Ho speso sufficiente sangue elfico in difesa di questa maledetta terra. Ora non più >>. 

E se ne andò con chi era rimasto della propria armata. 

<< Thranduil >>. 

<< Vado io >> si offrì Bilbo. 

Beth lo guardò contrariata, << Non essere ridicolo! Non ce la farai mai! >>. 

Non aveva intenzione di perdere il suo amico in quel modo. 

<< Perché no? >> ribatté lui. 

<< Perché ti vedranno arrivare e ti uccideranno! >> gli rispose Gandalf. 

<< Non lo faranno! >> disse deciso, anche se aveva qualcosa di ambiguo negli occhi, << Non mi vedranno! >>. 

<< È fuori questione. Non lo permetteremo >>. 

<< Non vi sto chiedendo il permesso Gandalf >>. 

A quel punto lo stregone si convinse e lo lasciò andare. Ma Beth non fu dello stesso parere e lo fermò per un braccio. 

<< Tu non vai da nessuna parte tappo! >>. 

Bilbo provò a sgusciare via dalla sua presa, << Lasciami Beth! >>. 

<< Ha tentato di ucciderti! Perché ti preoccupi ancora per lui? Dopo tutto quello che ti ha fatto! Cosa vuoi dimostrare? >>. 

<< Io non voglio dimostrare niente Beth. Voglio solo salvare il mio amico >> le rispose sincero. 

<< È morto un altro nano tempo fa e questo ti ha solo recato dolore. Vuoi che a Thorin capiti la stessa cosa, o questa volta vuoi agire in modo diverso? >>. 

Beth rimase interdetta da quelle parole e Bilbo ne approfittò per scappare via. 

Rimase lì impalata, senza riuscire a pensare ad altro. 

“Agire in modo diverso?”. 

Se fino a poco fa era decisa a non avere più a che fare con Thorin Scudodiquercia, adesso non sapeva se fosse stata o meno la scelta giusta. 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 - Collecorvo ***


Capitolo 30 

Collecorvo  

 

Beth continuò a combattere assieme a Gandalf e agli uomini del lago. 

Di tanto in tanto, portava via i feriti più gravi e riusciva a rimetterli in sesto con delle pillole speciali. 

Se invece vedeva dei gruppi di uomini che riprendevano fiato o si preparavano per un nuovo attacco, distribuiva delle pillole diverse, le quali resero la loro pelle dura e impenetrabile come il marmo. 

Ma, onestamente, non sapeva per quanto ancora sarebbero durati. Se fossero durati. 

Erano tutti esausti, le sue scorte stavano finendo, tutte le pozioni erano dentro la Montagna e stava arrivando un secondo esercito di orchi. 

Era passata non più di un’ora da quando Bilbo si era recato a Collecorvo. 

La seconda armata non era ancora arrivata, ma ogni cinque minuti Beth si voltava preoccupata verso la torre nera sopra la collina. Cosa che non sfuggì allo stregone. 

<< Beth? >> la chiamò lui. 

Erano rimasti soli; gli uomini si erano spostati verso l’intero della città. 

<< Stai bene? >>. 

<< Sì >> rispose sbrigativa, ma Gandalf capì che fosse una bugia. 

<< Andiamo >>. 

Lo superò e si diresse verso la strada che avevano preso gli uomini, senza aggiungere altro. Ma Gandalf rimase dov’era e lei si dovette fermare. 

<< Quello che hai detto a Bilbo, non ti stavi riferendo solo a lui, vero? >> la inquadrò subito. 

Beth non aveva intenzione di parlarne, specialmente in quel luogo e in quel momento. 

<< Dobbiamo raggiungere gli altri >> disse evasiva e riprese a camminare. 

<< Beth, aspetta! >> la chiamò lo stregone, seguendola a ruota. 

Lei tentò di ignorarlo, ma si fece sempre più insistente e cominciò ad irritarsi. 

<< Che cosa è successo? >>. 

Lei non ce la fece più e quando si girò, gli gridò in faccia, << Cos’è successo?! Vuoi sapere che è successo?! ECCO CHE COS’È SUCCESSO! >>. 

Si tolse con rabbia l’elmo gli fece vedere il brutto taglio sulla fronte. Avrebbe potuto farlo sparire in un secondo, con tutto quello che aveva nel laboratorio. Ma aveva deciso di tenerselo, in modo che Thorin lo vedesse bene e si ricordasse di ciò che le aveva fatto. 

Gandalf la guardò dispiaciuto, cosa che Beth odiò profondamente. 

Aveva vissuto per anni con tutti che la guardavano con pietà e lei non lo sopportava. Non voleva la loro pietà, voleva solo essere lasciata in pace. 

Sentì gli occhi inumidirsi, ma si impose che quello non era il momento per mettersi a piangere. 

<< Mi dispiace >> le rispose Gandalf. 

Lei sbuffò, come a dire “Sì, lo so”. Dopo un profondo respiro, Gandalf guardò verso Collecorvo. 

<< Sarà meglio che ti sbrighi >>. 

<< Eh? >>, non capì cosa volesse dire. 

<< Non dubito delle capacità del Signor Baggins, ma sarei più tranquillo se lo raggiungessi e restassi con lui >> le spiegò. 

Ebbe uno strano déjà-vu. Era tutta una scusa per farla andare da Thorin. “Ah! E secondo te, io ci casco”. 

<< E gli uomini? >> gli chiese a bruciapelo. 

<< Che centrano gli uomini? >>. 

“Adesso fai anche il finto tonto”, << Se vi pianto in asso, sarete finiti >>. 

<< Saremo finiti comunque, se arriva la seconda armata >> ribatté lui. << Noi ce la caveremo! Quelli inminoranza sono lassù e in questo momento, servi più a loro che a noi >>. 

Beth lo guardò storto. << Mi stai chiedendo di perdonarlo? >>. 

<< Ti sto chiedendo di salire lassù il più in fretta possibile e riportarli giù. Tutti quanti >> sottolineò. 

Ci mancava solo che corresse a salvarlo, come al solito! Come gli aveva detto, era morto per lei e tutto ciò che si meritava era un pugno in faccia! 

<< Almeno fallo per Bilbo >> insistette Gandalf. 

Non gliene importava niente se Thorin moriva, ma Bilbo … 

Era partito da molto e non sapevano se fosse arrivato o no a Collecorvo. E c’erano anche Fili e Kili lassù, che fin dall’inizio l’avevano accolta a braccia aperte nella compagnia. E l’avevano soccorsa dopo che Thorin l’aveva colpita con il candelabro. 

Sbuffò irritata e si arrese. “Lo faccio solo per il mezz’uomo”. 

<< Ce la farai? >> le domandò Gandalf. 

L'effetto del distillato ormai era agli sgoccioli, ma era sufficiente per arrivare alla torre. Annuì e si rimise l’elmo sulla testa. 

<< E voi? >>. 

<< Ce la faremo >>. 

Beth gli diede una pacca sulla spalla, poi si allontanò da lui, prese la rincorsa e corse ad una velocità impressionante a Collecorvo. 

Quando superò le mura di Dale, dovette farsi strada tra gli orchi, ma non fu un problema. Era ancora abbastanza veloce da riuscire a schivare spade e frecce. 

La parte difficile fu quando si trovò ai piedi della collina e dovette arrampicarsi sulle rocce. 

All'inizio fu facile e salì rapida senza mai fermarsi, balzando verso l’alto. Però a metà strada divenne più faticoso: respirava con fatica, i muscoli le dolevano e la stanchezza si fece sempre più insistente.  

Iniziò a rallentare, desiderando di fermarsi un secondo per riprendere fiato ma se l’avesse fatto, non sarebbe più riuscita ad andare oltre. 

L'elmo e l’armatura divennero più pesanti, era madida di sudore e per un momento, ebbe le vertigini dopo aver guardato in basso. Si impose di non guardare giù e di proseguire. 

Ormai mancava poco, solo qualche metro e con un immenso sforzo, saltò in alto e arrivò in cima, lasciandosi cadere a terra sfinita. 

Dopo aver ripreso un po’ di fiato, si rialzò in piedi e riprese a correre tra le rocce. Arrivò davanti ad una cascata completamente ghiacciata, che la divideva dalla torre nera diroccata. 

Quel posto era strano. Era vuoto e silenzioso; non c’era nessuno. Qualcosa non andava, sembrava troppo facile. 

Alla sua destra non molto lontani, Thorin, Bilbo e Dwalin stavano parlando fra di loro su una piattaforma di pietra. 

Beth fu sollevata nel vedere lo hobbit tutto intero, ma Fili e Kili non c’erano. Proprio quando fece per raggiungerli, si sentirono dei tamburi suonare dalla torre. 

Si nascose dietro una piccola rientranza tra le rocce, mentre si accesero delle torce all’interno dell’edificio. 

Non osò muoversi, finché non vide qualcosa in cima alla torre. 

Azog emerse dalla foschia leggermente inclinato su un lato. Sembrava che stesse trascinando qualcosa. No, qualcuno! “Fili”! 

Quando lo sollevò da terra e lo tenne sospeso nel vuoto, le si gelò il sangue. 

“No, no, no, no! No!”. 

Fili non si divincolava neanche, ormai aveva capito che per lui era finita. 

<< Prima muore questo. Poi il fratello. Poi tu Scudodiquercia. Tu morirai per ultimo >> affermò sprezzante l’Orco Pallido. 

Quella scena fu straziante: Fili, nonostante fosse terrorizzato, urlò agli altri di lasciarlo lì e di scappare via; di mettersi in salvo. Ma Thorin non arretrò di un passo, osservando impotente suo nipote. 

<< Qui finisce la tua lurida discendenza! >> urlò Azog e sollevò la lunga lama inserita nel suo braccio amputato, preparandosi per uccidere Fili. 

Beth non glielo permise. Era stanca di tutte quelle morti! Corse fuori dalla rientranza e mentre si diede la spinta per saltare, estrasse un coltello dalla cintura e lo lanciò contro Azog. Gli si conficcò appena sopra l’ascella e mollò la presa su Fili, contorcendosi per il dolore. 

Fili precipitò di sotto, ma Beth lo afferrò in tempo e girò su sé stessa inarcando la schiena, per far sì che il nano le atterrasse sopra senza subire danni. 

Caddero con un tonfo secco due piani più sotto, rimanendo abbracciati uno sopra all’altra. Le mancò il respiro e la schiena le fece un male cane. 

Fili si sollevò per vederla meglio in faccia. 

<< Beth? >> le chiese incredulo tutto tremante. 

<< Ah … per favore togliti! >>. 

Fili si scansò e lei fu libera di respirare. 

<< Mi hai salvato la vita! >> realizzò lui. 

<< Già. Di nuovo >> gli rispose sbuffando. << Kili? >>. 

<< Si trova nei piani inferiori >>. 

L'aiutò ad alzarsi e si diresse verso le scale. 

<< Prendi questa >>. 

Beth decise di dargli la sua spada nel vederlo disarmato, lei avrebbe usato i coltelli. 

<< Tu stai bene? >> le domandò mentre scendevano le scale. 

<< Bene? Mi sei atterrato sopra! >> sbottò lei e prima che l’altro potesse ribattere, incrociarono tre orchi. 

Dovettero ritornare su, dato che stavano sbarrando loro la strada e li affrontarono insieme quando arrivarono lungo un corridoio. 

Li uccisero in pochi minuti tutti e tre e corsero di nuovo giù. Ma dovettero affrontarne altri mentre scendevano. Gli orchi spuntavano dal nulla e Kili non si trovava. 

<< Kili! >> lo chiamarono a gran voce, ma ci fu risposta. 

Avevano appena sconfitto un altro gruppo, quando videro all’orizzonte uno stormo nero volare verso di loro. 

<< Che cosa sono? Uccelli? >> domandò Fili. 

Mentre si fecero più vicini, si sentirono dei versi striduli e orripilanti. 

<< Oh, no! Non sono uccelli >>. 

Dal nord giunsero dei mostri volanti sgradevoli: avevano la pelle nera e rugosa, con grandi ali scheletriche e l’aspetto di un pipistrello. 

Lo stormo volò in picchiata verso le porte di Erebor e con le loro zampe artigliate afferravano i nani, trascinandoli in alto per poi lasciarli cadere a delle altezze elevate. 

Tutte quelle cadute provocarono altre morti ancora. La seconda armata ormai era arrivata e loro erano ancora lì. 

<< Hai sentito? >> le chiese Fili tutt’a un tratto. 

Lei però, non aveva sentito niente. << Sentito cosa? >>. 

Il nano non le rispose subito. Rimasero in ascolto, ma tutto ciò che riuscirono a sentire era solo il fruscio del vento. 

Poi sentirono qualcos’altro, una voce … una voce femminile … << Kili! >>. 

“Questa è Tauriel”. Evidentemente lo stava cercando anche lei. 

<< Tauriel! >>. 

Fili e Beth sgranarono gli occhi. Questo era Kili! 

<< È poco più sotto di noi! >> esclamò Fili e si misero a correre verso il punto in cui avevano sentito Kili. 

Incontrarono altri nemici, con i quali dovettero scontrarsi. 

Si fecero sempre più vicini, sentendo grida, urla e colpi di spade. Corsero più veloci che poterono, finché non videro sotto di loro Kili che Combatteva contro Bolg. 

Vicino a loro c’era Tauriel stesa a terra, con un rivolo di sangue sulla fronte. 

Fili non perse tempo e si buttò sopra Bolg in aiuto del fratello. Beth lo seguì a ruota e si batterono contro di lui. Nonostante questo, Bolg riuscì a tenere testa a tutti loro messi insieme. 

Beth tentò di avvicinarsi per ferirgli le gambe e rallentarlo, ma quello parò ogni colpo, costringendola ad allontanarsi. 

Stessa cosa per Fili e Kili! Ogni volta che provavano ad attaccarlo, venivano respinti. 

Beth tentò di colpirlo ancora, ma Bolg la sbatté contro il muro. Sentì la colonna vertebrale bruciare di un dolore atroce, impedendole di rialzarsi. Fili e kili tentarono di soccorrerla, ma Bolg li allontanò con una manata.  

Dopodiché la sollevò da terra agguantandola per il collo. La sua grossa mano stringeva così forte da soffocarla. Beth provò a dimenarsi e scalciare con i piedi, ma la sua presa era ferrea. Bolg se la avvicinò verso di lui, leccandosi la sua orribile bocca malformata.  

Non aveva idea di cosa volesse farle e non voleva saperlo. 

Fortunatamente Kili e Fili si erano rialzati ed erano intervenuti, colpendo l’orco alle gambe. 

Questo cadde in ginocchio e Beth fu libera di respirare, ma si rialzò subito e ritornò all’attacco. 

Beth temette il peggio quando vide Bolg brandire un palo di ferro appuntito contro Kili. Con la gola ancora in fiamme, gli saltò sulla schiena per fermarlo ma venne subito sbattuta a terra. 

Proprio quando stava per trafiggere Kili, Tauriel fece lo stesso e questa volta Bolg lasciò il nano. L'elfa si aggrappò sopra alle sue spalle e con le mani gli coprì gli occhi. 

Bolg barcollò di qua e di là senza poter vedere niente, finché non fu vicino al bordo di uno strapiombo. Tauriel per poco non precipitò di sotto; Bolg era riuscito ad afferrarla per un piede e a lanciarla via, ma lei a sua volta si aggrappò a lui. 

Beth si alzò e senza perdere tempo, si sfilò un coltello dalla cintura e lo piantò sotto il braccio dell’orco. Bolg gridò di dolore e perse l’equilibrio, ma mentre cadeva le afferrò entrambe e tutti e tre precipitarono giù … 

Quando riaprì gli occhi, vide le immagini sfuocate e sentì un forte dolore alla testa. Con le mani tremanti e si tolse a fatica l’elmo. 

Le ossa del suo cranio pulsavano contro la pelle della sua fronte, i capelli erano madidi di sudore e la caduta le aveva tolto il respiro, schiacciandola a terra. 

Si girò su un fianco, sdraiandosi sulla schiena e vide Tauriel svenuta poco distante da lei. 

Provò ad alzarsi, ma le fece male dappertutto e per il momento rinuciò. Cercando di riprendere fiato. 

Era di fianco alla cascata ghiacciata e con lo sguardo in su, notò qualcosa in lato muoversi freneticamente. O meglio qualcuno … Thorin! Stava combattendo come una furia, ma nel farlo venne sbattuto a terra con la lama della sua spada spezzata e scivolò sul ghiaccio fino al bordo della cascata. 

Beth sgranò gli occhi: era disarmato e un orco gli sbarrava la via di fuga! Si alzò in piedi ignorando le fitte che aveva su tutto il corpo, quando l’orco sollevò la spada. 

