Un Nuovo Giorno

di Siluan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Merlino ***
Capitolo 2: *** Artù ***
Capitolo 3: *** Un nuovo giorno ***
Capitolo 4: *** Il sogno ***
Capitolo 5: *** Speranza ***
Capitolo 6: *** Il Faro ***
Capitolo 7: *** La Prova ***
Capitolo 8: *** Risveglio ***
Capitolo 9: *** Kilgharrah ***
Capitolo 10: *** Gaius ***
Capitolo 11: *** Ritrovarsi (parte 1) ***
Capitolo 12: *** Ritrovarsi (parte 2) ***
Capitolo 13: *** Casa ***



Capitolo 1
*** Merlino ***


Capitolo 1 - Merlino
 

"Merlino, non c'è niente che tu possa fare."

La frase di Kilgharrah calò lapidaria sull'anima di Merlino, gelandolo fino al midollo.

No, non poteva essere... non dopo tutto quello che aveva fatto...

No! urlò nella sua mente.

"NO!" urlò poi con tutto il fiato che aveva, il viso inondato di lacrime, stringendo tra le braccia il corpo quasi senza vita del suo sovrano... del suo migliore amico.

Il drago si limitò a guardarlo, non potendo fare niente per lenire il dolore del giovane.

Alle loro spalle, il lago di Avalon assisteva indifferente al dramma che si stava consumando sulle sue sponde.

Ma Merlino non stava solo annegando nel dolore... sentiva un'energia immensa ardere al proprio interno e realizzò che il drago, e anche Gaius, si sbagliavano: c'era ancora una cosa che lui poteva fare...

Dopotutto aveva attraversato la caverna di cristallo... aveva visto la vera natura di Emrys: lui non usava la magia, lui ERA la magia stessa, e niente e nessuno poteva impedirgli di utilizzare sé stesso come meglio credeva, anche a costo di consumarsi...

Adagiò piano Artù al suolo, respirando a fondo per prepararsi al suo ultimo incantesimo, poi appoggiò le mani sul suo petto e con disperata determinazione iniziò a trasferire la propria energia al corpo dell'amico morente.

"Merlino, cosa stai facendo?" chiese allarmato Kilgharrah, intuendo subito le sue intenzioni.

"L'unica cosa che mi resta da fare" replicò il mago senza interrompersi.

"Ma così morirai anche tu! A che scopo?" chiese il drago cercando di farlo desistere.

Merlino alzò lo sguardo su di lui, senza staccare le mani dal corpo di Artù, in modo da non fermare il flusso di energia, e Kilgharrah rimase stupefatto da tutto ciò che lesse in quel singolo sguardo: tristezza, solennità, rassegnazione, serenità, saggezza, accettazione, consapevolezza...

Il mago sorrise tra le lacrime e l'enorme drago si sentì stranamente piccolo di fronte a lui, alla grandezza di Emrys, così non aggiunse altro.

Merlino tornò a rivolgere tutta la sua attenzione ad Artù: la sua energia vitale fluiva ininterrotta al corpo del sovrano, e avvertì chiaramente che il frammento di spada sul cuore si stava lentamente sgretolando... sperò con tutto sé stesso di fare in tempo, prima di esaurire del tutto le energie.

Sentiva il suo cuore battere furiosamente, tanto da rimbombargli nelle orecchie, ed intensificò i suoi sforzi, concentrandosi invece sul debolissimo battito del re.

Dopo quello che gli parve un tempo interminabile sentì finalmente l'ultima briciola di scheggia disgregarsi definitivamente e tirò un sospiro di sollievo, che misto alle le lacrime suonò come un singhiozzo.

Ormai cominciava a respirare e fatica e a tratti gli si annebbiava la vista, ma non si interruppe: doveva anche guarire i danni provocati dal frammento, risanare organi e tessuti.

Quando infine sentì che le forze gli venivano meno, con un filo di voce chiamò: "Kilgharrah..."

"Sono qui Merlino" disse subito il drago abbassando la testa vicino a lui.

Il mago lo guardò con un'espressione che era quasi di supplica.

"Avrei un ultimo favore da chiederti." sussurrò debolmente, poi sorrise appena. "Questa volta è davvero l'ultimo."

"Qualsiasi cosa" rispose subito Kilgharrah.

"Quando..."iniziò Merlino, ma si fermò subito ansimante: ormai era così debole che anche solo parlare era uno sforzo immane.

"Quando non ci sarò più," riuscì infine a mormorare, "potresti vegliare su Artù al posto mio?"

"Sarà un grande onore" sentenziò il drago solennemente.

"Grazie..."bisbigliò Merlino, poi il buio calò su di lui e si accasciò a terra.

Kilgharrah guardò i corpi dei due giovani e sospirò triste: "Addio, giovane mago".

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Capitolo 2
*** Artù ***


Capitolo 2 - Artù
 

Artù Pendragon aprì leggermente gli occhi, svegliato dall'insistente cinguettio degli uccelli, ma li richiuse subito, abbagliato dai raggi del sole che lo colpivano in pieno volto.

Rimase qualche istante lì fermo, come intontito, mentre la sua mente ancora assonnata cercava di dare un senso a quello che aveva appena visto (Una foresta? Un lago?).

Poi di colpo tutto riemerse dalla sua memoria e si alzò a sedere di scatto, portando automaticamente una mano al punto in cui Mordred l'aveva trafitto.

"Le tue ferite sono guarite, giovane re" disse una voce profonda alle sue spalle.

Si voltò spaventato, trovandosi davanti due enormi occhi gialli che lo scrutavano.

Istintivamente strisciò all'indietro, per allontanarsi dal drago che incombeva su di lui, ma questi rimase immobile e gli parlò ancora: "Non hai nulla da temere, non ti farò del male".

Artù rimase in silenzio e all'erta, valutando se poteva fidarsi o meno di quella creatura.

Quasi gli avesse letto nel pensiero, Kilgharrah aggiunse: "Puoi fidarti, ho promesso a un amico che avrei vegliato su di te".

Solo in quell'istante il re si rese conto che Merlino non era lì con loro...

"Merlino!" esclamò in apprensione, guardandosi attorno, "Dov'è Merlino?"

Il drago emise un brontolio profondo, che Artù interpretò come un sospiro.

"Stavi morendo..." disse dopo una lunga pausa, "Solo una magia molto potente avrebbe potuto salvarti."

Il re trattenne il fiato, aspettando che proseguisse, con un bruttissimo presentimento e un nodo alla bocca dello stomaco.

"Ma come ben sai," aggiunse quindi il drago, "ogni magia ha un prezzo."

Artù avvertì un groppo in gola, sentendosi gelare nonostante il caldo sole del mattino; rimase lì paralizzato, come annichilito, con lo sguardo perso nel vuoto, mentre il senso di quelle parole penetrava nella sua anima.

"Una vita per una vita..." mormorò infine, quasi più a sé stesso che alla creatura.

Kilgharrah annuì appena: "Merlino ti ha volontariamente ceduto tutta la sua energia vitale".

Tremando Artù strinse il pugno destro e se lo portò alle labbra, per soffocare l'urlo di rabbia e dolore che voleva uscire prepotente, mentre le lacrime gli rigavano il volto.

Alla fine abbatté il pugno a terra e lasciò andare un forte grido di disperazione.

"Stupido Merlino!" singhiozzò poi, "Cosa ti ha fatto pensare che la tua vita valesse meno della mia?"

"Su questo almeno siamo d'accordo." commentò ironicamente il drago. "Tuttavia forse non tutto è perduto..."

"Che... che vuoi dire?" chiese il re rialzando lentamente lo sguardo su di lui.

"Chiunque in passato abbia compiuto ciò che ha fatto lui è sempre morto... ma incredibilmente il corpo di Merlino è sopravvissuto" spiegò con calma Kilgharrah.

"Quindi... è ancora vivo?" chiese incredulo Artù, mentre un barlume di speranza si riaccendeva in lui.

"Il corpo sì, ma la sua anima ne è stata strappata e vaga sperduta chissà dove..." precisò il drago.

"Ma potrebbe riuscire a tornare... a ritrovare il suo corpo e risvegliarsi?" azzardò Artù, deciso a non darsi per vinto.

"Onestamente... non lo so." ammise Kilgharrah. "È un caso senza precedenti, io non ho idea di cosa possa succedere..."

Vedendo lo sguardo affranto, ma carico di aspettativa, dell'uomo davanti a sé, il drago si sentì in dovere di aggiungere: "Ma se c'è qualcuno che può farcela in una situazione del genere, quello è sicuramente Merlino".

Le labbra di Artù si tesero in un flebile sorriso; si rialzò lentamente e schiarendosi la voce chiese: "Dov'è il suo corpo?"

"L'ho portato in un luogo sicuro, in cui sarà preservato dalla magia stessa, così da non deperire anche senza nutrimento" fu la risposta.

Il re annuì e rimase qualche istante a riordinare i pensieri, deciso ad aggrapparsi alla tenue possibilità di poter salvare il mago.

"C'è niente che io possa fare per lui?" chiese infine.

"No, non per la sua condizione attuale, ma puoi onorare la sua memoria e non rendere vano il suo sacrificio" rispose criptico il drago.

"In che modo?" lo interrogò Artù, che in realtà sospettava dove volesse arrivare il drago.

Kilgharrah abbassò la testa fino a portarla proprio di fronte al re e lo guardò dritto negli occhi.

"Rendi Camelot un posto migliore, un mondo in cui lui sarebbe stato orgoglioso di vivere, un luogo in cui si sentirà al sicuro e felice di ritornare, se e quando dovesse risvegliarsi" sentenziò.

Artù comprese benissimo di cosa stava parlando: "Sarà la prima cosa che farò, una volta tornato a casa" promise annuendo.

Poi si guardò intorno un po' incerto ed aggiunse: "A proposito... ho giusto una vaga idea di dove ci troviamo, potresti indicarmi la direzione per Camelot?"

"Posso fare di meglio..." rispose Kilgharrah con uno strano suono gutturale, che ad Artù sembrò una risata, "ti ci posso portare io!"

"C-cosa?" balbettò il re interdetto.

Di nuovo quella specie di risata: "Non avrai paura, Artù Pendragon!"

Artù cercò di darsi un contegno e si schiarì la voce: "C-certo che no!" rispose ostentando molta più sicurezza di quanta ne provasse in realtà.

Kilgharrah rise ancora, ma stese l'ala per permettergli di arrampicarsi sul suo dorso, cosa che il sovrano fece subito, chiedendosi allo stesso tempo se non fosse completamente impazzito.

Dopo circa un'ora di viaggio giunsero in vista di Camelot.

Il drago planò in una radura nella foresta, per non allarmare la città avvicinandosi troppo, ed Artù scivolò subito a terra, tremante per la tensione accumulata durante tutto il volo, sentendosi incredibilmente sollevato nel toccare di nuovo il terreno.

Guardò il grande drago, che lo stava osservando a sua volta, e del tutto inaspettatamente gli rivolse un profondo inchino.

"Ti ringrazio, mi hai reso un grande servigio ed un grande onore" disse con voce solenne mentre si risollevava.

Kilgharrah sogghignò (o almeno questo è quello che interpretò Artù dal suono che emise e dalla sua espressione) e lo fissò con occhi scintillanti.

"Forse dopotutto Merlino aveva ragione." ammise con voce gentile. "Forse sei davvero un re che vale la pena di aiutare e proteggere, e che porterà pace e prosperità ai cinque regni..."

Artù rimase sbalordito da quell'affermazione, ma prima di poter ribattere, il drago si voltò e con un possente battito d'ali si risollevò e scomparve dietro gli alberi.

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Capitolo 3
*** Un nuovo giorno ***


Capitolo 3 - Un nuovo giorno


Quando Artù mise piede nella cittadella vi fu immediatamente gran fermento: i popolani lo acclamarono felici, i cavalieri esultarono nel vederlo arrivare, e Sir Leon corse subito a dare la buona notizia a palazzo.

Qualche istante dopo Ginevra si precipitò giù dalle scale e gli corse incontro, tuffandosi tra le sue braccia in lacrime.

Artù la strinse forte, inalando il suo profumo, e poi la baciò teneramente, come a volersi scusare per averla fatta preoccupare.

