Granchi per colazione

di LadyPalma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** Parte 4 ***
Capitolo 5: *** Parte 5 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


Alicent Hightower ha poche certezze nella vita, una di queste, però, è che vuole un bambino. Il problema è che, dopo essere sfuggita al matrimonio combinato con Viserys Targaryen, non ha ingaggiato nessuna relazione seria e, anche se a trent'anni è ancora giovanissima, sa bene che potrebbero volercene altri trenta prima di conoscere l'uomo della sua vita, innamorarsi, portare la storia a un livello serio, decidere insieme di avere bambini, provarci e riprovarci e… No, l'uomo ideale non esiste e i bambini non piovono dal cielo, pensa – anche se la sua migliore amica Rhaenyra, che è sposata con l'uomo perfetto e a ventotto anni di figli ne ha già due che camminano, sembra smentire la teoria.

Sarebbe più semplice se avesse già un uomo accanto, tutto qui, non che stia rimpiangendo Viserys, beninteso. Questo, però, non può essere un motivo valido per distoglierla dal suo proposito, non nel ventunesimo secolo, quando basta avere una discreta somma di denaro da parte (cosa che agli Hightower di certo non manca) e rivolgersi a una clinica di fecondazione artificiale.

È proprio così che, nel giro di due settimane, si ritrova seduta sul suo divano con una birra in mano, forse l'ultima che può concedersi, a sfogliare un catalogo composto da fotografie di uomini dai lineamenti più diversificati e accanto a ognuna un breve elenco di caratteristiche caratteriali, hobby ed elementi genetici degni di nota. Donatori di sperma, è questo il minimo comune denominatore, anche se i forum online di aspiranti mamme single come lei li definiscono spesso come angeli segreti. Dal canto suo, Alicent sbuffa; la verità è che un po' si sente triste ad avere un bambino così, con qualcuno che non vedrà se non in fotografia. E se fosse un serial killer? E se amasse nutrirsi di insetti? E se avesse una insana passione per il bungee jumping? E se, nel tempo libero, sniffasse il deodorante? Non che ci sia necessariamente qualcosa di male in questo – serial killer a parte – però vorrebbe saperlo, ecco tutto.

All'ennesimo sbuffo (circa alla terza ora di consultazione), il catalogo viene chiuso e finisce per diventare l'appoggio di un foglio di carta bianca, dove inizia ad appuntate senza rifletterci troppo i nomi degli uomini che conosce. 

Criston Cole, il suo vicino di casa – di bella presenza, senza dubbio, ma anche dalla testa calda. Non vuole un figlio impulsivo e aggressivo, no grazie.

Arryk Cargyll, suo amico non tanto intimo dei tempi dell'università – di bella presenza anche lui, ma non sembra provvisto di grande intelligenza e poi ha un gemello. Vuole un bambino, ma non sa se è pronta all'eventuale di doverne gestire due.

Tyland Lannister, il responsabile amministrativo dell'istituto dove lavora – bello e anche intelligente, ma è meglio non mischiare lavoro e vita privata, e poi ha un gemello anche lui.

Harwin Strong, il marito di Rhaenyra – innegabilmente bello e sufficientemente intelligente, non ha gemelli e i suoi due bambini provano che il seme è forte.

Rilegge la breve lista che ha appuntato e sospira. Harwin Strong sarebbe un'ottima scelta, ma sarebbe estremamente imbarazzante se i suoi figli fossero i fratellastri dei figli della sua migliore amica. Certo, se avesse davvero sposato Viserys i suoi figli sarebbero stati i fratellastri direttamente di Rhaenyra, ma questa è un'altra storia che non è interessata a percorrere neanche nell'immaginazione. 

E poi… l'illuminazione la colpisce come un fulmine. 

Harwin Strong non ha gemelli, ma ha un fratello. Forse meno bello, ma a suo modo ugualmente affascinante e infinitamente più intelligente. Senza starci troppo a pensare, traccia con la penna rossa una grande X su tutti i nomi e ne scrive uno nuovo, la scelta definitiva.

Larys Strong.




 

Granchi per colazione
– Parte 1 –




 

Non c'è niente di strano in quel sabato sera a casa di Rhaenyra, uno tra i tanti con la stessa piccola compagnia. I bambini sono a letto, il vino di Lannisport fluisce nei calici, Harwin è un mago con il barbecue e suo fratello Larys il solito perfetto conversatore. In attesa della cottura degli ultimi hamburgers, mentre Rhaenyra e Harwin si sbaciucchiano come una coppia di adolescenti nell'altro lato del giardino, lui le parla di una qualità di fiori pregiata che ha fatto piantare lui stesso in quel giardino, un argomento come un altro che mostra la sua varia e ampissima conoscenza in tutti i campi.

"La natura è un tale mistero. Queste sono Malvales, vengono da Bravoos, non avrebbero qui nessuna condizione per fiorire eppure loro fioriscono comunque. La natura, oppure gli sviluppi dell'agricoltura umana, certamente".

Le malvales sono belle e normalmente Alicent avrebbe avuto una risposta intelligente da dire, ma in quel momento non riesce a fare altro che fissarlo in silenzio – come sta facendo, del resto, da tutta la sera – e a ripassare in mente il discorso che si è preparata e che ha intenzione di fargli al termine della serata. Quando, però, lui inclina leggermente la testa e le chiede "Alicent, tutto bene?" con una malcelata punta di ironia che lei non riesce a spiegarsi, le parole le escono dalle labbra in unico flusso di coscienza incontrollato. Ed è imbarazzo e sollievo insieme.

"Ti creerebbe un grande problema essere il padre di mio figlio?"

In tutti gli anni che ormai lo conosce, Alicent pensa di non aver mai visto quell'uomo mostrare così apertamente sorpresa. I suoi occhi blu sono spalancati come se le fossero cresciute due teste (anzi, forse in quel caso sarebbe stato meno stupito) e la mano che regge il Calice gli trema. Va detto a suo onore, però, che riesce a posarlo sul tavolo senza far uscire neanche una goccia e che, quando Harwin torna con un piatto pieno di carne e chiede loro sorridendo di cosa stiano parlando, recupera in fretta la calma (ben prima di lei) e il suo volto è di nuovo una maschera di imperturbabilità.

"Oh, stavo semplicemente mostrando ad Alicent le malvales".

 

*

 

È solo dopo l'ultimo giro di hamburgers, dopo i cicchetti di whisky e il dolce portato da Alicent, dopo i saluti e la promessa di replicare due sabati dopo, che Larys si decide ad affrontare l'elefante nella stanza – anche se ormai si trovano entrambi nella confortevole frescura della notte settembrina, davanti all'automobile di lei.

"Che cosa significa quello che hai detto durante la cena?"

Il tono in cui lo chiede è glaciale, così come lo sguardo che le rivolge, talmente tanto che – a dispetto della fragilità fisica e del bastone – lei si ritrova a pensare che potrebbe ucciderla, magari a colpi di quello stesso bastone. Intimidita, abbassa lo sguardo sulle mani che inizia immancabilmente a torturare come fa sempre quando è nervosa, e senza guardarlo inizia a snocciolare l'intera storia. Il desiderio di diventare madre, l'idea dell'inseminazione artificiale, il catalogo degli sconosciuti e la lista che ha stilato degli uomini che conosce. 

Insospettabilmente Larys spezza il silenzio con una strana risata, ed è quel suono a farle sollevare infine lo sguardo.

"E così, tra tutti quelli che conosci, sarei proprio io il candidato perfetto per trasmettere i miei geni?" riassume sollevando in aria il bastone con fare eloquente, "quelli come me a Sparta li avrebbero gettati da un dirupo, devi essere proprio contraria all'eugenetica".

Alicent lo studia per un istante e finalmente capisce. È chiaramente irritato, ma non per la proposta in sé, bensì perché non riesce a comprendere e la sua logica ferrea lo porta a credere che deve trattarsi di una brutta presa in giro. A questo, alla reazione di lui (a parte il banale responso sì o no) lei non aveva davvero pensato.

"Sei stato tu stesso a dirmi che la tua deformazione al piede non è genetica ma è dovuta a una complicazione del parto" ribatte lei, allora, nel modo più pragmatico possibile, "e sì, se vuoi saperlo, tu sei davvero il candidato migliore. Insomma, hai dei bei lineamenti, una buona costituzione, sei intelligente, hai un buon carattere e, beh, condividi i geni di Harwin e guarda che bimbi deliziosi hanno lui e Rhaenyra!"

Nel sentire l'elenco di tutti quei complimenti, che probabilmente non ha mai sentito in tutta la sua vita, Larys sembra quasi arrossire per un attimo e il suo sguardo, anche se meno ostile adesso, pare dire proprio: Adesso sì che mi stai prendendo in giro. 

"Bambini deliziosi davvero" mormora invece con una punta di sarcasmo, e Alicent gli concede un sorriso. È grata per quella piccola parentesi di sollievo dell'imbarazzo, mentre ritrovano una piccola complicità da alleati nel ricordare i capricci infiniti di Jace quando era più piccolo a cui fino a una certa estensione sono stati esposti entrambi.

"So bene che non sei interessato ad avere figli o una relazione romantica, ma non è quello che ti sto chiedendo qui" riprende poco dopo, "ti sto chiedendo soltanto di darmi una mano e i tuoi geni, o almeno di considerarlo. Vai nella clinica, ti sottoponi a un prelievo di sperma e basta, non devi fare più niente di questo, non sarai coinvolto minimamente in tutto il resto. È un semplice scambio di favori tra amici, vedila così".

Mentre Alicent lo osserva in trepidante attesa, Larys si prende tutto il suo tempo per ponderare la questione. La diffidenza iniziale ha lasciato dentro di lui il posto a una sorpresa ancora maggiore del previsto. Che lei sia convinta della sua proposta e che voglia andare fino in fondo è adesso fuori di dubbio, anche se lui non arriverà mai a capire come tra tante persone lei abbia deciso di chiedere qualcosa di così importante proprio a lui – lui che, per primo, non sceglierebbe mai se stesso come candidato ideale. Non che non sia lusingato. Non è mai stato interessato all'amore o a una famiglia tutta sua, né l'idea di avere un figlio ha mai sfiorato l'anticamera del suo cervello, ma Alicent sì che ha sfiorato il suo cervello più e più volte, anzi ha un intero spazio nella testa dedicato a lei. E, dunque, se davvero non gli è richiesta alcuna presa di responsabilità, allora…

"E dimmi, Alicent, dove sarebbe il mio tornaconto?"

Lei sbatte le palpebre, confusa. "Cosa intendi dire?"

"Hai parlato di scambio di favori, ma uno scambio implica che ci sia un tornaconto per entrambe le parti coinvolte".

Alicent è presa in contropiede. Non aveva pensato neanche a questo, a dover proporre qualcosa in cambio. Ci pensa adesso, in fretta, scartando una ad una le ipotesi che si affacciano nella sua mente: gli Strong sono ricchi quasi quanto gli Hightower, e lui è uno dei avvocati più noti di tutta Approdo del Re e di certo non ha bisogno dell'aiuto di una maestra elementare come lei per un avanzamento di carriera… 

"Non lambiccarti troppo, non chiedo niente di impossibile" le dice, quasi come se potesse leggere l'esatto corso dei suoi pensieri, "ti aiuterò volentieri, per così dire, ma se posso permettermi imporrei questa condizione: un concepimento per via tradizionale".

"Oh. Tu intendi che…"

Larys fa un ampio sorriso, soprattutto quando la vede realizzare pian piano il pieno significato della sua conclusione e, a quel punto, arrossire fino a diventare quasi della tonalità dei suoi capelli.

"Sì, Alicent, ti sto chiedendo di venire a letto con me. Sei la donna più bella che io abbia mai visto, non puoi non saperlo, e io non sono fatto di pietra anche se potrei sembrarlo… sarei un matto a non approfittare di una simile occasione, non credi?"

Soltanto un uomo come lui è forse capace di lusingare e inquietare allo stesso tempo. Manipolatore: questo avrebbe dovuto aggiungere Alicent nella sua lista di considerazioni su Larys, anche se in tutta onestà non immaginava che lui potesse essere attratto sessualmente da lei. Alla luce di questo, farebbe ancora in tempo a rivalutare gli scatti d'ira del suo vicino di casa Criston Cole e a cambiare idea… Se non fosse per il fatto che lei non vuole farlo, e se quella è l'unica condizione che Larys pone, allora…

Prendere o lasciare.

E prendere potrebbe non essere così terribile: se reputa quell'uomo ideale per dare i geni a suo figlio, dovrebbe essere disposta anche ad andarci a letto insieme lei stessa, non è così? Non è così che si sono sempre fatti i bambini, del resto?

"Va bene. Ci vediamo domani sera, da me o da te?"

 

*

 

Nella nottata e nella giornata seguente, a mente più lucida, Alicent si rende conto che in fondo potrebbe aver fatto una scemenza. Adesso che le ore sembrano passare più velocemente del solito e la situazione si rende sempre più concreta, non può negare il fatto di sentirsi spaventata: l'idea di fare sesso con Larys Strong è per lei infinitamente più terrorizzante della decisione di avere un figlio. E non perché lei lo trovi repellente: non ha mai pensato a lui in quel senso, è vero, ma nel farlo ora deve ammettere che è un uomo a suo modo attraente. No, è che di esperienze sessuali ne ha avute ben poche e nessuna piacevole. Se deve essere onesta con sé stessa, parte del motivo per cui aveva pensato di rivolgersi all'inseminazione artificiale è stato proprio per evitare la parte scomoda dell'essere fisicamente in intimità con un uomo. Dopo gli incontri molto sbrigativi e di fatto asettici con Viserys durante il loro fidanzamento ufficiale, ha avuto solo altri due rapporti sessuali, di cui però ricorda ben poco visto che in entrambi i casi era ubriaca marcia.

Una sera soltanto, si ripete mentre si applica con cura il mascara per volumizzare le ciglia o mentre sceglie il completo intimo più sexy che riesce a trovare nel suo cassetto, se dovessi sentirmi male posso sempre tirarmi indietro dopo. E però si prepara al meglio che può, per qualche strana ragione ci tiene comunque ad apparire irresistibile. Sei la donna più bella che io abbia mai visto, le ha detto, ed è da troppo tempo che non riceve un complimento del genere da qualcuno – da qualcuno che non abbia un'età compresa tra i sei e gli undici anni, perlomeno. Sarebbe molto più semplice gestire gli uomini se restassero sempre all'età dei suoi preziosi alunni di scuola.

Ha paura di stare male, talmente tanta da non pensare che l'eventualità peggiore è, invece, quella di stare bene. Perché Alicent quella sera, a dispetto delle sue aspettative e delle esperienze, sta davvero bene.

Si sente bene – quando ad aprirle la porta è un Larys vestito in modo persino più curato del solito, che la scorta verso una tavola apparecchiata quasi con atmosfera romantica.

"Da Harwin facciamo sempre il barbecue, quindi non so bene quali siano i tuoi gusti culinari. Spero il pesce ti piaccia".

Alicent, che nella sua mente non si è neanche immaginata una cena, si lascia servire e riverire con piacere, mentre lui le illustra ogni piatto con la consueta conoscenza ricercata che ha su tutte le cose. Branzino, ostriche, aragoste, salmone… il tutto accompagnato dalle immancabili bollicine. 

"E questi sono i granchi, direttamente da Essos, sono un piatto tipico delle cene più raffinate in Oriente".

Conversare con lui è piacevole come sempre, forse anche di più stasera mentre sono soltanto loro due, e lei inizia a sentirsi abbastanza a suo agio da rivelargli dopo il primo boccone che trova i granchi proprio disgustosi. E lui, invece di sentirsi offeso per quella premura andata sprecata, ride insieme a lei. 

