Il Re e il Mago. Papaveri selvaggi

di Ladyhawke83
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Papaveri selvaggi ***
Capitolo 2: *** La voce del mare ***
Capitolo 3: *** Di archi, pozioni, bastoni e di baci leggendari ***
Capitolo 4: *** “Dimmi che mi odi” ***
Capitolo 5: *** “È solo questione di tempo…” ***
Capitolo 6: *** “Tu sei il mio mago…” ***
Capitolo 7: *** “Resta con me” ***
Capitolo 8: *** Dirsi la verità ***
Capitolo 9: *** Bagliori sulla neve ***
Capitolo 10: *** Temi’ell e Callisto ***
Capitolo 11: *** Ghiaccio fra i capelli ***



Capitolo 1
*** Papaveri selvaggi ***


Questa storia partecipa alla challenge “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook Prompts are the way

 

PROMPT 19/04/23: Dub-con. Affrontate i sentimenti di un personaggio coinvolto in una situazione erotica con dubbio consenso. Può essere scritto da parte di chi il consenso non permette di averlo interamente o da chi non è in condizioni di darlo totalmente.



Il Re e il Mago. Papaveri selvaggi.

 

Vargas fu risvegliato da un brivido freddo sulla pelle, fissando il cielo, si accorse che una spessa coltre di nuvole oscurava la luce della luna e delle stelle.

Tentò di rimettersi seduto, ma una violenta fitta alla testa, seguita da un rimescolamento dello stomaco, gli ricordò dei fiumi di alcol bevuti qualche ora prima, che non aveva ancora smaltito.

Era solo.

Sudato, mezzo nudo, graffiato, ma solo.

Callisto aveva avuto la decenza, il pudore quello no, lo stregone non sapeva nemmeno cosa fosse il pudore, di non farsi trovare lì con lui. Sapeva fin troppo bene che se Vargas lo avesse trovato a portata di magia, gli avrebbe fatto rimpiangere ogni bacio, ogni carezza, ogni sussurro, ogni spinta, così si era defilato. Il Re Drago era scappato un’altra volta di fronte alla responsabilità delle sue azioni.

Lo aveva preso con la forza, violato nel suo più intimo sentire e non aveva neanche il coraggio di palesarsi per chiedergli scusa?

Ma poi Vargas si domandò se davvero voleva delle scuse da Callisto: a cosa sarebbero servite?

Niente avrebbe riportato indietro la loro amata druida Isabeau e niente avrebbe cancellato i segni che lui, qualche ora prima, gli aveva lasciato sul corpo e dentro l’anima.

Vargas si guardò le braccia, l’addome e i polsi, ripensò al tocco deciso, ma gentile, di Callisto ed ebbe un brivido.

Davvero, Vargas si chiese, era stato violentato dallo stregone? Non era forse il caso di ammettere a se stesso che lo aveva voluto anche lui?

Avrebbe potuto fermarlo.

Era stato baciato da Callisto, e non lo aveva fatto smettere. Tra i due era sempre stato Vargas il più forte, mentalmente e magicamente, eppure gli aveva permesso di farlo di nuovo, anzi ad un certo punto, durante uno di quei baci aveva anche provato un certo piacere. Non lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma le labbra di Callisto sapevano di “casa”, più di qualsiasi altra persona o luogo avesse conosciuto prima.

Vargas mosse le gambe come per portarsi le ginocchia al petto e sentì dolore: quel dolore. Inequivocabile.

Chiuse gli occhi e si rivide mentre gli urlava contro parole indicibili, con lo sguardo in fiamme, l’odio condensato in ogni respiro, in ogni spinta di Callisto che Vargas cercava di contrastare, ogni affondo dello stregone era stato per lui solo dolore e vergogna?

O c’era dell’altro?

Il mago sentiva qualcosa che non voleva ammettere: piacere forse? Desiderio?

Aveva lasciato fare tutto a Callisto perché voleva punirsi. Vargas, con quel gesto di provocazione, sapeva avrebbe portato Callisto al limite, ma facendosi possedere dallo stregone credeva di potersi togliere di dosso la sensazione di essere sporco, di insanguinato. Si era ubriacato per non pensare più di essere stato l’assassino della donna per la quale entrambi, mago e stregone avevano rinunciato a tutto.

Il mezzelfo sbuffò premendosi le mani sugli occhi doloranti e gonfi di stanchezza.

Si alzò molto lentamente con la testa che ancora pulsava e che gli doleva ogni volta che cercava di fissare un punto fermo in quella strana stanza fluttuante.

A terra, sulle mattonelle a scacchi bianche e nere, stava abbandonata una bottiglia vuota di Yllienten e la corona del Re Drago.

Vargas raccolse il prezioso emblema dorato che faceva di Callisto un Re a tutti gli effetti e, nel farlo, notò che ne scivolò fuori un biglietto.

Spiegando la carta Vargas riconobbe la grafia incerta, ruvida, troppo calcata, di Callisto.

Una tregua, un’offerta di pace, un tentativo di scuse.

 

“Siamo papaveri selvaggi, quelli che restano ai margini e crescono nei posti più impensati.

Quelli che non fanno numero, che non vanno nei giardini curati e ordinati, che amano le erbacce e le loro storie complicate.”(1)

 

C.

 

“Il solito cazzone che pensa di usare la poesia come si usa il miele su una ferita”. Sussurrò fra sé il mago.

Le parole di Vargas volevano essere di scherno, di rimprovero verso lo stregone, ma non riuscì a trattenere un timido sorriso di approvazione, che gli fece riaprire la ferita che aveva al labbro in seguito al cazzotto che Callisto gli aveva tirato senza troppe cerimonie, prima di baciarlo.

“È proprio un cazzone, ma se mi lascia la cicatrice, lo ammazzo!”

 

***

  1. Le parole di Callisto sono prese in prestito dal libro “Il numero più grande è due” di Fabrizio Caramagna

 

Note dell’autrice: ogni tanto riemergo, ormai lo sapete.

Avevo tanta voglia di tornare a scrivere e questa storia è stata scritta proprio grazie alla “challenge senza scadenza”del gruppo Facebook “Prompts are The Way ~” mi ha un po’ sbloccato.

Il prompt scelto l’ho trovato perfetto per ritornare a scrivere dei miei due “mai una gioia” preferiti: Vargas e Callisto.

Vargas riflette sul “dopo” Callisto…

Chi mi legge e mi conosce già, non faticherà a capire da dove riprendo le fila, anzi sono andata un po’ a ritroso in verità, nella loro storia.

Per tutti gli altri: se non vi è chiaro qualcosa, sappiate che ho scritto del loro primo incontro/scontro nella storia “Il bianco e il nero. Il Re e il Mago.”

Sono passati 5 anni da quella prima storia erotica e slash che ho scritto, e dopo ne sono venute molte altre di di loro, ma a quella resto particolarmente affezionata.

Buona lettura

Ladyhawke83

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** La voce del mare ***


Questa storia partecipa alla challenge “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook Prompts are the way

 

PROMPT 18/04/23

 

«Non vedi che sto studiando?»

«Lo vedo. Ma non mi pare un motivo per non darti fastidio.»

 

 

La voce del mare

 

 

Vargas si era chiuso in quella stanza da giorni ormai, sembrava ci avesse fatto la sua tana, il suo rifugio personale.

E non solo se ne stava isolato fisicamente, ma lo faceva anche con un certo mutismo selettivo, con il quale il mago, nelle ultime conversazioni avute con Callisto e con chiunque altro incontrasse al Castello fluttuante, si esprimeva solo a monosillabi o a occhiate.

“Ehi, mezzorecchie, perché non la smetti per po’ di leggere quel diario  e facciamo qualcosa? Mi annoio a dare sempre ordini a destra e a manca…”

“Non vedi che sto studiando?” Gli Rispose Vargas senza quasi alzare gli occhi da quelle pagine consunte.

“Lo vedo. Ma non mi pare un motivo per non darti fastidio…” Lo punzecchiò Callisto.

“Da quando in qua, fare il Re ti da così tanto tempo libero da farne perdere a me? Lo sai quanto è importante per me questa cosa…” Vargas voltò una pagina andando a ritroso e sbuffò.

“Questa cosa, come la chiami tu, importa anche a me, ma non sarà rileggendo mille volte le stesse parole, che svelerai il mistero di quegli incantesimi e dove si trovano i tuoi figli…” Callisto detestava puntualizzare l’ovvio, ma non sapeva davvero più come aiutare Vargas nella sua ricerca.

Ritrovare Nak’ell e il piccolo Viktor era qualcosa di fondamentale anche per lo stregone. D’altra parte Callisto aveva cresciuto il giovane mezzelfo Nak’ell, per tanti anni, come se fosse figlio suo, e anche lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per sapere dove fosse finito. 

Il problema era avevano già tentato di tutto e non era servito a niente: era stato come fare un buco nelle nuvole.

Callisto, poi, sospettava che quel vecchio diario che Vargas stava cercando di decifrare portasse guai invece di risposte.

“Adesso tu vieni con me. Te lo ordina il Re…”. Callisto si parò  davanti al mago, bloccandogli il passo con le mani sulle spalle.

“Callisto… ti prego, lasciami studiare questo incantesimo… forse è quello giusto…” Vargas non si mosse, né si divincolò dalla stretta dello stregone, ma lo fissò con uno sguardo difficile da sostenere. 

C’era determinazione in quei suoi occhi scuri, ma anche paura, disperazione, senso di colpa…

Vargas ci stava provando con tutto se stesso, con tutto il suo sapere, eppure si sentiva colpevole, colpevole e inutile.

Un mago che non riesce a comprendere un incantesimo vitale, un padre che non riesce a ritrovare e a proteggere i propri figli che padre è, questo si chiedeva Vargas, giorno e notte, ormai da tanto tempo, troppo.

Il mezzelfo perso in questi pensieri grigi e circolari aveva dimenticato tutto il resto, la vita, il respiro, le stagioni, le persone intorno a sé, Callisto persino.

Il Re Drago non sapeva ancora bene come definire quel loro rapporto, che durava ormai da decenni: prima lui è il mezzelfo erano stati rivali, per l’amore della druida Isabeau, poi nemici, poi alleati, in una guerra senza vincitori. Come erano giunti ad essere infine amanti? Contro ogni logica, i loro corpi che si scontravano e cercavano, ma senza il conforto dell’amore, solo per non pensare. Callisto lo sapeva: loro due, anime perse, si erano trovati per potersi dimenticare di se stessi. Ma non puoi lasciare dietro di te lo stesso luogo che abiti.

E non poteva durare. 

Era un legame effimero, il loro, come le onde che si scioglievano in schiuma sulla riva della spiaggia dove lui aveva teletrasportato Vargas in quel momento.

“Ehi! Perché mi hai portato qui? Lo sai che non mi piace subire incantesimi senza il mio consenso…” Vargas era alquanto contrariato e, per un attimo, Callisto pensò che lo avrebbe scaraventato in acqua con uno dei suoi incantesimi da mago, poi, però, lo stregone notò la stanchezza e la tensione far di nuovo capolino dietro la lucentezza dello sguardo del mago e gli disse: “Non ti piace il mare? Eppure abitavi in un castello in riva al mare… pensavo fosse il luogo adatto per permetterti di rilassarti un po’”.

“Io non voglio rilassarmi, Callisto. Io devo studiare queste maledette carte. Forse una volta svelato il mistero potrò trovare traccia dei miei figli…”

“Lo so… Lo so quanto i tuoi figli siano importanti sopra ogni cosa. Ma questo vale anche per me, lo capisco, davvero, solo che mi spiace vederti sempre così serio…”.

“E allora riportami indietro”. Ordinò Vargas.

“Lo farò, ma prima lascia che mi prenda un po’ del fardello che ti sei caricato addosso…”

Callisto si mise alle spalle del mago e lo abbracciò. 

Un gesto semplice, il suo, eppure Vargas si sentì enormemente piacere vulnerabile è inutile imbarazzo: abbracciarsi era molto diverso dal fare sesso, era qualcosa molto più intimo, più potente, più personale.

Il mezzelfo poteva sentire l’odore di Callisto attraverso quell’abbraccio, così come il suo fremito di energia, la sua personale impronta magica di stregone e di mezzosangue.

“E va bene, ma solo per poco, intesi?”.

Si rassegnò, Vargas, lasciandosi avvolgere dalle braccia di Callisto, chiuse gli occhi, inspirò profondamente l’aria densa di salsedine e quando si voltò a cercare le labbra di Callisto e le trovò, tutto il resto fu dimenticato.

Il diario con gli incantesimi indecifrabili giacque, abbandonato  per un po’, sopra la sabbia, il vento ne girava le pagine, trasportando lontano la voce del mare, una voce che sapeva di magia e di passione.

 

***

 

Nota dell’autrice: eccomi di nuovo. Ci sono periodi in cui non scrivo mai e periodi di “ispirazione feconda” che deve essere assecondata.

Penso metterò questa One shot insieme all’altra “papaveri selvaggi” e inizierò una nuova raccolta su Vargas e Callisto, perché di loro non mi stanco mai di scrivere.

Buona lettura e a presto.

Ladyhawke83 

 

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Capitolo 3
*** Di archi, pozioni, bastoni e di baci leggendari ***


Questa storia partecipa alla challenge "Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!" del gruppo Facebook Prompts are the way

 

PROMPT 01/05/23

A e B vanno assieme a una fiera del fumetto (o a qualsiasi evento nerdoso). A è unx grande appassionatx, B non ci capisce niente, ma ci va lo stesso per fare contentx A.

 

 

Di archi, pozioni, bastoni e di baci leggendari

 

Ancora non ho capito per quale motivo ho voluto accompagnarti a questa cosa..." Callisto, da perfetto stregone qual era, non capiva il perché di tutto quel trambusto.

Quel giorno, in particolare, era stata organizzata una festa, in occasione dall'anniversario della fondazione della prima Academia dei maghi, e Vargas, in qualità di Arcimago, costretto a partecipare e a vegliare sulla sicurezza di tutti, aveva insistito per avere al suo fianco lo stregone mezzosangue Callisto, abile tanto nella magia, quanto preciso e infallibile con arco e frecce.

Anche se aveva con sé altre guardie, scelte tra i ranghi più fidati dei maghi guerrieri, Simenon Vargas sapeva di poter stare tranquillo solo se a guardargli le spalle fosse stato Callisto.

"Questa cosa, come la chiami tu, è una celebrazione ufficiale per tutti i maghi e gli stregoni di questo paese, dovresti essere onorato, invece di sbuffare..."

"Bell'onore che ho! Costretto a sentire le battutine sui miei capelli, e il resto, dalle tue guardie qui dietro...e devo pure girare tra questi banchi di gente che vende fumo in bottiglia e non so quale altro intruglio o pergamena incantata" Callisto sbuffò perplesso, e un po' schifato, riappoggiando al banco un vasetto colmo di un liquido vischioso e trasparente, insetti morti galleggiavano al suo interno. Un'etichetta, scritta con grafia elfica incerta, recitava: "PERDIRICORDI, usare con cautela".

Vargas rise compostamente, vedendo lo smarrimento di Callisto in mezzo a maghi, incantesimi, pozioni, libri e pergamene. Il mercato magico era qualcosa di imprescindibile rispetto alla celebrazione dell'Academia, però il mezzelfo, in quanto Arcimago, sapeva che una cosa del genere poteva essere davvero stancante e noiosa per chiunque non fosse un mago, o un simpatizzante dei maghi. Callisto non era né un mago, né aveva molta stima della categoria dei maghi in generale. In compenso era uno stregone eccellente e un arciere formidabile, questo Vargas lo sapeva da decenni, dai tempi dell'Oscura Guerra tra maghi, stregoni e orchi risvegliati, dove entrambi si erano ritrovati a combattere insieme sullo stesso fronte.

"Sai, forse dovresti acquistarla quella pozione perdiricordi, potrebbe tornarti utile per affrontare, o dimenticare, la lunga giornata di oggi..." lo prese in giro Vargas.

"Certo, certo, sempre che non mi uccida prima di avermi fatto perdere la memoria". Sottolineò Callisto, per poi passare a camminare alla destra del mago, poiché aveva notato un movimento sospetto.

"Spiacente Arcimago, ma io non bevo intrugli che hanno colori palesemente troppo accesi: di solito si che più un fungo è colorato, più è velenoso... lo stesso vale per questi saltimbanchi... vendono cose che basterebbero, da sole, a stecchire un intero esercito di orchi". 

"Tranquillo stregone, tutto qui è sicuro, se si sa come e cosa comprare..."

Lo rimbeccò Vargas, ridendo, per poi fermarsi di colpo davanti ad una bottega che esponeva un bellissimo bastone magico, il mago quasi trattenne il respiro dall'emozione.

"Come mi piacerebbe possedere quel bastone..." la voce di Vargas era quasi implorante.

"E perché non puoi averlo? Acquistalo e basta. Sei l'Arcimago qui, puoi fare tutto. Anche se non capisco cosa tu te ne possa fare di un bastone magico di legno, vecchio, ritorto e tutto scheggiato. Non ha nemmeno pietre preziose o luminescenze..." Callisto davvero non capiva perché Vargas volesse così tanto un oggetto, all'apparenza, così tanto insignificante.

"Non posso semplicemente comprarlo, Callisto, questo è uno dei bastoni leggendari. Ciò significa che è appartenuto ai primi maghi, "I primitivi", e può essere preso e maneggiato solo se in cambio si da qualcosa di pari valore. Io non possiedo nulla di così grande, da poter anche solo pensare di sfiorare quel bastone..." Vargas sembrava davvero afflitto, come un bambino che abbia visto il suo più grande desiderio apparire e poi svanire in un attimo come una nuvola in primavera.

"Ah, la magia e gli artefatti. Sopravvalutati. Io sono un stregone semplice: vedo il pericolo, penso un incantesimo, uso la magia. Noi non abbiamo bisogno di tutte le vostre complicazioni e i vostri orpelli da maghi"

Callisto indicò con un gesto eloquente, tutti gli oggetti magici che Vargas indossava, e portava con sé, in quanto Arcimago. 

"ci credo che ti servano guardie del corpo, te ne vai in giro così conciato, con tanto oro e magia addosso, che ad ogni passo è come se gridassi: venite, derubatemi!". Sottolineò Callisto.

"Sei uno stregone, non puoi capire... tutto questo fa di un mago, un mago: noi non siamo bestie, non usiamo solo l'istinto per incantare, come fanno certi stregoni".

"Mi stai dando dell'animale mago? Solo perché non ho bisogno di studiare incantesimi e pozioni per usare i miei poteri, non significa che io non ragioni. Sarò anche un animale, ma scommetto che ti fa comodo che io possa scoccare frecce nella giugulare dei tuoi nemici anche a occhi chiusi se serve, giusto?"

Lo stregone, dicendo questo, si piantò in mezzo alla strada, fermando il passo sia a Vargas che alle sue stesse guardie.

"Ma perché te la prendi tanto?" Vargas non capiva il repentino cambio di umore di Callisto.

"Me la prendo perché tu ti metti sempre al di sopra di tutti. Non ti interessa davvero come si sentono gli altri. Per te è sempre una sfida che tu sai di poter vincere" Callisto era davvero strano, Vargas non aveva detto niente di così offensivo eppure lo stregone sembrava essersi offeso a morte.

"Non mi piacciono le sfide... e lo sai" gli ricordò Vargas.

"E allora perché mi tratti sempre come se ti dovessi dimostrare qualcosa? Vuoi sfidarmi?" Domandò Callisto.

"No" rispose Vargas. Ma Callisto continuò, coinvolgendo anche altri che guardavano curiosi quel battibecco.

"C'è qualcuno tra gli illustrissimi maghi qui presenti che vuole sfidare uno stupido stregone? Venite a vedere l'animale arciere che si esibisce per sua eccellenza l'Arcimago..." Callisto parlò forte sovrastando la confusione del paese in festa, per farsi udire.

"Callisto, ti prego, non fare il solito idiota..." Vargas fece un passo avanti con la mano alzata per calmarlo, ma Callisto fu più rapido. Gli afferrò il polso e gli portò la mano in alto, gridando: "Abbiamo trovato uno sfidante! Venite a vedere il vostro illustrissimo Arcimago che mostra la propria superiorità nei confronti dei rozzi stregoni..." lo stregone sorrise, ma era più un ghigno di sfida il suo.

