Il Ciclo degli Elementali: il Guerriero di Fuoco

di NonLoSo_18
(/viewuser.php?uid=820461)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'uomo con la maschera bianca ***
Capitolo 3: *** Il Consigliere ***
Capitolo 4: *** Alys ***
Capitolo 5: *** In viaggio ***
Capitolo 6: *** La città di cenere ***
Capitolo 7: *** Scontro alla miniera ***
Capitolo 8: *** La cosa delle donne ***
Capitolo 9: *** Allenamento ***
Capitolo 10: *** Terrarossa ***
Capitolo 11: *** Il Buco ***
Capitolo 12: *** Sjel ***
Capitolo 13: *** Preparativi ***
Capitolo 14: *** Il Lord di Fireal ***
Capitolo 15: *** Uccidere ***
Capitolo 16: *** Legami ***
Capitolo 17: *** Attacco a Terrarossa ***
Capitolo 18: *** Vecchio ***
Capitolo 19: *** Borea ***
Capitolo 20: *** Vanyan ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


INIZIO

 

Stavano festeggiando il suo compleanno in una calda mattina di estate quando accadde.
«Spegni la candela, Vanyan» Sua madre stava ridendo mentre prendeva il coltello per tagliare la torta.
Suo padre, invece si era seduto vicino a lui, insieme con sua sorella.
Anche Vanyan si divertiva: quel giorno suo padre gli aveva intagliato una spada di legno nella sua falegnameria. E fino a quel momento il ragazzino si era divertito ad agitarla per colpire le foglie degli alberi.
«Non riesco a credere che tu abbia già dieci anni» disse sua madre, accarezzandogli i capelli.
Lui invece non vedeva l'ora di essere più grande e più forte.
Si stavano divertendo, quando ad un tratto il viso di suo padre perse ogni traccia di divertimento, e sprofondò in una cupa serietà, di cui Vanyan si accorse subito.
Anche sua madre sembrava essere diventata seria di colpo, mentre sua sorella era perplessa.
I suoi genitori fecero appena in tempo a scambiarsi un'occhiata che una raffica di vento interruppe la loro festa e fece volare via il tavolo e le sedie.
Un uomo era apparso nel prato.
A prima vista era un uomo alto, vestito con una casacca di tela e dei pantaloni chiari, capelli castani che arrivavano alla nuca, una pelle olivastra... e una maschera a coprirgli interamente il viso.
Vanyan lo guardò, la maschera era bianca e lucente, con piccole venature più scure. Aveva delle piccole incisioni che sembravano lunghe linee sulle guance, una a formare la bocca, e una piccola luna crescente incisa sulla fronte.
Ma ciò che a Vanyan fece più paura non era quella maschera inespressiva.
No, a Vanyan ciò che fece più paura furono gli occhi. Azzurri, gelidi.
E intrisi di una rabbia e di un odio capace di instillargli una paura primordiale. 
Suo padre si mise davanti a lui, spingendolo indietro con il braccio, e Vanyan pensò che non esistesse un uomo più forte e coraggioso di lui.
«Cosa vuoi?» 
L'uomo mascherato abbassò lo sguardo su di lui, e Vanyan istintivamente si ritrasse, quegli occhi sembrava volessero bucargli l'anima.
Poi lui semplicemente disse «Sai perché sono venuto» 
Suo padre si girò verso di lui. A differenza dell'uomo mascherato i suoi occhi erano verdi e gentili.
Poi si girò verso sua madre «Prendi Angel e Vanyan e andatevene! Avvisate gli altri, non deve arrivare in città» Gli occhi di sua madre erano fermi «Non ti lascio»
«Ti prego...» Fu la risposta.
Sua madre ci doveva aver capito cosa voleva dire meglio di lui, visto che subito dopo lo prese per un braccio, prese sua sorella per l'altro, e li trascinò insieme nei boschi poco dietro. Vanyan non riuscì a sentire cosa suo padre e il tizio mascherato si stessero dicendo.
«Angel, vai ad avvertire gli altri giù di andarsene e che sono in pericolo» Disse sua madre a sua sorella, che sparì nei boschi, e il ragazzino vide solo la sua chioma bionda tra le foglie.
«Vanyan, tu resta con me» 
Lui era spaventato «Voglio andare da papà» Le disse. Non lo avrebbe abbandonato. Un guerriero non abbandona mai quelli che ama. 
La faccia di sua madre era di pietra come la maschera dell'uomo «No» 
Ma Vanyan non aveva nessuna intenzione di ascoltarla: approfittando di un momento di distrazione, il ragazzino si liberò dalla stretta, e corse verso lo spiazzo.
Con la coda dell'occhio scorse la sua torta di compleanno gettata per terra, ma non gli importava. Suo padre era in pericolo e lui doveva aiutarlo.
Lo vide proprio mentre affrontava l'uomo in maschera, scagliandogli contro lame di vento, però l'avversario li schivava tutti agilmente. Anche l'avversario scagliava lame di vento, e generava vortici per deviare gli attacchi. Quindi anche lui era Areal, come suo padre.
Suo padre sì che era un combattente coraggioso, e Vanyan fu orgoglioso di lui, e di quanto fosse forte. Sapeva difendersi, senza mai fare troppo del male al suo nemico, lui mirava piuttosto ad allontanare gli attacchi.
Lo vide abbassarsi all'ultimo e scansare una lamina di vento diretta contro di lui.
Suo padre aveva generato una barriera di vento, e riusciva a deviare gli attacchi.
Di colpo, Vanyan vide la barriera dissolversi davanti a lui, e vide l'avversario caricare una lama di vento, e puntarla verso suo padre, che era perplesso.
Vanyan non riuscì a trattenersi «PAPÀ!» Urlò, gettandosi verso di lui.
Fu un attimo: nella distrazione di suo padre, il colpo fu scagliato, e colpì suo padre in piena potenza sul petto.
Glielo squarciò, il sangue che schizzava tutto intorno e sporcava l'erba verde chiaro.
Nell'intervallo di tempo che Vanyan ci mise per correre verso di lui, mentre questo cadeva a terra come una foglia morta, vide di nuovo attraverso la maschera i suoi occhi.
Azzurri, e gelidi.

Angolo autrice
Spero che sia di vostro gradimento

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'uomo con la maschera bianca ***


L'uomo con la maschera bianca

 
Nove anni dopo
 
La luce del sole entrò dalla finestra della piccola casa a più piani in cui Vanyan viveva, e il ragazzo si svegliò, buttando i piedi fuori dal letto e grugnendo.
 
Si alzò, maledicendo il fatto di essersi svegliato, e si sedette sul letto.
Quel giorno non aveva da lavorare, nessuna nave sarebbe arrivata al porto prima di mezzogiorno, quando avrebbe dovuto scaricare i soliti, noiosissimi sacchi dalla nave al magazzino.
 
Imprecò anche per questo, per un fireal scaricare sacchi sotto il sole non era esattamente il massimo del divertimento.
 
Mentre si alzava e si vestiva, guardò la luce dorata del sole di fine estate che si stagliava dai palazzi del Quartiere del Fuoco, una delle suddivisioni di Città degli Elementi.
 
Quindi uscì di casa e andò a sciacquarsi la faccia ad una fontanella vicino casa, poi si fermò a riflettere, guardando verso l’alto.
 
L’incubo l’aveva tormentato di nuovo, quindi era inutile riprovare a dormire.
Preferì andare verso il porto e sedersi su una delle casse, facendo vagare l’occhio sulla distesa azzurra, mentre il sole si rifletteva sull’acqua.
 
Peccato che non ci fosse più nessuno spettacolo, per quanto bello, capace di entusiasmarlo.
«Capitale degli Elementi, il posto più fantastico per morire di noia» Sospirò.
 
Dalla dispensa aveva preso delle strisce di carne secca, e si mise a sbocconcellarla con aria persa.
 
Finito di mangiare, si pulì le dita unte sulla maglietta rossa che indossava, e si avviò verso il luogo di lavoro.
“Se è già aperto vedo se sbrigo qualcosa, così mi pagano di più” forse in questo modo oltre a poter mangiare si sarebbe potuto comprare anche qualcosa da bere.
 
Mentre camminava tra le strade, sollevò la testa, e rivide per l’ennesima volta i palazzi in terra rossa, tipici dei quartieri di Fuoco della Città degli Elementi, e le torce dei fireal che magicamente sparivano, mentre saliva il sole.
 
Vicino a uno dei palazzi scorse un gruppo di uomini e donne che parlavano con voce concitata.
Suo malgrado, fu costretto a sentire quello che dicevano, anche se in realtà sentì solo poche parole: «Le rivolte… uno è rimasto ucciso… Schifosi non elementali, dovrebbero crepare tutti malissimo…»
 
Decise che non gli importava: probabilmente qualche non elementale, stanco degli abusi degli Elementali, doveva essersi ribellato in malo modo, e probabilmente era stato giustiziato.
 
Roba come quella non era così strana, ma sinceramente aveva altro a cui pensare.
 
Quando arrivò al magazzino, vide che le porte erano state già aperte e che il suo capo si trovava proprio davanti a queste.
 
Lo salutò con un cenno della mano, mentre lui rimase impassibile.
 
«Sei in anticipo, Vanyan» Disse soltanto. Di fronte allo sguardo seccato del giovane, continuò:
«Beh, i sacchi sono nel magazzino, metti ordine e quando arriva la nave caricaceli sopra» Distolse subito lo sguardo.
 
Senza fare altri commenti, Vanyan entrò nel magazzino, dove si trovavano altri due ragazzi intenti a chiacchierare tra loro. Mentre si avvicinava sentì le stesse parole che aveva sentito prima, in strada.
Parlavano di un attacco, o qualcosa del genere. Come la gente di quella mattina.
 
Vanyan odiava impicciarsi, e generalmente non gli fregava di quello che succedeva in giro, ma quella volta la curiosità fu troppo forte.
 
Si avvicinò loro: «Scusate, cosa è successo?»
Gli lanciarono uno sguardo così infastidito che Vanyan stesso sentì un brivido di rabbia percorrergli la schiena, spezzando il suo consueto stato di apatia.
 
Ciononostante, uno di loro alla fine gli rispose «Ieri pomeriggio c’è stato un attacco, un gruppo di non elementali ha assaltato un centro di estrazione a Pietrarossa, hanno fatto fuori un gruppo di fireal e rubato la polvere drago che c’era lì dentro. Sembrava un qualcosa di organizzato ma boh, non lo so» Sollevò le spalle, e tornò a parlare con i suoi colleghi, ignorando di nuovo Vanyan, il quale decise che di quella storia non gli sarebbe importato più nulla.
 
Emettendo un sonoro sbuffo, il ragazzo si girò e tornò a dedicarsi ai sacchi. Erano persino più pesanti delle altre volte, pensò imprecando.
 
Dopo aver caricato i sacchi sulla nave si girò, pronto a prenderne altri… per poi venire sbalzato un istante dopo da una violentissima esplosione.
Menomale che era un fireal, o probabilmente sarebbe morto bruciato!
 
Mentre era steso a terra gli fischiavano le orecchie, i suoni erano ovattati e gli girava la testa per la botta.
 
Si rialzò a fatica, si sentiva disorientato e aveva la nausea, ma si diede comunque una controllata, la maglia rossa era bruciata in più punti, e sul davanti aveva uno squarcio enorme. Se la levò con un colpo secco, avrebbe finito solo per intralciarlo nei movimenti.
 
Anche i pantaloni erano in buona parte carbonizzati, constatò con disappunto, ma non era quello il momento di preoccuparsene.
 
Cosa diamine era successo? Era esploso qualcosa? Avevano delle casse di polvere drago in magazzino, ma cosa diamine era stato a farle saltare.
 
Avrebbe controllato, se non fosse che il magazzino adesso non esisteva più, al suo posto c’erano solo cumuli di macerie fumanti. Erano rimasti solo una parte del tetto e due muri in piedi.
 
Si avvicinò e stese le mani in avanti, chiudendole a cerchio. Le fiamme cominciarono a scendere, e dopo qualche minuto sparirono completamente. Vanyan vide alcuni dei suoi colleghi uscire dalle macerie e aiutare gli altri che erano dentro.
 
Non ebbe modo di sincerarsi delle loro condizioni, perché qualcosa lo colpì con violenza al braccio sinistro, di taglio.
 
Nello shock del momento, non si accorse nemmeno troppo del dolore, e quasi per nulla del sangue che aveva iniziato a scorrere e gli era arrivato fino al polso, sgocciolando al suolo.
 
Piuttosto si girò di istinto, scagliando una vampata di fuoco verso la direzione del colpo, solo per vedere qualcuno saltare verso di lui.
 
Un giovane ragazzo con la pelle pallida, i capelli scuri, e due occhi neri dal taglio sottile. La sua bocca non era visibile, perché coperta quasi tutta dalla sciarpa bianca che indossava, una giacca verde, e un paio di pantaloni larghi color crema.
 
E aveva puntato contro di lui una sorta di piccolo cilindro cavo, Vanyan aveva già visto qualcosa del genere, ma non ricordava come si chiamasse.
 
Non c’era tempo però, perché il giovane premette qualcosa alla base dell’oggetto cilindrico, e con un’esplosione una piccola forma scura venne verso di la sua faccia a tutta velocità.
 
Furono solo i suoi riflessi a salvarlo, il ragazzo si gettò al suolo con forza, scansando il colpo, che si infranse con alcune delle casse dietro, provocando un’esplosione di frammenti di legno.
 
Il tempo di rendersene conto e il ragazzo era sparito.
Vanyan non perse tempo, e si lanciò all’inseguimento arrancando dietro di lui.
 
In città la situazione era anche peggio: edifici in fiamme, gente che correva da tutte le parti, altri suoni di esplosioni.
 
Un wateral, sollevando un getto d’acqua da una fontana, lo scagliò contro uno di quelle figure che saltavano tutto intorno a loro, prendendo invece lui e sbalzandolo contro un muro.
 
Sputacchiando acqua, Vanyan si alzò, pronto a bersagliare il wateral con i peggiori insulti che aveva imparato nel suo lavoro al porto, ma fu colpito un istante dopo da un barile scagliato da chissà chi, finendo nuovamente per terra.
 
Rinunciò anche alle imprecazioni.
 
Pochi istanti dopo rivide lo stesso ragazzo che l’aveva attaccato pochi minuti prima correre via
«Eccoti, Bastardo!» Lo inseguì.
 
Il tizio, però, era una cavalletta: Vanyan lo vide saltare tra gli edifici e dirigersi verso i vicoli, troppo stretti per uno della sua stazza. Maledisse la situazione.
 
Un altro saltò fuori, utilizzando di nuovo uno di quegli strani aggeggi per scagliare contro un’altra cassa di polvere drago, vicino alla quale si trovava una figura con un mantello con il cappuccio.
 
Non si vedeva bene chi fosse, ma certamente aveva una corporatura molto esile.
 
Come in una visione, si immaginò la cassa esplodere, travolgere quella persona e ridurla in cenere senza lasciarne più nulla.
 
Prima che questo accadesse, si gettò tra la cassa e la figura incappucciata. Spalancò le braccia, e le fiamme si spalancarono davanti a lui, venendo deviate dalla traiettoria, mentre si girava verso la figura.
 
Ora che riusciva a vederla meglio, si rese conto che era una ragazza.
 
E che non si era minimamente spostata a sua volta.
«Ma che fai, idiota?!» le urlò «Va via da qui!»
Lei continuò a non muoversi, poi i voltò verso di lui, e il ragazzo intravide un volto pallido, dai lineamenti affilati, e due occhi grigi.
 
Poi, sempre senza dire una parola, si girò facendo svolazzare l’orlo del mantello scuro, e se ne andò.
 
Vanyan si chiese che problema avesse, ma non aveva tempo di pensare, perché il tipo l’aveva attaccato.
 
All’ultimo schivò un pugno diretto alla sua faccia, rispondendo con un calcio che riuscì a rallentare il nemico, stavolta un tizio con una specie di sacco sul viso, dove c’erano solo i buchi per gli occhi e uno per la bocca, dove si vedevano due labbra carnose.
 
Vanyan era abituato a combattere, gli anni di esperienza in mezzo alla strada e l’addestramento in Accademia gli avevano insegnato qualcosa, ma aveva il braccio sinistro rigido e dolorante.
 
Forse la ferita era stata più profonda di quello che aveva creduto.
 
E probabilmente anche il suo nemico l’aveva capito e gli sferrò un calcio ben assestato proprio sul braccio ferito, strappandogli un grido strozzato.
 
Per fortuna Vanyan era abituato anche a combattere ferito, bastava non usare l’arto. E, sempre per fortuna, non era mancino.
 
Colpì l’avversario con una gomitata in pieno viso, proprio sul naso. Non dandogli il tempo di riprendersi, sferrò una seconda gomitata nel mezzo dello stomaco, facendolo piegare dal dolore, e poi, rinforzando il suo colpo con del fuoco dietro il gomito, anche un pugno, di nuovo in piena faccia.
 
Quest’ultimo rovesciò il giovane a terra, mentre Vanyan si alzava e si teneva su il braccio ferito. Lo raggiunse in pochi secondi e gli si buttò addosso.
 
Il tipo aveva ben poche speranze contro di lui: era almeno la metà, e lui aveva il fuoco.
 
Lo tenne bloccato per terra premendogli un ginocchio sul petto «Chi diavolo sei? E che cosa sta succedendo?»
Proprio in quel momento vide arrivare la guardia cittadina, e loro afferrarono il suo assalitore per le braccia.
 
Lui non provò nemmeno a liberarsi, al contrario fissò Vanyan con gli occhi iniettati di sangue.
«Vedrete che torneremo, tutti, e ve la faremo pagare per tutti questi anni. Il grande Borea farà giustizia per noi»
 
Vanyan in realtà non aveva mai sentito quel nome «E chi sarebbe questo Borea?»
 
Il ragazzo continuava a ridere, come se fosse pazzo. E forse lo era davvero «L’uomo che attraverso la sua maschera bianca giudica i tuoi crimini da lurido Elementale, e li punisce!»
 
Poi afferrò con i denti qualcosa che teneva nella manica e la ingoiò di colpo.
 
Diede un ultimo sguardo al ragazzo e poi la sua testa iniziò a muoversi a scatti, per poi crollare verso il basso insieme alle braccia, che si afflosciarono.
 
Vanyan non se ne accorse quasi; nella sua testa risuonavano solo le sue ultime parole. Le persone lo urtavano avvicinandosi, lui le sentiva, ma si sentiva come in un tunnel, le orecchie gli fischiavano, forse per l’esplosione ma ancora di più per quello che era stato detto, la testa era mille anni luce lontano.
 
L’uomo con la maschera bianca.
 
Alla fine, quel giorno era arrivato.

Angolo autrice
Capitolo speciale, perché oggi è il compleanno di Vanyan. Cercherò di aggiornare ogni martedì per tre settimane, prima di andare in pausa, voi intanto fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto, baci.
Elly

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il Consigliere ***


Il Consigliere


La notte precedente aveva piovuto, almeno così si erano spenti gli incendi.

Vanyan si rigirò sul materasso, sentendo la ferita sul braccio sinistro tendersi e far male.
Poco dopo lo scontro, era andato in una delle infermerie montate sul posto a farsi medicare il braccio. Non sapeva ancora dove avessero trovato il tempo di occuparsi di lui in mezzo a tutto quel macello di gente ferita, morente o morta. 
Era stato vicinissimo ad urlare per il dolore mentre infilavano l'ago nella carne e gli ripulivano la ferita con l'alcol. Grazie al cielo non l'aveva fatto, sarebbe passato per un debole.

Nel frattempo aveva sentito le notizie del giorno: Dopo che il suo assalitore era morto, erano giunte voci che l'altro, la cavalletta, invece era fuggito. Non se n'era preoccupato molto, sinceramente parlando era ancora intontito.
Anzi, la frase sull'uomo con la maschera bianca aveva aperto la porta a un repertorio di incubi: si era svegliato e si era riaddormentato continuamente.
Ogni volta aveva rivisto quegli occhi di ghiaccio, ogni volta aveva riguardato suo padre cadere, il sangue macchiare l'erba, risentire le ultime parole che gli aveva detto. Il modo in cui gli aveva afferrato il braccio prima di morire davanti a lui.
Alla fine aveva rinunciato a dormire ed era rimasto nel letto, mentre il sole rischiarava ancora una volta il pavimento in legno.

Le giornate erano tutte uguali.
Si stava ancora rigirando, senza pensare a nulla, quando un ritmico bussare alla porta l'aveva fatto alzare.
Chi poteva essere, a quell'ora? Nemmeno riceveva molte visite, lui. Anzi non ne riceveva affatto.

Ancora intontito e con i capelli in disordine, si diresse verso la porta... e il suo cuore mancò un battito quando vide due soldati in uniforme.
Avevano delle camicie di seta dai colori sgargianti su cui erano drappeggiati dei mantelli anch'essi in seta, pantaloni e stivali, quello di destra era vestito interamente di rosso, quello di sinistra era in bianco.
Un Fireal e un Aeral. Si disse Vanyan. Quelle erano le uniformi dell'esercito degli elementali.
«Vanyan Momonoi?» Gli chiesero, senza troppe cerimonie.
«Sì, sono io. Ditemi» Rispose. Non pensava volessero arrestarlo. Sarebbe successo ieri, altrimenti.
Solo che non capiva cosa potessero volere da lui.
«Lord Erik Shaffer, membro del Concilio, richiede la tua presenza»
Vanyan quasi sobbalzò: cosa poteva volere un membro del concilio da un fireal qualsiasi che lavorava al porto?!
Certo, la risposta appariva chiara, quasi scontata: era lui ad aver sconfitto uno dei due aggressori, ma sicuramente non si aspettava che lo volessero ringraziare di persona.
«D'accordo» Disse «Datemi un momento per prepararvi, e lo raggiungo»
Le guardie annuirono, e se ne andarono, chiudendo la porta.

Una volta solo, Vanyan si dedicò a rendersi presentabile; insomma, il primo incontro con una personalità così importante richiedeva di certo un aspetto consono.
Dopo aver passato un'ora cercando di togliersi i nodi dai capelli ed essersi lavato alla fontana fuori, il ragazzo andò verso il suo armadio con l'intenzione di prendere il vestito adatto all'occasione.

Solo che non aveva nulla da mettersi. Non erano molte le situazioni per cui lui aveva bisogno di vestirsi bene. Tutti i suoi vestiti erano quelli di lavoro, macchiati, sgualciti e vecchi. Decisamente non adatti a qualcuno come Lord Shaffer.
Quelli dell'esercito forse? La divisa e il mantello rosso erano in buone condizioni...
Meglio di no, non dopo quello che era successo.
Dopo un po' di ricerche, trovò in fondo al suo armadio una camicia di seta nera con il collo bordato di rosso scuro, forse un regalo di qualche compleanno, anche se non ricordava di chi. Probabilmente di sua sorella, chi altri poteva fargli regali?
Per fortuna ancora gli stava ancora, anche se era un po' stretto. Per i pantaloni, un paio color vinaccia che per qualche miracolo avevano ancora un'aria presentabile.
Le scarpe erano il paio che usava a lavoro, solo un po' più nuove, pregò che non si notassero troppo.
Uscì di casa: dopo la pioggia l'aria era fresca, e per terra c'erano delle pozzanghere, mentre la strada era bagnata.
In lontananza intravide quello che restava del magazzino, e penso che forse non avrebbe avuto più un lavoro. Non gli era mai piaciuto, del resto, ma la paga almeno era sicura.
Dalle parti del porto, dei gatti si avvicinarono e iniziarono a strusciarsi alle sue gambe, mentre Vanyan si piegava e ne accarezzava qualcuno sulla testa: di solito lasciava loro sempre qualcosa da mangiare, ma quel giorno non aveva niente.

"E se non trovo un altro lavoro in fretta, non avrò da mangiare nemmeno per me"

Certo, sua sorella o sua madre l'avrebbero aiutato -su sua madre non ne era così sicuro- ma Vanyan odiava dover chiedere aiuto a qualcuno.
Mentre si rialzava, vide in lontananza la ragazza incappucciata del giorno prima sparire dietro un vicolo. Chissà perché girava ancora con il mantello addosso, le dava un'aria losca.
Beh, non erano problemi suoi.
Poco dopo era davanti enorme villa di Lord Shaffer, una magione che si alzava su almeno sei piani, con degli enormi creature scolpite sui doccioni.
Anche il portone era in massiccio legno scolpito con le maniglie in ottone. Due delle guardie vestite di verde e di azzurro presidiavano il portone, uno a destra e uno a sinistra.
Vanyan avrebbe forse dovuto sentirsi intimidito, ma in realtà provava solo indifferenza, e una leggera impazienza, perciò incrociò le braccia e guardò i due con aria annoiata.
Quelli risposero allo sguardo all'apparenza impassibili, ma Vanyan poteva sentire la loro irritazione ribollire: quelli come loro guardavano tutti dall'alto in basso, e amavano quando la gente si mostrava intimidita davanti a loro, perciò l'atteggiamento indifferente di Van li stava facendo infuriare. Il ragazzo non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Finalmente, dopo un tempo che parve interminabile, il portone si aprì: nel corridoio comparve un ragazzino, probabilmente uno schiavo non elementale.
Indossava una tunica di stracci, aveva i capelli neri spettinati, e il marchio degli schiavi, il simbolo dell'Alleanza Elementale, un sole con cinque raggi. Vanyan provò una punta di dispiacere per lui, però una voce rimbombò nelle scale «Vieni Vanyan, ti aspettavo»

Lord Shaffer era comparso sulla scalinata. 

Vanyan si soffermò a guardarlo: magro e alto, con un viso dai tratti affilati e dalla carnagione pallida, aveva i capelli neri che gli scendevano fino alle spalle, una pelle pallida, di un colore quasi cadaverico, e un viso dai lineamenti affilati, su cui spiccavano due occhi scuri, quasi neri.

C'erano un certo rispetto e ammirazione che lo legavano a quell'uomo, che a nemmeno ventotto anni era riuscito ad entrare in una delle cariche più importanti possibili, e che a differenza degli altri mostrava uno sguardo sveglio, e intelligente.
Non indossava gli abiti bianchi tipici degli aeral del Concilio, piuttosto aveva optato per un farsetto in argento come i suoi pantaloni con piccole spirali ricamate in filigrana, e una collana in massiccio metallo scuro. Anche le scarpe erano bianche, e anche la sala era interamente in marmo bianco come la neve, con colonne sulle quali erano scolpiti tralci di vite che si avviluppavano fino alla cima. 
Vanyan con la sua pelle abbronzata, con i suoi capelli neri, i suoi occhi dorati e i suoi vestiti scuri, si sentiva terribilmente fuori posto.
Ciononostante, fece del suo meglio per non mostrare nemmeno un briciolo di quel disagio, e seguì Shaffer sulle scale.

Lui lo condusse in una stanza che, da sola, era grande quanto il suo intero appartamento.

Un tavolo lungo quasi due metri era al centro, con due sedie in legno anch'esso bianco, con finiture in oro, e lunghi baldacchini dorati correvano lungo i muri intarsiati. Gli stemmi dell'Alleanza, un sole a cinque raggi in oro, e quelli della Famiglia Reale, wateral, che rappresentavano un delfino, campeggiavano su tutte le pareti.
Vanyan si sentiva ancora più a disagio di prima in mezzo a tutta quella ricchezza. E al tempo stesso sentiva qualcosa di strano verso l'uomo dinanzi a lui, per cui lo fissò con aperta diffidenza.
Lui sembrò non accorgersene, e guardò Vanyan con un'aria tranquilla, sorridendo.
«Allora, Vanyan, vuoi qualcosa da bere?»
«No, grazie» Declinò il ragazzo, continuando a guardarlo quasi a chiedergli cosa volesse da lui.
Per tutta risposta, l'uomo sollevò una mano per chiamare la cameriera e chiederle di portare del vino rosso e un bicchiere.
Nel farlo la sua mano scivolò fuori dalla manica, e Vanyan vide che lui non era magro. Aveva un braccio secco e muscoloso, molto diverso dagli altri nobili flaccidi che lui aveva visto in giro.

Poco dopo stava bevendo il vino da una coppa di cristallo.

Vanyan odiava bere, l'ultima volta che si era ubriacato aveva scaraventato un tavolo in mezzo alla strada, per fortuna senza fare troppi danni, per cui, al contrario di Shaffer, rifiutò, preferendo chiedere dell'acqua.
«Allora, Vanyan, innanzitutto volevo ringraziarti per ciò che hai fatto ieri» 
Ci fu una pausa, ma Vanyan non disse nulla, e preferì lasciarlo continuare.
«Ci hai aiutato a catturare il sovversivo, per quanto non siamo riusciti ad interrogarlo. Per ringraziarti, volevo offrirti dei Soli d'oro»
«Non voglio soldi!» scattò lui, di colpo, poi si rese conto di con chi stesse parlando.
«Nel senso... non mi servono»
Lui sorrise «Non voglio offrirti soldi per pietà o cose del genere, consideralo un ringraziamento per quello che hai fatto... e un pagamento anticipato per quello che ti aspetta»
Vanyan drizzò le orecchie. Lasciò che Lord Erik continuasse.
Lui sembrò accorgersi della sua faccia.
«Vanyan, vorrei chiederti di aiutarci» fece una pausa, ma il ragazzo non disse nulla «Voglio chiederti di mettere fine a questa storia»
«Cosa?»
L'uomo davanti a lui prese un altro sorso di vino «Mi hai sentito, voglio che tu sconfigga l'uomo con la maschera»
Vanyan era sbalordito «Perché io? C'è un intero esercito»
«E hai visto quanto è stato utile, Vanyan, chi vogliamo prendere in giro? Nessuno ha fatto nulla finché non sei arrivato tu. Il fatto è che quelli la fuori sono solo degli stupidi e incapaci»

Vanyan trasalì: questo non se l'era aspettato. Shaffer riprese. «Credono di essere migliori di loro, per questo non vogliono sprecare forze. E poi...» Abbassò la voce: «Anche se potessero, non sarebbero in grado di fare niente» 
La tensione nella sala era palpabile; Lord Erik prese un altro sorso di vino, e si passò la mano tra i capelli neri. «Hai visto ieri con cosa ti hanno colpito, no?» D'istinto, Vanyan si portò una mano sul braccio, nel punto della ferita. «Era un proiettile, la loro nuova invenzione. La chiamano pistola. Sembra che facciano anche proiettili in osso di drago. Sai cosa significa?»
Vanyan lo sapeva vagamente: l'osso di drago bloccava i poteri degli Elementali. Lo usavano per fare bracciali da mettere ai prigionieri. Se i non elementali fossero riusciti ad usarlo come arma...

«Esatto, Vanyan, sarebbe un grosso problema per tutti quanti» Lord Shaffer pareva avergli letto nel pensiero.
«I ragazzi dell'Accademia fanno troppo affidamento sui loro poteri, nel corpo a corpo non sarebbero capaci, a differenza tua» Cosa a cui il ragazzo aveva dovuto adattarsi, in realtà: un fireal per controllare le fiamme bruciava tutte le energie del suo corpo, e doveva poi mangiare un sacco per rimettersi, Vanyan non aveva tempo per queste cose.
«E i non elementali... stanno studiando metodi per contrastarci abbastanza efficaci, devo dire. Allora, ci aiuterai?»
Vanyan sapeva già la risposta «Ci sto»
Avrebbe avuto la sua vendetta, finalmente.

Angolo autrice 
Buon ferragosto a tutti, ragazzi!💖 spero che il capitolo vi sia piaciuto, come vi siano piaciuti i personaggi, e noi ci vediamo a martedì prossimo. Un saluto dalla vostra Elly 💖

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Alys ***


ALYS

Camminando, ripensava all’ultimo dialogo avuto con Shaffer riguardo la sua missione.
 
«Per prima cosa, dovrai investigare su quella misteriosa polvere-drago» Gli aveva detto lui, continuando a bere il suo vino «Sembra che la estraggano in una città qui vicino, e molto probabilmente troveremo gente disposta a darci informazioni riguardo l’uomo con la maschera.»
 
Logica per cui Vanyan aveva avuto una sola domanda «E perché non inviate qualche soldato?» Stava per chiamarli “cani del Concilio” come aveva detto spesso nella sua vita, prima di ricordarsi chi aveva davanti.
 
«Come ho detto prima, non vogliono collaborare» Era stata la sua risposta.
«Ma è ridicolo, hanno iniziato ad uccidere gente, quanto ancora vogliono aspettare prima di fare qualcosa?»
 
«Te l’ho detto: non vogliono ammettere di essere stati presi nel sacco da degli inferiori non elementali» Una smorfia di disappunto gli distorse i lineamenti «Ho cercato di far cambiare loro idea, ma non ne hanno voluto sapere»
«Quindi l’unica scelta è indagare da privato, ci aiuterai?»
 
Il ragazzo piantò i suoi occhi color oro in quelli scuri di Shaffer «In cambio ho una richiesta» Disse, sollevando il dito indice «Quando verrà il momento, voglio essere io ad uccidere l’uomo con la maschera»
 
«Richiesta accordata» Fu la risposta, e Vanyan pensò che volevano semplicemente una pedina sacrificabile per svolgere un lavoro scomodo. Non gliene importava nulla, alla fin fine era un accordo vantaggioso per entrambi.
 
«Quando devo partire?» Domanda che lord Shaffer trovò esilarante per motivi a Vanyan poco chiari.
«Dai tempo al tempo» Gli disse «Dobbiamo prima occuparci degli ultimi preparativi»
 
Non era rimasto molto altro da dire, Lord Erik lo congedò, lui si diresse verso la porta e fece per andarsene.
«Un’ultima cosa, Vanyan: quanto detto tra noi deve restare un segreto, intesi?»
Il ragazzo lo scrutò a lungo in silenzio, prima di rispondergli «Va bene»
 
§§§
 
Una foglia rossa svolazzò davanti alla sua faccia, per poi posarsi al suolo, mentre il ragazzo camminava tra le vie del porto per tornare a casa.
 
L’autunno non era poi molto lontano.
 
Vanyan entrò nel mercato, che visti gli eventi degli ultimi due giorni era spoglio e silenzioso, e comprò una mela per poche monetine da un venditore, per poi mangiarsela su una cassa ripensando all’ultimo discorso avuto con Shaffer.
 
Molto probabilmente avrebbe accettato.
 
L’unico problema era che non sapeva effettivamente né dove si nascondesse l’uomo in maschera, né come ucciderlo. Si sarebbe fatto venire qualcosa in mente lungo la strada, magari.
 
Con questi pensieri tornò a casa.
 
Si tolse la camicia e i pantaloni, buttandoli alla rinfusa sul pavimento, e poi si gettò con il ventre sul letto, appoggiando il mento sui cuscini e lasciando che il silenzio gli riempisse la testa, cancellando ogni altro pensiero.
 
 
§§§
 
 
I giorni si erano susseguiti lentamente dalla chiamata di Lord Shaffer, al punto che Vanyan pensò che si fosse dimenticato di lui, dato che non aveva fatto nulla per tentare di contattarlo.
 
Nel frattempo aveva ripreso a lavorare, e ora portava i materiali necessari a riparare il magazzino.
 
Quando era tornato, aveva visto la struttura, o meglio, quello che ne rimaneva: solamente due muri in pietra e alcune assi del tetto, il resto era tutto crollato, come accartocciato su sé stesso.
 
Stando a quanto dicevano gli altri, alcuni dei ragazzi che lavoravano lì erano morti nell’attacco. Vanyan provò una punta di dispiacere nei loro confronti, ma poi la scacciò subito via: quei ragazzi non lo conoscevano, e probabilmente se a morire fosse stato lui non sarebbe importato nulla a nessuno, meglio non sprecare tempo a dispiacersi per gente così.
 
Quando avevano ricostruito il porto il gestore aveva assunto lui e una decina di altre persone per riparare il magazzino, e così, tra un sacco e l’altro, il tempo era passato, anche il braccio, che all’inizio gli doleva per ogni sacco sollevato, piano piano aveva iniziato a fargli sempre meno male, fino al giorno in cui gli avevano tolto i punti, e ora aveva solo una piccola cicatrice biancastra laddove prima c’era la ferita.
 
E, in tutto questo, Lord Shaffer non l’aveva ancora convocato.
 
Van non lo dava a vedere, ma era impaziente, guardava costantemente l’orizzonte, in attesa di qualche altro pronto ad attaccarli, e in attesa di vedere una maschera bianca davanti a lui.
 
Ma più di ogni altra cosa, Vanyan era eccitato: finalmente aveva la sua occasione per vendicarsi dell’uomo che gli aveva rovinato la vita. Perché ci stavano mettendo così tanto?
 
Quel giorno, però, sarebbe arrivato, prima di quanto pensasse.
 
§§§
 
Era una mattina insolitamente calda a ridosso dell’autunno, quando Lord Shaffer lo chiamò di nuovo.
«Per prima cosa, Vanyan, abbiamo il nome della città dove si produce la Polvere Drago, ed è la città di VecchioFerro, nelle terre dei Fireal, se non ricordo male vicino al Fiume Lungo. Un centro minerario di bassa lega, vogliamo che tu ti rechi lì e indaghi su chi passa la polvere ai Liberatori. Siccome nessuno degli altri membri del Consiglio ha voluto assumersi la responsabilità della missione, tu porterai le notizie a me, ti farò sapere dove trovarmi. Quanto all’uomo con la maschera, non abbiamo informazioni certe su dove si trovi, quello che sappiamo è che si fa chiamare Borea»
 
Era lo stesso nome che quel ragazzo aveva detto prima di morire.
 
Gli toccò il braccio con gentilezza «Non preoccuparti, presto avrai la tua vendetta» Vanyan rimase impassibile, fissando il vuoto. Forse non dire nulla poteva suonare scortese, ma non gliene fregava niente.
 
E poi, Lord Shaffer si sbagliava.
 
Non era solo vendetta, quella che voleva.
 
Voleva espiare una colpa.
 
§§§
 
Un paio di giorni dopo, la sera prima di partire, Van era rientrato nel buio della sua stanza.
 
Poi si buttò sul letto, senza nemmeno togliersi gli abiti che aveva indossato per tutto il giorno.
Nel buio della sua stanza, si ritrovò a pensare: per essere il giorno che precedeva la partenza, era piuttosto tranquillo, stanco, perfino. Avrebbe dovuto sentirsi in ansia, invece non provava nulla.
 
A ben pensarci, forse quello che sentiva era un vago senso di eccitazione, come una scarica che lo percorresse sottopelle, propagandosi dalla testa ai piedi.
 
Ma a parte questo nulla, e poco dopo scivolò nell’oblio.
 
Si era sbagliato sul non provare nulla, perché quella stessa notte l’incubo tornò a trovarlo.
 
Si riguardò nella radura, a tenere tra le braccia il corpo insanguinato di suo padre, i suoi respiri sempre più lenti, le mani macchiate di rosso. Vanyan che lo chiamava, lo scuoteva, e lui che invece diventava sempre più leggero. L’uomo con la maschera nel frattempo era sparito, sembrava sconvolto.
 
Suo padre avvicinò le dita della mano alla sua fronte, e gli sussurrò “ti voglio bene, Vanyan. E voglio bene anche alla mamma e ad Angel. Vi prego, scusatemi” prima di far crollare il braccio nell’erba, senza fare rumore.
 
Vanyan si svegliò di soprassalto. Il sole stava sorgendo.
 
Dopo essersi alzato dal letto, andò all’armadio e si mise a rovistare tra le robe pregando di trovare qualcosa da usare come borsa. Spostando qualche vestito, trovò una vecchia borsa sdrucita, che nemmeno ricordava di avere mai acquistato. Però sarebbe potuta andare bene.
 
Ci infilò dentro qualche vestito, il sacco di monete che Shaffer gli aveva dato e un coltello da caccia che aveva in cucina, inutilizzato, trovò anche la borraccia dell’acqua che portava a lavoro, e una vecchia coperta, che avrebbe usato per dormire lungo la strada. Per sicurezza, ci mise anche qualche galletta che aveva preso il giorno prima al mercato.
 
Per il resto, non aveva bisogno di altro. Si sarebbe procurato la roba strada facendo.
 
Prima di uscire, guardò dentro la stanza in penombra.
 
Stava per lasciarla per chissà quanto, eppure non provava nessun senso di tristezza. Non si era mai sentito attaccato a quel posto, che era solo dove mangiava e dormiva, e in realtà non si era mai sentito attaccato a nessun luogo. Tanto se doveva solo dormire, mangiare e andare al bagno, un posto valeva l’altro.
 
Vanyan non era attaccato particolarmente nemmeno alle persone: né i suoi colleghi, né nessuno in quel posto da schifo avevano un qualche significato per lui. Lui se ne stava per i fatti suoi, e, quando provocato, attaccava. Se avevano problemi con lui, non erano affari suoi.
 
Non gli importava nemmeno di sua madre, visto che non si parlavano da anni, ormai.
Sua sorella, invece… lei era sempre stata un punto fermo nella sua vita. Il pensiero di preoccuparla sparendo senza far sapere nulla era sufficiente a fargli venire una stretta allo stomaco.
 
Cercò di scacciare via quel pensiero, mentre chiudeva la porta dietro di sé, forse per sempre. Se non li avesse fermati, avrebbero fatto del male anche a lei, e questa era una cosa che non avrebbe mai potuto permettersi.
Inoltre, vendicando la morte del loro padre, l’avrebbe solo fatta felice, e tanto gli bastava.
 
Avrebbe comunque chiesto a Lord Shaffer di fare qualcosa per non preoccuparla. Dirle che magari era lontano, ma senza nessun problema serio. Di non preoccuparsi, insomma.
 
Conoscendo Angel, probabilmente sarebbe stato tutto inutile, ma almeno ci avrebbe provato.
 
