The blue bus driver

di Kikkagar95
(/viewuser.php?uid=1250356)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


15 aprile 2016

Oh, no. Cavolo.

BUM.

Mi ritrovo con il sedere per terra con una montagna di abiti addosso; ma da dove diavolo saltano fuori(?), non mi ricordavo tutto questo gran casino. Saranno più di 15 anni che qualcuno non scende in questo scantinato, fin quando mia madre non mi ha chiesto di darle una mano per l’imminente trasloco.

Mi chiamo Elene e ho passato la maggior parte della mia vita in questa casa insieme a mia madre, mio padre e i miei due fratelli; e sono sposata da 9 anni con un uomo meraviglioso, Michael..l’unico uomo testardo che è stato capace di farmi innamorare nuovamente di qualcuno..lui.

Mi rialzo dandomi una veloce spolverata e decido di cacciare fuori gli altri abiti rimanenti nell’armadio; in fondo noto uno scatolone completamente sigillato con dello scotch, sopra una scritta a caratteri cubitali con un pennarello nero indelebile “RICORDI”. Non ricordavo una cosa del genere..sarei molto tentata di aprirlo, ma mi ritrovo a sollevare lo sguardo e l’enorme montagna di vestiti mi riporta alla realtà e, quindi, è il momento di rimboccarmi le maniche..guarderò più tardi.

**

Cavolo, sono distrutta. Non pensavo fosse così faticoso, credo che la prossima volta ci penserò due volte prima di offrirmi a fare una cosa del genere..anche se devo dire che il risultato è appagante! Prendo il famoso scatolone e corro di sopra nella mia vecchia camera, la curiosità mi sta divorando..riesco ad aprirlo aiutandomi con un coltello da cucina, e quando vedo il contenuto quasi non ci credo: giornali, vecchi quaderni di scuola, la mia tesina di maturità e, in fondo, un quaderno con la copertina londinese con su scritto “BLUE BUS DRIVERS: I’LL ALWAYS REMEMBER YOU”. Non ci credo, questo davvero l’avevo dimenticato..risale al mio ultimo anno di liceo e contiene lettere, scritte, foto e tutto ciò che ha a che vedere con quelle persone stupende che hanno avuto il fegato di sopportarmi per ben 5 anni: gli autisti. Poi da un certo punto questo quaderno è dedicato all’infatuazione, o forse all’amore, che non ho mai dimenticato..Peter. Un amore maledettamente sbagliato, in ogni sua forma, ma un amore che ancora oggi, a 36 anni suonati, soltanto a leggere quel nome mi provoca brividi dietro la schiena e mi colora le guance. Starete, forse, pensando che sono una stronza, sono sposata e non dovrebbe nemmeno sfiorarmi il pensiero di un altro uomo..e forse avete anche ragione. Ma come si dice(?): il primo amore non si scorda mai!

Mi guardo intorno e un sorriso compare sulle mie labbra..sono da sola e con tanto tempo a disposizione; e a dirla tutta non mi dispiacerebbe tornare adolescente per un po’. Su, facciamo questo tuffo nel passato..

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Giro le pagine, e ognuna è dedicata ad uno di loro..ci sono foto, pensieri, ricordi dei giorni passati insieme. Sapevo che non sarei mai riuscita a dimenticarli, per tutto ciò che hanno fatto per me: Joseph, Màrio, Michael, Vincent, Peter..le persone più meravigliose di questo mondo, che mi sono stati accanto nei momenti belli, ma soprattutto brutti di quegli anni. Inizialmente andavo a salutarli nelle feste, come ero solita fare..poi col tempo mi sono trasferita per lavoro in un’altra città e ho perso i contatti, anche se sono costantemente nel mio cuore. Già, dopo tutti questi anni non sono riusciti ad uscirne. Ricordo ogni momento passato con loro, specialmente con chi sarebbe diventato poi quel mio primo amore; se ripenso a tutto ciò che ho fatto e a quante cavolate ho detto a mia madre pur di passare una ‘misera’ ma, per noi, maledettamente importante ora. Già solo un’ora..fatta di amore, passione, ma anche litigi e incomprensioni. Era (è) un tipo molto particolare. Ci dividevano 18 anni di differenza e, purtroppo per me, era sposato. Inizialmente mi sentivo uno schifo per la situazione che si era creata e forse è stato anche questo motivo principale della nostra rottura. Ci siamo amati per due anni, fino ad allontanarci senza che ce ne accorgessimo e a perdere definitivamente i contatti.

Rileggendo questa specie di diario mi sembra come se il tempo si fosse fermato in quei momenti..

***

21 dicembre 1998

-Elene, muoviti che altrimenti va via-

-Arrivo, un momento!-

Ed eccoci di nuovo qui, io e la mia migliore amica Marianne, appena uscite da scuola che corriamo come pazze per arrivare in tempo al deposito dei pullman prima che il ragazzo (nonché autista), di cui Marianne si è presa una bella cotta, vada via.

Frequentiamo il quarto anno della ‘Kennedy High School’ ed oggi è l’ultimo giorno prima delle feste di Natale e ci è venuta la brillante idea di andare a salutare le persone che ogni giorno dell’anno scolastico ci prendono e poi riaccompagnano a casa e ci sopportano più di chiunque altro: gli autisti. C’è da dire che alla sottoscritta non è mai importato più di tanto di loro, sono stata sempre una ragazza taciturna e sulle sue, mi sedevo lontana dalla confusione che puo’ esserci negli ultimi posti sui pullman scolastici e lontana dalle tipe perfettine che occupavano i primi posti..diciamo che preferivo una posizione più centrale, e gli autisti erano, semplicemente, delle persone con cui scambiavo un ‘buongiorno’ e un ‘arrivederci’, a differenza di Marianne, che aveva un rapporto splendido con la maggior parte di loro. Ma quel giorno dovetti ricredermi anch’io..

