Le Cronache di una Generazione Perduta - Parte Prima

di Acciuga_le_tue_primule
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Come tutto ebbe inizio
 
 
Il sole tiepido della Scozia stava per sorgere su quel primo settembre del 1972. Il cielo era già solcato all’orizzonte dalle splendide venature vermiglie tipiche dell’alba, ma era ancora punteggiato dalle ultime stelle. Ben presto i raggi luminosi avrebbero rivelato un paesaggio maestoso, in cui si susseguivano montagne imponenti, che con le loro cime si protendevano verso il cielo. I loro fianchi erano ricoperti di vegetazione brulla e ai loro piedi boschi di alberi secolari si specchiavano nei molteplici laghi, circondati da colline di erba verde e fresca. La continuità di questo paesaggio indomito era interrotta dai poderosi castelli, testimoni di epoche lontane fatte di cavalieri e dame, di feste sontuose ma anche di guerre sanguinose, che avevano  scosso quel luogo per lungo tempo. Tutto intorno era ancora addormentato: non si sentivano più gli animali notturni, che erano tornati alle loro tane per godersi il meritato riposo dopo una nottata di caccia, mentre  alcuni uccellini avevano già cominciato a cantare per salutare il nuovo giorno.
Là, dove le montagne si innalzavano quasi a formare una barriera, lontano da tutto e tutti, sorgeva una tenuta in pesanti e antiche pietre grigio scuro come il fumo, che venivano interrotte dal contorno delle finestre bianco candido, in netto contrasto con la durezza e la magnificenza, che si respiravano guardando l’edificio e che  mettevano chiunque a disagio e in soggezione di fronte a tanta ostentata ricchezza. L’interno non era da meno, infatti i colori dominanti erano il nero della vernice lucida delle porte e dei costosi mobili in ebano e il verde della carta da parati, che spaziava dallo smeraldo a un verde scuro. Questi toni scuri erano stati volutamente utilizzati dai padroni di casa per far meglio risaltare gli intarsi degli stipiti, le cornici dei quadri di famiglia e i calici in oro e argento. I piatti e le teiere posti sul mobilio in ceramica recavano uno stemma con uno scudo nero, in cui spiccava un’elegante R d’oro, stretto tra due unicorni rampanti, simbolo di purezza, che per loro voleva sottolineare la purezza di sangue della famiglia. Tutto questo contribuiva a creare un senso di oppressione per chiunque, fatta eccezione per gli abitanti della casa, o quasi.
In quella casa, infatti, viveva qualcuno che si sentiva incredibilmente fuori posto in tutta quella ostentazione, non solo della ricchezza, ma anche degli ideali che dominavano in famiglia e quel qualcuno ora era sveglio, a differenza di tutti gli altri, e osservava le ultime stelle scomparire dal cielo in preda all’ansia. I dolci boccoli nero corvino ricadevano in disordine sulle spalle e incorniciavano il volto dai tratti morbidi e dalla pelle diafana, in cui risaltavano gli occhi azzurri, resi indecifrabili da una sfumatura grigia e dall’abitudine familiare di non esternare i propri sentimenti, e che erano contornati da occhiaie scure, segno di una notte un po’ movimentata. Mayleen non aveva dormito bene, anzi si poteva dire che non aveva chiuso occhio e il motivo era quello che sarebbe successo quel giorno. Non era una giornata come tutte le altre, in cui avrebbe ascoltato le litanie dei genitori sull’importanza del frequentare e sposare solo i cosiddetti Purosangue per preservare il sangue puro nel mondo magico. Perché lei, sì, era una strega, figlia di maghi, che erano a loro volta figli di maghi, per generazioni e generazioni. La sua, infatti, era una delle pochissime famiglie Purosangue rimaste, che si era mantenuta tale grazie ai matrimoni tra cugini, cosa che aveva fatto nascere nel corso delle generazioni una certa vena di follia e un’inclinazione innata per la violenza. Lei, però, era diversa dal resto della famiglia: era gentile, non usava la violenza neanche quando era necessario, e in quella casa più volte sarebbe stato necessario almeno per la propria difesa personale. Soprattutto non capiva quale presunta differenza ci fosse tra loro e i Babbani, cioè la popolazione non magica, che i genitori consideravano esseri inferiori, e tra loro e i Nati Babbani e i Mezzosangue, visti dalla famiglia come un vero e proprio oltraggio al sangue magico. 
Per questo era agitata: non aveva mai reso evidenti le sue perplessità sulle massime che i genitori cercavano di inculcarle, ma aveva sempre taciuto, consapevole che un suo rifiuto avrebbe causato la reazione violenta di suo padre e le urla di sua madre. Tuttavia, oggi sarebbe uscita allo scoperto, volente o nolente: oggi, infatti, sarebbe partita per il suo primo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e qui sarebbe stata smistata in una delle quattro Case. I suoi genitori avevano sentenziato che l’unica Casa degna di accogliere un Rosier era Serpeverde. Suo fratello aveva seguito la tradizione, mentre lei sapeva che non sarebbe mai stata smistata in quella Casa. Era ben consapevole di ciò e ne aveva un certo timore, perché non sapeva quale sarebbe stata la reazione dei suoi genitori alla notizia.
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla voce di sua madre che le ordinava di scendere per la colazione. Mayleen si affrettò a togliersi la veste da notte e a mettersi i vestiti eleganti per uscire; infatti, i suoi genitori non gradivano che li si facesse aspettare, così scese di fretta le scale. Entrò nella sala da pranzo dove vi erano già suo padre e suo fratello. I due avevano i capelli nerissimi come quelli di Mayleen, ma gli occhi di un verde penetrante, che sembravano leggerti dentro. Suo padre aveva un naso aquilino e le labbra sottili sempre chiuse in un’espressione  arcigna e seria, tanto che la figlia poteva giurare di non averlo mai visto sorridere. Evan, suo fratello maggiore, aveva il naso sottile e rotondo nella punta della nonna paterna Dulcibella, che aveva ereditato anche lei. Quando la vide, le sue labbra rosse si aprirono nel suo solito sorriso, un po’ strafottente e velatamente sadico, che però lei aveva sempre avvertito in certo senso affettuoso.
- Mayleen, siediti - disse la madre, che era appena entrata nella stanza, seguita a ruota dall’Elfa domestica di famiglia, Tawbry, che reggeva una vassoio d’argento con tre tazze da the  e gli scones, i tradizionali biscotti inglesi con i mirtilli. Si affrettò a sedersi con grazia sulla sedia foderata di velluto verde, accanto al fratello, mentre la madre ordinava all’Elfa di servire la colazione. Stava mangiando in silenzio, come usava in quella casa, cercando di non guardare negli occhi nessuno e sentendo il suo cuore martellarle nel petto, quando la voce atona del padre parlò, facendola irrigidire impercettibilmente - Mayleen, oggi partirai per Hogwarts e verrai smistata, io e tua madre attendiamo domani mattina la lettera in cui ci dirai che sei entrata a Serpeverde. Nel treno rimarrai insieme a tuo fratello e ai suoi amici. Trovo inutile ricordarti di rimanere lontana da Sirius Black e dai suoi sporchi compari babbanofili- . A quegli ordini lei rispose con un ben scandito ‘Sì, padre’, anche se il modo in cui l’uomo aveva parlato del suo migliore amico le aveva fatto stringere lo stomaco. - Sono d’accordo, Mayleen, quel ragazzo è un disonore per la sua famiglia e tu non devi averci niente a che fare. Povera Walburga! Le è capitata una vera e propria disgrazia! - disse sua madre appoggiando totalmente il marito. Mayleen abbassò lo sguardo e annuì, senza dire niente, anche se dentro sentiva montare la rabbia. - Forse se lei e Orion avessero usato di più le maniere forti, il ragazzo sarebbe cresciuto con sani principi Purosangue e avrebbe dato onore ai Black! - sentenziò il padre convinto, spalleggiato immediatamente dalla moglie - Hanno permesso all’amore di genitore di prevalere - .
Mayleen continuò a guardarsi le mani, che si stringevano l’un l’altra, ricordando quella volta che erano in visita a casa Black e mentre stavano giocando, avevano rotto un vaso. Sirius si era preso tutta la colpa e, dopo aver ricevuto uno schiaffo, venne chiuso in camera sua senza cena da sua madre, che con un colpo di bacchetta aggiustò il vaso in un secondo. Se questo si poteva chiamare ‘amore’…. Dopo una serie di altre raccomandazioni, come “Stai lontano dalla feccia di Nati Babbani e Mezzosangue”, fu congedata e poté tornare in camera sua per sistemare le ultime cose nel grande baule con lo stemma di Hogwarts. Mentre sistemava i libri di scuola in ordine, le rimbombavano nella testa le parole dei suoi genitori e ora il terrore cominciava ad assalirla: se avevano reagito così per il figlio di un altro, cosa avrebbero fatto alla notizia che la loro secondogenita era finita in una casa diversa da Serpeverde? Chiuse il baule e il suo sguardo cadde sullo stemma di Hogwarts, con i simboli delle varie case. In particolare, si soffermò sul leone di Grifondoro, la casa dove era stato smistato Sirius e si chiese se fosse davvero così male finire in una Casa diversa. Dopotutto Sirius non le aveva mai dato l’impressione di essere un ragazzo cattivo e che avesse portato il disonore alla sua famiglia solo perché era un Grifondoro. Non ci vedeva proprio niente di male e non capiva perché i suoi genitori si ostinassero a non farli incontrare da un anno, quando invece prima si vedevano prima quasi tutte le domeniche. Infatti, lei e Sirius si conoscevano letteralmente da una vita: le loro madri erano amiche dai tempi della scuola e si venivano spesso a trovare a vicenda, anche quando i loro figli erano molto piccoli. Aveva la stessa età di Evan ed era stata l’unica persona, insieme al fratello Regulus Black, a capire Mayleen realmente e ad accettarla per come era, anche se non era una perfetta Purosangue. Lei era convinta che a Sirius non sarebbe importato in quale casa fosse stata smistata e per questo avrebbe voluto che fosse lì a rassicurarla, a dirle che sarebbe andato tutto bene.
In quel momento i genitori la chiamarono, dicendole di scendere perché altrimenti avrebbero fatto tardi. Quando furono tutti e quattro nel cortile e Tawbry ebbe portato giù sia il suo baule che quello di Evan, sua madre le porse il braccio, che lei afferrò titubante, mentre Evan appoggiò la mano su quello di suo padre. Mayleen sapeva cosa voleva dire: Smaterializzazione Congiunta. Non le piaceva tanto quel modalità di trasporto, le faceva sempre venire la nausea, ma suo padre non si sarebbe mai abbassato a utilizzare i mezzi babbani per arrivare a Londra. Dopo un brusco ordine a Tawbry di badare alla casa in loro assenza, i suoi genitori si smaterializzarono con lei e il fratello al seguito. In un attimo sparì la tenuta dei Rosier e davanti a loro si stagliò King’s Cross, la stazione ferroviaria di Londra, da dove sarebbe partito l’Espresso per Hogwarts. Era un enorme edificio in mattoni rossastri e con alte finestre, che la lasciò senza parole, tanto che la madre dovette trascinarla dentro. Quando entrarono, vide che era piena di Babbani vestiti in un modo tale che a lei sembravano pinguini. Stava quasi per sorridere quando vide i suoi genitori e suo fratello lanciare occhiate di puro disgusto verso loro. Presero due carrelli, su cui caricarono i bauli e le gabbie con i loro gufi. Mentre sistemava la gabbia, Airis, il suo gufo, le diede un buffetto con il suo becco nero, quasi a volerla rassicurare, fissandola con i grandi occhi arancioni e arruffando le piume nocciola e bianche. Si diressero poi verso il binario 9 e , fermandosi davanti al muro tra esso e il binario 10. - Andremo prima io ed Evan, così potrai vedere come si fa, Mayleen, poi tu ci seguirai con tua madre - le disse severo suo padre, mettendosi al fianco di suo fratello maggiore. Insieme si diressero verso il muro a passo spedito e, prima di sbattere, passarono attraverso il muro. Vennero seguiti a ruota da Mayleen e sua madre, non prima che lei chiudesse gli occhi, senza farsi vedere dalla donna, che non avrebbe approvato quella che per lei era una dimostrazione di debolezza. Quando li riaprì, vide che un lunghissimo treno rossastro era posizionato sulle rotaie, mentre il binario era gremito di persone: bambini e ragazzi accompagnati dai genitori, che chiacchieravano tra loro, si abbracciavano e altri erano spaesati esattamente come lei. La madre la trascinò lungo il binario, finché non incontrarono un gruppo di persone, tra i cui riconobbe i Black o meglio una parte della famiglia Black: i coniugi Black affiancati da Regulus infatti stavano parlando con un uomo e una donna, dai capelli neri e occhi scurissimi. Non vedeva Sirius nei paraggi e questo le fece crescere la preoccupazione: era possibile che i suoi genitori gli facessero del male, solo perché era finito a Grifondoro? Subito dopo aver formulato questo pensiero, si diede della stupida, perché si rese conto che una cosa simile era del tutto improbabile. Infatti se Sirius non si fosse presentato a prendere l’espresso per Hogwarts, la gente avrebbe cominciato a farsi domande e se c’era qualcosa a cui i Black tenevano, era la loro immagine, che sarebbe stata irrimediabilmente compromessa. Si sentì subito più tranquilla: Sirius doveva essere lì al binario, semplicemente si era allontanato dai genitori.
Si accorse solo in quel momento che Regulus la stava fissando con i suoi occhi grigi simili a quelli del fratello, sorridendole e lei ricambiò il sorriso.
- Ciao, Reg - disse avvicinandosi per abbracciarlo e i due si allontanarono un poco dagli adulti. Era molto affezionata a Regulus: avevano la stessa età, erano praticamente cresciuti insieme e lei lo considerava un fratello. La capiva, perché viveva la stessa situazione, anche Regulus infatti viveva nell’ansia di deludere la propria famiglia e ora che Sirius aveva tradito le aspettative dei genitori, queste gravavano totalmente sulle spalle del ragazzo. Era sicura che tutto questo lo opprimesse e lo trovò estremamente ingiusto; tuttavia, non si sentì di dare la colpa a Sirius: lui aveva semplicemente seguito sé stesso e questo non dovrebbe essere una colpa.
- Ciao Mamie, hai passato una bella estate? - la salutò lui facendola sorridere al sentire quel nomignolo, che proprio Regulus le aveva dato in uno dei loro primi incontri. Erano ancora molto piccoli, lui non riusciva a pronunciare bene il suo nome e così invece di Mayleen se ne uscì con “Mamie”. Da quel momento lui e suo fratello la chiamavano sempre in quel modo.
- Sì, abbastanza. Sai, le solite cose … e tu? - . Il suo sguardo si adombrò e lei dedusse che non doveva essere stato un bel periodo, come confermò la risposta del ragazzo - Non tanto. Mamma e papà erano sempre arrabbiati con lui, urlavano spesso, quasi ogni giorno, ma lui continuava a non rispettare le regole. Mamma gli diceva che non lo sbattevano fuori casa solo per mantenere le apparenze e lui gli rispondeva che non vedeva l’ora di andarsene da lì. È diventato peggio di prima, Mamie - . Mayleen sapeva a chi si riferiva quando diceva lui: doveva essere stato terribile per Sirius sentirsi addosso tutte quelle urla per due mesi, ma doveva esserlo stato anche per Regulus, sentire quelle cose contro suo fratello, a cui era molto affezionato. Infatti, dopo aver detto questo, Regulus abbassò lo sguardo, ma lei fece in tempo a vedere i suoi occhi diventare lucidi e si appuntò mentalmente di non tirare fuori l’argomento Sirius davanti a lui.
- Mi dispiace, Reg, ma vedrai che tutto si sistemerà - Stava per risponderle, quando i genitori dissero loro che dovevano sbrigarsi a salire in carrozza o altrimenti avrebbero perso il treno. Prima di salutarla il padre le ricordò di rimanere insieme a Evan e ai suoi amici, lei annuì e dopo aver dato un bacio sulla guancia sia all’uomo e alla madre, salì insieme al fratello e a Regulus in carrozza, appena qualche minuto prima che il treno partisse. Evan e i suoi amici cominciarono a percorrere il treno in cerca di uno scompartimento vuoto, seguiti a ruota da Regulus e un po’ più indietro da Mayleen, che si era distaccata dal gruppo, quando sentì una voce provenire dallo scompartimento che aveva appena superato.
- Pst, Mamie -
Mayleen la riconobbe subito: solo un’altra persona lo chiamava in quel modo oltre a Regulus.
Girandosi verso dove proveniva la voce, vide un ragazzo con i capelli neri che gli ricadevano ai lati del viso, gli occhi grigi ridenti e la bocca aperta in un sorriso da furfante.
- Sirius! - esclamò lei, saltando al collo del ragazzo, che ricambiò il suo abbraccio con calore. - Come stai? Reg mi ha detto quello che è successo quest’estate a casa tua - gli chiese abbassando il tono della voce per non farsi sentire da Evan: infatti se il fratello li avesse visti insieme, sarebbe andato su tutte le furie. Lui alzò le spalle - Non è stato poi tanto diverso dal solito, solo che adesso che hanno un’altra ragione per urlarmi contro e mettermi in punizione - le rispose con un sorriso che voleva rassicurarla, in cui però lei notò una punta di amarezza.
- Comunque, sarai eccitata, questo è il tuo primo anno a Hogwarts, vedrai, ci si diverte da matti - disse lui, cambiando repentinamente argomento. L’ansia la dominò nuovamente: la felicità per l’aver rivisto Sirius le aveva fatto quasi dimenticare che il momento che aveva temuto per tutta l’estate si avvicinava sempre di più. Nella sua mente si delineò il momento in cui il Cappello Parlante avrebbe annunciato una Casa diversa da Serpeverde e si immaginò Evan andare su tutte le furie e gli sguardi pieni di disgusto dei suoi genitori, gli stessi che rivolgevano ai Babbani solo pochi minuti prima a King’s Cross.
- Mamie, cosa c’è? - le chiese Sirius, preoccupato per il suo repentino cambio di umore, guardandola negli occhi. Non ce la fece, gli disse tutto, tutto quello che le avevano detto i suoi genitori per tutta l’estate sull’importanza di seguire gli ideali Purosangue e di non mischiarsi alla feccia di Mezzosangue e dei Traditori del loro Sangue, della sua paura… anzi consapevolezza che mai avrebbe potuto essere smistata in Serpeverde, della sua paura per la reazione dei suoi genitori e di suo fratello alla notizia. Non gli nascose niente: era il suo migliore amico e sapeva che più di chiunque altro avrebbe capito. Lui la ascoltò in silenzio, senza mai interromperla, poi quando si fu sfogata, le prese la mano e gliela strinse. Non disse niente, ma la abbracciò come per infonderle parte del suo coraggio. Quando sciolsero l’abbraccio, le sussurrò - Mamie, so che adesso hai paura, l’avevo anch’io al momento del mio Smistamento, ma sappi questo: per me rimarrai sempre mia amica, in qualunque Casa sarai smistata - . Gli sorrise piena di gratitudine, Sirius aveva questo talento di farla stare meglio anche quando tutto sembrava nero e non si vedeva una luce. Gli stava per rispondere, quando una mano afferrò la spalla di Sirius, costringendolo a voltarsi e in un attimo il suo amico era a terra. Davanti a lui con il volto paonazzo di ira e gli occhi iniettati di sangue stava Evan - Cosa credi di fare, Black?! Di plagiare mia sorella?! - gridò furioso suo fratello, mentre Sirius si rimetteva a sedere, passandosi la mano sul labbro spaccato per asciugarsi il sangue.
- E tu! Non ti era stato ordinato di stare lontana da lui?! - urlò verso Mayleen, per poi darle uno schiaffo. Lei rimase completamente paralizzata dalla paura: non era la prima volta che Evan andava su tutte le furie e diventava violento, ma su di lei non aveva mai alzato un dito e il fatto che invece adesso l’avesse fatto e senza un segno di rimorso le toglieva il respiro.
- Lasciala stare, Rosier - ringhiò Sirius, distraendo da lei l’attenzione del fratello, che si voltò verso di lui con un’espressione che Mayleen non gli aveva mai visto sul volto, un’espressione di ferocia che non lasciava dubbi sulle sue intenzioni. Era ovvio che voleva fargli del male.
- Perché, Black? Altrimenti che fai? Mi affatturi? Pensi di avere una minima speranza contro di me?-
- Oh, è più di una speranza, è una certezza, quella di riuscire a colpire quel bel faccino Purosangue -
A quelle parole di Sirius, Evan si fece più paonazzo in volto e, se possibile, la sua rabbia aumentò. Sfoderò la bacchetta e la puntò dritta verso il Grifondoro, che la estrasse a sua volta, senza mostrare un minimo di esitazione o timore. Mayleen invece era terrorizzata: non voleva che Sirius si facesse del male per colpa sua, non lo avrebbe mai sopportato; così tremante si avvicinò al fratello e si aggrappò al suo maglione - E-Evan, ti prego, andiamo, lascia stare…- , ma lui la scansò con una gomitata - Tu sta’ zitta! Con te farò i conti più tardi! - , per poi tornare a concentrarsi sul suo avversario.  
Mayleen stava cominciando a temere il peggio, quando dallo stesso scompartimento da cui era uscito l’amico, sbucarono altri tre ragazzi, probabilmente attirati dal trambusto scatenato dallo scontro, che si pararono davanti al ragazzo per proteggerlo.
- Adesso basta, tutti e due! - disse un ragazzo con i capelli castano chiaro e con il volto pieno di cicatrici - Non è il momento di mettersi a duellare -
- Oh, ecco la combriccola di sporchi babbanofili al completo! Siete venuti a salvare il vostro amichetto da un viaggio in infermeria? - li canzonò Evan con voce piena di disprezzo, abbassando però la bacchetta: questo fece tirare un sospiro di sollievo a Mayleen, forse l’essere in netta minoranza avrebbe fatto desistere suo fratello dall’attaccare.
- Sta’ zitto e vattene, Rosier! - gli ordinò il ragazzo vicino a Sirius con i capelli neri spettinati e un paio di occhiali tondi sugli occhi nocciola. Il volto di Evan si aprì nel suo solito sorriso strafottente e sadico - Vedi di calmarti, Potter, ero solo venuto a salvare mia sorella dal tentativo di lavaggio del cervello da parte di questo Traditore del suo Sangue - gli rispose on voce melliflua, che racchiudeva un disprezzo senza limiti.
- Ironico che proprio tu parli di lavaggio del cervello - disse Sirius, che dall’arrivo dei suoi amici era rimasto in silenzio, guardando il fratello di lei con sguardo di fuoco e odio, il quale alle sue parole non diede segni di incertezza o dubbio, quasi come se non le avesse sentite.
- Stasera ti accorgerai che tutti gli anni che hai passato a cercare di portarla sulla strada sbagliata sono stati inutili: mia sorella non sarà mai come te e quando sarà smistata in Serpeverde, non ci metterà molto a dimenticarsi di te - . Detto questo, Evan si girò, le afferrò il polso e la strascinò lontano da Sirius, ma non così in fretta da impedirle di sentire il sussurro di Sirius - Vedremo, Rosier, vedremo… - .
                                                                       ***
 
