Anni Senza Fine

di Ephram
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ... ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** ... ***


La prima cosa che sentimmo dopo essere partiti quella mattina fu l'odore, un odore acre che penetrava le narici al punto da far lacrimare gli occhi.
La seconda cosa invece che vedemmo appesi ai pali della luce, spenti ormai da tempo immemore e infestati dalle piante rampicanti, furono i corpi appesi in modalità impiccata.
Ce ne erano almeno cinque o sei in avanzato stato di decomposizione.
Parte della carne era stata divorata dagli uccelli o da altri animali selvatici, lasciando intravedere parte delle ossa come il cranio.
-Chi farebbe mai una cosa simile?- fece Martha.
-Qualcuno che sicuramente non gradisce gli estranei,- osservai guardandomi intorno -e a giudicare dalle loro condizioni sono qui da almeno un mese.-
-Meglio se ce ne andiamo, mi viene da vomitare.- disse Martha.
-Già, almeno evitiamo di entrare nel campo di attenzioni indesiderate.- dissi.
Eravamo in cammino da ormai poco più di un mese e la foresta era diventata una boscaglia alternata da ciò che restava di piccoli centri abitati, in parte senza finestre, in parte con il tetto collassato su se stesso, e in alcuni casi persino con tracce di incendio che aveva lasciato integre solo le mura di mattoni annerite.
Le temperature non erano più quelle di un mese fa, le giornate si erano leggermente accorciate e le temperature un po' più fresche ma sopportabili, al contrario le notti erano spesso piuttosto fredde ma non ancora ai livelli veri e propri dell'autunno.
Nelle ultime settimane ci eravamo più volte imbattuti in zone con abbondanza di funghi che combinati con le nostre provviste ci avevano permesso di tirare avanti.
Le nostre scorte di provviste stavano finendo ed eravamo anche dimagriti, l'unico lato positivo nei continui acquazzoni e sull'arrivo dell'inverno era che l'acqua non era una carenza, ma continuavo a preoccuparmi di ciò che avremmo mangiato quando sarebbe arrivata la prima neve.
Attraversammo un'altra area che un tempo doveva essere un centro abitato, le mura di mattoni erano ciò che restava delle case, tutto il resto era collassato su se stesso, probabilmente a causa del peso della neve dopo diversi inverni.
Martha si chinò a raccogliere qualcosa tra l'erba che cresceva alta in mezzo alle crepe dell'asfalto.
-E questo cosa sarebbe?- disse mostrandomi un oggetto rettangolare di plastica nera con uno schermo sporco di terriccio solcato da una ragnatela di crepe.
-Strano che tu me lo chieda, non hai mai visto un iPhone?- dissi.
- I miei me ne hanno accennato una volta qualcosa, ma non ci ho capito quasi niente.- si giustificò lei.
-Una volta lo avevano tutti, serviva a comunicare a grandi distanze mediante qualche tipo di segnale. Potevi anche scattare una foto e girare video, vedi quel vetro tondo nella parte posteriore, quella era una telecamera e anche una macchina fotografica.- spiegai.
-Fico.-
-Già, ma dicono che tutti ci passassero buona parte della giornata a usarlo, senza contare che con esso gestivano buona parte della loro vita quotidiana. Come facessero non lo so, e onestamente una vita del genere mi sembrerebbe un po'..ridicola.- continuai.
-Anche me sembra strano,- disse Martha - bah..- lo gettò nuovamente tra l'erba.
Continuammo a camminare.
-Secondo te chi può aver appeso quei poveracci?-
-Non credo che le abbiano appese vive, probabilmente erano qualche banda di razziatori, finiti appesi come monito per gli altri.- dissi.
Il sole era ormai alto nel cielo e finora ci eravamo imbattuti solo in rovine.
-Dobbiamo stare attenti a dove andiamo, potrebbero essercene altri in giro.- disse Martha.
-Meglio che siamo noi a vederli per primi, almeno avremmo la possibilità di nasconderci.-

Quando venne la sera, ormai sempre più presto rispetto a settimane fa, ci imbattemmo in quella che era una casa a due piani, il tetto stranamente sembrava aver resistito piuttosto bene alle intemperie nel corso degli anni, anche se non c'erano più vetri alle finestre.
Le piante rampicanti l'avevano letteralmente trasformata in un guscio ricoperto di viticci che si erano poi seccati, per poi essere in seguito nuovamente coperto da un altro strato la primavera successiva.
-Potrebbe fare al caso nostro per questa notte,- la indicai a Martha -inoltre se il secondo piano è agibile potremmo sfruttarlo per vedere cosa c'è in lontananza.-
-Meglio stare attenti che non ci sia qualche altro gatto selvatico o di peggio.- disse lei.
-Vado a dare un occhiata.- dissi.
-Io qui da sola non ci resto, vengo con te.- protestò lei.
-Come vuoi.-
Facendo strada tra gli arbusti che crescevano ovunque in questa zona, ci avvicinammo al rudere, le porte erano scomparse ma i rampicanti erano talmente fitti che per entrare dovetti aprirmi un varco con il coltello a serramanico che tenevo sempre nello zaino.
La pavimentazione in piastrelle color ocra era crepata e ricoperta di fogliame e detriti di vario tipo, le pareti erano perlopiù verdi di muschio, ormai del tutto scrostate e in pessimo stato.
Avanzammo in quello che doveva essere il soggiorno e poi la cucina.
La mobilia era ancora lì, in buona parte consumata dai tarli e dall'umidità, ma non c'era quasi niente eccetto qualche quadro sbiadito ancora appeso al muro.
-Qui non ci entra nessuno da molto tempo.- osservò Martha dietro di me.
-Già, persino il divano sembra essere qui dal dopobomba.- dissi.
Mi diressi verso le scale in legno che portavano al piano di sopra.
Misi il piede su una di esse e mi sollevai per testarne la solidità.
Non cedette.
Feci lo stesso anche con le altre, gradino dopo gradino, Martha nel frattempo mi seguiva finché non arrivammo al piano superiore.
C'erano ragnatele ovunque, spesse fino ad un dito e distribuite su tutto il soffitto, esplorammo stanza dopo stanza, c'erano persino dei letti con le coperte, luride dal tempo, che erano stati rifatti in un momento in cui ci si aspettava di tornare a letto la sera ma che quel momento non era più arrivato.
Su uno di essi c'era persino un nido di qualche specie di uccello, ormai anch'esso abbandonato come quel rudere in cui ci trovavamo.
Stando attento a dove mettevo i piedi, per non correre il rischio di trovare un punto debole e finire al piano di sotto mi avvicinai alla finestra per guardare in lontananza.
Alberi con i segni dell'autunno, rovine e vegetazione ovunque a perdita d'occhio, ma in lontananza si poteva scorgere un gigantesco cratere dal diametro di almeno cinquanta metri.
Qualunque fosse la bomba che lo aveva creato doveva essere davvero potente per creare una simile cicatrice.
-Una testata nucleare.- mi chiese Martha.
-No, a quest'ora ormai ci saremmo accorti di avere sintomi da radiazioni, nemmeno le piante qui attorno mostrano segni o deformazioni da radioattività.- spiegai.
-In ogni caso qualunque cosa abbiano fatto cadere laggiù è stato devastante.- disse lei.
Ormai la luce della sera si stava affievolendo.
-Sono d'accordo, io userei questa stanza per passare la notte, così nel caso ci fosse qualcuno intorno vedremmo la luce dei fuochi.- dissi.
-Per me sta bene.- si limitò a dire lei, anche se dubitavo che questo posto le piacesse granché.

