Luna Cremisi

di Anima Evans
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era un giorno di inizio autunno, il mio primo giorno di scuola, beh si diciamo che più di una scuola era un corso o cose cosi, certamente non ero più in età scolare già da un bel po dato che di anni ne avevo quasi 30. Il mio nome è Dafne e non sono una ragazza normale...o almeno questo è il mio pensiero su di me. Tanto per iniziare sono alta più delle mie coetanee di almeno 10 centimetri e come se non bastasse ho una strana forma di vitiligine che mi lascia una ciocca bianca sui miei capelli rossi e lunghi fino a metà schiena, unica cosa carina che trovo in me. I miei occhi sono “color foresta” cosi mi diceva sempre mia nonna con un moto di orgoglio essendo simili ai suoi anche se i suoi viravano più all’azzurro e anche qui la genetica ha fatto pasticci facendo i miei occhi si verdi ma intorno all’iride marroni. Ah poi vogliamo anche mettere la mia pelle bianchissima? Sono stata sempre presa in giro da tutti per la mia pelle, persino dalla mia famiglia.
Per il resto sono una ragazza non molto aperta ed è anche e sopratutto perché mi vergogno dei miei difetti e infatti nel corso della mia infanzia ed adolescenza sono stata spesso vittima di bullismo, ci siamo trasferiti cosi tante volte che neanche ricordo più quante erano. Questo mi ha portato a chiudermi in me stessa ancora di più anche se ho provato a lavorarci su ma più ci lavoravo e più sentivo una forza dentro di me che mi imponeva di non cambiare e che le cose se non andavano era perché non dovevano andare.
Eravamo in macchina e la mia famiglia ci teneva tantissimo a farmi fare questo corso anche se ciò implicava stare lontana da loro, forse avevano i loro motivi ma mi sentivo stranita da questo atteggiamento anche se la mia famiglia è abbastanza...atipica. Non fraintendetemi non farebbero male ad una mosca ma sono alquanto particolari. Mio padre è un uomo robusto e forte, alto quasi due metri con la pelle ambrata e i capelli neri come la notte e la stessa cosa sono i suoi occhi, fa quasi paura se non fosse per la sua fragorosa risata e i suoi modi di fare molto, troppo, scherzosi.
Mia mamma invece ha la pelle molto pallida e i capelli biondissimi, quasi bianchi; i suoi occhi poi sono simili ai laghi di montagna tanto sono azzurri e limpidi; lei è più pacata ma è molto più spietata e dura di mio padre.
Mio fratello maggiore è un perfetto mix tra i due e anche lui ha il mio difetto sui capelli ma i suoi sono neri con questa ciocca bionda, sono convinta che con il tempo si schiarirà. I suoi occhi sono verdi come i miei ma senza il difetto all’iride e inoltre ha la stessa carnagione di mio padre. Il suo carattere è protettivo e guardingo ma sono sicura che anche lui abbia i suoi demoni.
Una volta arrivati in quel posto, mi colpì il grande viale alberato tinto di ogni colore caldo che la natura regalava in quel periodo ma non era nulla in confronto all’istituto dove sarei rimasta: un palazzo del 1800 almeno, aveva il tetto spiovente grigio scuro e i mattoni rossi che quasi facevano contrasto con la scalinata di marmo bianco e immacolato e con la ringhiera in pietra intaccata a volte da del muschio.
Scesi dalla macchina cercando di catturare con gli occhi il più possibile, la mia attenzione ricadde su un salice piangente poco più un la, unica nota verde in tutto quel mondo arancio-rossastro. Ne presi nota a mente con la promessa magari dopo di andare a toccare le sue foglie e prendere una boccata d’aria.
Presi la borsa e salutai i miei con la promessa di scrivergli presto e abbracciando mio fratello, non l’avrei mai ammesso ma un po mi sarebbe mancato mentre i miei diciamo che si bastavano da soli e poi la promessa era di rivederci tra 6 mesi.
Rimasi li a vedere la macchina grigia antracite sparire e mi voltai, entrai e la hall dell’istituto era tutto in legno di noce e ad accogliermi c’era una signora sulla sessantina con gli occhi affetti da eterocromia, gli occhiali stile anni cinquanta come tutto il suo stile, un po decadente ma mi sembrava cortese. Alzò gli occhi sul registro enorme avanti a se e mi fece un sorriso

«Benvenuta all’istituto Serif, Lei è la signorina…»

fece scorrere il dito smaltato di rosso sul grande libro e disse poi quasi come se avesse dubbi

«Dafne Gorelight, giusto? Molto piacere io sono la Signora Cliff»

Io annui e con l’accenno di un sorriso di cortesia, la salutai.