-Pronta?..Buongiorno!- Marianne bussa alla porta ed entra tranquillamente dopo il consenso del capo-autista, il signor Joseph.

-Buongiorno, signorine. E tu come ti chiami?-

Io rimango pietrificata sulla porta, con tutti gli occhi puntati verso di me..il signor Joseph, Michael, Phil, Joseph e Màrio. Rossa come un peperone.

-Lei è un’amica, Elene.- salvata in calcio d’angolo da Marianne.

-Ah, che bel nome!- Phil mi sorride

-Sì, grazie. Vi lasciamo in pace un po’, visto che ci sono le vacanze di Natale. Quindi abbiamo pensato di venire a salutarvi..-

-Avete fatto bene. Ma..non state in piedi, accomodatevi.- Non ce lo facciamo ripetere due volte: Marianne si siede vicino a Joseph, io mi accomodo su una poltroncina vicino a Michael, un bel ragazzone sulla trentina. Parlano del loro lavoro, senza che io capisca qualcosa, quando all’improvviso entra un ragazzo di un bar vicino con una scatola di quei panettoni dove all’interno c’è anche una bottiglia di spumante..un regalo di Natale dell’amico barman per gli autisti.

Il signor Joseph ringrazia ed apre lo scatolo e Phil ce ne offre una fetta con un bicchierino di spumante, molto buono! Siamo intenti a scherzare e a fare battutine mentre il signor Joseph è concentrato sullo schermo del suo computer per mandare delle cartoline di Natale..ma pare senza riuscirci granchè.

-Signorina Marianne, ma tu sai usare il computer?-

-Certo, le cose basilari..-

-E vieni un po’ ad aiutarmi; non ci riesco proprio. Troppa tecnologia, non sono abituato.-

Si alza dalla sua poltrona girevole nera lasciando accomodare Marianne. Tutti intenti a prenderla in giro quando vedo che, all’improvviso, diventa seria e paonazza in viso.

-Buongiorno! Aeh, capo..non potevate scegliere una persona più competente da far sedere sulla vostra poltrona(?)-

E chi poteva essere?

Con quel suo sorriso da ebete entra dalla porta Vincent, la famosa cotta di Marianne. O come lo chiamo io: il nano 45enne con le cuffie. Vi state chiedendo perché? Beh, semplice. Non è abbastanza alto, dice di avere 45 anni (quando ne ha solo 35) e porta sempre, o quasi, le cuffiette del cellulare. Capelli neri e a spazzola.

-Più di te, sicuramente! Ma se sei così sicuro di te..accomodati!-

-Ma figurati. Attenta a non far bloccare il computer, piuttosto.-

-..Ecco, ha parlato! I fatti tuoi mai, giusto?-

Forse una coincidenza, ma cavolo, davvero le si è bloccato il computer. E io e Michael che dalla poltroncina ce la ridevamo. Adoro i loro continui battibecchi, adoro loro.

-Vincent non pensarci. Bevi un bicchiere di spumantino..- Phil gli offre il bicchiere.

-Elene sblocca ‘sto coso, altrimenti lo faccio volare giù per la finestra!-

Marianne si alza e lascia a me il posto.

-Di male in peggio..- dire che lo fulminai con lo sguardo è poco. –Ma perché invece di fare le splendide vicino al computer, che non siete capaci, non mi lavate un po’ la macchina? Così evito di pagare al ragazzo dell’autolavaggio.-

-Ma paghi noi..di certo non lo facciamo gratis.-

-Dieci euro tutte e due.-

-Dieci euro?- Phil si intromette nel discorso..

-Troppo, vero? Facciamo cinque e non se ne parla più!-

-Ma che simpatico!-

E andiamo così avanti per tanto tempo, fino a mezzogiorno. Phil ha il turno per la stazione di Arpa, un paese vicino, e ci chiede un po’ di compagnia a me e Marianne. Noi abbiamo accettato volentieri, anche perché ci era simpatico e il nostro pullman non partiva prima delle due.

*

-Siamo già alla quarta macchina, è davvero una persecuzione!-

Siamo nel pullman con Phil e, come sempre, Marianne conta quante macchine vede uguali a quella di Vincent.

-Devo prendermi anche io quella macchina, a tutti i costi.-

-Ma ti piace qualcuno che ce l’ha?-

-No!-

-Che macchina è?-

-E non posso dirtelo, Phil. Si capirebbe..-

-Dai, dimmelo. Io tengo la bocca chiusa.-

-Ehmm..ce l’ha un tuo collega. Che, preciso, non sopporto!-

-Chi è Vincent? Ti piace proprio, allora.-

In quel momento io e Marianne ci guardiamo negli occhi, in silenzio. Se la conosco bene, in quel momento sarebbe voluta essere volentieri uno struzzo..con la testa sotto la sabbia senza vedere, né sentire nessuno.

-Ma no! A me non piace lui.-

-E chi ti piace al deposito, dai?-

-A me non piace nessuno..è Elene che si è presa una cotta per un’autista.-

La fulmino con lo sguardo, chiedendomi come non prendesse fuoco..

-Davvero?-

-Sì. Peter, vero?- Marianne mi guarda con sguardo complice..