La parte restante del viaggio verso Hogwarts procedette senza più scontri come quello iniziale. Mayleen lo passò nello scompartimento con il fratello Evan e i suoi amici. Evan non le aveva ancora perdonato quell’incontro con Sirius, ma sembrava essersi calmato rispetto a prima e conversava con gli altri ragazzi, senza prestarle attenzione. L’unico che si rivolgeva a lei era Regulus, che si era accorto che doveva essere successo qualcosa nel breve tempo che si erano separati, ma che aveva avuto l’accortezza di non farle domande in merito davanti a tutte quelle persone.
Alla fine, dopo quello che a lei sembrò un tempo infinito, il treno si fermò. Lei e gli altri scesero dalla carrozza. Vide all’inizio del binario un uomo enorme alto almeno due metri, con una folta barba nera, che con il suo vocione tonante chiamava a raccolta quelli del primo anno. Lei indietreggiò intimorita - Non avrai paura di quello zotico di Hagrid? - le chiese ironico uno dei ragazzi dello scompartimento, che aveva capelli scuri e due occhi di ghiaccio, Ezekiel Nott doveva chiamarsi. Da dietro la sua spalla Evan le lanciò uno sguardo gelido, che le faceva intendere che non avrebbe avuto il suo aiuto e che la spinse a seguire Regulus, che come gli altri del primo anno, si era avvicinato all’omone. Hagrid li guidò a delle piccole barche, ciascuna portava una piccola lanterna, unica fonte di luce. Mayleen salì su una di esse, sedendosi accanto al più piccolo dei Black con una morsa nello stomaco, che diventava sempre più forte man mano che si avvicinava al castello. Ciò non le permise di godersi appieno il maestoso spettacolo di Hogwarts con le tante luci, che si specchiavano sul lago di acqua nera. Una volta attraccati nella riva opposta, vennero condotti verso l’enorme entrata del castello, presieduto dal grande portone di legno scuro e poi attraverso gli alti corridoi, che la facevano sentire più piccola di quello che era, finché non arrivarono ad un portone, davanti a cui vi era una donna. Aveva i capelli neri con una leggera sfumatura di grigio acconciati in una crocchia sulla nuca e su di essi era appoggiato un cappello nero a punta. Gli occhi erano di un azzurro glaciale ma senza alcuna punta di cattiveria, piuttosto di severità. Si presentò come la professoressa McGranitt e annunciò al gruppo che tra poco sarebbero stati smistati, notizia che le fece stringere lo stomaco. A un cenno della donna il gruppo di ragazzi la seguì oltre al portone della Sala Grande. La sala era enorme, con alte vetrate e il soffitto tempestato di stelle, come se desse direttamente sul cielo esterno. Quattro lunghissimi tavoli la percorrevano e Mayleen riconobbe le quattro Case di Hogwarts, mentre lei e gli altri avanzavano tra quelli che dovevano essere i tavoli di Corvonero e Grifondoro. All’altro capo della sala vi era un altro tavolo, in cui sedevano i professori e un uomo con una lunga barba bianca, tra cui spuntava un sorriso gentile, che doveva essere il preside di Hogwarts, Albus Silente. Poco prima di quel tavolo vi era uno sgabello con sopra quello che all’apparenza sembrava solo un vecchio e rattoppato cappello, ma che lei sapeva essere grazie ai racconti del fratello e dei genitori il Cappello Parlante, cioè quello che avrebbe portato avanti lo Smistamento. Intanto la McGranitt disse che a turno avrebbe chiamato i loro nomi, gli avrebbe messo il cappello sulla testa, che li avrebbe smistati nella loro Casa. Man mano i ragazzi venivano smistati e tra loro ci fu anche Regulus, con cui il cappello dopo un minuto annunciò - SERPEVERDE - . Il ragazzo si alzò e si diresse verso il tavolo dei Serpeverde tra i loro applausi, non prima di rivolgerle un leggero sorriso. Dopo pochissimo tempo arrivò anche il suo turno.
- Rosier Mayleen -
Lei si fece spazio tra i ragazzi rimasti e si diresse verso lo sgabello e, mentre si sedeva, fece scorrere lo sguardo sui tavoli per incontrare quello di Sirius, che la rassicurò almeno un poco. Il cappello si pose sulla sua testa. “Ah, un’altra Rosier! Ma vedo qualcosa di diverso: gentile, leale verso gli amici. So esattamente dove metterti, la domanda è: saprai affrontarne le conseguenze?” disse una voce che sembrava essere nella sua mente e che doveva essere il Cappello. Sapeva che era un momento cruciale della sua vita, che avrebbe influenzato tutte le sue decisioni future, sapeva anche che il suo posto non era Serpeverde, altrimenti il cappello non avrebbe accennato a conseguenze della sua scelta ma che era il posto che la sua famiglia avrebbe voluto per lei. Scegliere una casa diversa era un salto nel buio, neanche lei sapeva come avrebbero reagito i suoi genitori, la sola certezza era che sarebbe stata un enorme delusione per loro. Ma poteva veramente rinnegare sé stessa, soffocare le sue opinioni solo per compiacerli? Fissò suo fratello, che, teso, attendeva il giudizio del Cappello Parlante e che le rivolse uno sguardo freddo, in cui vi lesse un’implicita minaccia di non sbagliare. Poi fissò Sirius, anch’egli teso, ma che le rivolse uno sguardo rassicurante, come a riconfermare la promessa che le aveva fatto sul treno di non abbandonarla, qualunque fosse il verdetto e seppe cosa fare. “Mettimi nel posto a cui appartengo” disse nel pensiero al Cappello.
- TASSOROSSO -
Per un secondo il silenzio alleggiò sulla sala, poi gli applausi esplosero dal tavolo di quella che ora era la sua casa, si diressi al suo tavolo, dove alcuni ragazzi la salutarono con una stretta di mano. Una volta seduta, realizzò quello che aveva fatto, un senso di timore si insinuò in lei e discretamente guardò verso i Serpeverde. Lì, vide suo fratello impietrito, come se avesse preso uno schiaffo, ma nei suoi occhi cominciò a montare la rabbia, con cui capì che appena gli si fosse presentata l’occasione, l’avrebbe punita per aver “tradito” la famiglia Rosier. Lì vicino c’era Regulus e anche lui la fissava, ma non con l’ira e il risentimento che aveva visto in Evan, ma piuttosto con un velo di tristezza, come se sapesse che da quel momento, il loro rapporto sarebbe cambiato radicalmente. Tutt’altro sguardo era quello di Sirius, che era raggiante e non riusciva a trattenere un sorriso. Era fiero di lei, Mayleen ne era sicura. Quella sera nel letto dentro al dormitorio dei Tassorosso non poté fare a meno di sentirsi felice, di sentirsi a casa e seppe di aver fatto la scelta giusta.






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Note dell'autrice
Salve cari lettori,
spero che il prologo della mia storia possa essere di vostro gradimento. E' la prima volta che pubblico una mia fanfiction, quindi siate clementi. Le recensioni sono più che bene accette.
Un ultima cosa, a chi interessasse la Tenuta Rosier esiste davvero, infatti ho preso ispirazione dalla Hoscote House a Roberton nella Borthwick Valley in Scozia.
Saluti a tutti e al prossimo capitolo che cercherò di pubblicare quanto prima,
Lady Occhio di Falco

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 
1.
 