“No, no, no, no. Ti prego, ti prego, ti prego!”. 

Fortunatamente le sue preghiere vennero esaudite in qualche modo e l’orco venne ucciso da una spada elfica, lanciatagli nel petto come una freccia. 

“Quella è la Fendiorchi! Ma come? Era rimasta nel Reame Boscoso!”. 

Beth si girò alla sua destra e Legolas osservava Thorin, mentre afferrava la spada. Doveva avergliela lanciata lui. Purtroppo, non riuscì a riprendere fiato, che il terreno si cui si trovava l’elfo iniziò a tremare. O meglio, la torre che lo sorreggeva come un ponte iniziò a cedere. 

Bolg emerse tra i mattoni e le macerie e tentò di colpirlo con una mazza, ma lui lo schivò in tempo e sguainò i due pugnali che aveva sulla schiena. 

Bolg venne subito disarmato e Legolas gli trafisse una mano con un pugnale, ma l’orco lo sbatté dentro la torre. 

Beth si avvicinò zoppicante mentre Bolg lanciò un masso al centro della torre e questa cominciò a sgretolarsi Legolas riuscì a risalire nella parte ancora intatta della torre e provò a colpirlo con l’altro pugnale. 

L'orco gli bloccò il braccio, tenendolo vicino a sé. A quel punto Beth gli saltò addosso e con un grido gli trafisse la gola con un pugnale. 

<< PERCHÈ! NON! MUORI! >> urlò a squarciagola. 

Legolas fu libero e piantò il suo pugnale nel cranio di Bolg. 

Questo emise un gemito e cadde morto nel vuoto. 

Legolas la spinse indietro, evitando che precipitasse anche lei con la torre. 

Beth cadde a terra distrutta; non ne poteva di quella situazione. 

<< Fottuta guerra >>. 

<< Tauriel! >>. 

Si girò all’indietro e Tauriel era sparita. Legolas si guardò intorno per cercarla, ma di lei nessuna traccia. 

Beth alzò gli occhi al cielo. Si era appena seduta e si ricominciava. 

Su un gradino vide un’impronta nella neve così si alzò a salire le scale. 

<< Di qua >> disse a Legolas. 

Insieme arrivarono in cima, per poi salire sempre di più, finché non la trovarono con Fili e Kili. 

Quest'ultimo era abbracciato all’elfa e si discostò un po’ quando li notarono. 

<< Stai bene? >> le chiese Legolas. 

Lei annuì, << Sto bene >>. 

Beth si accertò che stessero bene anche loro, poi le venne in mente Thorin e corse di sopra, lasciando tutti indietro. 

Fu accecata dalla luce del sole quando uscì. Ormai doveva essere mezzogiorno passato e alcuni raggi uscivano timidamente dalle nuvole. Si fece ombra sugli occhi alzando la mano, finché il raggio non venne ricoperto. 

Beth si trovava al primo della torre e cercò la strada giusta per scendere verso il lago ghiacciato. Nel frattempo, sentì la terra tremare e vide in lontananza la seconda armata degli orchi. Erano a migliaia e questa volta non aveva idea di come ne sarebbero usciti. 

Si sentì a pezzi, come tutti del resto e a parte i coltelli, non aveva più niente a portata di mano. 

Era troppo occupata ad osservare la scena, che non si accorse della presenza di un orco.  

Si lanciò sopra di lei e caddero dalla rampa di scale, dopo che Beth aveva tentato di toglierselo di dosso. 

Si procurò altre botte alle costole e sulla schiena, restando senza fiato e finendo distesa sul pavimento ghiacciato. 

Inoltre, il naso iniziò a sanguinarle terribilmente, doveva esserselo rotto durante la caduta su un gradino. Si alzò con fatica mettendosi a gattonare, ma l’orco la afferrò per la caviglia e la tirò verso di sé. 

Girandosi sulla schiena, Beth si sfilò veloce un coltello, puntandoglielo alla gola. L'orco la fermò in tempo, afferrandole il polso. Beth tentò di fare leva e di resistere tendendo i muscoli, ma era talmente stanca che l’orco riuscì ad allontanare il coltello. 

Fu allora che Beth si rese conto di avere le gambe libere. Sollevò i piedi più in fretta che poté e lo prese a calci, spingendolo via. L'orco atterrò sui gradini di fronte a lei e senza perdere altro tempo, si alzò e gli saltò sopra, conficcandogli la lama nel collo. 

Non gli staccò gli occhi di dosso, finché questo non collassò senza vita. Vi si allontanò con fatica, con la gola in fiamme e il sapore ferroso del sangue in bocca. 

Si appoggiò per un momento alla parete, riprendendo fiato. “Un attimo. Solo un attimo”. La sua intenzione era riprendersi e poi rialzarsi subito, ma si addormentò. 

******************** 

Si risvegliò all’improvviso, sentendo degli stridi in lontananza. 

Si rialzò, ignorando le fitte che aveva lungo il corpo, scese le scale e fu fuori dalla torre. 

Sull'altura davanti a lei, la seconda armata stava venendo decimata da uno stormo di gigantesche aquile in volo. Quelle creature imponenti afferrarono i soldati tra gli artigli e li scaraventarono al suolo. I mostri alati che aveva visto prima si scontrarono contro di loro, ma senza successo e vennero abbattuti. 

Con l’arrivo delle aquile la battaglia si concluse e vinsero! 

Beth avrebbe tanto voluto esultare, ma non aveva ancora trovato Thorin. Corse giù per le scale e arrivò al piano terra, davanti al fiume ghiacciato. Poggiò i piedi sopra il ghiaccio, facendo attenzione a non scivolare e si avviò verso il punto della cascata. Quando arrivò, vide Bilbo in lontananza: era piegato su stesso e si copriva la faccia con una mano.  

Stava piangendo, seduto accanto ad un corpo senza vita. 

Quello di Thorin. 

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 - Il miracolo ***


Capitolo 31 

Il miracolo 

 

Era morto. Morto! Non poteva crederci! Non voleva crederci! 

Eppure, era così. Thorin Scudodiquercia era morto. 

Bilbo era rimasto lì accanto a lui, che piangeva disperato. 

L'Orco Pallido giaceva sul ghiaccio non molto distante da loro, con la Fendiorchi incastonata nel torace. Beth era rimasta lì impalata a guardare, incapace di muoversi. Anche lui era morto, come suo padre. 

Le venne in mente tutto quello che era successo dentro la Montagna: la diffidenza di Thorin, i loro litigi, gli scontri verbali, le minacce, l’aggressione e di come si erano augurati a vicenda di morire. 

Gli aveva detto che era morto per lei, ma non intendeva quello! Non voleva che andasse così!  

Dietro di lei giunsero Fili e Kili. Le chiesero cosa fosse successo, ma capirono da soli quando videro lo zio e corsero da lui, non volendo credere che fosse possibile. 

Beth sentì gli occhi inumidirsi e a tremare come una foglia. Iniziò ad arretrare con estrema lentezza, finché Thorin non scomparve dalla sua visuale. 

Un singhiozzo minacciò di uscirle dalla gola e si tappò la bocca con le mani. 

Gli occhi si riempirono di lacrime, rimanendo spalancati. Si girò dall’altra parte e si diresse verso la torre. Non voleva vedere nessuno. Voleva solo restare da sola e sfogarsi. 

Arrivò in cima alla torre e quando si tolse le mani dalla bocca cominciò ad emettere dei gemiti, cadendo in ginocchio. 

In certi momenti la sua voce spariva, dimenticandosi come si fa a parlare o anche solo a fare dei versi. 

Poi ricomparve e si mise a urlare a squarciagola. Le lacrime erano un fiume in piena che le infradiciarono l’armatura. 

Si dondolò avanti e indietro, tenendosi l’addome con le braccia e il senso di colpa la corrose come un acido. 

Si are addormentata. Lui era in pericolo ed era morto, solo perché si era addormentata! Se non lo avesse fatto, se si fosse rialzata subito, sarebbe andata diversamente! Sarebbe ancora vivo! 

E invece, non c’era più per quella ridicola e patetica scusa. E la parte peggiore era che si erano separati senza aver parlato. Si erano solo fatti del male a vicenda e nessuno dei due aveva fatto il primo passo per riconciliarsi. 

Se l’avesse saputo prima, Beth lo avrebbe tenuto rinchiuso dentro la Montagna. O meglio ancora avrebbe dato a lui il distillato per tenerlo lontano dai guai. O sarebbe rimasta a combattere insieme a lui per tutto il tempo.  

Si diede la colpa per non averlo soccorso in tempo; incolpò Thorin per non essere rimasto nella Montagna; incolpò l’Orco Pallido per averlo ucciso; incolpò tutti quanti! 

Pianse, gridò e pianse ancora per un tempo a lei indefinito, buttandosi a terra disperata e accucciandosi come una bambina. 

Le sue urla divennero dei brevi versi striduli, non avendo più aria nei polmoni, finché la sua voce non si spense del tutto. 

Andò avanti a piangere silenziosamente, infischiandosene del freddo che la gelava. “Magari muoio anch'io per asfissia e lo raggiungo” pensò mentre stava raggomitolata su sé stessa con gli occhi chiusi. 

Forse se lo meritava, in fondo. 

Improvvisamente lo scricchiolio della legna che bruciava e attraverso le palpebre vide una luce. 

Quando riaprì gli occhi rossi e gonfi, vide davanti a lei un braciere acceso. Si trovava al centro della torre, aveva una forma circolare e il fuoco scoppiettava allegro, portando luce e calore nell’ambiente circostante.  

Beth sentì il freddo smettere di pungerla, ma osservò il braciere confusa. Non aveva idea di chi lo avesse acceso, né come lo avesse fatto. Non aveva sentito arrivare nessuno; si era semplicemente acceso da solo. 

Si mise a sedere, guardandosi intorno. Forse era stato Gandalf con uno dei suoi incantesimi, ma non vide nessuno. C'era solo lei.  

Lassù il vento prese a fischiare più forte, emettendo un sibilo rumoroso. Tutt’a un tratto le parve di udire qualcuno e sobbalzò in piedi, voltando le spalle al braciere. Estrasse due coltelli dalla cintura, mettendosi in guardia. 

Per un momento pensò che fosse stato il vento e che avesse immaginato tutto, ma poi sentì una voce chiamarla per nome.  

Era poco più che un sussurro, ma si sentiva chiaramente da ogni angolo. 

<< Lizbeth >>. 

Le venne la pelle d’oca, sentendosi stranamente inquieta e … piccola!  

Pensò di svignarsela finché era in tempo, ma era troppo curiosa per farlo. 

<< Lizbeth >> ripeté quella voce indistinta. 

<< Chi c’è? >> rispose lei. 

Cercò di rimanere calma, ma in realtà stava iniziando a spaventarsi. E poi perché la chiamava Lizbeth? Aveva sempre preferito essere chiamata Beth che con il suo vero nome q quasi tutti lo sapevano. 

<< Lizbeth >>. 

<< Chi c’è? >> ripeté lei ad alta voce. 

Non ci fu risposta, solo silenzio. Beth guardò la porta che conduceva alle scale e strinse la presa sui coltelli, aspettandosi che spuntasse fuori qualcuno. 

A quel punto la voce riprese a parlare, divenendo più forte e profonda. 

<< Posa le tue armi Lizbeth, perché nel luogo in cui ti trovi non correrai alcun pericolo >>. 

Non si capiva se fosse una voce maschile o femminile, ma traspariva forza e rispetto. Pareva minacciosa, ma al tempo stesso era gentile e pacifica. 

Beth si girò verso il braciere e con sua immensa sorpresa, scoprì che il fuoco si era alzato enormemente. Da esso emersero piccole scintille rosse e arancioni, che ben presto volarono intorno a lei come lucciole in una notte d’estate. 

Fu allora che capì che non era un fuoco qualunque. 

<< Chi sei tu? >> chiese. 

E il fuoco tremolò leggermente, come se fosse vivo. 

<< Io sono il tuo creatore >> le rispose. 

Lei però non capì, << Cosa? >>. 

<< Io sono colui che ha scelto tuo padre, che ha scelto tua nonna, la tua bisnonna, la tua antenata >>. 

Beth, a bocca aperta, si rese conto di chi aveva davanti! 

Gettò gli occhi sul rubino che aveva intorno al collo, ma era quello di sempre: una semplice pietra rossa romboidale e inanimata. 

Gettò i coltelli a terra e poi si sfilò la cintura su cui vi erano appesi altri. 

Si trovava al cospetto del dio Lomien! Colui che aveva generato gli alchimisti insieme ad altre nove divinità. Che aveva scelto come possessore del rubino la sua antenata Roana e di come quest’ultima avesse chiamato la propria discendenza con il suo nome. 

Non si era mai mostrato a nessuno, per quanto ne sapeva.  

<< Perché sei qui? >> gli domandò Beth con la voce che tremava. 

<< Ho osservato la miseria dei popoli di cui ti sei circondata. Ho sentito le loro vite venire spezzate troppo presto e ho udito il tuo dolore >> le disse. 

<< So che hai perso una persona a te cara tempo fa e ora, hai perso una persona che amavi profondamente. Sono venuto per lenire tutta questa sofferenza e lo farò attraverso di te >>. 

<< I … io? >> balbettò lei. 

Non riusciva a capire. Che voleva da lei? E perché proprio adesso? 

<< Perché proprio io? >>. 

<< Per quindici anni ti sei allontanata dal mondo esterno e hai sprecato le tue capacità, dedicandole solo a pochi >> la riproverò e Beth non ebbe niente da obbiettare. 

Sapeva benissimo che era la pura verità e chino la testa guardandosi le punte dei piedi, con espressione colpevole. 

<< Ti sei nascosta senza condividere il tuo talento con nessuno e hai messo il tuo dolore davanti a quello degli altri. Il dovere di un alchimista è quello di prendersi cura dei più deboli e per tutto questo tempo, tu l’hai fatto solo in apparenza. Non meritavi quel rubino che porti al collo solamente per questo, ma io sapevo che non eri una causa persa e ti ho concesso una seconda occasione. E quando ti sei rimessa in viaggio, sei ascesa dall’oscurità che ti portavi dentro. Hai riscoperto il mondo che conoscevi un tempo e ti sei resa conto di molte cose, chiedendo perdono agli altri e a te stessa. Per questo ho scelto te dopo tuo padre, Lizbeth >>. 

Lui aveva sempre saputo e le aveva concesso una chance. 

Sapeva che Gandalf avrebbe bussato alla sua porta, dell’incontro con Thorin e di quello che sarebbe nato fra loro. 

Frugando nella memoria, si ricordò del sogno su suo padre che aveva fatto a Granburrone e le venne un dubbio. 

<< Avevo parlato con mio padre, in un sogno. Ma in realtà eri tu, vero? >>. 

Non ci fu risposta alla sua domanda. Non ce n’era bisogno. 

<< Adesso mi punirai? >>. 

<< No >> le rispose, << È stato versato troppo sangue su questa terra. Troppe vite si sono spente, ma tra non molto si ridesteranno. Ora va Lizbeth e riportali indietro >>. 

Beth osservò incredula il braciere. Ciò che le stava chiedendo di fare era impossibile. 

<< Indietro?! Ma … sono morti! >> disse esitante, << Tutti loro! Nessuno può farli ritornare indietro. Nemmeno io >>. 

<< No. Solamente un dio può farlo, ma questo compito potrai svolgerlo tu con il mio consenso >>. 

Riportare in vita i morti era una cosa contro natura, crudele e perversa. Era possibile solo attraverso la magia nera, ma in realtà non risvegliava nessuno dall’oltre tomba. Erano solo dei corpi senza vita, delle marionette prive di una propria coscienza. 

Come le era appena stato detto, solo un dio poteva fare una cosa del genere e far avverare un miracolo. Però … 

<< Cosa dovrei fare esattamente? >>. 

<< Ti avverto Lizbeth; molti di loro potranno riaprire gli occhi, ma non tutti lo faranno. Alcuni hanno già accettato la propria fine e sono andati avanti in pace. Io ti concedo dieci giorni, ma una volta che il tempo sarà scaduto, non potrai più fare niente. La Montagna Solitaria sarà impregnata della mia presenza e veglierò su tutti e su di te, con tutto il mio potere >>. 

Detto questo, il fuoco divenne sempre più alto ed esplose, sprigionando un’immensa luce rossastra accecante. Ai piedi della montagna la videro tutti, venendone accecati. 

Beth cadde in ginocchio coprendosi gli occhi, mentre il vento soffiava fortemente graffiandole le guance. Poi di colpo si fermò e tornò la quiete. 

