Yellow tulips

di susiguci
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - Tripped ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Just for money ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - Unexpected ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - Whyle you weren't here. ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - In the wolf's den ***
Capitolo 6: *** Capitolo VII - Forgiveness is love ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI - A really lovely party! ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII - Not trusting is better ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX - Inspire confidence ***
Capitolo 10: *** Capitolo X - Strings - ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI - What can I do for you? ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII - How many? ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII - A very lucky man! ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV - After the trouble ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV - A Little more ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI - Breakdown ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII - Challenging yourself ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - Tripped ***


 

 

Capitolo I 


 

Tripped










 


Merlin si trovava in paradiso.

No, al contrario, doveva trovarsi di sicuro all'Inferno.

In paradiso, certe cose … mai.

Si trovava in una grande camera da letto e lui era in ginocchio su quel letto. Ed era nudo.

Schiacciato da due persone.

Ne stava prendendo una mentre si offriva ad un'altra.

Forse aveva bevuto.

Forse aveva fumato qualcosa. Non ricordava.

Aveva gli occhi chiusi e provava un piacere strano, intossicante.

Il ragazzo davanti si girò e si stese sul letto invitante. Era giovane e carino, ma non aveva idea di chi fosse. In fondo non era così importante. Si stese su di lui, baciandolo a lungo e poi prendendolo di nuovo.

L'altro ragazzo quello alle sue spalle, si sdraiò sulla sua schiena. Gli mordeva il collo e le spalle. A un certo punto,questi, con una mano gli prese il mente, girandogli il viso verso di sé per baciarlo sulla bocca.

Merlin lo osservò. Non l'aveva mai visto prima.
 
 
 'Chi se ne frega!' si disse.
 
 Era bello e Merlin lo voleva. Tutto lì.

E l'unica cosa che Merlin voleva in quel momento era continuare quel bel gioco a tre. I gemiti e le parole degli altri due, le carezze, i baci e i loro movimenti a volte sincronizzati, a volte no, ne acuirono i sensi a un livello sempre più alto, finché urlò forte di piacere …

… e si svegliò.

"Dio!" Era stato solo un sogno, uno dei più realistici che avesse mai fatto. '

/'Cazzarola! Che disastro ho combinato'pensò.

'Sogni bagnati' li avevano chiamati le sue compagne di classe, ridacchiando, quando l'argomento era venuto fuori a scuola. 'Polluzioni notturne' le aveva definite il suo medico. I suoi amici, invece, campioni di finezza come sempre, le chiamavano 'sb... stellari'.

'È ufficiale! Sono gay!'

Merlin già da parecchio tempo aveva questo dubbio che lo assillava non poco. Quasi come sfida, ultimamente, aveva cercato alcune pagine su siti porno gay: dapprima quelle più tranquille riguardanti massaggi o autoerotismo, per poi passare a pagine più hard.

Risultato: i siti per gli etero gli facevano sempre meno effetto, anzi quasi lo infastidivano. La sera precedente mentre cercava qualcosa che lo ispirasse particolarmente, aveva intravisto, in una delle tante pubblicità che passavano, un rapporto a tre. Si vedeva che gli era rimasto impresso per fare un sogno del genere!

Se era arrivato a fare un sogno così, significava che:

1- gli ormoni avevano ormai preso il controllo su di lui;

2- il suo corpo non ne poteva più;

3- era indubitabilmente gay e doveva smettere di fingersi etero, se voleva incontrare il suo 'lui'.

La cosa però era molto strana, perché Merlin si considerava un tipo romantico. Cosa cercava? Niente di trascendentale. Quello che più o meno tutti sognavano. Il grande amore, quello che sarebbe durato tutta la vita. Un ragazzo bellissimo e pazzo d'amore per lui, con cui lasciarsi andare, fare l'amore in continuazione, ma non solo. Complicità, affetto, sostegno reciproci. Uno spirito complementare con cui condividere un progetto di vita, interessi, passioni e godere di tutti i momenti semplici della vita. Un'anima gemella, l'altra metà della mela, l'altro lato della stessa medaglia … E tutti gli altri cliché possibili e immaginabili.

Pulì tutto al meglio, cambiò le lenzuola, si fece la doccia.

Tanto sua madre lo avrebbe capito ugualmente. 'Che palle, però!' Gli scocciava da pazzi. I genitori non avrebbero dovuto capire queste cose! Era così umiliante. Non potevano fare finta di niente?

In fondo sua madre non era neanche tanto male. Tutt'al più lo avrebbe guardato con un gran sorriso e gli avrebbe detto: "Di nuovo?"

Usò il correttore della madre per coprire il blu dei pestoni sotto gli occhi. Giusto un velo. Lo applicò picchiettando anche su qualche brufolo più rosso degli altri. Spinzettò qualche pelo in mezzo alle sopracciglia e anche qualcuno sotto. Sui capelli utilizzò un bel po' di spuma, asciugandoli poi con il phon e il diffusore.

Questo lo faceva tutte le mattine. E sapeva bene che lo facevano anche tutti gli altri suoi amici etero. Poi decise di osare.

Con una matita grigia della madre tracciò una riga sottile sulla rima interna superiore dell'occhio, lacrimando per il fastidio.

Si guardò, si piaceva. Come prima volta poteva bastare.

Merlin aveva uno spiccato senso estetico e amava il trucco non per sembrare più femminile, ma semplicemente per vedersi più bello.

Più di una volta lui insieme ai suoi amici avevano guardato alcuni tutorial su Internet che riguardavano il 'prima e dopo il trucco' delle ragazze. Anche tenendo conto dei diversi filtri visibili, c'erano questi esseri mostruosi che si trasformavano in gnocche da paura. Persino le vecchie!

Una volta avevano guardato un esperimento in cui insignificanti, quando non addirittura repellenti ragazzi volontari, si sottoponevano ad una seduta di trucco pesante, simile a quello delle ragazze, ma con caratteristiche più maschili, e alla fine, magia, ti ritrovavi davanti a dei fighi assoluti.

era persino seccato. Avrebbe voluto truccarsi a quel modo. Già era bello di suo. Chissà che schianto sarebbe diventato! Nulla gli vietava di farlo, ma non gli andava di essere visto come gay o effeminato, soprattutto dalle ragazze!

Tuttavia da quel giorno Merlin, e non solo lui, si accorse che in Gwaine qualcosa era cambiato: il bordo esterno delle labbra era più chiaro per mettere in risalto la bocca; la matita marrone sottile, sotto gli occhi; le ciglia che avevano l'aria di aver incontrato lo spazzolino di un mascara.

Nessuno di loro gli aveva detto nulla. Non era salutare per nessuno far arrabbiare Gwaine. E alle ragazze piaceva. Sembrava il componente di una rock band.

Elyan era per la bellezza maschile naturale e non condivideva l'opinione di Gwaine. Ma essendo un bel ragazzo di colore, aveva naturalmente una rima più scura attorno agli occhi e due magnifiche labbra carnose da fare invidia alle donne con labbra siliconate.



 

Merlin era in ritardo per la scuola e, come sempre, correva per i corridoi, cercando di arrivare in aula più presto possibile.

Merlin non vide il ragazzo che allungò un piede al suo passaggio e si ritrovò a terra, dopo aver battuto forte la bocca e il mento. Un rivolo di sangue gli usciva dalla bocca e Merlin si girò a guardare il ragazzo con tanto d'occhi!

'Chi è questo grandissimo figlio di puttana?' si chiese.

"Oh, Dio! Mi dispiace!" disse il ragazzo, tendendogli una mano per farlo alzare.

"Non ci credo nemmeno per un attimo: so che l'hai fatto apposta!"

Il ragazzo sorrise e scosse la testa. "Ok. Volevo farlo! Solo … non a te! Ho sbagliato persona!"

"Oh … allora … sei giustificato!" gli disse Merlin stizzito, alzandosi da solo e ignorando la mano tesa dell'altro.

"Sei nuovo? Non ti ho mai visto prima" disse il ragazzo dello sgambetto.

"Sì! Ho cambiato scuola a metà anno."

"Come mai?" domandò il ragazzo, tendendogli un fazzoletto di carta.

"Non credo ti riguardi!" disse Merlin strappandogli il fazzoletto dalle mani e pulendosi dal sangue sulla bocca.

"Abbiamo cominciato con il piede sbagliato…"

"Già … con il tuo, per l'esattezza"

Il ragazzo emise uno sbuffo di risa. "Tu penserai che io sia un bullo ma … non lo sono! Ti ho semplicemente scambiato per un tale che si è fatto il mio ragazzo! Da lontano gli assomigli!"

'È gay anche lui' pensò Merlin, stupito dal fatto che l'altro glielo avesse detto con tanta naturalezza.

"Fossi in te me la prenderei con il tuo ragazzo!"

"Già fatto! L'ho gonfiato di botte e poi l'ho lasciato!"

"Però si è difeso bene!" Ora che Merlin lo vedeva da vicino, notò che il viso di quel ragazzo era pesto e gonfio in diversi punti.

L'altro scrollò le spalle.

"Purtroppo è un armadio! Il mio prossimo ragazzo dovrà essere magro e debole, all'incirca … come te!"

"Ehi! Io sono magro, ma sono tutt'altro che debole! Sei davvero un cafone!"

"Non temere! Non mi metterei mai con uno come te. Sei un po' troppo appariscente con quel trucco, per i miei gusti."

"E tu sei un villano!"

Il ragazzo rise di gusto. "Ma come parli? Da dove vieni? Dal medio evo?"

D'istinto Merlin alzò la mano per dargli uno schiaffo, ma l'altro fu più veloce e lo fermò afferrandogli il polso e stringendolo forte.

"Ahi!" disse Merlin e il ragazzo lo lasciò. "Avevo ragione io: sei delicato!"

 

Merlin fece un passo indietro e diede uno sguardo al suo cellulare per guardare l'ora.

"Mi hai fatto perdere la prima lezione di oggi!"

"Vieni con me! Voglio farmi perdonare offrendoti un caffè …"

"Forse dovrai offrirmi molto più di un caffè. Ho deciso di andare al pronto soccorso. Se hai fatto danni a me o ai miei denti, dovrai darmi parecchi soldi. Temo ti costerà un casino!"

"Intendi denunciarmi alla polizia?"

"No! Certo che no! Ho intenzione di denunciarti al preside, visto che siamo a scuola!"

"Sei sicuro?" domandò l'altro un po' scocciato, ma anche preoccupato."

"Sì. Rischi una sospensione o forse anche l'espulsione"

"Mio padre non lo permetterà. Lui e il suo esercito di avvocati metteranno a tacere la cosa. In qualsiasi modo. I soldi non sono un problema. Mio padre è Uther Pendragon!"

"Mai sentito …!"

"Perché non sei di qui … io sono Arthur Pendragon. E tu?"

"Merlin."

"Merlin e poi?"

"Merlin."

Arthur alzò gli occhi al cielo. "Per favore, fatti offrire questo benedetto caffè. Ho una proposta vantaggiosa da farti che credo ti interesserà … ma sarai tu a decidere!"

Merlin lo guardò con diffidenza: "Doppio cappuccino con due ciambelle glassate?"

Arthur sorrise: "D'accordo!"


Al contrario di quanto si sarebbero aspettati, c'era un bel po' di movimento al bar della scuola. 

"Ma la gente non fa lezione in questa scuola?" disse Arthur stupito.

"Forse qualcuno gli ha fatto lo sgambetto!" rispose Merlin amaro.

L'unico posto a sedere che trovarono fu un divanetto a forma di ferro di cavallo, forse un po' equivoco per due ragazzi ma d'altronde Merlin sapeva che erano entrambi gay e comunque non avrebbe tardato a fare coming out con gli amici.

 

Merlin stava tuffando una ciambellona fucsia dentro una grande tazza. Quelle ciambelle erano considerate le migliori del circondario. Spesso, studenti di altre scuole s'infiltravano in quel bar solo per farne incetta.

Anche Arthur prese una ciambella e un caffé per sé. Sorrise nel vedere Merlin abboffarsi e sporcarsi come un bambino.

"Quanti anni hai, Merlin?"

"Fedici" rispose masticando. "E tu?"

"Cazzo, sei pure minorenne! Credevo ne avessi diciotto anche tu. Sei alto come me … anche se a vederti mangiare ne dimostri due."

L'altro non si scompose e continuò a masticare con gusto. "Che proposta vorresti farmi?" domandò attaccando la seconda ciambella.

"Si può sapere dove lo metti, tutto quel cibo?"

"Sono uno che brucia facilmente! In pratica, ho sempre fame!"

Arthur sbatté gli occhi sorpreso. "Allora … dopo la scuola, ti accompagno da un medico privato e da un dentista. Tutto ciò che dovrai pagare, te lo rifonderò io!"

"E i danni morali?"

"Quali danni morali?"

"In primis quello di avermi fatto saltare la verifica di matematica, considerando che in matematica non brillo. Poi, vuoi mettere la paura di venire di nuovo bullizzato all'interno della mia scuola e soprattutto quello che dirà mia madre … hai presente? La tua che direbbe?"

"Non lo so. Non l'ho mai avuta!"

"Oh, ti ha … abbandonato?"

"Morì di parto, quando nacqui!"

"Perbacco! Mi dispiace molto" disse Merlin sinceramente.

"Perbacco? Chi è che dice 'perbacco' al giorno d'oggi?" ribatté Arthur, più per cambiare discorso che per altro. Le persone si intristivano sempre quando gli parlava della madre.

"Tua madre … non dovrebbe saperlo…" mormorò Arthur.

"Ma lei è in grado di leggere la mia faccia!"

"Se riesci a non dirglielo, ti daró 200 dollari in più per i danni morali!"

"Ne voglio 400!"

"Che cosa?" Arthur spalancò occhi e bocca allibito.

"Diciamo che 400 dollari più dentista e medico fanno 600 dollari. E non ti chiederò di più se anche dovessero esserci danni."

"Ma se non dovessero esserci danni, dovrei darti molti meno soldi. Da come muovi le ganasce, non sembra affatto che tu abbia male ai denti o alla mandibola."

"A parte che se premo il mento qui, mi fa un male cane, o così o la denuncia al preside, scegli!"

"Sei davvero un parassita succhiasoldi!"

"Ha parlato il Mahatma Gandhi. E comunque dovevi pensarci prima. Credi che il ragazzo che avresti dovuto far cadere, sarebbe stato più magnanimo di me? Ti saresti messo in casini peggiori. Puoi non accompagnarmi dai dottori, e posso pagarmi la colazione da solo…"

"Lascia stare. Ti avevo detto che offrivo io …"

 

Arthur guardò verso la porta del bar e si immobilizzò all'improvviso.

Soffocò una parolaccia. "Porca put … " si spostò dando la schiena alla porta, si fece più piccolo sulla sedia e si coprì il viso con una mano."

"Che hai?" chiese Merlin masticando.

"C'è Valiant!"

"Chi?"

"Il mio ex!"

"Quello che ti ha pestato?"

"Guarda che sono io che l'ho pestato!"

"Ma qual è?"

"Quello grosso! Con gli occhi verdissimi."

"Accidenti! Hai ragione! Intravedo un taglietto sul suo sopracciglio sinistro."

"Sei un idiota senza speranza…" disse Arthur stizzito.

Poi scivolò sul divanetto, praticamente attaccato a Merlin che lo guardò con fare interrogativo. Arthur gli sorrise nervoso. "Però sei un idiota molto carino …"

"Ti ha visto e sta venendo qui, vero?" chiese Merlin senza scomporsi.

"Esatto!" rispose Arthur a denti stretti.

 

"Arthur! Tesoro! Come stai? Vedo che ti sei consolato in fretta" sorrise con sarcasmo il ragazzone. 

Merlin si alzò in piedi e gli porse educatamente la mano.

"Ma chi ti sei trovato? Una checca? Mi deludi, amore!" strepitò Valiant verso Arthur, ignorando la mano di Merlin.

Arthur si alzò anche lui. "Lascialo stare! Vattene via, Valiant. Che cosa vuoi ancora?"

Valiant si avvicinò ad Arthur, abbassando la voce, ma Merlin sentì lo stesso.

"Volevo dirti che con Cedric non c’è stato niente … niente di importante, ti assicuro. Si è trattato solo di … sesso. Eravamo ubriachi ed è successo. Ma non ha nulla a che vedere con noi. Ti chiedo scusa. Tu lo sai, che amo solo te!"

"Non ha più importanza ormai. Puoi lasciarci da soli per favore?"

"E credi che quello lì, sia in grado di … darti quello che ti ho dato io?"

Merlin si sedette e afferrò il polso di Arthur, tirandolo giù perché si sedesse vicino a lui, poi si rivolse a Valiant.

"Oh, io credo di potergli dare molto di più …"

Mise un braccio sulle spalle di Arthur, gli girò il volto verso di sé con una mano e lo baciò.













 

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Just for money ***


 

Capitolo II


Just for money








 


Superato lo choc iniziale, Arthur abbracciò Merlin e ricambiò il suo bacio con passione.

Valiant furioso diede un pugno sopra il loro tavolino, in maniera così forte che fece ribaltare ciò che c'era sopra e se ne andò. Spaventati dal rumore del colpo, i due ragazzi si staccarono e rimasero in silenzio a cercare Valiant con gli occhi. Non si vedeva più.

 

"Grazie!" disse dopo qualche istante Arthur a Merlin. "Sei stato fantastico! Sono in debito con te…"

"Facciamo ottocento dollari, allora? Così ti sdebiti anche di questo?"

"Che cosa?" quasi urlò l'altro.

Merlin sorrise. "A parte gli scherzi … come hai fatto a stare con uno come quello? È insopportabile!"

"Beh, sai … i sentimenti a volte sono difficili da controllare…"

"Sì, certo! I sentimenti! Probabilmente il tuo ex deve essere un toro a letto, vista la stazza! T'ho scoperto mascherina!" disse Merlin, sganasciandosi dal ridere. 

"Sei molto meno innocente di quanto sembri! E comunque era la mia bisnonna che diceva 't'ho scoperto, mascherina' ma quando avevo tre anni… Devi essere la reincarnazione di qualche personaggio del passato. Uno neanche troppo importante!"

"È la stessa cosa che pensavo di te. Mi dai l'idea che in una vita precedente, tu sia stato un vero piantagrane. Testardo, impulsivo e non molto intelligente!"

"Non sei affatto gentile" rispose Arthur piccato. "Io mi vedo piuttosto come un grande condottiero o persino un imperatore!"

"Dio ci scampi e liberi!"

"Un frate! Ecco! Dovevi essere uno di quegli antichi amanuensi, con la tonsura sul capo, che di notte si autoflagellava con uno scudiscio per i pensieri impuri che aveva avuto durante il giorno per i suoi confratelli!"*

"Tu non sei normale!" gli disse secco Merlin.





 

Merlin era entrato in classe alla seconda ora e quando le lezioni terminarono, uscendo dal corridoio delle classi terze, si era ritrovato Arthur ad attenderlo. Aveva insistito fino allo sfinimento per poterlo accompagnare con la macchina.

 

Sia il medico che il dentista non rilevarono danni particolari. Le radiografie non avevano messo in evidenza fratture o simili.

 

"Dove abiti che ti accompagno a casa?"

"Puoi lasciarmi in Piazza Martiri, grazie!"

"Ma tu abiti lì?"

"Non proprio. Solo che mia madre adesso è in casa e se mi vede uscire da un macchinone del genere mi fa il terzo e il quarto grado!"

"Lei lo sa, vero?"

"Cosa?"

"Che sei gay! Dicono che le madri abbiano un sesto senso per queste cose…"

"Scusa ma … come fai ad essere sicuro che io sia gay?" chiese Merlin.

"Cavolo! Mi hai baciato!"

"Per salvarti! Non credi che, anche se fossi etero, avrei potuto fare lo stesso per aiutare un mio amico gay?"

Arthur arricciò le labbra, stringendo gli occhi facendo finta di pensare. Poi lo guardò malizioso. "No!"

Merlin scoppiò a ridere.

E Arthur continuò: 

"Scusa ma tu non hai amici etero?"

"Io ho… solo amici etero!"

"Li hai presente? Nel migliore dei casi sono terrorizzati dai gay anche se fingono indifferenza. Non ti dico poi se questi sono intimamente omofobici. Se spariscono dalla tua vita è solo un bene. Credimi!"

"Io non penso che i miei amici mi volterebbero le spalle…"

"Scusa, Merlin, ma se non l'hanno ancora fatto, è solo perché non hai fatto coming out!"

"Vuoi dire che perderò tutti i miei amici?"

"No! Solo quelli che non ti meritano come amico! Nel mio caso, ne sono rimasti giusto una manciata, ma si sono rivelati i migliori. Se ci pensi, non è neanche male: ti aiuta a dare una bella scrematura! Certo all'inizio non ci sono rimasto bene."

"Questo è molto … triste!"

"Mettila così! Le amiche non ti mancheranno. Chissà perché la maggior parte delle ragazze adora avere un amico gay?"

"Io lo so! Pensano che noi siamo i custodi di un sapere più grande. Credono che noi conosciamo il segreto per capire gli uomini, in quanto maschi, grazie alla doppia sensibilità, maschile e femminile, che sono convinte che noi possediamo! In pratica sperano che noi potremo dare loro la chiave per aprire il 'cuore' dei ragazzi."

"Se fosse così, i gay sarebbero tutti felici, ma purtroppo non mi risulta che le cose vadano in questo modo!"

"Sono tutti luoghi comuni sui gay. È tutto falso. E di certo non sono neppure i peggiori..."

 

Rimasero per qualche minuto in silenzio, mentre Arthur guidava lentamente in mezzo al traffico della città.

 

"Quindi non l'hai ancora detto a tua madre?"

"No. E se lo sa, non mi ha detto nulla!"

"E in quanto a relazioni omoerotiche come sei messo?"

"Come…?"

"Arthur sorrise: "Con quanti ragazzi sei stato?"

"Con nessuno. Oggi in pratica è il mio battesimo gay!"

"Sul serio? Che strano! Io non ho mai avuto un battesimo gay, se si esclude forse la mia prima volta con un ragazzo."

"E come te ne sei accorto?"

"Credo di averlo sempre saputo. Da bambino giocavo spesso al principe valoroso che uccideva l'enorme drago per andare a salvare il suo bellissimo cavaliere, rapito dal perfido stregone che lo voleva per sé. Dopo aver sfidato a duello e ucciso il cattivo, prendevo in braccio il mio cavaliere dai grandi occhi blu, lo sposavo e avevamo tanti bambini…"

"Bambini?" ridacchiò Merlin.

"Avrò avuto sette o otto anni e non avevo ancora ben chiari i fatti della vita…"

"Siamo arrivati. Puoi lasciarmi qui, grazie!"

"Ehi, aspetta un momento!" quasi urlò Arthur spalancando gli occhi!

Accostò l'auto, spense il motore e si girò sul sedile verso di lui, per poterlo guardare in faccia.

"Non … non ti avrò rubato il primo bacio gay, vero?"

"Il primo bacio in assoluto, a dire la verità!" rispose Merlin divertito. "Non preoccuparti. Sono stato io a farlo, ricordalo!"

"Ma … a saperlo… magari, mi sarei impegnato di più! Era tutta una farsa a discapito di Valiant! Da fuori poteva sembrare un limone con i fiocchi, ma in realtà si è trattato solo di un contatto … "

"... casto!" terminò la frase Merlin. "Non mi hai rubato niente. In fondo poteva andarmi peggio: sei abbastanza carino."

Arthur spalancò la bocca scandalizzato. "Abbastanza carino? Forse è perché mi vedi così conciato per le feste, tutto gonfio e pesto. E capisco di non essere un gran bel vedere…"

"E sarei io che parlo come la tua bisnonna?"

Arthur non sentì nemmeno quello che Merlin gli aveva detto.

"Voglio dire … io in genere sono molto quotato, sai?"

"Nei locali gay?"

"Sì … ma non solo…"

"Non offenderti ma …tra l'alcol, qualche pasticca, se non peggio, la complicità del buio e della musica giusta, persino io potrei apparire a qualcuno, bello come Timothy Chalamet."

"Mi sembra tu stia esagerando! Non tutti si comportano così, nei locali! E non sarai bello come Chalamet, ma fossi al posto tuo, non mi butterei poi così giù."

"Non voglio giudicarti. Può essere che tra qualche anno, mi ritroverò anch'io così disperato da diventare un habitué di uno squallido gay-club!"

"Per fortuna che non mi stai giudicando! Si vede che non ci sei mai stato. Tu non puoi sapere quanto sia liberatorio essere del tutto se stessi una volta ogni tanto! E non tutti i locali gay sono così squallidi. Non più di una qualsiasi altra discoteca."

Senza capire bene il motivo, Merlin sentì montare dentro di sé una certa irritazione, anche se si sforzò di mantenere un tono di voce neutro.

"Nei tuoi locali non esiste la dark room? Non ci sono i cubisti che si prostituiscono a pagamento o se gli piaci, gratis?"

Arthur si accorse che l'altro si era innervosito. Aveva la mandibola serrata, le mani a pugno e non lo guardava.

"Credo di sì! Ma se vai lì solo per ballare e divertirti con gli amici, ma anche per cercare un ragazzo che possa piacerti, non vedo cosa ci sia di male..."

"La fai semplice … ma è l'ambiente che, tra l'altro, dà l'idea al resto del mondo che tutti i gay siano perversi e promiscui."

Arthur sospirò: "Devo aver toccato un brutto tasto…"

"Puoi darmi i miei seicento dollari, adesso?"

"Ne ho solo trecento … ecco tieni! Se vuoi possiamo fare un salto al bancomat!"

"No. È tardissimo. Mia madre mi farà il culo e devo studiare un casino!"

"Ti faccio inviare un bonifico, allora!"

"Sono minorenne. Non ho un conto corrente."

"Se mi dici dove abiti, te li porto più tardi!"

"No! Non è il caso!"

"Te li do domani a scuola? In che terza sei?"

"Domattina parto per la Scozia, per uno stage di due settimane, con la mia classe!"

"Dammi il tuo numero di cellulare, allora. In qualche modo ci metteremo d'accordo, visto che ti è presa tutta questa fretta improvvisa!"

"Preferisco che sia tu a darmi il tuo numero, se non ti secca!" 

Arthur fece una piccola smorfia. Che il ragazzino volesse avere la situazione sotto controllo? Come non lo conosceva...

Arthur sentiva di aver parlato troppo. Il giovane vicino a lui non aveva gradito quel discorso sui locali. Ma era solo un ragazzino gay alle prime armi. Cosa poteva saperne? Il tempo l'avrebbe cambiato. Era successo anche a lui, qualcosa di simile.

Però doveva ammettere che Merlin avesse carattere! In più lo trovava davvero carino. Tutto occhi e bocca su quel corpo lungo e sottile.

Dopo aver registrato il numero dell'altro, Merlin uscì dall'auto con un semplice "ciao".

 

Era stata una giornata così strana per Arthur. Si accorse di essere stanco e si avviò verso casa. Come Merlin, anche lui aveva da studiare un casino.






 

Erano passate due settimane e quella mattina, la classe di Merlin entrava un'ora dopo, usufruendo del fatto di poter dormire un'ora in più, visto che erano rientrati dalla Scozia solo il giorno precedente. 

Passando vicino all'armadietto dove Arthur gli aveva fatto lo sgambetto, gli venne da sorridere, ma ripensandoci quel ragazzo non gli piaceva così tanto.

Era bellissimo, anche troppo, nonostante ad Arthur non l'avesse fatto capire.

L'aveva fatto apposta, come forma di autodifesa. In Scozia si era tuffato nello studio ma ogni tanto ci pensava: lo sgambetto, il bacio, ma ogni volta gli venivano in mente quei discorsi che ancora lo infastidivano.

Meglio tenere alla larga un tipo così. Arthur poteva essere pericoloso per un ingenuo romantico come lui. Addirittura micidiale. Non doveva permetterselo. Già si vedeva in futuro, a casa, piangere disperato in un letto, con la consapevolezza dell'altro che passava le sue notti da un locale all'altro per sballarsi e … scoparsi chiunque.

 

Aveva bisogno dei soldi, però. Doveva ancora pagare medico e dentista. Forse gli sarebbe avanzato qualcosa. Gli altri trecento dollari li aveva dati a sua madre, dicendo che era un rimborso spese della scuola per lo stage. Sua madre era stata molto contenta e non aveva sospettato nulla. La donna aveva speso tanto per mandarlo a quel tirocinio. Merlin pensò che fosse ora di trovarsi un lavoretto.

 

Non aveva inviato nessun messaggio ad Arthur dalla Scozia. Era ora di riscuotere e tornare alla sua vita senza Arthur a turbarlo in un modo e nell'altro.

Attivò l'opzione 'numero privato' nelle impostazioni del suo cellulare e inviò un messaggio al numero di Arthur.

'Ciao! Sono Merlin. Sono tornato ieri. Se mi dici in che classe sei, durante l'intervallo passerei a prendere i trecento dollari. Sempre che tu li abbia'

 

Due ore dopo Arthur non solo non gli aveva risposto ma non aveva neanche visualizzato il suo messaggio.

Decise di andare a fare un giro nel corridoio delle quinte. Chiese a un gruppo di ragazze e ragazzi se sapessero in quale classe fosse Arthur Pendragon, scoprendo che frequentava la quinta D. Ma non riuscendo a trovarlo chiese ai compagni di Arthur se fosse a scuola. 

"Sì… era qui fino un momento fa…sarà in bagno o alla macchinetta del caffè…" rispose uno di loro. Si accorse che alcuni compagni lo guardavano, ridacchiando. Merlin arrossì furiosamente. Di certo Arthur aveva fatto coming out anche a scuola e lui passava per il ragazzino gay, cotto di un ragazzo più grande dal quale veniva visibilmente snobbato.

Tornò in classe e si prese anche una ramanzina dalla prof. di scienze per aver fatto tardi.

All'uscita si mise ad aspettarlo ma non lo vide. C'erano più uscite in quella scuola.

Tornando a casa, lo chiamò più volte, ma non ebbe risposta.

A che gioco stava giocando Arthur? Forse stava facendo tutto questo per non rendergli i soldi? Si era lasciato fregare così?

Era arrabbiato ed anche nei guai!

Prima di entrare in casa, disattivò l'identità segreta e lo chiamò di nuovo.

Neanche il tempo di terminare il primo squillo che Arthur rispose. "Merlin! Finalmente mi hai chiamato! Ciao!"

Non se l'aspettava.

"Mi hai evitato per tutta la mattina."

"Ah, già. Non ti ho detto che non rispondo a chiamate proveniente da 'identità nascosta'! E non leggo neppure i messaggi!"

"Sapevi benissimo che ero io!" Merlin si diede dello stupido. Arthur l'aveva fatto dannare solo perché voleva che si scoprisse, voleva fargli capire che era lui e non Merlin a gestire quel tipo di cose. E ora aveva il suo numero.

"Dimmi … cosa posso fare per te?" chiese Arthur.

"Lo sai benissimo. Devo pagare medico e dentista."

"Ti passo a prendere oggi pomeriggio, in Piazza Martiri. Ti porto in un bel posto. Alle cinque va bene?"

Merlin quasi non ebbe modo di ribattere e disse solo: "Va bene!"

"Ok, a dopo" e Arthur riattaccò.

 

Aveva fatto un errore ad accettare ma quei soldi gli servivano subito.

Arthur aveva fatto in modo che non potesse rifiutare. Era astuto e capace. 

Merlin non era tranquillo. Quel tipo lo faceva sentire ottuso e debole. Ed era proprio ciò a cui Arthur mirava. Ne era certo. Sperava che questa consapevolezza lo avrebbe aiutato a uscire da quella situazione in maniera veloce e senza troppi lividi.














 

*Riferimento vago a frate Berengario, personaggio de "Il nome della rosa" di Umberto Eco.




 

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Capitolo 3
*** Capitolo III - Unexpected ***


Capitolo III 


Unexpected 









 

"Dove mi porti?"

"In un posto molto carino."

"Spero non in uno dei tuoi locali"

"Alle cinque del pomeriggio? Poi non potresti entrarci, lo sai. Sei minorenne e dopo ciò che mi hai detto non ti porterei mai in quel luogo osceno di perdizione. Sarebbe indelicato da parte mia.”

"Ho freddo!"

Arthur cambiò l'impostazione della temperatura dell'auto. "Venticinque gradi vanno bene?" disse con sottile ironia, girandosi verso di lui per poi squadrarlo da capo a piedi. Merlin indossava un maglioncino dall'ampio scollo, di un colore tra il blu e il grigio che riprendeva il blu particolare dei suoi occhi, un piumino senza maniche, pantaloni cargo elasticizzati e un paio di Sketchers bianche ai piedi. Era la terza settimana di marzo ma quel giorno era stato freddo.

Arthur fece girare lo sguardo sul suo viso. 

"Qualcosa non va?" chiese Merlin sulla difensiva.

Arthur mise in moto e partì.

"Notavo che sei molto carino oggi. Eyeliner?"

"No. Matita e mascara."

Merlin aveva fatto apposta a calcare la mano con il trucco, perché da quanto aveva capito, sembrava che ad Arthur non piacesse e invece:

"Tra tutti i ragazzi che conosco, tu sei quello che, truccato, sta meglio in assoluto."

 

"Io credo che il trucco possa migliorare chiunque, purché dato bene, senza eccessi, ma questo vale anche per le ragazze. Truccare è un'arte!"

"Potresti fare l'estetista…."

"Come hobby già lo faccio. Trucco spesso le mie amiche, ma mi piacerebbe provare a truccare anche un ragazzo, una volta… Tu saresti disponibile a fare da cavia per me?" chiese Merlin con un largo sorriso.

Arthur lo guardò come per dire: 'Non ci provare!'

Poi accostò l'auto, spense il motore e accese le luci interne della macchina.

"Siamo arrivati … e tu … non mi dici niente? Sono guarito e il mio viso è tornato normale" e si voltò verso di lui, avvicinandosi un po' a Merlin, in modo che l'altro potesse osservarlo bene.

'Accidenti!' pensò Merlin.

Arthur era molto più che bello: il suo viso era perfettamente simmetrico; il disegno delle mandibole risultava forte e armonico; gli occhi, due grandi e perfette mandorle con al centro le iridi di un celeste particolare che, pur risultando cupo a causa della penombra, non sembrava meno bello del celeste luminoso che si notava alla luce diurna; le labbra naturalmente rosse e carnose che aveva già baciato senza avere il tempo di apprezzarle; il sensuale pomo d'Adamo sulla pelle leggermente più scura della gola, a causa di una rasatura un po' aggressiva.

"Dovresti stare più attento a come ti radi il collo! Hai la pelle quasi graffiata!" Arthur fece un sorriso tirato. Non era quello che si aspettava di sentire e Merlin forse capì di aver esagerato e decise che fare finta di non riconoscere una bellezza come quella di Arthur era da idioti. "Però hai ragione! Sei un bel ragazzo! Hai dei lineamenti molto fini che mi ricordano le statue dell'antichità classica"

"Dici?" disse il ragazzo biondo, deluso.

"Sei abituato a ricevere complimenti più calorosi?"

"Beh, un po' di più, sì! Ma ci sono diverse persone a cui non piaccio!"

"Sarà per via del tuo carattere bizzarro, vedrai. E non certamente per il tuo aspetto fisico!"

Merlin si accorse che, nonostante gli sforzi, le parole gli erano uscite di bocca da sole.

"Questo è già un complimento migliore!" sorrise Arthur.

"Della serie - ‘Sei bello ma stronzo’ ‘Evviva!’ - Ma sappi che non considero l'estrema bellezza, una virtù" disse Merlin con una certa freddezza.

"Come? Un esteta come te…?"

"Sì, sono sensibile a tutto ciò che è bello, come l'arte e la natura, ma per quanto riguarda le persone, la bellezza è una dote innata che non prevede nessun merito da parte di chi la possiede e i vantaggi che ne derivano, nella nostra società, sono molto maggiori rispetto ad altre cose che al contrario richiedono impegno e sacrifici."

"Non è così. Io non amo andare in palestra, ma ci vado lo stesso, per riuscire a mantenere un bel fisico. Anch'io devo lavorare per rimanere in forma!"

"Allora, forse è perché, … non possedendola, mi viene naturale dare più valore ad altre cose…"

"Guarda che anche i 'belli', come li definisci tu, possono avere dei dubbi e dei problemi. Io, ad esempio, vorrei essere apprezzato per altre cose, come l'intelligenza o il coraggio, oltre che la bellezza. I ragazzi sono interessati a me solo per la bellezza e mai per la mia personalità, il mio carattere, i pregi e i difetti che ho. In più sono di famiglia ricca. Molto ricca. Quindi, chi mi dice che la gente non voglia stare con me solo perché sono bello e ricco?…"

"Eh, già! A ognuno le sue croci…" sospirò Merlin con aria di finto compatimento.

"Senti … se devi fare così, ti riporto a casa!" ribatté Arthur alterato. Al che Merlin ribatté pacatamente.

"Guarda che sono qui solo per i miei trecento dollari e perché non mi hai lasciato scelta. In più io non posso spendere altri soldi in questo ristorante, che ha l'aria di essere molto costoso."

"Avrei offerto io…"

"Ma non mi va che tu spenda dei soldi per me! Non più di quello che abbiamo pattuito."

Arthur tirò fuori il portafoglio e gli diede tre pezzi da cento dollari.

Merlin vide che Arthur era turbato e gli dispiacque. "Grazie, Arthur. Non potremo andare a mangiarci un gelato?"

"Con questo freddo?"

"Allora un caffè o qualcos'altro da bere, in un bar più … economico, magari!"

"Dimmelo sinceramente! Vuoi che ti riporti a casa?"

"Non mi sono messo tutto in ghingheri, per stare in casa. Avrei voglia di andare da qualche parte con te, solo che …"

"Vuoi che andiamo da me?" chiese Arthur all’improvviso. Merlin non se l'aspettava. Ma non c'era motivo di non fidarsi di Arthur.

 

"Mio padre torna sempre a notte inoltrata. Mia sorella studia moda a Parigi per cui ora vive lì.

C'è solo la servitù ma è abituata agli ospiti ed è molto discreta. Potremmo mangiare qualche schifezza, bere quello che vuoi, guardare un film…"

"Davvero?"

"Sì, così non spendiamo niente … anche se nessun altro potrà ammirare il tuo look ricercato, tranne me..."







_ _ _ _ _ _






 

Avevano guardato un film molto romantico che Arthur aveva già visto e che Merlin avrebbe sempre voluto vedere. Si trattava di 'Call me by your name'.

Merlin si era un po' immedesimato nel giovane protagonista. A metà film si era sentito molto a disagio per le scene intime dei due personaggi, mentre alla fine si era sciolto in lacrime, nonostante vedesse Arthur sorridere divertito, dopo avergli posato sulle gambe la scatola dei fazzolettini.

"Ora capisco! Sei un romantico senza speranza" gli disse Arthur una volta terminato il film.

"No, sei tu che sei freddo e poco empatico" si lamentò Merlin, asciugandosi il viso con un fazzoletto.

"Io non credo. È solo che questo film, già lo conoscevo, per cui mi divertivo di più a osservare le tue reazioni…"

"Dio! Sono le otto passate. Devo tornare a casa … "

"Oh… pensavo ti saresti fermato ancora un po'..."

"Mia madre mi aspetta…"

"Non puoi chiamarla per dirle che tardi?"

"Meglio di no. Se vuoi, possiamo vederci un'altra volta!" disse Merlin senza incrociare lo sguardo di Arthur.

"Non ci sarà un'altra volta, Merlin! Non per il momento almeno!" Arthur sembrava improvvisamente molto dispiaciuto.

Merlin non capiva. Era Arthur a non volerlo vedere più?

"Ah,... ok! Ma per favore non dirmi che ti sei rimesso con lo scimmione!"

L'altro sorrise appena. "No. La tua… anzi, la nostra commediola ha funzionato!"

"Sono contento per te. Ma allora perché non vuoi che ci vediamo più? Ho fatto qualcosa che non va? Ho esagerato con le parole, come al solito, vero?"

"Tu non c'entri affatto. Mi piacerebbe vederti ancora, ma … cambio città! Vado in Francia a prendere la maturità e poi all'università."

Merlin ci rimase male. Aveva solo perso tempo impegnandosi a diventare amico di un ragazzo che spariva dalla sua vita ancora prima che gli fosse data la possibilità di conoscersi. Era stato veramente bene con Arthur quella sera, fino a quel momento. Ma forse era meglio così. Stava cominciando ad essere un po' troppo interessato a lui. "Vai a stare con tua sorella a Parigi?"

"Esatto. Posso mandarti qualche foto o qualche messaggio, ogni tanto?"

"Sì, certo, ma …tornerai?"

"Sì, durante le vacanze estive, per Natale e Pasqua. Morgana finirà l'università tra pochi anni e forse tornerò insieme a lei. A meno che là non mi trovi particolarmente bene…"

"Capisco" disse Merlin sforzandosi di sorridere. "Quando partirai?"

"Domani!"

"Cavolo, che fretta!"

"Mi hanno appena accettato nella scuola francese…"

"Non potevi finire l'anno?"

"No, si vede che mio padre non vede l'ora di liberarsi di me!"

"Sul serio?"

"Sì. Lui è più che generoso con me, basta che non gli stia tra i piedi e faccia ciò che vuole lui!"

"Lui sa che sei gay?"

"Lo sa, ma fa finta di non averlo capito. Spera ancora che prima o poi mi passi questo che lui definisce 'capriccio di gioventù'!"

Merlin decise di cambiare argomento, perché vide Arthur in difficoltà. La voce gli tremava e aveva gli occhi lucidi, nonostante cercasse di sembrare a suo agio.

"Come te la cavi con il francese?"

"Benino. Mia madre era francese e anche se non l'ho conosciuta, come lingua mi ha sempre attirato."

"Fatti onore in Francia!"

"Mi dispiace. Avrei voluto conoscerti meglio! Sei un tipo interessante!"

"Per certi versi, lo sei anche tu. Sei simpatico, quando vuoi e intravedo qualcosa al di sotto di tutta questa bellezza molesta."

Arthur si mise a ridere in modo convulso.

"Ti ringrazio. Lo sai che forse avresti potuto essere tu il mio cavaliere da salvare? Non sono mai stato il primo ragazzo di nessuno finora!"

"Gradasso come al solito… "

"Ehi … io non sono grasso."

Merlin alzò gli occhi al soffitto. "Gradasso significa gasato!"

"Impara a parlare, Merlin! Sei vetusto!"

"Certo… perché vetusto è un neologismo…"

Entrambi ridacchiarono.

"Quest'estate sarò a casa. Mi farebbe piacere incontrarti."

"D'accordo, se prometti di non farmi più lo sgambetto…"


Stavano per uscire di casa, quando Arthur si fermò. "Vorrei farti vedere una cosa, Merlin. Ci vorrà giusto un attimo."

 

Sull'enorme terrazza di Arthur, c'era una bella casetta trasparente, dell'altezza di un paio metri.

"Questa è solo mia e sei il primo che ci entra…"

"Quale onore!" sorrise Merlin.

Si trattava di una piccola serra, con tanti vasi pieni di fiori colorati e profumatissimi. 

"In primavera i fiori sono al massimo del loro splendore" spiegò Arthur con un certo orgoglio.

"Sono senza parole, Arthur. Stai acquistando un sacco di punti ai miei occhi. Perdonami, ma non avrei mai creduto che tu avessi il pollice verde."

"E non dirlo in giro! La mia reputazione di gay-macho crollerebbe miseramente."

A Merlin scappò una grassa risata, ma in quel momento pensava davvero che forse si era sbagliato su di lui.

 

"Vorrei regalarti un vaso di questi fiori come mio ricordo… Dai, scegli quello che ti piace di più!"

"Davvero? Che pensiero carino! Sceglilo tu per me. Mi piacciono tutti. Dammi il tuo preferito!"

Arthur si guardò intorno poi scelse un vaso di bellissimi tulipani di un giallo molto intenso.

"I tulipani gialli significano amicizia imperitura. Se li tratterai bene, possono durare qualche anno. Tienili all'aperto ma al riparo dalle intemperie."

"Sono meravigliosi! Grazie, Arthur!" rispose Merlin, sull'orlo della commozione. 







Durante il tragitto in macchina quasi non parlarono e quando l'auto giunse a destinazione, Merlin scese in fretta dalla macchina con il vaso in mano. Odiava gli addii.

"Allora ci sentiamo" disse Arthur a Merlin che gli sorrise brevemente dal finestrino aperto. "Ciao, Arthur" e fece per girarsi, quando l'altro lo richiamò.

"Merlin … ti chiedo scusa per lo sgambetto. Mi dispiace…"

"È tutto a posto!" 

"Senti... ora posso dirtelo. Tu non te rendi conto vero?" domandò Arthur.

"Di cosa?"

"Di quanto tu sia bello!"

Entrambi sorrisero e Merlin ebbe un tuffo allo stomaco. 'Proprio un peccato!' si disse.

"Grazie Arthur. Buona fortuna!"







_ _ _ _ _ _






 

Due anni e mezzo dopo.



 

Dopo l'ultima lezione, Merlino si affrettò a raggiungere l'ampia palestra dell'Università. Forse avrebbe fatto in tempo a vedere giocare Percival durante la partita che si svolgeva ogni volta al termine degli allenamenti di basket.

Come al solito la partita era già finita. La palestra era gremita di ragazzi e fan della squadra di basket che era considerata il fiore all'occhiello della Greenwich University che Merlin frequentava da poche settimane. 

Si infilò in mezzo ai giocatori e si sentì un nanetto.

"Ehi Merlin! Mi hai visto?" Uno dei giocatori più alti gli sorrise apertamente, mettendogli una mano spalla. Era Percival.

"Macché! Sono appena arrivato! Mi dispiace…" rispose Merlin con un sorriso triste.

Il cestista cominciò a dire: "Non preoccuparti. Sarà per un'altra volta."

 

Merlin spostò gli occhi dal viso di Percival alla figura che stava dietro di lui a circa tre metri da loro.

 

E lo vide! 

O almeno credette di vederlo.

D'istinto si aggrappò al braccio di Percival, che gli sorrise di rimando.

 

Non poteva trattarsi davvero di Arthur! 

Perché lui era in Francia, a Parigi. E poi non nella sua università. Non a giocare a basket in squadra assieme a Percival!

Portava i capelli più lunghi, con il ciuffo sugli occhi, per cui non era riuscito a vederlo bene in viso. Fisicamente era meno 'ampio' di Percival, ma con la canotta vedeva le braccia scolpite e un inizio di pettorali di tutto rispetto. Si era ingrossato parecchio rispetto al passato! Sempre che fosse lui!… Era molto sudato, come del resto anche gli altri giocatori e si ravviò i capelli con una mano, spostando il ciuffo dagli occhi.

 

"Oh, cazzo!"

"Che c'é?" chiese Percival, preoccupato. Era raro sentire Merlin imprecare, soprattutto in quel modo.

 

Alcuni dei compagni di squadra si stavano congratulando con Arthur con pesanti pacche sulle spalle ed elaborati "cinque". A quanto pareva aveva giocato molto bene.

 

"Conosci Pendragon?" chiese a Percival.

"Certo! Nonostante sia uno dei meno alti della squadra, è senza dubbio il migliore, attualmente. È velocissimo ma soprattutto è un cestita nato. Tu piuttosto, come fai a conoscerlo?"

"Ricordi il ragazzo che mi fece lo sgambetto sbagliando persona?"

"Quello che ti diede seicento dollari per lo sgambetto e che hai baciato davanti al suo ex?"


Merlin rimase interdetto. Non ricordava di avergli raccontato anche quello…"Beh… sì. Roba da elementari…"

"Quindi tu hai baciato Pendragon?"