Poco dopo sopraggiunse trafelato anche Gaius, e dietro all'espressione felice e sollevata il re lesse chiaramente anche la preoccupazione e la muta domanda che gli stava rivolgendo.

Con la scusa di visitarlo per accertarsi delle sue condizioni di salute, l'anziano medico riuscì a rimanere da solo coi sovrani nelle stanze di Artù, che raccontò loro ogni cosa, senza omettere nulla.

Quando ebbe terminato, Gaius aveva gli occhi lucidi, mentre Ginevra piangeva sommessamente, stringendosi a lui.

Fu il medico a rompere il silenzio in cui erano rimasti, ognuno immerso nei propri pensieri e nel proprio cordoglio: “Ora che farete, Sire?”

Artù lo guardò, lo sguardo limpido e sereno, una chiara decisione già presa.

“Devo mantenere una promessa e allo stesso tempo riparare a un terribile errore... domani informerò il consiglio e dopodomani a mezzogiorno darò l'annuncio al popolo e al regno.”

Nessun dubbio. Nessun tentennamento. Gaius annuì commosso, incapace di aggiungere altro. Aveva capito.
 

* * *


La donna giunse a Camelot in tarda mattinata, dopo giorni di viaggio.

Avrebbe voluto andare subito dal suo vecchio amico Gaius, ma un fermento e un'eccitazione tra gli abitanti della città bassa la indussero a chiedere spiegazioni.

Le venne risposto che di lì a poco il re avrebbe fatto un proclama ufficiale dinnanzi a tutto il popolo.

Incuriosita, si unì alla folla che si stava radunando nella piazza centrale, ormai già gremita.

Oltretutto il medico sarebbe stato probabilmente al seguito del re, e quindi non avrebbe comunque potuto parlargli in quel momento.

Quando la campana della torre fece risuonare i rintocchi del mezzogiorno, il re si affacciò sulla piazza, con la regina al fianco; alle loro spalle gli altri membri della corte, tra cui anche Gaius; la persona di cui lei era venuta a chiedere notizie però non era lì con loro, e questo le diede una stretta al cuore, ma si impose di restare calma e di aspettare di avere informazioni certe.

Poi Artù iniziò a parlare:

“Popolo di Camelot, le ultime settimane ci hanno messo duramente alla prova; il nostro regno è stato sull'orlo del baratro e per poco non vi è precipitato. Abbiamo trionfato, è vero, ma a caro prezzo... molti non hanno fatto ritorno, e chi ce l'ha fatta piange per i propri cari che non ci sono più. Tuttavia siamo sopravvissuti, ed ora più che mai dobbiamo restare uniti e lavorare insieme, per ricostruire il nostro regno e renderlo ancora migliore.”

Un brusio di assenso si levò dalla gente, ma il sovrano fece un cenno per indicare che non aveva ancora terminato.

“Mi piacerebbe poter dire di essere io l'artefice della nostra vittoria, ma non è così... la verità è che il regno sarebbe caduto ed io stesso sarei morto, se non fosse stato per un uomo...” esitò un istante, cercando le parole adatte, “Un uomo che purtroppo al momento non è qui con noi, poiché ora sta combattendo una sua personale battaglia tra la vita e la morte... un uomo che dedicato la sua vita a Camelot, senza mai tirarsi indietro, anche di fronte alle sfide più disperate... un uomo che, all'insaputa di tutti, ha sempre usato in segreto la magia per proteggere me ed il regno...”

A queste ultime parole un mormorio sorpreso si alzò dalla folla, ma Artù si affrettò a proseguire per non perdere il filo del discorso.

“E grazie a lui, e a tutto ciò che negli anni ha fatto per me con lealtà e abnegazione, ho capito che mio padre aveva torto, e che ha commesso un terribile errore quando ha bandito la magia da Camelot!”

Dal popolo si levarono varie esclamazioni, ma il re non riuscì a decifrare se di gioia o di protesta... con un gesto volutamente esagerato sguainò lentamente Excalibur, tenendola alta sopra la testa, in modo da farla brillare al sole, riportando così il silenzio.

“Guardate questa spada,” ordinò quando fu certo di avere l'attenzione totale, “direste che è buona o malvagia?”

Vide le persone in prima fila scambiarsi occhiate incerte e proseguì con un sorriso: “Né l'una né l'altra giusto? Una spada di per sé non ha connotazioni morali, ma dipende dall'uso che ne fa chi la impugna... ebbene per la magia è la stessa cosa: essa è una forza che esiste in natura ma non è né buona né cattiva, è solo l'intento delle persone che la utilizzano a renderla uno strumento del bene o del male... esattamente come una spada”.

Al contrario di poco prima, ora regnava il silenzio assoluto, e tutti i suoi sudditi lo fissavano rapiti, in attesa.

Artù rinfoderò la spada e abbracciò con lo sguardo la cittadella, ergendosi fiero e nobile come mai prima d'ora.

Fece un profondo respiro e concluse: “Popolo di Camelot, il sole che è sorto stamattina ha illuminato l'alba di un nuovo giorno, di un nuovo inizio... Io, Artù Pendragon, decreto che a partire da oggi la magia ed il suo utilizzo per scopi benevoli non saranno più vietati nel nostro regno”.

Trattenne il fiato per un secondo, mentre il senso delle sue parole faceva presa nelle menti degli ascoltatori, poi la folla esplose in urla di gioia e applausi, e lui finalmente si rilassò con un sorriso.

Guardò Ginevra al suo fianco, che gli sorrise a sua volta emozionata, stringendogli la mano.

Alle loro spalle anche i cavalieri e i membri della corte applaudivano sollevati.

Pian piano la gente cominciò a disperdersi e a tornare alle proprie attività, solo la donna giunta da Ealdor rimase ferma dove si trovava, piangendo commossa; aveva il cuore gonfio di gioia e tristezza allo stesso tempo, perché anche se il re nel suo discorso non aveva mai fatto il nome dell'uomo, lei aveva compreso perfettamente che stava parlando di suo figlio, e ne era stata immensamente orgogliosa; sapeva che anche Merlino in quel momento sarebbe stato enormemente felice, perché quello era il giorno che lui aveva sempre sognato.

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Capitolo 4
*** Il sogno ***


Capitolo 4 - Il sogno
 

Quattro mesi dopo

 

Mancava circa un'ora all'alba ed Artù giaceva nel suo letto profondamente addormentato.

Ancor più profondo era il sogno che stava avendo in quel momento: stava camminando in un luogo sconfinato, in cui tutto sembrava fatto di luce o di nebbia; ovunque si girasse non si vedeva assolutamente nulla, da un orizzonte all'altro, e neanche in alto o in basso: gli sembrava di camminare nel vuoto totale.

Dopo un tempo incalcolabile, in cui la sua coscienza assopita cominciava a chiedersi perché stesse continuando ad andare avanti, sentì improvvisamente una voce alle spalle: “Non dovresti essere qui”.

Artù trasalì ma per un attimo rimase immobile, sopraffatto dall'emozione: conosceva bene quella voce!

Quando infine prese coraggio e si voltò, ciò che vide lo lasciò senza parole: Merlino era in piedi davanti a lui... era il solito Merlino, ma al tempo stesso era diverso... indossava i suoi consueti abiti, ma erano completamente bianchi, sembravano quasi luminescenti, e lui stesso sembrava emanare un'aura luminosa.

“Merlino...” mormorò il re ancora incredulo, non sapendo cosa dire. “Perché? Che posto è questo?” aggiunse poi piano guardandosi intorno.

“Beh, in realtà non l'ho ancora capito bene nemmeno io...” rispose il mago un po' evasivo. “Ma di sicuro non è un luogo per i vivi” aggiunse poi seccamente.

Artù non poté fare a meno di sogghignare: “Allora neanche tu dovresti essere qui”.

Merlino lo osservò con un mezzo sorriso: “Io sono morto, se non te ne fossi accorto... a meno che il tuo cervello da asino non sia rimasto danneggiato dalla battaglia...”

Il re gli sorrise a sua volta: “Il mio cervello funziona benissimo! E se c'è qualcuno che sta facendo l'asino questa volta sei tu!”

Il mago lo fissò a bocca aperta, valutando come ribattere, ma Artù non gliene diede il tempo: quanto gli erano mancati quei battibecchi e quei botta e risposta!

“Perché se non te ne fossi accorto,” proseguì infatti subito, facendogli il verso e puntandogli un dito contro, “tu non sei affatto morto!”

L'espressione di Merlino si fece perplessa: “Cosa vuoi dire?” chiese piano.

Anche il re tornò serio: quel dialogo era surreale, dopotutto lui stava sognando, e il fatto che l'altro gli stesse dando del tu senza usare la forma di rispetto ne era la prova... oppure no? Nonostante ciò sentì la necessità impellente di spiegargli tutto.

“Me l'ha detto il drago: il tuo corpo è sopravvissuto dopo che mi hai ceduto la tua energia vitale, ma lo spirito ne è stato separato...”

Lo sguardo incredulo del mago lo costrinse a fermarsi.

Merlino scosse la testa più volte, assorbendo ed elaborando quelle parole.

“Se anche fosse,” mormorò infine con occhi scettici, “il mio corpo non sopravvivrebbe comunque a lungo...”

“Dice di averlo portato in un luogo sicuro dove verrà preservato dalla magia” specificò subito Artù.

“La Caverna di Cristallo...” bisbigliò Merlino assorto.

“Basta che tu trovi il modo di tornare dal tuo corpo e ricongiungerti ad esso...” proseguì il re, ma si bloccò vedendo l'espressione costernata dell'altro.

“E perché dovrei volerlo fare?” replicò infatti il mago con aria indifferente, facendo spallucce. “Qui non si sente fame, né freddo... non si prova dolore... perché tornare laggiù a soffrire?”

Artù lo fissò per un attimo allibito, senza parole: come poteva dargli torto? Dopotutto la vita era sofferenza, e Merlino di sicuro ne aveva passate tante... ma c'erano anche molte cose meravigliose per le quali valeva la pena vivere...

“E non provi neanche più emozioni?” chiese quindi tornando alla carica, alimentato dalla rabbia che provava nel vedere l'apatia dell'amico. “Non senti tristezza, rimpianto o nostalgia per ciò che hai perso?”

A quelle parole la maschera di indifferenza del mago si incrinò, e Artù seppe di aver toccato il tasto giusto, così rincarò la dose: “Non ti mancano la gioia di una risata in compagnia o il calore di una cena assieme alle persone che ti vogliono bene?”

Si fermò quando vide l'espressione ora angosciata dell'altro.

“È che... io... non ho idea di come fare...” ammise il mago smarrito.

Il re esitò incerto: era sempre stato Merlino quello che trovava le risposte o le soluzioni... se nemmeno lui sapeva come uscirne...

“Ascolta:” gli disse poi appoggiando le mani sulle sue spalle (cosa che tra l'altro gli sembrò bizzarra, dato che in quel momento dovevano essere entrambi in forma di spirito, ma non se ne curò più di tanto), “tu sei pieno di risorse, sono sicuro che troverai un modo...”

Merlino lo fissò per qualche istante, una luce in fondo agli occhi che rivelava un misto di emozioni contrastanti.

“Guardati intorno!” esclamò poi allargando le braccia e liberandosi dalla sua presa in un gesto sia di stizza che di disperazione. “Qui non c'è nulla! Niente di niente! E non ci sono vie d'uscita!”

Artù lo fissò impotente: desiderava ardentemente poter fare qualcosa per lui, ma non aveva idea di cosa.

Merlino si mise a camminare avanti e indietro, riflettendo... non era morto... era vivo! E il suo corpo era al sicuro nella Caverna di Cristallo... quindi quello era una specie di limbo tra i due mondi ove il suo spirito era rimasto bloccato, in attesa di poter proseguire... o di tornare indietro? Era possibile?

Frugò nella sua memoria alla ricerca di qualcosa che sapeva, o almeno sperava, di aver letto... un modo per richiamare le anime perdute... una luce per guidarle...

“Il Faro di Azadreth!” esclamò all'improvviso quando il ricordo riemerse.

Con una nuova speranza guardò il suo re, che lo stava ancora scrutando in silenzio, e si accorse con sgomento che stava diventando trasparente, segno che stava per svegliarsi.

Lo afferrò per le braccia, per avere tutta la sua attenzione.