-Certo! Il mio cuore batte solo per lui, oramai. Non esistono altri uomini..-

Inizio ad improvvisare..cosa non si fa per un’amica in difficoltà?

Il bello era che non ce l’ho proprio presente questo Peter, lo ricordo vagamente, forse l'ho visto un paio di volte. Ricordo solo che è un tipo molto simpatico..

-Wow..allora dopo ti faccio parlare con lui, dai. Lo chiamiamo così gli dai gli auguri per Natale, così non ci resta male.-

-Certo, perché no?-

Povera incoscienza mia..ma come potevo pensare che l'avrebbe fatto davvero?

Appena arrivati nel parcheggio dei pullman Phil prende il telefono e mi cade l'occhio sulla scritta ''inoltro di chiamata a Peter''..oh santa pupazza, ora sono io che voglio essere uno struzzo!

-Peter, che si dice? Dove sei?..no, perché c’è una ragazza che vuole parlare con te.-

Phil mette in vivavoce e mi incita a parlare..dopo secondi di silenzio l'unica cosa intelligente che mi viene da dire è:

-PETER, SIAMO ELENE E MARIANNE..-

-E allora?-

Figura di merda. Figura di merda. Figura di merda.

-Cosa c’è?-

-E niente..così. Phil cosa cazzo gli devo dire(?)-

Di tutta risposta Phil mi ride in faccia, toglie il vivavoce e continua a parlare lui scherzando.

Voglio finire 5 metri sottoterra..mi sento tremendamente imbarazzata.

Dopo un po’ Phil chiude la chiamata e, siccome stanno cominciando ad arrivare i pullman, io e Marianne saltiamo da un pullman all'altro per fare gli auguri per il Natale..dopo Phil seguono Michael, Màrio, zio Felix, poi Vincent e Joseph. Infine Juan che si trova sul nostro pullman.

Tornata a casa, ringraziai che quella giornata (scolastica) fosse finita, e che sarei ritornata dopo 20 giorni quando tutto sarebbe stato dimenticato. Anche se non era così semplice come pensavo..

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Ecco, si ricomincia con la scuola. Cavolo non ne ho proprio voglia!

Questi 20 giorni sono stati una pacchia, tra feste con gli amici e cene con i parenti..in questo momento vorrei tanto stare sotto un piumone al caldo, e invece sono qui al freddo ad aspettare un pullman. Speriamo non ci sia Peter, non riuscirei a guardarlo negli occhi dopo la tremenda figuraccia dell’ultima volta! Quel pomeriggio chiesi a Marianne di farmi vedere una sua foto, giusto per capire di chi sarei stata cotta..beh, niente da dire. Un bell’uomo di 36 anni, con i capelli castano chiaro e occhi verdi che nel tempo libero si cimenta nella professione di dj alla feste.

Oh, finalmente il pullman..yeah, ma che fortuna sfacciata che ho! C’è Peter! Che Dio me la mandi buona!

-Buongiorno.-

-Ciao Elene..hai il biglietto?-

-Abbonamento. Faccio vedere?-

-No, tranquilla!-

Sorrido cordialmente e vado a sedermi al ‘solito posto’..ovvero in posizione centrale. Neanche il tempo di sedermi che mi squilla il cellulare, Marianne. La mattina non prendiamo lo stesso pullman, lei prende il ‘7’ che passa per il paese e io il ‘3’ che passa per la nazionale (dove io abito) quindi ci sentiamo per telefono..

-Pronto?-

-Ciao tesoro come va?-

-Tutto bene, tu?-

-Bene, bene. Chi c’è sul 3?-

-Colui per il quale ti ucciderò non appena arrivo a scuola..sul 7?-

-NO! PETER?- quasi mi perfora il timpano..

-Sì.-

-Comunque c’è Joseph. Dopo devi raccontarmi tutto. Un bacio!-

-Ma amore non c’è nien..- non faccio in tempo a finire di parlare che Marianne stacca la chiamata. Alzo lo sguardo e vedo dallo specchietto che Peter guarda. Mi giro dietro ma non c’è nessuno, apparte me.

-Litigato con il fidanzato?-

-Per niente, anche perché non ce l’ho..-

-Ah..ho sentito ‘amore’. Ma che fai là? Vieni avanti.-

-Io?-

-E chi? Stai solo tu. Vieni a sederti qui.-

Effettivamente..che domanda stupida!

Faccio come mi dice e vado a sedermi avanti..-allora, tutto apposto?-

-No.Voglio tornare a casa!-

-Eh..magari ancora a letto, al caldo.-

-Bravo, hai capito tutto!!-

-Ma allora com’è ‘sto fatto che io..-

Mi squilla il telefono..tempismo perfetto!

-Scusa un secondo.-

Deliah, l’altra mia amica. Io, lei e Marianne siamo inseparabili. Mi tiene al telefono tutto il tempo restante del tragitto, quindi sono costretta (quando scendo) a fare uno sguardo di scuse a Peter.

-Ciao.-

-Eh, ciao..-

Chissà cosa stava per dirmi..bah, vabeh entriamo và! Che ho 6 professori, ora da sopportare e da cercare di seguire.

**

Finalmente anche questa giornata è andata!