Merlin lo guardò e capì di avere sbagliato a chiedergli di lui. Merlin non rispose.

"Io non credevo si trattasse di lui. Voglio dire, Pendragon… è gay?" bisbigliò pianissimo.

"Non è l'unico…"

"Ma, vedi, lui... è un po' troppo sicuro di sé e ... la cosa mi infastidisce!" 

"Non lo vedo da una vita e non c'è mai stato niente tra noi. Non te l'ho detto?"

 

Merlin si chiese perché Arthur perdeva tempo a scuola quando era chiaro che avrebbe avuto un futuro come modello o come attore. L'avrebbe preso qualsiasi regista, anche se avesse recitato come un bimbo di quattro anni. E qualsiasi posto era meglio che averlo lì! Non era neanche arrivato che Merlin si era già messo nei casini a causa sua.

 

Arthur alzò lo sguardo su di lui e lo vide. Prima strabuzzò gli occhi per la sorpresa, poi un grande sorriso gli spuntò sul viso.

Si mosse per andargli incontro e Merlin andò nel panico.

Merlin si alzò sulle punte dei piedi e mise le braccia attorno al collo di Percival che lo guardò perplesso.

"Non abbiamo fatto ancora coming out qui all'università, Merlin! Né tu, né io!"

"E se lo facessimo adesso? Senza dover dare lunghe e imbarazzanti spiegazioni a nessuno?"

Percival sembrava titubante, ma poi gli sorrise, cingendogli la schiena con le braccia.

Si baciarono a lungo, languidamente e dolcemente. 

Dopo un po' sentirono qualche applauso e qualcuno che ululava allegramente. I due ragazzi si staccarono e si guardarono attorno con un sorriso leggermente imbarazzato.

 

Arthur non si vedeva più.











 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - Whyle you weren't here. ***


 

Capitolo IV

Whyle you weren't here














 

L'estate appena trascorsa, quella in cui Merlin aveva compiuto i diciannove anni, era stata una delle migliori che il ragazzo avesse vissuto.

Ed era stata una sorpresa perché pensava che la felicità per lui fosse uno stato ormai irrimediabilmente compromesso. 

 

Aveva continuato a lavorare parecchio anche in estate, ma era riuscito a ritagliarsi qualche spazio per andare al mare. Per la prima volta dopo tanto tempo si era permesso di mettere i libri da parte. Agli esami di maturità aveva ricevuto un'ottima votazione, anche se non il massimo, per cui non era riuscito ad entrare a Cambridge, come avrebbe voluto. Tanto meno poteva usufruire della borsa di studio, messa a disposizione unicamente di coloro che avevano ottenuto la lode.

 

Forse era meglio così. La borsa di studio in ogni caso avrebbe coperto meno di un quarto delle spese universitarie di Cambridge e probabilmente lui e sua madre insieme non sarebbero riusciti a coprire tutte le rimanenti e cospicue spese.

Tra le tante università cui poteva accedere, Merlin optò comunque per un Istituto di tutto rispetto: la Greenwich University*. D'altra parte a Londra non esistevano università scadenti. Ed era situata a sole sette miglia dal suo paese, Abbey Wood, rispetto alle settanta miglia di distanza da Cambridge. Come facoltà aveva scelto biologia molecolare. Aveva dovuto sostenere un'intera sessione di esami tra aprile e maggio per provare ad accedervi ed era stato ammesso, così dopo aver conseguito il diploma aveva passato l'estate senza il fiato sul collo di nuovi esami a fine stagione.

 

Anche se sua madre si prodigava nel lavoro per poterlo mantenere agli studi, Merlin aveva cominciato a fare qualche lavoretto già da un paio d'anni. Attualmente svolgeva tre tipi di lavoro part-time. Tutte le sere, tranne nei weekend, lavorava come barista-factotum in un bar vicino a casa sua, dove lo conoscevano da sempre; di pomeriggio alternava lo studio alle ripetizioni di studenti più giovani e il sabato lavorava come truccatore presso il salone di parrucchieri, dove lavorava Gwen, una delle sue più care amiche. La ragazza l'aveva entusiasticamente presentato ai suoi datori di lavoro. 

Merlin avrebbe voluto fare un corso di visagista per ottenere almeno un primo attestato, ma non era riuscito a incastrare gli orari del corso con i suoi. I due datori di lavoro del salone avevano inizialmente storto la bocca. Senza un titolo professionale non avrebbero voluto assumerlo. Merlin chiese loro di farlo provare gratis per un sabato. In realtà quel giorno ci furono solo tre clienti che chiesero di farsi truccare ma alla fine erano rimaste tutte e tre talmente soddisfatte che Merlin ebbe il lavoro.





 

XXX





 

Dopo aver salutato Arthur quell'ultima sera insieme a casa sua, non si erano mai più rivisti, nemmeno d'estate o per le vacanze natalizie.

 

Per un paio di settimane Pendragon gli aveva inviato da Parigi alcuni messaggi e qualche selfie con famosi scorci francesi alle spalle. In quelle foto Arthur era di una bellezza talmente esagerata, da risultare persino fastidiosa. Avesse almeno usato qualche filtro! Macché! Merlin riusciva persino a notare qualche minima imperfezione: un dente appena più storto rispetto agli altri, due o tre piccole cicatrici sulla guancia, ricordo della presenza di qualche brufolo tenace, la lievissima curva del naso che si notava solo da poche angolazioni e la solita gola più scura, che ombreggiava il pomo d'Adamo più seducente mai visto: colpa della consueta rasatura approssimativa. 

Eppure Arthur rimaneva sempre il più bel ragazzo esistente.

 

Merlin gli aveva risposto gentilmente o in modo ironico, ogni volta. Neanche a dirlo non gli aveva mai inviato scatti suoi. Non si era mai piaciuto in foto: quasi non si riconosceva e ogni volta che faceva un selfie, lo cancellava immediatamente. Apprezzava solo le sue foto da bambino: grandi occhi e bocca sdentata, tenero e buffo. E tollerava le foto in cui appariva da lontano insieme a grandi quantità di persone, come ad esempio nelle foto di classe. Gli aveva inviato, però, un paio di foto dei tulipani, per dimostrargli quanto li avesse graditi e quanto si prodigasse per mantenerli nel migliore dei modi. Aveva scoperto su Internet che non era affatto facile farli crescere bene.

Poi gli aveva inviato le foto di alcuni poster che aveva in camera sua. Il primo era dei Maroon 5. E Arthur gli aveva risposto: "Se avessi immaginato che ti piacevano i vecchietti etero, ti avrei potuto presentare mio padre!"

Al che Merlin aveva riso come uno scemo e aveva replicato: "Se tuo padre fosse come Adam Levine, mi dispiace proprio che tu non l'abbia fatto!"

Infine gli aveva inviato la foto del suo poster preferito. Si trattava di una foto artistica in bianco e nero di un famoso fotografo del passato. Vi era ritratto un uomo nudo, bellissimo, che però presentava molte zone buie a coprire le parti intime. "Questa la trovi di tuo gusto?' scrisse Merlin. Aveva osato troppo?

"É fantastica! Ma perché accontentarsi di una foto così castigata se su Internet puoi vedere quello che vuoi e molto di più?"

"Sono un tipo all'antica. Preferisco il vedo-non vedo e la volgarità gratuita mi indispone!"

"Vallo a raccontare a qualcun altro, che forse ci crede…"

"Lo farò…" rispose Merlin un po' offeso. 

Come aveva fatto l'atmosfera a raffreddarsi tutt'a un tratto? Arthur sapeva essere odioso quando ci si metteva. E non demordeva.

"Se l'ultima foto che mi hai inviato è appesa nella tua stanza, come credo, spiegami com'è possibile che tua madre non sia ancora arrivata a capire che sei gay!"

"Lascia stare mia madre per favore! E bada ai fatti tuoi!"

Dopo un paio di minuti di silenzio Merlin spedì un altro messaggio. 

"Ehi, mi dispiace!"

"Tutto ok, Merlin! Non ti preoccupare! Ora devo andare. Buona giornata!" E per quel giorno non si erano più sentiti. Come si faceva a litigare, tramite messaggi, con uno dall'altra parte del globo?

 

Merlin sapeva che per continuare a mantenersi in contatto con Arthur avrebbe dovuto inviargli qualche messaggio di sua iniziativa e non solamente in risposta, ma senza sapere bene perché, non se l'era mai sentita. Il risultato fu che dopo una settimana i messaggi di Arthur cominciarono a farsi più rari e 'tiepidi'.

Dopo un'altra settimana smisero di arrivare del tutto. L'ultimo messaggio di Arthur riportava. "I tulipani gialli sono simbolo di eterna amicizia. Significano che la persona che li riceve è un po' come il sole nella vita di chi li dona. Ma ho scoperto un altro significato interessante…"

Al che Merlin aveva risposto: "Quale?"

Ma non gli arrivò più alcuna risposta. Andò a vedere su Internet ma le prime sei o sette voci riportavano sempre lo stesso tipo di significati. Si parlava anche di amore ma in modo molto generico. Inteso più come profondo affetto, simbiosi di due anime, o conforto reciproco. Il tutto in termini molto entusiastici che facevano riferimento alla gioia di vivere, all'allegria e al calore umano. Forse Arthur si riferiva a quelle definizioni?

 

La fine dei messaggi da parte di Arthur, Merlin l'aveva presa come un dato di fatto. Non c'era rimasto male, non più di tanto. Da un lato era persino sollevato. Era ancora dell'idea che frequentare un ragazzo come Arthur non fosse salutare per uno come lui.

Cosa avevano da condividere in fondo? Si erano visti due o tre volte poi l'altro era partito. Non c'era stato neppure il tempo di capire se avrebbero potuto diventare amici.




 

L'estate seguente all'incontro con Arthur, Merlin ebbe la sua prima storia vera. Il ragazzo era stato un suo amico d'infanzia. Si erano poi persi di vista quando alle medie avevano scelto due scuole diverse. E dopo anni si erano riconosciuti un giorno per caso nel bar di una piscina. Fecero in modo di incontrarsi ancora. Una sera tra tante, Merlin decise di mettere il ragazzo alla prova. Gli fece guardare un post su Instagram dove Jennifer Lopez si risposava con Ben Affleck e sussurrò: "Donna fortunata, eh?"

L'altro lo guardò incuriosito e si mise a ridere. Fu  contento quando si accorse che il ragazzo non lo trattava diversamente da prima. Ma … aveva capito? 

Poi di punto in bianco ci fu un cambiamento nel comportamento di Will, così si chiamava. Il ragazzo diventò più gentile, più sorridente e lentamente cominciò a mandare qualche 'messaggio' a Merlin che ormai era molto preso. Will si fece via via più audace e poco tempo dopo si misero insieme. Non ci fu nemmeno bisogno di un coming out formale. 

Fu una storia importante che vide Merlin felice a lungo, per quasi un anno. Gli elementi di un vero innamoramento c'erano tutti: il battito del cuore accelerato, il respiro affannoso, i primi baci, la complicità, l'amore e la scoperta del sesso. 

Per questo quando finì, Merlin soffrì moltissimo. Fu estremamente difficile e doloroso per lui lasciare Will. Si era accorto di non essere più innamorato di lui: i piccoli difetti del fidanzato gli risultavano ormai intollerabili e le occasionali liti finivano per lasciarlo furente e prostrato. 

Non era colpa di Will: lui era sempre se stesso. 

Era Merlin ad essere cambiato. E questo lo stupiva e lo rendeva scontento di sé. Aveva ottenuto ciò che aveva sempre desiderato e non gli bastava. Si sentiva superficiale e incontentabile, non molto differente da quell'Arthur conosciuto l'anno prima.

 

Aveva cercato Will ancora un paio di volte, dopo la fine della loro storia. Voleva capire se avesse potuto far tornare il loro rapporto come durante i primi tempi felici. Will non aspettava altro e entrambe le volte finirono a letto insieme. Cosa che servì solo a peggiorare la situazione, ad acuire il dolore e la frustrazione di Will e a far sentire Merlin una … merda. 

Smisero di frequentarsi completamente, anche come amici. Forse Merlin avrebbe voluto, anche solo per sentirsi meno in colpa, ma Will non ci riusciva: probabilmente non gli era ancora passata e il dolore iniziale si era trasformato in astio, se non addirittura in odio nei suoi confronti.



 

L'estate che seguì la rottura con Will era stata molto strana. Con suo sommo stupore aveva scoperto di essere molto popolare tra i ragazzi e si sentiva intimamente lusingato. Probabilmente i capelli un po’ più lunghi gli donavano. Non era più così magro: petto e spalle si erano allargati e si accorse di non essere poi così male. Forse Arthur Pendragon aveva visto giusto su di lui, dopotutto! 

 

Conobbe moltissime persone al mare, ma ne conobbe parecchia anche nel bar dove lavorava, nonostante non fosse certo un gay-bar. 

Baciò qualcuno di quei ragazzi ma non si spinse oltre. Gli bruciava ancora l'esito della sua storia con Will. 

 

E poi c'era stata quella maledetta festa di compleanno, dove aveva conosciuto quel tale misterioso e estremamente affascinante. 

Era dai tempi di Arthur che non conosceva un uomo così attraente e sexy. Merlin aveva bevuto più del solito e dentro di sé aveva già deciso che, se gliel'avesse chiesto, l'avrebbe seguito e, almeno per una volta, si sarebbe lasciato andare. Non gli importava di andare contro tutto ciò in cui credeva: i suoi buoni propositi, i suoi valori etici, dei quali era sempre stato orgoglioso, avevano già ricevuto uno scossone dopo la fine della storia con Will. Il modo in cui lo faceva sentire quell'uomo valeva bene una pazzia.

L'uomo l'aveva blandito e gliel'aveva detto molto semplicemente. 'Tu mi piaci ... Molto … Vieni via con me?'** erano state le sue parole esatte. Merlin aveva sorriso e fatto un cenno affermativo con la testa. Con il cuore in gola per l'emozione aveva bevuto un ultimo drink, che l'uomo gli aveva offerto e … si era risvegliato il giorno dopo in una stanza sconosciuta. 

Era nudo, in un letto non suo ed era solo. Non ricordava niente di niente, da quando aveva accettato di andar via con quell'uomo dalla festa. 

 

Stava malissimo. Aveva un mal di testa terribile e dolori più o meno forti in tutto il corpo. Non appena provò a muoversi, vomitò, più volte. Era poco lucido ma capì di trovarsi in una stanza d'albergo e a fatica raggiunse il telefono per chiedere aiuto al centralino. 

All'ospedale fu visitato e curato. Con suo grande sconcerto, passò inizialmente per un drogato, agli occhi di medici e infermieri. “Overdose” era stata la lapidaria diagnosi di un medico un po' incazzato. 

Come risposta alle sue proteste, Merlin fu visitato nuovamente e scoprì così di essere stato drogato con un potente sonnifero, usato di frequente anche come 'droga da stupro'. 

Ebbe una crisi di pianto quando gli dissero che era stato violentato. Lui non ricordava niente, nemmeno il nome di quel ‘bastardo’.

 

Entrò in una sorta di depressione: smise di andare a lavorare. Con sua madre disse di avere una leggera forma di labirintite che lo costringeva a stare a letto la maggior parte del tempo, ma si sforzava anche di scherzare con lei per non farla preoccupare. 

Hunith però non era tranquilla e chiamò un amico di Merlin: Gwaine. 

Lui gli stette addosso come un falco, riuscendo a farsi dire ciò che gli era successo. Grazie all'amico, Merlin riuscì a reagire in qualche modo e tornò a lavorare, nel giro di qualche giorno. Stava inoltre per ricominciare la scuola. Era l'anno del diploma: smise di uscire con gli amici e di frequentare ragazzi per tutto l'anno scolastico. Buttarsi a capofitto nello studio e nel lavoro gli fu d'aiuto per superare quella brutta storia. Almeno in parte. Gwaine all'inizio, avrebbe voluto accompagnarlo alla polizia per sporgere denuncia. Ma Merlin era convinto che fosse anche colpa sua. Non appena aveva deciso di uscire fuori da quello che riteneva essere per lui il giusto seminato, era stato punito, in uno dei modi peggiori.

La cosa di cui Merlin non riusciva assolutamente a capacitarsi era il motivo per cui il suo aggressore l'avesse prima drogato poi violentato mentre non era cosciente, quando l'uomo sapeva benissimo che Merlin sarebbe stato del tutto consenziente e più che pronto a fare sesso con lui. 

 

Certa gente era fuori di testa!

 

Non disse nulla nemmeno a sua madre: l'avrebbe fatta soffrire troppo, senza contare che avrebbe dovuto palesarle la sua omosessualità.


Dopo gli esami di maturità si era ripromesso di continuare a non frequentare ragazzi per molto tempo ancora. Quell'anno senza interferenze amorose era stato particolarmente ricco di soddisfazioni scolastiche e povero di pene d'amore. Chi aveva detto che senz’amore si stava male? E senza sesso? Sarà stato per il fatto che ogni pensiero sul sesso veniva da Merlin associato a ciò che gli aveva fatto quell'uomo, che cominciò a pensare di essere diventato asessuale.

 

Invece per caso quell'estate aveva conosciuto un gruppo di ragazzi e ragazze molto simpatici, a Canvey Island.

Sembravano ragazzi a posto. Si divertivano, amavano la musica, ballavano. Sembravano essere uguali agli altri ma con il tempo si accorse che non era così. Non erano necessariamente migliori, ma Merlin li preferiva. Nel gruppo c'erano ambientalisti, animalisti, pacifisti e quasi tutti erano impegnati in maniera diversa nel sociale. 'Sarò finito in un gruppo di chiesaroli' si disse non sapendo più cosa pensare. 

Con poche eccezioni quei ragazzi amavano l'arte, lo studio e lo sport. Quando capì che il gruppo non c'entrava con la chiesa, con i boy scout e nemmeno con gli alieni, temette quasi di essere finito in una setta o, ancora peggio, in una di quelle confraternite tipiche delle università americane, dove succedeva di tutto.

 

Qualcuno aveva coniato per loro il termine 'los druidas' in spagnolo, e Merlin lo trovava molto azzeccato come nome. Era stato accettato immediatamente da tutti i componenti e a Merlin faceva piacere, anche se faceva molta fatica a fidarsi completamente di loro e si ripromise di andarci molto cauto.

C'era però questo ragazzo di nome Percival all'interno del gruppo, che lo confondeva. Era il ragazzo più dolce e gentile che avesse mai conosciuto. Se lo ritrovava spesso alle calcagna, ma non gli aveva mai chiesto o fatto capire niente. Percival era un'armadio pieno di muscoli ed era un ottimo giocatore di basket. Aveva un viso molto bello, ma era anche molto timido. Merlin non riusciva a capire come un ragazzo perfetto come lui sotto tutti i punti di vista, potesse avere un sacco di turbe emotive e di complessi. Secondo lui, Percival era affetto da timidezza patologica. I suoi genitori dovevano essere stati pessimi con lui… 

 

Con il passare del tempo Merlin ebbe modo di apprezzare sempre di più il ragazzo. E incominciò a fantasticare su di lui. Percival era l'unico ragazzo che avrebbe potuto toglierlo dal pantano emotivo che da tempo lo invischiava. 

Fu Merlin ad invitarlo a uscire da soli.

Percival accettava puntualmente tutti i suoi appuntamenti, dimostrando di divertirsi ma comunque il ragazzo rimaneva sempre sulle sue. 

Merlin non era nemmeno sicuro che fosse gay.

Tutti quei preparativi furono estenuanti per Merlin: divenne quasi una sfida tra sé e sé. 

Stavano uscendo già da un paio di mesi quando capì che se avesse voluto di più da quel ragazzo avrebbe dovuto fare tutto da solo. Merlin aveva sempre preferito essere corteggiato che non il contrario, anche se in quei casi, lui faceva la sua parte lanciando qualche segnale, se era interessato al ragazzo in questione.  

Dovette quindi rimboccarsi le maniche. Sceglieva i posti da frequentare, i giorni e le ore degli appuntamenti, lo corteggiava nel modo più diretto che riusciva. Questo gli diede modo di capire qualcosa di più su se stesso: quanto era comodo e piacevole prendersi tutti i complimenti e le attenzioni? Quanto era difficile essere coraggiosi (almeno per uno poco sicuro dei suoi mezzi come lui), essere seducenti senza andare oltre la decenza, essere divertenti, base di ogni buon rapporto, etero o omo che fosse? 

Si trattava di mettere a nudo le proprie fragilità, di assumersi le responsabilità che comportava prendere in mano la situazione, di rischiare di ricevere un doloroso 'non ti voglio'.

 

Una sera non poté più e lo fece. 

Lo attaccò al famoso muro, che poi era un grosso palo della luce. L'esile Merlin che letteralmente, attaccava al palo il gigantesco Percival: gli sembrava di vedersi da fuori e si sentì ridicolo. Con le braccia gli si era attaccato al collo, per tirarlo giù verso di sé. Ma non c'era verso. Stava per abbandonare il tentativo, umiliato dalla rigidità fisica ed espressiva dell'altro, quando si sentì sollevare per i fianchi fino all'altezza giusta. Merlin gli aveva sorriso di sollievo e lo aveva baciato con passione. Incredibilmente l'altro aveva ricambiato il bacio. 

Fu un gran bel bacio.

Per non parlare degli abbracci in cui Merlin si perdeva quasi soffocato e inebetito da tanta tenerezza.

Si frequentarono per un mese poi, visto che le cose non andavano mai oltre ai baci e non procedevano in senso fisico come sperava, organizzò una settimana in montagna, la prima vera vacanza della sua vita. E fu qui che fecero l'amore per la prima volta. Ovviamente aveva dovuto fare tutto lui. Si era spogliato, aveva spogliato l'altro e gli si era steso sopra per baciarlo. E fortunatamente, come era stato per il primo bacio, Percival si era lasciato andare.

 

Percival cambiò persino università, per stargli vicino. 

Merlin lo incontrava solo durante le ore di chimica. Il suo ragazzo studiava fisioterapia dello sport. Per le restanti ore frequentavano materie e aule diverse. Stavano insieme solo i fine settimana quando in pratica Merlin si trasferiva da lui.


Hunith non sospettava niente ed era contenta che Percival fosse amico di suo figlio. L’aveva visto qualche volta dalla finestra e lei gli aveva fatto alcune domande: sembrava un bravissimo ragazzo. Peccato che avesse la pelle del viso sempre così rossa. Forse soffriva di psoriasi…

 

Merlin non aveva ancora fatto coming out con lei e non aveva mai fatto entrare alcun ragazzo in casa. Il che era abbastanza strano anche per un ragazzo etero.

C'era da dire che a Hunith un po' dispiaceva che Merlin non avesse mai portato in casa nessuna ragazza. Ma in fondo suo figlio aveva solo diciannove anni. Lei ne aveva sedici quando si fidanzò con Balinor e lui poco di più. Altri tempi!



 

xxx




 

Stava prendendo un caffè al bar della scuola, durante un'ora buca. Si era seduto a un tavolino seminascosto e stava ripassando sul cellulare un argomento importante e ostico come i genomi comparativi dei batteri patologici.

 

Nel frattempo era entrata molta gente ma Merlin quasi non se ne accorse, tanto era preso dalla lettura.

 

Quando fu ora di andare, il ragazzo fece per uscire dal bar. Nella ressa individuò la testa bionda di Arthur, in piedi vicino al bancone. Era vicino a una ragazza alta quasi come lui. Il viso non le si vedeva. Con la mano ogni tanto ravviava i capelli scuri e ondulati, così belli che avrebbero fatto invidia al suo amico Gwaine. Era fasciata da un elegante abito verde mare, che pur essendo castigato, metteva in risalto il suo corpo perfetto. Arthur le teneva un braccio attorno al collo, come se la ragazza fosse roba sua. Che si fosse ravveduto nel frattempo? Fatti suoi. Merlin aveva altro da pensare. Doveva muoversi se non voleva fare tardi a lezione. 

Era soddisfatto di sé. Vedere Arthur quel giorno non l'aveva scombussolato più di tanto e comunque non come era capitato qualche giorno prima, quando l'aveva rivisto sul campo di basket, dopo anni. 

Subito prima di entrare in aula, mentre toglieva la suoneria al cellulare, gli arrivò un messaggio.

 

'Hai finito di scappare?'

 

Lesse il nome del mittente: King Arthur. Così l'aveva nominato una volta, sul suo telefonino. 

Arthur non aveva cancellato il suo numero? Beh, nemmeno lui l'aveva fatto. 

Non aveva tempo per rispondergli. In realtà non aveva voglia di rispondere. Per scrivere cosa poi? Accidenti ad Arthur! Gli sembrava un messaggio sensato da inviargli, quello? Gli venne un gran nervoso. 

Entrò in aula e si sedette vicino a Percival che gli fece un gran sorriso. Merlin gli sorrise a sua volta, poco convinto. Più tardi gli avrebbe detto del messaggio di Arthur e si sarebbe fatto consigliare da lui. No! Meglio di no. Non voleva rischiare di litigare con il suo ragazzo per … niente! Ecco, ora sì che era scombussolato!












 

*Non m'intendo di università inglesi, per cui abbiate pazienza. Anche se le informazioni su Cambridge dovrebbero essere abbastanza veritiere.

 

**In questo punto della storia ci sono vari riferimenti ispirati direttamente alla storia di Jeffrey Dahmer, anche se non è lui l'uomo di cui si parla.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V - In the wolf's den ***


Capitolo V

In the wolf's den















"Ciao anche a te Arthur!…Vedo con dispiacere che non sei cambiato"

 

Merlin aveva aspettato tutto il pomeriggio prima di decidersi di rispondere ad Arthur. Aveva pensato di non rispondergli affatto. Poi si era detto che se l'avesse rivisto, cosa più che probabile, si sarebbe sicuramente trovato in imbarazzo. Come avrebbe potuto giustificare la cosa? 

 

Quando vide apparire la scritta online sul display, sussultò.

 

"Ciao!!! Credevo non mi rispondessi più, ormai…"

 

"Ero a lezione, poi al lavoro"

 

"Perché sei scappato, oggi? Volevo salutarti"

 

"Ero in ritardo e tu eri con altre persone… e per la cronaca non sono stato io a scappare l'altra volta..."

 

"E cosa avrei dovuto fare? Neanche il tempo di capire che eri tu che ti sei messo a limonare davanti a tutti (con un mio compagno di squadra che tra l'altro credevo fosse etero)… se fossi stato più veloce di lui credi che sarebbe toccato a me?"

 

"Di che parli?"

 

"Di baciarci io e te davanti a tutti… non sarebbe la prima volta…"

 

Merlino sospirò profondamente. 

"Quanto sei asino, Pendragon! Percival è il mio ragazzo."

 

"Peccato… Non è affatto male. Se avessi immaginato che era gay magari ci avrei provato anch'io…"

 

A Merlin venne un gran nervoso. L'idea che Arthur volendo, avrebbe potuto provarci con Percival l'aveva già sfiorato nei giorni precedenti ed era qualcosa di insopportabile, che lo prendeva alla gola e allo stomaco.

Ma si finse sicuro.

"Accomodati! Magari a Percy piacciono i ragazzi viziati, pieni di sé e con la puzza sotto il naso"

 

"Come sei cattivo Merlin! Ti stavo solo prendendo in giro! Mi è mancato non poterlo fare in tutto questo tempo!"

 

"Ci avrei giurato … ma penso che tu abbia comunque trovato qualche bel francese da bullizzare al mio posto."

 

"Se ti può consolare non ho mai trovato nessuno che mi desse la stessa soddisfazione."

 

"Strano! Dovrei sentirmi lusingato?"

 

"Mi sembri quasi geloso! Se non ti conoscessi bene…"

 

"Tu non mi conosci affatto, al contrario di quello che credi. Ora ti saluto. Devo  lavorare" 

Era meglio finirla lì. Perché doveva farsi il sangue amaro per lui? Poi doveva sul serio andare al bar a lavorare. Quel giorno non era stato molto proficuo: aveva studiato poco ed era già sfinito.

 

"Ok! Volevo solo invitarti alla mia festa di compleanno, domenica prossima. Fammi sapere"

 

A Merlin prese un colpo e fu tentato di dire di no immediatamente. Il weekend era l'unico momento per stare con Percival. Ma non era solo per quello. Arthur gli sembrava un po' troppo sicuro di sé, più ancora che in passato. 'Non sempre il tempo che passa, porta a una maggiore maturità.'

Sentì il bi-bip di un nuovo messaggio e trasalì. Era ancora Arthur.

"Ovviamente ho invitato anche Percival… è un mio compagno di squadra e ho già scritto anche a lui."



 

Percival dormiva all'università durante la settimana e aveva preso una camera in affitto solo per poter stare con Merlin durante i weekend.

Merlin tornava a casa ogni giorno, non solo per risparmiare sulle spese del dormitorio, ma perché doveva lavorare. 

 

Quella sera tardi dopo il lavoro, Merlin aveva scritto a Percival circa il messaggio di invito ricevuto da Arthur, ma non erano riusciti a trovare un accordo. Avevano in seguito parlato tramite videochiamata, ed erano arrivati a discutere animatamente a causa della maledetta festa di Arthur. Merlin non voleva andarci e il suo ragazzo invece sì.

Angosciato dall'accaduto, il giorno dopo Merlin saltò una lezione, pretendendo che anche Percival facesse lo stesso.

I due erano seduti a un tavolo del bar dell'università.

Dovevano prendere una decisione. 

 

Percival tirava fuori le sue argomentazioni.

"Ci sono tutti i miei compagni di squadra e parecchi compagni di università che conosco appena. È una buona possibilità per allargare il cerchio delle conoscenze. Soprattutto per uno come me. All'università ci si può aiutare tra compagni. E se anche Arthur non ti avesse invitato, ti ci avrei comunque portato, in quanto mio ragazzo."

 

Merlin usò la carta della sincerità. "Arthur mi ha sempre messo molto a disagio. Sono sempre sulla difensiva quando c'è lui nei paraggi. Non mi secca che tu ci vada, ma io non ho nessuna voglia di venirci!"

"Ti prometto di non lasciarti mai da solo. Starai sempre vicino a me, che è quello che voglio…"

Merlin per un attimo si commosse. Percival era sempre gentile con lui, ma le frasi romantiche che gli aveva rivolto in tutto, si potevano contare sulle punta delle dita d'una mano. 'Se solo Percival comprendesse il potere di queste sue parole su di me e anche sugli altri! Questo stava pensando Merlin di lui in quel momento. Se Percival riuscisse ad esprimere i suoi sentimenti in modo più aperto, si accorgerebbe di quanta gente lo trovi amabile e simpatico, cosa che forse servirebbe ad accrescere la sua bassa autostima.'

 

"Temo che tu piaccia ad Arthur!" continuò Merlin senza filtri.

"Siamo pari allora. Io temo che gli piaccia tu!"

E scappò da ridere ad entrambi.

''Che faresti se Arthur si facesse avanti con te?" chiese Merlin.

"Non lo farebbe mai! Non preoccuparti. Ma se proprio dovesse farlo, beh … all'inizio mi sentirei lusingato, non lo nego. L'hai visto? Lo sai!"

'Oh, Dio!' pensò Merlin sconsolato.

"Ma siccome sto con te, perché voglio stare con te, userei la mia infallibile arma segreta!" sorrise Percival.

"Quale arma?"

"Quella che tu conosci meglio di chiunque altro. Quella contro la quale solo tu sei riuscito a vincere."

"E cioè?"

"La timidezza. Mi chiuderei a riccio. Non guarderei, non risponderei se non a monosillabi. Ci sarei e non ci sarei allo stesso tempo. Nessuno resiste dopo un po'... tranne te"

Merlin sorrise, sollevato. Conquistare Percival per lui era stato come conquistare una fortezza su un monte, circondata solo da alte pareti a strapiombo. 

"È una tattica dunque? Tu fingi?"

"Non proprio. Ma la psicoterapeuta da cui andai per anni, mi disse di mutare in forza la mia debolezza. Ed è cosí che ho cercato di fare…"

"Sei stato da una psicologa? Non lo sapevo."

"Furono i miei a mandarmici. Sai, mio padre è … come me e mia madre … poco meno. Non ho idea di come abbiano fatto a mettersi insieme due timidi come loro."

Merlin chiese interiormente scusa ai genitori di Percival, per averli valutati così severamente, senza sapere nulla delle loro difficoltà.




 

Il sabato pomeriggio Merlin si trovava a lavoro al salone. Era piuttosto impegnato e stava truccando l'ennesima cliente, quando si accorse di essere osservato con insistenza da una cliente con l'asciugamano chiuso a turbante sulla testa, che dopo il lavaggio aspettava il suo turno per la messa in piega. Non l'aveva vista entrare ed era strano perché era davvero una giovane molto bella. Forse era una nuova cliente, oppure no: gli sembrava di averla già vista.

"Salve, io sono Merlin. Dopo la piega, volete essere truccata signorina?"

"No. Almeno non oggi. Ma notavo che sei bravissimo. Sono rimasta incantata dai tuoi gesti. Domattina saresti disponibile per truccarmi?"

"Di domenica il salone è chiuso…"

"Parlavo di venire a lavorare a casa mia. Non ti interesserebbe un po' di extra?" Nessuna cliente gli aveva mai chiesto qualcosa del genere. Non ancora.

"Vi sposate domani?" chiese Merlin con la consueta ingenuità.

La ragazza trillò una bella risata.

"No, non intendo sposarmi almeno fino ai quarant'anni, sempre che mi sposi. Mio fratello compie ventun anni e dà una festa!" Merlin fece uno più uno. "Non sarete la sorella di Arthur Pendragon?"

Lei lo guardò con stupore e sorrise. "Non è possibile! Tu sei … Merlin? Arthur mi ha parlato di te… piacere, Morgana."

Il ragazzo diventò persino più rosso di Percival. Davvero Arthur le aveva parlato di lui?

"P-piacere mio!" quasi balbettò.

"Sei proprio tu… Ti ho intravisto da lontano l'altra mattina al bar della vostra università. Desideravo vederla e Arthur mi ha fatto da chaperon. La Greenwich è fantastica!"

 

Ecco perché gli sembrava di averla già vista. Era la ragazza con il vestito verde mare che Arthur abbracciava. E a causa della quale aveva creduto che il ragazzo avesse cambiato sponda.

"Mi sa che ero proprio io!"

"Se vieni a truccarmi ti do duecento dollari e in più ti invito alla festa."

Duecento dollari per un'ora di lavoro o poco più erano un'enormità e al salone ci volevano circa 20 ore di lavoro per guadagnarne altrettanti.

Non pensò neppure per un attimo di dire di no. Percival avrebbe capito. Sperava solo di non incontrare Arthur, ma non poteva pretenderlo e il gioco valeva la candela. "Grazie! Accetto il lavoro. Per quanto riguarda la festa sono stato già invitato. Domani la trovo a Villa Pendragon?"

"Ti prego, dammi del tu…Sai dov'è casa mia?

"Una volta ci sono stato …"

"Con Arthur, certo. Non avevo capito che eravate così intimi…'

"No, niente del genere. Abbiamo solo mangiato e visto un film. Poi io sono fidanzato"

Morgana si tolse l'asciugamano dai capelli ridendo. "Per quanto ne so, i ragazzi gay cambiano fidanzato, più spesso di quanto cambino le scarpe"

"Io indosso queste scarpe da quasi un anno…" sorrise il ragazzo.

"Perdonami, Merlin. Hai ragione. Non tutti sono come Arthur…"

"Questo non lo so. In realtà lo conosco poco…"

Ciò che Morgana aveva appena detto su suo fratello, non avrebbe dovuto stupirlo più di tanto, invece si accorse di avere un crampo allo stomaco. Assomigliava alla gelosia. Come poteva essere geloso di quel tombeur des hommes, se era fidanzato con l'uomo che amava? Non lo era: si trattava di rabbia. Gli uomini gay come Arthur che in amore erano superficiali e promiscui, gli davano sui nervi da sempre e Merlin cercava di tenerli lontani dalla sua vita.

 

"Sei bello e simpatico. Proprio come mi ha detto Arthur" disse Morgana sorridente. "Ti aspetto allora!"

"Verrò!"






 

Era riuscito ad evitare Arthur, pur trovandosi all'interno della sua casa. Non ricordava che la villa fosse così grande. E sicuramente il principe del castello dormiva fino a tardi la domenica.

Aveva ascoltato i suggerimenti di Morgana su come avrebbe voluto il suo look: importante, sui toni del nero e del verde. Poi si era fatto prendere dall'estro. Mancava solo il rossetto. All'ultimo momento Morgana avrebbe utilizzato due rossetti.

Merlin aveva avuto l'idea di chiedere a Morgana quale pianta avrebbe gradito Arthur secondo lei, aldilà dei tulipani gialli. Le chiese ovviamente di non dire niente al fratello. Aveva pensato di portare un regalo da parte sua. Percival gli avrebbe preso un secondo regalo.

 

Morgana lo ringraziò "Arthur preferisce i tulipani rossi." Merlin rimase stupito. Era convinto che i fiori preferiti da Arthur fossero i tulipani gialli.



 

"Merlin!"

Gli era sembrato strano cavarsela così a buon mercato.

"Ciao Arthur! Tanti auguri!" disse Merlin con allegria.

"Posso abbracciarti?" chiese Arthur.

Merlin stava cercando in un nanosecondo di trovare un modo cortese per dire di no, ma non fece in tempo. 

Si ritrovò avvolto dalle braccia fin troppo grosse del giovane Pendragon. Braccia rivestite da una camicia così sottile, pulita e fresca che quasi lo incantò. Sentì una guancia liscia premere sulla sua tempia e fu avvolto da una nuvola di profumo, il più buono che il suo naso avesse mai odorato.

Merlin ammise con sé stesso che abbracciare Arthur era piacevole. La camicia , la guancia e il profumo non significavano niente senza Arthur. E ricambiò l'abbraccio poggiando appena le mani sulla sua schiena e dandogli un paio di colpetti amichevoli.

"Wow!" disse Morgana maliziosa "se volete essere lasciati da soli, basta dirlo!"

"Basta così, Morg! Sai da quanto tempo io e Merlin non ci vediamo?... A proposito, come mai sei qui? Non sapevo che voi due vi conosceste"

"Abbiamo fatto amicizia solo ieri. Lui è il mio nuovo make-up artist!"

"No, Merlin! Hai davvero intrapreso quella strada?" disse Arthur guardandolo con tanto d'occhi e un gran sorriso sul volto.

"È solo uno dei miei lavoretti!"

Morgana li interruppe. "Guardami Arthur e onestamente dimmi come sto!"

Arthur si avvicinò alla sorella.

"Sei davvero splendida!"

"Visto, Merlin? Arthur se ne intende…" fece la ragazza.

Merlin sorrise, forse arrossì, ma se la cavò con un: "È facile con una come te: sei splendida giá di tuo!"

"Merlin …" sbuffò affranta Morgana. "Sei proprio sicuro di essere gay?"

"Sì, lui ne è sicuro" intervenne Arthur. "Lasciala perdere Merlin!" disse ancora Arthur scoccando un'occhiataccia alla sorella. "Lei adora mettere in imbarazzo le persone!"

Merlin sorrise di nuovo sussurrando in modo che sentisse solo Arthur. "Chissà da chi ha preso…"

"Posso rubartelo solo un attimo?" domandò infine alla sorella, portando un braccio sulle spalle di Merlin.

"Noi abbiamo finito, ma … aspetta Merlin" disse Morgana frugando nella borsetta. "Ecco i tuoi duecento dollari. Te li sei guadagnati. Mi piaccio troppo truccata così!"

"Grazie. Mi fa piacere!"

"Ehi, ma è l'una. Che ne dici di fermarti a mangiare con noi?" chiese Morgana.

"Dai, così potrai raccontarmi tutto…" le diede manforte il fratello.

Merlin sbarrò un po' gli occhi. "Che gentili, ma purtroppo mia madre mi aspetta per pranzo!" In realtà era Percival che lo aspettava ma gli sembrò più patetico tirare in ballo sua madre.

"Oh … d'accordo! Ci vediamo dopo, Merlin. Sei un vero mago!" concluse Morgana

 

Arthur non lo aveva ancora lasciato e lo guidò verso un piccolo salotto arredato con grande gusto.

"Lo vuoi un aperitivo?" 

"No, come dicevo a Morgana, mia madre mi sta giá aspettando"

"Non mi vorrai far credere che sia vero! Comunque volevo sapere giusto un paio di cose. Non ti tratterrò a lungo."

"Certo che è vero… perché mai dovrei…"

In quel momento arrivò un messaggio. Era Percival.

"Scusa un attimo, Arthur"



 

"Ehi è pronto! Ho fame!"

 

"Scusa sono in ritardo! Tu mangia pure. Credo che passerò da mia madre e mangerò lì!"

 

"Potresti dirmelo prima un'altra volta? Sai che non cucino se devo mangiare da solo …"

 

"Hai ragione…scusami!"

 

"Ok. A dopo"

 

"Percy?" domandò Arthur.

"Ehi! Solo io ho il permesso di chiamarlo così. Tu puoi chiamarlo Percival."

"Accidenti! D'accordo. Cosa posso offrirti?"

"Una coca con ghiaccio per favore."

"Limone?"

"Sì, grazie"

"Cosa mi racconti?"

"Beh …sono alla Greenwich."

"Lo so" scoppiò a ridere l’altro. Merlin fece finta di niente, ma era agitato, come sempre quando si trovava con lui.

"Faccio diversi lavoretti…'

"Quali?"

"Do ripetizioni e lavoro in un bar di sera"

"Davvero? E quale bar?"

"Un bar che non può interessarti. Non è un gay bar!"

"Fai tanta roba…che facoltà hai scelto?

"Biologia molecolare! E tu?"

"Business"

"Perfetta per te. Tu fai qualche lavoro?"

"Lavoro nell'agenzia che Morgana ha aperto da poco, ma saltuariamente." 

"In veste di…?"

"Modello…" mormorò Arthur mettendosi le mani in tasca.

Merlin aveva sempre pensato che il biondo sarebbe stato un modello perfetto.

"Devo dire che ti ci vedo."

"Se è un complimento, grazie."

Merlin non disse nulla. Non gli venivano altri argomenti.

"Valiant l'hai più visto?" chiese Arthur.

"Qualche volta sì. Per fortuna mia, per lui quello fu l'ultimo anno. Diciamo che entrambi abbiamo sempre fatto finta di non conoscerci. Ma per la festa di fine anno scolastico eravamo nello stesso gruppo organizzativo. Una sera mi fermò e mi disse: - Come mai appena ti sei messo con Arthur, lui è scappato? -

"Davvero? Che cretino! E tu cosa gli hai risposto?"

"Uno dei soliti proverbi di saggezza popolare…"

"E cioè?"

"Se ami una persona lasciala andare, se tornerà da te sarà per sempre tua…una roba del genere. Lui rispose che non saresti mai tornato da me."

"E tu?"

"Gli risposi qualcosa tipo:

- Non so quanto tempo ci vorrà, ma prima o poi lui tornerà da me…- Un ragazzo davvero sgradevole!"

"Porca vacca! Avrei voluto vederti. Però hai visto giusto… sono tornato da te."

"Sei tornato a Abbey Wood, non da me. Spero di non ritrovarlo alla tua festa, oggi!"

"Scherzi? È stato grazie a te se sono riuscito a dimenticarlo in fretta. Però è buffo. Con lui ho avuto la mia storia più lunga."

"Due giorni?" sogghignò Merlin.

"Due mesi!" gli fece il verso Arthur.

Merlin aveva scolato la sua coca a tempo di record e si alzò in piedi.

"Come! Vai già via?" disse Arthur deluso.

"Tu devi mangiare ora. E anch'io. Tanto ci rivediamo tra poco … ah, di nuovo auguri…"

"Aspetta, ti accompagno!"

"Non ti disturbare. Conosco la strada!"



 

Merlin scese alla fermata del cimitero. Era l'unico posto dove trovare una fioreria aperta di domenica a quell'ora. Disperava di trovare i tulipani, poiché erano fuori stagione, ma quelli in serra c'erano tutto l'anno. Per fortuna ne trovò un vaso. Non erano grandi come aveva sperato, ma dopo aver fatto molte domande alla paziente ragazzina che lo serviva, li comprò e le raccomandò di farne una bella confezione regalo. 

Li pagò molto più di quanto si aspettasse, ma alla fine l'effetto era magnifico.

"Sono per la sua ragazza?" chiese la giovane fiorista, dando gli ultimi ritocchi.

"No…" ancora gli scocciava quando gli altri gli facevano questo genere di domande. "Sono per un amico…"

"In realtà volevo solo farle sapere che i tulipani rossi significano amore passionale, un po' come le rose rosse…"

"Grazie tante … buono a sapersi"



 

Merlin attendeva l'autobus, avvilito. Aveva fame, ma mangiare fuori era una spesa che non poteva contemplare. Sua madre non lo aspettava e Percival si era già sicuramente mangiato anche la sua parte. Guardò i fiori che teneva in mano e scosse la testa sarcastico.

'Ho scelto proprio i fiori giusti!'







 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VII - Forgiveness is love ***


Capitolo VII



Forgiveness Is love
















 

Aveva dormito un sonno senza sogni. Grazie al Tavor. Ma adesso sentiva che la rabbia e l'angoscia della sera prima stavano cominciando a riemergere. Non con la stessa intensità, per fortuna. Aver dormito profondamente gli era servito.

Avrebbe voluto prendere un'altra pillola, ma voleva essere lucido all'università. Sapeva di dover usare il farmaco nei casi di effettiva necessità. E non voleva rischiare la dipendenza.

 

Doveva tenere la mente occupata. Si concentrò su quello che doveva fare e cioè lo zaino: libri, camice da laboratorio, occhialoni da laboratorio, cellulare (carico ma ancora spento), laptop, acqua, panini, soldi, chiavi.

Saltò la colazione e uscì di casa. Sua madre era già uscita da un bel pezzo.

Rimase di sasso, vedendo l'auto di Percival parcheggiata di fronte a casa sua. Pensò a un modo per evitarlo, ma la curiosità ebbe la meglio. Quando guardò all'interno lo vide. Era sdraiato sul sedile ribaltato che dormiva, con addosso ancora gli abiti della sera prima, tutti spiegazzati.

Per un attimo quel ragazzo gli fece tenerezza. Poi pensò che il suo ragazzo doveva sentirsi proprio in colpa, se aveva passato lì la notte. E se invece fosse rimasto alla festa fino a poco prima fregandosene di lui? Chissà cosa poteva aver combinato. Non lo credeva del tutto, ma anche il solo pensarlo gli fece sentire un nodo alla gola, che gli impediva di respirare bene e s'incamminò diritto fino alla fermata dell'autobus. 'Buona notte, Percy!'

 

Pochi minuti dopo, la macchina di Percival, passò davanti alla sua fermata e si fermò. Come aveva fatto il ragazzo a sapere che Merlin era lì, senza averlo visto uscire di casa? Percival ricordava a memoria tutti gli orari dei suoi autobus, perché se un giorno riusciva a liberarsi andava a prenderlo con la sua auto.

 

Il finestrino si abbassò e un Percival assonnato e spettinato lo guardò serio. "Merlin, sali! Ti accompagno in macchina!"

"No, ti ringrazio. L'autobus sta per arrivare."

"Sali, per favore! … Non vorrai che venga a prenderti…"

E nel dirlo, aprì la portiera dalla parte di Merlin e scese dall'auto restando in piedi dall'altra parte della macchina, guardandolo con aria di sfida. Il che non era da Percival …

C'erano una vecchietta e un ragazzino che stavano aspettando l'autobus vicino a Merlin e osservavano perplessi la scena. Tra l'altro li conosceva pure di vista. Prendevano lo stesso autobus tutte le mattine.

 

"E va bene!" disse Merlin entrando in auto sbattendo la portiera.

