Granelli

di MissAdler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Letter ***
Capitolo 2: *** Sunflower ***
Capitolo 3: *** Lantern ***
Capitolo 4: *** Flames ***



Capitolo 1
*** Letter ***


Contesto: pre Episodio IV, Obi-Wan pov
Flash
Rating: verde


 
LETTER


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Ben Kenobi sta raccogliendo le sue memorie in un diario. In tanti diari.

Una vita come la sua non può essere tenuta a mente solo grazie al potere della memoria. Nemmeno se è un’ottima memoria.

Ci sono cose che non si dimenticano, che sono proprio quelle che lui vorrebbe dimenticare, e ci sono cose che scivolano via dai ricordi come sabbia tra le dita, la stessa sabbia che gli si infila tra i capelli, la barba, le dita dei piedi, e che poi gli lascia la pelle secca e screpolata.

Ha iniziato a scrivere dopo dieci anni dall’arrivo su Tatooine.

All’inizio odiava quel pianeta, il caldo soffocante, il rischio costante di essere scoperto, identificato e giustiziato. Odiava l’aria salata e corrosiva, le tempeste di sabbia improvvise e letali, la sete che brucia la gola.
Ma adesso si è abituato. Adesso è a casa.
E forse la ama un po’ di più perché un tempo lo è stata anche per Anakin.

Certi giorni lo immagina ancora bambino, correre a perdifiato verso la bottega di ricambi, rubare un paio di pezzi arrugginiti per il suo sguscio o per qualche altro fantasioso assemblaggio di ferraglia.
È in quei giorni che scrive per lui. Di lui. A lui.

Mette da parte l’ultimo taccuino quasi pieno e prende un foglio ingiallito dal cassetto sotto il tavolo, chiude gli occhi e apre il cuore, come non aveva mai fatto quando lui c’era davvero.

In nove anni gli ha scritto decine di lettere, parole ridicole, frasi senza capo né coda che nessuno leggerà mai.

Diventa sempre più difficile mettere a fuoco la sua stessa calligrafia, con l’avanzare dell’età. Non che sia così vecchio, i due soli di Tatooine possono ingannare perché in realtà è solo un uomo maturo con troppi capelli bianchi e un’aura di tristezza a opacizzargli la pelle già raggrinzita dai raggi ultravioletti.

Anakin invece è ancora giovane e bellissimo nei suoi ricordi. Non ha bisogno di annotarlo su un taccuino, di fare uno schizzo veloce delle sue labbra o dei suoi zigomi per non rischiare di dimenticarlo.
Però glielo scrive, in quella lettera confusa, quanto era bello, quanto gli dispiace, quanto ancora si tormenta, quanto gli manca.

Ha raccolto tutte le loro avventure in quei diari sgualciti, ha fissato ogni vittoria, ogni insuccesso, ogni lezione impartita o imparata. La sua mente si è svuotata su quelle pagine, ma sono le lettere per Anakin che hanno raccolto il miele del suo cuore.

E quella in particolare. Lì c’è la sua essenza, la sua rassegnata disperazione.
Perché quella lettera è l’ultima e Ben lo sa.

Obi-Wan lo sa.

I tempi sono maturi, la Forza si fa irrequieta e vibra, mentre quel silenzio assordante è solo il respiro che precede il balzo.

Piega la lettera, la lega insieme alle altre e nasconde il piccolo epistolario nella manica del mantello.
Sa già dove riporlo: in quello stesso cofanetto che ha custodito le loro spade tanto a lungo, una accanto all’altra, sotto la sabbia, nel mezzo del deserto.

La sua spada adesso gli servirà. Quella di Anakin apparterrà presto a Luke.
Cos’altro potrebbe riempire quella scatola vuota, se non una matassa di ridicole parole d’amore? Se non quell’ultima lettera che è tutto, che è l’unico vero lascito di se stesso, di un se stesso che nessuno ha mai conosciuto e che nessuno mai conoscerà.



