Il Signore del Male non c'entra Nulla con la Trama

di Mercurionos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Turno ***
Capitolo 2: *** Secondo Turno ***
Capitolo 3: *** Terzo Turno ***



Capitolo 1
*** Primo Turno ***


Introduzione
 
Un tremito. Il pavimento cedette, pietre e terra capitombolarono verso il basso, nell’oscurità. Quando riaprì gli occhi, Aldus si tastò piano il capo: nulla, solo un gran dolore e un rimbombo senza fine. Si alzò, poggiandosi alla fredda parete di roccia, e diede ai propri occhi il tempo di abituarsi alle tenebre. Fiochi raggi di luce filtravano dalle crepe nel soffitto: il crollo doveva aver richiuso la voragine da cui erano caduti loro tre.
Giusto! Dove sono…?
Aldus si guardò intorno e individuò in fretta due corpi, stesi sulla roccia. Si gettò su di loro, già temendo il peggio. Anche volendo, non conosceva nessun incantesimo di guarigione, nonostante fosse il prescelto di cui tanto narravano le storie. “Shian! Rikka! – chiamò le compagne – Svegliatevi!”
La donna più grande scosse il capo e si alzò, scostando di lato l’altra ragazza. “Ma che… Rikka, levati!” le tuonò contro burbera, così anche la terza si svegliò. Recuperati i sensi, anche le due giovani constatarono di non esser rimaste ferite. La terra e la ghiaia dovevano aver attutito la loro improvvisa caduta.
“Dove siamo finiti?” chiese Rikka al buio, mentre levava la polvere dal pesante tomo magico che si portava sempre appresso.
“Una galleria. In questa zona, il sottosuolo è un labirinto di pietra.” Spiegò Shian.
Aldus frugò nella propria sacca, ne prese una pietra nera e un dritto bastone di legno, e accese una fiaccola “Non c’è tempo da perdere. Andiamo!”
 
 
La Trappola di Fulmini
 
Si incamminarono giù per la discesa di pietre ruvide. Un lampo lontano brillava alla fine del corridoio, ma quando la raggiunsero, si accorsero che non era la luce del giorno, bensì un vecchio e malconcio braciere di rame. Le gallerie erano davvero abitate. Il cunicolo terminava in un massiccio arco di pietra, squadrato da mani umane a mo’ di porta. L’uscio era chiuso da una lastra marmorea, coperta da rilievi e altri ghirigori bizzarri. Rikka avanzò, intrigata dalle rune incise nel portale, ma Aldus le si gettò addosso. “Fermo!” gridò anche Shian, stuzzicata dai suoi istinti di sicario, ma era troppo tardi.
Clac!
Una piastrella quasi invisibile, del colore della pietra in cui era stata scavata la galleria, si inabissò sotto il piede della studiosa. Uno dopo l’altro, comparvero dei fori lungo la parete di roccia: saette ambrate schizzarono dagli orifizi e intessettero una tela di fulmini. Aldus e Rikka non poterono reagire e vennero investiti dalla scarica elettrica, ma per loro fortuna Shian aveva riflessi rapidi e istinti affilati: scagliò uno dei suoi pugnali da lancio verso un cristallo che si era illuminato in fondo alla stanza. Shian mancò il bersaglio di tipo due metri.
Tuttavia staccò una lastra di roccia dalla parete, che cadde addosso al cristallo. La pietra si ruppe, e la trappola di fulmini si dissolse. Non ebbero nemmeno il tempo di capacitarsi di quanto era successo che la porta marmorea si aprì di scatto, scivolando nella parete con un sordo rombo, e una minuta figura entrò nell’anticamera della grotta.
Fece un inchino, e si presentò: “Gra-grazie per gra-ver aperto la porta!” Aldus portò in alto la torcia ancora accesa, e poterono vedere meglio in volto l’esserino: un goblin di palude, in tutto e per tutto identico ad uno gnomo dei boschi… ma con il volto di una ranocchia.
“Cosa ci fai qui?” chiese Rikka, stupita dall’inaspettato incontro.
“Mi chiamo Gre-ndy. Stavo gra-ccogliendo le carote nel mio orto, quando il terreno ha ceduto! Mi sono gr-itrovato qui sotto, tutto solo. Ormai è più di un giorno che gra-ttraverso queste gr-otte!”
I tre avventurieri si scambiarono un’occhiata d’intesa e offrirono all’uomo-ranocchio di accompagnarlo in superficie. Dopotutto, anche loro erano in cerca di un’uscita da quel posto.
 