 
 
 
 
La tiepida luce del sole scozzese cominciava a rischiarare la grande stanza circolare, entrando dalle finestre a mezzaluna, collocate su tutto il perimetro delle imponenti pareti in pietra. Andò ad illuminare anche i letti a baldacchino di legno bruno scuro, in cui giacevano ancora addormentate diverse ragazze, tenute al caldo da morbide trapunte patchwork. La stanza era abbastanza spartana: sui mobili di un tiepido color miele erano posizionati diversi vasi bianchi con piante molto singolari, mentre a terra vi era il tappeto che raffigurava lo stemma giallo e nero con un tasso, che rappresentava la Casa. Tutto questo, insieme al robusto soffitto a cassettoni e alla tiepida luce solare, contribuivano a creare un ambiente caldo ed accogliente.
Mayleen aprì lentamente gli occhi, svegliandosi per la prima volta da due mesi a quella parte ben riposata e pronta ad affrontare la giornata di studi che la attendeva. Controllò l’ora sull’orologio e, siccome era ancora presto, decise di concedersi qualche altro minuto per godersi il tepore della coperta. Non le sembrava vero di non essere più nella sua stanza di Villa Rosier, ma ad Hogwarts nel dormitorio di Tassorosso, la sua vera Casa e, anche se era passato molto tempo da quando c’era entrata per la prima volta, ancora lei non si capacitava di quanto la facesse stare bene quel luogo. Erano, infatti, passati ormai cinque anni da quel giorno in cui il Cappello Parlante l’aveva smistata in Tassorosso e se c’era una cosa che non era cambiata era il fatto che non si fosse mai pentita della sua scelta. Il resto, invece, era cambiato parecchio. Come si aspettava, i suoi genitori non erano rimasti molto contenti del risultato del suo Smistamento e avevano colto l’occasione di dimostrarle la loro delusione durante le vacanze di Natale del primo anno. Appena era scesa dall’Espresso di Hogwarts sul Binario 9 e 3/4, non avevano detto una parola. Semplicemente la madre le aveva afferrato il polso e, insieme a Evan, erano tornati a casa. Appena arrivati, le era stata requisita la bacchetta ed era stata portata in sala da pranzo. Qui, aveva dovuto subire la sfuriata dei genitori, che la accusavano di aver tradito la famiglia, mischiandosi a quella Casa piena di Sanguemarcio, invettiva questa che si era ripetuta più volte nel corso delle vacanze, ogni qualvolta ne avevano avuto l’occasione.
Era stata, quindi, una liberazione quando i primi di gennaio lei era risalita sull’Espresso, diretta a Hogwarts. Anche se arrivano fiumi di lettere in cui i genitori ribadivano tutto il loro disprezzo per “quell’abominio che è fuoriuscito dal mio ventre”, per citare le parole di sua madre, che avevano come figlia e lo sguardo d’odio che Evan le rivolgeva ogni volta che la incrociava a scuola, Mayleen si era fatta nuovi amici tra i Tassorosso, che, insieme a Sirius, facevano scomparire dalla sua mente ogni parola dei suoi genitori. Tuttavia, più si avvicinavano le vacanze estive, più il suo timore aumentava, visto che avrebbe dovuto passare due mesi in quell’inferno. L’atteggiamento dei suoi genitori, però, durante l’estate era cambiato: seppur non aveva smesso di guardarla con disprezzo, non c’era stata più nessuna sfuriata né da parte di suo padre, né di sua madre. Pur aberrando la Casa in cui era finita la loro figlia, si erano convinti che non era troppo tardi per “raddrizzarla”, per portarla dalla loro parte. D’altro canto, aveva avuto almeno la decenza di non diventare una “squallida Grifondoro babbanofila”. Convennero che durante le vacanze fino a quando non avesse messo la testa a posto e non avesse dimostrato di essere una Rosier degna di questo nome, sarebbe rimasta reclusa in camera sua, con la possibilità di mettere un piede fuori casa solo con il permesso e la supervisione di un membro della famiglia. Le sarebbe stata requisita la bacchetta fino al 1° settembre successivo e ovviamente non le sarebbe stato permesso di vedere o scrivere a nessuno dei suoi amici e di avere qualunque contatto con Sirius. Avevano anche istruito Evan a tenerla d’occhio durante l’anno scolastico per assicurarsi che i due non avessero contatti nemmeno a Hogwarts.
Non avevano tenuto conto, però, della tenacia e della forza del legame di Mayleen e Sirius, che avevano continuato per anni ad incontrarsi sotto il naso del fratello di lei. Il tutto grazie alla complicità degli amici di lui: James Potter, un ragazzo dai capelli neri perennemente spettinati, come se fosse appena sceso da una scopa, che a primo impatto appariva come un arrogante ragazzino viziato, ma che ad una conoscenza più approfondita si dimostrava una persona che avrebbe dato qualunque cosa per coloro che amava; Remus Lupin, un ragazzo con i capelli e gli occhi nocciola e con il viso sfregiato da numerose cicatrici, gentilissimo con tutti, tranne con chi minacciava i suoi amici e Peter Minus, un ragazzo piccolo e grassottello dai capelli biondo cenere, abbastanza timido e insicuro,che ad un occhio esterno poteva sembrare fuori posto tra loro, ma che in realtà era un perno fondamentale dei Malandrini ( così era conosciuto il gruppo), tanto quanto gli altri. Grazie al loro aiuto, Mayleen e Sirius avevano potuto continuare a vedersi e il loro rapporto, anziché sgretolarsi come avrebbero voluto i genitori di lei, era dientato sempre più forte e stretto, molto più di quanto non fosse mai stato prima. Inevitabilmente questo aveva fatto nascere anche una profonda amicizia tra lei e gli altri tre Malandrini, soprattutto con Remus, che, essendo più diligente negli studi, la raggiungeva molte volte in biblioteca per studiare insieme. A loro due spesso si univa anche Lily Evans, una ragazza dai capelli fiammanti e occhi verdi, dal carattere forte ma sempre pronta ad aiutare chi era in difficoltà, per cui James aveva perso la testa qualche anno prima.
Il flusso di pensieri di Mayleen venne interrotto da un mormorio proveniente dal letto affianco al suo: vide la sua amica, Ellen Moore, seduta sul letto, che si stiracchiava sbadigliando. Guardò la sveglia e, siccome era ora di alzarsi, si diresse in bagno per lavarsi il viso e indossare la divisa. Una volta tornata in camera, aspettò che anche Ellen fosse pronta, per poi oltrepassare la porta circolare come la cima di una botte e il tunnel che conduceva nella Sala Comune. Si trattava di un ambiente circolare, molto soleggiato grazie alle finestre rotondeggianti da cui si scorgeva i fili d’erba e i ranuncoli del parco intorno al castello. Dai bassi soffitti in pietra pendevano dei piatti in rame, su cui si trovavano diverse piante molto particolari, tra cui viticci e edere, alcuni dei quali bagnavano i capelli a chi passava sotto di loro.  Sugli scaffali dei mobili in legno color miele, invece, vi erano diversi cactus, che cantavano e ballavano, quando qualcuno gli passava loro accanto. A un angolo della sala vi era un caminetto in legno, adornato da tassi intagliati e sormontato da un enorme ritratto di Tosca Tassorosso con in mano la coppa d’oro a due manici. Mentre percorrevano i passaggi sotterranei conducenti al coperchio di botte, che faceva da entrata alla loro Sala Comune, Ellen, con i capelli castano chiaro acconciati nella solita treccia a spina di pesce e gli occhi marroni vispi e radiosi, le raccontava della vacanza in Egitto, delle piramidi e delle numerose maledizioni nascoste in esse, lasciando Mayleen con una punta di invidia. A differenza della stragrande maggioranza degli studenti di Hogwarts, se non la quasi totalità, lei adorava Storia della Magia. Non a caso aveva continuato la materia pur non richiesta tra i M.A.G.O. necessari per intraprendere la carriera di Medimago, e gli antichi maghi egizi erano uno degli argomenti più affascinanti che avevano trattato. In realtà Ellen le aveva proposto di andare con lei e la sua famiglia, ma non c’era la minima possibilità che Braxton Rosier permettesse alla propria figlia di trascorrere due settimane in compagnia di una Nata Babbana. In più già da qualche anno il mondo magico era in tensione per la comparsa di un potente mago oscuro, che si faceva chiamare Lord Voldemort. Lui e la sua cerchia di seguaci sostenevano gli ideali Purosangue e stavano portando avanti una campagna di epurazione nei confronti dei Nati Babbani e di sottomissioni dei non-maghi, che aveva portato e continuava a portare a sparizioni di alcune personalità filobabbane della comunità magica e ad attacchi a insediamenti babbani. Il fatto poi che i Mangiamorte (così si facevano chiamare i seguaci di Voldemort) sembrassero inafferrabili e che il Ministero della Magia non riuscisse a fare niente per impedire gli attacchi non faceva che far aumentare il terrore tra la comunità magica. Mayleen era certa che i genitori fossero simpatizzanti del Signore Oscuro e aveva motivo di credere che fossero in qualche modo coinvolti, pur non avendone le prove, così faceva ben attenzione a non nominare mai i suoi compagni di Casa Nati Babbani al loro cospetto.
Ellen le stava raccontando le storie di diversi babbani, che si erano persi nelle piramidi e che erano finiti con l’avere tre teste, quando arrivarono in Sala Grande, dove vi erano i quattro lunghi tavoli già imbanditi per la colazione. Presero posto nel tavolo dei Tassorosso e, mentre imburrava le fette di pane tostato, lanciava delle occhiate ai tavoli a fianco. Per un momento il suo sguardo si incrociò con quello di Evan, che le scoccò un’occhiata glaciale e sprezzante come sempre, così si affrettò a puntare lo sguardo da un’altra parte. Dal tavolo di Grifondoro un ragazzo dai capelli neri e lunghi e dagli occhi grigi, in cui si era persa più di una volta, la stava guardando e, quando vide che lei stava ricambiando lo sguardo, le sue labbra si aprirono in un sorriso sghembo. Alla vista di quel sorriso dopo due mesi di assenza, il cuore di Mayleen cominciò a battere un po’ più velocemente, mentre gli sorrideva di rimando, trattenendosi a stento dall’alzarsi e correre a baciarlo, rilevando così una relazione segreta ai più.    
Frequentava il quarto anno, quando si era accorta che qualcosa nel loro rapporto era cambiato. Ogni volta che lo incontrava, si sentiva strana: leggera come fosse sospesa nel vuoto, le guance le si imporporavano e il cuore le batteva più veloce alla sua vista. Era una sensazione che non aveva mai provato prima e che almeno all’inizio non era riuscita a identificare. Quando aveva capito di essersi innamorata di lui, non era certa che fosse il caso di dirglielo, visto che non sapeva se lui provasse la stessa cosa. Inoltre, Sirius era diventato un ragazzo molto attraente ed era molto popolare tra le ragazze, di conseguenza le corteggiatrici non gli mancavano. Almeno all’inizio, quindi, non aveva detto niente, convincendosi che fosse solo una cosa passeggera. Tuttavia, malgrado il tempo passasse, quella sensazione non solo non scompariva, ma era aumentata di intensità e, come se non bastasse, l’amico si era accorto che era cambiato qualcosa in lei e più volte le aveva chiesto se ci fosse qualcosa che non andava.
Così Mayleen si era fatta coraggio e durante la visita al villaggio di Hogsmeade nel mese di maggio, poco dopo il suo compleanno, quando si erano allontanati insieme verso la Stramberga Strillante, gli aveva confessato i suoi sentimenti, che, con suo grande stupore, coincidevano con quelli di Sirius. Quello fu il giorno in cui si erano fidanzati, ma anche il giorno del loro primo bacio, che era avvenuto dietro a una grande quercia secolare sul limitare della Foresta Proibita. Insieme avevano convenuto che per il momento sarebbe stato meglio tenere la loro relazione segreta: i genitori di Mayleen non avrebbero mai approvato e se l’avessero scoperto, lei avrebbe perso anche quel poco di libertà che gli era rimasta e avrebbero fatto in modo di separarli sul serio.  A quel punto non le sarebbe rimasta altra scelta che andarsene di casa, ma entrambi erano ancora minorenni e andavano ancora a scuola, non potevano di certo cavarsela da soli nel mondo là fuori, almeno non in quel momento. La loro relazione, quindi, era stata resa nota solo a pochi amici fidati, in modo che la notizia non arrivasse alle orecchie di Evan.
Quell’estate stessa Sirius, non potendone più dei soprusi e degli insulti dei propri genitori, era scappato di casa. Visto che non poteva né scrivere né ricevere lettere da lui o da chiunque altro quando era a casa, lei lo era venuta a sapere dalla madre, che la aveva informata del fatto che Orion e Walburga Black lo avevano ripudiato e diseredato e che era uno squattrinato senza più una casa né una famiglia. Lo aveva fatto con uno sguardo soddisfatto, in un certo modo perverso: era convinta che questo sarebbe stata la spinta finale per convincerla ad abbandonarlo per sempre, vista la sua condizione, ma l’unica cosa di cui Mayleen si era preoccupata era se Sirius stesse bene. Presa dalla preoccupazione nel non poter sapere come stesse e dove fosse, per un momento aveva pensato anche lei di fuggire di casa per cercarlo, rifugiandosi da Ellen, ma ci aveva ripensato subito. Suo padre non la avrebbe di certo lasciata andare così facilmente, almeno non fino a quando come suo tutore legale aveva potere su lei e piuttosto che subire l’onta della sua fuga e successiva diseredazione, l’avrebbe inseguita fino in capo al mondo. Non poteva certo rischiare che l’uomo che considerava i Nati Babbani come la feccia del mondo magico piombasse a casa dell’amica, l’avrebbe messa in pericolo. Così aveva cercato di tranquillizzarsi, dicendosi che Sirius non era là fuori da solo, ma aveva tre grandi amici e sicuramente aveva trovato ospitalità a casa di uno di loro, almeno per quell’estate, poi avrebbero avuto un anno per pensare al da farsi.
 Una volta tornata a Hogwarts, aveva scoperto con sollievo di avere ragione: Sirius era stato accolto in casa Potter e, non solo i genitori di James si erano presi a carico le sue spese per la scuola, ma lui avrebbe potuto considerare casa loro come sua, fino a che non fosse stato indipendente economicamente. Non appena lo aveva saputo, aveva ringraziato James per essersi preso cura del suo ragazzo, quando lei non poteva esserci e si era ripromessa di ringraziare anche i signori Potter, non appena ne avesse avuto l’occasione.  
Mentre Mayleen finiva di mangiare il pane con burro e marmellata, la professoressa McGranitt consegnò a lei e agli altri studenti gli orari delle lezioni. Oltre alle materie richieste per essere assunti come apprendista Medimago all’Ospedale St. Mungo, ossia Incantesimi, Trasfigurazione, Pozioni, Erbologia e Difesa Contro le Arti Oscure, dopo i G.U.F.O. aveva deciso di proseguire anche le materie che aveva scelto al Terzo Anno, ossia Cura delle Creature Magiche, Storia della Magia, Aritmanzia e Babbanologia. Pur riconoscendo che si trattava di un bel carico di studio, voleva comunque continuare a seguirne le lezioni: le prime due perché semplicemente non poteva concepire di abbandonarle, anche se comunque Cura delle Creature Magiche poteva essere utile in casi di morsi da creature,  Aritmanzia perché era utile in Pozioni per creare antidoti e Babbanologia, che aveva deciso di seguire quando era il momento per conoscere un modo nuovo di vedere le cose e, perché no, anche per dare uno schiaffo a tutte le credenze dei suoi genitori. Solo dopo i G.U.F.O., si era resa conto che i risultati sarebbero arrivati via lettera e che avrebbe dovuto spiegare ai genitori il motivo per cui al terzo anno avesse scelto di seguire quella materia, così tramite l’intercessione della professoressa Sprite, Direttrice della Casa Tassorosso, era riuscita a convincere la professoressa McGranitt, dopo averle spiegato la situazione, a fare un eccezione e rivelarle il risultato dell’esame di Babbanologia prima della fine del quinto anno, a patto che non ne parlasse a nessuno degli studenti.
Osservando il suo orario, notò che aveva un buco di due ore prima della prima lezione del giorno, così puntò il suo sguardo su Sirius, che le sorrise, lei intuì il messaggio “Stesso posto, ora”.
- Suppongo che ora Romeo e Giulietta si incontreranno - sussurrò Ellen con un sorriso malizioso: non appena aveva saputo di loro due, aveva affibbiato loro quei nomignoli, perché a detta sua avevano molto in comune con i due amanti di cui parla l’omonima opera teatrale babbana. Mayleen annuì, lanciandole un’occhiata divertita e insieme si diressero verso l’uscita della Sala Grande, per poi fare un ampio giro, come se si dirigessero verso la Sala Comune e cambiare all’ultimo il percorso verso il settimo piano, il meno frequentato del castello, dove imboccarono il corridoio nella direzione opposta all’aula di Divinazione, fino a giungere a un’aula in disuso. Facendo attenzione a non essere viste, vi entrarono e si misero ad aspettare che i Malandrini arrivassero, cosa che accadde dopo qualche minuto. Senza riuscire ad attendere oltre, Mayleen corse incontro a Sirius e lo abbracciò, stringendolo stretto a sé, allentando la presa solo per far incontrare le loro labbra in un bacio dolce e appassionato. Rimasero avvinghiati l’uno all’altra come se in quel momento non esistessero che loro al mondo, come se in quel momento la stanza, i Malandrini ed Ellen fossero scomparsi. L’unica cosa di cui lei riusciva a pensare in quel momento era Sirius e il calore che le sue braccia le trasmettevano e che le era mancato come l’aria durante i due mesi di vacanze estive. Dopo qualche minuto, si staccarono l’una dall’altra, un po’ in imbarazzo per essersi lasciati andare in quel modo davanti agli altri, anche se sapevano che comprendevano il loro stato d’animo in quel momento. Mentre Sirius salutava Ellen, lei salutò i tre Malandrini, poi il gruppo cominciò a parlare del più e del meno.
 A un certo punto con fare teatrale James mostrò alle due ragazze la spilla da Caposcuola.
- Non è possibile che tu sia diventato Caposcuola, James. Sicuramente quella spilla è di Remus - disse Ellen incredula, mentre Mayleen, seduta di fianco a Sirius, era ancora attonita e non sapeva se scoppiare a ridere o meno: era troppo assurdo per essere vero. - Mi dispiace, Ellen, ma non è mia - la smentì Remus, cosa che la lasciò ancora più basita. - James, io ti voglio bene, lo sai, ma o c’è stato un errore o Silente deve essere completamente impazzito per aver nominato te Caposcuola - esclamò Mayleen, dopo essersi ripresa dallo shock iniziale, causando le risate di tutti meno che il diretto interessato.
- Perché non potrei essere Caposcuola? Sentiamo - chiese imbronciato. - Perché tu e Sirius avete passato gli scorsi sei anni per una buona parte del tempo in punizione- iniziò Mayleen a cui Ellen aggiunse - E l’altra parte a escogitare modi per finirci -, facendo nuovamente scoppiare tutti, perfino James, dopo che ebbe rivolto un lamento a un Sirius con le lacrime agli occhi dalle risate - Sirius, la tua fidanzata e la sua amica mi maltrattano, perché non mi difendi? - .
Una volta che tutti riuscirono a calmare le risate, il che richiese un po’ di tempo, visto che ogni tanto qualcuno fissava la spilla di James e ricominciava a ridere, si scoprì che l’altro Caposcuola era Lily. - Sicuramente lo shock più grande lo ha avuto lei - commentò Sirius. Mayleen non fece fatica ad immaginare la reazione della ragazza a quella notizia: aveva passato i suoi anni a Hogwarts ad accusare James di essere un arrogante ragazzino esaltato, troppo impegnato a vantarsi del suo talento nel Quidditch per accorgersi di non essere il centro dell’universo. Questo per lo più non a torto, visto che lui e Sirius, quando ci si mettevano, soprattutto con Severus Piton, un Serpeverde un tempo amico della ragazza, sapevano comportarsi da piccoli bulletti idioti, come Mayleen aveva detto loro più volte. Continuarono per un’ora intera a chiacchierare, seduti per terra: parlarono dei G.U.F.O., che lei ed Ellen avevano sostenuto a giugno e Mayleen credette di aver visto un lampo di orgoglio negli occhi di Sirius nel sapere che lei aveva ottenuto 9 G.U.F.O., dei loro orari - Merlino May, il tuo orario è più fitto di una palude! - esclamò James. Parlarono anche delle vacanze, anche se lei non aveva granché da raccontare, a parte essere rimasta per lo più in camera sua, senza che nessuno la considerasse, fatta eccezione per quelle rare sere in cui veniva un ospite, ovviamente Purosangue, a cena e i genitori la obbligavano a presenziare. Verso le nove i Malandrini dovettero avviarsi verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure per la loro prima lezione dell’anno, ma non prima che lei e Sirius si salutassero con un bacio fugace - Ci vediamo stasera a cena, Mamie - disse lui.
Dopo che lei ed Ellen ebbero aspettato qualche minuto per distanziarsi dal primo gruppo e non creare sospetti, si diressero verso la Sala comune, dove rimasero per l’ora successivo. Ebbero poi un’ora di Trasfigurazione con i Serpeverde, dove incontrò Regulus, che non la degnò di uno sguardo. In quegli anni il suo rapporto con lui si era deteriorato, anzi si poteva dire che non esistesse più nulla tra loro. All’inizio il ragazzo, pur senza farsi vedere dai suoi compagni di casa, aveva cercato di mantenere l’amicizia che li legava; tuttavia, con il passare del tempo queste intenzioni erano andate sempre più scemando, fino al punto che lui evitava volutamente sia lei che il fratello e se gli capitava di incrociarli, non li degnava di uno sguardo. Il tutto degenerò il giorno, in cui lei nel tentativo di recuperare un rapporto gli aveva chiesto spiegazioni sul suo comportamento e lui le aveva vomitato addosso le stesse parole utilizzate dai suoi genitori, additando lei e Sirius come Traditori del loro Sangue. Fu in quel momento che si rese conto di quanto ormai Regulus fosse lontano e irraggiungibile rispetto a loro e che probabilmente non c’era nessuna speranza di ravvicinamento. Non erano state tanto le parole che aveva usato a farle male, ma era stata la consapevolezza che i Black lo avessero plasmato talmente tanto da strapparlo da loro. Da allora, ogni volta che lo incrociava, Mayleen provava una stretta allo stomaco, dovuto non al rancore, ma alla tristezza e al rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere, se non fosse per quel desiderio di supremazia di una parte della comunità magica, che prima aveva separato intere famiglie e che ora dilaniava l’intero mondo magico inglese. Nei confronti del fratello, Sirius manteneva un atteggiamento freddo e distaccato: - Ha fatto la sua scelta, lascia che ne paghi le conseguenze -  le aveva risposto brusco una volta che lei gli aveva chiesto qualcosa a proposito del ragazzo, ma lei sapeva che dietro quella freddezza si celava un dolore profondo e un certo senso di colpa, per aver permesso ai coniugi Black di allontanarlo definitivamente da Regulus, che, lei ne sicura, amava ancora come un tempo.
Mentre la professoressa McGranitt spiegava agli studenti le basi della Trasfigurazione umana, lei sbirciò con la coda dell’occhio Regulus a due banchi di distanza, cercando di trovare qualcosa del bambino che era stato.
Finita la lezione di Trasfigurazione, si diressero verso l’aula di Aritmanzia al sesto piano, dove la professoressa Vector spiegò le basi delle trappole aritmantiche, dei ritrovati fisici o combinazioni di numeri, atti a sfruttare il tempo, lo spazio, la mente o le paure di essere vivente, un argomento interessante, tanto che il tempo volò e, prima che se ne rendesse conto, era già ora di pranzo. Dopo essersi rifocillate di arrosto di manzo e patate lesse, si diressero alla lezione di Incantesimi, dove nelle due ore successive il professor Vitious insegnò loro la teoria degli Incantesimi di rivelazione, in particolare provarono praticare l’Hominum Revelio.  Terminate le lezioni, Mayleen passò il resto della giornata a fare i compiti, per poi andare in Sala Grande per mangiare. Dopo cena si incontrò nuovamente con Sirius in quella che ormai era diventata la loro stanza del settimo piano, questa volta da soli. Lì passarono il tempo a parlare della giornata appena trascorsa, l’uno tra le braccia dell’altra, fino a che non arrivò l’ora in cui tutti gli studenti dovevano trovarsi nella loro Sala Comune. Sirius la accompagnò per tutto il corridoio delle cucine fino all’altezza della grande natura morta, posto davanti al grande mucchio di botti, che costituiscono l’ingresso alla Tana di Tassorosso e la salutò con un bacio della buonanotte. A quel punto lei picchiettò sul coperchio della seconda botte a metà della seconda fila, partendo dal basso e questo scivolò di lato, rivelando il passaggio che portava alla Sala Comune e da lì a dormitori, dove si buttò sul letto stanca ma felice.