 
FINE


 
 
 
 
ANGOLINO DELL'AUTRICE

Queste piccole OS partono da un'iniziativa pensata da GladiaDelmarre e Martina, che hanno scelto dieci parole + un bonus da usare entro maggio come prompt per storie e disegni. 
Seguitele entrambe su Ig: https://www.instagram.com/martina_huni/, https://www.instagram.com/_gladiadelmarre_/.
Spero che questa prima flash vi sia piaciuta, se vi va fatemelo sapere! 
A presto ♥

 

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Capitolo 2
*** Sunflower ***


Contesto: post Episodio VI, Anakin pov
Flash
Rating: verde



 
SUNFLOWER


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C’è un’immagine.
Non so nemmeno se è reale, un ricordo o soltanto un sogno sbiadito.

C’eri tu sdraiato sull’erba, le braccia aperte e gli occhi chiusi. I capelli un po’ più lunghi del vecchio taglio da Padawan, il sole che li faceva risplendere di riflessi ramati, così come la peluria sul tuo petto nudo.

Non avevi ancora la barba, le tue guance erano lisce e arrossate dal caldo estivo, una fossetta sul mento che non sapevo mi sarebbe mancata, in tutti gli anni a venire.

E poi c’ero io.
Un ragazzino di dodici, tredici anni, goffo e dinoccolato.

Forse ci eravamo appena allenati: una corsa, addominali, flessioni, un po’ di sparring all’aria aperta, lontani dalla sublime magnificenza del Tempio in cui non riuscivo proprio a sentirmi a casa.

Il sudore ti colava dall’attaccatura dei capelli, sulle tempie, lungo la gola, al centro del torace. Anche quelle gocce riflettevano la luce del sole, facendoti splendere come se i suoi raggi ti stessero letteralmente colando addosso.

Osservavo il tuo petto muoversi rapidamente, alzarsi e abbassarsi a un ritmo ipnotico, una piccola ruga al centro delle tue sopracciglia rivelava lo sforzo di placare l’affanno grazie all’aiuto della Forza.

Eri bello.
L’avevo pensato all’improvviso e mi aveva sconvolto, scandalizzato e terrorizzato, perché io volevo che fossi mio padre, perché eri il mio Maestro e perché non avevo altri che te.
Ma soprattutto perché eri tu, perfetto e irraggiungibile da qualunque angolazione.

Gli altri Padawan al Tempio dicevano che era normale, che quasi tutti gli allievi si prendevano una cotta per i Maestri, soprattutto se giovani e belli.
Tu eri entrambe le cose, me n’ero reso conto mentre me ne stavo impalato lì come uno scemo, a guardarti respirare come se fosse la cosa più straordinaria dell’universo.

Sentivo la tua pace, la tua vibrazione luminosa e calda che si dilatava nella Forza.

Un Prato fiorito si stendeva sotto i miei stivali, una piccola ape ronzava solitaria, posandosi su un fiore di tarassaco, poi su un altro e un altro ancora. Tutto sembrava muoversi lentamente: i fili d'erba che formavano un tappeto infinito oltre la valle, le foglie degli alberi sulla mia testa, la corrente di un fiumiciattolo che gorgogliava lungo un argine di rocce bianche. Anche le nuvole in cielo sembravano spinte da una sorta di placida inerzia.
Alla tua destra un campo di girasoli sembrava un immenso lago dorato, la superficie che ondeggiava sospinta da una corrente dolce e invisibile, le fitte corolle gialle che si aprivano fiduciose verso il sole.

Forse davvero è solo il ricordo di un sogno, di quelle immagini che ci si infilano in testa poco prima di addormentarci o quando non siamo ancora svegli, quando veniamo accolti in quell’altrove fatto di desideri e sentimenti senza speranza, affidati alla Forza in una preghiera silenziosa.

Però volevo che 
quest’immagine l'avessi tu, che potessi vederla almeno una volta, anche se ora non esistiamo più. Anche se sarà una confessione inutile, adesso che ci troviamo insieme in quello stesso perduto altrove.
 
Avrei voluto raccontartelo con la mia voce, ma i fantasmi parlano come il vento che soffia, in sussurri musicali e ovattati che non sono esalati dalle labbra, ma dalla Forza stessa.

