Sweet Dreams

di miss_D24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Have A Nice Day ***
Capitolo 3: *** Cherry Pie ***
Capitolo 4: *** Boulevard Of Broken Dreams ***
Capitolo 5: *** Paradise City ***
Capitolo 6: *** Come As You Are ***
Capitolo 7: *** You Give Love A Bad Name ***
Capitolo 8: *** Shoot To Thrill ***
Capitolo 9: *** Runaway ***
Capitolo 10: *** Livin' On A Prayer ***
Capitolo 11: *** Sweet Dreams ***
Capitolo 12: *** Highway To Hell ***
Capitolo 13: *** November Rain ***
Capitolo 14: *** Know Your Enemy ***
Capitolo 15: *** Heat of the Moment ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sabato, ore: 02.27 am

Il suono della serratura che scattò invase la stanza buia.
La porta si chiuse delicatamente e bastò solamente fare un piccolo passo alla cieca per urtare e far cadere rovinosamente il grande e inutile vaso decorativo poco più in là dell'ingresso.
Il rumore dei cocci infranti si disperse nel salotto buio.

"Porca puttana".

Forse erano tutti andati a dormire. Sperava che nessuno l'avesse sentito, dopotutto erano quasi le 02.30 del mattino.
O...Forse no. Dopo qualche istante di panico e imprecazioni dette sottovoce, dalle scale scese una figura in vestaglia, parecchio assonnata che accese la luce. Aveva lo sguardo di chi sarebbe stato in grado di mozzare la testa del malcapitato che ha osato disturbare il suo sonno di bellezza.

"Maledizione, ti rendi conto di che ore sono? Che accidenti ci fai ancora sveglio? Io e tuo padre dormivamo già da un bel pezzo".

"Sono appena rientrato e...Il vaso, mi dispiace, so che valeva un sacco di soldi".

"Ragazzino, tu domani devi andare a scuola e..."

"Domani è sabato, o meglio... tecnicamente lo è già".

Il silenzio si propagò nella stanza. Due paia di occhi erano fissi sui resti dell'antico vaso egiziano andato in malora.

"Beh, non mi è mai piaciuto quel coso. Guai a te se lo dici a Fergus!"

Sorrisero entrambi.

Dopo un momento di indecisione sul da farsi, si sedettero al tavolo della cucina in attesa che il pentolino dell'acqua si scaldasse con l'intenzione di preparare quella che doveva essere una tisana rilassante. Purtroppo in credenza era rimasta solo la tisana al finocchio e liquirizia, gusto alquanto raccapricciante e non gradito da nessuno dei due presenti.

Il ragazzo fremeva dalla voglia di porre una domanda che gli frullava in testa da quando ne aveva memoria. Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere prima. Forse per la paura di scoprire qualcosa che non avrebbe mai voluto sapere, forse per paura che la sua vita non sarebbe mai più stata la stessa dopo aver scoperto la verità, insomma, non sapeva esattamente il perché ma gli era sembrato il momento adatto. Era il momento di affrontare le sue paure.
Prese un gran respiro e contò fino a tre.
"Come siamo arrivati qui?"

La persona seduta difronte a lui parve confusa. Dopo qualche istante capì cosa intendesse dire il ragazzo e subito addolcì gli occhi.
"Intendi che ti racconti la tua storia, dico bene?"

"Si...Non solo la mia, ma anche quella della nostra famiglia. Ad esempio: Qual è la tua storia, la vostra storia?"

"Hai ragione ragazzino, è giunto il momento che ti racconti della storia strappalacrime da ragazzine di dodici anni. La più grande storia d'amore mai raccontata.
C'era una volta un bellissimo principe..."

"Wo wo wo, ho sedici anni! Non ne ho più quattro! Non sono psicologicamente preparato per sentir parlare di principi, rospi e unicorni alati".

"Okay grande uomo. Ora taci e apri le orecchie, è già tanto se riesco a stare in piedi a quest'ora".

Nel mentre, le tisane intoccate si stavano raffreddando sul tavolo davanti a loro.
Restarono intatte.

***

N/A: Questo capitolo è il prologo e mi è sembrato più che giusto farlo breve (i sucessivi saranno più lunghi) e che non si capisca nulla di ciò che sta accadendo, dopotutto ogni cosa ha il suo tempo.

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Capitolo 2
*** Have A Nice Day ***


Lawrence, Kansas. 18 settembre

Dean Winchester ne aveva davvero passate tante, troppe. Nei suoi 26 anni di vita non ricordava un momento in cui fosse stato tranquillo e in pace con se stesso.

Era in attesa. Sperava che da quel giorno tutto andasse meglio, era stanco di tenere la pistola sotto al cuscino quando dormiva; assurda metafora che usava per sottolineare il peso che si portava appresso.

Erano quasi le 16.00 di un qualsiasi giovedì pomeriggio e senza rendersene conto si ritrovò seduto su una panchina che costeggiava un parco giochi gremito di bambini.
Si sentiva quasi un maniaco, a stare li, fissando quelle piccole bestiole che si arrampicavano ovunque come scimmie.

In realtà non stava fissando nessuno. Aveva lo sguardo perso nel vuoto. Si ricordava di quel giorno in cui la sua vita cambiò drasticamente in peggio. Aveva solo quattro anni, ma ricordava tutto come se fosse stato il giorno prima.

Era una fredda sera di novembre, Dean e i suoi genitori erano nella camera del piccolo Sammy e gli stavano augurando la buona notte.

Ad un orario impreciso della notte ci fu un incendio causato da chissà cosa, forse un corto circuito.
John Winchester correva sul pianerottolo del primo piano con Sam di appena sei mesi in braccio.
"Porta fuori tuo fratello più in fretta che puoi." Urlò al figlio maggiore porgendogli il fratellino.

Dean corse giù dalle scale mentre l'odore pungente del fumo si disperdeva nell'intera casa, uscì in giardino tenendo il piccolo fagotto, in cui era avvolto Sam, tra le braccia.

"Andrà tutto bene Sammy, te lo prometto." Gli sussurò mentre vedeva avvicinarsi a loro i vigili del fuoco.

Poco tempo dopo uscì dalla casa anche John, in pigiama e con un'espressione sconvolta stampata in volto.
Dean non l'aveva mai visto così affranto prima di allora. Intuiva già che qualcosa non andava, che quel qualcosa era la mamma, Mary, che non era riuscita a uscire dalla casa.

In quel momento voleva solo piangere, lasciarsi andare. Ma non lo fece. Si tenne tutto dentro. Doveva dimostrare di essere forte per Sammy, occuparsi di quella spina nel fianco del suo fratellino.
Anche suo padre gli disse che doveva essere forte, non solo per se stesso ma per entrambi, quando un paio di giorni dopo il funerale di Mary, li scaricò a casa di zio Bobby, grande amico di famiglia.

Da quel giorno a questa parte, i fratelli vissero li. John si faceva vedere di tanto in tanto ma non fu più lo stesso. Indossava sempre quella maschera di dolore che aveva da quella fredda notte di novembre.
John diceva che lavorava in giro e per farlo si spostava continuamente e a volte tornava a casa di Bobby ubriaco fradicio.

Passavano gli anni e i fratelli Winchester crescevano dipendendo l'uno dall'altro.
Dean metteva sempre Sam al primo posto, davanti ad ogni cosa. Era capace di rinunciare a tutto pur di far felice il suo fratellino e fargli avere l'infanzia che meritava.
D'altra parte Sam, sebbene solo i quattro anni di differenza, considerava il maggiore più come un padre che un fratello. Era la sua figura di riferimento: Dean gli preparava da mangiare quando Bobby era al lavoro nella sua officina, lo aiutava con i compiti, gli disinfettava le ginocchia sbucciate quando da bambino cadeva al parco giochi, lo usava come spalla su cui piangere per sfogarsi di qualsiasi cosa, anche delle delusioni d'amore adolescenziali. Addirittura, quando Sam compì il suo dodicesimo compleanno, Dean gli fece il discorso sulle api e sui fiori e via dicendo, mentre il minore lo guardava imbarazzatissimo cercando di sviare l'argomento.

Appena finito il liceo, Dean andò a lavorare come meccanico in officina con zio Bobby e Rufus, amico di quest'ultimo, mentre Sam si iscrisse all'università di legge di Stanford.
Sam, li, si era fidanzato con una splendida ragazza, Jessica. La amava profondamente e già immaginava di passare il resto della sua vita con lei.
Ma del resto la vita dei Winchester è sempre stata costellata dal dolore. Un incidente d'auto pose fine alla vita di Jessica.

Sam distrutto dalla perdita, lasciò Stanford e andò a rifugiarsi tra le braccia del fratello.
Ci mise parecchio a riprendersi e quando il peggio sembrava essere passato, giunse la notizia della goccia che fece traboccare il vaso.

John Winchester aveva avuto un infarto e non ce l'aveva fatta. La mattina del decesso l'ospedale chiamò Bobby informandolo dell'accaduto.
E quando disse ciò che era successo ai ragazzi, poté vedere un altro pezzo del loro cuore già martoriato, spezzettarsi in pezzi ancora più piccoli.

John si trovava a Chicago,
"Era ricercato per vendita illegale di armi" disse la polizia a Bobby.
Ora sapevano la verità. Tutti quegli anni a chiedersi cosa facesse il loro padre sempre assente.
Dean era deluso, ferito. Pensava che suo padre fosse una persona più onesta di quello che in realtà era.
Anche questa volta non pianse, si tenne tutto dentro, fissava il vuoto davanti a se stringendo i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nei palmi delle mani. Ancora una volta doveva essere forte per Sam.
Quest'ultimo, invece, si sciolse in un pianto disperato per suo padre, per Jessica, per sua madre di cui non ricordava nemmeno il volto se non grazie alle fotografie.
Sam era sempre stato in conflitto con il padre. Se Dean riusciva a sopportare tutte quelle volte, seppur poche data la sua costante assenza, che impartiva loro ordini, Sam si ribellava, non voleva sottostare a l'uomo che li aveva abbandonati nel momento del bisogno.
Ciò non tolse che ci stava male ugualmente, era sempre suo padre e sapeva che a modo suo voleva bene a entrambi, anche se aveva commesso innumerevoli errori, come mentire. Ma lo aveva fatto per la famiglia, in un modo sbagliato si, ma come meglio credeva di poter fare.

Sam in quel momento, stava attraversando il suo medioevo personale, il suo periodo oscuro.
Conobbe una ragazza, Ruby, e passava la maggior parte del tempo con lei. Quelle rare volte che Dean lo vedeva a casa, dormiva. Non lo vedeva mai mangiare e aveva costantemente due fosse come occhiaie.
Sam si era ridotto in questo stato perché pensava di poter alleviare le sue sofferenze con l'eroina.
Sapeva di star sbagliando. Delle volte si chiedeva se suo fratello l'avesse mai perdonato per aver mandato a puttane la sua vita in questo modo.

Così Sam e Ruby intrapresero questa malsana relazione basata sul sesso e sulla droga.
A lungo andare però, il Winchester si sentiva sempre più in colpa. Si teneva tutto dentro, ovviamente anche con Dean, al quale diceva sempre tutto, ma non voleva addossargli pure questo peso.

Poi accadde, un giorno, mentre Sam era insieme a Ruby nell'appartamento di lei, esagerarono con le dosi.
Ruby andò in overdose e Sam ci andò vicino. Fece appena in tempo a prendere il cellulare e chiamare suo fratello con un pianto disperato in cerca di aiuto.

Per Ruby, ovviamente, non c'era più nulla da fare, Sam invece, dopo esser stato dimesso dall'ospedale andò in un centro di riabilitazione per tossicodipendenti.
Dean, come suo solito, si addossò tutta la colpa perché a detta sua, se avesse protetto suo fratello, se gli fosse stato vicino, tutto quello non sarebbe accaduto. Si sentiva uguale a suo padre e solo Dio sa quanto odiava quella sensazione.

Nonostante ciò non demorse. Doveva andare avanti, rimettere insieme tutti i pezzi della propria vita e di quella di Sam, aveva ancora una piccola speranza che di li a poco qualcosa, qualsiasi cosa, avrebbe cambiato la prospettiva della situazione, questa volta in meglio.

"Penso che ai bambini non piaccia essere fissati in quel modo. Tantomeno alle loro madri."

Il Winchester riaffiorò dal vortice di pensieri che lo aveva tenuto prigioniero nei precedenti minuti e sobbalzò al suono di quella voce roca che proveniva dalla panchina alla sua sinistra.
Si girò verso lo strano individuo che si era permesso di fare supposizioni sul suo conto e rimase colpito dalla profondità di due grandissimi occhi blu. Erano un oceano. Non credeva umanamente possibile che un essere umano potesse avere degli occhi così profondi e di quel colore.

"Ehi, ti senti bene?"

Dean sobbalzò di nuovo, imbarazzato questa volta, ma che diamine gli era venuto in mente?

"Sei un alieno?"

Fu tutto ciò che uscì dalla sua bocca.
No, sul serio: che problemi aveva? Dare a uno sconosciuto dell'alieno?
Ma dove era finito? Al circo?

"Wow, in molti mi hanno detto che sono un tipo strano, ma forse tu mi batti."

"Eh? Volevo dire...Scusa, stavo pensando ad altro. Me ne vado ora, scusa per il disagio."

Dean si alzò più in fretta che poté dalla panchina intento ad andarsene da quella situazione a dir poco imbarazzante. L'individuo però non era d'accordo. Solo ora notò il suo particolare abbigliamento: completo elegante con tanto di cravatta blu abbinata agli occhi e sopra portava un ridicolo trench beige inadatto al clima di quel giorno. La temperatura non era assolutamente delle più calde, ma indossare un impermeabile era decisamente esagerato.

"No, aspetta. Scusa, non volevo spaventarti...Mi sembravi molto preoccupato, tutto qua." Disse l'uomo in trench passandosi una mano tra i finissimi capelli corvini.

Dean si risedette sulla panchina.

"Si, beh...Hai ragione. Sono in un costante stato di preoccupazione e con tutta la merda che mi è piovuta addosso non riesco più a ricordare come si vive senza la pistola sotto al cuscino."

Lo sconosciuto, a quell'affermazione, aggrottò le sopracciglia e inclinò la testa, come se facendo in quel modo sarebbe riuscito a comprendere la sua assurda metafora.

"Qualunque cosa significhi ciò, dovresti parlarne con qualcuno. Sembri sconvolto dal peso che ti stai portando dentro."

"E parlarne tipo con te? Sei uno sconosciuto, perché dovrei?"

"Mi chiamo Castiel Novak e insegno teologia nella Lawrence High School. Passo per il parco ogni volta che devo andare a trovare mio fratello al lavoro.
Ecco, ora non sono più uno sconosciuto".

Castiel sorrise. Sembrava una persona sincera, lo psicologo di turno che risolve i problemi della gente che gli passa sotto tiro.

"Sono Dean Winchester e tra mezz'ora devo andare a prendere mio fratello al centro di riabilitazione per tossicodipendenti."

"Mi scuso se posso essere sembrato invadente e so che non sono assolutamente affari miei ma se hai bisogno di parlarne io posso ascoltarti.
E poi, non sarebbe un bene per tuo fratello rivederti con la faccia di uno che sta per sopprimere uno scoiattolo."

"Perché dovrei sopprimere uno scoiatt- okay lasciamo perdere."
Dean distolse lo sguardo dall'uomo seduto sulla panchina di fianco a lui, chinò il capo e si mise a contare i fili d'erba sul suolo a lui sottostante. Erano veramente tanti, ottimo modo per distrarsi e non affrontare il discorso.

"Questo è il tuo problema Dean: Tu non hai fede...A tutti accadono delle cose belle."

"Non nella mia esperienza." Disse il Winchester tornando a puntare il suo sguardo in quello blu oceano di Castiel.

"Qual è il problema? Credi di non meritare di essere felice?"¹

Dean sfregò le mani sulle gambe ricoperte dai jeans, prese un profondo respiro e decise di confidarsi con quello che per ora era soltanto uno sconosciuto e non ne capiva assolutamente il senso. Così, per i successivi dieci minuti, il Winchester raccontò la storia della sua vita, come se conoscesse Castiel da anni e non da minuti. Non sapeva cosa lo portava a confidarsi con lui così apertamente, glielo suggeriva il suo sesto senso e quello non sbagliava mai.
D'altra parte Castiel lo ascoltava in silenzio, completamente assorto dalla sua storia e nel suo sguardo blu c'era tutto fuorché compassione.

Castiel ammirava Dean per la sua forza di volontà e il fatto che mettesse suo fratello prima di qualsiasi altra cosa, anche della sua stessa vita.
Si perse nella sua voce e nei suoi occhi verdi, i quali ogni volta che si incrociavano con i suoi distoglievano lo sguardo.

"Dovrei andare adesso, Sam mi starà aspettando.
Grazie per avermi ascoltato, immagino di averne avuto davvero bisogno."

"Io non ho fatto niente...Solo, non hai motivi di sentirti in colpa.
Spero di rivederti presto Dean."

Si alzarono contemporaneamente da entrambe le panchine e si sorrisero a vicenda.

"Si, anche io. Allora...Ci si vede."
E senza aspettare risposta, il Winchester si voltò a grande passo diretto verso l'uscita del parco.

"Ciao, Dean."
Sussurrò Castiel senza essere udito.

***

N/A: Mi sento un po' un'assassina ad aver ammazzato quattro personaggi solo nel primo capitolo. Ma sinceramente volevo che andasse cosi, sto cercando di attenermi il più possibile alla serie TV, infatti ho aggiunto delle citazioni prese da li (alcune le ho leggermente modificate per adattarle alla storia). Ovviamente non sarà tutto uguale per filo e per segno. Già in questo capitolo si può notare la differenza di carattere dei protagonisti dalla serie.

*Citazione leggermente modificata della 4×01 (Lazarus rising)

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Capitolo 3
*** Cherry Pie ***


Dean arrivò davanti al centro di riabilitazione di Lawrence con il cuore che batteva all'impazzata.
Era allo stesso tempo felice e terrorizzato all'idea che di li a pochi minuti avrebbe rivisto il suo fratellino.
Certo, durante questi sei mesi era andato a trovarlo ogni volta che gli era stato concesso, ma aveva paura che Sam non fosse stato più lo stesso una volta uscito da li.
Era cambiato? Lo avrebbe odiato? Sarebbe ricaduto nel suo inferno personale nel giro di poco tempo?
Erano tutte domande che il maggiore dei fratelli Winchester si poneva.
Si sentiva ancora tremendamente in colpa per quello che era accaduto, anche se non ne aveva motivo.
Ma si sa com'è Dean Winchester: Pensa che tutto ciò che succeda di male nella sua vita e in quella delle persone che lo circondano sia colpa sua.

"Se esiste il male esisterà anche il bene" gli diceva suo fratello, tra i due quello che qualsiasi cosa capitasse aveva sempre fede.
"Peccato che il male avrà sempre la meglio" gli rispondeva lui.¹

Salì le scale che portavano all'ingresso del centro, aprì l'enorme porta e dopo essersi guardato intorno per qualche secondo alla ricerca del fratello, ecco che le enormi e muscolose braccia di quest'ultimo lo circondano facendogli mancare il respiro.

"Dean, finalmente posso andarmene da qui, ce l'ho fatta." Disse con un enorme sorriso mentre si staccava dall'abbraccio.

"Sammy! Porca miseria, ogni volta che ti vedo diventi sempre più alto.
Sono contento anch'io di rivederti, fratellino. Come stai? Veramente, intendo."

"Sto...meglio, si, decisamente. Io...uh, so di avertelo detto un sacco di volte che mi dispiace e che non devi sentirti in colpa, ma questa volta dico sul serio: Smettila, Dean, di provare sensi di colpa senza motivo.
È stato unicamente un mio errore e grazie a questi sei mesi passati qui ho capito che non devo rimuginarci sopra. Il passato è passato, ho tutta la vita davanti adesso. E lo stesso vale per te."

Dean lo guardò con occhi pieni di orgoglio e sorrise.
"Sono contento che tu ti sia ripreso, Sam. Ora andiamocene da questo inferno, hai la tutta la vita davanti adesso, no?"

Arrivati al posto in cui era parcheggiata la macchina, la bellissima Chevrolet impala del '67 da sempre appartenuta alla famiglia Winchester, Sam fu invaso da tutti i ricordi legati ad essa, come le incisioni delle loro iniziali sulla portiera, il soldatino di plastica infilato li da qualche parte e i mattoncini di plastica incastrati nel sistema di ventilazione. Al ricordo del rumore che facevano ogni volta che si azionava l'aria condizionata, si mise a ridere. C'era così tanta gioia nei suoi occhi, come se fosse rinato.

"Che cos'hai da ridere Bigfoot? Non starai per caso prendendo in giro la mia baby, vero?"

"No, Dean. È esattamente come la ricordavo. Mi è mancata."

Salirono in macchina e partirono.
Dean si soffermò a guardare suo fratello. Si sentiva in pace e per un breve momento smise di pensare a tutta la negatività che lo affliggeva da finché ne aveva memoria. Ora aveva Sam, che sorrideva nel sedile di fianco a lui. Se Sam stava bene, stava bene anche lui.

"Ehi, Samantha: Non è ora di tagliare la tua fluente chioma? Prima o poi ti arriveranno sotto al sedere se non li tagli, quei capelli."

"Ah. Ah. Divertente come al solito. Piuttosto, mi avevi detto che ti eri trovato la ragazza. Lisa, giusto?"

Dean sospirò e strinse le mani sul volante con forza.
"Oh, si. Ecco vedi...L'ho lasciata due settimane fa. Mi tradiva con un motociclista e ora è incinta.
E la cosa che mi ha fatto più incazzare è che ha provato a convincermi in tutti i modi che fosse mio, quando io per primo mi preoccupo di queste cose per fare in modo che non succedano. Allora le ho chiesto di fare un test del DNA e guarda un po': si è rifiutata e non l'ho più vista." disse scrollando le spalle e alleggerendo la presa sul volante come per dare poca importanza alla cosa.

Sam si girò di scatto verso di lui addolcendo lo sguardo, anche se sapeva che suo fratello era poco turbato dalla cosa. Lo conosceva bene e con nessuno si era mai legato cosi profondamente da stare male ogni volta che la cosa finiva. Certo, anche perché era lui che scaricava la povera ragazza di turno.
"Cavolo, Dean. Mi dispiace...Non so cosa dire."

"Non dispiacerti Sammy. Non la amavo. D'altronde sai come sono io: Non fanno per me le relazioni serie.
Ora però basta parlare di cose deprimenti. Qualche mese fa hanno aperto una pasticceria che fa delle crostate paradisiache, devo assolutamente fartele provare, andiamo, non è lontano da qui."
E così dicendo, si diressero verso loro meta appena stabilita.

Parcheggiarono proprio davanti all'entrata della pasticceria la cui insegna recava il nome di 'Slice of Paradise'.
I fratelli entrano e furono colti all'istante da un dolcissimo profumo di torte appena sfornate.
L'interno del locale era semplice ma accogliente. Subito dopo l'entrata c'era una lunga fila di tavolini quadrati e di fronte a questi stava il bancone con tanto di vetrina da esposizione dove erano posti al di là del vetro pastine, brioches e altre delizie di ogni tipo.

Furono immediatamente raggiunti da un tipo basso e magro dai capelli castano chiaro e camminava in modo spedito con un sorrisino compiaciuto stampato sul volto. Indossava un grembiule bianco e aveva in bocca quello che sembrava un lecca-lecca che gettò nel cestino prima di proferir parola.

"Dean-o! Ti aspettavo!"
Lanciò un'occhiata sorpresa a Sam.
" E non è da te portare compagnia."

Dean fece per ribattere ma venne preceduto dall'altro, che pareva aver avuto una rivelazione subito dopo aver dato un'occhiata più approfondita a Sam.
"Aspetta...Alto, muscoloso, capelli lunghi da principessa: Questo è tuo fratello! Piacere, io sono Gabriel, il proprietario di questo angolo di paradiso". Disse questo allungando la mano oltre il bancone e porgendola al minore dei fratelli.

"Piacere mio, sono Sam. Ma immagino tu lo sappia già. Mio fratello è un cliente abituale dico bene? È un drogato di dolci e di tutta la roba che fa alzare il colesterolo in generale" rispose ricambiando la stretta di mano.

"Ehi, sei tu che fai una dieta a base di cibo per conigli. Non è colpa mia se non sai goderti i piaceri culinari della vita" ribatté il fratello sottolineando l'importanza che per lui aveva quel discorso.
Sam, in tutti quegli anni, non aveva mai capito come suo fratello potesse mangiare in continuazione così tante schifezze senza diventare una palla che rotola, visto che non faceva nemmeno palestra.

Gabriel prese dalla tasca del suo grembiule taccuino e penna.
"Beh ragazzi, sedetevi. Per te Dean-o immagino la mia specialissima crostata di ciliegie e a te cosa porto Samuel?"

"Lo stesso che prende mio fratello, grazie."

Si sedettero ad un piccolo tavolo la cui vetrata dava sulla strada.
Dean si guardò intorno, il locale era tranquillo, come clienti c'erano solo loro due e un altro tizio con un ridicolo trench, seduto al tavolo nell'angolo del locale, intento a scribacchiare su alcuni, anzi, su una pila di fogli posti davanti a lui.
Poi, il maggiore dei fratelli Winchester ebbe un flash. Quel tizio era Castiel. L'uomo che aveva conosciuto poche ore prima al parco. Poco ma sicuro, Dean l'avrebbe riconosciuto ovunque. Era difficile dimenticarsi un volto come quello di quell'uomo.

Senza dire nulla si alzò sotto lo sguardo stranito di Sam e sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi, si diresse verso il tavolo del suo conoscente.
"Castiel! Il mondo è davvero piccolo!"

Quest'ultimo alzò lo sguardo dalla pila di fogli e sorpreso di aver incontrato Dean due volte nella distanza di poche ore, sorrise.
"Ciao, Dean. Anche per me è un piacere rivederti. Noto che sei di ottimo umore adesso."

Prima che Dean potesse rispondere, furono raggiunti da un Sam dall'aria curiosa.
"Castiel, questo è Sam, mio fratello. Sammy, lui è Castiel."
I due appena conosciuti si strinsero la mano.

"Dean mi aveva parlato di te. Sono felice di conoscere la persona più importante della sua vita."
Alle parole di Castiel, Dean arrossì cercando di non darlo a vedere e Sam rimase basito.
"Oh, piacere mio."
Sapeva di essere l'unica persona della famiglia rimasta per suo fratello, oltre a Bobby, ma sentirselo dire da una persona per il momento a lui sconosciuta, gli riempì il cuore di gioia.
Doveva essere una persona speciale, per Dean, se questo Castiel conosceva la sua storia. Sam ora era diventato ancora più felice. Suo fratello aveva un amico, un amico di cui si era fidato abbastanza per essersi confidato e dal modo in cui quei due si guardavano, pareva che si conoscessero da una vita.

"Se volete unirvi a me, ho quasi finito di correggere questi compiti."
"Ah, si. Giusto prof." disse con fare ammiccante Dean sedendosi al tavolo insieme al fratello.
Proprio in quel momento Gabriel raggiunse il tavolo con le loro ordinazioni.

"Ragazzi, vedo che avete conosciuto Cassie, il mio fratellino!"
A tale affermazione Dean spalancò gli occhi.
"Wow, non l'avrei mai detto. Come mai non ti ho mai visto qui?" disse mentre divorava letteralmente la torta che gli era stata appena servita, a differenza di Sam che la stava degustando a piccole forchettate.

"Mi sono ritrasferito qui a Lawrence giusto due settimane fa. Mi hanno offerto una cattedra e ho colto subito l'occasione al volo."

Gabriel, dopo essersi assicurato che non ci fossero clienti, prese una sedia dal tavolo accanto e si sedette con loro.
"Si, lo so Dean-o. Non l'avresti mai detto perché io sono molto più affascinante di questa brutta copia del tenente Colombo."

"O forse perché sei decisamente più basso di me, Gabe." ribatté Castiel.

"Comunque: mio fratello è venuto qua a correggere i compiti dei suoi alunni unicamente perché tutto quello che ordina è gratis. È il mestiere di famiglia, ragazzi: Nostro padre è un temuto critico culinario ricco sfondato, zia Amara ha aperto la sua catena di ristoranti in India, Michael, il più grande di noi fratelli Novak, è uno chef stellato di uno dei più prestigiosi ristoranti di New York e a gestire questa baracca siamo io, e i nostri cugini Balthazar e Anna Milton.
Si può dire che Cassie è la pecora nera della famiglia. Ha deciso che la sua passione non era cucinare ma insegnare, così, si è ribellato a nostro padre. Giusto professor Novak?"

"Oh, Gabriel, sta' zitto! Ti verranno tante di quelle carie a furia di mangiare quelle porcherie zuccherate." Cosi rispose Castiel che iniziò a bisticciare con suo fratello nemmeno fossero alla scuola materna.

Un'orda di ragazzini entrò nel locale e si misero subito ad improntare di manate il vetro della vetrina sotto al bancone che esponeva i dolci.
Gabriel fu costretto a congedarsi con un'imprecazione sussurrata rivolta ai ragazzini e salutò i Winchester.

Anche Dean e Sam si alzarono dal tavolo pronti per pagare il conto.
"Dovremmo rivederci. Che cosa ne dici, Cas?" si rivolse a lui il maggiore dei fratelli.
Castiel lo fissò dritto negli occhi e piegò leggermente la testa di lato come se non stesse capendo a pieno la domanda. Dean pensò che fosse un suo gesto abbastanza frequente e lo trovò a dir poco adorabile.
Adorabile? Perché Castiel dovrebbe essere adorabile? Trovava questa espressione divertente, tutto qua.
"È la versione abbreviata del mio nome?".²

Qualcosa si mosse all'interno di Dean. Non si spiegava come. Gli sembrava di aver già vissuto quella situazione.

Fu Sam a rompere gli sguardi dei due con un colpo di tosse.
"Allora ci vediamo Castiel, è stato un piacere."

"Cas" si congedò Dean facendo un cenno di capo al moro e dirigendosi verso l'uscita con il fratello.

"Cas" ripeté Castiel stesso sorridendo e ritornando con la testa china sui pochi compiti ancora da correggere.
Nessuno l'aveva mai chiamato cosi.

***

N/A: ¹Citazione della 1×12 (Faith)

²Citazione leggermente modificata della 8×08 (Hunteri Heroici)


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Capitolo 4
*** Boulevard Of Broken Dreams ***


Dean e Sam, una volta usciti dal locale, salirono in macchina e partirono. Destinazione casa.

Finalmente Sam poteva entrare dalla porta della loro piccola abitazione che dall'infanzia condividevano con Bobby (per essere precisi era casa di quest'ultimo e loro ci vivevano) e sentirsi appartenente ad un posto, riiniziare da zero. Sorrise al fratello, anzi, si trattenne dal ridere nel momento in cui aprì bocca.
"Quindi, Castiel...Cas. Finalmente ti sei fatto un amico."

Dean, preso alla sprovvista da quelle parole, cercò di pensare ad una frase di senso compiuto da dirgli in merito alla questione.
"In realtà, l'ho conosciuto un'ora prima di venirti a prendere.
Ecco...Ero abbastanza turbato e girando qui e là mi sono ritrovato seduto su una panchina al parco et voilà, Cas si è materializzato dal nulla sulla panchina affianco alla mia e abbiamo iniziato a parlare.
Non so cosa mi abbia spinto a confidarmi. È stato...strano e liberatorio."

"Wow, Dean. Pensavo che fosse un tuo grande amico di cui non mi hai mai parlato perché di solito tu non sei così socievole con gli sconosciuti. Comunque mi è sembrata una bellissima persona."

"Non so se possiamo definirci amici. Non so come ci si comporta.
È triste la cosa: l'unico amico che ho avuto è stato Benny, al liceo e ci siamo subito persi di vista dopo il diploma. Ah, e poi Charlie, ovviamente. Praticamente ogni settimana la sento al telefono, data la distanza, ma non é la stessa cosa di vederla personalmente."

Sam alzò gli occhi al cielo.
"Hai ragione, eri troppo occupato a farmi da balia per pensare di vivere la tua adolescenza...Però il tempo per le ragazze lo trovavi sempre. Comunque dico sul serio, prova a chiamarlo e chiedergli di andare a bere una birra da qualche parte. Ti farebbe bene socializzare con altre persone che non siano io, Bobby o i tuoi clienti al lavoro. Altrimenti andrà a finire che diventerai peggio di una zitella."

Dean sospirò alzando gli occhi al cielo. Suo fratello aveva perfettamente ragione e come sempre, per non farglielo capire, si limitò a giustificarsi
"Anche se fosse, mi sono dimenticato di chiedergli il numero di cellulare."

Sam sfoggiò un sorrisetto inquietante che al fratello non piacque per nulla. "Chiedilo a Gabriel."

"L'unica cosa che potrei ottenere da quel pasticcere ficcanaso sarebbe un imbarazzante commento. E detto così sembra che io sia una ragazzina in cerca di attenzioni."

"Ehi, rilassati Dean. È solo un numero di telefono, non c'è nulla di male."

Il fratello maggiore abbassò il finestrino dell'auto. Stava iniziando a fare caldo lì dentro. Si girò verso Sam che lo guardava cercando di trattenersi dal ridere mentre i suoi capelli si stavano scompigliando furiosamente a causa dell'aria che stava entrando nell'abitacolo.
"Guarda che ti vedo, Samantha, riuscirei a vedere la tua faccia da puttanella anche al buio!"

Sam scoppiò in una fragorosa risata e iniziò a parlare con voce solenne gesticolando con le mani per enfatizzare la cosa.
"Farai esattamente come la carrozza di Cenerentola: ti trasformerai dalla zucca asociale che sei alla carrozza con i topolini che diventano cavalli."