Quando riaprì gli occhi il fuoco non c’era più; al suo posto c’erano solo un mucchio di cenere e una grossa ampolla, lunga una settantina di centimetri. 

Al suo interno c’era un liquido rossastro, trasparente e luccicante. 

Beth vi si avvicinò e prese la grossa ampolla fra le mani tremanti. Al tocco, le sue dita percepirono un immenso potere provenire da essa, dandole un inaspettato senso di benessere. 

Rimase lì ad ammirarla e studiarla e iniziò a vedere una possibilità, una speranza per riportare in vita i caduti, compreso Thorin!  

Lomien le aveva concesso una seconda occasione e non l’avrebbe sprecata. 

Sentì qualcuno salire le scale di corsa e spuntarono fuori Fili e Kili. 

<< Beth! Cos'è successo? Cos'era quella luce? >> le chiesero agitati, ma lei non diede risposta, rimanendo ancora ipnotizzata dall’ampolla. 

<< Che cos’è? >> domandò Kili. 

Beth raccolse le idee e improvvisamente, capì cosa dovesse fare. 

<< Che tutti i caduti vengano portati nella Montagna. Radunateli nel salone delle fontane e immergeteli nelle loro acque >>. 

<< Cosa stai dicendo? >>. 

Lei finalmente si voltò per guardarli negli occhi e con decisione rispose, << Possiamo riportarli indietro >>. 

********************** 

Sebbene fosse tutto così assurdo, riuscirono a convincere tutti a portare i morti nel salone delle fontane. 

I caduti vennero spogliati della loro armatura e vennero posizionati uno di fianco all’altro, in quei pochi centimetri di acqua. 

C'erano centinaia di fontane, così gigantesche da contenere quattrocento persone. Nani, uomini ed elfi giacevano tutti assieme. Quando tutte le fontane furono completamente piene, i morti che avanzavano vennero portati in un’altra stanza e Beth diede inizio al suo lavoro. 

Aprì l’ampolla e con un contagocce, versò la pozione nelle fontane, tingendo l’acqua di rosso. 

I feriti, nel frattempo, vennero portati nell’infermeria del secondo piano e Beth distribuì a medici e guaritori tutto ciò che aveva nel laboratorio, in modo che guarissero in fretta e lasciassero i letti a chi si sarebbe presto risvegliato. 

Beth non lasciò mai il salone e camminò tra le fontane, per controllare se qualcuno si fosse svegliato insieme ad altre persone che si erano offerti di aiutarla. 

Il primo fu un elfo dai capelli ramati. Aveva spalancato gli occhi, faticando a respirare. Beth saltò dentro la fontana e lo aiutò a sedersi, mentre due persone li raggiunsero. L'elfo venne fatto sdraiare su una barella e di corsa lo portarono in infermeria. 

Poi uno dietro l’altro, cominciarono a svegliarsene altri. Alcuni gridavano in preda al panico tremando come foglie, altri rimasero addormentati mentre riprendevano a respirare. Presto i loro posti si svuotarono, per poi essere occupati da nuovi deceduti e il primo giorno cominciò così. 

Il secondo giorno gli scambi divennero sempre più frenetici e caotici. Più persone si erano svegliate e i posti letto dell’infermeria si stavano esaurendo. 

Le donne di Pontelagolungo dovettero preparare dei giacigli improvvisati, con paglia e coperte varie, ma con tutta quella gente nuova che arrivava era difficile. 

Inoltre, dovevano essere curati immediatamente! Erano tornati in vita, ma erano ancora gravemente feriti. Beth dovette organizzare e razionare al meglio filtri curativi, unguenti e pillole per gestire la situazione. 

Il terzo e il quarto giorno non furono molto diversi, però la gente cominciò a adeguarsi e i guariti si misero in piedi per dare man forte. Beth, nel frattempo, aveva lavorato incessantemente, mangiando poche cose al volo e senza mai chiudere occhio. Ingeriva un sacco di pillole per rimanere sveglia e non avrebbe riposato. Finché non sarebbero scaduti i dieci giorni. 

Nei primi quattro giorni avevano riaperto gli occhi più di 900 soldati, ma altri non si erano ancora svegliati, compreso Thorin. 

Ad ogni ora Beth tornava da lui, ma i suoi occhi erano rimasti chiusi, la sua pelle non aveva ripreso colore e ancora non respirava. Continuava a chiedersi quando si fosse svegliato, se si fosse svegliato, per poi ripetersi di restare calma. Avevano ancora altri sei giorni. 

Alcuni come Gandalf, Bilbo o Fili e Kili provarono a convincerla a riposarsi. Ma lei non li ascoltò, voleva restare sveglia! E poi non sarebbe riuscita a dormire comunque. 

Al quinto giorno si risvegliarono altri trecento caduti, il sesto cinquecento, il settimo settecento. 

L'ottavo giorno iniziarono a svegliarsene di meno: solo duecento di loro rividero la luce del sole, molti rimasero ancora nel sonno eterno. Anche Thorin. 

Il nono giorno si svegliarono meno di cento soldati. A quel punto Beth versò nelle fontane ciò che le rimaneva della pozione donatale dal dio Lomien. 

Al sorgere dell’ultimo giorno se ne svegliarono novanta e il lavoro in infermeria iniziò a diminuire. 

Beth e i suoi aiutanti studiarono con attenzione tutti quelli che erano ancora nelle fontane. Erano tutti stanchi e in tensione, per il poco tempo che rimaneva; non restavano più di dieci ore. 

Quando passò vicino a Thorin si sedette sul bordo della fontana e attese. 

Era bagnato fradicio, con la pelle bianca come gesso e i muscoli atrofizzati. Sperò e pregò che si svegliasse anche lui. Non aveva altri assi nella manica e se non lo avesse fatto, non sarebbe mai riuscita darsi pace. 

Pet tutta la mattina si svegliò un’altra cinquantina di persone, dopo mezzogiorno un’altra trentina, nel pomeriggio a malapena una ventina. 

Mancò un’ora al tramonto e Beth tenne gli occhi incollati su Thorin con ansia. 

“Svegliati, svegliati, svegliati!”. 

Si sedette a gambe incrociate sul bordo della fontana, tormentandosi le mani agitata. Passò mezz’ora, ma ancora non successe niente. 

Mancarono altri venti minuti e un altro paio di persone si svegliarono, ma Thorin era ancora immobile. 

Quando passarono altri 10 minuti, Beth cominciò a tremare per quanto fosse nervosa. Cominciò a temere che non si sarebbe mai risvegliato.  

Altre dodici persone vennero portate in infermeria quando mancavano solo cinque minuti al tramonto. 

Beth di tanto in tanto si dimenticava di respirare. Quell'attesa la stava uccidendo! Era esausta e voleva che quella storia finisse al più presto. 

All'improvviso i suoi occhi si spalancarono dopo aver spalancato. 

Per un momento credette che fosse stata un’allucinazione dovuta alla stanchezza, ma quello che vide era vero! La pelle di Thorin lentamente riprese colore, facendosi sempre meno pallida. Si buttò in ginocchio di fianco a lui con il cuore che le batteva all’impazzata e attese.  

Attese finché non vide le dita di Thorin muoversi appena. E finalmente le sue labbra si socchiusero aspirando e buttando fuori l’aria. 

Lei sospirò di sollievo e gridò di portare una barella. 

Thorin venne portato immediatamente in infermeria e le ultime sei persone lo seguirono. 

Ancora non poteva crederci! Ce l’aveva fatta! Non aveva ancora riaperto gli occhi, ma ora era vivo! 

Beth uscì dalla fontana e strascicando i piedi, uscì dal salone delle fontane dirigendosi al laboratorio. Non appena entrò, sprofondò sulla panca davanti alle finestre sfinita.  

Il tempo era scaduto; i dieci giorni erano passati. Gli ultimi cinque cento caduti non erano ritornati alla vita, erano già andati oltre rimanendo morti. 

In compenso però, si erano risvegliati quasi duemila soldati, compreso il Re Sotto la Montagna. 

Presto si sarebbero rimessi e tornare a casa dalle proprie famiglie.  

Chi non ce l’aveva fatta, avrebbe ricevuto una degna sepoltura e i loro cari li avrebbero compianti. 

L'infermeria sarebbe rimasta ancora piena, nonostante questo duro lavoro e Beth sarebbe scesa per dare una mano. Ma non ora. Era stanchissima, dopo aver passato dieci giorni senza mai dormire e quella era la prima volta che si rilassava davvero. 

Le palpebre si fecero sempre più pesanti e non appena si chiusero, cadde in un sonno profondo. 

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 - Ritorno a casa ***


Capitolo 32 

Ritorno a casa 

 

Era mezzogiorno passato, quando aprì gli occhi. Fuori dalla finestra il sole era bello alto e illuminava il panorama, i cui raggi rimbalzavano sulla neve bianca. 

Sentì la schiena tutta indolenzita a causa della posizione scomoda che aveva tenuto per tutta la notte. Si alzò in piedi sbuffando e uscì dal laboratorio, mentre si stropicciava gli occhi. 

Andò nell’infermeria del secondo piano per controllare la situazione: era completamente piena e affollata, anzi era stracolma! Tutti erano occupati e trovò lungo il corridoio vari giacigli improvvisati. Fortunatamente, molti si erano già ripresi in fretta e poterono sostituire o aiutare chi era rimasto in piedi per giorni.  

Non appena entrò, Tilda le corse incontro. 

<< Beth, sei qui! >> esclamò lei entusiasta e strinse le sue piccole braccia attorno alla vita. 

<< Oh … ehm, ciao >> le rispose un po’ impacciata. 

Improvvisamente il suo stomaco gorgogliò rumoroso e Tilda si distaccò da lei. 

<< Hai fame? >> le domandò. 

Lei annuì; aveva molta fame, in verità. 

<< Seguimi >>. 

Tilda la prese per mano e la accompagnò al primo piano. 

Lì erano presenti delle cucine e un’enorme mensa improvvisata: avevano radunato una miriade di tavoli lunghi, corti tondi o rettangolari, accostandoci vicino sedie e panche. Nell'aria aleggiava una varietà di odori e profumi invitanti, tra cui birra, zuppa e selvaggina. 

Non vedeva l’ora di mettere qualcosa sotto i denti, prima però domandò a Tilda dove fosse Bard e lei le indicò un lungo tavolone in fondo alla mensa.  

Tilda corse poi al piano di sopra, mentre Beth raggiunse il tavolo. Assieme a Bard c’erano Gandalf, Bilbo, la sua compagnia, Dain e un po’ in disparte Tauriel, che chiacchierava con Kili. 

Si zittirono tutti quando la videro, con degli sguardi pieni di gratitudine per tutto ciò che aveva fatto. 

Non disse niente; non sapeva cosa dire per la verità, ma sbuffò divertita e si sedette in mezzo a loro. Mangiò avidamente due ciotole di zuppa, calda e saporita e svuotò tutto d’un fiato un intero boccale di birra. Nel frattempo, le venne spiegato di come tutti in quella montagna le fossero riconoscenti, ritenendo che avesse compiuto un vero e proprio miracolo. 

Alcuni di quelli che erano tornati in vita si stavano riprendendo, sebbene fossero rimasti scioccati dall’evento. Si erano risvegliati all’improvviso, talmente agitati che avevano dovuto legarli. Beth spiegò che quella reazione era dovuta dal fatto che l’effetto della pozione era stata immediata. Per tutti gli altri che ancora dormivano in infermeria invece, sarebbe stato un processo più lento e graduale.  

Chi non ce l’aveva fatta, era stato sepolto all’interno della Montagna e i nani avevano deciso di incidere i loro nomi, in segno di rispetto. 

Nel frattempo, Thranduil aveva fatto ritorno al Reame Boscoso, ma non prima che Bilbo gli restituisse delle gemme elfiche appartenute alla sua consorte tempo fa. 

Fili invece, avrebbe temporaneamente sostituito Thorin fino a che non si fosse ripreso e aveva deciso di condividere il tesoro con tutti gli uomini del lago e gli elfi, come risarcimento per i danni subiti. Con tutto quell’oro avrebbe aiutato Bard a ricostruire la città di Dale e ricominciare una nuova vita. 

E la giornata passò così; chiacchierarono, si rilassarono e dopo tanto tempo risero. 

La mattina dopo Beth si svegliò presto e dopo aver controllato la situazione in infermeria, si mise al lavoro. Riempì svariati calderoni e preparò vari filtri e infusi, finché Bilbo non venne a bussare alla porta. 

<< Ciao >> lo salutò e notò che aveva uno zaino in spalla, << Te ne vai? >>. 

<< Volevo salutarti. Gandalf mi sta aspettando di sotto >> le annunciò. << Mi accompagnerà a casa >>. 

Beth si rattristì un pochino per la sua partenza, ma in fondo non lo biasimò. Chi non voleva ritornare a casa dopo tanto tempo? 

Si pulì le mani con uno straccio e si offrì di accompagnarlo all’entrata e salutare anche Gandalf. 

<< E la tua quindicesima parte? Come te la porterai dietro? >> gli domandò. 

<< Oh … in realtà ho deciso di portarmi via solo un paio di casse. Non ho bisogno di un tesoro così grande servirà più alla gente di Pontelagolungo. 

<< Oh, che carino! >> lo prese in giro mentre scendevano le scale. 

Bilbo Baggins era la persona più umile e buona che avesse mai conosciuto. Si sentì fortunata per questo. 

<< E tu, quando tornerai a casa? >> le domandò curioso. 

<< Ancora non lo so. Starò qui qualche altro giorno e non appena ci sarà poco da fare e quando non avranno più bisogno di me, me ne andrò anch’io >>. 

Giunsero all’ingresso e uscirono dalle porte di Erebor, passeggiando sul ponte. Gandalf era di fronte a loro ad attendere il mezz’uomo, con il suo cappello a punta sulla testa, il bastone in mano assieme a un cavallo e un pony. 

<< Ah … senti … >>. 

Bilbo si fermò sul ponte e Beth lo ascoltò paziente. 

<< So che quello che ti è successo ti ha sconvolta e … non ti biasimo, se fossi ancora arrabbiata con Thorin >>. 

<< Non dovrei? >> lo interruppe con risentimento. 

Era lieta che Thorin si fosse risvegliato, ma ancora non lo aveva perdonato per ciò che le aveva affatto. Dopo la battaglia si era curata tutte le ferite che aveva sul corpo, ma il taglio che Thorin le aveva procurato era ancora sulla sua fronte.  

<< No … ma … Beh, lui … lui … >> balbettò Bilbo. 

Lo vide tutto corrucciato mentre si sforzava a trovare le parole giuste. 

Quando le trovò, disse tutto d’un fiato, << Quando eravamo a Collecorvo, avrebbe voluto che fossi lì anche tu. Voleva chiederti perdono >>. 

Beth sospirò senza dire niente. 

Non sapeva cosa fare con lui adesso. Non sapeva se lo avrebbe mai perdonato. 

Bilbo intuì i suoi pensieri, così decise di cambiare discorso e alzò la mano a mezz’aria. 

<< Addio, Beth >>. 

Beth però, non gliela strinse subito. 

<< Addio? La mia casa è lontana dalla tua meno di quanto pensi. Siamo praticamente vicini di casa! Cosa ti fa pensare che non verrò a trovarti? >> gli rispose con un sorrisetto compiaciuto. 

Bilbo rimase di stucco da quell’affermazione, così si corresse, << Oh, beh … allora arrivederci, Miss Lomien >>. 

E Beth gli strinse la mano, << Arrivederci, Signor Baggins >>. 

Sì, sarebbe andata a trovarlo spesso. 

Quando le loro mani si lasciarono, Bilbo fece per avviarsi. 

<< Beh, credo che me ne andrò via in silenzio. Puoi dire agli altri che li saluto? >>. 

<< Glielo puoi dire tu stesso >>. 

A quel punto lui si girò confuso e trovò sotto l’ingresso tutta la compagnia. 

Fu un momento piuttosto commovente e per Bilbo risultò più difficile andarsene. 

<< Ah, se qualcuno di voi passasse da casa Baggins … Il tè è alle quattro. Cena in abbondanza … Siete sempre i benvenuti. Oh, non disturbatevi a bussare >>.  

Tutti ridacchiarono per la battuta, ma le parole non avrebbero mai potuto descrivere quanto fossero grati per tutto ciò che aveva fatto per loro. E avrebbero sentito molto la sua mancanza. 

Bilbo diede loro le spalle e si avviò verso casa con Gandalf.  

Beth rimase ad osservarli partire, mentre montavano a cavallo, finché non li vide sparire all’orizzonte. 

<< Avanti signori. Al lavoro >> disse ai nani e rientrano nella Montagna. 