"Callisto... no..." bisbigliò Vargas cercando di uscire da quella difficile situazione, senza dover umiliare lo stregone.

Una delle guardie dell'Arcimago, però, si fece avanti e cogliendo l'occasione per rimarcare il suo profondo disprezzo per lo stregone, proclamò: "Il nostro Arcimago darà una dimostrazione di magia... Lo sfidante sarà lo stregone Logan Callisto.

Fu preparato il cerchio, lo spazio sicuro entro il quale i due si sarebbero misurati.

"Forza mago, dai al tuo pubblico ciò che vuole vedere..." lo incalzò Callisto, già con un barlume di fuoco nella mano. Ormai non aveva più importanza il futile pretesto da cui era partito. 

"Callisto... ti prego, ripensaci" implorò, per l'ultima volta, Vargas all'indirizzo dello stregone.

"No. Io sono solo uno stregone che non ragiona, ricordi? Quindi questa sfida è la dimostrazione perfetta di quanto io sia più animale di te... allora attacca e fammi vedere quanto sono superiori i maghi agli stregoni..."

"Va bene, odio fare questo, lo sai che io non lo penso davvero, che tu sia un animale..." sospirò l'Arcimago prima di lanciare l'incantesimo che aveva già iniziato a recitare a mente.

Callisto scoccò un dardo di fuoco verso il mago, utilizzando il suo arco doppio, il famoso Tamujiin.

Vargas chiuse gli occhi, poi li riaprì:  un bagliore violetto lasciava le sue mani immobili lungo i fianchi, e il tempo rallentò fino a fermarsi, per tutti tranne che per lui.

Tutto fu immobile, persino il dardo di fuoco, che galleggiava ora a mezz'aria tra Vargas e Callisto.

L'Arcimago prese la freccia tra le mani, la spense e la spezzò, mentre tutto intorno restava fermo, lui si muoveva calmo e determinato fissando negli occhi Callisto, con quel suo sguardo così infuriato, e quasi si dispiacque di averlo sconfitto così facilmente.

"Eppure lo sapeva che avrei usato l'incantesimo per fermare il tempo..." disse Vargas tra sé, mentre disegnava con il dito il simbolo della famiglia Vargas sulla nera tunica dello stregone dai capelli bianco azzurri, lasciando un lieve segno luminescente sui suoi abiti.

Il tempo riprese a scorrere come un fiume in piena, non appena Vargas si fu scansato dal viso di Callisto. Lo stregone si ritrovò sbilanciato in avanti, la corda dell'arco ancora calda vibrante e la freccia spezzata ai suoi piedi. Sulla tunica il simbolo di Vargas, segno della sconfitta subita dallo stregone.

"L'Arcimago vince questa sfida, che lo stregone si inchini di fronte al nostro illustrissimo mago, riconoscendogli il rispetto che gli è dovuto". Disse la guardia alla sinistra di Vargas.

Callisto non si mosse, né si inchinò. 

Nei suoi occhi sempre la sfida, ma non la furia, di poco prima, solo un mezzo sorriso beffardo di chi sapeva che sarebbe andata a finire così.

"Inchinati al tuo Signore, stregone!". Ruggì nuovamente la guardia.

Callisto rimase immobile.

Il mago guerriero allora lo spinse a terra, colpendogli le gambe con il bastone che portava con sé, Callisto piombò sulle ginocchia con un tonfo e un leggero lamento. La folla curiosa, attorno a loro, non emise un fiato, restando in attesa.

"Lui non è il mio Signore, i draghi non hanno padroni..." ribadì Callisto alludendo alla sua eredità di sangue draconico.

Vargas lo guardò senza parlare, ma gli fece capire che si sentiva a disagio, Callisto lo aveva messo in una situazione difficile.

La guardia colpì sulla testa Callisto: "China la testa davanti all'Arcimago! E Chiudi la bocca, stupido mezzosangue!".

Callisto a quel punto reagì, nonostante si trovasse prostrato in ginocchio e con la testa dolorante per il colpo ricevuto, fece guizzare dalle mani un rapido incantesimo, che fece incendiare gli abiti della guardia che lo aveva insultato e colpito.

Il mago guerriero fu, per un attimo, sbalordito, poiché Callisto aveva oltrepassato senza nessuna difficoltà il suo scudo protettivo, poi si mise a saltellare e a gridare, agitandosi come fosse stato morso da diversi insetti, mentre l'altro suo compagno spegneva le fiamme sui suoi preziosi abiti da mago, ormai resi stracci inservibili e anneriti. 

Lo stregone rise forte, una risata liberatoria, poi si rialzò lentamente fissando lo sguardo su Simenon Vargas.

"illustrissimo Arcimago, direi che se non avete intenzione di punirmi, o di trattenermi, io possa ritenere congedato, poiché è evidente che non avete bisogno di me, qui, né mi volete..." disse Callisto, alludendo al come, senza sforzo, avesse reso inoffensive le guardie, con la magia, .

"Puoi andare..." disse stancamente Vargas, anche se avrebbe voluto aggiungere molto altro. Non c'era bisogno di tutto questo  pensò il mago.

Quando ti renderai conto mezzorecchie che sono più bravo di te, sarà sempre troppo tardi, mi raccomando, guardati le spalle gli rispose Callisto mentalmente, mentre se ne andava per la strada, fuori da quel baccano, da quelle bancarelle di cui non capiva il senso, lontano dalla boria dei maghi e dalla loro stupida festa.

 

***

La cerimonia finì, e Vargas esausto, congedò tutti i suoi maghi e con essi, anche gran parte della folla, che si era radunata per vedere la benedizione dell'Academia e il rinnovo del giuramento da Arcimago del mezzelfo, si era dispersa.

Era quasi notte, oramai. 

Di Callisto nessuna traccia, Vargas sospirò, quello stregone lo faceva veramente impazzire coi suoi modi discutibili e atteggiamenti sempre sopra le righe, ma il mago doveva anche ammettere a se stesso come Callisto fosse sempre stato leale e diretto con lui, e questo gli piaceva.

Lo stregone, in tutti gli anni della loro lunga conoscenza, non gli aveva mai mentito, o non aveva cercato di ingraziarselo con sotterfugi.

Per anni, anche a causa di Isabeau, si erano odiati apertamente, ma mai in maniera subdola, adesso, però, si trovavano in una situazione di stallo: non erano amici, non erano amanti, e non erano più rivali in amore per la druida.

Cosa erano?

Bastava il sesso, che Vargas spesso lasciava fare a Callisto, bastavano i segni che Vargas gli lasciava sulla pelle, il sapore che si ritrovava addosso, a definire cosa erano l'uno per l'altro?

Vargas scosse la testa, rinunciando a trovare una definizione del loro rapporto. Ripensò, invece, alla sfida del pomeriggio, Vargas aveva capito che Callisto si era fatto battere in quella sorta di duello magico, però non comprendeva il perché.

Callisto Voleva dimostrare che cosa, e a chi? 

Lo stregone era stato umiliato dalle sue guardie del corpo, poi all'ultimo aveva tirato fuori il suo vero io, i suoi artigli da drago.

Perché verso le guardie e non verso di lui?

Vargas era talmente assorto nelle sue meditazioni, che non si accorse di essere tornato verso la piazza principale del paese, e sul sagrato della cattedrale stava Callisto, con gli occhi chiusi, come se dormisse.

"Ehi!" Chiamò il mago "Allora non sei fuggito poi tanto lontano..." 

"Così pare... Avevo una cosa da fare..." rispose laconico lo stregone.

"Posso sedermi?" Chiese Vargas, salendo i gradini per mettersi accanto a Callisto.

"Non hai bisogno di chiedermi il permesso, Vargas. Sei tu la persona importante qui, non io..." 

Al mezzelfo non sfuggì la punta di gelosia nella voce di Callisto.

"Dai! Sei ancora adirato per prima?" Vargas lo colpì piano con la mano.

"No" 

"E allora cosa c'è? Sei arrabbiato con me, per il duello? Sai che io non lo volevo fare..." cercò di giustificarsi Vargas.

"No, Vargas. Tu non capisci... Lascia perdere" tagliò corto lo stregone, evitando di guardare il mezzelfo.

"Spiegamelo allora... te lo ordina il tuo Signore" Vargas usò volutamente quella formula per prendersi gioco dei toni altisonanti che avevano usato gli altri maghi per definire Vargas di fronte allo stregone, qualche ora prima.

"Io non sarò mai alla tua altezza..." sputò fuori Callisto.

"In effetti sono, e sarò sempre, più alto di te.... prenditela con mio padre che mi ha donato la sua statura, ma non i suoi muscoli, purtroppo..." Vargas rise, ma notando che Callisto restava scuro in volto, si fece di nuovo serio.

"Scusami... seriamente, quello che voglio dire è che non deve esserci una gara. Noi siamo diversi. Lo saremo sempre. E va bene così. O no?" 

Vargas fissò il profilo di Callisto, cercando di decifrarne lo sguardo, sotto la luce pallida della luna e delle torce accese.

"La questione non è su ciò che sono io, o su quello che sei tu. Il problema è che tu non mi vedrai mai come un tuo pari... come Qualcuno al tuo livello. Io sono quello che lancia frecce, incantesimi, Callisto: la testa calda che agisce a caso. A caso, secondo il mio capriccio..."

Callisto si agitò sui gradini, tirando fuori dalla propria faretra un involto.

"Non sono un cazzone, non sono solo uno stregone folle, mi importa della tua opinione, ma ogni volta che ti guardo vedo quella stupida aria di superiorità, o peggio rassegnazione sul tuo viso e non la posso sopportare. Vorrei solo strappartela dalla faccia, ma poi mi ricordo chi sono, e chi sono stato, e penso che hai ragione tu..."

Lo stregone mise l'involto sulle gambe di Vargas.

"Tu sei l'Arcimago, io sono solo lo stregone mezzosangue..."

"Callisto, sei ubriaco? Cosa dici? E cosa è questo?" Domandò Vargas, indeciso se infuriarsi o essere in imbarazzo per quelle parole e ciò che stava tra le righe, tutto il non detto che Callisto era abilissimo a nascondere.

"No, non sono ubriaco. Vedi? Non mi prendi mai sul serio, nemmeno quando cerco di dirti che di te mi importa. Sei proprio un mago!". 

Callisto sbuffò e fece per andarsene, ma Vargas fu più veloce e lo fermò con uno scatto. 

"Aspetta". La mano del mago afferrò il braccio dello stregone tenendolo stretto, ma nel fermarlo, l'involto, di cui nella discussione si era scordato, gli cadde dalle ginocchia e rovinò sui gradini della chiesa, scoprendone il contenuto.

"L'hai rubato!" Proseguì Vargas con voce tremante rendendosi conto di stringere fra le mani il "bastone leggendario" che aveva visto esposto poche ore prima.

"Adesso pensi pure che io sia un ladro? Incredibile... tu sei incredibile!" Gridò Callisto "L'ho regolarmente scambiato, se vuoi saperlo ed è un regalo per te, idiota!" Lo stregone scese i gradini, piuttosto arrabbiato e avrebbe voluto prendere a pugni qualcosa, o qualcuno, peccato che l'unica persona presente in quella piazza fosse proprio Vargas, e Callisto non aveva nessuna voglia di sporcarsi le mani con il sangue di quel mago.

"Perché? Perché mi hai regalato una cosa così preziosa? Non oso nemmeno immaginare cosa tu abbia dovuto dare in cambio per averlo, ma poi, io non me lo merito. Proprio no..." sottolineò Vargas cercando di restituire il bastone a Callisto.

"Per lo stesso motivo di prima. Mi interessa di te e della tua opinione su di me..." ribadì Callisto, un poco più calmo.

"Lo sai che un dono così può essere equivocato? Non è esattamente un regalo che fai ad un amico, o a qualcuno a cui non tieni..." Vargas lo disse senza rendersi subito conto delle implicazioni delle sue stesse parole.

"Sei un po' lento a capire, vero mago? E da un po' che sto cercando di dirti qualcosa. Forse, però, le parole non bastano..." disse Callisto, e poi lo baciò sulla bocca.

Vargas rimase sorpreso e frastornato e, prima che potesse ricambiare il bacio a dovere, Callisto si staccò da lui, ancora con quel mezzo sorriso sulla faccia, anche se aveva gli occhi tristi.

"Tu sei importante per me, e volevo fare qualcosa di importante per te, visto che come guardia del corpo non sono un granché..." Callisto lo disse con gli occhi lucidi, o forse era la luce delle torce che li faceva apparire così. Tutta la spavalderia che spesso mostrava in pubblico, come una corazza, spesso verso Vargas, adesso era sparita.

"Grazie, ma non c'era bisogno di farmi nessun regalo, non certo uno come questo..." Vargas era davvero in imbarazzo per quel gesto, che non sapeva come ricambiare.

"Per me è solo un vecchio bastone scheggiato e pure brutto, ma se per te significa qualcosa, allora sono felice di averlo barattato. Sai che io di cose magiche non mi intendo granché. Preferisco occuparmi di archi, legni, frecce, corde e spade".

"Non è vero. Tu sapevi quanto valeva il bastone... dimmi cosa hai dato in cambio..." lo pungolò Vargas.

"Dammi un altro bacio e forse te lo dirò mago..." lo stregone sorrise. Era sempre stato bravo a mercanteggiare. Doveva tutto al suo carisma da mezzo drago. Ma con Vargas era impresa ardua. 

Convincere il mago a lasciarsi andare richiedeva una forte dose di pazienza e perseveranza.

"Non mi dirai che hai fatto tutto questo per un mio bacio? Va bene che sono l'Arcimago, ma non sono poi così bravo in queste cose..." Vargas lo guardò, in attesa, gli angoli della bocca piegati in un lieve sorriso, anche se un po' si vergognava.

"No, non certo solo per un bacio, speravo in qualcosa di più, ovviamente..." ribadì Callisto con quell'aria da mascalzone e strappacuori.

"Beh allora puoi riprenderti il bastone..." Disse Vargas a denti stretti.

Callisto sgranò gli occhi, quasi rimanendoci male, poi, però, si accorse del luccichio nello sguardo di Vargas, lo stesso sguardo che gli aveva già visto fare, prima di passare la notte con lui, tra lenzuola sfatte e grida trattenute.

"Non ti serve un bastone magico per convincermi a baciarti..." disse Vargas prendendo il volto di Callisto fra le mani e baciandolo, come solo il mago sapeva fare. 

Si cercarono e sfidarono con le labbra, con la bocca, con la lingua, con i denti, con la mente, con le mani, e con i respiri.

"Non mi farei guardare le spalle da nessun altro. Lee naa curucuar"

Pensò Vargas, e Callisto gli rispose di getto, più rapido del pensiero: "Amina naa tualle.

La brina salendo dal terreno li avvolse, come una coperta, e quando si dissolse per l'arrivo di un vento freddo, lasciò dietro di sé solo una leggera scia di magia.

Vargas e Callisto non avevano avuto bisogno di parlare, si erano teletrasportati nelle stanze dell'Arcimago e lì avevano atteso l'aurora, pelle contro pelle, si erano scambiati carezze morbide e graffi profondi, grida e sussurri, abbracci lenti e battiti veloci.

L'arco senza la sua corda, e il bastone leggendario erano stati appoggiati di fretta, alla parete della grande stanza dell'Arcimago, e ora se ne stavano uno vicino all'altro, tanto potenti, quanto diversi fra loro. Eppure la loro anima di legno fremeva e languiva nello stesso modo, oggetti inanimati eppure vitali, in attesa di essere di nuovo impugnati l'indomani dalle mani affusolate di un mago e da quelle forti e misurate di uno stregone. Quelle stesse mani che ora stavano intrecciate l'una nell'altra, stringendosi per sciogliersi, come un tempo erano state le parti dello stesso legno usato per dar forma all'arco di Callisto e al bastone antico  di Vargas.

 

***

 

Note dell'autrice: ehm... doveva essere breve... doveva essere una piccola One shot comica, e invece come sempre i miei due ragazzacci fanno un po' come gli pare e finiscono sempre o a litigare o tra le lenzuola... 

 

Buona lettura!

A presto

Ladyhawke83

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Capitolo 4
*** “Dimmi che mi odi” ***


Questa storia partecipa alla challenge “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook @~Prompts are the way 

 

PROMPT 29/06/23

 

Pochi secondi dopo essere venutx (durante un rapporto sessuale), B si fa scappare un 'Ti amo' nei confronti di A.

 

 

Dimmi che mi odi

 

 

Gli aveva detto che lo amava, gli era venuto dentro e gli aveva detto: “Ti amo Simenon”. 

Aveva usato il suo nome di battesimo, non il nome della sua famiglia, non “Vargas”, non “mago”, non “mezzorecchie”: lo aveva guardato negli occhi, con quelle sue iridi nocciola, le sfumature dorate dei draghi che gli illuminavano lo sguardo e che Vargas poteva vedergli solo nei momenti di liquido e vero piacere, e glielo aveva detto. 

Era vero. Dolorosamente vero. Non lo stava prendendo in giro, no, non c’era stata una sola esitazione, anzi, il suo cuore aveva palpitato più forte nel dirlo e Vargas lo aveva sentito.

Lo aveva chiamato per nome, non lo faceva mai, era il modo di Callisto di fargli capire quanto si sentisse legato a lui. Quanto lui gli appartenesse, volente o nolente.

Quante volte avevano fatto sesso? Una decina forse, e in nessuna delle altre volte, lo stregone si era mai spinto molto in là con le parole e i sentimenti, a differenza delle battute, che non mancavano mai. Nel sesso e nell’amplesso, spesso si punzecchiavano entrambi, si prendevano in giro per stemperare la tensione e l’imbarazzo che vivevano in quegli attimi di desiderio e carnalità. 

Erano pur sempre un mago e uno stregone, due uomini, eterni rivali in amore da sempre, che ora si scambiavano baci di fuoco, graffi e amplessi e si dicevano e si facevano cose come mai prima.

Vargas ci aveva messo un po’ ad accettare tutta quella storia. 

In fondo la loro “prima volta” era stata quasi una violenza che lui, ubriaco, e affranto per la morte di Isabeau, la loro amata Isabeau, aveva subìto da Callisto, che era stato altrettanto ubriaco e forse più disperato di lui.

Non gliene faceva una colpa, ma ne era rimasto per molto tempo sconvolto, Callisto si era scusato, ma Vargas non era riuscito per molto a togliersi da dosso la sensazione di lui che “andava oltre” e non avrebbe dovuto passare il confine.

Però aveva lasciato fare, Vargas, quella volta avrebbe potuto scagliarlo lontano, con un incantesimo, difendersi, ma non lo aveva fatto, lo sapeva Vargas e lo sapeva Callisto. 

Come era riuscito a leggergli dentro? Come era riuscito a fargli così male solo guardandolo? 

Lo aveva baciato, toccato, penetrato, era stato piuttosto violento e fisico, ma mai Vargas aveva visto scherno nei suoi occhi, solo dolore, il suo stesso probabilmente.

Quello sguardo, quello sguardo che aveva Callisto ogni volta che facevano sesso: c’era qualcosa di profondo, luminoso, bellissimo in quel suo sguardo.

Portava dietro le ciglia una dolcezza, una timidezza, un’incertezza che sembrava non appartenergli, pur essendo la sua scheggia più vera. Callisto aveva, un istante prima di possederlo, prima del sesso, prima che tutto tra loro fosse solo istinto e possesso, un istante in cui lo guardava in quel modo, come a voler dire: “Sei tutto per me. Non mandarmi via. Non rifiutarmi”.

Vargas scosse la testa, no, lo stregone non poteva amarlo davvero, doveva essere un brutto scherzo del destino, il mago si chiese da quando il Re Drago aveva iniziato a guardarlo così?

Non lo sapeva Vargas. Non lo sapeva e ora aveva paura.

Paura, perché forse il sesso con lui lo poteva pure sopportare, accettare, ma che Callisto fosse innamorato proprio di lui, quello no, quello cambiava tutto.

Amare era una cosa grande. 

L’amore andava meritato. 

L’amore richiedeva presenza, fiducia, devozione, anche sacrificio.

