Billy O’ Hagan racconta la fine del mondo

di Star_Rover
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un piano apparentemente semplice ***
Capitolo 2: *** Non è una guerra per yankee ***
Capitolo 3: *** Rifornimenti ***
Capitolo 4: *** In trincea ***
Capitolo 5: *** Uomini e topi ***
Capitolo 6: *** Spari nella notte ***
Capitolo 7: *** Kartoffeln ***
Capitolo 8: *** Vietato fumare ***
Capitolo 9: *** La crocerossina ***
Capitolo 10: *** Niente di buono sul fronte occidentale ***
Capitolo 11: *** La galleria ***
Capitolo 12: *** La cavalleria ***
Capitolo 13: *** (Non) salvate il soldato O' Hagan ***
Capitolo 14: *** Tommy Gun ***
Capitolo 15: *** When Johnny comes marching home ***
Capitolo 16: *** Il Macellaio ***
Capitolo 17: *** Il milite ferito ***
Capitolo 18: *** Il prigioniero ***
Capitolo 19: *** Il Barone Rosso ***
Capitolo 20: *** Fantasmi ***
Capitolo 21: *** Orizzonti di vanagloria ***
Capitolo 22: *** Sturmtruppen ***
Capitolo 23: *** Il messaggero ***
Capitolo 24: *** Il bunker ***



Capitolo 1
*** Un piano apparentemente semplice ***


Carissimi!
Avendo trattato più volte il complesso tema della guerra sentivo la necessità di scrivere qualcosa da una prospettiva diversa. Così è nata questa serie di brevi episodi, spero che le disavventure tragicomiche di Billy possano essere gradite.
Grazie per aver dato una possibilità alla storia, buona lettura!

 

 
1. Un piano apparentemente semplice 


Boston, primavera 1917.
Alto, aitante, dai lineamenti decisi e mascolini, uno sguardo fiero e vittorioso, impeccabile nella sua uniforme. Il pluridecorato capitano John Farley era davvero un affascinante eroe americano.  
Al suo cospetto Billy O’ Hagan appariva insignificante. Possedeva un fisico talmente smilzo e delicato da sembrare ancora un ragazzino. Il suo viso non era particolarmente sgradevole, quell’aria subdola però metteva a dura prova la tolleranza del severo ufficiale.  
«Complimenti per la sua promozione capitano!» esordì Billy con fin troppo entusiasmo. Le gote leggermente arrossate suggerirono che egli avesse già apprezzato il costoso vino francese.
Farley strinse la sua mano con freddezza e decisione.
Billy scambiò ancora qualche frase di circostanza, esagerando con gli elogi e i ringraziamenti, poi si congedò per tornare nel vivo dei festeggiamenti.  
Farley ricambiò controvoglia il suo affabile sorriso, dopo che si fu allontanato continuò a seguire i suoi spostamenti nella stanza. Lo vide intrattenersi con altri ospiti, facendosi notare dai presenti più facoltosi. Teneva sempre Rose stretta a braccetto, esibendo con orgoglio la sua fidanzata. La coppia era la più strana della città. Lei era troppo per lui, lo pensavano tutti. Troppo bella, troppo raffinata e troppo ricca per un uomo come Billy O’ Hagan. Per quanto stesse iniziando a farsi un nome negli ambienti più altolocati di Boston, non poteva essere considerato un buon partito per una giovane aristocratica.
Billy sembrava cercare una sola cosa da quel matrimonio, ovvero il denaro. Fin dal primo momento John aveva notato qualcosa di sospetto in lui. Il capitano stava riflettendo su ciò quando udì la voce del tenente Gerald Healy alle sue spalle.
«Davvero tua sorella vuole sposare quell’insulso parassita?» domandò l’amico sputando tra i denti il suo disappunto.
L’ufficiale si bagnò le labbra con lo champagne: «a quanto pare è quel che desidera»
«E tu hai intenzione di permettere queste nozze?»
«Voglio bene a Rose, non le impedirei mai di essere felice…tuttavia…»
«Tuttavia?» lo incitò il tenente.
«Temo che abbia preso questa decisione con troppa impulsività»
Gerald guardò la sorella dell’amico con aria malinconica.
«Tra tutti i suoi pretendenti perché ha scelto proprio O’ Hagan?»
L’altro sbuffò.
«Perché si sta comportando come una ragazzina ottusa e viziata. Quando si mette in testa qualcosa deve sempre ottenerlo. Per qualche ragione vuole diventare la moglie di un arrivista borghese»
«Forse è realmente innamorata di lui» ipotizzò Gerald con struggente rammarico.
John riempì nuovamente il bicchiere, parlare d’amore e sentimenti aveva sempre lo stesso effetto su di lui, gli veniva voglia di bere o vomitare, a seconda delle circostanze. 
«Se O’ Hagan desidera davvero la mano di Rose dovrà dimostrare di esserne degno e meritevole»
Il tenente si incuriosì: «e come potrebbe?»
«Comportandosi da vero americano»
Healy non capì.
«La guerra è alle porte. È ovvio che il mio futuro cognato non potrà ignorare la chiamata alle armi» spiegò il capitano.
«Vuoi spedire O’ Hagan al fronte?»
John annuì: «se è un vigliacco come penso rifiuterà e rinuncerà al matrimonio. Se dovesse partire per l’Europa resterebbe lontano da Rose il tempo necessario perché lei possa comprendere di star commettendo un errore con queste nozze»
Il tenente valutò anche l’eventualità che Farley aveva evitato di dire ad alta voce, ma che sicuramente aveva considerato: se O’ Hagan non fosse più tornato la questione sarebbe stata chiusa definitivamente.
«Così in ogni caso riusciresti a disfarti di lui» commentò senza nascondere il suo compiacimento.
Il capitano rispose con un sorriso soddisfatto.
«Adesso capisco perché stai facendo carriera nell’esercito, amico mio. Riesci sempre a trovare una soluzione efficace ad ogni problema»
 
 
Rose accompagnò Billy sulle scale, dal piano sottostante giungevano ancora i rumori dei festeggiamenti, echi di musica classica e chiacchiere soffuse.
Nel corridoio deserto i due giovani non attesero di raggiungere una delle stanze per baciarsi in modo sempre più appassionato.
La loro relazione, almeno inizialmente, non doveva essere nulla di serio. Lei voleva dimostrare di non essere più una ragazzina e di poter sedurre un uomo. Lui era stato al gioco, divertito e lusingato dalle sue sfrontate avances.  
Per quanto consapevole che non fosse una saggia decisione, non era mai riuscito a resistere alla tentazione. Ben presto O’ Hagan aveva completamente perso la testa per quella ragazza, tanto da convincersi che lei fosse davvero la donna della sua vita.
Un giorno le aveva chiesto, o meglio implorato, di sposarlo e inaspettatamente Rose aveva accettato. Forse quel che provava per Billy era davvero amore, oppure voleva solo portare a termine ciò che aveva iniziato quando per la prima volta gli aveva rivolto un provocante sorriso.
Fino a quel momento O’ Hagan non aveva mai avuto intenzione di prendere moglie, per tutta la vita era fuggito da ogni responsabilità. Era una follia, ma Rose era un’eccezione.
«Devo dirti una cosa importante…» ansimò staccandosi dalle sue labbra.
Lei lo fissò con i suoi grandi occhi blu.
«Tuo fratello si è dichiarato favorevole alle nostre nozze»
«Oh, Billy…ma è fantastico!»
Egli distolse lo sguardo: «be’, a dire il vero mi ha imposto una condizione»
«Quale condizione?»
«Dovrò arruolarmi. Tutti gli uomini della tua famiglia sono militari, così anche tuo marito dovrà essere un soldato»
«E tu faresti questo per me?» chiese Rose con tono lascivo, eccitata al pensiero che il suo uomo fosse disposto a combattere in nome del loro amore.
Billy era troppo entusiasta e ormai anche piuttosto ubriaco per preoccuparsi: «certo, tesoro! Per te farei qualsiasi cosa!»
 
***

Il giovane soldato ritratto in quel volantino era la perfetta rappresentazione di un moderno Ares in uniforme oliva ed elmetto Brodie, se il dio greco fosse stato un borioso atleta del Boston College.
Billy osservò la figura con perplessità prima di appallottolare il foglio tra le mani. Persino davanti all’immagine stampata si sentì a disagio. Esile e smilzo come era aveva faticato anche a superare le visite mediche, in confronto agli altri volontari doveva aver dato un’impressione di sé davvero patetica. Il dottore gli aveva rivolto un benevolo sorriso e si era comportato come se gli avesse fatto un enorme favore dichiarandolo idoneo al servizio militare. Guardandolo probabilmente si era domandato come mai quel giovanotto dall’aspetto malaticcio avesse pensato di arruolarsi con tanta fretta a pochi giorni dalla dichiarazione del presidente Wilson.  
Billy sospirò, egli stesso non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in quella situazione.
Fino a poco tempo prima la sua unica preoccupazione era farsi un nome negli ambienti più altolocati di Boston come giovane uomo d’affari. Precedentemente era stato un medico a New York, un avvocato a St. Louis e persino un inventore a Detroit…tutte le volte era riuscito a mettere in atto le sue truffe e fuggire con il denaro prima di essere scoperto. Era sempre stato un imbroglione, fin da quando, da ragazzino, vagabondava per le strade di San Francisco.
L’ultima cosa a cui pensava O’ Hagan in quel periodo era la guerra. La Vecchia Europa era in fiamme, ma nel Nuovo Continente era sufficiente spegnere la radio per liberarsi da ogni preoccupazione. 
Non si sarebbe mai sognato di partire per il fronte, al contrario di molti suoi compatrioti non riteneva che fosse suo dovere attraversare l’Oceano Atlantico per andare a sparare ai tedeschi. Non aveva mai percepito quel sentimento che certi esaltati osavano definire amor di Patria. Per quel che aveva fatto l’America per lui non valeva certo la pena rischiare la pelle. Non sosteneva l’Inghilterra e non odiava la Germania. A New York aveva conosciuto un immigrato tedesco, un abile falsario che per l’occasione era stato suo complice. Il suo compagno teutonico non assomigliava affatto agli unni invasori ritratti nei manifesti di propaganda. Billy lo ricordava come l’uomo più intrigante e affascinante che avesse mai incontrato, avrebbe avuto molto da imparare da lui. Non aveva mai conosciuto il suo vero nome, per nascondere la sua identità si faceva chiamare Fritz.
Tornando alla guerra, piuttosto che marciare verso Parigi O’ Hagan avrebbe preferito farsi arrestare come feniano (quei terroristi irlandesi erano diventati pacifisti da quando la neutralità era divenuta sinonimo di sconfitta per l’odiata Inghilterra).
Eppure sarebbe finito lo stesso a bordo di una nave diretta in Europa. Tutto questo per compiacere il fratello della bella (e ricca) Rose. Quel matrimonio avrebbe potuto essere la soluzione a tutti i suoi problemi, ma anche se il lato economico non era trascurabile, sarebbe stato ingiusto sostenere che Billy non fosse innamorato. Poteva considerare ciò come una fortuita unione di interessi.
Purtroppo non aveva avuto scelta, il capitano Farley non avrebbe mai permesso alla sua cara sorellina di sposare un codardo e un traditore. Caratteristiche che, a onor del vero, appartenevano a Billy anche in tempo di pace.   
Il giovane aveva dovuto far buon viso a cattivo gioco, così era diventato un soldato. Doveva dimostrare di non essere quel che era realmente. O’ Hagan poteva vantare una consolidata esperienza nel campo. Da buon impostore aveva finto in ogni genere di situazione, poteva fingere di essere anche un valoroso combattente.  La guerra sarebbe finita presto, era quello che dicevano tutti. Al suo ritorno sarebbe stato considerato un eroe, avrebbe potuto sposare una donna giovane e bella ed ereditare una fortuna. Un piano apparentemente semplice.  
Mentre gli altri volontari animati da nobili ideali sognavano la vittoria, il suo unico obiettivo era restare vivo.
 

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Capitolo 2
*** Non è una guerra per yankee ***



2.  Non è una guerra per yankee
 

Le lunghe settimane di addestramento furono dure e faticose, almeno per le reclute che avevano deciso di affrontare seriamente quella guerra. Mentre giovani volontari ardimentosi imparavano che nella vita militare erano necessari esercizio e disciplina, il soldato Billy O’ Hagan intuì fin dal primo momento che avrebbe dovuto giocare d’astuzia.
Le regole per evitare rogne al campo sembravano semplici: obbedire agli ordini, mai contraddire un superiore e non farsi detestare dai compagni.
Billy si era calato presto nei panni di un soldato accondiscendente, apparentemente determinato a svolgere il suo dovere.
Reggere i ritmi militari non era semplice, ma O’ Hagan riusciva a trovare il modo per evitare i turni più faticosi. L’importante era dare l’impressione di essere sempre impegnati e di non avere tempo da perdere, anche quando in realtà non c’era nulla da fare.  
Così durante il periodo di addestramento il sergente McKee ebbe l’impressione che O’ Hagan fosse un soldato volenteroso, poiché davanti ai suoi occhi era sempre al lavoro, anche se in realtà per la maggior parte del tempo restava imboscato nelle cucine o in infermeria.
L’esperienza come truffatore gli fu utile anche per comprendere il carattere dei suoi compagni. Tentò di mostrarsi sempre gentile e disponibile, soprattutto nei confronti di coloro che avevano ottenuto i punteggi più alti al poligono. Nel peggiore dei casi, sotto al fuoco nemico, sarebbe stato utile avere un amico con una buona mira. 
 
La permanenza al campo fu alquanto tranquilla, Billy continuava a sperare che la guerra potesse finire da un giorno all’altro, prima che le truppe statunitensi fossero chiamate in prima linea. A quel punto anche la vittoria della Germania sarebbe stata gradita.
Purtroppo le notizie che giungevano oltreoceano dalla radio e dai giornali non erano affatto rassicuranti.
Al soldato O’ Hagan non sarebbe dispiaciuto trascorrere il suo periodo nell’esercito come riserva. Al contrario dei suoi compagni non aveva alcuna fretta di imbracciare un fucile e correre all’assalto delle trincee nemiche.
Per quel che lo riguardava, sarebbe stato lieto di continuare a pulire latrine, pelare patate e lucidare stivali piuttosto che mettere piede sul campo di battaglia.
Ovviamente di fronte ai suoi compagni doveva nascondere i suoi reali pensieri e mostrarsi entusiasta all’idea di morire eroicamente per la Patria.
 
La sera prima della partenza il tenente Dunkel tenne un discorso per i suoi uomini. La sua interpretazione fu particolarmente intensa e appassionata. Billy però non ascoltò nemmeno una parola, era troppo ubriaco per prestare attenzione al suo superiore. Tutte le sue forze erano impiegate nel restare in piedi senza vomitare. In fondo quella sarebbe potuta essere la sua ultima notte di baldoria, doveva pur approfittare della situazione.  Inoltre ritenne che l’alcol l’avrebbe aiutato ad imbarcarsi senza troppi rimpianti.
A risultato di ciò O’ Hagan ebbe la sensazione di dover smaltire la sbronza più lunga della sua vita, poiché nei giorni seguenti, durante la traversata, soffrì ininterrottamente di mal di mare.
Il caporale medico trovò come unica soluzione un’elevata dose di calmante. Dopo aver somministrato il farmaco al paziente commentò: «è fortunato, almeno non deve preoccuparsi dei missili tedeschi. Se questa nave dovesse affondare probabilmente nemmeno se ne accorgerebbe»
 
***

Billy si risvegliò sano e salvo una volta giunto a destinazione. Lo stato di incoscienza con cui aveva affrontato il viaggio gli impedì di analizzare razionalmente la situazione. Ritrovandosi coinvolto in quell’ondata di euforia iniziò anch’egli a credere nel buon esito dell’impresa.
I nuovi arrivati in Francia ricevettero una calorosa accoglienza da parte della popolazione. Le truppe americane marciarono per le strade del villaggio acclamati dalla folla, così come avevano lasciato New York. 
Billy e i suoi compagni erano troppo presi dall’entusiasmo per notare i soldati inglesi rimasti nelle retrovie. I militari britannici assistettero alla parata con sguardi cupi e rassegnati.  
«Guardate gli americani, sembrano addirittura felici di essere qui!» commentò uno di loro.   
«Non sanno quello che li aspetta» rispose tristemente un sottufficiale.  
«Lo scopriranno presto, e allora nessuno di loro sorriderà più»
«Già, è giunto il momento che anche gli yankee diano il loro contributo in questa guerra»
«Nuovi bersagli per i tedeschi» fu la sentenza definitiva.
 
Billy O’ Hagan, ignaro del suo destino, quella stessa sera scrisse una lettera alla sua amata Rose.
 
Mia cara.
Ti scrivo per informarti del mio arrivo in Francia.
Qui i volontari americani hanno trovato una degna accoglienza. Agli occhi dei civili siamo visti come eroi e salvatori. Sicuramente non deluderemo le loro aspettative, con il nostro aiuto gli Alleati riusciranno a vincere questa guerra. L’America saprà ricoprire un ruolo decisivo nel conflitto.
Non preoccuparti per me, presto sarò di ritorno.
Continua a pensare al nostro matrimonio, chissà…forse per il gran giorno potrei indossare un’uniforme decorata.
Con amore,
il tuo Billy
 
***

O’ Hagan tornò bruscamente alla realtà della guerra quando raggiunse per la prima volta le trincee. Dopo aver marciato per giorni in lande desolate e devastate dalle esplosioni le truppe americane raggiunsero il fronte.
Poiché il plotone del tenente Dunkel condivideva la sua postazione con gli inglesi fu compito di Billy e del soldato Danny Jackson presentarsi al comando britannico con una lettera firmata dall’ufficiale.
O’ Hagan non provava particolare simpatia per il suo compagno, un ragazzino timido e impacciato che a stento riusciva a reggere il peso del suo zaino. Doveva però ammettere che si divertiva nel metterlo in imbarazzo raccontandogli barzellette sconce. Fortunatamente quella volta non avrebbe dovuto contare troppo sulle (alquanto scarse) competenze militari di Jackson.
Esplorando gli intricati camminamenti i due americani si persero ripetutamente. Si fermarono più volte per chiedere informazioni, ma continuarono a girare in tondo. Quando trovarono la strada sbarrata dal filo spinato ebbero il sospetto che gli inglesi gli avessero volontariamente fornito le indicazioni sbagliate.
Alla fine O’ Hagan e Jackson riuscirono comunque a raggiungere il centro di comando britannico.
Un sergente squadrò la coppia di estranei con particolare attenzione. I due soldati indossavano divise che profumavano ancora di pulito, erano in forze e ben nutriti. Freschi e riposati.
«Americani?» domandò.  
Billy annuì.
«Siete in ritardo»
«Abbiamo incontrato qualche…ehm…difficoltà lungo il tragitto»
L’inglese sbuffò.
«Vi stiamo aspettando da più di tre anni» replicò con amarezza.
Billy intuì che la presenza dei suoi connazionali non fosse apprezzata al fronte. Credeva che in Europa gli americani sarebbero stati considerati come degli eroi, ma dove la guerra si combatteva davvero l’opinione era ben differente.
 
Sulla strada del ritorno Billy e Danny furono fermati da due soldati britannici, entrambi dai volti scuri e le uniformi coperte di fango.
«Oh, ecco altri yankee…» esclamò un inglese con tono di scherno.
«A dire il vero preferiamo essere chiamati doughboys» replicò Billy con ritrovato orgoglio.
L’inglese rispose con irriverenza: «se è così allora continueremo a chiamarvi yankee»
Jackson si limitò ad abbassare lo sguardo e a restare in silenzio. O’ Hagan invece aveva preso la questione sul personale. Soltanto per questo si sentì in dovere di difendere la sua posizione.
«Dovreste avere più rispetto per noi. È per aiutarvi che abbiamo scelto di entrare in guerra!»
Il soldato in divisa kaki scoppiò a ridere.
«Voi siete venuti a salvarci? E come pensate di combattere i crucchi? Siete arrivati qui senza mortai, mitragliatrici, munizioni…»
«I rifornimenti arriveranno presto insieme all’artiglieria»
I due britannici si scambiarono un’occhiata perplessa: «sempre che gli U-boats non abbiano già affondato le vostre navi»
«Voi inglesi siete sempre così ottimisti?»
«E voi yankee siete sempre così stupidi?»
All’improvviso un fragoroso boato zittì tutti quanti.
Billy sobbalzò guardandosi intorno con uno sguardo atterrito. Altre esplosioni continuarono a far tremare il terreno.
I due britannici restarono impassibili, quelle bombe non erano per loro. Il cielo notturno fu illuminato da abbaglianti lampi rossastri. 
«Ecco, questo spettacolo è tutto per voi yankee! I tedeschi hanno voluto darvi il loro benvenuto!»
Billy rimase ad osservare i bagliori nel cielo, poi rivolse lo sguardo al piccolo Jackson, ancora rannicchiato sul fondo della trincea, timoroso e tremante.
Fu in quel momento che O’ Hagan capì che per sopravvivere a quella guerra avrebbe dovuto abbandonare la presunzione americana e rivolgersi all’esperienza britannica.

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Capitolo 3
*** Rifornimenti ***


Grazie mille per essere passati da queste parti, spero che le vicende di Billy possano continuare a intrattenervi. 
Un ringraziamento speciale ai gentilissimi recensori. 
Buona lettura! 

 
3. Rifornimenti
 

Dopo aver salutato i nuovi arrivati con la prima notte di bombardamenti, i tedeschi parvero svanire nel nulla. Soltanto gli inglesi potevano testimoniare a favore della loro esistenza, poiché oltre ai reticolati non si scorgeva anima viva.
L’artiglieria nemica si faceva sentire all’alba e al tramonto, ma solo per qualche colpo di avvertimento. I tedeschi non sprecavano munizioni.
In quel periodo per Billy la vita al fronte non appariva poi così terribile. L’importante, quando si usciva in trincea, era parlare piano e tenere la testa bassa. Per il resto era tutta una questione di fortuna, e Billy in quei giorni era proprio un uomo baciato dalla buona sorte. Non era mai stato scelto per le escursioni notturne, dunque era rimasto al sicuro per tutto il tempo.
Venne però selezionato per occuparsi dei rifornimenti, ciò significava che al posto che avvicinarsi al nemico sarebbe dovuto tornare nelle retrovie. Quando il tenente Dunkel lo assegnò alla squadra il soldato O’ Hagan trattenne a stento la sua felicità.
 
Il sentiero che conduceva al villaggio non era mai stato considerato pericoloso, fino a quel momento il nemico non aveva intercettato il passaggio nella foresta.
Lungo la strada Billy fu coinvolto in una conversazione con il soldato Evans.
«È strano, non riconosco il tuo accento. Da dove hai detto di venire?»
«Boston»
«Davvero? Non l’avrei mai detto. Madden è di Boston, a volte non riesco nemmeno a capire quel che dice!»
A quel punto intervenne Warren: «O’ Hagan è un irlandese, non dovrebbe sorprenderti il fatto che venga da Boston!»
Billy tentò di precisare il fatto di non essere un vero irlandese, ma venne subito interrotto.
«Certo, ma non parla come un abitante del New England!»
«Perché tu sei un esperto nel riconoscere come parla la gente?» lo stuzzicò Warren.
«Ovviamente. Posso affermare con estrema certezza che tu parli come un idiota!»
I ragazzi scoppiarono a ridere, tutti tranne il caporale Thomas Miller, il quale non aveva mai mostrato un accenno di sorriso. Era sempre cupo e silenzioso, e nessuno aveva voglia di domandarsi il perché.  
Anche in quell’occasione Miller si limitò ad accendersi una sigaretta e ad affrettare il passo.
 
Una volta raggiunta la strada che conduceva al villaggio i soldati si occuparono di scaricare i furgoni, al fronte era giunto di tutto: armi, munizioni, provviste e medicine.
Billy si avvicinò ad una cassa, dopo aver gettato una rapida occhiata al suo contenuto la richiuse e corse ad avvertire il soldatino Jackson.
«Avanti, dammi una mano. Questa la portiamo noi!»
Il ragazzo obbedì, seppur controvoglia. Non era così che aveva immaginato la sua entrata in guerra.
Jackson non si dimostrò particolarmente entusiasta di svolgere quel compito noioso e faticoso. Nel momento in cui gli fu chiesto di poggiare il peso a terra il giovane maneggiò la cassa con ben poca delicatezza.
Billy lo rimproverò severamente.
«Piano, Danny! Abbiamo un carico particolarmente delicato»
Jackson si stupì per quella reazione così sentita, il suo commilitone era seriamente preoccupato. La recluta ipotizzò di star trasportando un carico di esplosivi, non trovò altra ragione per cui dovesse essere necessaria tanta cautela. Immediatamente si sentì in colpa per aver trascurato il suo dovere.
«Scusa Billy, prometto che farò più attenzione»
«Bravo ragazzo. Avanti, non abbiamo tempo da perdere!»
 
Inaspettatamente, O’ Hagan aveva preso a cuore la sua missione ed era deciso a portarla a termine. Trasportare quella cassa divenne una questione di vitale importanza.
I due portatori seguirono la modesta carovana di soldati in marcia verso la prima linea. Il sentiero però divenne sempre più tortuoso e difficoltoso da percorrere, soprattutto con un carico così ingombrante.
A metà strada Jackson diede segni di cedimento. Fu costretto a fermarsi e fu tentato di aspettare che qualcuno potesse prendere il suo posto.
Billy era altrettanto provato dalla fatica, ma era intenzionato a proseguire senza indugio.
«Coraggio, dobbiamo assolutamente trasportare questa cassa in prima linea!»  
«Non ce la faccio più! È troppo pesante» si lamentò Danny.  
«Non mollare soldato! Pensa ai nostri commilitoni che stanno combattendo eroicamente, non possiamo deluderli!»
Jackson non poté ignorare quelle parole di incoraggiamento. L’enfasi e la passione del soldato O’ Hagan lo convinsero a non demordere.
Fino a quel momento non aveva mai pensato che Billy potesse essere un esempio di forza e determinazione, eppure dovette ricredersi.
 
Quando i primi proiettili caddero ai lati della foresta Billy temette che ogni suo sforzo sarebbe andato perduto. I tedeschi avevano scelto il momento peggiore per individuare il sentiero, ma era probabile che tutto quel movimento avesse insospettito il nemico. 
Quando il terreno smise di tremare O’ Hagan si arrampicò sul bordo del fosso, cercando immediatamente il prezioso carico che era stato costretto ad abbandonare. Per quanto fosse importante quella missione, dopo la prima esplosione non aveva esitato a correre via per salvare la pelle.
Destino volle che, tra le decine di casse rovesciate e distrutte, quella di Billy era rimasta integra. Non aveva subito il minimo danno.
Jackson si mostrò esitante, l’ultima cosa che voleva era rischiare di saltare in aria trasportando granate o chissà quale altro ordigno pronto ad esplodere.
Ancora una volta Billy risultò convincente.
«Fidati di me, andrà tutto bene. Ormai manca solo l’ultimo tratto per raggiungere le nostre postazioni»
Danny prese un profondo respiro prima di sollevare per l’ennesima volta la cassa. Pensò che, nel peggiore dei casi, almeno avrebbe svolto il suo dovere, aiutando i suoi compagni. I pericolosi esplosivi all’interno di quella cassa avrebbero potuto diventare le armi decisive nella prossima battaglia.
 
Billy era ormai esausto, non aveva mai faticato tanto in tutta la sua vita. I tedeschi erano tornati silenziosi, l’ultimo attacco sembrava averli soddisfatti per quel giorno.
Jackson era in preda a un attacco di euforia, l’idea che quella cassa potesse essere di vitale importanza per il progredire della guerra gli aveva donato la forza che solo un adolescente esaltato poteva manifestare in un momento del genere. Grazie all'improvvisa esplosione di energia del suo compagno Billy riuscì nella sua impresa. 
O’ Hagan poté considerarsi soddisfatto quando ripose il suo prezioso carico al sicuro. Come ben ricordava, il magazzino sotterraneo dove venivano conservate le scorte non era troppo distante dal suo rifugio.  
Danny fu tentato di sbirciare all’interno della cassa misteriosa, ma Billy lo trascinò via afferrandolo per un braccio.
«Ottimo lavoro soldato, adesso ci siamo proprio meritati un po’ di riposo!» esclamò, supportando il più giovane con una vigorosa pacca sulla spalla.
Jackson sorrise con fare compiaciuto, in fondo O’ Hagan era un collega più adulto, si sentì gratificato dai suoi elogi e ben presto dimenticò la questione degli esplosivi.
 
***

Quella sera i soldati che avevano preso parte all’operazione poterono godersi il meritato riposo, evitando così il temuto turno di guardia notturno.
Il tenente Dunkel si occupò di controllare il materiale appena giunto in prima linea.
Al termine dell’ispezione il comandante esaminò il contenuto dell’ultima cassa con aria perplessa.
«Dunque questo è tutto ciò che abbiamo?»

Il sergente McKee annuì riportando gli ultimi dati sul registro. L’inventario era stato più breve del previsto, poiché metà dei rifornimenti era andato disperso a causa dell’attacco nemico.
«Al momento siamo isolati, non sappiamo quando potremo ricevere nuovi rifornimenti. Rischiamo di rimanere presto a corto di munizioni»
Nonostante la gravità della situazione McKee non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.
«Consideri il lato positivo signore, almeno potremo tenere alto il morale dei nostri uomini»
L’ufficiale incrociò le braccia al petto, osservando con rammarico la cassa colma di bottiglie di birra.
«E pensare che per arruolarmi ho anche smesso di bere…»

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Capitolo 4
*** In trincea ***


 
4. In trincea
 

L’alba era sorta senza sorprese, come ogni mattina Billy si intrufolò nel settore britannico per scroccare pancetta croccante per colazione. Quella volta riuscì a far pietà al soldato Wright, che però al posto della sostanziosa carne gli offrì una misera tazza di tè fumante.
O’ Hagan fu deluso nel sentirne il sapore, ebbe la sensazione di ingurgitare acqua sporca.    
«Qualcosa non va?» domandò Wright.
«Ci hanno detto che voi inglesi al mattino bevete tè e rum»
L’altro sorrise: «forse due anni fa era così…adesso tutto il rum rimasto si trova nel rifugio del tenente Smith. Credo che il comandante sia rimasto a difendere la postazione solo per mettere in salvo la sua preziosa scorta»
«Forse sono più fortunati i nostri connazionali nelle Fiandre, per loro potrebbe essere d’aiuto un po’ di coraggio olandese*!» suggerì il soldato Lewis.
Gli inglesi scoppiarono a ridere, Billy si unì a loro per solidarietà.
«Davvero non è rimasto altro? Ho una fame terribile!» continuò poco dopo.
Wright scosse la testa.
«Dovresti essere contento di digiunare al mattino, doppia razione significa attacco imminente»  
O’ Hagan sospirò, doveva ancora abituarsi alle gioie del soldato. Avere lo stomaco vuoto in certe occasioni era qualcosa di positivo.
 