Il fratello lo guardò accigliato.
"Non starai diventando gay?" 1
Non ne aveva assolutamente idea del motivo, ma la frase appena udita da Sam e le parole che lui stesso aveva appena pronunciato gli infusero un’inquietante sensazione di déjà-vu.
Non diede peso alla cosa e si ricompose.
"Oh, si certo! Perché tra i due sono io quello gay."

Dean quasi si soffocò con la sua stessa saliva e andò per un momento fuori corsia girando di scatto il volante ricevendo un paio di suonate di clacson dalle altre macchine.
"E con questo cosa vorresti insinuare? Secondo me a parlare sono tutte quelle sedute 'pace e amore' che ti si sono inculcate nel cervello." Disse frettolosamente nel momento in cui imboccava la stradina di sassi che portava alla casa
di Bobby.

"Come se tu guardassi lo show del Dr. Sexy solo per la trama...Fratello, ti conosco benissimo, sei come un libro aperto per me."

Prima che Sam potesse continuare con il discorso, Dean parcheggiò la macchina a lato del ghiaino che costeggiava la casa e scese dalla macchina dileguandosi con una faccia contrariata.

"Ehi Dean, aspetta... Stavo scherzando!" disse l'altro raggiungendolo di corsa.

Come aprirono la porta di ingresso sentirono dei passi provenire dalla cucina e subito dopo gli venne incontro un Bobby abbastanza arrabbiato, ancora vestito con la tenuta da lavoro e il suo immancabile cappellino da baseball che si portava dietro dal paleolitico.
"Ma si può sapere dove diamine eravate finiti, brutti idioti?"

"Ciao Bobby" disse Sam subito prima di esser stritolato in un abbraccio da quest'ultimo.
"È bello rivederti, ragazzo".

Dean se ne stava in disparte ad osservare la scena convinto che sarebbe scampato alla sfuriata del padre acquisito.
Purtroppo per lui, quando Sam e Bobby finirono di salutarsi, quest'ultimo cambiò completamente espressione e inveì contro il maggiore dei Winchester.
"Esiste il telefono idiota, o potevi anche avvisare stamattina che non ti saresti presentato al lavoro."

"Hai ragione ho sbagliato a non avvisarti. Ma non sono più un ragazzino, sono un uomo responsabile." Rispose seriamente il Winchester.

"Scusa se ho ferito i tuoi sentimenti, principessa. Mi preoccupo per voi, Dean!"

Dean sapeva quanto fosse stato difficile per Bobby occuparsi di loro fin da quando il padre gli scaricò li anni fa. Era un uomo forte e anche se sembrava che fosse più acido di un limone, era stato buono con loro. Più di quanto John avesse fatto.
Ma d'altronde, Dean non era mai stato un ragazzino. Era stato adulto sin dalla più tenera età per far in modo che suo fratello vivesse tranquillamente e al sicuro.
Dean sospirò e sorrise appena.
"Dovevo assolutamente portare Sam da Gabriel a fargli assaggiare un pezzo di paradiso."

"So perfettamente che ti sei fermato li unicamente per saziare la tua costante fame da zuccheri. Pensi che io non sappia dove vai tutti i pomeriggi dopo il lavoro?
Ora, volete una birra?"

***

Castiel si alzò dal piccolo tavolino e si diresse verso il bancone portandosi dietro i compiti corretti.
"Ciao Gabe, ci vediamo a casa." Urlò verso la cucina per farsi sentire da suo fratello.

Gabriel uscì dalla porta e fermò il fratello prima che potesse varcare la soglia della pasticceria.
"Ehi Cassie, vieni qua."

Castiel, immaginando già cosa il fratello volesse dirgli, alzò gli occhi al cielo e gli andò incontro.
"Che vuoi?"

L'altro si lisciò i baffi che non aveva e parlò con fare ammiccante.
"Allora, Dean Winchester eh? È un bel ragazzo. I suoi occhi verdi sono cosi sexy e penetranti. Tutte le volte che vi siete guardati in dieci minuti ci sei caduto dentro con tutti i piedi."
E si mise a ridere di gusto.

Castiel, ormai rosso in viso, non sapeva come rispondere. Suo fratello aveva ragione. Dean era un bel ragazzo, anzi, un bellissimo ragazzo dagli occhi verdi, di quel tipo che quando li si guarda, ti penetrano l'anima e ti fanno restare senza fiato. O almeno è così che si era sentito Castiel.
Cas, l'aveva chiamato così. Era una semplice abbreviazione del suo nome ma nessuno gli aveva mai affibbiato questo nomignolo. Gli piaceva il suono che la bocca di Dean produceva quando pronunciava quella parola.
Dannazione, che cosa gli era preso? Pensava Castiel. Ammetteva dentro di se di essersi preso una sbandata per Dean. Immaginava, anzi, sperava che fosse durata poco, dal momento in cui, per il Winchester, Castiel non era oggetto di interesse; o almeno lo supponeva.
"Gabe, a Dean non interesso, non in quel senso. E inoltre ogni volta che penso di sistemarmi seriamente ripenso a Meg e non sono sicuro di farcela per adesso."

"Ah, quella creatura malefica ti ha segnato il cuore quindi. Ma chi dice che devi impegnarti? Potresti provarci solo per... Sai, divertirti."

"Gabe! Ma che ti salta in mente?"

"Cassie, Cassie, Cassie. Ormai non c'è nessuno più tradizionalista di te.
Ma no! Castiel Novak non può divertirsi e basta, deve mantenere la sua reputazione da gentleman."

Castiel si girò di spalle e cercò di uscire una volta per tutte dal locale e da quella situazione imbarazzante.
Ma ancora una volta, prima di poter varcare la soglia della porta, suo fratello gli urlò di rimando.
"Non indovinerai mai chi mi ha chiamato dieci minuti fa. Spero non ti dispiaccia che io gli abbia dato il tuo numero."

Senza dir nulla il moro si chiuse la porta vetrata alle spalle e si incamminò verso casa.
Non ebbe il tempo di fare un paio di metri, che la notifica di un messaggio partì dal suo cellulare riposto nella tasca del trench.

Una notifica.
Era una mail del suo capo, il preside MacLeod, che lo informava della riunione mensile d'istituto. Decise che avrebbe letto e risposto alla mail quando avrebbe avuto voglia, quella stessa sera.
Rimise il cellulare in tasca e quello suonò di nuovo.
Esasperato, lo riprese e questa volta il messaggio era da parte di un numero sconosciuto.
Lesse l'anteprima dalla schermata home.

"Ciao Cas, sono Dean..."

***

Dean aveva appena attaccato il telefono in faccia a Gabriel.
Lo aveva telefonato per chiedergli il numero di Castiel.
Gabriel, aveva notato il tono della voce imbarazzato, ma comunque, dopo qualche battuta maliziosa, aveva ceduto e gli aveva dettato il numero. Non ebbe avuto il tempo di aggiungere altro, che il Winchester, dopo un frettoloso ringraziamento, aveva premuto il tasto di termine chiamata.

Dean non aveva capito perché tutti pensassero che gli piacesse Castiel quando in realtà lui voleva solo un amico con cui confidarsi.
Ora però la domanda da porsi era un'altra: Cosa doveva scrivere a Cas?
Forse un po', ma solo una piccolissima parte di lui, si stava comportando come una ragazzina alla prima cotta, ma Dean, ovviamente, pensava fosse solo l'ansia da giudizio.
Il solo pensiero di uscire con qualcuno che non fosse suo fratello o una ragazza, con lo scopo di agganciarla, lo metteva a disagio. Che cosa facevano gli amici quando uscivano insieme? Al liceo, Dean aveva avuto un amico che faceva parte della squadra di football insieme a lui, Benny Lafitte. Si ricordava che con lui e gli altri membri della squadra andavano alla Harvelle's Roadhouse ogni weekend dopo gli allenamenti e di tanto in tanto andavano al cinema.

Dean se ne stava da minuti con il cellulare in mano, aperto sulla casella di messaggi del numero di Castiel che si era appena salvato. Dopo questi minuti di riflessione iniziò a battere sulla tastiera.

***

Castiel entrò in casa. Viveva lì da sempre, da quando era bambino, con suo padre Chuck e i suoi fratelli Gabriel e Michael.
Lui era il minore dei tre fratelli e sua madre l'aveva conosciuta veramente poco perché era morta di malattia quando lui aveva solamente cinque anni.
Ad ogni modo, la famiglia Novak era molto benestante per via del successo familiare in campo culinario. A causa di questo lavoro era da anni che in quella casa, o meglio, villa, vivevano solo lui e Gabriel.
Abitavano non molto distante dal centro di Lawrence, Castiel infatti, era solito ad andare a piedi a scuola.

Chiuse dietro di sé la porta e posò nel cestino svuota tasche le chiavi. Varcò la soglia della lussuosa cucina fornita di ogni cosa si potesse immaginare (non per nulla nella sua famiglia erano tutti cuochi esperti). Appoggiò i compiti dei suoi alunni sul tavolo e si diresse nel salotto, altrettanto lussuoso e spazioso, posto difronte alla cucina. Sprofondò con delicatezza nell'enorme divano bianco in pelle ed estrasse dalla tasca del trench, che non si era ancora tolto, il cellulare, ansioso di leggere finalmente il messaggio inviatogli da Dean.

"Ciao Cas, sono Dean, tuo fratello mi ha passato il tuo numero. Ti andrebbe di trovarci domani alla pausa pranzo? Ti passo a prendere io a scuola se vuoi."

Per questo banale messaggio da parte di Dean, Castiel si ritrovò a sorridere. Anche se supponeva che al Winchester lui non interessasse in quel senso, sperava che tra loro due fosse nata una splendida amicizia.

***

N/A: 1 Citazione leggermente modificata della 3x05 (Bedtime Stories).

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Capitolo 5
*** Paradise City ***


Venerdì mattina Dean si svegliò prima del suono della sveglia.
Dopo essersi vestito, cercando di non far rumore, si diresse al piano terra per fare colazione.
In realtà quel giorno, di mangiare non ne aveva proprio voglia, cosa assolutamente strana per lui perché, come suo fratello era solito dire: "A volte sembra che tu viva per mangiare piuttosto che mangiare per vivere."

Quella mattina si accontentò di un semplice caffè e proprio nel momento in cui si sedette a tavola, nella sua visuale comparve Sam.
Dire che suo fratello appena svegliato sembrava una principessa era poco. Anche se era ancora terribilmente assonnato pareva uscito da una rivista di pigiami da uomo. Per non parlare dei capelli che erano perfettamente in ordine, non ce n'era uno fuori posto.

Insomma, anche un cieco capirebbe quale fosse il più ordinato tra i due Winchester. Sam era sempre attento e impeccabile in ciò che faceva, mentre Dean era un po' come gli capitava a giornata.
Quel giorno, per esempio, era su di giri, lo si poteva capire solamente guardando i suoi capelli castano dorato che parevano avere vita propria dato che erano sparati in tutte le direzioni.

"Sammy! Come mai già sveglio? Non sai quanto ti invidio dal momento che tu non devi stare ore infilato sotto ad una macchina sporco di grasso."

"Buongiorno anche a te Dean. Sai, la vita non è fatta per dormire, almeno la mia. Ho intenzione di andare a correre stamattina."

Dopo tutti quegli anni non riusciva ancora a capacitarsi della forza di volontà che aveva suo fratello per condurre una vita da ossessionato del fitness.
Insomma, anche prima degli eventi successi l'anno precedente Sam si alzava di mattina presto, mangiava un frutto e andava a correre.
Poi ad ogni pasto della giornata stava sempre attento a cosa e in che quantità mangiare. Cibo che Dean chiamava "mangime per conigli" data la scarsa o nulla quantità di carne, salse e porcherie di qualsiasi tipo.
Il maggiore dei Winchester invece, viveva per mangiare hamburger e torte e il solo pensiero di pranzare interamente con un piatto verdure gli faceva venire la nausea.
"Senti Dean, non mi sono svegliato cosi presto solo per andare a correre.
Volevo parlarti di una cosa..."

L'altro sgranò gli occhi subito preoccupato. Era mai possibile che appena risolvevano un problema ne sopraggiungeva subito un altro?
Dean indossò immediatamente una maschera di autocontrollo e assunse fermezza nella voce.
"Nulla di preoccupante spero."

"Ho deciso di riprendere a studiare legge e prima che tu dica qualsiasi cosa al riguardo, so benissimo che sono appena uscito dalla riabilitazione, ma sento la necessità di riprendere i miei studi. Mi sento sicuro e credimi se ti dico che sto bene."

Il fratello maggiore si rilassò immediatamente e alzò la testa per rispondere. Sam era veramente alto. A Dean non piaceva questa sua caratteristica perché lo faceva sentire meno autoritario quando gli faceva discorsi seri.
"Ehi, va tutto bene. Mi fido di te, Sammy. E mi fa piacere che tu voglia seriamente riprendere in mano la tua vita. Solo... Dovrai tornare a Stanford immagino."

"In realtà ho deciso di fare il percorso di studi online. Penso di non essere ancora pronto per ritornare a Stanford dopo Jessica. E poi, tu e Bobby senza di me siete persi. Chi vi zittirà quando litigherete se non ci sarò io?"

Dean si alzò dalla sedia e lo attirò in un abbraccio e Sam rise.
"Fesso."

"Puttana."

"Ti voglio bene Dean."

"Anche io, Sammy. Anche io."
Il fratello maggiore si riavvicinò al tavolo, prese la tazza e la mise nel lavandino.
"Okay campione, buon divertimento.
Bobby è già in officina e io per la pausa pranzo non torno."
Quell'insolente puttanella che era il suo fratellino si mise a ridere.

"Che hai da ridere, Samantha?"

"Immagino tu vada a pranzo con Castiel. Una volta buona che segui i miei consigli, bravo fratello."

Tormentato dalle occhiate divertite di Sam, Dean si preparò per uscire più velocemente possibile per evitare, ancora una volta, la situazione imbarazzante che si stava creando.
"Attento a non cadere in una buca quando corri, ci vediamo dopo."
Più che suo fratello, nella buca ci sarebbe caduto lui. Anzi, se la sarebbe direttamente scavata con le proprie mani e ci si sarebbe buttato dentro.

***

Tra un'ora esatta sarebbe finita la giornata lavorativa di Castiel.
Ogni venerdì restava a scuola solo mezza giornata e mai come prima di quel giorno desiderava finisse ancora prima.
Dean sarebbe passato a prenderlo per la pausa pranzo proprio davanti alla Lawrence High School e nel mentre, il professor Novak era seduto alla cattedra della sua aula e contemplava l'orario stampato a caratteri cubitali della schermata home del computer. Data l'intensità delle occhiate che riservava all'apparecchio elettronico, non si sarebbe affatto sorpreso se quest'ultimo fosse esploso.

In quel momento, mentre l'intera classe era avvolta in un assordante silenzio per via del test di ingresso, Castiel avrebbe dovuto inserire i voti dei test degli alunni delle altre classi già corretti nel registro.
Invece si stava facendo mille pippe mentali sul pranzo che stava per giungere.
Temeva di fare una pessima impressione a Dean. Insomma, non sapeva neanche dove sarebbero andati a mangiare. E se l'avesse portato in un ristorante vegano? Castiel odiava mangiare esclusivamente vegetali per un qualsiasi pasto. Sperava che Dean non ne fosse il tipo altrimenti sarebbe morto di fame.

"Professor Novak?"

L'interessato si scosse all'improvviso e cercò di capire da dove proveniva la voce che l'aveva appena destato dai suoi pensieri.
Posò lo sguardo su uno dei banchi in prima fila precisamente su Kevin Tran.
Kevin era un ragazzo asiatico molto intelligente. Anzi, era il migliore della classe, se non di tutta l'intera scuola, era un ragazzo prodigio e aveva i massimi voti in tutte le materie.
"Prof, si sente bene? Sta fissando il vuoto da cinque minuti."

Castiel si passò una mano tra i capelli corvini e poi sul volto come se volesse concretizzare il fatto che non stesse ancora sognando ad occhi aperti.
"Si, ah...Certo. Cosa...?"

Kevin gli allungò il foglio del test interamente compilato.
"Ho finito."

Come sempre era il primo ad aver finito. Nove minuti. Ci aveva messo nove minuti. Quel ragazzo era brillante e probabilmente non sarebbe neanche servito dare una controllata al test per assegnargli il voto. Ma Castiel non era quel tipo di persona e non voleva fare preferenze tra i suoi alunni.

Per il resto dell'ora il moro tornò a fissare la schermata home del computer e di certo non potevano mancare le pippe mentali che prima aveva interrotto. Ogni minuto sembrava durare il triplo, stava iniziando a sudare e la cravatta blu che era solito indossare iniziava a stargli stretta. Anzi, aveva la sensazione che si stesse stringendo sempre di più attorno al collo man mano che l'allentava, come un pitone che si stringe attorno alla sua preda.

Finalmente, dopo quella che sembrava un'interminabile attesa, il tanto agognato suono della campanella della pausa pranzo risuonò in tutta la scuola e il nostro professore dagli occhi blu, schizzò fuori dalla classe subito dopo aver raccolto tutti i test degli studenti che si erano attardati a consegnarli.

Camminava a passo spedito nel corridoio che conduceva all'uscita principale ed ecco che un altro impedimento gli vietava di uscire da quella maledettissima scuola.
Crowley MacLeod, il preside della scuola che stanziava difronte alla porta.
Era un tipo scozzese e basso dall'aria molto seria ed era come se avesse sempre un accenno di malvagità negli occhi.
Si poteva capire che non gli piaceva affatto il suo lavoro, infatti, era solito dire che quella scuola era un inferno, il suo inferno e lui ne era il re.
"Professor Novak! Dove corre così di fretta? La stanno inseguendo dei segugi infernali oppure odia a tal punto quelle piccole teste di cazzo primitive dei suoi alunni che non vede l'ora di svignarsela?"

Castiel rimase un attimo interdetto e come era solito fare quando non afferrava completamente un concetto, inclinò la testa di lato e lo fissò dritto negli occhi. Finché provava a formulare nella sua testa una frase di senso compiuto da dire stava iniziando ad agitarsi sul posto e ogni due per tre lanciava un'occhiata ansiosa al parcheggio visibile dall'uscita.
"No...Devo solo, ehm, andare a pranzo."

Crowley si girò verso la porta per cercare di capire cosa di tanto interessante stesse guardando il suo sottoposto al suo esterno. Si rigirò verso Castiel e sorrise con fare ammiccante.
"Cosi la sua fretta di andar via dipende da quell'impala parcheggiata qui davanti. È la sua ragazza?"

Si girò di nuovo verso l'auto.
"O meglio...È il suo ragazzo?"

L'altro strabuzzò gli occhi e il colorito delle sue guance passò ad una gradazione leggermente più intensa di rosso.
"No, assolutamente no, ehm... È un mio..." Cos'era per lui Dean Winchester? Un conoscente forse, ma di certo non era il suo ragazzo, anche se avrebbe voluto. No, non avrebbe voluto. Provava solo della pura e semplice attrazione sessuale per lui, nulla di più. "...amico." La sua testa gli diceva che si conoscevano solo da poco meno di un giorno, ma era sincero quando pensava di non aver mai conosciuto una persona così vera tanto quanto Dean. Insomma, ormai conosceva buona parte della sua vita, quindi Castiel decise che il Winchester non era classificabile soltanto come conoscente.

Crowley osservava attentamente il suo sottoposto mentre era intento a fissare il vuoto pensando ad una probabile spiegazione plausibile.
Pensava di aver assunto un incompetente nella sua scuola.
"Guardi che non me ne frega assolutamente nulla di quello che fanno i miei docenti nella loro vita privata. Un consiglio solo: Non si faccia influenzare troppo, so bene che le emozioni di questo tipo possono distruggere anche il soldato più devoto."
Gli diede le spalle e inizò ad incamminarsi lungo il corridoio allontanandosi di qualche metro dal suo interlocutore, poi si girò di nuovo mostrandogli un sorrisetto compiaciuto.
"Non voglio angeli caduti nel mio inferno. Buon pranzo professor Novak."

Abbastanza scosso, Castiel uscì una volta per tutte dalla porta ed eccolo li:
Nel grande parcheggio c'era l'impala e Dean stava in piedi appoggiato al cruscotto e appena il moro posò gli occhi su di lui il Winchester sorrise.
"Ehi Cas."

"Ciao Dean. Scusa il mio ritardo, sono stato trattenuto dal re dell'inferno con le sue supposizioni e le sue ambigue metafore."

Entrambi salirono in macchina e Dean mise in moto il motore.
"Re dell'inf- cosa?" Scoppiò in un'allegra risata. "E chi sarebbe questo?"
"Il preside. Uno spocchioso e arrogante scozzese. Non voglio angeli caduti nel mio inferno. Buob pranzo professor Novak." Cosi lo imitò Castiel alterando la voce, al che Dean esplose in un'altra fragorosa risata.
"Wow, era da parecchio tempo che non ridevo così... Era più che parecchio tempo. Anni."¹
Dopo quell'esclamazione gli balenò in mente un immagine: lui che usciva da un locale ridendo a crepapelle, insieme a Castiel, mentre gli metteva un braccio attorno alle spalle. Non capiva assolutamente perché il suo cervello avesse elaborato un immagine così dettagliata di un evento che non era nemmeno successo.
In ogni caso non vi diede molto peso e si affrettò a salire in macchina convinto che fosse stato un brutto scherzo che la sua mente gli aveva giocato a causa della fame.

***

All'interno della macchina sopraggiunse il silenzio. Non un silenzio imbarazzante come se si potesse tagliare l'aria con un coltello, era un silenzio rilassante e Dean stava canticchiando spensieratamente.
"Stai canticchiando i Metallica?."
"Mi calma.² Ehi, se vuoi ho delle cassette nello scomparto sotto al cruscotto. Scegline una abbiamo da stare in macchina una decina di minuti."

Castiel aprì lo scomparto e all'interno vi trovò una quantità abbastanza notevole di cassette di vari gruppi rock. Ne pescò una senza guardare e la introdusse nel lettore. Dopo qualche istante la musica si disperse per tutto l'abitacolo.

"Guns N' Roses, Paradise City. Cas, non ti facevo amante di questo genere di musica."

"È il mio gruppo preferito. Perché? Che genere di musica pensavi che ascoltassi?"

"Non lo so. Beethoven? Bach? Roba classica da perfettini. Scusa, so che non dovrei giudicare un libro dalla copertina. Sei molto diverso da come mi aspettavo."

"Non capisco..." Castiel inclinò per l'ennesima volta la testa e a quel gesto per l'ennesima volta, Dean sorrise.
"...Come pensavi che fossi?"

"Sei semplicemente fantastico." Rispose l'altro tornando a fissare la strada rendendosi conto solo dopo del significato non voluto che poteva avere quell'affermazione.

Comunque sia, Cas non ci fece caso e iniziò a cantare a squarciagola sorprendendo completamente Dean che immediatamente si aggiunse al canto. A volte stonavano e subito dopo scoppiavano a ridere entrambi e non importava.
A Castiel non importava perché per la prima volta da quando conosceva Dean, lo vedeva felice.
Anche se lo conosceva da molto poco sapeva che non era cosi allegro da molto date tutte le bastonate che la vita gli aveva riservato fino a quel momento. Sperava veramente di entrare nel cuore del Winchester e di cambiarlo in meglio, renderlo felice, essergli amico.
In quel momento a Castiel sembrava di volare: lui e Dean in macchina che andavano agli 80 km/h e il volume al massimo sulle note di Paradise City.

***

N/A: ¹Citazione della 5×03 (Free to be you and me)

²Citazione della 1×04 (Phantom Traveler)

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Capitolo 6
*** Come As You Are ***


Tutti odiano quella sensazione che ti attorciglia le budella ad un certo punto della giornata, quando si avverte la fame.
Non la fame da "voglia di cibo", quel tipo di fame che ti viene quando è dalla sera prima che non mangi e a colazione hai solo bevuto un misero caffè allungato perché eri troppo in ansia per gli avvenimenti che sarebbero dovuti succedere in giornata.
Era proprio così che Dean si sentiva in quel momento. Da quando lui e Castiel avevano smesso di cantare in macchina come se non ci fosse un domani, il suo stomaco aveva iniziato a fare un rumore allucinante. Poco importava perché erano appena giunti a destinazione: l'Harvelle's Roadhouse.
Scesero entrambi dall'auto, non prima che Castiel si accorse dei boati che provenivano dallo stomaco dell'amico.
"Immagino tu non veda l'ora di fiondarti li dentro e addentare uno di quei tuoi famosi hamburger."

"Io ho sempre fame, Cas. E non scherzavo quando ho detto che qui fanno i migliori hamburger di tutto il pianeta."

Quando entrarono furono subito accolti da un profumo incredibile.
Se fosse stato possibile lo stomaco di Dean si sarebbe messo a piangere.
Si accomodarono ad un tavolino quadrato, fatto appositamente per due persone e subito furono raggiunti da una ragazza bionda e minuta che non poteva avere più di 22 anni: Jo Harevelle, la figlia della proprietaria, nonché prima ragazza di Dean.
"Ma guarda chi si rivede, Winchester! Era da un po' di tempo che non venivi qui a deliziarmi con la tua presenza. Immagino di esserti mancata." Sorrise la ragazza con espressione sorniona.

Castiel si sentì un po' in imbarazzo immaginando che la biondina fosse una delle tante conquiste dell'amico, anche se proprio quello stava cercando di evitare lo sguardo della ragazza e provava a chiedere un minimo d'aiuto da parte del moro per evitarla.
"Ehm, si. Jo, lui è Cas, un mio carissimo amico." Forse era solo una sua piccolissima impressione, ma a Castiel parve che Dean avesse sottolineato appositamente l'aggettivo "carissimo".

Jo, d'altra parte, posò gli occhi sull'uomo in trench seduto davanti al soggetto che le interessava veramente e lo squadrò da capo a piedi con aria indifferente.
Gli fece un cenno con il capo a mò di saluto e subito dopo si rigirò verso Dean rindossando un semplice sorrisetto di cortesia.
"Allora, cosa vi porto?"

"Il solito, lo sai benissimo Jo, grazie."

La ragazza appena scritta l'ordinazione si rivolse a Castiel senza alzare lo sguardo dal blocknotes.
"Sono sicuro che qualsiasi cosa abbia preso Dean vada bene anche a me, grazie."

La bionda si allontanò immediatamente dal tavolo diretta in cucina e solo allora il professore poté riprendere a respirare.
"Ehm...Simpatica, la tua amica. Si vede che le piaci ancora. Stavate insieme, non è vero?"

Dean strabuzzò gli occhi. "Si vede così tanto?"

"Sono un ottimo osservatore, Dean. Sembrava conoscerti davvero bene e quando ha capito che non eri venuto qui per lei si è innervosita e penso che nella sua testa mi volesse vedere morto per averle sottratto l'occasione per passare del tempo con te."

"Si, beh mio zio ed Ellen, la madre di Jo, sono come una famiglia e di conseguenza io e Sam le conosciamo da tutta la vita. Jo è come una sorella per me. Anche se in effetti è stata la mia prima ragazza, ma è successo moltissimo tempo fa, e poi, nonostante abbia l'età di mio fratello, sembra ancora una ragazzina."

Castiel puntò le sue enormi pozze blu negli occhi dell'altro e cercò di parlare con voce seria e roca, anche se dentro di se voleva solo scoppiare a ridere.
"O forse, sei tu che sembri troppo vecchio, Dean."

"Vecchio io? Ma ti senti quando parli, Cas?" Indicò se stesso con entrambe le mani "Questo... È 26 anni di puro fascino e 'sexaggine'. Sentiamo professor Novak: Quanti anni ha lei? Sono sicuro che quando lei giungerà alla mia veneranda età non sarà uno splend-"

"30" Rispose Castiel senza dare il tempo a Dean di concludere la frase.
Al che, quest'ultimo rimase basito e lo guardò con la bocca semi aperta e con la frase mai detta ancora attorcigliata alla lingua.
"Dopotutto, come posso avere meno dell'età che ho se sono laureato e già insegno?"

"Hai ragione prof, questo ragionamento non fa una piega, ma wow...Non l'avrei mai detto! Insomma, tu sei...Cosi...Sembri così giovane."
Dean si mise a ridere imbarazzato.

Castiel notò perfettamente come le guance dell'amico si stessero arrossando appena e le sue lentiggini risaltassero di più sul suo viso.
"Mr. Winchester: sbaglio o sta cercando di fare un apprezzamento inappropriato alla mia persona?
Modestamente, so per certo di essere un figo da capo a piedi, ma non serve che lei me lo faccia notare."

Dean sapeva esattamente che quella frase era stata detta per scherzare, con ironia, ma nella sua mente non poté fare a meno di concordare con le parole dette.
Non lo voleva ammettere a se stesso, anche se si era reso conto fin da subito che Castiel era veramente un bellissimo uomo.
Cercava di ripetersi che la cosa era prettamente oggettiva. Insomma, tutti sanno riconoscere che un uomo con gli occhi color oceano, i capelli corvini e un fisico statuario che si intravede dalla camicia che porta sotto al trench sia effettivamente un bell'uomo, indipendentemente dalle preferenze personali.

Non ci fu modo di tornare sull'argomento dato che una signora dai capelli castani si avvicinò al tavolo portando su un vassoio le loro ordinazioni.
"Dean, tesoro! Mi sembrava strano che tu non fossi passato da queste parti per una settimana di fila. Poi ho visto Jo che entrava in cucina abbastanza turbata e mi son detta: Caspita, qui è passato Winchester con il suo ennesimo due di picche."

Tutte questo imbarazzo misto a disagio in una sola mattina, Dean non l'aveva mai provato. Era fortunato ad avere ancora fame. Impossibile il contrario comunque:
Dean-stomaco-senza-fondo-Winchester aveva sempre fame, tranne in rari, anzi, rarissimi casi s'intende. Proprio come lo era stato quella mattina.
"Scusa Ellen, per Jo. Io le voglio bene, davvero, ma non voglio darle false speranze e ogni volta mi ritrovo a rifiutarla."

"Tranquillo zuccherino. L'avevo avvertita io, che con te non c'era più speranza. Almeno ora hai una bellissima scusa per rifiutarla." Disse la donna alludendo a Castiel.
"Hai cambiato sponda, Winchester?" Ellen posò subito lo sguardo su Castiel che ancora una volta se ne stava li, in silenzio, cercando di non essere notato per non creare ulteriore disagio, mentre aveva appena iniziato a sorseggiare la sua birra.
Dean, d'altra parte, aveva già iniziato a divorare ferocemente il suo hamburger dato che il suo stomaco stava chiedendo pietà da ore.
Però, dopo le parole di Ellen, gli andò quasi un boccone di traverso, ancora incredulo per ciò che aveva sentito.

Dannazione! Perché tutti pensavano così? Rise imbarazzato.
"Ma dai, Ellen. Non è il mio ragazzo. Lui è Cas, un mio amico."

Castiel, divertito per l'imbarazzo dell'amico, sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi e strinse la mano ad Ellen.
"Molto piacere, Signora Hervelle. Dean mi ha parlato molto bene di questo posto e di lei, naturalmente. Non vedo l'ora di assaggiare questo hamburger dall'aspetto molto invitante."

"Wow, Dean Winchester che ha un amico... Questa mi è nuova.
Tesoro! Chiamami Ellen, il piacere è tutto mio e ti ringrazio. Ogni volta che quel testone del tuo amico viene qua da solo ha sempre il muso lungo. Mi fa molto piacere che tu gli sappia strappare un sorriso ogni tanto. Sai, nessuno ormai ci riesce più da tanto tempo.
Devo scappare, buon pranzo."

Entrambi si guardarono, tutti e due con le guance arrossate. Fortunatamente, dopo qualche secondo, Castiel per smorzare l'imbarazzo, iniziò a prendere in giro Dean per aver quasi finito tutto l'hamburger, perché "Mangi come un porco" testuali parole del professore.
Allora entrambi scoppiarono a ridere e mentre finivano il loro pasto parlarono del più e del meno.
Successivamente, pagarono il conto e risalirono in macchina, destinazione casa Novak.

Anche nel viaggio di ritorno, come all'andata, diedero via al karaoke sulle note delle canzoni degli AC/DC o dei Metallica o di altri gruppi rock le cui cassette passavano nelle mani di Castiel.
"Mi dispiace, rassegnati Sammy. Chi guida sceglie la musica e il saputello chiude la bocca."¹ Diceva sempre così Dean al fratello da quando all'età di 16 anni iniziò a guidare Baby e ad ascoltare a tutto volume le cassette, un tempo appartenute a suo padre, che aveva trovato sotto al cruscotto.
Anche se dopo uno sguardo da occhioni da cucciolo di Castiel, il Winchester si vide costretto a cedergli la scelta della musica. Cosa che non gli dispiacque affatto, dato che avevano praticamente gli stessi gusti musicali.

Quando Dean parcheggiò l'Impala davanti alla casa, o meglio, alla lussuosa dimora di Castiel, quasi non poté credere ai suoi occhi. Il suo amico era veramente ricco sfondato!
La casa era a tre piani e aveva un giardino recintato da una staccionata bianca.
L'erba sembrava essere stata tagliata tutta uguale, come se fosse stata misurata con il righello e alla destra del vialetto piastrellato che conduceva all'entrata, c'era una fontana ornata da angeli che sostenevano un piatto abbastanza grande che a sua volta spruzzava acqua verso l'alto.
La facciata della casa, invece, aveva parecchie finestre e prima della porta d'ingresso c'era un enorme portico in legno con una di quelle strane panchine piene di cuscini attaccate al soffitto che si dondolano.
Dean era scettico a credere che in quella casa ci vivessero solo Castiel e suo fratello Gabriel. Insomma, era talmente grande da poter ospitare almeno una decina di persone.
In realtà fino a qualche mese prima ci viveva solo Gabriel perché Castiel per un po' di anni aveva vissuto a Topeka per lavoro e solo recentemente aveva esplicitamente chiesto ai suoi superiori di essere trasferito alla Lawrence High School per una ragione che non aveva menzionato a Dean durante il pranzo.
Infatti, finché parlava di questo trasferimento sembrava esserci stata una strana ombra nei suoi occhi, come se il blu oceano si fosse trasformato in un blu stile maglietta sbiadita per i troppi lavaggi.
Certamente il Winchester era curioso di sapere ma non volle intervenire inappropriatamente sugli affari personali dell'amico.