Vargas aveva amato profondamente, totalmente, Isabeau. 

L’aveva amata a tal punto da sacrificare ogni cosa per lei, persino se stesso.

E Callisto? Anche lui aveva amato Isabeau nello stesso modo, Vargas ne era certo, glielo avevo letto più volte nell’anima, prima che nello sguardo e nel cuore.

Entrambi avevano avuto un figlio da lei. 

Nak’ell per Vargas e Airis per Callisto.

Ma lo stregone poteva arrivare ad amare in modo così profondo, e pieno, anche lui? 

Potevano loro due amarsi così, senza che sembrasse una pallida imitazione dell’amore vero, una parodia di sentimento?

Vargas non lo sapeva. 

Non era più certo di nulla. 

Sapeva solo che Callisto aveva continuato a cercarlo, a volerlo nudo, caldo e arrendevole tra le lenzuola, nonostante Isabeau fosse ritornata da loro. La druida erano stata riportata in vita da coloro che loro due avrebbero dovuto sconfiggere.

Perché se Isabeau era ancora viva e Callisto la amava, allora lo stregone non era con lei, perché era da lui che andava la notte? 

Perché erano le sue braccia quelle che cercava, quelle tra cui si accucciava Callisto per scacciare gli incubi, di notte, quando erano soli, intrecciava le sue dita con le sue e gli respirava contro, e dentro, tutta la sua forza.

E Vargas aveva imparato ad accogliere. 

Ad accoglierlo. 

Non era stato semplice. 

Il Re drago lo possedeva non sempre con delicatezza, ma poi si scusava per essere andato troppo oltre, per avergli lasciato certi segni... Vargas avrebbe voluto non lo facesse, che non lo facesse affatto, lui non era fragile, non aveva bisogno di scuse. 

Facevano sesso in maniera molto fisica e diretta, senza fronzoli e andava bene così, a entrambi. Almeno fino a quell’amplesso, a quel “ti amo Simenon”, sfuggito dalla bocca di Callisto, come il più grande dei segreti, il suo peccato inconfessabile. La sua verità nascosta dietro i morsi, i baci e le spinte.

 

***

 

Vargas si sollevò a sedere, era di nuovo solo in quel grande giaciglio che era destinato solo al Re Drago, e che ora era testimone silenzioso dei loro sogni, dei loro incubi, del loro odore, dei loro gemiti soffocati contro le lenzuola.

Si toccò il collo, vicino alla spalla, dove lo aveva baciato, quasi morso, Callisto. 

Ebbe un brivido, di piacere, al ricordo.

Incredibile come il suo corpo avesse imparato, in poco tempo, a riconoscere il tocco di Callisto, trarne piacere, oltre il dolore, a desiderarne ancora e a ricordare ogni carezza con eccitazione.

Ma quello era sesso, piacevole, strano, inconsueto, ma pur sempre solo sesso.

L’amore era un’altra cosa.

L’amore era quel legame che ti faceva sentire l’assenza della persona amata come dolorosa e la presenza come l’unica che che conta.

Amore voleva dire essere felice se l’altro lo era, voleva dire proteggere, pensare al benessere dell’altra persona,  voleva dire mettere l’altro prima di se stessi. Dare, senza per forza ricevere…

“Oh merda!” Imprecò tra sé Vargas, rendendosi conto all’improvviso che tutte quelle cose Callisto le aveva già fatte per lui, nei mesi passati, per lui, non per Isabeau, non per qualcun altro, per lui.

E lui? Cosa diavolo aveva fatto? Come aveva reagito a quelle tre parole dette pochi giorni prima?

Vargas non riusciva a ricordare, talmente era rimasto sconvolto da quella affermazione, forse lo aveva solo rimproverato per aver usato il suo nome con tanta confidenza, forse gli aveva detto qualcosa come: “ho bisogno di te”, ma certo non era lo stesso che rispondere “ti amo anche io”.

Vargas non era sicuro di provare un sentimento così per lo stregone.

Un altro brivido di eccitazione lo percorse al ricordo del corpo di Callisto che si muoveva sul suo facendolo gemere ad ogni affondo.

Lo stregone sapeva come dargli piacere, non c’erano dubbi su questo. Se il sesso tra loro era ancora, di tanto in tanto, doloroso, per Vargas, era perché alla fine lo volevano così entrambi; il loro era una sorta di gioco delle parti, in cui si stuzzicavano, si misuravano, si soppesavano.

Erano pur sempre un mago e uno stregone, rivali da sempre, nella magia, come nella vita, e il sesso tra loro assomigliava più ad un’arena che non a un focolare. 

D’Improvviso a Vargas venne in mente una frase di Callisto: “Liberarti da quella zucca è stata la decisione migliore che potessi prendere...” In quel momento, a ripesarci, Vargas provò vergogna di se stesso. 

Lui non si meritava quella possibilità, non si meritava il calore di un nuovo amore, eppure Callisto sembrava aver deciso per entrambi.

Perché lo aveva salvato? Perché dopo che il “sospiro nero” lo aveva pugnalato al cuore, Callisto aveva salvato la sua anima e i suoi ricordi imprigionandoli in una zucca magica, in attesa di poterlo riportare in vita?

Quanto gli era costato? Cosa aveva dato Callisto in cambio della possibilità che lui vivesse di nuovo, un secolo dopo?

Non glielo aveva mai chiesto. Non lo aveva mai ringraziato, si era solo limitato a lamentarsi, ad accusarlo e ad odiarlo.

Lo odiava poi?

Sulle labbra aveva ancora il sapore dei suoi baci, il formicolio della pressione della bocca sulla sua, il ricordo vivido della lingua di Callisto contro i suoi denti… Vargas espirò e gemette, era eccitato.

Iniziò a toccarsi senza quasi rendersene conto, non era la prima volta che si masturbava, era una cosa normale dopotutto. Naturale, come mangiare, respirare, dormire, nient’altro che espressione di un bisogno del corpo.

Era la prima volta però che si toccava pensando ad un uomo, ad uno stregone, a Callisto.

La mano sinistra sfregava sull’asta veloce, i respiri del mezzelfo si fecero rapidi e concitati, il calore aumentava nel corpo, così come la pressione che sapientemente Vargas esercitava con la sua stessa mano, muovendosi si e giù sul suo membro.

Era praticamente nudo, ad eccezione delle braghe, degli anelli e della collana che indossava sempre, senza toglierli mai.

Il metallo freddo che decorava le sue dita faceva un leggero e piacevole attrito sulla pelle tesa e dolente, mentre la mano si muoveva.

“Credimi Vargas, di te si può dire tutto, meno che tu sia una persona fredda e distaccata. Diciamo che sai fingere di esserlo molto bene, ma chi ti conosce, sa che non è così..”

Ecco un’altra incursione delle parole di Callisto nella mente di Vargas, proprio mentre si stava masturbando gli tornò alla mente quella frase dello stregone.

Gemette più forte, l’orgasmo non era lontano.

Vargas era abituato a tenere tutti lontani, aveva dovuto costruirsi una fortezza interiore per non essere ferito, per non soffrire più. Il suo cuore era stato spezzato quando gli avevano trucidato la famiglia, quando aveva perso Agata, quando aveva dovuto mettere fine alla vita di Isabeau… non poteva permettersi di far avvicinare nessuno alla parte più scoperta di sé.

“Ehi mezzorecchie… perché piangi? Ci sono io, ti prenderò sempre lasciati cadere…”.

Vargas era talmente preso dai pensieri e dal piacere meccanico che si stava dando, che non si accorse di stare piangendo e che quella che aveva sentito, non era una frase che ricordava, nella mente, ma l’aveva davvero udita. Callisto l’aveva detta in quel momento. Callisto era lì, nella stanza, con lui. Gli si era avvicinato infilando le braccia da dietro, facendole passare sotto le sue. La sua mano sopra quella del mezzelfo che si stava ancora accarezzando, andò ad intrecciarsi alle dita del mago.

Vargas emise un verso di piacere, liberatorio, ma anche imbarazzato. 

“Mi piace guardarti mentre vieni… ” aveva detto Callisto nel suo orecchio, abbracciandolo da dietro, mentre il seme di Vargas zampillava sporcando le dita di entrambi.

“Sta’ zitto, sono già abbastanza in imbarazzo così”. Disse Vargas mentre si asciugava le lacrime dal viso, con la mano libera, lasciando in bella mostra tutto il resto del suo corpo accaldato e teso.

“Non ho mai visto nessuno masturbarsi e piangere insieme… Stai bene?” Chiese Callisto sciogliendo l’abbraccio, girando attorno al giaciglio per metterglisi di fronte.

Ancora quello sguardo, quel nocciola e oro, quel sentimento così evidente…

Lo stregone gli sfregò il pollice sul viso per asciugare una lacrima, spostandogli una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio appuntito.

“No, non sto bene, stregone! Non sto bene affatto!”. Le parole furono più dure di quel che Vargas avrebbe voluto.

“Mi hai sorpreso mentre mi masturbavo e piangevo, come potrebbe andare bene?” 

“Immagino di aver fatto di nuovo qualcosa di sbagliato… Finisce sempre che ti faccio incazzare, o piangere, beh sì, anche venire, anche se stavolta hai fatto tutto da solo…”. Cercò di sdrammatizzare Callisto. 

Vargas non lo guardava, non poteva, non se lui aveva quegli occhi che gridavano “ti prego amami, non respingermi…”.

“Non hai fatto nulla Callisto! A parte piombare qui e mettermi in imbarazzo. Mi vergogno

come una biscia…”. Si vergognava sì, ma non per l’orgasmo appena avuto davanti alla stregone. Si vergognava di quello che non riusciva a capire. Quello che avrebbe voluto gridargli in realtà era:“perché cazzo hai detto di amarmi?”, invece ripetè solo un: “davvero stregone, va tutto bene… andrà bene”.

“No, Vargas. Non va tutto bene!” Ti conosco abbastanza da sapere che sei sconvolto. Dimmi cosa ho fatto, ti prego…” e su quel “ti prego” il muro di Vargas si sgretolò.

Ma non poteva affrontare quel discorso in quel momento, non voleva.

“Adesso basta,baciami” gli ordinò Vargas e Callisto lo fece, senza scomporsi, senza domandare perché. Lo fece perché glielo aveva chiesto Vargas, lo fece perché lo voleva.

Dio, se lo fece… E fu dolce, intenso, e perfetto, lui sapeva di cuoio, menta e ghiaccio.

“Toccami” disse il mago e lo stregone obbedì. Le mani scesero dal viso al collo, fino si pettorali, ai capezzoli che Callisto pizzicò piano, facendolo ansimare di piacere, vibrante e ormai famigliare tra loro. Fece scorrere le dita sull’addome del mezzelfo, sui muscoli contratti nello sforzo di tenerlo seduto sul giaciglio, fino ai fianchi che strinse in un gesto lieve di possesso.

“Leccami” continuò Vargas e Callisto fece come aveva chiesto senza battere ciglio, senza una parola, una protesta. 

Il Re obbediva al suo mago.

Con la bocca circondò il membro di Vargas, che nel frattempo era ritornato duro e teso, dopo quel primo orgasmo in solitaria.

Lo leccò e succhiò come sapeva sarebbe piaciuto al mezzelfo, mentre Vargas gli teneva le mani sulla testa, le sue dita ingioiellate a stringere le ciocche bianco azzurre del Re.

Vargas chiuse gli occhi e spalancò la bocca in un mezzo grido di piacere, Callisto assaporò il seme e l’odore del mago, poi si tirò su, un mezzo sorriso sulle labbra soddisfatte. Salì sul letto con il ginocchio, facendo scricchiolare tutta la struttura in legno.

“Dimmi che mi odi.” Lo sfidò ancora Vargas.

Stavolta Callisto rispose.

“Non posso dirti che ti odio, quando ho ancora il tuo sapore nella bocca”.

“Dimmi che mi odi…” continuò Vargas, prendendogli la tunica con la mano e strattonandolo.

“Non posso dirti che ti odio se sei nudo, sudato e appagato sul mio letto…” gli fece notare stregone.

“Dimmi che mi odi!” Gridò Vargas, un ordine il suo.

“Non posso dirti che ti odio, se raccolgo le tue lacrime sulle mie dita” e dicendo questo Callisto gli si avvicinò al viso, costringendo Vargas a guardarlo negli occhi.

Quegli occhi. 

Nocciola, oro.

Stanchezza, dolore. 

Fiducia, amicizia. 

Devozione, desiderio.

E qualcos’altro che Vargas non riusciva a vedere, non voleva vedere.

“Ti amo Simenon, non importa se tu non mi ami. Mi sono innamorato di te, hai capito mago? Se non mi vuoi, dillo e non ti assillerò più. Però devi dirmelo, perché io non so leggere dentro di te, come tu sai fare con me… ”.

Vargas taceva, un groppo in gola e l’istinto di fuggire il più lontano possibile da lui.

“Parla Vargas, ti prego…” lo implorò Callisto.

“Rifaresti tutto?” Gli chiese Vargas invece di rispondergli.

Non si riferiva solo al piacere sessuale di poco prima, ma a tutte le scelte dello stregone, le scelte che Callisto aveva compiuto nei secoli e che li avevano portati in quel tempo, in quel letto, con i loro odori e umori mischiati, con i cuori confusi.

“Sì. Tutto, tranne vederti morire, quello no, non lo vorrei rivivere”. Ammise Callisto, riferendosi a quando Vargas era stato pugnalato davanti ai suoi occhi, mentre lo stregone giaceva a pochi passi incatenato e reso innocuo dagli scagnozzi del druido rinnegato Rymsis.

“È stato doloroso vederti morire,  Vargas, più doloroso di qualsiasi altra cosa, al pari solo della morte di mia moglie Nephele prima, e di Isabeau poi. Mi sembrava di avertelo già detto questo…” 

Callisto ora evitava lo sguardo di Vargas, sembrava arrabbiato, deluso persino.

“Ti ho fatto una domanda prima, Simenon, vorrei una risposta adesso…”. Di nuovo lo aveva chiamato per nome, ma stavolta non c’era traccia di incertezza, ma solo di rabbia e indignazione.

“Callisto… io…” tentennò, non sapeva cosa dire.

“Ho capito, non serve che aggiungi altro…” lo interruppe Callisto allontanandosi dal giaciglio.

“Ma non ho ancora risposto…” Vargas spalancò i grandi occhi bruni confuso.

“Lo hai appena fatto, Vargas”. Sottolineò Callisto.

“Sei la persona migliore che potessi decidere di salvare. Lo rifarei ad occhi chiusi, anche se mi è costato tanto riportarti indietro. Mi dispiace per tutto, non avrei dovuto forzarti nel sesso, come in tutto il resto.” Ammise Callisto, in procinto di lasciarlo da solo di nuovo, stavolta definitivamente.

Vargas fu preso dal panico, un autentico terrore di perderlo, di perdere Callisto e il suo sorriso. 

Il cuore accelerò all’impazzata e fu in quell’istante che capì una cosa molto importante.

“Se continuerai, non ti perdonerò mai…”.

“Se mi fermassi ora, non mi perdoneresti comunque, dico bene?”.

Si ricordò quelle frasi scambiate quella loro prima volta, prima che Callisto lo aveva preso con forza, per la prima volta. 

Vargas lo aveva perdonato, e non solo. 

“Resta con me”. Disse il mago. “Lo sai, non sono molto bravo con queste cose. Non so bene cosa provo, ma non voglio che tu te ne vada.” Ammise Vargas.

Callisto tornò sui suoi passi, lo baciò e Vargas sentì il proprio sapore sulle sue labbra.

“È più di quello che speravo...” gli sorrise lo stregone, facendolo sdraiare sotto di lui.

Vargas ricambiò il sorriso e per la prima volta sentì una vibrazione nel cuore, proprio là dove stava la sua fortezza inaccessibile, c’era una piccola crepa, un filo luminoso. E questo raggio luminoso, caldo e confortante aveva i colori nocciola e oro di Callisto.

 

***

 

Note dell’autrice: eccomi con un altro prompt, su questi due. Ho appena finito il primo volume della saga di Green Creek “Wolfsong” di T.J. Klune. Chi lo ha letto non faticherà a trovarne tracce in questa storia…

So che ho già scritto tutto su di loro, di tutto e di più, ma spero che possa comunque emozionarvi un’altra sfumatura del loro complicato rapporto.

Vargas e Callisto non sono una coppia come tutte, hanno un passato burrascoso, molti scheletri nell’armadio e difficoltà a parlare di sentimenti.

Ad ogni modo spero vi piaccia anche questo pezzettino di loro. <3

A presto!

Ladyhawke83 

 

 

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Capitolo 5
*** “È solo questione di tempo…” ***


Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”

Prompt: 8 ottobre/ Nero

 

*** 

Questa storia partecipa alla challenge “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook Prompts are the way

PROMPT 05/08/23 “Un personaggio ha una brutta incomprensione con la persona che ama.

Scappa via senza sapere dove va, quasi la sua coscienza non fosse del tutto presente.

Quando torna un poco in sé, è seduto/a ai piedi di un albero in un paesaggio innevato e freddo e non sa assolutamente dove si trovi.”

 

 

“È solo questione di tempo…”

 

Vargas camminava spedito, spinto dalla rabbia che gli ribolliva in corpo, quella stessa rabbia che non aveva sfogato su Callisto e adesso sembrava voler incendiare ogni suo passo lento sulla neve.

Se quell’emozione avesse avuto forma e sostanza, sicuramente avrebbe sciolto all’istante ogni strato di quel manto nevoso, che lambiva le onde del mare, facendo ritornare l’estate sulla costa.

“Stupido idiota e cazzone!” Disse tra sé Vargas, e le sue parole, anzi, le imprecazioni che stava rivolgendo a Callisto si trasformarono istantaneamente nuvole di vapore e brina.

“Come si permette di dirmi che non capisco! Certo che capisco, non sono mica nato ieri…” continuò a borbottare tra sé il mago, camminando senza una meta precisa, senza nemmeno guardare il nero stellato del cielo che si rifletteva sul nero schiumato del mare, ne sentiva solo l’odore salmastro e il rumore confortante delle onde.

I pensieri e i ricordi del loro litigio tornarono prepotenti nella sua mente, trasportando la sua coscienza lontano, mentre i piedi continuavano a camminare, incuranti del dove, e del come.

 

***

 

“Tu non capisci Vargas, anzi, ti rifiuti di capire che è diverso!” Callisto era fuori di sé, ma Vargas era irremovibile.

“Io capisco, ma non mi importa se è pericolo. Io lo devo fare, per me stesso, e per i miei figli che sono dispersi chissà dove e chissà quando…”. Ribadì Vargas con voce ancora più forte.

“Quindi mi stai dicendo che non ti importa se muori nel tentativo di trovarli, o se la tua anima rimarrà intrappolata o dispersa in qualche piano astrale?” Gli domandò nuovamente Callisto, esasperato.

“Esattamente, stregone. Non mi interessa il rischio, perché loro sono più importanti per me… e poi non è la prima volta che muoio, o che mi perdo, e qualcuno mi riporta indietro…” gli ricordò il mago, alludendo alla zucca magica e all’incantesimo di Callisto che lo aveva salvato, mentre il suo corpo moriva, pugnalato da Isabeau, mettendo la sua anima al sicuro, per poi rievocarla nel futuro.

“Sei uno stronzo! E non pensi a me? A tutto questo? A cosa ho sacrificato io, per riportarti in vita?” Callisto si sentiva patetico nel dirlo, ma era pur sempre la verità. Lo stregone aveva pagato un prezzo altissimo per riportare in vita Simenon Vargas, lui con il suo corpo e la sua anima integri e intatti. Ma questo il mezzelfo non lo sapeva.

“Nessuno te lo ha chiesto -stregone- e, comunque, nemmeno per me è stato facile tornare, trovarmi in un futuro che non è il mio, senza lei… e incastrato con te…”. Vargas non osava guardare il Re Drago negli occhi, e si limitava a fissare le mattonelle bianche e nere della pavimentazione.

“Ah, e quindi tutto quello che c’è stato negli ultimi mesi tra noi, per te è solo un impiccio di cui avresti fatto volentieri a meno? Dimmi eh, sono uno stupido inconveniente per te?”. Gli gridava addosso Callisto, senza però avvicinarsi, nonostante l’istinto fosse quello di scuoterlo, o peggio.