 
 
***
 

 
I primi due mesi di lezioni passarono così velocemente che quasi Mayleen non si accorse del tempo trascorso: le sue giornate erano abbastanza piene e si districavano tra seguire le lezioni, fare i compiti e incontrare Sirius ogni qualvolta ne avesse l’occasione, per poi buttarsi a letto la sera. All’inizio aveva fatto fatica a sopportare il carico di lavoro, ma dopo un po’ riuscì ad abituarsi ai nuovi ritmi degli ultimi anni ad Hogwarts in previsione dei M.A.G.O. che avrebbe sostenuto l’anno succesivo.
In quel momento si trovava in biblioteca a fare una ricerca per il tema di Erbologia sul Cavolo Carnivoro Cinese, quando venne raggiunta da Remus. Con un sorriso gentile, lui si accomodò di fronte a lei e le disse che Sirius non li avrebbe raggiunti, perché lui e James erano in punizione: stavano pulendo le targhe e i premi nella Sala dei Trofei senza magia.  - E poi James dovrebbe essere Caposcuola… - sussurrò lei e il ragazzo soffocò una risata. Mayleen notò subito che Remus appariva pallido e stanco: forse era dovuto al fatto che la luna piena si stava avvicinando.
Aveva cominciato a sospettare che Remus fosse un lupo mannaro da quando al suo terzo anno le fu assegnato un compito sui licantropi. Da quel momento non aveva potuto fare a meno di notare che Remus si assentava a intervalli regolari una volta al mese e che, come scoprì consultando il Calendario Lunare, coincidevano sempre con i giorni in cui c’era la luna piena. Fino ad allora non aveva avuto il coraggio di chiedere a Remus se fosse realmente così, temendo la sua reazione ma quel giorno era risoluta nel farlo, perché non ci fossero più segreti tra loro due e perché Remus non dovesse più stare attento a ciò che diceva o faceva, per non far trapelare niente.
Così, quando uscirono dalla biblioteca, lo prese da parte e una volta lontano da orecchie indiscrete, gli pose la fatidica domanda. Come si aspettava, la reazione di Remus fu di sdegno <> sbottò con un tono quasi agressivo, che mai lei gli aveva sentito usare. - Remus, non era questo che intendevo, sai che io mi fido di te. È solo che non ho potuto fare a meno di notare in questi anni delle … coincidenze, che tu forse mi puoi spiegare - . Mentre lei parlava, Remus provò più volte a controbattere ma più si andava avanti, più i suoi silenzi si prolungavano e lei poteva vedere chiaramente i muscoli in tensione sotto la divisa.
Non appena lei finì di parlare, lui abbassò lo sguardo, i capelli a nascondergli gli occhi -  Avrei dovuto saperlo, era solo questione di tempo prima che tu lo scoprissi -  mormorò con voce appena percettibile. - Hai ragione, Mayleen, sono un lupo mannaro, mi dispiace se per tutto questo tempo ti ho mentito riguardo la mia condizione e non ti biasimerò se non vorrai più avermi vicino, non dirò niente a Sirius… - continuò lui, senza guardarla ma dal tremolio nella voce sembrava che stesse per scoppiare in lacrime. - Cosa stai dicendo, Remus? Perché non dovrei più volerti accanto? -  lo interruppe lei - Mayleen, quelli come me sono inseriti nei manuali di magia come Creature Oscure! - . Remus aveva alzato la voce, in cui lei percepì tutta la sofferenza che la sua condizione gli provocava e questo le fece sentire un groppo in gola, perché Remus era una delle persone più gentili che lei conosceva, una delle persone che meno si meritava quel dolore.
- Io sono pericoloso, sono un mostro… - sussurrò lui. Mayleen scosse la testa e gli strinse la mano - No Remus, tu non lo sei e non lo sarai mai. E non pensare che questo cambierà mai il nostro rapporto, anzi il solo motivo che mi ha spinto a parlare oggi era essere certa che tu ti sentissi al sicuro con me e non dovessi nasconderti per timore di un mio giudizio. Tu sei mio amico, Remus e questo non cambierà mai - gli disse cercando di mantenere un tono tranquillo per rassicurare Remus, che intanto aveva gli occhi velati di lacrime. Lei lo abbracciò stretto per fargli sentire tutto il suo supporto e questo lo convinse a raccontargli tutto: di come a quattro anni era stato morso da un lupo mannaro e di come sembrava impossibile per lui poter frequentare Hogwarts almeno finchè non era diventato preside Silente, che organizzò un modo per allontanarlo dagli altri studenti durante i pleniluni. Tramite un passaggio segreto, sorretto da Madama Chips, Remus andava nella Stramberga Strillante, dove poteva superare le trasformazioni senza il pericolo di mordere qualcuno. Le disse anche di come James, Sirius e Peter durante il loro secondo anno avevano scoperto la verità esattamente come aveva fatto lei. Quando Remus nominò la Stramberga Strillante, qualcosa si accese nella mente di Mayleen: circa due anni prima in tutta la scuola era serpeggiata la voce di un incidente, per il quale Piton si fosse calato in passaggio segreto che portava alla Stramberga e si fosse trovato di fronte un mostro, che lo avrebbe ucciso se non fosse stato per l’intervento tempestivo di James. - Remus, l’incidente di due anni fa con Piton riguardava te, non è vero? - chiese lei un po’ titubante - Sì, Severus arrivò fino alla Stramberga Strillante e si trovò davanti me completamente trasformato in lupo mannaro, per fortuna James arrivò in tempo per portarlo via e sigillare il passaggio, senza che io mordessi uno di loro - ammise lui dopo un attimo di esitazione iniziale. Lei gli appoggiò la mano sulla sua per fargli comprendere che l’accaduto non era colpa sua, d’altra parte non si poteva controllare in quei momenti.
- Ma Remus come ha fatto Piton a scoprire del passaggio? Qualcuno deve averglielo detto per forza! - 
-  Sì, immagino di sì… -
Mayleen non potè fare a meno di chiedersi chi potesse essere capace di una tale brutalità: dopotutto era chiaro che chi aveva creato la possibilità di farlo incontrare con un lupo mannaro pienamente trasformato, lo avesse fatto con l’intento di fare del male o anche di uccidere Piton e questo, per quanto quel ragazzo fosse detestabile, era profondamente ingiusto, anzi crudele. Ma pochi sapevano della condizione di Remus e del passaggio segreto, ossia i Malandrini, Silente e gli insegnanti. Silente e i professori li scartò a priori, perché l’ipotesi era troppo assurda anche solo per crederci un istante, James aveva salvato Piton, non poteva essere stato lui, Peter proprio non ce lo vedeva a compiere un atto di una tale brutalità così diretto e alla luce del sole; quindi, era rimasto solo… ma non poteva essere, non voleva crederci. Poi si ricordò che nel periodo subito dopo il suddetto incidente, Sirius e i Malandrini avevano litigato in maniera abbastanza grave da portare Sirius a lasciare temporaneamente il dormitorio e trasferirsi nella loro stanza al settimo piano [1] e a portare gli altri tre a non rivolgergli la parola per più di un mese.  Nessuno sapeva il motivo del litigio, nemmeno lei era riuscita a cavare fuori qualcosa dalla bocca di Sirius. I pezzi del puzzle collidevano perfettamente.
- Remus, tu sai chi glielo ha detto, vero? -  gli chiese lei con voce atona, senza però ottenere una risposta dal ragazzo, che cercava di non incrociare il suo sguardo. - Lo conosco anchio? -. Il silenzio di Remus fu più chiaro di mille parole e questa nuova consapevolezza la colpì come un macigno, lasciando senza fiato.