    §§§
 
Per tradizione, prima di partire per un lungo viaggio, o di fare qualcosa di importante, bisognava pregare al Santuario Degli Eroi.
Vanyan non aveva nessun tipo di devozione verso di loro, e nemmeno era mai stato religioso, ma decise di andare comunque.
 
Il santuario era un enorme edificio in marmo bianco, con sopra una gigantesca sfera dorata, e un porticato con colonne intorno alle quali erano avvolti ciascuno degli elementi degli elementali: la prima da destra era avvolta da fiamme scolpite così bene da sembrare vere, la seconda aveva colonne d’acqua tutte intorno, la terza piante, fiori e viticci, e così via.
 
Dal portone immenso c’era il consueto viavai di gente, sacerdoti e devoti. Vanyan si accodò a quelli in ingresso, silenzioso come al solito.
 
La stanza principale del tempio era ancora più grande, con al centro le statue degli eroi che millenni prima avevano conquistato quella terra, dopo strenue lotte e sacrifici.
 
Circondati dai loro elementi, in marmi colorati dal rosso al verde intenso, le statue si ergevano in grande magnificenza. Vanyan si diresse proprio davanti alla statua dell’eroe del fuoco, di cui portava il nome.
 
Chi l’aveva scolpito aveva fatto un capolavoro: i capelli in marmo rosso sembravano essere fiamme che si muovevano nel vento, così come il mantello anch’esso rosso. Teneva entrambe le mani poggiate su una spada colossale, che arrivava a conficcarsi nel basamento.
 
A terra, tra i suoi piedi, il sacrario delle offerte. Vanyan poggiò le sue proprio nel mezzo, dopo, accendendo una fiamma proprio sulla punta del dito, le bruciò.
 
Giunse le mani “non mi avete mai ascoltato, ma se puoi, Vanyan l’Eroe, almeno proteggi mia sorella. E anche mia madre, sì
Di preghiere ne ricordava veramente poche, ma provò lo stesso a recitarne qualcuna.
 
Poi, lasciò il tempio e si preparò a lasciare anche la città.
 
Era quasi arrivato alle mura della città quando un ragazzino cencioso lo raggiunge. Gli porse un sacchetto di monete. «Lord Erik Shaffer vi offre queste umilmente, e prega che voi abbiate un viaggio sereno»
 
Aveva già i soldi nella borsa, ma altri non gli avrebbero fatto male.
 
Vanyan ringraziò il ragazzino con un cenno del capo, prima di prendere il sacchetto e di metterselo in borsa. Poi, uscì dalla città attraverso la grande porta d’oro.
 
§§§
 
Era quasi il tramonto quando intravide la prima locanda.
 
Si era ormai lasciato Città degli Elementi alle spalle da parecchie ore, e il suo stomaco aveva iniziato a produrre strani rumori, quindi pensò fosse saggio fermarsi lì per la notte, sempre che ci fosse posto.
 
Dentro, fu investito da un’ondata di musica, canzoni, e urla. La sala era affollata di gente, uomini che ridevano, cameriere che si strusciavano su di loro, e vari avventori che litigavano con i camerieri.
 
In cambio di due monete, prese una zuppa e una pinta di birra, leggera abbastanza da non farlo ubriacare.
 
Si sedette nel posto più isolato della locanda, quello da dove si potevano osservare tutti, ma senza farsi notare da nessuno.
 
Di nuovo, chiacchiere riguardo recenti attacchi da parte dei non elementali, e del fatto che Città degli Elementi era stata mezzo distrutta dagli attacchi. Parlavano di movimenti sospetti a Città del Carbone, e di un uomo con la maschera, Borea. Quest’ultimo nome mandò a Vanyan delle scariche lungo la schiena.
 
Finì rapidamente di mangiare, poi chiese per una stanza. L’unica che c’era era una stanza del sottotetto, con il materasso di paglia coperto da lenzuola di tela
 
Eppure, per Vanyan era più comodo di un letto di seta, e poi era così stanco, motivo per cui crollò addormentato non appena poggiò la testa sul cuscino. Peccato che poi si risvegliò di soprassalto per il solito incubo, nel cuore della notte, e ci mise delle ore per poter finalmente riprendere sonno.
 
§§§
 
Riaddormentarsi era stata una mossa altamente stupida, perché si era svegliato con il sole già alto nel cielo, più stanco di come si era addormentato.
 
Scese la mattina dopo a fare colazione di pessimo umore, e ancora mezzo intontito, e anche irritato per aver perso l’opportunità di ripartire all’alba, in silenzio. Motivo per cui se ne stava seduto a fulminare tutti con occhiatacce, tanto che chiunque volesse parlargli cambiava poi idea e girava al largo.
 
Tranne una persona.
 
Vanyan stava fissando la sua colazione, una ciotola di porridge molliccio e un mezzo bicchiere di latte freddo, quando sentì qualcuno prendere una sedia, posizionarla davanti a lui, e sedersi con un lieve suono frusciante.
 
Alzò lo sguardo: era la ragazza che aveva salvato dall’attacco, ancora avvolta in quel mantello nero con cappuccio. Per un secondo rimase interdetto: cosa voleva da lui?
 
Gli tolse ogni dubbio «Volevo ringraziarti, in primo luogo» la sua voce era calma, da un timbro quasi musicale.
 
Van però non era dell’umore per cose simili «Bene. L’hai fatto. Ora puoi andare»
«È molto importante» Rispose lei, noncurante della frase di prima.
 
Vanyan pensò che lei fosse davvero strana.
 
«Ti dispiace se ci scambiamo di posto?» Gli chiese, e Vanyan, per quanto perplesso, acconsentì a quella strana richiesta.
 
Una volta che fu lei a dare le spalle al muro nell’angolino, con calma si tolse il cappuccio, e al ragazzo rischiò di andare di traverso il porridge.
 
La ragazza davanti a lui era carina, su questo non c’erano dubbi, ma non era quello il problema.
 
Gli occhi grigi come argento lavorato, e dal taglio sottile, erano gli stessi che aveva visto sotto il cappuccio, e il viso era a punta, così come lo erano un po’ le orecchie, il che si scontrava con i lineamenti dolci del naso e della bocca, ma soprattutto quello che lo scioccava erano i capelli.
 
Una cascata di capelli azzurri come il ghiaccio, dai riflessi chiari, acconciati in una treccia che la ragazza si era fatta scendere lungo la spalla.
 
Iceal.
 
Vanyan non credeva ai suoi occhi: gli Iceal si erano praticamente estinti più di vent’anni fa.
 
Avevano cercato di conquistare il resto del Continente ed erano stati sconfitti con la forza dagli altri Elementali, che si erano coalizzati contro di loro. La loro città, Nives, era stata distrutta, e del sale era stato sparso sulla terra per impedire di coltivare quelle zone.
 
Ciononostante, i danni degli iceal verso gli altri Elementali erano stati gravissimi: non si contavano le famiglie che avevano perso figli a causa degli iceal, e nemmeno ciò che avevano fatto durante la guerra. E nemmeno tutte le persone massacrate nelle varie città.
 
Nessuna meraviglia che la ragazza girasse coperta: bastava sentire la parola iceal perché la gente sputasse a terra e maledicesse il giorno in cui erano nati.
 
Allora perché con lui si era scoperta?
 
«Ringraziarti non mi basta, Vanyan. Voglio ricambiare il favore»
 
Ora sì che era decisamente sorpreso: ricambiare il favore?
 
«Guarda ragazza, ti ringrazio per l’offerta, ma rifiuto: io lavoro da solo»
Era la conversazione più assurda che avesse avuto da… beh, da un sacco di tempo.
 
Non che avesse chissà quante conversazioni.
 
La ragazza però non si diede per vinta difronte al suo atteggiamento. «È una questione d’onore. Tu mi hai salvato la vita adesso spetta a me seguirti finché non avrò ricambiato il favore. Dopo, se vorrai, me ne andrò. È una legge non scritta. Inoltre, ritengo sia saggio essere in due. Le notti sono molto pericolose, di recente.»
 
Vanyan rifletté abbastanza a lungo: quella tipa era strana, ed era un’Iceal. Girare insieme a lei significava che la gente avrebbe iniziato a prenderlo di mira. In più, non la conosceva, poteva benissimo volerlo derubare o cose simili. Infine, lui era un tipo che se la cavava da solo, in ogni situazione. Non riusciva onestamente ad immaginarsi avere un compagno di viaggio o qualcuno con cui parlare.
 
Sulle prime fu addirittura tentato di rifiutare
 
Al tempo stesso… a pelle, la ragazza gli sembrava sveglia, e come diceva lei sarebbe stato utile avere un compagno di viaggio in quelle lande sperdute, qualcuno che facesse la guardia durante la notte, e gli impedisse di venire derubato mentre era a caccia . In più, se ne doveva fare un punto d’onore, tanto valeva accontentarla. Si sarebbe fatto portare da Borea, e poi ognuno per la sua strada.
 
Alla fine ci guadagnavano entrambi.
 
Perciò disse soltanto «Bene, io sono Vanyan Momonoi» E le tese la mano.
 
Dopo un momento di esitazione, anche lei tese la sua e gliela strinse: aveva delle mani soffici e fredde. «Alys Kance, piacere di conoscerti»


Angolo autore
Capitolo un po' lungo, spero vi piaccia. Ci vediamo il 29\08 salvo complicazioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** In viaggio ***


In viaggio

 
Alys e Vanyan, dopo aver pagato, lasciarono la locanda e camminarono sul sentiero polveroso che si snodava tra le campagne, il più veloce per arrivare alla città mineraria.
 
Alys aveva tolto quello strano mantello scuro, e almeno aveva un’aria meno inquietante.
 
Ora indossava una maglietta di tela grezza chiara, e dei pantaloni scuri con degli stivali in pelle sotto. La treccia di capelli azzurri le sbatteva ritmicamente sulla spalla.
 
Sulla schiena portava invece uno zaino enorme, che faceva sfigurare la misera bisaccia che Van si era portato dietro. Nonostante il peso, apparentemente, lei camminava con tranquillità.
 
Forse era più forte di quel che dava a vedere, constatò il ragazzo. Soprattutto vedendo che era così piccola, e che a malapena gli arrivava al petto.
 
Una cosa gli faceva piacere: da quando erano in marcia, non aveva detto una sola parola. A Vanyan, la gente che parlava troppo dava fastidio.
 
 
Anche Alys, in realtà, lo stava studiando: Da quel che vedeva Vanyan era un ragazzo alto, ben piazzato, dalle spalle larghe e dall’ampio petto, con braccia grosse come tronchi d’albero, capelli neri che sembravano non vedere un pettine da almeno qualche secolo, una pelle abbronzata che s’intonava alla maglia rossa e ai pantaloni neri che indossava, un viso dai tratti affilati, e soprattutto due occhi del colore caldo del miele, ma che a parte questo di caldo non avevano nulla, e che puntavano verso l’orizzonte come se solo lui ci vedesse qualcosa. Tutto sommato era buono che fosse così massiccio, pensò Alys, così meno gente gli avrebbe dato rogne.
 
Camminava con le mani nelle tasche, uno zaino in spalla troppo piccolo per fare qualsiasi viaggio e un’espressione corrucciata, che non era minimamente cambiata da quando erano partiti.
 
E non aveva ancora detto una parola. Sembrava quasi che, per lui, lei non esistesse.
 
Era davvero un tipo strano.
 
Ma ti ha salvato la vita… le ricordò una voce nella sua testa, facendola ripensare al momento in cui, qualche giorno prima, l’aveva protetta dall’esplosione di quella cassa, senza nemmeno conoscerla.
 
Era qualcosa che dava ad Alys una sensazione piacevole al centro del petto.
 
Di sicuro, gli era grata per quello che aveva fatto.

 
§§§
 
Camminarono finché il sole non iniziò a sparire dietro l’orizzonte.
Fino ad allora non si erano mai fermati nemmeno una volta, consumando solo due gallette strada facendo.
 
Vanyan si era accorto che Alys era sempre più stanca, anche se cercava di non darlo a vedere. In un primo momento pensò che non gli importava nulla, lui non voleva compagni di viaggio, lo rallentavano soltanto, e se qualcuno voleva venire con lui doveva stare al suo passo.
 
Dopo poco, però, maledicendosi per essersi fatto intenerire, decise di sistemarsi lì per la notte.
 
E poi, alla fine, nemmeno lui aveva dormito bene quella notte, e aveva camminato per tutto il giorno, quindi forse anche lui aveva bisogno di riposo, non poteva certo andare da Borea in quello stato!
 
Per fermarsi, aveva scelto una radura, dove l’erba gialla e secca aveva sostituto quella verde, e il terreno era duro.
 
Nel centro dello spazio, svettava un albero, la cui ombra lunga iniziava a proiettarsi sull’erba, e poco più dietro una piccola macchia di vegetazione, ottima per prendere qualcosa da mangiare che non fossero solo le strisce di carne secca.
 
Alys parlò per la prima volta quel giorno «Hai una tenda?» gli chiese, inarcando un sopracciglio.
 
Vanyan fece segno di no con la testa. Non si era mai preoccupato di avere dove dormire, gli sarebbero bastate le stelle e per il resto si sarebbe potuto arrangiare.
 
La ragazza fece un breve sospiro di esasperazione, poi, dalla sua colossale borsa, tirò fuori una sorta di telo, che teso su uno dei rami più bassi dell’albero, andava a costituire una specie di tenda, al cui interno la ragazza stese delle coperte di pelli.
 
«Aiutami a montare i paletti» gli disse. E poi «Ma sul serio non avevi pensato ad una tenda?»
 
«Non mi serviva»
«Van, le notti diventano sempre più fredde, come avresti fatto in inverno?» Il ragazzo fece spallucce, confidava di riuscire a cavarmela comunque. Lord Shaffer avrebbe pensato al resto.
 
Vide Alys scuotere la testa, ma lui non aveva voglia di discutere «Vado a vedere se c’è qualcosa da mangiare in quel bosco» Disse, e preso il coltello si diresse verso la macchia. All’interno della fitta vegetazione, sentì un rumore di foglie smosse, e vide un piccolo coniglio che sbucava da un cespuglio.
 
Il tempo di girarsi, e il coniglio era già scappato via, lasciandolo a imprecare. Non era decisamente tagliato per la caccia.
 
Gli ci vollero parecchi tentativi per trovare l’animale giusto, una lepre già ferita a una zampa. Mentre calava il coltello per finirla, la mano sussultò, e lui rimase bloccato.
 
Sangue sull’erba…
 
Poi si riscosse: quello era il passato, e la lepre era solo cibo; con un colpo secco le recise la carotide, ma non ebbe voglia di cacciare altro. Tra l’altro, il sole era tramontato, ormai era buio, e non sapeva quali predatori girassero nei boschi a auell’ora.
 
Tornò da Alys con il suo bottino e vide che aveva allestito una sorta di fuoco da campo con alcuni rami dell’albero. Però è brava, considerò il ragazzo. Forse prenderla come compagna non era stata una cattiva idea.
 
La ragazza si alzò e andò verso di lui «Ehi Vanyan, ti dispiacerebbe cercare una pietra focaia? Sai, quelle nere che…»
 
Van gettò una fiammata contro il tronco più vicino al centro del braciere, accendendolo subito.
 
Lei si prese il mento tra le mani «Già, dimenticavo che tu sei un Fireal… Sai come si cucina una lepre?»
 
Lui sbuffò: per chi lo aveva preso?
«Certo, basta metterlo sulla fiamma finché non si annerisce, e poi è pronto» Alzò la lepre tenendola per le orecchie.
 
Vide la ragazza fare una smorfia strana, forse un misto tra sorpresa e disgusto. «Dai a me» Gli disse, prendendogli la lepre dalle mani «Faccio io»
 
Poco dopo stavano mangiando i resti della lepre da delle ciotole di legno, che la ragazza portava con sé, mentre Vanyan si domandava quante altre cose lei avesse in quello zaino enorme.
 
«Van, faccio io il primo turno di guardia» Disse lei poi, mentre mangiavano «Tu vai pure in tenda e riposati»
 
In effetti, Vanyan aveva iniziato ad avere davvero sonno, forse la marcia e andare a caccia nel boschetto dovevano averlo sfinito più di quanto pensasse, e anche quella fiammata per accendere il fuoco doveva aver fatto il suo. I fireal usavano le proprie riserve di energia per generare fiamme, e dovevano mangiare parecchio per rimettersi.
 
E tutto questo senza contare il fatto che la notte prima aveva dormito davvero male.
 
Perciò convenne che riposare gli avrebbe fatto solo bene.
 
A fatica, non riuscendo quasi nemmeno a tenere gli occhi aperti, il ragazzo si trascinò nella tenda, sdraiandosi sul ventre e appoggiando la testa al cuscino di pelli.
 
Poco dopo sprofondò nell’oblio del sonno.


https://postimg.cc/McFYwmcH

Angolo autrice
Nell'immagine, un piccolo ritratto di Vanyan, così che potete avere un'idea del suo aspetto. E devo farvi un annuncio: Il capitolo del 5 settembre NON sarà pubblicato, e nemmeno i successivi, probabilmente, causa impegni. Mi preparerò alcuni capitoli in questo periodo di pausa e poi li posterò, sempre di martedì. Chiedo scusa per il disagio. Inoltre, ho cambiato la descrizione. 
Spero che il capitolo, per quanto breve, vi sia piaciuto.
Alla prossima <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La città di cenere ***


La città di cenere
 

Dopo un’altra giornata di marcia arrivarono finalmente a Città di Cenere. Vanyan constatò che meritava davvero il suo nome: sulle case e sulle strade c’era davvero un fine strato di polvere scura, che faceva sembrare la città un posto abbandonato da decenni. E anche chiamarla città era un complimento, in realtà, visto che erano a malapena un agglomerato di case fatiscenti che davano su una piazza ancora più scura e polverosa e un palazzo minuscolo che cadeva letteralmente a pezzi.
 
In giro non si vedeva un’anima viva, eccezion fatta per un tipo che si stava svuotando la vescica contro un muro pieno di crepe e macchie di muffa.
 
«Speriamo ci siano locande qui» Disse Alys, che nel frattempo si era rimessa il mantello scuro con cappuccio, anche se lì quantomeno non se ne sarebbe accorto nessuno, visto che era semplicemente tetra come tutto il resto.
 
Vanyan era d’accordo: le marce lo stavano stancando più di quanto avesse pensato,  visto che quasi tutte le sere crollava e dormiva in un modo tale che nemmeno gli incubi riuscivano a svegliarlo. Era decisamente fastidioso agitarsi continuamente nel sonno, senza poter aprire gli occhi.
 
Nonostante fosse mattino inoltrato, la coltre di polvere che aleggiava sulla città creava una sorta di nebbia, che rendeva difficoltoso vedere la luce del sole.
Probabilmente era dovuto alla miniera che si stagliava in lontananza, che in realtà altro non era se non una sagoma scura.
 
“Se io vivessi in un posto simile, dopo due giorni mi butterei da un ponte” pensò il ragazzo.
E subito dopo: “Qui in giro non c’è manco un cane, a chi dovrei chiedere? Al tizio che piscia in quell’angolo?”
 
Sperava di andarsene subito: detestava il fatto che non si vedesse il sole, e la polvere gli entrava nel naso e gli faceva lacrimare gli occhi.
 
Quella era una città di non elementali, probabilmente a nessuno fregava nulla delle sue condizioni, e probabilmente il governatore non si era fatto vivo da mesi.
 
Fortunatamente, vicino alla piazza c’era un tale con una bancarella piena di frutta di stagione, peccato che le mele fossero avvizzite, le pesche quasi marce, le pere piccole e troppo acerbe. Lo stesso venditore aveva un aspetto peggiore delle sue mele: un uomo di mezza età con la faccia rossa, dalle guance cascanti, il naso bulboso, la pancia grossa che sbordava dai vestiti, e probabilmente era ubriaco visto che puzzava di alcol.
 
In effetti aveva anche una bottiglia di liquore forte tra le mani, e alzò a malapena la testa quando li vide arrivare.
 
«Ehi, tu» chiese Vanyan, avvicinandosi e sbattendo le mani sul bancone «Per caso da queste parti è successo qualche casino?» Non aveva voglia di perdere tempo in preamboli.
 
Lui lo guardò senza dire nulla e Van sentì di star perdendo la pazienza «Maledizione vecchio, ti ho chiesto se sono successi casini?!»
 
Sentì un tocco freddo sul braccio e vide che Alys lo stava tirando. «Van, per piacere, ci parlo io» Disse, con voce calma. Vanyan si sentì più calmo, e poi stupido ad essertela presa tanto.
 
«Chiedo scusa, signore» La ragazza era molto più educata «Vorremmo solo sapere se per caso qualcuno ha cercato di impadronirsi della polvere Drago, in questi giorni?»
 
Il tipo abbassò la testa «Beh, sì, una tizia coi capelli rossi. Loro l’hanno appesa alla gogna» Con la bottiglia indicò un punto nella piazza, e Vanyan vide che si trattava di una croce di legno, con le corde tagliate. «Poi sono arrivati degli altri, hanno fatto un po’ di casino e l’hanno liberata. Ma non è morto nessuno»
 
Giusto, trattandosi di non elementali, dovevano averli lasciati stare. Era sensato.
 
«E poi non è polvere Drago, quella» Continuò il tipo, indicando la miniera «Quella è una miniera di zolfo. Da quella ci fanno la polvere Drago e la portano fuori.»
 
Lord Shaffer si era sbagliato, allora. Vanyan pensò che avrebbe dovuto comunicargli la novità.
 
“Quindi la Polvere Drago non viene estratta dalle miniere, viene prodotta a partire da qualcosa nelle miniere, tra cui lo zolfo, e poi viene lavorata fuori. Forse se la vedo…”
 
Doveva andare nella miniera, e scoprire come facevano quella polvere.
 
«Un’ultima cosa» Stava dicendo Alys «Per caso sapete dirmi dove posso trovare una locanda, o un posto dove dormire?»
 
«Lungo la strada, in fondo a destra» Rispose l’uomo.
 
Alys gli lanciò una moneta presa dalla tasca e raccolse una di quelle mele avvizzite «Grazie mille, che gli eroi vi abbiano in gloria» Lui abbassò di nuovo la testa ringraziando la ragazza mentre Alys dava un morso alla mela.
 
«Visto?» Gli disse.
«Effettivamente, te la sei… cavata» Vanyan stava cominciando a rispettare Alys.
Forse non era stata una cattiva idea prendersi un compagno di viaggio.
 
§§§
 
Come tutto il resto, anche la locanda era buia e malmessa: un buco puzzolente di muffa, di olio rancido e di sudore, anche quello pieno di polvere, a parte i tavoli, forse l’unica cosa ad essere stata curata lì dentro.
 
Forse curata non era il termine giusto, piuttosto era corretto dire “spolverata alla bell’e meglio”
 
Avevano pagato due stelle per un piatto pieno di qualcosa che Vanyan avrebbe definito “risciacquo dei piatti” in cui ci galleggiavano dentro pezzi di quella che solo con buona volontà si poteva definire carne. Una patina di grasso si stava solidificando su di essa.
 
Il ragazzo immerse il cucchiaio sbreccato e mangiò un pezzo di quella carne grigia: alla fine mangiare gli avrebbe fatto bene, qualsiasi cosa fosse. Sperò almeno non fosse avvelenato.
 
Accanto a lui, Alys mangiava senza dire una parola. In realtà non aveva mai parlato molto, da quando era iniziato il viaggio, e lui non la conosceva nemmeno. Ad esempio, non pensava fosse in grado di parlare in un modo così educato e gentile, da ottenere quello che voleva senza sforzo, a differenza sua.
 
Se non fosse stata un’iceal, piacerebbe a tutti, un pensiero strano.
E non sarebbe mai nemmeno venuta a parlare con uno come te, un pensiero ancora più strano.
 
Finì di bere una birra stantia, che nemmeno in realtà gli sembrava birra, poi andò dal locandiere a chiedere le chiavi della sua stanza, mentre Alys prendeva le chiavi per la propria. Mentre gliele consegnava, il locandiere li guardò strano, ma Vanyan non ci badò molto.
 
Davanti alle reciproche porte, un paio di porte sbreccate e mezze rotte, con le assi saltate, si fermarono. Alys lo guardò a lungo «Domani, fatti trovare all’alba, andiamo in perquisizione della miniera, magari riusciamo a scoprire il segreto dietro la Polvere Drago»
 
Vanyan avrebbe voluto chiederle parecchie cose, una su tutte quante: perché lo stava aiutando così tanto, quando aveva promesso solo di portarlo da Borea?
 
Ma non lo disse, si limitò a chiederle «Perché non partiamo adesso?»
«Adesso siamo stanchi tutti e due, cerca di dormire, e domani, oltre che riposati, saremo più lucidi»
 
Quello di dormire non era mai stato un problema per Vanyan: poteva dormire ovunque, anche sul pavimento. E infatti, anche quella volta si addormentò praticamente subito.
 
§§§
 
Solo che poi il sogno che fece fu qualcosa di letteralmente assurdo.
 
Non era il solito incubo che faceva di solito, ma qualcosa di completamente diverso.
Tanto per cominciare, non gli era mai capitato di sognare un lago, e invece quella volta era immerso fino a metà polpaccio in acqua, ma stranamente quella era acqua che non bagnava. O almeno, Vanyan non si sentiva bagnato.
 
Guardandosi intorno, vide ninfee dai fiori colorati coprire quasi l’intera superficie dello stagno, e in lontananza le chiome e le fronde degli alberi, avvolti da una leggera foschia.
 
Era notte, e nell’aria volteggiavano le lucciole, ma, girandosi, vide un enorme albero coperto di fiori rosa.
 
Storse il naso, incredulo: come potevano trovarsi delle lucciole estive in un albero da primavera?
 
E sotto l’albero si trovava una donna.
 
Era girata di spalle, e Vanyan non riusciva a vederla bene, tutto quello che si notava era la fluente chioma di capelli castani, lunga fino a metà schiena, un vestito di tela bianca, che le arrivava al polpaccio, e una corona di fiori di campo tra i capelli.
 
Quando, poco dopo, si girò, Vanyan vide un viso pallido, dai lineamenti sottili, e due grandi occhi, verdi come smeraldi, in parte coperti da alcune di quelle ciocche che le cadevano davanti al viso.
 
Era davvero bella, e a Vanyan per certi versi ricordava sua sorella Angel.
 
E anche…
 
«Vanyan» La voce melodiosa della donna lo riscosse dai suoi pensieri, e menomale. Ma chi era? E come faceva a sapere il suo nome?
 
Prima che potesse parlare, lei continuò «Ti prego, salva mio padre»
 
Domanda che Vanyan trovò per lo meno assurda «Ehi, frena, prima di tutto dimmi chi sei, e secondo dimmi come faccio a salvare qualcuno che nemmeno conosco!» Le disse, facendo ampi gesti con le braccia.
 
«Van, ti prego, lui… è a Terrarossa, e ha bisogno del tuo aiuto. Tu sei l’unico che può salvarlo!» Continuò lei, come se nemmeno l’avesse sentito, mentre si dissolveva.
 
E con lei si dissolveva tutto il panorama intorno. Vanyan ne ebbe abbastanza. Gridò «ASPETTA!» e si tuffò verso di lei, ma era troppo tardi, il panorama si dissolse tutto intorno a lui.
 
§§§
 
Vanyan cadde sul pavimento, a faccia in giù, con il rumore di qualcuno che bussava ritmicamente alla porta. Sentì la voce di Alys «Van, tutto bene?»
«Sì» Bofonchiò lui, ancora intontito e dolorante.
«Allora preparati, che tra un po’ andiamo»
 

Angolo autore
Ciao, è da un po' che non ci si vede! Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, ci tenevo a pubblicare almeno una volta al mese ;) Annuncio che mi prenderò un'altra pausa, sia per assenza di nuovi capitoli, sia per lo studio. Questa pausa sarà a tempo indeterminato, vi chiedo di perdonarmi -.-'
Ciao dalla vostra Elly <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Scontro alla miniera ***


 

 


Scontro alla minera



La miniera era scura, umida e puzzolente di zolfo. Qua e là gocciolava uno strano liquido giallastro che andava a formare delle pozze proprio ai piedi della roccia.
Vanyan camminava proprio lì in mezzo, massaggiandosi il naso dolorante.
 
«Non prendertela per il naso Van, almeno così russerai di meno, stanotte quasi non ho dormito.» la voce di Alys gli giunse lapidaria, e Vanyan provò un moto di fastidio.
Non rispose, mentre le gocce di quel liquido facevano uno strano suono ticchettante.
 
«Mi spieghi perché devo mettermi questa stupida divisa dell’esercito? Non ho nemmeno finito l’Accademia!» Vanyan si tirò il colletto della divisa rossa, che gli stringeva talmente tanto il collo da togliergli l’aria. Avevano scoperto che quella che indossava a diciassette anni non gli andava più, e con Alys si erano dovuti arrangiare, tagliando e cucendo i pezzi sulla sua maglietta rossa.
Vanyan ricordava ancora lo sguardo sbalordito della ragazza quando non capiva perché la camicia non gli entrasse bene. Non si era nemmeno reso conto di essere diventato tanto grande negli anni.
 
«Era necessario, Van» Rispose, pratica, la ragazza. «Se qualcuno ci fa domande, sei un soldato Elementale che è venuto a fare un sopralluogo nel posto dove è stata rubata la Polvere Drago»
In effetti, dovette ammettere, il piano di Alys aveva senso.
 
Però c’era comunque un problema: lì dentro non si vedeva anima viva, Alys era decisamente paranoica.
 
«Ma se non c’è nessuno, da chi ci dovremo guardare?» Chiese, spazientito: il collare della divisa stava anche iniziando a prudergli, e la sua pazienza era al limite.
 
«Van, ascoltami, potrebbero non esserci sorveglianti, come potrebbero. Voglio solo evitare che si arrivi allo scontro, cosa che a quanto pare tu cerchi molto… ardentemente»
«Poi, non trovi anche tu molto strano il fatto che non ci sia nemmeno un sorvegliante in giro?»
 
Vanyan dovette darle ragione: non si vedeva nemmeno l’ombra di sorveglianti lì, ed era una cosa davvero strana, per lui. Se erano andati a rubare, allora bisognava controllare meglio.
 
Ma del resto, era proprio il punto di Lord Shaffer: non volevano ammettere che degli sporchi non elementali fossero in grado di metterli in difficoltà.
 
Il loro orgoglio sarebbe stato la loro rovina.
 
Sentirono un rantolo, poi un colpo di tosse: un uomo macilento e sporco sedeva al muro della miniera, appoggiato ad un ramo intagliato a forma di bastone. Era malaticcio, e stanco.
 
Vanyan sentì qualcosa muoversi nel petto, mentre si avvicinava a lui. «Serve aiuto?»
Lui li guardò, con gli occhi lattiginosi, riabbassò la testa e non rispose.
 
Vanyan pensò che non avesse sentito. Non serviva a molto, data quella tosse, ma prese una delle gallette avanzate e gliela diede.
 
Non si intendeva di medicina, ma sapeva che certe volte mangiare risolveva i problemi, anche se non sembrava quello il caso. Alla fine ci aveva solo perso una galletta.
 
Si inoltrarono ancora di più nella galleria, era estremamente buio, e la puzza era insopportabile, perfino per uno come lui.
 
Mosse le mani, come per accendere il fuoco, ma la presa di Alys sul suo polso di colpo lo fermò. Guardò la ragazza sollevando un sopracciglio.
«Aspetta Van, alcune sostanze esplodono se messe vicino alla fiamma, potrebbe essere una di quelle» lui ritirò la mano, effettivamente non ci aveva pensato.
 
«Allora come facciamo? Tra un po’ non vedremo più nulla» Considerò lui.
«Hai un legnetto?» gli chiese lei. L’espressione di lui era ancora più confusa, ma decise di tornare dal tizio.
 
Era sparito, ma in compenso il bastone di legno era rimasto per terra. Quantomeno non avrebbe dovuto sentirsi in colpa: afferrò il bastone con due mani e lo schiantò con tutte le sue forze contro il muro, il legno si spezzò istantaneamente con un rumore assordante.
 
Riportò il pezzo di legno da Alys, la quale mosse le mani in cerchio: Vanyan con meraviglia guardò sottile ghiaccio chiaro crearsi tra le mani a formare una sfera quasi perfetta e leggermente opaca.
 
«Ora puoi accendere il fuoco»
«Quella sfera non si scioglie?»  Van sollevò un sopracciglio.
«Il mio ghiaccio non si scioglierà» Disse Alys, con un sorriso malizioso «Secondo te come venivano fatti gli assedi durante la guerra?»
 
Vanyan non aveva sentito parlare nei dettagli della guerra, nonostante il fatto che i suoi ne avevano combattuto per la maggior parte: erano sempre stati molto reticenti sull’argomento, e anzi tentavano di cambiare discorso.
Il discorso dell’assedio a Biancofiore però lo menzionavano in molti: gli Iceal avevano scatenato un inverno intorno alla fortezza che aveva minato le loro provviste, e nessun fuoco Fireal era riuscito a sciogliere la neve. Anche dopo la fine della guerra, c’erano voluti tre anni per togliere tutta la neve, e molta gente era morta di fame nel frattempo.
 
Comunque, quello era il passato: accese una fiamma sul palmo della mano, e lo avvicinò al bastone, finché non prese fuoco. Alys chiuse la sfera di ghiaccio nel frattempo. Si creò una piccola lanterna di cristallo.
 
«Ehi, Alys, sei più intelligente di quello che pensavo!» Considerò, sorpreso.
Stavolta fu lei a fulminarlo con lo sguardo, e il ragazzo sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
Poi Alys disse semplicemente «Andiamo» e quindi si mosse, lasciando il ragazzo confuso.
Ma cosa avrò detto di male?
 
Trovarono lo zolfo nella parte più profonda della miniera. Uno spesso strato di polvere gialla che ricopriva le pareti di quella specie di caverna.
 
«Strano che non ci siano dei Rockeal ad estrarre lo zolfo» Commentò Van. La puzza era insopportabile lì.
 
«Gli elementali non fanno lavori umili come le miniere, sarebbe degradante per loro» fu la risposta.
E quindi delegano qualcuno di umile come i non elementali” era il sottinteso.
 
«Prova a raccoglierle» Suggerì Alys «Possiamo inviarle per delle analisi»
«Huh…?» Si girò verso di lei
 
Avvicinò la lanterna alle strane rocce gialle. «Prendi il coltello e tagliale, no?» Proseguì Alys, con tono stizzito.
Una parte di Vanyan era infastidita dal modo in cui Alys lo trattava da idiota, dall’altra parte trovava che la ragazza avesse ragione.
 
«Ehi, voi due!» una voce li sorprese alle spalle, e Vanyan sobbalzò mentre si girava: un uomo di mezza età, anche lui scarno e smagrito, vestito con una divisa da minatore, era comparso dietro di loro. «Voglio sapere immediatamente chi siete» Si avvicinò, e il ragazzo si accorse dei suoi occhi fuori dalle orbite, della sua barba vecchia di giorni, del volto ancora più scavato di quanto non fosse sembrato prima, alla luce delle lanterne.
 
Fu Alys a prendere in mano la situazione, si portò davanti al ragazzo, mentre con una mano lo spingeva più indietro, con l’altra cercava di tenere a distanza il tipo «Lui è dell’Esercito, e siamo qui per un sopralluogo. Vorremmo saperne di più circa l’attentato che ha portato al furto della polvere drago.»
 
L’uomo parve sorpreso, inarcò un sopracciglio, poi semplicemente scrollò le spalle e rispose «Abbiamo un tavolo sul retro. Loro prendono la polvere drago, la fondono con del sale e del carbone, e la mettono nelle casse. Di solito Terrarossa ne chiede parecchie. L’altro giorno abbiamo trovato una ragazza con i capelli rossi, che stava estraendo zolfo con il piccone, quindi l’abbiamo presa, e portata in piazza. L’altra sera si presentano due tipi, uno vecchio e uno giovane. Vengono da me, e mi colpiscono in testa. Poi prendono la polvere drago e se ne vanno. Casse intere, e anche alcune cose del laboratorio» Raccontò.
 
Vanyan annuì «Abbiamo capito, ora ci pensiamo noi»
Mentre quello se ne andava tirò un sospiro di sollievo.
 
Afferrò il coltellino, e fece per staccare alcuni pezzi di roccia, quando sentì un forte colpo dietro la nuca, talmente violento che lasciò cadere il coltello e crollò al suolo con le mani sulla nuca.
 
La torcia rotolò per terra, e il ghiaccio si ruppe, ma la fiamma non si spense.
 
Aveva lampi bianchi davanti agli occhi, e la testa gli doleva così forte da fargli credere che si sarebbe spaccata in due. Non svenne, ma fu solo per miracolo.
 
Probabilmente avrebbe dovuto ringraziare il suo periodo passato al porto, perché gli aveva insegnato un numero considerevole dei termini che utilizzò in quel momento.
 
Fece per rialzarsi e prendere il coltello dal suolo, ma un forte capogiro e impulso di vomitare lo mandò nuovamente al tappeto, prima di sentire il tocco di Alys sul suo polso.
Solo allora, aggrappandosi a lei, riuscì ad alzarsi.
 
Davanti a loro incombevano due figure: una giovane donna con i capelli rosso fuoco, e un uomo alto con i capelli grigi.
 
Nonostante la testa continuasse a fargli male, riuscì a mettere a fuoco la ragazza, quella più vicina: teneva quella chioma legata dietro la nuca, e la sua pelle era cosparsa di lentiggini marroni, e aveva due occhi castani come il tronco di una quercia.
Indossava una camicia in tela bianca, sporca e coperta di macchie scure, e dei pantaloni marroni.
 
La ragazza rise, estraendo due coltelli dalla cintura che portava «Devo dire, se avessi saputo che bastava così poco per ottenere lo zolfo, non mi sarei fatta catturare e impalare per quasi un giorno!»
Dunque, era lei la ragazza. Effettivamente, pensò Vanyan, avevano parlato di una dai capelli rossi…
 
L’uomo invece era spettinato, alto, di mezza età ma ancora massiccio come un olmo, sembrava si facesse la barba solo quando si ricordava, e che se la facesse con un coltello, tanto che il mento, le guance e le labbra erano coperte da una peluria ispida grigia come i suoi capelli, interrotta solo dalla cicatrice che gli correva sulla guancia destra.
Indossava qualcosa che al buio identificò come una divisa dell’esercito, ma talmente sporca e logora da non essere in grado di capire correttamente di che elemento fosse.
 
Un Elementale? Si chiese Dalla parte di Borea? O che cosa?
 
Quello che gli saltò subito all’occhio, fu però che l’uomo si appoggiava ad un bastone di legno, con una testa scolpita a forma di aquila. Aveva delle tracce di sangue in fondo, quindi era con quello che l’avevano colpito.
Lui non era uno normale, Vanyan ci giurava.
 
Ma almeno, essendo azzoppato, gli avrebbe dato un vantaggio.
 
Sfidando la nausea, Vanyan attaccò il vecchio davanti a lui, scagliando del fuoco contro il bastone.
“Se glielo brucio, non potrà più reggersi in piedi”
Ma aveva sottovalutato la botta: ebbe un capogiro e l’impulso del vomito, e perse l’equilibrio.
 
Il vecchio ne approfittò per spostare il bastone, e rifilargli un colpo alla tempia.
Non fu particolarmente violento, ma Vanyan vide comunque le stelle.
 
«Troppo lento» Lo schernì l’avversario. Cosa che gli fece digrignare i denti dalla rabbia. «Te lo faccio vedere io il lento!» Gli urlò, scagliandosi contro di lui e lanciandogli un altro getto di fuoco, stavolta alla testa. L’uomo si scansò dalla traiettoria come niente fosse.
 
Alys, che invece se la stava vedendo con la ragazza dai capelli rossi: aveva creato con il ghiaccio uno spadino ad una mano e stava saltando mentre la ragazza cercava di colpirla con i coltelli.
Vanyan rimase colpito dalla sua agilità: si muoveva saltando sulle pareti della grotta, e con la spada era in grado di parare i colpi del coltello.
 
Ricevette un altro colpo alla testa «Non distrarti!»
«Maledetto bastardo!» Fu la risposta. Ormai sentiva la testa pulsargli al ritmo del cuore, e deglutì a fatica.
«Mai provare rabbia, ti rende debole»
 
Questo bastò a fargli perdere la pazienza «E tu chi cazzo sei?! Il mio fottuto istruttore?»
«Modera il linguaggio quando parli» Ma per chi lo aveva preso?!
 
«Parlo come cazzo mi pare!»
L’uomo rispose con un grugnito di fastidio, poi si spostò, e, usando il bastone come mazza, lo colpì dietro la schiena.
 
Questa volta quasi non riuscì a tenersi dentro la colazione. Cadde in avanti. Si mise una mano sulla bocca nel tentativo di soffocare i conati. Un rivolo di saliva gli colò lungo il mento, mentre tossiva. Lui afferrò il bastone, e, tenendolo con entrambe le mani, lo colpì in faccia, e lampi bianchi gli balenarono davanti agli occhi.
Di colpo, gli cedettero le braccia e picchiò il mento per terra. Vide ancora di più le stelle.
 
Come non fosse ancora svenuto, non lo sapeva.
 
«E questo sarebbe il marmocchio che dovrebbe uccidere Borea?» Dopo un paio di colpi, la ragazza rossa doveva aver lasciato andare Alys e si era messa vicino al vecchio.
 
E questi come hanno fatto a saperlo? Fu l’unica cosa a cui pensò. Stupido, si disse poi, glielo ha per forza detto qualcuno.
 
«Ah», Rispose il vecchio «Ti chiedi come facciamo a saperlo? Semplice: Borea sa tutto, perché Borea può tutto»
Cazzate, pensò Vanyan, sicuramente Borea aveva delle spie. E nella città le spie non mancavano mai.
 