"Ma sul serio, non avresti dovuto fare tutto questo. E mi dispiace per i granchi, da come dici sono riservati a serate speciali".

Larys la fissa con serietà e, se lo fa adesso, lei sente un brivido correrle lungo la schiena.

"Alicent, questa è una serata speciale".

Si sente bene – quando alla fine della cena, prima che lei possa anche solo domandarsi come si evolveranno le cose a partire da quel punto, lui la fa alzare in piedi e, con una forza che lei non si sarebbe mai aspettata, la attira a sé con la mano libera dal bastone e la bacia. È un bacio pieno di desiderio, lo avverte, e però è anche impacciato, esitante, goffo, un bacio da migliorare, che le fa venire voglia di migliorarlo. 

"Mi dispiace non poterti prendere in braccio e portarti nella mia camera da letto di peso, perché mi piacerebbe molto poterlo fare in questo momento" le sussurra sulle labbra, e la sua voce bassa e profonda così vicina le crea nuovi impensabili brividi sulla pelle.

"Non importa" gli dice, ed è vero, perché tanto in camera ci arrivano comunque, una camera che è più minimal di quello che avrebbe immaginato. Si lascia cadere sull'elegante trapunta nera con ricami in oro e lo guarda come ipnotizzata mentre lui la spoglia con una lentezza quasi esasperante, coprendo di volta in volta ogni nuovo centimetro di pelle scoperto con le labbra. Non prende l'iniziativa, non sa esattamente come dovrebbe fare, ma a lui sembra andare bene anche così, non pretende niente da lei, almeno per il momento; così lei chiude gli occhi e si rilassa sotto quel tocco e, prima che possa rendersene conto, si ritrova a mordersi le labbra per impedirsi di gemere. È solo quando lui le sfila anche le mutandine e le spalanca le gambe iniziando a baciarle l'interno coscia, che lei riapre gli occhi, sollevandosi sui gomiti.

"Larys, questo n-non è necessario, voglio dire tu non devi…"

Lui alza appena la testa per guardarla e i suoi occhi sono dilatati a un livello estremo. "So bene che non è necessario, ma questo riguarda la mia parte dello scambio dei favori. Quindi, Alicent, dimmi, mi permetti di leccarti?"

La domanda riesce a eccitarla ancora di più e senza esitazioni si lascia di nuovo andare a lui, che sembra voglia letteralmente divorarla. Lei trattiene ancora i gemiti del piacere inaspettato che prova, ma non quello di disappunto quando lui all'improvviso si ferma. Larys sorride della sua reazione mentre risale con tutto il corpo sopra di lei. 

"Non penserai mica che io ti lasci venire in questo modo, vero?" la provoca, prima di iniziare a sbottonarsi la camicia.

Ed è lì, a metà tra il terzo e il quarto bottone, che Alicent gli afferra le mani e, prima che lui possa dare voce alla sua confusione, prosegue lei stessa a spogliarlo, fino a rimuovergli del tutto la camicia e a passare con dita tremanti a slacciargli anche la cinta dei pantaloni. Quando fa scivolare via anche i boxer, il pene è già in erezione ed è decisamente grande, non che conosca molti termini di paragone. La vista del pene, più di ogni altra cosa precedente, la paralizza, e non tanto per quello che l'aspetta ma per quello che ricorda. La piccola iniziativa che ha preso si vanifica del tutto quando si blocca e fa risalire le mani sulle sue spalle solo per fargli cenno di fermarsi.

"Scusami, mi dispiace, io… ho bisogno di un momento" dice, in maniera non troppo coerente, senza guardarlo. 

È Larys a farle sollevare lo sguardo, posandole due dita sotto il mento. "Guardami, Alicent, guardami, non sono lui" sussurra, e lei comprende subito a chi si riferisce e che non ne dice il nome solo perché non vuole farlo entrare in questo momento. Si chiede come faccia lui a sapere dell'intimità tra lei e Viserys, quando è stata molto attenta a non parlarne (principalmente per vergogna) mai a nessuno. Forse, semplicemente, ancora una volta si dimostra un attento osservatore, capace di unire le tante briciole che lei ha lasciato cadere nel tempo: la smorfia che le appare sul viso ogni volta che Rhaenyra parla di suo padre, il sorriso palesemente forzato che tira fuori di fronte alle battute a sfondo sessuale, il silenzio innaturale in cui cade ogni volta che la conversazione va nella direzione sesso.

A diciannove anni, pudica e innocente qual era anche sulla scia degli insegnamenti religiosi ricevuti, si era fatta convincere da suo padre che il suo amico Viserys Targaryen fosse l'uomo adatto per lei, ma lui era decisamente ancora troppo innamorato della sua ex moglie per vedere in lei qualcosa di più del palliativo di un fantasma. Qualche volta lei finiva per piangere nel buio mentre lui la prendeva e lui neanche se ne accorgeva, qualche volta la chiamava Aemma e a lei veniva voglia di smettere di esistere per davvero.  A ventitré si era tirata indietro da quella relazione disfunzionale, anche grazie alla stessa Rhaenyra, ma dopo c'erano state solo molte brevi relazioni che si interrompevano puntualmente prima dell'evoluzione in senso sessuale oppure, in due casi, subito dopo.

Guardami, le dice però Larys e lei lo fa. 

"Ti sto guardando" dice lei in un soffio, e basta un suo nuovo bacio, pieno di dolcezza, premura e forse venerazione, per farla sciogliere ancora. Basta questo, perché la presa sulle sue spalle cambia direzione: adesso lo stringe per attirarlo più vicino e nel frattempo quasi di riflesso allarga le gambe per permettergli di posizionarsi meglio.

Quando lui scivola dentro di lei lo fa con facilità, trovandola bagnata e aperta come non è stata mai prima. Le spinte sono da subito forti e rapide, dettando un ritmo sostenuto che lei si ritrova, quasi di riflesso, ad incitare. Geme, adesso senza più trattenersi, perché la sensazione del sesso è per la prima volta bella, piacevole, desiderata, e anche se ha la tentazione di fissare il soffitto ed estraniarsi da quello che sta succedendo al suo corpo, farlo è impossibile se lui le tiene gli occhi incollati addosso, se continua a sussurrarle quanto sia splendida, quanto l'abbia desiderata, o semplicemente Alicent, Alicent, Alicent. 

Si sente bene – quando lui rallenta appositamente i suoi movimenti per prolungare l'amplesso il più possibile e lei finalmente scopre che cosa significa provare un orgasmo, appena una manciata di secondi prima di sentirsi riempita dal piacere di lui. Proprio quello che di cui ha bisogno, eppure, per assurdo, non è ciò a cui pensa in quel preciso momento. 

"Larys, grazie" si ritrova a dire mentre lo sente allontanarsi per sdraiarsi al suo fianco. Non sa neanche lei per cosa, però, per aver accettato di aiutarla nel suo desiderio di maternità forse, o molto più semplicemente per essere riuscito a tramutare un trauma in qualcosa di infinitamente piacevole. 

"Non devi ringraziarmi, si tratta di uno scambio di favori" replica lui in tono all'improvviso asciutto, quasi freddo. Ma è una freddezza che lei non ha nemmeno il tempo di elaborare, perché l'istante dopo la sta accarezzando di nuovo, quasi come se volesse cullarla, e lei è talmente stanca, appagata e confusa da non riuscire a pensare più a niente. Si addormenta tra le sue braccia, ancor prima di domandarsi se non sia il caso o meno di rivestirsi e tornare a casa.

 

*

 

La mattina dopo il risveglio è frenetico: Alicent recupera le sue cose e si veste al volo, ancor prima di guardare l'orologio. Non è il possibile ritardo a scuola che la spaventa, quanto l'indugiare ancora in quella casa. Si prepara a raggiungere l'ingresso quasi come una ladra, ma prima che possa superare la cucina, Larys la chiama con voce quasi squillante, come se non fossero anche per lui le 7 del mattino. 

"Buongiorno, dormito bene?" le chiede e non per la prima volta lei si domanda se sta soltanto immaginando oppure no l'inflessione divertita nel suo tono. "C'è del caffé".

Alicent accetta e lo beve in un solo sorso, senza neanche sedersi. "Bene, grazie. Io passo da casa prima di andare a lavoro e–" 

La frase le muore sulle labbra quando lo guarda e si rende conto di cosa lui stia facendo. Sta inzuppato gli avanzi del granchio della sera precedente nel caffè: la cosa più abominevole del mondo, oppure, a giudicare dalla persona che ha di fronte e dall'espressione soddisfatta, la più raffinata. 

"Stai davvero mangiando i granchi a colazione?"

"Sì, sono ottimi. Vuoi dare loro una seconda occasione?" E stavolta il divertimento della sua voce è palese, quindi lei scuote la testa fingendosi più orripilata di quanto in realtà non sia, e ancora una volta si stupisce di come la tensione riesca ad allentarsi con molto poco insieme a lui. Forse è per questo che alla fine, mentre ormai ha già iniziato a camminare verso l'uscita dell'appartamento, decide di tornare indietro e di andare fino in fondo.

"Sai, Larys, stavo pensando che… beh, è alquanto improbabile che siamo riusciti nell'intento al primo tentativo, quindi sarebbe opportuno riprovare più volte, non credi?"

Lui la fissa come se non stesse aspettando altro, e lei per un istante non si riconosce più.















 

NDA: La storia partecipa ala challenge "Gruppo di scrittura!" indetta da SeveraCrouch sul forum "Ferisce più la penna". L'obiettivo è scrivere e pubblicare un capitolo di una long il 15 di ogni mese; il secondo capitolo sarà pubblicato il 15 maggio. 

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


 

Granchi per colazione
– Parte 2 –






Cadere in una routine con Larys è terribilmente facile, effetto inversamente proporzionale a quanto sia difficile, invece, definire lo stato delle cose tra loro. Il sesso riesce a essere sempre una scoperta – Alicent non credeva potessero esistere certe posizioni – e, per quanto lei sia palesemente inesperta, dal modo in cui lui si comporta sembra che siano sperimentazioni anche per lui. Eppure, allo stesso tempo, diventa sempre più un territorio conosciuto, tanto che Alicent ha smesso ormai del tutto di bloccarsi o di tremare, e anzi si sente così sicura da voler essere lei il più delle volte a prendere il controllo e a dettare i tempi. 

Fanno sesso almeno una volta alla settimana, più volte nella stessa nottata, e così passano le settimane, i mesi. Ma, d'altro canto, il sesso non è mai soltanto sesso: sono cene e colazioni (senza più granchi), conversazioni lunghe e stimolanti, tanto impegnate quanto frivole, condivisioni di momenti della reciproca giornata, e addormentarsi pelle contro pelle come se fosse la cosa più normale del mondo. E sono complici più del solito durante le cene a casa di Harwin e Rhaenyra, quando devono fingere che nulla nel loro rapporto sia cambiato mentre invece è cambiato tutto – e allora si rubano mezzi sorrisi e sguardi eloquenti che vogliono dire "ci prendiamo gioco di loro" e intanto, senza saperlo, si prendono ancora un po' più gioco di loro stessi.  

"Dovremmo provare a cambiare menù, Rhae, altrimenti cominciamo a diventare davvero noiosi".

"Non potresti mai diventare noioso, amore, sei talmente macho mentre cucini le costolette che potresti esserlo di più soltanto se fossi andato tu stesso a caccia di selvaggina!"

I due sposi non perdono occasione per amoreggiare – frangenti in cui noiosi rischiano di esserlo per davvero – e Larys la coglie per lanciare una frecciatina.

"Si potrebbe provare una cena a base di crostacei, che ne pensi, Alicent?"

Lei non può fare a meno di rispondere tacitamente con un'occhiataccia, mentre finge indifferenza. "Non li amo particolarmente, no".

"Che peccato, neanche i granchi? Eppure dovresti davvero dare loro una seconda occasione".

Alicent spalanca appena gli occhi a quel riferimento fin troppo esplicito, di cui perfino gli altri due colgono a questo punto la stranezza. "Di cosa state parlando, voi due? Hai mangiato dei granchi, Alicent?"

Sospetta che lui l'abbia fatto apposta, anzi ne è certa. Si diverte a creare di tanto in tanto delle situazioni ambigue, quasi per spingerli alla tensione, al rischio di parlare troppo e di attirare attenzione, soltanto per il gusto di rendere le cose meno semplici e, forse, di farle ricordare in ogni momento che cosa succede tra di loro quando nessuno li guarda, che cosa succederà anche quella sera stessa nel giro di un'altra ora. 

"Oh, è stato solo un assaggio, sai, la mia collega Joanna voleva provare il ristorante di Bravoos vicino la scuola. Lo stavo raccontando a Larys prima, mentre voi stavate vicino al barbecue".

Rhaenyra simula un tono di rimprovero, ma mentre parla sta già ridendo. "Sono offesa, pensavo mi raccontassi tutto della tua vita, Ali! O stai pensando di rimpiazzarmi con Joanna Lannister?"

Il sorriso di Alicent è inevitabilmente forzato, pensando a quanta verità ci sia in fondo dietro quell'innocente ironia. È vero che a Rhaenyra è abituata a dire quasi tutto (dove il quasi sono sostanzialmente i dettagli della storia passata con suo padre, quando si erano allontanate), ma non saprebbe come dirle che da tre mesi va a letto con suo cognato, al quale ha chiesto esplicitamente di donarle il suo sperma. Per i Sette dei, se è ben noto il suo desiderio di diventare madre, non le ha neanche detto che sta progettando di diventarlo concretamente a breve. È proprio una lunga storia, del resto, e per il momento ha tutta l'intenzione di tenersela per sé. 

 

*

 

I segnali sono gli stessi che si vedono nei film: un paio di giorni di ritardo nel ciclo mestruale che diventano tre e poi quattro, leggere nausee mattutine e una sonnolenza fuori dal comune – più uno su cui la narrativa romantica spesso tace: Alicent non riesce a contare le volte in cui ha dovuto lasciare la sua classe con la bidella per correre in bagno a urinare.

E, per quanto si sforzi di non correre con la fantasia, di pensare che potrebbe esserci dietro lo stress, una cistite, o il freddo di dicembre, al quinto giorno di ritardo passa in farmacia e ne esce con tre test di gravidanza di tre marche diverse. Aspetta di tornare a casa, di correggere i compiti dei bambini, di prepararsi perfino la cena, ma paradossalmente sono i minuti a fissare i bastoncini di plastica l'unica vera attesa interminabile. A onor del vero, non le dispiace affrontare quell'incertezza da sola (anche se il sangue sulle sue dita a furia di torturarsi le pellicine sembra dire il contrario), ma le dispiace e tanto non poter condividere la successiva immensa gioia del risultato, perché tutti i test danno lo stesso responso: sì, Alicent è incinta. Nessuno sa ancora del suo progetto – non Rhaenyra, non suo padre – e vuole prendersi del tempo prima di renderlo pubblico, anche se questo la rende di fatto priva di qualcuno con cui confidarsi.

