Sulle mura di Vienna

di Keeper of Memories
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: io sono la Serenissima ***
Capitolo 2: *** Der goldene Apfel ***



Capitolo 1
*** Prologo: io sono la Serenissima ***


Disclaimer: per ragioni di regolamento e coerenza di trama, Nord Italia e Sacro Romano Impero sono più vecchi di quanto previsto nell'opera originale (idealmente sono nella loro tarda adolescenza). 




 
Venezia, 6 luglio 1683

 
I passi cadenzati di Eugenio di Savoia echeggiavano nella Sala dei Filosofi, la lussuosa anticamera degli appartamenti privati del Doge di Venezia. I suoi occhi scorrevano rapidi ed indifferenti sui meravigliosi dipinti del palazzo ducale, tradendo un certo nervosismo da parte del generale.
Era stato proprio il Doge ad estendergli un invito formale presso la sua dimora, un’offerta che per nessuna ragione poteva permettersi di rifiutare; sebbene fosse formalmente alleata del Sacro Romano Impero, nessuna nazione, nemmeno la Serenissima, apprezzava il passaggio di truppe straniere sul suo territorio, e lui non ci teneva certo a fermare i suoi passi. La campagna veneta era una sosta temporanea, sua intenzione era raggiungere Vienna il più in fretta possibile dopotutto. Una giornata in udienza con il Serenissimo avrebbe soltanto ritardato i preparativi per la partenza, oltre che a rischiare inconvenienti con i locali.
La porta di una delle stanze si aprì e uno scudiero, lo stesso che lo aveva condotto lì, gli comunicò che sarebbe stato ricevuto, esibendosi in un profondo inchino.
 
Con sua grande sorpresa, a riceverlo non fu affatto il Doge. In piedi vicino al camino spento, un ragazzino dalle raffinate vesti di seta blu lo salutò con un cenno del capo, lasciandogli intendere un reciproco status paritario sebbene fosse certo di non averlo mai visto prima. Aveva capelli castani pettinati con cura, vivaci occhi colore dell’ambra e un innocente sorriso fanciullesco dipinto in volto.
«Comandante Savoia, è un piacere ricevervi nella mia dimora» disse, raggiungendo la sedia dietro alla pesante scrivania lignea.
Eugenio lo imitò, sedendo su una sedia di fronte alla stessa. Osservò in silenzio per alcuni istanti il giovane, mentre un’idea bislacca e del tutto insensata prendeva forma nella sua mente. Non poteva certo essere una di quelle leggendarie nazioni, vero?
«Perdonate la schiettezza, mio Signore, ma mi era stato lasciato intendere che sarei stato ricevuto dal Serenissimo.»
«Se questa è l’impressione che avete avuto, allora vi chiedo perdono. Tuttavia, ho ricevuto notizia sulla vostra destinazione e ho una richiesta piuttosto urgente da porvi a tal riguardo.»
«Vi ascolto, Signore.»
Il giovane giunse le mani in grembo, facendo tintinnare i pesanti anelli d’argento che portava alle dita. Non sorrideva più, lasciando intravedere una maturità e consapevolezza insolite per qualcuno di così giovane.
«Come ben sapete, la Serenissima non è nelle condizioni di fornire supporto diretto contro gli Ottomani a Vienna, in quanto buona parte delle nostre forze sono impiegate nelle isole greche, a difesa dei nostri territori e dell’Europa stessa.»
Eugenio annuì. «La potenza della flotta veneziana è ben nota a tutti, Signore.»
«Tuttavia, intendo offrire tutto il supporto possibile al vostro esercito, non solo nella forma di provviste ed equipaggiamento per il viaggio, ma anche con ogni milizia volontaria che riuscirete a reclutare da oggi, fino all’arrivo al confine. In cambio, vi chiedo di portarmi con voi.»
Il comandante imperiale ammutolì, a metà tra l’allibito e lo sconcertato. Fissò il giovane per alcuni istanti, ritrovando nell’espressione seria e nello sguardo indagatore il savoir faire comune ai suoi compagni d’arme e agli accademici, realtà che cozzava terribilmente con l’età del suo interlocutore.
«Chi siete e che autorità avete per propormi un simile scambio?»
Il ragazzino sorrise, il sorriso accondiscendente di chi sa più di quello che dà a vedere.
«Io sono la Serenissima, comandante. Potete chiamarmi Veneziano, se così vi aggrada.»
«È così dunque…»
Il comandante si accomodò sulla sedia, lasciandosi andare contro lo schienale imbottito. Fece alcuni respiri profondi prima di proseguire.
«Apprezzo l’offerta, Signore, tuttavia spero vi rendiate conto della vostra posizione… delicata.»
«Comandante, io non sono un comune mortale, spero che questo vi sia chiaro.»
Gli occhi di Veneziano si assottigliarono, le labbra incurvate da un leggero sorriso.
«Sono in grado di difendermi, non sfigurerò in mezzo al vostro esercito» aggiunse.
«Non è ciò che mi preoccupa…» ribadì il comandante, massaggiandosi le tempie con le dite «sareste una Nazione in terra straniera. L’alleanza che l’Impero ha con la Serenissima è puramente difensiva, nulla impedirebbe loro di rapirvi e…»
«Vi interrompo immediatamente, Comandante Savoia.»
La voce di Veneziano divenne perentoria, decisa, il tono di chi è abituato a dare ordini e non ammette repliche.
«Le mie fonti dicono che siete un uomo d’onore, ligio al dovere e, mettiamola così, non è necessario che questa informazione esca da questa stanza… Ma credetemi, anche se dovesse accadere, ho chi mi saprà guardare le spalle al momento giusto. Non preoccupatevi.»
«Se è così, sarebbe sciocco da parte mia rifiutare. Accetto la vostra proposta, Veneziano.»