“Non ho mai detto questo, ma tu non puoi impedirmi di andare”. Gli aveva ricordato Vargas.

“E allora vai! Stupido mago testardo, vai a farti ammazzare, imprigionare, maledire e non so che altro, ma io stavolta non ci sarò a salvarti il culo!”. 

Callisto gli aveva indicato la porta e lui si era girato e allontanato a grandi passi, senza aggiungere una sola parola.

 

 

***

 

Quando Vargas tornò in sé si accorse di non sapere dove si trovasse, né per quanto avesse camminato.

Sotto ai suoi stivali, la neve, ma davanti a sé un albero, maestoso, con le fronde innevate e la corteccia contorta, un albero antico, eppure vagamente famigliare. Ora il mare lo aveva alle spalle e ne sentiva la risacca, alzò gli occhi verso il cielo e lo percepì ancor più scuro, quasi nero: doveva essere notte fonda, ormai.

Delle voci in lontananza attirarono lo sguardo del mezzelfo e fu in quel momento che si accorse che non solo non sapeva dove si trovasse, ma ora nemmeno quando.

Il castello della famiglia Vargas svettava integro e imponente sulla collina, a strapiombo sul mare, e l’albero, ora lo riconosceva, era quello su cui lui si era arrampicato, e nascosto spesso, nei cinque anni che aveva vissuto lì, gli unici anni spensierati da bambino.

Simenon! Simenon dove sei?” Quella era la voce di suo padre, Vargas ebbe l’istinto di andargli incontro, ma si trattenne, se era davvero nel passato, e non era un sogno, non avrebbe dovuto interferire, anche se in realtà lo aveva già fatto più volte.

Vargas non avrebbe avuto il coraggio di vedere suo padre, ancor vivo, per poi lasciarlo andare di nuovo, sapendo che di lì a poco tempo sarebbe morto.

Shhhh! Non dire nulla. Se mi trova sono fritto!…”.

La voce sussurrata proveniva dall’albero, più precisamente da uno dei rami più alti, sopra la testa di Vargas.

Il mago alzò lo sguardo, in cerca della fonte di quella vocina, ma tutto quello che poté scorgere fu solo l’argento delle foglie e il manto scuro della notte.

“Scendi di lì o ti farai male…” Gli gridò Vargas, sorridendo poiché sapeva bene cosa voleva dire ruzzolare giù da quell’albero, era stato lui stesso appollaiato tra quei rami, secoli prima.

“Io giù non scendo, sono arrabbiato e ho paura!” Rispose la voce del bambino da su, mentre il lontananza si sentiva il padre che lo chiamava.

“Credimi ti capisco. La tua famiglia è solo preoccupata per te, non ti odiano, credimi, io lo so”. Vargas cercò di essere il più convincente possibile, ma sapeva quanto quel bambino, che non era altro che lui stesso, fosse diffidente.

“Tutti mi odiano, io sono diverso, e non mi ameranno mai. Sono solo un problema…” disse il bambino.

“Non è vero… ti amano e ti ameranno…” 

Un forte boato interruppe lo scambio tra i due Vargas, il giovane e il mago, entrambi all’unisono voltarono lo sguardo verso il mare, dove stava precipitando una stella, un meteorite, o qualcosa di simile.

Peccato che non fosse un astro a precipitare giù dal cielo nelle onde del mare, ma il povero Callisto apparso, grazie alla pietra del Viaggiatore, nello stesso tempo di Vargas, ma nel luogo sbagliato.

Vargas provò l’istinto di aiutarlo, non sapeva nuotare, ma poteva usare la magia, e con le mani stava già evocando un incantesimo di protezione, quando qualcuno più vicino alla spiaggia entrò in azione, salvando lo stregone dall’impatto con l’acqua e da un possibile annegamento.

Joseph Vargas, suo padre, aveva salvato Callisto… Non sapeva come definire il rapporto che lui aveva con lo stregone: compagno, amico, amante?

Il mezzelfo rimase nascosto accanto al grande albero, e fu comunque sollevato che suo padre avesse aiutato Callisto, ma non credeva sarebbe filato tutto liscio, e comunque si sentiva ancora arrabbiato con lo stregone.

“Chi sei, straniero?” Chiese duramente suo padre Joseph, mentre aiutava Callisto ad uscire dall’acqua.

“Sono uno stregone, mi chiamo Callisto, vengo senza cattive intenzioni, cerco una persona…” lo stregone aveva il fiatone, ma si bloccò quando vide la somiglianza tra il suo soccorritore e Simenon Vargas, il mezzelfo che aveva imparato a conoscere così tanto bene.

“La pietra che avete al collo manda strani bagliori, e siete caduto dal cielo… siete sicuro che la persona che cercate sia qui?” Chiese Joseph giustamente dissidente, e preoccupato per suo figlio che ancora non riusciva a trovare.

“Sono sicurissimo, e ora che vi vedo lo sono ancora di più…”. Callisto toccò la pietra del Viaggiatore ed essa riverberò con un leggero bagliore indicando il vecchio albero ad alcune decine di passi di distanza.

“Io sono Joseph, Joseph Vargas, non so chi cercate, ma sappiate che qui c’è solo il castello della mia famiglia, e beh, mio figlio minore nascosto da qualche parte…”.

“Credo che allora la persona che cerco sia proprio nello stesso posto dove penso si nasconda vostro figlio…” Disse Callisto con un mezzo sorriso.

“Lasciate che vi aiuti a cercare il vostro bambino, sono bravo a seguire le tracce di coloro che non vogliono essere trovati…” continuò Callisto, ad alta voce, per farsi sentire bene da colui che si nascondeva all’ombra del grande albero.

“Fate strada…” gli disse Joseph Vargas, nonostante l’iniziale reticenza verso lo sconosciuto, in cuor suo il mezzelfo sentiva di potersi fidare di quell’elfo dagli strani capelli bianco-turchesi.

Ho paura, papà sta venendo qui… mi sgriderà! Puoi parlarci tu?” Implorò il bimbo arrampicato sull’albero alla persona che stava sotto di lui.

“Ci proverò, ma non devi aver timore, tuo padre ti vuole bene, nonostante certi modi bruschi, io… lo conosco…”. Gli disse il mago Vargas, mentre guardava la sagoma di Callisto gocciolante, e coi capelli fradici di acqua salmastra, avvicinarsi a lui tranquillo è deciso. La pietra al collo dello stregone vibrava di luce ed energia magica e lo stesso faceva il frammento della stessa al collo del mago.

Si era ritrovati, ma Simenon Vargas non era del tutto pronto a chiarire le cose, non lì, non con suo padre ad un passo e un sé stesso bambino sopra la sua testa.

“Vargas… ti ho trovato.” Lo guardò Callisto, mantenendo una certa distanza.

“Così sembra…”. Rispose Vargas incrociando le braccia al petto e con lo sguardo fisso sulle radici innevate dell’albero.

“Ti chiedo scusa, non ho il diritto di impedirti di tentare questa impresa”. 

“No. Va bene così. Ho capito…” Lo fermò il mago con la mano, bloccando le sue scuse sul nascere.

“No, non va bene… Sono stato uno sciocco, un cretino, ma questo, questo mi ha davvero sorpreso! La pietra ti ha portato indietro nel tempo, ci sarà un motivo…”.

Callisto fu interrotto bruscamente da un rumore secco, e da un piccolo mezzelfo di neanche una ventina di chili che gli piombò fra le braccia, cadendo.

“Ehi! Bell’atterraggio, ragazzino! Potevi farti seriamente male, per fortuna che c’ero io, qua sotto!”. Gli sorrise Callisto rimettendo il piccolo Simenon Vargas in piedi.

“Non avevo bisogno di aiuto! So usare la magia io… ma voi chi siete?” Chiese, a un tratto, il bambino, passando lo sguardo prima dal mago, poi dallo stregone.

“Siamo amici! E ti abbiamo evitato qualche seccatura…” gli rispose Vargas, sempre tenendosi in ombra, protetto dalla chioma dell’albero e dal riverbero della neve.

“Tanti anni fa, cadendo da questo stesso albero, mi sono rotto un braccio e non stato facile dopo…” disse il mago al bambino a bassa voce.

Joseph Vargas, intanto, avendo sentito la voce del figlio, insieme allo stregone straniero, si avvicinò e grande fu la sua sorpresa quando riabbracciò il bambino, e vide nell’ombra quel volto così famigliare.

“Chi sei tu? Fatti vedere alla luce delle stelle…” intimò suo padre, e Simenon Vargas non potè fare a meno di uscire allo scoperto, la pietra del viaggiatore al suo collo, che ora brillava di un azzurro limpido.

Simenon… tu sei…” Farfugliò suo padre, per la prima volta nella sua vita senza parole certe da dire.

“Sì, sono io.” Disse solo il mago, consapevole che quello che stava facendo era sbagliato, una aperta violazione della regola che lui stesso, tempo prima, si era imposto: “se mai riuscirò a viaggiare nel tempo, non dovrò interferire coi fatti e con le persone del passato”.

Ma Simenon Vargas, da adulto, non era preparato a quell’incontro con il padre, lui che era rimasto orfano così presto, vide suo padre emozionarsi e si lasciò andare. Sapeva che di lì a poco sarebbe successo tutto alla sua famiglia, non poteva impedirlo, ma poteva stare con suo padre, di nuovo e per davvero.

Entrambi si abbracciarono in silenzio e piansero, erano lacrime di gioia, di sollievo, di nostalgia, almeno per Simenon, quanto gli era mancato il conforto di suo padre, le sue braccia, il suo odore, il suo essere sempre forte, eppure gentile e buono di animo. Lui, invece, non assimigliava per niente a suo padre. 

Il piccolo Vargas, intanto, guardava il padre e lo sconosciuto mago che si abbracciavano, ed era un po’ confuso, ma Callisto lo portò in disparte, per lasciare tempo ai due di parlare.

“Allora, ragazzino… hai detto che sai usare la magia: io sono uno stregone, perché non mi mostri cosa sai fare? Magari anche io potrei insegnarti alcuni trucchetti, ma solo se prometti di non scappare più da casa in piena notte, va bene?”.

Il piccolo Simenon tirò su col naso e acconsentì.

“Non ho mai visto papà così prima… Chi è quel mago? Un suo amico? Un cugino?”.

Callisto rispose: “una specie sì…”.

“E voi siete amici da tanto?” Il bambino era piccolo, ma già perspicace, acuto e intelligente come lo sarebbe stato da grande.

“Non siamo sempre stati amici, ma sì, diciamo che ci conosciamo bene e da tanto tempo”. Lo stregone allargò le braccia in un gesto plateale, per indicare da quanto tempo si conoscevano lui e il mago, quel “tanto così” che voleva dire “molto”.

“E sei venuto qui per riportarlo a casa?” Continuò il bambino, con la curiosità infinita tipica dell’età, mentre faceva apparire fuochi fatui azzurri tutt’intorno a loro.

“Sì, se lui lo vorrà!” Disse Callisto fissando Simenon e Joseph che si parlavano fitto.

“Stanotte volevo scappare anche io da casa mia, sai?” Gli confidò il bambino.

“Ho sentito dei discorsi dei grandi, e tutti pensano che per colpa mia succederanno cose brutte, allora volevo andare via…” confessò il piccolo Simenon.

Callisto, che sapeva cosa sarebbe accaduto a lui e alla sua famiglia, gli disse solo: “non ti preoccupare di cose non ancora successe, la tua famiglia ti vuole bene, non sei solo e non sarai mai solo, te lo prometto”.

“Potremo essere davvero amici?” Gli chiese il piccolo mezzelfo, nella voce già il piglio consapevole dell’età adulta, anche se non ancora incrinato dalla sofferenza e dalla disperazione che il Vargas adulto aveva dovuto attraversare.

“Siamo già amici, ragazzino. Anzi, ti svelo un segreto: se fai gli incantesimi con entrambe le mani, ti verranno più veloci e meglio!” Gli confidò Callisto strizzandogli l’occhio, mentre il mago stava tornando verso di lui.

“Andiamo a casa, Simenon…” fece Joseph al bimbo, ma fu come se lo avesse detto anche al mezzelfo che ora gli stava poco distante.

“Andiamo, sei pronto?” Chiese Callisto al mago, nessuno dei due era più in collera con l’altro, ma solo desideroso di tornare a casa e di riposare.

Vargas annuì, sul suo viso un’ombra scura, ma negli occhi l’emozione, a stento trattenuta, di aver rivisto suo padre. 

I due si concentrarono sulla pietra del viaggiatore e, intrecciando le dita, dissero all’unisono: “casa” e scomparvero, così come erano venuti, lasciando dietro di sé solo una nebbiolina azzurrina e un piccolo vortice di neve e ghiaccio.

 

***

 

[2508 words]

 

Note dell’autrice: come sempre, parto con un’idea, una cosa piccola, e poi niente, i miei personaggi fanno quello che vogliono. In questo caso c’è un viaggio nel tempo di Vargas nel suo passato. Spero vi piaccia!

A presto e buona lettura.

Ladyhawke83 

 

 

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Capitolo 6
*** “Tu sei il mio mago…” ***


 

Questa storia partecipa al Calendario dell'Avvento 2023 indetto Fanwriter.it!

Giorno scelto: 16 dicembre

 

***

 

Questa storia partecipa alla challenge “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook Prompts are the way

PROMPT 04/08/23

 

Anello di fidanzamento.

 

 

 

 

Tu sei il mio mago...” 

 

 

“Mi stanno per cadere le orecchie… non so più cosa di me non sia bagnato fradicio o congelato…”

Si lamentò Vargas entrando nelle stanze di Callisto. Dopo essersi scrollato di dosso la neve e i piccoli cristalli di ghiaccio tra i capelli, e lo spesso mantello che indossava, sospirò godendosi quell’istante di anelato calore vicino allo scoppiettare del fuoco nel camino.

“Ti devo forse ricordare che sei un mago, e che quindi avresti potuto usare un incantesimo per regolare la temperatura, o addirittura, potevi osare un teletrasporto, invece di andare dai quei “mangialibri” a cavallo come tutti i comuni mortali?” Lo punzecchiò Callisto, con la solita aria di strafottenza e lungimirante calma. Lo stregone era vestito, o per meglio dire  era “svestito” di tutto punto e, strano a dirsi, stava leggendo un libro.

“Hai ragione, forse, dato che sei uno stregone, non ricordi che gli incantesimi che hai descritto non sono esattamente tra i più semplici e meno dispendiosi da evocare… e poi loro mi hanno chiesto di tenere un profilo basso…” gli rispose Vargas, che voleva risultare sarcastico, ma non riuscì a nascondere la nota amara della voce e lo sguardo leggermente adombrato, cosa che a Callisto non sfuggì affatto. 

Lo stregone poteva risultare spesso scanzonato e a volte fastidioso, ma notava tutto, con estrema precisione, in particolar modo se si trattava di Vargas: ormai aveva imparato a decifrare ogni nota, ogni più piccolo gesto del mago, anche quelli che a lui stesso apparivano inconsapevoli.

“È andata così male?” Gli chiese solo.

“Male, sarebbe già qualcosa…” rispose Vargas, mentre si levava i pesanti indumenti bagnati di neve, le sue mani tremarono leggermente.

“Avanti, racconta, non ho aspettato otto giorni, per avere solo vaghe risposte criptiche e i miei bellissimi tappeti inzuppati di acqua e fango…” lo incitò Callisto, andandogli vicino per prendergli dalle mani e posare il bastone da mago di Vargas accanto al proprio arco doppio, quella era una delle cose che faceva da un po’, una premura silenziosa, ma sempre presente di Callisto verso il mezzelfo.

E Vargas, che ormai conosceva bene lo stregone, glielo lasciava fare, il mago a nessuno avrebbe fatto mai toccare il suo bastone da mago, non si fidava di nessuno, di nessuno a eccezione di Callisto.

Quella di lasciargli posare il bastone poteva sembrare una cosa da nulla, invece era la più alta forma di fiducia che un mago come Vargas poteva accordare ad un’altra persona, a Callisto in special modo.

Il bastone magico non era solo un oggetto incantato e di prestigio, era come un pezzo dello stesso Vargas, la scintilla visibile del suo potere, come lo era il Tamujin di Callisto, ogni volta che lo stregone tendeva la corda per incoccare una freccia, quindi farlo toccare ad altri significava essere esposti e fidarsi di mettere una parte profonda di sé nelle mani di un altro.

Vargas tremò visibilmente nel cercare di sganciare la fibbia della cintura per liberare la scarsella e il fodero della Misericordia.

“Ho le dita troppo intorpidite, dannazione…” imprecò Vargas contro se stesso.

“Cosa hai fatto alle mani?” Callisto gli domandò a bruciapelo prendendogli una mano e girandola sottosopra.

La mano era arrossata, ma non solo per il freddo, sulle nocche c’erano segni di escoriazioni e lividi sulle nocche bianche del mago, le dita leggermente gonfie.

“Niente, Callisto, non è niente. Le ho tenute nella neve per un po’…” 

Vargas tolse di scatto la mano e voltò anche lo sguardo alle fiamme. E fu lì che Callisto si rese conto dei segni sul viso e alla base del collo.

Si infuriò. Non era la prima volta che Vargas subiva quel tipo di cose, ma Callisto non lo sopportava, non ci si sarebbe abituato mai al fatto che Vargas potesse venire ferito o picchiato da altri solo perché era “Vargas

“Chi ti ha fatto questo?” Gridò, prendendolo per la spalla, costringendolo a voltarsi per guardarlo in faccia.

“Dimmelo, che vado a spaccargli la faccia!”. Callisto era fuori di sé, ma Vargas scrollò le spalle e sorrise, un sorriso amaro.

“Chi ti dice che non lo abbia fatto già io? Sono un mago e sono grande abbastanza per difendermi, se lo desidero…”. Gli rispose Vargas, irritato, non sopportava l’idea che Callisto pensasse che lui fosse incapace di difendersi.

“Ok, ok. Scusami. E allora dov’è questo stronzo agonizzante? E si può sapere cosa è successo dai tuoi maghi…”

“Non è solo uno, sono tre ad essere agonizzanti…” precisò Vargas con un ghignò soddisfatto.

“Non mi piace fare a botte, non l’ho mai sopportato, ma non mi lasciavano stare, e avevo avuto giornate migliori…” sottolineò Vargas, che non era un tipo violento, e non amava sporcarsi le mani, però certe volte la sua parte troppo umana e irrazionale prendeva il sopravvento in risposta a certe offese.

Così era successo tutto, e anche di più.

 

***

 

“Ehi tu, cosa ci fai ancora qui? Lo sai che questo posto è destinato solo ai maghi, e tu non lo sei più a quanto vediamo…” 

Tre elfi, dai lunghi capelli dorati e i tratti molto delicati ed eterei, tre maghi di alto lignaggio  e con insopportabile spocchia, si erano avvicinati a Vargas, spintonandolo in malo modo, mentre era seduto ad un tavolo a leggere un piccolo libro preso in prestito alla biblioteca dell’Academia dei maghi.

“Fino a prova contraria, io sono ancora un mago qui, come lo siete voi, quindi ho diritto di leggere in santa pace, non vi pare?”

“Beh, lo sarai fino a domani. Poi diventerai feccia come quello stregone con cui ti accoppi, ah no, dimenticavo, non lo diventerai… lo sei già…” e quell’elfo che lo stava insultando gli tirò i capelli fino a fargli male, ma Vargas, con una calma invidiabile, si impose di non reagire: non avrebbe abbandonato per sempre l’Academia dei maghi, macchiando la sua carriera da mago per colpa di una rissa qualsiasi.

No, l’avrebbe lasciata con orgoglio e con la convinzione di aver sempre agito nel modo giusto.

“Se proprio volete insultarmi, non mi pare questo il luogo e il momento. Che ne dite se vi fate trovare domani fuori dalla locanda “MenteUbriaca, magiaSbagliata”, così disteniamo questa faccenda una volta per tutte?”.

“Perché no? Così possiamo cancellare una volta per tutte il ghigno di superiorità che mostra la tua faccia da mezzosangue…”.