Shian ha ottenuto: Creatura Selvaggia (PNG)
 
 
L’Impostore
 
Attraversarono in silenzio un androne di pietra dopo l’altro, accompagnati soltanto dal rimbombo dei loro passi e dallo sgocciolare lontano dell’acqua. Poi raggiunsero una sala enorme, scavata nella pietra dal lento passare del tempo, un abisso di cui quasi non si vedeva il fondo. Rikka si mise in testa alla carovana: “Dobbiamo andare di là per uscire.” Indicò un ponte di corda, sospeso sul nulla. L’impalcatura svaniva nell’oscurità dopo una decina di metri. Inghiottirono la preoccupazione, e procedettero dietro la studiosa, ma quando giunsero dall’altro lato del burrone, Rikka si fermò di scatto.
Dietro la donna, in un alcova nella parete di roccia, si estendeva per qualche braccio una grata di ferro. Aldus e Shian rabbrividirono nello scorgere oltre l’intreccio di metallo: chiusa nella gabbia c’era un’altra Rikka, in tutto e per tutto identica alla loro amica studiosa. L’impostore si rivelò ai viaggiatori, con un inchino teatrale: “È vero! Colui che vi ha portato fin qui non era altri che Cacapupu, temibile generale dei briganti mutaforma!” Aldus e Shian si scambiarono uno sguardo serio: in effetti, avevano sentito che le grotte di quel regno erano state occupate, oltre che da svariati mostri, da una banda di ladri e furfanti appassionati di magia nera. “E ora… - esclamò quindi il minaccioso Cacapupu - …soccomberete sotto il potere della mia magia!” Alzò dunque le mani in preghiera e il suo corpo tremò e si gonfiò, ali squamate spuntarono dalle sue spalle, una robusta coda dalla sua schiena. I suoi avidi e folli occhi rilucettero nelle tenebre, e un ghigno rauco risuonò per la grotta: era mutato in un drago.
Fortuna che l’incantesimo mutaforma era soltanto una magia illusoria, così Aldus e Shian (poi anche il minuto Grendy, che non disdegnava affatto le baruffe) riempirono di botte il povero bandito, che fuggì nei meandri più oscuri della caverna piagnucolando. Con un paio di colpi di spada cedette anche il lucchetto della rozza prigione e Rikka fu libera.
“Grazie. – disse la donna – Quando c’è stato il crollo, mi hanno catturata e sbattuta qui dentro. Fortuna che non ci hanno fatto nulla.”
Ci? Chi c’è lì con te?” chiese Aldus.
“Ah, giusto! Principessa, può venire, ora possiamo uscire.”
Dall’ombra dell’alcova apparve il volto di una giovane donna, elegantemente agghindata in un largo abito dorato. Shian e Aldus la riconobbero subito: era la splendida principessa Piennegì, scomparsa qualche giorno prima dal castello reale. La accolsero nel gruppo con i dovuti omaggi, e proseguirono in direzione dell’uscita. Non che ci fossero molte direzioni tra cui scegliere.
 