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Note
Salve! Questo vorrebbe essere il prologo di una mini storia che ripercorre le vicende dell'assedio di Vienna. Mi sto facendo in quattro per assicurarmi che sia tutto storicamente accurato, per cui se ci dovessero essere delle incongruenze vi chiedo di farmelo notare. Per questa ragione, l'aggiornamento di questa storia sarà anche più sporadico delle altre.
Detto ciò, questo sarà l'unico capitolo dal POV di una figura storica, il generale Eugenio di Savoia, che nonostante il nome, servì presso la corte dell'Imperatore Leopoldo I del SRI e si distinse nella battaglia di Vienna. Quale occasione migliore per il nostro caro Veneziano? A tal proposito, ho preferito mantenere questo nome per Nord Italia, trovandolo più adatto al periodo storico (idem per la sua caratterizzazione, dopotutto siamo nel periodo d'oro della Serenissima... se non è autorevole in questo periodo, quando?). Fatemi assolutamente sapere come vi sembra questo inizio! Ciao e alla prossima^^

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Capitolo 2
*** Der goldene Apfel ***


Selva Viennese, 11 luglio 1683

Veneziano fermò i suoi passi, lasciando scorrere lo sguardo sul panorama davanti a sé. Era passato molto tempo dall’ultima volta che la vedeva, eppure Vienna non gli sembrava essere minimamente cambiata. Forse le mura erano diventate un po’ più grandi e un po’ più solide, forse c’era qualche casa e qualche palazzo in più, eppure la vista della città gli provocò ancora una volta quel miscuglio di nostalgia e tristezza che aveva sentito quando aveva lasciato la casa di Austria per sempre. Allora come in quel momento, non credeva che sarebbe mai tornato lì.

«Ragazzino, non mangi?»

Uno degli uomini di Savoia lo chiamò. Lo riconobbe, era uno dei mercenari genovesi con cui aveva avuto il piacere di chiacchierare lungo il tragitto e che aveva allietato assieme ai suoi compari il tedioso viaggio di una parte dell’esercito con le storie delle battaglie passate. Veneziano si unì a loro e al resto delle truppe. Presa una focaccia rafferma dalla bisaccia, si sedette attorno a uno dei fuochi da campo.