«Si, sono io. Sono la prima arrivata o già c’è qualcuno in aula?»

Chiesi sapendo che sarei dovuta andare in una specie di aula magna, presumo con il dirigente dell’istituto e il corpo docenti che ci avrebbe formato ma non feci in tempo a chiedere altro che sentì un tonfo sordo alle mie spalle. La signora dietro al bancone mi precedette e molto preoccupata si rivolse alla persona che ora riversava a terra. Io mi girai qualche attimo dopo e vidi una cascata di ricci biondi e la mano che ora intrecciava quella della della signora Cliff era decisamente scura rispetto alla sua.

«Ah che dolore…»

Disse dolorante, era una ragazza con una voce cristallina quasi da bambina e quando alzò il viso vidi i suoi occhi azzurri come il mare, aveva un po il naso rosso forse data dalla botta, La guardai anche fisicamente sembrava abbastanza atletica ma era un po difficile capirlo dato il cappotto, guardai ancora la ragazza e aveva le ginocchia sbucciate malamente

«Oh santo cielo cara va tutto bene? Ti sei fatta molto male?»

La ragazza si rialzò in piedi pulendosi un po dalla polvere che aveva attirato a se cadendo e facendo una risatina nervosa aggiunse

«Oh no signora Cliff va tutto bene, sono solo molto sbadata e anche di fretta, può indicarmi l’aula per il corso?»

Io assistetti per tutto il tempo anche se stavo quasi per andarmene dopo essermi accertata che la ragazza stesse bene e ovviamente da in piedi era più bassa di me anche se non di molto.Ma la signora Cliff aveva altri piani anche per me

«Bene signorina Alinac, Lei arriva con un tempismo prodigioso proprio adesso è arrivata una studentessa, la signorina Gorelight che sa già che aula sarà, dovete solo seguire le indicazioni.»

Mi sorrise anche se io la guardai con uno sguardo quasi impaurito, non volevo compagnia e tanto meno di una ragazza che neanche sapevo chi fosse. Purtroppo la signora Cliff ci liquidò salutandoci velocemente e io mi avviai cercando di accelerare il passo più che potevo mentre la ragazza iniziò a parlare senza sosta

«Ah bene allora, molto piacere io sono Federika Alinac . Che bei capelli che hai! Vedrai ci divertiremo insieme al corso e poi chissà magari saremo anche compagne di stanza e non solo di classe che ne dici? »

Io mi limitai a dire

«Io sono Dafne»

e poi continuai a cercare l’aula, quasi scappando da quella fastidiosa compagnia, mi sembrava un labirinto quel posto ma finalmente dopo tanti scalini e curve strette a gomito arrivammo nell’aula magna dove c’erano già un po di studenti ma nessun tutor o dirigente per noi. Federika fu rapita dalla grandezza e infatti iniziò ad essere esaltata come una bambina

«Wow che meraviglia! E com’è grande questa sala hai visto? Chissà quanti saremo e chissà come ci divideranno, pensi saremo insieme o ci divideranno subito? »

Mi aveva cosi bombardato di domande che avevamo preso posto insieme e vicine e io non me ne ero minimamente accorta. Aspettammo ancora una buona mezz’ora prima che la sala si riempì, avevo un po di mal di testa ma non ci diedi peso dato il chiacchiericcio sia di Federika e sia degli altri ragazzi. Sbuffai cercando di guardarmi intorno, mille visi e mille voci ma tutti con una cosa in comune: avevano tutti dei difetti. Da un lato mi sentì quasi rasserenata ma dall’altra non riuscivo a capire perché eravamo tutti li e tutti insieme…poi il buio in aula e una voce femminile, adulta, calda e suadente disse

«Benvenuti studenti del primo anno dell’istituto Serif.»

