The Priece Of Eternity

di ClostridiumDiff2020
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 ***
Capitolo 2: *** 02 ***
Capitolo 3: *** 03 ***



Capitolo 1
*** 01 ***


Capitolo 01



 


Mantieni la calma, concentrati, prendi la mira prima di colpire…
Concentrati…
 
Iraklis deglutì e cercò di ritrovare la calma.
Quando Phil le aveva concesso di partire per la sua prima missione aveva esultato anche se sembrava una cosa fin troppo semplice per una semidea come lei, in fondo doveva soltanto rimuovere un masso che era franato bloccando il decorso di un fiume.
Ma era la sua prima missione, doveva andare bene o il suo Mentore avrebbe atteso altri anni e lei era impaziente di essere proclamata Dea e di tornare sull’Olimpo da suo padre.
 
Concentrati…
Si ripeté mentalmente la ragazza deglutendo lentamente, doveva pensare alla missione non al ragazzo dallo sguardo intenso che si ritrovava davanti. Alto spalle larghe, un soggetto particolare.
Sospirò, era calma, non era il tipo si interessava ai ragazzi…
 
Ma poi l’altro la guardò di nuovo e lei si smarrì di nuovo maledicendo l’eco nella sua mente della voce del suo mentore e insegnante.
 
Non perdere la testa per due occhi a calamita…
 
Diavolo, di certo il satiro glielo avrebbe urlato contro così Iraklis cercò di scuotersi tornando a concentrarsi sula mandragora, la creatura lignea doveva avere la precedenza.
Ma la sua attenzione continuava a tornare su quel mortale.
 
Perché quel ragazzo che aveva trovato nel bosco doveva avere due occhi così tanto ipnotici?
Due pozzi oscuri in cui intravedere un universo.
Non era solo bello era, diverso da chiunque altro avesse mai visto, la confondeva.
Quell’universo di emozioni che vi intravedeva al suo interno. Era l’anima più profonda e complessa in cui si fosse imbattuta. Neanche un Dio avrebbe potuto lo avrebbe potuto eguagliare.
 
Poi la creatura la attaccò, la Mandragola si ergeva possente, tralci di legno e liane in un dinoccolato corpo nodoso. Denti aguzzi e occhi cechi.
 
Iraklis scattò ma non fu abbastanza rapida.
Inspiegabilmente il mostro puntò il mortale, le spire dell’essere si avvilupparono attorno al ragazzo ma lei lo afferrò e si puntellò a terra.
 
Lui si dimenò e la sorprese quando la fulminò con sguardo ringhiandole un arrabbiatissimo «Lasciami!»
 
Iraklis sbattè le palpebre incerta e per poco non perse la presa, ma la rabbia la mosse.
«Sei pazzo?» esclamò liberandolo con un fendente della sua spada e poi trascinandolo dietro di sé «Vuoi forse morire?»
 
«Era tutto sotto controllo prima che arrivassi tu e la facessi infuriare… Perché dovevi venire a disturbarla dalla sua tana?» ruggì il mortale cercando di allontanarsi da Iraklis. Lei lo ignorò spingendolo nuovamente dietro di sé.
 
«Bloccava il fiume e gli eroi è questo che fanno questo!»
«Danno fastidio?»
 
All’eroina scappò un mezzo sorriso, avrebbe tanto voluto ribattere in modo arguto, ma la verità era che non sapeva cosa rendesse un eroe. Se solo lo avesse capito avrebbe adempiuto alla richiesta di suo padre Zeus e avrebbe completato la sua missione, ottenendo l’immortalità, ma non lo sapeva. Confidava solo che il suo mentore Filottete lo guidasse nel migliore dei modi, ottenendo così la benevolenza del Pantheon e arrivando all’immortalità.
 
Ma lo sguardo di quel mortale lo deviava dall’obbiettivo, dal mostro, dalla missione. Diventava tutto. Quello sguardo la istigava a ricercare la sua parte più spavalda, così trovò la risposta.
«Salvano gli altri!» esclamò balzando in avanti e gettandosi sulla Mandragora.
 