***

Dopo il turno di lavoro, durante il quale fu costretto a faticare sul serio, O’ Hagan tornò nel suo settore. Dopo pranzo ebbe solo il tempo di far visita ai suoi compagni prima di tornare in allerta.
All’interno del rifugio trovò solamente George Evans e Ronald Bailey, quest’ultimo dormiva profondamente sotto alle coperte, probabilmente non si sarebbe svegliato nemmeno sotto bombardamento.
George si sporse dalla sua branda per vedere chi fosse il nuovo arrivato.
«Hey Billy, hai voglia di leggere un po’?»
Egli negò: «non siamo a scuola Evans!»
«Sono certo che troverai questa lettura interessante»
O’ Hagan si ritrovò in mano un libro dal volume sospetto. Non lesse nemmeno il titolo, sfogliandolo trovò decine di cartoline infilate tra le pagine, per la maggior parte ritraevano donne nude in pose oscene e volgari.
«Ma che diamine…»  
«Belle, vero? Un inglese me le ha vendute per un pacchetto di sigarette» spiegò George con soddisfazione.
Billy riconsegnò il libro dallo scadente contenuto erotico al proprietario.
«Credevo che avresti apprezzato» replicò lui, quasi offeso dalla sua reazione.
«Non sono un pervertito come te!»
«Non dirmi che sei un puritano come il tenente Dunkel! Quell’uomo avrebbe davvero bisogno di rilassarsi con una di queste fotografie»
«No, ma sono felicemente fidanzato e l’unica donna che mi interessa sta attendendo il mio ritorno per celebrare le nozze»
Evans scoppiò a ridere.
«Dici sul serio? E dove l’hai trovata una disperata disposta a sposarti?»
Billy mostrò con orgoglio la fotografia della bella Rose che teneva sempre con cura nel taschino della giubba. Evans rimase ad ammirarla con stupore. Non poteva credere che Billy fosse riuscito a conquistare una donna come lei.
«Se è così allora dovrai sbrigarti a vincere la guerra!»
O’ Hagan ripose la fotografia della sua amata lontano dallo sguardo fin troppo interessato del compagno, poi voltò le spalle per dirigersi verso l’uscita.
«Te ne vai già via?»
«Devo dare il cambio a Madden»
«Buona fortuna! Se vedi un crucco sparagli anche da parte mia!»
Billy rispose con finto entusiasmo, prima di abbandonare il rifugio rivolse ad Evans un’ultima raccomandazione.
«Almeno nascondi quella robaccia dalla vista del piccolo Jackson, il verginello potrebbe scandalizzarsi!»
 
Il soldato Madden fu lieto di lasciare la postazione d’osservazione, la noia era insopportabile.
«Niente di nuovo?» chiese Billy mettendosi in posizione davanti alla barricata.
Il commilitone negò: «i crucchi non sono stupidi, scommetto che se ne stanno al caldo a riposare!»
O’ Hagan sembrava l’unico americano felice di non aver ancora visto un tedesco. Era sufficiente sentire la loro presenza con i bombardamenti notturni, non aveva fretta di uno scontro diretto con il nemico.
Al suo fianco, Warren trepidava per l’eccitazione.
«Credi che oggi riusciremo a vedere un tedesco?»
O’ Hagan tenne la sincera risposta per sé.
Warren iniziò ad elencare le caratteristiche del soldato tedesco descritte nel manuale d’addestramento. Billy ebbe la sensazione di star ascoltando un meticoloso ornitologo che stava parlando di un raro esemplare di uccello esotico. Era questo lo spirito con cui Warren si appostava in trincea, ansioso di poter vedere con i suoi occhi il famigerato nemico.
O’ Hagan gli strappò il binocolo dalle mani: «smettila! I tedeschi sono solo tedeschi!»
«Avanti, scommetto che anche tu sei curioso di vederne uno!»
Billy sbuffò.
«Ho già incontrato un tedesco prima della guerra e posso assicurarti che non aveva nulla di strano!»
«Ma qui è diverso»
«Certo Pete, il tedesco di New York non voleva spararmi con un fucile! Be’, probabilmente avrebbe preferito strangolarmi…ma non è questo il punto»
Warren stava per replicare, ma in quel momento avvertirono dei passi alle loro spalle.
«Caporale Miller!» Billy scattò sull’attenti portandosi la mano all’elmetto.
Per quanto egli non fosse nemmeno un sergente, tra i suoi compagni riusciva a suscitare lo stesso timore reverenziale di un generale. Il suo sguardo freddo e severo spaventava più della canna di una Maxim.
«Niente da segnalare, tutto tranquillo oltre ai reticolati» fece rapporto Warren.
Il caporale Miller rimase immobile ad osservare i due soldati con i suoi occhi di ghiaccio, poi senza dire una parola proseguì lungo i camminamenti. 
Billy emise un sospiro di sollievo.
«Quello è pazzo!» commentò Warren quando fu assolutamente certo di non poter essere udito.
Egli fu sorpreso da quell’affermazione: «è solo un tipo strano»
«Dicono che abbia ucciso un uomo al villaggio»
O’ Hagan sgranò gli occhi: «e chi avrebbe ucciso?»
«Non lo so, ci sono diverse versioni dei fatti. Alcuni dicono che fosse una spia tedesca, mentre altri sostengono che abbia sparato a un disertore»
Billy scosse la testa: «sono soltanto voci»
«Be’, io ci credo. Anche tu devi ammettere che Miller è inquietante»
O’ Hagan riconsegnò il binocolo al suo compagno: «è meglio tornare ad osservare le trincee tedesche»
 
***

Al calare del sole Billy e Pete tornarono al rifugio senza aver avvistato nemmeno un tedesco. O’ Hagan era sereno, Warren invece estremamente deluso.
Ad attenderli per cena c’era soltanto una misera zuppa, la stessa brodaglia che avevano ingurgitato la sera prima, e che probabilmente avrebbero trovato anche il giorno seguente.
«Dov’è il sergente McKee?» domandò O’ Hagan.
«A caccia di topi, sono diventati la sua nuova ossessione» rispose Evans.
Billy assunse un’espressione preoccupata: «chi è stato scelto per uscire questa notte?»
«Nessuno di noi. Il caporale Miller si è offerto con la sua squadra»
«Oh, bene» disse O’ Hagan sorpreso da quella notizia.
«Speriamo che i tedeschi ci lascino in pace almeno per qualche ora» continuò George.
«In ogni caso non riuscirei a riposare» replicò tristemente Jackson.
«È colpa degli inglesi, si divertono a spaventare i novellini con i loro racconti di guerra, così il ragazzo ha ormai perso il sonno» spiegò Warren.
Danny tentò in modo impacciato di difendere il suo orgoglio. Gli altri per compassione finsero di credergli.  
 
Billy si distese sul suo giaciglio, appena chiuse gli occhi avvertì le pareti tremare.
Poco dopo il tenente Dunkel si affacciò all’entrata.
«State tutti bene qui dentro?»
«Sissignore» fu la corale risposta.
In quel momento rientrò anche il sergente McKee.
«I tedeschi hanno voglia di festeggiare questa notte. Là fuori ci sono dei bei fuochi d’artificio!»
Dunkel rimase serio, si rimise il fucile in spalla e senza aggiungere altro uscì nuovamente in trincea per continuare la sua ronda.
Billy tornò a sdraiarsi sulle assi di legno, ma ben presto fu infastidito dai suoi compagni.
Warren stava sfogliando il suo manuale, provando a pronunciare le poche parole in tedesco che avrebbero dovuto essere utili per comunicare con il nemico. Alle orecchie di Billy giunsero soltanto suoni incomprensibili, nemmeno un bavarese ubriaco con la pertosse avrebbe parlato in quel modo.
Evans aveva finalmente trovato qualcuno interessato alla sua scabrosa collezione di cartoline, ovvero il sergente McKee. I due avevano iniziato ad esaminare le fotografie come se stessero ammirando le raffinate opere di una galleria d’arte.
Bailey dormiva come sempre, soltanto il suo russare segnalava il fatto che fosse ancora vivo.
Il sonno del soldatino Jackson invece era più agitato, il ragazzo si rigirava tra le coperte, tormentato dalle terribili immagini di guerra evocate dai racconti dei veterani britannici.
O’ Hagan si domandò come avrebbe fatto a sopravvivere a quella guerra, gli unici veri militari nelle vicinanze erano il tenente Dunkel e il caporale Miller. Un puritano astemio e un inquietante volontario per missioni suicide.
A quel punto avrebbe preferito consegnarsi nelle mani dei tedeschi.
 
 
 
 
 
 
 
*Il “coraggio olandese” è un modo di dire per indicare la sensazione di coraggio derivata dall’alcol. L’espressione potrebbe derivare dal fatto che i soldati inglesi durante la Guerra dei trent’anni (1618-1648) si davano coraggio tracannando gin olandese.

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Capitolo 5
*** Uomini e topi ***


5. Uomini e topi
 

Gli spari echeggiarono nel silenzio. Dopo qualche istante si udirono delle urla.
Warren si voltò verso il suo compagno: «alzati, svelto! Dobbiamo andare!»
Billy esitò: «forse è meglio restare qui…non possiamo abbandonare la nostra postazione»
L’altro lo strattonò con forza, costringendolo a mettersi in piedi.
«Coraggio, potrebbe essere il nostro giorno fortunato!»
O’ Hagan non ritenne che fosse il caso di ribattere, ma per lui quel giorno non sembrava affatto fortunato. Continuava a non comprendere perché Warren avesse tanta voglia di combattere.
Billy lo seguì controvoglia, tenendosi a debita distanza, pronto a battere in ritirata in caso di pericolo.
Pete svoltò l’angolo stringendo saldamente il fucile tra le dita. Era già pronto a puntare l’arma contro al primo tedesco che aveva superato i reticolati, ma quando fu abbastanza vicino notò che a urlare non era un soldato ferito. Davanti a lui si presentò una situazione del tutto diversa da quel che aveva immaginato. Il sergente McKee stava gridando ferocemente contro al povero Jackson.
«È tutta colpa tua, stupido ragazzino!»
Danny tentò di difendersi: «ho solo fatto la cosa giusta»
«Non sarai della stessa idea quando quei roditori arriveranno a rosicchiarti il cervello!»
«Ma signore…il tenente Dunkel ha ordinato di non sprecare munizioni»
«Quelle pallottole non sarebbero state sprecate se avessero colpito il loro bersaglio!»
«Quei topi non erano ratti di trincea. Le posso giurare che non erano pericolosi»
Il sergente guardò il ragazzo negli occhi con estrema freddezza.
«Come pensi di poter sparare a un tedesco se non riesci nemmeno ad ammazzare un misero topo?»
Dopo aver detto ciò McKee si rimise il fucile in spalla e tornò mestamente nel suo rifugio, continuando a borbottare tra sé maledizioni rivolte sia ai topi sia al piccolo Danny.
 
O’ Hagan era rimasto ad osservare la scena in silenzio, stando ben attento a non farsi notare dal sergente. L’ultima cosa che voleva era subire la rabbia del suo superiore, come minimo l’avrebbe spedito a pulire latrine all’istante.   
Warren fu il primo ad avvicinarsi a Jackson per consolarlo. 
«Lo sai che il sergente diventa matto quando si tratta di topi. È più determinato a uccidere quei roditori piuttosto che i tedeschi»
«Quegli animali non hanno fatto niente di male…»
«Dannazione Jackson, i ratti portano malattie, mangiano il nostro cibo e in più non ci fanno dormire la notte. Abbiamo buone ragioni per volerci liberare di loro!»
«Quelli che McKee voleva uccidere non erano ratti! Erano solo topolini di campagna» insistette.
Finalmente Billy si decise a uscire dal suo nascondiglio.
«Il sergente ha ragione, non puoi preoccuparti per la sorte di quegli animaletti nel mezzo di una guerra. Anche se non sembra, sei un soldato!»
«Un soldato non uccide creature innocenti»
 O’ Hagan fu quasi commosso dalla purezza di quel giovane, ancora si stava domandando come fosse finito nel mezzo di quella guerra. La compassione però svanì in fretta.
«Fai quello che ti pare, ma non discutere più di topi con il sergente. Se resta arrabbiato per tutto il giorno poi saremo noi a pagarne le conseguenze! Ed io non ho intenzione di accompagnare il caporale Miller nelle sue scorribande oltre le linee nemiche»
 
***

Il mattino seguente Billy si sorprese nel trovare Jackson tutto intero, temeva che il sergente l’avesse spedito al di là dei reticolati per non avere più problemi. 
Il ragazzo, seppur ancora vivo, era di pessimo umore, tanto che sparì in fretta senza dire nulla.
O’ Hagan non si preoccupò a riguardo, sperando che la questione potesse ritenersi conclusa.
Purtroppo le sue supposizioni si rivelarono errate quando McKee tornò nel rifugio, continuando a lamentarsi di quei dannati roditori. Egli era convinto che un topo si intrufolasse ogni notte nella dispensa soltanto per sgranocchiare le sue provviste.
Warren stava per intervenire per far ragionare il suo superiore, ma Billy lo zittì con una gomitata ben assestata ad un fianco. Ormai aveva imparato che tenere la bocca chiusa era sempre la scelta migliore. Se quell’uomo era convinto che il suo peggior nemico in quella guerra fosse un solo topo non era certo il caso di contraddirlo.
Billy subì in silenzio le lamentele di McKee, nella sua mente aveva già ideato un piano per poter sfruttare quella situazione.
«Sergente, io potrei aiutarla con il suo problema»
L’uomo gli rivolse un’occhiata perplessa: «che cosa intendi?»
«Ho un’idea su come poter catturare quel roditore che continua a rosicchiare le sue scorte»
«Davvero? E come pensi di fare?»
«Semplice, con una trappola per topi!»
«Credi che non ci abbia già provato? Il mostriciattolo è intelligente, per questo non sono mai riuscito a catturarlo!»
«Forse non riesce a camuffare bene la trappola, oppure la posiziona nel punto sbagliato» ipotizzò il soldato.
«Sembra che tu conosca bene l’argomento»
«Mi dia una possibilità signore, prometto di non deluderla»
Il sergente si fece sospettoso.
«Aspetta giovanotto, che cosa vorresti in cambio di questo favore?»
Billy mostrò il suo affabile sorriso.
«Chiedo solo una doppia razione a colazione, pranzo e cena…per una settimana!»
McKee esitò qualche istante, ma alla fine cedette. Quel topo era diventato una vera ossessione e fu sufficiente l’idea che qualcuno potesse sbarazzarsi di quel fastidioso animale a fargli prendere la sua decisione.
«D’accordo, ma voglio il lavoro concluso per questa notte»
«Sissignore!»
 
Dopo che il sergente ebbe abbandonato il rifugio Warren non esitò ad esporre la sua opinione.
«Io sono dell’idea che McKee abbia già perso il senno»
«Per quale motivo?» domandò Billy.
«Siamo invasi dai topi, sono peggio dei tedeschi! È assurdo che sia ossessionato da uno di loro quando ne abbiamo a centinaia!»
«È convinto che quel sorcio abbia preso di mira le sue provviste»
«Ritieni davvero di poter catturare quell’animale?»
Billy confermò.
«Da ragazzino vivevo a San Francisco, i marinai conoscono molti modi per disfarsi dei topi»
«Riesci sempre a sorprendermi»
O’ Hagan sorrise al pensiero che il suo compagno conoscesse soltanto in minima parte la verità sul suo passato.
 
***

Per l’intero pomeriggio Billy si occupò di sistemare la sua trappola, era un meccanismo piuttosto rudimentale costruito con materiali di fortuna, ma adatto al suo scopo. Ovvero catturare un ratto.
«Dunque è vero che sei diventato un cacciatore di topi! Pensavo che Warren mi stesse prendendo in giro!»
Billy ordinò al suo compagno di allontanarsi.
«Attento Evans! Questa tenaglia è stata progettata per i topi, ma può far male anche a un essere umano»
George osservò il congegno con interesse.
«È un’arma così potente? Perché nel caso possiamo usarla contro i tedeschi! Magari con delle patate al posto del pane come esca…»
«No, purtroppo non sarà una trappola per topi a farci vincere la guerra. Le lame non sono affilate, servono solo a non far scappare l’animale. Però potrebbero sempre ferirti se ci mettessi una mano dentro»
«Non ci tengo a provare. Devo ammettere che potrebbe funzionare davvero»
Lo sguardo di Billy si illuminò: «certo che funzionerà! Con tutti i ratti che ci sono in giro, uno di loro cadrà sicuramente nella trappola questa notte. Il sergente crederà di aver preso l’unico che mangia le sue provviste e io avrò la gavetta piena per un’intera settimana»
«E per la settimana successiva?»
Billy sospirò: «per prima cosa mi auguro di essere ancora vivo, e poi spero che si presenti un nuovo topo a infastidire il sergente»
Evans non ebbe nulla da ridire a riguardo.
«Adesso smettila di giocare, è il tuo turno di guardia là fuori!»
O’ Hagan abbandonò la dispensa con rassegnazione, il dovere lo richiamava in superficie.
 
***

Billy attese pazientemente fino a tarda notte, era convinto che la sua trappola fosse infallibile, il tempo scorreva, ma lui non voleva perdere la speranza. Stava pensando alla sua doppia razione di carne e patate quando all’improvviso un grido lo riportò alla realtà.
Evans saltò giù dalla branda mezzo nudo, con gli stivali ai piedi e il fucile in mano. Ormai dormiva abbracciato alla sua arma per timore di attacchi improvvisi.
«Proveniva dalla dispensa» disse Warren, che più cautamente aveva acceso la torcia.
«Deve essere la trappola di O’ Hagan» dedusse George.
«Ho sentito di tutto in trincea, ma non mi risulta che i ratti possano urlare» replicò Pete.
«È meglio andare a controllare» concluse Billy.
 
Prima ancora di arrivare all’entrata della galleria i tre soldati furono raggiunti dal sergente McKee, il quale volle essere il primo a catturare il suo odiato roditore.  
Quando gli uomini entrarono nella dispensa però trovarono qualcosa di inaspettato. La tagliola si era chiusa, ma non aveva catturato un ratto.
Alla luce della torcia riconobbero il piccolo Jackson, il quale doveva aver ficcato la mano nella trappola e probabilmente aveva strattonato l’arto per liberarsi, rimanendo ferito. Per fortuna Billy non aveva pensato di voler uccidere il topo, se le lame fossero state affilate Danny si sarebbe ritrovato con una o due dita in meno.
«Ecco sergente, abbiamo trovato il suo topolino!» esclamò Evans con aria divertita.
McKee però non era altrettanto allegro.
«Jackson! Per tutte queste notti sei stato tu a sgranocchiare le mie provviste?»
Il ragazzo, con lo sguardo basso per la vergogna, confessò.
«Mi dispiace signore…io…non riuscivo a dormire a stomaco vuoto, avevo così tanta fame che non ho resistito»
Istintivamente Warren trattenne il braccio del sergente, come per assicurarsi che egli non sparasse davvero al suo sottoposto.
McKee era rosso in viso e tremava per la rabbia. Non seppe nemmeno come reagire, avrebbe dovuto trovare una giusta punizione.
Approfittando del momento di confusione e indecisione, Billy azzardò la sua richiesta.
«Sergente, avrò comunque la mia doppia razione?»

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Capitolo 6
*** Spari nella notte ***


 
6. Spari nella notte
 

Billy intuì di aver esaurito la sua scorta di fortuna quando fu assegnato al turno di guardia. Per settimane era riuscito a restare lontano dai guai, sapeva però che era solo una questione di tempo. Non avrebbe potuto sfuggire alle sue responsabilità di soldato per sempre.
Non che O’ Hagan non avesse provato a defilarsi anche in quell’occasione, ma nessuna delle sue motivazioni era risultata abbastanza convincente per il tenente Dunkel. La notte seguente avrebbe dovuto appostarsi nel buio come tutti gli altri.
Billy si rassegnò al suo destino, d’altra parte avrebbe potuto andargli anche peggio. Al fronte c’erano molti altri compiti ben più faticosi e pericolosi.
 
***

Quel giorno in prima linea arrivò la posta, O’ Hagan ricevette una lettera da parte della sua amata Rose.
Il suo contenuto non era particolarmente romantico. Lei non era affatto una delle tante fanciulle disperate per il loro fidanzato al fronte. Per la bella ereditiera della famiglia Farley il suo futuro marito stava semplicemente svolgendo il suo dovere. Non aveva scritto frasi apprensive o sdolcinate. La sua unica preoccupazione riguardava una possibile promozione. La cosa più orribile di quella guerra per Rose non sembrava essere la possibilità che Billy non facesse più ritorno, ma che egli si ripresentasse in America senza nemmeno una medaglia al petto.
O’ Hagan non aveva dato troppa importanza alle insolite apprensioni della fidanzata, era sempre convinto che lei fosse perdutamente innamorata di lui e che l’avrebbe sposato in ogni caso.
Così continuava a tenere la sua fotografia nel taschino della giubba, sognando il giorno delle nozze.
Era ancora immerso in quelle fantasie quando la voce del soldato Madden lo riportò alla realtà.
«Hey Billy, hai visto Jackson? Ho una lettera per il ragazzo!»
O’ Hagan scosse la testa: «credo che si stia ancora nascondendo dal sergente McKee»
Madden sorrise, ormai l’intero plotone conosceva la vicenda della trappola per topi.
«Capisco, allora è meglio per lui non farsi trovare!»
Billy cedette alla curiosità: «chi scrive al piccolo Danny? La mamma?»
«Be’, tutti scrivono alla mamma. Ma il mittente di questa lettera non è la famiglia Jackson»
«Di chi si tratta?»
«Non lo so, qui c’è scritto solo A. Parker»
«Oh, il nostro Danny ha un’ammiratrice segreta?»
Billy allungò una mano per afferrare la busta, ma il suo compagno la ripose al sicuro all’interno della sua giacca.
«Fatti gli affari tuoi O’ Hagan!» concluse Madden, scomparendo in fondo alla galleria.
 
***

Quella sera Billy raggiunse la sua buca, si trattava di una delle postazioni più avanzate a pochi metri dei reticolati. Il suo compagno di sventura per quella notte era Warren, il quale era sempre più eccitato all’idea di sparare al suo primo nemico.
O’ Hagan frenò fin da subito il suo entusiasmo.
«Il nostro sarà un compito noioso, i tedeschi non si fanno vedere da giorni. Dovremo solo rimanere qui fermi fino all’alba, d’accordo?»
«Gli inglesi hanno detto che il nemico potrebbe attaccare da un momento all’altro, loro conoscono bene questa guerra»
Billy sbuffò: «a volte si divertono a spaventarci»
«Io mi fido di loro. Dicono che i crucchi si muovono come pantere nella notte, non li senti arrivare e quando li vedi devi essere il primo a sparare, se no sei già morto!»
O’ Hagan avvertì un brivido lungo la schiena, ma fece del suo meglio per ignorare quelle pessime sensazioni.
«Dobbiamo decidere i turni di guardia»
Pete era già in posizione: «non preoccuparti, inizio io!»
Billy non ebbe nulla in contrario, aveva proprio voglia di una bella dormita. Per quanto non fosse comodo rannicchiarsi nel fango, ogni occasione per riposare era sempre ben accetta.
 
Dopo solo mezz’ora Billy si svegliò di soprassalto, avvertendo il botto degli spari. Immediatamente si avvicinò al bordo della buca per vedere quel che stava succedendo.
«Warren! A che diamine stai sparando?»
«C’è qualcuno laggiù»
Billy guardò il filo spinato: «io non vedo nessuno»
«Ti giuro che c’erano delle ombre oltre ai reticolati»
«Be’, adesso non c’è più pericolo»
Pete ritirò il fucile.
O’ Hagan sentì una certa tensione nell’aria.
«Vuoi dormire un po’?»  propose.
Warren acconsentì: «forse è meglio…ma non molto»
«D’accordo. Ti do il cambio, hai bisogno di rilassare i nervi»
«Dico sul serio Billy, c’era davvero qualcuno là fuori»
«Starò attento» promise O’ Hagan prendendo posizione.
Il suo compagno si rannicchiò sul fondo della buca.
«Svegliami se noti qualcosa di strano, d’accordo?»
Billy annuì per rassicurarlo.
«Buonanotte Pete»
 
***

O’ Hagan tentò seriamente di adempire al suo compito, ma la noia non fu d’aiuto.
Ogni tanto un razzo colorato brillava nella notte, lasciando intravedere la terra di nessuno, poi tutto tornava avvolto dall’oscurità.
Billy poteva udire gli echi delle esplosioni in lontananza, al di là del fiume la situazione doveva essere ben diversa, ma in quella vallata tutto sembrava tranquillo.
Ben presto O’ Hagan sentì le palpebre pesanti, tutto era sotto controllo, non c’era motivo di preoccuparsi. I tedeschi erano tranquilli nelle loro trincee, non avevano sparato neanche un colpo. Probabilmente quella notte non sarebbero usciti all’assalto.
O’ Hagan si convinse di ciò, tanto da riporre il fucile per tornare a poggiarsi al muro di terra.
Si sentiva al sicuro nella sua buca, così si rannicchiò nel mantello e attese pazientemente lo scadere del suo turno. Nonostante le buone intenzioni, la stanchezza prese presto il sopravvento e Billy si addormentò.
 
Poco distante, il soldato Evans e il caporale Miller erano entrambi svegli ad osservare il fronte nemico.
«C’è fin troppo silenzio nel secondo plotone» disse Miller.
«Crede che potrebbe essere successo qualcosa?»
«Deve esserci una postazione di guardia più avanti»
Evans provò a chiamare i suoi compagni, ma non ricevette nessuna risposta.
«Vai a controllare» ordinò Miller.
George avrebbe evitato volentieri di uscire allo scoperto, ma in tutta onestà si sentì sollevato al pensiero di allontanarsi, seppur per poco, dall’inquietante presenza del caporale.
 
Il soldato Warren udì un fruscio tra gli arbusti e intravide un’ombra avvicinarsi nel buio.
«Billy! Ei, Billy!»
O’ Hagan non capì cosa stesse succedendo, si risvegliò all’improvviso avvertendo il suo compagno scuoterlo freneticamente con forza.
«Guarda! C’è qualcuno laggiù…lo vedi?»
Billy, ancora stordito dal sonno, riconobbe solo la sagoma di un soldato con un fucile.
Suggestionato dai racconti che Warren gli aveva propinato per tutta la sera, non dubitò del fatto che si trattasse di un nemico.
«Un tedesco, sta venendo verso di noi»
«Che cosa facciamo?»
Billy, che già pensava al peggio, incitò il suo compagno ad agire. 
«Spara, Warren! Spara!»
Pete non si fece ripetere quella frase più volte, aggiustò e la mira e senza esitazione premette il grilletto.
 
Dopo l’ultimo sparo Warren tornò a nascondersi in fondo alla fossa.
«Allora? L’hai preso?» chiese Billy.
«Io…credo di sì…» balbettò il suo compagno.
All’improvviso un’altra figura comparve sul bordo della buca. I due soldati furono sorpresi di trovarsi davanti al caporale Miller.
«Che diamine sta succedendo?» 
Fu Billy a rispondere: «Warren ha sparato a un tedesco!»
Proprio in quel momento giunsero dei gemiti sofferenti, una voce familiare che si lamentava e chiedeva aiuto in inglese.
Miller trattenne un’imprecazione tra i denti.
«Tedesco? Quell’idiota ha appena sparato al soldato Evans!»
Pete sbiancò in volto.
«Cosa? No…non è possibile! Era un crucco e correva verso di noi…» tentò di giustificarsi.
«Smettila di parlare e renditi utile! Svelto, corri a chiamare il medico!»
 
I soccorritori portarono via il povero Evans su una barella ondeggiante.
Billy, intimorito e sconvolto, si rivolse con apprensione al caporale: «deve credermi, è stato un incidente. Il soldato Warren era piuttosto nervoso…»
Miller diresse a O’ Hagan uno sguardo tanto gelido da indurlo al silenzio.
«Ho una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che il soldato Warren ha una pessima mira, su tre colpi solo uno ha preso Evans di striscio. Si riprenderà presto»
Billy fu rincuorato da quelle parole. Dopo aver preso un profondo respiro trovò abbastanza coraggio per porre un’ultima domanda.
«E…quale sarebbe la cattiva notizia?»  
Miller rispose sempre con tono inespressivo.
«Il soldato Warren ha una pessima mira»
 
 
 
 
 
 
 
Nota dell’autrice
Per quanto assurde, alcune vicende narrate in questo racconto sono ispirate a fatti realmente accaduti. In questo caso ho voluto citare un episodio avvenuto durante la Seconda guerra mondiale, dove un soldato americano aggredì con la baionetta un suo commilitone scambiandolo per un tedesco (fortunatamente senza gravi conseguenze).

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Capitolo 7
*** Kartoffeln ***


Carissimi,
vi ringrazio per essere giunti fin qui. Spero che le disavventure di Billy possano continuare a intrattenervi.
Un ringraziamento speciale ai gentilissimi recensori.  
Vi lascio al capitolo, buona lettura!

 

 
7. Kartoffeln
 

«Madden, Jackson, Bailey e Warren» propose il tenente Dunkel mentre controllava le mappe.
Miller scosse la testa: «no, Warren no. Non lo voglio con me»
«Ancora per quella storia?»
«È troppo nervoso per uscire in perlustrazione. Metterebbe a rischio la sicurezza di tutti quanti»
«D’accordo, non è il giusto candidato per questa missione» concordò l’ufficiale.
«Non vorrei che per sbaglio facesse fuori tutta la mia squadra»
Dunkel sollevò la testa dalle carte che stava studiando.
«Allora prenda O’ Hagan»
Miller sospirò: «se non ho altra scelta»
Il caporale ascoltò nuovamente gli ordini, confermò di aver compreso tutto nei minimi dettagli, poi si rimise l’elmetto in testa e si preparò a tornare nel suo settore.
«Miller…»
«C’è dell’altro signore?»
«Suppongo che abbia saputo del trasferimento del sergente McKee»
«Soltanto da voci in trincea»
«Adesso è ufficiale»
Miller assunse un’espressione perplessa.
«Dunque il secondo plotone resterà privo di un sottufficiale»
«Non per molto»
Egli rimase in silenzio.
«È solo questione di tempo, sergente Miller» rivelò Dunkel con orgoglio.
L’ormai ex-caporale rimase impassibile davanti alla notizia della sua imminente promozione.  
«Se tornerò vivo questa notte, sarò lieto di assumermi questa responsabilità»
Il tenente Dunkel strinse la mano al suo sottoposto.
«Auguro buona fortuna a lei e ai suoi uomini»
 
***

Il soldatino Jackson era impegnato a sbucciare patate, ormai non restava altro da mangiare in prima linea.
Billy si avvicinò a lui con la gavetta piena.
«Ei, stai attento con quel coltello! Non vorrei che ti facessi male anche all’altra mano»
Danny replicò: «so quello che faccio»
«Allora cerca di tenere la lama dall’altra parte!»
Danny obbedì. Era stanco di farsi trattare come un bambino, ma per la maggior parte delle volte i suoi compagni avevano buone ragioni per preoccuparsi della sua incolumità.
«Mi chiedo perché qui ci siano soltanto patate» continuò O’ Hagan, ormai nauseato da quell’ortaggio.
«Kartoffeln»
Billy si voltò: «che hai detto Warren?»
«Kartoffeln. È così che i tedeschi chiamano le patate»
«I crucchi chiamano tutto in modo strano» commentò Jackson, continuando a maneggiare pericolosamente il coltello.
Warren alzò le spalle: «a me piace, è un bel nome: kartoffeln
In quel momento il soldato Jenkins, che aveva occupato il posto di Evans, rientrò nel rifugio. 
«O’ Hagan! Jackson! Complimenti, siete stati scelti per la ricognizione di stasera»
Billy rispose in modo sarcastico: «oh, fantastico! E chi sono gli altri fortunati?»
«Madden e Bailey»
«Buon per te Warren! Questa notte farai sonni tranquilli» commentò O’ Hagan.
L’altro si rabbuiò: «avrei voluto venire con voi»
«Se ci tieni tanto puoi offrirti al mio posto!»
«Non credo che il caporale Miller sarebbe d’accordo» aggiunse Jenkins.
Billy quasi si strozzò con il boccone che stava masticando.
«Cosa? Non sarà il sergente McKee il nostro comandante?»
«Non hai saputo? McKee se ne torna nelle retrovie, è stato assegnato ai rifornimenti»
«Dannazione! Quell’uomo mi piaceva»
«La verità è che piaceva al tuo stomaco! Ti ha riempito la gavetta per un mese!» precisò Warren.
O’ Hagan rivendicò i suoi diritti: «alla fine quei topi li ho catturati davvero!»
«Chi sarà a sostituirlo?» domandò Jackson con curiosità.
«Dicono che Miller verrà promosso a sergente»
L’intero rifugio cadde in un silenzio tombale. Nessuno poteva mettere in discussione le competenze di Miller, ma il suo comando avrebbe potuto rivelarsi pericoloso, soprattutto per chi non aveva alcuna voglia di comportarsi da eroe in quella guerra. 
«Tra un’ora pronti in trincea, ricordate le munizioni e le granate» concluse Jenkins prima di tornare al suo turno di guardia.
Billy rivolse uno sguardo rassegnato alla sua gavetta mezza vuota, sperando di non mangiare kartoffeln come ultima cena.
 