“Ascolta, non c'è più molto tempo...” disse con urgenza. “So che quando ti sveglierai probabilmente non ricorderai niente, o al massimo penserai che sia stato solo un sogno, ma... per favore cerca di rammentare questo: accendi il Faro di Azadreth!”

“Cosa... ma di che parli?” chiese confuso Artù.

Cominciava a fare fatica a restare concentrato, e gli sembrava che la voce del mago arrivasse da una distanza enorme. Inoltre lo vedeva pian piano scomparire... oppure era lui che stava svanendo?

“Ripetilo: il Faro di Azadreth!” implorò Merlino, sempre più inconsistente.

Artù tentò di ripetere, ma si sentì strattonare verso il basso e non riuscì a parlare.

L'ultima cosa che vide furono i suoi occhi chiari, che esprimevano una muta supplica e una sconfinata fiducia...

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Capitolo 5
*** Speranza ***


Capitolo 5 - Speranza


Il re di Camelot si svegliò di colpo e si alzò a sedere con gli occhi sbarrati.

“Il Faro di Azadreth...” sussurrò.

Ginevra si mosse piano accanto a lui: “Mmmm... cos'hai detto?” biascicò.

“No, niente, ma devo parlare con Gaius... ci vediamo dopo a colazione”, rispose lui dandole un bacio veloce ed alzandosi.

La regina confusa lo osservò lasciare in fretta la stanza.

 

“Gaius!”

Artù bussò forte, ma non attese la risposta ed irruppe nelle stanze del medico, il quale si sollevò a sedere sul letto, confuso e assonnato.

“Sire... è successo qualcosa?” domandò con voce impastata.

“Io... non lo so... forse” borbottò il re indeciso, i ricordi del sogno che iniziavano a svanire.

Il medico lo osservò inarcando un sopracciglio e lui si affrettò a proseguire, prima di scordare tutto: “Gaius, hai mai sentito parlare del Faro di Azadreth?”

Il vecchio ci pensò un attimo, poi scosse la testa: “No, non mi sembra”.

Poi notò lo sguardo deluso del sovrano e ed aggiunse: “Perché? Di che si tratta?”

Artù sospirò e si sedette di fianco a lui, coprendosi per un attimo il viso con le mani.

“Io... non ne sono sicuro... forse ho immaginato tutto...” mormorò poi incerto risollevando e scuotendo la testa.

“Vi ascolto” lo esortò Gaius in tono gentile.

Il giovane cominciò a raccontare la bizzarra esperienza che aveva vissuto in sogno, e man mano che parlava i dettagli riaffioravano chiari e nitidi nella sua memoria.

Quando ebbe finito, il medico rimase a fissarlo con aria pensierosa; Artù lo osservò a sua volta, cercando di capire cosa passasse nella sua mente.

“Pensi che sia impazzito, vero?” chiese infatti con un sospiro. “Venire a svegliarti alle prime luci dell'alba solo per raccontarti un sogno strampalato...”

Gaius scosse piano la testa: “Lo avrei pensato di qualsiasi altro sogno, ma questo... il mio istinto mi dice che vale la pena indagare più a fondo”.

“Grazie” mormorò solamente il re, sentendosi stranamente commosso.

Il vecchio gli sorrise, con quell'espressione di affetto paterno che era solito rivolgere sempre a Merlino.

“Datemi solo il tempo di fare colazione e poi inizio subito le ricerche in biblioteca” aggiunse alzandosi in piedi.

Artù si alzò a sua volta: “Oh già, colazione... Gwen mi starà aspettando... per favore, tienimi informato di qualsiasi sviluppo” concluse avviandosi alla porta.

“Ma certo” rispose Gaius con un leggero inchino.

* * *

Artù era stato distratto per tutto il giorno e aveva seguito gli affari di stato il minimo indispensabile, delegando ad altri tutto ciò che poteva.

Continuava a vedere davanti a sé lo sguardo che gli aveva rivolto Merlino un attimo prima di svegliarsi, e si chiedeva se davvero potesse essere stato qualcosa di più di un sogno.

Era pomeriggio inoltrato e stava siglando una serie di documenti, quando bussarono alla porta; non aveva neanche terminato la parola 'avanti' che Gaius entrò in fretta con aria eccitata: “Sire, ho delle novità su ciò di cui abbiamo discusso stamane”.

Il re trattenne per un attimo il fiato, poi si rivolse all'addetto al protocollo: “Abbiamo finito”.

“Sì, Sire” rispose l'altro raccogliendo tutte le carte e uscendo dalla stanza con un inchino.

Non appena soli Artù lo interrogò subito, ansioso: “Dimmi! Hai scoperto qualcosa?”

Trattenendo a stento un sorriso, il medico si sedette ed annuì: “Ci è voluto un po', ma alla fine con l'aiuto di Geoffrey abbiamo trovato un paio di vecchi libri in cui viene menzionato il Faro di Azadreth” .

“Quindi esiste! E che cos'è?”

“Beh, come dice il nome, è un faro, anche se non nel senso letterale del termine... è una sorta di luce mistica, che serve a guidare le anime che si sono smarrite...”

“Come Merlino...”

“Come Merlino” ripeté Gaius, che ora sorrideva apertamente.

Anche Artù sorrise incredulo, mentre la speranza si riaccendeva in lui.

“E dove si trova? Come facciamo ad accenderlo?” incalzò il re sempre più euforico.

L'espressione del medico si fece seria: “Questo purtroppo nei testi che abbiamo non è menzionato, ma sono entrambi libri che parlano di antiche tradizioni druidiche”.

Artù si accigliò: “E pensi che i Druidi saranno disposti ad aiutarci?”

“Non vedo perché no... sono quasi sempre stati pacifici ed amichevoli, nonostante venissero perseguitati da Uther... volevano solo vivere in pace, ed ora, con Voi, ne hanno la possibilità... inoltre avevano un grande rispetto per Merlino, sono certo che saranno felici di poterlo aiutare.”

Il giovane re annuì piano, con un profondo respiro: “È deciso allora, partirò per Ascetir domani stesso”.

“Ed io verrò con Voi”, aggiunse subito Gaius, “È di Merlino che stiamo parlando, non pensate neanche lontanamente di lasciarmi qui!”

Artù gli sorrise: “Certo che no, amico mio”.

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Capitolo 6
*** Il Faro ***


Capitolo 6 - Il Faro


Artù, Gaius e Parsifal partirono all'alba.

Quando avevano informato i Cavalieri del viaggio che stavano per intraprendere, questi avevano insistito perché almeno uno di loro li accompagnasse, per la sicurezza del re.

Fortunatamente il viaggio fu tranquillo e senza incidenti: ormai non vi erano più tracce di soldati Sassoni in giro e le strade del regno erano relativamente sicure.

Arrivarono in vista della Foresta di Ascetir nella tarda mattinata del giorno successivo, e Artù si faceva sempre più ansioso man mano che si avvicinavano.

In prossimità del villaggio principale dei Druidi due di essi, un uomo e una donna, si fecero loro incontro, per verificare la loro identità e il motivo della loro venuta.

Una volta espletate queste formalità, li pregarono di lasciare le armi all'ingresso dell'abitato, cosa a cui il re acconsentì senza esitazione, in segno di fiducia e buona volontà.

Pochi minuti più tardi erano tutti accomodati nella capanna di Iseldir, il capo dei Druidi.

“Benvenuti, la vostra visita è un'inaspettata sorpresa;” esordì questo, “Edana mi dice che siete venuti a chiedere il nostro aiuto...”

“È così,” confermò subito Artù con sincerità, “speravamo che potessi dirci qualcosa sul Faro di Azadreth.”

L'uomo dai capelli grigi corrugò la fronte in segno di sorpresa e curiosità.

“Il Faro di Azadreth... interessante...”

“Sai dove si trova?” incalzò il re, che pur cercando di mantenere un atteggiamento calmo ed un tono cortese, scalpitava internamente per ottenere le informazioni e riprendere il viaggio.

“In effetti sì,” assentì Iseldir lentamente, “ma prima di rispondere alla vostra domanda ho bisogno di sapere perché lo cercate.”

“Per accenderlo, è ovvio!” esclamò Parsifal di getto, anche se non era stato interpellato.

L'affermazione strappò un sorriso a tutti i presenti, e il Druido lo guardò con condiscendenza: “Certo, è ovvio... quello che mi chiedo è per chi volete accenderlo...”

Tornò a guardare Artù dritto negli occhi, per essere sicuro che il re non gli mentisse: aveva paura che volesse sfruttare il faro per cercare di far tornare in vita suo padre Uther, e lui non avrebbe mai avallato un simile proposito.

Ma Artù sostenne il suo sguardo con serenità, poiché non aveva nulla da nascondere: “Per Merlino” spiegò semplicemente.

Iseldir si rilassò e sorrise apertamente: “Allora vi aiuteremo volentieri! Siamo tutti in debito con Emrys e faremmo qualsiasi cosa per lui”.

“Quindi ci dirai dove trovarlo?” chiese speranzoso il re, rispondendo al sorriso.

“No, vi ci porterò io stesso.” replicò l'altro. “C'è dell'altro che dovrete sapere sul Faro e potreste avere bisogno del mio aiuto.”

* * *

Consumarono un pasto veloce, ospiti dei Druidi, e poi ripartirono insieme ad Iseldir.

Durante il tragitto Artù gli raccontò del suo sogno e di come fosse venuto a conoscenza del Faro dallo spirito di Merlino.

A sua volta il Druido spiegò che una volta arrivati a destinazione, avrebbero dovuto superare delle prove per poterlo accendere, tre per l'esattezza: una prova di forza, una di saggezza ed una prova del cuore, che rappresentavano i tre aspetti inscindibili dell'essere umano: corpo, mente e anima. Sull'esatta natura o forma di tali prove però non poté essere più specifico, poiché erano passati più di cento anni dall'ultima volta in cui qualcuno aveva acceso il Faro.

Il re di Camelot affermò con sicurezza che avrebbero affrontato ogni sfida che fosse stata necessaria.

* * *

Dopo quasi un giorno e mezzo di viaggio giunsero alle pendici dei Monti Isgaard, e Iseldir li condusse attraverso una serie di passaggi tra le rocce che formavano una specie di labirinto; dopo un po' ogni canale e ogni svolta sembrarono loro uguali, ma il Druido li guidò con sicurezza da un passaggio all'altro, finché non giunsero dinnanzi all'entrata di una grotta; sulla sommità della volta era inciso un simbolo bianco a forma di fiamma.

“Ci siamo” confermò Iseldir addentrandosi nella caverna, seguito subito dagli altri.

L'oscurità li avvolse e dopo pochi passi lo sentirono pronunciare una parola, che fece apparire un piccolo globo luminoso sul palmo della sua mano; procedettero per una decina di metri e infine sbucarono in una piccola stanza, da cui partivano altri tre tunnel più piccoli, tutti sormontati dallo stesso simbolo a forma di fiamma che avevano visto all'ingresso.

“E ora?” chiese Artù rivolto al Druido, che stava riponendo la sfera luminosa in una piccola nicchia nella parete.

Si voltò e studiò per qualche istante le tre entrate e i simboli sopra di esse, grattandosi distrattamente il mento.

“Ora credo che dobbiate dividervi,” rispose infine, “e che ognuno di voi debba affrontare una delle tre prove.”

Artù, Gaius e Parsifal si scambiarono delle occhiate preoccupate: avevano sperato di poter affrontare le prove tutti insieme.

“Come facciamo a sapere quale prova si cela dietro ad ogni entrata?” domandò Gaius, che stava a sua volta osservando i simboli.

“Non penso sia possibile,” commentò Iseldir dopo un attimo, “ma se può esservi di conforto, credo che le prove si manifesteranno alla persona più adatta per affrontarla.”

“Beh, speriamo... se mi capitasse la prova di forza saremmo rovinati!” esclamò il medico cercando di sdrammatizzare.

Artù sorrise e gli mise una mano sulla spalla per incoraggiarlo: “Ce la faremo Gaius... dobbiamo farcela, per Merlino”.

“Per Merlino...” concordò l'altro.

“Beh, cosa aspettiamo?” chiese Parsifal con entusiasmo.

“Ricordatevi,” aggiunse il Druido, “affinché il Faro si accenda devono essere presenti tutti e tre gli elementi... se uno solo di voi fallisce...”