Voleva mostrare a quell’impertinente mortale chi lei fosse, Iraklis, la figlia dell’immortale ed eterno Dio Zeus, il padre di tutti gli Dei.
Era abbastanza certa che il desiderio di mostrarsi all’altezza a renderla avventata sollevò l’essere da terra e con tutta la sua energia la strappò in due che urlando si tramutò in cenere.
 
Quando lei si inorgoglì nel notare che l’oggetto del suo interesse, il mortale, la stava fissando senza riuscire a dire nulla.
 
«Sei… Pazza… Tu sei?» farfugliò interdetto.
L’eroina incrociò le braccia, bello sì, ma anche piuttosto ingrato. Gli aveva appena salvato la vita, avrebbe almeno potuto dire un grazie, gli costava tanto?
 
Alla fine, Iraklis si arrese e sorrise porgendogli una mano, era stata proprio brava, che il mortale lo ammettesse o meno.
«Io sono Iraklis e sono, beh… figlia di Zeus»
 
Lui osservò la mano che gli stava porgendo l’eroina, come a riflettere se volesse accettarla o meno. I suoi occhi si scurirono, come se realizzasse un profondo pensiero.
«Sì… Dovevo immaginarlo che tutta quella forza non potesse essere di un comune mortale…».
La mano di Iraklis rimase con la mano sospesa, speranzosa e finalmente l’altro prese la sua mano con riluttanza.
 
«Sai vero che ogni ferita inferta dalla mandragora può uccidere anche un semidio? Il veleno entra in circolo attraverso anche un piccolo graffio… Il veleno paralizza e lentamente ti trasforma in una …»
La voce gli morì in gola quando vide lo sguardo di lei puntato sul suo braccio dove da un taglietto colava uno strano liquido verde molto poco rassicurante.
«Merda…»
 
Un sorriso amaro gli si dipinse in volto.
 
Iraklis lo scosse preoccupata «Ehi giovane stai bene?»
Il mortale incrociò lo sguardo con quello di lei, caldi e ricchi di premura.
Lei intravide genuina sorpresa in quei pozzi oscuri.
«Illiam, puoi chiamarmi Illiam. Anche se non ancora per molto…»
Lei di istinto lo afferrò e lo strinse in un forte abbraccio, non riusciva a ignorare quella tristezza, avrebbe voluto dargli un po’ di conforto. Lo sentì tremare sotto quella stretta. La sua pelle aveva lo stesso profumo del bosco.
 
«Lasciami qua… La tua forza divina non può aiutarmi, ormai è finita per me…»
La rassegnazione del mortale la rese furiosa, rafforzò la stretta decisa.
«No, io ho fatto il disastro e io troverò un rimedio, hai la mia parola Illiam…»




[ Capitolo revisionato il 02.02.2023]

 

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Capitolo 2
*** 02 ***


Capitolo 02
 


 

 



 
Illiam sentì il vento carezzargli il volto, era posato su un manto morbido, una delicata peluria gli solleticava il volto, aveva un odore che gli ricordava una foresta scossa dalle tempeste.
Impiegò un po’ di tempo prima di capire di trovarsi in groppa all’ippogrifo, che volava delicatamente sopra le nuvole.
 
Lentamente aprì gli occhi e si sorprese vivo.
Il veleno aveva rallentato, ma non era svanito, il braccio ferito era praticamente inutilizzabile ma non solo. Si sentiva prigioniero nel suo stesso corpo, avvertiva il mondo esterno a malapena, come anche la stretta forte e salda di quella mano sul suo fianco.
 
Iraklis lo sosteneva senza apparente sforzo, la presa salda ma gentile.
Non era infastidito, ne trovava strano che fosse lei a sostenere lui.
Sorrise pensando quanto fosse divertente che la ragazza lo trattasse una donzella in difficoltà.
Per quanto Illiam sapesse di essere forte non era niente paragonato a una creatura come Iraklis.
La figlia del padre di tutti gli Dei, il signore dei cieli, l’eterno Zeus era leggenda.
 