Castiel scese dalla macchina con il trench sottobraccio perché in macchina, con tutto quel cantare a squarciagola, aveva iniziato a fare veramente caldo e si era pure allentato la cravatta, si era aperto i primi bottoni della camicia e aveva arrotolato le maniche sopra al gomito e Dean lo osservò per tutto il tempo come se lo stesse contemplando.
Ma ovviamente non era assolutamente così. Stava solo aspettando il momento adatto per salutarlo.
"Vuoi entrare? Ti offro una birra."

Dean voleva davvero entrare e passare altro tempo con Castiel. Purtroppo non poteva, il dovere chiamava, anche se solo il pensiero di rinfilarsi sotto una macchina in quel momento gli faceva solo che detestare l'idea di separarsi dall'amico.
"Mi dispiace Cas, vorrei davvero ma devo tornare al lavoro, anzi la mia pausa pranzo sarebbe già dovuta finire 10 minuti fa. Cazzo! Bobby mi ammazzerà.
Però ci conto. La prossima volta oltre alla birra pretendo anche un tour guidato della casa. Te l'ho già detto che è stupenda?"

"Grazie...Credo. Ci vivo da quando ero bambino quindi il merito per tutto questo eccessivo sfarzo non è di certo mio. Ad ogni modo te la farò vedere quando ci incontreremo di nuovo.
Sono stato bene oggi, Dean."

L'altro sorrise e abbassò la testa imbarazzato. Successivamente girò la chiave e mise in moto il motore.
"Anche io Cas. Ci vediamo e chiamami tu."
Dopo un ultimo cenno di saluto l'Impala sfrecciò a tutta velocità verso l'altra parte di Lawrence.

***

Alle cinque del pomeriggio Dean rientrò in casa desideroso di una doccia bollente.
Sam si trovava in salotto, seduto sul divano e stava guardando in televisione quella che sembrava una serie TV poliziesca. Il fratello minore, quando si accorse della presenza di Dean, la spense.

"Ehi, Dean."

"Ciao Sammy."

Sam, mosso dalla curiosità, non poté fare a meno di chiedere dell'uscita a pranzo al fratello maggiore.
"Allora: Come è andata?"

Dean fece il finto tonto.
"Com'è andata cosa, esattamente?"

"Il pranzo con Castiel, idiota!"

"Ah, si. Siamo andati da Ellen."

"E?"

"E niente! È stato un normalissimo pranzo. Che ti devo dire? Vuoi sapere com'era vestito? Vuoi sapere cosa ha ordinato?"

Mentre il fratello aveva raggiunto il frigo e preso una bottiglia di birra, Sam notò il suo nervosismo e si chiese se fosse successo qualcosa per averlo turbato cosi tanto.
Era improbabile che avessero litigato perché lo conosceva bene. Quando Dean era arrabbiato non rispondeva neanche alle domande che gli si ponevano, teneva sempre lo sguardo fisso nel vuoto e di certo non si sarebbe messo seduto sul divano tranquillamente a sorseggiare birra.
Era solo preoccupato.

"Sto solo dicendo che...sono tuo fratello, Dean. Se hai bisogno di parlare di qualsiasi cosa con qualcuno, quel qualcuno è seduto accanto a te."²

"Okay."

Ed ecco che Dean ebbe un'altra di quelle sensazioni, come se avesse già udito quelle parole, esattamente come quella mattina. Se questi déjà-vu fossero continuati, pensò che non sarebbe restato sano di mente ancora per molto.

Ritornò con la mente sulla situazione e guardò il fratello. Stettero in silenzio per qualche istante, poi Dean si mise a ridere di punto in bianco e mentre cercava di spiegarsi Sam lo guardava stranito.

"La domanda più inquietante, comunque, è perché ci credono gay."

"Tu fai un po' troppo il macho. Penseranno che esageri apposta."³

Dean vide suo fratello indossare quella faccia da puttanella che sfoggiava ogni volta che voleva insinuare qualcosa. Cazzo. adesso si mette a sfottermi.

Ed ecco che Sam si mise a ridere ma non spiccò parola, molto probabilmente perché il fratello maggiore era fin troppo imbarazzato, non c'era motivo per aggiungere altra carne al fuoco.
Dall'altra parte Dean stava iniziando seriamente a mettere in dubbio i suoi pensieri con tutte quelle frecciatine e tutte quelle strane sensazioni mai provate. Per quel momento non diede peso alla cosa, fatto sta che era comunque consapevole del fatto che prima o poi avrebbe dovuto affrontare quella situazione.

***

Dean aprì l'acqua della doccia, lasciando che si riscaldasse e nel mentre pensò alla giornata appena trascorsa.
Era molto stanco dopo tutto il lavoro in officina e stava vagando con i pensieri finché non gli tornò in mente la scena di quello stesso pomeriggio, come se la stesse rivivendo un'altra volta: Cas che scendeva dalla sua macchina con la cravatta allentata, la camicia sbottonata e le maniche arrotolate fino ai gomiti.
Di tutta quella vicenda il dettaglio che ricordava meglio erano i muscoli del petto e delle braccia che si flettevano sotto la camicia bianca, che non era abbastanza trasparente per intravedere tutto con chiarezza, ma quel poco che serviva per non lasciare spazio all'immaginazione.

Intanto l'acqua calda aveva iniziato a scorrere veloce sul suo corpo e chiudendo gli occhi per un attimo, Dean continuò a visualizzare involontariamente tutti quei piccoli istanti vissuti di quella giornata che riguardavano il suo amico: Cas che di tanto in tanto si passava una mano fra i capelli corvini mentre erano in macchina, Cas che lo fissava con i suoi enormi e magnetici occhi blu e la testa inclinata, Cas che si portava appresso quel ridicolo trench che lo faceva assomigliare al tenente Colombo, Cas che assaporava il suo hamburger lentamente, morso dopo morso e quei piccoli gemiti di piacere che uscivano dalla sua bocca ad ogni boccone. Cas che scendeva dalla macchina, Cas che gli sorrideva salutandolo, Cas che si incamminava verso la porta di casa e solo allora che Dean si rese consapevole di aver notato molto bene i pantaloni eleganti e neri che fasciavano perfettamente il fondoschiena di Cas.

Nella doccia iniziò ad esserci veramente troppo caldo, sia a causa dell'acqua ormai diventata bollente, sia a causa della scarica di adrenalina che fece venire i brividi al Winchester e l'enorme e pulsante erezione in mezzo alle gambe.
"Ma che cazzo...? Porca puttana!"
Girò subito la maniglia dell'acqua sul freddo in modo da risolvere velocemente il problema. Non aveva per niente voglia di toccarsi pensando a Castiel perché lo spaventava a morte.
Non sapeva minimamente cosa fosse quella sensazione che provava alla bocca dello stomaco quando pensava a lui. Aveva paura di provare sentimenti diversi dall'amicizia. E dannazione! Lo spaventava soprattutto il fatto che lo conoscesse solamente da un giorno e a nessuno nella sua vita aveva dato così tanta confidenza in così poco tempo.

Comunque, per quanto provasse a non pensare a quelle sensazioni, negative o positive che siano, Dean non riusciva ad allontanare dalla sua mente il ricordo di quegli occhi blu, che ogni volta che si posavano su di lui, lo trascinavano nel profondo dell'oceano.

***

N/A: Capitolo più lungo del solito e pieno di cose interessanti e finalmente, da adesso in poi ci sarà uno sviluppo che pian piano avvicinerà sempre di più i due protagonisti.

¹Citazione della 1×01 (Pilot)

²Citazione della 10×17 (Paint it Black)

³Citazione della 2×11 (Playthings)

Ps: La descrizione della fontana con gli angeli non mi convince per nulla ma volevo assolutamente ficcare 'sta maledetta fontana da qualche parte. E da qualche parte dove se non nel giardino di casa Novak?


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Capitolo 7
*** You Give Love A Bad Name ***


Era da ormai un mese che Dean e Castiel si erano conosciuti.
Avevano preso l'abitudine di trovarsi ogni venerdì per il pranzo, (sempre e rigorosamente alla Roadhouse) e ogni tanto anche alla domenica pomeriggio, che preferivano passare in casa Novak, seduti sul divano con una birra in mano o alla pasticceria di Gabriel facendo da cavie, assaggiando le nuove ricette di torte da proporre alla clientela.
Era decisamente il paradiso per Dean, che adorava mangiare in generale e non tirar fuori nemmeno un dollaro per pagare.

Quella domenica pomeriggio, Dean aveva invitato Cas a casa loro e prima del suo arrivo, Sam, che stava studiando per i suoi corsi universitari online come ogni giorno, osservava il fratello fare avanti e indietro per l'intera abitazione mentre spolverava i mobili, passava l'aspirapolvere e metteva in ordine tutte le cianfrusaglie lasciate in giro, ossia le bottiglie di birra vuote, che solo lui era solito a dimenticarsi di buttare nella spazzatura.
"Non sapevo che avessimo la regina Elisabetta come ospite."

Dean non si fermò dal suo da farsi.
"Abbiamo un ospite e sarebbe scortese farlo camminare sulla polvere, che ne pensi?"

"Si, ma Dean, non so se te ne sei accorto: ieri, mentre tu oziavi in garage, io e Bobby abbiamo pulito questa casa da cima a fondo. Come d'altronde facciamo ogni sabato le pulizie di casa, ricordi?"

"Ehi, frena un secondo. Ieri ho passato due ore intere a lucidare Baby, non dire che stavo oziando!"

"Come se non l'avessi fatto due giorni prima."

Dean fissò dritto negli occhi suo fratello, che nel mentre si era alzato dalla sedia e lo stava sovrastando in tutta la sua altezza. Non ebbe nemmeno il tempo di spiccare parola, che il campanello suonò e sul viso del maggiore dei fratelli comparve un sorriso di vittoria e subito si precipitò ad aprire la porta.
Immediatamente due seri occhi blu e un naso arrossato per il vento autunnale si palesarono nella sua visuale e per un istante ci si perse dentro.
"Ciao Dean."

"Ehi, Cas! Accomodati pure."

Castiel si chiuse la porta dietro le spalle, si tolse il suo inseparabile trench e lo appese sull'attaccapanni affianco alla porta.
Era vestito diversamente dal solito. Indossava una felpa nera che si adattava perfettamente alla forma del suo torace e dei semplici jeans.
Si passò una mano tra i capelli facendo prendere loro una piega diversa, più sbarazzina.
Tutto questo sotto lo sguardo attento e curioso di Dean, che neanche per un secondo gli aveva tolto gli occhi di dosso.
Quando Castiel si girò verso il Winchester, questo sorrise e si diressero insieme verso la cucina.

Sam era ancora li e quando i due entrarono chiuse immediatamente il computer e andò verso il nuovo arrivato.
"Castiel! È da un po' che non ci vediamo, mi fa piacere che tu sia venuto."

"Anche per me è un piacere rivederti Sam."

Dean aveva già iniziato ad andare verso il frigo prima che Sam lo stroncò sul nascere.
"Immagino che fuori stia iniziando a fare freddo... Preparo l'acqua per il tè così mio fratello la smette di bere birra scadente almeno per una volta."
Il diretto interessato chiuse il frigo e rinunciò a rispondere a Sam.
"Ad ogni modo: Cas, oggi, abbiamo spostato la domenica pomeriggio a casa Singer/Winchester perché ho ritrovato questo!" annunciò entusiasta, tirando fuori da dietro la schiena la custodia di un DVD abbastanza datato.
"Tombstone... Te lo ricordi Sammy? L'ho trovato ieri in uno scatolone in garage. L'avremmo visto una decina di volte!"

"Tu l'hai visto una decina di volte, io mi sono stufato alla seconda. Dio! Speravo te lo fossi dimenticato."

Per evitare che quel bisticcio tra fratelli si trasformasse in qualcosa di più, Castiel si intromise nella conversazione.
"Si, me ne avevi parlato Dean. Pistole e tubercolosi."¹ Lanciò un'occhiata divertita all'amico. "Sembra divertente."

Sam si arrese sbuffando. "Almeno non ti farà annoiare con quella pagliacciata del Dr. Sexy."
Dean lanciò un'occhiata di sbieco al fratello, inorridito dalle cose che le sue orecchie avevano appena udito.
"Sam Winchester, non osare mai più a dire una cazzata di questo tipo. Hai idea di quanto sia fenomenale quello show televisivo?!"
"Dean, tu ne sei ossessionato!"
Poi si rivolse a Castiel, che li guardava impressionato per quanto fosse stata veloce la loro ripresa nel discutere. "Castiel, devi sapere che mio fratello ha un fetish per i cowboy e per i dottori in camice..." Sogghignò all'espressione di disappunto del maggiore. "Vado su a studiare. Buon divertimento ragazzi."


***

Entrambi raggiunsero il salotto e si sedettero sul divano con le tazze fumanti di tè in mano.
Durante il film ci furono scambi di battute e opinioni, risate e soprattutto sguardi intensi da parte del Winchester che dopo un mese di conoscenza non riusciva ancora a spiegarsi il rapporto che aveva effettivamente con l'amico e allo stesso tempo, cercava di opprimere tutte quelle nuove sensazioni a lui sconosciute.
Dopo due ore abbondanti di film, sullo schermo apparvero i titoli di coda, anche se i due non ci fecero per niente caso dato che entrambi stavano dormendo spalla a spalla, appoggiati l'uno all'altro.
Fu così che li trovò Sam quando entrò in salotto che intenerito dalla scena, spense la tv e li coprì con una coperta di lana abbastanza vissuta che si trovava sulla poltrona accanto al divano, raccolse le tazze vuote e proprio in quel momento delle chiavi girarono nella serratura e quando la porta si aprì, entrò Bobby con un espressione abbastanza seccata, ma appena si rese conto di chi stava dormendo sul divano, si intenerì e successivamente salutò Sam appena sbucato dalla porta della cucina.
"Quei due sono proprio degli idioti."
Sam gli fece un cenno di assenso sorridendo.

Era giunta la sera quando Castiel si svegliò con un tremendo mal di schiena. A quanto pare gli anni stavano iniziando a farsi sentire.
Sbatté un paio di volte gli occhi, giusto per ricordarsi dove e con chi fosse, ed ecco che vide la causa del suo malessere fisico che lo schiacciava con tutto il suo peso. O almeno solo la spalla destra dato che Dean si era accasciato solamente su quella. Sospirò rumorosamente, era davvero adorabile con quei capelli biondo scuro così disordinati per l'assenza di gel e la bocca leggermente aperta spiaccicata sulla sua spalla.
Castiel non si era nemmeno accorto che l'amico aveva iniziato a muoversi e di conseguenza a svegliarsi. Ed ecco che Dean aprì i suoi magnetici occhi verdi e appena resosi conto della posizione scomoda in cui si trovava, si tirò su a sedere.
"Ben svegliato!"
L'altro guardò di sfuggita l'orologio appeso alla parete del salotto.
"Buona sera a te Cas. Non è stata un'idea geniale addormentarsi su questo scomodo divano pieno di spifferi... Cazzo. Ho male ovunque!"
"Dovrei dirlo io dato che il mio corpo è stato schiacciato da un quantitativo di peso abbastanza importante."
"Ma sentilo! Io peso come una piuma! Ma se vuoi... la prossima volta ci spostiamo al piano di sopra."
Dean non sapeva nemmeno da dove erano uscite quelle parole. Si pentì immediatamente di quello che aveva detto, malgrado non lo diede a vedere, mascherando il suo imbarazzo con la sua epica faccia da poker.


D'altra parte Castiel si sentì un po' preso in causa, anche se per lui era evidente che quella battuta era stata fatta ironicamente.
Non aveva ancora detto a Dean del suo orientamento sessuale. Certo, il pensiero di dirglielo più di una volta gli era passato per la mente, ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Non perché avesse paura che l'amico non approvasse, Dean stesso gli aveva rivelato di avere un'amica lesbica, Charlie, ma aveva il timore di invaghirsi di lui più di quanto non lo fosse già. Ormai, però, il dado era tratto e il biondo, ancora seduto di fianco a lui, si stava sicuramente chiedendo del perché stesse fissando il vuoto ad occhi sbarrati.
"Cas, posso sentire le rotelle nella tua testa che fanno girare l'intero ingranaggio. Avanti, sputa il rospo."

Ecco, appunto. Perchè negare tutto proprio ora quando era evidente che stava nascondendo qualcosa?
"Dean... C'è una cosa che devo dirti."

Quest'ultimo lo guardò preoccupato e con una velata curiosità. Non disse niente perché data la difficoltà con cui Castiel cercava di riprendere a parlare aveva supposto che fosse un argomento delicato e il suo amico meritava tempo e spazio per qualsiasi cosa volesse dirgli.
"Noi ci conosciamo da più di un mese ormai e... Faccio anche io fatica a rendermi conto che non sono mai stato così vicino ad una persona che come a te in questo momento. Insomma, so quasi tutto sulla tua vita e mi sembra giusto che tu sappia questa cosa."

"Ehi, ehi, Cas. Lo sai che puoi dirmi qualsiasi cosa, giuro che non ti giudicherò. Quindi adesso prendi un bel respiro e butta fuori tutto."

Castiel fece come a lui era stato suggerito: incamerò tutta l'aria che poteva nei polmoni e la buttò fuori tutta in un colpo.
"Sono gay."
Silenzio. Dieci lunghissimi e interminabili secondi di silenzio dove nessuno dei due proferì parola e dove il moro si fece mille paranoie.
"Ah. Solo questo?"

"S-Solo...ques-"

"E io che pensavo mi stessi dicendo di aver ucciso qualcuno."
Non gli diede neanche il tempo di spiccare parola, che Dean si fiondò tra le sue braccia e lo strinse in un abbraccio da spezza costole.

"Scusa se non te l'ho detto prima e il motivo è che, non solo non sapevo come dirtelo, ma anche che non è andata bene la prima volta che l'ho detto a qualcuno."

"La tua famiglia?"

"No, no. Loro lo sanno e hanno preso bene la cosa, compreso mio padre, anche se è un uomo molto radicato nella religione. Addirittura, Gabe e Balthazar mi hanno portato in un gay bar, la sera in cui ho fatto coming out, per "festeggiare" e io non sono assolutamente il tipo per queste cose, è stato traumatico. Comunque, ricordi che ti avevo accennato alla mia più recente rottura con una donna che si chiamava Meg? Ecco-"

"Meg? Per caso intendi Meg Masters?"

"Come fai a sapere chi sia?"

"Quando ero al primo anno alla Lawrence High School mi ricordo che tutti parlavano di questa ragazza dell'ultimo anno, Meg appunto, che trattava tutti come zerbini ed era riuscita a conquistare il ragazzo più dolce e carino della scuola. Clarence, mi pareva che si chiamasse. In ogni caso sono sempre stato distante dai tipi come lei, mi cacciavo nei guai già di mio."

"Clarence ero io. O almeno era così che lei mi chiamava."

Dean notò che lo disse con una velata espressione di tristezza mista a rabbia. Cosa era successo di cosi tanto brutto? Trattandosi della Meg che conosceva in apparenza poteva trattarsi di qualsiasi cosa.
"Che cosa è successo Cas? Capisco se non me ne vuoi parlare, sappi che io ti starò sempre vicino."

"No Dean, devo liberarmi di questo peso. Ne ho già parlato con la mia famiglia e sono anche andato dallo psicologo per un po' di tempo, ma voglio che lo sappia anche tu."
Gli mise la mano destra sulla spalla sinistra e per il Winchester fu come aver ricevuto una scossa. Per un istante tutto si fermò, non sentivano nemmeno l'orologio ticchettare. Si guardarono negli occhi per un lungo istante, dopodiché il tempo intorno a loro sembrò ripartire, ma Castiel ancora per un altro attimo, non tolse la mano dalla spalla di Dean.

"Quando andavamo a scuola, il quarto anno conobbi Meg. All'inizio era una di quelle ragazze tenebrose e scontrose con tutti. Mi rendevo conto di come trattava la gente perché io stesso, più di una volta presi le parti degli studenti indifesi che venivano presi di mira da lei, soprattutto quelli del primo anno. Poi, non lo so, il giorno prima ci odiavamo e il giorno dopo eravamo a pomiciare nello sgabuzzino delle scope.
Da lì iniziammo a vederci e nel profondo speravo di averla cambiata. Anche se persi tutti i miei amici dell'epoca perché Meg mi vietò assolutamente di averci a che fare. Non mi capacito ancora adesso del perché le abbia dato retta.
Lei comunque è stata il mio primo tutto e la nostra relazione è durata parecchi anni.
Ma a lungo andare mi resi conto che più che una fidanzata per me era solo un'amica.
Iniziai ad allontanarmi con la scusa dell'università e all'inizio credevo di aver perso interesse solo per lei, ma d'altra parte non mi erano mai interessate le ragazze, anzi, prima di lei non le guardavo proprio.
Insomma, dopo averla tradita con un paio di ragazzi, mi resi conto di non provare alcuna attrazione verso il genere femminile e prima di dirlo a qualsiasi altra persona voletti dirlo a Meg, convinto che lei avrebbe capito e che saremmo rimasti comunque buoni amici.
Quando glielo dissi eravamo nel suo appartamento. Non fu affatto comprensiva, anzi, impazzì completamente. Un secondo prima mi ricordo che era seduta affianco a me sul divano, tutta sorridente e quello dopo si era alzata in piedi e mi aveva scagliato il posacenere posto sul tavolino del salotto in testa.
In quel momento mi prese il panico e anche quando lei raggiunse la cucina e si avvicinò a me con un coltello in mano io non mossi un muscolo. Ero paralizzato con la tempia che grondava sangue.
Nei suoi occhi vedevo un odio e una pazzia mai visti prima e solo dopo avermi impiantato quel coltello nella coscia rinsavì e riuscì a trovare la forza per fuggire e chiamare la polizia e nel giro di dieci minuti ero già in ambulanza diretto verso l'ospedale.
I miei fratelli mi dissero che Meg fu arresta e messa sotto osservazione da degli specialisti perché a quanto pare, ancora a quel tempo soffriva di alcuni disturbi che non saprei neanche nominarti.
Tutt'oggi non ho più sue notizie e sinceramente non ne voglio averne.
Dopo essere stato dimesso e dopo un mese intero sotto osservazione di uno psicologo decisi di riprendere a studiare. Lo feci lontano da casa, a Topeka, dovevo staccarmi da questa città per un po'. E quando all' inizio dell'estate di quest'anno mi offrirono la cattedra della Lawrence High School accettai subito, sapevo che se avessi dovuto riprendere in mano la mia vita dovevo annientare i miei demoni perché sentivo di meritare di essere felice dopo tutta la merda che avevo passato."

Dean che per tutto il discorso era rimasto in silenzio, pendendo dalle labbra di Castiel, mise una mano sulla schiena di quest'ultimo per confortarlo e quasi gli occhi gli diventarono lucidi.
"Cas, io...Non so cosa dire se non che sei stato tremendamente forte ad affrontare tutto questo e non avrei mai immaginato che dentro di te ci fosse stata tanta sofferenza perché tu, dietro a quella smorfia apatica, scusami, sorridi sempre ed è da quando ci siamo conosciuti che mi hai insegnato ad amare la vita."
Per un attimo i suoi occhi si posarono sulle labbra del moro, sorridenti e leggermente screpolate. Poi si perse di nuovo nell'oceano blu che erano i suoi occhi.
"Non cambiare mai."²
Ancora una volta gli sembrò che le parole appena uscite dalla sua bocca non fossero affatto nuove, ma ormai ci era abituato. Nell'ultimo mese la sua vita gli era sembrata un film già visto e perciò si era ormai abituato, tanto che l'amico non si accorse nemmeno del suo turbamento.

Castiel sorrise e tutta l'ansia e le strane sensazioni scivolarono via.
"Quindi per un anno intero siamo stati nella stessa scuola senza incontrarci nemmeno una volta!"

"Magari ci siamo già incontrati prima, solo che non lo ricordiamo, o semplicemente è stato il destino a farci incontrare su quelle due panchine scassate al parco."
Diede un altro sguardo all'orologio.
"Ma guarda un po', si è fatta l'ora di cena... Ti andrebbe di rimanere?"

"Mi farebbe molto piacere, Dean."

"Benissimo, SAMMY! Vieni a preparare la cena, abbiamo un ospite quindi niente vegetariano stasera!"

***

Sabato, ore: 02.54 am

Si sentirono dei passi provenire dal piano di sopra e subito dopo gli stessi passi scesero le scale.
"Ecco dov'era! Hai preso tu la mia vestaglia!"

Due paia di occhi si riversarono sulla persona appena entrata in cucina.
"Mi piace, è così morbida! Me ne comprerò una uguale." Disse prima di ricevere un bacio sulla tempia.

"Come mai siete svegli a quest'ora?"

"Il ragazzino è rientrato solo mezz'ora fa credendo che non me ne accorgessi. Molto discreto rompere il vaso di Fergus."

"Ehi! Guardate che sono qui!"

Il nuovo arrivato sgranò gli occhi in preda al panico.
"Il vaso egiziano costosissimo che ci ha regalato Crowley?!"

Il ragazzo si strinse nelle spalle temendo il genitore arrabbiato.

"Eddai, non l'ha fatto apposta. E poi l'ho sempre odiato perché stona con l'arredamento ed è sempre in mezzo ai piedi. Era inevitabile che qualcuno ci finisse addosso prima o poi."

"Crowley mi ucciderà se lo verrà a sapere."

L'altro alzò le spalle con noncuranza.
"Gli stavo raccontando di quella storia." Indicò il ragazzo.
"Ti unisci?"

"Volentieri." Sorrise. È rimasta della tisana alla liquirizia?"

***


N/A: ¹Citazione della 13×06 (Tombstone)

²Citazione della 5×04 (The end)



***

Oilà gente!
Volevo esprimere la mia contentezza del fatto che questa fanfiction effettivamente viene letta da qualcuno, quindi un grande GRAZIE a tutti voi.
E' la mia prima storia, lo so e probabilmente fino ad adesso ci saranno un infinità di errori e imperfezioni da correggere e più vado avanti a scrivere, più spero di migliorare.
Mi ricordo ancora l'ormai lontano 2020, quando ho buttato giù il prologo di questa storia (era tutto sgrammaticato e pieno di incongruenze) e pochi mesi fa mi son detta: "Facciamo un tentativo", così ho sistemato e revisionato tutti i 12 capitoli che ho scritto fino ad adesso (credetemi, erano uno scatafascio di parole e frasi buttate la con poco senso) ed ora eccomi qui.
Ci sto mettendo molto a pubblicare perché oltre le vacanze estive e la stesura degli altri capitoli che non avevo ancora iniziato a scrivere, ci tengo che ogni capitolo sia scritto e corretto al meglio, per quanto mi è possibile ovviamente.

Piccola curiosità: All'inizio doveva essere esclusivamente la classica fanfiction AU con qualche citazione della serie messa lì, per sdrammatizzare. Poi mi è venuto un lampo di genio e ora quelle citazioni non sono più molto di contorno, cosa che si vedrà molto di più nei prossimi capitoli, ma già adesso si può notare qualche stranezza.

Alla prossimaaa! Bea

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Capitolo 8
*** Shoot To Thrill ***


Uno squillo. Due squilli. "Dean!"

"Charlie, finalmente! È da un po' che non ci sentiamo."

"Si lo so, colpa mia, il lavoro mi sta uccidendo e sto seriamente pensando di licenziarmi."

"Cosa?! Non dovrebbe essere un lusso lavorare alla Roman Enterprises?"

Si sentì uno sbuffo rassegnato dall'altro capo del telefono. "Certo, come no. Vallo a dire al mio capo che è stronzo come il suo nome."

Dean rise. Richard, (Dick), Roman era conosciuto sia per aver fondato la Roman Enterprises, sia per la tirannia da lui esercitata da quando aveva assunto il controllo di molti settori dell'industria. Charlie era finita proprio nell'occhio del ciclone, reclutata dallo stesso Roman come tecnico informatico, perché un'abilissima hacker dai capelli rossi era impossibile da non volerla a lavorare per la propria impresa. Perché farsi scappare l'occasione d'oro di avere la possibilità di spodestare la concorrenza?
"Ad ogni modo: quand'è che sarai abbastanza disoccupata da degnarmi della tua magnifica presenza? Ho un'idea: io, te, il divano e una maratona di serie tv, tutte quelle che vuoi."

"Sai che ti dico? Il weekend prossimo sono tutta tua! Non vedo l'ora di rivedere quel brontolone di tuo zio e Sam, scommetto che è cresciuto di un metro in altezza dall'ultima volta che l'ho visto."

Dean si rallegrò sapendo che a breve avrebbe rivisto la sua migliore amica e voleva assolutamente presentarla a Cas. Scommetteva che quei due si sarebbero trovati benissimo insieme.

"Posso farti una domanda, Dean? Come mai mi hai proposto di fare una maratona di serie tv, se tu in primis non le sopporti? Certo, a parte il Dr. Sexy per il quale so che nel profondo nutri una cotta segreta. Ma seriamente... C'è qualcosa che mi vuoi dire? Non dirmi che questa volta ti sei innamorato sul serio!" disse la rossa per scherzo. Sin dai tempi della scuola il suo migliore amico non si era mai preso nemmeno una cotta, figurarsi l'essere stato innamorato!
Dean, intanto aveva iniziato a camminare avanti e indietro per tutta la stanza, tanto che se avesse continuato, a breve si sarebbe potuto creare un solco nel pavimento.
"Innamorato io? Macché! Passiamo solo un weekend tra amici. Mi manchi Charlie...Ah, e poi Cas non accetterebbe mai di fare un pigiama party a base di porcherie zuccherate e cuscinate in faccia".

"Cas? Chi è Cas? La tua nuova fiamma? È carina? Scommetto che è una bella mora con due tett-"

"No no no! Castiel è un amico e non ha le tette!"

"Ma senti un po'! Dean Winchester che si fa un amico oltre alla lesbica nerd? Lo voglio conoscere assolutamente. Deve essere davvero speciale per essere riuscito ad avere la tua confidenza e a scalfire quella corazza che avvolge il tuo tenero e piccolo cuoricino fragile."

Il Winchester alzò gli occhi al cielo mentre Charlie rideva a perdi fiato.
"E non indovinerai mai, lo conosci già, almeno di vista sicuramente."
Così Dean raccontò all'amica che nel periodo in cui erano al primo anno del liceo lo conoscevano tutti come Clarence perché Meg, l'ormai ex fidanzata psicopatica, lo chiamava così. Non le raccontò il resto della storia, non poteva certo andare a dire del passato dell'amico a chi gli pareva. Cas si era confidato con lui e ci teneva a rispettarlo.
Dopo essersi messo d'accordo con Charlie per andare a prenderla all'aeroporto e dopo aver attaccato il telefono, ricevette un messaggio da Cas, nel quale diceva che quel giorno, come ogni giovedì, non sarebbe potuto andare alla Roadhouse per via di una "pallosa riunione di istituto", però voleva assolutamente fargli vedere una cosa dopo il turno di lavoro del Winchester. Così si diedero appuntamento alla pasticceria di Gabe dopo le 17.00.

***

Dean entrò al Slice of Paradise. Subito il campanellino stanziato sopra la porta d'entrata tintinnò al suo arrivo e la figura dietro la cassa, ancora con la testa chinata su chissà quale pezzo di carta, si ridestò da ciò che stava facendo e sfoderò un ampissimo sorriso pensando che fosse entrato un cliente qualunque. Quel sorriso a puro scopo di cortesia si spense, appena si accorse che il fatidico cliente era quel sempliciotto di Dean Winchester e di conseguenza si passò una mano tra i corti capelli nocciola e inclinò la testa di lato. A quanto pare era un vizio di famiglia.
"Ah, sei tu Winchester. Sei venuto qui a fare merenda gratis? Come tutte le altre volte?"

"Ciao anche a te Balthazar. Sono qui per vedere tuo cugino."

"Gabe è andato a fare rifornimenti. Gestisco io la baracca oggi." Disse sfoderando un sorriso pienamente orgoglioso.

"Io in realtà intendevo l'altro tuo cugino, Cas."

"Oh, giusto... Chi se non lui? Voi fate comunella. Sta' tranquillo Dean-o, il tuo prof preferito arriverà a breve."