Rikka ha ottenuto: Principessa (PNG)
 
 
Braccati
 
Camminarono per almeno un’altra ora nel buio della grotta. La torcia stava per spegnersi, ma per fortuna si trovavano nei pressi dell’uscita, se ne accorsero dall’odore di pioggia e dal primo refolo di vento percepito quel giorno. Tuttavia, quando finalmente furono in vista dell’uscita da quel labirinto di ombre, udirono un gran marciare alle loro spalle: i briganti. “Shian, Rikka! Portate la principessa fuori da qui, io li tratterrò!” gridò Aldus, e le sue compagne non persero tempo a discutere. Presero con loro la giovane nobile, del tutto disinteressata alla sua condizione, e cominciarono a correre. Grendy, con le sue corte gambe, si stancò in fretta, allora balzò addosso a Shian e si aggrappò alla sua schiena. Aldus estrasse la spada e la fece roteare nella mano, scagliando qua e là allegre scintille. Trinciafulmini, questo era il nome della mitica lama, aveva un aspetto minaccioso ma regale, e richiedeva rispetto ai propri nemici.
Aldus puntò l’arma verso i predoni. La banda di briganti, tuttavia, non rallentò alla vista della lama, anzi s’infiammò ancora di più. Aldus aguzzò la vista verso il buio della galleria: la combriccola di masnadieri non era composta soltanto da un paio di uomini, ma pareva crescere metro dopo metro. Quando furono più vicini, Aldus ne vide almeno quaranta, capitanati e fomentati da Cacapupu: “Prendeteli! Se ci scappa la principessa, poi ve la vedete voi con l’androminotauro!”
L’eroe allora fece un rapido conto, ragionò per qualche istante, fece un inchino, rimise la spada nel fodero e scappò via a gran velocità. Gli tornarono in mente i giorni in cui si era allenato nel monastero dei ninja dell’Est assieme a Shian. Quelli sì che erano tempi bui: allenamenti senza sosta, giorno dopo giorno, e costanti tentati omicidi per affinare i sensi. Fare il ninja non era stata proprio una buona idea, e gli shuriken si erano dimostrati delle armi davvero scomode.
 
Aldus si è ricordato di essere: Ninja (classe)

 

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Capitolo 2
*** Secondo Turno ***


In viaggio
 
Aldus raggiunse le compagne di viaggio a grandi passi e giunse presto fuori dalla caverna. Le grida e gli strepiti osceni dei banditi rimbombavano ancora tra le pareti di roccia. Il gruppo emerse sulla vetta di una morbida collina erbosa, sferzata dal vento autunnale. Senza perder tempo, corsero giù per il pendio, attraverso l’erba alta. Giunsero nei pressi di una strada sterrata. La terra sembrava battuta con frequenza, e così Shian dagli occhi torvi gonfiò seria seria il petto, si mise al centro del sentiero e gridò: “TAXI!”
Subito apparve una carrozza, nera e lucida, trainata da due purosangue dal manto bruno. “Buonasera, madamigella. – Disse cortese l’anziano cocchiere – Come posso esservi d’aiuto?”
“Sta’ zitto e parti! Al castello, ora!”
L’ometto non se lo fece ripetere, poiché, quando girò il capo per salutare i paganti clienti, aveva visto anche la rabbiosa marmaglia di briganti, spade alla mano, scendere lungo il fianco dell’altura: “Vai! Vai! Giddap!”
La carrozza acquisì in fretta velocità, e il gruppo, fiaccato dalla corsa, ne approfittò per riprendere fiato.
Rikka e Grendi si affacciarono al finestrino del cocchio e ammirarono il tetro paesaggio: file di case lugubri e abbandonate si attorcigliavano strette una sull’altra su per il fianco di Colle Mesto, sulla cui cima sorgeva il palazzo di Re Garibaldo. Ora che sua figlia era stata tratta in salvo dagli avventurieri, forse il suo animo straziato dal dolore si sarebbe calmato. Forse sarebbe anche terminata l’eterna tempesta di fulmini viola che da qualche tempo a quella parte imperversava minacciosa sopra il castello.
Shian si lasciò distrarre dal panorama: “Mi ricorda il giorno in cui ho ottenuto la mia spada.” L’assassina estrasse la daga nera, Kumori-no-hi-ni-Masamune-san-ga-tsukutta-gotenrai-to-mugen-no-yami-no-ken-mata-sonotoki-karasuga-ken-no-gara-ni-shoben-o-shita-koto-ga-arimashitaga-sore-ni-tsuite-wa-hanashimasen, una delle innominate tredici spade leggendarie. La sventurata spada aveva la sventurata fama di portare sventura. Per fortuna, portava sfortuna soltanto ai suoi sfortunati nemici.
 