Allora lascio che il nostro legame si espanda, che ogni filtro si smaterializzi per farti vedere tutto: ciò di cui vado fiero e ciò di cui ancora mi vergogno, quello che sono, quello che sei stato e che sei per me. Anche se forse non l'ho mai saputo davvero, anche se forse non smetterò mai di provare a comprenderlo.

E ora che lo sai vorrei avere indietro uno solo di quei giorni, guardarti respirare con il sole colato addosso, ricordare com’era starti di fronte così, come quei girasoli che guardavano il sole, danzando e allungandosi verso il cielo, nella speranza di sfiorare l’irraggiungibile.



 
FINE


 
 
 
 
ANGOLINO DELL'AUTRICE

Queste piccole OS partono da un'iniziativa pensata da GladiaDelmarre e Martina, che hanno scelto dieci parole + un bonus da usare entro maggio come prompt per storie e disegni. 
Seguitele entrambe su Ig: https://www.instagram.com/martina_huni/, https://www.instagram.com/_gladiadelmarre_/.
Spero che anche questa  flash vi sia piaciuta, se vi va fatemelo sapere!  Grazie a chi continua a seguire le mie storie su questi due bellissimi tonti.
A presto ♥

 

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Capitolo 3
*** Lantern ***


Contesto: Clone Wars, Obi-Wan pov
What if
Oneshot
Rating: arancione



 
LANTERN


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Che sapore avevano le sue labbra? Fino a che punto erano morbide? Quanto calde?

Alla luce fioca della lanterna la pelle del suo torace sembrava la superficie vellutata di una pesca. Obi-Wan si chiese se ne avesse anche il sapore.

Erano soli, in quella tenda montata in fretta e furia nel mezzo della tempesta. La paura era scemata, ma era stata troppa, pesante e logorante, gelida come il ghiaccio che aveva incollato i capelli di Anakin in sottili stalattiti castane.

Lui non cadeva mai. Il Generale Skywalker saltava dagli speeder in volo, si catapultava volontariamente in mezzo alle schiere di droidi nemici e precipitava in picchiata nel campo di battaglia, ma non si ritrovava quasi mai nella posizione di dover essere salvato. Di certo non inciampava da solo durante una camminata apparentemente innocua.
Eppure la stanchezza fa strani scherzi. La guerra stanca. La violenza, la morte, le responsabilità del comando stancano.


Era una semplice ricognizione su Hoth, solo loro due. Stavano chiacchierando, punzecchiandosi e cazzeggiando come sempre, troppo distratti dalla risata dell’altro per fare attenzione ai propri piedi, quando all’improvviso il ghiaccio aveva ceduto.
Obi-Wan si era tuffato nell’acqua gelida con tutti gli stivali, ancor prima di processare ciò che era appena successo.
Non l’aveva nemmeno visto, il ghiaccio. Sembrava solo neve congelata, altrimenti non avrebbe mai rischiato di camminarci sopra!

Le labbra di Anakin erano blu. Tutta la sua pelle lo era, all’inizio, mentre il Generale Kenobi gli sfilava in fretta e furia i vestiti di dosso, la tenda montata alla bell’e meglio, lui stesso che batteva i denti e tremava senza rendersene conto.
Era riuscito ad attivare la piccola lanterna d’emergenza che teneva nello zaino – almeno quello aveva avuto la lungimiranza di levarselo dalle spalle, prima di tuffarsi nel lago ghiacciato con tutto il giaccone termico – e aveva avvolto il corpo tremante di Anakin nella coperta, anch’essa parte della dotazione per eventuali missioni sottozero.

“M- Maestr…”

Ma non era stato sufficiente. I Jedi guariscono più rapidamente attingendo forza dai Midi-chlorian, ma Anakin non riusciva nemmeno a controllare gli scatti involontari dei suoi muscoli, figurarsi la sua mente!

“Ssshh, è tutto ok, starai bene, te lo prometto!”

Obi-Wan sapeva cosa fare, ma era terrorizzato all’idea di farlo.
Trattenendo il respiro aveva sistemato la lanterna vicino alla testa di Anakin, per poi iniziare a spogliarsi a sua volta, tremando per qualcosa che non era il freddo, che forse era proprio il contrario: un calore fluido e viscoso che gli saliva in gola insieme a un’ansia insopportabile.
Si era infilato sotto la coperta con movimenti goffi e scattosi, un brivido incatenato all’altro come in un febbrile effetto domino. Lentamente aveva premuto il corpo contro quello del suo ex-Padawan, circondandolo con il braccio destro, poi era rimasto immobile, respirando pianissimo, stringendo forte le palpebre e aspettando con pazienza che il calore tornasse a riempirli entrambi.

