Un verso que hiciste de mí

di Diana924
(/viewuser.php?uid=93724)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primer capitulo ***
Capitolo 2: *** Segundo capitulo ***
Capitolo 3: *** Tercero capitulo ***
Capitolo 4: *** Cuarto capitulo ***
Capitolo 5: *** Cuinto capitulo ***
Capitolo 6: *** Sexto capitulo ***
Capitolo 7: *** Septimo Capitulo ***
Capitolo 8: *** octavo capitulo ***
Capitolo 9: *** Noveno capitulo ***
Capitolo 10: *** Epílogo ***



Capitolo 1
*** Primer capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa



 

Toledo, 1519:

 

Quella situazione faceva schifo e quel che era peggio non poteva fare nulla per cambiarla.

Martìn Berrote era sicuro di una cosa: lui odiava il cinquecento. Già guardare film storici lo faceva addormentare, solitamente sulla spalla di Mirko che era troppo buon amico per protestare come avrebbe dovuto, non era mai stato fan delle rievocazioni storiche, un branco di pazzi in calzamaglia che giocavano a fare la guerra a sentire lui, e aveva sempre ammesso di avere una mente più scientifica che letteraria. E invece per una serie di coincidenze sfortunate, imprevisti non calcolati e via dicendo si ritrovava in un secolo non suo a causa di un incantesimo, assieme a uno sbirro e ospitato dalla moglie del tizio con cui aveva fatto sesso per quasi un mese la quale ignorava tutto.

Aveva capito perché Andrés lo avesse fatto ma detestava quel secolo, non sapeva nemmeno da dove cominciare se si fosse trattato di fare un elenco, pinche brujeria.

Tatiana era stata perfetta, tra un sorriso e un’alzata di mano non li aveva mai persi di vista ed era sicuro che sospettasse qualcosa ma non come si immaginava. Lui e Raquel Murrillo avevano cercato di adattarsi e lei se la cavava senza alcun dubbio in maniera migliore, l’istinto da sbirro in quel caso era fuso con l’istinto di autoconservazione, ma aveva l’impressione che fossero entrambi sull’orlo di un precipizio. Non conosceva quel secolo, non sapeva come passare inosservato e soprattutto era la prima volta che doveva davvero nascondere il proprio orientamento sessuale.

Quando a suo tempo era uscito dall’armadio suo padre si era limitato a dirgli che era la più grande delusione della sua vita ma che se era discreto tutto si poteva sistemare. Non era mai stato discreto e constatato quel fallimento suo padre lo aveva spedito in Europa e lì si che si era divertito.

<< Odio tutto ciò >> disse per l’ennesima volta prima di tirare fuori il cellulare dalla tasca, quei maledetti abiti erano tremendamente scomodi. In quelle due settimane aveva imparato un sacco di cose che poi non gli sarebbero mai state utili una volta tornato nel suo secolo. Tanto per cominciare ci si alzava all’alba e si andava a dormire quando calava la notte, si potevano usare le candele ma Tatiana lo guardava male ogni volta che ne richiedeva una e Rafael aveva cominciato ad appuntarsi quante candele consumava. Inoltre quella gente ignorava le basi dell’igiene, preferivano cospargersi di profumi piuttosto che farsi un bagno e ogni volta che accadeva puntualmente redigevano testamento e restavano il meno possibile. Lo spregio del diritto del lavoro era palese, la sola idea del salario minimo aveva scandalizzato Rafael, non ne vedeva l’utilità e aveva in spregio il denaro a favore della terra, concetto che doveva aver sicuramente appreso del padre si era detto Martìn osservandolo. E per entrambi, matrigna e figliastro, il solo pensare che la servitù avesse dei diritti era semplicemente inconcepibile e assurdo.

In quanto al cellulare…. Batteria scarica e se anche non fosse stato così era sicuro che fosse da buttare, lo prendeva in mano per abitudine e lontano da sguardi indiscreti per non suscitare troppe domande, come se già la servitù non spettegolasse.

<< Dobbiamo avere pazienza, fingi ancora un po’ >> replicò Raquel prima di fargli cenno di allentarle i lacci del corsetto. Tatiana indossava quella specie di tortura in maniera così stretta che Martìn si era chiesto più volte come facesse a respirare, per fortuna l’ispectora veniva da un secolo dove avevano inventato non solo i reggiseni ma anche il diritto delle donne a respirare. Ormai si era abituato, ogni mattina una delle cameriere le stringeva quella tortura e ogni mattina lui doveva allentare qualche nodo per evitare che Raquel Murrillo morisse soffocata.

<< La fai facile tu, devi solo sorridere e muovere il ventaglio, come posso spiegare di cosa mi occupo e da dove vengo se ancora non hanno scoperto il mio paese e ufficialmente la mia laurea ancora non esiste? >> si lamentò lui.

<< Non hai di cosa stai parlando, è tutto così complicato, tutte quelle regole che da bambine mi sembravano stupide qui valgono più della vita. E non sei di origine italiane? Parti da lì >> replicò l’ispectora.

<< Solo da parte di nonno, e sono stato un’unica volta in Sicilia, non saprei da dove cominciare, solamente perché sul frigo c’è una cartolina di Palermo non vuol dire che conosca la Sicilia in generale e Palermo in particolare >> si difese lui, aveva svolto qualche ricerca all’anagrafe, fatto il turista e poi ricordava discoteche, le spiagge del mediterraneo e una o due conquiste degne di nota ma…niente che potesse raccontare nel secolo decimosesto.

I film lo rendevano semplice ma in realtà era insopportabile e soprattutto odiava l’idea di essersi ficcato volontariamente in quella situazione. Se quella sera li avesse investiti invece di frenare e perdere tempo a parlare con Andrés e Sergio in quel momento non si sarebbe trovato in quella situazione e in quel secolo.

<< Come si entra nella biblioteca segreta? >> domandò Raquel, e ora cosa voleva?

<< E a te cosa importa? > rispose sulla difensa, non avrebbe dovuto sapere dove si trovavano i testi di magia di Andrés specialmente perché l’ispectora non avrebbe approvato ma non capiva a cosa potessero servirle in una situazione come quella.

<< Andrés e Sergio sostengono che nelle donne la magia sia innata e che possa venire insegnata quindi potrei provare >> propose Raquel. Era una pazzia, come se non avessero già abbastanza problemi e ora l’ispettore Murrillo voleva giocare a Harry Potter, ma perché capitavano tutte a lui?

<< E poi sceglieremo le nostre bacchette e parleremo in rima? >> la prese in giro per stemperare la tensione.

<< Prendimi pure in giro ma funzionerà, deve funzionare e almeno avrò qualcosa con cui tenermi impegnata, Tatiana vuole che andiamo a cavallo insieme tutti e quattro, abbiamo rimandato il più possibile ma prima o poi dovremo >> replicò Raquel serissima alzando gli occhi al cielo.

No, quello no, aveva giurato che non sarebbe più salito su un cavallo in vita sua e non potevano obbligarlo… o potevano? Il polso già gli doleva… per simpatia.

<< Odio questo secolo >> dichiarò per l’ennesima volta e Raquel sbuffò doverosamente.

 

Madrid, 2019:

 

Non lo avrebbe mai ammesso a voce alta ma Andrés de Fonollosa cominciava a trovare piacevole il ventunesimo secolo.

La mancanza di decoro era un problema serio, l’assoluta assenza di un ordine prestabilito gli procurava ancora dei mancamenti e la libertà a suo dire era eccessiva ma si poteva abituare. Sergio si era abituato molto meglio di lui ed erano passati tre giorni da quando aveva ripreso a parlargli.

Suo fratello non aveva approvato la sua ultima trovata ma siccome ormai non si poteva disfare quello che aveva combinato si era rassegnato ad attendere, ordinandogli di non sprecare le sue forze in incantesimi inutili per così eseguire l’incantesimo temporale il prima possibile.

Si erano trasferiti a casa di Martìn si era inventato una scusa con la madre di Raquel e con la figlia, lui era sicuro che la bambina non ci avesse creduto ma per fortuna Alicia Sierra era intervenuta, per quale motivo la donna avesse deciso di avvallare la loro bugia non lo sapeva ma era sicuro che stesse macchinando qualcosa.

Gli altri avevano deciso di aiutarli a modo loro e avere Agata che entrava in casa ad ogni ora del giorno e della notte con Axel a rimorchio cominciava ad essere seccante specialmente perché ogni volta preferiva chiudere a chiave l’argenteria, o quello che considerava prezioso nell’appartamento e non perdeva nessuno dei due di vista. Poteva essere razzista ma meglio essere razzista e in buona fede che non un cretino fiducioso si era giustificato, poi Hovik e Mirko avevano dovuto trattenere Agata la quale sembrava intenzionata a staccargli la testa ma quello era un dettaglio assolutamente trascurabile.

Non si sarebbe mai abituato al rumore o alle luci ma il resto era gestibile, a piccole dosi ovviamente. Le scoperte nell’arte e nella letteratura erano state straordinarie ma il Prado aveva cominciato ad annoiarlo e sfogliare i vari cataloghi provenienti dalla biblioteca che Sergio prendeva in prestito cominciava ad annoiarlo, avrebbe dovuto recarsi a Parigi o in Italia, persino nelle Americhe ma il solo pensiero di dover prendere uno di quei cosi, l’aereo, lo faceva star male; l’uomo non era fatto per volare e su quei cosi lui non ci sarebbe salito.

Martìn gli mancava, in maniera viscerale e appassionata, si era abituato a dormire abbracciato all’argentino, a sentire la sua voce e il suo accento e in generale alla sua presenza come mai gli era accaduto nella vita. Poteva fare a meno di Tatiana, lo aveva dimostrato con le sue tante avventure, poteva fare a meno di tutte le altre donne ma aveva bisogno di Martìn come si aveva bisogno dell’aria, questa era la verità e doveva accettarla, anche se cozzava con tutto quello che gli avevano insegnato.

<< Ti ho portato l’ennesimo catalogo d’arte, un romanzo e ho preso in prestito il film tratto dal romanzo che hai finito due giorni fa >> dichiarò Sergio mostrandogli un DVD dove la scritta “Quo, vadis?” campeggiava su tutta la copertina. Quel romanzo gli era piaciuto, un buon romanzo di argomento storico e cristiano, forse troppo enfatico ma aveva adorato al scelta delle parole e come l’autore aveva descritto la presenza costante ma invisibile di Nostro Signore.

<< Dimmi che saremo soli, ti prego >> troppe persone lo indispettivano, tutta quella promiscuità e quelle libertà… era l’unica cosa che realmente gli mancava del suo secolo.

<< Questa sera si ma domani siamo ospiti di Silene e Anibal, vuole parlarci e ha insistito sulla tua presenza. O meglio non avrebbe voluto ma è importante che tu ci sia >> lo avvisò suo fratello. Silene Olivera lo detestava, sentimento reciproco, e l’unica cosa che avevano in comune era la magia, per il resto tutto li separava ed era meglio che restasse così, trovava quella donna insopportabile, saccente ed egocentrica nonché la prova vivente di quanto dare diritti alle donne fosse una pessima idea.

<< Berrò l’amaro calice fino in fondo, dovremmo tornare a palazzo Fonollosa per controllare uno o due dettagli, e se trovi qualche testo sui viaggi nel tempo potrei consultarlo >> dichiarò, lo sbuffo di suo fratello gli fece capire che Sergio era ancora arrabbiato con lui.

<< Era proprio necessario? Avremmo potuto risolvere tutto e invece siamo finiti in un guaio più grande del previsto. E non dirmi che non avevi scelta: potevi ignorare quel messaggio ma… sei così egoriferito a volte, hai ascoltato te stesso e … quando torneremo a casa partirò subito per la Germania, e con Rafael in maniera tale che tu possa sistemare il tuo matrimonio >> si sfogò Sergio. lo lasciò fare, un problema alla volta.

Avrebbe potuto ignorare il messaggio ma quella soluzione si era rivelata perfetta, certo… avrebbe potuto avvisarlo prima ma non dipendeva da lui, non ancora almeno. Per quel che riguardava la Germania Sergio poteva portarsi Rafael ovunque volesse, più lontano era e meglio era, suo figlio era stato una delusione fin dalla nascita pensò, povero Martìn che stava avendo la sfortuna di conoscerlo, doveva farsi perdonare e aveva già una o due idee. In quanto al suo matrimonio… non c’era nulla da sistemare, tutto sarebbe proseguito come sempre e… tutto sarebbe andato per il meglio, doveva andare così.

<< Mi occuperò di tutto io, stai tranquillo >> si limitò a dire prima di voltare pagina, quello scrittore proveniente dalle Americhe aveva un debole per le storie spaventose, e le sapeva anche scrivere bene anche se molti concetti gli sfuggivano. I romanzi gli piacevano, non capiva perché ora tutti preferissero la prosa ma c’erano dei vantaggi sebbene la poesia restasse il pinnacolo della letteratura, la vera letteratura.

<< L’ultima volta che hai detto una frase simile hai spedito Raquel e Martìn nel nostro secolo invece di rimandare noi due, quindi gradirei che mi mettessi a parte dei tuoi piani nell’immediato futuro >> lo contraddisse Sergio, che piccolo ingrato.

<< Ti ho già spiegato il motivo, ho agito nell’interesse di tutti noi, o avresti preferito dimenticarla? >> lo provocò prima di voltare nuovamente pagina.

<< Non si tratta di me, di te o di loro, ma di cosa è giusto fare, e tornare nel nostro tempo era la cosa più giusta da fare >> replicò Sergio, suo fratello doveva avere fiducia in lui, era davvero così difficile si disse per l’ennesima volta


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Segundo capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa




 

Toledo, 1519:

 

Martìn Berrote non era mai stato un fan dell’equitazione.

Escludendo i suoi tentativi disastrosi di salire sopra un cavallo, dove la lotta per il predominio si concludeva prima ancora di cominciare con la sua resa incondizionata, aveva odiato ogni singolo momento passato al circolo ufficiali durante delle interminabili partite di polo dove i cadetti di suo padre si disputavano trofei di dubbio gusto. Di positivo c’era che una volta cresciuto diversi stallieri e diversi fantini erano stati più che disposti a baciarlo e non solo ma spesso tendevano a diventare appiccicosi.

Quindi no, erano oltre trent’anni che non saliva su un cavallo e aveva rimandato finché poteva ma Tatiana era stata irremovibile su quello e quindi dopo aver mangiato, aver debitamente imprecato si era deciso a provare, se doveva morire aveva in mente altre situazioni e non calpestato da un cavallo o con l’osso del collo spezzato a causa di una caduta, e nemmeno restare paralizzato era un’opzione allettante, se lo ricordava bene la buon’anima di Christopher Reeve: un minuto prima voli sui cieli di Metropolis e un secondo dopo ti ritrovi a respirare con un respiratore artificiale.

<< Non siete un cavaliere esperto >> gli disse Rafael dopo averlo imitato, avrebbe dovuto ringraziarlo per avergli assegnato uno dei cavalli più anziani e più mansueti, quel ragazzo non era così tremendo dopotutto.

<< Brutte esperienze, e mio padre alla terza caduta perse le speranze >> ammise lui pregando che il cavallo non credesse di essere ancora un puledro.

<< Siete stato fortunato, zio Sergio inizialmente ebbe pazienza quando passai dai pony ai cavalli della scuderia ma mio padre fu di diverso avviso. Diede ordine allo stalliere che ogni volta che cadevo dovevo essere subito rimesso sulla sella finché non avessi imperato e così alla fine ho dovuto imparare >> rispose Rafael confermando che Andrés e suo padre forse potevano andare benissimo d’accordo, e quello era un pensiero inquietante e cringe, come dicevano gli americani.

<< E ora? Vi piace andare a cavallo? >> domandò curioso poco prima che Tatiana li raggiungesse me … quella non era affatto una sella ma una specie di predellino mobile che si sarebbe ribaltato al primo sasso che il cavallo avrebbe incrociato.

<< Andare a cavallo è il primo dovere di un aristocratico e io sono il figlio di un duca, non si è mai trattato di piacere >> fu la risposta. Martìn era sicuro non solo che tra padre e figlio non corresse buon sangue ma che i due avessero smesso di provarci, Andrés si era aspettato un figlio eccezionale e il fatto che Rafael fosse invece una persona ordinaria doveva averlo oltremodo deluso, Rafael d’altronde doveva aver smesso di cercare l’approvazione paterna, l’unico legame tra i due doveva essere stato Sergio che invece teneva molto alla famiglia.

<< Eh no, io non lo faccio, su quel coso non ci salgo >> sentì dire e voltandosi notò Raquel Murrillo che fissava disgustata la sella preparata per lei.

<< Se lo desiderate Rafael potrebbe farvi sedere dietro di sé, non è vero Rafael? >> propose Tatiana cercando di mantenere il sorriso.

<< Non sarà necessario, procuratemi una sella come si deve e ci penso io >> dichiarò l’ispectora prima di avvicinarsi a uno degli stallieri. << Come ti chiami? >> domandò con lo stesso tono che usava negli interrogatori.

<< Pablo, signora Murrillo >> rispose il ragazzo facendolo ridacchiare, almeno in quel secolo conoscevano le buone maniere.

<< Bene, Pablo, avrei bisogno di un favore. Prestami una camicia e delle brache, e aiutami a salire in sella >> propose Raquel guadagnandosi le occhiate sconvolte della servitù, il povero ragazzo si voltò verso Tatiana in cerca di aiuto.

<< Fai come dice, Pablo, forse in Italia cavalcano in maniera diversa da noi >> ordinò Tatiana, a Martìn parve di cogliere una nota di derisione nelle sue parole ma non poteva esserne sicuro. Il ragazzo comunque obbedì e cinque minuti Raquel li raggiunse, i capelli legati alla buona, una camicia da uomo e dei pantaloni, così diversa da Tatiana che di fronte a lei appariva ancora più eterea e femminile che mai. Fu Pablo ad aiutarla a salire tra mille perplessità e sotto gli sguardi sgomenti della servitù che si era radunata ad osservare quella donna che per loro doveva essere o pazza o strega.

Tatiana montava con le gambe entrambe sullo stesso lato, non all’amazzone ma in una versione ben più primitiva, l’ispectora di sistemò invece come lui e Rafael e qualcuno fece partire un fischio d’appezzamento, con la coda dell’occhio Martìn notò Tatiana farsi velocemente il segno della croce mentre Rafael aveva seguito tutta la scena divertito.

<< Molto bene… possiamo andare, solamente noi quattro e … trotto o galoppo? >> propose il giovane prima di spingersi gli occhiali contro il naso, un tic che Martìn gli aveva visto fare quando era nervoso, ed era sicuro che in presenza di Andrés accadesse su basi regolari.

<< Trotto, Rafael, non posso raggiungervi se andate al galoppo inoltre non credo che Martìn e la signora Raquel siano così bravi da andare al galoppo >> ribatté Tatiana con un sorriso sardonico.

<< Come desiderate madre mia >> rispose Rafael prima di fare cenno al cavallo di partire.

Se fosse morto i suoi libri di ingegneria dovevano andare al piccolo Axel, il suo appartamento ad Hovik, i dischi ad Augustin e a Cincinnati mentre una certa scatola che si trovava sotto il letto ad Agata che ne avrebbe fatto buon uso, pensò Martìn Berrote prima di imitare Rafael e far cominciare quella cavalcata.

 

***

 

A metà percorso Martìn Berrote fu sicuro di due cose: lui era negato per l’equitazione e cavalcare in un paesaggio simile era davvero liberatorio.

Il suo cavallo per fortuna non aveva fatto pazzie anche se aveva avuto l’impressione che lo avesse guardato sardonico come per ricordargli che era lui a comandare e se non lo aveva disarcionato era solamente perché trovava divertente tenerlo in quel limbo.

Rafael era davvero bravo, rigido, marziale e una volta appurato che erano ancora vivi si era concesso una galoppata liberatoria isolandosi e lasciandolo unico uomo. Tatiana sedeva su quella specie di predellino con la grazia di una regina, in quanto all’ispectora… l’avrebbe vista bene in una delle haciende di suo zio, poteva proporglielo come carriera alternativa si disse prima di inoltrarsi in quella foresta, per fortuna il cavallo sapeva dove andare pensò prima di raggiungere una radura, Rafael li stava aspettando, in mano le redini e i piedi saldamenti tenuti a terra.

<< Ho fatto bene a darvi quel cavallo, è un po’ birbante ma basta poco per fargli capire chi comanda >> dichiarò Rafael prima di aiutarlo a smontare e accarezzare l’animale, gli piacevano davvero i cavalli della scuderia notò Martìn. << La prossima volta darò a vostra cognata Nerone, il cavallo preferito di mio padre. È un animale bastardo ma appena sente il tocco del padrone si placa, mio padre è gelosissimo di Nerone ma non lo saprà mai >> aggiunse Rafael, per fortuna l’arrivo di Raquel gli impedì di cercare una risposta.

<< Vi ringrazio molto, è stato bellissimo ma ho la schiena che tutto un dolore per non dire il fondoschiena >> lo ringraziò Raquel, allora non era l’unico pensò lui mentre Rafael rispondeva imbarazzato, quel luogo era delizioso, un vero peccato che ora ci fosse solo autostrada, almeno secondo i suoi conti erano dove secoli dopo sarebbe sorta l’AP-41.

Rafael si sedette non prima di aver fatto loro cenno di imitarlo, e rimase scandalizzato quando l’ispectora si sedette a gambe incrociate, evidentemente le signore per bene non sedevano in quella maniera pensò lui.

<< Non indovinerai mai cosa ho appena visto >> sentirono dire e videro Tatiana che li stava raggiungendo al passo, fresca come una rosa e altezzosa come una regina.

<< Cosa, signora madre? >> le domandò Rafael prima di aiutarla a scendere, c’era qualcosa di strano in quella situazione ma non sapeva esattamente cosa. Raquel per qualche strano motivo non li aveva mai persi di vista, e se i suoi sensi da sbirro erano all’erta voleva dire che forse qualcosa di cui preoccuparsi c’era.

<< Un cervo, con sei ordini di corna >> annunciò Tatiana, come fosse possibile che riuscisse a farsi capire pur sussurrando era un mistero che Martìn era sicuro non avrebbe mai decifrato.

<< Erano anni che non se ne vedeva uno così, signora madre >> dichiarò Rafael abbassando la voce. Fu allora che lo vide.

Di incontri bizzarri ne aveva avuti ma quando il cervo lo guardò Martìn Berrote avrebbe giurato che l’animale gli stesse leggendo dentro. Bello, altero e con delle corna meravigliose, un autentico re degli animali gli venne spontaneo pensare mentre anche Raquel lo guardava ammirata, nel suo tempo queste cose non accadevano tutti i giorni, a meno di non essere un redneck americano. Rimase a guardarsi con l’animale per quella che gli parve un’eternità e anche per quello non si accorse che Rafael aveva caricato il fucile.

Se ne accorse solamente quando sentì il rumore di uno sparo e vide l’animale cadere a terra, per un istante ebbe la sensazione che il cervo lo stesse rimproverando per non aver fatto nulla per salvarlo, ma come… come poteva saperlo?

Sapeva che in quel secolo si cacciava, lo aveva visto nei film ma una cosa era vederlo su uno schermo e un’altra cosa assistervi di persona; sapeva cosa fosse la caccia grossa, lupi, orsi, cervi e via dicendo ma… la realtà era molto più barbara della finzione letteraria pensò accorgendosi solo in quel momento che lui e Raquel si erano abbracciati, in lontananza l’applauso entusiasta di Tatiana che li osservava come una dea giudica dei pezzenti.

<< Rafael ha ucciso la mamma di Bambi >> mormorò l’ispectora cercando di smettere di tremare.

<< O Bambi stesso >> aggiunse lui prima di staccarsi da lei, Rafael si era tranquillamente avvicinato alla sua preda e la stava osservando, il coltello in mano gli fece capire che stava valutando se darle o meno il corpo di grazia, e spero che non cominciasse a squartarla lì davanti a loro.

<< Mi compiaccio della tua mira, figlio, vedi che hai bisogno delle condizioni giuste per brillare? >> domandò Tatiana avvicinandosi a Rafael e del tutto incurante del sangue, tanto quell’abito non lo lavava lei pensò Martìn.

<< Se solo fosse così facile, madre mia >> rispose il ragazzo, c’era qualcosa di strano nel modo in cui si guardavano anche se sul momento non riuscì a capirlo.

<< E… quello volete mangiarlo? >> domandò l’ispectora. Un conto era comprare la carne al supermercato o in macelleria, o nel suo caso chiedere a suo zio se poteva tenergli qualcosa da parte, ma mangiare carne di un animale che fino a pochi minuti prima era vivo… no. Gli sembrava immorale, sbagliato e snaturato; sapeva che derivava dall’aver assistito all’uccisione del cervo in quanto la carne rossa gli era sempre piaciuta, se glielo avessero presentato quella sera a cena senza menzionare come se lo fossero procurato lo avrebbe mangiato senza alcuna esitazione ma così… era tutto sbagliato, assolutamente sbagliato.

<< Certamente, non sarete come i moriscos che evitano la carne? >> domandò Rafael curioso, e doveva rispondere attentamente.

<< Certo che no, solo… vivendo a Palermo non abbiamo spesso l’occasione di poterci procurare della selvaggina, molto meglio servirsi di un macellaio >> rispose d’istinto, e poi era la verità, emglio non dire che per la carne aveva una particolare attenzione per ovvi motivi e che quando frequentava Mirko era stato invitato a diversi barbecue della famiglia Dragic, poi era andata com’era andata e l’ultima volta gli avevano sparato, maledetti serbi e maledetto il modo in cui portavano rancore.

<< Comprendo, quindi vivete in città? Francamente non ne ho mai compreso la bellezza, ovviamente vivendo a pochi passi da Toledo non ci manca niente ma la corte… non fa per noi >> spiegò Tatiana con sussiego. Non fa per Andrés pensò lui, a suo tempo Andrés gli aveva spiegato perché aveva lasciato la corte dei re cattolici, un motivo stupido a parer suo ma quella era gente capace di sfidarsi a duello per una precedenza o un posto a messa.

<< Quindi ora… cosa facciamo? >> domandò l’ispectora.

<< Ora lo portiamo a causa e poi se ne occupa la servitù, questa sera mangeremo un’ottima carne di cervo >> rispose Tatiana come se per lei fosse normale, e doveva esserlo, prima che Rafael l’aiutasse a rimontare a cavallo. Il ragazzo aiutò entrambi prima di salire a sua volta con un movimento fluido ed elegante, chissà se anche Andrés cavalcava alla stessa maniera pensò Martìn.

<< Penso di essere appena diventata vegetariana >> mormorò Raquel quando si mossero, in effetti quella era un’ipotesi da non trascurare.

 

***

 

Raquel Murrillo era sicura di non sbagliare.

Da quando erano arrivati in quel secolo aveva colto ogni opportunità per osservare e memorizzare, se dovevano fingere almeno lo facessero bene. Per fortuna vivevano in un mondo senza documenti e senza internet ed era facile ingannare le persone, Tatiana e Rafael avevano creduto loro dopo che avevano confessato di essere a conoscenza della magia.

Aveva la sensazione che lei e Tatiana non sarebbero mai diventate migliori amiche ma l’altra era una donna intelligente, con una certa aria di superiorità e di distacco dal mondo ma era convinta che fosse una strategia difensiva. Avevano fatto la conoscenza di Andrés de Fonollosa non aveva alcun dubbio sul fatto che la sua terza moglie fosse una moglie trofeo, una deliziosa pupattola bella fuori e vuota dentro, e in parte aveva indovinato. Tatiana era brillante, bellissima e di rara intelligenza ma spesso evitava di dire la sua opinione preferendo sorridere in maniera enigmatica e seguendo il corso degli eventi come se non avesse volontà propria.

In quanto a Rafael la sua idea era una sola: il classico ragazzo abusato che in assenza del genitore brilla, anche se aveva constatato che metà Toledo sembrava condividere l’opinione di Andrés, eppure intuiva che il giovane fosse promettente.

E poi c’era quella faccenda.

Aveva ripensato alle parole di Angel per giorni e si era detta che erano o una malignità o qualcosa che doveva ancora avvenire. Per il momento non aveva individuato indizi che confermassero quell’affermazione, solamente sorrisi, sguardi e ogni tanto uno sfioramento che però non erano degli indizi seri, non aveva prove anche se la tensione si avvertiva, se qualcuno sapeva era facile da individuare, troppo facile. Sarebbe stato l’accordo perfetto pensò: mentre il marito occupava il letto matrimoniale scopandosi ogni serva che gli passasse accanto la moglie teneva occupato quello degli ospiti andando a letto col suo figliastro, la ricetta per la famiglia felice stile telenovelas.

<< Angel Rubio mi ha detto una cosa interessante >> disse quella sera poco prima della cena, Tatiana era impegnata a ricamare mentre Rafael cercava di capire qualcosa dal libro dei conti.

<< E sarebbe? >> le rispose Martìn che stava cercando di capire come non vomitare quando avrebbero servito la cena, sentimento condiviso.

<< Qualche tempo fa è andato a Toledo con la moglie, e lui e Mari Carmen hanno visitato palazzo Fonollosa con un tour guidato. E la guida ha rivelato loro che sembra che il sesto duca si sia sposato più tardi del solito perché se la faceva con la matrigna >> rivelò lei e Martìn per poco non si strozzò con la saliva, quella si che era una rivelazione.

<< Sicura che? E quando? E come? >> domandò l’argentino, l’accento che ad ogni parola diventava più marcato.