***

L’obiettivo della pattuglia era avvicinarsi alle linee tedesche per spiare l’attività del nemico.
Miller rivolse ai suoi compagni gli ultimi avvertimenti, poi si arrampicò sul parapetto e sgattaiolò oltre ai reticolati. Billy lo seguì immediatamente, sapeva che la sua unica possibilità per tornare sano e salvo in trincea era restare accanto al suo superiore.
La terra di nessuno era avvolta dall’oscurità, il silenzio era interrotto a intervalli regolari dal fuoco delle mitragliatrici. I tedeschi difendevano bene la loro postazione.
Razzi luminosi permettevano di scorgere il percorso solo per pochi istanti. Billy fu abbagliato dalle scintille degli esplosivi, il terreno iniziò a tremare.
«Nelle buche! Svelti!» ordinò Miller.
Il gruppo di soldati si disperse rapidamente. Billy arrancò sul bordo di una fossa e si gettò all’interno, affondando nel fango. Sentì gli spari sopra la sua testa, poi silenzio.
O’ Hagan non mosse un muscolo, paralizzato dalla paura.
Dalle linee americane giunsero brevi raffiche di mitragliatrice, i tedeschi risposero senza esitazione. I reticolati resistevano, il fuoco divenne sempre più intenso.
Alla fine furono i tedeschi ad avere l’ultima parola, con un solo colpo di fucile. La scaramuccia terminò con nulla di fatto, la terra di nessuno era nuovamente buia e silenziosa.
Billy fu colto dal panico, era solo nelle tenebre. Lentamente si arrampicò sulla parete, nulla si muoveva all’orizzonte.  
Dopo qualche istante di incertezza, si decise a scivolare fuori dal suo rifugio. Continuò a strisciare verso la direzione in cui era sparito Miller, sobbalzando ad ogni minimo rumore.  
Ad un tratto percepì qualcosa di familiare, era la voce timida e tremolante di Jackson, ne era sicuro. Poco dopo riconobbe il tono più cupo del caporale. I suoi compagni non erano lontani.
O’ Hagan si fece coraggio e proseguì tentando di orientarsi nel labirinto di buche e fossati.
Credeva di essere ormai giunto a destinazione quando all’improvviso un mitragliere tedesco decise di risvegliarsi scagliando una raffica nel buio.
Billy si gettò nella prima buca che vide, senza preoccuparsi di seguire la giusta direzione. Rimase rannicchiato sul fondo per un tempo che gli parve infinito, senza trovare la forza di rialzarsi.
Sentì il cuore martellare nel petto e il respiro affannato.
Ben presto si accorse di non essere solo. Qualcuno stava camminando in una trincea vicina. Billy poggiò l’orecchio al muro di terra per sentire meglio le voci soffuse. Erano tedeschi.
 
Due ragazzi giovani, non potevano avere più vent’anni, stavano perlustrando le trincee di avvicinamento. Il loro compito era accertarsi che quella notte tutto fosse tranquillo oltre ai reticolati.
Parlavano tra loro a bassa voce. Uno sentiva la mancanza di casa, l’altro era preoccupato per il fratello ferito. Entrambi avevano freddo e fame. 
Un soldato americano ascoltava i loro discorsi senza capire nulla di tedesco.
 
Le due sentinelle avvertirono dei rumori sospetti. Si avvicinarono alla parete argillosa stringendo saldamente i fucili tra le mani. Dopo qualche istante di esitazione si decisero a domandare la parola d’ordine.  
O’ Hagan rimase immobile e in silenzio, incerto su cosa fare. I nemici ormai l’avevano individuato, non poteva più nascondersi.
Il tedesco ripeté la domanda con più insistenza. 
Billy sentì il rumore metallico delle armi, preso dal panico rispose con l’unica parola tedesca che conosceva con estrema certezza.
«Kartoffeln
Destino volle che, per mancanza di fantasia e soprattutto carenza di provviste, la parola d’ordine tra le trincee tedesche fosse proprio quella. Così i nemici che avrebbero dovuto stanarlo e obbligarlo ad arrendersi per farlo prigioniero si allontanarono tranquillamente, convinti che il soldato appostato nell’oscurità fosse un loro commilitone.
 
Billy si lasciò cadere sul fondo della buca, esausto e sconvolto. Restò paralizzato, ad osservare i razzi che bruciavano nel cielo notturno.
I nemici erano scomparsi già da tempo quando altri passi si avvicinarono al suo rifugio. Questa volta Miller si fece riconoscere prima di affacciarsi al bordo della buca.
«O’ Hagan, muoviti! Hai intenzione di trascorrere qui tutta la notte?»
Il soldato si rialzò sulle gambe tremanti e si riunì al suo comandante.
«Caporale…c’erano dei tedeschi qui intorno» farfugliò con evidente agitazione.
L’altro mostrò un inaspettato sorriso.
«Che ti aspettavi? Fossero stati francesi sarebbe stato un problema!»  
Billy era troppo nervoso per apprezzare il buon umore di Miller in quella circostanza, così si limitò a seguirlo.
Fortunatamente, dopo aver vagato nel buio, i soldati si ricongiunsero al resto della squadra.
 
***

Di ritorno in trincea Billy fu accolto dal soldato Warren.
«Ho sentito che è stata dura, le sentinelle tedesche hanno sparato per tutta la notte»  
«Già, abbiamo rischiato la pelle per scovare le postazioni di due mitragliatrici!»
«Almeno Miller vi ha riportati tutti indietro»  
O’ Hagan poggiò una mano sulla spalla del compagno: «grazie, questa notte mi hai salvato la vita»
Pete assunse un’espressione perplessa: «ma…se non ero nemmeno con te!»
In quel momento si accorse che Billy aveva uno sguardo strano, perso nel vuoto, inoltre era pallido e tremolante.
O’ Hagan non si preoccupò di spiegare la situazione, la vicenda era così assurda che difficilmente sarebbe risultata credibile.
«Kartoffeln» disse semplicemente con un sorriso ebete sul volto. Dopo di che si allontanò per scomparire lentamente all’interno del rifugio.
Warren scosse il capo, pensando che l’amico per farsi coraggio si fosse scolato un bel po’ di acquavite. Quella robaccia dei crucchi doveva essere davvero forte.

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Capitolo 8
*** Vietato fumare ***


 
8. Vietato fumare
 

Da quando il sergente McKee se n’era andato Billy aveva dovuto cercare altri modi per riempirsi lo stomaco senza faticare più del necessario. Ancora una volta rivolgersi ai veterani britannici era stata la scelta giusta, chi combatteva quella guerra da tempo aveva esperienza nel trovare le soluzioni più disparate per sopravvivere.
Billy scoprì così il complesso mondo del contrabbando. Tra i soldati ormai sbandati tutto poteva avere valore, dai puzzolenti formaggi francesi ai macabri souvenir ritrovati sui campi di battaglia.
O’ Hagan non ebbe difficoltà a trovare la sua specialità, nonché ciò che il generale John J. Pershing aveva definito decisivo quanto i proiettili per vincere quella guerra: il tabacco.
Qualsiasi genere di sigaro o sigaretta passava tra le sue mani. Aveva imparato a conoscere i gusti del suoi commilitoni e sapeva sempre a chi rivolgersi per vendere la preziosa merce.
Per quanto fosse difficile, Billy riusciva sempre ad accontentare i suoi clienti.
Jenkins apprezzava il tabacco da masticare dei crucchi, Warren fumava sigarette francesi mentre Bailey era fedele al patriottico Bull Durham.
Ovviamente il tenente Dunkel, che condannava ogni vizio, non fumava. O’ Hagan decise di proporre un accordo al suo superiore, l’ufficiale accettò di vendere il suo tabacco in cambio di qualche libro in lingua francese.
Con simili metodi Billy riusciva a portare avanti il suo commercio, anche in quell’occasione le sue abilità da truffatore si erano rivelate utili.  
Il più difficile da accontentare era il sergente Miller, il quale aveva gusti particolarmente raffinati per quel che riguardava i sigari. O’ Hagan non rifiutò la sfida e dopo aver contrattato a lungo con un diffidente soldato australiano riuscì concludere l’accordo.
Billy considerò ciò come un buon allenamento, al suo ritorno a Boston non avrebbe avuto problemi a districarsi nel mondo degli affari.
 
***

Il turno di guardia appariva infinito in quella notte senza luna. Il piccolo Jackson batteva i denti per il freddo e il nervosismo.
«Ragazzo, tu hai bisogno di calmare un po’ i nervi. Avanti prendi!» disse Bailey offrendogli una delle sue sigarette.
Il giovane esitò: «a dire il vero…io non ho mai fumato prima»
Il soldato lo guardò incredulo: «davvero? Tutto questo tempo in prima linea e non hai mai fumato una sigaretta?»
Danny scosse il capo.
«Diamine, ci credo che sei così teso! Coraggio, vedrai che ti aiuterà a rilassarti»
Jackson accettò, eccitato all’idea di comportarsi come un vero soldato.
Il giovane si portò la sigaretta alle labbra, stava per estrarre l’accendino dal taschino della giubba quando all’improvviso avvertì un forte colpo dietro alla nuca. Il ragazzo si sbilanciò in avanti e per poco non cadde a terra, nonostante l’elmetto la botta era stata vigorosa e decisa.
Quando si voltò riconobbe la figura del sergente Miller, era stato lui a colpirlo con il calcio del fucile.
«Considerati fortunato, se avessi acceso quella sigaretta sarebbe stato un proiettile tedesco a colpirti»
Danny si massaggiò il cranio indolenzito.
«Sergente, qui non c’è nessuno» protestò Bailey.  
Miller indicò un punto quasi invisibile nel buio.
«Le linee tedesche sono laggiù. La luce di una sigaretta potrebbe rivelare facilmente la nostra posizione. Anche il fumo potrebbe tradirci»
Jackson continuò ad osservare la sigaretta rimasta spenta tra le sue dita.
Miller poggiò una mano sulla spalla del ragazzo, rivolgendosi a lui con inaspettato tono paterno.
«Se vuoi accenderla allora vai in fondo alla buca, così il fumo non sarà visibile» suggerì.
Danny sospirò, alla fine ripose l’oggetto in tasca, avrebbe trovato un momento più opportuno per la sua prima sigaretta.
 
***

Madden e Jenkins proseguirono cautamente nella foresta, puntando le armi contro al loro prigioniero. Era il primo tedesco che vedevano da vicino, il nemico si era arreso senza protestare e si era rivelato particolarmente collaborativo. Era probabile che vagasse nella terra di nessuno da giorni, e alla fine si era rassegnato all’idea di essere catturato.
Qualunque fosse la ragione per cui aveva deciso di alzare le mani davanti ai due americani, il tedesco appariva alquanto docile e innocuo, tanto che le improbabili aguzzini avevano iniziato ad abbassare la guardia.
Il gruppo si fermò nei pressi di una radura per riposare. Gli americani osservarono con più attenzione il loro prigioniero.
«Ei, Madden! Come si dice sigaretta in tedesco?» domandò Jenkins.
«Zigarette»
«Oh, giusto. Forse dovremmo offrigliene una»
«Per quale motivo? Non siamo obbligati a fraternizzare con il nemico»
 «Sì, ma…se tu fossi catturato non apprezzeresti un gesto gentile da parte del nemico?»
Madden sputò a terra.
«Ei, i crucchi non sono stati gentili con i passeggeri del Lusitania
Il tedesco sembrò comprendere la situazione, così azzardò un primo approccio. Senza esitazione estrasse dalla tasca un po’ del suo tabacco offrendolo agli americani.
Madden rimase diffidente, Jenkins invece non esitò ad accettare.
«Vedi? Non c’è nulla di male in un po’ di onesta collaborazione» affermò esalando una nube di fumo.
 Madden cedette, in fondo non vedeva nulla di male in questo.
 
Quando la sentinella incaricata dal tenente Dunkel di perlustrare la zona udì voci e risate temette di essersi imbattuto in una squadra nemica. Si avvicinò cautamente nascondendosi tra gli alberi, ma quando giunse ai margini della radura trovò una scena alquanto insolita. Due americani e un tedesco erano seduti uno accanto all’altro, intenti a fumare e parlare tra loro come buoni commilitoni.
«Che diamine sta succedendo qui?»
Madden si rialzò e con estrema calma pose una sigaretta nella mano del suo compagno.
«Hai mai provato il tabacco di Hindenburg?»  
 
***

In trincea Billy attendeva con impazienza la fine del suo turno, aveva trascorso l’intera nottata con i piedi immersi nel fango.
«Non ne posso più! Ho davvero bisogno di una sigaretta» esclamò O’ Hagan con insofferenza.
«Il tenente Dunkel non vuole che fumiamo qui sotto, non hai visto il cartello?» lo informò Warren.
Billy sbuffò: «quel puritano sta iniziando a darmi sui nervi»
Con quello che un severo ufficiale avrebbe definito un irriverente atto di insubordinazione O’ Hagan mise mano alla sua scorta di sigarette.  
«Mettila via, non puoi fumare adesso!» insistette Warren.
Billy iniziò a cercare in un’altra tasca: «questa è per te. Allora? Vuoi obbedire alle assurde regole del tenente o vuoi condividere con me l’unica gioia della giornata?»
Warren cedette alla vista della sua amata Gauloises: «d’accordo, ma sbrigati! Non voglio finire nei guai per colpa tua!»
O’ Hagan sorrise: «tranquillo, da quando mi occupo dei suoi libri il tenente è più tollerante nei miei confronti»
«A proposito, dove le hai trovate quelle belle edizioni di romanzi francesi?» domandò l’amico con curiosità.
Billy rispose con un enigmatico occhiolino: «un professionista non svela mai i trucchi del mestiere»
Warren preferì non sapere altro, era più che certo che non ci fosse nulla di regolare in quella faccenda.
 
I due soldati continuarono a chiacchierare e a fumare con tranquillità, nessuno giunse a disturbare quella che dal loro punto di vista era una pausa più che meritata.
Prima di uscire dal rifugio O’ Hagan gettò il mozzicone ancora acceso sul fondo della galleria. Riuscì appena ad allontanarsi di qualche passo quando all’improvviso avvertì il terreno franare sotto ai suoi piedi, dietro di sé udì l’eco di una fragorosa esplosione.
I due soldati si gettarono a terra, ritrovandosi coperti di polvere dalla testa ai piedi.
Poco dopo un’intensa nube nera invase il corridoio sotterraneo.
Warren e O’ Hagan arrancarono fino all’uscita, sorreggendosi a vicenda e tossendo a causa del fumo. Fortunatamente riuscirono a fuggire prima che la galleria crollasse su se stessa in un cumolo di macerie.
Entrambi rimasero a fissare il sito franato, sconvolti e increduli dall’accaduto.
«Stai bene?» chiese Warren con tono apprensivo.
L’altro annuì, seppur con poca convinzione, egli stesso dubitava di essere ancora intero.
«Che diamine è successo?»
Billy vagò tra le rovine in cerca di indizi, ad un tratto raccolse un pezzo di legno bruciacchiato da terra. Avrebbe dovuto immaginarlo, gli ordini del tenente Dunkel non erano mai insensati.
«Avresti potuto avvertirmi che oltre al cartello “vietato fumare” c’era la scritta “attenzione esplosivi”!»

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Capitolo 9
*** La crocerossina ***


Ringrazio i pazienti e fedeli lettori. 
Un ringraziamento speciale ai gentilissimi recensori. 


 

9. La crocerossina
 

Il ritorno nelle retrovie fu ben apprezzato da Billy e i suoi compagni. Mentre esperti militari come il tenente Dunkel e il sergente Miller studiavano con apprensione il progredire della guerra, O’ Hagan attendeva soltanto l’ordine di abbandonare il fronte e tornare in America. 
Purtroppo questo giorno sembrava ancora lontano poiché la Germania era intenzionata a rivendicare la sua identità, mentre il resto del mondo non poteva restare fermo a guardare, almeno questa era versione che un soldato australiano aveva fornito a Billy per giustificare l’intervento bellico degli Alleati.
Da parte sua O’ Hagan restava dell’idea che quella guerra fosse soltanto un fastidioso (e rischioso) contrattempo per la sua scalata al successo. Ormai iniziava a temere che restare vivo non sarebbe più stato sufficiente. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa di meglio per tornare a Boston meritevole agli occhi del capitano John Farley.
Sul retro di una camionetta dai fianchi bucherellati da fori di proiettili, Billy meditava sulle sue prossime mosse. Doveva trovare il modo di salvare la pelle e la propria reputazione.
Ad un tratto la voce di Warren lo distolse da quei pensieri.
«Ho saputo che Evans si trova al vecchio ospedale. Credo che dovremmo andare a fargli visita»
«Non penso che sia una buona idea. Sei tu che gli hai sparato» ricordò Billy.
Pete abbassò lo sguardo.
«Già, hai ragione. Sarebbe una situazione piuttosto imbarazzante. Però non possiamo lasciarlo solo, potresti andare tu a trovarlo!»
Billy sospirò, l’idea di trascorrere il suo prezioso periodo di riposo nelle retrovie in un macabro ospedale non lo allietava affatto, ma in fondo provava compassione per il suo sventurato compagno.
«D’accordo. Immagino che, se fossi nella sua condizione, gradirei un po’ di supporto»
Warren approvò, lieto di essersi tolto dalle spalle il peso di quella responsabilità.
 
***

La chiesa del villaggio era stata adibita ad ospedale a causa del gran numero di feriti che ogni giorno giungeva dalla prima linea. Billy raggiunse il piazzale ritrovandosi circondato da una moltitudine di feriti. Alcuni zoppicavano sulle stampelle, altri erano trasportati sulle barelle da compagni e soccorritori. C’era una gran confusione, ambulanze e camionette ostruivano l’unica strada percorribile.
O’ Hagan oltrepassò i cancelli, l’edificio in stile gotico rendeva quel luogo ancora più inquietante.
Per raggiungere il suo compagno dovette scendere nei sotterranei, dove giacevano decine di soldati feriti e mutilati. Billy tentò di ignorare le grida di dolore e sofferenza, proseguendo nella sua ricerca.
 
O’ Hagan trovò il soldato Evans in una camera più appartata. Era disteso su un comodo letto, affidato alle cure di una giovane infermiera. O’ Hagan si soffermò ad osservare la ragazza in uniforme della Croce Rossa. La sua sola presenza sembrava rassicurare i feriti. Aveva un viso dolce e grazioso, il suo aspetto innocente era nettamente in contrasto in quel contesto bellico.
Billy iniziò a pensare che nonostante tutto essere feriti sul campo di battaglia avesse anche i suoi lati positivi. Evans sarebbe rimasto lontano dai combattimenti per un po’, inoltre tutti l’avrebbero considerato un eroe per essersi beccato un paio di pallottole. Ovviamente avrebbe dovuto omettere i dettagli del suo ferimento, il quale sarebbe risultato ben poco eroico nella sua veridicità.
 
O’ Hagan attese che l’amico fosse solo per avvicinarsi al suo letto.
George si mostrò lieto di rivedere un volto conosciuto.
«Billy! Come mai sei qui?»
«Ho solo pensato di venire a farti visita. I ragazzi erano preoccupati per te, soprattutto Warren, che si sente ancora in colpa per…ehm…l’incidente»
Evans si commosse per tanta apprensione da parte dei commilitoni.
«Non deve preoccuparsi. A quanto pare sono stato ferito dal peggior soldato dell’Esercito americano. Soltanto un proiettile mi ha colpito, e per fortuna solo in modo superficiale»
«È una buona notizia, significa che presto potrai tornare con noi?»
«Oh, no. Non sono ancora idoneo per tornare a combattere, mi aspetta un lungo periodo di riposo e forse anche una piccola licenza»
Billy stentò a credere a quelle parole.
«Una licenza? Tornerai in America per una ferita praticamente invisibile?»
«Ei! Abbi un po’ di rispetto! Sono un reduce di guerra!» protestò Evans.
«Oh, per favore…non sai nemmeno che aspetto abbia un tedesco! Sei rimasto in prima linea meno di una settimana»
George finse di offendersi, pur sapendo quale fosse la verità.
Billy ignorò il comportamento infantile del commilitone, il suo sguardo tornò sull’esile figura della crocerossina che girava tra i letti.
«Sei fortunato, la tua infermiera è davvero molto carina» commentò.
George sospirò: «già, si chiama Evelyn ed è davvero un angelo. È triste che una ragazza giovane e bella come lei si trovi qui»  
«Almeno hai una buona distrazione, se fossi in te non sprecherei una simile occasione»
Evans sospirò con rassegnazione.
«Qui tutti le hanno fatto la corte, ma deve essere fidanzata…non ha mai dato retta a nessuno. Ha rifiutato anche le avances di un tenente»
La loro discussione venne interrotta dall’arrivo di due ufficiali, i quali si avvicinarono ad uno dei letti con aria solenne.
«E adesso che succede?» sussurrò Billy straniato dalla situazione.
«Sono qui per il soldato Smith. Sarà decorato con la Medaglia d’Onore!»
«Una medaglia? Che ha fatto per guadagnarsela?»
«È quello che si chiedono tutti…due proiettili nella spalla e se ne torna a casa decorato…»
Billy osservò la scena con particolare interesse, dal suo sguardo era evidente che avesse in mente qualcosa.
 
O’ Hagan lasciò George nel suo letto d’ospedale, sembrava che egli stesse meglio di chiunque altro.
Prima di andarsene però decise di chiedere maggiori informazioni sulle sue condizioni. Così interpellò la bella infermiera che si era presa cura di lui.
«Mi scusi…»
La giovane si mostrò gentile e disponibile nei suoi confronti.
«Cosa posso fare per lei?»
Egli si presentò: «Billy O’ Hagan, sono un amico del soldato Evans. Volevo solo accertarmi che non mi abbia mentito solo per rassicurarmi. Insomma, davvero sta bene?»
«È gentile da parte sua preoccuparsi per lui»
«Anche questo è cameratismo» affermò con ritrovato orgoglio.
«Il suo amico non è più in pericolo, la sua ferita non è infetta»
«Oh, bene. È una buona notizia»
«È ancora debole, ma si riprenderà»
Dopo aver detto ciò la ragazza si allontanò per tornare dai suoi pazienti.
Billy continuò ad osservarla a distanza, quella ragazza aveva un vero dono nel trattare i feriti con empatia e gentilezza.  
 
***

Quella che doveva essere una cupa e inquietante visita in un ospedale nelle retrovie si era rivelata una preziosa fonte di informazioni da poter ovviamente sfruttare a suo favore.
Un letto comodo lontano dalla prima linea, un pasto caldo, le attenzioni delle infermiere…e forse anche una medaglia. Se era per questo, O’ Hagan iniziava a vedere qualcosa di positivo in un conflitto mondiale.
Ovviamente non poteva dimenticare il costo di tutto ciò, ma d’altra parte non doveva essere così difficile essere feriti nel mezzo di una guerra.
 
Billy si ritrovò a vagabondare tra i corridoi dei sotterranei, finalmente dopo tanto girovagare trovò qualcosa di interessante, ovvero la riserva di provviste dell’ospedale.
O’ Hagan aprì una delle casse, aveva appena iniziato ad ispezionarne il contenuto quando udì una voce alle sue spalle.
«Mi dispiace, ma lei non può stare qui, queste razioni sono solo per i pazienti»
Billy sollevò la testa ritrovandosi davanti all’infermiera che si era presa cura di Evans.
«Ammetto che sarei disposto a beccarmi una pallottola per una doppia razione di cioccolata» rispose con un sorriso.
La ragazza rimase impassibile.
Billy pensò alle parole di Evans.
«A dire il vero ritengo che neanche lei dovrebbe trovarsi qui. Il fronte non è un bel posto» ribatté.
«Tutti noi siamo chiamati a fare il nostro dovere in questa guerra»
O’ Hagan rimase sorpreso dalla determinazione di quella ragazza.
«Dunque lei sostiene il conflitto?»
«No, io odio questa guerra. Ogni giorno vedo con i miei occhi le conseguenze di questa follia, ma so che il mio compito è alleviare il dolore di questi uomini»
Billy notò l’espressione addolorata e affranta della giovane.
«Il suo fidanzato è al fronte?» domandò.
La ragazza negò: «non sono legata a nessun uomo, se è quel che voleva sapere»
«Mi scusi, non volevo essere indiscreto. È solo che…sembra che la sua sia una questione personale, e poi George mi ha rivelato che ha rifiutato anche le avances di un bell’ufficiale»
«Noi infermiere non possiamo avere rapporti di quel genere con i nostri pazienti» fu la distaccata risposta.
Billy non riuscì a trattenere una risata: «è la scusa più patetica che abbia mai sentito»
«È la verità»
«Tutta questa vicinanza alla morte non le ha risvegliato il desiderio di tornare a vivere?»
«Mi piace vivere rispettando le regole»
O’ Hagan sbuffò: «così la sua sarà una vita noiosa»
L’infermiera lo ammonì severamente: «lei è un soldato, dovrebbe conoscere l’importanza delle regole!»
Billy si avvicinò: «le rivelo un segreto, se in questa guerra avessi sempre rispettato ordini e regole, probabilmente sarei già morto!»
«Suppongo che le nostre siano prospettive differenti» disse Evelyn voltandosi per tornare sui suoi passi.
O’ Hagan non la fermò, anche se inizialmente ebbe l’istinto di seguirla.
«E comunque ho visto che ha preso due tavolette di cioccolata» aggiunse l’infermiera.
«Una è per il mio amico» replicò in sua difesa.
Evelyn gli gettò uno sguardo austero, ma per qualche ragione finse di credergli.
«Adesso devo andare. Altri suoi commilitoni hanno bisogno di me» 
«Spero di rivederla presto» azzardò.
«Io invece mi auguro di no»
O’ Hagan rimase basito.
«Per quale motivo?»
«Se tornasse qui significherebbe che è stato ferito in battaglia» spiegò lei.
Billy rispose in modo spavaldo: «forse potrei anche correre il rischio»
L’infermiera ignorò quelle sue parole.
Prima di andarsene gli rivolse un’ultima raccomandazione: «abbia cura di sé, soldato O’ Hagan»
Billy restò imbambolato in mezzo al corridoio, osservando la figura della giovane donna scomparire oltre la porta.

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Capitolo 10
*** Niente di buono sul fronte occidentale ***


 

10. Niente di buono sul fronte occidentale  
 


Billy e i suoi compagni stavano marciando da giorni. I pesanti scarponi affondavano nel fango e nella polvere, i soldati pativano sotto al peso degli zaini e dei fucili.
«Per quale motivo dobbiamo farcela tutta a piedi fino alla prima linea?» domandò O’ Hagan ormai insofferente.
«I tedeschi hanno bombardato la ferrovia, non abbiamo altro modo per raggiungere il fronte» rispose Jenkins.
Billy si rassegnò, invidiando il tenente Dunkel, che almeno poteva starsene in sella al suo destriero. Con la sua bella uniforme e il suo portamento da elegante gentiluomo, l’ufficiale riusciva a sembrare un nobile cavaliere anche nel mezzo di quel pantano.
«Sono contento che Evans non sia arrabbiato con me, nonostante il fatto che gli abbia sparato» disse Warren.
«Per come stanno le cose gli hai solo fatto un gran favore» replicò O’ Hagan.
«Non penso che ritrovarsi con un proiettile in corpo sia una bella cosa» commentò Jenkins.
«Be’, solo se si è abbastanza fortunati» precisò Billy.
Purtroppo era stato costretto a rinunciare al suo piano per allontanarsi dal fronte. Aveva saputo che due soldati erano finiti davanti alla corte marziale per essersi intenzionalmente sparati a vicenda. Non poteva rischiare di essere processato, non era sufficiente beccarsi una pallottola per godersi un bel periodo di riposo in ospedale, doveva anche inscenare al meglio il suo ferimento. Con gran rammarico, avrebbe dovuto rimandare la realizzazione del suo piano, almeno finché non avrebbe trovato le giuste condizioni.  
Inevitabilmente Billy tornò a pensare al suo incontro con Evelyn. Aveva trovato divertente il suo atteggiamento, quell’infermiera era una ragazza onesta e sincera. O’ Hagan provò quasi compassione nei suoi confronti, sperò almeno che avesse dato ascolto ai suoi consigli.
 
All’improvviso il rumore dei motori allarmò la lunga fila di uomini in marcia. Ben presto si alzarono le prime grida.
«Via, presto! Sgombrate la strada! Svelti!»
Billy scattò come una lepre saltando dentro a un fosso. I suoi compagni lo seguirono senza esitazione.
«Che sta succedendo?» domandò Warren.
Gli altri si guardarono in faccia, pallidi e sudati, senza saper dare una risposta.
Ad un tratto il piccolo Jackson spostò lo sguardo verso l’alto ed indicò un punto tra le nuvole.
«Guardate! Sono aerei!»
Billy afferrò il ragazzino per il bavero e lo trascinò nuovamente sul fondo del fosso.
«Dannazione, quelli sparano! Non sono dei fottuti giocattoli!»
Danny era ben consapevole del pericolo, ma non poté fare a meno di restare con il naso all’insù mentre uno stormo di Fokker passava sopra alle loro teste.
Quando anche l’ultimo velivolo scomparve all’orizzonte gli americani riemersero dai loro nascondigli.
«Non avevo mai visto niente del genere!» disse Jenkins.
Warren emise un sospiro di sollievo.
«Non eravamo noi il loro obiettivo, probabilmente sono in cerca di aerei inglesi da abbattere»
«I piloti sono davvero pazzi! Decidono volontariamente di salire su quelle bare con le ali, come se la guerra non fosse abbastanza per rischiare la pelle!»
«Però deve essere bello volare» replicò Jackson.
«Ragazzo, tu hai davvero bisogno di restare con i piedi ben piantati a terra!»
Danny accettò i rimproveri in silenzio, ma il suo sguardo rimase fisso in cielo, nel punto in cui gli aerei nemici erano scomparsi.
 
Avvicinandosi alla prima linea, i soldati americani incontrarono gli inglesi di ritorno nelle retrovie. La maggior parte erano feriti e malconci. I britannici riservarono ai nuovi arrivati sguardi mesti e cupi. Nessuno di loro disse una parola, erano corpi senza anima, svuotati e traumatizzati dalla guerra.
Billy notò un gruppo di feriti che portava le bende sugli occhi.
«Questi sono gli effetti dei gas. I tedeschi attaccano con il cloro» spiegò il sergente Miller.
«Deve essere terribile»
«Già. Le maschere non sempre sono sufficienti per proteggersi. Quel veleno acceca, brucia la pelle e corrode gli organi dall’interno»
O’ Hagan deglutì a vuoto, domandandosi se la corte marziale fosse davvero un’opzione così terribile.
«E comunque, niente è peggio dei lanciafiamme» continuò il sottufficiale.
«L-lanciafiamme?» balbettò Billy, iniziando a sudare freddo.
Miller annuì.
«Con uno di quelli ti bruciano vivo, una sola fiammata e finisci dritto all’inferno!»
Billy ebbe l’impressione che il sergente si stesse esaltando fin troppo nel descrivere quelle armi letali.
«Spero che tu abbia ben affilato la tua baionetta»
«Sì, sergente» rispose O’ Hagan.
Miller rispose con un inquietante sorriso, poi si allontanò per raggiungere il tenente Dunkel.
Per il resto della marcia Billy non riuscì a levarsi dalla mente le orribili immagini di morte e distruzione suscitate dalle parole del sergente.
 
La pioggia ostacolò ulteriormente l’avanzata delle truppe americane. Marciare nel fango era un’impresa ardua, gli autocarri restavano impantanati nella melma.
Billy sprofondò in una buca, ritrovandosi con l’acqua fino alle ginocchia. Il giovane imprecò tra i denti.
«Potrebbe andare peggio di così?»   
A rispondergli fu lo scoppio di una detonazione.
«Questo significa che siamo quasi arrivati» affermò Jenkins.
O’ Hagan rimase paralizzato nella sua pozzanghera, avrebbe desiderato sparire come nelle sabbie mobili, invece qualcuno lo spinse fuori dalla fossa obbligandolo a riprendere il cammino verso la prima linea.
 