“Non falliremo” lo interruppe subito Artù con sicurezza, al che l'altro assentì: “Io aspetterò qui il vostro ritorno, buona fortuna”.

I tre si scambiarono un ultimo sguardo di incoraggiamento, poi entrarono ognuno in uno dei tre tunnel.

Dopo pochi istanti Iseldir notò che i simboli a forma di fiamma avevano cambiato colore: quello di sinistra, dove era entrato Parsifal, era diventato rosso, quello al centro, dov'era andato Artù, era verde, mentre quello a destra, che corrispondeva a Gaius, era blu.

Annuì soddisfatto e si sedette ad aspettare.

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Capitolo 7
*** La Prova ***


Capitolo 7 - La Prova


Artù avanzò nella stretta galleria con passo sicuro; si era aspettato di trovarsi nel buio più totale, invece una sorta di luminescenza avanzava con lui, permettendogli di vedere a circa due passi di distanza.

Procedette per circa cinquanta metri, poi il tunnel si interruppe di colpo, lasciandolo di fronte ad una parete di solida roccia.

Incredulo, la tastò con le mani da un lato all'altro, cercando un passaggio, ma non trovò nulla...

Imprecando tra sé, ripercorse la strada all'indietro, questa volta più lentamente, per vedere se gli fosse sfuggito qualcosa... una diramazione, un varco nascosto, qualsiasi cosa!

Non solo non scoprì niente, ma arrivato all'inizio del passaggio si accorse con sgomento che anche l'entrata era ora bloccata da un muro di pietra.

Provò a spingere con tutte le sue forze, ma non si mosse nulla.

“Oh, andiamo!” esclamò frustrato, battendo i pugni sulla parete.

Tornò a voltarsi e fece dei respiri profondi, per evitare di farsi prendere dal panico... Iseldir aveva detto che avrebbero affrontato delle prove: e se quello ne avesse fatto già parte?

Attraversò la galleria per la terza volta, ancora più adagio, esplorando con le mani tutto intorno a sé... pareti, pavimento, soffitto... alla ricerca di qualche spiraglio, magari una leva nascosta... ma anche questa volta non trovò nulla.

Giunto di nuovo alla parete in fondo, appoggiò la fronte sulla fredda roccia sospirando: se quella era già la prova, la stava fallendo miseramente! Non aveva alcun indizio su cosa dovesse fare o come potesse superarla... in preda allo sconforto si sedette con le spalle contro il muro e si prese la testa tra le mani, cercando di riflettere: si rese conto che di solito questo genere di cose era sempre Merlino a risolverle, il consiglio giusto arrivava sempre da parte sua.

Sorrise amaramente per l'ironia della situazione, ma il pensiero dell'amico per il quale erano arrivati fin lì gli diede nuova determinazione, così si rialzò, le mani sui fianchi, e guardando un punto indistinto nell'oscurità sopra di lui gridò: “C'è nessuno?”

L'eco della sua voce riecheggiò nel buio.

“Cosa devo fare?” chiese ancora al nulla, girando su se stesso.

SPIEGA.

Quella parola risuonò così all'improvviso che lo fece sobbalzare: era una voce immateriale, un misto di maschile e femminile insieme, e più che udirla con le orecchie sembrava rimbombare direttamente nella sua testa.

“Cosa devo spiegare?” domandò ansioso, lieto che stesse succedendo qualcosa.

PERCHÉ SEI QUI?” tuonò la voce.

“Per accendere il Faro” replicò pronto.

PERCHÉ?

“Per aiutare una persona... per guidare il suo spirito e far sì che possa ricongiungersi al suo corpo.”

PERCHÉ?

Questa volta esitò un attimo, perplesso.

“Perché... è un mio amico” spiegò infine semplicemente.

E?

Un altro attimo di esitazione: “È il mio migliore amico... è come un fratello...”

E?

Artù era confuso e leggermente irritato: cosa diavolo voleva sapere quella voce? Ripensò allo scopo del loro viaggio fin lì, pensò a Merlino, al suo sorriso luminoso, alle sue battute irriverenti...

“Mi manca...” ammise con un groppo in gola.

E?

Le immagini del mago continuarono a susseguirsi nella sua mente... una presenza costante, sempre al suo fianco, anche nelle situazioni più disperate, pronto a sacrificare tutto per lui, anche la vita stessa... avvertì le lacrime pizzicare e non si preoccupò di fermarle...

“Gli voglio bene... e non posso farcela senza di lui...” singhiozzò chinando il capo.

Per un lungo istante la voce tacque.

ERA COSÌ DIFFICILE?

Artù scosse piano la testa, non sapendo cosa altro aggiungere, e si asciugò il viso con la manica.

TENDI LE MANI” ordinò la voce.

Lui fece come gli era stato detto, e sobbalzò quando una fiammella verde comparve all'improvviso sopra i palmi aperti; stranamente la fiamma non emanava calore, ma solo una rassicurante luce soffusa, e istintivamente chiuse le mani a coppa, come a volerla contenere meglio ed evitare di farla cadere.

ORA VA.

Un chiarore improvviso inondò la galleria e voltatosi Artù vide un varco luminoso aprirsi in quella che fino a pochi attimi prima era una parete di solida roccia.

“Grazie” sussurrò alla voce immateriale ormai scomparsa, prima di varcare la soglia.

Dall'altro lato trovò Gaius e Parsifal che si guardavano straniti, ma che sorrisero di sollievo vedendolo comparire; avevano entrambi una fiammella simile alla sua, solo che quella del medico era azzurra e quella del cavaliere rossa.

“Scusate se vi ho fatto aspettare” mormorò il re imbarazzato.

Gaius scosse la testa: “In realtà siamo appena arrivati anche noi...” ammise.

L'ambiente era piccolo e l'unico oggetto visibile alla luce delle fiamme colorate era una specie di altare circolare con al centro una colonna che si innalzava fino a scomparire nell'oscurità; sulla superficie intorno alla colonna, equidistanti tra loro, erano scavate tre nicchie rotonde con all'interno un'incisione a spirale che partendo dalla colonna arrivava al centro delle nicchie, ove era impresso lo stesso simbolo a fiamma che avevano visto all'entrata dei tunnel.

“Immagino che queste dobbiamo metterle qui...” ipotizzò il medico indicando con la sua fiammella una delle rientranze.

“Sì, lo penso anch'io,” concordò Artù osservando l'altare, “ma facciamolo nello stesso momento.”

Gli altri due annuirono e si spostarono in prossimità delle altre due nicchie.

“Al mio tre.” ordinò il re con un'improvvisa ansia, temendo che qualcosa potesse ancora andare storto. “Uno, due, tre.”

Al segnale aprirono contemporaneamente le mani e le fiamme caddero dolcemente nelle rispettive cavità, facendole risplendere dei tre colori. Dopo un secondo delle lingue di luce colorata si mossero lentamente lungo le spirali fino a raggiungere la colonna centrale, iniziando poi a risalire lungo la stessa con un sinuoso movimento circolare.

Osservarono come ipnotizzati le scie colorate salire sempre più in alto, poi senza preavviso una luce accecante esplose tutto intorno a loro.

Quando riaprirono gli occhi, frastornati, si trovarono nella grotta iniziale dove uno stupito Iseldir li osservava incerto.

“Cos'è successo? Siete stati dentro solo un attimo...” iniziò a dire, ma alzando lo sguardo notò che i simboli a fiamma sopra i tunnel splendevano ora di un bianco abbagliante e sul suo viso si aprì un grande sorriso: “Ce l'avete fatta! Il faro è acceso!”

Gli altri tre si guardarono meravigliati e poi sorrisero a loro volta, sentendo finalmente la tensione sciogliersi come neve al sole.

Artù diede delle amichevoli pacche sulle spalle ai suoi compagni di viaggio, ridendo, mentre ripercorrevano la galleria per tornare all'esterno.

Dato che era ormai il crepuscolo, videro chiaramente che anche il simbolo all'esterno era adesso luminoso.

“E ora che succederà?” chiese il re ansioso. “Quanto ci metterà Merlino a svegliarsi?”

“Francamente non lo so Sire” rispose il Druido con sincerità.

“Forse dovremmo andare a vedere...” proseguì Artù in tono apprensivo, “nel posto dove si trova... com'è che si chiama?”

“La Caverna di Cristallo,” spiegò Iseldir accondiscendente, “ma non credo sia necessario...”

“Ma...”

“Potrebbero volerci giorni prima che l'anima di Merlino riesca a ricongiungersi col suo corpo... oppure potrebbe essersi già svegliato, per quello che ne possiamo sapere” proseguì il Druido.

“Iseldir ha ragione Sire,” interloquì Gaius in tono paziente, “sono il primo che vorrebbe correre ad aspettare il risveglio di quel benedetto ragazzo, ma siete lontano da Camelot da troppi giorni ormai... abbiamo fatto quello che dovevamo, ora non ci resta che tornare a casa e attendere...”

Artù guardò il vecchio come se l'avesse pugnalato alle spalle, anche se in cuor suo sapeva perfettamente che aveva ragione.

“Se può tranquillizzarvi noi vegliamo sulla Caverna da quando Emrys è stato portato lì.” aggiunse Iseldir capendo che il re stava cedendo. “Quando si sveglierà troverà qualcuno ad accoglierlo e aiutarlo, non preoccupatevi.”

Artù sospirò e rilassò le spalle: “Avete ragione...” borbottò.

Guardò Iseldir e gli tese la mano: “Grazie di tutto, ti sono debitore”.

Il Druido sorrise e gliela strinse: “Non mi dovete niente, il ritorno di Emrys nel mondo sarà già di per sé un'enorme ricompensa” rispose con un cenno del capo.

“Comunque non me ne dimenticherò...” assicurò con solennità mentre scioglieva la stretta, poi si rivolse a Gaius e Parsifal: “Andiamo, si torna a casa”.

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Capitolo 8
*** Risveglio ***


Capitolo 8 - Risveglio


Merlino non aveva idea di quanto tempo fosse passato: potevano essere un giorno oppure cento anni... tempo e spazio non avevano alcun significato in quel luogo.

Non doveva dormire, non doveva mangiare... semplicemente esisteva.

Ogni tanto, molto di rado, gli capitava di incrociare qualche anima sperduta come lui, ma si limitavano a guardarsi per un attimo, sapendo che tanto non c'era niente da dire, e passavano oltre.

Solo l'incontro con Artù aveva cambiato le cose...

Il senso di angoscia che aveva provato quando l'aveva visto era stato devastante, perché aveva pensato che alla fine, dopo tutto, fosse morto anche lui.

Poi con sollievo si era reso conto che la sua anima non era come tutte le altre che aveva incontrato lì... era in qualche modo più 'consistente', meno incolore e con un evidente filamento di luce argentata che partiva da lui e sprofondava nel nulla sotto di loro, segno che era ancora collegato al mondo terreno.

Ciò che poi gli aveva rivelato era stato sorprendente, perché tutto avrebbe potuto aspettarsi tranne il fatto di non essere effettivamente morto.

Così gli aveva affidato le sue speranze, augurandosi che l'altro potesse ricordare qualcosa una volta sveglio.

E alla fine l'amico non aveva deluso le sue aspettative: un improvviso bagliore aveva interrotto l'uniforme monotonia di quel limbo, ed emozionato lui vi si era diretto senza esitazione.

Quando era giunto in prossimità del fascio di luce si era reso conto che anche altre persone lo stavano raggiungendo, come falene attirate dalla fiamma di una candela: forse quel giorno non sarebbe stato l'unico a ricongiungersi con le persone care.

Con un sorriso di gioia e gratitudine si immerse nella luce accecante.

* * *

La prima cosa che Merlino avvertì, quando riacquistò coscienza, fu il freddo: l'aria fredda che gli entrava nei polmoni, la roccia dura e fredda sotto le sue mani.

Rimase fermo e a occhi chiusi, assaporando piano le sensazioni che gli dava avere di nuovo un corpo fisico: il respiro regolare, il battito del cuore, i muscoli che si tendevano.

Mosse piano le dita, poi le mani e i piedi, riacquistando pian piano la padronanza di sé.

Da una parte era difficile ritrovarsi di colpo con le limitazioni che imponeva un corpo materiale, dopo chissà quanto tempo trascorso sotto forma di pura energia spirituale... dall'altra in quel momento di risveglio si sentì vivo come non mai, come se fosse nato una seconda volta, e con tutti i sensi acuiti, le percezioni amplificate.