Dopo alcuni minuti, Dean si era seduto ad un tavolo ad attendere l'arrivo di Cas mentre osservava Balthazar e Anna, l'altra cugina dei fratelli Novak a cui non aveva mai rivolto la parola, fare avanti e indietro tra la cassa e la cucina per servire la grande affluenza dei clienti che si era presentata, o forse era solamente l'assenza di Gabriel a dare l'impressione di affanno tra i due pasticcieri.
Dean si chiese perché Cas, che era sempre quello puntuale tra i due, proprio quel giorno si stesse facendo attendere così tanto; d'altronde erano quasi giunte le 17.30 e si era stancato di continuare a controllare l'orario sul cellulare solo perché non aveva di meglio da fare.
Non si rese nemmeno conto che l'improvvisa affluenza di clienti era cessata e che Anna gli si era avvicinata slegandosi i lunghi capelli rossi tinti che prima di quel momento teneva legati in una coda alta.
"Tu devi essere Dean, ho sentito parlare di te così tanto! Vedo che sei bello come tutti dicono." Disse mentre si passò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Cazzo, ci mancava questa. Levati dalle palle finta rossa! Si ritrovò a pensare quest'ultimo con sua grande sorpresa. Quando mai aveva pensato di rifiutare un'avance da una bella ragazza? Forse era proprio la ragazza in questione il problema. Punto primo: a lui non piacevano le ragazze con i capelli tinti, gli ispiravano falsità; punto secondo: sarebbe stato a dir poco strano provarci con una dello stesso sangue, quindi anche assomiglianza fisica, del suo migliore amico. Anche se quando la osservò meglio, poté notare che non assomigliava per niente a Cas.
Punto terzo: non aveva assolutamente voglia di provarci con qualcuno, punto e basta. Voleva solo andarsene di li e passare il resto della giornata tranquillamente ad osservare quei penetranti occhi blu che aveva in testa da tutto il giorno.
Ma di quest'ultimo pensiero non se ne rese conto, era ancora fin troppo inconsapevole, quindi ci fermeremo a giornata tranquilla.
"E tu devi essere Anna." Sorrise cortesemente, parlando con tono noncurante.

Questa, notando che l'attenzione del suo interlocutore non era rivolta a lei ma era rivolta alla porta d'ingresso, si spostò proprio davanti al viso di Dean in modo che lui potesse guardarla volente o nolente.
"Ti posso offrire qualcosa Dean? Io ora ho intenzione di fare una pausa. Potrei farti compagnia."

Anna aveva un viso ovale e gli occhi e la bocca, piccoli entrambi, la facevano sembrare una ragazzina. Aveva il suo fascino, doveva ammetterlo, ma dietro il suo sorrisino gentile e timido si poteva scorgere una nota di celata perfidia con una punta di malizia.
Questi erano proprio quei momenti in cui il sesto senso di Dean, la diffidenza verso tutto e tutti, ritornava utile per svignarsela da situazioni indesiderate come quella.
"Mi piacerebbe molto, ma purtroppo sto aspettando Cas, sembrava avere una certa fretta."

"Beh, io non vedo Castiel. Tu lo vedi? Ti chiedo solo dieci minuti del tuo tempo e poi potrai andare a divertirti insieme al tuo sciocco professore."

A quelle parole Dean digrignò i denti e chiuse le mani a pugno. Si domandava dove Anna avesse trovato il coraggio di screditare un membro della propria famiglia.
Per lui la famiglia era tutto e non ci avrebbe pensato due volte a sfondare il culo a chi avrebbe osato a dire anche solo una parola sbagliata di troppo.
Ormai considerava anche Cas uno di famiglia e sarebbe stato disposto a mettersi contro anche alla sua stessa cugina.
Non ebbe però tempo di spiccare parola che sentì il campanello sopra la porta tintinnare.
Si alzò subito dimenticandosi completamente di Anna.
"Cas! Amico, finalmente sei arrivato!" urlò sorridendo. Non appena fu più vicino all'amico la sua espressione si fece più seria e sussurrò a denti stretti. "Non osare mai più a lasciarmi solo in presenza di quella lì!" Accennò con lo sguardo ad Anna, che appena alzatasi dalla sedia, si stava dirigendo verso la cucina con aria contrariata.
"Scusa, Dean. La riunione è durata più del previsto e... Vedo che hai conosciuto mia cugina."

"Si, in effetti. Non voglio fare lo sfascia famiglie, ma penso che tu non le stia molto simpatico. Anzi, con il rifiuto che le ho appena fatto penso di averti fatto detestare ancora di più."

"Non ti preoccupare, io e lei non siamo mai andati d'accordo, cerca sempre un modo per infastidirmi."
Poi Castiel sorrise, un sorriso così bello accompagnato dai suoi soprannaturali occhi blu e dalle piccole rughette intorno ad essi.
"Dean Winchester che rifiuta una donna? Non l'avevo mai sentita questa!"

"Ah ah, spiritoso. Non farti troppe illusioni Cas. La curiosità per il motivo per cui mi hai chiamato mi stava corrodendo lo stomaco, andiamo."

"Prendiamo la tua macchina?"

"Certo che si! Ormai la mia baby si è affezionata a te."

***

Parcheggiata l'impala nel vialetto d'entrata di casa Novak, Castiel condusse Dean davanti al portone del garage, estrasse dalla tasca del trench un mazzo di chiavi, tra cui vi era anche un piccolo telecomando e usò quest'ultimo per aprire il grande portone bianco in tinta con la casa.
Dean poté notare che l'interno del garage era molto più spazioso dell'apparenza esterna, ma non c'era da stupirsene data la grandezza del resto della casa.
All'interno c'era un grande banco da lavoro lungo tutta la parete, ben fornito con tutti gli attrezzi necessari per ogni tipo impiego manuale, una grande cosa, probabilmente un'auto, coperta da un telo bianco e una porche, una dannatissima porche 911 grigio perla.
Dean era rimasto a bocca aperta.
"Quella è..."

"Dei miei fratelli. In realtà è anche mia ma io non la guido mai, anzi, guido raramente qualsiasi tipo ti macchina, preferisco di gran lunga stare sul sedile del passeggero. È un regalo di nostro padre."

"Beh, wow, i miei complimenti."

"In realtà non ti ho fatto venire qui per questo. Alza quel telo" disse Castiel indicando l'auto coperta.

Quando Dean fece come gli era stato detto, quello che vide lo meravigliò completamente.
Cadillac Deville del 1970, nera. Se prima Dean guardando la porche era rimasto a bocca aperta, ora aveva gli occhi a cuoricino. Guardò l'amico che sorrideva al suo stupore.
"Quella è di mio padre. A Natale tornerà qui per le vacanze e ci piacerebbe fargliela vedere tutta intera, anche se tecnicamente è da anni che non la usa. Ieri Gabe ha provato ad accenderla ma non ha funzionato e data la tua passione per le auto d'epoca ci siamo domandati se avessi piacere di metterla a posto e fare manutenzione. Ovviamente ti pagheremo e tutt-"
Castiel non ebbe tempo di finire la frase che Dean gli saltò addosso stringendolo in un abbraccio veloce per staccarsi subito dopo con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
"Cas, ho sempre voluto mettere le mani su una di queste bellezze e si sa: le auto d'epoca non sono per nulla frequenti da queste parti. La posso riparare anche gratis!"

"Ma Dean, non è assolutamente necessario! E' un lavoro come un altro ed è giusto che ti paghi." Lo disse con aria seria anche se era completamente divertito dall'amico che non smetteva più di sorridere e di muoversi freneticamente sul posto. Non osava immaginare il suo cuore come potesse star per esplodere dall'euforia in quel momento.
Dean era talmente su di giri che per due millesimi di secondo spense del tutto il cervello tanto da fare una cosa che mai si sarebbe sognato di fare se fosse stato più in sé. Si avvicinò di nuovo a Castiel, superando lo spazio personale consentito da una normale interazione sociale e gli schioccò un rumoroso bacio sulla guancia.
Dopodiché silenzio. Mentre Dean si rendeva conto dell'immensa cazzata che aveva appena fatto, il cuore di entrambi batteva ad un ritmo sopraelevato.
Castiel, che stava ancora guardando l'amico ad occhi spalancati, si schiarì la gola.
"Ti va qualcosa da bere?"

"Ho bisogno di qualcosa di forte" rispose l'altro.

Insieme uscirono dal garage dopo aver ricoperto la macchina e si diressero dentro casa. Dopo il primo sorso di whiskey riiniziarono a parlare come prima, come se non fosse successo niente, anche se effettivamente era una cosa inutile di cui preoccuparsi; Dean non capiva perché continuasse a ritornare con la mente in quel momento, quando le sue labbra sfiorarono la guancia velata di barba di Castiel. Era stato un istinto, in quella frazione di secondo aveva pensato fosse una cosa assolutamente ordinaria, oppure, avrebbe voluto che lo fosse stato.
Dall'altra parte Castiel sentiva di aver infranto la promessa che si era fatto a se stesso: non vedere Dean come qualcosa di più di un amico.
Non riusciva a capire come un gesto così insignificante potesse averlo spodestato totalmente dalle sue intenzioni.
Era fottuto: Dean Winchester gli piaceva, anzi, se ne stava innamorando giorno dopo giorno, un poco per volta e non ci poteva fare niente.
Sapeva che Dean non avrebbe mai provato lo stesso. Aveva notato lo sguardo spaventato nei suoi occhi appena cessato il momento d'euforia.
Aveva innescato una miccia, le sue emozioni avevano preso il sopravvento e aveva il presentimento che non si sarebbero placate molto presto.

***


Quando Gabriel rientrò a casa erano le dieci di sera passate e con sua grande sorpresa suo fratello non era seduto al tavolo in cucina a correggere compiti, né stava sul divano a guardare una delle tante serie TV che gli piacevano su Netflix.
Però si accorse, non appena accese le luci del soggiorno, che Castiel effettivamente era sul divano, ma con lui c'era anche Dean appoggiato con la testa sulla sua spalla e dormivano entrambi.
Sul tavolino difronte al divano c'erano due bicchieri vuoti e una bottiglia di whiskey quasi del tutto svuotata, era rimasto a malapena un goccio al suo interno.
Gabriel si avvicinò al tavolino, afferrò la bottiglia e ingoiò il liquido rimasto. Era talmente poco che non lo sentì nemmeno scivolare giù per la gola.
"Che ingrati" sussurrò stizzito.
Ma non appena diede un ultimo sguardo ai due addormentati sogghignò soddisfatto, spense le luci e si recò al piano superiore.

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Capitolo 9
*** Runaway ***


Il weekend con Charlie era passato in un batter d'occhio tra maratone di Dr. Sexy e Harry Potter, quest'ultima in cui Dean si era addormentato a metà film e solo Charlie e Sam erano rimasti svegli fino al mattino davanti alla TV.
Dean aveva anche fatto conoscere l'amica a Castiel.
Subito Charlie l'aveva abbracciato di slancio.
"Ti credevo più basso!"¹ aveva detto.
E poi c'era stato quel momento, dopo l'incontro con Castiel, in cui Dean si era confidato con la rossa.
Le aveva detto di quel giorno nel garage e delle strane sensazioni che continuava a provare.

"È tutto così strano! Ogni volta che mi ritrovo in sua presenza sento come se dovessi scegliere accuratamente ogni parola che dico per impressionarlo mi si stringe la bocca dello stomaco. E ho così tanta voglia di toccarlo o anche solo di sfiorarlo; voglio ascoltare ogni parola che esce dalla sua bocca anche se quando parla di teologia non ci capisco niente. Anzi, è proprio questo il punto: più non capisco una parola di quello che dice, più mi viene voglia di ascoltarlo e imprimermi la sua voce nella mente.
Quello che sto dicendo è da psicopatici, vero?".

"Assolutamente no amico. Lasciatelo dire: ti sei preso una bella cotta per lui!" aveva detto Charlie con un sorriso di chi avrebbe scommesso oro per l'assoluta certezza.
Dean si era lasciato cadere sul divano con una smorfia disperata. Non aveva detto nulla. Si era solo messo le mani in faccia, coprendosi gli occhi.
Per la prima volta in vita sua non era più sicuro delle sue certezze. E l'amica aveva ragione, si era anche stufato di negare l'evidenza.

"Odio dirlo ma hai ragione...Non so neanche il perché, il come, il quando. Si può avere una crisi di sessualità alla mia età?"

"Ma certo! Non c'è un'età per queste cose! Non possiamo scegliere chi essere."

"Ma allora cosa sono? Sono sicuro al cento per cento che mi piacciano ancora le donne...Mi piace Cas. Oh cazzo, è così strano dirlo ad alta voce!" aveva detto guardando il pavimento con le guance che si stavano imporporando.
Charlie, che fino a quel momento era stata in piedi, si era seduta al suo fianco e gli aveva accarezzato la schiena con una mano guardandolo apprensivamente.

"Dean, tu sei un essere umano, non ti servono etichette se non le vuoi o se sei a disagio ad identificartici. Ora cosa farai con Castiel?"

"Non lo so... Ho bisogno di tempo e cazzo, non so neanche per cosa! Per pensare? Direi di no, ho capito di avere le idee chiare ora. Aspettare del tempo prima di rivedere Cas? No, sarebbe tempo sprecato a crogiolarsi di più nella straziante attesa che mi venga un'idea brillante in mente per fuggire a tutto questo. Non farò niente, come sempre... Magari prima o poi mi passa."

Quando Charlie aveva sentito quelle parole, per poco non le fumavano le orecchie dalla rabbia.
"Sei proprio una testa di cazzo, lasciatelo dire! Farò i miei più sinceri auguri a Castiel in caso dovesse ricambiare i tuoi sentimenti, principessa permalosa che non sei altro!"
E quando i fratelli Winchester accompagnarono l'amica all'aeroporto domenica sera, questa sussurrò all'orecchio di Dean che non doveva fuggire, tanto meno se era una cosa per cui valeva la pena combattere.
E il venerdì pomeriggio successivo, proprio quest'ultimo era nel garage di casa Novak, indaffarato a sistemare la Cadillac, mentre Castiel stava in piedi appoggiato alla parete. Gli parlava dell'argomento di cui avrebbe parlato a lezione la settimana successiva e anche se come al solito Dean non afferrava abbastanza concetti per capire tutto alla perfezione, ascoltare le sue parole era meglio di ascoltare le canzoni di qualsiasi gruppo musicale che conosceva.
"Sai, nelle lingue più antiche "El" significa Dio o "divinità" se vogliamo parlare in generale. Ecco perché tutti, o quasi, i nomi degli angeli finiscono in el e ognuno ha un proprio significato. Ad esempio Lucifero, prima di cadere, era l'angelo più bello del paradiso. Dopo la sua caduta nei testi antichi iniziarono a chiamarlo in molti altri modi, tra cui anche Samael, ovvero, "castigo di Dio", da cui poi ne deriva il nome Samuel. E come puoi ben notare nella mia famiglia abbiamo tutti nomi di angeli a partire dai miei fratelli: Gabriel significa "forza di Dio", Michael "chi è come Dio", Anna deriva da Anael "grazia di Dio" e-"

"Castiel" disse Dean mentre appoggiava sul banco da lavoro la chiave inglese e si appoggiò alla macchina a braccia incrociate. Era sudato, molto sudato, nonostante fosse fine ottobre era in canottiera e del grasso gli era finito sulle braccia e in viso. Se ne accorse perché Castiel, zittito dal suo richiamo, aveva iniziato a fissarlo da capo a piedi con profonde occhiate blu, tanto che il Winchester si sentì nudo di fronte al suo sguardo.
"Dimmi" Castiel si schiarì la gola.

"No, dico: anche Castiel finisce in el... Che significa?"

"Il mio nome deriva dall'angelo Cassiel e significa "velocità di Dio."
In realtà la sua storia è molto triste e quando l'ho scoperta ho capito perché i miei genitori mi hanno chiamato in questo modo."
Dean raccolse dal pavimento uno straccio già sporco e ci si pulì comunque le mani sopra.
"Racconta."

"Cassiel è l'angelo delle lacrime e della solitudine. Ed è proprio nella sua solitudine che provò a diventare amico di un demone e quando questo lo tradì, gli altri angeli mandarono Cassiel sulla Terra per punirlo.
E lì, si innamorò follemente di un umano che venne soprannominato come "L'Uomo Giusto."²
Quando sono nato mia madre stava già male ed era da un po' di tempo che nella mia famiglia c'era solo dolore.
L'angelo delle lacrime appunto."
Il silenzio piombò all'interno del garage. Dean si avvicinò all'amico guardandolo dritto negli occhi. Entrambi sostennero il proprio sguardo senza emettere un fiato, con i visi ad una ventina di centimetri di distanza l'uno dall'altro.
Gli occhi di Dean caddero più di un paio di volte sulle labbra di Castiel e il cuore del primo batteva più forte di un tamburo e sembrava stesse per schizzare fuori dalla gabbia toracica. Ringraziò il fatto che Castiel non fosse riuscito a sentirlo.
"Cas" disse soltanto mandando giù il groppo che aveva in gola colto da un'improvvisa secchezza.
"Dean" disse l'altro avvicinandosi leggermente di più.
In apparenza Castiel sembrava calmo, non dava il minimo segno di agitazione, anche se nella sua mente, in realtà, stava impazzendo per la situazione; mentre Dean non si era certo preoccupato di nascondere la sua agitazione continuando a muoversi sul posto e leccarsi le labbra, improvvisamente anche quelle troppo secche, e ci mancava solo poco che Castiel notasse le goccioline di sudore che si stavano formando sulle sue tempie.
Castiel fece per avvicinarsi di qualche centimetro in più, sicuro di quello che stava per fare ma immediatamente sentì un forte spostamento d'aria ed ecco che Dean era letteralmente volato due metri più indietro da dove si trovava.
Castiel lo guardò stordito, con una chiara espressione di delusione sul volto.
"I-Io... Devo andare a casa. Si, sicuramente la cena si starà raffreddando e Sam diventa una iena quando è pronto in tavola e mancano tutti, anche se lui assomiglia più ad un alce... Comunque l'auto. Con l'auto ho finito per oggi e s-sicuramente c'è tanto lavoro da fare ancora eh! Ah ah.
Allora... ci vediamo Cas."
Castiel lo fissò con la sua solita espressione smarrita per tutto il tempo in cui Dean si mise a farneticare a voce alta e non disse una parola.
Si schiarì appena la gola quando l'amico si infilò il giaccone sopra la canottiera sudata, senza ricordarsi la camicia a quadri rossi e neri che era stata abbandonata sul pavimento ad inizio manutenzioni.
Guardò Dean varcare a passi incerti il portone del garage, diretto verso l'impala balbettando a voce bassa parole sconnesse che Castiel non era in grado di udire.
Non si accorse nemmeno che Gabriel, incuriosito dall'intera faccenda, si era appostato sullo stipite del portone del garage e lo stava guardando con gli occhi socchiusi sorridendo beffardamente.
Dean, ancora ignaro della terza presenza, si girò verso Castiel e mormorò un flebile "Ti voglio bene Cas" Per poi fiondarsi dentro l'auto e partendo a tutta velocità fuori dall'abitazione.
Castiel era ancora lì, immobile, mentre guardava il punto in cui l'impala era sfrecciata sulla strada, con le guance appena imporporate.

"Mmh, ti voglio bene Cas? Ah ah! Fratello, non avevo mai visto questo lato così dolcioso e balbettante di Winchester. È stato esilarante, sublime-"

"Gabe, smettila."

"Oh, suvvia Cassie, sta' tranquillo, sono sicuro che tra non molto smetterà di essere uno scimmione arrogante e cadrà tra le tue braccia. Deve solo rendersi consapevole del fatto che sei sexy da morire e che non potrà fare a meno di te. È troppo scemo per capire quello che vuole veramente, dagli tempo. E poi, non è nemmeno bravo con le scuse: non starai pensando veramente che a casa sua cenino alle cinque e mezza del pomeriggio?"

"No, non lo credo." Disse Castiel decidendosi a spostare lo sguardo dalla strada e a tornare dentro casa.

***


Dal piano di sopra, Sam sentì sbattere la porta d'ingresso con una tale violenza che avrebbe creduto ad un imminente tromba d'aria se solo ci fosse stato un minimo cenno di vento fuori.
L'alternativa era Dean incazzato con il mondo e questa, sicuramente, era un'opzione molto più ovvia della tromba d'aria.
"SAM!"

Il suddetto si mise le mani nei capelli dall'esasperazione, domandandosi che problemi avesse suo fratello e soprattutto domandandosi anche, perché ogni volta che Dean aveva un problema toccava sempre a lui risolverlo o per lo meno essere coinvolto.
"SAM, VIENI QUI SUBITO!"

Questo quindi, sbuffò rumorosamente, chiuse il computer e si diresse al piano di sotto pronto a farsi carico delle lamentele del fratello. A volte pensava di essere lui quello maggiore.
"Dean, che cosa-"

"Sammy, ho fatto una cazzata colossale!"

"Oh, non l'avevo capito" disse ironicamente, incrociando le braccia mentre Dean appendeva il giaccone sull'appendiabiti.
"Perché sei mezzo nudo e sudato?"

"Mmh il padre di Cas" Mentre Dean parlava si continuava ad agitare sul posto.
Sam spalancò gli occhi allibito. Suo fratello pareva non avere la minima idea di cosa stesse dicendo e probabilmente i pochi neuroni con cui riusciva a connettere il cervello il più delle volte erano schizzati fuori in quel momento.
"Il padre di Castiel?" rispose quindi Sam.

"Si, cioè no! Intendevo l'auto del padre di Cas. La sto riparando."

"E cosa c'entra con il tuo essere fuori di testa?"

"Penso che mi piaccia Cas, anzi, l'ho quasi baciato, però poi mi sono tirato indietro e me ne sono andato. Gli ho detto pure 'ti voglio bene Cas', che poi: perché l'ho detto? Non lo dico nemmeno a te che sei mio fratello, perché dovrei... Ahh! Non mi sono sentito più patetico di così in tutta la mia vita!"

"Oh, wow." Sam non parve sorpreso dal racconto di Dean, al che quest'ultimo si bloccò all'improvviso aspettandosi una reazione molto più shockata dal fratello.
"Oh, wow? Sul serio? Hai una vaga idea di quello che ti ho appena detto? Ti ho appena confessato che mi piace un uomo. Un uomo, maledizione! Io, che nei miei ventisei anni di pura eterosessualità non ho mai pensato che potesse succedere...Questo."

"Prima di tutto, siediti, altrimenti ti verrà un attacco isterico."
Come da suggerimento entrambi raggiunsero il salotto e si sedettero sul divano.
"Seconda cosa: ti conosco meglio di te stesso e penso di essermi accorto io prima di te che ti piace Cas. Andiamo, ogni volta che vi vedo insieme lo guardi come se volessi mangiarlo.
Per non parlare di quella tua strana venerazione per il Dr. Sexy: è imbarazzante!"

"Mi stai descrivendo come se fossi una ragazzina di dodici anni in preda agli ormoni."

Sam alzò gli occhi al cielo.
"Quello che voglio dire è che devi smetterla di fuggire da ciò che provi. Tu meriti di essere felice. Ora dovresti andare da lui e dirglielo. Sono più che sicuro che anche lui prova lo stesso, si vede."

"Okay. Ci andrò domani."

"Più rimanderai questa cosa, più difficile ti sarà portarla a termine."

"Si, sono d'accordo. Sto solo dicendo che è quasi ora di cena e quindi ci andrò domani."

"Sono a malapena le sei di sera e Bobby deve ancora rientrare, Dean!"

"Senti, non sono come te che ci metti soltanto mezz'ora per metabolizzare. Vado a farmi una doccia."
Dean si alzò dal divano e iniziò a salire le scale. A metà si fermò e si voltò verso il fratello che lo guardava ancora seduto.
"Ti voglio bene Sammy."

Sam sorrise e si passò una mano tra i capelli.
"Si, anche io Dean."

***


Verso l'ora di cena, Bobby era rincasato dall'officina e aveva raggiunto i due fratelli a tavola.
Dopo dei frettolosi saluti iniziò a palesarsi un'assordante silenzio in tutta la stanza, si potevano solo sentire il rumore delle posate sui piatti.
"Mi volete dire che diavolo sta succedendo?" Sbottò Bobby più preoccupato che arrabbiato.

Fu Sam a prendere parola per primo. Dean gli lanciò un'occhiata gelida perché sapeva cosa stesse per dire. Notò anche la solita espressione da puttanella (così Dean la chiamava) che suo fratello era solito indossare quando faceva qualcosa che al maggiore non era gradito.
"Dean ha capito che non è così etero come credeva."

Bobby posò la forchetta sul piatto quasi vuoto e guardò Dean con un'espressione di puro stupore.
"Ti sei finalmente dato una svegliata, brutto idiota! Penso che tu sia stato l'ultimo a scoprirlo." Bobby parlò con il suo solito tono burbero ma questa volta si poté intravedere una scintilla di orgoglio che traspirò dalla sua voce.

"Grazie tante ragazzi, davvero molto confortanti." Ribatté Dean.

"Suvvia, ragazzo! Piuttosto di lamentarti come fai sempre, faresti meglio a darti una mossa a dire al tuo amico dagli occhi blu che ti piace. Ovviamente prima che si faccia avanti uno più bello di te."

"Che cosa?! Ma cos'è oggi? La giornata 'facciamo sentire insicuro Dean Winchester?'" Sbottò il maggiore dei fratelli alzandosi dalla sedia mentre gli altri due ridevano di gusto.

***



N/A: ¹ Citazione della 10×18 (Book of the Damned)

² Ringrazio tutti i siti internet che mi hanno dato informazioni sulle storie e i significati dei nomi di questi cari angioletti ;)


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Capitolo 10
*** Livin' On A Prayer ***


Dean si svegliò di malumore. Aveva fatto un sogno assurdo quella notte.
Non lo ricordava precisamente nello specifico, gli tornavano in mente solo dei piccoli flash di lui rinchiuso in una specie di cassa e il rumore di vetri infranti seguito da un fischio agghiacciante.
Immaginò che fosse stata l'ansia per il giorno seguente.
Era sabato mattina e tutta la settimana l'aveva passata ad evitare Castiel, infatti, il giorno precedente aveva declinato il pranzo settimanale alla Roadhouse con l'amico inventandosi una frettolosa scusa.
Sam gli aveva continuato a dire che doveva smettere di rimandare l'inevitabile e che era ora di darsi una mossa.
La sera prima, subito dopo cena, aveva preso Dean da parte e con dei minacciosi rimproveri, l'aveva convinto ad andare a parlare con Castiel o l'avrebbe trascinato lui tirandolo per i capelli, sue testuali parole. E quando il fratello maggiore aveva alzato gli occhi al cielo, Sam aveva tirato in ballo l'impala, con la minaccia che avrebbe rotto il parabrezza con una mazza da golf.
Quindi, per il bene della sua amata auto, Dean decise di seguire le direttive del fratello minore, anche se dubitò seriamente che nel garage di Bobby ci potesse essere una mazza da golf, al massimo una mazza da baseball.

Si vestì in fretta e furia, giunse al piano di sotto e data la sua fame inesistente che lo perseguitava nei momenti d'ansia, bevette solo un caffè.
Mentre sorseggiava la sua bevanda parecchio annacquata, suo fratello scese le scale fischiettando, vestito apparentemente bene, ciò voleva dire senza le sue solite camicie di flanella, e salutò allegramente il maggiore che lo guardava stranito.
"Di solito il sabato non vai a correre e sicuramente non vestito in quel modo." Dean gli andò vicino e annusò l'aria attorno a lui.
"Ti sei rasato e ti sei messo il profumo. Devi uscire con qualcuno?"

"Si, esco con una persona che ho incontrato alla Roadhouse questa settimana, quando tu eri troppo occupato a restare in casa per evitare Castiel."

"Oh, stupendo! Sammy, non cercare di rigirare il discorso. Avanti, come si chiama?"

"Eileen."

Dean alzò le sopracciglia e sorrise ammiccando.
"Scommetto che è carina tanto quanto nerd come te. Aspetta... Non sarà un'altra eroinomane? È pulita vero?"

Sam indurì la mascella e sospirò esasperato "Dean!"

"Che c'è? Mi preoccupo per te, Sammy! Non vorrei mai che finisse come l'ultima volta, quando dovevo aprire gli occhi e preoccuparmi di te."

"Ne abbiamo già parlato mille volte. Sai benissimo che quello che è successo non è stato per colpa tua. È stato unicamente un mio errore e devi smetterla di occuparti di me. Sono un adulto e sono a posto con me stesso, il discorso è chiuso."
Dean addolcì lo sguardo e mise una mano sul braccio di Sam, per tranquillizzarlo.
"Sappiamo entrambi che non potrò mai smettere di occuparmi di te, fratellino."
L'altro annuì a testa bassa, consapevole del fatto che suo fratello si era preso cura di lui per tutta la vita e di certo non aveva intenzione di smettere in quel momento.
"Comunque... Oggi andrai da lui?"

"Si, ho riflettuto fin troppo, è ora di agire. Te lo giuro: non avrai nemmeno bisogno di spaccarmi il parabrezza, sono già pronto per salire in macchina e andare."

"Bene, sono fiero di te fratello. Solo...Avrei davvero bisogno della macchina per uscire. Tu potresti andare a piedi, non è molto lontano."
A quegli occhioni da cucciolo bastonato, Dean non aveva mai saputo resistere, di conseguenza si rassegnò come aveva sempre fatto.
"Cristo santo, ma dove devi portare questa ragazza a fare colazione? In un bar di lusso?"
Tra le risate Sam rispose: "No, sono io che mi sono offerto di andare a prenderla, abita in un paese poco lontano da Lawrence. Non mi sorprende il fatto che tu non capisca; tu non sai nemmeno cos'è la galanteria."
L'altro gli mise in mano le chiavi e lo guardò storto.
"Spero che almeno ne valga la pena; sparisci prima che cambi idea. Mi raccomando: tratta bene la mia Baby!"
E non riuscì a trattenere un sorriso quando osservò Sam che usciva tutto contento dalla porta d'ingresso.

***


In ogni caso Dean fu costretto ad incamminarsi. Probabilmente avrebbe dovuto camminare per mezz'ora o giù di li e il freddo pungente di fine ottobre gli penetrava nelle ossa ad ogni passo che faceva, soprattutto se lui in quel momento indossava solo una giacca in jeans.
Comunque, ci fu un lato positivo in tutto questo: il tempo che passò mettendo un piede davanti all'altro gli permise di riflettere e di pensare ad un discorso da fare a Castiel, o meglio, una dichiarazione, ma andava in panico al solo pensiero di chiamarla così nella sua testa.
Era arrivato a metà strada e più di un paio di volte aveva pensato di tornare indietro. Ovviamente non lo fece per la sua auto, ovviamente non c'erano altre ragioni.
In quel momento stava attraversando il parco, questa volta vuoto, in cui incontrò Castiel per la prima volta. Mille ricordi di quel giorno riaffiorano nella sua mente. Sembrava passata un'eternità invece era solo passato un mese e mezzo e rimase lì, in piedi a fissare le due panchine consumate dagli anni.
Non si accorse nemmeno delle due persone che si stavano avvicinando a lui, a passo spedito. Stavano apparentemente discutendo e una delle due gli finì addosso urtandolo.
"Ehi! Levati dal cazzo, stronzo!"

Dean non ebbe neanche tempo di ribattere che la persona si stava già allontanando da lui, quindi alzò gli occhi verso i due individui: erano due ragazzi che avranno avuto la sua stessa età o poco meno. Quello che gli era finito addosso aveva i capelli scuri e gli occhi azzurri come il ghiaccio, molto diversi da quelli blu oceano di Castiel.
L'altro invece, aveva una carnagione chiarissima, quasi bianca, dove spiccavano subito all'occhio le lentiggini che aveva su gran parte del viso. E aveva i capelli rossi, molto difficili da non notare.
"Mick! Maledizione, torna qui!" Disse quest'ultimo che rimase un po' più indietro rispetto all'altro. Si fermò al fianco di Dean con aria colpevole.
"Scusalo, non ce l'ha con te, è sempre così."
Dean spostò lo sguardo dal rosso al moro che nel frattempo si era appostato ad una ventina di metri da loro con le braccia incrociate.
"Simpatico il tuo amico. Digli di darsi una calmata."

"È mio marito in realtà."

"Ah! Ehm, scusa, io..."
Disse non senza una punta di imbarazzo per aver "insultato" il suo compagno. Quando abbassò lo sguardo si chiese come aveva fatto a non notare la grossa fede argentea che spiccava sull'anulare sinistro del ragazzo.
Questo rise sinceramente e fece segno al suo compagno di aspettare quando quello alzò le braccia con fare esasperato.
"'Fa niente, non ti preoccupare."
Dean non si rese nemmeno conto di quanto stesse intensamente fissando le panchine prima che i due ragazzi arrivassero.

"Ehi, amico tutto bene? Non mi voglio intromettere nei tuoi affari ma sembra che tu sia sconvolto."

"Si, si tutto...Bene, credo. Devo solo..." si schiarì la gola e si ricompose "...Va tutto alla grande." Rise amaramente.
Evidentemente l'altro non gli credette, data l'espressione poco convinta sul suo volto.
Nel frattempo il ragazzo con gli occhi color ghiaccio si avvicinò e guardò Dean con un sopracciglio alzato.
"Ascolta, amico: Qualsiasi cosa tu sia nascondendo, e non sono assolutamente cazzi nostri; arriverà quel momento in cui butterai tutto fuori e fidati: sarà una fottuta liberazione, ho una certa esperienza." Disse guardando il rosso sorridendo.

Poi, senza guardare Dean, si rivolse al compagno, prendendolo per mano e trascinandolo via.
"Muoviti Gallagher, non voglio stare qui a farmi ghiacciare il culo!"
L'altro si voltò un'ultima volta verso Dean facendogli un cenno di saluto e subito il moro lo fece girare verso di lui e lo tirò in un veloce ma intenso bacio.
Il Winchester quindi si girò, pensando di apparire inquietante se fosse rimasto li a fissarli, e continuò a camminare verso l'uscita del parco, questa volta molto più sicuro di sé, pensando che non si sarebbe più tirato indietro.

***


Quando arrivò a casa Novak sperò con tutto il cuore che Gabriel non fosse in casa, non voleva di certo subire frecciatine di ogni tipo.
Suonò il campanello cercando di rallentare il suo battito cardiaco, che pareva impazzito, con la forza del pensiero.