Shian si è ricordata di avere in tasca: Lama Maledetta (arma)
 
 
Colloquio con il Re
 
Il gruppo di avventurieri venne accolto in fretta e furia al ponte levatoio del castello in cima a Colle Mesto. Le guardie non dissero nulla, aprirono loro ogni porta e li condussero presto alla grande sala delle udienze. L’alto androne, illuminato da ambo i lati da ampi finestroni che giungevano fino al soffitto, era freddo e silenzioso. Ogni passo echeggiava più volte prima che il suono potesse morire nel gelo di quella stanza. Aldus e Rikka si inginocchiarono sul tappeto di velluto carminio: dinanzi a loro, nell’ombra, sedeva re Garibaldo sul suo trono dorato.
“Chi siete?” chiese il re a gran voce, senza scomodarsi dal proprio scanno.
Rikka si alzò in piedi: “Vostra Maestà Garibaldo V Hohenheim, Re di Colle Mesto e dintorni, Duca di Taleggio e Trepalle, siamo la compagnia a seguito di Aldus, l’eroe prescelto dalla dea Gozzilla. Portiamo con noi liete notizie. Sua maestà Piennegì, vostra figlia…”
Ma le parole le morirono in bocca quando il re si alzò e tuonò: “Quella sgualdrina! Non osare nominarla, mocciosa! Ha osato disobbedire a me, suo re e padre, soltanto perché l’avevo messa in punizione! Quando ne avevo tutto il diritto, tra l’altro! Come ha potuto osare portare nella mia reggia, la casa della mia famiglia da generazioni, un plebeo idraulico? Che il suo rapimento le serva da lezione. Un idraulico! Italiano, per giunta! Giammai! Mai e poi mai mia figlia uscirà la sera con un idraulico italiano! Non è l’impiego adatto all’erede del mio nobile casato!”
“Ma sire, ascoltate…” insistette Rikka, ma il sovrano si gonfiò d’ira e si avvinò alla giovane donna.
“Anche tu osi contraddirmi, plebea? Non m’importa da quale divinità siete stati designati, nella mia casa nessuno si oppone al volere del pater familias!”
L’omone alzò una mano sopra la testa con fare minaccioso per grattarsi la nuca, che sempre gli prudeva tanto quando s’irritava il suo animo. Shian purtroppo confuse il gesto con un quick time event di contrattacco, premette triangolo senza pensarci tanto e scagliò Kumori-no-hi-ni-Masamune-san-ga-tsukutta-gotenrai-to-mugen-no-yami-no-ken-mata-sonotoki-karasuga-ken-no-gara-ni-shoben-o-shita-koto-ga-arimashitaga-sore-ni-tsuite-wa-hanashimasen in mezzo agli occhi dell’uomo.
Il re precipitò all’indietro esalando l’ultimo respiro, stramazzando nel proprio sangue, la lama dritta impalata al centro della fronte. Rikka cadde in ginocchi, bianca in volto. La principessa non disse nulla, si stava facendo un selfie.
Aldus si voltò furioso verso Shian, che non disse nulla, intimorita dallo sguardo rabbioso dell’eroe: “Dannazione, Shian! Lo sai che Rikka ha paura delle spade! Abbi un po’ di contegno!”
 