Io e Marianne ci affrettiamo a salutare le altre ragazze e Deliah e ci affrettiamo per tornare a casa. Arriviamo al deposito e, all’improvviso, esce Joseph

-JOSEPH, scusa qual è il nostro pullman?-

-Questo qui, Ele. Venite.-

-Grazie.-

Joseph lo adoro. E’ come un padre, per me. Dà sempre ottimi consigli e quando stai per fare una cavolata ti fa ragionare. Mi fido di lui e gli racconto tutto quello che mi succede. E di consueto gli racconto anche lo scherzo a Peter, non dando tanto peso alla presenza di due ragazze: Myriam ed Elizabeth. Le ragazze più antipatiche e presuntuose del pianeta, e a mio avviso anche ‘sorde’, visto che appena dico la frase “mi piaceva Peter’’ iniziano a guardarmi e ridere. Ma faccio finta di niente, continuando a scherzare con Joseph fino al mio arrivo a casa.

Nei giorni a seguire non vidi più Peter in giro, venendo poi a scoprire da Joseph che era in trasferta.

**

E’ passato un mese e Marianne oggi a scuola mi ha avvisato che sul ‘7’ c’è Peter. Mi faceva piacere rivederlo, ma poi ne è valsa la pena per come è finita?

Come sempre abbiamo preso il pullman al deposito, questa volta sono salite anche Myriam ed Elizabeth e appena hanno visto che c’era Peter, hanno cominciato a ridere e ad indicarmi. Ma non mi importa più di tanto, dove poi ci sono rimasta davvero male è stato quando anche Peter ha iniziato a prendersi gioco di me e a ridere con loro. Ho sopportato, ma fino ad un certo punto..

-Non vi sembra di esagerare? Credo che dopo un mese sia una barzelletta che non fa più ridere nessuno! Il vostro egocentrismo e la vostra presunzione sono talmente grandi tanto da otturare le vostre orecchie, non c’è altra spiegazione. Altrimenti quel giorno, oltre a sentire che mi piaceva Peter, avreste sentito anche che era uno scherzo! Ma crescete!-

In quel momento, per fortuna, arrivò la mia fermata. Dire che sono furiosa è uno stupido eufemismo.

-Ciao Marianne. Arrivederci signor Peter!- e me ne andai per la mia strada.

Il pomeriggio a telefono Marianne mi disse che Peter ci era rimasto secco e male, e gli aveva detto (in confidenza) che si era comportato da stronzo. Le ho dato la mano telefonicamente.

Adesso è il mio turno, caro mio. Adesso la faccio io, a piacere mio, la stronza!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Passano i giorni e di Peter nessuna traccia, penso sia meglio così, non ho alcuna intenzione di rivederlo. Si è rivelato antipatico ed egocentrico; mi è capitato vederlo di sfuggita che andava a comprarsi il pranzo, uno di questi pomeriggi e ci salutammo con un semplice cenno di testa, giusto per non fare la figura della maleducata.

***

Comincia marzo e con lui anche le giornate si allungano, adoro vedere gli alberi in fiore e sentire il profumo di primavera nell'aria. Siamo a metà del semestre e devo trovare la forza di sostenere le ore di scuola quando, in realtà, vorrei starmene stesa su uno scoglio a prendere il sole e ad oziare tutto il giorno. Mi sveglia dal mio sogno ad occhi aperti l'arrivo del pullman..toh, chi non muore si rivede.

-Buongiorno Peter- con aria abbastanza seccata.

Mi risponde con un veloce cenno della testa e si alza per cominciare a cercare qualcosa sotto i sedili, imprecando

-Che succede?-

-Ho perso il mio cellulare. È caduto e non riesco più a trovarlo-

Oh, che peccato!

-Potresti aiutarmi a cercarlo facendomi uno squillo?-

Mannaggia a me e alla mia carineria, gli rispondo subito di sì; mi faccio dare il numero e lo telefono facendo saltare fuori il cellulare. Finalmente adesso partiamo!

-Mi hai fatto lo squillo con l'anonimo (?)-

-..ovviamente. Perché mai non avrei dovuto!?-

Spillo un'aria abbastanza contrariata sul suo viso e, per mia fortuna, fino a scuola non diciamo entrambi mezza parola, anche perché non c'era proprio niente di cui parlare.

**

Anche la giornata scolastica scorre via velocemente e da quando ho raccontato l'episodio della mattina a Marianne e Delilah, non smettono di insinuare che il viso corrucciato di Peter sia stata colpa mia, perché non gliel'ho data vinta su non so cosa. Io, sinceramente, ho tagliato subito discorso perché non mi andava assolutamente di parlarne..avevo altro a cui pensare..tipo il compito di matematica che avremmo dovuto affrontare l'indomani.

È inutile io non ci capirò mai nulla, per me la matematica è un universo a parte! mentre impreco da sola davanti agli esercizi sulle funzioni, non posso fare a meno di pensare a quello che mi hanno detto Marianne e Delilah e al viso tanto corrucciato di Peter. Se hanno ragione è un modo per riprendermi la mia rivincita..e poi il ragazzo quando non fa lo stronzo è addirittura carino con quei suoi occhi verdi..oh, Elene. Basta! Ma cosa diavolo vai a pensare, che oltretutto è anche impegnato. Ed ha anche 18 anni più di te. Fa l'idiota e lo è, quindi non pensarci nemmeno! E basta anche con le funzioni, ci rinuncio.

**

Oddio Ele..oggi abbiamo il compito, sei riuscita a fare qualcosa?-

Sì, stamattina causa compito ho preso il 7 per non arrivare troppo in ritardo..e, a quanto pare, ho fatto magnificamente perché sul 3 avrei incontrato di nuovo Peter.