***

Il fronte era in fermento, oltre ai reticolati l’artiglieria nemica non dava tregua. Il cielo notturno era illuminato dai razzi e dai lampi delle detonazioni.
«I tedeschi ci hanno riservato una bella festa di ben tornato» commentò Madden.
«Credete che attaccheranno presto?» chiese Jackson con apprensione.
«Non lo so, di certo hanno intenzione di farci impazzire» rispose Jenkins.
«Gli inglesi hanno detto che i tedeschi bombardano sempre prima di un attacco»
Billy ascoltava quei discorsi cercando di non pensare al peggio. In quei momenti non poteva far altro che attendere nell’incertezza come tutti.
L’unica distrazione era la sua partita a carte contro Jenkins, in gioco c’era un buon premio in denaro.
Ad un tratto Jenkins si rialzò in piedi con sdegno: «dannazione, non è possibile! Non puoi aver vinto anche stavolta!»
«A quanto pare è il mio giorno fortunato!» rispose Billy con un ghigno di soddisfazione.
«Sono sicuro che tu abbia imbrogliato!»
«Ehi, se non sai perdere non è colpa mia»
Warren mise tutti e due a tacere: «smettetela! L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è iniziare a litigare anche tra di noi!»
Jenkins sbuffò consegnando la vincita al suo avversario: «spero che la tua fortuna serva anche a salvarci la pelle»
Billy avvertì un brivido scorrere attraverso il corpo, le pareti del rifugio tremarono di nuovo sotto ai colpi dei proiettili.
 
Il giorno seguente a Billy e i suoi compagni venne fornita un’abbondante razione di pane e formaggio, con anche preziosi barattoli di ananas e pesche, dono speciale da parte del tenente Dunkel.
Quando in trincea giunse persino l’alcol i soldati iniziarono a preoccuparsi.
«Qui sta succedendo qualcosa…l’esercito non regala mai niente a nessuno!» fu l’amara considerazione di Jenkins.
«Dunque saremo noi i fortunati ad entrare in azione?» domandò Madden con tono sarcastico.
«Qualunque cosa ci aspetti, di certo non sarà nulla di buono» sentenziò Jenkins.
L’unico a non porsi troppe domande fu O’ Hagan, il quale si limitò ad apprezzare il cibo e a tracannare il liquore.
«Come fai ad essere così tranquillo?» domandò Warren, osservandolo mentre banchettava come se fosse l’ospite d’onore a un gran ricevimento. 
«Se dovremo davvero combattere i tedeschi, sarà meglio farlo a stomaco pieno» rispose Billy tra un boccone e l’altro.
La verità era che O’ Hagan vedeva in quell’attacco l’occasione migliore per mettere in atto il suo piano. Ovviamente non aveva alcuna intenzione di scendere in campo. Aveva solo bisogno di un alleato disposto ad aiutarlo, per questo Billy aveva già trovato il suo candidato.
«Danny, non vorrai sprecare tutto quell’alcol…»
«A dire il vero non mi sento di bere in questo momento» rispose mestamente il ragazzo.
«D’accordo. Allora non ti dispiace condividere la tua parte con un buon commilitone, vero?»
Jackson passò la bottiglia al suo compagno, il quale non esitò a buttar giù il contenuto rimasto con due lunghi sorsi.
 
***

Il sergente Miller si presentò nel rifugio del tenente Dunkel. L’ufficiale stava osservando le mappe con particolare apprensione.
«Signore, devo informarla che le sentinelle hanno segnalato movimenti sospetti sul versante ovest della collina…il nemico è in avvicinamento»
Il tenente ascoltò il rapporto con attenzione.
«I tedeschi stanno avanzando, è ormai certo che si stiano preparando a sferrare l’attacco decisivo»
«Sarà un’ardua impresa respingere una simile offensiva»
«Purtroppo ne sono consapevole»
«È comunque nostro dovere mantenere la posizione e difendere il confine» continuò Miller.
«Questi sono gli ordini»
Il sergente mostrò un mezzo sorriso.
«Cosa ci trova di tanto divertente in una situazione così drammatica?» l’ammonì Dunkel.
«A dire il vero tenente, mi stavo domandando quand’è che sarebbe iniziata la vera guerra»
Il tenente rimase perplesso.
«Che cosa vuole dire?»
«Signor tenente, noi siamo qui per sconfiggere il nemico. Non potremo vincere questa guerra rintanati sottoterra come topi!»
L’ufficiale non poté contraddire il suo sottoposto.
«Sono lieto che sia così entusiasta per l’imminente battaglia. Se è talmente impaziente di entrare in azione, vorrei assegnare alla sua squadra una missione speciale questa notte»
«Non attendevo altro che i suoi comandi»

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Capitolo 11
*** La galleria ***



11. La galleria
 

Quando Jenkins gli riferì che era stato reclutato per quella notte Billy si rifiutò a priori.
«Oh, no! Io non vado più in missione con quel pazzo di Miller!» affermò, già pronto ad affrontare la sentenza della corte marziale.
«Tranquillo. La pattuglia del sergente è già uscita, per una volta noi non ne facciamo parte» lo rassicurò il compagno. 
Billy si stupì: «dunque di che si tratta?»
«Dobbiamo scavare una galleria»
«Adesso? Nel mezzo della notte?»
«Gli inglesi avevano un piano per far saltare in aria le trincee nemiche, purtroppo la pioggia ha rallentato i lavori ed ora che qui ci siamo noi dobbiamo portare a termine l’operazione!»
Billy rimase perplesso, ma non ebbe il tempo per valutare i rischi di quella missione. Ancora una volta fu costretto ad obbedire contro la sua volontà.

O’ Hagan seguì i suoi compagni lungo i camminamenti, le trincee divennero sempre più inaccessibili. Raggiunsero quasi strisciando l’ingresso della galleria, per poi scendere sottoterra. Billy avanzava lentamente, con il peso della pala sulle spalle, la sua unica indicazione era la fioca luce della lanterna.
Al comando della squadra c’era il tenente Crawford, l’unico ingegnere che si era offerto di prendere parte alla missione.  
Billy poté facilmente immaginare perché nessun altro avesse voluto farsi avanti.
Crawford non aveva la fama di essere particolarmente affidabile. Già nei primi cunicoli, sotto la sua guida, si persero più volte.
O’ Hagan iniziò a insospettirsi.
«Che fine ha fatto la squadra precedente?» domandò.
Il comandante si limitò ad alzare le spalle: «non credo che tu voglia saperlo davvero»
Billy rabbrividì sia per il freddo sia per la risposta dell’ufficiale.
«Una volta un inglese mi ha detto che alcuni minatori sono stati sepolti vivi mentre scavavano un tunnel» bisbigliò Jenkins, facendo attenzione a non farsi sentire dal tenente.
O’ Hagan sbuffò: «tutto ciò è molto rassicurante»
«È la verità. E poi sei stato tu il primo a chiedere…»
Billy si guardò intorno, fino a quel momento non si era accorto della mancanza di un componente del gruppo.
«Perché Jackson non è con noi?»
A rispondere fu il soldato Bailey.
«Il ragazzo è con il sergente Miller, non so chi tra noi sia più fortunato»
O’ Hagan non poté rispondere, così riprese a camminare in silenzio. Addentrandosi nell’oscurità pensò ai mille modi in cui avrebbe potuto non fare più ritorno.
 
Billy non era affatto convinto che nascondersi sottoterra fosse più sicuro che restare in superficie.
Mentre scavava nel fango, completamente ricoperto di terra e polvere dalla testa ai piedi, continuava a chiedersi perché non fosse compito di qualcun altro occuparsi di quella maledetta galleria.
Il tunnel avrebbe dovuto raggiungere le trincee nemiche. Il piano consisteva nel piazzare mine ed esplosivi sotto alle linee tedesche, dunque si trattava di una missione particolarmente pericolosa. D’altra parte quello era il metodo meno rischioso per attraversare la terra di nessuno.
O’ Hagan tentò di non cedere allo sconforto, sicuramente i suoi compagni non se la stavano passando meglio di lui.
Il soldato Bailey si asciugò il sudore sulla fronte, poi con aria perplessa si rivolse al caposquadra.
«È sicuro che questa sia la direzione giusta?»
Crawford studiava la mappa armato di bussola e compasso.
«Certo! Continuate a scavare in silenzio, vi ricordo che più ci avviciniamo al nemico e più rischiamo di essere scoperti!»
Billy sospirò con rassegnazione, gettò un’occhiata preoccupata agli esplosivi, poi affondò nuovamente la pala nel fango.
 
La luce delle lanterne iniziò a tremolare, Billy alzò lo sguardo verso l’alto, il terrore che la galleria potesse crollare su sé stessa non l’aveva abbandonato da quando aveva messo piede sottoterra.
In fondo aveva le sue ragioni per temere un così tragico evento. Gli esperti minatori del Durham che avevano iniziato a scavare il tunnel erano morti nel tentativo di concludere quell’impresa. Loro non erano né esperti né minatori, le probabilità di fare una brutta fine aumentavano notevolmente.  
Per non parlare del loro comandante, Crawford non era certamente l’uomo migliore da avere a fianco in momenti di difficoltà. E poi il modo in cui cercava di raccapezzarsi con le sue carte e i suoi strumenti era davvero ridicolo. O’ Hagan dubitava che il tenente avesse le idee chiare, ma preferiva credere alle sue parole piuttosto che guardare in faccia la realtà.
 
Senza l’aiuto di Bailey, il cui fisico era quello di un vero minatore, Billy non avrebbe mai potuto portare a termine il suo lavoro. In ogni caso era certo di non aver mai faticato tanto come quella notte. A stento riusciva ancora a reggersi in piedi, era troppo stanco anche per pensare ad un’eventuale fuga, era ormai certo che se il piano fosse fallito avrebbe fatto la stessa fine degli inglesi che l’avevano preceduto. 
Nel buio, intrappolati nel sottosuolo e con una misera riserva di ossigeno, i soldati dovevano tentare di fare meno rumore possibile. Erano ormai vicini alle linee tedesche, soltanto un ultimo muro di terra li separava dal nemico.
Crawford ricominciò a fare i suoi calcoli con ancor più impegno.
Jenkins allungò il collo per sbirciare le sue carte.
«È sicuro che sia questo il punto esatto?» sussurrò.
L’ufficiale annuì, irritato dalla scarsa fiducia dei suoi sottoposti.  
Gli uomini stavano per piazzare gli esplosivi quando all’improvviso udirono dei rumori sospetti. O’ Hagan non ebbe dubbi, erano passi, c’era qualcun altro nelle vicinanze.
Poco dopo gli americani iniziarono a udire delle voci provenire dalla parte opposta della parete di terra.
Billy si rannicchiò sul fondo della galleria, cercando di origliare il più possibile. Le parole che riusciva a sentire erano incomprensibili, da come suonavano nelle sue orecchie però riconobbe qualcosa di familiare. Immediatamente pensò a quando si era imbattuto nei nemici durante la sua ultima missione oltre i reticolati.
 «Devono essere tedeschi» affermò.
Gli altri esitarono qualche istante, soltanto quando furono certi della presenza del nemico si apprestarono ad eseguire gli ordini.
 
Non c’era tempo per sistemare gli esplosivi, avrebbero dovuto affrontare il nemico faccia a faccia. O’ Hagan rimase rannicchiato nel suo angolino, ovviamente non aveva alcuna intenzione di muoversi da lì. Fortunatamente l’oscurità l’aiutò a nascondere il suo atto di codardia agli occhi del tenente.
L’unica possibilità per gli americani era giocare sull’effetto a sorpresa, avrebbero buttato giù il muro in un solo colpo, per poi neutralizzare i nemici. Così avrebbero guadagnato abbastanza tempo per piazzare gli esplosivi, o almeno così speravano.
Bailey attese il segnale del suo comandante, al momento opportuno abbatté l’ultima barriera che li separava dagli avversari.
Attraverso lo squarcio nella parete sotterranea gli americani avvistarono due soldati, i quali avevano già i fucili puntati verso gli intrusi.
Ritrovandosi in una situazione di stallo, né l’una né l’altra parte osava sparare il primo colpo.
Era solo una questione di pochi istanti prima che qualcuno in preda al nervosismo premesse il grilletto. Fortunatamente Jenkins riconobbe le divise in tempo.
«Fermi! Non sparate! Sono inglesi!»
Il soldato dall’altra parte non esitò a rispondere: «noi non siamo fottuti inglesi!»
Il suo compagno tentò di quietarlo: «calmati Paddy! Mettiamo tutti giù il fucile!»
Quando fu abbastanza vicino Jenkins identificò il distintivo.
«Aspettate…voi siete della Sedicesima?»
«Esatto, Divisione irlandese. E voi americani che diamine state facendo qua sotto?»
«Noi…credevamo di raggiungere le linee tedesche» spiegò Bailey, sconvolto dalla nuova scoperta.
«Vi sembriamo forse crucchi?»
Jenkins si voltò verso Billy, il quale aveva trovato il coraggio di uscire dal suo nascondiglio.
«Dannazione, il tuo cognome è O’ Hagan! Non riconosci nemmeno la lingua del tuo popolo?»
«Sono nato a San Francisco, la mia famiglia non parla gaelico da generazioni!» disse in sua difesa.
Nel sentire quelle parole Paddy iniziò a inveire contro di lui.
«Quelli come te sono i peggiori! Avete tradito la Patria quando avete scelto di andarvene e ora la pugnalate alle spalle dimenticando le vostre origini!»
Billy non comprese la ragione di tanta ostilità nei suoi confronti.
«Ei, qui non sono io ad indossare un’uniforme britannica! E comunque non è questo il punto, l’importante è che siamo tutti dalla stessa parte»
Paddy ringhiò tra i denti: «di questo non sono del tutto convinto»
L’altro irlandese si mostrò più comprensivo.
«Avanti, venite tutti fuori da lì! Quella galleria potrebbe crollare da un momento all’altro!»
Billy non esitò a seguire quel consiglio, non aveva intenzione di restare in quella trappola mortale un secondo di più. Almeno in quell’occasione, le trincee irlandesi sembravano un’alternativa ben più invitante.
Prima di raggiungere i suoi compagni Jenkins si rivolse con discrezione al comandante.
«È meglio che gli inglesi non sappiano che abbiamo scavato un tunnel per consegnare esplosivi agli irlandesi. La questione è piuttosto fraintendibile, potrebbe diventare un caso internazionale»
Il tenente Crawford continuò ostinatamente a guardare la sua mappa: «la direzione era quella giusta!»

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Capitolo 12
*** La cavalleria ***


 
12. La cavalleria
 

Il soldato Warren offrì una tazza di tè caldo al piccolo Jackson, il quale stava ancora tremando avvolto nella sua coperta.
«Che cosa gli è successo?» domandò Billy quando il compagno tornò a sedersi al suo fianco.
«Non lo so, non ha aperto bocca da quando è tornato dall’ultima missione»
«Deve essere accaduto qualcosa di terribile» suggerì Jenkins con tono preoccupato.
Warren abbassò lo sguardo: «il sergente Miller è ancora disperso»
Billy non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo. Ovviamente anch’egli temeva per la sorte del suo superiore, ma non poteva evitare di pensare che la vita in trincea sarebbe stata molto più serena senza l’opprimente presenza del sergente.
«Deve essere morto sicuramente, ve lo immaginate Miller come prigioniero? Nemmeno i tedeschi riuscirebbero a tenerlo buono!» affermò Jenkins.
Billy concordò con il suo commilitone, l’unico modo con cui i nemici potevano fermare un soldato come Miller era ucciderlo.
«Forse il ragazzo sa qualcosa» suggerì Warren.
Jenkins scosse la testa: «il tenente Dunkel ha già provato a interrogarlo per fare rapporto, ma Jackson non ha detto una parola»
O’ Hagan alzò le spalle con rassegnazione: «allora è meglio lasciarlo in pace»
In quel momento il soldato Bailey si affacciò all’entrata del rifugio.
«Avete saputo la buona notizia?»
I suoi compagni gli rivolsero sguardi perplessi, ormai nessuno credeva più alle buone notizie.
«Presto arriveranno i rinforzi»
«Oh, bene. Iniziavamo ad annoiarci qui, tutti soli in prima linea. I tedeschi non sono di buona compagnia»
Pete zittì Billy con una gomitata.
«Che genere di rinforzi?» domandò poi con curiosità.
«Il tenente parlava di cavalleria. Gli inglesi saranno di supporto per l’avanzata»
Jenkins rifletté qualche istante.
«Avanzata? Significa che i tedeschi si sono ritirati oltre al fiume?»
«Suppongo che lo scopriremo presto» concluse Bailey prima di scomparire nell’oscurità delle gallerie.
 
 
Billy riprese a camminare lungo la trincea, apparentemente sembrava che stesse svolgendo con dedizione il suo dovere di sentinella, ma in realtà a tenerlo sveglio erano le sue preoccupazioni.
Ogni piano per sfuggire al fronte era fallito miseramente, con il povero Jackson ridotto in quelle condizioni il suo unico (e ancora ignaro) alleato non poteva collaborare.
Inoltre il dottore l’aveva intimorito con i suoi racconti riguardanti le ferite autoinflitte dai soldati, la polizia militare e le condanne per diserzione…dunque la corte marziale non era una valida alternativa ai tedeschi. Almeno con quest’ultimi poteva avere qualche possibilità in più di sopravvivenza.
Billy prese un profondo respiro, forse quella volta avrebbe davvero dovuto arrendersi. In fondo un soldato non poteva sottrarsi al proprio dovere, e volente o nolente, anch’egli era ormai coinvolto in quella guerra.
Quell’idea non sopravvisse a lungo nella sua mente, non aveva alcuna intenzione di essere seppellito nel fango quando dall’altra parte dell’oceano lo attendeva un radioso futuro.
Era ancora assorto in quei pensieri quando all’improvviso udì una voce familiare. Riconobbe immediatamente il tono freddo del tenente Dunkel, il suo interlocutore era il capitano Kelly.
O’ Hagan si avvicinò di soppiatto al rifugio dell’ufficiale per origliare la conversazione.
«Il suo plotone avrà il compito di occupare il villaggio» affermò il capitano.
«L’area potrebbe ancora essere presidiata dal nemico. Forse i tedeschi si sono ritirati per tenderci un’imboscata» ipotizzò Dunkel.
«Le fotografie aree non hanno rilevato alcuna presenza del nemico»
Il tenente rimase in silenzio.
«Le ricordo che si tratta di un’operazione di estrema importanza» continuò Kelly.
«Non posso guidare i miei uomini oltre le linee nemiche senza alcun supporto» protestò Dunkel.
«I rinforzi arriveranno presto»
«E se presto dovesse essere comunque troppo tardi?»
Il capitano Kelly sospirò: «questo è il piano, tenente. Sarà sua responsabilità far fronte ad ogni difficoltà»
 
Quando i due ufficiali uscirono dal rifugio Billy si posizionò immediatamente sull’attenti e porse il saluto.  
Fortunatamente nessuno dei due gli prestò particolare attenzione, entrambi si allontanarono senza nemmeno rivolgergli la parola.
O’ Hagan rimase in piedi sulle gambe tremanti, ciò che aveva appena udito non era affatto rassicurante.
 
***

Il giorno seguente Billy e i suoi compagni si ritrovarono a marciare sulla strada che conduceva oltre al vecchio confine. Si trovavano effettivamente in territorio nemico, anche se apparentemente sembravano essere soli in quel deserto. La campagna devastata dai bombardamenti era davvero inquietante.
Billy pensò al soldatino Jackson, il quale era rimasto al sicuro all’ospedale da campo. Ad essere sincero non lo invidiava affatto, sperò che egli non fosse davvero impazzito, se no avrebbe trovato solo un triste destino ad attenderlo.
In quel momento però avrebbe dovuto pensare alla sua sorte, la quale era sempre più incerta.
All’improvviso il tenente Dunkel ordinò ai suoi uomini di correre al riparo. Prontamente Billy saltò in un fosso insieme al soldato Jenkins.
L’ufficiale puntò il suo binocolo ai margini del boschetto.
«Dannazione, lo sapevo…i tedeschi ci stanno aspettando»
Billy sbirciò dal suo riparo, in lontananza intravide delle ombre grigie muoversi tra gli alberi.
Stava già sperando in una ritirata, ma il grido del tenente gli raggelò il sangue nelle vene.
«O’ Hagan! Qui! Svelto!»
Billy esitò, alla fine fu lo stesso ufficiale ad afferrarlo per la giubba.
«Prendi il sentiero a ovest e raggiungi le postazioni inglesi!»
O’ Hagan esitò: «tenente, io…»
Dunkel non volle sentire ragioni: «soldato, questo è un ordine!»
A quel punto Billy non poté far altro che obbedire, almeno per evitare di affrontare la collera del suo superiore.
Rapidamente si addentrò nella boscaglia, scomparendo alla vista dei suoi compagni.
Il tenente Dunkel tornò imperterrito alla sua postazione, non ebbe il coraggio di dire ai suoi uomini che O’ Hagan era la loro unica speranza.
 
Billy continuò a correre con il fiato corto e il cuore che martellava nel petto. Si fermò soltanto quando fu certo di essere abbastanza lontano dalla vista del nemico. Stremato si poggiò al tronco di un albero, guardandosi intorno con aria spaesata. Era agitato e confuso. Avvertì la testa girare vorticosamente, ebbe quasi la sensazione di svenire.
Quando tornò in sé realizzò di trovarsi in un bel guaio. Aveva perso l’orientamento e non aveva alcun punto di riferimento. I suoi compagni contavano su di lui per essere soccorsi, mentre il nemico si aggirava nella foresta.
O’ Hagan tentò di seguire le tracce del sentiero, vagando senza meta in cerca di qualsiasi indizio utile.
Aveva ormai perso le speranze quando ad un tratto intravide qualcosa tra le fronde. Uno scintillio metallico rifletté la luce tra i rami.  
 
 
Jenkins, stanco di aspettare, affiancò il tenente Dunkel.
«Ancora niente signore?»
L’ufficiale scosse la testa, poi abbassò il binocolo con rassegnazione.
«Dobbiamo muoverci da qui» insistette il sottoposto.
«Siamo circondati, senza il supporto degli inglesi non possiamo sfondare la linea nemica»
«E se gli inglesi non dovessero arrivare?»
Dunkel strinse i denti: «allora dovremo andare soli all’assalto»
Jenkins rabbrividì al solo pensiero. Il soldato tornò strisciando nella sua buca per informare gli altri delle tristi notizie.  
«Non possiamo restare qui, dobbiamo ritirarci!» protestò Warren.
«Abbiamo l’ordine di conquistare quella dannata postazione» replicò Jenkins, difendendo la decisione del tenente.
«Non riusciremo a sfondare le linee nemiche senza l’aiuto dei rinforzi» sentenziò Bailey.
Jenkins si preparò ad entrare in azione, agganciò le bombe a mano alla cintura e fissò la baionetta.
Era ormai pronto ad affrontare il suo destino quando all’improvviso avvertì il terreno tremare sotto ai suoi piedi.
Lentamente sollevò lo sguardo, incredulo vide un imponente mezzo corrazzato avvicinarsi alle trincee. Il cingolato si fece strada fuori dalla boscaglia, fermandosi nella piccola radura.
Quando fu abbastanza vicino, Jenkins notò che il soldato comodamente seduto sul fronte del veicolo, alla postazione della mitragliatrice, era Billy.
«Ei! Che diamine stai facendo lassù?»    
O’ Hagan sorrise ai suoi compagni: «bello, vero? Nel bosco ce ne sono altri quattro»
«Questi sì che sono rinforzi!»
«Sono giunti in nostro soccorso direttamente da Cambrai»
Anche il tenente Dunkel uscì in superficie, attonito davanti a quello spettacolo.
«Che sta succedendo?»
Fu Jenkins a rispondere con entusiasmo: «tenente, è arrivata la cavalleria!»

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Capitolo 13
*** (Non) salvate il soldato O' Hagan ***


 
13. (Non) salvate il soldato O’ Hagan
 

Quella sera inglesi e americani festeggiarono insieme la facile vittoria. Il nemico non aveva potuto difendere a lungo il villaggio, così aveva optato per una ritirata strategica, lasciando campo libero agli avversari.
Billy, che non aveva sparato nemmeno un colpo, intratteneva i veterani inglesi con racconti riguardanti avvincenti scontri avvenuti soltanto nella sua fantasia.
I soldati britannici ascoltavano con vivo interesse, preoccupandosi costantemente di riempire il boccale a quel loquace americano.
O’ Hagan era nel mezzo del suo discorso quando all’improvviso un sergente si alzò in piedi reclamando il silenzio. L’intera sala si quietò.
«Per prima cosa devo informarvi che l’operazione si è conclusa con successo» iniziò il sottufficiale.
Grida di esaltazione e fragorosi applausi esplosero a quella notizia.
«Poi…devo annunciarvi che Londra è ancora lontana. Domani partiremo per il nuovo fronte, nessuno di noi tornerà a casa in licenza»
Dopo aver detto ciò il sergente britannico si allontanò a testa china, tra mormorii e brusii di protesta.
Billy gettò un’occhiata ai suoi compagni, i quali si limitarono ad alzare la spalle con rassegnazione. Se Londra era lontana, New York diventava ancor più irraggiungibile.
Il giovane buttò giù la sua birra, maledicendo i tedeschi per non essersi ancora arresi.
 
«Che cosa credi che sia successo a Miller?»
Billy guardò Jenkins con aria perplessa.
«Non lo so»
«Sono certo che Jackson sia vivo solo per merito suo. Sai, il sergente era un bastardo con tutti, ma per qualche ragione voleva bene a quel ragazzo»
Bailey scosse il capo: «io ho visto Miller picchiare Jackson con il suo fucile, non era gentile nemmeno con lui»
«Be’, trattandosi di Miller il suo modo di essere gentile è stato non sparargli!» rispose Jenkins.
Gli altri scoppiarono a ridere.
«A modo suo Miller pensava al bene del plotone, e adesso che è scomparso non abbiamo nessuno a pararci il culo» sentenziò Warren.
«Dunkel?» propose Bailey.
Jenkins negò: «il tenente è un brav’uomo, ma obbedisce agli ordini. Capite cosa intendo?»
«Già, suppongo che d’ora in poi dovremo cavarcela da soli» continuò Warren.
«Qualcuno dovrà sostituire Miller»
«Forse invieranno un sottufficiale dalle retrovie» ipotizzò Billy.
«Oppure uno di noi otterrà una promozione» azzardò Pete.
«Oh, certo. Che ne pensereste del sergente Warren?» domandò O’ Hagan con tono ironico.
Jenkins si portò la sigaretta accesa alle labbra, per poi rispondere in piena sincerità.
«In quel caso saremmo tutti fottuti!»
 
***

I tedeschi attaccarono all’alba, l’artiglieria si scatenò sul piccolo villaggio, riducendo in macerie i pochi edifici che erano sopravvissuti all’ultima battaglia.
Billy e i suoi compagni si ritrovarono a correre tra le macerie, mentre i proiettili volavano sopra alle loro teste. Il terreno iniziò a tremare, le esplosioni sollevarono ovunque nubi bianche e rosse.
«Via dalla strada! Svelti! Bailey, Jenkins, O’ Hagan! Venite con me!»
I tre soldati seguirono gli ordini del tenente Dunkel, trovando riparo in un fosso.  
Billy si rannicchiò contro alla parete fangosa, rimase immobile per un tempo che gli parve interminabile, poi ad un tratto sopraggiunse il silenzio.
Dunkel si sollevò sul bordo del cratere per osservare la collina con il suo binocolo.
«Dannazione! Dobbiamo ritirarci, presto!»
Billy non ebbe bisogno di ulteriori chiarimenti, i tedeschi avevano intenzione di riconquistare il villaggio, o almeno quel che ne restava.
Gli inglesi, che si erano dimostrati tanto solidali la sera prima, erano scomparsi nel nulla.
«Maledetti conigli! Noi attraversiamo l’oceano per salvarli e loro se la svignano alla prima difficoltà»
«Zitto Bailey! Anche noi dobbiamo andarcene da qui alla svelta!» lo rimproverò Jenkins.
Il tenente Dunkel ignorò quelle battute: «è meglio allontanarci dalla strada e proseguire per i campi»
 
O’ Hagan scavalcò la staccionata di legno avvertendo l’eco degli spari alle sue spalle. Un altro proiettile d’artiglieria colpì la strada, innalzando una nuvola di fumo e polvere.
Billy continuò a seguire i suoi commilitoni correndo nell’erba alta, tentando di non pensare ai cadaveri incontrati lungo il percorso.
Il piano del tenente Dunkel era apparentemente semplice, la loro unica possibilità era raggiungere il confine attraversando la foresta.
O’ Hagan si fermò per riprendere fiato, tremava dalla paura, gli occhi lacrimavano per il fumo, mentre il viso era rosso per lo sforzo. Il caldo era insopportabile, il colletto della camicia era madido di sudore.
Billy tentò di fare del suo meglio per ricomporsi, quando sollevò lo sguardo vide la figura del soldato Jenkins dall’altra parte della radura. Il commilitone gli stava gridando qualcosa, ma O’ Hagan non riuscì a udire nemmeno una parola. Riprese ad avanzare per raggiungerlo, quando all’improvviso una granata scoppiò davanti ai suoi occhi. Billy fu scaraventato a terra, rotolò nell’erba e cadde in un fosso. L’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu un’alta colonna di fumo nero.
 
***

O’ Hagan riaprì gli occhi avvertendo una presa sulle spalle. Qualcuno lo stava sollevando da terra per sistemarlo su una barella. Inizialmente Billy emise un sospiro di sollievo, pensando di essere stato soccorso dai suoi compagni. Ancor prima di riconoscere le divise dei soldati radunati intorno a lui udì le loro voci. Per quanto confuso e stordito, poté affermare con certezza che i suoi salvatori non stessero parlando in inglese.
Con orrore notò il colore grigio delle uniformi, era prigioniero dei tedeschi.
 
Dovette attendere a lungo in un’area sorvegliata dell’infermeria prima che qualcuno si rivolgesse a lui in una lingua comprensibile.
Un ufficiale gli parlò in un inglese impeccabile e privo di accento.
«Sei stato fortunato. Sei stato colpito dalle schegge di una granata e ti sei procurato solo qualche graffio»
Billy rimase in silenzio. Era davvero stato fortunato? Si trovava nelle mani del nemico, era ferito, ma nonostante tutto era ancora vivo.
Il tedesco, un giovane ufficiale che O’ Hagan identificò come la versione teutonica del tenente Dunkel, si mostrò sempre gentile nei suoi confronti.
Più tardi Billy ottenne un’abbondante porzione di gulasch con patate. Gli americani avevano dimenticato il sapore della carne.  
Dopo cena il tenente non si era più fatto vivo, al suo posto era comparso un soldatino biondo che probabilmente aveva il compito di sorvegliarlo. Il ragazzino non poteva essere più vecchio di Jackson, forse anche lui aveva mentito sull’età per arruolarsi. A guardarlo sembrava più sveglio di Danny, sicuramente era più bello, ma questo contava poco in guerra.  
Il biondino non sapeva una parola di inglese, si limitava a sorridere. O’ Hagan non capiva perché i tedeschi fossero così cordiali nei suoi confronti, si aspettava che da un momento all’altro gli puntassero una pistola alla tempia, invece continuavano a trattarlo con particolare riguardo.
Credeva di trovare un nemico ostile e crudele, ma nessuno di quei soldati sembrava provare odio per lui.
Per qualche giorno Billy rimase solo in compagnia dei medici e delle guardie.
Una sera il soldatino biondo si avvicinò per offrigli un po’ di cioccolata. O’ Hagan iniziò a pensare che la prigionia non fosse così male.
Proprio quando stava cominciando ad abituarsi all’idea il tenente tornò a fargli visita in compagnia di altri ufficiali.
Billy avvertì tutti gli sguardi su di sé, improvvisamente i loro volti erano diventati rigidi e severi.
I tedeschi gli mostrarono una cartina topografica ed iniziarono a riempirlo di domande riguardanti le postazioni alleate, il numero di unità coinvolte e le armi a loro disposizione.
Anche volendo O’ Hagan non avrebbe potuto rispondere, non aveva idea di quali fossero i piani dei suoi superiori. Ancora una volta la sua indole di truffatore giunse in suo aiuto. Per lui fu semplice indicare punti a caso sulla mappa, inventando numeri e coordinate, rivelando al nemico informazioni inesistenti.
I tedeschi si mostrarono soddisfatti, nemmeno per un istante dubitarono delle sue parole, probabilmente si ritennero fortunati per aver trovato un prigioniero così collaborativo.
 