"Mi vuoi spiegare perché sei così incazzato, Merlin? Non dovrei esserlo io molto più di te?" disse il ragazzone, partendo con una sgommata volontaria.

"Se ancora non l'hai capito, vuol dire che non mi conosci per niente …"

"Ti ho cercato dappertutto ieri sera. Sono andato da Arthur, da Morgana, da tutti quelli che avevi salutato per chiedere se ti avevano visto. Ero preoccupato. Dio! Ero terrorizzato! Ho anche pensato che quel tipo che ti aveva drogato quella volta fosse lì e ti avesse portato via ... di nuovo! E non hai letto né tanto meno risposto ai messaggi che ti abbiamo inviato!"

"Non li ho ancora letti, infatti."

"Hai rifiutato la mia chiamata! Anche Morgana e Arthur non hanno fatto altro che cercarti. Hanno guardato anche ai piani superiori della casa. Posso dire che hai rovinato la festa ad Arthur!"

"Arthur si era già divertito fin troppo. Non preoccuparti per lui. Probabilmente era tutta scena per farsi notare ancora di più! Come se non si facesse notare già abbastanza! E comunque non volevo spaventarti. L'unica cosa che volevo era andare via di là! Al resto non ho pensato!"

 

"Se me l'avessi detto, ti avrei portato via subito!"

"Mi dispiaceva… Sembrava ti stessi divertendo…"

Percival non colse il sarcasmo di quella frase e si fece pensieroso prima di dire: "Arthur a un certo punto mi ha detto una cosa. Ma non credo sia vera. Insomma … non sarà stato mica per quello stupido spogliarello, voglio sperare!?"

"Stupido spogliarello per stupidi gay bavosi…!"

"Ti ha infastidito davvero così tanto? Non ne avevo idea... Certo neanch'io me l'aspettavo. Sembrava una festa di un certo livello. Ma poi c'è stato questo calo di stile, che credo abbia infastidito altre persone, non solo te! Però io cosa c'entro, scusa? Ti è seccato il fatto che non mi sia accorto del tuo disagio? Non sapevo nemmeno dov'eri in quel momento…"

‘Risposta sbagliata, Perc!’ pensò Merlin guardando fuori dal finestrino senza aver intenzione di rispondere a quello che considerava uno sproloquio.

"Parlami, una buona volta" gridò Percival esasperato. Era la prima volta che Merlin lo vedeva in quello stato. E la cosa non gli dispiaceva.

Merlin parlò per ferire, visto quanto lui si era sentito ferito.

"Sicuramente tu non facevi parte delle persone infastidite! E si vede che in quel momento non sapevi dove fossi, semplicemente perché non te ne fregava un cazzo, di me!"

 

Percival si irrigidì. Quando Merlin tirava fuori le parolacce, significava che era fuori di sé. 

E infatti alzò il tono della voce, continuando:

"Perché l'ultima persona a cui pensavi ero io… altrimenti ti saresti accorto che ero proprio sotto il tuo naso, nauseato dall'espressione beota che avevi in faccia!"

"Non è vero!"

"So quel che ho visto. E anche se ti perdonassi, non potrò mai scordare quella faccia!"

"Mi vorresti lasciare per questo? Dici sul serio?"

Percival non si capacitava e provò a chiedere: "Ma …  se anche fosse stato come dici tu, sarebbe così imperdonabile? Se tu fossi stato al mio posto e io al tuo, probabilmente avrei storto la bocca per la seccatura, ma poi mi sarei probabilmente fatto una risata insieme a te e non ci avrei pensato più."

"E avresti fatto malissimo! Se io guardassi un uomo,  chiunque egli fosse, con l'espressione che avevi tu in quel momento, faresti meglio a lasciarmi, perché l'eccitazione e il desiderio che vedresti nei miei occhi, dovrebbero farti capire il mio tradimento!"

"Ma quale tradimento, Merlin! Sei esagerato."

"Sto parlando di tradimento mentale che per me è quasi come quello fisico! Anzi, per certi versi è più subdolo e più grave"

"Per la cronaca, non ero eccitato, né avevo alcun desiderio di portarmi a casa uno di quelli. E se avevo quell'espressione che tu dici, forse si trattava solo della mia faccia da imbecille di sempre!"

A Merlin scappò una breve risata. Percival se la stava cavando piuttosto bene. Per tranquillizzarsi Merlin sentiva il bisogno di sviscerare ogni particolare sperando che l'altro fosse in grado di trovare una spiegazione logica e di convincerlo.

Appena pensato questo, Percival fece un altro errore grossolano "Quindi, cosa avrei dovuto fare per non farti star male? Avrei dovuto coprirmi gli occhi con il braccio?"

"Sarebbe stato sufficiente che tu distogliessi lo sguardo per poi accompagnarmi fuori" disse Merlin con tono calmo e dolce, così stridente in lui che Percival avrebbe urlato di frustrazione.

"Avresti potuto dirmi che eri così … geloso. Io non l'avevo mai capito"

"Perché non me ne hai mai dato motivo prima di ieri sera! Perché pensi che non volessi venire alla dannata festa? Ma tu, no: hai insistito fino allo sfinimento."

"Non guarderò mai più un uomo nudo in vita mia! Contento?"

No, non era affatto contento, adesso.

"Tu non hai capito, Percival! Tu puoi guardare chi vuoi, quando vuoi. Ma…  non quando ci sono io! Se per te sono cose così normali e giuste, a me sta bene, ma fai in modo che io non lo sappia …"

"Ma la fiducia allora dov'è finita?"

"Di quella non preoccuparti. Sarò io a decidere se vale o meno la pena di fidarmi di te"

"Mi stai dicendo che sarei libero di tradirti basta che tu non ne venissi a conoscenza. Sono discorsi che non hanno senso… "

"No, non ho affatto detto questo. Se tu ti senti onesto nel fare certe cose che io mal sopporterei, puoi farle, ma fa che non ti veda. Nient'altro!" Erano arrivati all'università, avevano cercato un parcheggio e erano rimasti in macchina per continuare a parlare.

"Parli così perché sei ancora arrabbiato!" disse Percival.

"Può darsi! E già che ci siamo, ti dirò altre cose che non mi vanno di te… Hai mai preso l'iniziativa di darmi un bacio per primo? Hai mai preso l'iniziativa di fare l'amore, anche una volta sola?"

"Ho mai rifiutato le tue avances? Nemmeno una volta, Merlin" rispose Percival sulla difensiva.

"Potrei dire ieri stesso, in realtà, ma quello non è un problema… Non credi che anche a me piacerebbe sentirmi desiderato ed essere sedotto da te, una volta ogni tanto? Stiamo insieme da parecchio, ormai. Non puoi di nuovo addurre come scusa la tua timidezza, non quando sei solo con me, almeno."

 

"Invece è così! A parte che stiamo insieme da tre mesi, che non è poi così tanto, davvero avevi pensato che una volta che ci fossimo messi insieme, io come per magia, sarei cambiato?"

"Non ho mai preteso che tu cambiassi. Ma credevo che con il tempo, saresti stato più a tuo agio con me. Mi sarebbe piaciuto che tu ti fossi sentito libero di essere te stesso"

"Io sono me stesso! Sono così. I miei complessi e le mie insicurezze non se ne sono andati. La mia forse è una malattia o forse no, ma ormai è una caratteristica della mia personalità. E non credo di poter cambiare"

"La tua è un'abitudine e mi dispiace dirlo ma è un'abitudine insana. Per te. Perché ti precludi amicizie, occasioni, e farai fatica a farti valere sul lavoro e nella vita, se continuerai così. Non vorresti sforzarti un po', magari per me?"

"Pensi che io non mi sforzi? Lo faccio, Merlin. Lo faccio ventiquattr'ore su ventiquattro. Per me è una lotta immane, continua. E mi fa male vedere che non te ne accorgi nemmeno tu. Quando ho pensato che solo tu fossi riuscito a scalfire la mia corazza e che finalmente qualcuno nell'universo a parte i miei genitori, sarebbe riuscito a capirmi, forse mi sbagliavo."

Percival aveva il viso viola e alcune parti del suo viso cambiavano repentinamente colore, dal rosa al rosso al viola. Aveva gli occhi lucidi.

Quel rossore così mutevole era un'altra causa del suo malessere. Se ne vergognava: tutti capivano il suo grosso disagio, cosa che amplificava il problema ancor di più. Merlin aveva pensato si trattasse di un problema di circolazione sanguigna. Forse erano tutte e due le cose insieme…*

"Scusa ma … i tuoi genitori tra di loro e con te, fanno così tanta fatica?"

Percival aveva lo sguardo ormai perso. "No. Noi tre insieme ci troviamo quasi sempre a nostro agio."

"Mi fa piacere, Percival, sul serio. Ma da un lato mi fa capire che forse non sono la persona giusta per te, se con me non riesci a rilassarti."

 

Percival cercò di spiegarsi. "È che … vedo il tuo sforzo, oltre al mio. Ho visto la fatica che hai fatto per conquistarmi… "

"É vero ma non mi pesava poi tanto… l'ho fatto perché lo volevo, perché mi piacevi, così tanto che poi mi sono innamorato" disse Merlin commosso.

"Lo so. Ed è stato uno dei motivi che per cui anch'io mi sono innamorato di te. Però vedo che continui a fare fatica con me, ogni  giorno e non vorrei fosse così. Non credi che anch'io vorrei essere come tu mi vuoi?"

Percival chinò il capo per non mostrare a Merlin le lacrime silenziose fuoriuscite dagli occhi.

Ma Merlin se ne accorse provando un moto improvviso di tenerezza e lo abbracciò forte.

Non avevano risolto il loro problema, ma potevano lasciarlo in sospeso per il momento.

 

Merlin lo guardò da sotto in su. "Io non voglio perderti Percival, io ti amo!"

"Ti amo anch'o…"

Si baciarono con dolcezza.

"Ti prego, Percival! Dimmi che non insisterai mai più in quel modo" 

"D'accordo Merlin! …Vorrei poter dire che la tua gelosia mi lusinga, ma temo che per te sia un problema piuttosto serio"

"Considerala in questo modo. Tu hai un problema con la tua timidezza. Io ho un problema con la mia gelosia. E proprio come te, sono sempre stato così! Mi dispiace…"


 
§§§

Una volta finite le lezioni all'università Merlin aveva preso l'autobus per tornare a casa. E accese il cellulare.


Messaggio ricevuto da: Percy. Ore 11.35 pm

 

"Merlin, dove sei? È mezz'ora che ti cerco! Non riesco a trovarti!"

 

Messaggio ricevuto da: Percy. Ore 11.52 pm

 

"Rispondi per favore"

 

Messaggio ricevuto da: Percy. Ore 00.07 am

 

"Si può sapere dove cazzo sei?"

 

Messaggio ricevuto da: Percy. Ore 00.08 am

 

"Sei arrabbiato con me?"

 

Messaggio ricevuto da: Sefa Ore 00.15 am

 

"Merlin hai bisogno? Vuoi parlare con me? Ti prego chiamami!"

 

Messaggio ricevuto da: King Arthur. Ore 00.23 am

 

"Non fare l'idiota e fatti sentire!"

 

Merlin sorrise. Che modi principeschi quell' Arthur.

 

Messaggio ricevuto da: Miss P. Ore 00.24 am

 

"Siamo davvero preoccupati, Merlin. Facci solo sapere che stai bene!"

 

Chiamata persa da: Percy Ore 00.26 am

 

Chiamata persa da Percy 00.28 am

 

Chiamata persa da: King Arthur. Ore 00.31 am

 

Chiamata persa da: Gwen Ore 00.35 am

 

Cavoli, qualcuno aveva allertato Gwen, a quell'ora. Forse una delle ragazze. Sefa, probabilmente.

 

Messaggio ricevuto da:  Gwen. Ore 00.37 am

 

"Merlin, si può sapere che ti succede? Uno dei tuoi attacchi? Sappi che romperò i coglioni a tutta Abbey Wood finché non ti avrò trovato."

 

Messaggio ricevuto da: Gwaine. Ore 00.40 am

 

"Sto per raggiungerti a casa tua. Speravo che ormai non ti capitasse più!"

 

Messaggio ricevuto da Gwen. Ore 00.50 am

 

"Ho chiamato tua madre che mi ha rassicurato sul fatto che stai dormendo, lì da lei. Spero che tu abbia delle buone spiegazioni. Ci penso io ad avvisare gli altri. Passerà anche questa, Merlin! Sei un idiota ma ti voglio bene!"

 

Che casino. Anche Gwaine e sua madre erano stati coinvolti.

 

Messaggio Vocale da: Arthur. Ore 1.29 am

 

"Sono contento che tu sia al sicuro. Ho capito perché te ne sei andato. Ma non si fa così lo stesso. Non sai cosa abbiamo passato. Domani cerca di trovare qualche minuto per me perché è necessario che parliamo. Da uno come te mi aspettavo un atteggiamento più maturo. Ma non è per farti la predica che voglio parlarti. Voglio solo capire e vedere con i miei occhi se stai bene. Buonanotte Mister Emrys!"

 

E così aveva scoperto anche il suo cognome. Merlin non era neanche così stupito. 

 

L'ultimo messaggio era un vocale di sua madre di poco prima.

 

"Ciao tesoro. So che stanotte il mio diavoletto ha messo in subbuglio metà Abbey Wood. Voglio solo sapere come stai. Se hai bisogno di me, chiamami. Ti voglio bene."

 

Merlin le aveva risposto immediatamente. Invece non avrebbe risposto ad Arthur. Lui voleva capirlo? Non poteva. Erano lontani mille miglia l'uno dall'altro.



 
§§§


Quella sera


"Ehi, Merlin! Ciao! Carino questo posto! Senti… Mi dispiace tantissimo, ok? Io… non ti avrei mai invitato se avessi saputo che sarebbe andata così. Te lo giuro!"

"Come hai fatto a trovarmi, Arthur?"

"Ho le mie fonti…" e gli fece un piccolo sorriso.

"Io sto lavorando e non posso trattenermi a parlare con gli amici, sempre che ti possa definire così. Devo occuparmi dei miei clienti"

 

Come aveva osato quell'individuo lascivo venire a disturbarlo sul lavoro? Non riusciva neppure a guardarlo dal nervoso che aveva. Gli tremavano le mani dalla rabbia.

 

"Ma io sono un cliente! Servimi!"**

Dal tono della voce capì che l'altro si permetteva anche di prenderlo in giro. Ma si mantenne calmo, almeno esternamente.

"Cosa vuoi bere?"

"Stupiscimi!"

Merlin trafficò qualcosa al di là del bancone mentre Arthur cercava di spiegare ciò che era successo la sera prima. Non aveva mai dimenticato le sue parole dure sui gay promiscui e volgari.

"So che ci sei rimasto male. Per una volta che hai partecipato a una festa … Devi credermi se ti dico che io non ne sapevo niente." 

"In realtà non m' importa più di tanto… è una classica goliardata tipica delle università" mentì Merlin.

"Forse delle matricole, ma non certo del terzo anno avanzato. A Parigi non sarebbe mai successo, nonostante quello che si dice in giro dei francesi. E comunque non ti credo Merlin. Non penso affatto che non t'importi! Sei scappato a metà festa. Percival era … disperato." 

"A me ha detto che eri tu ad esserlo!"

"Certo. Eravamo alla mia festa, a casa mia. Mi sentivo responsabile!"

 

Merlin gli mise davanti un bicchierino con un liquido di color verde smeraldo.

"Prego! Questo lo offre la casa!"

"Grazie! Che cos'è?"

"Una mia creazione. Si chiama Merlin's delight! Andrebbe ingollato tutto in una volta, ma stai attento: è piuttosto forte."

Arthur sorrise e accettò la sfida di Merlin, che per la prima volta alzò gli occhi su di lui.

"Delizia di Merlin? Sarà buonissimo!"

Merlin gli sorrise dolcemente.

Arthur ingoiò il contenuto del bicchierino tutto d'un fiato.

Subito dopo si portò le mani alla gola e cominciò a tossire convulsamente. Gli occhi gli piangevano e non sentiva più le labbra mentre lo stomaco gli andava a fuoco.

Piegato in due corse verso il bagno, dove si attaccò al rubinetto dell'acqua. 

Merlino sorrise tra sé e sé. 'Ti sta bene, Pendragon!'

 

Dopo alcuni minuti, Arthur uscì dal bagno e gli si mise davanti, sussurrando in modo furioso.

"Sei pazzo, Merlin! Assenzio! Mi hai dato da bere dell'assenzio puro! Volevi ammazzarmi?"

"Il mio amico Gwaine lo beve ogni tanto, ma non fa tante storie, come fai tu. Ho quasi creduto di dover chiamare l'ambulanza!"

"Io stento ancora a crederci!"

"Oh, quanto la fai lunga…  Era diluito per l'85 % di acqua ghiacciata…"

Arthur si riavviò i capelli. Si era davvero spaventato: era un po' stordito ma stava bene e non avvertiva più quel bruciore diffuso.

"Allora, ti dicevo, so perché sei furioso. Non so ancora di chi é stata l'idea, ma ti assicuro che se lo scopro, passerà un brutto quarto d'ora! Mi ero raccomandato con tutti. Avevo detto a tutti quanti che non avrei voluto nessun intrattenimento di quel genere. E l'ho fatto  principalmente perché c'eri tu. Io so quanto possano darti fastidio certe cose"

"Io ti ho visto, Arthur, ti ho visto prendere in braccio e baciare. Tutti ti hanno visto!"

"Allora tutti avranno visto che io non ho fatto niente!"

"Hai ragione. Facevi quasi pena a causa delle tue risate piene di ... sconforto."

Arthur alzò gli occhi al soffitto. "Se tu fossi stato al mio posto, che cosa avresti fatto? Ti saresti messo a insultare tutti o avresti cercato di minimizzare perché tutto passasse più in fretta possibile."

"Non lo so, Arthur. Non mi è mai capitato. Se io chiedo ai miei amici di non fare una cosa, loro non la fanno. Dipende da chi scegli come amici"

"Merlin, sei impossibile! Con Percival sei stato così insopportabile come con me?"

"Molto di più!"

"Poveraccio! Si può sapere che cosa ha fatto?"

"Lui … era lì e … ha visto."

"Solo per quello!... Non lo invidio proprio!"

Merlin gli avrebbe volentieri tirato la bottiglia che aveva in mano. E quasi si spaventò di se stesso. Non voleva fare male ad Arthur. Lui era ... così! E quel lavoro era importante per lui. Non era il momento di esplodere.

"Fai bene a non invidiarlo. So essere pesante. Ma lui è il mio ragazzo. Tu … non sei niente… senza offesa"

 

Arthur accusò il colpo. Si allontanò dal bancone come per andarsene poi però tornò di fronte a lui.

"Se non sono niente allora spiegami perché sei geloso marcio... di me?" Arthur respirava velocemente e aveva i lineamenti del viso contratti.

"Non è come credi, Arthur. Io ho un problema con l'accettazione di alcune cose. Indipendentemente da chi le fa. Percival, tu, i miei amici, mia madre. Tutti quelli che frequento hanno il potere di distruggermi con poco, se vogliono. Per fortuna la maggior parte di loro mi vuole bene ... "

"Che cosa significa? Che io non ti voglio bene?"

"Io so solo che a causa della tua festa io e Percival per la prima volta abbiamo rischiato seriamente di separarci. Ma c'è una cosa che non mi é chiara in tutto questo: il tuo ragazzo non c'è rimasto male?"

"Il mio ragazzo? Ma di cosa stai parlando?" domandò Arthur allibito.

"Quello che ti ha baciato in bocca, proprio davanti a me e a Percy "

Arthur sospirò. Sentiva di dover essere sincero altrimenti Merlin non gli avrebbe creduto più, anche se si immaginava nuove calamità. "Tempo fa siamo stati insieme. Una volta sola. Ieri credo che si fosse fumato qualcosa. Ma io non ho fatto niente se hai guardato bene."

"Tu non fai mai niente, Arthur. Subisci passivamente qualsiasi tipo di avances da chiunque provenga. Si vede che la tua è proprio sfortuna!"

"Mi perdonerai se fatico a credere nella tua gelosia generalizzata. Quindi tu saresti geloso di Percival, di me, di tua madre, dei tuoi amici e di tutti quelli che conosci?"

"No, solo di quelli che frequento."

"E come mai? Non è una cosa tanto normale!"

"Forse, ma adesso ti prego di andare via. Il pazzo potrebbe avere problemi sul lavoro."

"Se ti aspetto fuori in macchina, così quando finisci ti accompagno a casa?"

"Abito a cento metri da qui. E comunque stasera passa a prendermi Percival!"

Arthur deglutì. Era giusto. Era lui il suo ragazzo. 

 

Non si era mai sentito trattare così male con le parole e l'atteggiamento da nessuno, fatta eccezione per suo padre e per Valiant.

Merlin l'aveva quasi intossicato, gli aveva praticamente dato del maiale, l'aveva accusato di averlo quasi separato dal suo ragazzo. Eppure, non solo non era andato via, ma l'avrebbe aspettato, solo per poter parlare ancora con lui. Dove era finito il famoso orgoglio dei Pendragon?

 

"Dovete ancora fare pace?" chiese Arthur curioso.

"No, ci siamo già chiariti stamattina. Diciamo che l'ho trattato talmente male, che voglio farmi perdonare."

 

"Giusto. Buona serata, Merlin!"

"Ciao Arthur!"

 
§§§

 

Uscì dal bar. Non serviva dire altro. Forse la gelosia generalizzata di Merlin era contagiosa. Aveva detto che non invidiava Percival, ma qualunque cosa avesse dovuto sopportare da Merlin quel giorno, il suo ragazzo poteva ritenersi un uomo fortunato. Perché dopo aver litigato in quel modo con Percival, Merlin avrebbe sfoderato tutta la sua dolcezza e tutta la sua sensualità nel tentativo di rimettere le cose a posto. Ne era certo.

Merlin era in grado di odiare con tutto se stesso ma nello stesso modo amava. Tutta la rabbia che dimostrava poteva essere sostituita da una passione altrettanto tenace. 

Arthur se ne andò via in macchina. Gli bruciava la gola, ma questa volta l'assenzio non c'entrava.



 
§§§



 

Era avvolto dalle braccia di Percival, ormai addormentato. Avevano fatto l'amore. Era stato Percival a prendere l'iniziativa. Anche se l'aveva fatto solo perché lui al mattino gli aveva manifestato quel desiderio. Comunque l'aveva fatto. Ed era stata la volta più bella di tutte. La lite non era stata completamente inutile se era servita a fare la pace così bene. Merlin si sentiva soddisfatto nella mente e nel corpo. 

Sapeva che non sarebbe stato sempre così e che presto la gelosia sarebbe tornata a tormentarlo. Ma non voleva pensarci: i momenti felici duravano sempre così poco. E si lasciò andare completamente al sonno.














 

*Conosco  una persona con questa colorazione mutevole e repentina. Da lui ho preso ispirazione. Gli succede quando deve parlare in pubblico e da vedere è una cosa al limite dell'umano. È una persona timida, ma intelligente e simpatica. È pure bello: ricorda un po' l'attore Tom Hopper, per cui, questa caratteristica l'ho affibbiata al povero Percival.

 

** La battuta è di Spike e viene rivolta a Buffy mentre lei è al lavoro in un fast food ("Buffy l'ammazzavampiri" episodio 12, 6a stagione)










 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI - A really lovely party! ***


Capitolo  VI

A really lovely party!














 

Merlin sonnecchiava, con la testa appoggiata al vetro, cullato dai movimenti dell'autobus, quando fu risvegliato dal suono di un messaggio in arrivo.


"Non manca più molto ormai. Devi prepararti. Si può sapere dove sei finito?"

Era Percival.

 

"Sono quasi arrivato. Sono in autobus. Ma mancano ancora ore alla festa!"

 

"Volevo che mi aiutassi a sistemare i capelli, prima di andare…"

 

"Volentieri. Non preoccuparti. Arriviamo a fare tutto"

 

"Ok grazie ti aspetto"



 

"Wow! Sei magnifico!"

Merlin si avvicinò al suo ragazzo e gli diede un bacio.

"Mi fai venire in mente certe idee…" continuò Merlin con fare suadente.

 

"Senti, ho impiegato più di un'ora per riuscire a vestirmi, perché ho dovuto stirare sia la camicia che i pantaloni.  Non puoi arrivare qui in ritardo e pretendere di disfare tutto solo per …  E guarda che capelli! Vanno ovunque, fuorché dove devono andare…"

Merlin lo squadrò: "In effetti… ma sei bellissimo lo stesso." Percival indossava una camicia color ruggine di un tessuto leggermente cangiante. I pantaloni erano dello stesso colore ma di un paio di toni più scuri. Avevano il cavallo basso ed erano corti fino a scoprire le caviglie, come i pantaloni che andavano un paio d'anni prima, ma lui li indossava splendidamente con le lunghe gambe che si ritrovava.

"Mi aggiusti i capelli o vuoi farti prima la doccia?" chiese Percival con una certa ansia. Merlin si chiese perché mai Percival avesse insistito così tanto per andare a quella festa se i preparativi gli provocavano così tanta angoscia.

"Prima di tutto … muoio  di fame e devo mangiare!" dichiarò Merlin.

"Come? Perché?"

"C'è stato un fraintendimento con mia madre… niente di che!"

 

Merlin stava facendo man bassa di tutto quello che era rimasto in cucina e cioè pane e frutta, quando gli arrivò un vocale di Arthur.

 

"Ciao Merlin. So che è un po' tardi ma mi farebbe piacere se tu invitassi anche qualche tuo amico o amica. Penso che farebbe piacere anche a te ritrovarti con un gruppo di persone che conosci. E poi sono troppo curioso di conoscere chi è in grado di sopportare le tue lamentele continue… Ovviamente non mi aspetto regali da loro. Dillo anche con Percival. Vale anche per lui."

 

Merlin fece mente locale. I suoi amici più cari erano Gwen e Gwaine. Ma fino a quel momento li aveva tenuti al di fuori della cerchia universitaria, quasi come se non volesse mischiarli con il resto delle conoscenze o delle amicizie meno importanti che frequentava oltre a loro. Era quasi geloso dei suoi amici e del rapporto che aveva con loro. Forse temeva che sarebbe potuto succedere qualcosa che avrebbe potuto pregiudicare quelle amicizie che per lui, che era figlio unico, rappresentavano da sempre quel fratello e quella sorella che avrebbe tanto voluto avere. E non gli andava che vedendolo in mezzo a quella gente un po' superficiale e snob, potessero capire il suo bisogno di essere accettato perfino da persone che in genere non stimava. Perché forse era vero. Ma quel giorno no, non li avrebbe invitati. Prima di tutto doveva assolutamente presentare Percival a Gwen e a Gwaine. Non l’aveva ancora fatto e cominciava a considerarla una forma di poco rispetto sia nei confronti del suo ragazzo che dei suoi due amici.

 

Merlin sistemò i capelli dell'amato prima con la piastra poi con il phon, fissandoli al termine con un po' di cera. Percival era soddisfatto. 

Merlin fece la doccia poi tirò fuori un paio di matite per gli occhi. Calcò la mano, ricordando che ad Arthur non piacevano gli uomini troppo truccati.





 

Una discoteca. In casa. Arthur aveva allestito nel suo immenso garage una vera e propria discoteca. Mancava giusto l'insegna fuori. Una discoteca di quelle con le palle sul soffitto che giravano su sè stesse, a ricordare la disco dance degli anni '70. Una discoteca con luci stroboscopiche e psichedeliche.

Con un bar dal lunghissimo bancone e ragazzi e ragazze non troppo vestiti a servire gli ospiti e a preparare drink e cocktail.

Merlin si chiese se avrebbe dovuto pagare per avere un drink. 

Alla consolle, un deejay di colore ballava scatenato un vecchio successo degli anni ottanta. Indossava un piccolo basco di paillette giallo e una giacca laminata che avrebbe fatto invidia ad Arlecchino.

 

'No! Ma dove siamo finiti? In una discoteca come quelle che ho sempre cercare di evitare?' Percival rimaneva rigido come uno stoccafisso, accanto a lui. 

Nessuno striscione con su scritto 'Buon compleanno, Arthur'. Nessuna gigantografia con lui da piccolo che mostra i muscoli con il ciuccio in bocca (peccato, quanto avrebbe potuto prenderlo in giro), niente che dimostrasse che lì si svolgesse un compleanno. C'erano poche persone. 

Strano.

Poi Merlin si accorse che in fondo al garage, sulla destra, la sala proseguiva. E svoltato l'angolo vide un'altra zona molto ampia. Erano tutti lì. Dietro al folto gruppo di persone c'era sicuramente Arthur che riceveva regali e auguri, salutando singolarmente ogni invitato. 

La musica era talmente alta, da aver ricoperto il vociare di tutte quelle persone.

 

"Merlin!"

Davanti a lui c'era Morgana con un vestitino di raso di seta marrone, corto e scollato. Una visione.

"Ciao Morgana!"

"Scusatemi, mi sono distratta un attimo. Ero io che avevo il compito di scortare gli invitati da questa parte."

"Non preoccuparti… sei meravigliosa!"

La ragazza sorrise e guardò Percival: "Dunque sei tu che tieni Merlin lontano da me?"

"Scusi?" balbettò il ragazzone.

'Povero Percival! Nessuno se la cava con Morgana… figuriamoci lui!' pensò Merlin con un briciolo di divertimento.

Morgana continuò impietosa: "Come posso biasimarlo, amico. Tu sei… tanta roba!" 

Il rosso acceso sul viso di Percival non tardò a manifestarsi.

"Piacere! Io sono Morgana, la sorella di Arthur. Tu devi essere il famoso Percival."

Il ragazzo fu contento di non dover parlare. Si limitò a fare un piccolo sorriso e un cenno di assenso col capo.

"Ti prego, Merlin. Puoi venire solo un attimo in bagno con me? Ho bisogno di una cosa!" gli chiese la ragazza con occhi imploranti. Nessuno avrebbe potuto dirle di no.

"Mettiti in fila per favore. Io torno subito" disse Merlin al suo ragazzo.

In realtà Morgana chiese a Merlin di ritoccargli leggermente il trucco degli occhi e di mettergli il rossetto.

"Grazie, Merlin! E scusa! Sono una perfezionista del cavolo!"

"Deformazione professionale. Arthur mi ha detto del tuo studio di moda. Congratulazioni!"

"Per ora sto facendo ancora parecchi corsi e l'attività non è ancora decollata!"

"Lo farà. Non ho dubbi!"

"Speriamo. Stai benissimo vestito così. Ad Arthur verrà un infarto!" e si mise a ridere.

"Non sono troppo ... gay?" sorrise Merlin.

"Assolutamente sì! Ma è questo il bello!"

In effetti non si vestiva quasi mai in quel modo. Merlin si piaceva ma in generale si vergognava di lasciare scoperte parti di sé.

Ma riteneva che quella fosse l'occasione giusta.

Aveva optato per un look total black. Forse non era più così di moda ma a lui piaceva ancora.

Stivaletti neri, pantaloni neri a sigaretta. E una camicia nera di tessuto impalpabile, senza collo, aperta sul petto e con volant ai polsi. Al collo portava una catenina d’oro, corta, liscia e sottile, regalo del suo primo ragazzo, Will.

Quella festa era piena di tipi particolari. Molti dei quali inequivocabilmente gay. Rabbrividì. Non era mai stato in un locale gay prima. Li disdegnava, come sempre. Eppure in quel momento la sensazione era quella di trovarsi proprio in un night club gay. Arthur era riuscito a fregarlo, anche se probabilmente non l'aveva fatto apposta.

Ebbe il desiderio istintivo di tornare vicino a Percival.


Era passata più di mezz'ora da quando i due ragazzi erano in fila. Per fortuna ogni due minuti passavano camerieri con vassoi pieni di drink, tartine salate di tutti i tipi e ogni sorta di pasticceria francese.

C’erano quasi.

Merlin osservava le reazioni di Arthur. Abbracciava e baciava sulle guance donne e uomini, gay e etero, e … misti.

Era uno schianto. Aveva le guance rosse e gli occhi brillanti. Indossava, camicia, gilet e cravatta, solo che la camicia non aveva le maniche: si vedeva che erano state strappate via, guardando i bordi imperfetti sulle spalle. Al suo posto lui sarebbe sembrato un barbone e invece Arthur era … figo!

 

Tra Arthur e loro rimaneva solo un ragazzo. Questi abbracciò Arthur con calore. Gli mostrò il suo regalo che subito Arthur aprì e dimostrò di apprezzare molto. Prima di andarsene quel ragazzo si avvicinò al festeggiato lasciandogli un lieve bacio sulle labbra, lì davanti a tutti, con la massima naturalezza. Che fosse il ragazzo di Arthur?

 

A Merlin si contrasse lo stomaco, ma siccome era già davanti ad Arthur, si stampò sul viso un sorriso di plastica.

 

"Ciao ragazzi!"

Nessun abbraccio o bacio per loro. Solo una mano sulla spalla di uno e l'altra mano sulla spalla dell'altro. Si vedeva che in fondo il giovane festeggiato conosceva le buone maniere.

"Auguri Arthur. Grazie per l'invito. Questo posto è molto bello!" disse Percival sorridendo. "Ti ho portato questo. Spero ti piaccia. Ma posso cambiarlo, se non dovesse andare bene!"

Era un vinile originale della fine degli anni '70. Un 45 giri contenente due canzoni di un gruppo rock del passato, cosa che era risaputa essere una vera fissazione di Arthur.

"AC/DC? Ragazzi, li adoro! Sapete che non ce l'ho? Wow! Grazie! Poi mi spiegate dove l'avete trovato…" e come ringraziamento mise la mano dietro la nuca ad entrambi scrollandoli e facendoli dondolare un po'.

"Ehi, Merlin! Che look sofisticato! Stai molto bene, dico davvero!" disse Arthur.

"Ti ringrazio, anche tu hai un look … spaziale! Tanti auguri!" E gli mise sotto il naso il suo mazzo pieno di fiocchi e veli.

"Perché due regali? Vi consideravo insieme!" si lamentò Arthur.

"Ho insistito io" spiegò Merlin. "Facciamo così! Uno è per il tuo compleanno, l'altro è per il tuo ritorno dalla Francia…"

"Tulipani rossi?" Arthur sbatté gli occhi un po' sorpreso. 

"Non ti piacciono? Morgana ha detto che sono i tuoi preferiti."

"Sì … certo … i miei preferiti!"

"Hai cambiato i tuoi gusti in fatto di fiori… Una volta credevo preferissi quelli gialli."

"I tulipani mi piacciono tutti, ma questi sono davvero meravigliosi…" 

Merlin vide Arthur andare verso di lui come per abbracciarlo, per poi fermarsi e indietreggiare. E Merlin lo apprezzò molto.

"Dopo li metterò nella mia serra. Ce l'ho ancora, sai?" spiegò Arthur con dolcezza.

 

Merlin assentì sorridendo e si spostò insieme a Percival per permettere ad Arthur di continuare ad accogliere gli altri ospiti.

 

I due ragazzi fecero un giro all'esterno per ammirare il giardino della villa. Era spettacolare. Non avevano mai visto un giardino più curato. L 'Eden non doveva essere molto più bello di così.

 

Era ormai buio e i ragazzi tornarono dentro. Ballarono, andarono a bere, mangiarono e ogni tanto si fermavano a salutare qualcuno. Se la festa fosse continuata così, non sarebbe stata poi così male, pensò Merlin.

Percival conosceva molti più ragazzi di lui: probabilmente erano i componenti della squadra di basket, più qualche altro. Merlin conosceva la maggior parte delle ragazze e molte di queste si fermavano per salutarlo.

'Forse sono stato il solito esagerato. È una festa molto piacevole. Non credevo che Arthur potesse dare una festa così 'di classe'. Una festa perfetta? No! Con quel tizio che lo ha baciato sotto il mio naso. Ed era pure carino, accidenti a lui, anche se sicuramente risultava un po' volgare. Strano che Percival non mi abbia detto nulla di loro'

 

Stavano ballando assieme a due compagne di corso, quando Arthur si avvicinò a loro in compagnia di due ragazzi. 

"Merlin, Percival, tenevo molto a presentarvi due tra i miei più fidati e cari amici etero. E sottolineo etero. Lui è Leon!"

Ci fu uno scambio di strette di mano. "È un vero piacere conoscervi ragazzi!" si presentò l'uomo.

Merlin era allibito. Chi era questo 'signore', che aveva almeno dieci anni più di Arthur? Possibile che fosse davvero suo amico? L'uomo era gentile, sorridente, elegantissimo nel suo frac colore panna. Aveva i capelli biondo-rossi un po' lunghi e baffi e pizzetto perfettamente squadrati. 'Lentiggini, pelle più pallida della mia. Sembra uscito da un mazzo di carte da ramino: un jack rosso! Ecco cosa sembra!' 

Ma la cosa che più lo stupì fu la sua aria estremamente rispettabile. Merlin ne fu subito conquistato.

"E lui è Lancelot!" disse Arthur.

"Lance per gli amici. Avevo un gran voglia di conoscervi. Arthur mi ha spesso parlato di voi!" disse gentilmente

E ci fu un nuovo giro di strette di mano.

 

'Santo cielo!' pensò Merlin. 'Questo è il primo uomo che vedo che non sfigura di fianco ad Arthur!' Era un uomo molto bello, che pur non avendo singole caratteristiche particolari come ad esempio gli occhi o le labbra di Arthur, nell'insieme risultava superbamente armonico. Aveva folti capelli neri, occhi neri, lineamenti fini. E quando sorrideva sembrava uno di quei modelli per dentifrici, anche se forse lo vedeva molto più adatto come attore di film western o, perché no, di qualche telenovela brasiliana.

In più sembrava estremamente simpatico e cordiale. E anche lui aveva l'aria di essere una brava persona. 

'Non lo conosco, però. Dovrei evitare i giudizi affrettati!'


Mentre Arthur si occupava di presentare i suoi amici anche alle ragazze che erano con loro, all'improvviso un paio di poliziotti si piazzarono davanti alla porta del garage e fecero segno di spegnere la musica al deejay.

 

"Mi dispiace!" fece uno di loro parlando con un megafono. Aveva un tono di voce un po' aggressivo. "Non vorrei rovinare la vostra festa. Ma sappiate che in molti, troppi, tra i vostri vicini hanno telefonato in centrale. Si tratta di schiamazzi notturni e di festa non autorizzata. Non si scherza! Bisogna sgombrare questo posto al più presto. O dovremo chiamare rinforzi. Chi é il padrone di casa qui?"

Il secondo poliziotto alle sue spalle aveva tirato fuori lo sfollagente e lo batteva sull'altra mano con fare inquietante. 

Altri due poliziotti si piazzarono dietro agli altri due. Tutta la sala era in perfetto silenzio e completamente immobile. Merlin era piuttosto spaventato. Con la fortuna che aveva, il primo a prendersi una manganellata in testa sarebbe stato sicuramente lui.

 

Arthur che si era fatto avanti, scoppiò a ridere. 

"Dio, me l'avevate quasi fatta!"

 

I quattro poliziotti buttarono in aria i cappelli all'unisono. E corsero al centro del garage. Nello stesso momento la musica dei 'Village People' inondò la sala. 

'No! I Village People no!' si disse Merlin.

La gente cominciò a urlare, battendo le mani. 

'Tutto, ma non lo striptease. Per favore!'

Merlin sarebbe voluto scappare, ma era imbottigliato in mezzo a un mare di gente urlante. Alcuni ragazzi chiaramente gay si erano messi in prima fila a ballare e a urlare. Merlin li odiava.

Gli etero facevano finta di indietreggiare disgustati. E intanto ridevano. E lui li odiava. Le ragazze, gay o etero che fossero, non si capiva più niente, erano quelle che facevano più casino. E lui le odiava. Gli spogliarellisti erano rimasti ormai solo con i boxer.

Dov'era Percival?

Quando lo individuò fu come ricevere un pugno in pieno stomaco. Il suo ragazzo era del tutto preso dal balletto osceno dei ballerini. Se ne stava lì come il grosso cretino che era, a occhi e bocca aperta. Gli mancava solo la bava.

Quanto lo odiava in quel momento, non riusciva nemmeno a quantificarlo.

Merlin cominciò a spingere un po' per uscire da quel posto. Respirava velocemente e non riusciva ancora a capire bene quello che gli stesse succedendo.

Una volta che i poliziotti restarono in perizoma, la sala esplose e come se non bastasse questi, invece di andarsene, cominciarono a ballare sui cubi. Già che c'era odiò pure quelli. Non mancava più molto a Merlin per guadagnare l'uscita ma non gli fu risparmiato nemmeno il colpo di grazia. Dall'enorme torta di cartone che qualche idiota aveva portato in mezzo alla pista era uscito un bel ragazzo di colore, in perizoma leopardato, il massimo della finezza. Il ragazzo dopo aver ondeggiato il bacino davanti al festeggiato si era fatto prendere in braccio da Arthur e lo aveva baciato. E tutti si erano messi ad applaudire e a ululare.

E Merlin li odiò. Ma odiò Arthur più di tutti gli altri messi insieme. La colpa era solo sua.

 

Uscì fuori dal cancello della villa. Tanto per un bel po' nessuno si sarebbe accorto della sua assenza. In un gesto di rabbia si strappò la catenina dal collo. Magari perfino Percival si era trovato a baciare uno di quei tizi! 

Sapeva di esagerare ma era così deluso da Percival! Timido un corno! Timido quando pareva a lui. E quell'altro? Una festa piacevole, sì, una festa di classe! Perché diavolo non se n'era rimasto in Francia? E gli scappò una risata convulsa, amara e isterica.

Voleva solo andare a casa. Ma casa sua era un po' troppo lontana per andarci a piedi, di notte, da solo. Vestito come un ragazzo da marciapiede per giunta. Pensò di tornare alla festa. Avrebbe fatto finta di niente con Percival e con Arthur. 

Ma chi prendeva in giro? Avrebbe fatto un casino e si sarebbe fatto notare. Come gli era già successo qualche altra volta. L'unica soluzione sarebbe stata quella di prendere un taxi. Una spesa così era una follia.

Ma decise di fregarsene per quella volta. Chiamò un taxi e si fece portare a casa sua. 

 

Era furioso. Meglio così. Se non lo fosse stato si sarebbe sfinito di pianto. 

Una volta a casa prese un Tavor. Erano già dodici i messaggi sul suo cellulare che lui non aveva neppure letto. Il telefono squillò. Era Percival. Rifiutò la chiamata, spense il cellulare e poco dopo si addormentò.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII - Not trusting is better ***


 

Capitolo VIII

Not trusting is better















 

Per Arthur le cose sembravano tornate quasi del tutto alla normalità, almeno esteriormente: le solite abitudini, l'università, lo studio, sempre un po' scarsino, le sessioni di foto, qualche piccola sfilata, il weekend con gli amici, le serate nei locali. Spesso non aveva voglia di andare nei locali, ed era a causa di Merlin. Gli capitava spesso di vedersi con gli occhi dell'altro e non si piaceva. Allora si costringeva ad andarci apposta, nei locali: non voleva mica diventare come quel bacchettone! 

 

Purtroppo continuava spesso a venirgli in mente come Merlin l'avesse trattato quella sera nel suo bar, nonostante fossero passati ormai parecchi giorni. 

 

Quando arrivava a pensare che sarebbe stato meglio per lui non vederlo più, insensatamente, sentiva crescere la voglia di incontrarlo.

 

Paradossalmente si sentiva più vivo nei corridoi o nella biblioteca dell'università dove sapeva che avrebbe potuto incontrarlo che non nei suoi locali preferiti. E la cosa lo disturbava non poco.

Arthur sentiva che qualcosa era cambiato nei propri confronti da parte dei suoi amici, dalla sera della sua festa. Lo vedeva negli occhi di Leon, silenziosamente preoccupati per lui. Lo sentiva nelle parole di Lance, più comprensive, più amichevoli del solito. Lo percepiva dal sorriso triste di sua sorella, che correva ad abbracciarlo ogni tre per due, quando si trovavano nella stessa stanza. 

Aveva fatto il terzo grado a Morgana per sapere se dietro lo scherzo di quella sera ci fosse stato il suo zampino ma Morgana gli aveva giurato di non averlo fatto e lui le aveva creduto. Dalla prima volta in cui le aveva parlato di Merlin, in Francia, Arthur le aveva spiegato quanto quel ragazzo fosse diverso dalla maggior parte degli altri. E lei si era mostrata sorpresa e complice. Sua sorella sapeva essere malefica quando voleva, ma non per le questioni di cuore che lo riguardavano. Era preoccupata per lui, perché non si era mai interessato a nessuno veramente, nonostante frequentasse molti ragazzi ...  e anche quello la preoccupava. Vedere suo fratello così rassegnato e cinico riguardo l’amore all’età di ventun anni le faceva male. Quindi se Arthur aveva trovato una persona in grado di suscitare il suo interesse, questa era una novità degna di nota. Anche se il ragazzo in questione era fidanzato. E Merlin da subito le era piaciuto così tanto! Perché si sarebbe proposta di andare al salone di Merlin per poi invitarlo a casa, se avesse avuto in mente di rovinare tutto in quel modo? 

 

Parlando con altri amici era riuscito a sapere chi fossero gli autori dello scherzo, al quale normalmente non avrebbe quasi dato peso, ma che quella sera gli era costato decisamente caro. Si trattava di un gruppo di quattro ragazzi con i quali aveva seguito un corso di pallanuoto, anni prima.

Ragazzi non stupidi ma neanche particolarmente intelligenti. Certamente un po' immaturi. Una volta informati del suo orientamento sessuale, non era stato bullizzato da loro, solo perché sapevano chi era: il ricco ereditiere di Uther Pendragon. Magari avevano organizzato lo spettacolo pensando addirittura di fargli piacere. Pensare a quanti soldi dovessero aver speso, lo faceva sorridere. Cinque spogliarellisti professionisti, anche suddividendo la spesa in quattro, erano costosi: almeno millecinquecento dollari in totale.

'Che coglioni!' E dire che, conoscendoli, con loro era stato particolarmente chiaro perché evitassero cose del genere. Peggio per loro. 

Non li avrebbe ripresi. Non gli avrebbe detto nulla. Forse si erano resi conto che il loro regalo non era stato gradito, altrimenti ne avrebbero rivendicato la paternità.

Arthur si sarebbe limitato a non invitarli più in futuro. Per loro questa sarebbe stata la punizione peggiore. Non essere invitati alle feste della gente più ricca del paese, metteva fine al loro sogno di sentirsi parte di quel mondo agognato. Ad esempio di lì a poco ci sarebbe stata la tradizionale festa di Halloween, a casa sua, come ogni anno e non avrebbero ricevuto l'invito.

Anche se sentiva di non avere più molta voglia di dare altre feste. 

Già da qualche anno la festa di Halloween era diventata più una scusa per incontrarsi con gli amici. Quasi più nessuno si travestiva, anche se lui sotto sotto trovava ancora divertente mascherarsi.

 

In quei giorni agli allenamenti di basket, Percival gli era sembrato più chiuso e silenzioso del solito con lui. Ma forse era solo una sua impressione.

Un giorno gli aveva chiesto come stesse Merlin e lui senza guardarlo gli aveva risposto solamente: "Tutto a posto, grazie!"

A proposito di Merlin, non l'aveva più incrociato, neanche di striscio. Probabilmente aveva scelto di boicottare il caffè del mattino al bar della Greenwich, a causa sua: non ci voleva una cima per capirlo. 

Andarlo a trovare nel suo bar non era stata una buona idea. Se Merlin già prima ce l'aveva con lui, ora ce l'aveva ancora di più. E qual'era il modo in cui Merlin lo manifestava? Spariva! 'Un modo davvero maturo, Merlin! Complimenti!' si disse.