Rikka ha ricordato tutti di avevre: Paura delle Lame (tratto)
 
 
Lotta con gli Inquisitori
 
Le porte del salone delle udienze si aprì di scatto: “Cosa avete fatto!?” gridarono più voci, disperate dal macabro spettacolo. Il sangue del re aveva imbrattato il tappeto di velluto rosso e i bianchi tendaggi lungo le pareti. Rikka si guardava sconcertata le mani, Aldus e Shian stavano ancora discutendo animatamente sulla stabilità psicologica della loro compagna. Grendy aveva cominciato a saltellare spaventato e confuso per la stanza. La bella principessa Piennegì, per nulla turbata dall’inattesa dipartita del padre, prese il telefono e scrisse su Twitter: “Finalmente anke io posso sedermi su kuello stupido trono #Ereditàaltrono #MeToo #Onesta”
Le voci furiose si trasformarono in un pesante e ritmato marciare e, nel giro di pochi istanti, il gruppo venne circondato da qualche dozzina di soldati agghindati in eleganti armature rosse e mantelli neri come la notte: i leggendari inquisitori di Colle Mesto erano giunti sul posto. Aldus tirò per l’aria qualche fendente con Trinciafulmini, illuminando con scintille dorate la stanza sempre più buia: la tempesta violacea, sopra al castello, si era fatta ancora più tetra. Anche Shian e Rikka si prepararono allo scontro più che inevitabile, ma il nemico pareva troppo potente. Loro erano soltanto in cinque (non che la principessa fosse molto interessata allo svolgersi delle vicende), e gli inquisitori erano almeno una ventina, armati di tutto punto e provetti conoscitori della stregoneria.
Allora Rikka enunciò una rapida litania e Aldus, Shian e Grendy vennero investiti da un bagliore argenteo. “Andate! – disse la studiosa – Che maestra sarei se lasciassi morire il mio unico discepolo?” diresse le mani verso i tre compagni e, continuando a pronunciare le formule degli incantesimi, li fece svanire in un lampo di luce.
 
Aldus ha rivelato a tutti di essere: Allievo (di Rikka) (tratto)

 

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Capitolo 3
*** Terzo Turno ***


In Soccorso del Popolo
 
Quando il mistico alone di luce si dissipò, Shian, Aldus e Grendy poterono constatare dove fossero finiti: erano in centro alla piazza principale della città, sotto l’alto obelisco di marmo, simbolo del potere del regno di Colle Mesto. Gli astanti notarono presto l’inaspettata apparizione del gruppo di avventurieri e riconobbero Aldus, l’eroe di cui così tanto si vociferava in quel periodo, quindi si rivolsero in coro a lui.
“Guardate, è l’eroe!”
“Forse la nostra attesa è finalmente terminata!”
“Che la dea abbia davvero ascoltato le mie preghiere?”
“Dove sono i miei pantaloni?”
“Oh eroe, sei venuto per liberarci dalla cappa di sventura che avvolge le nostre terre?”
Aldus si avvicinò alla gente e tentò di rassicurare i popolani: “Non temete, brava gente, perché porto buone notizie. Stamane, i miei compagni di ventura e io, ci siamo opposti alla perfida tirannide di Re Garibaldo. Vi dico, allora, non abbiate più paura, perché il re è morto!”
Ci fu un attimo di silenzio. Poi, dalla folla, si levarono una dopo l’altra le grida di apprezzamento della gente.
“Ma sei scemo?”
“Cosa diamine hai fatto?”
“Dovevi salvare il nostro re, non farlo secco!”
“Ah, ecco dov’erano i miei pantaloni.”
“Appendiamolo alla forca!”
Mani su mani si poggiarono sul petto dell’eroe, lo strinsero e lo spinsero, qualcuno pure gli sputò addosso, allora Shian prese Grendy sotto un braccio, si tirò stretto a sé Aldus, e balzò verso l’alto. Con un singolo salto raggiunsero il tetto di una casa vicina. “Dobbiamo andarcene, presto.” Disse seria l’assassina.
Aldus tirò un sospiro: “Non immaginavo una reazione simile. Ti ringrazio, Shian, ci hai salvato.”
La donna strabuzzò gli occhi e divenne paonazza in volto: “N-non l’ho mi-mica fatto p-per te!” balbettò tutta impacciata. Poi presero tutti a correre verso le mura delle città, saltando da un tetto all’altro.
 