L'unico a cui può dirlo è Larys, l'unico a cui forse sente di doverlo anche dire, e non solo perché almeno a livello tecnico è qualcosa che lo riguarda ma anche perché la sera dopo dovrebbero vedersi per un nuovo tentativo e… Quel pensiero la colpisce all'improvviso ed è un piccolo sasso di inaspettata tristezza lanciato in un mare di prevista felicità. Pensa al completino intimo di pizzo ancora mai indossato nel suo cassetto, all'idea scherzosa ma non troppo di Larys di provare un gioco di ruolo la prossima volta, e non può fare a meno di ammettere con sé stessa che la fine di quella parentesi le dispiace. Anche se è sempre stato soltanto uno scambio di favori. Anche se è solo sesso che però non è mai mai mai solo sesso. Il punto è che Larys Strong non l'ha soltanto aiutata materialmente a diventare madre, ma le ha anche ricordato che è essere donna significa anche avere un corpo e delle pulsioni e dei desideri fisici, una scoperta a cui le dispiace rinunciare ora.

È per questo forse che, quando finalmente afferra il telefonino per comporre un messaggio (non si sente in grado al momento di gestire una chiamata), risulta insolitamente molto più distaccata e asettica di quanto vorrebbe.

Non è più necessario vederci domani – allegando una foto di uno degli stick di plastica.

Larys visualizza quasi subito, ma passano cinque minuti (un'altra attesa interminabile) prima che arrivi una sua risposta.

Congratulazioni – asettico anche lui. E una manciata di secondi dopo, "sta scrivendo" che appaiono e scompaiono: Festeggi con una cena a base di granchi?

Alicent si lascia sfuggire un sorriso, dal vivo, anche se in chat non risponde. La sera dopo la passa rannicchiata sul divano a mangiare pizza e a guardare in TV l'ennesima replica del musical dei Miserabili.

 

*

 

Le due settimane successive nella vita di Alicent sono dense di novità. La prima visita in gravidanza dalla ginecologa con un primo quadro di tutti i controlli futuri che l'attendono è il simbolo chiave del nuovo status quo a cui deve abituarsi, malesseri inclusi. Rispetto a quanto ha letto nei forum e visto attraverso Rhaenyra, potrebbe ritenersi quasi fortunata, perché la nausea (il sintomo peggiore) non arriva mai a tramutarsi in vomito; vero, però, che mangia pochissimo e la maggior parte delle cose che consuma abitualmente le dà il voltastomaco. Ciò che la preoccupa,di questo, è la possibilità di perdere peso e non riuscire ad alimentare il bambino che è nel suo grembo: è madre da appena cinque settimane – così le conferma la dottoressa – e già le sue priorità sono cambiate. Se avesse la certezza che il suo bambino sta bene, allora per quanto le riguarda potrebbe anche continuare a cibarsi di soli grissini per nove mesi interi. 

In tutto quel tempo, Larys non le scrive per niente e lei non ci fa quasi caso. O meglio, se ne accorge, ma non ci pensa quasi mai. Per questo, quando vede apparire il suo nome sul display nella notifica di Whatsapp, le sembra all'inizio di aver preso un abbaglio. Invece lui le ha scritto davvero ed è un messaggio innocente, apparentemente quasi banale.

Ci vediamo stasera dai ragazzi.

 

*

 

"Abbiamo fatto passare tre sabati, è incredibile! Jace ha preso la febbre, quindi Luke ha preso la febbre, quindi Harwin ha preso la febbre e io… sono quasi impazzita!"

"L'onere di avere dei bambini! Voi due approfittate di non avere ancora messo su famiglia per evitare questi effetti domino di salute!"

Il saluto con cui i padroni di casa la accolgono è già un pessimo presagio dello sviluppo della serata. In alcun modo Harwin può sapere della sua gravidanza, quindi l'aver unito Alicent e Larys in un generico "voi" nella stessa frase con la parola bambini deve essere soltanto una ironica, inquietante e imbarazzante casualità. 

La risposta di Larys, comodamente seduto sul divano del soggiorno con un Long Island rivisitato a suo modo in mano, casuale non è. "Non c'è pericolo per me, mio caro fratello, tutti sanno che non ho alcuna intenzione di diventare padre".

Se Alicent è riuscita a rimanere quasi impassibile prima, adesso non può fare a meno di sentirsi avvampare, specialmente se, mentre cerca in tutti i modi di non incrociare lo sguardo di nessuno, Larys la fissa in maniera aperta. Quindi, si ritrova a tossire, un po' per cercare di riprendere un contegno, un po' perché si sente davvero come se le stesse andando di traverso il niente. 

"Tutto bene, tesoro?" le chiede Rhaenyra, posandole con premura una mano sulla spalla e porgendole con l'altra un bicchiere con del liquido non meglio identificato, ma sicuramente alcolico, dentro.

"Oh, non per me, non posso bere stasera. Sto prendendo un antibiotico per… la mia tosse" dice, sciorinando la scusa che si è già preparata durante il tragitto, poi fissa Larys di rimando. "Io non ho bisogno di avere figli per ammalarmi, ahimè, vivo già circondata da bambini, in ogni caso".

Lui si limita ad accennare un sorriso, prima che i padroni di casa prendano, per fortuna, il comando della serata. Ed è una serata che passa in allegria, nonostante Alicent non tocchi né alcol, né cibo, adducendo come scusa un altro inesistente pantagruelico pranzo con Joanna Lannister, mentre la verità è che il suo amore per la carne rossa sembra essersi dissolto. Per quanto riguarda il suo rapporto con Larys, se nei mesi precedenti la difficoltà era nascondere come il loro rapporto fosse diventato decisamente più intimo, adesso il problema al contrario è fingere che non ci sia alcun velo di estraneità e freddezza, nessun imbarazzo. Larys, con il suo tono modulato e la sua espressione indecifrabile, è il più bravo tra i due, perciò lei si limita ad ascoltarlo parlare, a lasciarsi trascinare passivamente dai suoi discorsi, parlando solo quando necessario. Perché lui parla del più e del meno, di mille svariati argomenti come sempre, come se non fosse accaduto mai nulla tra loro – però la guarda con insistenza e, quando un Jace assonnato le si siede sulle ginocchia per farsi coccolare, lo fa persino di più.

"Sembri strana, hai… non so, qualcosa di diverso, ma non riesco a capire cosa" le dice Rhaenyra al momento dei saluti, ma Alicent se la cava almeno per ora adducendo la stanchezza e lo stress come scusa.

Con Larys, invece, la situazione è ancora una volta diversa, perché il piccolo tragitto tra la villetta e le automobili li vede camminare fianco a fianco, per la prima volta soli dopo la notizia. È quasi come se si stessero adesso incontrando per davvero ed è lì, infatti, che la maschera di lui sembra mostrare una lieve crepa.

"Come stai, intendo, come stai davvero? Non hai toccato cibo questa sera, eppure Harwin ha trovato finalmente l'esatto punto di cottura della carne stavolta, un vero peccato che tu non l'abbia assaggiata". 

Lo chiede in modo casuale, con lo sguardo fisso davanti a sé, ma c'è una impercettibile inflessione nella voce che è molto più che semplice curiosità. 

"Sto bene, ma quasi tutti i cibi mi danno la nausea, e non so bene come ho fatto a non scappare in bagno alla vista del barbecue" risponde lei, sforzandosi di mantenere un tono leggero e abbozzando anche una leggera risata.

Sorride ancora quando posa la mano sulla maniglia della macchina, pronta ad aprire la portiera, ma prima che possa farlo, l'uomo le afferra il braccio all'improvviso con la mano libera dal bastone, costringendola a voltarsi di nuovo verso di lui.  Sarebbe impossibile pensare che risentire il contatto con il suo corpo, ritrovare i suoi occhi chiari così vicini, non le dia i brividi (e non solo di freddo), e una sensazione simile deve provarla anche lui che indugia per svariati secondi semplicemente a fissarla e a tradurre la presa sul suo polso in una lenta carezza con i suoi polpastrelli.

"Voglio che tu sappia che puoi rivolgerti a me per qualsiasi cosa. Se hai bisogno di qualcosa…". Lascia la frase in sospeso ma non smette di guardarla, e se rimuove la mano dal suo polso è solo per portarla lentamente verso il suo collo. Con la difficoltà dall'avere una sola mano a disposizione, le sistema con cura la sciarpa e le tira su il cappuccio del cappotto, come farebbe lei probabilmente con uno dei suoi piccoli alunni. "So bene che la tosse è finta, ma dovresti comunque coprirti bene. Non mi sembra l'ideale unire le nausee ai sintomi influenzali".

Alicent non dice nulla, quasi imbambolata di fronte a quell'offerta e a quel gesto apparentemente banale eppure a suo modo denso di significato. Annuisce appena mentre lui fa un passo indietro e poi, dopo averle augurato la buona notte, le dà le spalle avviandosi verso la propria auto. Solo allora, dopo un paio di quei passi strascicati, lei ci ripensa.

"Larys!" Quando lui torna a voltarsi, la trova sorridente eppure allo stesso tempo esitante. "A dire il vero, ho qualcosa da chiederti. Sapresti dirmi dove posso procurarmi i granchi?"

 

*

 

Se Larys ha creduto si trattasse di uno scherzo, deve ben presto ricredersi. Dopo aver sentito la stramba richiesta di Alicent, si è presentato il giorno dopo a casa sua con due porzioni di granchi prese d'asporto dal suo ristorante bravoosiano di fiducia, e adesso è seduta davanti alla penisola della sua cucina intenta a divorarli tutti. A onor del vero, ha tirato fuori due piatti (uno anche per lui), ma dal primo momento in cui l'ha vista prendere il primo morso con una inedita soddisfazione, l'uomo non è riuscito a fare altro che guardarla quasi ipnotizzato – e lei ne ha approfittato per finirli tutti. E chela dopo chela, morso dopo morso, l'iniziale divertimento di Larys si tramuta in autentica meraviglia e in una strana, inspiegabile sensazione di tenerezza. Perché lei sta mangiando con gusto, con brama, qualcosa che fino a poco tempo prima diceva di odiare, e la spiegazione – la folle, traumatizzante e terrificante spiegazione – non può essere altrimenti che nella cosa invisibile che sta crescendo nel suo ventre ancora piatto. Ecco perché, se in un'altra qualsiasi occasione, probabilmente lui le avrebbe fatto notare quanto ha sempre avuto ragione oppure, addirittura, avrebbe sorriso di fronte all'ironia della situazione, adesso resta solo immobile e in silenzio. È come se la gravidanza diventasse più tangibile e reale chela dopo chela, morso dopo morso; quella è la prova che qualcosa di nuovo, di diverso è dentro di lei e, soprattutto, che quel qualcosa è in parte suo. È un pensiero assurdo, ma in qualche modo lei non è mai stata così bella come in quel preciso istante. 

E Alicent, inconsapevolmente, dà voce a quella stessa catena di pensieri, rompendo il silenzio quasi sovrappensiero. "Sia messo agli atti che li trovo ancora disgustosi, ma in nome dei Sette Dei non riesco a smettere di mangiarli, ed è l'unica cosa che praticamente riesco a tenere nello stomaco. Si vede proprio che è tuo figlio". 

Il sorriso le si gela sul volto nello stesso momento in cui spalanca gli occhi e resta quasi paralizzata con l'ultima chela in mano ferma a mezz'aria, quando si rende conto di cosa ha esattamente detto. È qualcosa di ovvio che sanno benissimo entrambi, eppure non è mai stato esplicitato in modo così palese: sì è parlato di "aiuto", "favore", ma figlio è un concetto che, pur chiamando le cose con il proprio nome, sottintende una situazione che non esiste.

"Scusami, io non volevo intendere –"

Larys, seppure visibilmente toccato in qualche modo dalla frase, solleva una mano in aria come per scacciare una mosca. "Non hai detto nulla di male, tecnicamente lo è" dice, con la solita fredda calma, "non sarò suo padre, ma lui è mio figlio, una pura questione di geni".

Alicent annuisce, appigliandosi a quella risposta per lasciarsi indietro l'imbarazzo per la verità scomoda che le è uscita di bocca senza pensare, ma segretamente non può non domandarsi se lui ci creda davvero. Scambio di favori, questione di geni, è tutto così semplice e logicamente diviso in perfetti compartimenti stagni per lui? Eppure sa di non immaginare il modo in cui la guarda, e lo sa perché è proprio quello sguardo a farle pensare che no, per lei non è tutto così semplice. 

Del resto, non può fare a meno di ricordare che, soltanto poche settimane prima, in questo momento sarebbero già stati a rotolarsi tra le lenzuola, con le labbra incollate e, se ci pensa abbastanza, riesce quasi ad avvertire le sue mani sapienti sul proprio corpo che–

"Alicent". 

Lei rialza lo sguardo con un movimento repentino sentendosi chiamare, e quando lo fa lo vede accennare un sorriso beffardo, come se ancora una volta lui potesse avere accesso al filo dei suoi pensieri.

"Ho letto un articolo scientifico molto interessante l'altro giorno… pare proprio che  secondo diversi studi scientifici avere degli orgasmi in gravidanza sia molto utile per rilassare il canale vaginale per facilitare il parto, oltre che allentare lo stress derivante dai capovolgimenti ormonali".

Parla in tono modulato, con un lessico scientifico e asettico che dovrebbe simulare distacco, eppure c'è qualcosa nel suo tono che svela divertimento, compiacimento quasi. E c'è qualcosa nel suo sguardo che indica esattamente che tipo di proposta vorrebbe avanzare.

"Interessante" replica con qualche secondo di ritardo lei, in tono più acuto del normale, "quindi, tu stai forse proponendo di–"

"Te l'ho detto: se posso esserti utile in qualsiasi modo sono disponibile e, quando ho accettato di aiutarti a diventare madre, mi sono in effetti incaricato implicitamente di assisterti anche nel corso della gravidanza. Per cui, sentiti libera di usarmi come umile strumento".

In quel momento Alicent ne è certa: lo odia. Lo odia perché sembra indifferente e calmo anche quando parla di sesso, perché riesce a rendere anche la possibilità di scopare la parte di una sottile trama più complessa, perché parla sempre come se si trovasse in tribunale – e a lei tutto questo, lui, eccita da impazzire.

Quando risponde (e la risposta è sì) non è la mente che decide, ma la pulsione che già avverte tra le gambe. Larys sorride ancora di più e poi, senza altro indugio, accosta la sua sedia più vicina a quella di lei.

"La regina ha espresso un desiderio" le sussurra con leggera ironia, prima di infilare una mano sotto il tavolo, dentro i pantaloni morbidi e ampi della tuta che lei indossa. 

La accarezza lentamente, senza fretta, aprendola come se fosse un fiore, e fissandola dritto negli occhi finché non li vede scurire e dilatarsi sempre di più.

Non chiede niente in cambio, mentre lei gode immobile sulla sedia – soltanto di urlare il suo nome quando raggiunge il picco del piacere. E lei sa che lo avrebbe fatto comunque.

 

*

 

I termini del nuovo accordo tra loro sono cambiati, anche se non sono più così palesi. Si incontrano come prima, anche se Alicent ha già ottenuto ciò che voleva e Larys ciò che voleva sembra non volerlo chiedere più. Si accontenta di passare ancora tempo con lei, cenare insieme e poi, immancabilmente, di consumarle il corpo con le mani e con la lingua. Gli piace notare ogni singolo minimo cambiamento, come ad esempio i suoi seni sono già più sensibili e appena più gonfi, o come il suo ventre si sta impercettibilmente arrotondando, o come addirittura il suo sapore gli sembra diverso. Mentre produce in lei un piacere fisico, questo è il piacere che ci ricava lui: conoscerla in ogni particolare, in ogni centimetro di pelle, e solo conoscere qualcuno, secondo lui, significa davvero possederlo. 