Purtroppo era anche il modo che più lo faceva infuriare. 

Con gli amici era abituato a parlare, a discutere Era anche arrivato alle mani in un paio di occasioni, per dirimere i contrasti che puntualmente si presentavano.

Anche lui era arrabbiato con Merlin perché il ragazzo si permetteva di giudicarlo, senza conoscerlo. Non era anche questa una cosa da persone superficiali? Merlin era un ragazzo bigotto, saccente e complessato. Tutta quella gelosia rivolta verso chiunque, non era altro che insicurezza!

Arthur in un primo momento si disse di aver fatto tutto il possibile per fare pace con Merlin. Ma si era poi accorto che in fondo non era proprio così! Nonostante tutto, non credeva di meritare di essere messo alla gogna per l'eternità da quel ragazzo.

 

Arthur non si vedeva così pessimo, in generale. Ma i pensieri negativi di Merlin nei suoi confronti lo stavano influenzando. Riuscivano a fargli mettere in discussione il suo modo di essere, del quale non si era mai preoccupato prima. Si vedeva vuoto, volgare, menefreghista e faceva fatica a sopportarlo. Una buona parte dei ragazzi che conosceva era come lui, se non peggio. Merlin non era Dio. Aveva anche lui un sacco di difetti. Eppure sentiva un pungolo rodergli l'animo in continuazione, anche quando non ci pensava.

 

Dopo due settimane senza vedere Merlin, Arthur poteva dichiararsi sconfitto.

La sera poi era diventata una tortura poiché ora sapeva dove trovarlo, senza poter tornare in quel bar. Merlin gli aveva fatto capire che sul lavoro non gradiva la sua presenza e l'aveva scacciato con grazia.

 

Aveva trovato un modo un po' banale, per poterci tornare. La scusa era di mostrare il bar a Leon e a Lancelot. 

 

Merlin era rimasto inebetito dalla presenza del trio. Arthur e Merlin si erano appena scambiati un magro sorriso.

Leon, da gentiluomo qual era, si era complimentato per il posto che aveva definito 'caldo e accogliente'.

Lancelot aveva osato di più. "La sera della festa ti abbiamo perso di vista. Mi è dispiaciuto. Avremmo voluto conoscerti meglio e parlare ancora un po' con te" disse sorridendo. 

Merlin sorrise. "A un certo punto non mi sono sentito bene e sono andato a casa. Scusatemi per non avervi salutato" disse Merlin mentendo, ma neanche più di tanto. I ragazzi sapevano sicuramente tutto.

Arthur chiese di potersi sedere a un tavolino con gli amici. Non voleva che Merlin pensasse che si sarebbero piazzati al bancone tutta la sera per distrarlo dal suo lavoro.

Merlin aveva preso le loro ordinazioni e dopo poco servì loro tre birre accompagnandole con un grande vassoio di salatini misti. Molto più grande del solito.

 

Due ore e altre sei birre dopo, Arthur approfittò  di un momento in cui non c'erano clienti e si avvicinò al bancone!

 

"Ho visto che hai fatto le cose in grande con i salatini. Grazie."

"Con i nuovi clienti si fa così…" disse disponendo piattini con patatine e pizzette sul banco.

"Senti…Non ti ho più visto in giro! Mi stai evitando?"

"No. Se alludi al bar dell'università, è meglio che io rinunci a fare colazione al bar per un po'. Abbiamo più spese del previsto, in questi giorni, a casa."

Arthur sospirò di sollievo. Poteva anche non credergli, ma la risposta era stata comunque gentile e rassicurante.

"Potresti risparmiare sull'autobus se ti facessi dare un passaggio da me al mattino. Riusciresti a dormire un po' di più o conoscendoti, a ripassare. Così ogni tanto potrei offrirti io la colazione al bar. Solo che non potrei riportarti indietro in tempo: al pomeriggio ho basket"

"Sei gentile, ma preferisco l'autobus. Mi fa sentire più … autonomo."

"Come vuoi. Ma se un giorno tu fossi in ritardo, tienimi presente…"

"Lo farò, grazie!"

'Adesso o mai più!' si disse Arthur con ansia. 

"Pensi che riuscirai un giorno a passare sopra quella cosa o resterai arrabbiato con me per tutta la vita?" chiese Arthur senza ironia.

"Non so cosa dirti, Arthur… sinceramente non lo so!"

Lo guardò: Merlin aveva un viso così pulito e innocente che per la prima volta sentì vero rimorso per ciò che aveva fatto. Forse ci sarebbe stato un altro modo di comportarsi con lo stripper dentro la torta. Avrebbe potuto fare un paio di passi indietro, con le mani davanti a sé, scuotendo la testa pur continuando a sorridere. E il ragazzo l'avrebbe lasciato stare. Così non avrebbe offeso nessuno, soprattutto Merlin. E qualcosa di simile avrebbe potuto fare con Cenred, che lo aveva baciato, proprio davanti a Merlin portandolo a pensare che fosse il suo ragazzo.

Davvero sarebbe bastato così poco?

Avvicinò la mano al bel volto di Merlin. Avrebbe voluto accarezzarlo, ma si fermò a metà strada e tornò indietro.

"Con il trucco stai bene, ma così ti preferisco…"

Merlin sentì le guance bruciargli e si riscosse turbato rispondendo per difesa con tono brusco: "Se avessi saputo di trovarti qui stasera, mi sarei truccato come una drag queen!"

Arthur non se l'aspettava, e aggrottò le sopracciglia deluso e amareggiato.

"Tu mi consideri un essere disgustoso, vero?"

"No … ma lo è quello che fai."

"Sono libero ... Non ho legami e non sto tradendo nessuno"

 

Merlin tacque mettendosi a sciacquare i bicchieri. Non gli piacevano quei discorsi.

Ma Arthur continuò. 

"Ero venuto qui per dirti ancora che mi dispiace. Ho sbagliato! Ma tu non provi minimamente a venirmi incontro!"

Merlin caricò la lavastoviglie.

Arthur non voleva lasciare perdere. "Sentiamo allora … tu che sei così 'diverso' dagli altri ragazzi, Percival è l'unico ragazzo che hai avuto finora?"

Merlin ci pensò su. Poteva essere sincero. Non aveva nulla da nascondere a parte quell'episodio orribile. Ma per il resto non aveva niente da perdere!

"No, ho avuto un ragazzo… per un anno, subito dopo che andasti via. Fu una storia importante e quando finì fu molto dura. Ho poi avuto qualche flirt, parecchi in realtà, ma non ho legato seriamente con nessuno in quel periodo. È stato un periodo un po' folle."

"Come lo è stato per me, allora!" sorrise Arthur, pensando che l’altro avrebbe potuto comprenderlo.

"No! … Per flirt intendo qualche bacio e basta, … non come te!" insinuò Merlin con un pizzico di rammarico. Poi afferrò con una pinza alcune olive da un barattolo gigantesco, e le mise in piccoli vassoi, infilzandole ciascuna con uno stecchino e continuò:

"L'anno della maturità ho scelto di passarlo senza distrazioni, cioè senza ragazzi: solo casa e scuola in vista degli esami. E dopo ho conosciuto Percy."

Arthur lo guardò come se non lo riconoscesse.

 

"Sai, ero in errore, ma pensavo,... pensavo che ti avrei ritrovato ancora … hai capito … illibato!"

"Illibato? Addirittura!" Cosa diamine stava dicendo Arthur?

"Pensavo fossi un ragazzo poco interessato al sesso."
"Al sesso fine a se stesso. È ancora così ... in genere. Ho sempre ricercato l'amore. Anche se non sempre è andata bene."

"Al tempo, ho creduto stupidamente che mi avresti … aspettato!"

"Davvero, Arthur? E in base a cosa?" Merlin era esterrefatto. "Perché tu hai aspettato me? Non ci credo neanche se me lo giuri in arabo!"

Arthur eluse le domande di Merlin.

 

"Non ho detto che lo pretendevo. Solo che per un po’ l’ho sperato. A causa di come ti comportavi e di quello che dicevi. Credevo l'avessi capito … ormai posso anche dirtelo. È passato tanto tempo. Tu … beh … tu mi piacevi! Mi piacevi davvero, intendo!"

"Oh … ok! Faccio un po' fatica a crederci, ma se lo dici tu… Comunque va bene. Non è un problema. Mi dispiace solo di averti dato l'impressione di essere così irreprensibile. Credo che tu mi abbia sopravvalutato."

"Ci siamo frequentati così poco. Sono io ad aver frainteso, ma non significa che io sia rimasto deluso. Quello che mi hai detto ti fa sembrare più vicino a noi poveri mortali" disse Arthur ridacchiando. "Davvero non sapevi di piacermi?"

"No, non me ne sono mai accorto! Non credo che tu mi abbia lanciato alcun segnale."

"Come no? Merlin! Andiamo! ... Sei stato tu, il primo! Mi hai baciato! Nessuno mi aveva mai sorpreso così tanto. Per me fu … incredibile. Per te no?"

"Il motivo lo sai: c'era il tuo ex che meritava una lezione..."

"Non dirmi che provavi gelosia al posto mio"

"Non nel senso classico del termine, ma i tradimenti mi smuovono sempre qualcosa, anche se non mi riguardano in prima persona…"

 

Arthur sorrise con amarezza. "Per fortuna la cotta ormai mi è passata, altrimenti adesso sarei potuto rimanerci male! Credevo che quel bacio fosse un segnale da parte tua … E l'invito fuori, invece? L'invito a casa mia? … Non ti sei chiesto nulla?"

"Non direi, mi dovevi ancora trecento dollari! Ho un bel ricordo di quella serata, lo ammetto, comunque non successe niente."

"Solo perché dovevo partire e sapevo come la pensavi"

"Mi hai rispettato per quello?"

"Mi piacerebbe dirti di sì, ma non sono così cavaliere. La verità è che eri un osso duro. Simpatico e dolce da un lato. Freddo e scostante dall'altro. Per avere ragione di te, l'unico modo sarebbe stato drogarti e saltarti addosso …"

 

Merlin istintivamente si allontanò di un passo. E lo guardò con grandi occhi sperduti.

"Dio, Merlin! È uno scherzo! Lo capisci che sto scherzando, vero?" quasi urlò Arthur.

Merlin rispose con tono pacato ma inquietante.

"Sì, certo! Ma alcuni scherzi sono peggio di altri." E siccome nel frattempo erano giunti altri clienti si rivolse a loro.

 

Arthur rimase lì ancora un po', mangiandosi le dita: avrebbe dovuto stare più attento. Ma neanche Merlin era un agnellino quando ci si metteva. Forse era solo molto sensibile al problema. Forse qualcuno vicino a lui aveva subito quello su cui si era permesso di scherzare. Una sua amica o un suo amico. 'Oh, Dio! E se fosse capitato a Merlin?"



 

'No, non adesso!' si disse Merlin. I sintomi erano quelli. Brividi, sudorazione istantanea al volto, nausea e respiro accelerato. Non voleva avere un attacco di panico sul lavoro.

I battiti del cuore gli rimbombavano nelle orecchie e la testa prese a girargli. Tutto come le altre volte purtroppo. Si diede dello stupido. Possibile che un solo accenno alla cosa, fosse in grado di mandarlo ko in quel modo? Si era solo illuso di aver superato quell'episodio.

 

Si avvicinò a fatica alla collega dicendole che andava in pausa cinque minuti.

Uscì nel retro del bar, trasformato in piccolo magazzino, in mezzo a pacchi di bottiglie di ogni genere. 

Presto sarebbe arrivato il momento più temuto: la sensazione di soffocamento. Si sedette per terra, per non rischiare di farsi male cadendo.

Portò la testa un po' all'indietro per respirare meglio.  

Cominciò a rantolare.

 

"Merlin! Dio! Che ti succede?" Arthur l'aveva seguito. Il pallore di Merlin e la sua andatura ondeggiante lo avevano impensierito. Si accucciò accanto a lui e Merlin si attaccò con le mani al maglione di Arthur, per avere più equilibrio, ma anche per avere un po' di contatto umano, che in genere serviva a tranquillizzarlo in parte. Mise in atto la respirazione veloce che i medici gli avevano consigliato. Arthur lo teneva per le braccia e lo incitava a respirare. "Bravo, Merlin, respira!" Non aveva idea di cosa fare se non qualcosa che aveva visto in qualche film.

Dopo un po' Merlin ebbe un brutto attacco di tosse, infine cominciò a singhiozzare disperato. Arthur con le mani, avvicinò la testa di Merlin al suo petto, sorreggendolo senza stringerlo. Provava una gran pena per quel ragazzo. Lo sentiva così fragile e avrebbe voluto farlo stare meglio. 

Merlin si scostò, si alzò e si asciugò il viso.

"Mi dispiace, Arthur… Grazie a te l'attacco è durato meno del solito. Sto meglio e tra poco starò bene. La gente si spaventa in genere. Sei stato gentile, anche se io … non ti ho trattato bene!"

Arthur avrebbe voluto chiedergli se avesse subito ciò che credeva, ma forse non era il momento. Non voleva avesse un altro attacco.

"Non importa. Vorrei solo che tu ci ripensassi! Se me ne darai la possibilità, non ti deluderò di nuovo! Ora so esattamente cosa avrei dovuto fare."

Merlin lo osservò. La solita bellissima faccia da schiaffi, velata di preoccupazione e di speranza. Impossibile credergli. Impossibile dirgli di no. E gli era così grato di non averlo lasciato da solo in quel momento che gli uscì detto: 

"D'accordo! Hai vinto, Pendragon! Sei la prima persona che perdono così in fretta, per una cosa così grave!" E sorrise vedendo i tratti di Arthur distendersi all'improvviso.

"Adesso devo tornare al lavoro. Grazie ancora, Arthur!"

"Aspetta! Devo chiederti una cosa importante …"

"Non ora!"

"E quando? Tu non ci sei mai, se non sono io a cercarti. E non vuoi che venga al bar…"

"Hai ragione. Mi farò sentire io stavolta…"

"Non ci credo …"

"Ti devi fidare …"

'Fa' diverso!' pensò Arthur scettico. 

 

Guardandolo andar via, Arthur era consapevole di aver provato qualcosa di nuovo per Merlin, ma forse era solo perché si era sentito felice e orgoglioso quando l'altro gli aveva dimostrato sincera gratitudine.




 

Merlin era un po' nervoso.

Era sabato sera e Merlin finalmente aveva organizzato la famosa cena insieme agli amici nel monolocale di Percival, con l'intento di fare conoscere il suo ragazzo ai suoi amici. Era riuscito chissà come a far stare cinque sedie attorno al tavolo e lo spazio per muoversi era molto esiguo. 

 

Aveva invitato Gwaine, Gwen e anche suo fratello Elyan, che conosceva da una vita. 

Elyan era sempre stato un buon amico, discreto e onesto e sebbene frequentasse anche un'altra compagnia di amici, capitava spesso che passasse del tempo assieme a loro.

Era anche simpatico. Elyan aveva conquistato completamente Merlin per la reazione che aveva avuto quando Merlin aveva fatto coming out, subito dopo la partenza di Arthur per Parigi.

"Davvero?" aveva detto ridendo "E io che credevo che avessi delle mire su Gwen. Tu capisci che nel caso avrei dovuto odiarti! Niente di personale, fratello. Sarebbe naturalmente scattata la modalità 'protezione sorellina'."*

Gwen e Merlin erano ottimi amici da sempre. Ma quando la ragazza aveva quattordici anni gli aveva svelato il suo segreto. "Sono innamorata di te Merlin. Mi sei sempre piaciuto ma ora sento che è diverso"

Per Merlin fu molto faticoso ma decise per il bene di entrambi di essere sincero. "Tu mi piaci Gwen e ti voglio molto bene: sei la mia migliore amica. Ma non mi sento pronto … tu sei più matura di me. Le ragazze sono più precoci."

"Ti aspetterò!"

"No, non farlo. Io voglio che la nostra amicizia non finisca e che non cambi mai. Io ti vedo come la sorella che non ho mai avuto. Ti vedrò sempre così. Ti prego, Gwen!"

La ragazza pianse tante lacrime ma fu bello e strano farsi consolare dalle stesse braccia del ragazzo per cui soffriva. Con il tempo la ragazza riuscì a rassegnarsi e a godere di nuovo del legame così forte che la univa a Merlin.

L'anno successivo, a quindici anni, lui e Gwen stavano mangiando un gelato quando la ragazza gli sorrise: "Merlin sarai contento di sapere che ho una nuova cotta per un ragazzo!"

Merlin non era così sicuro che fosse una buona cosa, ma voleva sembrare felice per lei e sorrise.

"Lo conosco?"

"Oh, sì!"

"Chi è?" chiese Merlin sulle spine.

"Beh, è … Gwaine!"

"No!" Merlin si portò le mani al viso e cominciò a respirare ansiosamente.

"Che cos'hai, Merlin!"

"Scusa … scusami … forse ho un attacco … ma sta già passando…"

"Santo cielo! Ma sei geloso anche di me? Tu non mi hai voluta!"

Merlin continuava a tenersi la testa con le mani

"Non sarai geloso di Gwaine?"

"N-no! Cioè sì. È per tutti e due … Voi vi metterete insieme e non vi importerà più di me. Non sarà mai più come adesso!"

Per fortuna la crisi durò poco. L'amore che provava per i due amici superava il suo egoismo e persino la sua gelosia.

"Non pensare mai una cosa del genere. Prima di tutto saremo sempre noi tre amici, i tre moschettieri, ricordi?"

Merlin si asciugò il viso. "Ed Elyan?"

"Lui può fare d'Artagnan!"

Entrambi risero. Ma quando Gwen rivelò a Gwaine i suoi sentimenti lui rispose all'incirca come Merlin. Le disse che era una delle ragazze più carine che avesse conosciuto ma che ormai la vedeva solo come un'amica e blablabla… 

 

Da quel giorno Gwen cambiò. Smise di interessarsi ai ragazzi e cominciò ad essere sempre più devota agli amici, ad essere sempre disponibile per loro ma anche con le persone in generale. La verità era che era stata lesa nella sua autostima, in un momento molto delicato della sua adolescenza, a causa del doppio rifiuto degli unici ragazzi di cui si era innamorata.

Sentiva come una missione: quella di votarsi anima e corpo agli amici: il suo compito era quello di aiutarli senza pretendere in cambio nulla. E quando un ragazzo le piaceva, non solo non prendeva iniziative, ma cercava di evitarlo per la paura inconscia di un ulteriore, insopportabile rifiuto.

E nemmeno Merlin e Gwaine se ne accorsero, almeno non nei primi tempi.



 

Merlin fece sedere Percival.

"Eccoli qui. Ti presento Gwen, Elyan e Gwaine"

Il viso di Percival era già rosso fuoco.

Gwen e Elyan furono ben impressionati da Percival.

Gwaine sedeva di fronte a Percival, con aria seccata.

Elyan si sedette, mentre Gwen si avvicinò all'angolo cucina e bisbigliò a Merlin: 'Cavoli! È bellissimo!' per poi tornare a sedersi.

Cominciò Elyan: "Percival, dove vi siete conosciuti tu e Merlin?" chiese giocherellando con un grissino.

"Al mare, l'estate scorsa, a Canvey Island…"

Poi fu la volta di Gwen. "Che facoltà hai scelto?"

"Fisioterapia dello sport, e tu?"

Gwen ebbe un attimo di tentennamento poi con un sorriso rispose: "Io non vado all'università. Faccio la parrucchiera, anzi l'assistente parrucchiera, nel salone dove Merlin fa il truccatore."

Percival cominciò ad avere le onde colorate sul viso: "Sì, certo, scusa. Merlin me l'aveva detto…"

Il suo ragazzo arrivò in suo soccorso. Dopo due domande di fila, Percival aveva bisogno di una tregua.

"Spero che a tutti piaccia il polpo con le patate" disse Merlin mentre serviva gli ospiti, per poi sedersi accanto a Percival.

Fu infine il turno di Gwaine. "La tua faccia ha uno strano colore…" disse masticando adagio le patate.

L'atmosfera in un attimo si raggelò. 

"Gwaine, vorrei che tu fossi più gentile, per favore …" disse Merlin turbato dalle parole dell'amico.

Percival gli toccò una mano. "Grazie, ma vorrei pensarci io…" E si rivolse all'altro, che si tirò via il ciuffo dagli occhi con un gesto del capo.

"Ho dei problemi di circolazione … in più ho la pelle del viso molto chiara e sottile … e la timidezza peggiora il tutto. E tu Gwaine? Che problemi hai? Perché ti rivolgi a me in questo modo maleducato che mette in imbarazzo il tuo amico, mentre cerchi di creare imbarazzo a me? Io non ti ho chiesto: - Come mai hai tutto quel fondotinta sul viso e quell'ombretto pacchiano che ti fanno tanto sembrare un panda?-"

 

Dopo un istante di gelo, per fortuna, Gwaine scoppiò in una risata irrefrenabile, che lentamente contagiò tutti i ragazzi, persino Merlin e Percival.

Gwaine si alzò e agguantò la mano di Percival sopra il tavolo, in una presa forte e virile.

"E per fortuna che sei timido" disse ancora Gwaine. "Esame superato! Sei fantastico Percival!"

Merlin guardò il suo ragazzo. Non l'aveva mai visto così felice e orgoglioso. E anche Merlin si sentì felice e orgoglioso di lui.

Il resto della serata fu piacevolissima. Gwaine fece sbellicare tutti dalle risate con le prodezze passate, sue e dei presenti. 

Alla fine Gwaine dopo aver abbracciato Merlin, abbracciò anche Percival, facendosi promettere che sarebbe stato presente per altre uscite insieme.












 

*Discorso ispirato al film "Harry Potter e il principe mezzosangue." Ron parla a Harry di Dean Thomas che corteggia sua sorella


Chiedo venia!

Avrei dovuto usare le sterline fin dall'inizio, ma a questo punto continuerò con i dollari. Questo perché mi trovo più a mio agio a fare i conti con questi ultimi che non con le sterline. Consideriamola una licenza poetica, anche se è solo un grossolano errore dell'autrice ಠಿ⁠_⁠ಠ







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Capitolo 9
*** Capitolo IX - Inspire confidence ***


Capitolo IX

Inspire confidence

















 

Erano passati un paio di giorni da quando aveva visto Merlin in preda a quell'attacco di panico. Era in macchina quando ricevette un suo messaggio.

 

"Sono al bar della scuola, ma non ti vedo. Dovevi chiedermi una cosa, ricordi?"

 

Era Merlin. Ma forse aveva letto male. Non poteva essere stato di parola. Lui non lo era, non per queste cose. Era la prima volta che gli mandava un messaggio di sua iniziativa. E ne fu felice. Arthur accostò al bordo della strada per scrivergli una risposta.

 

"Credo proprio che oggi nevicherà! Cavoli! Mi dispiace ma oggi ho un servizio fotografico e non sarò a scuola. Che ne dici di stasera?"

"Lavoro al bar!"

"E dopo il bar?"

"Dopo il bar, in genere sono lesso come un cece, ma possiamo sentirci al telefono."

 

Arthur ebbe un moto di stizza. Non voleva parlare al telefono, voleva vederlo, ma Merlin sembrava essere persino più occupato di suo padre Uther.

"D'accordo. Sulle undici va bene?"

"Ok! A dopo!"

Stava per ripartire, quando ricevette un altro messaggio.

"Davvero oggi nevicherà? Ma è ottobre!"

Arthur sorrise, mandando uno sbuffo dal naso: "No! Lascia stare!"

Aveva una gran voglia di mollare il servizio e di fiondarsi a scuola, ma ormai era arrivato a destinazione. E lo aspettavano.



 

Quando Merlin uscì dall'università dopo le lezioni, si accorse della presenza di una donna proprio di fronte all'ingresso della scuola. Difficile non notarla. Indossava un cappello a tesa larga, costosi occhiali da sole e tubino bianco Chanel. Chiunque si trovasse in zona, la stava osservando. La donna poggiava la mano guantata sulla capote di una fiammante Aston Martin di color bluette.

"Merlin! Merlin!"

Si girò cercando chi l'avesse chiamato e vide quella donna sorridere e togliersi gli occhiali.

"Morgana?" Merlin strabuzzò gli occhi e si avvicinò a lei. 

"Ciao! Che cosa ci fai qui? Arthur non c'è oggi!"

"Sì lo so. Sono venuta per te. C'è una cosa di cui devo parlarti."

Merlin si chiese come mai quel giorno tutti i Pendragon che conosceva, dovessero dirgli qualcosa.

"Posso darti un passaggio a casa?" domandò Morgana.

"Davvero? Wow! Come dire di no! La tua macchina è fantastica!"

 

Una volta in auto, ci fu qualche momento di silenzio imbarazzato.

"Arthur te l'ha detto? Abbiamo fatto pace…" mormorò Merlin.

"Sul serio? No, non me l'ha detto. È da qualche giorno che non ci vediamo ma avrebbe potuto mandarmi un messaggio. Sapeva quanto ci tenessi … mi fa molto piacere, per tutti e due!"

"Cosa volevi dirmi?"

"Merlin, sono contenta che tu non sia arrabbiato con me."

"Con te? E perché mai?"

"Mi sa che Arthur non è riuscito a dirtelo…"

"Dirmi che cosa?"

"Sono stata io a offrirmi di venire al tuo salone e ad invitarti a casa mia perchè poteste incontrarvi. L'idea era mia ma anche Arthur era d'accordo."

 

Ormai non importava più, però gli dispiaceva essere stato usato così, da lei. L'aveva creduta sinceramente entusiasta del suo modo di truccarla. E la simpatia istantanea che c'era stata tra loro era probabilmente solo finzione da parte di Morgana. Lei però l'aveva fatto per suo fratello e poteva comprenderla. Anche se per Arthur, ne era sicuro, si era trattato di un capriccio o forse di curiosità.

 

Merlin sorrise. "Posso dire solo che mi sarebbe piaciuto tanto avere una sorella come te, che avesse fatto per me quello che hai fatto tu per Arthur."

"Sei figlio unico, Merlin?"

"Sì"

"E i tuoi genitori?"

Merlin si sentì un po' a disagio e spostò lo sguardo sulla strada.

"Mio padre è morto quando ero piccolo. In compenso mia madre è meravigliosa!"

"Vedi …  come saprai già, io ho un padre e un fratello, ma da piccola li avrei scambiati volentieri entrambi per una mamma." E Merlin notò la piega triste sulla bocca di Morgana.

"È ancora così?"

"No, Arthur mi è diventato molto caro. È la persona più importante della mia vita. Lui non è come sembra e se avrai la pazienza di conoscerlo, te ne accorgerai anche tu. Si finge tanto forte e sicuro, ma è solo una maschera… Mio padre invece lo scambierei volentieri con chiunque. Anzi lo darei via così, gratis!" e si mise a ridere.

"Anche Arthur mi ha detto qualcosa del genere una volta. Deve avere un carattere molto tosto!"

"Non puoi immaginare quanto! Sappiamo che in passato ha sofferto tanto per nostra madre, ma con il tempo si è trasformato in un uomo cinico ed egoista. Quando ho scelto la facoltà di moda, ha smesso immediatamente ogni forma di aiuto economico nei miei confronti. Se fai quello che vuole, ti ricopre d'oro, altrimenti quasi non esisti per lui. Per fortuna riesco ad essere autonoma, ma ho passato dei momenti molto duri. Se non sono tornata indietro è solo perché sono orgogliosa e testarda, proprio come mio padre."

"E Arthur?"

"Arthur ha rimandato la sua scelta. L'indirizzo di studi che ha intrapreso può essere sfruttato in molteplici settori, soprattutto in quelli economico e commerciale. Ma quando dovrà scegliere, se opterà per un lavoro al di fuori dell'azienda di mio padre, si troverà nella mia stessa condizione. Ma è in gamba e può farcela."

"E … la macchina? Non sarà costoso mantenerla?"

"Oh, sì! È un regalo di mio padre per i miei diciotto anni. Questa me l'ha lasciata. Se me la dovessi vedere brutta, la venderei. Io uso quasi sempre il furgoncino della mia azienda. A meno che non debba fare colpo su un grosso compratore. Se mi vedi così bardata oggi, è proprio perché prima ho incontrato uno di loro. L'apparenza fa sempre un certo effetto."

Per un po' entrambi rimasero in silenzio. Merlin ammirava gli interni in pelle e il cruscotto che gli ricordava tanto quello di un'astronave fantascientifica.

"Ripensavo a tuo padre. In base a quello che mi hai detto, non mi dispiacerebbe essere un po' più simile a lui. Più forte, più deciso."

"Ti prego, smettiamola di parlare di lui…"

"Bene, ti ascolto."

"Potrà sembrarti una sciocchezza, ma io ci terrei molto. Sabato prossimo è Halloween e come ogni anno, noi diamo una specie di … ricevimento."

"Morg…!"

"Aspetta! Ti prego di lasciarmi finire prima di dire di no. Innanzitutto Arthur non ci sarà. È stato invitato a un'altra festa, quindi per la prima volta è tutto in mano mia. E questo per te, è già una garanzia di maggiore tranquillità. Si tratta di una festa in maschera ma per te posso fare un'eccezione. Tu puoi venire anche in pigiama se ti va! Mi piacerebbe che portassi con te il tuo ragazzo e i tuoi amici. Non vedo l'ora di conoscerli. Saranno sicuramente ragazzi speciali se tu li hai scelti… Saremo una trentina oltre te e i tuoi amici. Alla festa di Arthur c'erano circa duecentocinquanta persone. Quindi sarà molto più intima e tranquilla. E poi ci sarebbe una … persona che vorrei farti conoscere. Pensa che voglio presentarla prima a te che ad Arthur. Ovviamente non è prevista assolutamente alcuna forma di intrattenimento. Nemmeno un prestigiatore! Ci sarà la musica ovviamente, ma sarà una mia amica a occuparsene. Alla luce di tutto quel che ti ho detto, mi farai il piacere di pensarci?"

Sembrava che la ragazza avesse pensato a tutto perché lui potesse stare tranquillo.

"Parlerò con i miei amici e ti farò sapere prima possibile…"


Una volta a casa, Merlin scaldò la minestra che gli aveva lasciato sua madre e la mangiò. Dopo si gustò un vasetto di crema al cioccolato con panna. Nonostante vivessero in ristrettezze sua madre tutti i giorni gli faceva trovare in frigo un dolcetto o una bibita tra i suoi preferiti. Le faceva piacere viziarlo per quello che poteva.

Dopo pranzo la madre di una bambina a cui faceva ripetizione lo chiamò per dirgli che la figlia era ammalata. Aveva un'ora in più per studiare. Come tutti i giorni si mise al computer per mettere in ordine gli appunti del giorno. Dai libri ricavava mappe, diagrammi  e sunti. La prima sessione di esami era prevista per dicembre, ed era spaventosamente vicina. La seconda a maggio. Senza dimenticare saggi e prove da consegnare quasi settimanalmente e i cui risultati influivano sui voti finali. In genere terminava il suo lavoro, descrivendo nel dettaglio ogni singolo esercizio svolto in laboratorio, che rappresentava la parte più cospicua del suo lavoro.

 

Quel pomeriggio aveva un appuntamento con il suo medico. Era preoccupato per i suoi attacchi. Non erano aumentati come quantità ma le reazioni durante le crisi erano molto peggiorate. 

 

Merlin a suo tempo non aveva parlato della violenza subita, con il suo medico, ma questi ne era venuto a conoscenza per forza di cose quando aveva ricevuto la documentazione inviatagli dal pronto soccorso. Il medico lo fece convocare per parlare del problema, ma il ragazzo non aveva intenzione di denunciare l'uomo. Voleva solo eliminare il tutto, come se non fosse successo. E quando gli propose un ciclo di psicoterapia, lui rifiutò.

 

Merlin espresse le sue preoccupazioni, e dopo aver mostrato al medico i risultati della spirometria eseguita alcuni giorni prima, il dottore gli parlò sinceramente come sempre. "Nonostante i tuoi siano attacchi dovuti a stress, anche se nel tuo caso parlerei più di eventi scatenanti di origine psicologica, i tuoi sintomi sono ormai simili a quelli dell'asma. Vorrei prescriverti il salbutamolo."

"Che cos'è?"

"È il famoso Ventolin, un farmaco contenuto in una piccola bomboletta, da inserire in un inalatore da portare sempre con te. Può aiutarti a respirare al bisogno. Usa il Tavor il meno possibile ma se un giorno devi andare in un posto, o incontrare una persona che ti crea molta ansia, puoi prenderne uno.

Infine vorrei proporti di nuovo un ciclo di venti sedute di psicoterapia, gratuita nel tuo caso e utile per imparare a gestire gli attacchi al meglio. Il terapeuta che tiene le sedute è un dottore estremamente esperto e molto umano. Gli è rimasto giusto un posto libero, ma domani potrebbe essere già tardi…" 

 

Merlin stavolta accettò. Già solo la consapevolezza di fare qualcosa per sé, lo fece stare meglio. Invece l'idea dell'inalatore non gli andava a genio per niente, ma l'acquistò ugualmente, giurando a se stesso che nessuno lo avrebbe mai visto usarlo. Le persone che aveva visto utilizzarlo gli erano sempre sembrate a dir poco strane. Con questo tubo da cui aspiravano, rumorosamente, quasi fossero tossici in crisi di astinenza che istericamente  sniffassero qualcosa di più pesante del Ventolin. E se lo pensava lui che conosceva la terribile sensazione che si provava quando l'aria non bastava a far entrare in corpo l'ossigeno sufficiente, chissà gli altri cosa dovevano pensare.

 

La sera poco dopo le undici Merlin scrisse un messaggio ad Arthur. "Ci sei? Posso chiamarti?"

L'altro rispose subito. "Che ne diresti di una videochiamata? Sei presentabile?" 

"Ok. Dammi due minuti…"

 

Quando fece partire la videochiamata, Merlin non riusciva a vedere quasi niente. Lo schermo risultava pressoché nero.

"Ci sei? Che senso ha videochiamarsi se stai al buio?" fece Merlin.

Sentì un'allegra risata e poi lo schermò si illuminò.

Arthur apparve in piedi, a mezzo busto ed era a petto nudo. Era la prima volta che Merlin lo vedeva con il torso scoperto. Sicuramente Merlin poteva definire quello dell'altro, un fisico da modello. Come sempre la troppa bellezza lo metteva a disagio. A volte addirittura provava quasi una forma di avversione verso la fonte stessa della bellezza. Molto probabilmente a causa della gelosia. Merlin fece una faccia strana. E cercò con l'umorismo di appianare il suo malumore. A volte aiutava.

"E hai il coraggio di chiedere a me se sono presentabile! … Devo preoccuparmi?" chiese Merlin. Di nuovo quella risata allegra, ma stavolta riusciva a vederlo.

"Sei il solito esibizionista. Perché sei nudo?" chiese ancora Merlin.

"Non sono nudo! Aspetta …" brontolò Arthur.

Poi per un po' la telecamera inquadrò il pavimento della stanza girare su se stesso.

"Ecco! Scusa ma volevo mettermi sotto le coperte! Tu dove sei?"

"Sono al computer"

Ora Arthur era in primo piano. Sembrava voler bucare lo schermo.

Il suo viso era qualcosa di notevole visto da così vicino

"Un bel pigiama no, vero?" sorrise Merlin.

"No! Da sempre dormo in mutande."

"L'artrosi farà man bassa di te un giorno!" ribatté Merlin.

"Che cos'hai sulla testa? Sei già pronto per Halloween? Con quel turbante chi vorresti sembrare? Il talebano assassino?"

Merlin rise suo malgrado."Ricordami quanti anni hai compiuto Arthur! Dodici? ... È un asciugamano!" 

E sbuffando lo tolse dai capelli, sistemandoli un po' con le mani.

 

"Hai i capelli bagnati?"

"Ho finito di fare la doccia da poco!"

"Non ti agghiaccerai?"

"No, tranquillo. Non sono io a dormire senza pigiama."

"Sei in pigiama? Davvero dormi ancora con il pigiama?"

"Nella stagione fredda. Quando é più caldo uso solo la 'maglietta della salute'."

"Giuro che non ho mai visto un boomer tanto giovane!" ridacchiò Arthur.

"Non sai che già il solo dire boomer fa di te inevitabilmente un boomer?"

"Hai sempre la risposta pronta…" bofonchiò Arthur.

 

"Ok. Senti … oggi ho visto Morgana. Mi ha invitato alla sua festa per sabato. Ha detto che tu non ci sarai."

"Ti ha invitato sul serio? Non me l'ha detto. E tu ci andrai?"

"Non lo so ancora. Devo sentire Percival prima."

"Io ormai ho accettato di partecipare alla festa di un amico. Non mi andava di farla a casa mia! Le mie feste ultimamente non hanno … brillato!"

Merlin ridacchiò poi disse: "Sto aspettando che tu mi chieda quella cosa!"

"Scusa ma credo di essermi sbagliato … io penso che dovrei chiedertelo di persona!"

"E me lo dici adesso?"

"Ho paura che potresti stare male…"

"Quindi? Che facciamo?"

"Riguarda la brutta battuta che ho detto al bar" bisbigliò Arthur triste.

"Tu dici sempre brutte battute e non solo al bar!"

Arthur rimase serio. "Ma questa … è quella che ti ha fatto venire l'attacco … credo"

"Oh!" Merlin aveva capito. E sentì il viso accaldarsi.

Arthur aspettò qualche tempo e quando gli sembrò che Merlin avesse digerito la notizia osò: "È successo a te … vero? Hai incontrato qualcuno che ti ha drogato e …"

Merlin si portò una mano davanti agli occhi.

"Ehi, Merlin! Guardami! È finita! Sei al sicuro! Chi è stato? Dovresti dirmelo … Io potrei vendicarti in qualche modo! … Vorrei tanto farlo."

Merlin tacque.

"Dimmi: si trattava di più persone?"

"No … e non ricordo il suo nome. Solo la sua faccia."

"L'hai denunciato, spero!"

"No. Non ricordo niente di quel che è successo. Nemmeno di essere uscito dal bar con lui"

"Ma … ha abusato di te?"

"Sì…"

"Scusami ma … come lo sai per certo, se non ricordi nulla?"

"Me lo dissero al pronto soccorso! C'erano tracce di liquido seminale..."

"E come mai i medici non hanno chiamato la polizia? È loro dovere in questi casi!"

A Merlin scese una lacrima. 

"Stai bene?" domandò Arthur preoccupato.

"Sì… non hanno chiamato la polizia perché dissi loro che avevo avuto un rapporto sessuale quel pomeriggio con un'altro ragazzo."

"Ed era vero?"

"No…"

"Perché Merlin? Avevi paura?" Arthur era sconcertato e non capiva.

"Non paura, ma fu anche colpa mia!"

Arthur avrebbe voluto cominciare a urlare che non era colpa sua. Che certa gente faceva di tutto perché le loro vittime la pensassero così. Invece rimase in silenzio. Non voleva tirare troppo la corda, non voleva portarlo al limite e tanto meno che Merlin stesse di nuovo male. Merlin ricominciò a parlare.

"Lui ... mi piaceva… mi piaceva moltissimo. E glielo avevo fatto capire. Sapeva che avrei fatto sesso con lui,  allora ... perché? Non l'ho mai capito."

Stava piangendo. Arthur pensò che fosse strano sentir parlare Merlin così. Non era da lui. Ma non provò rabbia. Solo tristezza. Semmai la rabbia la provava per quello sconosciuto perverso.

"Non c'è niente da capire, Merlin. Quello era uno psicopatico, un sadico! Non era normale! E tutti i tuoi sensi di colpa sono inutili e fanno male solo a te."

"Tu non capisci vero? Io credevo che a me non sarebbe mai potuto accadere… cioè, il fatto di concedermi così a uno sconosciuto…"

"Merlin…"

Aveva cominciato a piangere molto più forte. Si asciugava il viso di continuo. Arthur avrebbe avuto voglia di abbracciarlo. Se fossero stati vicini, probabilmente l'avrebbe fatto.

Merlin continuò con voce nasale. "Ti ho sempre giudicato per questo motivo e invece, avrei fatto come te, anzi peggio! Perché tu non hai mai rotto le palle a nessuno con le tue teorie, mentre io sono stato sempre orgoglioso della mia … integrità. Ma quella volta sapevo di sbagliare e l'ho pagata… ed è giusto così!" 

"No. Non è giusto. E so che in fondo sai anche tu che non lo è. Hai avuto sfortuna! Ma è capitato a tanti altri, uomini e donne. E non puoi pensare che sia colpa tua, solo perché desideravi stare con lui. Questo significa solo che sei umano, Merlin! Perché non puoi perdonare te stesso, come riesci a fare con gli altri? Come hai fatto con Percival e con me…!"

"Non credevo che avrei mai ammesso una cosa simile, ma quello che avete fatto tu e Percival è molto meno grave di quello che avrei fatto io…"

"Vuoi dire molto meno grave di quello che lui ha fatto a te… Convinciti Merlin!"

"Mi piacerebbe… spero di farcela un giorno ma per ora è difficile … ma, dimmi Arthur ... com'è?

"Com'è cosa?"

"Fare sesso con uno sconosciuto!"

Arthur non se l'aspettava. Non era facile rispondere a quella domanda fatta da uno come Merlin.

"Non si può generalizzare. Dipende da come siamo fatti, da quale momento della vita succede e da tanti altri fattori. Io per esempio, non sono sensibile come te. Io non credo di aver mai provato per nessuno un'attrazione simile a quella che hai sentito tu per quell'uomo. Saresti davvero andato fino in fondo con lui? Io ho i miei dubbi."

"Sono sicuro di sì. Non importa come mi giudicherai…"

"Come posso permettermi di giudicarti? Le mie storie sono state tutte così … E per come ti conosco, se lui fosse stato onesto e anche solo soddisfacente come amante, io sono convinto che ti saresti innamorato di lui. Proprio perché sei un ragazzo dolce e profondamente sensibile."

A Merlin fece piacere sentire quelle parole. Servivano a giustificare il pericolo che aveva corso e a dare un senso meno squallido al suo comportamento. 

"Grazie. Credo che tu mi consideri migliore di quanto non sia."

"Un trauma come quello che hai subito, secondo me andrebbe affrontato con l'aiuto di qualcuno. Intendo di un professionista."

Merlin si soffiò il naso e lo guardò con più calma.

"In passato ho già fatto alcune sedute, a causa della gelosia. Ti sembra che mi sia servito?"

"Ma magari eri troppo piccolo di età. Ora sei più maturo e affronteresti la cosa in modo diverso. Vuoi che m'informi?"

"No, ti ringrazio. Ho già preso appuntamento con uno psicoterapeuta. Mi hanno detto che é bravo"

"Penso sia una cosa fantastica, Merlin ... Chi sa di ... lui?"

"Mia madre non lo sa. Ne morirebbe. O quasi. Ho chiesto al medico di non dirle niente. Percival lo sa. E anche i miei tre migliori amici e ora tu…"

"E dire che credevo di avere l'esclusiva…" sorrise Arthur.

"L'ultima parte, se ti può consolare, l'ho detta solo a te. Mi vergognavo troppo."

"Quale esattamente?"

"Quella in cui avevo deciso di passare la notte con lui."
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Merlin sorrise amaramente e Arthur cercò di stemperare quell'atmosfera pesante.

"Ora puoi dire che lo sanno i tuoi quattro migliori amici! A proposito quand'è che me li presenti? Non vedo l'ora di far parte del magico gruppo 'Tutti  per Merlin, Merlin per tutti'!"

Merlin gli fece un sorriso allegro.

"I moschettieri più D'Artagnan sono già quattro, me compreso. Temo non ci sia posto!"

"Potremo allargare il gruppo, in modo che possa farne parte anch'io…"

"Ti ringrazio Arthur di esserti preoccupato per me. Mi sento più leggero, ora che mi sono sfogato…"

"Posso chiederti ancora una cosa?"

"Vai. Tanto più di così…"

"Cosa diresti se Percival facesse una videochiamata di notte, con un ragazzo bello e affascinante come me, mezzo nudo per giunta? Non ne saresti geloso?"

"Uh … Arthur! Stai perdendo molti punti adesso!"

"Non dirmelo … sei già geloso solo per quello che ti ho detto?"

"Potrebbe darsi … fa parte di quelle cose che non vorrei che Percival mi dicesse. Se lui fosse in buona fede come lo sono io in questo momento e non facesse nulla di male, farebbe un favore a tutti e due, se tenesse la cosa per sé!"

"Questa è una cosa che davvero non capirò mai, neanche se me la iniettassero a forza con un ago nel cervello. Quindi non glielo dirai? A Percival intendo!"

"Credo di sì! Magari non gli dirò che eri seminudo ma il resto sì!"

"Perché?"

"Perché lui non è geloso!"

"D'accordo Merlin! Qualcuno un giorno scriverà un'enciclopedia su di te … Buonanotte!"

"Buonanotte!"

 

Stava per spegnere quando sentì Arthur dire: "Io credo che al suo posto sarei geloso…" e s'interruppe la comunicazione.

Merlin si accorse che i capelli erano asciutti e si mise a letto. Dentro si sentiva un po' svuotato, ma la sensazione non era spiacevole. Spense la luce. Le ultime parole di Arthur gli risuonavano in testa, un po' misteriose. Voleva fargli capire che non si stava comportando troppo bene nei confronti di Percival, stando con lui in videochiamata così tanto tempo? 

Senza contare che quello normalmente era il tempo che dedicava quotidianamente al suo ragazzo. 

Oppure intendeva fargli comprendere che se Arthur fosse stato il suo ragazzo, al posto di Percival, sarebbe stato geloso e non avrebbe gradito che lui stesse in videochiamata con un altro ragazzo? O forse era qualcos'altro ancora che gli sfuggiva?

Merlin si girò a pancia in giù avvolgendo il cuscino con un braccio e si addormentò poco dopo.


L'invito alla festa di Morgana incontrò il parere favorevole di Percival. Il giovane era contento di andarci, anche se aveva qualche remora riguardo a Merlin, per via della sua burrascosa reazione alla festa precedente.

Merlin impiegò un paio d'ore prima di avere conferma da parte dei suoi amici.

Infine mandò un messaggio a Morgana scrivendole che accettava l'invito e comunicandole che sarebbero stati in cinque.


Fu poi il momento di pensare al costume. Merlin decise di utilizzare lo stesso degli anni passati, che ancora gli donava e che solo i più intimi tra gli amici gli avevano visto indossare.

Morgana gli rispose che era molto felice. E gli chiese di prendere un appuntamento al salone sabato pomeriggio. Voleva essere truccata da strega. 

"Verrebbe anche una mia amica dopo di me, se hai posto" gli scrisse Morgana.

Quel sabato pomeriggio si sarebbe rivelato impegnativo. Ma era anche eccitato dall'idea di partecipare a una festa che gli permetteva di cancellare l'ombra di quella precedente, così nefasta per lui. Stavolta sentiva che sarebbe andato tutto bene.

"Vi aspetto!"

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Capitolo 10
*** Capitolo X - Strings - ***


Capitolo X

 

Strings

















 

Il mattino dopo Merlin si concesse un caffè al bar dell'università. Era di buon umore. Era ancora presto e come al solito stava ripassando i suoi appunti sul telefonino. 

"Merlin!" 

Arthur gli andò incontro sorridendo, ma rimanendo in piedi, accanto al suo tavolino. "Buongiorno! Aspetti qualcuno?"

Con quel 'qualcuno' si riferiva ovviamente a Percival.

"No. Percival è occupato in uno dei suoi stage presso un asilo nido. Mi sa che presto dovrà cominciare a cambiare dei pannolini!" rise Merlin. "Ti siedi con me?"

"Stavi studiando…"

"Non preoccuparti. Sono più che pronto per le lezioni di oggi!"