-Ci ho provato, ma con scarsi risultati..anche per colpa tua e di Delilah- le lancio un'occhiataccia scherzosa e Marianne capisce al volo sogghignando sotto i baffi

-Ragazze ma non ci pensate, venite a Whynot insieme a me e saltatelo proprio, questo compito- Màrio non ci tentare nel marinare la scuola -Che dici?- ma poi guardo il viso illuminato di Marianne e capisco che, ormai, è troppo tardi e avevamo già saltato il compito.

*

Màrio è eccezionale, la persona che tutti vorrebbero avere come amico. È un signorotto tutto pepe sulla quarantina, con i capelli neri e col sorriso sempre sul viso. Tratto inconfondibile: occhiali da sole specchiati anche quando c'è il diluvio universale. Andiamo giù di battute per tutto il tragitto e, alla fine, io e Marianne decidiamo di rimanere direttamente a Whynot per non venire scoperte, salutiamo Màrio e decidiamo di andare a fare un po' di shopping e mangiare una pizza al taglio prima di rientrare a casa.

Tutto benissimo fino a quando, all'improvviso, mi si accende una lampadina: la corsa 3 che io prendo al mattino per andare a scuola, è la stessa che ha la corsa a Whynot nel pomeriggio. E chi c'era sul 3, stamattina!?

Peter, ovvio.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Con mia grande sorpresa quando arriva il pullman ci ritroviamo Joseph, non so bene il perché ma in cuor mio ci rimango male, ma decido di non darlo tanto a vedere..anche se Marianne fissandomi mezzo secondo se ne accorge. Lei per queste cose è un cane da tartufo

-Cosa c'è Ele?- mi sveglia Joseph dai miei pensieri

-Assolutamente nulla- dico sorridendo -sono solo un po' stanca, da stamattina abbiamo camminato parecchio-

-Eh, non dirlo a me. A quest'ora dovevo essere già con i piedi sotto la tavola, ma quel rompiscatole di Peter ha cambiato turno all'ultimo momento-

TOMBOLA!

Joseph legge nel pensiero..tu pensi ad una cosa e lui, senza volere, risponde.

-Ah, ho capito. Eh vabeh, stai in nostra compagnia- smorzo subito con un sorriso per non far capire che ci sono rimasta doppiamente male. Anche se, sinceramente, non ne capisco il motivo. Finalmente arrivo a casa e mi dileguo in camera mia inventando di non avere molto appetito e mi tuffo sul mio letto con un solo unico pensiero: PERCHÉ (?).

**

Trascorrono i giorni e di Peter nessuna traccia ancora, scopro che a lavoro sta venendo poco o per niente..e sapete una cosa? Mi manca. Non so il perché, ma mi manca.

È sabato mattina e siamo usciti prima da scuola, causa assemblea; sono al deposito a scherzare con zio Felix che, all'improvviso, guarda verso la porta

-Peter carissimo, tanti auguri!-

-Grazie, grazie.-

Ho letteralmente il cuore in gola. Ha un paio di pantaloni neri e una camicia bianca

Oh, oggi è il tuo compleanno(?)..Tantissimi auguri!-

-No, Elene. Oggi non è il mio compleanno- e te pareva!

Interviene zio Felix -Quale compleanno. Lo hanno eletto presidente di un'associazione di cui fa parte-

-Ah, complimenti! Tanti auguri allora, Presidente!-

Cerco di riprendermi con un sorriso e lui, cordialmente mi ringrazia. Mi chiedono di fermarmi per un caffè, ma rifiuto per evitare di stare nella stessa stanza con lui, quindi mi defilo. Li saluto e vado a fare una passeggiata.

Quando è il momento di rientrare a casa mi ritrovo con Peter sul pullman, cerco di fare l'indifferente e mi metto con le cuffie ad ascoltare un po' di musica; ad un certo punto sulle note di WANNA BE STARTIN' SOMETHING di Michael Jackson vedo che Peter si agita a gesti verso di me, quindi per educazione tolgo le cuffiette

-Cos'hai detto Peter, scusa? Ero con le cuffie-

-Eh, ho detto: ahi voglia di aspettarti. Ti sto ancora aspettando!

Ma ha bevuto? -Peter, perdonami ma non sto capendo. Di cosa stai parlando?-

-Speravo che in questi giorni che non ci siamo visti, di esserti mancato. Aspettavo un tuo messaggio, una tua chiamata. Il mio numero tu ce l'hai.-

Io rimango un attimo impietrita.

-Si che ce l'ho il tuo numero. Ma cosa c'entra(?) Mica chiamo tutti i numeri della mia rubrica?!-

-Ma io non sono chiunque- e sorride guardandomi dallo specchietto.

Io accenno un mezzo sorriso e, per fortuna, terminiamo lí la nostra conversazione visto che salgono altre persone. Mi infilo velocemente le cuffie e mi perdo nella musica, beccandolo a guardarmi ogni tanto.

Non voglio crederci. Perché dovrei interessare ad un uomo così(?) No, no e assolutamente no!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


I Just called to say I love you,

I just called to say how much I care

Mentre ascolto Stevie Wonder con il mio walkman non posso fare a meno di pensare Peter; ormai è diventato un pensiero fisso e non riesco a capire perché si comporti con me in questo modo.

**

-Oh no, di nuovo!-

Siamo appena uscite da scuola e vediamo una calca di ragazzi vicino ai pullman. Ci avviciniamo per capire perché..

-Ciao Màrio, cosa succede?-

-Eh..succede che si sono guastati dei pullman e quindi dobbiamo ridurre le corse sopprimendo quelle meno affollate-

-..e ovviamente tra quelli soppressi c'è anche il pullman che prendo io, giusto (?)-

Màrio mi fa cenno di sì con la testa.