“O la vostra espressione da ebeti con gli zigomi alti?” Rispose Vargas sorridendo.

Aveva imparato l’ironia tagliente e certe risposte proprio da Callisto, quando si dice che chi va con lo zoppo, impara a zoppicare, nel caso dello stregone e del mago, questo era particolarmente vero, ad ogni modo i tre se ne erano andati per poi ritornare a saldare il resto il giorno dopo. E Vargas li aspettava, sobrio, lucido, e molto arrabbiato.

Il resto è una storia banale, come tante. Vargas le aveva prese, ma le aveva anche date, nonostante l’inferiorità numerica.

“Sei solo uno stregone, uno sterco, utile per i maiali, e forse neanche per quelli” aveva detto uno di loro, colpendolo sul fianco, ricordando a Vargas, molto da vicino, il suo vecchio compagno di Academia e nemico giurato Lindir.

Alla fine l’avevano lasciato agonizzante nella neve, senza che nessuno intervenisse. A nessuno importava che lui fosse stato una volta l’Arcimago, la carica più alta dell’Academia, o che avesse salvato la scuola e i maghi suoi colleghi più volte. Ora a tutti importava solo sottolineare che lui non faceva più parte della loro cerchia, che non ne aveva mai fatto parte. Era uno stregone, non più un mago, ma in fondo lo era sempre stato, solo lo aveva camuffato bene.

Nessuno della sua famiglia, nessuno che avesse addosso la maledizione del Nephilim era riuscito a ottenere così tanto dalla magia, nessuno era diventato un mago, un mago importante e prestigioso, nessuno tranne Simenon Vargas, un orfano, un mezzelfo, un discendente di nobili decaduti, un Nephilim, nessuno aveva avuto tanta determinazione, tanto coraggio, tanta perseveranza da tentare e riuscire. 

Eppure ora era là a languire nella neve ghiacciata, fuori dalla locanda dei maghi e a due passi dagli alloggi, senza che nessuno muovesse un dito per aiutarlo, o medicarlo.

“Poco male”, si disse “me la sono cercata, ma è stato liberatorio…” ai piedi di Vargas stava l’effige da mago, strappata senza troppe cerimonie dalla sua tunica. L’anziano che aveva officiato il rituale di scomunica, era lo stesso Ianis che era stato suo maestro per decenni. 

Mentre il mago anziano pronunciava le frasi di rito, togliendo la magia dal bastone e infine strappava via dagli abiti di Vargas il simbolo di una vita intera, entrambi erano sommossi e addolorati, ma il mezzelfo mantenne la sua fredda compostezza, fino a che non fu uscito dalla stanza delle cerimonie.

Vi era entrato da mago, vi era uscito da stregone, che poi era quello che era sempre stato.

La rabbia poi aveva fatto il resto, portandolo allo scontro contro i tre damerini biondi.

“Mi dispiace ragazzo…” la voce di Ianis lo aveva riscosso dal torpore e il mago anziano lo aveva poi aiutato ad alzarsi.

“Sei ridotto male… vieni. Puoi riposare da me, stanotte.” Gli disse Ianis sorreggendolo, mentre Vargas tossiva per il freddo.

“Devo ripartire. Non c’è più niente qui per me…” disse Vargas.

“Dai ascolto ad un vecchio amico… non è quello che c’è fuori che dice chi sei, ma come ti senti dentro. Tu, per me, sarai sempre il miglior mago del tuo corso”.

Ianis era sincero e Vargas lo sapeva, glielo leggeva negli occhi, ma il mezzelfo soffriva comunque di essere stato espulso da quella che, per decenni, era stata la sua casa.

L’accusa era di aver usato poteri non consentiti dai maghi, in quanto demone Nephilim, Vargas sospettava che si trattasse non solo di questo, ma del suo rapporto con lo stregone Callisto, non molto ben visto tra la cerchia ristretta dell’Academia.

Quando Vargas era ripartito, il giorno dopo, tutto acciaccato, Ianis gli aveva riconsegnato la sua effige da mago, ricucita e aggiustata, anche se non la poteva sfoggiare sulla tunica, gli disse che l’avrebbe comunque potuta conservare, per ricordarsi del suo passato.

 

***

 

“E così alla fine ti hanno conciato per bene eh, ma perché glielo hai permesso?” Chiese Callisto, notando i lividi sul corpo del mezzelfo, mentre questi si spogliava per mettersi abiti più comodi.

“Perché non avevo granché da perdere. E perché erano tre idioti, con un solo cervello in comune…” disse Vargas scrollando di nuovo le spalle.

“Ma non mi riferivo solo ai tre elfi ci cui hai fatto a botte, ma a tutti quegli stupidi mangialibri che tu hai sempre protetto e che ora ti hanno gettato via, come una cosa vecchia…” 

“Callisto, io sono un mago e devo rispettare delle regole, anche se non mi piacciono le conseguenze…” gli ricordò Vargas.

“Sono tutte cazzate e lo sai… tu hai salvato loro il culo e così ti ringraziano? Buttandoti fuori?” Callisto era arrabbiato, ma non con Vargas, ma con quegli stupidi ottusi maghi dell’Academia, che Vargas tanto difendeva.

“Ormai è fatta, Callisto… e poi mi sono preso una piccola rivincita, mentre quei tre mentre mi picchiavano, convinti che fossi un signor nessuno… ho rubato loro questi…”. 

Vargas tirò fuori tre anelli, tutti diversi, erano gli anelli incantati di quei giovani maghi spocchiosi, di solito usati per attivare il potere del bastone magico.

“Nessun mago, che si rispetti se ne separerebbe mai... Senza questi anelli, alcuni loro incantesimi non possono riuscire, se non con una grande dose di studio e tecnica…” spiegò Vargas tutto fiero del suo piccolo furto, mentre se li rigirava nel palmo della mano destra.

“Oddio… l’allievo ha superato il maestro! Stai proprio diventando uno stregone, un mascalzone in tutto e per tutto…” sorrise Callisto, fingendosi sorpreso.

“Le conseguenze per quei due, quando si scoprirà che hanno perso gli anelli, non saranno piacevoli e non potranno nemmeno accusarmi, senza dire cosa mi hanno fatto…” disse Vargas, riferendosi agli insulti e le percosse subite.

“Uhm… ottima mossa mezzorecchie. Quasi, quasi non ti riconosco più. Sei sempre stato una persona tutta di un pezzo, un mago onesto…” gli ricordò Callisto, sfiorandogli il braccio.

“Sono onesto, ma non sono più un mago adesso… e, forse, la cosa mi piace!” Puntualizzò Vargas, che sentiva una certa libertà nel poter essere se stesso, almeno con Callisto.

“Mah… per me sarai sempre un mago, ti muovi come un mago, parli come un mago, odori come un mago… sei mago e basta, ma questo tuo nuovo lato mi piace…” lo stregone annusò la sua pelle, proprio lì alla base del collo e Vargas ebbe un brivido, che non nascose.

Callisto lo baciò sulla bocca, piano,  un bacio che aveva il sapore di “bentornato a casa”, poi si illuminò e si colpì la fronte con la mano.

“Che scemo che sono! Quasi mi dimenticavo, sei stato via tanti giorni, che quasi non ci pensavo più…ma ecco qua… buon compleanno!” Disse Callisto, tutto contento, mostrando a Vargas una piccola scatolina di latta con dentro un oggetto misterioso.

“Cosa? Che? È Per me?…” balbettò Vargas, con un sorriso ebete e un’espressione da cucciolo emozionato sul volto.

“Non ti hanno fatto molti regali per il tuo compleanno, vero?” Gli domandò Callisto che già sapeva la risposta.

“Agli orfani, o mezzi maghi, non pensa mai nessuno… in tanti si sono sempre dimenticati e io non volevo certo ricordare loro qualcosa che volevano dimenticare. Ho imparato a farmi bastare il fatto di diventare più grande e di vedere la neve scendere ogni anno. Questo era tutto quanto potessi sperare nel giorno del mio compleanno…” disse Vargas, un po’ triste.

“Ma da quest’anno le cose cambieranno. Ci sono io. E ti prometto che festeggeremo sempre...” Disse Callisto.

“Già… ogni scusa è buona per te, per far festa…” lo rimbeccò il mezzelfo.

“Sono serio Vargas, se dico che voglio esserci per te, nel giorno del tuo compleanno, è vero…” 

Vargas aveva perso il conto di quante volte Callisto gli avesse detto negli ultimi anni quel “ci sono io”, un suo modo molto discreto, ma fermo, di fargli sapere che lui c’era e che per lui il mezzelfo era importante.

Erano una coppia, una specie di coppia, un rapporto, il loro, d’amore e di sesso non ben definito, che andava avanti da quasi due anni. 

Questa, però, era la prima volta che Callisto faceva un gesto così intimo per Vargas, come un regalo di compleanno.

“Cos’è di preciso?” Chiese Vargas, guardando l’anello nella scatola.

“Non sarà mica un anello di fidanzamento?” Chiese allarmato il mezzelfo.

Callisto rise, e rise forte, quasi a farsi venire le lacrime.

“No, dolcezza, non è un anello di fidanzamento… non credo di essere pronto per quel passo. Questo, è un anello da stregone. Tutti noi stregoni lo abbiamo, ognuno ha il suo, con il suo sigillo magico e tutto il resto… siccome tu non hai mai avuto qualcuno che lo realizzasse per te, in gioventù, dato che sei sempre stato un mago e non ne avevi bisogno, allora l’ho fatto fare io, per te…” gli spiegò, emozionato, Callisto.

L’anello era d’argento e portava incisa una fiamma e un piccolo drago viola a formare una “V” piuttosto articolata.

Vargas non gli disse una parola, non un fiato, se ne stava lì immobile a fissare l’anello rigirandoselo tra le dita, perplesso.

“Se non ti piace, lo puoi modificare come preferisci… sai, forse non ti conosco bene come pensavo e potrei aver completamente frainteso su tutto…” Callisto, di colpo, si sentì un perfetto idiota, con il tempismo sbagliato e con un regalo pessimo da dare. L’elfo stregone avrebbe voluto sprofondare nelle fiamme del camino, in quell’istante, se fosse stato possibile. Tutto, ma non lo star lì a fissare Simenon Vargas che non riusciva più nemmeno a dirgli che era il solito coglione ecc… altro che carisma da stregone.

“È … è perfetto! Grazie… non avresti dovuto, ma lo apprezzo molto!” Disse Vargas, incapace di incrociare lo sguardo di Callisto per l’imbarazzo che provava.

Loro due avevano condiviso guerre, paure, letti, corpi, sesso, sfide, e morte, eppure quello era davvero tanto, troppo importante, per scherzarci sopra, o per non pensarci davvero.

Fuori nevicava ancora, e i lividi sparsi, sul corpo di Vargas, iniziarono a dolergli, una volta che il freddo aveva abbandonato la sua pelle, in favore del caldo tepore delle stanze di Callisto.

Lo stregone si schiarì la voce: “Permetti?” Chiese a Vargas.

Il mezzelfo annui e gli porse la mano, lo stregone gli infilò con lentezza, ma sicurezza, l’anello al dito e sorrise.

“Ora sei ufficialmente uno stregone! Benvenuto tra noi! E, no, non è un anello di fidanzamento, lo ribadisco... Tu sarai sempre un mago, il mio mago, ma no, questo non è un anello di fidanzamento…” Callisto incespicò sulle ultime parole, perdendo la sua proverbiale sicurezza e spavalderia e Vargas potè quasi giurare di averlo visto arrossire.

“Certo... certo... Stregone. Io sono il mago e tu lo stregone e questo non è un anello di fidanzamento, solo… un bell’anello, giusto?…” Vargas non poté trattenere il riso con cui stava prendendo in giro Callisto, nonostante ciò, si coprì subito la bocca con la mano. 

Callisto che vide il fuoco riflesso sul suo nuovo anello da stregone, osservando le dita affusolate e perfette che lo indossavano, e le labbra rosse e beffarde di Vargas che lo prendevano in giro, reagì di istinto prendendogli la mano inanellata e, baciandogli il palmo e le dita, gli ricordò di nuovo: “Tu sei il mio mago e io il tuo stregone, non dimenticarlo…”. 

“E come potrei, me lo ripeti ogni volta!” Gli rispose Vargas, ridendo, mentre entrambi scivolavano sul letto uno nelle braccia dell’altro, mentre Callisto gli baciava il collo e gli stringeva le mani tra la sue.

“Buon compleanno Vargas…”.

 

 

***

 

Nota dell’autrice: non so sé questa storia vada bene per un calendario dell’avvento, ma mi è venuta così.

Ho unito due cose: Il giorno 16 dicembre, e il prompt “anello di fidanzamento”, sebbene in realtà il mago Simenon Vargas sarebbe nato il giorno 11 dicembre, ma questa cosa del regalo di compleanno da parte di Callisto mi frullava in testa già da un po’…

Questa storia parla di compleanno, ed è un piccolo regalo di compleanno per due persone speciali, che da tanto tempo leggono le mie storie, qui su efp:

Claudia (Shilyss) e Fede (The Iride Notturna), Auguri ragazze e grazie di esserci ancora, e sempre! 

Come sempre se non c’è angst non lo vogliamo, ma spero di aver messo una sufficiente dose di fluff senza risultare banale o melensa.

Buona lettura!

Ladyhawke83 

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Capitolo 7
*** “Resta con me” ***


Questa storia partecipa alla challenge “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook Prompts are the way

 

PROMPT 21.09.23

 

Personaggio A si sveglia di soprassalto, ansimando,
mentre personaggio B cerca di calmarlo.

***

 

 

Resta con me

 

 

 

“Ehi Vargas, Vargas…tutto bene?” cercò di chiamarlo Callisto, vedendo il mezzelfo sobbalzare dal letto, ansimando, pieno di angoscia, mentre i segni neri del demone si disegnavano sul suo corpo, imprimendosi, ancora una volta, nella sua pelle, e gli artigli crescevano dalle sue dita affusolate di mago.

Non era la prima volta che Callisto lo vedeva trasformarsi senza che lui ne fosse del tutto cosciente, ma ogni volta si ritrovava a domandarsi se non fosse doloroso per Vargas, quel cambiamento. 

La trasformazione in demone Nephilim gli causava dolore fisico, oltre che ottundimento mentale? A vederlo in quel momento, Callisto avrebbe giurato che sì, Vargas soffriva.

Lo stregone lo abbracciò da dietro, facendo aderire il petto contro la schiena nuda del mago, circondandolo, non per trattenerlo, ma per rassicurarlo.

“Va tutto bene Simenon, non sei solo… sono qui” gli disse piano Callisto, soffiandogli il suo respiro caldo nelle orecchie.

Non era il primo incubo che Vargas aveva in sua presenza, però, per Callisto, era sempre difficile guardarlo soffrire affrontando i suoi demoni invisibili e silenziosi.

“Callisto… io… scusami…” pronunciò il mago quando riuscì a riprendersi, rendendosi conto di dove di trovasse: tra le braccia dello stregone, nel suo giaciglio, e nudo, coi segni del demone ben visibili.

“Non ti devi scusare di nulla. Lo sai che io ti capisco...”

“Lo so. Ma questo sogno sembrava così reale, Callisto…” Vargas faticava a trovare le parole per scacciare l’orrore che aveva provato durante l’incubo.

“Vuoi raccontarmelo dolcezza? Ti ascolto…” Callisto lo baciò sulla spalla, dolcemente, scostandogli i lunghi capelli neri e Vargas sospirò piano, quasi infastidito.

“Questo sogno, questa visione, mi atterrisce. Non riesco più a pensare…” gli rimarcò Vargas, senza però sciogliersi dall’abbraccio.

“Avanti, dimmi tutto, o vuoi costringermi a leggerti nella mente? Sono uno stregone di un certo livello e ne sono capace, lo sai vero?” Lo minacciò bonariamente Callisto, posandogli un dito sulla tempia, cosa che fece sorridere Vargas, e sciolse un po’ di quella tensione che lo bloccava.

“Oh, per l’amor del cielo no! Non voglio ritrovarmi con il mal di testa per giorni, o a gracidare come una rana, perché tu sbagli l’incantesimo…” gli ricordò Vargas, alludendo ad un vecchissimo episodio del loro passato.

Quello fu il turno di Callisto di ridere, cercando di giustificarsi per quell’antico pasticcio involontario.

“Ma io avevo fatto tutto correttamente, non è colpa mia se quel corvo mi ha distratto! E poi voi maghi avete le menti così fragili…”. 

“Certo, certo… vallo a dire a quel poveraccio che per colpa tua ha gracidato, anziché parlare, per una settimana! Io c’ero… Fosse successo a me, tu non avresti più tutte le tue dita al posto giusto!” ammise Vargas con un sottile sarcasmo nella voce.

“Ma non avrei più potuto far questo, se tu mi avessi rimescolato le dita, e sarebbe stata una grave perdita, soprattutto per te…” sottolineò lo stregone, mentre con le dita scendeva ad accarezzargli l’addome, pericolosamente vicino a quella zona del pube così tanto sensibile, risvegliando una certa eccitazione nel mezzelfo.

“Callisto… ti prego. Ho bisogno di parlarti, e seriamente…” Gli disse Vargas, scostandogli con fermezza la mano dal proprio sesso, anche se controvoglia.

Sarebbe stato più facile cedere, e far l’amore, che parlare di quello che in quel momento lo turbava così profondamente.

“Ehi dolcezza. Sono qui. Avanti… Lo sai che puoi dirmi tutto. E tutto affronterò con te...” 

Callisto gli si mise affianco, voltandosi per guardarlo in viso.

“Ho sognato la mia morte. Di nuovo. Ed ero un demone Nephilim… stavo facendo del male a tante persone… e ad uccidermi eri tu, con una freccia, dritta al cuore…”

“Morte, freccia, tu ed io, nella stessa frase proprio non ci devono stare.” Lo bloccò subito Callisto, determinato.

“Lo sai che non leverò mai più le armi contro di te. L’ho fatto una volta, e una sola volta, e mi è bastato. Ti ho già visto morire per mano di altri, non voglio essere io uno di quegli altri, e cosa non meno importante: non voglio che tu muoia”. Callisto gli prese il volto fra le mani, erano fredde, e gli posò fronte contro fronte.

“Tu non morirai, hai capito?” Ribadì il Re Drago al mago.

“Prima o poi tutti devono morire. È sbagliato uccidere, ma non è sbagliato morire. (1) E ti dico che quel sogno è molto più reale di quanto sembri.” Gli ricordò Vargas, chiudendo gli occhi e sospirando, mentre si staccava da Callisto, per alzarsi dal loro giaciglio.

“Io non potrei mai ucciderti, Simenon, forse un tempo l’ho anche pensato, ed ero uno stupido cazzone che si credeva chissà chi, ma ora la sola idea di farti del male mi paralizza. Non potrei mai, non adesso che conosco la tua vera voce, il battito del tuo cuore, il modo in cui intrecci il nodo alla cintura e quello sguardo dolce e amaro che fai ogni volta che pensi ad Isabeau e ai tuoi figli.”

Callisto raggiunse Vargas, che se ne stava nudo, in piedi, tra la finestra e il focolare, le braci ormai morenti, che mandavano ancora alcuni bagliori e sprizzi di calore, e lo abbracciò.

“Non pensavo che sarebbe mai successo, ma sei l’unica persona con cui io mi senta in pace, persino ora, in questo abbraccio, così assurdo e così necessario, non provo più alcun imbarazzo, solo sollievo e gioia. Quando è successo che tu sei diventato la mia casa?”. Gli disse Vargas, mentre ricambiava l’abbraccio, sfiorandogli la testa con il mento, restando lì a respirare l’odore di Callisto, ormai divenuto così famigliare.

“Odio ancora il fatto di essere più basso di te!” Rise Callisto, constatando che, per quanto fosse uno stregone e un mezzo drago forte e potente, non aveva ancora trovato il modo di accaparrarsi quella spanna in più di altezza che lo separava da Vargas, e che lo metteva così a disagio.

“C’è un solo modo giusto di parlare con le persone più basse…” disse Vargas malizioso, costringendo Callisto ad arretrare coi piedi nudi, rischiando di farlo inciampare nei numerosi tappeti stesi a terra, fino al letto.