<< Secondo la guida si, non saprei quando ma probabilmente a seguito della sparizione del tuo fidanzato >> rispose lei mentre Martìn seguiva Tatiana e Rafael con gli stessi movimenti di uno spettatore di tennis.

<< Quindi… i figli di Rafael sono di Tatiana? >> chiese curioso, una nota preoccupata nella voce.

<< No, sono di un’aristocratica tedesca che Rafael sposerà tra dieci anni, se davvero hanno avuto una relazione non so se ci sono stati bambini o forse si è sposato proprio per timore di averne >> replicò lei. Era sensato, forse Tatiana era rimasta incinta, e aveva o abortito o avevano affidato il bambino ad una famiglia che ne aveva bisogno, e quindi avevano deciso che Rafael dovesse sposarsi, o peggio ancora quei due non avevano mai l’occasione per affrontare quell’argomento e avevano trascorso dieci anni tra dubbi e incertezze temendo il ritorno di Andrés.

<< E… lui lo sa? >> domandò Martìn a voce bassa.

<< Non credo, forse hanno cominciato dopo la sua sparizione, o non hanno cominciato nulla e avrebbero voluto >> spiegò lei poco prima che venisse annunciato che era ora di cena.

Andò meglio del previsto, escluso l’imbarazzo che provava sapendo cose che ancora dovevano accadere. Il cervo in effetti era buono, odiava mangiare con le mani ma doveva adattarsi e … se solo non lo avesse visto di fronte a lei proprio quella mattina.

<< E la testa? Dobbiamo mangiare anche quella o l’avete impagliata per esporla sopra il camino come fanno gli inglesi? >> domandò Martìn, si poteva sempre spacciare quell’informazione del ventunesimo secolo per qualcosa di cui si era sentito parlare o una diceria.

<< Ho dato ordine di conservarla, un esemplare di tale bellezza deve restare a memento, l’idea di farla impagliare non è male ma non sopra il camino bensì nel corridoio, dove tutti possono vederla >> rispose Rafael con un sorriso, quel ragazzo non era abituato a ricevere complimenti o suggerimenti notò Raquel.

<< È comunque un’ottima idea, dovremmo proprio fare così >> dichiarò Tatiana prima di pulirsi le mani, così raffinati eppure così volgari pensò Raquel osservando come mangiavano: un coltello rudimentale e con le mani… il ventunesimo secolo le mancava, eccome se le mancava


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tercero capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa

 

Madrid 2019:

 

Sergio Marquina non era mai stato bravo con le bugie.

Omissioni, segreti e piccole modifiche alla realtà si ma mentire… non era mai stato il suo forte e ne era perfettamente consapevole.  Un conto era una bugia di piccolo conto, omettere qualcosa e negare una minuzia, le volte in cui aveva negato di sapere quale fosse la nuova amante di suo fratello erano innumerevoli e siccome il matrimonio aveva retto si era detto di aver contribuito egregiamente. Certo, dopo aver scoperto che in Spagna era entrato in vigore il divorzio si era detto che forse sarebbe stato meglio iniziare le pratiche per conto di suo fratello ma c’era un problema.

Lui e Andrés in quel secolo ufficialmente non esistevano. Avevano dei telefoni cellulare, dei documenti d’identità rigorosamente falsi e lui aveva diverse tessere, da quella della biblioteca all’abbonamento dell’autobus ma se davvero avesse dovuto mostrare quei documenti in una sede ufficiale molto probabilmente si sarebbero accorti tutti che si trattava di falsi e non potevano nemmeno produrre gli originali, a meno che i rispettivi atti di nascita fossero ancora conservati dalla diocesi.

A suo fratello non importava, non quando le sue sole uscite erano per recarsi in un museo o in una galleria d’arte ma lui adorava quel secolo e sistemarsi definitivamente lì gli appariva ogni giorno come una possibilità sempre più reale. Non era nemmeno sicuro che sarebbe riuscito a fare a meno delle comodità a cui si era abituato in quei mesi, acqua corrente e riscaldamento centralizzato in primis, per non parlare dell’elettricità.

La luce elettrica era una meraviglia che quel secolo sottostimava, internet un dono magnifico e se anche non aveva capito bene come funzionasse ne aveva intuito le possibilità, per precauzione il piccolo Anìbal gli aveva persino aperto un profilo su internet, secondo il ragazzo tutte le persone nella sua fascia d’età si servivano di quel sistema per comunicare e che lui non lo avesse sarebbe apparso sospetto: fosse solo per una foto e alcune informazioni base come nome e cognome.

Silene Olivera si presentava a casa di Martìn ogni quattro giorni, lei e Andrés discutevano di magia o per meglio dire alternavano ore di silenzi a minuti in cui si urlavano addosso, senza però essere giunti ad una soluzione, ed erano già trascorse due settimane. Aveva capito la faccenda dei loop temporali e dei viaggi nel tempo ma una cosa era la teoria e un’altra la pratica si disse prima di andare ad aprire la porta. Suo fratello aveva ricominciato a servirsi della magia per piccole cose ma niente che potesse indebolirlo troppo, motivo per cui si occupava lui della cucina grazie a un sito di ricette o ricorrendo al cibo d’asporto.

Mirko aveva spiegato loro che aveva giustificato la sparizione di Martìn a lavoro inventandosi che doveva occuparsi urgentemente di un cantiere in Norvegia in un posto sperduto dove non arrivava segnale internet e che quindi sarebbe stato irreperibile, era rimasto senza parole nel rendersi conto che tutti avevano creduto a quella bugia così banale.

Suo fratello stava leggendo uno dei romanzi di quel francese, Dumas, e a giudicare dalla dimensione del tomo ne avrebbe avuto fino all’ora di cena si disse aprendo la porta e rimanendo bloccato. Di fronte a lui c’era una donna dai capelli rossi legati in una coda, vestita di bianco, una mano su una carrozzina per neonati e un’altra che impugnava una pistola che gli puntò addosso.

<< È la mossa giusta da fare, e ora parla >> disse la donna e la riconobbe: Alicia Sierra, l’amica di Raquel. L’amica di Raquel che era anche una sua collega aggiunse mentalmente, quella donna non solo sapeva sparare ma non avrebbe avuto alcuna esitazione nel farlo e soprattutto nessuno le avrebbe chiesto nulla: lui e suo fratello ufficialmente non esistevano e lei era una poliziotta.

<< Cosa vuole? >> domandò alzando le mani e sperando di poterla mandare via. Per quel che riguardava Raquel si era inventato che era dovuta andare sotto copertura e sua madre e sua figlia gli avevano creduto, da quanto sapeva ad occuparsi dell’anziana e della piccola Paula c’era la sorella di Raquel anche se le due non erano in buoni rapporti. Probabilmente molti altri colleghi si erano accontentati di quella verità ma non Alicia Sierra.

<< Delle risposte, fammi entrare o toglierò il ciuccio a Victoria e non ti piacerà sentirla piangere >> lo minacciò la donna a voce bassa, non aveva bisogno di alzarla quando la pistola era puntata nella sua direzione pensò Sergio prima di farla entrare. Avrebbe potuto approfittare di quel momento di distrazione per sopraffarla e provare a prendere la pistola ma Alicia Sierra appariva determinata e gli era stato insegnato che non si picchiavano le donne, a meno che non meritassero.

<< Ecco, cosa vuole? >> domandò mentre Alicia riprendeva in mano la pistola e lui rialzava le mani.

<< La verità. Dove si trova Raquel e tu chi sei? >> rispose la donna.

<< Raquel è sotto copertura, non ha potuto avvertire nessuno ma sta bene >> rispose lui, chissà come stavano Raquel e Martìn e se davvero stavano bene, il sedicesimo secolo per loro due doveva essere complicato, per fortuna c’erano Tatiana e Rafael si era detto, sperando che Tatiana non scoprisse la verità dei rapporti tra suo marito e Martìn, un conto era avere un marito che era andato con metà servitù e un’altra rendersi conto che suddetto marito aveva scoperto le gioie della sodomia.

<< E io sono la regina d’Inghilterra. Nessuno dei nostri superiori sa nulla, Marivì e Paulita potranno anche crederci ma io non sono cretina, quindi ora dimmi la verità >> lo minacciò la donna.

<< Il rumore potrebbe svegliare la bambina >> tentò lui.

<< Ha un silenziatore, credi davvero che sia una madre degenere? >> lo provocò lei, doveva averli seguiti pensò Sergio. Aveva due alternative, continuare a mentire o mostrarle la verità, se era come Raquel si sarebbe convinta solamente con delle prove che non avrebbe potuto contestare.

<< Venga in salotto, io e mio fratello le riveleremo la verità >> ammise e l’altra sorrise, c’era qualcosa di inquietante in quella donna si ritrovò a pensare prima di chiamare suo fratello.

 

***

 

Una delle cose che non gli piacevano del ventunesimo secolo era il rumore.

Andrés de Fonollosa era abituato a pochi rumori, leggeri e che restavano sullo sfondo, la vita di Madrid era eccessivamente rumorosa per i suoi gusti. Aveva provato a chiudere la finestra ma riusciva comunque a sentire tutto, per non parlare dei vicini di Martìn, quella promiscuità gli era assolutamente intollerabile.

Com’era possibile che riuscisse a concentrarsi con tutto quel rumore? Come facevano le persone di quel secolo a concentrarsi se non avevano mai un momento per poter riflettere in pace?

La lettura lo innervosiva, motivo per cui aveva ripiegato sui romanzi storici, semplici e facili da controllare anche se di internet non si fidava. Lui e Sergio erano rimasti sbalorditi dall’esistenza dei vocabolari e da quante parole potessero contenere, nel loro secolo i vocabolari erano meri elenchi di parole, qui invece vi era persino una spiegazione dotata di sinonimi e contrari, un prodigio. Avrebbe voluto riprendere i suoi studi di latino e scoprire che quella lingua era stata abbandonata a favore dell’inglese non gli era piaciuto per niente, quella lingua era barbara e insopportabile, come fosse possibile che fosse così popolare era qualcosa che andava oltre la sua comprensione. L’Inghilterra che conosceva lui era il piccolo regno insulare che doveva la sua recente gloria al matrimonio del duca di York con l’Infanta, non aveva nulla da offrire e sapere che in cinquecento anni la situazione era cambiata non aveva cessato di meravigliarlo. Non aveva mai avuto occasione di imparare quella lingua, preferiva il francese, la lingua dei poeti, l’italiano, la lingua degli intriganti e conosceva le basi del portoghese ma l’inglese o peggio ancora il tedesco non facevano per lui. Sergio invece cominciato a studiarle servendosi del dizionario di Martìn e di canzoni che a quanto sembrava in quel secolo erano per la maggioranza scritte e cantate in inglese. Perché poi si fosse messo a studiare anche russo lui non lo capiva, le vicende del granducato di Mosca meritavano più attenzione da parte sua, poco ma sicuro.

Quel giorno stava leggendo quello scrittore francese così bravo, Dumas, quando sentì il campanello, avrebbe dovuto occuparsi di quel suono infernale di persona si ripromise, gli altri avevano le chiavi e avvisavano sempre prima di passare tramite il telefono.

Silene Olivera si presentava per discutere di magia e odiava che una donna del genere osasse contestarlo, come si permetteva quella… paesana di mettere in dubbio le sue idee? Per fortuna quando sarebbe tornato nel suo tempo non avrebbe più dovuto sopportarla, mocciosa arrogante e insopportabile. La gitana almeno aveva istinto di sopravvivenza in abbondanza e per questo preferiva parlare con suo fratello.

Aveva però bisogno della Olivera e per questo le consentiva ancora di entrare in casa, prima avesse risolto la situazione e prima avrebbe fatto a meno della sua presenza. Voltò la pagina e gli venne spontaneo pensare a Martìn. Non aveva mai provato un sentimento simile per nessun’uomo eppure era accaduto e aveva fatto quello per evitare di perderlo.

Poteva riportarlo in quel secolo e visitarlo o meglio ancora tenerlo nel suo e trovargli un alloggio da qualche parte per evitare le chiacchere, così avrebbe potuto visitarlo senza problemi e senza sprecare i suoi poteri. Il solo pensiero di quello che gli avrebbe fatto quando lo avrebbe rivisto lo fece sorridere, avevano avuto così tanto poco tempo e così tanto desiderio da soddisfare.

<< Andrés? Potresti alzare gli occhi per un momento? >> sentì dire e obbedì poco prima che il libro gli cadesse dalle mani: Sergio era tenuto sotto tiro da una donna dai capelli rossi che con una mano impugnava una pistola e con l’altra stringeva il manico di una carrozzina per neonati. Una situazione invero surreale e bizzarra si ritrovò a pensare d’istinto.

<< Ispettrice Sierra, vi presento mio fratello Andrés de Fonollosa, Andrés, ti presento l’ispettrice Alicia Sierra e sua figlia Victoria >> li presentò Sergio prima di lanciargli uno sguardo eloquente che però non comprese appieno, era evidente che suo fratello voleva dirgli qualcosa ma non capì cosa. Era sicuro di non aver mai visto la donna, in un’altra occasione l’avrebbe trovata attraente ma aveva una luce preoccupante negli occhi e la pistola sicuramente non aiutava.

<< Non hai dimenticato qualcosa? >> disse e vide suo fratello alzare gli occhia l cielo, la forma prima di tutto.

<< Andrés de Fonollosa, quinto duca de Fonollosa e Grande di Spagna, come se importasse >> lo rimproverò suo fratello mentre Alicia sorrise, una tigre appariva meno temibile di quella donna.

<< Se volete l’inchino lo faccio dopo, mi sono sempre sembrate un sacco di stronzate ma veniamo al motivo della mia visita >> replicò Alicia Sierra, quel secolo aveva tolto il rispetto che le classi inferiori dovevano ai loro diretti superiori e reso le donne una massa di svergognate irrispettose.

<< Andrés, fai qualcosa >> se ne uscì Sergio, e sapeva esattamente cosa volesse suo fratello, ma doveva sentirglielo dire pensò divertito.

<< E cosa? >> domandò cercando di non ridere.

<< Toglile la pistola tanto per cominciare >> sbottò Sergio e vide Alicia Sierra stringere la pistola con più forza come se volesse proteggerla nel caso le si lanciasse addosso, come se avesse bisogno di certi mezzi, lui. Schioccò le dita e si concentrò sull’oggetto e come previsto la pistola lasciò la mano dell’ispettrice, che oppose resistenza, per poi planare delicatamente tra le sue. Appoggiò l’oggetto sul divano a distanza di sicurezza e attese, ci sarebbero state delle domande, c’erano sempre delle domande.

<< È un trucco, un fottotutissimo trucco da illusionista >> se ne uscì Alicia Sierra, non solo irrispettosa ma anche volgare e con lo stesso talento per le parolacce di Martìn si ritrovò a pensare con un ghigno divertito.

<< Nessun trucco, vuole da bere? >> domandò cercando di controllarsi, chissà che marito sfortunato aveva quella donna pensò. Non attese la sua risposta, si concentrò prima per far arrivare un bicchiere dalla cucina, solo in un secondo tempo aprì il rubinetto dell’acqua e indirizzò questa verso il bicchiere che si trovava già nelle sue mani, ne fece entrare una parte e poi si concentrò per farla tornare nel lavandino, solo allora chiuse il rubinetto, Sergio si lamentava sempre di dover poi pulire il pavimento.

<< Cosa… cosa cazzo sta succedendo? >> domandò la donna poco prima che la neonata scoppiasse a piangere, i bambini piccoli erano sempre sensibili alla magia e in particolar modo le bambine, ricordava fin troppo bene come Rafael fosse ricettivo alla sua magia quando era ancora a balia, una delle poche occasioni in cui aveva sperato che il suo erede non fosse una completa delusione.

<< Magia, semplice magia, e ora faccia smettere sua figlia, i rumori troppo forti mi tediano >> rispose lui e Sergio si mise in mezzo per evitare che la donna potesse colpirlo, aveva già preparato la mano si rese conto.

<< La magia non esiste, e ora ditemi dove si trova Raquel Murrillo >> replicò la donna prima di prendere in braccio la neonata e cominciare a cullarla. La osservò con una certa curiosità, non aveva mai visto bambini così piccoli, nemmeno suo figlio che aveva trascorso i primi mesi unicamente con la balia senza che Sergio riuscisse a convincerlo ad andare a vederlo.

<< La domanda esatta non è questa, ma quando si trova Raquel >> intervenne Sergio.

<< Quando? … come sarebbe a dire… ma siete come Harry Potter con la giratempo? >> domandò Alicia Sierra, ed ecco di nuovo quel nome inglese.

<< Io non ho idea di chi sia questo Harry Potter e di cosa sia una giratempo, posso dirvi che Raquel e una persona che mi è cara sono al sicuro, a Toledo e nel 1519 >> rispose lui, ormai era inutile negare e quella donna era stata abbastanza abile da risalire a loro quindi meritava la verità si disse.

<< Che cosa? Nel 1519? E come ci è arrivata? >> chiese Alicia Sierra, almeno non aveva fatto domande su chi fosse la seconda persona che si trovava nel passato.

<< Magia temporale, ritengo di aver creato quelli che nella fisica si chiamano “loop temporali”, appena sarò abbastanza in forze andrò a riprenderli >> spiegò lui sperando che la donna non pensasse che quello fosse uno scherzo, la magia era qualcosa di incredibilmente serio.

<< Ipotizziamo che io vi creda, se davvero avete creato un loop temporale allora vuol dire che voi due non siete di questo tempo >> certo che si trattava di una donna intelligente.

<< Esatto, e sappia che se fosse per me non resterei qui un minuto di più ma non sono abbastanza in forze da portare via me stesso e mio fratello >> ammise lui.

<< E avete provato a contattare Raquel? Con un messaggio? La magia o un piccione viaggiatore? >> domandò l’ispettrice prima di rimettere la neonata nella culla, Sergio lo guardò con uno sguardo significativo. Aveva pensato di contattare Murrillo e Martìn ma allo stesso tempo sapeva che era quasi impossibile, persino con la magia. Aveva inizialmente pensato di lasciare un messaggio in uno dei suoi vecchi testi e poi spedire il messaggio nel passato ma non potendo sapere con certezza dove sarebbe finito il messaggio correva il rischio di farlo scoprire. Spostare un oggetto nel passato era rischioso e non poteva nemmeno servirsi di un oggetto che già esisteva nel passato non conoscendo la storia di quell’oggetto, aveva pensato di servirsi del cellulare ma aveva sperimentato che tecnologia e magia non funzionavano bene insieme e la Olivera aveva confermato, cellulari, computer e altri aggeggi di cui lui non capiva il funzionamento a contatto con la magia cessavano di funzionare o nella migliore delle ipotesi funzionavano male, e come poteva mandare un cellulare nel passato se metà delle funzioni non avrebbero funzionato in un mondo in cui ancora si comunicava per lettera e tramite colombe?

Niente poi vietava che un oggetto elettronico reagisse alla magia temporale, poteva rompersi tanto per cominciare o addirittura distruggersi, era un rischio troppo alto e non se l’era sentita di dare a suo fratello false speranze, non disperava che prima o poi avrebbe trovato un sistema ma non era certo quello.

<< Non è prudente e non ho idea se possa effettivamente ricevere il messaggio, ma si fidi: sono al sicuro >> rispose, Tatiana e Rafael erano affidabili, sua moglie avrebbe fatto di tutto per rendere confortevole il soggiorno di Raquel e Martìn, ignorando quello che era accaduto tra lui e Martìn e non c’era alcun motivo per cui lo venisse a sapere, come sempre. Quello non era un problema, l’importante era che i due non si facessero sfuggire qualche parola di troppo e che la servitù non origliasse, prima recuperava le forze e meglio era, per fortuna i due piccoli incantesimi non lo avevano stancato troppo, al massimo aveva accumulato un giorno di ritardo.

<< Insomma, sono cazzi loro. E voi da quanto siete qui? >> domandò Alicia Sierra.

<< Due mesi, tre la prossima settimana e dovremmo aver risposto alle vostre domande >> intervenne Sergio sperando che la donna smettesse di accusarli.

<< Solamente una, se davvero lei è un duca o quello che è, perché non ha provato a contattare i suoi discendenti? E bonus: la magia è ereditaria e quindi perché non ha contattato i suoi discendenti? >> domandò Alicia Sierra e quella si che era una domanda a cui non aveva risposta. Non aveva mai cercato di contattare Roberto de Fonollosa e nemmeno ne aveva mai sentito il bisogno. In parte perché non voleva che lo prendessero per pazzo, inoltre non sapeva se i suoi discendenti all’infuori di Fernando sapessero servirsi dei propri poteri, incontrare un diniego sarebbe stato immensamente deludente per lui, inoltre lui non parlava inglese bene come avrebbe voluto e dubitava che lo spagnolo di Roberto fosse fluente. E poi c’era Martìn.

Perché cercare l’ospitalità di uno sconosciuto che per giunta viveva dall’altra parte del mondo quando aveva Martìn? Martìn che lo aveva accolto, che non gli aveva mai chiesto nulla, Martìn che lo amava e che non si vergognava di quello che era, così brillante e intelligente. Se avesse contattato Roberto avrebbe dovuto lasciarlo perché il suo discendente si sarebbe sentito in obbligo di ospitare lui e Sergio e il pensiero gli era intollerabile, aveva fatto tutto quello proprio per non perderlo.

<< Non posso fidarmi, cinquecento anni sono tanti e forse la magia nella mia famiglia è terminata con l’estinzione del ramo cadetto >> rispose invece, c’era anche quella possibilità di cui tenere conto. Fernando de Fonollosa aveva dimostrato poteri eccezionali ma poteva essere l’unico così potente, forse la magia si trovava nella linea cadetta dei conti Fonollosa e se era così era ormai estinta senza che Roberto e Diego ne sapessero nulla.

Avrebbe potuto dire la verità all’ispettrice, quel secolo era straordinariamente permissivo per quel che riguardava le faccende da letto ma non s’era sentita: Martìn era suo, solo e non voleva condividerlo con nessuno, nemmeno a parole, come poteva spiegare quello che provava per l’altro se nemmeno lui riusciva a spiegarselo?

<< Non mi stai dicendo la verità ma è meglio che torni a casa, la cena non si prepara da sola >> replicò Alicia Sierra prima di voltarsi e incamminarsi verso la porta.

<< Suo marito non può prepararla lui la cena? >> domandò Sergio, che secolo rivoltante, come se mai lui avesse sentito il bisogno di aiutare Tatiana a fare qualcosa, sua moglie era un’ottima padrona di casa e i ruoli avevano sempre funzionato.

<< Sono vedova da cinque mesi ma grazie per il pensiero, dovrei togliere la fede prima o poi >> rivelò Alicia lasciandoli senza parole, quella donna era particolare, e non provava alcun interesse nel conoscere la sua storia, a differenza di suo fratello che infatti le fece le condoglianze.

<< E ora? >> gli domandò Sergio quando Alicia Sierra fu uscita dall’appartamento.

<< Ora ceniamo e poi pensiamo al da farsi, non dovrei aver sprecato troppe energie con quegli incantesimi >> gli spiegò lui prima che Sergio si dirigesse verso il frigorifero, sarebbero state due lunghe settimane quelle.

 

***

La situazione cominciava a farsi seria.

Alicia Sierra aveva scoperto tutto ed era solo questione di tempo prima che qualcun altro cominciasse a farsi domande su dove fossero finiti Raquel e Martìn si era detto Sergio Marquina, bisognava assolutamente fare qualcosa.

Anibal si era offerto di aiutarli, a sentire lui bastava lasciare alcuni indizi sui social per ingannare un numero infinito di persone, se per esempio avesse fatto di modo di far credere che Raquel si trovava a Bilbao nessuno avrebbe realmente controllato, bastava una foto qualsiasi presa da internet e poi postata entrando sul suo account e nessuno avrebbe indagato, un secolo strano quello: da un lato nessuno si fidava di nessuno ma allo stesso tempo tutti si fidavano della tecnologia.

Daniel e Monica non avevano rinunciato all’idea del barbecue, anzi Daniel si era persino presentato a casa sua per controllare in caso ci fosse qualcosa nel frigo che potessero portare, per fortuna era riuscito a contenerlo, anche se aveva accettato una cena in quell’appartamento con tutti gli altri. Andrés si era rifiutato ma dovevano pur passare il tempo, che detestasse tutti gli altri era palese ma almeno si era comportando, escludendo alcuni commenti che nel loro secolo erano accettabili ma a quanto sembrava in quel secolo erano assolutamente sbagliati.

<< Tra mezz’ora la babysitter stacca e devo ancora consegnarle i soldi quindi devo uscire, sapete come funziona un lettore DVD? >> domandò loro Agata prima di dirigersi verso la porta assieme a Mirko, era evidente che la donna aveva una cotta per il serbo ma doveva farsela passare, prima di tutto perché aveva già un compagno e poi perché Mirko era come Martìn in quanto a preferenze sessuali, aveva trovato alcune foto dei due risalenti a diversi anni prima e le aveva devotamente nascoste, conoscendo la natura possessiva di Andrés era sicuro che suo fratello non avrebbe apprezzato quelle immagini.

<< Non è il primo DVD che vediamo >> ammise lui, la tessera della biblioteca aveva svolto egregiamente il suo lavoro.

<< benissimo, allora vi lascio questo, è fondamentale per qualsiasi persona sia anche solo lontanamente bisessuale >> e detto ciò Agata uscì sbattendo la porta, la sua risata si sentì chiaramente oltre la parete mentre Daniel e Monica cercavano di non ridere.

<< Poteva darvi di peggio, e ci vediamo domenica, questa volta è ufficiale >> si limitò a dire Daniel prima di prendere la porta. Tutta quella confusione gli piaceva ma era fin troppo palese che suo fratello la detestasse, comprendeva benissimo le barriere sociali e di rango ma quel secolo sembrava averle dimenticate e forse era meglio così, per lui sicuramente lo era.

<< Tutta questa promiscuità non mi piace, sanno chi siamo o sono semplicemente stupidi? >> gli chiese Andrés, prevedibile.

<< Non credo sia importante, hai visto anche tu che il rango non è più vitale per qualsiasi cosa >> replicò lui.

<< Ma se uno non conosce il suo posto nel mondo come può sapere cosa può e non può fare? >> fu la pronta risposta.

<< Questo mondo ora va avanti tramite meritocrazia, o almeno ci prova, ossia non importa chi sei ma da dove vieni, l’importante è essere bravi nel proprio campo, in quel caso si andrà ovunque >> replicò lui, l’unica risposta fu un veloce segno della croce. Sta per perdere la pazienza quando avvenne.

Si era abituato al rumore del cellulare, forse era Agata che si era dimenticata qualcosa o Daniel che voleva ricordargli qualcosa, forse poteva essere Silene Olivera con la soluzione ai loro problemi ma quando lesse il nome sul display rimase di sasso. Raquel Murrillo.

Incredulo mostrò il cellulare a suo fratello e lo vide sussultare. Se davvero Raquel e Martìn avevano trovato un sistema per mettersi in contatto con lui allora dovevano cogliere quell’opportunità al volo si disse.

<< Cosa faccio? >> mormorò, il suo primo istinto era stato quello di rispondere ma poteva essere rischioso.

<< Rispondi, e sentiamo cosa hanno da dire >> rispose Andrés e lui obbedì. Inizialmente sentirono delle voci in sottofondo, due persone stavano parlando ma in maniera distorta, come se ci fosse una barriera tra loro e il telefono.

<< Mi sentite? Raquel? Martìn? Potete sentirmi? >> disse dopo aver premuto il tasto del vivavoce affinché anche suo fratello potesse sentire.

<< Sergio? Sergio sei tu? >> sentì dire e quella era la voce di Raquel anche se appariva distorta.

<< Si, sono io, come… come avete fatto? >> domandò curioso.

<< Benjamin Franklin era un genio!! >> sentì urlare da Martìn, non gli sfuggì come gli occhi di Andrés si fossero addolciti nel sentire la voce dell’argentino. Benjamin Franklin... ricordava di aver letto di lui, nato nelle colonie inglesi in America, inventore e giornalista, uno dei cosiddetti padri della rivoluzione americana e …l’aquilone! Ecco per cosa Benjamin Franklin era famoso!

<< Avete elettrificato il cellulare >> mormorò prima che i rischi di quella faccenda gli apparissero sotto gli occhi, per fortuna Andrés non era mai stato ferrato nelle scienze.

<< Ho rischiato di rimanere folgorato ma almeno ha funzionato, speriamo che nessuno abbia capito cosa volevamo fare altrimenti toglieremo a Franklin il suo primato >> dichiarò Martìn mentre lui ripassava mentalmente le fasi dell’esperimento: inserire una chiave nel filo di un aquilone, far volare l’aquilone durante un temporale, attendere un fulmine, elettrificare la chiave, se i due vi avevano legato il cellulare di Raquel… erano due pazzi.

<< Cosa è successo esattamente mi amor? >> domandò Andrés e lui sorrise, era dai primi giorni di matrimonio con Tatiana che non lo sentiva così innamorato.

<< È successo che nessuno di noi due capisce il latino, quindi ci siamo dovuti organizzare… tuo figlio uccide i Bambi! >> replicò Martìn prima che la chiamata si interrompesse, a quanto sembrava l’energia ricavata dal fulmine non era stata sufficiente o forse i due non avevano preso bene i tempi pensò mentre cercava di richiamare, una, due, tre volte, si arrese solamente al quinto tentativo.

<< Cosa significa questo? >> gli domandò suo fratello che probabilmente stava già frugando nella sua mente alla ricerca di un incantesimo qualsiasi.