Quando fu davanti alla porta gli aprì Castiel con una nota di confusione in volto.
"Ciao, Dean."
Castiel sembrava riposato, a differenza di Dean che quella mattina si era svegliato con due profonde occhiaie. Era vestito con una tuta blu che fasciava perfettamente il suo corpo e aveva i capelli leggermente spettinati, tanto che a quella visione, Dean dovette distogliere lo sguardo per non far accelerare ancora di più il battito del suo cuore.
Si schiarì la gola "Hey Cas."

"Hai un aspetto terribile." Disse questo con una voce piacevolmente profonda.

Dean sbuffò "Mentire non ti uccide, sai?"

"No, non mi ucciderebbe, lo so, è che tu..."

"Lascia stare. Al contrario tu... Stai bene."¹

Castiel guardò in basso, non sapendo cosa dire.
"Ti apro il garage così puoi-"

"Non sono qui per la Cadillac."
Fece un profondo respiro e si decise ad entrare in casa.
Si chiuse la porta dietro le spalle e si tolse la giacca. Faceva decisamente troppo caldo lì dentro, così tanto che poteva sentire una goccia di sudore scorrergli lungo la nuca per poi sparire dentro la maglietta e corrergli lungo la schiena.
"Sono qui per la... La camicia! Si, l'avevo lasciata qui la scorsa settimana."
Castiel lo guardò riducendo gli occhi a due fessure. Sembrava deluso, quasi come se si aspettasse che dicesse altro. Insomma, aveva fatto tutta quella strada solo per una camicia? In effetti, Dean al posto dell'amico non ci avrebbe creduto.
"Te l'ho lavata. È al piano di sopra, te la vado a prendere."
Prima che potesse muoversi lo fermò. "Aspetta!"
Castiel spalancò gli occhi. Ora sembrava speranzoso e un po' agitato. Rimase fermo sul posto aspettando che Dean parlasse.
"Non sono venuto qui solo per la camicia, anzi mi sono ricordato che era qui solo due minuti fa. Sono venuto qui per te..."
Si guardò intorno, aveva le mani sudate e sentiva il suono del suo cuore rimbombargli nelle orecchie. "Gabriel non è in casa, vero?"

"Mh... no." Disse con tono incerto.

"Okay, allora... Cazzo, non so come iniziare."

"Dall'inizio?"

"Si, cioè no! Volevo dire... Dammi un secondo."
Castiel si avvicinò a lui, addolcendo gli occhi, tanto che anche le sopracciglia scure presero una piega più morbida. Era preoccupato.
"Ti senti bene?"
Dean ignorò la domanda e appoggiò una mano sul muro freddo e la tolse un attimo dopo per ricomporsi. "Sai, all'inizio sono venuto qui perché Sam aveva minacciato di rompermi il parabrezza dell'impala, quindi per tutta la strada che ho fatto a piedi ero tentato di tornare indietro e poi-"

"Sei arrivato fin qui a piedi?"

"Si, perché Sam doveva andare ad un appuntamento e voleva fare bella figura con la mia auto. Comunque, al parco dove ci siamo conosciuti mi sono letteralmente scontrato con due ragazzi, una coppia, e quello che aveva tatuato la scritta 'fottiti'² sulle nocche mi ha convinto a non tirarmi indietro."
Castiel pareva più confuso di prima, lo si poteva capire dalla sua tipica espressione con le sopracciglia aggrottate e la testa inclinata.
"Ti ha convinto prendendoti a pugni?"

"No, mi ha parlato! Poi ho visto lui e suo marito, che aveva i capelli rossi, allontanarsi e sembravano così felici. Quindi ho pensato a quella volta che mi hai detto che meritavo di essere felice ed eccomi qui."

"Non capisco: sei qui perché un tizio con la mano tatuata-"

"No, tutte e due le mani erano tatuate, una lettera per ogni nocca."

"Okay," disse Castiel ancora più confuso. "sei qui perché questi ragazzi ti hanno detto che meritavi di essere felice?"

"No, dannazione! Non ho detto questo!"

"Come faccio a capire quello che vuoi dirmi, se tu parli come se ti stesse per venire un attacco isterico?!"

"SONO QUI PERCHÉ TU MI PIACI!"
Le parole urlate da Dean si sentirono in tutta la casa, dopodiché silenzio. Ci mancava poco che Castiel spalancasse la bocca dallo stupore.
"I-io ti...Piaccio?"
Dean fece un passo avanti.
"È quello che ho detto."
Castiel sorrise. Dean non l'aveva mai visto così: gli occhi blu sembravano aver assunto una sfumatura più viva, più brillante e le guance avevano assunto un colore più roseo. Non rosso dall'imbarazzo, un colore più tenue che si distingueva a malapena dalla carnagione.
"Sei uno stupido, Dean Winchester" disse ridendo.
Dean non ci pensò due volte: spense completamente il cervello e annullò quei pochi metri di distanza che li tenevano separati. Prima gli prese il volto con le mani e poi abbassò lo sguardo sulle sue labbra, rosa e leggermente screpolate. Chiuse gli occhi e mormorò flebilmente:
"Fidati, lo so." E poi Dean lo baciò.
Immediatamente, Castiel fu sopraffatto dal profumo della sua pelle e dalla pressione delle mani di Dean, ancora sul suo volto. Doveva ammettere che se lo aspettava ma non avrebbe mai immaginato che fosse stato così improvviso ed intenso.
Non si avvicinava lontanamente all'esclusivo scontro tra labbra e lingua, era molto di più. Sentiva lo stomaco bruciare, altro che farfalle.
Non durò molto. Entrambi sorrisero l'uno sulle labbra dell'altro e furono costretti a separarsi per la mancanza d'aria a causa dell'agitazione.
Dean però non staccò le mani dal viso di Castiel, anzi, le spostò più in alto e si mise ad accarezzare i suoi capelli scuri e morbidi, mentre veniva sorretto dalle sue braccia che gli avevano circondato la vita durante il bacio. Probabilmente, se Castiel non l'avesse fatto, sarebbe caduto sul pavimento come se fosse stato fatto di gelatina.
"Allora... Ti piaccio anche io, Cas?"

"Mh, direi di no. Da cosa lo dedurresti?" Disse l'altro con un sorriso beffardo.

"Mi sa che ti ho influenzato troppo sul fare il sarcastico."
Prima che Castiel potesse rispondere, Dean gli stampò un altro bacio a fior di labbra. Poi un altro, e un altro ancora, finché, non si sa come abbiano fatto a spostarsi, finirono a pomiciare sul divano del salotto per quelle che sembrarono ore.
"Rimettetelo nei pantaloni, vi prego!"
Al suono di quella voce, entrambi si staccarono immediatamente, cercando di mettere più distanza possibile tra i loro corpi.
Un Gabriel dall'espressione malefica li stava guardando appoggiato alla ringhiera delle scale. Dean non provò neanche ad immaginare da quanto tempo era appostato lì senza che loro se ne accorgessero. "Avevi detto che non era in casa!" Disse rivolto verso Castiel.

"Si, beh, non pensavo che si fosse svegliato prima di mezzogiorno."

"Sai Cassie: è difficile continuare a dormire se il tuo ragazzo si mette ad urlare come una checca isterica nel bel mezzo della cucina."

"Io non urlo come una checca isterica!" Esclamò il diretto interessato ancora rosso in viso per l'imbarazzo.

"Suvvia Dean-o, tutti abbiamo i propri difetti. Quello di Cassie ad esempio è che non ha ancora capito che c'è momento e momento per scopare sul divano con le sue conquiste. Penso di averlo beccato almeno un paio di volte."

"Gabe! Non stavamo-"

"Scopando? Beh, non mi interessa. Qualsiasi cosa facciate, fatelo silenziosamente e non sul mio divano."

Castiel si rassegnò e si alzò dal divano lanciando un'occhiata di rimprovero al fratello.
"Dean aspettami in garage, vado a prendere la tua camicia."
Detto ciò scomparì al piano di sopra.
Dean fece come gli era stato detto, ma mentre stava per varcare la soglia della porta, Gabriel gli si avvicinò, e questa volta gli parlò in modo calmo, senza accenni di malizia.
"Sono contento che entrambi vi siate dati una svegliata, sul serio: era imbarazzante vedervi sbavare l'uno dietro l'altro senza fare nulla. Ma ti avviso Dean-o: se osi solo ferire i suoi sentimenti-"

"Si, lo so: mi ucciderai facendomi passare atroci sofferenze."

"No, ti sbagli: ti investirò con la mia Porche e poi ti lascerò morire sulla strada tra atroci sofferenze."

Dean si chiese cosa avesse fatto di male per essere stato minacciato più volte in un solo giorno e mentre stava ancora metabolizzando le parole che aveva appena udito, fu spinto definitivamente fuori casa.
"Ciao Ciao" gli disse Gabriel sbattendogli la porta in faccia.

***


Quando raggiunse Castiel in garage lo trovò accanto all'auto, ancora non sistemata del tutto, con in mano un malloppo a quadri rossi e neri ben piegato.
"Quindi..." fece Dean tirandosi su le maniche della maglietta.
Si guardò intorno e poi si avvicinò anche lui all'auto. Si fermò ad un palmo di distanza dal viso di Castiel.
"Quindi?" Sussurrò l'altro.

"Noi due... Stiamo uscendo insieme?"

"Non me l'hai mai chiesto."

Lui abbassò il viso sorridendo, per poi rialzarlo e inumidirsi le labbra secche con la lingua.
"Cas, vuoi essere il mio ragazzo?"

"Non dovevi chiedermi di uscire e basta?"
Le guance di Dean, che erano già arrossate, diventarono ancora più rosse, anzi, tutto il viso lo diventò. Si sentiva così vulnerabile quando era vicino a Castiel.
"Si beh, possiamo stare insieme e uscire contemporaneamente."
L'altro allungò una mano e gli accarezzò il viso con il pollice.
"Ma guardati: sembri un piccolo peperone."

"Oh, ma sta' zitto! Ti preferivo quando eri tutto frasi poetiche e monosillabi".

Castiel rise di gusto.
"Ma certo che lo voglio, Dean."

***


Sabato, ore: 03.15 am

"Smettetela! Vi prego, mi state facendo venire il diabete." Disse il ragazzo interrompendo il racconto.

"Senti un po' ragazzino, come pensi di essere nato?"

"Non c'entra niente quello! E vi prego: non voglio sapere di quei dettagli quando arriveranno, perché so che arriveranno. Ho avuto un'infanzia parecchio traumatica a causa vostra."

"Tu hai comunque avuto un'infanzia traumatica- AHIA! Ma che ti dice il cervello?" Disse massaggiandosi la nuca proprio dove la mano del terzo arrivato lo aveva colpito.

"Sei fortunato che io stia dormendo in piedi. Smettetela di discutere. Sai, a volte sei più infantile di quando lui faceva i capricci da bambino!" disse accennando al ragazzo.

L'altro alzò gli occhi al cielo, ma gli diede segretamente ragione.
Poi si raddrizzò sulla sedia e disse rivolto verso il ragazzo:
"Adesso arriva il bello della storia, preparati."

***


N/A: Il caso vuole che io stia facendo il rewatch di Shameless e quando mi è balenata l'idea di inserire i gallavich all'interno di questo capitolo mi sono sentita realizzata. Non ho la minima idea di cosa potrebbero fare in Kansas quei due ma volevo solo inserire nella storia un cameo della mia seconda ship preferita.
Ovviamente il titolo del capitolo è sempre ispirato ai gallavich.

¹Citazione della 10×03 (Soul Survivor)

²'Fuck u-up' (il tatuaggio di Mickey) tradotto in italiano è 'fottiti'.

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Capitolo 11
*** Sweet Dreams ***


Dean era chiuso in una cassa stretta. Continuava a tossire a causa della terra che gli si infilava nella bocca e nel naso. Sentiva un forte odore stantio.
Subito dopo, provò ad uscire dalla cassa e quando ci riuscì, scavò finché le mani raggiunsero una superfice erbosa.
Era fuori. Si sentiva sporco dalla testa ai piedi e aveva le vertigini.
Intorno a lui c'era una distesa di alberi caduti, messi in cerchio e il punto da cui era riemerso dalla terra era segnato con una piccola croce fatta di legno.
Mentre camminava, sudava. Faceva molto caldo, tanto che si legò la giacca attorno alla vita e ad ogni passo che faceva sentiva la sua gola sempre più secca.
Arrivò ad un mini market nei pressi di un benzinaio in mezzo al nulla.
Era chiuso, ma dopo un colpo alla vetrina e il rumore secco del vetro infranto, poté solo sentire la soddisfacente sensazione dell'acqua fresca della bottiglia che gli scivolava giù per la gola, finalmente dissetandolo.
Sul giornale che trovò sullo scaffale era segnata la data del 18 settembre 2008.
Erano passati quattro mesi ma gli erano sembrati quarant'anni.
Si guardò allo specchiò e ci mise poco a notare la sua spalla sinistra marchiata con l'impronta di una mano.
Non bruciava particolarmente, ma sembrava essere stata marchiata a fuoco.
Poi sentì ancora quel forte fischio e si coprì le orecchie. Pensava che gli stesse per esplodere il cervello.
Quando i vetri iniziarono a frantumarsi si buttò sul pavimento per ripararsi.
Successivamente era notte.
Faceva freddo in quel capannone. Forse a causa dell'aria gelida che filtrava tra le fessure delle pareti di metallo, pitturate interamente da strani simboli neri fatti con la bomboletta spray.
Le luci appese alle travi del soffitto, che in precedenza erano ben funzionanti, iniziarono a sfarfallare e subito dopo a scoppiettare sprigionando scintille.
Tutto l'edificio iniziò a tremare e poi le porte si spalancarono.
Entrò un uomo. Sembrava un esattore delle tasse. Lo si arrivava a pensare dal fatto che indossava un trench beige lungo fin sopra alle ginocchia. Camminava a passo cadenzato mentre teneva lo sguardo fisso davanti a se, truce e deciso.
Ogni lampada a cui passava sotto si fulminava con un rumoroso scoppio.
Seguirono degli spari e il petto dell'uomo si riempì di fori causati dai proiettili. Questo però non cadde, anzi sembrò non provare neanche il minimo dolore, senza nemmeno sanguinare.

"Sono quello che ti ha afferrato e salvato dalla perdizione."

"Sono Castiel. Sono un angelo del Signore."

"Qual è il problema? Credi di non meritare di essere salvato?"

Dalla schiena dell'uomo si spiegarono due enormi ali nere. Sembravano delle ombre. Erano bellissime.¹


Dean si svegliò di soprassalto respirando affannosamente.
Aveva la fronte sudata ed era tormentato dalla sensazione delle labbra secche.
Si mise a sedere sul proprio letto e si passò le mani sul volto cercando di darsi una svegliata.
Stava continuamente rivivendo il sogno che aveva appena fatto e non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse sembrato reale. Più che un sogno gli era sembrato una successione di ricordi. Era stato tutto così vivido, poteva percepire ancora il dolore e lo sporco sulla propria pelle, tanto che si tolse la maglietta per verificare se ci fosse ancora l'impronta della mano sulla propria spalla sinistra.
Non c'era. Solo in quel momento ebbe la conferma che fosse stato solo un sogno anche se nel profondo non ne era per nulla convinto.
Guardò la sveglia sul comodino. Mancava ancora mezz'ora al suono di questa, ma le prime luci dell'alba avevano già iniziato ad illuminare la stanza.
Molto probabilmente suo fratello e Bobby dormivano ancora, dato che di solito lui era sempre l'ultimo della casa a svegliarsi.

Dopo che ogni traccia di sonno scomparve, staccò il cellulare dal carica batterie e diede il buongiorno a Castiel con un messaggio, avvisandolo che nella sua pausa pranzo sarebbe passato da lui per parlargli di una "situazione problematica".
Aveva intenzione di dire a Castiel dei suoi déjà-vu, che fino a quel momento sembravano spariti, a parte se non si contava il fatto che al posto dei déjà-vu erano iniziati i sogni veri e propri, come quello che aveva fatto la notte precedente.
Tutti questi sogni avevano una cosa in comune: Castiel. Ma non il Castiel che conosceva; sembrava una sua versione robotica, con la scopa infilata su per il culo, per descrivere meglio il termine.
Dean aveva deciso di confidarsi perché era stanco, per la prima volta nella sua vita, di tenersi tutte le sue frustrazioni per sé. E quale persona era più adatta di Castiel, con la quale si sentiva sicuro e libero di parlare e alla quale avrebbe affidato la sua stessa vita.

Per Dean era ancora strano ammettere che aveva intrapreso una relazione stabile.
Ancora più strano era il fatto che stesse insieme ad una persona che non fosse una donna.
E provava un certo senso di imbarazzo misto a disagio quando ne parlava con qualcuno.
Quel qualcuno ovviamente era riferito al fratello minore, la quale Dean aveva implorato di non dire nulla ad anima viva, anche se Sam non ne vedeva il motivo.
Ma d'altronde il maggiore dei Winchester era fatto così: all'esterno dimostrava un'incredibile audacia e carisma, ma dall'altro lato faceva veramente fatica a dimostrare come si sentiva e ad ammettere le sue debolezze.

Sam venne a sapere che il fratello si era messo insieme Castiel il giorno stesso in cui era successo. Lo aveva scoperto solo perché appena Dean, la sera stessa di due settimane prima, era tornato a casa lo aveva braccato appena varcata la porta d'ingresso e gli aveva fatto il terzo grado. Ovviamente il maggiore non aveva potuto far altro che sputare tutto fuori, dettagli compresi.
Poi, sempre la stessa sera, a cena lo era venuto a sapere anche Bobby, o meglio, allo zio acquisito era bastato uno sguardo per capire che Dean stava nascondendo qualcosa.
Dunque, l'aveva fatto cantare come un uccellino, a suon di minacce, tra le risate esagerate di Sam.
Bobby non era risultato per nulla sorpreso dalla notizia.
"Dean è inutile che fai quella faccia da cane bastonato chiedendomi se accetto la cosa... Ti conosco da quando portavi il pannolino, secondo te non me ne sarei accorto prima di te, idiota? Si vede che tra i due è Castiel quello con il sale in"
E ovviamente, l'altra persona che sapeva della loro relazione non era niente di meno che Gabriel, che li aveva colti sul fatto mentre si stavano letteralmente mangiando la faccia a vicenda.

***


Dean parcheggiò l'auto davanti alla scuola. Era da anni che non entrava lì dentro e si chiedeva se qualcosa fosse cambiato.
Era l'ora di pranzo, infatti, appena entrato dalla porta principale trovò l'atrio e il corridoio principale quasi deserto. Gli unici studenti che vedeva in giro si stavano dirigendo velocemente verso la mensa e mentre Dean camminava nella direzione opposta alla loro venne fermato da un colpo di tosse.
Si voltò e sullo stipite della porta della segreteria vi era una donna abbastanza anziana che lo fissava chiedendogli con lo sguardo chi fosse.
Suo malgrado, Dean conosceva benissimo quella donna. Era la stessa segretaria che c'era quando lui andava a scuola e quella stessa donna lo aveva visto entrare almeno un paio di volte al mese nell'ufficio del preside, beccandosi parecchie occhiate storte.
Secondo lui, si metteva ad origliare le sgridate che subiva dentro l'ufficio, Dean ci avrebbe scommesso su quella vecchia ficcanaso.
Ad ogni modo, in quel momento sperò con tutto se stesso che la donna fosse stata troppo avanti con l'età per ricordarsi di lui, quindi si schiarì la gola, pronto ad inventarsi una scusa che stesse in piedi per giustificare la sua presenza.
Poi si ricordò che stava ancora indossando la divisa da meccanico.
"Sono l'idraulico.... Mi hanno chiamato per... Le tubature dei bagni. Al piano di sopra." Disse sfoderando un sorriso sicuro e carismatico. Dean era pienamente consapevole di essere attraente tanto da convincere persino un'anziana signora ad abboccare al suo tranello.
Sperò poi che la donna non avesse visto la targhetta sulla sua divisa con scritto "Singer Auto" e che non si accorgesse che era senza alcun tipo di attrezzo che lo facevano assomigliare effettivamente ad un idraulico.
"Ci conosciamo, giovanotto?" Esordì dubbiosa, la segretaria, assottigliando gli occhi.

Dean si affrettò ad incamminarsi, ormai più seccato di quel che già era da quella situazione
"Mai vista in vita mia, signora."

Dopo averla scampata, si recò nei pressi dell'aula insegnanti, essendo sicuro di trovare lì il suo ragazzo, infatti, non ebbe alcun torto quando svoltò l'angolo e lo vide camminare nella sua direzione con gli occhi fissi su un malloppo di fogli che teneva tra le mani.
"Se non guardi dove metti i piedi mentre cammini andrai a sbattere contro qualcuno!"

Castiel sollevò subito lo sguardo e Dean fu sicuro di aver perso un battito. Non si era mai reso conto, fino ad allora, di quanto Castiel fosse da mozzare il fiato con il completo blu (senza trench, il che lo rendeva ancora più sexy), con tanto di cravatta, che si abbinava perfettamente al colore dei suoi occhi. Una cosa era certa: Dean non si sarebbe mai stancato di guardarli.

"Dean, che ci fai qui?! Ti avevo scritto che sarei passato da te non appena sarebbero finite le lezioni!"

"Si, lo so, ma non potevo aspettare. Se non ne parlo con qualcuno adesso potrei impazzire. Ti chiedo solo cinque minuti."

"Okay... Che succede? Spero nulla di grave." Si preoccupò immediatamente l'altro notando la forte esigenza.
"Aspetta" Castiel si guardò intorno. "Seguimi, andiamo in un posto più tranquillo."
Senza dire una parola, si incamminarono lungo il corridoio e neanche dopo un minuto, entrarono in un'aula vuota, che aveva un forte odore di sostanze chimiche e di disinfettante. Cosa poteva essere se non l'aula di chimica?
Dean non perse tempo a guardarsi intorno e andò subito al dunque.
"Okay...Cas, spero che dopo quello che sto per dirti non mi rinchiuderai in una clinica per malati mentali."
Nonostante l'altro iniziò a guardarlo sia stranito che preoccupato il Winchester non si interruppe.
"É da poco più di un mese che ho degli assurdi déjà-vu. Ma non sono come quelli normali: sembrano più che altro situazioni della mia vita già accadute, ma in un contesto totalmente diverso. É come se esistesse un altro Dean Winchester che vive una vita totalmente diversa da questa, ma allo stesso tempo in situazioni così simili e ogni tanto e come se si aprisse una finestra sulla vita dell'altro me ed è come se potessi guardare ciò che sta facendo."
Prese un lungo respiro e si passò una mano tra i capelli, mentre Castiel, in silenzio, lo ascoltava apprensivamente.
"Certe volte quando dico qualcosa, sembra che io l'abbia già detta in passato, ed è allora che mi vengono questi déjà-vu." Rise amaramente.
"Per non parlare dei sogni! Adesso sono iniziati anche quelli. E il problema è che questi sogni sembrano così reali, che quando mi sveglio mi sembra di essere tornato da una vacanza di merda nel mondo dell'apocalisse, perché fidati: una vita in cui mi risveglio in una cassa sottoterra, vetri che mi esplodono in faccia e tu che assomigli a Constantine in versione alata non è esattamente il tipo di vita che vorrei fare. Ah, nota bene: la maggior parte dei sogni e dei déjà-vu riguardano te e guarda caso sono iniziati poco dopo il nostro primo incontro."

Dopo tutto quel tempo di silenzio, Castiel, con gli occhi ancora spalancati dallo stupore, gli si avvicinò cautamente, posando una mano su quella di Dean, a sua volta posata su un banco, in segno di rassicurazione.

"Perché non inizi a raccontarmi di questi sogni? Ti va?"

"Sogno. È uno ed è sempre lo stesso, per ora."
Così Dean iniziò a descrivere nei minimi particolari tutto ciò che ricordava del sogno fatto la notte precedente, mentre Castiel non smetteva di accarezzargli la mano postata sul banco vicino a loro.
"Ora non pensi che io debba essere ricoverato?" Parlò Dean non appena ebbe finito di raccontare.
"Tutta questa situazione potrà anche essere sopra ad ogni immaginazione ma di una cosa sono certo: tu non sei pazzo, Dean." Castiel gli sorrise dolcemente. "Tu credi alla reincarnazione?" Aggiunse.

"Normalmente ti direi di no, ma dato quello che mi sta accadendo forse si tratta proprio di questo, o almeno, è la spiegazione più logica. Tu pensi che sia stata...Che ne so...La nostra vita precedente?"

"Una vita in cui a quanto pare ero uno stronzo con le ali da angelo?"

"Beh...Il ruolo dell'angelo custode ti si addice, Cas."
Entrambi sorrisero, momentaneamente dimenticando l'assurdità della situazione e si avvicinarono l'uno all'altro.
"Sono contento che tu mi abbia ascoltato." disse Dean sinceramente.

"E io sono contento che tu ti sia fidato di me per dirmi questo."

"Come potrei non fidarmi di te, angelo?"
Castiel non rispose. Si girò verso la porta per essere sicuro che nessuno stesse per entrare e subito dopo annullò la distanza che li teneva separati, mettendo una mano sulla guancia di Dean e attirandolo in un profondo bacio.
Un gemito di sorpresa scivolò via dalle labbra di quest'ultimo ma non esitò a ricambiare con altrettanto vigore, spostando le mani dal banco, su cui era ancora appoggiato, al collo del suo compagno, circondandolo.
Il bacio che era iniziato dolcemente, come se fosse una coccola, pian piano si trasformò in qualcosa di più passionale, dal momento in cui Castiel spostò le sue mani dal viso di Dean al suo fondo schiena, iniziando a stringerlo, sorridendo sulle sue labbra quando sentì che l'altro iniziò ad emettere gemiti sempre più accondiscendenti.
Dall'altra parte, Dean non pensò neanche per un secondo di tirarsi indietro, talmente preso dalla foga del momento. Così a sua volta, afferrò la cravatta di Castiel e iniziò a tirarla con l'intenzione di scioglierla, il tutto respirando affannosamente a causa dei suoi pantaloni improvvisamente diventati strettissimi.

Erano talmente presi dalla passione, che non si accorsero nemmeno che la porta si spalancò tutta d'un colpo.
"Oh mio Dio! Ma che cazzo...?!" All'urlo del ragazzo appena entrato, entrambi si separarono di scatto, blaterando un paio di imprecazioni, come se si fossero appena scottati.
Erano un disastro: Dean aveva un enorme problema nei pantaloni, che cercò in tutti i modi di nascondere, e le guance che andavano a fuoco.
Castiel invece, aveva perso la cravatta da qualche parte sul pavimento e i primi bottoni della camicia, ormai stropicciata, erano aperti. Forse uno era addirittura saltato via.
Per non parlare dei capelli di entrambi: un disastro totale.
"Professor Novak, lei è gay!" Disse il ragazzo ancora in preda allo stupore e all'imbarazzo.

"Si, Kevin, ne ero a conoscenza." Ribatté il diretto interessato con evidente sarcasmo.
A quel punto, Dean, appena ristabilizzatosi dallo shock, si fece avanti iniziando a percepire l'enorme tensione che aleggiava nella stanza.

"Per la miseria, ragazzino! Cosa diavolo sei venuto a fare qui?!"

"Ho dimenticato i miei appunti di chimica sul banco." Rispose Kevin, imbarazzato.
E senza dire una parola, si spostò dall'entrata e andò verso il fondo dell'aula, dove effettivamente c'erano dei fogli sparsi su uno dei banchi, tenendo basso lo sguardo.
"Il ragazzino cinese non dirà niente a nessuno, vero?" domandò Dean a Castiel con un tono di voce alto, in modo che anche Kevin potesse sentire.
Ma prima che Castiel poté aprir bocca, il ragazzo si girò di scatto verso di lui infastidito.
"Sono coreano e no, non dirò niente a nessuno. Potrei ricattare il professor Novak in modo che mi possa assicurare il massimo dei voti nella sua materia, ma io ho già la media più alta di tutta la scuola e non sono di certo una spia che perde tempo con queste cazzate. E poi, ammetto che il preside MacLeod mi fa una paura tremenda." Poi si rivolse a Dean incuriosito.
"Mi sembrava di averla già vista! Lei lavora all'officina di Bobby, suo zio, giusto? Proprio settimana scorsa mia madre ha portato l'auto a riparare da voi."

"Non dovresti sbrigarti, prima che la mensa chiuda?" lo rimbeccò Castiel.

"Si...Si, ora è meglio che vada. Ci vediamo a lezione prof e si ricordi che non lo dirò a nessuno. Sono una botte di ferro! Arrivederci Signor Winchester." Detto questo si allontanò con aria orgogliosa, fino a che non fu fuori dall'aula.
"Wow...Che tipo starno!" mormorò Dean.

"Già e noi stavamo veramente per scopare in questo posto che odora di prodotti chimici?"

"C'è una prima volta per tutto, immagino. Ad ogni modo, mi toccherà rimediare a qualcosa da mettere sotto i denti prima di tornare al lavoro. Penso che ruberò dalla mensa qualche panino."

"Attento a non farti beccare." Disse Castiel riavvicinandosi a lui mettendosi a sistemare i capelli ancora scompigliati di Dean.

"Tranquillo Cas, per la segretaria sono l'idraulico che è venuto a fare manutenzione."

"Sei riuscito ad aggirare il sistema, i miei complimenti Winchester. Cena da me stasera?"

"Con grande piacere prof!" Esclamò entusiasta subito prima di baciargli le labbra a stampo.

"Tu vai pure, io andrò in bagno a darmi una sistemata."

Dean sbuffò una piccola risata prima di uscire dall'aula "Si, ma non andare nei bagni al piano di sopra, ci sono le tubature da aggiustare."

"Cosa? Non è vero! Perché lo dici?" ma dal Winchester non ottenne nessuna risposta, solo un sorriso malizioso prima di voltarsi definitivamente ed iniziare ad incamminarsi lungo il corridoio.
"Dean!?" Quando non ricevette risposta sospirò esasperato e si diresse velocemente nella direzione opposta alla sua prima di essere visto in quelle condizioni. Sembrava appena uscito da una centrifuga.

***


Dean si mise alla guida subito dopo aver finito il suo turno all'officina.
Non si sentiva un gran che: aveva fame, era stanco e aveva urgentemente bisogno di una doccia, dal momento che era stato per ore sotto una macchina che perdeva olio da ogni parte possibile. E anche se si era già cambiato, non riusciva a distogliere dalla sua mente la sensazione che la sua pelle fosse come carta per mosche.
L'unica cosa che lo tirava su di morale era il pensiero di passare l'intera serata con il suo ragazzo, magari accoccolati sul divano mentre guardavano un film.
Si rese conto di sorridere al pensiero. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce però. Lui voleva sembrare un tipo tosto, che non si fa scalfire dalle emozioni, come una ragazzina infatuata, anche se effettivamente era proprio così che si sentiva ogni volta che pensava a Castiel.
Pensò che se Sam fosse venuto a conoscenza di questo suo lato dolce, l'avrebbe preso in giro a vita e lo avrebbe fatto pentire di tutte le volte che lo aveva chiamato 'principessa'.
D'altra parte era la prima volta che avrebbe dormito insieme a Castiel e sapeva benissimo che non sarebbe successo nulla di particolare quella notte. Avevano deciso di andarci piano, (nonostante quel momento nell'aula di chimica) di lasciare che ogni cosa venga da se, dopotutto, stavano insieme da appena due settimane e non voleva che il sesso fosse necessario per far andare avanti la loro relazione.
In effetti, tutte le relazioni passate di Dean, avevano funzionato in primis grazie al sesso, oppure era stato quello il loro unico scopo e dal modo in cui tutte erano finite nel giro di poco tempo, era felice di quello che stava vivendo insieme a Castiel.

Quando arrivò a casa Novak, Castiel gli fece cenno di mettere l'impala nel garage, infatti notò subito l'assenza della porche di Gabriel.
"Tuo fratello?" Domandò.

"E' andato da una delle sue tante conquiste, una tizia indiana mi pare. Non tornerà prima di domani mattina e questa volta ne sono assolutamente sicuro." Disse sogghignando ricordando cos'era successo l'ultima volta che 'Gabriel non era in casa'.

Dopo una veloce ma bollente doccia, Dean si diresse in sala da pranzo, dove Castiel lo stava aspettando mentre finiva di preparare la cena. Castiel gli aveva prestato una tuta e si era sentito subito a suo agio appena l'aveva indossata.
Principalmente perché erano degli indumenti che vestivano abbastanza largo, quindi su di lui calzavano a pennello, ma non aveva potuto fare a meno di esalare un sospiro di piacere quando aveva sentito il profumo di Castiel su di lui.
"Mhh. Senti che profumo! Cosa hai cucinato Cas?"

"Pasta alla carbonara. E' un piatto italiano, ne hai mai sentito parlare?"

"Si, l'ho mangiata qualche volta."

"Beh, penso che tu non abbia mai mangiato nulla di simile in qualsiasi ristorante o tavola calda americana. Mio padre ha preso questa ricetta in Italia e l'ha sperimentata al primo appuntamento con mia madre." Disse Castiel con una traccia di malinconia nella voce.

"Oh! Quindi questo è... Il nostro primo appuntamento?"

"Si, scusa hai ragione. Avrei dovuto chiedertelo prima e magari portarti in un posto decisamente più adat-" Non fece neanche in tempo a terminare la frase che Dean si affrettò ad allungare la mano sinistra e ad afferrare quella destra di Castiel.
"No, è perfetto così. Non potevo immaginarlo diversamente." Disse quasi sussurrando.

***


Quella notte, per quanto fosse stato bello e rilassante addormentarsi l'uno tra le braccia dell'altro, Dean fu disturbato da un sogno a dir poco agghiacciante.
E questa volta non si trattò del solito sogno riguardante lui e Castiel.
Si trattò di un sogno che aveva come protagonista una strana figura dagli occhi rossi, che teneva in mano una lama argentea.
Ne seguì una forte luce e un urlo disperato.

