Il demone e il carillon

di hotaru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Due strane melodie inseparabili ***
Capitolo 2: *** Tenebre profonde ***
Capitolo 3: *** Danzare sul mondo per l'eternità ***



Capitolo 1
*** Due strane melodie inseparabili ***


1- Due strane melodie inseparabili
Dato che si tratta di una song-fic, questa storia andrebbe letta ascoltando “Carillon” dei Magic Box.




Il demone e il carillon


Il demone e il carillon




Due strane melodie inseparabili


Last night I had a dream
Where I was all alone walking on the street
My carillon and me
Were two inseparable strange melodies

[La scorsa notte ho fatto un sogno
In cui ero tutto solo a camminare per la strada
Il mio carillon ed io
Eravamo due strane melodie inseparabili]


Da piccolo aveva aperto il minuscolo coperchio di velluto che celava il meccanismo, curioso di conoscerne i segreti più reconditi.
Aveva osservato a lungo il moto delicato delle piastrine di metallo: urtavano contro le minuscole punte del rullo girevole, producendo le note di quella continua melodia. Non servivano pile, né elettricità: bastava caricare il meccanismo, girando la chiavetta che si trovava sotto il piedistallo, perché lei continuasse a danzare all’infinito.
Un altro sistema, altrettanto semplice ma ingegnoso, le permetteva di danzare in eterno sull’acqua, umana ma elegante quanto l’animale in cui si trasformava.
Ed era allora che il cervello iniziava a pulsare e la bestia a ruggire.

Di norma quella musica lo calmava, riuscendo a sedare il mostro almeno finché non lo riportava sotto il suo controllo. Quel che non aveva capito in tempo era che quella cosa si tranquillizzava solo perché era lei a danzare, per lui e soltanto per lui.
“È bella.”
- Sì, lo è -.
“E affascinante.”
- Già -.
“Trovala.”
Non era in grado di opporsi ai suoi ordini. Non lo era mai stato. Se voleva qualcosa, lui l’avrebbe messa in pratica senza discutere.
Specialmente se, per una volta, i loro desideri erano sulla stessa lunghezza d’onda.


- Mio Dio, Tem, hai letto? -.
- Che cosa? -.
- Stanotte hanno ucciso una ragazza -.
- Come? Stai scherzando? -.
- Magari. Senti qua – Kankuro iniziò a leggere, mentre la sorella si sedeva di fronte a lui con la   tazza del caffé in mano – “Ritrovato stamani nella zona del porto il corpo di una giovane donna di nazionalità cinese. Liang Ten Ten, questo il nome della vittima, era arrivata da Hong Kong su una nave per il trasporto animali. Stava occupandosi in questi giorni di uno speciale carico di cigni di un’antica razza cinese, destinati ad andare ad adornare i laghetti di ricchi giardini borghesi. La scientifica ritiene che sia stata strangolata ieri sera in tarda ora, mentre rientrava da un ultimo controllo ai pregiati animali” -.
- Fantastico. Ci mancava soltanto un altro pazzo maniaco – commentò la ragazza, passandosi una mano fra i capelli scompigliati.
- In realtà non credo sia un maniaco. Qui scrivono che “dall’autopsia non è risultata alcuna violenza di tipo sessuale. Non sono presenti nemmeno tracce di percosse: il corpo è inviolato, eccezion fatta per i segni intorno al collo” -.
- Non l’ha stuprata? – domandò Temari, piuttosto sorpresa.
Kankuro scosse la testa.
- Anzi, sembra quasi che abbia avuto anche qualche attenzione per lei. Qui dice che “la ragazza, la cui abituale pettinatura era costituita da due codini, è stata ritrovata con i capelli sciolti. La polizia sostiene che sia stato l’assassino, che le avrebbe anche lisciato i capelli con le dita”. Pazzesco -.
- Sì, davvero – convenne Temari – Senti, vado a vedere che fine ha fatto Gaara -.
- Come, è ancora a letto? Di solito a quest’ora è già sveglio da un pezzo -.
- Lo so anch’io. Per questo vado a vedere -.
 
Dopo aver bussato, Temari aprì piano la porta della stanza, non stupendosi più di tanto quando trovò il fratello seduto alla scrivania.
- Gaara, la colazione è pronta -.
- Sì -.
La ragazza lanciò un’occhiata al letto praticamente intatto e al pigiama sul cuscino, che sembrava essere stato solo stropicciato.
- Hai dormito, stanotte? -.
- Ho sognato -.
Temari annuì, anche se quando rispose un impercettibile sospiro si intrecciò alla sua voce.
- Se hai fame, vieni in cucina. Tra un po’ sparecchio -.
Gaara non diede segno di averla nemmeno sentita, ma la ragazza non vi badò e uscì dalla stanza.
- Allora? – domandò Kankuro una volta che fu tornata in cucina, alzando gli occhi dal giornale.
- Credo abbia passato un’altra notte davanti a quel carillon. Non si è nemmeno cambiato -.
- Quello della mamma? – indagò lui.
- Già -.
- Dopo tutto questo tempo, mi sorprendo che funzioni ancora -.
Temari scrollò le spalle.
- Lo tratta con cura. Credo che, se si rompesse, lo saprebbe perfino riparare -.
Kankuro non commentò, ripiegando il giornale e portando la propria tazza nel lavello.
- Beh, è ora che vada -.
- Ti ricordi che oggi ce lo devi accompagnare tu dallo psicologo, non è vero? – indagò la sorella, alzando un sopracciglio.
- Sì, sì, tranquilla – replicò lui, seccato da tale mancanza di fiducia – L’ho mai dimenticato? -.
- Non si sa mai – ribatté Temari, aprendo l’acqua bollente e gettando la spugna nel lavandino – C’è una prima volta per tutto.