Il vecchio gli poggiò un piede sulla schiena, schiacciandolo mentre si accarezzava la barbetta, e noncurante dei ringhi di Vanyan.
«Sei sveglio, ragazzo» Gli disse «E hai degli ottimi riflessi e una discreta forza. Ma sei anche troppo impulsivo, e tendi a sopravvalutarti»
Il ragazzo sputò del sangue al suolo: non si era accorto di essersi rotto un labbro. Faceva un male cane.
 
«Spero di rivederti, in futuro» Lo colpì con un altro calcio, e se ne andò. Vanyan non poté fare nulla per evitarlo, aveva i muscoli troppo doloranti.
«Se vai all’inferno, dì che ti ci ha mandato Leon»
 
Si alzò sulle braccia e gli urlò «Bastardo! Torna qui!» Ma erano già lontani.
 
Poco dopo, sentì un tocco delicato sulla spalla. Era Alys «Alzati» Normalmente la sua voce non era così aspra, ma quel combattimento aveva lasciato postumi anche su di lei, evidentemente.
 
Decise di darsi una controllata: aveva ecchimosi su tutto il corpo, e il labbro spaccato colava sangue lungo il mento, ma il peggio era il grosso bozzo che si era beccato dietro il collo, e che ancora gli dava giramenti di testa e conati di vomito.
 
Alys gli si avvicinò «Da qua, ci penso io» gli appoggiò le mani sul collo, con dolcezza, e Vanyan subito sentì un fresco e lentamente il dolore della ferita andò scemando. Alys aveva delle mani così morbide, anche se erano fredde…
 
«C’è del sangue, ma possiamo comunque dare una pulita» Prese un fazzoletto di lino da sotto il mantello, e glielo pose delicatamente sul collo. Vanyan non era abituato a farsi toccare dalle ragazze, al di là di sua madre e di su sorella, ma stranamente non se ne sentì molto a disagio.
 
«Ho usato il ghiaccio per bloccarti il dolore delle ferite. Non sono guarite, ma almeno potrai alzarti»
Effettivamente, in quel momento stava meglio, o quantomeno riusciva a sollevare la testa senza sentirsi male «Grazie» le disse.
 
Era comunque troppo stanco per riflettere su quanto accaduto, e troppo intontito per continuare le ricerche. Almeno, quello che aveva saputo sullo zolfo e la polvere drago era servito a qualcosa.
 
Alys gli porse il braccio, ma Vanyan non aveva nessuna intenzione di farsi aiutare. Aveva accettato che la ragazza lo avesse curato, ma mai avrebbe potuto sopportare l’umiliazione di essere portato in spalla come un vecchio!
 
Peccato che la gamba destra gli cedette, mandandolo al tappeto non appena tentò di alzarsi. Alys, di malagrazia, lo afferrò per la maglietta e lo tirò su. «Non fare il forte, hai bisogno di aiuto. Andiamo»
 
Zoppicando, rosso di vergogna, Vanyan si fece accompagnare da Alys fino alla taverna.
«Non potevi batterlo, Vanyan. Lui era Leon Tarro»
«Chi?» Chiese lui, inarcando un sopracciglio.
Sentì la ragazza sbuffare «Leon Tarro, ex generale delle forze Elementali Rockeal. Possibile che non sai nulla di lui. Era il più forte, al tempo»
 
Vanyan pensò che forse, nel suo anno all’accademia, aveva sentito parlare di lui. Ma comunque, se si trovava con i ribelli, non ne faceva più parte.
 
E se non ne faceva più parte, magari era perché era diventato troppo debole. Perdere contro di lui era qualcosa di cui Vanyan continuava a vergognarsi. Insomma, era un vecchio!
 
 Mentre, entravano, notò una sagoma scura sotto la porta della taverna.
 
E con orrore si accorse che era la sua borsa.
 
Zoppicando raggiunse la sacca gettata a terra di malagrazia, e la aprì.
 
Sperò solo che gli eroi lassù non avessero orecchie, perché le bestemmie che gridò da lì a due ore dopo gli sarebbero costate l’inferno per certo.
In realtà non seppe bene quanto tempo trascorse, era troppo impegnato a prendere a calci lo zaino con quello che rimaneva… ovvero dei pezzi di carne secca, la borraccia e il coltello. Nessuna traccia dei vestiti, a parte la divisa, e nemmeno dei soldi.
Non portò nemmeno il conto di quante malattie, epidemie e incidenti avesse augurato a quei due maledetti che li avevano attaccati nella grotta, e che sicuramente li avevano derubati.
 
Lì vicino c’era anche lo zaino di Alys, completamente vuoto stavolta.
 
Di sicuro quella scenata aveva scandalizzato Alys, che rimase a guardarlo con la bocca aperta e un’espressione di orrore in volto. Non gliene poteva fregare di meno, in quel momento.
 
E infine, insultò anche il locandiere «Maledetto bastardo, doveva assicurarsi che nessuno entrasse in camera»
«Aveva altri clienti, probabilmente» Alys aveva ripreso il suo contegno, e Vanyan era sinceramente sconvolto su come riuscisse a mantenere la calma anche dopo aver perso la sua roba.
 
«Era tutto organizzato, anche il furto» Realizzò il ragazzo. «Come facevano a sapere dove tenevamo le borse?! È stato il locandiere a dirglielo!» Sentì la terra mancargli sotto i piedi, e non sapeva se fosse per le botte o per la sorpresa.
«Non appena hanno saputo che siamo elementali, loro… Perché l’hanno fatto?»
 
«Perché ci odiano, Vanyan. Perché se le loro città sono in questo stato è colpa degli Elementali.»
Vanyan non ci voleva credere. Tanto il problema principale era un altro: non avrebbero potuto dormire quella notte in una locanda, dovevano arrangiarsi per strada.
 
Lasciarono la città quel giorno stesso, e si inoltrarono nel sentiero che costeggiava il bosco.
 
Camminarono per tutto il giorno, e verso sera l’autunno tornò a farsi sentire con una fredda pioggia sottile.
 
Vanyan ed Alys costruirono una sorta di riparo con il mantello di Vanyan, tenendolo dritto con dei rami di legno, e si acciambellarono al di sotto.
 
Per fortuna quello era impermeabile.


Angoletto di Elly
Buon giorno e buon Halloween, gente🎃
Lo so, avevo promesso a me stessa che avrei prima finito tutti i capitoli e poi pubblicato, ma ho scritto un capitolo Alys centrico, e intendo pubblicarlo il giorno del suo compleanno il 10\11
Quindi avremo due pubblicazioni: una oggi, e una venerdì 10 novembre (sì avete sentito bene non il martedì dopo) poi ci sarà di nuovo una pausa. Colpa mia che scrivo capitoli da una decina di pagine 😅 spero che mi scuserete la pausa, lo studio mi sta impegnando molto, e spero che continuerete a seguire le avventure di Vanyan e degli altri.❤️
Ad ogni modo, vi lascio il mio instagram nel caso abbiate voglia di farvi un idea sull'aspetto dei personaggi.
Al 10 novembre, allora.
 Xoxo, Elly🌸

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La cosa delle donne ***


La cosa delle donne
 

La pioggia aveva continuato a cadere per tutta la notte. Si trovavano in uno spiazzo erboso, un minuscolo fazzoletto ritagliato nella boscaglia, e il terreno era coperto di secche foglie autunnali e ghiande.
 
Alys aveva continuato a starsene sdraiata sotto quella specie di capanno improvvisato dal mantello di Vanyan, raggomitolata vicino al ragazzo, a differenza sua profondamente addormentato.
 
Solo che Alys non riusciva proprio a dormire, quella notte.
Continuava a pensare a quello che era successo, e al fatto che erano in giro senza un soldo, alla faccia del suo continuo preoccuparsi.
 
Era chiaro che sapevano di trovarli lì, non li avrebbero attaccati con quella sicurezza. Ma chi aveva organizzato tutto, a monte? Chi glielo aveva detto?
 
Non il locandiere, lui non poteva sapere che erano elementali.
 
Ma allora…
 
Scosse la testa, il pensiero che a tradirli fosse stato un suo errore, era ciò che più di ogni altra cosa la mandava in bestia.
Ed era anche sorpresa da come Vanyan avesse preso la cosa: nonostante le avesse prese di santa ragione, nonostante fosse stato aggredito e derubato, in quel momento stava dormendo tralaltro senza curarsi del fatto di essere per terra. Alys voleva avere la sua capacità di non farsi turbare da niente.
 
Quando se n’erano andati, Vanyan non aveva mai detto una parola, teneva gli occhi fissi in un punto del sentiero, camminando spedito nonostante il dolore delle ferite, che gli faceva stringere i denti e imprecare sottovoce. Prima di dormire si era passato più volte la mano tra i capelli spettinati quasi con rabbia, e poi si era gettato di schiena, piombando subito in un sonno agitato.
In quel poco tempo in cui Alys aveva avuto a che fare con lui, aveva visto che era un ragazzo molto orgoglioso. Sicuramente la sconfitta e l’umiliazione subita da un avversario, per altro zoppo, doveva bruciargli peggio delle ferite.
Certo, non conoscere Leon Tarro era una cosa che lei trovava assurda, ma con uno come lui era meglio non dare nulla per scontato.
 
Ma anche se avesse voluto dormire, non le sarebbe stato possibile: quel ragazzo russava dannatamente forte. Sentiva quel rumore continuo, come un rombo di tuono, dietro di lei. Impossibile dormire, in quelle condizioni.
 
Poco dopo, però, il ragazzo aveva iniziato ad agitarsi nel sonno, muovendosi e urtandolo con la schiena. Si girò verso di lui: mugolava, stringeva gli occhi e stringeva le mani di tanto in tanto.
 
Alys sapeva che era pericoloso svegliare bruscamente qualcuno che si agita nel sonno, si correva il rischio di prendersi un pugno o cose simili.
 
Avvicinandosi, sentì anche quello che lui mormorava nel sonno. Qualcosa come “Papà…” seguito da “mi dispiace”
E di colpo, si alzò a sedere di scatto, tutto sudato, urlando «NO» Per qualche istante, non sembrò accorgersi di dove fosse, guardandosi intorno.
 
Poi, si girò verso Alys, asciugandosi il sudore dalla fronte. «Alys… io… scusami, è solo che… vado a fare la guardia, tu lascia stare!» L’ultima frase la disse in tono brusco, alzandosi e uscendo da sotto quella tenda improvvisata, e sedendosi a gambe incrociate sotto la pioggia.
 
Alys pensò “finalmente un po’ di pace” prima di raggomitolarsi e mettersi a dormire.
 
Solo che la mattina dopo non portò affatto pace.
 
§§§
 
 
Quando si svegliò quella mattina, vide Vanyan mettere dell’acqua calda in una pentola sul fuoco, provò a sedersi sul letto, e sentì un dolore lancinante al basso ventre.
 
Oh, cavolo, pensò. Era quel periodo del mese. Non il momento migliore per capitarle, ma nemmeno il peggiore.
 
Cercò di alzarsi senza far trapelare il dolore che provava, ma Vanyan la notò con la coda dell’occhio, e a quel ragazzo non sfuggiva nulla.
«Ti fa male qualcosa per ieri?» Le chiese, al che lei abbassò lo sguardo. «Non esattamente…»
Guardò dove teneva le mani e rispose. «Ripartiamo domani, oggi riposati. Ti faccio dell’acqua calda.»
 
Lei lo guardò, stupita. Da dove veniva quel cambio di atteggiamento?
Lui dovette notare la sua perplessità, perché si affrettò ad aggiungere. «Hai la cosa delle donne, oggi, giusto?»
 
Alys diventò rapidamente rossa come il sangue che stava perdendo. Non aveva passato molto tempo con la famiglia, ma era bastato a insegnarle che una donna non parlava mai di certe cose in pubblico, e soprattutto non ci parla con gli uomini.
 
«Sdraiati» Le disse, e con un gesto alzò le fiamme intorno alla pentola.
«So che sei Iceal, ma devi stare al caldo. Poi ti prendo qualcosa da usare per… contenere. Muschio alabastro, giusto?»
 
Alys si sorprese ancora di più: di solito gli uomini non sapevano cosa fare.
«Sei sorprendentemente bravo, contando che sei tu» Lui le lanciò un’occhiata di traverso, lei quindi aggiunse «E per essere un uomo, di solito gli uomini non sanno cosa fare»
 
Lui scrollò le spalle «Mi sono preso spesso cura di mia madre e mia sorella, quando capitava»
 
Quella fu davvero una sorpresa «Non mi avevi mai detto di avere una sorella»
Scrollò le spalle «Non mi hai mai chiesto se ne avessi una»
 
Quando faceva così, Alys lo trovava davvero irritante. Ma preferì non aggiungere altro.
«D’accordo Vanyan, te lo chiedo adesso: hai una sorella?»
 
Lui rimase in silenzio così a lungo da farle credere che non avesse capito.
«Angel. Quattro anni più grande di me» Rispose, poi sembrò pensarci su «E quattro mesi e quattro giorni, anche»
 
Alys lo guardava incuriosita. «Dimmi com’è, mi aiuta a non pensare al dolore. Ti somiglia?»
«Per niente. Lei ha i capelli biondi di nostra madre, e gli occhi verdi di nostro padre. È bellissima, ma non solo. È anche buona e gentile, e sensibile, come nostro padre. Ma fa la guaritrice, come nostra madre, ed è… molto brava.»
Anche lei sarebbe voluta diventare una guaritrice, ma probabilmente sarebbe stato un sogno irrealizzabile.
 
Comunque, Alys non aveva mai sentito Vanyan parlare così di qualcuno. O meglio, non gli aveva mai sentito parlare di nessuno in generale. Quella conversazione era la più lunga che avessero mai avuto da quando si conoscevano.
 
«Solo che per fortuna è completamente diversa da lei» L’amarezza nella sua voce era tornata; tuttavia, Alys decise di non indagare oltre sulle loro dinamiche familiari.
 
«Devi volere bene a tua sorella» Constatò. Un po’ lo invidiava, lei non aveva mai avuto quel rapporto con i suoi fratelli.
«Era l’unica che c’è stata a prendersi cura di me, quando mio padre è morto» Disse con voce piatta, atona.
«Mi dispiace» L’unica cosa che Alys trovò sensata da dire. «E di cosa?» Fu la sua risposta, mentre alzava le spalle. «Non l’hai ucciso tu» Durante tutto quel dialogo, non aveva mai guardato verso di lei, preferendo tenere gli occhi fissi a terra.
 
«È stato Borea ad ucciderlo» Quel nome le mandò brividi lungo la schiena. «Era l’uomo migliore del mondo, e lui l’ha ucciso»
 
Alys si mise su un fianco e sollevò il gomito, nonostante il gesto le desse dolore «Per questo lo stai cercando?»
«Non avrò pace finché non lo ucciderò con le mie mani, e non vedrò il suo sangue scorrere per terra»
 
Alys rimase allibita per la serietà con cui lo disse, ancora di più per lo sguardo che lui teneva puntato a terra.
 
«È per questo che non dormi?» Gli chiese. Il suo silenzio valse molto più di qualsiasi cosa potesse dire.
«Vuoi che ti dia qualcosa? Ho delle pozioni in borsa…»
«No» La interruppe lui, brusco. «Sto benissimo così»
«Quando urli mi svegli»
«Allora vattene a dormire da un’altra parte» Il tono diventò ancora più aggressivo. Quella conversazione non stava portando da nessuna parte. Alys decise di non aggiungere altro.
 
Aspettò che Vanyan le chiedesse qualcosa su di lei, ma non successe.
 
Dopo quello, rimasero in silenzio per un po’, o forse per troppo tempo, poi Vanyan si alzò, dicendole che andava a prendere del muschio per lei.
 
«Aspetta Van» Lui si fermò. «Se puoi, prendi anche le radici di zenzero. Le riconosci perché sono marrone chiaro» Lui rispose con un grugnito che poteva essere un sì oppure un no, poi riprese a camminare.
 
Lo vide andarsene e sparire nella boscaglia, e lei si piegò sulle braccia per far sparire il dolore.
 
Quell’uomo era un tipo strano, pensò la ragazza di ghiaccio, ma forse era meglio così; almeno non avrebbe creato un legame con lui, avrebbe solo fatto quello che doveva fare e poi ognuno se ne sarebbe andato per la sua strada. Meglio evitare amicizie con tipi simili. Avrebbe reso tutto più difficile.
 
Decise quantomeno di godersi la giornata, alcune volte era stata costretta ad allenarsi durante quei giorni nonostante il dolore, almeno lì aveva un po’ di riposo.
 
E tutto grazie a Vanyan…
 
Decise di non pensarci; Sarebbe solo stato meglio.
 
Gli parve un’eternità prima che il ragazzo ritornasse. Sembrava si fosse graffiato, aveva in una mano delle bacche, le radici che aveva chiesto, e del muschio.
 
«Dovrebbe essere tutto» Le disse. Alys andò nella boscaglia a sistemarsi il muschio, mangiò un po’ di zenzero, e decise di controllare le bacche. Per sua fortuna erano commestibili, e potevano anche essere consumate crude. Le mangiarono insieme ad alcune strisce di carne secca che erano avanzate nella borsa
 
Finito di pranzare, Alys si distese sulla schiena, mentre Vanyan era a gambe incrociate, finendo di staccare a morsi le ultime strisce. Alys si ripromise di insegnargli a mangiare in modo che non sembrasse un animale.
 
Poi, all’improvviso, quando il ragazzo finì la carne secca, le avvicinò una mano al ventre. Poi si fermò, e la guardò come a chiederle il permesso.
 
Lei lo guardò incuriosita. Lui abbassò lo sguardo e si imporporò le guance. «Quando… quando capita a mia sorella, le fa piacere stare calda. Di solito le riscaldo delle coperte e le mette, ma stavolta è un po’ diverso. Vuoi che…»
 
Alys si sforzò di mantenere una voce e una faccia neutrali «Per me va bene, spero solo che tu non ti stanchi»
«Non ci vuole molta energia»
 
Vanyan appoggiò la mano sul ventre di lei, non troppo sopra, non troppo sotto, e iniziò a scaldarla. Alys emise un verso di sorpresa: non aveva mai provato un tepore simile, in quanto Iceal era sempre fredda, e, soprattutto, nessuno amava toccarla. Soprattutto, la mano di Vanyan era grande e coperta di calli, ma mentre gliela appoggiava il suo tocco era quasi delicato. Non se lo aspettava da lui.
 
A poco a poco, il dolore venne meno, lasciando solo una sensazione di rilassatezza e tepore.
Vanyan sembrava sempre più a disagio «Se vuoi, la smetto»
 
Ad Alys faceva piacere, ma forse stava scaldando troppo, sentiva anche la faccia aumentare la temperatura.
 
Eppure, nonostante questo, non voleva che lui togliesse la mano, quindi rimasero così.

Angolo autrice
Buon compleanno Alys! Per festeggiare l'occasione, capitolo speciale incentrato su un POV con lei. Eh sì, avevo voglia di mostrare un momento più "umano" dei personaggi (sul serio, le donne nei libri che non hanno MAI il ciclo e problemi annessi mi hanno fatto venire il desiderio di darlo alla protagonista, lol) non solo di Alys, ma anche di Vanyan, che nonostante sia praticamente un cavernicolo, e non sappia come comportarsi con una ragazza, ha un cuore, in fondo. La sorella sicuramente ha avuto un ruolo nello svilupparglielo. Avremo modo di vedere che altri impatti ha avuto la presenza di Angel più avanti, comunque sia.
In ogni caso, oggi pomeriggio sul mio insta posterò l'immagine di compleanno.
Per il resto, non so quando saranno pronti i prossimi capitoli, ma me ne voglio tenere un paio da parte e riprendere con le pubblicazioni settimanali.
Alla prossima <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Allenamento ***


 

Allenamento



Van si stava allenando per i fatti suoi, colpendo vecchi ammassi di legna e tirando calci all’aria, poi si girò e scagliò una fiammata lunga contro una serie di tronchi, bagnati. La fiamma non attecchì bene, ma non gli importava.
Aveva bisogno di sfogare la rabbia, la stessa rabbia che lo accompagnava ogni giorno.
Mi dispiace Van, figlio mio…
La catasta di legna andò in pezzi praticamente al primo colpo di mano. Ormai non si faceva nemmeno più male.
Ti ucciderò, pensò, il pensiero rivolto a degli occhi azzurri e una maschera bianca.
 
Colpì con un calcio, il tronco di un albero, spingendo il colpo con del fuoco dietro il tallone, e rimase davanti a quello, ansimando e con i muscoli tesi, quando vide Alys comparire dietro di lui, come al solito senza fare rumore.
 
La ragazza lo stava guardando, impassibile come al solito «Ti sei ripreso? Non ti fa male per l’altro giorno?»
In effetti, Vanyan si sentiva un po’ tirare per il collo, e provava indolenzimento ai muscoli, ma niente di così grave, era stato in condizioni peggiori.
 
«Non c’è male»
«Non dovresti esagerare. Potresti stare male per davvero, e allora sarà difficile per me trasportarti» Disse la ragazza con voce neutra.
 
Fino a qualche tempo prima, a Vanyan avrebbe dato fastidio, ma ora non provava nulla. Anzi, sotto sotto gli faceva piacere vedere tutta quella premura.
 
«Tu invece? Come ti senti?»
La vide sorridere «Molto meglio, Van. Lo zenzero ha fatto il suo effetto»
 
Beh, del resto la vedeva in piedi, e gli sembrava in salute. Ma la vide comunque sorridere.
 
Dopo un momento di pausa, lei aggiunse «Se vuoi, possiamo allenarci insieme»
Stavolta lui sussultò e si girò verso la ragazza «Come scusa?»
«Mi hai sentito, Van: ci faremmo solo un favore combattendo l’una contro l’altro»
 
Lui la guardò, interdetto, per qualche secondo. L’aveva vista solo di sfuggita alla miniera di zolfo, ma gli era sembrato sapesse tenere testa alla ragazza con i capelli rossi. Lui era stato concentrato troppo su Leon -la sconfitta ancora gli bruciava- ma Alys indubbiamente sapeva cavarsela.
 
Ciononostante…
 
«Scordatelo. Rischierei di farti male»
Vanyan non aveva mai combattuto contro una ragazza. O meglio, ricordava le volte in cui aveva lottato con sua sorella da piccoli, ma crescendo aveva smesso, e comunque ci aveva pensato la vita a farlo crescere e a chiudere con quei giochi di bambini.
 
Aveva sinceramente paura di non riuscire a controllare la sua forza, con lei.
 
«Guarda che non sei il primo energumeno che mi capita di affrontare, Van, e se non mi alleno con te, cosa farò quando ci troveremo davvero davanti uno grande e grosso? A loro non importa che io sia piccola, anzi, sarà un vantaggio» Su quello, il ragazzo non ebbe nulla da obiettare.
Al contempo «Continuo a pensare che finirei per farti male» Si alzò e incrociò le braccia davanti a lei, e la vide: minuta, con i capelli azzurri raccolti in una treccia, gli arrivava a malapena alla spalla.
Decisamente, sarebbe stato un rischio.
 
«Mettimi alla prova, allora» Fu la risposta.
 
Alla fine, Vanyan cedette: «Se ti fai male, non dare la colpa a me»
 
Trovarono uno spiazzo proprio lì vicino, abbastanza lontano da qualsiasi forma di civilizzazione, e si mise in posizione.
«Vai pure»
 
«Prima tu» Proseguì lei. Allo sguardo perplesso del ragazzo, aggiunse «Il modo migliore per conoscere qualcuno è combattere con lui. E, siccome sono io ad avertelo chiesto, ti darò l’opportunità di attaccarmi per primo»
 
Vanyan annuì: su quello, non poteva essere più d’accordo «Ti direi prima le signore, ma voglio accontentarti»
 
E partì all’attacco. Cercò ovviamente di moderarsi, non voleva finire per farle del male inavvertitamente.
 
Alys, però, se la cavava, riuscì a mettersi in posizione e deviare il colpo senza troppa difficoltà, lasciandolo stupito. “Però, è brava” pensò.
Questo lo riempiva di eccitazione: era da una vita che non si lanciava in un allenamento alla pari con qualcuno!
 
Cambiò tattica e le afferrò il polso, sbilanciandola, poi la colpì sul fianco. Cercò di fare più piano possibile, ma la ragazza cadde al suolo comunque.
Vedendola rotolare a terra, si allarmò: aveva forse esagerato?
«Alys… tutto bene?»
 
La ragazza, però, puntò i gomiti e i piedi, e con un balzo si rialzò sull’erba. «Tutto qui quello che sai fare?» Gli disse.
 
Perfetto, questo migliorava le cose.
 
Si rialzò e venne verso di lui. Ci furono un paio di rapidi scambi, Alys bloccava i suoi colpi e cercava di contrattaccare, era ben salda sulle gambe.
 
La prima impressione di Van fu presto confermata: non era decisamente una sprovveduta.
Peccato che rendeva troppo evidenti le sue intenzioni: lo percepiva da un guizzo nell’arto in cui intendeva attaccare. Per questo riusciva a pararla quasi sempre.
 
 
Cercava di colpirlo nei punti deboli, tipo il collo. E anche con i calci alti era veramente brava. Se lui non fosse stato lui probabilmente avrebbe avuto serie difficoltà.
 
Di colpo, la ragazza saltò indietro, scagliandogli contro un getto di ghiaccio diretto al petto. Ricoprì di fuoco la sua mano e colpì il getto deviandone la traiettoria: nuvole di vapore si alzarono mentre il raggio colpiva l’albero dietro di lui.
«Sei fuori?» Le gridò «Stavi per ammazzarmi!»
«Sapevo che avresti parato, Van»
 
Per Vanyan l’uso del fuoco poteva presentare un serio problema: l’erba era ancora umida, e nessuna fiamma avrebbe attecchito. Questo rappresentava un inconveniente per i Fireal, visto che il fuoco doveva bruciare qualcosa, e se non avesse trovato nulla a cui attaccarsi, avrebbe consumato le riserve di grasso. Vanyan non mangiava per bene da giorni, non poteva correre il rischio di usare il fuoco troppo a lungo. Valeva anche per gli Iceal, comunque.
 
Anche se… sapeva come fare.
 
E, se Alys non ci andava piano, nemmeno lui l’avrebbe fatto. Dopotutto, era stata lei a volerlo. Avrebbe cercato di non farle troppo male, ma trattenersi sarebbe stato offensivo verso di lei. Usò il fuoco dietro il gomito, così i colpi risultavano più forti.
Alys era in difficoltà, adesso, così, Van rallentò il ritmo, non voleva rischiare di farle male sul serio. La ragazza poggiò il piede a terra, creando una lastra di ghiaccio, minacciando di farlo scivolare, approfittando per cercare di colpirlo, ma lui fu più veloce e le afferrò il polso, cercando di sbilanciarla,
 
Fu allora che vide le sue mani: le nocche pallide erano coperte di segni e cicatrici, come se se le fosse scorticate colpendo qualcosa di molto robusto.
 
E lo sapeva, visto che anche le sue erano così. Guardandola meglio, anche sul polso, vicino al gomito, c’erano altre cicatrici. Alys sembrò a disagio, e liberò il polso facendo leva sul pollice.
 
La sua espressione, prima divertita, adesso aveva un’ombra strana, come se lei fosse a disagio. Vanyan non sapeva cosa dire
 
Rimasero così per un tempo interminabile, fino a quando a Van non venne fame. O almeno, il suo stomaco fece sapere a lui e ad Alys che aveva fame.
 
Il ragazzo arrossì istintivamente, ma Alys non fece nulla e disse di sospendere l’allenamento. «Mi sono davvero divertita oggi, Van» Gli disse. «Facciamolo qualche altra volta» Voleva sembrare tranquilla, anche allegra, ma a lui non sfuggì la rigidità del corpo, e nemmeno il fatto che il mezzo sorriso fosse forzato.
 
«Comunque, combatti bene» Continuò lei, cambiando discorso. Van alzò le spalle «Sono costretto a farlo. E comunque, anche tu sei brava»
«Vale lo stesso per me» Rispose la ragazza. Vanyan la fissò, sinceramente incuriosito.
«Immagino che tu sappia che le fiamme non vengono dal nulla, no?» Ecco, di nuovo lo trattava come un idiota. O forse le piaceva fa vedere quanto lei ne sapesse.
«Per generare calore, devi bruciare quello che c’era prima. E questo significa anche le tue riserve di grasso. Dunque, dopo un po’, crolli» Era successo un paio di volte: non un’esperienza piacevole.
«Per noi Iceal è lo stesso: creare ghiaccio richiede una quantità assurda di energia, perché devi lavorare in modo opposto a come si fa di solito. Dunque, per me, come per te, è conveniente imparare a combattere corpo a corpo per risparmiare, no? Vale per tutti, in realtà, anche per sollevare acqua ci vuole energia, e quell’energia non viene dal nulla, ma loro comunque hanno una resistenza maggiore della nostra» Sembrava compiaciuta, ma sinceramente la sua spiegazione era stata così lunga che lui si era perso più o meno a metà.
 
«Bastava dire che facevi così per non sprecare energie, non mi serviva tutto il discorso» Rispose, semplicemente, il ragazzo. Alys strinse le labbra in una linea dritta e corrugò le sopracciglia, ma non disse nulla.
 
«Comunque, dove hai imparato?» Le chiese. Lei scosse le spalle e girò la faccia «un tipo mi ha insegnato» Rispose, sul vago. Lui rimase parecchio perplesso della cosa: era davvero così strano?
 
Poi sollevò le spalle: la ragazza se la cavava, e se non voleva parlarne evidentemente non aveva diritto di forzarla. In quel momento voleva solo mangiare qualcosa di buono. Usare il fuoco dopo aver mangiato appena poche strisce di carne secca non era stata la sua mossa migliore.
 
«Sei in grado di riprendere a camminare, domani?» Le chiese. La ragazza sorrise «Mi sono appena allenata con te, cosa ne pensi?» Effettivamente, era una domanda stupida.
 
Lei si deterse il sudore dalla fronte, dicendo «Dai, andiamo»
 
Per il resto del viaggio non rimase molto da dire, quindi camminarono in silenzio. Dopo poco, iniziarono a vedere un sentiero, che le foglie degli alberi non avevano totalmente coperto. Buono a sapersi, se lì c’era un centro abitato, pensò il ragazzo.
 
Il suo stomaco non avrebbe retto a lungo senza mangiare, e, come Fireal, non avrebbe potuto nemmeno usare i suoi poteri senza sentire ancora più fame. Nemmeno a chiamarlo, si sentì un altro brontolio, e Van guardò di sottecchi Alys, che sembrava, o forse lo faceva sembrare per decenza, di non essersi accorta di nulla.
 
Quella ragazza era strana, si trovò di colpo a pensare Vanyan, ed era ancora più strano il fatto che, nonostante viaggiassero insieme ormai da quasi due settimane, non sapesse assolutamente nulla di lei.
 
Com’era sopravvissuta da Iceal tutto quel tempo? Chi era la sua famiglia? Erano scampati ai massacri? Quanti anni aveva? Tutte cose che non gli interessavano, o almeno che credeva non gli interessassero. Non voleva stare a farsi troppe domande.
 
Abbandonò il flusso dei suoi pensieri sentendo delle voci: non si era nemmeno accorto di essere così vicino al centro abitato.
Solo che le cose che sentiva non erano molto piacevoli.
 
«Vi prego, no…»
«Dai, solo un bacino!»
«L-lasciami!»
 
Senza pensarci due volte, si incamminò nella boscaglia a passo svelto, e Alys, quasi avesse capito le sue intenzioni, lo seguì.
 
Van si avvicinò alla boscaglia, dove vide un mulino abbandonato e due tizi di spalle. Erano grossi e calvi, e uno di loro teneva nella sua mano enorme il braccio magro di una ragazzina.
Ad occhio, giudicò il Fireal, non poteva avere più di dodici, tredici anni. Oppure si stava sbagliando sulla sua età visto che era decisamente denutrita. Aveva i capelli biondo cenere, secchi e lunghi come spaghetti, e vestiva di stracci. Stava lottando contro l’energumeno e chiedeva aiuto con voce acuta.
 
Senza dire nulla, Vanyan si avvicinò alle spalle dell’assalitore «C’è qualche problema?» Chiese. Quelli si girarono all’istante.
 
In realtà, si rese conto il ragazzo, non erano più alti di lui, anzi, li superava di tutta la testa.
Si chiese se fossero elementali, ma dal modo in cui erano vestiti sembrava proprio di no. Meglio così.
 
L’energumeno lasciò andare la ragazzina, che cadde in ginocchio, rivolgendogli nel mentre tutta la sua attenzione. «E tu che vuoi, bastardo? Vuoi farti un giro pure tu?»
«State facendo casino, e mi state disturbando» Replicò calmo lui. Per qualche ragione, la frase gli aveva fatto salire il sangue alla testa, ma era determinato a non mostrare emozioni.
«Ma vedi se stai un po’ zitto tu!» Gli urlò l’uomo, e fece per colpirlo, ma Vanyan fu più veloce: si spostò indietro e afferrò il polso dell’uomo, che era enorme perfino per la sua mano, e iniziò a scaldarglielo. L’energumeno inizialmente provò a divincolarsi, senza successo, anche se Vanyan riconobbe che era abbastanza forte, poi rimase a contorcersi urlando, e solo allora il ragazzo gli lasciò andare il polso. L’altro compagno, che era rimasto in disparte, vide tutto ma non intervenne, preferendo scappare via. Mossa saggia, si disse il ragazzo.
 
La ragazzina era piegata a terra, e Van si accovacciò davanti a lei.
A vederla meglio, aveva il viso magro, quasi scavato, e due grandi occhi azzurri come il cielo, occhi che fecero abbassare la testa a Vanyan per istinto. Non riuscì a guardarla, e rimase solo a fissare l’erba per terra. Del resto, anche la ragazzina era terrorizzata, con la coda dell’occhio vide che era istintivamente indietreggiata andando di schiena contro un albero. Van sospirò: finiva sempre così, e quella volta nemmeno si era macchiato di sangue, dannazione!
 
Fu Alys a prendere in mano la situazione, arrivò correndo verso i due, e prese il braccio della ragazza.
 
Le appoggiò dolcemente due dita, rinfrescandola come aveva fatto con lui nella miniera. «Stai bene?»
 
La ragazzina sembrò tranquillizzarsi un po’ mentre Alys le diceva «Per fortuna non sei ferita, vuoi che ti accompagnamo a casa?» Lei scosse la testa, allora Vanyan pensò di prendere in mano la situazione: vincendo la repulsione verso quegli occhi così azzurri, prese il suo coltello da caccia, lo girò dalla parte del manico, e glielo porse «Tieni, se quei tipi si ripresentano, colpisci più forte che puoi» Decisamente stupido, si rese conto lui subito dopo: brandire un coltello senza saperlo usare significava molto probabilmente peggiorare le cose. E lei non lo sapeva usare, era evidente.
 
Per qualche motivo, la sua frase spaventò la ragazzina a morte, dato che, senza nemmeno toccare l’arma, si girò e corse via, i capelli biondo pallido svolazzanti nel bosco.
Alys si girò verso di lui con aria seccata «Potresti riuscire a suonare meno minaccioso, se solo volessi, lo sai questo, vero?»
 
«Scusami tanto, se cercavo solo di aiutare!» Ribattè lui, ancora più irritato di quanto lei non fosse. Nonostante fosse ormai buio, la vide alzare le spalle, e sospirare.
 
Il rumore dello stomaco di Vanyan ruppe di nuovo il silenzio. Il ragazzo girò la testa e arrossì: usare il suo potere gli aveva messo ancora più fame. E non avevano soldi.
 
Per fortuna, non dovettero camminare a lungo: trovarono quello che sembrava un fienile sulla strada. E la cosa migliore era che suddetto fienile sembrava fosse abbandonato.
 
I cardini della porta erano un po’ arrugginiti, ma Vanyan era abbastanza forte da riuscire ad aprirla comunque. All’interno, solo mucchi di paglia, e quella che sembrava una mangiatoia ormai coperta di muffa. Guardando meglio, vide a terra una coperta di quelle che si usano per i cavalli in inverno, abbastanza larga per ammonticchiare della paglia sotto ed improvvisarci un letto.
 
Sentì Alys proporre «Ce la giochiamo a sorte? Chi vince tiene il letto?» Al che lui rispose «Dormo benissimo anche sulla paglia. Il letto tienilo tu» Non aspettò la risposta della ragazza e si gettò di schianto sulla paglia.
 
Dopo pochi istanti, sprofondò nel sonno.
 
 
§§§

 
Molto oltre rispetto a lì, una figura si avvicinò un tavolo in una stanza buia. Su quel tavolo c’era una coppa in argento, all’interno delle pesche che incominciavano ad avvizzire. Forse erano rimaste lì dall’estate. Ne afferrò una, e improvvisamente la vide ritornare alla vita, la polpa che si gonfiava, il colore che rinvigoriva.
 
La tenne per un po’ nel palmo della mano, guardandola.
 
“È una pesca, assaggiala, ti piacerà” Un paio di occhi verdi energici e capelli neri ondulati. Credeva di aver dimenticato quella faccia, ma probabilmente non sarebbe mai stato possibile.
Erano anni che non mangiava, non ne aveva bisogno. Ciononostante addentò quella pesca morbida, assaporandola e ricordando.
 
Era ancora buona, pensò, mentre il succo colava lungo le sue guance.


5331346c-284c-4077-95e6-ea48ad8bca2b f04e67b5-649a-4891-a6c8-c50362d18fb3
Angolo autrice
Il mio progetto iniziale era quello di finire tutti i capitoli, poi aggiornare settimanalmente. Credo che non ne sarò in grado, causa impegni (e fare capitoli di 3000 parole non aiuta 🤣) In compenso ho le prossime tre settimane pronte ed ehi, almeno potete darmi dei suggerimenti, così posso modificarli volta per volta insieme a voi, facciamolo diventare un lavoro collettivo! Senza contare che, ora che ho le idee chiare, posso continuare col tempo ad aggiungere, quindi non avere troppe pause. Non sono molto soddisfatta del pacing del capitolo, o della scena di combattimento tra i due, volevo solo mostrare che sia Van che Alys se la cavavano più che bene. Se trovate qualcosa che non va, non esitate a correggermi, che poi aggiusto in revisione. L'idea del potere che consuma energia e dell'uso del corpo a corpo per compensare l'ho presa da The Atlas Six, che ne approfitto per consigliarvi
In ogni caso, ho provato a chiedere all'AI di Microsoft di generare le immagini di Vanyan e Alys, e devo dire che il risultato mi soddisfa appieno. E voi, li avevate immaginati così? Ho realizzato alcune immagini di loro, comunque, su Insta (link nella bio)
Per vederli meglio, vi metto i link migliorati:

Vanyan

Alys
A martedì prossimo!❤️
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Terrarossa ***


 

Terrarossa



Ci vollero un altro paio di giornate, però, affinché arrivassero a Terrarossa, la capitale dei Fireal.
 
Era una calda mattinata di inizio ottobre, e ormai l’autunno era arrivato in tutto il suo splendore: la luce calda, soffusa, del sole, filtrava tra le foglie oro e rosse degli alberi intorno alla città, e alcune foglie volteggiavano nell’aria, pigramente.
 
Vanyan non le notava molto a Città degli Elementi, e lì nemmeno c’erano molti alberi, ma in quel momento ne raccolse una, rossa, a tre punte, con venature scure, e la osservò: di colpo, si trovò a ricordare quando, da piccolo, con suo padre e sua sorella giocava tra i mucchi di foglie cadute nel bosco, rotolandosi e ridendo, e quando avevano finito sua madre accendeva il fuoco e insieme arrostivano delle castagne e dei funghi. Gli piaceva, da piccolo, muovere le mani e vedere le fiammelle che si rincorrevano tra le dita, facendole alzare tra le foglie rosse e tra i capelli.
 
Sembravano passati secoli da quei giorni, e ormai i giochi avevano perso tutto il loro piacere.
 
Il ragazzo si girò verso Alys «Dovresti toglierti quel cappuccio, sembri una che ha qualcosa da nascondere»
«Sempre meglio che rivelare al mondo di essere Iceal, non trovi? Non appena avrò soldi, comunque, mi prenderò una lozione per scurire i capelli» Fu la risposta, non senza un velo di sarcasmo. Sotto il velo, si intravedeva il suo viso pallido, e il guizzo argentato dei suoi occhi. La luce autunnale rendeva quasi caldo quel colore, e in generale si poteva dire che Alys sembrava proprio… carina.
 
Prima che potesse soffermarsi oltre su quei pensieri, il suo stomaco emise un altro rumore.
 
«Immagino che prima dovremmo trovarci da mangiare, dopotutto»
«Sai, lo pensavo anche io, peccato di essere senza soldi!» Ribatté lui, stizzito.
Non che Alys avesse detto nulla di male, ma la fame lo rendeva sempre nervoso. O almeno, più del solito.
 
Si erano arrangiati durante il viaggio nei boschi mangiando bacche, radici, e qualche uccellino cacciato nel bosco, e all’arrivo dell’autunno ce n’erano sempre di meno.
 
«Andiamo alle porte del Lord di Fireal, ci rifocilleremo lì» Propose la ragazza.
«No guarda, avevo davvero intenzione di morire di fame per strada» Lei non rispose alla provocazione. Un po’ lo fece sentire in colpa.
 
«Scusa, non ce l’ho con te, è solo… ho fame»
«Lascia stare, Van, non fa niente» Mantenne un tono piatto.
 
Quello dove si trovavano era il quartiere più defilato di Terrarossa, con le sue strade in terra battuta e le case diroccate, ma rispetto a Città di Cenere erano tutti elementali.
 