“Sdraiati, ti mostrerò che l’altezza non conta…” gli ordinò Vargas, con uno sguardo che diceva tutto e celava ogni cosa nello stesso tempo.

“Adoro quando fai così! Mi farei fare qualsiasi cosa da te, adesso…” gli disse Callisto, dopo averlo baciato con passione.

“Attento a ciò che desideri, stregone…” lo ammonì Vargas, cingendogli i fianchi con le mani, una presa dolce la sua, ma sufficientemente salda da far gemere Callisto di aspettativa e di piacere solo al pensiero di dove avrebbe voluto quelle sue mani e quelle sue dita abili di mago e mezzelfo.

“Ho già quello che voglio, proprio qui, ad un passo dal mio cuore, aspetto solo che il desiderio si realizzi…”.

La voce di Callisto si era fatta più calda, sfaldata, sensuale, e le sue mani si posarono sul petto di Vargas, il battito veloce del mago era lo specchio del suo.

“Forse non sarò più un mago, ma tu sei, e resti, il mio stregone… e il mio Re. Dimmi quello che vuoi, io lo farò…”. Gli soffiò Vargas sulle labbra, mentre con il corpo si sfregava su di lui, facendo scorrere le mani sui suoi fianchi e sui glutei.

“Vargas, per gli déi, sarai tu un giorno a farmi morire…” riuscì a dire Callisto, prima di lasciarsi sfuggire nuovamente un gemito di piacere, e di frustrazione, nel sentire i loro corpi accaldati toccarsi.

“Che bella la tua voce quando sei eccitato per quello che faccio…” gli disse Vargas, che aveva notato una piccola, quanto significativa differenza tra il Callisto eccitato che faceva sesso con lui, guidando il suo corpo e il ritmo, e il Callisto che si lasciava andare al piacere, dove a stabilire il tempo e il modo non era lo stregone, ma Vargas stesso.

“Taci. Simenon. Per tutte le scaglie di drago, taci! E fai qualcosa… quello che vuoi, ma fallo!” Inveì Callisto, un po’ imbarazzato, non essendo abituato al mago che prendeva l’iniziativa con lui.

“Ti ho fatto una bellissima dichiarazione d’amore poco fa e adesso mi tratti così? Male, male, non si trattano così le persone alte…”

Vargas lo baciò sul collo, mordicchiandolo piano, mentre Callisto, sdraiato sotto di lui, allacciava le gambe ai suoi fianchi, facendo aderire ancora di più i loro corpi, iniziando a strusciarsi piano contro di lui, come fosse un gatto, e come un gatto avrebbe fatto le fusa, se solo Vargas glielo avesse chiesto. 

“Ti voglio”. Gli disse Callisto, con gli occhi lucidi di emozione e di desiderio, “Non penso di averti mai desiderato tanto come in questo momento…”. Lo stregone si lasciò baciare e accarezzare dal mago, ma il pensiero dell’incubo di Vargas, della morte del mago per mano sua, tornò, improvviso, una scheggia gelata a ferirgli la mente.

Resta con me” Vargas non si accorse che Callisto glielo aveva detto implorando. 

La paura di Vargas per quell’incubo era diventata anche la sua, ora, ed era successo nel momento meno opportuno, quello in cui lo stregone era più vulnerabile, più felice...

“Sempre…”. Gli rispose Vargas, spingendosi timidamente, per la prima volta, dentro di lui, in un crescendo lento di sensazioni e sentimenti.

Vargas lo guardò e si spinse delicatamente un po’ di più verso di lui, come a chiedere il permesso, e nello stesso tempo a rassicurarlo. Era la cosa più dolce che qualcuno avesse fatto per lui, durante un amplesso. 

Callisto gemette,ansimando, non per il dolore o il fastidio, ma per il piacere e l’emozione di guardare Vargas negli occhi. 

“Simenon…” lo chiamò per nome, mentre si lasciava possedere da lui, era così bello, così delicato e così intenso, che quasi Callisto temette di non farcela. Ad ogni movimento Vargas lo toccava, lo accarezzava, lo guardava, pronto a cogliere qualsiasi segnale di dolore o di disagio. In fondo era tutto nuovo, anche per lui.

Il mezzelfo poggiò la fronte su quella di Callisto e mentre lo stregone seguiva il ritmo lento e dolce delle spinte del mago, si scambiarono i respiri, e i gemiti, Vargas lo baciò, ed era un bacio che sapeva davvero di lui, e di casa, le loro lingue si inseguirono a lungo, mescolando saliva e desiderio, silenzi e parole. Callisto venne dentro uno di quei baci, dando corpo a quell’orgasmo così forte, prepotente e totalizzante, quasi gridando sulle labbra del mezzelfo. Poco dopo venne anche Vargas, cantando il suo piacere nell’orecchio di Callisto, fu così che il mondo fuori si modulò sui loro battiti del cuore, poi esplose.

“Ti amo, Callisto… io, ti amo davvero…” ammise Vargas, sollevandosi a guardare lo stregone, accaldato, sudato e col respiro ancora affannato, aveva le lacrime agli occhi dall’emozione. Non aveva mai sentito niente del genere prima, con lui, e forse mai con nessuno, nemmeno con Isabeau. Non trovava le parole giuste, forse non ce n’era bisogno.

“Resta qui con me…” gli ripeté Callisto, stanco, ma appagato, aveva ancora addosso quella sensazione di disgrazia imminente, “ti amo anche io, dolcezza… Mai nessuno aveva usato questa delicatezza e dolcezza nel fare sesso con me, prima, mai… e forse neanche me lo merito”. Gli confidò Callisto.

“Volevo solo fare una cosa bella insieme a te…” disse Vargas, imbarazzato.

“E lo hai fatto, ed è stato bello. Io ti ho sentito. Ho sentito il tuo corpo, il tuo respiro, il tuo cuore e la tua mente. Se prima ti amavo, adesso ancora di più”. E Callisto lo baciò ancora, stringendolo tra le braccia, finché non si addormentarono entrambi, con Vargas che respirava russando lievemente, calmo e rilassato, sul suo petto.

L’incubo sembrava aver abbandonato la mente di Vargas, ma non quella di Callisto.

 

“Non potrei mai levare l’arco e le frecce contro di te, ma allora cos’è? Cos’è questo senso di perdita che provo già, pur avendoti tra le braccia?”

 

La pietra del Viaggiatore pulsò debolmente di energia azzurra, mandando una leggera scossa magica tra loro, Callisto sapeva che sarebbe successo presto qualcosa, ma cosa?

Guardò Vargas dormire, il suo bel viso addormentato e rilassato, i lunghi capelli neri sparsi tra il cuscino e il suo torace, lo stregone lo accarezzò piano, avrebbe voluto disperatamente fissare quell’istante in una bolla di eternità, per non perdere quella felicità, e quella pace, che aveva finalmente ritrovato da quando c’era quel loro legame.

 

Ti amo, ti amo, oggi più di sempre, ma so già che non potrà durare…” disse sottovoce Callisto, sussurrandolo al mezzelfo addormentato, prima di chiudere anche lui gli occhi e lasciarsi andare al riposo, sapendo già che presto tutto sarebbe mutato, era inevitabile, la pietra del Viaggiatore lo aveva avvertito, ora doveva solo rassegnarsi, solo che non voleva. 

Non poteva, non ora che aveva guardato Simenon Vargas negli occhi, mentre scivolavano uno nell’altro e vi aveva letto non solo l’amore, il desiderio, ma anche la paura, la paura di restar di nuovo solo. E Callisto non voleva lasciarlo solo, non piu.

 

 

***

Note al testo: (1) citazione da “Il gigante di ferro”.

 

***

 

Note dell’autrice: eccomi! Questa storia prosegue idealmente quella precedente, ma si situa anche dopo gli eventi di “l’eco della sua voce”, la long che non ho ancora terminato. Non ci sono spoiler né particolari complessità di trama. Potete leggerla come a sé stante. L’unica cosa particolare è che Vargas non è più un mago, è stato destituito dall’Academia dei maghi, per uso improprio e pericoloso della magia (lo spiego un pochino nel capitolo prima di questo), e la sua qui è la “prima volta” di Vargas con Callisto, nel senso che è la prima volta che Vargas è parte attiva nel sesso, perché di solito è Callisto a condurre le danze…

Spero che vi piaccia! Non sono molto pratica di tutte queste cose, ma mi andava di scrivere una cosa dolce, pur con il solito angst da “mai una gioia”…

Lasciatemi un commentino se vi va!

Buona lettura!

Ladyhawke83 

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Capitolo 8
*** Dirsi la verità ***


Una parola al giorno 

Questa storia partecipa alla challenge “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook Prompts are the way

 

 

PROMPT 16/10/2023

 

A:*fissa intensamente il petto di B*

B:"Cosa c'è?"

A:"La tua maglietta."

B:*si guarda* "Ha qualche problema?"

A:"È ancora addosso a te."

 

 

Dirsi la verità

 

Vargas aprì pigramente gli occhi, stropicciandosi la faccia, a giudicare dalla poca luce che filtrava dalla finestra doveva essere l’alba, era ancora presto, troppo presto per sgusciar fuori dalle coltri. Il mezzelfo allungò le gambe nude e si accorse di essere solo nel giaciglio, i muscoli indolenziti gli riportarono alla mente la notte precedente: le labbra di Callisto, i suoi gemiti e il suo corpo premuto contro il proprio. Vargas arrossì lievemente al ricordo e sospirò, un lieve brivido di eccitazione lo percorse.

“Ehi!” Disse il mezzelfo all’indirizzo di Callisto che, a quanto pare, era già sveglio da un pezzo e quasi vestito di tutto punto.

“Ehi… dolcezza… come ti senti? diverso?…” Gli domandò Callisto, alludendo alla loro notte di passione, in cui era stato proprio Vargas a condurre il sesso per la prima volta.

“E perché dovrei? Sono solo stanco…” gli rispose il mezzelfo lasciando cadere nel vuoto la sua provocazione.

“Uhm, sì, lo so... Faccio questo effetto spesso a quelli che condividono il letto con me…” 

Callisto parlò rivolgendogli quel mezzo sorriso sbruffone, di chi la sa lunga sul proprio fascino.

“Ma smettila. Sei così egocentrico da credere che tutto giri intorno a te? Sono stanco perché non riesco a dormire bene… e lo sai…” Gli ricordò Vargas, limitandosi a fissarlo, mentre si passava una mano tra i capelli.

“Cosa c'è?” Domandò Callisto, accorgendosi dello sguardo concentrato di Vargas su di sé.

“La tua tunica...” 

“Ha qualche problema?" Domandò Callisto guardandosi.

“È ancora addosso a te… ed è la mia”. Sottolineò il mago, serissimo.

Lo stregone scoppiò a ridere, invece, e fece per togliersela.

“Te la ridò subito, se la rivuoi… con il buio devo essermi confuso, mentre mi vestivo, come sei suscettibile sulle tue cose…” Callisto fece per levarsi la tunica, ma fu interrotto da Vargas che lo bloccò con le mani sulle spalle.

“Non importa, sta meglio a te che a me…” gli disse il mezzelfo che, nel frattempo si era alzato dal letto e si era avvicinato allo stregone.

“Come bugiardo sei pessimo, Vargas, ma farò finta di crederti…” gli disse Callisto, per poi dargli un bacio, che il mago ricambiò con piacere.

“Sei proprio diverso, sì…” Callisto lo guardò negli occhi e vi scorse una certa luce, una luce nuova, una sorta di ritrovata serenità, non c’era quasi più traccia dell’antico turbamento che accompagnava sempre Vargas e il suo sguardo.

“Dov’è che devi andare, mio Re?” Gli domandò infine il mezzelfo, vedendo che Callisto fremeva controllando più volte le cinghie della faretra e la corda dell’arco.

“Avrei voluto non dirtelo, per questo stavo cercando di partire tutto presto e in silenzio, ma… sono stato convocato dalla Gilda degli stregoni e non accetteranno un no come risposta, la faccenda è seria, Vargas”. 

“Pensi che abbia a che vedere con me, e con la mia recente epurazione dall’Academia?” Il mago glielo domandò, ma sapeva già la risposta: quello che loro avevano fatto, quello che loro erano insieme non andava bene. Per questo avevano tolto a Vargas il diritto di essere mago tra i maghi e, per questo, avevano convocato Callisto davanti alla Gilda dei suoi pari.

“Qualsiasi cosa sia, Vargas, non mi spaventa. Dopo quello che ho vissuto, che abbiamo vissuto tu ed io, cosa potranno mai farci  di peggio di quello che il destino ha già inflitto a noi?”. 

Lo stregone sembrava tranquillo, convinto e determinato, ma sereno, fiducioso. Vargas no. Vargas ricordava il sogno, l’incubo che continuava a vivere durante la notte, continuava a sentire quella freccia, scagliata dalla mano e dall’arco di Callisto, che gli trapassava il cuore, e vedeva sul viso dell’elfo quello sguardo, quel suo sguardo carico d’odio e di disgusto. 

“Non lo so Callisto, ma io non sfiderei la sorte. Ogni volta che sono stato ad un passo dalla felicità, tutto mi è stato portato via. Non voglio succeda di nuovo, non voglio succeda con te…”. 

Il mago abbassò lo sguardo sulle braci ormai spente, poi con piglio deciso arraffò i vestiti sparsi intorno al giaciglio, alla rinfusa, e cominciò a rivestirsi.

“Che fai Vargas?” Callisto lo guardò preoccupato.

“Ti hanno convocato? E allora vengo con te”. Il mago era risoluto e non avrebbe cambiato idea per nulla al mondo. O insieme, o niente.

“Ma Vargas, potrebbe essere pericoloso, o …”.

“… o doloroso?” Completò per lui Vargas.

“Stavo per dire “difficile”, ma sì, potrebbe essere anche doloroso. Potrebbero decidere di punire anche me, per non so quale costa, ma potrebbe non essere piacevole… e non voglio tu sia lì a vederlo”. Callisto agganciò arco e faretra alla cintura e si sgranchì la schiena, dando le spalle al mago.

“Vengo con te, che tu lo voglia o no, hai capito stupido di uno stregone?! Se per colpa mia devi pagare, io ci voglio essere”. Gli disse Vargas prendendogli il braccio in maniera dolce ma ferma, per farlo girare verso di sé.

“Ma io non voglio. Non voglio che ti succeda niente... La tua visione è stata già abbastanza angosciante quando me l’hai raccontata, non voglio che si verifichi davvero quello che hai sognato. Non voglio farti del male”.  

Callisto lo guardò negli occhi e lo tenne fermo con le mani sulle spalle.

“Non me ne farai. Io lo so. Ho fiducia in te. Tu sei un Re, un discendente dei draghi. Tu hai viaggiato nel tempo, come me, e so che non faresti mai qualcosa che non reputi giusto e necessario”.

Callisto sospirò e poi, guardandolo di nuovo, rise: il suo sorriso fu come una boccata d’aria fresca che dissipò un po’ la tensione di quel momento.

“Perché ridi ora? Ho detto cose vere, perché non mi prendi sul serio?”. Disse Vargas un po’ confuso e irritato.

“Rido perché hai indossato la mia tunica e a te sta… un po’ corta!” 

“Sei il solito cretino! Sono secoli che ci conosciamo e ancora non riesci ad essere un po’ maturo e serio!”. Vargas gli diede un colpo sulla spalla e incrociò le braccia lievemente offeso.

“Dai, dolcezza, non ti arrabbiare! Sei bello lo stesso, anche con la tunica corta…” disse Callisto cercando di rimediare.

“Tieni... Forse è meglio che ce le scambiamo di nuovo…” ammise infine Callisto, vedendo che Vargas non lo guardava nemmeno. Lo stregone levò la tunica che era del mezzelfo, e gliela porse, restando a torso nudo con l’indumento a mezz’aria, aspettando una reazione del mago, la quale non tardò ad arrivare.

“Tu stai decisamente meglio senza vestiti…”

Si fece scappare di bocca Vargas, mentre si riprendeva la tunica blu scuro facendosela scivolare addosso.

“Cos’è? Un complimento?”. Lo punzecchiò con un dito sullo sterno, Callisto.

“No, ma figurati! Era solo una constatazione…”. Vargas si impappinò, e arrossì lievemente ripensando al corpo nudo di Callisto contro il proprio.

“Te l’ho detto, dolcezza, come bugiardo sei pessimo!”.

“Però vengo con te. Su questo non si discute. Sono stregone anche io adesso. Ho l’anello che mi hai regalato tu, un discutibile carattere, un certo carisma e parecchia energia repressa da sfogare…”. Vargas accompagnò le parole scrocchiando le proprie dita ingioiellate.

“Beh, stavo per dire che sei folle…ma se dici così, non ho coraggio di contraddirti… Quindi mi sa che mi tocca portarti con me”.

“Vedrai, andrà tutto bene”. Vargas era così sicuro di sé che quasi convinse anche Callisto che, invece, emanava prudenza e incertezza a ogni passo.

Lo stregone non aveva paura per sé, ma per Vargas e quello che aveva intravisto nella visione sul suo futuro.

Callisto non voleva che Vargas soffrisse, non voleva perderlo, non di nuovo, ma tutto quello che era accaduto nelle ultime settimane aveva il sapore della separazione. Lo stregone se lo sentiva, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere quel suo nuovo e potente legame con Vargas. 

Simenon… volevo dirti che mi è piaciuto molto quello che hai fatto con la bocca l’altra notte…”. Confessò Callisto malizioso, mettendo ancora più a disagio Vargas, che non si era ancora abituato a sentirsi dire certe cose, anche se Callisto lo faceva spesso.

“Ma ti pare il momento di dire certe cose? Non è il caso di confessare certe verità, non siamo mica in punto di morte, no?”.

Il mezzelfo lo colpì piano, lo scansò e recuperando il proprio bastone da (ex) mago, si avviò fuori dalla stanza, senza lasciargli il tempo di replicare.

Ormai il sole era sorto e illuminava tutto intorno di rosa e arancio, la neve intorno al Castello risplendeva di calde sfumature rosate e dorate.

“… e spero non lo saremo mai, dolcezza, lo spero…”.

Disse Callisto sottovoce, prima di seguire il mago verso il loro destino ignoto.

 

***

[1483 words]

 

***

Note dell’autrice: questa storia, inserita nella raccolta “Papaveri selvaggi”, idealmente prosegue i due capitoli precedenti: “Tu sei il mio mago”, e “Resta con me”, ma può essere letta anche da sola.

Sto pensando di farci una mini long, creandola magari col prossimo capitolo.

Ad ogni modo buona lettura, lasciatemi un parere se vi va!

Ladyhawke83 

 

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Capitolo 9
*** Bagliori sulla neve ***


Questa storia partecipa alla challenge
“Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!”
del gruppo Facebook Prompts are the way

PROMPT 24/10/2023 

Ispirato a questa immagine

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Bagliori sulle neve

 

Callisto e Vargas erano in viaggio da alcune ore, si erano lasciati il Castello fluttuante alle spalle e, con esso, anche la loro tranquillità e la loro preziosa intimità.

Airis, la druida, figlia di Callisto e Isabeau aveva acconsentito a prendere il posto del padre alla guida del Castello, e del piccolo regno. 

Non era la prima volta che lo faceva, e ormai aveva l’età giusta per governare, se solo lo avesse voluto.

Callisto, però, sapeva che sua figlia odiava i ruoli imposti e i rigidi dettami dati dalla responsabilità di regnare, e sapeva anche che per questo preferiva solo essere consigliera e guaritrice.

Quando lo stregone si era congedato da lei, dopo un lungo ed eloquente abbraccio, la figlia gli aveva detto di stare attento e poi, come fosse costretta, aveva rivolto solo un cenno  al mago Vargas, di cui non aveva mai avuto molta stima, e se ne era andata via, con le guardie reali al seguito e la pietra del viaggiatore al collo.

Il cavallo sbuffò nervoso e Callisto si accorse solo in quel momento che stava per tramontare il sole. L’inverno da quelle parti durava a lungo e non faceva sconti ai viaggiatori imprevisti come loro due.