"Vorrei poterlo dire anch'io…" mormorò Arthur sedendosi con la sua tazza di caffè americano.

"Scusa, ma come fai a bere quella roba annacquata?" chiese Merlin con una faccia mezza schifata.

"Il caffè espresso è buono, ma … è poco!"

A Merlin scappò una risatina. "E invece cosa intendevi dire sulle tue lezioni?"

"Non stanno andando troppo bene. Mi sembra di avere sempre troppo poco tempo per studiare. Ma cosa lo dico a fare? Tu, di tempo ne hai molto meno eppure studi tanto lo stesso."

"Non per annoiarti, ma è tutta questione di organizzazione!"

"E invece ti trovo noioso e sleale se vuoi proprio saperlo, Merlin. È quello che mi dicono sempre i professori…"

Merlin aprì bene gli occhi, ricacciando indietro il sorriso. "Perché è vero… Com'era l'altra università, in Francia? Non mi hai raccontato niente di Parigi…"

"La mia università era … ottima, ma non mi trovavo molto a mio agio con i compagni: erano tutti concentrati sulla carriera futura, ma tutto sommato erano ragazzi sotto la media, direi. Poca cultura. Zero ideali … e se lo dico io …"

"Io credo invece che tu ce li abbia. Gli ideali, intendo. Magari li tieni un po' nascosti. Ma capisco che al giorno d'oggi non sia saggio per un giovane sbandierarli ai quattro venti. Inoltre credo che in quanto a cultura tu ne possieda più di quello che credi. Parli francese come se fosse la tua lingua e pensa solo a ciò che hai visto nei viaggi che hai fatto intorno al mondo!" 

"Non per mio merito!"

"Ma neanche per demerito. Non è questo il punto. Hai talmente tanti interessi. Si capisce dalla passione che ci metti quando ne parli. La metà delle cose che dici, io non so neppure cosa sia…" disse Merlin sorridendo "e un'altra cosa importante che ho scoperto su di te è la tua sensibilità nei confronti degli altri…"

"Stamattina sei pieno di benevolenza nei miei riguardi. Non che mi lamenti…"

"Io sono così piuttosto spesso. Sei tu che sei cambiato…"

"Se alludi all'empatia nei tuoi confronti, sì, sono d'accordo, ma con te mi viene naturale. Penso sia tu a causarla. Scommetto che anche i tuoi moschettieri sono molto protettivi con te!"

L'altro socchiuse gli occhi in modo affettuoso. "Tre mamme ansiose! Non saprei dirti chi lo sia di più, tra loro."

"Ci sono dei momenti in cui appari fragile e infondi tenerezza negli altri!"

"Non sono sicuro che mi faccia piacere!"

"Perché no? Sei molto carino quando hai quell'aria da pulcino bagnato!"

Merlin portò gli occhi verso il soffitto. "Parlami di Parigi piuttosto..."

 

Arthur sospirò e il suo volto quasi s'illuminò.

"La città è magnifica. Devi vederla Merlin… camminare per le strade di Parigi, di giorno, di notte, è un'esperienza unica. I monumenti, la natura e una moltitudine di artisti di strada, uno più bravo dell'altro. Da incantarsi per ore a guardarli. Parigi ha portato fortuna al rapporto tra me e Morgana. È molto migliorato. Sono anche riuscito ad aiutarla finanziariamente, una cosa che ritenevo impossibile, a causa del suo orgoglio. Io posso ancora usufruire dei soldi di mio padre, mentre lei, no"

"Sì, Morgana mi ha raccontato. Ma come mai era a casa tua quella volta che venni a truccarla?"

"L'ho invitata io. Mio padre me lo concede ogni tanto, ma solo come ospite e purché non sia presente anche lui. Tornando a Parigi, la cosa migliore che ho visto è l'università di moda di Morgana. È … fantastica. Ogni scusa era buona per entrarci. È lì che ho posato per la prima volta per fare delle foto. Ed è sempre lì che a fine sessione ho partecipato alla mia prima sfilata con gli altri ragazzi…"

"Immagino che ad attirarti fossero proprio … tutti quei modelli, più o meno vestiti. Doveva trattarsi di una tentazione molto forte, giusto?"

Arthur storse lievemente la bocca.

"Mi sa che devo stare attento, adesso! Le tue parole hanno tanto l'aria di essere una trappola."

Merlin mischiò il suo caffè. Forse Arthur aveva ragione.

Ancora prima di parlare, Merlin sentiva già il solito fastidioso groppo in gola. Si chiese se finire per porre l'accento sempre sugli stessi discorsi fosse una sua forma di autolesionismo. Avrebbe dovuto ricordarsi di parlarne con lo psicologo, con cui a breve avrebbe avuto la prima seduta.

"Vuoi che ti risponda o meglio di no?" chiese Arthur fissandolo.

Merlin fece un sorriso tirato. "Meglio di no. Se credi che la tua risposta potrebbe turbarmi così tanto, allora preferisco rimanere nell'ignoranza."

E bevve il suo caffè in un sorso solo. 

 

Merlin si alzò in piedi.

"Grazie per la compagnia. Vado in aula"

"Ma è ancora presto!"

"Mi piace scegliere un buon posto, quando posso. Buona giornata, Arthur"

"Anche a te!"

 

Merlin era un po' deluso da se stesso. Era scappato. La sera prima si era confidato con Arthur e forse anche a lui sarebbe piaciuto aprirsi sulla sua esperienza in Francia. Era giusto. Tra amici era naturale che fosse così. Ma Merlin si fingeva curioso e coraggioso per poi pentirsi. Non si era comportato da amico. Si era comportato da egoista, come al solito. Tutti i suoi amici dovevano stare attenti a quello che dicevano o che facevano, in sua presenza, escluso Gwaine che amava stuzzicarlo, ma entro certi limiti. Merlin in cambio era disposto ad ascoltare e a sostenere gli altri purché non toccassero certi argomenti, che spesso era lui stesso a sollevare. 

A volte si chiedeva come facessero Percival e gli altri a sopportarlo. Perché nessuno lo aveva mandato al diavolo finora? Altro che psicologo! Per lui non sarebbe bastata un'intera schiera di psichiatri!



 

Finita quella settimana estremamente impegnativa, il giorno di Halloween, era arrivato. Merlin stava truccando Morgana al salone, quel pomeriggio.

Aveva spruzzato dello spray verde sulle punte dei capelli.

Su una base per il viso molto chiara disegnò l'ombra degli zigomi con matite di color nero e viola. Truccò pesantemente gli occhi con l'eyeliner nero tirandoli verso l'esterno e verso l'alto, il più possibile.

 

"Merlin, non ho intenzione di mettermi un naso finto, né di applicare orrendi nei pelosi. Voglio essere una bella strega, stasera. Più bella possibile, se capisci quello che voglio dire" quasi rise Morgana.

 

Merlin ribatté: "Mi dici questo solo perché vuoi sentirti dire  che mai e poi mai potresti essere brutta, nemmeno con i bubboni della peste! ... Ho capito: niente cose disgustose! Sono molto curioso di conoscere quest' uomo… perché si tratta di un uomo, vero?"

"Sì!" scoppiò a ridere la ragazza.

"Che gay sarei se dessi per scontate certe cose…"


Era quasi al termine, quando qualcuno alle sue spalle:

"Allora, avete finito?"

"Arthur! Ciao! Due minuti e te la ridò indietro!"

"E io?"

"Tu? Tu cosa vuoi?"

"Devi truccarmi caro! Ho  prenotato."

Merlin si girò verso Morgana: "Sarebbe lui la tua 'amica'?"

Morgana si aprì in una bella risata. "Pensavamo che avresti detto di no!" Non si aspettava assolutamente di dover truccare Arthur. Gli venne quasi da ridere. Spruzzò una gran quantità di fissatore sul viso truccato di Morgana. 

Era soddisfatto, soprattutto dell'elegante spicchio di ragnatela che aveva disegnato sulla fronte della ragazza.


Quando rimasero soli Merlin s'informò⅙: "Da cosa vuoi essere truccato?"

"Vado pazzo per Joker! Guarda!"

E gli mostrò una foto di quelle scaricate da Internet.

 

Merlin iniziò dai capelli, bagnando il pettine per tirarglieli più indietro possibile.

"Meno male che hai fatto allungare i capelli, altrimenti l'effetto non sarebbe molto buono."

Arthur era molto diverso con la fronte scoperta e i capelli scuriti dall'acqua. Quasi un'altra persona. Non si capacitava del fatto che fosse bellissimo anche così. Aveva sempre pensato che la bellezza di Arthur dipendesse molto dai suoi capelli biondi e lisci e dai ciuffi che gli ricadevano seducenti sulla fronte e sugli occhi. Ma si era sbagliato.

Prima miscelò i capelli di Arthur con un gel verde e poi con uno spray verde, per tingere i capelli di Arthur, in maniera ovviamente, temporanea. Gli mise una specie di cuffia con un tubo da collegare al phon, per asciugarli.

Mentre Merlin spennellava il viso e il collo di Artù con un cerone molto bianco, questi parlava: "Ricordo che ti sarebbe piaciuto truccare un uomo, sbaglio?"

"Già. Te lo chiesi pure ma tu rispondesti picche. Non è la stessa cosa però: io non intendevo un trucco da Halloween…"

"È vero. Volevi provare un trucco più classico!"

"No, al contrario: un trucco moderno, un trucco visibile!"

"Non mi andrebbe proprio di sembrare un gay effemminato…"

"Il risultato non dovrebbe servire a quello. Ma temo che, sì, è quello che saresti considerato, tranne da pochi illuminati. Sei a disagio con i gay effeminati?" 

"Non ho detto questo. È solo che io non voglio sembrarlo. Non è come mi sento." 

 

Erano in parecchi i ragazzi gay che tendevano a non frequentare i ragazzi con vestiti o trucchi da donne. A uno potevano piacere o non piacere e ognuno era libero di scegliere chi voleva, ma a Merlin dava molto fastidio questa specie di discriminazione tra gay di serie A e di serie B. Senza contare altre categorie. Era una specie di moda, una gran brutta moda, se i gay si dividevano al loro interno. Non c'era già stata abbastanza discriminazione da parte delle persone e dello stato negli anni passati? Lui, Arthur e Percival non avevano vissuto in prima persona quel periodo di cui però avevano letto e sentito raccontare.

Merlin li trovava simpatici, eccentrici, divertenti e generosi. Ne aveva conosciuti diversi.

Quelli molto più grandi di lui erano spesso pieni di rancore per l'odio che avevano dovuto subire dalla società quando erano giovani. Abusi, insulti, bullismo, discriminazioni a scuola, sul lavoro, isolamenti, minacce, percosse. In quegli anni ne avevano uccisi tanti. L'omofobia era tollerata persino dalle forze dell'ordine: chiudevano un occhio se le vittime erano omosessuali. Merlin pensava di essere stato fortunato ad essere nato in un Paese più aperto, in un momento più giusto, anche se molto restava da fare in termini di diritti, giustizia e parità. 

 

"Sei mai stato con uno di loro?" chiese Merlin.

"No. Ti ho detto che non mi attirano e tu?"

"Dimentichi che anch'io lo sono…"

"Non direi proprio. Non l'ho mai pensato."

"Io mi trucco!"

"In modo molto lieve…"

"Non è quello che mi hai detto la prima volta che ti ho incontrato…"

"Dovevo difendermi. Eri una furia…"

Merlin si mise a ridere. "Per rispondere alla tua domanda, sì, ne ho baciati alcuni…"

"E com'è stato?"

"È stato bello, esattamente come con gli altri. Anche se…"

"Anche se?"

"Il rossetto fa disastri…"

Arthur ridacchiò poi abbassò la voce e sussurrò: "Anche quell'uomo era femminile?"

"No…"

"Ma era così bello?"

"Era bello, sì!"

"Più bello di me?" sorrise Arthur.

"Non sono io, il geloso, tra noi due?"

"Rispondimi, dai. Era più bello di me?"

"No. Contento?"

"Ma, allora cosa aveva…?"

 

Quello, Merlin non poteva dirglielo. Quella volta aveva paragonato il modo di fare di quell'uomo a quello di Arthur. Glielo ricordava molto. All'inizio.

 

"Non lo so, esattamente. Forse era il modo in cui mi faceva sentire… bello, desiderabile, speciale…"

 

"Tutto qui? Secondo me lui ha avuto il solo merito di averti fatto sentire più sicuro di te stesso. Tu sei già bello, d-… e speciale! Lo vediamo tutti. Solo che la tua insicurezza ha spesso la meglio sulla tua capacità di giudizio."

Merlin sentì le guance cominciare a scaldarsi.

"Fermo!" disse Merlin riacquistando il controllo di sé. "E chiudi gli occhi. È difficile disegnare i triangoli, se ti muovi"



 

"Sei bravo, Merlin! Hai fatto di me un magnifico Joker!"

"Grazie"

"Ma come? Mi aspettavo che dicessi che fosse merito del modello, come hai fatto con Morgana…"

"Appunto. Tu sei un modello! Non hai bisogno anche dei miei complimenti!"

"Detti da un professionista valgono di più…"

Merlin sorrise. Arthur gli mise qualcosa nella tasca del grembiule e si portò l'indice vicino alla bocca.

"Mi dispiacerà non vederti stasera alla festa. Da cosa ti vestirai?" chiese Joker.

"Magia, mistero …"

"E piantala!"

"Da angelo della morte…" mentì Merlin divertito.

"Mandami un selfie, vuoi!? E non sparire, ok?"

Poi Arthur andò a pagare alla cassa e se ne andò. 

Merlin aprì la tasca del grembiule. Arthur gli aveva dato 150 dollari di mancia.

'Arthur!'

E con una specie di magone in gola, fece accomodare la cliente successiva.





 

Il salone era ormai chiuso. Erano rimasti solo Merlin e Gwen a riordinare.

"E così… quello era Arthur?" Gwen aveva un tono strano. Un po' freddo e un po' arrabbiato.

"Già!"

"Non me l'avevi detto …"

"Che cosa?"

"Che fosse un figo da paura"

"Sì, invece, credo di avertelo detto più volte, magari in modo più fine … ma, ehi, vuoi farmi ingelosire, per caso?"

"Ma per piacere! Arthur non è gay fino al midollo?"

"Credo di sì!" rispose il ragazzo con un sorriso un po’ sadico.

"Dico solo che potevi presentarmelo. Credevo di essere importante per te…"

"Hai ragione, scusa. Mi ha preso talmente alla sprovvista, venendo qui di sorpresa, che non ci ho pensato!"

"Bell'amico…" si allontanò Gwen.

"Ehi, aspetta! Alla prima occasione te lo presento e ti presenterò anche due amici di Arthur. Sono fantastici!"

Gwen si fermò girandosi verso di lui. "Non ne ho già avuta abbastanza di essere rifiutata? Sia dai gay che dagli etero" disse alludendo a Merlin e a Gwaine. "Non credo proprio di essere in grado di fare cambiare idea a un ragazzo gay."

"Oh, ma loro sono etero. Arthur ci ha tenuto a sottolinearlo, alla sua festa, altrimenti sarebbero stati presi d'assalto da molti dei ragazzi presenti."

"Mh… se sono così fantastici allora ti ringrazio ma meglio di no…"

"Sembrano anche persone per bene…"

 

"Lascia stare, Merlin, ma grazie per il pensiero" mormorò la ragazza sparendo dietro un angolo.

 

'Cavoli!' pensò Merlin. Quante volte erano tornati su quel discorso lui, Gwaine e Gwen. E alla mente affiorarono alcuni ricordi.

 

Quand'era stato che lui e Gwaine si erano resi finalmente conto del problema di Gwen?

Era successo, poco prima che Merlin avesse la certezza di essere gay, poco prima che Merlin incontrasse Arthur. I due ragazzi avevano assistito  più volte a dei tentativi di ragazzi di approcciarsi all'amica. Alcuni erano anche particolarmente carini. Ma la dolcezza e la gentilezza che caratterizzavano la ragazza, veniva meno quando quei ragazzi la corteggiavano o la invitavano fuori. Rispondeva sempre in modo secco e li faceva scappare tutti in men che non si dica.

"È colpa nostra, vero Merlin?" diceva Gwaine.

 

"Sì. È tutta colpa nostra."

 

"L'abbiamo traumatizzata" 

 

"Siamo degli amici di merda!" continuava Merlin.

 

"Ma tu perché non le hai detto di sì?" domandò Gwaine.

 

"Perché sicuramente adesso non sarei più suo amico… "

 

"Vero! Ma forse adesso avrebbe un ragazzo!"

 

"E tu perché non sei andato con lei?" ribatteva Merlin.

 

"Mi sarebbe piaciuto, sai? Ma, mi conosci. Con le ragazze sono uno stronzo. Non volevo trattare così anche lei!"

 

"Ma forse adesso avrebbe un ragazzo… ha diciannove anni e non ha mai baciato nemmeno un ragazzo!"

 

"E poi dicono che fare del bene alle persone è una cosa buona …"




 

Quando poco tempo dopo Merlin fece coming out con i due amici, la ragazza cacciò un urlo di gioia, lo abbracciò e si mise a piangere. 

 

"Perché piangi?"

 

"Scusa Merlin. Sono felice che tu ce l'abbia detto, ma sono felice anche per me… Essere rifiutata da un ragazzo gay ha più senso e fa meno male… qualche dubbio m'era anche venuto, sai? Potevi dircelo prima, però…"

 

"L'ho appena scoperto. O meglio adesso ne sono sicuro."

 

La ragazza si voltò con occhi languidi verso Gwaine.

"Tu, Gwaine, non devi dirmi niente?"

 

Gwaine strabuzzò gli occhi.

"Mi dispiace ma non sono gay, almeno fino ad ora!"

 

"Gwaine, sii sincero" chiese Merlin titubante "sei … deluso?"

 

L'altro ragazzo lo guardò serioso. "No, Merlin. Nessun problema, basta che tu rimanga sempre a distanza di sicurezza da me."

 

Gwen e Merlin si congelarono sul posto.

 

"Dai, vieni qui!" disse Gwaine sorridendo e andò verso l'altro per abbracciarlo.

 

"Certo, che sei un vero stronzo!" disse Gwen scuotendo la testa.

 

"Confermo. Mi hai fatto prendere un colpo" sostenne Merlin.

 

Gwaine portò un braccio sulle spalle di Merlin. "Scusatemi. Ma quando mi capitano queste occasioni, proprio non resisto…"

 

Non c'era tempo per i ricordi in quel momento. Doveva andare a casa, farsi la doccia, mangiare e prepararsi. E aiutare Percival con il suo costume.



 

"Sei un bellissimo diavolo Merlin, anche se fai un po' impressione…"

"È questo lo scopo in fondo, Percival!"

Merlino indossava una aderente tuta rossa con finte fasce muscolari sparse un po' dappertutto e un copricapo con corna nere e orecchie a punta. Aveva il viso completamente colorato di rosso, tranne le labbra, le sopracciglia e il contorno degli occhi disegnati con un eyeliner nero e lucido. Il tocco in più erano un paio di lenti a contatto con grandi iridi nere, con pupilla stretta e gialla, come quella di un gatto. Già da sole le lenti gli davano un effetto molto inquietante e gli cambiavano completamente il viso.

 

"Vieni qui che finisco di truccarti." 

Spennellò viso e collo del suo ragazzo con un fondotinta mischiato a un ombretto verde opaco. Disegnò vene rosse e blu, un po' dappertutto, contornò gli occhi e la parte sottostante con una matita nera e tratteggiò cicatrici con i punti in rilievo. Percival indossava un vestito elegante e un po' abbondante come taglia e guanti come se fossero le mani di un morto. Come tocco finale usò uno spray nero per i capelli.

"Come Frankenstein, ti ho fatto decisamente troppo bello!" concluse Merlin a lavoro finito.


Quando arrivarono a casa di Morgana c'erano già alcune persone. 

Morgana indossava un vestito e un cappello da strega in fitto pizzo nero. 

"Sembri una dea, altro che strega!" disse Merlin a Morgana.

 

"No? Merlin? Ti ho riconosciuto dalla voce… non sembri neanche tu. Non credevo che il demonio potesse essere così affascinante…" rise Morgana, abbracciandolo.

 

"E dove hai messo Harry Potter?" sussurrò Merlin.

 

"Non è ancora arrivato!"

"Si vuol fare desiderare…"

"Credo proprio che sia così!" 

Merlin osservò Morgana. Non era solo bella: era raggiante.

 

In quel momento Gwen, Gwaine ed Elyan fecero il loro ingresso. Merlin li presentò a Morgana e lei fu estremamente carina con loro, soprattutto con Gwen.

Accettò un baciamano un po' aggressivo da Gwaine e ridendo si rivolse a Merlin.

"Ehi! Non mi avevi detto che Gwen fosse di una tale bellezza, persino con i pezzi di pelle staccati!"

Gwen era una zombie molto graziosa e decisamente lugubre con i lembi di pelle cascante fatti con colla vinilica mischiata a fondotinta scuro.

"E invece a me non ha fatto che decantare la tua bellezza, ma devo dire che stavolta non ha esagerato" rispose Gwen con allegria.

 

Elyan era vestito da scheletro con un bellissimo teschio sul viso, dipinto con maestria da sua sorella.

 

Gwaine era un peloso lupo mannaro con una maschera da lupo lunga fino al naso. Aveva anche dei lunghi denti finti. Il lupo si rivolse a Percival mettendogli le mani sulle spalle. "Sei un magnifico Hulk, ma sei un po' troppo vestito o pare a me?"

Merlin rise: "Non è Hulk. È Frankenstein. Tu credi che

avrei potuto portare Percival mezzo nudo ad un festa? Tutti quei peli devono averti dato alla testa"

 

Mangiarono qualcosa, ballarono, bevvero e poi ballarono di nuovo. 

Merlin si accorse della guerriera striata di sangue che si occupava della musica.

Morgana fu al suo fianco per mormorargli. "Quella che stai guardando è la mia amica Morgause. Se ti piace, dopo te la presento" 

"È molto bella. Ha dei capelli biondi favolosi, e adoro la sua armatura antica, ma, primo, sono fidanzato e secondo, lei è una donna…"

"Mh … Non ne sarei così sicuro al tuo posto. È una spadaccina d'eccezione. E non credo le piacciano gli uomini, se non come avversari in un duello...!"

"Che carina … magari stavolta passo…" mentre Morgana si sbellicava dal ridere.

 

Merlin si stava divertendo molto, e anche Percival che faceva gare di bevute con Gwaine. Non avrebbe saputo chi dei due dare come favorito. Sicuramente sapeva chi avrebbe guidato l'auto al ritorno da quella festa. Gwaine sembrava reggere benissimo l'alcool ma Percival aveva una stazza tale che pareva non riempirsi mai. 

Ad un certo punto Merlin adocchiò un vampiro alto e ben piazzato che poco prima non c'era.

 

Doveva essere lui. Morgana smise di ballare per andare incontro al nuovo arrivato.

L'uomo aveva i capelli striati di bianco e pettinati all'indietro. Portava baffi e barba corta, non posticci. Aveva una dentiera con enormi canini e finto sangue rappreso attorno alle labbra. Era abbastanza impressionante e truccato molto bene. Aveva un mantello di raso nero con l’interno rosso, ampissimo e sotto era completamente vestito di nero.

Lo vide spostare i capelli di Morgana da un lato con un guanto bianco e avvicinarsi come per darle un morso. Morgana spostò indietro la testa tanto che le cadde il grande cappello da strega. Merlin la vide ridere con gli occhi che le scintillavano.

 

Poi si diresse al bancone e chiese un Bacardi e cola. Era piuttosto rilassato. Aveva preso un Tavor. Certo che psicofarmaci e alcool erano un mix pericoloso, ma sarebbe stato prudente: avrebbe preso al massimo due long drink poi avrebbe continuato a bere bibite analcoliche.  

Come immaginava dopo un po' Morgana si avvicinò a lui, tenendo per mano il vampiro sorridente, che nel frattempo aveva fatto sparire la scomodissima dentiera. 

"Merlin, lui è la persona che ti volevo presentare: Oswald*. Oswald, lui è Merlin il ragazzo di cui ti ho parlato."

I due uomini si strinsero la mano sorridendo. Merlin si accorse che da vicino l'uomo era molto più giovane e più bello di quello che avesse immaginato.

"Merlin. È un vero piacere conoscerti. Morgana mi ha detto meraviglie su di te. Credo tu abbia un fan sfegatata" disse sorridendo volgendosi verso Morgana.

"La cosa è del tutto reciproca. Morgana è semplicemente straordinaria."

"Beh, credo di averlo capito!"

E di nuovo guardò la ragazza in un modo che … che forse aveva già visto.

 

E tutto avvenne nello spazio di pochi istanti!

Merlin ebbe una specie di lampo nel cervello, anzi di vari, brevi flash: la mano che aveva stretto, la voce profonda e gentile, il modo in cui guardava Morgana. Si chiamava Oswald? 

 

Forse aveva già sentito quel nome.

Oswald! … E sperò con tutte le sue forze che non si trattasse di ciò che temeva,  ma lo sentiva, da come la sua gola si era chiusa. Da come l'aria non gli bastasse improvvisamente più all'interno dei polmoni.

Era lui, il mostro, quell'uomo!

 

Merlin cominciò a sentirsi male, male davvero. Farfugliò: "Siete … davvero una bella …coppia, ma ora devo proprio andare. A dopo …a dopo"

E con un sorriso più simile a un ghigno, si allontanò costringendosi a non correre e uscì in giardino. Tremava come una foglia. "Oddio! Oswald! È qui!" I capogiri lo fecero cadere in ginocchio; il male al petto era più forte. Con mani tremanti cercò di tirare fuori il Ventolin dal marsupio nero legato in vita che era l'unica stonatura nel look da diavolo rosso. Non riusciva più a respirare. Infilò l'inalatore in bocca e schiacciò il pulsante della bomboletta, inspirando a lungo. Avrebbero potuto vederlo tutti che non gli sarebbe importato nulla. Attese qualche secondo e di nuovo inalò il farmaco. Una terza pressione bastò a ripristinare una respirazione sufficiente. Iniziò a piangere, più del solito. Si tolse le lenti e le buttò via, perchè con le lacrime cominciavano a bruciargli troppo. 'Morgana è in pericolo. Cosa devo fare?' si chiese. Era disposto a rovinare la storia d'amore di Morgana?

Se l'avesse detto a Percival, il ragazzone avrebbe steso l'uomo a suon di pugni. Gwaine avrebbe fatto lo stesso. Gwen avrebbe scatenato un inferno di urla e recriminazioni da fare arrivare lì l'intero vicinato. Arthur! Se Arthur avesse saputo che tale "Oswald" alias 'quell'uomo' era in compagnia di sua sorella, l'avrebbe ammazzato subito. E quindi? Cosa doveva fare? Lasciarla in balia di quel mostro? Tirò fuori il cellulare e si allontanò dalla porta del garage.

S'inoltrò nel giardino percorrendo un bel tratto, così da non essere visto da nessuno.

 

"Puoi venire qui? È una cosa importante …molto…per favore!" 

 

Non era riuscito a non contattare Arthur. Se fosse successo qualcosa a Morgana non avrebbe potuto perdonarselo. E nemmeno Arthur gliel'avrebbe perdonato.

 

Sentì dei passi dietro di lui. 

 

Era Oswald. E sentì il sudore colargli sul volto, mischiato al trucco ormai disfatto.

 

"Merlin! Non ti avevo quasi riconosciuto con quegli occhioni ... Ma il tuo nome me lo ricordavo bene e non solo quello" sorrise l'uomo. "Probabilmente anche tu ti rammenterai di me."

 

"Speravo che non ti avrei più rivisto. Vorrei che tu te ne andassi da questa festa e che lasciassi stare Morgana!"

 

"Ma … l'hai vista? È lei che non riesce a lasciar stare me. Se me ne andassi le si spezzerebbe il cuore!"

 

"Cosa vuoi da lei?"

 

"Voglio il suo amore!"

 

"Certo, come volevi il mio" chiosò Merlin disgustato.

 

"No. Stiamo attenti a non mischiare le cose. Con te era piacere, con lei è … lavoro"

Merlin ricominciava a stare male. Ora era lo stomaco a dolergli e provava una nausea insopportabile.

Per un attimo pensò che se gli avesse vomitato addosso, quello stronzo se ne sarebbe andato.

 

"Lavoro?" sussurrò Merlin.

 

"Esatto. Sono un po' a corto di liquidi ed ho intenzione di proporre a Morgana alcuni ottimi affari. Ottimi per me ovviamente"

 

"Devi lasciarla stare…"

 

"O altrimenti? Cosa credi di poter fare?"

 

"Te la farò pagare!"

 

 

Merlin non ci vide più e attaccò l'uomo, che si mise di profilo rispetto a lui, dandogli due gomitate nello stomaco che lo fecero cadere a terra, senza fiato.

 

"Che peccato! Rovinare così il bellissimo ricordo che ho di te. Anche addormentato era così … malleabile. E non ho avuto nessun problema con polizia o carabinieri. Ti ringrazio. L'ho apprezzato molto."

 

"Sei solo un vigliacco. Non hai il coraggio di confrontarti con una persona vera, che abbia una volontà propria!"

"Questo non è vero, ma mi piace avere il controllo totale sui miei amanti. È un po' da egoisti, me ne rendo conto." 

 

"No, è un po' da pazzi." 

 

"La tua opinione non conta.

Non è mai contata. E quindi ora cosa vorresti fare? Dirlo a Morgana? È innamorata di me. Sei sicuro di farle un favore? Questo potrebbe costarti la sua considerazione!"

 

"Vattene!" 

 

"Considerati fortunato Merlin. Con te mi sono accontentato di poco.

Tu sai che alcuni uomini uccidono i loro ragazzi quando sono incoscienti? Ma se non la pianti, potrei riconsiderare la cosa."

 

"Minacciami quanto vuoi ma finché sarò vivo, non potrai più avvicinarti a Morgana! Questo è certo!"

 

Con un smorfia di odio che ne alterava i connotati, l'uomo si avventò su Merlin: lo piegò come fosse un fuscello dandogli alcune ginocchiate al petto e alla pancia. L'uomo era furioso e colpiva Merlin con una ferocia inaudita. Quello stupido ragazzino aveva rovinato il suo bel piano con Morgana. Infine gli prese la testa e la fece sbattere con violenza contro il tronco di un arbusto lì vicino. Merlin cadde a terra privo di conoscenza e l'uomo se ne andò velocemente.
















* Sir Oswald (e non Owen, come avevo scritto in un primo momento) è un personaggio che appare nell'episodio 3x4 dal titolo 'Galvano' della serie. In realtà sarebbe un ottimo cavaliere alleato di Camelot, ma viene ucciso e sostituito da un bieco criminale che vuole vendicarsi di Artù, ricorrendo a un medaglione magico e quindi prende le sembianze di Oswald. È a questo Oswald che mi riferisco nella mia storia. Questo per poter dare al lettore un volto cui riferirsi (per chi lo ricordi) e le caratteristiche di malvagità che lo contraddistinguono nella storia come nella serie. Mi scuso (anche) per questo errore! Grazie a chi è arrivato sin qui a leggere.

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Capitolo 11
*** Capitolo XI - What can I do for you? ***


 

Capitolo XI

What can I do for you?








 







 

"Merlin"

"Mamma!"

Hunith si piegò sul figlio dandogli un bacio sulla fronte e una carezza sul viso. Non poteva abbracciarlo: temeva di fargli male.

"Mamma che ore sono?"

"Le quattro del mattino della festa di Ognissanti… Santo cielo, Merlin …" 

"Sto bene…"

Il ragazzo era sdraiato su un letto di ospedale. Aveva una flebo attaccata al braccio e un nasetto nelle narici per l'ossigeno. Aveva una grossa fasciatura su un lato della testa e altre più piccole sparse sulle braccia. 

"Non così bene. Ho parlato con l'analista e mi ha fatto vedere il tuo referto. Hai tre coste rotte, la milza aperta in più punti, lividi, escoriazioni e una commozione cerebrale di entità medio-lieve. Si può sapere cosa ti è successo?"

"C'era un uomo…  lui mi ha picchiato! Uno grosso!"

"Sì, lo so. Me l'hanno detto! Ma perché nessuno ti ha dato una mano?" disse furiosa la madre.

"Perché ero isolato. Ero in giardino da solo, un giardino molto grande"

"Perché ti ha picchiato?"

"Era ubriaco, mamma! Era convinto che gli avessi fatto uno sgarbo!"

"E perché nessuno si è disturbato a chiamare la polizia?" 

 

Hunith era così arrabbiata con tutti… vedere il figlio arrivare in barella in quelle condizioni era stata la cosa peggiore che le fosse mai capitata.

 

"Non ne ho idea, mamma"

"La prima cosa che farò quando uscirai di qui sarà accompagnarti alla polizia. Oppure potrei chiamare degli agenti qui in ospedale…"

Merlin si sentì perduto e spiazzato. Non poteva lasciare che sua madre scoprisse tutto quello.

"No, ci andrò, mamma. Ti giuro che ci andrò, però da solo…"

"Va bene. Ma sono preoccupata per te … Lo so che c'è qualcosa che non va, da tanto tempo ormai. Tu non vuoi farmi soffrire, ma io vorrei aiutarti e farti capire che tu puoi dirmi tutto quello che vuoi e ti vorró bene sempre e comunque"

"Ma io lo so, mamma"

"No, tu vuoi proteggermi. Ma sono una donna adulta e me la so cavare." Sua madre non riusciva più a fare finta di niente e cominciò a piangere. Il ragazzo sentì il suo cuore farsi grosso per il dolore.

Non le avrebbe detto tutto. Non poteva. Era spaventato anche lui. Se Oswald si fosse rifatto vivo? La sola idea lo mandava in sconforto. Ma almeno poteva farle capire che si fidava di lei…

"Mamma, è tanto che voglio dirti una cosa. Perdonami ma non è facile per me. Ho paura di deluderti, mentre io vorrei che tu fossi fiera di me. Hai solo me…"

"Io sono fiera di te e questo non cambierà mai!"

"Sono gay" disse a bassa voce.

"Tutto qui?"

"Come tutto qui?"

"In fondo penso di avere sempre avuto questo dubbio, anche se non ne ero sicura al cento per cento"

"Tu lo sapevi?"

"Lo supponevo, sì, ma sono molto contenta che tu abbia deciso di dirmelo."

"E non sei delusa?"

"Certo che lo sono. Non di te, sia chiaro. Si tratta di una cosa egoistica da parte mia, ma mi dispiace molto … di non poter diventare nonna, un giorno! È sempre stato un mio desiderio, da quando sei diventato un così bel ragazzo."

Merlin le sorrise. Sua madre era una donna incredibile. Gli aveva detto una cosa spiacevole con la massima spontaneità.

"Quel ragazzo c'entra con il fatto che tu sia gay?" chiese Hunith.

"Non è un omofobo, mamma, se è quello che intendi. È solo una persona malata. Ma ti prego non parliamo di lui. Lo farò con la polizia."

"D'accordo, ma se non lo farai tu, sappilo, ci andrò io!"

"L'ho capito!" disse Merlin con un sorriso rassegnato.

 

Un piccolo sorriso increspò le labbra della donna.

"Quindi … fammi un po' capire" disse la mamma prendendo un pezzo di ovatta e cospargendolo con un liquido lattiginoso per poi togliergli le macchie di trucco rosso che aveva ancora sul viso.

"Chi tra quei ragazzi è solo tuo amico e chi invece un po' di più?" Ora Hunith sorrideva apertamente mentre faceva attenzione a non toccare le parti ferite del viso del figlio.

"No, mamma! L'hai appena saputo e mi fai già il terzo grado?" brontolò Merlin.

"Certo! Sai da quanto  volevo fartelo!"

"È venuto qualcuno per vedermi?"

"Sì, ma li hanno mandati via perché eri ancora svenuto. Ho parlato con loro. C'era Percival, con la faccia per metà verde e per l'altra metà pallido come un morto."

"Era preoccupato?"

"Moltissimo. Tanto che è rimasto qui a lungo, anche quando sapeva che non ti avrebbe potuto fare visita.

Poco dopo è arrivato il 'trio Lescano.'* Gli ho detto che li avrei chiamati non appena avresti potuto ricevere visite. Infine sono arrivati Joker e una strega. Oggi mi sembrava di essere in un film dell'orrore!" rise Hunith.

"Erano fratello e sorella, ma non ricordo i loro nomi: non li avevo mai visti prima. Purtroppo la ragazza ha avuto un mancamento e …"

"Dio, Morgana …" si agitò Merlin nel letto.

"Niente di serio. Le abbiamo fatto una flebo e gli esami del sangue. L'ho pulita un po' come ho fatto con te. Quella ragazza è vera una bellezza, peccato fosse a pezzi. Quando l'abbiamo dimessa stava già benone. Il fratello, che nell'attesa doveva essere andato in bagno a lavarsi, si è ripresentato struccato e con i capelli umidi e nonostante fosse stravolto era talmente bello!"

Merlin sorrise: "Sì, Arthur … fa il modello!"

"Diceva certe cose che non ho capito. Non doveva essere completamente lucido. Diceva: - Non ho fatto in tempo - Dovevo essere lì - Forse si riferiva a te … E quindi chi è che ti piace? Il rosso o il biondino di cui non avevo mai sentito parlare."

"Ti dirò il minimo indispensabile. Poi, peró, mi farai riposare?"

"Affare fatto. È quello che c'è nella flebo che ti fa venire sonno…"

"Percival è il mio ragazzo. E i weekend in cui manco, sto da lui. Arthur è solo un amico, ed anche lui è gay."

"Per il momento me lo farò bastare" bisbigliò Hunith facendogli l'occhiolino,ì e uscendo dalla stanza del figlio.


Il giorno dopo Merlin sembrava stare ancora peggio ma i parametri ospedalieri del ragazzo risultavano normali per cui gli permisero di ricevere visite. Il primo fu Percival.

Hunith aveva lasciato in pace la coppia. Aveva visto Percival avvicinarsi al figlio con talmente tanto dolore in volto che quando si abbracciarono, la madre uscì dalla stanza con le lacrime agli occhi. Era contenta che suo figlio avesse un così bravo ragazzo. Percival le era sempre piaciuto. Peccato solamente che fosse così timido. Nessuno di loro, nè Percival, nè il modello le sembravano gay. Evidentemente si era sempre sbagliata sui ragazzi gay. Nemmeno Merlin lo sembrava, a parte quando le rubava i trucchi.

Poi fu la volta di Elyan, Gwen e Gwaine. E Hunith si era unita volentieri a parlare con loro. Li conosceva da sempre e cercò di capire di più. Era stato Percival a trovare Merlin e a portarlo dentro. Poi avevano chiamato l'ambulanza ma nessuno aveva pensato di chiamare la polizia. 

Gwen a quel punto si era portata la mano davanti alla bocca, con fare scandalizzato. Perché nessuno aveva pensato di chiamare la polizia?

 

Il giorno dopo ancora Merlin fu rimandato a casa. Possibile che mandassero a casa la gente, mentre ancora stava male? Sua madre sapeva bene come funzionassero le cose in ospedale. Ci lavorava. E prese due giorni di ferie per accudire il figlio.

Il dolore più forte era quello alle coste, ma sarebbero bastati pochi giorni perché quel dolore passasse. Glielo aveva garantito sua madre. Per la testa ci sarebbe voluto più tempo, ma era un dolore più sopportabile che con i farmaci riusciva a tenere sotto controllo.

 

Due giorni dopo Merlin si  sentì  decisamente meglio e si recò in commissariato, come aveva promesso alla madre.

Gli aprirono due poliziotti alti e robusti. Ed ebbe un flash nella mente! Aveva l'impressione che da un momento all'altro, i due con l'uniforme avrebbero potuto lanciare in aria i loro berretti e che si sarebbero messi a ballare seminudi sulla scrivania. Merlin si mise a ridacchiare da solo.

Peccato che i due avessero due visi assolutamente seri, e un'espressione dura, quasi ostile.

 

Quando uscì, dopo aver risposto a una sfilza di domande che lo aveva fatto sentire come fosse lui il colpevole, Merlin era molto deluso. Non era servito a niente, dire ai due poliziotti che era gay, che Oswald l'aveva drogato e stuprato, che temeva stesse per fare la stessa cosa a una sua amica e che temeva una vendetta da parte dell'uomo nei suoi confronti. L'avevano ribaltato come un calzino. La sua vita privata era stata sviscerata punto per punto. E senza la minima delicatezza.

Non avevano fatto nessun commento sulla sua omosessualità, ma lui sentiva il loro giudizio nelle loro parole e nel tono scelto per parlare con lui. In passato aveva sentito di donne violentate due volte: una dallo stupratore e uno dai modi feroci della polizia. E così si sentiva lui. Possibile che le forze dell'ordine si comportassero come ai tempi della Santa Inquisizione, durante il Medio Evo?

Forse era stato solo poco fortunato. Forse non tutti erano glaciali come quei due poliziotti. O forse da quando Oswald aveva fatto irruzione nella sua vita, questa stava lentamente andando a scatafascio. Alla fine gli dissero che essendo passato più di un anno la denuncia per lo stupro non poteva più essere fatta. Inoltre all'epoca dei fatti Merlin era già maggiorenne e anche questo influì sulle decisioni della polizia. Avevano quindi fatto solamente una denuncia per percosse.

Aveva sbagliato a non denunciare Oswald quando ancora poteva farlo. Ora sapeva che l'uomo avrebbe potuto vendicarsi su di lui. 

 

Tornato a casa ebbe un'ulteriore sorpresa. Che non fece gli particolarmente piacere. Arthur e Morgana si erano presentati a casa sua e non trovandolo avevano chiesto di poterlo aspettare. Quando entrò in casa, si trovò davanti un particolare quadretto familiare. Morgana e Arthur che bevevano tè e mangiavano biscotti, vicino a sua madre che cuciva. Sperò che non fosse venuto fuori il nome di Oswald.

Morgana si alzò per abbracciarlo e Merlin la ricambiò con affetto.

"Perché non li porti sul terrazzino? Si sta così bene, fuori!” suggerì la madre, intuendo che i tre volessero parlare per conto loro.

 

Merlin era a disagio con sua madre. Non aveva mai portato nessuno in casa, nemmeno Percival, che al massimo aveva parlato un paio di volte dalla strada con sua madre alla finestra. I tre … loro non contavano. Sua madre da sempre li aveva sempre trattati come fossero figli suoi. Li sgridava persino, ma ormai non più, e da parecchio tempo.

 

Dopo che si furono sistemati sulle sedie all'aperto, Merlin si sentì improvvisamente molto a disagio anche con loro. Cosa avrebbe dovuto dire? Non credeva che Arthur e Percival si fossero parlati. Percival aveva saltato università e allenamento di basket per stare con lui all’ospedale. E anche Arthur aveva rinunciato a qualcosa per essere lì. Non sapevano chi era stato a picchiarlo. Arthur non sapeva che Oswald era quell'uomo e Morgana non sapeva nulla della sua brutta storia precedente con lui.

 

"Scusatemi, se mi vedete così, un po' … sbalestrato, ma al commissariato mi hanno risucchiato ogni energia!"

"Cosa ti hanno detto?"

"Ho fatto denuncia contro ignoti!" 

Non aveva potuto fare altrimenti poiché dell'uomo non conosceva neppure il cognome. 

"È stato Oswald?" domandò Morgana con gli occhi inondati di lacrime. "È scomparso dal momento in cui ti abbiamo ritrovato svenuto e al cellulare da allora è irreperibile. Cos'è successo?"

Merlin cercò Arthur con lo sguardo, il quale gli fece un piccolo cenno d'incoraggiamento. Possibile che Arthur ci fosse arrivato da solo?

"L'ho conosciuto un anno fa, poco più. Mi ha corteggiato e gli è bastato poco per riuscire a conquistarmi e glielo dissi chiaramente. Solo che lui mise della droga nel mio bicchiere senza che me ne accorgessi e il giorno dopo mi sono svegliato in un letto d'albergo. Stavo molto male. Overdose dissero i medici."

Merlin prese fiato tornando ad Arthur con lo sguardo, accorgendosi che il ragazzo si passava le mani tra i capelli con aria nervosa. Merlin capiva che per Arthur, un conto era avere dei dubbi, un conto era saperlo per certo. Merlin sentì compassione anche per lui. Morgana era immobile tranne per le lacrime che continuavano a fuoriuscire dagli occhi. 



"Dissero anche che mi aveva usato violenza."

"No!" sfuggì alla ragazza.

"Non l'avevo mai più rivisto prima dell'altra sera a casa vostra. Mi dispiace!"

"Ma perché picchiarti?” fece Morgana.

"Era arrabbiato con me, perché con la mia presenza distruggevo la sua storia con te! Aveva dei progetti. Credo volesse derubarti!"

"Lo farò cercare. Lo farò sbattere in galera!" Morgana stringeva i pugni e aveva il viso così addolorato che Merlin si sentì male per lei. "Non si può. Ero già maggiorenne all’epoca ed è passato più di un anno."

"Tu … non lo denunciasti?"

"No. Sentivo che quel che mi aveva fatto era anche mia responsabilità."

"Sai… è tutto vero" si intromise Arthur rivolto a sua sorella, vedendo i due in difficoltà. "Merlin mi ha raccontato questa storia proprio poco prima di Halloween... Morgana dovresti essergli grata. Per merito suo, ti sei tolta di torno un uomo molto pericoloso."

"Scusa, Merlin non è che non ti sono grata" disse la ragazza buttando una mano in cerca di quelle di Merlin. "È solo che devo abituarmi all'idea che Oswald non sia l'uomo affascinante e dolce che mi sembrava”

"Fu così anche per me. Per giorni ho continuato a pensare che fosse stato un altro a farmi quelle cose e non lui …"

Morgana si asciugava gli occhi. Era ancora scombussolata ma sembrava essere più sollevata da quello scambio di opinioni. La facevano sentire meno sola. "E come stai fisicamente?" domandò lei.

"A vedermi non si direbbe, ma ho la pelle dura. In pochi giorni sarò come nuovo."

"Cosa posso fare per te?"

"Intanto potresti dirmi il cognome di Oswald, se lo sai!"

"Cardonell. Oswald Cardonell. Ma a questo punto non so più neanche se sia un nome vero o falso…."

"Non importa … la seconda cosa è una seccatura, ma se te la senti, potresti fare anche tu una denuncia presso la polizia. Ma ti avverto, con me, sono stati pessimi."

"Non preoccuparti: andrò là con il mio avvocato."

 

Arthur finalmente sorrise. Era stato serio tutto il tempo. Quello che aveva subito Merlin, poi Morgana, il senso di colpa che provava perché lui non c'era, quando avrebbe dovuto esserci. Sentì di odiare quell'uomo.

 

Merlin si alzò in piedi! "Ehi, Arthur! Li riconosci?"

"No! Non è possibile, Merlin. Come hai fatto?" disse Arthur avvicinandosi a un vaso di tulipani gialli, piuttosto piccoli ma ancora in eccellente stato di conservazione.

"Internet e tanto amore…" rise Merlin.

"Hai sostituito i bulbi! Non vale!" brontolò Arthur scettico.

"Assolutamente no. Con i bulbi nuovi sarebbero tre volte più grandi…"

"È molto difficile mantenerli così a lungo."

Morgana si unì ai ragazzi. "Sono molto belli…"

"Fu un regalo di Arthur prima di partire per la Francia" gongolò di orgoglio Merlin.

Morgana socchiuse gli occhi: "Ah, a proposito. Mi dispiace di averti detto che Arthur preferiva i tulipani rossi. Non era vero! Volevo che lo stupissi. Sai i tulipani rossi sono il simbolo di un grande amore appassionato."

"Beh! In effetti mi ha stupito, quando me li ha regalati di fronte al suo fidanzato!" disse Arthur con una punta di rancore.

