Over the roofs of the world

di asgardianstark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ragazzi di città e di campagna ***
Capitolo 2: *** Oh Capitano, mio Capitano. ***
Capitolo 3: *** I sound my barbaric yawp ***



Capitolo 1
*** Ragazzi di città e di campagna ***


«Sawamura-san!» proruppe una voce stentorea, parole insieme sorridenti e strafottenti. Daichi aveva ormai imparato a conoscerla e riconoscerla. Era una voce potente, ricca, che sapeva diventare lasciva e suadente, pronta a piegarsi ai desideri del suo proprietario.

«Kuroo-san» rispose con la sua voce tranquilla, piena di autorevolezza e capacità. Tetsuro aveva già afferrato tutte le inflessioni della voce di Daichi. Gli era bastato poco, un’amichevole e qualche giornata trascorsa insieme a giocare.

«Non credi che il povero fianco della collinetta si sia stancato dei vostri piedi martellanti e del sudore che lo sta innaffiando?». Kuroo si stava avvicinando con il tipico passo cadenzato, un po’ molleggiante, come se il mondo dovesse fargli spazio ogni volta che entrava in scena.

«Vedremo cosa accadrà quando alla prossima partita noi saremo ancora pieni di resistenza e fiato».

Il giorno di allenamenti e partite stava volgendo al termine, i ragazzi e le manager si stavano preparando per andare a cena, con queste ultime che cercavano di schiodare gli irriducibili dalle palestre. C’erano in particolare tre di loro che sembravano non esaurire mai le energie, sebbene fossero tra quelli che giocavano sempre da titolari. Kageyama e Hinata erano continuamente con la palla in mano, e anche di sera erano tra gli ultimi a raggiungere la mensa, accompagnati da uno stralunato Bokuto, non si capiva se per la stanchezza, per la felicità, o per il fatto che avesse trovato qualcuno disposto ad allenarsi anche più di lui.

«Di sicuro i vostri due mostriciattoli non sanno cosa sia la fatica fisica. Non so quanto possa fargli bene tutto quel movimento».

«Se conosci qualche modo per far smettere due ossessionati dal svolgere quello che li ossessiona, ti prego di dirmelo» rispose ridendo Daichi. Erano ormai mesi che tentava di far entrare nelle teste dure dei suoi kohai che esagerare con gli allenamenti poteva provocare più danni che benefici, ma veniva puntualmente smentito dalle prestazioni dei due ragazzi e dalle frecciatine di Sugawara che lo etichettavano come un genitore severo che non lascia esprimere liberamente i propri figli. Lì al ritiro, poi, avevano trovato stimoli inediti che li avevano assorti ancora più del solito. Non che fosse una brutta cosa, anzi.
Tutto intorno ai due ragazzi si sentivano voci entusiaste, sebbene stanche, pronte a trascorrere quelle umide serate insieme, in cui magliette bianche sedevano con le blu, le verdi e le nere delle altre scuole. Quanto più una partita era stata lunga o travagliata, tanto più i giocatori erano disposti a scambiarsi tattiche e strategie, poco importava se il giorno successivo qualcuno avrebbe usato una mossa imparata quella sera contro il generoso malcapitato.

«In questo caso temo di non poter elargire i miei magici e fantastici consigli, dato che io con Kenma ho il problema inverso. Non che non voglia o non gli piaccia allenarsi, ma è oltremodo difficile farlo entusiasmare per quello che fa. A meno che non sia un livello di qualche suo videogioco».
Oltremodo. Quale liceale usava ancora espressioni così?

«Anche se, devo ammettere, da quando Kenma ha conosciuto Chibi-chan ha iniziato a mostrarsi più interessato alla pallavolo». Mentre parlavano, si stavano spostando lontano dal chiacchiericcio che veniva dal prato principale. Kuroo si era fermato davanti a Daichi, guardandolo di sottecchi e con aria maliziosa. «Mi chiedo cosa mai ci sia in voi ragazzi di campagna che affascina tanto noi ragazzi di città».