In realtà l’aveva riconosciuta subito ma non pensava che davvero l’avrebbe portato via con sé… Agli eroi non importava dei mortali, per sua esperienza puntavano all’immortalità e basta, tutto era sacrificabile pur di arrivare a quell’obbiettivo e lui lo sapeva bene… Ma Iraklis sembrava diversa…
 
Si riscosse e scacciò quel pensiero.
 
Era un Semi Dio, alla fine se avesse dovuto scegliere tra l’immortalità e lui non avrebbe avuto dubbi di sicuro. Lo avrebbe sacrificato anche lei… Come avrebbe fatto il suo padrone, come aveva fatto anche Lui…
 
Digrignò i denti e chiuse gli occhi cercando di scacciare quel pensiero e l’immagine offuscata di quell’uomo scomparve. Doveva restare concentrato sull’obbiettivo…
Era arrivato a un passo dalla libertà, se solo Iraklis non si fosse messa in mezzo quella dannata bestia non lo avrebbe infettato, ma soprattutto non avrebbe fallito la sua missione.
 
Avrebbe portato il guardiano del fiume dalla parte dei morti, avrebbe reso un eccellente servizio al suo padrone. Un sassolino che lo avrebbe aiutato a riavere ciò che più bramava nell’intero cosmo, la sua anima, che adesso giaceva stretta con forza negli inferi.
 
Eppure la stessa persona che l’aveva messo in pericolo era la stessa che senza alcun motivo lo aveva issato sul suo ippogrifo come un bambino inerme e stava volando più veloce del carro di Apollo verso Tebe, alla sua unica possibilità di salvarsi.
 
La mano dell’eroina scivolò sul suo torace e lo riposizionò con determinazione.
Era quasi materna nell’accertarsi che stesse saldo sulla cavalcatura, che non cadesse, che non avesse dolore dalla posizione.
L’altra mano era posizionata alla base del suo collo, il pollice che scorreva con lentezza sulla sua pelle, una tenue leggera carezza. L’indice invece scivolava sul collo, controllando il battito del suo cuore, controllando l’andamento del suo respiro.
 
«Ben sveglio!»
 
Il ragazzo sorrise, per nulla sorpreso, stava monitorando il suo respiro, ogni minimo cambiamento, ma era quasi commosso da quella materna premura.
 
Quella tenerezza gli si congelò nel vuoto del suo cuore, il vuoto che avvertiva la dove un tempo era vibrato il suo spirito perduto. Come poteva permettersi di concedersi quella tenerezza, era davvero così stupido? Già un altro Semi Dio lo aveva illuso di tenere a lui e questo gli aveva fatto perdere l’anima, doveva essere più attento.
 
Stai morendo!
 
Si disse riscuotendosi
 
Hai bisogno di lei per sopravvivere o finirai dritto nello Stige in pasto alle anime dannate! Devi mostrarti buono e mansueto solo per non finire i tuoi giorni tra le torture di Hades, solo per quello! Non perché ti interessi di Lei…
È un Semi Dio, a te non imports di lei e a lei non importa davvero di te!
 
Annuì convinto e si chiuse in se stesso, cercando di isolarsi dentro se stesso, di ignorare le sensazioni piacevoli che le mani di lei gli trasmettevano.
Non voleva accettare che quel vuoto in mezzo al suo petto si stesse scaldando, era così tanto che qualcuno non lo proteggeva… Da quando si era ritrovato in quella pozza di sangue agonizzante… Una bambola rotta priva di anima.
 
Iraklis parve non far caso al suo silenzio.
L’ippogrifo maestoso che li stava trasportando si scosse e la mano della ragazza si serrò sul suo fianco cercando si assicurarlo in groppa alla sua creatura.
A Illiam scappò un gemito di dolore quando la presa di lei si fece troppo forte, era come se potesse spezzargli le ossa quasi per distrazione e lei sussultò allentando la presa.
 