Infine si decise ad aprire gli occhi, ma li richiuse subito, accecato dalla seppur flebile luce emanata dai cristalli della grotta; li aprì di nuovo, questa volta molto più lentamente, per riabituarsi gradualmente alla luce. Quando infine riuscì a guardarsi intorno, riconobbe le volte familiari della Caverna di Cristallo, esattamente il luogo in cui si era aspettato di trovarsi.

Inspirò a fondo, inalando insieme all'aria la pura energia magica che permeava quel luogo, e sorrise: era vivo!

Si alzò piano a sedere, misurando ogni movimento per essere sicuro che il suo corpo rispondesse a dovere, dopo la lunga immobilità; accanto a lui un grande cristallo levigato rifletteva la sua immagine e non poté evitare di guardarsi: nel complesso il suo aspetto sembrava immutato, quindi non doveva essere trascorso troppo tempo... a meno che la magia della grotta non avesse rallentato l'invecchiamento... ma ciò che attirò il suo sguardo fu una singola ciocca di capelli sulla fronte che era diventata completamente bianca.

Inspirò a fondo l'aria pregna di magia che lo circondava, poi finalmente si alzò in piedi, ma fatto un solo passo ricadde in ginocchio con un dolore pungente alla coscia sinistra; tentò di canalizzare la magia per alleviarlo, ma con sua grande sorpresa non accadde nulla.

Si guardò intorno sconcertato, e solo in quell'istante notò che lì accanto giaceva il bastone che aveva usato quand'era nei panni del vecchio Dragoon.

Con un sospiro a metà tra l'ironico e il rassegnato lo raccolse e lo usò per sorreggersi mentre zoppicava piano verso l'uscita della caverna, con una fitta alla gamba sinistra ad ogni passo.

Quando riemerse finalmente all'esterno dovette schermarsi gli occhi dalla luce intensa del sole: dalla sua posizione valutò che dovesse essere metà pomeriggio. Una volta che la sua vista si fu abituata, si accorse che una persona era seduta poco distante: un ragazzo più o meno della sua età, dai capelli rosso carota, intento ad intagliare qualcosa nel legno con un piccolo coltellino.

Valutato che non rappresentava una minaccia, Merlino fece un altro paio di passi, producendo un suono strascicato sul terreno, che fece alzare di colpo la testa e sgranare gli occhi allo sconosciuto.

“Emrys!” esclamò balzando in piedi. “Ti sei svegliato!”

Il mago fece un sorriso imbarazzato: “Ehm... pare di sì...”

“Oh è incredibile! Non avrei mai sperato che potesse succedere durante il mio turno!” proruppe ancora l'altro, visibilmente eccitato.

Turno? Pensò Merlino disorientato, ma invece chiese: “Tu chi sei?”

“Oh, perdona la mia scortesia!” replicò con un profondo inchino che lo fece sentire ancora più a disagio, “Il mio nome è Fionn...”

“Sei un druido?” lo interruppe il mago, che aveva notato la triquetra tatuata sul braccio.

Il ragazzo annuì con entusiasmo: “Noi druidi abbiamo vegliato costantemente su di te, da quando il grande drago ti ha portato qui”.

Continuando a fissarlo Merlino cercò di riordinare i pensieri.

“Da quanto... quanto tempo sono rimasto nella grotta?” domandò con una certa apprensione.

“Ehm... tre... quattro lune al massimo” fu la risposta un po' esitante, come se Fionn temesse che quell'informazione potesse non piacergli, ma Merlino si sentì più sollevato nell'apprendere che erano trascorsi solo quattro mesi.

“Quindi... avete acceso voi druidi il Faro di Azadreth?” chiese invece, senza preoccuparsi di nascondere la nota di delusione nella voce.

“Oh no! È stato il re!” replicò subito Fionn. “È venuto al nostro villaggio in cerca di aiuto, e Iseldir stesso l'ha accompagnato al Faro.”

Un'emozione strana esplose nel cuore del mago: un miscuglio di commozione, incredulità e gioia, che lo lasciò senza parole mentre gli occhi si riempivano di lacrime.

“Emrys, tutto bene?” domandò Fionn preoccupato, vedendo la sua espressione stravolta.

Ancora incapace di proferire parola, Merlino annuì e sorrise.

Se Artù mi vedesse ora, a piangere e ridere assieme, di sicuro mi direbbe che sono una ragazzina , pensò iniziando a ridere, oppure un idiota... o entrambe le cose... quell'asino...

Rise, con una felicità incontenibile che irradiava da lui come le increspature sull'acqua quando vi si getta un sasso... il sentimento di pura beatitudine si propagò attorno a lui in ondate concentriche, lievi come il soffio della brezza estiva, morbide come una carezza amorevole, e al loro passaggio la natura reagì in egual misura: nel raggio di venti metri l'erba si infoltì diventando di un verde brillante, fiori sbocciarono in colori e sfumature straordinarie, frutti crebbero rigogliosi su alberi e arbusti, insetti e uccelli si misero a cantare al mondo la loro improvvisa gioia di vivere.

Fionn lo osservava a bocca aperta, un improvviso sentimento di contentezza che gli colmava l'animo.

“È la cosa più incredibile che abbia mai visto!” esclamò quindi il druido in un sussurro.

Merlino riaprì gli occhi e si guardò intorno sconcertato: “Ehm, temo di aver perso il controllo per un attimo...” borbottò arrossendo.

Fionn si limitò a sorridergli estasiato, poi un frastuono improvviso seguito da un forte spostamento d'aria li fece voltare entrambi allarmati; un attimo dopo il drago atterrò nella radura lì vicino.

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Capitolo 9
*** Kilgharrah ***


Capitolo 9 - Kilgharrah


Senza esitazione Merlino zoppicò verso il grande drago, un enorme sorriso stampato sul volto.

Kilgharrah lo osservava con uno strano luccichio negli occhi, che probabilmente era il suo modo di esprimere commozione.

Il mago allargò le braccia e il drago gli andò incontro col suo grande muso, ma nella foga lo spinse e Merlino finì dritto col sedere per terra; ridendo di cuore lo abbracciò, per quello che gli era possibile, e Kilgharrah si strusciò contro di lui, questa volta più delicatamente, emettendo un bizzarro ronzio che assomigliava molto alle fusa dei gatti.

Fionn li osservava in silenzio con gli occhi sgranati, terrorizzato e affascinato al tempo stesso.

Quando si sciolsero dallo strano abbraccio, Kilgharrah fu il primo a parlare: “Bentornato, giovane mago. Il mondo cominciava a sentire la tua mancanza”.

Senza riuscire a smettere di sorridere Merlino si rialzò e fece un passo indietro per riuscire a guardarlo: “Come sapevi che mi ero svegliato?”

“Vuoi scherzare? Tutte le creature magiche di Albione hanno avvertito il tuo risveglio!” brontolò il drago con una nota di divertimento nella voce.

Il mago arretrò ancora, dimenticandosi della sua gamba dolorante, e gli sfuggì una smorfia alla consueta fitta di dolore.

“Hmmm, vedo che quello che hai fatto per Artù qualche segno lo ha lasciato... era inevitabile” commentò Kilgharrah osservandolo attentamente.

“Che vuoi dire?” domandò Merlino scuotendo appena la testa. “Non ricominciare a parlare per enigmi... sono appena ritornato dalla morte, non ce la posso proprio fare!”

Il drago sogghignò: “No, nessun enigma, dico solo che il sacrificio che hai compiuto per Artù e il fatto di essere riuscito a sopravvivere ha lasciato dei segni sul tuo corpo... la tua gamba, che non tornerà mai più come prima... e quel ridicolo ciuffo bianco in testa”.

Il mago deglutì e inconsciamente si toccò la gamba lesa: nel suo intimo lo aveva già capito che quella era una ferita da cui non sarebbe più guarito, ma sentirselo dire fu come un doccia gelata.

Poi però sentì una sensazione di calore rinascere dentro di sé e sorrise: “Beh, è un piccolo prezzo da pagare per essere ancora vivo, dopo tutto...”

Kilgharrah lo osservò con occhi scintillanti, chiedendosi con stupore (e non era facile stupire un drago!) come mai si sentisse così orgoglioso di quel piccolo umano.

“Allora,” disse poi riscuotendosi dai suoi pensieri, “vuoi che ti riporti a Camelot, giovane mago?”

Le sopracciglia di Merlino schizzarono in su dalla sorpresa per quell'inaspettata proposta.

“Sbaglio o una volta mi avevi detto di non essere un cavallo?” chiese quindi in tono ironico.

Il drago sbuffò, ma più divertito che irritato: “Non sbagli, ma oggi mi sento generoso, dopotutto festeggiamo il ritorno di Emrys”.

Merlino gli sorrise grato, e anche un po' imbarazzato: non era abituato a tutta questa gentilezza da parte del grande drago. Poi però si accigliò leggermente e distolse lo sguardo: “Non lo so... non sono sicuro che sarò il benvenuto a Camelot...” ammise quindi dando voce ai suoi timori.

“Hmpf, che sciocchezza!” esclamò Kilgharrah scuotendo la testa, poi si rivolse al giovane Fionn, che era rimasto per tutto il tempo a fissarli in silenzio: “Ma come? Non glielo hai detto?”

Il ragazzo sbiancò sotto lo sguardo indagatore del drago e tremando visibilmente iniziò a balbettare: “M-m-ma io... v-veramente... n-non ho... l-lui è...”

“Dirmi cosa?” si intromise Merlino, mosso a pietà per il povero Fionn, che quando non fu più inchiodato dalla vista del drago arretrò fino all'albero, appoggiandovisi con un gemito.

Kilgharrah riportò l'attenzione sul mago e gli comunicò la più straordinaria delle notizie: “La magia è libera, Merlino. Artù ha rimosso il bando da Camelot”.

Fu come un'esplosione, un boato di incredulità, gioia e gratitudine che scoppiò dentro di lui, propagandosi poi tutto intorno, come era successo pochi minuti prima. Senza fiato, con lacrime di felicità che gli rigavano il volto, cadde in ginocchio e rese grazie alla magia della terra, che gli rispose avvolgendolo in una calda spirale di aria e luce, come a volerlo proteggere. Rise allegro, quasi ebbro dall'energia che gli vorticava intorno, e la sua risata si infranse cristallina sull'erba, dando vita a centinaia di farfalle variopinte che si levarono festose verso il cielo.

Il drago sbuffò e scosse la testa quando alcune farfalle gli danzarono attorno al muso, rischiando di finirgli nelle narici. A quel buffo suono Merlino rialzò il viso a guardarlo e sgranò gli occhi stupefatto alla vista di ciò che aveva appena involontariamente creato. “S-scusa,” balbettò scuotendo la testa e arrossendo di imbarazzo, “sembra che la mia magia esploda senza controllo quando sono in preda a forti emozioni... mi è successo anche poco fa”.

Inaspettatamente Kilgharrah rise, un suon profondo e antico che fece vibrare l'aria intorno a loro, disperdendo le farfalle.

“Il potere della creazione è qualcosa di poderoso e rarissimo in un essere umano.” commentò una volta finito di ridere. “Non per niente si dice che tu sia il più potente stregone che abbia mai camminato sulla terra.”

L'elogio inaspettato lo fece sentire ancora più a disagio, e nel tentativo di alleggerire l'atmosfera commentò con una risatina: “Più che camminato io direi zoppicato...”

Il drago ridacchiò ancora e lo fissò con occhi scintillanti e orgogliosi.

“Un motivo in più perché ti porti io a destinazione... allora, Camelot?”

Merlino rifletté per un attimo e poi scosse la testa: “No, se non ti dispiace vorrei andare a Ealdor, vorrei vedere mia madre”.

“E allora la meta resta Camelot... lei vive lì adesso” replicò Kilgharrah con un'altra risatina.

Il mago spalancò occhi e bocca dallo stupore: “Mia... madre vive a Camelot?” chiese incredulo.

“È così, ma non so darti i dettagli,” fu la laconica risposta, “so solo che abita nella cittadella, sotto la protezione del re e della regina”.

Merlino inspirò a fondo, poi espirò, poi inspirò di nuovo... e sorrise: era tutto perfetto!