Si erano accampati per la sera non lontano dalla strada prima che le fioche luci del tramonto li cogliessero impreparati, consapevoli che nella giornata successiva avrebbero raggiunto la loro destinazione. Il morale era piuttosto rilassato, con solo qualche vaga tensione tra le milizie reclutate recentemente dai villaggi della campagna veneta e friulana. La giovane Nazione sbocconcellò il suo pasto, lo stomaco serrato in una morsa d’acciaio. Era teso, ma non era la battaglia a preoccuparlo.

Avrebbe rivisto Sacro Romano Impero.

Una parte di lui era emozionata e felice di rivederlo, dopotutto aveva fatto molto per avere quell’occasione. Tuttavia, più il fatidico momento si avvicinava, più l’ansia e la paura si facevano strada nel suo petto. In quel momento in realtà era terrorizzato.

L’ultima volta che si erano salutati, Veneziano indossava abiti femminili e tutti pensavano fosse una bambina. Come avrebbe reagito nel vederlo ora, con una spada al fianco, un fucile sulla schiena e la giubba d’arme con i colori della Repubblica di Venezia? Sarebbe stato ancora gentile con lui, sapendo che non era una tenera fanciulla indifesa ma un uomo in grado di combattere e, all’occorrenza, uccidere?

Veneziano mandò giù ciò che restava della focaccia assieme a una generosa quantità d’acqua, perfettamente consapevole che quella notte non avrebbe chiuso occhio.


 

Vienna, 12 luglio 1683

Roderich sospirò, distogliendo lo sguardo dal suo amato piano ingloriosamente relegato a un angolo della Cappella della Musica. In realtà, tutti i suoi strumenti musicali avevano subito un destino simile per far spazio alla riunione che stava avendo luogo in quel momento, dopo che qualcuno aveva suggerito che discutere di strategia in una delle stanze più interne dell’Hofsburg fosse più sicuro.

«Siete sicuro di voler restare, mein Herr

La voce di uno dei suoi superiori lo scosse dai suoi pensieri cupi. Gli rivolse uno sguardo spento.

«Come prego?»

«Mi chiedevo se non voleste raggiungere la famiglia Imperiale a nord, mein Herr» ribadì questo, osservandolo con aria severa. Se non ricordava male, si chiamava Starhemberg.

Roderich scosse la testa. «Preferisco restare. La mia mente è più utile qua.»

Era chiaramente una bugia e l’austriaco sospettava che tutti i presenti a quel comizio di guerra ne fossero consapevoli. In realtà, era rimasto perché tutto ciò che aveva da perdere era lì, a partire da quegli strumenti musicali ammassati in un angolo; le opere d’arte di quel palazzo e della sua amata Vienna erano il suo bene più prezioso e avrebbe fatto di tutto per proteggerle, anche a costo di scendere a patti con Impero Ottomano. Sperava di non dover arrivare a tanto, ciò nonostante quei suoi pensieri non potevano essere rivelati ai suoi superiori.

Il comandante Starhemberg annuì impercettibilmente. «Dunque, venite con noi sulle mura. I nostri alleati stanno arrivando e c’è ancora molto da fare.»


 

«Chi sono quelli?»

Roderich interruppe bruscaente la conversazione che i suoi superiori stavano avendo e a cui non stava prestando la minima attenzione. Ripose con mano tremante il suo cannocchiale nella tasca interna del cappotto.

«Chi sono quelli?» ripeté, indicando i vessilli rossi con la croce bianca al centro, che spuntavano da una fetta consistente dell’esercito radunato a poca distanza dalle mura.

«Sono i Savoia, alleati dell’Impero» rispose uno dei comandanti.

«Savoia? Sono italiani, dunque» mormorò tra sé e sé, senza realmente aspettarsi una risposta.

Nessuno in realtà ebbe tempo di fornirgliene una, poiché Roderich si era già incamminato a passo svelto verso quegli stendardi rossi e bianchi. Tra quei soldati, uno in particolare aveva attirato la sua attenzione; sebbene fosse cresciuto e il suo aspetto fosse diventato più maturo, quel ricciolo castano era inconfondibile e ben impresso nella sua memoria.

«Veneziano.»

«Roderich! Quanto tempo. Come stai?»