 

Now that I am awake
I’m still feeling the call that I won't forsake
It's an elusive love
That you contain into seven strange notes

[Ora che sono sveglio
Sento ancora il richiamo a cui non rinuncerò
È un amore sfuggente
Che contieni in sette strane note]


Quel candore l’aveva sempre affascinato. Forse perché aveva passato insonni migliaia di notti, ma aveva notato che la pelle della ballerina aveva lo stesso biancore della luna.
Si era chiesto se fosse porcellana, alabastro o anche avorio. Di certo non plastica dipinta, di questo era sicuro.
Un tempo adorava sfiorarla con le dita, seguendone le linee eleganti delle braccia alzate, ma ora quasi non osava più. Aveva paura di scalfirla, rovinarla, o anche solo danneggiarla col sudore della pelle.
Lui taceva, in quei momenti.
Ammirava le sottili increspature dell’acqua sotto i suoi piedi delicati- sui malleoli ancora tracce delle piume candide che si stavano trasformando.
La splendida creatura che ogni sera si liberava dalla prigionia del corpo di un mostro.
Se un cigno si poteva definire tale.


- Senti, Gaara – gli disse Kankuro quel pomeriggio, mentre salivano in auto dopo la seduta – Ti secca se facciamo un giro più lungo per tornare a casa? -.
Il fratello si bloccò davanti alla portiera aperta, guardandolo con gli occhi acquosi che tanto contrastavano con le profonde occhiaie.
- Non fare quella faccia, vorrei solo andare a trovare un’amica. Sta lavorando qui vicino, deve occuparsi dei fiori da piantare lungo il laghetto nel parco cittadino. Ti ricordi di Ino, vero? -.
- Il laghetto? – chiese lui, senza badare alla domanda.
- Sì, quello col nido dei cigni. Ci andavamo spesso una volta, ma forse eri troppo piccolo – Kankuro fece una pausa, mentre Gaara sembrava cercare quei ricordi nella sua memoria – Allora? Che ne dici? -.
Il fratello minore aprì la portiera e si sedette accanto al posto del conducente.
- Andiamo a casa – disse, come a constatare un dato di fatto.
Kankuro sospirò, ma non ribatté. Avrebbe comunque incontrato Ino il giorno dopo.
Peccato solo che non sarebbe più stata in grado di respirare.


La pelle poteva essere quella giusta, priva di imperfezioni e candida al punto giusto. Anche il collo, esile e delicato, aveva quell’eleganza tipica dei cigni.
Ma il resto era completamente sbagliato. A partire da occhi e capelli- così disgustosamente solari- per finire col carattere da oca, piuttosto che da cigno.
Pensare che lei, quando l’aveva incontrato nei pressi del laghetto, dopo il primo spavento l’aveva addirittura accolto con un sollevato “Oh, sei tu! Com’è che tuo fratello non si è fatto vedere, oggi?”.
Un sollievo durato poco.
Quando ebbe finito, lo sentì ringhiare dal profondo.
“Il posto giusto. Il momento giusto.”
Non obiettò. Effettivamente era una nottata splendida.
“Ma un’oca al posto del cigno.”
Aveva ragione anche in questo.
“Gettala dentro. È comunque un uccello acquatico più dell’altra.”
Prima di obbedire, però, le sciolse i lunghi capelli biondi. Erano lunghi fino alla cintola, morbidi, ma alla luce lunare apparivano quasi sbiaditi. Niente a che vedere col meraviglioso nero lucente che stava cercando.
Pochi secondi dopo, il corpo senza vita di Ino Yamanaka scivolava dolcemente nell’acqua.






Dato che questa storia è un’AU, ho voluto caratterizzare Shukaku più come una “voce” nella testa di Gaara. Qualcosa che sente perché soffre di una specie di schizofrenia, e che solo lui riconosce come un demone.

È stata una bella sorpresa arrivare prima al “90’s dance contest” indetto da Bambi88 e LalyBlackangel, anche se alla fine è rimasta solo Laly a fare da giudice.
E sono anche contenta di aver vinto il Premio per la miglior Trattazione della Canzone! Che tra l’altro non conoscevo, e sono rimasta piacevolmente sorpresa sia dalla musica che dal video. Vi consiglio davvero di vederlo.

Grazie alla giudice e complimenti a tutte le partecipanti!

 

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Capitolo 2
*** Tenebre profonde ***


2- Tenebre profonde Tenebre profonde  



Il demone e il carillon 2




Last night I had a dream

Where I was all alone walking on the street
My carillon and me
Were two inseparable strange melodies

[La scorsa notte ho fatto un sogno
In cui ero tutto solo a camminare per la strada
Il mio carillon ed io
Eravamo due strane melodie inseparabili]