“Forse sarà il caso di fermarci, cosa ne dici Callisto? I cavalli mi sembrano provati… e anche il mio fondoschiena, a dir la verità…” Vargas quasi dovette gridare per farsi sentire, poiché il vento gelido gli mozzava il fiato in gola.

Callisto fece ruotare il cavallo verso quello di Vargas, e passò al mezzelfo la sua cappa foderata di lana, rivelando così la chioma bianco azzurra, il cui colore di capelli risaltava ancora di più fra tutto quel candore della neve.

“Tieni, ti terrà caldo, invece per il tuo fondoschiena… sono spiacente, ma dovrai sopportare ancora un po’, sento che dobbiamo proseguire. Non mi piace l’odore della neve, qui…”.

“Uff… e va bene, ma poi esigerò di riposare le membra su qualcosa di comodo e caldo, quando ci fermeremo!”. Gli ricordò Vargas, piuttosto infreddolito e contrariato, mentre spronava la sua cavalcatura a proseguire sulla neve dura e ghiacciata.

“Di questo non ti devi preoccupare dolcezza, saprò come riscaldarti a dovere, non appena ci fermeremo… ma ora andiamocene di qui, e alla scelta”.

Come avesse anticipato gli eventi, come in un presentimento, Callisto avvertì il fischio famigliare delle penne di una freccia, scagliata da un arco, fendere l’aria, e subito dopo tutto divenne confuso.

Sentì Vargas emettere un grido e cadere di sella, piombando sulla neve sottostante, che iniziò a tingersi di vermiglio.

Qualcuno li stava attaccando, non solo con arco e freccia, ma con la magia, una magia potente di stordimento e di controllo. Callisto non riusciva a concentrarsi e ad evocare lo scudo protettivo su loro due, riusciva solo a pensare a Vargas ferito, e a terra.

“Vargas!” Gridò lo stregone al mezzelfo, balzando giù dal cavallo per soccorrerlo.

“Stai… stai fermo…non parlare... Ci penso io a te…” gli disse Callisto, sollevandolo lentamente dalla neve, per metterselo in grembo. 

Una freccia con il piumaggio rosso e oro, sporgeva dal torace del mezzelfo, sotto la spalla sinistra, troppo, troppo vicino al cuore.

“Call… Callisto… sto bene…” Disse a fatica il mago, mentre sentiva la saliva seccarsi nella bocca la testa girare.

“Aspetta! Dobbiamo toglierti questa freccia di dosso…” Callisto era pieno di panico, non riusciva più a ragionare con lucidità: vedere Vargas colpito e sanguinante gli aveva fatto perdere il controllo.

“Fossi in te, piccolo drago, non lo farei. Solo io so come eliminare le mie frecce, senza danno… e dovresti saperlo anche tu. O forse hai dimenticato quello ti ho insegnato?”.

Il loro assalitore, un elfo dai capelli rossi e il piglio da stregone, si palesò poco distante da loro, aveva ancora l’arco in una mano e il guizzo della magia nell’altra.

“Tu?” Sibilò Callisto, con la rabbia a stento trattenuta nella voce.

“Perché lo hai colpito? Con che diritto ti palesi così, a me, dopo tutti questi anni, osando pure attaccarmi?” Lo stregone adagiò Vargas lentamente sul terreno, poi si diresse verso l’arciere che sembrava non avere esitazione alcuna.

“Piccolo drago non ho attaccato te, ho attaccato lui… e c’è un motivo”.

“E quale sarebbe il motivo per cui lanci frecce mortali verso un viaggiatore che nulla ti ha fatto, Temi’ell?”.

“Il Nephilim è pericoloso, e lo sai. I maghi lo sanno, per questo non lo hanno più voluto tra loro. E lo sanno anche gli stregoni della Gilda, e per questo ti hanno convocato, ma non pensavano che avresti portato lui…”.

Qui, l’unica persona pericolosa sei tu Temi’ell. E adesso taci e lascia che lo aiuti. Lui è importante per me…”. Gli disse Callisto richiamando a sé la magia che gli sfrigolava fra le dita.

“Oh, lo so, mio piccolo drago. Le voci su di voi vi precedono, e non sono lusinghiere…” gli rispose lo stregone arciere e si avvicinò a Vargas che tremava e agonizzava sul terreno.

“Io mi chiamo Callisto, Callisto non “piccolo drago”, Temistocle, forse lo hai dimenticato…” gli ringhiò addosso lo stregone, frapponendosi tra lui e Vargas.

“Spostati Callisto. Non puoi fare nulla tu, per lui… le mie frecce le posso estrarre solo io…” gli ricordò Temistocle, spostandolo con la forza di un braccio.

“Perché lo hai ferito? Perché…” gli chiese di nuovo Callisto, che non sopportava più di vedere il mago sofferente e, nello stesso tempo, sentiva il cuore gonfio di malinconia e nostalgia nel rivedere dopo eoni il suo maestro d’arco. Lui era Temistocle, e lo aveva salvato da Heliantes e dall’isola sperduta in mezzo al mare, in cui lui aveva vissuto, senza speranza di futuro.

“Il mio è stato un avvertimento, Callisto. Se avessi voluto ucciderlo, non starebbe respirando ora. Se sei intelligente non andrai alla Gilda degli stregoni, altrimenti soffrirai, mio piccolo drago”.

Detto questo, Temistocle si avvicinò al viso di Vargas che, nel frattempo respirava a fatica, cercando di mettere a fuoco quello che stava succedendo. Il mezzelfo aveva compreso che quella non era una freccia normale, né una ferita normale. Quella freccia che gli trapassava le carni era stata scagliata con un preciso incantesimo ed intento: far soffrire e confondere la mente. Quello stregone dai capelli rossi lo aveva ferito con estrema facilità, aveva oltrepassato lo scudo magico e la barriera mentale di Vargas, con una facilità disarmante. Non era certo uno stregone comune, né tantomeno un comune arciere, in più tra lui e Callisto c’era qualcosa, ma Vargas stordito com’era dalla freccia incantata, non riusciva a capire bene cosa.

“Ti consiglio di non gridare, adesso, Nephilim, il mio piccolo drago, Callisto, è già abbastanza agitato…” Gli bisbigliò all’orecchio l’elfo dai capelli rossi, per poi spezzare la freccia in due e strappare ciò che ancora restava visibile dal petto, con un gesto secco.

Vargas si sentì mancare, avrebbe voluto gridare forte, ma poi incrociò lo sguardo di quello stregone dai capelli rosso fuoco, che teneva la freccia sanguinante in una mano, con uno sguardo soddisfatto stampato in faccia, strinse i denti trattenendo il respiro, e poi lasciò fluire il dolore, senza però emettere un lamento.

“Se dovrò mai scegliere tra la tua vita e la sua… Sappi, schifoso demone Nephilim, che sceglierò sempre lui… lui è il mio piccolo ragazzo drago e tu non sei niente”.

Gli sussurrò Temistocle, rabbioso, prima di voltarsi con un sorriso verso Callisto dicendo candidamente: “Ecco fatto, mio piccolo drago. Il mago è tutto intero, di nuovo…”.

Callisto si gettò su Vargas, e se lo strinse addosso, con un sollievo indicibile nel cuore.

“Vargas… tutto bene? Mi dispiace… mi dispiace… ecco, prendi questa, ti sentirai subito meglio…”. Lo stregone lo guardava e lo avcarezzava, poi gli accostò alle labbra una bacca curativa, che il mezzelfo masticò lentamente.

“Ehi Callisto… tranquillo, ho la pellaccia dura e lo sai…Piuttosto aiutami ad alzarmi, vorrei ringraziare il nostro gentile Cupido, che prima mi ha quasi trafitto il cuore con una freccia, poi, non contento, mi l’ha strappata dalle carni…”.

Temistocle rise, sprezzante, qdella rabbia di Vargas verso di lui.

Callisto sorresse Vargas, il sangue macchiava la sua tunica, ma aveva smesso di sgorgare copioso. Lo stregone si ritrovò a metà tra il mago e Temistocle, il suo antico maestro, nonché fedele amico.

“Se fossi in te stregone, d’ora in poi mi guarderei le spalle… non molti possono dire di avermi attaccato ed essersene usciti illesi, ma grazie del tuo avvertimento, lo riferirò alla Gilda degli stregoni, quando Callisto e io li incontreremo…” lo minacciò Vargas, con un sorriso ferino, nonostante il dolore, poi sollevò la propria mano per mostrare all’arciere una ciocca di capelli mossi color rosso fuoco, che prima erano appartenuti a lui e, che ora Vargas stringeva come un trofeo tra le dita, dopo avergliela sottratta con una magia e una velocità sorprendente.

Callisto osservò la scena senza parole. Non osava lasciare andare Vargas, ma nello stesso tempo teneva inchiodato lo sguardo su Temistocle, temendo che quest’ultimo li attaccasse ancora.

“Vattene Temi’ell!” Gli disse Callisto, a metà tra l’adirato e l’addolorato.

“Qui hai già fatto abbastanza… non costringermi a levare le armi su di te”. Lo stregone non sapeva se avesse avuto poi il coraggio di attaccare Tenistocle, a cui doveva praticamente tutto, però se avesse minacciato ancora Vargas, non avrebbe esitato.

“Non ce ne sarà bisogno, Call, sono stato mandato con il preciso intento di capire chi o cosa è questo demone Nephilim… ora so che sanguina come tutti i comuni mortali, e non è più questa grande minaccia…” Rispose Temistocle, e Callisto sì irrigidì, sentendosi ridicolo per non riuscire a stare calmo e lucido in sua presenza. Lo stregone si sentiva ancora come quando era solo un ragazzino, un diverso, su quell’isola dimenticata dagli Dei e Temistocle gli aveva offerto la via d’uscita, la libertà, il suo futuro.

“Ne sei così sicuro, stregone?…” lo incalzò Vargas, calcando l’accento sulla parola “stregone” con disprezzo,  scoprendo i denti e mostrando all’elfo dai rossi capelli, i segni del demone che si stavano disegnando sulla sua pelle, come risposta al dolore e al pericolo.

“Te l’ho già detto Nephilim, se dovrò fare una scelta, non avrò pietà, né dubbi…” 

Temistocle gli restituì lo stesso tono di disprezzo e minaccia, poi rivolgendo a Callisto uno sguardo indecifrabile, evocò un incantesimo e scomparve, lasciando dietro di sé un leggero turbine di neve e bagliori rossi che vi si riflettevano tutt’intorno.

 

[1782 words]

 

***

 

Note dell’autrice: ok, ok, non odiatemi, lo so che Vargas poverino non ha una gioia, ma mi era venuta questa idea di introdurre un nuovo personaggio dal passato di Callisto e così ho fatto, spero vi piaccia. (In realtà Temistocle era già comparso in un'altra storia di anni fa, adesso l'ho ripescato, per dargli lo spazio che merita).

Buona lettura!

Lasciatemi un parere se vi va!

Ladyhawke83 

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Capitolo 10
*** Temi’ell e Callisto ***


Questa storia partecipa alla challenge
“Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!”
del gruppo Facebook Prompts are the way

 

PROMPT 12/11/2023

 

Nel posto giusto al momento sbagliato

 

 

Temi’ell e Callisto 

 

“Lui chi era?” Chiese a bruciapelo Vargas, allo stregone, non appena lui e Callisto si furono sistemati, alla bell’e meglio, in una locanda non troppo lontano dal luogo dove Vargas era stato attaccato da Temistocle, un misterioso stregone e abile arciere, che a quanto pare conosceva bene Callisto e, per proteggerlo era disposto a tutto.

“Dobbiamo per forza parlarne ora? Sono già abbastanza provato da… da tutto questo!” Sospirò Callisto, indicandolo per poi lasciarsi andare, esausto, sulla panca accanto al giaciglio.

“Sì. Dobbiamo. Soprattutto perché quello stregone sembra sapere molte cose e, mi ha quasi ammazzato con una sola freccia, usando un incantesimo che in pochi conoscono. Quindi sì, Callisto, mi sembra il minimo sapere di lui”. Vargas non avrebbe desistito facilmente, Callisto lo sapeva, ma avrebbe tanto voluto rimandare quella conversazione.

“Temi’ell… Temistocle era… Oh Vargas, non guardarmi così… non so da dove cominciare…” ammise Callisto in evidente difficoltà, mentre l’altro lo scrutava con occhi acuti e indagatori.

“Deve essere stato qualcuno di molto importante se ti lascia senza parole e quasi balbetti pronunciando il suo nome…” lo punzecchiò Vargas sorridendo del lieve rossore sulle guance di Callisto.

“Oh, insomma… e va bene. Cosa vuoi sapere?” Sbuffò Callisto a disagio e un po’ infastidito, come se il mezzelfo avesse toccato un nervo scoperto.

“Tutto. È ovvio. Ma se tu non volessi parlarne, non c’è problema, ma ti vorrei ricordare che sono una persona molto insistente e tenace se mi ci metto, oltre al fatto che potrei usare i miei incantesimi…” Vargas si tirò su a sedere e lo guardò in attesa.

Di nuovo quel suo sguardo diretto e senza ombre.

A volte Callisto aveva l’impressione che Vargas potesse leggerlo dentro, che sapesse già i suoi segreti, che volesse però che fosse lui a parlarne, ad avere il coraggio di rievocare antiche passioni e antichi dolori.

“Davvero avresti il coraggio di leggermi la mente, contro la mia volontà? Arriveresti a tanto? Solo per sapere del mio passato? Credimi non ne vale la pena…”. Callisto si sentì a disagio e sentì l’urgenza di mettersi sulla difensiva, di proteggersi, pronto ad alzare una barriera magica contro Vargas, se fosse stato necessario.

“No. Non se tu mi dirai la verità. Io devo sapere se mi posso fidare… di te…”. Vargas lo stava volutamente provocando, ma Callisto davvero rimase senza parole. Davvero quel mago non si fidava di lui? Dopo tutto quello che avevano passato insieme, Vargas ancora temeva che lui potesse tradirlo o abbandonarlo?”.

“Sei proprio una grande testa di cazzo se ancora non ti fidi di me, ma che ci posso fare… sei un mago e i maghi, si sa, non brillano per intelligenza su certe cose…” Callisto rispose a tono e la provocazione andò a segno, perché Vargas si alterò, ma non reagì, come era nel suo stile, si tenne tutto dentro, facendo trapelare quell’emozione solo da un guizzo dello sguardo.

“Avanti stregone, sto aspettando…dimmi di te e di questo Temistocle…” lo incalzò Vargas con la voce nervosa e irritata.

Callisto lo guardò serissimo, poi proruppe in una risata vera, di pancia, se lo tirò vicino per baciarlo sulla bocca con un bacio tutt’altro che casto e quando si staccò da lui, soddisfatto vedendo nell’altro solo confusione ed eccitazione gli disse: “Sei geloso! Ecco cosa! E Hai ragione ad esserlo: Temistocle è bello come un Dio greco, ma è la tua lingua che poco fa avevo, e volevo, nella mia bocca, non la sua…”.

“Che idiota che sei…” gli rispose Vargas, agitando una mano in segno di resa, ogni accenno di tensione andato via dallo sguardo, permaneva solo il dolore sordo alla spalla, dove prima era conficcata la freccia di Temistocle, Vargas chiuse e aprì il palmo della mano, cercando di allontanare l’intorpidimento del braccio.

Callisto gli si sdraiò accanto, e sospirando, si preparò a raccontare di quel passato tanto lontano nel tempo, quanto troppo vicino al cuore.

 

***

 

“Avevo sedici anni quando Temi’ell arrivò, o per meglio dire naufragò sull’isola dove vivevamo. All’epoca non potevo sapere che lui non sarebbe mai dovuto arrivare lì, sulle nostre coste, poiché l’isola era invisibile a chiunque venisse da fuori, a tutti gli altri, insomma. Eppure lui aveva oltrepassato la barriera magica che circondava l’isola. Lo stesso dicevano di me, quando da neonato fui raccolto dal bagnasciuga in una cesta, a bordo di una zattera mezza marcia.

Per secoli solamente Temistocle ed io eravamo riusciti, non si sa come, a trovare quelle quattro pietre che chiamavano isola. Non puoi capire come mi fece sentire vedere qualcun altro “diverso” che non fossi io.

Per tutta la mia vita fino a quel momento ero stato quello diverso, l’elfo coi capelli bianchi, quello coi poteri strani, quello dalle mani di ghiaccio…” Callisto si interruppe per guardarsi le mani, i palmi segnati e i calli sulle dita in corrispondenza dell’uso dell’arco e delle frecce, e Vargas pensò che non aveva mai sentito quelle mani come fredde, rudi e forti, ma fredde mai.

“Il mio elemento più istintivo è il ghiaccio… non guardarmi così, Vargas, è la verità… nonostante io usi costantemente il fuoco e possegga un elementale di fuoco, è il ghiaccio che canta nel mio corpo. Evocare il fuoco è sempre stato un mascheramento, una protezione, ed è faticoso anche, talvolta doloroso”.

“Non ne avevo idea, Callisto, davvero… anche se avrei dovuto immaginarlo, quando ho capito da chi discendi tu…”.Vargas era sincero, non c’era giudizio nello sguardo, ma solo comprensione. 

Come mago ( Vargas non riusciva ancora a rinunciare a quel suo ruolo, nonostante fosse stato rigettato dall’Academia dei maghi e ora dovesse solo chiamarsi stregone) lo capiva perfettamente, anche lui, in quanto orfano e mezzelfo, nonché mezzo demone aveva sempre avuto una vita difficile, il diverso tra i simili.

“Insomma… Temistocle con la sua nave, i suoi modi da pirata, i suoi capelli rossi, l’arco e tutto il resto, rappresentava per quella nostra isola e per le nostre noiose vite di ragazzini e di pescatori un evento straordinario.

Lui era uno stregone, un pirata, un arciere e un poeta, il bello era che non sapevi mai con quale lato del suo carattere avessi a che fare, quando parlavi con lui”.

“Insomma un sofista… un affabulatore, un po’ di tutto senza sostanza…” aggiunse Vargas per nulla impressionato dalle presunte doti di quel Temistocle.

“No, credimi. Lui sapeva quello che faceva e lo faceva anche bene. Da lui ho imparato a usare l’arco, e i miei veri poteri, Temi’ell mi ha liberato dall’isola e da Heliantes…” Nel dirlo Callisto si toccò lo sterno, là dove stava la cicatrice del vecchio incantesimo che gli aveva lanciato contro il suo vecchi maestro Heliantes per impedirgli di lasciare l’isola e per tenerlo sotto controllo.

“Ah, un salvatore… Ricordami di ringraziarlo allora, la prossima volta che lo vedrò…” disse Vargas e Callisto non capiva se fosse serio o ironico.

“Tu non capisci, lui non voleva avere niente a che fare con me, sono stato io a insistere perché mi insegnasse tutto quello che sapeva. Gli altri ragazzini lo adulavano e basta, ma in segreto ne avevano paura, io invece vedevo in lui solo un modo per liberarmi… beh tu sai da cosa...” Callisto si vergognava anche se non avrebbe dovuto, si maledisse perché si sentiva fragile e spezzato quando parlava di quel passato lontano, come se certi fantasmi potessero tornare a tormentarlo.

“Sì, lo so. Scusami, a volte dovrei solo chiudere la mia boccaccia da mago che mi fa diffidare di chiunque…” ammise Vargas sorridendogli, come a offrirgli una piccola tregua.

“Sono felice che qualcuno ti abbia aiutato in quel momento…” ribadì il mezzelfo, sfiorandogli la mano sentendo il freddo metallo degli anelli, che Callisto indossava, sotto le dita.

“Insomma lui mi ha aiutato a fuggire, e non solo me, ma anche quella che poi sarebbe diventata la mia sposa, Nephele. Siamo fuggiti in una notte calma e serena: io ricordo solo che vedevo più sangue e bruciature sul mio corpo che stelle in cielo, ma non mi sono fermato, nemmeno quando la magia di Heliantes mi ha richiamato indietro… La nave di Temi’ell era salpata per il largo e io stringevo forte la mano di Nephele, quando la magia ha iniziato a ferirmi da dentro, di nuovo. Mi sono sentito morire. Heliantes non voleva lasciarmi andare, ero come una sua proprietà, il suo burattino preferito...”