********************* 

Beth rimase per un’altra settimana. Preparò una grande quantità di filtri e infusi, pillole e unguenti per i malati in infermeria. 

Alcuni li consegnò ai medici e ai guaritori, dando delle istruzioni precise da seguire. Loro si occuparono di chi aveva semplici ferite, mentre lei pensò a chi stesse peggio. 

Gli ultimi che erano ritornati in vita, cominciarono a svegliarsi confusi e venne loro spiegato cos’era successo. 

Thorin invece, dormiva ancora. Certe volte capitava che Beth passasse accanto al suo letto, per poi rimanere ad osservarlo. Bilbo le aveva detto che il nano aveva chiesto il suo perdono, ma onestamente non sapeva cosa avrebbe fatto quando si fosse svegliato. 

Ben presto il lavoro diminuì sempre di più, tutti cominciarono ad arrangiarsi da soli e ormai Beth veniva chiamata di rado. 

Al settimo giorno quando ormai era calata la notte, Kili arrivò agitato in laboratorio. All'inizio lei pensò che fosse successo qualcosa di grave, poi il nano esclamò, << Beth! È il 14 gennaio! >>. 

<< E quindi? >> domandò perplessa. 

<< Domani ti toglieranno la casa se non ti presenti con i soldi! Non avevi detto che la scadenza era il 14 gennaio? >>. 

Beth sgranò gli occhi. Se ne era completamente dimenticata! E pensare che era partita proprio per quella ragione. 

<< L’hai scordato? >> le chiese incredulo. 

Erano lontani chilometri e chilometri da Brea, non avrebbe mai fatto in tempo nemmeno se avesse cavalcato a tutta velocità. E c’era anche l’oro da trasportare. 

<< Presto aiutami! >> gli disse e si misero a frugare frettolosamente tra gli scaffali e le mensole un qualunque rimedio a quel problema. 

<< Cosa stiamo cercando? >> le domandò Kili. 

<< Qualunque cosa mi faccia tornare a casa in tempo >>. 

Ci vollero un paio d’ore per trovare qualcosa. 

<< E se non trovassimo niente? >> chiese Kili da dietro uno scaffale. 

<< C’è sempre qualcosa che puoi usare >> rispose risoluta. 

Continuò a cercare e nella fretta fece cadere una scatolina per terra, che si aprì a causa dell’impatto sul pavimento. 

Scese dalla scala per raccoglierla e dopo averci guardato dentro, esclamò, << Trovato! >>. 

Tirò fuori una pallina grigia e polverosa e la mostrò a Kili sul palmo della mano. 

<< Che cos’è? >>. 

<< È una pietra di trasporto >>. 

<< E come funziona? >>. 

<< È molto semplice: prendi una pietra, la butti per terra, la schiacci e pensi dove vuoi andare. E in poco tempo arrivi alla destinazione desiderata >>. 

<< Quindi è tutto risolto? >>. 

<< Già >> rispose e guardò di nuovo dentro la scatolina, << Ma non potrò ritornare qui. Non subito almeno >>. 

<< Perché? >>. 

<< Ce n’è solo una >> e gli fece vedere l’interno vuoto della scatola. 

<< E non puoi farne altre? >>. 

<< Sì, posso farlo. Ma il procedimento è complesso e ci vuole un sacco di tempo per farne solo una ventina scarsa >> ammise. 

<< Quanto tempo esattamente? >>. 

<< Un paio di mesi >> rispose senza entusiasmo, << Vi lascerei da soli per due mesi >>. 

Ma Kili affermò con sicurezza, << Non saremo da soli Beth >>. 

<< E se succedesse qualcosa? Non posso lasciarvi così >> protestò lei. 

<< Non succederà niente! E poi sono tutti fuori pericolo ormai >> le rispose convinto, ma questo non bastò a convincere lei. 

<< Beth, tu hai già fatto moltissimo per noi e di questo te ne saremo per sempre grati. È il momento di ricambiare il favore. Ora tu torni a casa, consegni l’oro e mal che vada, ci rivedremo tra due mesi >>. 

Beth lo ascoltò per tutto il tempo e sebbene si sentisse un po’ in colpa, Kili riuscì a convincerla quando le rispose, << Ora che siamo a casa, dove vuoi che andiamo? >>. 

******************* 

Sullo stesso carro che Beth aveva usato per andare a Dale, caricarono una trentina di casse ricolme di monete d’oro, pezzi d’argento, pietre preziose e gioielli ricoperti di perle bianche. 

Beth chiese se potesse portare via con sé anche la spada e l’armatura che aveva indossato in battaglia e in nani acconsentirono senza alcuna obiezione. 

<< È sufficiente? >> domandò Kili. 

<< È più che sufficiente >> lo rassicurò lei. 

Si trovarono fuori dalla Montagna, oltre il ponte. 

Prima di uscire, Beth si era infilata in tasca il distillato della forza, per poter trainare il carro senza alcuna fatica. 

Tutta la compagnia era lì riunita per darle un ultimo saluto, proprio come avevano fatto con Bilbo. 

Dori e Ori le misero un mantello sulle spalle per coprirla dal freddo. Dwalin alzò la mano e lei gliela strinse, ma subito dopo lo strattonò in avanti e gli buttò le braccia attorno al collo. Lui non si aspettò affatto un gesto simile da parte sua e imbarazzato, le diede delle timide pacche sulla schiena. 

<< Ehm … sì. Anch'io ragazzina >> balbettò lui. 

Beth sorrise nel vederlo così impacciato. 

<< È stato un piacere viaggiare al tuo fianco, figliola >> disse Balin. 

<< lo è stato anche per me >> e uno ad uno, lì salutò tutti. 

Gli ultimi furono Fili e Kili, che li stritolò fortemente in un grande abbraccio. 

Quando si staccò si rivolse ad entrambi, << Se ora vi lascio, mi promettete di stare lontano dai guai? >>. 

<< No, non possiamo >> ghignò Fili e subito dopo Kili aggiunse, << Ma faremo del nostro meglio >>. 

Dovette trattenere a stento una risata. 

Si allontanò da loro, per evitare che la partenza diventasse più difficile del previsto. 

Tirò fuori la pietra di trasporto, la fece cadere sul terreno e la schiacciò con il tallone. Toccò il carro con la mano mentre venne inghiottita da una grande quantità di fumo. I nani sparirono dalla sua vista e lei pensò intensamente di raggiungere Brea. 

Quando il fumo si diradò, la Montagna Solitaria era sparita. Si ritrovò su un sentiero circondato da alberi ricoperti di neve e davanti a lei c’era l’accesso per entrare nella cittadina di Brea. 

Il sole era appena sorto e Beth si affrettò a bere il distillato e a trasportare il carro. 

Non le ci volle molto per entrare e trovare l’ufficio dei creditori. 

All'inizio la accolsero beffardi, con un ghigno maligno stampato in faccia, ma Beth li fece sparire non appena sbatté sui tavoli e sul pavimento venti casse d’oro e di gioielli. Rimasero tutti ammutoliti nel vedere tutta quella fortuna. 

<< Dove lo avete preso? >> le domandarono a bocca aperta. 

<< Alla Montagna Solitaria. È una piccola parte del tesoro di Erebor >> rispose. 

Una “piccola” parte per lei, ma per loro … 

<< Questo è impossibile! >> ribatté uno dei creditori. << Nessuno ha mai più messo piede in quella Montagna da sessant’anni. E, se non vado errato, dovrebbe esserci un drago a fare la guardia a tutto quel tesoro >>. 

Beth rimase calma, senza trasparire alcuna emozione. 

<< Il drago è morto e ora la Montagna Solitaria ha un nuovo re >> spiegò. << Mi ha proposto lui stesso di prendere parte ad un’impresa qualche mese fa, promettendo una gran ricompensa in cambio dei miei servigi. E così è stato >>. 

Da sotto il matello tirò fuori il contratto che aveva firmato a casa Baggins e lo consegnò ai creditori come prova di quanto aveva detto. Ci rimasero male dopo aver letto le firme di Thorin, Balin e Beth. 

<< È tutto risolto? >> domandò annoiata. 

<< Sì. Tutto nella norma Miss Lomien >> si arresero e aggiunsero che con tutto quell’oro sarebbe riuscita a pagare la casa per i successivi dieci anni. 

<< Bene. Ci vediamo tra dieci anni, signori >> rispose Beth e si dileguò. 

Riprese a trainare il carro, sopra il quale c’erano altre dieci casse che aveva deciso di tenersi. Ormai era mattina inoltrata e gli abitanti di Brea si erano svegliati, aprendo le loro botteghe e bancarelle. Beth ne approfittò per comprare frutta, verdura, pane, uova e carne. Quando era partita, aveva lasciato la dispensa della cucina completamente vuota e ora che era tornata, era arrivato il momento di riempirla. 

Stava per uscire dalla città, quando vide davanti a sé una ragazzina accucciata accanto al muro di un edificio. Era a piedi scalzi e tremava per il freddo. Non aveva niente con cui scaldarsi, se non una coperta vecchia e logora. Accanto a lei c’era un piattino di metallo con poche monetine, per chiedere elemosina. Quella ragazzina aveva qualcosa di familiare; l’aveva già vista da qualche parte. Solo quando si avvicinò di più la riconobbe. 

<< Dollie? >>. 

La ragazzina alzò la testa e si rivelò proprio lei. La stessa persona che mesi fa l’aveva chiamata nel cuore della notte per aiutare il suo padrone. 

<< Salve Miss Lomien >> le sussurrò debolmente. 

Era molto più magra. Troppo magra! Non doveva magiare da giorni. Il viso era tutto sporco, come i suoi capelli unti e i piedi scalzi erano pieni di calli e vesciche. 

Beth non ci pensò due volte: la prese in braccio senza alcuna fatica. La depose sul carro e la coprì con il suo matello, uscendo a passo spedito da Brea. 

***************** 

Si sentì scaldarsi il cuore quando arrivò davanti alla sua enorme casa. Finalmente era tornata, dopo mesi e mesi! Solo ora si rese conto di quanto le fosse mancata. 

E ora che aveva pagato tutti i suoi debiti, le sembrò ancora più accogliente. 

Con sua grande sorpresa scoprì che nelle stalle accanto, c’era il suo cavallo! Pensava che dopo essere scappato dai troll si fosse disperso e invece, era tornato a casa. 

<< Ciao bello >> lo salutò lei mentre gli accarezzava affettuosamente il muso. 

Anche lui parve contento di vederla. 

<< Chi è là? >> gridò una voce e spuntò fuori uno dei giardinieri che aveva assunto per occuparsi del suo giardino in sua assenza. Era giovane, muscoloso e un po’ bassetto. 

<< Oh … Miss Lomien! >> esclamò sorpreso. 

<< Salve Hion >>. 

<< siete tornata! >>. 

<< È così >>. 

Quando le aprì il portone d’ingresso ed entrarono in casa si sentì un forte odore di chiuso. 

Il pavimento era tutto impolverato, con i camini spenti c’era un freddo tremendo ed era tutto buio a causa delle tende tirate. 

Su richiesta di Beth, Hion prese Dollie e la portò in cucina, facendola sedere su una sedia di legno davanti al tavolo. 

Dopodiché aiutò Beth a portare in casa le casse, a spostare le tende e aprire alcune finestre per cambiare l’aria e ad accendere alcuni camini. Si mise poi a preparare del brodo caldo per tutti e quando fu pronto, Beth si sedette a tavola con Dollie, Hion e gli altri tre giardinieri. Dollie mangiò avidamente in silenzio, mentre gli altri giardinieri domandarono curiosi come fosse andato il viaggio. 

Dovette ammettere che suo padre aveva avuto ragione quando lo aveva sognato a Granburrone: “Quando farai ritorno, avrai una storia pazzesca da raccontare”. 

Infatti, rimasero tutti e quattro a bocca aperta mentre raccontava tutte le avventure che aveva passato: i troll, gli elfi, la caverna dei goblin, Bosco Atro, Pontelagolungo, la Montagna Solitaria e da poco nominata, la Battaglia dei Cinque Eserciti. 

<< È pazzesco! >> rispose uno di loro affascinato. 

<< E voi che mi dite? Avete avuto problemi? >> domandò lei. 

<< Nessun problema >> la rassicurarono loro. 

Beth scoprì che erano tutti e quattro grandi amici dall’infanzia e avevano vissuto nei bassifondi di Brea, dove la povertà era l’ordine del giorno. Si prendevano cura dell’altro da sempre, anche dopo che si furono sposati e avevano messo su famiglia. Ma non era facile portare a casa il pane tutti i giorni. Avevano molte bocche da sfamare e i loro appartamenti erano piccoli e malandati. 

Forse fu la pietà a convincerla e fece ai giardinieri una proposta. 

<< Siete degli ottimi giardinieri >> ed era vero. Avevano fatto un buon lavoro nel giardino e nelle serre. 

<< Ho bisogno di aiuto per sistemare questa casa. Potreste trasferirvi e lavorare per me >>. 

Loro rimasero stupiti per quella proposta allettante. Ma subito risposero, << Oh, Miss Lomien non possiamo accettare >>. 

<< Quanto vi pagano di solito? >> chiese Beth senza badare alle loro parole. 

<< Ehm … sei, sette monete di rame al giorno. A volte un paio d’argento, quando ci va bene … >>. 

<< Vi darò tre monete d’oro al giorno e un giorno libero alla settimana >> lo interruppe. 

<< Ma noi non possiamo lasciare le nostre famiglie >>. 

<< Portate qui anche loro! Al primo piano ci sono dodici camere libere e bagni decenti >> aggiunse e riuscì a convincerli. 

Quando le chiesero quando avrebbero iniziato, lei rispose di tornare il giorno dopo. 

Ancora increduli, tutti e quattro si diressero a casa per dare alle loro famiglie la bella notizia. 

Dollie nel frattempo, si era addormentata sul tavolo con la pancia piena e il volto sereno. Beth dovette svegliarla e la portò al piano sotterraneo, dove giaceva il suo laboratorio. 

La fece sedere su un lettino e la visitò. Aveva la febbre alta ed era così magra che sotto la sua pelle si intravedevano le ossa. 

<< Come sei finita là fuori? >> le domandò. 

<< La moglie del mio padrone mi ha sbattuto fuori >> rispose tristemente. 

<< Perché? Che è successo? >>. 

<< Il padrone è morto. Lui le ha sempre impedito di buttarmi fuori di casa, ma si è ammalato gravemente e lei ha colto l’occasione >>. 

Beth rispose a denti stretti, << Che razza di stronza >>. 

<< Mi ha sempre odiato senza ragione. Non ho mai saputo il perché >>. 

<< Perché è una donna egoista Dollie. Buttare per strada una ragazzina è una cosa crudele. E, purtroppo, non è l’unica ad esserlo in questo mondo >>. 

Dollie rimase in silenzio e bevve tutto d’un fiato un infuso che Beth le aveva dato. Poi si alzò e fece per raggiungere le scale, quando Beth le domandò, << Dove vai? >>. 

<< A Brea >> rispose la ragazzina, << Grazie per l’ospitalità Miss Lomien, ma per me è arrivato il momento di andare >>. 

<< No, no, no, no >> la interruppe Beth autoritaria, << Tu adesso vai di sopra, ti fai un bagno caldo e ti metti a letto >>. 

Dollie tentò di protestare, ma Beth fu irremovibile. 

<< Sei malata e malnutrita, dove vorresti andare? Voglio proprio vedere se riesci a fermarmi in quelle condizioni >>. 

Dollie capì che era una battaglia persa e senza discutere si fece accompagnare al secondo piano. 

Beth le lasciò la sua camera e una camicia da notte, rimanendo seduta su una poltrona ad aspettare che Dollie uscisse dal bagno. 

Solo quando la vide infilarsi sotto le coperte e si addormentò, spense la luce delle candele e uscì.  

Decise di trasferirsi nella camera da letto dei suoi genitori. Fu strano quando aprì la porta. Non entrava in quella stanza da quando sua madre vi si era impiccata. 

Si fece un bagno anche lei e dopo essersi asciugata i capelli, si sdraiò sul letto matrimoniale a baldacchino. 

Era così morbido che si addormentò immediatamente, pensando “Sono a casa”. 

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 - Un ospite inaspettato ***


Capitolo 33 

Un ospite inaspettato 

 

La mattina seguente si svegliò serena e rilassata, ma quando andò a vedere come stava Dollie, venne presa dal panico nel trovare la camera completamente vuota. Si precipitò al piano terra, credendo che se ne fosse andata mentre lei dormiva, ma alla fine la trovò in cucina dietro una tavola imbandita. 

<< Buongiorno, Miss Lomien >> la salutò allegra. 