È una nuova routine, dai contorni più indefiniti e i confini più labili, tanto che ogni piccolo mutamento diventa uno sconvolgimento ma, allo stesso tempo, è inevitabile. E non c'è più sconvolgimento maggiore, forse, di quando Alicent si presenta da lui un pomeriggio senza alcun preavviso. È la prima volta, così come è la prima volta che è lei che sembra voler prendere l'iniziativa, anche se in modo esitante e inizialmente goffo. Non dice nulla di troppo particolare – "Spero di non disturbare"; ma Larys non ha bisogno di ulteriori esplicite parole – "No, non mi disturbi affatto". 

Si scosta dalla porta per farla entrare e poi, oltrepassando senza un secondo sguardo il tavolo pieno delle scartoffie inerenti al nuovo processo che sta seguendo (e su cui non riuscirebbe più a concentrarsi, in ogni caso), si dirige verso il divano e la  invita a raggiungerlo. Si siede con calma, appoggiando entrambe le mani sul bastone e guardandola poi dal basso verso l'alto con un'espressione di lieve confusione, dato che lei è rimasta immobile, in piedi, in un vestito verde smeraldo che lui non riesce a smettere di fissare.

"Alicent, vieni a sederti. Non mi aspettavo una tua visita, dimmi, a cosa devo questo piacere?"

La situazione, che vede il comando e il controllo detenuti da lui (nel domandare, nel guidare, nell'alludere) si ribalta quando, ancora senza dire una parola, lei finalmente lo raggiunge. Gli sfila il bastone dalle mani e poi, prima che lui possa prevederlo, lei si siede – non sul divano, ma su di lui, a cavalcioni. Larys accenna un sorriso sorpreso, ma senza esitare le accarezza le gambe, soffermandosi sul bordo delle parigine che indossa. Mentre lui inizia la sua abituale lunga, dolce tortura, Alicent armeggia con la chiusura dei suoi pantaloni, insinuando una mano nei suoi boxer e liberando del tutto il suo pene, che non necessita di più di qualche tocco delle dita per essere già sveglio. Stavolta, tanto i movimenti di lui sono lenti e precisi, quanto quelli di lei sono veloci, frenetici; e, dal modo in cui muove il bacino per sfregarsi contro la sua erezione, diventa chiaro che non è intenzionata a essere soltanto toccata questa volta.

"Alicent, non–"

"Shh" sussurra al suo orecchio, prima di mordicchiargli il lobo e affondare le mani tra i suoi ricci scuri, "Ho chiesto alla mia dottoressa e mi ha assicurato che la penetrazione non costituisce alcun pericolo per il bambino".

Non ha detto nulla di particolare, ma il semplice sentire la sua voce all'orecchio e alludere a quello che vuole in quel momento da lui, lo eccita se possibile ancora di più, mentre la aiuta a sfilarsi le mutandine e controlla con un dito che sì, è decisamente pronta anche lei. È Alicent a tenere il controllo però, guidandolo dentro di lei e dettando il ritmo, ed è quasi paradossale che lui le affetti i fianchi quasi per trattenerla, per farla andare più lentamente, come se temesse ancora di poterle fare del male.

Alicent non è mai stata così – così audace, così vogliosa; e anche Larys non è mai stato così – così attento, così premuroso. Questa singola volta è diversa da tutte le altre, priva di scuse apparenti o di necessari pretesti; anche se è un incontro frettoloso e improvvisato, tanto che loro sono entrambi del tutto vestiti, è un fare l'amore più di quanto lo sia mai stato mai prima. Si vogliono e basta – è questa la verità nuda e cruda che entrambi si rifiutano di analizzare.

"Mi sei mancata, Alicent, mi sei mancata così tanto".

"Anche tu".

Sono sussurri persi tra i respiri affannati nell'oblio del piacere, un'altra verità che faranno finta di non aver mai pronunciato.

 

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Capitolo 3
*** 3. ***


Granchi per colazione
– Parte 3 –




 

Le settimane si susseguono rapide tra gli impegni quotidiani, il lavoro e gli incontri tra loro due che sono sempre più frequenti e intimi. Il tempo sembra volare, ma il segno tangibile è il ventre di Alicent che inizia a mostrarsi – lei s'incanta spesso davanti allo specchio a guardarsi di profilo – e i vestiti che ormai non le stanno più. È arrivata al quarto mese di gravidanza e quasi non se n'è accorta, o forse ha finto di non farlo, custodendo solo per se stessa (e per Larys) il segreto di quella nuova vita, e rimandando ancora un po' il momento in cui dovrà spiegarlo a qualcuno.

Ora, però, quando vede che anche la maglia più larga che ha non riesce più a camuffare del tutto la sua nuova rotondità, capisce che quel momento è arrivato e, in unico slancio di coraggio, prende la decisione di comunicarlo nella stessa settimana sia ufficialmente a lavoro (anche se ormai le voci sul bambino della maestra Alicent hanno iniziato a circolare anche tra gli stessi bambini), sia a agli amici più cari. Per suo padre ha bisogno di ancora più tempo. Tuttavia, la prima persona a cui sceglie di dirlo – e non sa neanche lei se è perché è il momento più facile o quello più difficile – è Rhaenyra. Si presenta quello stesso pomeriggio appena dopo scuola nella villetta degli Strong e stavolta le basta rimuovere il cappotto e portare quasi per caso una mano sul ventre per vedere gli occhi della sua migliore amica spalancarsi di fronte all'improvvisa illuminazione.

"Ali, per i Sette Dei, ma… come è possibile?" 

Harwin scocca un'occhiata divertita a sua moglie, anche se appare sorpreso a sua volta. "Credo tu sappia benissimo come è possibile, amore. Anche se, in effetti, non avevamo idea tu frequentarsi qualcuno…"

"Non frequento nessuno, e a dire il vero il come è leggermente diverso dal solito" precisa Alicent con un sorriso un po' forzato, prima di raccontare brevemente una versione alternativa ed edulcorata degli eventi, quella in cui ha proceduto con l'inseminazione artificiale e ha scelto un donatore anonimo dal catalogo.

Tenta di mantenere un tono allegro e tranquillo, anche se le pellicine torturare sulle sue dita sono il sintomo della sua latente agitazione. Nonostante sappia che la sua amica è di mentalità molto aperta, una parte di se stessa (quella che una libertà dai preconcetti e dalla morale sociale non l'avrà mai) teme il giudizio, per voler diventare una ragazza madre e per essere del tutto incapace di trovarsi un uomo decente con cui iniziare una famiglia nel modo normale. Sa che Rhaenyra non lo penserebbe mai, ma suo padre lo farà, lei stessa talvolta lo fa.

Ma la paura si scioglie insieme al sorriso contento di Rhaenyra e all'abbraccio in cui la stringe. Le dice che è fiera di lei, che sarà un'ottima madre, e che lei e Harwin saranno lì a supportarla in qualsiasi momento, per qualsiasi cosa.

"Saremo entrambe mamme, pensa! Luke e il tuo bambino si porteranno solo… quanto? Due anni e mezzo? Sarà bellissimo, cresceranno come se fossero cuginetti!" prosegue Rhaenyra e, dannati ormoni, Alicent non riesce a trattenersi dal piangere e ridere contemporaneamente. Non sai quanto sarà così, non può fare a meno di pensare.

Proprio in quell'istante – mentre Alicent ride con gli occhi lucidi, Rhaenyra le stringe le mani e Harwin riempie i calici di succo di frutta per brindare alla splendida notizia – una voce irrompe nell'ingresso, una voce che tutti loro (e Alicent una volta di più) riconoscerebbero tra mille.

"Quante volte ti ho detto di non lasciare la porta aperta così, caro fratello, la criminalità nella zona sta aumentando e–" La figura ben nota di Larys si affaccia ben presto alla porta del soggiorno e lì rimane immobile per qualche istante, interrompendo anche la frase che stava pronunciando, mentre sposta rapidamente lo sguardo su tutti i presenti. "Sembra che mi stia perdendo qualcosa di importante. Di cosa si tratta?" 

È Harwin il primo a reagire e, dopo aver chiesto con uno sguardo il permesso a Alicent, si fa carico di comunicare la notizia anche al fratello, usando una cautela e una premura che fanno quasi sorridere Larys. Si chiede per un attimo cosa avrebbe provato davvero nello scoprire in quel modo della gravidanza, se lei non si fosse mai rivolta a lui e se quel bambino non fosse stato il suo; adesso, invece, gli tocca il ben più semplice compito di fingere indifferenza – ma non troppa – e stirare le labbra in un sorriso di circostanza, mormorando delle congratulazioni di rito. Accetta il bicchiere che Harwin gli porge, unendosi a quel brindisi analcolico improvvisato, e poi resta in silenzio e sullo sfondo mentre le due donne iniziano a parlottare di ecografie, vestitini e culle, e fingere indifferenza è appena più difficile perché vorrebbe invece ascoltare attentamente, vorrebbe essere lui a parlare con lei di queste cose, pure se a conti fatti non dovrebbe interessargli. Si alza sul finire del dibattito "Aspettare di sapere il sesso del bambino per dipingere le pareti della stanza, oppure scegliere un colore neutro come il giallo", e l'ultima cosa che sente prima di uscire è una scherzosa manifestazione di gelosia, non sua: "Non l'hai detto prima a Joanna Lannister, vero?".

O meglio, è la penultima cosa, perché Harwin lo segue e chiude la porta del soggiorno alle sue spalle. "Allora?" domanda in modo eloquente, mettendo le braccia conserte – posizione che lui ha sempre creduto (a torto, secondo Larys) fosse in qualche modo intimidatoria. Magari con qualcuno funziona, con lui no.

"Allora cosa, fratello?" ribatte Larys, anche se sa benissimo a cosa quella domanda allude, ma è più divertente e comodo fingere il contrario, mostrare di essere come sempre in controllo.

Harwin, infatti, sbuffa e scioglie le braccia. "Andiamo, la donna di cui sei innamorato sta avendo un bambino, non puoi farmi credere che la cosa non ti tocchi. Credi che non abbia capito che praticamente vieni da anni a cena il sabato da noi solo per poter vedere lei?"

Larys, che già stava per incamminarsi verso il portone d'ingresso, si volta di scatto verso il fratello con un'espressione truce e il primo istinto lo conduce a lanciare un'occhiata verso il soggiorno per verificare che la porta che li divide dalle due donne sia ben chiusa.

"Io non sono innamorato di Alicent" dice in un sussurro che gli esce più come un sibilo, "e anche se fosse, sarebbe del tutto irrilevante. Ti sarei grato se non proiettassi su di me le tue svenevoli fantasticherie romantiche".

Harwin annuisce piano, poi inaspettatamente ridacchia, "Ah, fratellino, forse se non avessi usato così tanta enfasi ti avrei anche creduto", e gli stringe una spalla con quel fare paternalistico che Larys ha sempre odiato, ma che, di fatto, accetta soltanto da lui – anche se non questa volta. Si scrolla la mano di dosso con una certa irritazione e poi se ne va. Nel tragitto in automobile e ancora dopo, mentre cena, mentre rivede le prove del caso Bolton, perfino mentre ascolta Strauss, si dice che da oggi in poi deve imporsi di essere più controllato, più distante, perché lui ha bisogno di restare concentrato su ciò che è davvero importante – i suoi casi, il suo nome, i suoi progetti – e non è di certo uno stupido.

Ma, alla fine, appena dopo la mezzanotte, mentre sorseggia camomilla corretta con whisky, di getto si ritrova a scrivere un messaggio e a inviarlo.

Le pareti della cameretta del bambino sarebbe meglio dipingerle di verde.
Se vuoi, domenica ti accompagno a scegliere la vernice.

E quando arriva la risposta – Sarebbe splendido. P.s. il verde è anche la mia prima scelta – si ritrova a sorridere, da solo, proprio come lo stupido che dice di non essere.

 

*

 

Quella domenica è un giorno come un altro, eppure non lo è. Non lo è fin dalle nove di mattina quando trascorrono venti minuti soltanto per decidere la tonalità di verde, se un riposante tè verde o un più deciso verde pistacchio. 

"Non voglio che mio figlio dorma in un ambiente che lo agiti".

"Oh, Alicent, non stiamo parlando di fare delle pareti rosse! O vorresti forse che il granchietto dorma sempre?"

"Beh, a dire il vero non sarebbe male se riposasse e– Aspetta, come hai chiamato il bambino?"

Alicent ha ancora un sorriso decisamente troppo intenerito sulle labbra quando l'addetto alle vendite si avvicina, indossando l'espressione affabile di chi non capisce l'entità dell'evento che è appena avvenuto e simili situazioni invece crede di averle viste molte volte. 

"Le coppie di nuovi genitori si riconoscono sempre! Il campioncino che ha in mano signore è molto interessante, tuttavia, se volete un consiglio, quello che ha in mano sua moglie è il più scelto".

Alicent spalanca leggermente gli occhi e apre la bocca pronta a smentire, ma Larys la precede. "Ci riflettiamo ancora un po' da soli, grazie" taglia corto prima di tornare a guardare le gradazioni di verde disponibile, e lei è talmente senza parole – da quel soprannome affettuoso per io bambino, dal fatto che per la prima volta siano passati per una coppia di marito e moglie in attesa del primo figlio e lui non si sia preso il disturbo di correggere – da optare anche lei senza più alcuna rimostranza per il verde pistacchio.

E di verde pistacchio si riempie la piccola stanza destinata al bambino, due secchi di vernice in cui intingere i rulli prima di spalmarli sui muri. Un imbianchino di professione ci avrebbe messo forse un'ora, una persona qualsiasi qualcosa di più, ma loro due – lei con il pancione e lui con la mano destra occupata nel reggere il bastone quando è in piedi – impiegano il resto della mattinata e quasi l'intero pomeriggio. Il lavoro è sfiancante, faticoso, ma soddisfacente; il risultato è impreciso, grossolano, ma immancabilmente verde. Conversano a loro modo con il sottofondo di una playlist di musica classica su spotify ("L'ideale se vuoi davvero un bambino poco agitato" assicura Larys, senza lesinare uno scherzoso acido commento sui gusti musicali abituali di Alicent), mentre colmano le reciproche difficoltà per portare a termine l'operazione. Si fermano spesso, sedendosi stremati sul divano rischiando per ben due volte di addormentarsi, e alla fine, verso sera, si ritrovano seduti attorno al tavolo della cucina davanti a due cartoni di pizza ordinati a domicilio. 

Fa strano ed è tremendamente naturale, pensa Alicent, mentre lo vede davanti a lui con le maniche della camicia bianca arrotolate fino ai gomiti, sporcarsi le mani di pizza e bere della banale coca cola. Sembra un'altra persona, più rilassata, più autentica, eppure è sempre lui, con il suo tipico modo singolare di conversare.

Fa strano ed è tremendamente naturale, pensa Larys, mentre la vede seduta con la salopette premaman di jeans dalle bretelle troppo lente che le cadono dalle spalle, senza trucco, con i lunghi capelli ramati arruffati e il contorno delle labbra segnato dalla salsa di pomodoro. È bellissima senza neanche provarci, sembra così libera e felice mentre ride e–

"Perché stai ridendo, Alicent?"

Lei si prende tutto il tempo per finire di masticare il boccone prima di rispondere, e quando lo fa la risata si è trasformata in un sorriso. "È solo che non avrei mai pensato di vederti così. Ti immaginavo mangiare anche la pizza in un piatto di ceramica con forchetta e coltello. Sembri quasi un comune mortale adesso".