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


La figura che ci si presentava davanti avrebbe lasciato chiunque senza fiato ma diciamo che i ragazzi hanno apprezzato un po di più. Una donna altissima circa due metri, un vestito bianco panna e lungo, stretto in vita che le accentuava la vita e il seno prosperoso, le unghie curatissime con una manicure impeccabile e presumibilmente in tacchi si avvicinava al banchetto con il registro enorme che la signora Cliff aveva all’entrata ora ordinatamente chiuso; aveva un passo sicuro di se, di una donna fiera e determinata sicuramente da ammirare ma anche da temere. Arrivata sul punto illuminato da un faretto si girò verso di noi e tutti incontrammo i suoi occhi color ambra e i suoi capelli corvini ordinati in un’acconciatura formale di inizio anni 30. Prese un impercettibile respiro e le sue labbra si schiusero e iniziò a parlare

«Benvenuti a tutti, io sono la dirigente di questo istituto la Signora Miruna Albu e sono lieta di fare la Vostra conoscenza. Lasciate che vi smisti nelle classi in modo da conoscere in battuta successiva il corpo docente.»

Erano tutti incantati da lei, io compresa anche se l’inquietudine era leggermente maggiore, inoltre feci caso che anche lei aveva i suoi difetti tra cui il primo più evidente ossia l’altezza e i suoi occhi.Più passava il tempo e più mi sentivo quasi in collegio piuttosto che in un corso privato dato che eravamo tutti con dei difetti e nessuno ne sembrava sorpreso o comunque c’era una genuina curiosità e non uno scherno continuo. I nomi passavano e ad ogni classe formata partiva un applauso e la classe si dirigeva alla sinistra della signora Albu, io cercavo di guardare i miei compagni sia per vederne i difetti appunto per curiosità e un po per un vano tentativo di ricordarmi i loro volti; a volte facevo questi giochetti con me stessa. Venne anche il turno della mia compagna seduta affianco a me che quando senti il suo nome quasi saltellava dall’emozione provando goffamente di darsi un contegno ma si vedeva che era emozionata e curiosa di capire con chi sarebbe stata in classe. In battuta successiva chiamarono vari ragazzi e ragazze ma una mi colpì particolarmente dato che aveva la pelle tipica di una ragazza asiatica ma era strana, quasi a scaglie e solo sulla parte destra del corpo mentre i capelli cortissimi quasi con un taglio maschile erano viola elettrico. La sua camminata era fluida, sembrava sollevata da terra tanto era aggraziata ma anche sensuale e quando si girò i suoi occhi erano cosi neri che si faceva fatica a distinguere l’iride dalla pupilla, sorrise beffarda con i suoi denti perfetti e ci guardava come un gatto guarda un uccellino.
Dopo poco chiamarono anche me e mi alzai cercando di muovermi il più velocemente possibile, odiavo tutta quell’attenzione dato che sentivo chiaramente gli occhi addosso e poi la testa...mi stava scoppiando e infatti successe l’ultima cosa che una con il mio carattere voglia che succeda ossia catturare ancora di più l’attenzione. Inciampai, non so come e su cosa ma sentì chiaramente lo sbilanciamento del corpo verso destra e la mia preoccupazione oltre a non farmi male fu anche quella di non far male a nessuno anche se forse era inevitabile...o meglio cosi pensai.
Non ci fu nessun tonfo se non un vociare che sembrava più uno sciamare di piccoli insetti e sentì una mano protetta da un guanto di pelle che mi teneva il polso, riconobbi subito il materiale dato che a differenza del tessuto era meno scivoloso e grazie a quell’aiuto riuscì a stare quasi in piedi o meglio mi trovai in ginocchio su una gamba sola.
Guardai avanti a me: la dirigente impassibile, Federika con le mani sulla bocca preoccupata per me e la ragazza che aveva camminato prima di me sorrideva e alzò gli occhi al cielo, liquidandomi come se fossi la persona più patetica del mondo. In battuta successiva mi girai e vidi appunto la mano protetta da un guanto di pelle bianca e alzando lo sguardo ancora di più vidi affianco a me un ragazzo. Era molto serio quasi corrucciato con i suoi occhi nocciola, i suoi lineamenti affilati specialmente il suo naso importante ma che stava benissimo con il suo viso, le labbra sottili contornate dalla barba rasa ma presente sia sui baffi che sulla mandibola gli incorniciavano il viso accompagnati dai capelli mossi con un taglio che sfumava i suoi capelli, rendendoli più lunghi sulla testa ma sempre rimanendo sul corto e anche loro color nocciola sebbene più intenso. Fisicamente non era chissà che corpulento anzi sembrava magro, con il fisico asciutto e rimasi quasi sorpresa della presa salda sul mio polso. Non disse una parola, si limitò a guardarmi facendo un check up visivo sulle mie condizioni e una volta accertatosi che fossi intera, mi fece leva per farmi alzare.