Cercò di muovere le gambe ma le avvertì a malapena oltre la presa di Lei.
 
Lei gli carezzò la base della schiena mentre calde brucianti lacrime emergevano autonomamente cariche di frustrazione. Lentamente anche il tocco di lei stava svanendo.
Sapeva che le sue gambe fossero ancora là ma il veleno gliele stava portando via impedendogli di percepirle.
Ogni momento sarebbe scivolato sempre di più verso una totale insensibilità fino a bloccargli il respiro, concedendogli la possibilità di vedere con orrore la sua fine e poi si sarebbe preso anche il suo cuore vuoto e privo di anima.
Sarebbe morto così, in un’atroce agonia senza voce.
Un’inutile bambola rotta.
 
Una lacrima gli si incastrò sulla barbetta incolta.
 
«Scusa…»
La voce di Lei lo sorprese.
«Non volevo…»
Il sospirò dell’eroina gli solleticò la pelle
 
«Non volevi…»
Si sentì quasi in obbligo di dire Illiam.
Ma trasalì quando lei tirò su con il naso, stava piangendo davvero?
«Non sono mai stata brava a controllare la mia forza, la mia irruenza… Finisco sempre per spezzare tutto quello che tocco, anche ciò a cui tengo… Soprattutto ciò a cui tengo… Non voglio farti male…»
 
Illiam aprì la bocca e la richiuse, non sapeva che dire.
 
Mi conosci appena…
Non sono così fragile…
 
Ma alla fine rimase in silenzio e finì per chiudere gli occhi cercando di concentrarsi su quella lontana sensazione delle mani dell’eroina poggiate sulla sua pelle.
Quella sensazione calda che il veleno gli stava portando via.
 
Come avvertendo i suoi pensieri la voce di Iraklis tornò da lui.
«Non temere, siamo diretti a Tebe, Chirone saprà cosa fare! Qualunque cosa servirà io la troverò, te lo giuro!»
 
Illiam avvertì ancora una volta calde lacrime bruciargli gli occhi.
Non voleva, le sarebbe stato grato in eterno e poi sarebbe riuscito a tradirla senza pensarci?
 
«Perché?»
 
Non comprendeva, perché perdere tempo per un estraneo?
Perché rischiare la furia del proprio maestro deviando dal proprio percorso?
Quella deviazione non poteva esserle di alcun aiuto per raggiungere il suo obbiettivo, ciò a cui ambivano tutti gli Illegittimi figli degli Dei, l’immortalità, un posto nell’Olimpo.
Molto probabilmente il suo Maestro l’avrebbe punita per la sua insubordinazione. Malgrado lei lo trattasse con ogni cura non era una donzella in difficoltà, era un soldato, un guerriero, Iraklis lo sapeva, stava solo perdendo tempo, quindi…
 
«Perché?» ripetè con un filo di voce incapace di trattenere le sue emozioni.
 
«Perché non dovrei?» ribatté la donna.
Lui non riuscì a trattenere la rabbia «Come perché? Sono un estraneo, una distrazione che ti porta lontano dal tuo obbiettivo! Non merito la tua compassione non vedi quello che sono? Non hai ancora capito perché ero a quel fiume? Perché?»
 
La voce gli graffiò la gola, aveva paura di quello che lei avrebbe potuto dire ma aveva bisogno di sapere.
 
«Certo che ti vedo Illiam! E finché il tuo cuore batterà io non mi fermerò!»
 
Illiam deglutì e chiuse gli occhi e si dette dello stupido, voleva davvero credere a quelle parole, per quanto sapesse che abbandonarsi a quel calore potesse portargli solo dolore e delusione.





[Capitolo revisionato il 09.03.2023]

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Capitolo 3
*** 03 ***


Capitolo 03





«Mangia…»
Lui la fissò prima di indicargli con la testa prima se stesso e poi la ciotola colma di stufato che lei gli porgeva.
Aveva provato, nonostante la consapevolezza che la paralisi fosse avanzata, ci aveva provato comunque, fallendo miseramente, il suo corpo non rispondeva più,      anche respirare iniziava ad essere sempre di più un’impresa.
 