“A Camelot, allora” assentì raccogliendo il bastone e sentendosi carico di energia e aspettativa coma mai prima d'ora; la nostalgia di casa lo avvolse in un abbraccio dolce e doloroso al tempo stesso.

Si voltò verso Fionn, che era rimasto silenzioso e in disparte per tutto il tempo.

“Grazie per aver vegliato il mio sonno,” disse, avvertendo un leggero disagio vedendo il ragazzo sgranare gli occhi e arrossire di imbarazzo, “ti prego, porta i miei ringraziamenti al villaggio e dì a Iseldir che appena mi sarà possibile verrò di persona a salutarlo e ringraziarlo”.

“M-ma c-certo, cioè, grazie a t-te, è stato un vero onore poterti conoscere!” balbettò Fionn ormai talmente paonazzo da fare a gara col colore dei suoi capelli.

Merlino non poté fare altro che sorridergli con simpatia, e si rese conto che gli ricordava molto il sé stesso di qualche anno prima; poi si girò verso il drago e annuì: “Andiamo”.

Stava per iniziare ad arrampicarsi sulla sua schiena, quando la voce di Fionn lo richiamò: “A-aspetta, Emrys!”

Voltandosi vide che il ragazzo gli si era avvicinato e gli stava porgendo un fagotto di stoffa grigia.

“Ti prego, accetta questo dono da parte dei Druidi,” proseguì tendendogli l'oggetto e arrossendo di nuovo, “lo hanno fatto al villaggio apposta per te...”

Incuriosito il mago lo prese e dispiegandolo scoprì che era un mantello di lana, ma tessuto in maniera tale da creare una serie di arabeschi e spirali tono su tono, a volte un po' più chiari e a volte un po' più scuri, a seconda dell'angolazione della luce. Lo osservò affascinato, rigirandoselo tra le mani, e percepì chiaramente anche l'energia positiva di cui era infuso.

Con un groppo in gola si rivolse a Fionn, che lo stava ancora fissando in ansia, in attesa di una sua reazione, e gli sorrise con calore: “Grazie, è davvero bellissimo...”

Si interruppe e deglutì, per scongiurare un'ennesima esplosione di magia incontrollata, mentre il ragazzo si rilassava e rispondeva al sorriso.

Indossò il mantello, realizzando che gli calzava a pennello, e con un ultimo cenno del capo si congedò dal druido, inerpicandosi poi fin sulla groppa di Kilgharrah, non senza difficoltà a causa della gamba dolorante e del bastone da reggere.

Con un poderoso colpo d'ali il vecchio drago si innalzò rapido nel cielo, e Fionn li osservò emozionato mentre diventavano sempre più piccoli, fino a sparire all'orizzonte.

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Capitolo 10
*** Gaius ***


Capitolo 10 - Gaius


Camelot non gli era mai sembrata così bella.

Anche da quella distanza poteva scorgere gli abitanti che svolgevano le ultime attività, che riordinavano e si apprestavano a chiudere le botteghe; poteva quasi percepire la loro stanchezza e la loro soddisfazione, mentre il giorno volgeva al termine; le aste delle bandiere in cima alle torri riflettevano i raggi del sole, mandando bagliori che facevano sembrare il castello scintillante, come avvolto di magia.

Merlino emise un profondo sospiro e si voltò a guardare Kilgharrah fermo a pochi passi da lui.

“Quindi, questo è un addio?”

Le parole gli uscirono un po' roche, a causa di un nodo in gola che non voleva saperne di sciogliersi; all'inizio l'aveva attribuito all'aria fredda durante il volo, ma ora comprendeva che era causato dalla forte emozione di doversi separare di nuovo dal grande drago.

Deglutì a vuoto, non riuscendo ad aggiungere altro.

“Chi può dirlo... lo era anche le ultime due volte, eppure eccoci qui!”

Era una sua impressione, o anche dalla voce di Kilgharrah traspariva commozione?

Le parole ancora non arrivavano, quindi Merlino gli si avvicinò ed abbracciò la sua zampa destra, una lacrima traditrice che sfuggiva lungo la guancia.

Il drago gli circondò delicatamente la schiena con l'altra zampa e lo tenne qualche istante in quel bizzarro abbraccio.

“Va' ora,” brontolò infine spostando entrambe le zampe, “è ora che tu prenda il posto che meriti nel mondo”.

Il mago inspirò a fondo, asciugandosi velocemente il viso: “Non so se sono pronto...”

Kilgharrah rise e lo osservò con occhi scintillanti: “Certo che sei pronto, sei nato per questo, giovane mago!”

Scoppiò a ridere anche lui, pur con gli occhi ancora lucidi dall'emozione.

“Grazie.” rispose poi semplicemente. “Di tutto”.

Il drago annuì e gli indicò ancora la cittadella spostando muso.

“Cosa aspetti ancora? Il tuo futuro ti aspetta... hai avuto una seconda possibilità e sono certo che non la sprecherai.”

Sorridendo il giovane raccolse il bastone da terra, si raddrizzò e si volse verso casa.

Non disse addio né arrivederci, non ce n'era bisogno, si erano già detti tutto.

Fatti una decina di passi, avvertì il rumore del drago che si alzava in volo, e lo spostamento d'aria gli scompigliò i capelli, ma lui proseguì senza voltarsi.

* * *

Quando giunse all'ingresso della città bassa si fermò qualche istante a riposare: con la gamba in quelle condizioni ed il bastone ci aveva messo molto più tempo del previsto, ed il dolore sembrava essere aumentato con lo sforzo. Sarebbe stato così per il resto della sua vita? Probabilmente sì, ma rammentò a sé stesso che era il piccolo prezzo pagato per averla avuta di nuovo, una vita.

Mentre recuperava le forze, un'altra inquietudine si fece strada in lui: come avrebbe dovuto comportarsi con le persone? Sapevano cos'era e cosa aveva fatto? Questo il drago, ovviamente, non lo aveva detto. E se lo sapevano, come lo avrebbero accolto? Avrebbero avuto paura di lui? O al contrario, l'avrebbero visto come un eroe? Magari invece Artù aveva mantenuto il segreto, e quindi sarebbe stato tutto normale, come una volta... una parte di lui sperava che fosse così, data la sua indole tranquilla che non gradiva essere al centro dell'attenzione...

Sentendo di aver riposato abbastanza, prese un profondo respiro, raddrizzò le spalle e procedette. Non aveva senso procrastinare oltre.

Avanzò alla massima velocità consentitagli dalla gamba, procedendo con serena determinazione verso la sua meta: casa di Gaius. Durante il volo aveva rimuginato a lungo sulla sua prima destinazione, e benché il desiderio di presentarsi subito al re fosse molto forte, aveva preferito come prima cosa rivedere il suo vecchio mentore, così che potesse aggiornarlo sulla reale situazione della capitale e del regno. Non che non si fidasse delle parole di Kilgharrah e di Fionn, ma gli avevano dato solo informazioni generiche e lui aveva bisogno di ulteriori dettagli e conferme.

Cercò di passare inosservato tra i vicoli, evitando le strade più grandi e popolate. Quando capitava di incrociare qualcuno, per lo più non gli prestavano attenzione, presi com'erano dalle loro attività, ma due o tre volte, ad una seconda occhiata, colse degli sguardi di riconoscimento e di sorpresa.

Ma non di odio o rabbia pensò e questo lo rincuorò un poco.

In un'altra occasione vide chiaramente un uomo osservarlo e poi indicarlo alla donna accanto a lui. Era il fornaio? Non ne era sicuro da quella distanza, ma accelerò il passo stringendosi nel bavero del mantello e lasciandoseli alle spalle, mentre l'ansia immotivata tornava a torcergli lo stomaco.

Quando giunse alla porta di Gaius tirò un sospiro di sollievo e fece dei respiri profondi, poi bussò ed aprì senza attendere la risposta.

“Gaius?” chiamò esitante.

La scena che si presentò fu una sorta di deja-vu: Gaius in piedi al piano superiore della libreria, che si voltava di scatto, un'espressione di genuina sorpresa sul volto, e nel movimento improvviso perdeva l'equilibrio scivolando giù dal soppalco nell'esatto punto da cui era caduto tanti anni prima (anche perché, notò Merlino con sgomento, non avevano mai riparato quel pezzo di corrimano).

Questa volta il mago non fece neanche finta di spostare un mobile: con un solo sguardo bloccò la caduta del suo mentore a mezz'aria, e poi delicatamente lo fece scendere fino a terra.

“Non serviva precipitarsi a salutarmi!” esclamò con un enorme sorriso, ma il gioco di parole venne ignorato, dato che un secondo dopo Gaius lo stava già circondando in un caldo abbraccio, tra risa e lacrime; Merlino lo ricambiò subito, e la familiare sensazione di tenerezza e “casa” che lo avvolse strappò anche a lui dei singhiozzi commossi. Le fiamme delle candele si alzarono all'improvviso, danzando all'unisono con la gioia palpitante del mago, e lui si affrettò a riprendere il controllo con un tremolante respiro, mentre il medico si staccava da lui e lo guardava con gli occhi lucidi e quel sorriso carico di affetto che elargiva solo alle persone che gli erano davvero care.

“Merlino.” disse semplicemente restando a fissarlo, le mani ancora sulle sue spalle, come per assicurarsi che fosse realmente lì.

Sorridendo il giovane annuì per rassicurarlo.

“Cominciavo a temere che qualcosa fosse andato storto, con la storia del Faro,” sbottò poi l'altro, “e invece, beh... eccoti qui! Vivo e vegeto! Benedetto ragazzo, non sai quanto io sia felice!”

Risero ancora, perché la grande felicità che provavano entrambi aveva bisogno di manifestarsi, e un angolo della mente di Merlino registrò il fatto che Gaius fosse informato del Faro... bene, una cosa in meno che avrebbe dovuto spiegargli.

“Vieni, raccontami tutto. Hai fame?”

“In effetti, sto morendo di fame! Dopotutto non mangio da quattro mesi!” constatò ridendo nel raggiungere il tavolo.

“Ti preparo subito qualcosa!” esclamò Gaius in tono insolitamente allegro, poi notò l'incedere zoppicante dell'altro e si accigliò: “Che ti è successo alla gamba?” chiese subito con fare professionale.

Mentre si occupava della cena, Merlino gli raccontò per sommi capi la spiegazione del drago in merito.

“Beh, considerando che dovresti essere morto, direi che è un prezzo relativamente basso...” commentò il medico in modo pratico, senza distrarsi da ciò che stava mescolando in pentola.

“Infatti, è quello che penso anch'io,” concordò il mago con un sorriso, poi tornò serio e suo malgrado una lieve ansia trasparì dalla sua voce alla frase successiva: “Gaius, c'è una cosa che devo assolutamente sapere... Artù... ha rimosso il bando della magia?”

Il vecchio si voltò mettendogli davanti una ciotola di porridge fumante, e l'enorme sorriso sul suo volto era già di per sé una risposta.

“È una delle prime cose che ha fatto appena tornato” confermò quindi sedendosi accanto a lui e porgendogli un cucchiaio.

Merlino lo afferrò, ma il sollievo provato da quell'ultima conferma lo stava inondando come una dolce doccia di luce e calore, e avvertì di nuovo il pizzicore delle lacrime.

Le fiamme di tutte le candele ripresero ad agitarsi festose, in risposta al suo stato d'animo, e le foglie e i fiori che erano sul tavolo delle pozioni si sollevarono e iniziarono a volteggiare in delicate spirali.

Gaius si guardò attorno esterrefatto, ma prima che potesse dire qualcosa Merlino affondò il cucchiaio nella ciotola portandoselo alla bocca, riprendendo il controllo della sua magia e facendo tornare tutto alla normalità.

“Che cos'è stato?” domandò il medico puntandogli addosso uno sguardo interrogativo, con tanto di sopracciglio alzato.

“Niente.” biascicò lui con la bocca piena e la sua miglior aria innocente, poi per cambiare discorso mugolò di contentezza: “Mmmm, non sapete quanto mi sia mancato, è davvero la cosa più buona del mondo!”

“Oh, ora non esagerare!” rise il vecchio con leggero imbarazzo, agitando una mano, ma lo scopo di Merlino era raggiunto: al posto del cipiglio indagatore c'era ora una tenera espressione di affetto ed orgoglio nei suoi confronti.