- E Kankuro come sta? – domandò Sakura dopo un respiro profondo, tormentandosi gli occhi ancora rossi di pianto.
Temari scosse la testa.
- Non è ancora uscito dalla sua camera. Non vuole mangiare, né parlare con nessuno. Non si perdona soprattutto di non essere andato a trovarla il giorno prima che ne rinvenissero il corpo -.
- Avevano un appuntamento? -.
- No, ma era da quelle parti con Gaara e avrebbe voluto farci un salto. Adesso in casa c’è tanto silenzio che mi sembra di vivere da sola, invece che con due persone -.
- Beh, nel mio caso è tutt’altro che un’impressione -.
Temari si morse la lingua, sentendosi immediatamente in colpa.
- Sakura, mi spiace. Io… -.
- No, non ti preoccupare. Sono io, non tu. È solo che ero talmente abituata a sentirla lamentarsi per ogni singola cosa tranne che per la terra sotto le unghie, che mi sembra strano avere intorno tutto questo silenzio… - la voce di Sakura si incrinò, minacciando seriamente di spezzarsi ancora – Dio, ci conoscevamo da tanto di quel tempo… è stata la mia prima amica. Non ci siamo parlate per anni dopo aver litigato per un ragazzo, ma… ma non è mai sparita. Sapevo che, se avessi avuto bisogno, avrei potuto andare da lei in qualunque momento, malgrado ci fossimo urlate addosso il giorno prima… -.
Temari non si era mai reputata una persona sensibile. Per evitare di offendere senza volerlo, in certe occasioni preferiva rimanere in silenzio e lasciar sfogare chi aveva davanti. Come in quel momento.
- Ad un certo punto è venuta voglia a tutte e due di andarcene di casa, così abbiamo deciso di dividere un appartamento. Ero pronta ad interminabili zuffe quotidiane, invece… invece… -.
Temari fece per allungare una mano verso l’amica, quando questa strinse il pugno e lo batté violentemente sul tavolo.
- Ma giuro… giuro che gliela farò pagare a quel bastardo… chiunque sia… - ringhiò a denti stretti, incurante della presenza di qualcun altro.
- Hai già… scoperto qualcosa? – domandò Temari, grata che perlomeno l’amica stesse riuscendo in qualche modo a reagire. Per suo fratello sarebbe stato molto più difficile, lo sentiva.
- Abbiamo poco, in mano. Pochi elementi, ma molto particolari -.
- Sarebbe a dire? -.
- Ino è stata strangolata, ma ha opposto pochissima resistenza. Come se non avesse avuto nulla da temere, almeno fino al momento in cui si è ritrovata una mano intorno alla gola. Inoltre non c’è… - Sakura deglutì, stringendo gli occhi per evitare che si inumidissero ancora - … non c’è alcuna traccia di violenza sessuale -.
Temari annuì. Sakura lavorava alla scientifica, come medico legale, e sottoporre all’autopsia il corpo dell’amica non doveva essere stato semplice.
Ma all’improvviso le venne in mente una cosa.
- Scusa, ma… non è accaduto lo stesso con la ragazza cinese uccisa al porto? Come si chiamava…? -.
- Liang Ten Ten? Sì, lo strangolamento e lo stupro mancato corrispondono, ma due vittime soltanto sono troppo poche per affermare con certezza che si tratti di omicidi seriali -.
- Quindi… - la voce di Temari suonava inorridita, ma si costrinse a terminare la domanda - … bisogna aspettare la prossima? -.
Sakura si lasciò andare contro lo schienale della sedia, stanca come se quei pochi giorni fossero stati in realtà vent’anni.
- Esattamente -.


Se caricava il meccanismo per un tempo sufficiente e si sedeva sul letto, stringendo le palpebre, gli sembrava che la ballerina del carillon facesse molto più che girare su se stessa.
Ballava. Danzava davvero sull’acqua, felice di essere libera per un’altra notte.
L’artista che l’aveva creata l’aveva colta nel momento appena successivo alla trasformazione: le piume bianche, ancora visibili attorno alle caviglie, avevano lasciato posto agli splendidi capelli corvini che le ondeggiavano attorno al corpo.
Gli occhi così chiari stavano forse riflettendo la luce della luna sull’acqua, mentre le braccia volteggiavano ancora come due esili ali prive di piume.
“Non credere che quando l’avrai trovata ti libererai di me.”
Oh, no. Non avrebbe mai osato pensarlo.
“Ma stare insieme potrebbe essere più piacevole.”
Forse. Magari lei avrebbe capito, visto ciò che aveva passato.
Anche se trasformarsi in un cigno non era nulla. Nulla in confronto alla sua, di maledizione.



Nobody was around
The silence and the gloom were so profound
I started to explore
But you were the only one I was looking for

[Intorno non c’era nessuno
Il silenzio e le tenebre erano così profondi
Iniziai ad esplorare
Ma tu eri l’unica che stessi cercando]