«Bene, ci siamo anticipati come vedo signor Hardarm. Prego si avvicini e completiamo la vostra classe.»

Ci alzammo e io rapidamente andai verso l’unico volto amico che conoscevo, mi guardava preoccupata e sicuramente voleva chiedermi qualcosa ma non lo fece, capì benissimo anche lei che non era il momento.
Dopo pochi attimi anche lui venne tra le fila di studenti ma lontano da noi, non era pensieroso o altro, stava solo aspettando che finisse quella pantomima.Finalmente la cerimonia per noi finì e ci dirigemmo fuori dall’aula magna, ad attenderci un tutor che sembrava quasi un allievo per quanto era giovane. Mi colpirono i suoi capelli verde scuro, ordinati in una coda bassa e il fatto che fumasse, personalmente io odiavo il fumo.

«Siete pronti? Prego seguitemi.»

Disse e sinceramente per me fu solo un sollievo. Non dissi una parola neanche dopo che arrivai in classe e Federika prese posto vicino a me, sapevo che ero rossa in viso, sapevo che sarei scoppiata probabilmente a piangere, l’unica mia consolazione era che dalla mia finestra in aula vedevo il salice dell’ingresso. Non vedevo l’ora di starmene tranquilla sotto i suoi rami.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Una volta arrivata in classe e dopo essermi ricomposta un attimo vidi un foglio a righe allungato verso di me da una mano che avevo imparato a riconoscere.

Hey Dafne come stai? Ti sei fatta male prima?

La calligrafia di Federica era tondeggiante ma pulita e chiara, nulla a che vedere con la mia che per farmi capire dagli altri ero stata costretta a scrivere in stampato come nei libri di testo. La guardai di sottecchi e presi la penna per risponderle

Avrei preferito evitarmelo ma si, sto bene tranquilla.

Le ripassai il foglio di nuovo per poi concentrarmi sul professore che appunto non sembrava davvero un docente, sapevo di aver mentito spudoratamente. Aveva come difetto oltre i capelli, le orecchie a punta come se fosse un elfo, era vestito in modo sportivo e pratico e i suoi occhi non riuscivo a capire bene di che colore erano ma infondo che importava? Era già particolare cosi. Parlava dandoci del tu, aveva già letto i nostri nomi e aveva memorizzato chi era chi e praticamente non aveva fatto chissà che lezione si era limitato a presentarsi, si chiamava Galurd Aduni ma noi potevamo chiamarlo per nome per sua richiesta.
Quelle ore con Galurd passarono veloci, ci consegnò le chiavi delle camere per i dormitori, illustrandoci orari e regole da rispettare che tutto sommato non erano proibitivi. Le camere ci aveva spiegato essere comunicanti e non in comune per garantire la privacy ma anche la conoscenza tra studenti e finalmente la campana suonò comunicandoci che eravamo liberi e non me lo feci ripetere due volte, scrissi rapidamente sul foglio della mia compagna

Sono al salice.

E corsi via, all’improvviso mi sembrava tutto troppo soffocante quasi come se l’aria si fosse rarefatta e ora boccheggiavo in cerca di aria. Spalancai la porta d’ingresso e corsi verso il salice a perdifiato, respirai a pieni polmoni allentandomi il colletto della maglietta che avevo. La testa mi esplodeva e non capivo perché, che diavolo stava succedendo? Sentivo gli occhi inumidirsi dato lo stress delle domande che avevo in testa, era evidente che i miei mi avevano mentito erano tutti strani, tutti difettati e poi quello che è successo mi aveva messo davvero in difficoltà.

Prendi il controllo per favore, respira...respira…

Dopo un bel po mi senti finalmente tranquilla, non mi ero accorta che il salice mi sfiorava con i suoi rami quasi come a carezzarmi ma non mi dava fastidio anzi più lo faceva e più mi consolavo. Che stupidaggine. Mi alzai e prendendo la chiave e la mia borsa mi avviai in camera.
Il vialetto era fatto ad esse e terminava in una piazzetta con una fontana dove a destra continuava e c’era il dormitorio femminile e a sinistra c’era il dormitorio maschile. Gli edifici erano gemelli se non fosse per i suoi colori: l’edificio adibito al dormitorio femminile era color antracite e aveva i dettagli color panna mentre l’edificio a sinistra che ospitava il dormitorio maschile era esattamente l’opposto. Alzai gli occhi al cielo e a bassa voce dissi