L’italiano sorrideva amabilmente, come se non ci fosse assolutamente nulla di sbagliato nel suo essere lì, in mezzo a un esercito.

«Io sto bene, ma sembra che non si possa dire lo stesso di te. Hai battuto la testa, o la tua presenza qui non si spiega.»

«Suvvia, non serve essere così freddi. Sono perfettamente in me, non hai di che preoccuparti.»

«Sei qui per lui.»

Veneziano abbandonò il suo amabile sorriso di circostanza. Non rispose, dopotutto quella di Roderich non era nemmeno una domanda, lasciando calare tra i due un breve silenzio.

«Perchè sei qui? Che cosa vuoi?» chiese infine.

«Tornatene a casa. Hai altre battaglie da combattere.»

L’italiano scoppiò in una sonora risata. «Ah, Roderich! Parli ancora come se fossi la tua massaia e avessi qualche potere su di me. Davvero divertente.»

L’austriaco alzò gli occhi al cielo, sbuffando leggermente. Non era infastidito dalle parole di Veneziano; dopotutto aveva ragione, non poteva certo impedirgli di combattere. Non l’avrebbe mai ammesso ad anima viva, ma la dolce bambina che cantava canzoni gioiose e rallegrava la sua casa in quel momento un po’ gli mancava. Quell’adolescente sfrontato si discostava un po’ troppo dall’immagine innocente che viveva nei suoi ricordi.

«Non è qui, ma non dovrai attendere molto. I nostri alleati arriveranno nei prossimi giorni» disse soltanto, prima di voltarsi e rientrare in città.

Appena Roderich fu sufficientemente lontano, Veneziano si lasciò andare in un lungo sospiro, incerto se fosse per la delusione o il sollievo. Quell’attesa lo stava innervosendo un po’ troppo, molto di più dell’imminente battaglia.


 


 

Il suono penetrante delle trombe arrivò alle orecchie dell’intero esercito, annunciando l’approcciarsi del nemico. I giannizzeri cavalcavano veloci verso le mura di Vienna, lasciando una scia di morte al loro passaggio.

Veneziano imbracciò il suo fucile e si unì alla prima linea, in attesa dell’ordine di far fuoco. La voce del comandante Savoia eruppe all’improvviso, seguita dal sibilo dei proiettili che rapidi fendevano l’aria verso la prima linea nemica.

Veneziano guardò il primo giannizzero cadere a terra, la fronte perforata dalla sua pallottola. Senza distogliere lo sguardo dai nemici, ne caricò una seconda, che questa volta colpì un cavaliere nemico alla gola. Non aveva tempo per un terzo, l’avanzata era troppo rapida e tutti loro rischiavano di venire travolti dall’esercito nemico; assicurò nuovamente il fucile alla schiena e sguainò la spada, seguendo l’ordine di ritirata assieme ai suoi commilitoni.

«Quanti diavolo sono?»

In mezzo al frastuono della battaglia, l’italiano riconobbe ancora una la voce del comandante. Stava parlando tedesco.

«Poco più di ventimila, Signore! Ma ne arriveranno più del doppio entro domani» fu la risposta di un esploratore trafelato.

«Spero che i tedeschi abbiano una buona strategia, o solo Dio potrà aiutarci.»


 


 

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Note: ebbene, eccomi qua di nuovo! Alla fine il primo capitolo è uscito e, beh, sono successe molte cose. Ci ho messo un po’ a scrivere questo capitolo sia per mancanza di tempo, sia perché volevo assolutamente essere il più storicamente accurata possibile. Se dovessi aver commesso qualche errore da questo punto di vista, vi chiedo di segnalarmelo!

Ho immaginato il nostro amato Veneziano vestito ed equipaggiato come uno Schiavone (o Oltremarino), il fedelissimo corpo di fanteria di origine dalmata dell’esercito della Serenissima. Lo troverete quindi armato di fucile, pistola a ruota e spada schiavona, assieme a una non meno pericolosa lingua tagliente. Insomma, è pur sempre un adolescente u.u

Grazie per essere arrivati fin qua con la lettura, spero che la storia vi stia piacendo o quantomeno intrigando!

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