O’ Hagan comprese in fretta di non dover più temere per la sua vita. I tedeschi avevano viveri a volontà e lo trattavano meglio dei suoi connazionali. Trascorrere il resto della guerra in un campo di prigionia poteva essere una buona prospettiva. Niente più marce infinite nel fango, niente più trincee, niente più battaglie. Soltanto quiete e riposo, nel peggiore dei casi sarebbe finito in un campo di lavoro, ma nulla poteva essere peggio della prima linea. Avrebbe sempre avuto un tetto sopra alla testa e più di un pasto al giorno. E poi, alla fine della guerra, sarebbe tornato in America con almeno una medaglia al petto. Tutti avrebbero avuto rispetto per un valoroso soldato che era stato ferito sul campo di battaglia e che tornava a casa dopo mesi di prigionia.  
Il tenente tedesco aveva ragione: era stato davvero fortunato.
 
***

La lunga prigionia del soldato Billy O’ Hagan durò soltanto una settimana.
L’artiglieria inglese costrinse i tedeschi ad abbandonare ancora una volta il villaggio, ormai completamente distrutto. L’ospedale da campo fu avvolto dalle fiamme di un incendio, fortunatamente i pochi feriti furono evacuati in tempo.
L’unico disperso risultò essere proprio O’ Hagan. Egli venne ritrovato poche ore dopo dai suoi compagni, i quali avevano ormai perso le speranze di ritrovarlo vivo.
«Mi devi cinque dollari, te l’avevo detto che nemmeno i tedeschi se lo sarebbero tenuto!» disse Bailey sghignazzando.
Per una volta Warren fu lieto di aver perso una scommessa.
Jenkins si avvicinò per accertarsi che l’amico fosse ancora tutto intero.
«Billy! Sono davvero felice di rivederti!» esclamò con un sincero sorriso.
O’ Hagan non si mostrò altrettanto entusiasta: «proprio adesso dovevamo vincere?»

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Capitolo 14
*** Tommy Gun ***


 
14. Tommy Gun
 

«È comparso dal nulla nel mezzo della boscaglia, nessuno l’ha sentito arrivare. All’improvviso si è piazzato nel mezzo del sentiero, incurante di essere un bersaglio per il nemico, ha puntato il suo fucile contro ai tedeschi e ha iniziato a sparare. Dopo aver conquistato la prima mitragliatrice ha scavalcato la trincea ed è corso alla postazione successiva. Così ha fatto fuori tre squadre di crucchi, una dopo l’altra. Quando ci siamo avvicinati lui ci ha sorriso, ha tirato fuori un pacchetto dal taschino della giubba e ci ha offerto delle sigarette. Eravamo così sconvolti da non osare chiedergli nulla, volevamo presentarlo al nostro comandante per raccontagli il suo gesto eroico, ma lui se ne è andato, ci ha voltato le spalle senza darci alcuna spiegazione. Quel soldato ha salvato la vita a tutti noi e poi è scomparso nella foresta»
 
Billy raggiunse i suoi compagni intorno al fuoco.
«Di che state parlando?» domandò. 
«Il caporale Harding ci stava raccontando del suo incontro con Tommy Gun» spiegò Bailey.
O’ Hagan sospirò.
«Davvero credete ancora a quella storia?»
«Ei! Posso giurare sulla tomba di mia madre che questa è la verità!» ribatté Harding.
Billy scosse il capo: «nessuno sarebbe così pazzo da vagare solo nel bosco in mezzo ai tedeschi!»
«Invece ti dico che quel soldato non aveva alcuna paura del nemico»
«D’accordo. Ma allora perché non farsi riconoscere? Se ha davvero compiuto così tanti atti eroici meriterebbe una Medagli al Valore!» obiettò O’ Hagan.
Harding rifletté su quelle parole.
«Tommy Gun non combatte per la gloria»
«Allora non ha capito niente di questa guerra. Che senso ha rischiare di farsi ammazzare senza ottenere nulla in cambio?»
«Tu proprio non sai cos’è il senso del dovere» lo rimproverò Harding.
O’ Hagan rispose a tono: «al momento il mio dovere è finire questa bottiglia di birra!»
 
Billy e Jack Bailey percorsero insieme il sentiero che conduceva al fienile dove alloggiavano i soldati.
 «Harding non si stanca mai di raccontare quella storia»
«Già, a Quota 113 lui e i suoi uomini se la sono vista brutta. Magari gli eventi non sono andati esattamente in quel modo, ma qualcuno deve essere giunto in loro soccorso»
O’ Hagan rimase scettico.
«Tommy Gun…ha anche trovato un nome originale [*]»
«A quanto pare è stato lui a dire di chiamarsi così»
O’ Hagan avvertì una strana sensazione, ma non riuscì a capire perché trovasse così familiare quel nome.
«In ogni caso, l’Esercito americano ha bisogno dei suoi eroi» continuò Jack.
«Ho saputo di un irlandese che ha sconfitto da solo dieci tedeschi, lui è un vero eroe. Si chiama Michael O'Leary, l’ho visto su un volantino. Gli inglesi l’hanno decorato con la Victoria Cross!»
Bailey rivolse lo sguardo verso il profilo della collina che risaltava come un’ombra nera nella notte.
«Be’, io voglio credere che Tommy Gun esista davvero»
«Mi sarei aspettato tanta ingenuità da parte del piccolo Jackson, non da un uomo con la testa sulle spalle come te!»
«Quando ti ritroverai solo a combattere a Quota 113 anche tu vorrai credere all’esistenza di un eroe disposto a tutto per salvarti!»
O’ Hagan non era convinto.
«Ho imparato sulla mia pelle che quando le cose si mettono male puoi contare solo su te stesso»
 
Più tardi Billy si ritrovò al posto di guardia in compagnia del soldatino Jackson.
«Sono felice che tu sia tornato con noi» disse O’ Hagan con sincerità. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, si era davvero preoccupato per lui.
Il ragazzo continuò mantenere lo sguardo fisso davanti a sé.
«Non avrei potuto restare in quell’ospedale un giorno di più»
Billy poté comprendere le sue ragioni.
I due soldati rimasero a lungo in silenzio, fu Danny a decidere di parlare.
«Durante la mia ultima missione abbiamo incontrato una pattuglia nemica, siamo riusciti a raggiungere le nostre linee soltanto grazie al sergente Miller. Lui ha deciso di restare solo ad affrontare il nemico…non è più tornato con noi»
O’ Hagan fu colpito da quel resoconto, doveva ammettere che il sergente aveva davvero dimostrato di tenere al bene dei suoi uomini, nonostante tutto.
Avrebbe voluto dire qualcosa per rassicurare il suo giovane compagno, ma proprio in quel momento avvertì dei rumori sospetti. Immediatamente si rannicchiò sul fondo della buca. Sperò di essersi sbagliato, ma l’eco continuava a giungere alle sue orecchie. 
Quel suono era inconfondibile, si trattava di stivali che sguazzavano nel fango.
Jackson lo affiancò: «hai sentito anche tu?»
O’ Hagan annuì.
«Qualcuno si sta avvicinando…»  
I due rimasero in attesa prestando attenzione ad ogni minimo movimento.
All’improvviso scorsero un’ombra aggirarsi intorno al filo spinato, pian piano la sagoma divenne sempre più nitida finché la figura non sorpassò i reticolati.
Billy stava per afferrare il fucile, ma Danny lo bloccò. In quel momento la figura abbandonò l’arma, continuando ad avanzare con le mani alzate in segno di resa.
O’ Hagan rivolse al compagno uno sguardo incerto, era la prima volta che vedevano un nemico arrendersi.
 
Dopo i primi momenti di sconcerto, Billy riprese il controllo della situazione. Con orgoglio consegnò il prigioniero tedesco al tenente Dunkel, attribuendosi anche fantomatici meriti per la sua cattura.
Jackson invece non si dimostrò così entusiasta.
«Per quale ragione dovresti consegnarti al nemico?» domandò quando furono nuovamente soli.
O’ Hagan rispose senza pensarci troppo: «forse era solo stanco di combattere. Detto tra noi, non potrei biasimarlo per questo»
Danny non parve convinto: «hai visto come era spaventato? Sicuramente deve essergli accaduto qualcosa di terribile»
Billy decise semplicemente che la questione non lo riguardava, un tedesco in meno dall’altra parte dei reticolati era solo una buona notizia.
 
 
Il mattino seguente Billy aveva già dimenticato la questione del tedesco, la sua più grande preoccupazione era Quota 113. Fu Jackson ad aggiornare i suoi commilitoni al termine dell'interrogatorio. 
«Il prigioniero ha rivelato di essere fuggito dalla foresta. Un cecchino ha teso un’imboscata alla sua squadra e lui è stato l’unico sopravvissuto. Ha detto di aver provato ad arrendersi, ma l’avversario ha continuato a sparare»
«Un’altra storia riguardante un americano che combatte i tedeschi nella foresta» appuntò Bailey.
«Oh, non dirmi che…»
«Chi altro potrebbe essere?»
«Tommy Gun» disse Danny con voce tremante.
O’ Hagan iniziò a spazientirsi: «scommetto che non esiste nessun Tommy Gun»
«Se ci tieni tanto a dimostrarlo, presto avrai modo di verificare tu stesso»
Billy sussultò udendo la voce del caporale Harding.
«O’ Hagan, Jackson, Bailey e Warren. Voi sarete la mia squadra»
«Bentornato tra noi, Danny. Appena arrivato e già hai la fortuna di uscire in pattuglia» commentò Warren con tono sarcastico.
«Spero che la tua mira sia migliorata dall’ultima volta, e anche la tua vista» sghignazzò Jack, riferendosi all’incidente del soldato Evans.
Pete si caricò il fucile in spalla: «certamente, Bailey. Se dovessi spararti, sappi che non sarebbe per errore»
I due si allontanarono insieme continuando a scambiarsi battute, tra risate e pacche sulle spalle. O’ Hagan li seguì con lo sguardo, non aveva ancora capito per quale motivo il cameratismo portasse i soldati ad insultarsi per consolidare un’amicizia.
 
Billy e Danny si separarono dal resto del gruppo per addentrarsi lentamente nella foresta. La densa nebbia e la fitta vegetazione impedivano una nitida visuale, era necessario muoversi con cautela per non palesare la propria presenza al nemico.
«I tedeschi usano i gas» bisbigliò Jackson con tono preoccupato.
O’ Hagan lo rassicurò: «la zona è sicura, tranquillo»
Il due proseguirono lungo il sentiero, inoltrandosi nel labirinto di conifere. 
All’improvviso udirono l’inconfondibile scatto di un grilletto, una voce giunse minacciosa alle loro spalle.
«Fermi! Se non dite qualcosa in inglese giuro che vi faccio saltare le cervella!»
Billy sussultò, immediatamente si preoccupò di farsi riconoscere.
«Non sparare! Siamo americani!»   
«Questo è sufficiente»
Soltanto quando ebbe la certezza che l’altro avesse abbassato il fucile, Billy trovò il coraggio di voltarsi.
Dalla nebbia comparve un soldato che indossava un’uniforme americana, portava un elmetto mimetico, il viso era coperto di terra e fuliggine. Dal lato della bocca pendeva il mozzicone fumante di una sigaretta.
L’uomo sorrise porgendo la mano: «benvenuti a Quota 113, io sono Tommy Gun»
Billy guardò Jackson, il quale fremeva per l’emozione. Dunque anche lui l’aveva riconosciuto.
Sembrava impossibile, eppure…
«Sergente Miller! Lei è vivo!»
Per poco Danny non corse ad abbracciare il suo comandante per la felicità.
Tommy Gun rimase a fissare i due soldati con uno sguardo vacuo e spento.
«Temo che mi abbiate confuso con qualcun altro»
Billy era certo che non ci fosse alcun fraintendimento.
«Lei è il sergente Thomas Miller, il nostro caposquadra! Io sono il soldato Billy O’ Hagan e lui è il soldato Danny Jackson»
Il sottufficiale sembrò non capire.
«Forse ricorda meglio i nostri soprannomi. Lei mi chiamava sempre “smidollato” mentre il ragazzo era “pappamolla”. Adesso ha le idee più chiare?»
Nemmeno in questo modo Miller riconobbe i suoi sottoposti.
O’ Hagan arretrò per sussurrare all’orecchio del suo compagno: «diamine, si è davvero fottuto il cervello»
«Il dottore ha detto che può accadere che i soldati perdano la memoria a seguito di un trauma subito in battaglia»
Billy rimase perplesso: «che cosa dovremmo fare?»
«Niente, adesso lui crede di essere Tommy Gun, possiamo solo assecondarlo»
Billy sbuffò, aveva già abbastanza problemi, non poteva occuparsi anche di Miller in quello stato.
Il soldato si avvicinò nuovamente al suo vecchio comandante, in quel momento notò i macabri souvenir che il sergente portava con sé, ciò che più lo turbò fu un sacchetto pieno di bottoni d’ottone con lo stemma imperiale.
«Ha davvero ucciso tutti quei soldati?»
Miller scoppiò in una fragorosa risata.
O’ Hagan ebbe la certezza che il suo superiore fosse completamente impazzito. Quella risata lo fece rabbrividire, era la follia che vedeva nel suo sguardo.
«Lei deve tornare con noi, non può rimanere qui»
«Oh, no. Devo restare a difendere Quota 113» affermò con convinzione.
«Non pensa al suo plotone? Il tenente Dunkel conta su di lei per…»
Miller lo zittì bruscamente.
«Conosco questo luogo meglio di chiunque altro, non abbandonerò la mia postazione finché non avrò stanato l’ultimo bastardo mangiacrauti nascosto in questa foresta!»
O’ Hagan deglutì a vuoto.
«Sergente, tutto questo è assurdo!»
L’animata discussione fu interrotta dall’artiglieria tedesca, i primi proiettili si abbatterono sulla collina.
Billy e Danny corsero al riparo, nascondendosi in una buca. Nella confusione persero di vista il sergente.
«Oddio! Dov’è Miller?» chiese Billy accorgendosi della sua assenza.
«È rimasto in superficie. Ha detto di non temere di guardare la morte in faccia»
O’ Hagan si premette l’elmetto sulla testa udendo un’altra esplosione.
«Maledizione! Era meglio quando lo credevamo morto!»
 
Billy riaffiorò dal suo rifugio soltanto quando la situazione tornò a quietarsi. La foresta si era tramutata in una landa desolata. O’ Hagan vagò tra i crateri fumanti. Con sua sorpresa nella radura notò una figura immobile come una statua, il sergente era ancora stoicamente in piedi tra le fiamme.
Billy si avvicinò, incredulo che quell’uomo fosse rimasto incolume nel mezzo di un bombardamento. Forse anche i proiettili tedeschi avevano paura di lui.
Con cautela poggiò una mano sulla sua spalla.
«Sergente, si sente bene?»
Miller si voltò, non aveva più l’aria di un pazzo, la sua era la solita espressione irritata.    
«Hai intenzione di restare qui per sempre? Forza, O’ Hagan, muoviti! Ti ho mai detto che sei davvero uno smidollato?»   
Billy, seppur stremato, rispose con un sorriso.
«Sì, sergente»
 
 
 
 
 
 
Nota
[*] Il modello di mitra Thompson, più noto come Tommy Gun, fu brevettato solo nel 1919. Dunque nel contesto della storia, il sergente non ha preso ispirazione dalla famosa arma per il suo soprannome. Anche se, ovviamente, il riferimento è voluto dall’autrice.

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Capitolo 15
*** When Johnny comes marching home ***


 
15. When Johnny comes marching home
 

Lumiere di cristallo, cornici dorate, specchi splendenti e tende di velluto…l’enorme salone era stato addobbato per l’occasione. Ovunque sventolavano bandiere a stelle e strisce, la piccola orchestra suonava la melodia di "When the Boys Come Home". La maggior parte degli uomini presenti era in uniforme, anche Billy indossava una divisa da ufficiale, decorata con la Medaglia al Valore. Dove l’aveva guadagnata? Forse sulla Somme, oppure nelle Fiandre…non ricordava esattamente. Doveva essere stata una battaglia importante, di questo ne era certo.
Scendendo gli ultimi gradini Billy urtò un giovane soldato. Egli parve riconoscerlo al primo sguardo.
«Tenente William O’ Hagan! È un onore conoscerla di persona. Ho letto l’articolo su di lei pubblicato in un numero di The Stars and Stripes!» esclamò con emozione.
Billy gonfiò il petto d’orgoglio.
«Oh, davvero? Deve essere stata una lettura interessante»
«Certamente, signore. Al fronte avrei davvero voluto combattere a fianco di un uomo coraggioso e valoroso come lei!»
Il ragazzo si allontanò prendendo a braccetto la sua fidanzata. Billy lo udì bisbigliare alle sue spalle.
«Hai visto, Mary? Lui era il tenente O’ Hagan! L’eroe di cui parlano tutti!»
Giunto nella hall, Billy si ritrovò a sorridere e a stringere le mani di sconosciuti che si complimentavano con lui, ringraziandolo per il servizio reso alla patria.
Finalmente nella folla riconobbe l’esile figura di una donna. Rose indossava un abito bianco adornato di ricami argentati e pietre preziose. Come sempre, con la sua bellezza splendeva come un raggio di sole.
Billy era intenzionato a raggiungerla, ma qualcuno lo trattenne per un braccio. Voltandosi si trovò davanti un uomo alto e biondo, avvolto in un elegante completo scuro. Si trattava di Larry Carter, il suo amico avvocato.
«Billy! Finalmente ti ho trovato. Devo parlarti, è molto importante!»
«Aspetta, io…»
Carter ignorò le sue proteste e lo trascinò in disparte.
«So che non è il momento adatto, ma presto dovrai pensare a come gestire la tua fortuna. Vorrei che prendessi in considerazione alcune delle mie proposte»
O’ Hagan non capì: «di che stai parlando?»
«Con la morte di John, dopo il matrimonio l’intera eredità della famiglia Farley sarà in mano tua»
Billy strabuzzò gli occhi.
«Il capitano Farley è morto?»
«Certo, Billy. Come puoi non ricordarlo? È accaduto un anno fa a Cambrai»
Egli tentò di fare del suo meglio per manifestare dolore e tristezza per quel lutto.  
«John era un buon ufficiale»
«Già, è stata una dolorosa perdita. Anche il tenente Gerald Healy è stato ucciso in Francia» continuò l’avvocato.
O’ Hagan non si intristì alla notizia, aveva sempre detestato quell’uomo. Non era un mistero che Healy fosse innamorato della sua Rose, anche dopo il fidanzamento, lui non aveva smesso di corteggiarla. Avrebbe volentieri stretto la mano al tedesco che aveva eliminato il suo rivale.
L’espressione sul volto di Larry cambiò rapidamente, da triste e crucciata, divenne allegra e speranzosa.
«Ma adesso basta parlare di tragedie, la guerra è finita. Puoi dimenticare il tuo passato nell’esercito, con la tua nuova reputazione ti aspetta un brillante futuro!»
«Penserò a quel che mi hai detto. Ma ora, se non ti dispiace, vorrei festeggiare con la mia futura moglie»
Con uno strattone, Billy si divincolò dalla stretta dell’avvocato.
Attraversò la sala quasi di corsa, impaziente di ricongiungersi con la sua amata.
Rose l’accolse con un dolce sorriso e gli occhi umidi per la commozione.
«Oh, Billy! Sapevo che saresti tornato!»
Egli la strinse tra le braccia e la baciò con passione.
 
***

«O’ Hagan! O’ Hagan! Riesci a sentirmi?»
Nessuna reazione.
Il dottor Wright si chinò per controllare lo stato del soldato disteso sulla barella. Il respiro era flebile e il battito irregolare.
«Che gli è successo?»  
Jenkins, agitato e nervoso, rispose con voce tremante.
«È stato ferito mentre eravamo in pattuglia, gli hanno sparato in una gamba»
Il medico era perplesso.  
«Non ha perso molto sangue, ma è incosciente. Quanta morfina gli è stata somministrata?»
Il soldato abbassò lo sguardo con aria colpevole: «be’, forse un po’ di più della dose necessaria»
Il medico insistette: «quanta in più?»
«Io…di preciso non lo so»
«Come puoi non saperlo?» lo rimproverò Wright.
«Lui sembrava soffrire così tanto…continuava a urlare e pensavo di calmarlo per aiutarlo» si giustificò.
«Dannazione, Jenkins! Volevi ammazzarlo?»
«No! Probabilmente il soldato Jackson voleva ucciderlo»
«Che diamine stai dicendo?»
«È stato lui a sparare, era la sentinella e…oh, era buio, non ricordo altro»
«D’accordo, sarà compito di qualcun altro indagare sulla faccenda. Coraggio, aiutami a sollevarlo!»
I due sistemarono il ferito sull’ambulanza.
Jenkins tentò ancora di scusarsi.
«Mi dispiace dottore, io non potevo sapere…» continuò a blaterare nel panico.
«Adesso lascialo a me. Ci penso io» replicò Wright con fermezza.
Jenkins obbedì, con un balzo scese dalla Ford T, poi richiuse lo sportello e diede il segnale all’autista.
L’ambulanza partì a tutta velocità in direzione dell’ospedale.
 
***

Due uomini in divisa con al braccio la fascia della Polizia Militare si allontanarono dall’accampamento alle prime luci dell’alba. Uno era intento a scrivere sul suo taccuino, l’altro fumava tranquillamente la sua sigaretta.
«Allora Frank? Che ne pensi di questa storia?» domandò il più giovane dopo aver riletto il tutto con attenzione. 
L’altro sospirò e scosse le spalle: «ad essere sincero, Johnny, ritengo che sia solo una perdita di tempo»
«Sembra che tu abbia le idee chiare a riguardo»
«Un ragazzino con il fucile spara un colpo nella notte, accidentalmente colpisce un commilitone che non si è fatto riconoscere. Mi sembra che i fatti siano piuttosto evidenti»
Johnny non era convinto.
«Ultimamente accadono molti incidenti» constatò.
«Siamo al fronte, i soldati sono nervosi e commettono errori. Noi scriviamo un rapporto che i nostri superiori chiudono in un cassetto e la faccenda viene archiviata. Questo è il nostro lavoro, sempre meglio della prima linea»
«E se questa volta non fosse stato un errore?»
Frank alzò un sopracciglio con aria dubbiosa: «che intendi?»
«Forse il soldato Jackson e il soldato O’ Hagan erano d’accordo. Una variante del classico metodo di spararsi a un piede per tornarsene nelle retrovie»
«Peccato che il proiettile si sia conficcato all’altezza della femorale, quell’uomo ha rischiato di morire dissanguato»
«Già, suppongo che questo non fosse previsto»
Dopo qualche istante di silenzio Frank riprese il discorso.
«E cosa ci avrebbe guadagnato il soldato rimasto incolume? Io non rischierei di finire sotto processo nemmeno per il mio migliore amico!»
Johnny sapeva che spesso la risposta corretta era quella più semplice.
«L’hai detto anche tu, è un ragazzino…forse convincerlo non è stato difficile»
«Nel caso in cui tu avessi ragione quei due soldati si sarebbero accordati per inscenare un falso incidente»
«Si tratterebbe sempre di un atto di diserzione»
Frank rimase serio per qualche secondo, poi scoppiò in una fragorosa risata.
«Hai davvero una bella fantasia, quando la guerra sarà finita dovresti iniziare a scrivere romanzi. Diamine, scommetto che diventeresti famoso come Arthur Conan Doyle!»
«Non credo che a molti lettori interesserebbero le vicende di un agente della Polizia Militare. E poi la questione non mi sembra così assurda»
«Ascolta, quel ragazzino era già abbastanza traumatizzato, mentre l’altro soldato rischia di perdere una gamba, sempre che non sia già morto di setticemia. Ti interessa davvero provare che siano colpevoli? Penso che il loro destino sia una condanna sufficiente»
Johnny non poté dargli torto. Per quanto fosse suo dovere cercare la verità, il suo mestiere non l’aveva reso del tutto insensibile.
Così, prima di salire a bordo dell’automobile, strappò l’ultima pagina del suo taccuino. Il foglio stropicciato cadde in una pozza di fango.
«Credi davvero che potrei avere successo come scrittore?» domandò prendendo posto a fianco del guidatore.
Il compagno accese il motore.
«Certo. Ma dovrai trovare uno pseudonimo, Johnny Smith è troppo banale. La gente preferisce i nomi lunghi, sembrano più importanti»
«Mi ricorderò di ingaggiarti come mio agente»
Frank sorrise: «però Johnny suona bene, dovresti utilizzarlo per un personaggio»
Il giovane dimenticò la questione dell’incidente, sostituendo gli appunti del caso con nuove idee per i suoi futuri romanzi.
Johnny, sì…qualcuno dovrebbe scrivere di un soldato chiamato Johnny.
 

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Capitolo 16
*** Il Macellaio ***


Carissimi ^^
Vi ringrazio per continuare a seguire le disavventure di Billy. 
Un ringraziamento speciale ai gentilissimi recensori.


 
16. Il Macellaio
 

Quando svanì l’effetto della morfina Billy tornò tristemente alla realtà. La guerra non era finita, lui non aveva ricevuto alcuna promozione, la sua foto non era sulla copertina dell’ultimo numero di The Stars and Stripes. Larry Carter doveva trovarsi ancora in Inghilterra come funzionario dell’esercito. E infine, il capitano Farley e quel cascamorto del tenente Healy erano ancora vivi, in licenza a Parigi, a bere vino e corteggiare belle donne piuttosto che combattere quella dannata guerra.
O’ Hagan si sollevò leggermente sullo schienale per guardarsi intorno, la stanza era fredda e buia. Il silenzio della notte era interrotto costantemente dai gemiti e i lamenti dei feriti.  
Il suo vicino di letto, un caporale con la testa fasciata, gli rivelò che era stato fortunato, quel reparto era destinato ai casi meno gravi.
«Dove siamo?»
L’altro rispose con il nome di un posto che Billy non aveva mai sentito, ma suppose che si trattasse dell’ennesima località sperduta nella campagna francese.
O’ Hagan si domandò cosa ne sarebbe stato di lui. Sarebbe rimasto nelle retrovie abbastanza a lungo? Avrebbe avuto la fortuna di tornare in Inghilterra?
Non aveva idea di quanto fosse grave la sua ferita, il dolore era sempre più intenso.
All’improvviso Billy fu colto dal panico, e se avessero dovuto amputargli la gamba?
Ovviamente desiderava fuggire dal fronte, ma non era sicuro di voler pagare un prezzo così alto.
Certo, a questo avrebbe dovuto pensarci prima, d’altra parte, era un rischio che doveva correre.
O’ Hagan si rivolse al caporale in cerca di rassicurazione.
«Se sono qui, allora significa che non è troppo grave, vero?»
«È probabile che ti abbiano sistemato qui per la notte, ma domani sarai trasferito»
Billy sussultò: «trasferito? E dove?»
«In chirurgia, ovviamente»
O’ Hagan fu sorpreso dal termine utilizzato da quell’uomo, così sembrava che si trattasse di un vero ospedale, ma egli sapeva che il reparto chirurgia era soltanto un tavolo dove i medici si sbizzarrivano con i loro strumenti di tortura.
Billy iniziò a sudare, e non solo per la febbre. Tutto ciò non aveva senso, il proiettile era stato estratto dal dottor Wright e la ferita non era infetta. Perché avrebbero dovuto operarlo?
Quando pose la domanda al suo vicino, questo si limitò a rispondere: «il dottor West [*] opera sempre i suoi pazienti»
 
 
Il giorno seguente, Billy fu lieto di constatare che il caporale si era sbagliato. Nessuno era giunto a prelevarlo dal suo letto. Era ancora in quella stanza, in compagnia di altri sette soldati.
Vicino a lui, oltre al caporale con il buco in testa, c’era un aviatore mezzo ustionato e un soldato che non poteva parlare, poiché aveva la mascella fratturata. 
Le infermiere si limitavano a svolgere il loro dovere senza troppa premura, nessuna di loro era gentile e carina come Evelyn.
Billy si domandò dove fosse quella ragazza, forse con un po’ di fortuna l’avrebbe rivista.
Era perso in questi pensieri quando il pilota Faccia-bruciata si risvegliò.
«Oggi deve essere impegnato, ieri sono arrivati molti feriti. Per questo non ha avuto tempo per noi»
Billy si incuriosì: «di chi stai parlando?»
«Del dottor West. Lui…»
«Opera sempre i suoi pazienti» concluse O’ Hagan, ricordando quel che gli era stato detto la sera prima.
«Sì, esatto. Ma io no, non ho intenzione di farmi affettare da quel macellaio. Non gli permetterò di avvicinarsi a me, sono debole, ma so ancora difendermi bene!»
Billy rimase a fissarlo con aria perplessa.
«Credi che sia pazzo? Vuoi sapere che fine ha fatto il soldato che era qui prima di te?»
Billy annuì, seppur con poca convinzione.
«È scomparso in sala operatoria, la notte seguente ho visto portare via il suo cadavere…quel mostro l’aveva fatto a pezzi!»
Il caporale buco-in-testa interruppe quel macabro racconto.
«Smettila di spaventare il nuovo arrivato. Il dottor West non è uno psicopatico, ma come molti dottori qui al fronte, preferisce amputare piuttosto che curare»
«Certo. Lui dice che è per evitare il rischio di cancrena, ma io lo so che quel bastardo è contento di segare gambe e braccia tutto il giorno!»
O’ Hagan era pallido come un fantasma.
«Puoi credermi oppure no, ma una cosa è certa: nessuno torna intero dopo essere passato sotto ai ferri del dottor West!»
 
 
Billy continuò a pensare alle parole dei suoi compagni. Quell’ospedale era ancora più cupo e inquietante della vecchia chiesa che aveva visitato. Le grida di dolore e sofferenza che si udivano nei corridoi raggelavano il sangue nelle vene.
O’ Hagan si stava ancora domandando se le voci a riguardo del misterioso dottore potessero avere un fondo di verità quando udì dei rumori di passi avvicinarsi. Poco dopo un’ombra scura comparve davanti alla porta.
Bocca-cucita iniziò ad agitarsi, emettendo suoni cupi e gutturali. Billy tentò di rassicurarlo, senza capire il motivo del suo turbamento, ma le sue parole non ebbero alcun effetto.
Egli tornò a calmarsi all’improvviso, si immobilizzò e non emise più nemmeno un suono.
Billy pensò che avesse avuto una crisi, si preoccupò per lui, ma Buco-in-testa gli disse di lasciar perdere.
«Fa sempre così quando lui viene a farci visita»
O’ Hagan non ebbe bisogno di ulteriori chiarimenti per capire chi fosse il misterioso visitatore.
Due uomini si presentarono sulla soglia. Il primo era alto e snello, con il volto smunto e lo sguardo incavato. L’altro invece era più basso, indossava un paio d’occhiali dorati e teneva tra le mani penna e taccuino. Si trattava del dottor West con il suo assistente.
Il medico iniziò a girare tra i letti, valutando i suoi pazienti con attenzione. Il suo assistente lo seguiva fedelmente, appuntando tutto sulle sue pagine.
Il dottor West si fermò davanti al pilota ustionato. Faccia-bruciata lo guardò con odio e disprezzo.
Il medico rispose con un sorriso più simile a un ghigno, poi lo superò per rivolgere la sua attenzione a Billy.
O’ Hagan si sentì a disagio, il suo sguardo languido era raccapricciante. West non interagì con lui, rivolgendosi solo al suo assistente.
«Che cosa abbiamo qui? Uhm, un po’ troppo magro, ma forse abbastanza resistente…sì, potrebbe essere adatto…»
Billy deglutì a vuoto: «la mia ferita è già stata medicata, non ho bisogno di essere operato»
L’uomo scosse la testa con evidente disappunto: «giovanotto, qui il medico sono io»
Dopo aver detto ciò tornò a mormorare tra sé e sé, valutando con attenzione le caratteristiche fisiche del suo paziente.
O’ Hagan intuì che il chirurgo non fosse affatto interessato allo stato della sua ferita, ormai aveva già deciso che avrebbe tagliato e ricucito quella gamba…o almeno sperava che si trattasse solo della gamba.
West si allontanò con aria soddisfatta, continuando a confabulare con il suo assistente.
Billy non aveva compreso cosa fosse accaduto esattamente, ma avvertì un terribile presentimento.
Faccia-bruciata provò compassione per lui.
«Credo proprio che tu sarai il prossimo!»
 