«Non posso…» sibilò tra i denti con rabbia.
«Le mie braccia non si muovono… Le mani poi non le sento neanche più…E sinceramente anche il mio stomaco ormai mi è quasi estraneo… Smettila Ercolina… è finita…»
Concluse Illiam lasciando cadere la testa indietro.
«È finita!»
Ripeté colmo di rassegnazione.
 
Illiam si ritrovò il cucchiaio ricolmo di stufato a un soffio dal volto mentre la ragazza glielo porgeva con cipiglio deciso.
«Mangia…» ripeté Iraklis con uno sbuffo spazientito.
«Sei seria? Vuoi imboccarmi come un bambino?”
«Se voglio tenerti in vita? Cavoli sì! Lascia a Helios il tempo di cacciare e rimettersi in forze, ripartiremo, in un battibaleno Chirone ti rimetterà in sesto! Nel frattempo, anche tu devi rimetterti in forze, quindi mangia e non fare il marmocchio bizzoso!»
 
Lui la scrutò torvo ma infine aprì la bocca e le consentì di imboccarlo senza più protestare.
Vederla così impegnata e accorta non poté non dargli un tenue calore.
Alla fine si stava quasi abituando a quella surreale situazione ma poi lei poggiò la ciotola a terra e prese tra le braccia come un bimbo e lo sistemò così che stesse comodo e potesse riposare. Prese persino una coperta dal suo bagaglio e lo rimboccò.
 
Malgrado si sentisse estremamente a disagio si sforzò di dire qualcosa, non voleva più darle ragione e sentirsi apostrofare come un marmocchio bizzoso.
«Grazie… Mamma…» borbottò lui.
Quando la mano di lei si strinse sulla sua spalla una fitta al petto lo sorprese.
Mamma…
Era quasi doloroso, si graffiava la gola per una parola che troppe volte aveva invocato invano così chiuse gli occhi cercando di allontanare ogni pensiero.
«Riposati…Helios tornerà presto…»
 
Il buio lo avvolse per poco che delle surreali fiamme lo accecarono.
 
Due diavoletti ridevano danzandogli attorno, gli sgherri del suo padrone lo avevano trovato.
«Non pensavamo durassi tanto! Ma siamo pronti, quando morirai verremo a prenderti e banchetterà con i tuoi resti!” canticchiarono divertiti.
Illiam strinse i pugni e uno dei due demoni gli strisciò attorno alla gamba.
«Siamo così delusi, dovevi arruolare il guardiano del fiume e invece lo hai lasciato… sguardianato… E neanche hai avuto il buon gusto di farti uccidere! Avresti tolto degli anni alla tua condanna e invece ti godrai presto una condanna eterna!»
Illiam lo scacciò via con un calcio.
 
«Non sono ancora morto!» ansimò alle ombre che danzavano tra le fiamme.
I due demoni ghignarono «Manca davvero poco, piccola anima…»
Il respirò gli si inceppò in gola.
Non riusciva a respirare…
Spalancò gli occhi artigliandosi la gola non le unghie infine crollando a terra.
Uni dei due demoni gli si avvolse attorno al corpo.
«Il veleno deve essere arrivato al tuo miserabile cuore…»
 
Iraklis non riesco a respirare…
Avrebbe voluto urlare ma i demoni vermi gli scivolarono in gola e solo a quel punto si svegliò.
 
La fame d’aria fu la prima cosa che avvertì, la sola in un mondo offuscato e lattescente.
Malgrado tutto oltre quell’insensibilità quasi totale poteva percepire il caldo corpo di Iraklis premuto contro il proprio.
Un po’ attenuava il suo panico, ma stava soffocando e il suo cervello non riusciva a focalizzarsi su qualcosa a lungo.
 