***


N/A: ¹Scene della 4×01 (Lazarus Rising)

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Capitolo 12
*** Highway To Hell ***


N/A: Spoiler.Il sogno di Dean all'inizio del capitolo rappresenta le scene della 12x23 (All Along the Watchtower)

***

Questa volta nessuna cassa interrata, nessuna superficie erbosa e nessuna stazione di servizio abbandonata. Solo uno scenario grigio.

Non c'era ne la luce del sole, ne il chiarore della luna. C'erano solo tuoni e lampi che ricoprivano il cielo scuro come la cenere vulcanica.

Il suolo, grigio anche quello, era disseminato da cadaveri che non sembravano lontanamente umani.

Al fianco di Dean c'era Sam. Sembrava più vecchio di appena una decina d'anni e sul suo viso non c'era nemmeno una traccia del Sam spensierato che conosceva lui.

Dietro di loro, c'era una specie di squarcio. Sembrava che emanasse energia. Era come un filo dorato sospeso nel vuoto che oscillava a malapena.

Davanti, invece, vi erano due uomini: Il primo era alto e biondo, non sembrava per nulla affidabile. Il secondo era basso e aveva i capelli scuri.

Quest'ultimo teneva in mano una lama argentea.

"Ciao ragazzi." Appena qualche istante dopo quell'affermazione si pugnalò il cuore.

Il corpo senza vita si riversò a terra mentre i suoi occhi emettevano una strana luce.

E come se fosse stata una conseguenza, i lampi in cielo presero il colore del sangue, come gli occhi dell'altro uomo, che era ancora lì, immobile, mentre spostava lo sguardo minaccioso dal cadavere ai suoi piedi a lui e suo fratello.

Dean era in preda alla confusione. Si era reso conto che quello era un sogno da cui non riusciva a svegliarsi, come il precedente e n on aveva nemmeno il controllo del suo corpo e delle sue parole. Tutto questo, un'altra volta, sembrava talmente reale da sembrare un ricordo lontano piuttosto che un sogno.

Poi, dietro di lui apparve Castiel. Sembrava essere spuntato dallo squarcio dietro di loro, come se si fosse teletrasportato.

Il Castiel del sogno non degnò nemmeno di uno sguardo lui e Sam. Si stava velocemente avvicinando all'uomo dai capelli biondi tenendo una lama argentea in mano, identica a quella che era ancora infilata nel petto dell'uomo che in quel momento giaceva a terra morto.

"Cas?" Disse Dean. Ma questo non si girò nemmeno.

Allora Dean scattò in avanti, tentando di raggiungerlo, ma venne preso per un braccio da Sam, che lo bloccò per poi trascinarlo indietro.

"Ehi? Andiamo!"

"Castiel!" Ripeté urlando.
Provò una, due, tre volte, urlando sempre più forte, ma Castiel sembrava non sentire mentre andava avanti, stringendo sempre di più l'arma che aveva in pugno.

"No Dean! Dobbiamo andare!" Gli urlò di rimando suo fratello, trascinandolo di peso verso lo squarcio dorato dietro di loro.

Poi tutto scomparve e si ritrovò in un luogo buio, dove sicuramente era notte.

Sembrava essere sulla riva di un lago, ma non si soffermò molto a guardare i particolari. Tutto quello su cui era concentrato era lo squarcio sottile davanti a lui. Immaginò che quella doveva essere la parte opposta a dove si trovavano prima.

Dopo appena qualche istante, Castiel si materializzò davanti allo squarcio, respirando affannosamente e Sam sospirò di sollievo, ma nessuno fece in tempo a dire qualcos'altro, che lo squarcio si illuminò ed improvvisamente una lama trapassò il torace di Castiel, che sprigionò una luce bianca e accecante, insieme agli occhi e alla bocca.

L'espressione che Dean aveva in volto era di puro terrore, tanto che non riuscì a muovere un singolo muscolo del suo corpo.

Poi Castiel cadde a terra e dietro di lui stava in piedi l'uomo dagli occhi rossi, con la lama argentea in mano, in quel momento sporca di sangue.

"È stato divertente". Esclamò quest'ultimo.

Queste ultime parole furono a mala pena udibili subito prima del brusco risveglio.
Come la mattina precedente, Dean emetteva corti respiri veloci e sentiva prima freddo, poi subito dopo caldo. Si passò una mano sulla fronte e sugli occhi, poi la spostò all'altezza del cuore, così da constatare che batteva veloce come un cavallo al galoppo.
La stanza era buia. Ciò stava a significare che era ancora notte ed era al fianco di Castiel.
Si mise ad ascoltare il suo respiro, lento e rilassato. Castiel gli dava le spalle, così Dean strisciò sul materasso fino a raggiungerlo e con una certa titubanza, si adagiò vicino a lui abbracciandolo da dietro, cecando di non svegliarlo.
Subito sentì i capelli dell'altro solleticargli il naso e prima che potesse bearsi del loro profumo, Castiel iniziò a borbottare e a muoversi, il che lo portò a girarsi verso Dean e ad aprire gli occhi iniziando a svegliarsi.
Ora i loro nasi quasi si sfioravano. Dean non lo poteva vedere per la mancanza di luce nella stanza, ma poteva dedurlo dai respiri che emettevano, che andavano a scontrarsi l'uno sul viso dell'altro.
"Che succede?" Sussurrò Castiel con voce assonnata.

"Niente, torna a dormire."

"Dean andiamo! So che c'è qualcosa che ti turba. Ho sentito mentre ti agitavi nel sonno." Disse con una punta di frustrazione nel tono di voce ancora assonnato.

"Ho fatto un altro sogno assurdamente reale. Anzi, questa volta era un incubo."
Dean poté sentire la mano di Castiel sul proprio fianco. Al tocco si rilassò immediatamente e si avvicinò ancora di più a lui, intrecciando le gambe con le sue.
"Ti va di raccontarmelo?"

"Beh, ecco...C'eri tu, Sam e due tizi che non avevo mai visto. Uno dei due si è suicidato e poi quell'altro ti ha ucciso.
Io...Ricordo il dolore, come se non mi fosse nuovo. Lo ricordo così bene che se chiudo gli occhi mi sembra di poter inginocchiarmi sul tuo corpo e sentire le lacrime che mi salgono agli occhi, ma che non riescono ad uscire. Quando mi sono svegliato avevo paura di non trovarti al mio fianco." Concluse con voce spezzata.
Non osò nemmeno immaginare cosa avrebbe fatto se quello che era accaduto nel sogno fosse stato reale.
L'immagine di lui senza Castiel, soprattutto in quel momento che avevano appena iniziato a costruire qualcosa, lo distruggeva.
Castiel spostò una mano dal suo fianco alla sua nuca e iniziò a passare le dita in mezzo ai corti capelli che si trovavano li, delicatamente.
"Io sono qui, Dean. Non ti lascerò."

"Si, ma se questa specie di sogno fosse come un avvertimento? E se tu stessi per..."

"No, per la miseria! Non sto morendo e nessuno verrà ad ammazzarmi."
Castiel chiuse gli occhi e prese un lungo respiro.
"Ascolta...Hai detto tu stesso che quei sogni assomigliano più a dei ricordi che ad altro. Di sicuro non prevedono il futuro." Sospirò.
"Penso che dovresti parlare con Sam. Di questi sogni, intendo."
Dean girò la testa verso di lui con gli occhi bassi.
"Hai ragione, ma se glielo dirò continuerà a preoccuparsi per me e ho paura che trascuri la sua vita, i suoi studi che ha appena ripreso e la sua ragazza, credo? Non so se sia la sua ragazza quella con cui sta uscendo, è sempre stato strano in fatto di donne."
Fece una pausa passandosi le mani in mezzo ai capelli, un gesto che era solito fare per allentare la tensione.
"Vedi, io mi sono sempre preoccupato di Sam fin da quando nostra madre è morta e ho paura che se mi mostrassi ai suoi occhi con qualche difficoltà, lui potrebbe voler "ricambiare il favore", sai cosa intendo, quindi questo sta a significare che mollerà tutto per tenermi d'occhio in un costante stato di apprensione, esattamente come io ho fatto con lui."

"Dean, Sam è tuo fratello e ha diritto di sapere di cosa ti sta accadendo, così come anche Bobby che è la cosa più vicina ad un padre per te. Ed è normale che entrambi si preoccupino perché ti vogliono bene. E' questo che fanno le famiglie. Inoltre, tu e Sam siete entrambi adulti. Ve la sapete cavare."
Dean accennò un sorriso e prese tra le sue mani quelle di Castiel.
"E poi...Ci sono anche io." sussurrò piano quest'ultimo.
Dean sorrise nel buio e a sua volta avvicinò il volto a quello di Castiel, per poi far scontrare le loro fronti delicatamente.
Dopodiché si rimisero a dormire abbracciati. O almeno, Dean ci provò, ma non riuscì a chiudere occhio nemmeno per un istante, avendo paura che l'ennesimo incubo l'avrebbe tormentato.
Fu solo dopo qualche ora che la stanchezza prese il sopravvento e lo fece sprofondare in uno stato di dormiveglia. L'unica cosa che lo rassicurava era Castiel, che con il suo petto toccava la sua schiena, stringendolo questa volta lui in un abbraccio e Dean pensò che solo lui in quel momento riusciva a tenerlo ancorato alla vita reale.


***


Quando Dean aprì gli occhi venne accecato dalla luce che filtrava dalle finestre. Gli faceva male la testa, come se avesse passato la notte a sbronzarsi e si sentiva talmente stanco fisicamente che pensò, per un momento, di non aver più la capacità di muovere un singolo muscolo del proprio corpo.
Poi si convinse ad allungare un braccio verso l'altra metà del letto in cerca di Castiel e quando tastò con il palmo della mano il lenzuolo freddo, si rese conto che di lui non ce n'era nemmeno l'ombra. Allora alzò la testa per osservare in giro e subito fu costretto a mettersi una mano sulla fronte e a stringere gli occhi.
Qualche istante dopo, appena passate le vertigini, osservò Castiel entrare nella stanza già vestito e pronto per iniziare una nuova giornata lavorativa.
Si mise davanti allo specchio appeso sopra alla cassettiera intento ad annodarsi la cravatta e solo allora si accorse che Dean si era svegliato e lo stava guardando dubbioso, ancora semi sdraiato sul letto.
"Buongiorno." Disse sorridendo guardandolo attraverso lo specchio.

"'Giorno Cas. Perché non mi hai svegliato? Farò tardi a lavoro."

Castiel si girò e andò a sedersi a fianco a lui, indossando un espressione colpevole.
"Scusa. Non mi sembrava giusto svegliarti dato che non hai chiuso occhio per quasi tutta la notte. Penso che oggi dovresti solo riposarti, sei sfinito."
Non appena Castiel vide l'espressione contrariata di Dean in conseguenza a ciò che aveva appena detto, parlò di nuovo, stroncando il suo tentativo di ribattere.
"So che non hai dormito per nulla dopo la nostra chiacchierata, ti si vede in faccia: hai due grandi fosse sotto agli occhi e sembri essere in dopo sbronza. Certamente non sembri in condizioni di andare a lavoro."
Dean sbuffò rassegnato e si alzò in piedi barcollando, dopo aver sentito un capogiro.
"Fammi almeno accompagnarti a scuola e poi andrò direttamente all'officina ad avvisare Bobby. E poi odio ammetterlo ma hai ragione, ho bisogno di riposare Cas. Ma solo perché non ho assolutamente voglia di andare da uno strizza cervelli che non farà altro che prescrivermi inutili farmaci per gestire il sonno di cui non ne ho assolutamente bisogno. So che sembra una cosa stupida ma se voglio andare in fondo a questa faccenda lo dovrò fare seguendo il mio istinto."

"Okay." Sospirò rassegnato Castiel alzandosi "Allora vestiti e andiamo, Sherlock. Puoi prendere dei vestiti nuovi dentro la cassettiera."
Gli diede una pacca sulla schiena abbastanza forte, ma in modo affettuoso, che lasciò Dean con una muta espressione corrucciata.

Quando Castiel fu fuori dalla stanza Dean si ridestò dal suo stato di provvisorio mutismo e si alzò senza barcollare, questa volta. Si diresse verso la cassettiera e aprì il primo cassetto in alto. Rovistò sul fondo, cercando indumenti che non fossero camicie eleganti e finalmente trovò qualche maglietta a maniche lunghe. Certo, gli sarebbero state leggermente strette soprattutto sulle braccia, ma era un leggero fastidio che avrebbe sopportato con piacere. Quando ne estrasse una, le sue dita sfiorarono una superficie diversa dal legno di cui era fatto il cassetto.
Alzò le magliette che vi erano sopra e scoprì che si trattava di una cornice capovolta.
Pensò a quanto fosse sbagliato rovistare nei fatti privati del suo compagno, ma la curiosità, purtroppo ebbe la meglio e si ritrovò a prendere in mano la cornice.

Era una foto di famiglia di cui poté riconoscere i volti di quasi tutti i presenti.
Un piccolo Castiel, che sembrava aver avuto poco meno di dieci anni, spiccava in mezzo alla foto, vicino ad un Gabriel molto più giovane che gli teneva una mano dietro alle spalle.
A lato c'era una donna dai lunghi capelli castani. Aveva un'espressione seria, non adatta ad una normale foto di famiglia. Dean suppose che quella fosse la zia dei fratelli Novak, dato che la madre era morta quando Castiel era più piccolo.
Al fianco della donna c'erano due ragazzini: la ragazza dai capelli rossi era logico che fosse Anna, mentre il ragazzo doveva essere Balthazar.
Poi Dean si soffermò a guardare le tre figure al centro della foto, in piedi dietro a Castiel e a Gabriel. C'era un uomo dagli occhi azzurri, molto probabilmente il padre di Castiel. Teneva le braccia attorno a due ragazzi con la toga da diploma. Il ragazzo sulla destra era molto simile al padre: stessi occhi azzurri e capelli neri leggermente più scuri; ma non appena si soffermò meglio ad osservare il ragazzo sulla sinistra, per poco non fece cadere la foto.
Improvvisamente sentì le gambe cedergli e iniziò a respirare velocemente. Fu costretto a sedersi sul letto per un improvviso capogiro, sempre con la cornice tra le mani.

"È stato divertente."
Quelle parole non facevano altro che risuonargli nella mente, in continuazione, come un disco rotto. Il ragazzo rappresentato nella foto era lo stesso del suo sogno. Lo stesso che aveva trapassato il torace di Castiel con una lama.
Certo, lui aveva sognato un uomo, non un ragazzo appena diplomato, ma i lineamenti del viso erano gli stessi, i capelli biondo cenere erano gli stessi, l'espressione seria e priva di empatia era la stessa.
"Cas." Disse flebilmente con l'intenzione di chiamarlo, ma il suo cervello non gli permise di collegarsi alla bocca tanto che tutto il suo corpo rimase paralizzato dallo shock, seduto ai piedi del letto, mentre teneva ancora in mano la cornice con la foto.
Dopo qualche istante che a Dean sembrò una vita, Castiel si affacciò alla porta della stanza.
Sembrava aver avuto molta fretta, ma non appena vide Dean nello stato catatonico in cui si ritrovava, si avvicinò subito allarmato e spalancò gli occhi dallo stupore quando notò che il suo ragazzo aveva in mano quella vecchia foto di famiglia che credeva di aver dimenticato.
"Dean. Che succede? Come hai fatto a trovare quella foto?"
L'altro sembrò non sentire, ma per la prima volta dopo minuti sollevò lo sguardo dalla foto. "Cas...Chi è questo?"
Castiel sembrò pensare molto attentamente alle parole da dire e assolutamente non capiva come prendere tutta questa situazione. Tantomeno faticava a capire l'improvviso shock di Dean rivolto verso la foto.
"Per caso tu...Lo conosci?"

"Chi è?" Rispose invece Dean con voce ferma, da cui però trapelava paura.

Castiel non l'aveva mai visto così. Sembrava che Dean fosse sul punto di avere un attacco di panico e con ancora con gli occhi fissi sulla cornice che aveva tra le mani e le spalle ricurve, appariva così fragile, quasi come se stesse per cadere a pezzi da un momento all'altro.
Quindi Castiel sospirò rassegnato, si sedette al suo fianco e gli tolse delicatamente la cornice dalle mani. La tenne in mano, per un istante, in silenzio, poi con una nota di dolore in volto la appoggiò capovolta sul materasso.
"Quello è mio fratello maggiore, Nick. E' il gemello di Michael anche se non sembra, dato che sono completamente diversi sia di aspetto che di carattere. Noi non lo vediamo da anni, precisamente da poco dopo il suo diploma. È una lunga storia, non di quelle belle però."

Dean sembrò ridestarsi improvvisamente dal suo stato catatonico.
"È stato lui ad ucciderti nel sogno che ho fatto. Ne sono assolutamente certo e da quando ho visto quella foto un nome continua a ronzarmi in testa anche se non ha assolutamente senso, ma per non so quale motivo non posso far a meno di pensare che per quanto assurdo possa essere, un senso ce l'ha."

"Che nome?"

Dean si alzò in piedi passandosi le mani prima sull'intero viso, per poi intrecciarle dietro la testa esitando nel rispondere.
"Lucifero."

Castiel spalancò gli occhi in preda allo stupore. Non guardava Dean in modo strano come se fosse pazzo, sembrava assorto nei pensieri, come se nella sua mente stesse mettendo insieme dei pezzi di un enorme puzzle.
"Come...Come fai tu a saperlo?"
Sembrava più un'accusa che una domanda.

Dean non capiva. Era assolutamente convinto che il suo ragazzo lo avrebbe preso per uno scellerato e ora era venuto fuori che in realtà Castiel sapeva.
Ma che diavolo significava? Sapere cosa? Urlò nella sua testa, ormai la familiare sensazione che il cervello gli stesse per esplodere.
"Non capisco di cosa tu stia parlando perché se è così illuminami! Che cazzo dovrei sapere io, che è da mesi che ho delle fottute visioni a cui non so neanche dare un senso!" Urlò esasperato.

"Ci sono delle cose che non ti ho detto sulla mia famiglia. Su Nick appunto. Quello che dici effettivamente ha un senso, ed è una cosa che pochissime persone sanno. È incredibile che attraverso un sogno tu ne sia venuto a conoscenza."

"Per la seconda volta: non ho ancora capito di cosa tu stia parlando, credimi. Ma sai cosa? Non dirmelo. Ho troppi pensieri nella mia testa e non riesco a ragionare lucidamente.
Ti accompagno a scuola e poi ne parleremo stasera."
Castiel gli lanciò uno sguardo preoccupato ma comprensivo. Aveva una marea di domande che voleva fare a Dean, ma si convinse a pazientare. Aveva imparato a riconoscere i segni che preannunciavano uno scatto d'ira da parte del compagno e in quel momento non sarebbe stato affatto d'aiuto. Inoltre, si fidava di Dean, non poteva aver mentito su una cosa del genere, anche se il modo in cui l'aveva scoperto era del tutto fuori da ogni portata di immaginazione.
Alzò il braccio e gli posò una mano sulla spalla sinistra. Si era reso conto che quel piccolo gesto tranquillizzava Dean in un qualsiasi momento di tensione. Inutile dire che anche quella volta funzionò all'istante. Poi lo guardò negli occhi in modo deciso accennando un piccolo sorriso. "Guido io."

Dean si alzò in piedi scattando come una molla.
"Cosa? No, perché mai?"

"Perché da quanto sei sconvolto rischi di farci fare un incidente.
Allora: mi dai le chiavi, oppure non ti fidi abbastanza per lasciarmi guidare la tua baby?"

Dean gli consegnò le chiavi un po' riluttante.
"Non è scaduta la tua patente, vero?"
Castiel rise silenziosamente ma non gli diede risposta. Uscì dalla stanza e gli urlò dal corridoio. "Muoviti a vestirti che siamo in ritardo!"


***

Castiel fermò la macchina nel parcheggio della Lawrence High School.
Il breve tragitto era stato silenzioso, carico di tensione.
Non come i loro soliti silenzi tranquilli e privi di imbarazzo. Questa volta era diverso e nella sua mente, Castiel non poteva far altro che pensare agli eventi appena successi.
Si domandava come sarebbe riuscito ad affrontare la giornata senza cadere nel suo vortice di pensieri ogni due minuti.
Scesero entrambi dall'auto e Dean raggiunse Castiel dal lato del guidatore. Quest'ultimo lo guardò dispiaciuto, consapevole che il Winchester aveva la mente sicuramente più incasinata della sua, ma allo stesso tempo non voleva assillarlo e trattarlo con i guanti di velluto.
Sapeva che in quel modo gli si sarebbe rivoltato contro e chiuso ancora di più in se stesso.
"Allora ci vediamo dopo."
Castiel fece per avvicinarsi ancora di più per baciarlo ma l'altro si spostò delicatamente prima che le loro labbra potessero incontrarsi. Ci rimase abbastanza male ma provò a non darlo a vedere. Non era sicuro del motivo: Se perché Dean non aveva ancora fatto i conti con se stesso da renderlo insicuro nel farsi vedere in un parcheggio pubblico, o per l'umore nero, sebbene giustificato, di quella mattina. Oppure erano entrambe le cose.

Dean si rese conto dell'espressione sorpresa di Castiel. Evidentemente non era bravo come credeva nel nascondere le proprie emozioni.
Per rassicurarlo gli prese la mano e iniziò ad accarezzare il dorso con il pollice.
"Scusa Cas, non sono dell'umore."
L'altro abbozzò un sorriso che subito gli illuminò gli occhi blu e Dean non poté fare a meno di restarne completamente assorto tanto da dimenticare per un istante di tutta la frustrazione che si teneva dentro da quando si era svegliato.
"Non preoccuparti, lo capisco. Tu vai a casa e pensa a riposarti, mi piace molto di più il tuo viso senza occhiaie."
Successivamente Dean sospirò divertito, salì in macchina e si diresse verso l'officina.


***


Dopo che ebbe avvisato Bobby della sua assenza al lavoro si recò a casa.
Non appena varcata la porta si fiondò sul divano e ci si buttò sopra stremato.
Il suo zio acquisito era stato comprensibile riguardo alla giustificazione della sua assenza. Gli aveva dato una pacca affettuosa sulla spalla e gli aveva detto che quando sarebbe stato pronto lui l'avrebbe ascoltato.
Guardò l'ora. Erano quasi le otto e mezza del mattino e probabilmente da un momento all'altro Sam sarebbe rientrato dalla sua corsa mattutina e si sarebbe fatto la doccia per poi presenziare alle lezioni del giorno.
Girò la tesa verso l'ingresso e notò, con sua grande sorpresa, che le scarpe da ginnastica del fratello erano riposte accanto all'appendiabiti.
Stranito, si chiese se Sam fosse rientrato in anticipo oppure se quella mattina non fosse nemmeno uscito.
Si alzò dal divano e già in allerta corse sulle scale fino ad arrivare al piano superiore. Probabilmente non c'era nulla di cui preoccuparsi, ma quando si trattava di suo fratello, soprattutto dopo tutto ciò che aveva passato, non aveva potuto fare a meno di accertarsi che tutto fosse a posto.

Senza nemmeno bussare fece irruzione nella camera di Sam e tutte le sue preoccupazioni scivolarono via quando lo trovò seduto sul letto ancora in pigiama, in un apparente stato catatonico.
Almeno non si è bucato, pensò Dean, sentendosi in colpa per la poca fiducia che dava al fratello.
"Sam... Tutto okay? Ho visto che non sei uscito e mi chiedevo se..." non fece nemmeno in tempo a finire la frase che il fratello minore, ancora seduto sul letto, girò il volto verso di lui e fu solo allora che Dean poté notare le lacrime che scorrevano sulle sue guance.
"Sam, che succede?!" disse il maggiore precipitandosi immediatamente al suo fianco, la preoccupazione tornata più forte di prima.

"Dean, io..." Sam respirò a fatica, cercando di togliersi le lacrime dagli occhi.
"E' stato orribile. Ho fatto un sogno a dir poco assurdo." Abbassò gli occhi e si guardò le mani. "Era così reale...Sembrava un ricordo."

No! Non anche a lui. Si ritrovò a pensare Dean. Tutto ciò che voleva era che suo fratello non venisse coinvolto in quella situazione. E che situazione! Da normali déjà-vu a questi sogni al di fuori dell'ordinario. A questo punto era disposto a credere a tutto. Anche ad un'eventuale invasione di ultra-corpi.
"So che sembra assurdo, Sammy." prese coraggio. "Ma sto vivendo anch'io questa situazione: sogni fin troppo reali e tutto il resto."
Sam parve sorpreso dalla rivelazione del fratello, e forse, una traccia di delusione si poteva notare nella sua espressione.
"Da quant'è che hai questi 'sogni'?"

"Da neanche un mese. Dean, perché non me l'hai detto prima?"

"Per lo stesso tuo motivo, immagino. Dai, raccontami del tuo sogno."

Quindi Sam gli descrisse di quanto sembrava reale la loro madre e Jessica che bruciavano sul soffitto, di Dean che veniva trascinato e sbranato da creature infernali che non poteva vedere e di lui stesso che si drogava bevendo sangue.¹ Per di più gli fece una descrizione perfettamente accurata dell'uomo dagli occhi rossi che aveva sognato anche a lui stesso.
Sam aveva rivissuto i momenti più oscuri della sua vita, quando era dipendente dall'eroina e ogni volta che si era svegliato, la voglia di cedere di nuovo al piacere fittizio della droga era tanta.
"L'unica cosa che mi fermava, ogni volta che facevo quel sogno, eravate tu e Bobby. Ho pensato a quanto vi avrei deluso e a tutti quei mesi in riabilitazione buttati al vento."

Dean, fino a quel momento, aveva creduto di impazzire per via di quei sogni, ma guardando il suo fratellino di cui si era sempre preso cura, in quello stato, pensò che per lui fosse stato ancora più difficile e doloroso, dopo tutto quello che aveva passato.
Si fece ancora più vicino a Sam e lo abbracciò.
Rimasero li per quelli che sembrarono interminabili minuti, confortandosi silenziosamente i quell'abbraccio fraterno che esprimeva tutta la comprensione e la vicinanza di cui avevano bisogno.
Ora non rimaneva che scoprire cosa stava accadendo.


***

N/A: ¹ Scene riguardanti la prima e la quarta/quinta stagione in generale e la puntata 3x16 (No Rest for the Wicked)

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Capitolo 13
*** November Rain ***


Sudore.
Profumi diversi e fin troppo dolci che risultavano nauseabondi, mischiandosi tra loro.
Il corridoio era straripante della calca compatta di adolescenti maleodoranti, che si spingevano forsennatamente per raggiungere la mensa scolastica. Decisamente un inferno.
Forse ora Castiel capiva perché il preside MacLeod considerava la sua scuola come tale.
Si era ritrovato proprio nel mezzo del suddetto corridoio, quando era suonata la campanella della pausa pranzo.
Subito, la porta di ogni aula si era aperta e tutti gli studenti si erano precipitati fuori per raggiungere la mensa.
Per fortuna che il venerdì, Castiel aveva la mezza giornata. Non credeva, che in caso contrario, fosse riuscito a reggere altre ore sottoposto a tutto quello stress.
Non faceva altro che ripensare a quella mattina e a quanto Dean era rimasto sconvolto nel vedere la fotografia in cui aveva riconosciuto suo fratello. Tramite un sogno poi! Che razza di pazzia era mai questa?!
Ora doveva raccontargli tutta la verità, anche se non ci vedeva nulla di collegato a sogni e quant'altro.

Finalmente, dopo qualche minuto, riuscì ad uscire dall'ingresso principale e si incamminò verso la pasticceria di famiglia.
Ovviamente, quella mattina aveva avuto troppi pensieri per la testa da poter rendersi conto che Dean l'aveva accompagnato a scuola in auto, lasciandolo a piedi, per l'appunto.
Quindi ora gli aspettavano dieci minuti a piedi fino alla pasticceria, recuperare le chiavi della macchina da suo fratello, sperando che gliele avrebbe concesse senza lamentele, e raggiungere casa Winchester/Singer. Il tutto in costante stato di ansia. Almeno avrebbe avuto un po' di tempo per prepararsi a cosa dire.


***


Il campanello della porta d'ingresso tintinnò.
Castiel non fece neanche tempo ad entrare, che si sentì interpellare da una voce stizzita proveniente dal bancone.
"Cosa vuoi?"
Chi poteva essere se non lei, che non aveva mai tollerato la sua presenza.

"Anche se non lavoro qui, questo locale appartiene più a me che a te, Anna."

"Solo perché sei il figlio preferito di tuo padre e perché lui non ha voluto lasciarti senza lavoro, in caso il tuo giocare a fare il professore avesse fallito." Ribatté la cugina non degnandolo neanche di uno sguardo.
Castiel sospirò rassegnato. "Gabriel?"

"Dove vuoi che sia? Il locale non è molto grande."

Castiel di solito si faceva scivolare addosso i commenti e le prese in giro di chi gli parlava con astio o indifferenza, dopotutto era abituato ad avere a che fare con degli adolescenti ogni giorno, ma Anna proprio non ce la faceva a tollerarla. Forse, era il fatto che fosse sua parente e che lei nutrisse un odio ingiustificato nei suoi confronti.

Si diresse verso la cucina e fu proprio lì che trovò suo fratello e suo cugino, intenti a fare l'inventario.
"Eilà Cassie! Che ci fai qui?" Esclamò il primo.
"Ciao..." Salutò entrambi. "Gabe, avrei bisogno delle chiavi dell'auto. Devo andare dai Winchester."
Gabriel sospirò leggermente contrariato e Balthazar rise scuotendo la testa.
"Cassie, te l'avevo detto di comprarti una bicicletta, se non volevi la macchina." Disse quest'ultimo.
Castiel lo ignorò e tornò a guardare il fratello. "Ha saputo di Nick." Esordì con voce piatta, ma con un filo di agitazione negli occhi.
Gli altri due smisero immediatamente di fare ciò in cui erano stati impegnati e sui loro volti Castiel poté scorgere la medesima preoccupazione che probabilmente era anche sul suo volto.
"Dean?" Disse Garbriel, anche se sapeva già la risposta.
"È una lunga storia e non volevo che lo venisse a sapere, credimi.
So benissimo che nostro padre ci fece promettere di non parlare di Nick a nessuno.
Ma ora gli devo dire tutto. Non posso dirti perché, e non lo farei se non fosse così importante.
Una ragione, per quanto assurda possa essere, c'è e forse un giorno ti potrò spiegare tutto."
Il fratello annuì. "Okay, beh... Sei la persona di cui mi fido di più al mondo. Quindi ti credo se sostieni che sia veramente importante." Gli sorrise rassicurante. "Le chiavi della macchina sono sotto al baco cassa. Ah, fratellino, ti prego... Dimmi che ti ricordi come si guida."
"Si Gabe, è la stessa cosa che mi ha chiesto stamattina Dean quando ho guidato la sua macchina fino a scuola." Disse alzando un sopracciglio sottolineando l'assurdità dell'insinuazione.
Gabriel alzò le mani in segno di resa e tornò al lavoro con Balthazar, che l'aveva già preceduto.
Quindi Castiel si voltò e uscì dalla cucina, pronto ad affrontare una volta per tutte quella spiacevole situazione.


***


Dean era appena tornato a casa. Era andato alla Roadhouse a prendere il pranzo da mangiare a casa, al contrario di ogni venerdì, in cui lui e Castiel rimanevano fuori per pranzo.
Ma come si era già appurato, quel venerdì era iniziato una vera merda, sue testuali parole.
Di conseguenza, lui e il suo ragazzo avevano deciso di pranzare a casa, per riuscire a parlare in santa pace e senza che orecchie indiscrete potessero ascoltare cosa avessero da dirsi, anzi, cosa Castiel avesse da dirgli.
D'altra parte, il locale di Ellen aveva la stessa clientela da anni e non era difficile farsi scappare una parola di troppo, che poi sarebbe stata fraintesa con il finire per trasformare l'intero contesto in un pettegolezzo troppo esagerato e non vero.
Dean si ricordava ancora quella volta in cui un Sam di appena dodici anni, era entrato alla Roadhouse con lui e Bobby al seguito, dopo una battuta di pesca.
Tutto fiero aveva detto a Ellen che aveva pescato tutto da solo un pesce grosso come un tonno.
Al bancone, mezzo moribondo, c'era stato Ash, l'aiutante di Ellen e il tuttofare del locale. Anche all'epoca, probabilmente era raro trovarlo lucido di mente e non fatto come una pigna.
Chissà cosa Ash aveva capito dalle parole di Sam.
Il fatto era che dopo appena due giorni si era venuto a sapere che il mingherlino dodicenne Sam Winchester aveva pescato due tonni tutto da solo e addirittura un paio di persone erano andate a pesca in cerca di quei famosi tonni. Come se ce ne fossero veramente da quelle parti.
Insomma tutto questo era per dire che Dean non voleva assolutamente che la situazione venisse fraintesa a tonni che in realtà erano pesci piccoli. A maggior ragione se si trattava di sogni riguardanti capannoni abbandonati e fratelli scomparsi dagli occhi fluorescenti.
Ogni volta che se lo ripeteva mentalmente, faceva ancora fatica a crederci.

Scese dalla macchina con in mano le buste contenenti gli hamburger e non appena posò un piede a terra, un sospiro sprezzante gli volò via dalle labbra.
Ormai era novembre inoltrato e il clima era diventato sempre più rigido, tanto che il terreno, dopo la pioggia, rimaneva fangoso per parecchie ore e con il gelo della notte, ghiacciava.
Era dunque normale per Dean, ogni volta che scendeva dalla macchina, sporcarsi le scarpe di un misto tra fango ghiacciato e fango bagnato.
Anche il tappeto sulla porta d'ingresso era testimone di tutto quel lerciume e altrettanto i pantaloni della tuta e i calzini di Sam, quando la mattina presto andava a correre.
Per fortuna quella settimana particolarmente piovosa, non era suo il turno di fare il bucato.