Aveva mangiato solo poche cucchiaiate, quando la porta si aprì di colpo, con un tonfo sordo che li fece sobbalzare, ed il re di Camelot entrò nella stanza.

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Capitolo 11
*** Ritrovarsi (parte 1) ***


Capitolo 11 - Ritrovarsi (parte 1)


“Gaius...” Artù si bloccò subito vedendo Merlino.

I due uomini si alzarono in segno di rispetto verso il loro re ed il viso del medico si aprì in un grande sorriso: “È appena arrivato, Sire. Stavo giusto per venire ad avvertirvi”.

Il re annuì e fece qualche passo verso di loro, senza distogliere gli occhi dal mago.

“Ci ha pensato Ser Leon... ha detto di aver visto Merlino strisciare per i vicoli come un ladro nella notte.”

“Io non stavo strisciando nei vicoli!” obiettò Merlino accigliandosi, in tono leggermente offeso.

Un angolo della bocca di Artù si sollevò leggermente, nel tentativo di non ridere, ma poi si rivolse al medico: “Gaius, per favore, potresti lasciarci?”

“Ma certo,” replicò pronto, “mi sono appena ricordato che devo andare a raccogliere l'artemisia in fiore”, e con un leggero inchino si avviò alla porta, senza smettere di sorridere.

“Grazie”, gli disse semplicemente Artù mentre usciva.

Merlino represse a sua volta un sorriso per la bugia del suo mentore, dato che sapeva benissimo che l'artemisia non fioriva in quella stagione, poi inspirò a fondo, lottando contro l'ansia che all'improvviso gli attanagliava lo stomaco, perché nonostante tutto ciò che gli avevano detto Fionn, Kilgharrah e Gaius, il dubbio di non essere più il benvenuto non lo aveva mai abbandonato del tutto.

Si schiarì la voce e cercò di assumere un tono più spensierato possibile: “Per favore e grazie nella stessa frase? Siete proprio voi?”

Artù lo fissò intensamente per un secondo, poi lo raggiunse e inaspettatamente lo strinse in un caloroso abbraccio, che lui, dopo il primo istante di sorpresa, ricambiò timidamente.

“Sono felice che tu sia vivo, Merlino”, mormorò il re con voce rotta dall'emozione.

Tutti i dubbi si sciolsero all'istante e finalmente la consapevolezza del perdono e dell'accettazione lo pervase come un dolce calore.

“Grazie,” bisbigliò con un filo di voce, “ne sono felice anch'io”.

Le mani gli tremavano leggermente, mentre lottava per ricacciare indietro le lacrime e allo stesso tempo l'ondata di magia cristallina che voleva liberarsi per celebrare la sua gioia: non poteva permettersi scoppi di magia incontrollata in quel momento!

“Quindi non siete in collera con me?” domandò invece per un'ultima conferma, schiarendosi la voce.

Artù si staccò da lui ma tenne le mani appoggiate alle sue spalle, guardandolo con un misto di affetto, divertimento ed esasperazione.

“E per cosa? Perché mi hai salvato la vita, arrivando quasi a sacrificare la tua? Oppure perché hai sconfitto i Sassoni e protetto Camelot con la tua magia? Merlino, credo che nella nostra lingua non ci siano parole a sufficienza per esprimere la gratitudine che io e l'intero regno abbiamo nei tuoi confronti!”

Il mago abbassò lo sguardo imbarazzato: aveva sempre desiderato un riconoscimento per tutto ciò che aveva fatto negli anni, e ora che quel momento era arrivato, stranamente gli sembrava che la cosa non fosse poi così importante.

“Ma vi ho mentito per anni”, borbottò quindi per liberarsi anche dell'ultimo peso che gravava in fondo al suo animo.

Il re emise un sospiro di esasperazione e si sedette sulla sedia accanto alla sua, facendogli cenno di fare altrettanto. Solo quando Merlino fu a sua volta seduto, proseguì: “Vero. Hai omesso alcune informazioni che ti sarebbero valse una condanna a morte, nella vecchia Camelot”.

Fece una pausa ed il mago finalmente alzò gli occhi, incontrando il suo sguardo limpido. Artù sorrise: “Ma le cose ora sono cambiate”.

Merlino prese un profondo respiro e rispose al sorriso: “Sì, me l'hanno detto”.

Si bloccò sussultando, un'espressione ansiosa sul viso, perché si era ricordato solo in quel momento di una cosa importante.

“A proposito, grazie per aver acceso il Faro, i Druidi mi hanno detto che l'avete fatto personalmente... io, non so come ringraziarvi, davvero... non ero neanche sicuro che ve lo sareste ricordato, una volta sveglio...”

Artù scosse la testa e alzò una mano per fermare quel fiume di parole.

“Non devi ringraziarmi, era il minimo che potessi fare.” Gli sorrise di nuovo. “E di quello strano incontro mentre dormivo ricordo tutto, per esempio il fatto che mi davi del tu...” aggiunse sollevando un sopracciglio.

Merlino si sentì avvampare di vergogna, perché lui quel particolare l'aveva scordato.

“M-mi dispiace,” balbettò a disagio, senza sapere cosa poter dire per giustificarsi, “in quel luogo era tutto diverso... io... scusatemi”. Chinò il capo mortificato.

“No Merlino, non hai capito,” giunse la voce del re, che gli mise di nuovo una mano sulla spalla, un tocco che lui trovò rassicurante, “va bene, voglio dire... puoi farlo”.

Il mago sollevò la testa confuso e aggrottò la fronte: doveva aver capito male, sicuramente era uno scherzo!

Ma non c'era traccia di scherno nello sguardo di Artù, che sogghignò invece di fronte alla sua incredulità.

“Mi state prendendo in giro, vero?” domandò quindi Merlino mettendosi sulla difensiva, anche se una strana emozione stava iniziando ad agitarsi al suo interno.

Artù scosse la testa sorridendo e la sua risposta lo spiazzò: “No, affatto. Sei il mio più caro amico, il mio consigliere più fidato, e metterei la mia vita nelle tue mani senza esitazione... Direi che puoi lasciar stare la forma di rispetto, almeno quando siamo in privato.”

Il mago deglutì, lasciando che quell'emozione salisse dallo stomaco al cuore, e sentì gli occhi umidi: ecco, adesso sì che l'altro l'avrebbe deriso per bene! Ma non poté farci niente, le lacrime sfuggirono lungo le guance e gli si mozzò il fiato.

Prese un respiro tremulo, mentre l'aria attorno a lui sembrava diventare più calda e luminosa.

“Grazie,” disse asciugandosi frettolosamente il viso, “è un grande onore”. Non sapeva cos'altro dire.

Artù si ritrasse, con un lieve sorriso imbarazzato, ma di colpo la sua espressone mutò in sorpresa: le fiamme di tutte le candele si erano di nuovo alzate in una danza gioiosa, in risposta alla commozione di Merlino, e centinaia di scintille luminose turbinarono intorno a loro come a voler celebrare il momento.

“Ma cosa?” sbottò sgranando gli occhi.

“Scusate, credo sia colpa mia.” borbottò Merlino, dimenticandosi della concessione appena ottenuta e agitando le mani davanti a sé per disperdere le luci, che come mille lucciole fluttuarono via veloci e scomparvero negli angoli bui della stanza.

Avvertì chiaramente lo sguardo indagatore di Artù su di sé.

“Noi due avremo un sacco di cose di cui parlare”, disse infatti il re.

Merlino si schiarì la voce, ancora un po' in subbuglio, e si alzò. “Volete, cioè, vuoi dell'acqua?” chiese un po' impacciato. “Io ho bisogno di acqua, decisamente.”

Non attese risposta e zoppicò fino all'altro tavolo.

“Che hai fatto alla gamba?” chiese Artù mentre lui tornava con la brocca.

“È il prezzo pagato per essere potuto tornare in vita”, spiegò concisamente con una scrollata di spalle. Versò acqua per entrambi.

“Ma guarirai?” domandò ancora il re prendendo il bicchiere.

Il mago bevve e scosse la testa. “No, è un genere di ferita per cui non c'è cura” sospirò.

Vedendo la ruga di preoccupazione sul volto dell'altro si sentì in dovere di aggiungere: “Ma non preoccuparti, riuscirò comunque a svolgere i miei compiti, in un modo o nell'altro”.

Artù scosse la testa: “Questo non è un problema, non ti avrei ripreso comunque al mio servizio”.

Un gelo improvviso si impadronì dello stomaco del mago.

Alla fine la sua paura più grande era diventata realtà: Artù non lo voleva più al suo fianco.


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NOTA DELL'AUTRICE
Ok, ok, non uccidetemi!!
All'inizio non volevo troncarlo così di brutto, doveva essere un capitolo unico col prossimo, ma si stava allungando più del dovuto e avreste aspettato ancora di più, così ho preferito pubblicare intanto la prima parte (che attendevate con ansia) e prometto che arriverà la seconda entro fine mese.
Grazie della pazienza! ^_^

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Capitolo 12
*** Ritrovarsi (parte 2) ***


Capitolo 12 - Ritrovarsi (parte 2)


Merlino finì di bere con deliberata calma, per soffocare la cocente delusione, e infine parlò con un filo di voce: “Certo, capisco...”

Artù sogghignò: conosceva Merlino così bene da essere quasi certo di cosa gli passasse per la testa.

“No, di nuovo credo che tu non capisca affatto... Vedi, non sarebbe opportuno per un membro del Consiglio essere anche il servitore del re.”

Ci volle qualche secondo perché Merlino realizzasse ciò che il re aveva detto. Lo guardò con occhi e bocca spalancati, cosa che strappò all'altro un'altra risatina.

“Ma... io non sono un membro del Consiglio!” fu l'unica cosa che riuscì a dire, la mente in leggero stato confusionale. Ma di cosa stava parlando? Possibile che...?

Lo sguardo che Artù gli rivolse gli ricordò quello affettuoso e paziente di un genitore che si appresta a spiegare qualcosa a un figlio un po' duro di comprendonio.

“Esatto, non lo sei, ancora. Ma lo sarai non appena avrò formalizzato la tua nomina.”

Gli sorrise in attesa e Merlino sentì improvvisamente il bisogno di respirare aria fresca, stavano accadendo troppe cose e troppo in fretta, e lui doveva metabolizzare il tutto.

“Ma... a che titolo? Come medico c'è già Gaius, e io non sono certo un cavaliere...”

Si odiò per il tono incerto con cui gli stavano uscendo le parole.

Sempre sorridendo Artù accantonò l'obiezione con un gesto della mano. “Ne ho già discusso con Gaius e Geoffrey: esisteva un ruolo a corte, prima della grande epurazione; si chiamava Stregone Reale o qualcosa del genere.”

La sensazione fu strana. A Merlino sembrò di sentire nella sua mente il rumore di qualcosa che scattava, fu come percepire l'ultimo tassello, che formava il mosaico della sua vita, andarsi finalmente ad incastrare al suo posto, rendendolo completo e perfetto. Non si rese conto di aver ricominciato a piangere finché non sentì la mano di Artù di nuovo sulla spalla.

“Io... non so cosa dire”, mormorò con voce roca, asciugandosi in fretta la faccia.

“Beh, basta che tu dica se accetti.”

Lo guardò e si mise a ridere: “E me lo chiedi? Sarebbe da idioti rifiutare un'offerta del genere!”

“In realtà non è tutto: ti vorrei anche come mio consigliere personale... in pratica tornerai a fare esattamente quello che facevi prima, solo che potrai farlo alla luce del sole, e senza dovermi lucidare l'armatura o rifare il letto.”

Gli strizzò l'occhio e Merlino alzò gli occhi al cielo.

In quel momento si udirono delle voci appena fuori dalla porta.

“Ma, mia signora...”

“Non m'importa Gaius! Artù ha avuto tutto il tempo per salutarlo, ci sono altre persone che non vedono l'ora di riabbracciarlo!”

Un secondo dopo Ginevra spalancò la porta ed entrò; un sorriso radioso le illuminò il viso alla vista di Merlino e corse subito da lui, stringendolo in un abbraccio affettuoso non appena si fu alzato.

Dietro di lei veniva il medico, che lanciò al suo re uno sguardo di scusa, ma Artù gli comunicò con un cenno del capo che non c'era problema.

E ancora dietro c'era... Merlino ebbe un tuffo al cuore alla vista di sua madre, che a sua volta lo raggiunse e lo abbracciò piangendo.