Le voci iniziarono ad arrivare alle orecchie di Daichi ancora più lontane e incomprensibili; si erano allontanati, è vero, ma non così tanto da renderle indistinte come le percepiva. Un calore improvviso gli invase le guance, troppo in ritardo rispetto agli allenamenti per dare loro la colpa. Era diventato davvero così evidente l’effetto che gli faceva Kuroo? O era una sorta di potere magico che possedeva, per cui chiunque entrasse in contatto con quel ciuffo di capelli neri e quel ghigno veniva ammaliato come da un canto di sirene?
La sintonia tra i due era nata fin dall’amichevole: entrambi capitani, entrambi responsabili e rispettati dalla propria squadra, entrambi desiderosi di tornare a vette più alte con i loro compagni e amici. La Battaglia della discarica era un obiettivo comune, da cui solamente uno di loro sarebbe riuscito vincitore, ma svolgere il percorso insieme non era una brutta prospettiva.

«Vediamoci fuori la palestra numero 3 quando sarà finita la cena» continuò Kuroo, dal momento che Daichi non era ancora riuscito a spiccicare parola. Uno a zero per il gatto.

«Cos’è, hai importunato un altro nostro primino per cui devi chiedermi scusa?» lo apostrofò Daichi, a cui era bastato un attimo di riflessione per tornare con la mente lucida. Kuroo era affrontabile proprio come una partita: se c’era qualcosa che ostacolava la riuscita, bisognava solo riflettere e non farsi prendere dall’ansia. Era così che si riusciva a comunicare con il capitano del Nekoma, andando sul suo territorio, perché anche lui aveva dei punti in cui era facile smuoverlo. L’orgoglio e il rispetto che provava per chiunque gli stesse intorno erano due di essi.

«Ho davvero esagerato con Tsukishima, vero?». Suonava dispiaciuto, il volto leggermente teso, un sorriso diverso da quello solito, quasi vergognoso, come a indicare che aveva capito dove aveva sbagliato. Eppure c’era anche, come segno distintivo, il suo divertimento sotteso, come se niente lo potesse scalfire, perché tutto era bello e degno di essere considerato bello.
«Dovrai aspettare il dopo cena per avere la risposta».
Da dove arrivava quella sicurezza e sfacciataggine? Daichi si sentiva sopraffatto dalla presenza di Tetsuroo. E anche divertito nel sentirsi così libero.





 
Era moltissimo che volevo scrivere una storia con loro due come protagonisti perché trovo la loro relazione molto bella, che sia intesa come amicizia nel canon o altro nel fandom. Li trovo anche molto simili caratterialmente, e soprattutto per il ruolo che rivestono nella squadra.
Spero di poter riuscire a trasmettere quello che ho in mente. Buona lettura!

 

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Capitolo 2
*** Oh Capitano, mio Capitano. ***