E questa era la cosa che Vanyan odiava di più, in realtà. Ed era ancora peggio man mano che vedeva la gente che si aggirava intorno a lui.
Tutte quelle persone, infatti, non gli somigliavano affatto: tutti erano in giro con i capelli biondi o rossi, e avevano i tratti del viso molto marcati. Lui stonava con quei capelli neri e quel viso che tutti definivano “dai tratti delicati”.
 
Ma soprattutto, c’era qualcosa che a Vanyan faceva scaldare il sangue: tutti gli uomini, dal primo all’ultimo, esibivano volte barbe, rosse o bionde come i loro capelli, curate, o avvolte in una treccia che scendeva fino al petto, e baffi tirati verso l’alto, a ricordare le fiamme, oltre che folti peli sul petto e sulle braccia, ben visibili, visto che con il caldo, la gente amava tenere le giacche aperte. Ma forse l’avrebbero fatto anche in pieno inverno, notò il ragazzo.
 
A lui i peli proprio non volevano saperne di crescere, e in questo avrebbe dovuto ringraziare suo padre. Aveva tentato, da adolescente, di farsi venire qualcosa di più che peluria di pesca, ma era stato tutto inutile, e alla fine ci aveva rinunciato. A parte i capelli, nessun pelo amava particolarmente il suo corpo.
 
Tirare in mezzo quella storia era sempre stato un tasto dolente, e molti l’avevano imparato, a loro spese, ma l’avevano imparato. Nervoso com’era in quel momento, sarebbe stato decisamente meglio non menzionare proprio la cosa.
 
L’unico tratto che lo rendeva simile a un Fireal erano gli occhi, dal taglio allungato e color nocciola dorato, che aveva preso da sua madre. Non che andasse particolarmente fiero della cosa.
 
Però, al tempo stesso, aveva un motivo per consolarsi: la maggior parte dei Fireal era tarchiata, e alcuni di loro erano troppo magri e senza ombra di un muscolo.
 
Lui li superava spesso di tutta la testa, e, quanto a muscoli, non era decisamente messo male.
Lo capiva dalle occhiate infastidite che gli lanciavano, e a cui rispondeva con sguardi di sfida e mezzi sorrisetti provocatori.
 
Quella città non l’aveva mai amato, né aveva mai perdonato a sua madre l’essersene andata con un Aeral di incerte origini, probabilmente per metà non elementale, che portava il cognome di uno dei tanti istituti in cui finivano i bambini orfani o non desiderati. Avevano generato due figli robusti e sani, ma non era bastato.
Ai loro occhi, lui e sua sorella sarebbero stati sempre dei bastardi. Cosa che, nel mezzo anno trascorso all’Accademia, non avevano mai mancato di sottolineare. Peccato che lui non fosse un soggetto facile da sottomettere. Solo, gli dispiaceva che per questo motivo sua sorella dovesse soffrirne.
 
Ma quella era una bella giornata, non era il caso di sprecare tempo a pensare a soggetti simili. E nemmeno voleva perdere troppo tempo a pensare a sua madre, a dire la verità.
 
Man mano che si avvicinavano alla città incominciavano a vedersi le tracce di uno scontro, anche piuttosto violento: bruciature sugli edifici, strade sventrate, al punto da doversi arrampicare su cumuli di rocce e detriti, e alcune infermerie da campo erano ancora allestite agli angoli delle strade.
Ricordò che, al magazzino, prima dell’attacco alla capitale, avevano parlato di una incursione a Terrarossa.
 
Avvicinandosi a un muro, vide una specie di manifesto, che ritraeva una maschera stilizzata e due occhi azzurri, come il cielo.
“LIBERATEVI” Si leggeva sotto, in caratteri cubitali.
 
Vanyan fu preso da un moto di autentica furia, vedendo quegli occhi, e scagliò una vampa di fuoco contro quel manifesto, vedendolo consumarsi e bruciare lentamente.
 
Sentì la voce di Alys «Van!» Gli gridò, ma lui fece finta di non ascoltarla e camminò a passo svelto davanti a lei.
 
Alla fine”, pensò, “nemmeno loro lo sopportano.”
 
Quando aveva bruciato il manifesto, qualcuno l’aveva guardato con aria perplessa, ma alla fine sembravano averlo ignorato. Peccato che quel gesto gli avesse fatto sentire ancora più fame, e quindi ancora più nervosismo.
 
La città si meritava decisamente il suo nome: dalle strade lastricate in pietra battuta, agli edifici, tutto era di un forte colore rossastro, che variava da tonalità fiamma a mattone, e intorno agli edifici si potevano vedere delle decorazioni in oro intorno alle finestre. Lungo le strade c’erano piccole sfere di cristallo con delle fiamme che ardevano al loro interno. Mostrare costantemente il proprio potere.  Tipico comportamento Fireal.
 
Esibizionisti del cazzo.
 
Gli edifici diventavano via via sempre più sofisticati, e alti, man mano che ci si avvicinava al centro: quella città era costruita perché le strade sembrassero raggi di un sole che convogliavano verso la piazza centrale, quella dov’è si trovava il palazzo del Lord.
 
Anche le persone che sciamavano tutto intorno cominciavano a cambiare assetto: alcuni giravano con le divise e il mantello rosso dell’Accademia, tenuti insieme da spallette a forma di fiamma, altri indossavano giacche doppiopetto in velluto rosso, e vistosi orecchini con motivi di draghi o fiamme. Al fianco quelli che sembravano spiedini per la carne, e che erano spadini, ma probabilmente nulla più che roba ornamentale. Buona parte degli Elementali faceva affidamento solo sui propri poteri, nemmeno sapevano sferrare un pugno degno di tale nome.
 
E, man mano che si avvicinavano alla città, gli sguardi di disprezzo verso di lui aumentavano. Se solo gliene fosse fregato qualcosa…
 
La piazza di Fireal era gremita di gente, e al centro della stessa svettava la statua in oro di Vanyan il Guerriero, con il mantello al vento e la spada sguainata. Il basamento era scolpito a motivi di fiamme anch’esso come tutto il resto.
 
Alla fine, arrivarono di fronte ad una magione enorme, davanti a un cancello dorato che tanto per cambiare era inciso a motivi di fiamme e draghi. I soliti esibizionisti.
 
Doveva bussare? Si chiese. Probabilmente non ne avrebbe avuto bisogno, davanti al cancello trovò le solite guardie, entrambe vestite con la divisa dell’Accademia.
Si mise davanti a loro, a braccia incrociate.
 
Loro gli lanciarono uno sguardo di traverso: erano entrambi più bassi di lui di tutta una testa, e tarchiati, con una folta capigliatura rossa, come la loro barba. Van provò il solito moto di stizza.
 
«E tu che diavolo vuoi?» Gli chiesero.
 
Vanyan tirò fuori il rotolo che Lord Shaffer gli aveva dato. «Levatevi dal cazzo. Devo parlare con il Lord di Fireal» Sentì Alys sussultare, ma non vi badò molto.
 
Loro diedero un’occhiata al foglio, con scarso interesse. Poi gli dissero «Il Lord di Fireal non ha tempo. Torna tra un mese»
 
Sentì le guance scaldarsi «Non ce l’abbiamo, un mese»
«E io ti ripeto che il Lord di Fireal non ha tempo per te. Cosa c’è, sei sordo o solo stupido?»
 
La vista gli si appannò, la rabbia minacciava di traboccare e fargli perdere la ragione «Ora ve lo faccio vedere io, lo stupido!» Fece per scagliarsi verso di loro, ma si sentì trattenere per un braccio. Alys, lo seppe senza nemmeno girarsi.
 
«Va bene, comunicategli soltanto che il prossimo attacco a Terrarossa è previsto tra una settimana. Andiamo, Vanyan»
 
Sentì la pressione della mano di lei aumentare, mentre la ragazza lo tirava indietro.
 
Dopo un ultimo grugnito e uno sguardo truce rivolto alle guardie, Vanyan si girò e se ne andò, imprecando.
 
Poco dopo, sentì Alys mettergli le mani sul petto e spingerlo indietro, facendolo barcollare. «Cosa ti salta in testa? Volevi farti arrestare?»
«Sono fatti miei se vengo arrestato o meno!» Ribattè il ragazzo, infastidito per la spinta.
«Avrebbero preso anche me, idiota. O credi davvero che ti avrei lasciato farti arrestare? Ho un debito con te, ricordatelo!» Vederla così arrabbiata fu una cosa nuova, per Vanyan. Si ritrovò a pensare che forse aveva esagerato.
 
E, soprattutto, che a parte sua sorella nessuno si era mai davvero preoccupato per lui di recente. E anche che sotto sotto, ma davvero sotto, la cosa gli faceva piacere.
 
Ma non era disposto ad ammetterlo. Sentì una morsa allo stomaco, non voleva che qualcuno si occupasse di lui, finiva sempre male. Cercò di scacciare quei pensieri e parlare con Alys.
 
«Oh, scusami, mamma» Incrociò le braccia e si chinò verso di lei, sottolineando ancora di più la loro differenza di altezza. «Vedrò di stare più attento, la prossima volta! Contenta, ora?»
 
Lei rimase in silenzio a fissarlo con uno sguardo truce, davvero arrabbiato, e per un secondo Van credette che volesse colpirlo. Invece, sospirò e disse «Comunque sia, ora siamo senza soldi. Credo che questa sia la cosa più urgente di cui preoccuparsi.»
 
Vanyan rispose con un mezzo sorriso «Per quello, ci penso io»


Angolo autrice
Devo ancora capire cosa abbia spinto Lord Shaffer a dare una missione così delicata a uno come Vanyan, che il senso comune nemmeno sa dove stia di casa, ma tranquilli, tutti i nodi verranno al pettine, prima o poi. Secondo voi, quale mirabolante idea ha partorito la mente di Van per fare soldi? E soprattutto, quanto sarà suicida da 1 a 10? (Io dico 11, conoscendo il soggetto)
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, è ancora in lavorazione, ma finita la wave di impegni pre natalizi, dovrebbe uscire martedì 26, altrimenti ci vediamo direttamente il 2.
In ogni caso, fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo e noi ci vediamo alla prossima❤️

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Il Buco ***


Il Buco
 

«Vanyan, si può sapere dove mi stai portando?» Era almeno la terza volta che lei glielo chiedeva, ed era almeno la terza volta che lui non rispondeva.
Vanyan camminava con passo deciso, nervoso. Nella mano, un piccolo tizzone che aveva acceso, tenere la fiamma solo sulla mano sarebbe stato deleterio.
 
Alys si sistemò il mantello con cappuccio, tirando fin sopra i capelli.
 
Stavano scendendo in un tunnel scavato nella roccia, dalle pareti lisce e il pavimento modellato a formare delle scale.
 
Poco dopo quel dialogo a Terrarossa, il ragazzo si era diretto verso un vicolo dove si trovavano alcuni negozi, aveva guardato in giro, poi era entrato in quello che aveva tutta l’aria di essere una locanda, o un bar. Aveva adocchiato l’ostessa, una Fireal di mezza età secca come un manico di scopa e dagli stopposi capelli grigi, e si era lamentato dei “buchi” nelle assi. Se quell’uscita ad Alys era sembrata assurda, molto più assurdo era stato il comportamento della donna in risposta: si era alzata, aveva preso delle chiavi, si era diretta verso il retro della locanda, o del bar, e aveva aperto una minuscola porta di legno, così bassa che persino lei si era dovuta chinare per passare (quanto a Van, nemmeno a parlarne) ed erano finiti in quel tunnel.
 
«Parli un sacco» Ribattè lui, con aria infastidita.
«Perdonami, Vanyan, ma non sono io quella che trascina gente sottoterra per poi infastidirsi ad una legittima richiesta di spiegazioni» Rispose, calma, ma sentiva il battito accelerato dalla rabbia.
Lui inclinò il collo, guardando verso l’alto «Giusta obiezione. Comunque tra un po’ vedrai» Continuò ad essere vago.
 
Quel ragazzo decisamente le dava sui nervi. E probabilmente lo faceva anche apposta.
 
Più scendevano, più le pareti si facevano buie, e strette. Ad Alys non piaceva per niente, rievocava troppi brutti ricordi. Si ritrovò a guardare la fiamma sul palmo del ragazzo per non pensarci, anche se sentiva l’ansia continuare a salire.
 
Dopo un tempo che le parve interminabile, si ritrovarono alla fine di un altro cunicolo. «Siamo arrivati» Annunciò Van, senza troppe cerimonie.
Alys dovette di nuovo chinarsi leggermente, per passare, per poi trovarsi in un luogo assurdo.
 
Era un’enorme stanza scavata nella roccia, talmente enorme che non si riusciva a capire dove finisse, ed era gremita fino all’orlo di gente: uomini e donne di tutte le età, vestiti con abiti tipici di ogni colore, che si affollavano attorno a tavoli, o giravano nelle sale, o stavano ammucchiati negli angoli, con in mano alcolici e altra roba da bere. Nell’aria si respirava odore di fumo.
Chi poteva aver scavato quella roba nella roccia? Qualche Rockeal, o forse qualche schiavo, Alys non ne era sicura.
 
Quasi non sentì la voce di Van vicino a lei «Benvenuta nel Buco, Alys. Di tuo gradimento?» Lei si guardò intorno: la gente ai tavoli aveva in mano delle carte o dei dadi, alcuni indossavano una giacca doppiopetto abbottonata, alti funzionari, si disse.
Il bello era che giocavano contro dei tizi che invece erano vestiti in modo normale, persino misero.
 
«Qui dentro c’è tutto quello che in superficie è considerato immorale» Continuò Van «Contrabbando, mercato nero, lotte clandestine, addirittura parlare con non elementali. Stupendo, no? » Alle loro spalle, un tizio si sporse sul tavolo e colpì con un pugno l’uomo di fronte a lui. «Hai barato, stronzo!» Gli urlò.
«Qui dentro, siamo tutti uguali» Concluse Van, come se non stesse succedendo nulla.
 
Ma guarda: c’è più uguaglianza qui che non nel mondo civilizzato” Si ritrovò a pensare Alys. «Si direbbe che tu conosca bene questa realtà » Constatò poi, rivolgendosi a Vanyan. Il ragazzo si guardò attorno ma non disse nulla.
 
«Venivo spesso qui, dopo la morte di mio padre» Rispose, a voce così bassa che nel caos Alys quasi non riuscì a sentirlo. «Sai, a riguardo della Legge sui Mezzosangue?»
 
Alys si era informata, sì: più o meno una decina di anni fa, furono ritrovati documenti che parlavano di alcuni mezzosangue e di come avessero nascosto gli Iceal agli eserciti nemici, durante la guerra per scamparli alle persecuzioni, stessa cosa per alcuni non elementali sospettati di favorirli. Cosa ne fosse stato di loro, era un mistero, ma è il Concilio aveva decretato che a quelle famiglie doveva essere tolto tutto.
«Dissero che mio padre era stato uno di loro. Praticamente, rimanemmo senza soldi, io, mia madre e mia sorella. Dovevo pur fare qualcosa, no? »
 
Ci fu un minuto di silenzio, durante il quale Alys si trovò a considerare che forse Vanyan sapeva cavarsela da solo molto meglio di quello che lei stessa pensava: sì, insomma, era impulsivo e irascibile, ma quando voleva sapeva il fatto suo.
 
Del resto, lui sembrava avere almeno vent’anni, e non si arrivava a vent’anni senza sapere come fare.
 
«Comunque sia, io vado a rimediare un po’ di spicci. Se vuoi, vieni con me» Le disse. Lei si guardò attorno, le venne un’idea. Forse era anche lì…
«Prima ho delle cose da fare, incontriamoci verso l’uscita tra un’ora» Gli disse.
«Potrebbe volerci più di un’ora. Ti vengo a prendere io»
 
Poi, prima di andarsene, si girò «Alys, il Buco è un posto pericoloso… sei sicura di volerci rimanere da sola?»
Senza nemmeno rendersene conto, Alys si ritrovò a sorridere «Non preoccuparti Van, nemmeno io sarei arrivata alla mia età se non avessi sempre saputo come fare. Chi prima finisce, va a cercare l’altro» Lui annuì, poi tirò per la sua strada.
 
Mentre lo vedeva andarsene, svariate domande passarono per la sua testa: cosa avrebbe dovuto fare? Come avrebbe fatto a sapere dov’era? Probabilmente, nella testa di Vanyan, tutto quanto aveva senso, meglio non farsi domande.
 
Però… era davvero sicuro lasciarlo da solo in un posto come quello? Quella stessa mattina, se lei non l’avesse fermato, avrebbe finito per fare a pugni con delle guardie. Poteva davvero fidarsi di uno così?
 
Scrollò la testa: l’aveva appena pensato, Vanyan era in grado di cavarsela da solo, forse non era il caso di preoccuparsi tanto.
 
O almeno, così sperava.
 
§§§
 
Si era ritrovata a girare per il Buco per un tempo che le era parso interminabile. Cercò di tirarsi il cappuccio fin sopra la testa, sperando di non far notare l’essere Iceal.
In posti come quello non doveva essere un problema, ma meglio non correre rischi.
 
Si guardò intorno: le persone accalcate intorno ai tavoli lanciavano i dadi, oppure giocavano con le carte davanti a loro.
 
Alys li guardò incuriosita, soprattutto guardando l’enorme quantità di soldi che giravano tra i tavoli. Per lei era inconcepibile spendere tanto per dei giochi, ma forse, per chi in passato era quasi morto di fame, le priorità erano diverse.
 
Ma forse, lì in mezzo, ci poteva essere la persona che cercava. Anzi, sicuramente, certe idee veicolavano molto più facilmente in posti come quello.
 
E, infatti, poco dopo trovò un palco rialzato, dove un uomo stava gridando verso la folla. «Non siete stanchi? Non credete che dovremmo fare qualcosa?» Alys si avvicinò: simili discorsi ne aveva sentiti a bizzeffe, negli ultimi tempi.
 
Nonostante tutto, rimase incuriosita a guardare.
«Gli elementali ci hanno trattato da spazzatura, da immondizia, si credono migliori di noi. Ma sulla base di cosa? Sul fatto che loro controllano la natura e noi no? Basta davvero questo a rendere un uomo superiore ad un altro? Solo la fortuna, la casualità? Anche noi siamo esseri umani, e anche noi meritiamo di essere trattati come tali!» La folla gridò, in visibilio.
 
«Secono voi, hanno diritto a trattarci come schiavi? Hanno diritto a quello che ci fanno? Hanno diritto a trattare le nostre vite come se non valessero nulla? Hanno diritto a comportarsi come se tutto questo fosse normale
Avevano ragione, pensò Alys: nessuna vita valeva più delle altre. La sua forse un po’ meno.
 
Ciononostante, non era per ascoltare discorsi del genere che era venuta lì. Era per trovare quella persona. Doveva solo cercare meglio.
 
S’incuneò in un corridoio, fino ad arrivare ad un’altra corposa folla di persone, accalcate attorno ad un tavolo quadrato, urlando contro un uomo striminzito col pizzetto, che stava esponendo la merce del giorno: due braccialetti in oro lavorati con pietre preziose, senza dubbio alta manifattura di Cava Cristallo, la capitale Rockeal, un oggetto lavorato in avorio, e un pappagallo che strillava nella gabbia.
 
Il pappagallo le sarebbe piaciuto, ma non aveva posti dove metterlo. E poi, correva il rischio che Vanyan se lo sarebbe potuto mangiare in un attacco di fame, soprattutto contando che non mangiava bene da giorni.
 
Ora veniva il problema: non aveva soldi da offrire in cambio di quello che voleva, ma forse lì sotto qualcuno avrebbe potuto aiutarla.
 
Poi, guardò meglio il tipo con il pizzetto, e vide il simbolo sul suo polso, e capì cosa avrebbe dovuto fare.
Gli si avvicinò, con circospezione. Il tipo la guardò incuriosito, mentre lei gli diceva «Abbiamo un posto appartato per parlare?»
Lui sogghignò «Cosa c’è, la signorina qui presente ha voglia di sedurmi?» Poi avvicinò la mano alla sua spalla, ma lei scartò di lato, gli afferrò il polso, lo tirò alla sua altezza e, creando un coltello con il ghiaccio, glielo premette sulla gola.
«Non ho tempo per i giochetti, consegna questo a chi di dovere» Disse, con l’espressione più seria che riuscì a fare.
 
Vide per un secondo il terrore nei suoi occhi, prima di lasciare la presa e mettergli tra le mani una busta da lettera. Lo lasciò andare, mentre lui tremava. Nei suoi occhi, Alys ci lesse anche qualcos’altro, odio forse, ma lei c’era abituata, non poteva più ferirla.
 
«Un’altra cosa, ho bisogno di una tinta scura per capelli, e delle polveri per truccarmi, oltre che dei buoni vestiti, da uomo e da donna. Se ti fanno domande, spiega che è per l’ottenimento dell’obiettivo. Per la taglia, sapranno già cosa fare. Cortesemente, cerca di recapitarle tutto quanto il prima possibile, aspetterò in zona, chiamami quando sono pronti» Era stata telegrafica, ma alla fin fine aveva fatto capire bene il concetto.
 
L’uomo si girò e se ne andò, lasciando Alys da sola. Lei si ritrovò a pensare “Ho davvero afferrato un uomo per il collo e l’ho minacciato? Sto davvero diventando come Vanyan, mi sa” in quelle due settimane e mezzo, quel ragazzo l’aveva probabilmente influenzata molto più di quanto lei stessa non credesse.
 
Parlando di Vanyan, che fine aveva fatto quel ragazzo? Quello che doveva fare l’aveva fatto, ora potevano anche rincontrarsi.
 
Chi finiva prima cercava l’altro, dopotutto.
 
Restava solo da capire dove potesse essere.
 
§§§
 
Non dovette cercare molto.
 
Mentre vagava per il Buco si era imbattuta in una specie di piccolo corridoio all’apparenza interminabile, dove frotte di gente entravano ed uscivano, e pensò che forse Vanyan potesse trovarsi da quelle parti. Era anche la cosa più logica, dove gira gente, dopotutto girano anche un sacco di persone, e soprattutto di soldi quindi era altamente probabile trovarlo lì.
 
Addentrandosi nel corridoio, e tirandosi il più possibile il cappuccio sulla testa, vide dei manichini.
 
Alys sapeva benissimo cosa fossero: Bambole di Addestramento, infernali macchine strutturate per ridurti a pezzi ogni volta che le colpivi, facendo scattare il braccio verso di te ogni volta da una direzione diversa. Erano utili per imparare a colpire, schivare, e deviare, ma all’inizio, se non fossi stato rapido, ti saresti potuto ritrovare con qualche livido se andava bene, un osso rotto se andava male.
 
Alys spesso non aveva avuto quella fortuna, soprattutto perché i pugni di quegli arnesi spesso riempiti di pietre. Non era un’attività che amava, ma spesso e volentieri c’era costretta.
 
“Più forte, Alys, colpisci più forte”
“Usa il ghiaccio, stavolta!”
“Alys, fallo per me, lo sai che ti voglio bene, non vorrai mica deludermi…”
 
La ragazza scosse la testa: la sua priorità era trovare Vanyan, non aveva senso perdersi in simili ricordi, non in quel momento, almeno. Anche se, a ripensarci, le nocche le dolevano ancora.
 
§§§
 
Quando Alys arrivò nella stanza, si accorse che era ancora più piena di gente di quanto si fosse aspettata, e ne provò un senso di disgusto, soprattutto perché l’odore di tante persone ammassate in un piccolo spazio non era decisamente il massimo.
 
E, soprattutto, quelle persone erano tutte più alte di lei. Alys nemmeno riusciva a vedere, e ciò le dava un senso di claustrofobia non indifferente.
 
Sentiva però delle grida esultanti degli uomini davanti a lei, e anche da parte di qualcuno lì vicino. Che diamine stava succedendo?
Nella mente di Alys passarono almeno dieci possibili scenari diversi: una tortura? Un’esecuzione? Un’asta? Che cosa?
 
Cercò di spingersi più avanti possibile, facendosi largo tra gli astanti e beccandosi qualche occhiataccia di troppo. Ogni volta che qualcuno si girava verso di lei, si sentiva arrossire, e pigolava un “chiedo scusa” abbassando lo sguardo.
 
Una volta che si era avvicinata, le grida erano diventate più forti.
 
«Ehi, quel novellino ci sa fare!»
«Non l’avevo mai visto, chi è?»
«È quattro volte più piccolo del campione, ma sta praticamente vincendo»
«Guarda che lividi!»
 
Ah, sarà una lotta clandestina” pensò Alys: le lotte clandestine attiravano sempre entusiasmo, ma al tempo stesso sentiva come se qualcosa non andasse. Brividi di freddo le correvano lungo la schiena, e un forte dubbio si era insinuato dentro di lei.
 
«È già il terzo questo, ma non si stanca?!»
«Dicono che sia Fireal, ma a me non sembra proprio…»
 
Il dubbio divenne certezza.
 
Alys rischiò per un istante di avere un mancamento, mentre aveva abbandonato i modi cortesi e aveva iniziato a farsi strada a colpi di spintoni e gomitate.
 
«Fatemi passare!» Aveva detto, con stizza, più volte.
E, alla fine, era arrivata davanti ad una pedana sopraelevata, circondata da una folla di gente, con quattro pali ad ogni angolo e una corda tesa proprio tra quelli.
 
Due uomini si stavano scontrando in un feroce corpo a corpo, senza esclusione di colpi, entrambi con il petto nudo coperto di sudore e con solo un paio di pantaloni bianchi e larghi.
 
E uno dei due era Vanyan.


Angolo autore.
Mi dispiace deluderti, Alcor, ma Van non è un bulldozer, è un dannato caterpillar che pialla qualsiasi cosa gli si pari davanti XD
Auguri passati di buon Natale, miei cari. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e vi sia piaciuto il colpo di scena finale alla Van caterpillar.
Il prossimo capitolo è in lavorazione, e se non esce il due, ci vediamo il 9.
In ogni caso, se non ci vediamo buon anno🌻

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Sjel ***


Sjel


Alys rimase per un secondo interdetta, mentre si trovava sotto quel palco improvvisato, circondata da una miriade di persone.
Frotte di ubriachi, di sobri, di uomini ricchi, di poveracci, che urlavano, si spintonavano, esultavano, ma lei non ne vedeva nessuno.
 
Tutta la sua attenzione era per il ragazzo con i capelli neri sul palco, che tirava pugni ad un tizio tre volte più grosso di lui, schivando quasi con eleganza il calcio che gli venne tirato, e colpendolo al fianco.
 
In quei giorni, prima di arrivare a Terrarossa, i due si erano allenati altre volte. Vanyan era indubbiamente forte, ma il sospetto di Alys era che non facesse per davvero sul serio, con lei.
Quello che vide in quel momento glielo confermò: Vanyan non aveva mai fatto sul serio.
 
Quel Vanyan, invece, faceva sul serio. Alys lo vide schivare un ceffone da parte del mostro davanti a lui semplicemente abbassandosi, per poi caricargli un pugno sotto il mento, che fece vacillare l’avversario.
 
Van aveva un talento con il corpo a corpo che non aveva mai visto in nessuno, prima di allora. Forse in Leon, ad essere onesti, ma comunque era uno dei migliori che conoscesse.
 
Riusciva a prevedere i colpi degli avversari, preparando il contrattacco in anticipo, semplicemente guardando i loro movimenti, un guizzo del muscolo, uno spostamento del piede, e sapeva sempre dove si trovavano i punti deboli, in un modo che nessun allenamento avrebbe mai potuto dare. Quello, si rese conto Alys, era puro talento naturale.
 
Di colpo, sentì l’eccitazione dello scontro arrivare fino a lei, facendole aumentare il battito. Voleva davvero che vincesse Vanyan.
 
Però, un istante dopo, l’avversario riuscì ad essere più veloce di lui e a colpirlo al fianco. Si sentì un rumore di qualcosa che si incrinava e Alys sorprese sé stessa a trattenere il fiato.
 
Vanyan si accasciò su un ginocchio, con una mano nel punto in cui era stato colpito, ansimando, e solo allora Alys vide che aveva un grosso livido sulla guancia sinistra, e labbro inferiore spaccato, e il naso che grondava sangue. Le tornò in mente il discorso che aveva sentito tra i due uomini poco prima, sul fatto che quello fosse il terzo che affrontava.
 
Provò un forte istinto di salire sul palco e portarlo via.
 
Aveva senso, dopotutto, si disse un istante dopo: era solo il suo istinto di ricambiare il favore per averla salvata, alla capitale.
 
E poi, non poteva assolutamente permettersi di fargli succedere qualcosa, o altrimenti sarebbe andato tutto in rovina. Ma non poteva semplicemente salire sul palco e portarlo via. Doveva aspettare, Vanyan sapeva il fatto suo, si disse.
 
Vide il gigante caricare un altro pugno, diretto stavolta alla sua testa, e prima di riuscire a trattenersi, vide sé stessa sporgersi in avanti, urlando «VAN!» Allarmata.
 
Lui, da quella posizione, le rivolse un breve sguardo, poco meno di un istante, prima di rivolgere di nuovo la sua attenzione all’avversario.
 
Per poi rotolare, schivare il colpo, afferrargli il polso, sbilanciarlo e colpirlo con un calcio così forte che lo fece quasi cadere dal ring. Poi, lo colpì con una scarica di pugni nei punti deboli, e, dopo un calcio dietro il ginocchio e un’ultimo pugno ben assestato, lo mandò di sotto.
 
Poi si alzò, mentre la folla lo acclamava, e Alys si sorprese a esultare insieme a tutti gli altri. Vanyan neanche li guardava, a testa alta e con i capelli ribelli all’aria, mentre sputava un grumo di sangue sul palco, e si puliva il labbro con l’avambraccio.
 
§§§
 
Corse da lui mentre scendeva, e lo vide barcollare. Immediatamente gli afferrò un braccio, di riflesso. Lui le lanciò un’occhiata stanca.
L’aveva già visto senza maglietta quella volta alla capitale, ma non ci aveva mai fatto caso; quindi, era la prima volta che vedeva il suo torace nudo da vicino, e il suo fisico era esattamente quello che Alys si aspettava di trovare sotto i suoi vestiti, il fisico di un lottatore, addominali e pettorali scolpiti e possenti. Sicuramente, con un corpo così, la gente ti dava meno problemi possibili, pensò. E nemmeno avevano voglia di fare tanto dell’umorismo.
 
Quello che la preoccupava, però, era vedere i lividi rossi e viola sul torace e sull’addome, due tagli in corrispondenza del petto, e il fatto che ansimasse. Era coperto da una patina di sudore, come un velo di rugiada, ma non sapeva fosse acqua oppure il fatto che fosse davvero stanco.
 
A vederlo meglio, lui era anche leggermente piegato in avanti, ma impercettibilmente, come se gli facesse male da qualche parte, ma non volesse darlo a vedere. Aveva i muscoli contratti.
 
Impercettibilmente, sfiorò con le dita un livido particolarmente grosso sul petto, a sinistra, e usò il suo potere per dargli un po’ di sollievo. Gli sentì un’impercettibile “oh!” E il ragazzo raddrizzò la schiena, poi si girò verso di lei: «È sicuro?»
 
Alys sapeva cosa stesse cercando di dirle: “È sicuro usare i tuoi poteri qui, dove potrebbero vederti?” O, in alternativa: “Non è che ti stanchi?
 
«Non preoccuparti» Rispose lei, e gli spostò le dita sul collo; immediatamente lui rilassò i muscoli, sospirando di nuovo. «Il mio sogno è sempre stato quello di fare la Guaritrice. Non posso realizzarlo, quindi usarti come cavia non mi dispiace affatto» Gli fece una mezza risata. Lui sulle prime sembrò inquietato, o forse infastidito, ma poi la sua espressione tornò normale «Va bene, alla fine ci guadagno io» Fece un secondo di pausa «Grazie, comunque»
 
«Sorprendente… Vanyan che ringrazia qualcuno» Ribatté lei, con tono ironico. Lui divenne subito rosso in viso. «E piantala!»
 
Per qualche motivo, le venne da ridere. E questo sembrò metterlo in imbarazzo ancora di più.
 
§§§
 
Sin da quando era sceso dal palco, Vanyan sentiva la testa che girava e dolori ovunque. Forse affrontare tre persone di fila non era stata una buona idea… soprattutto contando che era da molto tempo che non scendeva al Buco.
 
Inoltre, gli sembrava che il polso sinistro fosse sul punto di spaccarsi in due dal dolore. Nel suo secondo incontro aveva sferrato un pugno ad un energumeno grosso quanto una casa, e l’impatto l’aveva sentito tutto lì. In quel momento era stato quasi sul punto di perdere. Quasi.
 
I poteri di Alys erano stati una vera e propria benedizione. Solo allora lei sembrò notare il braccialetto al polso destro. Strano, lei era alla sua destra, avrebbe dovuto vederlo subito. «Osso di drago?»
«Sì. Questi erano gli incontri per non elementali, un elementale può partecipare, ma solo se usa questo per bloccare i poteri. Guadagni di meno, ma sono meno rischiosi. E, fidati, non ero in grado contro gli elementali. Una volta un Aeral mi ha fatto fare un volo e poi sbattuto sul pavimento. Ho sentito i dolori per quasi una settimana» Ripensarci, glieli faceva sentire ancora. O forse quel dolore era per le botte che aveva preso. «Ma non ti preoccupare, hanno le ossa cave, quindi sono più fragili, se riesci a colpirli vanno giù come niente»
 
Lei guardò nel vuoto, con aria assente «Quindi era questo che facevi. Chissà perché, avrei dovuto immaginarlo…»
 
Erano andati in uno spazio isolato, sulle panche. Lì vicino c’erano altri che avevano lottato prima di lui, qualcuno in condizioni migliori, qualcun altro peggiori.
 
Lui crollò su una di quelle panche, stendendo le gambe e cercando di rilassare il più possibile i muscoli doloranti. Sentì una fitta lancinante alle costole: d’accordo, forse aveva esagerato. E forse aveva qualche osso rotto. O fratturato.
 
«Alys, nella borsa hai un’aggiusta-ossa? Dovrebbe bastare, le ferite non sono gravi…»
«Un aggiusta-che?» Lei fece un’espressione stupita. Sorprendente: credeva che a quella ragazza non mancasse nulla. E invece stavolta si era sbagliato.
«Credo sia un rimedio che gira da queste parti. Non credo sia legale, ma accelera la guarigione delle ossa e risana le fratture» L’aveva provato, qualche volta, e le sue ossa si erano sempre riprese in poco tempo.
«Non hai paura per la tua salute?»
«Ho più paura di non avere le ossa a posto quando dovrò vedermela con Borea»
«Vedrò quello che posso fare. Tu non alzarti, sei a pezzi» Sospirò lei.
Vanyan non ebbe nulla da obiettare.
 
Alys si alzò, poi lo guardò dritto negli occhi: «Quindi… era questo che facevi per guadagnare? Chissà perché avrei dovuto aspettarmelo»
 
Vanyan abbassò lo sguardo, sentendosi quasi in imbarazzo «Lo sai, dopo la morte di mio padre, eravamo senza soldi, mia madre non aveva le forze di andare a lavoro, e parecchi le avevano disertato l’ambulatorio, e mia sorella stette male per un periodo. Niente di grave, ma le medicine erano finite. Forse fu il dolore, Angel è sempre stata molto sensibile» Fece una pausa «Io non avevo nemmeno undici anni, ho iniziato rubando qualche spicciolo alle borse degli altri elementali. Non era tanto, ci serviva per vivere, e io ero veloce e riuscivo quasi sempre a scappare. Solo che, se mi prendevano…» Rabbrividì: quel ricordo faceva ancora male, a pensarci. Ma, di nuovo, forse erano le botte.
 
«Poi ho sentito dei tizi parlare del Buco, li ho seguiti e sono sceso qui sotto. All’inizio…» Stava per ammettere che all’inizio aveva avuto paura, ma si fermò: una cosa del genere non l’avrebbe mai detta, non ad alta voce.
«Ho trovato l’arena, e, visto che combattere mi riusciva bene, e già lo facevo per vivere, ho iniziato qui sotto. Avrò avuto… forse dodici anni, a quel punto» Si toccò il mento, non era proprio sicuro di quest’ultima cosa, ma tanto non cambiava: troppo piccolo per fare quella vita.
 
«Ti mandavano già contro quei tizi?»
«Cosa, quei bestioni? Assolutamente no, almeno non fino a quando ho avuto quindici anni, non sarebbe stato divertente, così. Erano altri ragazzini, come me» Mezzi morti di fame e abbastanza disperati. Ma lì sotto non c’era spazio per la pietà. Si ritirava a casa pieno di lividi, ma i più erano sul torace, e riusciva a nasconderli grazie alla maglia. Ciononostante, aveva continuato. Perché oltre ai lividi arrivavano anche i soldi, e quindi sua sorella non correva rischi. Sapeva all’incirca quello che succedeva alle ragazze, lì sotto. O meglio, all’inizio non capiva bene, ma sapeva che soffrivano. Non voleva che una cosa del genere succedesse anche ad Angel.
«Ho smesso a sedici anni»
 
«Più o meno il periodo in cui tolsero la legge sui Mezzosangue» Rifletté Alys, parlando con lui.
«Sì, ma non era quello il motivo: smisi poco prima perché mia sorella mi scoprì»
 
Vanyan se lo ricordava ancora: Angel aveva visto i soldi, e i lividi sul suo corpo che lui non riusciva più a nascondere, e l’aveva implorato di smettere, in lacrime.
Ti prego, Vanyan, non posso perdere anche te” A quel punto, e anche grazie alla lettera dell’Accademia, aveva ceduto.
 
Non che fossero bei ricordi, comunque, quindi tanto meglio non pensarci e basta.
 
«E comunque… dove hai imparato a combattere così?» cambiò argomento lei, guardandolo fisso negli occhi, come se volesse scavargli dentro.
Van sospirò: «Mio padre. Era nell’esercito Aeral, e da quando avevo sei anni allena me e mia sorella. Voleva fossimo sempre in grado di difenderci»
 
Poi lo sommersero i ricordi: suo padre e lui sotto un albero, dopo un allenamento, lui era sudato e stanco morto, suo padre invece sembrava stare benissimo.
A quei tempi, pensava fosse invincibile. Quei tempi erano passati.
 
Vanny, mi raccomando, non voglio che tu usi quello che ti sto insegnando per fare del male agli altri. Usa i tuoi pugni solo per difendere te stesso e gli altri, e non prendertela mai con chi è più debole. Anzi, dove puoi, non usare la violenza
 
Mi dispiace, pa’, su quest’ultimo punto ti ho deluso…” Pensò lui.
 
«Poi un vecchio ubriacone qua sotto mi ha dato qualche altra dritta, e infine qualcosa l’ho imparato in Accademia»
 
«Ti trattenevi, quindi?» Alys lo incalzò di nuovo, ma stavolta lui non rispose.
 
«Ehi, ehi, ehi» Una voce interruppe lo scambio tra i due, mentre loro, perplessi, alzarono entrambi lo sguardo: un giovane uomo, che Vanyan giudicò essere più vicino ai trenta che ai venti, gli si era parato davanti.
 
A prima vista, sembrava alto, ma forse era solo perché era slanciato, ma nonostante questo era atletico, e le braccia toniche si vedevano sotto la canotta nera che indossava. Per le gambe non poteva dire lo stesso, visto che portava gli stessi pantaloni morbidi e lunghi che stava indossando lui, solo, di una tonalità più scura.
Anche lui era un frequentatore del Buco? Van non dubitava che fosse salito sul ring almeno una volta. Non con quel fisico.
 
Sicuramente qualcuno che teneva al suo aspetto, nonostante tutto, almeno a giudicare da come teneva i capelli: una cascata nera come ali di corvo, ma lucida, tenuta in una coda che gli scendeva morbidamente su una spalla e gli arrivava al petto.
Il suo viso era pallido, affilato, dai lineamenti sottili, e guardandolo negli occhi per poco non gli prese un colpo: azzurri come il cielo.
 
“Non anche lì, dannazione” Il senso di nausea aumentò, e fu tentato di abbassare o distogliere lo sguardo, ma sarebbe sembrato strano, come minimo, per cui si fece forza e lo guardò dritto negli occhi.
 
Aveva un’espressione sarcastica dipinta in viso, e un sorriso sghembo. Ma cosa voleva da loro?
 
«Ringraziarti, in primo luogo» Parve leggergli nel pensiero. «Mi chiamo Sjel, amico mio. Sjel e basta, per ora.» Con quella frase aveva dato più dubbi che altro: ringraziarlo di cosa? E poi: amico mio? Con chi credeva di avere a che fare?
 
Prima che potesse rispondergli, e probabilmente anche prenderlo a male parole, Alys lo intercettò: poggiandogli la mano sul polso, e stringendo così forte che per poco non glielo ruppe, guardò l’uomo di fronte a lei: «Per cosa vorresti ringraziarci? Comunque, io mi chiamo Alys, e lui è Vanyan»
 
Lui fece una mezza risata «Lui lo conosco bene, ci ho appena scommesso su. Ed era per quello che volevo ringraziarlo, mi ha appena fatto fare grana.» Con la mano destra, fece il gesto delle monete «Che poi, quando l’ho visto ho pensato: mh, quello sì che ha la faccia di uno che vuole vincere, e con quel fisico può anche riuscirci, punto su di lui. Ma cavolo, tre su tre, non me lo sarei mai aspettato. È stato uno spasso, tra l’altro!» Rise di nuovo. A Vanyan stava iniziando sul serio a dare sui nervi, ma riuscì a sembrare impassibile.
 
«Ho appena avuto i soldi per chissà quante settimane: settanta soli e trenta lune, più un qualche centinaio di stelle, uno spettacolo. Beh, grazie ancora!» Si allontanò, saltellando, ma Vanyan potè giurare di averlo sentito sussurrare: «Fosse solo quello, il debito che ho con te…»
 
Quando si girò di nuovo a guardare, quell’uomo era sparito tra la folla. Bene, sperò di non rivederlo mai più.
 