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[1] Per il dettaglio che Sirius se ne va dopo il fattaccio Piton ho preso chiaramente ispirazione da "La Chiave di Volta" di @riccardoIII, una se non la mia fanfiction preferita di Harry Potter. Pur essendo nuova alla pubblicazione di storie mie, sono ormai anni che leggo fanfiction, che inevitabilmente mi hanno influenzato. Si tratta di un semplice dettaglio, ma a Cesare quel che è di Cesare. 

Angolo dell'autrice
Buon salve cari lettori,
Questo è il primo capitolo della mia storia, spero che sia di vostro gradimento. Come al solito commenti e critiche sono ben accetti.
Vostra, 
Lady Occhio di Falco

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


2.
 
 
Una decina di candele fluttuavano nell’aria al di sopra dei banchi tra due grandi colonne di marmo, che sorreggevano l’alto soffitto in pietra. I lumi diffondevano la loro luce fioca nella stanza e, insieme a quella delle torce fisse ai muri, contribuivano all’illuminazione dell’aula di Pozioni. La classe si trovava nei sotterranei e non era mai stata particolarmente luminosa, ma in quel momento lo era ancora meno. Una fitta coltre di nubi, infatti, ricopriva il cielo da qualche giorno e da essa ricadeva una pioggia incessante, che picchiettava sui vetri delle piccole finestre.

Il professor Lumacorno, un uomo alto, abbastanza in carne e con i capelli argentati, stretto nel suo elegante completo verde smeraldo, era in mezzo alla classe e stava illustrando le proprietà del Distillato della Morte Vivente, una pozione soporifera molto potente, che gli studenti avrebbero dovuto preparare in seguito. Per questo, seduti ai banchi, su cui erano posizionati i calderoni in peltro sopra a dei treppiedi, gli studenti stavano prendendo appunti. Tutti tranne uno. Dall’inizio della lezione Mayleen aveva lo sguardo fisso su una bruciatura del tavolo e non prestava la minima attenzione alla spiegazione di Lumacorno. Ad essere onesti, erano ormai giorni che non riusciva a concentrarsi in nessuna lezione di nessuna materia, nemmeno di Cura delle Creature magiche, della quale normalmente avrebbe voluto che le lezioni non finissero mai. Per quanto tentasse di pensare ad altro e si maledicesse ogni qualvolta i suoi pensieri convergessero su Sirius, la sua testa sembrava incapace di focalizzarsi per più di qualche secondo su qualsiasi argomento a parte quello che era successo una settimana prima. Questo la lasciava piena di frustrazione, che si univa al senso di delusione rivolto verso il ragazzo, rendendola suscettibile in quei giorni.

Il tutto scaturì da quella che avrebbe dovuto essere una conversazione chiarificatrice con Remus, che avrebbe dovuto portare sollievo ad entrambi. Almeno in parte fu così, visto che finalmente lei aveva chiarito la sua posizione riguardo alla Licantropia del suo amico. Questo sicuramente rimosse un grande peso dalle spalle di Remus ma allo stesso tempo ebbe dei risvolti, che lei non si sarebbe mai immaginata. In quell’occasione infatti aveva scoperto che due anni prima, per rispondere a tono a una provocazione di Piton, Sirius gli aveva rivelato come raggiungere il luogo dove Remus trascorreva i pleniluni, sfidandolo a recarvisi durante la luna piena. Non si aspettava che il ragazzo ci sarebbe andato veramente, ma questo non rendeva meno grave ciò che aveva fatto. Aveva volutamente messo la vita di Piton in pericolo o quantomeno aveva rischiato che venisse colpito da una Maledizione, che lo avrebbe perseguitato per tutta la sua vita. Ad aggravare la situazione già di per sé inaccettabile, per quanto la riguardava, lo aveva fatto a discapito di uno dei suoi migliori amici, che lui considerava la sua famiglia, molto di più di quella che lo aveva messo effettivamente al mondo. Mayleen non voleva neanche pensare alle conseguenze che sarebbero ricadute su Remus, se James non fosse stato così tempestivo ad intervenire e allontanare Piton: nel migliore dei casi, probabilmente sarebbe stato espulso da Hogwarts, cosa che lo avrebbe distrutto, visto che poter studiare in quella scuola nonostante la Licantropia significava tutto per lui, molto più che per altri. Per non parlare del senso di colpa per aver morso o ucciso un ragazzo, che lo avrebbe perseguitato finché fosse vissuto. Le conseguenze, però, visto i pregiudizi nei confronti dei lupi mannari, che dominavano nella comunità magica, avrebbero potuto anche essere peggiori: sarebbe potuto finire ad Azkaban o essere condannato al Bacio, per quel che lei ne poteva sapere. Grazie a James, tutto ciò non si era verificato e la questione si era risolta nel migliore dei modi, visto com’era iniziata. Ciononostante Mayleen non riusciva ancora ad accettare quello che Sirius aveva fatto.

Si sapeva che i rapporti tra i Malandrini e Piton non erano mai stati dei migliori, anzi si poteva dire che si erano odiati nel modo più profondo fin dal primo istante. Nel corso degli anni ad Hogwarts soprattutto James e Sirius non avevano perso occasione per fare quelli che loro definivano scherzi al Serpeverde, anche se lei non li avrebbe proprio definiti in quel modo, rivolgendosi a lui come “Mocciosus” e arrivando a appenderlo per i piedi a testa in giù davanti a tutti. In quell’occasione furono rimessi al loro posto da una furiosa Lily Evans che con la sua strigliata aveva tolto le parole di bocca a Mayleen, come non mancò di riferire a quei due tempo dopo. Questo non significava che Piton fosse completamente innocente, anzi in più di un’occasione non aveva esitato ad alzare la bacchetta su di loro con o senza provocazioni. Inoltre negli anni, come buona parte dei suoi compagni Serpeverde, aveva mostrato di appoggiare l’ideologia alla base della propaganda di Lord Voldemort, che considerava i Nati Babbani come degli usurpatori del potere magico. Questa linea di pensiero li vedeva come qualcosa da eliminare dalla faccia della terra ed auspicava il dominio dei maghi sulla popolazione non magica. Questo andava in netto contrasto con gli ideali di Sirius, da sempre in lotta con lo stesso modo di pensare presente nella sua famiglia, ma valeva anche per  James, proveniente da una nota famiglia di Traditori del proprio sangue e questo aveva determinato almeno in parte l’astio tra loro. Ciò non giustificava, però, quello che Sirius aveva fatto a Piton, anzi proprio per questo non Mayleen riusciva a capire come fosse potuto arrivare fino a quel punto. Sirius, nonostante avesse un carattere arrogante e talvolta tagliente, aveva sempre cercato di usare la forza solo quando strettamente necessario e credeva nella non prevaricazione sui più deboli ed un atto come quello andava contro tutto ciò in cui credeva e in cui lei credeva.

Una leggera gomitata di Ellen, seduta accanto a lei, la riscosse dai suoi pensieri. Con un cenno del capo le indicò il professor Lumacorno, che, in piedi davanti a lei, aveva fermato la spiegazione e la guardava, come in attesa che lei rispondesse alla domanda, che evidentemente le aveva posto. Lei ovviamente non conosceva la risposta, visto che da quando l’insegnante aveva iniziato a parlare, la sua mente non aveva fatto altro che rimuginare su Sirius e su quanto era successo. Di nuovo. Rimproverandosi mentalmente, fece intendere al professore che non sapeva la risposta e di conseguenza questi rivolse la sua attenzione verso un Corvonero con la mano alzata, facendo non grandi sforzi per celare la delusione. Mayleen, infatti, faceva parte del Lumaclub, una sorta di circolo fondato da Lumacorno, di cui facevano parte gli studenti secondo lui più promettenti e che probabilmente avrebbero ricoperto ruoli di spicco nella comunità magica. Sostanzialmente lei era una dei suoi pupilli e il fatto che non sapesse la risposta era presumibilmente una fonte di delusione per l’uomo. In quel momento non era di certo il suo problema, d’altra parte aveva ancora dei mesi per potersi rifare.  No, il suo problema era che per l’ennesima volta si era persa a ricordare quello che avrebbe voluto dimenticare. Questo non faceva altro che appesantire ulteriormente il senso di frustrazione che da giorni le gravava sullo stomaco. Per il tempo rimanente della lezione, per sua fortuna, si dedicarono alla produzione del Distillato della Morte Vivente, una pozione difficile da preparare e ciò aveva costretta a Mayleen a concentrarsi su quello che stava facendo e a distrarsi almeno per un po’ dal pensiero di Sirius.

Al termine della lezione, lei ed Ellen si diressero verso la Sala Grande, dove le attendeva il pranzo, che quel giorno era composto da costolette di agnello e piselli, accompagnati dall’immancabile succo di zucca. Non aveva molto fame, aveva lo stomaco chiuso, ma comunque si constrinse a mangiare qualcosa, sapendo di aver bisogno di energie per arrivare a fine giornata. Una volta finito di mangiare, aspettò che anche Ellen terminasse il pranzo e nel mentre lanciò delle occhiate intorno a sé e verso gli altri tavoli. Appena che si posò su quello dei Grifondoro, quasi inconsciamente il suo sguardo lo aveva cercato tra i ragazzi e le ragazze con la cravatta rosso e oro e, infine pochi secondi dopo, lo scorse, come sempre, seduto affianco a Remus.

Alcune ciocche di capelli neri andavano a ricoprire in parte gli occhi, mentre sedeva appoggiando la testa alle nocche con nonchalance, dandogli l’immagine da tormentato, che da sempre faceva impazzire il suo esercito di ragazzine adoranti. Stava rivolgendo la sua attenzione a James che diceva qualcosa a Peter che con difficoltà tentava di reprimere le risate. I più non avrebbero trovato niente di strano, apparivano come i soliti quattro Malandrini intenti a ordire chissà quale prossima malefatta e lui non appariva diverso dal solito Sirius con il suo atteggiamento noncurante e sicuro di sé. Tuttavia, lei lo conosceva da quando erano piccoli e lesse una certa rigidità nei suoi movimenti di norma fluidi grazie all’educazione nobile, impartitagli dalla famiglia Black. Sembrava rigido ed impostato, come se si stesse comportando nel modo in cui le altre persone si sarebbero aspettato che facesse, con lo scopo di nascondere le sue reali emozioni. In quel momento il gruppo scoppiò a ridere e, almeno all’inizio, lo fece anche Sirius e nonostante sembrasse una risata forzata, nessuno a parte lei sembrò averci fatto caso.

In quell’istante, Sirius si voltò nella sua direzione e i loro occhi si incontrarono. D’istinto lei si irrigidì: lo sguardo di Sirius cambiò, da quello che aveva ostentato poco prima almeno in apparenza sfrontato si trasformò nello stesso che le aveva rivolto quella sera.

Terminata la fatidica conversazione, dopo aver rassicurato una volta di più Remus riguardo alla Licantropia, gli aveva chiesto di riferire al suo ragazzo che quella sera non si sarebbero potuti vedere perché si sentiva stanca e aveva ancora una marea di compiti da fare. Sotto lo sguardo non proprio convinto dell’amico, Mayleen si era diretta verso la propria Sala comune, da cui non si era mossa fino al momento di andare a cenare. Aveva bisogno di pensare a quanto aveva scoperto: ancora non poteva crederci e più ci pensava, più si sentiva montare dentro una rabbia, che non avrebbe mai immaginato di poter provare, soprattutto rivolta verso di lui. Quella sera una volta terminata la cena, tornò alla Tana di Tassorosso (così venivano affettuosamente chiamati i dormitori della sua casa), facendo ben attenzione a non rivolgere il suo sguardo verso Sirius. La scena si era ripetuta anche a colazione la mattina seguente: aveva mangiato velocemente i suoi cereali in una tazza di latte fumante, per poi rifugiarsi nella Sala Comune. La situazione aveva insospettito chiunque sapesse di loro due, soprattutto Ellen, che già la sera prima aveva notato lo strano comportamento di Mayleen, la quale non le aveva detto una parola riguardo alla faccenda, perché prima voleva discuterne con il diretto interessato. Mayleen aveva evitato qualunque contatto con Sirius fino a quel momento, ma sapeva benissimo che prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo.  Durante l’ora di Trasfigurazione, mentre la professoressa McGranitt spiegava loro le basi della Trasfigurazione umana Parziale (prima di una serie di lezioni, di cui non avrebbe ascoltato una singola parola), aveva deciso che gli avrebbe parlato quella sera stessa. Dopotutto, prima lo avesse fatto, meglio sarebbe stato.

Così quel pomeriggio, mentre si dirigeva verso la biblioteca dopo una doppia ora di Incantesimi, ultima lezione di quella giornata, quando aveva incrociato i Malandrini per i corridoi, si era avvicinata a Remus, ignorando completamente Sirius e gli aveva detto - Di’ a Black che stasera dobbiamo parlare. Stessa ora, stesso posto. Da soli.-. Lo aveva fatto, cercando di mantenere una voce calma e atona, senza particolari emozioni, ma non doveva esserle riuscito molto bene, visto che lui si era limitato ad annuire un cenno del capo, mentre la fissava sconvolto. A quel punto Sirius, visibilmente turbato dal suo comportamento, si era avvicinato a loro due - Ciao Mamie, tutto …- aveva fatto per salutarla, ma lei lo aveva zittito con uno sguardo freddo, prima di girare i tacchi e allontanarsi. Come concordato, dopo cena, invece che dirigersi verso la Sala Comune, si era incamminata verso la loro stanza. Qui aveva aspettato che lui arrivasse e quando lo aveva fatto, lei in silenzio e sotto lo sguardo di lui, che non aveva detto una parola, si era diretta verso la porta, l’aveva chiusa con un incantesimo e la aveva Impertubata, cosicché nessuno potesse interromperli o sentirli. Intanto lui si era avvicinato e aveva fatto come per abbracciarla, ma lei si era ritratta, guardandolo con lo stesso sguardo freddo di quel pomeriggio, per fargli capire che quella non era una delle solite serate di svago. Lui si era irrigidito per un istante, in un modo impercettibile per gli altri, ma non per lei e l’aveva guardata in attesa, quasi rassegnato, come se si stesse preparando ad una tempesta in arrivo. Da quello sguardo lei aveva capito che lui sapeva il motivo per cui erano lì quella sera: evidentemente Remus doveva avergli raccontato della loro conversazione del giorno prima.