"Morgana, vuoi spiegarmi?" disse Merlin pacato.

"D'accordo. Arthur mi ha parlato di te e visto che non l'aveva mai fatto prima per nessun altro ragazzo, ho pensato che sentisse qualcosa di speciale per te. Tutto qui."

Arthur sembrava un po' seccato. "Fatto da colei che non tollera minimamente che gli altri s'impiccino degli affari suoi, mi sembra una grande mancanza di rispetto."

 

"Suvvia, Arthur! Tanto non volevo regalarti degli altri tulipani gialli. Sarebbe stato obsoleto" cercò di minimizzare Merlin.

"Obsoleto sarai tu. Si può sapere chi dice al giorno d'oggi una parola come 'suvvia'?"

"Uh, mi ero dimenticato di quanto ti vada in tilt il cervello, quando mi esprimo con il mio linguaggio colto e forbito" alzò il tono Merlin tra il polemico e il divertito.

Arthur non riuscì a ribattere perché scoppiò a ridere, seguito poi da Merlin. 

"Maschi! Chi li capisce è bravo! Gay o non gay non fa alcuna differenza!" borbottò Morgana, sentendosi tagliata fuori dai loro discorsi.

"Proprio tu parli?" si scaldò Arthur "che in fatto di uomini hai dei gusti terribili…"

Merlin cominciò a ridere ancora più forte, poi abbracciò Morgana, che finse di ritrarsi, indicando Merlin ad Arthur: "Anche lui, però ..." E lasciandosi andare anche lei a una risata sonora.




 

Morgana inforcò la borsa, diede un bacio sulla guancia a Merlin e al fratello, che si teneva l'addome dolente dopo quell'attacco di risa esagerate. Forse avevano bisogno di sfogarsi tutti un po', dopo tanta tensione e dolore.

"Devo fare tante cose. Statemi bene ragazzi! Ci sentiamo" disse Morgana che rientrò in casa per salutare Hunith per poi lasciare la casa.

 

Arthur si rimise seduto sulla sedia.

"Siete venuti con due macchine separate?" chiese Merlin.

"Sì."

"Perché non le ho notate fuori dalla casa?"

"Indovina un po'? Le abbiamo parcheggiate in Piazza Martiri!"

"Cosa? E perché così lontano?" domandò Merlin senza capire.

"Perché una volta c'era un ragazzo che scaricavo e caricavo proprio in Piazza Martiri e guarda caso abita qui. Chi immaginava che ci fosse più di un miglio di distanza tra la piazza e qui?"

Merlin era perplesso. "Al tempo non volevo farti girare troppo … chi ti ha detto dove trovarmi?"

"Percival, ma non arrabbiarti con lui. Ci ha detto che non ricevi molte visite a casa. Scusami. Siamo piombati così tra capo e collo, ma Morgana non ce la faceva più. E avrei voluto venire prima a trovarti in ospedale ma dovevo tenerla d'occhio. Era a terra. Non l'avevo mai vista così. Avevo paura che facesse qualcosa di insensato."

"Mi sento in colpa…"

"Scherzi, vero? Se tu non l'avessi scoperto, immaginati in che razza di inferno si sarebbe potuta trovare? E io con lei. Devo ringraziarti, semmai…"

"Come l'hai capito? Che ...Oswald era lui?"

"Ho pensato che l'unica persona che poteva odiarti fino a picchiarti in quel modo, doveva essere lui! Perché da tutti gli altri tu sei amato…"

 

"Mi ha fatto effetto avervi avuto qui, oggi!"

"Tua madre è mitica! È una donna così cordiale e piacevole… ed è una bella donna. Hai preso da lei quei tuoi occhi straordinari, Merlin."

"Questo è meglio che tu non glielo dica. Non vorrei che cominciasse a cantare tutto il giorno. Lei pensa di essere intonata!" 

"Magari sei tu che non sei un grande estimatore musicale…"

"Io? Figurati. Sei tu che ascoltavi certa robaccia in macchina."

Arthur decise di lasciar correre e Merlin sorrise tra sé. "È successa una cosa … forse è vero che non tutti i mali vengono per nuocere…"

Arthur aggrottò le sopracciglia, senza capire.

"Non ti seguo…"

"Quand'ero in ospedale, l'ho detto a mia madre." 

"Gli hai detto di Oswald?" domandò l'altro spalancando gli occhi.

"No! No! Non voglio sappia di Oswald. Le ho detto che sono gay…"

Il viso di Arthur si aprì in un'espressione allegra e sorpresa: "E com'è andata?"

"Molto bene … anche se ora non avrò più scampo. Ha voluto sapere tutto, di Percival, di te e di Morgana."

"E di me cosa gli hai detto? Che sono la tua seconda scelta?" domandò Arthur con una piccola smorfia sulla bocca.

 

Merlin rimase a bocca aperta e non riuscì a ribattere niente. "Tu ... tu …"

"Scusa, Merlin. Scherzavo. Lascia stare. Sono contento che tua madre abbia reagito tanto bene."

 

Merlin non si era ancora ripreso. Non aveva capito perché Arthur gli avesse parlato in quel modo.


"Non ci pensare, Merlin, per favore. Mi è uscita male!" Era raro vedere Arthur così a disagio.

 

"D'accordo... Dove hai messo i miei tulipani?"

"Al sicuro nella serra. La prossima volta te li farò vedere. Tu davvero non sapevi che regalare tulipani rossi nel linguaggio dei fiori equivalga a regalare rose rosse?"

"Sì che lo sapevo! Fu la fiorista a dirmelo."

Arthur alzò le sopracciglia: "E me li hai regalati lo stesso?"

"Ormai li avevo comprati."

E si sorrisero a vicenda. "Quindi i tuoi preferiti sono ancora i tulipani gialli?"

"Sempre!"

"Mi dirai mai il loro significato, oltre a quello standard?"

"Se non te l'ho detto per tre anni, non credo che lo farò adesso… " fece Arthur con aria misteriosa. E una punta di divertimento nella voce.

 

Merlin lesse un messaggio sul cellulare: "È Percival. Sta per arrivare. Da quando mia madre sa di noi, non fa che dirmi di invitarlo a casa. Ed esce per lasciarci da soli."

"Tu non sai la fortuna che hai. Pensi che mio padre farebbe lo stesso?"

"Forse per un padre è più difficile…"

"Per il mio sicuramente". 

'Chissà il mio cosa direbbe' pensò Merlin con rabbia. 'Probabilmente niente visto quanto gliene fregava…' 

 

"Una sera voglio organizzare una cena per tua madre. Sperando di conoscere anche i tuoi amici in quell'occasione. L'altra sera non abbiamo certo avuto modo di presentarci. Ho però capito subito chi fosse Gwen: era sdraiata su di te che piangeva come una bambina. Una pena infinita. Gli altri due non li ho distinti tra la gente."

"Gwaine era un lupo e Elyan uno scheletro."

"Non ricordo. Ero sotto choc, Merlin!"

Arthur si alzò dalla sedia.

 

"Mi dispiace. Avrei dovuto scriverti, appena riuscivo." disse Merlin.

"No. Siamo stati tutti travolti dai fatti in questi giorni... Ma tu? Ora che ci penso non sembravi affatto travestito da angelo della morte…" 

Merlin pensò che Arthur avrebbe dovuto mettersi a ridere, ma non rideva affatto.

"Ricordo che eri tutto rosso … e io non sapevo se fosse sangue o il tuo costume… Gwen piangeva e anche Morgana …"

Arthur non lo guardava più. Parlava piano, come se fosse da solo… poi tacque. Merlin si alzò e gli andò vicino, gli mise le mani sulle spalle e Arthur trasalì. Stava piangendo. Merlin si ritrovò a provare una grande tenerezza per l'altro quando capì che Arthur, quella sera, aveva creduto che lui fosse morto.

E istintivamente lo abbracciò con trasporto ma gentilmente avvolgendo la testa di Arthur con le braccia. "Sono qui. Sto bene" mormorò.

Arthur sospirò forte e gli appoggiò le braccia sulla schiena.

Poi Merlin si allontanò. "Grazie Arthur per la tua amicizia! Ora posso proprio considerarti un vero amico."

Arthur si asciugò il viso in fretta, cercando di darsi un tono e parlò.

"Però hai ragione quando dici che non tutti i mali vengono per nuocere. Mio padre ha ripreso Morgana in casa. Non le passerà denaro ma almeno potrà stare lì. Forse teme che Oswald possa rifarsi vivo con lei."

"Hai detto tu a tuo padre quello che è successo."

"Non ce n'é stato bisogno! La mia casa ha telecamere in ogni stanza."

"Anche in giardino?"

"Certo!"

"Quindi potrei dirlo alla polizia?"

"Certamente. Scusa per non averci pensato." 

"Tuo padre non è un mostro, dopotutto."

"Stavolta deve essersi spaventato sul serio."

"È già qualcosa..."

"Dici?"

 

'Oh, sì, Arthur, dico. Tuo padre sarà terribile ma mai quanto il mio…'  pensò Merlin.

 

Arthur portò le mani sulle spalle di Merlin, sballottandolo un po' e lasciandogli una ruvida carezza sul volto "Salutami Percival" e rientrò in casa in cerca di Hunith per ringraziarla e uscire poi dal portone principale.









 







*Gruppo canoro composto da tre sorelle dei Paesi Bassi che cantavano in italiano. Molto famose tra gli anni '30 e '40.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII - How many? ***


Capitolo XII


How many?













 

Messaggio ricevuto da:


King Arthur, ore 6.50 a.m.


"Merlin chiamami quando sei sveglio"



Subito Arthur sentì squillare il telefonino. 


"Pronto, Arthur?"


"Ehi! Buongiorno Merlin! Preparati, ti passo a prendere alle 7.20"


"Cosa? No, ti ringrazio. Vado in autobus, ma grazie lo stesso."


"Scusa ma … ho bisogno di parlarti. È piuttosto importante… dai, solo per oggi."


Merlin sospirò.


"D'accordo, … puoi passarmi a prendere a Piazza Martiri."


"Ma tua madre ormai sa che siamo amici, quindi…"


"Arthur…"


"Ok. Piazza Martiri. A dopo." 


 

'Come complicare sempre tutto…' si disse Arthur con gli occhi al cielo.





 

Erano passati circa dieci giorni dall'incidente con Oswald. Merlin fisicamente stava benone. Aveva solo qualche livido qua e là. L'esame alla milza era andato bene. Era quello che gli premeva di più: l'organo si era quasi del tutto ricomposto.


Psicologicamente però Merlin era molto in tensione: gli esami alle porte, il lavoro che comunque gli portava via tanto tempo e il pensiero di Oswald. Si era recato alla polizia dove avevano accettato di cambiare la denuncia contro ignoti con quella contro Oswald Cardonell.




"Allora Arthur cosa dovevi dirmi di  così importante?" disse Merlin una volta salito a bordo della macchina di Arthur. "Scusa ma avrei preferito prendere l'autobus. Mi fa bene mantenere le mie routine quotidiane. Mi aiuta a sentirmi più sereno …"


"Percival mi ha detto che oggi dopo pranzo ti accompagnerà lui a casa. Salterà basket, perché deve studiare. Tra poche settimane c'è la prima sessione di esami e anch'io dovrò saltare qualche allenamento. Domattina ti riaccompagna lui e domani, finite le lezioni torni con me, ti va?"


"Cosa state combinando tu e Percival?"


"Niente … ne abbiamo parlato insieme durante l'allenamento di basket e per un po' riusciamo ad alternarci per accompagnarti a Greenwich e per riportarti a casa. Non siamo bravi come te e dobbiamo studiare molto per passare questi esami. E poi, fare il viaggio insieme dovrebbe essere più piacevole per tutti …"


"Vi siete messi d'accordo per farmi da guardie del corpo?


"No, è solo che teniamo a te e così siamo più tranquilli. Lo facciamo più per noi che per te, Merlin."


L'altro strinse i pugni. Sentiva una gran rabbia e parlò con un certo livore: "La mia prima scelta che si mette d'accordo con la mia seconda scelta … davvero singolare … per occuparsi di me, neanche fossi un bambino o un disabile."


"Merlin!" lo chiamò Arthur turbato dalle sue parole.


"Ho capito! Ti ringrazio ma … non ho intenzione di cambiare le mie abitudini. So anch'io che Oswald potrebbe farsi vivo, ma non è detto. E non ho intenzione di farmi rovinare la vita da lui più di quanto abbia già fatto! Ci sono già tante cose in cui sono a bravo a rovinarmela da solo … non aggiungerò anche questa. Starò attento, questo sì. E se mi trovassi nei guai chiamerei te o Percival. A proposito: avrò da dire le stesse cose anche a lui, non preoccuparti! Tu è meglio che pensi a Morgana. Spero davvero che lui non la contatterà di nuovo, ma il rischio c'è."


"Morgana è sotto scorta. Mio padre si è attivato subito. C'è sempre uno dei suoi uomini insieme a lei, ventiquattrore su ventiquattrore."


 

"Mi fa piacere. Tuo padre sarà pessimo come dici, ma almeno si occupa di voi, al bisogno."


 

"Morgana non vuole, ma non c'è stato niente da fare. E non dimenticare che mio padre ha le possibilità economiche per poter fare questo, e, potendo, quale altro padre non lo farebbe?"


"Il mio …"


"Cosa dici, Merlin! Tu non hai mai conosciuto tuo padre!"


"Sì, invece. Fino ai quattro, cinque anni…"



"E te lo ricordi?"


"Molto bene…"



"Non era un bravo padre?"


"Io lo credevo. Stava sempre con me, giocavamo insieme ma … quando si separò da mia madre, sparì anche dalla mia vita. Pensai che fosse colpa mia …"

"Stava male?"


"No. Stava con un'altra donna ed ebbe subito un bambino con lei."
"Hai avuto un fratello?"


"No, non è mai stato un fratello per me."


"E tuo padre non venne più a trovarti?"


"Nemmeno una volta"


"Cavoli! Mi spiace davvero. E quando è morto?"


Merlin distolse lo sguardo da Arthur "Poco dopo …"


A parte i tre amici d'infanzia di Merlin, nessun altro sapeva che suo padre Balinor non era affatto morto. Merlin aveva sofferto molto per la sua mancanza. Suo padre si era comportato come se Merlin non esistesse più. E fin da bambino, per vendetta, cominciò a dire a tutti che  suo padre era morto e non smise più. Non gli faceva piacere ma era quello che avrebbe desiderato. Avrebbe preferito sul serio che il padre non ci fosse più. Avrebbe avuto una scusa sensata per il suo abbandono. Doveva avere circa otto anni quando vide suo padre giocare sulle giostre con un bambino più piccolo di lui. Lo prendeva in braccio, lo faceva girare, esattamente come faceva con lui quando erano insieme anni prima. Merlin capì che quel bambino era il figlio che suo padre aveva avuto con quell'altra donna. Il suo papà l'aveva sostituito con quell'altro bambino e si era dimenticato di lui. Quel bambino gli aveva rubato l'affetto di suo padre e provava un risentimento terribile verso di lui. Non ci poteva fare nulla. Odiava suo padre e odiava quel bambino.


Cominciò in quel periodo a soffrire di attacchi di panico e a provare delle forme di gelosia e possessività esagerate nei confronti delle persone con cui aveva a che fare.


Sua madre aveva capito che il dolore di Merlin era stato causato dalla vista di suo padre e di quel bambino insieme e lo aveva portato da un neuropsichiatra infantile. Ma Merlin sembrava chiudersi in se stesso e dopo un po' si rifiutò di continuare le sue sedute. 


Durante la terza superiore Merlin cambiò quartiere e scuola. Questo perché suo padre con la compagna e il figlio erano venuti ad abitare nella sua stessa via. Merlin sembrava essere impazzito e sua madre senza pensarci troppo l'aveva preso e portato in un'altra parte del paese, facendogli cambiare casa e scuola. Balinor era stato così insensibile da trasferirsi nella stessa via dove aveva abitato con Merlin e Hunith molti anni prima. Che razza di persona era? E fu quando Merlin era nella nuova scuola da pochi giorni, che Arthur gli fece lo sgambetto.



"C'è una cosa, Merlin, che volevo chiederti da tempo."


"Dimmi!"


"La serata del mio compleanno, quando sei fuggito, hai avuto un attacco di panico?"


"No. Ero furioso, ero angosciato ma non ho avuto nessun attacco. Strano …"


"In effetti è una cosa piuttosto difficile da spiegare."


"Lo chiederò al mio psicoterapeuta. Oggi pomeriggio ho la prima seduta con lui. Ma per favore, non dirlo a nessuno. Non voglio che gli altri si creino delle aspettative. Per ora lo sai solo tu. Nemmeno mia madre ne è al corrente."


Arthur sorrise. Ogni volta che condivideva un segreto con Merlin, per quanto piccolo fosse, si sentiva felice.


"Senti, Arthur! Io devo chiederti scusa per l'altro giorno!"


"Non capisco…"


"È stato quando ti ho chiesto di parlarmi di Parigi, ma come a volte faccio, ho lanciato il sasso e nascosto la mano."


"Non devi scusarti. Se ci sono cose che ti infastidiscono, sono io il primo a non volerne parlare con te."


"Non mi sembra giusto… io ti ho confidato tante cose."



"Allora, se credi, possiamo provare. Ma fermami se ciò che ti dico dovesse darti fastidio" fece Arthur.


Merlin aveva ancora qualche dubbio, ma non voleva deludere l'amico.



Nel frattempo erano arrivati all'università e Arthur fermò l'auto nel parcheggio, senza l'intenzione di scendere.


"Ho avuto alcune storie, Merlin, parecchie in realtà… ma nessuna di queste è stata importante, sul serio … Come va? Fino a qui c'eri arrivato anche tu?"


"Più o meno…" Merlin sentiva un peso al petto, fastidioso ma sopportabile. Si concentrò su Arthur, sulla sua voce, sull'espressione dei suoi occhi, sui gesti delle sue mani, provando a mettersi nei suoi panni, cercando di provare la massima empatia nei suoi confronti.


Poteva essere pericoloso per lui? Non lo sapeva. Era un tentativo come un altro di cambiare una situazione che per lui era sempre stata dolorosa. Non ci aveva mai provato prima: si era sempre chiuso a riccio in simili circostanze.


"Penso che tu possa continuare, ma magari risparmiami i dettagli per favore" sorrise Merlin. "Tanto per curiosità, quanti ragazzi hai avuto in tutto?


Arthur impallidí leggermente e distolse gli occhi da quelli di Merlin. "Non lo so, ma credo faremmo meglio a non addentrarci…" mormorò.


Merlin  insistette: "Tanto per sapere se erano cinquanta o cento…


"Considera dai 16 anni ai 21. Durante l’anno scolastico circa uno alla settimana… per cinque anni"


"Aspetta!" disse Merlin cercando la calcolatrice sul cellulare. "Quindi trentotto settimane per cinque anni… oh! Centonovanta? Mamma mia! ... E d'estate?"


"Dai basta, Merlin…"


"D' estate?"


Arthur sospirò forte."Una media di tre alla settimana."


"Quattordici per tre, per cinque, più centonovanta …cazzo… quattrocento!"


"Aspetta! Togli tre mesi invernali e aggiungi tre unità!"


"Come mai?"


"Valiant e altri due ragazzi con cui ho cercato di fare le cose seriamente."


"Meno quattordici più tre. Trecentoottantanove… cambia poco"


"E ora … cosa pensi di me?"


"Penso che tu sia la persona che conosco che abbia avuto più partner sessuali in assoluto. E hai solo ventun anni."


"In realtà dovrei toglierne ancora qualcuno. A volte ero in viaggio e in altri periodi stavo lontano dai locali per un po’"


"Li hai conosciuti tutti nei locali?"


"Sì! Se vuoi prenderti una pausa di riflessione da me, mi scoccia, ma ti capirei…"


"Non mi va di non vederti più per questo. Avrei dovuto aspettarmelo …"


"Giuro che non mi sembrava fossero così tanti" disse Arthur confuso.


Merlin lo guardò in silenzio.


 

"Non sono orgoglioso di quello che ho fatto, ma nemmeno me ne vergogno. Posso dire che i ragazzi che 'sceglievo', perdona il termine, mi piacevano oltre che fisicamente, anche per alcune caratteristiche della loro personalità: entusiasmo per la vita, vivacità, spirito d'iniziativa. Non ho mai frequentato ragazzi snob o antipatici, anche se bellissimi. Allo stesso modo, ma per opposte ragioni, non ho mai preso in considerazione i ragazzi particolarmente sensibili, delicati e profondi, nonostante spesso mi attirassero più di tutti gli altri…"


Arthur si fermò. Forse stava parlando troppo.


L'altro avrebbe potuto capire che i ragazzi di cui stava parlando erano quelli che gli ricordavano Merlin in quanto possedevano una o più delle sue caratteristiche.


"Non volevi farli soffrire? Avevi capito che avrebbero voluto più di un semplice incontro?"


"È così. Credo che cercassero una storia d'amore e io non ero in grado di accontentarli…"


Merlin si fermò a pensare poi disse: "Se fossi un adulto più saggio, ti direi che data la tua giovane età, stavi sperimentando e che non eri ancora pronto per una relazione matura, ma che non dovresti preoccuparti, perché un giorno, l'amore arriverà quando meno te l'aspetti."


 

"E Merlin invece cosa direbbe?" chiese Arthur curioso.


"Merlin è coinvolto dal fatto di essere tuo amico e forse non è molto obiettivo, considerando anche il mal di pancia che gli hai fatto venire…" gli disse sorridendo.


 

"Davvero, Merlin? Mi dispiace, ma perché non me l'hai detto?


 

"Perché se lo sconvolgimento che provo è tutto qui, allora dico che va meglio di quel che pensassi … E comunque Merlin direbbe che hai dimostrato rispetto per quei ragazzi che per te erano degni di essere rispettati. Non ti sei approfittato di loro. Un gesto onorevole!"


 

"Non lo so più. Forse, così facendo mi sono precluso la possibilità di avere una storia … importante."


"Ma se non eri pronto …"


"Forse adesso lo sarei…"


E rimasero in silenzio per qualche istante.


 

"Ora che farai?" chiese Arthur.


"Lavorerò ma soprattutto dovrò studiare, come te del resto."


"Sono d'accordo ma permettimi di dare una cena a casa mia a fine mese. Non una festa, ma una semplice cena, per sdebitarmi con tua madre. Le abbiamo finito la dispensa di biscotti l'altro giorno, io e Morgana. Ma erano così buoni! Avrà pensato che siamo peggio di un' invasione di cavallette. E ne approfitterei  per invitare Gwen, Gwaine ed Elyan. E naturalmente Percival."


"Avresti intenzione di invitare anche Leon e Lancelot?"


"Se ti fa piacere sì."


"Non dirlo a nessuno ma mi piacerebbe che Gwen conoscesse i tuoi amici." 


"Ti piacciono?"


"Ne vado pazzo, in effetti…"


"Meno male che io non sono come te …"


"In che senso?"


"Un commento così, fatto da me, avrebbe alzato di molto il livello della tua rabbia"


"È vero! Ma con quattrocento ragazzi all’attivo, tu non puoi proferire verbo"


"Lo immaginavo … Ti dispiacerebbe se rimanesse tra noi, questa storia dei quattrocento?"


"Non ne vai fiero?"


“Non è per questo. Ma non mi darebbero più pace, nè i miei nè i tuoi amici."


"D’accordo"


"Tornando ai miei amici, sappi che Leon è fidanzato da tempo."


"Figuriamoci… e Lance?"


"Lui è libero, ma non è uscito bene dall'ultima storia che ha avuto."


"Ci penseremo noi a tirargli su il morale."


"Addirittura… Ti ho già detto che è etero?"


"Almeno un milione di volte… e non ho nessuna intenzione di fargli cambiare idea. Primo, sono ancora fidanzato con Percival, a meno che lui non sia stufo di venire trascurato da me per il fatto che sto sempre in tua compagnia … secondo, se il bellissimo cigno non è riuscito a fare cambiare sponda a Lance, come può riuscirci il brutto anatroccolo?"


Arthur lo stava guardando con tanto d'occhi. Talvolta Merlin si comportava così poco da … Merlin.


 

"Certo che a volte sei proprio un'idiota…"


Se pensi che Percival non abbia piacere che io ti frequenti così spesso, potremmo rallentare un po'. E per quanto riguarda Lance, sappi che riesco a non saltare addosso ad un uomo, anche se bellissimo come lui."


"Ok. Farò finta di crederti!"


"E poi non mi ha voluto…" disse Arthur e abbassò lo sguardo.


Merlin ridacchiò: "Sapevo che dovevi averci provato… ma come siete diventati amici?"


"È stato solo merito suo. Non è rimasto offeso, né disgustato dalla mia 'proposta' e ha continuato a cercarmi, esattamente come prima. Per me è stata una novità assoluta. Solo Leon non aveva mai avuto problemi con me, ma con lui sono amico dall'infanzia."


"Se non erro mi avevi parlato di altri amici etero. Loro non ci saranno?”


"No. Non li invito più."


"Cos’è successo?"


"Mi hanno fatto un regalo pessimo per il mio compleanno!"


"Tipo?"


"Tipo … qualche stripper!"


Merlin aprì la bocca, sconvolto. Non riusciva a dirgli che gli dispiaceva per i suoi amici, ma nemmeno che aveva fatto bene.


"Non preoccuparti Merlin. Sarebbe successo comunque… Non mi sono perso niente! Tornando ai veri amici …"


"Infatti Arthur, volevo chiederti se Morgana e Lance si conoscono."


"Sì, da parecchio, ormai. Lui la tratta con grande deferenza come se lei fosse una principessa o una gran dama e anche lei lo tratta con grande rispetto. Sono amici, ma non credo sia mai scoccata nessuna scintilla tra loro, se è questo che t’interessa."


 

"Davvero? Strano! Meglio così! Ho qualche aspettativa su Lancelot per Gwen."


"Non farlo! Gli appuntamenti combinati non funzionano mai."


"Vero! Ma io ho solo intenzione di presentarli: il resto lo faranno da soli, se vorranno. Anche perché Gwen non è certo una che in amore accetti dei consigli"


"Come mai?"


"Durante l'adolescenza si innamorò prima di un ragazzo e poi di un altro ancora. Ma entrambi la rifiutarono. Da allora non ha più fiducia in se stessa e ha messo su una sorta di corazza difensiva."


"Gwen è molto carina. Chi erano questi due cretini?"


"... Io e Gwaine!"


"Oh … scusami, non volevo!"


"Invece siamo stati proprio due cretini … ma il danno ormai era fatto."


"Spero tu le abbia detto che eri gay?"


"Non subito… appena ne fui sicuro, ma questo l'ha rassicurata solo in parte…"


"Farò certamente in modo che Lance abbia modo di conoscerla e frequentarla, se lo vedrò interessato. Credo che a Gwen servirà più tempo del solito per capire se uno come Lance valga la pena, per lei.


"E ne vale la pena, secondo te?"


"Non potrei essere più sicuro di così! Caffè?"


"No, l'ho preso a casa, grazie… ma ora devo andare in bagno."



Merlin salutò Arthur che si diresse al bar e passò dal bagno prima di recarsi in aula. Quando si assicurò che non c'era nessuno appoggiò la testa alla parete di piastrelle e chiuse gli occhi. Dopo un po' di tempo cominciò a piangere e singhiozzare. Quattrocento! Quel numero gli girava in testa. 'Se continua così Arthur avrà cinquemila e passa uomini nella sua vita. Tutti quei ragazzi con Arthur. Che sensazione orribile.’ 


Continuò a piangere di rabbia e tristezza quando realizzò che Arthur non era Percival. Era fortunato ad avere Percy. Le lacrime cessarono, come anche i singhiozzi. Era quasi stupito. Si lavò la faccia e si diresse in aula. Si sentiva meglio. Non vedeva l'ora di rivedere il suo ragazzo. Dopotutto non era andata neanche così male e come primo tentativo di controllo delle sue emozioni, poteva accontentarsi.





 

Quella sera Arthur si fece vedere sul tardi al bar di Merlin.



"Buonasera! Potrei avere una birra, buon'uomo?"


"Che ti piglia? Stai bene?"


"Sht! Sono in incognito! Non voglio che tu abbia problemi a causa mia!"


"Tranquillo! A quest'ora ormai sono da solo" disse Merlin posando sul bancone una bottiglia della birra preferita di Arthur e un vassoio di salatini.


"Ero curioso di sapere com'era andata dallo strizzacervelli!"


"Oggi pomeriggio mi sono ritrovato di fronte un medico davvero molto anziano. È il dottor Gaius. All'inizio mi sembrava un tipo arcigno con questo sopracciglio destro perennemente alzato. In realtà è molto empatico ed è dotato anche di un buon senso dell'umorismo.


"Ti ha dato qualche consiglio utile?"


Siamo partiti da degli esercizi di respirazione per raggiungere uno stato di rilassamento profondo generale. Mi ha insegnato qualche trucco. Mi ha lasciato parlare a ruota libera. Gli ho detto tutto. Che sono gay, che tipo di incontro ho avuto con Oswald, che rapporto ho con Percival e che rapporto ho con … mia madre." In realtà Merlin stava per dirgli che con il dottore aveva parlato anche del rapporto che aveva con aveva con Arthur stesso, ma non se la sentiva di dirglielo.


"Purtroppo verso la fine, quando mi ha chiesto perché penso di avere attacchi di panico e gelosia, è venuto fuori il rapporto con mio padre. Mi ha detto che ne avremo parlato ancora ma che era contento che io avessi raggiunto questa consapevolezza su di me. E che in una situazione come quella che ho vissuto io è normale manifestare certi disturbi psicosomatici"


 

"Davvero? Tutti i tuoi problemi sono nati da lì? Non l'avrei creduto, anche se a pensarci ha senso!"


"Ce la fai a tenerlo per te? Perché altrimenti con Percival e mia madre dovrei cominciare a dire qualcosa. Come sai non gliel'ho ancora detto."


"Io non lo dirò a nessuno. Puoi davvero fidarti…"







La domenica pomeriggio successiva si erano ritrovati tutti a casa di Merlin, i tre amici del cuore e Percival. Erano in collegamento video con Arthur e Morgana, da casa loro.


I sei avevano avviato una ricerca di gruppo per saperne di più su Oswald.


"Altro che Cardonell. Quel bastardo mi ha dato un cognome falso" s'infuriava Morgana.


Gwaine che lavorava con Percival e Merlin dichiarò:


"Hai ragione Morgana. Non si trova su nessun social. Facebook, Instagram, Twitter e anche in tutti i siti maggiori. Quest'uomo non esiste."


 

Percival era già abbattuto. Gwen e Merlin stavano controllando sull'ipad tutti gli Oswald inglesi. "Mancano molte foto e per ora Merlin non ne ha trovate di sue" disse Gwen aggiornando gli altri.


Morgana controllava i certificati di nascita grazie a non si sa quale app.


Gli unici in grado di riconoscere il volto di quell'uomo, senza incertezze, erano Merlin e Morgana.


Gli altri lo avevano visto in costume da vampiro. Arthur non lo aveva visto proprio.


Elyan aveva fatto qualche foto con il cellulare durante la festa di Halloween ma Oswald appariva in poche foto, perlopiù da lontano e in pose poco chiare.


"Non ti ha lasciato neanche una foto? Non te ne ha inviata nemmeno una?" chiese Gwen a Morgana.


"No. Lo frequentavo da due settimane, non di più."


Dopo un paio d'ore Merlin ci diede su. E si mise a studiare. Ogni tanto qualcuno gli mostrava alcune foto e poi tornava sui libri.


Hunith, in cucina, era affaccendata per sfamare la truppa. Aveva portato loro popcorn e bibite a metà pomeriggio. Poi si era avvicinata al computer e aveva guardò il monitor.


Morgana e Arthur le sembravano due cronisti televisivi. "La prossima volta, voglio anche voi due, qui con gli altri."


"Va bene!" rispose Arthur. "A proposito di inviti, tra due settimane esatte, vorrei invitarla a cena qui da noi!" sorrise Arthur.


"Davvero? Ma tuo padre cosa dirà?"


"Lui non ci sarà, come al solito. Ma non ha nulla in contrario. Sa quanto è stata gentile con noi."


"D'accordo, allora verrò volentieri. Cosa posso portare?"


"Niente" disse Morgana.


Merlin s'intromise: "Può andare bene una bottiglia di vino? Credimi Morgana, è meglio così!"


"Vada per il vino!" rise Morgana.


Hunith aveva preparato la sua famosa pizza che l'aveva tenuta impegnata tutto il resto del pomeriggio. Sperava che i ragazzi si sarebbero fermati lì anche per cena. Era molto felice di avere la casa piena di giovani amici del figlio. Ripensava quanto fino a poco tempo prima la casa fosse sempre vuota.


Il problema per i ragazzi fu di nasconderle la ricerca di quell'uomo, quando lei entrava nel salotto. Le avevano detto che stavano svolgendo delle ricerche per l'università.


A un certo punto la madre prese da parte Merlin e bisbigliò: "Visto che questo weekend l'hai passato qui, quando trovi il tempo di dedicarti un po' al tuo ragazzo.


In realtà lui e Percival in quei giorni avevano discusso. A dispetto della voglia che aveva di rivederlo solo un paio di giorni prima, Merlin si era arrabbiato per il fatto che si fosse messo d'accordo con Arthur sul fatto di volergli fare da scorta personale. Percival si era molto offeso, in quanto evidentemente preoccupato per l'incolumità del suo ragazzo.


"Ma, mamma, lui è d'accordo."


"Io dico solo che siete giovani e certe cose sono importanti. Dopo cena voglio che tu vada a casa sua con lui." 


"Ma io devo studiare e anche Percy!" 


"Studiare va bene, ma potete studiare anche dopo. Non ci vuole poi così tanto tempo."


"Mamma!" disse Merlin scandalizzato.


"Oh, fai pure quello che ti pare, ma non venire a lamentarti con me, se poi se ne trova un altro."


Merlin rimase di pietra, anche se sapeva che sua madre parlava così solo per il suo bene.


"Gwen" chiamò Arthur "tu ci sarai alla cena, spero."


La ragazza diventò rossa: "Direi di sì, a meno che non sia l'unica"


"Verranno un paio d'amici miei. Vorrei presentarteli."


"Oh, sì! Merlin mi ha fatto una testa su questi due principi reggenti che sono piuttosto curiosa di conoscerli."


"Non credo abbia esagerato. Lo vedrai per tuo conto. Gwaine è lì?"


"Eccomi! Piacere di conoscerti, Arthur. Io e Morgana già ci conosciamo!"


"Insomma…" disse Morgana. "Io non ti avrei mai riconosciuto, al di fuori del tuo costume da lupo."


"Hai dei capelli incredibili, Gwaine. Morgana non potresti fargli fare un provino fotografico?" domandò Arthur.


"In effetti! Ti piacerebbe Gwaine?"


"Magari dopo gli esami." E sorrise sentendosi inorgoglire per la proposta ricevuta.


"E Merlin potrebbe truccarlo" disse Arthur.


"È un'idea da prendere in considerazione, solo che Merlin è un po' troppo impegnato, mi sembra…" fece Morgana.


"Gwaine spero che tu ci sia alla nostra cena!" continuò Arthur.


"Certamente, grazie!"

 

"Mi chiami Elyan?"


"Sono qui, non vedo l'ora di venire" rispose il ragazzo appena chiamato.


"Vedo che hai capito! Tu sei il fratello di Gwen?"


"Già, spero che questo non deponga a mio sfavore!"


Fratello e sorella si misero a ridere.



Gli amici di Merlin piacquero subito ad Arthur. Sentiva con loro una specie di connessione. Condividevano la stessa preoccupazione e il medesimo affetto per quel ragazzo particolare, che riusciva a dare in cambio a tutti loro un'attenzione e una lealtà senza pari.


"Io ho idea che questo tizio sia in combutta in qualche modo con qualche pezzo grosso della malavita organizzata. Non può sparire così! Morgana, ha mai usato una carta di credito quando era con te?" chiese Gwaine alla ragazza.


"Sì, ma non c'era scritto sopra il suo nome …"


 

Per quanto riguardava la ricerca di Oswald non erano quindi riusciti a trovare assolutamente niente. "Dovrò chiedere all'investigatore di mio padre se ha trovato qualcosa su di lui …" concluse Arthur sconsolato.


 

I ragazzi dopo tanto cercare, tirarono un sospiro di sollievo. Forse non tutto era perso e si buttarono sopra le pizze di Hunith.


 

Merlin seguì Percival fuori dalla porta. "Ti va se vengo via con te, tra un po'?"


"Non volevi studiare?"


"Sì, ma volevo stare anche un po' da solo con te…"


E Percival si illuminò di un sorriso raro, che poche volte gli aveva regalato in passato. E lo bació teneramente. Forse sua madre aveva ragione.






 

In quei giorni quasi tutti i ragazzi si erano sentiti per messaggio, per telefono, ma non era la stessa cosa che frequentarsi di persona. Anche quando si trovavano in biblioteca non riuscivano quasi a parlare: mancavano pochi giorni agli esami. Non era l'esame finale, ma il voto di quella sessione avrebbe fatto media con gli esami finali di maggio.


E dare una buona impressione ai professori era fondamentale per la valutazione generale.







 

La cena a casa di Arthur fu un successo. Hunith era molto elegante. Era andata dalla parrucchiera e si era truccata. Sembrava molto più giovane e bella. Era l'invitata speciale e per lei fu come tornare al gran ballo delle debuttanti e si divertì pazzamente.


 

Finalmente Arthur ebbe modo di vedere e parlare dal vivo con Gwaine, Elyan e Gwen, confermando la prima positiva impressione.


 

C'erano due novità quella sera. La prima era la ragazza di Leon anche se forse Merlin se l'aspettava. Si chiamava Helena. Era bionda, attraente, molto allegra e un po' svampita. Sembrava non riuscisse a camminare sui tacchi senza prendersi una storta dietro l'altra. Tanto che a fine serata camminava scalza.


 

La seconda novità lasciò tutti quanti a bocca aperta. Merlin compreso. Gwaine che presentava una ragazza a tutti loro aveva dell' incredibile. Era l'unica ragazza che Gwaine aveva portato a conoscere gli altri. Era una ragazza giovane, molto bella, che parlava poco e sorrideva ancora meno. Si chiamava Eira.


Percival chiese a Merlin se conoscesse la ragazza, ma lui non ne aveva mai sentito parlare prima.


 

Gwen fu stranamente gentile con Leon e Lance, anche se rimase comunque un po’ sulle sue e aveva perso la parlantina che la contraddistingueva normalmente.


 

Merlin riuscì a parlarle da solo per un breve momento. "Allora? Cosa pensi di loro?" sorrise incoraggiante.



"Mi piace Leon, ma è già fidanzato!"



"E Lance come ti sembra?"



Gwen s'imbronciò: "È un po' troppo bello per i miei gusti! Non fa per me!"


"Dimenticavo che a te piacciono i ragazzi scialbi, sciapi e sciatti."


"Scia- che?"



"Traduco: slavati, insipidi e trasandati. Comunque potresti dargli una chance come amico… è un uomo vero, ma forse sei troppo giovane per lui."



"Se mi piacesse, l'età non sarebbe un problema… ma se apri bocca sappi che mi vendicherò stasera stessa!"


"Ah sì, e come?"


"Potrei dire ad Arthur che hai una cotta per lui…"


"Non ti crederebbe mai …"


"Mh, io non sarei così sicura, fossi in te! Secondo me gli farebbe piacere"


"Patto fatto! Zitti e muti! Ok?"


Gwen si mise a ridere.










 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII - A very lucky man! ***


Capitolo XIII

 

A very lucky man












 

Erano passate diverse settimane e finalmente la sessione di esami lunga cinque giorni era finita. Ora si trattava di aspettare gli esiti e cioè quei primi voti così importanti. Fino all'epifania avevano il tempo di riposarsi. Tutti tranne Merlin che continuava a lavorare, anche se con il cuore più leggero, perché sapeva di avere fatto il massimo per quegli esami e cominciava ad apprezzare il semplice piacere del dovere compiuto. In fondo tutto quello studio era servito in parte a distoglierlo dal lugubre pensiero di Oswald.

 

Ormai il ritrovo serale d'abitudine era diventato il bar di Merlin. Gli amici cercavano di non disturbarlo e si mettevano seduti intorno a un tavolino dove bevevano, parlavano e si passavano le serate. C'erano spesso tutti poichè non dovendo andare all'università potevano fare tardi. Anche Lance, Leon e la sua ragazza si univano al gruppetto. Eira ogni tanto s'aggiungeva al gruppo e altre volte no. E quando non c'era, la maggior parte del gruppo era intimamente contenta. Percival compreso perché aveva legato molto con Gwaine. Nessuno avrebbe mai detto niente a Gwaine, ma la presenza di Eira spegneva gli entusiasmi generali e toglieva un po' di spontaneità al gruppo.


A Merlin dispiaceva di non poter fare parte del gruppo, ma era anche contento: i suoi amici andavano lì per lui e anche il gestore era contento di avere questo nuovo gruppo di giovani che consumavano tanto e non facevano neanche troppo casino.

 

Fu una di quelle sere, che si misero d'accordo di vedersi durante le feste natalizie.

A Natale ognuno sarebbe rimasto con le proprie famiglie, come da tradizione. Qualcuno sarebbe partito la prima settimana di gennaio per la settimana bianca ma riuscirono a organizzarsi a casa di Morgana per l'ultimo dell'anno. 

 

Solo Percival era in dubbio. "Non posso decidere prima di aver sentito che cosa ne pensa Merlin. A me piacerebbe, ma le ultime feste sono state una peggio dell'altra per lui. Voi non c'entrate, lo so bene. Ma può essere che Merlin non abbia voglia di partecipare a un'altra festa."

 

Morgana si alzò, si diresse verso il bancone e senza tanti fronzoli s'informò.

"Ehi, Merlin. La sera di San Silvestro, darò una piccola festa da me. Massimo sessanta persone. Pensaci e fammi sapere."

 

"Percival cos'ha detto?"

"Che devi decidere tu. Lui ovviamente verrà solo se verrai anche tu…"

"Non ci ho ancora pensato. Hai bisogno di saperlo subito?"

"No, però volevo che sapessi che ci saremo tutti"

"Grazie!"


Merlin rimandò la scelta a un altro momento più consono. Faceva fatica a prendere una decisione. Parlarne a quattr'occhi con Percival era l'unico modo per capire cosa fare.

Il pensiero di Oswald fece capolino nella sua mente ed ebbe un brivido di paura alla schiena.

 





 

Merlin corse fuori dall'università, pazzo di gioia. Lo seguivano correndo, Elyan e Percival. Anche loro con il volto che sprizzava felicità. Nel cortile della scuola, in mezzo ad un caos pazzesco di gente che andava e veniva, c'erano Gwen e Morgana con in mano un paio di bottiglie di champagne e dei bicchierini di carta. 

I ragazzi e le ragazze si fecero festa a vicenda. Erano poi stati raggiunti da Arthur e Gwaine che un passo molto più tranquillo si erano uniti agli altri.

 

Merlin aprì una bottiglia di champagne bagnandosi un po' e bevendo qualche sorso dalla bottiglia. Poi la passò a Percival che bevve e la passò ad Elyan che dopo aver bevuto, chiuse il collo della bottiglia con il pollice e la scosse forte spruzzando schiuma un po' su tutti, ragazze comprese.

Infine anche Arthur e Gwaine riuscirono a bere per poi finire anche loro a bagnare di nuovo tutti quanti. 

"No!" urlò Morgana "lo champagne macchia in modo quasi indelebile."

"E adesso puzzo come una cantina" brontolò Gwen. 

"Peccato però, tutto quello champagne sprecato" aggiunse la ragazza.

"Non preoccuparti! È uno champagne tarocco. Tanto va buttato quasi tutto…" bisbigliò Morgana ridacchiando. "Non si sono mica laureati…!"



 

Morgana si fece più indietro, aprì la seconda bottiglia e riempì due bicchierini, uno per sé e uno per Gwen, poi consegnò anche quella bottiglia ai ragazzi, perché ne facessero ciò che volevano.

"Scusa, Morgana, ma è lo champagne più schifoso che abbia mai bevuto" disse Arthur disgustato.

"No, caro! È che tu sei una fighetta!" al che alcuni tra loro scoppiarono a ridere.


"Merlin è stato il migliore del suo corso. Ha avuto un punteggio altissimo" disse Percival che non si teneva più. Merlin sorrideva, rosso in faccia come un gambero.

"È vero" disse Elyan. "Ma anche io e Percival siamo andati molto bene"

"E bravo il mio fratellino!" disse Gwen felice. "Chi l'avrebbe detto che tra un sito osè e l'altro avessi trovato il tempo per studiare!"

"A me risulta di non essere il solo ad apprezzare certi siti, vero Gwen?"

 

La ragazza diventò viola in un attimo. "Bevete il vostro champagne, che è meglio!"

 

"E tu Arthur? Non mi sembri troppo contento!" chiese Morgana.

"Sono passato e mi sta bene. Ma i voti alti li ho lasciati a loro" e con il mento indicò Merlin e gli altri due. "C'è qualcuno però che ha preso voti anche peggiori dei miei…" disse guardando l'amico dal lungo ciuffo.

Gwaine cercò di darsi un tono: "L'università è una noia. Danno ancora importanza al mero apprendimento e non favoriscono le attitudini dei singoli. Vogliono solo che ci uniformiamo ai medesimi standard qualitativi. La novità, la genialità fanno paura."

 

"Dai non fare il genio incompreso! Tanto sappiamo tutti che non studi un cavolo" lo derise Percival.


"Non è vero. Io uso un metodo di studio tutto mio, che non è stato ancora capito e apprezzato. Io sono troppo avanti per questa unouniversità!" disse convinto, senza convincere nessuno.






 

Alla fine Merlin e Percival avevano accettato l'invito per l'ultimo dell'anno a casa Pendragon dopo che

Merlin aveva passato  alcuni giorni di festa alternativamente con sua madre e Percival.




 

E arrivò anche la serata di Capodanno.

Quanti alcolici avevano bevuto! Persino Merlin! Gli invitati non erano più di sessanta e quindi l'atmosfera in una sala così ampia era incredibilmente tranquilla e piacevole. La cena era stata servita nell'ampio soggiorno di casa Pendragon, dove c'erano due caminetti accesi. Ad ogni tavolo vi erano candele e decorazioni rosse e oro. Al tavolo di Arthur erano in nove. Morgana pranzava in un altro tavolo con i suoi amici più cari. La cena fu splendida, spettacolare, per numero e qualità delle portate, ma la cosa migliore erano i vini: di altissima qualità, molto costosi, di quelli che per quanto ne bevi, non hai problemi di stomaco né di mal di testa il giorno dopo, ma comunque in grado di inebriarti a dovere.

 

Merlin continuava a guardare Percival. E non era il solo a guardarlo. 'Perché si era vestito così? Non era da lui.' si domandò Merlin. Non credeva che l'avrebbe mai visto con un look così audace. Un paio di pantaloni cargo neri elasticizzati che gli fasciavano le lunghe gambe e il posteriore sodo e una fluorescente camicia color bronzo aperta sul petto fin quasi all'ombelico. Non che non stesse benissimo, ma la riga tra i pettorali così in vista gli procurava molto più fastidio di quanto pensasse. Si trattava ovviamente della solita forma di gelosia.

 

Arthur era un perfetto padrone di casa. Era vestito in un modo completamente diverso da quello di tutti gli altri. Indossava una camicia chiara aderente e leggerissima. Sembrava di  riuscire a contargli le coste e i muscoli. Un paio di larghi pantaloni estivi con una fantasia tropicale dai magnifici colori completava il suo look Come facesse a non morire di freddo non lo capiva. Ovviamente era affascinante e originale come al solito.