«Secondo te, era un elementale o no?» Gli chiese Alys.
«Secondo me, è solo un cretino» Fu la risposta.
 
§§§
 
Cercando di ignorare le proteste del suo corpo ad ogni movimento, si rialzò dalla panca: «Dai, Alys, andiamo a ritirare i soldi» Disse, rimettendosi la maglia rossa. I pantaloni li tenne, però, erano comunque vestiti gratis.
Quando si tolse il braccialetto, Alys venne e chiese di darglielo.
«Nelle fila di Borea ci sono anche elementali; questo ci tornerà utile»
 
Raggiunsero in fretta (o almeno, quanto più in fretta potevano visto che Van non era in grado di fare sforzi eccessivi) un bancone lungo, e andarono da un tizio con i capelli scuri, che sembrava un armadio.
«Vanyan Momonoi» Gli disse. Lui controllò tra le cartelle, finché non trovò il suo nome e i dati che aveva scritto, poi gli diede un sacchetto.
 
«Solamente sette soli?! Andiamo, era un tre su tre» Gli urlò lui, mentre l’addome gli faceva male ogni parola che diceva. Decisamente, aveva esagerato.
«Tempi di magra. Però in omaggio c’è questa. Prendila e stai zitto» Sbatté sul tavolo un’ampolla piena di liquido bluastro, che Vanyan prese sospirando di sollievo, poi la stappò e si scolò il contenuto di colpo.
 
«Cos’è?» Gli sussurrò Alys. Lui si pulì la bocca con il braccio: «Aggiusta-ossa» Lei non aggiunse altro. Fortunatamente, i dolori sarebbero passati l’indomani.
 
§§§
 
 
Percorsero la strada a ritroso, e, quando furono nel bar, salutò la donna con un cenno della mano, ma lei a malapena rispose.
 
Fuori dal locale, due guardie Fireal e un funzionario li raggiunsero. Il messo era magro come un manico di scopa, sembrava sui quaranta, ma forse anche vicino ai cinquanta, aveva una faccia assurdamente lunga e un pizzetto sotto il mento che finiva arrotolandosi come una falce di luna. Aveva pettinato i capelli rossicci in modo da nascondere la calvizie incipiente.
 
«Vanyan Momonoi?» Gli chiesero. D’istinto, senza nemmeno sapere perché, spinse Alys indietro con il braccio:«Sì, sono io»
 
«Chi è la ragazza vicino a te?» Dannazione, non poteva rivelare il suo essere una Iceal. Perciò, tentò di improvvisare: «La mia…?» Compagna di viaggio? Amica? Cosa? «La mia… attendente» Sentì le dita di lei torcergli la pelle dell’avambraccio: insieme ai dolori patiti al Buco, rischiò sul serio di mandarlo al tappeto.
 
«Il Lord di Fireal ti attende domani. Ha accolto la richiesta del membro del Consiglio Lord Shaffer e ti concederà udienza»


1f775497-8aef-4e6b-bccc-e44155daba1f

Angoletto di Elly
Buon anno a tutti, gente🎍. Spero che abbiate raggiunto i vostri obiettivi del 2023 e che il 2024 vi porti molta gioia. Allora, qui vediamo di nuovo in azione il mitico Vanterpillar, con tanto di scatarramento finale, più un paio di informazioni sulla sua vita privata. E ovviamente il leggendario Sjel, che, qualcosa me lo dice, diventerà il personaggio amato di più tra tutti. Magari sapremo di più anche sul suo debito con Vanyan, voi avete teorie? Il pacing non mi convince, comunque, e, sopratutto, se le informazioni sono troppe o troppo buttate, o se lo scontro non vi è piaciuto fatemelo sapere, provvederò a correggerlo quando revisionerò i capitoli (prima o poi lo farò)
Lì ho aggiunto una foto di Sjel, sempre con l'AI di Microsoft. Per questa ci ho combattuto parecchio, sembra che la "coda bassa" l'AI non la capisca proprio, lol.
Annuncio che mi prenderò una pausa, perché dopo le vacanze gli impegni mi schiacceranno inesorabilmente, e non vorrei mai fare un lavoro raffazzonato o poco curato. Non so quanto durerà, però cercherò di portarmi avanti perché alla fine manca poco.
In ogni caso, a presto e spero tutto bene.
Elly🌸


 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Preparativi ***


Preparativi
 
Vanyan si svegliò un misto tra l’essere stanco e l’essere nervoso, perché Alys l’aveva tirato giù dal letto praticamente di peso di prima mattina.
 
I funzionari gli avevano dato una sala, e non in una locanda, ma in un ostello di lusso, con lenzuola di seta, vestiti comodi negli armadi, e addirittura un bagno con acqua corrente nella stanza a fianco, a condizione che Lord Shaffer si facesse carico delle spese. Van non aveva fatto nemmeno in tempo a stupirsi di tutto quel lusso, perché era talmente distrutto che sarebbe andato a dormire persino sulla nuda terra sotto la pioggia. Si era solo gettato sull’enorme letto a due piazze, senza nemmeno cambiarsi, ed era crollato all’istante. Gli era sembrato però fossero passati solo pochi istanti, prima che Alys lo venisse a svegliare.
 
Vanyan si leccò una mano e se la passò tra i capelli, che erano persino più disordinati rispetto al solito. Niente da fare, le punte tornavano verso l’alto ogni volta che provava a schiacciarsele.
«Spiegami perché devo alzarmi così presto» Avevano portato addirittura la colazione in camera, salsicce arrosto, uova strapazzate e pane bianco; Van se l’era spazzolata senza sentirne nemmeno il sapore.
 
Del resto, dopo giorni passati con lo stomaco vuoto, era quello che ci voleva.
«Non è “presto” Vanyan, il sole è già più che sorto, e tu hai dormito ben più di otto ore, a differenza mia» La voce della ragazza era stizzita, proprio come quella di qualcuno che non aveva dormito bene.
«Avresti potuto dormire di più» Borbottò lui, di rimando.
«Non potevo, sai, qualcuno ha passato metà della notte a russare e l’altra metà a litigare contro chissà chi perché considerava un furto l’aver ricevuto solamente sette soli. Quel qualcuno ha anche cercato di fare a pugni, ad una certa ora della notte!»
 
«Sette soli per un tre su tre è furto» Ribatté lui, con ostinazione.
Sapeva di essere un bambino, ma diamine, era comunque ingiustizia!
 
Alys cambiò tono di voce: «Comunque, come ti senti?» gli chiese. Il ragazzo sollevò le spalle. «Bene, l’aggiusta-ossa fa miracoli. Peccato che ne puoi bere solo uno per un bel po’» Vide l’Iceal avvicinarsi «E come mai?» Gli chiese lei.
 
Lui alzò di nuovo le spalle «Danni al fegato, penso, e anche ai reni. In compenso qualsiasi ferita viene riparata. Non so come, sono mia madre e mia sorella le guaritrici»
«L’hai buttato giù di colpo, ieri sera. Non era un po’ troppo?»
«Ai problemi al fegato, ci si pensa quando arrivano» Alys parlava decisamente troppo per essere prima mattina.
 
«Vedi, Vanyan, io credo sia proprio questo, il tuo problema…» Iniziò la ragazza, ma non volle spiegare cosa intendeva, e lui era ancora troppo stanco per chiederglielo.
 
«Comunque, se ti ho svegliato c’è un motivo: anche tu hai bisogno di prepararti; non puoi presentarti davanti al Lord di Fireal conciato in questo modo. Io mi sono già lavata. Poi dobbiamo pensare a come vestirti, e i vestiti del Buco non sono un’opzione»
Sulle prime, non capì, poi, si girò verso il grande specchio dalla cornice oro che copriva metà parete della stanza.
 
Quello che ci vide dentro era un disastro: i capelli che sparavano in tutte le direzioni e aggrovigliati, lo sguardo stralunato, le sclere arrossate, un livido sotto l’occhio color porpora che stava cominciando a virare al giallastro; il labbro che sì, si era sgonfiato, ma aveva ancora un grosso taglio dopo la serata trascorsa all’arena nel Buco, e poi una maglietta unta e strappata sulle maniche e per concludere un paio di pantaloni che a vederli bene sembravano almeno di seconda mano.
 
«Vanno benissimo per quello che devo fare»
«Vanyan, capisco che sia una missione segreta, ma si può sapere cosa devi fare a palazzo di un Lord, e soprattutto cosa vuoi ottenere conciato così?»
«Te l’ho detto, vado a fare fuori Borea»
«Intendo sul serio, Van, perché devi andare al palazzo del Lord?»
Pur con riluttanza, Vanyan glielo disse. Partì dall’inizio, dall’attacco alla Capitale fino all’incontro con Lord Shaffer. A quel punto Alys meritava di sapere.
 
Alla fine del racconto, lei sospirò, ormai era diventata un’abitudine: «Quindi, mi stai dicendo che, oltre ad uccidere Borea, sei stato mandato a indagare per conto di Lord Shaffer sui movimenti dei Non-Elementali, in quanto nessuno voleva assumersene l’onere, e in più a tentare di convincere i lord più riluttanti ad aiutare. E, sentiamo, vestito come un delinquente senza soldi, come speri di farti accettare a Palazzo o addirittura farti ascoltare? Ti sbatteranno fuori a calci, altro che udienza e simili. Già non ti accetteranno in quanto mezzosangue, penseranno direttamente che tu abbia qualche rotella fuori posto»
 
Pur con esasperazione, Vanyan ammise che Alys non aveva per nulla torto: se si fosse presentato al palazzo in quel modo, non lo avrebbero mai preso sul serio. Lord Shaffer avrebbe pensato che non fosse adatto ad una missione del genere e l’avrebbe sbattuto fuori. Dando magari il posto a qualcun altro.
 
Vanyan provò odio verso quella persona immaginaria.
 
Alys si stava dirigendo verso l’armadio «Van, qui dentro ci sono dei vestiti che potremmo usare, vai a farti un bagno, quando hai finito cerchiamo di aggiustare quanto possibile. Ti ho riempito la vasca»
«Non sono un cane» Si inalberò il ragazzo, ma Alys aveva ragione, e poi era stata gentile con lui, a preparargli il bagno.
 
Ciononostante, non era tipo da darla vinta: grugnì, poi si tolse con un gesto secco la maglia e la lasciò sul letto, fece poi per fare lo stesso con pantaloni e mutande, pronto a gettare anch’essi sul letto, e aveva appena iniziato a tirarle giù, quando fu fermato dall’Iceal.
«VANYAN, CHE STAI FACENDO?!» Gli chiese lei, sconvolta. Lui la guardò con aria interrogativa «Che c’è, ti aspetti che mi faccia il bagno con i vestiti addosso?» Le chiese, seccamente.
 
Alys rimase muta, con gli occhi sgranati e un sorriso, nervoso, appena accennato.
«Ti stai davvero spogliando davanti ad una ragazza?!»
«Mi sono cambiato sempre davanti a mia sorella e a mia madre, e non hanno mai detto nulla!»
 
Ad Alys tremava un sopracciglio «Tua madre e tua sorella. Membri della tua famiglia»
«E che cambia?»
Quella era una cosa che sul serio Vanyan non capiva: per lui tutti i corpi erano uguali, una volta visti.
 
Lei non rispose, ma, dopo un momento di blocco, sospirò «Solo, vai in bagno, e togliteli lì i vestiti»
«Ma poi prende l’umidità»
«Mettili fuori dalla porta, allora»
 
Lui alzò le spalle: Alys era proprio strana.
 
Poi, però, mentre era sulla soglia del bagno, si girò verso di lei «Comunque… Grazie per avermi preparato la vasca. Lo apprezzo.»
 
Poi chiuse la porta prima di sentire la sua risposta.
 
§§§
 
Vanyan non era del tutto sano di mente.
 
Dopo che l’aveva visto al Buco, e dopo quasi un mese e mezzo che avevano passato insieme, Alys lo poteva affermare con assoluta certezza.
 
Era selvaggio, testardo, irascibile, e mancava di senso comune. Sembrava, in alcuni momenti, quasi un animale.
 
Alys non si sorprendeva che fosse sempre da solo, o forse quel comportamento era la conseguenza dello stare sempre da solo.
 
Addirittura, per lui era normale spogliarsi di fronte a degli sconosciuti. Come accidenti avrebbe fatto a renderlo presentabile al resto dei Fireal, così?! Come gli aveva detto, Già essendo un mezzosangue aveva poca credibilità, così non li avrebbero nemmeno ascoltati! E poi, avrebbe rischiato di farsi arrestare, per gli Eroi! Aveva paura di ciò che avrebbe potuto fare, lasciato a piede libero!
 
Se non fosse stato tanto importante pe la sua missione, se ne sarebbe andata da un bel pezzo!
Anche se… aveva apprezzato il fatto che l’avesse ringraziata, per avergli preparato il bagno. E anche che l’avesse salvata, a Terrarossa, e anche che si fosse preso cura di lei quando stava male.
 
Poi si accorse di cosa stava pensando e scosse la testa.
 
Quel ragazzo riusciva sul serio a farla impazzire.
 
Finita la missione, se ne sarebbe andata, quindi non l’avrebbe mai più rivisto, e sarebbe potuta stare lontana da lui e dalle sue pazzie e colpi di testa. Già, sarebbe stato meglio.
 
E meglio sarebbe stato iniziare a prepararsi per bene anche lei, soprattutto i capelli!
 
A proposito di capelli… vide Vanyan uscire dal bagno con praticamente la testa asciutta, ma grazie agli eroi almeno aveva un asciugamano intorno alla vita. «Ma che combini?! Devi lavarti per bene» Lo redarguì, lui intanto scrollò le spalle: «Mi sono lavato i capelli alla fontana, l’altro ieri, che senso ha lavarseli di nuovo» Anche il suo concetto di igiene lasciava molto a desiderare.
«Torna in vasca, me ne occupo io» Alys non aveva le forze per mettersi di nuovo a discutere, e ormai stava iniziando a rassegnarsi ai suoi modi di fare.
 
Poco dopo, mentre Vanyan si rimetteva in vasca, stavolta assicurandosi che lei non vedesse nulla, si ritrovò a pensare ad una frase che sua madre aveva una volta detto a una delle sue sorelle: “Se vuoi capire qualcuno, guarda come tiene i suoi capelli
 
Ammise con sé stessa che avesse ragione: i capelli di Vanyan erano selvaggi almeno quanto lo era lui.
 
La sua supposizione sul fatto che non li pettinasse da anni era esatta, visto che lì in mezzo a quelle ciocche c’erano nodi che resistevano da chissà quanto. Probabilmente da quando aveva iniziato a curarseli da solo, visto che per lui già solo lavarsi i capelli equivaleva semplicemente a gettarci sopra dell’acqua.
 
D’accordo, alla fine era un Fireal, quindi l’acqua non doveva andargli molto a genio, ma una trascuratezza del genere da qualcuno della sua età non se l’aspettava!
 
Inoltre, erano sfibrati, e nemmeno sapevano stare tranquilli ma sparavano in tutte le direzioni.
Nel complesso, la sua testa somigliava ad un qualche bizzarro nido d’uccello.
 
Aveva dovuto usare un prodotto a base di uova e alcali, praticamente introvabile, che teneva per i suoi, di capelli, nel cercare di districare un minimo quella chioma.
 
E nemmeno Vanyan voleva saperne di stare fermo o di collaborare: continuava a spostarle le mani, a tenerle fermi i polsi, e, quando doveva passarci il pettine, a lamentare che gli stesse facendo male. Certo, era stato fin troppo paziente, per uno come lui, ma allo stesso modo era un favore, quello che gli stava facendo!
 
E chissà cosa avrebbero detto quelli della stanza accanto, se li avessero sentiti! Fortuna che, a quanto aveva capito, in giro non c’era nessuno.
 
Finito di lavarlo, gli rimise l’asciugamano e lo trascinò con una sedia davanti allo specchio, cercando di pettinargli i capelli come poteva, e usò anche un paio di forbici per tagliare le punte e cercare di ordinarglieli e dargli un aspetto quantomeno da umano presentabile.
 
«Adesso puoi asciugare» Gli disse poi, esausta.
 
Vicino al letto c’era un pezzo di carbone, che Vanyan accese tenendolo nel palmo della mano.
«Sei stato insolitamente tranquillo, Van» Lo riprese Alys. «Per essere tu» Aggiunse poi, certa di provocarlo. Poteva essere anche lei quella a dare fastidio, per una volta!
 
Lui fece una pausa di un istante «Sono stato la bambola di mia sorella fin da piccolo. Impari a stare fermo, in queste situazioni»
Immaginare Vanyan da piccolo, mentre veniva agghindato come fosse una bambolina, le strappò una piccola risata. E di nuovo lo vide arrossire, anche se cercava di fare di tutto per nasconderlo. Le fiamme diventarono più alte.
 
Nel frattempo che Vanyan finiva di asciugarsi i capelli, iniziò a lavorare sui suoi. Non potevano permettere che si scoprisse il suo essere Iceal, oppure ci sarebbero stati problemi seri.
 
Con molte scuse, le avevano detto che la lozione non sarebbe mai arrivata in tempo, quindi le avevano prestato una parrucca color oro d’autunno, insieme a dei trucchi per rendersi la pelle appena più scura e rosea, e risultare una Fireal come gli altri a tutti gli effetti.
Sotto sotto le andava bene, non avrebbe voluto tingersi i capelli. Anche se tutti lo odiavano, quel suo azzurro, a lei davvero piaceva.
 
L’unica cosa che avrebbe potuto rendere il tutto problematico sarebbe stato il rischio che la parrucca le cadesse dalla testa, ma per quello sarebbe bastato non fare movimenti bruschi, e sarebbe andato tutto bene.
 
Perciò, si limitò a fermarsi la treccia, metterla sotto una retina, per poi passarsi sopra la parrucca rossa, poi andò davanti allo specchio: quello le restituì l’immagine di una giovane minuta, dalla pelle pallida, gli occhi argento, unica cosa che avrebbe potuto far capire che lei non fosse una Fireal, e una matassa di completamente distanti dal suo azzurro. Una ragazza sconosciuta, e triste, che non avrebbe mai potuto mostrare chi era davvero. Una ragazza che, in fin dei conti, non era nessuno.
 
Alys avrebbe passato la sua intera vita a fingersi qualcun altro, era quella la verità. Un pensiero triste, ma non per questo meno veritiero.
Forse avrebbe dovuto fare come Vanyan, e smetterla di pensarci. A proposito, aveva finito quel ragazzo?
 
Poco dopo, constatò che i capelli di Vanyan erano finalmente asciutti e puliti.
 
Alys rimase a guardarli, stupita, perché non se li sarebbe mai aspettata in quel modo: lucidi, neri come ali di corvo, morbidi e ondulati. Le fiamme del caminetto facevano baluginare, di tanto in tanto, riflessi rossastri, creando trame mobili in mezzo a tutto quello scuro.
 
Si sorprese a pensare che, effettivamente, Vanyan aveva davvero dei bei capelli.
Prima che riuscisse a rendersi conto di quello che faceva, la sua mano finì tra quelle ciocche e si accorse che erano anche incredibilmente soffici al tatto.
 
Peccato che, un istante dopo, Vanyan spostò la testa, e, se prima era rosso dall’imbarazzo, in quel momento la sua pelle aveva assunto una colorazione quasi livida: «Ma che fai?!»
 
Stavolta fu lei ad arrossire «Ecco… io… Scusa, non ho resistito. Davvero, non so cosa mi sia preso» Gli rispose, ritradendo la mano.
 
In qualche modo, Vanyan riuscì a riprendere il controllo: «Lascia stare»
 
Per smuoversi dall’imbarazzo, Alys si girò verso l’armadio, aprendolo a caso e prese gli abiti che le erano arrivati proprio quella mattina, quando Van stava ancora dormendo e lei aveva incontrato il tipo nel vicolo. Ad occhio, la taglia era giusta.
 
Il vestiario di Vanyan consisteva in una casacca scura e in un paio di pantaloni anch’essi scuri, stretti in vita, e un paio di scarpe di cuoio.
Sobrio, elegante, ma non troppo ricercato: l’ideale per un mezzosangue.
 
Il suo era una semplice giacca lunga rossa con ricami in oro, che la ragazza si abbottonò fino al collo.
 
Pochi istanti dopo, sentirono bussare: le due guardie Fireal comparvero alla porta.
«Prego, seguiteci, arriveremo presto a palazzo, a cospetto del Lord e della Lady»



Picsart-24-01-10-22-43-58-489

Angolo Autrice
Lol, la prima volta che ho immaginato la scena di Vanyan che si spoglia tranquillamente davanti ad una ragazza, non avevo idea che in Kengan Ashura ce ne fosse una letteralmente uguale. Ne approfitto per consigliarvelo, vi potrebbe piacere.
Ah, e giusto per la cronaca, nel sistema monetario, 1 luna sono 100 stelle, e un sole 100 lune, contanto che una luna equivale ad 1 euro, farsi ammazzare di botte per a malapena 700 euro effettivamente è furto, do ragione a Vanyan, lol.
Anyway, ultimo capitolo di transizione per questa parte, giuro, i prossimi saranno cicciosi, ma devo modificare un bel po' di cose che non mi piacevano, per cui non so quando sarà la prossima pubblicazione. Spero di farmi sentire almeno una volta al mese prima che finisca (manca poco, lo giuro)
Intanto, godetevi le versioni dei miei Pg fatte con l'AI di Microsoft. Stavolta realistiche, per chi ama di più questo stile
A presto❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Il Lord di Fireal ***


Il Lord di Fireal
 

Li stavano scortando in una carrozza con le tende chiuse, perché sia mai che un mezzosangue abbia diritto anche solo ad avvicinarsi o a farsi vedere al cospetto del Lord di Fireal, pensò Vanyan con frustrazione, appoggiando il mento sul palmo della mano.
Solo nelle città moderne e a sangue misto, quelli così erano tollerati, e nemmeno tanto.
 
Anzi, se avessero scoperto che la loro tanta venerata Fireal purosangue era, in realtà, una schifosa Iceal, le cose sarebbero state ancora peggio.
 
Alys, davanti a lui, teneva le braccia incrociate: I boccoli morbidi color rame erano un forte contrasto con l’azzurro che aveva esibito fino a poco prima. Sul suo viso si vedeva un’espressione neutrale, forse un pochino malinconica, oppure era lui che se lo stava immaginando.
Effettivamente, pensò lui, quasi non la riconosceva: il mantello nero era sospetto, vero, ma così Alys gli sembrava un’altra persona!
 
Ad essere onesti, anche lui si sentiva un altro, dopo essersi lavato per bene. Nemmeno ricordava l’ultima volta in cui i suoi capelli erano stati così lucidi, soffici e leggeri sulla sua testa. E soprattutto che avessero un buon profumo.
E soprattutto la strana sensazione che aveva provato quando lei era stata la prima donna, dopo sua madre e sua sorella, a toccarglieli. Aveva dovuto scostare la testa per distrarsi da quella sensazione!
 
E a ben pensarci, sarebbe stato meglio distrarsi anche in quel momento; perciò, indicò ad Alys con il mento dalla finestra della carrozza: di là si vedeva un edificio in marmo bianco e oricalco rosso, mastodontico, e anche da lontano si vedevano le fiamme gigantesche, scolpite in oro sulle colonne che sorreggevano il portico.
Al centro di esso, un braciere enorme scavato nel pavimento, che faceva sollevare una fiammata ancora più enorme.
 
«Ecco Alys, di lì c’è l’Accademia: il posto migliore dove formare soldati peggiori» Le annunciò, senza nemmeno provarci, a nascondere l’astio che provava verso quel posto di merda.
A pensarci bene, forse non era nemmeno il caso di dirlo così ad alta voce, con due soldati usciti freschi da quello stesso posto, giusto fuori dalla carrozza, ma nemmeno gliene fregava nulla, ad essere onesti.
«Per quanto ci sei andato?» Fu la sua domanda, mentre lo guardava dritto negli occhi.
«Per sei mesi, poi ho chiuso»
«Intendi dire che ti hanno sbattuto fuori»
«Preferisco metterla come ti ho detto»
 
Alys sollevò un sopracciglio, al che lui si sentì obbligato a spiegarle: «La lettera per l’Accademia ti arriva a dodici anni, poi all’inizio dell’autunno devi andare. Leva obbligatoria» Sollevò entrambe le mani, mostrandole i palmi.
«A me la lettera arrivò non prima dei sedici, però. Sai, per la Legge sui Mezzosangue. A me e agli altri ragazzi, quindi, ci misero nel corso speciale; quindi, ti trovavi ventenni messi in mezzo con ragazzini. E tutti gli altri purosangue ci prendevano di mira» Non lui, però: dopo aver visto come se la cavava in arena di addestramento, e soprattutto nel corpo a corpo, avevano tutti smesso di prenderlo in giro. Per la maggior parte lo lasciavano stare, sistemazione che lui trovava ideale.
«Io me ne stavo per i fatti miei, ma c’erano alcuni per cui lì era l’inferno in terra. Un ragazzino, quindici anni, credo, mezzo Fireal, mezzo non lo so, forse la madre era Watreal, sentii, magro come uno stecco, con i capelli color paglia e gli occhi azzurro slavato, era spesso vittima di quelli là, quelli ricchi. Non che lui fosse povero, però: suo padre veniva da una famiglia, boh, credo importante, solo che non si era sposato un’altra Fireal. Ma ho sentito che per tutte le Accademie era così» Fece una pausa. «Gli rubavano soldi, cibo, lo spintonavano e minacciavano. O almeno così mi dissero dopo, io non ne ho saputo niente fino a quel giorno in mensa» Avevano iniziato a deriderlo, ricordò, poi uno di loro, un tipo alto e con una criniera di capelli biondi e un già abbondante accenno di barba, l’aveva spinto in malo modo. «Lo fecero cadere addosso a me, e il cibo che tenevo nel vassoio finì sul pavimento. Avevamo addestramento, dopo, e quella razione era l’unica che potevamo mangiare per quella giornata.»
«Gli dissi una cosa tipo “stai più attento, che mi rovesci il pranzo” lui rispose spintonando anche me, e aggiungendo che potevo andare a piangere dalla mamma. Non so perché, ma mi andò il sangue alla testa e non ci vidi più. Gli saltai alla gola, ma pensavo si sarebbe difeso meglio» Gli anni al Buco avevano decisamente forgiato Vanyan: non era stata una rissa, era stato un pestaggio, da parte sua.
«Quando arrivarono gli addetti, trovarono me in piedi, e lui a terra. Forse avevo esagerato, e il sangue del suo naso e della sua bocca mi era schizzato addosso, ma non era così grave, ho visto gente ridotta peggio.» Certo, però le risse erano vietate fuori dal cortile degli addestramenti. Aggiungici anche un’espressione da pazzo che sicuramente aveva, e il gioco era fatto. Ma quest’ultimo dettaglio non lo aggiunse.
«Mi convocarono nella sala del rettore, o qualcosa del genere, e mi dissero che mi buttavano fuori. Il ragazzino non l’ho più rivisto» Anche lui quel giorno sembrava terrorizzato, quando Vanyan aveva provato a parlarci per capire come stava dopo essere ruzzolato a terra, quello era scappato via praticamente urlando. Chissà che fine aveva fatto.
 
Alys rimase in silenzio per qualche minuto, lo sguardo fisso fuori dal finestrino, come ipnotizzata. Vanyan si chiese quanto del suo discorso avesse capito.
Poi, a sorpresa, lei disse «È la prima volta che ti sentivo parlare così tanto» Di colpo, se ne accorse anche lui.
 
E, in effetti, la gola un po’ gli faceva male.
 
«Solo una cosa, Vanyan.» Cambiò argomento di colpo «Se ti chiedono chi io sia, non uscirtene con roba come la contabile e cose simili. Nel dubbio, di che sono tua cugina»
 
Vanyan sollevò le spalle, come voleva farsi chiamare non era un problema che lo riguardasse, per cui si limitò ad appoggiare la testa al cuscino della carrozza, sperando di recuperare quel po’ di sonno perduto.
 
Speranza vana, poco dopo stavano già bussando per farli scendere.
 
§§§
 
Si ritrovarono di nuovo alla magione, fatti scendere praticamente di nascosto e di malagrazia, e li spintonarono di fronte al cancello con modelli di fiamme lavorate.
 
Un valletto corse ad aprire, e loro lo attraversarono.
Che fortuna sfacciata, un umile mezzosangue che entra nella dimora del Lord Protettore di Fireal. Incredibile, dovrei forse baciare la terra dove cammino e ringraziarli per ogni passo?” Pensò il ragazzo.
 
La strada era in finissima ghiaia bianca battuta, che scricchiolava sotto le suole delle scarpe. O forse, a produrre quel suono erano le foglie d’autunno che formavano una sorta di tappeto.
 
Tutto intorno, statue enormi in marmo bianco erano disposte in cerchio, e quelle statue, se Vanyan non ricordava male, rappresentavano gli Eroi della Conquista. Tutti con pose estremamente fiere, notò il ragazzo.
 
Intorno, altre piccole colonnine con fiamme alte che ardevano su ciascuna di esse. Dovevano far finta di essere eterne, ma Vanyan sapeva benissimo che il trucco era il gas che fuoriusciva da un foro. Nessuna fiamma poteva bruciare se non aveva combustibile.
 
Alys, davanti a lui, camminava facendo frusciare l’ampio vestito e la parrucca rossiccia. Aveva un portamento davvero molto elegante, considerò il ragazzo.
 
Dopo un tempo che gli parve interminabile, per davvero, arrivarono a un portone, se possibile ancora più massiccio del precedente, interamente fatto di oro che scintillava alla luce del sole pomeridiano in un modo che lo costrinse a mettersi un braccio davanti alla faccia per non farsi accecare.
Ognuna delle due ante del portone era interamente lavorata in bassorilievi di fiamme, con esili volute che si avviluppavano intorno al corpo di un uomo alto, muscoloso e dai biondi capelli al vento, rappresentato con estremo realismo. Il suo viso era inespressivo, emanava forza, lo sguardo vittorioso rivolto verso l’alto, ma tutta la sua persona aveva un qualcosa di etereo. Era a torso nudo e indossava solo una leggera stuoia avvolta intorno alla vita. Nella mano destra reggeva una spada, istoriata, e le fiamme si avvolgevano anche intorno ad essa. Dietro di lui, un drago morente.
 
Vanyan l’eroe, l’Ammazzadraghi, il suo omonimo, in tutto il suo splendore. C’era ben più che venerazione verso quel tizio che nemmeno si sapeva se fosse realmente esistito.
E anche non buona simpatia per un mezzosangue che portava lo stesso nome, poteva ben immaginare.
 
Ciononostante, quando il valletto bussò facendo aprire la porta massiccia, s’infilò all’interno della magione senza esitare.
 
L’interno era esattamente quello che Vanyan si sarebbe aspettato vedendo l’esterno: ostentazione di ricchezze da far paura.
 
Esibizionisti del cazzo.
 
Il corridoio sembrava infinito, aveva un pavimento in marmo bianco con venature scure, coperto da un tappeto di elegante velluto rosso -velluto, addirittura! - con ricami di fiamme in filo d’oro. Alle pareti, decorazioni e fregi in stucchi di fiamme, finemente intagliati, laddove non erano interrotti da arazzi che rappresentavano l’arrivo dei conquistatori, o le imprese del suo omonimo.
 
Di tanto in tanto, busti dei lord protettori di Fireal scolpiti in marmo anch’esso bianco e decorati in oro.
 
Potevi vedere servi Fireal e schiavi non elementali affaccendarsi per quei corridoi. Tutti, quando lo vedevano, gli gettavano un’occhiata perplessa, fissando il suo aspetto così diverso.
 
Perfino i busti sembravano guardarlo, giudicarlo.
Tu non sei come noi” gli pareva addirittura sentirgli dire.
 
Peccato che a lui non fregasse assolutamente nulla.
Alla fine, arrivarono davanti ad un’altra porta, tanto per cambiare. Anche quella piena di intarsi, ma almeno era di legno.
Davvero una bella porta, sarebbe stato un peccato se qualcuno l’avesse bruciata…
 
Le due guardie picchiarono a terra le lance, e le porte, quasi per magia, si aprirono sulla sala del trono. O comunque si chiamasse il posto dove i Lord Protettori ricevevano i bifolchi di periferia come lui.
Vanyan si era sbagliato: non era il corridoio l’ostentazione di ricchezza, ma quella stramaledetta stanza!
 
Tutte le pareti erano fregiate in stucchi oro, raffiguranti motivi di fiamme che si intrecciavano fino alla volta. La volta stessa era una cosa folle: un enorme affresco dei tempi della Conquista, con i soldati che sbarcavano, vincevano grazie a Vanyan l’eroe, sottomettevano le resistenze dei nemici e si stabilivano perennemente su quelle terre. C’era pure lo spazio di metterci il suo omonimo mentre tagliava a pezzi qualche drago.
 
Esibizionisti del cazzo, pensò lui, di nuovo.
Ma, alla fin fine, veniva da un appartamento polveroso, cosa ne poteva sapere di ricchezze, uno come lui?
 
Tanto per non farsi mancare nulla, c’era una statua, stavolta in onice nera, raffigurante sempre l’Ammazzadraghi, mentre ammazzava un drago: la carcassa era dietro di lui, mentre invece quest’ultimo teneva alta la spada nella mano destra.
Non era più venerazione, a quel punto, era ossessione, che cazzo!
 
Ma quello era probabilmente dovuto al fatto che la famiglia del Lord faceva risalire le sue origini a Vanyan l’Ammazzadraghi.
 
Subito sotto, due troni gemelli, con le spalliere di legno a forma di fuoco, con morbidi cuscini a fare da sedile.
Su uno dei due, sedeva un uomo sulla sessantina, ossuto e con una barbetta corta sulla faccia, con i capelli biondi e gli occhi dorati, ma talmente affossati nella faccia che quasi non si vedeva.  Indossava un farsetto di velluto rosso e un mantello di pelliccia che richiamava con i suoi colori le uniformi Fireal.
 
Lord Arzak Benest, Protettore di Terrarossa e di tutti i Fireal esistenti, discendente di Vanyan l’eroe in persona.
 
E suo prozio da parte di madre, prima che quest’ultima decidesse di mollare Terrarossa per sposarsi un Aeral. E forse in fin dei conti aveva fatto bene.
Ma non era il momento di pensare a sua madre, quello. E comunque, quello significava che anche lui era un discendente dell’Ammazzadraghi, con sua sorella. Ulteriore motivo di imbarazzo per quella famiglia, probabilmente.
 
Salutando il lord, chinò il capo, a malapena: «Lord Benest, vi trovo bene» Poi si girò di lato.
 
Vicino a lui, una donna pallida e ossuta con la faccia scavata, e una pesante cascata di capelli arancio, l’espressione annoiata sul viso ricoperto di cipria, un rossetto forte tanto quanto lo erano i suoi capelli, e delle unghie laccate di rosso che sembravano più artigli, che unghie vere e proprie.
Nella sala non c’era nessun altro, a parte loro, due uomini e una ragazza che non poteva avere più di diciassette anni.
È certo, mica vogliono ammettere che stanno tenendo udienza con un mezzosangue, sia mai! Un mezzosangue che inoltre discende proprio da quel beneamato eroe, e che si porta pure il suo nome!
 
E inoltre, a ben guardare, c’era un uomo con una divisa grigio argento, e corti capelli castani. Quello non era un Fireal, poco ma sicuro.
 
Tornando alla Lady, lei Vanyan non sapeva proprio chi fosse, meglio starsi zitti e aspettare che glielo dicessero dopo.
 
Fu il valletto a toglierlo dall’impiccio «Lei è Lady Priscilla Benest, nata Sanne, Lady di Fireal»
Vanyan ebbe un po’ di titubanza «B-buongiorno, Lady Benest, io mi chiamo Vanyan Momonoi, e la donna vicino a me è… uh… Samia Esnaet, mia cugina da parte di madre» Samia era un nome inventato sul momento.
 
«Da che io ricordi, Lady Esanet non aveva fratelli» Oh, cazzo! «Cugina di secondo grado, ho dimenticato di specificare» Si salvò all’ultimo minuto.
Un giovane dai capelli lisci, castano chiaro, e la pelle color caramello, si fece avanti: indossava una tunica con ricamata sopra una fiamma «E perché un mezzosangue si porta dietro il nome del nostro beneamato eroe?»
 
Sentì la rabbia salirgli dentro, ma non gliel’avrebbe data vinta: «Il mio nome me l’ha dato mia sorella» Era vero: ad Angel la storia di Vanyan l’eroe piaceva veramente un sacco, quando era piccola, per cui, al momento di scegliere il nome, non aveva esitato.
 
«Almeno sai cosa significa, Mezzosangue?» Vanyan pensò che quel tipo ce la metteva proprio tutta per dargli sui nervi.
«Vuol dire guerriero. Contento, adesso? Vorrei parlare di cose un pochino più importanti di un fottutissimo nome» Dal sospiro di Alys, capì che non era stata propriamente la cosa più giusta da dire.
 
Fu il Lord a interrompere, facendo finta di non notare l’atteggiamento di Van, e sporgendosi in avanti sullo scranno «Perdona il mio secondogenito, Vanyan Momonoi. È da poco diventato sacerdote per il tempio di Vanyan l’eroe» Van fece scorrere gli occhi da uno all’altro, e fu sul punto di chiedere se forse se ne fosse accorto qualcuno che quello non fosse propriamente suo figlio. E probabilmente neanche gli altri due. Ma convenne con sé che era il caso di tenere la bocca chiusa, e che certe cose non lo riguardavano. E poi, gli stava davvero seccando il parlare forbito di quella gente.
 
«Sapete benissimo perché sono qui, immagino» Non aveva tempo da perdere in chiacchiere. Lì dentro nessuno l’aveva.
Benest fece un gesto col braccio: «Lord Shaffer ha accennato alla cosa: un contingente di guardie Fireal, per risolvere questa stupida scaramuccia.» L’ultima frase lasciò Vanyan senza parole.
 
«Stupida scaramuccia?! Ma se Terrarossa dopo l’ultima ha delle crepe grandi quanto case?!» Fece un gesto di stizza con le braccia, ma semplicemente non voleva credere che lì dentro fossero tutti così stupidi.
 
O così orgogliosi. O entrambe le cose.
 
«Un problemino da nulla, da quando in qua degli sporchi non elementali ci hanno dato più di qualche fastidio?» A parlare era stato un ragazzo alto, biondo, con due occhi caramello e una folta barba scura che portava acconciata in una treccia. Vanyan sentì un moto di fastidio.
«E poi, perché Lord Shaffer dovrebbe mandare un mezzosangue a trattare con la famiglia del Lord Protettore? Non ci reputa abbastanza all’altezza per venire a parlarci di persona?»
In realtà, il mezzosangue in questione aveva un conto in sospeso con il loro nemico, pensò Vanyan, ma non era il caso di dirlo in giro.
 
Quindi, Vanyan ignorò di proposito l’ultimo commento, piuttosto concentrandosi su quello che avevano detto prima: «Allora guardate cosa hanno fatto alla capitale! Hanno l’osso di drago, hanno le pistole, quanto dovete aspettare, ancora?!»
«Anche se fosse, non durerà a lungo. Nulla di tutto questo rappresenta un problema»
 
«E che mi dite di questo!» Van si spostò la manica, mettendo in mostra la cicatrice. «Non sono gli idioti che credete voi, o avete bisogno di altre prove!?» Un colpo di tosse da Alys gli fece capire che stava esagerando. Forse.
 
A ben pensarci, avrebbe dovuto lasciar parlare Alys, da quando era arrivato lì non faceva che salirgli sempre più il sangue alla testa. E almeno avrebbe potuto evitare quello che seguì.
 
Il tizio con la pelle caramello e i vestiti da sacerdote gli fece una mezza risata di scherno: «Ma sentitelo, il mezzosangue, che se la fa sotto per un paio di senza poteri. È dai tempi delle Conquiste che i non elementali sono destinati a servirci, in quanto inferiori e sottomessi a noi. è scritto nei libri sacri» Come se a Vanyan fregasse effettivamente qualcosa dei libri sacri «Forse dovresti cambiare nome, il Guerriero non ti si addice proprio. Perché non vai a nasconderti dietro alle gonne di mammina, visto che hai così paura?»
 
Vanyan sentì il sangue andare rapidamente alla testa, rendendogli difficile fare qualsiasi ragionamento sensato da quel momento in avanti. «Già, parla quello che passa la vita nascosto nel tempio e che deve deridere i non elementali per sentirsi superiore. Che c’è, non hai abbastanza palle per affrontarli in piazza?» Nella sala scese rapidamente il silenzio.
 
«Calmati, mezzosangue. E modera i termini, altrimenti dovrò farti tagliare la lingua» Intervenne quello con la barba bionda.
 
Tanto bastò per far perdere definitivamente la pazienza al ragazzo «Tagliamela tu, se ci riesci, bastardo!» Una palla di fuoco comparve sulla sua mano destra, e il ragazzo la scagliò con rabbia contro il tappeto di velluto subito sotto il trono, in un’esplosione di schegge e pezzi di stoffa che fece saltare tutti.
 
Fino ad allora nessuno, tantomeno un mezzosangue con un’Iceal alle spalle, aveva mai osato arrivare a tanto, e infatti lo guardarono con un misto di sconvolgimento e, beh sì, anche di rabbia.
 
Alys, più di tutti, era paralizzata, con la bocca e gli occhi spalancati. Non si muoveva un alito di vento.
 
Van approfittò del momento di silenzio, per fare un mezzo inchino, sarcastico «Con permesso, Vostra Maestà» Per poi girarsi e uscire, o almeno provarci.
 