Ti pareva.

Ovvio.

Non ci rimane che prendere il '12', la corsa più affollata di tutte e che, tra l'altro, non passa neanche per casa mia. Quindi ho il problema del passaggio.

-Chi c'è sul 12? Màrio si avvicina al tabellone dei turni per controllare

-Peter- uhm, bene..di male in peggio!

Saliamo su questo benedetto pullman, già stracolmo, e cerco di andare quanto più dietro possibile. E ci riesco anche, se nonché alla fermata dopo sono costretta a ritornare davanti perché spinta da altri ragazzi. Questa corsa è un macello, io odio prenderla. Ancor di più oggi.

-E adesso come fai a tornare a casa? Non c'è nemmeno mia madre altrimenti ti facevo accompagnare-

-Vabeh, Marianne non preoccuparti. È una bella giornata, al massimo ritorno a piedi-

Mentre parlo con Marianne si intromette Peter nella conversazione -Ma quale a piedi?! Ti accompagno io a casa. Non potrei ma faccio il giro lungo.-

Io e Marianne lo guardiamo: io con aria interdetta pensando mi stesse prendendo in giro e Marianne con un sorriso

-Ele hai capito (?) Fa tardi a Whynot per accompagnare te a casa-

-Eh mica ci sono solo io che abito in periferia? Ci sono anche altre persone-

-Oggi ci sei solo tu e poi Peter fa doppio giro e non potrebbe, perché lui deve fare tutt'altro tragitto. Quindi ti sta accompagnando.-

Ah.

Peter sorride a Marianne dandole ragione e io rimango sempre più ammutolita. Arrivati quasi sotto casa mia ad un certo punto Peter mi guarda intonando una canzone -che confusione, sarà perché..-, mi sorride io ricambio con un sorriso di cortesia e scendo.

'Sto ragazzo è sempre più strano, ogni giorno che passa.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


30 maggio 1999

Bene, finalmente anche quest’anno scolastico sta giungendo al termine! Ho fatto tanti progressi e mi sono ripresa con i voti. Le giornate sono sempre più calde e lunghe e, per questo motivo, io e Marianne uscite da scuola ci andiamo a prendere una bella granita fresca a limone. Come di consuetudine andiamo al deposito per aspettare il nostro pullman e con la speranza di vedere lei Vincent e io Peter. Mentre ci prendiamo in giro a vicenda cominciamo a tirarci la granita, ormai sciolta, addosso risultando zuppe di acqua e appiccicose. Chiediamo al capo-autista, il signor Joseph, di poterci dare una ripulita nel bagno e poi ci andiamo a sedere sugli scalini di un pullman aperto mentre ascoltiamo musica. Ad un certo punto arriva Michael e comincia a parlare con noi. Adoriamo parlare con lui, ha una fede incrollabile ed è un ragazzone molto simpatico..per noi è il nostro fratellone. Mentre ridiamo e scherziamo arriva Peter con la sua macchina, una ford nero cromato. Il tempo di entrare nel deposito e salutare e si precipita subito vicino a noi

-Domani sono sul 3, mi raccomando non fare tardi altrimenti ti lascio a piedi.- dice con un sorriso gigantesco verso di me

-A parte il fatto che sono io che aspetto sempre il pullman, ovviamente, mai il contrario..e poi questo è il mio ultimo giorno. Io domani non ci sono-

-Come non ci sei? Io volevo il caffè-

-Per quello non ci sono problemi, ti aspetto giù per darti il caffè tu lo bevi e te ne vai- ci prendiamo in giro a vicenda non curanti del fatto che ci fossero anche Marianne e Michael lì, con noi.

Ad un certo punto, mentre cambiamo discorso, Peter trova una scusa per avvicinarsi a me e mi dice sottovoce -non va bene, però che neanche domani vieni. Vabeh che se tu vuoi sai come devi fare, vero?!- so che allude al numero ma faccio finta di non sentire -vero, Ele?- mi incalza. Io l’unica cosa che accenno, come risposta, è un sorriso timido.

**

Mamma, che caldo! Già alle 8 del mattino non si respira. Per questo decido di fare una rinfrescata al terrazzo prima che il sole delle ore più calde picchietti ancora di più, e con la scusa cerco anche di intravedere Peter che passa sul pullman. Avverto che il pullman sta arrivando da lontano e Peter suona il clacson come un ossesso in segno di saluto, quando passa. E io, da idiota, solo per questo gesto ho stampato sulle labbra un sorriso da ebete e sono felice.

Rientro dentro casa e do una sistemata, all’improvviso mi chiama mia mamma al cellulare

-Ele, mi ha chiamato il dottore e mi ha detto che l’appuntamento è rimandato perchè ha avuto un contrattempo- che botta di culo!

-Quindi mamma posso scendere con Delilah e Marianne a fare un giro?-

-Sisi, certo. Se a casa è tutto apposto, vai pure.-

-Ok, mamma grazie-

Evvai! Vado subito in armadio e opto per un semplice pantalone bianco, maglia rossa e converse; mi affretto ad arrivare alla fermata del pullman.