<< Hanno trovato i tuoi libri ma non conoscono il latino. Mi ero dimenticato che in questo secolo l’insegnamento del latino non è più richiesto e i tuoi testi sono tutti in latino. Probabilmente cercavano di risvegliare la magia presente in Raquel in forma latente ma a causa della barriera linguistica, come dicono in questo secolo, non ci sono riusciti, d’altronde Raquel non può imparare a memoria qualcosa che non conosce. Hanno così pensato ad un sistema per riattivare almeno un cellulare e così si sono ricordati dell’esperimento che Benjamin Franklin effettuerà tra duecento anni nel nostro futuro ma duecento nel loro passato, e lo hanno leggermente modificato >> spiegò lui.

<< Che razza di esperimento? E chi questo Franklin? Lo dicevo io che non bisogna fidarsi degli inglesi >> lo incalzò suo fratello.

<< Benjamin Franklin era un americano che ha dimostrato come i fulmini siano carichi di elettricità e che questa si trasmetta, un esperimento sicuro altrimenti Martìn sarebbe morto folgorato anche se servirsi di un cellulare… presumo fosse un rischio calcolato >> rispose lui prima che suo fratello sgranasse gli occhi dalla sorpresa.

<< E ora cosa facciamo? >> gli domandò infatti Andrés e lui si rese conto che suo fratello già conosceva la risposta, voleva solo la sua conferma.

<< Dobbiamo avvisare gli altri, e per farlo dobbiamo partecipare al barbecue, non vedo alternative >> replicò.

<< Come vuoi, andremo a quel barbecue, qualsiasi cosa sia ma sia chiaro che non lo faccio per te o per quel gruppo di pezzenti di cui siamo costretti a servirci >> dichiarò suo fratello e a Sergio riuscì difficile nascondere il suo sorriso trionfante, per fortuna il caso era venuto in suo aiuto e suo fratello aveva da sempre una natura romantica. Molto meglio non dirgli dell’album di fotografie di Martìn che aveva trovato in camera dell’argentino, se Andrés poteva trovare interessanti quelle di Martìn da bambino era però sicuro che avrebbe odiato quelle dei tanti ex dell’altro, in particolare ce n’era uno che compariva per diverse pagine ma per cui non aveva alcun nome. La fotografia era qualcosa di prodigioso, meno faticosa di un dipinto ma permetteva di poter replicare il soggetto e i colori… alcune delle foto che aveva trovato in internet erano dei capolavori, capiva benissimo perché alcune di esse fossero importanti e avessero segnato delle tappe storiche, erano come un dipinto ma … più emotivo si era

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cuarto capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa




 

Toledo, 1519:

 

Ci avevano provato, a onor del vero ci avevano provato.

Ne avevano discussioni insieme e avevano deciso che dovevano assolutamente procurarsi uno dei testi di magia di Andrés, se davvero si preoccupava tanto di quello che sarebbe potuto accadere dove semplicemente rimetterlo a posto gli aveva fatto notare Raquel, e Martìn Berrote aveva ceduto.

Per fortuna l’ispectora non gli aveva chiesto come facesse a conoscere la combinazione per accedere ad un luogo che ufficialmente lui non aveva mai visto, ma era sicuro che ci fosse arrivata da sola, quella donna si che era intelligente.

Avevano prelevato alcuni volumi quella notte per poi portarli ognuno nella propria stanza per poterli studiare scoprendo che il loro piano aveva una falla che nessuno dei due aveva previsto: il latino. Tutti i testi erano in latino, erano scritti a mano con tanto di miniature e illustrazioni e non c’era una parola di spagnolo, di fatto erano inutili perché nessuno dei due sapevano abbastanza bene il latino da poterli comprendere appieno. Aveva pensato di appuntarsi le parole che riusciva a capire e poi provare ad estrapolare un testo di senso compiuto ma avrebbe dovuto chiedere della carta e Rafael teneva carta e pergamena sottochiave, la carta costa si era limitato a dire quanto Raquel si era lamentata della scarsità di carta da lettere, di cui volevano servirsi per simulare che avessero dei parenti in Sicilia. Sergio aveva immerso la proprietà in un mare di austerità e Rafael sembrava deciso a seguire l’esempio dello zio, Tatiana non ne era così convinta ma nemmeno lei era riuscita a fargli cambiare idea quindi niente carta, poca carne a meno che non venisse da selvaggina cacciata appositamente da loro e poche candele che la cera costava.

Li aveva osservati attentamente nei giorni e si, tra quei due c’era qualcosa anche se non sapeva dire cosa. L’attrazione era evidente, la differenza d’età non era nemmeno così scandalosa per il suo secolo e avrebbero potuto tranquillamente cedere alla passione. Si era chiesto se non fosse già avvenuto e si era risposto di no, giovani si ma stupidi no, entrambi avrebbero perso troppo se davvero avessero avuto una relazione, avrebbero potuto averla in futuro e secondo Angel Rubio l’avevano avuta ma senza che ce ne fosse certezza. Aver visto crescere il proprio innamorato mentre era sposata con il padre di costui poteva essere un ostacolo per Tatiana, e sicuramente Rafael aveva troppa paura del padre per osare ma se avessero potuto… probabilmente si.

Avevano convenuto che quei libri erano inutili per loro, avevano cercato eventuali traduzioni ma nulla, ora che ci pensava Andrés si era lamentato del fatto che la messa non fosse in latino, e non solo perché come sua nonna buon’anima ripeteva quello che diceva il prete come un pappagallo ammaestrato ma perché capiva effettivamente quello che veniva detto sull’altare, lui e Sergio parlavano latino e sicuramente lo sapevano anche leggere, per quel motivo i libri non erano tradotti, non ne aveva mai visto il motivo.

Il problema restava ma non poteva farsi abbattere, non quando era stato così vicino alla soluzione, doveva farsi venire un’idea, un’idea qualsiasi. E aveva avuto l’illuminazione durante una sera particolarmente piovosa, quando Rafael aveva autorizzato tutti in via eccezionale a servirsi di ben due candele per la notte.

Non aveva i suoi libri della scuola ma l’idea gli si era piantata in testa ed era anche fattibile a modo suo, un po’ folle ma bisognava pur rischiare nella vita. Ne aveva parlato con Raquel che inizialmente aveva disapprovato ma non era il momento di fare gli schizzinosi, non quando erano passate tre settimane e lui aveva nostalgia dell’elettricità e dell’acqua corrente, una volta tornato a Madrid per prima cosa si sarebbe infilato nella doccia, avrebbe acceso l’acqua calda e ci sarebbe rimasto finché non gli fossero spuntate le branchie.

Quel secolo ignorava completamente i principi dell’igiene, Tatiana e Rafael mangiavano con le mani e ignoravano i benefici di un sistema fognario oltre ad avere un’autentica paura di lavarsi, quando aveva saputo che voleva farsi il secondo bagno in un mese Rafael aveva convocato il dottore e il notaio affinché fosse messo per iscritto che lui non lo aveva obbligato e faceva tutto quello di sua spontanea volontà.

Avevano atteso che fosse notte, che piovesse abbastanza ed erano sgaiattolati fuori da palazzo Fonollosa, durante il giorno metà della servitù lo aveva osservato sospettosa mentre lui approntava il suo strumento, possibile che non avessero mai visto un aquilone?

<< Sicuro che funzionerà? >> gli domandò Murrillo quando furono in prossimità del posto che aveva scelto, erano oltremodo bagnati ed era sicuro che si sarebbe beccato un raffreddore ma avrebbe funzionato, doveva funzionare.

<< Funzionerà, se ha funzionato con Franklin funzionerà anche con noi >> aveva approntato una piccola modifica al progetto originario ma forse avevano qualche possibilità, Andrés a suo tempo aveva spiegato che la magia nelle donne era innata ma per attivarla bisognava conoscere almeno le basi e quei fottuti libri erano in latino.

<< Non vorrei dover spiegare come tu sia rimasto folgorato >> si limitò a dire Raquel, avevano scelto quel luogo a seguito delle cavalcate con Rafael e Tatiana, quanto odiava quell’azione ed era sicuro che il cavallo stesse semplicemente aspettando il momento giusto per ucciderlo e farlo sembrare un incidente.

<< Non dovrai spiegare niente se tutto andrà come previsto >> ribatté lui, c’era un piccolo margine di errore ma dirlo a voce alta avrebbe distratto dal risultato.

Col senno di poi era stata una follia, una follia bella e buona ma nella vita bisognava pur rischiare.

Certo, aveva rischiato di rimanere folgorato o di distruggere il cellulare di Raquel ma almeno era riuscito a ricaricarlo, e ad avere dei capelli che avrebbero fatto invidia a una rock star inglese.

<< Posso toccarli? >> gli domandò Murrillo una volta tornati al sicuro, gli abiti erano fradici ma quello non era un problema loro, non quando erano ospiti.

<< Fai pure, peggio di così non può andare >> aveva risposto sconsolato, aveva urgente bisogno di così tante comodità del terzo millennio…

Avevano atteso il pomeriggio e poco prima della sera avevano provato, aveva dei dubbi ma bisognava pur provare.

<< Concentrati, abbiamo a disposizione un solo tentativo >> disse per l’ennesima volta, la batteria stava diminuendo a vista d’occhio e se continuava così avrebbero avuto a disposizione solamente quel tentativo.

<< E come faccio secondo te? >> domandò Raquel.

<< Che ne so io? Concentrati, dì “abracadabra”? Fallo con la forza del pensiero? Muovi la bocca? >> le suggerì lui.

<< Non mi chiamo mica Samantha Stephens, eppure deve esserci un sistema, non posso certo dire “chiama Sergio” e parte la chiamata! >> quasi urlò l’ispectora esasperata e invece avvenne. Rimasero senza parole, forse la magia dipendeva dall’intonazione della voce, da quel che si pensava o comunque qualcosa che non necessitasse troppa fatica, molto probabilmente gli schiocchi di dita di Andrés erano frutto di un suo tentativo di ingannare il prossimo, quel gesto non poteva essere sufficiente si disse prima di darsi dell’idiota per aver cercato di spiegare razionalmente il fenomeno più irrazionale di sempre.

La telefonata era andata meglio del previsto, erano riusciti a scambiare alcune parole ma purtroppo non era stato sufficiente, c’erano tante cose di cui parlare e alcune di queste dovevano restare private, tuttavia aveva funzionato anche se la sensazione che la chiamata venisse da molto lontano era stata fin troppo presente. Nessuno si chiedeva perché non partecipassero alla messa, ormai per la servitù dovevano essere dei peccatori senza speranza e non gli importava cosa pensassero, se si fosse curato dell’opinioni del mondo circostante non avrebbe fatto metà delle cose che invece aveva fatto.

Si era sistemato a prendere un po’ d’aria, per fortuna nessuno badava a lui, metà della servitù aveva smesso di osservarli mentre Tatiana e Rafael ormai si disinteressavano di loro, tranne una domanda ogni tanto per sapere per quanto ancora sarebbero rimasti. Dal tentativo erano passate due settimane e non aveva osato replicarlo, prima di tutto perché il meteo era stato sfavorevole, secondo perché procurarsi nuovamente il materiale avrebbe generato troppe domande. Odiava dover attendere ma secondo i suoi calcoli a breve la situazione sarebbe cambiata, Andrés aveva impiegato due mesi e mezzo la prima volta per riprendersi dall’incantesimo temporale, probabilmente ora avrebbe avuto bisogno di minor tempo o almeno così sperava.

Fu allora che lo sentì, e c’erano due soluzioni: o era davvero impazzito o davvero il terzo incantesimo temporale aveva funzionato.

 

***

 

Si appoggiò al muro cercando di non dare di stomaco.

Al barbecue aveva spiegato la situazione e Silene Olivera era stata dell’opinione che l’incantesimo doveva essere lanciato il prima possibile. Quella volta doveva preoccuparsi di sé stesso, senza doversi preoccupare di Sergio avrebbe avuto bisogno di un minor numero di energie e quindi si poteva, e si doveva, procedere il prima possibile. Una nuova incursione a palazzo Fonollosa gli aveva permesso di ricopiare alcune pagine di cui aveva bisogno e anche quella volta avevano rischiato di farsi scoprire, per fortuna il piccolo Anibal con i comp0uter era bravo, non capiva la metà di quello che faceva ma finché lo faceva bene lui non aveva obiezioni.

Aveva nuovamente indossato i suoi vestiti, si erano nuovamente recati a Toledo e aveva ripetuto l’incantesimo, il volto preoccupato di suo fratello era stata l’ultima cosa che aveva visto prima di scomparire nel secolo decimosesto.

Ancora prima di aprire gli occhi si rese conto che aveva funzionato: non avvertiva i rumori tipici del ventunesimo secolo. Niente aerei, niente vibrazioni di cellulare, niente auto, un silenzio assoluto rotto solamente da alcune voci lontane, quanto gli era mancato quel silenzio. Aveva fatto in modo da arrivare esattamente a casa sua e aveva funzionato, ne fu perfettamente consapevole quando aprì gli occhi e si ritrovò davanti la facciata della sua dimora, home sweet home come dicevano gli inglesi, avrebbe dovuto ricordare a Sergio di far prendere lezioni di inglese a quell’imbecille di suo figlio, se la situazione era davvero quello che aveva letto nei testi di storia allora era meglio farsi trovare preparati.

Mosse qualche passo cercando di controllare lo stomaco e si rese subito conto che il suo corpo stava reagendo meglio del previsto, evidentemente si era abituato alla magia temporale, ora doveva solamente trovare Martìn e l’ispectora Murrillo, principalmente Martìn.

Fu fortunato, pensò prima di avvicinarsi, doveva solo identificarsi e aveva trovato il sistema giusto.

Martìn Berrote conosceva quelle note, era impossibile non riconoscerle ed era sicuro di una cosa: nessuno originario di quel secolo poteva conoscerle. Le note erano solo sette quindi poteva essere una coincidenza ma sarebbe stato troppo assurdo, non che avesse vissuto esperienze assurde, e quella era la più assurda di tutto, ma c’era un limite persino a quello.

I Dreamed a Dream… non collegava mai quella canzone a Les Miserables, il suo primo ricordo era un altro: una spiaggia nel Devon la notte, Dario che si asciugava dopo un bagno di mezzanotte e il bacio che si erano scambiati quando erano entrambi ventenni e pensavano che sarebbe stato facile, che ora che si erano lasciati alle spalle le rispettive famiglie avrebbero potuto costruirsi una vita insieme, aveva creduto ad un sogno che si era infranto prima ancora di formarsi. Il tempo di asciugarsi e Dario gli aveva infilato una delle cuffie del walkman nell’orecchie e aveva premuto “play”, sono andato a vedere il musical almeno tre volte quando studiavo a Londra, vorrei tanto andarci con te aveva sussurrato prima che lo baciasse… quella notte era stato tutto perfetto, e senza saperlo anche quella canzone era stata perfetta, o meglio profetica.

Continuò a sentire le note e rispose fischiettando il ritornello, alla fine il musical lo aveva visto ma solamente al cinema con Agata, Hovik e Mirko che per fortuna non gli avevano fatto domande. Risentì le note e fu allora che si voltò e per poco non ebbe un infarto: di fronte a lui c’era Andrés de Fonollosa, in carne e ossa e ritornato nel suo secolo.

Rimasero a guardarsi per quella che gli sembrò un’eternità, troppo occupati a memorizzare i cambiamenti che erano avvenuti in quelle settimane, poi fu Andrés a prendere l’iniziativa aprendo appena le braccia. Fu un segnale muto ma Martìn lo comprese benissimo tanto che si slanciò nella sua direzione come se ne andasse della propria vita.

Ricominciò a respirare solamente quando fu tra le braccia dello spagnolo, Andrés gli era mancato ma non immaginava che sarebbe arrivato al punto che quella mancanza avesse un effetto fisico sul suo corpo. Era già stato innamorato ma mai come in quell’occasione, quel sentimento puro, appassionato e possessivo a cui l’altro non aveva voluto rinunciare, pur di non perderlo lo aveva mandato nel proprio passato quando sarebbe stato facilissimo tornare a cinque giorni prima dell’esecuzione e dimenticare tutto.

<< And still I dream he'd come to me/ That we would live the years together >> canticchiò Andrés prima di baciarlo. Si godette quel bacio attaccandosi all’altro come se fosse un naufrago che per qualche miracolo del caso scorgeva vicino a sé un appiglio di qualsiasi genere, quanto gli era mancato l’altro, non ne avrebbe avuto mai abbastanza.

<< Andrés, amore mio per l’eternità meno un quarto, posso chiederti un favore? >> domandò quando si separarono.

<< Tutto quello che vuoi >> rispose lo spagnolo prima di sfiorargli il volto con le dita.

<< Non parlare più in inglese, capisco che avevi buone intenzioni ma non farlo più >> replicò lui facendolo ridere prima che fosse lui a baciarlo. A livello tecnico non aveva obbiezioni ma l’accento di Andrés era tremendo, avrebbe dovuto dargli qualche lezione; non che lui fosse bravo ma se si sforzava riusciva a produrre un discreto accento britannico, la sua imitazione di David Cameron faceva sempre ridere Agata fino alle lacrime.

<< Come desideri, è una lingua barbara ma nel tuo secolo conoscerla sembra essere un requisito fondamentale >> mormorò Andrés quando si separarono.

<< English is the new Latin >> replicò lui con un ghigno prima che l’altro cercasse un’altra volta le sue labbra. Fu allora che si rese conto di un particolare che gli era passato di mente: erano in pericolo, in grande pericolo. Si erano baciati almeno tre volte dove tutti potevano vederli e si trovavano in un secolo dove l’omosessualità era ancora un reato penale.

C’era il rogo per quelli come loro, bastava una denuncia anonima e sarebbero finiti in carcere dove… gli tornò in mente il film su Verlaine che aveva visto una sera con Mirko ed Agata, per nulla al mondo si sarebbe fatto sottoporre ad una visita del genere!

La posizione di Andrés non sarebbe bastata a salvarli, non in quel secolo e non in quella Nazione, forse in Italia o in Francia ma ne dubitava, anzi… si sarebbero particolarmente accaniti su di loro ed era sicuro che nessuno avrebbe fatto nulla per salvarli, o che potessero fare qualcosa.

L’omosessualità sarebbe stata decriminalizzata solamente col codice napoleonico e mancavano ancora trecento anni e i Bonaparte nemmeno sapevano che un loro discendente si sarebbe autoincoronato imperatore, figurarsi se si fosse scoperto di loro. Si erano esposti ad un rischio immenso e la posta in gioco era troppo alta. Non erano a Madrid nel suo tempo dove al massimo si sarebbero beccati qualche occhiataccia e uno o due insulti sussurrati, lì erano indifesi e la legge non li avrebbe difesi in alcun modo, anzi li avrebbe condannati a morte per poi farli dannare per l’eternità e sebbene avesse dei dubbi sull’esistenza della vita dopo la morte ci teneva a fare in modo che restassero dubbi.

<< Potrebbero vederci, potrebbero vederti >> gli fece notare quando si separarono sperando che l’altro capisse la gravità della situazione.

<< La servitù non dirà una parola, non contro di me >> fu la risposta, avrebbe voluto credergli ma Andrés stava sottovalutando la situazione se pensava che davvero la servitù non avrebbe detto nulla se li avessero scoperti, un’arroganza che sconfinava nell’ingenuità si ritrovò a pensare.

<< Forse, ma meglio non rischiare >> replicò lui.

<< Conosco il luogo migliore… vieni con me >> dichiarò Andrés prima di fargli cenno di seguirlo. Camminarono vicini ma non in maniera tale da generare sospetti anche se Martìn sentiva le mani prudergli, avrebbe tanto voluto toccarlo, gli bastava sfiorarlo ma non potevano permettersi passi falsi, non ora che la prima parte del piano era appena terminata con successo. La servitù non li perse di vista, rimase senza parole nel vedere uomini e donne inchinarsi di fronte ad Andrés il quale rispose come se quei gesti gli fossero dovuti, e in quel secolo era davvero così. Nessuno osò dire nulla o osò guardarli in voltò, una manifestazione di servilismo che gli procurò il voltastomaco, era troppo per lui.

Senza dire una parola Andrés aprì la porta delle stalle con la magia, un gesto che gli costò una certa fatica a giudicare da come poi si massaggiò la tempia.

<< Fuori, tutti fuori >> ordinò Andrés, ora capiva perché l’altro fosse abituato ad essere obbedito: aveva il tono e l’autorità di un re.

<< Eccellenza, devo avvisare la signora? >> domandò Pablo. Non aveva pensato a Tatiana ma era e restava un problema o almeno un ostacolo per quello che si prefiggeva, e niente gli garantiva che Andrés dopo aver trascorso del tempo con lui non desiderasse trascorrerne altro con sua moglie o con una delle serve.

<< Certamente, avvisala che sarò presente a cena e si organizzi di conseguenza >> ordinò Andrés, attese che lo stalliere uscisse per baciarlo, almeno era consapevole dei rischi pensò Martìn cercando di non ridere. Non seppe spiegarsi come ma finirono sul fieno ridendo e baciandosi, le mani che frugavano ovunque e i corpi vicini, la sua eccitazione che premeva contro quelle brache e fieno che gli finiva tra i capelli.

<< Non pensavo che… sembra un romanzetto di quarta categoria scritto da una casalinga frustrata >> disse cercando di non ridere, quella situazione aveva in effetti dell’assurdo.

<< Non ho idea di che cosa tu stia parlando, non ci disturberà nessuno e abbiamo tempo fino a cena >> fu la replica di Andrés prima che la sua mano trovasse la via più facile verso il suo fondoschiena, era una follia ma bisognava pur rischiare ogni tanto, e lui in quello era un esperto si disse Martìn prima di lasciarsi sfuggire un ansito. Sarebbe stato un lungo pomeriggio quello.

 

***

Raquel Murrillo si stava annoiando.

Aveva provato a capire come funzionava la magia, fosse solo per avere un hobby e tenersi occupata il pomeriggio ma senza alcun risultato. Non era mai stata brava nel ricamo, principalmente perché non aveva pazienza e il resto delle attività a cui avrebbe potuto dedicarsi le erano state vietate perché giudicate poco consone per una donna della sua condizione sociale.

Tatiana invece ricamava, poteva ricamare per ore aveva notato Raquel. Aveva dita lunghe, da pianista, ed era capace di autentiche meraviglie quando si dedicava al cucito, principalmente tovaglie per la chiesa a cui poi le ragazze povere ospitate dalla diocesi dovevano aggiungere il pizzo finale.

L’altra aveva provato a coinvolgerla ma i suoi tentativi di coinvolgerla nell’appassionante mondo del ricamo cinquecentesco erano penosamente naufragati. C’era però una cosa che aveva capito su Tatiana: non era affatto come appariva. All’apparenza la duchessa sembrava la classica moglie-trofeo, un’adorabile bambolina senza cervello e incapace di prendere decisioni ma quella era la maschera di Tatiana che per aver pensato una cosa simile doveva essere più intelligente di quanto gli altri credessero. Aveva una pronta intelligenza, rifletti pronti e un’ottima proprietà di linguaggio, nel suo secolo avrebbe potuto fare tanto, e da sola, si era detta Raquel, un peccato che in quel secolo non avesse trovato di meglio che essere la moglie di un uomo che l’aveva data sempre per scontata cornificandola all’inverosimile. Si era chiesta se almeno le avesse insegnato la magia ma era evidente di no, il compito di Tatiana era sorridere e salutare e né Andrés né Rafael si aspettavano di più da lei.

Aveva osservato le interazioni tra matrigna e figliastro per ingannare il tempo e si era convinta che ci fosse davvero qualcosa tra i due ma che a causa della morale cattolica e del timore che avevano di un possibile ritorno di Sergio e Andrés non avessero osato nulla, erano quasi teneri nel modo in cui si cercavano con lo sguardo e come arrossivano se per caso si sfioravano, sembravano usciti da un romanzetto rosa da quattro soldi eppure non riusciva a trovarli patetici, solamente tristi. Rafael si sarebbe sposato con un’altra donna, una tedesca, e questo significava che entro dieci anni ci sarebbero state non una ma ben tre persone infelici in quella dimora, tra cui una donna che per dovere aveva lasciato la sua patria.

Tatiana era entrata in quella casa che Rafael aveva dieci anni, abbastanza per non essere considerata la matrigna cattiva delle favole e non abbastanza per essere considerata un’amica, più una sorella maggiore in quanto l’altra le aveva comunicato con assoluta tranquillità di essersi sposata a diciotto anni per poi aggiungere che molte sue coetanee si sposavano ancora più giovani. E nonostante quello tra i due c’era un sentimento a cui nessuno dei due aveva dato un nome ma che allo stesso tempo riconoscevano.

Sembrava la trama di una telenovela si era detta quel giorno prima di guardare fuori dalla finestra, e chissà perché le ricordava qualcosa che aveva letto anni prima suoi giornali ma non sapeva esattamente cosa.

Tatiana quel giorno si era sistemata di fronte al camino, per fortuna spento, e stava lavorando all’ennesimo ricamo, le dita che correvano sulla stoffa mentre una delle cameriere cantava e lei trovava tutto quello di una noia tremenda, aveva bisogno di fare qualcosa, assolutamente. Era tornata a lavorare sui testi di magia ma non ci aveva mai capito nulla, non conosceva il latino se non per frasi che si dicevano nei film fantasy, Harry Potter in particolare, ma non per questo era in grado di leggere un’intera frase di un libro miniato. Si era chiesta se fosse tutta una questione di volontà, se le bastasse semplicemente pensare qualcosa perché questa accadesse ma era stato un insuccesso, la chiave caduta sul pavimento poteva essere un caso, non di certo un indizio che stesse andando nella direzione giusta. Non aveva osato parlare di Paula, sarebbe stato difficile spiegare la sua situazione in quel secolo e temeva di essere malgiudicata, non era certo colpa sua se si trovava nel cinquecento da quasi un mese e lontana da sua figlia, per fortuna Alicia avrebbe badato a eli e a sua madre e sperò che Sergio avesse allestito un’ottima balla per giustificare la sua improvvisa scomparsa.

Lanciò uno sguardo a Rafael che con un occhio cercava di capire i libri contabili compilati da suo zio e con l’altro contemplava Tatiana e sbuffò, anche quello sarebbe stato un lungo pomeriggio. Sergio le mancava, avevano poco tempo per conoscersi sul serio ma le sembrava una brava persona e Rafael e Tatiana avevano confermato quella prima impressione. Aveva delle idee un po’ antiquate ma forse per quel secolo era un rivoluzionario, tanto per cominciare non le aveva mai dato la colpa per non aver lasciato subito Alberto come invece tanti suoi colleghi avevano fatto, poi aveva rovinato tutto sostenendo che quattro schiaffi non avevano mai ucciso nessuno ma non poteva pretendere troppo da chi veniva da un tempo dove la violenza domestica era ignorata a meno che il marito non pugnalasse la moglie sulla pubblica piazza di fronte a testimoni che giurassero che non aveva davvero alcun movente per farlo.

Tornò a guardare fuori dalla finestra e si sentì mancare.

Si era distratta solamente per pochi secondi ma erano stati sufficienti pensò. Martìn non era solo e sebbene non ne fosse assolutamente sicura l’uomo con lui era nientemeno che Andrés de Fonollosa e questo significava che il terzo incantesimo aveva funzionato. Minor tempo per recuperare le forze e solamente una persona da trasportare, capiva perfettamente perché l’altro avesse atteso così poco. C’era però un problema e non da poco si rese conto.

L’omosessualità maschile, perché quella femminile non era nemmeno contemplata, era non solo immortale ma anche illegale e lo sarebbe rimasta per almeno altri trecento anni, non era sicura che il rango di Andrés li proteggesse o fosse un’aggravante, di sicuro quei due erano in pericolo.

Cercò di avvisarli ma senza dare nell’occhio ma non ebbe successo, per fortuna dopo un po’ scomparvero dal suo campo visivo, di positivo c’era che entro due settimane, un mese al massimo sarebbe tronata nel suo tempo e per prima cosa avrebbe abbracciato sua figlia, e poi baciato Sergio ma prima Paula aveva la priorità.

Sentì dei rumori per le scale si voltò mentre Tatiana si interrompeva e Rafael alzava gli occhi dai libri, per fortuna, o sfortuna, fu Pablo a presentarsi, evidentemente confuso e in imbarazzo.

<< Mia signora, Sua Eccellenza è tornato >> annunciò facendo sussultare tutti loro, Tatiana divenne ancora più pallida del solito mentre Rafael si portò le mani agli occhiali che si alzò sul naso con gesti imbarazzati.

<< E dov’è ora? >> domandò Tatiana, probabilmente si era aspettata di essere la priorità di Andrés o che almeno l’altro le scrivesse.

<< Sua Eccellenza non vuole essere disturbato, ordina però che questa sera intende cenare in vostra compagnia >> rispose il ragazzo senza mai alzare lo sguardo.

<< E mio zio? Don Sergio è con lui? >> domandò Rafael e quella domanda per un istante le fece mancare il respiro. E se davvero Sergio fosse stato lì? Se avesse deciso di andare con suo fratello per poi restare nel suo secolo mentre Andrés riportava lei e Martìn nel ventunesimo secolo? Doveva avere una risposta ma senza rivelare il vero motivo della sua preoccupazione, pensa Raquel, pensa si disse.

<< Non che io sappia, Vostra Eccellenza, ma posso informarmi >> rispose Pablo facendola respirare, non aveva senso che Sergio fosse tornato, più sensato sarebbe stato farlo attendere nella Madrid del terzo millennio e poi tornare direttamente con lui in quel tempo dopo aver riportato lei e Martìn.