Perché, appena prima di aprire la porta, fu afferrato con violenza al braccio da una delle guardie lì presenti. Ciò non fece altro che innervosirlo ancora di più.
«E mollami, stronzo!» Vanyan lo acchiappò per un braccio e, facendo leva, lo scaraventò a terra. Sentì vagamente Alys urlare il suo nome, poi anche l’altro gli fu addosso.
 
Un Fireal è resistente al calore, per cui Vanyan non ebbe altra scelta se non usare i pugni. Colpì il primo alla guancia, con un diretto, prima che si rialzasse, con un colpo così forte da mandarlo a sbattere contro il muro, mentre tirò un calcio dietro il ginocchio del secondo per farlo finire per terra, con un gemito di dolore. Quando questo fece per rialzarsi, gli tirò un secondo calcio, all’altezza della faccia. Peccato che la prima guardia si fosse già rialzata, e l’avesse colpito allo stomaco, e mentre si accasciava, anche alla faccia. Quello sì che faceva male, però.
 
Tenendosi la pancia, Vanyan si rialzò, imprecando, schivò un secondo colpo diretto alla sua faccia, poi, afferrando l’avversario per le spalle, gli tirò una testata non appena fu alla portata. Mentre quello si asciugava la bocca, Van sputò un grumo di saliva misto sangue per terra, tra l’orrore di tutti i presenti in sala.
Vedendosi arrivare un pugno, d’istinto sollevò il braccio per pararlo, o deviarlo, ma di colpo sentì il polso fargli un male cane, insieme al petto, e la vista annebbiarsi. Senza nemmeno sapere bene come fosse successo, cadde di ginocchia a terra. Aveva solo un fastidioso ronzio nelle orecchie.
 
Il Buco! Vanyan non ci aveva pensato, ma l’aggiusta-ossa non aveva fatto del tutto il suo dovere, e i danni di quel maledetto tre su tre si facevano sentire. Soprattutto i danni al polso, e quelli alle costole.
 
Approfittando della caduta, la prima guardia gli sferrò un calcio al viso, mandandolo a sbattere di testa contro il muro, per poi afferrarlo per i capelli appena lavati e schiantarlo contro la parete una seconda volta, e Vanyan non seppe se sentì più il suono di qualcosa che sembrava rompersi, o più il dolore, o più la voce di Alys che continuava a chiamarlo.
Peccato per Alys, ci aveva messo così tanto a lavarmeli…” Pensò, e si rese conto che stava ormai delirando. Sentiva la vista andare e venire, a fuoco e fuori fuoco. Si chiese se fosse sul punto di svenire.
 
Non svenne, ma gli furono addosso, gli bloccarono i polsi dietro la schiena e chiusero rigidamente le manette di osso di drago.
 
Si riprese: «Lasciatemi andare, bastardi!» Gridava, agitandosi, e scalciando mentre lo sollevavano da terra. Sentì Alys dire qualcosa, ma non capì bene cosa, un po’ perché urlava, un po’ perché le guardie lo stavano ormai trascinando fuori e lui, a causa dei dolori e della stanchezza, non aveva forze sufficienti per opporsi.
 
Da qualche parte, il suo omonimo stava ridendo, ne era sicuro.
 
Maledetta la sua impulsività.

 
Angolo Autore
Avete presente quando avete già scritto il capitolo, fatto progetti, ma il vostro personaggio fa di testa sua e vi costringe a cambiare le cose? Ecco. Il piano originale era di avere un dialogo in cui avrebbero accettato, e un banchetto subito dopo, ma ovviamente Vanterpillar doveva menare le mani quindi eccoci qua! Anche se, al posto suo, difficilmente saremmo tutti stati zitti e buoni a subire insulti razzisti per metà del tempo. Comunque, non so quando saranno le prossime pubblicazioni, (colpa di Vanyan, non mia, ho dovuto riscrivere tutti i capitoli dopo questo lol) ma spero di essermi fatta perdonare con la lunghezza del capitolo.
Alla prossima <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Uccidere ***


Uccidere
 
Le guardie trascinarono Vanyan per un piccolo corridoio scuro, mentre il ragazzo urlava e scalciava. Ad un certo punto prese una di quelle al ginocchio con un calcio, mandandolo a terra, ma subito altre gli furono addosso. Un’altra breve colluttazione, e fu lanciato di peso in una cella ancora più scura del corridoio.
 
Un vero paradiso, indubbiamente.
 
C’era solo una guardia, giovane, ma Vanyan non lo poteva dire con esattezza, che lo guardava con espressione terrorizzata, mentre lui, trasformatosi in un animale, aveva iniziato a sbattere contro le sbarre di metallo della cella e ad urlare, imprecando. Riuscì a rompere solo metà delle manette, lasciandosi almeno le mani libere, prima di sedersi di schianto sulla branda che fungeva da letto, esausto e senza voce. Guardando intorno, vide che l’unica fonte di luce proveniva da una piccola finestrella bassa, che dava sulla strada, lasciando l’ambiente in penombra. Oltre alla branda, gli altri due oggetti erano un lavabo e una minuscola latrina, modo carino per chiamare un buco nel pavimento dove erano state spostate delle piastrelle. Davanti a lui, le sbarre.
Ah, già, sul lavavo un minuscolo specchio e un rasoio per farsi la barba. Davvero fissati, doveva ammetterlo.
 
Si fece da solo la conta dei danni: Il polso gli faceva un male cane, le ferite del buco erano tornate di prepotenza a farsi sentire, gli sembrava che qualcuno gli avesse spezzato le costole, ma soprattutto, nulla batteva il mal di testa che si era ritrovato da quando lo avevano sbattuto contro il muro. Sembrava che il suo cranio stesse per spaccarsi in due, e, quando Vanyan si toccò la tempia, vide che le dita erano viscide e appiccicose di sangue. Del sangue gli usciva anche dal naso.
Sospirò “All’inferno. Sono stato peggio” E comunque, se non fosse stato per quel tre su tre avrebbe vinto lui. E pensare che ridursi così gli era costato solamente sette soli!
 
Sospirò: non era nemmeno la prima volta che veniva arrestato; nel periodo in cui rubava per vivere, un giorno o due dietro le sbarre poteva capitare, stesso discorso per qualche rissa che gli era capitata, solo che se la cavava spesso con una decina di frustate, poi lo lasciavano andare. Se non fosse stato elementale gli sarebbe andata molto peggio, doveva ammetterlo.
Invece quello che aveva fatto prima era una cosa molto più seria e grave: aveva bruciato una sala e fatto a pugni con delle guardie, senza contare che aveva insultato praticamente l’erede dei Fireal. Per una cosa del genere minimo c’era la pena di morte!
 
Non che gliene fregasse qualcosa, nemmeno di quello: già accettare una missione del genere significava correre il rischio di rimetterci la pelle, e lui lo sapeva. Inoltre, a parte forse Angel, dubitava che qualcuno lo avrebbe pianto.
 
Ma il vero problema era un altro: Se anche fosse uscito da lì con la testa ancora attaccata alle spalle, probabilmente Lord Shaffer l’avrebbe giudicato inadatto, l’avrebbe rispedito a casa e avrebbe mandato qualcun altro a uccidere Borea al suo posto.
Van si alzò e sferrò un calcio alla brandina: quella era una cosa che lui non avrebbe mai potuto permettere; doveva essere lui ad uccidere quel bastardo, spettava a lui a vendicare la morte di suo padre, non a chissà quale idiota assetato di gloria. A pensarci bene, non aveva bisogno dell’autorizzazione di nessuno, sarebbe andato a prendere Borea anche da solo. E alla fine, Shaffer nemmeno lo stava davvero aiutando. Avrebbe dovuto dormire all’addiaccio, ma dopotutto, non era già quello che faceva? Che differenza avrebbe fatto una notte o due all’aperto? E quanto a Borea, l’avrebbe ammazzato prima di qualunque altro!
 
Una vocina nella sua testa gli sussurrò che però l’inverno stava arrivando, e presto, senza il lasciapassare, sarebbe stato deleterio passare la notte all’umido senza venire ospitato da nessuno. Per scacciare quella voce, Vanyan sferrò un altro calcio alla brandina.
 
Si guardò allo specchio appeso appena sopra il lavabo, e vide che nemmeno il suo aspetto era molto più accettabile delle sue ferite: la giacca si era strappata, così come un paio di pantaloni, e sicuramente aveva i capelli di nuovo in disordine. Alla faccia di Alys che era stata tutta la mattinata a pettinarglieli per dargli un’aria decente…
Alys!
 
Con tutto quello che era successo, non aveva minimamente pensato alla sua compagna di viaggio; e se le fosse accaduto qualcosa? E se l’avessero arrestata, pensando che fosse in combutta con lui?
 
Il suono di un chiavistello interruppe il suo flusso di pensieri, e impedì che lui si interrogasse troppo sulla questione. Anche perché l’oggetto della sua preoccupazione era letteralmente entrato nella stanza.
 
Alys era ritta nel bel mezzo del corridoio, i riccioli ramati apparivano scomposti quasi quanto i suoi capelli, aveva gli occhi grigi accesi di furore e teneva i pugni serrati, ma si stava sforzando di apparire normale.
 
«Capisco che eri arrabbiato, ma era davvero necessario?» Anche la sua voce era venata d’ira a stento trattenuta. Irrazionalmente, Vanyan ringraziò gli eroi di essere dietro le sbarre.
 
Vanyan, guardandola, si rese conto che prima aveva esagerato, ma qualcosa, probabilmente orgoglio ferito, rifiutava di farglielo ammettere.
 
«Dopo che te ne sei andato, è scoppiato il caos: il figlio del lord voleva la tua testa, il secondogenito altrettanto. Ho cercato di convincerli a ritrattare, ma non volevano stare a sentire. La notizia è però arrivata a Lord Shaffer, a quanto sembra, e ha mandato un suo uomo a trattare per risolvere tutto con meno danni possibili. Probabilmente te la caverai con una fustigazione, e con l’esilio a vita da Terrarossa. Sempre meglio che perdere una mano per aver colpito la famiglia del Protettore. Non penso ne siano contenti, ma l’autorità del Concilio è maggiore della loro» Quindi, alla fine, a Lord Shaffer importava di un idiota come lui. Sorprendente!
 
Vanyan comunque non rispose, e mantenne la testa bassa tutto il tempo.
 
«Sul serio, Van, cosa ti è saltato in mente?»
 
«Mi avevano fatto incazzare» Rispose il ragazzo, tenendo la voce bassa. Dalla faccia che fece Alys, capì che non era stata la cosa più giusta da dire.
 
«E con questo? Ti sembra un valido motivo per bruciargli il pavimento, fare a pugni con le guardie, insultare tutti e farti arrestare? Non sei un bambino, Van, certe azioni hanno delle conseguenze!»
«Non si è fatto male nessuno» Tentò di difendersi, ma era una scusa piuttosto debole.
«Già, nessuno, a parte te, e anche me, visto che sono bloccata a palazzo fino a nuovo ordine, o fino a quando non riescono a capire se io fossi d’accordo o meno con questa idiozia! Sono a malapena riuscita ad ottenere il permesso per parlarti, e ci sono due guardie qui fuori che fanno la posta. Grazie tante, Vanyan!»
 
Il ragazzo sentì una morsa stringersi all’altezza del petto: Alys stava rischiando di farsi scoprire come Iceal, per via del suo colpo di testa. Se fosse successo, la ragazza avrebbe perso ben più di una mano. Forse sarebbe stata torturata, o peggio.
 
Ma non era nelle condizioni per ammetterlo. «Non hanno smesso un secondo di trattarmi dall’alto in basso. Anche tu l’avresti fatto»
«Geniale da parte tua dirlo ad una come me, non trovi? O credi davvero di essere l’unico qui dentro ad avere problemi?»
La guardia lì vicino li stava osservando perplessa, probabilmente non capiva nulla della situazione.
 
Vanyan si alzò in piedi e andò verso le sbarre, rendendosi conto ancora una volta di quanto Alys fosse piccola rispetto a lui, eppure, mentre lo guardava con uno sguardo capace di incenerire, quella differenza quasi si annullava «Io non credo proprio nulla, non so che eroe pensate che io sia. So benissimo che ci sono persone che stanno peggio di me, e allora? Non posso pensare anche agli altri. Io almeno i miei problemi li risolvo da solo.»
«Già, davvero ottimo modo di risolvere i problemi, dietro le sbarre, per aver fatto a botte. È questo il tuo problema, Vanyan. Tu non pensi. Ti butti a testa bassa in una situazione senza analizzare, e finisci nei casini. Dì, hai visto quante volte ho dovuto salvarti dal farti arrestare o peggio, o curarti, o altro, perché non sei capace di pensare prima di agire»
«Ah, davvero?» Vanyan incrociò le braccia «Tu, invece? Sei sempre lì, a dire “no, questo non dovremmo farlo” oppure “questo è pericoloso” forse io sarò dietro le sbarre, ma almeno faccio qualcosa, fosse per te, saremmo ancora a zero»
 
Vide lo scintillio della sua rabbia diventare sempre più intenso, al punto che sentì in lui l’istinto di ritrarsi «Meglio ancora a zero che sottoterra, idiota. Hai davvero a cuore la tua missione? A me sembra che tu prenda ogni occasione per sabotarti da solo!» Quelle parole ferirono Vanyan nel profondo. Perché sotto sotto le aveva pensate anche lui.
 
Per questo risentì montare la stessa rabbia sorda di poco prima. «Io ucciderò quel bastardo di Borea, e gli farò provare quello che ha fatto a mio padre»
«E come?! O vogliamo ricordare il modo in cui le hai prese da Leon?» Vanyan dovette rettificare: quello era il vero colpo basso. La sconfitta con Leon ancora gli bruciava, e, peggio ancora, Alys lo sapeva.
 
«Leon nemmeno ha usato i suoi poteri» Stava continuando Alys «E tu pensi che con Borea dovrebbe essere più facile?! Ma ti senti, quando parli? Probabilmente ti farà a fettine prima ancora che tu riesca ad avvicinarti a lui!»
 
Vanyan avvicinò il viso alle sbarre «Non mi interessa, fino alla fine troverò il modo, e lo ammazzerò con le mie mani»
 
«Vanyan, cosa sai davvero dell’uccidere? Credi che sia davvero tutto un gioco? Hai idea di che cosa rischi di perdere?! Parli come un bambino che pensa sia tutto facile, tutto uno scherzo, ma se vuoi saperlo, togliere la vita non è uno scherzo»
Il ragazzo non voleva più starla a sentire «E tu, invece, cosa ne sai? Parli e parli, ma secondo me non hai ammazzato nulla di più grosso di un moscerino!»
 
I toni si stavano scaldando, e Van lo sapeva. Lo sapevano entrambi. La guardia lì vicino lanciò loro un mezzo sguardo spaventato, a cui Vanyan rispose tirando fuori la lingua e mostrandogli il medio.
 
Alys, infatti, gli rivolse uno sguardo pieno di furia autentica, uno sguardo così intenso che Vanyan stesso fu costretto ad abbassare il suo «Ma davvero? Quanto ne sai di me per dirlo? Niente, perché non te ne frega un cazzo di nessuno se non di te stesso» Vanyan rimase interdetto: non solo per il fatto che la principessa di ghiaccio aveva finalmente abbandonato il linguaggio educato, ma effettivamente perché gli aveva fatto notare che lui non sapesse praticamente nulla di Alys.
 
Ma sentì anche rabbia, perché nemmeno Alys poteva dire di conoscerlo bene come invece faceva credere, una rabbia che, come nella sala del trono poco prima, gli fece perdere il controllo delle sue parole «No, non lo conosco, e no, non lo voglio conoscere. Non so chi ti creda di essere, ma ho accettato di farmi seguire solo per il tuo cazzo di senso di riparare un debito! Noi non siamo amici, non sei la mia responsabile, e quando avrai finito di ripagare il tuo debito ognuno se ne va per la sua strada; quindi, non sono tenuto a sapere proprio niente su di te, e tu non sei tenuta a farmi da balia, se ti dà così fastidio quello che sono. E sai che c’è? Borea arriverà a Terrarossa a breve, quindi brava, hai portato a termine la tua missione, ora puoi anche levare le tende. Possiamo anche smettere di fare finta di essere chissà quali amici, e possiamo anche dimenticare di esserci conosciuti!»
 
Dalla faccia di Alys, capì che se le avesse tirato un pugno le avrebbe fatto meno male. Ma cosa le aveva detto? Van non se lo ricordava, ma doveva essere stato brutto: «Alys…» Lei lo fermò con un gesto della mano «No, hai ragione, la mia missione con te è conclusa. Noi non siamo amici e, per quel che mi riguarda, non siamo neanche compatibili. Mi pento solo di aver trascorso del tempo con qualcuno come te, ma ti ringrazio comunque per avermi salvata» Girò i tacchi e se ne andò, senza aggiungere altro.
 
Vanyan, poco dopo, sentì solo il rumore della porta che sbatteva contro il muro, seguito poi da un silenzio più gelido dell’ultima occhiata della donna.
 
La guardia era rimasta a guardarli, sconvolta dalle parole che i due si erano tirati. Peccato che Vanyan continuasse a non ricordare minimamente quello che aveva detto.
Buttò un sospiro e si sedette di schianto sulla branda: di nuovo aveva detto qualcosa di sbagliato sull’onda della rabbia, e di nuovo aveva finito per ferire qualcuno di vicino a lui.
 
Forse avevano ragione gli altri ad evitarlo.
Forse era lui quello sbagliato.
 
Per la prima volta da anni, Vanyan ebbe serie difficoltà ad addormentarsi, quella notte. E così anche per i tre giorni successivi.


Angolo Autrice

Nuovo capitolo di questa saga che dovrebbe chiamarsi "Vanyan combina casini perché non sa pensare prima di agire" ma almeno stavolta Alys glielo fa notare anche abbondantemente. Anche qui, in teoria doveva solamente essere un dialogo tra i due sulla responsabilità e su quello che avrebbe comportato uccidere, ma alla fine mi sono detta "meglio un litigio grosso quanto una casa su quanto Vanyan pensi poco, anche perché Alys ormai sarà esasperata, che diamine!" E su questo punto, ho un grossissimo debito creativo verso _Alcor, per avermi involontariamente suggerito l'outcome, perché non avrei mai notato quanto effettivamente fosse grande l'impulsività di Vanyan senza le sue recensioni, quindi grazie ancora <3. Ed è venuto fuori questo XD. Solo, non sono molto soddisfatta del dialogo, per cui, se avete per caso consigli su come aggiustare, o se vi piace così, fatemi sapere.
Penso che il prossimo capitolo ci sarà, le pause dovrebbero arrivare dopo.
A presto <3

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Legami ***


Legami

 
Alys uscì dalla cella di Vanyan a grandi falcate, e per poco non rischiò di far finire la parrucca per terra. Una delle guardie di scorta la vide, e apparentemente provò a chiederle qualcosa, ma quando alzò lo sguardo quello fece un balzo indietro.
Così Alys prese un bel respiro, e cercò di assumere l’espressione più neutrale possibile. «Grazie per avermi accompagnata» Disse, accennando un inchino con il capo.
 
Le buone maniere non andavano mai dimenticate, Alys a questo ci teneva molto. Nemmeno in un momento di rabbia.
E il fatto che le avesse perse parlando con Vanyan era stato solamente uno spiacevole inconveniente, dettato dal fatto che il suo compagno, o per meglio dire, ex compagno, fosse un tale idiota da farle perdere la ragione.
 
La accompagnarono lungo il corridoio, il vestito che frusciava ad ogni passo, mentre era circondata da busti umani, così austeri da metterle i brividi lungo la schiena. Facce severe come quelle non le aveva mai potute sopportare, le ricordavano cose che invece avrebbe preferito sparissero dalla memoria. E, soprattutto, vederle con quel particolare stato d’animo non giovava per nulla al suo umore.
 
Alla fine di quel corridoio, arrivarono ad una maestosa porta intagliata a motivi di fiamme intarsiate in oro. La aprirono, e la accompagnarono all’interno. Alys fece appena in tempo a sentire il rumore del chiavistello che si chiudeva, e le guardie che si appostavano appena fuori la porta.
 
Nemmeno stare rinchiusa le piaceva, o meglio, alla sua claustrofobia non piaceva, troppi brutti ricordi, tanto che sentì l’ansia strisciarle sotto la pelle come un migliaio di piccoli vermi, ma si impose di mantenere la calma.
 
La stanza, quantomeno, era maestosa, come tutto il resto lì dentro: un’enorme camera color rosso porpora, con un’altrettanto enorme finestra che dava sul giardino, una magnifica toletta bianca in marmo, un armadio a due ante in legno bianco, solo quello grande quanto la stanza in cui viveva da piccola, e, soprattutto, un baldacchino tra i più lussuosi che avesse mai visto, anche quello ovviamente color porpora, sia mai che di quei colori ci si stancasse.
 
In un'altra situazione, forse Alys avrebbe esplorato quella stanza, aperto gli armadi, saggiato la consistenza del letto, ma quel giorno non ne aveva proprio voglia. Perciò, si sedette al suolo, spalle contro la porta, scaraventò la parrucca per terra, in un moto di rabbia.
 
Poi, poggiò la testa tra le ginocchia.
 
Era frustrata, e delusa, ancora più che arrabbiata: le parole di Vanyan continuavano a risuonarle in testa.
Possiamo anche fare finta di non esserci mai conosciuti!” Con quel tono di rabbia, e quel gesto eclatante che la invitava ad andarsene.
 
Dovette ripetersi che la cosa non le importava: Vanyan era solo funzionale al raggiungimento del suo obiettivo, non certo un amico.
E poi, da quando si conoscevano non aveva fatto altro che metterla in pericolo con il suo carattere avventato ed irascibile, in più aveva le maniere di un animale e sembrava non voler andare oltre l’igiene di base. Senza contare i suoi capelli così disordinati. Chi avrebbe mai voluto essere amico di una persona così? Meglio perderlo che ritrovarlo!
 
E poi, l’aveva accusata di rallentarlo, quando lui era stato il primo ad affermare che in due si era più sicuri… Beh, a dire la verità, era stata una sua idea, però lui aveva detto sì praticamente subito, che diamine!
 
Ma allora… perché sentiva quel fastidio all’altezza del petto? Perché quelle parole le avevano fatto così male?
 
Perché ci aveva creduto, ammise con sé stessa in un moto di stizza. Aveva creduto che, per una volta, le cose sarebbero andate diversamente.
 
Alys non aveva mai avuto amici, ed essere un’Iceal non aveva aiutato. Quando sapevano chi era, la gente guardava con disprezzo, ricordando quello che gli Iceal avevano fatto alla gente, elementali e non, anche se nulla di tutto ciò era colpa sua.
 
E, a dirla tutta, inizialmente non voleva davvero legare con Vanyan. Avrebbe solo voluto saldare il suo debito, fare quello che avrebbe dovuto fare, e andarsene. Sarebbe stato controproducente fare amicizia. Voleva solamente qualcuno con cui scambiarsi i turni di guardia e che le permettesse di non essere importunata per strada. Niente di più.
 
Però, con il tempo, per quanto si sforzasse di non farlo, aveva iniziato a cambiare idea sul Fireal.
 
Vanyan era stato il primo a non averla giudicata, e ad averla trattata come una persona nonostante i suoi pessimi modi di fare.
Addirittura, l’unico ad averla salvata, anche se era Iceal. E ad essersi preso cura di lei quando stava male, rudemente, certo, ma aveva tenuto in considerazione anche lei, ed era la prima volta che succedeva. L’unico ad averla trattata con gentilezza.
Era stato inoltre l’unico che non aveva voluto allontanarla, e, forse, avrebbe potuto finalmente avere un amico, o quantomeno qualcuno con cui passare il tempo.
 
Ma era tutto finito. Lui le aveva rinfacciato il suo essere stata quasi un peso. E anche di essere irritante, e questo nonostante l’avesse salvato dal finire in galera molto prima di quel giorno. Dopo una cosa del genere, non c’era amicizia che teneva.
 
Dopotutto, considerò, e fu quasi un pugno nel petto pensarci, chi mai avrebbe voluto essere amico di qualcuno come lei? Glielo avevano ripetuto fin troppo spesso.
 
Alys, nessuno ti vorrà, io invece ti ho accolto, dovresti essermene grata… Perché io sono come te” ricordava quando lui glielo diceva, mentre le metteva una mano sulla sua testa accarezzandole i capelli.
 
Alys voleva tanto dirgli che si sbagliava, ma, a giudicare da quello che era successo, non aveva tutti i torti. Lei non meritava amici, dell’amore neanche a parlarne, e sarebbe rimasta sempre da sola.
 
Quanto a Vanyan, meglio non pensarci mai più. Avrebbe detto che per quella missione non era adatta, si sarebbe presa il biasimo che ne derivava, ma non avrebbe più dovuto rivederlo.
 
E sarebbe stato solo un bene. Sarebbe stata la cosa più logica, dopotutto.
Nemmeno era colpa sua, no? Era stato Vanyan a dirle di non farsi più vedere, peggio per lui che si sarebbe fatto ammazzare.
 
…Solo che una parte di lei non riusciva ad accettarlo.
 
§§§
 
Tre giorni dopo, vennero a prenderla, tre giorni da incubo, a dirla tutta, annunciandole che lei e suo “cugino” erano stati esiliati a vita da Terrarossa, in più, suddetto “cugino” sarebbe stato fustigato sulla pubblica piazza per aver mancato di rispetto al lord di Fireal.
Ah, e forse avrebbero giustamente dovuto pagare il costoso tappeto di manifattura che quel genio aveva danneggiato. Logicamente.
 
Alys si disse che non le importava, dopo aver lasciato Terrarossa avrebbe congedato Vanyan e l’avrebbe lasciato andare per la sua strada. Che se le curasse da solo, le ferite. Alys rimpiangeva tutte le volte in cui aveva usato il suo potere per alleviargli il dolore. Soprattutto visto quanto la stancava farlo.
 
Anzi, a Vanyan nemmeno voleva pensarci troppo.
 
Le guardie che erano giunte erano un uomo e una donna, giovani, con la celata dell’elmo che ne nascondeva il viso, e due alabarde alte quasi il doppio di loro, tanto che Alys si chiese come facessero ad usarle.
Probabilmente erano lì solo per fare scena.
Poi c’era un altro, che a giudicare dai blasoni sulla divisa doveva essere il capo delle guardie.
 
Dall’altra parte c’era Vanyan, circondato da altre due guardie, scarmigliato, con la maglia sporca e gli occhi di uno che non aveva dormito bene per almeno tre giorni. Alys dovette ricordare a sé stessa che la cosa non le interessava.
Anzi, fece del suo meglio per evitare perfino il suo sguardo. Le sembrò che lui volesse dirle qualcosa, ma lei tenne lo sguardo basso e seguitò ad ignorarlo. Alla fine, anche lui si stancò.
 
Nel frattempo, la guardia stava spiegando a Vanyan quello che sarebbe successo da quel momento in poi: «Nella pubblica piazza, subito sotto la statua dell’Eroe, cinquanta frustate, senza medicazione alcuna, poi potrai prendere le tue cose e non ti farai più vedere a Terrarossa, né tu, né tua cugina» Parole a cui Vanyan rispose con un grugnito. Sempre gentile, quel ragazzo. Alys doveva ammetterlo.
 
…Per poi decidere che non le importava. Ed era colpa di Van, non sua.
 
Camminarono di nuovo, per quei lunghi corridoi, e Alys vide che Vanyan non era ammanettato, aveva solo il bracciale in osso di drago. Poi si rese conto che quelle erano le manette, e che il ragazzo doveva averle rotte. La catena ancora penzolava inerte dal braccio.
 
Di nuovo, non le importava.
 
Per tutto il tragitto, qualcosa non le tornava. Non era qualcosa di tangibile, era più una sensazione a pelle. O meglio, un qualche dettaglio che le saltava all’occhio e la faceva sentire a disagio. Qualcosa nell’incedere della guardia donna, o almeno credeva. Le sembrava familiare, in qualche modo.
Alys per esperienza sapeva di non dover mai sottovalutare il suo istinto, ma in quel momento era nervosa, e stanca, quindi pensò di essersi immaginata tutto.
 
Forse la sua mente le aveva giocato un qualche scherzo.
 
Ma quella sensazione probabilmente era la stessa che stava provando Vanyan: erano arrivati in una sala, che, tanto per differenziarsi dal resto di quella reggia, era enorme, e piena di stucchi dorati, con vetrate altrettanto enormi sulle pareti che mostravano Vanyan l’eroe, intento a lanciare fiammate tali da incenerire un drago, e da farle constatare quanto cattivo gusto i Fireal avessero in generale.
 
Vanyan, che all’andata sembrava essere così infastidito da tutto, in quel momento invece quasi non guardava intorno a sé.
 
Guardava la donna, ma soprattutto, il giovane vicino a lei.
 
Infine, mentre erano davanti alla porta, e il capo delle guardie si preparava ad aprire con una massiccia chiave a forma di fiamma anch’essa, tanto per cambiare, Vanyan mosse due grandi falcate e si fermò davanti alla donna: «Ti conosco, per caso?»
 
Lei rimase impassibile «Non credo proprio, ragazzone» Gli rispose, ma si percepiva una sfumatura nella voce, che Alys giudicò canzonatoria. E poi, quale guardia chiamava un prigioniero semisconosciuto ragazzone?!
 
Quel tono, però, le suonava familiare, e anche il suo modo di parlare… e quando capì chi fosse lei, sentì un brivido gelido lungo la spina dorsale. Oh, no…
 
Vanyan manteneva un’espressione neutrale, gelida, quasi «Io invece credo di sì. Lo riconosco dal tuo odore, l’ho già sentito da qualche parte» Disse, e con un sol colpo tirò via l’elmo dalla testa della donna… rivelando una cascata di capelli rossi, lentiggini, e divertiti occhi castani su un viso che non poteva avere di più di sedici anni.
 
«Sei perspicace, ragazzone» Disse la ragazza che avevano incontrato in miniera, ma se era impaurita o arrabbiata per essere stata scoperta, non lo diede a vedere. Anzi, il ghigno sulla sua faccia sembrava suggerire tutto l’opposto.
«Beh, mi sa tanto che siamo stati scoperti, giusto, Nai?» Fece un cenno alla guardia vicino a lei, il quale, sotto lo sguardo atterrito del comandante, si tolse a sua volta l’elmo, mostrando sotto una pelle bronzea, capelli spettinati color argento, e luminosi occhi violetti che fissavano Vanyan con intensità. Per nulla tratti da Fireal. A differenza della compagna, lui non sembrava tanto divertito.
 
«Mi sa tanto che Leon aveva ragione su di te» Continuò la rossa, ridacchiando. «Non avrei voluto arrivare a tanto subito, ma…» Mise le dita alle labbra e fischiò. Un fischio acuto, prolungato.
 
Alys stava ancora guardando la scena, cercando di capire cosa sarebbe successo di lì in poi, quando sentì qualcosa venirle addosso, e strattonarla con forza. Si ritrovò attaccata al petto di Vanyan, con il suo avambraccio a circondarle la vita e la parrucca ramata per terra.
 
Nel punto in cui stava prima, c’era conficcata una freccia. Alys non l’aveva vista arrivare, e se non si fosse scansata, o meglio, se Van non l’avesse afferrata e trascinata via, sarebbe stata uccisa di sicuro.
 
Fece appena in tempo a formulare questo pensiero, che le vetrate esplosero.



c9a40804-67df-48c9-9738-a9b87e141766 ae65a89e-7ea3-4663-a5cc-ce7b0780aac0

Angolo autrice
Non c'è modo migliore di far finire il capitolo se non con un bel cliffhanger con tanto di vetrate esplosive. Ma sarà l'influenza di Undead Unluck, e degli shonen in generale, quindi l'azione non guasta mai. XD
In ogni caso, i prossimi saranno i più caotici, e, siccome gli impegni mi impediscono di guardarli per bene, la settimana prossima non ci sarà pubblicazione, e probabilmente bisognerà aspettare un po' per le pubblicazioni. Preferisco un lavoro fatto per bene, e spero che siate pazienti con me ç.ç
Per farmi perdonare, vi ho messo su le immagini della bella rosha e del Targaryen wannabe, sia lodata l'AI di Microsoft perché il cielo solo sa quanto mi sto divertendo a fargli fare i miei OC ahah.
Spero che continuerete comunque a seguirmi.
Alla prossima❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Attacco a Terrarossa ***


Questo sarà il capitolo più lungo di questa parte, probabilmente. Lo pubblico oggi perché... è il mio compleanno, e questo è il mio "modo" di festeggiare con tutti voi. Grazie, perché senza il vostro supporto non ce l'avrei mai fatta. Questo capitolo è dedicato a voi, che mi avete supportato (e sopportato) finora. 
Spero vi piaccia.



Attacco a Terrarossa
 



Vanyan lasciò la presa su Alys e si guardò intorno, preparandosi a combattere;
Quando erano venuti a prenderlo, aveva riconosciuto il modo di muoversi della ragazza rossa in miniera, e, soprattutto, di quella fottutissima cavalletta che gli aveva sparato alla capitale. Era stato in buona parte istinto, a dire la verità, ma Van era contento di non essersi sbagliato.
 
Peccato che ora si trovavano circondati. I tizi erano piombati all’improvviso nella sala, sfondando le vetrate.
In un certo senso era un bene, quelle vetrate erano davvero orribili da guardare. Magari le avrebbero sostituite con qualcosa di meglio.
 
Poi, erano saltati dentro, al punto che Vanyan si chiese se essere delle mezze cavallette non fosse un requisito fondamentale per entrare a far parte delle fila di Borea.
 
Van guardò attentamente i nuovi arrivati: intorno a loro c’erano uomini e donne, vestiti di stracci, alcuni di questi suddetti stracci li avevano avvolti intorno alla testa, lasciando solo i buchi per gli occhi, accesi d’odio. Alcuni tra di loro avevano armi rudimentali, come i forconi, altri invece reggevano quelle che Lord Shaffer aveva chiamato pistole.
Tutti in cerchio, e nessuna via di fuga. Ottimo. Non chiedeva di meglio che farsi largo a pugni. Anzi, a pensarci in quel momento sentiva una scarica di adrenalina.
 
Guardò di nuovo i due davanti a lui: la ragazzina con i capelli rossi, che a guardarla in quel momento sembrava davvero non più di un’adolescente, aveva ancora addosso la divisa rossa dei Fireal, ma aveva buttato di lato il mantello, mostrando sotto di esso una cintura con un arsenale di coltelli ben assortiti, oltre che una di quelle pistole, solo più elaborata delle altre. Mostrava un sorrisetto di scherno, che a ben pensarci era identico alla faccia che lei esibiva nella miniera.
 
Però l’attenzione di Van era tutta focalizzata sul ragazzo argentato, Nai gli sembrava si chiamasse. Lo stava fissando con quei suoi occhi viola intenso -viola, non neri come gli era sembrato alla capitale- e probabilmente anche con una mezza espressione di rabbia dipinta in viso, nemmeno tutti i problemi del mondo fossero colpa sua.
La pelle abbronzata contrastava con i soffici capelli argento che sparavano in tutte le direzioni. “Umbreal”, comprese Vanyan “mezzosangue, forse, oppure con discendenze Umbreal” Probabilmente. Probabilmente uno dei suoi genitori doveva essere un non elementale, rifletté.
Comunque, non erano cose a cui valesse la pena di pensare in quel momento.
 
«Ti ricordi di me, vero?» Gli domandò l’argentato, di colpo, spezzando il velo di stallo che si era creato tutto intorno a loro.
«Decisamente sì… sei il bastardo che mi ha sparato alla capitale» Rispose Van, senza esitazione.
«E tu il bastardo che ha ammazzato il mio compare» Nemmeno Nai, o come si chiamava, esitò nel rispondergli.
 
Vanyan stava quasi per dirgli che il suo compare si era letteralmente ammazzato da solo, ma non gli sembrava il momento di tirare fuori un argomento del genere.
La tipa rossa intanto seguitava con quel sorriso di scherno.
 
Il capo delle guardie, ripresosi dal momento di stupore, aveva aperto la bocca come se stesse per urlare, però di colpo Nai si era voltato e gli aveva sparato al petto. Quello si portò le mani nel punto in cui compariva il foro, e si accasciò a terra senza emettere più un suono.
 
Vanyan rimase interdetto, guardando quella vita che si spegneva silenziosamente, il sangue che colava macchiando il pavimento, ma cercò di girare lo sguardo e non pensarci.
Tornò a guardare Nai, che dopo aver commesso il gesto, se ne stava di nuovo tranquillo, a fissarlo.
 
Vanyan sapeva che era questione di attimi, prima che il ragazzo facesse la sua mossa contro di lui. Sentì una scarica di adrenalina pervaderlo: il momento che precedeva uno scontro era il più duro di tutti, da sopportare.
 
Il tempo di pensare a questo, e Nai gli puntò contro quello stesso cilindro cavo -la pistola, o piccola balestra, o come cazzo si chiamava- e sparò il colpo, diretto verso loro due.
Vanyan d’istinto si gettò su Alys, finendo per far rotolare tutti e due a terra. Sentì il colpo infrangersi contro uno di quegli orribili busti, sbilanciandolo e facendolo rovinare a terra in una pioggia di frammenti di marmo.
 
E via un altro di quegli orrori. Spero lo sostituiscano con qualcosa di meglio
 
Nel tempo che ci impiegò per sollevarsi dal suolo, il ragazzo era sparito. Era rimasta solo la rossa e quella sua dannata faccia di scherno.
 
Vanyan voltò il capo a destra e a sinistra, rabbioso «Ah, quindi prima attacchi e poi te la fili con la coda tra le gambe. Brutto bastardo, torna qui e affrontami da uomo!» Il ragazzo sentiva di odiarlo.
Nel frattempo, la folla intorno ai due aveva fatto scoppiare il caos, iniziando ad accanirsi contro gli oggetti, gettando al suolo i busti e strappando gli arazzi dalle pareti. Beh, non che a Van dispiacesse, facevano schifo comunque.
Nel frattempo, una guardia Fireal era arrivata nel corridoio, aveva creato una palla di fuoco fra le mani, ma l’istante prima che la lanciasse, e bruciasse tutti quelli a tiro, loro gli avevano gettato addosso una rete, e le sue fiamme si erano spente in un attimo.
Reti in osso di drago, forse? Quello sarebbe stato un grosso problema.
 
Vanyan si lanciò verso la guardia, senza nemmeno sapere quale assurdo istinto lo stesse spingendo a farlo, prima che però potesse fare qualsiasi cosa, quell’uomo fu freddato da un colpo alla testa. “Due morti in un minuto, un vero record” anche se a Vanyan veniva da vomitare, nemmeno lui sapeva bene perché.
 
Uno di loro, vedendo che Vanyan era incapacitato, cercò di prenderlo in testa con una mazza di legno-ferro. Avrebbe fatto veramente male, se solo Vanyan non avesse afferrato la mazza con una presa salda, tirandola per far finire il tipo a terra e pestandogli il piede sul viso. Quello rimase al suolo. Probabilmente era svenuto, anzi, quasi certamente lo era.
 
Di colpo, si girò verso Alys, che era ancora a terra, cercando di rimettere assieme i pezzi e dare un senso a tutta quella follia. Vanyan pregò che fosse abbastanza lucida per fare quello che gli chiedeva.
«ALYS!» Le gridò. Lei sembrò vederlo in quel momento. Fece un’espressione di sorpresa, ma Vanyan non aveva tempo di aspettare che processasse la situazione; le sbattè il polso con la manetta sotto il naso «Fai una chiave e toglimela!» Odiava che nella sua voce si sentisse tutta l’angoscia che provava, ma non poteva farci nulla. Se quelli avevano le pistole, lui doveva come minimo poter usare il fuoco.
 
Questo però solo se l’idea funzionava: l’osso di drago bloccava i poteri degli elementali, ma sugli oggetti creati dagli stessi poteva non avere effetto. O almeno, ci sperava.
Nel frattempo, dovette abbattere con un calcio alla testa uno dei tizi a viso coperto che erano arrivati.
 
L’idea si rivelò fin da subito un fallimento totale: L’osso di drago dissolveva le chiavi di ghiaccio create da Alys, anche quando lei riusciva a creare chiavi di ghiaccio robuste, quelle si spezzavano. Il ragazzo aveva visto Alys usare il ghiaccio per rompere roba ben più robusta, dovevano essere quelle dannate manette. Stavano perdendo tempo nel cercare di togliergli quegli affari dalle mani. E questo continuando nel frattempo a difendersi dai tizi che arrivavano da tutte le direzioni: Van aveva perso il conto di quanti colpi avesse schivato, e quanti pugni avesse tirato.
 
Alla fine, prese una decisione: si girò verso il capo delle guardie, ancora riverso nella pozza di sangue, e, di colpo, si lanciò verso di lui, cercando nelle sue tasche se avesse la chiave.
 
Toccando quella pelle fredda, smorta, sentendo le dita viscide di sangue, Vanyan ebbe come un lampo davanti agli occhi.
Sangue sull’erba… Dita viscide…
 
Scosse la testa: non era il momento, non doveva pensarci.
Sentiva la nausea montarlo a ondate; non doveva pensarci.
Non. Doveva. Pensarci.
 
Ma dove cazzo stava quella stramaledetta chiave? Aveva girato letteralmente tutte le tasche, ma niente. Alla fine, la sentì nella tasca dei pantaloni. Vanyan fece per prenderla, quando sentì arrivare un colpo violentissimo alla mano; la rossa gli aveva tirato un calcio, con quei suoi stivali rinforzati, e la chiave gli rotolò al suolo.
 
«Non provarci, ragazzone» Gli disse, e fece per attaccarlo, brandendo uno dei suoi coltelli. O meglio, era quello che voleva fare, perché Alys si era gettata tra i due, creando degli stiletti con il ghiaccio, e usandoli per bloccare le lame della ragazzina. Almeno quelle non erano in osso di drago, per fortuna.
 