E infatti era arrivato. Dapprima timido e strisciante, come sottilissimi viticci luminosi, tiepidi e tremolanti, poi come una marea calda e avvolgente, che li aveva pervasi completamente, ridando loro colore e vita, sangue bollente nelle vene, un battito forte e regolare nel petto.
Obi-Wan poteva avvertirlo, non tanto il suo, quanto quello di Anakin, mentre ancora il suo avambraccio gli premeva sul torace. E se fino a quel momento aveva tentato con tutto se stesso di ignorare quella vicinanza, le curve solide dei suoi muscoli, l’odore deciso e adulto che emanava ogni singolo poro della sua pelle, adesso Obi-Wan era totalmente soggiogato da quella sensazione nuova e surreale.
Ancora addormentato, Anakin si era voltato verso di lui, crogiolandosi come un bambino troppo cresciuto in quell’abbraccio inopportuno.

Che sapore avevano le sue labbra? Fino a che punto erano morbide? Quanto calde?

Obi-Wan non riusciva a non pensare a quanto l’avesse desiderato, negli ultimi anni, da quel maledetto giorno in cui gli aveva insegnato a radersi, o forse dalla prima volta in cui si era reso conto che era diventato più alto di lui, più forte, più testardo, così fastidiosamente indipendente.
Era terribile che Anakin non avesse più bisogno di lui, ma allo stesso tempo anche un sollievo, perché in questo modo erano semplicemente due uomini adulti, alla pari, per i quali non era così assurdo incappare in pensieri a dir poco discutibili, di tanto in tanto. Finché restavano pensieri, che male potevano fare?

Ritirò il braccio senza troppa convinzione, lasciando indugiare la mano sul petto glabro di Anakin. Non l’aveva mai toccato lì. C’erano state pacche sulle spalle, carezze innocenti sulle guance, dita che spettinavano capelli, che curavano ferite o aggiustavano movimenti imprecisi durante l’addestramento. Ma niente di più. Obi-Wan era troppo severo con se stesso per approfittare del loro rapporto, troppo onesto per tradire una promessa.

Eppure adesso stava toccando il suo migliore amico in un modo che poteva considerarsi sbagliato da ogni punto di vista: perché entrambi erano Jedi, perché un tempo era stato il suo Maestro – e il suo ex-Padawan continuava ostinatamente a chiamarlo così anche se ormai non aveva alcun senso – ma soprattutto perché Anakin era privo di sensi, incapace di opporsi e mandarlo al diavolo per quel contatto non richiesto.
Nonostante questo Obi-Wan non riuscì a fermarsi. Con la punta del pollice sfiorò il piccolo capezzolo viola, rendendosi conto della gravità del gesto solo quando lo sentì fresco e rigido contro il suo polpastrello.
Se solo fosse stato buio pesto avrebbe potuto fingere di non essere lì, che il corpo appiccicato al suo non fosse di Anakin, risparmiandosi quella che stava diventando eccitazione a tutti gli effetti. Ma quella maledetta lanterna, la sua luce calda e tremolante come quella di una vera candela, i giochi di ombre che proiettava sulla spalla di Anakin, sulla sua guancia, sulle sue labbra…
Un mugugno impercettibile e Obi-Wan ritirò la mano di scatto, l’aria colpevole di un bambino sorpreso a rubare caramelle con le mani nel sacco. Ma l’arto meccanico di Anakin fu più veloce, schizzò fuori dalla coperta e gli strinse il polso in una morsa dolorosa. Le sue palpebre si sollevarono rivelando due iridi blu quasi interamente divorate dal nero delle pupille.