 
Billy sentì l’impellente desiderio di alzarsi dal letto, era certo che se fosse rimasto sdraiato lì sarebbe impazzito. Incurante del dolore si rialzò fino a sedersi, poi stringendo i denti si aggrappò al bordo del letto e scivolò giù.
«Che diamine hai intenzione di fare?» domandò Buco-in-testa.
«Ho voglia di fare una passeggiata» replicò O’ Hagan con tono sarcastico.
Faccia-bruciata rise, il suo volto deforme divenne ancora più inquietante.
«Ti farai solo male così» l’avvertì il caporale.
Billy non gli diede ascolto. Reggendosi alla stampella mosse i primi passi incerti, trascinandosi l’arto ferito. Arrancando non riuscì ad andare molto lontano. Ben presto esaurì le energie e la gamba sana cedette. O’ Hagan cadde a terra con un tonfo.
Questa volta fu Buco-in-testa a ridere.
«Te l’avevo detto»
 
 
Nella notte portarono via uno dei soldati, Billy non aveva idea di chi fosse, l’aveva sentito parlare solo una volta, aveva l’accento di New York.
Il suo letto rimase vuoto.
«Non tornerà più» sentenziò Faccia-bruciata.
«Come puoi esserne certo?» domandò O’ Hagan.
«Questa mattina ho visto il Macellaio, sorrideva…questa notte ha operato»
Billy si voltò verso il caporale, nella speranza che smentisse, ma Buco-in-testa rimase in silenzio.
 
 
Ormai era certo che stesse accadendo qualcosa di terribile in quell’ospedale. Forse il dottor West non era come Jack Lo Squartatore, ma sicuramente non era fedele al suo giuramento.
Disteso sul suo letto, Billy meditava. Pur di non essere operato da quel folle sarebbe fuggito di corsa, anche a costo di saltellare su una gamba sola.
A distrarlo dalle sue riflessioni fu il rumore degli autocarri, c’era del movimento nel cortile.
«Che succede?» domandò all’infermiera che stava medicando Bocca-cucita.
«Nulla di cui deve preoccuparsi, stanno solo trasferendo alcuni feriti. Gli ospedali sono pieni, è difficile trovare posto per tutti»
Billy non riuscì ad ottenere altre informazioni, difficilmente avrebbe potuto scoprire secondo quale criterio venivano selezionati i pazienti. Escludendo i casi più gravi, la decisione era puramente casuale.
O’ Hagan riteneva di essere già stato abbastanza fortunato in guerra, quella volta non poteva contare solo sulla sua buona stella per uscire dai guai.
Solitamente non avrebbe esitato a trovare il modo per assicurarsi un posto su quelle ambulanze, ma in quel momento era troppo stanco e debole per escogitare qualcosa, doveva essere colpa dei farmaci. All’improvviso la testa cominciò a girare vorticosamente. Il dolore alla gamba era insopportabile. Provò a muoversi, ma il suo corpo non rispondeva più ai comandi. La febbre alta gli giocava brutti scherzi.
Poi fu tutto buio.
 
 
Rinvenne in un lungo corridoio. Era disteso su un lettino, al suo fianco trovò l’assistente del dottor West, sempre intento a scrivere i suoi appunti.
Con orrore, O’ Hagan scoprì di avere i polsi legati. 
«Dove sono? Dove mi state portando?»
«La sala di medicazione è quasi pronta»
Billy scosse la testa: «no! Non potete operarmi, la mia gamba non è rotta, io sto bene!»
L’assistente si sistemò gli occhiali sul naso: «il dottor West è molto interessato al suo caso. Ha intenzione di operarla il prima possibile»
Dopo aver detto ciò egli si allontanò, lasciandolo solo con gli altri malati, indifferenti al suo destino.
O’ Hagan era nel panico, iniziò a gridare, dimenandosi come un pazzo nel tentativo di liberarsi.
Cercò di attirare l’attenzione dei barellieri che trasportavano fuori i feriti, ma ai loro occhi era soltanto l’ennesimo soldato che aveva perso il senno.
Finalmente qualcuno si avvicinò al suo lettino, era il dottor West in compagnia di due infermieri. Il suo camice era macchiato di sangue.
«Non è possibile lavorare in queste condizioni! Avevo chiesto di preparare il paziente, avanti, sedatelo!»
Billy continuò a protestare: «no! Voi siete tutti pazzi! Non potete farmi questo!»
La sua resistenza fu inutile, la vista iniziò ad annebbiarsi appena riconobbe l’odore del cloroformio.
Prima di perdere nuovamente i sensi, gli parve di riconoscere una sagoma sfocata sul fondo del corridoio.
 
***

Quando Billy riaprì gli occhi davanti a lui comparve la sottile figura di Evelyn che con apprensione vegliava su di lui.
Inizialmente credette di essere morto e che quella fosse una visione celestiale, ma subito realizzò che in quel caso difficilmente la sua anima avrebbe trovato posto in Paradiso.
«Billy! Oh, finalmente ti sei svegliato. Temevo che fosse troppo tardi…»
O’ Hagan scoprì di trovarsi a bordo di un’ambulanza, come era finito lì? Quanto tempo era trascorso? Il dottor West aveva portato a termine l’operazione?
Sconvolto, rivolse alla giovane infermiera uno sguardo terrorizzato.
«Non ho il coraggio di guardare…ti prego, dimmi che sono ancora tutto intero!»
Lei lo rassicurò: «tranquillo, non sei mai entrato in quella sala operatoria. Non avrei mai potuto permetterlo»
Billy era confuso: «sei stata tu a portarmi via da lì?»
Ella annuì.
«Quando ti ho visto su quella barella sono dovuta intervenire. Non so se le storie sul dottor West siano vere, ma quell’uomo è davvero inquietante, oltre ad essere un pessimo medico. Così ho chiesto un favore per aggiungere il tuo nome all’elenco dei pazienti da trasferire con urgenza»
O’ Hagan ritrasse un quadro meno edulcorato della vicenda.
«Hai corrotto un furiere e falsificato dei documenti per farmi evadere da quell’inferno?»
Lei non riuscì a nascondere una certa soddisfazione.
«È stato più semplice del previsto»
Billy fu sorpreso: «credevo che volessi vivere seguendo le regole»
Evelyn distolse lo sguardo.
«Suppongo che questa sia stata un’eccezione»
«Sono felice che tu abbia voluto fare questa eccezione…per me»
La ragazza passò delicatamente un panno umido sulla sua fronte, ancora calda per la febbre.
Billy socchiuse gli occhi, abbandonandosi a quelle delicate carezze. Ebbe la sensazione che solo il suo tocco potesse alleviare ogni male.
«E tu che cosa hai combinato per ridurti in questo stato?»  
O’ Hagan rispose con un mezzo sorriso.
«Te l’avevo detto che avrei corso il rischio per rivederti»
 
 


 
[*] Il personaggio del dottor West è un riferimento al racconto di H.P. Lovecraft “Herbert West, rianimatore”, dove il protagonista è un medico di guerra.

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Capitolo 17
*** Il milite ferito ***


17. Il milite ferito
 

O’ Hagan non avrebbe potuto sperare in nulla di meglio, probabilmente avrebbe trascorso gli ultimi mesi di guerra in ospedale. Un vero ospedale, non la gabbia di matti del dottor West.
I soldati venivano trattati con estrema premura, nelle retrovie tutti avevano gran rispetto per chi rischiava la vita al fronte. E Billy, in un modo o nell’altro, era stato esposto a tutti i pericoli della prima linea. Riteneva che fosse giunto il suo momento di usufruire del meritato riposo.
Doveva però ammettere che la parte migliore della sua convalescenza era la presenza di Evelyn.
Stava pensando a lei quando il suo vicino di letto lo riportò alla realtà.
«Maledizione! Hai letto il giornale? Le truppe alleate stanno avanzando, abbiamo conquistato terreno sia sulla Somme sia a Cambrai…»
Billy si distese comodamente con la testa sul cuscino.
«Sono buone notizie, significa che la guerra finirà presto»
Il giovane, al quale avevano estratto un proiettile dal polpaccio, parve particolarmente turbato.
«Spero di riuscire a guarire prima che i nostri raggiungano Berlino!»
«Hai davvero così tanta fretta di tornare sul campo di battaglia?»
L’altro annuì: «non voglio perdermi la vittoria, è la parte migliore della guerra!»
O’ Hagan scoppiò a ridere.
«Diamine, tu sì che sei un tipo strano!»
Il ragazzo lo guardò stranito.
«Hai un letto comodo e un pasto caldo. Tutto quel che devi fare è riposare e lasciarti accudire dalle infermiere. Credimi, è questa la parte migliore della guerra!»
Il suo interlocutore non era della stessa idea.
«Per me tutto questo è una tortura. Non ne posso più di restare qui immobile, costretto a guardare il fronte da lontano mentre i miei compagni stanno combattendo in prima linea»
«Loro penseranno solo che tu sei stato fortunato. Sei vivo e lontano dal pericolo, goditi questa tregua, chissà quanto durerà…»
Il soldato svelò la ragione del suo turbamento: «mi hanno colpito il primo giorno, non ho mai assistito a una vera battaglia»
«Non ti sei perso molto. Alla fine, l’unica cosa che conta è uscirne vivi»
«Io non ho paura» affermò il giovane con determinazione.
Billy prese in mano le carte ed iniziò a mischiare il mazzo.
«Be’, l’unico rischio che dovrai prendere oggi è al gioco. Allora, qual è la posta?»
Il giovane, sicuro di vincere, estrasse dalla tasca della sua giubba una spilla dorata.
«Che cos’è?» domandò O’ Hagan con curiosità.
«Il mio distintivo, sono un tiratore esperto» dichiarò con orgoglio.
Mentre distribuiva le carte, Billy pensò che il tedesco che aveva sparato al suo compagno non aveva avuto bisogno di un premio appuntato al petto per dimostrare di essere un tiratore migliore.
 
***

Harry Saunders era in cerca della grande svolta, quell’occasione che può capitare solo una volta nella vita. Corrispondente di guerra, era stato tra i primi a far conoscere al mondo l’orrore delle trincee, intervistando e ritraendo soldati mutilati dalle esplosioni, sfigurati dalle schegge e accecati dai gas.
Il suo capo però non era affatto contento del suo lavoro. Il popolo non voleva conoscere la crudeltà della guerra, ma aveva bisogno di speranza e rassicurazione per il futuro.
Saunders, seppur contrariato, non aveva potuto far altro che promettere alla redazione una raffigurazione di propaganda.
Il problema era che non aveva ancora trovato il suo soggetto. Non voleva abbassarsi al livello dei suoi colleghi, i quali falsificavano gli scatti di valorosi soldati al fronte. In realtà avevano solo messo in posa un gruppo di reclute oltre il filo spinato della caserma. Oppure avevano ricreato a tavolino perfette scene di guerra. No, Harry Saunders non avrebbe mai fatto nulla del genere.
Era disposto a cedere a compromessi, ma non a macchiare in modo indelebile la sua carriera.
Così Saunders vagava nel vecchio ospedale, scrutando i feriti con il suo occhio indagatore. Nelle retrovie la situazione era molto diversa rispetto a ciò che aveva visto al fronte.  
Senza l’aspetto più violento del conflitto voleva mostrare il lato umano di quella tragedia.
L’ispirazione giunse all’improvviso, quando nel giardino notò un soldato che conversava amabilmente con una giovane infermiera. 
 
***

Billy mostrò con orgoglio il suo nuovo distintivo appeso al taschino della divisa.
«Hai visto? Sono il miglior tiratore dell’esercito americano, ho vinto senza sparare nemmeno un colpo!»
Evelyn non rise alla sua battuta.
«Dovresti trovarti un passatempo diverso dal derubare gli altri pazienti» lo ammonì con severità.
«Non ho mai derubato nessuno, chi gioca sa di poter perdere» replicò O’ Hagan in sua difesa.
L’infermiera sospirò: «devi sperare di essere completamente guarito quando scopriranno i tuoi imbrogli, se no non potrai scappare molto lontano»
Billy sorrise: «sei gentile a preoccuparti, ma ti assicuro che nessuno ha mai scoperto i miei imbrogli!»
Lei si limitò ad esprimere il suo dissenso con uno sguardo di rimprovero.
O’ Hagan zoppicava ancora con le stampelle, Evelyn l’aiutava a sorreggersi per non perdere l’equilibrio.
«Il dottor Landon dice che ci vorrà un po’ di tempo, ma tornerai a camminare come prima, senza bisogno di alcun sostegno»
Billy fu sollevato dalla notizia: «sono felice di potermi reggere su due gambe. Non ho ancora avuto modo di ringraziarti per avermi salvato dai ferri del dottor West»
Evelyn rispose con umiltà: «ho solo fatto quel che ritenevo giusto. Le cure del dottor Landon stanno funzionando, quindi credo di aver agito bene»
O’ Hagan guardò la giovane negli occhi, quasi si commosse nel riconoscere la sua purezza.
«Dunque hai dato ascolto a quel che ti ho detto»
Lei non poté negare.
«Nessuno mi aveva mai parlato in quel modo prima. Sei stato molto irrispettoso, ma hai detto la verità»
Billy ripensò al loro primo incontro.
«Allora, hai accettato l’invito a cena di quel bel tenente?»
Evelyn scosse la testa: «no, non l’ho fatto»
«Hai perso un’occasione. Un ufficiale è sicuramente benestante e di buona famiglia. E di certo sarebbe stato un gentiluomo. Avresti avuto un appuntamento romantico e conveniente, ma scommetto che lui non sia l’unico tuo pretendente»
«Sono al fronte per compiere il mio dovere, non per cercare marito»
O’ Hagan notò un leggero rossore sulle sue guance.
«Hai ragione, questi non sono affari miei. Cercavo solo di darti qualche consiglio»
La conversazione fu interrotta bruscamente da uno sconosciuto, un uomo in impermeabile attraversò il campo di corsa per raggiungerli. Sembrava aver gran urgenza di parlare con loro.
«Scusate il disturbo, ma…non credo ai miei occhi…voi due insieme siete perfetti!»
Billy, inizialmente sconcertato, suppose di aver frainteso le sue parole.
«Di che sta parlando?»
«Oh, che maleducato, non mi sono nemmeno presentato! Harry Saunders, reporter»
O’ Hagan strinse la sua mano, rimanendo in attesa di ulteriori spiegazioni.
«Non ho potuto fare a meno di notarvi. Mi piacerebbe scattarvi una fotografia, ho già in mente la narrazione dietro al ritratto. Un valoroso soldato reduce di una grande battaglia, nella quale è stato gravemente ferito, e la bella infermiera che si prende cura di lui. Rappresentate tutti gli uomini e le donne che stanno compiendo il loro dovere al fronte, affrontando con coraggio e determinazione le avversità di questa guerra. Sareste un messaggio di speranza e solidarietà, inoltre dimostrereste che non si potrà ottenere la vittoria senza sacrificio»
Mentre ascoltava Billy riuscì a stento a trattenere le risate, era davvero divertito da tutta quella situazione. 
Evelyn invece rimase seria ed estremamente critica nei suoi confronti.
«Lei è bravo a inventare storie, nel suo lavoro però dovrebbe attenersi alla realtà»
«Le storie non devono essere vere, devono essere credibili e abbastanza interessanti per il pubblico»
O’ Hagan non trovò nulla in contrario.
«Mi piace il suo modo di ragionare signor Saunders»
«Oh, chiamatemi Harry. Ovviamente dovremo discutere del compenso…»
Se Billy prima era incuriosito, dopo quella frase fu del tutto interessato all’affare.
«Seguitemi! Ho portato con me l’attrezzatura, non ci vorrà molto!»
 
***

Mentre riaccompagnava Billy nella sua stanza Evelyn commentò ciò che era appena accaduto.
«Non avrei dovuto assecondarti anche questa volta. Non posso credere di aver posato per una stupida rivista di propaganda!»
«In fondo è stato per una buona ragione. Pensaci, potresti aiutare molte persone mostrando l’impegno delle donne in questa guerra»
Lei non era convinta.
«Non hai sentito quello che ha detto? Tu sei il valoroso soldato ed io la bella infermiera»
«Scommetto che tanti valorosi soldati non sarebbero vivi senza il lavoro delle belle infermiere»
Evelyn rifletté su quelle parole, forse era stata troppo intransigente nel giudicare.
«E poi ammettilo, è stato divertente!» continuò Billy.
La ragazza non poté contraddirlo, di certo quella era un’esperienza da ricordare. Restava però dell’idea che quel reporter non fosse una persona onesta, nonostante i presunti buoni intenti.
O’ Hagan si soffermò davanti alla porta, esitò qualche istante prima di esprimere i suoi pensieri.
«Sai, per un momento, quando Saunders ha parlato di noi due…ecco, ho creduto che…»
Evelyn lo guardò con la sua solita aria innocente.
«Che cosa hai creduto?»
Billy sospirò: «niente, era solo una sciocchezza»
 
***

Qualche giorno dopo Harry Saunders tornò a far visita a O’ Hagan per mostrargli il risultato del suo lavoro.
Il reporter esibì la fotografia con estremo orgoglio. Billy faticò a riconoscere se stesso in quello scatto.
Sembrava davvero un soldato esausto dalla guerra, ferito nella carne, ma non nello spirito. Al suo fianco Evelyn lo assisteva con premura e dolcezza, almeno lei rappresentava la realtà.   
«Diamine…allora non mentivi, sei davvero bravo!»
Harry accolse i complimenti senza modestia.  
«Sono sicuro che sarà un successo. Ho anche trovato il titolo: Ritratto del milite ferito»

 

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Capitolo 18
*** Il prigioniero ***


 
18. Il prigioniero
 

La vita al campo non era poi così male. La campagna francese era quasi piacevole ad una certa distanza dalla prima linea.
Dopo aver lasciato l’ospedale, Billy fu destinato a trascorrere un breve periodo di addestramento, al fine di poter essere reintegrato nella sua unità.
O’ Hagan non poté far altro che rassegnarsi alla dura realtà, la sua vacanza nelle retrovie era ormai terminata. La guerra non era ancora finita, un errore di calcolo non previsto.
Aveva guadagnato qualche settimana di tranquillità, ma il suo destino era tornare a combattere.
 
I suoi doveri all’accampamento prevedevano anche un turno di guardia al campo di prigionia.
In realtà non si trattava di un compito particolarmente sgradevole, i tedeschi oltre il filo spinato se ne stavano tranquilli, erano convinti di vincere la guerra, e attendevano pazientemente il giorno in cui i loro compagni sarebbero giunti a liberarli. Non provavano odio per gli americani, ma allo stesso tempo non si sentivano intimoriti da loro. Non avevano paura di guardare le guardie negli occhi, mostrandosi fieri e orgogliosi di aver combattuto per la loro Patria.
O’ Hagan non li capiva, ma dato che nessuno di loro creava problemi, a lui andava bene così.
Per la maggior parte del tempo non si preoccupava di loro, passeggiava annoiato intorno al confine, rimpiangendo i bei giorni trascorsi nelle retrovie.
Spesso pensava ad Evelyn, non aveva avuto modo di salutarla prima della sua partenza, ma una parte di sé riteneva che fosse stato meglio così. Temeva che non sarebbe riuscito a dirle addio senza rovinare il rapporto che si era creato tra loro.
Era immerso in queste riflessioni quando un grido lo riportò alla realtà.
«Billy! Billy O’ Hagan!»
Il giovane sussultò, quella voce gli parve subito familiare. Incredulo si avvicinò al muro di filo spinato.
Un prigioniero tentava di sporgersi il più possibile dalla recinzione, si trattava di un giovane dai capelli biondi e due intensi occhi verdi. Anche in quelle condizioni, stremato e denutrito, manteneva un particolare fascino. L’uniforme grigia era logora e strappata, ma il proprietario riusciva a indossarla ugualmente con eleganza.
«Fritz! Sei davvero tu?»
Il tedesco annuì.
Billy non credette ai suoi occhi.
«Credevo che fossi ancora a New York. Come diamine sei finito qui?»
«Ho risposto alla chiamata. Quando ho saputo della dichiarazione di guerra ho pensato che fosse il momento giusto per tornare in Germania»
O’ Hagan rimase perplesso.
«Ho sempre sostenuto che fossi pazzo. I tuoi piani erano veramente assurdi!»
«Però hanno sempre funzionato» precisò.
«Be’, sembra che questo sia stato il tuo primo fallimento»
Fritz lo guardò con aria di sfida: «la guerra non è ancora finita»
O’ Hagan non diede troppa importanza a quelle parole. Per quel che lo riguardava, avrebbe firmato egli stesso la resa pur di tornarsene sano e salvo sul primo transatlantico.
«E tu? Come mai ti sei arruolato? Da quel che ricordo non sei mai stato un fervente patriota» continuò Fritz.
Billy scosse le spalle.
«È una lunga storia…non so ancora se sia stata una grande occasione o la peggior decisione della mia vita»
Fritz mostrò un mesto sorriso.
«È questo il tuo problema Billy, tu non pensi mai alle conseguenze»
Egli sbuffò, di certo il tedesco non era nella posizione di poterlo giudicare.
I due restarono qualche istante in silenzio, scambiandosi solo qualche occhiata furtiva attraverso la rete metallica.
Alla fine Billy cedette.
«Al diavolo! Non ho nulla contro di te, certo, se non indossassi quella divisa mi saresti più simpatico, ma…non mi importa. Sei stato il mio miglior alleato, non siamo mai stati amici, però lavoravamo bene insieme!»
Il prigioniero concordò con lui.
«Già, ricordi l’affare della Fifth Avenue? Li abbiamo fregati tutti! Con il mio talento e la tua faccia tosta eravamo infallibili!»
Billy rievocò con una certa malinconia quel periodo, di sicuro era stato uno dei più prolifici come truffatore. Non aveva mai più trovato un complice efficiente come il falsario tedesco.
«Sai, Billy…sono felice di trovare un volto conosciuto. Questi mesi sono stati davvero terribili, immagino che tu sappia come è la vita al fronte»
O’ Hagan non aveva vissuto sulla sua pelle il lato più crudele della guerra, ma quel che aveva visto era stato sufficiente.
«Mi dispiace, davvero» disse con sincerità.
Il tedesco apprezzò il suo tentativo di comprensione.  
«Posso chiederti un favore? In onore dei vecchi tempi?»
Billy esitò: «di che si tratta?»
«Vorrei solo un paio di sigarette, fumare mi aiuterebbe a rilassare un po’ i nervi. Ne avrei davvero bisogno»
Il giovane pensò che non ci fosse nulla di male, così infilò una mano in tasca e consegnò quel che restava della sua scorta al prigioniero.
«Grazie, sapevo di poter contare su di te. Le conserverò con cura, non voglio sprecarle adesso»
Il tedesco nascose immediatamente il suo prezioso bottino. Stava per allontanarsi, ma O’ Hagan lo richiamò.
«Aspetta!»
Fritz si bloccò, il suo corpo si tese come una corda di violino.
«Non potrai accenderle senza i fiammiferi!»
Lo sguardo del prigioniero si illuminò.
«Certo, che stupido…non ci avevo pensato»
Billy si affrettò a rimediare alla sua dimenticanza.
Fritz lo ringraziò nuovamente.
«Buona fortuna O’ Hagan, spero di rivederti vivo alla fine della guerra»
Billy tornò sui suoi passi, nella sua mente continuò a pensare a quelle parole.
Quello strano incontro l’aveva particolarmente turbato. Non si era mai interessato a Fritz, nemmeno quando erano soci. Eppure in quel momento provò sincera compassione per lui.
In ogni caso riteneva di essersi comportato dignitosamente nei suoi confronti.
I suoi connazionali erano stati buoni con lui durante la sua breve prigionia, sentiva di dover ricambiare il favore.
 
O’ Hagan rientrò dal turno di guardia in tempo per scroccare un sorso di brandy dai suoi compagni di stanza.
«Come stanno i crucchi? Sono ancora illusi di poter vincere la guerra?» domandò uno dei soldati.
Billy confermò.
«Hanno causato loro tutto questo! Dannazione, se i tedeschi non avessero deciso di iniziare una guerra nessuno di noi sarebbe qui!» esclamò qualcun altro.
«Già, è tutta colpa di quei bastardi!»
O’ Hagan pensò al suo vecchio complice, il quale aveva deciso di abbandonare l’America per servire la madrepatria. Per quanto non condividesse alcun ideale nazionalista, doveva ammettere che il suo fosse stato un atto di coraggio.
I suoi commilitoni continuarono a discutere.
«Non capisco perché ci occupiamo ancora di quei prigionieri, dovremmo giustiziarli tutti!»
Billy, estraneo alla guerra, era indifferente anche all’odio.
«Quei prigionieri sono soldati come noi»
«Stai difendendo i crucchi?»
«No, affatto. Sto solo dicendo che quei tedeschi non sono dei mostri»
Il suo compagno scosse il capo: «hai trascorso troppo tempo con loro, non dovresti fraternizzare con il nemico»
O’ Hagan non replicò, ma l’altro insistette con un ultimo avvertimento.  
«Non dovresti fidarti dei crucchi, è pericoloso»
Billy si rassegnò, forse i suoi compagni avevano ragione. Se doveva tornare a combattere non poteva permettersi tanta compassione. Nonostante ciò, non si pentì per aver dato confidenza a Fritz, in fondo lui non era un tedesco qualsiasi.   
 
 
Quella notte Billy fu risvegliato da concitate grida d’allarme.
Prontamente si alzò dal suo giaciglio, infilando giacca e stivali. Pensò a un bombardamento, poiché intravide il bagliore rossastro in lontananza, ma ripensandoci, non c’era stata alcuna esplosione.
Ancora mezzo intontito dal sonno, il giovane seguì gli altri soldati fuori dalla caserma. 
Una nube di fumo si innalzava oltre il campo di prigionia, dove l’incendio stava divampando nella notte.
Billy corse davanti alle recinzioni per interrogare i suoi compagni.
«Che cosa è successo?»
«Sembra che uno dei prigionieri abbia innescato un incendio nelle baracche e ne abbia approfittato per fuggire…non è assurdo? Come può essere accaduto?»
Billy fu grato all’oscurità che non permise al suo commilitone di notare il pallore sul suo viso.
Deglutì a vuoto, per poi rispondere con finta aria inconsapevole.
«Non ne ho proprio idea!»

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Capitolo 19
*** Il Barone Rosso ***


Carissimi ^^
Approfitto della pubblicazione di questo capitolo per augurarvi Buone Feste!
Come sempre ringrazio gli affezionati lettori e i gentilissimi recensori.


 

19. Il Barone Rosso

 

Quando Billy si riunì al suo vecchio plotone trovò alcuni cambiamenti. Il sergente Miller era stato promosso a tenente, Dunkel era in licenza in Inghilterra, mentre il soldato Evans era tornato più in forma di prima. C’erano anche volti nuovi, reclute appena giunte al fronte.
La sera del suo arrivo, i suoi compagni decisero di festeggiare ricorrendo alla preziosa scorta di birra.
«Bentornato Billy, iniziavamo a temere che ti perdessi la fine della guerra!» esclamò Jenkins.
O’ Hagan sospirò con rassegnazione, il piano doveva essere proprio quello.  Non potendo più evitare il proprio destino, pensò a valutare i rischi.
«Come stanno andando le cose da queste parti?»
Il suo compagno bevve un lungo sorso.
«Miller è un buon ufficiale, anche se è un po’ fuori di testa»
«Non ditemi che è tornato Tommy Gun…» si preoccupò Billy.
«No, ma è meglio non ricordare certi eventi al tenente, potrebbe essere rischioso»
O’ Hagan si limitò ad annuire, non aveva alcuna intenzione di avere a che fare nuovamente con l’alter ego pazzo di Miller.
«Almeno tu ti sei goduto la permanenza in ospedale» intervenne Bailey con tono allusivo.
Billy si mostrò offeso: «ho rischiato di perdere una gamba, non è stato affatto divertente!»
«Be’, qui la posta arriva ancora. Abbiamo visto tutti la tua fotografia su quella rivista di propaganda»
«Già, la descrizione diceva qualcosa del tipo: un uomo ferito nel fisico, ma non nello spirito» ricordò Jenkins ridacchiando.
«Mentre noi eravamo qui a prenderci le pallottole tedesche, tu te ne stavi tra le braccia di quella bella infermiera»
O’ Hagan si rattristò al pensiero di Evelyn, ogni volta che era tentato di scriverle, qualcosa dentro di lui gli diceva che avrebbe fatto meglio a dimenticarla.
«Era solo una stupida fotografia»
Bailey non era convinto: «dici davvero? Dai vostri sguardi sembrava davvero che ci fosse qualcosa tra voi»
O’ Hagan scosse la testa: «mi spiace deludervi, ma la propaganda è solo una grande menzogna»
 
 
Billy stava vagando per l’accampamento, nella speranza di smaltire la sbornia prima che qualche sottufficiale si accorgesse del suo stato. All’improvviso qualcuno l’afferrò per un braccio, trascinandolo in disparte.
O’ Hagan era già pronto a inventare una delle sue scuse, ma con sollievo si accorse di non trovarsi davanti a un suo superiore.
«Danny! Maledizione, ti sembra il modo di presentarti? Mi hai spaventato!»
Il piccolo Jackson, che durante quel periodo in trincea aveva perso i suoi tratti più infantili, aveva un’espressione seria sul viso. Prima di iniziare a parlare si guardò intorno con circospezione, per essere sicuro che nessun altro lo stesse ascoltando.
«La polizia militare mi ha interrogato tre volte, per colpa tua ho rischiato di finire davanti alla corte marziale!»
«Calmati ragazzo. Sei stato tu a spararmi a una gamba!»
«Ho sparato solo perché tu mi hai detto di farlo»
«Certo, e hai svolto un ottimo lavoro. Però…se avessi colpito appena più in basso avrebbero dovuto operarmi al ginocchio e allora avrei potuto rimanere in ospedale per tutto il tempo della riabilitazione. Anche se…ripensandoci, ho avuto delle brutte esperienze con le sale operatorie...»
Jackson cominciò a spazientirsi.
«Oh, davvero non ti rendi conto del rischio che ho corso? Avrebbero potuto condannarmi e giustiziarmi!»
«Ei! Tra noi due sono io quello che si è beccato una pallottola, dato che non ti è accaduto nulla di male, non hai il diritto di lamentarti!»
Danny sbuffò: «ho rispettato gli accordi»
Billy sorrise: «anche io, mentre ero in convalescenza ho scritto al capitano Farley, lui è un ufficiale davvero influente. Non siamo in ottimi rapporti, ma sono piuttosto bravo a convincere le persone. Dovresti saperlo bene»
«Allora?»
«Ho avuto la conferma che il tuo trasferimento al campo di addestramento di Issoudun avverrà entro la fine del mese»
Gli occhi di Danny brillarono di felicità.
O’ Hagan non capiva il suo entusiasmo, non poteva credere che quel ragazzino avesse accettato di sparargli alla gamba in cambio di una raccomandazione del genere.
«Saresti stato disposto a tutto per essere ammesso a quella scuola di volo, vero?»
Danny confermò: «ho addirittura deciso di fidarmi di te…»
«Tutto è andato liscio come ti avevo promesso, hai preso la giusta decisione»
Jackson poté considerarsi soddisfatto per aver ottenuto ciò che desiderava da quell’accordo.
Billy provò un po’ di tristezza, nonostante tutto si era affezionato a quel ragazzo, probabilmente avrebbe sentito la sua mancanza.
 