«Allora, a cosa devo l’onore?»
Daichi aveva finalmente raggiunto Kuroo, seduto sul gradino che immetteva alla palestra. Aveva, stranamente, impiegato molto più tempo a mangiare rispetto agli altri e aveva insistito che loro tornassero nelle camere per andare a riposare, avrebbe pensato lui a dare una sistemata. Le poche ma pungenti occhiatine di Sugawara e quelle indagatrici ma timide di Asahi non lo avevano allarmato più di tanto. Poteva trovare una scusa valida per giustificare quel comportamento; stava ai suoi amici credergli o meno.
«Sawamura-san! Siediti qui accanto a me», lo accolse Kuroo, mano aperta a picchiettare sul gradino. «Mangiato bene a cena?».
Daichi si sedette vicino al ragazzo, grato che l’ora tarda avesse svuotato le stradine che collegavano le aule della scuola, di giorno piene di risate e degli echi delle pallonate. Grato che l’oscurità mascherasse il rossore sulle guance, risalito non appena si era avvicinato a Kuroo.
«Diciamo che la cena sembra sempre più buona dopo la fatica accumulata durante la giornata. Gli sprint su per la collina e i tuffi in palestra rendono qualsiasi cosa più saporito».
«Ti stai trovando bene nonostante tutto?». Ecco subito la capacità innata di Kuroo di preoccuparsi per chiunque avesse intorno. La sua alta sensibilità a quello che accadeva faceva sì che nessuno si sentisse escluso o non considerato. Sembrava costantemente incurante di chi gli stava vicino, eppure era sempre pronto a informarsi o fare commenti per far capire che lui era lì. Sorprendente da parte sua.
Un po’ diversa era la situazione al contrario. Capitava che a volte si sentisse isolato, sentimento forse causato dalla sua stessa importante presenza, quasi una corazza che non gli impediva di essere ferito, ma che al tempo stesso ostacolava la reale comprensione di quello che provava.
«Sta andando tutto a meraviglia» rispose Daichi con la sua voce ferma, perentoria e calda, rivolgendo uno sguardo di gratitudine e sfida all’amico. «Questa potrebbe rivelarsi l’esperienza più importante della nostra carriera di pallavolo liceale». Occhi rivolti dritti sul volto di Kuroo. «Grazie per averci fatto partecipare».

L’onestà e la fiducia di Daichi erano confortevoli, sebbene molte volte creassero un effetto di stupore nell’oggetto di quella premura. Gli occhi che si socchiudevano ogni volta che rideva gli facevano rilassare il volto, spesso molto rapido a corrucciarsi o a preoccuparsi. Kuroo era ammaliato da tutto ciò. Rivedeva nell’amico alcuni suoi tratti: l’essere capitano, innanzitutto, di una squadra data per finita ma che stava tornando in piedi; la determinazione nel non darsi per vinto, mai, né davanti all’incertezza né alla difficoltà di essere responsabile dei compagni. E percepiva anche l’isolamento in cui sentiva che Daichi a volte cadesse, fatto di tutte le paure dovute a quelle stesse incertezza e difficoltà. Era folgorante, da parte sua, rimanere sempre composto. Kuroo voleva scoprire cosa nascondesse quel viso calmo e poco facilmente perturbabile.
«Cosa provi sapendo di essere al terzo anno, e che ogni partita giocata possa trasformarsi nell’ultima?» Una domanda legittima, e per questo brutale. «Se credi di essere troppo affaticato per rispondere a una domanda di cotanta solennità capirò se non vorrai dire nulla».
«Kuroo-san, non ti hanno mai detto che il parlare troppo è segno di nervosismo?». Daichi sapeva di non essere un oratore arguto come l’amico, ma non gli dispiaceva rendergli la stessa medicina. Trovava un certo senso di orgoglio quando riusciva a far zittire la sagacia di Tetsurou. «E per rendere onore alla tua domanda di cotanta solennità posso dirti che sono terrorizzato. Ogni volta che entro in palestra, che sia qui o al Karasuno, mi figuro io che vi torno piangendo, con le ginocchiere alle caviglie, perché abbiamo perso la partita appena giocata. Tengo troppo ai ragazzi, al coach, alla pallavolo per non essere spaventato». Alzò gli occhi al cielo, in cui le rare nuvole erano accarezzate da una leggera brezza. «E questo mi rende ancora più determinato ad allenarmi ed essere responsabile, con tutto quello che comporta.» Occhi ora bassi. «Non è sempre paura, però, quella che provo. È più nostalgia per qualcosa che deve ancora accadere».

Ancora quella ingenua e crudele onestà. Il silenzio dopo quelle parole era quasi necessario.





 
Con imbarazzante ritardo rispetto a quello che mi ero prefissata, ecco il secondo capitolo! Buona lettura!