Senza neanche averlo pensato apposta, appena arrivò sull'uscio di casa, con la mano libera impegnata alla ricerca delle chiavi in una delle tante tasche che aveva tra jeans e giacca, iniziò a piovere, nemmeno fosse arrivato il diluvio universale.
Guardò la sua adorata macchina parcheggiata a qualche metro di distanza dall'ingresso, completamente sotto l'acqua che cadeva incessantemente e per un momento contemplò l'idea di risalire in macchina e di parcheggiarla dentro al garage, al riparo. Poi guardò le ruote e le portiere ormai sporche di fango, ripensò al pranzo, ormai freddo, che teneva ancora tra le braccia e si rassegnò, preferendo rimanere asciutto.
In ogni caso la sua Baby andava comunque pulita da cima a fondo, non avrebbe avuto senso metterla nel garage. E d'altra parte, le ruote avrebbero sporcato e bagnato il pavimento di quest'ultimo e ciò stava a significare doppia pulizia, se non voleva ricevere una ramanzina da Bobby.
Se lo zio acquisito e il fratello tenevano molto alla pulizia e all'ordine, beh, Dean era l'esatto opposto.

Dopo essersi chiuso la porta alle spalle, appoggiò sul tavolo la busta del pranzo, ormai stropicciata e umida e si diresse al piano di sopra.
Bussò alla porta della camera di Sam e come suo solito, non aspettò la risposta per entrare.
Suo fratello era disteso sul letto a pancia in su e con le mani dietro la testa e stava fissando il soffitto.
"Dimmi Dean: che diamine bussi a fare, se ogni volta entri in ogni caso senza aspettare il mio permesso?"
Sentendosi preso in causa, il maggiore lo ignorò.
"Datti una sistemata. Castiel arriverà a minuti e pranzeremo insieme. Sono andato da Ellen e ti ho preso l'insalata di pollo, quindi non hai scuse."

"Apprezzo il pensiero, ma passo, grazie. Non voglio fare il terzo incomodo." Disse senza alzare di un centimetro la testa e continuando a fissare il soffitto.
Allora Dean aprì un paio di cassetti prima di lanciargli addosso una maglietta e dei pantaloni della tuta.
Quella non era certo la sua camera, dove molti dei suoi vestiti erano accumulati casualmente in diversi punti della stanza.
"Non me ne starò qui a fissarti mentre conti le pecore ad occhi aperti e ti deprimi. So benissimo che hai appena superato un momento molto difficile e che è bastato un niente per ributtarti giù.
Ma io sono tuo fratello e so meglio di chiunque altro che puoi superare qualsiasi cosa! Che io sia dannato se non sarà così." Sospirò lentamente, prendendo posto a fianco alle lunghe gambe di Sam, ancora disteso, che invece aveva alzato la testa dal cuscino e lo guardava pensieroso.
"Volevo dirtelo dopo, ma credo di sapere chi è l'uomo dagli occhi rossi che mi dici di sognare."
Sam si alzò a sedere di scatto e gli urlò quasi contro.
"Quando aspettavi a dirmelo, Dean!?"

"Non te l'ho detto, perché in un certo senso c'entra anche Cas in questa storia e sarebbe giusto che te lo spiegasse lui." Sam lo guardava come se avesse avuto due teste. "È suo fratello." Annunciò infine.
Sam spalancò gli occhi e si schiarì la gola provando ad iniziare quella che doveva essere una frase di senso compiuto, fallendo ovviamente.
"Cos-? ma come fai a-...?"
Chissà quanti ingranaggi stavano lavorando in quel momento, nel suo grande testone, per cercare di dare un senso a ciò che aveva appena sentito.
"Sai una cosa, Dean? Ne ho fin sopra i capelli di questa pagliacciata. Vado a farmi una doccia e poi voglio sapere ogni cosa da voi altri due imbecilli!"
Il fratello maggiore non ebbe neanche il tempo di replicare, che l'altro aveva già preso i vestiti che gli erano stati lanciati precedentemente e si era catapultato fuori dalla stanza.



***


Dean era appoggiato al tavolo della cucina con una birra mezza vuota in mano, quando vide attraverso la finestra l'auto di Gabriel sfrecciare sul viale bagnato dalla pioggia.
Appoggiò la birra sul tavolo e notò che proprio su quest'ultimo era presente una macchia di non-si-sa-cosa.
Poi sollevò lo sguardo e osservò alcune tazze e alcuni piatti ancora sporchi nel lavabo.
Forse avrebbe dovuto pensarci prima a dare una sistemata. Togliamo il 'forse'.
Uscì sul portico e non appena vide Castiel scendere dall'auto, ormai con le fiancate infangate, e camminare a passo svelto verso di lui per non bagnarsi troppo con la pioggia, sul volto gli comparve un timido sorriso e il suo cuore saltò qualche battito.
"Ciao, Dean." disse raggiungendolo.
Dean non rispose. Appena gli fu abbastanza vicino lo attirò a sé e si impossessò della sua bocca.
Con quel bacio, aveva intenzione di esprimere tutto il suo affetto e la sua rassicurazione, ma appena Castiel emise un gemito di piacevole sorpresa, tutte le buone intenzioni andarono a quel paese e quel bacio si trasformò decisamente in qualcosa di più passionale.
"Wow, sono contento di vederti anch'io." Disse Castiel, ridendo ancora sulle sue labbra, dopo essersi allontanato quel poco che bastava per parlare.
"Mi dispiace di essere stato così freddo stamattina... Dovevo farmi perdonare." Gli stampò un altro bacio.
"Non è colpa tua, Dean. È comprensibile dato quello che stai passando." Parlò Castiel con voce ferma ma allo stesso tempo dolce e profonda, come i suoi occhi blu oceano.
"Ora possiamo entrare? Sto congelando e sono tutto fradicio!"

Mangiarono il pranzo che aveva preso Dean alla Roadhouse, anche se scaldato a microonde non era altrettanto buono.
Sam era sceso in cucina di malavoglia, aveva rivolto un sorriso amichevole a Castiel e poi aveva rimesso su il broncio.
Durante il pranzo, aveva guardato con una smorfia a dir poco schifata la coppietta felice che si scambiava sguardi dolci e compassionevoli.
"Vi dispiacerebbe smetterla di mangiarvi con gli occhi a vicenda e spiegarmi la bella favoletta dell'orrore in quale siamo?"
Due paia di occhi si spostarono sul più giovane dei Winchester.
Poi Castiel sembrò collegare i puntini e si girò esterrefatto verso il suo ragazzo.
"Anche lui?"
Dean annuì, lanciando un'occhiata severa e allo stesso tempo preoccupata al fratello, che li stava ascoltando smarrito. Pareva un cucciolo di cane triste e desideroso di coccole.
"L'ho appena scoperto anch'io, perchè a quanto pare non sono l'unico che si tiene dentro i segreti."

Si spostarono in salotto: Sam sulla poltrona e Castiel e Dean sul divano.
Sam raccontó agli altri due ogni singolo dettaglio dei déjà-vu e dei sogni che lui aveva fatto, cercando di trovare dei punti in comune con il fratello.
Come si era già constatato precedentemente, l'unica comunanza era stata la visione di quell'uomo dagli occhi rossi che si accendevano come due lucine di Natale, con l'unica differenza che Sam l'aveva sognato all'interno di una gabbia che gli parlava incessantemente, fino allo sfinimento.
Dean era convinto che fosse lo stesso ragazzo della foto di famiglia dei Novak, ovvero il fratello maggiore scomparso di Castiel, Sam invece stentava a crederci.
Però fu costretto a farlo dopo che Castiel gli fece vedere la foto della foto dal suo cellulare.
"Nick non lo vedo da due settimane appena dopo il suo diploma."
Iniziò a dire Castiel.
Dean, vedendo che il suo ragazzo era in evidente difficoltà a parlare di questo argomento, gli si fece più vicino e gli appoggiò una mano al centro della schiena.
Sembrava una cosa stupida, ma anche se non avrebbe dovuto pensare ad altro in quel particolare momento, non poteva fare a meno di meravigliarsi di quanto quel gesto, per quanto semplice, era estremamente intimo e immaginò di star arrossendo dal fatto che sentiva un leggero calore in viso. Era la prima volta che si comportava in quel modo "da fidanzato" in presenza di una terza persona.
Sam, d'altra parte, non ci aveva fatto caso, dal momento che era assorto nel discorso.
"Nick e Michael sono gemelli, anche se sono diversi in tutto, soprattutto nel carattere." Iniziò a parlare Castiel. "Michael è responsabile, riflessivo e fin troppo rigido, mentre Nick era un uragano.
Faceva sempre e comunque quello che voleva e quando nostro padre non c'era manipolava me e Gabriel per esaudire tutti i suoi comodi.
Lui è Michael si detestavano, in un certo senso, ma non gli avrebbe mai fatto del male e tanto meno a noi. E anche se era sempre in contrasto con nostro padre, teneva molto alla famiglia.
Tutto cambiò intorno ai suoi diciott'anni e successe tutto da un giorno all'altro.
Inizialmente diceva di fare sogni strani e confusi, ma lui stesso non se ne preoccupava e perciò neanche noi.
Poi iniziò a dirci che sentiva delle voci, anzi no, una voce. Sempre la stessa. Diceva che era il male assoluto e ogni giorno che passava peggiorava sempre di più.
Noi e nostro padre non ce ne accorgemmo subito, perché Nick aveva iniziato a stare fuori casa per tutto il giorno. Tuttora non so cosa facesse in giro, anche se so di per certo che non era nulla di buono.
Nostro padre, appunto, lo mandò da uno psichiatra quando Michael, una sera, trovò dei vestiti insanguinati di Nick nella spazzatura e benzina, armi e droghe nella sua stanza.
Dopo alcune sedute lo psichiatra ci disse che nostro fratello era sociopatico e ci raccomandò di tenerlo d'occhio qualsiasi cosa facesse."
Dean lo fermò chiamandolo, aveva un'espressione chiaramente preoccupata e quando spostò lo sguardo anche su Sam vide che non era da meno.
"Cas, se vuoi fare una pausa o se non vuoi più andare avanti lo capiamo. Cristo... Stai tremando!"
Arrivato a quel punto Castiel non si era nemmeno reso conto di essere in quelle condizioni. Aveva avuto solo undici anni quando tutta quella faccenda era successa, ma si ricordava tutto alla perfezione. Ogni istante in cui suo fratello l'aveva guardato con quegli occhi vuoti e privi di ogni cosa che li rendesse umani.
"No, sto bene, non preoccupatevi. Ve lo devo, dopotutto." Per darsi coraggio, allungò la mano e strinse quella di Dean, che non mollò mai la presa. Se il suo ragazzo aveva provato fastidio per quel contatto fisico inaspettato, non lo diede per nulla a vedere, anzi, gliela strinse ancora di più e iniziò ad accarezzargli il dorso della mano con il pollice.
"Stavo per dire che per un po' di tempo, Nick sembrava di essere migliorato. Diceva che qualcuno nella sua testa lo stava aiutando, ma che ci voleva tempo. Forse lo diceva solo per via delle sue condizioni o... Non lo so, in quel periodo Gabriel e Michael facevano di tutto per tenermi lontano da lui, per non impressionarmi forse. Non è servito a molto.
Come ho detto prima, due settimane dopo il suo diploma, sparì completamente dalle nostre vite.
L'unica cosa che ci rimase di lui era un biglietto lasciato sul tavolo, dove c'erano scritte queste esatte parole: Mi dispiace... Lucifero ha vinto.
La polizia lo cercò per mesi, ma di lui nessuna traccia. Solo un anno fa chiamarono mio padre e gli dissero che finalmente l'avevano preso. È stato arrestato per omicidio, spaccio e uso di sostanze stupefacenti e data la sua precedente diagnosi, l'hanno internato in un ospedale psichiatrico di massima sicurezza.
Nostro padre non voleva che avessimo contatti con Nick, quindi solamente lui andava a visitarlo. Poi, quattro mesi fa si è tolto la vita nella sua stanza.
Quindi sono tornato per il funerale, il cui vi era permesso di partecipare solo alla famiglia, e mentre mio padre, Michael e zia Amara hanno deciso di tornare da dove erano venuti, io ho deciso di restare per il posto alla Lawrence High insieme a Gabriel e ai miei cugini."

Quando finì di parlare, Dean aveva ancora la mano intrecciata alla sua e Sam, seduto sulla poltrona come se volesse scattare in piedi da un momento all'altro, lo guardava con compassione e allo stesso tempo con mille domande che aspettavano di essere pronunciate.
"Castiel, mi dispiace per tutto ciò che hai passato," Disse quest'ultimo, appunto. "e scusa l'insensibilità e la fretta con cui ti chiedo questo, ma esattamente: come si collega la situazione di Nick alla nostra? Voglio dire, a parte i sogni, in comune non abbiamo nulla. Non abbiamo le voci malvage in testa e tantomeno non siamo sociopatici."
Dean lanciò al fratello uno sguardo carico di rimprovero e subito Sam si ricompose scusandosi silenziosamente.
"Non ti preoccupare, Sam. Ormai tutto questo per me è un lontano ricordo. Sinceramente? Non ho la minima idea se esiste un collegamento tra voi e Nick. E anche se esistesse, non riesco a pensare a quale potrebbe essere."
"Quindi è stato tutto un buco nell'acqua! Fantastico, magari dovremmo andare a farci vedere da uno bravo, Sammy." Esclamò Dean amareggiato.
Dopo qualche secondo di silenzio, Sam parve avere un'illuminazione.
"Non necessariamente! Insomma, chi legge la mente degli altri e ha a che fare con tutte quelle cose che riguardano gli spiriti e tutte quelle cose di quel tipo?"
Dean guardò il fratello come se gli fosse spuntata una terza testa "Eh? Una veggente suppongo. Ma ti senti quando parli Sam?! Non crederai davvero a tutte quelle stronzate da mondo ultraterreno? Quelle persone offrono i loro servizi fasulli solo per spillare soldi alla gente!"
"Ascolta Dean: che alternative abbiamo? Eileen conosce una persona che fa questo mestiere. Dice che non ha mai deluso le aspettative di nessuno."
"Eileen la tua ragazza?"
"Non è la mia ragazza, stiamo solo uscendo insieme!"
"Ma sentilo! Prima dici a me che devo essere più aperto, mostrare il vero me stesso e poi sei il primo che non vuole ammettere che sta con una ragazza che finalmente non è una psicopatica drogata!"
"Ma questo non c'entra niente! Stai andando fuori tema Dean!"
"Oh si, principessa c'entra eccome: vuoi anche che vada al gay pride vestito come un unicorno arcobaleno?!"
"Ragazzi, basta, vi prego!" Sbottò infastidito Castiel, che fino a quel momento aveva assistito a quella discussione assurda. "Dean, secondo me tuo fratello ha ragione. Andiamo da questa veggente o come cavolo si chiama, se è così affidabile come Sam dice. Infondo, che abbiamo da perdere?"
Dato che Dean non era mai stato in grado di resistere a quei bellissimi occhi blu, sospirò sconfitto, dando ragione agli altri due. "Okay. Andiamo da quella strega."


***


N/A: Non so un accidenti di sociopatia e ospedali psichiatrici, quindi la descrizione dei comportamenti di Nick e il modo in cui funzionano quelle strutture potrebbero essere cazzate ;)
Per il resto ci sto mettendo più del solito ad aggiornare perché in questo periodo sono sommersa di roba da studiare. Quindi mi scuso in anticipo per i prossimi tempi d'attesa.


Bea


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Capitolo 14
*** Know Your Enemy ***


N/A: Spoiler dalla 13esima stagione

Dean fu invaso da un'ondata di incenso non appena varcò la soglia di quella sottospecie di negozio, insieme a Sam e a Castiel.
Si guardò intorno sospettoso.
Tutto ciò che vedeva, oltre al turbinio di colori caldi e sbrilluccichii, erano candele profumate, che rendevano l'atmosfera densa e certamente non inodore.
Un po' dappertutto, sugli scaffali, sui mobili e anche appesi, c'erano oggetti magici di ogni tipo, dalle sfere di cristallo, ai medaglioni e persino quelle che sembravano bambole voodoo.
Ovviamente Dean si rifiutava categoricamente di credere che qualcosa lì dentro non fosse una buffonata per attirare i clienti.
Sta di fatto, che il cartello sulla porta diceva "aperto" ma nel negozio non c'era nessuno.
Sotto sotto sperava che mai nessuno sarebbe arrivato e dato che il negozio era piccolo, dubitava che una strega con tanto di cappello si sarebbe materializzata dal nulla.
Sam, confuso quanto lui, si schiarì la gola e iniziò a vagare nel piccolo spazio.
Dean stava per fare dietro front verso la porta, quando l'improbabile accadde.
Davanti a loro era comparsa, in maniera del tutto inspiegabile, una donna di mezza età, dalla carnagione bianca come il latte e i capelli lunghi e mossi, color rosso fuoco.
Il suo sguardo carico di malizia era risaltato da un trucco blu acceso, come il vestito lungo che indossava e che rendeva la sua figura ancora più slanciata ed elegante.
I tre uomini nella stanza erano ancora interdetti dall'improvvisa comparsa della donna.
Era come se si fossero congelati dallo stupore, con gli occhi sbarrati e le parole sulla punta della lingua.
Ormai diventata impaziente, la donna misteriosa indossò un perfetto sorriso di cortesia, proprio quello adatto ad accogliere dei nuovi clienti. "Ciao ragazzi." Salutò con voce decisa e spigolosa.
Dean avvertì una familiare sensazione di déjà-vu, del resto come gli capitava spesso da un po' di tempo a quella parte.
Nel tono e nell'espressione che la sconosciuta aveva utilizzato, sembrava che anche per lei non fosse la prima volta che si incontravano. "Vi stavo aspettando." Annunciò infatti.
Certo, poteva essere la classica frase fatta dai veggenti per convincere il cliente delle loro false capacità, ma chissà per quale motivo, Dean percepiva una cruda sincerità nelle parole della donna.
"Beh, insomma!" tuonò alterata lei. "Siete molto più giovani di come vi ricordavo, ma non avrei mai immaginato che questa versione di voi fosse così amorfa!" Camminò spedita verso la porta d'ingresso e girò il cartello per segnalare la chiusura del negozio. Poi si girò di scatto e sparì dietro ad una libreria in fondo alla stanza, dove effettivamente c'era una porta nascosta da uno stendardo antico.
Dean si incamminò deciso in quella direzione, non prima di essersi assicurato che gli altri due lo stessero seguendo.
Mentre suo fratello pareva solamente incuriosito, Castiel era decisamente diffidente. Lo notò soprattutto non appena tutti e tre furono al di là della porta nascosta, dal modo in cui il suo compagno gli si avvicinò e gli mise una mano sulla parte bassa della schiena con fare protettivo.
Si trovarono in un corridoio non troppo lungo e abbastanza illuminato da alcune lampade appese alle pareti. Sembrava l'ingresso di una casa vera e propria. Forse era lì che la "strega" faceva le sue sedute spiritiche con i clienti. O forse, semplicemente ci abitava.
Mentre Sam stava appena dietro alla donna, che subito entrò nella stanza alla fine del corridoio, Dean si girò verso il compagno, ancora teso dietro di lui, gli accarezzò dolcemente un braccio e lo prese per mano. "Tutto okay?" Sussurrò dolcemente. Castiel gli strinse la mano e affrettò il passo per raggiungere Sam. "Non lo so, ma ho una strana sensazione."

La stanza in cui erano appena entrati era veramente l'ingresso di una casa. Lo si poteva notare soprattutto dalla presenza di una vera porta d'ingresso alla loro sinistra, che quasi sicuramente dava sulla strada da dove erano arrivati.
La donna, sempre immersa in un silenzio carico di tensione, li condusse in un salotto dall'aria molto confortevole e con un gesto delle mani lì fece accomodare sul divano a tre sedute, accanto al camino acceso, unica fonte di luce presente nella stanza, oltre alla luce delle finestre che ormai non serviva più a molto, date le giornate sempre più corte di fine novembre, specialmente quel giorno piovoso.
Lei si sedette nel divano di fronte, più piccolo ma più elegante e dall'apparenza più comoda, poi finalmente parlò. "Non sapete quanto io abbia aspettato questo momento!" Annunciò soddisfatta e con un piccolo sorriso che le illuminava il volto.
Sorprendentemente, Dean non si sentiva minacciato da quella donna, anche se, sia lui che Sam e Castiel, non avevano una postura rilassata ed erano seduti come se fossero pronti a scattare in piedi da un momento all'altro, non riuscivano a percepirla come un pericolo.
"Rowena...?" Parlò Sam con voce insicura, ma carica di emozioni, come se in quell'unica parola avesse voluto esprimere tutte le domande ancora senza risposta che si erano posti non appena era iniziata quella situazione.
Il fratello maggiore lo fissò esterrefatto, ma non aprì bocca. Castiel non era da meno, mentre alternava lo sguardo dalla donna a Sam.
Quest'ultimo, invece, continuò a tenere gli occhi fissi davanti a sé, impaziente di ricevere una risposta.
Il minore dei fratelli guardò Rowena come se non fosse la prima volta che la incontrava e Dean conosceva abbastanza Castiel da poter dire lo stesso.
Facendo chiarezza nella propria mente, anche lui poté affermare di aver già sentito quel nome associato al viso pallido e spigoloso della donna. Nulla di nuovo insomma. Da quando erano iniziati i sogni, le sensazioni di questo tipo non lo sorprendevano più come le prime volte. Sperava solo di poter ricevere le risposte che tanto cercava.
"Oh!" Esclamò Rowena, fingendosi sorpresa "Vedo che ti ricordi di me, Samuel."
Prima che Sam potesse risponderle, il fratello lo precedette scattando in piedi innervosito.
"Ma si può sapere chi diavolo è lei? Siamo venuti qui per caso e sembra sapere già tutto di noi!" Prese fiato e si risedette passandosi una mano tra i capelli. "Sul serio, non mi dica anche che è una strega o simili, perché la mia sanità mentale non potrebbe sopportarlo."
Castiel gli prese la mano tra le sue. Pensando si trattasse di un gesto di conforto, Dean posò lo sguardo su quello del compagno e non appena capì cosa Castiel volesse realmente comunicargli, si separò immediatamente da lui, come se si fosse scottato. "Non mi dire che adesso credi anche tu a queste stronzate, Cas!"
"Dean, ascoltiamo cos'ha da dirci Rowena. Lo so che in fondo, anche tu credi che questa sia l'unica soluzione."
"Il tuo fidanzato ha ragione, Winchester," Disse Rowena ormai spazientita da quel teatrino che si era creato "e se voi adesso mi darete il tempo per spiegare, non crederete più che tutta questa faccenda sia una stronzata." Disse lanciando un'occhiata di rimprovero a Dean.
"Si, è vero, sono una strega. O per essere più precisi: ho assunto la consapevolezza di esserlo stata."
Anche se ancora molto confusi, nessuno dei presenti, ancora una volta, aveva avuto intenzione di interromperla. Osservarono Rowena immersi in un silenzio perfetto, carico di aspettativa e impazienza.
"Dovete sapere che questo in cui viviamo noi non è l'unico universo esistente. Ce ne sono infiniti altri, dove ognuno di noi esiste inconsapevole di altre realtà. Alcuni hanno la magia, altri sono abitati da creature soprannaturali che camminano tra gli umani o che si nascondono tra di essi, o in cielo oppure all'inferno. E molti altri sono completamente normali senza nessun tipo di anomalia, come questo in cui viviamo."
"Ci stai dicendo che tu vieni da un universo con la magia?" Chiese Sam insicuro, ma cercando di essere comprensivo.
"Porca miseria." Accanto a lui Dean si coprì il viso con entrambe le mani in segno di esasperazione, mentre Castiel continuava a guardare Rowena impassibile.
"Dean, smettila di fare l'idiota e dalle la possibilità di spiegarsi!" Ribatté il fratello con altrettanta esasperazione.
"Grazie Samuel, sei sempre stato il mio preferito per questo motivo e si, vengo da un universo molto particolare e pieno di cose che non potete neanche immaginare. Ma non starò qua a spiegarvelo nei dettagli, perché presto vi sarà tutto più chiaro."
Dean alzò un sopracciglio sfoderando un ghigno arrogante, una smorfia che invitava la donna a continuare a parlare, sebbene credendo ancora che tutta quella faccenda fosse un'epica burla.
"Nel mondo da cui provengo sono una strega. Non che sia importante, ma sono una delle più potenti che siano mai esistite. Voi due Winchester siete cacciatori del soprannaturale e durante la nostra conoscenza vi siete imbattuti in innumerevoli pericoli e situazioni disastrose, cacciandovi quasi sempre nei guai, cercando di salvarvi la vita a vicenda. Infatti, non per altri motivi siete morti e risorti almeno una decina di volte. Compreso te, occhi blu." Rowena rivolse la propria attenzione su Castiel, che la stava ancora fissando senza battere ciglio, nessuna emozione che tradiva il suo stato di momentanea apatia.
"Tu a differenza loro, non sei umano dall'altra parte. Sei un angelo." Rise amaramente "Non pensare che sia una cosa positiva, perché da dove vengo io, gli angeli sono degli stronzi con una scopa ficcata in culo, scusate il francesismo. Ovviamente tu poi sei cambiato perché hai capito l'umanità e l'hai amata. Sei persino morto per l'umanità e hai anche perso la tua grazia e le tue ali. Il tutto per salvare l'unica cosa che ti stava a cuore, anche se sapevi che non saresti mai stato ricambiato in quel senso.
Non sono affatto sorpresa che in questo universo voi due stiate insieme." Disse indicando Castiel e Dean, quest'ultimo adesso confuso, la smorfia arrogante di prima messa da parte.
"Almeno qui nessuno dovrà più sopportare i vostri sguardi carichi di tensione e pietà.
Ma ora bando alle ciance e arriviamo al punto.
Dopo una serie di eventi, io sono morta e successivamente sono diventata la regina dell'inferno, al posto di mio figlio, il mio povero Fergus!"
I tre uomini stettero ad ascoltare la donna che parlava di guerre tra angeli, che avevano portato Lucifero e Michele ad essere rinchiusi in una gabbia, proprio come quella nei sogni di Sam, fino ad arrivare alla nascita del nephilim, Jack. Poi, Rowena aveva raccontato loro di come era finita: il sacrificio di Castiel, Jack che diventava il nuovo Dio, la morte accidentale e inaspettata di Dean e il resto della lunga vita di Sam fino al loro ricongiungimento in paradiso.
"Il ruolo di Jack come nuovo Dio sembrava essere sotto controllo, fino a quando Lucifero riuscì ad evadere dal Vuoto e attraversare la barriera del suo universo di appartenenza.
É solo una mera coincidenza che la sua anima sia capitata in questo universo.
Per camminare sulla Terra, ovviamente aveva bisogno di un tramite. E quale se non lo stesso che ha avuto nell'altra realtà? Proprio Nicholas Novak che all'epoca era solo un ragazzino che aveva appena raggiunto la maggiore età. Non mi stupisce per nulla il fatto che sia riuscito a manipolare tuo fratello, per farsi dare il consenso di possedere il suo corpo." Disse rivolgendosi direttamente a Castiel. "Ci sono stati dei momenti in cui Nick riprendeva il controllo del suo corpo, anche se molto brevi e molto rari. Era proprio in quei momenti che Jack si metteva in contatto con lui in cerca di un modo per liberarlo dalla presenza di Lucifero e di rispedirlo nel Vuoto.
Quattro mesi fa, in uno dei suoi sempre più rari attimi di lucidità, Nick decise di porre fine a quell'inferno, prima che Lucifero prendesse completamente il sopravvento. Sapete già com'è finita." Concluse più seria che mai, con un velo di compassione negli occhi.
"Quindi mio fratello non è mai stato una persona crudele. Ci ha lasciato per proteggerci." Rifletté Castiel a bassa voce, le spalle incurvate in un atteggiamento di sconforto.
Dean gli si fece più vicino, prendendogli una mano e posandovi un bacio sul dorso. Non si era ancora completamente abituato a manifestare quel tipo di affetto in pubblico, ma dato che il pubblico consisteva in Sam, che era il loro sostenitore numero uno e una strega che apparentemente sapeva tutto della loro vita alternativa, aveva deciso di fare un'eccezione, dato che il suo compagno necessitava molto più di semplici parole di conforto in quel momento.
Non gli lasciò andare la mano nemmeno quando Rowena riprese a parlare.
"So tutto questo perché un effetto collaterale della scomparsa di Lucifero da questo universo, ha fatto si che voi iniziaste a ricordarvi della vostra vita alternativa, qualcosa a che fare con tutte le catastrofi apocalittiche che avete affrontato. Ed è per questo che Jack mi ha contattata e mi ha raccontato tutto, donandomi anche i ricordi dell'altra vita. Voleva darvi una scelta: continuare a ricordare o dimenticarvi completamente di tutto e andare avanti come se nulla di tutto questo fosse mai successo. Io sono in grado di farlo, se lo desiderate."
Sam e Dean si guardarono per alcuni istanti, senza usare le parole, sufficienti per decidere il da farsi. Come sempre si capirono al volo, comprendendo i desideri l'uno dell'altro.
Poi, fu Sam a parlare: "Vogliamo ricordare."
Sarebbe stato molto più facile per entrambi se avessero scelto di dimenticare.
Sam, ogni volta che si svegliava da un incubo riguardante la gabbia o dell'essere stato un drogato di sangue di demone, si ricordava quanto fosse stato difficile il suo periodo di ripresa dalla dipendenza da eroina, mentre gli incubi di Dean erano tempestati dalla morte di persone a cui aveva voluto bene, in questa vita e nell'altra. Entrambi avevano scelto di ricordare perché eliminare quella vita, anche se non l'avevano vissuta direttamente in prima persona, sarebbe stato come eliminare tutto il percorso che avevano fatto per arrivare fino a dove erano ora. La vita nell'universo soprannaturale era stata piena di orrore, perdite e sofferenza, ma anche di risate, persone e creature incredibili e avventure che mai sarebbero potute capitare a loro nell'universo attuale. Ricordare tutto quello li avrebbe resi più forti. Ce l'avrebbero fatta, come sempre, insieme.
Rowena sorrise compiaciuta "Sapevo che avreste detto così, Jack vi conosce molto bene."
Nessuno fece tempo a rispondere perché dal fondo del corridoio sentirono una voce infastidita accompagnata da passi svelti che si stavano dirigendo nella direzione della stanza dov'erano accomodati loro.
"Madre, quante volte ti ho detto che non mi piace che tu faccia le tue sedute con i clienti in salotto?! Non voglio far sostituire ancora le tende perché hanno preso fuoco!"
Castiel spalancò gli occhi e rabbrividì al suono di quella voce non affatto sconosciuta.
"Fergus, caro, smettila di essere così irritante quando sono presenti ospiti! Questa non è una seduta, è solo una chiacchierata con vecchi amici."
"Fergus?!" Esclamò ancora più sorpreso Castiel.
Un attimo dopo nella stanza entrò un uomo basso e robusto, vestito molto elegantemente per essere solo il preside dell'unico liceo presente a Lawrence. Alla vista dei tre ospiti presenti in casa sua parve sinceramente stupito. "Professor Novak. Cosa ci fa lei qui? Insieme al suo fidanzato poi. Non so chi sia lo spilungone, ma buonasera ragazzi. Non so come facciate ad essere amici di mia madre e sinceramente non mi interessa."
Dean lo riconobbe subito. L'uomo che nel suo sogno si era suicidato prima che Castiel si dirigesse verso Lucifero armato di lama angelica. Si ricordò che nell'altro universo era stato il re dell'inferno prima di sacrificarsi per chiudere lo strappo tra i mondi che aveva creato Jack nascendo. Lanciò un'occhiata a Sam che aveva la sua stessa espressione stupita. Anche lui ricordava.
"Lei non si chiamava Crowley di nome?" domandò in tutta risposta Castiel.
"Crowley è il mi secondo nome. Lo uso perché il mio primo nome mi disgusta. Non sopporto di avere origini scozzesi. E mia madre, per aver mantenuto la tradizione."
Rowena alzò gli occhi al cielo "Il signor Novak e i signori Winchester sono venuti a trovarmi per ricordare una conoscenza che avevamo in comune, nulla di più, caro."
Crowley analizzò velocemente i tre uomini, sospettoso. "Beh, Novak ci vediamo a scuola. Signori Winchester, è stato un piacere."
Una volta fuori dalla stanza e lontano dalle loro voci, Rowena sospirò afflitta. " Lui non sa nulla. Sono in grado di restituirgli i ricordi, ma tornerebbe ad odiarmi come nell'altro universo. Voglio rimediare ai miei errori come madre e avere un rapporto migliore con lui, almeno in questa vita."

Giunto il momento dei saluti, Castiel e Sam uscirono dalla porta di casa, mentre Dean rimase ancora un attimo, con ancora una domanda a cui voleva dare risposta.
"Prima hai detto a Cas che il lui dell'altro universo sapeva che io non l'avrei mai ricambiato. Credi che-" "Dean, caro, devi sapere che l'altro te era testardo a livelli impossibili, lui non avrebbe mai ammesso i suoi veri sentimenti. Forse non se n'era nemmeno reso conto, talmente era preso da cose più importanti, come salvare il mondo una volta si e l'altra anche.
Sai, le anime gemelle esistono. Riescono sempre a trovarsi, indipendentemente da chi siano nelle diverse realtà. Possono essere amici, amanti o nemici, perché no? Ma il loro legame sarà indissolubile fino alla fine."
Dean lanciò uno sguardo in direzione del fratello e del compagno che si stavano dirigendo verso l'auto. Il suo sguardo si soffermò su quest'ultimo. "Spero veramente che sia così."