- Andiamo subito al punto: ieri ho saputo che Remus è un lupo mannaro - aveva cominciato, cercando di mantenere la calma - Ma non è questo il problema, come ho già detto anche a Remus, a me non importa della sua condizione e tra noi non cambierà niente - 

- Sono certo che questo lo abbia reso felice, Mamie - era intervenuto lui con tono sommesso, distogliendo lo sguardo da lei, che era riuscita a malapena a udirlo. Non era da lui: di solito quando aveva una discussione con qualcuno, parlava con tono chiaro e guardandolo negli occhi. Tuttavia lei non si era lasciata impietosire e gli aveva risposto - Lo so ma, come ho già detto, non era di questo che volevo parlare. Voglio che tu mi dica esattamente cosa è successo due anni fa, quando Piton è sceso nella Stramberga Strillante -. Lui non aveva risposto subito, si era seduto per terra e rimase qualche secondo, come per soppesare bene le parole, poi aveva cominciato a raccontare. - Era il giorno in cui la notte ci sarebbe stata la Luna Piena e, come dovresti aver notato anche tu, Remus non è in piena forma in quei periodi. Così James e Peter lo hanno accompagnato da Madama Chips, con cui Remus si sarebbe poi diretto alla Stramberga per superare il plenilunio. Io non ho potuto unirmi a loro, perché mi avevo una punizione con Vitious e ci stavo andando, quando ho incontrato Piton - . Fece una pausa, ma lei lo aveva esortato a continuare. - Beh, quando ci siamo incrociati, lo sai, ci siamo lanciati le solite frecciatine e i soliti insulti, fino a quando non ha nominato Regulus. Mi ha detto che lui a differenza di me sapeva da che parte della storia stare, che guardava a Voldemort come ad un idolo e che lui era ben felice di fargli da guida nei suoi nuovi interessi. Gli ho detto di tacere, ma quello che mi aveva detto mi ha sconvolto. Poi lui ha cominciato a fare allusioni alla Luna: sai com’è, è sempre in cerca di un modo per farci espellere e probabilmente aveva intuito, come hai fatto tu, che le assenze di Remus non erano dovute a una semplice malattia. A quel punto senza pensarci gli ho detto come raggiungere la Stramberga, ero convinto che lui si sarebbe spaventato e che non ci sarebbe andato… - 

- Ma lui ci è andato - aveva terminato la frase per lui - Sì, quando quella sera non lo abbiamo visto al tavolo di Serpeverde, ci siamo insospettiti e James mi ha fatto confessare quello che avevo fatto e si è precipitato a salvare Piton -. Mayleen cominciava a sentire la rabbia montarle dentro: pur sapendo che non poteva essere stato che lui a rivelare a Piton come arrivare alla Stramberga, una parte di lei aveva sperato ingenuamente di essersi sbagliata, che non fosse vero. Ma in quel momento la confessione di Sirius non lasciava spazio a dubbi e lei si sentiva sempre più furiosa e delusa.

- Ti rendi conto di quanto quello che hai fatto sia grave e schifosamente crudele, vero? E GUARDAMI QUANDO TI PARLO! - . Se all’inizio era riuscita a mantenere la calma e non cominciare ad urlargli addosso, il fatto che lui non la guardasse in faccia le aveva fatto perdere definitivamente le staffe - TI RENDI CONTO DELLE CONSEGUENZE CHE AVREBBERO POTUTO ESSERCI SU PITON? SU REMUS? SU REMUS, PER MORGANA! HAI RISCHIATO DI FARLO ESPELLERE E FARLO CONVIVERE CON UNA COLPA NON SUA PER IL RESTO DELLA SUA VITA! - 

- Lo so, Mamie - mi disse lui con voce spezzata - E se potessi tornare indietro e cambiare le cose, lo farei senza pensarci due volte. Non so cosa mi fosse preso, quello che mi ha detto Piton… ho perso la testa! - aveva ammesso, ma questo non aveva fatto altro che alimentare la rabbia di lei: non c’erano giustificazioni nel mandare a morte un ragazzo, per quanto detestabile che fosse. - NON M’IMPORTA DI QUELLO CHE HA FATTO PITON! M’IMPORTA DI QUELLO CHE HAI FATTO TU! TU HAI DELIBERAMENTE USATO UN SEGRETO DI UN TUO AMICO, CHE LUI DISPREZZA COME UN’ARMA! E PER COSA, POI?! PER LE TUE STRAMALEDETTE VENDETTE! TI RENDI CONTO CHE IN QUESTO MODO HAI TRADITO TUTTO CIO’ IN CUI TU HAI SEMPRE CREDUTO?  CHE HAI TRADITO NON SOLO REMUS, MA ANCHE TUTTI QUELLI CHE TI HANNO DATO UNA POSSIBILITA’, INFISCHIANDOSENE DEL TUO STRAMALEDETTO COGNOME? CHE HAI TRADITO PERFINO TE STESSO?! TI RENDI CONTO CHE TI SEI COMPORTATO DA ASSASSINO?! NON FARE QUELLA FACCIA, LO SAI CHE È COSI’! - . Lui la guardava sconvolto, quasi intimorito: non aveva mai visto Mayleen così arrabbiata, così aveva cercato di calmarla - Mamie, ti prego, calmati. Io ho sbagliato, non cercherò giustificazioni, ma sappi che mi sono pentito subito di quello che ho fatto -. A quelle parole, lei aveva cercato di riprendere il controllo di sé, anche se in quel momento il suo istinto era quello di prenderlo a schiaffi, fino a che le mani non le facessero male. Così erano rimasti entrambi in silenzio per qualche minuto, lei per tentare di calmarsi, lui per evitare che lei riprendesse a urlargli contro. Il silenzio, poi, era stato interrotto da una domanda di Mayleen.

 - Quando pensavi di dirmelo? Visto che ai tempi ti ho chiesto più volte cosa diamine fosse successo e tu non mi hai mai detto niente - 

Ancora una volta Sirius aveva abbassato lo sguardo, guardandosi le mani, poi aveva risposto - Io… non lo so. Mi vergognavo di quello che avevo fatto e avevo paura della tua reazione. Poi ero riuscito a risolvere la questione con i ragazzi, era una cosa che non c’entrava con il nostro rapporto, così… - . Quelle parole di Sirius l’avevano offesa: non era una cosa che c’entrava con loro? Come diamine aveva potuto anche solo pensare che quella cosa non c’entrava con loro? Non avevano una relazione pubblica, è vero, ma comunque stavano insieme e per questo non dovevano esserci segreti tra loro, soprattutto riguardo ad una cosa del genere. - C’ENTRA, ECCOME, PORCO MERLINO! - aveva urlato lei con tutto il fiato che aveva in corpo - C’ENTRA PERCHE’ TI SEI COMPORTATO COME UN ASPIRANTE MANGIAMORTE! -

-  Ma cosa stai dicendo, Mamie? Sono stato sicuramente un coglione, ma non puoi pensare veramente questo di me - aveva esclamato lui e per un attimo per la prima volta dall’inizio della discussione aveva visto nei suoi occhi la tipica fiamma, che lo aveva sempre caratterizzato. Era chiaro che lo avesse punto nell’orgoglio e sapeva che lui non avrebbe mai appoggiato Voldemort, ma in quel momento era troppo furiosa per rimangiarsi quello che aveva detto, voleva che si sentisse come si sentiva lei. - CERTO CHE LO PENSO E IO NON HO INTENZIONE DI STARE CON UNO CHE SI COMPORTA DA ASPIRANTE MANGIAMORTE! - 

Aveva realizzato ciò che aveva appena detto solo quando si era trovata davanti lo sguardo incredulo e ferito di Sirius che aveva balbettato - C...cosa significa questo? - , ma era troppo fuori di sé per tornare sui suoi passi in quel momento - Significa esattamente quello che ho detto - gli aveva detto freddamente, per girarsi, aprire la porta con un incantesimo e andarsene. L’ultima immagine che aveva avuto di Sirius era il suo sguardo perso e pieno di dolore, lo sguardo di uno che sta per spezzarsi, mentre il suo mondo gli cade addosso.

E mentre i loro occhi si incrociavano lì nella Sala Grande, Sirius aveva lo stesso sguardo di quella sera. Poco importava che fosse durato solo qualche istante, ma lei riuscì a vedere quello sguardo e le fece male. Poteva essere ancora arrabbiata con lui, ma non per questo smetteva di essere quel ragazzo, che, sotto una maschera di spavalderia e sottile menefreghismo, nascondeva un cuore d’oro, sempre pronto a difendere chi ne aveva bisogno, capace di una fedeltà e una devozione assolute verso le persone che amava e in grado di farla sentire al sicuro semplicemente stringendola tra le sue braccia. Era di questo che si era innamorata due anni prima e non poteva essere di certo cancellato da un solo episodio negativo, così come non poteva essere spazzato via il sentimento che la legava a lui. Tuttavia si era anche innamorata del fatto che sapeva che lui le aveva sempre detto la verità, bella o brutta che fosse e il fatto che lui le avesse taciuto di quell’episodio, unito alla sua gravità, le impediva ancora di perdonarlo, così si alzò e si diresse verso la porta della Sala Grande per allontanarsi da quello sguardo, che la invitava a cedere e a correre da lui. Prima di uscire, però, fece in tempo a vederlo abbassare lo sguardo e Remus appoggiargli la mano sulla spalla per rassicurarlo silenziosamente.


 
 ***

 
Terminato il pranzo, Sirius camminava in silenzio, diretto verso l’aula di Trasfigurazione al primo piano in compagnia dei suoi migliori amici. James stava raccontando di come la notte stava percorrendo il corridoio del secondo piano con la Evans per il loro “appuntamento notturno” (dicasi appuntamento notturno il giro di ronda per sorvegliare i corridoi in quanto Caposcuola) e di come la ragazza lo aveva apostrofato con epiteti poco consoni alla sua offerta di farle da “cavalier servente, per proteggerla da vili bruti, che avrebbero attentato alla sua vita”.

- Ha sorriso, alla fine ha sorriso, ho sempre saputo di piacerle - affermò alla fine solennemente a un Peter sghignazzante e a un poco convinto Remus. Normalmente Sirius con il suo solito sorriso sghembo gli avrebbe ricordato che la Evans avrebbe preferito uscire con la Piovra gigante (testuali parole della ragazza), ma non in quel momento. Stava pensando a Mayleen, a come i loro occhi si fossero incontrati per la prima volta da giorni poco prima in Sala Grande e a come quel loro breve contatto gli avesse scatenato una tempesta di emozioni, che per un attimo lo aveva sopraffatto. Aveva perso il controllo e “la maschera da Black”, che ogni giorno prima di uscire dal dormitorio si calava sul viso, era crollata come un castello di carte con un colpo di vento ed era bastato solo che lei lo guardasse. Aveva sentito il cuore stringersi quando lei, dopo aver sostenuto lo suo sguardo per qualche secondo, si era alzata e se ne era andata, probabilmente diretta in Sala Comune, senza neanche voltarsi. Lui aveva abbassato lo sguardo, in modo che nessuno potesse vedere quello che stava provando in quel momento. In un qualche modo dopo alcuni secondi era poi riuscito a riprendere il controllo delle sue emozioni, non avrebbe mai permesso a nessuno di vederlo in quello stato, a parte i suoi amici e Mayleen. Era uscito quindi dalla Sala Grande con lo stesso atteggiamento distaccato di sempre, ma in realtà si sentiva demoralizzato. Non poteva credere che il loro rapporto si fosse ridotto a un mero tentativo di evitarsi a vicenda e che tutto fosse successo così all’improvviso.

Quando all’inizio una settimana prima Remus, di ritorno dalla biblioteca, gli aveva detto che Mayleen non poteva incontrarlo quella sera, non si era preoccupato, d’altra parte non era di certo la prima volta che succedeva con l’orario fitto di lei e l’anno prima nel periodo dei G.U.F.O. era successo più volte che non riuscissero a vedersi. Tuttavia quella sera aveva notato che lei aveva mangiato poco e niente e, senza degnarlo di uno sguardo, si era diretta in tutta fretta al dormitorio, lasciandolo abbastanza interdetto. Non aveva detto niente a nessuno, però, non voleva certo creare una questione di stato solo perché non lo aveva guardato per una sera, lui era Sirius Black, per Morgana, e non poteva diventare una checca isterica, solo perché lei non lo aveva guardato una sera.  Si era quindi convinto di esserlo solo immaginato e che il giorno le cose sarebbe tornate come prima. 

 Quando la mattina la stessa scena si era ripetuta e lei non gli aveva dato neanche la possibilità di parlarle anche solo per salutarla, allora aveva iniziato a preoccuparsi. Se prima aveva potuto pensare che fosse casuale, in quel momento cominciava a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato. Forse aveva dimenticato qualche evento importante, così, durante l’ora di Trasfigurazione, aveva cominciato ad elencarsi le ricorrenze, che normalmente loro due festeggiavano e dopo una buona mezz’ora che si spremeva le meningi, gli erano venuto in mente il compleanno di lei e il loro anniversario, ma non potevano essere: li festeggiavano entrambi a maggio ed erano ancora nel mese di novembre. Per lo stesso motivo non poteva trattarsi neanche di San Valentino. Forse riguardava il compleanno di lui, che era passato da poco e forse si era dimenticato di un loro incontro in merito, ma non era nemmeno questo. Lo avevano già celebrato qualche sera prima: lei si era introdotta nelle cucine, attraversando il quadro della natura morta, vicino all’ingresso della Sala Comune di Tassorosso e aveva ottenuto dagli elfi domestici due fette di torta al cioccolato e dei muffin, che aveva portato per il loro appuntamento nella loro stanza del settimo piano. Avevano passato tutto il tempo fino allo scattare del coprifuoco a chiacchierare del più e del meno. In quell’occasione lei gli aveva regalato il vinile dell’album “Heroes” di David Bowie, uscito proprio nell’ottobre di quell’anno. - Come hai fatto a procurartelo?! - le aveva chiesto stupefatto, non appena aveva visto il contenuto della carta da regalo - Sai com’è, sono una strega. So fare le magie - aveva riso lei, che era apparsa molto soddisfatta del fatto che il suo regalo gli fosse piaciuto. - Il padre di Ellen lo segue fin dagli esordi, così me ne ha recuperato una copia - . Ricordava ogni particolare di quella serata, quindi non poteva essere quello.
Per quanto si sforzasse, non riusciva ad arrivare ad una soluzione di quel problema, poi un pensiero si era fatto largo nella sua mente. - È il suo onomastico! - . Senza che se ne accorgesse, aveva urlato, alzandosi in piedi e sbattendo le mani sul banco, come per sottolineare la grande rivelazione. In aula era calato il silenzio, a tratti rotto solo da risatine malcelate e tutti lo stavano guardando, soprattutto la professoressa McGranitt, che gli aveva rivolto uno sguardo severo, al che lui si era scusato e si era riseduto. Aveva fatto la figura dell’idiota davanti a tutti e per di più quell’idea, una volta espressa a parole, non gli sembrava più così tanto geniale. Si era voltato verso James, che, seduto di fianco a lui, lo guardava con un sorrisetto malandrino. Lo avrebbe preso in giro per questo, finché fosse vissuto, ne era sicuro.

 Come a confermarlo, non appena usciti dalla classe, James aveva cominciato a fare l’imitazione di lui che si alzava e urlava “è il suo onomastico!”, per prenderlo in giro e Sirius gli aveva grugnito un insulto di rimando, incupendosi di colpo.