<< Molto bene, dai ordine di preparare un banchetto e avverti la cucina, il signore è tornato e noi lo accoglieremo come merita, che non si dica che l’ospitalità della famiglia Fonollosa sia carente >> ordinò Tatiana con fare imperioso facendola sospirare. Ora doveva anche occuparsi di coprire quei due perché era sicura che fossero intenti in attività che avevano appena fatto meritare a Tatiana l’ennesimo paio di corna.

<< Se posso esservi utili in qualche modo non esitate a chiedermelo >> propose, sperando che così avrebbe avuto un’occasione per vagare senza che nessuno facesse domande.

<< Vi ringrazio molto ma voi siete un ospite e mi sentirei una pessima padrona di casa se vi mettessi a lavorare come le cameriere. Rafael, vatti a vestire e poi mandami Ariadna e dille di tirare fuori l’abito bianco, quello in seta di Fiandra >> ordinò Tatiana con fare gentile ma fermo. Ora doveva inventarsi qualcosa, qualsiasi cosa. << Le manderò Carmen e le presterò uno dei miei abiti, non so come funzioni da voi  in Sicilia ma qui ci teniamo a vestire con il giusto decoro, Carmen saprà riadattarlo >> aggiunse Tatiana, e solo perché durante le cavalcate aveva preferito i pantaloni e odiava il corsetto… quanto odiava quel secolo si disse per l’ennesima volta Raquel Murrillo ma almeno a breve tutto sarebbe tronato com’era e non sarebbe più stato un suo problema.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cuinto capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa


 

Toledo, 1519:

 

Raquel Murrillo era sicura che tutta quella situazione sarebbe andata a finire male.

Non ne aveva la certezza matematica ma era una poliziotta e negli anni aveva sviluppato una certa capacità di osservazione che raramente si era rivelata errata. Tatiana aveva organizzato un banchetto eccezionale, e Rafael si era superato organizzando tutto nei minimi dettagli ma a quanto sembra Andrés sembrava comportarsi come se tutto quello gli fosse dovuto e quindi non ci fosse nulla di cui essere orgogliosi.

Aveva devotamente salutato moglie e figlio ma con un’indifferenza che rasentava la crudeltà e senza una parola gentile era andato nelle sue stanze, lasciando Rafael sbigottito e Tatiana sull’orlo di un esaurimento nervoso. I due si erano però abituati in fretta a quello e si erano organizzati di conseguenza per poter sopravvivere alla cena.

Martìn era ricomparso poco prima delle sei, ossia l’ora del vespro, e non le aveva detto nulla su dove fosse stato ma lei non era nata ieri, se non voleva parlargliene non lo avrebbe forzato anche se quello era un azzardo bello grande. Avere un amante sotto il naso della propria moglie era scandaloso nel loro tempo, in quel secolo se l’amante era una serva le due donne si sarebbero ignorate da quanto aveva capito ma la situazione era diversa, e forse peggiore. Martìn era un uomo, lui ed Andrés sembravano non aver interrotto la loro relazione e prima o poi li avrebbero scoperti, era matematico in un luogo con così tante persone a stretto contatto tra di loro. L’unico vantaggio che avevano stava nel fatto che quella era la prima relazione gay di Andrés e quindi la servitù e Tatiana avrebbero impiegato diverso tempo per capirlo, alcuni avrebbero potuto persino negare l’evidenza se li avessero visti insieme, in un’epoca in cui gli omosessuali rischiavano il rogo bisognava essere prudenti, e per quello che sapeva nessuno dei due era in grado di esserlo, uno si considerava al di sopra della legge e l’altro veniva da un tempo in cui l’omosessualità era tollerata se non accettata.

L’abito in seta di Fiandra le ricordò per l’ennesima volta che non era abituata al corsetto, ogni respiro era una tortura per lei. Carmen lo aveva adattato alle sue misure, per ovvi motivi diverse da quelle di Tatiana, ma aveva insistito per il corsetto e alla fine aveva accettato pur di non sentirla più lamentarsi.

Come una donna si sottoponesse ad una simile violenza non lo avrebbe mai capito, rimpiangeva reggiseni sportivi e canottiere, come facevano le performer di burlesque ad indossare certi cosi e a sembrare anche sexy? Lei ad ogni respiro sentiva di essere sul punto di soffocare e certe performer ci ballavano persino in quella trappola mortale. Le mancava i pantaloni, le scarpe basse, le maglie che indossava di solito e si sentiva tremendamente a disagio con quegli abiti, Tatiana a differenza sua sembrava una regina o un essere che considerava la respirazione una faccenda troppo triviale perché fosse di sua competenza.

La situazione a quella tavola era tremenda, degna di una telenovelas.

<< Sono contenta che vostro fratello si trovi a La Habana, è prudente che rimanga lì? >> domandò Tatiana cercando di fare conversazione.

<< Non vi fidate del mio giudizio, signora? Le colonie sono sicure e a breve un certo Cortez ha intenzione di salpare per l’occidente, un’ottima esperienza per cancellare certi… errori del passato e presentarsi con le migliori credenziali di fronte al re >> fu la risposta, ecco qual era la scusa: Cortez. La conquista del Messico, sarebbe stato facile sostenere che Sergio si fosse unito agli uomini di Cortez, chi mai avrebbe fatto domande?

<< Voi sosterrete la sua causa suppongo, quello che il fiammingo ha fatto a questa famiglia è intollerabile >> rispose Tatiana con una certa enfasi.

<< Decido cosa è tollerabile e cosa no in questa casa, o davvero pensate di avere voce in capitolo? >> fu la replica, sempre peggio pensò Raquel, sempre peggio.

<< Io penso quello che pensate voi, come abbiamo sempre fatto >> replicò Tatiana, gli uomini non se ne accorsero ma a Raquel non sfuggì la scintilla di insoddisfazione che per un istante brillò negli occhi della donna.

<< Molto bene, piuttosto entro la fine del mese Rafael partirà per la Germania >> annunciò Andrés lasciando tutti loro sorpresi.

<< Perché? >> domandò il ragazzo mentre lei cercava di fare mente locale. Germania, cosa era accaduto in Germania… oh dios! La Riforma, Andrés stava per lanciare suo figlio nel caos della riforma protestante sapendo bene cosa sarebbe avvenuto. Non che ne sapesse poi molto, tranne il film con Joseph Fiennes visto con Alicia anni prima, ma quella era una follia. Sapeva che Rafael avrebbe sposato una tedesca ma dieci anni dopo, farlo partire ora era una follia, a meno che Andrés non sospettasse qualcosa, o aveva sempre sospettato o leggendo in internet aveva scoperto che forse sua moglie lo aveva cornificato proprio col figlio.

Lanciò uno sguardo a Martìn che era perplesso tanto quanto lei, quello si che era un bel problema pensò. Munster era ancora lontana, forse, ma sicuramente una volta arrivato in Germania Rafael avrebbe avuto un sacco di problemi, e per dove voleva farlo passare? Via mare da Santander fino a Gand? O da Barcellona fino a Genova e poi tutto a cavallo valicando le Alpi? Quella era una follia, un’assoluta follia.

<< Perché così ho deciso io, inoltre stanno accadendo diversi avvenimenti che mi piacerebbe seguire per interposta persona, è opportuno che tu vada a corte e il re si trova in Germania a causa della morte dell’imperatore suo nonno, quindi tu andrai in Germania >> rispose Andrés, l’idea in sé era buona ma le tempistiche erano sbagliate, orrendamente sbagliate.

<< Ma non conosco affatto la lingua, non sarebbe meglio la corte di Francia o una delle tante corti italiane? >> propose Rafael, che ragazzo intelligente pensò Raquel ammirata.

<< Perché io ho deciso che andrai in Germania, Martìn ti aiuterà con il tedesco così almeno riuscirai almeno a capire qualcosa, in caso di emergenza parla latino, tutti conoscono il latino >> fu la risposta… tutti tranne loro due pensò Raquel con uno sbuffo.

<< Io prima di tutto gradirei essere consultato, tanto per cominciare a quanto ammonterà il mio stipendio? >> si intromise Martìn, per quanto stesse scherzando era evidente che voleva uscire da quella situazione il più in fretta possibile.

<< Non vi basta l’onore di lavorare per noi? Ora vorreste anche essere pagato? >> lo rimproverò Rafael, prima sarebbero tornati nel loro secolo e meglio sarebbe stato per tutti loro ragionò Raquel.

<< Penseremo anche a quello, tutto a suo tempo >> fu la risposta che lasciò gli altri senza parole, per timore che quel silenzio diventasse troppo pesante Raquel fece segno a Carmen di avvicinarsi con la bacinella dell’acqua di cui ci si serviva per lavarsi le mani, quella sarebbe stata una lunga cena, lunghissima.

Quella situazione era ingestibile, aveva pensato che stando nel ventunesimo secolo Andrés avesse aperto la mente e invece no, d’altronde era impossibile che tre mesi cambiassero una mentalità formatasi in oltre trent’anni. Notò come Tatiana si stesse controllando dall’avere un attacco isterico mentre Rafael dopo quella sua piccola ribellione non aveva più detto nulla, tutto quello era sbagliato su così tanti livelli che non avrebbe saputo da dove cominciare si disse.

 

***

 

Martìn Berrote aveva sempre detestato il ruolo dell’amante pur avendolo spesso ricoperto.

Ai tempi della sua fresca e puttanesca gioventù non gli era importato se l’uomo che aveva scelto per la notte fosse sposato, fidanzato o etero, l’importante era che per quella notte non si ritrovasse da solo. Poi c’era stato Javier e per due anni aveva calpestato il proprio orgoglio diventando il giovanissimo amante di uno dei colleghi di suo padre, Roberto superstar glielo aveva detto: se anche Javier avesse trovato il coraggio di divorziare mai e poi mai avrebbero potuto stare insieme e non solo perché la differenza d’età era troppa ma perché potendo scegliere tra lui e l’esercito Javier avrebbe scelto l’esercito; cosa che poi era puntualmente avvenuta.

Convertirsi alle avventure di una notte era stato un miglioramento, niente litigate, niente incomprensioni, ogni tanto era dovuto scappare dalla finestra ma tutto discretamente gestibile, anche se Mirko e Agata dissentivano. E poi ci era ricascato, in maniera epica.

Sapeva che Andrés era sposato, l’altro su quello non gli aveva mai mentito ma Tatiana era a cinque secoli di distanza e non ci aveva più pensato, loro due erano insieme e gli era bastato, era andato così vicino dal costruire quello che avrebbe potuto avere con Dario, solamente con quindici anni di ritardo ma cosa importava?

 Poi ci si era messo di mezzo l’incantesimo e aveva conosciuto Tatiana di persona. Una donna ammirabile, per quel poco che ne capiva lui, raffinata e apparentemente inarrivabile, la trophy wife perfetta aveva inizialmente pensato, poi si era reso conto che quella era una maschera: Tatiana era più intelligente di quanto sembrasse ma vivendo in un secolo in cui l’intelligenza femminile non era un pregio aveva deciso di dissimulare, e lui questo poteva accettarlo.

Tatiana non sapeva nulla della magia, solamente che suo marito era in grado di fare certe cose ma non si era mai fatta altre domande, o non aveva voluto farsele per continuare a vivere tranquilla. Non aveva nemmeno chiesto ad Andrés di insegnarle o aveva chiesto che Rafael imparasse qualcosa, una bolla di tranquilla ignoranza che aveva retto per anni.

E come se non bastasse Andrés era tornato nel suo secolo.

Accettare di fare sesso con lui per tutto il pomeriggio era stata una follia, una follia gradevole ma pur sempre una follia. Certo, la situazione sembrava presa da uno di quei romanzetti rosa a poco prezzo tutti uguali e dalle copertine discutibili ma quanto gli era piaciuto e non solo a livello fisico. Lui e Andrés de Fonollosa avevano una comunione d’anime che non aveva mai sperimento prima, erano davvero anime gemelle e come tali si appartenevano.

C’era però un matrimonio di mezzo e non potevano ignorarlo, non quando tutti si aspettavano che la situazione tornasse ad essere quella precedente al processo. Sergio non era con loro, o era rimasto nel presente o Andrés lo aveva davvero spedito a Cuba, aveva senso si era detto. Avevano fatto una follia ma era sicuro che sarebbe rimasta circoscritta a quel pomeriggio, Andrés non poteva essere così folle, o sicuro di sé, da cercarlo in altre occasioni, non quando c’era Tatiana a sua completa disposizione per non dire delle tante serve che volenti o nolenti avrebbero alzato al gonna per lui.

La boutade del tedesco lo aveva sorpreso. Conosceva il tedesco, ci aveva vissuto tre anni prima di trasferirsi stabilmente a Madrid ma insegnarlo… e insegnarlo a Rafael, era folle. Il ragazzo gli stava simpatico, era un’adorabile mediocre il cui unico tratto distintivo era l’essere l’erede di un duca, non aveva né pregi né difetti degni di nota.

La cena era poi proseguita normalmente e lui e Murrillo avevano parlato di come comportarsi, l’ispectora non glielo aveva detto ma che sapesse come aveva passato il pomeriggio era palese, e che non approvava pure, ma quelli non erano problemi suoi, entro due settimane o un mese al massimo sarebbero tornati a casa e questo gli era sufficiente.

Il passato non gli piaceva, troppo sporco, troppo formalista, troppo limitante, per non dire di tutto quello che gli mancava, prima fosse tornato nel suo tempo e meglio sarebbe stato per lui.

Odiava quelle orrende camicie da notte che doveva indossare, una volta tornato a casa si sarebbe comprato almeno cinque pigiami e durante le vacanze estive sarebbe andato a Palermo, niente e nessuno gli avrebbero fatto rinunciare al piacere di dormire in mutande e in canottiera sotto il caldo sole italiano.

Si era appena sistemato a letto, ma chi aveva avuto l’idea di quei letti così corti quando la parete si aprì, ad una seconda occhiata si rese conto che in realtà c’era una porta segreta, esattamente come negli horror di serie B pensò prima che Andrés si sedesse sul letto accanto a lui.

<< … è stata una tua idea? >> disse, che l’altro lo interpretasse come voleva.

<< Il passaggio segreto c’era da anni, l’ho solo rimesso in sesto assieme ad altri dettagli di cui i miei discendenti a quanto sembra non si sono accorti >> gli spiegò Andrés con un sorriso divertito, era tutto perfetto e sbagliato allo stesso tempo pensò lui.

<< Non dovresti stare qui >> disse, sapeva fin troppo bene che non sarebbe stato abbastanza forte da respingerlo.

<< Sono esattamente dove voglio, con chi voglio >> lo contraddisse Andrés prima di baciarlo, fu tentato di ricambiare ma non poteva, e se qualcuno li avesse sorpresi? E se… non poteva anche se lo desiderava tremendamente.

<< Dovresti andare da tua moglie, ti starà aspettando >> mormorò quando si separarono, il respiro corto e gli occhi che brillavano. Il suo primo istinto fu quello di coinvolgerlo in un nuovo bacio ma sarebbe stata una follia, tutta quella situazione era una follia.

<< Aspetti pure, non è con lei che voglio stare >> fu la risposta di Andrés che da un lato lo elettrizzò, se dopo tutto quel tempo Andrés voleva stare con lui allora i sentimenti che l’altro provava erano autentici, dall’altro lo spaventò perché qualcuno prima o poi avrebbe sospettato qualcosa, c’era il rogo per quelli come lui in quel secolo si ricordò Martìn.

<< Dovresti, parleranno, domani si saprà che non sei andato da lei >> gli fece notare. Avrebbe voluto trascorrere tutta la notte con Andrés e non solo per il sesso ma perché l’altro gli era mancato, tuttavia se le telenovelas che guardava la tata che lui e Roberto avevano avuto quando erano bambini gli aveva insegnato qualcosa era che la servitù spettegolava, e aveva sempre ragione. E che l’amore tra il giovane erede della fortuna, piantagione, impero economico, casato o quel che era, e la giovane cameriera appena assunta sarebbe stato inevitabilmente contrastato da tutti ma poi sarebbe finito fuori tema.

<< La servitù saprà quello che deciderò io, fidati di me >> fu la risposta, avrebbe dovuto spiegare bene all’altro le basi dei diritti civili, dello stipendio minimo e dei contratti ma era sicuro che Andrés non avrebbe capito una parola.

<< E se… se lo aspettano tutti, parleranno >> tentò di farlo ragionare, l’altro si limitò ad alzare le spalle noncurante e quello fu il segnale per lui di alzare bandiera bianca e arrendersi, almeno aveva preservato un minimo di dignità. Fu… non sapeva trovare le parole.

Si presero tutto il tempo del mondo questa volta, baciandosi, accarezzandosi ed esplorando il corpo dell’altro, ritardando volutamente l’orgasmo in una girandola di godimento che gli sembrò infinita, mai gli era capitato di godere in quella maniera, nemmeno quando aveva vent’anni. Aveva già fatto sesso con uomini che aveva amato ma mai aveva raggiunto una tale comunione dei corpi coniugata alla comunione mentale, erano davvero fatti l’uno per l’altro e quella ne era solo l’ennesima dimostrazione.

Si erano liberati della tensione causata dalla lontananza quel pomeriggio nelle stalle, proprio per quello si presero tutto il tempo del mondo quella notte, non c’era tensione, rabbia o altro, solamente l’erotismo più sfrenato e la passione più ardente che si univano creando forse il miglior sesso della sua vita. Solitamente quando finiva aspettava cinque minuti, il tempo di tornare a formulare pensieri coerenti e poi se ne andava, spesso non chiedeva nemmeno il nome dell’uomo con cui avrebbe passato la notte, o altrimenti si inventava un sistema per far sloggiare il tizio di turno dal suo appartamento, ma era tutto diverso.

Era stranamente piacevole pensò mentre sentiva le mani di Andrés accarezzargli i capelli e il respiro dell’altro che si regolarizzava, se solo fosse stato possibile fermare il tempo per poter rimanere così per sempre si disse.

<< Lo avevi mai fatto prima? >> gli domandò Andrés prima di stringerlo a sé.

<< Cosa? Fare sesso su un letto a baldacchino? >> lo prese in giro, aveva fatto sesso con innumerevoli uomini sposati, che il coniuge fosse un uomo o una donna non gli era importato. In quanto al resto… beh, potevano parlarne meglio.

<< No… hai mai fatto all’amore? >> corresse Andrés cercando di non ridere.

<< Molto tempo fa, ho avuto una vita prima di te, come tu ne hai avuta una prima di me, siamo onesti >> replicò cercando di razionalizzare. Eppure gli sguardi delle cameriere li aveva notati, i gesti di Tatiana anche e volevano dire un’unica cosa. Andrés aveva una sorta di harem, solo che sceglieva le sue amanti tra le cameriere invece di optare per top model come aveva fatto Kashoggi. Era sicuro che Tatiana si fosse lamentata, che poi Andrés l’avesse ascoltata, ascoltata sul serio, era un altro discorso.

<< Sono stato sposato tre volte: una per dovere, una per piacere e una per amore, ho avuto così tante amanti che non ricordo il volto di ognuna di loro e ho pagato solamente per le cortigiane, non sono mai stato cliente di una prostituta >> fu la replica di Andrés, quante di quelle amanti fossero davvero consenzienti era un altro discorso si disse lui.

<< Dovremmo parlare di questo aspetto, ma non ora >> si limitò a dire. Una delle cose che aveva appreso grazie alle telenovelas che la sua babysitter guardava quando credeva che lui e Roberto dormissero era che l’amore tra l’erede dell’hacienda, dell’impero economico o del casato, puntualmente si innamorava della cameriera appena assunta e che il loro amore sarebbe stato contrastato da tutti, e che spesso la gente aveva gemelli segreti nascosti in ogni dove ma poi lì si andava fuori tema.

<< Come desideri, davvero insegnerai il tedesco a Rafael? >> gli domandò invece Andrés, come se la situazione non fosse già abbastanza surreale.

<< Ho trascorso tre anni in Germania per un master, non saprei cosa posso insegnargli in appena un mese. I verbi, forse la costruzione della frase e l’ordine delle parole, sperando che il tedesco che ho imparato sia simile a quello che troverà lui, e qualche frasetta semplice anche se “a che ora torna tua moglie’” e “andiamo da me o a casa tua?” non credo gli serviranno >> rispose cercando di non ridere.

<< Non si sa mai, la seconda potrebbe servirgli, ho intenzione di fargli compilare un elenco delle famiglie con cui verrà in contatto e poi prenderò contatto col padre di mia nuora, ricordo bene il cognome che ho letto sotto il suo ritratto >> ed ecco che ricominciava.

<< Non vorrei intromettermi ma… l’amore? Non è alla base di ogni matrimonio? Rafael è un bravo ragazzo, mediocre ma di buona volontà e una moglie che gli vuole bene potrebbe aiutarlo >> ribatté sperando che Andrés non sapesse nulla della presunta tresca tra Rafael e Tatiana.

<< Prima ci si sposa e poi viene l’amore, ha sempre funzionato così >> replicò Andrés, era opportuno avvisarlo che il mondo era andato avanti.

<< Non funziona più così da almeno settant’anni, ci si sposa per amore nel ventesimo secolo >> rispose lui. I suoi genitori si erano sposati per amore e prima che le condizioni di sua madre peggiorassero erano stati felici. Da adolescente si era chiesto se suo padre non avesse fatto internare sua madre perché aveva un’amante che voleva sposare ma non era andata così, suo padre era rimasto vedovo e non aveva mai presentato ai suoi due figli una sua eventuale compagna, se mai ne avesse avuta davvero una.

<< Nel tuo tempo verrei definito un “romantico”, anche se ho la sensazione che sia una parola troppo riduttiva per me >> dichiarò Andrés. Romantico, forse si, ma anche stupratore, marito abusivo e tanto altro per non parlare di razzista, misogino, classista e chissà quante altre pensò Martìn senza però dirlo, l’altro veniva da un secolo dove certe cose erano la norma, aveva potuto vederlo con i suoi occhi ed era impensabile che in appena due mesi potesse cambiare un comportamento maturato in oltre quarant’anni. << Il tuo secolo non cessa mai di stupirmi, tu non cessi di stupirmi >> concluse Andrés prima di baciarlo un’altra volta. Martìn avrebbe voluto dirgli che in lui non c’era nulla di così straordinario, anzi, ma la sua attenzione fu calamitata da questioni più importanti e che gli avrebbero sicuramente procurato un discreto godimento.

Al resto avrebbero pensato il giorno dopo, forse.

 

Madrid, 2019:

 

Sergio Marquina trovava che ci fosse qualcosa di strano in quella situazione, o per meglio dire, più strano.

L’incantesimo era riuscito alla perfezione, o almeno così sperava ed era tornato a Madrid pronto a ricevere notizie. Silene Olivera gli aveva prestato alcuni dei suoi testi di magia e li aveva devotamente studiati cercando una soluzione alla domanda che lo assillava: come avevano fatto Martìn e Raquel a contattarlo?

Aveva cercato online l’esperimento di Benjamin Franklin per essere sicuro di non aver equivocato ma c’era un dettaglio che non si sposava con gli altri e con ciò che sapeva sull’argomento. Che i due fossero riusciti a dare nuova vita al cellulare di Raquel col rischio di rimanere folgorati aveva un senso, era rischioso ma il fulmine era l’unica fonte di elettricità che allora conoscevano, come fossero riusciti a contattarlo era però un mistero. A rigor di logica sarebbero dovuti riuscire solamente a telefonare nel loro tempo, una telefonata che riuscisse ad infrangere la barriera spazio-temporale era improbabile eppure era comunque avvenuta. L’unica soluzione possibile che gli fosse venuta in mente era la magia ma Raquel e Martìn non conoscevano affatto la magia se non come spettatori. La magia era innata nelle donne soleva ripetere la duchessa sua madre ma si trattava di una magia naturale quasi impossibile da controllare, per quello erano necessari anni di studi e di pratica, a meno che nella famiglia di Raquel non ci fossero streghe era impossibile che fosse riuscita in un incantesimo al primo tentativo.

Non aveva avuto però il tutto di cui avrebbe avuto bisogno per riflettere su quel problema, non quando c’erano questioni più urgenti. Era sicuro che se di magia si fosse trattato ci avrebbe pensato suo fratello, Andrés non era mai stato entusiasta di trovare persone che come lui praticassero la magia ma quelle erano circostanze eccezionali.

Doveva sapere se la data di morte era tornata sotto il dipinto di suo fratello ma l’idea di dover pagare il biglietto per quella che era stata casa sua gli appariva assurda. Aveva così chiesto a Monica e a Daniel se potevano pensarci loro, lui si sarebbe sdebitato offrendo loro la cena quella sera. In realtà avrebbe voluto chiederlo ad Agata ma la gitana aveva declinato sostenendo che quella settimana sarebbero passati i servizi sociali per un controllo e per quel motivo non poteva lasciare casa che anzi stava pulendo da cima a fondo, in sottofondo Sergio aveva udito quello che sembrava un’aspirapolvere, o almeno così aveva creduto dato che di certe diavolerie moderne lui non era pratico.

<< Com’è andata? >> domandò quella sera dopo aver pagato il fattorino, stava cominciando a scoprire la cucina etnica e se doveva essere onesto quella messicana era di suo gradimento assieme a quella cinese, come poteva immaginare che nel Catai mangiassero così bene?

<< Abbiamo fatto come hai detto: prenotazione del tour guidato nel pomeriggio, siamo arrivati e abbiamo fatto in modo di essere tra i primi ad entrare >> gli spiegò Monica, a quanto sembrava nessuno aveva dato una seconda occhiata a una tranquilla famigliola con nonno al seguito che voleva godersi un pomeriggio diverso da solito.

<< Era una noia mortale, e questo lo ha costruito x, questo y lo ha ristrutturato, vedi il quadro di k che è il marito del nipote del figlio della sorella di j, tremendo >> si intromise Daniel, per fortuna che suo fratello era nel secolo decimosesto pensò Sergio, Andrés non avrebbe tollerato una tale mancanza di rispetto nei confronti del suo casato, anche se lui la trovava stranamente divertente.

<< Ti sei addormentato, dormivi in piedi alla fine ma abbiamo, ho, fatto la foto che avete chiesto >> intervenne Monica prima di passargli il suo cellulare.

Non era molto pratico ma stava imparando si disse prima di muovere le dita per ingrandire l’immagine. Data di nascita e… la data di morte non si vedeva eppure suo fratello era tornato nel loro tempo, com’era possibile? Forse perché era una sosta temporanea? O cosa accidenti aveva combinato?

<< Manca la data di morte, manca ancora la data di morte >> disse prima di ridare il cellulare a Monica.

<< E se… se tuo fratello avesse pensato che fosse più divertente saltellare nel tempo invece di rimanere dove si trova? Forse per questo non c’è la data. O forse a seguito di quello che è successo siete davvero partiti per il Messico >> tentò di ragionare Daniel, ragionamento semplicistico ma non privo di meriti pensò Sergio.

Forse era davvero andata così, o forse… doveva mettersi in contatto con palazzo Fonollosa nel 1519 per cercare di districare quella matassa.

<< Potrebbe, vi ringrazio molto ma… devo pensarci su >> ammise, quella situazione era incredibilmente complicata e non sapeva da dove cominciare, di sicuro doveva chiamare Silene per avvisarla della sua intuizione, se davvero Raquel senza saperlo si era servita della magia o se era tutto merito della scarica elettrica.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sexto capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa



 

Toledo, 1519:

 

Raquel Murrillo ebbe la sensazione che la giornata sarebbe andata di male in peggio fin dal momento in cui aprì gli occhi.

Dormire in quel letto era stata una sfida fin dal primo giorno, almeno capiva il motivo di tanti cuscini e pur avendo provato a dormire distesa si era dovuta rassegnare a dormire seduta in quanto il letto era troppo piccolo. Aveva dovuto imparare a fare a meno della sveglia elettronica e del timer, che farsene quando il gallo era più puntuale di un orologio svizzero e se non lui le campane della cappella?

Tatiana le aveva messo a disposizione Carmen ma l’aveva congedata già dai primi giorni, il pensiero di avere una donna al suo servizio la disgustava, si era servita di lei il tempo di imparare come vestirsi e poi l’aveva rimandata da Tatiana. A differenza della duchessa che indossava abiti di seta di ogni colore palesemente fatti su misura lei si accontentava di gonna e camicia più l’infernale corsetto, e ovviamente dell’intimo.

Era rimasta senza parole nello scoprire che quel secolo sembrava ignorare del tutto l’esistenza delle mutande, capiva i vantaggi pratici specialmente per una donna in quanto era molto più facile tirarsi su le gonne e basta ma lei non era abituata a quello. Si era così procurata un paio di mutandoni maschili e tra lo sconcerto di metà servitù di palazzo Fonollosa li aveva indossati infischiandosene di tutto e di tutti. Rafael l’aveva guardata come se fosse impazzita quando gli avevano riferito la faccenda limitandosi a dire che quello era un problema della sua coscienza e che lui non voleva saperne nulla, la stessa frase che aveva detto in occasione della scoperta che preferiva cavalcare come un uomo, senza predella e nemmeno all’amazzone.

Per fortuna a breve sarebbe tornata a casa, da sua figlia e al suo lavoro nonché ai vantaggi del ventunesimo secolo, doveva solo stringere i denti e resistere si disse prima di aprire le imposte, le serrande erano una grande invenzione pensò. Si spazzolò i capelli, mai e poi mai avrebbe indossato uno di quei veli che sembravano usciti da un film Disney, molto meglio una treccia o la coda di cavallo, quei cosi le sembravano incredibilmente fastidiosi, come facesse Tatiana ad indossarli in tutta tranquillità per lei era un mistero, ci aveva provato ma si era sentita così ridicola da aver rinunciato quasi subito, meglio scandalosa che ingabbiata si era detta.