Dopo esserci scambiati il bacio della buonanotte Martha si appisolò nel suo sacco a pelo.
Era appena scesa la notte, ma le temperature per quanto fresche non si erano abbassate a sufficienza per essere un problema all'interno dei sacchi a pelo.
Decisi di dormire un po' più tardi per stare di vedetta.
Mi affacciai alla finestra.
Il cielo era stellato e non si vedeva quasi niente, c'era una totale oscurità e un silenzio assoluto.
Una sottile falce di luna illuminava appena il paesaggio mostrando appena le sagome degli edifici e degli alberi più vicini.
Poi in lontananza vidi quello che stavo cercando, uno, anzi tre puntini luminosi dal colore arancio. Fuochi.
Quindi c'erano ancora persone in circolazione nella zona.
Il mattino successivo io e Martha avremmo fatto bene a tenere gli occhi aperti quando fossimo partiti.

Il giorno successivo fu Martha stessa a svegliarmi.
-Eric, è ora.-
-Si scusa, mi ero appisolato.- biascicai.
-Visto niente di particolare ieri notte?- fece Martha affacciandosi alla finestra.
-Solo tre fuochi lontani, appena visibili, non molto lontano da qui. Ci sono sicuramente anche altre persone.-
-Allora è meglio andare avanti, - disse Martha - dopo i trofei che abbiamo visto i giorni scorsi non sono ansiosa di conoscere la gente del posto.-
-Già.-
Una volta preparate le nostre cose ci avviammo fuori da quel vecchio edificio, una volta in strada ci guardammo intorno d'istinto e poi riprendemmo a camminare.
Il cielo era fosco, segno che probabilmente oggi o domani sarebbe tornata la pioggia.
Poco dopo, tra vecchi veicoli arrugginiti arbusti e rottami di vario tipo ci imbattemmo in quelle che erano chiaramente ossa umane sparse ovunque nel paesaggio.
Sembravano essere li da molto tempo, alcune erano persino appena visibili dal terreno, altre erano spezzate, altre ancora mostravano chiari segni di armi da fuoco, come un cranio con un foro circolare all'altezza degli occhi.
-Vittime della guerra?- fece Martha.
-O quelle della guerra civile, non so cosa sia successo ma sembrano vittime di una repressione.- dissi.
-Cosa te lo fa credere?- chiese lei.
-Sono troppo numerose, ma sparse su una grande area, tipico di un insurrezione finita in un bagno di sangue nel tentativo di sopprimerla.- dissi.
-Che cosa orribile.- fece Martha.
-Dovevano essere i giorni più oscuri quelli, - spiegai - alcuni dicono che prima divamparono i black out, altri dicono una serie di guerre, altri ancora che il cosiddetto sistema finanziario fallì, nessuno sa o ricorda come è iniziato tutto questo. Poi ci furono i primi lampi e la guerra dilagò ovunque.-
-Che significa "finanziario"?- chiese Martha.
-Un sistema economico basato sul commercio.- spiegai.
-Che significa "economico"?- chiese poi lei.
-È complicato da spiegare. Te lo spiegherò un altra volta.- dissi.
-Ok, - disse Martha - ma chi iniziò la guerra?-
-Non si sa, le cose cambiarono così in fretta che in pochissimo tempo l'elettricità venne a mancare ovunque, e tutti restarono isolati.-
-C'è un modo per vedere come era il mondo Prima?- chiese lei.
-Forse. Se riusciamo a trovare delle foto cartacee ancora conservate credo di sì, ma non sarà facile.- dissi.
-Mi piacerebbe.-
-Perché tanto interesse per il mondo che c'era prima?- chiesi.
-Non lo so, vorrei farmi un idea, vedo solo rovine e ciò che resta di un periodo diverso ovunque, mi piacerebbe capirci di più, a te no?- fece Martha.
-Solo in parte, a giudicare da come è andata è colpa loro se siamo cresciuti in questo periodo.- dissi.
-Vero. Ma vorrei capirci di più.- concordò lei.
"Crack", per sbaglio avevo calpestato un cranio che non avevo visto tra l'erba.
Continuammo ad avanzare tra quella boscaglia urbana di edifici distrutti, alberi e asfalto crepato per diverse ore finché nel primo pomeriggio non arrivammo davanti ad una vecchia rete arrugginita ricoperta di piante infestanti con un cartello appena visibile che annunciava "PROPRIETÀ PRIVATA. ZONA SOTTO IL CONTROLLO DEL GOVERNO FEDERALE. NON OLTREPASSARE."
Il reticolato era piuttosto vecchio e si allungava a prima vista per diversi chilometri, oltre ad essere alto circa quattro metri.
Dall'altra parte la boscaglia urbana continuava, ma non mi era chiaro il motivo per la quale avessero messo questa barriera all'epoca. Poteva essere un nuovo confine territoriale quanto una zona contaminata.
-Cosa c'è scritto su quel cartello?- chiese Martha.
La stranezza di quella domanda mi colse alla sprovvista, riguardai il cartello e nonostante le lettere fossero leggermente sbiadite mi sembrò che fosse ben leggibile nonostante la ruggine e le piante infestanti.
Poi l'intuizione
Guardai Martha.
-Non sai leggere. Vero?- le chiesi con delicatezza.
Lei parve diventare rossa per la vergogna, come se le avessi detto qualcosa che l'aveva umiliata.
-No...- disse lei.
-C'è scritto "Proprietà privata. Zona sotto il controllo del Governo Federale", - le spiegai -dovevi dirmelo, non lo sapevo.-.
Martha rimase in silenzio, lo sguardo basso.
-Ehi,- mi avvicinai a lei e presi le sue mani nelle mie - non c'è nessun problema, sono in tanti che non sanno leggere. Ormai non serve più a molto.-
-Eppure da dove veniamo ci sono molti che conosco che sanno leggere.- disse lei.
-La vecchia generazione qualcuno ancora sì, ma alla fine è ciò che facciamo di concreto tutti i giorni che conta.-
-E dovrò sempre chiederti di farmi da interprete per ogni cosa che troviamo di scritto?- ironizzò cupamente lei.
-Perché no? Almeno sono sicuro che posso esserti utile a qualcosa.- dissi.
Lei mi diede un pugno giocoso sulla spalla.
-Tu conti per me ogni giorno.- disse lei.
Quindi si sollevò sulle punte dei piedi e schiuse le labbra tra le mie in un bacio.
La strinsi a me.