- Eddai, Felpato su con la vita! Cos’è quel muso lungo? Sembri un cane bastonato - aveva esclamato James, dopo avergli circondato le spalle con un braccio, da cui lui aveva cercato di divincolarsi al chiaro riferimento alla sua forma da Animagus, sussurandogli - Idiota -, al che James era scoppiato a ridere.

- Sul serio, Felpato, cosa c’è? - gli aveva chiesto l’amico, ritornando serio.

- Non vi sembra che Mamie mi stia evitando da ieri sera? - 

- Davvero? Non è che te lo sei immaginato? -

- Ti dico che è da ieri sera che non mi rivolge nemmeno uno sguardo -

- Secondo me stai esagerando, Felpato, probabilmente è vero che è solo stanca e ti stai facendo delle paranoie - .  Forse aveva ragione e lui si stava preoccupando per niente, ma c’era qualcosa che gli diceva che stavolta non era così.

- No, Ramoso, sono sicuro che c’è qualcosa che non va, ma non so cosa sia - mormorò lui
- Beh, allora prova a parlarle, non arriverai a niente, arrovellandoti così il cervello - .

Remus aveva fatto come per dire qualcosa, ma in quel momento l’oggetto dei suoi pensieri era comparso nel suo campo visivo. Mayleen lo aveva ignorato nuovamente e lo aveva oltrepassato per dirigersi verso Remus, dicendogli di dire a lui che dovevano parlare quella sera. Il fatto che si fosse riferita a lui con il suo cognome, pur sapendo quanto odiasse essere associato a quella famiglia che lo aveva ripudiato, lo aveva fatto pietrificare. Nonostante questo, aveva tentato comunque di avvicinarsi e cercare di parlarle, ma lo sguardo che gli aveva rivolto, uno sguardo gelido, senza emozioni, lo “sguardo alla Rosier”, che così poco le apparteneva, gli aveva fatto morire le parole in gola.

- Sei ancora convinto che non ci sia niente che non va, Ramoso? - aveva mormorato rivolto all’amico, che era rimasto anche lui turbato, così come Remus e Peter, dal comportamento della ragazza, una volta che questa si era allontanata.

Al contrario di lui, Mayleen era una ragazza molto paziente ed aveva ormai da anni accettato anche il lato brusco, a tratti burbero, e impulsivo del suo carattere ed a farla infuriare in quel modo non poteva essere stata di certo una cosa stupida come una ricorrenza che lui aveva dimenticato. No, doveva esserci qualcos’altro sotto, qualcosa di più grave, ma non aveva la minima idea di cosa diavolo potesse essere successo per farla reagire in quel modo.

Non aveva dovuto attendere molto però per conoscere la risposta, a quella ci aveva pensato Remus, che gli aveva spiegato di ciò che la ragazza avrebbe potuto intuire dalla loro conversazione del giorno precedente sul “Piccolo Problema Peloso” di lui. - È quello che stavo per dirti prima. Temevo che lo avesse scoperto, ma volevo parlartene solo quando ne fossi stato certo per non farti preoccupare inutilmente - aveva mormorato lui alla fine, abbassando lo sguardo, ma Sirius aveva fatto in tempo a leggere nei suoi occhi il senso di colpa - Mi dispiace, Felpato. Avrei dovuto sviare il discorso, ma mi ha preso alla sprovvista e io ...  - .

- Non dire scemenze, Lunastorta. La stronzata l’ho fatta io, la colpa di tutto questo è solo mia - lo aveva interrotto subito: quando si trattava della questione licantropia, Remus tendeva a colpevolizzarsi per ogni cosa, ma Sirius non voleva che si sentisse responsabile anche di una cosa che non aveva fatto, anzi di cui era stato la vittima. In attesa che arrivasse il momento dell’incontro, aveva cercato, quindi, di mostrarsi sicuro, per rassicurare l’amico, ma in realtà era nel panico più assoluto. Per la prima volta nella sua vita non aveva idea di come riuscire a risolvere la questione, sapeva solo che se quello che Remus aveva dedotto era vero, cosa abbastanza probabile, allora aveva deluso profondamente una delle persone più importanti della sua vita ed era questo che lo spaventava di più.

Subito dopo cena si era affrettato a salutare i suoi amici e a dirigersi verso il settimo piano, non aveva intenzione di farla aspettare più del necessario. Quando la aveva raggiunta nella loro stanza, dopo aver chiuso e imperturbato la porta, Mayleen aveva iniziato a parlare: non lo aveva stupito sentire l’argomento, di cui era già a conoscenza, anzi si era stupito del fatto che, pur in quella situazione, riusciva a provare una punta di orgoglio, nel vedere con quanta facilità Mayleen avesse accettato Lunastorta, nonostante fosse cresciuta in ambiente con una linea di pensiero che condannava e disprezzava quelli come lui. Il tutto però era durato per poco: il tono perentorio con cui lei lo aveva invitato a spiegarle cosa fosse successo con Mocciosus due anni prima lo aveva riscosso e gli aveva fatto capire che non avrebbe accettato bugie da parte sua, che sapeva già dell’accaduto, ma che lo voleva sentire da lui. Ciò lo aveva spinto a vuotare il sacco, senza tralasciare nessun particolare.

Una volta terminato il suo racconto, c’erano stati alcuni secondi di silenzio, in cui la tensione era palpabile nell’aria. Quando lei gli aveva cominciato ad urlare addosso, lui non era riuscito quasi a controbattere, cosa insolita per lui che era sempre pronto a ribattere a tono, anche quando era ancora in casa Black e i suoi genitori lo punivano fisicamente. Forse era dovuto al fatto che con loro era fermamente sicuro delle sue convinzioni, mentre in quel momento sapeva che lei aveva ragione, per questo non c’era niente che potesse fare se non lasciare che si sfogasse.

Tuttavia quando gli aveva dato del mangiamorte, quelle parole lo avevano colpito nel profondo e l’avevano fatto reagire in un moto d’orgoglio: non poteva veramente pensare quelle cose di lui, lui che per tutta la vita aveva lottato contro quegli ideali, lui che per farlo si era rivoltato contro tutta la sua famiglia, che aveva lasciato indietro suo fratello. A quel punto Mayleen gli aveva detto, o meglio urlato, una cosa che mai si sarebbe aspettato di sentire da lei. Non ho intenzione di stare con uno che si comporta da aspirante mangiamorte. Le implicazioni di quelle parole lo avevano pugnalato dritto al cuore e lasciato senza fiato. Mentre la vedeva andare via, anche se avrebbe voluto correrle dietro e urlarle che non poteva finire così, non si era mosso e non aveva emesso un suono. Era rimasto in piedi in mezzo alla stanza a fissare per un tempo indefinito verso un punto davanti a sé, il punto in cui l’aveva vista per l’ultima volta, mentre un dolore sordo gli martellava nel petto, finché aveva sentito che stava per crollare, lusso che si era concesso solo una volta arrivato, barcollando, in dormitorio, dove era stato raccolto dalle braccia dei suoi migliori amici.   
       
- Felpato? Felpato, ci sei? -
La voce di James lo richiamò dai suoi pensieri. Si era di nuovo perso nei ricordi, come ormai accadeva da una settimana, ma in genere accadeva solo una volta che varcava la soglia del dormitorio, mai in un luogo dove tutti potevano vederlo. Era accaduto senza che lui ne avesse un effettivo controllo.

- Scusami, Ramoso, ero sovrappensiero, cosa stavi dicendo? - chiese all’amico, cercando di apparire disinvolto e di darsi un contegno, odiava sentirsi così vulnerabile. Di certo non gli erano sfuggiti gli sguardi preoccupati, che i suoi amici gli rivolgevano ogni qualvolta si perdeva a rivangare ciò che era successo sul suo letto nel dormitorio, dove ormai passava la maggior parte del tempo, fuorché quando aveva le lezioni, rintanato per paura di incrociare il suo sguardo.

Come c’era da aspettarsi, gli amici non si lasciarono abbindolare dal suo tentativo di apparire normale: erano ormai più di sei anni che vivevano per dieci mesi all’anno a stretto contatto sempre insieme, lo conoscevano fin troppo bene, più di quanto lui non conoscesse sé stesso. James rivolse uno sguardo di intesa agli altri due, che annuirono con un cenno del capo e li precedettero in classe.

- Felpato, dobbiamo parlare - disse poi James serio, quando rimasero da soli, con un tono che non lasciava particolari dubbi sull’argomento della conversazione, argomento che lui in quel momento non smaniava dalla voglia di affrontare, così tentò di sviare il discorso - Ramoso, così arriveremo tardi a Trasfigurazione -

- Come se te ne fosse mai importato qualcosa -
 
- James, so già di cosa vuoi discutere, ma non ho intenzione di parlarne oggi -

- È una settimana che non ne vuoi parlare, Sirius - ribatté James - Ti rintani tutto il giorno nel dormitorio e lo lasci solo per le lezioni. Ti limiti a stare sdraiato sul letto e a struggerti su quanto è successo, senza dire una parola nemmeno a noi.  Per quanto pensi di tirarla ancora avanti, questa storia? -

- Scusami tanto se la cosa ti da noia -  sbottò Sirius irritato. Sapeva che James non era infastidito dal suo dolore, non avrebbe mai potuto esserlo, avevano condiviso tutte le emozioni sia belle che brutte per anni, ma in quel momento era irritato dal fatto che lo avesse obbligato a parlare di una cosa di cui non voleva parlare. Perché non poteva lasciar perdere una buona volta?

- Sai benissimo che non era questo che intendevo. Volevo sapere quanto ti deciderai di fare qualcosa per risolvere questa situazione? -

- Cosa dovrei fare, secondo te? -

- Per esempio smetterla di autocommiserarti e affrontare la situazione da uomo -  

- Non mi sto autocommiserando! Ho perso una delle persone più importanti della mia vita e so già che non ci sarà modo per rimediare, come ti aspetti che stia? - 

- Vedi? Non ci provi neanche - replicò James, che stava realmente cominciando ad alterarsi, lo vedeva da come stringeva le labbra fino a renderle una linea sottile. - Preferisci stare lì a convincerti da solo che non c’è speranza e sei troppo impiegato a compatirti per vedere che la soluzione migliore sarebbe tirare fuori le palle e andare a parlarle! -

- Non posso, James, non posso! - Il suo grido strozzato sembrò stupirlo per un attimo, d’altronde non era certo da Sirius lasciarsi andare in quel modo in un luogo come il corridoio, dove chiunque avrebbe potuto vederlo. Al tempo stesso sembrò sollevato, come se attendesse il momento in cui lui avrebbe finalmente reagito in qualche modo.

- Perché no? - gli chiese calmo.

Non c’era un unico motivo per cui Sirius non aveva mai provato prima a parlare con Mayleen. Oltre al senso di colpa e la vergogna per quello che aveva fatto, aveva una paura folle che, nonostante le sue scuse, lei comunque non l’avrebbe perdonato e che quindi si sarebbero separati definitivamente. - Perché io ho fatto una cosa terribile e l’ho delusa, James. Chiamami pure codardo, se ti va, ma io non sopporterei di rivedere lo sguardo che aveva quella sera - gli rispose alla fine con un filo di voce.  

Fu allora che James si calmò, lo guardò comprensivo e gli cinse le spalle, come per rassicurarlo e lui, dopo un attimo di stupore, rispose all’abbraccio - Sirius, sicuramente quella è stata la più grande stronzata che tu abbia mai fatto e non metto in dubbio che lei si sia arrabbiata, anch’io mi ero arrabbiato quando era successo, ma non dare per scontato che lei non possa perdonarti. Lei tiene a te più qualsiasi altra cosa e questo non potrà cambiare solo perché avete litigato una volta - . James a quel punto sciolse l’abbraccio, ma mantenne le mani appoggiate sulle spalle e lo sguardo fisso nei tuoi occhi. - Forse sono stato brusco, anzi senza il forse, lo sai che non sono mai stato bravo a usare i mezzi termini, ma sei mio fratello, non voglio che tu butti alle ortiche una cosa che finalmente ti rende felice. Se non fai qualcosa, la perderai sul serio -

Sirius annuì, accennando un sorriso, per fargli capire che aveva compreso ciò che l’amico, seppur con i suoi modi bruschi, aveva cercato di dirgli.

- Fine momento sentimentale? Non vorrei che la tua immagine da stronzo venga irrimediabilmente compromessa - . A quel punto Sirius gli diede una leggera gomitata, scoppiando a ridere con la sua risata simile a un latrato. Sapeva che James aveva ragione e che era arrivato il momento di agire.



           
 ***

 
 
Mayleen uscì dalla biblioteca, dove aveva passato circa un’ora per scrivere il tema, che il professor Barbrow, l’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure aveva assegnato sul Nascondombra, una creatura di piccole dimensioni con la pelle nera e con una sfera oculare azzurrognola, sua caratteristica di riconoscimento, originaria dei boschi del Nord America e un pericoloso predatore, in particolare di esseri umani. In quel momento si trovava sulle scale che conducevano al sesto piano, diretta verso l’aula di Aritmanzia, quando si sentì chiamare alle spalle, si girò e vide che Remus camminava verso di lei. Lo salutò con un sorriso, che lui ricambiò, prima di chiederle se potevano scambiare due parole in privato, così lo seguì verso una zona un po’ appartata, in direzione opposta all’aula.

- Di cosa volevi parlarmi, Rem? -

Gli chiese una volta che erano lontani dagli altri studenti, che intanto stavano entrando nell’aula, in attesa che la professoressa Vector cominciasse la lezione. Remus non rispose immediatamente, come se stesse ponderando le parole da utilizzare per iniziare il discorso.
 
- May, so che probabilmente questi non sono affari miei - le disse alla fine - e che probabilmente non dovrei impicciarmi tra voi due, ma siete entrambi miei amici e questa storia sta facendo soffrire tutti e due - continuò, riferendosi chiaramente alla situazione tra lei e il suo ormai ex ragazzo. Sapeva che prima o poi sarebbe arrivato il momento di quella conversazione: pur fingendo di non accorgersi di nulla, non le erano sfuggite le occhiate sfuggevoli che l’amico le rivolgeva, quando credeva che non stesse guardando durante le loro ore di studio in biblioteca e che più di una volta era stato sul punto di dire qualcosa, bloccandosi però all’ultimo istante. Non poté, però, fare a meno di irrigidirsi impercettibilmente e distogliere lo sguardo dall’amico, per fissarlo in un punto indefinito davanti a sé.

Visto che lei non accennava a rispondere, Remus aggiunse - May, quello che ha fatto Sirius è sbagliato, non ho intenzione di dirti il contrario e so che sei arrabbiata con lui, ma so anche che è pentito profondamente di quello che ha fatto - 

Mayleen non dubitava del pentimento di Sirius, solo poche ore prima aveva avuto la prova di quanto lo fosse e di quanto questa situazione lo avesse provato, perché quello sguardo che aveva quando i loro occhi si erano incrociati nella Sala Grande glielo aveva visto solo un’altra volta in passato, cioè quando le aveva raccontato che, dopo che era scappato di casa, era stato ufficialmente ripudiato dai Black, cosa che aveva significato la rottura definitiva dell’ultimo filo che lo legava a Regulus. Il fatto che avesse quello stesso sguardo l’aveva colpita profondamente, perché significava che, nonostante i Black lo avessero educato a gestire e a nascondere le proprie emozioni, in quel momento, anche se era stato solo per poco, non ci era riuscito e ciò voleva dire una sola cosa, cioè che il dolore che provava era troppo grande perché riuscisse a controllarlo e rinchiuderlo nella parte più profonda di sé.