“Anakin…”

Obi-Wan desiderò soltanto scomparire, scattare in piedi e correre fuori dalla tenda completamente nudo, ché tanto i vestiti non gli sarebbero serviti per gettarsi di testa in qualche precipizio ghiacciato.
Passò in rassegna tutte le scuse più assurde che riuscì a trovare, ma niente poteva giustificare il fatto che stesse accarezzando il petto del Generale Skywalker mentre entrambi se ne stavano svestiti, abbracciati sotto la stessa coperta. La motivazione dell’ipotermia reggeva solo fino a un certo punto, le carezze non erano affatto necessarie nel primo soccorso.

“Non smettere.”

“C- come?”

“Mi piaceva…”

Le labbra di Anakin si curvarono in un sorriso strano, i suoi occhi sempre più scuri, sempre più liquidi. La stretta sul polso si allentò appena, mentre le dita di duracciaio guidavano la mano di Obi-Wan di nuovo sul suo petto.

Era strano adesso. Non era più solo suo, quel gesto, così come quello sbaglio imperdonabile. Ma Obi-Wan, sebbene ne fosse totalmente consapevole, non riuscì a non obbedire.
Con gli occhi sbarrati osservò la luce della lanterna scivolare sui loro corpi, tremolare come il bagliore riflesso di un pianeta in lontananza, finché Anakin non lo baciò sulle labbra una, due, tre volte. “Solo per stanotte” supplicò prima di schiuderle e spingere la lingua tra quelle di Obi-Wan.

Solo per stanotte.

Era questo che Anakin chiedeva al suo giovane Maestro, quando era ancora un bambino tormentato dal buio solitario della sua stanza. Forse lo era ancora, dopotutto. O forse non lo era mai stato.
A quel punto, con gli occhi chiusi, per Obi-Wan la luce dorata della lanterna era solo una patina arancione che gli lampeggiava contro le palpebre.

In fondo lui non era lì, Anakin non era Anakin, il silenzio ovattato della neve era solo il vuoto cosmico di un sogno.

O magari no.



 
FINE


 
 
 
 
ANGOLINO DELL'AUTRICE

Queste piccole OS partono da un'iniziativa pensata da GladiaDelmarre e Martina, che hanno scelto dieci parole + un bonus da usare entro maggio come prompt per storie e disegni. 
Seguitele entrambe su Ig: https://www.instagram.com/martina_huni/, https://www.instagram.com/_gladiadelmarre_/.
Spero che anche questa OS vi sia piaciuta, se vi va fatemelo sapere!  Grazie a chi continua a seguire le mie storie su questi due bellissimi tonti, penso che questa sia l'ultima della raccolta, per ora, visti gli esami imminenti, ma spero di riuscire a pubblicarne almeno un'altra, visto che l'ho già iniziata.
A presto ♥

 

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Capitolo 4
*** Flames ***


Contesto: Scontro su Mustafar
What if
Oneshot
Rating: arancione



 
FLAMES



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Gli occhi di Obi-Wan si riempiono di terrore puro. Anakin ci vede riflessa tutta la paura che il suo ex Maestro non gli ha mai mostrato prima e ne ricava un godimento sadico e spietato.
Ogni colpo è un’esplosione di scintille blu, ogni passo fa vibrare le gambe di entrambi, dalle caviglie alle ossa del bacino, come se i loro corpi pesassero il triplo e potessero scuotere il terreno rovente solo con un balzo.


Perché ti difendi soltanto?
Perché non mi attacchi??