Larys si porta uno sguardo sulle mani dove stringe ancora il trancio di pizza arrotolato e si sente quasi sorpreso da se stesso. "Ed è quello che faccio, in effetti, non credo di ricordare l'ultima volta in cui ho mangiato con le mani, forse ero bambino". Quell'inezia lo turba, perché si impone di seguire un ordine preciso anche quando è da solo e nessuno lo vede, mentre adesso mostrarsi non impeccabile è qualcosa che si ritrova a fare senza neanche rendersene conto. Mangiare la pizza con coltello e forchetta non è una questione di gusti raffinati, è una questione di controllo. Che controllo c'è nello starsene seduti a ridacchiare e a sbrodolarsi la mozzarella filante addosso come una persona qualsiasi? Che controllo c'è nell'essere una persona qualsiasi? Ed è buffo, strano e naturale, che l'aspetto meno costruito della sua persona lui non l'abbia mostrato mai neanche di fronte a sé stesso, ma a lei sì.

È una consapevolezza che gli provoca un dolore fisico al petto, che gli fa venire voglia di scappare da quella casa e allo stesso modo restarci il più a lungo possibile. È in quel momento, inaspettatamente, che in maniera lucida gli viene in mente per la prima volta che forse quella sensazione potrebbe durare per davvero, se soltanto lui decidesse di voler chiamare quel bambino davvero suo, se soltanto ammettesse con se stesso che Harwin ha ragione e ama Alicent da sempre. Se soltanto anche lei potesse amare lui.

Forse per questo – per stupore, per paura – quando apre bocca di nuovo lo fa per raccontare, apparentemente senza nessun nesso logico, dei dettagli il caso che sta seguendo al momento, cosa che si è ben guardato dal fare prima. Ramsay Bolton è accusato di omicidio nei confronti di suo padre per mere ragioni economiche, di aver rapito, torturato psicologicamente e mutilato fisicamente un ragazzo che si era indebitato con lui, di aver scuoiato vive almeno altre due perosne, e Larys elenca ogni accusa con il solito distacco professionale che, per lui, è sempre stato ben poco simulato.

"Un caso abbastanza semplice…" commenta Alicent con una evidente difficoltà, così come è evidente che quello spaccato così vivido del lavoro di lui l'ha turbata. "Non possono di certo dichiarare innocente un uomo simile, non con la testimonianza di questo Theon Greyjoy, non con–"

Larys la guarda divertito. "Ti ricordo, mia cara, che io sono un avvocato difensore. Il mio ruolo è proprio quello di far prosciogliere il signor Bolton da ogni accusa" precisa, e lo fa con un tono e un sorriso tali da far capire quanto ci goda a prendere le parti di un personaggio del genere.

E masochisticamente ci gode anche nel vedere un'espressione di paura disegnarsi sul volto di Alicent, un'espressione che lui non vedeva ormai da molto tempo, relegata a quando erano solo semplici conoscenti e non condividevano ancora un letto (e molto altro). Vuole che lei ricordi esattamente chi lui sia, vuole che lei non pensi neanche per un secondo che lui sia ciò che si mostra con lei.

Vedere Alicent spaventata da lui non gli piace come crede, ma è quello di cui ha bisogno.

 

*

 

Larys ci prova ancora, ci prova davvero, a essere più distante, ma è impossibile per lui non rispondere subito ai messaggi e alle chiamate di Alicent, non pensare a lei ogni  volta che qualcuno parla di bambini, ogni volta che pensa a qualcosa di bello per portarlo avanti fino alla fine della settimana, ogni volta che pianifica cosa fare nel weekend. In breve, pensa a lei ogni volta. 

Per il bambino in sé non prova ancora nulla, e se si informa della gravidanza è, sempre, per informarsi banalmente di lei. Come si sente? Ha bisogno di aiuto? Come è andata l'ultima visita? Lei gli parla dei battiti del cuore che sente a ogni visita, gli dice che ogni esame è risultato negativo e che il bambino è sotto ogni aspetto sano, confessa che avrebbe potuto sapere il sesso ma che lei preferisce ricevere una sorpresa.

Larys non riesce a condividere quella gioia totalizzante di Alicent, non scalpita per sapere se il granchietto è forse una granchietta, e anche mentre stringe tra le mani la seconda ecografia e il feto è del tutto formato, non prova niente di speciale. Reagisce in maniera quasi neutra a tutto, ma non manca mai di chiedere comunque. È che il pensiero che qualcun altro possa sapere più di lui, prima di lui, lo manda fuori di testa, così come l'idea che lei possa preferire di rivolgersi a qualcun altro. Amico, amante, confidente, complice: vuole essere tutto per lei, anche se formalmente non vuole essere niente.

Così, quando lei gli dice che non se la sente di andare da sola, la sera, al primo incontro del corso preparto, lui non ci pensa due volte prima di offrirsi di accompagnarla.

 

*

 

Non avere un compagno con cui condividere gioie e ansie della gravidanza non pensa troppo ad Alicent, e non le pesa perché accanto a lei – molto più di quanto si era aspettata, molto più di quanto era stato previsto – c'è Larys, e se è paradossale, visto che lui è in effetti il padre, lei finge di non notarlo. Non riflette più prima di scrivergli o chiamarlo, sul fatto che lui è la prima persona a cui pensa quando ha bisogno di qualcuno o se riceve una notizia, su come lui ormai sia entrato a pieno diritto nella sua vita anche se non è ancora chiaro il suo ruolo. Larys per lei è tutto anche se non è niente: una definizione migliore non la cerca.

Nel silenzio della sua mente, preferisce non ragionare più sulla complessità del loro rapporto, non fintanto che c'è e funziona e s'illude che le possa bastare così; ad alta voce, però, forse senza neanche esserne consapevole, si ritrova a delineare nuovi confini, che si spingono sempre un po' più in là.

Tranquilla, mi darà un passaggio Larys – ha scritto a Rhaenyra quella stessa mattina.

Le pareti? Ti ringrazio davvero, ma mi ha dato già una mano Larys – dice a Harwin che si offre (con giorni di ritardo) di prestarsi come imbianchino improvvisato.

Le nausee ormai non le ho più, il mio amico Larys ha trovato su Internet un rimedio che funziona tantissimo – confida casualmente a Joanna Lannister in sala insegnanti, mentre l'altra ricorda le sofferenze patite nella sua di gravidanza.

Se gli altri iniziano a notare la presenza sempre più pervasiva, per quanto apparentemente innocente e casuale, di quel nome nelle conversazioni, non dicono nulla, non ancora. La prima a sottolineare la cosa è, inaspettatamente, una persona che non conosce bene, che non vede da tempo e con cui trascorre soltanto l'ora e mezza del primo incontro del corso preparto. 

Laena Velaryon nella mente Alicent non è altro che la ragazzina vivace fidanzata con il fratello di Viserys, ma adesso, quando se la ritrova davanti tra le tante mamme in attesa del corso, è diventata una donna elegante e decisamente bellissima. Ci mette un po' a riconoscerla e infatti è l'altra, con un sorriso caloroso (lo stesso sorriso di sempre, e forse è questo il campanello definitivo di riconoscimento), a chiamare il suo nome e a salutarla. Di Alicent e Larys, Laena vede pochissimo: vede lui che l'accompagna fin dentro il salottino d'attesa, chiedendole con premura se ha bisogno di qualcosa e ricordandole che verrà a prenderla non appena lei gli scriverà un messaggio; vede il modo in cui si sorridono e si guardano, un modo che anche solo per lo spazio di secondi sembra essere inequivocabile. Ascolta appena qualcosa in più, briciole di un vissuto quotidiano che non fanno altro che confermare quella prima impressione. 

Oh, io non ho un nickname per il bambino, a dire il vero. Ma Larys – sai, l'uomo che era con me – si riferisce sempre a lui o a lei come granchietto, ed è una lunga storia ma ora è granchietto anche per me.

Non parlarmi di voglie, è una vera fortuna che Larys sappia sempre dove trovare i cibi più impensabili a tutte le ore.

Anche io sarei favorevole a spostare gli orari del corso; certamente Larys continuerebbe ad accompagnarmi, però…

È quindi con innocenza che, al termine di quella prima lezione, mentre escono dalla sala e si scambiano i saluti, Laena dice: "Mi ha fatto piacere rivederti, Alicent. E sono davvero contenta di sapere che anche tu hai trovato finalmente l'amore. Tu e il tuo compagno sembrate davvero molto affiatati e da quello che mi dici lui è già così pronto a essere padre. Vorrei il mio Daemon fosse coinvolto allo stesso modo, ma suppongo ci voglia tempo".

Per un lungo momento, Alicent si chiede se non sia il caso di correggere quel fraintendimento, ma l'attimo passa e si limita a sorridere e basta. È la seconda volta che vengono scambiati per una coppia in pubblico e stavolta è lei a scegliere di tacere. 

Perché la verità è che quel fugace scenario alternativo che le si è aperto davanti le piace, anche se da questo istante in poi accontentarsi di un'assenza di definizioni nel loro rapporto le sembra all'improvviso difficile.

 

*

 

Alicent è ormai entrata nel sesto mese di gravidanza quando decide di comunicare la notizia anche a suo padre. Non si vedono dal vivo da Natale e, forse, nonostante le chiamate frequenti e i ripetuti inviti, neanche Otto ha mai sperato davvero in un incontro. Se da giovane Alicent stravedeva per suo padre, obbedendogli ciecamente in qualsiasi cosa specialmente dopo la morte della madre, dopo la rottura con Viserys è come se lei avesse rotto anche con suo padre. 

Del resto, fin da piccola Otto l'aveva cresciuta nella bolla protettiva della fede religiosa e impedendole di avere qualsiasi frequentazione con i ragazzi suoi coetanei, per poi letteralmente donarla invece – ingenua e dolce com'era – a Viserys Targaryen, l'uomo più ricco e influente di Approdo del Re e probabile futuro governatore (come lo sarebbe poi in effetti diventato). Un matrimonio con Viserys era stato il grande piano che Otto aveva avuto da sempre in serbo per la sua unica figlia, e quando lei si era tirata indietro poco dopo il fidanzamento ufficiale, annunciato anche sopra i giornali, lui l'aveva vissuto come un tradimento personale. Se si guarda indietro ora, Alicent vede nel ricordo di suo padre solo ambizione, manipolazione e controllo; eppure, per quanto una parte di lei (quella libera, quella consapevole, quella cresciuta) lo odia ancora, un'altra (quella spaventata, quella innocente, quella eternamente bambina) è destinata a essere sempre alla ricerca della sua approvazione e del suo affetto.

Per questo, dopo avergli negato con ogni scusa possibile un incontro durante quei mesi, si ritrova ad accettare l'invito ad un pranzo fuori, sorprendendo di fatto entrambi, e così si ritrova finalmente in piedi davanti a lui in un vestito premaman azzurro che accentua invece che nascondere il suo stato.

"Ciao papà" lo saluta, con una mano ostinatamente posata sul grembo, anche se il tono le esce meno fiero e molto più titubante di come avrebbe voluto. 

Otto, seduto al tavolo centrale del lussuoso ristorante, quasi soffoca con il vino che stava sorseggiando nell'attesa e si alza in piedi in uno scatto repentino. Ci vuole tutto il suo proverbiale autocontrollo – quello che gli permette di stare anche dodici ore di fila in sala operatoria senza battere ciglio, quello che lo ha fatto conoscere come La Mano Impassibile in tutto l'ospedale – per tornare lentamente a sedersi e a farle un brusco cenno di fare lo stesso. Mentre vede il suo sguardo perso e i secondi e poi i minuti passano (tanto che il cameriere si sente in dovere di chiedere se è tutto a posto) in silenzio, Alicent quasi osa sperare in una reazione gioiosa, che quel bambino, magari, possa essere un nuovo inizio anche per loro due. Tuttavia, non può dirsi stupita nel sentire la prima domanda che esce dalle labbra dell'uomo, dato che è esattamente quella su cui avrebbe razionalmente scommesso.

"Chi è il padre?" E poi, senza alcuna soluzione di continuità: "Spero che sia almeno di una posizione sociale accettabile e – non farmici neanche pensare! – che voglia assumersi le sue responsabilità e sposarti, come ogni uomo che si rispetti dovrebbe fare".

La donna accenna un sorriso amaro, di inevitabile delusione. "È solo di questo che ti importa?"

"Di cos'altro dovrebbe importarmi se non del benessere di mia figlia? Le persone inizieranno presto a parlare, cosa credi?"

"Sono una semplice maestra elementare, a nessuno importa di quello che faccio e–"

"A dispetto di quello che ti piacerebbe, tu non sei una semplice maestra, Alicent! Sei mia figlia, sei una Hightower, e sei anche la ex fidanzata di Viserys Targaryen! Presto le persone inizieranno a parlare, e cosa pensi che diranno di te – cosa pensi che diranno di me?"

Per qualche lungo secondo, Alicent non ha alcuna reazione, soltanto il nome del suo ex fidanzato le ha strappato un impercettibile tremito. Tipico dell'illustre cardiochirurgo Hightower preoccuparsi solo della sua reputazione, pensa, ma si chiede anche se è sempre stato così e se solo soltanto da adulta ha iniziato a vederlo con chiarezza in tutto il suo egoismo e la sua ambizione. Non importa, forse.

Potrebbe dirgli che la sua posizione è stupida, che è al sesto mese ormai e che a nessuno importa di degnare d'attenzione il suo pancione (e a lei non importerebbe comunque di loro), che ormai anche i giornali si sono dimenticati della sua relazione con Viserys (vorrebbe poterlo fare anche lei), che nel 2023 non è uno scandalo per una donna crescere un bambino da sola (e se lei ogni tanto lo pensa ancora, è solo per il retaggio di ciò che lui le ha instillato dentro da sempre). Forse, però, non è importante neanche tutto questo.

Alicent tace, poi lentamente si alza in piedi, senza distogliere lo sguardo da lui, e adesso sì che appare fiera esattamente come avrebbe voluto essere fin dal primo momento. "Parli del mio benessere, ma evidentemente abbiamo due concezioni differenti in merito. Ti auguro una buona cena, da solo". 

Senza alcun ripensamento, recupera la borsa e si dirige a passo svelto verso l'uscita del ristorante. Non sa cosa credeva di poter vedere in lui, cosa sperava di poter ottenere di diverso da quell'incontro, ma sa benissimo che, se indugiasse ancora in sua presenza, suo padre sarebbe anche capace di riportarla di nuovo a quello stato di fragilità e impotenza da cui solo faticosamente è riuscita a tirarsi fuori. Non può permetterselo, non deve, non vuole. È più forte ora di quanto lo fosse sei anni prima, certo, eppure non lo è abbastanza da non scoppiare a piangere una volta salita sulla sua auto.

Non abbastanza da non fare una deviazione prima di tornare a casa.

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Capitolo 4
*** Parte 4 ***


Granchi per colazione 
– Parte 4 –


 

 

Quando apre la porta di casa e si ritrova davanti Alicent, la sua espressione di fastidio si dissolve e lui entra subito in modalità allarme. Per quanto adesso si incontrino anche senza preavviso e, anzi, sia frequente per entrambi trovarsi a casa dell'altro senza invito (e spesso anche senza scuse), Larys percepisce che quella visita non è normale. Non che ci vogliano particolari capacità osservative questa volta: lei è visibilmente scossa, respira in modo affannoso, i suoi occhi sono lucidi e il sangue esce copioso dalle pellicine delle sue dita.

"Alicent, che succede? Il bambino…?"

Lei si limita a scuotere la testa per far capire che no, il bambino non c'entra nulla e sta bene. "Scusami" riesce a dire dopo aver preso qualche altro frenetico respiro, "mi dispiace se ti sto disturbando… ed è tardi… e–"

Larys sente qualcosa di indefinibile opprimergli il petto. Quella visione – Alicent che trema, che soffre – lo fa stare fisicamente male. Povera piccola Alicent, sempre così gentile da mettersi a chiedere scusa anche in una situazione del genere, da preoccuparsi prima degli altri (di non disturbare, come se lei potesse essere mai un fastidio per lui) che di se stessa. E lui sente la responsabilità di fare qualcosa, di aiutarla, di… proteggerla. Con uno scatto talmente repentino da farlo quasi sbilanciare, si scosta dalla porta per farla entrare e poi la conduce fino al divano dove la fa sedere.