C’era una brocca d’acqua vicino all’armadio, piena fino all’orlo e un bacile, entrambi meravigliosamente intarsiati, due piccolo capolavori sicuramente d’importazione e che dovevano essere costati quanto il suo stipendio. Con gesti veloci fece finire parte dell’acqua sul bacile per poi sciacquarsi il viso con gesti veloci e ormai abitudinari, aveva urgente bisogno di una spa, di un trattamento, qualsiasi cosa. Non che non si fidasse dei rimedi delle cameriere o delle creme di cui si serviva Tatiana ma non era sicura della loro efficacia, non dopo anni passati ad alimentare colossi della cosmetica; una volta tornata a casa doveva prendersi un week end di pausa in una spa, lei ed Alicia tranquille per due giorni a farsi coccolare e bere champagne, che bella prospettiva si disse, la piccola Victoria potevano sempre portarla o trovare una babysitter.

Si stava dirigendo verso la sala da pranzo, ovviamente loro non mangiavano con la servitù e mai e poi mai Tatiana o Rafael avrebbero pensato a una simile eventualità quando le capitò di origliare. Sapeva che era scortese ma era anche sbirro e certe abitudini erano dure a morire pensò prima di avvicinare l’orecchio, altro che quello che aveva visto nei film dove tutte le stanze dei castelli medievali sembravano insonorizzate.

<< Ne sei sicura? Sai bene che detesto che mi si dicano le bugie >> disse la voce di Tatiana leggermente alterata.

<< Glielo giuro signora duchessa, non è venuto da me questa notte… glielo giuro sulla Bibbia se vuole >> disse una seconda voce, apparteneva a una delle cameriere anche se Raquel non ricordava il nome della ragazza.

<< Non ce ne sarà bisogno, lo sai che non devi dirmi bugie, non è vero Ariadna? >> domandò Tatiana, la voce sempre più sottile, Ariadna… dove aveva già sentito quel nome

<< Io non le ho mai mentito, signora duchessa. Ricorda quando tre anni fa sono subito venuta a riferirle che il signore mi aveva toccata? Io non dico bugie >> si difese la ragazza, Ariadna, e Raquel fece il collegamento. Aveva sentito Sergio fare quel nome nel suo tempo, l’amante ufficiale di Andrés o quantomeno l’ultima di una lunga serie, cameriera e persino più giovane di Tatiana. Sapeva che quel secolo ignorava concetti come consenso, minore età e rapporti di lavoro ma una cosa era saperlo in teoria e un’altra vederlo.

<< Ne abbiamo già parlato, ricorda il tuo posto e deve esserci qualcosa di strano, l’ultima volta è venuto da me ogni notte, e se non era da me o da te dove potrebbe essere andato? Non ci credo che abbia dormito da solo, odia dormire da solo… >> mormorò Tatiana prima che lei si allontanasse discretamente dalla porta.

Quello non era un suo problema si disse… prima di ricordarsi che lo era eccome.

Sapeva perfettamente dove fosse stato Andrés quella notte se non era andato da sua moglie: Martìn. Era sicura che i due avessero passato tutta la notte a scopare e se in altre circostanze non sarebbe stato un suo problema ora lo era eccome, oh si che lo era. Andrés de Fonollosa aveva lasciato quel secolo credendo di essere etero, e con una sorta di harem che lo aspettava, ed era tornato bisessuale e impegnato con una relazione con Martìn Berrote, se sentimentale o solo sessuale lei non voleva saperlo.

Ora, sua moglie si aspettava che una volta tornato andasse da lei, ed era logico, o che andasse da Ariadna, ed era logico per lei, non che disertasse entrambi i letti per andare da Martìn, quella era una verità che una donna del cinquecento non avrebbe mai accettato o tantomeno compreso, un bias cognitivo di un certo spessore. Probabilmente avrebbe interrogato tutta la servitù e una volta scoperto che suo marito quella notte aveva davvero dormito da solo, o almeno così credeva… si sarebbe fatta delle domande ed era solo questione di tempo prima che arrivasse a scoprire la verità su quello che era accaduto.

Tatiana avrebbe potuto benissimo denunciarli, si moriva sul rogo se accusati di sodomia, questo lo ricordava, peggio ancora se lei o Rafael li avessero colti in flagranza di reato e considerato che i due si comportavano come conigli in calore era solo questione di tempo.

Non che le importasse poi tanto di entrambi ma voleva tornare nel suo secolo e far sapere a Sergio che suo fratello era al sicuro. Sergio. Non pensava che una persona conosciuta da poche settimane ma se doveva essere onesta Sergio Marquina le aveva cambiato la vita, e non solo in negativo. Era gentile, onesto e se anche era leggermente machiavellico di sicuro lo faceva per proteggere le persone che amava, e lei rientrava in quel piccolo gruppo.

Sergio aveva cercato di proteggerla da tutto quello e quando non c’era riuscita le aveva consentito di scegliere e ora stava cercando un sistema per tirarla fuori da quel guaio, forse al suo ritorno nel duemila doveva invitarlo ad uscire, e senza vergognarsi di essere stata lei a fare la proposta, non aveva tempo per certe sciocchezze.

Veloce si diresse verso il salone dove trovò Andrés che stava mangiando ignorando Rafael che stava cercando di parlargli, come previsto nessuno dei due si alzò per salutarla, troppo presi uno ad ignorare il proprio figlio e l’altro a cercare di farsi notare. Solo quando si fu seduta Andrés sembrò rendersi conto della sua presenza, o almeno finse dato che le porse la mano con un gesto distratto, e quello cosa…. No! Mai e poi mai lei avrebbe fatto il baciamano a qualcuno, nemmeno nel sedicesimo secolo!

Fu salvata da quell’imbarazzo da Tatiana che arrivò proprio in quel momento, bella come una principessa Disney e dignitosa come una statua. La donna le sembrò imperturbabile, fece il baciamano al marito, sorrise al figliastro e si sedette rigida come un fuso, e ora da dove le veniva quel paragone si disse Raquel?

L’ultimo ad arrivare fu Martìn e Raquel si accorse che a Rafael non era sfuggita l’occhiata complice che i due si erano lanciati, e sperò che non dicesse nulla. Quella poteva essere una soluzione si disse, se Rafael pensava che i due fossero usciti per recarsi da qualche parte, Toledo doveva pur avere un bordello, forse avrebbero guadagnato tempo prezioso, sempre che riuscisse a comunicare quell’ipotesi alla sua matrigna.

<< Non siete venuto nella mia stanza questa notte >> disse Tatiana con fare distratto ma allo stesso tempo mise nelle parole abbastanza rancore.

<< Noto con piacere che avete un’eccellente qualità nel riassumere gli avvenimenti >> fu la risposta, e non le sfuggì come Martìn si fosse imporporato, allora era davvero capace di arrossire pensò lei divertita, se doveva rimanere lì almeno imparasse a goderselo come se si trattasse di una telenovelas.

<< Ero preoccupata per voi, siete mio marito ed è giusto che mi preoccupi >> fu la replica.

<< Non avete nulla di cui preoccuparvi, se dovesse accadere sappiate che sarete la prima a saperlo >> fu la risposta, dritto e rovescio pensò osservandoli, la più singolare partita di tennis della sua vita, poco ma sicuro.

<< Vorrei solo sapere dov’eravate questa notte, … siete sempre rimasto nelle vostre stanze? >> fu la domanda, che furba che era. Tatiana sapeva che suo marito non aveva passato la notte a dormire e basta ma sapeva anche che non l’aveva passata né con lei né con Ariadna e forse nemmeno con altre domestiche, questo apriva diversi scenari che la donna stava cercando di vagliare, purtroppo senza risultato perché l’altro non era così stupido da cadere in quel tranello.

<< Assolutamente si, e ora tacete signora mia, questi pensieri finiscono sempre per turbarvi >> fu la risposta definitiva di Andrés. La conversazione finì lì ma Raquel notò come Martìn avesse cercato di farsi sempre più piccolo ad ogni parola, un po’ di doverosi sensi di colpa non gli avrebbero certamente fatto male si disse.

L’idea di passare la giornata a non fare niente, o peggio ancora a ricamare, fu lo stimolo per unirsi alla cavalcata di quella mattina, probabilmente metà servitù ebbe un colpo secco nel vederla con brache maschili e con una sella da uomo ma ormai dovevano essersi abituati, di sicuro chi mostrò di non gradire la situazione fu Nerone che mostrò a tutti quanto fosse indispettito del fatto che quel giorno non fosse lei a cavalcarlo, era stata un bello scontro di volontà quello tra lei e il cavallo.

<< Sono meravigliato, non si è mai fatto montare da nessun’altro prima di oggi, siete una virago molto particolare >> si limitò a dire Andrés anche se il fastidio nella sua voce era palese. Problemi suoi pensò Raquel, ora non poteva occuparsi anche di quello.

 

***

 

Quanto gli era mancato tutto quello.

Il terzo millennio aveva i suoi vantaggi, come l’elettricità, l’acqua corrente e la libertà di informazione ma niente avrebbe mai potuto sostituire la sensazione di potenza che provava ogni volta che montava a cavallo, di quello Andrés de Fonollosa ne era più che sicuro. Il potere, la libertà e la potenza… niente poteva eguagliare quelle sensazioni assieme alla consapevolezza che quello era suo, tutto suo, che poteva cavalcare per un giorno intero e sarebbe comunque rimasto nei propri possedimenti.

Si era occupato di Nerone fin da quando era un puledrino e i suoi sforzi erano stati ampiamente ripagati, lo stallone era il vanto della sua scuderia tanto che gran parte dei suoi vicini glielo chiedeva in prestito quando le cavalle erano in calore, Sergio puntualmente parlava di soldi ma lui lo avrebbe fatto anche a titolo gratuito. Nessuna sensazione era paragonabile a quella, forse una ma non ne era poi così sicuro.

Il buonsenso gli aveva suggerito di recarsi da Tatiana, che sicuramente lo aveva atteso tutta la notte, o di recarsi negli alloggi della servitù e fare una sorpresa ad Ariadna, dolce piccola Ariadna che era sempre pronta ad accontentarlo ma quella notte aveva desiderato qualcosa di diverso. Sapeva riconoscere l’amore e quello che provava nei confronti di Martìn era amore, nella sua forma più pura e viscerale, un sentimento primitivo dove la passione si mischiava al desiderio di possesso rendendo impossibile saperli discernere.

Non sapeva per quanto sarebbe durato ma sapeva di volerne godere il più a lungo possibile, e quella notte si era preso quel che voleva e che Martìn gli aveva donato con raro abbandono. Si era svegliato al primo levar del sole ed era tornato nei propri alloggi, per fortuna il passaggio segreto funzionava ancora bene e nessuno lo aveva visto. Per coloro che indulgevano nel suo stesso peccato c’era il rogo ma non poteva valere per lui, lui era un Grande di Spagna!

Aveva poi scritto un messaggio a Martìn e glielo aveva fatto avere con la magia, quell’espediente avrebbe ritardato la loro partenza di un giorno o due, nulla di irreparabile.

Come previsto Tatiana gli aveva fatto delle domande, niente che non riuscisse a gestire e per fortuna l’imbecille era stato in silenzio, la sua voce riusciva sempre a innervosirlo, specialmente di prima mattina. Se solo la sua prima moglie non fosse stata così palesemente innamorata di lui e fedele… avrebbe fatto di tutto pur di far dichiarare Rafael un bastardo e liberarsi di lui, invece il ragazzo era suo figlio e in tanti anni non si capacitava di aver generato una tale delusione, Rafael era così ordinariamente mediocre da fargli ribrezzo.

Per fortuna quel giorno non li aveva seguiti preferendo rimanere a casa e lui non aveva insistito.

Era rimasto senza parole nel vedere l’ispectora Murrillo vestita da maschio e con una delle sue selle ma nessuno si era mostrato sorpreso più del necessario, che fosse riuscita a montare Nerone senza finire con le ossa rotte era un bel risultato, aveva addestrato personalmente quel cavallo perché disarcionasse chiunque al minimo segnale di paura.

Non sapeva dove fossero gli altri, in quel momento desiderava solamente cavalcare a briglia sciolta per la Castiglia, non chiedeva altro.

Quasi non si rese conto dove fosse finito, ma era esattamente il luogo di cui aveva bisogno pensò prima di smontare, Nerone come sempre sapeva anticiparlo. Adorava andare lì, fin da bambino quando Jesus Marquina portava lui e Sergio a cavalcare. Jesus si era sempre preoccupato che pur essendo fratelli lui e Sergio sapessero di essere diversi, lui era il figlio di un duca e Sergio il figlio dell’amministratore, così da bambini lui montava i superbi destrieri andalusi della scuderia di palazzo Fonollosa, Sergio lo seguiva su un più tranquillo mulo, con Jesus che insisteva che il più piccolo lo trattasse da signore dimenticando i vincoli di sangue che pure esistevano tra di loro.

Una volta cresciuti aveva provato a far smettere Sergio di trattarlo in quella maniera ma era stato inutile, d’altronde la posizione di suo fratello era quantomeno singolare. Legò Nerone al primo albero disponibile e rimase ad osservare il paesaggio in silenzio. La campagna toledana si estendeva di fronte ai suoi occhi ed era suo, era tutto suo, il tempo in cui i suoi discendenti avrebbero dovuto vendere la sua terra alla Corona non erano ancora giunti, e se fosse stato per lui avrebbe impedito una simile follia, anche se era stato avvisato che non poteva cambiare il passato, troppe incognite aveva spiegato il piccolo Anibal prima di cominciare a scribacchiare su un foglio di carta linee e frecce che per lui erano incomprensibili.

L’emozione di trovarsi lì dopo tanto tempo lo sommerse, come aveva pensato di poter barattare quello con gli agi del ventunesimo secolo? Specialmente quando poteva avere entrambi, più la sua magia si abituata all’incantesimo temporale e meno tempo il suo corpo avrebbe avuto bisogno di riposare, accadeva per ogni incantesimo. Poteva rimanere nel suo secolo e visitare Martìn ogni volta che ne aveva voglia, ed era sicuro che non si sarebbe fatto sfuggire nessuna occasione, che magnifica combinazione aveva appena trovato si disse.

Sentì un rumore e si voltò, come previsto i due stavano arrivando, l’ispectora aveva una buona capacità di adattamento pensò osservandola, era indecente per una donna cavalcare in quella maniera ma ne riconosceva gli aspetti pratici.

<< Io non intendo passare un altro giorno su una di queste bestie, se dovessi morire sarà colpa vostra >> dichiarò Martìn una volta smontato, i capelli in tutte le direzioni e l’aspetto di chi è reduce da un naufragio, davvero delizioso, adorabile persino, che amante si era preso si disse cercando di non ridere.

<< Voi due avete un problema più grosso, spero ne siate coscienti >> intervenne Murrillo. Che problema? Lui non aveva alcun problema ed era perfettamente in grado di gestire la sua tenuta, come aveva sempre fatto. Tatiana e l’imbecille non erano un problema: lui era il padrone e i due avrebbero fatto quel che voleva lui, sic et simpliciter.

<< Io non ho alcun problema >> si limitò a rispondere, non c’era problema così grande che la magia non potesse risolvere.

<< Mi fa piacere che tu lo creda, ma sappiamo tutti e tre che non è così >> replicò Murrillo, il giorno in cui avevano concesso alle donne il potere di replicare era un triste giorno.

<< E quale sarebbe questo problema? >> domandò visibilmente annoiato.

<< Lui, o per meglio dire voi due. E quello che è accaduto ieri notte >> quella era un’indecenza, come si permetteva quella donna di parlargli così?

<< Non ho idea di cosa stia parlando e moderi il linguaggio, una donna che parla in questa maniera non troverà mai marito… o lo farebbe scappare via >> replicò prima che l’ispectora lo colpisse, e doveva aveva imparato quella donna a fare a pugni?

<< Non parlare di cose che non conosci, voi due siete ad un passo dalla denuncia e non possiamo permettercelo, capito? >>

<< Voi due calmatevi. Ragioniamo sul da farsi e poi agiamo di conseguenza, ma porca puttana possibile che non si possa mai stare in pace? >>

<< Non c’è nulla su cui ragionare: sua moglie si aspetta di vederlo una di queste notti, o lei o una delle serve e se non accade potrebbe insospettirsi, sembra una bambolina ma è più furba di quanto appaia, semplicemente nessuno di voi due se n’è accorto >>

<< Ed esattamente quale idea avrebbe? >> domandò, tutto quello lo stava esasperando oltre ogni limite.

<< Non vi piacerà, a nessuno dei due, so che vi chiedo molto ma non abbiamo alternative >> dichiarò Raquel seria.

<< No, quello no… assolutamente no, ho detto no e quando dico no è no >> intervenne Martìn, anche lui aveva capito dove volesse arrivare Murrillo; l’idea non gli piaceva ma se davvero non avevano alternative e doveva servire a far tacere Tatiana…. Gli avevano insegnato a sacrificarsi per la patria e lo avrebbe rifatto, d’altronde non sarebbe stata la prima volta che si sottoponeva a un castigo così dolce. Sarebbe stato solamente con Tatiana però, era quello che si aspettavano tutti e lui avrebbe accettato, le altre non le avrebbe toccate nemmeno con un dito a meno che non fosse strettamente necessario, per fortuna entro poco tutto quello sarebbe finito, al massimo entro tre settimane e poi… poi ci avrebbe pensato sul momento, meglio non fare progetti, non in quella circostanza così peculiare.

<< Solamente se non abbiamo altre alternative, deve essere l’extrema ratio >> si limitò a dire, se non c’era altra soluzione allora si poteva fare ma aveva la sensazione che dopo quello non si sarebbe più potuto tornare indietro, o fingere che non fosse accaduto.

 

***

 

Martìn Berrote odiava essere l’amante di un uomo sposato.

Si era già ritrovato in quella situazione oltre vent’anni prima e aveva smesso di credere che fosse romantica, eccitante o divertente, era solamente patetica. A suo tempo per Javier aveva accettato di tutto, un secondo cellulare, chiamate ad orari impensabili e l’altro che non rimaneva mai a dormire ma aveva vent’anni e aveva davvero creduto che fosse temporaneo, che entro un anno Javier avrebbe lasciato sua moglie per lui e sarebbero potuti stare insieme, anche se in segreto per non rovinare la carriera di lui. Quelli come lui non lasciano mai la moglie gli aveva però detto Roberto superstar, e se la lasciano non è per mettersi con un ragazzino di vent’anni più giovane ma con un’altra donna, ci sarà sempre una donna prima di te, fosse anche con l’unica funzione di soprammobile ma tu non sarai mai al primo posto.

Dario, e il successivo trasferimento in Europa, erano stati l’antidoto perfetto e pur continuando ad avere avventure aveva cercato di evitare gli uomini sposati, quando vedeva una fede si limitava ad ignorare l’uomo che la portava. Certo, poteva sempre capitare ma ci teneva a far sapere che non voleva storie serie, che era stata una bella scopata e che doveva alzarsi presto la mattina seguente, niente complicazioni. Per fortuna non era mai stato beccato ma qualche volta gli era capitato di dover fuggire dalla finestra, era un ottimo allenamento aveva scherzato una volta con Mirko che da bravo angelo custode si limitava a rimproverarlo con gli occhi.

Sapeva che Andrés de Fonollosa era sposato ma… questa volta era diverso.

Tanto per cominciare quando lo aveva conosciuto non sapeva se avrebbe mai rivisto sua moglie, la quale si trovava cinque secoli nel passato ed era quindi improbabile che per caso la incontrasse sulle scale mobili della metro o in fila al supermercato, quando si ricordava di andarci. Poi non aveva mai pensato che tutto quello sarebbe durato, era certo che fosse amore, che sarebbe stato rapido, intenso e bruciante ma che per l’appunto non sarebbe durato a lungo, motivo per cui aveva cercato di viverlo appieno pur sapendo che avrebbe inevitabilmente sofferto.

E per finire era sicuro che lui e Tatiana non si sarebbero mai e poi mai incontrati, motivo per cui da anni Bernard di Montréal e lui avevano un’ottima intesa: si vedevano una volta ogni sei mesi, scopavano senza soste per un week end e poi lui tornava a Madrid e l’altro in Canada, l’accordo perfetto.

 Puntualmente qualcosa aveva rovinato i suoi piani: la magia.

Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi nel sedicesimo secolo eppure era accaduto, e nessuno aveva chiesto il suo parere e di certo non avrebbe mai pensato che sarebbe stato ospite della moglie del suo amante, e invece anche quello era accaduto.

Tatiana era una brava donna, assolutamente decorativa ma aveva la sensazione che sapesse più di quanto facesse credere. Era riuscito a dargliela e bere ma non sapeva per quanto tempo quella farsa sarebbe continuata, fosse stato per lui avrebbe preso Raquel Murrillo e avrebbe fatto di tutto per tornare nel ventunesimo secolo, invece era bloccato lì dai poteri di Andrés che si stavano ricaricando come una fottuta batteria.

Col senno di poi era stata una follia passare la notte assieme, e il pomeriggio ma… lui aveva degli standard ed era abituato ad avere una vita sessuale di un certo livello. Era stato attento per evitare denunce in quanto morire flambé non rientrava nei suoi progetti ma aveva comunque delle necessità. Lui ed Andrés avevano sbagliato ma… era stato più forte di lui.

Sapeva che la soluzione proposta dall’ispectora era quella più razionale e logica, che avrebbero dovuto pensarci prima ma… no.  L’unico sistema perché Tatiana non indagasse era distrarla e per farlo bisognava che i due coniugi riprendessero ad avere rapporti sessuali il prima possibile. La sola idea lo faceva vomitare, aveva provato ad opporsi ma i suoi sforzi erano stati vani ed era per quello che ora si trovava da solo sul letto a cercare di leggere una raccolta di poesie con tanto di miniature al lume di candela.

E le candele erano un altro problema.

Quella sera Rafael li aveva informati che lui non era intenzionato a coprire oltre il costo delle candele e che o potevano pagarsele da soli o farne a meno, questo prima che ricevesse un ceffone in pieno volto e suo padre comunicasse a tutti loro che “l’ospite ha sempre ragione e che mai si sarebbe dovuto dire che erano avari perché poveri” e che non voleva tornare sulla questione. Rafael aveva incassato in silenzio e Tatiana aveva sollevato la questione riguardante lo stallone, avevano ricevuto parecchie offerte in quanto doveva essere la stagione degli amori per i cavalli e forse potevano guadagnarci qualcosa, la prevedibile replica era che non si sarebbe mai detto che lui intaccava rapporti di amicizia chiedendo denaro, come osava la gente pensare che lui fosse arrivato al punto di chiedere denaro? Se volevano Nerone bastava dirlo e ci si sarebbe messi d’accordo, ennesima conferma di come Andrés non avesse alcun senso del denaro, dell’economia di base e del concetto che il titolo nobiliare non era una garanzia sufficiente contro la povertà. Ora capiva perché di quello si fosse sempre occupato Sergio. Andrés aveva le mani bucate e serviva qualcuno che non solo sapesse quel che faceva ma che riuscisse a tenergli testa e Rafael non ci sarebbe mai riuscito. Avrebbe potuto proporsi di persona, erano anni che compilava le dichiarazioni dei redditi di Mirko e Agata ma temeva che Tatiana potesse sospettare qualcosa, secondo l’ispectora Tatiana era più furba di quanto credessero ma su quello aveva dei dubbi, doveva essere la solidarietà femminile, la sorellanza o altre stronzate ad aver fatto parlare Murrillo in quella maniera.

Avrebbe dovuto dormire, sarebbe stato meglio chiudere gli occhi ma era sicuro che sarebbe stata una notte insonne. Non riusciva a smettere di pensare ad Andrés e Tatiana. Andrés e Tatiana insieme, Andrés e Tatiana che scopavano nel letto di lei perché i due avevano letti separati e soprattutto il pensiero di essere ormai diventato superfluo. A che pro andare da lui quando c’era Tatiana? Rispettabile, adorabile e dolce Tatiana, la moglie legittima, e se non lei allora c’erano le serve e le contadine, tutte loro pronte ad alzare la gonna ad un segnale di sua eccellenza, come se non lo sapesse.

Aveva ormai perso le speranze per quel che riguardava una lettura tranquilla quando sentì la porta segreta aprirsi, ora si che sembrava un film horror di serie B pensò.

Andrés non disse una parola, limitandosi a sedersi sul letto e ad osservarlo; tutto quello era assurdo, surreale e sbagliato su così tanti livelli che non avrebbe saputo da dove cominciare.

<< Non dovresti essere da tua moglie? >> domandò prima di chiudere il libro, quello si che era degradante per lui.

<< Vengo da lì, Tatiana mi ha chiesto così poco e io gliel’ho dato. Per fortuna conosce il suo posto e non mi ha chiesto di restare >> rispose Andrés prima di accarezzargli il volto. Per un istante si godette quella carezza prima di allontanarsi, seppur scarsa aveva pur sempre una dignità.

<< Sei… cosa vuoi da me? >> chiese temendo la risposta, non sapeva quale sarebbe stata ma ne aveva comunque paura.

<< Lo sai cosa voglio >> fu la risposta prima che Andrés lo baciasse. Per un istante Martìn si concesse di ricambiare quel bacio, si fece persino distendere sul letto ma poi quando sentì l’altro sopra di sé aprì gli occhi: un po’ puttana si ma non in quella maniera.

<< No… si… non così >> disse tra un bacio e l’altro. << Io ti amo, ti amo da impazzire e se fosse per me passeremo ogni notte a scopare ma… sei appena stato a letto con tua moglie, e ora vieni da me. Avrai notato che è assurdo >> mormorò sperando che l’altro non notasse la sua eccitazione, tutto quello era sempre più surreale.

<< Potrebbe, ma che alternative abbiamo? Sarei venuto prima ma dovevo piegarmi a queste ridicole regole di comportamento, ti turba che sia andato da Tatiana? >> gli domandò Andrés prima di distendersi accanto a lui, gli occhi che per un istante di troppo si fissarono sul suo inguine.

<< Hai ancora addosso il suo profumo, riesco a sentirlo e… non così >> ammise, tutto quello era sia romantico che degradante, una soap opera di pessimo livello.

<< Avrei dovuto lavarmi ma poi sarebbero nati dei sospetti, come ti sarai accorto qui l’acqua corrente non esiste >> fu la risposta.

<< Io… non voglio che te ne vada ma non voglio nemmeno che mi tocchi, non subito almeno >> rivelò prima di guardarlo negli occhi, perché doveva fare tutto così male.

<< Cosa vuoi allora? >> domandò Andrés prima di accarezzargli i capelli.

<< Abbracciami, tieni stretto a te per tutta la notte e fino al mattino. Dì che mi ami e che hai dovuto farlo per dovere >> replicò lui. Andrés lo strinse a sé prima di baciarlo dolcemente sulla guancia e lui fece aderire meglio i loro corpi.

<< Questo non posso dirtelo, a me le donne sono sempre piaciute e non posso costringere il mio corpo a dimenticarlo, ma amo te, voglio che tu lo sappia: io ti amo >> non era la risposta che avrebbe desiderato ma meglio che niente pensò.

<< Debo confesar que cuando el me besa el mundo da vueltas dentro de mi cabeza, cierro los ojos y siento su aliento, mi sangre quema cualquier pensamiento >> canticchiò, erano anni che non pensava alle canzoni di Gloria Trevì di cui sua cognata era fan ma quella si adattava particolarmente alla situazione, e solo quei versi perché il resto della canzone della diosa de Monterrey era ancora più deprimente.

<< Una canzone del tuo secolo? >> gli domandò Andrés curioso.

<< Qui lo dico e qui lo nego ma i messicani se vogliono sanno produrre bella musica >> rispose prima di cercare un’ultima volta le labbra di Andrés.

<< E ora? >>

<< Ora dormiamo, poi aspettiamo >> rispose prima di chiudere gli occhi.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Septimo Capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa



 

Toledo, 1519:

 

Raquel Murrillo cominciava a stancarsi di quella situazione.

Ogni giorno che passava era un rischio che aumentava le possibilità di essere scoperti, per non dire peggio. I rapporti di quel tremendo e infelice ménage à trois stavano diventando sempre più stretti e insofferenti. Non sapeva esattamente cosa fosse avvenuto ma la tensione era palpabile.

Tatiana era sempre più infuriata e la prova stava nel fatto che quel viso che raramente mostrava un’emozione stava diventando sempre più espressivo, Martìn evitava di guardarla negli occhi e l’unico che sembrava divertirsi in tutto quel marasma era Andrés che si godeva la moglie e l’amante sotto lo stesso tetto.

L’unica fortuna era che entro tre o quattro giorni, cinque al massimo, sarebbero tornati nel loro tempo e avrebbero abbandonato quella sciarada.

Per curiosità Raquel aveva fatto alcune domande ad Ariadna ma la ragazzina si era allontanata imbarazzata giurando che non sapeva nulla, che erano solo chiacchere maligne e che non pensasse di comprometterla con la signora e che lei sapeva occuparsi della propria fortuna da sola. Capiva perché negasse tutto, il terrore di finire per la strada senza lavoro e senza referenze doveva essere alto e si era chiesto che tipo di rapporto ci fosse stato tra i due.