***


Il viaggio verso casa fu immerso in un silenzio carico di riflessione, fino a che Sam indicò al fratello un indirizzo. "Portami lì."
Dean, che stava guidando, si girò di scatto verso il sedile del passeggero. "Prego?" Domandò sorpreso, subito dopo ritornando con lo sguardo fisso sulla strada.
"Ho bisogno di vedere una persona." Sam si contorse le mani in grembo, poi strofinò entrambi i palmi sulle cosce fasciate dai jeans scoloriti. Era nervoso e aveva paura di essere giudicato. "É l'indirizzo del mio sponsor."
Castiel, seduto nei sedili posteriori, cercò di non far caso alla conversazione, anche se impossibile dato che erano tutti e tre confinati in uno spazio chiuso di pochi metri quadrati. Provò comunque a far finta di non ascoltare guardando fuori dal finestrino, in rispetto della conversazione personale che stava avvenendo tra i due fratelli.
"Okay." Rispose Dean calmo. Sam lo guardò preoccupato, evidentemente cercando qualcosa da dire e dopo un attimo di silenzio, il fratello maggiore, capite le sue intenzioni, lo stroncò sul nascere: "Sammy... Non hai bisogno di giustificarti. Posso solo immaginare come tu ti senta adesso, dopo le cose che abbiamo scoperto oggi. Se hai bisogno di un aiuto che io non posso darti, sono ben felice che ci sia qualcun altro che possa farlo."
Sam sospirò, visibilmente più rilassato. "Grazie Dean." "Solo, ricordati che io e Bobby ci saremo sempre, per qualunque cosa."

Una volta rimessi in viaggio, appena Sam fu giunto a destinazione, Castiel prese posto sul sedile del passeggero. "Sei preoccupato, Dean."
"Lo sono sempre Cas, per il mio fratellino. Dopo tutte le stronzate che ha fatto in questa e nell'altra vita lo sarò sempre. Ma nonostante questo mi fido di lui. Con questo suo problema della dipendenza ero spaventato a morte, ma ho capito che in questo caso non toccava a me aiutarlo; anzi, non avrei nemmeno saputo cosa fare.
Sono contento che abbia uno sponsor e che vada agli incontri dei Narcotici Anonimi, anche se non ne parliamo quasi mai."
"Sono sicuro che supererà tutto questo alla grande. É un ragazzo sveglio."
Dean sorrise orgoglioso, allungò una mano e la posò sul ginocchio del compagno, stringendolo appena. "Sai, è da quando abbiamo lasciato la casa di Rowena che ho iniziato a ricordare sempre di più, anche inconsapevolmente. Fergus, o Crowley, quello che è, è l'uomo che nel mio sogno si è tolto la vita. Nell'altro universo era un demone, il re dell'inferno." Dean rise. Mai nella vita avrebbe mai immaginato di parlare di universi alternativi, angeli, demoni, apocalissi e chi più ne ha più ne metta. "Più che un alleato, era nostro nemico il più delle volte. Ma alla fine, si è sacrificato per salvarci. Poco dopo ti ho guardato negli occhi mentre morivi anche tu. Non avevo mai provato un dolore simile, per altre persone che non sono Sam, intendo." Si girò per qualche secondo verso Castiel, che lo stava guardando con occhi pieni di qualcosa che superava il semplice affetto. "Tu ricordi qualcosa?"
"No, niente di niente. Potrebbe essere che questa cosa su di me non funzioni, o potrei iniziare a ricordare da un momento all'altro o addirittura tra anni, chi lo sa? Ma va bene così. Non ho bisogno di ricordare chi ero in un'altra vita per essere me stesso in questa."
Dean annuì e mentre inforcava la strada che portava alla casa dove aveva vissuto la maggior parte della sua vita, portò più in alto la mano che era ancora poggiata sul ginocchio del compagno, al di sopra della coscia e si soffermò lì. Se all'esterno appariva sicuro di quello che stava facendo, dentro di sé, il suo cuore stava battendo all'impazzata timoroso del fatto che non sapeva se le sue intenzioni fossero chiare o se risultava solo un pervertito. Non osò togliere gli occhi dalla strada mentre parcheggiava, più per paura di scorgere l'espressione del compagno.
D'altra parte Castiel non fece nemmeno caso al nervosismo di Dean, talmente era in tensione; in maniera del tutto positiva si intende.
Era la prima volta che il suo ragazzo osava azzardare qualcosa di più che dei semplici baci, anche se effettivamente stavano insieme da poco più di due settimane. E oltre al fatto che avevano deciso di andare con calma, Castiel voleva aspettare che Dean si sentisse sicuro e a suo agio, dato che per lui era un'esperienza del tutto nuova. Se non fosse stato così probabilmente Castiel gli sarebbe saltato addosso anche in quel momento.
L'impala si fermò davanti casa, accanto alla porche di Gabriel. Senza dire una parola, Dean continuò ad accarezzare l'interno coscia del compagno, sentendo con le dita il tessuto dei pantaloni più tirato rispetto a prima. Poi si bloccò, notando che Castiel non stava muovendo un muscolo. "Sto..." tirò via la mano, insicuro. "...facendo qualcosa di sbagliato? Scusa, avrei dovuto assicurarmi che tu-" "Dean, taci per favore!" Tuonò seccato Castiel prima di sporgersi sul sedile dell'altro e fiondarsi sulla sua bocca con un bacio tutt'altro che casto. Poi si tirò indietro di scatto e accarezzò con una mano il viso di Dean. "Non hai fatto nulla che io non volessi, dolcezza. Aspettavo solo il momento in cui tu saresti stato pronto." Entrambi erano senza fiato, ma nonostante questo ripresero a baciarsi con foga, con le mani che cercavano di toccare l'altro il più possibile. "Cas..." Mormorò Dean sulle labbra del compagno. "Andiamo dentro casa, si sta un po' stretti qui dentro." Disse non solo alludendo allo spazio dell'impala.
In meno di un minuto erano scesi dall'auto, avevano attraversato lo spazio che li separava dalla porta d'ingresso ed erano entrati in casa. Non appena chiusa la porta Dean si fiondò sulla bocca di Castiel, con una tale impazienza lasciata da quei pochi istanti che li avevano separati, poi iniziò a slacciare i bottoni della camicia del compagno, esortandolo a fare lo stesso. Castiel si chiese se tutta quell'audacia da parte di Dean derivasse dal fatto che non correvano pericolo di essere scoperti, dato che Bobby sarebbe rientrato dal lavoro in serata, oppure dalla troppa astinenza che aveva praticato. In merito a ciò, si domandò quando fosse stata l'ultima volta che Dean era stato con una ragazza. Il solo pensiero che ce ne fossero state durante il loro periodo di amicizia lo faceva ingelosire e non poco. Con uno scatto di possessività gli slaccio la cintura e quasi ghignò al gemito sorpreso del compagno e quest'ultimo, non volendo aspettare oltre, lo condusse al piano di sopra, nella sua stanza. Il tutto ovviamente senza staccarsi un secondo l'uno dall'altro.
Finirono di spogliarsi a vicenda, rimanendo entrambi in boxer. Dean non poté fare a meno di ammirare Castiel, il suo Cas. Non avrebbe mai detto che sotto i completi formali che indossava sempre, ci fosse stato un fisico così tonico e muscoloso. Certo, ogni volta che ci aveva passato le mani sopra, a quel fisico da dio greco, l'aveva percepito, ma guardarlo con i propri occhi era tutta un'altra storia. Dall'altra parte Castiel lo stava guardando come se volesse mangiarlo, con i capelli disordinati, che gli davano un'aria selvaggia e gli occhi blu quasi del tutto inghiottiti dal nero delle pupille dilatate, tanto quanto era il suo desiderio. Erano molto diversi dagli occhi di tutte le ragazze con cui era stato, i quali fin troppo dolci e quasi da vittima, che gli avevano suscitato solo un senso di soddisfazione temporanea. Gli occhi di Cas, invece, gli facevano girare la testa e lo facevano sentire come se lui fosse stato una preda, la quale si sarebbe arresa al suo predatore molto volentieri.
Castiel lo spinse all'indietro, facendolo cadere sul letto e lo seguì anche lui, mettendosi sopra.
Continuarono a baciarsi e a toccarsi per minuti, mai sazi di quei piccoli ma focosi gesti, i bacini di entrambi che sfregavano l'uno contro l'altro in cerca di soddisfazione, percependo la durezza ancora intrappolata nei boxer, che ormai faceva male per il troppo desiderio.
Poi Castiel, ancora sopra di lui, gli fece scorrere una mano sulle natiche, portandolo più verso di lui, e una volta raggiunta l'altezza dell'inguine, allargò lentamente l'elastico dei boxer, come per chiedere il permesso di procedere. Dean lo lasciò fare, paralizzato da quel vortice di estasi che stava provando ai piani bassi, facendolo gemere più forte. Poi si irrigidì e un lieve senso di ansia si fece spazio in lui.
Il compagno notò subito la sua insicurezza e si fermo, addolcendo lo sguardo. Ora nei suoi occhi blu non vi era esclusivamente passione e desiderio, ma anche affetto...Amore.
Dean sussurrò con un velo di imbarazzo, sentendo le guance arrossire: "É la mia prima volta con..." "Lo so dolcezza," mormorò Castiel con voce roca. Gli baciò la mascella ruvida, coperta dalla barba di un giorno e gli sussurrò nell'orecchio "ti sentiresti più sicuro se stessi tu sopra?" e quelle parole fecero risvegliare il vigore di prima. Senza rispondere, Dean invertì le posizioni e si lasciò guidare sia dal compagno e sia dal suo istinto, facendo le cose che piacevano a lui stesso.
Così facendo passarono gran parte del pomeriggio su quel letto, a sperimentare, a conoscersi l'un l'altro, ad entrare in un'intimità mai provata prima.
Come tutte le prime volte, non fu un'esperienza da mozzare il fiato, soprattutto per Dean che aveva poca idea sul da farsi, ma entrambi si sentirono molto in sintonia, legati non solo in senso fisico: Appartenersi l'un l'altro.
Era la prima volta che facevano l'amore.


***

Nella stanza regnava la pace dei sensi, i respiri di entrambi si stavano calmando, così anche i battiti del cuore. Da minuti se ne stavano lì, abbracciati, con il lenzuolo che copriva le loro gambe intrecciate, fino ad arrivare appena al di sopra della vita.
Dean poggiava la testa sul petto di Castiel, le mani di tutti e due che continuavano ad accarezzare i propri corpi sudati e appiccicosi. Non che in quel momento gliene fregasse loro qualcosa.
"Dirai alla tua famiglia quello che abbiamo scoperto su tuo fratello?" Mormorò Dean, lasciandogli poi un soffice bacio sul petto.
"No. C'è stato fin troppo dolore nella mia famiglia riguardo alla scomparsa di Nick, non vorrei farglielo passare di nuovo. E poi, sarebbe molto difficile da spiegare non avendo delle prove. Conoscendo mio padre, se gli raccontassi una cosa di questo tipo, mi rinchiuderebbe nello stesso ospedale psichiatrico in cui è stato Nick." Rispose. "Voi lo direte a Bobby?"
"No. Per lo stesso motivo. Anche se ci crederebbe non voglio dargli anche questa preoccupazione. Finché non è una questione di vita o di morte e finché io e Sam stiamo bene.
A lui importa questo." Sospirò. "Nell'altro universo, come anche in questo, è stato l'unico padre degno di essere chiamato tale, per me e per Sam. Certo, John ci ha provato, ma la perdita della mamma l'ha devastato irrimediabilmente." Castiel lo strinse più forte e affondò il naso tra i suoi capelli, respirando il profumo chimico dello shampoo economico che Dean era solito usare, ma che su di lui calzava a pennello, facendogli provare un senso di familiarità.
"Cas...Tu credi nell'esistenza delle anime gemelle?" Domandò un po' insicuro. "Si, Dean. E tu?"
"Tempo fa avrei detto di no. Ma ora ci sono tante cose a cui ho iniziato a credere."


***


N/A: Non ho scusanti per il ritardo madornale. In tutti questi mesi ogni giorno ho pensato a come avrei potuto scrivere questo capitolo veramente complicato ( soprattutto la parte della spiegazione dell'esistenza dei vari universi e quant'altro) ma alla fine sono riuscita a superare il blocco dello scrittore. Per il resto, ho tutta la storia dentro la mia testa, devo solo capire come metterla per iscritto.
In questo capitolo si arriva alla colonna portante dell'intera storia e i nostri protagonisti hanno avuto la risposta alle domande fondamentali e non meno importante, hanno iniziato un nuovo e fondamentale capitolo della loro relazione. Ora la domanda è: la pace durerà per sempre? Presto arriverà un'altra sconvolgente novità ;)

Bea



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Capitolo 15
*** Heat of the Moment ***


Il peggior suono mai sentito fece interrompere il sonno di Castiel. "Heat of the Moment",quella stupida canzone che Dean aveva come suoneria della sveglia.
Lui preferiva di gran lunga le sveglie tradizionali che emettevano dei decisi e forti "Bip" e che ti facevano destare subito dal sonno, senza tante cerimonie.
Ma da quando lui e Dean avevano iniziato a passare la notte insieme, quindi quasi sempre, da ormai un mese, la tradizionale sveglia veniva disattivata, se si trovavano a casa sua, perché Dean riusciva a svegliarsi bene solo con quel brano degli Asia.
A detta di quest'ultimo, era la giusta canzone per svegliarsi allegri e pimpanti, pronti per iniziare una giornata lavorativa.
Dean spalancò gli occhi come se fosse stato telecomandato da un impulso esterno e si lanciò di scatto sul comodino, afferrò il cellulare e finalmente spense quell'inferno. Poi, come suo solito, si girò sul fianco e si rimise a dormire.
Castiel, ormai sveglio completamente, prese il compagno per la spalla nuda, e lo spinse fino a farlo girare a pancia in su, quindi alzò appena le coperte per farsi spazio e si mise sopra di lui, sostenendosi sulle braccia, in modo da non schiacciarlo con il suo peso.
Gli posò un breve bacio sulle labbra, poi sulla guancia e poi un altro sulla mascella, fino a scendere sul collo. Non fermò la sua discesa nemmeno quando sentì Dean mugolare divertito. Quella era una sveglia decisamente migliore, nessuna competizione.
Dean sollevò un braccio e tenendo ancora gli occhi chiusi, passò le dita tra i capelli già scompigliati del compagno, mentre un pigro sorriso si fece strada sul suo volto.
"Non ti sono bastato la scorsa notte, Cas?" "Tu non mi basti mai, dolcezza. -Rispose l'altro maliziosamente.- Ma nonostante io voglia più di qualsiasi altra cosa stare qui con te, farò tardi al lavoro se non mi alzo entro..." Diede un'occhiata all'orario segnato sulla sveglia "...Ora. Forza Dean, se anche tu farai ritardo un'altra volta, Bobby ucciderà sia te che me."
Dean sbuffò contrariato, ma un improvviso rumore proveniente dal suo stomaco gli fece venire voglia di alzarsi dal letto, solo per aprire il frigo e scoprire quale delizia avesse portato a casa Gabriel la sera prima dalla pasticceria.
Nel frattempo, Castiel si era alzato dal letto e si stava vestendo con il minimo indispensabile per andare al piano di sotto a preparare la colazione.
Dean lo squadrò da capo a piedi e si mise già a fantasticare sulla sera a venire.
Non credeva di provare attrazione per gli uomini in generale. Certo, gli piacevano ancora le donne, ma con Cas era tutta un'altra storia.
Sentiva un'attrazione di diverso tipo, non esclusivamente per l'aspetto fisico, ma sentiva un legame più profondo, quasi come se, da quando aveva incontrato Castiel su quella panchina quel giovedì di metà settembre, in lui si fosse installata una specie di connessione indissolubile. Forse era stato semplicemente il destino, come aveva sostenuto Rowena, o forse c'entrava il legame che avevano avuto nell'altro universo: la faccenda del'Sono quello che ti ha afferrato e ti ha salvato dalla perdizione'. Ma in qualunque caso, era felice di quello che stava costruendo con Castiel. Felice come non lo era mai stato prima.
"Credo che farò una doccia. Vieni con me Cas?"
"Se venissi con te sai benissimo che quella doccia non finirà più. Vado di la a farmela."
Giusto. In questa casa ogni camera da letto aveva un bagno privato. Dean si non si era ancora del tutto abituato a tutto quel lusso da ricconi.

Dean scese in cucina profumato come una rosa e vestito con i primi indumenti che gli erano capitati in mano, perché si, Cas gli aveva riservato due cassetti nella sua stanza e lo stesso aveva fatto lui a casa sua.
Queste cose, anche se piccole, lo rendevano talmente felice che nella sua mente si sentiva come se avesse vinto alla lotteria della vita.
Non per nulla Sam e Bobby, nell'ultimo periodo, stentavano a riconoscerlo, continuando a prenderlo in giro a causa di questo"filtro rosa", anche se sotto sotto entrambi erano ben più che felici di vederlo così spensierato e non in modalità"Vivo alla giornata".
Per quanto riguardava la questione sogni e visioni appartenenti all'altro universo, ormai i due fratelli ci avevano fatto l'abitudine. Avevano più volte sognato la morte dell'uno e dell'altro in diverse circostanze, tanto che al loro risveglio bastavano pochi minuti per scrollarsi di dosso le terribili sensazioni, anche se i ricordi diventavano più vividi che mai facendo ricordare loro, giorno per giorno e un po' alla volta, tutta la loro vita alternativa, che in un certo senso non era mai stata loro.
Era un po' come guardare se stessi in TV.
Non per altri motivi, ogni volta che saltava fuori l'argomento non sapevano se rivolgersi ai loro dell'altro universo con il "loro" o con il "noi". Era molto confusa la questione, soprattutto quando capitava loro di parlare con una persona e di ricordarsi della sua controparte dell'altro universo.
Ad esempio, la sera prima, Dean stava parlando del più e del meno con Gabriel dopo cena, mentre Castiel finiva di correggere dei compiti e all'improvviso, come ogni volta che gli succedeva, gli era apparsa davanti agli occhi una scena che raffigurava Gabe in un programma TV di una camera di un motel, mentre indossava dei raccapriccianti baffi finti e circondato da pornostar.
"Casa Erotica". Quello ora se lo ricordava.
Dean aveva strizzato gli occhi ed era sbiancato. Tutt'ora non era ancora riuscito a togliersi quelle immagini dalla testa, ma cercava di riderci su.

Dean, appena varcata la soglia della cucina, si diresse verso il frigorifero, sapendo benissimo che appena lo avrebbe aperto, sarebbe stato lì a fissare il suo contenuto in adorazione, indeciso su cosa mangiare.
Questo era un altro punto a favore, perché il frigorifero a casa sua era quasi sempre mezzo vuoto, dato che lui e Bobby erano per la maggior parte del tempo fuori casa e Sam, comprava solo il suo maledetto"cibo per conigli", robaccia salutare si, ma priva di gusto.
Cannoli siciliani, canestrelli alla frutta o una specie di torta alla panna con le fragole sopra?
Tirò fuori tutto dal frigorifero e mise su il caffè.
Sapeva che quando era a casa del suo compagno, la mattina, non si faceva mai colazione con uova e bacon, come era solito fare lui da tutta la vita.
Quando sentì dei passi scendere le scale, si aspettò che fosse Castiel, ma non appena girò la testa si sorprese a vedere un Gabriel in mutande con solo addosso una vestaglia rosso scarlatto, che tutto assonnato entrava in cucina sbadigliando. "Buongiorno Dean-o, dormito bene? Anzi sai cosa? Non lo voglio sapere. I muri di questa casa non sono molto sottili, ma non abbastanza da evitare di sapere cosa stavate facendo voi due piccioncini."
"Gabriel!" tuonò una terza voce.
Castiel, appena arrivato e vestito con il suo completo da professore.
"Sta' tranquillo Cassie. Sei sempre così pudico!" Disse il fratello maggiore sedendosi a tavola e versandosi il caffè appena preparato da Dean.
"Non sono pudico," rispose Castiel piccato "è che non mi va che tu ficchi il naso in quello che facciamo in camera da letto."
"Pff, che drama queen. Tu che ne pensi Dean-o?"
Quest'ultimo si alzò dal tavolo con la bocca piena di torta e si girò per riporre il piatto finito a metà nel lavandino della cucina. "Penso che sia l'ora di andare al lavoro." rispose con le guance leggermente rosse.
Ecco una cosa che non avevano in comune lui e l'altro lui. Il Dean Winchester che andava a caccia di demoni e fermava l'apocalisse era spavaldo e non si sarebbe imbarazzato per quelle battutine, anzi avrebbe avuto la risposta pronta con tanto di sorrisetto saccente.
"Eddai ragazzi, scherzavo! Volevo parlare con voi qualche minuto per organizzare il pranzo di Natale. Non abbiamo molto tempo, manca solo qualche settimana." disse Gabriel, con gli occhi che brillavano.
Dean si risedette e Castiel fece lo stesso di fianco a lui.
"Pranzo di Natale?" domandò Dean confuso.
Nel frattempo Castiel sospirò e si mise una mano in fronte imprecando sottovoce.
Gabriel guardò il primo inclinando la testa. Quella era l'unica caratteristica, che secondo Dean, avevano in comune i due fratelli.
"Si... Il tuo fidanzatino non te ne ha parlato? Mi domando, fate altro oltre che a scopare?" "Gabriel, finiscila!"
"Si, lo so fratello, scusa!" rispose questo con un ghigno e alzando le mani in segno di resa.
Dean sembrava non aver fatto caso al battibecco appena avvenuto tra i due fratelli e chiese ancora una volta. "Pranzo di Natale?"
Fu Castiel a rispondere, leggermente imbarazzato. "Mi dispiace Dean, mi sono completamente dimenticato di dirtelo. Nostro padre tornerà in città per le vacanze di Natale e pensavamo fosse un'ottima occasione farvi conoscere. Sarà una cosa semplice e in tranquillità."
"Sarà un pranzo talmente tranquillo che avrai tutta la nostra sociopatica famiglia pronta a storcere il naso non appena verserai il vino nel modo sbagliato." Aggiunse con nonchalance Gabriel, rendendo il fratello infastidito e Dean molto meno entusiasta di prendere parte a quell'iniziativa.
Non che prima saltasse di gioia all'idea.

Castiel uscì dalla stanza tornando a prepararsi per uscire e Gabriel non perse tempo.
Gli si mise accanto, serio come poche volte l'aveva visto."Dean, non voglio spaventarti, ma devi sapere che non appena nostro padre è venuto a sapere che Castiel ha iniziato a frequentarsi con qualcuno, ha cercato ogni tipo di informazione su di te e la tua famiglia.
L'ha fatto perché è un maniaco del controllo e soprattutto perché Castiel non è esattamente un figlio modello. Ed è da quando Nick è sparito anni fa, che ha un particolare occhio di riguardo per lui, quasi come se si aspettasse che si ribelli da un momento all'altro.
Sai, io e mio fratello Michael invidiavamo Castiel in un certo senso: era il più piccolo di noi, il più innocente e sempre al centro delle attenzioni di nostro padre, che anche se non è un uomo che mostra affetto, si capivano con chiarezza le sue preferenze."

Un angelo caduto,pensò Dean.
Gli tornarono alla mente alcuni momenti vissuti nell'altro universo.
Castiel rinchiuso in quell'ospedale psichiatrico, completamente impazzito mentre tutti lo credevano morto.
Quando poi avevano appreso, grazie alla traduzione della tavoletta, che per sconfiggere i leviatani era necessario del sangue di angelo caduto, Castiel stesso aveva porto loro una fiala del suo sangue.
L'aveva fatto sorridendo, come se si fosse appena tolto un peso, anche se molto probabilmente era stata la pazzia a farlo agire così.
Angelo caduto. Proprio come Lucifero e come Nick nel loro universo.
Con la mente tornata al presente di quella realtà, Dean sospirò e indossò la sua migliore espressione facciale ironica. "Wow, grazie Gabe. Adesso si che mi è venuta voglia di prendere parte alla vostra rimpatriata familiare di Natale."
"Suvvia Winchester, andrà bene. Sempre se non ti vestirai con una di quelle tue ridicole camicie di flanella."

***

Il tanto temuto giorno alla fine arrivò.
Era la mattina di Natale e dopo aver passato la vigilia a casa Winchester/Singer, Dean e Castiel erano pronti per affrontare il pranzo con la famiglia Novak.
Dire che Dean fosse agitato era poco. Non solo perché stava per incontrare per la prima volta la famiglia del suo compagno al completo, ma anche perché sarebbe stato decisamente strano sedersi a tavola con delle persone che nell'altro universo lo avevano voluto morto.
Soprattutto Chuck, che nell'altra vita era stato causa di gran parte delle sofferenze sue e di suo fratello e sempre a causa sua gli era stato portato via il suo Cas, in un certo senso.
A volte avrebbe voluto avere tutto il coraggio e la spavalderia del Dean Winchester che ora viveva solo nei suoi ricordi.
Guardò nella direzione di Castiel, che era in piedi davanti allo specchio di camera sua e si stava facendo il nodo alla sua cravatta preferita, quella blu, che si abbinava perfettamente ai suoi occhi.
Il suo compagno gli sorrise guardandolo attraverso lo specchio. "Sei pronto?" gli domandò.
Dean lo squadrò da capo a piedi. Il completo nero che indossava Castiel gli aderiva come se fosse stata una seconda pelle, una visone da mozzare il fiato. Poi guardò se stesso: camicia bianca spiegazzata, giacca e pantaloni neri e la cravatta bordeaux a strisce grigie che teneva in mano e che non riusciva ad allacciare, altra cosa che invidiava del se stesso alternativo.
"Mi daresti una mano con questa?" gli domandò in risposta.
Castiel gli si avvicinò sorridendo, gli prese la cravatta dalle mani, gliela mise intorno al collo e iniziò ad allacciargliela.
Questo vide che Dean era assorto nei suoi pensieri. "Dean." attirò la sua attenzione e immediatamente gli occhi del compagno incontrarono i suoi. Erano pieni di preoccupazione e di qualcos'altro che Castiel non era sicuro di riuscire bene ad identificare, forse nostalgia?
"Sei ansioso, respira. So che non hai sentito parlare benissimo della mia famiglia, ma la cosa migliore sarebbe affrontarli a testa alta, così avranno meno su cui storcere il naso. So per certo che ne sei più che in grado."
Dean spostò lo sguardo su quello di Castiel, carico di apprensione e sentì le sue mani scivolare via da sé dopo avergli stretto il nodo della cravatta.
Subito si ricordò di una situazione abbastanza simile e non poté fare a meno di sorridere.

"Castiel... Noi umani, quando vogliamo qualcosa con tutte le nostre forze, mentiamo."
"Perché?"
"Perché è così che si diventa presidente."*

"Sai, il Dean Winchester di Supernatural era molto più abituato di me nel vestirsi bene.
Andare in giro a fare domande vestiti da FBI era una parte essenziale del risolvere i casi."
Castiel inclinò confuso la testa. "Supernatural?" Domandò.
"Si, Cas. Tuo padre... Voglio dire Chuck, oltre che ad essere Dio era anche uno scrittore.
Aveva scritto un'intera saga di libri chiamataSupernatural, che descriveva praticamente tutte le disgraziate avventure che abbiamo vissuto.
Per gli angeli quei libri erano soloil vangelo dei Winchester, ma certi fan ne erano veramente ossessionati. Organizzavano addirittura convention e delle ragazzine hanno pure adattato i libri ad uno spettacolo teatrale."
"Wow, beh ti posso assicurare che mio padre non ha nessun interesse in quel genere di libri.
Ha solo scritto un paio di manuali di cucina e inoltre, nessuno verrà a sapere che non sei molto pratico nel vestirti elegante."
"Si, penso tu abbia ragione Cas. E poi, non penso che qualcuno della tua famiglia voglia ammazzarmi per ragioni che riguardino la fine dell'esistenza umana."
Poi, si voltò verso la porta della camera, ma prima di uscire si fermò, come se avesse dimenticato qualcosa.
Tornò a guardare Castiel sorridendo. Nei suoi occhi c'era tutt'altro che timidezza, anche se si poteva immaginare il contrario, dato il rossore che gli imporporava appena le guance.
"Non vedo l'ora che questo pranzo sia finito così che io possa toglierti pezzo dopo pezzo questo completo che ti sta divinamente." Annunciò con voce roca.
Castiel, con un paio di falcate attraversò la stanza e lo raggiunse, gli agganciò le mani dietro al collo, per non scombinargli i capelli, e schiantò la bocca su quella di Dean, che subito si sciolse in quel bacio rude e appassionato. Anche se durò per poco, dato che Castiel si staccò da lui e sempre tenendo le mani allacciate alla sua nuca gli sussurrò, con le labbra che si sfioravano tra di loro: "Anche tu sei stupendo vestito così. Ma ti trovo molto più sexy con i jeans consumati, le tue colorate camicie di flanella e sporco di olio per il motore."
Dean sospirò pesantemente, desiderando le mani del compagno lungo tutto il suo corpo e di non lasciare quella stanza per ancora molto tempo. "Ti prego Cas. Usciamo da quella porta prima che io possa perdere la ragione e rinchiudere entrambi qui dentro."

Scesero al piano di sotto in perfetto orario per partire.
La cucina era ancora un disastro dalla sera precedente: la tavola ancora da sparecchiare e le posate e una pila di piatti sporchi nel lavandino. Quella era la normalità in casa loro, soprattutto la mattina di Natale.
Ogni anno Bobby e i Winchester passavano la sera della vigilia con Ellen e Jo, mentre la mattina successiva erano soliti svegliarsi ancora prima che sorgesse il sole e partire per una scampagnata in montagna in mezzo alla neve insieme a Rufus.
Ovviamente quest'anno avevano modificato la tradizione aggiungendo un posto a tavola per Castiel la sera prima, mentre quel giorno, Bobby e Rufus erano partiti senza Dean e Sam.
Infatti, qualche ora prima, a colazione, Dean aveva chiesto al fratello perché non fosse partito anche lui.
Sam aveva semplicemente risposto che non sarebbe stato lo stesso senza il fratello maggiore e che voleva starsene un po' per conto suo.
Ancora prima che Dean avesse potuto esprimere il suo disappunto, era intervenuto Castiel, che l'aveva invitato ad andare a pranzo con loro, guadagnandosi un'occhiata piena di gratitudine dal compagno.
Molto probabilmente l'aveva fatto in modo che Dean avrebbe avuto un punto di riferimento in mezzo ai pazzi egocentrici che erano i suoi familiari e anche perché nessuno si meritava di passare il giorno di Natale da solo.
Sam, inizialmente, aveva provato a declinare l'offerta, ma dopo uno sguardo che non consentiva repliche, da parte del fratello, aveva accettato con un sorriso timido.
Ora che Dean ci ripensava, era abbastanza sicuro di aver condotto il fratello minore nella stessa fossa dei leoni in cui si stava dirigendo lui.

Sam li stava già aspettando all'ingresso, pronto ad andare e da ragazzo perfetto qual era, ovviamente si era annodato la cravatta senza l'aiuto di nessuno.
"Allora... Stiamo per pranzare con quelli che sono stati i nostri acerrimi nemici. Senza offesa, Castiel." disse Sam sembrando più divertito di quello che voleva apparire.
Dall'altra parte, Castiel sembrava tutt'altro che offeso dalla battuta, al che Dean intervenne, fintamente scioccato dagli sguardi complici che si lanciavano il fratello e il compagno.
"Vedo che la cosa vi diverte."
"Perché, a te no?" domandò Sam sghignazzando.
"Chiudi il becco Samantha. Salirai dietro." Disse prendendo le chiavi dell'auto dal portaoggetti.

***

Ad aprire la porta di casa Novak fu Gabriel, vestito esattamente come loro, con tanto di capelli tirati indietro con il gel. Sembrava che una mucca gli avesse leccato la testa, un po' come Draco Malfoy nel primo film di Harry Potter.
"Buon Natale ragazzi!" esclamò raggiante. "Samuel! che bella sorpresa, non pensavo venissi anche tu." aggiunse spostandosi per farli entrare.
"Oh, è stata una cosa dell'ultimo minuto, mi dispiace non aver avvisato prima. Ma se ci sono problemi-" "Non dire sciocchezze. Più siamo e più sarà facile sopportare la nostra famiglia, vero fratello?"
Castiel, intento a togliersi il cappotto e premurarsi di prendere anche quelli dei suoi ospiti, fulminò brevemente con lo sguardo Gabriel e si accertò che i fratelli Winchester non fossero intenzionati a riprendersi i cappotti e a fuggire il più lontano possibile da lì.
Certo, Dean non l'avrebbe mai fatto. Lo conosceva e anche se era un uomo pieno di insicurezze, riusciva a nasconderle bene e ad affrontare qualsiasi tipo di sfida a testa alta.
Proprio quest'ultimo gli si avvicinò, abbassò leggermente la testa in modo da parlargli a bassa voce. "Tranquillo Cas, la tua famiglia non mi farà mai cambiare idea su di te."
Si soffermò a guadare Sam, in piedi accanto a loro, che annuiva sicuro.
"Se i noi alternativi hanno affrontato la loro versione cattiva, i noi di questo universo saranno perfettamente capaci di superare il pranzo di Natale." Disse Sam sfoggiando il suo sorrisetto saccente.
"Beh, di certo ci vuole un certo grado di concentrazione per non incasinarsi il cervello parlando di queste cose, senza la pancia piena." Detto questo, Dean, spinse verso la cucina sia il compagno che il fratello, non ancora sicuro di cosa aspettarsi.

***


N/A:*5X03 (Free to Be You and Me)

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