Anakin vorrebbe gridarglielo in faccia, ma decide che sia più incisivo spaccargliela con un calcio, quella faccia, che sicuramente otterrebbe un effetto più dinamico, più teatrale. Come se il fiume di lava, il magma e i lapilli non bastassero…
E infatti non bastano. Non basta niente e non basterà mai. Obi-Wan deve pagare. Deve soffrire per tutto quello che ha fatto.
In che cosa consista il suo peccato, in realtà, non lo sa bene nemmeno Anakin. Non è un fatto isolato, un crimine concreto e dimostrabile. È qualcosa di più profondo, un rifiuto intrinseco e silenzioso che non gli è mai andato giù. Tutto ciò che lui voleva, ciò di cui aveva davvero bisogno, Obi-Wan non gliel’ha mai dato e per questo non pagherà mai abbastanza, non soffrirà mai come merita.
Anakin gli afferra la gola, sente le sue ossa scricchiolare sotto le dita di duracciaio, la pelle sudata scivolare sul cuoio del guanto.
Lo guarda e si sente inspiegabilmente adrenalinico, esaltato, affamato.
La lama di luce sempre più vicina al viso di Obi-Wan, la sua bocca che si spalanca alla disperata ricerca di ossigeno o di parole che non trovano forma, le pupille ridotte a due puntini minuscoli annegati in quell'azzurro così intenso, così familiare.
Anakin si piega ancora sopra di lui e stringe la presa mentre scaccia un pensiero intrusivo che gli risulta odioso, mentre percepisce la Forza affievolirsi nel corpo dell’altro.
Non c’è tempo per ritirare fuori vecchie debolezze, vecchi desideri impossibili e rischiare di compromettere tutto, di fare marcia indietro quando è chiaro che indietro non potrà tornare, non dopo ciò che ha fatto al Tempio, nell’ufficio di Palpatine, su quello stesso pianeta di lava. Il sacrificio è stato consumato sull’altare dell’oscurità e Anakin sa che è come un patto di sangue, un voto infrangibile che lo incatenerà in eterno.
I Jedi sono morti, la Repubblica cadrà, Padmé non sarà mai più sua, ma almeno vivrà. Lei e suo figlio vivranno. L’odio ora è tutto ciò che resta ad Anakin Skywalker. Ed è di gran lunga più semplice farsi inghiottire, che arrancare in direzione opposta, verso una luce che finirà comunque per rivomitarlo all’infinito.
Eppure…
Sente il fiato di Obi-Wan sulla sua faccia e la ben nota, scomoda sensazione si impossessa di lui proprio ora, dopo anni in cui sembrava sepolta, come se quel bisogno non se ne fosse mai andato.
Forse dipende dall’essere un Sith, forse ora che emozioni e pulsioni sono lasciate libere di fluire e di espandersi senza freni, anche quell’antico capriccio soppresso e taciuto sta tornando a galla.
Padmé era convinta che Anakin fosse geloso di lei, che non volesse in nessun modo condividerla con Obi-Wan, ma è sempre stato Obi-Wan quello che Anakin rifiutava di condividere.
Quel bastardo insensibile che l’ha sempre giudicato, che non l’ha mai capito né difeso di fronte al Consiglio e che in guerra gli ha fatto credere di essere morto come se niente fosse.
Obi-Wan è un bugiardo! A Obi-Wan non è mai importato di lui, non gli ha mai dato fiducia e non l’ha mai voluto davvero tra i piedi!
Avere la sua vita in pugno è così inebriante da dargli un capogiro.




Ma Obi-Wan è forte. Non si lascia strangolare con tanta facilità. Non si lascia nemmeno colpire di striscio. Anakin ha sempre ammirato la sua abilità, la sua concentrazione.
No.
Anakin gliele invidia.
Vorrebbe letteralmente aprirlo a metà, con precisione chirurgica, a sangue freddo, e rubargli tutto: la sua forza, la sua determinazione, la sua fede, la sua capacità di persuasione, la sua infinita bontà. Perché Obi-Wan è così schifosamente buono, generoso, saggio, che ad Anakin fa venire il vomito.