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Capitolo 3
*** I sound my barbaric yawp ***


Affascinante. Intrigante.
Comprensibile.
Kuroo si sentì totalmente catturato dal discorso di Daichi. Erano parole che si era ripetuto varie volte, soprattutto nei momenti di più alto sconforto. Sentirle dalla bocca di una persona che stimava era un conforto.
«Cos’è? Troppo diretto?», chiese Daichi, dato che l’amico non era ancora intervenuto con qualcuna delle sue uscite. Girandosi verso di lui, il capitano del Karasuno non poté non ridere scoprendo il motivo del silenzio di Kuroo: la bocca aperta e gli occhi sgranati rivolti verso l’altro gli davano un’aria di ingenuità che ricordarono a Daichi che anche Tetsurou era un ragazzo di diciotto anni. Età che comportava paura, oltre che strafottenza; stupore, oltre che spavalderia.

La risata di Daichi parve far tornare in sé Kuroo. Non si era reso conto di essere rimasto tutto quel tempo a guardare ammirato l’amico. Sentiva stranamente un calore nel basso ventre. Si era ritrovato in una confessione intima ma inaspettata, che dopotutto aveva scatenato lui stesso.
«Mi hai colpito, Sawamura, non c’è che dire. Ora capisco quell’aria da padre protettivo e assillante: hai un’anima vecchia dentro di te. Non poteva venire da nessun altro un discorso tanto ispirato quanto coscienzioso.» Subito la lingua tornata affilata, lesta a togliersi d’impaccio. «E ti ringrazio per questo».
La capacità di Kuroo di rendersi imprevedibile era fuori dalla normale comprensione. A cosa era dovuto quel ringraziamento?
«Non ti facevo così loquace, Sawamura, mi stupisci ogni momento di più».
«Non è questione di loquacità, Kuroo-san. Ma se dai la parola a qualcuno che di solito deve badare agli altri o se ne sente continuamente responsabile, il risultato è uno sproloquio sui propri sentimenti anche con qualcuno che conosce appena. E non dirmi che non provi la stessa cosa», aggiunse dopo un attimo di pausa.
Kuroo, al contrario di prima, non si scompose, sebbene fosse stato comunque molto toccato dalle parole dell’amico.
«Qui, caro il mio Daichi, emergono tre questioni. La prima è che sei un ottimo osservatore, cosa di cui dovrò tenere conto in campo. La seconda è che siamo molto più simili di quello che tu o io o chiunque altro potrebbe pensare. E, legata a quest’ultima,» disse, avvicinandosi ancora di più a Daichi, «ci sono io a badare a te e ad ascoltarti».
Accostandosi, Kuroo aveva lasciato che le sue dita sfiorassero quelle di Daichi, nonostante temesse che il gesto potesse trasformarsi in un disastro su più fronti. Fu invece piacevolmente scosso dalla stretta che ricevette in cambio. Alzando lo sguardo notò che il volto di Daichi non era rivolto verso di lui, ma continuava a guardare in alto. Eppure vedeva che stava sorridendo: il profilo illuminato dai lampioni restituiva la curva sottile ma marcata delle labbra del ragazzo.
«Beh, Kuroo-san, siamo davvero più simili di quello che possa pensare chiunque altro» fu l’unico commento di Daichi.
Come risposta, Kuroo lasciò andare una risata fragorosa, ma non quella sfacciata e rumorosa di quando qualcuno diceva qualcosa di banale e ingenuo. Una risata calda, piena, emessa a pieni polmoni e pancia. Come naturale conseguenza, anche Daichi iniziò a ridere, facendo risuonare il suo cristallino riso sulla porta della palestra numero 3.



 
Buonasera con l'ultima parte! Mi sono divertita a sperimentare un po' con questa storia più dialogata delle mie solite, ma mi è sembrata una scelta più consona ai personaggi di Kuroo e Daichi.
Grazie a chi ha letto e commentato, alla prossima!

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