«Sta calmo! Il veleno sta avanzando più velocemente di quanto avessi pensato, ma sono con te, non temere, non ti lascerò andare, MAI! Te lo prometto!»
 
Fu il calore di un momento, poi via di nuovo verso il vento, il sole e Illiam si smarrì, alle sue spalle la vita, la speranza, ogni vaga speranza di gioia…
 
Iraklis non mi abbandonare…
 
Gemette Illiam alle tenebre.
Voleva aggrapparsi al ricordo di quella dolcezza, il volto concentrato della ragazza mentre raffreddava lo stufato prima di porgerglielo con cura.
La sua mano protesa per una carezza.
Avvertiva la sua stretta, poteva sentire quel calore, era come se l’essenza di lei lo stesse trattenendo impedendogli di sprofondare.
Una scintilla di luce pura che scacciava le ombre dei due schiavi di Hades avviluppati attorno al suo corpo.
Avvertiva i loro artigli lambirgli la pelle, ma la luce di Iraklis li teneva lontani.
E finalmente aprì gli occhi.
 
 
La prima cosa che sentì di nuovo fu la stretta della ragazza, appisolata accanto al suo giaciglio, la sua mano intrecciata alla propria.
 
«Non ha voluto lasciarti nemmeno un minuto, mi ha detto che te lo aveva promesso! E so bene che lei non viene mai meno a una promessa…»
 
Illiam sbattè le palpebre disorientato finché non inquadrò l’origine della voce.
Il centauro Chirone lo osservava da sotto i suoi occhiali spessi e la folta chioma grigia.
Aveva già incontrato prima un centauro ma la creatura che gli stava davanti era antico, saggio e sotto il suo sguardo Illiam perse ogni sua residua arroganza.
 
Chirone lo scrutò serio.
Illiam non capiva, come poteva essere vivo, il veleno gli aveva fermato il cuore, bloccato il respiro… Aveva avvertito le Parche recidere il suo filo, i demoni aggrovigliarsi attorno alla sua anima e poi?
 
«Sai cosa ha fatto per te? Cosa ha sacrificato?»
Illiam scosse la testa confuso, ma cercando di sollevarsi avvertì nuovamente il calore di Iraklis nel petto.
«Le era rimasta solo una scintilla di divinità da quado è nata, l’unico ricordo del padre celeste… E ha scelto di donarla a te, per permetterti di resistere al veleno e arrivare vivo qua da me!»
 
Illiam si voltò traendo a sé la mano di lei.
Avvertiva quella scheggia di immortalità che gli scaldava il petto.
 
«Meritatelo…» sussurrò il Centauro prima di andarsene.
 
Lui deglutì e si portò la mano della ragazza al petto.
«Perché?» sussurrò di nuovo.
Rimase ad osservarla ancora un po’colmo di imbarazzo, non lo conosceva davvero, cosa aveva fatto, cosa li aveva portati in collisione l’uno contro l’altro…
 
Le scostò una ciocca di capelli dal volto e lei lentamente si svegliò con un mezzo sorriso.
 
«Stai bene?»
 
Lui imbarazzato annuì.
«Vieni! Sdraiati accanto a me, devi riposare Ercolina…» sussurrò trascinandola sul letto prima di abbracciarla. Voleva nasconderla il volto, temeva che il suo sguardo colpevole le svelasse la verità. O forse voleva solo impedirle di scorgere le sue lacrime.
 
«Il tuo stufato…»
La sua voce incrinata tradiva comunque la sua emozione.
«Credo sia la cosa più buona che abbia mai mangiato… Grazie di esserti presa cura di me…»
La strinse maledicendo il suo tremore.
«Hai freddo piccolo?»
 
La domanda di Iraklis gli strappò un sorriso, si preoccupava ancora per lui.
«No…» ansimò lui.
Il calore della scintilla divina ardeva nel suo petto, non avrebbe mai più provato il gelo della solitudine, erano legati, lo sarebbero sempre stati, un legame forse più forte del potere dell’Oltretomba stessa.






[Capitolo revisionato il 07.04.20232]

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