Temari era esasperata. Kankuro parlava ancora a mugugni e borbottii, e al contrario di Gaara passava a letto metà della giornata.
Non aveva detto nulla nemmeno quando la sorella gli aveva comunicato che gli omicidi erano arrivati a tre. Tutti con le stesse modalità, quindi la polizia aveva iniziato le ricerche di quello che era ormai un omicida seriale.
Frustrata dall’atteggiamento del fratello, che sembrava totalmente incapace di reagire, si era ritrovata in camera di Gaara.
Aveva semplicemente voglia di scambiare due parole, anche con qualcuno che risultava conciso quanto un muro, ma non si sarebbe mai aspettata che Gaara potesse avere un tale momento di loquacità.
Non che l’avesse sommersa di chiacchiere- questo mai- ma quando lei l’aveva trovato per l’ennesima volta a rimirare quel vecchio carillon e gli aveva chiesto se ne conoscesse la storia, lui l’aveva guardata con un vago interesse negli occhi.
- Sai che apparteneva alla mamma, non è vero? -.
Il fratello annuì.
- Lei ci teneva moltissimo. Vuoi che te ne parli? -.
Quando Gaara assentì di nuovo, Temari fece per cominciare, ma rimase letteralmente a bocca aperta quando dalle labbra del ragazzo uscì anche un: - Per favore -.
Stava quasi per chiedergli di ripetere, quando si accorse che il fratello era tornato a contemplare la ballerina del carillon, quindi lasciò perdere.
- A me la mamma l’ha raccontato quando avevo cinque anni. Ero piccola, ma me lo ricordo benissimo. Noi abbiamo sempre abitato qui, mentre invece lei veniva da un luogo desertico dove c’era spesso la siccità. Quel posto aveva un certo fascino, specialmente quando la luce del tramonto era tale che la sabbia sembrava fatta d’oro, ma la mancanza di vegetazione si faceva sentire.
Non c’erano laghi né fiumi, nessuno specchio d’acqua in cui potersi riflettere. Pochissima pioggia, niente pozzanghere -.
Se Temari aveva un dono, era quello di riuscire a ricordare alla perfezione le parole che ascoltava, ed essere capace di riportarle come se a parlare fosse la persona da cui le aveva udite.
Perfino lui stava in silenzio.
- Per questo quando in un negozietto vide quel carillon, non ci pensò due volte a comprarlo. Aveva quattordici anni, e ne era rimasta incantata. Forse perché la ballerina sembrava danzare sull’acqua, forse perché riproduceva un balletto che lei adorava -.
- “Il Lago dei Cigni” – disse Gaara.
- Sì – Temari non avrebbe mai pensato che il fratello conoscesse il titolo di un balletto, ma cercò di nascondere lo stupore e andò avanti – Il carillon ne suona la melodia e la statuetta rappresenta la protagonista… -.
- Odette – completò il fratello minore.
- S-sì – confermò Temari, sempre più sbalordita.
Poi continuò:
– Colei che di giorno si trasforma in cigno a causa di un incantesimo, ma in realtà è una splendida principessa – fece una pausa – Figurarsi se non sono tutte splendide principesse… -.
- E alla fine chi prevale? – la interruppe improvvisamente Gaara.
- Come? -.
- Tra il cigno e la principessa, chi ha la meglio? – ripeté pazientemente lui, come se da quella risposta dipendesse la sua stessa vita – L’animale o l’essere umano? -.
Il demone o l’uomo?
- Io… veramente non so come vada la storia – ammise la sorella – Di solito questi balletti russi finiscono sempre in tragedia… -.
“Non farti illusioni, non è che trovandola riuscirai a liberarti di me.”
No, appunto. Non illudersi era il modo migliore di vivere.
- Sì, è così – disse Gaara.
Temari corrugò la fronte. Stava parlando ancora con lei?
Eppure… eppure se lei c’era riuscita, se avesse capito, se fosse rimasta con lui… ?
“Tu credi? Pensi ancora che siamo due entità distinte?”.
Gaara ammutolì di colpo, spalancando gli occhi ingigantiti dalle occhiaie.
“Hai ucciso per me. Perché te l’ho detto io.”
- Gaara? -.
“Ma l’hai fatto anche per te. Per noi. E allora dove comincio io e dov’è che finisci tu?”
Urlò. Più ferocemente di quanto avrebbe mai immaginato, impotente.
“Credi ancora di essere tu l’umano, e io la bestia? Di vedere le cose come sono, e non come te le mostro io?”
Temari fu un lampo nell’aprire il cassetto del comodino e tirare fuori un flaconcino di pillole.
“E se quella che stai vivendo fosse tutta un’illusione?”.
Strinse con un braccio suo fratello all’altezza delle spalle, costringendolo indietro, mentre la mano libera gli alzava piano il mento.
- Avanti, calmati! Se fai così rischio di soffocarti… - implorò, mentre sentiva quel corpo magro tendersi all’inverosimile, fino a rischiare di spezzarsi.
Forse quelle parole funzionarono, perché le urla smisero e Temari riuscì a far inghiottire qualche calmante ad un Gaara sconvolto e ansante, completamente sudato.
Quando Kankuro fece irruzione nella stanza lei lo teneva ancora fra le braccia, la testa bionda appoggiata a quella rossa del fratello.
- Tem… - boccheggiò Kankuro, avvicinandosi al letto.
Fu in quel momento che Temari si accorse di avere il respiro affrettato e il cuore ancora in tumulto. Si era davvero spaventata, questa volta.
- Ha avuto… una crisi – spiegò.
- Una crisi? Dio, quando l’ho sentito mi è venuto un colpo! – a giudicare dalla sua aria stravolta, doveva essere vero.
- Avanti, aiutami a metterlo a letto. Deve riposare -.
Dopo che l’ebbero fatto sdraiare sotto le coperte e furono usciti in corridoio, Temari si appoggiò alla porta chiusa.
- Temari, mi dispiace. Mi rendo conto solo ora di essere stato più un peso che un aiuto, in questi giorni… - cominciò Kankuro.
Ma lei scosse la testa.
- Tranquillo. Non sei stato un peso, ma un essere umano. Non tutti sono dei carri armati come me… -.
Sentì una mano sulla spalla.
- Tu non sei un carro armato -.
- Dici? – avrebbe voluto essere sarcastica, ma non ci riusciva. Ancora un po’ e gli occhi le si sarebbero riempiti di lacrime – Forse hai ragione… non lo sono… -.