Beth però, non lo trovò affatto divertente, << Che cosa stai facendo qui?! >>. 

<< preparo la colazione >> le rispose. 

<< Torna subito a letto! >> le ordinò Beth. 

Dollie preparava sempre la colazione ai suoi vecchi padroni quando ancora lavorava per loro. Evidentemente doveva aver agito per l’abitudine. La ragazzina tentò di protestare, ma Beth la sollevò di peso e la riportò nella sua stanza al secondo piano tramite un ascensore. 

<< Ma la colazione … >>. 

<< La porterò qui io, ma tu non ti azzardare ad uscire da qui >>. 

Dopo aver rimesso a letto Dollie, Beth scese di sotto e ritornò con un vassoio enorme colmo di latte, tè fumante, biscotti e delle profumate fette di torta. 

Le due mangiarono in silenzio, finché Beth non vide qualcosa sul polso semiscoperto di Dollie. All'inizio pensò che fosse una macchia, ma in seguito realizzò che era una voglia. 

<< Che cos’hai sul braccio? >> le domandò. 

Dollie capì a cosa si riferisse e tentò di abbassarsi la manica della camicia da notte. 

Beth fu più svelta di lei. Le afferrò il polso e alzò la manica. Con suo enorme stupore, trovò alcune voglie scure sparse lungo il suo braccio. Erano così così articolate che sembravano dei tatuaggi. Alzò l’altra manica e ne trovò altre tre, una vicina alla spalla e due sotto il gomito. Non ne aveva neanche la metà rispetto a quelle che c’erano sulle braccia di Beth, ma ce le aveva … 

<< Tu sei un’alchimista! >>. 

Adesso capì perché era venuta da lei quella notte; sapeva che quel medico non sarebbe riuscito a guarire il suo padrone. 

<< Già >> le rispose Dollie senza entusiasmo. 

<< Ma perché hai sempre fatto la serva? Perché non te ne sei andata prima da quella casa? >>. 

<< Io … non ne so niente di pozioni Miss Lomien. Non me lo ha mai insegnato nessuno >> le disse. << I miei genitori non erano alchimisti. Nemmeno i miei nonni. Mi è stato detto che lo era la mia bisnonna, ma nessuno mi ha mai insegnato niente. Mia madre pensava di cercarne uno e convincerlo a prendermi come apprendista, ma non ce n’erano e dopo la sua morte … beh, non ne vedevo il motivo e sono rimasta là, a fare la serva >>. 

Beth si sentì un po’ in colpa per lei. Se lo avesse saputo prima di tutto questo …  

All'improvviso, le venne in mente un’idea. 

<< Vuoi che te lo insegni io? >> le propose. 

Gli occhi della ragazzina si illuminarono, << Veramente? >>. 

<< Beh, ora che ci penso, mi farebbe comodo un’assistente >>. 

Dollie le si buttò addosso e la abbracciò, senza smettere di dire “grazie” nemmeno per un secondo. 

************************ 

Hion e i suoi compagni arrivarono poco dopo pranzo insieme alle proprie famiglie. Giunsero davanti a Lomien House con un misero carretto guidato da un vecchio e stanco asino. 

Beth li fece subito entrare in casa al riparo dal freddo e dalla neve e mostrò a tutti i loro alloggi al primo piano.  

Alcuni dei loro bambini rimasero a bocca aperta. Non erano mai stati in una casa così enorme e i più piccoli correvano dappertutto, curiosi e impazienti di ispezionare ogni singola stanza. 

Lo stesso si poteva dire per gli adulti: i loro alloggi erano molto grandi e spaziosi e i bagni erano estremamente puliti e più numerosi. Dove vivevano, c’era un bagno solo per tutti, molto più sporco e stretto. Lì invece, i bagni maschili erano separati da quelli femminili e profumavano dolcemente di limoni e arance. 

Hion e i suoi compagni si misero subito a lavorare nelle serre, le loro mogli invece, aiutarono Beth a sistemare e pulire la casa da cima a fondo. 

Non appena arrivarono, Beth diede loro un paio di regole da seguire: regola numero uno; nessuno doveva mettere piede nel suo laboratorio senza il suo consenso. 

Regola numero secondo; non c’era bisogno della formalità. “Io non sono la padrona di nessuno. Sono il vostro datore di lavoro. E voi non siete i miei servitori, siete i miei dipendenti >> aveva detto. 

Per gli adulti fu difficile chiamarla per nome, essendo abituati a lavorare per dei ricconi pomposi. Così adottarono una via di mezzo, chiamandola “Miss Lomien”. 

Ben presto la sua casa divenne fresca e pulita. La polvere e le ragnatele sparirono, i vetri vennero lavati e molte stanze vennero riaperte. 

Nel frattempo, Dollie si era ripresa perfettamente e solo lei ebbe il consenso di entrare nel laboratorio. Ogni giorno scendeva con Beth nel piano sotterraneo e la mise subito al lavoro, spiegandole le cose più semplici: tritare erbe, polverizzare gusci d’uovo, pesare gli ingredienti con la bilancia, alzare e abbassare il fuoco … 

Spesso era impaziente di imparare cose nuove, ma a parte ciò aveva un buon potenziale e apprendeva in fretta. 

Dopo tre settimane, Beth decise di alzare il livello di difficoltà. Prese un libro e dopo aver sfogliato le pagine, lo mise davanti a Dollie. Sulla pagina c’erano le istruzioni per preparare un semplice infuso per la tosse. Le disse di prepararlo da sola senza il suo aiuto e Dollie ci riuscì, sprizzando gioia da tutti i pori. Rea la prima volta che la vedeva veramente felice. 

La sera cenavano tutti insieme, raccontando come fosse andata la propria giornata, ma di tanto in tanto si scambiavano qualche storiella divertente.  

Dopo tanto tempo, la sua casa non era più vuota e Beth non si sentì più sola. 

********************* 

Passò un mese e la neve non si era ancora sciolta quando giunsero i primi giorni di febbraio. Tutte le sere Beth si accucciava sotto le coperte, allungandosele fino al naso per trovare calore. La mattina dopo si svegliava nel bel mezzo di tepore piacevole che tentava di inchiodarla a letto. Si stava sempre così bene lì sotto, perché uscire fuori con questo freddo? E controvoglia si doveva alzare dal letto e infilarsi la vestaglia più veloce che poteva.  

Quella mattina si svegliò prima degli altri. Aprì le tende color porpora, facendo entrare la luce del sole nella stanza. 

Mentre rinvigorì il fuoco nel camino, con la coda dell’occhio vide qualcosa fuori dalla finestra. 

Di fronte alla casa apparve un’enorme quantità di fumo. Beth uscì sul balcone per poter vedere meglio. Pensò che nel bosco fosse scoppiato un incendio, ma non c’erano segni di fiamme. Non c’era neanche una scintilla e il fumo si muoveva in cerchio, come un vortice. Solo una pietra di trasporto poteva fare una cosa del genere. Qualcuno stava arrivando da lei … 

Presto il fumo si diradò, scomparendo definitivamente. A causa della boscaglia, Beth non riuscì a vedere nulla. Rimase con il collo allungato, finché non vide finalmente comparire qualcuno. Arrivò di fronte al portone e quando alzò la testa in lato, Beth lo riconobbe. E per poco non le venne un infarto!  

Thorin era lì, sotto di lei! I capelli neri erano tutti scompigliati, gli occhi azzurri erano stanchi e affaticati ed era mezzo svestito, con una grossa fasciatura che gli copriva la ferita sul petto. A un certo punto, Thorin ebbe un mancamento e cadde a terra svenuto. 

<< Dollie! >>. 

Beth si precipitò nella stanza di Dollie e la svegliò. 

<< Prendi la barella! Muoviti! >> le ordinò e senza aspettarla, scese le scale di corsa. 

Afferrò al volo una borsa nuova colma di bende e pozioni curative e spalancò il portone all’ingresso, sbattendolo contro il muro.  

Non appena raggiunse Thorin, si inginocchiò di fianco a lui. Vide la fasciatura tingersi di rosso: la ferita si era riaperta! Ci mise sopra le mani e premette forte. Tutta quella fatica per riportarlo in vita, per poi vederlo morire di nuovo? 

<< Perché mi hai seguito, idiota! >> imprecò, << Dollie! >>. 

Tirò fuori una benda pulita e la mise sulla ferita, continuando a tamponare. 

Dollie, finalmente, arrivò con Hion e la aiutarono a mettere Thorin sopra la barella. Entrarono in casa di corsa. Beth si precipitò lungo il corridoio, con gli altri due che la seguivano a ruota e premette un tasto lungo la cornice della parete. Questa si spostò di lato e rivelò un ascensore segreto. 

<< Va bene, grazie! Ora ci pensiamo noi >> disse ad Hion frettolosamente e. dopo aver richiuso la parete. Abbassò una leva e l’ascensore scese nel laboratorio. 

(Fortunatamente, lì accanto aveva una piccola infermeria per i casi di emergenza). Dollie la aiutò a portare la barella e a spostare Thorin su un letto dell’infermeria. Era terribilmente pallido, sudato e tremava come una foglia a causa della febbre. Dovevano assolutamente fermare il sangue. 

Dollie la precedette; corse fuori dall’infermeria e quando tornò, teneva tra le braccia bende pulite, forbici, ago e filo e una boccetta di vetro lunga quanto un pollice. La stappò, mentre Beth tolse le vecchie fasciature sporche e non appena tolse le mani, con un contagocce prelevò un po’ di liquido. Mezza dozzina di gocce gialle caddero sulla ferita e questa iniziò a cicatrizzarsi, emettendo degli strani rosolii, come se avessero buttato dell’acqua su dei pezzi di carbone ardenti. 

Il sangue si fermò e Beth e Dollie cominciarono a pulire la ferita, la ricucirono con un filo nuovo e la coprirono con bende pulite. Beth si assicurò che Thorin respirasse ancora e, solo a quel punto, uscì dall’infermeria e sprofondò su un alto sgabello del laboratorio, tirando un sospiro di sollievo. 

Aveva usato una pietra di trasporto per arrivare fin lì, non c’era altra spiegazione. Eppure ne aveva trovata solo una a Erebor, era convinta che non ce ne fossero altre. Ma a quanto pare, Thorin ne aveva trovata un'altra. 

<< Miss Lomien, va tutto bene? >> le domandò Dollie. 

Bene? Era incavolata nera con quel nano: per lui ogni scusa era buona per farsi ammazzare. Beh, non appena si fosse ripreso, Beth gliene avrebbe detto di ogni, per poi rispedirlo alla Montagna Solitaria alla prima occasione. 

<< Vado di sopra. Tu resta qui >> le rispose stanca e tornò al piano di sopra senza aggiungere altro. 

Si diresse in cucina e trovò Lania, la moglie di Hion, tutta indaffarata a cucinare la colazione. 

<< Buongiorno, Miss Lomien >> la salutò. 

<< Lania >> rispose Beth. 

Andò al lavello e si lavò le mani con acqua e sapone, togliendo via il sangue. 

<< Hion mi ha detto che cos’è successo. È tanto grave? >> le domandò. 

<< No, niente di così serio. Si rimetterà presto >>. 

Mentre si asciugava le mani con un panno, entrarono di corsa i figli di Lania. Erano due bambini di sette anni che saltellavano esuberanti dappertutto. 

<< Beth! Beth! È vero che è arrivato un nano? >> chiesero tutti entusiasti. 

<< Già >>. 

<< Possiamo vederlo? >>. 

<< Ragazzi! >> li rimproverò la madre, << È una persona, non un animale! Ed è anche ferito, ha bisogno di riposo >>. 

I due bambini abbassarono lo sguardo amareggiati. 

<< Quando si rimetterà, lo vedrete >> disse Beth. << Vado a cambiarmi >>. 

Si avviò al secondo piano senza entusiasmo e si vestì in tutta fretta. 

A colazione parlavano tutti trafelati riguardo all’arrivo di Thorin, specialmente i bambini. Continuavano a chiedere a Beth se potevano scendere in infermeria per vederlo. Forse era una scusa per vedere il suo laboratorio, ma non ottennero risposta da lei. Era talmente sovrappensiero che a stento li ascoltava. 

<< Ragazzi smettetela! >> li rimproverò Lania, << Non potete scendere di sotto. E come vi ho già detto, quel poveretto è malato! L'ultima cosa di cui ha bisogno sono delle piccole pesti come voi che corrono dappertutto! >>. 

I bambini non insistettero più, ma tennero il muso per tutto il giorno. 

Beth invece, rimase taciturna e non mangiò niente. 

Non riusciva a smettere di pensare perché Thorin fosse venuto lì. 

Beh, se il suo intento era quello di porgerle le sue scuse, poteva toglierselo dalla testa, perché lei non le avrebbe mai accettate. Dopo tutto quello che le aveva fatto passare alla Montagna.  

Persa nei suoi pensieri, si strofinò la cicatrice sulla fronte che ancora non aveva tolto con uno dei suoi unguenti. 

<< È lui? >>. 

Hion era seduto di fianco a lei e aveva notato quel suo gesto. Beth abbassò la mano. 

<< s’. È lui >> rispose. 

Per tutto il giorno fece avanti e indietro dall’infermeria, alternandosi con Dollie. Thorin dormiva beatamente, la febbre se ne era andata e la ragazzina gli aveva asciugato il sudore con un panno.  

Mentre una lo teneva d’occhio seduta su una sedia, l’altra pensava a preparare pozioni. Quando era Beth a rimanere in infermeria con lui, non faceva che pensare di soffocarlo nel sonno con un cuscino. Altre volte però, si chiedeva, “Cosa faccio quando si sveglia?”. 

Per creare una pietra di trasporto ci sarebbero voluti due mesi. E finché non fossero state pronte, Thorin avrebbe dovuto soggiornare in casa sua.  

Cosa avrebbe fatto con lui per due mesi? 

La casa era grande e lei poteva nascondersi nel laboratorio e ignorarlo, ma non sarebbe durato al lungo e prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo.  

Quando Dollie veniva per darle il cambio, senza dire una parola, lei scattava in piedi e cercava di distrarsi il più possibile. Non aveva mai lavorato così tanto: aveva preparato in una sola giornata una dozzina di pozioni, le aveva imbottigliate, sistemate dentro a dei vecchi scrigni e bauli e selezionate per varie categorie.  

Quando lavorava il tempo passava troppo veloce, quando doveva guardare a Thorin non passava mai. Per il pranzo e la cena correva di sopra, ma quando doveva tornare di sotto lo faceva a passo lento. 

Verso le dieci di sera, le luci della casa vennero spente e tutti andarono a letto. Beth ci mandò anche Dollie; lei sarebbe rimasta lì tutta la notte, seppur controvoglia e poi non sarebbe riuscita a dormire comunque. Passò un’altra ora a pulire e sistemare fiale, boccette e barattoli nelle dispense e sugli scaffali. Mise a posto anche dei libri che Dollie aveva letto mentre stava seduta vicino a Thorin. Stava per rimettere l’ultimo nella piccola libreria che aveva nel laboratorio e quando si girò, sgranò gli occhi. 

<< Beth >>. 

Thorin era in piedi di fronte a lei, proprio sotto la porta dell’infermeria. La sua voce era stanca e affaticata. La ferita doveva fargli ancora male. 

Beth dal canto suo rimase a fissarlo scioccata. Per un secondo pensò di esserne felice, ma cambiò subito atteggiamento quando si ricordò del colpo alla testa. Non volle nemmeno avvicinarsi a lui. 

<< Che ci fai qui? >> domandò gelida. 

Lo guardò con tutta la rabbia che aveva in corpo. 

Thorin si sedette su una panca di fianco a lui con molta fatica. 

<< Dovevo vederti >> le disse mentre gemeva per il dolore fisico. 

<< Dopo che mi sono svegliato, Fili e Kili mi hanno riferito tutto quello che è successo >> spiegò. << Volevo tanto parlare con te, ma non c’eri più. Sono rimasto alla Montagna per una settimana, poi ho trovato la pietra e … sono finito qui >>. 

Beth tacque ancora, guardandolo storto con le braccia incrociate. 

Thorin intuì a cosa stesse pensando e con l’aria di un cane bastonato, le disse << Mi dispiace >>. 

<< Ti dispiace >> ripeté Beth duramente. 

<< Beth, ascolta … >> tentò di dire Thorin, ma Beth non lo fece finire.  

Non ce la fece più ed esplose come una pentola a pressione. 

<< NO! No! Per tutto questo tempo non ho fatto altro che ascoltarti! Ora parlo io! >> urlò puntandogli contro un dito. 