Una volta arrivata mi incontro con le ragazze e decidiamo di fare una passeggiata, nel frattempo veniamo a scoprire che quella mattina sulla corsa delle 12.00 per Arpa ci sarebbe stato Vincent, ovviamente Marianne non se lo lascia ripetere due volte e decide di andare con lui, mentre Delilah rimane con me fino a quando non parte il 3, il mio pullman.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Siamo davanti al deposito e ci godiamo il sole estivo. Stiamo parlando dell’ultimo film di Jim Carrey che è uscito al cinema e ci divertiamo ripetendo le battute più divertenti e ridendo; ad un certo punto ecco che arriva Peter in macchina, ci salutiamo a vicenda con un cenno di mano e parcheggia. Io ho i nervi a fior di pelle, le gambe mi tremano e ho lo stomaco in subbuglio, si avvicina a noi mentre fuma la sua sigaretta

-Buongiorno, sei venuta!?-

-Eh si, mi sono liberata prima del previsto. Buongiorno-

Sorrido e continuo a parlare con Delilah, e mi sento piuttosto in imbarazzo perchè rimane lì a fissarmi tutto il tempo, quando finisce la sua sigaretta se ne va nel deposito senza dire una parola.

-Ele, ma che ha fatto? Se n’è andato(?)-

-Ma che ti devo dire. Non lo capisco per niente!-

-..oh, è arrivato papà. Devo andare-

il papà di Delilah si accosta con l’auto vicino a noi. Mi chiede un passaggio ma io, cordialmente, rispondo di no e Delilah sorride sotto i baffi mentre sale in macchina con sguardo complice. Vanno via e io rimango lì ad aspettare che il pullman parta, ormai manca qualche minuto ancora..

-Allora, Ele?- salto come un canguro per lo spavento -è andata via la tua amica?-

-Peter! Sìsì, è venuta a prenderla il papà-

-Ma stai dimagrendo? Ti riflettevo prima..- eh, ce n’eravamo accorti!

Divento ancora più paonazza in viso

-Sì, probabile..- cambio subito discorso -ma qual è il pullman; posso salire? Mi sto sciogliendo con questo sole.-

-E’ questo qui. Comincia a salire che tra poco partiamo, vengo subito-

Salgo sul pullman e cerco di calmarmi respirando a pieni polmoni. Mi siedo, e vedo dal finestrino che parla con Joseph, Phil e zio Felix. Quant’è bello, però. Oggi indossa un paio di jeans e una maglia verde che richiama il colore dei suoi occhi..

-Che confusione, sarà perchè..-

Canticchia mentre apre lo sportello per salire a lato della guida e mi guarda sorridendo. Io ricambio il sorriso e partiamo

-Allora Ele(?) Io ti sto ancora aspettando- lo guardo fingendo di non capire..o almeno spero, di non aver capito bene -è inutile che mi guardi cosi. Non mi hai chiamato neanche mezza volta, per sbaglio. Mi devi dare solo tu il numero- lo guardo e sorrido da ebete sperando basti così; come le altre volte precedenti.

Prende il cellulare dalla giacca -forza, dammi il numero-

-Peter, stai guidando. Non si usa il telefono alla guida-

-Non fare la spiritosa, dammi il numero- ok, dirò numeri a caso, chissene frega -e non mi dare il numero sbagliato, io ti chiamo davanti a te per vedere se squilla- VAFFANCULO

Gli detto il mio numero quasi contrariata e con gli occhi al cielo

-0047583473- compone il numero e chiama, mi squilla il telefono e lo prendo -toh, contento?- guarda sullo schermo il suo numero e sorride

-Ah, ma allora ce l’hai salvato. Veramente facevi apposta a non chiamarmi e a non mandare messaggi(?)-

Finalmente arriviamo al capolinea e salgono altre persone, quindi siamo costretti a parlare di altre cose continuando a guardarci dallo specchietto per tutto il tragitto. Quando arriviamo alla mia fermata ci salutiamo e io salgo su a casa. Pranzo, metto in ordine la cucina e mi sento a telefono con Marianne

-Allora, tesoro com’è andata con Vincent?-

-Oh, Ele è troppo bello. Abbiamo riso tantissimo, è troppo simpatico, quando vuole. Tu invece?-

-Nulla, Peter è riuscito a rifilarsi il mio numero però non è successo granchè perchè c’erano altre persone. Ci siamo guardati solo tutto il tempo dallo specchietto. Poi sono stata con Delilah, ha detto che ci sentivamo oggi per organizzarci per andare al centro commerciale e che mi avrebbe mandato un messaggio appena sapeva se il papà puo’ accompagnarci- mi squilla il cellulare che mi avvisa che è arrivato un messaggio -ah, eccola. Mi ha appena inviato un messaggio. Aspetta..-

Prendo il cellulare e apro il messaggio:

“Peccato che c’erano altre persone, avevo voglia di baciarti”

Rimango un attimo in silenzio davanti allo schermo del cellulare, perchè non capisco se Delilah avesse bevuto; poi realizzo e decido di guardare il mittente: Peter.

-Oddio, Marie!-

-Che c’è Ele? Cosa è successo?-

-..il messaggio. Non è Delilah, è Peter!-

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Rimango ancora qualche secondo a fissare il telefono, non mi sembra vero. Ho il cuore a mille e le mani mi tremano; a svegliarmi dal mio stato di trance è Marianne dall’altra parte della cornetta

-Ele?!-

-Marie, che cavolo fa questo? Cosa gli devo dire(?)-

-Non ci posso credere neanche io.- avverto un’aria abbastanza entusiasta dalla sua voce. -Scrivi di getto quello che ti viene in mente-

-Assolutamente niente. Ho il vuoto più assoluto in testa!-

Decido, infatti, di far morire il messaggio così. Lo ignoro completamente. Davvero mi ha colto alla sprovvista!