La ragazza ammutolì in fretta, sotto la sua stretta ferrea. Era più giovane delle altre e non aveva assolutamente nulla del cigno, con quei capelli carota e i grandi occhi scuri. Ma in quel momento non gli importava. Se era come lui, tanto valeva esserlo fino in fondo.
- Moegi! Moegi, si può sapere dove sei finita? -.
Forse quei ragazzi stavano cercando proprio lei. Magari avevano appuntamento a quell’ora per andare da qualche parte, in un bar o in una discoteca.
Si nascose in fretta, mentre ritrovavano fra le urla il corpo dell’amica.
Azzardò un’occhiata solo quando fu sicuro di non essere visto, e per poco non si fece scoprire.
Quegli occhi.
Era lei. Gli occhi erano gli stessi!
Fu tentato di uscire allo scoperto e andare a prenderla, ma si bloccò quando vide che fu la prima a riscuotersi dall’orrore e chiamare la polizia.
Osservandola più attentamente, si rese conto di aver quasi commesso un errore. I gesti, il modo di muoversi e di camminare… mostravano una persona agile e sicura di sé, pronta e decisa.
Assolutamente non delicata. Poco elegante, oltretutto.
Gaara strinse le labbra, mentre dentro lui gorgogliava.
Non era lei, anche se ci andava vicina.
- Fate in fretta, per favore – stava dicendo col telefono premuto sull’orecchio, pallida quasi quanto l’amica morta – Se volete un nome per essere sicuri che non sia uno scherzo, vi do il mio. Mi chiamo Hanabi Hyuuga -.




martufella87: beh, se pensi che la giudice ha definito la mia storia “cattivissima e perfida”… immagina come potrà essere! Mi ha sorpreso che la mia fic ti incuriosisse già dal forum, spero davvero che ti piaccia!
chandelora: ecco il seguito, anche se in fondo l’accenno Hinata/Gaara è minimo; qualcuno potrebbe anche vederlo come qualcosa di diverso… a voi l’interpretazione (quando comparirà Hinata)!

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Capitolo 3
*** Danzare sul mondo per l'eternità ***


3- Danzare sul mondo per l'eternità Danzare sul mondo per l’eternità


I've never had a dream
Where I was singing that strange melody
My carillon and me
Were dancing on the world for eternity

[Non ho mai fatto un sogno
In cui stessi cantando quella strana melodia
Il mio carillon ed io
Danzavamo sul mondo per l’eternità]


Quando era arrivata la polizia, lui non c’era già più.
Aveva il nome di quella ragazza, era sufficiente. A casa caricò il carillon ancora e ancora, riascoltandone la melodia che già conosceva a memoria.
La ballerina danzò sull’acqua a lungo, con lo stesso dolce movimento che anche sua madre aveva osservato, tanti anni prima. Un pensiero che gli dava conforto e faceva tacere qualcun altro.
Anche se solo per poco.
“È vicina.”
Sì. Lo era.
“È vicina.”


La mattina dopo a Kankuro andò quasi di traverso il caffé, quando vide il fratello venire in cucina a fare colazione. Alle sette.
Ma sia lui che Temari cercarono di non mostrare la sorpresa, continuando coi soliti discorsi mattutini.
Anche se, a un certo punto, Kankuro si zittì del tutto.
- Ce n’è stato un altro – disse dopo un po’, stringendo il giornale come se volesse farlo confessare – Una ragazza più giovane, stavolta, in giro con i suoi amici. Le modalità sono sempre le stesse -.
Temari non disse nulla, togliendo senza farsi vedere la moka col caffé dal tavolo. Non era il caso che Gaara assumesse della caffeina, non aveva di certo bisogno di combattere il sonno.
- Com’era quello di cui mi avevi parlato tu? – continuò Kankuro – Chi era la vittima? -.
- La figlia di un noto ristoratore del centro – rispose lei, andando a prendere un giornale da una pila sotto la finestra – Tieni, ho conservato il numero -.
- “Sembra essere la terza vittima di quello che sta diventando un pericoloso omicida seriale. Figlia del noto proprietario dell’ “Ichiraku”, la giovane Ayame è stata ritrovata morta ieri sera nel ristorante del padre al termine di un fastoso ricevimento che aveva occupato l’intero locale. Dato nientemeno che dal famoso magnate della finanza Hiashi Hyuuga, in onore della figlia maggiore. Sembra addirittura che il dolce, preparato dalla stessa assassinata, avesse la forma di un enorme, elegante cigno in procinto di spiccare il volo” -.
Kankuro gettò il giornale sul tavolo, disgustato.
- Ma come fanno ad inserire certi particolari di gossip in articoli di cronaca nera? Sono ripugnanti, non hanno rispetto per niente e nessuno! -.
Fu solo quando fece per riprendere la tazza del caffé che si accorse che qualcuno aveva preso il giornale. Gaara l’aveva aperto alla pagina dell’articolo, e lo stava studiando come se da esso dipendesse la sua stessa vita.
Kankuro scambiò uno sguardo allibito con Temari, ma non disse nulla.
Hyuuga.

Hyuuga.

Come aveva fatto a non pensarci, a non rendersene conto? Si era concentrato su colei che aveva preparato il dolce, senza pensare che doveva essere per qualcuno.
Per lei.