Nella sala di comando i cadaveri del viceré e del suo entourage sono ancora caldi. Forse non si raffredderanno mai con quell’afa rovente. Ma loro non ci badano. Anakin è furioso e continua ad attaccare mentre il suo ex Maestro arretra e si scherma come meglio può. Eppure…
Un varco strettissimo, Anakin ora lo vede. Un fianco scoperto durante la parata alta a sinistra. Ma proprio mentre pensa di usarlo per affondarci la lama e trapassare la sua carne da parte a parte, la sua mano si muove da sola, si chiude, scatta e gli assesta un pugno tra le costole facendolo boccheggiare mentre la spada cade a terra. Ora sì che è davvero a portata di lama. Ma trafiggerlo non è ciò che Anakin vuole davvero. Non ora.
Gli afferra di nuovo la gola ma stavolta con la mano di carne, ed è bellissimo percepire la pelle calda e scivolosa di Obi-Wan, la barba cortissima sul pomo d'adamo, la sua giugulare che pulsa, sbatte, martella contro il suo palmo a un ritmo impazzito.
“Ana… kin…”
“Non mi chiamo più così, Maestro” ma pronuncia quell’ultima parola in un sussurro mellifluo, disturbante. E così dicendo lo spinge contro una parete, una qualsiasi, intrappolandolo col suo corpo.
Voleva farlo da una vita. Tenerlo fermo e zitto contro di sé, respirarlo, guardarlo senza imbarazzo, avere la possibilità di trovare la falla in quella perfetta roccaforte di calma e perfezione.
Allenta la presa sul suo collo e si stupisce che Obi-Wan non si muova di un millimetro. Si limita a respirare in piccoli rantoli affaticati, ma resta lì, premuto contro quella parete, con le braccia afflosciate lungo i fianchi e gli occhi bassi, gonfi e arrossati.
Senza dire nulla Anakin balza in avanti e gli cattura le labbra. Le morde, le lecca, le succhia. Ci infila la lingua in mezzo e le trova morbide, cedevoli, tanto che non fa alcuna fatica a insinuarsi in esse, a trovare la lingua di Obi-Wan e a premerci sopra la sua.
È una danza sgraziata, vorace, violenta. Non c’è tenerezza o romanticismo, solo rabbia. Una rabbia cieca, incontrollata, che a tratti si confonde con un desiderio altrettanto macabro e furente.
Anche le cosce di Obi-Wan sono arrendevoli, si aprono alla minima pressione del ginocchio di Anakin, lasciano che il suo corpo si posizioni lì in mezzo, che il suo quadricipite prema sui suoi testicoli, che strusci sul suo inguine. Il suo sesso si indurisce contro quello di Anakin sotto la stoffa dei pantaloni, ma il resto del corpo è inerte, molle e senza volontà, come quello di una bambola di pezza. Obi-Wan se ne sta contro la parete, lo sguardo vacuo, una lacrima che gli solca la guancia e si perde tra i peli della barba.
Ad Anakin non fanno effetto le lacrime, lui vuole solo vendetta e soddisfazione. Sposta la mano dal collo alla mascella, gli afferra il viso e stringe forte le guance, scava tra i denti e lo bacia più in profondità, più rabbioso che mai.
Un istante, uno soltanto. Breve e quasi impercettibile. Forse non c’è nemmeno mai stato. La Forza vibra, si tende, vortica intorno a loro e li spinge uno contro l’altro. Anakin singhiozza sulle sue labbra e strizza forte le palpebre, Obi-Wan geme e lo attira a sé, lo circonda con le braccia, piega la testa e rallenta il ritmo di quel bacio, che prima non era nemmeno un bacio ma una tortura spietata.
Tutto piange. Obi-Wan, Anakin, la Forza intorno a loro, il cielo rosso da cui piovono cenere e lapilli.
Anakin vuole ancora ucciderlo. Deve volerlo per forza, deve farlo per forza.
Ma non ancora. Non mentre Obi-Wan lo tiene tra le braccia e preme le labbra sulle sue. Consumeranno anni di rancori e non detti su quel pavimento, tra i cadaveri ancora caldi. Impazziranno, si uccideranno, prenderanno fuoco come tutto quello che li circonda. Bruceranno in quelle fiamme e sarà comunque un destino migliore di quello che luce e oscurità avevano in serbo per loro. Perché almeno se lo saranno procurato insieme.



 
FINE


 
 
 
 
ANGOLINO DELL'AUTRICE

Queste piccole OS partono da un'iniziativa pensata da GladiaDelmarre e Martina, che hanno scelto dieci parole + un bonus da usare entro maggio come prompt per storie e disegni. Ovviamente sto pubblicando fuori challenge, ma è da maggio che ce l'ho qui incompleta, mi dispiaceva lasciarla a impolverarsi.
Seguitele entrambe su Ig: https://www.instagram.com/martina_huni/, https://www.instagram.com/_gladiadelmarre_/.
Spero che questa ultima OS vi sia piaciuta, se vi va fatemelo sapere!  Grazie a Gladia per l'incoraggiamento. ♥

 

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