Vargas deglutì sentendo su di sé parte di quel dolore, vivendolo negli occhi di Callisto mentre ricordava, e si costrinse a mandar giù la rabbia cieca che si stava allargando dalle sue viscere.

“Io urlavo di dolore. Credo di non aver mai più provato un dolore simile… come se mi strappassero l’anima dal petto… ricordo solo che Nephele non lasciava la mia mano e che Temi’ell mi parlava. Non smetteva di dirmi parole, come una litania, mentre la nave si allontanava dall’isola e la magia di Heliantes tentava di trascinarmi indietro. 

Respira, piccolo drago, respira. Puoi farcela. Fidati del tuo potere… respira… Lui era convinto potessi farcela, e una parte di me gli credette. Nel dolore e nel delirio mi sono aggrappato disperatamente alla sua voce, a quel suo potere che, sentivo, tentava di rendermi libero… e ci è riuscito. A Temi’ell devo la mia vita”.

“Non avevo idea avessi passato tutto questo… qualcosa in questi anni avevo intuito, ma non pensavo fosse stato così difficile per te…”. Gli disse Vargas stringendoglisi addosso, come se il solo ascoltare tutto quel dolore non fosse sufficiente. Il mezzelfo voleva fargli sentire che lui c’era, che lui ci sarebbe sempre stato e che Callisto ora era al sicuro.

“Non devi dirmi tutto per forza, se non vuoi… Non avrei dovuto insistere…” si scusò Vargas, sollevando il viso per guardare Callisto negli occhi.

“Non preoccuparti dolcezza sono felice di parlarne con qualcuno finalmente, di dare corpo a certi incubi e ricordi…”. Lo rassicurò Callisto sorridendogli in quel modo che lo faceva sempre sentire a casa.

“Per farla breve, dopo quell’evento sulla nave, non riuscivo a pensare ad altro che a Temi’ell e a quello che aveva fatto per me. Gli ero talmente debitore e grato che ho finito per scambiare la mia riconoscenza verso quel pirata per amore...” Confessò Callisto, e Vargas avvertì il cuore dello stregone accelerare il battito.

“Ti eri innamorato di lui? Una cotta da manuale… ma allora perché sento una punta di risentimento quando lo racconti?” Domandò curioso Vargas.

“Perché non mi ha aiutato quando più ne avrei avuto bisogno. Mi ha voltato le spalle quando ero solo un ragazzino spaurito, un uccellino ferito e piombato giù dal nido, solo e a pezzi. È anche responsabilità sua se la mia Nephele e il bambino che portava in grembo sono morti.” Callisto prese fiato e una scheggia di dolore tornò a tormentargli il cuore. Vargas lo comprendeva, aveva vissuto quasi le stesse identiche emozioni, era stato più volte sul punto di crollare, in pezzi, schiacciato dai sensi di colpa. Sapere che Callisto aveva vissuto quell’inferno lo ferì più di quanto volesse ammettere e gli fece ancor di più capire quanto quello stregone fosse ormai parte della sua vita, della sua stessa anima.

“Temi’ell sapeva che mi avrebbero stanato, prima o poi, e attaccato, ma non ha fatto nulla per impedirlo… Io gli sarò sempre grato per tante cose, ma non lo potrò mai perdonare mai per aver lasciato che succedesse…”

Callisto si irrigidì staccandosi dall’abbraccio di Vargas: lo stregone non si era reso conto che il mezzelfo lo aveva stretto a sé, fino a quando un suo sospiro triste non vibrò sulla sua pelle.

Callisto guardò Vargas, poi la sua ferita alla spalla, arricciò il naso e si riscosse dal torpore del ricordo.

“Dobbiamo medicare meglio la tua ferita, altrimenti si infetterà. Aspetta qui, torno subito.” Callisto si sollevò in piedi e si diresse verso la scaletta che portava alla parte bassa della stalla e poi all’esterno. 

Il locandiere, un uomo di poco parole smunto e dal piglio sempre ingrugnito li aveva accolti in maniera spicciola:

Non c’è posto qui e comunque non voglio problemi… soprattutto non con voi e le vostre magie”.

Aveva detto il proprietario, continuando a fissare la ferita di Vargas, e il suo colorito pallido, nonché i simboli magici che entrambi portavano addosso. 

Così sia Vargas che Callisto, stanchi e sfiduciati, si erano dovuti accontentare  di un giaciglio improvvisato fatto con una coperta lurida e del fieno secco, al piano superiore di quella specie di stalla. A chiamarla stalla le si faceva un complimento, in verità era piuttosto malmessa e Callisto pensava che fosse un miracolo se stava ancora in piedi. Al piano più in basso, sotto di loro, riposavano alcuni animali: una mucca piuttosto magra e due cavalli, oltre ovviamente ai loro stessi cavalli, che avevano visto parecchie primavere.

Callisto…” lo chiamò Vargas, gemendo per tirarsi sui gomiti, non vedeva molto bene in tutta quella oscurità.

Lo stregone si fermò sul primo piolo della scaletta scricchiolante.

Sì, Vargas, sono qui…” gli rispose prontamente lo stregone con una nota dolorosa ma rassicurante nella voce.

“Mi dispiace per tutto quello che hai passato. Con Heliantes, con Tenistocle, mi dispiace per la tua famiglia… Ammetto di essere stato un terribile stronzo anni addietro a dirti certe cose… non avevo idea, non ne sapevo niente, sono stato un borioso mago idiota e cazzone a trattarti con sufficienza e con poco rispetto… puoi perdonarmi per non essere stato dalla tua parte… prima?”.

Vargas esitò, temendo che Callisto fuggisse o che ridesse di lui, invece lo stregone prese solo un respiro e poi gli rispose: “Non ti devi scusare di nulla, Vargas... Entrambi, lo sai bene, abbiamo fatto e detto cose di cui ci vergogniamo, ma quelle appartengono al passato. Io mi sono innamorato di te anche per come eri allora: cocciuto, testardo, borioso e insopportabile…e per come sei diventato dopo…” Callisto  non fece troppo giri di parole, ma espose i suoi sentimenti con forza e chiarezza. Lo sguardo era limpido, anche se c’era una vena di dorato rammarico nelle sue iridi.

“L’unica cosa di cui mi pento è che sia tu sia Temi’ell siate giunti nella mia vita, per così dire, nel posto giusto, ma al momento sbagliato… chissà come sarebbe stata la mia vita sé alcune scelte fossero state diverse, credo non lo potrò mai sapere anche se ho la grande fortuna di poter viaggiare nel tempo e nello spazio”.

“Non ha molta importanza, in effetti cosa è stato in passato, ma lo ha cosa siamo noi adesso. E io ora sono molto stanco e affamato!”. Gli ricordò Vargas con un fare divertito nella voce.

“Oh… capisco… il mago è ferito e ha fame, e allora il Re Drago, che è anche un potente stregone, provvede!” 

Lo prese in giro Callisto lanciandogli una scintilla di magia, attraverso quel buio, che andò a segno sulla tempia di Vargas procurandogli una lieve scossa!”.

“Ahi! Non si trattano così le persone ferite…” brontolò il mezzelfo.

“E allora ricordati di essere gentile col tuo Re, la prossima volta…” con queste ultime parole Callisto si allontanò a procurare cibo per entrambi e bende per la ferita di Vargas.

Lo stregone si sentiva ancora inquieto, ma dopo quel piccolo scambio di battute con Vargas e l’aver raccontato finalmente a qualcuno, chi era stato per lui Temi’ell, Callisto si sentiva anche un po’ più leggero.

Chissà se un giorno lui sarebbe stato quello “nel posto giusto, al momento giusto”.

 

***

[2594 words]

 

Note dell’autrice: eccomi di nuovo, continuò la raccolta anche sé questa prosegue idealmente i due capitoli precedenti (forse dovrei farla diventare una nuova mini-long?), non succede granché ma, come mio solito, ci metto sempre troppa introspezione…

In questo caso ho raccontato un po’ il passato di Callisto e chi è questo nuovo personaggio Temistocle, spero vi piaccia!

A presto e, se vi va, lasciate un commento!

 

Ladyhawke83 

 

 

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Capitolo 11
*** Ghiaccio fra i capelli ***


Questa storia partecipa alla challenge “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook Prompts are the way

PROMPT 01/11/2023

[Sai tenere un segreto?]

 

 

Ghiaccio fra i capelli

 

Temi’ell, dopo aver cavalcato senza sosta per quasi un giorno, arrivò al posto di ritrovo stabilito e trovò ad attenderlo altri stregoni, che non conosceva, ma che dall’atteggiamento che avevano verso di lui, pareva fossero davvero convinti di potergli incutere un qualche timore reverenziale.

Sciocchi uomini della terraferma pensò Temi’ell mentre legava i finimenti del suo cavallo a un albero poco distante.

Lui era uno stregone, un elfo, ma anche un pirata e un capitano di mare, non era affatto come quella gentaglia dalla magia rozza e dalle mani più svelte del cervello.

Se aveva accettato quel compito era solo per Callisto, per quello che lo teneva legato a lui, anche se Temi’ell avrebbe già dovuto gettarsi quei ricordi, e quell’elfo col ghiaccio tra i capelli, alle spalle da molto.

Ma c’era qualcosa, quando lo aveva rivisto insieme a quell’abominio di Nephilim, qualcosa che aveva riacceso in lui una scintilla di dolore e nostalgia.

Ma come si può provare nostalgia per qualcosa che avrebbe potuto essere e non è mai stato?

“Temistocle, allora che notizie ci riporti? Il Nephilim è con Callisto? È pericoloso? Pensi che dovremmo agire prima che arrivino alla convocazione ufficiale?” Chiese uno degli stregoni più anziani a Temi’ell, che per tutta risposta emise uno sbuffo a metà tra verso di irritazione e sorriso nervoso.

“Sì, la feccia Nephilim è con lo stregone… da quel poco che ho potuto vedere non pare troppo pericoloso, almeno non ancora… e comunque Callisto non vi farebbe mai avvicinare… quei due… quei due… sono… molto legati”. Riuscì a dire lui, per quanto gli facesse repulsione pensare al suo piccolo drago, al suo Callisto che faceva coppia con quel mezzo demone.

“Quanto legati?”

Chiese un altro stregone dalla barba lunga e sfatta.

“Il Nephilim ha l’anello di Callisto al dito e… il suo odore addosso… quindi direi che sono piuttosto legati…”. Ribadì Temi’ell storcendo il naso al ricordo di Callisto che si precipitava verso il Nephilim ferito per soccorrerlo, come se non vedesse altri che quel mezzelfo.

Non gli aveva rivolto uno sguardo, non un tentennamento, non un accenno, solo rabbia e istinto di protezione, sì, protezione verso quel mezzelfo insignificante.

Temi’ell, però, se lo sarebbe dovuto aspettare: Callisto non era più quel ragazzino che aveva conosciuto secoli prima su quell’isola sperduta dove era naufragato.

 

***

Sai tenere un segreto?”. Quello strano ragazzino dai capelli color ghiaccio lo aveva tirato da parte, un giorno, dopo che per parecchie settimane era stato in disparte ad osservarlo senza intervenire mai e gli aveva fatto quella domanda bizzarra.

“Di solito sì, ma dipende dal tipo di segreto…” gli aveva risposto Temi’ell con un lieve sorriso.

“Vivo su quest’isola da sempre, ma odio il mare, e non mangio il pesce, mi inorridisce solo l’idea… e poi…” il ragazzino aveva esitato “io non sono come gli altri  qui…”. Aveva continuato abbassando lo sguardo imbarazzato.

“Io non so controllare bene il mio potere… tutto questo non piace a Heliantes e agli altri dell’isola…” disse il ragazzino, gli occhi caldi, come terra d’estate, agitando le mani furtivo per far vedere al pirata stregone che poteva evocare quasi qualsiasi elemento senza sforzo, ma quello più congeniale a lui non era il fuoco, come per gli altri giovani stregoni dell’isola, ma il ghiaccio. È quello poteva essere un problema. Era potente quel ragazzino, solo non ne era consapevole, si sentiva solo diverso, insicuro, e bisognoso di qualcuno che credesse in lui. A Temi’ell fece tenerezza, e fu quello il suo errore: affezionarsi a lui tanto tanto da volergli insegnare tutto, tanto da salvarlo dall’isola, tanto da non accorgersi che man mano tutto cambiava tra loro.

“Ti insegnerò io, ragazzino. Come ti chiami?”.

“Callisto”

“Callisto eh? Interessante nome. Io sono Temistocle… I miei insegnamenti non saranno gratuiti, dovrai darti da fare… devo ricostruire la mia nave e avrò bisogno di aiuto e braccia forti…” Gli disse Temi’ell e Callisto, allora appena quindicenne, gli tese la mano, per concludere il patto: “lo farò. D’accordo”.

Temi’ell non poteva sapere che da quel momento tutto si sarebbe complicato. 

 

***

“Stai migliorando! Però è come se ti trattenessi: quando scocchi le tue frecce, così come quando lanci i tuoi incantesimi, sembra che tu non sfrutti tutto il tuo talento. Di cosa hai paura Callisto?”.

“Non ho paura di nulla…” aveva risposto il ragazzo, ma al

Temi’ell non poteva sapere che tipo di inferno personale stava vivendo il giovane Callisto, lo avrebbe scoperto giorni dopo trovandolo sanguinante e con lividi e segni inequivocabili sul corpo.

“Chi ti ha fatto questo?” 

Nessuna risposta.

“Chi ti ha fatto questo?” Aveva gridato Temistocle e Callisto aveva tremato.

“Posso aiutarti, ti prego. Fidati di me.” Gli Aveva detto Temistocle, ma Callisto non aveva parlato, aveva imbracciato l’arco e aveva ricominciato ad allenarsi sulla spiaggia come se niente fosse.

E freccia dopo freccia, giorno dopo giorno, silenzio dopo silenzio, sotto gli occhi di Tenistocle, la sua mira e il suo potere si erano fatti perfetti, cristallizzati come il ghiaccio, potenti come la roccia che erutta, ma non il suo cuore, quello no, era in pezzi, irrimediabilmente fragile e distrutto, come distrutta era la fiducia nel futuro.

 

***

 

“La mia nave é finalmente pronta a salpare. Hai fatto un buon lavoro ragazzo.” Tenistocle ispezionava tutto lo scavo e le sartie della nave. Il legno era solido e levigato alla perfezione. Callisto e i suoi amici pescatori avevano lavorato bene.

“Presto potrò partire, e anche tu  e Nephele se lo vorrete, come avevamo accordato .”

“Io non posso partire e tu lo sai.” Disse solo il ragazzo facendo un impercettibile segno con gli occhi al segno che lo deturpava sotto la tunica, all’altezza dello sterno.

Callisto non aveva mai parlato dell’incantesimo vincolante che gli aveva gettato addosso Heliantes, il suo cosiddetto “maestro”, per non dire “aguzzino”, ma Temistocle se ne era accorto, aveva visto i segni della magia e delle violenze sul ragazzo.

Non aveva mai affrontato Heliantes, per paura che questo avrebbe portato ripercussioni a Callisto o alla sua famiglia, ma avrebbe tanto voluto ridurre quell’essere schifoso al silenzio.

Lo avrebbe portato via dall’isola presto. Avrebbe spezzato quella orrenda catena che teneva Callisto legato a Heliantes, che lui lo volesse  oppure no. 

Voleva bene al ragazzo, in quei mesi aveva imparato a conoscerlo e a vedere il suo vero io, il suo vero potenziale dietro i silenzi e gli sguardi bassi.

“Tu verrai con me. Perché io non ti lascio qui, che tu lo voglia o no. Sei destinato a grandi cose… lo sento”.

 

***

 

“Sai tenere un segreto?” Gli aveva chiesto di nuovo Callisto. La stessa domanda di quel loro primo incontro, ma a farla, ora, era un Callisto completamente diverso, c’era qualcosa in quel suo sguardo nocciola che brillava, quegli occhi vedevano lontano, oltre il mare, oltre l’isola, oltre la paura, oltre il futuro.

“Grazie” aveva detto, invece di confidare quel segreto, lo aveva ringraziato e lo aveva baciato sulla bocca. 

Era stato un bacio leggero, non passionale, ma non per questo privo di sentimento.

Temistocle non era uno da sorprendersi facilmente, ma quella volta con le labbra di Callisto sulle proprie era rimasto senza parole, come folgorato. 

Non lo avrebbe più dimenticato.

 

***

 

Callisto non aveva dimenticato, ma neanche perdonato, glielo aveva letto nello sguardo, quando lo aveva rivisto a cavallo e insieme a quel Vargas, e Temistocle non poteva dargli torto. 

Il pirata, in passato, lo aveva abbandonato quando lui aveva avuto più bisogno. Era stato troppo sciocco per capire quanto sarebbe stato alto il prezzo da pagare per mantenere salda la sua fedeltà ai suoi ideali.

Aveva sacrificato Callisto, per non perdere tutto, per non perdere se stesso. Aveva permesso che lo prendessero e lo incatenassero con una nuova maledizione ad opera di un Drow, per conto degli antichi elfi dei ghiacci, coloro che si credevano estinti da sempre. E Temi’ell lo sapeva, sapeva che stavano cercando Callisto e non aveva fatto nulla per fermarli, era stato troppo egoista e gli aveva semplicemente voltato le spalle, salpando sulla sua bella nave, la “Sundiamakomai” (1), il cui nobile nome non rifletteva affatto l’animo del Capitano. Temistocle aveva scelto la solitudine del mare e la vergogna di chi fugge, invece di restare e combattere fino alla fine.

“Ci penserò io allo stregone Callisto, voi occupatevi degli incantesimi per il Nephilim…” aveva poi risposto soprappensiero Temistocle agli altri stregoni presenti, che aspettavano istruzioni.

 

***

 

“Sai tenere un segreto?”.

“Sì, ma non è più un segreto se me lo dici, Callisto”.

“Mi fido di te. Voglio che tra noi non ci siano più segreti in realtà…”.

“Anch’io.”

“Sì?” Negli occhi di Callisto quante promesse, quante aspettative, quanta voglia e quante scintille verso il futuro.

“Sì.” Aveva solo risposto Temi’ell non riuscendo a sostenere lo sguardo di quel ragazzino con il ghiaccio tra i capelli, limitandosi solo ad annuire a quella domanda carica di parole non espresse a voce. 

Temi’ell sapeva chi era, e chi sarebbe diventato Callisto, un giovane stregone dagli improbabili capelli bianco-celesti, per questo avrebbe voluto restargli vicino, ma non poteva. Lo spirito del mare e la sua essenza di pirata lo chiamavano. 

La magia, che gli scorreva potente dentro, lo tirava lontano da lui, e Temistocle la assecondò e da quel giorno in poi ci furono solo segreti tra lui e Callisto.

 

[1571 words]

 

***

 

Note al testo 

  1. "Συνδιαμάχομαι" (pronuncia "Sundiamakomai") in greco antico significa "combattere insieme fino in fondo".

 

***

 

Note dell’autrice: eccomi di nuovo qua a continuare la storia iniziata quasi per gioco e grazie alla challenge  “Una parola al giorno toglie il blocco di scrittura di torno!” del gruppo Facebook Prompts are the way.

In un anno da aprile 2023 ad aprile 2024 ho scritto quasi una ventina tra One shot e capitoli di altre storie usando i prompts postati. Questa è l’ultima che posto per questa challenge annuale. Ringrazio Alexa e il gruppo Facebook per avermi fatto tornare a scrivere. Per me significa tanto! La scrittura in questo anno mi ha tirato fuori da momenti brutti, mi ha fatto pensare un po’ più con leggerezza ed è stato bello vedere che comunque qualcuno si interessa di ciò che scrivo…

Presto raccoglierò questi ultimi capitoli in una long a parte, anziché lasciarli qua nella raccolta “Papaveri Selvaggi”, perché credo che questa mia nuova evoluzione del rapporto tra Callisto e Vargas, con l’introduzione di nuovi personaggi e di flashback sul passato del nostro stregone preferito, meriti uno spazio a sé.

Fatemi sapere se vi piace questa storia, e cosa ne pensate di Temistocle, lo stregone pirata del passato di Callisto.

Potete dirmi tutto! Accetto critiche, cuoricini, e pomodori!

A presto

Ladyhawke83 

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