"Stai avendo un attacco di panico" le dice con calma, sedendosi accanto a lei e afferrandole entrambe le mani, e poi la invita a respirare, contando a dire il vero anche un po' a caso.

Inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira. Lo dice forse per un tempo infinito, finché non sente il ritmo del suo respiro farsi regolare, mentre con un fazzoletto le ferma e le pulisce il sangue sulle mani. Non ha idea di cosa fare, non si è neanche mai posto il problema di dover tranquillizzare qualcuno, ma in qualche modo il suo metodo improvvisato funziona. 

"Che succede?" torna a chiederle, allora, ed è un sussurro, quasi per paura di farla agitare di nuovo.

Ma Alicent apre gli occhi e lo guarda, mostrandogli i begli occhi scuri asciutti. "Ho rivisto mio padre per dirgli del bambino, e ovviamente abbiamo litigato come al solito; davvero non capisco come riesca a farmi innervosire così tanto ancora…" Si ferma per fare un sospiro seccato, ma poi accenna un sorriso amaro nel rendersi conto che sta per torturarsi le mani di nuovo, solo che Larys gliele afferra prima che possa farlo. "Non volevo tornare a casa da sola, avevo bisogno di qualcuno e… Non sapevo dove altro andare".

Da chi altro andare, non lo dice, ma lui lo capisce lo stesso. Larys fa risalire lentamente le sue mani su tutta la lunghezza delle sue braccia e poi le ferma sulle spalle, trattenendole senza forza. "Devi venire sempre da me" replica, e se risulta possessivo con quel devi invece di un puoi non se ne accorge neppure, "voglio che tu ti senta libera di venire qui da me per qualsiasi cosa, in qualsiasi momento".

Lei non dice niente, ma dentro di sé gli crede, come crede a quel devi che più che dichiarazione di possesso a lei appare soltanto come rifugio, come casa. Così, inizia semplicemente a raccontare, di getto, lo svolgimento degli eventi della serata, e poi torna indietro, giusto per ripescare alcune briciole orientative del loro attuale rapporto burrascoso. Gli parla di come lei sia cresciuta in un ambiente fortemente religioso (anche se lui già lo sapeva), di come sia stato suo padre a imporle di fatto la relazione con Viserys Targaryen (lo sospettava), di come si incontrino di rado, ma comunque lui non perda occasione per rinfacciarle quel mancato matrimonio e per suggerirle dei nuovi possibili "partiti" tra le sue amicizie altolocate (non ne aveva idea).

"Sai qual è la cosa buffa, però? Che verte volte penso lui abbia ragione" conclude, al termine del suo racconto, "in fondo, dopo Viserys, non sono riuscita mai ad avere una relazione con qualcuno, e insomma anche per avere questo bambino io ho dovuto chiederti di–"

Larys si irrigidisce appena, lei può sentirlo perché è appoggiata con la testa sulla sua spalla.

"Oh, Alicent" esclama, e c'è una nota di fastidio nella sua voce, "non crederai ancora davvero che si è trattato soltanto di un favore?"

Lei solleva la testa e, mettendogli due dita sotto il mente, lo costringe a incrociare il suo sguardo. Cos'altro è stato, allora? È la tacita domanda che nessuno dei due osa porsi, ma che non è mai stato solo un accordo ormai lo sanno entrambi. Se da lui lei avesse voluto solo i geni necessari alla riproduzione, allora non lo cercherebbe ancora; se da lei lui avesse voluto solo del piacere sessuale, allora non si preoccuperebbe di tutto il resto. Definire, però, è pericoloso, per questo si accontentano di dire ciò che non sono. Non uno scambio di favori: non più, forse non lo sono stati mai. 

"Qualsiasi uomo al mondo vorrebbe stare con te, e considererebbe un privilegio darti un bambino" continua lui, invece, e non c'è dubbio dal modo in cui la guarda che quelle parole non sono vuota retorica. "Lì fuori c'è una fila di uomini che sarebbe pronto ad amarti e tra questi qualcuno sicuramente sarebbe capace di farlo nel modo in cui meriti".

Si guardano negli occhi e i pensieri corrono senza tramutarsi in parole. Non potrebbe esserci qualcuno anche qui dentro? Non potresti amarmi tu? Alicent scuote appena la testa come per scacciare quel pensiero e silenzia quelle domande scomode facendo unire le loro labbra. È un bacio dolce, lento, come se le bocche si stessero esplorando per la prima volta, ma allo stesso tempo c'è tutta l'esperienza e la conoscenza reciproca che rendono l'incastro tra le loro lingue e le loro labbra perfetto. Si baciano a lungo come fossero due adolescenti, e quando si separano restano a guardarsi ancora un po' senza parlare, quasi per paura di spezzare quello strano incantesimo. Poi, lui la fa stendere sul divano, con le gambe poggiate sulle proprie e le sfila le scarpe, iniziando a massaggiarle con una certa abilità i piedi nudi, leggermente gonfi e doloranti. Alicent si lascia andare a quel tocco piacevole, poi all'improvviso ridacchia appena.

"Cosa c'è di divertente?" 

"Stavo solo pensando che qualche anno fa Rhaenyra si era messa in testa che tu avessi un feticismo per i piedi, ed è orribile da dire lo so, considerando, insomma, la tua malformazione ma…"

"Oh, per i tuoi piedi potrei avere un feticismo, in effetti".

Alicent adesso ride apertamente, mentre pian piano inizia a ridacchiare anche lui. Ed è con quella strana ninna nanna che lei finisce per addormentarsi. Lui, invece, non dorme, ma resta ugualmente seduto senza muoversi, nella inusuale ma spontanea premura di non spostarle le gambe per non svegliarla. Nel buio del salotto, in quello scomodo silenzioso dormiveglia, lascia i pensieri frullare su un nuovo piano e, poi, le dita scorrere sulla rubrica del suo telefono, fino a fermarsi sul numero della sua rivela per eccellenza in tribunale, la procuratrice distrettuale Mysaria White. È tarda notte, ormai, ma le scrive comunque senza curarsi dell'orario, immaginandosi la giovane avvocatessa rotolarsi tra le lenzuola con la sua ultima segretaria, Talya qualcosa. Quante voci si riesce a raccogliere nel proprio ambiente se ci si impegna appena un poco a indagare… ma non è questa la voce che gli interessa al momento.

Ricordi la soffiata sul caso Martell? Tempo di ripagare il debito. Dammi tutto quello che hai sul dottor Otto Hightower.

Una ventina di minuti dopo, una ironica emoji con un bacio precede un file di venti pagine. Gli basta una scrollata veloce per rendersi conto, con un ghigno, che lì c'è tutto quello che gli serve – e forse anche di più.

 

*

 

La mattina dopo, quando Larys riapre gli occhi, si ritrova ancora seduto sul divano ma con un plaid addosso che la sera prima non c'era. Alicent è già in piedi, la sente canticchiare dalla cucina, come sente il rumore dei fornelli accesi e l'odore del caffé: il sorriso che gli affiora sulla labbra è francamente ridicolo, anche se non fa molto per nasconderlo quando si affaccia sulla porta, non se lei gli mostra il sorriso più radioso del mondo. Fanno colazione insieme, scambiando poche parole e sprofondando nel confortevole silenzio della costruzione di un'abitudine.

"Cinque chiamare perse da mio padre" dice d'un tratto lei con una smorfia infastidita, prendendo in mano il suo telefonino, "e tre messaggi di Rhaenyra, vuole sapere perché non mi ha trovata a casa ieri sera".

Larys continua a mangiare, lasciandole un'occhiata quasi distratta. "Cosa pensi di fare?"

"Con Rhaenyra? Le dirò che, dopo la cena di mio padre, mi sono fermata da Joanna per distrarmi".

"Mh, posso immaginare la gioia di Rhaenyra, gelosa com'è assolderà probabilmente una qualche sacerdotessa di Asshai per eliminare la tua nuova amichetta" replica lui con ironia, per poi assumere un'espressione più seria. "A dire il vero, però, mi stavo riferendo a tuo padre, non potrai certo evitarlo per sempre".

Alicent emette un suono che è a metà tra uno sbuffo e una risatina vuota. "Ah, non posso? Peccato, era proprio quello il mio piano". Scuote la testa e se la prende per qualche istante tra le mani, il tempo di far temere a Larys che stia per cadere in una nuova crisi di panico. Invece, quando solleva di nuovo lo sguardo appare tranquilla. "Non potrò dirgli di un'inseminazione artificiale, è fuori questione, gli prenderebbe un infarto, come lo è l'ipotesi che io sia rimasta incinta da un rapporto occasionale. Mi inventerò di avere una relazione, da tempo, magari con un militare, così potrò giustificare il fatto che lui non lo incontrerà mai, potrebbe funzionare".

Larys finge di considerare la situazione proposta. "Sì, potrebbe" dice in tono vago, e poi aggiunge quasi in modo casuale: "oppure potresti presentare me. Non guardarmi così, pensaci, sarebbe la soluzione migliore. Tuo padre avrebbe una risposta concreta alla sua domanda, e tu potresti smettere di evitarlo. Non sono il genero ideale, me ne rendo conto, ma credimi so essere persuasivo. Sarebbe più semplice di tutta la bugia che vuoi imbastire".

Alicent trattiene un sorriso incredulo. In effetti sarebbe una bugia anche quella, stanno mentendo da sempre, su tutto – ed è quasi assurdo che, mentre Rhaenyra e Harwin sanno che tra loro due sta succedendo molto meno, adesso la proposta è di far credere a Otto che tra loro sta succedendo molto più. Ma la verità sta nel mezzo, e non la conoscono neanche loro due. Sarebbe più da facile da spiegare (un fidanzato finto in carne e ossa, di buona famiglia e con una posizione sociale accettabile, proprio come vuole suo padre), questo è certo, eppure…

"Perché?"

Larys appare confuso, e forse lo è davvero. "Perché cosa?"

"Perché vorresti imbastire una simile sceneggiata? Tu che ci guadagni?" Non importa quanti passi possono fare, resta uno scambio di favori, e lei non può fare a meno di porsi sulla difensiva. Subito dopo, però, alleggerisce il peso dell'accusa. "Voglio dire, dubito che tu voglia così disperatamente conoscere mio padre".

"Ci guadagno che se Otto Hightower non ti metterà più inutili pressioni allora tu, speranzosamente, non avrai più attacchi di panico, non fanno bene al bambino. Mi sembra logico, non ti pare?"

Alicent annuisce piano e non ha più obiezioni, perché in effetti sembra tutto abbastanza razionale e comodo, se non che…

"Tranquilla, Alicent" le dice, leggendole nella mente anche questa volta, "sono discretamente bravo a recitare, pensa che al liceo ho persino interpretato Shylock nella rappresentazione finale dell'ultimo anno".

 

*

 

Alicent non ha bisogno di ulteriori convincimenti: la colonna dei pro è decisamente più densa di quella dei contro, e il ruolo da recitare non sembra essere così difficile, dopotutto. Così, dopo aver mandato un laconico invito via messaggio a Otto Hightower quella stessa mattina, non c'è voluto molto per ottenere una risposta affermativa, e adesso, appena tre giorni dopo, Alicent e Larys sono in piedi davanti alla porta di casa di lei ad accoglierlo per un pranzo. Una replica più intima e soprattutto più controllata dell'incontro al ristorante.

"Salve, signor Hightower, è un grande piacere conoscerla. Sono Larys Strong" si presenta nel tono più affabile possibile, insieme a una stretta di mano vigorosa che, nella sua idea, vorrebbe bilanciare la palese malformazione al piede. Perché sì, è stata notata subito, con uno sguardo volutamente insistente.

Finalmente, Otto solleva gli occhi dal bastone, e ricambia con una leggera riluttanza la stretta, anche se un cenno di curiosità gli anima lo sguardo alla menzione del nome. "Strong" ripete, con un lampo di riconoscimento, ma i pensieri di Larys che già si preparano a parlare delle sue attività da avvocato si interrompono bruscamente alla successiva aggiunta: "Devi essere il figlio di Lyonel, quello che non ha sposato Rhaenyra Targaryen, presumo".

"Conosce mio padre?"

"I medici finiscono per conoscersi tutti e noi abbiamo frequentato la stessa università alla Cittadella, non che fossimo propriamente amici" e lo dice con un tono talmente acido da intendere che fossero, piuttosto, i rivali della vita.

Larys, che alla menzione del padre si è impercettibilmente teso, adesso torna a rilassarsi e accenna un sorriso. "Deduco che mio padre non le piaccia molto: abbiamo già la prima cosa un comune, vede?"

Alicent sceglie di introdursi in quel momento, prendendo la mano libera di Larys nella sua, lanciando appena uno sguardo a suo padre. "Bene, direi che possiamo pranzare adesso. Papà, spero che ti piacciano i granchi, temo proprio di non ricordarlo".

 

*

 

La recita scolastica (come la chiamano tra loro entrambi per depotenziare il suo implicito significato) è, a tutti gli effetti, impeccabile. Forse perché il copione è stato scritto ormai da tempo e le prove sono state effettuate, in fondo, ogni singolo giorno durante quella gravidanza. Si tengono per mano, si chiamano amore e tesoro, e Larys non perde occasione per stamparle un bacio sulle labbra o per sfiorarle il pancione con amorevolezza – e tutto questo non provoca curiosamente in nessuno dei due alcun imbarazzo; è, del resto, soltanto l'estremizzazione di quanto avviene già normalmente tra loro, senza pubblico, a porte chiuse. Buona parte del pranzo trascorre in brevi conversazioni banali e superficiali (iniziate da Alicent), commenti sulla qualità del cibo (offerti e richiesti da Larys), tentativi più o meno schivati di interrogatorio (effettuati da Otto). Ma, se la messa in scena di Alicent e Larys è riuscita fin troppo bene, e la conoscenza tra Larys e Otto si assesta su una reciproca diffidenza, la tensione reale che si avverte come una nuvola carica di pioggia è data tutta dal rapporto tra padre e figlia.

Quando pensi di andare in maternità? Non che il tuo lavoro sia così poi faticoso, d'altronde.

Spero che Larys abbia una casa più adatta dove abitare, questa non mi è mai piaciuta, te l'ho sempre detto che è stata una pessima scelta trasferirti in questa parte della città.

Hai già parlato con un septon per il battesimo? Certo, sarà difficile trovare un septon che si rispetti che decida di battezzare il figlio di una coppia che vive ancora nel peccato.

Anche se a fatica, Alicent incassa abilmente ogni colpo, più o meno esplicito, e soltanto le pellicine strappate delle mani sono il segnale involontario per mostrare il proprio disagio a Larys. L'unico commento che la fa esplodere – e succede quando ormai il pasto è finito, e tutto ciò che rimane sono i granchi nel piatto di Otto – non riguarda né il lavoro, né la casa, né la religione. 

"Avrai saputo di Viserys, mia cara" esordisce il medico con casualità, approfittando di un riferimento alla lontana alla politica per introdurre quel nome, "ha annunciato le nozze imminenti con una delle figlie dell'imprenditore Baratheon, lei si chiama Cassiopea, o forse Cassandra, qualcosa di simile. Ha mai pensato che potresti esserci tu adesso al suo posto?"