Shian ha fatto vedere a tutti di essere: Tsundere (verso Aldus) (tratto)
 
 
Scontro con il Minotauro
 
L’ira dei cittadini non si era però placata. Una massa di persone inseguì Aldus, Shian e Grendy fin fuori le mura cittadine. “Dobbiamo gra-ndarcene!” gracidò Grendy il goblin raniforme. “Ci serve un luogo sicuro!” aggiunse Aldus. Shian allora gonfiò i polmoni e urlò a gran voce: “TAXI!” e un cocchio nero apparve in mezzo alla strada, lasciando dietro di sé un gran polverone. Il gruppetto tallonato dal popolo saltò nella carrozza. Il conducente si piegò verso di loro e li salutò con garbo: “Buonasera ai signori. Come posso esservi…” ma tutti e tre, con una sola voce, risposero gridando: “Sta’ zitto e parti! Al labirinto, ora!”. L’uomo si spaventò e spronò i cavalli, due ottime bestie dal manto corvino, che presto scagliarono la corriera giù per la strada, a gran velocità.
Dopo tutte quelle peripezie, erano di nuovo nel tetro labirinto di pietra, dal quale erano fuggiti soltanto qualche ora prima. Varcarono la soglia della caverna in cerca di un riparo sicuro, un posto in cui riposare e riprendere le forze, una base da cui pianificare il salvataggio della loro amica Rikka e del reame intero. Un’umida caverna abitata dai briganti pareva la scelta più logica. Tuttavia, non appena ebbero raggiunto quel luogo, vennero salutati da un ringhio roboante, come prodotto dalla terra stessa che li stava accogliendo nel proprio grembo: “Chi siete voi? Chi osa entrare nel mio dominio?”
Aldus e Shian estrassero le spade. Grendy emise un gracidio (estremamente carino) come un grido di battaglia.
“Ah, sei tu – continuò la tenebrosa voce – il lurido eroe che è riuscito a sfuggire ai miei uomini.”
Il terreno tremò e un sinistro bagliore rilucette nel buio della caverna. Aldus alzò la spada Trinciafulmini e la grotta si illuminò, attraversata da mille scintille danzanti, e lo videro. Di fronte a loro si ergeva l’androminotauro, enorme, prestante, armato di una titanica ascia bipenne e… completamente nudo.
Shian si coprì gli occhi imbarazzata. Aldus non sapeva dove guardare. Grendy continuava a gracidare tenero.
Non sapevano proprio dove posare i loro sguardi. L’androminotauro, l’essere metà uomo, metà toro e metà donna (non state a guardare le percentuali, è una creatura superiore, tipo Gilgamesh), mostrava sprezzante tanto le sue forme quanto le sue grazie. Gli eroi non riuscirono a prendere l’iniziativa, e il primo colpo spettò alla creatura.
“Ora Shian! Colpiscilo!” gridò Aldus, vedendo uno spiraglio nella difesa della bestia.
“Non so dove! – rispose lei rossa in volto, guardando soltanto di sfuggita gli eccellenti attributi del mostro – Mi sento una pervertita! E non darmi ordini, n-non sto m-mica c-combattendo per t-te!”
La battaglia proseguì per quelle che sembrarono essere tredici ore (e infatti passarono tredici ore), quando il bestio crollò in terra senza vita. E poi, all’improvviso, si udì una voce: “Oh, finalmente!”
Si voltarono verso l’uscita della caverna e vi videro una figura incappucciata, che si poggiava su un’esile falce nera: “Ah, scusatemi, non volevo spaventarvi. Sono la Morte.”
I tre impallidirono. “Oh, no, no! Non sono qui per voi! – disse ella – Devo dire, tuttavia, che aspettare tredici ore per mietere un’anima mi ha fatto comprendere che voglio altro dalla vita, e questo lavoro non fa proprio per me. Tieni, ragazzo. – disse allora ad Aldus – Prendi la mia falce. Se ti va, fai tu la morte al mio posto. Io mi prendo una vacanza.” E svanì.
Aldus resse in alto il suo premio, e la falce della morte si fuse con Trinciafulmini, dando vita a Infartona, la spadona della morte. Forti della loro nuova conquista (e delle tonnellate di punti esperienza vinti nell’ultima battaglia) Aldus, Shian e Grendy chiamarono un taxi e tornarono a Colle Mesto, pronti ad affrontare gli inquisitori.
 