- Lo so che è pentito delle sue azioni, Remus, ma ciò non cancella niente di ciò che ha fatto -

- No è vero, non lo cancella - concordò Remus, distogliendo poi un attimo lo sguardo da lei, per fissarlo sulla piccola finestra, solcata delle sottili strisce, lasciate dalle gocce di pioggia.   

- Lo sai? Quando è successo, mi sentivo esattamente come te - disse poi l’amico, con un sorriso appena accennato sulle labbra, dopo essersi nuovamente a guardarla - Mi sentivo furioso, deluso e tradito. Ho passato dei momenti in cui avrei voluto solo picchiarlo a sangue fino a fargli sputare i denti, mentre altri in cui invece provavo una tristezza infinita e avrei voluto solo averlo lì vicino a me, ma non accettavo queste emozioni, perché ero arrabbiato con lui - . Si interruppe, come se si fosse perso per un secondo nel ricordo di quei giorni, in cui la loro amicizia aveva rischiato di spezzarsi per sempre. Anche lei li ricordava perfettamente: non aveva mai visto Sirius in quello stato prima di allora, devastato in effetti era l’aggettivo che più gli addiceva e niente sembrava potesse dargli almeno un po’ di conforto. Anche gli altri tre non erano certo in condizioni migliori: Remus era diventato totalmente apatico e sembrava potesse riscuoterlo dal muro dietro cui si era trincerato, James d’altro canto alternava stati di totale immobilità a momenti in cui sembrava un’anima in pena, mentre Peter tentava disperatamente a tenere insieme i cocci di quella che sembrava ormai un’amicizia irrecuperabile. Poi era avvenuta la svolta e le cose erano tornate come prima e i Malandrini erano nuovamente ad essere il gruppo scatenato e unito di sempre. Ora che Mayleen sapeva come erano andate le cose realmente, non poteva certo biasimare il comportamento di Remus, James e Peter di quei giorni.

Come se si fosse riscosso dai suoi pensieri, Remus continuò il suo racconto - Ho passato un mese a tenermi a distanza da lui, facendo finta che non fosse mai esistito, cercando di convincermi che io non avessi bisogno di lui. Ma poi mi sono reso conto che stavo mentendo a me stesso, perché se da una parte non si poteva cancellare ciò che aveva fatto, al tempo stesso niente avrebbe potuto cancellare tutto ciò che aveva fatto per me, tutto l’affetto e il sostegno che mi ha dato in questi anni nonostante la mia condizione. E niente avrebbe potuto cambiare il fatto che anch’io gli volessi bene e che fosse una delle persone più importanti della mia vita. Una volta aver finalmente ammesso questo a me stesso, a quel punto perdonarlo mi venne naturale - .

- E che per quanta rabbia tu possa provare nei suoi confronti, so che per te è lo stesso, May - aggiunse alla fine.

- Come fai ad esserne sicuro, Remus? - .

- Mi sbaglio, forse? Perché il tuo comportamento mi dice tutt’altro - le chiese lui con tono scettico, per niente intimorito dal modo brusco con cui lei sulla difensiva gli aveva risposto. Mayleen avrebbe voluto dirgli che no, si sbagliava, che la sua vita era andata avanti come se niente fosse e che lei non aveva bisogno di lui, ma non ci riusciva, non ci riusciva perché non era vero. Aveva sempre saputo che Sirius fosse un punto importante nella sua vita, ma non aveva mai capito appieno quanto lo fosse come in quel periodo. Aveva provato rabbia e delusione nei suoi confronti, ma con il tempo erano scemate, mentre l’amore che provava per lui aveva continuato ad esistere immutato come prima. Le sue giornate apparivano vuote senza Sirius e Merlino solo sapeva quanto gli mancasse, così tanto che tutto il resto perdeva di importanza.

Non aveva mai voluto ammetterlo a sé stessa fino a quel momento, ma ora che lo aveva fatto, si sentiva veramente sfinita e provava una gran voglia di piangere, cosa che si era negata fino a quel momento per orgoglio. Sentì le lacrime premergli sulle palpebre e prima che potesse accorgersene, le stavano già rigando le guance. Si girò dall’altra parte, per non farle vedere a Remus, ma ormai era tardi. La mano dell’amico le si appoggiò sulla spalla dolcemente e con una lieve pressione la fece rigirare per far sì che lei lo guardasse.

- May, non c’è niente di male se lo ami ancora e se ti fa soffrire perderlo. Non c’è niente di sbagliato se ti manca quando non c’è e se lo vorresti qui adesso, ma dovete cercare di chiarirvi, perché così vi state facendo nient’altro che male -

- E’ che… non è solo quello che ha fatto il problema, è anche il fatto che non mi abbia detto niente, anche se ha avuto più di un’occasione per farlo, mi ha mandato fuori di testa - disse lei tra le lacrime con la voce rotta dal pianto - E gli ho detto delle cose, che non penso, ma gliele ho dette solo per ferirlo - aggiunse con il senso di colpa che le andava a stringere lo stomaco. Era la prima persona con cui era riuscita ad ammettere che era anche per quello se fino ad allora non era riuscita a perdonarlo. Non riusciva a capire perché l’avesse tenuta all’oscuro di tutto, quando lei invece non gli aveva mai nascosto alcun aspetto di lei, positivo o negativo. Era stato il fatto che lui non avesse voluto dirglielo a farle perdere definitivamente il controllo di sé. Questo l’aveva portata non solo a rompere la loro relazione ma anche a dirgli determinate cose, che non pensava, perché sapeva quanto Sirius disprezzasse i Mangiamorte e che era scappato di casa anche per sfuggire a quel destino che i coniugi Black avevano deciso per lui. Tuttavia gliele aveva dette lo stesso con il solo scopo di ferirlo, fargli sentire il dolore che in quel momento provava lei. Non andava di certo fiera di questo, perché era il modo in cui si sarebbe comportato suo padre, un comportamento che aveva sempre condannato.

A quel punto Remus appoggiò anche l’altra mano sulla sua spalla e si piegò in avanti per guardarla bene negli occhi.

- May, ascoltami - disse Remus con tono rassicurante - Sirius ha sbagliato sicuramente a non dirti niente, anche se credo fosse solo spaventato di perderti, così come tu hai sbagliato a dire determinate cose. Tutti commettiamo errori, nessuno di noi è perfetto e quello che possiamo fare è cercare di rimediare a quello che abbiamo fatto. E sono sicuro che se provate a parlarvi con sincerità, riuscirete a risolvere questa situazione, perché vi amate e tenete l’uno all’altra più di qualsiasi altra cosa - .

Mayleen si rese conto che Remus aveva ragione e che era arrivato il momento di risolvere quella situazione, che stava facendo soffrire entrambi e che quindi non potevano più portare avanti. Lo avrebbe fatto quella sera stessa dopo cena. Lo ringraziò con un abbraccio stretto, per poi dirigersi in aula per la lezione di Aritmanzia. Quella e la successiva ora di Trasfigurazione sembravano non passare mai, il tempo si era come dilatato nell’attesa del suo confronto con Sirius e i primi dubbi cominciarono ad assillarla. Sirius sarebbe stato disposto a vederla oppure no? Non ne poteva essere sicura, ma sapeva che se non ci provava non l’avrebbe mai saputo.

Finalmente arrivò anche quel giorno la fine delle lezioni e con essa l’ora di mangiare in Sala Grande. Doveva trovare un modo per chiedere a Sirius di incontrarsi, senza farsi vedere da suo fratello. La situazione era già di sé abbastanza delicata, senza che si vedessero piombare addosso un Evan fuori controllo e schiumante di rabbia, pronto a sguainare la bacchetta su di loro. La cosa fu più difficile di quanto pensasse: l’unico modo che aveva per attirare la sua attenzione era incrociare il suo sguardo, ma non poteva certo mettersi a fissarlo ossessivamente per tutta la cena, avrebbe potuto far insospettire Evan, quindi doveva guardarlo solo a tratti, ma sembrava che i loro sguardi non si dovessero incrociare mai quella sera. Ci stava quasi per rinunciare quando intercettò gli occhi di Remus, che capì al volo e fece cenno a Sirius di guardare nella sua direzione. Nell’istante in cui si guardarono, capì che lui doveva avere avuto le sue stesse intenzioni, non sapeva come facesse a saperlo, lo sentiva e basta. Così distolse lo sguardo e lo puntò verso l’alto, con fare pensoso, mentre tracciava con l’indice dei cerchi sul tavolo, come se fosse sovrappensiero. Quello era il segnale per comunicarsi incontri fuori programma, che avevano utilizzato per tutti quegli anni, anche prima di mettersi insieme.  Rivolse poi lo sguardo di nuovo verso Sirius e lei capì che lui aveva capito dal cenno quasi impercettibile del capo che le aveva rivolto.  Era sollevata dal fatto che lui avesse accettato di incontrarla, ma anche ansiosa per come si sarebbe potuto concludere il loro confronto, sentiva che si trovavano a un punto di svolta.

Finalmente Silente, il preside di Hogwarts, li congedò e lei seguì i suoi compagni di casa con Ellen al suo fianco, ma una volta arrivati quasi al corridoio che portava alle cucine e al loro dormitorio, disse all’amica di precederla in camera. - Sirius? - sussurrò Ellen per non farsi sentire dagli altri. - Beh, era ora - affermò, sorridendole soddisfatta, quando lei confermò con un cenno. Erano giorni infatti che, nonostante fosse rimasta sconvolta dalla scoperta, provava a convincerla a parlare con il ragazzo, ma Mayleen non aveva voluto sentir ragione fino a quel momento. Dopo averla salutata e dopo che l’amica l’aveva rassicurata che sarebbe andato tutto bene, lei si incamminò verso il settimo piano. Trovò già Sirius ad attenderla nella loro stanza, era di spalle ma si era voltò al suono dei suoi passi.

- Ciao - disse semplicemente quando l’aveva vista, senza aggiungere altro.

- Ciao -

Passarono qualche secondo a guardarsi, come a studiarsi per capire le intenzioni e lo stato d’animo l’uno dell’altra: d’altra parte l’ultima volta non era finita molto bene, anzi in un modo peggiore non sarebbe potuta finire.

- Sirius…-

- Mamie, io… -

Iniziarono a dire insieme, per poi zittirsi nello stesso istante - Prima tu - disse poi Mayleen. Sirius fece un respiro profondo come per tentare di mantenere il controllo sulle sue emozioni prima di iniziare il discorso, poi cominciò a parlare.

- Mamie, io ti volevo chiedere scusa. Mi dispiace per come mi sono comportato, sono stato un coglione e non ho giustificazioni per quello che ho fatto. Io … io ti ho delusa e anche tanto, questo lo so e non hai idea di quanto mi faccia male, perché sei importante per me ed io vorrei solo essere l’uomo che tu meriti - La voce gli tremolò mentre pronunciava le ultime parole, come se stesse per piangere, ma cercasse in tutti i modi di trattenersi, tanto che lei avrebbe voluto correre a consolarlo, ma prima c’era una cosa che doveva assolutamente dire per arrivare a perdonare sia lui che sé stessa. - A me dispiace per quelle cose che ti ho detto quella sera, soprattutto per la questione del … Tu-sai-cosa. Era arrabbiata e non le pensavo sul serio, ma il fatto che tu non mi avessi detto niente mi ha mandato fuori di me, così le ho dette solo per ferirti e questo non avrei dovuto farlo -

- So che avrei dovuto dirtelo allora, che è stato ingiusto da parte mia non dirti niente, soprattutto riguardo ad una cosa così grave e ti chiedo scusa anche per quello - 

- Perché non me lo hai detto? - Non c’era tono di accusa nella sua voce, semplicemente doveva saperlo per chiudere definitivamente la questione, perché non rappresentasse un’ombra che li avrebbe perseguitati in futuro.

- Perché ero disgustato da me stesso, mi vergognavo di quello che avevo fatto e ho avuto paura. Ho avuto paura che non mi avresti perdonato, perché al tuo posto non mi sarei perdonato e che mi avresti respinto. Sono stato un codardo, Mamie, lo so, ma io ho avuto così tanta paura di perderti che non ci sono riuscito - le rispose con sincerità Sirius, mentre gli occhi gli si velavano di lacrime.

Nel momento in cui capì il perché Sirius non le avesse detto niente, che era stata una debolezza del tutto umana, Mayleen seppe di averlo perdonato completamente e, mentre sentiva un groppo in gola, si avvicinò a lui e lo abbracciò. Lui ricambiò stringendola forte, come se avesse paura che da un momento all’altro lei potesse sparire. Rimasero stretti l’uno all’altra, senza dirsi niente, semplicemente lasciando che i loro corpi si godessero il contatto e la vicinanza ritrovati. Mentre era stretta tra le braccia di Sirius, non poté fare a meno di pensare che, anche se si erano allontanati solo per alcuni giorni, quel calore le era mancato da morire. Non riuscì a trattenersi, quando le lacrime cominciarono a rigarle le guance.

Dopo un tempo indefinito, Sirius sciolse leggermente l’abbraccio, per permettere a entrambi di guardarsi negli occhi e mentre le asciugava con il pollice il liquido salato sulle guance, le chiese - Questo significa che ho una seconda possibilità? -

Lei gli sorrise e gli accarezzò dolcemente il viso - Sì, ma a due condizioni: che quello che è accaduto non succeda mai più e che non ci siano più segreti tra di noi -

- Accordato - Lui le rivolse un sorriso luminoso, per poi appoggiare le labbra sulle sue in un bacio lungo e appassionato.

 Quella sera l’orario del coprifuoco arrivò veramente troppo presto per Mayleen. Erano stati separati una settimana e avrebbe voluto recuperare tutto il tempo perduto. Doveva essere così anche per Sirius, perché quando la accompagnò davanti all’entrata della Tana di Tassorosso, non sembrava così intenzionato a lasciarla andare, visto che ogni volta che tentavano di salutarsi, lui l’abbracciava e la baciava.

- Finirai di farti beccare da Gazza fuori dal dormitorio dopo il coprifuoco e ti farai mettere in punizione - lo rimproverò scherzosamente lei alla quarta volta che questo succedeva, senza però sciogliere l’abbraccio.

- Beh, devo dire che per questo ne vale la pena - rispose lui con un sorriso malandrino.

- Sirius Black, non azzardarti a farti mettere in punizione, perché domani ho intenzione di passare ogni secondo libero con te! -

- Agli ordini, madamigella - dichiarò con tono solenne, dopo averla baciata un’ultima volta, poi a malincuore si staccò da lei e si incamminò verso le scale che portavano alla Torre di Grifondoro.  Una volta che le sue spalle scomparvero alla sua vista, lei attraversò lo stretto cunicolo che portava alla Sala Comune  e una volta giunta in dormitorio si addormentò sul letto, felice e serena come non lo era da giorni. 




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Angolo dell'autrice
Salute, maghi e streghe!
Troppo a lungo avete atteso questo secondo capitolo. Me ne rammarico sinceramente, lo bisogno di denaro mi ha portato a iniziare un mestiere. Non abbiate timore alcuno, però, perchè tengo tutta l'intenzione di continuare questa narrazione. 
Pazientate solo per i tempi tra le varie pubblicazioni. 
Vi porgo i miei ossequi, 
Lady Occhio di Falco

Post scriptum: ho cambiato la formattazione perchè nei commenti una persona mi ha fatto notare che la dimensione del carattere era troppo piccola (non lo troverete, perchè credendo di modificarlo, ho eliminato il capitolo e quindi anche il commento, chiunque tu sia scusami). Fatemi sapere se così è migliore. 

 

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