«Un’altra delle mille stranezze…»

Mi stavo dirigendo appunto verso il dormitorio quando notai su una panchina il ragazzo che mi aveva afferrata stamattina, era concentrato sulla lettura di un libro rilegato in maniera elegante, di quei libri che immagini in una biblioteca storica che ora si accomodava nella sua mano, ovviamente non l’avrei disturbato. Il sole del primo pomeriggio gli tagliava la figura a metà illuminando il suo profilo e le sue mani che giravano le pagine del libro quasi carezzandole. Distolsi lo sguardo rapidamente e continuai a camminare ed andai finalmente nella mia camera che ovviamente era comunicante con quella di Federika, lei aveva già sistemato la sua roba ed era tutta o quasi colori pastello con una maggioranza di lilla mentre io preferivo l’azzurro e il rosso. Una volta sistemati i miei effetti personali e i miei vestiti crollai in un sonno profondo infatti fu la mia compagna a svegliarmi per la cena.
Scendemmo giù e vedemmo appunto la sala mensa molto fornita con bevande e cibo di ogni tipo dove addirittura c’era un frigo bloccato con una serratura elettronica dove al suo interno c’erano delle lattine nere e sinceramente pensai che magari erano degli eccitanti e per evitarne il consumo smodato le avessero messe sotto chiave, notai che solo alcuni studenti avevano le chiavi magnetiche per bere quelle lattine ma non ci diedi peso, non volevo altre domande in testa. Presi la prima cosa che capitava e mi girai evidentemente troppo velocemente e infatti diedi per errore una spallata ad una ragazza che riconobbi dai capelli viola, era quella che sorrideva beffarda alla presentazione della classe.

Lei si girò e mi guardò malissimo

«Guarda dove metti i piedi, imbranata...o hai bisogno di un accompagnatore perché non ti reggi in piedi sui tuoi trampoli?»

Disse ridendo guardando le mie gambe lunghe, mi senti piccolissima ma non persi la parola anzi cosi dissi

«Ti ho chiesto scusa, non ti basta?»

Lei sorrise beffarda e disse avvicinandomi a me

«No, problemi?»

Sostenni lo sguardo ma un’altra ragazza richiamò l’attenzione della ragazza

«Hey Ally, dai lascia perdere la sfigata.»

Disse la ragazza, aveva i capelli rosa e anche i suoi occhi lo erano, la pelle simile a quella della ragazza che mi aveva aggredito anche se lei era più ispanica che asiatica ma era a scaglie.

La bulla di fronte a me si girò e fece uno sguardo truce alla sua compagna

«Mi stai comandando? Io mi chiamo Alissa Odin non mi faccio comandare da una come te.»

La ragazza dai capelli rosa quasi annichilì a questo atteggiamento ma Alissa mi diede un ultimo sguardo

«Ma per ora, hai ragione. Meglio non avere a che fare con questa feccia. »

Girò i tacchi e se ne andò e noi finalmente ci accingemmo a mangiare. Una volta finito mi diressi in camera e una volta pronta per la notte aprì la finestra dove trovava un piccolo balconcino e mi misi con la musica nelle orecchie, presi due cuscini grandi per accomodarmi a terra. Una cuffia mi fu tolta e lasciai fare Federika prendere l’altra cuffia. La ragazza disse

«Io ci sono se tu vuoi.»