Rikka (perché teoricamente era il suo turno) è diventata: Dio della Morte (classe)
Immagino sia un titolo trasferito per proprietà transitiva, se uno non lo vuole, passa al primo che capita
 
 
Appare il Maestro dei Giochi
 
Colle Mesto non sembrava più lo stesso regno del giorno prima. La minacciosa tempesta violacea si era estesa sopra tutta la campagna, mutando l’idilliaca pianura in una steppa buia e gelida. La piazza del paese era vuota, spazzata da un vento necroforo e sferzante. I tre avventurieri avanzarono piano, ma non ostacolati da nessuno, fino alla cima di Colle Mesto, fino ai cancelli del castello. Non ci fu nessuno ad attenderli lì, né le guardie, né gli inquisitori. Aldus spinse l’ampio portone di metallo. Un cigolo stridente scosse le mura di pietra. Ma nulla, pareva che nessuno avesse udito quel suono. Avanzarono ancora, fino alla sala delle udienze. Il trono dorato non era vuoto.
“Ah! Cominciavo ad annoiarmi. È difficile continuare il gioco, quando si è da soli.”
Aldus riconobbe la voce, e il suo corpo si mosse da solo. Attaccò il terreno, spiccò un salto in aria ed estrasse la spada, ma venne deflesso da un’eterea barriera dorata. Shian andò a soccorrere il suo amato.
Shian divenne paonazza. “Ehi! Narratore! Cosa c-cavolo stai dicendo?!” Mi disse, ma feci andare avanti la storia lo stesso.
Aldus si rialzò, e così fece anche il nemico all’ombra. Tutti poterono vedere i suoi nipponici lineamenti, la sua aggressiva mise di pelle e fibbie, la sua acconciatura a dir poco offensiva e incurante della gravità.
“Yugi Muto! – gridò Shian, riconoscendo l’atavico avversario del loro gruppo – Quindi sei tu l’architetto di tutte queste sventure!”
Il ragazzo dai capelli osceni rise di gusto. “Ebbene sì, ora sono finalmente l’unico, vero re dei giochi. Finalmente! Finalmente posso evocare Slifer, il Drago del Cielo!”
Aldus era vagamente confuso: “Pensavo si chiamasse Osir…”
“Zitto!” urlò l’adolescente tamarrissimo e, mostrando ai nemici una sottile tessera di cartone dal prezzo decisamente irragionevole, fece sollevare un gran vento, che scaraventò il gruppo di eroi fuori dal castello, fino alla piazza centrale. Il terreno cominciò a tremare, e Colle Mesto smise di esistere: l’antico castello spezzò le proprie terreni catene e si librò in aria, minacciando dall’alto tutto il creato, al centro del tempestoso turbine di nubi e fulmini.
“Non potremo mai gra-ffrontarlo da soli!” pianse Grendy.
“No, non da soli. – disse Aldus – Abbiamo bisogno di aiuto.”
“Ma dove possiamo trovare aiuto, adesso?” chiese demoralizzata Shian.
Alzarono lo sguardo e videro un cartello di legno di fronte a loro: Taverna. Ma certo! Dove si potevano cercare e trovare avventurieri in attesa di un’avventura, se non in una taverna? Corsero precipitosamente all’interno del locale, si sedettero al bancone, e chiamarono l’oste. Una signora ben pasciuta, con un boccale di birra in mano, si recò da loro: “Ben trovati, miei ospiti. Come posso servirvi?”
“Siamo in cerca di qualcuno che ci aiuti a sconfiggere il malvagio Yugi Muto. Ci sono avventurieri, qui?” chiese Aldus.
La donna annuì felice: “Eccome! Giusto stamane un cacciatore di taglie si e messo lì, a quel tavolo.” Indicò l’ospite seduto nell’angolo del locale. Aldus, Shian e Grendy si illuminarono tutt’a un tratto, e sorrisero contenti. “Rikka!” gridarono in coro. La studiosa si sollevò dall’ennesimo boccale di idromele e corse loro incontro: “Ragazzi! Finalmente! Tra ieri e oggi ho frequentato il corso per cacciatori di taglie, mi sono diplomata proprio questa mattina.”
“Magnifico. – Ammise Shian, senza nascondere un sorriso – Abbiamo un lavoro per te.”
 