Alys si girò verso di lui: «Apri le manette, di lei mi occupo io!» Gli urlò. Van esitò, guardando Alys. Sapeva che lei era forte, si erano allenati insieme parecchie volte negli ultimi tempi. Ma…
La ragazza sembrò prendersela «Non stare lì impalato, muoviti!» Poi la rossa gli spinse i coltelli contro. Vanyan fu di nuovo sul punto di intervenire, ma poi decise di fidarsi di lei.
 
Così il ragazzo stette fermo solo un altro istante, prima di voltarsi e prendere finalmente la chiave. La infilò nella serratura vicino al polso, e il braccialetto crollò al suolo con un suono secco. Immediatamente lui sentì un’energia scorrergli lungo tutto il corpo, e un forte senso di calore, come una vena che, improvvisamente, viene sbloccata e si trova a far scorrere di nuovo il sangue.
 
Ora sì che si ragiona” Pensò il ragazzo.
 
Si girò a guardare la folla che incombeva verso di lui. Rispetto a prima, però, nessuno voleva attaccarlo. Perspicaci, avevano fiutato il pericolo, e capito chi era la preda, e chi il predatore.
 
E sorrise, perché l’aveva capito anche lui; poi, creò delle fiamme tra le mani, lanciandole contro la folla. Una vampata di fuoco prese il tappeto, e tutte quelle mezze calzette saltarono indietro. Benissimo, proprio quello che ci voleva.
 
Ora che le fiamme avevano attecchito, lui ne aveva il controllo. Mosse la mano, e lingue di fuoco si spezzarono dalle fiamme, e corsero verso il più vicino, che saltò indietro per evitare di farsi bruciare. Beh, meglio così, gli sarebbe dispiaciuto farli saltare in aria. Almeno, credeva.
 
Saltò fuori da quelle vetrate, atterrando direttamente nel giardino fuori quella magione, poi, schivando gente impegnata a combattere all’ultimo sangue, e una miriade di palle di fuoco, uscì dal cancello.
La città era nel più completo caos, molto similmente a quello che era successo alla capitale, ormai qualche mese prima, con la sola differenza che stavolta erano quasi tutte palle di fuoco quelle che volavano a destra e a manca della città.
 
Gli amici di Borea si erano attrezzati bene, però: una buona dose di Fireal provava ad usare i propri poteri, ma veniva catturata dalle reti di osso di drago, atterrata, e poi colpita alla testa. Vanyan dovette distogliere lo sguardo parecchie volte.
 
In compenso, le guardie se la cavavano bene, doveva ammettere: ne vide una lanciare un getto di fiamme dirette alla testa del rivoluzionario che lo stava attaccando, e carbonizzandolo all’istante. Nel dubbio, Van distolse lo sguardo anche da quello.
 
Si concentrò piuttosto sul cercare Testa Argentata: una volta beccato quel bastardo, gli avrebbe spaccato la faccia e si sarebbe fatto dire dove si trovava Borea. Nessuna pietà, del resto aveva cercato di aprirgli un buco in fronte!
 
Solo che non era nella migliore forma fisica: tre giorni al fresco mangiando a malapena un pezzo di pane stantio e bevendo qualche sorso d’acqua, e soprattutto senza vedere il sole, avevano i loro effetti. Ma, ad essere onesti, quando mai era stato abbastanza in forma per combattere? O abbastanza fortunato da essere in forma per combattere?
All’inferno, avrebbe dimostrato di potergli fare il culo anche nel suo stato.
 
Ma dove poteva essere andato?
Vanyan non lo sapeva, ma poteva solo sospettare del posto più logico, ossia la piazza in centro.
 
Il caos lì era totale: Van, come in un flash, vide delle bancarelle rovesciate al suolo, contenenti gioielli, una profusione di sete, ormai imbrattate di sangue, e una miriade di castagne e noci che, finite per terra e poi calpestate, creavano come una sorta di tappeto.
 
Al centro di tutto, svettava, immobile, la statua dell’Ammazzadraghi, enorme come il primo giorno in cui l’aveva vista, e di cattivo gusto come il primo giorno in cui l’aveva vista.
 
Si girò quando sentì un rumore di passi dietro le sue spalle: tre tizi l’avevano circondato.
 
Vanyan imprecò mentalmente, sentendosi schiacciato da loro. Non che lui non fosse alto, ma quei tizi avevano la stessa mostruosa mole di armadi, e lo sovrastavano di tutta la testa, uno anche di parte del petto.
In più, stavano brandendo le stesse mazze in legno-ferro che aveva visto alla guardia di prima. L’umidità della sera si era depositata sulle piastre in pietra bianca, e un sottile strato di rugiada ricopriva l’erba sotto la statua. Vanyan imprecò, mentalmente, pensando che non c’era uno stramaledettissimo posto per far attecchire la fiamma. Lui e la sua solita sfortuna!
 
Gli rimaneva una sola cosa da fare: quando sentì la voce di suo padre nella sua testa, risuonò chiara come se gli stesse parlando in quel momento.
Vanyan, Angel, vi insegno un modo veloce per finire uno scontro, ma promettetemi che non lo userete mai senza motivo” Gli aveva detto, con un’espressione mortalmente seria in viso.
Beh, credo che il motivo qui ci sia eccome” Pensò Vanyan, un attimo prima di concentrare il suo potere tra le mani, in una piccola, calda, densa sfera di fuoco. Non aveva tempo di farla bene, però: uno dei suoi nemici gli fu addosso, brandendo il legno-ferro, e fu sul punto di spaccarglielo sulla testa.
 
Vanyan così lasciò andare la sfera, generando un’esplosione abbastanza forte da scagliarli a distanza e mandarli al tappeto. Effettivamente, suo padre aveva ragione a dire che era rischioso.
Non aveva intenzione di ucciderli, sperò solo che l’onda d’urto fosse sufficiente a metterli al tappeto. Uno di loro, però, si rialzò come se nulla fosse, correndo di nuovo verso di lui.
Il ragazzo se lo aspettava, comunque: era il più grande in mezzo a quei bestioni, logico che fosse anche resistente.
 
Scivolò sotto di lui, agilmente, sferrandogli un pugno sotto il mento, con violenza, e creando un getto di fuoco dietro il gomito per spingere maggiormente il colpo, così da fargli più male. Quello barcollò, ma ritornò in piedi come niente. “Merda, è uno tosto” Si disse il ragazzo, pulendosi la saliva con l’avambraccio. Ma, sotto sotto, provava piacere: finalmente una vera sfida! Dopo tre giorni in immobilità forzata, era un vero toccasana!
 
«D’accordo, bestione, ho finito di giocare» Si mise in posizione da combattimento.
Il tipo lo caricò correndo verso di lui, ma Van fu veloce a schivare, poi gli sferrò un calcio dietro alla gamba, facendolo finire per terra, e cercò di colpirlo con un pugno in testa. Peccato che il tipo fu più veloce, e lo centrò con un pugno allo stomaco, che Van non aveva saputo prevedere. Il ragazzo imprecò mentre tossiva saliva, probabilmente mista a sangue. Poi sentì un pugno sul mento, e la mazza che gli si abbatteva contro la tempia.
Dannazione, quella sì che faceva male, si trovò a considerare il ragazzo, mentre si prendeva una seconda ginocchiata nel mezzo del torace. Gli eroi avrebbero dovuto perdonargli la sfilza di insulti che mentalmente gli rivolse.
Sentì il sapore acre del sangue, che dalla tempia gli era colato sul labbro, riempiendogli la bocca del suo sapore metallico. Ne stava perdendo anche dal naso.
 
Subito dopo arrivò il dolore: sordo e pulsante, ad un lato della tempia. Van si portò una mano dove sentiva più dolore, e una seconda al petto, nel punto in cui aveva preso la ginocchiata.
Merda” Pensò di nuovo “Questa sì che fa male” La vista andava e veniva “Eh, no, stavolta non mi faccio fregare” Fece appello a tutte le forze che aveva per mantenersi in piedi. Se fosse svenuto, sarebbe stata la fine.
 
Doveva sbrigarsi, tra l’altro, o avrebbe rischiato che gli altri due riprendessero i sensi, e allora sì che le cose si sarebbero messe male.
Si alzò, spingendo fuori il sangue dalla narice, e guardando truce il suo avversario: era sulla quarantina, con la pancia gonfia per la birra e la calvizie, non ci stava a farsi spaccare da uno così.
Diamine, al porto aveva fatto a botte con tizi anche più grossi quando gli rompevano le palle, e aveva pure vinto!
 
Decise di chiudere le cose in fretta: sfruttando un attacco del bestione, riuscì ad afferrargli il polso, salirgli sulle spalle usando un trucchetto che in Accademia aveva imparato, poi, mettendogli le mani sul petto, alzò la temperatura fino a quando non sentì la carne di lui sfrigolare. Cosa piuttosto difficile da sentire, però, contando che iniziò ad urlare in modo orribile.
 
D’accordo, forse aveva esagerato, pensò, mentre l’uomo crollava sulle ginocchia tenendosi il torace gemendo. Vanyan a quella vista provò una strana morsa alla bocca dello stomaco, ma forse era stato per i colpi.
 
Ma non aveva tempo per pensarci: l’uomo si era rialzato di colpo, e, raccogliendo la spranga in legno-ferro del suo compagno caduto, aveva cercato di colpirlo.
Vanyan vide, fugacemente, l’ombra di una rete. Se era come quelle che aveva visto prima, era spacciato.
Poco prima di farsi prendere in pieno, Van scivolò sotto l’uomo, lanciandogli un getto di fuoco diretto alla testa. Quello immediatamente schivò, ma Van era pronto: lo afferrò per la maglia e lo tirò a terra. In un lampo, finirono a rotolare sul selciato.
 
Di colpo, si rese conto di quanto fosse una pessima idea: quel bestione era troppo grosso, perfino per uno come lui, se fosse riuscito a metterglisi sopra, per Vanyan sarebbe stata la fine: avrebbe potuto bruciarlo, ma aveva usato il suo potere già troppe volte, nessuna fiamma teneva a lungo, e lui stesso iniziava a sentirsi parecchio stanco.
Mentre pensava queste cose, si sentì arrivare un pugno in pieno viso. Di nuovo. Van sputò sangue, e si rese conto di non avere molta scelta, anche se sapeva di essere sleale: lanciò un getto di fuoco contro la sua testa, sapendo che lui avrebbe schivato. E così fece, ma Vanyan era preparato.
Usando un piccolo trucco imparato in Accademia, e in anni di esperienza, fece tornare indietro la fiamma, prendendolo alla schiena.
Per fortuna quello che indossava era ignifugo, perché drizzò la schiena, urlando.
 
Proprio il momento che Vanyan aspettava: scivolò sotto di lui, colpendolo sotto il mento per fargli perdere l’equilibrio, poi afferrò il bastone di legno-ferro, che l’uomo nella colluttazione aveva fatto cadere, e lo colpì in pieno dietro la nuca, con tutte le sue forze. Stavolta il bestione crollò di faccia al suolo e non si mosse più.
 
Anche Vanyan però era esausto: crollò sulle ginocchia, ansimando. Decisamente un bello scontro, per quanto ne fosse rimasto spossato. La maglia quantomeno aveva retto, pensò.
 
In quel momento però non aveva tempo per certe cose. Doveva trovare quella maledetta Testa Argentata, e farsi dire dove poteva essere Borea. Sperò solo di essere abbastanza in forze per farlo.
 
Quando provò a rialzarsi, si piegò in due dalle fitte: le botte dovevano aver fatto molto più male di quello che credeva, se era ridotto in quello stato.
Sputò un grumo di sangue sul selciato, maledicendo la sua solita sfortuna. Come avrebbe fatto a trovare Testa Argentata, e poi Borea, se nemmeno riusciva a reggersi sulle gambe?
 
Si aggrappò ad una delle colonnine di marmo che vedeva spuntare da terra, preda dei conati. Alzò lo sguardo, trovando, insieme all’equilibrio, anche una nuova determinazione: non gli importava il dolore, tutto quello che contava era trovare Borea e ucciderlo, e l’avrebbe fatto, anche a costo di sputare tutto il sangue che aveva in corpo nel mentre.
 
Sangue sul tappeto rosso, come quello nell’erba dieci anni fa… Risponderai anche di questo, bastardo” Pensò, tirandosi su ed iniziando a camminare, barcollando.
 
Aveva lasciato da poco la piazza, inoltrandosi in un vicolo colmo di piccole fiammelle che ardevano in un bocce di vetro colorato, appese con corde ai balconi delle case. Molte di quelle palle di vetro si erano rotte, e i pezzi giacevano al suolo.
Sentì un capogiro: aveva usato troppo fuoco, e per uno che non mangiava bene da tre giorni, era tanto. Fu sono per un colpo di fortuna che trovò una bancarella rovesciata, dove si trovavano dolci in pasta di zucchero. Vanyan si gettò su di essi, riempiendosi la bocca e per poco non rischiando di soffocare, quando sentì dietro di lui una voce.
 
«E così batti la fiacca e pensi a mangiare, eh?» Vanyan inghiottì di colpo e si girò verso Leon, il suo avversario, preparandosi a combattere, ancora una volta.
 
§§§
 
 
Alys cambiò la lama di ghiaccio in uno scudo, rompendo i cristalli e ricreandoli, mentre il coltello di lei dava l’affondo, schiantandosi contro di esso con uno scricchiolio. Alys però sapeva che non si sarebbe rotto: stava mettendo tutta sé stessa nel mantenere quell’attacco. E i suoi addestramenti avevano tenori di gran lunga peggiori di quello.
 
La ragazza dai capelli rossi si staccò da lei, poi tentò un altro affondo, che Alys parò immediatamente «Che carina che sei, batterti con me per far fuggire il tuo fidanzato»
«Non è il mio fidanzato» Ribatté Alys, piccata: per un fidanzamento ci voleva qualcosa di ufficiale, e Vanyan poteva essere tranquillamente considerato solo un compagno di avventure.
E poi, non era quello il momento per tirare fuori un argomento del genere. Tra non molto, non lo avrebbe nemmeno più rivisto.
 
Anche se le aveva salvato la vita, di nuovo…
Scosse la testa con rabbia: davvero, come le venivano in mente certe stupidaggini?
 
La rossa -Xela, le aveva detto di chiamarsi- ridacchiò di nuovo; Alys trovava fastidioso il suo modo di fare: come se ritenesse divertente ogni cosa che stesse accadendo lì.
O come se provasse gusto a infastidire gli altri. Molto probabilmente, quella era l’ipotesi corretta.
 
«Un vero peccato, è davvero un ragazzo carino; magari, se tu non vuoi, me lo prendo io» Alys sapeva che la stava deridendo.
«Prenditelo pure» Le rispose «Ma ti avverto: non è un granché come acquisto. E poi, a me non interessa»
La rossa rise ancora, ma che diamine ci trovava, da ridere? «Nah, il mio cuore è occupato. E poi, sarete carini insieme, tutti e due pallidi e freddi» Improvvisamente, tuttavia, cambiò tono di voce «Ora però mi sono stancata di giocare» Disse Xela di colpo, per poi caricarla con colpi sempre più veloci. Alys fu rapida a cambiare gli scudi di ghiaccio in stiletti.
Lei era brava, fu costretta ad ammettere, dannatamente brava per essere solo una sedicenne, ma sfortunatamente per lei -e fortunatamente per Alys- aveva pane per i suoi denti; non aveva fatto tutto quell’addestramento per nulla.
 
Rispose parando ogni colpo, più velocemente di prima. «E questo lo chiami “fare sul serio”» Alys le fece il verso, e sorrise sorniona, nel mentre, «Il mio insegnante mi metteva più in difficoltà»
Di solito lei non provava piacere in cose simili, ma davvero non sopportava quella maledetta rossa.
 
Suddetta rossa sibilò di rabbia, parando l’affondo, ma nel farlo mise un piede in fallo. “Fantastico!” Esultò internamente Alys, poi creò una striscia di ghiaccio sul pavimento, facendo perdere equilibrio alla rossa.
«E sarebbe molto disappuntito nel vedere cosa stai facendo» Aggiunse, torreggiando sopra di lei con un ghigno di trionfo.
Xela schiumava di rabbia «Brutta stronza!» Le urlò, alzandosi di scatto e correndo via.
 
Alys per un istante rimase indecisa sul da farsi, se seguire la ragazza o lasciarla andare. Aveva amato la sensazione di potere provata con lei, ma sapeva anche che farsi prendere dall’euforia della battaglia era solo controproducente.
Creò delle scie di ghiaccio appena sotto i suoi piedi, ed iniziò a scivolare lungo i corridoi, elegantemente. Non sembrava, ma quella dannata ragazzina era davvero veloce, per l’età che aveva. Ma erano davvero solamente sedici anni?
 
Le sembrò di riconoscere i busti che la fissavano, arcigni, mettendola sempre più a disagio, quando si ritrovò di colpo davanti alla porta intarsiata, lavorata a motivi di fiamme, della sala del trono. O, per meglio dire, davanti a quello che rimaneva della porta, visto che i rivoluzionari avevano sfondato il legno, ed erano penetrati di forza nella stanza.
 
Entrando, vide alcune guardie, prese in ostaggio, che la guardavano con un misto tra sorpresa e disgusto. Sentì anche mormorare “Iceal” così come sentì il disprezzo nelle loro voci, ma decise di ignorarli.
Non era quello, il momento.
 
Sembrava che in quella stanza ci fosse appena passato un tornado: i busti rovesciati, gli arazzi strappati, la statua dell’Ammazzadraghi gettata malamente a terra, e rotta in mille pezzi.
E la famiglia reale in un angolo, legata con delle corde.
 
Alys guardò le variegate risposte emotive che passavano per i visi degli ostaggi: la giovane ragazza piangeva, il sacerdote tremava, terrorizzato ed incapace di dire qualsiasi cosa -forse se l’era addirittura fatta addosso, ma Alys non ne era sicura, e non voleva saperlo- ed infine, il primogenito ed erede al trono imprecava di rabbia e urlava che venissero liberati. Visto che nessuno stava usando i propri poteri, quelle corde dovevano essere in osso di drago, si disse Alys. Era la prima volta che le vedeva dal vivo, rifletté.
 
Poi, quasi senza rendersene conto, il suo occhio vagò verso sinistra, dove vedeva una sagoma riversa sul pavimento. Non le ci volle molto prima di rendersi conto che quella sagoma era il lord di Fireal… morto.
E che la Lady giaceva non molto lontana da lui, e Alys era abbastanza certa che anche lei non respirasse.
 
Forse avrebbe dovuto provare qualcosa, orrore magari, ma dentro di lei non sentiva nulla. Però, dopo quello che aveva visto nella vita, non era così strana come cosa.
 
Xela si ergeva in piedi, nella pozza di sangue data dal Lord.
«Sei scappata come una codarda. Che c’è, hai paura di affrontarmi?» La provocò Alys. Per quanto non fosse una che amava lo scontro, in quel momento provocarla le sembrò la cosa più logica per chiuderla lì. L’espressione di scherno della ragazza si era tramutata in rabbia. Le lentiggini apparivano deformate.
«Voi elementali siete tutti uguali, dite che siamo dei codardi perché scappiamo, ma voi invece siete davvero coraggiosi ad usare i vostri poteri contro qualcuno disarmato»
Alys non poteva darle torto «Disarmata non direi» Le rispose, alludendo ai coltelli che la ragazza aveva addosso.
«Bella risposta da una che ha usato la sua sporca stregoneria per farmi cadere a tradimento, non trovi?» Quasi le sputò in faccia. Di colpo, attraversò la stanza, annullando lo spazio che le separava. Ad Alys non piaceva quanto la sua faccia fosse vicina a quella di lei.
«Oh, e non provarci nemmeno a negare, tu prendi sempre quello che spetta a me» Continuò, la voce che diventava roca per la rabbia.
Alys rimase interdetta «Non capisco di cosa tu stia parlando…» Tentò di dire, ma lei la interruppe «Bugiarda! Sapevi benissimo che io lo amavo, eppure te lo sei presa lo stesso!» Le rispose Xela, afferrandole la maglia tra i pugni, con rabbia.
«Io non mi sono presa nessuno, ma che ti dice la testa?!» Alys aveva il respiro affannoso, mentre afferrava saldamente la rossa per i polsi.
«Maledetta stronza, io ti ammazzo!» Rispose, cercando di fare forza, liberarsi, ma Alys la teneva, e non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare.
 
«E se anche avesse scelto me, l’ha fatto perché tu sei solo… una stupida mocciosa!» Gridò Alys alla fine, creando una seconda lastra di ghiaccio, e scaraventandola per terra, con un tonfo.
Xela imprecò, sbattendo i pugni per terra, con rabbia «Non è giusto, voi vi prendete sempre tutto, tutto. E a me cosa resta…?» Si alzò in piedi a fatica «COSA RESTA?!» Si voltò verso il lord, anche se non poteva risponderle. «Dimmi cosa resta, padre?»
Alys ebbe una specie di singhiozzo, poi trattenne il fiato.
Xela aveva ormai le lacrime che le scendevano dagli occhi «Dicevi che se fossi stata Elementale mi avresti riconosciuta, ma guarda, ti ho deluso. E io e mia madre abbiamo dovuto cavarcela da sole. Perché un non Elementale non era degno dell’attenzione del Lord, vero? VERO?!»
 
Alys si disse che probabilmente quella ragazzina era pazza, ma, al tempo stesso, non poté fare a meno di pensare a suo padre, a suo nonno, e alla loro situazione.
Pensieri non molto felici, e cercò di scacciarli dalla sua testa, ma quelli continuavano a tornare.
 
Poi Xela continuò, girandosi verso il sacerdote, che pareva ad un passo dal morire sul colpo «Ah, già, i non elementali non sono benedetti dagli eroi, la terra che voi ci avete portato via era vostra di diritto, del resto, è scritto nei vostri stupidi libri del cazzo, vero?» Gli puntò la pistola quasi all’altezza della faccia. Lui non disse nulla, si limitò a piangere, implorando di farsi lasciare andare.
 
L’erede al trono aveva ricominciato a sbraitare, decisamente meno intimidito del fratello «Non so di cosa tu stia parlando, ma liberatemi subito, bastardi non elementali, oppure avrò le vostre tes-» Xela non lo lasciò finire: in un batter d’occhio decise di imitare il suo compagno con i capelli argento -lui si chiamava Nai, invece- e aveva estratto l’arma, centrandolo in pieno alla testa. Alys vide immobile l’uomo reclinare il capo sul petto, mentre il sangue gocciolava al suolo.
Di nuovo, non provò nulla.
 
Il sacerdote tentò di dire qualcosa, ma lo spavento fu tale che perse i sensi, schiumando dalla bocca. La ragazzina -la sorellastra di Xela?- iniziò a strillare, al che la rossa puntò l’arma anche contro di lei, ma Alys fu rapida: corse davanti agli ostaggi, ed eresse una barriera di ghiaccio muovendo le mani verso l’alto, barriera contro cui i proiettili si infransero.
 
La ragazzina poteva anche essere solo una mezzosangue Fireal, ma di sicuro in quel momento il suo sguardo faceva fuoco.
«Ma guardati, proteggi gente che ti disprezza e ti disprezzerà sempre. Il tuo desiderio di farti accettare è così… patetico.»
Sospirò, fingendo un’aria tragica che certamente non aveva: «Anche quel Fireal. Credi tanto che per lui tu valga qualcosa, forse è vero, ma in verità ti abbandonerà non appena scoprirà chi sei realmente, e cosa hai fatto… Beh, ovviamente, ammesso che Leon ne lasci qualcosa, quando avrà finito»
 Sorprendentemente, rimise l’arma nella cintura «Beh, il mio lavoro qui è finito. Eliminare la discendenza al trono. Vorrei giocare ancora un po’ con te, ma… Un giorno farai un passo falso, Alys Kance, e quel giorno sarò lì ad aspettarti» Fischiò di nuovo, e tutti andarono via, lasciando solo il mucchio di cadaveri per terra.
 
Ciò che però colpì Alys, fu lo sguardo dei vivi.
Le guardie che non erano incoscienti la stavano guardando come di solito si guarda uno a cui sia spuntata una seconda testa.
 
Fu solo una di loro a rompere il silenzio, urlando e puntandole contro il dito «Strega Iceal, va’ via da qui!» Alys sussultò. Di colpo, tutte le altre parvero seguire l’esempio della prima, urlandole di andarsene, urlando che gli Iceal avevano ucciso e distrutto tutte quelle famiglie.
Alys avrebbe solo voluto dire che lei non c’entrava, che non era nemmeno nata, ma sarebbe stato inutile.
Persino la ragazzina, quella che aveva salvato, la guardava quasi con orrore, con disgusto.
Le gridavano di andarsene, e questo nonostante avesse salvato gli ultimi due membri rimasti della famiglia reale da una pazza, ma poi si rese conto che quella pazza aveva ragione.
 
Nessuno l’avrebbe mai amata.
 
Alla fine, sconfitta, non ebbe altra scelta se non andarsene, sperando di trovare in fretta Vanyan.



Angolo Autrice
Ragazzi, 5237 parole, non so come mi sia venuta in mente questa follia. E pensate che doveva essere tutt'uno con il prossimo, ma alla fine ho deciso di dividere. L'unica cosa che consiglio, NON ascoltate i Metallica per fare scene di combattimenti, ti gasi un botto e viene fuori questo.
Se siete arrivati fino a qui, siete più pazzi di me che l'ho scritto.
Ultima cosa: ringrazio tantissimo Mixxo per tutti i consigli dati nelle scorse recensioni, ho provato ad applicarle e spero che il risultato sia decente.
E voi, che mi dite, troppo lungo, troppo corto?
Spero che il mio Birthday Special in ogni caso sia piaciuto.
Alla prossima <3

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Vecchio ***


Vecchio

 
Il vecchiaccio era forte, Vanyan doveva ammetterlo, si disse, ripensando ai momenti che lo avevano portato a quel punto.
Quando aveva sentito la sua voce, si era alzato istintivamente, vedendoselo apparire davanti.
 
Era sempre lì, poggiato al bastone pacchianamente decorato a forma di aquila, con quel suo cipiglio severo stampato in viso, e degli occhi che, Vanyan li vedeva per la prima volta, erano grigio scuro, e smorti, spenti. Grigi come la divisa dell’esercito Rockeal, che era strappata in più punti. E anche come quei suoi capelli da vecchio, e quella barba incolta che gli doveva essere anche cresciuta negli ultimi tempi.
 
Vanyan si era alzato, tenendo la guardia alta, perché non voleva ripetere lo stesso errore della miniera, e l’aveva guardato.
 
«Vecchio» Gli aveva detto «Chi non muore si rivede»
«Dovrei dirtelo io, vista l’ultima volta» La voce di Leon era carica di scherno.
 
Vanyan aveva contratto i muscoli, preparandosi ad attaccarlo.
«Vuoi ancora combattere nel tuo stato? Rispetto la tua grinta, ragazzino, ma non credo tu voglia finire sottoterra prima del tempo» Leon l’aveva indicato, alludendo in maniera sarcastica alle condizioni in cui si trovava: respiro affannoso, vista che andava e veniva, e sentiva anche il sangue appiccicargli sulla tempia. Aveva istintivamente pensato che se alla miniera l’aveva suonato, e Van allora stava bene, in quelle condizioni l’avrebbe fatto a pezzi, poco ma sicuro.
 
Ma non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, quindi l’aveva attaccato, e da allora erano così.
 
Vanyan era determinato a non farsi fregare, quella volta; e di conseguenza aveva scelto un approccio più cauto: colpiva mirando ai punti deboli, poi si ritraeva, cercando di schivare il più possibile quando invece era Leon ad attaccarlo. Chinarsi per schivare era la parte più difficile, visto quanto gli girava la testa, e in un paio di occasioni era anche rotolato per terra, nel tentativo di evitare i colpi peggiori.
 
Ora sentiva la nausea salirgli e anche parecchio, ma il ragazzo teneva duro e continuava ad attaccare, e a ritirarsi, in rapida sequenza. Cercava di farlo cadere, pensando che, una volta mandato a terra, sarebbe stato più facile batterlo. Di solito era una strategia vincente.
 
Peccato che quel qualcuno fosse Leon Tarro. Che infatti continuava a parare i suoi colpi, usando semplicemente il bastone, e senza neanche troppo sforzo.
 
Per Vanyan farsi sottomettere in quel modo da un vecchio storpio, era una pura botta all’orgoglio. Certo, quel vecchio era pur sempre l’ex-capo delle forze Rockeal, ma diamine, il fatto che fosse un dannato vecchio non cambiava.
 
E la cosa peggiore era che in tutto quel tempo non aveva fatto altro che dirgli cose come “Piega meglio le ginocchia” oppure “Sei troppo prevedibile” cose che onestamente lo facevano irritare: lui sapeva combattere, per chi diamine l’aveva preso?!
 
Onestamente, pensandoci bene, quello scontro sembrava quasi più una lezione, o un allenamento di quelli che faceva all’Accademia, con il maestro o con alcuni suoi compagni del tempo, che non una vera lotta all’ultimo sangue. E il fatto che Leon ci stesse andando piano era la cosa che più di tutti lo faceva infuriare.
 
Ormai gettato a terra, e sulla schiena, tentò un ultimo approccio: lanciò la sua fiamma cercando di direzionarla verso il bastone del vecchio, ma quello roteò la punta a forma di aquila e la spense di colpo, così come spense qualsiasi idea di Vanyan, sul nascere. Merda, non ci voleva. Il terreno era bagnato, e lui aveva già dato tutto sé stesso nell’esplosione di poco prima, non gli rimanevano più energie per tentare qualcosa di grosso.
 
Poi vide Leon sopra di lui, con il bastone tra entrambe le mani, mentre lo abbassava verso la sua fronte con forza. Se l’avesse preso, probabilmente gli avrebbe spaccato la testa, alla faccia della lezione!
 
Rotolò facendo leva per rialzarsi, poco prima che il bastone gli venisse calato sulla fronte, e si rimise in piedi, di nuovo in posizione: ansimava anche più di prima, di contro quel maledetto vecchiaccio aveva a malapena il respiro più accelerato. Decisamente, ci sapeva fare.
C’era però da dire che Leon non aveva combattuto contro tre tizi enormi poco prima, e che sicuramente non veniva da due giorni in gattabuia.
 
«Non sei male, ragazzo; hai ottimi riflessi, una forza fisica sopra la media, e un certo intuito da battaglia, ma tendi troppo a sottovalutare l’avversario e ad agire d’istinto, ma mi pare di avertelo già detto» Disse di colpo Leon, toccandosi il mento.
Van si deterse il sudore dalla fronte «E a me pare di averti detto che non sei il mio cazzo di istruttore» Rispose, con tono piccato.
«Come vedo, bisogna lavorare parecchio anche sul linguaggio» A Vanyan stavano veramente iniziando a saltare i nervi: ma chi si credeva di essere?
«Non sapevo di essere ad una lezione dell’Accademia, credevo fossi qui per combattere»
 
«Più che altro, volevo vedere cosa sapevi fare, e quanto l’Accademia ti avesse rovinato. Menomale, almeno tu sei stato risparmiato. Forse perché ci sei stato poco. Ti avevo messo alla prova anche alla miniera, ma lì devo dire che mi hai abbastanza deluso» Fu la risposta. Van sentì il sangue affluirgli rapido alla testa: «Avresti potuto farlo, se non mi avessi spaccato il tuo cazzo di bastone in testa» Al ricordo, gli faceva ancora male. O forse erano le botte.
«Devi essere in grado di cavartela anche in situazioni pesanti, oppure credi che i tuoi nemici ti tratteranno bene?»
 
Ad essere onesto, non mi trattano bene nemmeno adesso” Pensò il ragazzo, guardando la collezione di tagli, lividi e ferite che si portava addosso.
 
Ma non era decisamente quello il momento di tirare fuori cose del genere: si rimise in posizione «Senti un po’, dannato vecchio, se non vuoi combattere, posso benissimo andarmene da solo. Non ho voglia di perdere tempo, ho da trovare-» Non fece davvero in tempo a finire la frase, perché Leon gli piombò addosso, mirando di nuovo alla testa; fu solo grazie ai suoi riflessi che riuscì a scansare la botta, o la sua tempia non avrebbe retto.
Cercò di calciare il vecchio alle gambe, appoggiandosi alla mano e dandosi la spinta con una fiamma dietro la cavuglia, ma quello era troppo agile, persino per uno zoppo, e saltò via.
 
No”, si rese conto Vanyan di colpo “Non è agile” Capì che Leon era in grado di prevedere i movimenti, e agire un secondo prima del colpo.
 
Doveva ammetterlo, aveva talento. Ma non si diventava generale, o addestratore di ribelli, o quello che era, senza talento.
Ciò che però lo faceva sentire davvero frustrato era che Leon non aveva usato nemmeno una tecnica Rockeal. Possibile che lo reputasse così debole? Maledetto vecchio! Gliel’avrebbe fatta vedere lui!
 
Leon tentò un altro affondo, usando il bastone come uno stocco, e cercando di mirare al petto, probabilmente per spezzargli il respiro, ma stavolta, anche Vanyan aveva visto un guizzo sulla spalla, e anche lui aveva potuto prevedere il vecchiaccio. Riuscì ad afferrare il bastone, e lo tenne stretto nel pugno, sapendo di avere la meglio. Leon poteva essere bravo, ma quanto a pura forza fisica, vinceva lui.
 
Peccato che quella sensazione di trionfo durò meno di un istante, prima di ritrovarsi sbattuto per terra -di nuovo! - dall’ex-generale. Dannazione, nemmeno aveva capito come fosse successo!
 
Leon torreggiava su di lui «Non male, ragazzo. La strategia era buona, e contro un altro avresti potuto qnche vincere, ma devi fare ancora molta strada prima di battere me» Vanyan, con la schiena dolorante, digrignò i denti.
«E tu pensi di uccidere Borea in questo stato? Dammi retta, non provarci nemmeno» Lo schernì, e Vanyan sentì ancora di più la rabbia: dopo Alys, era la seconda persona a dirglielo.
 
«Vecchio di merda!» Gli gridò, nonostante suddetto vecchio fosse così vicino da sentirlo benissimo. «Non venire a dirmi cosa devo fare! Credi davvero che me ne freghi qualcosa della vita?! Io ammazzerò quel bastardo di Borea, che tu lo voglia o no!» Rotolò sulla schiena e si alzò in piedi. Lo sguardo del vecchio rimase impassibile.
«Te la cavi anche coi fatti, o sei bravo solo a dare aria alla bocca?»
 
Van cercò di colpirlo, più volte, prendendolo a pugni, ma quel maledetto continuava a schivare come se nulla fosse. Ma era davvero uno zoppo, o si trattava di una finta?
«Tutto qui quello che sai fare?» Lo prendeva in giro, facendolo infuriare ancora di più. «Andiamo, con quei pugni nemmeno ci ammazzi le mosche. Borea con te si farà la colazione»
Vanyan sentiva di stare stringendo i denti così tanto da fargli credere che si rompessero in bocca.
 
Ma perché diamine continuava a schivare? Non aveva nemmeno provato ad attaccarlo una volta.
O almeno, così pensava, finché non gli puntò contro il petto il bastone, prendendolo in pieno. A Vanyan si spezzò il respiro, mentre lo guardava dritto in faccia. Nei suoi occhi color carbone Van ci leggeva qualcosa, ma non riusciva a dire cosa.
 
«Ma tu davvero credi di essere il prescelto? Quello che batterà il cattivo facendo vivere tutti felici e contenti? Quegli idioti dell’Accademia e dei consiglieri ti hanno messo in testa tutte quelle belle parole, ma è già tanto se si ricorderanno di te, perché a loro non importa di nessuno. Tu non sei altro che carne da cannone, per tutti loro. Ti useranno e ti getteranno via, oppure sarai la prova per vedere quello che Borea sa fare» Gli disse, con una punta -beh, ad essere onesti, molto più che una punta- Di rabbia.
«Oltre che vecchio devi essere sordo» Vanyan non aveva abbandonato la posizione di combattimento, nonostante il respiro spezzato: «Ho già detto che non me ne frega nulla della mia vita, e so benissimo che mi stanno usando» Sputò quelle parole quasi con rabbia, sapendo dentro di sé che Leon non aveva tutti i torti: se stava avendo difficoltà con lui, che era zoppo e che nemmeno usava i suoi poteri, come avrebbe fatto con Borea, che aveva ucciso suo padre, uno dei combattenti più esperti del Continente.
 
«Mi fai pena» Gli rispose Leon «Tu, e il tuo stupido modo di pensare. Tu come tutti i giovani credi di avere il mondo in pugno, ma in realtà ti ritroverai solo in mezzo alle macerie» Detto questo, gli diede le spalle e se ne andò. Vanyan onestamente non sapeva se avesse vinto o perso. Il ragazzo si rialzò di scatto, stringendo i pugni.
«TORNA QUI, VECCHIO DI MERDA!» Gli urlò, ma lui non c’era già più. Voleva inseguirlo, ma era troppo sfinito anche solo per fare un passo. Ebbe un capogiro, e cadde poggiandosi sul ginocchio. Vedeva il lastricato bianco girargli davanti agli occhi.
 
Ma davvero? Forse il vecchio ha ragione a dire che sono debole” Si ripeté mentalmente, poggiandosi ad un altro di quei pilastri, uno in marmo bianco come la strada scolpito a motivi di fiamme. “Se sono già ridotto così, tanto vale che mi ritiri, no?” Cosa che non poteva assolutamente permettersi.
 
Prese un respiro profondo, prima di rimettersi a camminare. Non gli importava della sua vita, l’aveva detto onestamente, quello che contava era solo trovare Testa Argentata e fargliela pagare. E poi trovare Borea. Soprattutto trovare Borea.
 
Nemmeno lui seppe davvero come era arrivato in piazza, ma riconobbe la statua, solo che stavolta sotto non c’erano i tre bestioni di prima. Almeno non erano morti, anche se Vanyan non era certo fosse una cosa del tutto positiva.
 
E poi lo sentì.


Angolo autrice
Auguri in ritardo di Pasqua e Pasquetta, ragazzuoli. Questo capitolo è stato un mezzo parto, ma non per le scene d'azione, quanto piuttosto per l'ardua decisione di tenere tutto insieme con quello dopo oppure tagliare in due. Alla fine ha prevalso la seconda idea, anche perché il prossimo capitolo sarà tipo il più importante di tutti, e volevo prendermi tempo per editarlo bene. Avrei voluto pubblicare ieri, ma oggi è il compleanno di Angel, sorella di Vanyan, quindi questo capitolo di oggi è per lei.
Alla prossima❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Borea ***


Borea


Non sapeva bene cosa lo stesse spingendo. Istinto? Un qualche odore? Oppure aveva semplicemente riconosciuto la sagoma che vedeva in lontananza?
Vanyan non ne aveva idea, così come non aveva idea di come facesse a correre così velocemente nonostante le ferite, i dolori e l’arretrato di sonno che si portava addosso. Anzi, sentiva dentro di sé un’energia che non aveva mai avvertito prima.
 
E che per una volta gli permise di ignorare i corpi dei caduti per terra. Anzi, se li beccava per caso, distoglieva lo sguardo.
 
Perché quell’attesa lunga dieci anni sarebbe finalmente terminata.
Dieci anni, in cui si era allenato, e si era preparato a quel momento, quello in cui avrebbe finalmente ucciso Borea e fatto giustizia.
Vanyan pensò anche a sua sorella: dopo tutto quel tempo, lei avrebbe finalmente smesso di soffrire. E forse anche la loro madre, nonostante tutto.
 
Tutto intorno a lui, si era alzato un vento freddo, umido, che nemmeno le fiamme degli altri Fireal impegnati a combattere riuscivano a contrastare. Nuvole grigie ricoprivano le stelle, e a Vanyan tutto quanto ricordò quel maledetto giorno in cui le cose erano così cambiate.
Sangue sull’erba…” Pensò Vanyan, correndo sempre più velocemente verso la piazza. “Padre, presto sarà tutto finito!” Pensò, carico di eccitazione, così tanta che sentiva le labbra stirarsi in un sorriso ferale.
 
Questo fin quando non si fermò in piedi, nel centro della piazza. «Borea, lurido bastardo» Disse soltanto.
L’uomo di spalle si girò appena.
«Non ti ricordi di me?» Le guance tese in un ghigno gli facevano quasi male, mentre guardava l’uomo. Era distante, e il buio rendeva tutto più difficile, ma quella maledetta maschera l’avrebbe riconosciuta ovunque: di un bianco accecante, con motivi a linee scure che si intrecciavano sulle guance e sulla fronte in linee dritte, ma che proseguivano per tutta la superficie. Il volto sotto era interamente coperto, ad eccezione degli occhi, che però da quella distanza non poteva vedere.
 
Ma poteva vedere anche che era maledettamente alto. Certo, nei suoi ricordi quell’uomo era gigantesco, ma anche a quella distanza lo superava di tutta la testa.
 
Vanyan sentiva ormai il vento muovergli selvaggiamente i capelli intorno alla testa, e seccargli il sangue e il sudore sul viso. Era un vento carico di pioggia, ma se fosse l’uomo in maschera a generarlo oppure altro non lo sapeva. E, a dirla tutta, nemmeno gli importava.
 
L’uomo lo guardò in silenzio per qualche minuto, al punto che Vanyan si chiese se lo avesse capito, o se stesse venendo, ancora una volta, sottovalutato.
Al solo pensiero, sentì fiammelle nascere sulle mani chiuse a pugno.
 
Poi, Borea finalmente si degnò di rispondere «Tu sei quel bambino» Non c’era bisogno di aggiungere altro. La sola frase bastò per far provare a Vanyan una rabbia come non ne aveva mai provata prima, una rabbia tale da fargli sentire la vista appannarsi.
Ma Borea parve non accorgersi di nulla «Immagino tu voglia vendetta. Ti capisco» Disse soltanto, come se stessero parlando normalmente in strada.
 