*

Passa qualche giorno e Peter è un pensiero costante nella mia testa, anche se io a quel messaggio non ho mai risposto speravo, in un angolo remoto del mio cuore, che si fosse arreso non ricevendo nessuna risposta e che la cosa fosse scemata così com’era cominciata.

Siccome è estate e la scuola è finita mi sono messa alla ricerca di un lavoretto estivo per mettere qualcosa da parte e decido di andare in giro per Whynot a distribuire qualche curriculum, quindi mi preparo tutta carina, mi lego i miei lunghi capelli in una coda e scendo per andare ad aspettare il pullman. Spero con tutta me stessa che non lo incontri, che cavolo su 17 autisti..

La mia speranza si sgretola inesorabilmente davanti al pullman che arriva.

Della serie mai una gioia! 


-Buongiorno Peter-

-Buongiorno Ele-

 

Mi vado a sedere agli ultimi posti per non dare proprio modo al mio imbarazzo di diventare più reale del dovuto. Indosso le cuffie e ascolto della musica. Lo becco, durante il tragitto, a guardarmi tramite lo specchietto ogni tanto. Una volta arrivati al capolinea lo saluto con un mezzo sorriso e vado verso il pullman diretto a Whynot..stamattina qualcuno ce l’ha con me.

Ci trovo l’autista più antipatico di tutto l’universo: Alex. Appena mi vede chiude le porte del pullman e parte. Così. Ed io rimango lì come un pesce lesso. 

Ritorno verso il pullman dove si trova Peter

 

-Certo che questo collega tuo è proprio deficiente!

Tu adesso vai ad Arpa, giusto?-

 

Mi fa cenno di sì con la testa

 

-Sai se dalla stazione partono treni per Whynot? Devo andarci, è importante. ‘Sto stronzo del tuo collega mi ha chiuso le porte in faccia e io non posso rimanere qui!-

-Sì, ci sono Elene.-


Risalgo nuovamente sul pullman e vado a sedermi al mio posto di prima. Durante il tragitto all’improvviso mi rivolge parola facendo una battuta

 

-Immagina che arriviamo ad Arpa e c’è lo sciopero dei treni.-

 

E ride di gusto. Io riesco solo a fare uno sguardo contrariato dallo specchietto ma senza rispondere.

Ragazzi miei, vuoi il destino o vuoi che già lo sapeva perchè glielo aveva detto Juan che stava lì anche lui..quando scendo alla stazione di Arpa per andare a vedere gli orari dei treni davvero c’era lo sciopero, quel giorno?!

Non so più davvero chi imprecare, stamattina!

 

-Ma lo sapevi o lo hai detto tanto per dire che c’era lo sciopero, oggi?-

 

Mi guarda e scoppia in una risata. 

Ma mi prendi per il culo?

 

-Non ti preoccupare, ti accompagno io a Whynot- con un sorrisino sulle labbra

-Sì, oggi pomeriggio con la corsa. Io dovevo andarci stamattina- 

-No, ti accompagno con la macchina quando rientriamo.-

 

Ma questo è matto sul serio. Non esiste proprio.


-Insisto, Ele. Per favore!-

-Se ne sei così sicuro. Grazie-


Non so perchè mi escono queste parole dalla bocca. Mi mordo il labbro solo io.

So già che me ne pentirò. Ne sono sicura!

Arriviamo al deposito e io lo aspetto fuori la mia scuola per non destare sospetti, quando arriva con la sua ford nera. Appena salgo in macchina l’agitazione è palpabile da parte mia, mentre lui sorride quasi soddisfatto di tutto quello che è successo. Non dico neanche una parola e divento ancora più paonazza in viso e imbarazzata quando, all’improvviso, mi prende la mano

 

-Adesso qui non puoi scappare dietro, finalmente!-

-Potrei sempre aprire la portiera e scendere. Anche dall’auto in corsa.-

 

Cerco di liberarmi dalla presa della sua mano ma me la stringe ancora più forte. 

Ho brividi lungo tutta la schiena e le farfalle nel mio stomaco stanno facendo un party

 

-Allora perchè non mi hai mai risposto al messaggio?-

-Non sapevo cosa rispondere, Peter. Mi hai preso alla sprovvista-

-..Perchè è tanto strano che tu mi piaccia e che voglia baciarti?-

-Perchè sei sposato. Perchè abbiamo 18 anni di differenza. Devo continuare?!-

 

In quel momento incrociamo per strada il pullman con Alex che sta facendo ritorno al capolinea, ed io d’istinto mi abbasso.

 

-I tuoi colleghi, ecco un altro motivo-

 

Rimane qualche secondo in silenzio riflettendo su ciò che ho appena detto e mi lascia la mano

 

-Ecco, appunto.-

-..ma io ti piaccio?-

 

Lo guardo in silenzio. Non voglio far trasparire i miei sentimenti. Anche perchè non lo so neanche io. A volte mi piace, ma certe volte lo prenderei a testate per quanto è insopportabile

 

-Peter non voglio parlarne. Davvero mi sembra fuori luogo. Appena puoi fermarti, lasciami pure che siamo arrivati.-

 

Accosta la macchina in religioso silenzio e si ferma permettendomi di scendere. Mentre sto per aprire la portiera della macchina mi sento tirare per il braccio e mi bacia. Un bacio lungo, passionale.

Ha un buon sapore. 

Le farfalle nel mio stomaco continuano per l’after hour.

Ci stacchiamo. Ci fissiamo per secondi interminabili ed io scendo salutandolo con la mano e un sorriso.

 

-A più tardi, Ele.-

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4050507