<< Tutto a un tratto un drago inferocito esce dalla Montagna e distrugge un’intera città. Dopo aver abbandonato centinaia di bisognosi, ignorando tutti i miei principi, io e i tuoi nipoti siamo rimasti in pensiero per te. Non sapevamo cosa ti fosse successo, se fossi vivo, morto o ferito. E quando finalmente ti abbiamo trovato con tutti gli altri, tu non ci hai nemmeno considerato! E non credere che mi sia dimenticata di ciò che è successo! >>. 

Iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza e la sua voce si incrinò. 

<< Sei stato un vero bastardo Thorin! Hai smesso di fidarti di me e hai perfino creduto che io stessi tramando contro di te! Hai smesso di ascoltarmi, mi hai minacciata, picchiata e in fine mi hai augurato la morte! >>. 

Thorin sussultò un po’ quando gli ricordò del modo in cui l’aveva colpita in testa e abbassò lo sguardo colpevole, dopo aver intravisto la cicatrice che aveva sulla fronte. 

<< E adesso vieni qui, nella mia casa, pensando che con un “mi dispiace” io ti perdoni e che tutto ritorni come prima? Tu non hai idea di cosa mi hai fatto passare! Ho cercato di aiutarti in tutti i modi, era l’unica cosa che volevo davvero e tu mi hai allontanata da te! Credo che tu non ti renda conto di quanto mi senta ferita! Thorin, io mi fidavo di te! Come hai potuto farmi questo? >> disse disperata. 

Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi, ma le ricacciò immediatamente indietro. Non aveva intenzione di piangere davanti a lui. Aspettò una sua risposta, ma Thorin rimase in silenzio con i suoi sensi di colpa. 

<< Beh, dimmi qualcosa >> gli disse con un po’ più di calma. 

<< Lo so >> le rispose. << Ti ho fatto del male e di questo me ne vergogno profondamente. Quando sei arrivata nella montagna, avrei dovuto essere felice di rivederti viva e invece, non sentivo niente >>. 

La sua voce era poco più che un sussurro, eppure Beth lo sentì perfettamente. 

<< Mio nipote era guarito e non ho sentito niente. Sono arrivati gli uomini, poi gli elfi, poi i nani, poi gli orchi … E non sentivo niente. Non ho fatto altro che pensare all’oro, mettendolo davanti alla mia casa e alla mia famiglia. Senza sentire la fame o la stanchezza. Ho messo te e il mio amico in un grave pericolo e vi avrei perso se non fosse stato per te >>. 

“Per me?”. Beth fu confusa per quell’affermazione. Cosa voleva dire? 

<< Quando mi hai punto con quell’arnese, ho iniziato a sentire tutto. È stato come svegliarsi da un incubo durato troppo a lungo e dopo tanto tempo, ho cominciato a sentirmi vivo >>. 

L'allucinogeno che gli aveva iniettato? Quindi lo aveva fatto impazzire talmente tanto, da fargli toccare il fondo e rinsavire! Ecco perché era uscito dalla Montagna a combattere! 

Thorin si rialzò a fatica dalla panca. 

<< Non tornerà niente come prima Beth. Non pretendo che tu mi perdoni, quello che ti ho fatto è imperdonabile … >>. 

<< Non hai ancora risposto alla mia domanda >> lo interruppe.  

<< Perché sei qui? >> gli chiese di nuovo. 

Per un istante sembrò che stesse per dirle qualcosa, ma poi cambiò idea e rimase in silenzio. 

<< Perché sei qui Thorin? >> ripeté, ma non ottenne risposta. 

Beth abbassò delusa lo sguardo. 

<< Lasciamo perdere. Tanto ti rispedirò alla Montagna non appena ti sarai rimesso. Buonanotte >> disse a bassa voce e gli voltò le spalle, dirigendosi verso le scale. 

Stava per mettere il piede sul primo gradino quando … 

<< Io ti amo >>. 

Thorin lo disse di getto, senza pensarci. 

Beth si congelò sul posto con gli occhi sgranati. “Cosa?”. 

Per un momento pensò di aver capito male e ci mise un secolo per razionalizzare la cosa. 

Con una lentezza innaturale, si girò verso di lui. 

<< Io ti amo >> ripeté Thorin e cominciò a camminare verso di lei a fatica.  

Non le staccò gli occhi di dosso neanche per un istante, sopportando il dolore fisico. 

<< Io ti amo >> le disse per la terza volta e tentò di posarle una mano sulla spalla, ma Beth la colpì arretrando di un passo. 

<< Smettila >> gli rispose a denti stretti. 

Si sentì presa in giro da lui.  

Thorin però, avanzò tendendole la mano. Beth gliela schiaffeggiò di nuovo. 

<< Smettila! >>. 

<< Io ti amo >> insistette Thorin. 

“Bugiardo!”. 

Mentre Beth continuava ad allontanarsi, Thorin avanzava. 

<< Io ti amo! >> gridò per l’ennesima volta e Beth, puntualmente, ripeté, << Smettila! >>. 

Ora stava cominciando a spaventarsi. Thorin lo notò e per un momento le smise. 

Poi sospirò, si avvicinò e con voce calma e profonda le disse deciso, << Io ti amo >>. 

Fu allora che Beth capì cosa volesse dirle: “ti chiedo perdono”; “è stata colpa mia”; “non aver paura”; “va tutto bene”; “sono qui” …  

Sentì le lacrime scenderle sulle sue guance e questa volta non riuscì a cacciarle indietro, come non riuscì ad allontanare le mani di Thorin. Le prese con dolcezza il viso e gliele asciugò con i pollici. 

<< Io ti amo >> le sussurrò e altre lacrime comparvero, finché Beth non resistette più. 

Lo abbracciò con tutta la forza che aveva e scoppiò a piangere. Si rese conto ora di quanto avesse rischiato seriamente di perderlo. Era ancora arrabbiata con lui e non lo avrebbe perdonato tanto facilmente, ma … Era felice di vederlo vivo. 

Tremava per l’immensa emozione, per i singhiozzi e per il freddo, rimanendo avvinghiata a Thorin, mentre lui la teneva stretta a sé. 

E mentre le accarezzava la testa, anche lui si fece sfuggire una lacrima, senza smettere di sussurrarle nell’orecchio, << Io ti amo >>. 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 - Io ti amo ***


Capitolo 34 

Io ti amo 

 

Erano rimasti abbracciati a lungo, non avendo il coraggio di lasciarsi. Temevano che se l’avessero fatto, non si sarebbero ricongiunti mai più. Ma dovettero farlo perché Thorin ebbe una fitta talmente forte, che si accasciò in ginocchio. 

Beth lo sostenne rimettendolo a letto e senza perdere tempo gli fece una piccola iniezione per alleviargli il dolore. 

Mentre Thorin si distendeva sul letto, lei si sedette sulla sedia accanto, tenendogli la mano. 

Rimasero in silenzio tutti e due, non c’era niente da dire. L'unica cosa che Thorin le disse, fu << No te ne andare questa volta >>. 

Pareva più una supplica; temeva che al suo risveglio Beth sarebbe sparita di nuovo. 

<< No >> lo tranquillizzò. 

Ben presto Thorin si rilassò completamente e si addormentò. Beth rimase sveglia, ma anche i suoi occhi si chiusero e cadde in un sonno profondo. Al suo risveglio, trovò Dollie già vestita e sazia della colazione, che la osservava con un sorriso da trentadue denti. All'inizio non capì il perché di quella faccia, poi abbassò lo sguardo e trovò la sua mano ancora intrecciata a quella di Thorin. 

<< Buongiorno, Miss Lomien! >> la salutò Dollie canterellando allegra. 

Beth le lanciò uno sguardo irritato e corse di sopra a mangiare qualcosa in cucina. 

Quando arrivò, trovò ancora seduti a tavola Lania e i bambini. Anche loro le diedero il buongiorno e Beth rispose con stanchezza, << Si è svegliato >>. 

<< Davvero?! Possiamo vederlo?! >> esclamarono i bambini. 

<< No! >> rispose immediatamente. 

Aveva alzato un po’ troppo la voce, però. 

<< No >> ripeté più moderata, << Quando starà meglio, lo vedrete >>. 

I bambini non insistettero più. Beth mangiò velocemente e senza dire una parola, ritornò in infermeria. 

Thorin ancora dormiva mentre Dollie stava scegliendo che calderone usare. Dalla sua faccia si capiva che perfettamente di quanto fosse curiosa, moriva dalla voglia di sapere cosa fosse successo tra Beth e il nano. 

Stava per chiederle qualche dettaglio, ma Beth la precedette.  

<< Chiudi il becco! >>. 

Così Dollie rimase muta come una tomba fino all’ora di pranzo. 

<< Voi non venite? >> le domandò in cima alle scale. 

<< Tu vai, poi ti ragiungo >> rispose Beth e Dollie la lasciò sola. 

Aspettò che la parete scorrevole fosse chiusa, poi tornò a sedersi accanto a Thorin. 

Sinceramente non le andava di tornare di sopra. Non aveva nemmeno molta fame. Voleva solo restare lì con lui. 

Quando fu quasi l’una, Thorin aprì gli occhi. 

<< Ciao >> lo salutò Beth. 

<< Ciao >> le rispose e allungò per stringere la sua. 

Rimasero con le mani intrecciate, finché Beth non ruppe il silenzio. 

<< Che sia chiaro: io non ti ho perdonato >> disse con rimprovero. 

Thorin si irrigidì un po’ e abbassò gli occhi per la vergogna. 

<< O almeno, non ancora >> aggiunse, << Non provo più risentimenti per te Thorin. Hai pagato abbastanza. Ma il mio perdono dovrai guadagnartelo >>. 

<< E come posso farlo? >> le chiese. 

<< Potresti rimetterti in sesto, per cominciare >>. 

Beth si alzò dalla sedia e si sedette sulla sponda del letto, senza mai lasciargli la mano. 

<< E finché non sarai completamente guarito, farai il bravo paziente senza discutere >>. 

Un accordo più che equo; fino ad ora era sempre stati lui a dare ordini. 

<< E poi? >> le domandò Thorin. 

<< E poi … ricominceremo da zero >> concluse Beth. 

Thorin annuì e dopo un po’ le disse, << Ti amo >>. 

Beth sorrise. 

<< Lo so >> gli rispose e anche lui sorrise.  

<< Ma le parole dolci con me non attaccano >> aggiunse, << Ti va di mangiare qualcosa? >>. 

<< Sì >>. 

<< Torno subito >>. 

Andò al piano di sopra e tornò con un vassoio con sopra un paio di scodelle di minestra. Thorin mostrò di avere molto appetito nel mangiarla e la finì tutta quanta, senza essere aiutato da Beth.  

Questo era un buon segno e che stava guarendo in fretta. 

Stavano parlando del più e del meno quando arrivò Dollie, che spalancò gli occhi eccitata nel vedere il nano sveglio per la prima volta. 

<< Salve >> salutò lei allegra. 

<< Lui è Thorin >> le disse Beth, << Thorin, lei è Dollie. La mia assistente >>. 

Dopo quelle rapide presentazioni, Beth si alzò e tornò al lavoro nel laboratorio. Dollie invece, ne approfittò per restare con Thorin e assillarlo di domande. Sembrava più piccola di com’era in realtà; curiosa e affascinata dal mondo esterno, che non aveva mai visto. 

Beth, più di una volta, ebbe l’idea di rimetterla al lavoro con lei, come scusa per allontanarla da Thorin. Voleva che lo lasciasse in pace! E anche se Thorin rispondeva volentieri alle sue domande, la cosa la infastidiva lo stesso. 

Ogni tanto riuscì a convincerla a venire ad aiutarla, ma la ragazzina continuò a fargli domande anche dal tavolo da lavoro, rimanendo distratta per tutto il tempo. 

Quando fu ora di cena, la mandò di sopra e finalmente se ne andò. 

<< Non l’ho mai sentita parlare così tanto >> borbottò sfinita. 

Anche in quel caso, consumò la cena con Thorin in infermeria, senza che nessuno li disturbasse. Poi gli tolse la benda per controllargli la ferita. Si era rimarginata notevolmente e non c’erano più ematomi o lividi. Gli spalmò un unguento e gli rimise delle bende pulite. 

Questo portò Beth ad avvicinarsi di più a lui e sentì un odore strano. Per quanto lei e Dollie gli avessero asciugato il sudore, l’odore era rimasto e i suoi capelli erano piuttosto sporchi. 

<< Ce la fai ad alzarti? >> gli domandò. 

<< Credo di sì. Perché? >>. 

<< Hai bisogno di un bagno. Puzzi terribilmente >> gli rispose. 

Thorin le mise un braccio attorno al collo e si alzò dal letto. Con calma e molta attenzione Beth lo sorresse accompagnandolo fino all’ascensore e raggiunsero il secondo piano. 

Fortunatamente tutti erano già andati a letto, compresa Dollie. Inoltre avevano i loro alloggi al primo piano, perciò nessuno li incrociò. 

Beth aprì la porta della camera da letto dei suoi genitori, ormai diventata sua e quando la richiuse, fece sedere Thorin su una poltrona. 

Si assicurò che stesse comodo, poi entrò nel bagno. Nel pavimento, sprofondava una grande vasca quadrata molto spaziosa, ma non troppo profonda. 

La riempì con acqua calda e sali da bagno e ben presto l’ambiente profumò di lavanda e mirtilli. 

Stava per tornare da Thorin, quando Beth realizzò una cosa a cui non aveva nemmeno pensato: Thorin si sarebbe dovuto spogliare e lei lo avrebbe visto nudo! Il suo volto divenne rosso e ardente come una brace in meno di un secondo. 

“E adesso che faccio?”. 

Non voleva svegliare Hion e disturbarlo a quest’ora, ma d’altronde non poteva di certo spogliarlo lei. Non aveva nemmeno mai visto un uomo nudo! Però lui aveva visto lei nuda quando erano stati ospitati a Pontelagolungo … 

Beh, quasi nuda. E lei non si era sentita affatto a disagio. Non capì da dove provenisse tutto quell’imbarazzo. 

Thorin non era ancora guarito completamente, ma si stava già riprendendo bene. Si sarebbe spogliato da solo e lei avrebbe tranquillamente aspettato fuori dal bagno. 

Ma se si fosse sentito male e avrebbe avuto bisogno di aiuto? 

Non sapendo cosa fare, uscì dal bagno indecisa e arrossì di nuovo quando lo trovò a petto nudo. 

Doveva essersi tolto la maglietta da solo, mentre lei stava riempiendo la vasca. 

Era la prima volta che lo vedeva a petto nudo. Certo che col suo lavoro, aveva visto molti uomini in quello stato, ma solamente per visitarli e non aveva mai avuto dei pensieri … “strani”. 

Con Thorin invece, era diverso. Osservò le sue spalle larghe, le braccia muscolose e i pettorali scolpiti. Beth rimase lì impalata a fissarlo con il volto in fiamme. 

Una vocina nel suo cervello le diceva smettere di guardarlo così, ma al tempo stesso un’altra vocina glielo impediva. “Lo stai solo guardando. In fondo, cosa c’è di male?”. 

Pensò di toccargli i pettorali, ma subito dopo si rimproverò. 

<< Ti senti bene? >> le domandò Thorin, che nel frattempo si era alzato in piedi. 

Beth ci mise un po’ per realizzare che le aveva appena parlato. 

<< Sì >> si affrettò a rispondere con la voce divenuta un po’ acuta. 

Indicò il bagno impacciata, << La vasca è pronta >>. 

Throin la fissò per un secondo un po’ perplesso, poi varcò la porta del bagno. 

<< Se hai bisogno di me, io sono qua fuori >> aggiunse Beth.  

Si aspettò che Thorin chiudesse la porta, ma invece l’aspettò sulla soglia. 

<< Vieni? >> le chiese. 

Beth sentì il cuore sobbalzare, << Come? >>. 

<< Credo sia meglio che tu venga dentro >>. 

<< E come la mettiamo con … >> disse abbassando lo sguardo nervosa. 

Non c’era bisogno di concludere la frase; Thorin capì cosa intendesse dire. 

<< Ti girerai dall’altra parte >> le rispose malizioso e senza aspettarla, entrò nel bagno. 

Beth guardò la porta indecisa, ma alla fine entrò anche lei. 

Fortunatamente al centro del bagno c’era un muro divisorio che nascondeva la vasca e Thorin finì di spogliarsi dietro di esso. Beth rimase dall’altra parte con la schiena appoggiata alla parete. Ebbe l’impulso di trattenere il fiato quando lo sentì entrare in acqua. 

<< Beth? >>. 

<< Sì? >>. 

<< Puoi uscire adesso >>. 

Si fece coraggio e sbirciò oltre il muro. Thorin era immerso nell’acqua calda, con la schiena appoggiata al bordo. Era di spalle e le uniche cose che erano visibili erano la testa e le braccia. Tutto il resto era coperto da un enorme e spesso strato di schiuma bianca. 