Mi girai e le sorrisi con sincero affetto per poi tornare a guardare la luna che illuminava tutto quasi come fosse giorno fino a che non ci addormentammo cullate dalla leggera brezza autunnale.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il giorno dopo ero decisamente più rilassata, mi ero svegliata giusto una mezz’ora prima della mia compagna di stanza. Amavo il silenzio del mattino, sapere che tutti dormono indifesi e che ancora devono accendersi come candele, il loro cuore battere lento...quasi potevo sentirlo. Inoltre l’aria fresca del mattino mi metteva pace e riuscivo ad organizzarmi per tutta la giornata.
Indossai la divisa che mi era stata data: era composta da giacca blu e gonna marrone e orlo azzurro, la maglietta era indifferente per l’istituto a meno che non fosse troppo appariscente; la giacca la misi solo appoggiata alle spalle in modo da coprirmi un po ma non totalmente. Scesi le scale verso la sala colazione che era grandissima e molto pulita ed ariosa, aveva dei finestroni enormi e davanti a due di questi erano posizionati dei divanetti e due con delle panche e delle sedie alte a sufficienza da arrivare ai tavoli, il resto erano tutti tavoli circolari con almeno 8 o 10 posti a sedere e infondo alla sala c’era tutto lo spazio dove potevi trovare ogni cosa tu volessi da mangiare, sia salata che dolce, addirittura con un tavolo a parte per le intolleranze. Cosi dopo essermi presa un thè presi posto su una sedia alta e guardai il salice che ondeggiava piano scosso da un alito di vento.
Senti poi un rumore alle mie spalle ma decisi di ignorare volutamente quel fruscio anche se con la coda dell’occhio cercai di capire chi era, certamente non volevo rincontrare quella bulla ma…non era lei.
Era il ragazzo con i guanti, li portava anche ora ma erano neri e di stoffa, aveva un gilet appunto blu come la mia giacca quindi presumevo fosse la divisa e i pantaloni marrone scuro con delle semplicissime scarpe nere. Aveva i capelli un po disordinati e la faccia era di uno che o si era svegliato da poco o non aveva dormito proprio.

“accidenti a te ma che fai, ti metti a fissare la gente?!”

pensai, perché ovviamente non mi ero minimamente accorta che lo stavo seguendo con lo sguardo e cosi mi girai subito.

Sentì anche il rumore del bollitore che si spegneva subito e l’acqua che veniva versata caldissima in una tazza per poi sentire lui camminare e a differenza mia si accomodò in maniera scomposta sui divanetti. Tra un sorso e l’altro mi accorsi che era perso nei suoi pensieri e beh non era affatto un brutto ragazzo anzi ma non era il classico belloccio. Il sole si divertiva a dargli fastidio filtrando sfacciato nei suoi occhi e nei suoi capelli dandogli dei riflessi biondi mentre lui guardava fuori anche se appunto mi sembrava assente quasi distratto. Alzò la testa lievemente e sussultai girandomi anche io verso la porta:gli altri studenti si erano svegliati ed un gran vociare si avvicinava a noi, cosi si alzò raccattando la sua borsa e io poco dopo feci lo stesso ma aspettai per uscire, non volevo uscire insieme a lui per non creare spiacevoli equivoci e rimasi ferma fino a che sentì un sussurro

« Buongiorno.»

mi vennero i brividi fino ai piedi quando la sua voce mi salutò, aveva una voce da ragazzo ovviamente ma non la classica voce calda ma anzi era una voce fresca ed espressiva mi imposi di calmarmi e dissi

«Buongiorno»

non ce la feci però a ricambiare lo sguardo e guardai a terra anche se mi girai lievemente per poi vederlo sparire nella porta e vedere quattro o cinque ragazze invece comparire e prendere posto e solo allora me ne andai.
Avrei forse voluto dirgli di più come “grazie per avermi evitato almeno in parte di farmi fare una figura orrenda” ma probabilmente non mi avrebbe detto nulla se non un grazie striminzito.
Salì di nuovo in camera e Federika era appena sveglia mentre io andai in bagno a lavarmi i denti

«Buongiorno anche a te Dafne»

Disse lei, in effetti non ero stata molto educata e io bofonchiai qualcosa con la schiuma alla bocca e lo spazzolino elettrico che vibrava. Una volta pulita , sulla soglia della porta la sua criniera bionda faceva capolino; mi squadrava come se volesse scrutarmi l’anima ma era troppo presto sia in termini temporali che in termini affettivi per far in modo che lei capisse qualcosa di quel gomitolo intricato che era la mia mente e la mia personalità

«Tutto bene? Stai ancora pensando a ieri?»

Quando mi fece la domanda in effetti ebbi un flashback ma mi vene in mente la pelle bianca di un guanto di pelle e il nocciola degli occhi di quel ragazzo, ricordo inoltre il suo profumo ma non sapevo come descriverlo e avvampai

«No...assolutamente. Scusa ti lascio il bagno e ti aspetto in classe. »