Quando la ballerina, terminato lo spettacolo, tornò nel proprio camerino, trovò la sorella già lì ad aspettarla.
- Hinata, è stato un trionfo! – esclamò entusiasta – Il pubblico sta ancora impazzendo per te! -.
- Non esagerare – rispose l’altra, togliendo la coroncina bianca dal capo e sciogliendo i lunghi capelli neri – È lo spettacolo ad essere meraviglioso, io non gli rendo giustizia -.
- Ma che dici? Se riesci a far entusiasmare persino me, che con il balletto vado d’accordo quanto Neji con i clown! -.
Hinata soffocò una risata al pensiero di suo cugino alle prese con “quei mostri impiastricciati da capo a piedi”, come soleva definirli lui.
Poi, toltasi il tutù immacolato, si voltò verso la sorella.
- Hanabi – disse dolcemente – Come stai? -.
- Elettrizzata, te l’ho appena detto. La morte del cigno è stata… -.
- No, Hanabi, sul serio – la interruppe lei, guardandola negli occhi – Ti senti bene? -.
- So a cosa ti riferisci, ma stai tranquilla – gli occhi erano duri, ma la sua voce tremava leggermente – Starò bene solo quando prenderanno quel bastardo -.
Hinata non disse più nulla, sapendo bene com’era fatta la sorella. Era stata la prima a chiamare la polizia, l’unica a rimanere per tutto il tempo col sangue freddo. Ma non stava bene, e lei lo sapeva.
- Neji ci sta aspettando fuori, andiamo a bere qualcosa? – propose la più giovane, riscuotendosi.
- È in macchina? – chiese Hinata.
- Sì, ma ha preso la più sobria e anonima che ci fosse. Non ti riconosceranno, vedrai -.
- Vai tu con lui. Io vi raggiungo a piedi -.
- Ma sei matta? Con quello che è successo a Moegi? – saltò su la sorella, con un lampo d’ansia negli occhi.
- Stai tranquilla, la strada fino al solito locale è più che frequentata. Andate a prendere i posti, mentre finisco di prepararmi -.
- Guarda che possiamo aspettarti quanto vuoi, e poi figurati se i camerieri non trovano un posto per noi! – fece sprezzante, come se uno Hyuuga in piedi ad aspettare fosse l’ultima cosa che si potesse vedere.
- Hanabi – ripeté Hinata, dolce ma risoluta – Sono giorni che sono chiusa in teatro a provare, chiedo solo di prendere un po’ d’aria fresca. Posso? -.
Hanabi sembrò riflettere un momento, prima di dirigersi verso la porta e dire:
- Mandami un messaggio quando esci di qui. Così se entro dieci minuti non sei arrivata chiamiamo la polizia -.
Hinata dovette reprimere un sorriso, anche se sapeva che non c’era nulla da ridere.
- Va bene – disse.
 
 
L’aria fresca della sera era ciò che più aveva agognato in quei giorni di prigionia.
Amava ballare, ma la ripetizione costante dei medesimi esercizi durante le prove per uno spettacolo era qualcosa di sfibrante.
Aveva imparato ad allenare il corpo, quando provava, e a rilasciare poi tutte le emozioni e le sensazioni durante lo spettacolo vero e proprio. Se durante la settimana era Hinata a ballare, quella sera era stata Odette stessa.
E qualcuno l’aveva notato.
- Buonasera -.
Si voltò di scatto, sorpresa dalla vicinanza di quella voce.
“È lei.”
- Mi scusi. Non volevo spaventarla, intendevo soltanto farle i complimenti per l’eccellente spettacolo di stasera -.
- Oh… grazie – rispose lei, sorpresa dall’aspetto insolito del ragazzo che aveva davanti. I capelli rosso fuoco e gli occhi acquosi contrastavano notevolmente col pallore della pelle e le occhiaie scure.
Aveva uno sguardo penetrante, ma era abituata a quello del cugino e sapeva che poteva essere solo mera apparenza.
- Ho visto – continuò il giovane – come alla fine la fanciulla non è riuscita ad avere il sopravvento sul cigno. È rimasta prigioniera -.
Hinata lo guardò più interessata. Solitamente, quando si trattava del balletto, tutti parlavano solamente dell’amore tra Siegfried e Odette, come se non ci fosse altro. Qualcuno che si interessasse maggiormente alla maledizione era un personaggio più unico che raro.
- Io non la vedrei così – rispose dolcemente – In fondo chi può dire quale fosse la vera prigionia? Il corpo umano, con le costrizioni della vita di una principessa, o quello da cigno, libero di volare ovunque? -.
Era la prima volta che Gaara restava davvero interdetto, la prima volta in una vita intera. Lei stava dicendo che, in fin dei conti, preferiva il cigno alla principessa, l’animale all’essere umano.
“Il demone all’uomo.”
- È un luogo comune pensare che gli esseri umani abbiano sempre una vita migliore – ribadì Hinata, quasi amareggiata. Lei ne sapeva qualcosa, di prigioni dotate di stucchi invece che di sbarre, persino ora che tanti ostacoli sembrava esserseli lasciati alle spalle.
- Danzerebbe ancora? – domandò improvvisamente Gaara.
Hinata rimase stupita dal repentino cambio di discorso, ma quello strano ragazzo non aveva l’aria di scherzare.
C’era un che di estremamente serio in quegli occhi color dell’acqua; una nota quasi disperata che la rese incapace di dire di no.
- Aspetti un momento – disse gentile – Mi lasci solo mandare un messaggio -.