Poco dopo riuscimmo ad attraversare la gigantesca recinzione attraverso un foro che c'era poco più avanti, che riuscimmo ad allargare.
Il paesaggio non era molto diverso da questa parte ma sembrava che ci fossero un maggior numero di rovine urbane, come vecchi muri di pietre e cemento coperti di muschio e sempre vecchie case in rovina collassate su se stesse.
-Quando tutte queste aree erano abitate non c'erano tutti questi alberi vero?- chiese Martha.
-No, dopo decenni di abbandono la vegetazione si è diffusa sulle aree urbanizzate, boschi e foreste si sono diffusi a perdita d'occhio.-
-Meglio stare attenti, mi fa strano che quest'area fosse recintata.- disse Martha.
-Forse era un posto dove facevano qualche tipo di esperimento militare.- ipotizzai.
Giungemmo in prossimità di quello che sembrava un vecchio villaggio abbandonato con file di baracche ormai in parte crollate, in parte ancora in piedi a stento. Dozzine di file di case in legno e tetti in lamiera arrugginiti.
-Cos'è questo posto?- fece Martha.
-Sembra un villaggio abbandonato,- dissi guardandomi intorno -strano, non mi ricordo che ci fosse sulle mappe che abbiamo visto.-
-Si vede che probabilmente è stato costruito dopo, chissà quanti anni hanno quelle mappe.- disse lei avvicinandosi ad una di quelle baracche.
Anche qui come ovunque fossimo stati le piante infestanti come l'edera avevano preso il sopravvento arrivando fino ai tetti di lamiera.
Camminando tra quelle rovine di un tempo non troppo vicino ma neanche troppo lontano mi resi conto che c'era uno strano silenzio, nemmeno gli uccelli cinguettavano in questo posto.
-Forse è il caso di andare via,- disse Martha -non mi piace per niente l'aria che c'è qui.-
-Si.-
Proseguimmo e superammo quel villaggio abbandonato che un tempo doveva aver ospitato almeno un centinaio di persone finché poco più avanti non ci imbattemmo in un grande tumulo che si sollevava dal terreno sulla quale cresceva l'erba, ma che chiaramente era stato fatto dall'uomo.
Poco lontano vedemmo invece quella che pareva una torretta di osservazione, poi ormai in parte nascosti dalla vegetazione altri tumuli, ma leggermente più bassi.
Martha si guardava intorno e sembrava diventare sempre più ansiosa, forse aveva capito.
-Questo non è un villaggio,- osservai -è un campo di detenzione.-
-Gli scheletri che abbiamo visto...- fece Martha.
-...erano persone che hanno cercato di fuggire. Mi ero sbagliato.-
-Quelle collinette sono sepolture vero?- disse lei.
-Sepolture di massa, andiamocene di qui.-
Più avanti raggiungemmo un'altra recinzione. Avvicinandoci Martha calpestò qualcosa che colse la mia attenzione.
Raccolsi quello che sembrava il bracciale di un paio di manette ma di un materiale bianco e metallico e l'aria di un dispositivo elettronico.
-Ecco come li monitoravano i detenuti.- dissi mostrandolo a Martha.
Lei guardò lo strano aggeggio senza capire.
-Erano controllati a distanza con braccialetti elettronici.-