Vanyan pensò che non voleva vendetta: voleva ucciderlo nel modo più doloroso possibile, fargli patire non soltanto quello che aveva fatto a suo padre, ma anche quello che lui aveva provato da allora. In un lampo, si rivide in ginocchio davanti al padre, tenendolo tra le braccia, sentendo il sangue scorrergli addosso. E quell’uomo sopra di lui.
 
«Non sono più un bambino, bastardo: io mi chiamo Vanyan Momonoi, ricordatelo bene» Gli sembrò inutile in quel momento aggiungere qualsiasi altra cosa.
Anche perché il tono usato impressionò poco e niente Borea, o almeno, dalla maschera non si vedeva: «Conoscevo un Vanyan, una volta, una persona spregevole. Per fortuna ora non c’è più, ma mi rammarico che tu porti un nome simile» Con la coda dell’occhio, vide la statua di Vanyan L’Eroe gettata a terra in malo modo, con la testa staccata rispetto al corpo, come se fosse stato colpito da una folata di vento troppo forte. Sentì una strana sensazione a riguardo, ma la scacciò subito.
 
«Non è del mio nome che dobbiamo parlare adesso» Vanyan ne aveva abbastanza di quella scenata. «Se c’è qualcosa di cui dobbiamo parlare, è di quello che hai fatto»
 
«Mi dispiace, ragazzo, quel giorno è stato un incidente» Disse di colpo Borea. Il cuore di Vanyan, già accelerato di suo, saltò un battito.
Cosa?!” Si ritrovò a pensare.
Prima ancora di rendersi conto di quello che accadeva, gli urlò contro, con tanta forza da sentire dolore alla gola: «Non è stato un incidente, tu l’hai ucciso, maledetto bastardo!» Non sapeva perché stava perdendo tempo a parlare, quando avrebbe già dovuto attaccarlo. Si avvicinò di un passo.
«Tuo padre era un peccatore, Vanyan, ma era migliore di tanti altri. Io volevo solo prendere quello che mi spettava» Il vento si era alzato, e ora ululava insieme alla rabbia di Vanyan.
«Non permetterti di chiamare mio padre peccatore… NON TI AZZARDARE!» Gli urlò.
 
«Voi siete tutti peccatori, dal primo all’ultimo» Rilanciò invece Borea «Credete di essere migliori degli altri, e credete di poter prendere agli altri… E alla fine chi paga le conseguenze, se non gli innocenti? Voi distruggete la loro innocenza, ma tanto non ve ne importa nulla, perché siete stati messi lì dal destino, giusto? Tutti peccatori, dal primo all’ultimo»
«Tu sei uno di noi» Gli ricordò Vanyan, che francamente si era stancato di sentire certe cazzate, e ormai sentiva la rabbia pervadere il suo corpo.
«Io non vorrei esserlo, ma non si può scegliere ciò che si è, solo ciò che si fa. E io punirò tutti voi peccatori, perché lo siete, eccome se lo siete. Anche tuo padre, sì. Anche lui. Ma ora tutto questo finirà, e finirà grazie a te» Vanyan ne aveva abbastanza di quei vaneggiamenti insensati. Sentiva solo il cuore pulsargli nelle tempie, come un tamburo.
«Mi dispiace, ma dovrai morire, ragazzo» La voce di Borea era profonda, ma riusciva a sentirla nonostante il ruggito del vento.
 
«No, maledetto bastardo» Vanyan si irrigidì, pronto all’attacco, e sorrise per l’eccitazione «Sarai tu a crepare!»
 
In un lampo, si lanciò verso Borea, con tutta la rabbia e l’odio di cui era capace, il pugno avvolto nelle fiamme, con cui voleva rompergli la faccia.
 
All’inferno quello che aveva detto il vecchio, Vanyan avrebbe vinto. E finalmente avrebbe vendicato suo padre, e dato serenità a sé stesso, a sua madre, e a sua sorella.
 
Almeno finché non arrivò vicino a Borea, e non lo guardò negli occhi.
 
Azzurri, e gelidi.
 
Di colpo, non fu più un adulto, ma un bambino di dieci anni, e gli ritornò in mente il momento in cui aveva stretto il corpo di suo padre, in ginocchio. E quello in cui guardava quegli occhi azzurri.
Senza sapere bene come, si ritrovò a terra, come se le sue gambe avessero perso forza di colpo.
 
Forse quell’Aeral aveva un potere che lui non conosceva, perché gli sembrava di soffocare. Si ritrovò sdraiato a terra, con Borea che torreggiava sopra di lui. Se prima l’aveva considerato alto, in quel momento gli sembrava grosso quanto una montagna.
 
Preda di un senso di terrore che non aveva mai sperimentato prima, Vanyan indietreggiò, strisciando al suolo, e stringendosi una mano sul petto, perché il cuore batteva così forte da fargli credere che stesse per sfondargli la gabbia toracica.
 
Aveva perso tutta la sua spavalderia, perché gli sembrava di fissare la morte.
Era stato un maledetto idiota, a credere di poterlo battere, così come era stato un idiota a credere tutto il resto.
 
Più lo guardava negli occhi, più era convinto che fosse giunta la sua ora.
Adesso muoio… adesso muoio.
 
Non contava più nulla, solo quegli occhi azzurri come ghiaccio, che lo fissavano come se stessero per bucargli l’anima.
Ormai il respiro si era fatto spasmodico, e tutto era distorto, sfuocato. Per quanto prendesse le boccate più ampie, l’aria non gli bastava.
Non gli bastava, maledizione!
 
Di seguito, non sarebbe stato in grado di raccontare la sequenza di eventi, ma di una cosa era certo, Borea era chino su di lui. Lo sentì dire di nuovo «Tu hai quello che mi serve, ma per averlo devi morire. Mi dispiace, ragazzo» E caricò una lama di vento verso di lui, la stessa con cui aveva eliminato suo padre dieci anni prima.
Ormai Van era senza fiato, e il cuore stava letteralmente sul punto di esplodere. “Ora muoio, sicuro” pensò, un secondo prima di vedere una sagoma scura saltargli davanti, e Alys davanti a lui.
 
Non sapeva se la sua mente gli stesse facendo un brutto scherzo, oppure se l’immagine di Borea che si stagliava su quella minuta di Alys fosse tutto vero.
 
Non capiva niente, gli sembrava di vivere tutto in modo confuso, come se fosse un incubo; sentì Alys dire qualcosa a Borea, ma di cosa si trattasse, Vanyan non lo sapeva. Tutto ciò che capì fu “ti prego… Lui non può morire” e forse qualcos’altro, ma anche la voce di lei era spaventata.
 
Vanyan non sapeva davvero perché la ragazza lo stesse aiutando, dopo quello che le aveva detto, ma non ebbe modo di pensarci, perché successe una cosa ancora più assurda: Borea sparì.
 
Un secondo c’era, poi, il tempo di battere le palpebre, e non si vedeva già più.
 
§§§
 
Alys non aveva idea di come si fosse trovata in quella situazione, e nemmeno del perché.
 
Aveva lasciato rapidamente la sala, lasciando con essa gli sguardi di odio e gli insulti che le lanciavano contro, prendendo un paio di pantaloni e una casacca alla guardia caduta lì vicino, facendo finta di non notare il sangue e lo schifo che ci stavano sopra, e poi si era lanciata alla ricerca di Vanyan, chiedendosi come avrebbe fatto a trovarlo in mezzo al macello che c’era nella città.
 
In realtà, era stata più fortunata di quanto lei stessa non avesse creduto, perché lo aveva trovato praticamente subito, dato che era in piazza, salvo poi rendersi conto che qualcosa decisamente non andava per il verso giusto: Vanyan era quasi sdraiato sulla schiena, con il petto che si alzava ed abbassava spasmodicamente, come un mantice, e nella sua espressione le parve di leggerci il terrore più totale.
 
Lei ricordava di aver pensato di essersi sbagliata, Vanyan non era tipo da avere paura di qualcosa o qualcuno, non il Vanyan che conosceva.
Questo un secondo prima di vedere Borea.
 
Ne aveva sentito parlare tante volte, ma quella era la prima in cui lo vedeva davvero: un uomo alto, veramente alto, che indossava una giubba bianca di tela grezza, maniche lunghe e guanti anch’essi bianchi, con una maschera a coprirgli interamente il volto, e il cappuccio calato sui capelli. Alys considerò che non sembrava nemmeno umano, quanto piuttosto un essere sovrannaturale mandato dagli eroi o chicchessia.
 
La sua presenza era abbastanza da mandarle brividi lungo la schiena, ma Vanyan sembrava letteralmente nel panico.
 
Anche a distanza di tempo, non sarebbe stata capace di dire cosa fosse successo: un secondo prima era sul lastricato, immobile, quello subito dopo era inginocchiata davanti a lui, facendogli da scudo con il suo corpo. Sentiva il suo respiro spasmodico sotto le mani, e il battito del cuore era talmente forte che le era sembrato di tenerlo in mano.
 
Aveva gridato qualcosa, l’aveva implorato di lasciar stare Vanyan, inventandosi qualcosa per convincerlo a lasciarlo andare, guardandolo in quegli occhi del colore del ghiaccio, quegli stessi occhi che lei sapeva che stavano traumatizzando Vanyan, un ghiaccio ancora più freddo del suo, non sapendo come lo avrebbe convinto, ma poi c’era riuscita, in qualche modo.
 
In un istante, lui era sparito, e Alys aveva tirato un sospiro di sollievo.
 
Quindi in quel momento si trovava lì.
 
Ma davanti a lei si presentavano due problemi: il primo era trovarsi in mezzo ad una confusione, il che significava dover schivare fiammate volanti, che avrebbero fatto decisamente male, e cercare di non pestare i cadaveri, mentre cercava un luogo sicuro.
 
E poi il secondo problema era proprio Vanyan: continuava a stare sdraiato per terra, respirando con un orribile suono rantolante, tenendosi il petto con una mano, come se gli stesse per cedere il cuore, e sembrava non rendersi conto di quello che stava accadendo intorno a lui. Alys avrebbe voluto calmarlo, ma non c’era tempo, e dovevano muoversi.
 
Peccato che Vanyan era almeno il triplo di lei, portarlo in braccio sarebbe stato impossibile. Ma sperare che lui fosse abbastanza lucido da seguirla era ancora più impossibile, per cui lo afferrò per le ascelle, sollevandolo di malo modo, e, creando uno strato di ghiaccio sulla strada almeno sotto i loro piedi, cosa che consumò quel poco di energie che le erano rimaste, lo trascinò verso il palazzo.
 
Emise un gemito di fatica, constatando che nonostante anni di addestramento le avessero dato una discreta forza fisica, era comunque troppo affaticata per portare qualcuno come Vanyan.
 
Ringraziò gli eroi che, nonostante tutto, nessuno si fosse accorto di loro. Certo, il caos intorno a loro aiutava, ma che una strega Iceal si stesse tirando dietro lo sporco mezzosangue sarebbe stato uno spettacolo in grado di richiamare parecchi Fireal. Onestamente, non aveva le energie per affrontare altri insulti o attacchi e, quanto a Vanyan, meglio non contare su di lui, visto lo stato in cui si trovava.
E questo avrebbe messo lei ancora più in difficoltà, visto che avrebbe dovuto proteggerlo.
 
Ma del resto… perché l’aveva protetto poco prima contro Borea? Alys non ne aveva idea, e del resto non aveva nemmeno troppa voglia o tempo di chiederselo. Forse ci avrebbe pensato a mente lucida, non certamente in quel momento.
 
Continuò a trascinarlo per il giardino, cercando di superare le statue rovesciate che aveva visto intorno, poi, per un insperato colpo di fortuna, trovò la parete laterale del palazzo completamente crollata, lasciando intravedere un pavimento in marmo, con sopra un tappeto in morbido velluto rosso. Non sapeva bene cosa aspettarsi, ma decise comunque di portarcelo dentro, trascinandolo per la maglia. Lui si lasciò trasportare, continuando con quel suo respiro rantolante, come se stesse soffocando.
 
Girovagò per un tempo che le parve interminabile, finché non trovò quella che sembrava una stanza da letto: anche quella, tanto per cambiare, riccamente decorata, con un enorme letto a baldacchino al centro, un comodino in legno bianco appena vicino, e un comodo divano di velluto cremisi appena sotto la finestra, dalla quale filtrava la luce della luna.
 
Ora poteva concentrarsi sul ragazzo che ancora teneva afferrato: lo sedette di peso sul letto, mentre lui era ancora in quello stato di shock, e ansimava tenendosi il petto.
Alys non sapeva bene cosa fare: le era capitato di sentire qualcuno parlare di simili situazioni, ma mai avrebbe pensato di trovarsi ad affrontarne una.
Scelse di tentare un approccio calmo, avvicinandosi pian piano al ragazzo. «Van, ehi, Van, ora è tutto a posto, calmati…» Ma non riuscì a finire davvero la frase perché lui, di colpo, si sporse dietro il comodino e vomitò, facendola saltare indietro per la sorpresa, lo spavento, e forse anche il disgusto.
 
Un istante dopo, Vanyan scoppiò a piangere.
 
E quella fu la cosa che la sbalordì di più: non avrebbe mai immaginato, nemmeno nei suoi incubi più assurdi, di vedere Vanyan in lacrime. Mai. Non lo credeva capace di emozioni diverse dalla rabbia e dall’apatia.
 
E, ancora più assurdo, quello non era nemmeno un tranquillo scorrere di lacrime, ma un vero e proprio pianto a singhiozzi. Vanyan ad un tratto aveva anche incominciato ad emettere strani gemiti, come quelli di un bambino.
 
Alys era rimasta paralizzata, interdetta. Guardava quel ragazzo grande e grosso piegato in due, scosso dai respiri spezzati, e si sentiva stringere il petto, con forza. Ma non capiva che cosa fosse, sapeva solo che vedere il dolore di Vanyan le faceva male. Voleva fare qualcosa per alleviarlo, ma non sapeva cosa.
«Van…» Tentò, timidamente, allungando una mano verso di lui, ma il ragazzo singhiozzava talmente forte da non averla nemmeno sentita.
 
Non sapeva come comportarsi, non sapeva niente, era maledettamente inutile.
Ogni volta che provava ad agire, sbagliava. Avrebbe sbagliato anche in quel momento, ne era certa. Desiderava davvero farlo stare meglio, ma non sapeva come.
 
Poi, però, lo vide stringersi le spalle con le braccia, disperato, quasi avesse bisogno di conforto.
 
E in quel momento Alys capì cosa avrebbe dovuto fare. Sorprendente, se fino ad un istante prima era indecisa su qualsiasi cosa, in quel momento sentì con certezza di stare facendo la cosa giusta: si gettò verso di lui e lo prese in un abbraccio, premendogli una mano dietro i capelli e facendogli poggiare la testa nell’incavo della spalla.
 
Lo sentì sussultare, ma poteva capirlo: nonostante le volte in cui lei l’aveva curato, quella era la prima volta che si toccavano in quel modo, così tanto.
Oppure sussultava perché stava ancora singhiozzando, chi poteva dirlo.
Alys rimase in tensione: aveva sbagliato a toccarlo? Avrebbe reagito anche lui come gli altri? L’avrebbe respinta? Lei stessa non amava particolarmente il contatto fisico, forse per lui era lo stesso.
 
Ma, superato quel momento di sorpresa, Vanyan non ci pensò due volte e ricambiò la stretta, con forza. Era la prima volta che un suo abbraccio non veniva respinto, quella fu la prima cosa a cui pensò Alys. E la seconda fu che Vanyan, per comportarsi così, doveva stare veramente male.
 
E nonostante lei non fosse così brava a dare e a ricevere aiuto, Alys sapeva cosa fare: semplicemente, quello che avrebbe voluto fosse stato fatto a lei, molto tempo fa.
 
Quasi come se a muoverla fosse una forza invisibile, la sua mano scivolò su e giù tra i soffici capelli neri del ragazzo, in piccole carezze.
«Shh, Van, va tutto bene… ora sei al sicuro…»
 
Lui intanto singhiozzava in maniera ancora più incontrollata, e ad un tratto, lo sentì parlare. Inizialmente non riuscì a capire cosa stesse dicendo, poi, non appena comprese, pensò che la stretta al cuore di prima fosse nulla rispetto a quello che provava in quel momento.
«È colpa mia… è colpa mia…» Mugolava «s-se io non… forse lui… io non… io non… io non dovevo nascere!» Gridò alla fine, concludendo con un lamento disperato.
Alys non aveva capito del tutto, ma credeva che la cosa riguardasse suo padre. Per la prima volta, vide Vanyan per quello che era: un ragazzo segnato da quello che aveva passato, che continuava a sentirsi in colpa per la morte del padre.
 
E realizzarlo fece davvero male, soprattutto perché non era lui quello che doveva sentirsi in colpa.
Dannazione, non lo era. Lui non aveva fatto nulla di male, a differenza di Alys.
 
Perciò, in quel momento seppe con certezza cosa avrebbe dovuto dirgli: sciolse per un momento l’abbraccio con cui la teneva stretta, e lo guardò dritto in volto. Certo che era ridotto proprio male: aveva le guance rigate da lacrime, che ormai si mescolavano al sangue,
gli occhi arrossati, il naso che colava, e si mordeva il labbro, tirando su col naso.
 
Se Alys lo conosceva -e in quei mesi aveva imparato a conoscerlo, tutto sommato- Vanyan stava cercando in tutti i modi di trattenersi, e che probabilmente avrebbe preferito sotterrarsi, piuttosto che farsi vedere da chiunque in quello stato, ma nonostante i suoi sforzi, non ci stava riuscendo.
 
Ma nulla di tutto ciò era importante, non più di quello che voleva dirgli. «Vanyan, ascoltami bene» Cominciò, e lui la guardò, sorpreso «Credimi quando ti dico che sei un idiota, uno sconsiderato, e un irascibile, e che certe volte mi fai perdere la pazienza, con i tuoi modi» Non era il miglior modo per iniziare un discorso, e lei lo sapeva, ma diamine, per una volta tanto diceva a qualcuno quello che pensava davvero! «Ma non sei una cattiva persona, e di sicuro non è stata colpa tua quello che è successo»
 
«Ma t-tu non c’eri… io… io l’ho-ho chiamato e… Bo-Borea ha detto che…»
 
«Van» Lo interruppe lei, di nuovo «Non so com’è andata davvero quel giorno, ma so come sei davvero tu: uno che aiuta gli altri, nonostante tutto. E lo dico, perché tu me l’hai dimostrato, tante volte: quando hai salvato quella ragazzina, quando hai salvato il ragazzo dell’Accademia, quando scendevi al Buco per aiutare tua sorella, quando hai cercato di salvare quella guardia, e quando hai salvato me, due volte, e la prima nemmeno ci conoscevamo. Sono sicura che tu allora volevi solo aiutare tuo padre, perché è nella tua natura, e non hai fatto nulla di sbagliato. E poi…» Prese un profondo respiro, perché non sapeva come Vanyan avrebbe recepito quello che stava per dirgli: «Anche se non ho conosciuto tuo padre, posso dire… che sarebbe fiero di te»
 
Se prima Vanyan stava piangendo, in quel momento sembrò che si fosse rotta una diga: Scoppiò in un pianto ancora più forte di prima, e stavolta fu lui ad afferrarla per tirarla a sé, nascondendo di nuovo la testa nell’incavo del collo, ed inzuppandole di lacrime e muco tutti i suoi vestiti.
 
Le dita di lui stringevano la pelle in modo spasmodico, con forza, e le facevano male, ma Alys sopportò, perché quello non era solo un abbraccio, ma il disperato aggrapparsi di un naufrago alla roccia più vicina, per non farsi trascinare dalla corrente.
Perciò, nonostante Alys fosse… beh, Alys, decise di essere forte, anche per lui.
 
Per un secondo, valutò la possibilità di usare il suo potere per rallentargli il battito e calmarlo, ma si disse che non era il caso: Vanyan probabilmente si teneva tutto dentro da così tanto tempo, che aveva solo bisogno di sfogarsi. E non c’era nient’altro che lei potesse dire, o fare, a parte stringerlo.
 
Quindi rimase così, a tenerlo stretto, accarezzandogli la schiena con movimenti lenti, ma decisi, a fargli sentire che non era solo, e che non era solo nemmeno a portare certi pesi sulle spalle, senza sapere perché lo faceva ma facendolo comunque, per un tempo che le parve eterno, prima di sentire la pressione sulle sue spalle cedere, e un familiare suono penetrarle nelle orecchie.
 
Alys ne era sorpresa, ma nemmeno tanto: solo uno come Van poteva addormentarsi nonostante tutto. E poi, era davvero a pezzi, quindi alla fin fine ci stava.
 
Lentamente, lo adagiò sui cuscini, facendo attenzione a non svegliarlo, coprendolo alla bell’è meglio col lenzuolo, cercando di pulire la macchia di vomito dietro il comodino e sistemandosi sul divano, per dormire finalmente anche lei.
 
Per una volta il russare di Vanyan non le diede fastidio.


cb0607c9-1fba-4ee7-a053-4afdc7248af8


Angolo autrice
Oggi è un anno dalla pubblicazione del prologo di questa storia, e devo dire che il tempo è volato enormemente. Come potevo non celebrare l'evento se non con uno dei miei trope preferiti, ovvero il protagonista arrogante e spaccone che riceve la sua doccia di umiltà (poi, che più che altro sia stata una cascata delle sue stesse lacrime, è un altro discorso.
Era da quando ho visto Puss in Boots the last wish (e aver ascoltato i Green Day subito dopo) che desideravo mettere giù una scena di un attacco di panico E originariamente volevo già mettere una scena di Alys che consolava Vanyan, e rendere palese che Vanyan si sentisse in colpa per suo padre Spero di aver fatto un lavoro decente e spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Nel frattempo, di sopra vi lacio una foto di Borea, e grazie a Microsoft AI per permettere tutto ciò ahah
Grazie a tutti per avermi permesso di raggiungere questo traguardo.
Alla prossima <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Vanyan ***


Vanyan

 
Strani sogni popolarono la mente esausta di Vanyan, quella notte.
Più che altro, stralci di situazioni che non aveva mai vissuto, e che non aveva idea di come fossero finite lì.
 
Guardandosi intorno, vide che era seduto nel bel mezzo di un… accampamento? Non ne aveva idea, sapeva solo di trovarsi sull’erba fresca in una mattinata estiva, seduto davanti ad un piccolo fuoco improvvisato su cui ardeva una pentola di terracotta, ed intorno a lui c’erano capanne di pelli. Un attimo, quali pelli? Che stava succedendo? Non era a Terrarossa?
 
Tutto intorno, c’era un viavai di gente, facce che decisamente non conosceva, mentre lui era seduto lì.
Girò a malapena lo sguardo, quando la vide: era una ragazzina che non poteva avere più di tredici, quattordici anni, con un’enorme massa di capelli neri come ali di un corvo, un viso pallido dai tratti delicati, e due enormi occhi color smeraldo, anche se somigliavano di più all’erba intorno a loro.
Stava sorridendo, come se avesse scoperto qualcosa di nuovo da mostrargli, e a quella vista, Vanyan sentì il cuore stringere fino a fargli male. Non solo perché quegli occhi gli avevano ricordato suo padre, ma perché vederla aveva svegliato in lui qualcosa… Il che era ridicolo, considerando che quella ragazzina nemmeno la conosceva.
 
Di colpo, vide che lei indossava una tunica di tele grezze bianche cucite insieme, stivali di cuoio ben più grandi dei suoi piedi, e piccoli monili in legno e osso, una moda che Vanyan non aveva mai visto in giro fino ad allora.
Ad essere onesti però, guardando meglio, anche lui era vestito in quel modo assurdo, con un vestito di pellicce leggere, stavolta marrone. Anzi, di era anche… rimpicciolito? No, non era esatto, lui era ringiovanito, guardando le sue mani, si accorse che erano quelle di un quattordicenne a loro volta.
Si prese un colpo: per gli eroi, che diamine stava succedendo?! Qualcuno si sarebbe degnato di rispondere?!
 
«Yl, a cosa pensavi? Ti eri perso» La ragazzina aveva una voce squillante, e gli stava rivolgendo un sorriso sornione mentre gli parlava.
Le cose si facevano sempre più assurde: Yl? Chi era adesso Yl?
 
Sentì la sua voce dire: «Hm, cosa?» Ma non era davvero la sua voce, ma la voce di un ragazzino anch’essa.
Allora capì che probabilmente stava vedendo qualcosa dagli occhi di qualcun altro. Che quello non era davvero il suo corpo.
 
«Ti sfido, Ylden. Ci vediamo al torrente tra mezz’ora, e vediamo chi prende più trote! Stavolta ti batto!»
 
Vanyan, o meglio Ylden, aprì la bocca, confuso, ma subito l’immagine sbiadì e venne sostituita subito da un’altra.
 
Era di nuovo in quella specie di strano lago notturno, circondato da lucciole, ma almeno era di nuovo Vanyan. Davanti a lui c’era di nuovo quella ragazza con la corona di fiori e il vestito bianco, la stessa dell’altra volta. Sempre sotto l’albero di fiori rosa, e di nuovo con lo sguardo carico di apprensione.
Vanyan si ricordò anche di cosa gli avesse detto l’ultima volta che si erano visti.
«Ti sei sbagliata, tuo padre non era a Terrarossa. O almeno, io non l’ho visto. E se non l’ho visto, non ho potuto salvarlo» Disse, secco.
Per tutta risposta, lei sorrise appena, malinconica «Invece l’hai aiutato, Vanyan, ma è ancora presto per-» Lui tese una mano davanti a sé, seccato «Perché non la finisci una buona volta di parlare per enigmi e non mi dici chiaro e tondo cosa sta succedendo qui?»
Lei sospirò, sconsolata «Io vorrei davvero, ma è così difficile mettermi in contatto con te, tu mi fai un sacco resistenza…» In quel momento Vanyan rischiò di non capirci seriamente più nulla; dovette ricordare a sé stesso che era solo un sogno, nulla di reale, per quello non aveva senso.
«Cazzate, non so nemmeno chi sei!» Ribatté il ragazzo.
«Lo so, non te ne rendi conto, ma fidati, è davvero difficile riuscire anche solo a vederti, e credimi che per lui lo è anche di più…»
Vanyan si sentì mancare la terra sotto i piedi: «L-lui chi?» Balbettò, anche se in fondo al cuore lo sapeva.
Lei si limitò a scuotere la testa «Vanyan, solo tu puoi fermarli…»
 
Vanyan però quasi non la sentiva più «Aspetta, dimmi chi è, dimmi chi è» Si lanciò verso di lei, non sapendo nemmeno bene cosa voleva fare: afferrarla? scuoterla?
Prima però che potesse fare qualsiasi cosa, Sentì il suolo cedere, e lui iniziò a precipitare. «Mi dispiace tanto, Van…» Sentì solamente, prima di finire a cadere nel vuoto.
 
§§§
 
Si svegliò, alzandosi di scatto a sedere sul letto, urlando un “Aspetta!” E trovandosi con il fiato corto, il cuore che gli martellava nel petto, e le coperte attorcigliate intorno alle gambe.
Non aveva ben chiaro come ci fosse finito lì, gli faceva male ovunque e sentiva la faccia umida, e appiccicosa per il sangue. Era la prima volta che dormiva così tanto, considerò tra sé il ragazzo, passandosi la mano sulla faccia.
 
Però così facendo si accorse che oltre al sangue c’era dell’acqua. E di colpo ricordò tutto quello che era accaduto il giorno prima: l’attacco degli sgherri di Borea, quel bestione che lo aveva colpito in testa, lo scontro con Leon.
 
E soprattutto Borea stesso. E quello che si erano detti. E quello che era successo dopo. Fu proprio quell’ultima cosa a farlo gettare di schianto sul letto, tirandosi le coperte fin sui capelli, e considerando la possibilità di rimanere lì sotto per sempre.
Non solo si era spaventato di fronte al nemico che aveva giurato di ammazzare, non solo si era ritrovato completamente incapace di muoversi e aveva creduto di morire, non solo aveva cercato di scappare come un codardo… Ma aveva anche rinunciato alle ultime sue briciole di dignità, scoppiando in lacrime come un bambino bisognoso di essere consolato dalla mamma. La cosa peggiore era che non era riuscito a trattenersi pur avendoci provato, e perdere il controllo in quel modo era il peggior indice di debolezza, per lui.
 
E la cosa più orribile di tutte era che continuava a vedere quei maledetti occhi color ghiaccio ogni dannata volta che chiudeva i suoi. E ogni dannata volta sentiva il cuore accellerare e quella stessa sensazione di oppressione ai polmoni.
 
E si vergognava della cosa. Lui odiava mostrare paura e debolezza, ed era stato costretto a fare entrambe, la sera prima. E ancora di più in futuro.
 
E lui avrebbe dovuto battere Borea, addirittura ucciderlo? Leon aveva avuto ragione a dire che non era pronto, e quell’umiliazione bruciava come sale sulle ferite.
 
Per fortuna non c’erano molti ad assistere a quel momento, altrimenti non avrebbe retto la vergogna, solo Alys l’aveva visto… Sussultò, pensando di nuovo ad Alys, e al modo in cui aveva agito: se non ci fosse stata lei, Borea l’avrebbe ucciso. Ma così facendo si era messa in pericolo da sola, ed era quella la cosa che più lo faceva star male, anche più delle lacrime: il pensiero che qualcuno morisse di nuovo a causa sua. Aveva ancora in mente quello che Borea gli aveva detto, e pensò che se era stato un incidente, lo era perché lui l’aveva distratto. Suo padre non sarebbe mai morto, se lui non fosse intervenuto.
 
Se lui non fosse nato.
 
E se, per colpa della sua debolezza, Borea avesse ucciso Alys? E poi, perché Alys era venuta a salvarlo, dopo quello che le aveva detto? Avrebbe dovuto essersene già andata da un pezzo, e sarebbe stato meglio per tutti.
 
Come se avesse sentito i suoi pensieri, in quel momento Alys entrò nella stanza, facendolo alzare di nuovo. Al braccio aveva un paniere di vimini con dentro qualche pagnotta. «Ah, sei sveglio» Fu la prima cosa che disse «Visto il casino, mi sono fatta un giretto nelle cucine, e c’era ancora pane caldo da ieri nel forno. Ne ho assaggiata qualcuna, e secondo me non sono male» Lo stomaco di Vanyan brontolò in risposta, e il ragazzo arrossì. Alys, per sua fortuna, fece finta di non averlo udito. Piuttosto gli chiese «A proposito, tu come stai?»
«Meglio» Rispose lui, secco, preferendo non tornare sui fatti della sera prima, era un’umiliazione troppo grande, per lui.
La ragazza sospirò, poi gli lanciò la pagnotta, che Van prese al volo e poi si mise a mangiare avidamente, strappando con i denti pezzi enormi ed ingoiando in pratica senza masticare. Diamine, da quanto non mangiava così? Da quando suo padre era morto, probabilmente.
 
Mentre mangiava, Alys gli spiegò la situazione: «Rispetto all’ultimo attacco, è persino peggio: edifici sventrati, strade rovesciate, ah già, e il Lord di Fireal e la sua lady sono morti, e i due eredi superstiti non si sono ancora ripresi. Ad essere onesti, il bilancio dei morti è veramente elevato»
Vanyan cercò di non pensarci, e di usare piuttosto il sarcasmo: «Però, fotreffe andare peffio» Disse, con la bocca piena, finendo di ingoiare il pane e passando subito al secondo, mentre Alys faceva una strana smorfia sul viso.
 
«Dimenticavo, stanotte c’è stata una tempesta che ha strappato via metà dei tendoni rimasti, e buona parte delle case si sono allagate» A quel punto Van pensò che il silenzio fosse l’unica opzione accettabile.
 
Ed in effetti rimasero così per un po’, ognuno assorto nei suoi pensieri, mentre altro due pagnotte sparivano nella sua bocca, prima che Vanyan si sentisse abbastanza sazio, e decidesse di esternare il tarlo che gli rodeva nella testa: «Borea ha detto che mio padre era un peccatore, e che voleva qualcosa da lui, che ora ho io. Cosa poteva mai essere?» Alys si irrigidì a malapena, distratta dal suo flusso di coscienza, probabilmente, prima di rispondergli: «Se lo sapessi, te lo direi, Van. Forse Borea conosceva tuo padre, e forse aveva un conto in sospeso con lui»
Quante domande stupide in così poco tempo” si ritrovò a pensare Vanyan. Effettivamente, come cazzo faceva Alys a sapere una cosa su due persone che a malapena conosceva?
 
«In realtà una cosa la so» Interruppe lei, e Vanyan, quasi senza rendersene conto, drizzò le orecchie.
«Loro vogliono l’energia, Van» Il modo in cui Alys lo disse fece pensare a Vanyan che quell’energia fosse qualcosa di importante. Quello, e il fatto che per sottolinearlo lei avesse spalancato le braccia. «Abbastanza energia per esaudire il loro desiderio più febbrile»
«E sarebbe?» Van non era uno che usava molti giri di parole.
«Distruggere» La voce di Alys era un sussurro, e dopo di quello non ci fu altro che silenzio.
 
Il ragazzo non credeva alle sue orecchie: «Ma perché? Perché loro vogliono…»
«Distruggere tutto?» Completò per lui Alys. «Van, per quale motivo non dovrebbero? Ricordi cosa ti ho detto a Città di Cenere? Loro ci odiano per come sono stati trattati dalla Conquista ad oggi, e vogliono vendetta. Quale modo migliore se non distruggendo tutti coloro che li hanno disprezzati? Magari finalmente avranno la loro giustizia» Alys non aveva tutti i torti, e Van lo sapeva. Del resto, non era lui quello che aveva voluto uccidere Borea?


Salvo poi fallire miseramente” Ricordò una voce nella sua testa, con una sfumatura di derisione, e Van desiderò per un istante di smettere di pensare.
«Ma io che c’entro?!» Disse poi, con rabbia, più per scacciare quella voce derisoria che per avere una reale risposta. «Non so nemmeno cosa sia questa energia che loro vogliono, come faccio ad averla io?!»
«Conosci gli studi di Cava di Cristallo?» Chiese, di getto, al che Vanyan sollevò un sopracciglio. «E ora che c’entra Cava di Cristallo?» La capitale Rockeal aveva ben poca attrattiva, al momento, e nemmeno quadrava tanto nel discorso.
 
Alys però lo guardò come se avesse detto la più immane cazzata della sua vita. E forse era proprio così.
«Vivi sotto una roccia, Van? I sapienti di Cava di Cristallo fanno studi sull’energia da decenni! Insomma, le fonti, l’energia rinnovabile? No?» Di fronte alla sua faccia perplessa, lei emise un sospiro esasperato: «Lascia stare, ci metterei troppo a spiegarlo, e dubito che tu capiresti comunque. Dobbiamo andare da loro, se speriamo di ottenere qualcosa!» Van ignorò deliberatamente le offese, e invece cercò di richiamare alla mente quello che sapeva su quel posto: effettivamente, era un luogo molto progredito, e spesso alla capitale arrivavano manufatti prodotti proprio in quelle zone. Non che lui ne sapesse molto, però, dato che i quartieri dei Fireal e quelli dei Rockeal erano separati, e ognuno stava nel suo. Anche se, pensandoci, ricordava di aver comprato qualche gioiello per Angel, quando era il suo compleanno.
 
«E forse è anche quello che vuole Borea…» Rifletté poi il ragazzo «E se lo vuole… forse noi potremmo andare lì!» Di colpo, si sentì di nuovo tutte le energie, e saltò sul letto. «Sì, andremo lì e…»
 
… E ripensò di nuovo a quanto successo la sera prima, sentendo l’impellente desiderio di ricacciare la testa sotto le coperte. E rivide anche gli occhi color ghiaccio di Borea, risentendo quello stesso gelo che l’aveva paralizzato nel loro secondo incontro.
E si ritrovò, per la seconda volta, a considerare che non poteva nemmeno sperare di avvicinarsi a Borea, non in quello stato.
 
E gli salì la rabbia, perché non era da lui comportarsi così, e nemmeno avere paura. Il suo orgoglio non avrebbe accettato una cosa del genere. Quello che era accaduto il giorno prima era stato solo uno spiacevole incidente di percorso. Sì, decisamente, all’inferno quello che dicevano tutti.
 
Sarebbe andato a Cava di Cristallo, e allora sì che avrebbe fatto eccome il culo a Borea. Non si sarebbe fatto fregare una seconda volta!
 
«Andiamoci, anche subito!» lanciò di lato le coperte.
Alys rimase impassibile di fronte a quello scatto, nemmeno se lo aspettasse. «Prima riprenditi. Tra il Buco, le guardie e gli scontri di ieri, è già tanto se riesci a metterti seduto»
«Ma io sto bene!» Protestò lui, prima di piegarsi per una fitta di dolore. Aveva decisamente esagerato.
«Si vede» Lei incrociò le braccia, e Van represse un ringhio di frustrazione, prima di gettarsi di nuovo a braccia spalancate sul letto.
 
«Alys…» Un pensiero lo colpì all’improvviso. «Borea ha detto di conoscere un Vanyan, e poi ha distrutto la statua in città… Secondo te parlava del Conquistatore?»
 
Il silenzio si prolungò, tanto che Vanyan pensò che Alys non l’avesse capito, prima che la ragazza si decidesse a rispondere: «Van, il Conquistatore è vissuto cinquemila anni fa, come può essere stato lui? Sarà stato un omonimo, e da allora odia tutti quelli che si chiamano così»
Vanyan non lo sapeva con certezza, era più una sensazione, un fastidio alla bocca dello stomaco.
«Vanyan il Guerriero di Fuoco…» “e poi si è trovato davanti Vanyan il Fallimento in Lacrime” Aggiunse mentalmente, sbuffando di rabbia.
 
Però gli tornò in mente anche un’altra cosa, una cosa che non poteva più ignorare «E poi… quando l’ho guardato negli occhi, io… quelli erano gli occhi di un uomo rotto, Alys»
E non l’ho capito finché non mi sono rotto anche io” pensò. E si chiese se non fosse stato anche quello ad averlo spaventato.
 
Di nuovo, ci fu un lungo silenzio, prima che la ragazza dicesse: «Tutti siamo un po’ rotti, Vanyan» Se lei stesse parlando più di Borea, di lui, o di sé stessa, il ragazzo non poteva saperlo. Forse parlava di tutti loro insieme.
 
E alla fine, Vanyan raccontò tutto, di quel giorno che gli aveva cambiato la vita. Di quello che aveva visto, e di quello che aveva fatto. Non sapeva perché lo stesse dicendo proprio ad Alys, tra tutti, visto che non ne aveva mai parlato nemmeno con sua sorella. Probabilmente era ancora rammollito dalla sera prima, o probabilmente aveva solo bisogno di liberarsi dall’amarezza che si portava dietro da quasi dieci anni.
Alys rimase per tutto il racconto in silenzio, senza interrompere nemmeno una volta.
 
«… E dopo che Borea ha detto quelle cose, ho pensato che era davvero colpa mia, che se quel giorno non fossi intervenuto forse mio padre sarebbe ancora vivo…» La voce si incrinò sull’ultima frase, ma stavolta il ragazzo era determinato a non farsi sopraffare dall’emozione.
 
Anche dopo che ebbe finito, Alys rimase in silenzio ancora un po’, per poi dire, con voce molto pacata: «Io non so come sarebbero andate le cose se non fossi intervenuto, e non puoi saperlo neanche tu, ma so che la vita è costellata di cose che sarebbero andate in maniera diversa se… C’è sempre un se, e c’è sempre qualcosa che non sappiamo. Magari al contrario, ti saresti pentito di non essere intervenuto, se non fossi andato, e ti saresti dato del codardo. Non possiamo saperlo, Van, quindi non crucciarti troppo» Quelle parole lo colpirono come solo di rado delle parole riuscivano a fare.
 
Era come se avesse avuto bisogno di sentire quelle parole, ed in effetti stava meglio.
«Grazie Alys» Le disse quindi «E grazie anche per ieri sera, solo… ti prego, non dirlo a nessuno»
 
Lei fece un mezzo sorriso: «E a chi dovrei dirlo, sentiamo?» E Van si rese conto di nuovo di quanto quella donna fosse sola, ma prima che potesse pensarci oltre, lei si alzò, e raggiunse la porta. «Bene, Van, io vado a vedere se c’è altro da mangiare nelle cucine»
 
«Alys, aspetta» Tese una mano verso di lei. Rimase incerto qualche istante, prima di decidere che doveva dirlo, e doveva anche sbrigarsi: «Ascolta… quelle cose che ti ho detto… l’altro giorno, nelle segrete… non erano vere. Non è vero che non m’importa di te, così come non è vero che non ti considero mia amica. Alys, tu sei l’unica persona esterna alla mia famiglia con cui parlo da anni. È solo che ero arrabbiato, e… e sono stato un coglione. Potrai perdonarmi?» Le parole gli erano uscite di fretta, inciampando le une sulle altre, ma sperava che Alys capisse cosa intendesse.
 
La ragazza rimase sulla soglia, con una mano a tenere la maniglia, in silenzio. Poi, con una voce così bassa da non essere quasi udibile, disse: «Di tutte le persone che mi hanno trattata male nella mia vita, tu sei l’unico che finora si sia scusato» E chiuse la porta.
 
Vanyan seppe allora che lei l’aveva perdonato.



Angolo autrice
Buongiorno raga, questo capitolo è stato parecchio difficile, perché molto più calmo rispetto al dinamismo degli scorsi tre, ma mi serviva per chiarire il world building. Ho parecchie incertezze, ma spero vi piaccia comunque.
Anyway, questo era il penultimo capitolo, a breve (spero, gli impegni non mi danno tregua🥲) ci vediamo con l'ultimo, e poi con l'epilogo.
Alla prossima❤️

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4052576