Che fossero stati amanti era sicuro, anche senza aver origliato la conversazione l’avrebbe capito, Ariadna si comportava in maniera strana… come se volesse provocare e allo stesso tempo se ne vergognasse, era sicura che fosse stato Andrés a cominciare tutto e con la certezza che le sue avance non sarebbero state respinte… lui era un aristocratico e Aridna una semplice serve, una versione retrò di capo ufficio e segretaria aveva pensato, con la differenza che Ariadna non aveva mai avuto davvero una scelta tranne una: cedere di propria spontanea volontà o essere presa con la forza. E una volta fatti i debiti calcoli la ragazza doveva aver pensato che se doveva cedere era meglio farlo di propria spontanea volontà nella speranza di averne nei vantaggi.

Probabilmente aveva ricevuto qualche gioiello ma niente di ché, Andrés probabilmente aveva troppe amanti per fare loro regali costosi. E poi c’era Martìn.

Raquel non sapeva se era l’emozione di un amore nascente, l’ebbrezza di sperimentare o qualcos’altro ma quei due stavano diventando distratti e prima o poi sarebbero stati scoperti. Erano due giorni che andavano a cavallo insieme e non era così stupida da sapere che quelle cavalcate erano un pretesto.

Tutto quello si stava complicando anche a causa della presenza di Rafael che cercava di rendersi utile in qualsiasi modo.

Il ragazzo ci provava ma niente, era già tanto che suo padre si accorgesse della sua presenza, quella famiglia era incredibilmente disfunzionale si disse per l’ennesima volta. Si era chiesta se davvero tra Rafael e Tatiana ci fosse stato qualcosa ma non poteva fare domande dirette, non su una questione come quella. I due erano legati, spesso li aveva visti sorridersi ma niente che potesse essere un indizio rivelatore.

Inoltre non aveva al certezza che quel pettegolezzo fosse fondato o meno, nel suo tempo sarebbe stato molto più facile pensò prima di fare segno a Rafael di sedersi. Doveva tenerlo occupato e farsi raccontare la storia di palazzo Fonollosa era stata un’ottima idea.

Il palazzo era un autentico capolavoro, questo lo capiva persino lei. Vi era una cura e un’attenzione ai dettagli che raramente aveva riscontrato. Non si intendeva di storia dell’arte abbastanza da poter dare un giudizio ma era tutto incredibilmente raffinato e di buon gusto.

Rafael le sorrise prima di proseguire, era un bravo ragazzo ma timido, troppo timido pensò Raquel prima che la porta si aprisse di scatto rivelando Tatiana, quel giorno vestita di giallo chiaro e che la guardava come se stesse per esplodere di rabbia.

<< Esigo che mi raccontiate la verità >> ordinò ignorando Rafael che la guardò sorpreso.

<< Che verità? >> domandò lei cercando di tergiversare più che poteva.

<< Il vero motivo per cui voi siete qui, credete che io sia stupida o cosa? >> la incalzò Tatiana, lo sguardo di Rafael le fece capire che nemmeno lui l’aveva mai vista così infuriata.

<< Io non so di cosa parliate, e gradirei una spiegazione >> replicò lei sfoderando il suo miglior tono da sbirro.

<< Voi siete qui non per avere quelle informazioni ma perché avete delle mire su mio cognato e quel che è peggio non so dove sia mio marito >> rispose Tatiana, ecco il problema pensò Raquel.

<< Cosa? Io non ho alcuna mira su nessuno, e non ho idea di dove si trovi il duca >> replicò lei anche se aveva una mezza idea. In quanto a Sergio… beh, quella era una faccenda personale e non avrebbe permesso a nessuna trophy wife di dire la sua.

<< Siete vedova da nemmeno un anno e già pensate di risposarvi, che indecenza. E sono sicura che mio marito sia con Martìn, chissà dove l’avrà portato… come se non conoscesse metà dei bordelli della regione, anche se sostiene di non aver mai dovuto pagare per un po’ d’amore >> dichiarò Tatiana mentre Rafael diventava paonazzo e il suo solito tic riappariva.

<< Io non so niente e non ho idea di cosa state parlando >> disse per l’ennesima volta benedicendo l’eteronormatività di quel secolo che impediva di capire a Tatiana che suo marito aveva un amante con cui probabilmente si stava… intrattenendo in quel preciso momento.

<< So che mentite… andiamo nella stanza di vostro cognato e poi vedremo, oh vedremo, mi dovrà raccontare tutto altrimenti vi sbatto fuori di qui >> urlò Tatiana prima di uscire dalla stanza a passo di marcia.

Raquel Murrillo rimase per cinque secondi senza dire una parola, poi si riscosse e subito imitata da Rafael seguì Tatiana temendo il peggio.

<< Madre mia, ragionate >> tentò di fermarla Rafael mentre lei cercava di tenersi alte le gonne, quanto le mancavano i jeans. Quello era un disastro, un assoluto disastro e non voleva pensare alle conseguenze, era sicura che sarebbe stato tremendo. Tatiana proseguì con fare marziale, come riuscisse a correre con un abito del genere per lei era un mistero.

<< Perché non ci fermiamo cinque minuti, facciamo due bei respiri e poi decidiamo cosa fare? >> si intromise sperando che Tatiana l’ascoltasse… parole al vento.

Tatiana si voltò verso di loro solamente una volta giunta di fronte alla porta della stanza da letto di Andrés e li fulminò con lo sguardo.

<< Non so cosa tentiate di nascondermi ma io voglio delle risposte e le avrò: sono la duchessa Fonollosa, non una contadina che potete facilmente ingannare >> dichiarò prima di aprire la porta di scatto. Temendo quello che avrebbe potuto vedere Raquel fece per nasconderle la vista ma si rese conto suo malgrado di non essere stata abbastanza veloce.

Martìn Berrote non era solo nella stanza, c’era Andrés con lui e quei due pur trovandosi a letto non stavano affatto dormendo, anzi, si disse prima di spalancare gli occhi: ci voleva un certo allenamento per fare certe cose a quell’età, non sapeva se essere piacevolmente sorpresa o solamente disperata per la piega che avevano preso gli avvenimenti.

In quel momento avvennero tre azioni, strettamente collegate e per questo avvennero a pochi secondi di distanza una dall’altra. Tatiana spalancò la bocca senza però farne uscire alcun suono mentre Rafael si limitò ad un più filosofico << ma che cazzo sta succedendo qui? >>. La reazione peggiore a suo parere fu quella di Andrés de Fonollosa il quale si limitò a fissare la propria consorte per poi dire le parole più sbagliate che un marito fedifrago avrebbe mai potuto dire se fosse stato colto sul fatto dalla propria consorte: << Ma signora, come vi permettete di entrare nelle mie stanze senza farvi annunciare? >>.

Fu allora che Tatiana cominciò a urlare.

 

***

 

Sapeva che quella era stata una follia.

Martìn Berrote non era stupido, impulsivo, egoriferito e con una punta di instabilità mentale si ma non stupido. L’esperienza gli aveva insegnato che una storia con un uomo sposato era una follia e che prima o poi sarebbe finita male ma si era illuso che con Andrés sarebbe stato diverso.

Prima perché tra i due coniugi c’erano cinquecento anni di distanza e poi perché erano stati attenti, o almeno così aveva creduto.

A onor del vero l’ispectora aveva cercato di metterli in guardia più di una volta perché a sentir lei Tatiana non li aveva scoperti solamente perché quel secolo era fin troppo pervaso da eteronormatività, lui la pensava diversamente. Aveva osservato Tatiana e Rafael prima dell’arrivo di Andrés e li aveva osservati dopo ed era sicuro che quei due avevano una tresca, e quel che era peggio si trattava di una tresca meramente platonica. Se almeno quei due fossero andati a letto metà dei problemi sarebbero svaniti invece niente, si guardavano con certi occhi che avrebbero fatto invidia alle serie tv per adolescenti americane, certo che i gringos erano particolarmente dementi da giovani.

Capiva bene cosa volesse dire avere paura di fare il primo passo, di rovinare tutto, avere timore persino di ammettere con sé stessi di provare certi sentimenti ma a tutto c’era un limite.

Quei due dovevano fare qualcosa, uno dei due, altrimenti non sarebbero mai usciti da quella situazione e se davvero a breve Rafael sarebbe andato in Germania… meglio che si sbrigassero. Aveva accennato all’argomento con Andrés durante una loro uscita a cavallo sebbene l’altro cavalcasse, lui si limitava a rimanere in sella pregando di non essere disarcionato, senza però rivelargli tutto perché a rigor di logica Andrés de Fonollosa non aveva mai scoperto che sua moglie lo aveva cornificato con il figlio a seguito della sua scomparsa.

Andrés gli aveva risposto che si sarebbe occupato di tutto lui al momento giusto e poi si erano baciati, non era abituato a nascondere quello che era ma per fortuna entro pochi giorni sarebbe tornato a casa e… e poi?

Avrebbero dovuto parlarne per sapere come comportarsi e cosa fare. Se si sarebbero detti addio oppure… se il corpo di Andrés si fosse abituato all’incantesimo forse avrebbero potuto vedersi ogni tanto, sarebbe stata la relazione a distanza più strana di sempre ma non era disposto a far uscire l’altro dalla sua vita senza lottare. Una parte di lui avrebbe voluto che Andrés rimanesse con lui nel terzo millennio ma sapeva che era assurdo, meglio non cullarsi in quello che alla fine era solamente un sogno troppo ottimista.

Sapeva che quella era stata una follia ma non aveva saputo dirgli di no.

Gli era sembrata strana l’idea di farlo nel letto dell’altro, il solo pensiero che almeno una decina di donne, Tatiana compresa, fosse passata per quel letto lo aveva inizialmente bloccato ma poi Andrés aveva cercato le sue labbra in un bacio appassionato e lui aveva ceduto, cedeva troppo facilmente si era detto mentre sentiva le mani dello spagnolo accarezzare ogni centimetro di pelle su cui riusciva ad arrivare.

Non sapeva quanto tempo fossero rimasti lì su quel letto a fare l’amore, solo che ad un certo punto la porta si era aperta di scatto rivelando Raquel Murrillo, Rafael e Tatiana, il peggior scenario possibile aveva pensato per un istante.

Tatiana non aveva detto nulla, Rafael aveva detto qualcosa perché lo aveva visto muovere le labbra ma non aveva sentito nulla e poi… poi era andato tutto a puttane. Andrés aveva voltato la testa e aveva detto quella maledetta frase mentre lui voleva solamente sprofondare, non si era mai vergognato tanto in vita sua eppure ne aveva fatte di cazzate.

E allora Tatiana aveva cominciato ad urlare a pieni polmoni.

Un po’ per merito degli anni trascorsi a Palermo, un po’ perché suo nonno aveva cercato di insegnare a tutti i suoi nipoti la sua lingua ma Martìn Berrote si vantava di conoscere un po’ d’italiano, e per questo riuscì a capire anche gli insulti di Tatiana quando la donna passò dallo spagnolo all’italiano per poi alternarli insultandoli in entrambe le lingue. Imprecazioni, implorazioni, maledizioni e grida lo investirono come e peggio di un tir lanciato a tutta velocità e quel che era peggio sapeva che l’altra aveva ragione. Tranne pervertito perché al di là di una o due volte che aveva fatto sesso a tre su quel versante era piuttosto tradizionalista, promiscuo si ma niente cose strane, aveva già abbastanza complicazioni nella vita per preoccuparsi anche dei gusti di chi si portava a letto.

Si morse le labbra per non gemere di fastidio quando Andrés si staccò da lui e cercò qualcosa con cui coprirsi, Tatiana urlava ancora solo che questa volta Rafael e Raquel stavano cercarlo di allontanarla, senza risultati degni di nota però.

<< Signora mia, avete finito o vogliamo continuare fino alla fine dei tempi? >> la riprese Andrés dopo essersi rivestito, anche se si trattava semplicemente di una vestaglia ma almeno era abbastanza decente. Tatiana urlò per l’ultima volta, poi prese il primo oggetto che le trovò e lo scagliò nella sua direzione per poi uscire infuriata dalla stanza, per fortuna aveva una pessima mira.

<< Cosa cazzo facciamo ora? E tu non potevi stare zitto? >> disse mentre cercava i suoi vestiti, quella era la fine per tutti loro.

<< Ci organizzeremo, non preoccuparti. L’educazione è importante mi amor, pensavo di aver educato meglio mia moglie >> fu la replica di Andrés, ed ecco la mentalità medievale che riaffiorava.

<< Ti rendi conto che tua moglie può denunciarci da un momento all’altro? Io non voglio morire bruciato, sia chiaro. >> dichiarò lui, aveva visto abbastanza film sulle streghe per sapere che la morte sul rogo non era il massimo.

<< Non lo farà, Tatiana farà quello che dico >> lo corresse Andrés.

<< Prima, ora non più. E tuo figlio? Potrebbe denunciarti per poter ereditare >> suggerì, le telenovelas a qualcosa dovevano pur servire.

<< Rafael? Davvero consideri mio figlio un problema? >> fu la domanda, ma allora non ne sarebbero mai usciti pensò. Stava per ribattere che Rafael era un problema, eccome se lo era dato che Andrés aveva fatto di tutto per farsi odiare dal proprio figlio quando sentirono bussare alla porta. Raquel Murrillo mise dentro la testa, una mano sugli occhi nel caso fossero ancora nudi, separò l’indice dal resto delle dita per poi entrare e chiudere velocemente la porta.

<< Voi non avete idea di quanto questa scopata ci costerà >> disse a bassa voce. E aveva ragione, eccome se aveva ragione, solo… odiava doverle dare ragione.

<< Moderi il linguaggio, non sta bene che una signora come voi parli in questa maniera >> la riprese Andrés e l’ispectora doveva essere dotata di nervi di ferro per non colpirlo in quel preciso momento si disse lui.

<< Le mie parole sono l’ultimo dei nostri problemi, quando possiamo partire? >> domandò l’ispectora.

<< Non prima di quattro giorni, tre se non mi servirò della magia >> fu la risposta di Andrés, almeno a breve sarebbe tornato a casa.

<< E nel caso ci fosse una denuncia quanto ci vorrebbe perché prendano provvedimenti? >> domandò, doveva sapere quanto tempo avevano. Se si fosse trattato di una settimana non era un problema ma se la mattina seguente si sarebbe ritrovato in carcere voleva saperlo, alla fin fine il loro piano si basava sulle tempistiche.

<< Considero questa ipotesi improbabile ma nel caso dovesse accadere avremmo due giorni. Non ci sono prove e vi ricordo che sono un Grande di Spagna… non possono arrestarmi senza prove >> rispose Andrés, e forse aveva anche ragione.

<< Tu no ma io si, e non voglio finire in prigione perché sono gay! >> ribatté lui.

<< Non finirai in prigione, non lo permetterò >> fu la prevedibile replica, peccato che non fosse così facile.

<< Meglio non fare certe promesse, dobbiamo organizzarci ed essere pronti a fuggire >> intervenne Murrillo, se solo fosse stato così facile.

<< Lasci fare a me e andrà tutto bene >> la rassicurò Andrés e Martìn per un istante si concesse di crederci.

 

***

Madrid, 2019:

 

Sergio Marquina era sicuro che gli stesse sfuggendo qualcosa.

Aveva riferito a Silene della telefonata di Raquel poco dopo che Andrés si era servito dell’incantesimo e la ragazza si era autoinvitata assieme ad Anibal per cena. Ne aveva approfittato per fare qualche ricerca, ossia frugare tra le cose di Martìn per avere maggiori informazioni.

Non che ci fosse poi molto nel computer dell’argentino, qualche foto, uno o due video e l’agenda di lavoro che era invero interessante si era detto, e così ora non solo si veniva pagati per lavorare ma addirittura c’erano degli orari ed erano compresi indennizzi in caso di infortuni, che secolo meraviglioso era quello.

Aveva continuato con i prestiti della biblioteca e aveva cercato documentari su qualsiasi argomento riuscisse a mettere le mani ed era stato così che aveva avuto quell’idea: restare.

Aveva analizzato la situazione, stilato una lista dei pro e dei contro ma non aveva ancora deciso definitivamente.

Nel suo secolo non c’era nulla per lui, la sua posizione era quantomeno ambigua e dipendeva dalla generosità di suo fratello. Andrés non gli aveva mai fatto mancare nulla e così Rafael ma non erano sufficienti e riteneva di aver complicato fin troppo la loro vita, se erano finiti in quel pasticcio era pur sempre colpa sua. Se fosse tornato poteva sempre partire per le Americhe e sperare di potersi creare la propria fortuna da solo ma da quello che aveva letto sarebbe stato quasi impossibile e niente gli assicurava che non sarebbe morto di febbre tropicale o ucciso da qualche indios, il film di quel regista australiano lo aveva visto e…. maledetti senzadio aveva pensato durante la visione, per fortuna poi il signor Cortez gli aveva fatto passare la voglia di praticare sacrifici umani.

 Se invece fosse rimasto avrebbe potuto tranquillamente costruirsi una nuova identità e soprattutto nessuno lo avrebbe malgiudicato perché figlio di un matrimonio morganatico, quel secolo ne ignorava persino il concetto stesso. E in quel secolo c’era Raquel, quando sarebbe tornata, ovviamente.

Raquel era una donna determinata, forte e senza alcun timore pur avendo affrontato qualcosa che avrebbe distrutto donne meno coriacee di lei, frequentarla per bene doveva essere assolutamente piacevole e per quel che riguardava sua figlia Paula… beh, era stato uno zio eccellente e poteva provare ad essere un patrigno discreto.

Per quella cena non aveva preparato molto, Silene si era presentata da lui con del cibo cinese che avevano mangiato tutti e tre in silenzio, e così gli abitanti del celeste impero mangiavano quel tipo di cibo.

Finito si era occupato di riordinare e poi Silene aveva detto quel che pensava della questione.

<< Non avrebbe potuto contattarvi, a meno che… >> aveva detto prima di farsi distrarre dai propri pensieri.

<< Invece è accaduto, a quanto pare l’esperimento di Martìn ha avuto successo >> dichiarò lui.

<< O quell’esperimento ha avuto più successo del previsto o c’è sotto qualcosa >> disse la ragazza pensierosa.

<< Come sarebbe a dire? >> le domandò Anibal che era indubbiamente quello più curioso.

<< Il cellulare avrebbe potuto funzionare ma un oggetto simile non può violare lo spazio tempo da solo, tantomeno dopo essere stato ricaricato in quella maniera. Serve qualcosa di più potente, come la magia >> spiegò lei. Magia, questo spiegava qualcosa in effetti si disse Sergio ma poneva altri interrogativi: chi aveva usato la magia? Era stato un caso? Tatiana allora sapeva tutto? O Rafael? O forse Raquel ma Raquel fino al loro incontro non sapeva nulla della magia.

<< Quindi è stato suo fratello? >> domandò Anibal indicandolo.

<< Impossibile, io e Andrés abbiamo scoperto della telefonata nello stesso momento, nemmeno lui ha saputo darsi una spiegazione che escludesse la magia >> ammise lui.

<< Tuo fratello è uno stregone per diritto di nascita, ci sono intere famiglie in cui uomini e donne sanno padroneggiare la magia e questa si tramanda di generazione in generazione. E poi ci sono quelle come me: che sviluppano la magia per scelta, o per vocazione. La magia pervade questo mondo, noi impariamo solamente a servircene e possiamo insegnarla ad altre persone, solamente donne perché quel tipo di magia è innata nelle donne. Può essere trasmessa grazie al sangue, credo sia un gene o qualcosa di simile, nel caso degli uomini ma per le donne è innata, basta trovare qualcuno che possa insegnartela >> rivelò loro Silene.

Andrés aveva appreso la magia dalla loro madre e Sergio era sicuro che stesse pensando di insegnarla a suo nipote saltando Rafael ma forse avrebbe potuto insegnarla a Tatiana. Se quello che Silene aveva detto allora Raquel doveva essersi servita della magia senza rendersene conto. L’esperimento di Benjamin Franklin aveva riportato in vita il telefono ma era stata la magia a permettere loro di chiamare il duemila diciannove.

<< E potrebbe accadere che una donna si serva della magia senza saperlo? Come se fosse istintivo? >> domandò lui.

<< Potrebbe. Accade più spesso di quanto non si creda, semplicemente spesso vengono scambiate per coincidenze ma accade >> spiegò loro Silene.

<< Questo spiega quello che è accaduto ma… oh mio dio >> disse prima di portarsi le mani alla bocca, aveva avuto un’epifania.

Sapeva di aver sbagliato a leggere il diario di Carlos de Fonollosa ma c’era qualcosa che non coincideva con il resto delle sue conoscenze e si era chiesto a lungo cosa potesse essere. Poi con tutto quello che era accaduto se n’era dimenticato fino a quella sera quando gli era tornato in mente quasi per caso.

La data. Carlos aveva scritto di aver visto suo nonno e di avergli parlato ma la data che citava…oh dio, cosa aveva combinato.

<< Carlos de Fonollosa ha scritto di aver parlato con suo nonno al decimo anniversario del “nostro imperatore” ma è impossibile. Carlo I è diventato imperatore proprio nel millecinquecento diciannove e Rafael si sposerà dieci anni dopo, anche se ipotizziamo che sia divenuto subito padre è impossibile che un neonato possa ricordare una conversazione, e che mio fratello si prenda il disturbo di parlare con un neonato. A meno che mio fratello non si sia servito della magia e… che idiota >> rivelò lui sperando che gli altri capissero quello che voleva dire.

<< Non avrei dovuto dirtelo ma … lo ha fatto, e non per la prima volta >> intervenne Silene divertita.

<< Fatto cosa? Cosa mi sono perso? >> domandò perplesso Anibal.

<< Suo fratello ha imparato ad utilizzare la magia temporale. Ha imparato così bene da saltare nel tempo in compagnia di Martìn. Deve essersi recato a visitare suo nipote quando questi poteva ricordarsi di lui… così come ha fatto con me. Non so come lo sapesse ma ho visto lui e Martìn a Lisbona, tre anni fa mentre ero con il mio ex… solo che il ricordo è apparso nella mia mente quando siete venuti a casa mia, o meglio… è apparso modificato >> spiegò loro Silene.

<< Sapevamo che Andrés avrebbe padroneggiato l’incantesimo temporale ma credevo che avrebbe mandato quel messaggio… a breve, invece ora non sappiamo quando lo manderà >> fece notare lui. Quindi suo fratello e Martìn avrebbero saltellato nel tempo chissà quanto a lungo, e chissà i danni che avrebbero causato senza volerlo, e volendolo.

<< E… lo spazio tempo non corre dei rischi? >> chiese Anibal, era davvero un ragazzo intelligente pensò lui, anche se al momento aveva altre preoccupazioni.

<< Non credo, la magia temporale esiste da sempre e se siamo ancora tutti vivi vuol dire che lo spazio tempo non ha avuto dei danni… o almeno non danni permanenti >> dichiarò Silene anche se lui cominciava ad avere dei dubbi. Chissà quanti stregoni avevano cambiato il corso degli eventi, quante streghe avevano piegato il corso della storia alle proprie esigenze, chissà quante volte la linea temporale era stata alterata, forse in maniera irreversibile senza che loro lo sapessero.

Non era il momento di pensare a tutto quello, ora doveva solo attendere ma quell’attesa stava per diventare ancora più snervante.

<< Quando torneranno prenderò Raquel sotto la mia ala, ho sempre sognato di avere un’allieva >> ridacchiò Silene prima di baciarlo sulla guancia e poi baciare Anibal sulla bocca, tutto quello era assurdo, sfidava ogni regola del buon senso eppure stava accadendo sotto i suoi occhi pensò Sergio.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** octavo capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa





Toledo, 1519:

 

Se avesse saputo che la situazione sarebbe peggiorata così tanto in così poco tempo Martìn Berrote sarebbe stato più fermo nei suoi propositi.

Che la sua vita sessuale un giorno gli avrebbe presentato il conto era qualcosa a cui aveva sempre pensato, e che Mirko e Agata, specialmente Agata, gli ricordavano spesso, ma mai avrebbe pensato che sarebbe avvenuto in quella maniera. Se l’avesse saputo sarebbe stato più discreto, avrebbe resistito di più alle pressioni di Andrés invece di implorarlo con gli occhi di scoparlo ancora e ancora.

L’atmosfera era rapidamente peggiorata a palazzo Fonollosa ma né Tatiana né Rafael avevano detto nulla sul perché. La servitù lo trattava come sempre ma per la famiglia che ci fosse o meno un servo appariva indifferente, erano come dei gadget di cui servirsi all’occorrenza, ora il discorso di Rafael su i suoi dubbi sulla presenza di un’anima nella servitù erano compressibili: ci credeva sul serio. Aveva sentito Sergio farsi domande sulla soglia di dolore dei neri, quel nerd gli aveva persino citato dei testi secondo cui gli africani non provavano dolore…. Non c’era da sorprendersi se tutta la famiglia, Sergio compreso, fosse formata da classisti di prima categoria.

Tatiana e Andrés non si erano più parlati ma ogni volta che entrava in una stanza la rossa lo guardava e quello sguardo non gli piaceva per niente, era quello di un lupo che si domanda se quel giorno mangerà due volte al giorno e come fare per poterne aggiungere una terza, metafora migliore non gli veniva in mente.  Si era chiesto perché non lo avessero denunciato e non aveva creduto nemmeno per un momento alla spiegazione di Andrés secondo cui non avrebbero mai osato denunciarlo.

Lui invece era sicuro del contrario e aveva i suoi motivi, assolutamente più sensati di un blando “perché lo dico io”. L’unico ostacolo per i due colombi era proprio Andrés, tolto lui dell’equazione quei due erano liberissimi di replicare un film porno e poter vivere in pace la loro storiellina d’amore o quello che era. E una denuncia per sodomia era esattamente quello di cui avevano bisogno, anzi… era perfetta. Una condanna per sodomia era la ciliegina sulla torta, un marito gay che quindi non poteva aver avuto rapporti con Tatiana, per quel che riguardava Ariadna era sicuro che in cambio di qualche moneta la ragazza avrebbe giurato di essere intatta come la Vergine Maria, una moglie insoddisfatta e un figlio volenteroso… nessuno si sarebbe stupito se si fossero messi insieme, la vedova affranta e il povero orfano. Rafael però non avrebbe osato andare così in là, se fosse stato dichiarato illegittimo, perché appurato che suo padre era gay era difficile che fosse il suo padre biologico, avrebbe perso tutto.

Per come la vedeva lui erano in pericolo e dovevano fuggire il prima possibile, tutti e tre, e solo dopo servirsi dell’incantesimo. Una volta tornati nel presente avrebbero potuto prendere un treno, un uber o chiedere ad Agata di venire a prenderli, prima ancora di tornare nel duemila diciannove la cosa più importante era fuggire da Toledo.

Raquel Murrillo era oltremodo furiosa con entrambi, e ne capiva il motivo ma anche lei doveva capire lui. Non aveva mai provato nulla di simile per nessuno in tutta la sua vita e il pensiero che questa volta avessero davvero i giorni contati non smetteva di tormentarlo, voleva tutto, subito e non voleva rinunciarci. Era egoista? Era egoista? Certo che si ma meritava anche lui un briciolo di felicità, o no?

Aveva trascorso la sua prima notte senza Andrés dal suo arrivo nel secolo decimosesto e sebbene sapesse che era la cosa migliore da fare non era riuscito a prendere sonno. Si era rigirato per tutta la notte nel letto immaginando gli scenari peggiori ed era crollato poco prima dell’alba solamente perché il suo corpo era giunto al limite.

Era sicuro di non poter reggere un’altra notte in quella maniera ma non potevano vedersi, sarebbe stato troppo rischioso anche se il solo pensiero delle mani dello spagnolo su di sé bastava a farlo eccitare. Ripensare a tutto quello che avevano fatto prima di essere scoperti gli faceva male ma la sua mente tornava sempre a quello, era ufficiale: era innamorato come e peggio di un liceale alla prima cotta.

<< Rafael, entro il prossimo mese raggiungerai la corte dell’imperatore in Germania, ti scriverò una lettera di raccomandazione e ti imbarcherai da Santander per sbarcare ad Anversa >> comunicò Andrés. E quindi era quello il momento pensò. Sapeva che Rafael sarebbe andato in Germania, che ne sarebbe tornato con una moglie, o forse la moglie gli era arrivata per corrispondenza come un pacco di Amazon?

Era però sicuro che sarebbe accaduto dopo, molto dopo, dieci anni dopo se ricordava bene. Andrés stava cercando di forzare il tempo e sebbene ne capisse il motivo era sicuro che non avrebbe portato nulla di buono, nei film ogni volta che qualcuno provava a cambiare le cose finiva sempre male, sempre.

<< Non conosco il tedesco, datemi almeno qualche mese per imparare, e se non volessi andare? >> domandò Rafael, quella si che era una variazione dal tema notò Martìn, lo sguardo sorpreso di Andrés era una meraviglia, se solo avesse avuto il suo cellulare carico.

<< Tu andrai perché io lo voglio, e spero di non doverlo ripete, Martìn qui presente conosce il tedesco e prima della partenza ti darà delle lezioni >> fu la risposta, e non prometteva nulla di buono.