Aldus ha ottenuto: Cacciatore di Taglie (PNG) (Rikka)
 
 
Capitolo finale
 
Il gruppo raggiunse la lunga scalinata che fino a poco prima portava all’accesso al castello di Colle Mesto. Ora conduceva soltanto ad un immenso cratere. Rikka chiamò a sé i suoi compagni: “Presto, venite qui e tenetevi forte.” Si strinsero a lei, Aldus e Shian per un braccio, Grendy in testa alla studiosa. “Via!” esclamò Rikka quando accese lo zaino a razzo, che come tutti sanno è una dotazione di base per cacciatori di taglie. Con un rombo frastornante attraversarono rapidi l’aria e giunsero presto all’ingresso del castello ormai alto nel cielo. Per l’ultima volta avrebbero varcato la soglia di quel luogo. Il tetro palazzo era ormai deserto. Solo il re dei giochi attendeva nella grande sala e fu lì che si diressero presto gli eroi, al seguito di Aldus.
Ma era troppo tardi: quando finalmente furono al cospetto del malefico Yugi, il rituale era già stato completato. Offrendo come tributo le anime del defunto re pazzo Garibaldo, dell’androminotauro sconfitto dai nostri eroi e della principessa (che, siamo sinceri, Yugi ha fatto bene a terminare prima che potesse arrecare seri danni all’economia già labile di Colle Mesto), l’oscuro stregone aveva evocato Slifer, il Drago del Cielo. L’immensa serpe volava in alto sopra al castello, le sue spire avvolgevano strette la diroccata sala del trono e il suo grido incrinava la struttura stessa della realtà.
Yugi rise di gusto: “Siete arrivati in ritardo! Ora nulla potrà fermare il potere del drago divino!”
Ma gli eroi non si lasciarono scoraggiare: impugnarono salde le proprie armi, corsero verso il nemico, e attaccarono.
Il dato fu tratto. Anzi, i dadi furono tratti e segnarono quasi tutti 6. Yugi e Slifer vennero sconfitti tipo subito, dopo un singolo lancio di dadi, nella maniera più deludente della storia, segnando la fine dell’oscuro dominio sopra Colle Fosco e il ritorno della pace in quattro e quattr’otto. Rikka divenne presidente di Colle Fosco (la democrazia fu ben accetta tra il popolo), Aldus e Shian si sposarono ed ebbero un sacco di figli, Grendy tornò nella propria casa nel gioioso acquitrino e la principessa continuò a restare morta.
Peccato.
Cioè, non peccato, è un bene che ora sia tornata la pace.
Però, cavoli, nemmeno un combattimento finale coi fiocchi.
Eh vabbè, capita.

 

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