***


Dopo la partenza del piccolo Jackson per il campo di aviazione, gli aerei divennero un argomento di particolare interesse in prima linea.
Sempre più spesso stormi di Albatros tedeschi o Brisfit britannici sorvolavano le trincee.
Una volta Billy assistette ad un emozionante scontro aereo, dopo varie acrobazie, fu il pilota tedesco ad abbattere l’avversario inglese, fortunatamente senza gravi conseguenze.
O’ Hagan e i suoi compagni furono tra i primi a soccorrere l’aviatore sconfitto.
«Sei stato fortunato, con il Barone Rosso non avresti avuto alcuna speranza!» commentò Jenkins giudicando lo stato dell’inglese, che tutto sommato poteva ancora reggersi in piedi.
Il pilota britannico trasalì nel sentire quel nome.
«Prima o poi riusciremo ad abbatterlo! La mia squadriglia gli sta dando la caccia da settimane!»
«Ho saputo che c’è una bella ricompensa per chi riuscirà a catturarlo, vivo o morto»
Fu a quel punto che Billy si interessò alla questione.
«Che storia è questa? Chi diamine è il Barone Rosso?»
L’inglese lo guardò incredulo, inizialmente pensò a uno scherzo. 
«Il mio compagno è stato lontano dal fronte per un po’» lo giustificò Jenkins.
L’ufficiale britannico si sentì in dovere di informare l’ignaro fante di quanto fosse pericolosa la guerra nel cielo.
«Si tratta di un aviatore della Luftstreitkräfte che vola sempre con un velivolo rosso fuoco, i francesi lo chiamano il Diavolo Rosso. È l’incubo dei piloti alleati che sorvolano la Somme, il numero delle sue vittime aumenta sempre di più. Ma in tutta onestà, devo ammettere che quel tedesco è il miglior pilota che abbia mai visto in azione! Possiamo affermare di avere un degno avversario»
Billy ascoltò il resoconto delle grandi imprese del Barone Rosso, domandandosi se tutte quelle dicerie fossero fondate, sembrava impossibile che un solo uomo potesse causare tanto panico tra le fila di un intero esercito.  
 

***


Billy trascorreva interi pomeriggi al confine con il settore canadese nel suo ruolo di sentinella. Come al solito, il suo principale interesse non era svolgere il proprio dovere. Spesso si intratteneva in svariate conversazioni con i soldati appostati alle mitragliatrici. La noia era insopportabile anche per loro.
Conobbe così Harvey Blake, un giovanotto dell’Ontario affabile e loquace.
Anche Blake si era appassionato alla vicenda del Barone Rosso, conservava ogni articolo di giornale che riguardasse il famoso pilota. La sua pareva una questione personale, una vera e propria ossessione.
«Sembra che al fronte tutti siano impazziti a causa del Barone Rosso…» commentò Billy.
«I nostri piloti hanno le loro ragioni per voler sconfiggere un nemico così pericoloso. Ovviamente si tratta di un asso dall’aviazione, però…io penso che gli alleati vogliano distruggere il suo simbolo, e non la sua persona. Capisci? La caduta di un mito tedesco sarebbe una grave disfatta per il nemico, crollerebbero anche molte certezze, chi si sentirebbe al sicuro quando anche il più valoroso degli eroi è stato sconfitto?»
O’ Hagan riteneva che tutta quella storia fosse soltanto un’enorme esagerazione, sia per quel che riguardava la leggenda del Barone Rosso, sia per la folle caccia all’uomo messa in atto dagli alleati.
In ogni caso, la questione continuava ad attirare il suo interesse.
«Davvero esiste un premio per la sua cattura?»
Blake annuì: «una bella somma per la verità, e ovviamente la Victoria Cross»
O’ Hagan si domandò chi sarebbe riuscito ad ottenere il ricco premio, di certo era una ghiotta occasione per un ambizioso pilota.
 

***


Mancava ormai poco al cambio del turno. Era stata una giornata tranquilla, al fronte si viveva una situazione di stallo ormai da diverso tempo.
Billy attendeva con ansia lo scadere del tempo al tramonto. Stava già per abbandonare la trincea quando ad un tratto avvertì un inconfondibile ronzio. Istintivamente alzò lo sguardo, in lontananza intravide un velivolo solitario.
Il biplano volava a bassa quota, controluce, si poteva distinguere solo una sagoma. 
O’ Hagan notò che Blake era corso alla sua postazione, tra i suoi connazionali cominciò a diffondersi una certa agitazione.
Incuriosito, Billy raggiunse il compagno canadese.
«Che succede?» domandò rannicchiandosi al suo fianco.
Blake prese il comando dell’arma.
«Non hai visto l’aereo? È il Barone Rosso!»
Il mitragliere iniziò a sparare con la sua Vickers. Billy, preso dall’agitazione del momento e convinto dalla determinazione di Blake, non esitò a prendere posizione ai nastri. Se c’era una minima possibilità di prendersi il merito di quell’impresa senza esporsi al pericolo, non era certo il caso di tirarsi indietro.  
Il canadese indirizzò una tempesta di proiettili contro all’obiettivo volante, incitando anche i suoi compagni.
Quando la mitragliatrice si quietò, O’ Hagan sollevò lo sguardo dalla canna rovente, il biplano era stato colpito. Nel cielo era ben visibile una scia di fumo nero. L’aereo tentò un’ultima manovra, per poi precipitare a tutta velocità, schiantandosi in un campo.
Da quella distanza, Billy non riuscì a identificare con precisione il colore del velivolo. Davvero avevano appena abbattuto il Barone Rosso?
Immediatamente una folla di curiosi si radunò intorno al luogo del disastro.
Billy dovette farsi spazio a spintoni e gomitate per ottenere un posto in prima fila.
Da una nube di fumo si materializzò un aviatore che indossava l’uniforme della Royal Flying Force.
L’uomo era riuscito a saltar fuori dalla carlinga prima che fosse inghiottita dalle fiamme. Mosse i primi passi sulle gambe tremanti, mostrando alla folla di curiosi un’espressione colma di terrore. Probabilmente aveva davvero temuto che quello sarebbe stato il suo ultimo volo.
Superata la paura, fu la rabbia a prendere il sopravvento.
«Dannazione! Siete impazziti?» gridò alle truppe canadesi.
I presenti rimasero in silenzio.
«Chi è l’idiota che ha aperto il fuoco? Non sapete come sono fatti i nostri aerei? Forse le insegne britanniche non erano un indizio sufficiente?» continuò a sbraitare il pilota.
Billy avvertì tutti gli sguardi su di sé, in quanto americano, era stato identificato piuttosto facilmente dai testimoni.
Subito si difese da quelle accuse puntando il dito contro qualcun altro.
«È stato Blake a cominciare a sparare, era convinto di avere sotto tiro il Barone Rosso!»
A sentire quelle parole un soldato scoppiò a ridere.
«Blake non sarebbe in grado di notare la differenza tra uno Jäger e una Giubba Rossa, è daltonico!»
O’ Hagan rimase perplesso.
«Cosa?»
«In pratica non distingue bene i colori, per questo non ha riconosciuto la livrea britannica»
Billy non si sentì responsabile per l’accaduto, ma riconobbe di essersi lasciato coinvolgere fin troppo dall’entusiasmo di Blake.
D’altra parte, i suoi compagni all’ordine di sparare non avevano nemmeno immaginato che il nemico potesse essere in realtà un alleato. Così, come presi da un’allucinazione collettiva, tutti si erano convinti di star davvero sparando al biplano rosso.
L’aviatore britannico gettò un’ultima occhiata malinconica al suo aereo in fiamme, era evidente che stesse reprimendo il rancore che provava verso i responsabili di quel fatidico incidente.
Billy, temendo che l'ufficiale riversasse tutta la sua rabbia su di lui, tentò di risollevargli il morale.
Con la sua solita sfacciataggine invitò l’inglese a guardare la faccenda da una diversa prospettiva.  
«Quando racconterà questa storia, potrà dire di essere stato scambiato per il Barone Rosso. Per l’orgoglio di un pilota è comunque una vittoria!»

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Capitolo 20
*** Fantasmi ***


20. Fantasmi
 

Il convoglio si fermò in un villaggio sperduto nella vasta campagna. Per raggiungere il confine avevano attraversato lande devastate dalla guerra e ormai abbandonate dalla popolazione. Più si avvicinavano al fronte, più si allontanavano dalla civiltà.
Billy e i suoi compagni, come di consueto, trascorsero la serata nell’unica locanda ancora aperta.
Il salone era quasi deserto, gli unici avventori oltre ai nuovi arrivati erano dei soldati francesi, probabilmente originari del luogo.
O’ Hagan aveva appena terminato il secondo boccale quando uno dei francesi si avvicinò al suo tavolo.
«Voi americani siete stanziati nella foresta?» domandò con un inglese stentato e un forte accento.
Billy confermò.
Con un gesto, il francese ordinò un altro giro.
«Questo lo offriamo noi»
O’ Hagan sorrise: «e poi dicono che i francesi non sono ospitali!»
L’uomo mantenne un’espressione severa sul viso.
«Voi non avete idea di quel che dovrete affrontare. Qui siete tutti condannati»
Nel sentire quelle parole, Billy quasi si strozzò con la sua birra.
«Che diamine stai dicendo? I tedeschi hanno abbandonato la foresta da settimane. Questo avamposto è deserto, siamo qui solo per non lasciare l’area incustodita»
Il francese mostrò un ghigno inquietante.
«Oh, su queste colline non sono i tedeschi il pericolo»
Jenkins cominciò a spazientirsi.
«Adesso basta! Non ho intenzione di ascoltare una parola in più da questo squinternato!»
Il soldato rimase serio e impassibile.
«Quello che sto dicendo è la verità. Dovreste ascoltare gli avvertimenti di chi conosce bene queste terre»
Warren si mostrò interessato alla questione. 
«Dunque, per quale motivo dovremmo temere il nostro destino?»
«La foresta è maledetta»
Gli americani non riuscirono a trattenere le risate.  
«D’accordo. Il nostro amico deve essere già piuttosto ubriaco» disse Jenkins con sufficienza.
Billy stava per lasciare il suo posto, ma il francese lo trattenne. Lo afferrò per un braccio e lo costrinse a restare seduto.
O’ Hagan si ritrovò con il suo volto a un palmo dal naso, il suo sguardo non sembrava quello di un ubriaco o di un folle. Egli pareva davvero preoccupato.
«Dovete ascoltarmi! La mia gente ha sempre evitato di addentrarsi nella foresta, soprattutto dopo il tramonto. Antiche leggende narrano di spiriti malvagi che abitano nel bosco e si manifestano agli uomini nell’oscurità. Si parla di demoni, anime perdute e voci dall’oltretomba. Chiunque si è imbattuto in queste creature del buio, ed è sopravvissuto per raccontarlo, ricorda di aver riconosciuto i loro occhi brillare nella notte»
Questa volta gli americani rimasero in silenzio, pur non credendo alle parole di quell’uomo, furono particolarmente turbati dal suo racconto.
«Lungo il confine è bruciato ogni albero, ma questa foresta è rimasta immutata dopo anni di bombardamenti, è sopravvissuta alla guerra perché dentro di sé nasconde orrori ancor più spaventosi!»
A quel punto intervennero i compagni del soldato francese, i quali lo allontanarono, trascinandolo via.
Billy restò ad osservarlo finché non scomparve fuori dal locale.
Jenkins emise un profondo sospiro.
«Dannazione, qui sono tutti matti!»
Warren espresse la sua opinione: «da quel che ho sentito, queste leggende sono piuttosto diffuse nelle campagne francesi»
«Assurdo! Stiamo combattendo una dannata guerra e questi contadini credono ancora ai fantasmi!» ribatté Bailey, che fino a quel momento si era risparmiato ogni commento.
Billy si limitò a buttar giù l’ultimo sorso di birra. Da quando era giunto in Europa aveva assistito a numerose stranezze, ma quell’incontro l’aveva davvero colpito.  
 
***

In trincea Billy non riuscì a smettere di pensare alle parole del soldato francese. Fin dal primo momento aveva avvertito una strana sensazione, quel luogo lo inquietava profondamente.
O’ Hagan non aveva mai creduto a storie e leggende, ma era difficile non lasciar vagare l’immaginazione in quella landa desolata.  
La notte del suo primo turno di guardia era nervoso come non era mai stato in quella guerra.
Mosse i primi passi all’interno della foresta con le gambe molli e il fucile che tremava nelle sue mani. Sempre più spesso si voltava per controllare che non ci fosse nessuno alle sue spalle.
Forse erano le minacciose ombre degli alberi, le forme inquietanti create dai rami scheletrici, oppure i rumori improvvisi degli animali notturni. In ogni caso, Billy sussultava in continuazione, scosso da brividi di terrore.
Al suo fianco Bailey era tranquillo, per lui quella pattuglia era una semplice passeggiata nei boschi.
«Che ti prende O’ Hagan? Non dirmi che hai paura!» disse con tono di scherno.
Billy tentò di fare del suo meglio per mascherare il suo terrore, non voleva dare l’impressione di essere un ragazzino spaventato da racconti di fantasmi.
«No, affatto…io…devo solo essere stanco» mentì. 
Bailey non credette alle sue parole.
«Quelle leggende sono soltanto storielle per bambini. Non esistono mostri o fantasmi. Gli unici che dobbiamo temere sono i tedeschi!»
O’ Hagan era completamente d’accordo. Razionalmente sapeva che non c’era niente di sovrannaturale in quel bosco, eppure una parte di sé si era lasciata suggestionare da quell’ambientazione orrorifica.
Avanzando nel buio, la vegetazione diventava sempre più fitta.
Billy proseguì lentamente, si era alzata la nebbia, ben presto si accorse di aver perso ogni riferimento.
«Bailey! Bailey! Maledizione, dove sei?»
O’ Hagan vagò senza meta, ripercorse più volte lo stesso tratto, girando in tondo e ritrovandosi sempre allo stesso punto.
Iniziò ad avvertire la testa pesante, gli mancava il respiro. Fu in quel momento che udì il rumore di passi. Era convinto che si trattasse di Jack, ma quando intravide l’ombra nella nebbia notò che la figura nella boscaglia non era il suo compagno. Udì il respiro affannoso e poi la sua voce, o meglio i suoi versi cupi e gutturali. Non riuscì a capire se stesse realmente parlando, ma ebbe l’impressione che quei suoni giungessero dalla bocca dell’inferno.
Billy trattenne il respiro, non poteva essere vero, doveva essere solo uno scherzo della sua mente.
Finalmente prese coraggio, afferrò la torcia e la puntò dritta contro quell’essere misterioso.
A stento trattenne un grido di terrore, rimase paralizzato dalla paura, senza avere la forza di muovere un muscolo. Si pentì per non aver creduto al soldato francese, quelle non erano soltanto leggende…
 
Jack ritrovò il suo compagno in uno stato di shock. La nebbia si era diradata e il chiarore della luna illuminava la piccola radura.
«Billy! Che diamine stai facendo ancora qui? Forza, dobbiamo muoverci!»
O’ Hagan si rialzò poggiandosi al tronco di un abete.
«L’hai visto anche tu?» chiese con voce tremante.
Bailey rimase perplesso.
«Che cosa avrei dovuto vedere?»
Billy indicò un punto tra gli alberi.
«Era proprio lì…»
«Non dire sciocchezze! Non c’è nessuno in questa foresta!»
«Giuro che ho visto qualcuno!» insistette O’ Hagan.
«Era un tedesco?»
«No! Cioè…non lo so…non credo»
Jack era sempre più scettico.
«Dunque sostieni di aver visto qualcuno, ma non sei sicuro che fosse un crucco»
Egli annuì.
«Forse era un esploratore nemico, dobbiamo avvertire il tenente Miller»
Billy era ancora titubante.
«È assurdo, ma…»
«Che cosa? Dannazione Billy, parla!»
«Quando ho puntato la luce della torcia ho visto che…ecco...c’erano due occhi che brillavano nell’oscurità»
«Oddio, non dirmi che credi di aver visto una di quelle creature!»
«Be’, a questo punto non so cosa pensare»
«D’accordo. Tu hai bisogno di un po’ di riposo. Sei sicuro di stare bene?»
«Sì, certo. Non mi sono inventato niente!»
«Adesso torniamo al campo, così ti fai una bella dormita. Domani mattina ti sentirai meglio»
 
***

Nei giorni seguenti altri soldati di ritorno dalla pattuglia notturna riportarono di aver notato movimenti nella foresta. Nessuno però parlò di strane creature dagli occhi fiammeggianti.
Billy non ne fece più parola con nessuno, iniziava a temere di star davvero impazzendo. In ospedale il dottor Landon gli aveva parlato dello shock da granata, forse anche lui stava perdendo il senno a causa della guerra.
 
O’ Hagan tentò in ogni modo di evitare i turni di guardia nella foresta, ma il tenente Miller non volle sentire ragioni. Billy fu costretto a obbedire in silenzio, non poteva certo rivelare ai suoi superiori di aver avuto una crisi di nervi, non dopo aver visto come venivano trattati i pazzi al fronte.
Così si rassegnò e tornò al suo dovere.
 
Questa volta il suo compagno era Warren, il quale riteneva ancora la nomea di peggior tiratore della compagnia.
Pete si rivelò particolarmente interessato alla sua testimonianza. 
«Io ti credo. Voglio scoprire che cosa c’è davvero in questa foresta» affermò.
Billy lo rimproverò: «non siamo qui per andare a caccia di fantasmi»
«Perché no?»
«Perché i fantasmi non esistono!» sentenziò, più per autoconvincersi che per altro.
«Allora che cosa hai visto l’altra notte?»
«A questo punto preferirei pensare di essere diventato pazzo» ammise O’ Hagan.
«Non essere stupido! Sai bene che c’è qualcosa là fuori»
Billy deglutì a vuoto.
«Voglio sperare di essermi immaginato tutto»
 
Erano ormai giunti al confine con le trincee britanniche e non era accaduto nulla di sospetto.
Warren fischiettava un irritante motivetto per scacciare la noia, la nottata si era rivelata meno eccitante del previsto.
Billy si rimise il fucile in spalla, lieto di poter intraprendere la strada del ritorno.
I due americani si inoltrarono nuovamente nel labirinto di conifere.
Ostacolato dai rovi, Billy fu costretto a fermarsi a causa di un piede rimasto impigliato.
«Pete! Aspetta!»
Il suo compagno era già sparito.
O’ Hagan imprecò tra i denti, con uno strattone liberò lo scarpone, ma perse l’equilibrio e cadendo a terra rotolò giù da una ripida discesa. Il fucile si impigliò tra gli arbusti, scomparendo nell’oscurità.
Billy si rialzò ritrovandosi immerso in una nube di nebbia. Da dove diamine era spuntata? Fino a poco prima la visuale era chiara e nitida.
Egli non si pose troppe domande, mosse qualche passo zoppicando, per poi bloccarsi all’improvviso.
Riconobbe immediatamente quel suono, era il respiro affannoso che aveva udito l’altra notte.
Quella volta però l’ombra non era sola, i rumori di passi erano ben riconoscibili così come le voci cupe e roche.
Billy non ebbe più dubbi sulle origini infernali di quelle creature, avevano gli occhi rossi e i loro volti deformi gli ricordavano i demoni raffigurati nelle statue gotiche.
Da come si stavano avvicinando, era evidente che si fossero accorti della sua presenza.
Billy indietreggiò, ma le sua schiena batté contro alla parete di terra, era in trappola. Le figure lo circondarono, ovunque vedeva quegli occhi luminescenti.
O’ Hagan tentò di difendersi, ma le creature lo afferrarono bloccandogli le braccia e le gambe.
«No! Lasciatemi andare! Warren! Warren, aiutami!»
Billy gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, poi una grossa mano premette sulla sua bocca per zittirlo.
 
 
Quando Warren scese giù dal pendio la nebbia aveva iniziato a diradarsi. Nella radura trovò cinque soldati in uniforme britannica con il volto coperto dalle maschere anti-gas.
Uno di loro si liberò il viso quando fu certo che il fumo fosse ormai scomparso.
«Questa foresta è infestata dai gas, la vegetazione trattiene il veleno. È pericoloso addentrarsi nella boscaglia senza protezioni!» spiegò all’americano.
Pete parve deluso nel riconoscere soltanto altri esseri umani.
«Dunque eravate voi a vagare nella foresta!»
L’inglese confermò: «la nostra squadra ha il compito di controllare i reticolati»
Billy rinvenne in tempo per comprendere l’assurdo malinteso.
«Avreste potuto avvertirmi al posto che aggredirmi in quel modo!» protestò.
«È quello che abbiamo tentato di fare, ma tu hai iniziato a delirare e abbiamo dovuto pensare a calmarti!»
O’ Hagan era ancora confuso.
«Ma…io ho visto degli occhi brillare nella notte. Ne sono certo!»
L’inglese mostrò da vicino il suo equipaggiamento.
«I vapori dei gas possono indurre allucinazioni, è probabile che tu abbia scambiato il riflesso sul vetro delle nostre maschere per qualcosa di più minaccioso»
 
 
O’ Hagan si accese una sigaretta, ora che il mistero era stato svelato, non aveva più nulla da temere.
«Te l’avevo detto fin dall’inizio: i fantasmi non esistono! Doveva esserci una spiegazione razionale a tutto questo!»
Warren sorrise.
«Non mi sembravi così convinto quando poco fa gridavi di paura»
«Non ero così spaventato!» replicò in sua difesa.
«Oh, sì. Mi hai implorato di correre a salvarti!»
Billy si rassegnò: «d’accordo, per un momento ho davvero creduto che esistessero i fantasmi, ma nessuno deve venire a sapere di questa storia!»
Pete rifletté sulla questione: «be’, al campo nessuno conosce la verità. Sarebbe un peccato rovinare ai nostri compagni una leggenda così affascinante!»
O’ Hagan pensò solo a salvare la sua reputazione.
«Allora non racconteremo questa storia a nessuno. In fondo, il bello dei misteri è non avere risposte!»
Pete fu soddisfatto da quell’accordo.
Billy si voltò un’ultima volta verso la boscaglia.
«In ogni caso, non vedo l’ora di andarmene da questa foresta, che sia o non sia maledetta!»

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Capitolo 21
*** Orizzonti di vanagloria ***


21. Orizzonti di vanagloria
 

Billy era certo che prima o poi sarebbe finito nei guai, solo che non pensava che sarebbe accaduto nel peggiore dei modi, ovvero davanti a una corte marziale.
Aveva già sfidato la sorte una volta, non poteva sperare di riuscire a cavarsela indenne anche la seconda. Ma in quell’occasione, per quanto potesse sembrare strano, Billy non aveva fatto nulla per sottrarsi al suo dovere.
Era stato un assurdo malinteso, in molti avrebbero potuto testimoniare a suo favore, dal tenente Miller al soldato Bailey…o chiunque altro della sua squadra.
Il problema era che nessuno di loro era lì per dimostrare la sua innocenza. 
Dunque, la questione era la seguente: una squadra di dieci uomini si era avventurata oltre alle linee nemiche e un solo soldato era tornato vivo, del tutto incolume.  
Il fatto era alquanto sospetto, doveva ammetterlo, ma che fosse stato lui l’unico a salvarsi era solo un caso. Sarebbe stato però difficile convincere i suoi superiori che le cose fossero andate in quel modo. Le accuse contro di lui non erano infondate, considerando i ragionevoli dubbi.
Billy camminava avanti e indietro nella sua stanza, che solo per formalità non era stata definita una cella.
Il capitano Dunkel durante la sua visita tentò di rassicurarlo.
«Non preoccuparti, O’ Hagan. Avrai un processo equo, un ufficiale si è anche offerto di difenderti!»
Egli sollevò lo sguardo.
«Davvero? E di chi si tratta?»
«Un avvocato appena arrivato da Londra. Il suo nome è Lawrence Carter»
Lawrence Carter? Il suo Larry Carter?
O’ Hagan ebbe un lieve sussulto, quell’uomo l’aveva salvato già altre volte in passato. Certo, essere accusato di codardia dall’Esercito americano era tutta un’altra faccenda, ma si fidava di Carter. Egli era la sua unica speranza.
 
Larry Carter si presentò da lui quella sera stessa. Il suo fisico alto e slanciato si prestava bene all’uniforme, d’altra parte, egli indossava Kuppenheimer ancor prima di entrare nell’esercito. Il suo viso sbarbato e i capelli biondi pettinati all’indietro lo facevano sembrare ancora un ragazzo del college, anche se per lui i tempi di Harvard erano ormai un vago ricordo.
In quel momento Billy non ebbe tempo per pensare al fatto che Larry continuasse a curare al meglio la propria immagine, aveva ben altro per la testa.
L’avvocato si presentò all’amico con un affabile sorriso e una gioviale stretta di mano.
«Non preoccuparti Billy, ho già avuto modo di esaminare il caso e penso di poterti aiutare senza troppe difficoltà»
«Ne sei davvero sicuro?» chiese O’ Hagan con perplessità.
«Ma sì, certo! Non dirmi che non ti fidi più di me»
«Non si tratta di questo. È che le altre volte nel peggiore dei casi mi sarei fatto qualche anno di galera, mentre adesso…be’, se tu dovessi perdere io finirò davanti a un plotone d’esecuzione!»
«Oh, non dire sciocchezze! Gli inglesi e i francesi fucilano i loro soldati con fin troppa facilità, ma noi non siamo così! L’Esercito americano non giustizierà un innocente, e io dimostrerò che tu sei l’uomo più onesto di questo mondo!»
Billy fu infastidito dall’atteggiamento saccente di Carter.
«È la verità, Larry! Questa volta non ho davvero fatto niente!»
«Oh, coraggio. Io sono il tuo avvocato, devi essere sincero con me. Allora, hai davvero abbandonato i tuoi compagni in pericolo per salvarti la pelle? È qualcosa che uno come te potrebbe fare senza troppi rimpianti, non avrei nulla di cui sorprendermi»
«Te l’ho già detto! Io non sono fuggito come un codardo!»
«D’accordo. Allora dimmi com’è andata veramente»
Billy prese un profondo respiro prima di iniziare il suo racconto.
 

Quella notte il tenente Miller si era addentrato nella foresta con la sua squadra. Billy aveva seguito i suoi compagni, ovviamente il suo unico pensiero era sempre quello di restare vivo, ma in alcun modo si era rifiutato di compiere il suo dovere. Il suo piano per quella pattuglia era restare a fianco del buon soldato Bailey, il quale era il più affidabile tra i suoi commilitoni. 
Quando Miller si era accorto della presenza del nemico aveva ordinato ai suoi uomini di separarsi per preparare un’imboscata. Qualcosa però era andato storto.
Billy aveva avvertito gli spari, si era sporto dal suo riparo, ma Bailey l’aveva trattenuto.
«Resta qui a sorvegliare il sentiero, vado a controllare la situazione! Qualunque cosa accada, non muoverti da qui!»
O’ Hagan aveva obbedito, restando a lungo immobile nella boscaglia.
Aveva deciso di lasciare la sua postazione soltanto quando aveva avuto la certezza che la strada fosse sicura. Aveva vagato nella foresta in cerca dei suoi compagni, ma non aveva trovato più nessuno, né americani né tedeschi.
Aveva continuato la sua ricerca per tutta la notte, perdendosi nel bosco.
Era riuscito a orientarsi soltanto alla luce dell’alba, per puro caso aveva ritrovato il sentiero per tornare all’accampamento.
 

Al termine del racconto Larry rimase in silenzio per qualche istante, osservando Billy con estrema serietà. Poi l’espressione sul suo viso si rilassò ed egli scoppiò in una sonora risata.
«Dannazione! Sei sempre il migliore a inventare storie! Va bene, visto che ti sei impegnato così tanto, sarà questa la versione che esporremo al processo!»
«Oh, maledizione! Come devo dirtelo che questa è la verità?»
«Ottimo, vedo che ricordi i miei consigli. L’importante è essere convinti della propria versione dei fatti, tutto sta nel far credere di star sempre dicendo la verità. Adesso però devo proprio andare, ho bisogno di preparare per bene il mio discorso»
O’ Hagan si rassegnò.
«Dormi tranquillo questa notte, domani sarai un uomo libero!» concluse Larry prima di sparire in fondo al corridoio.
 
***

Billy ripeté il resoconto di quella notte davanti alla corte marziale, avvertendo gli sguardi cupi e severi degli ufficiali su di sé. Nonostante ciò, non esitò a parlare senza mai abbassare gli occhi, come se non avesse nulla da nascondere.
Larry fu soddisfatto dalla performance del suo assistito, tanto che iniziò a insospettirsi. Conosceva Billy da molto tempo e sapeva che le sue abilità come truffatore e imbroglione erano sopraffine, ma lui era sempre stato in grado di distinguere le sue menzogne, per quanto ben camuffate.
Quella volta non avrebbe potuto affermare con certezza che O’ Hagan stesse fingendo.
Carter attese pazientemente il suo turno, assistendo con aria annoiata al subdolo interrogatorio dell’accusa.
«Per quale motivo non è rimasto con i suoi compagni?»
«Perché il tenente Miller mi aveva ordinato di appostarmi sul sentiero per segnalare la presenza del nemico»
«E quando si è accorto degli spari, perché non è intervenuto immediatamente?»
«Perché il mio dovere era restare nella retroguardia»
Billy rispondeva come un soldato, breve e coinciso. Le domande a lui rivolte si rivelarono alquanto superflue.
Quando giunse il suo momento, Larry si rialzò in piedi e lentamente raggiunse il centro della stanza.
«Per prima cosa, ritengo di dover chiedere scusa a tutti voi, perché è ovvio che questo processo sia soltanto un’inutile perdita di tempo. L’imputato, ovvero William O’ Hagan, è un uomo onesto e leale, nonché un valoroso soldato. In questa guerra si è distinto più volte per i suoi atti di eroismo, ciò dimostra che quest’uomo non è mai stato un codardo. Già il fatto che si sia arruolato come volontario pochi giorni dopo la dichiarazione del presidente Wilson è un’evidente prova del patriottismo e della devozione alla Patria di questo giovane americano. Se ciò non bastasse, ho altri eventi degni di nota da rammentare alla corte. Il soldato O’ Hagan ha salvato la vita di un suo commilitone, il soldato George Evans, rimasto ferito in un terribile incidente. Quella notte O’ Hagan uscì allo scoperto, incurante delle pallottole nemiche, per prestare soccorso al suo compagno. Ma questa non è l’unica occasione in cui l’imputato ha dato prova del suo valore. Durante l’attacco a Cambrai, quando le truppe americane erano rimaste isolate, O’ Hagan si è avventurato solo nella foresta occupata dai tedeschi per raggiungere le linee britanniche. Il suo intervento fu fondamentale per il successo dell’operazione. Il capitano Dunkel ha riportato tutto questo nei suoi rapporti. Inoltre, O’ Hagan ha dovuto affrontare una lunga agonia durante la sua prigionia. Ma egli non ha mai perso la speranza. La sua determinazione lo ha spronato a fuggire dal nemico per tornare a combattere. O’ Hagan ha anche partecipato a una pericolosa missione di salvataggio, per riportare il tenente Miller, disperso a Quota 113, al sicuro dietro alle linee alleate. È stato ferito gravemente durante una pericolosa azione in territorio nemico, è stato colpito alla gamba destra e ancora porta i segni di quell’orribile esperienza. Ha sofferto per mesi in ospedale, ma anche nelle retrovie, il suo coraggio è stato riconosciuto, poiché un noto fotografo ha voluto immortalare il suo spirito combattivo come simbolo di tutti i nostri soldati impegnati al fronte. Ed ora, volete davvero credere che un uomo che l’intera America considera come un eroe, sia in realtà un codardo? Guardate, non riconoscete questo distintivo? O’ Hagan è un tiratore scelto! Di certo un combattente con le sue abilità e la sua esperienza non ha paura di affrontare il nemico. Le accuse a lui rivolte sono vergognose! È un crimine il fatto che il soldato William O’ Hagan non abbia ancora una medaglia al valore appuntata al petto!»
L’intera sala mantenne un rispettoso silenzio.
Billy rimase impressionato dal discorso di Carter. Tutto ciò che aveva citato era accaduto veramente, anche se in modo ben differente da come era stato narrato.
In quel momento si ricordò perché Larry Carter fosse il miglior avvocato in circolazione, era dannatamente bravo nel suo mestiere.
Restava però da verificare se le sue doti oratorie potessero avere lo stesso effetto anche in un tribunale militare. 
Al termine dell’udienza, Larry si avvicinò con discrezione al suo assistito.
«È la prima volta che difendo un uomo davvero innocente. In fondo, devo dire che è una bella sensazione»
Billy guardò l’amico negli occhi.
«Come sai che non sono colpevole?»
«Sei diverso da come ricordavo. Non credevo che fosse possibile, ma questa guerra ti ha davvero cambiato»
O’ Hagan rifletté su quelle parole, chiedendosi se ciò fosse un segnale positivo o negativo.
 