"Preferisco pensare ad altre cose" risponde Alicent sbrigativamente, facendo per alzarsi in piedi, pronta a sparecchiare.

"Eppure dovresti pensarci" continua Otto, fingendo di non capire l'antifona, "a quest'ora potresti essere la donna più ricca e importante della città, non avresti bisogno di fare la maestrina e avresti potuto avere un figlio da un uomo come Viserys che–"

Il rumore dei piatti sbattuti con forza sul tavolo anticipano la furia della giovane donna. "Tu non sai niente della mia relazione con Viserys, non te ne è mai importato di chiedere e ora vieni a dirmi che…" Si interrompe per prendere un paio di respiri, la rabbia talmente forte da andate quasi in iperventilazione. "Non vorrei mai avere un figlio da Viserys, e io non ti permetto neanche di paragonarlo a Larys. Quindi ti ripeto, papà: preferisco pensare ad altre cose".

Otto ha la decenza di restare in silenzio e poi di abbassare lo sguardo,  mentre Alicent riporta le mani sui piatti. Tuttavia, prima che possa sollevarli, Larys le blocca con delicatezza un polso. "Amore, perché non vai a rinfrescarti qualche minuto in bagno? Noi ti aspetteremo qui senza problemi" e calca sulla parola amore non tanto per mantenere la sceneggiata quanto per marcare il territorio, per mostrare che lui è lì e Alicent non è più sola, e indifesa, e malleabile come suo padre l'ha sempre vista finora.

Lei lancia uno sguardo dubbioso tra i due uomini, poi, però, a un nuovo silenzioso incoraggiamento di Larys, annuisce appena e si allontana, lasciandoli soli. Proprio il momento che Larys stava aspettando da tutto il pranzo, e il suo compiacimento deve essere palese a sufficienza da essere notato – notato da un altro uomo che come lui è maestro del celare le emozioni, perlomeno.

"Allora, cosa succederà ora? Proverai a fare il cavaliere senza macchia e picchiarmi con il tuo bastone per difendere la tua bella?" gli domanda ironicamente, alludendo una volta di più, per mera provocazione, alla sua disabilità fisica.

Ma Larys, batte con enfasi le palpebre e assume un'espressione innocente. "Devo averle dato l'impressione sbagliata, le sembro davvero un uomo aggressivo? Niente affatto, niente affatto, aborro la violenza fisica. Perché, infatti, utilizzare le mani quando si possono usare altre armi come le parole, o meglio ancora nomi. Nomi, per esempio, come Hodor Winters, Hoyster Tully, il giovane Jojen Reed…"

Alla menzione di quei nomi estremamente famigliari, tutto il colore sembra svanire dal volto già pallido per natura di Otto, ma non per questo Larys tace.

"Devo forse continuare? Avrei altri cinque o forse sei nomi del genere, nomi che hanno come minimo comune denominatore il fatto di essere stati pazienti suoi tra l'estate del 2014 e la primavera del 2015 e che, fatalmente, sono morti tutti sotto i ferri. Una tragica fatalità, non è vero?".

La voce di Otto è una strana fusione tra un ringhio e un sibilo. "Che cosa vuoi da me?"

Larys, in maniera inaspettata, ridacchia leggermente, con l'allegria del gatto che gioca con il topo – e che lo tiene stretto tra gli artigli. "Oh, non essere così precipitoso, Otto! Posso darti del tu e chiamarti per nome, giusto?"

"No".

"Allora posso chiamarti direttamente papà? Mi sembra un po' eccessivo, ma se lo preferisci–"

"Ascolta, piccolo subdolo storpio, preferirei che non mi chiamassi proprio e che mi dicessi cosa accidenti vuoi da me".

"Anche Alicent preferirebbe non essere infastidita costantemente da suo padre, ma non sempre possiamo ottenere tutto ciò che vogliamo purtroppo".  L'uomo più giovane fa una lunga pausa, che usa per rubare dal piatto dell'altro un pezzo di granchio e metterselo in bocca. "Che spreco dare cose preziose a chi non sa apprezzarle, non credi?" 

Poi, dopo essersi pulito accuratamente le dita con il tovagliolo di stoffa, si porta una mano sotto l'elegante giacca grigio scuro che indossa e tira fuori un foglio arrotolato in stile pergamena. Otto glielo prende di mano quasi strappandoglielo e, dopo un rapido sguardo alla lista messa per iscritto dei suoi possibili capi di imputazione, lo ripiega posandolo sul tavolo senza però restituirlo. Cosa quell'uomo che ha davanti vuole adesso è chiaro: uno scambio di favori che si traduce in un non dare fastidio ad Alicent e io non darò fastidio a te.

"Alicent è mia figlia" dice come ultima difesa, ma in un tono che suona più debole di quanto vorrebbe.

E tanto debole suona la sua difesa, quanto forte risulta invece l'improvvisa eco – eguale e contraria – di Larys.

"Alicent è la mia fidanzata".

E il modo in cui lo dice, il suo sguardo mentre lo dice, rende a Otto impossibile non credere al nuovo stato delle cose. Perfino Larys stesso ci crede.

Non parlano più, perché Alicent torna proprio in quel momento, ma mentre il pranzo volge al termine, si beve il caffé e si intavolano gli ultimi tentativi di conversazione, Otto sembra aver preso la sua decisione. È appena più loquace, e appena meno ostile. Rivolge domande a Larys (ma curiosamente nessuna più ad Alicent) sul suo lavoro e sulla sua vita, ma il suo interrogatorio, adesso, appare quasi il sano interesse di un padre premuroso. E quando, alla fine, si preparare per andare via, si spinge fino a fare una carezza affettuosa al volto di sua figlia e a stringere la mano a quello che crede essere il suo compagno, lanciandogli un'occhiata che è a tutti gli effetti un misto tra odio e rispetto.

Non appena la porta si chiude alle sue spalle, Alicent si lascia andare un sospiro e una leggera risata di puro sollievo. La differenza nell'atteggiamento di Otto non è stata eclatante ma lei non ha potuto fare a meno di registrarla e di notare precisamente il momento di inizio.

"Che cosa hai detto a mio padre per farlo ammorbidire così tanto?" 

L'ho minacciato di far venire a galla tutti i suoi sporchi segretucci di malasanità.

Ti ho chiamata la mia fidanzata e per un momento l'ho inteso davvero.

Gli ho fatto capire con le cattive che deve lasciarti stare e non infastiditi più.

Larys scuote la mano in aria come per scacciare una mosca e tira fuori il sorriso più affabile che riesce a fare. "Magari ha scoperto che dopotutto gli vado a genio".

Alicent ride, semplicemente ride, e la sua risata è così genuina e libera che Larys sente di nuovo quell'indecifrabile peso insopprimibile sul petto, ed è così bella che si chiede perché mai qualcuno – perfino lui – dovrebbe volere da lei qualcosa in più di quella risata. 

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Capitolo 5
*** Parte 5 ***


Warning: past abuse, dub non-con.
 



Granchi per colazione
– Parte 5 –



 

Viserys è per Alicent un ricordo distante e vago, un nome che una volta faceva parte della sua quotidianità ma che adesso le capita di sentire solo di tanto in tanto, pronunciato da Rhaenyra, da suo padre o al canale della TV locale. Non pensa spesso a lui, anzi potrebbe ben dire che non ci pensa praticamente mai, e comunque quando le capita deve ammettere che non lo fa con sentimenti del tutto negativi – è stato gentile con lei a suo modo, si ripete ogni volta che una vocina subdola nella sua testa vorrebbe suggerirle qualcosa di diverso, e lo prova il modo pacifico in cui si sono lasciati. La mattina dopo aver accettato la sua proposta di matrimonio quasi per inerzia, senza perdere ulteriormente tempo, Alicent aveva avuto il coraggio di dirgli che non voleva sposarlo davvero e che sognava di vivere un vero amore proprio come quello che lui aveva provato per la sua prima moglie; nel rifiutarlo, lei era stata gentile e lui lo era stato perfino di più nel comprenderla, nell'augurarle il meglio e nel fare persino da intermediario con Otto. Da allora non si sono più rivisti se non al matrimonio di Harwin e Rhaenyra, ma lei è convinta che, se si riscontrassero, lo saluterebbe come un vecchio amico e non come qualcuno che le ha fatto del male.

Eppure.

Eppure non riesce ancora a fare pace con l'immagine che ha del suo stesso corpo sotto quello di lui, della sensazione di invisibilità e di vuoto che provava nel condividere con lui un letto, e soprattutto non riesce a ricollegare quelle immagini con tutto quello che sente adesso nel ripetere quelle stesse esperienze con Larys. C'è qualcosa di sbagliato da qualche parte (forse prima, perché ciò che prova adesso è troppo bello per essere sbagliato), ma non si sente abbastanza coraggiosa da voler capire dove.

Eppure.

Eppure, quando mette tra parentesi il disegno razionale che si è raccontata, allora l'altra parte sopita di sé – quella fatta dal suo istinto, dalla sua memoria emotiva, dal suo corpo – sa riconoscere perfettamente l'allarme. Come quando si è sentita paralizzata la prima volta a letto con Larys, come quando suo padre le ha ricordato senza ironia di quanto fantastica fosse la sua vita con Viserys… come adesso, un semplice sabato sera, mentre guarda un film di genere storico scelto a caso insieme a Larys, di ritorno da una lezione del corso pre-parto. Decapitazioni e battaglie sanguinarie non le hanno impedito di continuare a mangiare indisturbata la sua ciotola di pop corn, invece la semplice scena grafica dei doveri coniugali tra un re e una regina la fa irrigidire immediatamente. Mentre la regina sullo schermo piange in silenzio fissando il soffitto, Alicent sobbalza all'improvviso e la ciotola cade a terra con un tonfo. Larys, che ha iniziato a osservarla da un po', fin dall'inizio stesso di quella scena, decide di intervenire, e lo fa afferrando il telecomando per spegnere la TV.

"P-perché hai spento? Volevo vedere se il cavaliere torna a casa e–" 

Si finge disinvolta e contrariata, e fa per alzarsi in piedi e recuperare scopa e paletta, ma lui la trattiene posandole una mano sul ginocchio. I loro sguardi si incrociano e quelli di lui, per una volta, sembrano essere un libro aperto, tanto che lei capisce la domanda ancor prima che lui la pronuncia ad alta voce.

"Che cosa ti ha fatto Viserys?" 

Forse lui è stato troppo brusco, ma non improvviso: quell'interrogativo aleggia tra loro da sempre, anche se Alicent lo ha continuato a scacciare abilmente ogni volta, e continua a farlo anche adesso.

"Non so a cosa ti riferisci" replica infatti, in un tono fintamente disinvolto, "non ci amavamo e non è stata una relazione positiva, questo no, non mi piaceva stare con lui, ma… lui non mi ha fatto niente".

Larys esita per qualche secondo, quasi indeciso, poi parla comunque e la sua è un'analisi lucida, logica, inoppugnabile. "Le prime volte che siamo stati insieme avevi paura e non facevi altro che provare a guardare altrove, come se volessi estraniarti. Penso di saper riconoscere un trauma quando ne vedo uno".

Alicent forza un sorriso, nervoso. "Per i sette dei, non è mai stato violento con me, non ha mai usato la forza e non mi ha neanche mai detto una parola fuori posto. È semplicemente che a me non piaceva quando eravamo in intimità, tutto qui".

Piacere, è la seconda volta che usa la stessa parola e non si rende, proprio non si rende conto, che in fondo il nocciolo della questione è esattamente lì.

"Che significa che non ti piaceva?"

Questa domanda, all'apparenza più semplice e innocente della prima, la turba invece molto di più. Alicent si agita sul divano, cambiando posizione più volte, facendo passare nel frattempo secondi e secondi e secondi ancora di silenzio.

"Beh, semplicemente che… suppongo che–" Stringe le labbra, all'improvviso infastidita, con sé stessa soprattutto, ma è su di lui che riversa quella nuova emozione, ponendosi sulla difensiva. "Questa non è un'aula di tribunale, Larys. Ci credo che pensi di saper riconoscere i traumi delle persone, visto che ne vedi sempre molti… e difendi i carnefici, non è così?"

Di riflesso, stranamente lui sorride. È una risposta del tutto incoerente, una mossa fatta nel tentativo di spostare l'argomento di discussione: anche questo è qualcosa che l'avvocato Strong pensa di saper riconoscere molto bene.

"Oh, io sono una brutta persona, non ho mai finto il contrario, e se vuoi possiamo parlarne in un altro momento, ma questo non riguarda me, riguarda te. Quindi dimmi, Alicent, che cosa significa che andare a letto con Viserys Targaryen on ti piaceva?"

Senza il contraddittorio in cui sperava, l'irritazione della donna si sgonfia come un palloncino. Si muove ancora un'ultima volta sul divano e poi resta immobile, con le mani sul pancione quasi a consolarsi, e con lo sguardo rivolto verso il televisore spento. Larys non incalza ulteriormente, teme di aver osato anche troppo nello spingerla a parlare, e crede che ormai lei abbia scelto di restare in silenzio. Forse non è ancora pronta, forse lui non è capace di essere il sostegno anche emotivo che vorrebbe essere per lei, forse…

"Non ero mai pronta, non ero mai… bagnata, ma lui non lo sapeva perché erano rapporti molto semplici e sbrigativi e quindi non poteva sapere che io non fossi pronta. Ma mi faceva male quando entrava, mi ha sempre fatto male. Qualche volta sanguinavo perfino e piangevo, ecco perché ho avuto paura quella sera con te, ho avuto paura potesse essere ancora così doloroso… ma Viserys non mi ha fatto niente: mi chiedeva se era tutto a posto dopo, e io dicevo di sì".

I denti di Larys sono così serrati che si potrebbero quasi spezzare, come i suoi pugni dalle nocche completamente sbiancate. Non sa quale aspetto sia più agghiacciante del racconto di Alicent – la sofferenza ripetitiva che ha provato? la convinzione che fosse tutto normale? il modo in cui si ostina a difendere ancora adesso l'uomo che di fatto l'ha violentata? – ma se avesse in questo momento Viserys Targaryen davanti, sa che tirerebbe fuori tutta l'aggressività fisica che non sapeva di possedere, pestandolo probabilmente a morte con il suo bastone. Ma, come ha detto, tutto questo non riguarda lui, ma lei.

Per questo, con tutta la forza di autocontrollo che riesce a racimolare, dice semplicemente in tono calmo ma chiaro: "È proprio quella che si definisce violenza, Alicent".

Alicent sposta lo sguardo su di lui a quel punto e appare dubbiosa. "Non esageriamo adesso, noi stavamo insieme e lui non mi ha costretta con la forza, io non gli ho mai detto esplicitamente no. Era soltanto una parte da sopportare durante la relazione".

Mentre la ascolta, la rabbia viene soppiantata del tutto da una sensazione inaspettata: la sofferenza sua, per lei. Quel peso nel petto che sente sempre più spesso , quando stanno insieme, quando lei ride, quando lei sta bene, assume una sfumatura nuova e terribile adesso che lei soffre, anche se soltanto nel ricordo. Si chiede se forse non sia una sorta di punizione per la sua attività lavorativa. Lentamente, con cautela, le prende le mani tra le proprie. 

"Però ti non piaceva. E ti faceva male".

Alicent non risponde a parole, nega e annuisce solo con i movimenti della testa, come una bambina spaurita. E proprio come una bambina all'improvviso inizia a piangere senza fare rumore. Larys, quasi sollevato da quella reazione (perché è sintomo di consapevolezza, anche se tardiva), la incoraggia a piangere, circondandole le spalle con un braccio per attirarla a sé e accarezzarle con dolcezza i capelli. Solo dopo qualche minuto, lei si divincola dall'abbraccio per guardarlo negli occhi. 