Quella sera, ormai il sole era sceso e il cielo aveva assunto quella sfumatura blu scuro che precede l'arrivo della notte.
Nessuno di noi due aveva più parlato dopo la scoperta di oggi.
Nessuno ne aveva proprio voglia.
Anche a distanza di parecchi anni il periodo Dopobomba continuava a riservare i suoi orrori alle generazioni successive.
-Come ti senti?- chiesi nel buio rivolgendomi a Martha.
-Turbata, non lo so perché o come ma quel posto mi ha lasciato dentro uno strano disagio.- mi spiegò lei.
-La prossima volta meglio evitarle le zone recintate.- dissi.
-Direi...ma non capisco come si possa arrivare..-
-Sssshhh..non ci pensare..- la interruppi capendo che aveva bisogno di spostare la sua attenzione altrove.
Mi strinsi a lei nel buio, la baciai.
Il silenzio venne interrotto da qualche schiocco liquido, poi da un fruscio di vestiti, poi da nuovi schiocchi liquidi con un sottofondo di fruscii e cambiamenti di posizione.
Il lento pulsare di un bacio tra la mia bocca e quella di Martha. Le mani sudate che si intrecciano. Poi due corpi che si uniscono.
Poi gli schiocchi liquidi diventano sospiri profondi, un respiro contro un respiro, poi gradualmente tutto si calma e i respiri si normalizzano.
Un fruscio, poi un ultimo lieve schiocco liquido.

Il giorno successivo ripartimmo allontanandoci ulteriormente da quei posti dal passato terribile la cui ombra si allungava come quella degli alberi durante un tramonto autunnale fino al tempo presente.
In effetti le foglie sugli alberi avevano ormai assunto diverse tonalità che andavano dall'ocra al giallo arrivando fino al rosso e infine al marrone quando si seccavano.
Eravamo nel pieno dell'autunno.
Ci imbattemmo nella carcassa di un cervo con ancora brandelli di carne appesi alle ossa esposte all'aria.
-Sembra che ci sia un branco di lupi da queste parti.- notai, osservando che la preda, o ciò che ne rimaneva sembrava avere meno di una settimana.
-E sembrano anche parecchio affamati- disse Martha avvicinandosi a guardare ciò che restava.
-Meglio stare all'occhio, questi posti sembrano pieni di sorprese negli ultimi giorni.-
-Ho come l'impressione che non siano finite.- disse lei.
Come a conferma dopo un chilometro di cimitero urbano ci trovammo di fronte ad un altro cratere dal diametro di un centinaio di metri e profondo la metà.
-Porca puttana,- fece Martha sorpresa- cos'hanno sganciato da queste parti?-
Lungo le pareti del cratere c'erano tracce di piante e alberi che avevano iniziato a crescere.
-Non lo so,- dissi - ma sicuramente, e per fortuna, non testate nucleari, se non ricordo male dai resoconti storici che ho sentito sono state sganciate sulle grandi metropoli lungo la costa occidentale e orientale, qui si è svolta solo guerra convenzionale.-
-Quanti morti avrà causato questa bomba?- chiese Martha.
-Migliaia, a giudicare dalle dimensioni.- risposi.
Riprendemmo a camminare.
-Devono essere state le bombe a causare tutte quelle rovine che abbiamo visto qui attorno.- osservò lei.
-Probabile, ma il campo di detenzione che abbiamo visto deve essere stato costruito dopo, probabilmente era provvisorio, le baracche erano ancora in uno stato mediocre, non distrutte.- dissi.
Ripartimmo continuando ancora a schivare rottami e rovine finché non arrivammo nei pressi di un fiume.
Quella fu l'occasione giusta per fermarci per una pausa.
Mi venne un idea.
Controllai alcuni alberi che crescevano lungo la riva del corso d'acqua finché non trovai quello adatto e lo spezzai.
-Cosa stai facendo?- chiese Martha.
-Aspetta e te lo mostro.- risposi di rimando.
Mi tolsi lo zaino e frugai nelle tasche più piccole finché non trovai la scatola degli aghi, ne presi uno stando attento a non bucarmi le dita e usai una pietra per piegarlo come un piccolo uncino.
-Credo di aver capito.- disse Martha.
-Già.-
Estrassi un rotolo in filo di nylon, di quelli che ormai non si trovavano più in giro, e iniziai a legare insieme i pezzi fino a ricavarne una rudimentale canna da pesca.
-Sei sicuro che funzionerà?- fece lei perplessa.
-Se non provo non lo scoprirò.- dissi mentre scavavo una buca nel terreno aiutandomi con una pietra di forma piatta.
Dopo alcuni tentativi trovai un lombrico che mozzai a metà prima di infilarlo nell'ago e poi avvicinarmi al bordo dell'acqua con il trofeo che penzolava sul filo di nylon.
Quindi lo immersi dove l'acqua sembrava essere più profonda.
-Ora non ci resta che aspettare in silenzio.- dissi.

L'attesa non fu particolarmente lunga.
Circa un quarto d'ora dopo, quando ormai avevo perso le speranze e Martha stava diventando sempre più impaziente, qualcosa iniziò a tirare con vigore.
-Ho preso qualcosa.- dissi tirando la mia canna artigianale.
Martha si alzò in piedi avvicinandosi incuriosita.
Dopo qualche sforzo riuscii a tirar fuori dall'acqua un pesce dalle dimensioni di circa una scarpa.
Ricadendo tra l'erba questo iniziò subito a guizzare e contrarsi, tipico di come fanno i pesci fuori dall'acqua, lo staccai dell'ago e lo sbattei un paio di volte contro una roccia tramortendolo.
-Ce l'hai fatta!- Martha mi abbracciò felice.
-Perché non provi anche tu?- la invitai
-Io?- fece lei perplessa - e se mi scappa?-
-Faremo metà con quello che ho preso.-
-Ok, ma di che pesce si tratta?- fece lei guardando quello che avevo preso.
Aveva un aspetto a tratti argenteo a tratti dorato, con pronunciate pinne dorsali simili a creste e piccole macchie verde scuro tra le pinne dorate.
-Non lo so, ma sembra commestibile.- dissi.
-Ok, provo.- fece lei eccitata per quella piccola avventura.
Infilai l'altra metà del lombrico che ancora si muoveva nell'ago piegato, quindi mostrai a lei dove posizionarsi e le diedi le ultime istruzioni.
Intanto mi allontanai dalla riva e iniziai a raccogliere un po di legna secca.