<< Ritengo di dover dissentire, e non intendo prendere lezioni dal vostro amasio, con tutto il rispetto pretendo un vero insegnante che non provi a mettermi le mani addosso >> replicò Rafael. Ne aveva sentiti di insulti in vita sua, sia per le sue origini argentine che per la sua omosessualità, ma quel termine era nuovo si disse Martìn, doveva appuntarselo e poi discuterne con Mirko in proposito, assolutamente. Quello che lo sorprese fu la reazione di Andrés a quelle parole, o per meglio dire a ciò che implicavano. Che tra padre e figlio non corressero buoni rapporti era chiaro, che Andrés avesse alzato le mani in passato era palese ma mai si sarebbe aspettato un ceffone, lì, davanti a tutti loro e ad un ragazzo che ormai era un uomo… nemmeno suo padre aveva mai osato picchiarlo una volta che era diventato maggiorenne, e ora…oh cazzo, quello complicava tutto.

<< Ragazzino ingrato, ma con chi credi di parlare? Io ti ho dato un’opportunità e tu mi ripaghi così? Maledico il giorno in cui tua madre morì dandoti alla luce, non era lei che doveva morire ma tu, miserabile ingrato >> e … quello era pesante, assolutamente inappropriato e si sentiva di troppo.

<< Con chi credo di parlare? Con un depravato che stanco di concupire ogni donna del circondario ha deciso di passare agli uomini, ma prenderò provvedimenti, statene certo mio signor padre >> replicò Rafael prima di alzarsi, esibirsi nella parodia di un inchino e lasciare la stanza. Era la fine, se davvero li avesse denunciati erano finiti.

<< Non avreste dovuto, non davanti a degli estranei >> intervenne Tatiana, quanto odiava quel genere di atteggiamento pensò Martìn, si ma non in pubblico, i panni sporchi si lavano in casa e via dicendo, aveva sempre odiato quell’ipocrisia piccoloborghese.

<< Signora, occupatevi di quel che vi riguarda >> fu la risposta, se solo avesse saputo si disse… se solo Andrés avesse saputo.

<< Con tutto il rispetto ma si tratta della famiglia e mi riguarda >> replicò la donna mentre lui e l’ispectora cercavano di farsi piccoli piccoli.

<< Se lo desiderate vi dirò esattamente quello che penso di questa situazione >> stava per finire male, se lo sentiva.

<< Lo desidero, lo desidero eccome >> oh dios, era la fine.

<< Perdonate la mia franchezza, signora. Dovete capirmi, mi ritrovo con un ragazzino viziato e arrogante che a quanto sembra ho cresciuto come un ingrato e che è la mia più grande delusione, e voi… oh voi. Siete qui per fare figli e siete sterile! Tutti si aspettano che voi crepiate! >> ecco, ecco la scena madre… nella successiva il boia avrebbe lanciato al torcia nel rogo. Anni e anni di frasi non dette, di reprimende a mezza voce e occhiate falsamente gentili erano appena evaporate. Andrés gli aveva sempre detto che odiava l’idea di avere figli, che Rafael era nato unicamente per senso del dovere e probabilmente aveva fatto quel discorso anche a Tatiana, eppure in quel momento l’accusava proprio di essere sterile, un controsenso. O forse no… in un’epoca in cui si facevano dai sei ai dieci figli, senza contare quelli nati fuori dal matrimonio, averne solamente uno doveva essere un disonore, specialmente quando si ignorava la contraccezione. Ad Andrés doveva essere piaciuto che Tatiana non restasse incinta ma forse col tempo quell’idea aveva smesso di piacergli, in quanto a tutte le sue tresche… forse si, forse no. Forse nelle campagne di Toledo c’erano tantissimi fratellini di Rafael, o forse le contadine si erano occupate da sole della questione, era però evidente che quel tacito accordo non funzionava più, forse non aveva mai funzionato.

Non lo seppe perché Tatiana si alzò di scattò, rivolse loro uno sguardo incendiario e lasciò di corsa la stanza senza dire una parola, e quello non era un buon segno.

Lui e Tatiana si guardarono ma non ebbe il tempo di dire nulla che anche Andrés se n’era andato nella direzione opposta a quella di sua moglie.

Quella sarebbe stata una lunga notte, e forse l’ultima che avrebbero passato a Toledo visto quello che era appena accaduto.

 

***

 

Tutto quello era assurdo.

Come osavano andare contro di lui? Come si permettevano di credersi suoi pari? Dopo tutto quello che aveva fatto per loro era così che lo ripagavano quegli ingrati? Che Rafael fosse una delusione era per lui un fatto acclarato ma quello… quella era sedizione, ribellione assoluta nei suoi confronti e doveva reprimerla il prima possibile. Una parte di lui era orgogliosa che Rafael gli avesse tenuto testa ma quello che avvertiva in quel momento Andrés de Fonollosa non era orgoglio bensì una profonda umiliazione mista a delusione. Aveva organizzato tutto in anticipo rispetto a quanto aveva scoperto e suo figlio rifiutava un’opportunità del genere? Era una follia, era sedizione pura e tradimento. Suo figlio non aveva capito, e come poteva? Come poteva capire la profondità e l’intensità dell’amore che lo univa a Martìn, come? Il solo pensiero che avesse sporcato quel sentimento così puro servendosi di quella parola, che lo avesse travisato… se solo gli fosse capitato tra le mani lo avrebbe colpito ancora, ancora e ancora.

Per quel che riguardava Tatiana forse aveva esagerato ma anche lei lo meritava. Non aveva mai voluto dei figli, l’idea di una famiglia numerosa gli dava la nausea, tuttavia… perché in tanti anni di matrimonio lei non gli aveva dato un figlio?

La madre di Rafael ci era riuscita dopo appena un anno di matrimonio mentre lui e Tatiana erano sposati da oltre dieci anni e non era avvenuto nulla. Non le aveva mai chiesto come ci riuscisse, se fosse davvero sterile o se avesse fatto ricorso alle arti delle contadine ma ora che ci pensava tutto quello era strano. Era sicuro che non ci fossero mancanze da parte sua, assolutamente, ma ora che ci pensava tutto quello era bizzarro e contribuiva maggiormente a farlo infuriare.

Non aveva mai alzato la voce con lei ma… non si sentiva più a suo agio in sua presenza e non solo perché Tatiana lo aveva sorpreso con Martìn ma perché sia lei che Rafael si stavano comportando diversamente dal previsto e lui odiava quel genere di sorprese. Sergio avrebbe saputo cosa fare, era molto più diplomatico di lui, dotato di maggiore pazienza e avrebbe saputo cosa dire, o avrebbe dissentito in toto, non sapeva dirlo.

Era consapevole di essere sul ciglio di un abisso, che i due avrebbero potuto denunciarlo ma non avrebbero osato. Era un duca e un Grande di Spagna, quei due dipendevano dalla sua benevolenza e non avrebbero ami osato fargli quello, mai!

<< Io spero che tu ti renda conto di come hai peggiorato la nostra situazione >> gli disse una voce che lo fece voltare di scatto. Martìn lo stava osservando, Carmen aveva splendidamente riadattato gli abiti di Sergio per lui e non lo aveva mai trovato così bello, una visione e solo per lui. Rimase sorpreso dal modo in cui l’altro lo guardava, quegli stessi occhi che aveva osservato timorosi, arroganti, innamorati e pieni di lussuria in quel momento lo scrutavano preoccupati, come se l’altro aspettasse di vedere la sua reazione per decidere come comportarsi… come se avesse paura di lui! Ma quello era impossibile, non avrebbe mai fatto del male a Martìn, aveva organizzato tutto quello proprio per legarlo a sé, possibile che l’altro ora avesse paura di lui?

<< Ho fatto quel che dovevo fare >> si limitò a rispondere.

<< Forse hai ragione ma ci hai messo tutti in pericolo. Ti denunceranno alla prima occasione e il motivo lo sai >> lo rimproverò Martìn. Ne era perfettamente consapevole, ma non avrebbero osato, nessuno dei due.

<< Non oseranno, entro due giorni sarò in grado di eseguire l’incantesimo temporale e saremo tutti nel suo tempo >> rispose.

<< Oseranno eccome, ti hanno beccato mentre scopavi con un uomo… ai loro occhi sei sacrificabile >> replicò Martìn prima che lui si avvicinasse, tutta quella situazione stava diventando sempre più complicata.

<< E cosa dovevo fare? Dimmelo tu >> disse quando furono abbastanza vicini da potersi baciare ma abbastanza lontani da lasciare all’altro l’iniziativa.

<< Non avremmo dovuto scopare come conigli in calore tanto per cominciare, e avremmo dovuto trovare un angolo più discreto >> fu la risposta.

<< Questa è casa mia e faccio quel che voglio, posso convertire questa famiglia al giudaismo senza che nessuno mi si opponga >> replicò lui. Quella era casa sua, era lui che comandava e sua moglie e suo figlio pensavano di ribellarsi… era stato via troppo a lungo.

<< Ci sono dei limiti, e li abbiamo superati. Dovremmo andarcene, domani o al massimo entro due giorni… conosci un luogo dove possiamo nasconderci per una notte? Non hai una garçonnière come tutti i nobili come te? >> gli propose Martìn. Un luogo dove nascondersi. C’era in effetti un luogo ma non era prudente, non vi si recava dai tempi del suo secondo matrimonio e avrebbe dovuto avvisare la servitù, avrebbero perso tempo e sarebbe stato troppo tardi. No, avevano bisogno di un posto ma non subito, non avrebbe lasciato casa sua come un popolano qualsiasi, non lui.

<< Ci sarebbe un luogo ma non ci vado dalla morte della mia seconda moglie, nascerebbero troppe domande se improvvisamente decidessi di andarci. Dormire sotto le stelle non ha mai ucciso nessuno >> replicò lui, l’idea non era pessima e poteva avere dei risvolti positivi.

<< L’umidità si, saranno quindici anni che non vado in campeggio >> replicò, e ora di cosa parlava?

<< Sai che non capisco la metà di quello che dici, vero? >> domandò prima di unire le loro labbra. Non era sicuro di preferire gli uomini ma era sicuro di una cosa: amava Martìn, di un amore profondo, viscerale e totale e avrebbe fatto di tutto pur di tenerlo legato a sé, di tutto. Martìn ricambiò quasi all’istante il bacio e gli venne spontaneo stringerlo a sé, le regole dei comuni mortali non valevano per lui, come si permettevano dei plebei di giudicare le sue azioni e di criticare le persone che amava?

<< Ne sono perfettamente consapevole, per fortuna non abbiamo bagaglio >> gli fece notare Martìn.

<< Dovremmo cercare di avvicinarci il più possibile a Madrid, almeno non sprecherò energie per trasportarci fino a lì, a cavallo ci vorrebbe un giorno ma visti i tuoi risultati… in due giorni dovremmo essere arrivati >> annunciò e vide l’altro alzare gli occhi al cielo. L’amore rendeva pure ciechi ma era palese che né Martìn né l’ispectora Murrillo erano abili cavalieri, lei compensava con una certa tenacia ma lui… meglio di no, assolutamente.

<< Due giorni… come vuoi, poi possiamo chiamare Agata o Daniel per farci venire a prendere, prendere un treno, un taxi, un uber, persino un pullman >> propose Martìn, tutto quello era troppo per lui.

<< Come desideri, entro due giorni i miei poteri mi permetteranno l’incantesimo temporale >> gli ricordò

<< Funzionerà? >> domandò l’altro, e ora cos’era quella mancanza di fiducia?

<< Funzionerà, deve funzionare >> rispose lui prima di baciarlo una seconda volta, doveva funzionare e avrebbe funzionato.

 

Madrid, 2019:

 

Sergio Marquina sapeva subito cosa andava fatto.

Per quel motivo aveva subito chiamato Silene e Anibal, i quali erano impegnati perché quel giorno Silene aveva due clienti. Aveva quindi chiamato Alicia Sierra la quale si era precipitata subito con la bambina. Non aveva ben chiaro cosa volesse dire “congedo per maternità” ma la donna sembrava approfittarne appieno.

Proprio per quel motivo ora si ritrovava con Alicia Sierra sul divano di Martìn, la piccola Victoria che lo osservava curiosa in braccio a sua madre e una ciotola piena di caramelle e cioccolato da cui Alicia attingeva senza vergogna.

<< Spiegami bene, Raquel sta per tornare… dal passato >> disse Alicia prima di mutilare l’ennesimo orsetto di cioccolato.

<< Esatto, entro due giorni, forse prima, mio fratello effettuerà un incantesimo temporale per riportare sé stesso, Raquel e Martìn in questo secolo >> spiegò lui.

<< Sei cosciente che è passato un mese da quando tuo fratello sarebbe partito? >> chiese Alicia prima di fare le virgolette con le mani, quanto odiava quel gesto.

<< Il corpo umano funziona come un conduttore di magia, una volta utilizzata bisogna recuperarla e più forte, e nuova, è la magia e più tempo ci vuole >> dichiarò, aveva studiato la teoria per anni, a qualcosa doveva pur servire.

<< Tuo fratello è una batteria ricaricabile in due parole >> disse Alicia divertita. Non era un paragone di cui si sarebbe servito ma si, per certi aspetti Andrés e Silene erano due batterie ricaricabili, di potenzia diversa ma simili se doveva continuare con quel paragone.

<< Si, in un certo senso si. Ora, mio fratello si è servito per la prima volta della magia temporale per portarci qui, e ha avuto bisogno di tre mesi per tornare al massimo della sua potenza. Poi ha spedito Martìn e Raquel per dei motivi che non posso spiegarvi, e sono due mesi, ora è andato anche lui e ha avuto bisogno di un mese, sarebbe stato opportuno attendere qualche giorno perché dovrà portare due persone con sé ma dovrebbe riuscirci >> le spiegò meglio. Probabilmente sarebbero rimasti nel terzo millennio per un altro mese anche se… si stava complicando tutto.

Lui e Andrés non ne avevano mai realmente parlato ma più tempo passava lì e più il pensiero di Toledo, di casa, diventava remoto e sempre più simile a un miraggio. A casa lui aveva un suo ruolo ma era un ruolo creato appositamente per lui, in quel secolo poteva essere chi era e nessuno avrebbe fatto caso alle sue origini.

Avrebbe dovuto parlarne ma temeva di deludere suo fratello, Andrés avrebbe dovuto rinunciare a Martìn e non voleva che si ritrovasse da solo. Ora, non sarebbe stato solo perché c’erano Tatiana e Rafael, e Ariadna e chissà quante altre serve pronte ad accoglierlo, ma esclusi i sei anni di servizio a corte non erano mai stati separati e anche allora si scrivevano.

Da un lato voleva fare di testa propria ma dall’altro il vincolo familiare era sempre stato importante per loro. Ne avrebbero parlato, dovevano assolutamente parlarne. Probabilmente Andrés poteva venire a visitarlo quando si sarebbe recato a trovare Martìn, anche se aveva la sensazione che suo fratello avrebbe finito per saltellare nel tempo, e quello non andava bene.

Alicia stava per dire qualcosa quando sentì suonare: Silene a Anibal.

A quanto sembrava i tre si conoscevano già, non sapeva come ma Alicia si comportava come se li conoscesse, specialmente Anibal ma nessuno dei tre sembrava desideroso di elargire spiegazioni sull’argomento.

<< Vi ho invitati qui perché ho delle novità, avviserò in serata Agata e Mirko ma ritenevo opportuno comunicarvele a quattr’occhi >> cominciò lui. Quella novità non gli piaceva per niente ma doveva pur comunicarla, e forse la situazione stava finalmente migliorando.

<< Ieri sera fa ho ricevuto un sms… da Raquel >> svelò lui prima di mostrare a tutti il cellulare questo significava solo una cosa: qualcuno si era servito della magia, e quel qualcuno era suo fratello. Ciò significava altri giorni persi perché sebbene meno complicata della magia temporale applicata a persone viventi si trattava pur sempre di magia temporale.

<< Quindi siete in grado di comunicare? E perché non ha provato a contattare me, o Marivì? Paulita? persino quello stronzo di Alberto? >> domandò Alicia, se solo fosse stato così facile pensò lui.

<< Non sono in grado di comunicare, si tratta di magia >> spiegò Silene.

<< Ossia? Spiegati, brunetta >>

<< Magia temporale, non si tratta solo di attivare un cellulare, quello lo hanno già fatto, o di inviare un sms o un messaggio WhatsApp, ma di farlo viaggiare attraverso lo spazio - tempo, e per quello serve la magia >> illustrò Silene.

<< Quindi solo una strega può farlo? >>

<< Tutte le donne sono streghe in potenza a differenza degli uomini che lo sono solamente se figli di una strega. La magia si trasmette di generazione in generazione, spontaneamente o può essere appresa >> spiegò Silene, e questo lui già lo sapeva.

<< E questo cosa vorrebbe dire? >>

<< Che mio fratello si è servito della magia, ritardando così il loro ritorno. Parlo di un giorno o due ma ci sarà comunque un ritardo >> li informò lui.

<< Non è detto, potrebbe essere stata Raquel… l’ispectora Murrillo >> intervenne Anibal. Poteva ma era impossibile ragionò lui, Raquel non era una strega, non aveva mai ricevuto alcun insegnamento e se anche fosse stato così non sarebbe stata in grado di eseguire un incantesimo temporale di quella portata.

<< Raquel una strega? >> domandò Alicia curiosa.

<< È un’ipotesi che dobbiamo tenere in considerazione, già una volta si sono messi in contatto con noi, e la magia spesso è spontanea. Le streghe che hanno scoperto di esserlo a causa di magia spontanea hanno raccontato di essere state in grado di lanciare incantesimi potentissimi all’inizio. Questo perché il potere deve stabilizzarsi e testa le sue capacità, quindi si… è possibile che senza saperlo l’ispectora si sia servita di magia temporale >> rivelò loro Silene.

<< Quindi potrebbe non saperlo? >> domandò lui.

<< Se lei e Martìn la prima volta hanno pensato di esserci riusciti tramite quell’esperimento si, quando torneranno la prenderò sotto la mia ala, non sono la migliore ma sono quella più vicina a lei, un’altra strega di un certo livello abita a Bilbao, e mi sembra che una più potente di me abiti a Siviglia o a Valencia >> rivelò Silene.

<< E questo cosa vuol dire? >> domandò Alicia poco prima che Victoria iniziasse a piangere.

<< Che arriveranno a breve, sappiamo che lasceranno Toledo domani ma a piedi… non saprei di quanto tempo avranno bisogno >> rispose lui, se era vero forse a breve tutto si sarebbe risolto.

<< Dovremmo andare a prenderli, o comunque sapere dove si trovano, per fortuna tra wii fii e reti normali non sarà un problema >> chiosò Anibal con un sorriso ingenuo.

<< C’è un altro problema, o hanno nascosto i loro abiti o se qualcuno li vedrà penserà che facciano parte di una qualche rievocazione, e sto pensando positivo >> fece loro notare Alicia, e in quello aveva ragione.

<< Penseremo anche a quello, per il momento direi che possiamo pranzare… controllo il frigo o ordino da asporto? >> domandò loro Anibal.

<< Asporto, domani faccio la spesa, ora chiamo Daniel e Monica e li avviso, hanno il diritto di sapere >> disse lui, tutto quello era assurdo ma almeno erano giunti all’atto finale.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Noveno capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa


 

La campagna attorno Toledo, 1519:

 

Non era mai stato tipo da escursioni, lunghe passeggiate o altro, questo Martìn Berrote lo aveva sempre saputo.

Quando era ragazzino osservava con autentico terrore il momento in cui suo padre cominciava a preparare l’attrezzatura da montagna in quanto per l’uomo era importante che i suoi figli imparassero a cavarsela da soli in ambienti ostili. Aveva odiato ognuno di quei week end trascorsi a scalare montagne o a camminare per ore nella selva, Roberto superstar da figlio devoto chiudeva la fila in rispettoso silenzio e mai aveva detto qualcosa.

Non appena aveva lasciato definitivamente l’Argentina aveva smesso di sottoporsi a quella tortura, era andato in campeggio a malapena due volte e solamente perché Agata e Mirko lo avevano assillato per mesi, quel genere di cose non facevano per lui e non aveva mai avuto paura di dirlo.

Forse anche per quello dopo due ore e mezza cominciava ad avere il fiatone.

L’ispectora si era finalmente liberata delle gonne e camminava spedita ma mai un passo di troppo, Andrés invece aveva lo stesso ritmo di quando erano partiti. Lento, metodico, osservandolo Martìn era sicuro che l’altro avrebbe potuto tranquillamente attraversare l’Europa a piedi, era proprio vero che un tempo si camminava di più.

Si erano incontrati quella mattina e dopo una colazione veloce preceduta dalla solita messa si erano organizzati, a sentire Andrés non li avrebbero cercati per mezza giornata e se anche Tatiana li avesse denunciati non avrebbero avuto problemi. Di fronte al suo volto terrorizzato, finire flambé non era mai stato nei suoi propositi, lo spagnolo gli aveva spiegato che andare in direzione di Madrid era illogico: chi fuggiva dall’Inquisizione o dai soldati del re solitamente tentava di raggiungere la frontiera portoghese, quella con la Navarra o i due porti principali per provare ad imbarcarsi. Siviglia e Santander erano le mete più probabili ed era lì che li avrebbero cercati, secondo il suo piano originario lui e Sergio dovevano proprio imbarcarsi a Siviglia; andare fino a Madrid era una mossa a cui non aveva mai pensato nessuno, e per capirlo bastava guardare una cartina… e prima bisognava trovare Madrid su una cartina.

Murrillo era quindi intervenuta dichiarando che Madrid era stata pensata come capitale proprio perché si trovava nel centro del paese, il centro perfetto. A suo parere era l’ennesima prova che gli europei erano degli idioti ma meglio non esternare il proprio pensiero, l’occhiata che aveva lanciato agli altri due era già abbastanza, già era poco ferrato nella storia del suo paese, figurarsi se conosceva quella europea all’infuori di qualche elemento di cultura generale.

Navarra… aveva avuto bisogno di qualche domanda per capire che effettivamente tra Francia e Spagna era davvero esistito il regno di Navarra, il quale sarebbe stato inglobato dalla Francia quando Enrico IV sarebbe succeduto al cugino Valois, o meglio la Navarra aveva assorbito la Francia essendo il guascone già re di Navarra aveva fatto notare l’ispectora facendolo sghignazzare.

A onor del vero doveva ammettere che il paesaggio era fantastico, quelle alte foreste che aveva visto solamente in Inghilterra e in Scandinavia, il sole per fortuna non era troppo forte anche se era primavera inoltrata e tutto stava andando per il meglio, ne era sicuro.

<< Ho solo una domanda, come faremo ad avvisare gli altri del nostro arrivo se l’incantesimo rischia di friggerci i cellulari? >> fece notare quando secondo i suoi calcoli erano già le due di pomeriggio e sognava solamente di potersi stendersi e dormire per due giorni di seguito.

<< Tutto a suo tempo mi amor, tutto a suo tempo >> fu la risposta. Non cominciò a litigare semplicemente perché non ne aveva le forze ma la litigata era solamente rimandata.

<< Ho mandato un messaggio a Sergio, sa dove stiamo andando >> spiegò loro Raquel, quindi la batteria del cellulare ancora reggeva pensò lui.

<< E lo ha fatto da sola? >> domandò Andrés con una nota di curiosità nella voce che lo spiazzò.

<< Certo, ero sicura che fosse scarico ma ha funzionato. E poi si è scaricato definitivamente >> spiegò loro l’ispectora. Quello che lo sorprese fu la risata di Andrés, ora si ritrovava con un compagno impazzito, perfetto… assolutamente perfetto.

<< La tecnologia potrà anche riattivato il vostro aggeggio ma non può viaggiare nello spazio tempo >> dichiarò Andrés, e questo cosa significava?

<< Cosa vuol dire? >> domandò Murrillo.

<< Che voi vi siete servita della magia >> rivelò Andrés lasciandolo senza parole. Magia, Raquel era una strega e lui doveva scoprirlo il suo ultimo giorno nel cinquecento? Quante volte avrebbe potuto rendersi utile invece di non fare niente? Aveva dovuto allentarle il corsetto per settimane intere quando poteva tranquillamente farlo con un incantesimo?

<< Io non sono una strega… lo saprei se lo fossi, no? >> domandò Raquel meravigliata.

<< La magia nelle donne è innata, la prima in famiglia ad avere manifestato coscientemente, come amate dire voi, la magia è stata la nonna di mia madre. Questo non vuol dire che altre donne della famiglia non avessero già sfruttato i loro poteri senza tuttavia esserne a conoscenza. La magia si trasmette negli uomini solamente di madre in figlio, motivo per cui molte streghe fanno sposare i propri figli con le loro allieve, secondo il calcolo delle probabilità è altamente probabile che il figlio nato da tali unioni riesca a padroneggiare la magia >> spiegò loro Andrés. Ecco perché lui era uno stregone si disse Martìn: sua nonna o sua madre dovevano aver attentamente controllato tra le famiglie di streghe, ovviamente famiglie appartenenti all’aristocrazia, eugenetica nel suo stadio più puro.

<< Insomma sei stato selezionato come si fa per i cani e i conigli >> dichiarò lui cercando di non ridere.

<< Preferirei “come un destriero” ma il paragone è esatto, io ho fatto lo stesso con la mia prima moglie e Rafael farà anche lui così: ci sarà in Germania qualche strega di buona famiglia >> fu la risposta, buona famiglia stava ovviamente per “aristocratici” e non per una brava famiglia di ceto medio, sperare in quello era troppo.

<< Quindi la futura nuora deve essere: tedesca, strega, aristocratica e… cos’altro? Bionda con le trecce? Con l’accento? Capace di fare il saluto hitleriano? >> domandò Raquel prima di battere in tacchi in una pessima imitazione del saluto militare, era difficile non ridere, davvero difficile pensò Martìn poco prima che Andrés si appoggiasse al primo albero.

<< Bionda sarebbe opportuno, per le trecce ci possiamo organizzare >> rispose Andrés mostrando di non aver capito l’ironia, pur avendogli fatto vedere Schinder’s List Martìn era sicuro che l’altro non avesse ben chiara la portata degli anni trenta in generale e dell’influenza dei signori Mussolini e Hitler in particolare.

<< Non è il momento di pensare a queste cose, sono ore che camminiamo e ormai saranno le tre del pomeriggio, dove potremmo essere? >> domandò lui.

<< Non sono le tre del pomeriggio, è a malapena mezzodì >> lo contraddisse Andrés indicandogli il sole, aveva bisogno di un tempo in cui esistevano orologi, timer e smartphone con orologio incorporato, assolutamente. << Stiamo andando a nord, a breve dovremo proseguire in direzione nord est >> aggiunse lo spagnolo indicandogli una macchia di muschio, quindi non avevano camminato senza una metà e lui frequentava un fottutissimo boy scout.

<< Quindi dove potremmo essere? >> domandò lui di rimando.

<< Siamo nei dintorni di Olias del Rey, avremmo già dovuto esserci allontanati ma voi due siete lenti e mi sono dovuto adeguare >> fu la risposta, ora sfotteva pure.

<< Quindi a tre quarti d’ora da Madrid, in macchina… e ci abbiamo impiegato quattro ore. Quattro ore per quello che in macchina è a malapena dieci minuti >> si lamentò Raquel e aveva ragione da vendere.

<< Che vogliamo farci, se siete stanchi possiamo fermarci qui e procedere subito con l’incantesimo >> propose Andrés, se davvero l’ispectora era una strega poteva aiutarlo, peccato che avesse sprecato energie preziose per avvisare gli altri della loro imminente partenza.

<< Prima o poi dobbiamo pur usare questo incantesimo, qui non dovrebbe venire nessuno e se anche fosse non avrebbero il tempo di correre a denunciarci per poi tornare con le guardie >> notò Murrillo, e aveva ragione era tutta questione di tempistiche, e potevano farcela.

<< Cosa stiamo aspettando allora? Direi che è giunto il momento di tornare a casa >> proclamò lui, aveva trascorso fin troppo tempo nel secolo decimosesto e non voleva passarci un altro minuto.

 

Toledo 1519:

 

Tutto quello aveva preso una piega strana fin dal principio.

Rafael de Fonollosa non si era mai fidato di quei due, e lo aveva messo in chiaro fin dal principio. La loro storia faceva acqua da tutte le parti ed era sicuro che più che parlare con suo zio i due cercassero suo padre per poter parlare di magia. Avevano abitudini strane, sembravano propensi a sprecare un’infinità di oggetti ed erano incapaci di fare le cose più elementari che pure chiunque avrebbe saputo dover fare.

La sua signora madre li aveva ospitati, li aveva nutriti e loro… quanta indegna ingratitudine.

Sapeva bene di essere stato una costante delusione per il duca suo padre, Andrés de Fonollosa si era aspettato un figlio eccezionale mentre lui era ordinario, disgustosamente ordinario era l’insulto più leggero che avesse mai ricevuto in tanti anni. Zio Sergio per fortuna era sempre stato dalla sua parte, sicuro che avesse solamente bisogno di tempo per maturare e per fortuna era l’unica persona che suo padre ascoltasse.

Poi avevano catturato zio Sergio e lo avevano condannato al rogo e suo padre si era mostrato tranquillo e rilassato, giurando che aveva tutto sotto controllo. La magia, quel talento innato nella sua famiglia che suo padre padroneggiava fin dalla giovinezza e che non gli era stato permesso di sviluppare, indegno era stato definito e lo sapeva perché aveva origliato suo padre e zio Sergio che ne discutevano. Non solo una delusione come figlio ma anche come possibile allievo, suo padre era disposto a far finire la tradizione pur di non aiutarlo, e lo aveva odiato per quello, senza dimenticare il rispetto che gli doveva.