Beh, se era così, non avrebbe visto niente e si sarebbe potuta sedere vicino a lui tranquillamente … 

Si decise a uscire fuori, anche se il suo nervosismo crebbe di più e cercò di non guardarlo in faccia. 

<< Ti siedi? >> le chiese Thorin. 

<< Sì >>. 

Beth fece per sedersi ma si girò un po’ troppo e i loro occhi si incrociarono. Sentì l’imbarazzo sgonfiarsi e tutto ciò che riuscì a pensare era quanto lui fosse bello.  

<< Aspetta >> gli disse Beth e tornò dietro la parete. 

Ci rifletté per un minuto e in fine si decise. 

“Chi se ne frega”. Si tolse velocemente gli stivali, i pantaloni e il corsetto, rimanendo solo con la camicia. 

A piedi scalzi e con le gambe scoperte tornò da Thorin, dopo aver preso del sapone e una terrina di ceramica da un armadietto vicino. 

Silenziosamente si mise dietro a Thorin, si sedette sul bordo della vasca e immerse le gambe nell’acqua calda. 

Thorin portò la schiena avanti, per poi riappoggiarla contro le sue ginocchia. Fu un po’ sorpreso per questa sua iniziativa, ma non se ne lamentò. Anzi, parve soddisfatto; gli angoli della sua bocca si erano alzati leggermente in un sorriso. 

Beth iniziò ad accarezzargli la testa delicatamente, infilando le dita nei suoi lunghi capelli neri. Spostò le mani dalla fronte fin sotto alla nuca per qualche minuto, poi ne sfilò fuori una e prese la terrina. Lo riempì d’acqua calda per poi versarla sulla testa di Thorin. Presto i capelli divennero bagnati fradici e Beth poggiò a terra la terrina e afferrò il sapone. Lo strofinò agilmente sul capo trasformandolo in una morbida schiuma profumata.  

Thorin, per tutto il tempo, era rimasto in silenzio ad occhi chiusi, rilassandosi beandosi ogni secondo di quelle coccole. Beth sorrise nel vederlo così, le ricordò un gattino che faceva le fusa. Ma sorrise di più quando Thorin si lamentò in silenzio mentre gli sciacquava i capelli con la terrina. Così Beth riprese a massaggiargli il capo. 

Non si sa per quanto andarono avanti così; fatto sta che Beth sentì un brivido quando Thorin le accarezzò le gambe. Sentì le sue dita sfiorarle la pelle, dal dorso dei piedi alle ginocchia. 

Era una sensazione piacevole, ma lo fu di più quando iniziò le palpò e massaggiò i polpacci.  

Poi a un tratto, Beth pensò di ricambiare e spostò le mani ai lati del suo collo, massaggiandoglielo dolcemente. Si spostò ai lobi delle orecchie e li strofinò e tirò tra l’indice e il pollice. Fece scorrere le dita sulle mandibole, raggiungendo la gola e la parte inferiore del mento. 

La barba le pizzicò piacevolmente e provò ad infilarci i polpastrelli per poter raggiungere la pelle sottostante. 

Le mani si spostarono ancora e finirono sulle spalle di Thorin. All'inizio le accarezzò dolcemente con le dita, poi ci appoggiò anche il palmo per poterle toccare meglio. Erano grandi, larghe e muscolose, ma le sentì anche piuttosto rilassate e prive di qualsiasi tensione. Iniziò a pensare che toccarle e basta non era sufficiente e iniziò a stringerle con forza e palparle. 

La sua mano sinistra continuò quell’operazione, mentre la destra scese ancora di più lungo il petto di Thorin. Quando gli sfiorò uno dei suoi pettorali, si fermò. Poi, appoggiò piano piano il palmo sopra al capezzolo e cominciò a strofinarlo. 

Thorin iniziò a respirare profondamente e inarcò leggermente la schiena. Anche lui spostò le mani e dalle ginocchia passò a toccare le cosce di Beth. Solo quando sentì il suo respiro farsi più frenetico, si spostò verso i suoi glutei. 

Alzò la testa in alto e spalancò i suoi occhi azzurri, incrociando quelli nocciola di Beth. 

Lei si abbassò verso di lui, finché i loro nasi non si sfiorarono. Non resistette più e lo baciò. Fu un bacio così intenso, che entrambi rimasero senza fiato. Non si baciavano da tanto tempo, da troppo tempo … 

Così tanto, che si erano dimenticati di quanto fosse così bello e in quel momento, ne avevano assolutamente bisogno. 

Si baciarono con così tanto ardore, da succhiarsi le labbra, fino a farle diventare rosse. 

Senza staccarsi da lui, Beth sentì le mani di Thorin infilarsi sotto la sua camicia, accarezzandole la schiena e la pancia. Improvvisamente la sentì piuttosto pesante, fastidiosa e stretta. 

Smise di baciare Thorin, si sollevò e se la tolse assieme alla biancheria intima. 

Ora anche lei fu completamente nuda e si immerse dentro la vasca di fianco a Thorin. Senza dargli il tempo, riprese a baciarlo, sedendosi a cavalcioni sopra di lui. 

Mentre gli mise le braccia attorno al collo, Thorin la strinse a sé per i fianchi con una mano e con l’altra le afferrò un seno. 

Beth cominciò a gemere, sentendo dei brividi lungo la spina dorsale provocati da quel contatto. Le dita di Thorin presero a tormentare i suoi capezzoli, premendoli e strizzandoli. 

Ma gemette ancora di più quando Thorin insinuò la mano tra le sue cosce. Lei le aprì un po’ di più per facilitargli la cosa e mentre continuava a baciarlo, lui iniziò a strofinare la mano contro la sua femminilità. 

Inizialmente fu una cosa piuttosto lenta e dolce, poi divenne più veloce e frenetica, tant’è che Beth percepì nel suo ventre una sensazione calorosa e piacevole, quanto bruciante e strana. 

Aumentò quando Thorin tolse il dito dal clitoride e lo infilò dentro di lei. Quella fu una sensazione ancora più strana: per la prima volta Beth sentì un corpo estraneo muoversi dentro e fuori da lei. Non era doloroso, ma all’inizio lo trovò fastidioso. Thorin si accorse che Beth si era un po’ irrigidita, così rallentò il ritmo. Le ci volle un po', ma presto si abituò sempre di più e quel fastidio divenne un piacere mai provato prima. Thorin fu molto gentile e delicato, rispettando i suoi tempi. 

A un tratto Beth pensò che quel contatto non le bastava. Così aumentò il ritmo, muovendo il bacino e sentì il dito infilarsi più a fondo. Ma subito dopo volle di più e Thorin vi infilò un secondo dito e successivamente un terzo. 

Beth gemeva di piacere con le guance rosse e il fiato corto. Inarcò la schiena e le dita si infilarono all’interno ancora di più.  

Aveva permesso a Thorin di studiare a fondo il suo corpo, ora toccò a lei fare lo stesso. 

Fece scendere la sua mano dalla sua enorme spalla sul suo petto, poi la immerse sotto l’acqua e lo strato di schiuma sfiorandogli la pancia e l’addome, finché non sentì qualcosa di lungo.  

Sta volta fu Thorin a gemere di piacere. Beth fece scorrere i polpastrelli sul suo membro fino alla punta. Glielo accarezzò con molta cautela, come se fosse stata la cosa più delicata e fragile al mondo. Poi lo prese con tutta la mano e cominciò a tirarlo verso di sé. 

Vide sul volto di Thorin un’espressione beata di piacere. Ne fu soddisfatta, così lo tirò con più forza. Con tutte quelle attenzioni, Thorin non resistette più. Tolse le dita e con entrambe le braccia prese Beth per la vita e la avvicinò di più a sé.  

Lei sentì il suo membro alzarsi in alto e senza lasciarlo, lo fece aderire al suo clitoride e lo strofinò su e giù. Fu ancora meglio delle dita! Quel formicolio nel suo ventre crebbe sempre di più. Ma non durò molto, perché entrambi divennero impazienti. 

Aiutandosi con la mano, Beth lo prese delicatamente e se lo posizionò tra le gambe. 

Sentì la punta premere e con una sola spinta lo fece entrare dentro di lei. Forse era stata troppo veloce, perché le fece un po’ male. Si era tutta irrigidita e non osò muovere un muscolo, mentre tentava di trattenere una smorfia di dolore. Fino ad ora era stato bello e non voleva rovinare tutto adesso, fermandosi lì. Provò a muoversi, ma le mancò il coraggio.  

Sarebbe uscita dalla vasca se non fosse stato per Thorin. L'aveva vista in difficoltà e riprese a baciarla dolcemente per rassicurarla. Beth capì che non c’era niente da temere e mentre ricambiò il bacio, si rilassò. 

Senza smettere di baciarla, Thorin prese ad accarezzarle la schiena, mentre lei gli cinse il collo con le braccia e si avvinghiarono l’uno all’altra. 

Thorin iniziò a spingere lentamente. Le prime tre volte fu un bruciore fastidioso per lei, ma ben presto il dolore si attenuò sempre di più, trasformandosi in piacere. Quando Beth si staccò per poterlo guardare negli occhi, spinse con più forza. 

Beth lo assecondò, muovendo il bacino in sincrono con lui. E a quel punto il loro piacere arrivò a mille, aumentando le spinte sempre di più. 

Ben presto nel bagno echeggiarono i loro gemiti, divenuti più intensi, mentre l’acqua si scontrava contro le pareti della vasca a causa dei loro movimenti frenetici. 

Beth sentì tutti suoi sensi sparire. Tutto ciò che sentiva, era un piacere così intenso da non riuscire a trovare le parole per descriverlo, mentre la sua mentre si sollevava in alto, leggera e rapida come una farfalla. 

Quando arrivarono al culmine, le si annebbiò la vista. Come se stesse per svenire. Appoggiò la fronte sulla spalla di Thorin, completamente esausta e priva di fiato. Lui la tenne stretta a sé e si appoggiò alla parete della vasca, con lei in braccio. 

<< Ti amo anch’io >> gli sussurrò Beth nell’orecchio senza pensarci. 

Lo sentì sorridere felice e Thorin immerse il suo viso nell’incavo del suo collo, lasciandole una scia di minuscoli baci da farle venire la pelle d’oca. 

Rimasero in quella posizione in silenzio. Quando sentirono l’acqua raffreddarsi, si staccarono e dopo aver aiutato Thorin ad alzarsi, tolse un grande tappo dal fondo della vasca. Questa si svuotò mentre si asciugarono con dei lunghi panni. 

Beth cambiò di nuovo la fasciatura a Thorin, sostituendola con una asciutta e si misero a letto. Non sentirono la necessità di rivestirsi, perciò si infilarono sotto le coperte ancora nudi. 

  Avrebbero tanto voluto fare di nuovo l’amore, ma non lo fecero. Thorin non era ancora guarito e sarebbe stato meglio per lui restare a riposo.   

Non c’era fretta comunque, sarebbe dovuto rimanere lì con lei per un paio di mesi. Si addormentarono profondamente, abbracciati l’uno all’altra.   

Ancora non lo sapevano, ma quello non fu solo che l’inizio di un nuovo grande viaggio, che avrebbero intrapreso insieme. 

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Capitolo 36
*** Epilogo ***


Epilogo 

 

Passarono due mesi dall’arrivo di Thorin a Lomien House e molte cose erano cambiate. 

Tanto per cominciare il nano si era completamente ripreso. Non era rimasta nemmeno una cicatrice della sua ferita. 

I bambini, finalmente, lo avevano conosciuto e molte volte andavano da lui per fargli domande o se poteva raccontare una delle sue molte avventure. 

Quando era in compagnia degli adulti, invece, li aiutava come poteva: spaccare la legna, caricare sul carro decine di scrigni e bauli pieni di pozioni, andare a caccia di selvaggina … 

Dollie migliorava ogni giorno di più, sotto la supervisione di Beth. Aveva ancora molto da imparare, ma ora era in grado di fare molte cose da sola e arrangiarsi. 

Infine, Beth aveva ripreso il suo lavoro in tutto e per tutto. Dall'alba al tramonto scendeva nel laboratorio con Dollie, uscendo solo durante i pasti e quando era ora di andare a letto. Ogni tanto andava nello studio nel primo piano per scrivere e leggere lettere, firmare documenti e ordinare varie cartelle di vecchi e nuovi pazienti. Altre volte andava a visitare alcuni malati a Brea, portando Dollie con sé. 

Un giorno, mentre era sola, aveva deciso di togliersi dalla fronte la sua lunga cicatrice, facendola sparire con un unguento speciale. Thorin notò immediatamente che ormai era tutta acqua passata. 

La sera era il momento migliore della giornata, perché quando saliva al secondo piano, nella stanza che condivideva con Thorin, si spogliavano in tutta fretta per poter fare l’amore, come e quanto volevano. 

Non era lì da molto tempo, ma a Beth sembrò che fosse passata una vita intera, come se Thorin avesse sempre vissuto con lei per anni, in pace e in tranquillità. 

Ma non sarebbe durato a lungo e Thorin non avrebbe potuto rimanere per sempre. Non c’era più nessun drago a minacciare i nani di Erebor e ora che era re, aveva dei doveri da rispettare. 

Beth non voleva vederlo partire. Voleva che restasse lì con lei, ma sarebbe stato egoista da parte sua e prima o poi, avrebbe dovuto accettare la cosa. 

Nel frattempo, aveva riprodotto nel suo laboratorio sedici pietre di trasporto. Fu piuttosto. Era stato piuttosto difficile prepararle; le istruzioni erano state complicate da seguire, ma dopo tanta fatica ce l’aveva fatta. 

Furono pronte in un piovoso pomeriggio di aprile e Beth le mostrò a Thorin sul bancone di legno. Finalmente sarebbe tornato alla montagna, ma ne lui ne Beth si entusiasmarono. 

<< Non possiamo rimandare al prossimo mese? >> le chiese Thorin. << In fondo sono Balin e Fili che stanno gestendo la situazione >>. 

Beth volle tanto dargli ragione, ma a malincuore gli rispose, << No, Thorin. Hanno bisogno di te, non potranno gestirla loro per sempre. E tu dovrai tornare alla Montagna prima o poi. L'ultima volta te ne sei andato così su due piedi, senza avvertire nessuno >>. 

<< Sono sicuro che abbiamo capito perché me ne sono andato >> protestò lui, ma Beth fu irremovibile. 

<< Ma saranno preoccupati per te, specialmente i tuoi nipoti. Sono due mesi che non ricevono tue notizie >>. 

Sebbene entrambi non ne furono felici, decisero che Thorin sarebbe partito l’indomani. Era la cosa migliore. 

Thorin partì dopo pranzo il giorno dopo. Beth lo aveva accompagnato sulla soglia di casa e dopo averla baciata, schiacciò una pietra di trasporto, scomparendo in un vortice di fumo grigio. Prima di partire, ne aveva prese altre quattro e promise che le avrebbe usate per ritornare presto da lei. 

Beth divenne mogia nei giorni seguenti e lavorava incessantemente fino a notte fonda per distrarsi. Tanto avrebbe trovato la sua stanza vuota. 

Sentì molto la mancanza di Thorin e spesso non parlava tanto, ma ogni giorno si ripeteva che sarebbe tornato prima o poi. Glielo aveva promesso. 

********************** 

E fu così. 

Erano passate tre settimane ed era una calda mattina di maggio quando Beth vide un vortice di fumo grigio. Non si era ancora diradato, ma capì subito che fosse lui e gli saltò in braccio tutta contenta dopo aver corso nella sua direzione come una lepre. 

Fu così felice che preparò un cesto pieno di cibo e decise di portarlo sulla spiaggia di un lago lì vicino. L'acqua era fresca e cristallina, la riva era ricoperta da milioni si sassolini bianchi e molti pini li riparavano dal sole con i loro lunghi rami. 

Si buttarono in acqua senza pensarci due volte, schizzandosela addosso. Si rincorsero, si spinsero per tentare di buttare in acqua l’altro … Poi Thorin la raggiunse e la baciò voracemente. Beth prese a spogliarlo e fecero l’amore dopo tanto tempo.  

Poco dopo mezzogiorno uscirono fuori dall’acqua e si rivestirono. 

Mangiarono panini e pezzi di formaggio, mentre il sole li asciugava e passarono il tempo a parlare. 

<< Gli altri come stanno? > gli domandò. 

<< Stanno bene. Quando sono tornato, sono diventati assillanti. Neanche fossi un ragazzino >>. 

<< Beh, te lo sei meritato questa volta >>. 