Quando il sole iniziò a scendere e le sfumature del cielo iniziarono ad assumere il tipico colore rossastro, piantammo la tenda lungo le rive del corso d'acqua, nel contempo il fuoco appena acceso iniziò a crepitare con tre pesci ripuliti che sfrigolavano sui rametti nella quale li avevamo infilzati.
Stavano iniziando a comparire le prime stelle e all'orizzonte si vedeva ormai solo una lieve sfumatura ocra.
Seduta su una roccia accanto a me Martha fissava il fuoco con fare ipnotico, aspettando.
-Come finirà secondo te il futuro di tutti noi?- mi chiese poco dopo.
-Cosa intendi?- le chiesi.
-Intendo come sarà il futuro di noi tutti, continueremo a vivere così per sempre?- fece lei.
-Per adesso credo che tutti si limiteranno a sopravvivere, - dissi guardando il riflesso del fuoco nei suoi occhi -forse tra un secolo sorgeranno nuovamente le prime comunità.-
-E ci saranno ancora guerre?-
-Si, da quando esiste la civiltà la guerra è sempre esistita, - dissi - regni e imperi sono sorti si sono espansi e poi sono caduti per migliaia di anni, noi non abbiamo fatto eccezione.-
-Sembra una storia che si ripete.- commentò lei.
-Sì, ma dopo ogni crollo c'è sempre qualcosa di nuovo.-
-Non ne sarei tanto sicura a giudicare dai crateri che abbiamo visto, - mi fece notare - ma credo siano argomenti troppo complessi per me.-
Un breve silenzio di riflessione calò su di noi.

Era scesa la prima notte e le temperature erano diventate molto più fresche, forse per il fatto che ci trovavamo in prossimità di un corso d'acqua.
Mangiando il pesce appena cucinato in silenzio ci perdemmo a guardare quella fredda notte stellata.
-Come era?- le chiesi una volta finito, pulendomi l'unto del pesce con una manica del maglione.
-Delizioso, - disse Martha soddisfatta - era da un po' che non mangiavo qualcosa di così buono.-
Nel bagliore delle fiamme notai che aveva un po' unto sul mento e sulle labbra.
-Ehi, che diavolo è quello?- fece all'improvviso lei guardando il cielo con un misto di stupore e forse anche spavento.
Seguii il suo sguardo e lo vidi anche io.
Spirali di sfumature di luce iniziavano a formarsi nel cielo stellato formando degli strani archi di diverso colore che andavano dal verde al blu, persino al rosso.
Erano strane luci iridescenti che scendevano da qualche parte dalle profondità del cielo, serpeggiando in senso longitudinale.
-Quella è l'aurora boreale.- dissi.
-Non sapevo che fosse fatta così, è pericolosa?- chiese Martha.
-No, assolutamente, è rara ma non pericolosa. Godiamoci questo spettacolo, non capiterà di vederlo spesso nelle nostre vite.-
Lei mi si fece più vicina, appoggiando la testa sulla mia spalla e prendendomi la mano tra le sue dita mentre le stelle in cielo brillavano in un susseguirsi di colori in movimento.
L'aurora si allargò cambiando costantemente forma, antica quanto le rocce su cui eravamo seduti.
Il paesaggio intero era illuminato dalle sfumature dei suoi colori. Un paesaggio irreale di alberi e rovine con il suono unico dell'acqua che scorreva.
-È bellissima.- disse Martha incantata.
-Si.-
Martha sollevò la testa della mia spalla guardandomi. La guardai a mia volta.
Con il viso in parte illuminato dal bagliore arancio delle fiamme, ma perlopiù dalle sfumature di colori dell'aurora boreale era bellissima. Guardai le sue labbra, poi senza dire nulla il suo viso e il mio azzerarono le distanze in un tocco lento e intimo tra la sua bocca e la mia.
Le sue dita carezzarono le mie.
I nostri sguardi si incrociarono.
Quel bacio continuò a pulsare lento per lunghi istanti con le sfumature iridescenti dell'aurora boreale che si inseguivano nel cielo, illuminando il paesaggio e riflettendosi sull'acqua.
Poi Martha piegò il viso dall'altro lato, inclinando ulteriormente la testa e scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte.
Quando ci staccammo poggiai la mia fronte contro la sua.
-Ti amo.- sussurrai.
-Anch'io.- sussurrò lei.
Guardammo le luci dell'aurora boreale ancora per un po', poi ci trascinammo nella tenda, al caldo.
Nel buio della tenda i colori iridescenti dell'aurora boreale attraversavano il tessuto illuminandoci parzialmente mentre spogliandoci ci preparavamo a infilarci nel sacco a pelo.
Gli schiocchi liquidi ripresero, così come i fruscii e infine i sospiri, illuminati in modo soffuso da quel incendio cosmico.