E il girono dell’esecuzione di zio Sergio qualcosa era effettivamente avvenuto. Suo padre aveva mormorato alcune parole e poi si era voltato di scatto come se avesse sentito qualcosa… e un istante dopo era scomparso, e zio Sergio con lui. Lui e la sua signora madre non avevano avuto il tempo di rallegrarsi della situazione che Martìn Berrote e Raquel Murrillo erano entrati nelle loro vite in una maniera invero singolare.

Italiani… ma chi volevano prendere in giro?

Certo, il nome di lui era un palese omaggio a il re Martino ma questo non significava niente, e lei… aveva avuto la sensazione che fosse una marrana ma non aveva prove, se solo avessero sospettato che ospitava una marrana… o forse due…. Povera casata sua. Quei due però non parlavano con l’accento degli italiani, lui aveva un accento strano e lei fin troppo castigliano, c’era qualcosa di strano.

Stava per scrivere al viceré di Sicilia per avere informazioni quando suo padre era tornato. A quanto pare il piano grandioso di Andrés de Fonollosa consisteva semplicemente nell’aver portato zio Sergio a Cuba, si stava organizzando una spedizione e sebbene fosse sicuro anche lui che zio Sergio poteva unirsi all’impresa era anche sicuro che suo zio non fosse un combattente. Suo zio era uno studioso, un lettore di qualsiasi testo gli si mettesse sotto gli occhi ma non era mai stato bravo con la spada. Tuttavia non aveva avuto diritto di parola, come sempre.

Quei due mesi senza suo padre erano stati i più felici della sua vita e non se ne vergognava affatto.

Aveva potuto mostrare alla servitù e ai fittavoli che un giorno sarebbe stato un ottimo duca, come suo zio aveva sempre sperato, si era sentito più sicuro delle proprie capacità e aveva persino cominciato a studiare la magia. Sapeva che aveva bisogno di un insegnante ma almeno aveva memorizzato le parole e proprio per quello era sicuro che Martìn e Raquel fossero due stregoni. Aveva notato della polvere in terra nella biblioteca segreta di suo padre, e diversi testi sembravano essere stati prelevati da poco, cosa stessero cercando quei due non lo aveva capito ma che li stavano ingannando era ormai evidente. Avrebbe dovuto parlarne con la sua signora madre ma poi… oh poi cos’era avvenuto.

Sapeva fin troppo bene delle donne. Le aveva viste uscire dalle stanze di suo padre fin da quando era bambino e sebbene sapesse che suo padre amava Tatiana era anche certo che l’avesse tradita un numero infinito di volte, d’altronde quello era normale: suo padre era sempre stato un uomo affamato di ogni tipo di piacere e sedurre ogni donna che gli passava davanti sembrava per lui una missione personale.

Per questo era rimasto senza parole quando si era ritrovato Ariadna nel proprio letto. Ariadna era persino più giovane di lui e da almeno tre anni era l’amante ufficiale di suo padre eppure quella sera si era fatta trovare nelle sue stanze.

<< Vuoi forse mettermi nei guai con mio padre? Esci subito e fingerò di non averti visto >> le aveva detto e poi Ariadna era scoppiata a piangere rivelandogli che suo padre non l’aveva cercata, non mi vuole più e io non troverò più marito aveva rivelato tra le lacrime, non solo disonorata ma anche senza dote aveva aggiunto prima di sfiorargli l’inguine invitante. Aveva rifiutato sicuro che fosse una prova organizzata da suo padre, un tranello per saggiarne la resistenza, sapere se era pronto a prendersi quello che voleva, a prendersi quello che non gli apparteneva. E ci aveva pensato, seriamente, ma non a proposito di Ariadna ma a proposito di qualcos’altro, un segreto che non aveva mai confidato a nessuno, nemmeno al prete in confessione, non era il tipo di segreto che si poteva confessare il suo.

E poi lo aveva visto.

Suo padre, il duca Andrés de Fonollosa, noto seduttore in tutta la regione, aveva licenziato Ariadna perché aveva qualcun altro a scaldargli il letto ma mai avrebbe pensato che avesse scelto un uomo. L’immagine di suo padre e Martìn a letto insieme intenti in quell’atto indecente gli si era piantata nella testa ed era sicuro che non l’avrebbe mai dimenticata. Era sbagliato, era indecente, era pericoloso. Mai avrebbe pensato che suo padre si sarebbe annoiato delle donne e sarebbe passato agli uomini, quella deriva sodomitica l’aveva invero sorpreso.

E ovviamente Sua Eccellenza non aveva pensato a giustificarsi o a spiegarsi, non sia mai che Sua Eccellenza parlasse con lui. Si era limitato ad ignorarlo e a comportarsi come se non fosse accaduto niente, come se lui, la signora madre e Raquel Murrillo non lo avesse sorpreso intento ad un abbraccio indecente con un uomo.

Poteva sopportare quello, poteva abituarsi ad avere un padre sodomita, anzi quella situazione senza saperlo migliorava la sua di situazione, forse poteva ricavarne dei vantaggi aveva pensato. E invece c’era stata quella maledetta cena.

Ignorava tutto dei propositi di suo padre, della sua educazione si era sempre occupato zio Sergio, e l’idea di recarsi in Germania non gli era piaciuta per niente. Non conosceva la lingua, il suo francese era a malapena passabile sebbene sapesse che quella era un’opportunità unica non voleva andarci. A Toledo aveva tutto quello di cui aveva bisogno e a palazzo Fonollosa… non se ne sarebbe andato. C’era la corte del viceré d’Aragona se proprio doveva andare, persino quella portoghese ma in Germania… mai e poi.

Aveva obbiettato che non conosceva la lingua e suo padre aveva ribattuto che Martìn gli avrebbe insegnato, e quello era stato troppo. Martìn era un uomo istruito ma mentiva e quel che era peggio era un sodomita, suo padre voleva controllarlo tramite il suo amante e chissà cosa aspettasse… forse che Martìn tentasse di sedurlo per poi rivelargli tutto durante quell’intimità depravata che condividevano? O forse un uomo solo non gli bastava?

Era abituato agli schiaffi, fin da bambino era stato regolarmente picchiato, o suo padre o il precettore qualcuno doveva picchiarlo una volta al giorno, ed era abituato ad essere picchiato in pubblico, ma non era abituato alle reazioni del prossimo. Raquel li aveva guardati meravigliata prima di guardare suo padre come se volesse ucciderlo e Martìn… aveva letto sgomento, disgusto e pietà nei suoi occhi, l’amante di suo padre lo compativa e quello non poteva tollerarlo.

Lo avrebbe denunciato, aveva tollerato troppo a lungo quella situazione si era detto ed era il momento che si comportasse come un uomo.

Quella mattina dopo la messa aveva raggiunto la sua signora madre per chiederle consiglio ma l’aveva trovata in gravi ambasce.

<< Ci ha lasciato…. Ci ha abbandonato, quel maledetto ingrato ha utilizzato la magia per allontanarsi da noi, da me! Gli ho dato i migliori anni della mia vita, ho sopportato di tutto per lui e lui mi ripaga così? Ma non finirà così, affatto >> aveva dichiarato Tatiana e quel giorno la sua signora madre non gli era mai sembrata più bella.

<< Mi occuperò io di tutto madre mia, andrò subito a Toledo a parlare col vescovo >> aveva dichiarato prima di dare ordine di sellare il cavallo. Era stato allora che era accaduto. Aveva avuto al sensazione che non dovesse andare a Toledo, che il suo corpo anelasse un’altra direzione e quando Sansone prese la strada per Madrid Rafael de Fonollosa, figlio del quinto duca de Fonollosa e futuro sesto duca decise che per quel giorno poteva essere il cavallo a decidere.

 

Lungo l’AP-41, 2019:

 

La testa gli girava come quando aveva vent’anni ed era reduce da una sbronza, e provava il forte desiderio di vomitare.

Martìn Berrote non si era mai sentito così male… da quando lui e l’ispectora erano arrivati nel cinquecento quindi… forse. Lentamente aprì gli occhi e il suo corpo si rilassò quasi all’istante: ce l’avevano fatta. Non era mai stato così felice di vedere l’AP-41 in vita sua, il rombo degli aerei diretti a Barajas e i rumori, oh i rumori. Le auto, i camion… era tornato a casa pensò subito ma aveva bisogno di una controprova nel caso Andrés per errore o per stanchezza li avesse portati negli anni sessanta o ottanta. Prese così il cellulare sperando che funzionasse e… campo pieno e un numero infinito di messaggi, persino da parte di suo padre.

Ci avrebbe pensato dopo, ora voleva godersi il ventunesimo secolo in pace pensò prima di buttarsi a terra… cemento, amato cemento si disse cercando di non sorridere.

<< Vuoi che ti lasci da solo per qualche minuto? >> gli domandò Andrés con un sorriso indulgente. Gli abiti lo rendevano un palese anacronismo ma non gl’importava pensò prima di alzarsi e baciarlo d’istinto. Lo spagnolo ricambiò il bacio stringendolo a sé, che bello poterlo fare alla luce del sole senza che nessuno, quasi nessuno si corresse, avesse nulla da ridire.

Si sarebbe goduto quel momento per ore ma aveva altre priorità, farsi una doccia, sentire i suoi vinili, mangiare cibo spazzatura fino alla nausea e persino guardare qualche stupido reality in tv e il lavoro… il lavoro!

Era stato assente per oltre tre mesi, e con un cantiere aperto e in piena attività, cazzo. Cazzo! Cazzo!!!

Gli avrebbero fatto il culo quando si sarebbe presentato a lavoro, se ancora aveva un lavoro pensò, tre mesi di assenza ingiustificata…. Era fottuto, e non come piaceva a lui. Cercò di controllare il respiro, era inutile rendere partecipe Andrés del suo problema, principalmente perché l’altro non aveva mai davvero lavorato in vita sua e poi perché a breve si sarebbero comunque lasciati quindi a che pro caricarlo dei suoi problemi?

Se l’altro avesse padroneggiato l’incantesimo temporale e il suo corpo si fosse abituato forse… era una follia ma poteva essere una soluzione. Era disposto ad aspettarlo mentre l’altro si divideva tra il cinquecento e il nuovo millennio? Si, lo era, eccome se lo era. Sarebbe stato tremendo, avrebbe assunto davvero l’aspetto dell’amante ma per Andrés era disposto a passare la vita aspettando di vederlo, non aveva mai amato nessuno in quella maniera, nemmeno Dario e quello significava molto si accorse.

<< Ho chiamato mia figlia e mia madre per rassicurarle, direi che possiamo farci venire a prendere >> comunicò loro Murrillo che aveva avuto l’accortezza di lasciare loro un po’ di privacy.

<< Come desiderate, datemi cinque secondi per orientarvi e vi dico subito le coordinate >> dichiarò Andrés prima di alzare gli occhi al cielo e cercare il sole, oh dios… no, di nuovo no.

<< Faccio io >> lo bloccò Raquel, fossero benedetti gli smartphone con GPS incorporato pensò lui prima di controllare, esattamente dove si trovavano cinque secoli prima, ma almeno ora era nel tempo giusto. Sentì Murrillo discutere al telefono ma non gli importava seguire la conversazione, non quando voleva godersi Andrés il più a lungo possibile. Avevano abusato del tempo concesso loro e la sola idea di perderlo per sempre gli creava un dolore fisico, questa volta sarebbe stato davvero intollerabile.

Controllò meglio i messaggi per avere qualcosa da fare e ne vide uno di Agata, appena arrivato. “Avresti dovuto avvisarmi subito, cretino” lesse… sempre signora Agata Jimenez, un vocabolario forbito degno della regina d’Inghilterra. Avrebbe dovuto avvisare lei o Mirko ma gli era passato di mente, era un pessimo amico ma aveva i suoi motivi, validissimi motivi si disse.

Veloce scrisse una risposta per Mirko, che sicuramente lo aveva già perdonato e probabilmente stava cercando di difenderlo da Agata, e mise il telefono in tasca. Conosceva bene entrambi, Agata non gliel’avrebbe fatta passare liscia, cuore infranto o meno, anzi… a volte aveva la sensazione che amasse infierire.

<< Stanno arrivando, Silene e Sergio… tuo fratello >> disse Raquel, avrebbe dovuto indagare su come quei due erano rimasti prima de loro viaggio nel tempo ma tutto al momento giusto.

<< Noi due dovremmo affrontare questo discorso, ma non ora >> dichiarò Andrés, lì si che si sarebbe divertito, di quello ne era sicuro, per qualche ora avrebbe avuto un delizioso intrattenimento, assolutamente avvincente e che si sarebbe goduto dal divano munito di pop corn.

<< Non so di cosa stia parlando >> ribatté Raquel divertita prima di allontanarsi discretamente, tenendo conto del traffico, dell’ora e della guida spericolata di Silene era probabile che gli altri sarebbero arrivati entro e non oltre dieci minuti. Ancora dieci minuti, solamente dieci minuti pensò prima di sfiorare il volto di Andrés con le dita lasciandogli l’iniziativa… solamente dieci minuti. Andrés lo baciò nuovamente, lentamente, quasi con reverenza pensò lui prima di ricambiare con passione. Era pronto a tutto pur di non perdere l’altro, qualsiasi cosa pur di posporre il loro addio.

<< E ora? >> domandò quando si separarono per mancanza d’aria.

<< Fidati di me, ho un piano, e funzionerà >> rispose Andrés, ma allora lo faceva apposta.

<< Lo hai detto anche prima, e siamo finiti nel cinquecento >> replicò lui cercando di sembrare arrabbiato.

<< Esattamente come avevo previsto, sono o non sono venuto a salvarti? >> fu la pronta replica.

<< Il mio principe sul cavallo bianco >> ironizzò lui facendolo sorridere.

<< Preferisco Nerone ma ci possiamo organizzare per quello >> replicò Andrés tra il serio e il faceto.

<< Ti amo tanto >> ammise lui, era inutile negarlo ormai dopo tutto quello che avevano passato.

<< Non ho mai amato nessuna donna come amo te, e questo mi spaventa e mi emoziona allo stesso tempo >> gli rivelò Andrés, era il momento della sincerità quello.

<< Non devi avere paura, non qui, non adesso >> mormorò lui prima di farsi abbracciare, era tutto perfetto… se solo avesse potuto bloccare il tempo e rimanere lì per sempre, in quella strada secondaria deserta alle due del pomeriggio con Raquel Murrillo che li osservava protettiva come un angelo custode e uno sbirro. Come diceva il Faust: dovessi dire all’attimo: fermati, sei bello, poi il resto non era adeguato ma quello si. Se avesse potuto fermare il tempo… e perché si ricordava il Faust, lui che era stato un mediocre studente di tedesco all’università?

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Epílogo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa




 

Spa vicino Madrid, 2019:

 

Il ventunesimo secolo era meraviglioso, Raquel Murrillo ne era sempre più convinta.

Appena tornata a Madrid era subito corsa da sua madre e da Paula, le quali avevano creduto alla bugia che aveva raccontato, per fortuna Angel e Alicia le avevano tenuto il gioco, lui perché sperava che così gli avrebbe dato un’opportunità e lei perché sapeva tutto e voleva godersi lo spettacolo. Per fortuna nessuno le aveva fatto troppe domande, missione sotto copertura era da sempre un’ottima scusa e la mancanza di maggiori informazioni era stata scambiata per riservatezza e obbedienza ai dettami dei superiori. Prieto le aveva fatto qualche domanda ma temendo di fare una figura ridicola e compromettere chissà cosa aveva desistito, era sempre bello sapere che i propri superiori avevano dei superiori i quali potevano tranquillamente bypassarli.

Si era quindi concessa un bagno rilassante, una maratona tv di reality show capaci di abbassare il quoziente intellettivo persino alla piccola Adhara Perez e aveva realizzato il sogno di Paula portandola a pranzo e a cena per due giorni di fila in diversi fastfood, dicessero quel che volevano ma il cibo spazzatura le era mancato.

Poi aveva annunciato che aveva diritto ad una pausa, aveva ingoiato l’orgoglio e telefonato ad Isabel per chiederle se lei e Alberto potevano occuparsi di Paula per un week end e si era prenotata un fine settimana in una spa. Non era mai stata una fan di certi posti ma il cinquecento si era rivelato più stancante del previsto.

E ora si stava godendo un pomeriggio di assoluta beatitudine, in accappatoio e a bordo piscina, forse dopo avrebbe azzardato l’idromassaggio o qualche trattamento per la pelle ma per il momento voleva solamente rilassarsi.

<< Una volta siamo andati in uno di quei bagni pubblici dei moriscos, a Cordova, ed è stata un’esperienza piacevole ma devo ammettere che quest’esperienza è sicuramente superiore >> ammise Sergio prima di raggiungerla e sedersi accanto a lei, anche lui in accappatoio.

<< Non erano illegali simili luoghi? >> domandò lei curiosa.

<< Si ma un mio corrispondente a Cordova era un sapiente musulmano che ci fece entrare, Andrés negherà fino alla morte di essere stato in un posto simile >> rispose Sergio facendola ridacchiare.

<< Credi abbiano fatto la scelta giusta? >> domandò. A parer suo era una follia, non sarebbe finita bene ma erano adulti ed era giusto che affrontassero le conseguenze delle proprie azioni. Inoltre non voleva farsi gli affari degli altri ma dopo tutto quello che era successo era anche affar suo sapere come tutto quello sarebbe proseguito.

<< Se vuoi il mio parere no ma sono adulti e consapevoli, e non sono un mio problema, non più almeno >> ribadì Sergio prima di guardarsi attorno curioso.

<< Cosa farai ora? >> chiese curiosa. Ufficialmente Sergio Marquina non esisteva in quel tempo, il certificato di nascita se ancora esisteva lo dava nato sei secoli prima e non c’era nemmeno un certificato di morte, ufficialmente disperso da oltre cinquecento anni.

<< Non lo so, cercherò di ottenere dei documenti veri, forse mi iscriverò all’università, potrei viaggiare o prendere contatto con Roberto de Fonollosa nelle colonie e scoprire cosa sa >> le rispose lui. Dimenticava sempre che i documenti erano falsi, Agata Jimenez era un’artista nata per quello, peccato che non avesse sfruttato il suo talento per lavori legali finendo per confermare gli stereotipi sul suo popolo. In quanto al viaggiare… meglio proporgli qualcosa di semplice e a breve distanza, chi poteva dire che Sergio non soffrisse il mal d’aria? O il mal di mare? Meglio optare per qualcosa di semplice, un viaggio a Parigi, un week end alle Baleari, niente di troppo complicato. In quanto al contattare l’ultimo discendente del fratello… a suo parere era una follai, Roberto de Fonollosa poteva farlo internare nel momento esatto in cui Sergio gli avrebbe spiegato la sua situazione, pensare ad un ricatto o… esistevano i cacciatori di streghe? Forse nemmeno sapeva che la sua era una dinastia di stregoni o se lo sapeva non andava certo a dirlo in giro al primo venuto.

<< E pensi che Roberto accetterà tranquillamente quello che gli dirai? >> domandò preoccupata.

<< Forse, se avrò delle prove. Quando siete tornati ho controllato in rete sul sito di palazzo Fonollosa e la genealogia non è cambiata: Rafael si è sposato dieci anni dopo il vostro arrivo, ha avuto due figli ed è morto quando sarebbe dovuto morire, e così anche Tatiana, cosa piuttosto strana mentre stavo per spegnere il portatile di Martìn è apparsa la mia data di morte, o meglio di “presunta morte” >> le rivelò lui. e ora cosa voleva dire quella rivelazione?

<< Presunta morte? >> chiese.

<< Esatto, a quanto sembra hanno trovato alcuni oggetti che potevano ricondurre a me ma non il mio corpo. Sono stati trovati in Messico, dove sembra sia avvenuta una battaglia, il nome Otumba ti dice nulla? >> le domandò lui e lei sorrise, che birbanti.

<< La battaglia decisiva della conquista del Messico, meno di cento morti da parte spagnola, poco si sarebbe diffusa un’epidemia di vaiolo che avrebbe decimato gli aztechi >> spiegò lei, non che fosse una cima nelle materie scolastiche ma aiutando Paula con i compiti qualcosa aveva ripassato.

<< Quindi potrei essere morto sul campo di battaglia, o di vaiolo… a meno che… io li ammazzo, quando tornano li ammazzo >> rifletté Sergio.

<< Sono uno sbirro, anche se mi volterei dall’altra parte è meglio che tu non faccia questi discorsi con me, hai mai… visto il mare? >>

<< Una volta sola, quando siamo andati ad accogliere il re Felipe e la regina Juana a La Coruña cinquecento quattordici anni fa >> rispose lui

<< Allora la settimana prossima ti porto al mare >> decise lei d’impulso prima che lui la baciasse, poteva abituarsi a quello.

<< Io… è appropriato? >> le domandò lui, il tentativo di non arrossire miseramente fallito.

<< Baciarsi in pubblico? Certamente, ma meglio farlo due volte >> replicò Raquel prima di essere lei a prendere l’iniziativa tre secondi dopo l’idromassaggio cominciò a funzionare senza che nessuno lo avesse messo in funzione.

<< Quando torneremo a Madrid devi chiamare Silene >> le ricordò lui. In effetti dovevano stilare un piano di studio perché imparasse a gestire i suoi poteri e non facesse esplodere Madrid, a sentire la mora aveva un talento naturale.

<< Quando torneremo a Madrid >> confermò lei prima di togliersi l’asciugamano e dirigersi verso l’idromassaggio aspettando che lui la seguisse.

Il ventunesimo secolo era assolutamente meraviglioso, Raquel Murrillo ne era più che convinta.

 

Saint Jean de Cap Ferrat, 1905:

 

Tornare a casa era stato meraviglioso.

Martìn Berrote per prima cosa aveva acceso tutte le luci, si era fatto due docce con acqua rigorosamente bollente e poi si era recato al più vicino supermercato da cui era tornato con due buste piene di cibo spazzatura che si era mangiato tutto da solo di fronte alla tv, alternando reality a suo parere creati per un pubblico assolutamente decerebrato e telenovelas così intricate che nemmeno gli sceneggiatori avrebbero saputo sciogliere i nodi.

Dopo essersi così riconnesso con il terzo millennio aveva deciso che rimaneva un’altra cosa da fare prima di pensare seriamente ai propri programmi per il futuro. Lui e Andrés non erano usciti per due giorni dalla sua camera da letto, finalmente poteva scopare in pace senza che nessuno lo disturbasse e per il cibo… a che pro avere Sergio e i dépliant dell’asporto?

Si era già preparato un discorso ma Andrés non solo lo aveva anticipato ma era riuscito a sorprenderlo, e dopo quello che aveva passato era quasi impossibile coglierlo di sorpresa.

<< A breve la magia temporale non sarà più un problema per il mio corpo >> aveva annunciato a sorpresa la seconda sera mentre riposavano, lui con la sigaretta del dopo… dio quanto gli era mancato il tabacco.

<< Elabora mi amor >> aveva replicato lui temendo quello che l’altro avrebbe detto, fosse esso positivo o negativo.

<< Non sarà più un problema per me spostarmi tra un secolo e l’altro, e tra un luogo e l’altro, potrei persino riuscire a portare qualcuno con me, i miei tempi di recupero si accorceranno sempre di più >> gli aveva spiegato lo spagnolo.

<< E quindi verrai a trovarmi più spesso? >> aveva domandato speranzoso, sembrava un’autentica follia ma forse avrebbero davvero far funzionare quello che avevano, Tatiana e denunce all’inquisizione permettendo

<< Non posso tornare nel mio tempo, non con una possibile denuncia che potrebbe portarmi al rogo ma… ho una proposta da farti >> aveva risposto Andrés, il sorriso di chi sta organizzando un’impresa epica che potrebbe risolversi in un’assoluta cretinata.

<< Ti ascolto >> aveva detto timoroso.

<< Martìn Berrote… vorresti viaggiare nel tempo con me? Sebbene abbia in mente uno o due luoghi potremmo andare ovunque tu desideri >> ed era stato allora che si era sentito morire dalla felicità. Non si sarebbe mai aspettato una proposta del genere e la sola idea di avere tutto il tempo del mondo con Andrés era …troppo da razionalizzare. Potevano andare ovunque, in qualsiasi tempo, c’erano così tanti luoghi che avrebbe voluto visitare e in così tanti momenti, e potevano farlo insieme. Era la cosa più simile ad un impegno che qualcuno gli avesse mai fatto, migliore persino della proposta di Dario di vivere insieme dopo la laurea, era… tutto eppure non abbastanza.

<< Lo voglio >> rispose, sentiva che quella proposta aveva quasi più valore di un matrimonio, non avrebbe saputo spiegarlo a parole ma era così. << Ci sono così tante cose che vorrei fare con te, e viaggiare nel tempo è sicuramente una di queste >> aveva ammesso prima di baciarlo d’istinto. Andrés aveva ricambiato il bacio prima di spegnere la luce con la magia. << Voglio andare a Woodstock a fumare una canna, voglio fare l’amore a Londra nascosto solamente da una coperta, voglio conoscere Onassis, vedere l’inaugurazione del canale di Panama, prendere il sole su una spiaggia caraibica ancora inabitata… voglio vedere mia madre >> aveva aggiunto quando si erano separati. C’era una storia della sua babysitter che gli era sempre sembrata strana, e lui stesso ricordava che il giorno in cui sua madre era morta aveva visto un uomo misterioso uscire dalla sua stanza d’ospedale. Allora aveva pensato ad un dottore ma se invece avesse visto sé stesso ma adulto? Suo padre non aveva mai confermato nulla e nemmeno Roberto era stato d’aiuto perché ricordava fin troppo bene di essere sfuggito a lui e a Sofia quel pomeriggio.

Andrés lo aveva baciato una seconda volta e poi non c’era stato più tempo per parlare.

Sergio aveva sottilmente disapprovato la loro idea, a sentir lui c’era il rischio concreto che mettessero in crisi lo spazio – tempo con i loro numerosi salti anche se dopo aver comunicato quel che pensava se n’era lavato le mani, erano adulti e liberi e di fare tutti gli errori che volevano aveva aggiunto prima di uscire di casa diretto in biblioteca.

Gli altri avevano approvato, Anibal da bravo nerd ventenne aveva consegnato loro una sorta di vademecum sui viaggi nel tempo preso da serie tv, giochi di ruolo e videogiochi, Agata aveva alzato gli occhi al cielo e Mirko si era assicurato che la data del loro eventuale ritorno fosse la stessa della partenza per evitare altri problemi in quanto odiava dover mentire, confermando di essere un angelo inviato sulla terra per qualche misteriosa ragione.

La loro prima tappa era stata in un luogo dove potersi riposare in pace: la Riviera.

La Francia non gli era mai piaciuta ma doveva ammettere che la Belle Époque aveva i suoi vantaggi, compresa la capacità del personale dell’hotel dove alloggiavano di diventare ciechi e sordi a comando in cambio di una buona mancia, sorprendentemente nessuno del personale aveva fatto commenti sul fatto che fossero due uomini che dividevano una stanza con un unico letto matrimoniale, forse aveva sopravvalutato i francesi.

<< Non sapevo che questo luogo fosse francese, nelle mie mappe viene indicato come savoiardo >> disse Andrés prima di raggiungerlo sul terrazzo, la vestaglia gli stava divinamente per non dire degli abiti che si era procurato, quel secolo gli si addiceva perfettamente.

<< È accaduto nel secolo scorso ma non conosco i dettagli, bisogna ammettere che è incantevole >> replicò lui prima di servirsi da bere, era un po’ troppo presto per lo champagne ma poteva concedersi uno o due vizi in vacanza.

<< Un luogo veramente incantevole, ci sono altri luoghi dove voi andare in quest’anno? >> domandò Andrés. Prima di partire si era servito di Wikipedia per le basi ma non era che avesse troppe idee, gli bastava stare con Andrés.

<< Solo uno ma possiamo rimandarlo, in Russia stanno per accadere diverse cose ed è meglio stare lontani >> dichiarò, non che lo sapesse ma il film se lo ricordava bene.

<< E allora non andremo, cosa ne pensi di andare a sud, ho sempre voluto vedere l’Acropoli come doveva essere ai tempi degli antichi greci >> propose Andrés, non era poi una cattiva idea.

<< Mi piacerebbe, tu parli greco? >> domandò curioso.

<< Discretamente, sarebbe opportuno non scegliere quindi l’età di Pericle ma i tempi dell’invasione romana in maniera tale da parlare latino >> fu la risposta, che genio era l’altro pensò lui.

<< E andiamo in Grecia allora >> replicò Martìn prima di far tintinnare i due bicchieri, per quanto lo trovasse di suo gusto Andrés non si era ancora abituato allo champagne, l’idea che un vino con le bolle fosse un vino andato a male era difficile da estirpare ma aveva tutto il tempo del mondo.

<< Ai viaggi del tempo >> dichiarò Andrés con un sorriso divertito pieno d’amore.

<< Ai viaggi nel tempo >> ripeté lui prima di sporgersi e baciarlo dolcemente sulle labbra. Aveva la sensazione che quella strana, emozionante e assolutamente unica vacanza avesse diversi vantaggi, e non solamente sotto l’aspetto sessuale, anzi per la prima volta sentiva davvero di poter costruire qualcosa con qualcuno. Certo, quel qualcuno era uno stregone che veniva da un altro secolo in cui aveva lasciato moglie e figli e stavano saltando per il tempo ma quello era un dettaglio trascurabile, amava Andrés come mai aveva amato qualcuno e per una volta quello sarebbe stato sufficiente.

Dovevano però lasciare, la Francia, un continente perfetto se solo non fosse stata piena di francesi pensò quando si separarono e sentì le mani di Andrés accarezzargli la schiena, era tutto assolutamente perfetto, di quello ne era assolutamente sicuro.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4048989