Now that I am awake
I’m still feeling the call that I won't forsake
It's an elusive love
That you contain into seven strange notes

[Ora che sono sveglio
Sento ancora il richiamo a cui non rinuncerò
È un amore sfuggente
Che contieni in sette strane note]


Era una sera parecchio ventosa, che costrinse Temari a fare il giro delle stanze per chiudere tutte le finestre rimaste aperte.
Sia Kankuro che Gaara erano usciti, e in fondo non le dispiaceva avere la casa tutta per sé, una volta tanto.
Quando chiuse con un colpo secco la finestra della stanza di Gaara, rimase per un po’ a guardare il cielo scuro spazzato dal vento. In quelle notti le stelle sembravano splendere di più, soprattutto perché mancava la presenza ingombrante della luna ad oscurarle.
Voltandosi per uscire, lo sguardo le cadde sulla scrivania del fratello minore, e l’oggetto che vi era posato sopra la fece bloccare per un attimo.
Prese la sedia e si sedette, osservando alla luce del lampione che dalla strada inondava la stanza quel vecchio carillon appartenuto a sua madre.
Gaara passava ore intere a guardarlo, e in certi momenti le sembrava di capire il perché.
Allungò un dito, accarezzando piano i capelli e le piume di quella bambolina tanto delicata. Un cigno in versione umana, che nella realtà non poteva sicuramente esistere.
In fondo non aveva mai capito perché i cigni avessero tanta presa sull’immaginario collettivo. Erano creature bizzose e colleriche, uccelli che potevano arrivare a correrti dietro starnazzando come una qualsiasi oca arrabbiata.
“Stava occupandosi in questi giorni di uno speciale carico di cigni…”.
Si bloccò un istante. Perché le erano venute in mente quelle parole? D’accordo che quegli articoli di cronaca nera stavano diventando uno peggio dell’altro, ma…
“Ino Yamanaka stava lavorando alle piante attorno al laghetto dei cigni…”.
Non si mosse. Immobile. Esterrefatta. “No…”.
“Sembra addirittura che il dolce, preparato dalla stessa assassinata, avesse la forma di un enorme, elegante cigno…”.
Ma allora… quella ragazzina? Aveva i capelli rossi, cosa c’entrava con i cigni?
“Ma…” iniziò a dire una vocina nella sua testa “È stato subito dopo la crisi… potrebbe anche non aver avuto un motivo preciso…”
- No… no! – suo fratello aveva tanti problemi, d’accordo, ma non era… non era…
Un assassino. No, questo no.
“E allora” continuò la vocina, insistente “Dov’è adesso?”


Gaara non ricordava di essere mai salito sul palcoscenico di un teatro. Mai, in tutta la sua vita.
Ma quella giovane donna che per strada sembrava tanto impacciata, giunta lì sopra pareva aver perso tutta la sua goffaggine.
Era tornata nel suo ambiente naturale, e a quel punto poco importava che non ci fossero né un lago né la luna nel cielo notturno.
L’orchestra non c’era; a quell’ora i musicisti erano tornati tutti a casa. Tuttavia la ragazza attaccò la spina di uno stereo ad una presa e mise su un CD.
Le note che iniziarono a librarsi, Gaara le conosceva perfettamente.

Non aveva indossato il costume di scena, ma non serviva.
Le braccia; le gambe; i movimenti del capo: tutto, del suo corpo, la rendeva un cigno con sembianze umane. I capelli, raccolti in una crocchia veloce, sfuggivano ad ogni salto, piroetta o arabesque.
La musica si alzava. Potente, inarrestabile.
E all’improvviso fu come se il lago sorgesse dalle poltrone del teatro, dalle assi stesse del pavimento; e la luna si stagliava nell’oscurità, eclissando quell’unico faro acceso.
Danzava. Danzava.
Gaara taceva.
E il demone ribolliva.
“L’hai trovata.”
La ballerina del carillon che aveva preso vita. Chissà cos’avrebbe detto sua madre, se l’avesse vista.
L’essere umano diventava cigno, e l’istante dopo le piume scomparivano sotto i lunghi capelli neri.
Il posto giusto. La persona giusta. Il momento giusto.
All’improvviso gli sembrò che a suonare non fossero le trombe ed i violini, ma le note tintinnanti del carillon.
Forse aveva ragione lei. Forse non era così terribile avere due nature.  
Forse un demone non era un mostro, in fin dei conti.
Magari aveva semplicemente sempre visto le cose dalla prospettiva sbagliata.


- Kankuro, hai idea di dove si trovi Gaara? -.
- Non era uscito? -.
- Sì, ma… ti ha detto dove andava? -.
- A me no. Pensavo l’avesse detto a te -.
- Kankuro, maledizione! -.
- Ma… per una volta che esce… si può sapere che succede? -.


Il collo era candido, esile, quasi sinuoso nei movimenti eleganti che imitavano quelli di un cigno.
Le braccia lunghe si muovevano come ali, mentre l’uccello compiva la sua ultima danza.
Il suo ultimo canto, ma muto.
“Prendila.”
Chi era lui per disobbedire?
Si avvicinò piano, mentre il cigno eseguiva gli ultimi, delicati movimenti. E quando si accasciò al suolo, morente, i capelli caddero leggeri fino alla cintola, sciolti dalla passione di quegli ultimi istanti.
A Gaara, che si trovava esattamente dietro di lei, il profumo di quei capelli arrivò intenso e fragrante.
Leggero, ma indimenticabile.
Quegli splendidi capelli neri nascondevano il collo sottile, ma lui sapeva perfettamente che c’era, dietro quella cortina color della notte.
Sarebbe bastato scostarli.