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Le settimane trascorsero veloci quanto l'alternarsi dei giorni.
Le giornate stavano gradualmente diventando ormai brevi, le notti si allungavano e diventavano sempre più fresche. Ormai in pieno autunno inoltrato nel corso del nostro viaggio l'asfalto iniziò a ricoprirsi di foglie mentre gli alberi diventavano sempre più scheletrici.
Un tardo mattino arrivammo nei pressi di quella che doveva essere stata una cittadina rurale.
Non c'era nessuna indicazione che dicesse come si chiamava, tuttavia come tutto il resto finora non era in buono stato, alberi e piante infestanti avevano preso il sopravvento su ogni cosa, non c'era un edificio con una sola finestra e la maggior parte degli edifici era priva di tetto o addirittura parziale crollata.
Camminando lungo la strada coperta di foglie e dalla quale spuntavano arbusti ed erbacce la cosa che più mi colpì fu la sensazione di desolazione che questo posto trasmetteva.
Non come il campo di detenzione, era qualcosa di diverso, inconcepibile.
-Una altra città fantasma.- osservò Martha.
Guardandomi attorno cercai d'istinto segni di attività recenti, ma non ne trovai.
Passammo accanto ad un palo della luce consumato dalla ruggine ancora in piedi ma leggermente piegato di lato, le piante infestanti lo avevano talmente reso irriconoscibile che ormai sembrava una sorta di albero alieno.
Continuammo a camminare finché non ci ritrovammo in quella che doveva essere la piazza, circondata da edifici semidistrutti con le mura infestante dall'edera che con l'arrivo dell'autunno aveva le foglie che avevano assunto una tonalità rossastra dando alle case una sfumatura cremisi.
Anche qui gli alberi e l'erba avevano iniziato a farsi strada attraverso l'asfalto e il cemento, alcuni avevano iniziato a crescere persino all'interno di edifici senza tetto con i rami che sporgevano dalle finestre senza vetri.
-Cosa può essere successo qui?- fece Martha, -sembra che ci sia stato un terremoto.-
-Ho un sospetto, aspettami qui.- dissi.
Mi tolsi lo zaino per alleggerire il mio peso.
-Cos'hai intenzione di fare?- fece lei incerta.
Mi arrampicai sulle crepe di un edificio vicino che sembrava leggermente più alto degli altri, il muro era talmente crepato che non ebbi difficoltà a trovare degli appoggi dove mettere le mani e sollevarmi ulteriormente passo dopo passo, tra i mattoni esposti.
Poco alla volta arrivai abbastanza in alto da potermi guardare attorno.
Attorno a me quasi tutti gli edifici erano privi del tetto e parzialmente crollati, altrettanti avevano solo il perimetro delle mura e tracce di bruciature lungo i muri interni, ma una cosa era certa, un tempo un'altra bomba aveva devastato una buona porzione della città.
A circa mezzo chilometro di distanza c'era un altra gigantesca voragine dal diametro di un centinaio di metri dove probabilmente prima c'erano solo edifici, impossibile vederla da terra perché le rovine celavano la sua visuale.
Facendo attenzione a non scivolare, lentamente tornai a terra.
-Cos'hai visto?- chiese Martha.
-C'è un altro cratere oltre quegli edifici?- spiegai.
-Lo immaginavo.-
Ci dirigemmo nella direzione opposta della città, quando fummo a circa metà giornata facemmo una pausa mangiando una porzione delle provviste che ci eravamo procurati con una certa fatica negli ultimi giorni, a base di erbe commestibili e piccoli animali sotto sale catturati con delle trappole a base di lacci, in questo caso una marmotta che Martha aveva avuto la fortuna di catturare il giorno precedente.
Dal punto di vista della caccia lei era molto più fortunata di me.
Da quando le avevo insegnato a costruire trappole lei aveva sviluppato una certa abilità, e anche un certo gusto, che da una ragazza semplice come lei non mi sarei mai aspettato.
Sentivo tuttavia che mi stava nascondendo qualcosa, non ne avevo nessuna conferma, ma era piuttosto una sensazione.
Si era forse pentita di aver intrapreso questo viaggio?
Certe volte la sentivo vicina, molto spesso distante con il pensiero.
-Senti. Volevo chiederti se per oggi possiamo fermarci qui?- mi chiese lei riscuotendomi dai miei pensieri -Mi sento stranamente stanca oggi.-
La domanda mi sorprese, era la prima volta che mi chiedeva di fermarsi in anticipo.
Mi guardai attorno in cerca di un luogo per accamparci per la notte.
Mi resi conto che in un posto del genere durante la notte saremmo stati particolarmente esposti, soprattutto con il fuoco acceso dal momento che ormai iniziava a fare freddo.
C'era la remota possibilità che il bagliore ci avrebbe resi visibili da lontano, senza contare che non potevamo avere la certezza che non ci fosse nessuno in questo posto.
-Va bene, - decisi -ma non ci fermeremo qui, ci accamperemo sul fondo del cratere che ho visto prima.-
-Perché proprio lì?- fece Martha.
-Perché quando accenderemo il fuoco questa sera saremmo meno visibili, soprattutto se è circondato da rovine che ci riparano da sguardi indiscreti.- spiegai.
-Per me non c'è problema.- disse -Quanto dista?-
-Non molto da qui.-