 

Merlin inizialmente aveva optato per un look tranquillo: camicia rossa e pantaloni neri. Nulla di appariscente. Ma dopo aver visto Percival sfilò la camicia e infilò la maglia più nuova che possedeva. Una camiciola blu dal taglio moderno e morbido, completamente trasparente come era molto di moda nel jet set.

 

La più bella tra le donne manco a dirlo era Morgana. Indossava un lungo abito di velluto nero, fasciante con un vertiginoso spacco fino al fianco.

Gwen portava un mini abito di paillettes, argento, fucsia e verde che le donava molto.

Dopo la cena chi voleva poteva spostarsi nel garage per ballare o bere ancora.

A mezzanotte ci fu un brindisi e un mega scambio di baci abbracci e auguri. 

Poi per chi voleva c'erano le musiche da ballare più scatenate e tipiche del veglione.

Merlin doveva andare in bagno.

Con tutto quello che aveva bevuto non riusciva a resistere, ma al bagno di sotto c'era la fila. Si diresse al piano superiore cercando un altro bagno. Non poteva aspettare ed entrò. 

 

Una volta finito vide in un elegante cestino vicino al water, alcune riviste che attrassero la sua attenzione. 

C'erano degli album di foto.

Di Arthur. C'era un portfolio e vari composit, più diversi scatti durante alcune sfilate.

 

Quasi senza pensarci si sedette sulla vasca e sfogliò quelle pagine. 

C'era Arthur con cappotti favolosi, pantaloni particolarissimi, sciarpe e cappelli quanto meno eccentrici. In altre foto era in costume al mare, letteralmente da rimanerci secchi, pensò Merlin, sentendosi un po' in colpa per quell'invasione alla privacy altrui. Arthur aveva un fisico ancora meglio di quanto pensasse. In altre ancora Arthur era in abito da sera, elegantissimo, mollemente adagiato su un sofà, e con il fiocco al collo slacciato. Era passato un sacco di tempo senza che Merlin se ne accorgesse,  mentre lui si fermava ad ogni singola foto. L'ultimo composit era quello con le foto che preferiva. Arthur in quelle foto era molto naturale, non sembrava nemmeno truccato anche se Merlin sapeva che lo era. Erano tutte in primo piano, di fronte, di profilo, a tre quarti, imbronciato, serio, allegro, sorridente, malizioso. Non riusciva a staccare di dosso gli occhi da quelle foto e prima di andare via, fece una cosa poco equa. Tirò fuori il telefonino e fece qualche  scatto a quelle foto, poi rimise tutto a posto e uscì.


Erano ormai le tre del mattino, quando Merlin raggiunse gli altri, dopo essere stato assente per circa un'ora. Si mise di fronte al gruppo dei suoi amici, pur rimanendo seminascosto da una colonna.

 

Merlin prese un calice di spumante dal bancone e si guardò intorno. Arthur e Lance si trovavano al di là dell'enorme divano ad angolo, dove erano seduti Percival e i tre amici più cari di Merlin. Eira non si vedeva. E nemmeno Morgana, Leon ed Helena.

 

I quattro sul divano stavano ridendo. Merlin si sentiva davvero rilassato. Aveva bevuto veramente tanto e continuava a bere.

Anche gli altri probabilmente erano già per lo più ubriachi. Quel vino eccezionale dei Pendragon di alcool ne conteneva parecchio. Tra l'altro prima di cena, dopo aver visto i vestiti di Percival, oltre a cambiarsi  Merlin aveva preso un  Tavor. Sicuramente aveva sbagliato. Ma l'effetto suo malgrado, era meraviglioso. Amava la musica, amava le persone. 

Poi qualcuno sul quel divano aveva tirato fuori qualcosa da fumare. Strano: nessuno di loro aveva mai fumato sigarette prima di quel momento. Ma non erano sigarette. Erano canne, che si passavano l'un l'altro tranquillamente. Anche Arthur tirò fuori qualcosa anche lui, l'accese e da lontano a gesti gli fece capire se desiderasse fumare anche lui.

 

Merlin sorrise e fece un gesto con la mano che indicava chiaramente di no. 

Un po' gli dispiacque che Arthur fumasse erba e gliel'avesse chiesto. Ma era l'ultimo dell'anno. E si era stufato di fare il bacchettone anche per gli altri.

 

Lui in fondo stava abbastanza bene da riuscire a fregarsene. Se Merlin non fosse stato più che ebbro ci sarebbe rimasto sicuramente male. Forse non avrebbe detto niente agli amici. Ma vedere Percival prendere la canna da Gwaine, tirare e poi passarla a Gwen, gli aveva scatenato qualcosa di fastidioso, anche se non in modo così limpido.  Diversamente Percival non se la sarebbe cavata così a buon mercato.  

Merlin sapeva che non appena fosse stato di nuovo sobrio, ne avrebbero parlato e forse si sarebbero di nuovo arrabbiati. Ma non davanti agli altri e non in quel momento.

Anche su altri divani, su esempio di quello di Percival, fecero la loro comparsa erba e hascisc.

 

E forse fu perché aveva aspirato un po' di quel fumo che i colori a Merlin sembravano più brillanti e la stanza si muoveva dolcemente intorno a lui.

 

Quando Arthur si accorse dello sguardo di Merlin su di sé, si voltò verso di lui e gli fece un gran sorriso. Vedere Merlin rilassato e contento lo riempiva di gioia. Era in una situazione che normalmente lo avrebbe caricato il suo amico di un po' di ansia e invece sembrava così sereno. Merlin alzò il calice verso di lui e poi bevve come se quel brindisi fosse solo per Arthur. 

 

All'interno del calice Merlin intravide qualcosa, che stava succedendo davanti a lui. E quando spostò il vetro del bicchiere rimase immobile.

Di sicuro il vino gli stava giocando un brutto tiro. Gli cadde il calice di mano. Arthur seguì lo sguardo atterrito di Merlin e impallidì anche lui. Poi si catapultò verso l'altro, scavalcando le sedie che si trovavano in mezzo alla sala.

 

Merlin aveva già cominciato a camminare all'indietro incespicando in poltrone e piedi di altre persone ma Arthur lo raggiunse e lo fermò prendendolo per un braccio.

 

"Arthur lasciami!" urlava Merlin. Ma Arthur gli si mise davanti, cercando il suo sguardo mettendogli le mani sulle spalle.

Merlin sentiva le gambe tremare. Arthur era infinite volte più forte di lui.

 

"Allora … baciami!" disse Merlin con voce supplice. "Baciami qui davanti a tutti, ora, ti prego!"

"No. Così non voglio… e domani mi odieresti"

"Non ti odierò. Te lo giuro … Io l'ho fatto per te quella volta. Ricordi?" disse con voce malferma.

Arthur era affranto. Aveva immaginato così tante volte di baciare Merlin, ma c'erano sempre state parole dolci e un contesto romantico. Ma così, non aveva senso. Per sé,ma soprattutto per  Merlin. Tuttavia era vero che l'aveva baciato quella volta e solo per aiutarlo.

 

Era indeciso.

 

 "Ok. Vieni con me!"

Arthur era preoccupato. Merlin era sicuramente sull'orlo di un attacco di panico. Tremava come una foglia e aveva cominciato a respirare a bocca aperta. 

"Tra un attimo ti porto via!" mormorò all'orecchio di Merlin.

Quasi di peso lo trascinò fino al divano, e fece adagiare l'altro con il dorso appoggiato all'alto schienale. Arthur si ritrovò di fronte una situazione particolare: Gwen, furibonda e in lacrime, in piedi, che urlava contro non si sapeva chi. Percival che guardava Arthur e Merlin con gli occhi sbarrati e Gwaine con le mani tra i capelli. Elyan non si vedeva più. Quando fu sicuro che tutti lo stessero guardando, avvicinò il viso a quello di Merlin. Questi lo guardava negli occhi, prostrato dal dolore ma deciso come non mai e abbracciò Arthur, che ricambiò l'abbraccio.

Merlin si fece indietro con la testa, schiuse le labbra attendendo che l'altro lo baciasse. "Dai, Arthur…" Questi strinse gli occhi, e all'improvviso se lo caricò addosso. Arthur aveva messo un braccio dietro le ginocchia di Merlin e l'altro a sorreggergli la schiena.

 

Quando Merlin si accorse che Arthur non si sarebbe prestato a quel gioco: "No!" urlò, dandogli anche un paio di pugni frustrati sul petto.

 

Arthur si mosse veloce e fece appena in tempo a vedere tre paia di occhi fuoriuscire dalle rispettive orbite oculari. 

 

Trasportò Merlin fuori di lì, nella sua stanza. Lo fece prima stendere sul letto, poi cambiò idea. Da sdraiati forse la respirazione era più difficoltosa e lo fece sedere  sulla sedia del computer. Poi chiuse la porta a chiave. L'ultima cosa che voleva vedere erano loro

 

Merlin tirò fuori qualcosa dalla tasca ma le mani gli tremavano talmente tanto che l'inalatore gli cadde per terra. Merlin cominciò a respirare come se stesse soffocando con dei rantoli inquietanti. Anche le mani di Arthur cominciare a tremare e con fatica lo aiutò a mettere il boccaglio poi premette forte il pulsante dell'inalatore. Merlin gli fece un cenno con la testa come per dirgli di farlo ancora. E Arthur premette il tasto finché Merlin non scosse la testa per fermarlo.

 

"Il bagno…" soffiò Merlin e

Arthur lo accompagnò nel suo bagno, adiacente alla sua camera ma Merlin lo fece uscire. "Vai via…"

 

"Ok. Ma non ti chiudere a chiave. Non entrerò…"

 

Merlin diede di stomaco. Vomitò tutto ciò che aveva bevuto e mangiato. E a ogni conato sentiva la voce di Arthur da fuori "Posso entrare, ora?"

 

"No!" 

 

Con la testa che sembrava esplodergli per il dolore, la gola in fiamme e lo stomaco ormai vuoto, ora Merlin ebbe un attimo per pensare a cosa aveva visto.

Percival e Gwaine che si baciavano sulla bocca, di fronte a lui, di fronte a tutti. Merlin pensò che forse non l'avevano visto, seminascosto com'era dalla colonna. Ma tanti non cambiava niente. 

 

Poteva immaginare qualcosa di più assurdo e doloroso? Non riusciva neanche a piangere. 

 

Uscì barcollando dal bagno e trovò Arthur al telefono, che quando riattaccò, gli spiegò che aveva chiamato il pronto soccorso. 

"Saranno qui tra 10 minuti. Vuoi sdraiarti un attimo?"

Merlin si sdraiò e disse solo. "Non dovevi chiamarli. Ora chissà quanto mi tratterranno…"

 

"Questo attacco è stato molto peggio dell'altro. Io non sapevo cosa fare!"

"Mi hai aiutato… Non potevi fare di più"

 

Arthur si alzò e andò a sdraiarsi dall'altra parte del letto. Gli mise una mano su un avambraccio con fare amichevole.

 

"Posso avvertire qualcuno?"

"No, grazie. Mia madre la chiamo direttamente io dall'ospedale. Se sentisse la tua voce anziché la mia le verrebbe un colpo"

 

"Vuoi parlarne?"

"No! Ma se rimani qui con me fino all'arrivo dell'ambulanza te ne sarei grato."

 

"Sei arrabbiato con me?" mormorò Arthur con cautela.

Merlin scosse la testa.

"Prima sì, ma adesso penso che tu abbia fatto bene!"

 

"Perché volevi che ti baciassi?"

"Per vendetta … è ovvio. Volevo rendere a Percival una parte del dolore che ho provato io. Ma è stato meglio così. Che dolore vuoi che avrebbe  provato, se non gli importa più niente di me?"

 

"Questo non lo sai. Magari lui non c'entra. Ci hai pensato?"

"No, non voglio pensarci. Se penso a … Gwaine, mi fa anche più male."

"Credevo fosse etero…"

"Anch'io…"

 

"Ti vedo stranamente calmo e non so se sia un bene."

"Non lo so. Credo di non essere riuscito ancora a realizzare la situazione. Mi sembra solo un brutto sogno."

 

Arthur si spostò più vicino a Merlin, ma non a contatto diretto e senza abbracciarlo. 

Sapeva che Merlin prima o poi sarebbe esploso in un pianto dirotto. Ma forse aspettava di essere da solo per questo.

 

"Vuoi che ti dia un bacio adesso?" chiese Arthur.

"E perchè scusa?" quasi rise Merlin.

"Solo per …vendetta. Percival non ti vedrà, ma tu lo saprai…"

 

"Capisco, ma non credo funzionerebbe. Il desiderio di vendetta è durato un attimo. Un impulso da cavernicolo. Il dolore verrà perché non posso smettere di amarlo con uno schiocco delle dita. Anche se vorrei tanto."

 

"Comunque non è detto che tu debba soffrire per forza in maniera devastante. Dipende molto da te. E se tu ti ritieni fragile da un lato, dall'altro, sei coraggioso e determinato in tanti aspetti della tua vita: il lavoro, lo studio … in questo momento vorrei darti il menefreghismo che possiedo…"

 

"E io lo accetterei con tutto me stesso"sorrise Merlin.

 

"Una cosa devo chiedertela. 

Se Percival non centrasse nulla e avesse fatto tutto Gwaine, tu potresti perdonare Percival?"

"Non lo so."

 

"Se lui fosse innocente io credo che tu non solo potresti perdonarlo, ma dovresti! E te lo dico anche se per me è controproducente."

 

"È vero. Tu sei la mia seconda scelta…" ribatté Merlin.

"Volevo solo stuzzicarti…"

 

"Tu non sarai mai la seconda scelta di nessuno, Arthur. Non solo per la tua bellezza ma perché quando vuoi, sei un ragazzo d'oro. In pratica sei diventato il mio eroe. Non fai altro che venirmi in aiuto."

 

"E allora ti dirò che lo faccio per fini egoistici. Tu mi piaci, l'hai capito, vero?"

"Anche tu mi piaci!"

"Ma io non intendo solo come amico …"

 

"Tu vuoi farmi stare meglio, e io ti sono molto grato, ma non è necessario"

"Pensi che ti dica questo per farti stare meglio?"

"E non è così?"

"S-sì, però … è la verità! Io sono molto cambiato, grazie a te."

 

In quel momento si sentì suonare il campanello. Era l'ambulanza.

Arthur accompagnò Merlin uscendo con lui dalla porta posteriore in modo che nessuno li vedesse. 

 

Prima che Merlin salisse sull'ambulanza gli chiese. "Posso venire con te?"

"No, ti ringrazio. Sono abituato agli  ospedali. E ci sarà mia madre. Però ti scriverò appena posso. Grazie! Buon anno, Arthur."

 

"Buon anno Merlin."

 

L'ambulanza si allontanò senza sirena, proprio come era venuta. Arthur rientrò in camera sua.

'Proprio un Buon anno del cavolo.' si disse. 


Non pensò nemmeno per un attimo di tornare alla festa. Se avesse visto Percival o Gwaine avrebbe sicuramente fatto a pugni con loro. La cosa che lo faceva più ammattire era: "perché davanti a lui?" 

 

Eppure entrambi sapevano che Merlin l'avrebbe presa malissimo e che sarebbe stato anche pericoloso per la sua salute fisica oltre che per la sua sanità mentale. 

Uno come Merlin non poteva sopportare uno smacco simile. Ne aveva già passate tante e aveva solo diciannove anni.

 

Scrisse a sua sorella se potesse andare da lui. Lei e gli altri amici meritavano di essere tranquillizzati.

 

Quando le aprì la rassicurò subito. 

"Merlin sta meglio, ma ho ritenuto opportuno chiamare l'ambulanza. Ci sarà sua madre ad occuparsi di lui. Per ora è meglio non andare a trovarlo. Mi ha fatto capire senz'ombra di dubbio che preferisce così. Dillo tu agli altri.

 

"Non scendi?"

"Scusa ma non mi va… "

"Giù sono tutti preoccupati per Merlin"

"Non credo proprio tutti…" e fece una smorfia amara.

 

"E invece 'loro' proprio più di tutti gli altri. Percival sembra un lupo in gabbia. Va avanti e indietro lungo la sala."

"Ti hanno detto cosa gli hanno fatto?"

"Sì. Anche se Gwen non riusciva a calmarsi e ho fatto fatica a capire, tra un singhiozzo e l'altro!"

 

"Chi è stato?"

"Chi è stato cosa?"

"Chi ha baciato chi?"

 

"Non lo so! Gwaine adesso sta bevendo in modo spaventoso. Sta bevendo come non ho mai visto fare prima da nessuno!"

"Più di prima? Mi sembra strano!" disse Arthur sprezzante. "Io credo sia stato lui a prendere l'iniziativa. Percival è troppo timido per fare una cosa simile! Ed è innamorato di Merlin!"

 

"Povero Merlin!"

 

"Dovevano pensarci prima" disse Arthur e Morgana cominciò a piangere. "Non inviterò mai più Merlin a una festa a casa nostra. La nostra casa è stregata per lui…" 

"Non c'entra. È solo stato sfortunato ed è molto fragile dal punto di vista emotivo. Ma forse non è la casa,... forse sono io a portargli male."

"Cosa dici?"

"Se ci pensi bene è così!"

 

"Io non credo proprio … ma tu non sai quanto mi dispiace!"

"Anche a me. Ora che ne dici di andare a buttare tutti quanti fuori di casa?"

"Questo non posso farlo!"

"Allora perdonami, ma toccherà a te rimanere con i nostri ospiti."

Morgana prima di uscire lo guardò. E lui vide sul volto della sorella un dolore molto simile al suo.




 

Merlin era rimasto in pronto soccorso per qualche ora. Era abbastanza disidratato, forse a causa del vomito e gli fecero una flebo. Poi visto che aveva un po' di tachicardia gli avevano dato un farmaco per ripristinare un normale battito cardiaco. Gli fecero qualche esame e sua madre lo riportò a casa al mattino presto.

 

"Spero che stavolta tu non abbia incontrato quel tipo losco." chiese la madre agitata, una volta a casa. Il cellulare di Merlin continuava a tintinnare a causa degli sms.

"No, mamma. Ho avuto un attacco. Forse ho bevuto troppo. Ma come hai visto sto bene! Però sono molto stanco, ma siccome mi sento anche un po' in ansia, non potresti darmi qualcosa per dormire?"

"Ho un paio di sonniferi, ma bisogna andarci piano."

"Un Tavor? Quello che ho preso è finito nel water"

"Meglio lo Xanax!"

"Ma quello non funziona, su di me"

"Ti darò qualche goccia più del solito!"

"E va bene!"

"E tu potresti rispondere al cellulare, almeno a Percival. Chissà com'è preoccupato!"

'Già. Sarà molto preoccupato!' pensò sarcasticamente tra sé!'

"Ok!" rispose tuttavia alla madre.

 

Scorse in fretta i vari sms.

Arthur gli scriveva: 

"Come va?" 

Gli rispose subito. 

"Sono a casa. Sto bene. Grazie di tutto! A presto"

 

Percival gli aveva scritto più volte.

 

"Merlin, è tutto un equivoco!"

 

"È stato Gwaine! Era ubriaco e fatto di canne!  Non sapeva quel che faceva!"

 

"Anch'io ero piuttosto intontito dalle canne e dall'alcool ma sono innocente. Devi credermi"

 

"L'ho colpito, sai? L'ho riempito di pugni. Perché ti ha fatto male e non lo sopporto"

 

A Percival non rispose.

 

Anche Gwen scrisse a ruota libera.

 

"Tu non devi farci caso, Merlin. Erano andati, non ci stavano più con la testa. Ora non so chi dei due stia più male. Se ne sono date un sacco. Ben gli sta, stupidi idioti!"

 

"Lascia perdere. Ti prego. Non è successo niente!"

 

"Se il risultato è questo non fumerò mai più uno spinello."

 

"Buona notte, tesoro. Ci sentiamo domani! Anche Elyan ti saluta e fa il tifo per te."

 

Merlin rispose brevemente.

"Non preoccuparti. Sto bene. Sono già casa. Vado a dormire. Riposa bene anche tu. Un abbraccio a te e ad Elyan!"

 

Dopo aver preso il sonnifero, Merlin non poteva mentire a se stesso. Aveva un groppo in gola grande come un camion, che non voleva saperne di sciogliersi in un bel pianto liberatorio, ma il sonnifero cominciò a fare effetto e Merlin si addormentò in fretta.



 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV - After the trouble ***


Capitolo XIV

 

After the trouble














 

Il primo dell'anno era un festivo anche per Merlin e il ragazzo, grazie anche ai sonniferi dormì fino a mezzogiorno inoltrato.

 

Quando si svegliò e andò in cucina, sua madre lo abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia. La donna notò il viso sciupato del figlio e la sua espressione seria e statica. Provò allora a chiedergli cosa gli fosse capitato, ma Merlin dopo aver trovato qualche scusa, dimostrò una certa insofferenza a quelle domande, per cui la donna decise di lasciarlo in pace.

 

Dopo pranzo Merlin si mise al computer cercando qualche video di suo gradimento per cercare di distrarsi, ma fu inutile.

Rivedeva nella mente, il flash di Gwaine e Percival, di continuo, come se i due invece di essersi baciati per pochi istanti, si fossero baciati infinite volte e ogni volta per Merlin era un colpo al cuore. Non ne poteva più. Era stufo di soffrire. Tempo prima era stato male per lo spogliarello. Cosa gli importava in fondo? Percival aveva solo guardato e amen! E Arthur non doveva certo rendergli conto sul voler fare ciò che gli pareva. Era stato male per quel perverso di Oswald. Lì era già diverso. Si parlava di due aggressioni fisiche, che però avevano lasciato cicatrici profonde più all'interno che all'esterno.

Ora aveva diritto di stare male! Il tradimento c'era. Per lui un bacio era già un tradimento. Un grande classico: il suo ragazzo con il suo migliore amico. A quanti era successo? Eppure avrebbe dato ogni cosa perché il tempo fosse trascorso in un lampo a due anni dopo. Forse aveva ragione Arthur. Lui poteva fare qualcosa per non stare troppo male.


Nel pomeriggio Gwen scrisse a Merlin. Avrebbe voluto andare a trovare l'amico, ma il ragazzo disse che non stava ancora bene e che avrebbero parlato l'indomani.

 

Prese qualche libro e uscì a piedi. Si recò sulle rive di un fiume dove passeggiò per parecchio tempo.

Stese una coperta sull'erba e si mise a studiare. C'era molta gente che passeggiava.

Era una magnifica giornata anche se indubbiamente era ancora freddo.

Studiò per un'ora circa riuscendo a concentrarsi sullo studio, poi il freddo ebbe la meglio e Merlin tornò a casa. Uscire gli aveva fatto bene.

 

Ricevette messaggi da Arthur e Morgana dove gli amici si informavano sul suo stato e cercavano di tenergli su il morale con argomenti leggeri e piccole battute. Merlin apprezzò i loro sforzi e rispose ad ogni messaggio.

 

Da Percival invece non aveva ricevuto altri messaggi dopo quelli della notte precedente. Non aveva voglia di parlargli ma si sarebbe aspettato almeno un tentativo.

 

Dal fronte di Gwaine, silenzio assoluto e di questo il ragazzo ringraziò il cielo. Cominciò a ipotizzare che lui e Gwaine non si sarebbero frequentati mai più, non si sarebbero più parlati, né di persona, né per telefono e nemmeno per messaggi. Tutta la loro grande amicizia finiva così? 

 

E pensò che Arthur avesse ragione a sostenere che la responsabilità di quel bacio fosse proprio di Gwaine. Altrimenti perché sarebbe sparito in quel modo? Gwaine lo conosceva come le sue tasche e sapeva bene che il tradimento perpetrato ai danni dell'amico non sarebbe mai stato perdonato né dimenticato da questi.

 

Sentì all' improvviso una fitta forte all'addome, un dolore sordo e crudele. 

 

Aveva perso Gwaine e questo gli faceva più male di qualsiasi tradimento. Era come se Gwaine per lui fosse morto, ma era un pensiero che non riusciva a contemplare in alcun modo e si buttò sul letto, cominciando a piangere. Un pianto isterico, disperato. Non un attacco di panico, ma il dolore più puro, letale e profondo. Sua madre era uscita da poco e ora che per la prima volta si trovava solo, tutta la tensione, la rabbia, la paura esplodevano squassandogli l'anima e il corpo.

Continuò a piangere cercando ogni tanto di prendere fiato. La testa gli doleva insopportabilmente e dopo poco si alzò per prendere un analgesico. 

 

Era in cucina quando sentì il campanello suonare. Che fosse Arthur?

Quando aprì la porta, Percival era già sulla soglia, immaginando forse che Merlin avrebbe cercato di lasciarlo fuori.

 

"Va via, Percival. Non sto tanto bene. Parleremo un'altra volta..."

Ma Percival l'aveva aggirato ed era già dentro casa. Aveva il viso tirato e cupo.

"Non ti porterò via molto tempo…" disse Percival.

"Come ti ho scritto io non ho fatto niente!"

 

"Non hai fatto niente? Sicuro? Non hai nemmeno fatto niente per evitarlo o per spostarti. Ma … non mi interessa più. Vattene per favore. Io non voglio vederti … È finita Percival!"

 

Ma il suo ragazzo con un'espressione offesa e arrabbiata non aveva la minima intenzione di lasciar perdere. "No. Perché tu adesso mi ascolterai… Avevo bevuto tanto, Merlin. Mi sono fatto pure di hascisc. Un errore. E quando mi ha baciato sono rimasto lì perché avevo il cervello fuso."

 

"O forse ti piaceva. Mi sono reso conto che tra voi due c'è stata intesa e complicità, fin dall'inizio."

"Sì, Gwaine mi è stato subito simpatico. Siamo amici. Ma niente di più."

 

"A quanto pare per lui, sì"

"Se fosse così, a me non importerebbe, perché io amo solo te e lo sai." Percival si avvicinò e gli mise una mano sulla guancia. "Guardami. Dimmi che mi credi…"

 

Merlin scoppiò in lacrime e accettò l'abbraccio di Percival, appoggiandosi con il viso e con i pugni chiusi al petto dell'altro. E fu una sensazione di calore e di sicurezza che gli diede un certo conforto. Poi si lasciò baciare. Rimasero a lungo a scambiarsi dei dolci baci. Poi Percival manifestò il desiderio di fare l'amore con lui, facendo aderire strettamente i loro corpi respirando forte e accarezzandogli i glutei. Merlin non reagì a quelle avance. "No. Non ci riuscirei, Percival: sono ancora scioccato" gli disse Merlin, spostandosi dal corpo dell'altro.

 

Quando la madre rientrò i due ragazzi stavano in cucina, mangiando fette biscottate con latte. Hunith salutò Percival con un sorriso e li lasciò soli. Era sollevata che Merlin non fosse da solo, anche se guardandolo in viso riconobbe gli inequivocabili segni di un brutto pianto.

 

All'improvviso arrivarono un nugolo di messaggi al cellulare di Merlin e anche a quello di Percival.

Gwen scriveva ad entrambi lo stesso messaggio: 

 

"Accendi la tivù sul tg locale"

 

Anche Elyan aveva scritto qualcosa del genere ad entrambi.

 

Arthur aveva scritto: "Hai sentito? Hanno trovato quel bastardo! Grazie alla tua denuncia! E al contenuto delle telecamere in giardino che avevo mostrato a mio padre."

 

"Quello stronzo stavolta si è rovinato con le sue mani" scriveva Morgana. "L'ultimo ragazzo che ha rapito è morto per overdose. Ma ora l'hanno preso!"

 

Merlin era tutto scombussolato. Percival accese la televisione. Il tg  era già finito, ma si mise a scorrere i canali locali finché non apparve lo stesso servizio su un altro telegiornale.

La telecronista leggeva:

 

"L'uomo in passato aveva drogato e violentato molti giovani uomini, ma poche volte era stato denunciato dalle proprie vittime, alcune delle quali minorenni. Le ultime denunce sono state utili ad accendere l'attenzione sull'uomo, Oswald Gallagher, un trentacinquenne di Abbey Wood."

 

'Ha davvero usato un cognome falso!' si disse Merlin stupefatto.

 

"Sembra che nella sua cattura siano stati coinvolti numerosi investigatori privati, ad opera di un facoltoso cittadino di Abbey Wood. Sono stati questi investigatori a catturarlo e a consegnarlo alla polizia."

 

'Il padre di Arthur! È stato lui a farlo catturare in flagranza di reato' pensò Merlin stupito. Inoltre gli venne in mente un particolare che se confermato sarebbe risultato terribilmente inquietante. Gli investigatori di Uther stavano pedinando Oswald. Possibile che non avessero potuto impedire l'omicidio dell'ultima giovane vittima? Secondo lui avrebbero potuto salvarlo, ma dovevano avere ricevuto altri ordini e cioè catturare Oswald subito dopo un crimine.

Possibile che Uther Pendragon fosse così potente e terribile?

Sì, a sentire i suoi figli!

 

La voce della giornalista continuava.

"Purtroppo l'ultimo ragazzo di ventidue anni non ce l'ha fatta ed è morto di overdose… Si chiamava Philip Hanson…"

 

"Ti prego, spegni ora!"

"Non sei contento?" chiese Percival sorpreso.

"Sì … sì! Ma ora ti chiedo di lasciarmi. Devo parlare con mia madre."



 

Merlin si mise seduto accanto a Hunith e con la massima cautela, le raccontò di Oswald. Non poteva fare a meno di confessarsi con la madre. Avrebbe saputo tutto in ogni modo e sarebbe stato molto peggio per lei scoprirlo da altri o dal giornale. Era sicuro che sarebbe stato contattato dalla polizia. 

 

Hunith ascoltò il figlio con il cuore in gola e pianse tutte le sue lacrime. Pianse, urlò e abbracciò strettamente il figlio. Era divorata da una rabbia tale. Ed era terrorizzata dal fatto che Merlin avesse rischiato di morire. Hunith prese un paio di calmanti e si mise a letto, tremando come una foglia con il figlio seduto accanto a lei. Era stato un colpo troppo duro per Hunith.

 

Le settimane seguenti furono molto caotiche per Merlin. Oltre ai soliti impegni Merlin dovette recarsi più volte in commissariato. Il processo ci sarebbe stato più avanti, ma intanto avevano fatto a Merlin molte domande. E ora che c'era di mezzo il morto i carabinieri avevano decisamente cambiato modo di fare con lui. Erano diventati più gentili e disponibili nei suoi confronti.

 

Erano ormai a fine febbraio e le cose per Arthur e per Merlin sembravano essere tornate quasi alla normalità.

 

Una mattina al bar dell'università Merlin prendeva un caffè insieme a Gwen.

"Hai più visto Lance?" gli chiese Merlin curioso.

"Due sere fa abbiamo cenato fuori, insieme!"

"E?"

"E niente. Non c'è stato niente. Ma siamo stati bene. Lui è un perfetto gentiluomo: intelligente, simpatico, sensibile…"

"Bello da morire …" cantilenò Merlin.

"Esatto."

"Credi di piacergli?"

"Sembra di sì!"

"Cosa stai aspettando Gwen?" la guardò severo negli occhi. "Lo conosci da parecchio ormai…"

"Lui non può essere così perfetto. Sono certa che ci sarà qualche inghippo sotto. Magari avrà fatto una scommessa con Arthur… O magari è come Oswald, affascinante e micidiale. Un sadico che usa la gente per il proprio piacere…"

 

"Chi? Lance?" Merlin scosse la testa. "Credo sia uno dei ragazzi più dolci e onesti che abbia mai conosciuto. Ma se preferisci lasciarlo a qualche altra … uno così non rimane solo a lungo."

Gwen non disse nulla ma Merlin colse nei suoi occhi un lampo di paura.

 

"C'è una cosa, di cui vorrei parlarti, già da un po', Gwen. E questo solo perché ti voglio bene. Ora sai che anche Gwaine con tutta probabilità è gay: non ti senti ormai del tutto riscattata dal nostro rifiuto di allora? Anche Arthur ha detto che sei molto carina e lui di bellezza se ne intende, al di là delle preferenze sessuali, solo che non capisce perché tu sia così insicura di te … Però su una cosa non potrei darti torto. Se Lance non è in grado di farti sentire bella e desiderabile come sei, allora non è il tipo giusto!"

"Se prima avevo dei dubbi" continuò la ragazza "adesso ne ho molti di più"

"Scusami se sono stato duro, ma è un periodo difficile per me!"

"Ma ormai è parecchio che tu e Percival siete tornati insieme!"

"Già …"

"Sembra che andiate di nuovo d'accordo…"

"Sembra!"

"Che vuoi dire?"

"Vedi, noi … non l'abbiamo più fatto. Lui vorrebbe ma io … non ci riesco! E questo lo ha allontanato"

 

"Oh, Merlin! Mi dispiace. È una cosa seria. Bisogna che tu vada da un medico quanto prima."

"Perché un medico?"

"Se … se …hai problemi di … impotenza…"

A Merlin scappò un sorriso.

"No, Gwen! No, non ho quel tipo di problema. È un blocco mentale."

 

"Ma tu l'hai perdonato! Lui non aveva colpe…"

"Sì, ma c'è una cosa che all'inizio non avevo notato o meglio che non volevo notare…"

"Che cosa?"

Merlin chiuse gli occhi per il dolore. "Percival! Percival con Gwaine. La sua timidezza con lui sparisce. Diventa un'altra persona in sua presenza, quella che ha sempre desiderato essere: sciolto, disinvolto, più sicuro e felice. Ma non con me. Non con qualsiasi altra persona che conosco."

 

"Questo può capitare con un amico così buffo e chiacchierone come lui."

 

"No. Anche Arthur è così e tu e Morgana, ma con voi e con me rimane chiuso e perennemente imbarazzato. Quando c'è Gwaine non diventa più neanche rosso. E se Gwaine l'ha baciato forse è interessato a lui …" 

Merlin si portò la testa tra le mani e mormorò: "Tu lo frequenti ancora?… voglio dire Gwaine?"

La ragazza si morse le labbra nervosa. Non voleva contrariare Merlin ma nemmeno mentirgli.

"Sì, Merlin. Mi dispiace ma tengo ancora a lui. E anche Elyan. Per noi è terribile questa separazione tra voi. Per un po' sono stata arrabbiata persino con Percival, anche se non c'entrava nulla. Ma è stato il motivo per cui il nostro gruppo si è rotto. Inoltre forse non vorrai saperlo ma Gwaine sta proprio di merda."
"E Eira?"
"Quella sera le ha chiamato un taxi per accompagnarla a casa. Lei era furente. Non si sono più visti"

 

"Come può mancarmi così tanto una persona che mi ha tradito?" Merlin aveva gli occhi lucidi.

 

"Perché non parlate?" disse dolcemente Gwaine.

"Oh, no!"

"Non necessariamente per tornare amici… ma lui potrebbe spiegarsi e tu potresti dirgli come ti senti. Non hai domande da fargli?"

 

Merlin rimase a lungo a pensare con la testa china.

 

"Non lo so…ci penseró!"



 

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Capitolo 15
*** Capitolo XV - A Little more ***


Capitolo XV


A Little more


















 

Merlin sentì il telefonino squillare. Era Arthur.

 

"Ehi, Merlin! Sei sparito?"

 

"Ciao! Ma se ci siamo visti anche ieri sera!"

 

"Ok, ma non è lo stesso. Quando lavori non si riesce  mai a parlare!"

 

"Mi dispiace, ma sono sempre così incasinato!"

 

"Dovrei parlarti. Ho una proposta di lavoro per te…"

 

"E come potrei fare? Già non ho il tempo di respirare e se aggiungo un altro lavoro…"

 

"Dove sei adesso?"

 

"Sono al bar"

 

"Hai iniziato prima stasera?"

 

"No, sono al bar come cliente."

 

"Ti raggiungo" disse come fosse scontato che per Merlin non ci sarebbero stati problemi e riattaccò.

 

'D'accordo… se lo dici tu!' pensò Merlin.



 

Dieci minuti dopo Arthur raggiunse il bar e si fermò in piedi a osservare il viso dell'altro.

"Eccomi, Merlin! … Mi dispiace dirtelo ma hai una pessima cera!"

 

"Ecco… Mi mancava giusto questa"

 

"Allora rifaccio! Sei incantevole stasera, Merlin, come sempre … ma hai una pessima cera!"

 

"Con tutti questi complimenti, mi monterò la testa! … Scusa. Ti ho fatto venire qui per niente. Non ho molta voglia di parlare di lavoro in questo momento" disse Merlin sbadigliando e stirando le braccia verso l'alto.

 

"Non c'è problema. In questo dossier c'è tutto quello che devi sapere. Te lo lascio e quando ne hai voglia lo leggi."

 

"Grazie, Arthur!"

 

"Ma … cosa stai bevendo?"

 

"Un 'Merlin's delight'. Te lo ricordi?"

 

"Come no? Hai tentato di uccidermi quella volta!"

 

Merlin sogghignò. "Esagerato! È molto forte ma si riesce a bere."

 

Arthur si alzò, si recò al bancone e tornò con una birra in mano.

"Hai già mangiato?" chiese squadrando Merlin.

"Qualcosa, nel pomeriggio"

"Non starai dimagrendo, per caso."

Merlin alzò gli occhi al cielo: "No … mamma!" 

 

Arthur scosse la testa. "Come stai?"

 

"Non è il mio periodo migliore, ma ho avuto di peggio … Tra due mesi dovrò testimoniare al processo contro Oswald."

"Davvero?"

"Sì e credo tu sappia come abbiano fatto gli inquirenti a scoprire la sua vera identità."

"Le telecamere di quella sera, in giardino"

"Esattamente! Devo ringraziarti. Anche se il processo per il mio stupro non verrà fatto. Sarò però utilizzato come testimone dell'accusa."

 

"E perché?" Arthur sembrava irritato.

 

"Non so. Forse perché la mia denuncia è arrivata tardi. Ci sarà un solo processo per l'omicidio di quel ragazzo. Testimonieranno alcuni dei ragazzi, vittime sopravvissute, me compreso."

 

"Ma è una cazzata enorme! Bisognerebbe fare più di un processo."

"Forse, ma sinceramente preferisco così. Temo che sarà già abbastanza dura farmi controinterrogare in aula dalla difesa di Oswald, ma mi tocca. Spero solo che Oswald rimanga in cella."

 

"L'ergastolo devono dargli!

Comunque anch'io sarò lì per darti manforte, anche se solo psicologicamente"

 

"È davvero un bel pensiero. Ti ringrazio. È importante per me!"

 

"E dopo ogni seduta, ti porterò in un posto dove fanno le bistecche più succulente che ci siano. Così metterai su un po' di ciccia e di colore."

 

"Vuoi che diventi come te?"

 

"Attento caro. Sono suscettibile da questo punto di vista. E poi, cosa ci sarebbe di male nel diventare come me?"

 

"Niente, ma tu hai un fisico diverso dal mio. Io credo di essere un tipo di quelli più 

… intellettuali: magro, pallido, interessante…"

 

Arthur lo guardò. Merlin era proprio così, come si descriveva. Avrebbe aggiunto anche gli aggettivi affascinante, conturbante e probabilmente molti altri più audaci. Ma non era il caso, per cui cambiò argomento.

"Come va con Percival? Mi sembra piuttosto bene, da quel che ho visto" chiese Arthur con dolcezza un po' forzata.

 

"Ma cosa avete tutti oggi? Prima Gwen, ora tu!" rispose poco gentilmente il moro.

Arthur si alzò in piedi, decisamente offeso. "Bene, visto che non tira una buona aria, stasera, ti saluto…"

 

Merlin che non si aspettava una tale reazione, si scusò subito. "No, Arthur. Ti prego rimani. Mi dispiace!"

 

Arthur sospirò e si risedette.  

Avrebbe voluto ribattere ma non chiese nulla. Al posto suo parlò Merlin.

 

"Le cose non sono più quelle di prima, con lui. Non riesco a togliermi dalla testa che Percival sarebbe molto più felice con Gwaine."

 

"Sei fuori? Tutto questo solo per uno stupido errore … un bacio rubato!"

 

"Il bacio non c'entra più, capisci? Con Gwaine, Percival è diverso." s'infervorò Merlin.

 

"Diverso, non significa più felice."

 

"Invece nel suo caso sì! La presenza di Gwaine da sola, è sufficiente a trasformarlo in un uomo allegro e sicuro di sé"

 

"Bene. Allora lascialo!" sorrise Arthur, come per sfidarlo.

 

Merlin strabuzzò gli occhi nel guardarlo. Poi finì il suo shot con un ultimo sorso e a voce bassa aggiunse: "Temo che dovró farlo!"

 

"Così finalmente potrò iniziare a farti una corte serrata, di quelle fatte per bene, come dico io …" disse Arthur con aria allegra che cozzava con il turbamento di Merlin.

 

"E pensi che mi consolerebbe?"

 

"Questo non lo so. Certo ti lascerei poco tempo per pensare ad altro, almeno finché rimani con me!"

 

"Dai già per scontato che direi di sì?"

 

"No, la mia è solo una speranza. Ma almeno avrei una possibilità. Finché sarai legato a Percival, tu non mi considererai mai qualcosa di più e per principio, io non ci provo con ragazzi già impegnati."

 

"Scusa, ma a questo non  credo."

 

"Mi è capitato, ma solo perché certi ragazzi mi hanno mentito. Hanno detto di essere liberi, quando non lo erano. Ma con te è diverso. Tu sei anche troppo per bene!"

 

"Lo dici come fosse un difetto!" 

 

"Sai com'è! Alla lunga anche un pregio, può  diventare un po' … frustrante."

 

Merlin storse la bocca. 

"Tu sei matto!"

 

"Può essere! Ma fino a prova contraria chi va dal neuropsichiatra sei tu. A proposito ci sei stato oggi se non sbaglio. Com'è andata?"

 

Merlin gli rispose con aria di sfida. Non gli era piaciuto ciò che Arthur gli aveva detto. Era la verità, ma non era stato affatto carino a sottolinearlo in quel modo.

"Benino. Tra le altre cose, gli ho parlato di te…" 

 

"Ah, davvero?!" chiese Arthur interessato.

 

"Ha detto che è strano per uno come me, avere per amico uno sciupamaschi come te. Ma ha detto che non necessariamente è un male!"

 

"Sciupamaschi? Questo si inventa pure le parole! Non gli avrai detto quanti ragazzi ho avuto?"

 

"Sì, ma lui non conta. A lui posso dire tutto. Devo. Mi ha detto che da come parlo di te sembro tenerci. E che frequentarti potrebbe portarmi ad avere dei vantaggi."

 

Arthur non muoveva un muscolo.

 

"Intanto ha detto che un uomo così esperto quale sei tu, dovrebbe essere un amante fuori dal comune…"

 

Arthur scoppiò a ridere. "Mi piace questo Gaius. Vecchia saggezza e idee moderne!"

 

"E ha aggiunto che dopo una storia con te, se dovessi sopravvivere, la mia gelosia diminuirebbe per forza di cose e la maggioranza dei ragazzi mi sembrerebbe più … affidabile"

 

"Già non mi piace più tanto…"

 

"Lui non crede che uno come te possa cambiare, ma se dovesse succedere avrei la conferma di un amore reale e profondo da parte tua."

 

Arthur lo guardò serio negli occhi, poi si riscosse.

"Non ho capito! Ti ha sconsigliato o consigliato di frequentarmi?"

 

"Lui non dà consigli. Non può, dice. Ma non so perché, ho percepito che tu gli vada a genio."

 

"Così mi tappi la bocca!

Ma sappi che in un eventuale rapporto ci sarei anch'io a decidere. Non dimenticare che si è sempre in due." Poi sorrise. "Una cosa però mi fa molto piacere: per la prima volta mi sento preso in considerazione da te, al di là dell'amicizia."

 

Merlin si sentì improvvisamente a disagio. Non stavano andando troppo oltre con quelle considerazioni?

"Adesso devo iniziare il turno."

 

"Un attimo ancora. Quand'è che potresti venire da me?"

 

"Dipende per quale motivo dovrei venire. Necessito di tranquillità in questo periodo."

 

"Ma io non voglio agitarti! Prima di tutto volevo parlare di lavoro e secondo volevo finire questo discorso: volevo sapere quando ti deciderai a parlare con Percival per fare chiarezza tra voi!"

 

"Non lo so. Ho bisogno di abituarmi all'idea."

 

"E io stupido che ci avevo creduto! Ti saluto, Merlin. Stasera non ci sarò. Ho da fare."





 

Come previsto Arthur quella sera non si fece vedere al bar.

Merlin aveva capito che l'altro si sarebbe aspettato qualcosa in più da lui e che era arrabbiato, tanto da non volerlo vedere. 

 

Durante la serata, Percival sostò al bancone presso di lui, più del solito, ma rimanendo in silenzio. Merlin pensò che forse il suo ragazzo avesse qualcosa da dirgli. Comunque appariva più teso e strano del normale. 



 

Non poteva più aspettare.

Doveva parlargli. La verità era che Merlin non avrebbe voluto lasciarlo andare, ma non era giusto tenerlo legato a sé. Non senza dargli ciò che avrebbe giustamente dovuto pretendere.

Forse Merlin non sentiva il desiderio di fare l'amore con lui ma affettivamente si sentiva ancora legato al ragazzo.

 

"Ti va di aspettarmi, dopo il lavoro?" gli domandò Merlin.

"Volentieri!"


Era stata una serata strana. Al tavolino del bar per la prima volta c'erano solo Percival, Gwen ed Elyan. 

 

Una volta finito il turno, Percival accompagnò Merlin verso casa. Sperava in cuor suo che a Merlin fosse tornato il desiderio di stare con lui, anche fisicamente. Sembrava essere l'unico scoglio che li separava perché non erano mai andati così d'accordo.

 

Merlin si fermò: "È molto difficile per me, Percival, ma vorrei che chiudessimo qui la nostra storia…"

"Non sei riuscito a dimenticare quel bacio che non ha significato niente per me… E così non mi vuoi più."

"Non è così. Io ti voglio bene, tanto che mi piacerebbe continuare la nostra amicizia. Ma non sono io l'uomo che ti serve per essere felice. Lo pensavo ma m'illudevo. L'uomo che ti serve, anche se mi fa male dirlo è Gwaine."

"Stai dicendo delle stupidaggini! Lui mi odia. L'ho gonfiato di botte."

"Lui non ti odia. Io credo che lui sia innamorato di te. E tu non ti vedi quando sei con lui? Sei l'uomo sicuro e divertente che hai sempre nascosto per estrema timidezza."

"Sì, è una cosa che ho notato, anch'io, ma non è poi così importante."

"Ma se è sempre stata la prima cosa che avresti voluto per te! Guardami e dimmi che Gwaine non ti piace."

"Gwaine mi piace, sì, come amico."

"Non credi che sia molto bello?"

"Sì, certo, ma conta di più che sia un bravo ragazzo!"

 

"Con te! Gwaine ha sempre detto che con le ragazze si comporta da stronzo, ma con te non lo è mai!"

 

"Solo che io amo ancora te. E se è per il sesso sono disposto ad aspettare. La mia storia con te è più importante!"

 

"Ma tu non meriti di essere rifiutato da me, se ho dei miei problemi."

 

"Ma se ti dico che mi sta bene?"

 

"A nessuno dovrebbe star bene una situazione come questa. Continueremo a vederci come amici, così sarà meno doloroso per entrambi"

 

"Non è così. Mi dispiace, ma … vederti sapendo che non sei più mio … non credo ce la farei"

 

Merlin s'intristì molto.

"Ok. Ma quando sarai felice, se vorrai, io sarò qui ad aspettarti come un buon amico."

 

"Mi mancherai, Merlin"

 

"Anche tu, Percy."