Si staccò da lei con un groppo in gola. “Ma guardati! Sei bellissima! Sembra che tu viva a corte da sempre!” Aveva riconosciuto uno dei vecchi abiti viola di Gwen.

Hunith sorrise, lisciandosi un po' il vestito. “Il re e la regina sono stati molto generosi. E spesso mi sembra di non fare abbastanza e di non meritarlo.”

Gwen la prese sottobraccio: “Ma scherzi? Sei la mia dama di compagnia ed è un incarico impegnativo e di tutto rispetto!”

Merlino rise, lacrime di gioia che scorrevano ormai libere, ma non gli importava! Le quattro persone a cui voleva più bene al mondo erano lì con lui, per lui: l'Universo era finalmente in ordine, come avrebbe sempre dovuto essere. Gli sembrava quasi di sentirlo respirare attraverso di sé e la sua magia.

“A proposito di vestiti...” Artù spezzò il momento e lo squadrò da capo a piedi. “Dovrai rivedere il tuo guardaroba per essere consono al tuo nuovo incarico.”

Il mago raddrizzò le spalle e si accigliò. “Che hanno che non va i miei abiti?”

“Stai scherzando, vero? Erano a malapena adeguati per un servo, sono del tutto inappropriati per un consigliere reale.”

“Beh, dovranno diventarlo, non ho altri vestiti...” Allargò le braccia come a rendere più evidente la cosa.

Artù sbuffò ed alzò gli occhi al cielo. “E allora valli a comprare!”

“E con quali soldi? Forse dimentichi che sono appena ritornato dalla morte!”

Il re aprì la bocca pronto a ribattere, quando Ginevra si intromise trattenendo a stento le risa. “Merlino, vai da Gustav, il sarto, digli che ti mando io e di mettere tutto in conto alla corona”

“Cosa?” esclamò Artù guardandola con disappunto.

Gwen sostenne lo sguardo sollevando le sopracciglia.

Alla fine fece una smorfia e sbuffò. “Certo, va bene, ma niente di troppo costoso o stravagante.”

Merlino sorrise. “No tranquillo, niente cappelli con le piume, promesso!”

Suo malgrado Artù rispose al sorriso. “Quella non me la perdonerai mai, vero?”

“Mai”, confermò l’altro con un ghigno.

Gaius accanto a loro emise un basso sospiro di contentezza e si strofinò le mani. “Bene, ora resta solo da trovarti un posto dove dormire.”

Il sorriso di Merlino vacillò. “Credevo che sarei tornato nella mia vecchia stanza... Non mi volete più con voi?”

“Certo che ti vorrei, mio caro ragazzo, ma lì ci dorme tua madre adesso.”

“Troverò un altro posto, tesoro,” si affrettò a dire Hunith, “puoi riavere il tuo letto”.

Gli accarezzò una guancia con quella tenerezza e premura che solo una madre riesce ad esprimere; Merlino la guardò con un groppo in gola e scosse la testa con decisione.

“Assolutamente no! È la tua camera ora... io posso adattarmi sulla brandina dei pazienti o prepararmi un giaciglio per terra... dopotutto ho dormito sulla nuda roccia per quattro mesi!”

Il re sbuffò con finto disappunto. “Stai ancora ragionando come un servo, Merlino. Dirò a George di prepararti una stanza di sopra.”

“Ma non è necessario…” obiettò lui, venendo subito bloccato da una mano alzata.

“Invece sì, lo è.” tagliò corto Artù in tono secco. “E spero che tu non abbia intenzione da ora in avanti di contraddire ogni singola cosa io dica!”

Il mago batté le palpebre sorpreso, ma intravide una luce divertita negli occhi dell'altro, così si atteggiò a servitore deferente. “Assolutamente no, sire, cosa ve lo fa pensare?”

Un lato della bocca di re si sollevò leggermente. “Oh, e già che ci siamo, un'altra cosa: che ne dite di cenare tutti insieme più tardi?”

A Merlino non sfuggì lo sguardo di approvazione di Gwen a quelle parole.

“Sarà un onore, sire” rispose Gaius a nome di tutti con un leggero cenno del capo.

“Molto bene allora,” sospirò Artù, stavolta con un sorriso aperto, “ci vediamo al tramonto nella sala dei banchetti.”

Hunith toccò appena la manica di Gwen per attirare la sua attenzione. “Mia signora, se non è un problema io rimarrei un po' qui con loro.”

“Ma certo! Ci vediamo dopo!” fu l'immediata risposta.

Merlino osservò i sovrani di Camelot mentre uscivano e poi si risedette con un sospiro appagato, cercando di dare un senso alla marea di emozioni che l'avevano travolto negli ultimi minuti.

“Merlino,” la voce gentile di Gaius richiamò la sua attenzione, “non ho potuto fare a meno di notare che stavi dando del tu al re...”

Il mago arrossì e sorrise imbarazzato: “Sì, ehm, è stato lui a darmi il permesso...”

Il medico alzò un sopracciglio, ma non appariva per nulla sorpreso. “Allora puoi farlo anche con me, non sono di sicuro più in alto di Artù.”

Lo sguardo carico di affetto del suo mentore lo portò per l'ennesima volta quel giorno sull'orlo delle lacrime, così si limitò ad annuire e sorridere, mentre sua madre gli stringeva la mano con orgoglio.

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Capitolo 13
*** Casa ***


Capitolo 13 - Casa


“Ma dove si è cacciato Merlino?” sbottò Artù rivolto a nessuno in particolare.

Il sole era ormai basso sull'orizzonte, Gaius e Hunith erano arrivati da un po', la cena era pronta per essere servita, ma del mago nessuna traccia.

“Volete che vada a chiamarlo, sire?” chiese George con quel suo tono eccessivamente ossequioso che il re non sopportava.

“Forse è il caso... Anzi no, lascia stare,” disse Artù alzandosi, “ci penso io.”

George restò impalato sul posto mentre il suo re lo superava ed usciva.

Camminando a passo svelto per corridoi e scale, Artù cercò di auto-convincersi di essere irritato con Merlino, ma dentro di sé sapeva benissimo che non era così. La felicità di averlo di nuovo sano e salvo al castello superava di gran lunga qualsiasi altra emozione... questo però l'altro non doveva saperlo, anche se temeva che lo sospettasse... si conoscevano troppo bene e da troppo tempo ormai per potersi nascondere qualcosa. E andava bene così. Sorrise.

Giunto alla camera assegnata al mago bussò e stranamente attese, ma non ricevendo risposta aprì ed entrò. La stanza appariva deserta, nel caminetto il fuoco languiva, le coperte sul letto risultavano appena smosse.

“Merlino?” chiamò per sicurezza, ma ovviamente non rispose nessuno.

Uscì, si richiuse la porta alle spalle e si guardò intorno con la fronte corrugata: dove accidenti poteva essere?

* * *

Lo trovò diversi minuti dopo, appoggiato al parapetto del camminamento superiore, il viso rivolto alla cittadella sottostante e al sole morente oltre la foresta.

Indossava un mantello grigio che non gli aveva mai visto, tutto decorato a spirali e ghirigori: non serviva essere un mago o un druido per capire che aveva qualcosa di magico. E poi mi faceva storie sui vestiti nuovi?

“Eccoti finalmente!” esclamò Artù avvicinandosi, ma l'altro sembrò non sentirlo.

Notò che aveva lo sguardo perso all'orizzonte, illuminato da quella calda luce dorata di quando utilizzava la magia.

“Merlino?”

Il mago batté più volte le palpebre e si riscosse, gli occhi tornarono al loro solito colore. “Artù?”

Lo guardò stranito, poi si accorse del sole quasi tramontato. “Accidenti, è già così tardi? Scusa, non me ne ero accorto...”

Il re si appoggiò a sua volta al muro, ma dando le spalle al paesaggio e rivolgendosi invece a Merlino. “Che ci fai qui? La stanza non è di tuo gradimento?”

La reazione fu un sorriso imbarazzato... Artù sogghignò: sapeva benissimo che non era così, ma la voglia di stuzzicarlo era più forte di lui.

“Tutt'altro! È la camera più lussuosa che abbia mai avuto in tutta la vita!” fu infatti la sincera risposta del mago, “Volevo solo prendere una boccata d'aria e stavo...” si interruppe, come se non fosse certo di poter proseguire.

“Stavi cosa?” insistette Artù, ora incuriosito. E, si rese conto, anche leggermente infastidito: non voleva che ci fossero più segreti tra loro.

L'espressione di Merlino si addolcì e sorrise. “Stavo ascoltando la magia di Camelot, ed è meravigliosa!”

Il re aggrottò la fronte. “Non credo ci sia così tanta magia qui.”

“Oh, al contrario, è ovunque! Anche in questo momento!” Socchiuse appena gli occhi, come in ascolto. “Un falegname che solleva un grosso tronco, che altrimenti da solo non avrebbe potuto... una madre che canta una ninna nanna al figlio e gli dà sollievo per il mal di denti...”

Sospirò e lo guardò serio, come se stesse per rivelargli qualcosa di davvero importante. “È a questo che serve la magia, a servire ed aiutare, non a combattere e sottomettere. Nelle mani di persone buone, nella quotidianità, può davvero migliorare le cose per tutti.”

Il re di Camelot prese un profondo respiro, perché quelle parole gli risuonarono nel profondo come vere e giuste. Per un attimo infinitesimale gli sembrò di scorgere il saggio e potente stregone che si celava sotto le umili vesti del suo migliore amico.

Si girò completamente verso di lui. “Ed è proprio per questo che ho bisogno di te al mio fianco, per riconoscere e fermare in tempo chi dovesse farne un uso scorretto.”

Merlino annuì con un leggero sorriso.

“Ma non credere che sarà tutto rose e fiori,” proseguì Artù, “non tutti i membri del Consiglio erano d'accordo con la mia decisione, anzi i più anziani, e più fedeli a mio padre aggiungerei, erano fermamente contrari.”

Anche Merlino si voltò verso di lui, incrociò le braccia e inclinò leggermente la testa. “Ma questo non ti ha fermato.”

“No, per fortuna erano in netta minoranza, ma temo che potrebbero renderti la vita difficile, una volta che sarai nel Consiglio.” Lo disse con sincera preoccupazione, e si stupì nel vederlo reagire con uno sbuffo e una scrollata di spalle.

“È tutta la vita che combatto contro ostilità e pregiudizi, non mi farò certo scoraggiare adesso!” Un sorriso luminoso gli apparve in volto, carico di speranza e determinazione.

Il re non poté non rispondere al sorriso. “Di sicuro non possiamo convincerli a parole che questo è il mondo migliore che potremmo avere, ma possiamo dimostrarglielo giorno dopo giorno, coi fatti.”

Il mago annuì. “Esatto. Il futuro che vedo ora è molto più di quello che avrei mai potuto sperare per Camelot, e finalmente sento di poterla chiamare davvero 'casa'...” la voce gli si incrinò e si interruppe con gli occhi lucidi.

Anche Artù avvertì un groppo in gola, pericolosamente vicino alla commozione, così si schiarì la voce e si avviò verso le scale. “Andiamo, prima che Gwen, Gaius e tua madre mandino George a cercarci!”

“Non sia mai!” rise Merlino seguendolo.

 

THE END


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ANGOLO AUTRICE

Bene, eccoci giunti alla fine di quest'avventura!

Ci tenevo a pubblicare oggi l'ultimo capitolo, dato che è il mio compleanno, come mio regalo per voi.

Ringrazio infinitamente tutti coloro che mi hanno seguita in questi mesi, ed in particolare OrnyWinchester, AndyWin24 e susiguci che mi supportano (e sopportano) dal primo capitolo.

Terminata una storia comunque ne inizia un'altra, e difatti ho già svariate idee per la testa, devo solo decidere su quale concentrarmi... a questo proposito volevo fare un piccolo sondaggio tra voi fan di Merlin che mi leggete:

  1. preferite storie canon o AU (merthur in particolare)?

  2. al tempo di Camelot o in tempi moderni?

  3. fluffy o rating rosso?

Su, non siate timidi! (ma potete anche rispondermi in privato).

In base alle vostre risposte deciderò quale progetto portare avanti per primo...

Grazie ancora, e sappiate che siete importanti, le storie non avrebbero senso senza i loro lettori!

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