Hinata, completamente presa dalla danza, non aveva fatto più caso a nient’altro. Il teatro avrebbe potuto prendere fuoco, e lei non se ne sarebbe accorta.
Fu solo dopo la morte del cigno che ritornò in sé. Ancora seduta a terra, accaldata e coi capelli sciolti, mormorò piano:
- Dicono che qui finisca ogni cosa. Ma io non lo credo -.
Si voltò, sorprendendosi un poco nel vedere quello strano ragazzo proprio dietro di lei, ma non si scompose. Quando ballava sul serio si estraniava da ogni cosa: lui avrebbe potuto chiamarla con un megafono, e forse non l’avrebbe nemmeno sentito.
Arrossì un po’, e non solo per il caldo che sentiva.
- La principessa forse è morta. Ma la sua anima no: è volata via, sotto forma di cigno. Continua a vivere, più libera di quanto sia mai stata -.


Non sapeva dove andare, cosa fare, chi chiamare. Lei, che era sempre la prima a prendere in mano la situazione.
Temari si accasciò sulla sedia, davanti alla scrivania, e alzò debolmente lo sguardo sul carillon.
- Mi sto sbagliando. Mi sto sbagliando – ripeté come un mantra, cercando di convincersi – È mio fratello. Non posso pensare questo, di lui. Mi sto sbagliando, non è vero? Non è vero… mamma? -.


Hinata inclinò piano la testa, incuriosita.
Perché ora quel ragazzo si era seduto di fronte a lei, abbassando il capo ma senza smettere di guardarla negli occhi?
Lì, seduti sulle assi del palcoscenico, uno davanti all’altra, sembravano due bambini. Isolati dal resto del mondo: due bambini rimasti soli, che possono contare soltanto l’uno sull’altra.
Le sembrava che quel ragazzo le somigliasse, in un certo senso. Vedeva nei suoi occhi il riflesso di qualcosa di nascosto, che la maggior parte della gente non sarebbe mai riuscita a vedere.
- Mia madre aveva un carillon con questa musica -.
- Davvero? Ne avevo uno anch’io -.
Gaara alzò la testa, chiedendosi se stesse scherzando. Anche lei…?
- Quando lo si carica, c’è una ballerina che gira, come se danzasse -.
Hinata sorrise piano.
- Nel mio, invece, c’era un cigno con le ali spalancate, in procinto di spiccare il volo -.
Il demone…? Lei aveva il demone?
- Quand’ero piccola, avrei tanto voluto essere al suo posto. Era bellissimo -.
Gaara la scrutò in viso, accorgendosi che stava parlando al passato.
- Perché era? -.
Lei sorrise colpevole.
- Beh, l’ho ascoltato così tante volte che ad un certo punto il meccanismo si è inceppato. Le puntine del carillon si sono quasi consumate, e non c’è stato verso di ripararlo. Avrei voluto tenerlo comunque, ma la cameriera ha pensato che una cosa rotta fosse da buttare -.
Gaara raddrizzò la schiena.
- Non l’ho più trovato – concluse Hinata – E credo sia stato allora che ho pensato che avrei potuto esserci davvero, al suo posto. Danzare come il cigno. Spiccare il volo -.
Ed era così che aveva cominciato a ballare, arrivando fin lì.

Quel ragazzo non aveva più parlato. Tuttavia Hinata aveva l’impressione che l’avesse non solo ascoltata, ma anche capita.
Non si vedevano orologi, dal punto in cui si trovavano. Quindi potevano essere passati pochi minuti, o forse un’ora.
Dopo un tempo indefinito, Gaara disse:
- Così, sei diventata il carillon -.
Era passato dal “lei” al “tu”, ma nessuno dei due ci fece caso.
Hinata sorrise. Le piaceva, parlare con quel ragazzo.
- Oh, no. Ho deciso di essere io a suonarlo -.
 

I am a carillonneur and I play the carillon
I am a carillonneur and I play the carillon





Che cosa significa questa storia? A dire il vero, non ne ho la più pallida idea. Però mi piace.
È la prima volta che tratto Gaara e i suoi fratelli, e sinceramente è così che me li immagino. Sono talmente realistici che potrebbero esistere davvero, per quel che mi riguarda.
È una Hinata/Gaara, ma anche no. Dipende da come la si legge, ma possono essere interpretate anche come due persone fin troppo simili che si incontrano al momento giusto.


Dato che questa storia sembra piacerle, visto che l’ha messa nei Preferiti, la dedico a eringad. Sperando che le piaccia anche l’ultimo capitolo.
Senza le tue meravigliose fic sul team Suna, questa non sarebbe mai stata scritta; quindi grazie. ^^



Sayaka3DG: sono contenta che ti piaccia l’impostazione che ho dato alla storia attraverso la canzone. A dire il vero, prima del contest non la conoscevo, anche se poi quando l’ho ascoltata mi sembrava di averla già sentita… Trovo che sia davvero molto evocativa, e anche il video è così onirico… non si capisce se sia un sogno o cosa.
martufella87: sì, quella della “famiglia disastrata” era proprio l’impressione che volevo dare… che poi è una famiglia come le altre, a mio parere, solo con certi problemi particolari a cui far fronte, e che non è facile tenere sotto controllo. Ne conosco, di situazioni simili, e non è facile.
Nemmeno a me la musica dance piace molto, ma mi sono fissata su “Carillon” non appena ho letto il titolo… e quando ho visto il video, era fatta. Le altre canzoni non le ho praticamente considerate!
Spero che il finale ti sia piaciuto, malgrado rimanga piuttosto aperto.  ^^

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