Quando il sole iniziò a scendere le ombre iniziarono ad allungarsi e sul fondo del cratere la temperatura scese in fretta.
Mi ero procurato della legna da alcuni vecchi scaffali all'interno di alcune rovine e la tenda era già stata piantata.
Martha stava seduta davanti al fuoco, le braccia tra le gambe, a riflettere.
Vedevo il bagliore delle fiamme che si rifletteva nei suoi occhi, assorti nei suoi pensieri.
D'un tratto in lontananza si udì un ululato, seguito da un altro da una posizione diversa.
Martha tornò rapidamente al tempo presente.
-Lupi?-
-Forse anche coywolf. Non credo che potremmo essere un loro obiettivo, ma meglio non rischiare.- dissi.
Gettai altra legna sul fuoco, poi presi il mio zaino e da una tasca interna tirai fuori una sacca di cuoio piuttosto vecchia, da cui estrassi i pezzi di una vecchia pistola Berretta, un modello che sicuramente aveva più anni del sottoscritto ma ancora in buono stato, poi dopo averli studiati uno per uno iniziai ad assemblarli.
-E quella da dove esce fuori?- fece Martha sorpresa.
-Era del mio vecchio, l'ho portata dietro per casi estremi.- dissi.
-Potevi dirmelo subito che avevi con te una pistola.- dissi arrabbiata.
In quel momento sentimmo alcuni sassi cadere lungo la parete del cratere.
Guardai con attenzione la direzione da dove erano caduti, ma nell'ombra e nell'ultimo chiarore della sera non vidi molto, nulla di particolare.
-Ho l'impressione che siamo entrambi a non dirci proprio tutto.- risposi a Martha.
Ma prima che lei potesse rispondermi sentimmo altri sassi cadere da una parete, ma stavolta da una posizione diversa.
-C'è qualcosa che non va.- notò Martha alzandosi in piedi.
Ormai il cielo era poco più che una sfumatura rossastra tendente al blu dove iniziavano a scorgersi le prime stelle.
-Non siamo soli.- dissi guardandomi attorno ma senza vedere niente.
Il bagliore del fuoco illuminava solo la parte bassa del cratere dove eravamo accampati, ma buona parte della parte alta irregolare rimaneva in ombra.
Sentimmo un altro rumore di pietre che cadevano, mi voltai nella direzione da cui proveniva il rumore quando il grido di Martha dietro di me mi colse alla sprovvista.
Mi voltai solo per constatare che era scomparsa, la chiamai gridando ma a sua volta sentivo le sue grida sempre più lontane, poi in alto nell'oscurità vidi una figura che scompariva in un punto appena sotto il bordo del cratere. Poi le urla tacquero.
Qualunque cosa fosse era velocissimo e sicuramente molto più forte di me per portare via Martha con quella velocità.
Mi gettai rapido sulla Berretta che avevo assemblato, nella frenesia cercai i proiettili nello zaino, svuotandolo, rovistai finché non li trovai, e la caricai con le mani che mi tremavano.
Quando alzai la testa mi resi conto di essere osservato.
-Che diavolo...-
C'erano dozzine di paia di occhi verdi come lampadine che mi fissavano nell'oscurità.
La luce del fuoco si rifletteva su quegli occhi innaturali proprio come su quelli di un gatto, ma la cosa più spaventosa erano quelle alte e pallide figure umanoidi che sembravano non appartenere a questo mondo.
Avevano un paio di lunghe braccia sproporzionate rispetto al corpo, e un paio di gambe, ma erano gracili e probabilmente erano di colore bianco.
Si muovevano lentamente attorno a me come se aspettassero la mia prossima mossa, pronte ad attaccare.
Ritornai in me, resistendo alla paura, e sollevai la pistola al cielo sperando che non si inceppasse.
Un boato assordante quasi mi spaccò i timpani.
Le creature umanoidi sembrarono quasi impazzite e scattando agili come cavallette in pochissimi secondi si arrampicarono lungo le pareti scoscese del cratere e scomparvero.
Si erano nascosti? Non persi tempo a scoprirlo, afferrai un grosso bastone che avevo recuperato dalle rovine, avvolsi uno straccio attorno ad esso e lo impregnai di alcool puro, per poi accenderlo sul falò.
Quindi, con la torcia in una mano e la pistola nell'altra, iniziai a risalire il pendio del cratere nella direzione in cui avevo visto scomparire Martha.
C'era un tunnel semi-nascosto dalle pietre, riuscii a infilarmi a stento e mi resi conto che ero all'interno della vecchia rete fognaria della città, l'entrata del tunnel era la parte rimasta esposta all'interno del cratere.
-Martha!- gridai.
Nessuna risposta.
A terra c'erano detriti di ogni tipo e c'era anche un forte odore di putrefazione e qualcos'altro.
C'erano anche moltissime ossa di origine incerta, probabilmente era il nido degli umanoidi bianchi.
Facendomi luce avanzai il più rapidamente possibile stando attento a dove mettevo i piedi. Un osso scricchiolò sotto il mio scarpone.
-Martha!- gridai di nuovo.
-Sono qui!- la sentii gridare non molto lontano.
Continuai ad avanzare.
Poi la vidi, o meglio fu lei che mi corse incontro piangendo. La abbracciai.
-Cos'è successo?-
-Quella cosa mi ha trascinata non so dove nell'oscurità, non vedevo niente,- pianse lei terrorizzata -ho continuato ad urlare, poi ad un tratto ho sentito lo sparo e lui si è bloccato, mi ha lasciato ed è scappato via.-
-Andiamo via di qui, stammi vicino.-
Iniziammo a correre in avanti, io le tenevo stretto la mano, credevo di essere ormai prossimo all'uscita ma Martha si bloccò all'improvviso, come me.
Nell'oscurità, nella luce debole del fuoco della torcia improvvisata vidi chiaramente alcune di quelle figure.
Il viso non era molto lontano da quello di un essere umano se non fosse per la mancanza di lineamenti e una mandibola che sembrava aprirsi il doppio di quella umana, oltre alla totale assenza di qualunque pelo o capello.
Era chiaro che non intendevano lasciarci andare via.
-Merda.-
-È la fine.- pianse Martha chiaramente terrorizzata.
Sollevai la pistola, sperando che il boato li spaventasse nuovamente, ma quando premetti il grilletto partì solo uno scatto metallico. Nulla di più.
Dannazione, quel fottuto rottame si era inceppato.
Le figure avanzavano, ma con esitazione.
Probabilmente temevano il fuoco oltre che i boati.
-Cosa facciamo?- fece Martha.
Sentimmo un ringhio animalesco, poi delle grida stridule quanto disumane.
Gli esseri davanti a cercarono di correre, o meglio scappare nella nostra direzione ma furono attaccati da...lupi.
Un branco di lupi si era infilato nel tunnel, probabilmente attratto dall'odore di queste creature.
Tuttavia a guardarli meglio non erano i lupi che conoscevo, avevano alcune somiglianze con grossi cani ma allo stesso tempo il muso, il comportamento e il pelo come quello di un lupo.
Coywolf!
Le grida continuavano mentre in quella lotta gli umanoidi bianchi venivano attaccati e trascinati via da queste bestie.
Alcuni lottarono e usarono persino pezzi di cemento del tunnel per attaccare i lupi, uno emise un guaito, ma in breve tempo furono sottomessi dalla maggioranza.
La lotta si trascinò per lunghissimi istanti sotto i nostri occhi esterrefatti, poi quando gli umanoidi bianchi iniziarono a sparire e a essere trascinati via da quei lupi ibridi uno di essi dal pelo grigio iniziò ad avanzare a testa bassa ringhiando verso di noi con il muso insanguinato delle sue prede. Poi all'improvviso si bloccò, forse richiamato dai suoi compagni e tornò indietro.
Tirai un sospiro di sollievo.
Poco alla volta le bestie se ne andarono trascinandosi dietro porzioni di carne o addirittura interi corpi mutilati di quegli esseri umanoidi, finché non scomparvero.
Rimase solo il silenzio. Un silenzio orribile.
-Andiamocene,- disse Martha - ti prego.-