Thorin rimase in silenzio, poi si girò a guardarla indagatore. 

<< Che c’è? >> gli chiese Beth. 

<< Tu lo sapevi? >>. 

<< Sapveo cosa? >>. 

Non capì cosa stesse insinuando. 

<< Kili e … quell’elfa >> rispose un po’ contrariato. 

<< Oh, quello! >>. 

Le venne da ridere, ma Thorin non lo trovò divertente. 

<< Qual’è il problema? Non dirmi che lei non ti piace solo perché è un’elfa? >>. 

<< Esattamente >> le rispose duro. 

<< Smettila! Quando quei due stanno insieme, i loro occhi cominciano a brillare. Thorin, io li ho visti personalmente e posso affermare che si amano. È soltanto questo >>. 

Thorin non osò protestare e si mise a guardare il lago di fronte a loro. 

<< Capisco che sei preoccupato. Fili e Kili sono quasi dei figli per te, ma questa è una sua scelta ed è felice con lei >> disse comprensiva. << E poi tu dovresti essere l’ultimo a parlarne. Insomma, guarda noi due >>. 

E il nano ritornò a guardarla. 

<< Nemmeno io sono una nana. Perché dovrebbe essere diverso? >>. 

<< Suppongo che non lo sia affatto >> le rispose Thorin dopo averci riflettuto e ricambiò il suo sorriso. 

<< Quanto ti fermerai qui? >> domandò Beth. 

<< Non molto. Dovrò tornare a Erebor domani >>. 

<< Capisco >> rispose Beth sconsolata. 

Sperava tanto che fosse rimasto di più con lei, ma infondo chi era lei per poter trattenere un re lontano dal suo regno. Si chiese quando sarebbe arrivato il momento in cui le avrebbe detto addio per sempre e non poterlo rivedere mai più. 

<< Ma prima di partire, devo chiederti una cosa >>. 

Beth si fece attenta e cominciò a temere che, forse, quello sarebbe stato l’ultimo giorno che avrebbero passato insieme. 

Thorin si alzò e andò a prendere qualcosa dalla sua bisaccia. Doveva essere piuttosto piccola, perché Beth non riuscì a vedere che cosa fosse. 

Quando tornò, Thorin si inginocchiò di fronte a lei. 

<< Ho riflettuto molto >> cominciò lui, << Io ti amo più di qualsiasi cosa. L'unico tesoro che voglio custodire sei tu e non voglio passare il resto della mia vita senza di te >>. 

Beth non seppe cosa dire. Quelle parole la commossero molto, non si era affatto aspettata una dichiarazione simile. Però, non capì dove volesse andare a parare. 

Thorin aprì la mano e le mostrò che cosa aveva preso. Le porse una scatolina di velluto nero, grande come un uovo di gallina. 

All'improvviso le venne in mente un sospetto. “Non starà mica …" 

Prese la scatolina con le mani tremanti e quando l’aprì rimase di sasso. Trovò all’interno un sottile anello d’oro con incastonato sopra un piccolo rubino luccicante. 

Non riuscì a staccargli gli occhi di dosso. Non sapeva cosa dire. 

<< Beth, io voglio sposarti >> disse Thorin. 

Tutto quello che voleva, era dirgli di sì. Ma invece, gli rispose << Ma io … io sono solo un’alchimista. Non sono un reale e chi vorrebbe vedermi al tuo fianco? >>.  

<< I miei nipoti, la nostra compagnia e centinaia di soldati ritornati in vita grazie a te >> ribatté lui. 

Beth continuò a fissarlo con le labbra sigillate. 

<< Ne ho parlato con Balin e abbiamo fatto delle ricerche. Normalmente i Signori dei nani sarebbero contrari alla nostra unione e nessun alchimista è mai divenuto un regnante. Ma per voi esistono delle eccezioni: siete stati creati dagli dei e loro stessi vis scelgono come custodi >> spiegò Thorin indicando il rubino che Beth portava al collo. 

<< E se non mi accettassero? >> ipotizzò dubbiosa. 

<< Non accadrà mai >> rispose Thorin con convinzione. 

<< Come fai ad esserne sicuro? >>. 

<< Perché lo hanno già fatto >>. 

Questo la spiazzò ancora di più. Senza neanche volerlo, si era guadagnata la fiducia di un intero popolo! 

Posò gli occhi sull’anello che ancora si trovava nella sua mano. 

Se avesse detto di sì, non solo sarebbe diventata la moglie di Thorin Scudodiquercia, ma anche una regina! La sua vita sarebbe notevolmente cambiata e non aveva la più pallida idea di come si dovesse comportare una regina. 

Se avesse detto di no, Thorin le avrebbe detto per sempre addio, lei sarebbe tornata alla propria vita e non si sarebbero rivisti mai più. 

All'inizio pensò di rifiutare ma riflettendoci su, realizzò che non che non era ciò che voleva realmente. Vide nella sua testa un ipotetico futuro, in cui si era rintanata nella sua casa completamente sola. Vide un’ipotetica sé stessa triste e vuota e ogni giorno sarebbe stato sempre più difficile da sopportarne il dolore.  

Un po’ come era successo a … sua madre! 

Si ricordò del sogno che aveva fatto su suo padre a Granburrone. Quando gli aveva parlato di sua madre, lui le aveva risposto “Tu hai perso tuo padre, non tuo marito. Se ti avessero portato il corpo dell’uomo che amavi, che hai sempre amato, che avresti fatto?”. “Sarei morta con lui” pensò.  

Dopo che sua madre si impiccò e la lasciò da sola, Beth non la perdonò mai. Forse non lo avrebbe mai fatto, ma la rabbia che aveva sempre provato nei suoi confronti scomparve e si ritrovò a capirla. E Thorin era rimasto morto per dieci giorni dopo la battaglia! Quando lo aveva visto senza vita sul ghiaccio, una parte di lei era morta con lui, pentendosi di come si fossero lasciati prima. 

Non voleva finire come sua madre e non voleva allontanarsi per sempre da Thorin, non più! 

Rialzò lo sguardo e incrociò quello di Thorin, che ancora attendeva una sua risposta. Fu allora decise … 

<< Vuoi mettermelo tu? >> gli chiese sorridendo. 

Gli occhi di Thorin si spalancarono. 

<< Quindi la tua risposta è sì? >> le chiese. 

<< La mia risposta è sì >> confermò ridendo. 

Thorin prese l’anello dalla scatolina e lo infilò nell’anulare sinistro di Beth. Quest'ultima gli buttò le braccia intorno al collo e caddero per terra ridendo come matti. 

******************* 

Il giorno dopo, Thorin ripartì e la notizia del loro fidanzamento si diffuse in fretta. 

Dollie, Hion e tutti gli altri ne furono felici e decisero di festeggiare con Beth. 

Anche a Brea si seppe della cosa e molti dei suoi abitanti si inchinavano ogni volta che lei passava. 

per quanto riguardava a Bilbo, Beth aveva deciso di andare a trovarlo personalmente per informarlo dell’allegra notizia. 

Questa volta non c’era nessun segno magico sulla sua porta e quando Bilbo la aprì, lei lo salutò dicendogli << Siete voi Bilbo Baggins? >>, proprio come al loro primo incontro. 

Fu immensamente felice di sapere che finalmente avessero messo da parte le loro divergenze. 

Cosa che aiutò a migliorare il suo umore, perché da quando era tornato nella Contea, era sempre stato piuttosto tetro. Le confessò infastidito che tutti gli altri hobbit lo avevano dato per morto e avevano messo all’asta la maggior parte delle sue cose: mobili, vestiti, quadri, l’argenteria … Era passata più di una settimana e ancora non aveva recuperato tutto. 

Beth fu sua ospite per un paio di giorni, aiutandolo come poteva e gli propose di venire al suo matrimonio. Bilbo accettò con gioia l’invito non volendo l’ora di ritornare alla Montagna Solitaria. 

Quando Beth tornò a casa ebbe delle visite a sorpresa che mai si sarebbe aspettata: trovò davanti alla porta degli amici che non vedeva da tanto tempo. Quattro alchimisti piuttosto importanti e ben conosciuti da molti, che avevano più o meno la sua stessa età. 

Simon Marest la stritolò in un abbracciò talmente forte da soffocarla, malgrado fosse piuttosto magro. 

<< Betty! >> esclamò allegro sollevandola da terra.  

Era molto alto con capelli neri e corti, la pelle bianca e le dita lunghe e sottili. Al collo portava un ametista viola e luccicante, dalla forma ellittica. 

Il secondo che si congratulò con lei, fu Adam Semrell. Rispetto a Simon era più basso e muscoloso, la pelle era molto più abbronzata e indossava uno smeraldo. Il suo aspetto più particolare però, erano i suoi occhi etero cromati: uno marrone e uno nero. 

Diane Kryos, l’Alchimista di Diamante, fu ancora più esuberante. D'altra parte, era sempre stata lei l’anima della festa. Un maschiaccio in cerca di guai che non avrebbe mai trovato un marito, se si chiedeva a sua sorella Irene. Una ragazza che portava gioia e allegria, se si chiedeva a Beth. Veloce, atletica e molto abile nel tiro con l’arco. Suo padre proveniva da una famiglia di cacciatori. Aveva dei corti capelli a caschetto castano chiaro e due occhi ambrati e vigili come quelli di un falco. 

L'ultima fu Ila e Beth non era mai stata tanto felice di rivederla. Se non fosse stato per lei, Beth sarebbe rimasta a Granburrone e non si sarebbe mai ricongiunta con Thorin. Il suo fidanzamento lo doveva in parte a lei. 

Con lei, festeggiarono nella sua casa e nelle taverne di Brea, congratulandosi con lei e recuperando il tempo perso, raccontandosi a vicenda che cosa era successo a loro in quei quindici anni. 

********************* 

Le settimane divennero mesi e l’estate passò piuttosto in fretta, venendo poi succeduta dall’autunno. 

Novembre era appena cominciato e il freddo, la pioggia e la nebbia aumentavano ogni giorno di più. 

I camini erano tenuti sempre accesi e molte tende vennero tenute chiuse per mantenere il calore.  

Beth era in salotto davanti al camino a leggere un libro. Se sua madre l’avesse vista, l’avrebbe certamente rimproverata, perché non si trovava sul divano o su una poltrona. Era sdraiata per terra a pancia in giù sul tappeto, con sopra una coperta allungata fin sopra la testa. Sembrava una bambina. Era tardi e tutti erano appena andata a dormire, perciò nessuno l’avrebbe vista così, anche se a lei non gliene sarebbe importato affatto. 

Mancavano tre giorni e sarebbe partita per la Montagna Solitaria. Lei e Thorin avrebbero festeggiato ufficialmente il loro fidanzamento e il mese dopo si sarebbero sposati. 

Non mancava molto e Beth diventava sempre più nervosa. Era decisa a sposarlo, senza ombra di dubbio. Ma non poteva fare a meno di agitarsi. 

Stava leggendo con molto interesse, quando sentì bussare alla porta. Si alzò dal pavimento e andò a vedere chi fosse a quest’ora. 

Aprì la porta e si ritrovò davanti Gandalf. Fu contenta di vederlo e lo fece accomodare in salotto offrendogli una tazza di tè. 

<< E io che pensavo che saresti ricomparso dopo altri quindici anni >> gli disse mentre si sedeva sul divano accanto a lui. 

<< Non questa volta >> rispose gaio lo stregone, poi i suoi occhi caddero sul suo anello. 

<< Mi è giunta voce che stai per sposarti >>. 

Beth gli sorrise, << Già. Sto per sposarmi >>. 

<< Sai, ho rivisto i mei vecchi amici. Verranno al mio matrimonio. Anche Bilbo >>. 

Gandalf la guardò orgoglioso. 

<< Finalmente riesco a vedere quanto tu sia felice. Tuo padre fiero di te >>. 

<< Non quanto lo sarebbe mia madre. Te lo immagini Thorin andare da mio padre per chiedergli la mia mano? >> rispose lei divertita. 

Si immaginò quella scena, dove sua madre si sarebbe messa a piangere dalla gioia, mentre suo padre avrebbe guardato storto Thorin, minacciando di fargliela pagare se avesse fatto soffrire la sua unica e dolce figlia. 

Al solo pensiero, sia Beth che Gandalf ridacchiarono. 

<< E tu? Ci sarai? >> gli domandò. 

<< Se è ciò che desideri >> le rispose. 

Sì, lo desiderava tanto. 

<< C’è anche un’altra cosa che vorrei chiederti >> aggiunse Beth. 

Gandalf si fece attento. 

<< Mi accompagneresti all’altare? >> gli domandò speranzosa. 

Lo stregone rimase sorpreso; non si aspettava affatto una richiesta simile. 

Con sua somma gioia, le rispose << Lo farò >> e lo ringraziò fino alla nausea, abbracciandolo fortemente. 

********************* 

Dopo molti festeggiamenti, il grande giorno arrivò. 

Nel Dì di Durin, esattamente un anno dopo che la compagnia di Thorin Scudodiquercia era riuscita ad entrare nella Montagna, la neve cadeva lentamente dal cielo. 

Beth era in piedi di fronte ad un grande specchio, non riuscendo a riconoscersi. I suoi lunghi capelli castani erano stati spazzolati e raccolti in un’elaborata acconciatura sotto la nuca. Le sue mani, soprattutto le sue unghie, non erano mai state così curate e pulite. Le sue braccia erano scoperte, mettendo a nudo tutte le sue voglie, sulle quali erano stati attaccati dei diamanti minuscoli come granelli di sabbia e sul capo portava una tiara d’oro. 

L'abito da sposa e il velo che indossava erano rossi come il sangue e luccicavano come cristalli sotto il sole grazie a dei piccoli rubini che li addobbavano. Sul petto splendeva il suo di rubino, che si toglieva mai. 

Si vide bellissima in quello specchio, ma questo non le impedì di sentirsi nervosa. Aveva il cuore a mille e cercò di fare respiri profondi per cercare di calmarsi. 

Sentì bussare alla porta, ma non riuscì a dire “avanti”. Gandalf entrò lo stesso, avvicinandosi a lei. 

<< È ora Beth >> le disse. 

Beth guardò il suo riflesso allo specchio un'ultima volta e annuì, facendosi coraggio. 

Gandalf le porse il braccio destro, che lei afferrò con forza e si avviarono in un immenso salone. 

Per poco non le venne un colpo quando camminarono tra una folla numerosa. C'erano centinaia, forse migliaia di persone lì ad osservarla. Era così che non si accorse di stritolare il braccio di Gandalf. 

<< Rilassati. Stai andando bene >> la rassicurò sottovoce. 

Procedettero lentamente lungo la navata e Beth notò che c’erano tutti: Bard con i suoi figli, i suoi amici, Dollie, Dain Piediferro, la sua vecchia compagnia, Bilbo Fili e Kili, con Tauriel e la loro madre Dis. 

Thorin era proprio lì di fronte a lei ad aspettarla. Le porse la mano quando lo raggiunse e Beth gliela strinse subito, lasciando il braccio di Gandalf. 

Si misero fianco a fianco, inginocchiandosi insieme di fronte ad un nano anziano, con la lunga barba bianca e il volto pieno di rughe. 

<< Thorin >> parlò lui, << Figlio di Thrain, figlio di Thror, Re Sotto la Montagna. Dichiarate di voler prendere l’Alchimista di Rubino, Lizbeth Lomien come vostra consorte? Se lo volete, pronunciate il vostro sì >>. 

<< Sì >> rispose Thorin senza esitazione. 

Poi il nano si rivolse a Beth. 

<< E voi Lizbeth Lomien, Alchimista di Rubino. Dichiarate di voler prendere re Thorin come vostro consorte? Se lo volete, pronunciate il vostro sì >>. 

Beth avrebbe tanto voluto rispondere subito, ma era così agitata che si dimenticò come si a parlare. Sentiva la lingua incollata al palato e le labbra erano rimaste sigillate. 

Regnava un silenzio tombale nel salone e tutti aspettavano in attesa la sua risposta. 

Quando si voltò alla sua destra, vide Thorin con un’espressione preoccupata in volto, temendo che avesse cambiato idea proprio all’ultimo momento. 

Ma lei non aveva affatto cambiato idea e non si sarebbe mai pentita della scelta che aveva fatto. 

Finalmente ritrovò la sicurezza che aveva perso e gli sorrise. 

E quando la voce ritornò, rispose con decisione << Sì >>. 

Thorin ricambiò, tirando un sospiro di sollievo. 

A quel punto il sacerdote suggellò la loro unione. 

<< Dunque, davanti a tutti i presenti, io vi dichiaro marito e moglie. E dichiaro voi, Lizbeth Lomien, Regina Sotto la Montagna >>. 

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