***

Il mattino seguente il capitano Dunkel liberò Billy dal suo isolamento.
O’ Hagan, in preda all’agitazione, volle subito chiedere spiegazioni.
«Che succede? La corte ha ascoltato il discorso di Carter? Sono stato dichiarato innocente?»
L’ufficiale sembrò a disagio nel rispondere.
«A dire il vero, non sei più sotto processo»
Billy sgranò gli occhi: «che cosa?»
«Il tenente Miller è tornato all’accampamento questa notte. A quanto pare, la sua squadra era smarrita sulla collina per tutto questo tempo, credevano che tu fossi morto. In ogni caso, l’equivoco è stato chiarito. Il tenente Miller e il soldato Bailey hanno testimoniato a tuo favore, non sei più accusato di codardia»
Billy era ancora frastornato da tutte quelle notizie. Non poteva credere che quell’incubo fosse finalmente giunto al termine. I suoi compagni non erano morti e lui non sarebbe stato giustiziato.
Dunkel però aveva dell’altro da aggiungere.
«Quell’avvocato sa fare bene il suo lavoro, la sua arringa ha convinto il colonnello Peterson a nominarti per una promozione»
«Una promozione? Sta dicendo sul serio?»
Il capitano era rimasto sorpreso quanto lui, ma la situazione era vantaggiosa per tutti, dunque non aveva trovato nulla da ribattere.
«Bentornato tra noi, sergente O’ Hagan!»

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Capitolo 22
*** Sturmtruppen ***


 
22. Sturmtruppen
 

Sergente William O’ Hagan.
Ancora faticava a crederci, eppure era tutto vero. Quella promozione era giunta in un momento inaspettato, ma era sembrata la soluzione migliore. Oltre a Billy e Larry, anche il capitano Dunkel aveva ottenuto la sua vittoria. Quella faccenda aveva messo in buona luce l’intero plotone.
Gli unici a non aver gradito l’avanzamento di carriera di O’ Hagan erano lo scorbutico Miller e la bella Rose.
Il tenente riteneva di essere già circondato da un esuberante numero di incapaci, mentre la ricca ereditiera era delusa dal fatto che il suo fidanzato non fosse nemmeno un ufficiale.  
Billy non aveva dato troppa importanza alle preoccupazioni di Rose, il suo unico scopo era restare vivo, a tutto il resto avrebbe pensato alla fine della guerra.
Ovviamente aveva rassicurato la sua promessa sposa, seppur infastidito dal suo comportamento. Avrebbe gradito un minimo di comprensione da parte sua, da quando era partito per il fronte, lei non aveva mai dimostrato sincera apprensione per la sua sorte. Tutto ciò che importava per una ragazza ricca e viziata erano i gradi e le medaglie.
O’ Hagan stava rimuginando sul suo possibile futuro quando il soldato Evans irruppe nel rifugio.
«Il tenente Miller vuole vederti! Ha detto che è urgente»
Billy ripose la lettera e prontamente si sistemò per rendersi presentabile al suo comandante.
«Ti ricordo che adesso io sono un tuo superiore!» precisò fermandosi davanti al suo compagno.
George sospirò: «ad essere sincero, devo ancora abituarmi agli ultimi cambiamenti. Dunque adesso devo sempre darle del lei, sergente?»
O’ Hagan non poté negare il suo compiacimento, ma la situazione gli sembrò ugualmente strana.
«Be’, quando siamo soli credo che tu possa trascurare certe formalità, ma ricordati che in trincea sono un tuo superiore!»
Evans si congedò con un plateale saluto militare: «sì, sergente»
Fuori dal rifugio il soldato e il sottufficiale presero direzioni opposte, inoltrandosi nel labirinto delle trincee.
O’ Hagan attraversò i camminamenti poggiandosi alla parete di terra, rannicchiandosi nel fango ogni volta che gli spari si facevano più vicini.
Fortunatamente le raffiche tedesche non erano particolarmente intense.
Billy raggiunse il rifugio del tenente Miller di corsa, ansante e tremante.
L’ufficiale prestò attenzione alla sua presenza soltanto dopo aver terminato di annotare e aggiornare la carta topografica aperta sul suo tavolo.
Miller sollevò lo sguardo, squadrando il nuovo arrivato con severità.
«Sergente, spero che lei sia pronto per la sua prima missione»
Billy annuì, seppur con poca convinzione.
Miller indicò un punto sulla mappa: «questo è il settore sotto il suo controllo. Entro questa sera dovrà occuparsi di rafforzare le difese e organizzare una pattuglia»
O’ Hagan tentò di fare del suo meglio per mascherare il nervosismo.
«Se posso chiedere, per quale motivo dobbiamo preoccuparci con tanta urgenza delle nostre difese?»
«I servizi segreti britannici sono riusciti a decifrare alcuni messaggi, hanno ragione di credere che i tedeschi attaccheranno le nostre linee questa notte»
«Signore, tutto questo è assurdo»
Miller guardò il sottoposto con i suoi occhi di ghiaccio.
«Ha mai sentito parlare delle truppe d’assalto tedesche?»
Billy rimase in silenzio, ovviamente conosceva la fama delle micidiali squadre nemiche, ma non sapeva esattamente quanta verità ci fosse nelle storie narrate dai soldati ricoverati nelle retrovie.
«Si tratta di truppe formate da soldati ben addestrati e specializzati, solitamente sono utilizzate dal nemico durante incursioni notturne e ricognizioni oltre le nostre linee» spiegò il tenente.
O’ Hagan avvertì un brivido lungo la schiena.
«Dunque, è possibile che questa notte i tedeschi cerchino di superare i reticolati per introdursi nelle nostre trincee?»
«Probabilmente sono in cerca di prigionieri da interrogare» specificò Miller. 
Billy iniziò a sudare freddo.
Il tenente lo congedò con sufficienza, lasciandolo solo ad occuparsi di quella pericolosa faccenda.
 

O’ Hagan non aveva certamente le competenze per progettare un piano di difesa efficace in così poco tempo. Nonostante ciò, aveva abbastanza esperienza nell’improvvisare, trovando soluzioni improbabili per problemi complessi. Così anche quella volta Billy dovette fare affidamento sul suo innato senso di sopravvivenza. Pur non essendo all’altezza dei genieri britannici, le sue conoscenze tecniche, anche involontariamente, si erano affinate in quei lunghi mesi di guerra.
I suoi commilitoni si rivelarono molto collaborativi, d’altra parte, c’erano in gioco le loro vite.
L’intera squadra trascorse la giornata a scavare nel fango, stendere filo spinato e recuperare armi e munizioni.
Per valutare la posizione delle mitragliatrici, Billy raggiunse una postazione d’osservazione sopraelevata. Dall’alto O’ Hagan poté avere una visuale completa delle trincee e dei reticolati, improvvisamente tutto gli fu chiaro.
«Bailey! Dobbiamo spostare quelle mitragliatrici, sono troppo vicine»
Il compagno non capì.
«Non possiamo muoverle da qui. A distanza maggiore non riusciremmo a puntare il nemico ai reticolati!»
O’ Hagan confermò la sua decisione.
«È proprio questo il punto, non dobbiamo colpire il nemico prima che raggiunga la prima trincea!»
Jack rimase perplesso.
«Sergente, senza le mitragliatrici come potremo difendere la prima linea?»
Billy espose il suo piano.
«Lasceremo penetrare i tedeschi nella prima trincea, e anche nella seconda! Gli faremo credere che la postazione sia abbandonata così saranno costretti ad addentrarsi più in profondità. Allora punteremo le mitragliatrici e potremo facilmente circondarli!»
Bailey fu sorpreso da quella strategia.
«Dovremo tendere un’imboscata al nemico?»
Billy annuì: «suppongo che progettare una trappola per crucchi non sia così diverso dal costruire una trappola per topi…»
«Va bene, ma quale sarà l’esca? Non credo che sarà sufficiente sostituire il formaggio con delle patate»
O’ Hagan deglutì a vuoto.
«Se il tenente Miller ha ragione, quel che vogliono i tedeschi sono degli ostaggi»
Jack non ebbe bisogno di ulteriori spiegazioni.
«Billy, questa volta ti parlo da amico…spero davvero che il tuo piano funzioni, perché le esche saremo noi!»
 
Dopo aver riposizionato le mitragliatrici, Billy sgattaiolò in trincea.
«Jenkins! A che punto sono i lavori?»
Il suo compagno riemerse dalla buca coperto di fango dalla testa ai piedi.  
«Abbiamo appena terminato. I ragazzi vogliono sapere a cosa è servito scavare un'altra trincea soltanto per riempirla con vecchie armi e munizioni inutilizzabili!»
«Dobbiamo far credere al nemico che la postazione sia stata abbandonata, per questo devono avere prove del nostro passaggio»
Jenkins fu piacevolmente sorpreso.
«Ad essere sincero non ti ho mai ritenuto un esperto di tattica militare, ma dannazione…questo piano potrebbe davvero funzionare!»
Il sergente si sentì offeso: «dovreste avere fiducia nel vostro caposquadra!»
Jenkins era ancora perplesso.
«Ho ragione di pensare che non sia solo merito della promozione, hai qualcosa in mente, vero Billy?»
O’ Hagan rivolse uno sguardo preoccupato oltre ai reticolati.
«Come per tutti, il mio unico scopo è restare vivo»
Per quanto semplice, quella risposta era sincera.


Dopo il tramonto Billy rimase in attesa, dalla sua postazione non poteva vedere i reticolati, ma avrebbe facilmente riconosciuto qualsiasi rumore proveniente dalla trincea adiacente.
L’oscurità avvolse completamente la vallata deserta. Il fronte tedesco non era più attivo del solito, qualche colpo scoppiava nella notte, razzi arancioni illuminavano la terra di nessuno in lontananza.
«Forse gli inglesi si sono sbagliati. Non arriverà nessuno questa notte» ipotizzò Bailey, sdraiato a fianco della mitragliatrice.
«Non importa, è nostro dovere restare di guardia»
Billy riuscì a stento a nascondere la delusione. Doveva ammettere di essere fiero del suo ingegnoso piano. Da quando si era arruolato non aveva mai partecipato attivamente alle azioni militari, se non per obbedire a ordini imprescindibili.
Quella era stata una sua iniziativa, per la prima volta aveva dimostrato di poter essere un vero soldato. Stranamente, non fu entusiasta all’idea che il nemico non si presentasse.
Billy era ormai pronto a rassegnarsi quando all’improvviso la sentinella diede il segnale. O’ Hagan sussultò, qualcuno si stava avvicinando.
Nel silenzio gli americani riuscirono a distinguere il rumore metallico delle tenaglie che tranciavano i reticolati. Questi erano particolarmente resistenti, poiché il nemico dovette insistere per molto tempo prima di riuscire a oltrepassare l’ostacolo.
Billy udì un tonfo ovattato, il primo tedesco era in trincea. Dopo di lui ne contò almeno altri tre.
Il nemico sembrò esitare, udì delle voci sempre più vicine.
«È strano…» sussurrò Jenkins, anch’egli ben attento ad ascoltare ogni minimo movimento.
«Che cosa?» domandò O’ Hagan.
«Niente bombe e nessuno sparo»
Billy decretò che si trattasse di un’anomalia. Da quel che sapeva, le truppe d’assalto prima di invadere le trincee pensavano a neutralizzare il nemico. Forse volevano essere certi di avere prigionieri.
O’ Hagan non ebbe tempo per lasciarsi tormentare da dubbi e incertezze.
Lentamente si sporse oltre il muro di terra, intravide delle ombre, poi riconobbe gli elmetti.
Era pronto a puntare il fucile, stava per ordinare a Jenkins di aprire il fuoco quando all’improvviso un grido echeggiò nelle trincee.
«Non sparate! Ci arrendiamo! Non sparate!»
Billy e i suoi compagni uscirono allo scoperto. O’ Hagan si avvicinò lentamente, diffidente, notò subito qualcosa di strano. Quei tedeschi non avevano affatto l’aspetto di soldati esperti, arditi e valorosi.
Erano tutti ragazzini dall’aria spaventata, per di più, nessuno di loro era armato.
Billy ripensò ai racconti narrati nelle retrovie. I suoi commilitoni parlavano di uomini coraggiosi e ardimentosi, sempre pronti a combattere, armati fino ai denti.
Quei soldatini avevano subito alzato le mani, arrendendosi immediatamente.
Il sergente si rivolse al giovane che aveva dimostrato di conoscere qualche parola in inglese.
«Credevo che le vostre famose truppe d’assalto fossero ben diverse»
Il tedesco non capì.
«Truppe d’assalto?»
«Già, non è questo che siete?» domandò O’ Hagan, sempre più confuso.
Il giovane negò.
«Noi non siamo soldati delle Sturmtruppen»
Billy rimase dubbioso a riguardo.
«E allora chi siete?»
Il tedesco esitò prima di rispondere: «siamo disertori. Abbiamo scelto volutamente di arrenderci al nemico»
O’ Hagan sbiancò, non poteva credere di aver faticato tanto per quella missione destinata a fallire fin dal principio. A quel punto si domandò se il tenente Miller non gli avesse ordinato di occuparsi di un pericolo inesistente per metterlo alla prova, o ancora peggio, soltanto per tenerlo occupato.
Al suo fianco, Jenkins sorrise.
«Complimenti, sergente. Il suo complicato piano è stato davvero efficace per catturare dei disertori disposti a consegnarsi volontariamente!»

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Capitolo 23
*** Il messaggero ***


Cari lettori, chiedo scusa per la lunga pausa, non mi sono dimenticata di questa storia.
Vi ringrazio per la pazienza e il supporto.
Adesso vi lascio alle disavventure del nostro Billy, buona lettura!
 


 
23. Il messaggero
 

Solitamente i soldati in prima linea si limitavano a consumare i pasti in silenzio, lieti di avere qualcosa per riempire lo stomaco. Poco importava che quel che ingurgitavano fosse a malapena commestibile.
Quella sera però il soldato Evans non riuscì a trattenersi.
«Questa brodaglia è davvero terribile!» si lamentò con una smorfia di disgusto.
I suoi compagni non poterono contraddirlo.
«È da settimane che non mangiamo altro che questa brodaglia schifosa!»
«È vero. Questa minestra sembra segatura!»
Bailey zittì i suoi compagni riportando tutti alla realtà.
«Finché non arriveranno i rifornimenti dovremo accontentarci»
Gli altri continuarono ad esprimere il loro dissenso.
«Scommetto che i tedeschi si stanno ingozzando di crauti e salsicce!»
«L’altro giorno abbiamo trovato un rifugio abbandonato dai crucchi…quei bastardi hanno sparato ai barattoli pur di non lasciarci nemmeno la marmellata!»
La conversazione continuò a riguardare scorte e vivande, il cibo era un argomento caro alle truppe.
«Sergente, dovrebbe farsi valere e dire al tenente Miller che non potremo continuare a sparare ai tedeschi a stomaco vuoto!» esordì una giovane recluta.
Billy sollevò la testa dalla sua gavetta.
«Certo, potrei scrivere una richiesta formale e chiedere al presidente di farci avere una bella torta di mele!» rispose con tagliente sarcasmo.
I soldati scoppiarono a ridere.
«E comunque ho già parlato della questione con Miller, ha detto che se abbiamo la forza di lamentarci abbiamo anche abbastanza energie per combattere»
«Oh, allora era di buon umore» commentò Jenkins.
O’ Hagan scosse le spalle: «ho paura che presto rimpiangeremo i giorni in cui il nostro problema era la minestra»
 
Billy tornò nel suo rifugio dopo la solita ronda notturna. Era stanco, ma sapeva che se avesse tentato di stendersi le preoccupazioni lo avrebbero tenuto sveglio.
Nell’ultimo periodo aveva tentato di fare il possibile per adempire al suo nuovo incarico. Non era il miglior sergente dell’esercito americano, ma aveva preso seriamente il suo compito. Inizialmente pensava solo a salvare le apparenze, ma con il passare del tempo aveva finito per prendersi davvero carico delle sue responsabilità.
Non era ancora pronto ad ammetterlo, ma la guerra cambiava le persone, e forse anche Billy O’ Hagan aveva scoperto un nuovo lato di sé.
Billy cercò di non dare troppa importanza a quei pensieri. Il suo obiettivo era sempre sopravvivere alla guerra ed era sempre disposto a tutto pur di salvare la pelle. Non sarebbe stato il grado sulla sua divisa a fargli cambiare idea a riguardo.
O’ Hagan emise un sospiro di frustrazione, istintivamente cercò una sigaretta nel taschino della giubba. L’accese con le dita tremanti, fumando in preda al nervosismo.
Ripensò al dialogo avuto con Larry, l’avvocato era convinto che la questione si sarebbe risolta in pochi mesi. La questione ovviamente era la guerra. Ogni mese doveva essere l’ultimo, ma la Germania non era mai disposta ad arrendersi.
Billy non era un esperto politico, ma a quel punto riteneva che l’America non avrebbe ritirato le sue truppe senza aver ottenuto una vittoria. 
Più trascorreva il tempo e più si riducevano le possibilità di uscirne vivi. O’ Hagan aveva esaurito le idee, non aveva più mosse a disposizione. Si era fatto sparare ad una gamba per evitare la prima linea, ma ciò non era stato sufficiente. Se voleva tornare tutto intero e salvare la sua reputazione, doveva limitarsi a fare il suo dovere nella speranza che l’esercito americano non avesse più bisogno di eroi.
 
***

Il tenente Miller rientrò in trincea imprecando come un marinaio di Oakland.
Billy non aveva alcuna intenzione di chiedere che cosa fosse accaduto oltre alle linee nemiche, ma non riuscì a dileguarsi in tempo per evitare di essere coinvolto.
«Non è possibile! Ogni volta che tentiamo di avanzare, i tedeschi prevedono sempre le nostre mosse! È la terza volta che il nostro assalto viene respinto!»
«Crede che abbiano un informatore?»
«Ne sono certo! Deve esserci un passaggio nel bosco, così quando le sentinelle danno l’allarme, un messaggero può avvertire l’artiglieria»
Billy non capì: «credevo che restasse soltanto un avamposto isolato nella foresta»
«Già, ma finché quei messaggi continuano ad essere trasmessi il nemico può sempre contare sul supporto dei cannoni»
O’ Hagan esternò la sua perplessità.
«E se avessero un sistema radio? O un telefono?» ipotizzò.
«Impossibile, non esistono radio così potenti e non ci sono cavi nella foresta»
«Dunque il problema è un solo uomo?»
Miller strinse i pugni per la rabbia.
«Esatto. Quella dannata staffetta sta sabotando i nostri piani!»
O’ Hagan non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.
«Be’, la soluzione sembra semplice»
Il tenente non era altrettanto divertito dalla situazione.
«Se ritieni che sia una faccenda così di poco conto, allora sarà compito tuo risolvere il problema!»
O’ Hagan non poté considerarsi entusiasta all’idea, ma tra i mille compiti che aveva dovuto portare a termine dall’inizio della guerra, quello sembrava quasi uno scherzo.
 
Formare la squadra non fu affatto difficile. Chiunque a parte Warren poteva essere adatto alla missione.
In realtà Pete era migliorato come tiratore e di certo ci avrebbe pensato due volte prima di sparare a un altro commilitone, ma nessuno aveva voglia di correre il rischio.
Come stabilito si appostarono vicino al fiume, se il tedesco voleva raggiungere le retrovie doveva per forza passare da lì.
«Dunque qual è il piano?» domandò Jenkins.
«Se possibile, vorrei prenderlo vivo. Potrebbe decidere di parlare» dichiarò il sergente.
«Non prometto niente. Se lo trovo a portata di tiro io sparo» precisò il suo compagno.
«È soltanto una staffetta. Non credo che rappresenti un pericolo per noi»
«È sempre meglio essere prudenti con i tedeschi»
«L’ordine è di catturarlo, intesi?»  
Gli altri annuirono.
O’ Hagan rivolse un’ultima occhiata di rimprovero a Jenkins, l’espressione sul suo volto non era affatto rassicurante.
 
Billy e i suoi compagni attesero invano per ore, ma nessuno si palesò sul sentiero.
«Forse i tedeschi si sono accorti che si trattava di un falso allarme»
Jenkins aveva appena terminato di pronunciare quella frase quando in cielo comparve il primo proiettile.
«Al riparo! Svelti!»
Come le altre volte, i cannoni bersagliarono la terra di nessuno impedendo agli americani di avanzare.
Quando il terreno smise di tremare dopo l’ultima esplosione, Billy uscì finalmente allo scoperto.
«È impossibile! Non esistono altre strade! Una staffetta avrebbe dovuto per forza attraversare il fiume per raggiungere le retrovie»
Jenkins era sempre più perplesso.
«Perfetto, adesso stiamo cercando un uomo invisibile!»
 
***

Il tenente Miller non fu affatto lieto di sapere che la fantomatica staffetta non era stata catturata.
«Credevo che avessi ben chiaro il tuo compito!»
«I ragazzi possono testimoniare che non c’era nessun tedesco nella foresta» disse O’ Hagan in sua difesa.
«Eppure qualcuno deve aver recapitato il messaggio»
«Signore, un messaggero non avrebbe potuto attraversare il fiume a meno che…»
Billy si bloccò all’improvviso, mentre pronunciava quelle parole il suo sguardo era rivolto al cielo limpido.
«A meno che cosa?» domandò Miller.
O’ Hagan ignorò l’insistenza del suo superiore, ormai aveva ben chiaro cosa gli fosse sfuggito in precedenza.
«Non si preoccupi tenente, consideri la questione già risolta»
 
 
Al tramonto Jenkins e Bailey tornarono ad appostarsi ai margini della foresta.  
«Non capisco, se quell’uomo ci è sfuggito una volta, come potremo essere certi di prenderlo adesso?»
Billy puntò il binocolo verso l’alto.
«Il nostro bersaglio non è un soldato. Ditemi, come ve la cavate con la caccia agli uccelli?»
«Quando ero un ragazzino con mio zio sparavo alle anatre» rispose Jenkins.
«Non male. Suppongo che dovrai affinare la mira, i piccioni sono più piccoli»
Jack posizionò il fucile.
«Piccioni? Ci hai forse scambiati per gli eredi di de Lunden[*]
«No, ma vi basterà metà del suo talento per abbattere un solo volatile»
I due soldati accettarono la sfida, almeno apparentemente, l’idea di non avere un bersaglio umano sembrava più allettante.
Billy si improvvisò esperto ornitologo mentre sorvegliava il cielo sopra alla radura. Un naturalista avrebbe sicuramente invidiato il suo compito in quel momento, O’ Hagan invece cominciava a detestare qualsiasi essere provvisto di ali.  
Stava ormai perdendo la speranza (e la pazienza), quando finalmente scorse una macchia grigia tra gli alberi.
Jenkins fu il primo a sparare, rapido e preciso. Forse non era abile come il campione belga, ma con quel tiro dimostrò di essere un degno imitatore.
Il pennuto smise di sbattere le ali e cadde a terra.
Prontamente gli americani corsero sul luogo dell’abbattimento. O’ Hagan si chinò sul cadavere per recuperare il foglio legato alla zampa dell’uccello.
«Non ho idea di cosa ci sia scritto, ma sicuramente è tedesco»
Nel vedere la carcassa, Jack fu mosso da compassione per quell’animale.
«Era proprio necessario abbatterlo?»
Jenkins reagì in sua difesa: «non potevamo lasciarlo fuggire…e poi a cosa sarebbe servito catturarlo vivo? Pensavi forse di interrogarlo?»  
Bailey non poté dargli tutti i torti.
I tre soldati restarono immobili, in cerchio intorno alla salma.
Fu Jenkins il primo a rompere il silenzio.
«Sapete, per i francesi il piccione è un piatto prelibato. Me ne ha parlato un soldato a Parigi, è una specie di tradizione. Lo cucinano come se fosse una vera delizia»
Billy osservò il volatile stecchito a terra.
«Non ha un aspetto molto invitante» commentò.
«A dire il vero, a me non sembra molto diverso da un pollo, è solo più piccolo» replicò Bailey.
Probabilmente erano i crampi della fame, ma più passava il tempo, più quel piccione diventava appetitoso. 
Alla fine Billy pensò che sarebbe stato un peccato sprecare una decente porzione di carne.
«Coraggio, ragazzi. Andiamo ad accendere il fuoco, questa sera ci siamo guadagnati la cena!»
 
 
 
 
 
[*] Léon de Lunden, vincitore al tiro al piccione alle Olimpiadi di Parigi (1900).

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Capitolo 24
*** Il bunker ***


 
24. Il bunker
 

Il tenente Miller alla postazione d’osservazione scrutava con attenzione le linee nemiche. Gli esploratori appena rientrati dall’ultima missione avevano riportato la presenza di un bunker nascosto nella foresta.
Miller era certo che i tedeschi stessero nascondendo armi e munizioni al suo interno.
O’ Hagan ascoltava con particolare apprensione le ipotesi del suo superiore riguardanti le future mosse del nemico. Le previsioni erano una più preoccupante dell’altra.
Miller rivolse al suo sottoposto uno sguardo freddo e severo.
«Durante il prossimo attacco, la sua squadra avrà il compito di conquistare quella casamatta»
Billy deglutì a vuoto.
«Signore, i tedeschi barricati lì dentro di sicuro sono pronti a difendersi con armi, munizioni ed esplosivi. Non credo che i nostri uomini siano sufficienti a contrastarli»
«Avrete il supporto dell’artiglieria» replicò Miller.
Ciò non servì a tranquillizzare il sergente.
«Mi sembra una missione più adatta al sottotenente Howard, non è stato lui a catturare da solo dieci tedeschi sulla Marna?»
«Howard è saltato su una mina la notte scorsa, dubito che senza una gamba possa esserci utile»
Billy impallidì nuovamente.
«È davvero convinto che quel bunker sia un obiettivo di fondamentale importanza?»
Miller confermò.
«Non perda tempo, attaccheremo prima dell’alba»
 
Tornato nel suo rifugio, Billy non poté trattenersi dall’esprimere ciò che pensava realmente.
«Il tenente Miller vuole liberarsi di me! Sta cercando in tutti i modi di farmi ammazzare!»
Jenkins fu più obiettivo: «credo che sia questa guerra a volerci tutti morti»
O’ Hagan sospirò.
«Non ho intenzione di correre incontro alle mitragliatrici tedesche»
«Be’, se non vuoi tornare davanti a una corte marziale dovrai obbedire agli ordini di un tuo superiore»
Billy si domandò se avesse potuto prendere parte a quell’operazione militare senza avere la certezza di rimetterci la pelle.
«Perché quel bunker è così importante?» domandò Warren.
«Sembra che sia un deposito di armi tedesche» spiegò il sergente.
«Dunque dovremo assalire un fortino colmo di esplosivi?»
O’ Hagan annuì.
Bailey cominciò ad oliare il suo fucile.
«All’inferno Miller e le sue missioni suicide!» commentò.
 
***

Il giorno dell’attacco O’ Hagan non aveva ancora idea di come avrebbe affrontato quella battaglia. Poteva solo affidarsi alle competenze degli artiglieri, il che non gli dava molta speranza. L’ultima volta il tiro troppo corto aveva rischiato di cadere sulle trincee americane.
Per il momento era deciso a non correre rischi inutili, nel peggiore dei casi, era pronto a ordinare la ritirata. Non avrebbe affrontato le pallottole tedesche per un blocco di cemento.
Questo era poco, ma sicuro.
 
La gittata dei proiettili era stata calcolata con maggior precisione. La terra di nessuno tremava ad ogni esplosione.
Billy si rannicchiò nella sua buca stringendo il fucile. Se non avesse avuto la certezza che il tenente Miller fosse pronto a sparargli, sarebbe tornato di corsa al riparo nelle trincee americane.
Finalmente il bombardamento cessò, ovunque si innalzarono dense nubi di fumo.  
O’ Hagan strisciò fuori dalla sua fossa e si rialzò sulle gambe tremanti. Nella nebbia scorse il suo obiettivo, la casamatta era in parte crollata sotto ai colpi delle bombe.
Il sottufficiale era certo che i sopravvissuti lo stessero attendendo con le mitragliatrici puntate. A quel punto la scelta era tra pallottole tedesche o americane.
Per quanto l’istinto gli suggerisse di tornare a nascondersi sottoterra come una talpa, il buonsenso lo spinse a portare avanti il suo dovere. Doveva almeno dimostrare di aver tentato l’attacco prima di rinunciare.
Con ritrovata determinazione, almeno all’apparenza, O’ Hagan ordinò ai suoi compagni di avanzare nella terra di nessuno.
 
I colpi nemici erano troppo distanti per provenire dal bunker. Gli echi della battaglia giungevano dalla riva opposta del fiume. Billy si stupì nel ritrovarsi integro ai margini della boscaglia.
«E adesso che cosa facciamo?»
Billy sussultò, la domanda del soldato Bailey era più che legittima. Se i tedeschi non avevano tentato di respingerli, a quel punto erano obbligati a proseguire.
O’ Hagan trattenne un’imprecazione tra i denti, ma si decise comunque a muoversi. Da quella distanza la casamatta sembrava deserta, non c’era nulla oltre alle macerie.
Billy prese coraggio e si avvicinò ai resti della costruzione tedesca. Jenkins si preoccupò per la presenza dei cecchini, ma dal bunker sventrato non partì nemmeno un colpo.
«Non vedo le postazioni delle mitragliatrici. Se ci sono, i tedeschi le hanno nascoste davvero bene» sussurrò Bailey al suo comandante.
Billy attese ancora qualche istante, aveva la sensazione di star assediando un fortino fantasma. Il dubbio era sempre lo stesso, il nemico era davvero invisibile?
O’ Hagan si avvicinò alla parete crollata, imbracciò il fucile, anche se in caso di pericolo avrebbe sicuramente scelto di fuggire piuttosto che combattere.
Lentamente anche i suoi compagni cominciarono ad inoltrarsi all’interno e a ispezionare il rifugio.  
Billy dovette complimentarsi con l’artiglieria, un proiettile aveva colpito in pieno l’obiettivo. In quel momento realizzò che, se ci fosse stato qualcuno, tra le rovine avrebbe dovuto trovare anche morti o feriti.
O’ Hagan era perso in queste congetture quando il soldato Jenkins tornò a fare rapporto.   
«Il magazzino è vuoto! Qui non c’è niente, i tedeschi erano rimasti privi di munizioni…e a quanto pare non avevano nemmeno gli esplosivi»
«Non è possibile! Il tenente Miller era convinto che questa casamatta fosse il punto di forza del nemico!»
I soldati si guardarono intorno con aria perplessa.
«È probabile che i tedeschi abbiano abbandonato il bunker da tempo, senza rifornimenti non avrebbero potuto continuare a difenderlo»
Billy rifletté qualche istante, poi senza esitazione iniziò ad arrampicarsi su un cumulo di macerie.  
«Warren! Forza vieni qui, dobbiamo issare la bandiera!»
 
***

Il tenente Miller era da poco rientrato nel suo rifugio dopo esser stato medicato in infermeria. Una scheggia di granata aveva rischiato di tranciargli un braccio. Fortunatamente i riflessi dell’ufficiale l’avevano preservato da un triste destino, egli se l’era cavata con una ferita superficiale.
Stanco e indebolito, Miller aveva chiesto di non essere disturbato. Purtroppo non ebbe nemmeno il tempo di stendersi sul suo giaciglio. All’entrata si presentò una staffetta che sembrava avere una gran fretta di recapitare il suo messaggio.
«Signore, mi spiace disturbarla, ma è urgente! Da parte del sergente O’ Hagan!»
L’ufficiale non seppe se mostrarsi più irritato dall’arrivo del portaordini o dal mittente della lettera.
Aprì il foglio con titubanza, temeva che la missione fosse fallita. La sua fiducia nei confronti di O’ Hagan non era migliorata nel tempo.
Inaspettatamente, il contenuto del messaggio riuscì a sorprenderlo.
 

Signor tenente. Sono lieto di annunciarle che, dopo una cruenta ed estenuante battaglia, dove i nostri soldati si sono distinti per audacia e coraggio, il bunker è stato conquistato.
A seguito dell’eroica impresa, ritengo opportuno ricompensare questi uomini e il loro valoroso comandante con una meritata licenza.

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