 

Merlin non poté fare a meno di piangere. Anche Percival aveva il viso bagnato di lacrime. 

 

"Posso avere un ultimo bacio?" domandò Percival.

Merlin si avvicinò a lui e con la maggior dolcezza possibile lo baciò a lungo sulle labbra.

Poi, ciascuno si allontanò con il suo dolore. 

 

Quando Merlin si mise a letto quella notte, pianse a lungo per Percival, prima di riuscire ad addormentarsi. Era stata la storia più importante che Merlin avesse avuto, fino a quel momento.

 

Il giorno dopo ricevette un messaggio inaspettato. Da Gwaine. Erano mesi che non si vedevano.

 

'Perché tutto quanto insieme? Non ho  un momento di pace.'  brontolò tra sé, frustrato.

 

"Posso passare? Dovrei parlarti."

 

"Se si tratta di Percival, sappi che ieri ci siamo lasciati."

 

"Non è per quello!"

 

"Se vuoi passare passa, ma ho poco tempo."



 

Quando Gwaine arrivò, Merlin guardò il viso dell'amico e si sorprese. Era emaciato, serio, teso. Doveva aver perso parecchi chili di peso.

 

"Merlin, mi dispiace molto!"

"Entra!"

"No, rimango poco! … Chiedimelo, Merlin!"

 

"So già perché l'hai fatto: alcol … canne … Ti eri dimenticato di me in quel momento. E non volevi farlo."

 

"È tutto vero fino a un certo punto, ma… in quel momento io … volevo farlo. Non sono riuscito a trattenermi e ho mandato tutto a puttane."

 

"Quindi lui ti piace veramente?"

 

"Merlin, perdonami, ma lui non mi piace solamente…"

 

"Tu sei innamorato di Percival!" 

 

Gwaine guardò in basso e il ciuffo di capelli  gli coprì gli occhi. "So che ti ho fatto soffrire tantissimo. Ho sofferto anch'io. Per me, per te, per lui…"

 

"Ormai ci siamo lasciati."

 

"Per colpa mia, vero?"

 

"Non è colpa di nessuno! Stiamo parlando di sentimenti. E credo che lui sarebbe più felice con te. Tutti abbiamo notato com'è quando ci sei tu. Ma tu non puoi saperlo… Percival è combattuto. Non sa cosa fare. Sarai tu a doverlo smuovere!"

 

"Preferisco soffrire per amore, ma tenermi la tua amicizia." A Gwaine scivolò una lacrima dagli occhi.

 

"Forse potrai avere sia l'uno che l'altra"

 

"Dici sul serio? Cioè tu riusciresti ad accettarlo?"

Merlin fece segno di sì con la testa. "Se è per il vostro bene…"

Gwaine sorrise tra le lacrime. "Che ne hai fatto di Merlin, il mio amico geloso pure dei sassi?"

 

"È cresciuto un po' e forse ha già il cuore impegnato."

 

"Arthur?"

 

Merlin sgranò gli occhi e abbracciò Gwaine che lo strinse forte a sé. Rimasero così per un po', in silenzio.

 

Poi si lasciarono.

"Avremo bisogno di molta fortuna, Gwaine, tutti e due" disse Merlin che adesso parlava con voce incrinata dal pianto anche lui.

 

"L'avremo. Se saremo ancora amici, come abbiamo sempre fatto finora … "









 

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI - Breakdown ***


Capitolo XVI

 

Breakdown












 

"Ciao. Ben arrivato!" Arthur manifestava un certo disagio e Merlin lo colse al volo.

 

"Il tuo messaggio diceva venerdì, ore 17.00. Ho sbagliato qualcosa o … hai cambiato idea?"

 

"No, … senti, mi dispiace ma mio padre non è ancora partito."

 

"Ritorno più tardi, allora"

 

"Non vuoi che te lo presenti?"

Merlin fece una faccia indecisa. "Per me non c'è problema, ma …"

 

"Non sarà gentile. Non lo è mai!" disse l'altro con fare agitato.

 

Arthur entrò in casa, seguito da Merlin. Una sensazione spiacevole  prese quest'ultimo allo stomaco, anche se era curioso di vedere quell'uomo ricco, potente e pericoloso. 

 

L'uomo si girò verso di lui. 'Decisamente un bell'uomo.' Alto, magro, con occhi color ghiaccio e una postura regale. 

Giacca e cravatta, foulardino di seta nel taschino. Vestiva italiano dalla testa ai piedi. Vicino all'uomo un trolley che da solo doveva costare come un'utilitaria. 

 

"Arthur, che novità è questa? Quando mai mi hai presentato uno dei tuoi ragazzi? Devo preoccuparmi?" disse Uther con un sorrisetto freddo.

 

"È un mio amico papà."

 

"Sì, sì. Adesso si dice così, vero?" disse ridendo e facendo l'occhiolino a Merlin.

 

Il ragazzo sorrise ma dondolò da un piede all'altro per mascherare il suo disagio. Uther Pendragon era inquietante come l'aveva immaginato.

 

Arthur spiegò al padre. "Si tratta di Merlin. È il ragazzo che ha riconosciuto e denunciato Gallagher"

Allora Uther lo guardò negli occhi, stavolta serio. 

"Quand'è così, io ti devo molto, ragazzo. Probabilmente tu hai salvato la vita a Morgana …"

 

"E io devo a lei, signore, la cattura di quell'uomo…"

 

"Un cittadino che ha le possibilità di farlo, deve dare il suo contributo al paese e anche alle forze dell'ordine, se necessario" disse con atteggiamento fiero.

 

"È una cosa molto nobile, da parte sua. Anche se non si può pretendere di salvare sempre tutti…" 

 

Per un attimo lo sguardo di Uther si fece tagliente.

"È il mio unico rammarico…" aggiunse l'uomo.



 

"Papà! È arrivato il tuo taxi!" Arthur non vedeva l'ora che suo padre se ne andasse.

 

"Bene, ragazzi" disse Uther. "Divertitevi!" E sfoggiò un sorriso tanto grande quanto finto.

 

"Ciao papà! Buon viaggio!"

 

"Arrivederci" osò Merlin.



 

"Beh, che mi dici del vecchio Pendragon?" sorrise Arthur sospirando, ora che il padre non c'era più.

 

"Non è male, ma preferisco ancora Adam Levine"

Arthur rise ricordando i messaggi scambiati con Merlin tre anni prima.

 

"Hai letto il dossier?" 

 

"Sì. Se ho capito bene per ora dovrei limitarmi al ruolo di truccatore di modelli sia per le prove che per le sfilate."

 

"Non sarai solo. Ma le decisioni sarai tu a prenderle. Si tratta di cinque giorni a settimana, dal mercoledì alla domenica. Il weekend si lavora di più, però."

 

"E quest'estate dovrei partecipare un corso di estetica, molto esclusivo, finanziato dalla vostra azienda?"

 

"Esatto. Poi più avanti dovresti cominciare ad analizzare le sostanze chimiche di ogni singolo prodotto, dal profumo, al balsamo fino al makeup. Morgana vorrebbe creare una linea di prodotti più naturali possibili e comunque molto efficaci."

 

"Infine, dovrò anche crearne di nuovi, è così?"

"Sì, ma insieme a Morgana e alla sua equipe. Ti andrebbe di cominciare dopo gli esami?"

"Dovrò licenziarmi…"

"Al salone sì, ma con i bambini potresti concentrarli il lunedì e il martedì. Per quanto riguarda il bar …  non lo so. Forse è meglio che tu ne parli con Morgana. È sua l'azienda. Io credo che i soldi che guadagneresti nella sua compagnia ti compenserebbero ampiamente della perdita degli altri lavori. C'è un ma, però…"

Merlin strinse gli occhi.

 

"Come farai con Percival? Visto che vi vedete solo nei weekend?"

 

Merlin lo guardò con occhi vibranti.

"Di questo non ti preoccupare … non ti riguarda… ci penserò io…"

 

Arthur spalancò la bocca con un espressione di stupore ma anche di gioia.

 

"L'hai lasciato, quindi!"

 

"Come diamine hai fatto a capirlo?" chiese Merlin stupefatto.

 

"Non hai segreti per me. La tua faccia si può leggere… ci ho provato e tu me l'hai confermato adesso."

 

Merlin si sentì preso in giro e rimase serio e zitto.

 

"Oh, scusami … non sono molto gentile … come ti senti?" disse Arthur cercando di frenare l'eccitazione nella sua voce.

 

Merlin sospirò, rassegnato dal modo di fare di Arthur.

"È stata dura, ma andava fatto. Lo sai che Gwaine è venuto da me, l'altro giorno?" 

 

"Si è fatto vivo?"Arthur stentava a crederci. 

 

"Mi ha detto che è innamorato di Percival."

 

Arthur non se l'aspettava proprio.

"Avrei dovuto capire che era gay. Con tutto quel trucco…"

 

"Non c'entra affatto il trucco! Conosco etero più truccati di lady Gaga…" obiettò Merlin con foga, sentendosi punto sul vivo.


"E ora è bisex … e tu temi che si metterà insieme a Percival"

"Lo temo? Forse sì ma lo spero anche! Tra loro c'è una connessione rara. Percival sta cominciando a capirlo solo adesso. Almeno la nostra storia è finita per un buon motivo… "

 

"Sai chi mi ricordano Gwaine e Percival?" Arthur lo fissava con una certa impudenza.

 

Merlin lo guardò di sbieco.

 

"Tu ed io. Anche tra noi c'è questa connessione rara e come Percival anche tu fai fatica a vederla" spiegò Arthur con semplicità.

 

"Ti sbagli! La vedo, la sento, ma è talmente … sconsiderata."

 

"Cosa dici! No! … È naturale e … meravigliosa" Arthur si avvicinò di un passo a Merlin. "Io potrei renderti molto felice Merlin, se tu mi lasciassi fare. E tu… tu sei grado di rendermi felice così, anche solo standomi accanto. Persino se discutiamo. Io per primo non l'avrei creduto possibile."

 

Arthur si avvicinò di un altro passo. E gli mise le mani sulle spalle, accarezzandogliele dolcemente.

Poi gli sfiorò una guancia molto lentamente, con il dorso delle dita, mangiandoselo con gli occhi. 

Era una sensazione così viva che Merlin sentì fremere tutto il corpo. 

 

Arthur camminò verso di lui, facendolo indietreggiare, lentamente ma inesorabilmente, tanto che la schiena di Merlin si fermò contro la parete dietro di sé.

 

"Non vorrai usarmi violenza, spero!" disse Merlin seriamente in difficoltà, pur senza volerlo sembrare.

 

"No, mai! Non potrei mai farti male. Ma credo che tu stia dicendo un sacco di balle. In fondo credo che tu voglia! Solo che con tutte le tue fisime, forse hai bisogno di un po' di sprone" E fece un ulteriore passo verso di lui. Era ormai molto vicino.

 

"Voglio vedere come farai!" disse Merlin sulla difensiva. "Tu non mi conosci così bene. So essere tenace e testardo quando voglio!"

 

Arthur si tolse le due maglie che indossava con un unico movimento e rimase a torso nudo. Merlin trasalì e pensò che Arthur fosse uscito fuori di cervello. 

 

"Come vedi non ho in mente nulla di trascendentale" disse Arthur tranquillo.

 

'Scorretto!' pensò l'altro. Era per quello che l'aveva invitato a casa sua?


"Ex abrupto?" quasi urlò Merlin.

 

"Ehi! Brutto a chi?" rispose Arthur offeso.

 

Merlin portò gli occhi al soffitto. "È latino e vuol dire: così, all'improvviso?"

 

"Preferisco dire: d'emblée?"

"Giá … il tuo francese!"

"Il mio francese … Mon Dieu, mais comme tu es mignon!"*

Merlin doveva ammettere con se stesso che il francese fosse una lingua seducente, almeno parlata da Arthur in quel modo, anche se non aveva capito niente.

 

"Tu es mon petit chou… tellement charmant, si séduisant…"**

 

"Basta così. Tanto non capisco…" alzò la testa Merlin e lo fissò. "Ti ho spiegato tante volte che il sesso fine a se stesso non mi interessa. Non me n'è mai importato niente…"

 

Arthur rispose quasi con la stessa foga. 

 

"Questo non è vero! Con Oswald l'avresti fatto! Eccome! Me l'hai detto tu. Si può sapere che cos'ha lui  che io non ho?…"

 

Merlin aggrottò le sopracciglia, cercando di spiegare.

"Non lo conoscevo neanche. Era … l'uomo del mistero"

 

"Io invece sono ormai noioso e scontato vero?"

 

Il calore del corpo di Arthur era a tratti percepibile e riusciva a sentire il delizioso odore personale dell'altro, tanto da sentirsi sciogliere all'interno.

Non ce la faceva più e suo malgrado fece qualche passo di lato.


"No, non l'ho mai pensato. Cosa vuoi che ti dica?" Merlin non capiva… forse.

 

Arthur appoggiò una mano sul muro in alto dietro Merlin.

"Solo la verità"

 

Merlin si sentí braccato da quel gesto.

 

"La verità? Posso anche dirtela. Penso che esteriormente tu sia l'uomo più bello che ci sia. Lo sei sempre stato. Guardarti a volte fa persino male. Ma ciò che conta è che in poco tempo sei diventato il mio migliore amico. Se mi sentissero Gwen ed Elyan credo ci rimarrebbero malissimo."

 

"Ma di un migliore amico ci si fida!"

"Non se ti fa capire di voler andare oltre il consentito"

 

Arthur emise un forte respiro un po' sconsolato. "Ma siamo noi a decidere cosa ci è consentito oppure no." 

 

Merlin continuò. "Pensi che non mi piacerebbe? Ti sbagli, ma … io non sono a mio agio con te. È questa la verità che vuoi sapere? 

Tu hai avuto quattrocento ragazzi e io non voglio essere la tacca n. 401 sulla tua cintura. Io potrei innamorarmi di te molto facilmente ma il potere che avresti allora su di me, potrebbe distruggermi con poco impegno da parte tua. Non posso permettermi un lusso così grande. Se io fossi un ragazzo 'normale' forse deciderei di vivere la cosa a cuor leggero, come un'esperienza di vita, ma io devo pensare alla mia incolumità mentale"

 

"Lascia che ti dica solo una cosa. Tu sei normale! Non c'è mai stato niente di sbagliato in te. Tuo padre ti avrebbe abbandonato, qualsiasi bambino tu fossi stato, perché quello sbagliato è sempre stato  lui. Era un egoista. Scusa, ma tuo padre era uno stronzo!"

 

A Merlin scappò una lacrima furtiva. Faceva ancora male. 

"Sai Arthur … ti ho mentito su di lui. Mi dispiace ma, Balinor è ancora vivo!"

 

Arthur spalancò le labbra in una 'o' perfetta. 

 

"Si è comportato con me, come se non esistessi, come se fossi morto, e io ho fatto lo stesso con lui. Lo amavo così tanto e invece dopo ho desiderato davvero che fosse morto!"

 

"Oh, Dio, Merlin! Non ti giustificare. Io … sono sicuro che avrei fatto come te!"

 

"Il dottor Gaius mi ha detto che a volte in questi casi fa bene affrontare una persona che ti ha ferito ma teme che per me non sia così. Come te pensa che mio padre sia un uomo freddo e egoista."

 

Arthur fece un paio di passi indietro.

"Non so se hai capito perchè ti ho detto questo. Tu sei un ragazzo fantastico e non dovresti più permettere al ricordo di tuo padre di farti sentire sbagliato e indegno di essere amato…"

 

"Non credo sia solo per mio padre…"

 

"D'accordo. Allora…  è possibile che tu pensi ancora a Percival? Tu speri che lui torni da te?"

 

"Sento la sua mancanza, certo. Ma lui sta meglio senza di me. Lui non tornerà e io me ne sto facendo una ragione. Non è per lui, Arthur che ho dei dubbi. Riguarda solo me."

 

"Tu non ti fidi di me!"

 

"È così!" ammise Merlin con una voglia improvvisa di scoppiare a piangere.

 

"Quindi è inutile che io ti aspetti? Tra un mese o tra sei mesi, tu la penserai ancora così su di me?"

 

"È probabile" Merlin abbassò gli occhi.

 

Arthur si rimise le maglie.

Merlin guardò la sua pelle scomparire all'improvviso dentro i vestiti e ne sentì subito la mancanza.

 

"Tu non hai capito che per te sono molto cambiato,  vero?" disse Arthur con rabbia.

 

"Me l'hai detto ma non ho afferrato bene il concetto."

 

"Voglio una storia d'amore importante e vorrei fosse con te questa storia…"

 

Merlin deglutì. Arthur era adorabile in quel momento: rosso, spettinato e furente. Ma gli sembrava di non potersi fidare più di nessuno. Tanto meno di lui.

 

"È una cosa molto dolce,  non la dimenticherò …" sorrise tristemente Merlin.

 

"Ma a che ti serve serbarla nel cuore per sempre? A niente! Non serve a te e non serve a me! Siamo ad aprile e dal giorno del mio compleanno non ho più sfiorato un ragazzo."

 

"Davvero?" Merlin non l'avrebbe mai creduto possibile.

 

"Sì e l'ho fatto perché volevo ti avvicinassi a me. Se avessi continuato con la mia vita di prima, tu non mi avresti accettato come amico."

 

"Credo tu abbia sbagliato. Avresti dovuto continuare a fare quello che volevi…"

 

"Ma era questo quello che volevo. Non mi è pesato. Volevo essere degno della tua amicizia…"

 

"Sarebbe potuto succedere anche se tu avessi continuato la tua vita da lover boy. Era sufficiente non parlarne con me."

 

"Ma cosa dici? Perché fai lo struzzo? Questo è un'insulto alla tua intelligenza. È sempre meglio sapere le cose come stanno, anche se fanno soffrire"

 

"Ho sempre fatto così con tutti. La vita privata dei miei amici non mi riguarda. Erano fatti loro e alla fine stavamo bene così. Gwaine non mi ha mai detto con quante e quali ragazze è stato. Nemmeno Elyan."

"Io l'ho fatto invece, perché si vede che sono il più idiota!"

"Sono stato io che stupidamente l'ho voluto sapere! Ma non sarò mai pronto per queste cose!"

 

"Per questo dico che sono stato idiota. La tua era una trappola e io ci sono cascato come un emerito cretino."

"Trappola? Cosa dici?"

"Tu inconsciamente vai cercando ogni cosa che ti faccia stare male e io non so perché. Ma quello è il passato. Ed è …passato.

Credevo che la nostra amicizia fosse importante anche per te."

 

"L'amicizia con te è stata la più strana che abbia mai avuto. Nonostante tutti i tuoi ragazzi io non ho voluto interrompere la nostra amicizia. Questo significa che tengo a te più che a tutti gli altri…"

 

"Mi fa piacere che tu abbia fatto un'eccezione per me e che tu stia crescendo e che riesca ad affrontare sfide finora impensabili. Ma il punto è un altro. Volevo diventare tuo amico per conoscerti meglio. E così è stato. E adesso voglio di più! Posso aspettarti ancora, se vuoi, ma ho bisogno di qualcosa che mi faccia capire che anche tu stai camminando verso di me. Anche tu puoi farmi soffrire, Merlin. L'hai già fatto!"

 

Merlin era confuso. Non aveva mai pensato che Arthur potesse aver sofferto a causa sua. Era stato sempre troppo concentrato sui suoi problemi. Era stato egoista.

"Ma cosa dovrei fare?" domandò Merlin frustrato.

"Qualcosa che ti venga naturale. Oppure potresti dirmi qualcosa!"

 

Merlin pensò ad un bacio. Era troppo. Pensò di dirgli che lo amava. Ancora peggio.

Non riuscì nemmeno ad abbracciarlo. 

Merlin era di nuovo sul punto di piangere. Arthur se ne accorse ma pur provando compassione, rimase fermo. Se avesse ceduto, sarebbe stato tutto inutile.

 

"Arthur…"

"Ti ascolto, Merlin"

"Io … non ce la faccio!" disse in un soffio.

 

Arthur si indurì, nell'espressione e nella posa del corpo. Il giovane provava un dolore molto più intenso di quanto si sarebbe immaginato. Non si aspettava che la delusione per il rifiuto di Merlin potesse fargli così male. Era arrabbiato con quel ragazzo ma lo era di più con se stesso. Aveva fatto tutto quello per niente. Merlin in fondo non lo voleva. La rabbia diventò furia a stento trattenuta. 

"Bene Merlin! Lo sai cosa farò stasera per festeggiare questa bella notizia?"

Merlin sgranò gli occhi spaventato e si guardò intorno per vedere come fare ad eludere Arthur per poter andarsene via. 

 

Arthur intuendo il pensiero dell'altro scattò e si piazzò davanti alla porta che portava all'uscita.

 

"Arthur, no" strillò Merlin.

 

"Non farò niente che non abbia già fatto centinaia di volte…" continuava più insidioso che mai.

"Lasciami passare, Arthur!" Merlin era ora serio e arrabbiato anche lui.

 

"È una vita che non vado al Kings Arms***e ho un po' di arretrati da recuperare."

 

Merlin lo fulminò con occhi pieni di odio, più per la cattiveria volontaria dimostrata da Arthur che non per quello che aveva detto. Avrebbe dovuto aspettarselo. Ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di farsi vedere sconvolto. 

Rimase immobile, desiderando solo che l'altro sparisse e con freddezza si fece uscire: "Buon divertimento!"

 

Arthur ebbe un istante di sconcerto, poi s'imbronciò e lasciò la stanza.

 

Merlin aspettò un po' dentro quella bellissima casa, così piena di ricordi amari per lui.

Non si sbagliava su Arthur. Anche se diceva che i ragazzi non gli interessavano più, alla prima difficoltà tornava alla sua vita libertina. Forse faceva bene lui a godersi la vita. Era giovane e bello. Era ricco. Anche potendo Merlin non sarebbe riuscito a fare come lui: non era in ogni caso la vita che avrebbe scelto per sé.

Si rese conto di quanto fossero diversi. E lontani.

 

Trovò l'uscita da solo. Arthur non si vedeva e s'incamminò verso casa sua.

















 

*Mio Dio, ma quanto sei carino?

** Tu sei il mio piccolo tesoro (alla lettera: tu sei il mio piccolo cavolo), così affascinante, così seducente…

***Un gay pub per uomini a Soho.

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII - Challenging yourself ***


Capitolo XVII

 

Challenging yourself









 





Merlin arrivò a casa. Sua madre era al lavoro.

Dopo lo spiacevole litigio con Arthur non aveva certo il morale alto.

 

Non aveva nessuna voglia di andare al bar a lavorare. Avrebbe voluto solo mettersi a letto a dormire, per non pensare. Si sentiva solo. Per un attimo pensò di chiamare Gwen, ma la ragazza era a lavorare e non avrebbero potuto parlare.

'Prima Percival e ora Arthur!' Li aveva persi entrambi.

E fece una cosa che non credeva avrebbe mai fatto. Telefonò al bar dicendo che non stava bene, scusandosi per il poco preavviso. 

 

Come gli aveva consigliato il dottor Gaius, nel caso si fosse ritrovato in un momento di crisi, si spogliò e fece una lunga doccia calda. Pianse per quasi tutto il tempo poi si calmò. Prima di uscire dalla doccia, per qualche istante aprì il getto dell'acqua fredda su di sé.

In accappatoio e pantofole andò a prendere un pigiama pulito, ma quando aprì l'armadio gli venne un'idea. Strana, folle.









 

"Ehi, tesoro, in cosa posso servirti?"

Il ragazzo con i lunghi capelli biondi, abbronzato,  con indosso un gilet di jeans completamente slacciato sul davanti, sembrava più un maestro di surf che un barista del 'Kings Arms'.

"Un Aperol spritz, grazie!"

"Non preferiresti qualcosa di più forte? Hai l'aria del novellino e credo ti ci vorrebbe una scossa!"

 

"Ti ringrazio ma devo guidare!"

 

Merlin aveva preso l'unico mezzo che c'era in casa oltre alla macchina di sua madre per raggiungere quel posto e cioè il vecchio furgoncino che suo padre aveva abbandonato, perché già allora aveva dei problemi. Si vede che suo padre aveva il vizio di abbandonare le cose scomode, ma sua madre prima e Merlin poi, l'avevano mantenuto in funzione e il ragazzo ogni tanto lo usava. 

Era partito presto. Arrivare tardi, significava aumentare le possibilità che Arthur fosse già in compagnia. Guaio che forse non avrebbe saputo gestire. 

Era davvero un'idea assurda trovarsi lì. Assurda e rischiosa.

Se avesse trovato Arthur avvinghiato a un altro tizio, cosa avrebbe fatto?

Forse aveva ragione Arthur: valeva la pena sapere la verità …  ma non era per niente facile.

Doveva comunque provarci, fare almeno un tentativo, altrimenti sapeva che l'avrebbe rimpianto tutta la vita.

 

Inoltre, uno dei principali motivi per cui aveva deciso di recarsi al "Kings Arms" era dimostrare ad Arthur cosa fosse disposto a fare per lui.

 

Quel pomeriggio si era spinto fino a dirgli che avrebbe potuto innamorarsi di lui facilmente, ma tra sé e sé aveva capito che la frittata era giá fatta. Era innamorato di Arthur da tanto tempo, ma si era permesso di pensarlo solo adesso che aveva rotto con Percival. 





 

"Ciao, bellezza! Non ti ho mai visto qui!" gli disse un uomo sulla trentina, carino e dal look stranamente poco appariscente.  

 

"Perché non ci sono mai venuto!"

 

"Hai scelto bene. Qui fanno i drink migliori. La musica è fantastica, e i ragazzi sono i più belli!"

"Bene!" rispose Merlin tanto per dire qualcosa.

"Aspetti qualcuno?"

"... Sì."

"Ovvio! I più carini sono sempre già occupati. Fammi un favore. Se dovesse farti il bidone fammelo sapere, se ti va!"

"D'accordo. Lo farò!" disse Merlin guardandosi intorno.

 

Quando vide Arthur entrare ebbe quasi la tentazione di scappare. Sentiva il cuore battergli forte fino alla gola.

 

Arthur stava salutando diversi ragazzi, dava e riceveva pacche amichevoli sulle mani, braccia, spalle, schiena. Si vedeva che era un habituè di quel posto.

Era in compagnia di tre ragazzi, allegri e piacenti, che Merlin non aveva mai visto prima. 

 

"Scusa?" chiese Merlin girandosi verso l'istruttore di surf. "Sai che hai ragione! Se non hai già fatto, berrei qualcosa di più forte. Lascio fare a te!"

Il barista sorrise orgoglioso e si mise all'opera.

"Questo giro lo offro io!" disse il ragazzo di prima.

"No, grazie. Un'altra volta." disse Merlin tirando fuori una banconota e mettendola sul bancone. "Adesso devo andare!" respirò a fondo Merlin, alzandosi in piedi.

"Ok, peccato! Comunque io mi chiamo Arthur!"

"Gran bel nome!" sorrise Merlin, ingollando uno shottino di colore verde che alla vista gli ricordava quello con l'assenzio che preparava lui. Ma questo era al sapore di menta, pur essendo fortissimo.

 

"Tu invece come ti chiami?" insisteva il vicino.

 

Ma Merlin era ormai altrove con la mente e con il cuore e nemmeno lo udì.

Ed ecco che il suo Arthur, quello vero, si accorse di lui: era immobile vicino alla pista e lo fissava, non capendo se si trattasse di un'allucinazione oppure no.

 

Merlin fece qualche passo verso di lui, poi si fermò.

Finalmente Arthur sorrise, scosse la testa e poi senza staccare gli occhi da lui, parlò con i compagni.

"Mi dispiace ragazzi ma … devo lasciarvi …"

"Come? Siamo appena arrivati e hai già rimorchiato?" fece uno di loro.

"Lo vedete quel ragazzo bellissimo vicino al bar? Non potete capire ma lui, qui, è una … visione, un  miracolo!" disse loro con insolita dolcezza.

"Ok, è carino! Ma da quando ti innamori a prima vista? Tu sei … Arthur Pendragon!" fece un altro che aveva frainteso le parole di Arthur.

 

"Ma non capite? Lui non è uno qualsiasi… lui è l'altra metà di me!"

 

"Oh, Dio! Se tu hai deciso di trovarti un fidanzato, significa che il mondo va a rovescio. Andrà a finire che diventerò etero… " si lamentò un terzo amico, già ubriaco.

 

Arthur con poche falcate raggiunse Merlin. 

"Ciao! Che ci fai tu qui, nel girone dei lussuriosi?" chiese con un ampio sorriso.

"Devi ripassare Dante, Arthur. Qui non siamo nel girone dei lussuriosi, ma in quello dei sodomiti."

Arthur rise e Merlin continuò:

"E quindi siamo molto più vicini agli Inferi di quanti pensi…"

 

"Sei qui … per me?" disse improvvisamente serio.

"No, Arthur. Sono qui per imparare da te come ci si diverte. Sembra che tu la sappia lunga." Merlin sorrideva, ma in realtà tremava come una foglia. E ovviamente mentiva.

 

"Avevi già trovato uno spasimante?" chiese il biondo alzando un sopracciglio.

 

"Così sembra…" e si girò a guardare l'altro Arthur che, proprio come il barman, lo stava fissando con occhi curiosi.

 

All'improvviso Arthur gli mise le mani sulle guance e avvicinò lentamente il viso a quello di Merlin per dargli il tempo di tirarsi indietro, se non fosse stato d'accordo.

 

"Hai intenzione di fargli capire qual è il tuo territorio?"

"Stavolta no. Sto solo facendo ciò che desidero da anni…"

 

Merlin lo stupì e gli andò e incontro, azzerando la distanza tra loro. Fu un lungo, tenero bacio.

E proprio lì, in un posto del genere, Merlin sentì vibrare ogni fibra del suo essere. E sentì vibrare le proprie ciglia, per il piacere intenso che quel bacio tanto atteso gli procurava. Poi si appoggiò alle spalle dell'altro, per sentirlo sotto le sue mani ma anche per appoggiarsi perché gli girava la testa tra l'emozione del momento e quel drink micidiale.

 

Arthur aveva il sorriso più luminoso che Merlin gli avesse mai visto. "Sai cosa ho detto di te ai miei amici?"

"Che sono il ragazzo più geloso del mondo?" sorrise  a sua volta Merlin.

"Che sei bellissimo e che sei mio!"

"Potrebbe darsi. Ma tu, invece, sei mio?"

"Sono soltanto ed unicamente tuo. E se mi darai modo di provartelo te ne accorgerai"

"Se sono qui, in un posto che detesto, è perché vorrei davvero che tu me lo provassi" 

 

Arthur all'improvviso sbarrò gli occhi e si guardò intorno.

"Merlin! Oggi è venerdì?"

"Sì" rispose Merlin.

"Che ore sono?"

"Mancano dieci minuti a mezzanotte"

"Ti va se andiamo via?"

"Adesso?"

"Sì, adesso" rispose Arthur nervosamente.

"Come vuoi, ma …"

Arthur lo prese per mano e lo trascinò fuori dal locale. 

Una volta fuori lo abbracciò. 

"Cosa c'è?" chiese Merlin.

"Niente. Non posso voler star solo con il mio ragazzo per poterlo finalmente baciare un po' dopo tant..." Merlin chiuse la bocca ad Arthur con la sua, portandogli le braccia attorno al collo.

Felicemente sorpreso Arthur ricambiò. E fu Merlin a far schiudere la sua bocca con la lingua, tuffandosi in quel bacio umido e caldo.

 

Entrambi erano già eccitati e dopo essersi staccati, Merlin propose:

"Andiamo da te?"

"Certo! Ma tu come sei venuto?"

"Con il furgoncino-catorcio di mio padre."

"Lo recuperiamo domani?"

"Va bene. Tanto potrei anche lasciarlo aperto che non lo ruberebbe nessuno."

 

Una volta in macchina Merlin domandò. "Ora puoi dirmi la verità. Perché siamo fuggiti dal locale?"

 

Arthur arricciò le labbra e prese tempo.

 

"Di venerdì a mezzanotte, al Kings, c'è … uno spogliarello…"

"Urca! Anche qui?"

"Sì, ma non siamo ad Abbey Wood, nel mio garage. Qui la faccenda è più seria. Lo spogliarello è integrale."

"Oh..."

 

Merlin non disse altro. E se fossero rimasti dentro al locale? Con Arthur, a guardare conturbanti uomini nudi? Sarebbe morto? Meglio non pensarci!

 

Un passo alla volta.

 

Stavolta era andata grassa.

Merito della presenza di spirito di Arthur.

Non aveva senso parlare ancora di questo. Se aveva deciso di buttarsi con Arthur, certi turbamenti interni non dovevano essere sempre esplicitati. E magari non considerandoli troppo sarebbero stati presto dimenticati. O almeno, lo sperava.

Nel frattempo erano giunti a casa di Arthur. 

 

Il biondo lo prese per mano e lo guidò in camera sua, ma una volta dentro esitò.

"Sei sicuro di voler stare insieme a me stanotte?"

 

"No…"

 

Arthur rimase di sale. Ma Merlin non aveva finito. 

"Però …  non sono mai stato innamorato in questo modo, prima. Non riesco a starti lontano. Mi piacevi da morire già tre anni fa"

Arthur rise.

"Finalmente l'hai ammesso! Però l'hai nascosto bene!" 

"Un adolescente terrorizzato…" sorrise Merlin al ricordo.

"Come adesso…"

"Oh, no! Tra poco farò i venti!"


Merlino si mise seduto sul letto di Arthur. "La tua camera è fantastica"

"Dici che mi rispecchia?" sospiró Arthur con finta sicurezza.

 

Merlin sorrise: "Cosa aspetti?"

 

"Ehi, calmati un po'. Già sono in debito. Ti ricordo che finora l'iniziativa l'hai presa solo tu e nella mia testa non doveva andare così!"

 

"Ma che stai dicendo?"

 

"Sto dicendo che … finora mi hai baciato sempre tu per primo … i primi tre baci intendo."

 

"Non ci avevo fatto caso, è vero, scusami. Devo avere un po' di arretrati…"

 

"Ma se ti sei lasciato con Percival da cinque giorni?"

 

"Sì … ma dopo l'ultimo dell'anno noi non …"

 

"Non l'avete più fatto? Davvero? Non ne avevo idea… mi dispiace!"

 

"E comunque  … intendevo una cosa diversa. Non pretendevo che mi saltassi addosso. Ma siccome per colpa tua ho perso uno spogliarello…" disse Merlin malizioso, anche per cercare di distogliere entrambi da quei pensieri dolorosi del passato.

 

"Tu odi gli spogliarelli…" disse Arthur inalberandosi.

 

"Non quelli fatti solo per mio esclusivo uso personale."

 

Arthur si tolse prima le scarpe e poi i calzini. Conosceva il galateo dell'amore. Poi si sbottonò la camicia e la tolse. Poi fu la volta della maglietta. Il tutto senza guardare mai l'altro e senza movenze sexy di alcun tipo.

"Scusa ma non sono molto a mio agio con lo striptease" ammise incrociando finalmente gli occhi dell'altro.

 

"Allora, perché l'altra volta avevi cominciato a spogliarti tanto spensieratamente?"

 

"Era diverso. Dovevo scuoterti un po'! Ora … me l'hai chiesto tu e mi stai guardando…"

 

"Non posso fare a meno di guardarti. Apprezzo infinitamente  la tua bellezza sebbene non ti abbia mai dato molte soddisfazioni in passato."

 

"Direi! Era una tattica, la tua?"

 

"No, non lo facevo apposta. Credo fosse per tenerti a distanza…Ma ti ho sempre trovato splendido. E ora sei così naturale e … tenero"

 

Arthur sfilò i pantaloni rimanendo con i boxer e andò in un cassetto a prendere qualcosa.

 

"Cos'hai lì?"

"Gel, olio,..."

"Ah!" 

"Ma se non vuoi, non c'è problema."

Merlin ridacchiò. "No, va bene. Ma devo dirti che io non sono mai stato … passivo"

 

"Sul serio? E come mai?"

"I miei pochi amanti preferivano così!"

"E ti andava bene?"

"Sì, ho sempre temuto la cosa… Dicono che sia doloroso."

 

"Le prime volte è vero. Ma se il tuo compagno ha un minimo di tatto può essere molto piacevole, già dalla prima volta. Ma perché tu sei ancora vestito?"

 

"Perché preferisco farmi spogliare. Mi fa sentire desiderato e mi piace molto…"

Arthur sentì le sue dita tremare mentre toglieva i vestiti all'altro. 

"Sei assolutamente bellissimo!" sussurrò Arthur sfilandogli adagio un capo per volta.

 

"Grazie…" Merlin si vergognava come un ragazzino. La bellezza di Arthur era tale che rischiava di rovinargli quei momenti. Non si sentiva all'altezza di quel ragazzo dalle proporzioni perfette, ma d'altronde chi lo era? E decise di non pensarci.

 

Arthur sorrise, si spogliò del tutto e si sdraiò a pancia in su. 

A Merlin mancò il fiato.

E trattenne qualche sospiro di eccitazione. Finì di spogliarsi anche lui e si sdraiò su Arthur, baciandolo e accarezzandolo con il suo corpo. Arthur gemeva e respirava affannosamente. 

 

Era la cosa più bella che Merlin avesse mai visto. Non gli sembrava nemmeno di essere se stesso. Non si riconosceva, ma ormai non si sarebbe tirato indietro per niente al mondo. 

 

Arthur cominciò a emettere una specie di brontolio. 

"Merlin … per favore …"

E il ragazzo smise di farsi pregare. Con l'aiuto dell'olio entrò dentro Arthur. Per tutto il tempo in cui fecero l'amore non  staccarono la bocca l'uno da quella dell'altro.

Arthur gemeva forte, a tratti, e sinceramente Merlin non capiva cosa stesse succedendo al suo amante.

 

"Ci sono quasi, Arthur" 

"Dai, Merlin …"

E Merlin si perse in un piacere eccezionale che non credeva potesse esistere.

Continuarono a baciarsi e quando Merlin si spostò vide l'addome bagnato di Arthur.

"Cos'hai qui?" chiese Merlin toccandogli la pancia.

"Mi sa che dovrò insegnarti qualcosa, Merlin" sorrise Arthur.

"Non è ciò che penso?"

"No, ma stimolando alcuni punti, a volte capita…"

"Ed è piacevole?"

"Molto. È simile a un orgasmo, leggermente meno intenso ma molto più lungo. Non ti sei accorto che mi è successo tre volte mentre tu ti muovevi sopra di me?"

"No, mi dispiace."

"A me no! È stato magico! Ma è stato così bello solo perché eri tu."

 

Arthur si mise in ginocchio sul letto. "Vuoi provare?"

Merlin non rispose ma dopo averci pensato un po' si mise gattoni sul letto.

E Arthur cominciò a massaggiargli le spalle e la schiena, alternando baci più o meno delicati sulla sua pelle chiarissima.

 

"Ti ho detto che hai un corpo meraviglioso? Sottile

ma forte, flessibile e armonico. E hai tanti piccoli muscoli che non mi sarei mai aspettato… per non parlare della tua pelle candida e morbida."

 

"Invece io ti ho detto che per me sarebbe la prima volta?" chiese Merlin con voce incerta.

 

Arthur quasi rise "Certo e la cosa mi manda il sangue alla testa, ma posso fermarmi in ogni momento … anche ora"

 

Merlin sussurrò: "Non fermarti"

Arthur sentì il cuore saltargli fino in gola. "Anche per me è la prima volta, sai? … E non ridere!"

"Non ho fatto niente."

"Forse tu non hai riso, ma il tuo sedere sì!" disse "l'ho visto tremare"

"Forse trema perché è terrorizzato!"

Arthur scoppiò a ridere. "Non deve! Lo tratterò come un principe…"

 

Preparò il corpo di Merlin con tutta la dedizione possibile, usando l'olio, le dita e la bocca. Nel frattempo Arthur gli sussurrava dolci frasi. "Prima volevo dirti che …è la prima volta che faccio l'amore con un ragazzo di cui sono così innamorato!"

 

Merlin non rispose. Era troppo concentrato su tutte quelle sensazioni nuove e strane. 

Arthur non lo vedeva ma a Merlin scesero molte lacrime di gioia e di commozione. Poi dal nulla, si mise a ridere. 

 

"Come?" si scandalizzò Arthur. "Io sono qui che uso tutte le mie arti seduttive per ammaliarti e tu ridi?"

 

"È perché" e rise ancora "tu mi dici queste cose fantastiche che mi fanno commuovere … ma poi penso alla mia posizione…"

 

"Posso capirti. Ho sempre pensato al sesso come a qualcosa di separato dall'amore, anche per questo. È così fisico, e visto da fuori potrebbe apparire volgare ... Ma quando le due cose sono unite diventa così naturale farlo e infinite volte più bello! Ora posso dirlo! Non mi sono mai sentito così prima."

Poi tacque. Era talmente preso da questo suo delizioso compito che a un certo punto fu Merlin a richiamarlo:

"Credo di essere pronto…"

Arthur non si era reso nemmeno conto di quanto fosse eccitato e il corpo di Merlin reagì in modo sorprendente quando se ne impossessò.

 

Merlin all'inizio si lamentò piuttosto forte, ma Arthur sapeva che il dolore che provava sarebbe stato presto affiancato e poi quasi del tutto sostituito da un piacere intenso e duraturo quindi non solo non si tirò indietro ma intensificò le spinte. Come previsto Merlin, cominciò a gemere ad ogni singolo affondo. Sembrava quasi spaventato da ciò che provava e Arthur se ne accorse.

 

"Merlin … È normale sentirsi così. Capita a tutti!"

Merlin si lasciò andare a quel piacere sconosciuto.

Arthur sentiva che ormai non riusciva più a controllarsi. Avrebbe voluto continuare, ma era al limite …

 

"Merlin che faccio?" chiese con voce soffocata.

 

"Rimani lì e vieni per me"

E Arthur raggiunse quasi subito l'acme del piacere. Così intenso che si ritrovò spossato. Per qualche istante prese fiato, poi fece girare Merlin e usò la bocca per portare il compagno ad una nuova ondata di estasi.


Si erano addormentati nel letto sfatto di Arthur.

Morgana entrò in camera del fratello senza bussare, come faceva di solito. 

E vide suo fratello e Merlin nudi nati che dormivano abbracciati.

 

"Oh, cazzo!" urlò.

 

I due ragazzi all'unisono, si svegliarono, sobbalzando. 

 

Merlin, d'istinto si coprì il pube con le lenzuola e poi coprì anche quello di Arthur.

 

'Dio, che figura di merda!'  pensò Merlin.

 

Morgana aveva subito distolto lo sguardo dai due, ma ormai aveva già visto tutto.

"Morgana! Perché non impari a bussare?" disse Arthur con ferocia.

Morgana parlava con la porta. "Scusa ... Non ce n'era mai stato bisogno finora … Ma tu perché diavolo non chiudi la porta a chiave quando hai … ospiti?"

 

"Ti dispiacerebbe andare  via?" continuò suo fratello astioso.

"Un secondo solo. Visto che sei qui Merlin, volevo chiederti se hai poi deciso qualcosa per il lavoro?"

"Ma ti sembra il momento?" inveì Arthur sconvolto.

 

Merlin parlò tranquillamente. "Non c'è problema… Ho deciso di accettare la tua offerta, Morgana. Grazie. Un lavoro che tenga conto sia del mio hobby preferito che del lavoro che vorrei fare dopo la laurea non credo lo troverò mai più. Dopo gli esami, volevo venire a parlare con te. Fissa tu un appuntamento."

"Molto bene, Merlin. Ti farò sapere. Vi saluto!"

Poi si fermó sempre dando loro la schiena. "A proposito sono ultra felice per voi. Tu Merlin sei il solo che può far mettere la testa a posto a mio fratello … e da quanto ho visto sei molto … carino, diciamo."

La ragazza scoppiò a ridere e se ne andò. Si sentì a lungo la sua risata risuonare per le scale.

 

Arthur corse nudo fino alla porta e la chiuse a chiave.

"Ho sempre pensato che Morgana in fondo fosse una sadica … e ora ne ho la conferma"

 

Merlin lo fissava con la testa storta. Come poteva un uomo essere così bello?

E soprattutto come poteva essere suo?

 

"Cosa stai guardando?" chiese Arthur.

"Niente… ti guardavo. Non posso?"

"Beh, sì. Però non prendermi in giro."

 

"Non lo faccio. Io sono solo … cotto!"

 

Dopo averlo raggiunto Arthur sorrise: "Io e te siamo come le due metà di un intero. Non è così che dice il tuo dottore?"

 

"Queste cose che Gaius mi ha detto sono servite a farmi sentire più sicuro del tuo amore…"

 

"E se non te le avesse dette?"

 

"Ci sarei arrivato da solo, ma ti avrei tenuto sulla corda ancora per un po'..."

 

"Sei uno stronzetto, a volte!" sorrise Arthur.

 

"Ma non so se avrebbe funzionato!" lo guardò duramente Merlin.

"Perché?"

"Perché se non fossi venuto fino al Kings ieri sera, tu … che avresti fatto?"

"L'avevo detto, sì! Ma non avrei fatto nulla…"

"Mmh…"

"Oh, sì! Tu avresti dato di matto ugualmente. Perché avrei ballato, avrei bevuto, avrei visto quello spogliarello…"

 

Merlin strinse i denti… non erano cose così importanti. Non più.

E Arthur aggiunse. "Ma non avevo ancora mollato con te, nonostante ciò che ti ho detto. È da settembre che ogni tanto frequento i locali eppure non sono stato con nessuno… mi credi?"

 

"Non mi sembra di avere molta scelta…" disse Merlin con un mezzo sorriso.

 

Arthur sospirò e tornò sotto le coperte con Merlin. 

 

"Scusami. Non dovevo parlarti così…" disse Arthur mettendosi di profilo con la testa sorretta da un braccio, per guardarlo.

 

Merlin scosse la testa. Gli andava bene. Gli andava bene quasi tutto pur di essere lì con Arthur.

 

"Vuoi sapere il significato recondito dei tulipani gialli? Credo che tu te lo sia meritato" fece Arthur.

"Davvero?"

"I tulipani gialli mi piacciono ma non sono mai stati i miei fiori preferiti. Lo sono diventati dal momento in cui te li ho regalati!"

Merlin sorrise.

 

"Amore disperato!"

"Cosa?" domandò Merlin.

 

"I tulipani gialli significano 'amore disperato'. Li scelsi per te. Li scelsi per quello."

"Vuoi dire che già tre anni fa, tu …"

"Sì, da allora, anzi dal primo giorno, dal tuo bacio. Da allora io ti ho amato disperatamente. Anche se mi rifiutavo di ammetterlo."

"Arthur …" 

 

Merlin gli prese il viso e lo baciò. Lo aveva reso così felice. Arthur ricambiò con una tenerezza disarmante. 


Era quella la felicità che entrambi avevano a lungo inseguito.



 

Nessuno dei due poteva dare la garanzia all'altro che il loro amore sarebbe durato per tutta la vita, eppure ognuno dei due intimamente sapeva che se fosse dipeso da se stesso questo era quello che sarebbe successo.



















 

Grazie ai lettori e a chi è arrivato alla fine di questa storia. Non ho scritto se Gwen e Lance si metteranno insieme e neppure se Percival e Gwaine faranno lo stesso. Non ho scritto se Percival tornerà amico di Merlin o se Oswald perderà il processo oppure no. Sono cose che dò un po' per scontate, ma che ormai non sono più così importanti, visto che i protagonisti hanno ottenuto ciò che volevano al di sopra di tutto. Rileggendo la parte "rossa" mi sono resa conto che tutto è molto tecnico e freddino, ma ho lasciato così: per me è meno imbarazzante. Spero comunque che abbiate apprezzato questa storia. Un abbraccio di cuore!

 

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