Il mattino seguente al limitare di quella zona urbana lasciai Martha addormentata sulla mia giacca e con un braccio fasciato dove quell'essere l'aveva morsa.
Avevamo passato la notte all'intero di un vecchio edificio. Lei alla fine si era addormentata sulle mie gambe.
Prima che si risvegliasse corsi nel cratere con la pistola a recuperare le nostre cose, troppo indispensabili per lasciarle lì.
Da quanto avevo capito quelle creature uscivano solo di notte.
Le pareti di quella gigantesca voragine erano solcate da scie di sangue che si perdevano in superficie, dove i coywolf avevano trascinato via le loro prede.
Arrancando lungo la parete raggiunsi il bordo e guardando un ultima volta il fondo del cratere quasi mi bloccai.
C'era un altro di quegli esseri umanoidi che mi fissava dal centro del cratere, non sembrava avere intenzioni ostili ma qualcosa che non capivo.
Per un lungo istante i suoi occhi si fissarono nei miei, poi quando il sole iniziò a sorgere si dileguò in uno di quei tunnel.

Quando ritornai, Martha si era già svegliata.
-Dove sei stato?- mi chiese con la voce leggermente rauca.
-A recuperare un po' di cose,- dissi - come va il braccio?-
Lei non protestò, non disse nulla.
-Fa un po' male, spero che non si sia infettato.- disse.
Quindi alzandosi in piedi, come prima cosa mi abbracciò e mi strinse forte.
La strinsi a mia volta.
-È finita.- dissi.
-Credo sia il momento di dirti una cosa.- mi disse.
Compresi che si trattava di ciò che si era tenuta dentro di sé da un po', e non trovava il coraggio di parlarmene.
-Ti ascolto.- le dissi.
Lei trasse un profondo respiro, poi deglutì.
-Credo di aspettare un bambino.-
Le parole le uscirono bloccandomi, sorpreso.
Lei mi guardò in silenzio, in attesa della mia reazione, incerta.
Senza dire nulla piegai il mio viso sul suo.
Lei non disse nulla, colta di sorpresa, quindi unì le mani dietro il mio collo e piegò ulteriormente il viso schiudendo ulteriormente le labbra.
Restammo immobili per un lungo momento dimenticando per qualche istante gli orrori di quella notte appena trascorsa.

Poco dopo lasciammo la città è ciò che celava sotto di essa.
-Cosa erano quelle creature?- fece Martha con ancora vivi i ricordi di ciò che aveva passato.
-Credo che siano i discendenti dei sopravvissuti della precedente guerra.- dissi - Devono essersi rifugiati a vivere nelle fogne e da lì generazioni dopo hanno preso l'uso del linguaggio, si sono abituati a vivere al buio e vivere come animali.-
-Di umano avevano ben poco!- osservò Martha.
-Credo che le condizioni ambientali e la carenza di cibo dopo generazioni abbia indotto qualche tipo di mutazione, sono diventati predatori umanoidi.- ipotizzai.
-E perché i lupi ci hanno risparmiato, non ha senso, avevano l'occasione di farci a pezzi.- fece lei confusa.
-Non erano del tutto lupi. Sono una razza mista tra i branchi di cani selvatici formatisi dopo la guerra, il lupo e i coyote.
Sono molto intelligenti, forse hanno capito che non ne avevano la necessità.- dissi.
-Preferirei non rivederli.-
-Nemmeno io.-

Raggiungemmo le Montagne Rocciose nel tardo autunno, la brina ricopriva ormai il paesaggio ogni notte facendoci tremare nella tenda, al punto da costringerci a dormire molto stretti l'uno all'altra per riscaldarsi.
Lentamente il ventre di Martha iniziava a crescere e lei sembrava indebolirsi mentre le pause di viaggio quando lei aveva la nausea di moltiplicavano.
Non trovammo quello che cercavamo, ma trovammo una piccola costruzione in pietra con io tetto ancora incredibilmente stabile in una vallata tra le montagne.
Riuscii a riparare le parti instabili del tetto usando rami e scarti all'interno della foresta.
Decidemmo di passare qui l'inverno.
Il lago sembrava ricco di pesci di vario tipo e anche la foresta era piena di selvaggina.
Le giornate nel frattempo divennero sempre più brevi e in seguito durante un mattino presto quando andavo a recuperare la legna mi accorsi che stava scendendo la prima neve.
Il lago ghiacciò e la neve scese per tutto l'inverno.
Quell'inverno fu difficile.
Diviso tra la caccia, le trappole e procurare la legna da ardere, le giornate di riposo erano rare.
E l'addome di Martha continuava a lievitare..
Poi venne la primavera e poco dopo il disgelo di maggio nacque Skye. Una femmina.
Quell'estate restammo lì ad occuparci della maternità di Martha. Difficile poteva viaggiare con il piccolo.
Inoltre perché muoversi quando si aveva ciò che ci serviva per vivere...
Così passò un anno da quando eravamo partiti. Poi giunse nuovamente l'autunno e l'inverno ed eravamo oramai sempre più preparati dalla stagione precedente.
Poi venne di nuovo primavera. E le stagioni si susseguirono mentre nostra figlia da gattonare non iniziava a muovere i primi passi e poi a dire le sue prime parole.
E poi le stagioni accompagnarono gli anni in cui anche Martha stava cambiando insieme con nostra figlia.
Finché per noi sulla riva del lago, con una bambina di nove anni gli anni non ebbero più fine.

 

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