"Ho sempre pensato fosse colpa mia. Insomma, a tutti piace fare sesso e questo lo sapeva anche una ragazzina con nessuna esperienza come ero io, quindi se a me faceva male, allora il problema dovevo per forza averlo io, e poi quando tu…"

Lei si interrompe, distogliendo di colpo lo sguardo, e lui si sente davvero morire. Oltre la rabbia, oltre la sofferenza, adesso subentra la paura, ed è una paura che gli gela la spina dorsale. Nella sua mente vorticano rapidamente tutti gli amplessi che hanno avuto in quei mesi, alla ricerca di un dettaglio stonato, di un'espressione incerta della donna, di un campanello d'allarme. Non c'è niente, anzi, gli vengono in mente subito i gemiti di piacere, le prese di iniziativa e la tenerezza delle coccole successive; eppure il solo pensiero di poterle aver fatto del male lo terrorizza in un modo che, se non lo annientasse così tanto, certamente lo stupirebbe. 

"Ti ho fatto mai del male? Puoi dirmelo, Alicent" gli dice e la voce impercettibilmente gli trema.

Lei, però, solleva lo sguardo di scatto e gli pianta addosso i suoi occhi spalancati. "No, certo che no… mi piace fare sesso con te, Larys, credo di essere piuttosto palese in questo" si affretta a dire, con convinzione, e la piccola esitazione prima di pronunciare l'aggiunta sottolinea come la sua reticenza nell'andare avanti fosse dovuta soltanto al suo consueto pudico imbarazzo che le permette di fare certe cose ma non di dirle. "Ed è proprio questo che cercavo di dire. Quando abbiamo iniziato a… beh, insomma, mi sono accorta che può anche essere piacevole e che forse non doveva per forza essere un mio problema. Forse perché tu–"

"Forse perché io nulla" la interrompe, perché non sarebbe capace di sopportare delle parole gentili. Per quanto il suo respiro abbia ripreso a funzionare normalmente dopo la certezza di non essere stato senza saperlo un nuovo carnefice per lei, adesso il pensiero di essere scambiato, a torto, per una specie di uomo da idealizzare lo disturba quasi di più. "Alicent, ascoltami bene, non sono io ad essere speciale, sono gli uomini che hai incontrato prima ad essere stati delle bestie" – ed è la parola più gentile che riesce a trovare all'indirizzo di Viserys dopo ciò che ha sentito – "ma il sesso non dovrebbe mai fare male e dovrebbe essere sempre piacevole. E, per favore, non è qualcosa da sopportare in una relazione, quello che c'è stato tra te e Viserys Targaryen è sbagliato, e non mi interessa niente se lui non se n'è accorto (cosa di cui dubito fortemente, tra l'altro): quello che ti ha fatto è sbagliato".

C'è una certa ironia nel ritrovarsi proprio lui a fare un discorso del genere, sulle definizioni di giusto e di sbagliato e sul valore del consenso – una certa ironia, e una certa ipocrisia. Quante volte, in tribunale, ha assistito dei clienti accusati di violenze nei confronti delle proprie mogli o fidanzate, e ogni volta ha giocato puntualmente le stesse obiezioni: il mio cliente l'ha costretta con la forza? Ha detto esplicitamente di no? Come può essere stupro se avevate una relazione? Ricorda distintamente quando, qualche anno prima, durante il processo a Joffrey Baratheon, la sua giovane fidanzata Sansa Stark, durante il controinterrogatorio dove lui aveva posto quelle precise domande, lo aveva affrontato in modo diretto, sperando forse di fare appello alla sua non esistente morale.

"Avvocato Strong, come può chiedermi questo? Se ci fosse sua sorella al mio posto? O sua moglie o sua figlia?"

E Larys aveva risposto senza esitazioni, in un tono di beffarda presunzione. "Disgraziatamente non ho sorelle, signorina Stark, e di certo non prenderò moglie o avrò figli, quindi sono destinato a non poter provare empatia con lei, a quanto pare".

Il ricordo gli fa storcere il naso. Adesso nella sua vita c'è Alicent e, per quanto non sia né sua sorella né sua moglie né sua figlia, la sua sola presenza riesce a mettere ogni cosa in una diversa prospettiva. Se ci fosse Alicent, riformula nella sua mente – solo che Alicent c'è stata concretamente al posto della ragazza Stark.

È facile, però, mettere a tacere quella sensazione accennata di vergogna che minaccia di affiorare in lui per la prima volta; tutto quello di cui gli importa adesso è che Alicent comprenda: è di lei gli importa, di lei e basta, a Sansa Stark e a tutte le altre donne come lei penserà un'altra volta, magari.

E Alicent comprende davvero, forse perché dentro di lei già sapeva quanto la sua storia con Viserys non fosse stata soltanto triste ma anche sbagliata, quanto quello che Viserys prendeva da lei senza che lei fosse di fatto mai partecipe non sarebbe dovuta essere una pretesa. Piange, adesso, ma è curiosamente un pianto che invece di disperazione sa di sollievo. Perché per la prima volta è riuscita a raccontare senza edulcorazione alcuna la verità, e la conclusione a cui non voleva arrivare viene esposta ad alta voce, da qualcun altro. Perché, forse, davvero quel dolore potrà essere avvolto nel passato, ora che ha imparato che non è stata mai colpa sua, che ci sono altri modi per stare intimamente con un'altra persona, che si sente in qualche modo di stare guarendo.

Senza riflettere, aggrappandosi a quel sollievo, risponde alle parole di Larys in un modo inaspettato. Si protende verso di lui e lo bacia con impeto, facendo scivolare le dita tra i suoi ricci scuri per attirarlo di più a sé. D'istinto, quello stesso istinto che ormai fa riconoscere a entrambi come naturale ogni loro contatto, lui la bacia di rimando con lo stesso impeto. Poco dopo, però, si costringe ad allontanarla, nuovamente in virtù di un criterio inedito – cosa è giusto fare.

"Credo tu debba stare sola questa sera" le sussurra con serietà, asciugandole con le dita le lacrime ancora sul volto. Poi le posa un casto, leggero bacio sulla fronte, "Buonanotte, Alicent", prima di alzarsi in piedi per porre fisicamente fine a qualsiasi plausibile sviluppo fisico.

Alicent appare per un attimo quasi delusa, ma poi si limita ad annuire, e non le ci vuole molto per capire anche questo. Nella camera da letto, da sola, Alicent affronta finalmente i ricordi, senza più cancellarne il dolore e senza più cercare giustificazioni. Nello spazio di quella notte, atttaversa tutti gli stadi che avrebbe dovuto affrontare in otto anni dopo quello della negazione: la rabbia, il dolore, e infine una nuova accettazione, basata sulla consapevolezza che non è mai stata colpa sua e che non c'è mai stato niente di sbagliato in lei. Pensa e piange e pensa fino alle 3, quando sprofonda in un breve, esausto sonno senza sogni.

La mattina, all'alba, sente per la prima volta il suo bambino scalciare e torna a sorridere.

 

*

 

Quando la mattina dopo Alicent decide di alzarsi dal letto, si stupisce nel trovare Larys steso sul divano placidamente addormentato. La intenerisce sapere che senza che lei lo sapesse lui è rimasto con lei tutto il tempo, soltanto a una ventina di passi di distanza, quasi quanto vederlo così tranquillo, senza controllo, quasi indifeso. Lo scuote con delicatezza e, quando lui si sveglia tirandosi su e facendole spazio al suo fianco, riprende quasi senza soluzione di continuità dove si sono interrotti la sera prima. Con tutta la languidità e allo stesso l'energia del recente risveglio, lo bacia e lui stavolta risponde senza remore.

"Adesso ti va di fare l'amore con me?" gli domanda in un sussurro e il modo in cui lo dice risulta al contempo bisognoso e malizioso. "Sempre se mi vuoi, gigante come sto diventando" aggiunge in tono leggero, celando tuttavia in quella considerazione – la stessa di ogni donna che vede allo specchio il proprio corpo inevitabilmente cambiare durante una gravidanza – una preoccupazione in parte reale, anche se il pancione è di fatto ancora contenuto nonostante sia ormai nel sesto mese, ed è circa la metà di com'era diventata Rhaenyra mentre aspettava prima Jace e poi Luke.

Larys non la corregge per la scelta dell'espressione, fare l'amore, anzi neanche registra immediatamente che è una formulazione inedita; si limita a baciarla ancora, a far scorrere le sue mani sul suo corpo, a portarsela con delicatezza sulle proprie gambe, ed è estremamente serio mentre sussurra: "Ti desidererei sempre".

Perfino di più adesso, anzi, si ritrova a pensare, sei ancora più mia con nostro figlio che cresce dentro di te. Due aggettivi possessivi (mia, nostro) illusori ed evanescenti, che prova a cancellare lasciando obliare del tutto la mente nell'eccitazione e nel piacere.

Ma, mentre affonda dentro di lei, deve mordersi le labbra per evitare di pronunciare parole che non ha mai neppure pensato lucidamente e che invece adesso rimbombano nel suo cervello come un martello. 

Ti amo, Alicent.

 

*

 

Harwin Strong sa di non essere Sherlock Holmes, perché Sherlock Holmes è sempre stato suo fratello. Durante gli anni dell'adolescenza, guardare insieme film polizieschi e tentare di indovinare il colpevole era un classico dei pigri pomeriggi in casa, così come un classico per Harwin era avanzare una risposta soltanto verso la fine del film – ed era una risposta puntualmente sbagliata. Neanche a dirlo, Larys invece già dopo venti minuti aveva individuato non soltanto il chi, ma anche il come e il perché.

In questo caso, però – il caso concreto di suo fratello e della sua cotta palese per Alicent Hightower – crede di avere una teoria solida e di poter giocare il ruolo del detective improvvisato con maggior fortuna. Del resto, ha notato fin da subito, dalle primissime cene tutti e quattro insieme anni prima, i piccoli dettagli sintomo dell'interesse insolito che Larys stava sviluppando per la migliore amica di sua moglie; così come adesso riesce a raccogliere con facilità i sottili ma ciononostante palesi cambiamenti nel rapporto tra i due, che sembrano suggerire come anche da parte della donna ci possa essere un interesse.

Larys che accompagna Alicent al corso pre-parto, che la aiuta a dipingere le pareti di casa. Loro due che arrivano a casa sua talvolta insieme, e che si scambiano sguardi e sorrisi appena più eloquenti, appena più lunghi.

Larys e Alicent hanno sempre avuto rapporti amichevoli, ma negli ultimi mesi sembrano essere decisamente più vicini. Qualcosa tra di loro è cambiato dopo l'inizio della gravidanza di Alicent, e non bisogna scomodare Sherlock Holmes per capirlo.

"Credo che Larys e Alicent si stiano frequentando, sai?" dice una sera a Rhaenyra, mentre sorseggiano in giardino il loro tradizionale gin tonic prima di cena, ed è un argomento tra gli altri, in mezzo agli allenamenti di football della squadra di Harwin e alla nuova gara di equitazione di Rhaenyra.

"Certo che si frequentano… un sabato sì e uno no vengono a cena a casa nostra, da anni".

"Intendo come coppia. Non ti sei accorta di come lui si sta offrendo per aiutarla in tante cose e del tempo che passano insieme?"

La reazione di sua moglie è prevedibile: sbatte le palpebre confusa e poi ridacchia, incredula. "Non credo. Insomma, sì, tuo fratello è interessato a lei, ma lui non mi sembra proprio il suo tipo. Sai, Ali è sempre stata estremamente romantica, cerca un uomo dolce, protettivo, il classico cavalier servente delle ballate romantiche".

"Mio fratello sa essere molto romantico a suo modo, Nyra" ribatte, con la stessa parzialità e lo stesso senso di protezione che al liceo lo portava a difendere fisicamente Larys dai bulli.

"Tuo fratello sa essere molto inquietante, amore". 

Dopo quella obiezione, impossibile in effetti da negare, l'argomento cade, subito soppiantato dai bambini e dall'organizzazione della piccola gita in barca per tutta la famiglia da fare nel weekend. Ma la pulce nell'orecchio è stata piantata per entrambi e, così, quasi in maniera automatica, durante il sabato successivo, si ritrovano a scrutare con molta più attenzione le interazioni tra Alicent a Larys alla ricerca del più piccolo dettaglio.

E, di dettagli, in effetti ce ne sono: il fatto che Larys sembra sapere già le cose che Alicent racconta a Rhaenyra; il modo in cui fanno delle battute che comprendono solo loro; l'evidenza che, se lasciati soli e apparentemente non osservati, parlano fitto fitto e si sfiorano in una maniera che non sembra casuale.

Eppure, la prova definitiva arriva non mentre Rhaenyra e Harwin li spiano da lontano (dietro la scusa del barbecue e della cucina), ma mentre sono seduti tutti e quattro insieme a tavola. A un certo punto, nel bel mezzo della conversazione, Alicent spalanca gli occhi e si porta le mani sul pancione.

Larys non è il primo a reagire (lo fa Rhaenyra, al suo fianco, protendendosi fisicamente verso di lei), e non è neanche il primo a parlare (lo fa Harwin, dopo essersi scambiato un rapido sguardo con sua moglie, "Alicent, che succede?"), ma è la persona visibilmente più attenta e, soprattutto, è la persona che, in maniera istintiva, la donna cerca con lo sguardo quando scuote la testa e sorride per fugare via ogni preoccupazione. 

Alicent e Larys si fissano per qualche secondo in silenzio, e alla fine, dopo una leggera reticenza, lei gli prende addirittura la mano e gliela posa sulla pancia.

"Lo senti? Sta scalciando". 

Larys non la muove, come ipnotizzato, e sposta lo sguardo tra lei e il pancione con una luce negli occhi che, nei trentacinque anni di vita in cui lo conosce, Harwin non gli ha visto mai, mai, mai: gli occhi di Larys sono lucidi.

C'è qualcosa di strano, pensa Harwin – Alicent che ha cercato con naturalezza lui tra tutti, la reazione imprevedibile di Larys, il modo in cui lui si alza dal tavolo all'improvviso e si allontana, e lei non perde tempo a seguirlo.

Sta succedendo qualcosa di strano, e soprattutto di grande.

"Forse… forse avevi ragione, credo abbiano una qualche relazione" mormora Rhaenyra una volta che sono rimasti soli, ed è difficile dire se la sua sorpresa derivi più dalla scena a cui ha assistito (davvero Alicent ha fatto sentire i movimenti del bimbo a Larys Strong e non alla sua migliore amica?), o dalla conclusione cui è, inevitabilmente, approdata.

Ma Harwin scuote la testa, mentre gli occhi azzurri gli si spalancano in preda a una nuova realizzazione. Esattamente come gli capitava, e ancora gli capita, davanti ai film polizieschi, anche adesso la prima teoria che ha pensato si rivela sul finale sbagliata.

Quello a cui ha appena assistito non può spiegarsi semplicemente con un tentativo di corteggiamento di Larys, né con l'inizio di qualcosa di una frequentazione romantica. Il modo in cui è avvenuta quella condivisione è stata troppo intimo, troppo naturale, troppo personale.

"Credo che… beh, è possibile che… mio fratello sia il padre del bambino di Alicent".








 
NDA: Questo è stato in assoluto il capitolo più difficile da scrivere, ma sentivo la necessità di scrivere la mia personale visione del rapproto tra Viserys e Alicent (tanto in questo AU, quanto nel canon). Spero di aver trattato la tematica nel modo più opportuno.

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