E cosi la lasciai li, con lei che annuiva e quell’espressione un po frustrata di chi vorrebbe fare e dire di piu ma non può perché ha di fronte un muro di gomma. Scesi di nuovo le scale e mi orientai sicuramente meglio rispetto la prima volta. Nella classe del corso riconobbi subito le bulle con cui ebbi a che fare e qualche altro studente visto di sfuggita; presi posto ben lontana da Alissa e la sua combriccola mettendo sulla sedia vicina ma me la cartella in modo da tenere il posto a Federika.
La classe si riempì rapidamente e l’ultima persona che vidi entrare fu proprio la mia compagna di stanza, le sorrisi e lei ricambiò con molto più entusiasmo e calore.
La lezione trascorse con leggerezza devo dire, il tutor era un ottimo oratore e piu che una lezione ci è sembrato un dibattito; trovavo molto interessante questo metodo di insegnamento cosi non ti sentivi un semplice fantoccio ma una persona, un essere senziente.
Seguirono altri corsi e la giornata era trascorsa con il pranzo ma del ragazzo con i guanti nessuna traccia, me ne accorsi perché al suo posto c’erano altri studenti e non l’avevo mai incrociato neanche nei corridoi.
La giornata prevedeva sempre un po di attività fisica e infatti sia io che Federika ci avviammo in palestra;presi posto sul tapis roulant

«Ti dispiace se ascolto della musica? Non riesco a correre altrimenti. »

E lei mi sorrise e disse

«Ti stavo per chiedere la stessa cosa! La cyclette é noiosissima…beh allora ti lascio!»

E si allontanò da me mentre io presi le cuffie e misi la musica ad un volume moderato iniziando a correre. Mentre correvo mi concentrai sulla musica ma anche sul mio respiro, quando correvo mi sentivo libera e leggera e mi permetteva di sfidare sempre me stessa, un passo alla volta, un chilometro alla volta. Mi accorsi che qualcuno si mise al tapis roulant affianco ma non ci feci caso ero troppo occupata ad allenarmi quando dopo poco cercai la mia compagna con gli occhi e mi accorsi che parlava...con un ragazzo.
Era molto carino, non dimostrava assolutamente la sua età e aveva i capelli lisci e neri quasi come la seta e i tratti asiatici, ridevano molto e i loro occhi erano genuinamente curiosi l’uno dell’altra

“Dopo le farò il quarto grado...”

mi ricordai a mente.
Decisi che era il momento di fermarmi e cosi feci e istintivamente mi girai alla mia destra dove appunto avevo notato il movimento ma non avevo dato caso chi fosse . Il tapis roulant si era appena fermato e il ragazzo si girò di schiena, mi sembrava il ragazzo con i guanti ma non ero sicura e si avvicinò a Federika e al ragazzo asiatico, lui si girò e lo chiamò

«Hey Silas respira…»

e lui sorrise dandogli un buffetto

«E tu allenati invece di pensare alle ragazze!»

E si allontanò andando verso i bilancieri, forse Federika si accorse di me e del fatto che avevo visto tutta la scena e disse

«Hey Dafne vieni fai amicizia anche tu! »

Io acconsentì e bevvi un sorso d’acqua dalla borraccia mentre mi avvicinavo ai ragazzi, il ragazzo asiatico mi squadrava da capo a piedi ma ignorai l’imbarazzo e aspettai che fede mi dicesse il suo nome

«Lui è Aku, un nostro nuovo amico»

mise molta enfasi quando disse “nostro” quasi come un rimprovero per non farmi essere antipatica o peggio di ghiaccio, mi sforzai a dire un timido “piacere” mentre gli porgevo la mano, lui me la strinse e disse

«Piacere mio, io sono Aku appunto e lui è Silas»

disse indicando il ragazzo con i guanti che aveva anche stavolta ma erano quelli appositi da palestra. Lo guardai soffermandomi qualche minuto in piu, non aveva un fisico atletico ma piuttosto asciutto tanto che i muscoli si vedevano da sotto la pelle pallida, quasi sembrava non si sforzasse dato che non aveva sudore sulla fronte.

«Credo che vi già vi siate conosciuti il primo giorno…»

aggiunse poi Aku e Federika diede una gomitata al ragazzo

«Hey non offendere la mia amica!»

Io mi scossi un po e dissi sorridendo

«Oh no, nessun problema davvero…»

Subito dopo con la coda dell’occhio vidi Silas andarsene e a me venne uno dei miei mal di testa, era tremendo come un trapano nella testa tanto da allontanarmi dalla coppia

«Hey Dafne…»

questo è l’ultimo ricordo che ho, poi mi lamentai e infine il buio totale. Mi risvegliai nell’infermeria della palestra con un asciugamano sulla testa.

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